XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
il 15 dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (COM(2021)802 final), parte del programma di lavoro della Commissione stessa per il pacchetto cosiddetto «Fit for 55%» (Pronti per il 55%), la quale «definisce la visione per il conseguimento di un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050»;
la posizione negoziale del Consiglio dell'Unione europea sulla relativa proposta di revisione è stata approvata dal Consiglio dei ministri dell'energia del 25 ottobre 2022, con voto favorevole del Ministro Picchetto Fratin; al contempo il Parlamento europeo sta elaborando la propria posizione negoziale in seno alla Commissione industria, energia e ricerca (cosiddetta Commissione ITRE), con la prossima votazione fissata per febbraio; il testo finale sulla revisione della direttiva sarà il frutto di un negoziato tra i co-legislatori europei – Consiglio dell'Ue Parlamento europeo – che si terrà nei prossimi mesi;
tra le altre cose, nel testo che il Consiglio ha concordato il 25 ottobre 2022, adottando l'approccio generale della proposta, che sarà all'esame della Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (ITRE) del Parlamento europeo nelle prossime settimane, la direttiva impone emissioni zero per tutti gli edifici di nuova costruzione a partire dal 1° gennaio 2030, ovvero dal 1° gennaio 2028 per quelli di nuova costruzione di proprietà di enti pubblici o occupati da enti pubblici;
per quanto concerne il parco immobiliare già esistente, agli Stati membri è fatto obbligo di stabilire norme minime di prestazione energetica corrispondenti alla quantità massima di energia primaria che gli edifici possono utilizzare annualmente per metri quadrati, sia per gli edifici non residenziali che per quelli residenziali, e ogni Stato dovrà poi stabilire un piano nazionale di ristrutturazione – sottoposto a successiva valutazione della Commissione – al fine di ottenere, entro il 2050, un parco immobiliare completamente «decarbonizzato» e trasformare anche gli edifici già esistenti in edifici a emissioni zero;
per quanto riguarda gli edifici residenziali, l'intero parco immobiliare dovrà essere ristrutturato in modo che tutti gli edifici in media raggiungano entro il 2033 la classe di prestazione energetica D – quindi ancor più restrittiva rispetto alla proposta originale presentata dalla Commissione il 15 dicembre 2021 – con una traiettoria di ulteriore progressivo miglioramento delle prestazioni, da verificare con un secondo punto di controllo nel 2040, in vista dell'obiettivo ultimo di trasformare l'intero parco immobiliare residenziale in edifici a emissioni zero nel 2050;
la Commissione ITRE avrebbe raggiunto un compromesso su un margine di flessibilità maggiore nel percorso di riqualificazione – pari a più di un quinto degli immobili interessati, fino al 31 dicembre 2036, per ragioni oggettive, come quelle di carattere finanziario, manodopera, materiali eccetera, sia inserendo esenzioni specifiche per gli edifici storici e vincolati e per quelli utilizzati per meno di quattro mesi all'anno, sia stanziando 86 miliardi di euro per finanziare il fondo sociale green volto ad accompagnare la transizione per le fasce più deboli della popolazione –, ma il testo continua a non essere soddisfacente;
gli edifici ad uso residenziale in Italia sono oltre 12 milioni, per un totale di circa 32 milioni di abitazioni, e una grossa parte di questi risale a prima degli anni '70;
questi dati fanno capire come obiettivi così stringenti applicati a tutti gli edifici, non tengono in considerazione le differenze intrinseche tra gli stock edilizi dei diversi Paesi; se è vero che essi possono illustrare le proprie ragioni alla Commissione in caso di mancato seguito alle eventuali raccomandazioni successivamente ricevute, la direttiva rappresenta in ogni caso, in base all'articolo 288 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) un vincolo per gli Stati membri;
l'articolo 1 della direttiva indica l'obiettivo di «conseguire un parco immobiliare ad emissioni zero entro il 2050», aggiungendo il riferimento «all'efficacia sotto il profilo dei costi», e ancora agli articoli 5 e 8 viene ribadito che, per gli edifici esistenti, i requisiti minimi di prestazione energetica sono da relazionare a «livelli ottimali in funzione dei costi»;
tale prescrizione, corretta nella sostanza, in quanto derivante dalla stessa definizione tecnico-economica dell'efficienza energetica, imporrebbe quindi cautela ed attenzione nella definizione dei livelli ottimali dell'intervento di ristrutturazione profonda, la quale dovrebbe consentire il raggiungimento del livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato dell'immobile;
va da sé che la valutazione, per risultare oggettiva, andrebbe fatta, nel quadro metodologico che produrrà la Commissione, esclusivamente sulla base di costi diretti, ovvero il costo dell'investimento per la cosiddetta «ristrutturazione profonda», i costi di manutenzione, i costi dell'energia (se pur di stima incerta nel ciclo di vita) e gli eventuali ricavi derivanti dalla cessione di energia in eccesso generata in loco;
includere nel calcolo le esternalità ambientali e sanitarie del consumo di energia, come prevede l'allegato VII della direttiva, è ridondante, poiché esse sono già comprese nel costo dell'energia; inoltre introdurrebbe nel calcolo elementi di discrezionalità ed aleatorietà tali da rendere inefficace la stessa valutazione del livello ottimale;
l'obiettivo ultimo di trasformare tutti gli edifici esistenti in edifici ad emissioni zero entro il 2050, e frattanto quelli ad uso residenziale mediamente in classe di prestazione energetica D entro il 2033, contraddice palesemente il principio che la stessa direttiva richiama del perseguimento del livello ottimale in funzione dei costi;
la tabella di marcia che ogni Stato membro dovrà definire per il proprio patrimonio immobiliare dovrebbe, invece, avere come obiettivo il raggiungimento del livello ottimale di prestazione energetica per ciascun edificio o tipologia di edificio, ricavato da un'analisi costi-benefici oggettiva;
un'ulteriore problematica riguarda l'impostazione ideologica della direttiva che fa riferimento alle fonti rinnovabili invece che alle fonti «low carbon», come dovrebbe essere alla luce della tassonomia europea, il cui atto delegato è entrato in vigore dal 1° gennaio 2023; così facendo, si esclude qualsiasi riferimento alla strategia di decarbonizzazione basata su fonti a bassissime emissioni, tra cui il nucleare, ma anche transitoriamente il gas naturale – possibilmente con cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica – e il risultato è che un edificio a fabbisogno energetico basso o quasi nullo, viene considerato a «emissioni zero» se alimentato esclusivamente da energia rinnovabile e non per esempio da un mix di energia nucleare e rinnovabile, pur non emettendo anidride carbonica in entrambi i casi;
la direttiva, nella consapevolezza che l'imposizione di ristrutturazioni massive comporterebbe per le fasce di popolazione meno abbienti costi difficilmente affrontabili, prevede che gli Stati membri adottino strumenti di incentivazione per sostenere i proprietari privati, le piccole e medie imprese e le società di servizi nell'immane sforzo di ristrutturazione previsto dal piano;
a tal punto, è utile ricordare come la Banca d'Italia ha stimato che il cosiddetto «Superbonus» – il quale fa parte di questa categoria di strumenti di incentivazione e ha contribuito, secondo l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), ad interventi di efficientamento solamente per l'1,5 per cento del totale dei condomini italiani – raggiungerà un saldo finanziario neutro solamente nel 2067, o più probabilmente, non prima del 2100;
prevedere uno sforzo simile per la stragrande maggioranza degli edifici residenziali e non da qui ai prossimi 10 anni, e ancor maggiore fino al 2050, è un esercizio economico e sociale decisamente più difficile;
considerando, a maggior ragione, che i consumi dell'Unione europea rappresentano circa il 10 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica – includendo anche le emissioni dovute alle importazioni – alla luce di un PIL che equivale al 15 per cento di quello mondiale e che le stesse emissioni Ue a differenza di quelle di molte altri Paesi, sono calate in modo netto a partire dagli anni '90, lo sforzo economico e le sue conseguenze sociali appaiono decisamente disallineate e sproporzionate rispetto agli obiettivi ambientali globali che, naturalmente vanno perseguiti, ma a livello globale, appunto, per il bene degli ecosistemi e degli esseri umani;
per quanto riguarda l'Italia, la direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia comporterebbe, dunque, un piano nazionale eccessivamente stringente, sia nei tempi che nei risultati, rispetto alla natura e allo stato del patrimonio immobiliare nazionale, costituendo così un serio rischio per i proprietari, soprattutto più piccoli, per il valore degli immobili, per il sistema di credito e per il generale andamento dell'economia, già duramente colpita sia dai rincari energetici che dalla recente spirale inflazionistica,
impegna il Governo:
1) ad adottare le iniziative di competenza volte ad evitare che i costi di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare italiano derivanti dall'attuazione della direttiva siano sostenuti da famiglie e imprese ovvero scaricati unicamente sullo spazio fiscale degli Stati nazionali;
2) a discutere in sede europea la possibilità di finanziare il suddetto piano tramite un'emissione apposita di passività finanziarie comuni, che, oltre a dare l'impronta comunitaria al piano, rappresenterebbe anche un tassello decisivo nell'avanzamento del processo di integrazione economica europea, nella forma di emissione di debito comune per finanziare beni pubblici europei;
3) ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, per unificare e armonizzare i catasti termici regionali in un unico catasto termico nazionale, nonché ad adottare opportune iniziative normative affinché la certificazione energetica degli edifici sia univoca in tutta Italia e non più su scala regionale.
(1-00062) «Ruffino, Richetti, Marattin, Benzoni, De Monte, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Sottanelli».
La Camera,
premesso che:
con l'approvazione della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) sono stati operati importanti tagli che andranno ad impattare negativamente sul settore dell'istruzione: è risultata una riduzione di 5 milioni di euro per il 2023, 13,4 milioni per il 2024 e 20,2 milioni per il 2025 del Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione, prefigurando altresì – a partire dal 2026 – un taglio permanente del medesimo Fondo pari a 18,2 milioni di euro annui;
il Governo, introducendo, nel disegno di legge di bilancio 2023, poi approvato con la legge n. 197 del 2022, una nuova disciplina relativa alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, ha approvato, di fatto, la riduzione, non solo delle sedi, che verranno inevitabilmente accorpate, ma anche del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, che saranno quasi dimezzati rispetto ad oggi: si passerà, infatti, dai 6.490 del 2024-2025, ovvero il primo anno in cui entreranno in vigore le norme della manovra 2023, fino ai 3.144 del 2031-2032, quindi parliamo di 3.346 dirigenti scolastici in meno andando ad impattare negativamente su territori già in difficoltà come le aree interne ed il Mezzogiorno;
i provvedimenti già citati in materia di rinnovo contrattuale dei docenti stanziano solo 150 milioni di euro per l'anno 2023, invece dei 300 milioni attesi con ciò andando ad attingere a parte delle risorse già stanziate per la valorizzazione della professionalità docente dal Governo Draghi nella legge di bilancio 2022, senza aggiungere fondi ulteriori;
negli ultimi giorni, in seguito alle recenti dichiarazioni del Ministro dell'istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, che ha ipotizzato stipendi diversi per gli insegnanti a seconda delle zone dove prestano servizio, è emersa la questione delle cosiddette gabbie salariali;
proprio perché ritenuti responsabili dell'aggravamento del divario fra Nord e Sud, da oltre cinquant'anni in Italia non vi sono più stipendi differenziati su base regionale o provinciale per prestazioni di lavoro dello stesso tipo;
le retribuzioni variabili in base al territorio produrrebbero discriminazioni inaccettabili, legittimando la presenza di scuole di serie A e scuole di serie B. Una tale proposta, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo inqualificabile, avrebbe l'effetto di accentuare ancora di più l'esodo degli insegnanti del Sud verso istituti del Nord, producendo un danno incalcolabile per il sistema scolastico del Mezzogiorno;
la questione relativa alla retribuzione dei docenti rimane tuttavia un'emergenza da affrontare partendo non dalle differenze di costi che gli insegnanti sostengono a seconda di dove vivano ma dalle retribuzioni che rimangono tra le più basse dell'Unione europea;
l'ultimo rapporto promosso dall'Ocse, che analizza e confronta i sistemi scolastici dei principali Paesi d'Europa e del mondo, conferma il dato negativo delle retribuzioni degli insegnanti italiani che risultano essere molto distanti rispetto a quelle dei colleghi degli altri Paesi. Queste differenze sono presenti ed evidenti in tutti i gradi di scuola, dalla scuola dell'infanzia alle scuole superiori;
nella scuola primaria la differenza tra lo stipendio medio annuale di un docente italiano e quella degli omologhi docenti dell'area Ocse è in media del 15 per cento inferiore; altrettanto evidenti sono le differenze per i docenti della scuola secondaria di primo grado: in Italia l'insegnante percepisce il 13 per cento in meno rispetto ai colleghi dei Paesi Ocse e il 12 per cento in meno rispetto ai colleghi dei Paesi europei; anche i docenti delle scuole secondarie di secondo grado in Italia percepiscono il 14 per cento in meno rispetto ai docenti dei Paesi Ocse e il 13 per cento in meno rispetto ai docenti europei;
il rapporto dell'Ocse non si limita ai confronti internazionali, ma offre anche una significativa comparazione all'interno dello stesso Paese tra gli stipendi dei docenti e quello dei lavoratori con pari livello d'istruzione. Pertanto, lo stipendio degli insegnanti è stato confrontato con la retribuzione di altri professionisti con il medesimo titolo d'istruzione universitaria e dal confronto emerge che in Italia, a parità di titolo di studio, gli insegnanti risultino molto meno pagati;
le dichiarazioni e alcuni degli interventi già messi in atto nei primi mesi di Governo delineano, al di là delle dichiarazioni rese alla stampa, la volontà politica di un esecutivo disinteressato ad intervenire per superare le numerose criticità che toccano il settore dell'istruzione, a cominciare dalle urgenze legate alla dispersione scolastica e alla povertà educativa;
dal rapporto di Save the Children «Alla ricerca del tempo perduto – Un'analisi delle disuguaglianze nell'offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana» emergono dati preoccupanti sullo stato dell'educazione scolastica nel nostro Paese, secondo cui i territori dove la povertà minorile è più forte sono quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre e confermano, inoltre, quanto la privazione educativa sia strettamente legata a quella materiale e come un'offerta adeguata di spazi e servizi educativi a scuola potrebbe fare la differenza nello spezzare tale legame ed offrire opportunità di apprendimento eguali anche agli studenti più svantaggiati;
l'assenza di risorse stanziate, le dichiarazioni del Ministro Valditara e le anticipazioni, riportate dai maggiori organi di stampa, relative ad una proposta di riforma in materia di autonomia differenziata, avanzata dal Ministro degli affari regionali e le autonomie prefigurano che anche l'istruzione rientri tra le materie oggetto di trasferimento dallo Stato alle regioni, con il rischio di avviare un processo di regionalizzazione della scuola che deve, invece, continuare ad essere nazionale e pubblico, presidio insostituibile per garantire e rafforzare l'unitarietà dello Stato, senza penalizzare ulteriormente le regioni del Sud a vantaggio di quelle del Nord,
impegna il Governo:
1) al fine di dare centralità all'istruzione pubblica, ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate e ad innalzare le retribuzioni, portandole al livello europeo, e a definire incarichi e progressione di carriera del personale scolastico, attraverso un incremento, stabile, delle risorse stanziate dall'articolo 1, comma 561 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) per il rinnovo contrattuale;
2) a riconsiderare, attraverso ulteriori iniziative normative, le disposizioni di cui all'articolo 1, del comma 557 di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) relative al dimensionamento scolastico, al fine di sostenere la rete e i servizi scolastici ed evitare la conseguente riduzione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, rivedendo i criteri di cui alla medesima disposizione così da evitare le penalizzazioni che riguarderanno aree interne e Mezzogiorno;
3) a prevedere che, per effetto del progressivo calo demografico, si intervenga per rimodulare i parametri relativi al numero di alunni per classe, anche modificando le disposizioni del decreto ministeriale n. 81 del 20 marzo 2009, e per far sì che le eventuali risorse liberate dalla riduzione della spesa per istruzione conseguente al calo demografico siano reinvestite nel medesimo settore a beneficio dei giovani e delle future generazioni;
4) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate finalizzate ad arrivare alla progressiva e piena attuazione del Piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni, implementando delle risorse del Fondo nazionale dirette a garantire la progressiva gratuità dei servizi educativi 0-3 anni a favore dei nuclei familiari a basso Isee – con particolare attenzione all'offerta formativa nel Sud del Paese – ed una scuola dell'infanzia (3-6 anni) ad accesso universale e gratuito;
5) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate ad assicurare il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini, su tutto il territorio nazionale, elemento fondamentale per colmare il divario tra Nord e Sud ed assicurare la costruzione di una scuola realmente inclusiva, che coinvolga tutti gli alunni con particolare attenzione per gli alunni con disabilità, sostenendo le famiglie con azioni concrete quali l'implementazione dei servizi di refezione scolastica, la gratuità dei servizi di trasporto e dei libri di testo e la garanzia del tempo pieno;
6) ad adottare iniziative volte a disporre un adeguamento quantitativo delle risorse da destinare al comparto della scuola indicando, come obiettivo programmatico di lungo termine, il raggiungimento del valore della media europea dell'indice di spesa per l'istruzione in rapporto al Prodotto interno lordo.
(1-00063) «Manzi, Orfini, Zingaretti, Berruto, Speranza, Ascani, Merola, Ubaldo Pagano, Toni Ricciardi, Di Sanzo, Forattini, De Maria, Peluffo, Lai, Malavasi, Carè, Scarpa, Ghio, Di Biase, Bakkali, Lacarra, Amendola, Porta, Braga».
La Camera,
premesso che:
secondo il rapporto della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione (Unccd), «Drought in Numbers 2022», in mancanza di una efficace strategia e di un impegno condiviso a livello globale, entro il 2050 la siccità potrebbe colpire oltre i tre quarti della popolazione mondiale;
il degrado dei terreni nelle aree più esposte alla desertificazione è causato principalmente dallo sfruttamento eccessivo e dall'uso inappropriato del suolo e delle acque, oltre che dalle variazioni climatiche;
la siccità è una delle principali cause della desertificazione che, a sua volta comporta, il declino della sua fertilità, della biodiversità che ospita, con evidenti danni complessivi anche alla salute umana, azioni i cui impatti sono fortemente inaspriti dai cambiamenti climatici;
come rilevato dalle categorie di settore e dalle istituzioni competenti in materia, tali fattori hanno un pesante impatto sulla disponibilità di risorse idriche anche nel nostro Paese;
negli ultimi due anni il fenomeno della siccità sta investendo soprattutto le regioni del Nord Italia dove i laghi alpini presentano livelli di riempimento ai minimi storici, con altrettanta minima quantità dei flussi di risorsa idrica rilasciata. La situazione è particolarmente critica in Lombardia dove i cinque laghi prealpini più importanti, che secondo i dati Arpa potrebbero consentire lo stoccaggio di 1,3 miliardi di metri cubi di acqua, a causa della scarsità degli immissari, hanno raggiunto solo 350 milioni di metri cubi, 200 milioni in meno rispetto al 2022;
anche la portata del Po continua a diminuire e risulta più che dimezzata rispetto allo scorso anno. Secondo l'ultimo report dell'Anbi, l'associazione che rappresenta i consorzi di bonifica e irrigazione, in alcuni punti del fiume si registra perfino una riduzione dell'80 per cento, e si preannuncia una situazione particolarmente critica per diversi bacini idrici dal Nord al Sud Italia;
tutti gli indici presi in considerazione dall'Osservatorio siccità dell'Istituto di bioeconomia del Cnr nei mesi primaverili del 2022, a cominciare dall'indice Spi (Standard precipitation index), indicatori di surplus o deficit pluviometrico, sono univoci nell'indicare un deficit abbastanza diffuso nelle regioni settentrionali e su Lazio, Abruzzo, Puglia e Calabria, soprattutto sul medio e lungo periodo, con buona parte del Nord e diverse aree del Centro-Sud in siccità da moderata a estrema. Anomalie negative, indicative di un forte disseccamento del suolo, sono evidenziate anche dall'indice Esi (Evaporative stress index), che quantifica anomalie temporali standardizzate del rapporto fra evapotraspirazione reale e potenziale, e dall'indice Tci (Temperature condition index) che mostra, anche per le temperature, valori superiori rispetto alla serie storica di riferimento concentrate fra Piemonte e Lombardia occidentale, Lazio e regioni meridionali, eccetto Molise, e buona parte della Campania. Da quanto riportato emerge che la popolazione esposta al rischio siccità severa/estrema risulta oscillare fra il 2,3 per cento sul breve periodo fino ad arrivare al 30,6 per cento sul medio periodo;
i rilievi elaborati dall'Osservatorio del Cnr compongono una grave situazione di siccità di tipo idrologico, tale cioè da intaccare le riserve idriche superficiali. Dai dati Arpa relativi al bacino padano emerge che, fra manto nevoso, invasi e laghi, nel febbraio 2015 si stimavano 4 miliardi di metri cubi di acqua e 2,6 miliardi nel 2018, a fronte di 1,5 miliardi nel febbraio 2022. Che nel bacino padano sia in atto una progressiva desertificazione è inoltre comprovato dalle immagini satellitari messe a confronto nell'arco dei decenni (change detection) dalle quali emerge con evidenza l'aumento della superficie non coperta da vegetazione nelle aree della pianura del Po;
la Società meteorologica italiana (Nimbus web) ha rilevato che il 2022 è entrato nella storia della climatologia italiana ed europea come un anno tra i più estremi mai registrati in termini di caldo e deficit di precipitazioni, e in particolare in Italia si è rivelato il più caldo e siccitoso nella serie climatica nazionale, iniziata nel 1800 e gestita dal CNR-ISAC di Bologna, con pesanti ripercussioni sulle portate fluviali, sull'agricoltura e la produzione idroelettrica;
le prospettive non sembrano incoraggianti anche per il 2023. Il 10 gennaio 2023 il programma di osservazione satellitare della Terra EU-Copernicus (servizi sui cambiamenti climatici e il monitoraggio dell'atmosfera, C3S e CAMS) ha diramato l'analisi delle anomalie climatiche del 2022 in Europa e nel mondo ed evidenziato che un nuovo episodio di mitezza eccezionale ha interessato gran parte d'Europa anche tra fine dicembre 2022 e inizio gennaio 2023. Inoltre il medesimo programma segnala che la concentrazione media planetaria di CO2 atmosferica nel 2022 ha toccato un nuovo record, +2,1 ppm, rispetto al 2021;
si rileva inoltre che, il già precario equilibrio del territorio è sempre più spesso aggravato da fenomeni pluviometrici estremi di segno diametralmente opposto, come violenti nubifragi che comportano erosione del suolo, rischio di frane, mareggiate intense, trombe d'aria e sbalzi termici, provocando frequenti e ingenti danni al territorio e al sistema produttivo;
oltre all'aspetto quantitativo legato all'approvvigionamento, va considerato che il fenomeno della siccità comporta anche un decadimento della qualità della risorsa idrica, con gravi ripercussioni soprattutto per il settore agricolo. Si tratta del cosiddetto fenomeno dell'intrusione del cuneo salino, per il quale la progressiva intrusione di acqua marina a un elevato grado di salinità, determina una salinizzazione dei pozzi con cui vengono irrigate le colture, che risultano così irrimediabilmente danneggiate ed un conseguente degrado dei suoli (salinizzati);
va inoltre considerato che le infrazioni per la presenza di nitrati in falda permangono in molte zone d'Italia e gli indici di eutrofizzazione peggiorano lo stato di molti corpi idrici, con la conseguenza che la diminuzione dell'acqua in falda non può che aggravare la concentrazione dei nitrati e di altri inquinanti chimici nelle acque;
secondo la normativa vigente (decreto legislativo n. 152 del 2006) tutte le derivazioni superficiali di acqua pubblica nei corsi d'acqua naturali sono soggette all'obbligo del mantenimento in alveo di una portata minima d'acqua, definita «deflusso minimo vitale». Tale concetto è stato poi integrato da quello di «deflusso ecologico» che ne rappresenta un'evoluzione: con esso si passa dal garantire una portata istantanea minima al garantire un regime idrologico per il raggiungimento degli obiettivi ambientali indicati dalla direttiva comunitaria quadro in materia di acque 2000/60/CE, volta a prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo della risorsa, a favorire il mantenimento delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali e assicurarne un utilizzo sostenibile, basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili, ma anche a contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità;
il piano di gestione del distretto idrografico è lo strumento operativo previsto dalla citata direttiva, per attuare una politica coerente e sostenibile della tutela delle acque attraverso un approccio integrato dei diversi aspetti gestionali ed ecologici rapportati alla scala di distretto idrografico. Nell'ambito degli strumenti del piano di gestione sopra citato è stata introdotta l'istituzione degli osservatori per la gestione delle risorse idriche. Gli osservatori rappresentano uno strumento permanente di condivisione delle conoscenze e di dialogo tra enti istituzionali e portatori di interesse ed hanno tra le loro finalità principali quelle di: favorire la raccolta sistematica ed unitaria delle informazioni relative agli scenari climatici ed idrologici e al monitoraggio in tempo reale delle disponibilità e dei consumi idrici, proporre linee strategiche di impiego stagionale delle risorse idriche del distretto, definire gli strumenti tecnici di supporto alla pianificazione del bilancio idrico a scala di bacino e di modalità di reporting idrologico, ambientale ed economico da effettuarsi al termine di ogni anno idrologico;
l'introduzione degli osservatori permanenti sugli utilizzi idrici costituisce una misura fondamentale nell'ambito del programma di misure del piano di gestione acque e ha mostrato la sua efficacia nella governance della risorsa idrica sin dalla crisi idrica del 2017, contribuendo a risolvere o mitigare in maniera significativa criticità che avrebbero avuto impatti sicuramente molto più pesanti sul tessuto socio-economico;
il risparmio della risorsa idrica e la riduzione degli sprechi richiede la transizione da un modello di gestione delle acque reflue di tipo lineare ad uno, maggiormente virtuoso, basato sui principi dell'economia circolare, nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni di tutela dell'ambiente e della salute. Nel settore agricolo il riutilizzo delle acque reflue depurate ha un potenziale rilevante, quantificabile in 9 miliardi di metri cubi all'anno, sfruttato solo per il 5 per cento ossia 475 milioni di metri cubi;
occorre inoltre promuovere tecnologie innovative che consentono di conservare la risorsa idrica mediante lo stoccaggio delle acque piovane in cisterne e/o nel sottosuolo, rendendole meno soggette a fenomeni evaporativi resi più intensi dall'aumento delle temperature, ed incrementare il contenuto della sostanza organica nei suoli al fine di aumentare la capacità di campo, che definisce il contenuto d'acqua nel terreno, in termini di umidità percentuale (un incremento dell'1 per cento nel contenuto di sostanza organica può garantire fino a 300 mc/ha di accumulo idrico nel suolo, disponibile per la vegetazione e le colture agricole);
tra le milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono state inserite misure importanti per affrontare gli effetti di cambiamenti climatici sulle risorse idriche. Si fa riferimento alla missione M2C4 che prevede «Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico» e, in particolare, all'investimento 1.1 «volto ad azioni di monitoraggio e prevenzione dei rischi naturali e indotti sul territorio italiano, sfruttando le conoscenze e le tecnologie esistenti e all'avanguardia, al fine di garantire l'elaborazione e l'attuazione di piani di prevenzione e resilienza adeguati al territorio e alle infrastrutture, a difesa e protezione delle risorse nazionali esistenti e future»,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per disciplinare, con apposite disposizioni normative, gli «osservatori permanenti sugli utilizzi idrici» nei distretti idrografici presso le autorità di bacino distrettuali, ad oggi affidati a protocolli d'intesa e pertanto costituiti solo come strutture operative volontarie e di tipo sussidiario, a supporto della gestione delle risorse idriche nel distretto idrografico;
2) ad adottare adeguate iniziative volte ad aumentare il grado di resilienza dei sistemi di approvvigionamento dei diversi comparti di utilizzo della risorsa idrica rispetto ai fenomeni di siccità, con particolare riferimento alla realizzazione degli interventi inerenti le infrastrutture, anche a carattere emergenziale, all'attuazione dei programmi di recupero delle perdite idriche, e all'aggiornamento e all'attuazione del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (Pnissi) di cui all'articolo 1, comma 516, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, mediante il finanziamento della progettazione di interventi considerati strategici nel medesimo Piano, in coerenza con l'obiettivo della missione 2, componente 4 del PNRR;
3) a promuovere politiche intersettoriali sulla gestione della quantità e della qualità dell'acqua per accrescere la resilienza dei sistemi di approvvigionamento idrico, di trattamento, di stoccaggio e di trasporto nonché dei sistemi di igiene, assicurando adeguate conoscenze ai fini decisionali e della corretta comunicazione ambientale;
4) ad adottare iniziative per prevedere la creazione di un catasto a scala distrettuale, interoperabile con i catasti regionali, delle concessioni delle utilizzazioni delle acque pubbliche, comprensivo dell'indicazione dei punti di prelievo dell'acqua dai corpi idrici, dei punti di restituzione dell'acqua a valle dell'utilizzo, dei valori di portata concessi, del periodo di prelievo, delle tipologia di uso, della scadenza dei titoli, oltre a provvedere all'acquisizione, anche in tempo reale, e all'archiviazione delle misurazioni dei prelievi e delle restituzioni, affinché sia consentito di conoscere la ripartizione idrica tra i diversi usi e di assumere le decisioni per la gestione dell'eventuale emergenza da parte degli organi della Protezione civile e delle altre autorità competenti coinvolte;
5) ad adottare iniziative volte a prevedere una ricognizione puntuale degli scopi delle principali captazioni idriche, anche in vista di piani di riduzione differenziata delle captazioni in caso di emergenza idrica quantitativa e qualitativa in funzione dell'utilizzo primario;
6) a predisporre idonee iniziative normative, in raccordo con gli enti territoriali competenti, finalizzate alla gestione della crisi idrica da parte delle regioni in una fase precedente la dichiarazione dello stato di emergenza, mediante ordinanze che abbiano la finalità di ridurre o sospendere i prelievi idrici e di ottimizzare l'invasamento di acqua;
7) a monitorare il completamento delle sperimentazioni sul deflusso ecologico, consentendo l'aggiornamento dei deflussi ecologici a valle delle derivazioni nel rispetto degli obiettivi ambientali fissati dal piano di gestione e di quanto disposto dagli strumenti normativi e attuativi vigenti a livello europeo, nazionale e regionale;
8) ad adottare iniziative volte a rendere pubblici i dati relativi alla concentrazione dei nitrati e di altri elementi/inquinanti nelle acque potabili erogate, al fine di consentire un'adeguata informazione ai cittadini ed il costante monitoraggio della qualità delle acque;
9) ad assumere iniziative finalizzate ad aumentare gli investimenti nella ricerca sulle tecnologie volte a migliorare lo stoccaggio e il risparmio idrico e su sistemi e tecniche di irrigazione di precisione che consentano di regolare le portate e di ridurre l'inutile spreco della risorsa idrica;
10) a promuovere l'attivazione di misure e progetti che consentano di ampliare la capacità di depurazione ai fini del riutilizzo delle acque reflue, nel rispetto delle vigenti disposizioni di tutela dell'ambiente e della salute;
11) ad avviare ogni iniziativa utile volta a promuovere lo stoccaggio delle acque piovane in cisterne e/o nel sottosuolo, rendendole meno soggette ai fenomeni evaporativi, resi più intensi dall'aumento delle temperature, e ad aumentare la capacità idrica di campo incrementando il contenuto della sostanza organica nei suoli;
12) a fornire elementi in merito allo stato delle attività di rinaturazione dei corsi d'acqua previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;
13) ad adottare iniziative per potenziare, nell'ambito dei piani di bacino dei distretti idrografici, gli strumenti e le regole di esercizio volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico, garantendo un'equa ripartizione della risorsa tra territori regionali contigui, con particolare attenzione per le deficienze idriche connesse ai periodi di siccità e scarsità della risorsa;
14) a monitorare lo stato quantitativo dei corpi idrici e pianificare, di concerto con le autorità di bacino regionali, le azioni volte a contrastare gli effetti negativi delle scarse precipitazioni mediante l'acquisizione mensile dei volumi degli invasi da parte di tutti i gestori, quale condizione preventiva e necessaria per pianificare le risorse finanziarie e mitigare gli effetti della siccità su tutta la penisola;
15) ad accrescere le conoscenze sull'effettiva disponibilità e la gestione attenta delle risorse idriche sotterranee, caratterizzate da una più elevata qualità e da un importante potenziale in un contesto di crescente scarsità idrica;
16) ad adottare iniziative per prevedere una riduzione di prelievi e captazioni da parte dei concessionari delle acque minerali nelle aree in cui la crisi idrica si presenti critica;
17) a promuovere campagne di sensibilizzazione volte a condividere in modo solidaristico e secondo principi di proporzionalità la necessità di riduzione dei prelievi da aste fluviali e bacini da parte di tutti i soggetti derivatori.
(1-00064) «Ilaria Fontana, L'Abbate, Sergio Costa, Morfino, Santillo, Pavanelli, Sportiello, Torto».
La Camera,
premesso che:
l'Italia, con quasi un quinto del vino prodotto a livello mondiale, vanta una tra le più antiche e rinomate produzioni, con una storia che risale a migliaia di anni fa. Il vino made in Italy è leader mondiale in termini di produzione ed esportazione. La filiera (tra produzione, confezionamento, distribuzione e turismo del vino) occupa oltre un milione e mezzo di addetti. Nel 2022 ha fatturato oltre 13 miliardi di euro, con un valore di esportazioni di 8 miliardi, in costante crescita, contribuendo positivamente alla bilancia commerciale;
crescente l'apporto al Pil anche del turismo del vino, nonché degli altri spiriti tipici italiani, accompagnato da una normativa nazionale che ne ha favorito lo sviluppo. Nel 2019 il turismo vitivinicolo ha registrato 14 milioni di visite per circa 2,5 miliardi di fatturato. Dopo la parentesi Covid, il 2022 ha confermato i flussi del 2019;
l'emergenza sanitaria ha accelerato l'avvicinamento tra cantine ed e-commerce. Secondo il rapporto Divinea 2021 più del 75 per cento dei visitatori in cantina acquista vino dopo l'esperienza in presenza, prenotandolo on-line. Con la legge di bilancio per il 2021 sono stati stanziati 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021-2023 per la realizzazione e l'ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico. La norma è pensata per i produttori di vini e spiriti, singoli o associati, in quanto le risorse sono finalizzate anche e creare depositi fiscali all'estero o a favorire accordi con gli spedizionieri doganali;
la produzione vinicola è molto diversificata, con una grande varietà di vitigni e tecniche di coltivazione, tradizioni vinicole e denominazioni geografiche che determinano storia e identità dei diversi territori. La qualità è sottolineata dagli oltre 500 vini Docg, Doc e Igt, che rappresentano oltre il 70 per cento della produzione. Viceversa l'export è molto più concentrato, con 5 soli mercati ad assorbire il 65 per cento del prodotto;
l'Italia ha, altresì, sviluppato un modello di produzione della birra coerente con un modello alimentare legato alla qualità, alla varietà, promuovendo, anche in tal campo, il consumo responsabile, nel 2021, la produzione nazionale è cresciuta a quota 17,6 milioni di ettolitri superando i livelli del 2019, con un export di 3,5 milioni di ettolitri. Favorito da una legislazione favorevole si registra una notevole crescita, anche in termini di export, delle birre artigianali, prodotte oltre 1.000 microbirrifici. La filiera, dal campo al settore Horeca specializzato, conta 93.000 addetti (dati Coldiretti – Consorzio birra artigianale);
per quanto riguarda il settore degli spiriti, questo sviluppa 4 miliardi di volume di affari con un export più del 50 per cento. Gli spiriti italiani, pur facendo appieno parte del made in Italy agroalimentare, non sempre godono della stessa protezione dei vini in quanto sono meno legati ai territori. Scontano quindi maggiori problemi di italian sounding e l'accesso al mercato è limitato da motivi burocratici e dalle barriere, spesso ingiustificate, frapposte dai mercati di destinazione;
per l'Italia, in particolare, il mondo della vitivinicoltura, dell'enologia e dei liquori tipici è fortemente legato alla promozione della dieta mediterranea nel mondo e alla valorizzazione di tutte le eccellenze del nostro made in Italy agroalimentare che, per le sue caratteristiche, anche legate ai luoghi di produzione, non può rischiare di essere etichettato in maniera semplicistica e penalizzante. Il turismo enogastronomico è valutato vicino ai 30 miliardi di euro nel 2022. Ma la tavola rappresenta anche una straordinaria leva di promozione mondiale del made in Italy alimentare il quale nel 2022 ha raggiunto il valore record di 60 miliardi di euro, (Coldiretti-BIT 2023);
nel gennaio 2016, conformemente alla direttiva (UE) n. 2015/1535, l'Irlanda ha notificato alla Commissione europea un pacchetto normativo contenente un sistema di etichettatura sui prodotti a base di alcool, compreso il vino, denominato Public Health Alcohol Labelling Regulations (PHALR);
con tale proposta sostanzialmente si introducono in etichettatura messaggi di allarme salutistici, obbligatori per tutte le bevande alcoliche, sul modello di quelli utilizzati obbligatoriamente per i prodotti a base di tabacco. Il sistema proposto non distingue tra vino e superalcolici, né fa differenze tra consumo responsabile o eccessivo, equiparando alcol e vino all'interno di un sistema normativo penalizzante e sanzionatorio;
la notifica è avvenuta sulla base del meccanismo cosiddetto «TRIS», di cui alla Direttiva (UE) n. 2015/1535, in virtù delle forti ripercussioni sul mercato interno che tale misura è destinata ad introdurre;
a seguito di varie modifiche ed integrazioni, la versione finale della normativa irlandese è stata notificata il 21 giugno 2022 alla Commissione europea, la quale, nonostante le forti opposizioni di Italia, Francia, Spagna, ai quali si sono aggiunti altri sei Stati Ue, ha deciso di non avanzare alcuna osservazione;
la mancata opposizione della Commissione europea alla proposta irlandese ha, di fatto, autorizzato la proposta normativa irlandese, nonostante la sua natura di barriera al commercio nel mercato interno dell'Unione e nonostante siano da poco entrate in vigore nuove disposizioni europee in materia di etichettatura finalizzate ad armonizzare tutta la normativa in esame, creando, così, una contraddizione e un intralcio nel percorso che da molti anni si sta portando avanti a livello europeo;
il testo finale del report votato della Commissione speciale sulla lotta contro il cancro (Commissione Beca), istituita nel giugno 2020 per redigere un rapporto contenente le linee guida per un piano d'azione europeo contro i tumori, prevedeva l'adozione di standard metodologici senza alcuna distinzione tra consumo «responsabile» e «dannoso» di bevande alcoliche, nel presupposto che non sussista alcun livello sicuro per la salute in relazione al consumo di bevande alcoliche. Nel corso dell'esame parlamentare sono state approvate varie proposte emendative al documento relative alla necessità di promuovere un consumo responsabile di bevande alcoliche e di distinguere tra i diversi prodotti alcolici;
il 16 febbraio 2022, il Parlamento europeo ha approvato la «Risoluzione del Parlamento europeo sul rafforzare l'Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata». Il testo definitivo della risoluzione sostiene la necessità di offrire ai consumatori informazioni appropriate, migliorando l'etichettatura delle bevande alcoliche, con l'inclusione di informazioni su un consumo moderato. Il testo invita i Paesi membri ad adottare una comunicazione volta ad incentivare un consumo di alcolici sano e responsabile, scartando ogni scelta volta ad introdurre modalità sanzionatorie trasversali quali quelle perseguite dalla normativa irlandese;
la proposta irlandese, inoltre, pare contrastare in linea di principio l'articolo 35 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, relativo alle misure di effetto equivalente alle misure restrittive quantitative alle esportazioni, che recita: «Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente»;
tale principio è stato ulteriormente sancito nella sentenza Rewe-Zentral v Bundesmonopolverwaltung für Branntwein (1979) C-120/78 della Corte di giustizia dell'Unione europea, nota come sentenza Cassis de Dijon, la quale ha stabilito come il prodotto legalmente in commercio nello Stato d'origine può essere commercializzato anche nello Stato di destinazione, senza doverlo sottoporre alla normativa tecnica, proprio perché questo è già stato sottoposto a quella del suo Stato d'origine, da ritenersi equivalente nelle tutele essenziali;
data la portata dell'impianto normativo proposto dall'Irlanda sul commercio internazionale, occorre una ulteriore autorizzazione in sede di Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ancora assente, in un processo dalla durata attesa di 60 giorni;
il Crea ha più volte sottolineato che sono la dieta e lo stile di vita complessivo a rendere l'importanza decisivo l'impatto dei singoli alimenti nella salute delle persone, sottolineando, al riguardo, l'importanza di campagne di promozione all'educazione alimentare sin dai primi anni di vita, nonché il sostegno a percorsi di sensibilizzazione al consumo responsabile di bevande alcoliche;
il Governo si è già opportunamente attivato sulla vicenda tramite il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani che, con una lettera al Vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrowskis, ha rappresentato come le nuove norme irlandesi sulle etichette «rischiano di essere una fonte di distorsione agli scambi internazionali, equivalente a una restrizione quantitativa»;
la lettera specifica come il provvedimento, oltre ad essere criticabile sotto il profilo del diritto europeo, «potrebbe innescare una reazione a catena che finirebbe con il danneggiare l'insieme dell'Unione» e che per l'Italia l'unica strada percorribile «non è quella di scoraggiare in assoluto il consumo di un prodotto, ma quella di una adeguata informazione del consumatore che lo possa guidare nell'assunzione di scelte consapevoli e responsabili»;
la lettera sopra citata fa seguito all'iniziativa del Governo del 12 gennaio 2023 quando il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, insieme al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, avevano sollevato la questione con il commissario europeo per il mercato interno e i servizi Thierry Breton;
il 31 gennaio 2023 la Commissione agricoltura della Camera ha approvato una risoluzione unitaria (8-00002) nella quale si impegna il Governo ad adottare, nelle sedi internazionali, tutte le iniziative e le misure necessarie a ricondurre l'iniziativa del Governo irlandese nei corretti termini politici, sanitari, economici e di corretto funzionamento delle regole di mercato, oltre alla necessità di tener conto delle specificità storiche, sociali e culturali del vino,
impegna il Governo:
1) a proseguire nel suo impegno per arrivare ad un confronto in sede europea ed internazionale sia con l'Irlanda che con gli altri Paesi che condividono con l'Italia la contrarietà alle disposizioni in esame;
2) a sollevare opportune contestazioni in sede internazionale, ed in particolare, in ambito di Organizzazione mondiale del commercio, con l'obiettivo di salvaguardare le produzioni italiane e assicurare un corretto funzionamento del mercato;
3) ad adoperarsi in tutti i tavoli europei di competenza per scongiurare l'introduzione della normativa in questione, valutando, se del caso, la sussistenza dei presupposti per promuovere un ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione europea, anche in coordinamento con altri Paesi europei;
4) a promuovere la dieta mediterranea nella quale il vino e i liquori tipici, in particolare se espressione dei territori, sono una componente importante, attraverso la presentazione di evidenze scientifiche, al fine di indirizzare l'Unione europea verso approccio normativo volto a tutelare un consumo equilibrato e sano dei prodotti alcolici;
5) a mettere in campo iniziative coordinate che vedano il coinvolgimento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministero della agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del Ministero del turismo e del Ministero della cultura con l'obiettivo di diffondere al livello internazionale la cultura del vino italiano, nonché di rafforzarne la presenza nei mercati internazionali, diversificandoli ed altresì, tale ambito, ad adottare misure per favorire lo sviluppo del turismo gastronomico nel nostro Paese;
6) per le finalità di cui al precedente impegno, ad adottare iniziative per implementare le misure volte a favorire la creazione di piattaforme per la vendita on line dei prodotti agroalimentari e in particolare dei vini e degli altri spiriti, contenute nel comma 131 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, sostenendo il settore nel superamento delle barriere fiscali intracomunitarie che ostacolano la vendita diretta on line;
7) a favorire l'adozione di sistemi di etichettature «intelligenti», dando seguito a quanto previsto dall'articolo 48 della legge sul vino (n. 238 del 2016), aventi lo scopo di «fidelizzare» il consumatore rendendogli disponibili tutte le informazioni sul prodotto, sulla sua storia, sulla sua produzione e sulle modalità di consumo, anche al fine di incrementare la tracciabilità del prodotto stesso;
8) ad adottare iniziative affinché anche in sede europea, vengano attivate campagne di sensibilizzazione al corretto consumo di bevande alcoliche.
(1-00065) «Nevi, Arruzzolo, Gatta, Squeri, Casasco, Polidori, Battilocchio».
La Camera,
premesso che:
la difesa del diritto alla salute, obiettivo prioritario delle Nazioni più evolute, mette ancora oggi in evidenza un Sistema sanitario nazionale caratterizzato da profonde criticità, amplificate per effetto della pandemia ancora non completamente debellata;
per questo motivo, considerata la necessità di iniziative concrete correlate a specifici e ulteriori finanziamenti, l'attuale manovra ha destinato alla sanità 2 miliardi e 150 milioni in più per il 2023, 2 miliardi e 300 milioni in più per il 2024, e ben 2 miliardi e 600 milioni in più per il 2025 rispetto a quanto previsto in precedenza, realizzando una chiara inversione di tendenza, considerando che dal 2013 al 2019 il Fondo sanitario è sempre stato definanziato da tutti i Governi che si sono succeduti in quegli anni, mentre nel 2020 l'incremento è stato dovuto alla pandemia da COVID-19;
l'ultimo rapporto della Fondazione Gimbe dedicato al Servizio sanitario nazionale ha evidenziato che nel periodo 2010-2019 sono stati sottratti al Servizio sanitario nazionale circa 37 miliardi, mentre l'aumento nominale del fabbisogno sanitario è stato di soli 8,8 miliardi, con un incremento medio annuo dello 0,9 per cento inferiore a quello dell'inflazione (+ 1,07 per cento; la pandemia da COVID-19 ha poi aggravato ulteriormente l'emergenza sanitaria, aumentando le fragilità del nostro Servizio sanitario nazionale ed evidenziando la carenza di strutture, di personale e le disomogeneità regionali;
come evidenziato dal report Osservatorio Gimbe 2 del 2022, relativo a «Livelli Essenziali di Assistenza: le disuguaglianze regionali in sanità», rispetto al mantenimento dell'erogazione dei Lea il nostro Paese presenta inaccettabili disuguaglianze regionali: gli adempimenti Lea 2018, valutati tramite il questionario Lea, infatti, documentano che, solo cinque regioni (Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Marche e Toscana) sono adempienti per almeno l'80 per cento delle 43 valutazioni;
il taglio delle risorse destinate alla sanità, ovviamente, ha prodotto degli effetti anche in relazione al deterioramento delle strutture ospedaliere; nel nostro Paese, dopo il 2009, il calo del numero dei posti letto generici è stato più forte che all'estero: i dati del Ministero della salute indicano che tra il 2010 e il 2018 i posti letto fra strutture pubbliche e private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale sono scesi del 13,7 per cento in termini assoluti e del 15,5 per cento in rapporto alla popolazione;
nello specifico in Italia hanno chiuso i battenti 11 aziende ospedaliere, 100 ospedali a gestione diretta, 113 pronto soccorso (di cui 10 pediatrici) e sono state disattivate 85 unità mobili di rianimazione: chiusure che hanno implicato la perdita di quasi 37 mila posti letto, dei quali 28 mila ordinari e quasi 10 mila di day hospital;
è opportuno evidenziare che già prima dell'emergenza sanitaria, nel 2018, del resto, i dati nazionali rivelavano che solo il 2,9 per cento della popolazione anziana avesse ricevuto interventi, con una media di 18 ore di trattamento all'anno invece delle 240 ore circa che i riferimenti internazionali stimano necessarie, nonché le marcate disparità regionali nell'offerta dell'assistenza domiciliare integrata;
recenti rilevazioni Istat prevedono che tra il 2015 e il 2065 la popolazione di età superiore ai 65 anni crescerà dal 21,7 per cento al 32,6 per cento, con il 10 per cento di età superiore agli 85 anni, in modo che l'indice di vecchiaia della popolazione, cioè il rapporto di composizione tra la popolazione anziana (65 anni e oltre) e la popolazione più giovane (0-14 anni), si incrementerà da 157,7 a 257,9;
sia a livello internazionale che nazionale è stata riconosciuta la necessità di una visione olistica One Health – basata sul riconoscimento del fatto che la salute umana è fortemente legata alla salute degli animali e dell'ecosistema – che tenga conto delle interconnessioni tra diverse discipline e alla quale ispirare gli interventi in materia di salute umana;
la pandemia di COVID-19 ha evidenziato che crisi sanitarie innescate da singoli agenti coinvolgono, in realtà, molteplici fattori – socio economici, ambientali e culturali – che influiscono sulle comunità in misura ben più ampia di quanto strettamente connesso alle conseguenze biologiche del menzionato singolo agente, tanto da aver portato numerosi studiosi a definire la pandemia di COVID-19 una sindemia proprio per le interazioni aggregate o sinergiche con altre condizioni sanitarie, socio-economiche e ambientali avverse;
si rileva la necessità della definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale basato non esclusivamente sulla creazione di nuove strutture, ma anche sulla valorizzazione e riqualificazione di quelle già esistenti nonché su un congruo investimento sulle figure professionali;
in particolare, a livello strutturale, appare opportuno recuperare e ammodernare strutture esistenti ed eventualmente dismesse nonché, in una visione ospedalocentrica, valorizzare il ruolo del farmacista e delle farmacie dei servizi, pubbliche e convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, uniformando a livello nazionale le modalità di erogazione dei farmaci e superando gli attuali sistemi di distribuzione per conto regionali verso un modello a tariffa unica che consenta, di conseguenza, il superamento della logica dei silos per la spesa farmaceutica; queste, infatti, possono costituire un ottimo supporto all'interno del Sistema sanitario territoriale, ponendosi quali «unità elementari sanitarie» in grado di intercettare e assistere direttamente i bisogni di salute di bacini di utenza e fungendo così da «demoltiplicatore» rispetto alle attività assicurate dalle cosiddette «Case della Salute» e dai poli ospedalieri di riferimento e garantire la presa in carico dei pazienti cronici;
altro grande tema della riorganizzazione e dei processi di gestione inerenti la sanità è quello riguardante le liste d'attesa dei ricoveri programmati, il Servizio sanitario paga ancora oggi le conseguenze della pandemia e della difficoltà nel recupero delle liste di attesa, a tal proposito si ritiene improcrastinabile attivare gli strumenti che consentano di potenziare i processi burocratici del percorso del paziente, dal momento della presa in carico della domanda, all'inserimento nella lista d'attesa, all'accesso al ricovero fino alla sua dimissione, attraverso il miglioramento della governance aziendale e regionale;
si rileva la necessità, al fine di potenziare l'offerta complessiva del fabbisogno sanitario, di focalizzare l'attenzione sulla costruzione di una efficace rete territoriale di assistenza sanitaria basata anche sullo sviluppo della telemedicina, che supporta l'interazione dei diversi professionisti sanitari con l'assistito nelle diverse fasi di valutazione del bisogno assistenziale, di erogazione delle prestazioni e di monitoraggio delle cure;
il sostegno allo sviluppo della telemedicina si rende necessario anche per venire incontro ai responsabili dell'assistenza sanitaria ai diversi livelli che si trovano sempre a dover bilanciare i vantaggi dell'innovazione della tecnologia medica con gli aspetti pratici del controllo della spesa sanitaria. I progressi nella scienza medica sono determinati da investimenti e ricerche significativi nei settori pubblico e privato, portando nuove innovazioni alle popolazioni e guidando una medicina più predittiva, preventiva, personalizzata e partecipativa;
risulta inoltre fondamentale creare sistemi di lettura integrata dei dati, sanitari e amministrativi, attraverso strumenti di intelligenza artificiale, al fine di dare reale attuazione alle scelte strategiche, in sanità basate sui dati, che spostino gli investimenti a monte del processo di cura superando così la logica dei silos in sanità;
l'utilizzo della real word evidence deve garantire l'evoluzione dell'attuale sistema di prezzo e rimborso dei farmaci verso un processo trasparente, rapido, riproducibile, che valorizzi l'innovazione attraverso un sistema di premium pricing e che supporti l'utilizzo di strumenti di rimborso condizionato alla reale efficacia del farmaco nella pratica clinica;
l'accesso precoce all'innovazione farmacologica deve essere garantito attraverso un nuovo modello di early access che superi gli attuali strumenti parziali verso un sistema che supporti l'innovatività potenziale, in particolare per patologie senza alternative terapeutiche dal forte impatto sociale come l'Alzheimer;
rispetto al tema dell'innovazione si ritiene fondamentale essere coscienti che il futuro della ricerca è ormai un elemento che si è concretizzato nell'arrivo imminente delle terapie digitali (DTx), che sono state sviluppate nell'ambito del sistema nervoso centrale, dei disturbi mentali, Alzheimer, demenze e disturbi motori. A tal proposito si rinforza la necessità di un early access e di un fast track, fondamentali data la natura di velocità innovativa di queste terapie;
come ha evidenziato il Ministro della salute intervenendo in audizione alla Camera sulle linee programmatiche del suo dicastero, è necessario attuare quanto contenuto nel decreto ministeriale n. 77 del 23 maggio 2022, inerente il regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale, ma soprattutto e in via prioritaria è necessario intervenire per garantire alle regioni le risorse necessarie ad assicurare la piena attuazione e funzionalità della riforma, soprattutto in riferimento agli anni successivi al periodo di programmazione del PNRR. È di tutta evidenza, infatti, la non congruità delle risorse sugli standard dell'assistenza territoriale, perché da un lato il PNRR non risolve la questione della carenza del personale, non rappresentando lo strumento idoneo al finanziamento di spese correnti continuative, dall'altro si pone uno specifico problema di sostenibilità economica della realizzazione delle Case della comunità e degli ospedali di comunità con il rischio che diventino cattedrali nel deserto in assenza del personale sufficiente per renderli operativi;
tuttavia, il reiterarsi negli ultimi anni delle manovre finanziarie di contenimento della spesa ed in particolare dei vincoli assunzionali, soprattutto nelle regioni in piano di rientro sanitario, ha finito per determinare nel tempo una grave carenza di personale in ambito sanitario che, unita ad un crescente innalzamento della relativa età media, ha portato ad un forte deterioramento delle condizioni di lavoro, rendendo sempre più difficile assicurare la qualità dell'assistenza e la sicurezza delle cure. Inoltre, le limitazioni al turnover, dettate da esigenze di contenimento della spesa sanitaria, hanno finito per avere importanti ricadute in termini di qualità del sistema, ostacolando il passaggio di quella conoscenza esperienziale tra generazioni che dovrebbe caratterizzare il rapporto lavorativo tra i professionisti più anziani;
in questo quadro, la contrazione di risorse disponibili ha finito per generare nel medio periodo una grave carenza di professionisti sanitari nelle strutture, che, soprattutto in riferimento ad alcuni settori maggiormente critici, ha comportato difficoltà nell'organizzazione e nella gestione dei servizi;
a livello organico, invece, di fronte alla carenza di medici che la pandemia ha messo in evidenza occorre investire sulla formazione, formazione coerente con l'innovazione, e sull'assunzione di personale medico e di altri professionisti sanitari; si ritiene che le professioni dovranno essere disciplinate con riforme apposite e di sistema, intese, tra le altre cose, a restituire centralità ai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta che, conoscendo la storia sanitaria della famiglia del paziente, fungono da trait d'union tra il cittadino e la sanità;
questa condizione di carenza di personale si registra anche nell'ambito della medicina di urgenza: oltre ai pensionamenti, la medicina d'urgenza sembra essere in crisi per il mancato cambio generazionale: i concorsi vanno deserti in tutte le regioni italiane e nell'anno accademico 2021/2022 circa la metà delle borse di studio della specialità di emergenza-urgenza non sono state assegnate per disinteresse dei neolaureati, un dato confermato anche dalla Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, che ha rilevato come la scarsa attrattiva che la disciplina ha sui giovani laureati è stata evidenziata da una scuola di specialità che registra abbandoni, di anno in anno superiori, e borse di studio non assegnate;
si evidenzia a tal proposito e in merito ad alcuni specifici corsi di specializzazione che, negli ultimi anni, nonostante l'incremento progressivo delle risorse per i contratti di formazione medico specialistica, si è registrata una vera e propria fuga da alcune specialità, che sono diventate sempre meno attrattive a discapito dell'evoluzione scientifica e tecnica del Sistema sanitario nazionale che deve rispondere ad esigenze sempre più complesse;
a ciò si aggiunge che la pandemia ha probabilmente contribuito a determinare l'accentuazione del fenomeno delle dimissioni per cause diverse dai pensionamenti, e tutto ciò ha fatto sì che sempre più professionisti sanitari preferiscono non legarsi a un'organizzazione con il classico contratto di lavoro a tempo indeterminato, prediligendo forme d'ingaggio atipiche, anche in ragione delle remunerazioni proporzionalmente più elevate;
è necessario evidenziare inoltre la situazione, aggravata con la pandemia, in cui sono costretti ad operare all'interno dei dipartimenti di salute mentale, sottoposti a condizioni drammatiche acuite da problematiche sociali ed economiche che rendono sempre più difficile l'erogazione delle prestazioni necessarie; occorrono iniziative concrete e immediate sul territorio per ricucire la rete pubblica dei DSM, sempre più sfilacciata, al fine di poter realizzare una salute mentale comunitaria, in grado di dare risposte integrate ai diversi aspetti biologici, psicologici e sociali;
occorre, infine, superare il meccanismo di payback per i dispositivi medici introdotto con la manovra finanziaria 2015, e le problematiche ad esso correlate, che potrebbero ostacolare l'attività di centinaia di imprese che distribuiscono a tutti gli ospedali del Paese dispositivi salvavita, oltre che il meccanismo di payback per i farmaci introdotto dalla manovra finanziaria 2007, causa ogni anno di contenziosi e controversie,
impegna il Governo:
1) a mettere in campo ogni iniziativa volta ad assicurare l'adeguata ripartizione e le risorse finanziarie necessarie atte a sostenere il finanziamento dei costi di funzionamento dell'offerta sanitaria e nello specifico: il potenziamento degli ospedali, l'assistenza domiciliare estesa, le case e gli ospedali della comunità, le spese per il personale, gli eventuali risparmi legati alla riorganizzazione e al miglioramento dell'efficienza e dell'appropriatezza, il costo dell'assistenza domiciliare;
2) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, necessarie a garantire lo sviluppo di una migliore assistenza territoriale con promozione della telemedicina e del telemonitoraggio domiciliare per decongestionare gli ospedali, anche collocando la televisita all'interno di un percorso clinico che preveda l'alternanza di prestazioni in presenza e prestazioni a distanza;
3) ad assicurare le iniziative necessarie atte a introdurre modelli per il monitoraggio sistemico e strutturato a livello nazionale del percorso del paziente, dal momento della presa in carico della domanda, all'inserimento nella lista d'attesa, all'accesso al ricovero fino alla sua dimissione, potenziando gli strumenti funzionali al miglioramento della governance aziendale e regionale delle liste d'attesa;
4) a promuovere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, per quanto di competenza, lo sviluppo di modelli predittivi e proattivi che consentano la stratificazione della popolazione, il monitoraggio dei fattori di rischio e la gestione integrata di patologie croniche o altre situazioni complesse derivanti anche da condizioni di fragilità e disabilità, anche mediante lo stanziamento di nuove risorse economiche e/o di incentivi a supporto dei farmaci innovativi con l'eventuale prolungamento dello stato d'innovatività di uno o due anni aggiuntivi;
5) a sostenere e promuovere protocolli di accoglienza, presa in carico e cura avanzata per le persone con disabilità intellettiva e relazionale all'interno dei percorsi sanitari e sociosanitari affrontando altresì in modo determinato i problemi della salute mentale, anche attraverso una riorganizzazione sul territorio e per le emergenze, e avviando un percorso concreto che consenta alle regioni di attuare fin dal 2023 un piano straordinario di assunzioni, secondo gli standard per l'assistenza territoriale dei servizi di salute mentale;
6) nell'ambito della progressiva definizione di un sistema di prevenzione e diagnosi precoce, ad adottare iniziative, nel rispetto delle competenze regionali e nel rispetto dei vincoli di bilancio, per predisporre o incrementare sul territorio nazionale il numero di centri di screening per la diagnosi di patologie e disturbi;
7) nel rispetto dei vincoli di bilancio, realizzare un programma pluriennale di screening su base nazionale nella popolazione pediatrica per l'individuazione degli anticorpi del diabete di tipo 1 e della celiachia;
8) ad adottare le iniziative di competenza volte a superare lo stallo nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, i quali, oggi più che mai, hanno il ruolo di garanzia dell'unitarietà del sistema e di tutela del diritto costituzionale alla salute;
9) nel rispetto dei vincoli di bilancio, ad adottare iniziative per prevedere la deducibilità delle spese sostenute da soggetti esercenti attività d'impresa, arti e professioni, dalle piccole e medie imprese o dai titolari di partita IVA operanti nell'ambito sanitario nel territorio dello Stato per l'attivazione o il potenziamento dei sistemi di teleassistenza o telemedicina;
10) ad adottare le iniziative necessarie a garantire la piena operatività del Fascicolo sanitario elettronico e la digitalizzazione dei dati sanitari, corredandolo del cosiddetto «dossier farmaceutico», che ripercorre la storia farmaceutica di ogni paziente e la rende fruibile a tutto il sistema sanitario, garantendo l'integrazione di dati sanitari e amministrativi a livello nazionale;
11) a prevedere un piano nazionale di formazione tecnologica per il personale sanitario al fine di promuovere le competenze tecniche, di massimizzare le potenzialità dell'utilizzo di tecnologie digitali, di migliorare l'efficienza e l'accessibilità ai servizi sanitari;
12) a prevedere, per quanto di competenza, interventi volti a garantire ai cittadini, la connettività adeguata e il setting appropriato allo sviluppo della telemedicina;
13) a promuovere e sostenere piani strategici nazionali volti all'adozione di un approccio olistico One Health – come riconosciuto anche dalla Commissione europea e da tutte le organizzazioni internazionali che operano in materia di salute umana – al fine di acquisire nuovi strumenti e nuove metodologie per confrontarsi con le sfide sanitarie complesse anche alla luce di quanto successo con la pandemia da COVID-19 e delle sue ripercussioni sull'aspetto anche socio-economico del Paese;
14) ad adottare iniziative volte a predisporre in Italia l'ingresso delle terapie digitali (DTx), affinché vengano messe a disposizione dei pazienti in bisogno, definendo, per quanto di competenza, un iter normativo nazionale che stabilisca le competenze necessarie per la valutazione delle terapie digitali e gli standard da considerare come requisiti minimi per la rimborsabilità da parte del Sistema sanitario nazionale, nonché il canale distributivo e le modalità di accesso alle stesse, istituendo altresì un tavolo nazionale con la partecipazione delle regioni al fine di pianificare un fondo contenuto per le regioni pilota che per prime registreranno le DTx disponibili;
15) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per il potenziamento dei servizi di cura in termini di risorse umane con particolare attenzione riguardo ai professionisti del territorio (Mmg, Pls, Ecc) anche valorizzando la funzione del cosiddetto case manager, figura di riferimento in ambito sanitario che si occupa della predisposizione di un piano di trattamento individualizzato e coordinato di cure e servizi sanitari e socio-assistenziali;
16) a valutare la possibilità di adottare iniziative per rivedere i criteri di accesso alla facoltà di medicina e agli altri corsi di istruzione universitaria per le professioni sanitarie, privilegiando il merito, e rivedere i criteri di accesso alle scuole di specializzazione, valorizzando i curricula, degli aspiranti e le loro inclinazioni;
17) a proseguire le iniziative di competenza volte ad implementare una corretta previsione e pianificazione del personale sanitario, assicurando le risorse necessarie atte a superare il blocco del turnover del personale sanitario anche sollecitando i rinnovi contrattuali scaduti da tempo e forme di incentivazione economica partendo dalle attività svolte nel pronto soccorso e per chi è impiegato in attività di emergenza;
18) a valutare la possibilità di procedere al fine di adattare iniziative per ampliare la possibilità per le regioni di distribuire farmaci destinati a patologie croniche agli assistiti per il tramite delle farmacie pubbliche e private convenzionate, attraverso un nuovo modello di distribuzione e di remunerazione della filiera che superi l'attuale variabilità regionale causata dalla distribuzione per conto (Distribuzione per Conto) e aumentando il numero complessivo di farmacie sul livello nazionale;
19) a valutare, nel rispetto della riforma in corso, di adottare le opportune iniziative per inserire le farmacie pubbliche e private convenzionate tra i pilastri della rete di assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria ampliando il ruolo del farmacista anche nel rinnovo delle prescrizioni per le patologie croniche in accordo con il medico;
20) ad adottare le opportune iniziative per potenziare la rete di emergenza urgenza, anche attraverso la valorizzazione del ruolo dei medici ivi operanti nonché, in collaborazione con il Ministero dell'università e della ricerca dei relativi percorsi di specializzazione;
21) a valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di adottare iniziative per garantire interventi definitivi di rettifica e superamento della norma sul payback dei dispositivi medici, la cui applicazione mette in difficoltà imprese e lavoratori impegnati ogni giorno a far funzionare gli ospedali italiani rifornendo medici, tecnici ed infermieri del materiale necessario alla diagnosi ed alla cura degli italiani e, analogamente, a provvedere al superamento della norma sul payback farmaceutico;
22) a mettere in campo politiche mirate a contrastare i principali fattori di rischio di sviluppo di patologie croniche e oncologiche quali fumo, alcool e obesità, mettendo a disposizione dei clinici le terapie più innovative disponibili sul mercato;
23) a definire un piano strategico di incentivi per raddoppiare entro il 2030 l'attuale numero di studi clinici attivi sul territorio nazionale, al fine di garantire ai pazienti accesso precoce alle terapie più avanzate e a mettere a disposizione degli specialisti le migliori tecnologie farmaceutiche e sanitarie disponibili a livello globale;
24) a definire un piano di formazione a disposizione della classe medica e della categoria degli infermieri sulle terapie innovative, avanzate e digitali, al fine di poter affrontare in modo competente e omogeneo su tutto il territorio nazionale l'accesso e la disponibilità delle stesse a tutti i pazienti e al fine di poter aumentare il patrimonio e le competenze globali del Sistema sanitario nazionale;
25) a promuovere un piano di supporto alla produzione farmaceutica in Italia, per assicurare la costante disponibilità di farmaci sul territorio nazionale e generare valore economico e occupazione per i territori in cui vengono disposti gli insediamenti;
26) a prepararsi all'arrivo di nuove soluzioni terapeutiche per il trattamento di patologie attualmente senza cura e ad alta prevalenza e disagio sociale come l'Alzheimer, attuando nuovi modelli di identificazione precoce dei pazienti e presa in carico da parte delle strutture specializzate e creando strumenti di fast track per l'accesso ai farmaci innovativi;
27) ad affrontare in modo razionale e fattivo l'aggiornamento del sistema tariffario Drg e dei Les, ricomprendendo e individuando strumenti di fast track per le terapie innovative, Atmp e le terapie digitali (DTx), coerentemente con le esigenze di innovazione del Sistema sanitario nazionale.
(1-00066) «Ciocchetti, Panizzut, Benigni, Semenzato, Vietri, Lazzarini, Cappellacci, Ciancitto, Loizzo, Patriarca, Colosimo, Lancellotta, Maccari, Morgante, Rosso, Schifone».
La Camera,
premesso che:
l'articolo 32 della nostra Costituzione definisce espressamente la «salute» come un diritto fondamentale dell'individuo che deve essere garantito a tutti indipendentemente dall'essere cittadini italiani o meno, dal possedere un reddito o dall'essere indigenti;
sulla base di tale principio il nostro Sistema sanitario nazionale, istitutivo con la legge n. 833 del 1978, nasce con l'obiettivo di garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione sociale, economica o territoriale, configurandosi come uno strumento di giustizia e di coesione sociale, secondo i principi di universalità ed eguaglianza;
ogni persona ha il diritto a essere curata e ogni malato deve essere considerato un legittimo utente di un pubblico servizio, di cui ha pieno e incondizionato diritto;
nonostante tali principi, un insieme di fattori politici, economici e organizzativi – a cui si è aggiunta negli ultimi due anni la pandemia da COVID-19, che ha messo a dura prova la tenuta del nostro Sistema sanitario nazionale – hanno determinato l'aggravarsi di significative difformità territoriali, per cui ci sono regioni in grado di assicurare servizi e prestazioni all'avanguardia e di eccellenza a cui se ne affiancano altre ove è difficoltoso garantire anche solo i livelli essenziali di assistenza, con la conseguenza che non tutti riescono ad accedere alle cure di cui hanno bisogno nei territori in cui vivono;
secondo l'ultimo rapporto Gimbe, presentato l'11 ottobre 2022 decennio 2010-2019, tra tagli e definanziamenti, sono stati sottratti al Sistema sanitario nazionale circa euro 37 miliardi mentre il Fondo sanitario nazionale (Fsn) è stato aumentato di soli euro 8,2 miliardi;
negli anni 2020-2022 il Fsn è cresciuto di euro 11,2 miliardi, rispetto agli euro 8,2 miliardi del decennio 2010-2019 ma le risorse sono state interamente assorbite dalla gestione della pandemia;
con la NADEF (versione rivista e integrata del 4 novembre 2022) la spesa sanitaria, a ragione dei minori oneri connessi alla gestione dell'emergenza epidemiologica, scenderà costantemente nel triennio 2023-2025 assestandosi a 131.724 miliardi nel 2023, 128.708 miliardi nel 2024 e 129.428 miliardi nel 2025 pari al 6,0 per cento del PIL e al di sotto dei livelli antecedenti la pandemia;
con la legge di bilancio 2023 sono stati aggiunti 2 miliardi rispetto a quanto già previsto dalla legislazione portando a 128 miliardi lo stanziamento per la sanità anche se la maggior parte delle risorse pari a 1,4 miliardi sono andate a coprire i maggiori costi dell'energia;
secondo quanto riportato nella relazione della Corte dei conti al Parlamento (Delibera n. 19/SEZAUT/2022/FRG) nonostante nel biennio 2020-2021 la spesa sanitaria sia aumentata, soprattutto a causa della pandemia, l'Italia continua a spendere meno degli altri Paesi europei, pur reggendo il confronto nell'efficienza;
secondo tali analisi, il biennio 2020-2021 ha segnato una netta inversione di trend, con una spesa sanitaria, che, se si include il 2022 è cresciuta mediamente del 5 per cento: oltre 3 punti in più rispetto all'1,3 per cento del valore medio del quadriennio pre-pandemico. In valore pro-capite percentuale e a parità di potere di acquisto la spesa sanitaria è cresciuta, nel solo esercizio 2020, dell'8,4 per cento;
alla riduzione in termini reali del finanziamento e della spesa sanitaria corrente rispetto al 2022, si accompagnano, tuttavia, le risorse e le riforme previste dalla Missione Salute (M6) del Piano nazionale di ripresa e Resilienza (PNRR);
rispetto alla dotazione totale di 191,5 miliardi di euro da investire tra il 2022 e il 2026, destina ben 15,6 miliardi (8,2 per cento del totale) alla sanità (oltre alle risorse, comprese nelle altre missioni, che hanno influenza sulla tutela della salute);
la Missione 6 ha l'obiettivo di diffondere nuovi modelli per la tutela della salute attraverso lo sviluppo di diverse innovazioni organizzative;
con le misure adottate nella Missione 6 è programmato:
lo sviluppo di reti di prossimità, della telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale;
il rafforzamento delle prestazioni erogate sul territorio grazie a nuove strutture: 1350 Case della Comunità, 600 Centrali Operative Territoriali e 400 Ospedali di Comunità, con un totale di personale pari a circa 18.350 infermieri, 10.250 unità di personale di supporto, 2.000 operatori sociosanitari e 1.350 assistenti sociali;
una più efficace integrazione tra tutti i servizi sociosanitari;
la promozione dell'innovazione, della ricerca e delle digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale;
in applicazione al Pnrr il precedente Governo ha adottato il decreto ministeriale 77 del 2022 «Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» definendo così i nuovi modelli e i nuovi standard per l'assistenza territoriale,
la riorganizzazione della medicina territoriale si scontra con una carenza ormai cronica di medici di medicina generale e di pediatri di libera scelta;
secondo il report di Cittadinanzattiva pubblicato a gennaio 2023 la carenza di mmg e pls riguarda principalmente le regioni settentrionali del nostro Paese dove per le persone è difficile contattare il proprio medico di fiducia, i quali spesso sono costretti al superamento del massimale di assistiti fissato dai contratti pur di prestare assistenza;
secondo i dati Agenas, aggiornati al 2021, a fronte di 40.250 medici di famiglia complessivi, la media di assistiti per ognuno di loro è di 1.237 con il valore più alto al Nord (1.326), rispetto al Centro (1.159) e al Sud (1.102). Numeri che non riescano a rappresentare adeguatamente le grandi differenze esistenti sul territorio, con regioni a un passo dal massimale «storico»;
una risposta concreta, seppur non sufficiente a colmare tale carenza, sono le 900 borse aggiuntive annuali fino al 2025 finanziate con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che si aggiungono alle 1.879 finanziate con fondi ordinari, per un totale di 2.779 borse;
l'incremento di borse di studio di medicina generale è parte di un aumento complessivo di 30.800 nuove borse di studio che negli ultimi due anni è andato nella direzione di un superamento dello storico problema dell'imbuto formativo che limita l'accesso alle scuole di specializzazione dei neolaureati in medicina;
le difficoltà della medicina generale non scaturiscono solo dal numero insufficiente di mmg ma anche e soprattutto dalla estrema debolezza di una rete che in tanti territori è costituita solo dallo studio del medico e dalla farmacia;
la riforma della medicina generale attesa da anni diviene ancora più urgente per connettere l'attività della medicina di base alle nuove strutture e servizi previsti dalla Missione 6 del PNRR;
nella riforma dell'assistenza territoriale è necessario prevedere la possibilità anche per le 96.000 persone senza dimora (secondo i dati ISTAT pubblicati a dicembre 2022), di cui il 62 per cento di nazionalità italiana di potersi iscriversi negli elenchi degli assistiti delle aziende sanitarie locali territoriali di riferimento allo scopo di effettuare la scelta del medico di medicina generale e accedere alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza garantiti ai cittadini residenti in Italia; si tratta di persone che non potendosi più permettere di pagare un affitto o un mutuo finiscono in strada perdendo una serie di diritti tra cui il diritto alla salute;
è necessario colmare il gap che ancora persiste nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, anche ordinarie, abbattendo rapidamente liste di attesa che nel periodo pandemico si sono inevitabilmente allungate;
la riduzione in volume delle prestazioni sanitarie è stata generalizzata in tutte le regioni italiane e sia il Parlamento che il Governo hanno fatto fronte con una imponente legislazione emergenziale, intervenendo con una significativa immissione di personale in tutte le forme contrattuali possibili – riducendo o sospendendo temporaneamente i vincoli precedenti – prevedendo un maggiore sviluppo della rete di assistenza sanitaria territoriale e disponendo un programma mirato di potenziamento ospedaliero e di dotazione tecnica nei settori critici dei posti di terapia intensiva, area medica ad alta potenzialità, servizi Dea e di pronto soccorso;
oltre al grave problema delle liste di attesa permane il fatto che nonostante i Livelli essenziali di assistenza siano stati modificati nel 2017 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017), ad oggi non sono ancora operativi, poiché non è stato emanato il decreto tariffe necessario a dare applicazione alle prestazioni ivi previste; un provvedimento atteso e non più rinviabile dal quale dipendono non solo i nuovi Lea ma che consentirebbe anche di rimettere al passo con i tempi, i vecchi tariffari fermi al 1996 per la specialistica e al 1999 per la protesica; dalla procreazione medicalmente assistita allo screening esteso neonatale per la Sma, dalla consulenza genica fino a prestazioni di elevatissimo contenuto tecnologico come l'adroterapia o di tecnologia recente come l'enteroscopia con microcamera ingeribile e la radioterapia stereotassica, agli ausili informatici e di comunicazione (inclusi i comunicatori oculari e le tastiere adattate per persone con gravissime disabilità) agli apparecchi acustici a tecnologia digitale, alle attrezzature domotiche e ai sensori di comando, fino ad arti artificiali a tecnologia avanzata e ai sistemi di riconoscimento vocale e di puntamento con lo sguardo sono solo alcune delle oltre 3mila, tra vecchie e nuove, prestazioni di specialistica ambulatoriale e di assistenza protesica che aspettano una loro piena applicazione;
è necessario, come affermato dallo stesso Presidente della Repubblica Mattarella in occasione del discorso di fine anno 2022 «operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive»;
è irricevibile la proposta di una autonomia differenziata anche in materia sanitaria che cancellerebbe il nostro il Servizio sanitario nazionale (Ssn), tradendone i principi di universalità, equità e solidarietà, per cui tutti i cittadini, indipendentemente da origini, residenza e censo devono essere curati allo stesso modo con oneri a carico dello Stato, mediante prelievo fiscale su base proporzionale
è necessario prevenire una parcellizzazione non sostenibile non solo per quanto riguarda i Lea ma anche in altre materie e competenze, come la politica dei farmaci, la sanità animale, le specializzazioni della dirigenza, igiene e sicurezza negli ambienti scolastici e altro ancora;
la pandemia da COVID-19 ha evidenziato la gravissima carenza di personale sanitario nel nostro Sistema sanitario nazionale che ha sempre maggiori difficoltà a reperire sul mercato del lavoro personale dirigente medico; criticità che investe trasversalmente tutta la professione medica con particolare riferimento alle specialità di anestesia e rianimazione, medicina d'urgenza, malattie infettive, pneumologia, ostetricia e ginecologia, pediatria, radiodiagnostica;
per il personale del comparto si rileva un'offerta di operatori significativamente insufficiente rispetto ai nuovi fabbisogni, con particolare riferimento agli infermieri, tecnici sanitari di radiologia medica, tecnici di laboratorio biomedico, assistenti sanitari e operatori socio-sanitari;
secondo l'ultimo rapporto Agenas del novembre 2022 la criticità vera ed immediata riguarda il personale infermieristico: l'Italia ha un numero di infermieri inferiore rispetto a quello della media europea. Infatti, secondo i dati OECD del 2020 nel sistema sanitario italiano operano 6,2 infermieri ogni 1.000 abitanti, rispetto a una media europea di 8,8 e a punte di 18 per la Svizzera e la Norvegia, 13 per la Germania, 11 per la Francia e 8,2 per il del Regno Unito;
il ricorso a soluzioni temporanee come i contratti a tempo determinato, l'utilizzo del lavoro a cottimo dei «medici a gettone», l'aumento dell'età pensionabile a 72 anni per i medici convenzionati e dipendenti, ospedalieri e universitari, il reintegro dei medici no vax sono solo palliativi che non solo non affrontano la reale carenza di personale ma minano la sicurezza e la salute delle persone;
è urgente mettere in campo interventi strutturali, primo tra tutti l'abolizione del tetto di spesa sul personale al fine di consentire l'immediata assunzione dei giovani medici, anche specializzandi, pronti a entrare nel Sistema sanitario nazionale ma, di fatto, bloccati da misure temporanee e non risolutive;
le strutture di Medicina dell'emergenza-urgenza sono uno dei pilastri principali del Servizio sanitario nazionale e come rileva la Società italiana di medicina d'emergenza urgenza (Simeu) gli accessi al pronto soccorso sono in costante aumento, con situazioni di affollamento, lunghe attese, una permanenza nei pronto soccorso che a volte supera le 24 ore; questo a fronte di una carenza di organico ormai cronica: mancano oltre 5 mila medici e circa 12 mila infermieri, con un conseguente sovraccarico di lavoro, stimato tra il 25 e il 50 per cento per il personale medico e sanitario impiegato in prima linea che rischia di far saltare quel principio di universalità dell'accesso alle cure su cui si fonda il nostro Sistema sanitario nazionale;
queste cifre fanno emergere un quadro non più sostenibile a cui è necessario dare risposte veloci e concrete partendo da un miglioramento delle condizioni di lavoro di medici e infermieri impiegati nella medicina dell'emergenza-urgenza;
nel secondo anno di pandemia la spesa sanitaria del Sistema sanitario nazionale; seppur con minore impatto, ha proseguito la sua crescita fino a quota 126,6 miliardi di euro, ai quali si aggiungono ben altri 37,16 miliardi di euro per prestazioni sanitarie pagate direttamente dai cittadini al di fuori del Ssn;
come rilevato dal Rapporto n. 9 della Ragioneria generale dello Stato pubblicato ad ottobre 2022, nell'anno 2021 sono tornate a crescere le spese per la sanità privata, in particolare quelle sostenute direttamente dai cittadini (out of pocket), in massima parte per farmaci non rimborsabili, visite mediche e diagnostica;
secondo l'ultimo rapporto di Cittadinanzattiva «Rapporto civico sulla salute 2022» si aspetta fino a 720 giorni per una mammografia, fino a 362 giorni per una visita con il diabetologo, fino a 180 giorni per sottoporsi a un intervento oncologico, fino a 100 giorni per una colonscopia, fino a un anno per un intervento cardiologico e ortopedico, fino a 180 giorni per un intervento oncologico;
sempre più cittadini rinunciano a prestazioni sanitarie nel pubblico a favore di strutture private che sono in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali (a volte anche inferiori) e soprattutto in tempi più rapidi rispetto alle lunghe liste di attesa della sanità pubblica; ma la «sanità integrativa» non ha l'obbligo dei LEA, può selezionare i pazienti, non si occupa di prevenzione, non deve svolgere attività di emergenza e urgenza;
per tale motivo deve completare il suo iter il più velocemente possibile il decreto del Ministero della salute, attuativo della misura contenuta nella legge concorrenza 2021 (legge n. 118 del 2022), che ha fissato nuove regole per i rapporti tra il privato e il Servizio sanitario nazionale, e che prevede nuove regole e verifiche per il rilascio di nuovi accreditamenti a strutture private e per la selezione dei soggetti privati che possono stipulare accordi con Sistema sanitario nazionale;
la stessa attività intramoenia, a cui sempre più spesso ricorrono i cittadini, è un'altra faccia delle lunghe liste di attesa nella sanità pubblica e dell'impossibilità di ricevere in tempi brevi assistenza;
secondo l'ultimo rapporto dell'Agenas l'intramoenia passa dall'8 per cento per le visite oncologiche e fisiatriche al 42 per cento per ecografie ginecologiche. In particolare, in 13 regioni su 21 il rapporto tra attività in Alpi e in regime Istituzionale risulta superiore al 100 per cento per alcune prestazioni, soprattutto in ambito ginecologico ed è ormai praticamente azzerata l'intramoenia «fuori le mura» poiché il 99 per cento dell'attività si svolge all'interno dell'azienda o in strutture in rete con prenotazioni centralizzate nella maggior parte delle regioni;
la pandemia da COVID-19 ha inciso fortemente anche sull'assistenza ospedaliera, dove dal 2015 (decreto ministeriale 70 del 2015) è stata prevista una riduzione dei posti letto per una maggiore efficienza e specializzazione della stessa rete ospedaliera anche in un'ottica di una maggiore integrazione con l'assistenza territoriale per una presa in carico da parte di quest'ultima dei casi meno gravi;
accanto all'indispensabile riforma dell'assistenza ospedaliera e di quella territoriale, occorre rafforzare la prevenzione e la promozione della salute, per ridurre l'incidenza delle malattie e la mortalità e, di conseguenza, i costi per il Servizio sanitario nazionale adeguando il nostro sistema a standard qualitativi di cura adeguati, in linea con le migliori prassi europee;
in questi anni di emergenza pandemica si è rafforzata nel Paese la consapevolezza che una rete integrata di servizi territoriali di base è indispensabile per assicurare capillarmente la presa in carico delle persone e delle comunità, garantendo l'accessibilità e la continuità delle cure anche alle fasce di popolazione socialmente più svantaggiate e più difficili da raggiungere;
è importante, quindi, ridare slancio ai consultori istituti con la legge n. 405 del 1975 quali servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della donna, delle persone in età evolutiva e in adolescenza, delle coppie e delle famiglie inserendoli a pieno titolo nella riorganizzazione territoriale prevista dal PNRR e dagli atti attuativi;
un sistema sanitario vicino a tutte le donne deve garantire, in tutte le regioni, il diritto all'interruzione di gravidanza come sancito dalla legge n. 405 del 1978, risolvendo definitivamente il grave contrasto tra il diritto all'obiezione di coscienza del personale sanitario e il diritto della donna di abortire in una struttura pubblica, in sicurezza e nei tempi previsti;
è necessario rivedere i protocolli di accoglienza nelle unità di ostetricia per assicurare l'accesso del padre o di una persona di fiducia della donna durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera visto che l'esperienza della gravidanza, della nascita e dell'allattamento sono elementi fondanti della genitorialità consapevole, della nurturing care e della promozione della salute delle madri, dei padri e dei bambini e bambine;
tra le tante nefaste conseguenze della pandemia di COVID-19 c'è l'aumento del disagio psicologico nelle persone più fragili e tra i giovani, un problema urgente di cui solo un Sistema sanitario nazionale rafforzato con risorse e professionalità può farsi adeguatamente carico;
il benessere psicologico deve diventare un obiettivo fondamentale per il nostro Sistema sanitario nazionale, perché è un requisito fondamentale per la qualità della vita individuale, sociale e per la salute; a questo scopo vanno adottati programmi centrati sulla scuola come luogo dello sviluppo della persona e sui servizi sociali come strumenti di un welfare inclusivo;
i cittadini italiani, sia minorenni sia adulti, in base ai Livelli essenziali di assistenza vigenti hanno diritto al sostegno psicologico e alla psicoterapia e per garantire tale diritto, oltre al bonus psicologo, occorre dotare il Paese di una rete di prevenzione e promozione psicologica pubblica;
in tema di prevenzione l'istituzione della rete denominata sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici (Snps) sottolinea l'urgente necessita di un l'approccio «One Health» nella tutela della salute pubblica;
tenendo conto di tale approccio nel settembre 2018 il Parlamento europeo ha adottato un piano d'azione europeo «One health» contro la resistenza antimicrobica (2017/2254(INI)) rilevando che l'abuso di antibiotici compromette la loro efficacia, determina la diffusione di microbi estremamente resistenti, che mostrano una particolare resistenza agli antibiotici di ultima linea;
per dare seguito a tale piano è necessario sviluppare e consolidare la fondamentale collaborazione a livello dell'Unione europea in tema di antimicrobico-resistenza nonché mantenere aggiornato costantemente il prontuario farmaceutico nazionale, con particolare riguardo alle indicazioni d'uso degli antimicrobici a tutela dell'appropriatezza prescrittiva e a contrastare la vendita illegale di prodotti antimicrobici ovvero la loro vendita senza prescrizione medica o veterinaria;
per quanto riguarda la spesa farmaceutica sia territoriale che ospedaliera, è necessario agire per controllarne l'andamento evitando il superamento dei tetti di spesa,
impegna il Governo:
1) a salvaguardare e potenziare su tutto il territorio nazionale l'universalità, l'uguaglianza e la qualità delle prestazioni di cura ed assistenza erogate dal Sistema sanitario nazionale;
2) a recedere dalla proposta di riforma che prevede di applicare il principio di «autonomia differenziata» nella tutela della salute pubblica, in quanto scelta ingiusta e inefficace che aumenterebbe le disuguaglianze tra i singoli sistemi sanitari regionali violando il principio costituzionale di uguaglianza «davanti alla legge» proprio in tema di salute, un «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
3) a promuovere un approccio One Health del Sistema sanitario nazionale è qualità ambientale e benessere animale sono elementi fondamentali nella tutela della salute pubblica;
4) a portare avanti, con determinazione, le riforme e gli investimenti previsti dalla missione 6 del PNRR, definiti con le regioni e condivisi con l'Unione europea, che rappresentano una concreta opportunità di rilancio per il nostro Sistema sanitario nazionale;
5) ad attuare ed implementare i «modelli e gli standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» (definiti dal decreto 23 maggio 2022, n. 77) per superare insostenibili diseguaglianze territoriali e garantire efficacemente su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali di assistenza (LEA);
6) ad adottare le iniziative di competenza volte a implementare nel triennio 2024/2026 le risorse previste dall'articolo 1 comma 274 della legge 30 dicembre 2021 n. 234 (legge di bilancio 2022) al fine di garantire alle Case della comunità, agli Ospedali di Comunità, alle Unità di Continuità Assistenziale ed alle Centrali Operative Territoriali un adeguato standard di personale sanitario a tempo indeterminato che possa lavorare stabilmente in team multiprofessionali;
7) a predisporre la riforma della medicina generale per valorizzare al meglio il prezioso lavoro dei mmg, rendendoli pienamente protagonisti e connessi con la nuova rete territoriale che si realizza con la missione 6 del PNRR sburocratizzando la loro attività e riformandone il percorso di formazione professionale;
8) a garantire, nei tempi definiti dalla missione 6 del PNRR al fine di migliorare l'assistenza ai malati cronici ed alle persone affette da malattie rare, lo sviluppo della telemedicina ed in particolare l'implementazione, su scala regionale, dei servizi di telemonitoraggio, teleassistenza, televisita, teleconsulto, assumendo la casa come «primo luogo di cura»;
9) a sostenere le iniziative di prevenzione e ricerca definiti nella missione 6 del PNRR e in particolare: la creazione di una rete di centri di trasferimento tecnologico, il rafforzamento e lo sviluppo qualitativo i quantitativo degli Hub life science per area geografica (Nord - Centro - Sud Italia), la fondazione HUB Antipandemico (APH), istituita dall'articolo 1, comma 945 della legge 30 dicembre 2021, n. 234;
10) a portare avanti il Programma nazionale «Equità nella Salute» finanziato con 625 milioni dall'Unione europea per progetti da realizzare nel nostro meridione, relativi alla medicina di genere, alla salute mentale, al contrasto della povertà sanitaria e agli screening oncologici;
11) a fornire al Parlamento, ogni 6 mesi, informazioni puntuali sullo stato di attuazione della missione 6 del PNRR;
12) a promuovere una forte integrazione tra attività territoriale e ospedaliera: liberando gli ospedali, grazie alla nuova rete territoriale prevista dalla missione 6 del PNRR, da una quantità insostenibile di accessi impropri e riformando il decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015;
13) a prevedere l'adeguamento del livello del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato in misura pari al 7 per cento del PIL per l'anno di riferimento;
14) a modificare i criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale applicando il parametro della «deprivazione economica», con un suo peso ponderato sull'intera quota da assegnare alle regioni più svantaggiate;
15) ad assicurare meccanismi di controllo affinché le nuove risorse attribuite alle regioni siano collegate prioritariamente a misure volte a ridurre la mobilità passiva e le liste di attesa;
16) ad assumere misure strutturali, quali a esempio il superamento definitivo del tetto di spesa per il personale, al fine di porre fine alla carenza di personale medico e sanitario nel nostro Sistema sanitario nazionale;
17) ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie, a partire dai rinnovi contrattuali, per adeguare la retribuzione dei professionisti sanitari italiani a quella media degli altri grandi Stati europei;
18) a predisporre iniziative urgenti volte a ovviare alla carenza di personale nei pronto soccorso attraverso specifici interventi che rendano maggiormente attrattivo il Servizio per i giovani medici che intraprendono la specializzazione in medicina d'emergenza-urgenza;
19) ad adottare iniziative di competenza volte a incentivare i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e il personale infermieristico a svolgere la propria attività professionale in ambiti territoriali disagiati, al fine di assicurare anche in queste zone un'adeguata assistenza primaria;
20) a predisporre adeguate risorse e misure incentivanti, per quanto di sua competenza, per il personale operante nei servizi del 118 (cosiddetta emergenza territoriale), di norma, titolare di un rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale;
21) a garantire la centralità e l'unitarietà del sistema sanitario nazionale, approvando il decreto tariffe e dando finalmente attuazione alla riforma dei livelli essenziali di assistenza fermi al 2017 consentendo così l'erogazione delle nuove prestazioni e l'aggiornamento dei tariffari fermi al 1996 per la specialistica e al 1999 per la protesica;
22) ad aggiornare, al fine di garantire l'effettiva tutela della salute mentale quale componente essenziale del diritto alla salute, i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 12 gennaio 2017, privilegiando percorsi di cura individuali in una prospettiva di presa in carico della persona nel complesso dei suoi bisogni, per una piena inclusione sociale secondo i principi della «recovery» e sulla base di un processo partecipato;
23) ad introdurre il budget di salute quale prezioso strumento di integrazione sociosanitaria finalizzato a contrastare e a prevenire la cronicizzazione istituzionale o familiare, l'isolamento e lo stigma delle persone fragili, nonché favorire il loro inserimento socio-lavorativo;
24) a valorizzare e sviluppare, come previsto dall'articolo 1, comma 5 del decreto-legge n. 34 del 2020, la figura dell'infermiere di comunità, implementando il relativo processo formativo;
25) ad assumere con urgenza tutte le iniziative necessarie per far fronte alla crescente carenza di veterinari pubblici anche in considerazione e delle gravi emergenze sanitarie derivanti da epidemie che colpiscono gli animali;
26) a prevedere iniziative volte a velocizzare le procedure di riconoscimento dei titoli esteri per i professionisti sanitari, come misura aggiuntiva per ovviare alla carenza di medici e professionisti nelle strutture sanitarie e sul territorio;
27) a implementare la farmacia dei servizi approvando, dopo la positiva sperimentazione fatta nel 2022, un nuovo sistema di remunerazione e rinnovando la convenzione tra il Sistema sanitario nazionale e le farmacie italiane anche sulla base dei tanti nuovi servizi erogati;
28) a predisporre iniziative volte al superamento del pay back sui dispositivi medici la cui spesa è definita da gare pubbliche;
29) ad adottare iniziative per sviluppare la rete dei consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppie e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute;
30) ad assumere le iniziative di competenza volte a rendere disponibile e gratuito in tutta Italia l'accesso alla contraccezione tramite dispositivi ormonali e medici, in linea con i princìpi posti dalla legge n. 194 del 1978, superando l'arretratezza del nostro Paese su questo fronte, per ridurre gravidanze indesiderate e l'incidenza di malattie sessualmente trasmissibili come l'HIV, garantendo la tutela della salute sessuale e riproduttiva delle giovani generazioni anche grazie al potenziamento dei programmi di educazione e salute sessuale;
31) ad adottare iniziative efficaci, con obiettivi misurabili, per contrastare la resistenza antimicrobica nell'ambito della tutela della salute umana, animale e dell'ambiente, introducendo misure finalizzate all'uso corretto e appropriato degli antimicrobici;
32) a promuovere campagne di sensibilizzazione in tutti i setting di cura e presso le farmacie miranti alla tutela dei comportamenti corretti, all'aderenza terapeutica per quanto riguarda l'uso degli antimicrobici e all'utilizzo costante delle norme igienico-sanitarie preventive;
33) a valutare la fattibilità di avviare iniziative graduali volte alla distribuzione degli antibiotici in confezioni sufficienti e non superiori al periodo di terapia, secondo le indicazioni mediche, anche con confezioni personalizzate;
34) ad avviare iniziative, per quanto di competenza, volte a contrastare la vendita illegale di prodotti antimicrobici ovvero la loro vendita senza prescrizione medica o veterinaria, nonché a impedire l'illegittima vendita online dei farmaci soggetti a prescrizione medica o veterinaria, informando e sensibilizzando i cittadini, tramite campagne informative, sui rischi connessi a tali acquisti;
35) ad adottare le iniziative di competenza volte a consentire alle persone senza dimora, prive della residenza anagrafica nel territorio nazionale o all'estero, di iscriversi negli elenchi degli assistiti delle aziende sanitarie locali territoriali di riferimento allo scopo di scegliere il medico di medicina generale e di accedere alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza garantiti ai cittadini residenti in Italia;
36) a predisporre, per quanto di competenza, misure uniformi su tutto il territorio nazionale al fine di assicurare, nel rispetto della salute di tutti i soggetti coinvolti, misure volte a garantire nei percorsi nascita e durante la degenza ospedaliera la presenza del padre o di una persona a scelta della donna anche oltre il mero orario di visita.
(1-00067) «Furfaro, Serracchiani, Ciani, Malavasi, Girelli, Stumpo, Bonafè, Casu, De Luca, De Maria, Ferrari, Fornaro, Ghio, Provenzano, Toni Ricciardi, Roggiani».
La Camera,
premesso che:
nelle scorse settimane, a causa dello sciopero della fame sostenuto dall'anarchico Alfredo Cospito per protestare contro il regime carcerario cui è sottoposto, si è acceso un'importante dibattito relativo all'applicazione della misura cosiddetta del carcere duro;
Alfredo Cospito è un anarchico-insurrezionalista, fondatore della Federazione anarchica informale, movimento composto da diversi gruppi dediti alla lotta armata rivoluzionaria e ritenuta dagli inquirenti un'associazione per delinquere con finalità di terrorismo; egli, inizialmente condannato a dieci anni e otto mesi di reclusione per avere gambizzato, nel maggio 2012, l'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, successivamente è stato ancora condannato, a seguito di un'ulteriore indagine, per un attacco effettuato nel 2006 presso la scuola allievi Carabinieri di Fossano, per il quale in un primo momento vi era stata una condanna a venti anni di reclusione, reato poi riqualificato dalla Cassazione come strage contro la sicurezza dello Stato (reato integrante la pena dell'ergastolo) e, non avendo Cospito collaborato con la giustizia, gli è stato applicato anche il regime ostativo; dal maggio 2022, infine, Cospito è stato sottoposto al regime di 41-bis, per una durata di quattro anni;
nella sua iniziale formulazione, l'articolo 41-bis, introdotto dall'articolo 10 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 all'interno della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante disposizioni speciali in materia di trattamento penitenziario, recava le seguenti disposizioni: «In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il Ministro di grazia e giustizia ha facoltà di sospendere nell'istituto interessato o in parte di esso l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l'ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto»;
il testo della norma, quindi, aveva carattere particolare e non generale, in quanto attuabile all'interno delle strutture carcerarie solo in situazioni di emergenza, ma in seguito delle efferate stragi mafiose di Capaci e di via d'Amelio a Palermo del 1992, l'articolo 19 del decreto-legge n. 306 del 1992, estese la possibilità di applicare l'articolo 41-bis anche per finalità preventive di ordine pubblico e sicurezza esterne al carcere;
le stragi di Capaci e di via D'Amelio avevano, infatti, contribuito a mettere in evidenza la questione dell'incapacità della pena detentiva, nella sua ordinaria modalità di esecuzione, di neutralizzare la pericolosità di detenuti che, in virtù dei legami con le associazioni criminali di appartenenza, continuavano dal carcere ad esercitare il loro ruolo di comando, impartendo ordini e direttive agli associati in libertà;
in seguito all'emanazione citato decreto-legge n. 306 del 1992, che limitava la sua efficacia a soli tre anni dalla data di emanazione dello stesso provvedimento, l'immediata percezione dell'efficacia della norma, tuttavia, indusse il legislatore a prorogarne in più riprese la validità, sino all'entrata in vigore della legge 22 dicembre 2002, n. 279, che ha reso il regime detentivo speciale permanente all'interno dell'ordinamento;
il provvedimento che dispone il carcere duro ha durata pari a quattro anni ma è prorogabile per periodi successivi di due anni ciascuno qualora risulti ancora plausibile la capacità del detenuto di mantenere collegamenti con l'organizzazione criminale;
l'articolo 41-bis O.P. contempla, pertanto, due distinte tipologie di sospensione temporanea delle normali regole di trattamento dei detenuti: la prima, basata sul presupposto di una pericolosità interna del singolo istituto penitenziario, assolve la funzione di ripristinare l'ordine e la sicurezza compromessi da eventi eccezionali, prevedendo al comma 1 che, in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il Ministro della giustizia possa sospendere temporaneamente nell'istituto interessato o in parte di esso, l'applicazione delle normali regole di trattamento penitenziario; la seconda, invece, disciplinata dal comma 2, trova applicazione con riguardo ai singoli detenuti o internati condannati o imputati per reati di particolare allarme sociale;
come ribadito dalla Relazione conclusiva presentata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle Mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, al termine della XVII legislatura «L'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario (...) rappresenta un insostituibile corollario della legislazione antimafia di cui si è dotato il nostro Paese», posto che «Pur nella consapevolezza che i contatti con le associazioni criminali sono inevitabili, il legislatore ha però previsto una serie di misure volte a limitarli e a ostacolarli così da ridurre drasticamente il rischio della prosecuzione di tali relazioni. È proprio questo, dunque, il cardine del regime detentivo speciale che, da un lato, ne rappresenta la ratio e, dall'altro, gli conferisce legittimità costituzionale»;
nella medesima relazione si legge, inoltre, che «La Corte costituzionale e la Corte europea dei diritti dell'uomo, le cui pronunce hanno già inciso, negli anni, sulle modifiche legislative man mano apportate al regime detentivo speciale, hanno più volte sottolineato che la disposizione di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, perseguendo finalità preventive e non repressive, risponde certamente a superiori esigenze di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato»;
l'errore, invece, in cui comunemente si è caduti, è stato quello di concentrarsi, nel modo sbagliato, sulla convenzionale denominazione di «carcere duro», la quale porta a pensare al 41-bis come ad uno strumento meramente finalizzato ad apportare un surplus di afflizione nei confronti dei suoi destinatari, anziché a un modo per neutralizzare la capacità di collegamento del detenuto con l'esterno ed estinguere il vincolo associativo con l'organizzazione criminale di appartenenza;
prevedendo un regime penitenziario differenziato e speciale per il detenuto, il 41-bis risulta essere una garanzia per l'intera società, non solo per i reati connessi alla mafia, ma anche per quei reati estremamente gravi, quali il terrorismo, la pedopornografia, la tratta di essere umani, la violenza sessuale di gruppo, il sequestro di persona e il traffico di stupefacenti;
il regime carcerario del 41-bis, pertanto, è giustificabile quando la sicurezza e l'interesse pubblico abbiano un grado di intensità tale da prevalere sull'interesse dell'individuo;
tuttavia, nonostante l'ampia gamma di reati per i quali è possibile l'applicazione del regime carcerario di cui all'articolo 41-bis, nella prassi tale misura è applicata quasi esclusivamente agli autori di reati di stampo mafioso, come dimostrano i dati riportati dal Rapporto sul regime detentivo speciale della Commissione parlamentare per la tutela e la promozione dei diritti umani approvata nell'aprile del 2016, dai quali si evince che oltre il novanta per cento dei soggetti sottoposti al 41-bis sono imputati o condannati per il reato di associazione di stampo mafioso, di cui all'articolo 416-bis del codice penale;
il raggiungimento di un compromesso, inoltre, risulta impossibile anche sulla base dalle recenti manifestazioni di appoggio alla battaglia di Cospito da parte di gruppi di anarchici in Italia: a dimostrazione di ciò, i sottosegretari alla giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove e Andrea Ostellari, a seguito delle tensioni emerse, sono stati messi sotto scorta;
in molte città di Italia, infatti, numerose sono state le rappresaglie in segno di protesta: tra queste iniziative spiccano l'occupazione della facoltà di lettere dell'università La Sapienza di Roma e l'incendio di due auto della polizia locale fuori al carcere di Opera, dove decine di manifestanti hanno acceso fuochi e intonato cori, e iniziative di rappresaglia contro la detenzione al carcere duro di Cospito hanno avuto luogo anche in alcune città europee dove perlopiù si sono concentrate nelle aree intorno alle rappresentanze diplomatiche italiane;
la pericolosità dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis impone allo Stato di prevedere le opportune misure per tutelare la collettività, non scendendo a compromessi con il reo nemmeno dinnanzi alle situazioni più estreme: lo sciopero della fame sostenuto da Cospito e le sue attuali condizioni di salute, ormai precarie, non possono e non devono costituire una minaccia per lo Stato né costringerlo a fare un passo indietro, impegna il Governo,
impegna il Governo
1) a mantenere in vigore la normativa di cui all'articolo 41-bis, con i conseguenti criteri di applicazione, nei casi previsti dalla legge, quale strumento di garanzia e tutela dei cittadini.
(1-00068) «Foti, Messina, Antoniozzi, Gardini, Ruspandini, Maschio, Varchi, Buonguerrieri, Dondi, Palombi, Pellicini, Polo, Pulciani, Vinci, Almici, Ambrosi, Amich, Amorese, Baldelli, Benvenuti Gostoli, Caiata, Calovini, Cangiano, Cannata, Caramanna, Caretta, Cerreto, Chiesa, Ciaburro, Ciocchetti, Colosimo, Comba, Congedo, Coppo, De Bertoldi, De Corato, Deidda, Di Giuseppe, Di Maggio, Filini, Frijia, Giorgianni, Iaia, Kelany, Lampis, Lancellotta, La Salandra, Loperfido, Lucaselli, Maccari, Maiorano, Malagola, Malaguti, Mascaretti, Matera, Matteoni, Mattia, Maullu, Michelotti, Milani, Mollicone, Morgante, Mura, Osnato, Padovani, Perissa, Pozzolo, Raimondo, Rampelli, Rizzetto, Roscani, Angelo Rossi, Fabrizio Rossi, Rotelli, Sbardella, Schifone, Rachele Silvestri, Testa, Tremaglia, Tremonti, Urzì, Vietri, Zucconi, Zurzolo».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi i sistemi informatici del nostro Paese, così come quelli di tutto il mondo, hanno subito un massiccio attacco tramite un ransomware già in circolazione, così come rilevato dal Computer security incident response team Italia dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn);
un attacco che secondo le prime ipotesi sarebbe stato portato da cyber-criminali comuni, interessati a estorcere denaro alle aziende e istituzioni colpite;
ad essere stati presi di mira sono stati in particolare i server VMware ESXi che, nonostante già da due anni fossero disponibili le opportune correzioni, non risultavano aggiornati dagli amministratori di sistema, rendendoli così facilmente vulnerabili;
una circostanza evidenziata in una nota della Autorità nazionale per la sicurezza informatica nella quale si afferma «che è prioritario per chiunque chiudere le falle individuate e sviluppare un'adeguata strategia di protezione ...siamo stati in grado di censire diverse decine di sistemi nazionali verosimilmente compromessi e allertato numerosi soggetti i cui sistemi sono esposti ma non ancora compromessi. Tuttavia, rimangono ancora alcuni sistemi esposti, non compromessi, dei quali non è stato possibile risalire al soggetto proprietario. Questi sono chiamati immediatamente ad aggiornare i loro sistemi»;
nelle medesime ore anche la rete Tim ha subito seri problemi di inoperatività, lasciando milioni di utenti senza internet e provocando disservizi anche ai bancomat, problemi che, tuttavia, secondo l'impresa non sarebbero riconducibile ad un attacco di pirati informatici;
già il 2 febbraio 2023, ad essere oggetto di un attacco informatico era stata l'azienda energetica romana di Acea, rendendone inaccessibili i siti e le app per oltre un giorno;
come riportato dal quotidiano Sole 24 ore, a seguito del vertice tenutosi a Palazzo Chigi per fare il punto sulla situazione, «nessuna istituzione o azienda primaria che opera in settori critici per la sicurezza nazionale è stata colpita», mentre 22 imprese sarebbero risultate infettate e ben 437 enti, tra cui università e dipartimenti di ricerca risulterebbero ancora oggetto di verifica;
ad essere più esposte a tali attacchi risulterebbero le piccole e medie imprese e le web agency oltre, ovviamente, ai milioni di utenti che si vedono precluso l'accesso ai servizi sulla rete o a rischio i propri dati personali con possibili violazioni d'identità;
grazie al decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82 si è ridefinita l'architettura nazionale cyber, con l'istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) a tutela degli interessi nazionali nel campo della cybersicurezza, la quale è impegnata in primis sulla sicurezza degli enti pubblici per il progetto dell'amministrazione digitale;
il futuro digitale, necessario a garantire la competitività delle imprese e le performance della pubblica amministrazione, risulta minato dal divario digitale attuale, soprattutto nei confronti degli operatori economici più fragili;
occorrono, pertanto, piani inclusivi che consentano di allargare gli obblighi per la sicurezza informatica e prevedano seri programmi informativi nei confronti dei soggetti più deboli;
la direttiva NIS 2, n. 2022/2555 (Network and Information Security) amplia l'ambito di applicazione per le principali attività economiche e sociali del mercato interno. In particolare, lo scopo della direttiva è quello di superare le divergenze tra gli operatori dei servizi essenziali e i fornitori di servizi digitali. Una delle principali novità riguarda gli enti locali e le piccole e medie imprese. La direttiva, infatti, considera come soggetti meritevoli di attenzione anche gli enti pubblici minori e le piccole e medie imprese. Tali soggetti sono inclusi nel processo di armonizzazione delle direttiva allo scopo di non trascurare l'impatto che gli stessi possono avere sull'erogazione dei servizi. Tuttavia, rimane ancora indeterminato come agire nei confronti di tutti quegli enti che non sono erogatori di servizi funzionali;
questo tema deve essere portato all'attenzione di tutti i soggetti economici, così come delle piccole amministrazioni e degli stessi cittadini, soprattutto se appartenenti alle categorie tecnologicamente più fragili e per questo occorrono programmi specifici inclusivi, in grado di raggiungere l'intera collettività –:
quali urgenti iniziative intenda adottare, con il coinvolgimento dei soggetti economici e sociali ed il sistema della pubblica amministrazione allargata, al fine di affrontare le problematiche sommariamente evidenziate in premessa;
quali strategie si intendano mettere in campo per affrontare e rimuovere il divario digitale territoriale, generazionale e sociale del Paese, anche al fine di far crescere la consapevolezza dei rischi informatici.
(2-00072) «Laus, Morassut, Carè, D'Alfonso, Toni Ricciardi, Manzi, Marino, Girelli, Malavasi, Simiani, Forattini, Iacono».
Interrogazioni a risposta orale:
PROVENZANO e GUERRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
la Commissione tecnica per i fabbisogni standard (Ctfs) è stata istituita ai sensi dell'articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 al fine di analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali;
suddetta Commissione agisce come organo tecnico collegiale con l'obiettivo principale di validare la metodologia da utilizzare per l'individuazione dei fabbisogni standard nonché di validare l'aggiornamento della base dati utilizzata;
rappresenta un organo tecnico molto importante di raccordo anche con il mondo degli enti e delle autonomie locali;
ai sensi dell'articolo 1 comma 793 della legge 29 dicembre 2022 n. 197 (legge di bilancio 2023) ricoprirà un ruolo molto importante e delicato, per la cabina di regia ivi prevista, al fine di avanzare in quella sede proposte tecniche per la determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni) nelle materie di cui al comma 3 dell'articolo 116 della Costituzione;
dagli organi di informazione si apprende che per la presidenza del richiamato organismo circola il nome del dottor Andrea Giovanardi, tributarista di Vicenza, autore con il collega Dario Stevanato di un saggio «Autonomia, differenziazioni, responsabilità» e molto vicino al governatore del Veneto, Luca Zaia, nonché componente della delegazione trattante per l'autonomia della regione Veneto;
è evidente che la nomina di una figura marcatamente di parte in una fase così delicata dovuta anche all'approvazione in Consiglio dei ministri del disegno di legge in materia di autonomia differenziata rappresenterebbe, ad avviso degli interroganti, una palese sgrammaticatura istituzionale piegando, di fatto, uno strumento tecnico ad un preciso orientamento politico — :
se quanto apparso sugli organi di informazione e richiamato in premessa corrisponda alle reali intenzioni del Governo e se non si ritenga di soprassedere alla nomina di una figura di parte per quanto concerne la presidenza di un organismo importante che deve rimanere assolutamente imparziale per fornire elementi oggettivi di supporto per quella che è la ratio istitutiva della Commissione tecnica per i fabbisogni standard.
(3-00157)
PROVENZANO, SERRACCHIANI, MADIA, ROGGIANI, SCOTTO, SARRACINO, ORFINI, IACONO, LAUS, GHIO, GNASSI, BAKKALI, FORNARO, BOLDRINI, DE LUCA, ZINGARETTI, MALAVASI, LACARRA, MORASSUT, D'ALFONSO, SIMIANI, TONI RICCIARDI, FORATTINI, STEFANAZZI, GIANASSI, SCHLEIN, CUPERLO, ZAN, MAURI, FASSINO, ORLANDO, SCARPA, FURFARO, FOSSI, DI BIASE, GUERRA, BERRUTO, QUARTAPELLE PROCOPIO, MEROLA, GIRELLI, GRIBAUDO, MARINO, ANDREA ROSSI, LAI, CIANI, MANZI, TABACCI, BRAGA, CASU, STUMPO e FERRARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
si apprende da un articolo de La stampa pubblicato in data 7 febbraio 2023 che il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, onorevole Fazzolari, avrebbe come priorità quella di introdurre l'insegnamento del tiro a segno nelle scuole italiane;
nel richiamato articolo, solo parzialmente smentito, viene riportato con virgolettato la seguente affermazione attribuita al sottosegretario «dobbiamo fare un tavolo per un progetto di insegnamento del tiro a segno nelle scuole [..]»;
il citato Sottosegretario, anche da parlamentare, è noto per la sua passione per le armi, tant'è che nella scorsa legislatura si era attivato per l'abolizione del divieto di commercializzare armi corte in 9x19;
per quanto il tiro a segno sia una disciplina olimpica e l'Italia abbia delle riconosciute eccellenze sportive, il semplice ipotizzare che vi possa essere la proliferazione di armi all'interno dei nostri istituti scolastici desta enorme preoccupazione;
la scuola italiana ha ben altre priorità sottovalutate da un Governo che da quando si è insediato proprio sul tema della istruzione ha alimentato solo polemiche –:
se quanto riportato dall'articolo de La Stampa corrisponda a verità e, nel caso, se il Governo condivida l'attivismo del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri nella introduzione di una disciplina che comporta l'impiego di armi all'interno del nostro ordinamento scolastico;
quali siano gli orientamenti dell'Esecutivo sulla diffusione dell'uso delle armi nel nostro Paese.
(3-00158)
Interrogazioni a risposta scritta:
PASTORELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
diversi comuni italiani a partire dal 2019 hanno attivato un servizio online di rilascio di certificati anagrafici tramite le proprie banche dati locali, cui potevano accedere, previa idonea identificazione, i singoli cittadini nonché, con apposite convenzioni, categorie interessate quali notai e gli avvocati;
in alcune città il servizio è stato poi esteso tramite convenzione anche ad altri soggetti quali, a titolo esemplificativo, edicole e tabaccai, che, quindi, accedevano al servizio per conto terzi;
a seguito dell'istituzione dell'Anpr (Anagrafe nazionale della popolazione residente), avvenuta il 19 dicembre 2012, e del relativo subentro dei comuni, a decorrere dal 2020 il servizio online è stato riconfigurato con interrogazione telematica dell'Anpr e non più della banca dati locale;
con decreto del Ministro dell'interno 3 novembre 2021, d'intesa con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transazione digitale e con il Ministro per la pubblica amministrazione, sono state disciplinate le «Modalità di erogazione, da parte dell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, dei servizi telematici per il rilascio di certificazioni anagrafiche online e per la presentazione online delle dichiarazioni anagrafiche»; l'articolo 2, comma 2, del suddetto decreto, prevede che «il servizio consente all'iscritto in Anpr di richiedere il rilascio di un certificato per se stesso o uno dei componenti della propria famiglia anagrafica»;
a seguito di alcuni profili di criticità riscontrati dal Garante per la protezione dei dati personali, il Ministero dell'interno ha fornito ulteriori indicazioni ai comuni in ordine alle modalità di accesso e al rilascio dei certificati anagrafici telematici tramite l'Anpr;
da ultimo, con circolare 31 ottobre 202, n. 115, il Ministero dell'interno ha chiarito che «è esclusa la possibilità per il richiedente di acquisire, accedendo alla piattaforma Anpr con la propria identità digitale, certificati relativi a soggetti terzi, diversi da quelli indicati dalla predetta norma» e ha evidenziato profili di criticità anche con riferimento ai servizi di erogazione dei certificati anagrafici per conto terzi tramite convezioni; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede infatti che l'accesso ad Anpr avvenga esclusivamente mediante dispositivi di sicurezza (certificato identificativo della postazione, smartcard e credenziali di accesso) assegnati dal Ministero ai sindaci ed ai dipendenti dell'amministrazione comunale preposti all'accesso all'Anpr, preventivamente censiti ed autorizzati, che sono strettamente personali e non cedibili;
in tale contesto, è utile rilevare che né l'articolo 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (CAD), che ha istituito l'Anpr, né di conseguenza il decreto attuativo del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2014, n. 194, disciplinavano il trattamento strumentale al rilascio di certificati da parte di soggetti diversi dal Ministero dell'interno e dai singoli comuni;
di conseguenza, i comuni hanno provveduto a sospendere l'erogazione del servizio online di rilascio di certificazione anagrafici tramite la banca dati Anpr conto terzi, ivi compresi i servizi in convenzione con consigli degli ordini, edicole, imprese di pompe funebri, agenzie di intermediazione e tabaccai; alcuni comuni hanno inoltre deciso di riattivare le proprie banche dati locali per l'erogazione dei certificati anagrafici, come avveniva ante 2020;
si torna dunque alla frammentazione di database locali, che creava lentezze ed inefficienze, e viene meno un servizio che rispondeva all'esigenza di potenziare i servizi di prossimità e di scaricare gli uffici comunali da un servizio a basso valore aggiunto e velocizzare così i tempi di attesa per altri servizi –:
se si intenda intervenire al fine di permettere il trattamento strumentale al rilascio di certificati – su richiesta degli interessati o di chi detiene un interesse qualificato – da parte di soggetti diversi dal Ministero dell'interno e dai singoli comuni, e se si ritenga a tal fine necessaria la modifica delle norme primarie che disciplinano l'Anpr.
(4-00420)
FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
la Commissione tecnica per i fabbisogni standard è stata istituita con l'articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), per analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali;
la Commissione era formata da dodici componenti, aumentati a quattordici con l'ultima legge di stabilità, di cui uno con funzioni di presidente designato dal Presidente del Consiglio dei ministri, tre designati dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno designato dal Ministro dell'interno, uno designato dal Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie, uno designato dall'Autorità politica delegata in materia di coesione territoriale, uno designato dall'Istituto nazionale di statistica, tre designati dall'Associazione nazionale dei comuni italiani, di cui uno in rappresentanza delle aree vaste, e tre designati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, quest'ultima finora esprimeva un solo rappresentante;
la suddetta Commissione si avvale delle strutture e dell'organizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze;
tale Commissione agisce come organo tecnico collegiale con l'obiettivo principale di validare la metodologia da utilizzare per l'individuazione dei fabbisogni standard e validare l'aggiornamento della base dati utilizzata;
è indubbio che con l'approvazione, nel Consiglio dei ministri del 2 febbraio 2023, del disegno di legge che reca disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard assumerà un ruolo ancora più centrale non solo sulle materie riguardanti il federalismo fiscale ma anche sulla definizione dei LEP (Livelli essenziali delle prestazioni);
ad oggi, la carica di presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard risulta vacante e anche i restanti componenti della Commissione devono essere rinnovati;
secondo un articolo pubblicato su Il Mattino il 1° febbraio 2023 la figura sinora individuata per ricoprire il ruolo di presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard potrebbe essere quella del professor Andrea Giovanardi, tributarista di Vicenza, direttore dell'Osservatorio regionale sull'autonomia differenziata, istituito con legge regionale dalla regione Veneto nel 2019, sostenitore di riforme ispirate ai principi dell'autogoverno delle regioni e del cosiddetto disegno di legge Calderoli sull'autonomia differenziata;
a parere dell'interrogante, il presidente di una importante Commissione quale è la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, specialmente dopo l'approvazione in Consiglio dei ministri del disegno di legge sull'autonomia differenziata, dovrebbe garantire la giusta terzietà, consentendo alla Commissione di svolgere un ruolo tecnico super partes e non può quindi essere ricoperto da figure che, avendo promosso dell'autonomia differenziata, sposano dunque in pieno una delle due posizioni in campo sul dibattito in corso su un tema che intende modificare l'architettura costituzionale del nostro Paese –:
se risponda al vero quanto ipotizzato dal quotidiano Il Mattino circa la nomina a presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard del professor Andrea Giovanardi, direttore dell'Osservatorio regionale del Veneto sull'autonomia differenziata e quali iniziative intenda assumere per garantire l'essenziale ruolo tecnico, super partes e di riconosciuta terzietà della suddetta Commissione che l'eventuale nomina del professor Andrea Giovanardi o di qualunque altra figura con le medesime caratteristiche e profilo, a parere dell'interrogante, non garantirebbe.
(4-00425)
LOMUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
la Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA) ha indetto un concorso pubblico, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – IV Serie speciale Concorsi ed esami n. 103 del 30 dicembre 2022, per titoli ed esami, per l'ammissione di 352 allievi al corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale per il reclutamento di 294 dirigenti nelle amministrazioni statali, anche a ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici;
per la partecipazione al concorso di ammissione al corso-concorso dirigenziale i candidati non dipendenti pubblici devono, quanto ai requisiti, essere in possesso di laurea specialistica o magistrale oppure diploma di laurea conseguito secondo gli ordinamenti didattici previgenti al decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, nonché dottorato di ricerca, o master di secondo livello, o diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 aprile 2018, n. 80;
la Scuola nazionale dell'amministrazione è un'istituzione che opera nell'ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri,
vista la finalità del concorso di reclutare dirigenti nelle amministrazioni statali, sorprende non sia indicato tra i requisiti anche l'abilitazione forense, un percorso abilitativo che richiede studi, formazione, competenze, altamente selettivo;
si ritiene sia appropriato, giusto e nell'interesse della pubblica amministrazione, aggiungere nel concorso tra i requisiti di ammissione, anche l'abilitazione alla professione forense, equiparandola al dottorato, al master di secondo livello e alla scuola di specializzazione –:
se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda adottare iniziative affinché si sospenda il bando del concorso pubblico, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 30 dicembre 2022 e si proceda a una doverosa modifica dei requisiti di ammissione per permettere ai possessori di titolo di abilitazione forense di partecipare al concorso permettendo così la partecipazione a competenze adeguate al ruolo di dirigenti nelle amministrazioni statali.
(4-00426)
ROTONDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il Cnl dirigenti e professionisti avvocati dirigenti Siae prevede l'istituto della retribuzione di risultato;
per l'anno 2022 il direttore generale della Siae, dottor Gaetano Blandini, ha assegnato gli obiettivi a tutti i dirigenti Siae e nel mese di dicembre, dopo aver fatto la verifica circa il loro raggiungimento, ha disposto per il tramite della divisione per le politiche del personale e affari generali il pagamento;
secondo le procedure interne alla società, la disposizione per il pagamento sarebbe avvenuta con la mensilità del mese di dicembre, entro il 10 gennaio;
dalla lettura delle buste paga e dal riscontro dei pagamenti effettuati, almeno 10 dirigenti avrebbero rilevato che gli importi del premio di risultato attribuiti dal direttore generale, sono stati ridotti;
tale riduzione risulta essere stata disposta dal nuovo direttore generale, ingegnere Matteo Fedeli, che sembrerebbe abbia dato altre disposizioni in merito agli importi tagliati, e finalizzati ad incrementare altri premi rispetto a quelli originariamente previsti;
presso la Siae operano un Odv, il collegio dei revisori e per effetto della determinazione n. 152 del 20 dicembre 2022 la predetta società è sottoposta al controllo della Corte dei conti – Sezione del controllo suoli enti –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto indicato in premessa e, se ritenuto opportuno, quali iniziative intenda adottare, per quanto di propria competenza, al fine del buon andamento e della coerente gestione della Siae, anche al fine di evitare contenziosi in casi quali quelli di cui in premessa.
(4-00447)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
QUARTAPELLE PROCOPIO, TABACCI, DELLA VEDOVA, PELUFFO, ROGGIANI, PASTORELLA e MAURI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il 1° giugno 2023 partirà ufficialmente la nuova disciplina del brevetto unitario europeo e la città di Milano è, da tempo, candidata ad ospitare la terza sede del Tribunale unificato dei brevetti – una nuova corte internazionale con giurisdizione sui brevetti unitari e sui brevetti europei (Tub), quella che avrebbe dovuto ospitare Londra se non avesse optato per la Brexit e le cui funzioni sono state riassegnate alle altre due corti principali, cioè quella di Parigi e quella di Monaco di Baviera;
l'Italia è uno dei Paesi membri dell'Unione europea con il maggior numero di brevetti registrati. In Italia sono iscritte a ruolo ogni anno circa 500 cause di brevetti, di cui 224 solo a Milano e di queste 200 di brevetti europei. Quanto a deposito dei brevetti, la Lombardia risulta essere la prima regione con circa 10.000 domande l'anno e, più in generale, è notoria la vocazione dell'impresa italiana in importanti settori della farmaceutica, della chimica, della siderurgia e della metallurgia;
anche molte associazioni del settore industriale hanno sottolineato l'importanza che l'Italia ospiti una sede del Tub che permetterebbe – come ricordato in una intervista di qualche giorno fa dal presidente di Confimi – «le migliori opportunità all'industria domestica di potersi difendere al meglio senza il rischio di avere processi all'estero, non in lingua italiana e con costi aumentati da cinque a 30 volte» –:
a che punto sia la trattativa con gli altri Stati membri europei per la scelta della terza sede del Tribunale per il brevetto unitario e quali iniziative stia attivando il Governo affinché all'Italia sia assegnata l'intera quota di competenze originariamente prevista per la sede di Londra.
(5-00352)
BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Daniel Radosavljevic, cittadino italiano di 20 anni, è stato trovato impiccato il 18 gennaio 2023, nella sua cella del carcere francese di Grasse, dove si trovava in custodia cautelare dopo l'arresto, avvenuto l'8 ottobre 2022, in conseguenza di un inseguimento dovuto al mancato rispetto dell'ordine di fermata a un posto di blocco della Gendarmerie;
i familiari non hanno mai creduto all'ipotesi del suicidio e nei messaggi a loro rivolti scritti a mano da Daniel, pubblicati da organi di stampa, emerge in modo inequivocabile che aveva paura di essere ucciso all'interno dello stesso carcere dove era recluso;
per questo, e per altre incongruenze dovute principalmente a ferite sospette rinvenute sul corpo di Daniel, è stato presentato un esposto all'autorità giudiziaria da parte della legale della famiglia, l'avvocata Francesca Rupalti, ed è stata disposta un'autopsia all'istituto di medicina legale di Milano, per sapere cosa sia successo nel carcere di Grasse, e che cosa abbia effettivamente causato la morte di Daniel –:
di quali elementi disponga il Governo in ordine alla morte di Daniel Radosavljevic e quali iniziative di competenze intenda adottare per ottenere dalle autorità francesi il massimo di collaborazione nell'accertamento della verità.
(5-00355)
BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
non accennano ad arrestarsi né a diminuire gli episodi di violenza e le uccisioni di civili in Israele e nei territori palestinesi occupati;
nel 2022 sono stati uccisi, nei territori palestinesi occupati, 231 palestinesi, la cifra più alta da 17 anni;
anche per Israele il 2022 è stato un anno record per decessi violenti, essendo stati 29 i suoi cittadini uccisi per mano palestinese;
dall'inizio del 2023 sono già 42 i palestinesi uccisi dall'esercito e già 7 i morti israeliani;
il governo di destra attualmente in carica presieduto da Benjamin Netanyahu non persegue al momento nessuna politica di pacificazione e di dialogo, anche perché fortemente condizionato dalla presenza al suo interno di partiti estremisti e suprematisti, intenzionati ad alzare la tensione e lo scontro con i palestinesi, come dimostra la provocatoria irruzione del Ministro della sicurezza Itamar Ben Gvir sulla Spianata delle Moschee, avvenuta il 3 gennaio 2023, subito dopo la formazione dell'esecutivo;
recenti articoli di stampa riportano anche notizie relative ad aggressioni di gruppi di estremisti israeliani e di coloni ai danni di chiese e istituzioni religiose cristiane;
si segnalano tra gli altri la distruzione di una statua di Gesù avvenuta il 2 febbraio 2023 alla Cappella della Condanna, presso il complesso della Flagellazione a Gerusalemme, la devastazione di un cimitero cristiano ortodosso sempre a Gerusalemme, la comparsa della scritta «morte ai cristiani» sul muro di un monastero nel quartiere armeno e atti vandalici ai danni dei locali del centro maronita di Maalot –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo nei confronti del Governo Netanyahu affinché vengano tutelati e protetti i luoghi di culto cristiani in Terra Santa minacciati da estremisti israeliani e perché si interrompa la spirale di tensione e di violenze che sta ancora una volta insanguinando Israele e la Palestina.
(5-00360)
AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR
Interrogazioni a risposta scritta:
ORRICO. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 14, commi 1-3, del decreto-legge 1o marzo 2022, n. 17 (cosiddetto decreto-legge Energia), ha introdotto misure di incentivazione degli investimenti diretti all'incremento dell'efficienza energetica e all'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, anche mediante sistemi di accumulo abbinati agli impianti fotovoltaici, dirette alle regioni del mezzogiorno;
in particolare, si è attribuito, alle imprese che effettuano investimenti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia e per gli interventi summenzionati, un contributo sotto forma di credito d'imposta, nel limite di 145 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, nella misura massima consentita dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014;
il contributo è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, senza l'applicazione dei limiti annuali di utilizzo dei crediti d'imposta, non concorre alla formazione del reddito d'impresa né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive ed è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo non porti al superamento del costo sostenuto;
il citato articolo 14, tuttavia, rimanda a un decreto del Ministro interrogato di concerto con il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, il Ministero delle imprese e del made in Italy e il Ministero dell'economia e delle finanze, la definizione dei criteri e delle modalità attuative, con particolare riguardo ai costi ammissibili all'agevolazione, alla documentazione richiesta, alle procedure di concessione, anche ai fini del rispetto del limite degli oneri annuali, nonché alle condizioni di revoca e all'effettuazione dei controlli –:
quali siano i tempi di adozione del decreto attuativo di cui in premessa, soprattutto al fine di favorire ed accelerare l'indipendenza energetica delle imprese del Mezzogiorno d'Italia tramite investimenti orientati verso la produzione di energia rinnovabile e l'efficientamento energetico.
(4-00407)
IARIA. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:
nell'ambito del Piano nazionale di ripresa resilienza, la Missione 5 – Componente 2 – Investimento 3.1, «Sport e inclusione sociale» la città di Torino ha inoltrato, in data 22 aprile 2022, prot. 5669, domanda di partecipazione con un progetto denominato «Parco dello Sport e dell'educazione ambientale» composto da cluster mirati al recupero dell'area urbana località Meisino con la conseguente realizzazione di aree sportive e servizi accessori per un totale di euro 11.500.000;
tutta la proposta di intervento ricade all'interno di superfici disciplinate dal Piano d'area della fascia fluviale del Po, interessando in particolare zone N2 e zone T, entrambe in scheda progettuale n. 8;
relativamente allo stesso progetto, poiché la porzione ad area Parco naturale, ricade anche all'interno del sito Rete Natura 2000 Zona di protezione speciale IT 1110070 «Meisino» (confluenza Po-Stura), la città di Torino, con nota prot. 15276/2022 del 15 dicembre 2022 (prot. di arrivo n. 5792 del 19 dicembre 2022), ha altresì presentato istanza all'ente di gestione per l'avvio della procedura di valutazione di incidenza; tale procedura è oggetto di un separato procedimento da parte dell'ente stesso, ai sensi dell'articolo 43 della legge regionale 19 del 2009 (e successive modificazioni e integrazioni);
il Piano d'area è stato approvato dal Consiglio regionale con deliberazioni n. 982-4328 dell'8 marzo del 1995 e n. 243-17401 del 30 maggio del 2002;
a seguito del progetto preliminare l'ente di gestione delle aree protette del Po piemontese ha espresso parere vincolante negativo per entrambi i cluster presentati, non ritenendoli idonei a ricadere sull'area;
in riferimento alle linee guida del bando ministeriale Pnrr Sport e Inclusione (pagina 2) è scritto: «Ovvero, ciascun Comune potrà presentare: - un solo intervento relativo al Cluster 1, e richiedere che l'intero finanziamento riconoscibile, nel rispetto dei massimali riportati nella precedente tabella, sia destinato al singolo intervento;
due interventi, entrambi relativi al Cluster 1;
due interventi, di cui uno relativo al Cluster 1 ed uno relativo al Cluster 2.
In questo caso, il Comune proponente potrà richiedere che il finanziamento complessivo riconoscibile, nel rispetto della medesima tabella, sia ripartito tra i due interventi, purché il finanziamento richiesto per il Cluster 2 non superi il 40 per cento del finanziamento complessivo attribuibile sulla base della fascia demografica di appartenenza (rientra in tale fattispecie anche la presentazione di un intervento composto da due lotti funzionali aventi ad oggetto il medesimo impianto, in tal caso un lotto dovrà essere ricompreso nel Cluster 1 e un lotto nel Cluster 2).»;
sembra non esserci nessuna preclusione ad identificare i i due cluster in aree diverse –:
se i due lotti funzionali possano anche ricadere su aree non contigue.
(4-00438)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, per sapere – premesso che:
gli articoli 21 e 22 della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, introducono la possibilità per i consumatori di realizzare configurazioni multiple di autoconsumo denominate «autoconsumo collettivo» e «comunità energetiche». Oltre a uno degli strumenti innovativi su cui il Governo intende puntare per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, la diffusione di queste configurazioni è un obbligo su cui l'Italia e gli altri Stati membri devono dare attuazione. Con l'articolo 42-bis del decreto-legge n. 962 del 2019, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, si avvia in Italia una prima fase per la realizzazione di tali configurazioni che sono limitate nell'ambito di un perimetro fisico ristretto e a impianti con potenza fino a 200 KW;
con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, viene regolamentata ed estesa l'opportunità di condividere l'energia prodotta tra produttori di energia rinnovabile e diversi consumatori attraverso la creazione di tali nuove configurazioni di autoconsumo. Ai sensi dell'articolo 8, entro centottanta giorni dalla entrata in vigore del decreto, dovevano già essere aggiornati i meccanismi di incentivazione per gli impianti a fonti rinnovabili inseriti in tali configurazioni di potenza non superiore a 1 MW. Nel merito, nonostante la consultazione conclusa il 12 dicembre 2022 e le numerose dichiarazioni dei rappresentanti del Ministero dell'ambiente e la sicurezza energetica sull'imminente pubblicazione, a oggi cittadini e imprese attendono ancora il decreto con le nuove regole tariffarie;
nella premessa 46 della direttiva (EU) 2019/944 sul mercato dell'energia elettrica, viene espressamente indicato che «Le comunità energetiche dei cittadini non dovrebbero essere soggette a restrizioni normative quando applicano tecnologie dell'informazione e della comunicazione esistenti o future per condividere tra i loro membri o soci, sulla base di principi di mercato, l'energia elettrica prodotta utilizzando impianti di generazione all'interno della comunità energetica dei cittadini, per esempio compensando la componente energetica dei membri o soci con la produzione disponibile all'interno della comunità, anche se la condivisione avviene sulla rete pubblica, purché entrambi i punti di misura appartengano alla comunità»;
tali aspetti vengono recepiti nella legge del 22 aprile 2021, n. 53, con la quale si dispone la realizzazione di meccanismi semplificati secondo cui la quota di energia condivisa, in quanto autoconsumata localmente, sia scorporata a priori e non rientri fra le voci oggetto di fornitura da parte dei venditori terzi;
la novella, quindi, mira esclusivamente a dare mandato al Governo per la definizione di un meccanismo regolatorio di storno «real time», semplificando, a vantaggio dei consumatori, le modalità di contabilizzazione dell'energia condivisa che, secondo la regolazione vigente, viene invece prima anticipata ai venditori e poi restituita con un meccanismo di acconto e conguaglio tramite il Gestore dei Servizi Energetici (GSE);
si osserva che il meccanismo semplificato che si è proposto evita possibili contenziosi, anche in sede di Antitrust, che vedrebbero l'amministrazione pubblica certamente soccombente. Un aspetto delicato, in questo senso, deriva dal fatto che i venditori potrebbero applicare margini commerciali sull'energia che vendono e che poi, invece, risulta come condivisa, ovvero autoconsumata, nel richiamato meccanismo di acconto e conguaglio. Margini commerciali che in periodi di prezzi elevati possono essere estremamente significativi e che ovviamente, non vengono rimborsati dal conguaglio GSE che restituisce solo il valore di mercato dell'energia. In tal caso, è evidente che si configurerebbe un improprio vantaggio a danno dei consumatori in quanto la quota di energia condivisa, come comprovato dalle letture dei contatori, se pur postume, non è realmente fornita dai predetti soggetti ma viene autoconsumata direttamente e istantaneamente dalla produzione degli impianti a fonti rinnovabili inclusi nella configurazione;
ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, l'Arera avrebbe dovuto adottare i provvedimenti necessari a garantire le modalità con le quali i clienti domestici possono richiedere alle rispettive società di vendita, in via opzionale, lo scorporo in bolletta della quota di energia condivisa;
tali aspetti vengono posti in consultazione da Arera con delibera 390/2022, in cui viene peraltro suggerito di dedurre a scorporo dalla bolletta solo i valori del prezzo zonale dell'energia condivisa e non il valore effettivamente attribuito dal venditore in bolletta all'energia condivisa in bolletta lasciando dunque ingiustificatamente inalterati i margini dei venditori sull'energia condivisa da scorporare, quali che questi siano. Con delibera 727/2022, Arera definisce le regole sull'autoconsumo diffuso senza indicare quelle per lo scorporo –:
quali siano i tempi e le iniziative che intenda intraprendere per evitare ulteriori ritardi della pubblicazione del decreto con le nuove regole tariffarie e quali iniziative, per quanto di competenza, ritenga di adottare affinché sia realizzato il meccanismo dello scorporo con modalità che effettivamente permettano di evitare ingiustificati margini dei venditori sull'energia condivisa come indicato dalla direttiva europea citata in premessa.
(2-00073) «Cappelletti».
Interrogazioni a risposta orale:
ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
nel pomeriggio del 1° febbraio 2023 un vasto incendio sarebbe scoppiato nell'area dell'ex fabbrica Freddindustria di Aprilia (LT), generando la dispersione di una densa nube nera in una vasta area della zona nord della provincia di Latina, con la diffusione di pulviscolo e odore acre nell'atmosfera;
dai primi accertamenti risulterebbero essere andati in fiamme quattro capannoni in disuso al cui interno sarebbero stati presenti rifiuti;
in attesa dei primi rilievi e delle risultanze sulla dinamica dell'incendio e sul materiale andato in fiamme, l'amministrazione comunale di Aprilia avrebbe adottato provvedimenti informativi e cautelativi, per limitare l'esposizione della popolazione ai possibili inquinanti aero dispersi;
secondo quanto si apprende da organi di stampa, benché l'Osservatorio nazionale amianto avesse denunciato da tempo che i capannoni della struttura coinvolta dal rogo fossero ricoperti di amianto, nessuna bonifica è stata compiuta nell'area dove si è verificato il rogo;
seppure in assenza di riscontri ancora certi sul tipo di materiale bruciato nell'incendio, si teme l'emissione di diossina nell'aria per effetto della combustione, con gravissimi conseguenti danni alle vie respiratorie, ma anche ai terreni di colture e allevamenti della zona –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della gravità dell'incendio scoppiato il 1° febbraio 2023 nell'area dell'ex fabbrica Freddindustria di Aprilia (LT), se risulti se, subito dopo lo spegnimento dell'incendio da parte dei vigili del fuoco, siano state effettuate le opportune analisi della qualità dell'aria nelle aree immediatamente prossime al luogo dell'incendio, quali siano, alla luce delle risultanze dei monitoraggi ambientali effettuati, delle caratteristiche e dei possibili effetti della dispersione degli inquinanti, le valutazioni dei Ministri interrogati in merito tanto al rischio di disastro ambientale quanto alle possibili conseguenze di ordine sanitario, nonché quali immediate iniziative siano state assunte a tutela degli effetti acuti sulla popolazione esposta.
(3-00160)
DORI e BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'aeroporto «Il Caravaggio» di Bergamo Orio al Serio è uno dei principali scali italiani;
il soggetto gestore dello scalo è la Sacbo spa, le cui quote azionarie sono detenute, tra gli altri, dal comune di Bergamo per 13,84 per cento dalla C.C.I.A.A. Bergamo per il 13,25 per cento dalla provincia di Bergamo per il 10,20 per cento dalla Sea spa – di cui il comune di Milano detiene il 51,84 per cento – per il 30,98 per cento;
l'aeroporto nel corso degli anni è stato interessato da un significativo costante sviluppo, impattando su un numero sempre maggiore di aree;
il decreto VIA n. 677 del 4 novembre 2003 dell'allora Ministro dell'ambiente, con riferimento al progetto di un iniziale piano di sviluppo dell'aeroporto, confermava «la collocazione dello scalo in un delicato contesto ambientale» che quindi «richiede di quantificare la soglia massima che la struttura potrà, raggiungere nell'obiettivo di un ragionevole equilibrio con il territorio»;
ciononostante il Ministero della transizione ecologica, con decreto n. 238 del 16 settembre 2022, ha espresso giudizio positivo sulla compatibilità ambientale del «Piano di sviluppo aeroportuale 2030», presentato da Enac, consentendo di fatto un preoccupante insostenibile sviluppo dell'aeroporto;
secondo il recente report «Mal'aria» di Legambiente, Bergamo è al quarto posto nella classifica delle maggiori città italiane con i più alti livelli più alti di Pm 2,5;
uno studio condotto da Università di Bologna, Università di Bari e Cnr ha definito la provincia di Bergamo terza in Italia per tasso di mortalità dovuto ai tumori nel decennio 2009-2018;
risale addirittura al 2012 l'elaborazione di uno studio epidemiologico da parte dell'Asl di Bergamo (ora Ats) sull'incidenza dello scalo aeroportuale sulla salute dei residenti nei comuni limitrofi all'area dell'aeroporto. Lo studio, di cui sono sinteticamente rielaborate le conclusioni sul sito internet dell'aeroporto, sarebbe stato aggiornato nel 2018;
le nuove linee guida del 2018 dell'ufficio europeo dell'Oms hanno fornito raccomandazioni per proteggere la salute dall'esposizione al rumore ambientale. Lo scalo di Orio produce valori di rumore ampiamente superiori a quelli raccomandati;
Sacbo nel giugno 2004 ha acquisito dalla provincia di Bergamo la gestione dell'intero sistema di acquisizione del rumore aeroportuale. La rete di monitoraggio del rumore è costituita da 8 cabine e 2 due stazioni di tipo mobile. I dati ricavati dalle stazioni sono analizzati e validati con cadenza mensile e messi a disposizione del pubblico solo successivamente in un bollettino mensile, quindi non in tempo reale;
l'aeroporto di Bologna dal 2021 rende disponibili, in tempo reale, i livelli acustici del traffico aereo in atterraggio e in decollo rilevati dalle centraline di controllo;
desta preoccupazione per là cittadinanza la mancanza di un'adeguata zonizzazione acustica nell'area dell'aeroporto. Solo di recente è stata avviata la procedura di Vas per il Piano di zonizzazione acustica: l'ultima zonizzazione risaliva al 2010, poi annullata dal Tar e mai più ripresa;
l'Agenzia europea dell'ambiente stima che l'esposizione a lungo termine al rumore ambientale provochi ogni anno 48 mila nuovi casi di cardiopatie ischemiche in tutta Europa e che 6,5 milioni di persone soffrano di forti disturbi, cronici del sonno –:
se il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica abbia tenuto in considerazione quanto esposto in premessa nell'espressione del proprio giudizio sulla compatibilità ambientale del «Piano di sviluppo aeroportuale 2030» e se intenda tenerne conto nel corso della già avviata procedura di Vas del Piano di zonizzazione acustica dell'aeroporto;
se i Ministri interrogati intendano chiedere al gestore la pubblicazione in tempo reale dei livelli acustici rilevati dalle centraline del sistema di monitoraggio del rumore provocato dal traffico aereo;
se il Ministro della salute, anche in accordo con l'autorità sanitaria territorialmente competente, intenda promuovere un'approfondita indagine epidemiologica sui cittadini dei comuni limitrofi all'area dell'aeroporto.
(3-00163)
Interrogazione a risposta in Commissione:
PELUFFO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il decreto ministeriale n. 341 del 2022 definisce, in attuazione del cosiddetto «Energy Release», modalità e condizioni attraverso cui il Gse offre l'energia elettrica nella propria disponibilità, prodotta da impianti a fonti rinnovabili che beneficiano di tariffe onnicomprensive, servizio di Rid e Ssp, alle imprese energivore;
il decreto prevede che il Gse ceda l'energia attraverso contratti triennali a termine stipulati sulla base di una procedura svolta dal Gme sulla propria piattaforma di negoziazione al fine di individuare i soggetti aggiudicatari e il volume di energia elettrica in cessione a loro spettante;
in attuazione del decreto, il Gse ha prima quantificato in 16.024.960 MWh la stima dei volumi di energia elettrica, derivante da impianti a fonti rinnovabili, comunicando al Gme l'offerta di vendita dei predetti volumi ai fini della pubblicazione attraverso la sede di negoziazione Gme, ha poi pubblicato l'avviso per determinare le modalità di accreditamento dei clienti finali alla procedura di assegnazione ed infine lo schema del contratto di cessione dell'energia;
i contratti di cessione stipulati dal Gse con i soggetti assegnatari rientrano nella tipologia dei contratti a due vie e regolano la differenza tra il prezzo di allocazione dell'energia offerta in cessione, stabilito a 210 euro/MWh, fermi restando possibili successivi adeguamenti ai sensi del medesimo decreto, e il prezzo medio mensile di vendita sul mercato organizzato dell'energia elettrica nella disponibilità del Gse;
inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2023, è previsto che il Gse debba, tra l'altro, rideterminare l'energia aggiudicata sulla base dell'energia elettrica nella sua disponibilità al 31 gennaio di ogni anno, e proceda, con cadenza almeno annuale, a stabilire, sulla base dell'energia elettrica nella propria disponibilità, il volume dell'energia elettrica spettante a ciascun aggiudicatario, procedendo al conguaglio delle differenze, nei limiti del 30 per cento dell'energia elettrica aggiudicata purché consumata e, soprattutto, adeguare il prezzo di allocazione dell'energia offerta in cessione alle condizioni più favorevoli che dovessero derivare dall'evoluzione della normativa di riferimento, ovvero dalle variazioni dei prezzi di mercato sui meccanismi di ritiro dedicato e scambio sul posto;
dai dati presenti sul portale Gse inerenti al trend storico del prezzo di vendita, risulta che il prezzo medio di vendita annuale è stato per il 2020 di 37,13 euro/MWh, per il 2021 di 113,63 euro/MWh e per il 2022 di 306,63 euro/MWh, con punte mensili anche di 530 euro/MWh di agosto 2022;
l'11 gennaio 2023 sono stati assegnati i previsti 16 terawatt a prezzo fisso di 210 euro/MWh a 1.420 soggetti richiedenti che dovranno perfezionare il contratto entro venerdì 11 febbraio;
grazie anche all'andamento delle temperature non troppo fredde ed alla prospettiva di un riempimento più agevole degli stoccaggi per il prossimo inverno, il prezzo medio del gas mostra però oggi un trend di discesa, che già dai primi mesi di quest'anno comporta una forte differenza tra il prezzo a 210 euro/MWh stabilito quando tale prezzo sul mercato era al picco delle quotazioni ed il prezzo attuale, inferiore ai 180 euro/MWh;
sarebbe quindi opportuno, sulla base delle variazioni di costo derivanti da diverse e migliori condizioni di mercato riscontrate oggi, che si dia seguito alla prevista variazione del prezzo di riferimento agendo subito per portarlo almeno a quanto indicato dal «Price cap» in sede UE, 180 euro/MWh, consentendo a settori così strategici per l'economia italiana un abbassamento dei costi dell'energia –:
se il Governo intenda adottare con tempestività, le iniziative di competenza per rivedere al ribasso il prezzo di riferimento per l'allocazione dell'energia offerta in cessione.
(5-00362)
Interrogazioni a risposta scritta:
ORRICO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l'ex zona industriale situata fra la città di Crotone ed i comuni di Cerchiara e Cassano dello Ionio è inserita, da ormai venti anni, nell'elenco dei Siti d'interesse nazionale;
nell'elenco dei Sin si raggruppano le aree più inquinate del nostro Paese, contaminate a tal punto da essere considerate un rischio per la salute umana;
secondo lo «Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento» nella zona del Sin Crotone-Cassano-Cerchiara numerose cause di morte, e di tumori, sono potenzialmente ascrivibili alla contaminazione ambientale;
è prevista la bonifica dell'area industriale in questione riconosciuta anche da una sentenza del Tribunale di Milano passata in giudicato che ha condannato Eni al pagamento della somma di 72 milioni di euro, già versata al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, per il danno ambientale provocato al sopracitato Sin;
nel 2019 venne stipulato il Progetto operativo di bonifica (POB) Fase 2 che prevedeva, da parte di Eni, l'asporto ed il trasferimento, fuori dalla regione Calabria, di tutti i rifiuti della bonifica pericolosi per la salute pubblica;
nonostante tale accordo, Eni proponeva, invece, in un secondo momento, di «tombare» parte del sito industriale trasferendo il resto a distanza di pochi chilometri, ovvero in una discarica privata detta Columbra, adiacente tre zone abitate: il centro della città di Crotone, il quartiere conosciuto come Papanice, il comune di Cutro;
il Ministero interrogato ha convocato una Conferenza dei servizi per il 9 febbraio 2023 avente ad oggetto «Variante al POB fase 2 realizzazione di una discarica di scopo per rifiuti tenorm con amianto derivante dalle operazioni di bonifica della discarica ex Fosfotec "Farina-Trappeto" all'interno del sito Eni Rewind di Crotone»;
ad oggi non risulta esserci un Commissario per la bonifica industriale di Crotone –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per verificare l'avanzamento dell'iter di bonifica del Sin Crotone-Cassano-Cerchiara e valutare se la rimodulazione del progetto operativo di bonifica Fase 2 richiesta da Eni non sia lesivo della salute pubblica e dell'ambiente nonché pregiudizievole per lo sviluppo turistico ed economico delle zone interessate.
(4-00416)
STUMPO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la zona costiera alle porte della città di Crotone, di fronte all'area «ex Pertusola», di proprietà di Eni Rewind Spa, versa in uno stato di totale abbandono;
in quell'area, vent'anni fa zona industriale, sono ammassate enormi quantità di rifiuti che rappresentano un grave pericolo per l'ambiente e la salute dei cittadini dell'intera area urbana, oltre a impedire qualunque sviluppo turistico ed economico del territorio;
in data 24 ottobre 2019 si è tenuta al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la Conferenza dei servizi a cui avevano partecipato, tra gli altri, i rappresentanti di Syndial Spa (oggi Eni Rewind Spa), la regione Calabria e il comune di Crotone, per esaminare gli interventi di bonifica;
nel corso della Conferenza era stato esaminato il progetto relativo al sito di bonifica di Interesse Nazionale «Crotone-Cassano-Cerchiara» – Discariche fronte mare e aree industriali – Progetto di Bonifica fase 2 (POB 2) trasmesso in precedenza da Syndial Spa;
il verbale della Conferenza riporta che durante l'illustrazione del provvedimento Paur (Provvedimento autorizzatorio unico regionale) relativo al Pob 2, l'architetto responsabile ha evidenziato che all'interno del Provvedimento erano state inserite una serie di prescrizioni: «la cui principale era che, in ogni caso, il destino dei rifiuti (TENORM E NON TENORM) doveva essere posto fuori dal territorio regionale» e che «la richiesta di portare i rifiuti all'esterno del territorio regionale nasceva, sin dalle fasi iniziali della valutazione del progetto, dalla necessità, condivisa da tutte le amministrazioni locali, di non aggravare la situazione già presente localmente mediante la realizzazione di nuove discariche»;
il verbale riporta che il sindaco di Crotone, già presidente della provincia, esprimeva parere favorevole, in particolare sulla questione dei rifiuti fuori dal territorio del comune e della provincia di Crotone;
la Conferenza dei servizi esprimeva, all'unanimità, parere favorevole sul Progetto in esame;
dopo appena tre anni, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha convocato una nuova Conferenza dei servizi istruttoria per il 9 febbraio 2023 con il seguente ordine del giorno: presentazione del Documento «Discariche fronte mare e aree industriali di pertinenza Eni Rewind Spa. Progetto Operativo di Bonifica Fase 2» (...) Variante al Pob fase 2 «Realizzazione di una discarica di scopo per rifiuti TENORM con amianto derivante dalle operazioni di bonifica della discarica ex Fosfotec Farina-Trappeto all'interno del sito Eni Rewind di Crotone»;
alla Conferenza dei servizi sono stati invitati, tra gli altri, la regione Calabria, Dipartimento territorio e tutela dell'ambiente e Dipartimento urbanistica, la provincia di Crotone Settore ambiente, il comune di Crotone e Arpacal –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se intenda adottare le iniziative di competenza per verificare quale sia la pericolosità dei rifiuti presenti nell'area in questione;
quale sia la necessità di convocare una nuova Conferenza dei servizi dopo quella del 2019 che aveva già assunto delle decisioni;
perché si debba richiedere nuovamente un parere alle amministrazioni sulla medesima situazione su cui era già stato espresso;
quale sia la posizione del Ministro interrogato sulle proposte formulate da Eni Rewind Spa.
(4-00423)
ZANELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nel mese di novembre 2022, Eni Rewind s.p.a. ha presentato alla regione Veneto istanza per l'avvio del procedimento teso all'emanazione del provvedimento di autorizzazione unica regionale per la realizzazione di un impianto di valorizzazione fanghi da depurazione civile nel comune di Venezia;
il progetto riguarda la costruzione e l'esercizio di un nuovo impianto di termovalorizzazione, localizzato nell'ambito del sistema portuale di Porto Marghera e finalizzato al trattamento di 190.000 tonnellate l'anno di fanghi, la maggior parte dei quali provenienti dagli impianti di depurazione a servizio di tutti i gestori del servizio idrico integrato della regione Veneto;
l'area di progetto risulta essere l'isola 46, di circa 58.000 mq, ai margini del polo chimico, verso il bordo sud-ovest della seconda zona industriale di Porto Marghera, che affaccia sul Canale industriale sud. A nord, oltre la strada, l'area confina con un'area classificata umida minore dal Piano di assetto del territorio (Pat) del comune di Venezia;
l'intervento interessa aree perimetrate a pericolosità e rischio idraulico dal «Primo aggiornamento del Piano di gestione del rischio alluvioni» (Pgra);
l'area di progetto si affaccia sul Canale industriale sud, direttamente connesso ai corpi idrici della Laguna di Venezia, primo fra tutti il corpo idrico denominato «Marghera» e pertanto la realizzazione dell'impianto avrebbe impatti diretti ai fini della tutela dei corpi idrici sul delicato e già compromesso ecosistema della Laguna di Venezia, sito della rete Natura 2000, Zps identificata dal codice IT3250046;
il polo industriale di Porto Marghera è classificato Sito di bonifica di interesse nazionale (Sin) perimetrato con Dma del 23 febbraio 2002;
i fanghi di depurazione civile derivano dal trattamento non solo dei reflui domestici, ma anche dei reflui provenienti da attività industriali e artigianali. Per quanto questa categoria di rifiuti (identificata con codice EER 100805) non sia considerata pericolosa, numerose analisi effettuate dagli stessi gestori degli impianti di depurazione e dagli enti di controllo come Arpav, dimostrano che nelle frazioni liquide e solide a valle del trattamento sono presenti numerose sostanze tossiche o nocive, come ad esempio: idrocarburi, metalli, diossine, Pcb, pesticidi, e soprattutto Pfas;
a seguito del processo di combustione di tali sostanze tossiche, verrebbero disperse in atmosfera e, di conseguenza, nei suoli e nelle acque, provocando pericolose conseguenze di ordine sanitario e ambientale;
diversi documenti scientifici, tra cui un importante relazione di Epa (l'Agenzia per la protezione dell'ambiente degli Stati Uniti), informano sui gravi rischi dell'incenerimento di rifiuti a contenuto Pfas, in quanto tali composti risulterebbero difficilmente degradabili e molto resistenti alle alte temperature e quindi ancora presenti nei gas in uscita dai camini, come frammenti delle molecole originarie. Inoltre è da tenere in considerazione che la normativa di settore non prevede alcun limite di riferimento per le emissioni gassose di tali sostanze;
l'elevata contaminazione dei fanghi prodotti in Veneto trova conferma nel fatto che solo una minima percentuale può essere riutilizzata in agricoltura. Particolarmente grave è la contaminazione da Pfas, soprattutto nelle aree delle province di Vicenza, Verona e Padova interessate dal grave disastro ambientale provocato dalla ditta Miteni –:
se i Ministri risultino a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali le valutazioni in merito al rischio di disastro ambientale provocato dall'incenerimento di rifiuti contenenti Pfas e alle interferenze che la realizzazione dell'inceneritore comporterebbe sulle attività di bonifica in corso di esecuzione o da eseguire nell'area, e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere affinché siano adeguatamente valutati tutti gli impatti sul territorio metropolitano di Venezia e sul delicato e già compromesso ecosistema della Laguna di Venezia affinché sia garantita la tutela della salute dei cittadini della zona di Porto Marghera.
(4-00427)
FRATOIANNI e BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto si apprende da numerose fonti di stampa, la regione Friuli-Venezia Giulia avrebbe approvato la costruzione nelle stazioni di pompaggio di Paluzza-Cercivento, Somplago, Reana del Rojale e San Dorligo-Dolina dell'oleodotto della società Italiana per l'oleodotto transalpino (Siot) di 4 nuovi impianti di cogenerazione per la produzione di energia elettrica e di calore da fonti fossili (metano) allo scopo di riscaldare il greggio di 1 grado, velocizzandone il trasporto;
le amministrazioni comunali interessate, le comunità di montagna della Carnia e del Gemonese, i comitati (Alto Bût, Tutela acque del bacino montano del Tagliamento, Difesa e valorizzazione del lago di Cavazzo), Legambiente Fvg, Fridays for Future Carnia sostengono che tale opera avrebbe ricadute fortemente negative per il territorio, con ulteriori e impattanti servitù, che sono motivo di preoccupazione per la cittadinanza e rappresentano un grave ostacolo alla riduzione delle emissioni climalteranti;
secondo i comitati, la regione avrebbe approvato tali installazioni senza la necessaria procedura di valutazione d'impatto ambientale (Via), senza stimare il cumulo con altre emissioni disposto dalla legge, senza applicare le prescrizioni della Convenzione Internazionale delle Alpi, senza tenere in considerazione la ferma contrarietà dei comuni e delle popolazioni espressa anche in pubbliche manifestazioni popolari;
da quanto si apprende, dunque, non sarebbe stato preso in debita considerazione il forte impatto negativo che i cogeneratori avrebbero sulle strette valli montane e i loro abitanti e l'accumulo di emissioni inquinanti presenti in questa zona, specialmente in situazioni meteo particolari o, nel caso del rumore, la vicinanza alle abitazioni;
anche il parere tecnico dell'Agenzia per l'energia del Friuli-Venezia Giulia (Ape) pone in evidenza l'enorme impatto, dal punto di vista energetico e ambientale, che avrebbero gli impianti di cogenerazione;
il consumo energetico dell'intero sistema non diminuirà grazie alla cogenerazione, ma addirittura aumenterà e verranno immesse in atmosfera ogni anno circa 28 mila tonnellate di anidride carbonica, 79 di monossido di carbonio e 30 di ossidi di zolfo; rispetto alla generazione a metano proposta dalla Siot, l'attuale prelievo di elettricità dalla rete prevede un risparmio di emissioni pari a quasi il 57,2 per cento;
dalla valutazione espressa dall'Ape è evidente, agli interroganti, che si tratta esclusivamente di una speculazione economica, che avrà un impatto ambientale pesantissimo e un aumento dei consumi energetici ingiustificabile;
nonostante per le relazioni tecniche della Siot il progetto dovrebbe consentire un «efficientamento energetico basato sulla Cogenerazione ad Alto rendimento», le stesse non spiegano adeguatamente come tale efficientamento verrebbe conseguito;
anche l'Università di Udine ha fornito una propria relazione al Movimento per la difesa del cittadino che confermerebbe in linea di massima i risultati della relazione di Ape e i timori di Legambiente;
il consumo aggiuntivo di gas naturale stimabile dai dati dei progetti delle 4 stazioni e dalla relazione dell'Ape, corrisponderebbe al consumo domestico ed alle emissioni inquinanti e di gas climalteranti di circa 40.000 famiglie;
a parere degli interroganti l'installazione dei suddetti cogeneratori, anche alla luce delle conclusioni dell'Agenzia per l'energia del Friuli-Venezia Giulia, rappresenta un investimento esclusivamente di natura economica a favore della Siot-Tal, non essendo chiari quali siano i benefici per l'ambiente e i cittadini che, anzi, vedrebbero peggiorate le condizioni ambientali di quei territori;
invece di adoperarsi per l'abbattimento delle emissioni inquinanti, responsabili dei cambiamenti climatici, la regione Friuli-Venezia Giulia autorizza progetti inquinanti e dal forte impatto ambientale –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere affinché si chiarisca se l'installazione dei 4 cogeneratori richiamati in premessa abbia un impatto negativo per l'ambiente tale da renderla insostenibile.
(4-00428)
DORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
nel comune di San Siro, in provincia di Como, più precisamente in località Acquaseria, è presente una spiaggia demaniale sul Lago di Como che è in parte foce del torrente Serio;
la spiaggia rappresenta ormai una delle poche spiagge ancora esistenti sul lago, che da tempo risulta oggetto di diverse opere di cementificazione, in netto contrasto con le recenti tendenze di salvaguardia dei waterfront a opera di altre località lacuali italiane e di altri Stati dall'Unione europea e, più in generale, con gli obiettivi di alcune importanti iniziative a livello dell'Unione europea, come il programma LIFE, che supportano progetti di conservazione dell'habitat naturale europeo;
la spiaggia è da sempre frequentata d'estate sia dai cittadini sia dai turisti per la balneazione ed è anche un'area in cui nidificano alcune specie autoctone come cigni, anatre e oche;
da anni l'amministrazione comunale ha ipotizzato un progetto di riqualificazione del parcheggio dell'imbarcadero di Acquaseria che coinvolge la citata spiaggia;
il progetto esecutivo di riqualificazione è stato approvato da parte degli enti competenti tramite procedure semplificate in modalità online a causa del perdurare della pandemia, senza effettuare alcun sopralluogo tecnico necessario. Nonostante ciò, il progetto è stato presentato in Conferenza dei servizi e, a luglio 2022, ha ottenuto, secondo quanto consta all'interrogante, un complessivo finanziamento di 278 mila euro;
nel dettaglio, il progetto prevede l'abbattimento di pini e oleandri preesistenti nel giardino pubblico prospiciente la spiaggia e la creazione di un nuovo terrapieno con un muraglione di cemento lungo 15 metri che ridurrà parte della spiaggia demaniale e terminerà con dei gradini, limitando così l'accesso alla restante spiaggia a persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale;
sono diverse le proteste dei cittadini e dei turisti in riferimento al progetto, che rischia di essere l'ennesimo esempio di erosione delle spiagge e annientamento della fauna autoctona –:
se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere, anche in considerazione del rischio idrogeologico, al fine di interrompere la cementificazione della spiaggia e della sponda di Acquaseria nel comune di San Siro.
(4-00446)
CULTURA
Interrogazione a risposta orale:
AURIEMMA. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nel comune di Acerra (NA) è ubicato un edificio di elevato valore storico e architettonico «la Casina dei Conti Spinelli», la cui costruzione iniziò nel 1778 e presenta elementi di gran pregio che contraddistinguono l'architettura del periodo. Inoltre, sul lato orientale è addossato un torrione che richiama le fortificazioni medievali, non a caso il luogo fino al '700 era denominato Castellone per la presenza di ruderi fortificati come anche descritto da Niccolò Lettieri, mentre il cortile è chiuso sull'ultimo lato da ruderi di fabbrica romana che per la particolare disposizione ricurva apparterrebbero all'antico anfiteatro della città di Suessula;
nonostante l'edificio sia tutelato come bene di interesse storico-archeologico dalla legge del 1° giugno 1939 n. 1089 e dal decreto del Presidente della Repubblica del 1977, n. 616 e successive modifiche, a causa dell'abbandono e della mancata manutenzione, ad oggi, versa in uno stato di degrado aggravato da crolli che stanno minando la stabilità strutturale, inoltre, a seguito dell'abbandono, si sono verificati numerosi furti di elementi architettonici e di finitura oltre ai materiali di interesse archeologico della fabbrica settecentesca;
l'area in cui ricade la «Casina» è di notevole interesse archeologico, infatti, qui sorgeva l'antica città di Suessula, insediamento etrusco che durante il periodo romano divenne tra le prime città a ricevere il privilegio di civitas sine suffragio a seguito della battaglia tra romani e sanniti del 341 a.C., che la scrittrice Daniela Scodellare, in un articolo pubblicato il 22 ottobre 2012, apostrofò «se si riportasse interamente alla luce, probabilmente Suessula sarebbe per estensione e importanza superiore all'antica città di Pompei»;
nel corso degli anni gli interventi di natura legislativa per recuperare il bene sono rimasti su carta, già la legge regionale n. 17 del 7 ottobre 2003, che istituiva il parco urbano d'interesse regionale «antica città di Suessula» è stata disattesa nonostante il recupero spontaneo da parte di cittadini e attivisti dell'area conosciuta come sorgenti «del Riullo» o del «Bosco di Acerra». Così come disatteso il protocollo d'intesa per il recupero della casina, sottoscritto il 26 marzo 2009 alla presenza dell'allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, tra il Sottosegretario di Stato all'emergenza rifiuti in Campania Guido Bertolaso e il comune di Acerra, nella persona del commissario prefettizio Luisa Antonietta Latella, allo scopo di compensare gli impatti di natura sociale, ambientale e paesaggistica derivanti dalla realizzazione e dall'esercizio dell'impianto d'incenerimento rifiuti di Acerra;
ad aggravare la situazione si registra un disinteresse da parte dell'amministrazione dei beni culturali, che da tempo non adotta alcuna misura necessaria alla salvaguardia del bene –:
se si intenda dar corso all'attuazione del protocollo d'intesa o eventualmente prevedere un nuovo piano per il recupero della «Casina» e del parco archeologico annesso;
in ogni caso, nei limiti delle rispettive competenze, quali iniziative, provvedimenti, atti amministrativi ed eventuali ispezioni si intendano adottare al fine di tutelare il bene già gravemente danneggiato;
se, in merito ai danneggiamenti, i furti e il commercio di elementi architettonici e di materiali d'interesse archeologico, risulti che il nucleo del comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio artistico abbia svolto indagini e se l'eventuale documentazione prodotta sia stata informatizzata nella «banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti».
(3-00156)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DE PALMA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il Museo nazionale archeologico MarTa di Taranto ha previsto, a partire da gennaio 2023, la chiusura nel pomeriggio della domenica per mancanza di personale. Già a giugno 2022 era stato paventato tale rischio e la chiusura era stata evitata grazie al supporto della Direzione generale Musei del Ministero della cultura che ha, in quella occasione, acconsentito all'utilizzo momentaneo di personale privato di vigilanza;
l'interrogante, in qualità di consigliere regionale, aveva segnalato all'allora Ministro Franceschini la situazione critica che è stata successivamente risolta con soluzioni temporanee così da scongiurare la chiusura nei giorni festivi estivi di uno dei musei italiani di maggior importanza storico culturale;
si apprende dalla stampa che le criticità della scorsa estate dovute alla carenza di personale si stanno riproponendo e si presentano addirittura aggravate dalla mancata e tempestiva sostituzione del direttore Eva Degl'Innocenti che ha lasciato il proprio incarico nelle scorse settimane;
i sindacati lamentano l'oggettiva impossibilità di coprire tutti i turni di lavoro da parte del personale in servizio e la necessità di adeguare il numero delle unità in organico quanto prima;
il Museo MarTa costituisce una ricchezza per la città di Taranto e una fondamentale attrazione culturale per il turismo locale, nazionale e internazionale, appare evidente che la chiusura proprio nei giorni festivi comporta un danno di immagine in una fase di riconversione e rilancio economico, sociale e culturale;
la mancata apertura del MarTa nelle ore pomeridiane dei giorni festivi rappresenta l'ennesima brutta notizia per la città di Taranto e per il suo patrimonio culturale che vanta un centro storico unico al mondo e apogei, necropoli e vari siti archeologici presenti nella provincia;
tutto ciò appare ancor più inaccettabile alla luce dei dati relativi alla presenza record di visitatori che si è registrata il 5 febbraio 2023, nella domenica di apertura con ingresso gratuito –:
quali urgenti iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di evitare la chiusura domenicale pomeridiana del MarTa e, in controtendenza con il passato, di valorizzare il patrimonio culturale di Taranto, concorrendo così ad impreziosire anche l'offerta turistica ionica, valutando anche lo sblocco dei concorsi e le necessarie assunzioni di personale.
(5-00353)
TONI RICCIARDI e MANZI. – Al Ministro della cultura. – Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi risultano dichiarazioni del Presidente della Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera, onorevole Federico Mollicone, contro l'Archivio storico della federazione anarchica italiana (Asafai) di cui annuncia di voler chiedere la revoca del riconoscimento di archivio di particolare interesse storico e la chiusura;
egli ritiene, come dichiarato in una trasmissione Tv del 1° febbraio scorso, che l'Archivio promuova una «campagna a favore di Alfredo Cospito, contro il 41-bis e contro lo Stato» tale per cui è necessario chiedere «una verifica sui contenuti al Ministro Piantedosi per valutare se ci sono testi inneggianti all'omicidio o al terrorismo»;
l'archivio di Imola, dal 2010, è «bene di interesse storico» per la Sovrintendenza della regione Emilia-Romagna: parliamo di un archivio bibliotecario tra i più importanti d'Europa, con circa 8 mila tra volumi e opuscoli, riviste italiane e straniere, raccolte complete delle principali testate libertarie del secondo dopoguerra, manifesti, bandiere storiche, film, documentari, registrazioni audio, materiale autografo di vario genere che coinvolge personaggi del calibro di Pietro Nenni, Sandro Pertini, Piero Calamandrei, Adriano Olivetti, Ignazio Silone, Amelia Rosselli, Enzo Tortora;
un archivio storico ha il preciso compito di conservare più carte possibile a scopo di studio, attività che nulla ha a che vedere con la propaganda e il dibattito politico;
si ritiene grave confondere il prezioso lavoro culturale e storiografico degli archivi con la propaganda politica: appare del tutto evidente, infatti, che essi non potessero preservare tutti i documenti esistenti in merito a un movimento politico, o riferiti a un certo periodo storico, sarebbe impossibile fare storia e tenere viva la memoria;
a parere dell'interrogante è censurabile ogni comportamento che miri a distruggere e condannare alla damnatio memorie episodi della storia patria –:
se sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e se non ritenga di adottare le iniziative di competenza a tutela del patrimonio contenuto in uno degli archivi bibliotecari più importanti d'Europa.
(5-00365)
Interrogazioni a risposta scritta:
SCOTTO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il sito monumentale della Reggia di Caserta è dotato di diversi accessi che nel tempo sono stati utilizzati in diverse modalità (entrata e uscita, solo entrata, solo uscita, biglietteria) a seconda delle esigenze del museo e anche della città;
il primo ingresso su Corso Giannone è stato un accesso in cui era consentito l'acquisto del biglietto di ingresso al parco e anche l'abbonamento annuale, in passato riservato ai cittadini casertani nel 2020, durante la pandemia da COVID-19, il museo fu completamente chiuso, ma alla riapertura fu deciso che l'unico ingresso con biglietteria fosse quello principale;
dal 2020 ad oggi, pur essendo venute a mancare le esigenze di tutela della salute pubblica causate dal COVID-19, il primo ingresso di Corso Giannone ha sì riaperto, ma solo ed esclusivamente per chi possiede un abbonamento. Non è possibile acquistare il biglietto di ingresso al parco;
l'impossibilità di acquistare il biglietto dall'ingresso di Corso Giannone comporta disagi sia ai turisti che alloggiano nella parte di centro storico più vicina a tale ingresso e che invece devono recarsi alla biglietteria principale, sia ai commercianti che sono costretti così a rinunciare completamente al flusso turistico di cui la città gode grazie al monumento vanvitelliano –:
se sia a conoscenza di quali siano le motivazioni per cui la biglietteria di Corso Giannone non ha riaperto;
se sia previsto un diverso piano per il futuro del servizio di biglietteria della Reggia di Caserta e, se non si ritenga opportuno coinvolgere la città, tramite le associazioni di categoria e i rappresentanti dei cittadini, al fine di rendere un servizio migliore per i cittadini casertani e per il gran numero di turisti che ogni anno visitano la Reggia.
(4-00413)
BONELLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
nel settembre del 2020, durante scavi propedeutici alla realizzazione di un complesso residenziale e commerciale, in un'area sita nel quadrante Sud-Ovest della Capitale, in via Malafede tra la via Ostiense e la linea ferroviaria Roma-Ostia, veniva rinvenuta una grande vasca, piena d'acqua, lunga 48 metri e larga 12, profonda all'incirca 180 centimetri, risalente intorno al IV secolo a.C. e utilizzata fino al I d.C.;
la vasca è solo uno dei tanti ritrovamenti frutto delle indagini di archeologia preventiva di via di Malafede, iniziate a giugno del 2019 sotto la direzione della Soprintendenza Speciale di Roma e condotte da Eos Arc., che hanno interessato una porzione di territorio di oltre 20.000 metri quadrati, area che già in età arcaica rappresentava un crocevia di traffici commerciali al confine tra Roma e la colonia Ostiense, sottoposta a tutela dal 1997;
come spiegato allora dalla responsabile scientifica per le indagini archeologiche della Soprintendenza Speciale di Roma «Ci troviamo in un luogo topograficamente importante in età antica. Il fosso di Malafede, per secoli rimasto navigabile verso l'interno, ha a lungo rappresentato un confine naturale tra i territori di Roma e quelli della colonia ostiense. Lo scavo, in tutta la sua grandezza, ci parla di un luogo importante che ha avuto vita per oltre otto secoli. L'approfondito studio dei materiali che questa indagine continua a restituirci – legni, terrecotte, oggetti metallici, iscrizioni – ci potrà svelare i segreti di questo straordinario angolo del territorio di Roma»;
nel comprensorio di Malafede sono state inoltre individuate due ville di età imperiale, quella all'interno di un camping e quella attribuita alla proprietà di Fabio Cilone, senatore e Præfectus Urbi di epoca severiana che, sempre secondo le fonti antiche, possedeva una sontuosa dimora urbana sull'Aventino, colle dove si trova anche il suo mausoleo;
l'area interessata dal ritrovamento risulterebbe, allo stato attuale, un'area di cantiere per la realizzazione di un nuovo complesso immobiliare, dove sarebbero in corso negli ultimi giorni lavori di movimento terra, che avrebbero determinato il rinterro di gran parte della vasca romana, con il rischio di compromettere e danneggiare i resti archeologici presenti nell'area –:
se il Ministro interrogato risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se risulti sia stata rilasciata dalla competente Soprintendenza Speciale di Roma nulla osta per interventi edificatori nell'area e se siano stati rilasciati relativi titoli autorizzativi e quali iniziative intenda assumere affinché siano rispettate pienamente le misure di tutela e conservazione del ricco patrimonio storico archeologico rinvenuto nell'area di Malafede.
(4-00421)
DIFESA
Interrogazione a risposta orale:
CIANI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
si apprende da una testata giornalistica che in data 8 febbraio 2023 ad alcuni pescatori italiani, alla guida di quattro motopesca, è stato intimato di spegnere i motori delle proprie imbarcazioni in acque internazionali da parte di una motovedetta libica, motovedetta peraltro donata dall'Italia alcuni anni fa;
il concreto pericolo li ha spinti a chiedere l'intervento della Marina militare italiana che ha sì scongiurato la cattura dei quattro motopesca invitando però i pescatori ad allontanarsi di 1.520 miglia verso nord per rientrare, di fatto, nelle acque nazionali e rinunciare all'attività di pesca che stavano lecitamente svolgendo;
è noto che dal 2005 il Governo libico si comporta come se avesse la gestione esclusiva su tali acque internazionali e, ad oggi, nulla pare essere mutato sebbene l'episodio citato segua di pochi giorni l'incontro tra la Presidente del Consiglio dei ministri italiana e il Governo libico avvenuto in data 3 febbraio 2023;
a conferma della situazione descritta vi è la registrazione della comunicazione radio, diffusa da mezzi stampa, intercorsa tra le motopesca italiane e la Marina militare italiana nella quale quest'ultima pare giustificare l'attacco libico con queste parole: «Anche se siete in acque internazionali, sapete benissimo qual è la situazione in atto»;
la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 (entrata in vigore nel 1994), che regolamenta lo spazio marino che si estende oltre il mare territoriale, definito acque internazionali, afferma il principio della libertà dei mari, che comporta il riconoscimento a ciascuno Stato, sia costiero sia privo di litorale, di un uguale diritto di compiere attività di navigazione e pesca, a condizione che siano rispettati gli interessi degli altri Stati;
la stessa Convenzione prevede oltretutto che le acque internazionali debbano essere riservate a scopi pacifici e nessuno Stato possa pretendere di assoggettarne alcuna parte alla sua sovranità e che ogni Stato esercita la sua giurisdizione solo sulle navi battenti la propria bandiera –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e della loro gravità, considerato l'alto rischio di rapimento corso dai pescatori italiani;
se i Ministri interrogati intendano spiegare quale sia la «situazione in atto» che emerge dalla registrazione della comunicazione radio tra la Marina militare italiana e le motopesca italiana;
quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in atto per evitare che situazioni simili possano ripetersi e quali iniziative intendano intraprendere per tutelare la vita e il lavoro dei cittadini italiani che in maniera lecita svolgono le proprie attività, in acque internazionali.
(3-00159)
Interrogazione a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il quotidiano Avvenire ha denunciato che nei giorni scorsi ben 4 pescherecci italiani di Mazara del Vallo e di Pozzallo hanno rischiato di essere sequestrati, in acque internazionali del Mar Mediterraneo, da una motovedetta della guardia costiera libica;
solo l'intervento di un assetto navale della Marina Militare italiana e successivamente di un elicottero militare ha evitato che l'atto di pirateria venisse portato a conclusione;
dalle comunicazioni tra i pescherecci e la nave militare italiana pubblicate sul sito dell'Avvenire e dalla ricostruzione dei fatti operata da Radio Radicale appare evidente all'interrogante come le autorità libiche stiano violando sistematicamente il diritto internazionale e di come, almeno in questa circostanza, le autorità italiane abbiano ceduto alle loro minacce;
a parere dell'interrogante l'episodio denunciato dall'Avvenire racconta di una vicenda surreale e gravissima, considerato anche che la motovedetta libica, della Classe Bigliani, che ha minacciato i pescherecci italiani, è stata donata alle autorità libiche proprio dallo Stato italiano;
dagli audio pubblicati da Avvenire emerge che l'ufficiale della Marina Militare intervenuto in soccorso dei pescherecci ha pronunciato via radio la seguente frase: «Anche se siete in acque internazionali, sapete benissimo qual è la situazione in atto», «Tornate a Nord, fate come ha ordinato la motovedetta libica»;
il fallito agguato ai pescatori siciliani è avvenuto a meno di una settimana dalla visita del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Tripoli, a cui l'Italia, attraverso l'Eni, ha promesso 8 miliardi di euro per nuove esplorazioni di idrocarburi e gas;
tre giorni dopo l'assalto della motovedetta libica una nuova motovedetta, costruita ad Adria (Rovigo), è stata regalata alle autorità di Tripoli;
la posizione dei quattro natanti italiani indicata dagli strumenti di bordo e confermata dai segnalatori elettronici era esattamente a 80 miglia (circa 160 chilometri) dalle coste di Tripoli, come mostrano le rotte analizzate e ricostruite da «Radio Radicale» e dunque in acque internazionali, dove, a quanto pare, la Libia può esercitare una indiscussa sovranità;
da quando i Governi italiani, dal 2017 in poi, hanno sguarnito il Canale di Sicilia di navi militari per non dover soccorrere i migranti, l'intero tratto di mare del Mediterraneo centrale è di fatto sotto il controllo della guardia costiera libica, equipaggiata con natanti italiani;
i libici, dalla motovedetta hanno dato l'ordine di spegnere i motori con l'evidente intento di salire a bordo e con tutta probabilità arrestare gli equipaggi italiani e sequestrare le imbarcazioni, come avvenuto già altre volte, da ultimo con il lungo sequestro di 108 giorni a danno di 18 pescatori catturati nel 2020 dagli uomini del generale Haftar;
da anni Tripoli rivendica come «zona di pesca protetta» l'intero quadrante marittimo, dalle proprie coste al limitare di quelle di Malta e Lampedusa, in violazione di tutte le norme internazionali e utilizza la «crisi della pesca» come strumento di pressione nei confronti dell'Italia e dell'Europa per ottenere accordi favorevoli al Paese;
nel maggio 2021 l'attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dichiarava che di fronte alle incursioni delle motovedette libiche «L'Italia non deve piegare la testa. Si faccia sentire la voce del nostro Stato»;
il 25 ottobre 2022 l'aereo Ong Seabird è stato minacciato di essere abbattuto da una motovedetta Fezzan della guardia costiera libica, anche questa donata dall'Italia e il 24 gennaio 2023 un'altra motovedetta donata dall'Italia ha minacciato di sparare alla nave Ong Geo Barents –:
quali iniziative urgenti intendano adottare per evitare che le forniture consegnate ai libici finiscano per essere usate per violare le norme internazionali e commettere violenze contro cittadini italiani ed europei;
quali iniziative di competenza intendano assumere per la difesa dei pescherecci italiani che operano in acque internazionali.
(4-00449)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
ASCARI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006, relativo a un regime temporaneo per la ristrutturazione dell'industria dello zucchero in Europa, prevede, per ogni impresa produttrice di zucchero, isoglucosio o sciroppo di inulina, alla quale sia stata assegnata una quota entro il 10 luglio 2006, l'introduzione di un incentivo economico sostanziale, sotto forma di congruo aiuto alla ristrutturazione, per indurre le imprese meno produttive ad abbandonare la produzione di zucchero entro quota e a rinunciare alle quote corrispondenti, nonché consentire, nel contempo, di tenere in debito conto gli impegni sociali ed ambientali connessi all'abbandono della produzione, subordinato al completo o parziale smantellamento degli impianti di produzione;
per godere di tali benefici è richiesta, tra l'altro, la cessazione completa e definitiva della produzione di zucchero, isoglucosio e sciroppo di inulina da parte degli impianti di produzione interessati, lo smantellamento totale o parziale dei relativi impianti di produzione, il ripristino di buone condizioni ambientali nel sito dismesso e l'agevolazione del reimpiego della manodopera; all'articolo 6 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione del 27 giugno 2006, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, viene riportato il termine del 30 settembre 2010 per lo smantellamento degli impianti di produzione e per l'adempimento dei requisiti sociali ed ambientali;
i progetti di riconversione degli zuccherifici in centrali elettriche a biomassa risultano essere quindi già finanziati, in conformità del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, del 20 febbraio 2006, relativo a un regime temporaneo per la ristrutturazione dell'industria dello zucchero nella Comunità e che modifica il regolamento (CE) n. 1290 del 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune;
il Fondo di ristrutturazione ivi previsto faceva parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia, sezione garanzia e, a decorrere dal 1° gennaio 2007, fa parte del Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga), previsto dall'articolo 1, paragrafo 1, dello stesso regolamento. Il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, all'articolo 2, rubricato «Interventi urgenti nel settore bieticolo-saccarifero», aveva demandato a un apposito Comitato interministeriale la redazione del piano per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera sulla base dei progetti presentati dalle imprese saccarifere;
il Comitato interministeriale ha approvato il suddetto piano e le conseguenti direttive per l'approvazione dei progetti di riconversione in data 31 gennaio 2007. All'allegato 1 delle predette direttive si prevede espressamente che «I progetti di riconversione devono essere ispirati a logiche di libera concorrenza e gli impianti post-riconversione devono presentare caratteristiche industriali, finanziarie e di mercato tali da consentire che i progetti mantengano nel tempo la capacità di competere sul mercato senza ulteriori sovvenzioni», seguendo quanto definito in sede europea;
all'interrogante risulta che invece sia solo tramite le sovvenzioni energetiche statali che i progetti di centrale a biomasse, nate dalla riconversione degli ex-zuccherifici, per le quali risulterebbero normativamente previste clausole esclusive per la concessione degli incentivi destinati agli impianti previsti dai progetti di riconversione del settore bieticolo-saccarifero, si sosterrebbero sul mercato; al contrario dopo le sovvenzioni europee le centrali a biomasse realizzate non sarebbero quindi progetti che manterrebbero nel tempo la capacità di competere sul mercato senza ulteriori sovvenzioni (per l'appunto gli incentivi energetici statali esclusivi) –:
se ai Ministri interrogati risulti la situazione descritta in premessa e quali iniziative intendano adottare per interrompere l'accesso a incentivi statali energetici, anche con clausole di esclusività, da parte delle centrali a biomasse che abbiano già ricevuto sovvenzioni europee perché realizzate tramite progetti di riconversione del settore bieticolo-saccarifero;
se ai Ministri interrogati risulti che i progetti realizzati di centrali a biomasse che abbiano già ricevuto sovvenzioni europee perché realizzate tramite progetti di riconversione del settore bieticolo-saccarifero abbiano adempiuto a tutti gli obblighi relativi al completo o parziale smantellamento degli impianti di produzione.
(4-00409)
GHIRRA e GRIMALDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
una lettera sottoscritta da alcuni lavoratori del Ministero dell'economia e delle finanze informa della volontà dello stesso di dismettere sedi demaniali, in particolare quello in via A. Soldati-Roma e contestualmente acquisire nuovi immobili in locazione;
gli interventi legislativi sui contratti di locazione passiva sono volti alla razionalizzazione del patrimonio pubblico e al contenimento della spesa, a disincentivare l'utilizzo di questa tipologia contrattuale da parte della pubblica amministrazione e a valorizzare l'utilizzo diretto dei beni di proprietà demaniale;
l'articolo 3 del decreto-legge n. 95 del 2012 ha previsto una riduzione del canone di locazione del 15 per cento anche per i contratti in corso nonché limitazioni al rinnovo della locazione e l'articolo 24 del decreto-legge n. 66 del 2014 ha introdotto un nuovo piano di razionalizzazione per assicurare un complessivo efficientamento, attraverso l'utilizzo degli immobili pubblici disponibili e la riduzione delle locazioni passive, in modo da garantire per ciascuna amministrazione una riduzione di almeno il 50 per cento della spesa per locazioni e di almeno il 30 per cento degli spazi utilizzati;
nella sezione «Amministrazione trasparente» del sito del Ministero dell'economia e delle finanze risulta che i costi annui di locazione passiva per le sedi Ministero dislocate a Roma e provincia siano pari a circa 5 milioni di euro, di cui 3,7 milioni di euro per la sola sede di via dei Normanni-Roma e che il complesso immobiliare «La Rustica» abbia un valore pari a 72 milioni di euro secondo la stima effettuata nel 2010 dall'Agenzia del demanio;
il complesso immobiliare, oggetto di rilascio, è attualmente sede dell'Ispettorato generale per l'informatica e l'innovazione tecnologica (I.G.I.T.), della Guardia di finanza, di Sogei fino al 30 novembre 2022, oltre che del personale addetto ai vari servizi di supporto all'immobile;
tale complesso ha sempre rappresentato un polo di eccellenza del Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato, una struttura di grande prestigio, dotata di spazi necessari per ogni esigenza lavorativa;
il 26 settembre 2022, l'organizzazione sindacale UGL FP aveva inviato al Ministero dell'economia e delle finanze una richiesta di accesso civico generalizzato ex articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013, per acquisire informazioni e atti riguardanti due procedure in corso: la dismissione della sede di «La Rustica», ove sono ubicati gli uffici dell'I.G.I.T., della R.G.S., che non comporta oneri sul bilancio dello Stato e l'acquisizione di una nuova sede in locazione passiva, che comporterà nuovi oneri;
in data 26 ottobre 2022 il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe riscontrato tale istanza con un diniego espresso;
avverso il diniego citato UGL FP ha evidenziato i fatti al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Ministero dell'economia e delle finanze, chiedendo un riesame della richiesta di accesso civico generalizzato;
nell'istanza di riesame, UGL FP ha rappresentato, altresì, che si riserva di richiedere direttamente all'ANAC di esercitare, ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 33 del 2013, il controllo dell'esatto adempimento degli obblighi di trasparenza e di pubblicazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, nei confronti dei lavoratori, e di tutti i cittadini –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in narrativa e quali iniziative di competenza intenda assumere per verificare se la dismissione dell'immobile demaniale in via Soldati a Roma e la contestuale acquisizione in locazione di un immobile in via Carucci a Roma con conseguente trasferimento del personale Sogei rappresenti un'operazione economica rispondente ai criteri di razionalizzazione, economicità, efficienza ed efficacia che dovrebbero ispirare la pubblica amministrazione, garantendo al contempo il rispetto della trasparenza dell'azione amministrativa in relazione a quanto esposto;
quale destinazione o utilizzo sia stabilito per il complesso immobiliare «La Rustica».
(4-00442)
BONELLI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro per lo sport e i giovani. – Per sapere – premesso che:
la Sport e Salute s.p.a., - evoluzione di Coni Servizi spa, è la società dello Stato che funge da struttura operativa del Governo nella politica pubblica sportiva per la promozione dello sport di base e dei corretti stili di vita e distribuisce i contributi pubblici agli organismi sportivi;
l'azionista unico di Sport e Salute s.p.a. risulta essere il Ministero dell'economia e delle finanze;
lo scorso 1° febbraio, la Fitav (Federazione italiana tiro a volo) ha annunciato di aver ricevuto da Sport e Salute s.p.a. contributi per il progetto C.A.R.E. che porterà il tiro a volo nelle scuole, come può leggersi sullo stesso sito ufficiale della Fitav (https://www.fitav.it/avviato-il-progetto-c-a-r-e-che-porta-il-tiro-a-volo-nelle-scuole);
il suddetto progetto, secondo quanto la Fitav afferma, «prevede lezioni in classe e pratica negli impianti di Tiro a Volo con Tecnici specializzati nella formazione dei ragazzi alle prime armi» e interessa otto regioni italiane;
i fondi arrivano a Fitav nell'ambito dei cosiddetti «80 milioni per lo Sport Italiano», stanziati in base al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2022;
la legge n. 92 del 2019 prevede che nell'insegnamento di educazione civica «tutte le azioni sono finalizzate ad alimentare e rafforzare il rispetto nei confronti delle persone, degli animali e della natura» (articolo 3 comma 2);
Fitav è strettamente legata al mondo venatorio e la pratica del tiro a volo può costituire una via di ingresso alla pratica della caccia;
il progetto Fitav appare in contrasto con le finalità fissate dalla predetta legge n. 92 sull'educazione civica, sia in quanto pratica con armi di offesa che in quanto, di fatto, potenziale iniziazione all'attività venatoria;
la pratica e l'utilizzo delle armi ha un indubbio grado di pericolosità e non sembra certamente raccomandabile, specialmente in età giovanile, come evidenziato anche da voci della compagine governativa;
negli USA, secondo il Gun violence archive (https://www.gunviolencearchive.org/reports) dal 2014 a oggi, il numero delle sparatorie di massa negli Stati Uniti è più che raddoppiato in conseguenza della politica di diffusione delle armi e spesso tali sparatorie hanno come scenario proprio le scuole;
l'Italia si è tutelata finora dal rischio grazie a una certa limitazione della diffusione delle armi, specialmente nella fascia giovanile e con il limite dei 18 anni per il porto d'armi;
la promozione del tiro a volo nelle scuole, nonostante le rassicurazioni interessate di Fitav rispetto ai parametri di sicurezza, si muove in contrasto con una educazione al non nuocere e al rispetto dell'altro e crea un pericoloso precedente –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della destinazione dei fondi di Sport e Salute s.p.a. per il progetto C.A.R.E. di Fitav;
se il Ministro dell'istruzione e del merito ritenga opportuno che l'utilizzo di armi, per quanto cosiddette «sportive», sia insegnato nella scuola italiana;
se in conseguenza delle considerazioni di cui premessa, intendano, per quanto di competenza, adottare iniziative affinché i fondi concessi a Fitav da Sport e Salute s.p.a. siano revocati;
se ritengano di adottare iniziative di competenza affinché la concessione di fondi da parte di Sport e Salute s.p.a. sia immediatamente regolata al fine di scongiurare ogni promozione dell'utilizzo delle armi tra alunni e alunne.
(4-00443)
FAMIGLIA, NATALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ
Interrogazione a risposta scritta:
PRETTO. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
per intraprendere il percorso dell'adozione internazionale, è previsto che la coppia italiana interessata debba ottenere, per emissione del competente tribunale per i minorenni, il decreto di idoneità all'adozione;
una volta rilasciato il sopracitato decreto di idoneità i genitori adottivi devono, entro un anno, rivolgersi a uno degli enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali;
gli enti autorizzati dalla Commissione collaborano con diversi uffici presenti nei Paesi esteri in cui svolgono la loro attività;
questi uffici, che in molti casi provvedono alla verifica della possibilità di un abbinamento tra bambino e famiglia adottiva, devono interloquire con il Ministero di competenza del proprio Stato per ricevere il nulla osta atto a dare inizio al percorso di conoscenza tra i genitori adottivi e il potenziale futuro figlio;
sono diverse le famiglie italiane che, ottenuto il decreto di idoneità, hanno intrapreso il percorso per l'adozione internazionale appoggiandosi ad enti autorizzati che collaborano con uffici e strutture presenti nel territorio della Federazione Russa, i quali fanno riferimento al Ministero dell'istruzione di Mosca per la sopracitata richiesta di nulla osta;
dal mese di febbraio 2014 è in atto un conflitto tra la Federazione Russa e Ucraina, culminato a partire dal mese di febbraio 2022 con l'invasione del territorio ucraino da parte delle forze russe, con i conseguenti effetti militari, economici, sociali e diplomatici;
in data 28 giugno 2022 la Commissione adozioni internazionali ha deliberato, stante il perdurare della situazione emergenziale derivante dal conflitto, la sospensione ad assumere nuovi incarichi per le coppie da instradare in Ucraina e Federazione Russa;
si stanno tuttavia verificando criticità e situazioni di stallo anche per i procedimenti in corso alla data della menzionata sospensione, intrapresi prima dell'invasione del territorio ucraino, come dimostra sul piano oggettivo la sproporzione esistente tra il numero delle procedure pendenti sulla Federazione Russa e quello, di gran lunga inferiore, delle procedure effettivamente concluse; diversi articoli stampa danno conto della presentazione di un disegno di legge, pubblicato sul sito web della Duma di Stato, che propone di estendere il divieto di adozione per i cittadini dei Paesi «che commettono azioni ostili» contro la Russia, ricomprendendo, tra questi, anche l'Australia, il Canada, la Gran Bretagna, la Nuova Zelanda, il Giappone, la Corea del Sud e gli Stati membri dell'Unione europea;
non possono essere le famiglie italiane e i bambini russi a dover sostenere umanamente il prezzo del conflitto in corso –:
se il Governo intenda adottare iniziative di competenza volte a consentire alle molte famiglie italiane di portare a termine il percorso di adozione intrapreso prima della degenerazione del conflitto russo-ucraino.
(4-00458)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
MADIA, SERRACCHIANI, BERRUTO, MANZI, ZINGARETTI e ORFINI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per lo sport e i giovani, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
un allenatore di basket risulta essere stato arrestato a Roma con l'accusa di violenza sessuale aggravata e continuata su un ragazzo minorenne;
l'uomo, abusando del proprio ruolo di allenatore e aiuto allenatore, che svolgeva presso una società di basket, avrebbe abusato di un giovane atleta;
il citato allenatore risulta, sulla base di quanto riportato dagli articoli di stampa, essere già stato condannato in via definitiva per fatti analoghi, sempre in ambito sportivo, con sentenza passata in giudicato e quindi si è in presenza di una recidiva;
è proprio la recidiva a suscitare maggiore sgomento;
in base ai dati forniti dal Coni, sono 4,2 milioni le persone in Italia tesserate presso le diverse federazioni sportive;
di questa platea il 54 per cento minorenne e circa un terzo è di sesso femminile;
per quanto concerne i regolamenti federali, risulta una oggettiva lacuna rispetto alla profilazione di norme che sanzionino adeguatamente reati di abuso sessuale;
un paradosso rispetto alla ampia e dettagliata previsione di sanzioni che riguardano la condotta sportiva nelle singole discipline –:
quali iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con il CONI, intenda assumere il Governo, nel pieno rispetto del riconosciuto principio dell'autonomia dello sport, al fine di sensibilizzare le federazioni italiane a disciplinare con maggiore severità fattispecie come quella di cui in premessa nonché per rafforzare i controlli ex ante rispetto all'attribuzione di tesserini e patentini da allenatore considerata la delicatezza della funzione.
(5-00366)
Interrogazioni a risposta scritta:
GIRELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la Casa circondariale – Nerio Fischione – a Brescia, Canton Mombello, origina da un progetto che risale alla fine dell'Ottocento, ma l'edificio fu inaugurato nel 1914;
a seguito del decreto ministeriale del 2 marzo 2016 e di un successivo provvedimento del Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, le direzioni della casa circondariale e della casa di reclusione di Verziano sono state unificate, anche se le due strutture restano distinte;
la condizione strutturale del carcere di Canton Mombello è critica, si tratta infatti di un carcere vetusto, del tutto inadatto ad accogliere detenuti, tra l'altro in perenne condizione di sovraffollamento, inoltre in presenza di una costante carenza di organico, con la conseguente difficoltà di realizzazione del trattamento e dunque della attuazione della funzione rieducativa della pena;
vanno inoltre considerate le ricadute in termini di sicurezza: le condizioni lavorative del personale all'interno di queste strutture sono critiche, e derivano da una ormai cronica carenza di organico, che costringe il personale a prestare la propria opera in un contesto obsoleto, non coerente con l'evoluzione normativa in materia né tantomeno con i principi costituzionali;
la città da anni aspetta la realizzazione di una nuova struttura penitenziaria, il cui progetto, e la relativa procedura con annesso stanziamento di risorse finanziarie, risultano approvate e in corso sin dal 2014, e che attualmente dovrebbero essere, finalmente, prossime al definitivo perfezionamento, e dunque pronte per l'avvio;
risulta infatti che nel 2018 sia stata messa a gara la progettazione per realizzare nell'attuale sedime di Verziano nuove moderne celle per 400 posti letto – a fronte degli attuali 72 ufficiali – lasciando però aperto il problema dell'estensione della struttura nei campi adiacenti, dove si dovrebbero realizzare laboratori per fare lavorare i detenuti e locali per gli agenti di polizia penitenziaria –:
se il Ministro interrogato non ritenga urgente dover effettuare le opportune verifiche – e renderne noti gli esiti – in merito all'effettivo stato di avanzamento del progetto della nuova struttura penitenziaria di Brescia, e ai tempi previsti per l'entrata in funzione e per l'operatività della medesima, nonché se non ritenga di dover, nelle more, adottare ogni iniziativa necessaria all'adeguamento degli organici del personale che attualmente opera in condizioni di grave difficoltà all'interno di strutture gravemente inadeguate.
(4-00408)
LUPI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'onorevole Marco Lucio Forzese, già deputato presso l'Assemblea regionale siciliana, è imputato dinanzi al Tribunale di Catania per una presunta ipotesi di corruzione cosiddetta «triangolare», in quanto, secondo l'assunto della Procura della Repubblica etnea, egli avrebbe promesso al direttore dell'ispettorato del lavoro di Catania utilità consistenti nel fare in modo che quest'ultimo fosse riconfermato alla guida del suo ufficio, nonché nell'appoggio prestato per la nomina del direttore quale membro della commissione degli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro della Regione Siciliana per la sessione 2017, in cambio di presunti favori tributari per un imprenditore asseritamente vicino all'onorevole Forzese;
in siffatto contesto in corso di giudizio di primo grado del procedimento Forzese, il coniuge della presidente del collegio del tribunale di Catania dottoressa Urso, tale dottor Salvatore Scalia, risulta essere o essere stato, in rapporti fiduciari e istituzionali proprio con la Regione Siciliana, essendo quest'ultimo stato nominato nel 2018 commissario straordinario per la gestione del comune di Acireale;
sempre nel 2018 la Regione Siciliana nomina lo stesso Scalia quale commissario straordinario per la riparazione e la ricostruzione degli immobili colpiti dal sisma del dicembre 2018;
appare dunque innegabile, anche a parere dell'interrogante, un rapporto fiduciario che lega il dottor Scalia alla Regione Siciliana;
ad avviso dell'interrogante, in sede processuale sussistevano ragioni di opportunità che avrebbero consigliato al presidente del collegio dottoressa Urso, sposata con Scalia, di astenersi dal processo, dinanzi all'espressa richiesta formulata dall'onorevole Forzese;
quanto suesposto appare quantomeno lesivo del decoro della giustizia e del principio del giusto processo –:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive presso il Tribunale di Catania.
(4-00424)
ENRICO COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi tempi, la casa circondariale di Sanremo si è contraddistinta per una serie di episodi di violenza – atti di autolesionismo, incendi appiccati dai detenuti nelle camere detentive, risse, aggressioni – che hanno messo a rischio l'incolumità del personale di polizia penitenziaria e degli stessi detenuti;
diversi eventi critici ad opera di detenuti affetti da problemi psichiatrici si sono verificati inoltre durante la visita all'Istituto del garante regionale dei detenuti, Doriano Saracino;
il carcere di Sanremo è privo di un medico specialista in psichiatria in grado di fornire assistenza costante e di un dirigente sanitario responsabile del servizio di medicina penitenziaria; in tale contesto è particolarmente difficile mantenere l'ordine e garantire che le condizioni all'interno dell'istituto siano rispettose della dignità delle persone detenute;
a ciò si aggiunge la cronica carenza di personale con il ruolo di sottufficiali e ispettori, per i quali si registra una scopertura di circa il 75 per cento, nonché di educatori, che potrebbero svolgere una funzione di filtro e risolvere alcune delle problematiche dei detenuti;
non risultano inoltre adeguatamente utilizzati gli spazi che l'istituto penitenziario di Sanremo avrebbe a disposizione per il lavoro penitenziario, che potrebbero essere messi in funzione tramite convenzioni con privati –:
se sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa e come ritenga di intervenire in merito.
(4-00430)
GRIPPO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 16 maggio 2019 fu siglato il protocollo d'intesa tra il comune di Roma Capitale, la regione Lazio ed il Ministero della giustizia per il rinnovamento e la ristrutturazione della città giudiziaria sita in piazzale Clodio;
questo atto statuiva la costruzione di un nuovo edificio nella zona del parco di Monte Mario, cosiddetta del «pratone», sita tra via Teulada e piazzale Clodio, con l'obiettivo di espandere i complessi facenti capo alla città giudiziaria;
la zona ricade nel Sistema ambientale ed agricolo parchi istituiti e Tenuta Castelporziano di cui agli articoli 68 e 69 delle Norme tecniche di attuazione (NTA) del Piano Regolatore Generale (PRG) e poiché possiede la qualità di area naturale protetta, vige su tale zona il divieto di nuove edificazioni;
dal punto di vista urbanistico è soggetta a vincoli archeologici e alcuni beni d'insieme della tavola C e B del Piano Territoriale Regionale (PTR); poiché la zona è parte della riserva naturale di Monte Mario, ove si volesse renderla edificabile, sarebbe necessaria una riperimetrazione della riserva stessa;
non possono inoltre essere ignorati l'incredibile valore storico e archeologico dell'area, la presenza di ville risalenti al Rinascimento, quale ad esempio Villa Madama, ville storiche quale Villa Mazzanti e la forte avversità dimostrata dai cittadini dei quartieri limitrofi nei confronti di questo progetto;
quanto alla ratio del suddetto protocollo d'intesa, questo fu firmato prima dell'avvento della pandemia e prima del PNRR, che pone le sue fondamenta su un nuovo modello di sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale e sul recupero di edifici già esistenti rispetto all'edificazione di nuovi edifici, in particolar modo nelle aree naturali protette;
a ciò si aggiunga che nell'aprile 2021 è stato introdotto il processo penale telematico, che ridurrà l'affluenza all'interno degli spazi della città giudiziaria, nonché l'uso della carta e conseguentemente la necessità di ampie cancellerie dei Tribunali dove conservare documenti e fascicoli, cui si aggiunge la diffusione dello smart working;
successivamente alla firma del protocollo è stata inoltre perfezionata l'assegnazione al Ministero della giustizia della caserma Manara nell'adiacente Viale Giulio Cesare, che ospiterà la Corte di appello civile e la Corte di appello lavoro, liberando importanti spazi nella Città giudiziaria di piazzale Clodio;
il Consiglio regionale del Lazio nella seduta n. 111 del 10 febbraio 2022 ha approvato la mozione n. 573, che impegna la Giunta regionale a rimodulare il Protocollo citato –:
se alla luce di quanto esposto non ritenga, per quanto di competenza, di adottare iniziative volte a rimodulare il protocollo d'intesa firmato il 16 maggio 2019 con Roma Capitale, in modo da tutelare l'area verde e l'annesso patrimonio storico, artistico e culturale, non modificando la destinazione della zona in esame, e di favorire l'avvio di un confronto tra i soggetti istituzionali coinvolti ed i cittadini che permetta di giungere a soluzioni condivise.
(4-00432)
GADDA, GRIPPO e GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il sistema carcerario italiano soffre di numerose criticità cui il personale amministrativo e della polizia penitenziaria cerca costantemente e meritoriamente di porre rimedio;
uno dei gravi problemi che affligge il sistema è la fortissima carenza di direttori, le cui ultime immissioni in ruolo risalgono all'anno 1996;
allo stato attuale, su 191 penitenziari presenti sul territorio nazionale, sono 43 gli istituti rimasti senza guida, ovvero che hanno una direzione «a scavalco», con la conseguenza che i «direttori pendolari» sono chiamati ad effettuare periodicamente e costantemente, lunghi spostamenti, che comportano, tra l'altro, un consistente aggravio di spesa per le finanze del Ministero;
il direttore dell'istituto esercita i poteri attinenti alla organizzazione, al coordinamento ed al controllo dello svolgimento delle attività dell'istituto, decide le iniziative idonee ad assicurare lo svolgimento dei programmi, nonché gli interventi all'esterno, impartisce le direttive agli operatori penitenziari e mantiene i rapporti con l'autorità giudiziaria, i magistrati di sorveglianza, le strutture sanitarie di riferimento e fornisce il necessario coordinamento con gli enti del terzo settore e i volontari che prestano la loro opera nell'area trattamentale, così come in riferimento alle opportunità lavorative all'interno e all'esterno della struttura di detenzione;
alla normale attività, che impone ai direttori anche di sovrintendere alle manutenzioni e ristrutturazioni ordinarie e straordinarie, si aggiungono spesso emergenze, ricoveri, e rapporti con strutture esterne, che devono procedere di pari passo con una ordinata ed efficiente gestione dell'ufficio matricola, così da garantire un rapido accesso e uscita dei detenuti;
ai problemi di gestione in capo al direttore si aggiungono poi i mali atavici del sistema carcerario italiano, l'affollamento delle celle, il fenomeno crescente delle dipendenze, della salute mentale e del disagio psichiatrico, aggravati dalla carenza del personale di Polizia penitenziaria, di assistenti sociali e del personale adibito all'area trattamentale;
risulta evidente come questa situazione determini una scarsa ottimizzazione delle risorse e un inadeguato presidio delle strutture detentive, con direttori destinati a due o anche tre sedi contemporaneamente, addirittura dislocate a notevole distanza tra loro sul territorio nazionale;
a puro titolo esemplificativo non può non stupire il caso del direttore della casa circondariale lombarda di Busto Arsizio, chiamato a dirigere anche la casa di reclusione di Tempio Pausania, in Sardegna, oppure del direttore dell'Istituto penale minorile Ferrante Aporti di Torino, che guida anche l'ufficio per il trattamento dei detenuti a Bari;
il decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 all'articolo 8, proroga fino a fine 2023, per la quarta volta, la facoltà per i dirigenti di istituto penitenziario di svolgere le funzioni di dirigente dell'esecuzione penale esterna e per la terza volta, la facoltà per i dirigenti di istituto penitenziario di svolgere le funzioni di direttore degli istituti penali per i minorenni;
risulta altresì del tutto evidente come la gestione di un istituto di detenzione minorile necessiti di particolare cura, trattandosi di strutture adibite al trattenimento e auspicabilmente alla rieducazione di ragazzi minorenni;
alla luce di quanto fin qui esposto, sarebbe anche importante sapere quanti direttori andranno in pensione nel prossimo triennio per comprendere in che misura le nuove immissioni in ruolo, sopperiranno le attuali carenze e le uscite previste a causa dei pensionamenti –:
quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda porre in essere per far fronte ad una situazione tanto grave e complessa, quali siano i tempi previsti per l'immissione in ruolo dei nuovi direttori vincitori del concorso attualmente in corso di svolgimento, quanti direttori si prevede andranno in pensione nel 2023, 2024 e 2025 e, all'esito delle procedure, quale sarà, in dettaglio, la situazione dell'organico dei direttori di penitenziario.
(4-00433)
GRIPPO e GADDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da tempo si registra una grave carenza, di personale dirigenziale nell'ambito dell'amministrazione della giustizia, in particolare al Dap (Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria) e al Dog (Dipartimento per l'organizzazione giudiziaria);
per quanto riguarda il Dap, si richiama il ruolo fondamentale del Direttore di istituto penitenziario quale responsabile dell'attuazione dell'ordinamento penitenziario, garante della legalità e dell'ordine interno, nonché punto di equilibrio tra la funzione rieducativa della pena – ai sensi dell'articolo 27 della Costituzione – e le esigenze di sicurezza;
l'attuale pianta organica dei direttori conta 300 unità, come prodotto di una progressiva e dissennata riduzione della dotazione prevista dal decreto legislativo n. 63 del 2006, che ammontava 431 unità;
a causa dei tagli operati per esigenze di natura meramente economica – senza tenere in considerazione i danni, anche erariali, che quegli stessi tagli comportano – si è venuta a determinare una situazione per effetto della quale un unico Dirigente Penitenziario è spesso chiamato ad assicurare la gestione di due o più istituti, talvolta anche molto distanti tra loro;
ulteriore aggravante è la cronica assenza di vicedirettori, presenti solamente in circa il 21 per cento degli istituti;
questa situazione deficitaria non troverà certamente un'adeguata soluzione con l'immissione in servizio a fine anno dei 57 neo-direttori vincitori del concorso svoltosi dopo diversi decenni; a dicembre 2022, infatti, risultano in ruolo appena 213 Dirigenti penitenziari su una pianta organica, comunque insufficiente, di 300 unità, molti dei quali prossimi alla pensione;
anche come conseguenza della scarsità di organico in tali ruoli, si registra un aumento negli ultimi anni dei casi di violenze in carcere ed evasioni, nonché un tasso di recidiva tra i più alti d'Europa;
per quanto concerne il Dog, risulta dal Piao (Piano integrato di attività e organizzazione) del 2022 che già dal 2019 si registrava una mancanza di 80 posti dirigenziali di seconda fascia, da sommare ad un'ulteriore mancanza di 140 unità venutasi a creare successivamente;
queste carenze di personale hanno un immediato riflesso sull'organizzazione degli uffici, sia centrali che periferici, e rischiano di minare il perseguimento degli obiettivi del PNRR assunti dal Governo con l'Unione europea in materia di giustizia;
con l'ultima legge di bilancio (legge n. 197 del 2022) il Dog è stato autorizzato alla copertura dei posti dirigenziali rimasti vacanti per il triennio 2023-2025 attraverso lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi per dirigenti penitenziari banditi il 5 maggio 2020 e il 28 agosto 2020;
queste ultime misure, quindi, possiedono già una copertura finanziaria e necessitano solamente di un'attuazione amministrativa, tramite un interpello tra i risultati idonei di tali concorsi –:
quando si provvederà all'ampliamento della pianta organica dei dirigenti penitenziari, per ricostituire la dotazione originaria di 431 unità e ovviare alle gravi disfunzioni che affliggono il sistema carcerario italiano, sia in termini di sicurezza che in materia di trattamento rieducativo;
quando si provvederà all'immissione in servizio dei nuovi assunti, anche per il tramite dello scorrimento delle graduatorie dei concorsi di cui in premessa, dando – per quanto riguarda il Dog – rapida attuazione a quanto previsto e finanziato nell'ultima legge di bilancio.
(4-00440)
SCUTELLÀ, D'ORSO e ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il presidente del tribunale di Castrovillari, dottor Massimo Lento, con decreto n. 11 del 2023, ha disposto la sospensione delle udienze civili e penali a causa del guasto all'impianto di riscaldamento del presidio giudiziario;
«Vista la particolare situazione climatica che fa registrare temperature al di sotto della media stagionale – si legge nel decreto emanato dal presidente Lento – visto che, nonostante si sia già da tempo perfezionata la procedura prevista per la riparazione dell'impianto di riscaldamento, lo stesso non è ancora funzionante. Atteso che nelle aule di udienza si registrano temperature estremamente rigide, anche pari a 10 gradi», il presidente del tribunale di Castrovillari ha disposto «che le udienze civili e penali siano sospese dall'8 febbraio al 18 febbraio 2023 salvo revoca in caso di riparazione dell'impianto»;
durante il periodo di sospensione verranno trattati i processi urgenti ed indifferibili ed, in particolare, quelli con rito direttissimo, quelli con imputati sottoposti a misura cautelare, i procedimenti d'urgenza in materia civile, nonché le udienze cartolari;
a seguito della riforma della geografia giudiziaria del 2012, che ha portato alla soppressione del tribunale di Rossano, oggi Corigliano-Rossano, e il conseguente accorpamento al tribunale di Castrovillari, i carichi di lavoro del presidio di giustizia del Pollino hanno subito notevoli incrementi con forti ripercussioni sugli arretrati;
la nuova competenza territoriale attribuita al tribunale di Castrovillari ha comportato che, secondo la classifica sull'efficienza dei 140 tribunali ordinari della Penisola, stilata dal Ministero della giustizia e pubblicata il 1° giugno 2022 da «Il Sole 24 ore», il tribunale di Castrovillari risulta essere al decimo posto per inefficienza con un numero di fascicoli relativi a causa pendenti da oltre due anni pari a 7.774;
rallentare l'attività giudiziaria non è accettabile soprattutto se la causa è da attribuire al guasto di un impianto di riscaldamento che dovrebbe essere riparato in tempi rapidi e certi per permettere il corretto andamento dei lavori ed evitare la paralisi di servizi fondamentali, come quello della giustizia, soprattutto nel territorio della Sibaritide-Pollino –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per consentire nel minor tempo possibile di definire le criticità evidenziate in premessa e garantire agli operatori del presidio di giustizia di Castrovillari di recuperare condizioni di lavoro dignitose e salvaguardare il servizio pubblico della giustizia.
(4-00444)
ANDREUZZA e BISA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
Luciano Donadio presunto boss del clan dei Casalesi di Eraclea, insieme ad altri 13 sodali – tra cui il figlio Adriano imputati nel maxi-processo ai cosiddetti «Casalesi di Eraclea», a tre anni dal loro rinvio a giudizio con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, martedì, su richiesta degli avvocati di Donadio padre e figlio, Luciano e Adriano, hanno ottenuto dal tribunale l'accoglimento della domanda di cambio di misura, convertita per tutti nell'obbligo di dimora. Secondo il collegio, infatti, dopo quasi 4 anni dal blitz del 19 febbraio 2019 e con il processo ormai alle battute finali – in corso l'audizione dei testi della difesa e prima dell'estate inizierà la requisitoria dei pm, sarebbero venute meno le esigenze cautelari e basterebbe una forma di controllo data appunto dall'obbligo di dimora;
Luciano Donadio, assieme a una quarantina di altri imputati, è accusato di essere al centro del gruppo dei cosiddetti «Casalesi di Eraclea», formazione criminale di stampo camorristico che avrebbe spadroneggiato nel Veneto orientale per vent'anni, decidendo in particolare come dividere i lavori edili sul territorio e arrivando anche a favorire l'elezione del sindaco Mirco Mestre, motivo per cui il comune di Eraclea nel 2019 è stato commissariato. Tantissimi gli episodi richiamati nei tre anni di udienze in aula bunker a Mestre (Venezia): dalla rapina ai danni dell'imprenditore Rino Delle Rive, all'estorsione che ha piegato Amorino Zorzetto, fino alla faida con il gruppo skinhead, tutto per ricostruire i meccanismi che mantenevano in piedi la banda, quindi la disponibilità costante di armi da fuoco e il legame sempre mantenuto saldo con Casal di Principe;
ad avviso degli interroganti, sconcerta che ci siano stati festeggiamenti in grande stile e fuochi d'artificio che hanno provocato anche l'intervento dei carabinieri, per celebrare la scarcerazione del boss dei Casalesi di Eraclea. La festa risulta come un messaggio inequivocabile e vuol dire, «eccomi qua, sono tornato, e sono tornato più forte di prima». Un messaggio «interno», che vale per i suoi fedelissimi e un messaggio «esterno» rivolto ai 12 mila concittadini della sua città adottiva;
Eraclea assiste per la prima volta nella storia del Veneto – e forse del Nord Italia – ad uno spettacolo che prima d'ora non si era mai visto: non si è trattato di una festa limitata ai parenti stretti, ma un «festone» con tutti coloro che condividono le scelte di una vita, nel bene e nel male;
sconcerta e preoccupa questa evidente plateale accoglienza della scarcerazione che merita riflessione in quanto la liberazione del boss è avvenuta a fronte di una valutazione del giudice che ritiene che le esigenze cautelari possano essere adeguatamente soddisfatte mediante misure coercitive di controllo quale l'obbligo di dimora nel comune, ma resta ancora un processo in corso da concludere;
risulta alquanto inaccettabile la circostanza che presunti boss con processi alle battute finali siano mandati a scontare i domiciliari proprio a casa loro, nei territori dove per anni hanno impudentemente operato, vanificando così il duro lavoro della magistratura e delle forze dell'ordine nel contrasto alla criminalità mafiosa –:
quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare per offrire certezze alla comunità anche in considerazione di ciò che sta succedendo a livello non solo nazionale ma anche internazionale sulle insurrezioni anarchiche relative al 41-bis.
(4-00450)
BICCHIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Presso il carcere di Opera è detenuto l'anarchico Alfredo Cospito, il quale ha avviato uno sciopero della fame per protestare contro il regime di detenzione di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, al quale egli stesso è sottoposto per valutazione delle autorità competenti, compresa l'autorità giudiziaria;
all'iniziativa di Cospito, con esplicito riferimento alla medesima, hanno fatto seguito una serie di atti di violenza e intimidazione all'indirizzo di organi di stampa, rappresentanze diplomatiche, sedi istituzionali;
il detenuto Cospito ha ricevuto diverse visite in carcere da parte di esponenti delle istituzioni, segnatamente parlamentari e consiglieri regionali, con la forma della visita ispettiva;
la visita ispettiva nelle carceri è un istituto fondamentale per il nostro ordinamento democratico, in quanto consente ai rappresentanti del popolo di verificare, nel rispetto di determinate regole, le condizioni di detenzione e le modalità di esercizio del potere repressivo da parte dello Stato;
tale prerogativa, peraltro, si inserisce in un quadro di guarentigie di rango costituzionale legate al mandato rappresentativo finalizzate alla piena espressione della sovranità popolare per il tramite dei propri rappresentanti;
ad alcune delle suddette visite hanno fatto seguito dichiarazioni agli organi di stampa attraverso le quali sono stati divulgati i contenuti di asserite conversazioni con il detenuto Cospito;
il consigliere della regione Lombardia Michele Usuelli, ad esempio, dopo aver incontrato Cospito ha affermato pubblicamente che egli «non sta facendo una battaglia “pro domo sua”, ma una battaglia di sistema. L'obiettivo finale è quello di guadagnare una maggiore civiltà a questo Paese». Riguardo agli atti di violenza perpetrati all'esterno del carcere in appoggio alla protesta di Cospito, così ha riferito Usuelli agli organi di informazione: «Il signor Cospito non dice di approvare questi gesti violenti, ma in lui prevale l'anarchico rispetto a quello che sta conducendo un'azione non violenta. Quindi lui dice da anarchico “io non sono nessuno per dire agli altri cosa dovrebbero fare”»;
nei giorni successivi ulteriori dichiarazioni, questa volta senza rivelare nominalmente la fonte, sono state attribuite a Cospito relativamente al 41-bis e alla detenzione di appartenenti alla mafia;
l'istituto di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario ha fra le sue principali finalità quella di evitare la trasmissione di comunicazioni e messaggi fra i detenuti e l'esterno, soprattutto nel caso di appartenenza a organizzazioni, gruppi o formazioni dedite ad attività illegali;
la propalazione di affermazioni attribuite al detenuto Cospito, in particolare con riferimento a giudizi sugli atti di violenza e intimidazione in corso, potrebbe rivelarsi potenziale, ancorché certamente involontario, veicolo di messaggi rivolti alla galassia anarchica o comunque da essa interpretabili –:
nell'assoluto rispetto delle guarentigie costituzionali connesse al mandato rappresentativo e delle prerogative dei soggetti istituzionali titolari della facoltà di visita ispettiva nelle carceri, e nella massima considerazione di questo strumento, quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per evitare che tali atti e i comportamenti pubblici successivi possano comportare il rischio, anche involontario, di vanificare le finalità dell'articolo 41-bis rispetto alle comunicazioni con realtà dedite ad attività criminose o di determinarne un surrettizio aggiramento.
(4-00451)
ENRICO COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 2 febbraio 2023, il Ministro interrogato ha diramato un comunicato stampa in cui, conclusa la ricostruzione dei fatti richiesta dopo il dibattito parlamentare del 31 gennaio, riferisce in sintesi quanto si riporta di seguito;
l'affermazione testuale dell'onorevole Donzelli – «dai documenti che sono presenti al Ministero della giustizia» – sarebbe da riferirsi «ad una scheda di sintesi del Nic non coperta da segreto. Non risultano apposizioni formali di segretezza e neppure ulteriori diverse classificazioni sulla scheda»;
si riporta che quanto al contenuto dei colloqui tra i detenuti Cospito ed altri, riferiti dall'onorevole Donzelli, non sono stati oggetto di un'attività di intercettazione ma frutto di mera attività di vigilanza amministrativa e che, in conclusione, la natura del documento non rileva e disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati;
«la rilevata apposizione della dicitura “limitata divulgazione”, presente sulla nota di trasmissione della scheda, rappresenta una formulazione che esula dalla materia del segreto di Stato e dalle classifiche di segretezza, disciplinate dalla legge 124 del 2007 e dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di attuazione, ed esclude che la trasmissione sia assimilabile a un atto classificato, trattandosi di una mera prassi amministrativa interna in uso al Dap a partire dall'anno 2019, non disciplinata a livello di normazione primaria»;
si ritiene che le conclusioni del Ministro legittimino ad avere informazioni sul contenuto di tali atti anche soggetti diversi da quelli che ne sono venuti a conoscenza a causa delle loro funzioni –:
se e come siano accessibili da soggetti esterni all'amministrazione i contenuti delle schede del Nucleo investigativo centrale (Nic) relative all'esito di «vigilanza amministrativa», con particolare riferimento alle relazioni su dialoghi tra detenuti al 41-bis non oggetto di intercettazione, di cui gli uffici in indirizzo sono possesso.
(4-00452)
GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo i dati diffusi dall'Organizzazione mondiale della sanità e ribaditi dalla National Accademy of Sciences degli Stati Uniti, il fumo passivo è tra le principali cause di cancro ai polmoni tra i cittadini adulti non fumatori;
apprendiamo dalla rivista Sigmagazine, giornale specializzato in strumenti di riduzione del danno da fumo, che in Francia, Inghilterra, Scozia e Galles sono stati avviati progetti volti a sostituire l'utilizzo delle sigarette tradizionali con le sigarette elettroniche;
in particolare, in Francia «mille sigarette elettroniche sono state consegnate nelle carceri, progetto nato in seguito ad un'azione legale promossa da un detenuto non fumatore che ha ottenuto un risarcimento da parte dello Stato perché costretto a convivere con il fumo dei compagni di cella»;
il progetto – secondo Sigmagazine – ha goduto di un finanziamento pubblico di 50 mila euro, equivalenti a mille sigarette elettroniche validate per l'uso in carcere; buona anche la partecipazione dei dipendenti amministrativi e degli agenti penitenziari che in 150 hanno scelto di passare all'e-cig;
nel Regno Unito, come riportato da uno studio condotto dalla Scuola di medicina della Università di Nottingham, a seguito dell'introduzione del divieto di fumo in tutti i luoghi al chiuso «una percentuale compresa tra il 70 e l'80 per cento dei detenuti ha utilizzato la sigaretta elettronica come mezzo per gestire la dipendenza da nicotina»; questo è stato possibile, perché, ha spiegato in Parlamento il Ministro della salute britannico, «non esiste alcuna prova di tossicità indiretta causata dal vapore passivo, il divieto di fumare nei luoghi pubblici al chiuso si basa invece su prove evidenti dei danni derivanti dall'esposizione al fumo passivo e sulla tutela della salute conseguente alla mancata esposizione al fumo». Ulteriore conferma arriva anche da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori franco-svizzeri: le particelle presenti nei vapori della sigaretta elettronica sono liquide ed evaporano nell'arco di pochi secondi; quelle presenti nel fumo sono molto più stabili e permanenti e la loro eliminazione dipende molto dalla ventilazione dell'ambiente. «Una differenza» concludono i ricercatori «significativa»;
già nel 2016, dopo avere ottenuto il via libera dal Ministero della salute, su sollecitazione della ex deputata Rita Bernardini, l'allora direttore dell'amministrazione penitenziaria Santi Consolo firmò una circolare per dare il via libera alla diffusione dell'e-cig, cui però non si poté dare seguito per la difficoltà di reperire sigarette elettroniche senza fili elettrici e la pericolosità di fornire ai detenuti i flaconi del liquido di ricarica;
attualmente sul mercato e in tutte le tabaccherie sono presenti innumerevoli dispositivi di somministrazione di nicotina usa e getta, che non hanno cioè bisogno di alcuna ricarica, né di corrente elettrica né di liquido; il costo di ogni e-cig equivale mediamente a quello di due pacchetti di sigarette di tabacco;
i detenuti hanno la possibilità di acquistare nella spesa interna (modello 72) pacchetti di sigarette delle più svariate marche e con diversi contenuti di nicotina –:
se non ritengano di poter intraprendere anche in Italia una sperimentazione simile a quella di altri Paesi europei;
se non ritengano di poter consentire ai detenuti negli istituti penitenziari italiani l'acquisto, fra i prodotti inseriti nel modello 72, anche delle e-cig usa e getta.
(4-00457)
FORNARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la Procura della Repubblica di Biella ha chiesto il rinvio a giudizio per 28 agenti di polizia penitenziaria, uno dei quali è agli arresti domiciliari, a seguito della conclusione delle indagini sui fatti avvenuti nella casa circondariale di via Tigli;
l'indagine è nata la scorsa estate dopo che tre detenuti stranieri hanno denunciato di avere subito violenze da parte degli agenti della polizia penitenziaria che li avrebbero picchiati e legati in cella. Il pestaggio di uno dei tre detenuti sarebbe stato ripreso anche dalle videocamere all'interno del penitenziario. L'uomo sarebbe stato messo a terra nel corridoio con gambe e braccia legate da corde e il commissario che dirigeva l'operazione avrebbe zittito chi aveva provato a intervenire;
secondo la Procura vi sarebbero altre due vittime, due detenuti marocchini che hanno raccontato agli inquirenti di esser stati percossi e di aver ricevuto offerte di droga da parte degli agenti in cambio della fede nuziale;
il carcere biellese è già stato oggetto di altre inchieste: una ha visto coinvolti 22 indagati tra i quali anche l'ex direttrice dell'istituto, e riguarda il presunto uso illecito dei tamponi destinati ai detenuti un'altra un presunto traffico di droga nel penitenziario;
la casa circondariale di Biella, come si legge nel report dell'Associazione Antigone, ha un tasso di affollamento del 117 per cento e una cronica carenza di personale che le indagini sopra citate hanno ulteriormente aggravato, a partire dallo stesso direttore della struttura che ora è retta da un funzionario facente funzioni –:
quali iniziative intenda prendere per verificare, anche attraverso un'ispezione ministeriale, la gravità della situazione del carcere biellese, e per risolvere i problemi presenti a partire dalla grave carenza di personale.
(4-00460)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazioni a risposta in Commissione:
TONI RICCIARDI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
la società Iia (Industria italiana autobus) con sede a Flumeri (provincia di Avellino) nasce a seguito del disimpegno del gruppo Iveco dallo stabilimento della Iribus avvenuto nel 2011;
la vertenza che ha portato alla nascita di questo nuovo soggetto industriale è durata ben 5 anni e attualmente nel capitale sociale sono presenti la Karsan (che costruisce autobus con casa madre in Turchia), il gruppo Leonardo e Invitalia;
a seguito della creazione di questa nuova società sono stati eseguiti lavori di ammodernamento delle linee e l'avvio della produzione di autobus urbani con diverse motorizzazioni finalizzate a modernizzare il parco mezzi circolante;
la realtà produttiva di Flumeri è stata oggetto di interesse da parte degli Atenei della Campania, che l'hanno individuata come possibile partner per lo svolgimento delle attività di ricerca applicata nel settore dell'automotive;
i veicoli realizzati presso suddetto sito rappresentano una testimonianza importante per quel che riguarda i processi di transizione ecologica e sostenibile in ambito mobilità, nonché per la riduzione dell'inquinamento atmosferico e per il miglioramento della qualità dei servizi offerti al trasporto pubblico locale;
nonostante queste premesse e le rassicurazioni da parte del management aziendale sul rilancio della produzione annunciato per l'inizio di quest'anno, a oggi, paradossalmente, nonostante le diverse commesse presenti nel portafoglio aziendale, mancano le risorse finanziarie per l'approvvigionamento delle materie prime;
questa situazione preoccupa fortemente le organizzazioni sindacali, che sono già mobilitate nella interlocuzione con le diverse istituzioni per chiedere certezze sul futuro dello stabilimento di Flumeri che rappresenta una realtà produttiva e occupazionale strategica sia dal punto di vista territoriale che in un contesto più ampio di politiche industriali nel Paese;
vi è il timore che questa criticità sopra richiamata possa compromettere il futuro dello stabilimento irpino;
l'impianto produttivo di Flumeri può e deve essere un centro di riferimento per lo sviluppo della filiera dell'automotive sostenibile;
se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda porre in essere al fine di convocare urgentemente in sede ministeriale un tavolo di confronto con l'obiettivo di preservare la produttività dello stabilimento di Flumeri salvaguardandone i livelli occupazionali, considerata anche la strategicità del settore in cui opera.
(5-00357)
ORLANDO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
Oto Melara, fondata 118 anni fa alla Spezia, è un pezzo significativo della storia industriale e militare italiana e, malgrado diverse riorganizzazioni societarie che non sempre hanno portato i risultati attesi in termini, continua a rappresentare un importante attore industriale di livello internazionale, con un impatto economico, tecnologico, occupazionale di assoluto rilievo, impiegando oltre 1.500, lavoratori con competenze elevate;
da oltre un anno Oto Melara, oggi parte della Business unit sistemi difesa di Leonardo, è oggetto di trattative per la vendita che hanno visto offerte e/o interessamenti di vari soggetti sia nazionali, come Fincantieri, che di altri Paesi europei, tra i quali: il gruppo tedesco Rheinmentall, il consorzio franco tedesco Knds;
in diverse occasioni le fasi della trattativa sono trapelate sui media con informazioni contrastanti sulle future prospettive industriali creando notevole apprensione tra i lavoratori circa il destino dei siti produttivi interessati;
la guerra in Ucraina, il riaccendersi di tensioni geopolitiche, rendono ancor più strategico il presidio dei settori economico industriali in cui opera Oto Melara e consigliano grande prudenza nel valutare attentamente strategie e partnership nel quadro del sistema di difesa europeo –:
quali siano le intenzioni del Governo sull'ipotesi di vendita di Oto Melara, in particolare per quanto concerne il futuro degli stabilimenti della Spezia e di Brescia, nonché per quelli Wass di Livorno, in relazione al loro fabbisogno di investimenti in tecnologia, ricerca e sviluppo e ai loro fabbisogni occupazionali e se si intenda coinvolgere le organizzazioni sindacali affinché i lavoratori abbiano tutte le corrette informazioni in merito.
(5-00361)
Interrogazioni a risposta scritta:
GARDINI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
il Salone del mobile, una tra le più importanti fiere del panorama europeo, riaprirà i battenti il prossimo aprile a Rho, portando con sé molteplici novità sia sul piano strutturale che sul piano organizzativo: lo stesso, infatti, apparirà molto diverso rispetto ai precedenti, in quanto più fruibile per i visitatori, più appetibile per gli espositori e più sostenibile per l'ambiente;
nonostante le novità abbiano portato ad una totale riorganizzazione del Salone, il quale non sarà più diviso in livelli ma si svilupperà su di un unico piano, la novità che risulta più evidente è la scomparsa del padiglione dedicato al Classico, decisione che desta non poche perplessità da parte degli operatori del settore;
sembra che la decisione del presidente del Salone trovi la propria ragione in un rallentamento della crescita del settore del mobile antico, il quale seppure ha chiuso il 2022 con un aumento dell'8 per cento delle vendite segna comunque una crescita molto più contenuta rispetto all'anno precedente, quando l'aumento delle vendite aveva registrato un più 14 per cento;
a causa degli aumenti di energia e materiali, infatti, le piccole aziende, sicuramente meno strutturate rispetto ai grandi colossi internazionali del settore, hanno incassato il colpo, subendo gravi perdite: la parte preponderante e più sofferente di queste aziende riguarda, di fatti, il settore classico;
a sostegno del settore di riferimento, è intervenuta l'azienda «Modenese Luxury Interiors», la quale, facendosi portavoce di un disagio che ha colpito tutte le aziende operanti esclusivamente nel mercato del Classico, ha sottolineato come l'assenza di un padiglione totalmente riservato a tale settore possa avere ripercussioni negative per lo stesso: suddividere tra più padiglioni le aziende del classico e posizionarle, nello specifico, al termine, del percorso fieristico significa non solo spogliare questo settore della sua particolare e unica identità, ma soprattutto penalizzare le aziende che operano nel settore, e che, nonostante la crescita più contenuta registrata lo scorso anno, non hanno abbassato la qualità del prodotto e hanno continuato a lavorare non arrendendosi al vuoto del mercato europeo e alla chiusura di quello russo, ma, anzi, aprendosi ai nuovi spazi commerciali offerti dall'Africa Occidentale e dal Medio Oriente;
oltre al caro energia, sul settore del legno-arredo pesa la guerra in Ucraina, posto che secondo i dati di FederlegnoArredo relativi al 2021 l'Italia importa da Ucraina, Russia e Bielorussia circa il 5,3 per cento di tronchi, pannelli e segati che valgono 468.948 metri cubi sui circa 9 milioni di metri cubi totali che arrivano in Italia da tutto il mondo, e le attuali difficoltà nel reperimento delle materie prime rendono più costosi e, quindi, meno competitivi i nostri prodotti e le nostre aziende;
il Salone del mobile rappresenta per i nostri imprenditori un'opportunità per evidenziare e difendere il valore economico e simbolico che il settore rappresenta per il «Made in Italy» nel mondo, e, pertanto, a parere dell'interrogante dovrebbe garantire uno spazio congruo a tutti i settori –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere al fine di valorizzare il settore del legno-arredo italiano, sostenendo tutte le piccole e medie imprese del settore affinché lo stile italiano possa continuare ad essere rappresentativo della cultura e della tradizione italiana nel mondo.
(4-00406)
GRIMALDI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 15 febbraio 2021, l'imprenditore svedese Lars Carlstrom ha fondato la società Italvolt con l'intenzione di realizzare una gigafactory da circa 4 miliardi di euro, con un impatto occupazionale a regime di circa 3.000 mila dipendenti e altri circa seimila nell'indotto;
il luogo scelto per la produzione di celle per batterie a ioni di litio per veicoli elettrici, con capacità iniziale di 45 GWh, in grado di raggiungere i 70 GWh, era il sito ex Olivetti di Scarmagno, in provincia di Torino;
la tempistica definita dall'Accordo di programma sottoscritto nella primavera 2022 con regione Piemonte e Comune di Ivrea prevede l'avvio dei lavori sul sito industriale nel 2024 e l'avvio della produzione dal 2025;
da quanto si apprende da un articolo del Sole 24 Ore del 24 gennaio 2023 le problematiche inerenti i finanziamenti previsti per realizzare la gigafactory potrebbe mettere a rischio il futuro di un progetto comunque molto ambizioso;
il piano finanziario di Italvolt non è dettagliato, prevede il ricorso a fondi pubblici, prestiti bancari e investitori istituzionali (fondi di investimento, private equity, venture capital);
secondo diversi articoli di stampa Italvolt, nel luglio 2022 avrebbe presentato il progetto anche presso il Ministero dello sviluppo economico al fine di concorrere all'assegnazione di eventuali risorse disponibili in capo al PNRR o al Fondo Auto;
una delle prime tappe del progetto è stato l'accordo vincolante con Prelios Sgr firmato nel 2021 per l'acquisto dell'area ex Olivetti di Scarmagno da un milione di metri quadrati che prevedeva l'inizio dei lavori entro dodici mesi dalla firma, ma adesso si ipotizzano almeno due anni di ritardo a causa di problemi tecnici sollevati dalla proprietà di Italvolt relativi ai costi di bonifica dell'area e presunte difficoltà di approvvigionamento dell'energia elettrica, difficoltà che evidentemente rallenta i tempi di realizzazione e potrebbe indurre Italvolt ad abbandonare il progetto;
a parere dell'interrogante, l'investimento di Italvolt è fondamentale per superare il momento di difficoltà del settore auto e per gestire eventuali esuberi che potranno esserci con la fine della produzione del motore endotermico previsto per il 2035 in Piemonte e nell'area torinese ed è estremamente preoccupante la battuta d'arresto che sembra aver avuto un progetto che potenzialmente potrebbe creare fino a diecimila posti di lavoro nel settore dell'automotive;
di fronte a queste incertezze, a parere dell'interrogante, occorre un intervento di tutti i livelli istituzionali, compreso quello dei Ministri interrogati per mettere in campo tutte le azioni necessarie a garantire la realizzazione di questo progetto, anche attraverso significativi investimenti pubblici per evitare che il Piemonte perda un investimento di tale rilevanza –:
quali iniziative di competenza intendano assumere sia per verificare la solidità finanziaria del progetto di realizzazione di una gigafactory a Scarmagno da parte di Italvolt sia per creare tutte le condizioni favorevoli affinché tale importante progetto possa realizzarsi, rappresentando quest'ultimo una grande opportunità per il Piemonte e la città metropolitana di Torino, anche impegnando, a fronte di garanzie occupazionali e di sviluppo industriale, risorse pubbliche anche in capo al PNRR.
(4-00459)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, per sapere – premesso che:
in data 20, 21 e 24 gennaio 2023 alcune testate nazionali e locali hanno denunciato l'assenza di un piano di rilancio da parte dell'Autorità di sistema portuale (AdSp) di Napoli a favore del Porto di Castellammare di Stabia, tanto da averlo escluso tra i vari progetti da finanziarsi con i fondi del Pnrr;
emerge altresì la mancata attuazione di opere fondamentali per la salvaguardia dell'infrastruttura portuale e delle attività presenti, per la messa in sicurezza, il rilancio e il potenziamento dell'industria cantieristica.
lo stesso finanziamento, infatti, di 35 milioni di euro deliberato dal Cipe nel 2019 potrebbe essere definanziato perché, secondo quanto consta all'interpellante, nessun progetto è stato presentato entro il 31 dicembre 2022; così come nessuna iniziativa è stata assunta dalla Regione e dall'AdSP, per dotare il porto e Fincantieri di un'infrastruttura fondamentale come il barge, una sorta di bacino semiaffondabile;
negli impegni riportati anche nell'atto di rilascio delle concessioni demaniali (2002-31) a Fincantieri da parte dell'AdSP, così come fu fatto con il protocollo sottoscritto in precedenza con Fincantieri, si scriveva: «La Regione, inoltre, assicurerà ogni forma di collaborazione, anche con il Governo nazionale, finalizzata a garantire le migliori condizioni di continuità e sviluppo delle aree industriali, ivi comprese le relative infrastrutture, e delle attività del cantiere di Castellammare di Stabia»;
da tempo, poi, e in più sedi si sarebbe manifestata, infatti, la volontà di Fincantieri di attuare un piano di rilancio del cantiere di Castellammare di Stabia, con l'obiettivo di superare l'attuale sistema di varo a scivolo con uno più moderno e più sicuro, che renderebbe possibile la produzione di navi di stazza maggiore;
per superare l'attuale fase di stallo, che genera preoccupazioni, è urgente che Governo, Regione e AdSP rispettino gli impegni assunti, e che il piano industriale di Fincantieri, che doveva essere presentato da tempo alle stesse organizzazioni sindacali, indichi in modo concreto le commesse che intende assegnare al cantiere di Castellammare insieme agli obiettivi, le scelte e gli investimenti necessari per definirne la missione e il rilancio;
per i ritardi evidenziati, inoltre, devono essere ripresi e riconfermati anche gli altri impegni sanciti nel protocollo del 2018 tra regione Campania e Fincantieri. In quell'occasione, oltre a quanto già richiamato, si affermava:
l'avvio di un percorso di intervento finalizzato alla realizzazione delle condizioni di mantenimento dei livelli occupazionali e di incremento del carico di lavoro dello stabilimento di Castellammare di Stabia, nonché allo sviluppo economico, produttivo, sociale e occupazionale dell'area, in condizioni di sostenibilità ambientale. L'impegno a mantenere la missione polifunzionale del cantiere dedicato alla costruzione di prodotti fortemente innovativi, con particolare riferimento al supporto nella realizzazione di unità navali militari. Lo sviluppo, da parte di Fincantieri, di iniziative nel campo della formazione, compresa una «Academy» aziendale, promuovendo accordi con istituti professionali e università presenti sul territorio regionale, volti a indirizzare e formare i giovani verso le numerose figure professionali e competenze richieste dal Gruppo, dagli operai specializzati, ai periti, ai laureati;
la Regione si è impegnata a promuovere progetti di ricerca, innovazione e sviluppo produttivo in coerenza con la RIS3 e nell'ambito delle politiche per i trasporti di superficie e la logistica avanzata, attraverso gli strumenti di politica industriale ed eventuali accordi con il Governo nazionale; e a collaborare all'insediamento di un centro formativo di eccellenza sul modello di «Fincantieri Academy» utilizzabile, oltre che per la formazione di alto livello del personale Fincantieri, anche eventualmente per quello di aziende industriali aventi sede in Regione, con focus all'economia del mare;
nelle pertinenze del porto di Castellammare insistono anche infrastrutture demaniali e comunali, come l'ex Caserma «Cristallina», che – se convertite – possono soddisfare le esigenze logistiche legate alla realizzazione di un centro di allestimento per le nuove costruzioni navali la cui valorizzazione e recupero, potrebbe costituire, quindi, un importante elemento di riqualificazione urbanistica, un presidio di legalità nella comunità di Castellammare, un passo ulteriore per rendere l'intero complesso industriale un polo strutturale di riferimento per la navalmeccanica nazionale;
Castellammare, colpita fortemente dallo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche, ha le potenzialità e le forze per combattere la criminalità, per aprire una nuova fase di rilancio e di riscatto sociale: il cantiere rimane un presidio produttivo irrinunciabile, anche per creare lavoro stabile e sicuro rivolto ai giovani e la creazione della «Fincantieri Academy» a Castellammare sarebbe sicuramente utile anche in questo senso –:
se, alla luce di tutto quanto riportato, il Governo intenda sostenere lo sviluppo del porto di Castellammare;
a che punto siano le interlocuzioni per la creazione della «Fincantieri Academy» a Castellammare;
quali siano le iniziative che si intendono intraprendere, e se non si ritenga di promuovere un incontro con la regione Campania, il comune, Fincantieri, AdSP e le organizzazioni sindacali, per definire e sostenere il piano di rilancio del cantiere di Castellammare.
(2-00074) «Scotto».
Interrogazione a risposta in Commissione:
CURTI, MANZI, SIMIANI, BRAGA, DI SANZO e FERRARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
da diversi anni il tratto autostradale della A14, da Pedaso (FM) a San Benedetto del Tronto (AP), è interessato da una impressionante sequela di incidenti, purtroppo anche mortali;
si tratta di circa 16 chilometri in cui si sono consumate troppe tragedie, ultima in ordine di tempo quella occorsa sabato 4 febbraio 2023. A perdere la vita, in questo caso, sono stati l'atleta paralimpico Andrea Silvestrone di 49 anni e due suoi figli minorenni. Un terzo figlio, anch'esso a bordo del veicolo, è stato trasportato all'ospedale di Torrette (AN) in gravi condizioni;
questo segmento viario è purtroppo tristemente noto per una pericolosità che esubera qualsiasi riscontro statistico. Concausa degli eventi è individuabile nella presenza di numerose gallerie, la cui larghezza di carreggiata oscilla sui valori minimi consentiti, spesso con imbocco in curva e, in alcune ore del giorno, con luce solare in posizione tale da abbagliare i guidatori. Un tratto, inoltre, in cronico stato di manutenzione e, di conseguenza, reso oggetto di circolazione ristretta per la chiusura dei settori interessati e l'insediamento dei cantieri. Non è un caso se molti degli incidenti si siano verificati proprio all'interno delle gallerie sottoposte a doppio senso di marcia;
occorre infine rimarcare che, oltre ad aver causato numerose morti, questo segmento è stato teatro anche di innumerevoli ferimenti più o meno gravi;
per gli utenti di autostrade e per le comunità interessate il tributo di vite umane corrisposto non è più accettabile né tollerabile –:
quali iniziative intenda avviare presso il soggetto gestore affinché il piano di manutenzione venga definitivamente ottimizzato e si proceda ad una decisa accelerazione dei lavori e della messa in sicurezza del tratto autostradale interessato.
(5-00358)
Interrogazioni a risposta scritta:
IARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
si apprende da fonti di stampa che Anas starebbe valutando di chiudere per manutenzione il Ponte dell'Olla, sulla statale 21 della valle Stura di Demonte, nel comune di Gaiola (Cuneo) e, sempre da fonti di stampa, si apprende che «Nella seconda settimana di febbraio, indicativamente tra il 13 e il 19, (il ponte N.d.R.) sarà interessato da geosondaggi e ispezioni profonde. Non solo, quindi, prove di carico, già più volte effettuate, ma microcarotaggi all'interno delle arcate, dei timpani e dei laterizi della struttura, costruita nel 1887 e parzialmente rimaneggiata nella seconda metà del secolo scorso»;
l'eventuale blocco del traffico sul ponte determinerebbe un ulteriore isolamento di una porzione importante della provincia di Cuneo, creando non pochi disagi per cittadini ed imprese del territorio –:
se il Governo sia a conoscenza di piani d'intervento da parte di Anas per garantire la mobilità in Valle Stura in caso di chiusura del summenzionato ponte.
(4-00412)
ORRICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
con un progetto del valore di 1,4 miliardi di euro, finanziato con il Fondo nazionale complementare, è previsto il cosiddetto raddoppio della galleria Santomarco facente parte della tratta Cosenza-Paola/San Lucido della nuova linea ferroviaria AV/AC Salerno-Reggio Calabria;
la nuova tratta contemplerebbe la realizzazione ex-novo di due nuove canne per altrettanti binari mentre l'attuale infrastruttura, una volta dismessa e rimossa l'impiantistica ferroviaria, dovrebbe rimanere connessa come via di esodo e percorso di emergenza;
la realizzazione dell'attuale galleria Santomarco, avvenuta fra il 1966 ed il 1987, ha manifestato la presenza di difficoltà tecniche legate alle inesatte previsioni geologiche del sito, la produzione di materiali di risulta potenzialmente nocivi per la salute dei cittadini, nonché un consequenziale ed esponenziale aumento dei costi previsti inizialmente;
i materiali di risulta dei lavori sopracitati, potenzialmente contaminati di amianto e metalli pesanti, sono stati smaltiti non adeguatamente prevalentemente nel territorio comunale di Paola ed in particolare stoccati in un'area che, per i futuri lavori, dovrebbe fungere da cantiere;
nonostante la città di Paola sia sottoposta per tutto l'arco dell'anno a forti venti, nello studio di impatto ambientale effettuato da Rfi volto alla realizzazione del nuovo progetto in questione questi sono considerati di «bassa intensità» basandosi su dati raccolti prevalentemente nel territorio di Cosenza, sottovalutando così i pericoli per la pubblica salute derivanti dall'aerodispersione di particelle, probabilmente contaminate, derivanti dai lavori;
dal progetto della nuova tratta si evince la scelta di rinviare alla fase di gara le indagini geologiche sulla presenza di amianto naturale in galleria e lo studio sulle 5 faglie che attraversano il tracciato;
la nuova tratta prevede l'esproprio di fabbricati e terreni appartenenti a privati cittadini –:
quali iniziative di competenza intendano avviare i Ministri interrogati per verificare l'opportunità di condurre studi più approfonditi sull'impatto ambientale del progetto riguardante il raddoppio della galleria Santomarco coinvolgendo le comunità interessate sia per l'eventuale presenza di agenti inquinanti e cancerogeni derivanti dai lavori sia per le criticità tecniche del sito che, durante il corso d'opera, porterebbero ad un notevole aumento dei tempi previsti e dei costi dell'infrastruttura.
(4-00437)
TORTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge del 31 maggio 2021, n. 77 prevede semplificazioni in materia di opere pubbliche di particolare complessità applicabili agli interventi ivi indicati;
tra le opere vi è la realizzazione della velocizzazione della linea ferroviaria Roma-Pescara mediante raddoppi o varianti di tracciato finalizzata alla riduzione dei tempi di percorrenza sulla Roma-Pescara;
la linea ferroviaria Roma-Pescara rientra tra le opere pubbliche da realizzarsi con gestione commissariale;
dai documenti progettuali emerge che per realizzare l'opera sono previste diverse demolizioni soprattutto a Chieti Scalo e Brecciarola, tra cui oltre 30 fabbricati ad uso civile e oltre 20 rimesse, a cui si aggiungono fabbricati ad uso agricolo-industriale. Oltre a tali previsioni a San Giovanni Teatino il tracciato taglierebbe in due la zona più urbanizzata della città;
l'opera rappresenta un valore aggiunto per il territorio in termini di servizi e mobilità e non deve essere vissuto dalle comunità locali come un'imposizione che non tiene conto dell'esistente;
i comuni di Chieti, San Giovanni Teatino, Manoppello e Alanno, hanno espresso sia pubblicamente che nei propri consigli comunali preoccupazioni riguardo all'impatto delle opere sul proprio territorio;
sono nati comitati di cittadini a difesa del territorio che potrebbero trasformarsi in comitati del «No» all'opera, prospettiva da scongiurare attraverso il dialogo tra tutti gli attori in campo e la reale concertazione sull'ubicazione del tracciato;
in seguito alle contestazioni, molti politici hanno espresso la propria posizione riguardo l'opera, talvolta anche contraddicendosi. Infatti, a seconda della platea, le dichiarazioni degli stessi sono risultate anche opposte tra loro;
in data 1° dicembre 2022, il Ministro Matteo Salvini, in audizione presso le Commissioni VIII e IX Camera dei deputati sulle linee programmatiche del Governo Meloni, rilevava l'esistenza di numerose criticità circa la fattibilità del progetto della ferrovia Pescara-Roma;
soltanto qualche settimana più tardi, in data 25 gennaio 2023, è stato reso noto dalla stampa locale e online un incontro tra il presidente di regione Abruzzo, Marco Marsilio, e il Ministro Matteo Salvini durante il quale pare sia emersa una posizione diversa da quella del 1° dicembre;
il Ministro Matteo Salvini sembrava sostenere due mesi fa che quell'opera così come progettata non si potesse realizzare e lo stesso presidente Marco Marsilio, in seguito alle contestazioni dei comitati cittadini e dei sindaci dei comuni di San Giovanni Teatino, Chieti e Manoppello, visitando quei territori, si era detto al fianco dei cittadini;
attualmente però appare chiaro che, nonostante le continue dichiarazioni, a parere dell'interrogante contraddittorie, Governo e regione Abruzzo abbiano la volontà di procedere nella realizzazione dell'opera, senza tener conto delle esigenze del territorio e lasciando irrisolte le varie problematiche sollevate dalle comunità sopra menzionate, legate a perdite di proprietà, ristori inadeguati, inquinamento acustico e deturpazione dell'ambiente naturale;
la stessa interrogante ha sollevato le perplessità e le varie problematiche presso il Ministero competente, in ultimo sottoscrivendo un'interrogazione a risposta orale discussa in Commissione Trasporti della Camera dei deputati durante la XVIII legislatura, la cui risposta di collaborazione con le comunità locali assicurate dal Ministro Giovannini sembra oggi smentita dal nuovo Governo;
ad avviso dell'interrogante l'atteggiamento ambiguo del Governo Meloni mira ad illudere con false speranze i cittadini, i comitati e le comunità locali che percepiscono l'opera come una ferita sul proprio territorio –:
quale sia lo stato di avanzamento del raddoppio Pescara-Roma, se siano emerse problematiche impreviste che rendono l'opera di difficile realizzazione e quali osservazioni dei cittadini, dei comitati e delle amministrazioni locali siano state recepite e accolte.
(4-00448)
DE PALMA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
i lavori di ammodernamento e riqualificazione della strada statale 172 «Dei Trulli», nel tratto che collega Taranto a Martina Franca, iniziati a luglio 2018, non sono ancora completati;
l'intervento, del valore complessivo di circa 36 milioni di euro, finanziato con delibera CIPE n. 62 del 2011 attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione, prevede, oltre alla realizzazione di alcune rotatorie, anche l'allargamento a quattro corsie di un tratto di 4,5 chilometri nei pressi di Orimini, che da Martina Franca procede verso Taranto;
in questo tratto i lavori di sistemazione della statale arrecano da tempo notevoli disagi agli automobilisti, costretti a percorrere un tragitto a corsia unica, impegnato quotidianamente anche da mezzi pesanti, che costituisce un ostacolo alla fluidità della circolazione veicolare e un serio pericolo per la sicurezza stradale;
numerosi sono infatti gli incidenti che si verificano nella zona di Orimini, nei pressi del cantiere che risulta privo di segnaletica stradale e con scarsa illuminazione;
sono continue le richieste di intervento da parte dei residenti e dei pendolari che quotidianamente percorrono questo tratto in entrambi i sensi di marcia e che sono penalizzati dalla ridotta viabilità, nonché le sollecitazioni delle imprese del territorio, danneggiate dal perdurare di una situazione divenuta insostenibile su una importante arteria stradale di connessione;
gli interminabili ritardi con i quali procedono i lavori di ammodernamento e riqualificazione della strada statale 172 creano infatti isolamento nei collegamenti tra il versante jonico e quello adriatico –:
quale sia lo stato attuale dei lavori del suddetto tratto stradale e quali iniziative si intenda adottare per imprimere un'accelerazione al completamento di un'opera fondamentale per la riqualificazione e l'ammodernamento del sistema viario territoriale, i cui ritardi pregiudicano ormai da anni non solo la fluidità della circolazione, ma anche l'economia del territorio nonché il turismo di una delle zone pugliesi più note al mondo per lo spettacolare scenario dei trulli della Valle D'Itria.
(4-00461)
INTERNO
Interrogazione a risposta orale:
CIANI, TONI RICCIARDI, ANDREA ROSSI, SERRACCHIANI, SCOTTO, MARINO, ROGGIANI, BOLDRINI, FORNARO, LAI e DI BIASE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
si apprende dagli organi di informazione che sul confine italiano di Nord-Est sono ripresi i respingimenti dei profughi che percorrono la rotta balcanica per entrare nel nostro Paese e richiedere la protezione internazionale;
con una direttiva del 28 novembre 2022 firmata dal Capo di Gabinetto del Ministro dell'interno, si invitano i prefetti di Trieste, Udine, Gorizia e il commissario di governo per la provincia di Bolzano ad adottare iniziative volte a dare ulteriore impulso all'attività di vigilanza sulla fascia di confine, al fine di assicurare la più efficace attuazione degli accordi stipulati con la Slovenia;
tale accordo, stipulato con la Slovenia il 24 ottobre 1996, e relativo alle riammissioni delle persone alla frontiera, si è concluso in forma semplificata, senza la ratifica del Parlamento italiano, necessaria ai sensi dell'articolo 80 della Costituzione;
con un'ordinanza del 18 gennaio 2021 n. R.G. 56420/2020, il Tribunale di Roma ha riconosciuto sia l'illegittimità dell'applicazione dell'accordo tra Italia e Slovenia a chi ha manifestato l'intenzione di richiedere la protezione internazionale, sia l'illegittimità del respingimento in ragione della mancata valutazione del rischio di subire trattamenti inumani e degradanti nei successivi respingimenti a catena;
la predetta ordinanza del Tribunale di Roma afferma, inoltre, che l'accordo bilaterale tra Italia e Slovenia non può prevedere modifiche o derogare alle leggi vigenti in Italia o alle norme dell'Unione europea o derivanti da fonti di diritto internazionale;
le riammissioni informali risultano illegittime sotto molteplici profili, sia perché in contrasto con il regolamento di Dublino, in particolare con gli articoli 2 e 3 della procedura amministrativa poiché non viene emesso alcun atto che i respinti possano impugnare, sia perché contrarie agli articoli 3 e 4 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
il Tribunale di Roma ha altresì chiarito che tali respingimenti attuati al confine orientale italiano sono da considerarsi illegittimi poiché attuate invece fragrante violazione dell'articolo 10, terzo comma, della Costituzione italiana, che garantisce il diritto di asilo in Italia a chi sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana;
inoltre, come segnalato da diverse organizzazioni di volontariato, coloro che riescono ad attraversare il confine, una volta giunti in Italia, sono totalmente abbandonati a loro stessi senza che alcuna istituzione pubblica – comune o prefettura – abbia previsto un percorso di presa in carico o assistenza per queste persone che non possono fruire di alcun servizio, neppure i fondamentali –:
se il Ministro interrogato intenda impedire, per quanto di competenza, il verificarsi di respingimenti e riammissioni informali al confine Nord-Est italiano a fronte delle motivazioni citate in premessa;
se non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza volte alla tutela e al supporto delle persone profughe che percorrono la rotta balcanica per richiedere la protezione internazionale, garantendo loro il diritto di asilo in conformità a quanto stabilito dalla legge nazionale e internazionale.
(3-00162)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
AMBROSI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto risulta da numerosi articoli di stampa locale, l'autovelox installato il 14 agosto 2022 da parte dell'amministrazione comunale a Pai di Torri del Benaco, in provincia di Verona, avrebbe irrogato, dal 14 agosto fino al 30 ottobre 2022, oltre 14 mila sanzioni amministrative pecuniarie e, per circa l'80 per cento dei casi, per motivazioni legate al superamento del limite di velocità avvenute soltanto per 10 chilometri orari in più rispetto ai 50 chilometri orari vigenti previsti in quel tratto di strada regionale;
la collocazione dell'autovelox nel suesposto tratto, secondo quanto risulta all'interrogante, sta penalizzando fortemente i residenti dei comuni limitrofi, per la maggior parte lavoratori pendolari, che percorrono quotidianamente la strada statale 249 Gardesana Orientale;
al riguardo, l'interrogante rileva come i medesimi articoli di stampa evidenzino anche del contemporaneo recapito (avvenuto a centinaia di automobilisti) di decine di contravvenzioni, notificate un'unica volta anche se effettivamente irrogate in giornate e/o mesi differenti;
tali notifiche da un lato, impediscono agli automobilisti di essere a conoscenza della violazione stradale, dall'altro stanno causando prevedibili danni economici con la conseguente decurtazione dei punti della patente;
l'interrogante evidenzia altresì che il 13 gennaio 2022 (ovvero 150 giorni successivamente all'installazione dell'autovelox) il medesimo comune di Torri del Benaco ha disposto il montaggio di ulteriori cinque cartelli che segnalavano la presenza dell'apparecchio (di cui due con luce lampeggiante) mentre prima l'autovelox risultava praticamente «occultato» da un'altra cartellonistica. Tuttavia il dispositivo ha funzionato ventiquattro ore su ventiquattro per cinque mesi senza tale cartellonistica aggiuntiva. L'interrogante segnala inoltre che il palo su cui si sorregge l'autovelox è stato impiantato ex-novo al margine della carreggiata, nel centro di un marciapiede, con conseguenti pericoli in caso di incidenti e problemi di intralcio per le carrozzine in uso alle persone diversamente abili;
in relazione alle suesposte osservazioni, a giudizio dell'interrogante, la strada statale 249 Gardesana Orientale non possiede i requisiti previsti dalla vigente normativa, considerato che l'installazione degli autovelox fissi è consentita, secondo il nuovo codice della strada e in base a diverse sentenze della Corte di cassazione in materia, soltanto lungo le cosiddette «strade a scorrimento», ovvero carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, regolate da semafori a tutti gli incroci e in aree per la sosta solo esterne alla carreggiata;
l'interrogante rileva ancora come gli autovelox fissi possono essere autorizzati dalla prefettura esclusivamente a seguito di un sopralluogo (solitamente) da parte della polizia stradale, e soltanto previa dimostrazione che la strada sia effettivamente considerata pericolosa per l'incolumità degli automobilisti;
risulta conseguentemente urgente e necessario, a parere dell'interrogante, avviare adeguate iniziative volte a verificare presunte irregolarità nell'installazione dell'autovelox suesposto, in considerazione delle numerose criticità che emergono e richiamate in precedenza –:
quali valutazioni di competenza i Ministri interrogati intendano esprimere, con riferimento a quanto esposto in premessa;
se siano state effettuate analisi sull'incidentalità negli ultimi cinque anni nel tratto in cui è stato posizionato l'autovelox e, in caso affermativo, se non ritengano opportuno renderle note;
se l'autovelox installato risulti essere effettivamente omologato da parte del Ministero delle imprese e del made in Italy;
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano infine intraprendere, nel caso fossero accertate irregolarità nell'installazione e nel funzionamento dell'autovelox, considerato che, a parere dell'interrogante, emergono evidenti profili di criticità nella regolamentazione e nell'uso di tale strumentazione, posta in essere dall'ente locale citato.
(5-00351)
AMENDOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nelle ultime settimane si registra un incremento di furti in alcune zone rurali della città di Potenza;
in particolare nelle contrade Dragonara, Giarrossa, Frascheto si sono verificati numerosi casi di abitazioni svaligiate da ladri che utilizzano sempre lo stesso metodo;
di tale situazione che preoccupa notevolmente i cittadini residenti ne ha dato notizia anche il Tg3 locale nel corso della edizione del giorno 9 febbraio 2023, richiamando l'attenzione sulla necessità di una maggiore azione di vigilanza;
si è in attesa di un impianto di videosorveglianza da parte dell'amministrazione comunale;
l'ampiezza delle contrade rende molto difficile considerata anche la nota carenza di uomini e mezzi delle forze dell'ordine il controllo del territorio in oggetto –:
quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, al fine di rafforzare le misure di controllo del territorio e per contrastare i furti nelle abitazioni nelle contrade di Potenza, potenziando gli organici e i mezzi a disposizione delle forze dell'ordine presenti nella città capoluogo.
(5-00363)
DE MARIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
l'amministrazione comunale di Mirandola ha distribuito nelle scuole, in occasione del Giorno del Ricordo, un materiale editoriale chiaramente riferito a posizioni di estrema destra;
si tratta di una scelta fortemente stigmatizzata dalle organizzazioni democratiche sul territorio;
il ricordo delle vittime delle Foibe e della tragedia dell'esodo, che deve unire tutti gli italiani, non deve diventare una occasione di propaganda di parte –:
se si intendano assumere iniziative in merito, per quanto di competenza.
(5-00367)
Interrogazioni a risposta scritta:
VIETRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
desta preoccupazione la notizia, riportata dagli organi di stampa, che il Corpo di polizia provinciale di Salerno sarà presto oggetto di una riorganizzazione decisa dal presidente Alfieri, che intenderebbe procedere a una scissione del Corpo in due settori, con due strutture organizzative distinte, ma senza la previsione di un potenziamento degli agenti impiegati;
tale decisione, se confermata, porterebbe, a parere dell'interrogante, il citato corpo di polizia provinciale ad essere depotenziato, smembrato e diviso, in aperto contrasto sia con la normativa di riferimento, sia, in particolare, con la politica del Ministro Piantedosi che, unitamente all'Unione Province d'Italia (UPI), sta lavorando per il potenziamento di tutte le polizie provinciali;
come si legge nel comunicato stampa dell'UPI, all'indomani del confronto con il Governo, «L'impegno del Governo e del Parlamento potrà essere l'occasione per far fare al Paese un passo avanti alla pubblica amministrazione, disegnando una nuova Provincia con funzioni mirate alla crescita dei territori. Tra le questioni su cui occorre una riflessione con il Ministero dell'interno vi è la ricostituzione in tutto il Paese dei corpi di polizia provinciale, che sono rimasti operativi solo in alcune Regioni, chiarendone i compiti e valorizzando questi servizi e il ruolo degli agenti. Pensiamo in particolare alle azioni di controllo della fauna selvatica, come al contrasto delle frodi ambientali e del bracconaggio. L'incontro è stato molto positivo e il Ministro Piantedosi ha mostrato condivisione e sostegno alle nostre proposte e ci ha annunciato nuovi incontri operativi, così da accompagnare tutto il percorso di Controriforma delle Province attraverso un confronto costante» –:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti di cui in premessa.
(4-00405)
ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
mercoledì 1° febbraio 2023 alle 12:15 all'ospedale San Camillo di Roma, è morto Thomas Bricca, un ragazzo di 19 anni colpito lunedì sera 30 gennaio da un proiettile mentre era con alcuni amici in una strada di Alatri, la città in provincia di Frosinone in cui abitava;
il ragazzo, verso le 20 era in compagnia di alcuni amici in una piazzetta di via Liberio, nel centro storico di Alatri mentre uno scooter Yamaha TMax si è fermato in un parcheggio sotto alla piazzetta: sia il conducente che il passeggero avevano caschi integrali e la persona seduta dietro, sempre rimanendo sullo scooter, ha sparato tre colpi da una distanza di circa 20 metri. Uno di loro ha colpito alla testa Thomas Bricca;
la procura di Frosinone ha aperto un'indagine per omicidio volontario a carico di ignoti;
sempre mercoledì due fratelli si sono presentati alla caserma dei carabinieri di Alatri per essere ascoltati come persone informate dei fatti. I loro nomi sono stati fatti dagli amici di Thomas, ma i due hanno negato qualsiasi responsabilità. Avrebbero detto: «Sappiamo che ci state cercando ma noi non c'entriamo niente»;
gli investigatori ipotizzano che il ragazzo non fosse il reale bersaglio di chi ha sparato. La distanza di 40 metri fa supporre infatti che l'uomo abbia sparato nel mucchio, indistintamente, contro il gruppo di ragazzi fermo nella piazzetta. Un'altra ipotesi che è stata fatta sui giornali che si stanno occupando della vicenda, ma che non ha avuto nessuna conferma, è che Bricca sia stato colpito per uno scambio di persona: indossava infatti un giubbotto giallo, lo stesso colore di quello indossato da un altro ragazzo che potrebbe essere stato il reale obiettivo dello sparatore;
secondo gli investigatori, è concreta l'ipotesi che i colpi di pistola sparati contro il gruppo di ragazzi siano stati una ritorsione in seguito a una serie di litigi violenti avvenuti ad Alatri nei giorni precedenti. Lo ha suggerito indirettamente anche il sindaco della città, Maurizio Cianfrocca, che aveva segnalato una serie di risse avvenute durante il weekend, l'ultima segnalazione l'aveva mandata proprio lunedì mattina;
anche gli amici del ragazzo ucciso avevano sporto denuncia ai carabinieri del posto dopo la prima rissa, e dopo la seconda rissa il clima era particolarmente grave;
sabato sera due gruppi di ragazzi, di uno dei quali faceva parte anche Thomas Bricca, si erano scontrati in un vicolo del centro storico. Non si sanno i motivi della rissa, anche se è stata riportata l'ipotesi che riguardasse la rivalità tra i due gruppi;
il giorno successivo, domenica, lo scontro si sarebbe ripetuto poche decine di metri più distante, davanti a un bar. I media hanno ricostruito che avrebbero partecipato anche ragazzi più grandi, di circa 30 anni, e che in questa occasione un ragazzo sarebbe stato colpito violentemente con delle spranghe e poi spinto oltre a una balaustra;
l'uomo picchiato con le spranghe, secondo quanto riportato dal quotidiano «Il Messaggero», avrebbe richiesto l'intervento di un malavitoso non di Alatri. Si tratterebbe, secondo il padre di Thomas, di un «killer assoldato» che, sempre secondo «Il Messaggero», farebbe parte del clan degli Spada di Ostia. I carabinieri lo starebbero cercando, così come starebbero cercando anche l'uomo picchiato domenica, che da lunedì sera è reso irreperibile –:
se il Ministro interrogato non ritenga di adottare iniziative volte a chiarire se le procedure messe in atto dalle forze dell'ordine, per prevenire episodi di violenza a seguito delle segnalazioni fatte dal sindaco di Alatri e dai ragazzi amici del giovane Thomas, prima del suo tragico omicidio, siano state corrette.
(4-00414)
EVI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
le strutture di trattenimento per stranieri irregolari (Cpr) sono disciplinate dal testo unico sull'immigrazione ai sensi del comma 1 articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998;
quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il Cpr più vicino, tra quelli individuati o costituiti ai sensi del decreto del Ministro dell'interno 20 ottobre 2014, n. 12700;
in tali strutture lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità. Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore per un periodo di 30 giorni, prorogabile fino ad un massimo di 90 e solo in casi particolari il periodo può essere prolungato di altri 30;
i Cpr purtroppo si configurano come un non-luogo dove alcune persone possono essere private della libertà senza che abbiano commesso alcun reato a causa principalmente del loro luogo di nascita. Sono dispositivi di controllo che instaurano una differenza tra cittadini dotati di diritti e garanzie, e non cittadini che di tali diritti e garanzie possono essere privati;
tra i Cpr nel nostro Paese è attivo quello di Palazzo San Gervasio (PZ) che da subito ha fatto parlare di sé per le angherie che gli ospiti e loro conoscenti subiscono, le restrizioni alle udienze degli avvocati, la rottura delle fotocamere dei cellulari per evitare che riprendano ambienti e fatti, fino alla impossibilità di possedere cellulari di nuova generazione, ciò per evitare di connettersi a internet;
dal servizio andato in onda il 20 gennaio 2023 su «Canale 5» nel programma «Striscia la notizia», sono emersi ulteriori particolari inquietanti sul trattamento degli immigrati reclusi presso il Cpr di Palazzo San Gervasio;
dalle immagini mandate in onda si vedono chiaramente delle inferriate, simili a gabbie, in cui gli immigrati sono trattenuti, con la possibilità di uscire unicamente in un atrio angusto, circondato da altre inferriate e le stanze sembrerebbero avere letti e tavoli in cemento con accesso senza porte ai bagni;
le immagini che indignano di più sono quelle relative all'utilizzo di fascette di contenzione ai polsi e l'utilizzo indiscriminato di sedativi quali il rivotril, il tavor e talofen;
associazioni ed attivisti hanno più volte denunciato, in articoli di stampa e report, le condizioni inumane e degradanti in cui sarebbero trattenuti i migranti in attesa di rimpatrio, nonché la pratica relativa alla somministrazione di psicofarmaci e tranquillanti all'interno del Cpr: pratica utile a calmare gli animi dei migranti, per lo più giovani, che si trovano in condizione di detenzione amministrativa senza aver commesso alcun reato, semplicemente perché non in possesso di un valido documento di soggiorno;
sul caso specifico la presidente dell'associazione Adu, avvocato Bitonti, ha già presentato esposto in procura;
è evidente che nella fattispecie si intravedono violazioni dei diritti fondamentali di ogni individuo e della dignità di ogni essere umano garantiti dalla Costituzione – articoli 2, 3 e 32 – dalla legge 4 agosto 1955, n. 848 recante: «Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952» –:
se i Ministri interrogati, ognuno per quanto di competenza, non ritengano urgente verificare quanto riportato nelle premesse, anche al fine di valutare se le condizioni di trattenimento rispettino la dignità dei detenuti e queste siano compatibili con le disposizioni del decreto ministeriale 20 ottobre 2014, n. 12700, e della legge n. 848 del 1955.
(4-00415)
DORI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nel comune di Como è presente a Lazzago, in via Cecilio, il campeggio «No stress», già «International», all'interno del quale ad oggi dimorano stabilmente una sessantina di persone;
il 27 gennaio 2023 è stata emanata l'ordinanza dirigenziale n. 3 della Direzione Commercio e attività economiche e Suap del comune di Como contenente il divieto per il Camping di proseguire l'attività recettiva;
il 31 gennaio 2023 è stata notificata la predetta ordinanza ad ogni ospite con diffida a lasciare la struttura entro 24 ore;
tale decisione è stata presa senza una preventiva definizione di una soluzione abitativa alternativa per gli ospiti della struttura;
su 58 persone presenti nel campeggio, il comune di Como si è reso disponibile a riproteggere solo 8 persone che risultano residenti nel comune di Como; i restanti 50 dovrebbero così rivolgersi ai loro rispettivi comuni di residenza;
tale vicenda ben rappresenta la grave situazione immobiliare del territorio di Como. Il campeggio era diventato l'unica struttura accessibile a molte persone che non posseggono risorse necessarie ad assicurarsi un'alternativa abitativa più dignitosa nel comune: si tratta non solo di persone senza fissa dimora o di disoccupati, ma anche di lavoratori precari;
secondo un recente report del sito web «Idealista», Como rientra tra le prime 20 città più care d'Italia in termini di affitto ed è seconda solo a Milano per quanto riguarda la regione Lombardia. Trovare casa in affitto a Como appare per molti ormai proibitivo: gli affitti per un bilocale si aggirano attorno agli 800 euro al mese spese escluse;
lo stesso comune di Como, nel suo Piano dell'offerta abitativa 2022, aveva rivelato come «ampie fasce di popolazione trovano sempre più difficoltà a rimanere nel mercato immobiliare privato per soddisfare il proprio bisogno abitativo»;
l'ultimo avviso pubblico per l'assegnazione delle unità abitative disponibili destinate ai servizi abitativi pubblici nel territorio del comune di Como è stato indetto dalla regione Lombardia nel 2022. Il bando ha avuto ad oggetto solo 4 unità nel comune di Como di proprietà comunale e 51 unità di proprietà di ALER (Azienda lombarda per l'edilizia residenziale);
nel 2021 per un precedente bando relativo a 64 abitazioni nel territorio di Como e comuni limitrofi erano pervenute ben 350 domande;
secondo notizie di stampa sarebbe rilevante il numero di alloggi di edilizia pubblica che risultano sfitti: in particolare, al giugno 2022, nel territorio del comune di Como sarebbero 443, tra case comunali e case ALER, molte delle quali inagibili per carenze manutentive –:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti come esposti in premessa;
quali iniziative il Ministro dell'interno, per quanto di competenza, in accordo con il comune di Como, intenda porre in essere al fine di trovare una soluzione abitativa che garantisca una vita dignitosa a tutti i cittadini raggiunti dall'intimazione ad abbandonare la struttura ricettiva;
quali iniziative di competenza il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda adottare, in accordo con la regione, per ovviare in tempi brevi alla preoccupante situazione manutentiva degli alloggi di edilizia pubblica nel comune di Como.
(4-00419)
ZARATTI e BONELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
gli ultimi dati ufficiali dicono che sono 1.222.537 le licenze di porto d'armi in corso di validità per tutte le categorie, di cui 543.803 licenze sono di uso sportivo, 600 mila cacciatori, 33 mila guardie giurate e 12.500 sono le persone che hanno un porto d'armi per difesa personale e si stima che ci siano in circolazione almeno 10 milioni di pistole: una ogni 6 persone, bambini compresi;
il dato impressiona da sempre i sindacati di polizia, che lanciano allarmi circa il come sia complicato avere il porto d'armi da parte di questure e prefetture, e poi sia così semplice, invece, avere un'arma per presunto uso sportivo;
con un semplice nulla osta è possibile acquistare in una qualsiasi armeria fino a sei fucili, due pistole e 1.500 proiettili, mentre da sempre chi si occupa di sicurezza ritiene che sia un errore strategico diffondere le armi e munizioni;
senza criminalizzare nessuno, è da qui che sono venuti fuori i casi di Costantino Bonaiuti, il sindacalista di 61 anni che a Roma ha ucciso la ex compagna Martina Scialdone, oppure quello di Claudio Campiti, a cui la prefettura aveva negato a ragione il porto d'armi perché lo aveva ritenuto instabile psicologicamente e così, per fare la strage nella riunione di condominio a Fidene, ha utilizzato una pistola sottratta al tiro al volo;
oggi si scopre, per caso, che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Fazzolari ha un'altra priorità per il Paese e cioè l'insegnamento del tiro a segno nelle scuole, «è un'attività che io penso meriti la stessa dignità degli altri sport», parole sue riportate dal quotidiano «La Stampa» il 7 febbraio 2023;
è un modello, quello di Fazzolari, che nemmeno l'America ha finora immaginato, un Paese dove è drammatico il dato degli omicidi legato all'utilizzo accidentale e non delle armi da parte dei minorenni. Solo nel 2022 più di 6000 bambini sono stati vittime da armi da fuoco: 1631 hanno perso la vita e 4400 sono rimasti feriti in maniera più o meno grave e con danni permanenti –:
se il Ministro dell'interno, anche alla luce di quanto in premessa, non ritenga di dover adottare iniziative di competenza volte a rivedere, in maniera più stringente, sia le procedure per il rilascio delle licenze di porto d'armi, sia quelle per l'acquisto e il possesso di armi e munizioni;
se il Ministro dell'istruzione e del merito non ritenga di chiarire che, come ritengono gli interrogati, l'introduzione di corsi e/o materie come il tiro a segno negli istituti scolastici di qualsiasi ordine e grado è contrario ai principi costituzionali.
(4-00422)
VIETRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
desta preoccupazione l'episodio di violenza avvenuto a Cava de' Tirreni, dove due giovanissimi sono stati accoltellati da coetanei per futili motivi, probabilmente per un battibecco scatenato da un complimento di troppo alla ragazza dell'aggressore, terminato con la reazione aggressiva e il ricorso alle armi;
per un mero caso fortuito l'episodio non è sfociato in tragedia, ma per uno dei due ragazzi, adesso fuori pericolo e le cui condizioni sono in lento miglioramento, è stato necessario il trasporto d'urgenza in ospedale, dove ha subito un intervento chirurgico a causa delle ferite riportate al torace e all'addome;
si tratta dell'ennesimo episodio di vandalismo e violenza in piazza San Francesco a Cava, dove la movida incontrollata e l'alcool imperano;
quello di Cava, così come i numerosi altri episodi di violenza giovanile che nell'ultimo anno hanno contrassegnato la movida della città capoluogo e di tanti centri della provincia, sono la spia di un fenomeno ben più generalizzato e preoccupante, sul quale le istituzioni, a ogni livello, sono chiamate ad accendere i riflettori –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in merito, con particolare riguardo alla necessità di adottare, di concerto con le autorità locali competenti, adeguati strumenti di prevenzione e repressione dei fenomeni violenti legati alla movida incontrollata nella città di Cava de' Tirreni e nel salernitano, in generale.
(4-00435)
LAI e GHIRRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il primo febbraio 2023 è stata data alle fiamme nel corso della notte l'automobile del sindaco di Bono, in provincia di Sassari e dalle prime indagini svolte si tratterebbe di un rogo doloso riferibile all'attività dell'amministratore in questione;
si tratta di un nuovo episodio di una lunga serie che vede la Sardegna nel 2022 ai primi posti tra le regioni per le minacce agli amministratori locali;
nel corso dell'anno 2021, in base al rapporto dell'associazione Avviso Pubblico, sono stati 438 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della pubblica amministrazione;
il 20 per cento dei 438 casi censiti nel 2021 sono avvenuti in comuni che in un passato più o meno recente sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose;
gli incendi risultano essere la prima tipologia di minaccia al Sud e nelle Isole –:
quale sia il contingente delle forze dell'ordine disponibile nel territorio di Bono e del Goceano rispetto alla popolazione e al territorio da coprire;
quale sia lo stato di avanzamento in quel territorio del PON sicurezza che prevedeva installazione di sistemi di telesicurezza a tutela degli amministratori;
quali siano le iniziative di tutela e protezione del sindaco di Bono e della sua famiglia dopo l'attentato;
infine, se il Ministro interrogato abbia contezza della gravità del fenomeno che risulta essere sempre di più esteso anche attraverso i social network e quali piani di intervento, anche tramite iniziative di carattere normativo, intenda mettere in atto per garantire prevenzione e protezione per gli amministratori locali la cui sicurezza è dovere da parte dello Stato.
(4-00445)
GIRELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in occasione della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale lombardo, il sindaco del comune di Adro, Paolo Rosa, ha ritenuto di inviare ai suoi concittadini una lettera-appello volta a far loro votare due candidati alte prossime elezioni, ovviamente appartenenti alla medesima lista e partito di appartenenza del sindaco stesso, per ricordare loro, dunque, non solo che il 12 e 13 febbraio 2023 saranno chiamati al voto, ma anche, testualmente, che «nell'interesse primario della nostra comunità, dare continuità a quei rapporti politico-istituzionali che l'Amministrazione ha tessuto in questi anni non può che agevolare il già difficile lavoro dell'amministratore pubblico» e che «l'istituzione regionale non ha mai fatto mancare il proprio apporto e sostegno»;
il sindaco Rosa non è, purtroppo, nuovo a simili prodezze, nel 2018 aveva inviato ai cittadini una lettera protocollata, sempre su carta intestata del comune, che li invitava a votare Lega; all'epoca l'iniziativa provocò un esposto alla Corte dei conti e al prefetto: in quella occasione Rosa aveva chiesto mettendolo nero su bianco di votare «il simbolo che rappresenta la maggioranza politica comunale, perché siamo certi che la Lega vincerà e andrà a governare l'Italia»;
anche la lettera in questione è stata redatta e inviata con tanto di protocollo, timbro e carta intestata del comune di Adro, contravvenendo in modo molto grave a ogni regola improntata all'imparzialità e alla neutralità che le istituzioni devono sempre garantire, non solo, ma soprattutto, durante i passaggi elettorali, ed è stata, dall'interrogante, già segnalata al Prefetto;
l'articolo 97 della Costituzione impone che l'operato della pubblica amministrazione sia improntato ai principi di efficienza e imparzialità, prevedendo che: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione»;
l'organizzazione della pubblica amministrazione avviene, dunque, secondo le disposizioni di legge ed è quindi a queste subordinata, e il buon andamento sancisce il criterio di efficienza per la pubblica amministrazione, che si assomma all'efficacia nelle risorse finanziarie e organizzative –:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare ogni iniziativa di competenza utile a fare chiarezza in ordine ai fatti di cui in premessa, nonché ogni urgente iniziativa di competenza al fine di assicurare il regolare e corretto svolgimento delle elezioni regionali.
(4-00453)
BARBAGALLO e MAGI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da svariato tempo testate giornalistiche, partiti politici e semplici cittadini, denunciano e segnalano presunte anomalie relative alla gestione della cosa pubblica nel Comune di Modica, dal 2013 al 2022, quando il sindaco è stato Ignazio Abbate, attualmente eletto all'Ars e presidente della Commissione Affari Istituzionali e vicepresidente del gruppo parlamentare della Nuova DC;
i diversi esposti dei cittadini riguarderebbero una gestione personalistica da parte del sindaco che avrebbe agito per consolidare il potere e consenso personale;
un comunicato stampa della Direzione nazionale di Più Europa Sicilia afferma che diversi appalti pubblici riflettono anomalie puntualmente segnalate a cui nessuno ha dato spiegazioni e sottolinea come «alcuni atti somigliano ad “autoaffidamenti” o “autoappalti” nel senso che i beneficiari sono, personalmente o come parte di una compagine sociale, amministratori e/o dipendenti comunali»; si tratterebbe di «un totale arbitrio di provvedimenti e di spesa che si rileva, tra gli altri, in relazione agli interventi dovuti agli effetti dell'alluvione di settembre e ottobre 2021»; insomma si denuncia un uso privato della cosa pubblica in un sistema che si autotutelerebbe anche ora che il comune è commissariato a seguito delle dimissioni del sindaco per candidarsi all'Ars;
in un lungo reportage della testata giornalistica «InSiciliaReport» si evidenzia la questione dell'indebitamento monstre che nei nove anni di gestione Abbate ha totalmente disallineato dal solco tracciato dal piano di riequilibrio ricevuto in eredità dall'amministrazione precedente portando l'ente alle soglie della bancarotta e in continuo conflitto con la magistratura contabile;
peraltro, la Corte dei conti ha denunciato il Comune alla magistratura penale per falsità nei bilanci e nella gestione contabile. Nelle sue relazioni è impressionante il quadro complessivo di opacità, anomalie, discrezione fino all'arbitrio, incongruenze che per esempio impedisce ancora, a fine 2022, l'approvazione del conto consuntivo del 2021;
nel citato reportage si afferma inoltre che il TAR di Catania ha emesso sentenza, l'11 gennaio 2022, in cui si afferma che la gestione di Abbate abbia perseguito interessi privati. Con tale sentenza i giudici amministrativi hanno annullato la delibera n. 61 del consiglio comunale di Modica del 12 novembre 2020 e quella della giunta comunale n. 208 del 29 settembre 2020 riguardanti una variante al piano regolatore generale con cui il Comune sanava dei manufatti abusivi realizzati da privati che non potevano essere sanati in quanto in contrasto con il piano regolatore generale e ricadenti in zona agricola. Il Comune costituitosi in giudizio viene condannato a pagare le spese gravando i cittadini del costo di un'operazione chiaramente illegittima delle successive spese di giudizio sostenute per far valere quella pretesa;
i fatti illustrati, anche nella loro parzialità, evidenziano una grave crisi democratica in atto nella città di Modica, una situazione evidentemente sfuggita di mano in cui risulta coinvolta una intera comunità che deve essere salvaguardata attraverso un attento monitoraggio della situazione ed azioni concrete per tutelare la democrazia e la trasparenza nella gestione della cosa pubblica, in particolare per gestire la delicata fase delle elezioni comunali previste per il 2023 –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritengano urgente promuovere, per quanto di competenza, ogni utile iniziativa, anche di carattere normativo, per far sì che vi siano controlli più stringenti ed efficaci, al fine di prevenire situazioni quali quella rappresentata in premessa, o quantomeno, gli effetti maggiormente gravi e duraturi delle medesime.
(4-00455)
BENZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
come riportato dall'articolo di Andrea Montanari de La Repubblica del 4 febbraio 2023, il sindaco di Adro, Paolo Rosa, nei giorni scorsi, ha fatto recapitare nelle cassette postali dei cittadini una lettera su carta intestata del comune (con logo timbro e firma) nella quale invitava a votare la Lega nella tornata elettorale delle elezioni regionali in Lombardia del 12 e 13 febbraio 2023 e suggeriva di dirottare il voto di preferenza a due candidati, Davide Caparini e Francesca Ceruti, rispettivamente assessore uscente e consigliere regionale uscente;
durante la tornata delle elezioni regionali in Lombardia del 4 marzo 2018, lo stesso sindaco Rosa aveva invitato i propri concittadini, sempre con una lettera protocollata e su carta intestata al comune, a votare il partito Lega scrivendo «Forte dell'onestà e della sincerità che ci contraddistingue, mi sento in dovere di suggerirti, nell'interesse primario della nostra comunità, di dare continuità a quei rapporti che ci hanno permesso di ottenere finanziamenti». A seguito dell'accaduto seguì un esposto presso la Corte dei conti e al Prefetto della Repubblica;
l'articolo 97 della Costituzione recita che «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione»;
a parere dell'interrogante, il sindaco di Adro non solo ha violato due volte l'articolo 97 della Costituzione usando la pubblica amministrazione come strumento per i propri fini elettorali e di partito ma ha anche impiegato il materiale, come la carta intestata, dell'amministrazione comunale pagata con i soldi dei contribuenti di Adro per svolgere attività di campagna elettorale –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, anche normative, intenda adottare alla luce della vicenda sopra richiamata, al fine di assicurare la piena correttezza delle competizioni elettorali, al contempo salvaguardando il principio di imparzialità della pubblica amministrazione.
(4-00456)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazione a risposta in Commissione:
STEFANAZZI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
sono oltre 55 mila i lavoratori del personale Ata degli istituti scolastici di ogni ordine e grado che, a causa del mancato rifinanziamento dell'organico aggiuntivo disposto durante la pandemia da COVID-19 e il conseguente blocco delle graduatorie, versano attualmente in uno stato di grave precarietà;
ciò avviene malgrado la scuola italiana registri una cronica carenza di organico, che costituisce un problema strutturale per gli istituti scolastici, impossibilitati così a dar seguito a tutte quelle iniziative utili al contrasto della dispersione scolastica, al miglioramento delle attività didattiche, nonché alla realizzazione dei progetti connessi al Piano nazionale di ripresa e resilienza;
in Puglia, in particolare, vi sono più di 2.200 lavoratori, di cui quasi 400 nella provincia di Lecce, che dal giugno 2022 non percepiscono più lo stipendio e allo stato attuale, esaurito il periodo Naspi, sono completamente sprovvisti di qualsivoglia forma di protezione sociale;
lo scorso 15 novembre 2022, il Consiglio regionale pugliese, all'unanimità, ha approvato la mozione del consiglieri Metallo e Pagliaro che impegna la regione ad attivarsi presso il Governo centrale, in sede di Conferenza Stato-regioni, affinché vengano privilegiati nelle assunzioni di personale gli Ata già in graduatoria, che hanno maturato esperienza svolgendo tale ruolo nel difficile periodo dell'emergenza Covid;
gli emendamenti presentati dai gruppi parlamentari di opposizione sulla questione nell'ambito dell'esame della legge di bilancio 2023 sono stati tutti rigettati;
per giunta, si segnala che alcune scuole, carenti di personale ma impossibilitate a reclutare nuove unità attingendo dalle graduatorie, abbiano richiesto ai comuni di utilizzare le prestazioni dei percettori del reddito di cittadinanza nell'ambito dei Puc, generando così una vera e propria «guerra sociale» tra persone in stato di necessità –:
se intenda adottare iniziative tempestive e strutturali, anche a fronte dell'urgente carenza di personale degli istituti scolastici, per garantire ai lavoratori di cui in premessa il giusto riconoscimento ai fini delle graduatorie di merito per il servizio prestato durante la pandemia, consentendo così alle scuole di reclutare il personale necessario allo svolgimento delle ordinarie attività e alla realizzazione di ulteriori progetti, anche nell'ambito del Pnrr.
(5-00354)
Interrogazioni a risposta scritta:
SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
la legge 29 dicembre 2022, n. 197, meglio conosciuta come legge di bilancio 2023, ha previsto, tra gli altri, un Piano dimensionamento scolastico;
detto piano prevede che il dimensionamento scolastico dovrà tenersi entro il 30 novembre di ogni anno;
ogni istituto dovrà necessariamente passare da 600 a 900 studenti circa; questo accorpamento – secondo le stime dei sindacati – porterà, entro due anni, alla chiusura di 700 istituti scolastici;
nella relazione tecnica allegata alla legge di bilancio, viene indicato che, attualmente, le istituzioni scolastiche presenti in Italia sono 7.519: secondo i calcoli del Ministero, nell'anno scolastico 2031/2032, diventeranno 6.885, quindi, con una diminuzione dell'8,4 per cento;
sempre secondo la legge di bilancio questo accorpamento dovrà essere portato a compimento dalle regioni;
risulta agli interroganti che già oggi ci sono scuole con una ventina di plessi e che l'attuazione di questa norma non potrà sicuramente alleggerire questa situazione, anzi rischia solamente di peggiorare la situazione, rendendo – di fatto – molto complicato per i dirigenti scolastici essere presenti nei plessi che dirigono;
in questi giorni il presidente della Giunta regionale della Toscana – ente che dovrebbe dare l'attuazione alla norma in Toscana – si è detto contrario a questo accorpamento, chiedendo al Governo di rivedere questa scelta che «rischia di far perdere un pezzo dell'identità a tante scuole storiche»;
il presidente Giani solleva queste perplessità sulla base dei dati che porterebbero – ad esempio – all'accorpamento dei due licei classici della città di Firenze, il Galileo e Michelangelo «che rappresentano la nascita della formazione, sono istituti storici che hanno provveduto all'istruzione di intere generazioni di classi dirigenti e di personalità d'assoluta eccellenza»;
in particolare il Galileo si lega alla legge delle guarentigie, un provvedimento legislativo del Regno d'Italia, promulgato il 13 maggio 1871, che regolò i rapporti tra lo Stato e la Santa Sede, essendo stato un convento poi trasformato in scuola laica con l'Unità d'Italia –:
se il Governo intenda aprire una riflessione sull'applicazione di suddetta norma che rischia di cancellare l'autonomia di un numero molto elevato di istituti storici del nostro Paese, come il caso di Firenze dimostra, e se non ritenga di dover adottare iniziative normative al fine di tenere in considerazione la necessità e le peculiarità dei singoli territori, onde evitare un ulteriore impoverimento del sistema scolastico.
(4-00411)
PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
da quanto si apprende da un articolo pubblicato su fanpage.it il 2 febbraio 2023 il Ministero dell'istruzione e del merito avrebbe deciso di realizzare per il 2023 un calendario intitolato «I Ministri e le Maestre», per celebrare i Ministri del passato;
si tratterebbe di una rassegna dei ritratti dei Ministri che si sono succeduti dalla creazione del Ministero fino al 1923;
probabilmente, per cercare di porre rimedio alla vistosa assenza di alternanza di genere, dal momento che i Ministri raffigurati sarebbero tutti uomini poiché in quel periodo nessuna donna è stata titolare del dicastero, si è scelto di accostare alle figure istituzionali maschili dei nomi di donne, maestre, ispettrici, educatrici, con delle brevi biografie, con il risultato che ciascuno dei dodici Ministri ricordati vengono raffigurati con delle immagini che occupano l'intera pagina, mentre delle donne menzionate vengono riportati soltanto nome, cognome, data di nascita e di morte in un piccolo paragrafo in basso;
inoltre il dicastero diretto dal Ministro interrogato avrebbe selezionato soltanto Ministri graditi alla «destra», tanto che il progetto, secondo quanto riferisce fanpage, sarebbe stato così spiegato: «Il calendario 2023 è stato costruito con le riproduzioni fotografiche dei ritratti di dodici tra i più significativi Ministri della "Destra Storica", da Casati a Bonghi, e invita chi lo sfoglia a visitare idealmente questa collezione tanto significativa quanto poco nota»;
una celebrazione così ostentata solo di alcuni esponenti della «destra storica» che hanno ricoperto la carica di Ministro dell'istruzione – sulle oltre 50 figure che si sono succedute dall'Unità d'Italia al 1923, tra le quali Francesco De Sanctis e Benedetto Croce – appare all'interrogante faziosa e peraltro diretta ad un discutibile parallelismo storico;
tale iniziativa rappresenta un inutile spreco di risorse pubbliche per un Ministero che dovrebbe affrontare le numerose emergenze e ritardi esistenti nel sostegno al sistema scolastico del nostro Paese, anziché concentrarsi in un'inutile iniziativa di bassa propaganda per celebrare, attraverso un calendario, i Ministri della «destra storica» del passato e che mortifica nelle forme in cui è realizzato il calendario il rilevante contributo dato alla realizzazione e allo sviluppo della istruzione pubblica da parte delle donne nonostante l'imperante cultura maschile e il tentativo della loro marginalizzazione;
risultano quindi incomprensibili all'interrogante sia le motivazioni alla base di questa iniziativa sia costi sostenuti per realizzarla –:
se il Ministro interrogato non intenda chiarire le motivazioni che hanno indotto il Ministero da lui diretto a realizzare un calendario celebrativo di alcuni Ministri dell'istruzione del passato riconducibili tutti e solo alla «destra storica» e a commemorare e ricordare le maestre, le ispettrici, le educatrici solo con un piccolo paragrafo in basso, nonché a quanto ammontino i costi di realizzazione;
se non intenda sospendere la pubblicazione del calendario «I Ministri e le Maestre», evitando così quello che all'interrogante appare anche un inutile spreco di risorse economiche per concentrare ogni sforzo sul sostegno al sistema scolastico del nostro Paese.
(4-00418)
ASCARI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
si è appreso da organi di stampa della vicenda che ha coinvolto alcuni studenti dell'istituto d'arte Venturi a Modena. Sembrerebbe che, in occasione di un'assemblea di classe presso il Cinema cittadino «Astra», si sarebbe abusato di sostanze alcoliche, introdotte nella struttura dagli stessi studenti, tanto da richiedere l'intervento e le cure dei sanitari del 118, nonché di un genitore;
tali fatti, insieme ad altre vicende che hanno di recente interessato gli istituti del modenese e non solo, mostrano alcune delle profonde carenze del nostro sistema scolastico;
invero, le assemblee studentesche o di classe, vengono sempre più spesso «scambiate» dagli studenti stessi come un modo come un altro per trascorrere diversamente un'ora. In realtà queste rappresentano un diritto fondamentale dello studente che dovrebbe, come previsto dalla normativa, farne richiesta in circostanze specifiche;
per quanto riguarda i diritti e doveri dei docenti, è bene ricordare che nell'ambito dell'assemblea, decade ogni obbligo di vigilanza da parte dell'insegnante in quanto la normativa prevede che questo non sia necessariamente presente;
invero, ai sensi del comma 8 articolo 13 del decreto legislativo n. 297 del 1994 è disposto che: «non possono aver luogo assemblee nel mese conclusivo delle lezioni. All'assemblea di classe o di istituto possono assistere oltre al preside o un suo delegato, i docenti che lo desiderino»;
nei casi in cui il dirigente scolastico obblighi il personale docente ad accompagnare gli studenti nei locali dell'assemblea o a sorvegliare durante l'assemblea stessa, commette di fatto un abuso per cui gli insegnanti possono rifiutarsi di eseguire l'ordine imposto –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se e quali iniziative di carattere normativo, nell'ambito della propria competenza, intenda eventualmente intraprendere con riferimento alle disposizioni relative all'accompagnamento e alla sorveglianza degli studenti in occasione delle assemblee di Istituto da parte del personale scolastico, con particolare riguardo, come nel caso esposto in premessa, nei casi in cui tali assemblee si svolgano in locali non scolastici.
(4-00454)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
la figura professionale del «ciclofattorino» (rider) comincia a comparire nel nostro paese nel corso del 2015;
secondo gli ultimi dati delle associazioni di categoria i rider attualmente in Italia sono oltre 60 mila;
si tratta di numeri in crescita e che si inseriscono nell'aumento complessivo delle «consegne a domicilio» registrato negli ultimi anni anche nel nostro paese ed incentivato non solo dalla pandemia ma da nuovi modelli di vita e di società;
gli acquisti online soltanto per il food delivery valgono infatti 1,8 miliardi di euro (aumento del 20 per cento rispetto al 2021). Gli ordini complessivi sono poco più di 65 milioni (erano 54 milioni nel 2021);
anche la composizione sociale dei rider sta mutando rapidamente: nata come occupazione part time sta diventando un impiego da reddito principale;
la normativa nazionale attribuisce ai riders tutele differenziate a seconda che la loro attività sia riconducibile alla nozione generale di etero organizzazione, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo numero 81 del 2015, ovvero a quella di lavoro autonomo di cui all'articolo 47-bis del medesimo decreto legislativo, ferma restando la possibilità che l'attività sia invece qualificabile quale prestazione di lavoro subordinato ai sensi dell'articolo 2094 del codice civile;
vi sono quindi attualmente in Italia due modelli contrattuali:
il 16 settembre 2020 è stato stipulato il contratto collettivo nazionale tra Assodelivery (Confindustria) ed Ugl Rider qualificando la prestazione dei rider come autonoma;
a marzo 2021 viene firmato l'accordo tra Just Eat (uscito quindi da Assodelivery) con Cgil, Cisl e Uil e che riconosce i rider come lavoratori dipendenti inserendoli in una sezione appositamente creata del comparto della logistica;
il 90 per cento del servizio del food delivery rimane attualmente svolto nella forma della collaborazione autonoma, come da contratto collettivo nazionale del 16 settembre 2020;
sulla illegittimità del contratto collettivo nazionale tra Assodelivery (Confindustria) ed Ugl Rider si sono espressi alcuni tribunali:
il 30 giugno 2021 il Tribunale di Bologna che ha intimato a Deliveroo Italy di astenersi dall'applicarlo ai propri rider;
il 24 novembre 2021 il Tribunale di Firenze ha riconosciuto che tale accordo mina le fondamenta del contratto collettivo perché sottoscritto da una sigla sindacale non rappresentativa;
il 29 novembre 2022 il Tribunale del lavoro di Milano ha obbligato Glovo ad assumere un lavoratore appena licenziato e con un contratto a condizioni migliori;
in questo contesto va aggiunto che la Corte di cassazione, con la sentenza 24 gennaio 2020, numero 1663, aveva già riconosciuto come la disciplina del lavoro subordinato vada estesa ai rider;
anche alla luce della suddetta giurisprudenza, andrebbe verificata attentamente la piena legittimità dei rapporti di lavoro applicati a larga parte degli attuali rider;
tale settore è quindi ancora caratterizzato da un elevatissimo livello di precarietà che si ripercuote non solo dei diritti dei lavoratori ma anche sulla stessa sicurezza di tali addetti;
negli ultimi mesi sono sei i rider deceduti in incidenti stradali: William De Rose a Livorno, Giuseppe Cannavacciuolo ad Angri (provincia di Salerno), Roman Emiliano Zapata a Preganziol (in provincia di Treviso), Sebastian Galassi a Firenze, Muralidharan Abhishek a Roma; Elvis Munyi Kiiru a Roma;
per quanto riguarda diritti e tutele sono in aumento i casi di soprusi denunciati dai sindacati ai danni dei lavoratori: soltanto nei giorni scorsi (a fine gennaio 2023) a Livorno un rider è stato licenziato con un SMS dopo tre anni di collaborazioni e la motivazione sarebbe la contestazione unilaterale da parte dell'azienda (Deliveroo);
il decreto legislativo numero 81 del 2015 ha inoltre istituito anche un Osservatorio permanente presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, presieduto dal Ministro o da un suo delegato e composto da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
tra le funzioni di tale Osservatorio vi è anche quella di proporre revisioni alla normativa vigente in base all'evoluzione del mercato del lavoro e della dinamica sociale (articolo 3 del decreto ministeriale n. 131 del 2020) –:
quali siano le proposte di revisione alla normativa vigente evidenziate dall'Osservatorio permanente di cui al decreto legislativo numero 81 del 2015;
se non ritenga necessario intraprendere iniziative normative urgenti, coinvolgendo le associazioni sindacali e le imprese del settore, al fine di aggiornare l'attuale disciplina nazionale sui rider rendendola compatibile con le indicazioni della giurisprudenza e garantire conseguentemente ai lavoratori coinvolti stipendi adeguati al costo della vita, maggiori diritti e tutele;
se non ritenga necessario adottare iniziative normative volte a prevedere, di concerto con gli altri Ministri competenti, una disciplina adeguata al fine di tutelare la salute dei rider con particolare riguardo ai profili legati alla sicurezza stradale.
(2-00071) «Fossi».
Interrogazione a risposta orale:
CAROTENUTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in previsione del superamento del reddito di cittadinanza (RdC) che scatterà dal 2024, secondo quanto disposto dalla legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197, articolo 1, commi 313-316), la stessa manovra ha introdotto per i percettori «occupabili» una riduzione della durata massima del sussidio dai precedenti 18 mesi (prorogabili) a 7 mesi, con l'obbligo di frequentare, per un periodo di 6 mesi, un corso di formazione o di riqualificazione professionale di cui alla legge 28 marzo 2002, n. 53. In caso di mancata frequenza, è prevista la perdita del diritto alla prestazione per il nucleo familiare;
in merito a questa nuova condizione per la percezione del reddito di cittadinanza, la citata legge altresì prevede che, con apposito protocollo stipulato dal Ministero dell'istruzione e del merito e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, siano individuate azioni volte a facilitare le iscrizioni a percorsi di istruzione erogati dai centri provinciali per l'istruzione degli adulti e, comunque, per l'efficace attuazione dei corsi di formazione o di riqualificazione professionale di cui alla citata legge n. 53;
sebbene la Ministra del lavoro, Calderone, abbia dichiarato che il suo dicastero sta lavorando «all'emanazione del piano di formazione» e i corsi per i percettori inizieranno «presto», attualmente non se ne ha riscontro alcuno al di là delle dichiarazioni, mentre resta ancora solo sulla carta anche l'obbligo delle Regioni di trasmettere all'Anpal gli elenchi dei soggetti che non rispettano l'obbligo di frequenza;
in data 6 febbraio 2023, il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, onorevole Rizzetto, intervenendo in una trasmissione televisiva («L'aria che tira», La7), ha dichiarato, letteralmente, che «se la formazione non parte, chi non la fa continuerà a prendere il reddito di cittadinanza»;
secondo le stime dell'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), a partire da agosto 2023, la riforma farebbe perdere il sostegno economico al 38,5 per cento dei nuclei familiari (e al 23 per cento delle persone) che oggi lo ricevono: percentuali che corrispondono a 400 mila famiglie;
a meno di 6 mesi dalla data in cui il reddito di cittadinanza verrà soppresso, non risulta che il Governo abbia adottato alcuna misura volta ad assicurare né un lavoro dignitoso, né la formazione prevista dalla legge per favorire l'inserimento lavorativo –:
quali siano i motivi per i quali a tutt'oggi non è stata avviata la formazione professionale a favore delle oltre mezzo milione di persone cosiddette «occupabili», nonché quali siano i tempi previsti per l'adozione e l'attivazione del piano citato in premessa e beneficiari;
se e quali iniziative intenda adottare per garantire la continuità del diritto al beneficio del reddito di cittadinanza per i cosiddetti «occupabili» che non dovessero adempiere l'obbligo di formazione per ragioni non loro imputabili;
quali necessarie ed urgenti iniziative di politica attiva per l'occupazione intenda adottare al fine di garantire la formazione citata e, più in generale, favorire l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro.
(3-00161)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
SARRACINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
tra le misure adottate dal Governo Draghi nella scorsa legislatura per contrastare il caro vita vi era il bonus «una tantum» da 200 euro e poi integrato da ulteriori 150 euro;
la domanda per accedervi è stata estesa anche ai dottorandi e agli assegnisti che inizialmente erano stati esclusi dalla previsione di beneficio;
i requisiti previsti erano quelli di essere titolari di borsa di studio o assegno di ricerca, di essere iscritti alla gestione separata Inps, di avere un reddito non oltre i trentacinquemila euro, poi scesa successivamente a 20 mila euro;
nonostante la previsione riportata in premessa l'Inps nell'esaminare le richieste ha respinto tutte le domande effettuate dai circa trentamila dottorandi e i quindicimila assegnisti di ricerca italiani;
e difficoltà vi sono state anche per quel che riguarda il riesame in quanto a fronte della reiterazione della richiesta dopo aver fornito i dati richiesti che spesso avrebbero già dovuto essere in possesso da parte dell'Istituto di previdenza, nella maggior parte dei casi non vi è stata risposta come sollevato dall'ADI, Associazione dottorandi italiani;
il 31 gennaio 2023, l'Inps ha comunicato a questo bacino di utenza di aver proceduto a riavviare il riesame centralizzato delle richieste già inoltrate proprio per velocizzare le pratiche –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere nei confronti dell'Inps al fine di verificare le criticità riscontrate e consentire la velocizzazione dell'erogazione della misura di contrasto al caro vita anche nei confronti dei dottorandi e degli assegnisti di ricerca.
(5-00350)
GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la legge 22 maggio 2017, n. 81, recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale, ha rappresentato uno storico allargamento di diritti del lavoro a una platea di circa due milioni di persone, prevedendo novità in caso di maternità, malattia e infortunio;
in materia di tutela della maternità, un'altra importante innovazione è stata introdotta dalla legge di bilancio 2022, laddove si è prevista un'estensione di tre mesi del periodo di fruizione dell'indennità di maternità per le lavoratrici autonome, con un reddito inferiore a 8.145 euro:
i medici veterinari esercitano la loro attività, nella stragrande maggioranza dei casi, in maniera autonoma pur avendo obblighi riconducibili ai contratti di lavoro subordinato (orari, turni e mansioni), ma senza le medesime tutele;
le donne che esercitano questa professione denunciano spesso la loro difficoltà a conciliare il loro lavoro con la maternità per le caratteristiche peculiari dell'attività veterinaria, tra cui la necessità di impiegare la forza fisica o di essere reperibile per le emergenze, ma le condizioni del mercato del lavoro di questo settore le costringono a sospendere le attività lo stretto indispensabile per gestire la fine della gravidanza e l'allattamento;
i medici veterinari sono iscritti automaticamente e obbligatoriamente all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei veterinari che riconosce alle iscritte un'indennità di maternità per i due mesi antecedenti e i tre mesi successivi al parto pari all'8 per cento dei 5/12 del reddito professionale da lavoro autonomo percepito nel secondo anno precedente alla nascita. Il contributo spetta inoltre nei casi di adozione/affidamento preadottivo, di affidamento provvisorio o di aborto;
il lavoro di medico veterinario, specialmente per gli specialisti ambulatoriali, può richiede sforzi, rischi e tempi non conciliabili con la maternità ben oltre i cinque mesi di congedo previsto e sarebbe perciò auspicabile fornire adeguati strumenti di flessibilità che consentano alle donne in stato di gravidanza di avere mansioni più adatte alle loro condizioni e, successivamente alla nascita o adozione dei propri figli, di avere permessi e congedi retribuiti per le necessarie cure genitoriali;
con il decreto legislativo n. 105 del 2022, modificando l'articolo 68 del decreto legislativo n. 151 del 2001, si è opportunamente prevista la possibilità per alcune lavoratrici autonome di astenersi dal lavoro e richiedere l'indennità anche prima dei 2 mesi ordinari antecedenti il parto, in caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza. Tuttavia, tale importante innovazione non è stata riconosciuta alle lavoratrici iscritte alle casse professionali –:
se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, adottare nuove iniziative di competenza per rafforzare i diritti alla genitorialità dei lavoratori autonomi del settore veterinario, con particolare riguardo alle donne che, nell'esercitare normalmente la propria professione, correrebbero rischi per la propria salute o quella del proprio figlio durante la gravidanza e il puerperio.
(5-00359)
SOUMAHORO, CAROTENUTO e AMATO. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
come riferiscono diverse testate giornalistiche, tra cui Ansa dell'11 gennaio 2023, un incendio ha distrutto due baracche dell'insediamento spontaneo in località Torretta Antonacci nel foggiano, dove risiedono circa mille migranti che lavorano nelle campagne della Capitanata. Il rogo sarebbe partito da uno dei tanti fuochi accesi per scaldarsi;
l'interrogante, in data 13 gennaio 2023, si è recato in loco per verificare la situazione, toccando con mano la condizione di assoluto degrado in cui vivono i braccianti;
inoltre, nella notte tra il 22 e il 23 gennaio 2023, due persone hanno perso la vita nell'insediamento di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, probabilmente a causa delle esalazioni di monossido di carbonio sprigionate da un braciere di fortuna che avevano sistemato nel loro rifugio per difendersi dal freddo;
la notizia è stata diffusa sia dalla stampa locale che da quella nazionale. Anche in questo caso l'interrogante si è recato sul posto per verificare;
nel periodo ottobre 2021 – gennaio 2022, Anci ha realizzato, in collaborazione con Cittalia, una mappatura nazionale della presenza di lavoratori stranieri impiegati in agricoltura, con attenzione alla precarietà e al disagio abitativo: 38 comuni in Italia hanno segnalato la presenza di 150 insediamenti abusivi (principalmente tra il Sud e le Isole);
si tratta per lo più di insediamenti permanenti, localizzati principalmente in terreni privati di aree rurali, isolati geograficamente dal comune di riferimento; il 28 per cento di questi è costituito da baracche e la maggior parte risulta priva di servizi essenziali come acqua potabile e infrastrutture per la raccolta dei rifiuti;
si registra, inoltre, la presenza di nuclei familiari e minori in condizioni di estrema marginalità sociale;
il decreto ministeriale n. 55 del 29 marzo 2022 ha disposto la ripartizione delle risorse del Pnrr per la Missione 5 – Inclusione e Coesione, Componente M5C2, Ambito di intervento 2, Investimento 2.2.a Piani Urbani Integrati – Superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura – pari a 200 milioni di euro, ai comuni che hanno rappresentato la presenza di insediamenti abusivi;
di questi, più di 100 milioni di euro saranno suddivisi tra i comuni della provincia di Foggia –:
a che punto siano i progetti di superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura per i quali il Ministero, a valere sui fondi del Pnrr, ha stanziato oltre 114 milioni di euro per la Puglia.
(5-00364)
FOSSI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. – Per sapere – premesso che:
la Gkn, multinazionale del settore della componentistica automobilistica e aerospaziale ha comunicato tramite mail il 9 luglio 2021 il licenziamento dei 422 dipendenti e la chiusura del sito industriale di Campi Bisenzio senza ricorso ad ammortizzatori sociali;
tale decisione, improvvisa ed unilaterale, ha suscitato immediatamente sdegno da parte dell'opinione pubblica ed il sostegno di enti locali, sindacati e comunità locale ai lavoratori coinvolti;
secondo l'azienda le ragioni sarebbero attribuibili al calo del mercato automobilistico e alla necessità di ridurre drasticamente i costi di produzione a causa della competitività dei mercati internazionali, mentre le organizzazioni sindacali hanno evidenziato come non sussista alcuna crisi aziendale e che il vero motivo sia invece la volontà della proprietà di delocalizzare la produzione spostandola dove il costo della manodopera è minore;
nel mese di settembre 2021 il tribunale di Firenze si è espresso a favore del ricorso presentato dalla Fiom-Cgil contro i 422 licenziamenti via e-mail della Gkn di Campi Bisenzio, revocando la lettera d'apertura della procedura di licenziamento collettivo;
nel mese di dicembre 2021 Qf Spa del gruppo Borgomeo ha comunicato di aver acquisito il 100 per cento di Gkn Driveline Firenze. L'azienda ha ritirato la messa in liquidazione mentre contestualmente è stata ritirata l'impugnazione contro il ricorso vinto dai sindacati sulla precedente procedura di licenziamento;
nel mese di gennaio 2022, e a seguito dell'accordo stilato dal gruppo Borgomeo, i lavoratori della Gkn hanno approvato, con un referendum, l'ipotesi di accordo quadro stilato al tavolo del Ministero dello sviluppo economico con oltre il 74 per cento dei votanti a favore;
le riunioni presso il Ministero dello sviluppo economico che si sono succedute nel corso del 2022 non hanno risolto le criticità ed i dubbi sulla reindustrializzazione annunciata dalla proprietà che ha addirittura annunciato nel mese di novembre 2022 di essere alla ricerca di nuovi investitori e di non poter quindi presentare il nuovo piano industriale;
il 4 novembre 2022 le Rsu hanno ricevuto una mail dalla proprietà in cui si annunciava il prossimo sgombero di «materiali, rottami e rifiuti» dallo stabilimento che sarebbe da mesi occupato illegalmente da alcuni lavoratori; per le associazioni sindacali questa operazione è soltanto «una inutile provocazione» di una proprietà che tende a non affrontare i reali problemi della vertenza;
il 15 novembre 2022 i lavoratori dell'ex Gkn di Campi Bisenzio hanno occupato simbolicamente la sede del Consiglio comunale di Firenze in Palazzo Vecchio per pretendere risposte sulla loro situazione occupazionale;
il 10 febbraio 2023 una delegazione di oltre 50 operai ex Gkn si è recata a Cassino, davanti alla sede di Unindustria, chiedendo di parlare con Francesco Borgomeo, presidente dell'area comprensoriale di Cassino dell'unione degli industriali e delle imprese del Lazio, senza però ottenere udienza;
per i lavoratori Gkn la cassa integrazione si è esaurita da tempo e gli operai sono da oltre quattro mesi senza stipendio;
le organizzazioni sindacali stanno portando avanti la battaglia legale per gli stipendi: «oggi siamo a ben 72 decreti ingiuntivi accolti. La proprietà intanto, invece di regolarizzare la propria posizione, cessa di pagare qualsiasi cosa. Non è arrivato neanche un euro di dicembre ed ha anche cessato di consegnare i cedolini di busta paga. Siamo al quarto mese senza stipendio» : riporta la nota della Rsu ex Gkn –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intendano assumere al fine di ripristinare gli ammortizzatori sociali per i lavoratori interessati e promuovere una reale riconversione produttiva dello stabilimento di Campi Bisenzio.
(5-00368)
Interrogazioni a risposta scritta:
ASCARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
dalla stampa online si apprende che «La cooperativa Md Service che ha in appalto la movimentazione delle merci nel magazzino Kamila di Parma ha licenziato i 31 lavoratori sospesi il 13 gennaio scorso in seguito allo sciopero indetto il giorno prima dall'Adl Cobas, per solidarietà verso un loro collega colpito da una sanzione disciplinare. I licenziati avevano occupato per sei ore il magazzino fermando al suo interno i carrelli elevatori che stavano guidando e paralizzando di fatto l'attività del sito. Per la cooperativa, dunque, i licenziamenti sono stati "una scelta obbligata" presa a tutela anche dei "190 lavoratori che hanno continuato a lavorare con correttezza e lealtà". Lo sciopero, viene spiegato, "ha messo fortemente a rischio l'appalto e danneggiato l'immagine di Md che ora si trova, purtroppo, di fronte alla necessità di procedere secondo la normativa"» (da https://parma.repubblica.it/cronaca del 2 febbraio 2023);
secondo l'organizzazione dei lavoratori Adl Cobas, «I lavoratori infatti hanno dato vita a un'astensione dal lavoro in solidarietà ad un collega mentre altri lavoratori non aderenti continuavano a lavorare peraltro sotto gli occhi di alcuni agenti delle forze dell'ordine chiamati dalla cooperativa»;
i dipendenti, tramite l'organizzazione Adl Cobas, denunciano anche che «Per oltre due anni e mezzo infatti gli operai si sono misurati con carichi di lavoro insostenibili e abuso di contratti precari, richieste di denaro per il rinnovo del contratto, costretti ad essere sottoinquadrati e sottopagati. Solo grazie alle proteste e agli scioperi e al supporto dell'Adl Cobas, da maggio scorso alcune importanti problematiche erano state risolte, con la stabilizzazione dei lavoratori, il riconoscimento di malattia e infortunio, la garanzia dell'orario contrattuale.» (da https://parma.repubblica.it/cronaca del 2 febbraio 2023);
secondo l'organizzazione dei lavoratori Adl Cobas, «Ma adesso il caso rappresenta un precedente serio e preoccupante oltre la vertenza specifica perché il "licenziamento di massa" per aver partecipato ad uno sciopero ricorda tristemente tempi passati e colpisce direttamente il libero esercizio del diritto garantito dall'articolo 40 della Costituzione italiana»;
il mondo della logistica è un settore «critico» dove sempre più spesso accade che, anche per effetto del ricorso ad appalti e sub-appalti, e della non piena applicazione o rispetto del contratto di categoria corrispondente, i diritti e le tutele fondamentali dei lavoratori paiono messi in discussione; purtroppo in alcune realtà e in alcune situazioni, le tutele non sono sempre pienamente garantite e perdurano casi di sfruttamento e di mancanza di sicurezza ed in altri casi anche le libertà sindacali paiono essere messe in discussione;
l'associazione Adl Cobas ha già preannunciato azioni giudiziarie d'urgenza al fine di ottenere la tutela dei diritti dei lavoratori licenziati;
il diritto di sciopero è sancito dalla nostra Costituzione all'articolo 40, e va rispettato e tutelato con ogni mezzo –:
quali iniziative per quanto di competenza, intenda assumere la Ministra interrogata fine di verificare quanto accaduto e assicurare che venga garantito il pieno rispetto delle garanzie previste dalla legge n. 300 del 1970 e il diritto costituzionale di sciopero;
se e quali iniziative di competenza intenda promuovere la Ministra interrogata allo scopo di favorire un dialogo e la corretta gestione delle relazioni industriali e sindacali tra i lavoratori e l'azienda, anche al fine di sensibilizzare quest'ultima nella direzione di un ripensamento dei provvedimenti di licenziamento adottati in danno dei lavoratori;
se la Ministra interrogata intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di verificare il rispetto delle normativa legale e contrattuale in tema di retribuzione, orario di lavoro, inquadramento contrattuale e rinnovo dei contratti.
(4-00439)
SERRACCHIANI e LAUS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
a Muggia (TS) ha sede la Tirso SpA, azienda tessile che ha attualmente in essere 197 lavoratori dipendenti e 47 lavoratori somministrati;
in data 3 febbraio 2023 in occasione di una conferenza stampa, i vertici aziendali hanno comunicato la decisione unilaterale che a far data 6 febbraio 2023 non avrebbe proceduto con il rinnovo dei contratti per 47 lavoratrici e lavoratori somministrati dello stabilimento;
l'annuncio ha fatto naturalmente scattare il livello di allerta massima tra tutti i sindacati, che hanno sottolineato i loro timori per possibili futuri esuberi dello stabilimento tessile triestino, precisando altresì come la maggior parte degli addetti interessati dal taglio deciso dall'azienda è donna e ha tra i 20 e i 32 anni;
la situazione della Tirso SpA potrebbe rappresentare l'ennesima crisi industriale per il territorio, già in forte sofferenza a causa di diverse crisi in atto, già note ai Ministri interrogati;
come ha affermato il segretario Filctem Cgil Fabrizio Zacchigna, l'azienda vive da mesi una situazione complicata: «Da gennaio dell'anno scorso è stato ridotto l'orario di lavoro c'è stato il contratto di solidarietà, ad agosto lo stabilimento è rimasto chiuso in regime di ferie forzate e da ottobre è l'azienda ha richiesto la cassa integrazione». «La decisione ci consegna un mercato del lavoro industriale sempre più in sofferenza, l'ennesima situazione critica che va ad incidere sul futuro della stessa città di Trieste» ha ribadito il collega Nicola dal Magro, segretario della NIdiL Cgil –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione riguardante l'azienda tessile Tirso SpA e se abbiano intenzione di promuovere un tavolo alla presenza dei vertici aziendali, dei sindacati e della regione autonoma Friuli Venezia Giulia al fine di richiedere il piano industriale e garanzie sul futuro del sito triestino e dei suoi 197 dipendenti;
quali siano le iniziative che i Ministri intendano intraprendere al fine di salvaguardare il tessuto economico del territorio di Trieste già in grave sofferenza e come in particolare si intenda dedicare la necessaria attenzione al problema dell'occupazione femminile che in questo caso emerge drammaticamente nel settore tessile ma che anche a livello nazionale è uno dei pilastri del PNRR per il rilancio dell'economia del Paese.
(4-00441)
SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
in data 27 ottobre 2022 le delegazioni sindacali hanno sottoscritto l'ipotesi di Ccni 2022 – Accordo a stralcio per il personale inquadrato nel comparto funzioni centrali, utile per procedere alla progressioni orizzontali dei lavoratori assunti a tempo indeterminato presso l'Inps;
da detto accordo è scaturito un «Bando nazionale selezione per il passaggio alle posizioni economiche A2, A3, B2, B3, C2, C3, C4 e C5», che dava la possibilità a 7.088 lavoratori di ottenere una retribuzione maggiore, accedendo alla fascia economica superiore;
la procedura di selezione interna recavi come clausola di risoluzione degli ex aequo, il criterio anagrafico, così come recita l'articolo 6, comma 2 «In caso di parità di punteggio complessivo, prevale, nel seguente ordine, il concorrente con maggiore anzianità nella posizione economica immediatamente precedente a quella per la quale si concorre, il concorrente con anzianità di servizio complessiva maggiore e il concorrente con minore età anagrafica»;
l'Inps, prima di tutte le altre amministrazioni dello Stato, ha vissuto e sta vivendo una stagione di grandi assunzioni, questo ha determinato che la graduatoria per i profili laureati (categoria C) fosse formata da migliaia di lavoratori assunti con l'ultimo concorso e immessi in servizio nel luglio del 2019;
questo fatto ha reso inevitabile la formazione di una graduatoria che al punteggio 54 vede 2.023 dipendenti nella stessa medesima situazione, con 985 dipendenti che non si sono visti riconoscere l'aumento stipendiale perché scavalcati da altri colleghi per il solo fatto che fossero anagraficamente più giovani;
questo sistema, che veniva considerato residuale, alla luce delle tante assunzioni, ha di fatto discriminato chi ha speso anni in precariato e non ha avuto la fortuna di poter – sin da subito – partecipare ai concorsi pubblici a causa del blocco alle assunzioni;
data la grande stagione concorsuale avviata dalla pubblica amministrazione, questa situazione potrebbe replicarsi a breve in tutte le più grandi amministrazioni dello Stato e negli enti locali con più dipendenti, come regioni città metropolitane e grandi comuni –:
quale sia il parere di Ministri interrogati sulla tematica illustrata e se non ritenga – per quanto di competenza – di adottare le iniziative normative necessarie volte a valorizzare il merito dei dipendenti, valorizzando tutte le esperienze acquisite negli anni e non demandando al solo criterio anagrafico l'attribuzione degli aumenti stipendiali per gli ex aequo.
(4-00464)
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Interrogazione a risposta orale:
DORI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
con bando pubblicato il 17 novembre 2020 il Ministero della giustizia ha indetto un concorso pubblico su base distrettuale per il reclutamento di 400 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di direttore;
con bando pubblicato l'11 dicembre 2020 il Ministero della giustizia ha indetto un concorso pubblico su base distrettuale per il reclutamento di 2.700 cancellieri esperti;
alla pagina 21 del Piano triennale dei fabbisogni del personale (2022-2024) si afferma: «stante la sussistenza di graduatorie vigenti formatesi al termine di concorsi specifici banditi dal Ministero della giustizia, nella qualifica di direttori e cancellieri esperti, si chiede di portare a compimento, per l'anno in corso e fino ad esaurimento del budget in parola, l'assunzione di 340 unità di direttori, area III, F3, mediante scorrimento a esaurimento della graduatoria citata, a completa copertura del fabbisogno esposto nella qualifica, nonché l'assunzione di 686 unità di cancellieri esperti... mediante scorrimento a esaurimento della graduatoria citata, a copertura parziale del fabbisogno nella qualifica, pari a 1.047 unità richieste. L'assunzione di 340 unità di direttori, area III, F3 e 686 unità di cancellieri esperti, area II, F3, ha un costo complessivo a gravare sul budget residuo 2019-2020, pari a 33.827.544,51 euro»;
in risposta all'interrogazione a risposta orale 3-02870 dell'interrogante, il 14 giugno 2022 l'allora Ministero della giustizia rispondeva che: «Va infine ricordato che con nota formale inoltrata al Dipartimento della Funzione Pubblica... questo Dicastero ha richiesto di procedere, per l'anno corso, alla assunzione di tutti gli idonei non vincitori presenti ancora nelle dette graduatorie, 345 idonei quanto a direttori e 686 idonei quanto ai cancellieri esperti»;
il Dipartimento della funzione pubblica non ha ancora adottato i provvedimenti che dispongono le nuove assunzioni nel Ministero della giustizia;
il Ministero della giustizia, in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione 5/00123, a dicembre 2022, ha affermato: «Riguardo alla assunzione dei 689 idonei dalla graduatoria del concorso per cancelliere esperto e dei 340 idonei dalla graduatoria del concorso per direttore, richieste entrambe nel Piano Integrato di Attività e Organizzazione per il triennio 2022-2024 approvato con decreto ministeriale del 30 giugno 2022 n. 1901, si è ancora in attesa della autorizzazione da parte del competente Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri»;
in risposta ad alcune richieste di chiarimento, il Dipartimento della funzione pubblica ha affermato: «si comunica che l'iter di predisposizione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, avviato dal Dipartimento della funzione pubblica già dal mese di settembre, è tuttora in corso... Si precisa che il Ministero della giustizia non ha ancora ultimato la trasmissione necessaria ai fini dell'inserimento nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di autorizzazione alle assunzioni che, allo stato, è in fase di predisposizione il provvedimento di autorizzazione riferito ad un primo gruppo di amministrazioni per le quali l'istruttoria è stata definita»;
la risposta del Dipartimento della funzione pubblica pare in contrasto con la posizione espressa dal Ministero della giustizia;
dalla predetta risposta si evince che non sarebbe il Ministero della giustizia a dover attendere l'autorizzazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica ma, al contrario, che sarebbe lo stesso Ministero della giustizia a non aver ancora inviato «informazioni integrative rispetto a quelle già inserite nel PIAO, resesi indispensabili al fine di allineare i dati quantitativi relativi alle assunzioni da autorizzare alle novità normative e contrattuali intervenute in corso d'anno, riguardanti, tra l'altro, i dati stipendiali e il sistema di classificazione del personale» –:
quali informazioni e chiarimenti i Ministri interrogati intendano fornire relativamente all'adozione dei provvedimenti che autorizzino lo scorrimento integrale delle graduatorie distrettuali per la qualifica di direttore e di cancelliere esperto.
(3-00164)
Interrogazione a risposta scritta:
DORI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il Pnrr, nell'ambito della Missione 1 «Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo», Componente 1 «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA» con l'investimento «Procedure di assunzione per i tribunali civili, penali e amministrativi» ha individuato nell'Ufficio per il processo la struttura organizzativa deputata a offrire un concreto ausilio alla giurisdizione, così da poter determinare un miglioramento della qualità dell'azione giudiziaria;
l'articolo 14 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, disciplina le modalità di reclutamento di personale a tempo determinato per il supporto alle linee progettuali per la giustizia del Pnrr;
in particolare, in ragione della necessaria speditezza del reclutamento, anche in relazione al rispetto dei tempi del Pnrr, il Ministero della giustizia può richiedere alla Commissione RIPAM di avviare procedure di reclutamento per i profili necessari per favorire la piena operatività delle strutture organizzative denominate ufficio per il processo mediante concorso pubblico per titoli e prova scritta;
nella Gazzetta Ufficiale IVa serie speciale «Concorsi ed esami» n. 26 del 1° aprile 2022 sono stati pubblicati due concorsi pubblici, deliberati dalla Commissione RIPAM, per la copertura a tempo determinato di complessive 5.410 unità di personale non dirigenziale a supporto dell'ufficio per il processo;
il 23 settembre 2022 è stato pubblicato l'avviso pubblico relativo alla pubblicazione delle graduatorie a seguito delle quali sono stati poi pubblicati successivi avvisi per la convocazione dei vincitori presso la Corte d'appello di ciascun distretto in cui hanno presentato la domanda di partecipazione;
a oggi in alcuni distretti risulterebbero numerosi posti scoperti a seguito di diverse rinunce e dimissioni;
in ragione dell'importanza del ruolo dello staff di supporto all'Ufficio per il processo per una più efficiente organizzazione del lavoro giudiziario e in considerazione dei tempi stringenti dettati dal Pnrr, si avverte la necessità di procedere quanto prima alla copertura dei posti attualmente vacanti mediante scorrimento della graduatoria degli idonei non vincitori –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa, se intendano effettuare un monitoraggio delle effettive scoperture e quali iniziative intendano adottare per disporre lo scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori del concorso per il reclutamento del personale non dirigenziale a supporto dell'Ufficio per il processo.
(4-00463)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZANELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il Centro nascite alternativo dell'Ospedale San Martino di Genova, inaugurato nel 2000, ha rappresentato in questi anni un'eccellenza e un vero e proprio fiore all'occhiello della sanità non solo della Liguria, ma del nostro Paese;
il Centro nascite, realizzato nell'ambito del reparto di ostetricia dell'ospedale San Martino, quindi all'interno di un'Unità Operativa di ostetricia di III livello, gestiva le sole gravidanze fisiologiche ed è nato dalla necessità di provare a cambiare qualcosa nell'ottica di un maggior rispetto della naturalità dell'evento parto e di privilegiare la continuità delle cure in un ambiente diverso da quello ospedaliero e più simile possibile a quello familiare, e gestito da ostetriche con una ginecologa di riferimento;
gli obiettivi principali del centro sono stati in questi anni quelli di voler ricreare un'atmosfera familiare in una struttura ospedaliera evitando di medicalizzare un evento a forte valenza psico-emotiva, per rafforzare nelle donne la consapevolezza che il parto sia un passaggio naturale, per dare continuità alle cure successive all'evento nascita, e garantire la totale centralità della donna e della coppia durante tutta la degenza;
l'attività specifica di questa struttura di eccellenza è stata praticamente sospesa durante la fase emergenziale conseguente alla pandemia da Covid, e le stanze del Centro sono state utilizzate come sale parto per tutte le partorienti Covid negative. Attualmente il reparto non è stato più recuperato alla sua funzione originaria e risulterebbe sostanzialmente in buona parte abbandonato, con tutto quello che ciò significa in termini di dispersione del patrimonio umano e professionale e della preziosa esperienza maturata;
la direzione sanitaria del San Martino, nei giorni scorsi ha dichiarato che dal Centro nascita alternativo si dovrebbe passare alla realizzazione del progetto «Ostetricia: ritorno al futuro», che vedrà la luce nel corso del 2023, e che dovrebbe mantenere la finalità di ridurre la medicalizzazione dell'evento nascita –:
se non ritenga di adottare, nell'ambito delle proprie competenze, tutte le iniziative necessarie volte a garantire la prosecuzione dell'esperienza del Centro nascite alternativo di cui in premessa, al fine di non disperdere il prezioso patrimonio di umanità, professionalità e di esperienza maturato in questa struttura di eccellenza, nata per favorire una maggiore umanizzazione dell'evento parto e garantire una reale centralità della donna e della coppia durante tutta la degenza.
(5-00356)
Interrogazioni a risposta scritta:
ASCARI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
si è appreso da organi di stampa della tragedia del neonato morto all'ospedale Pertini di Roma, a tre giorni dal parto, in data 8 gennaio 2023. Sembrerebbe che il decesso del piccolo sia avvenuto per soffocamento, schiacciato dal corpo della madre addormentatasi sfinita accanto a lui dopo averlo allattato;
la donna avrebbe raccontato di aver tenuto il bambino con sé sin dalle prime ore di vita, nonostante le numerose richieste di assistenza ai sanitari. Una condizione comune a molte donne, lasciate letteralmente sole e senza un sostegno adeguato a gestire i propri bambini dopo numerose ed estenuanti ore di travaglio, seguito dal parto;
oramai da anni nelle strutture ospedaliere viene adottato modello del rooming in, promosso dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dall'Unicef, che consente «la permanenza del neonato e della madre nella stessa stanza in un tempo più lungo possibile durante le 24 ore, salvo quello dedicato alle cure assistenziali». Esso consente alla neomamma di occuparsi fin da subito del neonato, di creare un legame madre-bambino forte ed efficace e di favorire l'allattamento. Inoltre, permette di rilevare tempestivamente eventuali segni patologici o di sofferenza del piccolo;
a quanto pare tale pratica, che dovrebbe costituire un'opportunità, si è rivelata un'imposizione, estremamente gravosa. Durante la pandemia, la mancanza di sostegno da parte di partner e familiari ha avuto un impatto notevole e controproducente sulle donne, trovatesi in completa solitudine e senza il dovuto e necessario maggior supporto da parte delle ostetriche e del personale sanitario, in perenne carenza di organico, costretto a turni di 24 ore e non in grado di garantire assistenza alle partorienti;
in Italia il numero di ostetriche ogni 100 mila abitanti è di 29, 14 in meno rispetto alla media europea: una carenza di 8.300 ostetriche sulle 20 mila iscritte all'ordine;
il diritto alla salute è uno dei diritti sociali di maggiore rilevanza: è compito delle Istituzioni individuare il nucleo di garanzie minime per renderlo effettivo;
è di fondamentale importanza garantire un numero di personale adeguato per vigilare e monitorare il decorso del percorso nascita, valutando le possibili modalità alternative di interazione tra mamma e neonato, per scongiurare il rischio che simili tragedie non si ripetano più;
servono interventi e provvedimenti urgenti e concreti accompagnati da una visione strutturale nel medio-lungo termine –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se e quali iniziative ritenga opportuno adottare per addivenire al più presto ad una soluzione della non più accettabile condizione in cui versano i punti nascita italiani, in particolare al fine di garantire l'assistenza e la sicurezza dei relativi pazienti da parte del personale medico sanitario ivi assegnato e, conseguentemente, salvaguardare il diritto costituzionalmente garantito alla salute dei cittadini.
(4-00410)
MALAVASI, FURFARO, GIRELLI e STUMPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'endometriosi è una malattia femminile a carattere cronico potenzialmente molto invalidante e come si apprende dal sito web del Ministero della salute le donne con diagnosi conclamata di endometriosi sono almeno 3 milioni, circa il 10-15 per cento delle donne in età fertile;
la patologia interessa dal 30 al 50 per cento delle donne infertili o che hanno difficoltà a concepire e la diagnosi arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso, il più delle volte vissuto con gravi ripercussioni psicologiche per la donna. Una limitata consapevolezza della patologia è causa del grave ritardo diagnostico, valutato intorno ai 7 anni;
le donne che soffrono di endometriosi riferiscono dolore mestruale, dolore durante i rapporti sessuali, dolore alla minzione e alla defecazione, a volte accompagnato dalla comparsa di sangue nelle urine o nelle feci. Il dolore può essere cronico e persistente, ma generalmente i sintomi si aggravano durante il periodo mestruale. Alcune donne lamentano astenia e lieve ipertermia, che può accentuarsi nel periodo mestruale, oltre a fenomeni depressivi;
è importante prevedere campagne di informazione e sensibilizzazione ma anche specifica formazione del personale sanitario, perché la capacità di diagnosticare e trattare l'endometriosi è strettamente correlata alla conoscenza che il personale medico, a partire dal ginecologo, ha della malattia;
una pronta diagnosi a partire da un trattamento tempestivo possono migliorare la qualità di vita e prevenire l'infertilità. I medici di medicina generale e i ginecologi operanti sul territorio sono le figure strategiche per una pronta diagnosi e un trattamento in grado di migliorare la vita delle donne;
l'endometriosi è inserita dal 2017 nell'elenco delle patologie croniche e invalidanti, negli stadi clinici più avanzati («moderato o III grado» e «grave o IV grado») riconoscendo a queste pazienti il diritto ad usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche;
in alcune regioni (Toscana ad esempio) viene riconosciuta nei livelli essenziali di assistenza (Lea), tra le possibili prestazioni per le forme più gravi di endometriosi, la possibilità di ricorrere a trattamenti di procreazione medicalmente assistita (Pma), nonché l'acquisto di farmaci con l'esenzione per endometriosi necessari per la procedura di Pma;
il fatto che non tutte le regioni abbiano le stesse prestazioni sanitarie inserite nei Lea lede il diritto alla salute sancito all'articolo 32 della nostra Costituzione di quelle cittadine le cui regioni non riconoscono tali prestazioni, con una evidente disparità di cura e di trattamenti tra le regioni molto penalizzante per la qualità della cura e della vita delle donne –:
se il Ministro interrogato non ritenga doveroso avviare una mappatura delle strutture sanitarie che effettuano la Pma alle donne che soffrono di endometriosi al fine di individuare le differenze regionali per quanto riguarda i criteri di accesso a tale prestazione;
quali siano le differenze e i motivi di tale differenza tra le regioni per quanto riguarda l'erogazione della Pma;
se alla luce dei fatti sopraesposti non ritenga doveroso ed urgente intervenire, per quanto di competenza, affinché sia garantito su tutto il territorio nazionale l'inserimento nei Lea della Pma per quelle donne che soffrono di endometriosi nella forma più grave e debbano ricorrere a tale prestazione medica per poter salvaguardare la loro capacità riproduttiva.
(4-00429)
BENIGNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il 4 febbraio 2023 è stata celebrata, anche in Italia, la «Giornata Mondiale contro il Cancro» istituita dalla World Health Organization e, in questa occasione, il Ministro della salute ha dichiarato che la prevenzione e la cura del cancro sono in cima alle priorità del suo dicastero;
sulla base dei dati pubblicati ne «I numeri del Cancro in Italia 2022», a cura di Aiom e Artium, il tumore alla mammella risulta il più diffuso in Italia sulla popolazione complessiva con 55.700 nuovi casi nel 2022, con un incremento dello 0,5 per cento rispetto al 2020;
quest'ultimo rappresenta il 30,3 per cento di tutti i tumori femminili in Italia, in leggera crescita soprattutto nelle giovani donne e costituisce, ancora, la principale causa di morte per cancro della popolazione femminile mondiale e italiana, con 12.500 decessi nel nostro Paese nel 2022;
grazie alla diagnosi precoce e al miglioramento delle terapie, tuttavia, l'87 per cento delle donne guarisce, specialmente se la diagnosi avviene in fase non avanzata di malattia;
affinché la diagnosi precoce possa avere massima efficacia nella riduzione della mortalità, gli screening mammografico ed ecografico devono essere effettuati:
almeno una volta prima dei 40 anni in caso di familiarità per il tumore al seno e in presenza di fattori di rischio quali fumo, consumo di alcol e obesità;
in tutte le donne in premenopausa e/o in terapia ormonale sostitutiva e/o in menopausa;
un valore aggiunto alla prevenzione è rappresentato dalle diverse soluzioni terapeutiche a disposizione, dalla chirurgia, alla radioterapia, nonché da terapie mediche adiuvanti tra cui le terapie biologiche;
diversi ed autorevoli studi scientifici dimostrano che le terapie biologiche rappresentano, oggi, un'alternativa di cura il cui valore è crescente grazie al contributo che la ricerca farmacologica ha fornito nella generazione di terapie sempre più innovative ed efficaci e grazie anche al beneficio aggiunto che riescono a conferire al paziente in termini precauzionali rispetto alla re-insorgenza della malattia, contribuendo a eradicare eventuali micro-metastasi rimaste occulte in fase chirurgica;
tali terapie consentono ai clinici di meglio definire e modulare le alternative terapeutiche, potendo essere impiegate singolarmente, in maniera complementare o alternata fra loro, per massimizzare la loro efficacia, anche in relazione a fattori biologici e molecolari del tumore, alle necessità, stili di vita e alterazioni genetiche del paziente –:
quali iniziative il Governo intenda attuare per garantire a ciascuna donna il proprio diritto ad una diagnosi precoce per la prevenzione del carcinoma mammario, recuperando gli screening non effettuati durante le fasi acute della pandemia COVID-19;
se vi siano iniziative programmate per eliminare o mitigare ogni difformità territoriale e regionale nell'accesso per il paziente alle migliori diagnosi e terapie su tutto il territorio nazionale;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza o ritenga opportuno promuovere presso l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), nel rispetto dell'autonomia della stessa, l'implementazione di una puntuale attività di horizon scanning volta a identificare e rendere disponibili precocemente sul territorio nazionale le nuove terapie o le nuove indicazioni terapeutiche di farmaci già esistenti per la cura del carcinoma mammario.
(4-00431)
SCERRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da recenti notizie di stampa locale si è appreso del decesso di un giovane agricoltore in seguito ad un attacco cardiaco nel Presidio territoriale di emergenza (Pte) di Pachino, in provincia di Siracusa;
il Pte di Pachino da tempo presenta carenza di medici e, sembrerebbe che anche in quel frangente fosse sprovvisto di medici, seppur, dalle indagini interne, l'Asp di Siracusa ha fatto sapere che «non si rilevano profili di responsabilità del personale sanitario intervenuto nel prestare l'immediato soccorso»;
al di là di fatti, su cui sarà la magistratura a far luce, la carenza di medici, purtroppo, è un problema che investe l'intero Servizio sanitario nazionale;
da una recente elaborazione di dati delle Federazione medici di medicina generale (Fimmg) ed il sindacato dei medici dirigenti Anaao, infatti, si stima che in 5 anni, in Italia si determinerà un'emorragia di 45.000 medici, per effetto dei pensionamenti, che riguarderà sia i medici di famiglia sia i medici del Servizio sanitario nazionale e che, a 10 anni, salirà a 33.392 per i medici di base e 47.284 per i medici ospedalieri, per un totale di 80.676 pensionamenti che non saranno bilanciati da altrettante assunzioni;
la situazione è aggravata dal dilagare del fenomeno dei cosiddetti medici a gettone che attraverso le cooperative vengono inviati nelle strutture pubbliche dove, da dipendenti, verrebbero pagati meno o, magari non avrebbero un contratto tempo indeterminato;
il diritto alla salute è un principio costituzionalmente garantito a tutti e, con decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (articolo 1, comma 7), è stata sancita l'individuazione dei livelli essenziali di assistenza, aggiornati con l'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017;
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, nel definire i livelli essenziali di assistenza sanitaria, considera tali: l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro; l'assistenza distrettuale; l'assistenza ospedaliera e la tutela della salute è declinata anche attraverso la garanzia dei suddetti livelli essenziali di assistenza –:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, considerata la critica situazione illustrata, affinché vengano garantiti i livelli essenziali di assistenza e quindi il diritto alla salute a tutti i cittadini ed in particolare nella Regione Siciliana, con particolare riferimento alla carenza di personale medico nell'isola.
(4-00434)
CERRETO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
è emergenza nel Pronto soccorso dell'ospedale Sant'Anna e San Sebastiano di Caserta, dove la mancanza di posti letto si sta drammaticamente ripercuotendo anche sul servizio delle ambulanze e del 118;
come si legge nell'esposto che Gennaro Mona, presidente dell'Ordine degli infermieri, ha presentato al prefetto di Caserta, al tribunale dei diritti dei malati e ai direttori dell'ASL e dell'Azienda ospedaliera di Caserta, «All'Ordine sono giunte numerose lamentele sui disagi patiti dagli addetti del 118, che si ritrovano nell'impossibilità di “sbarellare” il paziente una volta giunti al Pronto soccorso per carenza di posti letto. Questa situazione impedisce la ripartenza delle autoambulanze in quanto sprovviste di barella. Questi disagi lavorativi non sono tollerabili, sia perché pregiudicano l'equilibrio psico-fisico degli operatori, indispensabile per garantire l'espletamento di un'attività professionale di qualità e priva di qualsiasi esposizione a rischio, sia perché costituiscono una interruzione di fatto del servizio 118. Rappresento la più ferma protesta per una vicenda che vede danneggiati non solo gli infermieri coinvolti ma soprattutto l'utenza che è esposta al rischio di non ricevere la giusta assistenza, il tutto aggravato dalla circostanza che, dovendo gli operatori sanitari agire secondo precisi protocolli, la loro inosservanza, alla luce della recente legge Gelli, integra la fattispecie della colpa grave, con conseguente obbligo di risarcire l'eventuale danno cagionato»;
a causa dell'assenza di posti letto, le barelle, necessarie al trasporto dei malati per i mezzi di emergenza, vengono utilizzate come lettini di fortuna all'interno dell'ospedale, bloccando, inevitabilmente, la ripartenza delle ambulanze e, quindi, anche il servizio di soccorso a persone in difficoltà che hanno contattato il 118; tutte criticità che si ripercuotono tanto sui pazienti quanto sul personale del servizio 118 e, soprattutto, che in qualunque momento potrebbero costare la vita al paziente;
l'atto aziendale dell'Aorn Caserta prevede all'interno del Pronto soccorso un'unità operativa osservazione breve intensiva (O.b.i.), dove dovrebbero essere inviati dai medici i pazienti che non necessitano di ricovero immediato, ma di una terapia con osservazione per alcune ore e/o approfondimento diagnostico; il condizionale è d'obbligo, però, perché, secondo quanto consta all'interrogante, per mancanza di personale tutto questo nel Pronto soccorso dell'ospedale di Caserta non avviene ed è uno dei motivi per cui i tempi di intervento sono inadeguati;
quella dell'ospedale di Caserta è una situazione drammatica che, purtroppo, l'accomuna negativamente a troppi altri ospedali d'Italia, come ci hanno abituato a sentire le cronache nazionali negli ultimi anni, e anche negli ultimi giorni: pazienti «parcheggiati» sulle barelle del 118 in attesa che l'ospedale che li prenda in cura; infermieri costretti ad orari estenuanti; ritardi negli altri soccorsi –:
considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere in merito, anche attraverso una verifica della copertura degli organici, della ripartizione tra i vari ospedali delle risorse finanziarie pubbliche, nonché del rispetto del decoro e della dignità dei pazienti;
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine dell'attivazione dell'O.b.i. nel Pronto soccorso dell'ospedale di Caserta e al potenziamento adeguato dell'organico, anche attraverso lo scorrimento delle graduatorie vigenti del personale infermieristico e degli operatori di supporto;
se il Governo non ritenga necessario attivare un tavolo tecnico-istituzionale volto a trovare le soluzioni migliori per ripensare e valorizzare il ruolo degli ospedali all'interno di un nuovo modello di cura, in un sistema sanitario più efficace, sostenibile e utile al cittadino, anche attraverso una profonda revisione del decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015.
(4-00436)
RUFFINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da fonti di stampa locali è emersa nei giorni scorsi la preoccupante storia di una sfortunata famiglia piemontese, residente nel comune di Castagnole Piemonte della città metropolitana di Torino, le cui bimbe rispettivamente di 3 e 1 anno di età avevano contratto una salmonella di tipo B;
contestualmente, i genitori avevano ricevuto comunicazione dall'Asl TO5 secondo cui dal giorno dopo, senza quindi alcun preavviso, la pediatra a loro assegnata avrebbe cessato il servizio presso quel comune e che, quindi, avrebbero dovuto avviare la procedura di nuova assegnazione tramite Spid sulla piattaforma «Piemontesalute», la quale però risultava inaccessibile;
all'atto della dimissione della figlia maggiore, per un errore amministrativo e informatico, è stato comunicato al padre che avrebbe dovuto pagare il ricovero e le cure, per un totale di circa 13 mila euro;
a quel punto, sarebbe stato necessario l'intervento di diversi soggetti, tra cui il sindaco del comune di Castagnole, alcuni consiglieri regionali e lo stesso direttore di distretto dell'Asl, per assegnare urgentemente alla bambina un pediatra e porre fine a un intoppo che non ha fatto altro che aggravare una situazione già di per sé gravosa per entrambi i genitori;
lo stesso sindaco di Castagnole, Mattia Sandrone, da tempo segnala che nel piccolo comune, e solamente nell'ultimo anno, si sono succeduti almeno tre pediatri che arrivano, rimangono per poco tempo e successivamente si spostano altrove, e che un'assenza analoga riguarda, peraltro, anche la figura dei medici di base;
alla fine la faccenda specifica si è per fortuna risolta, ma con un inutile aggravio di preoccupazioni e ansie per la famiglia in questione, la cui unica colpa è stata quella di essere vittima incrociata di diversi elementi; il quasi nullo preavviso di cessazione del servizio da parte del pediatra, il mancato funzionamento della piattaforma «Piemontesalute» e l'assenza di comunicazione tra le diverse istituzioni sanitarie;
l'esempio qui richiamato fa da eco alle croniche assenze di pediatri e medici di base che si registrano in tutte le regioni italiane e che rendono sempre più difficile per i cittadini accedere alle cure che dovrebbero essere garantite dal sistema sanitario nazionale, senza peraltro considerare l'altra grave problematica delle liste d'attesa;
purtroppo, occorre qui ricordare come il 31 dicembre 2022 sia scaduto il termine per accedere al Mes sanitario, il quale avrebbe garantito 37 miliardi di euro da usare unicamente a favore del sistema sanitario nazionale, ma che per meri motivi ideologici si è deciso di privare il nostro Paese di tali preziose risorse;
attualmente in Italia ci sono circa 50 mila tra medici e pediatri di famiglia, già di per sé insufficienti – basti considerare che una regione come il Piemonte ha innalzato da 800 a 1.200 il massimale di pazienti per ogni pediatra – e nei prossimi sei anni, considerando le uscite e i mancati ricambi, ne mancheranno circa 25 mila, che comporterà in poco tempo un ulteriore peggioramento della già lacunosa copertura del territorio –:
quali siano le soluzioni e le relative tempistiche di implementazione che il Governo intende porre in essere per rimediare alle evidenti e gravi lacune del Servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla carenza di pediatri e medici di base.
(4-00462)
TURISMO
Interrogazione a risposta scritta:
TASSINARI. — Al Ministro del turismo, al Ministro per lo sport e i giovani, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
l'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù (AIG), ente storico e patrimonio del Paese, è stata costituita il 19 dicembre 1945 con l'intervento, tra gli altri, dei rappresentanti del Ministero dell'interno, del commissario straordinario dell'Ente nazionale industrie turistiche, della direzione generale del turismo, del commissario nazionale gioventù italiana, con un apporto economico iniziale da parte dello Stato, come fondo di dotazione;
l'Associazione è ente morale a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli affari esteri, nonché riconosciuto quale ente assistenziale a carattere nazionale con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40; infine, con il decreto-legge n. 97 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1995, è stato riconosciuto definitivamente ente culturale;
inoltre, l'associazione è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale;
l'Italia, anche grazie ad AIG, è da sempre Paese membro qualificato della International Youth Hostel Federation, di cui fanno parte oltre ottanta nazioni;
l'Associazione si è sempre occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco, anche attraverso la medesima rete della International Youth Hostel Federation;
il Governo, a più riprese, ha confermato di essere a conoscenza della situazione in cui versa l'AIG;
nella scorsa legislatura sono stati presentati sull'argomento diversi atti di sindacato ispettivo: in risposta all'interrogazione n. 4-09762 il Ministro del turismo ha ribadito che intende «individuare ogni ulteriore soluzione utile a livello normativo, che consenta di affrontare la difficile situazione in cui versa l'Associazione, tutelarne il patrimonio e il livello occupazionale, per evitarne la chiusura definitiva e salvaguardarne le descritte attività che, per il settore del turismo, assumono particolare rilievo»; rispondendo all'interrogazione n. 4-09793 il Ministro delle politiche giovanili ha sottolineato di aver espresso parere favorevole alle norme presentate, con una riformulazione tesa ad un maggiore coinvolgimento del Dipartimento per le politiche giovanili ed il Servizio civile universale; analoghe risposte sono state rese dal Governo in Aula alla Camera alle iniziative n. 2-01285 e n. 3-02654;
il Ministro Santanchè, recentemente, ha ribadito «l'interesse e il sostegno che questo Ministero ha sempre dimostrato per la situazione dell'Associazione, in virtù del suo ruolo nella promozione del turismo giovanile»;
il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/2305/99 nella XVIII Legislatura e gli ordini del giorno n. 9/643-bis-AR/153 e n. 9/643-bis-AR/215 nella presente Legislatura;
tutte le forze politiche, sia alla Camera che al Senato, a più riprese, nella XVIII Legislatura, hanno presentato analogo emendamento che non ha tuttavia trovato spazio nella conversione dei decreti emergenziali, nonostante i pareri favorevoli del Ministero del turismo e delle politiche giovanili;
il perdurare della situazione rischia di compromettere, irrimediabilmente, il patrimonio materiale e immateriale;
alla legge di bilancio per il 2023 sono stati presentati gli emendamenti 106.03. Pastorino, 106.04. Furfaro, Ciani, Girelli, Malavasi, Stumpo, 106.08. Gnassi, Peluffo, Casu, 106.09. Boschi, 106.014. Battistoni, De Palma, Rossello, D'Attis, Cannizzaro;
la gravissima crisi economica che ha colpito l'Italia a causa del COVID-19 rende necessario adottare misure e strumenti di sostegno al turismo e alle categorie più svantaggiate, tra cui quelle giovanili e quelli a basso reddito –:
quali tempestive iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per tutelare il marchio storico, il patrimonio mobiliare e immobiliare, il livello occupazionale, i servizi di utilità sociali dell'ente.
(4-00417)
Apposizione di firme ad una mozione
e modifica dell'ordine dei firmatari.
Mozione Serracchiani e altri n. 1-00060, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Richetti, Bonelli, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli. Contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Serracchiani, Richetti, Zanella, Bonafè, De Luca, Provenzano, Casu, De Maria, Ferrari, Fornaro, Ghio, Toni Ricciardi, Roggiani, Grimaldi, Mari, Bonelli, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli».
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Bonetti e altri n. 1-00061, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ruffino.
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta in Commissione Simiani n. 5-00159, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fossi.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
AMENDOLA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
in Basilicata la popolazione scolastica è scesa da 79.568 unità riferite all'anno scolastico 2017-2018 alle 70.802 unità dell'anno scolastico in corso con una perdita netta di 8.766 studenti;
tale dato è stato reso noto dall'Unione delle province italiane (Upi) Basilicata;
lo spopolamento delle aree interne e dei piccoli comuni della regione Basilicata è fenomeno ormai, purtroppo, conclamato da tempo, non reversibile nel breve e medio periodo e questo si ripercuote anche sui servizi scolastici;
gli istituti scolastici si intendono dimensionati per l'assegnazione del dirigente e il direttore dei servizi generali e amministrativi quando il numero di studenti iscritti è pari o superiore a 600, ridotto a 400 per i comuni montani, delle piccole isole o delle aree con specificità linguistica;
la legge n. 234 del 30 dicembre 2021, legge di bilancio per l'anno 2022 e pluriennale per il triennio 2022-2024, ha fissato per gli anni scolastici 2022/2023 e 2023/2024 il limite inferiore a 300 unità e a 500 quello superiore derogando alla previsione di legge richiamata in precedenza;
è del tutto evidente che per le aree interne, le zone montane e le piccole isole, sarebbe un problema assai rilevante qualora dalla fine del prossimo anno scolastico (2023/2024) si tornasse ai parametri preesistenti poiché ciò determinerebbe la soppressione di sedi e istituti proprio nelle aree maggiormente svantaggiate pregiudicando di fatto il diritto allo studio;
considerato che il dirigente scolastico può efficientare l'organizzazione del proprio istituto in un arco temporale triennale, la scadenza dei limiti attualmente in essere (300 e 500) impedirebbe, per le scuole che si trovassero in tale condizione, l'assegnazione stessa del dirigente e del direttore dei servizi generali e amministrativi –:
se e quali iniziative normative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di rendere definitivi gli attuali riferimenti di dimensionamento per l'attribuzione del dirigente scolastico e del direttore dei servizi generali e amministrativi (300 e 500) proprio a tutela delle aree svantaggiate, montane e delle piccole isole, e se intenda valutare la possibilità di considerare un istituto scolastico dimensionato qualora, indipendentemente dal numero di studenti iscritti, comprenda le sedi di quattro comuni oltre a quello dell'istituto principale, sede della presidenza, ciò al fine di garantire la presenza del dirigente anche nei plessi dei comuni aggregati all'istituto principale, in situazioni specifiche in cui orografia e carenze infrastrutturali incidessero in maniera rilevante.
(4-00071)
Risposta. – Con l'interrogazione in esame si pone la questione del dimensionamento della rete scolastica ai fini dell'attribuzione alle scuole del dirigente scolastico (DS) e del direttore dei servizi generali e amministrativi (DSGA).
Al riguardo, si precisa che la riforma del dimensionamento scolastico costituisce uno specifico obiettivo del Piano nazionale ripresa e resilienza (PNRR) il cui target era fissato al 31 dicembre 2022.
Ciò posto, la riforma è stata inserita nella legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022) e prevede, a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, l'adozione di un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 31 maggio dell'anno precedente a quello di riferimento, previo accordo in Conferenza unificata, per stabilire i criteri della definizione del contingente di DS e DSGA e la relativa distribuzione tra le regioni, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale, nonché della necessità di salvaguardare le istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.
In caso di mancata adozione del richiamato decreto (entro il 31 maggio) è prevista l'adozione di un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 giugno, per la definizione del contingente di DS e DSGA sulla base di un coefficiente non inferiore a 900 e non superiore a 1000 e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la salvaguardia delle specificità territoriali e linguistiche, nonché da un parametro perequativo per garantire a tutte le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno lo stesso numero di istituzioni scolastiche (secondo il parametro 600/400 alunni/studenti).
Per l'anno scolastico 2023/2024 si applicano i parametri dimensionali di cui alla legge di bilancio 2021 che prevede l'assegnazione di un DS e un DSGA alle istituzioni scolastiche con un numero di alunni non inferiore a 500 e fino a 300 unità per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.
Corre l'obbligo precisare che la misura introdotta con la legge di bilancio 2021 era di natura temporanea, in quanto limitata agli anni scolastici 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024 e risulta, in ogni caso, incompatibile con gli obiettivi introdotti dal PNRR e, dunque, in alcun modo, ulteriormente prorogabile.
La riforma consentirà alle regioni di procedere in piena autonomia a una pianificazione, a livello locale, adeguata alle esigenze del territorio e, contestualmente, al Ministero di programmare un piano di assunzioni sulla base dell'effettivo fabbisogno, tenuto conto del personale attualmente in servizio e della stima delle cessazioni per i prossimi anni.
In ultimo, si fa presente che la nuova disciplina consente risparmi di spesa che confluiscono in un fondo, costituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito, da reinvestire in modo strutturale a favore del sistema scolastico per valorizzare le molteplici professionalità del sistema scolastico.
Infatti, tra le finalità del predetto fondo vi è, tra le altre, proprio quella di incrementare il Fondo unico nazionale della dirigenza scolastica ed il Fondo integrativo di istituto, anche con riferimento alle indennità destinate ai direttori dei servizi generali ed amministrativi.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.
AMORESE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il carcere di Massa è considerato a «trattamento avanzato» per le tante attività lavorative che vi svolgono e un istituto modello;
il sindacato della polizia penitenziaria Osapp denuncia che in data 27 dicembre 2022 nel carcere di Massa «un detenuto proveniente dal carcere di Spoleto (Pg) ove già si era reso responsabile di atti violenti nei confronti dei poliziotti penitenziari, senza alcun motivo, ha dapprima aggredito un ispettore e un assistente capo, successivamente ha tentato di colpire anche il comandante di reparto, non riuscendo nel suo scopo grazie all'intervento di altri colleghi subito intervenuti»;
tale detenuto era stato arrestato a Massa ed era stato trasferito ad altro carcere dopo essersi reso responsabile di varie aggressioni –:
se sia a conoscenza della denuncia fatta dal sindacato Osapp;
se e quali iniziative intenda adottare per appurare l'esatto svolgimento dei fatti;
quali provvedimenti vengano adottati nei confronti dei detenuti che si rendono responsabili di aggressioni;
con quali criteri tali detenuti violenti vengano assegnati ai vari istituti penitenziari dall'ufficio detenuti del provveditorato generale;
se si intenda valorizzare il carcere di Massa e in genere le strutture «a trattamento avanzato»;
se non intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative ispettive presso gli uffici del Provveditorato regionale e quali conseguenti eventuali iniziative intenda assumere.
(4-00215)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante, riferendo dell'aggressione occorsa in data 27 dicembre 2022 in danno di due operatori della polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Massa, avanza precipui quesiti circa i fatti occorsi, le sanzioni a carico dei detenuti violenti e le modalità di individuazione dell'istituto penitenziario.
Orbene, va subito evidenziato come la tutela psicofisica degli agenti della polizia penitenziaria, unitamente a quella degli operatori tutti e, naturalmente, dei ristretti in carcere, è dovere primario dell'Amministrazione, perseguito costantemente con impegno.
Ciò ribadito, passando al grave episodio indicato, questo è riconducibile a detenuto di nazionalità straniera trasferito nel carcere di Massa per motivi di sicurezza dalla casa di reclusione di Spoleto.
Il detenuto, espletate le operazioni di ingresso, veniva sottoposto a consueta visita medica presso la locale infermeria; successivamente, dopo un colloquio intrattenuto con l'ispettore di sorveglianza generale, con fare abbastanza nervoso, pretendeva di essere liberato subito.
Nonostante i tentativi di persuasione da parte dell'ispettore di turno, ed iniziato a discutere animatamente con il funzionario giuridico pedagogico presente, evidenziava un atteggiamento aggressivo.
Interveniva ancora una volta l'ispettore di sorveglianza, nel tentativo di riportarlo alla calma e allontanarlo dal funzionario.
Il comandante del reparto, allarmata dalle urla, usciva dall'ufficio e intentava un dialogo con il detenuto, ma questi rifiutava qualsiasi forma di confronto verbale e, con toni minacciosi, «ordinava» al comandante di scarcerarlo subito, poiché liberante.
Il comandante rappresentava al detenuto che non era possibile venire incontro alla sua richiesta, evidenziandogli che il suo fine pena era fissato al 2026.
Subito dopo ne scaturiva una vera e propria aggressione fisica ai danni dell'ispettore, il quale veniva attinto al volto e alla gamba dai colpi del detenuto; interveniva anche il preposto per difendere l'ispettore, il quale, tuttavia, continuava a essere bersaglio della violenza del ristretto.
Sopraggiunto altro personale per contenere il detenuto, questi veniva condotto nel reparto di assegnazione dove veniva sottoposto a isolamento cautelare, previa visita del sanitario di turno, con contestuale provvedimento di grande sorveglianza attiva per atteggiamenti etero aggressivi.
A seguito dell'aggressione subita, l'ispettore di sorveglianza e un assistente capo ricorrevano alle cure del locale pronto soccorso, da dove poi venivano dimessi, rispettivamente, con cinque e due giorni di prognosi.
La direzione richiedeva l'immediato allontanamento del detenuto per motivi di ordine e sicurezza.
Il 29 dicembre 2022, su disposizione del provveditorato regionale e in conformità alle circolari vigenti, il ristretto veniva trasferito presso la casa circondariale di Terni (unica struttura del distretto da cui il detenuto non risultava essere stato allontanato per motivi di ordine e sicurezza), nelle more delle determinazioni della direzione generale dei detenuti e del trattamento, cui veniva richiesta un'assegnazione extra distretto (poiché presso la casa circondariale di Terni è presente altro detenuto con cui R.S. ha il divieto di incontro).
Il 6 gennaio 2023 veniva quindi disposto il trasferimento presso gli istituti penali di Reggio Emilia, ove allo stato è allocato presso la sezione circondariale a custodia aperta.
Per i fatti verificatisi presso la casa di reclusione di Massa, il detenuto è stato deferito all'Autorità giudiziaria.
Si rappresenta, per completezza, che, dal 1° gennaio 2022 al 10 gennaio 2023 (data dell'ultima rilevazione comunicata), si sono registrati n. 6 episodi di aggressione fisica ai danni del personale di Polizia penitenziaria in servizio presso la casa di reclusione di Massa.
Quanto sopra precisato, si evidenzia che la casa di reclusione di Massa è destinata a ospitare detenuti con eterogenei programmi penitenziari ed è caratterizzata da una forte vocazione trattamentale e da un regime penitenziario interno aperto, che ne rappresenta il suo punto di forza (il 94,32 per cento dei detenuti è in sezioni a custodia aperta).
La struttura, come peraltro già previsto nel regolamento interno ex articolo 16 ordinamento penitenziario, si articola in cinque sezioni a custodia aperta, che sono organizzate in base al principio della progressione trattamentale.
Per quanto attiene ai trasferimenti dei detenuti per motivi di ordine e sicurezza, la procedura adottata è quella prevista dalla circolare DAP del 26 febbraio 2014, n. 3654/6104, appunto rubricata Disposizioni in materia di trasferimenti di detenuti, nella quale viene evidenziato che i trasferimenti per motivi di sicurezza, in considerazione dell'attuazione dei circuiti regionali e in ossequio al principio di territorialità della pena, dovranno, di regola, essere gestiti dai provveditorati all'interno del distretto di competenza.
Tali trasferimenti saranno ammessi soltanto nelle ipotesi in cui la permanenza di un detenuto in un determinato contesto detentivo comporti in concreto, nonostante l'applicazione della sanzione disciplinare, un rischio effettivo per l'incolumità di terze persone, per l'ordine e la sicurezza interna dell'istituto, ovvero in relazione alle ipotesi in cui sia necessario tutelare l'incolumità dello stesso.
Nel caso in cui venga ravvisata la necessità di dover richiedere l'allontanamento di un detenuto per motivi di sicurezza, in esecuzione di quanto disposto dall'articolo 42 ordinamento penitenziario, occorre una proposta di trasferimento compendiata di elementi concreti e oggettivi.
Le proposte di trasferimento sono quindi inoltrate al provveditorato regionale competente che, nel caso in cui ritenga di non poter provvedere nell'ambito del distretto, con adeguata motivazione, dovrà investire la competente direzione generale dei detenuti e del trattamento cui, in ogni caso, provvederà a comunicare i provvedimenti adottati.
Recente è poi l'adozione della circolare DAP 10 ottobre 2018, n. 0316870 anch'essa adottata per i casi di Trasferimenti dei detenuti per motivi di sicurezza, nella quale viene evidenziato che le relative richieste dovranno riguardare quei soggetti responsabili di aggressioni consumate o tentate nei confronti del personale dell'Amministrazione penitenziaria, del personale medico o infermieristico o di volontariato, le aggressioni consumate o tentate nei confronti di altri detenuti, i danneggiamenti dei beni dell'Amministrazione e qualsiasi altro evento di violenza.
Il provvedimento decisorio dovrà essere adottato dai provveditorati regionali, i quali disporranno il trasferimento del detenuto presso altro istituto del distretto.
Inoltre, nei casi da considerarsi più gravi, la direzione generale dei detenuti e del trattamento, acquisiti tutti gli elementi informativi più utili, potrà provvedere, anche su richiesta del capo del dipartimento, al trasferimento del detenuto o dei detenuti interessati dall'evento critico, disponendone l'assegnazione presso altro istituto extra-distretto.
Invero ben sussistono altresì direttive volte alla prevenzione delle condotte aggressive poste in essere dai detenuti: in tema si evidenzia la circolare DAP del 26 maggio 2015, con cui è stata data disposizione ai provveditorati regionali di individuare alcune sezioni ove allocare quei detenuti non ancora pronti per il regime aperto, o incompatibili con lo stesso, in osservanza di quanto previsto dall'articolo 32 del regolamento di esecuzione penitenziaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000), ove si prevede, infatti, che i detenuti e gli internati che abbiano un comportamento tale da richiedere particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, siano assegnati ad appositi istituti o sezioni ove sia più agevole adottare le suddette cautele.
Naturalmente, l'individuazione di tali sezioni non risponde a una logica di isolamento o punizione, bensì a un'idonea attività trattamentale che miri ad agevolare, per i soggetti che vi sono assegnati, il ritorno al regime comune «aperto» e, nel contempo, a salvaguardare detto regime da attività negative di prevaricazioni e violenza.
È comunque previsto che l'allocazione presso tali sezioni venga verificata dalle direzioni periodicamente, con cadenza semestrale, al fine di appurare la permanenza delle ragioni della separazione dei soggetti che vi sono assegnati dalla restante popolazione detenuta.
Ancora, con la recente circolare 22 luglio 2020, rubricata Aggressioni al personale – linee di intervento, viene evidenziata la necessità, ai fini di un ridimensionamento della portata del fenomeno delle aggressioni, di ricorrere a un approccio integrato che tenga conto sia delle esigenze di prevenzione sia delle conseguenze che scaturiscono dalla consumazione degli eventi di aggressione.
A fronte degli episodi di aggressione indirizzati contro il personale in servizio, pronta ed efficace deve essere l'azione della Polizia penitenziaria per la prevenzione di tali tipi di condotte; incisiva, dopo l'avvenuta individuazione dei responsabili delle infrazioni, la procedura disciplinare; puntuale l'attuazione delle direttive sui trasferimenti per ragioni di ordine e di sicurezza.
Sarà fondamentale evitare che nella popolazione ristretta possa diffondersi la percezione di un clima di impunità, con conseguenze negative sulla garanzia dell'ordine e della disciplina.
La redazione del rapporto disciplinare da parte di chi consuma direttamente o viene a conoscenza che una infrazione è stata commessa è atto obbligatorio e non discrezionale e deve essere effettuata in modo tale che il citato rapporto risulti completo e chiaro con una puntuale descrizione dei fatti oggettiva, priva di qualsiasi valutazione di carattere personale.
Inoltre, con circolare 31 marzo 2021 si è proceduto ulteriormente a sensibilizzare i provveditori regionali, i direttori degli istituti penitenziari e i comandanti di reparto, ciascuno nell'ambito di rispettiva competenza, al fine di assicurare la più stretta e scrupolosa osservanza della circolare del 22 luglio 2020 e, con essa, l'assunzione di tutte le necessarie iniziative a tutela dell'ordine e della sicurezza all'interno degli istituti penitenziari.
Infine, proprio in ragione dei numerosi eventi critici, anche di particolare gravità, all'interno degli istituti, concretizzatisi in atti di violenza nei confronti di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e operatori appartenenti ad altri ruoli, il DAP, con ordine di servizio 10 agosto 2022, n. 1389, ha disposto l'istituzione del Gruppo di analisi permanente sulle aggressioni, con il precipuo compito di analizzare quotidianamente, in tempi rapidi, i dati relativi ai fatti di specie e condurre un'istruttoria completa su ogni vicenda, anche attraverso il contatto per le vie brevi con le articolazioni territoriali coinvolte.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
CAROTENUTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
a Sharm el-Sheikh si è tenuta la 27a Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27);
le Conferenze delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici rappresentano un appuntamento decisivo nel cammino verso la compiuta attuazione dell'Accordo sul clima di Parigi del 2015;
la COP27 è stata aperta dal messaggio del Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, il quale ha affermato: «Questa Conferenza delle Nazioni Unite sul clima ci ricorda che la risposta è nelle nostre mani. E il tempo scorre. Stiamo combattendo. E stiamo perdendo. Le emissioni di gas serra continuano a crescere. Le temperature globali continuano a salire. E il nostro pianeta si sta avvicinando rapidamente a punti critici che renderanno il caos climatico irreversibile. Siamo su un'autostrada per l'inferno climatico con il piede ancora sull'acceleratore»;
Alaa Abd el-Fattah, attivista anglo-egiziano, ritenuto il volto più autorevole dell'opposizione all'attuale Presidente al Sisi, risulta essere detenuto da circa nove anni in un carcere egiziano;
come riportato da numerosi media, Alaa Abd el-Fattah per mesi ha portato avanti un duro sciopero della fame al quale, in concomitanza con la COP27, ha aggiunto per qualche giorno anche un rischioso sciopero della sete;
il rilascio immediato dell'attivista è stato chiesto dalle Nazioni Unite. La portavoce Ravina Shamdasani ha, infatti, dichiarato che: «L'alto commissario Onu per i diritti umani Volker Turk ha espresso profondo rammarico per il fatto che le autorità egiziane non abbiano ancora rilasciato il blogger e attivista Alaa Abd el-Fattah; siamo molto preoccupati per la sua salute»;
inoltre, il Segretario generale Guterres, a margine della COP27, ha parlato del caso con le autorità egiziane, così come il Primo ministro britannico Sunak e il Presidente francese Macron;
negli ultimi anni la situazione concernente la dimensione del rispetto dei diritti umani in Egitto è sensibilmente peggiorata, come denunciato da numerose voci nazionali e internazionali, vedasi anche le relazioni annuali di Human Rights Watch;
tra i casi più eclatanti si ricorda la drammatica vicenda dell'uccisione del ricercatore Giulio Regeni, rispetto alla quale giustizia deve essere ancora fatta, così come devono essere definitivamente chiarite le eventuali responsabilità di soggetti appartenenti agli apparati di sicurezza egiziani; si ricorda che, secondo le ricostruzioni della magistratura italiana, il giovane fu portato lentamente alla morte attraverso torture e sevizie con oggetti roventi, calci, pugni, lame e bastoni che gli causarono inaudite sofferenze fisiche;
il Presidente del Consiglio Meloni, a margine del vertice di Sharm el-Sheikh, ha incontrato il Presidente al Sisi e, nel contesto del colloquio bilaterale, si è parlato di approvvigionamento energetico, fonti rinnovabili, crisi climatica e immigrazione. Inoltre, come riferito da diverse fonti, tale dialogo ha fornito una opportunità al Presidente Meloni per sollevare il tema del rispetto dei diritti umani evidenziando la forte attenzione dell'Italia sui casi Regeni e Zaki –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti e quale sia la posizione che intenda assumere il Governo;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda tempestivamente promuovere, nelle opportune sedi internazionali, al fine di salvaguardare l'incolumità fisica di Alaa Abd el-Fattah e porre termine al suo stato di detenzione.
(4-00160)
Risposta. – Nelle relazioni tra l'Italia e l'Egitto, il tema della tutela dei diritti umani assume necessariamente un rilievo centrale. Nell'incontro tenutosi il 7 novembre a margine della COP27 tra il Presidente egiziano Al Sisi e il Signor Presidente del Consiglio dei ministri, quest'ultimo ha rimarcato il rilievo del tema dei diritti umani per l'Italia e le forti sensibilità del nostro Paese rispetto ai casi di Giulio Regeni e di Patrick Zaki. Dal canto suo, come ricordato nell'audizione programmatica dello scorso 13 dicembre presso le Commissioni riunite affari esteri e comunitari della Camera dei deputati ed esteri e difesa del Senato della Repubblica, il Vice Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale onorevole Antonio Tajani ha sollevato il tema nell'incontro del 1o dicembre con l'omologo egiziano Shoukry.
L'ambasciata al Cairo partecipa inoltre attivamente ai meccanismi di coordinamento esistenti in loco sia tra Stati membri dell'Unione europea, che nel formato dei Paesi amici (che include Paesi extraeuropei come Stati Uniti, Canada, Australia, ed altri).
Questi gruppi consentono agli Stati che ne fanno parte di confrontarsi e di portare avanti iniziative congiunte per promuovere i diritti umani e le libertà civili e politiche. Un esempio concreto di tali iniziative, che vedono l'ambasciata in prima linea come promotore e partecipante, è quello della cosiddetta «Osservazione dei Processi». Il meccanismo prevede una presenza a rotazione degli Stati coinvolti alle udienze di processi di interesse sotto il profilo dei diritti umani, per dare un segnale di attenzione. I diplomatici europei che partecipano lo fanno in rappresentanza dell'intera Unione europea. In coordinamento con i partner, l'ambasciata mantiene anche contatti con le principali associazioni attive nel campo, segue da vicino i principali casi di detenuti politici e le misure messe in atto dal Governo egiziano nel quadro della strategia nazionale per i diritti umani, il dialogo nazionale, come anche le più recenti decisioni di rilascio di detenuti.
L'azione sopra descritta è portata avanti anche riguardo al caso dell'attivista Alaa Abdel-Fattah, i cui sviluppi sono e continueranno ad essere attentamente monitorati e oggetto di regolare confronto con i Paesi partner, nell'auspicio di una positiva risoluzione del caso.
Parallelamente all'incessante azione condotta sul piano bilaterale, anche nei competenti fori multilaterali in materia di diritti umani, l'Italia, insieme ai partner UE, mantiene alta l'attenzione sulla situazione dei diritti umani in Egitto. In tal senso, nell'ambito del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che si riunisce tre volte l'anno in sessione ordinaria, l'Unione europea ha continuato a esprimere preoccupazione per la situazione dei diritti umani nel Paese, con particolare riferimento alle restrizioni degli spazi della società civile e all'erosione delle libertà fondamentali, chiedendo, tra l'altro, la liberazione degli attivisti difensori dei diritti umani.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
FORNARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
il 6 giugno del 2021 il consiglio dell'Istituto comprensivo «Malipiero» di Marcon (Ve) ha deliberato di intitolare la nuova scuola primaria all'onorevole ed ex Ministro Tina Anselmi;
Tina Anselmi, nata a Castelfranco Veneto nel 1927 e ivi deceduta nel 2016, è stata combattente della Resistenza, in seguito parlamentare eletta nella circoscrizione di Treviso-Venezia, prima donna a ricoprire il ruolo di Ministro, la prima a proporre una legge nazionale sulle «Pari opportunità» nel 1977, e a lei si deve la legge che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale. Il consiglio d'istituto, sottolineando il legame della Anselmi con il territorio del comune di Marcon, ha altresì evidenziato come l'intitolazione della scuola a suo nome riveste un particolare significato in occasione dell'entrata a pieno titolo dell'educazione civica nel programma scolastico;
la procedura per intitolare una scuola risponde alla circolare ministeriale n. 313 del 12 novembre 1980, che richiama la legge del 23 giugno 1927, n. 1188. In primo luogo occorre la deliberazione del consiglio di istituto, sentito il collegio dei docenti, che viene successivamente inviata all'Ufficio scolastico, che acquisisce le valutazioni del prefetto e della giunta comunale;
il consiglio comunale del comune di Marcon, pur non avendo competenze in materia, in data 22 settembre 2022, ha approvato a maggioranza una mozione per intitolare la scuola al divulgatore scientifico Piero Angela, recentemente scomparso;
la giunta comunale, con delibera del 6 ottobre 2022, ha espresso parere non favorevole al nome indicato in quanto «si ritiene opportuno individuare una personalità non avente carattere politico considerato che l'intitolazione di una scuola dovrebbe avere una valenza soprattutto educativa piuttosto che ideologica»;
il 21 novembre 2022, il consiglio di istituto ha nuovamente deliberato, sempre ai sensi della circolare ministeriale che prevede, in caso di parere negativo da parte dell'amministrazione comunale, una nuova deliberazione e, successivamente, il coinvolgimento del Ministro dell'interno tramite il prefetto, a larghissima maggioranza (17 voti favorevoli su 18) l'indicazione del nome di Tina Anselmi, ribadendo come la intitolazione fosse perfettamente coerente con la figura e il ruolo svolto dalla dirigente politica veneta che, in tutta la sua vita, ha rappresentato un punto di riferimento straordinario per il territorio e per le politiche in favore dei giovani e dell'educazione;
il giorno successivo (22 novembre 2022), intervenendo sul suo profilo Facebook, il sindaco di Marcon, Matteo Romanello, ribadendo il parere contrario alla scelta del consiglio di Istituto, ha scritto che avrebbe chiesto «le formali dimissioni di tutto il consiglio d'istituto» il quale, a suo avviso, si sarebbe comportato «in piena contraddizione con quanto previsto dalla circolare ministeriale» sopra citata –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere affinché si pervenga ad una soluzione della vicenda pienamente rispettosa del ruolo degli organi coinvolti.
(4-00116)
Risposta. — Per rispondere compiutamente all'interrogazione si richiama, preliminarmente, la legge n. 1188 del 23 giugno 1927 che, all'articolo 3, stabilisce che nessun monumento, lapide o altro ricordo permanente può essere dedicato in luogo pubblico o aperto al pubblico, a persone che non siano decedute da almeno 10 anni.
All'articolo 4, si attribuisce al Ministro per l'interno la facoltà di consentire la deroga alla suindicata disposizione in casi eccezionali, ossia, quando si tratti di persone che abbiano benemeritato della Nazione.
Ciò premesso, il procedimento di intitolazione delle scuole è specificamente disciplinato dalla circolare n. 313 del 1980 del Ministero dell'istruzione, a suo tempo condivisa con il Ministero dell'interno.
Tale circolare, per quanto concerne le intitolazioni a persone decedute da più di 10 anni, prevede che il consiglio d'istituto invii la delibera di intitolazione al provveditorato (con la legge n. 107 del 2015 ha assunto da denominazione di «Ambito Territoriale») che acquisisce le valutazioni del prefetto e della giunta comunale.
Se una o entrambe di tali valutazioni sono sfavorevoli, il provveditorato invia nuovamente la proposta al consiglio d'istituto per un riesame. Qualora quest'ultimo confermi la deliberazione, il provveditorato emana il decreto di intitolazione, salvo che non ravvisi elementi di particolare gravità (ad esempio intitolazione a persona che per fatti compiuti in violazione della legge penale e dell'ordine costituzionale sia suscettibile di determinare nella scuola o fuori di essa elementi di turbativa per la convivenza civile).
Per quanto concerne, invece, le intitolazioni a persone decedute da meno di 10 anni, si applicano le disposizioni previste dalla circolare ministeriale suindicata, ad eccezione del fatto che il provveditorato, acquisite la valutazione della giunta comunale, interessi il prefetto per la concessione o meno dell'autorizzazione in deroga. Se il prefetto concede l'autorizzazione in deroga il provveditorato emana il decreto di intitolazione.
Alla luce del quadro normativo sopra esposto, in merito allo specifico quesito posto nell'atto di sindacato in argomento, si riferisce quanto riportato nella relazione della prefettura di Venezia.
Il Consiglio d'istituto dell'IC «Malipiero» ha deciso di intitolare la scuola primaria all'onorevole ed ex Ministro, nonché insegnante Tina Anselmi, quindi, a persona deceduta da meno di 10 anni, nonostante il parere sfavorevole della giunta comunale.
Dopo aver rinviato la delibera per il riesame al consiglio d'istituto, che ha confermato la decisione, il provveditorato ha inoltrato al prefetto – secondo quanto previsto dalla legge n. 1188 del 23 giugno 1927 – richiesta di parere in ordine all'autorizzazione in deroga.
La prefettura ha valutato sussistenti i presupposti di legge per la concessione della deroga, ritenendo la beneficiaria Tina Anselmi persona benemerita a livello nazionale.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.
FRATOIANNI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
l'emittente France24 ha reso nota la presenza in Iran di cartucce riconducibili all'azienda francoitaliana Cheddite;
cartucce recanti il marchio Cheddite o il logo 12*12*12*12*, utilizzato, secondo il media francese, solamente da questa azienda, sono state rinvenute, tra settembre e ottobre, in otto città diverse dell'Iran;
l'azienda Cheddite ha la sua sede italiana a Livorno, si definisce la più grande produttrice al mondo di cartucce vuote, che vengono vendute ad altre aziende che le riempiono di esplosivo o pallini;
il regolamento 359/2011 del Consiglio dell'Unione europea, emendato nel 2012, vieta l'esportazione diretta o indiretta in Iran di attrezzatura militare che possa essere utilizzata per fini repressivi comprese «armi da fuoco, munizioni e relativi accessori»;
cinque esperti francesi del settore hanno dichiarato all'emittente France24 che tale divieto si estenderebbe anche alle cartucce per fucili e ai loro componenti, indipendentemente dall'uso previsto;
le stesse cartucce Cheddite nel 2021 erano state ritrovate anche in Myanmar e utilizzate dal regime militare oltre che in Siria e in Libia, Paesi verso i quali esiste un embargo europeo all'export di attrezzatura militare;
dall'inchiesta de il Manifesto sulle cartucce ritrovate in Myanmar si apprese che la Cheddite aveva relazioni commerciali con l'azienda turca Yavascalar (Yaf), che a sua volta intratteneva rapporti commerciali con il Myanmar;
da quando nel 2011 sono entrate in vigore le sanzioni dell'Unione europea sulle attrezzature impiegabili per la repressione interna, l'Italia ha esportato in Turchia cartucce per fucili da caccia per un valore di 85,5 milioni di euro e la Turchia, nello stesso periodo, ne ha esportate in Iran per un valore di circa 7 milioni di euro (dati Onu);
alcune associazioni, da Amnesty Italia ad Opal, alla Rete Pace Disarmo, hanno inviato una lettera di protesta alla Farnesina;
a parere dell'interrogante, è fondamentale che si possa chiarire quale sia stato il percorso delle munizioni prodotte dall'azienda «Cheddite» di Livorno e ritrovate in Iran, considerando che, alla luce delle sanzioni citate, vendite dirette all'Iran sono precluse;
appare dunque plausibile che vi sia stata una «triangolazione» favorita da altri Paesi destinatari delle vendite della Cheddite;
le difficoltà nel ricostruire le «triangolazioni» e il «sottobosco» del traffico di armi e munizioni rivelano uno dei grandi problemi del controllo della vendita di armi e munizioni nel mondo;
bisognerebbe infine appurare se le munizioni ritrovate siano state esportate sulla base di licenze rilasciate ai sensi della legge n. 110 del 1975 (movimentazione di armi e munizioni per usi diversi da quelli militari, ovvero per uso ricreativo, sportivo e venatorio) sicuramente meno stringente della legge n. 185 del 1990 e con più possibilità elusive da parte dei destinatari;
a parere dell'interrogante, occorre ricondurre tutte le esportazioni di armi e munizioni al regime previsto dalla legge n. 185 del 1990, senza distinzione tra armi comuni e militari modificando opportunamente la normativa vigente, in particolare la legge n. 110 del 1975, nonché la stessa legge n. 185 del 1990 –:
se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano avviare una verifica completa e approfondita al fine di chiarire la base normativa e le procedure con le quali siano stati autorizzati all'esportazione i lotti relativi alle cartucce ritrovate in Iran;
quali opportune iniziative normative, in particolare di modifica della legge n. 110 del 1975, intendano promuovere affinché tutte le esportazioni di armi e munizioni siano sottoposte alle procedure previste dalla legge n. 185 del 1990 senza distinzioni tra armi comuni e militari;
quali iniziative di competenza intendano promuovere a livello europeo e internazionale affinché vi sia un'azione più concreta e decisa al fine di mettere sotto controllo i flussi relativi al commercio di munizioni e munizionamento di ogni tipologia.
(4-00143)
Risposta. – Si conferma, in primo luogo, che nessun trasferimento di materiale d'armamento è lecito verso l'Iran. Nessuna autorizzazione verso quel Paese è stata quindi rilasciata ai sensi della legge n. 185 del 1990. Nessuna autorizzazione è stata rilasciata neanche per quanto attiene le armi e munizioni «comuni, sportive o da caccia», ai sensi della legge n. 110 del 1975.
Si conferma, inoltre, che la Cheddite Italy Srl è una società iscritta al registro delle imprese autorizzate ad esportare materiali di armamento. Tuttavia non ha mai ricevuto né per l'Iran, né per altri Paesi, autorizzazioni alla movimentazione di materiali d'armamento ai sensi della legge n. 185 del 1990.
Negli ultimi cinque anni, invece, sono state esaminate un certo numero di istanze di autorizzazioni ai sensi della legge n. 110 del 1975 presentate da Cheddite Italy Srl al Ministero dell'interno per l'esportazione di cartucce e polvere da sparo verso diversi Paesi.
Tra le autorizzazioni rilasciate all'azienda dalla prefettura di Livorno, alcune hanno riguardato la Turchia (anni 2018 e 2019) ed altre il Libano (anni 2019 e 2022). Nella fase istruttoria delle istanze riguardanti, in particolare, la Turchia, non risulta tuttavia menzionata quale destinatario, o ad altro titolo, la società Yavascalar YAF o Zsr Patlayici Sanai A.S.
In riferimento al materiale fotografico circolato in Francia ed in Italia e che mostra bossoli riportanti il logo della società Cheddite Italy Srl e delle altre società citate, l'azienda italo-francese ha affermato «con assoluta certezza che tali cartucce non sono mai state prodotte nello stabilimento di Livorno».
Secondo quanto riferito dal Ministero dell'interno, il 29 novembre 2022, il personale della questura ha effettuato presso l'azienda livornese una verifica ispettiva in merito all'esportazione di materie esplodenti, confezionate in quel deposito.
La Digos locale ha segnalato che: «non emergevano elementi univoci che potessero collegare l'azienda ai proiettili riprodotti in foto. Infatti, sebbene i fondelli fossero compatibili, i bossoli non erano conformi a quelli prodotti in Francia e lavorati in Italia».
La Cheddite Italy Srl, dal canto suo, ha ribadito «la totale estraneità a qualsiasi fornitura diretta o indiretta all'Iran e a qualsiasi forma di rapporti commerciali con il suddetto Stato per forniture di cartucce e/o bossoli, in violazione delle limitazioni previste dalla normativa sull'embargo emesse nei confronti dell'Iran».
La stessa azienda ha comunicato alla prefettura di Livorno, che «per scelte di politica aziendale la società Cheddite non emetterà nessun comunicato ufficiale relativo alle illazioni comparse sulla stampa francese e italiana ritenendole completamente destituite di fondamento e verità».
Si assicura che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministero dell'interno continueranno ad esercitare la massima attenzione e vigilanza nel contrastare ogni trasferimento illecito di armi e altri materiali verso l'Iran, nonché ogni possibile forma di «sviamento» verso l'Iran dei materiali lecitamente esportati verso altre destinazioni.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
GALLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
consta all'interrogante una peculiare, sebbene generale, situazione inerente alle modalità con cui vengono trattati, dai diversi pubblici ministeri, circostanze e fatti per i quali in alcuni casi si è ritenuto di esercitare l'azione penale ed in casi analoghi no;
si assiste spesso a notizie di approcci contraddittori da parte delle diverse procure della Repubblica in relazione ad un fenomeno sempre più in evoluzione ovvero quello della presenza di affermazioni sul web che, da un lato, costituiscono espressione del diritto di critica e, dall'altro, vengono di volta in volta regolate nella portata da un'applicazione non uniforme del reato di diffamazione;
azioni che indubbiamente non possono che avere quale focus della critica proprio l'attività dei più noti influencer e degli utenti dei social e del web. Senonché, proprio in tale ambito, ciò che rientrava nel diritto di critica – qualificato dall'essere un'associazione dei consumatori che agisce in forza di un dovere imposto dalla legge (Codice del consumo) e dallo Statuto – è divenuto in alcuni casi un'esimente, in altri reati di diffamazione;
l'applicazione spesso contraddittoria di tale ipotesi di reato in relazione a comportamenti analoghi rischia di colpire le libertà ed i principi costituzionali della libertà di pensiero e conseguentemente del diritto di critica e cronaca;
risultano all'interrogante dei casi, tutti comprovati da documenti certi, che hanno messo in risalto come un pubblico ministero della stessa procura decida di esercitare l'azione penale in un caso identico, riguardante una medesima offesa rivolta a specifici influencer, per il quale il pubblico ministero della stanza accanto ha ritenuto di assolvere un altro soggetto che aveva espresso le proprie opinioni nei confronti degli stessi influencer;
a creare incertezza del diritto vi sono anche contraddizioni tra uffici della procura di distretti diversi –:
se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in specie di carattere normativo, volte a rafforzare le garanzie di imparzialità e terzietà di chi deve esercitare l'azione penale e conseguentemente assicurare tutele ai cittadini;
se e quali iniziative di competenza, in particolare di carattere normativo, siano state assunte o si intendano assumere ai fini della certezza del diritto e di consentire ai cittadini di poter correttamente orientare le loro scelte e azioni con specifico riferimento al contemperamento tra diritto di libertà di pensiero, cronaca e critica e il reato di diffamazione, anche considerando le particolari problematiche poste dalla diffusione pervasiva dei social network.
(4-00185)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, riferito di casi nei quali, pur a fronte della medesima fattispecie, diversi rappresentanti del pubblico ministero operanti nello stesso ufficio hanno tuttavia adottato decisioni diametralmente opposte, avanza precipui quesiti circa l'adozione di eventuali iniziative di carattere normativo «volte a rafforzare le garanzie di imparzialità e terzietà di chi deve esercitare l'azione penale e conseguentemente assicurare tutele ai cittadini», nonché funzionali alla certezza del diritto e volte a consentire ai cittadini di poter correttamente orientare le loro scelte e azioni con specifico riferimento al contemperamento tra diritto di libertà di pensiero, cronaca e critica e il reato di diffamazione, anche considerando le particolari problematiche poste dalla diffusione pervasiva dei social network.
Orbene, riferito che allo stato non vi sono iniziative di matrice governativa relative ai temi e alle iniziative oggetto dell'interrogazione, merita tuttavia evidenziare che già la normativa vigente, ovvero il decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, prevede che il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, nonché titolare esclusivo dell'azione penale, ha, tra le sue attribuzioni, altresì quella di assicurare il corretto, puntuale e uniforme esercizio dell'azione penale.
Non solo, è altresì previsto, nell'ambito della disciplina dell'attività di vigilanza del procuratore generale presso la Corte di appello, il potere-dovere di acquisire dati e notizie dalle procure della Repubblica del distretto ed inviare al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno annuale, e ciò proprio allo specifico fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale e il puntuale esercizio da parte dei procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti.
In tema, merita altresì d'essere segnalato che l'articolo 13, comma 1, della recente legge di riforma dell'ordinamento giudiziario (legge 17 giugno 2022, n. 71) ha modificato l'articolo 1, comma 6, del più volte citato decreto legislativo n. 106, prevedendo in particolare che il procuratore della Repubblica debba predisporre, in conformità ai principi generali definiti dal Consiglio superiore della magistratura, il progetto organizzativo dell'ufficio, con il quale determina:
a) le misure organizzative finalizzate a garantire l'efficace e uniforme esercizio dell'azione penale, tenendo conto dei criteri di priorità di cui alla lettera b);
b) i criteri di priorità finalizzati a selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre e definiti, nell'ambito dei criteri generali indicati dal Parlamento con legge, tenendo conto del numero degli affari da trattare, della specifica realtà criminale e territoriale e dell'utilizzo efficiente delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili; inoltre, con le modifiche apportate al comma 7 dell'articolo 1 sono state individuate la tempistica e, soprattutto, la procedura di adozione del progetto organizzativo, omologata a quella delle tabelle degli uffici giudicanti e strutturata in modo da garantire il necessario allineamento delle priorità.
A tale ultimo proposito, deve infine ricordarsi come, a seguito dell'altrettanto recente riforma del processo penale attuata con il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (cosiddetta riforma Cartabia), ai criteri di priorità – che, naturalmente, contribuiscono ad assicurare la trasparenza, l'imparzialità e l'uniformità dell'azione degli uffici di procura – debba ora riconoscersi una valenza non solo organizzativa ma anche processuale.
Tra le disposizioni di attuazione del codice di rito, ove è già collocata la disciplina dei criteri di priorità nella trattazione dei processi (articolo 132-bis disposizioni di attuazione), è stata infatti inserita una norma di portata generale, che vincola il pubblico ministero al rispetto dei criteri di priorità fissati nel progetto organizzativo tanto nella fase delle indagini, quanto al momento dell'esercizio dell'azione penale (articolo 3-bis). Una seconda previsione, specificamente riguardante il procuratore generale, assicura che di detti criteri si tenga contro anche ai fini delle decisioni in materia di avocazione per inerzia (articolo 127-bis).
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
GHIRRA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
a seguito della interrogazione dell'onorevole Piccolotti sulla «centrifuga delle cattedre» dei docenti piemontesi, sta emergendo che la problematica riguarderebbe diverse regioni d'Italia;
il decreto-legge n. 73 del 2021 ha previsto lo svolgimento di un concorso straordinario per la copertura dei posti comuni della scuola secondaria di primo e secondo grado che sono residuati dalle immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2021/2022 (Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 maggio 2022), corrispondenti a 14.420;
è stata quindi bandita una procedura concorsuale straordinaria in ciascuna regione, per ciascuna classe di concorso, fatti salvi i posti di cui ai concorsi per il personale docente banditi con decreti del Capo del dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell'istruzione numeri 498 e 499 del 21 aprile 2020 (concorsi ordinari);
i lavori delle commissioni d'esame si sarebbero dovuti concludere prima dell'inizio dell'anno scolastico, ma le graduatorie sono attualmente in corso di pubblicazione da parte degli Uffici scolastici regionali;
pertanto i posti sono stati assegnati a supplenti con contratti al 30 giugno e clausola rescissoria «fino ad arrivo dell'avente diritto»;
in Sardegna, ad esempio, sono state previste 395 cattedre, ma le procedure concluse finora riguardano un numero estremamente esiguo di cattedre;
nelle prossime settimane – a quasi tre mesi dall'inizio dell'anno scolastico – dovrebbero avvenire la maggior parte dei cambi di cattedra; questo comporterà che i vincitori del concorso straordinario saranno costretti a lasciare la loro attuale supplenza (pena la perdita del ruolo) e a svolgere in fretta e furia l'anno di prova nella nuova sede, con la problematica aggiuntiva di non potersi assentare in modo tale da garantire i 120 giorni di didattica effettiva richiesti; inoltre, gli attuali supplenti saranno licenziati da un giorno all'altro con una telefonata della segreteria della scuola;
se si considera ottimisticamente che l'avvicendamento potrebbe riguardare anche solo 200 cattedre delle 395 messe a bando (tra procedure già concluse, docenti che riprenderanno il posto dove stanno già prestando servizio e rinunce), si stima che circa 8.000 studenti saranno coinvolti dai trasferimenti dei propri insegnanti, proprio in concomitanza con il delicato momento in cui si chiude un quadrimestre e si programma il lavoro per la seconda parte dell'anno;
a parere dell'interrogante, non è pensabile che migliaia di ragazze e ragazzi, che stanno vivendo il loro primo anno scolastico in condizioni di normalità dopo due anni di pandemia, si ritrovino a cambiare docente ad anno ampiamente iniziato;
la procedura prevista penalizza la continuità didattica a danno degli studenti prima ancora che degli insegnanti, i quali comunque, in alcuni casi, rischiano di subire i disagi dovuti a repentini trasferimenti fuori provincia se non addirittura la perdita del posto di lavoro;
interrompere così bruscamente il percorso educativo e la relazione instauratasi in questi mesi tra i docenti e gli alunni, rischia di produrre un impatto negativo sugli apprendimenti e sul benessere a scuola, specialmente sui ragazzi e le ragazze che necessitano del sostegno che perderanno la propria figura di riferimento, senza considerare, infine, che qualsiasi docente, in ruolo o supplente, che entra in una classe a metà dicembre, a fine quadrimestre dovrà giudicare alunni che ha visto pochissime volte e che di fatto non conosce –:
se la Ministra interrogata non intenda intervenire assumendo ogni iniziativa urgente di propria competenza affinché i trasferimenti dei docenti di cui in premessa vengano posticipati al termine del corrente anno scolastico, tutelando così la continuità didattica e la possibilità per gli studenti di essere valutati – a ridosso della fine del primo quadrimestre – da insegnanti che li hanno conosciuti, garantendo così la continuità didattica;
se non ritenga opportuno garantire comunque l'inserimento lavorativo dei vincitori di concorso che attualmente non abbiano un contratto di supplenza, individuando mansioni differenti rispetto a quelle degli insegnanti che andrebbero a sostituire.
(4-00157)
Risposta. — Relativamente alla procedura concorsuale di cui all'articolo 59, comma 9-bis del decreto-legge n. 73 del 2021 si precisa che tale procedura prevede che il docente è assunto a tempo indeterminato e confermato in ruolo, con decorrenza giuridica ed economica dal 1° settembre 2023, o, se successiva, dalla data di inizio del servizio, nella medesima istituzione scolastica presso cui ha prestato servizio con contratto a tempo determinato, a seguito del superamento del percorso annuale di formazione iniziale e prova e previo superamento della prova finale.
Si osserva, tuttavia, che molti uffici scolastici regionali, non avendo concluso le procedure concorsuali entro i termini indicati, anche al fine di non ledere le aspettative dei vincitori, hanno proceduto all'accantonamento dei posti riservati al concorso in questione, in modo che non venissero posti in mobilità né assegnati alle supplenze annuali, e restassero, dunque, disponibili per gli aventi diritto.
Al momento del conferimento dei contratti a tempo determinato, detti posti, in quanto accantonati, non sono stati attribuiti con supplenze annuali ad aspiranti inseriti nelle Graduatorie provinciali per le supplenze (GPS), ma solo come supplenze brevi, proprio in quanto destinati ad aventi titolo ancora da individuare, a seguito dello scorrimento delle graduatorie concorsuali.
Alla luce di quanto sopra esposto e tenuto conto della particolare procedura in essere, articolata in più fasi come sopra descritte, si rileva che il rispetto delle tempistiche connesse a tali fasi non consente una diversa modalità di assegnazione del personale coinvolto in tale procedura.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.
GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nel corso della trasmissione di Radio Radicale, «Radio Carcere» del 5 aprile 2022, la dottoressa Maria Picardi, giudice presso il tribunale di sorveglianza di Napoli, ha affermato che solo a Napoli i condannati «liberi sospesi» sono almeno 14.000;
i «liberi sospesi» sono persone condannate a pene detentive inferiori ai 4 anni (o 6 se tossicodipendenti), che hanno ottenuto dalla procura la «sospensione» dell'esecuzione della pena. Queste persone rimangono anche per anni in attesa di una pronuncia da parte del giudice di sorveglianza chiamato a decidere se affidarle ai servizi sociali oppure se mandarle in carcere; in un articolo pubblicato sul Riformista del 25 febbraio 2022, a firma Valentina Manchisi, si riporta un'affermazione dell'ex deputata Rita Bernardini – che da anni si occupa della questione – secondo la quale in tutta Italia i «liberi sospesi» sarebbero almeno 80 mila;
ad avviso dell'interrogante, a causa dell'inefficienza dello Stato – in questo caso della magistratura di sorveglianza, sempre più in sofferenza per la carenza degli organici sia dei giudici che del personale amministrativo – l'esecuzione della pena che si verifica a troppi anni di distanza dal fatto-reato e dalla sentenza, contravviene ai princìpi costituzionali di risocializzazione tanto più quando si traduce nella restrizione in un carcere;
la questione dei «liberi sospesi» è stata posta alla Corte europea dei diritti dell'uomo con il ricorso n. 54859/20 – Valorio c. Italia, curato dall'avvocato Marina Silvia Mori; il ricorso ha superato il filtro ed è stato portato all'attenzione della Corte;
come si può evincere dall'ordinanza del tribunale di sorveglianza di Milano, che ha accolto in data 10 febbraio 2022 l'istanza di affidamento in prova del condannato Valorio, i fatti reato sono stati commessi tra il 2010 e il 2011, mentre la sentenza di condanna è divenuta definitiva il 20 aprile 2015; l'affidamento in prova giunge pertanto a 12 anni dal fatto reato e a 7 dalla condanna definitiva;
alla Corte europea sono state sottoposte le violazioni degli articoli 8 paragrafo 2 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 2 paragrafo 3 del Protocollo n. 4 aggiuntivo alla Convenzione (libertà di circolazione) sotto il duplice profilo: a) della sussistenza di un'ingerenza statale nell'esercizio del diritto priva – per il decorso del tempo – della connotazione di necessità per ragioni di pubblica sicurezza, difesa dell'ordine e prevenzione dei reati e b) per l'impossibilità di fare valutare al giudice interno la persistenza dell'interesse dello Stato a fare eseguire il residuo di pena, che rileva anche ai sensi della violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, come possibilità di accedere a un tribunale –:
se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
quali dimensioni assuma il fenomeno dei condannati «liberi sospesi» presso ogni tribunale di sorveglianza;
se il Ministro abbia commissionato studi per conoscere la durata delle pendenze del fenomeno dei «liberi sospesi» presso ogni tribunale di sorveglianza;
quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare per risolvere le violazioni di diritto, anche alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali legate al fenomeno del ritardo nell'esecuzione delle sentenze dei «liberi sospesi».
(4-00072)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, riferito quanto emerso nel corso di una trasmissione radiofonica secondo cui presso il tribunale di sorveglianza di Napoli i condannati cosiddetti «liberi sospesi» — ovvero condannati a pene detentive inferiori ai 4 anni, che hanno ottenuto la sospensione dell'esecuzione della pena – sarebbero almeno 14.000, nonché quanto riportato da organo di stampa in ordine al numero complessivo nel Paese, pari ad almeno 80 mila, quindi riportato il caso di un condannato ammesso all'affidamento in prova al servizio sociale a distanza di 12 anni dal fatto reato e a 7 anni dalla condanna definitiva, avanza quesiti in ordine alle esatte dimensioni numeriche dei liberi sospesi, quindi circa gli intendimenti che si intendano adottare.
Orbene, va rammentato che solo a seguito della conclusione del procedimento penale può darsi esecuzione alla condanna comminata in sentenza. Da ciò, la ragione per cui può trascorrere un periodo di tempo significativo tra il fatto-reato e l'esecuzione della sentenza.
L'articolo 172 codice penale, al riguardo, indica il tempo entro cui, salvo deroghe, le pene detentive si estinguano se non eseguite entro un certo periodo di tempo.
Allorquando occorre eseguire la condanna, il pubblico ministero emette il relativo ordine di esecuzione, con cui dispone la carcerazione del condannato.
Copia di tale ordine di carcerazione deve essere consegnata all'interessato, che, se si trova in stato di libertà, viene tradotto dalle Forze dell'ordine presso un penitenziario.
La carcerazione, tuttavia non è sempre automatica ed immediatamente conseguente alla consegna del relativo ordine. L'articolo 656 codice di procedura penale prevede che, in talune situazioni (pena da eseguire sia inferiore a tre anni o altri casi) il pubblico ministero emetta, contestualmente all'ordine di esecuzione, un ordine di sospensione, per consentire al condannato di presentare istanza per accedere alle misure alternative alla detenzione previste dalla legge.
Pertanto, nelle more che il competente tribunale di sorveglianza adotti la decisione sull'istanza avanzata, l'esecuzione non può avere luogo.
Quanto sopra costituisce il cosiddetto fenomeno dei liberi sospesi.
Alla data del 13 dicembre 2022 il dato numerico dei procedimenti riguardanti i soggetti condannati «liberi sospesi» relativo a tutti i tribunali di sorveglianza del territorio nazionale evidenzia n. 41.993 pendenze al «nord» (Bologna, Bolzano, Brescia, Genova, Milano, Torino, Trento, Trieste e Venezia), 15.162 al «centro» (Ancona, Firenze, Perugia e Roma), 25.219 al «sud» (Bari, Campobasso, Catanzaro, l'Aquila, Lecce, Napoli – ben 14.613 – Potenza, Reggio Calabria, Salerno, e Taranto) e 7.746 nelle «isole» (Cagliari, Sassari, Caltanissetta, Catania, Messina e Palermo), per un totale complessivo nazionale pari a 90.120.
Precisato quanto sopra, merita evidenziare che la recente novella di cui al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, ha introdotto, nella parte seconda («Riforma del sistema sanzionatorio penale»), al capitolo I («Pene sostitutive delle pene detentive brevi»), meccanismi di trasformazione di alcune misure alternative (attualmente di competenza del tribunale di sorveglianza) in sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, direttamente irrogabili dal giudice di cognizione (articolo 545-bis codice di procedura penale); il tutto, come peraltro indicato nella relazione illustrativa, anche allo scopo di rendere più efficiente il procedimento penale nella fase dell'esecuzione ... con conseguente riduzione del numero e ridimensionamento della patologica situazione dei cosiddetti liberi sospesi, cioè dei condannati a pena detentiva che attendono talora per anni, in stato di libertà, la decisione sull'istanza di concessione di una misura alternativa alla detenzione.
Invero, le pene sostitutive brevi, non sospendibili, ancorché non comportano la detenzione in carcere (semilibertà, detenzione domiciliare, lavori di pubblica utilità e pene pecuniarie) mirano proprio a riavvicinare l'irrogazione della pena all'esecuzione della stessa.
Al riguardo, come già riferito in altre occasioni, occorre che il sistema sanzionatorio riesca a coniugare l'esigenza della cosiddetta certezza della pena con gli altrettanto fondamentali principi per cui la pena, che pur deve essere proporzionata al fatto commesso e non necessariamente consistere nella restrizione in carcere, sia tuttavia non lontana dal fatto commesso, dovendo perciò, lo Stato, riuscire a contenere al massimo, o meglio allo stretto indispensabile, i tempi necessari a giungere alla condanna ed alla successiva e conseguenziale esecuzione.
Solo così le pene potranno riscoprire la funzione rieducativa assegnata dall'articolo 27 della Costituzione.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
GIACHETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in un articolo a firma di Luigi Mastrodonato sul quotidiano Domani di giovedì 1° dicembre 2022 riporta che il 28 settembre 2022, nella città di Yazd in Iran, durante una manifestazione contro il regime sedata dalle forze di sicurezza con armi e lacrimogeni, è stata ritrovata una cartuccia con il logo Cheddite mentre altre 13 (come documentato da France 24) con lo stesso logo o con quello «12*12*12*12» (utilizzato solo dall'azienda franco-italiana Cheddite) sono state rinvenute in otto città dell'Iran tra settembre e ottobre 2022;
la Cheddite in Italia ha sede a Livorno e si definisce la più grande produttrice al mondo di cartucce vuote, vendute poi ad aziende che le riempiono di esplosivo o pallini;
nell'articolo sovra citato si ricorda che il regolamento 359/2011 del Consiglio dell'Unione europea (emendato nel 2012) vieta l'esportazione diretta e/o indiretta in Iran di attrezzatura militare che possa essere utilizzata per fini repressivi (tra cui anche le cartucce);
nel 2021 anche in Myanmar (altro Paese per cui vige un embargo europeo all'export di attrezzatura militare) erano state ritrovate cartucce Cheddite, così come nel 2012 a Ibleen in Siria, cartucce che secondo un'inchiesta del quotidiano Il Manifesto vi erano arrivate tramite l'azienda turca Yavaçalar, che acquista dall'azienda franco-italiana le teste di ottone per poi riempirle appunto di esplosivo e pallini;
la Yavaçalar ha avuto rapporti commerciali con il Myanmar e secondo un paper del 2014 della Small Arms Survey, redatto da N.R. Jenzen-Jones, «il timbro Cheddite sulla testa delle cartucce è dovuto all'uso di teste di ottone Cheddite da parte di Yavaçalar»;
nel 2012 l'azienda turca avrebbe violato anche un embargo sulle armi in Libia con la fornitura di 325 mila munizioni (altre 500 mila verso lo stesso Paese furono sequestrate) e in quegli anni il Panel of Experts sulla Libia chiese spiegazioni sia alla Turchia che all'Italia in seguito al ritrovamento di componenti con marchio «Yavaçalar for Cheddite»;
tracce di un ipotetico asse tra Italia-Turchia-Iran emergerebbero anche da alcuni forum online di appassionati di caccia (per esempio iran-airrifle.com) in cui alcuni utenti tra il 2013 e il 2014 raccontano di distributori di cartucce straniere che riportano i marchi Cheddite e Yavaçalar insieme a quelli di Yaf e Shanin;
su Il Manifesto del 1° dicembre 2022 Alessandro De Pascale, in un articolo sullo stesso tema, scrive che alcune associazioni (Amnesty International Italia, Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo, Rete italiana pace e disarmo, Associazione Italia-Birmania insieme e Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza) avrebbero inviato una lettera ai Ministri di esteri, interno e difesa in cui chiedono, tra le altre, «informazioni e chiarimenti sulla vendita di componenti e munizioni a marchio Cheddite Srl utilizzate dalle forze di sicurezza iraniane nella repressione delle proteste» –:
se corrisponda al vero quanto esposto in premessa e, in tal caso, se non ritengano di adottare iniziative per verificare, nell'ambito delle proprie competenze, se siano stati rispettati gli accordi e i regolamenti vigenti in Italia in materia di esportazione diretta o indiretta di componenti militari verso altri Paesi o ancora se, e per quale ragione, siano state concesse eventuali speciali autorizzazioni.
(4-00137)
Risposta. — Si conferma, in primo luogo, che nessun trasferimento di materiale d'armamento è lecito verso l'Iran. Nessuna autorizzazione verso quel Paese è stata quindi rilasciata ai sensi della legge n. 185 del 1990. Nessuna autorizzazione è stata rilasciata neanche per quanto attiene armi e munizioni «comuni, sportive o da caccia» ai sensi della legge n. 110 del 1975.
Si conferma, inoltre, che la Cheddite Italy s.r.l. è una società iscritta al registro delle imprese autorizzate ad esportare materiali di armamento. Tuttavia non ha mai ricevuto né per l'Iran, né per altri Paesi, autorizzazioni alla movimentazione di materiali d'armamento ai sensi della legge n. 185 del 1990.
Negli ultimi cinque anni, invece, sono state esaminate un certo numero di istanze di autorizzazioni ai sensi della legge n. 110 del 1975 presentate da Cheddite Italy s.r.l. al Ministero dell'interno per l'esportazione di cartucce e polvere da sparo verso diversi Paesi.
Tra le autorizzazioni rilasciate all'azienda dalla prefettura di Livorno, alcune hanno riguardato la Turchia (armi 2018 e 2019) ed altre il Libano (anni 2019 e 2022). Nella fase istruttoria delle istanze riguardanti, in particolare, la Turchia, non risulta tuttavia menzionata quale destinatario, o ad altro titolo, la società Yavascalar YAF o Zsr Patlayci Sanai A.S.
In riferimento al materiale fotografico circolato in Francia ed in Italia e che mostra bossoli riportanti il logo della società Cheddite Italy s.r.l. e delle altre società citate, l'azienda italo-francese ha affermato «con assoluta certezza che tali cartucce non sono mai state prodotte nello stabilimento di Livorno».
Secondo quanto riferito dal Ministero dell'interno, il 29 novembre 2022, personale della questura ha effettuato presso l'azienda livornese una verifica ispettiva in merito all'esportazione di materie esplodenti, confezionate in quel deposito.
La Digos locale ha segnalato che: «non emergevano elementi univoci che potessero collegare l'azienda ai proiettili riprodotti in foto. Infatti, sebbene i fondelli fossero compatibili, i bossoli non erano conformi a quelli prodotti in Francia e lavorati in Italia».
La Cheddite Italy s.r.l., dal canto suo, ha ribadito «la totale estraneità a qualsiasi fornitura diretta o indiretta all'Iran e a qualsiasi forma di rapporti commerciali con il suddetto Stato per forniture di cartucce e/o bossoli, in violazione delle limitazioni previste dalla normativa sull'embargo emesse nei confronti dell'Iran».
La stessa, azienda ha comunicato alla prefettura di Livorno, che «per scelte di politica aziendale la società Cheddite non emetterà nessun comunicato ufficiale relativo alle illazioni comparse sulla stampa francese e italiana ritenendole completamente destituite di fondamento e verità».
Si assicura che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministero dell'interno continueranno ad esercitare la massima attenzione e vigilanza nel contrastare ogni trasferimento illecito di armi e altri materiali verso l'Iran, nonché ogni possibile forma di «sviamento» verso l'Iran dei materiali lecitamente esportati verso altre destinazioni.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
tra il 1923 e il 1924 centinaia di comuni italiani conferirono la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini;
dopo la caduta del regime fascista, molti comuni hanno revocato quella vergognosa cittadinanza, altri, senza porsi il problema, l'hanno mantenuta. Altri ancora, tra i quali il Comune di Pezzana (VC), cui è stato richiesto di revocarla, l'hanno addirittura confermata o rinnovata;
il 20 agosto 2021, il Presidente di Radicali Italiani, Igor Boni, presentava formale istanza al Sindaco di Pezzana, Stefano Bondesan, per richiedere la revoca della cittadinanza onoraria concessa a Benito Mussolini il 15 maggio 1924;
a seguito della suddetta istanza, in data 30 settembre 2021, il consiglio comunale di Pezzana approvava all'unanimità e senza alcun dibattito una deliberazione (n. 23) con la quale la cittadinanza onoraria veniva confermata e addirittura rinnovata;
il 15 ottobre 2021, Radicali Italiani e +Europa Vercelli, con lettera aperta al Presidente della Repubblica, alla Senatrice Liliana Segre, al Ministro dell'interno, al Prefetto di Vercelli e al Comitato Resistenza e Costituzione del consiglio regionale del Piemonte, chiedevano un intervento ai destinatari della lettera, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, affinché la deliberazione succitata fosse annullata e/o revocata;
«Non è possibile – si legge nella sopracitata lettera – festeggiare ogni anno il 25 aprile, portando fiori e pronunciando discorsi davanti alle innumerevoli lapidi dei partigiani caduti, se si accetta passivamente che un Sindaco abbia presentato e fatto approvare un atto che si pone formalmente ed oggettivamente in antitesi alla stessa Carta Costituzionale, che affonda le proprie radici nella Resistenza, nella lotta senza quartiere al nazifascismo»;
il 3 novembre 2021 l'odierno interrogante aveva presentato un'interrogazione scritta al Ministro dell'interno (n. 4-10595) in cui chiedeva se lo stesso fosse a conoscenza della deliberazione del Comune di Pezzana, se risultasse al Governo quali comuni italiani continuino ad avere tra i propri cittadini onorari Benito Mussolini, e se non ritenesse opportuno valutare, anche mediante iniziative normative, di revocare la cittadinanza onoraria;
in data 23 febbraio 2022, il Ministro dell'interno ha però escluso la facoltà delle prefetture di sindacare il merito delle cittadinanze onorarie e di quantificarne il numero in relazione alle personalità delle delibere, non essendo i comuni tenuti ad informarle in merito alle stesse –:
se non ritenga che vi siano i presupposti per proporre, ai sensi dell'articolo 138 del testo unico sugli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'annullamento straordinario della deliberazione approvata in data 30 settembre 2021, n. 23, del consiglio comunale di Pezzana (VC), con la quale è stata confermata e rinnovata la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini;
se non ritenga di valutare la possibilità di assumere altra iniziativa, anche di natura normativa, nei limiti delle sue competenze, finalizzata a revocare tutte le cittadinanze onorarie conferite a Benito Mussolini.
(4-00030)
Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si premette che con la deliberazione n. 23 del 30 settembre del 2021, il Consiglio comunale di Pezzana ha confermato l'atto di concessione, in data 15 maggio 1924, detta cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, rigettando la richiesta di revoca presentata dal Presidente del movimento «Radicali Italiani».
Come già evidenziato nella risposta all'interrogazione 4-10595 vertente sulla medesima questione, fornita all'interrogante in data 23 febbraio 2022, l'istituto della «cittadinanza onoraria» non risulta codificato da alcuna norma di rango primario e pertanto non ha nessuna valenza di tipo giuridico.
Il conferimento di tale cittadinanza riveste il carattere di riconoscimento meramente onorifico e va contestualizzato nel momento storico in cui viene attribuito.
Va inoltre rilevato che i comuni, secondo quanto previsto dall'articolo 114 della Costituzione, sono enti autonomi dotati di un proprio statuto, all'interno del quale di norma è disciplinata la facoltà da parte dell'Amministrazione di attribuire la cittadinanza onoraria.
Sulla questione, l'Associazione «Adelaide Aglietta», legata al movimento «Radicali Italiani», lo scorso anno aveva richiesto al prefetto di Vercelli un incontro, prospettando l'attivazione di poteri di annullamento o la revoca della già citata delibera in quanto «in palese antitesi alla Carta Costituzionale che affonda le proprie radici nella resistenza e nella lotta al nazifascismo».
Nel corso dell'incontro, svoltosi il 15 novembre 2021, è stato riaffermato l'impegno costantemente profuso per la promozione ed il rafforzamento dei valori fondanti della Costituzione, ed è stato rappresentato che a livello normativo non è assegnata alla competenza delle prefetture il potere di annullamento o di revoca delle delibere del consiglio comunale, in quanto rimesse all'espressione della piena autonomia dell'ente locale.
Più di recente, il 28 ottobre 2022, in occasione della ricorrenza del centenario della «Marcia su Roma», presso il Municipio di Pezzana, si è svolto un flash mob organizzato dai movimenti «Radicati Italiani» e «+ Europa» - in segno di protesta simbolica per la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini a cui hanno partecipato 10 persone aderenti ai suddetti partiti. L'iniziativa si è svolta senza far registrare riflessi sull'ordine e la sicurezza pubblica.
Quanto alla richiesta di annullamento straordinario della predetta delibera ai sensi dell'articolo 138 del TUOEL, si ritiene opportuno richiamare il parere n. 735 espresso dai Consiglio di Stato, Sezione I, il 7 aprile 2020 con il quale è stato delineato il perimetro di applicazione dell'istituto.
In particolare, l'Alto consesso, in merito ai presupposti e alle condizioni per l'attivazione di tale misura straordinaria ha evidenziato come la stessa sia «preordinata primariamente a tutela dell'unità istituzionali dello Stato (delibera del Consiglio dei ministri) e alla emanazione di un decreto del Capo dello Stato, che rappresenta l'unità della Repubblica in tutte le articolazioni e manifestazioni istituzionali, si pone, su un piano di alta amministrazione e richiede, per il suo esercizio, che gli elementi di illegittimità che viziano l'atto assumano una connotazione e una rilevanza tali da costruire una lesione concreta e attuale all'unitarietà dell'ordinamento giuridico nazionale. In questo senso, nell'annullamento straordinario del Capo dello Stato l'elemento finalistico – la tutela dell'unità dell'ordinamento, da assicurarsi mediante l'esercizio di poteri straordinari di alta amministrazione – presenta un'evidente prevalenza sull'elemento causale oggettivo della rilevazione di vizi di illegittimità dell'atto da annullare».
Ancora, continua il Consiglio di Stato, tale potere straordinario «trova la sua ragione d'essere nell'obbligo gravante sul Presidente del Consiglio dei ministri, sancito dall'articolo 95 della Costituzione, di assicurare il mantenimento dell'unità di indirizzo politico ed amministrativo, nel quadro di unità e di indivisibilità della Repubblica, di cui all'articolo 5 della Costituzione».
Alla luce di tali considerazioni, nel caso in esame non appaiono sussistenti le condizioni per accedere all'applicazione dell'istituto dell'annullamento straordinario.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Wanda Ferro.
MORFINO, CARMINA, SCERRA, AIELLO, D'ORSO, AMATO, PAVANELLI, CANTONE, ILARIA FONTANA, QUARTINI, ASCARI, SPORTIELLO, TORTO, PELLEGRINI e ONORI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
nel comparto scuola, la ricostruzione di carriera è un diritto dei lavoratori della scuola e rappresenta il riconoscimento degli anni di servizio prestati antecedentemente all'immissione in ruolo al fine di procedere nelle fasce stipendiali. Il personale scolastico, dopo l'immissione in ruolo e superato l'anno di prova, a domanda chiede che gli siano riconosciuti i servizi prestati con contratto a tempo determinato al fine di progredire nei gradoni previsti nella carriera dei docenti. La norma prevede che di tutto il servizio prestato prima dell'immissione in ruolo siano riconosciuti solo i primi 4 anni per intero con l'aggiunto dei due terzi del servizio restante (es. a un docente che ha prestato 8 anni di servizio fuori ruolo nello sviluppo della sua carriera sono riconosciuti 6 anni e 8 mesi di servizio). In merito va detto che alcuni sindacati hanno promosso dei ricorsi al fine di far riconoscere tutto il servizio fuori ruolo;
il decreto-legge n. 98 del 2011, nel fissare delle norme per la stabilizzazione finanziaria, al fine di reperire i fondi per le assunzioni di un alto numero di lavoratori precari, ha fortemente penalizzato il mondo della scuola, il quale ha visto diminuire il suo potere d'acquisto non solo con l'atavico blocco del contratto, ma anche con il blocco degli anni scolastici 2011, 2012 e 2013 nella ricostruzione di carriera e conseguentemente il ritardo nel transitare da una fascia all'altra dello stipendio;
grazie ad una lunga battaglia anche sindacale, negli anni susseguenti e fino ad oggi, sono stati riconosciuti solo gli anni scolastici 2011 e 2012, mentre inspiegabilmente il 2013 ad oggi non è stato ancora validato, nonostante le petizioni di categoria e richieste di varia natura. Il decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013 emanato dal Governo Letta e fino ad oggi, nel dichiarare il non riconoscimento dell'anno 2013 nella ricostruzione di carriera, perpetra una disuguaglianza sostanziale tra lavoratori del comparto scolastico italiano e rispetto agli insegnanti degli altri stati europei;
non risulta, agli interroganti, alcuna novità in merito alla possibile ed auspicabile restituzione dello scatto di anzianità congelato corrispondente all'anno 2013; l'unica possibilità oggi prevista per gli insegnanti è quella di ricorrere in via giudiziale per tentare di veder riconosciuto il proprio diritto –:
quali siano le intenzioni e le iniziative necessarie che il Governo intende individuare per garantire il recupero di questa «sfortunata» annualità, quindi evitare un corposo e seriale contenzioso giudiziale, mediante un giusto accordo tra le parti sociali per ristabilire l'ordine progressivo degli anni di servizio effettivamente prestati, e senza far finta di nulla per l'ennesima volta in merito alla evidente disparità stipendiale anche rispetto agli altri colleghi docenti del vecchio continente;
se sia intenzione del Governo, a fronte di tale disuguaglianza sostanziale subita dal corpo docente, prevedere, nell'ambito del prossimo disegno di legge di bilancio, iniziative idonee a un'equa ricostruzione della carriera scolastica a carattere strutturale, in ragione della fondamentale funzione che il sistema scuola riveste nel nostro sistema sociale e formativo.
(4-00053)
Risposta.– Relativamente al mancato riconoscimento di ogni effetto economico delle progressioni di carriera, per l'anno 2013, è doveroso, preliminarmente, precisare che, in ottemperanza alle richieste delle Istituzioni europee in termini di contenimento della spesa pubblica, l'articolo 9, comma 23, del decreto-legge n. 78 del 2010, ha previsto per il personale docente il blocco delle progressioni automatiche nelle fasce di anzianità per il solo triennio 2010/2012.
Tale blocco è stato poi di fatto integralmente recuperato sia per effetto del decreto-legge n. 3 del 2011 (per gli anni 2010 e 2011) che (per l'anno 2012) per effetto del decreto-legge n. 3 del 2014 e sessione negoziale (prevista dallo stesso decreto-legge n. 3 del 2014) di cui al contratto collettivo nazionale di lavoro del 7 agosto 2014.
Tuttavia, per l'anno 2013, l'articolo 1, comma 1, lettera b, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013, ha introdotto un nuovo blocco della progressione, con la conseguenza che l'anno 2013 è l'unico in cui, di fatto, attualmente vige l'impossibilità di maturare le posizioni stipendiali e i relativi incrementi economici.
La conseguenza di tale blocco, per l'anno 2013, è che le anzianità di carriera, sia di ruolo che non di ruolo, si debbano disciplinare con le modalità della nota del Miur del 20 ottobre 2014, n. 2621 e, quindi, sono esclusi dal computo i periodi che cadono nell'anno 2013.
Nondimeno, si precisa che il blocco per l'anno 2013 è stato dichiarato legittimo dalla Corte costituzionale (Corte costituzionale, sentenza 18 luglio 2014, n. 219) che ha ritenuto che la norma impugnata supera il vaglio di ragionevolezza, in quanto mirata ad un risparmio di spesa che opera nei confronti di tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione solidaristica e per un periodo di tempo limitato.
Alla luce delle osservazioni svolte deve ritenersi che la disciplina attualmente vigente, in quanto dichiarata conforme ai principi dell'ordinamento, non necessiti di ulteriori interventi.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.
ORRICO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro della cultura, al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
circa duemila tirocinanti sono stati impegnati in Calabria, per anni, nelle strutture periferiche dei ministeri di cultura, giustizia e istruzione;
la questione dei tirocinanti cosiddetti «ministeriali» rappresenta una delle più lunghe e sofferte vertenze lavorative della Calabria;
i tirocinanti dovrebbero svolgere un percorso di apprendimento e inclusione sociale mentre, nei fatti, hanno svolto lavoro e mansioni proprie dei dipendenti pubblici, senza essere inquadrati come lavoratori e percependo delle indennità inadeguate;
il ministero per la pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 50-ter del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, aveva avviato una procedura selettiva pubblica per il reclutamento di 1.956 unità di personale, riservata prioritariamente ai tirocinanti dei tre ministeri sopraindicati;
ad oggi le prove concorsuali previste sono state svolte solo in minima parte e riguardano alcune categorie destinate al Ministero della cultura;
nelle prove selettive fin qui svolte diversi quesiti proposti non sono apparsi attinenti con materie ed argomenti relativi alle figure a concorso, né alcuni criteri nell'assegnazione dei punteggi erano stati previsti nel bando di selezione;
le restanti procedure selettive da svolgersi non hanno ancora avuto alcuna calendarizzazione;
i tirocinanti in questione, secondo quanto consta all'interrogante, non percepiscono alcuna indennità da circa un anno –:
quali iniziative di competenza intendano intraprendere i Ministri interrogati per procedere al più presto alla individuazione di date utili allo svolgimento delle prove selettive e se intendano prevedere un bacino per quei tirocinanti che non risultano idonei alla selezione, in modo da permettere loro uno scorrimento nelle graduatorie definitive.
(4-00052)
Risposta. – La vicenda indicata nell'atto di sindacato ispettivo concerne la procedura selettiva pubblica avviata dal dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 50-ter del decreto-legge n. 73 del 2021.
Tale procedura è finalizzata al reclutamento di 1.956 unità di personale – di cui n. 393 unità da inquadrare nel profilo A-1 collaboratore scolastico del Ministero dell'istruzione – ed è prioritariamente riservata ai tirocinanti del Ministero dell'istruzione, del Ministero della cultura e del Ministero della giustizia, già impegnati in territorio calabrese.
Tanto premesso, relativamente allo stato della procedura, per quanto rientra nella specifica competenza di questo Ministero, si rappresenta che l'ufficio scolastico regionale per la Calabria ha proceduto, su richiesta della Presidenza del Consiglio, ad indicare i nominativi dei componenti delle commissioni esaminatrici, successivamente nominate, ai sensi decreto-legge 30 aprile 2022, n. 3, dal dipartimento della funzione pubblica.
All'esito della nomina dei componenti della commissione e delle sottocommissioni, presumibilmente, si procederà alla calendarizzazione delle date delle prove d'esame.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.
PORTA e FERRARI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la legge 14 dicembre 2000, n. 379, recante «Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all'impero austro-ungarico e ai loro discendenti» (i cui effetti, prorogati al 2010 con il decreto 30 dicembre 2005, n. 273, sono scaduti), consentiva ai nati nei territori dell'ex impero austroungarico di ottenere jure sanguinis il riconoscimento della cittadinanza anche agli emigrati e ai loro discendenti;
in occasione di precedenti atti di sindacato ispettivo, il Ministero dell'interno ha riferito che le istanze presentate a far data dal 2003, principalmente presso i consolati italiani in Brasile e Argentina, ove risiede il maggior numero di emigrati discendenti dalle suddette popolazioni, ammontano a poco meno di 50.000 e che ne risultano definite circa 38.000 (risposta all'interrogazione n. 4-05806 del novembre 2020);
a distanza di venti anni dall'inizio del trattamento amministrativo delle istanze, dunque, non sarebbero state esaminate un quinto delle domande. E questo nonostante il decreto del Ministero dell'interno del 13 gennaio 2009 abbia previsto, nell'ipotesi in cui le istanze risultino munite di documentazione completa ed esauriente, nonché del parere favorevole delle autorità riceventi, che il nulla osta venga rilasciato direttamente dal direttore centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze, senza il preventivo avviso della commissione interministeriale, istituita presso l'ufficio studi e legislazioni del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, che viene convocata soltanto quando la complessità dell'esame della documentazione necessiti di una più ampia ed articolata valutazione;
risultano numerose istanze pervenute dalle rappresentanze consolari, a mezzo posta elettronica certificata (PEC), che il Ministero dell'interno riferisce essere ancora in corso di trattazione, anche per necessità di integrazioni documentali; e ve ne sono altre, non quantificabili perché mai registrate, che vengono segnalate dai diretti interessati, ma che non risultano agli atti e per le quali si rende pertanto necessario di volta in volta richiedere alle sedi diplomatiche competenti rinvio della relativa documentazione. Si tratta di pratiche di cittadinanza di trentini rimaste inevase o delle quali si sono perse le tracce, sia al Ministero dell'interno, sia nelle rappresentanze consolari in Brasile, come risulta anche dalle diverse segnalazioni dell'Associazione trentini nel mondo;
il ritardo di anni nel semplice svolgimento di una procedura amministrativa fissata da una legge dello Stato non solo collide con un fondamentale diritto di cittadinanza e, in particolare, con il diritto del cittadino ad avere per ogni atto amministrativo una risposta certa in tempi definiti, ma rischia di vanificare lo spirito di una legge volta a reintegrare le prerogative di cittadini sottoposti a dolorose prove storiche e umane –:
quali siano i dati aggiornati delle pratiche esaminate, per le quali si sia avuta una compiuta valutazione e una conseguente risposta ai soggetti interessati;
quante pratiche giacciano ancora presso le rappresentanze italiane, quante ne siano state trasmesse al Ministero dell'interno e quante di queste richieste abbiano ottenuto il nulla osta;
quale previsione di ordine temporale i Ministri interrogati intendano avanzare in ordine al completo trattamento delle pratiche di richiesta di cittadinanza giacenti, alla luce dell'andamento amministrativo consolidato nel tempo.
(4-00082)
Risposta. – Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
Come è noto, la legge 14 dicembre 2000, n. 379 reca «Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenenti all'impero austro-ungarico e ai loro discendenti».
L'esame delle istanze presentate a tal fine rientra tra le competenze istituzionali della direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze del Ministero dell'interno.
Per l'acquisizione del nostro status civitatis, gli interessati hanno reso dichiarazioni agli ufficiali di stato civile dei comuni di residenza oppure – se residenti all'estero – alle autorità diplomatico-consolari, producendo a corredo una corposa documentazione.
Dal 2003 al 2022 risultano definite 40.137 domande e sono ancora in istruttoria circa 400 pratiche, corrispondenti a circa 2.200 richiedenti, cui vanno aggiunte anche le istanze pervenute dalle rappresentanze consolari a mezzo posta elettronica certificata e non ancora registrate al sistema informatico.
Si rappresenta altresì che ciascuna pratica è collegata al capostipite familiare emigrato e può comprendere la documentazione relativa a un numero variabile di richiedenti discendenti, talora anche oltre 100, in assenza di limitazioni al grado di parentela.
Si tratta di istanze molto articolate, che presuppongono un altrettanto complessa istruttoria e un'elevata specializzazione da parte dell'Ufficio.
Purtroppo l'epidemia da COVID-19, unitamente alla diminuzione costante delle unità lavorative in seguito al passaggio in stato di quiescenza e al blocco del turn over, ha determinato nel corso del biennio 2020/2021 un rallentamento della trattazione delle pratiche in giacenza.
Al fine di risolvere più sollecitamente le criticità che hanno limitato lo svolgimento procedimentale ordinario, è stato promosso un più elevato coinvolgimento della commissione interministeriale istituita presso la predetta direzione centrale e incaricata dell'esame congiunto delle istanze complesse.
L'impegno profuso dal Ministero dell'interno consentirà di giungere con rapidità all'esaurimento delle pratiche da trattare, che sono già notevolmente diminuite negli ultimi tempi. Recentemente, infatti, i tempi di trattazione si sono notevolmente ridotti, con la definizione di oltre 1.000 istanze in quattro mesi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Wanda Ferro.
RAIMONDO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
dalle notizie apparse sui media e dalle comunicazioni del sindaco del comune di Cesano Boscone (MI) si è appreso che in data 27 dicembre 2022 è crollata una parte del controsoffitto dell'aula adibita a mensa scolastica della scuola statale primaria «P. Gobetti» di Cesano Boscone (MI);
fortunatamente il crollo non ha provocato il ferimento di alunni, insegnanti e personale scolastico perché la scuola era chiusa per le festività natalizie;
è opportuno verificare se sono state compiute da parte dell'amministrazione comunale, proprietaria dell'edificio, tutte le attività di messa in sicurezza in vista della riapertura della scuola avvenuta il 9 gennaio 2023;
quanto accaduto a Cesano Boscone, unitamente ad altre situazioni verificatesi negli ultimi anni in diverse scuole d'Italia, ripropone la necessità di avviare un'attività di monitoraggio della messa in sicurezza degli edifici scolastici –:
se sia a conoscenza di quanto accaduto nella scuola statale primaria «P. Gobetti» di Cesano Boscone;
quali iniziative, per quanto di competenza, abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di potenziare il sistema dei controlli della messa in sicurezza delle scuole di ogni ordine e grado;
quali investimenti sono stati previsti per la messa in sicurezza delle scuole italiane.
(4-00228)
Risposta. — Con riferimento alla vicenda indicata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che il Ministero, appresa la notizia dagli organi di stampa, si è prontamente attivato con il competente ufficio scolastico regionale che, con nota del 12 gennaio 2023, ha comunicato quanto di seguito si riporta.
Presso il plesso di scuola primaria «Gobetti», durante la sospensione delle attività didattiche, si è verificata una perdita di acqua da un termosifone posto al primo piano dell'edificio. Tale evento ha procurato l'allagamento del piano interessato oltre che del piano sottostante, con conseguente cedimento del controsoffitto (realizzato in cartongesso) del locale della mensa posto, proprio, al piano terra sottostante.
Il dirigente scolastico dell'istituto, appena verificato l'evento, ha allertato l'ente locale del comune di Cesano Boscone, proprietario dell'edificio, che ha avviato le attività di ripristino, attraverso ditte specializzate, con conclusione prevista in data 11 gennaio 2023.
Con successiva comunicazione, lo stesso dirigente scolastico ha informato che, a seguito di ordinanza contingibile e urgente, firmata dal sindaco, l'attività didattica delle classi interessate, si sarebbe svolta, a partire dal 12 gennaio 2023, presso la scuola primaria «Monaca», sita nel medesimo comune, in ragione dei tempi più lunghi necessari per il ripristino della funzionalità dell'impianto di riscaldamento.
In ultimo, si rappresenta che il dirigente scolastico ha precisato che l'evento non ha causato danni strutturali all'edificio o che ne abbiano compromesso la stabilità.
Con riferimento agli interventi in materia di messa in sicurezza e riqualificazione dell'edilizia scolastica, si ricorda che con la MISSIONE 4-C1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono stati stanziati 3,4 miliardi per progetti in essere, 500 milioni per nuovi interventi e 1,2 miliardi di risorse aggiuntive, proprio con l'obiettivo di rendere gli edifici pubblici adibiti a scuole del primo e secondo ciclo di istruzione innovativi, sostenibili, sicuri e inclusivi, attraverso la realizzazione di interventi di messa in sicurezza, adeguamento sismico, efficientamento energetico e sostituzione edilizia anche per garantire una reale ed effettiva fruibilità degli ambienti didattici.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.
SCOTTO, CIANI e SCHLEIN. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 30 maggio 2021 don Mattia Ferrari, viceparroco di Nonantola, da tempo impegnato nella missione umanitaria «Mediterranea» sulla nave Mar Jonio per il soccorso in mare sulla rotta libica di migranti in difficoltà, ha ricevuto, attraverso la rete Twitter, gravi minacce per aver definito come «inaccettabili» le condizioni di detenzione dei migranti nei campi di detenzione libici;
le minacce ricevute da don Mattia Ferrari sono proseguite fino a domenica 8 agosto 2021, sull'account di Caroline Frampton la stessa ha scritto: «I hope you have a life jacket Don»;
gli attacchi al sacerdote, a chi si occupa di salvare i migranti dal mare e di denunciare per davvero il traffico indisturbato che avviene nel Mediterraneo, sembrano condotti da un personaggio conosciuto come il «portavoce della mafia libica», ma sono considerati irrilevanti;
la Procura di Modena ha infatti chiesto l'archiviazione in quanto le minacce, che per il pm sono semplicemente «le frasi» indirizzate al cappellano e agli altri bersagli, non «presentano profili di rilievo penale»;
nel testo in cui propone l'archiviazione il pm non cita mai l'account dal quale sono arrivate tali minacce, che come attestano inchieste giornalistiche e atti parlamentari, proverrebbero invece da «un portavoce della mafia libica legato ai servizi segreti di diversi Paesi»;
quell'account infatti, sottolineano le fonti vicine a chi subisce minacce, pubblica continuamente materiale per conto della mafia libica e periodicamente anche foto «top secret» di velivoli militari europei e di apparati italiani;
don Mattia, oltre a essere cappellano della Ong «Mediterranea Saving Humans», è molto impegnato in un'azione pastorale e umanitaria a difesa delle persone migranti, in particolare di quelle che vengono soccorse nel Mediterraneo. Ed è proprio per questo suo impegno che si sono accesi su di lui riflettori anche assai ostili. In particolare da parte del già citato account Twitter;
in un passaggio del testo, il pubblico ministero si mostra indulgente con chi usa i social network per aggredire e calunniare, suggerendo che l'esposizione sui social network naturalmente provoca reazioni, specie se «come già evidenziato chi porta il suo impegno umanitario sul terreno dei social o comunque del pubblico palco – ben diverso dagli ambiti tradizionali – riservati e silenziosi – di estrinsecazione del mandato pastorale – e lo faccia propalando le sue opere con toni legittimamente decisi e netti»;
per il pm, insomma, un sacerdote che prende posizione accanto ai poveri e agli ultimi non è abbastanza «discreto» ed è troppo «pubblico» e anche un po', seppure in senso lato, «politico» e deve aspettarsi e, in fondo, subire reazioni. In altre parole, chi si occupa di diritti umani e si dedica all'impegno umanitario non deve sorprendersi se poi finisce nel mirino, anche se è un prete –:
se i Ministri interrogati non ritengano che fatti così gravi, come le minacce rivolte per mezzo social, debbano essere oggetto di un intervento normativo volto a rendere più stringente la disciplina in merito alle minacce rivolte sui canali social e più in generale rivolte con qualsiasi mezzo di diffusione.
(4-00194)
Risposta. – Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti – dopo avere premesso che «...il 30 maggio 2021 don Mattia Ferrari, viceparroco di Nonantola, da tempo impegnato nella missione umanitaria Mediterranea sulla nave Mar Jonio per il soccorso in mare sulla rotta libica di migranti in difficoltà ha ricevuto, attraverso la rete Twitter, gravi minacce per avere definito come inaccettabili le condizioni di detenzione dei migranti nei campi di detenzione libici; le minacce ricevute da don Mattia Ferrari sono proseguite fino a domenica 8 agosto 2021; sull'account di Caroline Frampton la stessa ha scritto...i hope you have a life jacket, don...» – domandano al Ministro della giustizia e al Ministro dell'interno «...se...non ritengano che fatti così gravi, come le minacce rivolte per mezzo social, debbano essere oggetto di un intervento normativo volto a rendere più stringente la disciplina in merito alle minacce rivolte sui canali social e più in generale rivolte con qualsiasi mezzo di diffusione...».
Al riguardo occorre mettere in risalto che – alla stregua delle note estese in data 2 gennaio 2023 dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Modena e in data 11 gennaio 2023 dalla prefettura di Modena – il procedimento penale contrassegnato dal n. 3258/2021/44 RGNR generato dalla querela sporta in data 18 agosto 2021 da don Mattia Ferrari, già vicario parrocchiale di Nonantola e membro del consiglio direttivo dell'associazione Mediterranea Saving Humans, pende attualmente innanzi al Gip nella fase di fissazione dell'udienza camerale prevista dall'articolo 409 del codice di procedura penale in seguito all'opposizione proposta dalla difesa del querelante nei confronti della richiesta di archiviazione avanzata in data 4 novembre 2022 dalla parte pubblica.
In particolare il suindicato procedimento penale contrassegnato dal n. 3258/2021/44 RGNR scaturisce dalla querela sporta in data 18 agosto 2021 ai carabinieri da don Mattia Ferrari, nella quale egli lamentava di essere vittima di diffamazione aggravata e di minaccia aggravata in relazione a tre messaggi (tweet) apparsi sul social network Twitter.
Nello specifico don Mattia Ferrari appuntava l'attenzione su un tweet riferibile all'account Migrants Rescue Watch@rgowans datato 30 maggio 2021 del seguente tenore «un prete cattolico trova inaccettabile la segnalazione di notizie fattuali sulla Libia. Solo nazisti e comunisti assassini dicevano alla gente cosa dire e pensare, non si vergogna?»; il tweet conteneva altresì una immagine fotografica ritraente don Mattia Ferrari, così individuando con precisione il destinatario della frase.
Gli ulteriori due tweet segnalati erano apparsi nelle date 8 e 9 agosto 2021 sull'account Caroline Frampton@Up Yours Haftar ed erano del seguente tenore «spero che tu abbia un giubbotto di salvataggio don, stai con l'uomo che promuove viaggi pericolosi su barche che perdono» e «don, Nello e la mafia italiana sostengono il traffico di esseri umani, io invece il passaggio sicuro. Accettatelo» (così riferendosi al giornalista Nello Scavo, sottoposto a misure di protezione mediante scorta per le sue inchieste su esponenti della mafia libica, al quale don Mattia Ferrari aveva inviato un messaggio di solidarietà).
Nella querela sporta in data 18 agosto 2021 da don Mattia Ferrari si rappresentava che l'account Migrants Rescue Watch@rgowans è noto agli operatori delle organizzazioni umanitarie e ai giornalisti che si occupano del Mediterraneo Centrale per le modalità enfatiche con cui presenta le operazioni della Guardia Costiera libica e per la vicinanza alle Autorità libiche. Nel documentare questi aspetti don Mattia Ferrari riferiva quanto sostenuto dal giornalista Nello Scavo in merito alla vicinanza di quel profilo alla mafia libica. Analoghe considerazioni venivano svolte da don Mattia Ferrari sul secondo account del social network Twitter.
In seguito alla querela sporta da don Mattia Ferrari la procura della Repubblica presso il tribunale di Modena procedeva alla iscrizione del procedimento penale contrassegnato dal n. 3258/2021/44 RGNR avente ad oggetto il reato di diffamazione aggravata previsto e punito dall'articolo 595 comma 3 del codice penale commesso in danno del medesimo querelante da soggetti ignoti.
In data 11 aprile 2022 la difesa di don Mattia Ferrari depositava alla procura della Repubblica presso il tribunale di Modena una memoria alla quale allegava la documentazione concernente un ulteriore tweet datato 30 marzo 2022 dell'account Migrants Rescue Watch@rgowans concernente non direttamente il summenzionato prelato ma una vicenda relativa alla richiesta di un porto sicuro da parte della Ong See Eye che, il giorno precedente, aveva operato il salvataggio di 32 persone al largo delle coste libiche. La difesa di don Mattia Ferrari evidenziava come tale tweet contenesse anche immagini di documentazione amministrativa riferibile al centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma diretta alle autorità portuali di Tripoli e alla Guardia costiera libica. Ciò dimostrava, secondo la difesa di don Mattia Ferrari, che l'account in questione «...è vicino ad ambienti istituzionali e ha accesso a documenti particolarmente sensibili che dovrebbero essere assolutamente riservati...».
In data 27 aprile 2022 don Mattia Ferrari veniva sentito dai carabinieri e, nell'occasione, riferiva che, dopo il 18 agosto 2021, non si erano più verificati fatti diretti alla sua persona.
In data 8 settembre 2022 pervenivano alla procura della Repubblica presso il tribunale di Modena gli esiti degli accertamenti compiuti dai carabinieri su di un nominativo che aveva chiesto a don Mattia Ferrari amicizia sul social network Facebook. Tali esiti, tuttavia, non risultavano di particolare significato investigativo.
In data 4 novembre 2022 la procura della Repubblica presso il tribunale di Modena depositava al Gip richiesta di archiviazione, contestualizzando i tweet oggetto di querela nell'ambito degli specifici commenti effettuati sul social network Twitter e argomentando sull'assenza di rilievo penale delle frasi denunciate; in conclusione la parte pubblica sosteneva che «...l'attivazione di indagini (inevitabilmente di portata internazionale, lunghe e costose) dirette ad individuare chi si celi dietro quei profili (depotenziando letture allarmistiche ed invero di maniera) non ha ragione di essere: sono frasi (perché è utile ribadirlo...si tratta di due frasi postate sui social nei mesi di maggio ed agosto 2021 che non hanno avuto alcun seguito) prive di rilevanza penale da chiunque esse provengano...». In proposito deve essere rimarcato che non risultano contrastare con l'impianto motivazionale posto a fondamento della richiesta di archiviazione gli ulteriori 2 episodi segnalati da don Mattia Ferrari rispettivamente in data 11 novembre 2002 (allorquando egli rivelava che ignoti erano riusciti ad accedere al suo account sul social network Instagram, cambiando tutti i dati di riferimento e di accesso) e in data 7 gennaio 2023 (allorquando il prelato riferiva di avere ricevuto una missiva in cui un soggetto rimasto anonimo lo esortava a occuparsi maggiormente dei cittadini italiani in difficoltà rispetto all'impegno nella tutela dei migranti che andava a favorire il fenomeno della immigrazione clandestina), trattandosi di episodi in cui non appare possibile fondatamente rinvenire un pregnante contenuto intimidatorio.
Infine in data 15 dicembre 2022 la difesa di don Mattia Ferrari presentava al Gip del tribunale di Modena atto di opposizione alla suindicata richiesta di archiviazione.
Su di un piano più generale, deve essere posto in risalto che la norma dettata dall'articolo 612 del codice penale non incrimina la violenza – mezzo, ossia rivolta a ottenere un altro comportamento da parte del soggetto passivo, bensì la violenza – fine, e quindi la vis psichica in quanto tale. Tale previsione appare giustificata da una ratio di pericolo: la fattispecie si presenta come prodromica, essendo il fronte di tutela che l'ordinamento predispone nei confronti dell'interesse particolarmente avanzato, così da indurre gli interpreti ad affermare che la norma è diretta a garantire sia quel complesso di condizioni che si riassumono nello stato di tranquillità individuale sia la libertà morale da influenze estranee intimidatrici. La minaccia è un reato a forma libera, integrato dalla prospettazione di un danno ingiusto, idonea in modo efficace a turbare la tranquillità individuale e la libertà morale della vittima.
In relazione alla minaccia consumata per il tramite del web, vale a dire sui social network, i consolidati principi giurisprudenziali di legittimità ammoniscono l'interprete a enucleare l'effettiva esistenza e la reale entità del turbamento psichico determinato nel soggetto passivo dall'atto dal contenuto ritenuto intimidatorio (contenuto assente nel caso di specie, in forza delle argomentazioni illustrate nella richiesta di archiviazione avanzata in data 4 novembre 2022 dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Modena), accertate avendo riguardo non soltanto al tenore delle espressioni verbali proferite ma anche al contesto nel quale le stesse si collocano.
Va infine ricordato che, allo stato, non sussistono iniziative normative volte «...a rendere più stringente la disciplina in merito alle minacce rivolte sui canali social e più in generale rivolte con qualsiasi mezzo di diffusione...».
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
SCUTELLÀ, AMATO, CHERCHI, PAVANELLI e MORFINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in adempimento alla legge delega 14 settembre 2011, n. 148, il Governo ha provveduto, con i decreti legislativi 7 settembre 2012, nn. 155 e 156, a definire il contenuto della riforma della «geografia giudiziaria» per «riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza»;
attraverso gli accorpamenti disposti e il conseguente riassetto territoriale è stata dunque effettuata una profonda revisione nel numero e nella distribuzione degli uffici di primo grado che ha previsto, tra l'altro, la soppressione di 30 tribunali;
le criticità maggiormente riscontrare alla luce della riforma hanno riguardato: la mancata considerazione della specificità territoriale del bacino di utenza, delle caratteristiche geomorfologiche del territorio e della sua estensione, della distanza e del tempo di percorrenza tra il tribunale accorpato e quello accorpante – considerando la carenza di collegamenti stradali e ferroviari – della situazione infrastrutturale e della vetustà della rete viaria all'interno delle circoscrizioni di riferimento. Il tutto si è tradotto in un aumento dei costi per i cittadini ed in un'accentuata assenza dello Stato, in particolare in territori fortemente contaminati dalla criminalità organizzata;
la Commissione europea per l'efficienza della giustizia (Cepej) ha in più occasioni affermato che le riforme della geografia giudiziaria, realizzate nei vari Stati membri, devono tenere conto di tutti gli elementi di criticità che possano limitare l'accesso dei cittadini a un sistema giudiziario di qualità;
lo Stato non può esimersi dall'articolare una delle proprie funzioni – quella giurisdizionale – e uno dei propri elementi costitutivi – il territorio – senza tenere conto, in molti casi, delle specificità di questi, ma ponendosi al servizio di altre esigenze, quali l'uniformità, il risparmio o l'efficientismo;
se l'obiettivo precipuo della riforma era il risparmio di spesa ed il miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario, gli interroganti ritengono ove mai tali risparmi si siano effettivamente concretizzati, che ogni possibile intervento non possa prescindere dall'esigenza di tenere in considerazione il diritto di accedere alla giustizia, quale diritto fondamentale di ogni individuo, insopprimibile in uno Stato democratico –:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato per porre rimedio alle criticità e problematicità evidenziate in premessa;
se intenda valutare l'adozione di iniziative normative per procedere ad una riorganizzazione della distribuzione nel territorio nazionale degli uffici giudiziari volte a garantire pienamente il diritto di accesso alla giustizia dei cittadini.
(4-00183)
Risposta. — Come ho già riferito in data 11 gennaio 2023 in occasione della risposta al question time n. 3-00087 presentato dai deputati Scutellà Elisa e altri, questa riforma parte da lontano, dal 2011, quando si decise che la razionalizzazione della dislocazione territoriale degli uffici giudiziari di primo grado dovesse essere attuata garantendo la permanenza dei tribunali nei comuni capoluogo di provincia e assicurando la permanenza di almeno 3 tribunali, e delle relative procure della Repubblica, in ogni distretto di Corte di appello.
Vi sono poi stati alcuni successivi interventi legislativi che hanno determinato accorpamenti e soppressioni di sedi giudiziarie. È noto che ogniqualvolta si tocca una struttura giudiziaria di una città emergono critiche da parte di chi vuole mantenere lo status quo e da parte di chi, invece, ritiene che sia più razionale e più efficiente per la giustizia accorpare, come si fa nei grandi ospedali e così come si dovrebbe fare nei grandi tribunali, gli uffici giudiziari.
Personalmente, anche per la mia esperienza giudiziaria, ritengo che questa riforma non abbia dato gli esiti sperati. In gran parte sono d'accordo con l'affermazione per la quale occorre una profonda revisione della riforma che è stata fatta.
In questo momento, tenuto anche conto della giovinezza di questo Governo, non siamo assolutamente in grado di dare dei numeri precisi, però vi posso assicurare che questo Dicastero sta affrontando la tematica della revisione della geografia giudiziaria al fine di trovare le soluzioni più idonee per tale problematica.
Stiamo costituendo dei gruppi di lavoro per vedere come sia possibile conciliare l'efficienza della giustizia attraverso la razionalizzazione delle risorse, la digitalizzazione, l'informatizzazione e la costituzione degli uffici di prossimità e la doverosa risposta di giustizia territoriale che lo Stato deve dare, soprattutto, nelle sedi più disagiate, dove la soppressione degli uffici giudiziari ha spesso determinato dei disagi e degli svantaggi maggiori rispetto ai vantaggi che si potevano supporre.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.