XIX LEGISLATURA
ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: PDL N. 217-648-A
Pdl n. 217-648-A – Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore mediante le reti di comunicazione elettronica
Tempo complessivo: 13 ore, di cui:
• discussione sulle linee generali: 7 ore;
• seguito dell'esame: 6 ore.
Discussione generale | Seguito dell'esame | |
Relatori |
40 minuti
(complessivamente) |
40 minuti
(complessivamente) |
Governo | 20 minuti | 20 minuti |
Richiami al Regolamento | 10 minuti | 10 minuti |
Tempi tecnici | 30 minuti | |
Interventi a titolo personale | 1 ora e 4 minuti | 50 minuti |
Gruppi | 4 ore e 46 minuti |
3 ore e 30 minuti
(con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Fratelli d'Italia | 35 minuti | 40 minuti |
Partito Democratico – Italia democratica e progressista | 33 minuti | 30 minuti |
Lega – Salvini premier | 33 minuti | 29 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 32 minuti | 26 minuti |
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE | 32 minuti | 24 minuti |
Azione – Italia Viva – Renew Europe | 31 minuti | 18 minuti |
Alleanza Verdi e Sinistra | 30 minuti | 15 minuti |
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE | 30 minuti | 15 minuti |
Misto: | 30 minuti | 13 minuti |
Minoranze Linguistiche | 17 minuti | 7 minuti |
+Europa | 13 minuti | 6 minuti |
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta
del 15 marzo 2023.
Albano, Ascani, Bellucci, Benvenuto, Deborah Bergamini, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Carloni, Cattaneo, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Del Barba, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pellegrini, Pichetto Fratin, Prisco, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Richetti, Rixi, Roccella, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Rotondi, Scerra, Schullian, Serracchiani, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zanella, Zaratti, Zucconi.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albano, Ascani, Bellucci, Benvenuto, Deborah Bergamini, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Carloni, Cattaneo, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Del Barba, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Prisco, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Rotondi, Scerra, Schullian, Serracchiani, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zaratti, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 14 marzo 2023 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
BOF: «Modifica all'articolo 97 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di esclusione della spesa relativa al segretario comunale dal computo del limite delle spese di personale per i comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti» (986);
CALDERONE: «Modifica all'articolo 2903 del codice civile in materia di termine di prescrizione dell'azione revocatoria» (987);
MOLLICONE: «Disposizioni per il sostegno, la tutela e la promozione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica» (988);
D'ATTIS: «Disposizioni concernenti la composizione del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti» (989);
AMATO ed altri: «Istituzione dei Giochi della gioventù “Giulio Onesti”» (990);
MANZI: «Disciplina delle professioni di pedagogista scolastico ed educatore scolastico e istituzione del relativo albo professionale» (991);
CARAMIELLO ed altri: «Norme per la salvaguardia e il ripristino dei castagneti nonché per la promozione del settore castanicolo nazionale» (992);
CESA ed altri: «Istituzione della Giornata della vita nascente» (993).
Saranno stampate e distribuite.
Adesione di deputati a proposte di legge.
La proposta di legge ZAN ed altri: «Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità» (401) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Lai.
La proposta di legge LA PORTA ed altri: «Istituzione e disciplina delle zone franche montane per la salvaguardia e lo sviluppo delle aree di montagna» (677) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Trancassini.
La proposta di legge AMORESE ed altri: «Abolizione del limite numerico minimo di alunni per la formazione delle classi nelle scuole primarie e secondarie dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche» (678) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Trancassini.
La proposta di legge CIOCCHETTI ed altri: «Disposizioni per la tutela dei diritti delle persone affette da epilessia» (763) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Maccari.
La proposta di legge MORGANTE ed altri: «Modifiche all'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, in materia di inserimento delle vittime di violenza con deformazione o sfregio permanente del viso nelle categorie protette ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro» (786) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Maccari.
La proposta di legge VARCHI ed altri: «Istituzione della Giornata della vita nascente» (798) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Michelotti.
La proposta di legge LUCASELLI ed altri: «Disciplina dell'attività di enoturismo» (804) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Maccari e Mura.
La proposta di legge MASCHIO ed altri: «Disciplina del volo da diporto o sportivo» (822) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Maccari.
La proposta di legge VARCHI ed altri: «Modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano» (887) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Di Maggio.
La proposta di legge MASCHIO ed altri: «Introduzione dell'articolo 612-bis.1 del codice penale, concernente i reati di bullismo e cyberbullismo, modifica dell'articolo 731 del medesimo codice, in materia di inosservanza dell'obbligo di istruzione dei minori, e delega al Governo per l'adozione di disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo» (910) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Frijia.
Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
II Commissione (Giustizia)
SERGIO COSTA ed altri: «Modifiche al codice penale, al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni sanzionatorie in materia ambientale» (541) Parere delle Commissioni I, V e VIII.
VI Commissione (Finanze)
ONORI ed altri: «Agevolazioni concernenti l'imposta municipale propria e la tassa sui rifiuti in favore dei cittadini non residenti nel territorio dello Stato iscritti nell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero» (748) Parere delle Commissioni I, III, V e VIII.
VII Commissione (Cultura)
SCHIFONE e FOTI: «Istituzione della Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche» (854) Parere delle Commissioni I, II, V, IX, X e XI.
VIII Commissione (Ambiente)
BRAGA ed altri: «Deleghe al Governo per la disciplina organica degli interventi di ricostruzione nei territori colpiti da eventi emergenziali di rilievo nazionale e per l'adozione di un testo unico delle disposizioni legislative nella materia» (647) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e XIV.
IX Commissione (Trasporti)
CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO: «Modifiche ai commi 75-octies e 75-novies dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, in materia di monopattini» (865) Parere delle Commissioni I e II.
XII Commissione (Affari sociali)
ZANELLA: «Disposizioni per la prevenzione della diffusione del virus dell'immunodeficienza umana (HIV) e l'assistenza alle persone affette dalla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)» (948) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, VII, X, XI e XIV.
Assegnazione di proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
I Commissione (Affari costituzionali):
DE CORATO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie» (Doc XXII, n. 21) – Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, VIII, XI e XII.
Trasmissione dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 13 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 7, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, la relazione sull'erogazione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF a diretta gestione statale, aggiornata al 31 dicembre 2022, e sulla verifica dei risultati ottenuti mediante gli interventi finanziati negli anni precedenti (Doc. LXIV, n. 1).
Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissione dal Consiglio di Stato.
Il Presidente del Consiglio di Stato, con lettera in data 3 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 53-bis, comma 1, della legge 27 aprile 1982, n. 186, il bilancio di previsione del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali per l'anno 2023.
Questa documentazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissione dalla Corte dei conti.
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 10 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» (INPGI), per l'esercizio 2020, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 59).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 10 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della AMCO – Asset Management Company Spa, per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 60).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).
Trasmissione dal Ministro dell'interno.
Il Ministro dell'interno, con lettera in data 9 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione concernente la procedura d'infrazione n. 2022/2122, avviata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per violazione del diritto dell'Unione europea in relazione al mancato rispetto degli obblighi di cui agli articoli 12 e 18 del regolamento (UE) 2021/784, relativo al contrasto della diffusione di contenuti terroristici online.
Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia), alla IX Commissione (Trasporti) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Annunzio di risoluzioni
del Parlamento europeo.
Il Parlamento europeo, in data 10 marzo 2023, ha trasmesso le seguenti risoluzioni, approvate nella tornata dal 13 al 16 febbraio 2023, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le modalità d'esercizio dei diritti dell'Unione ai fini dell'applicazione e dell'attuazione dell'accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica e dell'accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica, da una parte, e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall'altra (Doc. XII, n. 94) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma dell'Unione per una connettività sicura per il periodo 2023-2027 (Doc. XII, n. 95) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IX (Trasporti);
Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2021/241 per quanto riguarda l'inserimento di capitoli dedicati al piano REPowerEU nei piani per la ripresa e la resilienza e che modifica il regolamento (UE) 2021/1060, il regolamento (UE) 2021/2115, la direttiva 2003/87/CE e la decisione (UE) 2015/1814 (Doc. XII, n. 96) – alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
Risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Consiglio relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini (rifusione) (Doc. XII, n. 97) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
Risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza (rifusione) (Doc. XII, n. 98) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2019/631 per quanto riguarda il rafforzamento dei livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi, in linea con la maggiore ambizione dell'Unione in materia di clima (Doc. XII, n. 99) – alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e IX (Trasporti);
Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2015/760 per quanto riguarda il novero delle attività e degli investimenti ammissibili, gli obblighi in materia di composizione e diversificazione del portafoglio, l'assunzione in prestito di liquidità e altre norme sui fondi e per quanto riguarda gli obblighi relativi all'autorizzazione, alle politiche di investimento e alle condizioni di esercizio dei fondi di investimento europei a lungo termine (Doc. XII n. 100) – alla VI Commissione (Finanze);
Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) 2017/745 e (UE) 2017/746 per quanto riguarda le disposizioni transitorie per determinati dispositivi medici e dispositivi medico-diagnostici in vitro (Doc. XII n. 101) – alla XII Commissione (Affari sociali);
Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo volontario di partenariato tra l'Unione europea e la Repubblica cooperativistica della Guyana sull'applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell'Unione europea (Doc. XII n. 102) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione non legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo volontario di partenariato tra l'Unione europea e la Repubblica cooperativistica della Guyana sull'applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell'Unione europea (Doc. XII n. 103) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica di Macedonia del Nord relativo alle attività operative svolte dall'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera nella Repubblica di Macedonia del Nord (Doc. XII n. 104) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio che autorizza la Polonia a ratificare, nell'interesse dell'Unione europea, la modifica della convenzione per la conservazione e la gestione del merluzzo nella zona centrale del Mare di Bering (Doc. XII n. 105) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione legislativa concernente la proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, del protocollo dell'accordo di cooperazione relativo a un sistema globale di navigazione satellitare civile (GNSS) tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Bulgaria, della Repubblica di Croazia e della Romania all'Unione europea (Doc. XII n. 106) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione sulla situazione dell'ex presidente della Georgia Mikheil Saakashvili (Doc. XII n. 107) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione sulla situazione dei difensori dei diritti umani nell'Eswatini, segnatamente l'assassinio di Thulani Maseko (Doc. XII n. 108) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione sulla violenza contro gli attivisti dell'opposizione nella Guinea equatoriale, segnatamente il caso di Julio Obama Mefuman (Doc. XII n. 109) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione sulle condizioni di detenzione disumane di Aleksej Naval'nyj (Doc. XII n. 110) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione su una strategia dell'Unione europea per stimolare la competitività industriale, gli scambi e posti di lavoro di qualità (Doc. XII n. 111) – alla X Commissione (Attività produttive);
Risoluzione sul seguito da dare alle misure richieste dal Parlamento per rafforzare l'integrità delle istituzioni europee (Doc. XII n. 112) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
Risoluzione sull'istituzione di un organismo europeo indipendente responsabile delle questioni di etica (Doc. XII n. 113) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
Risoluzione sul tema «Un anno dopo l'invasione e l'inizio della guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina» (Doc. XII n. 114) – alla III Commissione (Affari esteri);
Risoluzione sull'elaborazione di una strategia dell'Unione europea per la mobilità ciclabile (Doc. XII n. 115) – alla IX Commissione (Trasporti).
Annunzio di progetti di
atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 14 marzo 2023, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano d'azione dell'Unione europea: proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente (COM(2023) 102 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva (UE) 2015/413 intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale (COM(2023) 126 final), corredata dal relativo allegato (COM(2023) 126 final – Annex) e dal relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della relazione sulla valutazione d'impatto (SWD(2023) 127 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti). Questa proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 15 marzo 2023;
Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (JOIN(2022) 7 final/2), corredata dai relativi allegati (JOIN(2022) 7 final/2 – Annexes 1 to 2), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 del Consiglio concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (JOIN(2022) 10 final/2), corredata dai relativi allegati (JOIN(2022) 10 final/2 – Annexes 1 to 6), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (JOIN(2022) 18 final/2), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (JOIN(2022) 32 final/2), corredata dal relativo allegato (JOIN(2022) 32 final/2 – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in considerazione di azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (JOIN(2022) 35 final/2), corredata dai relativi allegati (JOIN(2022) 35 final/2 – Annexes 1 to 4), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 del Consiglio concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (JOIN(2022) 52 final/2), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (JOIN(2022) 55 final/2), corredata dai relativi allegati (JOIN(2022) 55 final/2 – Annexes 1 to 10), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).
La Commissione europea, in data 14 marzo 2023, ha trasmesso un nuovo testo del parere della Commissione sul progetto di modifica del protocollo n. 3 sullo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, presentato dalla Corte di giustizia il 30 novembre 2022 (COM(2023) 135 final/2), che sostituisce il documento COM(2023) 135 final, già assegnato, in data 14 marzo 2023, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 14 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Con la predetta comunicazione, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – La politica comune della pesca, oggi e domani: un patto per la pesca e gli oceani per una gestione delle attività alieutiche sostenibile, innovativa, inclusiva e basata su dati scientifici (COM(2023) 103 final);
Comunicazione della Commissione al Consiglio – Orientamenti di politica di bilancio per il 2024 (COM(2023) 141final).
Trasmissione dal Garante del contribuente per la Valle d'Aosta.
Il Garante del contribuente per la Valle d'Aosta con lettera in data 1° marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale in Valle d'Aosta, riferita all'anno 2022.
Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).
Richieste di parere parlamentare
su atti del Governo.
Il Ministro della difesa, con lettera in data 9 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 28/2022, denominato «Aeroporti azzurri», relativo all'ammodernamento delle basi e degli aeroporti dell'Aeronautica militare (30).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 24 aprile 2023. È stata altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 4 aprile 2023.
Il Ministro della difesa, con lettera in data 9 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 29/2022, denominato «Mezzi tattici», relativo al rinnovamento e al mantenimento dell'autovettura da ricognizione e del veicolo multiruolo dell'Esercito italiano (31).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 24 aprile 2023. È stata altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 4 aprile 2023.
Il Ministro della difesa, con lettera in data 9 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 30/2022, denominato «Caserme verdi», relativo alla realizzazione di caserme dell'Esercito italiano di nuova generazione, funzionali e pienamente rispondenti alle normative vigenti in materia antisismica, di sicurezza sui luoghi di lavoro e di efficientamento energetico (32).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 24 aprile 2023. È stata altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 4 aprile 2023.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
MOZIONI LUPI, FOTI, MOLINARI E CATTANEO N. 1-00053 (NUOVA FORMULAZIONE), LUPI ED ALTRI N. 1-00053, CALDERONE ED ALTRI N. 1-00090, D'ORSO ED ALTRI N. 1-00091, BISA ED ALTRI N. 1-00092, DORI ED ALTRI N. 1-00093, ENRICO COSTA ED ALTRI N. 1-00094 E GIANASSI ED ALTRI N. 1-00095 CONCERNENTI INIZIATIVE DI COMPETENZA IN MATERIA DI PROCESSO PENALE IN RELAZIONE AL RISPETTO DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI
Mozioni
La Camera,
premesso che:
il quadro normativo che regola l'ordinamento processuale penale italiano è ispirato ed adeguato ai principi fondamentali incardinati nella Costituzione italiana;
il sistema delle fonti sovraordinate del diritto processuale penale costituisce oggi un sistema complesso all'interno del quale, a fianco della Costituzione, si trovano la normativa dell'Unione europea e i trattati internazionali e in particolare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
il diritto all'equo processo è affermato quale diritto fondamentale dell'uomo e, dunque, riconosciuto in tutti gli ordinamenti degli Stati di diritto dall'articolo 10 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi;
la fonte di matrice comunitaria cui in primis occorre fare riferimento è la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che, come noto, ha valore normativo nei confronti dei Paesi membri del Consiglio d'Europa, con disposizioni che assurgono al rango di regole precettive di prerogative specifiche e a tutela di ogni persona;
nell'ambito della Carta fondamentale dei diritti dell'uomo, la posizione e le garanzie che devono assistere l'autorità giurisdizionale chiamata a decidere di una singola controversia trovano regolamentazione nell'articolo 6 che si annovera fra quelli più importanti e discussi della Cedu e affronta il tema dell'equo processo, della ragionevole durata (articolo 6, paragrafo 1), della presunzione di innocenza (articolo 6, paragrafo 2) e delle garanzie processuali dell'imputato in relazione al principio del contraddittorio (articolo 6, paragrafo 3);
strettamente interconnesse con le norme di rango sovranazionale vi è, dunque, il plesso delle disposizioni precipuamente dedicate dalla Costituzione alla materia penale. Si tratta di una messe di principi garantistici, sviluppati per definire presupposti, contenuto e limiti della potestà punitiva;
alcuni di questi principi sono espressi, come il principio di legalità nei fondamentali corollari della riserva di legge e della irretroattività, previsti dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione; il principio della personalità della responsabilità penale, di non colpevolezza e della finalità rieducativa della pena – scolpiti nell'articolo 27 della Costituzione –;
in particolare, l'articolo 111 della Carta costituzionale stabilisce che «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.», riservando al legislatore l'importante compito di regolare lo svolgimento del processo;
come indicato altresì nel secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione: «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata». Da ciò deriva peraltro la tutela dei diritti che il sistema giudiziario italiano assicura a ciascuna parte;
alla luce del suddetto articolo, trova posto il principio relativo alla ragionevole durata del processo. La riduzione dei tempi del giudizio costituisce altresì una delle misure concernenti la riforma del sistema giudiziario nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza; si sottolinea inoltre che il Consiglio europeo, anche precedentemente alla approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha indicato come «la repressione della corruzione resta tuttavia inefficace in Italia, soprattutto perché la durata dei procedimenti penali continua a essere eccessiva in mancanza della tanto necessaria riforma del processo penale, ivi incluso il sistema di appello per evitare abusi dei contenziosi.» (Raccomandazione del 9 luglio 2019 sul programma nazionale di riforma 2019 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio europeo sul programma di stabilità 2019 dell'Italia). L'attenzione che il legislatore deve prestare a tale principio è rafforzata dalle condanne che la Corte di Strasburgo ha inflitto nei confronti dell'Italia a seguito della riconosciuta violazione del suddetto principio;
alla luce dei principi costituzionali, tra i diritti spettanti al soggetto imputato o indagato, brilla il principio di non colpevolezza, altresì conosciuto come presunzione di innocenza incorniciato dall'articolo 27, secondo comma, della Costituzione italiana che statuisce che «l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»;
l'Unione europea è intervenuta sulla materia della presunzione di innocenza con la direttiva 343/2016 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali che all'articolo 3 stabilisce che la presunzione di innocenza è riconosciuta agli indagati e agli imputati fino a quando non è stata legalmente provata la colpevolezza. L'Italia, con riguardo al recepimento della direttiva 343/2016, dopo un primo momento nel quale ha valutato l'ordinamento giuridico nazionale come conforme alle misure minime comuni stabilite dalla direttiva unionale, ha successivamente e alla luce della Relazione sullo stato di attuazione della direttiva (doc. COM (2021) 144 final), deciso di predisporre la previsione della legge n. 53 del 2021 a seguito della quale il Governo ha presentato lo schema di decreto legislativo A.G 285. Difatti, seppur l'Italia non abbia ricevuto esplicito riferimento nella suddetta relazione, avendo riscontrato alcune criticità anche con riguardo all'articolo 4 della direttiva e volendo evitare di incorrere in infrazioni, ha proceduto a novellare alcuni aspetti del quadro giuridico relativo alla presunzione di innocenza. Il Governo ha pertanto emanato il decreto legislativo n. 188 del 2021 recante «Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali»; in particolare, l'articolo 4 della direttiva 343/2016 stabilisce che «gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Ciò lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità»;
la presunzione di innocenza, come altresì indicato nelle Comunicazioni del Ministro della giustizia, Carlo Nordio, sulle linee programmatiche del suo dicastero il 6 dicembre 2022 presso la Commissione giustizia del Senato e come altresì ribadito presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati il giorno 7 dicembre 2022, è stata vulnerata in molti modi. Diventa pertanto doveroso che la politica intervenga per risolvere le problematicità connesse a tale situazione;
è opportuno che il legislatore identifichi le cause che, in qualsivoglia maniera, compromettono i principi costituzionali in materia di giustizia e che si attivi in tempi quanto più rapidi, attraverso interventi normativi mirati, per ristabilire un sistema di giustizia ispirato e adeguato alla Costituzione, oltre che alle convenzioni internazionali che regolano la materia;
tra le cause che ledono i principi costituzionali va menzionato l'uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni. L'utilizzo improprio delle intercettazioni costituisce difatti una criticità del sistema giudiziario penale al quale il legislatore ha prestato attenzione negli ultimi anni e sul quale è opportuno intervenire;
in relazione ai principi di legalità, della residualità del diritto penale, nonché del diritto alla privacy, una grave tensione con i principi fondanti del procedimento penale è posta dall'utilizzo delle intercettazioni e, nello specifico dall'utilizzo dei captatori informatici (così detto trojan horse);
in relazione all'utilizzo dei captatori informatici si rileva una irragionevole assimilazione di fattispecie di reato geneticamente e fenomenologicamente eterogenee, di diverso allarme sociale. Il principio costituzionale di eguaglianza impone di trattare situazioni eguali in modo eguale e situazioni diseguali in modo diseguale. Rispetto a tale previsione si ravvisa, altresì, un eccesso di legislazione penale;
se, da un lato, l'utilizzo del trojan, introdotto nell'ordinamento penale italiano con la legge 23 giugno 2017, n. 103 – cosiddetta riforma Orlando – rappresenta lo strumento più penetrante ed efficace nel contrasto alla commissione di reati ritenuti di particolare gravità di tipo associativo e di terrorismo, dall'altro, è lo strumento che più viola la sfera di intimità dell'intercettato, con l'evidente rischio di una diversa destinazione d'uso atto a violare la privacy degli individui, nonostante la Corte di cassazione abbia confermato che vada esclusa la riconducibilità del trojan agli strumenti di pressione sulla libertà fisica e morale il cui uso è vietato dall'articolo 188 del codice di procedura penale;
particolare attenzione va posta sull'informazione di garanzia che viene spesso utilizzata per costruire processi di natura mediatica anche attraverso la diffusione di dati che dovrebbero essere riservati, generando situazioni lesive del principio di presunzione di innocenza; è fondamentale pertanto che il legislatore intervenga per tutelare maggiormente la riservatezza delle comunicazioni e la segretezza dell'avviso di garanzia in quanto strumenti di tutela del soggetto;
in relazione alla privacy e alla presunzione di non colpevolezza, si deve rilevare come la diffusione degli atti nel corso di procedimenti, come evidenziato dal Ministro della giustizia Nordio durante l'audizione al Senato della Repubblica in Commissione giustizia «è uno strumento micidiale di violazione» dei diritti, «di delegittimazione personale e spesso politica»;
è dunque necessaria una risposta normativa che tuteli effettivamente e concretamente il cittadino da tale fenomeno;
alla luce del principio di presunzione di innocenza e del principio di ragionevole durata del processo risulta altresì importante che il legislatore si concentri sul tema della prescrizione. Come richiamato nell'ordine del giorno n. 9/705/149 del 28 dicembre 2022: «l'allungamento dei tempi processuali non solo collide con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, al contrario, ne impongono una significativa riduzione, ma si pone altresì in aperto contrasto con i principi costituzionali di presunzione di innocenza, funzione rieducativa della pena e ragionevole durata del processo». Come noto al legislatore, sul tema della prescrizione è intervenuta la «riforma Cartabia», ma come indicato nel suddetto ordine del giorno: «la riforma Cartabia, tuttavia, non ha modificato il principio di sospensione della prescrizione sostanziale dopo la sentenza di primo grado fissato dalla riforma Bonafede, configurando piuttosto un'ipotesi di improcedibilità in appello; infatti, pur dovendosi apprezzare la scelta di ovviare alle macroscopiche criticità derivanti dalla cosiddetta “Spazzacorrotti”, non può non rilevarsi la necessità di ripristinare definitivamente la disciplina sulla prescrizione in un quadro di coerenza sistematica.»;
la prescrizione sostanziale è un fondamentale elemento acceleratorio, e il suo venir meno, più che una cura, suona come il certificato della malattia cronica della giustizia italiana. Porre il processo al di fuori del flusso del tempo danneggia tutti: la vittima, e la collettività tutta, che hanno un comune interesse al celere accertamento della responsabilità e alla punizione del reato. L'innocente, già danneggiato dal solo fatto di essere sottoposto al procedimento, e per il quale ogni giorno in più alla gogna è un supplizio intollerabile; lo stesso colpevole, che ha diritto di vedere definita in breve la sua vicenda, scontando la sanzione per poi reinserirsi in società;
sempre in un'ottica di maggiore efficienza del procedimento penale e di effettività delle garanzie dell'imputato, s'impone di evidenziare il regime di impugnazione delle sentenze di proscioglimento da parte dei pubblici ministeri. La questione è stata affrontata dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, (cosiddetta legge Pecorella) che escludeva la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento, salvo l'emergere di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado. La Consulta, con la sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l'incostituzionalità della norma sopra riferita in quanto negazione del principio di parità delle parti, impedendo al pubblico ministero il potere di impugnare una sentenza di primo grado in appello. La medesima pronuncia della Corte costituzionale ha rilevato come «le fisiologiche differenze che connotano le posizioni delle due parti necessarie del processo penale, correlate alle diverse condizioni di operatività e ai differenti interessi dei quali, anche alla luce dei precetti costituzionali, le parti stesse sono portatrici – essendo l'una un organo pubblico che agisce nell'esercizio di un potere e a tutela di interessi collettivi; l'altra un soggetto privato che difende i propri diritti fondamentali (in primis, quello di libertà personale), sui quali inciderebbe una eventuale sentenza di condanna – impediscono di ritenere che il principio di parità debba (e possa) indefettibilmente tradursi, nella cornice di ogni singolo segmento dell'iter processuale, in un'assoluta simmetria di poteri e facoltà»;
sul punto giova ricordare l'articolo 2 del protocollo numero 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di cui alla legge 4 agosto 1955, n. 848, o l'articolo 14, paragrafo 5, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, di cui alla legge 25 ottobre 1977, n. 881. Tali norme prevedono che la persona condannata per un reato abbia diritto a che l'accertamento di colpevolezza sia esaminato da un tribunale superiore o di seconda istanza. Diritto riconosciuto solo all'imputato e non all'accusa;
occorre ridisegnare il sistema delle impugnazioni alla luce delle coordinate costituzionali e convenzionali, alla luce delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, che ha rimarcato – in modo sempre più accentuato – la «diversa quotazione costituzionale del potere di impugnazione delle due parti necessarie del processo penale: privo di autonoma copertura nell'articolo 112 della Costituzione – e, dunque, più “malleabile”, in funzione della realizzazione di interessi contrapposti – quello della parte pubblica; intimamente collegato, invece, all'articolo 24 della Costituzione. – e, dunque, meno disponibile a interventi limitativi – quello dell'imputato» (sentenza n. 34 del 2020);
in relazione, poi, alla presunzione di non colpevolezza, l'8 dicembre 2022 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione (C-2022-8987) sui diritti procedurali degli indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione con la quale ha invitato, a chiare lettere, gli Stati membri ad «adottare misure effettive, adeguate e proporzionate, per rafforzare i diritti di tutti gli indagati e degli imputati in un procedimento penale che si trovano privati della libertà». La Commissione europea ha precisato che gli Stati devono «garantire alle persone oggetto di privazione della libertà di essere trattate con dignità e che i loro diritti fondamentali siano rispettati», ma soprattutto, la custodia cautelare deve essere considerata «misura da ultima istanza»;
il tema delle misure cautelari personali è inesorabilmente e strettamente connesso con i fondamenti della legislazione costituzionale di garanzia: dal principio di inviolabilità della libertà personale (articolo 13, primo comma, della Costituzione), alla riserva di legge che esige la tipizzazione dei casi e dei modi nonché dei tempi di limitazione di tale libertà, alla riserva di giurisdizione che esige sempre un atto motivato del giudice (articolo 13, secondo e quinto comma, della Costituzione), fino – come detto – alla presunzione di non colpevolezza (articolo 27, secondo comma, della Costituzione), in forza della quale l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Nel nostro Paese, il mancato rispetto dell'impianto costituzionale di riferimento è drammaticamente testimoniato dai dati riferiti nell'ultima relazione annuale del Ministro della giustizia al Parlamento ex legge 16 aprile 2015, n. 47: ventiquattro milioni e mezzo di euro è quanto ha pagato lo scorso anno lo Stato per risarcire quanti hanno ingiustamente subito la custodia cautelare in carcere. Si tratta di persone private della libertà senza che abbiano commesso alcun reato e prima di una sentenza anche non definitiva. Vittime di un potere oltre limite, quello di limitare la libertà personale di un cittadino, extra e ante contraddittorio;
s'impone, dunque, una riflessione molto rigorosa sulla «genesi» dell'intervento cautelare nonché sulla effettività del controllo giurisdizionale in ordine alle richieste del pubblico ministero, rendendo più stringenti i presupposti per l'applicazione delle misure cautelari personali, in particolare incidendo sulle condizioni meno aderenti al principio di legalità, quale il rischio di reiterazioni di reati della medesima specie di quello per cui si procede (articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale);
ulteriore criticità del sistema concerne la giustizia amministrativa la quale soffre di una paralisi che inficia il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e che richiede al legislatore di intervenire sulla revisione di alcuni reati; in particolare, si auspica un intervento legislativo sul reato di abuso di ufficio disciplinato dall'articolo 323 del Codice penale per il quale si riscontra un numero di condanne minimo rispetto al numero delle indagini avviate. In tal modo si vogliono altresì tutelare gli amministratori locali che sempre più spesso si trovano a dover dedicare parte del loro tempo e delle proprie risorse a procedimenti non connessi a reali responsabilità per illeciti personali, ma conseguenti al mero adempimento delle proprie funzioni;
nel corso dell'esposizione delle linee guida del suo dicastero, il Ministro della giustizia ha evidenziato che dai dati relativi all'abuso d'ufficio emerge solo il 3 per cento di condanne, mentre le statistiche indicano 5.400 procedimenti nel 2021, conclusi con 9 condanne davanti al Gip e 18 in sede di dibattimento;
lo stesso Ministro della giustizia ha evidenziato che «(...) L'unica conseguenza è il rischio di essere indagati (...)», rilevando la necessità di «(...) abbandonare l'idea di tutelare il buon andamento della pubblica amministrazione con minaccia della pena», e ricordando gli appelli dei sindaci di diverse parti politiche in direzione di una riforma di questi reati che comportano soltanto un vulnus all'efficiente funzionamento del procedimento penale;
le modifiche si rendono necessarie per operare un cambio di rotta da più parti auspicato e superare una delle tante criticità della giustizia italiana che, piuttosto che ridare slancio alla pubblica amministrazione, e, attraverso essa, perseguire obiettivi di ripresa economica del nostro Paese, creano danni e alimentano disfunzioni;
il rispetto del principio di legalità, in uno con i principi di sussidiarietà e di extrema ratio che debbono governare l'impiego del diritto penale, presentano gravi aspetti di frizione con l'articolo 346-bis del codice penale, rubricato «Traffico di influenze illecite», introdotto con la legge 6 novembre 2012, n. 190, con lo scopo di contrastare i fenomeni corruttivi che orbitano intorno alla pubblica amministrazione, punendo l'insieme delle condotte prodromiche all'atto corruttivo vero e proprio. Successivamente, nel 2019, con la legge cosiddetta «Spazzacorrotti» (legge 9 gennaio 2019, n. 3), si è voluta ampliare la tutela della fattispecie esaminata, facendovi confluire la fattispecie del millantato credito, contestualmente abrogata. Il reato de quo è volto a individuare e sanzionare tutte le condotte preparatorie; esso si struttura come illecito plurisoggettivo o a concorso necessario; l'attività sanzionata è quella della mediazione del soggetto attivo che intende approfittare di relazioni esistenti o fittizie con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio;
l'eccessiva anticipazione della tutela penale, ovvero per il concentrarsi della norma sulla «mera mediazione» più che sull'«effettivo risultato lobbistico» e, e ancor più, per l'uso nella descrizione della condotta penalmente rilevante di formule vaghe quanto ambigue, impongono un intervento riformatore sulla fattispecie costituzionalmente orientato;
si ritiene fondamentale intervenire sulla norma che disciplina il reato di traffico di influenze illecite che, come anche richiamato dal Ministro Nordio nel suo intervento al Senato del 6 dicembre 2022, difetta di tipicità e tassatività, consentendo pertanto l'avvio di indagini che rischiano di essere discrezionali;
in relazione alla presunzione di non colpevolezza si deve evidenziare come il testo unico di cui al decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (cosiddetta legge Severino), abbia introdotto nel nostro ordinamento alcune importanti disposizioni anticorruzione, intervenendo sulla materia dell'incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze di condanna. Tali disposizioni presentano evidenti aspetti di disomogeneità;
la maggior parte delle sue disposizioni prevede l'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo come conseguenza di una condanna definitiva, mentre le disposizioni di cui agli articoli 8 e 11 prevedono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive;
pare, quindi, fondamentale un sollecito intervento del legislatore idoneo a realizzare un nuovo bilanciamento che rispetti parimenti le esigenze di legalità e il principio di garanzia costituzionale di cui all'articolo 27 della Costituzione;
alla luce di quanto esposto e con il fine di adeguare il sistema giudiziario ai principi costituzionali e internazionali, è essenziale che il legislatore intervenga affinché la giustizia italiana sia regolata in modo tale da far nuovamente risplendere i principi fondamentali che sono alla base del nostro ordinamento,
impegna il Governo:
1) a monitorare, per quanto di competenza, l'applicazione dei principi costituzionali;
2) a rendere effettivo, anche attraverso iniziative culturali e di informazione, il principio di non colpevolezza previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
3) ad adottare le opportune iniziative normative in materia di misure cautelari personali atte a garantire il principio di presunzione di non colpevolezza di cui all'articolo 27 della Costituzione, incidendo, a monte, sui presupposti per la loro applicazione e, nello specifico, su quelli non aderenti al necessario rispetto del principio di legalità quali quello previsto dall'articolo 274, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale e, quindi, rafforzando sia il controllo giurisdizionale sulle medesime sia l'obbligo motivazionale;
4) ad adottare iniziative normative volte a rendere effettiva la ragionevole durata dei processi;
5) a tutelare i diritti del soggetto indagato o imputato attraverso iniziative normative mirate;
6) ad adottare iniziative normative per disciplinare ulteriormente la materia delle intercettazioni onde evitarne l'abuso;
7) ad adottare le iniziative di competenza necessarie atte ad inibire la pubblicazione, anche parziale, del contenuto di intercettazioni, nell'equo contemperamento del principio della presunzione di non colpevolezza con il diritto di cronaca;
8) in materia di intercettazioni, ad adottare le opportune iniziative normative volte ad assicurare l'utilizzo come strumento di ricerca della prova, individuando, a seguito della conclusione della indagine conoscitiva che si sta svolgendo al Senato, eventuali disfunzioni o lacune normative;
9) ad adottare iniziative normative in ordine al tema della prescrizione con il fine di ristabilire la prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio;
10) ad adottare iniziative normative volte a prevedere, in materia di inutilizzabilità degli atti di indagine acquisiti in violazione di legge, assolutezza del relativo divieto ex articolo 191 del codice di procedura penale, anche nel caso di ricorso da parte dell'imputato a riti alternativi;
11) ad intraprendere le necessarie iniziative normative in materia di regime di impugnabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del magistrato del pubblico ministero, in asse con i principi costituzionali ed europei;
12) ad adottare le opportune iniziative normative volte a modificare il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, prevedendo che le cause di sospensione degli amministratori regionali e locali siano allineate con i principi costituzionali ed europei in materia di giusto processo;
13) ad adottare iniziative normative volte a riformare il reato di abuso di ufficio;
14) ad adottare le iniziative normative volte a modificare l'articolo 346-bis del codice penale in materia di traffico di influenze illecite, alla luce dei principi di tassatività e tipicità, necessarie a garantire il principio di legalità, nel rispetto dei vincoli discendenti dalla sottoscrizione della Convenzione di Merida, tipizzando maggiormente le relative condotte e posticipando la tutela penale in relazione all'effettivo risultato lobbistico;
15) ad adottare iniziative normative relative ai fenomeni baby gang e a combattere il fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente anche di piccola quantità;
16) ad adottare iniziative normative volte a combattere le truffe agli anziani, a tutelare l'inviolabilità del domicilio da occupazioni arbitrarie;
17) nell'ottica di una funzionale esecuzione della pena, al fine di contrastare il sovraffollamento carcerario ad adottare iniziative volte a far sì che i detenuti stranieri scontino la pena nei propri Stati di origine;
18) ad adottare iniziative per procedere con una riforma dell'ordinamento penitenziario per garantire piena dignità al detenuto, con programmi di lavoro dei detenuti stessi, sicurezza nelle carceri, assunzioni per la polizia penitenziaria e la costruzione di nuovi istituti penitenziari;
19) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere percorsi alternativi alla detenzione per i detenuti tossicodipendenti, come già previsti dall'ordinamento penitenziario, anche mediante il maggior coinvolgimento degli enti del terzo settore.
(1-00053) (Nuova formulazione) «Lupi, Foti, Molinari, Cattaneo».
La Camera,
premesso che:
il quadro normativo che regola l'ordinamento processuale penale italiano è ispirato ed adeguato ai principi fondamentali incardinati nella Costituzione italiana;
in particolare, l'articolo 111 della Carta costituzionale stabilisce che «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.», riservando al legislatore l'importante compito di regolare lo svolgimento del processo;
come indicato altresì nel secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione: «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata». Da ciò deriva peraltro la tutela dei diritti che il sistema giudiziario italiano assicura a ciascuna parte;
alla luce del suddetto articolo, trova posto il principio relativo alla ragionevole durata del processo. La riduzione dei tempi del giudizio costituisce altresì una delle misure concernenti la riforma del sistema giudiziario nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza; si sottolinea inoltre che il Consiglio europeo, anche precedentemente all'approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha indicato come «la repressione della corruzione resta tuttavia inefficace in Italia, soprattutto perché la durata dei procedimenti penali continua a essere eccessiva in mancanza della tanto necessaria riforma del processo penale, ivi incluso il sistema di appello per evitare abusi dei contenziosi.» (Raccomandazione del 9 luglio 2019 sul programma nazionale di riforma 2019 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio europeo sul programma di stabilità 2019 dell'Italia). L'attenzione che il legislatore deve prestare a tale principio è rafforzata dalle condanne che la Corte di Strasburgo ha inflitto nei confronti dell'Italia a seguito della riconosciuta violazione del suddetto principio;
alla luce dei principi costituzionali, tra i diritti spettanti al soggetto imputato o indagato, brilla il principio di non colpevolezza, altresì conosciuto come presunzione di innocenza incorniciato dall'articolo 27, secondo comma, della Costituzione italiana che statuisce che «l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». Il medesimo principio trova esplicita espressione nell'articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea a norma del quale «ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata» ed altresì nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo all'articolo 6;
l'Unione europea è intervenuta sulla materia della presunzione di innocenza con la direttiva 343/2016 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali che, all'articolo 3, stabilisce che la presunzione di innocenza è riconosciuta agli indagati e agli imputati fino a quando non è stata legalmente provata la colpevolezza. L'Italia, con riguardo al recepimento della direttiva 343/2016, dopo un primo momento nel quale ha valutato l'ordinamento giuridico nazionale come conforme alle misure minime comuni stabilite dalla direttiva unionale, ha successivamente e alla luce della Relazione sullo stato di attuazione della direttiva (doc. COM (2021) 144 final), deciso di predisporre la previsione della legge n. 53 del 2021 a seguito della quale il Governo ha presentato lo schema di decreto legislativo A.G 285. Difatti, seppur l'Italia non abbia ricevuto esplicito riferimento nella suddetta relazione, avendo riscontrato alcune criticità anche con riguardo all'articolo 4 della direttiva e volendo evitare di incorrere in infrazioni, ha proceduto a novellare alcuni aspetti del quadro giuridico relativo alla presunzione di innocenza. Il Governo ha pertanto emanato il decreto legislativo n. 188 del 2021 recante «Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali»; in particolare, l'articolo 4 della direttiva 343/2016 stabilisce che «gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Ciò lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità»;
la presunzione di innocenza, come altresì indicato nelle comunicazioni del Ministro della giustizia, Carlo Nordio, sulle linee programmatiche del suo dicastero il 6 dicembre 2022 presso la Commissione giustizia del Senato della Repubblica e come altresì ribadito presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati il giorno 7 dicembre 2022, è stata vulnerata in molti modi. Diventa pertanto doveroso che la politica intervenga per risolvere le problematicità connesse a tale situazione;
è opportuno che il legislatore identifichi le cause che, in qualsivoglia maniera, compromettono i principi costituzionali in materia di giustizia e che si attivi in tempi quanto più rapidi, attraverso interventi normativi mirati, per ristabilire un sistema di giustizia ispirato e adeguato alla Costituzione, oltre che alle convenzioni internazionali che regolano la materia;
tra le cause che ledono i principi costituzionali va menzionato l'uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni. L'utilizzo improprio delle intercettazioni costituisce difatti una criticità del sistema giudiziario penale al quale il legislatore ha prestato attenzione negli ultimi anni e sul quale è opportuno intervenire;
particolare attenzione va posta sull'informazione di garanzia che viene spesso utilizzata per costruire processi di natura mediatica anche attraverso la diffusione di dati che dovrebbero essere riservati, generando situazioni lesive del principio di presunzione di innocenza; è fondamentale pertanto che il legislatore intervenga per tutelare maggiormente la riservatezza delle comunicazioni e la segretezza dell'avviso di garanzia in quanto strumenti di tutela del soggetto;
alla luce del principio di presunzione di innocenza e del principio di ragionevole durata del processo risulta altresì importante che il legislatore si concentri sul tema della prescrizione. Come richiamato nell'ordine del giorno n. 9/705/149 del 28 dicembre 2022: «l'allungamento dei tempi processuali non solo collide con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, al contrario, ne impongono una significativa riduzione, ma si pone altresì in aperto contrasto con i principi costituzionali di presunzione di innocenza, funzione rieducativa della pena e ragionevole durata del processo». Come noto al legislatore, sul tema della prescrizione è intervenuta la «riforma Cartabia», ma come indicato nel suddetto ordine del giorno: «la riforma Cartabia, tuttavia, non ha modificato il principio di sospensione della prescrizione sostanziale dopo la sentenza di primo grado fissato dalla riforma Bonafede, configurando piuttosto un'ipotesi di improcedibilità in appello; infatti, pur dovendosi apprezzare la scelta di ovviare alle macroscopiche criticità derivanti dalla cosiddetta “Spazzacorrotti”, non può non rilevarsi la necessità di ripristinare definitivamente la disciplina sulla prescrizione in un quadro di coerenza sistematica.»;
ulteriore criticità del sistema concerne la giustizia amministrativa la quale soffre di una paralisi che inficia il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e che richiede al legislatore di intervenire sulla revisione di alcuni reati; in particolare, si auspica un intervento legislativo sul reato di abuso di ufficio disciplinato dall'articolo 323 del Codice penale per il quale si riscontra un numero di condanne minimo rispetto al numero delle indagini avviate. In tal modo si vogliono altresì tutelare gli amministratori locali che sempre più spesso si trovano a dover dedicare parte del loro tempo e delle proprie risorse a procedimenti non connessi a reali responsabilità per illeciti personali, ma conseguenti al mero adempimento delle proprie funzioni. È pertanto doveroso intervenire per difendere gli amministratori locali con provvedimenti normativi dedicati, volti a impedire che il loro lavoro sia inficiato da procedimenti per reati di lieve entità e non connessi a responsabilità reali;
si ritiene altresì fondamentale intervenire sulla norma che disciplina il reato di traffico di influenze illecite che, come anche richiamato dal Ministro Nordio nel suo intervento al Senato della Repubblica del 6 dicembre 2022, difetta di tipicità e tassatività, consentendo pertanto l'avvio di indagini che rischiano di essere discrezionali;
alla luce di quanto esposto e con il fine di adeguare il sistema giudiziario ai principi costituzionali ed internazionali, è essenziale che il legislatore intervenga affinché la giustizia italiana sia regolata in modo tale da far nuovamente risplendere i principi fondamentali che sono alla base del nostro ordinamento,
impegna il Governo:
1) ad istituire presso il Ministero della giustizia una commissione di esperti che puntualmente, per quanto di competenza, monitori l'applicazione dei principi costituzionali in materia di processo penale con il fine di identificare le criticità del sistema giudiziario penale rispetto ai principi costituzionali e di promuovere eventuali iniziative legislative al riguardo;
2) a rendere effettivo, anche attraverso iniziative culturali e di informazione, il principio di non colpevolezza previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
3) a tutelare i diritti del soggetto indagato o imputato attraverso iniziative normative mirate;
4) ad adottare iniziative normative per disciplinare ulteriormente la materia delle intercettazioni onde evitarne l'abuso;
5) ad adottare iniziative normative volte a impedire la paralisi del sistema della pubblica amministrazione;
6) ad adottare iniziative normative volte a riformare il reato di abuso di ufficio;
7) ad adottare iniziative normative volte a riformare il reato di traffico di influenze illecite alla luce dei principi di tassatività e tipicità;
8) ad adottare iniziative normative in ordine al tema della prescrizione con il fine di ristabilire la prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio.
(1-00053) «Lupi, Bicchielli, Cesa, Pisano, Semenzato, Tirelli, Romano, Alessandro Colucci, Cavo».
La Camera,
premesso che:
il sistema delle fonti sovraordinate del diritto processuale penale costituisce oggi un sistema complesso all'interno del quale, a fianco della Costituzione, si trovano la normativa dell'Unione europea e i trattati internazionali, in particolare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
la complessità di tali fonti primarie impone che tutti i protagonisti del sistema «giustizia penale», dal legislatore nazionale ai giudici, fino alle parti processuali, acquisiscano una piena consapevolezza della necessità di dare concreta attuazione ai principi del processo penale europeo;
il diritto all'equo processo è affermato quale diritto fondamentale dell'uomo e, dunque, riconosciuto in tutti gli ordinamenti degli Stati di diritto dall'articolo 10 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi;
la fonte di matrice comunitaria cui in primis occorre fare riferimento è la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che, come noto, ha valore normativo nei confronti dei Paesi membri del Consiglio d'Europa, con disposizioni che assurgono al rango di regole precettive di prerogative specifiche e a tutela di ogni persona;
nell'ambito della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la posizione e le garanzie che devono assistere l'autorità giurisdizionale chiamata a decidere di una singola controversia trovano regolamentazione nell'articolo 6 che si annovera fra quelli più importanti e discussi della Convenzione e affronta il tema dell'equo processo, della ragionevole durata (articolo 6, paragrafo 1), della presunzione di innocenza (articolo 6, paragrafo 2) e delle garanzie processuali dell'imputato in relazione al principio del contraddittorio (articolo 6, paragrafo 3);
nell'ottica di tali garanzie, ruolo di primaria importanza ha il cosiddetto right to be heard, ossia il diritto ad essere ascoltati, riconoscimento all'imputato di potersi confrontare in giudizio con l'accusatore, previsto all'articolo 6, paragrafo 3, lettera d), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nell'ambito del più ampio principio del contraddittorio disciplinato anche dalle costituzioni e legislazioni nazionali;
l'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nell'affermare che ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, precisa che la sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale, quando lo esigono gli interessi dei minori, la protezione della vita privata delle parti in causa o rischio di pregiudizio agli interessi della giustizia. Per il paragrafo 2: «Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata». Il paragrafo 3, lettera d), stabilisce che ogni accusato ha diritto di: «esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico»;
secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, nel rispetto dell'articolo 6, paragrafo 3, lettera d), vi è la necessità di un contraddittorio effettivo, per cui la condanna non può essere basata solo su dichiarazioni rese in una fase antecedente al dibattimento;
nonostante il radicamento dei principi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali negli ordinamenti nazionali, permangono alcune problematicità di adeguamento del sistema processuale penale italiano al diritto della Convenzione. Se si considera l'articolo 111 della Costituzione sul diritto al contraddittorio, si può notare che i commi 4 e 5 non coincidono pedissequamente con quanto stabilito dall'articolo 6, paragrafo 3, lettera d), della Convenzione. Ciò implica un deficit di garanzie dell'ordinamento interno rispetto ai diritti previsti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, con particolare riguardo alle dichiarazioni assunte in assenza di contraddittorio. Tale lacuna sussiste, nonostante la novella costituzionale dell'articolo 111 di cui alla legge di revisione costituzionale n. 2 del 1999;
l'articolo 111 della Costituzione recita: «La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato (...) abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico (...). Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita»;
strettamente interconnesse con le norme di rango sovranazionale vi è, dunque, il plesso delle disposizioni precipuamente dedicate dalla Costituzione alla materia penale. Si tratta di una messe di principi garantistici, sviluppati per definire presupposti, contenuto e limiti della potestà punitiva;
alcuni di questi principi sono espressi, come il principio di legalità, nei fondamentali corollari della riserva di legge e dell'irretroattività, previsti dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione; il principio della personalità della responsabilità penale, di non colpevolezza e della finalità rieducativa della pena – scolpiti nell'articolo 27 della Costituzione – e il menzionato principio del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione;
altri sono principi implicitamente ricavati da costrutti argomentativi di variegata complessità, quali il principio di tassatività/determinatezza, quello di retroattività della legge penale più favorevole, i principi di materialità e offensività al pari di quello di sussidiarietà della norma penale o di extrema ratio. Non si possono sottacere i principi fondamentali contenuti negli articoli 2 e 3 della Carta fondamentale;
la centralità dell'imputato e la preminente esigenza di garantire i suoi diritti fondamentali nel contesto di un processo per ciò stesso definito equo è via via emersa in una visione antropocentrica della procedura penale, che è già stata icasticamente definita «umanesimo processuale»;
nondimeno nel nostro Paese si ravvisano dei forti scollamenti delle prassi giudiziarie rispetto al citato impianto primario di riferimento sotto diversi profili: i più rilevanti sono certamente quello della ragionevole durata del processo e quello della presunzione di non colpevolezza;
sotto il primo profilo, il Consiglio europeo, nelle sue annuali raccomandazioni, ha costantemente sollecitato l'Italia a «ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio», nonché ad «aumentare l'efficacia della prevenzione e repressione della corruzione riducendo la durata dei processi penali e attuando il nuovo quadro anticorruzione» (raccomandazioni del 2017-2019);
la Commissione europea, nella relazione per Paese relativa all'Italia 2020 (Country report 2020) del 26 febbraio 2020, ha rilevato come l'Italia abbia compiuto progressi solo limitati nel dare attuazione alle sopra citate raccomandazioni. In particolare, nel settore penale, si è rilevato il perdurare della scarsa efficienza del processo, soprattutto di appello;
da ultimo, nelle raccomandazioni specifiche all'Italia del 20 luglio 2020 il Consiglio europeo ha nuovamente invitato l'Italia ad adottare provvedimenti volti a «migliorare l'efficienza del sistema giudiziario»;
non a caso, dunque, il Piano nazionale di ripresa e resilienza individua nella lentezza nella realizzazione di alcune riforme strutturali un limite al potenziale di crescita dell'Italia. La riforma del sistema giudiziario, incentrata sull'obiettivo della riduzione del tempo del giudizio, è inserita dal Piano nazionale di ripresa e resilienza tra le cosiddette riforme orizzontali, o di contesto, che consistono in innovazioni strutturali dell'ordinamento, tali da interessare, in modo trasversale, tutti i settori di intervento del Piano. Per realizzare questa finalità, il Piano prevede – oltre a riforme ordinamentali, da realizzare ricorrendo allo strumento della delega legislativa – anche il potenziamento delle risorse umane e delle dotazioni strumentali e tecnologiche dell'intero sistema giudiziario, al quale sono destinati specifici investimenti;
la legge n. 134 del 2021, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari» (cosiddetta riforma Cartabia), ha risposto a tale istanza, ma solo parzialmente, anche in ragione della variegata composizione delle forze di maggioranza, ma il tema della ragionevole durata del processo rimane questione tutt'oggi aperta. Ridurre l'arretrato e accelerare i processi rappresenta ancora oggi una priorità, ma non a totale scapito e detrimento delle garanzie della difesa;
la prescrizione sostanziale è un fondamentale elemento acceleratorio e il suo venir meno, più che una cura, suona come il certificato della malattia cronica della giustizia italiana. Porre il processo al di fuori del flusso del tempo danneggia tutti: la vittima e la collettività tutta, che hanno un comune interesse al celere accertamento della responsabilità e alla punizione del reato. L'innocente, già danneggiato dal solo fatto di essere sottoposto al procedimento, e per il quale ogni giorno in più alla gogna è un supplizio intollerabile; lo stesso colpevole, che ha diritto di vedere definita in breve la sua vicenda, scontando la sanzione per poi reinserirsi in società;
sempre in un'ottica di maggiore efficienza del procedimento penale e di effettività delle garanzie dell'imputato, si impone di evidenziare il regime di impugnazione delle sentenze di proscioglimento da parte dei pubblici ministeri. La questione è stata affrontata dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, (cosiddetta legge Pecorella), che escludeva la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento, salvo l'emergere di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l'incostituzionalità della norma sopra riferita in quanto negazione del principio di parità delle parti, impedendo al pubblico ministero il potere di impugnare una sentenza di primo grado in appello. La medesima pronuncia della Corte costituzionale ha rilevato come «le fisiologiche differenze che connotano le posizioni delle due parti necessarie del processo penale, correlate alle diverse condizioni di operatività e ai differenti interessi dei quali, anche alla luce dei precetti costituzionali, le parti stesse sono portatrici – essendo l'una un organo pubblico che agisce nell'esercizio di un potere e a tutela di interessi collettivi; l'altra un soggetto privato che difende i propri diritti fondamentali (in primis, quello di libertà personale), sui quali inciderebbe un'eventuale sentenza di condanna – impediscono di ritenere che il principio di parità debba (e possa) indefettibilmente tradursi, nella cornice di ogni singolo segmento dell'iter processuale, in un'assoluta simmetria di poteri e facoltà»;
sul punto giova ricordare l'articolo 2 del protocollo numero 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di cui alla legge 4 agosto 1955, n. 848, o l'articolo 14, paragrafo 5, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, di cui alla legge 25 ottobre 1977, n. 881. Tali norme prevedono che la persona condannata per un reato abbia diritto a che l'accertamento di colpevolezza sia esaminato da un tribunale superiore o di seconda istanza. Diritto riconosciuto solo all'imputato e non all'accusa;
occorre, dunque, ridisegnare il sistema delle impugnazioni alla luce delle coordinate costituzionali e convenzionali, alla luce delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, che ha rimarcato – in modo sempre più accentuato – la «diversa quotazione costituzionale del potere di impugnazione delle due parti necessarie del processo penale: privo di autonoma copertura nell'articolo 112 della Costituzione – e, dunque, più "malleabile", in funzione della realizzazione di interessi contrapposti – quello della parte pubblica; intimamente collegato, invece, all'articolo 24 della Costituzione. – e, dunque, meno disponibile a interventi limitativi – quello dell'imputato» (sentenza n. 34 del 2020);
in relazione, poi, alla presunzione di non colpevolezza, l'8 dicembre 2022 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione (C-2022-8987) sui diritti procedurali degli indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione con la quale ha invitato, a chiare lettere, gli Stati membri ad «adottare misure effettive, adeguate e proporzionate, per rafforzare i diritti di tutti gli indagati e degli imputati in un procedimento penale che si trovano privati della libertà». La Commissione europea ha precisato che gli Stati devono «garantire alle persone oggetto di privazione della libertà di essere trattate con dignità e che i loro diritti fondamentali siano rispettati», ma soprattutto, la custodia cautelare deve essere considerata «misura da ultima istanza»;
il tema della misure cautelari personali è inesorabilmente e strettamente connesso con i fondamenti della legislazione costituzionale di garanzia: dal principio di inviolabilità della libertà personale (articolo 13, primo comma, della Costituzione), alla riserva di legge che esige la tipizzazione dei casi e dei modi nonché dei tempi di limitazione di tale libertà, alla riserva di giurisdizione che esige sempre un atto motivato del giudice (articolo 13, secondo e quinto comma, della Costituzione), fino – come detto – alla presunzione di non colpevolezza (articolo 27, secondo comma, della Costituzione), in forza della quale l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Nel nostro Paese il mancato rispetto dell'impianto costituzionale di riferimento è drammaticamente testimoniato dai dati riferiti nell'ultima relazione annuale del Ministro della giustizia al Parlamento ex legge 16 aprile 2015, n. 47: 24 milioni e mezzo di euro è quanto ha pagato nel 2022 lo Stato per risarcire quanti hanno ingiustamente subito la custodia cautelare in carcere. Si tratta di persone private della libertà senza che abbiano commesso alcun reato e prima di una sentenza anche non definitiva. Vittime di un potere oltre limite, quello di limitare la libertà personale di un cittadino, extra e ante contraddittorio;
si impone, dunque, una riflessione molto rigorosa sulla «genesi» dell'intervento cautelare, nonché sull'effettività del controllo giurisdizionale in ordine alle richieste del pubblico ministero, rendendo più stringenti i presupposti per l'applicazione delle misure cautelari personali, in particolare incidendo sulle condizioni meno aderenti al principio di legalità, quale il rischio di reiterazioni di reati della medesima specie di quello per cui si procede (articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale);
in relazione ai principi di legalità, della residualità del diritto penale, nonché del diritto alla privacy, una grave tensione con i principi fondanti del procedimento penale è posta dall'utilizzo delle intercettazioni e, nello specifico dall'utilizzo dei captatori informatici (così detto trojan horse);
in relazione all'utilizzo dei captatori informatici si rileva, da un lato, che l'assimilazione, per quanto concerne il loro impiego, tra i reati contro la pubblica amministrazione e i reati di mafia e terrorismo, fattispecie punite con pene completamente diverse, in quanto fenotipi criminosi completamente diversi, crea un'irragionevole assimilazione, introducendo un elemento di irrazionalità che pregiudica la coerenza interna del sistema. Il principio costituzionale di eguaglianza impone di trattare situazioni eguali in modo eguale e situazioni diseguali in modo diseguale. Rispetto a tale previsione si ravvisa, altresì, un eccesso di legislazione penale;
se, da un lato, l'utilizzo del trojan, introdotto nell'ordinamento penale italiano con la legge 23 giugno 2017, n. 103 – cosiddetta riforma Orlando – rappresenta lo strumento più penetrante ed efficace nel contrasto alla commissione di reati ritenuti di particolare gravità di tipo associativo e di terrorismo, dall'altro è lo strumento che più viola la sfera di intimità dell'intercettato, con l'evidente rischio di una diversa destinazione d'uso atto a violare la privacy degli individui, nonostante la Corte di cassazione abbia confermato che vada esclusa la riconducibilità del trojan agli strumenti di pressione sulla libertà fisica e morale il cui uso è vietato dall'articolo 188 del codice di procedura penale;
sembra opportuno e doveroso che il legislatore intervenga per correggere simili distonie, escludendo i reati minori dalla possibilità di utilizzo dei captatori informatici nelle indagini preliminari;
sempre in relazione alla privacy e alla presunzione di non colpevolezza, si deve rilevare come la diffusione degli atti nel corso di procedimenti, come evidenziato da Ministro della giustizia Nordio durante l'audizione al Senato della Repubblica in Commissione giustizia «è uno strumento micidiale di violazione» dei diritti, «di delegittimazione personale e spesso politica»;
è dunque necessaria una risposta normativa che tuteli effettivamente e concretamente il cittadino da tale fenomeno;
il primo comma dell'articolo 191 del codice di procedura penale sancisce chiaramente l'inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di legge. Nondimeno, reiterati arresti della Corte di cassazione hanno, con quella che appare ai firmatari del presente atto come un'interpretazione «creativa», introdotto nell'ordinamento una sorta di distinzione, non prevista dal legislatore, tra inutilizzabilità «patologica» e altri modelli di inutilizzabilità, distinzione divenuta ormai «diritto vivente». Invero, l'imputato che sceglie – legittimamente – il giudizio abbreviato, presta acquiescenza – secondo la giurisprudenza sopra richiamata – all'utilizzabilità di un atto acquisito in violazione di legge, la cui irrituale acquisizione è sanata dalla «scelta negoziale della parte di tipo abdicativo, che fa assurgere a dignità di prova gli atti di indagine compiuti senza il rispetto delle forme di rito» (ex multis, Cassazione penale, sezione IV, 10 novembre 2021, n. 40550, Cassazione penale, sezione III, 14 dicembre 2011, n. 46325). In ossequio al grigliato di principi di riferimento governanti il procedimento penale, si rende necessario intervenire per ribadire l'inutilizzabilità degli atti illegittimamente acquisiti, indipendentemente dalle opzioni processuali dell'imputato;
in materia del necessario rispetto dell'articolo 25 della Costituzione, l'articolo 192 del codice di procedura penale, relativo al regime di valutazione della prova, ribadisce innanzitutto il principio del libero convincimento del giudice, in un'ottica di rigorosa tutela della legalità sul piano probatorio. La norma delimita il libero apprezzamento del giudice in due precisi ambiti: in generale, si esclude che possano essere utilizzati elementi di natura meramente indiziaria, a meno che tali elementi siano gravi, precisi e concordanti (articolo 192, comma 2, del codice di procedura penale). In relazione alle dichiarazioni dei coimputati nel medesimo reato o degli imputati in un procedimento connesso ex articolo 12 del medesimo codice di procedura penale, la norma stabilisce che esse devono sempre essere valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità (articolo 192, comma 3). Il medesimo principio vale, altresì, in riferimento alle dichiarazioni rese dall'imputato in un reato collegato a quello per cui si procede ex articolo 371, comma 2, del medesimo codice di procedura penale, nonché in relazione alle dichiarazioni all'imputato che abbia assunto l'ufficio di testimone ex articolo 197-bis (articolo 192, comma 4). Tale regime rafforzato relativo alle dichiarazioni rese da altri soggetti deve essere esteso alle intercettazioni indirette, ossia quelle intercettazioni concernenti le conversazioni telefoniche o tra presenti di soggetti diversi dall'indagato, dall'imputato e dalla persona comunque assente dalla stessa conversazione;
nel corso dell'esposizione delle linee guida del suo dicastero, il Ministro della giustizia ha evidenziato che dai dati relativi all'abuso d'ufficio emerge solo il 3 per cento di condanne, mentre le statistiche indicano 5.400 procedimenti nel 2021, conclusi con 9 condanne davanti al giudice per le indagini preliminari e 18 in sede di dibattimento;
lo stesso Ministro della giustizia ha evidenziato che «(...) L'unica conseguenza è il rischio di essere indagati (...)», rilevando la necessità di «(...) abbandonare l'idea di tutelare il buon andamento della pubblica amministrazione con minaccia della pena» e ricordando gli appelli dei sindaci di diverse parti politiche in direzione di una riforma di questi reati che comportano soltanto un vulnus all'efficiente funzionamento del procedimento penale;
le modifiche si rendono necessarie per operare un cambio di rotta da più parti auspicato e superare una delle tante criticità della giustizia italiana, che, piuttosto che ridare slancio alla pubblica amministrazione e, attraverso essa, perseguire obiettivi di ripresa economica del nostro Paese, creano danni e alimentano disfunzioni;
il rispetto del principio di legalità, in uno con i principi di sussidiarietà e di extrema ratio che debbono governare l'impiego del diritto penale, presentano gravi aspetti di frizione con l'articolo 346-bis del codice penale, rubricato «Traffico di influenze illecite», introdotto con la legge 6 novembre 2012, n. 190, con lo scopo di contrastare i fenomeni corruttivi che orbitano intorno alla pubblica amministrazione, punendo l'insieme delle condotte prodromiche all'atto corruttivo vero e proprio. Successivamente, nel 2019, con la legge cosiddetta «spazzacorrotti» (legge 9 gennaio 2019, n. 3), si è voluta ampliare la tutela della fattispecie esaminata, facendovi confluire la fattispecie del millantato credito, contestualmente abrogata. Il reato de quo è volto a individuare e sanzionare tutte le condotte preparatorie; esso si struttura come illecito plurisoggettivo o a concorso necessario; l'attività sanzionata è quella della mediazione del soggetto attivo che intende approfittare di relazioni esistenti o fittizie con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio;
l'eccessiva anticipazione della tutela penale, ovvero per il concentrarsi della norma sulla «mera mediazione» più che sull'«effettivo risultato lobbistico» e, e ancor più, per l'uso nella descrizione della condotta penalmente rilevante di formule vaghe quanto ambigue, impongono un intervento riformatore sulla fattispecie costituzionalmente orientato;
in relazione alla presunzione di non colpevolezza si deve evidenziare come il testo unico di cui al decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (cosiddetta legge Severino), abbia introdotto nell'ordinamento alcune importanti disposizioni anticorruzione, intervenendo sulla materia dell'incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze di condanna. Tali disposizioni presentano evidenti aspetti di disomogeneità;
la maggior parte delle sue disposizioni prevede l'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo come conseguenza di una condanna definitiva, mentre le disposizioni di cui agli articoli 8 e 11 prevedono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive. Chi sbaglia deve pagare, ma non è tollerabile il pubblico ludibrio quando nel 97 per cento dei casi l'azione penale si risolve in un nulla di fatto: la stragrande maggioranza di queste sospensioni decade alla loro scadenza e l'unica conseguenza che ne deriva è un grave danno per la vita della comunità, che rimane senza guida, e per le figure dei pubblici amministratori coinvolti, la cui vita politica e personale viene inevitabilmente segnata;
pare, quindi, fondamentale un sollecito intervento del legislatore idoneo a realizzare un nuovo bilanciamento che rispetti parimenti le esigenze di legalità e il principio di garanzia costituzionale di cui all'articolo 27 della Costituzione;
alla luce delle sopra esposte considerazioni, si impongono iniziative legislative atte ad adeguare la normativa italiana ai principi nazionali e sovranazionali in materia di equo processo, così garantendo, al contempo, l'effettività dello stato di diritto,
impegna il Governo:
1) ad intraprendere le opportune iniziative legislative atte a ristabilire il regime della prescrizione sostanziale;
2) ad intraprendere le necessarie iniziative normative in materia di regime di impugnabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del magistrato del pubblico ministero, in asse con i principi costituzionali ed europei;
3) ad adottare le opportune iniziative normative in materia di misure cautelari personali atte a garantire il principio di presunzione di non colpevolezza di cui all'articolo 27 della Costituzione, incidendo, a monte, sui presupposti per la loro applicazione e, nello specifico, su quelli non aderenti al necessario rispetto del principio di legalità, quali quello previsto dall'articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale e, quindi, rafforzando sia il controllo giurisdizionale sulle medesime sia l'obbligo motivazionale;
4) ad adottare le opportune iniziative normative, in ossequio ai principi di legalità, della residualità del diritto penale e di proporzionalità, in materia di intercettazioni e, nello specifico, di utilizzo dei captatori informatici, volte ad escludere i reati contro la pubblica amministrazione da quelli che consentono il ricorso a tale mezzo di ricerca della prova;
5) ad intraprendere le opportune iniziative normative volte a limitare concretamente la pubblicazione degli atti d'indagine, fino all'udienza preliminare, prevedendo adeguate sanzioni, anche di natura amministrativa;
6) ad adottare le iniziative di competenza necessarie atte ad inibire la pubblicazione, anche parziale, del contenuto di intercettazioni, nell'equo contemperamento del principio della presunzione di non colpevolezza con il diritto di cronaca;
7) ad adottare iniziative normative volte a prevedere, in materia di inutilizzabilità degli atti di indagine acquisiti in violazione di legge, l'assolutezza del relativo divieto ex articolo 191 del codice di procedura penale, anche nel caso di ricorso da parte dell'imputato a riti alternativi;
8) a intraprendere le opportune iniziative legislative volte ad estendere l'applicazione del regime probatorio rafforzato di cui all'articolo 192, comma 3, del codice di procedura penale alle intercettazioni concernenti conversazioni telefoniche o tra presenti svolte tra soggetti diversi dall'indagato, dall'imputato e dalla persona comunque assente dalla stessa conversazione;
9) a intraprendere le iniziative legislative volte ad abrogare il delitto di abuso di ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale;
10) ad adottare le iniziative normative necessarie a garantire il principio di legalità, nel rispetto dei vincoli discendenti dalla sottoscrizione della Convenzione di Merida, tipizzando maggiormente le relative condotte e posticipando la tutela penale in relazione all'effettivo risultato lobbistico;
11) ad adottare le opportune iniziative normative volte a modificare il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, prevedendo che le cause di sospensione degli amministratori regionali e locali siano collegate ad una sentenza definitiva in ossequio agli articoli 3, 27, secondo comma, e 97, secondo comma, della Costituzione.
(1-00090) «Calderone, Pittalis, Patriarca, Cattaneo».
La Camera,
premesso che:
la difesa dei diritti fondamentali dell'individuo non può non passare anche attraverso l'attenzione che il legislatore pone nei confronti delle vittime dei reati. Posto che la dottrina costituzionalistica ha individuato il fondamento della tutela dei «soggetti deboli» nel collegamento con il principio di uguaglianza (articolo 3 della Costituzione), è proprio nell'ambito del diritto e del processo penale che la tutela delle vittime va garantita maggiormente, in quanto spetta al giudice – dotato a livello normativo di tutti gli strumenti necessari – intercettare le esigenze di queste ultime nel processo;
non di rado, molti Stati sono condannati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in quanto considerati responsabili per non aver predisposto o attuato nel caso concreto una specifica tutela penale dei diritti fondamentali. Come espresso dalla stessa Corte, ciò si impone anche al fine di «preservare la fiducia del pubblico nel principio della legalità e per evitare qualsiasi parvenza di complicità o di tolleranza relativamente a degli atti illegali» (Cedu, Avşar c. Turchia; Opuz c. Turchia);
la giurisprudenza diffusa a livello europeo, invero, impone agli Stati membri di adoperarsi affinché il procedimento penale si svolga con modalità tali da garantire anche il coinvolgimento e la soddisfazione dei diritti delle vittime. Si tratta dei cosiddetti obblighi procedurali, derivanti dagli articoli 2 e 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali negli ordinamenti nazionali, che prescrivono agli Stati di adoperarsi, in caso di violazione delle suddette disposizioni, per garantire lo svolgimento di indagini effettive e idonee ad accertare i fatti di reato, anche in prospettiva di tutela e di ristoro della vittima del reato;
è di tutta evidenza che il ruolo della vittima abbia finito per perdere sempre più rilevanza, e ciò è dimostrato anche dall'assenza, nel codice di procedura penale, della nozione di «vittima», laddove vengono usate le definizioni di «offeso dal reato», «persona offesa», «persona offesa dal reato». Pertanto vi è la necessità di far recuperare alla vittima una posizione di centralità nel processo di accertamento della violazione e della punizione che subisce il colpevole;
è fondamentale, dunque, che il processo penale, in quanto tale, si traduca in concreto in uno strumento ontologicamente funzionale alla soddisfazione delle istanze del soggetto danneggiato dal reato;
le fonti europee hanno gradualmente dimostrato un'attenzione sempre maggiore, sul piano del diritto penale, rispetto alla salvaguardia delle garanzie non solo dell'accusato, ma anche della vittima. Il considerando n. 9 della direttiva 2012/29/UE afferma che «un reato è non solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime»;
nella stessa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali negli ordinamenti nazionali, che si presta a una continua interpretazione evolutiva «in the light of present-day conditions», sono rinvenibili evidenti segnali della crescente valorizzazione delle prerogative delle vittime del reato;
come già accennato, assumono rilevanza i numerosi arresti della Corte europea dei diritti dell'uomo in relazione alle cosiddette positive obligation nell'ambito di alcune garanzie tutelate dalla Convenzione, quali gli articoli 2, 3, 4 e 8. Ci si riferisce non solo agli obblighi da parte degli Stati di rendere penalmente rilevanti quelle condotte lesive dei più importanti tra i beni fondamentali, ma anche, e soprattutto, ai doveri di carattere procedurale, che prescrivono ai Paesi contraenti indagini effettive e complete;
degna di nota, in tale contesto, è la decisione nel caso Petrella c. Italia, ove i giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno condannato l'Italia per la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in quanto la vittima non aveva potuto costituirsi parte civile nel procedimento penale, a causa del sopraggiungere del termine della prescrizione del reato nel corso delle indagini preliminari;
come noto, gli effetti distorsivi dell'istituto della prescrizione – come era delineato prima della riforma operata nel Governo Conte I con la legge n. 3 del 2019, cosiddetta «spazzacorrotti», che ha sospeso il corso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado – pregiudicavano fortemente le istanze di giustizia delle vittime del reato, che sono spesso rimaste inascoltate quando, per il verificarsi della causa estintiva, le stesse non hanno potuto ottenere un accertamento definitivo della verità, con ciò comportando di fatto una denegata giustizia e minando la fiducia dei cittadini nella capacità dello Stato di assolvere al compito fondamentale di assicurare il rispetto della legalità e la tutela dei diritti. In sostanza, il meccanismo della prescrizione è stato troppo a lungo utilizzato come occulto e mirato fattore di deflazione del carico degli uffici giudiziari, in assenza della volontà politica di potenziare gli organici della magistratura. Un effetto distorsivo dell'istituto della prescrizione in questi anni ha portato anche all'intasamento del carico delle corti d'appello e al parziale svilimento dei riti speciali. La sospensione della prescrizione – avvenuta grazie alla cosiddetta legge «spazzacorrotti» – avrebbe determinato un minore interesse a proporre appello, costituendo piuttosto un incentivo a definire il processo attraverso i riti speciali, se non fosse intervenuta l'introduzione del nuovo istituto dell'improcedibilità per superamento dei termini di fase, che torna – invece – ad incoraggiare la proposizione delle impugnazioni nella speranza di veder finire nel nulla i processi;
l'attuazione del principio del giusto processo, come contemplato dall'articolo 111 della Costituzione, non è idoneo a giustificare un'eventuale reviviscenza del meccanismo della prescrizione sostanziale, così come esistente prima dell'entrata in vigore della già richiamata legge n. 3 del 2019;
l'istituto della prescrizione, infatti, non è posto a fondamento del principio della ragionevole durata del processo: il dato temporale sarebbe già di per sé sufficiente a dimostrare la veridicità di quanto testé affermato. La prescrizione, infatti, è stata introdotta molto prima della riforma dell'articolo 111 della Costituzione (1999) che ha fatto strada al principio del cosiddetto «giusto processo e della durata ragionevole». È evidente, dunque, che la stessa non è stata originariamente contemplata a garanzia del principio costituzionale, piuttosto i presidi per assicurare la ragionevole durata sono altri, come i meccanismi compensativi in caso di durata irragionevole dei processi, già previsti nell'ordinamento dalla cosiddetta legge Pinto. Soprattutto, il vero antidoto è costituito dall'incremento delle risorse umane, per questo è imprescindibile prevedere il completamento ed anzi il rafforzamento degli organici del comparto della giustizia. Non a caso, la riforma Bonafede della prescrizione è entrata in vigore dopo aver reso effettivo – grazie ai Governi Conte I e II – un piano straordinario di assunzioni nel settore della giustizia. Ma la lentezza dei procedimenti non può essere utilizzata per celare l'obiettivo di sottrarsi alla giustizia: la durata ragionevole dei processi può e deve essere garantita diversamente, con una giustizia che funzioni;
la riforma Cartabia ha introdotto rilevanti novità nell'ambito del procedimento penale, tra queste, anche l'istituto della cosiddetta «improcedibilità» per superamento dei termini massimi di fase di impugnazione. La soluzione proposta dalla riforma, che mira a distinguere la prescrizione del reato dai tempi del processo, rappresenta tuttavia una scelta riformatrice radicale, che cela non poche insidie, sia in termini di garanzie dell'accertamento, che di risposte di giustizia alla persona offesa. Infatti, essa determina di fatto gli stessi effetti della prescrizione sostanziale, ovvero l'estinzione del processo, con in più delle aggravanti;
come rilevato dagli operatori del settore, infatti, l'improcedibilità funge da tagliola dopo 2 anni e 1 giorno per l'appello e 1 anno e 1 giorno per la Corte di cassazione, anche in quei casi in cui la prescrizione del reato (sostanziale) non sarebbe maturata;
inoltre, essa, una volta sopraggiunta, comporta l'estinzione immediata del processo, senza alcun rimedio. Mentre la prescrizione sostanziale – in teoria – determinava l'effetto di selezionare i processi di appello da trattare con priorità, in quanto prossimi alla scadenza dei termini, l'improcedibilità comporta, invece, la fissazione di un termine massimo di durata uguale per tutti i processi, in quanto slegata dal reato;
è innegabile, dunque, che l'improcedibilità determini un'eccessiva rigidità del sistema. Secondo la costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, seguita dalla giurisprudenza italiana formatasi a proposito della legge Pinto, la ragionevole durata del processo non può essere definita in via generale e astratta in relazione ad un processo ideale, ma deve essere determinata ex post in relazione alle concrete peculiarità di ogni singola vicenda processuale, sulla base della complessità del caso e del comportamento delle parti (pubbliche e private). Termini troppo brevi rischierebbero di non essere adeguati rispetto a vicende processuali particolarmente complesse e il «giusto processo» non può essere valutato solo in termini di durata, ma anche della correttezza della decisione che ne è frutto;
la Commissione europea nel Report sullo stato di diritto 2022 ha manifestato espressamente talune perplessità proprio rispetto alla fissazione di termini massimi per la conclusione dei procedimenti dinanzi alla corte d'appello e alla Corte di cassazione, pena l'improcedibilità;
in particolare, per problemi di efficienza soprattutto a livello delle corti d'appello, «le nuove misure rischiano di incidere negativamente sui processi penali e in particolare su quelli in corso, che potrebbero essere automaticamente resi improcedibili. Sebbene siano previste eccezioni e siano in vigore norme temporanee, l'efficacia del sistema giudiziario penale richiede un attento monitoraggio a livello nazionale per garantire un giusto equilibrio tra l'introduzione delle nuove disposizioni e i diritti di difesa, i diritti delle vittime e l'interesse pubblico all'efficienza del procedimento penale»;
appare fondamentale ed urgente, dunque, superare il meccanismo dell'improcedibilità introdotto dalla menzionata riforma, mantenendo, al contempo, la sospensione della prescrizione sostanziale dopo la sentenza di primo grado;
l'articolo 2 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 – di attuazione della legge n. 134 del 2021 recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», cosiddetta riforma Cartabia – ha apportato rilevanti modifiche alla disciplina del regime della procedibilità di alcune fattispecie di reato di più frequente applicazione pratica, con ciò determinando conseguenze negative in termini di risposta alle istanze delle vittime. Infatti, è stata ampliato l'ambito di operatività della procedibilità a querela, al fine di conseguire effetti deflattivi sul contenzioso giudiziario ed effetti positivi sulla durata complessiva dei procedimenti. Tuttavia, la prassi applicativa che ne è emersa, immediatamente dopo la sua recente entrata in vigore, ha da subito dimostrato i suoi effetti distorsivi, per cui l'obiettivo di razionalizzare il lavoro delle procure e di smaltire gli arretrati non può più giustificare l'abdicazione da parte dello Stato al suo potere/dovere di attivarsi per perseguire gli autori dei reati, lasciando così alla persona offesa la relativa decisione di procedere;
appare opportuno, dunque, ripristinare la procedibilità d'ufficio per taluni delitti di particolare allarme sociale, ovvero per quelli rispetto ai quali risulta arduo raccogliere l'eventuale querela. Nella specie, per il reato di lesioni personali (articolo 582 del codice penale), sequestro di persona (articolo 605 del codice penale), violenza privata (articolo 610 del codice penale), violazione di domicilio (articolo 614 del codice penale), furto aggravato dalle circostanze previste dall'articolo 625 del codice penale e danneggiamento, quando il fatto sia commesso ai danni dei beni demaniali e dei beni patrimoniali indisponibili di Stato, regioni, province, comuni, città metropolitane o altre amministrazioni locali;
il già citato decreto legislativo n. 150 del 2022 – riforma Cartabia – nell'ambito di un più generale intervento riformatore sul titolo II del libro IX del codice di procedura penale in materia di impugnazioni, ha novellato, altresì, l'articolo 599-bis del codice di procedura penale, relativo al concordato anche con rinuncia ai motivi di appello. Segnatamente, la richiamata riforma ha inteso ampliare l'ambito applicativo del cosiddetto «concordato in appello», attraverso l'eliminazione di tutte le preclusioni all'accesso a tale istituto, previste dal comma 2 dell'articolo 599-bis del codice di procedura penale. Si tratta, in particolare, dei reati di associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina o alla tratta di persone ovvero i reati con finalità di terrorismo, ovvero a commettere un delitto di sfruttamento sessuale dei minori, o finalizzata ad un delitto di contraffazione; tratta di persone o riduzione in schiavitù; associazione per delinquere di tipo mafioso o commessi per agevolare tali associazioni; scambio elettorale politico-mafioso; sequestro di persona a scopo di estorsione; associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, al contrabbando di tabacchi e al traffico di rifiuti; i reati di sfruttamento sessuale dei minori; reati di violenza sessuale semplice, aggravata e di gruppo;
il suo campo d'applicazione, dunque, era limitato, in quanto era escluso in relazione al sopra richiamato catalogo di gravi reati;
sebbene l'istituto del concordato sui motivi di appello non possa essere propriamente considerato a carattere premiale, esso determina impliciti effetti deflattivi. Invero, ben potrebbe verificarsi che, anche a seguito di condanna in primo grado, il pubblico ministero, per abbattere il cospicuo carico di lavoro, sia più incentivato ad accordarsi con il difensore dell'imputato sull'accoglimento di taluni motivi di gravame, in ragione della prospettiva che l'imputato rinunci agli altri motivi, anche in caso di reati particolarmente insidiosi, facendo ottenere a quest'ultimo considerevoli riduzioni di pena ed evitandogli talvolta di scontare la condanna in carcere;
un simile intervento, lungi dal voler determinare maggiore efficienza del processo penale, può invece tradursi di fatto in un «ennesimo assist all'impunità», con gravi ripercussioni sui diritti fondamentali delle vittime;
appare imprescindibile, dunque, ripristinare il catalogo di preclusioni relativo all'istituto del concordato con rinuncia ai motivi in appello, in origine contenuto nel comma 2 dell'articolo 599-bis del codice di procedura penale, per escludere che esigenze deflattive possano comportare un elevato rischio di impunità nei casi richiamati;
tra i tipi di tutela derivanti dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, vi è anche quella riguardante casi di violazioni «interindividuali», cioè poste in essere da soggetti privati a danni di altri individui, considerati dall'ordinamento, nazionale e sovranazionale, particolarmente vulnerabili, come donne e bambini, o, più in generale vittime di violenza domestica. Nei riguardi di tali soggetti, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stigmatizzato il comportamento delle autorità statali per i casi di violazioni dei diritti tutelati dall'articolo 3. In particolare, la Corte europea dei diritti dell'uomo talvolta ha evidenziato l'inadeguatezza delle misure di prevenzione adottate dalle autorità allo scopo di evitare il protrarsi delle lesioni a carico delle vittime, talaltra hanno rimarcato la presenza di superficialità da parte dello Stato a fronte della denuncia di fatti particolarmente gravi;
nel nostro ordinamento, il cosiddetto codice rosso ha già tracciato la strada verso il potenziamento degli strumenti a tutela delle donne vittime di violenza. Grazie alle modifiche normative introdotte, oggi è prevista una corsia preferenziale per le indagini, la possibilità per la vittima di proporre querela fino ad un anno (in luogo dei 3 mesi previsti per gli altri casi), nonché l'inasprimento delle pene già previste per chi abusa. Infine, la legge ha introdotto altresì nel codice penale 4 nuovi reati: violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, costrizione o induzione al matrimonio, deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (cosiddetto revenge porn);
tuttavia, c'è ancora molto da fare per contrastare questo allarmante fenomeno, che i dati dimostrano – purtroppo – sempre in maggiore crescita. Nel report diffuso dal dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno in occasione della Giornata internazionale delle donne vittime di violenza, il dato inerente all'applicazione del codice rosso vede un significativo incremento sia dei delitti commessi, che delle segnalazioni a carico dei presunti autori noti. Si registra «un trend di crescita per le violenze sessuali, confermando la necessità di riservare a tale fenomenologia criminale la massima attenzione». Dal 2020, anno nel quale si è registrato il dato minore (4.497), l'incremento è stato significativo e si è attestato, nel 2022, a 5.991 eventi;
ai fini dell'accertamento della verità processuale e del soddisfacimento della richiesta di ristoro della vittima e della parte civile, il legislatore ha l'obbligo di dotare l'autorità giudiziaria di tutti gli strumenti preordinati a tal fine. Il problema si pone tanto più per le fattispecie penali di difficile accertamento, tra le quali possono annoverarsi i reati di corruzione. Privare o limitare lo Stato dell'uso dello strumento delle intercettazioni può comportare una perdita di efficienza nella lotta alla delinquenza e la riduzione della possibilità di sottrazione di ingenti quantità di beni dalla disponibilità della criminalità;
se la finalità ultima dell'attuale Governo è quella di contrastare gli «abusi», in particolare la divulgazione a mezzo stampa dei contenuti delle intercettazioni, orbene, è stato già dimostrato come negli ultimi anni nessun abuso a pregiudizio del diritto alla riservatezza sia stato rilevato;
durante il Governo Conte II, infatti, è stato adottato il decreto-legge n. 161 del 2019, entrato in vigore a settembre 2020, che ha chiuso una stagione di interventi confusionari e superflui, rappresentando una sintesi equilibrata tra l'esigenza di perseguire reati gravi e il diritto alla privacy rispetto a fatti penalmente non rilevanti. Come emerso in sede di audizione al Senato della Repubblica del Garante per la protezione dei dati personali, il 24 gennaio 2023, i dati raccolti confermano che dal 2020 non si è registrato alcun caso di violazione della privacy determinato da potenziali abusi delle intercettazioni, con ciò privando di fondamento qualsivoglia esigenza di ulteriore intervento normativo. Dunque, è sufficiente rispettare i confini già esistenti in materia di condizioni di applicazione, non vi è più alcuna necessità di intervenire sulla disciplina delle intercettazioni, depotenziandola;
degni di nota sono, inoltre, alcuni dati forniti dal procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, nel corso dell'audizione in videoconferenza in Commissione giustizia al Senato della Repubblica, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle intercettazioni. Nel 2022 nel distretto di corte d'appello di Palermo sono state 2.902 le utenze telefoniche intercettate (numero che non corrisponde ai soggetti «ascoltati», visto che ciascuno potrebbe aver avuto più utenze a disposizione). Di queste, 1.950 intercettazioni erano relative a indagini di mafia, 9 di terrorismo e 935 si inquadravano nell'ambito di inchieste su altri reati (ad esempio di corruzione). Il trojan invece è stato usato in 218 casi: 185 in inchieste antimafia, 3 su sospetti casi di terrorismo, 30 in indagini «comuni». Il procuratore ha più volte sottolineato, quindi, l'importanza delle captazioni, strumenti definiti come «irrinunciabili», così come dimostrato dai dati forniti;
la fattispecie di abuso d'ufficio è stata novellata durante il Governo Conte II attraverso un intervento di specificazione della fattispecie che ne ha eliminato gli aspetti di maggiore incertezza interpretativa. Di conseguenza, ciò rende di fatto superflua un'ulteriore modifica normativa, che avrebbe esclusivamente l'effetto di determinare nuove incertezze applicative, che necessiterebbero dell'attività ermeneutica della giurisprudenza di legittimità;
in particolare, l'articolo 23 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, ha inciso sulla disposizione del codice penale sostituendo le parole «di norme di legge o di regolamento,» con le seguenti: «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». Ne consegue che il delitto di abuso d'ufficio è ora integrato dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio e salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto attraverso la violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero attraverso la violazione del dovere di astensione o la violazione di norme che dovranno essere: specifiche; espressamente ed esclusivamente previste da fonti primarie del diritto, con esclusione, quindi, di fonti secondarie; a condizione che da tali regole di condotta non residuino margini di discrezionalità. Ne deriva che un eventuale nuovo intervento normativo volto ad allargare ulteriormente le maglie di tale reato potrebbe porsi in contrasto con il principio costituzionale del buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione che ne è sotteso, in quanto potrebbe determinare importanti sacche di impunità;
la legge n. 3 del 2019 (cosiddetta «spazzacorrotti») proposta dall'allora Ministro Bonafede ed approvata nel corso del Governo Conte I ha fatto ottenere all'Italia il plauso da parte del Greco (il gruppo di Stati contro la corruzione in seno al Consiglio d'Europa), a margine della sua attività di valutazione di conformità delle legislazioni vigenti degli Stati aderenti agli standard anti-corruzione. E ciò in quanto la suddetta legge ha introdotto, oltre a nuovi poteri per le autorità inquirenti, ad un incremento delle sanzioni per le persone sia giuridiche sia fisiche, alla sospensione dei termini di prescrizione dopo la condanna di primo grado, anche ulteriori adeguamenti dei reati di corruzione privata e – soprattutto – del traffico di influenze illecite;
in particolare, il Greco ha mostrato apprezzamento rispetto all'avvenuto allineamento del reato di traffico di influenze illecite ai requisiti di cui alla Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo. In un'ottica di messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché di continuazione nel reperimento delle risorse da esso derivate, non sfugge, dunque, l'importanza anche del mantenimento dello strumento de quo al fine di scongiurare ipotetiche attività illecite da parte della criminalità, attirata dall'ingente quantità di afflusso di danaro. Infatti, un allentamento dei presidi contro i fenomeni corruttivi e contro i suoi cosiddetti reati spia, tra i quali possono ben annoverarsi sia l'abuso di ufficio sia il traffico di influenze illecite, non può che esporre al pericolo di infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali che potrebbero, di guisa, mettere in discussione anche l'erogazione dei fondi da parte dalla stessa Unione europea;
allentare le maglie della fattispecie di traffico di influenze sarebbe un grave errore, da non commettere proprio in un momento storico come quello attuale;
sempre nell'ottica di presidio dei diritti fondamentali, è imprescindibile che lo Stato mantenga sempre alta e vigile l'attenzione rispetto all'efficace contrasto dei fenomeni mafiosi in tutte le sue estrinsecazioni. A tal fine, occorre salvaguardare uno degli strumenti indefettibili per la lotta alla mafia: il regime speciale di detenzione previsto dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, corollario insostituibile della legislazione antimafia italiana, in quanto mira a contrastare i rapporti tra associati detenuti e organizzazione criminale;
in sede di esposizione delle linee programmatiche del dicastero e in ulteriori occasioni da parte del Ministro della giustizia, è stata più volte annunciata la volontà di intervenire sulla separazione delle carriere dei magistrati. Oggi sono in esame in Commissione affari costituzionali diversi progetti di legge costituzionale in tale direzione. Tuttavia, non può non tenersi conto come già un simile intervento sia naufragato in occasione del referendum, laddove il quesito proposto non ha raggiunto il quorum di cui all'articolo 75 della Costituzione;
una riforma in tale materia è tutto fuorché necessaria, tanto più ora che la riforma Cartabia ha ridotto ad uno i passaggi di funzioni tra magistrati requirenti e giudicanti, rendendo ancor più eccezionale l'eventuale mutamento di funzioni nell'arco della vita professionale di un magistrato;
si consideri, inoltre, che più si separa sul piano formativo e professionale il pubblico ministero dal giudice, più si rischia di incorrere in una realtà – lontana dal sistema processuale italiano – in cui il pubblico ministero diventa un «avvocato di polizia», un mero accusatore e non già un funzionario dello Stato chiamato ad accertare la verità dei fatti, come contempla anche il codice di procedura penale (articolo 358 del codice di procedura penale);
la comunanza di formazione e di percorso iniziale, al contrario, contribuisce a scongiurare, se non proprio evitare, questo rischio ed è dunque una garanzia per il cittadino che dovesse essere indagato,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa – anche normativa – utile a garantire l'efficacia delle disposizioni a presidio delle vittime dei reati, apprestando una tutela in concreto delle stesse, proprio in considerazione della propria condizione di minorità che nasce dall'aver subito un pregiudizio;
2) ad adottare iniziative normative volte a superare l'istituto dell'improcedibilità in secondo grado previsto dall'articolo 344-bis del codice di procedura penale, mantenendo ferma la disciplina della prescrizione dei reati come introdotta dalla legge n. 3 del 2019, cosiddetta «spazzacorrotti», in quanto l'estinzione del processo per decorrenza dei termini può tradursi in una grave denegata giustizia per le vittime;
3) ad astenersi da qualsivoglia intervento – anche normativo – volto a riformare la disciplina delle intercettazioni in modo da restringerne l'utilizzo o da depotenziarne l'efficacia come strumento di ricerca della prova determinante per l'attività investigativa ed indispensabile per contrastare le forme più insidiose di criminalità organizzata e dei fatti di corruzione, i cui effetti finali ricadono sull'utente, ovvero il cittadino;
4) ad adottare iniziative normative per modificare l'istituto del concordato anche con rinuncia ai motivi di appello ex articolo 599-bis del codice di procedura penale, ripristinando l'esclusione dell'applicazione di detto istituto agli imputati per reati di particolare gravità;
5) ad adoperarsi per favorire l'iter delle iniziative legislative già esistenti in Parlamento in materia di procedibilità d'ufficio, per ripristinare il precedente regime rispetto a quei reati di peculiare disvalore sociale, per evitare di far gravare sulle vittime l'onere di proporre querela per azionare la pretesa punitiva dello Stato;
6) a non intervenire sul delitto di abuso di ufficio e sul delitto di traffico di influenze, fattispecie eventualmente da potenziare in combinazione con l'introduzione di una normativa sulla regolamentazione delle lobby, sul conflitto di interessi, in quanto strettamente connessi;
7) ad assumere con la massima determinazione iniziative volte al contrasto alla violenza contro le donne, al fine di ridurre sensibilmente il numero dei femminicidi, nel contesto di quanto segnalato in premessa, riprendendo il percorso segnato dal codice rosso e proseguito dalla Commissione di inchiesta sul femminicidio, la quale ha predisposto nella relazione conclusiva molteplici misure volte ad intervenire sul piano preventivo, di protezione, nonché punitivo e rieducativo (e di azzeramento dei tassi di recidiva) nei confronti rispettivamente delle vittime e degli autori del reato, sostenendo, per quanto di competenza, le iniziative legislative parlamentari sul tema;
8) a rispettare integralmente, per quanto di competenza, il titolo IV della Costituzione laddove vengono contemplati il principio di separazione dei poteri e dell'autonomia della magistratura (articolo 104 della Costituzione), nonché ad astenersi dal dare seguito a qualsivoglia proposta normativa di separazione delle carriere dei magistrati e di eliminazione dell'obbligatorietà dell'azione penale sancita dall'articolo 112 della Costituzione;
9) a mantenere e rafforzare gli strumenti di contrasto previsti dalla legislazione antimafia e, in particolare, a salvaguardare il regime speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario;
10) a tornare ad investire nel comparto giustizia per rilanciare il rapporto tra giustizia e cittadino e quale unico vero antidoto alla lunghezza dei processi penali, colmando le scoperture negli uffici giudiziari attraverso una massiccia e mirata attività assunzionale, in continuità con le leggi di bilancio degli anni 2018-2020.
(1-00091) «D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Scutellà, Aiello, Cappelletti, Iaria, Pavanelli, Pellegrini».
La Camera,
premesso che:
nel discorso in occasione del giuramento avanti alle Camere del 3 febbraio 2022 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ribadendo la centralità del Parlamento, ha testualmente affermato che «un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia»;
la consapevolezza dell'urgenza e dell'indifferibilità delle riforme, in uno con il monito del Presidente della Repubblica, trasversalmente accolto dalle forze politiche, suggerisce l'esistenza di un clima politico favorevole ad un'ampia convergenza sulle riforme necessarie;
il Parlamento, in tema di giustizia, potrebbe recuperare la centralità più volte rivendicata nel dibattito politico;
l'amministrazione della giustizia in Italia è avvertita dai cittadini ancora come uno dei freni per la crescita dell'Italia, evocando piuttosto l'idea di una macchina burocratica lenta e fuori controllo per plurimi motivi che rappresentano altrettanti e annosi mali del sistema giustizia italiano, ancora non affrontati con la chirurgica radicalità necessaria;
in tema di giustizia penale gli interventi devono ispirarsi a due principi cardine: garantismo e certezza della pena. Si tratta di concetti che si conciliano perfettamente nel perimetro dei valori del giusto processo cristallizzati nell'articolo 111 della Costituzione. La sentenza è giusta soltanto se è pronunciata da un giudice effettivamente terzo e imparziale, in tempi ragionevoli e all'esito di un processo in cui siano state rispettate in pieno le garanzie difensive. La sentenza è giusta se, una volta definitiva, in caso di condanna venga effettivamente e tempestivamente eseguita;
solo un sistema efficace assicura i diritti delle vittime dei reati. Solo un sistema efficace costituisce un serio strumento di lotta alle mafie. Al contrario, un ordinamento incapace di assicurare giustizia genera insicurezza, disincentiva investimenti, alimenta sfiducia, consente l'insinuarsi di sacche di illegalità e il proliferare delle organizzazioni criminali. Gli scandali legati alle spartizioni di potere tra le correnti della magistratura hanno determinato, poi, il punto più basso del sistema giustizia nel nostro Paese;
la revisione complessiva ed ineludibile del sistema sanzionatorio è dettata, oltre che dalla constatata ineffettività preventiva, dal necessario rispetto dei principi così ben espressi dal dettato costituzionale. Occorre sempre rammentarlo, lo Stato assume su di sé la tutela del bene comune come suo fine ultimo, comprensivo anche dei diritti del condannato, e agisce ponendo norme razionali per lo sviluppo e la tutela dell'uomo e la promozione della sua dignità. La legge penale, dove la persona è centrale, non solo fonda l'ordine sociale ma la sua condivisione e accettazione da parte dei consociati, garantendo la libertà di ognuno, in quanto l'intima convinzione della giustizia di una norma garantisce il rispetto più di qualsiasi pena per la sua trasgressione. Esistono valori fondamentali, preliminare la libertà personale che tutti li racchiude, che non possono essere negati, né tantomeno raggirati attraverso sterili procedure dettate da particolari esigenze/emergenze criminali. Nella materia penale è in gioco l'essere umano, meglio il rispetto della dignità dell'uomo e della sua libertà, vale a dire di quanto più intimo ed inviolabile possa esserci. La grande e improcrastinabile riforma del sistema penale/sanzionatorio vuole il rispetto dei valori costituzionali e, quindi, la loro attuazione attraverso la legge, che significa precisione tecnico-legislativa e dominabilità del sistema;
in relazione al tema dell'inviolabilità del domicilio, all'interno della Costituzione viene utilizzato il termine domicilio per racchiudere tre concetti: la residenza – luogo dove il soggetto è ubicato per lo Stato –, il domicilio – luogo dove il soggetto svolge i suoi affari e la sua vita privata – e, infine, la dimora – dimensione ubicativa fisiologicamente provvisoria. Questi tre concetti sono considerati «luoghi in cui l'individuo può esprimere la propria personalità» e sono racchiusi, in Costituzione, nel termine «domicilio», in egual misura dignitosi di tutela ex articolo 14 della Costituzione. Quindi si può ritrovare – almeno a livello costituzionale – una tutela sotto forma di un'inviolabilità del domicilio non intesa come diritto ad un domicilio oppure tutela degli interessi legittimi del proprietario, ma tutela della persona nel domicilio oppure domicilio come estensione fisica e luogo di sviluppo della persona, quasi come fosse un'appendice della persona, e per questo inviolabile. Abbiamo conosciuto quella che è la sottile linea che separa interesse privato ed interesse pubblico all'interno dei testi costituzionali; ad esempio, nella Costituzione italiana l'interesse ad un domicilio inviolabile, quindi accessibile solo a soggetti scelti dal proprietario ex articolo 14 della Costituzione, e l'importanza della tutela dell'interesse pubblico che si concretizza nell'interesse dello Stato di tutelare la comunità di cittadini con strumenti di limitazione dell'inviolabilità di domicilio, come, ad esempio, le perquisizioni da parte della pubblica autorità. Adesso la responsabilità sulla tutela di questa importante libertà ricade su di noi, sulle scelte del nostro presente; ed è per questo che ci deve essere una maggiore forza nelle normative che devono tutelare il diritto all'inviolabilità del domicilio;
in relazione alla tutela delle vittime del reato, occorre che coloro che denunciano non debbano essere lasciati soli ad affrontare le conseguenze delle loro coraggiose iniziative. Attraverso l'introduzione di adeguati strumenti di supporto si può assicurare la necessaria tutela delle vittime dei reati e il conseguente rilancio della legalità. Solo così le vittime di estorsioni, usure e, in generale, di tutti quei reati (lesioni, violenze private ed altri) perpetrati al fine di costringere il destinatario a sottostare a richieste illecite nell'ambito di sistemi criminali consolidati e radicati (ad esempio, pagamento del pizzo, forme di usura, concussioni sistemiche ed altro), si sentiranno protette e sostenute dal sistema giustizia e dallo Stato;
la globalizzazione dei mercati, la rapidità sempre crescente degli scambi, la diffusione capillare e immediata delle informazioni, il continuo sviluppo delle potenzialità della rete internet (ad esempio, il dark web) sono fenomeni che consentono alle organizzazioni mafiose di selezionare settori sempre nuovi di investimento e di occultare facilmente i propri traffici illeciti. Occorre, quindi, potenziare gli strumenti tecnici a disposizione delle forze dell'ordine e investire in mezzi informatici all'avanguardia che facilitino l'individuazione e la neutralizzazione tempestiva di inedite forme di imprenditoria mafiosa;
è necessario agire efficacemente sui circuiti di reinvestimento dei capitali provenienti dalle attività delle organizzazioni mafiose per tutelare la libera concorrenza e contrastare con fermezza le infiltrazioni criminali nel tessuto economico-legale;
occorre assicurare l'effettivo contemperamento tra esigenze di prevenzione e di continuità aziendale, impedendo che, in caso di restituzione dopo anni di sequestro, si sia consumato un danno irreparabile per l'azienda, per i lavoratori e per la comunità;
in relazione alla radicalizzazione dei fenomeni della micro-criminalità e delle baby gang si impone l'introduzione di nuovi e adeguati strumenti di repressione. Quanto al primo aspetto, occorre prevedere una maggiore presenza delle forze dell'ordine sul territorio, soprattutto in quei contesti che tipicamente agevolano la commissione di tale tipologia di reati (ad esempio, manifestazioni sportive, mezzi pubblici ed altri); infatti, la micro-criminalità, seppure riguardi illeciti di contenuto disvalore, per la sua sistematicità desta notevole allarme sociale e risulta intollerabile per la comunità. È, inoltre, opportuno promuovere campagne di informazione, elaborate di concerto con le forze dell'ordine, volte a fornire ai cittadini indicazioni concrete da utilizzare nelle situazioni che favoriscono episodi di micro-criminalità;
in materia di giustizia minorile, ogni misura di repressione deve inserirsi necessariamente in un quadro di iniziative che privilegi le esigenze di prevenzione. In questo senso, la complessità del fenomeno rende indispensabile l'adozione di strumenti volti a favorire una costante interazione tra le istituzioni, finalizzata al supporto delle famiglie dei minori stessi;
in relazione alla riforma dell'ordinamento penitenziario e agli interventi sulle carceri, occorre operare una riforma dell'ordinamento penitenziario che garantisca piena dignità alla polizia penitenziaria, prevedendo principalmente assunzioni e la costruzione di nuovi istituti penitenziari, moderni e vivibili. Inoltre, sarebbe auspicabile l'adozione di interventi fra l'amministrazione penitenziaria, il terzo settore e il mondo delle aziende profit, con l'obiettivo di incentivare la funzione rieducativa della pena carceraria, avvicinando il mercato del lavoro al mondo degli istituti di pena;
in relazione alla normativa in materia di sostanze stupefacenti, si deve registrare l'aumento dell'uso e dell'abuso di droghe che si è diffuso, soprattutto, tra le generazioni più giovani, anche in concomitanza con lo scoppio della pandemia da COVID-19 che ha causato nei ragazzi disagi psicologici che non sempre sono stati riconosciuti;
negli ultimi anni sul mercato sono state immesse molte sostanze illecite e chimiche a poco prezzo che ne rendono particolarmente facile la reperibilità e il consumo: rimane fondamentale e prioritario combattere il fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente anche di piccola quantità, perché sia chiaro che il consumo di droghe di qualsiasi tipo causa danni irreparabili alla salute,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa normativa idonea a:
a) velocizzare, anche mediante lo stanziamento di ulteriori nuove risorse, la celebrazione dei processi, ovviamente senza ridurre l'accertamento a una valutazione sommaria e approssimativa, in quanto l'imputato non può essere ostaggio del processo per anni, né, per evitare tale rischio, può essere costretto a ricorrere a forme deflattive che non risolvono i problemi organizzativi della giustizia ma sacrificano solo il diritto di difesa e il contraddittorio;
b) rendere effettiva la ragionevole durata dei processi;
c) assicurare l'effettiva e tempestiva esecuzione delle sentenze, nel rispetto del principio di certezza del diritto;
d) razionalizzare il sistema sanzionatorio, realizzando una riforma integrale che adegui tipologia e misura delle pene alle esigenze della collettività;
e) assicurare l'esecuzione tempestiva e certa della pena definitiva, nel rispetto dei diritti del condannato;
f) garantire il diritto di difesa nel processo, senza compressioni o limitazioni;
g) assicurare l'effettiva terzietà e imparzialità del giudice;
h) rafforzare la tutela delle vittime del reato, introducendo ulteriori strumenti per la piena salvaguardia dei loro diritti;
i) razionalizzare il sistema penale, recuperando l'effettività del rapporto tra sanzione penale e bene giuridico protetto e, dunque, tra la pena e la sua funzione costituzionale;
l) prevedere strumenti volti ad assicurare l'effettivo rispetto dei termini di durata delle indagini preliminari e trasformare alcuni rilevanti termini ordinatori in perentori (ad esempio, il termine per il deposito della sentenza da parte del giudice);
m) attuare effettivamente il principio di presunzione di innocenza e il diritto alla «buona fama», prevedendo strumenti in grado di garantire tale diritto, per riconoscere effettivamente, anche a livello mediatico, il principio della presunzione di innocenza dell'indagato o imputato coinvolto in un procedimento penale;
n) in materia di intercettazioni, ad assicurare l'utilizzo come strumento di ricerca della prova, individuando, a seguito della conclusione della indagine conoscitiva che si sta svolgendo al Senato, eventuali disfunzioni o lacune normative;
o) prevenire da un lato e sanzionare dall'altro i fenomeni baby gang in espansione;
p) trovare strumenti adeguati per meglio combattere il fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente anche di piccola quantità;
q) combattere le truffe agli anziani;
r) prevedere strumenti moderni di contrasto alla criminalità organizzata a tutela della concorrenza, del libero mercato e dell'economia legale;
s) modernizzare gli strumenti di contrasto alla criminalità mafiosa, in modo da individuare tempestivamente i nuovi settori economici preda delle organizzazioni mafiose;
t) tutelare l'inviolabilità del domicilio da occupazioni arbitrarie e garantire la reintegrazione tempestiva ed effettiva del proprietario o del detentore, per combattere il fenomeno dell'occupazione abusiva di case;
u) riformare la legge cosiddetta Severino per evitare sanzioni automatiche nei riguardi di amministratori locali che finiscono per paralizzare l'attività amministrativa;
v) programmare iniziative volte al lavoro dei detenuti in carcere, coinvolgendo il settore privato, non sostenendo alcun provvedimento «svuota carceri»;
z) operare una riforma dell'ordinamento penitenziario che garantisca piena dignità al detenuto e sicurezza nelle carceri, prevedendo assunzioni tra le fila della polizia penitenziaria e la costruzione di nuovi istituti penitenziari, moderni e vivibili.
(1-00092) «Bisa, Bellomo, Matone, Morrone, Sudano, Molinari, Andreuzza, Angelucci, Bagnai, Barabotti, Benvenuto, Davide Bergamini, Billi, Bof, Bordonali, Bossi, Bruzzone, Candiani, Caparvi, Carloni, Carrà, Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Coin, Comaroli, Crippa, Dara, Di Mattina, Formentini, Frassini, Furgiuele, Giaccone, Giagoni, Giglio Vigna, Gusmeroli, Iezzi, Latini, Lazzarini, Loizzo, Maccanti, Marchetti, Miele, Minardo, Montemagni, Nisini, Ottaviani, Panizzut, Pierro, Pizzimenti, Pretto, Ravetto, Sasso, Stefani, Toccalini, Ziello, Zinzi, Zoffili».
La Camera,
premesso che:
nell'ambito delle iniziative legate all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'Unione europea ha sollecitato un intervento deciso in tema di giustizia finalizzato alla drastica riduzione della durata dei processi penali per consentire di poter addivenire in tempi brevi a decisioni certe nell'interesse di imputati e persone offese;
il sistema giudiziario italiano ha, quindi, assoluto e improcrastinabile bisogno di interventi strutturali e profondi, idonei a razionalizzare la durata dei processi penali, individuando strumenti moderni e soluzioni adeguate effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti e per garantire l'effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese, in un processo ragionevole e di certa durata;
il 30 dicembre 2022, per rispettare gli impegni assunti dall'Italia, ossia la riduzione entro il 2026 del 25 per cento della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio, è entrato in vigore il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, che modifica profondamente la normativa relativa al procedimento penale;
ai fini di una ragionevole durata dei processi è indispensabile e urgente predisporre interventi definitivi finalizzati al superamento delle carenze drammatiche di personale amministrativo, adottando con urgenza i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che autorizzino lo scorrimento integrale delle graduatorie distrettuali per cancelliere esperto e direttore, prevedendo un'immediata proroga delle graduatorie in scadenza;
l'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197, ha stabilito che a supporto dell'attività dei magistrati amministrativi sono costituite strutture organizzative interne degli uffici di segreteria del Consiglio di Stato, del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, dei tribunali amministrativi regionali denominate «ufficio per il processo». Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha individuato nell'ufficio per il processo la struttura organizzativa deputata ad offrire un concreto ausilio alla giurisdizione, così da poter determinare un rapido miglioramento della performance degli uffici giudiziari per sostenere il sistema nell'obiettivo dell'abbattimento dell'arretrato e di speditezza della giustizia. Il diligente svolgimento del lavoro svolto da parte degli addetti all'ufficio per il processo sta già dando i suoi frutti, con un notevole abbattimento delle pendenze presenti presso gli uffici giudiziari;
secondo le tabelle trasmesse in data 13 dicembre 2022 dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – direzione generale dei magistrati – del Ministero della giustizia, l'organico nazionale dei giudici di pace è pari a 3.448 unità. I giudici di pace in servizio sono tuttavia soltanto 1.167 a fronte di 2.245 posti vacanti, con una percentuale di scopertura del 65 per cento;
come stabilito dall'articolo 111 della Costituzione, nell'ordinamento italiano «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata»;
l'articolo 104 della Costituzione sancisce che «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere»;
è costante nell'elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia dell'Unione europea l'affermazione secondo cui l'indipendenza dei giudici degli Stati membri riveste sotto diversi profili un'importanza fondamentale per l'ordinamento giuridico dell'Unione europea e secondo l'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea fa parte dei valori comuni sui quali si fonda l'Unione. L'indipendenza dei giudici, inoltre, costituisce un requisito necessario per garantire ai singoli cittadini, nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione europea, il diritto fondamentale ad un giudice indipendente e imparziale di cui all'articolo 47 della Carta, che riveste un'importanza «cardinale» quale garanzia della tutela dell'insieme dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell'Unione europea;
l'avvocato ha la funzione di garantire l'effettiva tutela dei diritti e il diritto inviolabile alla difesa, esplicitando di fatto la funzione costituzionalmente a esso attribuita nel suo ruolo di garantire il diritto inviolabile alla difesa;
nell'ambito di un forte e costante impegno di lotta contro le mafie, resta tuttora irrisolto il problema degli «ecoreati». Nel nostro Paese, in controtendenza in Europa, aumentano in maniera significativa: sono in media oltre 95 reati ambientali accertati ogni giorno, 4 ogni ora, aumentano le persone denunciate, le ordinanze di custodia cautelare eseguite, i sequestri effettuati. Crescono anche nell'ultimo anno tutti i numeri relativi ai fenomeni illegali del ciclo dei rifiuti, agli incendi, che colpiscono in particolare il patrimonio boschivo;
il legislatore ha introdotto col decreto legislativo n. 150 del 2022 una disciplina organica della giustizia riparativa che si sostanzia in un programma che consente alla vittima, alla persona indicata come autore dell'offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto penalmente rilevante, con l'aiuto di un mediatore. Essa introduce nel sistema una dialettica tripolare: non c'è più solo lo Stato che punisce e l'autore del reato che subisce la pena, c'è anche la vittima che in questo paradigma riparativo gli permette di partecipare attivamente alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato. Lo sviluppo di una cultura della giustizia riparativa e della mediazione penale crea spazi di maggiore tutela per le donne e per i minorenni vittime di violenza;
la funzione rieducativa della pena trova il suo riconoscimento nel terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione, il quale sancisce che «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
resta tutt'oggi irrisolto il problema del sovraffollamento carcerario che, oltre a compromettere gravemente il diritto alla salute, con la difficoltà anche ad accedere alle cure, provoca altresì uno stato di esasperazione delle condizioni di detenzione. Nell'ultimo anno va registrato il numero più alto di suicidi registrato in Italia dal 2000 a oggi, con 84 suicidi, 78 uomini e 5 donne;
in Commissione giustizia alla Camera dei deputati è attualmente in trattazione una proposta di legge, già approvata dalla Camera nella XVIII legislatura, finalizzata a impedire che bambini innocenti possano trovarsi a vivere chiusi tra le sbarre di un carcere al seguito della madre;
l'imputato destinatario di una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e la persona sottoposta alle indagini destinataria di un provvedimento di archiviazione possono richiedere (diritto all'oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini) che sia preclusa l'indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell'articolo 17 del regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016;
l'articolo 24 della Costituzione, nel riconoscere l'inviolabilità del diritto di difesa, garantisce «ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione». Lo strumento attraverso il quale viene assicurato il predetto diritto è il gratuito patrocinio a spese dello Stato. In Italia il patrocinio a spese dello Stato è disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, come successivamente modificato e integrato;
attualmente esistono numerosi processi telematici, introdotti nel corso degli ultimi anni da fonti normative diverse, dal processo civile obbligatorio, il cui debutto risale a ormai quasi 10 anni fa, fino al processo telematico in Corte di cassazione che ha avuto invece avvio nel 2021. La normativa in vigore prevede che il deposito degli atti processuali, a seconda del rito di riferimento, debbano avvenire in differenti portali con gestioni diversificate. Risulta evidente la necessità di intervenire per una progressiva evoluzione del sistema di gestione verso un modello unico da un punto di vista tecnico per tutti i settori: civile, penale, tributario, amministrativo e Corte di cassazione;
la necessità di adeguare la normativa penale alla disciplina europea si è anche manifestata nel campo delle intercettazioni telefoniche. Il legislatore, anche nel rispetto della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea n. C-746/2018 del 2 marzo 2021, ha previsto un nuovo regime in linea con i principi dell'attuale processo penale;
nonostante la modifica fatta nel 2020, resta tuttora alta la preoccupazione degli amministratori locali con riferimento al reato di abuso d'ufficio contemplato dall'articolo 323 del codice penale,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa di competenza per una riforma ordinamentale e processuale affinché i principi costituzionali formali e materiali siano armonizzati con le norme del codice penale, consolidando il principio del giusto processo mediante l'effettiva parità tra accusa e difesa con la terzietà del giudice, anche riconoscendo espressamente in Costituzione il ruolo e la funzione dell'avvocato;
2) ad adottare iniziative atte al superamento delle drammatiche carenze di personale amministrativo del comparto giustizia, anche autorizzando lo scorrimento integrale delle graduatorie distrettuali per cancelliere esperto e direttore;
3) ad adottare iniziative volte a disporre la stabilizzazione dei contratti degli addetti presso l'ufficio per il processo attualmente in servizio, compresi quelli per il processo incardinato presso la giustizia amministrativa, al fine di valorizzare la loro professionalità acquisita per rendere il sistema giustizia più efficiente in termini quantitativi e qualitativi;
4) a porre in essere, per i giudici di pace, tutte le iniziative anche di natura normativa per ridurre le scoperture degli organici negli uffici del giudice di pace, anche attraverso l'immissione nei compiti e nelle funzioni giudicanti dei vincitori del concorso del 13 febbraio 2018, purché abbiano terminato con merito il tirocinio;
5) a potenziare gli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, con particolare riguardo ai cosiddetti «ecoreati», adottando iniziative normative volte a istituire presso ogni tribunale una struttura dedicata;
6) a porre in essere una rapida ed efficace attuazione della disciplina della giustizia riparativa con l'impiego di sufficienti risorse per l'istituzione, senza proroghe, dei centri per la giustizia riparativa, con una particolare attenzione alle donne e ai minorenni vittime di violenza;
7) ad adottare iniziative normative ed amministrative affinché il principio costituzionale rieducativo della pena sia reso effettivo, anche favorendo, per quanto di competenza, un significativo ricorso alle misure alternative al carcere;
8) ad adottare iniziative volte a prevedere importanti investimenti in ambito carcerario al fine di garantire la piena dignità del detenuto, il diritto alle cure sanitarie e un efficace supporto anche di natura psicologica per prevenire i suicidi;
9) a garantire ai figli delle detenute madri il diritto di crescere al fianco della propria madre in case famiglia protette e non nelle strutture carcerarie;
10) a rendere effettivo il disposto dell'articolo 17 del regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, in materia di diritto all'oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini;
11) a mettere in atto tutte le tempestive iniziative necessarie all'emanazione in tempi brevi del decreto biennale previsto dall'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per l'adeguamento dei limiti di reddito per l'ammissione al gratuito patrocinio;
12) a istituire una piattaforma unica di gestione dei processi telematici, in cui possano confluire tutte le attuali tipologie di deposito telematico degli atti processuali;
13) a non depotenziare lo strumento delle intercettazioni come strumento di ricerca della prova, con particolare riferimento ai reati di mafia, terrorismo e contro la pubblica amministrazione;
14) ad adottare iniziative normative volte a riformare il reato di abuso d'ufficio al fine di circoscrivere il dettato dell'articolo 323 del codice penale.
(1-00093) «Dori, Zanella, Bonelli, Borrelli, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
La Camera
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa di competenza per una riforma ordinamentale e processuale affinché i principi costituzionali formali e materiali siano armonizzati con le norme del codice penale, consolidando il principio del giusto processo mediante l'effettiva parità tra accusa e difesa con la terzietà del giudice, anche riconoscendo espressamente in Costituzione il ruolo e la funzione dell'avvocato;
2) ad adottare iniziative atte al superamento delle drammatiche carenze di personale amministrativo del comparto giustizia, anche autorizzando lo scorrimento integrale delle graduatorie distrettuali per cancelliere esperto e direttore;
3) a valutare di disporre la stabilizzazione dei contratti degli addetti presso l'ufficio per il processo attualmente in servizio, al fine di valorizzare la loro professionalità acquisita per rendere il sistema giustizia più efficiente in termini quantitativi e qualitativi, ciò che necessariamente richiederà una preventiva interlocuzione con l'Unione europea;
4) a porre in essere, per i giudici di pace, tutte le iniziative anche di natura normativa per ridurre le scoperture degli organici negli uffici del giudice di pace, anche avviando un'iniziativa legislativa volta a ridurre il periodo di formazione dei giudici onorari di pace, in linea con quanto disposto per le medesime esigenze in relazione al tirocinio dei magistrati ordinari;
5) a potenziare gli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, con particolare riguardo ai cosiddetti «ecoreati», garantendo che non solo negli uffici di procura ma anche negli uffici giudicanti vi sia una necessaria specializzazione da parte del personale di magistratura;
6) a porre in essere una rapida ed efficace attuazione della disciplina della giustizia riparativa con l'impiego di sufficienti risorse per l'istituzione, senza proroghe, dei centri per la giustizia riparativa, con una particolare attenzione alle donne e ai minorenni vittime di violenza;
7) ad adottare iniziative normative ed amministrative affinché il principio costituzionale rieducativo della pena sia reso effettivo, anche favorendo, per quanto di competenza, un significativo ricorso alle misure alternative al carcere;
8) ad adottare iniziative volte a prevedere importanti investimenti in ambito carcerario al fine di garantire la piena dignità del detenuto, il diritto alle cure sanitarie e un efficace supporto anche di natura psicologica per prevenire i suicidi;
9) a garantire ai figli delle detenute madri il diritto di crescere al fianco della propria madre in case famiglia protette e non nelle strutture carcerarie, laddove a ciò non osti la pericolosità sociale della madre;
10) a rendere effettivo il disposto dell'articolo 17 del regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, in materia di diritto all'oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini;
11) a mettere in atto tutte le tempestive iniziative necessarie all'emanazione in tempi brevi del decreto biennale previsto dall'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per l'adeguamento dei limiti di reddito per l'ammissione al gratuito patrocinio;
12) a istituire una piattaforma unica di gestione dei processi telematici, in cui possano confluire tutte le attuali tipologie di deposito telematico degli atti processuali;
13) a non depotenziare lo strumento delle intercettazioni come strumento di ricerca della prova, con particolare riferimento ai reati di mafie e terrorismo, introducendo le modifiche necessarie a salvaguardare il diritto alla segretezza delle comunicazioni con riferimento ai reati contro la pubblica amministrazione;
14) a riformare il reato di abuso d'ufficio.
(1-00093) (Testo modificato nel corso della seduta) «Dori, Zanella, Bonelli, Borrelli, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
il sistema italiano della giustizia è in crisi e oramai da decenni tutte le rilevazioni sono negative: dai tempi della giustizia, tra i peggiori del mondo occidentale, al livello di fiducia dei cittadini, che è bassissimo. Da molti anni le raccomandazioni dell'Europa chiedono un cambio di passo e la riforma della giustizia è diventata condizione per l'accesso ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
sono necessarie riforme, anche costituzionali, che vadano oltre l'arco temporale del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per rinnovare radicalmente il sistema della giustizia, avendo quattro obiettivi: restituire autorevolezza e autonomia alla magistratura, rafforzare lo stato di diritto, promuovere il merito e l'efficienza, accelerare i processi in tutte le giurisdizioni;
occorre l'implementazione di riforme procedurali e ordinamentali per ridurre i tempi dei processi, modernizzare strutture e procedure della giustizia e aumentare la produttività dei tribunali. Ma non è solo una questione di efficienza; per risanare il rapporto tra cittadini e giustizia, occorre recuperare a pieno i valori costituzionali, che troppe volte in questi anni sono parsi indeboliti. Per questo è necessario ripristinare la necessaria separazione fra poteri e dunque l'imparzialità e l'indipendenza dei giudici di ogni ordine, garantire l'equo processo, la parità delle armi tra difesa e accusa, far sì che il merito e la responsabilità siano i criteri che determinano le carriere dei magistrati,
impegna il Governo:
1) a favorire e sostenere l'iter di approvazione di una riforma costituzionale volta alla separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura;
2) ad adottare iniziative normative volte a predisporre, con una rivisitazione organica, il ripristino della disciplina della prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio, rimuovendo le criticità attuali derivanti dalla legge n. 3 del 2019, come previsto dall'ordine del giorno n. 9/00705/149 accolto dal Governo;
3) a invertire la tendenza al «panpenalismo» e a ricondurre l'ordinamento giuridico ai principi della sussidiarietà e dell'extrema ratio del diritto penale, nonché ai principi della certezza e della tassatività delle fattispecie penali e delle relative sanzioni, oggi minati dalla proliferazione e frammentazione di norme incriminatrici penali speciali e delle conseguenti previsioni sanzionatorie, promuovendo un intervento organico volto a prevedere la depenalizzazione delle violazioni che non ledono gli interessi collettivi sino al punto di meritare una sanzione penale;
4) ad adottare iniziative normative volte a prevedere l'abrogazione dell'articolo 323 del codice penale, o in subordine a modificare il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, al fine di escludere la sospensione di diritto dalle cariche regionali e locali in caso di condanna non definitiva per il reato di abuso d'ufficio, e a rendere tassativa la fattispecie del reato di traffico di influenze, raccogliendo le istanze ripetutamente formulate dagli amministratori locali;
5) ad adottare iniziative normative in materia di disciplina delle impugnazioni per renderla compatibile con il diritto di difesa costituzionalmente garantito, rimuovendo le limitazioni formali e sostanziali all'appello introdotte con le riforme degli ultimi anni, come previsto nell'ordine del giorno 9/00705/136 accolto dal Governo;
6) a valutare possibili modifiche normative coerenti con la Costituzione che prevedano l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del pubblico ministero;
7) ad adottare iniziative normative volte a modificare la disciplina in materia di custodia cautelare, prevedendo che essa sia disposta dal giudice che procede in composizione collegiale;
8) ad adottare iniziative normative volte a modificare l'articolo 114 del codice di procedura penale estendendo il divieto di pubblicazione «letterale», consentendola solo «nel contenuto», anche alle ordinanze con le quali vengono disposte le misure cautelari fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare;
9) ad adottare iniziative normative in materia di disciplina delle intercettazioni telefoniche e ambientali, con particolare riferimento alla loro diffusione, soprattutto se riguardano terzi non indagati e vengono estrapolate dal contesto generale, e al fine di rafforzare il controllo giurisdizionale sull'impiego dei trojan che, vista la peculiarità dello strumento, necessita di una rigorosa disciplina ad hoc, valutando la possibilità che l'autorizzazione a disporre l'intercettazione mediante inserimento di captatore informatico sia disposta dal tribunale in composizione collegiale;
10) a prevedere, per quanto di competenza, che il procuratore della Repubblica, nell'ambito del procedimento penale, depositi la documentazione relativa ai costi sostenuti per le intercettazioni, per le consulenze tecniche e per le altre spese di giustizia;
11) ad esercitare le deleghe attribuite dalla legge 17 giugno 2022, n. 71, con particolare attenzione all'istituzione del fascicolo per la valutazione del magistrato previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera h), numero 1), ai fini di un suo rigoroso utilizzo ai fini delle valutazioni di professionalità e delle valutazioni delle attitudini per il conferimento degli incarichi;
12) in materia di presunzione di innocenza, a garantire, per quanto di competenza, il rispetto dell'articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, e l'attuazione dell'articolo 2, comma 1, lettera v), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, anche tramite un monitoraggio da parte dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia circa gli atti motivati dei procuratori della Repubblica in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico che giustifica l'autorizzazione a conferenze stampa e comunicati degli organi inquirenti, come previsto nell'ordine del giorno 9/00547-A/009 accolto dal Governo;
13) ad adottare tutte le misure necessarie al fine di garantire il rispetto della capienza regolamentare delle carceri;
14) a mettere in campo soluzioni concrete per l'innovazione del sistema penitenziario, adottando ogni utile modifica al regolamento penitenziario del 2000, al fine di adattare le prassi ai cambiamenti tecnologici, sociali e culturali intervenuti, e parallelamente a promuovere la modifica della normativa primaria al fine di rimuovere alcuni ostacoli che incidono su uno svolgimento della quotidianità penitenziaria;
15) a dare piena attuazione al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, di attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata, e alla riforma relativa all'ufficio per il processo, attraverso la definizione della relativa disciplina organica e il completamento del piano di assunzione;
16) a continuare l'opera di coordinamento e monitoraggio delle iniziative poste in essere per il miglioramento del sistema giustizia al fine di ridurre i tempi dei processi e smaltire l'arretrato, secondo quanto concordato in sede europea.
(1-00094) «Enrico Costa, Richetti, Del Barba, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli, D'Alessio, Gruppioni, Rosato, Ruffino».
La Camera,
premesso che:
l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese, poiché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali, soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, ed esattamente in questa direzione sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, il quale, per il settore giustizia, ha impegnato il Paese con l'Europa ad attuare riforme strategiche;
con la legge 27 settembre 2021, n. 134, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», con la legge 26 novembre 2021, n. 206, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», nonché con la legge 17 giugno 2022, n. 71, recante «Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura», sono stati raggiunti, dunque, tre obiettivi tra quelli concordati con l'Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
si tratta di riforme finalizzate alla realizzazione di un sistema giudiziario più rispettoso dei principi costituzionali, della durata ragionevole dei processi, delle garanzie per indagati, imputati e vittime dei reati, alle quali spetta finalmente un nuovo ruolo prioritario all'interno della giurisdizione;
Governo e Parlamento debbono, dunque, impegnare ogni sforzo possibile per dare piena attuazione alle riforme approvate, verificandone puntualmente gli effetti nel supremo interesse dei cittadini che hanno diritto ad una giustizia veloce, efficiente ed efficace nella tutela dei diritti;
tali riforme hanno introdotto significative novità anche in relazione a questioni che da decenni infiammano il dibattito politico:
a) è stata infatti adottata una nuova disciplina in materia di passaggi di carriera tra funzioni giudicanti o requirenti, con la realizzazione di una separazione di fatto delle carriere: nella riforma viene, infatti, previsto un solo passaggio di funzione nel corso dell'intera carriera, una soluzione costituzionalmente e funzionalmente molto più corretta;
b) è stato meglio disciplinato, e in modo più puntuale, il principio di obbligatorietà dell'azione penale, al fine di evitare il rischio di una discrezionalità di fatto, con la facoltà per il legislatore di indicare i criteri prioritari della trattazione dei procedimenti, criteri di priorità che non hanno, dunque, una valenza soltanto organizzativa, ma che sono invece destinati a incidere sulle scelte procedimentali del pubblico ministero, che sarà vincolato al rispetto dei criteri di priorità, tanto nella fase delle indagini, quanto al momento dell'esercizio dell'azione penale;
c) è stata introdotta una «modifica della regola di giudizio» di cui al comma 3 dell'articolo 425 codice di procedura penale, prevedendo che il giudice dell'udienza preliminare debba pronunciare sentenza di «non luogo a procedere» quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna dell'imputato; si tratta di un'importante innovazione, anch'essa improntata a favorire una celere definizione dei procedimenti giudiziari, finalizzata ad arricchire i poteri valutativi e cognitivi del giudice dell'udienza preliminare «secca» in un'ottica garantista, basata sulla ragionevolezza della condanna;
d) è stata modificata la disciplina della prescrizione, con il superamento della cosiddetta «legge Bonafede», che interrompeva il corso della prescrizione dopo il primo grado, smontando così quella che rappresentava un buon punto di equilibrio, una riforma equilibrata, la legge n. 103 del 2017, alla quale non era stato dato il tempo di dispiegare i suoi effetti, e la previsione dell'istituto dell'improcedibilità in appello per evitare processi senza fine;
e) sulle regole in materia di comunicazione verso l'esterno dei fatti oggetto di indagine sono stati, ad esempio, introdotti, dalla legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, tra i nuovi illeciti disciplinari, quelli riconducibili alle condotte relative alla violazione dei divieti concernenti i rapporti tra organi requirenti ed organi di informazione, nonché l'avere indotto l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale in assenza dei presupposti previsti dalla legge, omettendo di trasmettere al giudice, per negligenza grave ed inescusabile, elementi rilevanti;
novità così significative necessitano di attuazione e monitoraggio e non certo di cantierizzazione di ulteriori contro-riforme;
in relazione al tema delle intercettazioni, in merito al quale è in corso di svolgimento un'indagine conoscitiva presso la Commissione giustizia del Senato della Repubblica, gli interventi del Ministro della giustizia sono sembrati essere orientati soprattutto alla demolizione dello strumento, piuttosto che al contrasto delle violazioni di legge. Il tema appare, dunque, utilizzato quale terreno di scontro ideologico, quando invece appare necessario verificare gli effetti dalle riforme già approvate in materia, a partire dal decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, noto anche come «riforma Orlando», e dal decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7;
la legge n. 103 del 2017 conteneva i criteri volti a garantire la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione, in attuazione dei quali è stato emanato il decreto legislativo n. 216 del 2017, una riforma entrata stabilmente in vigore con la conversione in legge del decreto-legge n. 161 del 2019 e che ha cercato un punto di composizione tra le esigenze investigative e quelle relative al diritto alla riservatezza e al diritto di difesa; le attuali norme sulle intercettazioni stanno dando ottimi risultati, garantiscono un buon punto di composizione tra le esigenze investigative e di contrasto alla criminalità e quelle relative al diritto alla riservatezza e al diritto di difesa, come stanno dimostrando anche le audizioni in corso al Senato: il Garante per la protezione dei dati personali, ad esempio, ha, tra le altre cose, evidenziato come dal 2020 ad oggi l'autorità non abbia segnalato nessun abuso nell'uso delle intercettazioni; inoltre, tutti gli operatori concordano sul fatto che il nuovo archivio riservato funzioni bene e che infatti dalla sua istituzione non si siano praticamente più verificati, o quantomeno siano stati drasticamente ridotti, episodi di pubblicazione sui media di intercettazioni irrilevanti;
le norme in vigore, infatti, prevedono, tra le altre cose, che le intercettazioni ritenute dal giudice, anche in contraddittorio con le parti, «irrilevanti» siano conservate in un apposito archivio telematico, sotto la sorveglianza del pubblico ministero, e che non possano, dunque, né essere trascritte né tanto meno essere inserite nel fascicolo, assicurando così un controllo giurisdizionale sul materiale che entra nel fascicolo; inoltre, prima della loro distruzione, sono coperte da segreto e dunque non sono pubblicabili; ogni accesso all'archivio deve essere registrato; il pubblico ministero, inoltre, deve vigilare affinché nelle annotazioni non siano in ogni caso riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali ritenuti sensibili, anche ai fini della pubblicazione in fase cautelare; inoltre, nell'ordinanza del giudice che concede la misura cautelare possano essere riprodotti solo i brani essenziali, sunti, delle comunicazioni intercettate, che risultino necessari a sostenere la richiesta del pubblico ministero o a motivare la decisione del giudice, e che, ovviamente, a garanzia del diritto alla difesa, i difensori possono esaminare gli atti e le registrazioni, ma non estrarre copia, nonché che i dati sensibili, come stabilito anche dal Garante per la protezione dei dati personali, e quelli non ritenuti essenziali vengono oscurati anche negli atti ormai non più coperti da segreto e che le trascrizioni delle intercettazioni avverranno solo davanti ad un giudice, nel confronto delle parti anche per escludere quelle irrilevanti;
per le violazioni e per gli eventuali abusi sono, dunque, già previste sanzioni severe e proporzionate, che precludono del tutto l'utilizzo di intercettazioni penalmente irrilevanti, e questo anche a tutela di uno strumento che noi riteniamo fondamentale per accertare reati e per il contrasto alla criminalità, anche organizzata, e non per disvelare fenomeni di malcostume;
appare, dunque, urgente e necessario vigilare sulla corretta applicazione delle norme già approvate in materia ed evitare di utilizzare questo tema come terreno di scontro ideologico, provocando guerre e delegittimazione tra poteri dello Stato;
restano poi da realizzare impegni in materia di investimenti sulle dotazioni di personale e organizzative del comparto giustizia e del carcere: come è noto l'Italia figura, da sempre, tra i Paesi con gli istituti penitenziari più affollati dell'Unione europea, la cui situazione gravemente compromessa è testimoniata e confermata, in termini assolutamente drammatici, dal numero allarmante di suicidi in carcere. Recentemente si è assistito all'incredibile evasione dal carcere di massima sicurezza di Badu 'e Carros di un detenuto esponente della Sacra corona unita, condannato in via definitiva a 19 anni di carcere per traffico di stupefacenti aggravato dal metodo mafioso, detenuto in regime di alta sicurezza 3, avvenuta anche a causa della carenza di personale di cui soffrono molti istituti;
ciononostante la legge di bilancio per il 2023 ha, in modo assolutamente contraddittorio e dannoso per l'intero sistema, introdotto gravi tagli nel settore giustizia, in particolare per quanto riguarda il personale penitenziario;
un approccio basato sull'attenzione costante alle garanzie in tutte le fasi del processo, anche tenendo alta l'attenzione della tenuta del diritto alla difesa in tutte le fasi, anche in quella delle indagini preliminari, valutandone, qualora necessario, un eventuale rafforzamento, ci trova, come sempre, concordi;
non si può non rilevare, però, come questa impostazione cozzi con l'approccio «panpenalista» e con il contrasto costante, al di là delle dichiarazioni del Ministro della giustizia, alla finalità rieducativa della pena, come se in questa risiedesse la madre di tutti i mali: le significative riduzioni di spesa introdotte dal Governo appaiono andare con decisione in questa direzione e rischiano di incidere pesantemente sulla tenuta di un sistema già fragile, interrompendo il difficile percorso di risanamento avviato; in particolare, rischiano di essere colpite le attività trattamentali delle persone detenute nell'ambito dei percorsi di reinserimento e, al contempo, rischia di arrestarsi il percorso delle nuove assunzioni di personale, fondamentale per garantire la funzionalità degli istituti e, con essa, dignitose condizioni di vita delle persone private della libertà personale; a questo si è andata aggiungendo, inoltre, una strumentalizzazione securitaria dell'esecuzione penale;
appare necessario ridurre il sovraffollamento, che negli ultimi tempi ha ripreso a crescere e che, come noto, costituisce un serissimo ostacolo a un'esecuzione della pena conforme ai precetti costituzionali e capace di favorire il graduale reinserimento del detenuto nel tessuto sociale, prevenendo in tal modo i rischi di recidiva, anche implementando e dando impulso ai programmi di giustizia riparativa, dando piena ed effettiva attuazione alla recente riforma legislativa contenuta nella legge 27 settembre 2021, n. 134, in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi, accelerando e rafforzando l'assunzione di personale: amministrativo, di polizia penitenziaria e del trattamento, anche per assicurare a tutti coloro che operano all'interno degli istituti penitenziari condizioni di lavoro conformi al difficile e delicato compito che sono chiamati a svolgere; accelerare e incrementare gli interventi di manutenzione e ristrutturazione degli edifici penitenziari;
il Ministro della giustizia si è più volte espresso in merito alla volontà di abrogare il delitto di abuso di ufficio; tuttavia è necessaria una rivisitazione sistemica delle responsabilità degli amministratori locali e dunque una visione più complessiva. Infatti, lo stesso reato è già oggetto di intervento nel corso della XVIII legislatura, con riduzione della portata della fattispecie, ma urgono ulteriori interventi che devono insistere sul testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con un nuovo disegno della responsabilità politica e amministrativa dei sindaci e dei presidenti delle province e degli altri amministratori locali più circoscritta e chiara, nonché attraverso una modifica degli articoli 8 e 11 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, a partire dai disegni di legge già presentati dal Partito democratico;
l'articolo 21, comma 2, del decreto-legge n. 76 del 2020 limita la responsabilità per danno erariale alle sole ipotesi di dolo, salvi i casi di omissione o inerzia: si tratta di una norma voluta dal legislatore per mettere al riparo amministratori locali, funzionari e dirigenti pubblici dalla cosiddetta «paura della firma» e disegnata in modo da esporre i pubblici dipendenti a maggiori chance di incorrere in ipotesi di danno erariale in caso di omissioni e inerzie rispetto alle condotte commissive: la norma in questione, però, scadrà il 30 giugno 2023,
impegna il Governo:
1) a dare piena attuazione, investendo le necessarie risorse economiche ed organizzative, alle riforme del processo penale, civile e dell'ordinamento giudiziario, nonché a velocizzare e sbloccare le procedure concorsuali in corso;
2) a monitorare gli effetti delle riforme approvate al fine di verificare i risultati rispetto agli obiettivi, anche attivando un tavolo di confronto con gli operatori del diritto, astenendosi dall'adottare contro-riforme rispetto a quelle già approvate;
3) ad adottare le iniziative di competenza volte a ripristinare e incrementare le risorse finanziarie relative al Dipartimento della amministrazione penitenziaria e al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità tagliate con la manovra di bilancio per il 2023, nonché ad effettuare investimenti sul sistema penitenziario, stanziando risorse maggiori e adeguate, nonché a garantire ed implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, nonché a prorogare le misure adottate con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, volte ad incrementare l'esecuzione della pena detentiva presso il domicilio;
4) ad adottare iniziative normative che, al fine di limitare le responsabilità degli amministratori locali, separino nettamente le responsabilità politiche da quelle amministrative, modificando l'articolo 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, proroghino o rendano strutturali le norme che contengono la responsabilità non dolosa e non dovuta ad inerzia o a condotte omissive da danno erariale, espungano norme discriminatorie a carico degli amministratori locali rispetto a parlamentari e membri del Governo in materia di sospensione dalla carica.
(1-00095) «Gianassi, Serracchiani, Fornaro, Lacarra, Zan».
La Camera
impegna il Governo:
1) a dare piena attuazione, investendo le necessarie risorse economiche ed organizzative, alle riforme del processo penale, civile e dell'ordinamento giudiziario, nonché a velocizzare e sbloccare le procedure concorsuali in corso;
2) ad effettuare investimenti sul sistema penitenziario, stanziando risorse adeguate, nonché a garantire ed implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova;
3) ad adottare iniziative normative che modifichino l'articolo 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, proroghino o rendano strutturali le norme che contengono la responsabilità non dolosa e non dovuta ad inerzia o a condotte omissive da danno erariale, nonché espungano norme discriminatorie a carico degli amministratori locali rispetto a parlamentari e membri del Governo in materia di sospensione dalla carica.
(1-00095) (Testo modificato nel corso della seduta) «Gianassi, Serracchiani, Fornaro, Lacarra, Zan».
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Chiarimenti in merito alla vicenda della segnalazione alle autorità italiane di un'imbarcazione carica di migranti al largo delle coste libiche nella notte tra il 10 e l'11 marzo 2023 – 3-00240
MAGI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
nella notte tra venerdì 10 e sabato 11 marzo 2023 Alarmphone segnalava alle autorità italiane, libiche e maltesi la presenza di un'imbarcazione in distress a circa 100 miglia dalle coste libiche sulla quale si trovavano 47 persone. A seguito dell'inerzia delle autorità competenti l'aereo Seabird dell'organizzazione non governativa Sea Watch contattava per sollecitare i soccorsi, oltre che le autorità preposte, anche il mercantile Basil L che si è diretto verso il natante, non riuscendo tuttavia ad intervenire a causa delle avverse condizioni meteo;
nelle ore successive le autorità libiche si rifiutavano di intervenire a causa della mancanza di assetti navali a disposizione nell'area di Bengasi e chiedevano contestualmente alle autorità italiane di approntare un intervento in loro vece;
la richiesta di intervento operata dalle autorità libiche nei confronti della Guardia costiera italiana, secondo il diritto internazionale, comporta l'accettazione della propria responsabilità indipendentemente dalla zona Sar dove ha luogo l'evento di distress per il quale le autorità sono state allertate;
la Guardia costiera italiana, riaffermando più volte la competenza delle autorità libiche sul coordinamento delle operazioni di salvataggio, ha richiesto ad altri natanti mercantili presenti nella zona di sorvegliare la situazione in attesa della guardia costiera libica. Successivamente raggiunta da nuova chiamata telefonica con la quale Seabird informava del peggioramento della situazione, la Guardia costiera italiana ha interrotto le comunicazioni;
secondo anche quanto riportato a mezzo stampa, la Guardia costiera italiana afferma di non essere intervenuta in quanto l'evento ha avuto luogo in zona Sar libica, quindi al di fuori della propria giurisdizione, non considerando tuttavia che secondo la normativa internazionale con zona Sar si individua una porzione di acque internazionali la cui delimitazione risponde a necessità organizzative, non trattandosi tanto di delimitazione di sovranità;
la presenza di una zona Sar non esime dal dovere di soccorso in mare, così come stabilito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982. L'allarme, nel caso in cui vi sia un'imbarcazione in distress, viene diramato alle autorità di più Paesi che sono nelle vicinanze e quindi in grado di sopperire alle eventuali inerzie delle autorità preposte al controllo della zona Sar –:
considerati i fatti esposti in premessa, per quali motivi le autorità italiane non siano intervenute con propri assetti e non abbiano invitato ad intervenire assetti militari presenti nell'area, anche considerando le nuove disposizioni ex articolo 8, comma 1, lettera b), del decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20.
(3-00240)
Strategia del Governo in campo energetico per il raggiungimento degli obiettivi climatici stabiliti dall'Unione europea e intendimenti sull'utilizzo delle centrali nucleari da fissione – 3-00241
BONELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
secondo gli scienziati italiani i modelli climatici dicono che entro al fine del secolo potrebbero sparire i ghiacciai delle Alpi al di sotto dei 3.600 metri;
gli scienziati lo dicono da tempo ma se ne parla solo di fronte a tragedie, come nel caso della Marmolada;
la siccità nel nostro Paese, nonostante i mesi invernali, ha raggiunto livelli preoccupanti e drammatici a causa della scarsa nevosità e piovosità. Il 6,5 per cento dei comuni del Piemonte e Lombardia stanno già ricorrendo alle autobotti per l'approvvigionamento di acqua alla popolazione. In Piemonte –85 per cento di pioggia, mentre il 90 per cento delle piste da sci in Italia sono tutte innevate artificialmente. Oggi il Lago di Garda è pieno solo al 25 per cento, il Lago Maggiore al 41 per cento e il Lago di Como al 17,8 per cento;
in Italia il 20 per cento del territorio nazionale è a rischio desertificazione, il 41 per cento del quale si trova al Sud e questo causa forti ripercussioni sugli equilibri ambientali, sulla biodiversità e sull'agricoltura;
lo smog, secondo lo studio scientifico del novembre 2022 dell'Agenzia europea dell'ambiente, provoca solo in Italia 52 mila decessi all'anno e 40 miliardi di euro di costi economici e sociali;
i cambiamenti climatici per l'Italia hanno avuto un costo economico e sociale di 35 miliardi di euro in 10 anni, come calcolato da Eurostat sulla base dei dati dell'Agenzia europea dell'ambiente;
a causa degli effetti dei cambiamenti, i migranti climatici, ovvero popolazioni che si spostano a causa dell'impossibilità di coltivare, della carenza idrica, dell'aumento dei livelli del mare e delle mutate, in senso negativo, condizioni economiche, entro il 2050 saranno 250 milioni;
nonostante la principale causa del cambiamento climatico, secondo la scienza, è data dalla combustione degli idrocarburi, il Governo, invece di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, investendo nelle rinnovabili, vuole trasformare l'Italia in un hub del gas, spostando le forniture di gas da quelle russe a quelle algerine, egiziane, israeliane, mentre in Italia i sussidi ambientali dannosi sono arrivati a 41,6 miliardi di euro;
lo stesso Governo si è opposto alla direttiva «Epbd» sul risparmio energetico delle case, senza dire come intenderà applicarla, e alla transizione del motore endotermico verso l'elettrico;
con tali politiche il Governo va nella direzione opposta rispetto agli obiettivi climatici posti dall'Unione europea e dall'Onu –:
quale sia la strategia energetica del Governo per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 fissati dall'Unione europea, anche attraverso la direttiva «Epbd», e, se nell'ambito di tale strategia, sia prevista l'autorizzazione di centrali nucleari da fissione.
(3-00241)
Intendimenti in merito alla ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES) – 3-00242
MARATTIN, RICHETTI, GADDA, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GRIPPO, SOTTANELLI e DE MONTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
dopo la ratifica da parte della Germania, l'Italia è rimasto l'unico Paese a non aver ancora ratificato la riforma del trattato del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), di fatto impedendone l'entrata in vigore;
la Croazia, entrata nell'area euro dal 1° gennaio 2023, ha aderito al Meccanismo europeo di stabilità e ratificato il trattato di riforma;
lunedì 13 marzo 2023, durante la riunione dell'Eurogruppo, è stata ribadita la necessità che l'Italia ratifichi subito la riforma per approfondire l'unione bancaria e rafforzare la capacità dell'Unione europea di fronteggiare eventuali situazioni di dissesto, anche a seguito dalle turbolenze registrate sui mercati dopo il fallimento di Svb; il presidente Donohoe e il direttore esecutivo Gramegna hanno anche annunciato una nuova missione a Roma;
il Meccanismo europeo di stabilità è un'organizzazione internazionale nata nel 2012 mediante un trattato intergovernativo; la sua funzione è concedere assistenza finanziaria ai Paesi membri che trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato, attenuando i rischi di contagio nell'area euro;
l'accesso all'assistenza finanziaria del Meccanismo europeo di stabilità, previa domanda da parte dello Stato, avviene sulla base di condizionalità che variano a seconda dello strumento: per i prestiti assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, specificato in un apposito memorandum; è meno stringente per le linee di credito precauzionali, destinate a Paesi con finanze fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi;
a seguito di un lungo negoziato, l'accordo sulla modifica del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, per dotarlo di strumenti e di un mandato più forti, è stato sottoscritto il 27 gennaio 2021 dall'Italia e dagli altri Stati membri aderenti all'euro;
il Meccanismo europeo di stabilità affiancherà, senza affatto sostituirla, la Commissione europea; non avrà alcun compito di sorveglianza fiscale e la valutazione complessiva della situazione economica dei Paesi, anche rispetto alle regole del Patto di stabilità, rimarrà responsabilità esclusiva della Commissione europea;
il Governo ha affermato prima di voler attendere l'esito del pronunciamento della Corte costituzionale tedesca per procedere alla ratifica; successivamente, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea del 14 dicembre 2022, il Ministro dell'economia e delle finanze Giorgetti ha affermato che tale ratifica debba essere preceduta «da un adeguato e ampio dibattito in Parlamento», anche tenuto conto della mozione approvata dalla Camera il 30 novembre 2022 con cui si è impegnato il Governo a non approvare il disegno di legge di ratifica –:
se e quando intenda presentare in Consiglio dei ministri il disegno di legge di ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, anche a tutela della credibilità internazionale dell'Italia.
(3-00242)
Iniziative a favore della filiera dell'automotive nell'ambito del processo di transizione ecologica, anche al fine di garantire la produzione nazionale e la tutela dei livelli occupazionali – 3-00243
FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, RUSPANDINI, CARAMANNA, COLOMBO, COMBA, GIOVINE, MAERNA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI, ZUCCONI e MONTARULI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
a causa delle perplessità espresse dall'Italia e da altri Stati membri è stato per ora rinviato a data da destinarsi il voto del Consiglio dell'Unione europea, previsto per il 7 marzo 2023, sulla proposta di regolamento approvata dal Parlamento europeo che prevede, tra gli altri punti, il divieto della vendita di auto a benzina e diesel in tutto il territorio europeo a partire dal 2035;
la proposta rientra nell'ambito del cosiddetto pacchetto «Fit for 55», il piano adottato dalla Commissione europea nel luglio 2021 e che contiene le proposte legislative per raggiungere entro il 2030 gli obiettivi del Green Deal, e, in particolare, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, con l'obiettivo di arrivare alla «carbon neutrality» per il 2050;
l'eventuale approvazione della proposta di regolamento si risolverebbe in un grave danno per l'economia nazionale, nella quale il comparto dell'automotive rappresenta un settore strategico;
in ambito nazionale il settore dell'industria automotive, tra attività dirette e indirette, è, infatti, costituito da oltre 5.500 imprese e impiega circa 274.000 addetti e la sola filiera dell'industria automobilistica e della sua componentistica è costituita da più di 2.000 imprese e impiega più di 150.000 dipendenti;
nel suo passaggio verso la transizione ecologica il settore dell'automotive deve essere accompagnato e sostenuto, non solo al fine di evitare la perdita di competenze e di posti di lavoro, ma, anzi, cogliendo in esso un'opportunità di rilancio del settore –:
quali iniziative intenda assumere al fine di sostenere la transizione della filiera dell'automotive, garantendo la produzione nazionale e impedendo la perdita di migliaia di posti di lavoro.
(3-00243)
Iniziative volte a prevedere un contributo di solidarietà a carico del settore bancario, in relazione all'aumento dei tassi di interesse e ai relativi effetti su famiglie e imprese – 3-00244
FRANCESCO SILVESTRI, BALDINO, FENU, SANTILLO, AURIEMMA e CAPPELLETTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
con l'obiettivo di contrastare l'aumento dei prezzi e riportare l'inflazione sotto la soglia del 2 per cento, dal 2022 ad oggi i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la Banca centrale europea sono stati elevati rispettivamente al 3 per cento, al 3,25 per cento e al 2,5 per cento;
il 16 marzo 2023 la Banca centrale europea adotterà, con molta probabilità, l'ennesima decisione volta ad incrementare i tassi di interesse di ulteriori 50 punti base;
la stretta monetaria della Banca centrale europea sta incidendo immancabilmente sulle spese di famiglie e imprese: i nuovi mutui a tasso fisso scontano oggi un tasso di interesse medio superiore al 4 per cento, mentre i mutui a tasso variabile vedono incrementi delle rate di quasi il 40 per cento;
il costo del denaro per il comparto produttivo è stimato in 14,9 miliardi di euro per l'anno 2023, secondo le ultime rilevazioni della Cgia di Mestre;
di contro, il comparto bancario ha registrato ricavi record nell'anno 2022, beneficiando dell'aumento del margine d'interesse: Unicredit è riuscita a battere le attese e le stesse previsioni del suo piano industriale, con una crescita dei ricavi netti del 44 per cento a 5,191 miliardi di euro grazie all'aumento del margine d'interesse a 3,426 miliardi di euro (+43 per cento); Intesa Sanpaolo ha registrato un'utile operativo di 5,67 miliardi di euro, superiore all'iniziale stima di 5,4 miliardi di euro, e un margine di interesse di 3,06 miliardi di euro (+14 per cento rispetto alla stima di 2,63 miliardi di euro);
analogo effetto positivo lo si riscontra nei risultati pubblicati da altri istituti di credito (Credem, Bper, Mediobanca);
secondo il report di Mediobanca securities, nel periodo 2023-2024 i benefìci dei tassi più alti supereranno le perdite dovute al rallentamento macroeconomico;
tra le varie misure adottate per il contrasto dell'inflazione, con particolare riferimento alla tematica in discussione, nella legge di bilancio per il 2023 è stata prevista la possibilità di rinegoziare i mutui ipotecari non superiori a 200 mila euro, per i soggetti con Isee fino a 35.000 euro –:
se intenda adottare iniziative per prevedere un contributo di solidarietà a carico del settore bancario in conseguenza dei guadagni record registrati nell'anno 2022, previsti anche per gli anni futuri, assumendo al contempo ulteriori iniziative per potenziare gli attuali strumenti di contrasto degli effetti dell'aumento dei tassi di interesse per famiglie e imprese, a partire da quelle economicamente più fragili.
(3-00244)
Iniziative, anche a livello europeo, volte a contrastare l'attività criminale dedita al traffico di migranti e ad avviare un processo di immigrazione regolare ed ordinata – 3-00245
LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
Il Corriere della Sera ha riportato la notizia che nell'ultima relazione settimanale al Governo i servizi segreti avrebbero lanciato l'allarme in merito al fatto che dalla Libia sarebbero pronte a partire 685 mila persone, una cifra sette volte superiore rispetto a tutti gli sbarchi avvenuti in Italia nel 2022;
il Ministro della difesa Guido Crosetto ha affermato che «Unione europea, Nato e Occidente dovrebbero prendere atto che l'immigrazione incontrollata e continua, sommata alla crisi economica e sociale, diventa un modo per colpire i Paesi più esposti, in primis l'Italia, e le loro scelte geostrategiche, chiare e nette»;
la relazione annuale sulla Politica dell'informazione per la sicurezza, presentata il 28 febbraio 2023 dai vertici dell'Aise e dell'Aisi, ha messo in risalto come già nel corso del 2022 l'immigrazione irregolare in Italia sia stata caratterizzata, rispetto al 2021, da un marcato aumento dei flussi su tutte le rotte marittime e terrestri;
l'Italia, in linea con gli anni precedenti, continua a rivelarsi la principale porta d'ingresso e transito di migranti irregolari nell'Unione europea: tale fenomeno è marcatamente agevolato da un attivismo criminale, di natura sia associativa che individuale, presente su tutte le rotte migratorie e in grado di creare un ingente indotto economico, che rende le relative attività di prevenzione e contrasto più ardue;
la rotta del Mediterraneo centrale, caratterizzata da flussi che originano prevalentemente dalle coste libiche e tunisine, si conferma la principale direttrice di trasferimento via mare di migranti irregolari in Italia, nonché la più pericolosa per la perdita di vite umane;
in Libia, la presenza di strutturate reti criminali con proiezioni transnazionali rappresenta uno dei principali fattori di facilitazione dell'immigrazione irregolare verso le coste italiane e costituisce una delle cause del forte incremento della pressione migratoria via mare rilevato nel corso del 2022;
dalla Tunisia, invece, la spinta migratoria risulta in aumento del 60 per cento rispetto al 2021, principalmente a causa della perdurante crisi economico-sociale e della vicinanza geografica alle coste italiane;
il Presidente del Consiglio dei ministri ha più volte annunciato l'iniziativa di un «piano Mattei» perché l'Italia e l'Europa diventino protagonisti dello sviluppo economico e sociale del continente africano –:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere, anche a livello europeo, al fine di contrastare l'attività criminale dedita al traffico di migranti e di avviare un processo di immigrazione regolare ed ordinata.
(3-00245)
Iniziative volte a destinare maggiori risorse finanziarie a favore degli enti locali, con particolare riferimento ai comuni capoluogo di provincia, al fine di assicurare la realizzazione delle opere previste dal PNRR – 3-00246
MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
come noto, i comuni si trovano coinvolti in una fase particolarmente impegnativa per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: gli enti locali, infatti, sono coinvolti in ciascuna delle 6 missioni individuate, anche se i flussi finanziari principali riguarderanno le missioni 2, 5 e 6;
tuttavia, la maggiore attenzione data negli ultimi tempi alle problematiche finanziarie degli enti locali – in particolare dei comuni – rischia di essere vanificata dagli effetti di norme, adottate negli scorsi anni, recanti significative riduzioni di risorse: la cosiddetta «spending review informatica», che toglie 100 milioni di euro ai comuni e 50 milioni di euro alle province, la mancata conferma del contributo di 50 milioni di euro per i piccoli comuni in spopolamento (assegnato per il solo 2022 con la legge n. 234 del 2021, articolo 1, comma 581);
inoltre, per il 2023, diversamente dai tre anni precedenti, il comparto dei comuni dovrebbe sostenere una parte del finanziamento della perequazione, in progressivo aumento e che invece potrebbe essere sterilizzato, alimentando il fondo di solidarietà comunale con un importo di circa 36 milioni di euro;
a parere degli interroganti, i recenti interventi sulle crisi finanziarie degli enti locali, fortemente sbilanciati su alcune grandi città, dovrebbero spingere ad un'ulteriore e più organica riflessione sull'opportunità di una riforma della disciplina delle crisi, nonché sull'ampliamento del sostegno finanziario agli enti in maggior difficoltà;
in relazione al ripiano del disavanzo, l'articolo 1, comma 567, della legge n. 234 del 2021 prevede un contributo statale complessivo di 2.670 milioni di euro, per gli anni dal 2022 al 2042, a favore dei comuni sede di capoluogo di città metropolitana e, sulla base di una stima equivalente a quanto ivi previsto, potrebbero destinarsi 350 milioni di euro in 10 anni ai comuni capoluogo di provincia che hanno sottoscritto o intendono sottoscrivere l'accordo con il Governo per il risanamento finanziario di cui all'articolo 43 del decreto-legge n. 50 del 2022;
sarebbe, altresì, opportuno facilitare l'accordo in sede di Conferenza Stato-città sul riparto del Fondo di solidarietà comunale 2023, assegnando le ulteriori risorse necessarie per evitare riduzioni da perequazione, secondo lo schema approvato nella Commissione tecnica per i fabbisogni standard del 27 febbraio 2023, senza l'adesione dell'Anci e dell'Upi –:
se il Governo non reputi opportuno adottare iniziative per intervenire con maggiori risorse a favore degli enti locali e, nello specifico, se non convenga sull'opportunità di destinare un congruo ammontare di risorse ai comuni capoluogo di provincia che hanno sottoscritto o intendono sottoscrivere l'accordo con il Governo per il risanamento finanziario di cui all'articolo 43 del decreto-legge n. 50 del 2022 citato in premessa.
(3-00246)
Posizione del Governo sul salario minimo legale e su ulteriori misure atte a incrementare le garanzie per i lavoratori – 3-00247
SCHLEIN, SERRACCHIANI, BONAFÈ, DE LUCA, PROVENZANO, CASU, DE MARIA, FERRARI, FORNARO, GHIO, TONI RICCIARDI e ROGGIANI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
sono tanti i lavoratori in Italia annoverabili tra i cosiddetti «lavoratori poveri», in contrasto con il principio sancito dall'articolo 36 della Costituzione;
il Fondo monetario internazionale ha calcolato che dal 1980 al 2017 la quota del prodotto interno lordo destinata ai salari e stipendi è diminuita in 26 Paesi industrializzati, passando dal 66,1 al 61,7 per cento e, nel caso italiano, si è passati dal 68 al 59 per cento;
l'Italia è l'unico Paese dell'area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9 per cento) nonostante l'aumento della produttività, sebbene meno significativa rispetto a quella degli altri Paesi dell'area;
puntando sui bassi salari, il sistema economico italiano ha finito per attestarsi, salvo alcune lodevoli eccezioni, su modelli produttivi a basso tasso di innovazione e scarsa concorrenzialità sui mercati internazionali;
il 30 novembre 2022 l'attuale maggioranza ha bocciato la mozione del Partito democratico finalizzata ad introdurre anche in Italia il salario minimo legale. A tutt'oggi, non risulta assunta nessuna delle misure indicate nella mozione approvata nella medesima seduta, quali l'estensione dell'efficacia dei contratti nazionali comparativamente più rappresentativi, il contrasto alla contrattazione pirata o assicurare retribuzioni dignitose anche nelle gare indette dalle pubbliche amministrazioni;
lo stesso intervento di riduzione del cuneo fiscale si è rivelato del tutto inadeguato a migliorare significativamente le retribuzioni di milioni di lavoratori, con benefìci dai 19 ai 32 euro lordi al mese, ampiamente insufficienti a contrastare il solo tasso di inflazione;
una famiglia di due adulti e un minore di età compresa tra i 4 e i 10 anni viene considerata «assolutamente povera» dall'Istat se sostiene una spesa mensile per consumi inferiore a 1.434 euro, un importo spesso superiore alla retribuzione di troppi lavoratori;
in tale contesto, riveste una speciale gravità la condizione delle lavoratrici e dei giovani che, senza i dovuti servizi di sostegno alla genitorialità – basti pensare che il congedo paritario è ancora fermo a soli 10 giorni, contro i tre mesi della Spagna – o con inquadramenti contrattuali penalizzanti o l'applicazione indebita di forme contrattuali fintamente autonome, si vedono pregiudicata ogni possibilità di una vita indipendente ed economicamente dignitosa –:
quali siano le ragioni della contrarietà alla sperimentazione del salario minimo legale, tenuto conto della mancata adozione di misure alternative, nonché di interventi volti a migliorare realmente la condizione delle lavoratrici e dei giovani lavoratori, quali un significativo ampliamento del congedo paritario, coerentemente con le migliori prassi europee.
(3-00247)
Intendimenti del Governo in materia fiscale, al fine di una riduzione strutturale della tassazione a carico di imprese e contribuenti – 3-00248
CATTANEO, RUBANO, DE PALMA, SALA, ARRUZZOLO, BAGNASCO, BARELLI, BATTILOCCHIO, BATTISTONI, BENIGNI, DEBORAH BERGAMINI, CALDERONE, CANNIZZARO, CAPPELLACCI, CAROPPO, CASASCO, CORTELAZZO, DALLA CHIESA, D'ATTIS, FASCINA, GATTA, MANGIALAVORI, MARROCCO, MAZZETTI, MULÈ, NEVI, ORSINI, NAZARIO PAGANO, PATRIARCA, PELLA, PITTALIS, POLIDORI, ROSSELLO, PAOLO EMILIO RUSSO, SACCANI JOTTI, SORTE, SQUERI, TASSINARI, TENERINI e TOSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
affrontare e risolvere la «questione fiscale» ha rappresentato, fin dalla sua nascita come coalizione politica, una delle principali priorità dei Governi guidati dal centrodestra;
fu il Governo Berlusconi nel 2008 ad abolire l'imposta sugli immobili allora denominata Ici ed è stata sempre Forza Italia nel 2013 ad ottenere che un Governo di larghe intese eliminasse l'Imu sulla prima casa;
la pressione fiscale nel corso del 2022 ha raggiunto il livello record del 43,8 per cento. Una pressione fiscale troppo alta costituisce un grave freno agli investimenti e alla produttività delle imprese e, al tempo stesso, opprime il contribuente;
nel discorso sulle linee programmatiche del Governo del 25 ottobre 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato una «rivoluzione copernicana» basata su tre pilastri: 1) riduzione della pressione fiscale; 2) tregua fiscale; 3) lotta all'evasione;
a breve il Governo si appresta a varare un disegno di legge delega in materia fiscale. Si tratta di una riforma strutturale e complessiva che, tra approvazione del disegno di legge e adozione dei decreti delegati, si pone come arco temporale l'intera legislatura –:
quali saranno le misure principali che il Governo intende adottare in materia fiscale, al fine di ridurre strutturalmente la pressione fiscale su imprese e contribuenti per produrre un effetto volano in grado di rilanciare l'economia italiana.
(3-00248)
MOZIONI MAZZETTI, CONGEDO, GUSMEROLI, SEMENZATO ED ALTRI N. 1-00040 (ULTERIORE NUOVA FORMULAZIONE), MAZZETTI ED ALTRI N. 1-00040 (NUOVA FORMULAZIONE), SANTILLO ED ALTRI N. 1-00048 (NUOVA FORMULAZIONE), ZANELLA ED ALTRI N. 1-00075, MANES ED ALTRI N. 1-00076, DEL BARBA ED ALTRI N. 1-00087 E MEROLA ED ALTRI N. 1-00088 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI AGEVOLAZIONI FISCALI PER IL SETTORE EDILIZIO E PER L'EFFICIENZA ENERGETICA
Mozioni
La Camera,
premesso che:
la misura cosiddetta «Superbonus edilizio 110 per cento» è stata introdotta in una fase socioeconomica emergenziale del Paese, dopo il tracollo del 9 per cento del Pil, al fine di rilanciare il sistema economico, produttivo e occupazionale nazionale, colpito dall'emergenza pandemica da Covid;
tuttavia sono note le criticità derivate da una legge ab origine scritta in maniera confusa e imprecisa per molti aspetti errata da risultare in prospettiva socialmente iniqua, con stanziamenti di risorse insufficienti, al punto da richiedere ben-33 modifiche in neanche tre anni dall'entrata in vigore del decreto istitutivo del superbonus (decreto-legge n. 34 del 2020), anche per arginare il gravissimo fenomeno delle frodi fiscali, (7,5 miliardi di euro complessivamente accertati dalle Autorità competenti sul complesso dei bonus edilizi);
tra i vari interventi resisi necessari per ridurre i rischi di frodi o di utilizzi indebiti dell'agevolazione si evidenzia il decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157, cosiddetto decreto-legge Antifrodi, che ha introdotto l'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità anche per la cessione di bonus edilizi diversi dal 110 per cento, nonché l'obbligo di assoggettare al visto di conformità anche l'utilizzo diretto del superbonus nella dichiarazione dei redditi. In forza dell'articolo 28 del decreto-legge n. 4 del 2022, per i bonus legati a interventi edilizi sono state vietate le cessioni «a catena», ritenendosi legittimo, oltre allo sconto in fattura sul corrispettivo, un solo trasferimento;
in relazione alle suesposte criticità, venutesi a determinare nel corso del tempo è risultato inevitabile, pertanto, che le diverse inefficienze normative determinassero un progressivo blocco del mercato delle cessioni dei crediti fiscali esistenti nei cassetti fiscali delle imprese operanti nel settore delle ristrutturazioni edilizie;
a fronte della situazione attuale di stallo del mercato delle cessioni con conseguenti sofferenze delle imprese per carenza di liquidità, in particolare delle PMI, il Parlamento e il Governo, sono più volte intervenuti, attraverso numerosi decreti legge, introducendo una serie d'interventi correttivi, con l'intento di migliorare l'attuale quadro regolatorio;
in particolare, sotto il profilo normativo, il legislatore è intervenuto con numerosi provvedimenti diversi nel corso degli ultimi due anni, 12 dei quali per regolare il mercato delle cessioni e 10 per introdurre misure più stringenti di contrasto alle frodi nel settore. Da ultimo, con il decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11 «decreto-Cessione crediti fiscali, in corso d'esame alla Camera dei deputati, si provvede a dare certezza alle cessioni già avvenute e si stabilisce il divieto per le cessioni e gli sconti in fattura futuri, garantendo, comunque, talune deroghe»;
attualmente risultano quasi 50 mila le PMI che sono in difficoltà economiche a causa del mancato smaltimento dei crediti fiscali; al riguardo si segnala inoltre come il centro studi Cna ha pubblicato una nuova indagine, già effettuata lo scorso giugno 2022 sulle cessioni dei crediti fiscali, rilevando un peggioramento della situazione. Nel campione di imprese intervistato è esplosa la percentuale di imprese che, da almeno cinque mesi, si trovano ad avere un cassetto fiscale pieno: attualmente, sfiora il 75 per cento mentre nella precedente rilevazione era a quota 35 per cento. Aumenta al 54 per cento del totale il numero di imprese che detengono crediti per valori superiori a 100 mila euro. Oltre metà delle imprese intervistate dichiara di essere in ritardo con il pagamento dei fornitori, il 40 per cento dichiara di far fatica a pagare tasse e imposte, mentre il 60 per cento sta valutando la sospensione dei cantieri in corso. Dall'analisi dei fatturati e della consistenza media dei crediti emerge che il blocco colpisce di più le imprese minori. Nel documento illustrato dal Governo a banche e imprese il 20 febbraio 2022, l'Agenzia delle Entrate (ADE) ha quantificato in 19 miliardi di euro i crediti fiscali giacenti nei cassetti fiscali delle imprese, di cui 12 relativi al Superbonus;
nella medesima sede l'ADE ha calcolato in 34-35 miliardi di euro la capacità fiscale residua delle banche per assorbire i crediti incagliati dei bonus edilizi. L'Associazione bancaria Italiana invece ha sostenuto di essere arrivata al limite della propria capacità fiscale, pari a 81 miliardi di euro, in quanto nella contabilità bancaria pesano le annualità di smaltimento dei crediti fiscali; parimenti, bisogna evidenziare quanto rilevato dall'Ufficio parlamentare di Bilancio, che ha ridimensionato fortemente l'impatto della misura del Superbonus sulla crescita del Pil;
in tale ambito, le recenti considerazioni del direttore statistiche finanza pubblica di Eurostat, in audizione lo scorso 14 febbraio in Commissione Finanze e Tesoro del Senato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale con particolare riferimento ai crediti di imposta, secondo le quali: «il superbonus non costituisce “debito pubblico” ma impatta sul deficit dello Stato in base a come si considerano i crediti d'imposta che il bonus genera: crediti fiscali pagabili o crediti fiscali non pagabili», non hanno certamente favorito a determinare maggiore chiarezza sul quadro complessivo, ma hanno confermato la necessità d'intervenire d'urgenza da parte del Governo, considerato che gli effetti della riclassificazione apportata da Eurostat al deficit del triennio 2020-2022, avrebbe potuto riguardare in maniera consistente gli anni successivi, con effetti anche sulla dinamica del debito;
il decreto-legge cosiddetto Aiuti-quater, ha inoltre evidenziato come il totale della copertura finanziaria della spesa riconducibile soltanto al superbonus 110 per cento per il periodo 2022- 2036 ammonta a 33,3 miliardi, di euro cui si sono aggiunti effetti indotti positivi sulle imposte dirette e indirette, stimati in circa 1,5 miliardi di euro; una parte della spesa trova copertura nel PNRR, all'interno della missione «Rivoluzione verde e transizione ecologica», che stanzia 13,95 miliardi di euro per l'investimento «Ecobonus e Sismabonus fino al 100 per cento»; a questi si aggiungono altri 4,56 miliardi finanziati dal piano complementare, per un totale di 18,51 miliardi di euro;
dai dati sopra esposti appare evidente il netto sbilanciamento tra le risorse appostate (circa 33,3 miliardi di euro) e quelle necessarie a coprire le spese ammesse o potenzialmente ammissibili (68,7 miliardi di euro, potenziali e in crescita), relative ai crediti d'imposta relativi al Superbonus 110 per cento nell'arco dei periodi di imposta dal 2022 al 2036;
per quanto riguarda invece gli effetti positivi sulle imposte dirette e indirette, numerosi studi pubblicati in questi mesi (Consiglio nazionale ingegneri (CNI), Nomisma, ANCE, CENSIS, CRESME, Consiglio e fondazione nazionale dei commercialisti), esprimono perplessità sulle stime eccessivamente prudenziali dell'effetto fiscale positivo derivante dall'applicazione della norma, contenute nella relazione tecnica originaria (articoli 119 e 121 del decreto-legge n. 34 del 2020), rilevando tutti un gettito ascrivibile alla misura molto più alto. Ulteriori positività non considerate deriverebbero dagli effetti indiretti e indotti;
a giudizio dei firmatari del presente documento, non è possibile non considerare come, nonostante le criticità derivanti dalla stratificazione di disposizioni normative in materia di agevolazioni fiscali dei bonus edilizi, sussiste una vasta platea di famiglie e di imprese del Paese che ha mostrato fiducia e aspettative nel legislatore, avviando le procedure peraltro complicate, per i lavori di ricostruzione o di restauro edile, impegnandosi attraverso preventivi e acquisti di materiale edile, rispettando i complessi adempimenti burocratici e che pertanto meritano di essere salvaguardati e tutelati;
in tale ambito, l'incentivo fiscale connesso al superbonus ha determinato un impatto economico importante, ma tuttavia discutibile nelle modalità applicative e soprattutto con riferimento agli oneri finanziari evidentemente insostenibili, derivanti da tale misura, determinando l'intervento urgente del Governo con l'approvazione del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11 in corso di conversione, che ha stabilito la fermata dello sconto in fattura e della cessione del credito per i nuovi interventi edilizi (ad esclusione di quelli già avviati che proseguono con l'iter tradizionale);
l'Ocse, ha esplicitamente apprezzato l'Italia nell'utilizzo della leva fiscale per promuovere la sostenibilità ambientale, tuttavia il nostro Paese è tuttora privo di una politica strutturale e programmatica connessa all'efficienza energetica degli edifici, anche e soprattutto a causa delle politiche che hanno caratterizzato i Governi nella legislatura precedente limitatesi all'effetto «annuncio» (nonché, per le nostre particolari caratteristiche geografiche, di adeguamento antisismico);
a differenza di altri Paesi europei, in cui ci sono stati interventi legislativi effettuati in maniera più organica e duratura, l'Italia negli ultimi anni, ha impostato le politiche ambientali e di sostegno al tessuto economico e produttivo al settore dell'edilizia, attraverso misure rivolte soltanto all'incentivazione ma non strutturali, circoscritte a piccoli aggiustamenti, proroghe temporali e con modalità cosiddette di stop and go;
la Francia e la Germania ad esempio hanno avviato politiche coordinate, di lungo periodo, investendo risorse importanti, in Germania gli stanziamenti pubblici annuali a carico dello Stato per la decarbonizzazione e l'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare sono lievitati dagli 8 miliardi nel 2021 ai 13-14 miliardi del 2022 destinati a finanziare la riforma delle norme cosiddette «Beg» (federal support for efficient buildings) basata su tre pilastri – riqualificazioni parziali, ristrutturazioni totali dell'esistente e ricostruzione di nuovi edifici. La KfW (la Cdp tedesca) nell'ambito dei programmi per l'efficienza energetica, all'ottobre 2022 aveva già sottoscritto oltre 100 mila accordi (tra prestiti e sussidi a qualsiasi controparte) per 36,1 miliardi di euro;
la Francia sostiene dal 2015 una politica di incentivazione per i lavori di ristrutturazione energetica degli immobili abitativi che consente di cumulare le molte agevolazioni statali fino al 90 per cento della spesa (a scalare in base al reddito fino al 40 per cento per le famiglie con redditi più alti) e ancora di aggiungere ulteriori misure di sostegno locale, con il limite di non superare il 100 per cento della spesa. La legge sulla «transizione energetica per la crescita verde» prevede di riqualificare 500 mila unità immobiliari l'anno fino al 2050. Nel corso del 2019 le agevolazioni hanno consentito a 3,1 milioni di famiglie (il 20 per cento delle famiglie residenti in case unifamiliari) di completare almeno un intervento di riqualificazione energetica, per un totale di 28 miliardi. Nel 2021 la legge «Clima e resilienza» ha introdotto un obbligo di riqualificazione degli edifici molto energivori con l'obiettivo di ristrutturare tutte le unità abitative in classe F e G entro il 2028;
è necessario, pertanto, anche alla luce della discussione in sede europea della direttiva ai più nota come «Direttiva case green» intervenire con misure non più straordinarie o emergenziali, bensì con programmi, fondi e risorse, coerenti con il quadro di finanza pubblica e in grado di determinare un sostegno al mercato delle costruzioni e delle ristrutturazioni edilizie, permanente e solido, nella consapevolezza che tale comparto, rappresenta un indotto strategico e un volano dell'economia nazionale indispensabile per la crescita occupazionale,
impegna il Governo:
1) a valutare la possibilità di adottare, nel rispetto del quadro di finanza pubblica e del dettato dell'articolo 81 della Costituzione, le opportune iniziative di carattere normativo, volte al complessivo riordino del sistema di incentivazione per la ristrutturazione edilizia, sotto il profilo energetico e sismico;
2) a tener conto, nelle valutazioni delle misure che saranno adottate, della specificità delle organizzazioni non lucrative di volontariato, quelle che operano nel terzo settore e gli istituti autonomi delle case popolari e assimilati nonché delle condizioni economiche dei soggetti che saranno destinatari delle misure medesime;
3) a promuovere il coinvolgimento degli ordini professionali competenti per materia nella stesura delle regole tecniche attuative delle normative in materia di bonus fiscali in ambito sismico ed energetico.
(1-00040) (Ulteriore nuova formulazione) «Mazzetti, Congedo, Gusmeroli, Semenzato, Battistoni, De Bertoldi, Bagnai, Cortelazzo, Filini, Cavandoli, Matteoni, Centemero, Maullu, Miele, Osnato, Testa, Tremonti, Mattia, Benvenuti Gostoli, Iaia, Lampis, Milani, Fabrizio Rossi, Rotelli, Rachele Silvestri».
La Camera,
premesso che:
il sistema di incentivi per l'efficienza energetica, sismabonus e fotovoltaico di cui agli articoli 119 e successivi del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto «superbonus 110 per cento» entrato in vigore il 19 maggio 2020) è stato modificato in 19 provvedimenti diversi nel corso degli ultimi due anni. In particolare, per l'articolo 121, quello relativo all'opzione per la cessione del credito o per lo sconto in fattura in luogo delle detrazioni fiscali, estesa peraltro a tutte le tipologie di bonus edilizi, si contano modifiche, spesso plurime, in 12 provvedimenti diversi rispetto al testo originario, quasi tutte concentrate negli ultimi 15 mesi. La quasi totalità dei cantieri ha visto modificarsi la normativa di riferimento almeno due volte, dall'inizio alla conclusione dei lavori;
fino all'intervento del decreto-legge cosiddetto «antifrodi» (decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157, poi trasfuso nella legge di bilancio per il 2022), i meccanismi dello sconto in fattura e della cessione dei crediti a favore del sistema bancario assicuravano tempi certi di realizzo, che garantivano alle imprese esecutrici una congrua programmazione degli interventi e il rispetto delle tempistiche previste. Tale decreto-legge ha introdotto l'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità. Con l'articolo 28 del decreto-legge n. 4 del 2022, per i bonus legati a interventi edilizi, sono state vietate le cessioni «a catena», ritenendosi legittimo, oltre allo sconto in fattura sul corrispettivo, un solo trasferimento;
oltre a queste previsioni una serie di fattori concomitanti ha determinato il progressivo blocco del mercato delle cessioni dei crediti fiscali detenuti nei cassetti delle imprese operanti nel settore delle ristrutturazioni edilizie. In particolare si segnalano: 1) la circolare 23/E dell'Agenzia delle entrate del 23 giugno 2022, sulla responsabilità solidale; 2) una serie di sentenze della Corte di cassazione (da ultimo 30 dicembre 2022, n. 49687) sul sequestro preventivo dei crediti anche presso il terzo in buona fede, in presenza di procedimenti relativi all'illegittima creazione di crediti fiscali inesistenti;
la Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario, nella sua relazione finale, comunicata alla Presidenza della Camera il 6 ottobre 2022 ha osservato che la capienza fiscale dei 12 principali istituti di credito è di 16,2 miliardi di euro l'anno, pari a 81,1 miliardi nel quinquennio. Poiché tali banche hanno accettato crediti fiscali derivanti da cessioni dei bonus edilizi per 30 miliardi di euro e altri 47 miliardi sono in valutazione (complessivamente il 78 per cento del mercato delle cessioni), la loro capienza fiscale sarebbe al limite;
nel documento illustrato dal Governo a banche e imprese il 20 febbraio 2022, l'Agenzia delle entrate ha calcolato in 34-35 miliardi di euro la capacità fiscale residua delle banche per assorbire i crediti incagliati dei bonus edilizi. L'Associazione bancaria italiana, invece, ha sostenuto di essere arrivata al limite della propria capacità fiscale, pari a 81 miliardi di euro, in quanto nella contabilità bancaria pesano le annualità di smaltimento dei crediti fiscali;
a fronte della situazione di stallo del mercato delle cessioni e delle conseguenze sofferenze delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese, Parlamento e Governo sono più volte intervenuti: il numero dei possibili trasferimenti è aumentato sino alla previsione di una sola cessione a terzi e tre ulteriori cessioni effettuate in favore di istituti di credito e intermediari finanziari, con possibilità per questi ultimi di cedere a propri correntisti in possesso di partita Iva. Inoltre, l'Agenzia delle entrate ha consentito il frazionamento dei crediti per annualità. Inoltre, si è prevista: l'estensione delle norme sulle cessioni plurime ai crediti antecedenti il 1° maggio 2022, la possibilità di integrare le documentazioni dei crediti antecedenti il 12 novembre 2021, la riduzione del perimetro della responsabilità solidale, che ora si configura solo in caso di dolo o colpa grave;
il decreto-legge n. 11 del 2023 ha delimitato ulteriormente la responsabilità solidale del cessionario, precisando che essa è esclusa qualora egli dimostri di avere acquisito il credito di imposta e siano in possesso di specifica documentazione (dettagliata nella norma) riguardante le opere da cui origina il credito di imposta. Per i cessionari di crediti che acquistano dalle banche l'esclusione di responsabilità opera mediante rilascio di una attestazione di possesso, da parte della banca, di tutta la predetta documentazione. Il decreto-legge stabilisce, inoltre, che l'onere della prova della sussistenza del dolo o della colpa gravi del cessionario grava sull'ente impositore;
questi interventi non sono serviti a riavviare compiutamente il mercato delle cessioni, che appare afflitto da una generale sfiducia tra gli operatori. Si è determinata una paradossale situazione nella quale le imprese che effettuano i lavori, in particolare le piccole e medie imprese, si ritrovano con i cassetti fiscali pieni, ma senza risorse per poter proseguire i lavori, onorare gli impegni coi fornitori, pagare stipendi e contributi;
le piccole e medie imprese segnalano l'introduzione di nuove condizioni per l'acquisto del credito da parte del sistema creditizio, tra le quali l'esame del merito creditizio del cedente, l'accettazione di fatture solo oltre un certo importo, la difficoltà, per le imprese che operano tramite sal (stati di avanzamento lavori), di cedere i sal successivi al primo a istituti di credito diversi da quelli a cui hanno ceduto il primo. In generale, si registra un maggior onere a carico del cedente e, soprattutto, una minore celerità nella definizione delle pratiche, dovuta al rafforzamento dei controlli, nonostante il fatto che, una volta ottenuta asseverazione, visto di conformità e codice univoco, il credito da cedere sia certo;
sono quasi 50 mila le piccole e medie imprese che, in questo periodo, stanno accusando difficoltà nello smaltimento di questi crediti. Nel documento illustrato dal Governo a banche e imprese il 20 febbraio 2022, l'Agenzia delle entrate quantifica in 19 miliardi di euro i crediti fiscali giacenti nei cassetti fiscali delle imprese, di cui 12 relativi al superbonus;
il 10 novembre 2022 Abi e Ance hanno insieme scritto al Governo una lettera per richiamare l'attenzione sulla gravità della situazione nella quale si trovano migliaia di cittadini e imprese che hanno fatto affidamento sulle norme di utilizzo dei bonus edilizi, chiedendo una misura tempestiva e di carattere straordinario che consenta agli intermediari di ampliare la propria capacità di acquisto utilizzando una parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24, da compensare con i crediti ceduti dalle imprese;
nell'audizione svoltasi il 14 febbraio 2023 presso la VI Commissione finanze e tesoro del Senato della Repubblica, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale con particolare riferimento ai crediti di imposta, l'ufficio statistico dell'Unione europea – Eurostat, dopo aver precisato che il superbonus, che era stato classificato temporaneamente nel 2021 come «non pagabile», ma che attende i prossimi dati Istat circa l'ammontare dei diversi crediti fiscali che non saranno utilizzati dai contribuenti, elemento decisivo per giudicare se tali crediti siano da considerarsi pagabili o meno, ha chiarito che la pagabilità o non pagabilità di un credito non ha alcuna influenza né sul debito dello Stato, né sulla cifra finale totale da imputare come effetto sul deficit negli anni impattati da tale misura, ma solamente sul profilo temporale dell'impatto sul deficit nel corso degli anni;
nell'audizione svoltasi il 2 febbraio 2023 presso la VI Commissione finanze e tesoro del Senato della Repubblica, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale, il direttore generale delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ha chiarito che, nell'aggiornamento delle previsioni tendenziali di finanza pubblica incluse nella nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, la stima del superbonus e degli altri bonus edilizi è stata aumentata a circa 110 miliardi di euro con uno scostamento complessivo di 37,75 miliardi di euro rispetto alle previsioni iniziali sull'intero orizzonte temporale; in particolare, le previsioni nei tendenziali di bilancio relative al superbonus 110 per cento si attestano a 61,2 miliardi di euro (scostamento 24,6 miliardi) e quelle del bonus facciate a 19 miliardi di euro (scostamento 13,1 miliardi). Per gli anni 2023-2026, i maggiori oneri hanno determinato un peggioramento della previsione delle imposte dirette per importi compresi tra gli 8 e i 10 miliardi di euro in ciascun anno;
in considerazione degli impatti sulla finanza pubblica dei maggiori oneri derivanti dalla normativa sui bonus edilizi, il decreto-legge n. 11 del 2023 ha stabilito, a partire dal 17 febbraio 2023, l'impossibilità di optare, in luogo della fruizione diretta della detrazione, lo sconto in fattura dai fornitori di beni o per la cessione del credito corrispondente per gli interventi relativi al superbonus 110 per cento, alla manutenzione facciate, nonché agli altri interventi di ristrutturazione e adeguamento antisismico, ivi compresi quelli relativi all'installazione di impianti fotovoltaici, di colonnine di ricarica e per l'abbattimento delle barriere architettoniche;
il decreto-legge n. 11 del 2023 salvaguarda gli interventi per i quali alla data del 16 marzo 2023 risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata o il titolo abilitativo o sia stato registrato il contratto preliminare. Restano esclusi dal beneficio diverse tipologie di interventi che prevedevano lo sconto in fattura:
a) gli acquirenti di immobili nuovi che non hanno registrato un preliminare di acquisto;
b) i piccoli lavori in edilizia libera, ivi comprese le sostituzioni di caldaie o infissi, non ancora iniziati per i quali sono stati firmati preventivi e versati anticipi;
c) i condomini che hanno svolto la parte preliminare della pianificazione dei lavori di superbonus, ma non sono arrivati alla cilas;
d) imprese che stanno realizzando edifici frutto di demolizione con ricostruzione o di una ristrutturazione, ancora privi di rogiti firmati e preliminari già registrati;
rispetto agli scostamenti sopra segnalati sussiste una significativa disparità di cifre tra quanto iscritto nei documenti pubblici e quanto riportato nei calcoli da autorevoli istituti, che giungono a sostenere che il reale impatto dei bonus edilizi sui conti pubblici sia limitato a una quota molto inferiore di quanto dichiarato. Negli ultimi mesi sono stati pubblicati diversi studi redatti da associazioni di categoria del mondo dell'edilizia e delle costruzioni o da istituti di ricerca. In particolare si segnalano:
a) lo studio (luglio 2022) del Consiglio nazionale ingegneri aggiornato a fine giugno 2022 basato sulle tavole intersettoriali dell'economia italiana elaborate dall'Istat, nel quale si individua un moltiplicatore del reddito pari a 2,1 per stimare gli effetti diretti e indiretti sull'economia di ogni euro speso per bonus edilizi;
b) lo studio (luglio 2022) condotto da Nomisma sull'impatto economico, ambientale e sociale del superbonus, anch'esso basato sulle tavole intersettoriali, che utilizza un moltiplicatore del reddito pari a 3,2 per stimare gli effetti diretto, indiretto e indotto delle spese del superbonus. Secondo Nomisma i 38,7 miliardi di euro investiti dallo Stato fino a giugno 2022 a titolo di copertura hanno generato un valore economico pari a 124,8 miliardi di euro. Dato confermato dall'aggiornamento del febbraio 2023 del medesimo studio in cui si sostiene che l'impatto economico complessivo è stato pari a 195,2 miliardi di euro, con un effetto diretto di 87,7 miliardi, 39,6 miliardi di effetti indiretti e 67,8 miliardi di indotto;
c) lo studio Ance dell'11 luglio 2022, in cui, per superare le criticità del modello delle tavole intersettoriali, si utilizza una metodologia basata su quanto avviene realmente in un cantiere edile, senza tener conto degli effetti indiretti e di quelli indotti. Lo studio stima a un'aliquota media del 47 per cento del ritorno per lo Stato in termini di gettito fiscale complessivo (Iva, Irpef, Ires, Inps e Inail) a partire da un capitolato tecnico-economico standard. L'aliquota è calcolata sul costo lordo statale e include le entrate contributive;
d) il rapporto Censis (novembre 2022) nel quale, elaborando i dati Consiglio nazionale ingegneri, Enea e Istat, si calcola che tra l'agosto del 2020 e l'ottobre del 2022, per una spesa di 55 miliardi di euro in superbonus, che si converte in 60,5 miliardi di euro di detrazioni a carico dello Stato, c'è un incasso fiscale diretto in termini di Iva, Irpef e Ires di 42,8 miliardi. La spesa effettiva è valutata quindi in 17,6 miliardi di euro. Per il Censis, i 55 miliardi di euro ammessi a detrazione attivano un valore della produzione nelle filiere edilizia e dei servizi tecnici connessi pari a 79,7 miliardi di euro, un effetto diretto a cui si aggiungono 36 miliardi di euro di produzione attivati in altri settori dell'indotto;
e) il Cresme, che nel XXXIII rapporto congiunturale sul mercato edilizio, nel giudicare positivamente gli effetti dei bonus edilizi dal lato dell'impatto sull'economia, chiarisce che tra il 2020 e il 2022 essi hanno avuto un peso sul prodotto interno lordo pari al 13,9 per cento (il più alto in Europa) e che la maxi detrazione ha contribuito con un +22 per cento alla crescita totale del prodotto interno lordo. Questo si è tradotto in 460 mila occupati in più nel 2022 rispetto al 2019;
f) di particolare rilevanza, la ricerca pubblicata a fine dicembre 2022 dal Consiglio e dalla Fondazione nazionale dei commercialisti, nella quale si afferma che un euro speso per i bonus edilizi ha avuto un ritorno per le casse pubbliche di 43,3 centesimi, a cui vanno aggiunti gli effetti positivi sull'occupazione e sul reddito di famiglie e imprese. L'elemento significativo della ricerca è dato dal fatto che essa analizza in dettaglio la metodologia utilizzata della Ragioneria generale dello Stato nel redigere le relazioni tecniche dei provvedimenti che hanno disposto l'introduzione o la proroga di bonus edilizi, rilevando che esse appaiono caratterizzate sia da una significativa sottostima iniziale del costo lordo per lo Stato del superbonus 110 per cento, sia dall'adozione di un modello di calcolo che limita al solo 8,6 per cento le maggiori entrate indotte dalla spesa «aggiuntiva», schema che appare viziato da una prudenza eccessiva. Un duplice errore (sia in uscita che in entrata) che ha amplificato gli allarmi sulla tenuta dei conti pubblici;
con il pacchetto «Fit for 55», presentato nel luglio 2021 e in corso di approvazione, nel 2030 dovremmo ridurre del 55 per cento le emissioni clima-alteranti per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Per quel che riguarda gli immobili, residenziali o produttivi, il pacchetto muove dalla constatazione che nell'Unione europea gli edifici rappresentano il 40 per cento del consumo finale di energia e il 36 per cento delle emissioni legate di gas serra legate all'energia e che sussiste un potenziale enorme in termini di riduzione delle emissioni;
nell'ambito del pacchetto, la proposta di direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia, approvata il 9 febbraio 2023 dalla Commissione energia del Parlamento europeo, per poi essere approvata nella sessione plenaria del Parlamento del 13-16 marzo 2023 e poi andare al trilogo interistituzionale, prevede che tali immobili debbano tutti raggiungere la classe energetica «E» entro il 2030. Dopo altri tre anni, nel 2033, sarà necessario arrivare alla classe «D». Sono previste talune eccezioni, quali gli immobili vincolati o nei centri storici, le seconde case e le abitazioni con superficie inferiore a 50 metri quadri. Nella tabella di marcia è previsto gli Stati membri stabiliscono scadenze e sanzioni specifiche entro le quali gli edifici dovranno ottenere classi di prestazione energetica superiori, nonché misure finanziarie adeguate al raggiungimento degli obiettivi;
l'80 per cento degli immobili residenziali esistenti in Italia rientra nelle classi energetiche più basse (E, F e G) e il 75 per cento degli edifici italiani è stato realizzato ante norme sismiche (1974). Secondo il Censis, nel 2021 2,8 milioni di nuclei familiari hanno dichiarato di vivere in abitazioni con problemi strutturali, 2,2 milioni di non riuscire a riscaldare adeguatamente la propria abitazione e 3,5 milioni di avere problemi di umidità;
dai dati Ance-Nomisma presentati a luglio 2022 risulta che circa 483 mila beneficiari con reddito medio basso (sotto i 1.800 euro mensili), grazie al superbonus hanno potuto effettuare lavori di riqualificazione energetica alla propria abitazione. Si tratta del 32,6 per cento degli interventi sino ad allora effettuati. A fronte del congelamento della cessione dei crediti fiscali, di fatto solo i cittadini capienti potranno in futuro utilizzare il nuovo superbonus;
il nostro Paese è tuttora privo di una politica strutturale dell'efficienza energetica degli edifici (nonché, per le nostre particolari caratteristiche geografiche, di adeguamento antisismico), in quanto il superbonus è sempre stata una norma congiunturale, potentissima e discutibile. Peraltro, inserita in un sistema agevolatorio che si è stratificato a partire dalla seconda metà degli anni '90, con gli obiettivi più disparati. Si è proceduto con aggiustamenti, proroghe, con modalità stop and go, mentre altri Paesi, come la Francia e la Germania, hanno avviato politiche coordinate, investendo risorse importanti;
in Germania gli stanziamenti pubblici annuali a carico dello Stato per la decarbonizzazione e l'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare sono lievitati dagli 8 miliardi di euro nel 2021 ai 13-14 miliardi del 2022 destinati a finanziare la riforma delle norme cosiddette «Beg» (federal support for efficient buildings) basata su tre pilastri – riqualificazioni parziali, ristrutturazioni totali dell'esistente e ricostruzione di nuovi edifici. La KfW (la Cassa depositi e prestiti tedesca), nell'ambito dei programmi per l'efficienza energetica, all'ottobre 2022 aveva già sottoscritto oltre 100 mila accordi (tra prestiti e sussidi a qualsiasi controparte) per 36,1 miliardi di euro;
la Francia sostiene dal 2015 una politica di incentivazione per i lavori di ristrutturazione energetica degli immobili abitativi che consente di cumulare le molte agevolazioni statali fino al 90 per cento della spesa (a scalare in base al reddito, fino al 40 per cento per le famiglie con redditi più alti) e ancora di aggiungere ulteriori misure di sostegno locale, con il limite di non superare il 100 per cento della spesa. La legge sulla «transizione energetica per la crescita verde» prevede di riqualificare 500 mila unità immobiliari l'anno fino al 2050. Nel corso del 2019 le agevolazioni hanno consentito a 3,1 milioni di famiglie (il 20 per cento delle famiglie residenti in case unifamiliari) di completare almeno un intervento di riqualificazione energetica, per un totale di 28 miliardi di euro. Nel 2021 la legge «Clima e resilienza» ha introdotto un obbligo di riqualificazione degli edifici molto energivori, con l'obiettivo di ristrutturare tutte le unità abitative in classe F e G entro il 2028;
è necessario che la transizione energetica in ambito edilizio sia accompagnata da programmi, fondi e risorse di sostegno per l'efficientamento degli edifici, mediante l'adozione di uno specifico piano a livello europeo e nazionale che abbiano come missione principale quella di finanziare la ristrutturazione edilizia profonda,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative volte al complessivo riordino del sistema di incentivazione per la ristrutturazione edilizia in termini di razionalizzazione e semplificazione, anche tenendo conto delle esperienze maturate in altri Paesi dell'Unione europea, trasformando le misure prevalentemente congiunturali oggi esistenti in una rigorosa e strutturale spinta all'efficientamento del patrimonio edilizio residenziale, sotto il profilo energetico e sismico, realizzando un modello nel quale l'incentivo sia:
a) direttamente proporzionale ai livelli di efficientamento (sismico e/o energetico) raggiunti dagli immobili, rispetto a quelli di partenza ante intervento;
b) inversamente proporzionale al reddito del beneficiario con particolare attenzione ai cittadini incapienti e alle prime case, in tale ambito valutando il mantenimento dello sconto in fattura e della cessione del credito per i soggetti tributari incapienti o in regime forfettario e prevedendo, ove occorra, la creazione di un fondo di natura rotativa presso la Cassa depositi e prestiti, destinato all'erogazione di anticipazioni di durata decennale, a tasso agevolato, per la ristrutturazione antisismica e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio detenuto dai soggetti incapienti o in regime forfettario;
2) ad adottare iniziative volte a dotare il sistema di incentivazione di cui al precedente impegno delle risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del Fit for 55 per l'edilizia residenziale, inseriti nella direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia di prossima emanazione, intervenendo in sede di Unione europea affinché queste siano incrementate e coordinando l'utilizzo delle risorse europee disponibili con ulteriori risorse nazionali, anche al fine di consentire al comparto edilizio di mantenere gli attuali livelli di apporto al prodotto interno lordo e di generare le maggiori entrate necessarie a sostenere il processo di efficientamento;
3) ad adottare iniziative volte a prevedere un modello incentivante, accessibile anche a soggetti incapienti o in regime forfettario, per le ristrutturazioni e gli interventi edilizi privi di caratteristiche di efficientamento e adeguamento antisismico, al fine di evitare la creazione di una «economia non osservata» in ambito edilizio;
4) ad adottare iniziative per consentire ai soggetti che abbiano avviato procedimenti di acquisto, demolizione e ricostruzione di immobili, nonché di ristrutturazione di immobili in edilizia libera, non ancora contrattualmente definiti, di poter usufruire dello sconto in fattura o della cessione del credito, in presenza di preliminari già redatti o anticipi già versati;
5) a individuare uno specifico sistema di incentivazione per l'efficientamento energetico e sismico degli immobili produttivi, destinato ai soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni, con l'obiettivo di rilanciare l'economia nazionale, incrementando le attività nel comparto «trainante» del recupero energetico e antisismico del patrimonio edilizio, con ricadute positive sul comparto produttivo e sull'intera collettività;
6) a rivedere il modello con cui sono state redatte le relazioni tecniche relative alla copertura dei bonus edilizi introdotti a partire dal 2020 e a presentare al Parlamento una valutazione dell'impatto sui conti pubblici dei flussi di cassa fiscali e contributivi, diretti e indiretti, provenienti dal settore edile e dall'indotto, tenuto conto dalle analisi presentate dalle associazioni di categoria del mondo dell'edilizia e delle costruzioni o da istituti di ricerca, individuate in premessa;
7) ad adottare iniziative di competenza volte a sbloccare il mercato delle cessioni e, in particolare:
a) valutando la possibilità di un'espressa deroga all'articolo 321 del codice penale in materia di sequestro preventivo, in cui si preveda l'esclusiva responsabilità in capo al soggetto originariamente beneficiario del credito d'imposta, senza coinvolgimento del terzo, di modo che i cessionari in buona fede estranei a ogni reato, in particolare tributario, commesso dai cedenti, non possano essere destinatari di provvedimenti di sequestro;
b) consentendo la possibilità agli intermediari finanziari di frazionare per importi oltre che annualità i crediti da cedere ai propri correntisti non consumatori, in considerazione dell'alta affidabilità nella gestione documentale delle cessioni;
c) consentendo agli intermediari finanziari di ampliare la propria capacità di acquisto, mediante utilizzo di una parte dei versamenti delle imposte da loro incassati con gli F24 a compensazione dei crediti da bonus edilizi ceduti dalle imprese, secondo criteri di proporzionalità diretta con la massa di crediti detenuti da ciascun intermediario e in misura non inferiore al 3 per cento del totale dei versamenti effettuati con gli F24;
d) promuovendo la stipula di uno specifico accordo tra Governo, Associazione bancaria italiana, Cassa depositi e prestiti s.p.a., Poste italiane S.p.a. e le organizzazioni imprenditoriali, volto ad accelerare la circolazione dei crediti d'imposta, garantendo la sostenibilità del mercato delle cessioni per il sistema creditizio, definendo regole uniformi per valutare l'affidabilità dei cedenti, individuando procedure telematiche unificate e checklist documentali univoche, nonché adottando tassi di sconto massimi secondo il modello utilizzato da altre operazioni finanziarie come anticipo fatture o discount rate cap al fine di evitare attività speculative;
e) valutando la possibilità di coinvolgere nel processo di smaltimento dei crediti fiscali «incagliati» anche le società partecipate dallo Stato, con particolare riferimento a Enel, Eni, Ferrovie dello Stato e Anas;
8) a promuovere il coinvolgimento degli ordini professionali competenti per materia nella stesura delle regole tecniche attuative in ambito sismico e/o energetico;
9) a fornire ogni utile elemento al Parlamento sull'entità dei crediti fiscali in scadenza nel 2022, che non sono stati utilizzati per incapienza dei soggetti titolari.
(1-00040) (Nuova formulazione) «Mazzetti, Cattaneo, Battilocchio, Mulè, Rubano, De Palma, D'Attis, Cannizzaro, Sorte, Squeri, Casasco, Sala, Gatta, Nazario Pagano, Tosi, Arruzzolo, Paolo Emilio Russo, Marrocco, Pittalis, Tassinari, Nevi, Saccani Jotti, Cortelazzo, Patriarca, Tenerini, Polidori, Orsini, Deborah Bergamini, Mangialavori, Calderone».
La Camera,
premesso che:
l'incentivo cosiddetto superbonus 110 per cento, introdotto con l'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto «rilancio»), e il meccanismo della cessione del credito e sconto in fattura, di cui all'articolo 121 del medesimo decreto-legge, fortemente voluti dal MoVimento 5 Stelle, hanno contribuito al vigoroso rilancio degli investimenti nel settore edilizio e a migliorare le prestazioni energetiche e sismiche degli edifici;
grazie a tali misure, il settore edilizio ha rappresentato il principale motore di crescita negli ultimi due anni e ha occupato un terzo della crescita del prodotto interno lordo;
nel 2021 il contributo del settore delle costruzioni alla formazione del prodotto interno lordo è stato pari al 27 per cento della crescita registrata (+6,7 per cento). La spinta è proseguita anche nel 2022 secondo gli ultimi dati pubblicati da Istat: nella media complessiva dell'anno, l'indice della produzione nelle costruzioni è aumento del 12,7 per cento rispetto al 2021;
i dati pubblicati di recente da Nomisma evidenziano un incremento di oltre 600 mila occupati, con un effetto diretto di 87,7 miliardi di euro, 39,6 miliardi di effetti indiretti e 67,8 miliardi di indotto. Inoltre, la combinazione del bonus fiscale con lo strumento della cessione e sconto in fattura ha garantito l'accesso all'incentivo, contrariamente al passato, a 1,7 milioni di italiani con reddito medio-basso;
sotto l'aspetto ambientale, secondo i dati rilevati da Enea nell'ultimo rapporto annuale sull'efficienza energetica, ammonta a 2.652 gigawattora all'anno il risparmio complessivo generato dagli investimenti effettuati attraverso i bonus edilizi dalla loro prima introduzione, che si traduce in una riduzione di 979.000 tonnellate di anidride carbonica e in un risparmio sulla bolletta per i cittadini di quasi 1.000 euro all'anno;
le ultime rilevazioni dei dati da parte di Enea e degli operatori del settore evidenziano, tuttavia, un brusco calo del numero di asseverazioni e investimenti rispetto ai mesi precedenti che non lascia ben sperare per il futuro, anche alla luce degli ultimi provvedimenti adottati dal Governo;
ad incidere sulla corsa agli incentivi sono state sicuramente le oltre 21 modifiche normative, che hanno scardinato l'originaria chiarezza e semplicità applicativa dello strumento della cessione del credito, oltre ad una campagna mediatica concentrata sulle presunte frodi fiscali (di cui solo in minima parte relative al superbonus) che ha ingenerato incertezze e preoccupazioni sulla stabilità degli strumenti;
in un tale contesto si è giunti al progressivo blocco del mercato delle cessioni dei crediti edilizi, rimasti «incagliati» nei cassetti fiscali di cittadini e imprese, per un valore di oltre 15 miliardi di euro di crediti inutilizzati;
la drammatica carenza di liquidità che sta tormentando migliaia di famiglie e imprese richiede un intervento urgente al fine di risolvere l'incaglio dei crediti fiscali, attraverso misure straordinarie finalizzate all'ampliamento della capienza fiscale e a garantire la massima circolazione possibile dei crediti fiscali;
in un tale contesto il Governo è intervenuto con il decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11. Con il dichiarato fine di evitare «potenziali» effetti negativi sui saldi di finanza pubblica, a decorrere dal 17 febbraio 2023 non è più possibile optare per lo sconto in fattura, né per la cessione del credito d'imposta, residuando unicamente la possibilità di beneficiare dell'incentivo mediante lo strumento della detrazione degli importi corrispondenti;
il provvedimento da ultimo adottato non contiene disposizioni finalizzate a risolvere la problematica dei crediti «incagliati»;
secondo i dati riportati dalle associazioni di settore, nella sola giornata del 17 febbraio 2023 (primo giorno di efficacia del decreto-legge) ci sono state oltre 6 mila richieste di annullamento di preventivi relativi a spese per interventi edili;
il quadro regolatorio così definito rischia di determinare la «morte» dello strumento del superbonus e con esso di migliaia di imprese in conseguenza del blocco degli investimenti;
in assenza dello strumento della cessione e dello sconto in fattura viene compromessa la stessa efficacia dei bonus edilizi, esponendo il Paese a danni economici e finanziari conseguenti al fallimento di migliaia di aziende e alla disoccupazione di migliaia di lavoratori;
anche i nuovi obiettivi europei in tema di efficienza energetica impongono, invece, di preservare i bonus edilizi e gli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito;
nell'ambito del piano «Fit for 55», infatti, il Consiglio dell'Unione europea ha raggiunto un accordo su una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia. L'iniziativa trova le sue basi sui dati relativi alle emissioni in Europa, da cui emerge come gli edifici siano responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all'energia. Per tale motivo, con l'obiettivo di ridurre le emissioni nell'Unione europea di almeno il 55 per cento entro il 2030, la proposta di revisione della direttiva, in discussione nei prossimi mesi, prevede che gli edifici residenziali con le peggiori prestazioni dovranno raggiungere almeno la classe E entro il 2030 e la classe D entro il 2033;
i target fissati dall'accordo in seno al Consiglio dell'Unione europea rappresentano una grossa opportunità per il nostro Paese in considerazione dello stato del patrimonio edilizio italiano. Il rapporto Enea sull'efficienza energetica rileva come gli edifici a destinazione d'uso residenziale risultino pari a 12,42 milioni, con quasi 32 milioni di abitazioni. Oltre il 65 per cento di tale parco edilizio ha più di 45 anni, ovvero è precedente alla legge n. 373 del 1976, prima legge sul risparmio energetico. Di questi edifici, oltre il 25 per cento registra consumi annuali da un minimo di 160 kilowattora per metro quadro all'anno ad oltre 220 kilowattora per metro quadro. In sostanza, il nostro Paese conta un parco immobili residenziali con oltre la metà degli immobili nelle classi energetiche peggiori (F e G);
per raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell'Unione europea in tema di prestazione energetica degli edifici, il settore edilizio assume una centralità strategica;
per tale motivo diventa sempre più indispensabile una programmazione strutturale dei meccanismi di incentivo alla spesa per interventi di riqualificazione energetica e adeguamento sismico degli edifici, in grado di stimolare efficacemente gli investimenti e garantire la massima partecipazione dei cittadini;
è opportuno intervenire anche sull'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione, poiché molti soggetti, nonché diverse tipologie di edifici, ne rimangono tuttora esclusi. Sarebbe, dunque, auspicabile estendere la misura all'intero patrimonio immobiliare, senza limitazioni legate alla tipologia dell'immobile e alla sua destinazione, in considerazione della finalità della misura di riqualificare ed efficientare l'intero patrimonio immobiliare nazionale;
è, altresì, determinante potenziare il sostegno agli investimenti attraverso la leva finanziaria individuando strumenti innovativi, anche alternativi a quelli bancari, tra cui i meccanismi di finanziamento, quali il crowdfunding e il direct lending, e le forme di finanziamento di private equity e venture capital e altre soluzioni fintech, per assicurare il massimo sostegno alle imprese e alle filiere produttive nei processi di rigenerazione urbana e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato,
impegna il Governo:
1) ad assumere ogni iniziativa utile allo sblocco di crediti fiscali «incagliati» ai danni di cittadini, imprese e istituti di credito, valutando, in considerazione del carattere emergenziale della carenza di liquidità creatasi, l'introduzione di misure straordinarie finalizzate all'ampliamento della capienza fiscale dei soggetti coinvolti o delle possibilità di compensazione, in particolare:
a) valutando la possibilità di compensare i crediti fiscali acquisiti dagli istituti di credito con i debiti risultanti dalle deleghe di versamento F24;
b) ampliando la possibilità di frazionamento del credito fiscale maturato anche in capo al primo beneficiario e nell'ambito delle singole rate annuali;
c) consentendo al beneficiario della detrazione di utilizzare il corrispondente credito anche in compensazione F24;
d) introducendo strumenti di controllo e certificazione idonei a garantire la genuinità del credito spettante nell'ambito delle cessioni, al fine di agevolare la circolazione dei crediti fiscali e semplificare le procedure di controllo, riducendo il rischio di contestazioni ex post a carico dei cessionari;
e) valorizzando le competenze e la conoscenza del territorio da parte delle camere di commercio, delle associazioni rappresentative delle imprese e della rete territoriale dei confidi e degli intermediari finanziari, al fine di garantire la massima circolazione dei crediti fiscali maturati;
2) ad assumere iniziative finalizzate a stabilizzare i bonus edilizi connessi all'efficientamento energetico e all'adeguamento sismico degli edifici, ivi compresa la riattivazione del meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura a partire dalle fasce di reddito medio-basse e per gli interventi a maggiore impatto, attraverso una programmazione strutturale degli incentivi che sia coerente con il perseguimento degli ambiziosi obiettivi europei al 2030, cogliendo l'opportunità di migliorare le prestazioni energetiche e sismiche del patrimonio edilizio italiano;
3) ad accompagnare la programmazione strutturale di cui all'impegno n. 2) con un'adeguata programmazione finanziaria degli stanziamenti, anche attraverso l'ottimizzazione delle risorse oggetto di programmazione europea, tenendo altresì conto degli effetti positivi indotti dagli investimenti alla luce dei risultati già conseguiti negli anni 2021 e 2022;
4) ad adottare iniziative volte a introdurre misure finalizzate a potenziare la leva finanziaria anche attraverso l'introduzione di nuovi strumenti di finanza alternativa, da attuarsi mediante il ricorso a prodotti finanziari innovativi, tra cui i meccanismi di finanziamento, quali il crowdfunding e il direct lending e le forme di finanziamento di private equity e venture capital e altre soluzioni fintech, destinati ad assicurare il sostegno alle imprese e alle filiere produttive nei processi di rigenerazione urbana e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato;
5) a promuovere la partecipazione di ogni livello istituzionale, delle regioni e degli enti locali, anche stimolando l'istituzione di fondi dedicati e di strumenti di incentivo locali compatibilmente con il quadro finanziario locale e nazionale, al fine di garantire l'accesso agli incentivi edilizi e promuovere l'efficientamento e adeguamento sismico al livello territoriale;
6) a favorire la massima partecipazione delle associazioni rappresentative delle imprese e del mondo finanziario e bancario, al fine di monitorare la gestione degli strumenti, analizzare l'impatto della regolamentazione e rilevarne le criticità, promuovere le migliori pratiche e proporre iniziative normative, a tal fine utilizzando la funzione del Garante nazionale per le micro, piccole e medie imprese, e la rete dei garanti regionali, assicurandone l'attivazione nelle regioni che ancora non vi abbiano provveduto;
7) a prevedere l'introduzione di adeguati sistemi di monitoraggio dell'andamento dei bonus edilizi e dei crediti fiscali, in particolare:
a) valutando l'opportunità di istituire un'apposita piattaforma elettronica di scambio tra gli operatori, mettendo in contatto domanda e offerta;
b) introducendo sistemi di valutazione preventiva della capienza fiscale dei cessionari, evitando situazioni di incaglio;
c) prevedendo l'impossibilità di acquistare crediti da parte dei cessionari con capienza fiscale limitata o che non diano adeguate garanzie di smaltimento del credito.
(1-00048) (Nuova formulazione) «Santillo, Fenu, Dell'Olio, Pavanelli, Torto, Pellegrini, Iaria, Raffa, Alifano, Lovecchio, Ilaria Fontana, Sergio Costa, Cappelletti, L'Abbate, Appendino, Todde, Morfino, Carmina, Donno, Fede».
La Camera,
premesso che:
nel dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato la comunicazione strategica sul Green Deal europeo per conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Il Consiglio europeo con le conclusioni del 12 dicembre 2019 ha stabilito che tutte le politiche e normative dell'Unione devono essere coerenti con tale traguardo, successivamente sancito dalla normativa europea sul clima (regolamento (UE) 2021/1119), che ha introdotto un ulteriore obiettivo da conseguire entro il 2030, consistente in una riduzione delle emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990;
il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha quindi presentato un pacchetto di proposte legislative, denominato «Pronti per il 55%» (Fit for 55), volte a rivedere la normativa dell'Ue in materia di riduzione delle emissioni climalteranti, energia e trasporti, per consentire il raggiungimento del nuovo più ambizioso obiettivo al 2030;
tra gli strumenti del Fit for 55 rivestono, tra le altre, particolare rilevanza la proposta di modifica della direttiva sull'efficienza energetica, che reitera il concetto di energy efficiency first (priorità all'efficienza energetica) con l'obiettivo di raggiungere una riduzione del 39 per cento) del consumo di energia primaria rispetto ai valori del 1990;
gli interventi di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare sono fondamentali sia per raggiungere l'obiettivo di piena decarbonizzazione riducendo l'uso delle fonti fossili, considerando che oltre il 60 per cento, del parco edilizio residenziale italiano (12,42 milioni di edifici) ha più di 45 anni e fa affidamento sul gas naturale come principale fonte di energia, sia per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili riducendo le dispersioni di calore e più in generale il fabbisogno energetico annuale dell'energia primaria per il riscaldamento, il raffrescamento, per la ventilazione e per la produzione di acqua calda sanitaria, con l'abbattimento dei costi di esercizio degli impianti domestici;
la Componente C3 della «Missione 2» del PNRR, denominata «Rivoluzione verde e Transizione Ecologica», (alla quale sono destinati 15,22 miliardi, che salgono a 21,94 miliardi con il fondo complementare) ha come obiettivo quello di rafforzare il risparmio energetico incrementando il livello di efficienza degli edifici, una delle leve più virtuose per la riduzione delle emissioni come già avviato dalla misura conosciuta come «superbonus 110 per cento»;
l'incentivo cosiddetto «superbonus 110 per cento» introdotto con l'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto «Rilancio»), e il meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura, di cui all'articolo 121 del medesimo decreto-legge, hanno contribuito al forte rilancio degli investimenti nel settore edilizio e a ridurre in modo consistente i consumi energetici degli edifici;
sulla base dei dati ENEA, si stima che, per i soli interventi di natura energetica legati al superbonus, al 31 maggio 2022 nel nostro paese sono stati attivati investimenti per oltre 30 miliardi di euro su oltre 172.000 edifici (di cui il 15,46 per cento condomini), i cui interventi hanno permesso la riqualificazione energetica di circa 40 milioni di metri quadri di edifici, di cui il 58 per cento rappresentato da condomini, con un risparmio di energia primaria di circa 5.650 gigawattora per anno, di cui circa il 63,4 per cento connesso ad interventi sulle superfici opache e trasparenti, la restante quota connessa agli impianti termici;
l'ultimo rapporto «110% Monitor» divulgato il 21 febbraio 2023 da Nomisma, sulla base del patrimonio informativo proprietario e dall'analisi di fonte terze, pone in evidenza che – in uno scenario in cui si stima che in Italia il settore delle costruzioni consumi oltre il 30 per cento dell'energia primaria e sia responsabile di circa un terzo delle emissioni di gas serra – risulta particolarmente rilevante la riduzione totale delle emissioni di CO2 in atmosfera per effetto degli interventi sul patrimonio edilizio esistente attivati con il superbonus, con una percentuale media del 40 per cento del totale e con punte fino al 70 per cento nelle grandi città, con una stima in 1,42 milioni di tonnellate in meno;
la riduzione dei consumi energetici per effetto degli interventi di efficientamento attivati tramite il superbonus, avrebbe un impatto diretto sul bilancio delle famiglie italiane, con risparmi complessivi pari a circa 29 miliardi di euro, considerando che per chi ha beneficiato della misura il risparmio medio in bolletta, anche tenuto conto del periodo straordinario di aumento dei costi dell'energia dovuti alla crisi internazionale, è risultato pari a 964 euro l'anno;
lo stesso studio di Nomisma stima in 195,2 miliardi di euro l'impatto complessivo del superbonus 110 per cento sull'economia nazionale, con un effetto diretto di 87,7 miliardi – 39,6 miliardi di effetti indiretti e 67,8 miliardi di indotto – capace di generare un impatto sociale ha visto un incremento di 641.000 occupati nel settore delle costruzioni e di 351.000 in quelli collegati;
secondo un'indagine prodotta dallo stesso istituto di ricerca a fine 2022, in caso di conferma del sistema degli incentivi anche per il 2023, sarebbero 10,3 milioni le famiglie ancora interessate a un intervento finalizzato all'efficientamento energetico di un immobile di proprietà e di queste, 4,6 milioni di famiglie, dichiaravano di aver già deciso o di aver intenzione di usufruire del superbonus. Inoltre a fronte di 3,5 milioni di famiglie che hanno già iniziato una fase esplorativa, 1,5 milioni dichiarava di aver già avviato i lavori o, addirittura, di aver già completato gli interventi;
di fronte agli obblighi attesi dalla direttiva Ue sulle case green (entro il 2033 classe minima D) e agli impegni sulla neutralità climatica assunti in sede europea (emissioni zero al 2050), per sostenere la domanda di famiglie eterogenee sotto il profilo reddituale e fiscale, il meccanismo della cessione dei crediti con lo sconto in fattura – che ha rappresentato un importante sblocco del mercato anche in presenza di bonus – risulta insostituibile specialmente per interventi sui condomini, che rappresentano una quota significativa degli immobili meritevoli di ristrutturazione e opere di efficientamento energetico;
l'incertezza applicativa e i continui interventi di modifica normativa intervenuti, hanno determinato il progressivo blocco del mercato delle cessioni dei crediti fiscali, rimasti incagliati nei cassetti fiscali di cittadini, imprese e di istituti di credito anche a fronte della limitata capienza fiscale, per un valore di oltre 19 miliardi di crediti inutilizzati, ponendo in gravissima difficoltà l'intero settore economico,
impegna il Governo:
1) ad adottare le iniziative di competenza volte al riordino del quadro degli incentivi e delle agevolazioni fiscali per il settore edilizio in vigore, con particolare riferimento alla stabilizzazione della misura di detrazione fiscale del superbonus nell'arco di almeno 10 anni, anche al fine del rigoroso rispetto degli obiettivi del Fit for 55 per l'edilizia residenziale pubblica e privata, prevedendo altresì percentuali di detrazione differenziate secondo le fasce di reddito e di destinazione dell'immobile a prima casa, anche tramite il rifinanziamento del Fondo nazionale per l'efficienza energetica di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 con una quota da destinarsi esclusivamente agli interventi di edilizia residenziale pubblica;
2) a predisporre un piano d'intervento di lungo periodo per la ristrutturazione e la rigenerazione del patrimonio immobiliare pubblico e privato, operando un adeguato riequilibrio tra l'intervento pubblico e la partecipazione alle spese da parte dei privati, individuando un meccanismo incentivante di premialità graduato in ragione di indicatori e parametri che consentano di monitorare l'andamento degli interventi e valutarne l'efficacia nel corso del tempo;
3) ad adottare iniziative volte a realizzare una piattaforma nazionale di controllo per la libera circolazione dei crediti fiscali certificata dallo Stato, attraverso la quale il credito generato risulti garantito, in modo da semplificare i meccanismi di controllo, riducendo il rischio di frodi nei meccanismi di cessione;
4) ad assumere ogni iniziativa utile a sbloccare immediatamente i crediti fiscali incagliati, tenendo conto dell'emergenza in atto per imprese e cittadini che pur vantando crediti su lavori già effettuati, non riescono ad avere più liquidità, anche adottando, per quanto di competenza, misure straordinarie finalizzate all'ampliamento della capienza fiscale dei soggetti coinvolti o delle possibilità di compensazione su imposte e tributi di famiglie e imprese.
(1-00075) «Zanella, Evi, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
l'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto Rilancio) ha introdotto una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici, il cosiddetto «Superbonus 110 per cento». L'articolo 121 del medesimo decreto invece ha introdotto il meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura per la quasi totalità degli interventi edilizi per cui è riconosciuto un credito d'imposta;
la norma prevede che i soggetti che sostengono, negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024, (solo per il superbonus dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2025) le spese per interventi edilizi sopra citati possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, cedibili ad altri soggetti; b) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari;
dall'entrata in vigore del decreto innumerevoli sono state le modifiche apportate a tali articoli e alla normativa di riferimento, mettendo cittadini ed imprese in grande difficoltà. La disciplina dell'articolo 121, modificata da ultimo dall'articolo 9, comma 4-bis, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, prevedeva la possibilità di cedere il credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di tre ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo di società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo ovvero di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia;
secondo i dati presentati dall'Enea nel suo rapporto sul Superbonus 110 per cento, al 31 agosto 2022, erano in corso 243.907 interventi edilizi incentivati, per circa 43 miliardi di investimenti ammessi a detrazione che porteranno a detrazioni per 47.3 miliardi di euro. Sono 35.321 i lavori condominiali avviati (66,9 per cento già ultimati), che rappresentano il 48 per cento del totale degli investimenti, mentre i lavori negli edifici unifamiliari e nelle unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono rispettivamente 134.397 (72,8 già realizzati che rappresentano il 35,3 per cento del totale investimenti) e 74.184 (77,3 per cento realizzati che rappresentano il 16,7 per cento degli investimenti);
la regione con più lavori avviati è la Lombardia (37.699 edifici per un totale di oltre 7.2 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione), seguita dal Veneto (30.553 interventi e 4.2 miliardi di euro d'investimenti) e dal Lazio (21.424 interventi già avviati e 4 miliardi di euro di investimenti);
purtroppo molte sono state le «frodi» registrate. Le frodi riguardanti i bonus edilizi ammontano a 3,7 miliardi di euro e si concentrano soprattutto sull'ecobonus e sul bonus facciate, come risulta dall'audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, nel corso dall'audizione presso la Commissione Finanze VI della Camera, che si è tenuta il 22 febbraio 2023;
situazione che aveva indotto il Governo ad adottare misure antifrodi con interventi normativi specifici decreto che hanno introdotto l'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità anche per la cessione di bonus diversi dal 110 per cento, nonché l'obbligo di assoggettare al visto di conformità anche l'utilizzo diretto del superbonus nella dichiarazione dei redditi; con il decreto-legge n. 4 del 2022 sono state vietate le cessioni «a catena» ritenendo legittimo un solo trasferimento;
la conseguenza di una serie di fattori ha portato al blocco delle cessioni dei crediti fiscali detenuti nei cassetti delle imprese dei cittadini e degli istituti di credito per un valore di oltre 5 miliardi di crediti inutilizzati;
l'ultimo intervento varato dal Governo in materia risulta essere il decreto-legge n. 11 del 2023, attualmente all'esame della Camera dei deputati, avente ad oggetto misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel quale si interviene essenzialmente su due specifici ambiti riguardanti i crediti d'imposta nel settore edilizio ed energetico: in primo luogo sono introdotte misure volte ad escludere la cedibilità dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni e ad eliminare, a far data dal 17 febbraio 2023, la possibilità di fruire di questi crediti d'imposta attraverso la cessione del credito e lo sconto in fattura. Il secondo aspetto concerne la responsabilità del terzo cessionario, rispetto alla quale sono introdotte alcune precisazioni volte a circoscrivere la responsabilità solidale del terzo cessionario di buona fede di un credito d'imposta del quale si rilevi l'indebita fruizione;
la carenza di liquidità delle imprese del settore edile ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti;
per sbloccare questa drammatica situazione il Governo dovrebbe valutare la possibilità di mantenere in essere lo sconto in fattura senza ulteriore cessione da parte del fornitore che ha applicato lo sconto; valutare nel caso dei cosiddetti «superbonus e sismabonus» di aumentare da 5 a 10 anni il termine per portare in detrazione la somma specifica; valutare la possibilità di garantire un «cuscinetto temporale» per quelle pratiche edilizie consegnate in comune per il rilascio del titolo abilitativo specifico (permesso di costruire o Cilas) i cui lavori non risultano essere ancora iniziati a causa dell'ingente attività amministrativa e tecnica in capo ai comuni, prevedendo il termine del 31 marzo 2023 per l'inizio dei lavori per le sole pratiche edilizie già trasmesse nei termini di legge ai comuni;
la situazione risulta totalmente fuori controllo, mentre sarebbe fondamentale mantenere tali incentivi visti i programmi ambiziosi dell'Europa in tema di efficienza energetica che permetterebbero di realizzare l'aumento dell'efficienza degli edifici dell'UE;
si ricorda che nell'ambito del piano «Fit for 55», il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo su una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia. L'iniziativa trova le sue basi sui dati relativi alle emissioni in Europa da cui emerge come gli edifici siano responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all'energia. Per tale motivo, con l'obiettivo di ridurre le emissioni nell'Ue di almeno il 55 per cento entro il 2030, la proposta di revisione della direttiva, in discussione nei prossimi mesi, prevede che gli edifici residenziali con le peggiori prestazioni dovranno raggiungere almeno la classe E entro il 2030 e la classe D entro il 2033;
sono sempre più necessarie iniziative e azioni che si concretizzino in misure che valorizzino la nostra storia, la nostra identità ed il nostro patrimonio architettonico ed edilizio esistente. Una particolarità questa, che si inserisce in maniera preponderante nella struttura portante del nostro Paese che è fatto da ben circa 5.500 piccoli comuni;
bisogna tenere presente che le aree più marginali del nostro Paese, prevalentemente montane, senza concreti ed immediati interventi di politica e pianificazione territoriale ed economica, rischiano la completa desertificazione antropica, economica e sociale. Per queste aree, se i trend demografici non subiranno una decisa inversione di tendenza, si rischia la soglia del non ritorno. Territori abbandonati significa dissesto e problematiche territoriali e fisiche che hanno, e che avranno sempre più, costi rilevanti per il sistema Italia;
per invertire la generale ed allarmante tendenza allo spopolamento dei territori marginali e del patrimonio edilizio, architettonico e paesaggistico occorre procedere celermente a concretizzare azioni e politiche di sistema in grado di promuovere e rilanciare il recupero abitativo e produttivo e lo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale di questi territori. Sempre più necessaria quindi una ridefinizione delle azioni e delle misure politiche nazionali in favore dei territori e dei cittadini residenti nelle aree più marginali, sia riguardo ai servizi sia allo sviluppo ed al mantenimento delle attività produttive e al recupero e riqualificazione dei fabbricati, sia a livello energetico che sismico e strutturale, che testimoniano le irrinunciabili peculiarità locali e tipicità italiane;
questo percorso deve avviarsi partendo da una maggiore semplificazione delle procedure e attraverso una rivisitazione della strategia nazionale delle aree interne, anche nell'ottica di dare corpo alla direttiva europea di prossima approvazione e applicazione. Azioni, queste, che necessitano di una regia nazionale e che da una parte si concentrino sulle aree conurbate dei principali agglomerati residenziali e produttivi e dall'altra verso quelle aree in cui la desertificazione demografica è più evidente. «L'agenda del controesodo» per queste aree deve diventare una priorità e le misure a sostegno dell'edilizia e del recupero e riqualificazione del nostro patrimonio edilizio possono, anzi, devono diventare strumento strutturale dello sviluppo del Paese Italia;
la costruzione di questa agenda presuppone una verifica, un rinnovamento e l'aggiornamento di tutte le politiche che ad oggi sono state indirizzate a sostenere la vasta tipologia dei comuni caratterizzati da agglomerazioni «minori» come i territori rurali e montani. Un'agenda del controesodo, quindi, in cui si declinino in maniera innovativa le seguenti tematiche: incentivi e premialità per il recupero e riqualificazione ambientale dei nostri borghi, agevolando l'associazionismo produttivo e commerciale; strategia per le «green communities» e la rigenerazione urbana; incentivi per sostegno alla residenza nei borghi e villaggi e riqualificazione del patrimonio edilizio; sostegno e per le attività produttive, il commercio e il turismo; misure di vantaggio fiscale; piena copertura e operatività della connettività e delle frequenze radio-televisive; semplificazione amministrativa e informatizzazione dei servizi resi ai cittadini e alle imprese per favorire l'insediamento soprattutto nelle aree più fragili,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative volte al complessivo riordino del sistema di incentivazione per il restauro e risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia, definendo modalità strutturali finalizzate alla semplificazione tecnico-amministrativa, in modo da generare e mettere in campo misure strutturali per favorire le azioni di efficientamento energetico e sismico del patrimonio edilizio residenziale;
2) ad adottare iniziative di competenza volte a tenere conto, con riferimento all'applicazione della direttiva europea sulla prestazione energetica nell'edilizia, della valenza storica, architettonica e paesaggistica del nostro patrimonio edilizio, intervenendo in sede di Unione europea affinché le risorse previste vengano incrementate adeguatamente, e coordinando l'utilizzo delle future risorse europee disponibili con quelle ordinarie nazionali, al fine di mantenere efficiente un comparto strategico per il nostro Paese;
3) ad adottare iniziative volte a favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente abbandonato o sotto utilizzato, al fine di contrastare in qualsiasi modo la desertificazione dei borghi e villaggi soprattutto dei piccoli comuni, prevedendo misure incentivanti anche per gli interventi edilizi privi di caratteristiche di efficientamento e adeguamento antisismico, al fine di agevolare ai fini residenziali il ripopolamento dei territori più marginali;
4) ad adottare iniziative volte a contrastare la desertificazione dei borghi e villaggi, non solo a fini residenziali di cui al precedente impegno n. 3) ma anche per individuare specifici sistemi incentivanti per la collocazione nel patrimonio edilizio esistente, di piccole attività commerciali, produttive, artigianali e di ricettività diffusa, nonché misure di incentivazione per l'efficientamento energetico e sismico degli immobili produttivi esistenti in generale destinati ai soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni, con l'obiettivo di rilanciare interi comparti virtuosi del nostro Paese;
5) ad adottare iniziative di competenza volte a sbloccare il mercato delle cessioni secondo modalità coerenti con le strategie e indicazioni dell'Unione europea o altri enti, adottando anche iniziative volte a semplificare le procedure documentali amministrative e tecniche;
6) a valutare la possibilità di mantenere in essere lo sconto in fattura senza ulteriore cessione da parte del fornitore che ha applicato lo sconto;
7) a valutare la possibilità, nel caso dei cosiddetti «superbonus e sismabonus», di aumentare da 5 a 10 anni il termine per portare in detrazione la somma specifica;
8) a valutare la possibilità di garantire un «cuscinetto temporale» per quelle pratiche edilizie consegnate in comune per il rilascio del titolo abilitativo specifico (permesso di costruire o Cilas) i cui lavori non risultano essere ancora iniziati a causa dell'ingente attività amministrativa e tecnica in capo ai comuni, prevedendo il termine del 31 marzo 2023 per l'inizio dei lavori per le sole pratiche edilizie già trasmesse nei termini di legge ai comuni;
9) a favorire la massima partecipazione delle associazioni rappresentative delle imprese, delle arti e professioni, dei comuni e del mondo finanziario e bancario, al fine di creare un tavolo di regia permanente in materia di riqualificazione e rigenerazione del patrimonio edilizio esistente del nostro Paese.
(1-00076) «Manes, Schullian, Gallo».
La Camera,
premesso che:
l'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto Rilancio) ha introdotto una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici, il cosiddetto «Superbonus 110 per cento». L'articolo 121 del medesimo decreto invece ha introdotto il meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura per la quasi totalità degli interventi edilizi per cui è riconosciuto un credito d'imposta;
la norma prevede che i soggetti che sostengono, negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024, (solo per il superbonus dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2025) le spese per interventi edilizi sopra citati possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, cedibili ad altri soggetti; b) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari;
dall'entrata in vigore del decreto innumerevoli sono state le modifiche apportate a tali articoli e alla normativa di riferimento, mettendo cittadini ed imprese in grande difficoltà. La disciplina dell'articolo 121, modificata da ultimo dall'articolo 9, comma 4-bis, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, prevedeva la possibilità di cedere il credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di tre ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo di società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo ovvero di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia;
secondo i dati presentati dall'Enea nel suo rapporto sul Superbonus 110 per cento, al 31 agosto 2022, erano in corso 243.907 interventi edilizi incentivati, per circa 43 miliardi di investimenti ammessi a detrazione che porteranno a detrazioni per 47.3 miliardi di euro. Sono 35.321 i lavori condominiali avviati (66,9 per cento già ultimati), che rappresentano il 48 per cento del totale degli investimenti, mentre i lavori negli edifici unifamiliari e nelle unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono rispettivamente 134.397 (72,8 già realizzati che rappresentano il 35,3 per cento del totale investimenti) e 74.184 (77,3 per cento realizzati che rappresentano il 16,7 per cento degli investimenti);
la regione con più lavori avviati è la Lombardia (37.699 edifici per un totale di oltre 7.2 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione), seguita dal Veneto (30.553 interventi e 4.2 miliardi di euro d'investimenti) e dal Lazio (21.424 interventi già avviati e 4 miliardi di euro di investimenti);
purtroppo molte sono state le «frodi» registrate. Le frodi riguardanti i bonus edilizi ammontano a 3,7 miliardi di euro e si concentrano soprattutto sull'ecobonus e sul bonus facciate, come risulta dall'audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, nel corso dall'audizione presso la Commissione Finanze VI della Camera, che si è tenuta il 22 febbraio 2023;
situazione che aveva indotto il Governo ad adottare misure antifrodi con interventi normativi specifici decreto che hanno introdotto l'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità anche per la cessione di bonus diversi dal 110 per cento, nonché l'obbligo di assoggettare al visto di conformità anche l'utilizzo diretto del superbonus nella dichiarazione dei redditi; con il decreto-legge n. 4 del 2022 sono state vietate le cessioni «a catena» ritenendo legittimo un solo trasferimento;
la conseguenza di una serie di fattori ha portato al blocco delle cessioni dei crediti fiscali detenuti nei cassetti delle imprese dei cittadini e degli istituti di credito per un valore di oltre 5 miliardi di crediti inutilizzati;
l'ultimo intervento varato dal Governo in materia risulta essere il decreto-legge n. 11 del 2023, attualmente all'esame della Camera dei deputati, avente ad oggetto misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel quale si interviene essenzialmente su due specifici ambiti riguardanti i crediti d'imposta nel settore edilizio ed energetico: in primo luogo sono introdotte misure volte ad escludere la cedibilità dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni e ad eliminare, a far data dal 17 febbraio 2023, la possibilità di fruire di questi crediti d'imposta attraverso la cessione del credito e lo sconto in fattura. Il secondo aspetto concerne la responsabilità del terzo cessionario, rispetto alla quale sono introdotte alcune precisazioni volte a circoscrivere la responsabilità solidale del terzo cessionario di buona fede di un credito d'imposta del quale si rilevi l'indebita fruizione;
la carenza di liquidità delle imprese del settore edile ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti;
per sbloccare questa drammatica situazione il Governo dovrebbe valutare la possibilità di mantenere in essere lo sconto in fattura senza ulteriore cessione da parte del fornitore che ha applicato lo sconto; valutare nel caso dei cosiddetti «superbonus e sismabonus» di aumentare da 5 a 10 anni il termine per portare in detrazione la somma specifica; valutare la possibilità di garantire un «cuscinetto temporale» per quelle pratiche edilizie consegnate in comune per il rilascio del titolo abilitativo specifico (permesso di costruire o Cilas) i cui lavori non risultano essere ancora iniziati a causa dell'ingente attività amministrativa e tecnica in capo ai comuni, prevedendo il termine del 31 marzo 2023 per l'inizio dei lavori per le sole pratiche edilizie già trasmesse nei termini di legge ai comuni;
la situazione risulta totalmente fuori controllo, mentre sarebbe fondamentale mantenere tali incentivi visti i programmi ambiziosi dell'Europa in tema di efficienza energetica che permetterebbero di realizzare l'aumento dell'efficienza degli edifici dell'UE;
si ricorda che nell'ambito del piano «Fit for 55», il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo su una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia. L'iniziativa trova le sue basi sui dati relativi alle emissioni in Europa da cui emerge come gli edifici siano responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all'energia. Per tale motivo, con l'obiettivo di ridurre le emissioni nell'Ue di almeno il 55 per cento entro il 2030, la proposta di revisione della direttiva, in discussione nei prossimi mesi, prevede che gli edifici residenziali con le peggiori prestazioni dovranno raggiungere almeno la classe E entro il 2030 e la classe D entro il 2033;
sono sempre più necessarie iniziative e azioni che si concretizzino in misure che valorizzino la nostra storia, la nostra identità ed il nostro patrimonio architettonico ed edilizio esistente. Una particolarità questa, che si inserisce in maniera preponderante nella struttura portante del nostro Paese che è fatto da ben circa 5.500 piccoli comuni;
bisogna tenere presente che le aree più marginali del nostro Paese, prevalentemente montane, senza concreti ed immediati interventi di politica e pianificazione territoriale ed economica, rischiano la completa desertificazione antropica, economica e sociale. Per queste aree, se i trend demografici non subiranno una decisa inversione di tendenza, si rischia la soglia del non ritorno. Territori abbandonati significa dissesto e problematiche territoriali e fisiche che hanno, e che avranno sempre più, costi rilevanti per il sistema Italia;
per invertire la generale ed allarmante tendenza allo spopolamento dei territori marginali e del patrimonio edilizio, architettonico e paesaggistico occorre procedere celermente a concretizzare azioni e politiche di sistema in grado di promuovere e rilanciare il recupero abitativo e produttivo e lo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale di questi territori. Sempre più necessaria quindi una ridefinizione delle azioni e delle misure politiche nazionali in favore dei territori e dei cittadini residenti nelle aree più marginali, sia riguardo ai servizi sia allo sviluppo ed al mantenimento delle attività produttive e al recupero e riqualificazione dei fabbricati, sia a livello energetico che sismico e strutturale, che testimoniano le irrinunciabili peculiarità locali e tipicità italiane;
questo percorso deve avviarsi partendo da una maggiore semplificazione delle procedure e attraverso una rivisitazione della strategia nazionale delle aree interne, anche nell'ottica di dare corpo alla direttiva europea di prossima approvazione e applicazione. Azioni, queste, che necessitano di una regia nazionale e che da una parte si concentrino sulle aree conurbate dei principali agglomerati residenziali e produttivi e dall'altra verso quelle aree in cui la desertificazione demografica è più evidente. «L'agenda del controesodo» per queste aree deve diventare una priorità e le misure a sostegno dell'edilizia e del recupero e riqualificazione del nostro patrimonio edilizio possono, anzi, devono diventare strumento strutturale dello sviluppo del Paese Italia;
la costruzione di questa agenda presuppone una verifica, un rinnovamento e l'aggiornamento di tutte le politiche che ad oggi sono state indirizzate a sostenere la vasta tipologia dei comuni caratterizzati da agglomerazioni «minori» come i territori rurali e montani. Un'agenda del controesodo, quindi, in cui si declinino in maniera innovativa le seguenti tematiche: incentivi e premialità per il recupero e riqualificazione ambientale dei nostri borghi, agevolando l'associazionismo produttivo e commerciale; strategia per le «green communities» e la rigenerazione urbana; incentivi per sostegno alla residenza nei borghi e villaggi e riqualificazione del patrimonio edilizio; sostegno e per le attività produttive, il commercio e il turismo; misure di vantaggio fiscale; piena copertura e operatività della connettività e delle frequenze radio-televisive; semplificazione amministrativa e informatizzazione dei servizi resi ai cittadini e alle imprese per favorire l'insediamento soprattutto nelle aree più fragili,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative volte al complessivo riordino del sistema di incentivazione per il restauro e risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia, definendo modalità strutturali finalizzate alla semplificazione tecnico-amministrativa, in modo da generare e mettere in campo misure strutturali per favorire le azioni di efficientamento energetico e sismico del patrimonio edilizio residenziale;
2) ad adottare iniziative di competenza volte a tenere conto, con riferimento all'applicazione della direttiva europea sulla prestazione energetica nell'edilizia, della valenza storica, architettonica e paesaggistica del nostro patrimonio edilizio, intervenendo in sede di Unione europea affinché le risorse previste vengano incrementate adeguatamente, e coordinando l'utilizzo delle future risorse europee disponibili con quelle ordinarie nazionali, al fine di mantenere efficiente un comparto strategico per il nostro Paese;
3) ad adottare iniziative volte a favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente abbandonato o sotto utilizzato, al fine di contrastare in qualsiasi modo la desertificazione dei borghi e villaggi soprattutto dei piccoli comuni, prevedendo misure incentivanti anche per gli interventi edilizi privi di caratteristiche di efficientamento e adeguamento antisismico, al fine di agevolare ai fini residenziali il ripopolamento dei territori più marginali;
4) ad adottare iniziative volte a contrastare la desertificazione dei borghi e villaggi, non solo a fini residenziali di cui al precedente impegno n. 3) ma anche per individuare specifici sistemi incentivanti per la collocazione nel patrimonio edilizio esistente, di piccole attività commerciali, produttive, artigianali e di ricettività diffusa, nonché misure di incentivazione per l'efficientamento energetico e sismico degli immobili produttivi esistenti in generale destinati ai soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni, con l'obiettivo di rilanciare interi comparti virtuosi del nostro Paese;
5) ad adottare iniziative di competenza volte a sbloccare il mercato delle cessioni secondo modalità coerenti con le strategie e indicazioni dell'Unione europea o altri enti, adottando anche iniziative volte a semplificare le procedure documentali amministrative e tecniche;
6) a favorire la massima partecipazione delle associazioni rappresentative delle imprese, delle arti e professioni, dei comuni e del mondo finanziario e bancario, al fine di creare un tavolo di regia permanente in materia di riqualificazione e rigenerazione del patrimonio edilizio esistente del nostro Paese.
(1-00076) (Testo modificato nel corso della seduta) «Manes, Schullian, Gallo».
La Camera,
premesso che:
gli interventi di supporto alle ristrutturazioni edilizie sono, fin dalla loro introduzione, un sostegno fondamentale al settore, erogato tramite credito d'imposta al contribuente, con diverse varianti introdotte nel corso degli anni, al fine di sostenere il comparto e migliorare il patrimonio edilizio nazionale dal punto di vista dell'efficienza energetica e antisismica;
i presupposti normativi si sono andati modificando nel tempo, tramite la differenziazione nell'ambito di applicazione e nei requisiti oggettivi per l'accesso ai benefìci, pur mantenendo sempre un carattere di supporto alle scelte dei cittadini in un quadro di regolarità e certezza che dava direzione e stabilità al mercato;
tali fondamentali caratteristiche di univoca direzione e stabilità del mercato sono state, come noto, stravolte con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il quale ha, da un lato, innalzato la percentuale di detrazione fino al 110 per cento e, dall'altro, introdotto – senza ponderare adeguatamente le conseguenze di tale scelta – la facoltà di cessione illimitata del credito d'imposta;
le nuove misure, che si sono sovrapposte alla misura principale già mutata nel corso dei 14 anni di adozione, hanno ovviamente comportato un notevole ampliamento della platea e degli interessi economici coinvolti, con la conseguenza che si sono rese necessarie continue messe a punto di chiarimenti e procedure, ingenerando una serie di incertezze nel mercato e rendendo meno appetibili anche le misure precedenti, pur garantendo un enorme aumento degli investimenti, fino a giungere alle cifre dell'ultima nota di aggiornamento del documento di economia e finanza;
l'ampliamento della facoltà di utilizzo della cessione del credito ha poi determinato una grande movimentazione dei crediti d'imposta, che hanno, di fatto, attribuito un ruolo centrale agli istituti di credito, i quali, almeno inizialmente e fino all'esaurimento dei loro spazi fiscali, hanno fornito liquidità alle aziende e ai cittadini;
tuttavia, la grande mole di interventi posti in essere in tempi relativamente brevi, a seguito dell'ampliamento della platea e della casistica, ha determinato effetti distorsivi sui mercati relativamente alla disponibilità di materiali e risorse professionali e imprenditoriali, mentre la necessità di rivedere e modificare le norme, al fine di sopperire alle lacune che via via questo nuovo e importante carico metteva in evidenza, ha creato non poche difficoltà applicative, determinando una situazione complessa che ha aggravato il carico di lavoro delle strutture deputate al controllo e comportato incertezze che gravavano e gravano sulle famiglie e sulle imprese coinvolte;
la possibilità di cessione libera e indiscriminata, introdotta dall'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto «rilancio», ha in ultima analisi moltiplicato le occasioni di comportamenti fraudolenti che, secondo quanto dichiarato dal direttore dell'Agenzia delle entrate il 2 marzo 2023 in audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, hanno prodotto ben 9 miliardi di crediti irregolari finora individuati;
a seguito di tali criticità e man mano che esse emergevano, creando dubbi sulla sostenibilità della misura dal punto di vista finanziario, si sono susseguiti, solo in relazione al sistema di incentivi per l'efficienza energetica, sisma bonus e fotovoltaico di cui agli articoli 119 e seguenti del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «superbonus»), 19 modifiche legislative in poco più di due anni e, di queste, ben 14 hanno riguardato il regime e le modalità che concernono la disciplina della cessione del credito/sconto in fattura, di cui all'articolo 121 del citato provvedimento legislativo;
con l'introduzione delle disposizioni previste dal decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157, poi assorbito dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, a partire dall'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità anche per la cessione di bonus alternativi a quello previsto dagli articoli 119 e seguenti del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, in combinato con l'articolo 28 del decreto-legge n. 4 del 2022, che vieta le cessioni plurime per i bonus legati a interventi edilizi, ritenendo consentito, oltre allo sconto in fattura, un solo trasferimento, si è determinato il progressivo rallentamento delle cessioni dei crediti fiscali detenuti nei cassetti dei beneficiari e delle imprese operanti nel settore;
inoltre, una serie di circolari interpretative dell'Agenzia delle entrate e alcune sentenze della Corte di cassazione, in merito alla solidarietà delle responsabilità dei cessionari e della sequestrabilità dei crediti presso i terzi in buona fede, hanno aggravato la situazione, comportando il totale blocco delle cessioni;
ciò ha consentito di porre rimedio a una situazione potenzialmente dirompente per i conti pubblici e nel contempo ha introdotto limiti nel mercato della cessione dei crediti, precisato le responsabilità amministrative e penali in capo ai vari soggetti, chiarendo i rischi connessi alle singole operazioni, generando nel mercato una maggiore prudenza nella valutazione dei crediti stessi;
tale stretta e il conseguente «raffreddamento» del mercato nei confronti delle cessioni hanno lasciato cittadini e imprese con i cassetti fiscali saturi di crediti e carenza di liquidità, di fatto paralizzando il mercato e frenando interventi e sviluppo;
nonostante una serie di successivi interventi legislativi posti in essere per riaprire il mercato e rilanciare lo strumento della cessione del credito, attraverso il decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 gennaio 2023, n. 6, che ha inserito la possibilità, a fronte di singola cessione al terzo, di ulteriori tre da effettuarsi in favore di istituti di credito e intermediari finanziari, introducendo anche, per questi ultimi, la facoltà di ulteriore cessione ai correntisti titolari di partita Iva, accompagnati da una serie di proroghe e da un alleggerimento delle disposizioni in materia di responsabilità solidale, non si è riusciti ad invertire la tendenza di un mercato ormai sfiduciato e confuso, anche perché, nel frattempo, la capienza fiscale degli istituti di credito, la maggioranza dei quali anche irrigiditi dall'aleatorietà della disciplina, si era pressoché esaurita, come attestato anche dalla relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario resa al termine della XVIII legislatura;
secondo una analisi della Cna del dicembre 2022, è esplosa la percentuale di imprese che, da almeno cinque mesi, si trovano ad avere un «cassetto fiscale» pieno: attualmente, sfiora il 75 per cento, mentre nella precedente rilevazione era a quota 35 per cento, e il numero di imprese che hanno in pancia crediti per valori superiori a 100 mila euro è passato dal 45 al 54,5 per cento del totale; ciò ha determinato una mancanza di liquidità che si riflette in ritardati pagamenti verso fornitori, erario e dipendenti;
secondo gli ultimi dati il costo complessivo dei bonus edilizi è stato di circa 120 miliardi di euro, 48 miliardi in più rispetto alle stime iniziali; di questi 120 miliardi, circa 60 per cento riguardano il superbonus, il 16 per cento il bonus facciate e il rimanente gli altri sconti edilizi; gli immobili interessati dal superbonus alla data del 31 gennaio 2023 sono circa 372 mila;
sempre i dati dicono che il superbonus – che ha contribuito, secondo l'Enea, ad interventi di efficientamento solamente per l'1,5 per cento del totale dei condomini italiani – è stata una misura sostanzialmente iniqua: solamente il 14 per cento degli interventi ha riguardato condomini e il 58 per cento ha riguardato villette unifamiliari. Lo Stato ha regalato a ciascuna delle 215 mila famiglie che hanno ristrutturato le loro villette (meno dell'1 per cento delle famiglie italiane) oltre 125 mila euro;
inoltre, il fatto che il superbonus coprisse più del 100 per cento della spesa ha determinato tra gli agenti economici il venir meno del contrasto di interessi tra acquirente e fornitore del servizio;
l'Ufficio parlamentare di bilancio, in audizione presso la Commissione finanze e tesoro del Senato in data 2 marzo 2023, ha confermato che, a fronte di un peso sul deficit 2021-2022 pari a 67,5 miliardi di euro, l'impatto netto cumulato sul prodotto interno lordo del biennio corrispondente è quantificabile in un incremento approssimativamente 19 miliardi di euro;
a queste stime si aggiunge il problema dell'inquadramento temporale del deficit nel bilancio dello Stato; secondo Eurostat il superbonus, pur non costituendo debito pubblico, andrebbe ad impattare sul deficit dello Stato, infatti l'Ufficio statistico dell'Unione europea ha stabilito che i crediti fiscali derivanti dai bonus edilizi sono classificati come pagabili, e quindi l'impatto dovrebbe essere contabilizzato nell'anno in cui si è svolta l'attività che fa nascere il credito;
le tesi di Eurostat, confermate da Istat, derivano dalla maggiore trasferibilità del credito, la quale aumenta le possibilità che il credito sia utilizzato, con aumento della probabilità di mancate entrate fiscali per lo Stato;
come accennato sopra, in Italia anche l'Istat, il 1° marzo 2023, ha valutato pagabili i crediti maturati con il superbonus 110 per cento e con il bonus facciate a partire dal 2020, i quali quindi andranno registrati come spesa pubblica, per l'intero ammontare, nel momento del sostenimento della spesa dell'investimento agevolato;
con l'ultimo decreto-legge adottato dal Governo, mentre, da un lato, si tenta, per il futuro, di riportare in sicurezza il sistema dei conti pubblici e ricondurre il sistema degli incentivi fiscali nella categoria delle tax expenditures e non dello strumento finanziario, spaventando però ulteriormente il mercato e irrigidendo maggiormente il sistema creditizio, d'altra parte nulla si prevede per risolvere i problemi che le disposizioni fin qui vigenti hanno ingenerato per il pregresso;
pur considerando infatti che la misura in esame e, più in generale, i crediti fiscali rappresentano una facoltà e non un diritto, e dunque si debba imputare ai soggetti politici che hanno contribuito a diffondere una visione distorta del sistema delle detrazioni d'imposta la responsabilità e le conseguenze di tale fraintendimento da parte dei soggetti interessati, va considerato che il citato decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «decreto rilancio»), e le successive e reiterate misure adottate dal Parlamento e dai Governi che si sono succeduti hanno contribuito a creare un legittimo affidamento di famiglie, imprese ed istituti di credito, a cui occorre dare una risposta;
appare necessario evitare che una misura pensata per sostenere le imprese, distribuire ricchezza e riqualificare il patrimonio edilizio nazionale possa determinare, da una parte, per molte aziende, soprattutto le più piccole, mancanza di liquidità o gravi perdite di crediti, fino alla compromissione del patrimonio e della loro stessa operabilità, e, dall'altra, per le famiglie, che avevano colto l'occasione che la legge consentiva loro per riqualificare il loro immobile, l'incubo di un indebitamento imprevisto che le trascini in situazioni di difficoltà e contenzioso, con progetti avviati e mai conclusi in capo ad un bene primario come la casa,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative normative volte a prevedere la possibilità da parte di Poste italiane e degli istituti di credito di utilizzare le somme incassate per il pagamento degli F24 dei contribuenti al fine di compensare i crediti fiscali già maturati e loro ceduti, introducendo, in tale modo, una nuova e aggiuntiva modalità di utilizzo in compensazione dei crediti di imposta derivanti dai bonus edilizi di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto «decreto rilancio»), acquistati dalle banche e da Poste italiane spa e ponendo rimedio alle difficoltà derivanti dalla quantità di crediti acquisiti dalle imprese e dai cittadini, con particolare riferimento ai soggetti incapienti, che gli stessi non riescono a cedere anche per effetto dell'esaurita capacità di compensazione con debiti fiscali e contributivi dei potenziali compratori;
2) ad adottare iniziative volte ad un complessivo riordino, per il futuro, del sistema delle agevolazioni fiscali e delle detrazioni in relazione agli interventi edilizi, al fine di perseguire il livello ottimale di riqualificazione energetica e sismica del patrimonio edilizio nazionale in funzione dei costi, garantendo particolare attenzione ai soggetti economicamente più deboli e alle situazioni di maggiore disagio e avviando un tavolo di confronto con le associazioni di categoria e gli ordini professionali;
3) ad adottare iniziative di competenza affinché, in attesa di un complessivo riordino della disciplina, possa essere ripristinato lo sconto in fattura e la cessione del credito per gli interventi relativi all'abbattimento delle barriere architettoniche, a quelli messi in campo dagli enti del terzo settore e a quelli relativi agli edifici che insistono sui territori dei comuni dei crateri del sisma del Centro Italia;
4) ad avviare una complessiva analisi tecnico-contabile che consenta di avere numeri certi e documentabili relativamente alle cifre riguardanti l'utilizzo delle singole disposizioni in materia di bonus edilizi, onde poter affrontare compiutamente ed analiticamente il problema dei crediti pregressi «incagliati» e degli spazi fiscali esauriti o in esaurimento, fornendo al Parlamento una valutazione compiuta dell'impatto sui conti pubblici dei flussi di cassa fiscali e contributivi, diretti e indiretti, provenienti dal settore edile e dall'indotto.
(1-00087) «Del Barba, Richetti, Marattin, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Sottanelli, Ruffino».
La Camera,
premesso che:
gli interventi di supporto alle ristrutturazioni edilizie sono, fin dalla loro introduzione, un sostegno fondamentale al settore, erogato tramite credito d'imposta al contribuente, con diverse varianti introdotte nel corso degli anni, al fine di sostenere il comparto e migliorare il patrimonio edilizio nazionale dal punto di vista dell'efficienza energetica e antisismica;
i presupposti normativi si sono andati modificando nel tempo, tramite la differenziazione nell'ambito di applicazione e nei requisiti oggettivi per l'accesso ai benefìci, pur mantenendo sempre un carattere di supporto alle scelte dei cittadini in un quadro di regolarità e certezza che dava direzione e stabilità al mercato;
tali fondamentali caratteristiche di univoca direzione e stabilità del mercato sono state, come noto, stravolte con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il quale ha, da un lato, innalzato la percentuale di detrazione fino al 110 per cento e, dall'altro, introdotto – senza ponderare adeguatamente le conseguenze di tale scelta – la facoltà di cessione illimitata del credito d'imposta;
le nuove misure, che si sono sovrapposte alla misura principale già mutata nel corso dei 14 anni di adozione, hanno ovviamente comportato un notevole ampliamento della platea e degli interessi economici coinvolti, con la conseguenza che si sono rese necessarie continue messe a punto di chiarimenti e procedure, ingenerando una serie di incertezze nel mercato e rendendo meno appetibili anche le misure precedenti, pur garantendo un enorme aumento degli investimenti, fino a giungere alle cifre dell'ultima nota di aggiornamento del documento di economia e finanza;
l'ampliamento della facoltà di utilizzo della cessione del credito ha poi determinato una grande movimentazione dei crediti d'imposta, che hanno, di fatto, attribuito un ruolo centrale agli istituti di credito, i quali, almeno inizialmente e fino all'esaurimento dei loro spazi fiscali, hanno fornito liquidità alle aziende e ai cittadini;
tuttavia, la grande mole di interventi posti in essere in tempi relativamente brevi, a seguito dell'ampliamento della platea e della casistica, ha determinato effetti distorsivi sui mercati relativamente alla disponibilità di materiali e risorse professionali e imprenditoriali, mentre la necessità di rivedere e modificare le norme, al fine di sopperire alle lacune che via via questo nuovo e importante carico metteva in evidenza, ha creato non poche difficoltà applicative, determinando una situazione complessa che ha aggravato il carico di lavoro delle strutture deputate al controllo e comportato incertezze che gravavano e gravano sulle famiglie e sulle imprese coinvolte;
la possibilità di cessione libera e indiscriminata, introdotta dall'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto «rilancio», ha in ultima analisi moltiplicato le occasioni di comportamenti fraudolenti che, secondo quanto dichiarato dal direttore dell'Agenzia delle entrate il 2 marzo 2023 in audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, hanno prodotto ben 9 miliardi di crediti irregolari finora individuati;
a seguito di tali criticità e man mano che esse emergevano, creando dubbi sulla sostenibilità della misura dal punto di vista finanziario, si sono susseguiti, solo in relazione al sistema di incentivi per l'efficienza energetica, sisma bonus e fotovoltaico di cui agli articoli 119 e seguenti del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «superbonus»), 19 modifiche legislative in poco più di due anni e, di queste, ben 14 hanno riguardato il regime e le modalità che concernono la disciplina della cessione del credito/sconto in fattura, di cui all'articolo 121 del citato provvedimento legislativo;
con l'introduzione delle disposizioni previste dal decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157, poi assorbito dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, a partire dall'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità anche per la cessione di bonus alternativi a quello previsto dagli articoli 119 e seguenti del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, in combinato con l'articolo 28 del decreto-legge n. 4 del 2022, che vieta le cessioni plurime per i bonus legati a interventi edilizi, ritenendo consentito, oltre allo sconto in fattura, un solo trasferimento, si è determinato il progressivo rallentamento delle cessioni dei crediti fiscali detenuti nei cassetti dei beneficiari e delle imprese operanti nel settore;
inoltre, una serie di circolari interpretative dell'Agenzia delle entrate e alcune sentenze della Corte di cassazione, in merito alla solidarietà delle responsabilità dei cessionari e della sequestrabilità dei crediti presso i terzi in buona fede, hanno aggravato la situazione, comportando il totale blocco delle cessioni;
ciò ha consentito di porre rimedio a una situazione potenzialmente dirompente per i conti pubblici e nel contempo ha introdotto limiti nel mercato della cessione dei crediti, precisato le responsabilità amministrative e penali in capo ai vari soggetti, chiarendo i rischi connessi alle singole operazioni, generando nel mercato una maggiore prudenza nella valutazione dei crediti stessi;
tale stretta e il conseguente «raffreddamento» del mercato nei confronti delle cessioni hanno lasciato cittadini e imprese con i cassetti fiscali saturi di crediti e carenza di liquidità, di fatto paralizzando il mercato e frenando interventi e sviluppo;
nonostante una serie di successivi interventi legislativi posti in essere per riaprire il mercato e rilanciare lo strumento della cessione del credito, attraverso il decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 gennaio 2023, n. 6, che ha inserito la possibilità, a fronte di singola cessione al terzo, di ulteriori tre da effettuarsi in favore di istituti di credito e intermediari finanziari, introducendo anche, per questi ultimi, la facoltà di ulteriore cessione ai correntisti titolari di partita Iva, accompagnati da una serie di proroghe e da un alleggerimento delle disposizioni in materia di responsabilità solidale, non si è riusciti ad invertire la tendenza di un mercato ormai sfiduciato e confuso, anche perché, nel frattempo, la capienza fiscale degli istituti di credito, la maggioranza dei quali anche irrigiditi dall'aleatorietà della disciplina, si era pressoché esaurita, come attestato anche dalla relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario resa al termine della XVIII legislatura;
secondo una analisi della Cna del dicembre 2022, è esplosa la percentuale di imprese che, da almeno cinque mesi, si trovano ad avere un «cassetto fiscale» pieno: attualmente, sfiora il 75 per cento, mentre nella precedente rilevazione era a quota 35 per cento, e il numero di imprese che hanno in pancia crediti per valori superiori a 100 mila euro è passato dal 45 al 54,5 per cento del totale; ciò ha determinato una mancanza di liquidità che si riflette in ritardati pagamenti verso fornitori, erario e dipendenti;
secondo gli ultimi dati il costo complessivo dei bonus edilizi è stato di circa 120 miliardi di euro, 48 miliardi in più rispetto alle stime iniziali; di questi 120 miliardi, circa 60 per cento riguardano il superbonus, il 16 per cento il bonus facciate e il rimanente gli altri sconti edilizi; gli immobili interessati dal superbonus alla data del 31 gennaio 2023 sono circa 372 mila;
sempre i dati dicono che il superbonus – che ha contribuito, secondo l'Enea, ad interventi di efficientamento solamente per l'1,5 per cento del totale dei condomini italiani – è stata una misura sostanzialmente iniqua: solamente il 14 per cento degli interventi ha riguardato condomini e il 58 per cento ha riguardato villette unifamiliari. Lo Stato ha regalato a ciascuna delle 215 mila famiglie che hanno ristrutturato le loro villette (meno dell'1 per cento delle famiglie italiane) oltre 125 mila euro;
inoltre, il fatto che il superbonus coprisse più del 100 per cento della spesa ha determinato tra gli agenti economici il venir meno del contrasto di interessi tra acquirente e fornitore del servizio;
l'Ufficio parlamentare di bilancio, in audizione presso la Commissione finanze e tesoro del Senato in data 2 marzo 2023, ha confermato che, a fronte di un peso sul deficit 2021-2022 pari a 67,5 miliardi di euro, l'impatto netto cumulato sul prodotto interno lordo del biennio corrispondente è quantificabile in un incremento approssimativamente 19 miliardi di euro;
a queste stime si aggiunge il problema dell'inquadramento temporale del deficit nel bilancio dello Stato; secondo Eurostat il superbonus, pur non costituendo debito pubblico, andrebbe ad impattare sul deficit dello Stato, infatti l'Ufficio statistico dell'Unione europea ha stabilito che i crediti fiscali derivanti dai bonus edilizi sono classificati come pagabili, e quindi l'impatto dovrebbe essere contabilizzato nell'anno in cui si è svolta l'attività che fa nascere il credito;
le tesi di Eurostat, confermate da Istat, derivano dalla maggiore trasferibilità del credito, la quale aumenta le possibilità che il credito sia utilizzato, con aumento della probabilità di mancate entrate fiscali per lo Stato;
come accennato sopra, in Italia anche l'Istat, il 1° marzo 2023, ha valutato pagabili i crediti maturati con il superbonus 110 per cento e con il bonus facciate a partire dal 2020, i quali quindi andranno registrati come spesa pubblica, per l'intero ammontare, nel momento del sostenimento della spesa dell'investimento agevolato;
pur considerando infatti che la misura in esame e, più in generale, i crediti fiscali rappresentano una facoltà e non un diritto, e dunque si debba imputare ai soggetti politici che hanno contribuito a diffondere una visione distorta del sistema delle detrazioni d'imposta la responsabilità e le conseguenze di tale fraintendimento da parte dei soggetti interessati, va considerato che il citato decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «decreto rilancio»), e le successive e reiterate misure adottate dal Parlamento e dai Governi che si sono succeduti hanno contribuito a creare un legittimo affidamento di famiglie, imprese ed istituti di credito, a cui occorre dare una risposta;
appare necessario evitare che una misura pensata per sostenere le imprese, distribuire ricchezza e riqualificare il patrimonio edilizio nazionale possa determinare, da una parte, per molte aziende, soprattutto le più piccole, mancanza di liquidità o gravi perdite di crediti, fino alla compromissione del patrimonio e della loro stessa operabilità, e, dall'altra, per le famiglie, che avevano colto l'occasione che la legge consentiva loro per riqualificare il loro immobile, l'incubo di un indebitamento imprevisto che le trascini in situazioni di difficoltà e contenzioso, con progetti avviati e mai conclusi in capo ad un bene primario come la casa,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative volte ad un complessivo riordino, per il futuro, del sistema delle agevolazioni fiscali e delle detrazioni in relazione agli interventi edilizi, al fine di perseguire il livello ottimale di riqualificazione energetica e sismica del patrimonio edilizio nazionale in funzione dei costi, garantendo particolare attenzione ai soggetti economicamente più deboli e alle situazioni di maggiore disagio e avviando un tavolo di confronto con le associazioni di categoria e gli ordini professionali;
2) ad adottare iniziative di competenza affinché, in attesa di un complessivo riordino della disciplina, possa essere ripristinato lo sconto in fattura e la cessione del credito per gli interventi relativi all'abbattimento delle barriere architettoniche, a quelli messi in campo dagli enti del terzo settore e a quelli relativi agli edifici che insistono sui territori dei comuni dei crateri del sisma del Centro Italia.
(1-00087) (Testo modificato nel corso della seduta) «Del Barba, Richetti, Marattin, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Sottanelli, Ruffino».
La Camera,
premesso che:
nel corso degli ultimi due decenni sono state introdotte numerose agevolazioni fiscali volte alla realizzazione di obiettivi di riqualificazione energetica e di recupero edilizio del patrimonio immobiliare;
le citate agevolazioni consistono nella possibilità di detrarre dall'imposta le spese sostenute per l'intervento edilizio e sono state oggetto di numerose proroghe nel corso degli anni, nonché di modifiche, spesso sostanziali, che hanno inciso sulle aliquote, sui limiti di spesa, sugli ambiti oggettivi e soggettivi ammessi all'agevolazione;
secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio, che ha analizzato l'utilizzo effettivo delle detrazioni Irpef per ristrutturazioni edilizie e per risparmio energetico e la loro evoluzione negli anni, nel 2008 il totale delle detrazioni fruite era pari a 2,6 miliardi di euro, di cui 1,8 per ristrutturazioni e 0,8 per efficientamento energetico; a distanza di poco più di un decennio l'ammontare totale delle detrazioni è quadruplicato raggiungendo nel 2020 la cifra di 9,9 miliardi di euro, di cui 7,9 per ristrutturazioni e 2 miliardi per efficientamento energetico;
le agevolazioni edilizie, inoltre, hanno subito un significativo potenziamento con le norme introdotte nella XVIII legislatura, con il cosiddetto superbonus, volto a rafforzare gli incentivi pubblici con una detrazione pari al 110 per cento per gli interventi di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico e ad ampliare la platea dei beneficiari delle agevolazioni di tutti gli interventi di riqualificazione edilizia;
per superare i problemi che limitano la possibilità di fruire dell'agevolazione a quei contribuenti con vincoli di liquidità nel finanziare l'intero importo dei lavori e con un reddito imponibile non sufficientemente elevato per godere della detrazione (incapienza fiscale), sono state previste due modalità di fruizione delle agevolazioni edilizie (estese sia agli interventi che beneficiano del superbonus, sia a tutti gli altri interventi di ristrutturazione edilizia e di efficientamento energetico e sismico previgenti) alternative alle detrazioni: lo sconto in fattura applicato dal fornitore e la trasformazione della detrazione in credito d'imposta cedibile ad altri soggetti, compresi gli operatori del sistema finanziario;
la complessità nella gestione delle procedure autorizzative per beneficiare del superbonus ha determinato, unitamente alla gestione della cessione del credito, una certa inerzia nell'aderire alla misura nei primi mesi di implementazione, in particolare nel corso del 2020;
con gli interventi che hanno in seguito snellito l'iter autorizzativo e agevolato l'avvio dei lavori, il ricorso al superbonus è risultato in definitiva nettamente superiore rispetto alle previsioni formulate originariamente nelle relazioni tecniche dei provvedimenti; a fronte di una stima iniziale di quasi 10 miliardi di euro l'anno di investimenti finalizzati all'efficientamento energetico, i lavori agevolati (ammessi a detrazione) hanno raggiunto al 31 gennaio 2023 – secondo i dati di monitoraggio diffusi dall'Enea – 65,2 miliardi di euro complessivi, di cui circa 50 miliardi relativi a lavori realizzati; a questi corrispondono detrazioni/crediti di imposta per quasi 72 miliardi di euro;
relativamente all'ammontare dei crediti presenti sulla piattaforma cessioni dell'Agenzia delle entrate, il Ministro dell'economia e delle finanze, in risposta ad un'interrogazione in Aula presso la Camera dei deputati, ha rilevato che, secondo i dati in possesso dell'Agenzia per il periodo ottobre 2020-novembre 2022, l'ammontare dei crediti è pari 99,4 miliardi di euro, di cui: 52,1 relativi al superbonus 110 per cento, 24,8 miliardi relativi al bonus facciate e 22,5 miliardi relativi a altri bonus edilizi;
secondo alcune stime, i crediti di imposta «incagliati» nell'ambito dei bonus immobiliari ammontano a circa 15 miliardi di euro; una cifra che necessita di un intervento urgente per dare risposta a tutte quelle realtà imprenditoriali in crisi di liquidità che rischiano il fallimento, lasciando migliaia di lavoratori del settore edile senza occupazione: invece, il decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, attualmente all'esame della Camera dei deputati, è intervenuto in modo estemporaneo e non selettivo per bloccare la possibilità di cessione dei crediti e di utilizzare lo sconto in fattura per tutti i nuovi interventi, di fatto penalizzando tutti coloro che non hanno sufficienti mezzi finanziari per sostenere le spese;
lo stratificarsi di previsioni normative ha creato incertezza nel quadro regolatorio ed è ora necessario un riordino volto a razionalizzare gli incentivi esistenti secondo una visione di lungo periodo, dando stabilità e certezza ai tempi di programmazione, effettuando una selezione degli interventi e dei soggetti da agevolare, in modo da contemperare le esigenze di equità, i vincoli di finanza pubblica, la transizione energetica e tecnologica, anche alla luce della proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia presentata dalla Commissione europea, che ha come obiettivo le emissioni zero entro il 2030 per tutti gli edifici nuovi ed entro il 2050 per quelli esistenti, per conseguire il quale gli Stati membri potranno prevedere incentivi finanziari di varia natura anche a valere sulle risorse disponibili stabilite a livello dell'Unione europea;
negli ultimi anni numerosi studi promossi da soggetti istituzionali hanno evidenziato che, a fronte della spesa sostenuta, sono stati considerevoli gli effetti in termini di crescita (il XXXIII Rapporto congiunturale e previsionale del Cresme, che ha analizzato il settore delle costruzioni ha rilevato che il superbonus 110 per cento ha dato un contributo del 22 per cento alla crescita totale del prodotto interno lordo) e di risparmio energetico (secondo il Censis il risparmio garantito dai bonus edilizi degli ultimi anni sfiora i 2 miliardi di metri cubi di gas, pari a più di 2/3 del risparmio di gas previsto dalle misure di riduzione dei consumi per il settore domestico varate ad agosto 2022 per far fronte all'emergenza attuale);
alla luce di quanto esposto finora è evidente che la prosecuzione degli interventi per l'efficientamento energetico e la messa in sicurezza antisismica del patrimonio immobiliare nazionale possono costituire un'opportunità per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili e rinnovare un patrimonio immobiliare avente caratteristiche uniche al mondo attraverso un'ulteriore azione di politica industriale che favorisca lo sviluppo di materiali e processi innovativi, garantendo un effetto moltiplicativo in termini di abbattimento dei consumi energetici e delle emissioni, maggiore sostenibilità urbana, ambientale e sociale e concorso agli obiettivi di contrasto alla crisi climatica,
impegna il Governo:
1) ad adottare nell'immediato le iniziative di competenza volte a risolvere con urgenza il problema dei cosiddetti crediti «incagliati», ossia quelli comunicati all'Agenzia delle entrate e non ancora utilizzati;
2) a riaprire almeno selettivamente l'opzione dello sconto in fattura e della cessione del credito secondo parametri che tengano conto della situazione reddituale del beneficiario e delle esternalità positive dell'intervento da effettuare, come nel caso dei condomini e degli immobili con classe energetica più bassa;
3) ad adottare le iniziative di competenza per prorogare la scadenza per l'invio dell'opzione di cessione del credito all'Agenzia delle entrate per le spese effettuate fino al 31 dicembre 2022, al fine di salvaguardare i soggetti che affrontano difficoltà nella cessione dei crediti;
4) ad adottare le iniziative di competenza volte al riordino e alla razionalizzazione degli incentivi, dando una stabilità alle misure per un periodo congruo a consentire una programmazione degli interventi, anche in un'ottica di gestione ordinata degli effetti delle misure che saranno approvate in sede europea con la direttiva «case green», prevedendo che tali strumenti siano commisurati a criteri di efficacia e di equità, tenendo conto dell'utilità per la collettività dell'intervento, come nel caso del sismabonus, dell'efficientamento energetico degli immobili con più basse prestazioni, dell'abbattimento delle barriere architettoniche e delle caratteristiche del beneficiario, a partire dagli edifici adibiti ad edilizia residenziale pubblica, che spesso coincidono con quelli abitati da famiglie in condizioni di povertà, dai redditi più bassi, dal terzo settore.
(1-00088) «Merola, Ubaldo Pagano, Simiani, D'Alfonso, Stefanazzi, Toni Ricciardi, Tabacci, Fossi».