Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 71 di lunedì 20 marzo 2023

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CHIARA COLOSIMO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 17 marzo 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 69, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: S. 506 - Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane (Approvato dal Senato) (A.C. 977​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 977: Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 17 marzo 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 17 marzo 2023).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 977​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Luciano Ciocchetti.

LUCIANO CIOCCHETTI , Relatore. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, il Governo Meloni ha ripreso rapidamente le fila della legge delega per le politiche in favore delle persone anziane, a suo tempo elaborata in seno alla Commissione per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, e a quella interministeriale, voluta dal precedente Governo.

"Gli anziani non sono solo parte delle nostre famiglie, ma rappresentano il cuore stesso della società e un patrimonio di valori, tradizioni e conoscenze prezioso per la Nazione. Avere cura degli anziani significa avere cura di tutti noi”. Sono le parole del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante la presentazione, in Consiglio dei ministri, di questa proposta di legge delega.

Gli ultrasessantacinquenni, in Italia, sono circa 14 milioni, il 23 per cento della popolazione; gli over 80 sono 4,5 milioni; 2,9 milioni over 75 sono con fragilità e non autosufficienza, di cui 1 milione vive da solo o convive con coniuge anziano e 1, 2 milioni sono senza alcun aiuto, né da parte dello Stato, né da parte della famiglia, né da parte del privato sociale.

Occorre raggiungere al più presto queste persone al loro domicilio, altrimenti affolleranno sempre di più i pronto soccorso, i reparti ospedalieri e le RSA, in modo insostenibile. Spendiamo troppo poco per l'assistenza domiciliare: 2 miliardi per 2,8 milioni persone. L'ammontare di assistenza domiciliare integrata - ma che oggi è solo sanitaria, perché non è integrata davvero - era di 16 ore l'anno nel 2018 e ora è inferiore alle 20 ore. Occorre passare almeno a 20 ore mensili, integrando sanità e sociale. Questa è la grande sfida di questa legge delega. C'è il grande capitolo della solitudine, che affligge milioni di anziani e rappresenta un vero e proprio fattore di rischio per le patologie cardiovascolari, neurodegenerative e mentali. Anche per questo occorre attivare ogni possibile canale per evitare il drammatico fenomeno di isolamento, cresciuto durante il COVID.

È necessario ripensare le strutture residenziali, affinché siano in grado di offrire più servizi e apertura al territorio. In Italia, esiste un sistema sanitario troppo centrato sull'ospedale e poco presente sul territorio e nelle abitazioni degli anziani. Milioni di persone vivono a casa, in condizioni di povertà e di carenze motorie, senza aiuto certo di pubblico, privato e familiare. Occorre, quindi, valorizzare di più le risorse umane, investire nelle reti di solidarietà, Terzo settore e volontariato. È carente l'assistenza extra-ospedaliera, gestita dallo Stato per il 10 per cento, dal no profit per il 50 per cento, dal profit per il 25 per cento e dalle cooperative per la quota rimanente. Il decreto ministeriale del Ministero della Salute n. 77 del 2022 ha affrontato questa realtà, a mio avviso in maniera statalista, così come lo fa il Piano nazionale di ripresa e resilienza, con la previsione di centinaia di ospedali di comunità pubblici, senza considerare la mancanza di personale e la difficoltà di dover individuare nuove strutture, che rischiano di non dare risposta davvero alla costruzione di una realtà di presenza territoriale, sanitaria e sociale. Sarebbe stato meglio dare un ruolo diverso alle RSA nell'ambito delle cure di bassa intensità, attraverso un nuovo processo di accreditamento e ridefinizione di ruolo e competenze. Sussidiarietà e valorizzazione delle risorse umane presenti sul territorio e mix pubblico-privato sono la via maestra per riorganizzare davvero una sanità vicino al cittadino. Obiettivo prioritario della presente legge delega è quello di costruire una vera presenza assistenziale, sociale, sanitaria e sociosanitaria, sul territorio e presso le abitazioni degli anziani, rompendo l'assedio ai pronto soccorso e agli ospedali. La spesa ospedaliera, se il territorio funzionasse davvero, potrebbe essere ridimensionata; un territorio che sia in grado di fare prevenzione, monitoraggio e cure domiciliari.

In Italia, l'offerta di servizi domiciliari è divisa tra sociale e sanitario, comuni e regioni. Occorre, invece, integrare e unificare sia la valutazione della domanda, che l'erogazione della risposta. La legge delega prevede questa valutazione semplificata e unificata, che consente la stesura di un piano assistenziale su misura per la persona. Si prevede anche di integrare e armonizzare i database di ASL, comuni e INPS. La legge disegna un continuum assistenziale, che parte dalle reti, assistenza domiciliare, sociale e sanitaria continuativa, cure palliative, centri diurni integrati e assistenza residenziale, e si prevedono iniziative per favorire il cohousing, il superamento della logica delle gare e il passaggio totale al meccanismo dell'accreditamento.

L'Assemblea avvia oggi l'esame di un importante provvedimento, volto a dare attuazione alla “Riforma del sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti”, prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Missione 5 - Componente 2), ai sensi del quale il termine per l'adozione della legge delega è fissato al primo trimestre 2023 - da qui, il fatto che, in Commissione affari sociali, la maggioranza ha ritenuto di non apportare modifiche al testo della legge approvata al Senato, proprio per rispettare quanto previsto dall'accordo assunto dal precedente Governo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza - e il termine per l'approvazione dei decreti legislativi al primo trimestre del 2024.

La riforma recata dalla delega in oggetto, che andrò ad illustrare, è fondamentale e importante; è una vera e propria rivoluzione, che, speriamo nel corso di questa legislatura, potrà essere attuata non soltanto con i fondi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma anche con altre risorse che, nelle prossime leggi di bilancio e nei decreti legislativi che dovranno essere approvati, dovranno vedere un significativo impegno pubblico nel sostenere l'attuazione completa di questa norma.

Il provvedimento muove dal riconoscimento del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio e dal principio di semplificazione e integrazione delle procedure di valutazione della persona anziana non autosufficiente. Grazie a tale semplificazione e all'istituzione dei punti unici di accesso (PUA) diffusi su tutto il territorio si potrà effettuare in una sede unica una valutazione multidimensionale, finalizzata a definire un progetto assistenziale individualizzato (cosiddetto PAI).

Ulteriori elementi di rilievo sono: la definizione di una specifica governance nazionale delle politiche in favore della popolazione anziana, con il compito di coordinare gli interventi; la promozione di misure a favore dell'invecchiamento attivo e dell'inclusione sociale, anche sostenendo il cosiddetto turismo lento; la promozione di nuove forme di coabitazione solidale per le persone anziane e di coabitazione intergenerazionale anche nell'ambito di case famiglia e condomini solidali, aperti ai familiari, ai volontari e ai prestatori di servizi sanitari, sociali e sociosanitari; la promozione di interventi per la prevenzione della fragilità di persone anziane; l'integrazione degli istituti dell'assistenza domiciliare integrata (ADI) e del servizio di assistenza domiciliare (SAD); il riconoscimento del diritto delle persone anziane alla somministrazione di cure palliative domiciliari e presso gli hospice; la previsione di interventi in favore dei caregiver familiari, altro tema che è stato affrontato nella discussione in Commissione e che dovrà trovare ulteriori processi di definizione e di attuazione anche delle politiche di sostegno del lavoro incredibile e importante che svolgono i caregiver familiari.

L'obiettivo fondamentale della legge delega è realizzare una delle riforme di cui, da più tempo, si parla nel Paese, ovvero l'integrazione tra il sociale e il sanitario.

Ricordo che dagli anni Ottanta si parla di integrazione sociosanitaria e, purtroppo, da questo punto di vista, nel nostro Paese abbiamo ancora ritardi troppo importanti. Speriamo davvero che questa legge delega aiuterà a definire un percorso, un processo che porti davvero a questa integrazione così fondamentale tra il sociale, il sanitario e le rispettive competenze di comuni, regioni e aziende sanitarie territoriali. La legge deve generare trasparenza, evitare duplicazioni di servizi e tenere il più possibile le persone anziane a casa propria.

Attualmente sono assistiti in regime domiciliare 407.000 anziani, poco più del 2,9 per cento degli over 65 - dato del 2021 - con una media nazionale di appena 16 accessi all'anno per caso trattato. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza in un'altra Missione (Missione 6, componente 1) pone l'obiettivo di assistere a domicilio il 10 per cento degli ultrasessantacinquenni, prevedendo circa 800.000 nuove prese in carico nei prossimi cinque anni, assicurando a una simile platea un'assistenza domiciliare in linea con gli standard europei (200, 240 ore all'anno): questa è un'altra delle sfide importanti che Governo e Parlamento dovranno assolutamente assumere.

Faccio presente che il disegno di legge in discussione trae la propria origine dai lavori svolti dalla Commissione che ho richiamato prima, presieduta dal monsignor Paglia e istituita nella precedente legislatura dall'allora Ministro della Salute e dal Governo precedente. Il provvedimento è stato esaminato in prima lettura al Senato e, in quella sede, sono state approvate diverse modifiche al testo presentato dal Governo, anche attraverso l'accoglimento di proposte emendative dell'opposizione.

Nel corso dell'esame in sede referente, svolto presso la Commissione affari sociali della Camera, si è ritenuto pertanto di mantenere il testo trasmesso dal Senato, nella convinzione che si tratti di un risultato assolutamente condivisibile e che alcuni aspetti, riguardanti soprattutto il momento dell'attuazione della delega, potranno essere meglio precisati attraverso la presentazione di ordini del giorno, nonché nella discussione e nei pareri che le Commissioni parlamentari dovranno esprimere nell'attuazione della delega con i prossimi decreti legislativi, come da impegno del Governo assunto precisamente in Commissione.

In ogni caso, pur nella considerazione dei tempi oggettivamente a disposizione, derivanti dal predetto obiettivo contenuto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel corso dell'iter in sede referente, sono state comunque esaminate tutte le proposte emendative presentate dai gruppi di opposizione e sono stati acquisiti i pareri favorevoli espressi dalle Commissioni competenti in sede consultiva.

Entrando nel merito del contenuto del provvedimento, che si compone di 9 articoli, rilevo che l'articolo 1 reca le definizioni di alcuni fondamentali istituti richiamati poi nell'articolato, quali: i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS); gli ambiti territoriali sociali (ATS); i punti unici di accesso (PUA); i progetti individualizzati di assistenza integrata (PAI); i livelli essenziali di assistenza (LEA); il caregiver familiare.

L'articolo 2 precisa che la delega ha come obiettivi complessivi la ricognizione, il riordino, la semplificazione, l'integrazione e il coordinamento delle disposizioni legislative vigenti, rivolte alla popolazione anziana in materia di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria, nonché il progressivo potenziamento delle relative azioni.

Esso fissa, inoltre, una serie di principi e criteri direttivi generali cui il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega, tra i quali: la promozione del valore umano, psicologico, sociale, culturale ed economico di ogni fase della vita delle persone; il riconoscimento del diritto delle persone anziane a determinarsi in maniera indipendente, libera, informata e consapevole con riferimento alle decisioni che riguardano la loro assistenza, nonché alla continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio; il riconoscimento degli specifici fabbisogni di assistenza delle persone anziane con pregresse condizioni di disabilità; la riqualificazione di servizi di semiresidenzialità, di residenzialità temporanea o di sollievo e la promozione dei servizi di vita comunitaria e di coabitazione domiciliare (cohousing).

Vengono altresì disciplinate l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e la composizione del Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (CIPA), organo dotato del compito di promuovere il coordinamento e la programmazione integrata delle politiche nazionali in favore delle persone anziane, con particolare riguardo alle politiche per la presa in carico delle fragilità e della non autosufficienza. Il CIPA è presieduto dal Presidente del Consiglio o, su sua delega, dal Ministro del Lavoro e delle politiche sociali ed è composto, oltre che da quest'ultimo, dai Ministri della Salute, per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, per le Disabilità, per gli Affari regionali e le autonomie, dell'Economia e delle finanze. Il CIPA svolge le seguenti attività: adotta con cadenza triennale e aggiornamento annuale il Piano nazionale per l'invecchiamento attivo, l'inclusione sociale e la prevenzione delle fragilità nella popolazione anziana e il Piano nazionale per l'assistenza e la cura della fragilità e della non autosufficienza nella popolazione anziana; promuove, ferme restando le competenze dei singoli Ministeri, l'armonizzazione dei LEPS rivolti alle persone anziane non autosufficienti, e dei relativi obiettivi di servizio, con i LEA; promuove l'integrazione dei sistemi informativi esistenti e l'adozione di un sistema di monitoraggio delle attività svolte e dei servizi resi; monitora l'attuazione dei predetti piani, trasmettendo annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione degli stessi.

Al riguardo, evidenzio che la norma (articolo 2, comma 3, lettera a)), che prevede che il predetto Piano nazionale per l'assistenza e la cura della fragilità e della non autosufficienza nella popolazione anziana sostituisce il Piano per la non autosufficienza, non può che intendersi nel senso che tale sostituzione operi limitatamente alla parte inerente alla popolazione anziana, considerati l'oggetto del disegno di legge e del complesso delle funzioni attribuite al CIPA.

Pertanto, preannuncio l'intenzione di presentare un ordine del giorno, nel corso del seguito dell'esame del provvedimento, volto a chiarire quanto appena evidenziato.

L'articolo 3 delega il Governo ad adottare, entro il 31 gennaio 2024, uno o più decreti legislativi per la definizione di misure intese alla promozione dell'invecchiamento attivo e della dignità, autonomia e inclusione sociale degli anziani, nonché alla prevenzione della loro fragilità, sulla base di ulteriori principi e criteri direttivi. In particolare, con riferimento all'invecchiamento attivo, di cui alla lettera a), si prevede la promozione di: interventi di sanità preventiva presso il domicilio delle persone anziane, anche attraverso la rete delle farmacie; impegno degli anziani in attività di utilità sociale e di volontariato; nuove forme di domiciliarità e di coabitazione solidale domiciliare per le persone anziane (senior cohousing) e intergenerazionale, in particolare con i giovani in condizioni svantaggiate; azioni di alfabetizzazione informatica; percorsi per il mantenimento, mediante l'attività sportiva e la relazione con gli animali di affezione delle capacità fisiche e intellettive, lavorative e sociali; programmi e percorsi volti a favorire il turismo del benessere.

Con riguardo agli interventi per la solidarietà e la coesione tra le generazioni, di cui alla lettera b), si prevede la promozione: del sostegno delle esperienze tese a valorizzare la conoscenza e la trasmissione del patrimonio culturale, linguistico e dialettale; di programmi di cittadinanza attiva, anche con l'ausilio del servizio civile universale; dell'incontro e della relazione tra generazioni lontane.

I principi e i criteri direttivi di cui alla lettera c), concernenti - e vado alla conclusione, Presidente - interventi per la prevenzione e la fragilità, prevedono l'offerta progressiva della possibilità, per la persona anziana affetta da una o più patologie croniche suscettibili di aggravarsi con l'invecchiamento e che determinino il rischio di perdita dell'autonomia, di accedere a una valutazione multidimensionale delle sue capacità e dei suoi bisogni di natura bio-psico-sociale, sanitaria e sociosanitaria, da effettuarsi nell'ambito dei punti unici di accesso (PUA) da parte di équipe multidisciplinari e, all'esito della suddetta valutazione, l'individuazione dei fabbisogni di assistenza della persona per il necessario orientamento e supporto informativo ai fini dell'accesso al continuum di servizi e alle reti di inclusione sociale previsti dalla programmazione integrata socioassistenziale e sociosanitaria, statale e regionale.

La disciplina di delega di cui all'articolo 4, il quale, così come l'articolo 5, è espressamente dedicato alla non autosufficienza, serve…

PRESIDENTE. Onorevole, dovrebbe arrivare alla conclusione.

LUCIANO CIOCCHETTI, Relatore. Sì, sto sintetizzando.

PRESIDENTE. Il tempo è già terminato. Quindi, arrivi verso la conclusione.

LUCIANO CIOCCHETTI, Relatore. Ho finito. Quindi, gli articoli 4 e 5 sono relativi alle attività di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria per le persone anziane non autosufficienti. Della delega abbiamo parlato. Poi, c'è la definizione del Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (SNAA). Quindi, l'articolo 5, come abbiamo detto, è sempre relativo alla questione della delega.

L'articolo 6 disciplina il procedimento per l'adozione dei decreti legislativi.

L'articolo 7 regola la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano.

L'articolo 8 individua le risorse necessarie all'attuazione degli articoli precedenti.

Infine, l'articolo 9 dispone l'entrata in vigore del provvedimento, fissandola al giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva di farlo successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Paolo Ciani. Ne ha facoltà.

PAOLO CIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, oggi abbiamo l'opportunità di discutere una legge molto importante per la nostra società, che riguarda la vita dei nostri anziani e non solo. Si tratta di una riforma che aspettavamo da decenni - l'aspettavano soprattutto loro, gli anziani, ma non solo - e che deve coinvolgere l'intero Paese, perché richiede una nuova visione sull'invecchiamento, come anche sull'assistenza e sulla sostenibilità del suo modello civile ed economico.

D'altronde, anche se l'invecchiamento è un tema che tutti ci auguriamo che un giorno riguarderà ognuno di noi, ancora troppo poco si è ragionato e riflettuto sul senso e sul valore di questa età.

La vecchiaia non è una malattia, ma una fase della vita che deve essere accettata e vissuta con saggezza e serenità: è quanto scriveva Cicerone nel De Senectute, già nel 44 avanti Cristo, riflettendo sulla vita e sulla condizione umana della vecchiaia. Un valore e una dignità che ad oggi spesso sembriamo non riscontrare.

Come tutti sappiamo, però, la popolazione anziana sta crescendo rapidamente, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Questo, se da una parte rappresenta un segnale della nostra capacità di migliorare le condizioni di vita e di cura grazie al progresso della scienza e della medicina, allo stesso tempo pone sfide significative per il nostro sistema sanitario e assistenziale. Viviamo, infatti, una contraddizione: abbiamo guadagnato anni di vita ma non abbiamo ragionato abbastanza su cosa farci e come gestirli. La società allunga la vita ma, talvolta, non la sa mantenere e quella che è una conquista diventa, purtroppo, una maledizione per troppi. Alcune di queste contraddizioni sono emerse drammaticamente, con chiarezza, durante la recente crisi globale determinata dal COVID.

La legge di cui parliamo oggi trova origine nel lavoro appassionato e competente svolto dalla commissione per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, istituita nel 2020 dall'allora Ministro Speranza e presieduta da monsignor Vincenzo Paglia, e, successivamente, anche dalla commissione interministeriale voluta dal Ministro Orlando e approvata, poi, nell'ultimo Consiglio dei Ministri del Governo Draghi.

È una legge, dicevo, che rappresenta un progetto molto serio che si propone di affrontare, per la prima volta in modo organico e sistematico, il tema dell'assistenza alle persone anziane, che non potrà che diventare cruciale nei prossimi anni, anche alla luce dell'evoluzione demografica che il nostro Paese sta vivendo.

Per ragionare con qualche numero, si pensi che nel 2020 il numero di persone, nel mondo, di età superiore ai 65 anni è stato di circa 703 milioni e si prevede che raggiungerà 1,5 miliardi nel 2050, quando, per la prima volta nella storia dell'umanità, ci saranno più ultrasessantenni che giovani sotto i 16 anni.

In Italia la popolazione anziana rappresenta una percentuale molto alta. Secondo l'Istat, nel 2021 gli over 65 rappresentavano il 22,8 per cento della popolazione, mentre nel 2031 si stima che saranno il 28,3. In Italia l'aspettativa di vita è tra le più alte al mondo. Nel 2022 alla nascita era di 83,6 anni per le donne e di 79,7 anni per gli uomini (potremmo dire che si tratta di un orgoglio nazionale). Già oggi, secondo Eurostat, siamo il Paese con la maggior percentuale di anziani d'Europa. Questi dati, se letti in combinato con quelli relativi alla natalità nel nostro Paese, che, purtroppo, è in costante calo da diversi anni, rendono ancora meglio la necessità di un investimento sia a sostegno della popolazione che invecchia sia a favore di nuove nascite. Infatti, sempre secondo l'Istat, nel 2020 il tasso di fecondità complessivo è stato pari a 1,23 figli per donna, un valore molto al di sotto della soglia di rinnovamento generazionale, fissata a 2,1 figli per donna. Questo fenomeno è dovuto a diversi fattori, sul cui dettaglio non entrerò in questa sede. Semplicemente, mi limito ad auspicare un pronto completamento, da parte di questo Governo, di un altro importante provvedimento della scorsa legislatura sul tema della famiglia, costituito dalla riforma del Family Act, ancora solo parzialmente attuato.

La legge delega che oggi discutiamo ha, dunque, una portata storica. Deve rispondere, infatti, a un fenomeno che è apparso per la prima volta nel nostro Paese, che potremmo definire come quello della vecchiaia di massa. Infatti, ben 14 milioni di cittadini, quindi quasi uno su quattro, hanno superato la soglia e vivono i loro 65 anni ed oltre; ma ci siamo arrivati senza una consapevolezza chiara, tanto che non abbiamo inventato quasi nulla per i 30 anni in più che sono stati guadagnati negli ultimi due secoli.

Certo, abbiamo conquistato la pensione, e non è poco, ma non un pensiero articolato su come vivere la vecchiaia, se non con farmaci e ricoveri. È troppo poco; ad esempio, è troppo poco se paragonato a quanto la nostra civiltà ha inventato per i primi trent'anni di vita. Alla fine del XIX secolo, di fronte a un numero enorme di bambini e a una loro totale “deconsiderazione”, perché erano “deconsiderati” i bambini in quell'epoca, ci siamo inventati l'infanzia. Oggi, ci presentiamo allo storico traguardo di un indice di invecchiamento prossimo a 200, cioè 200 anziani ogni 100 bambini under 15, con idee superate o piuttosto confuse o assenti. Dobbiamo inventarci la vecchiaia, dobbiamo rovesciare il paradigma per cui gli anziani sono solo una spesa, un onere, per di più prevalentemente sanitario.

Posto in questi termini, il problema di fare dell'Italia un Paese anche per anziani, comporta ripensare quell'insieme di servizi, attività, comportamenti essenziali nella vita quotidiana, utilizzando come parametro di riferimento la loro fruibilità da parte degli anziani.

In questa prospettiva, gli stessi fondamentali aspetti sanitari e assistenziali vanno considerati solo come uno degli aspetti delle politiche verso la terza età, evitando quindi che siano l'unica dimensione in cui l'anziano viene considerato. Nessun anziano è il suo bisogno o la sua malattia.

Ebbene, il disegno di legge delega in discussione oggi tenta di rispondere al bisogno fortissimo e improcrastinabile di ripensare gli ultimi trent'anni di vita in maniera organica. Come vivere questi anni? Concordo con i principali obiettivi che la legge identifica e che tentano di rispondere a questa domanda fondamentale: primo, la deistituzionalizzazione e la non automaticità dell'istituzionalizzazione come risposta ai bisogni degli anziani; secondo, la prevenzione della non autosufficienza; terzo, l'implementazione della domiciliarità; quarto, l'implementazione delle misure volte a favorire l'invecchiamento attivo.

L'invecchiamento attivo implica l'idea che la vecchiaia non debba essere vista come un momento di declino e isolamento, ma come una fase della vita in cui è possibile continuare a mantenere un ruolo attivo nella società, prevenendo situazioni di isolamento e marginalizzazione, e garantire una buona qualità della vita per tutti a prescindere dall'età. Tutto ciò nel più totale rispetto della persona e delle sue libere determinazioni, finalità decisiva che è necessario salvaguardare anche e soprattutto nei momenti in cui la persona si trova in un momento di debolezza, qual è certamente la vecchiaia più avanzata, anche perché anche su questo dovremmo riflettere, pensando che oggi la vecchiaia inizia a 65 anni e quando guardiamo e pensiamo a tanti sessantacinquenni del nostro Paese pensare che siano in una fase di declino della loro vita ci sembra decisamente strano.

Sull'istituzionalizzazione ricordo ciò che diceva con grande saggezza don Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII: “Dio ha creato la famiglia, l'uomo ha creato gli istituti”. Ecco, dobbiamo iniziare a liberare tanti nostri concittadini dalla solitudine spersonalizzante degli istituti. Così come si è riusciti a chiudere e riconvertire i grandi orfanotrofi nel corso della storia, così dobbiamo cominciare un percorso di ripensamento rispetto ai grandi istituti per anziani. Il dramma del COVID ha dimostrato drammaticamente l'inefficacia di questi luoghi come luoghi di protezione, confermata purtroppo dalla strage di anziani in tutto il mondo. La pandemia ha rivelato come abbiamo fatto crescere RSA, case di riposo e tante altre sigle fantasiose per rispondere malamente a tre grandi crisi, quella della famiglia e della solitudine, che imponeva la delega dell'assistenza ad altri attori, quella del declino demografico e dello spopolamento, che fa mancare i servizi proprio laddove cresce il mondo degli anziani, spesso nei piccoli centri, e quella del divorzio tra sociale e sanitario, come sfere di sovranità totalmente separate e reciprocamente ignorate. La recente clamorosa inchiesta su alcune RSA in Francia, sintetizzata dal libro inchiesta Les fossoyeurs (i becchini), che ha scatenato stampa, Parlamento, Governi e giudici d'Oltralpe, ha mostrato come questi istituti spesso, oltre a essere luoghi disumani, siano solo macchine da soldi e parliamo di un'inchiesta fatta su un leader mondiale di queste strutture, un leader che possiede oltre 1.100 RSA nel mondo, di cui 320 in Francia e decine anche in Italia. Anche qui, lo abbiamo visto, senza generalizzare e rispettando profondamente il lavoro di tanti, anche, di questi istituti, ma quanti anziani sono morti nelle RSA per COVID e abbandono? Quanti scandali e denunce quotidiane su questi luoghi? La sola soluzione, la migliore soluzione a questo sistema credo sia una riconversione industriale: puntare sulla domiciliarità in tutte le sue forme e sull'assistenza domiciliare. In qualche modo, la legge delega prova ad affrontare anche questo punto, a partire da un impianto teorico di nuova concezione, attraverso un'implementazione ispirata a modelli di co-progettazione, co-programmazione e co-sperimentazione, ossia di presa in carico di tutti gli anziani che avviene attraverso un articolato continuum assistenziale. Questo suppone l'incontro tra sociale, sanitario e assistenziale per potere avviare una risposta coordinata e appropriata con la collaborazione di ospedali, ASL, comuni, ambito territoriale, sociale e INPS, a tutti i livelli.

In questo senso vanno alcuni strumenti rimasti fuori da questa norma, ma che, a mio avviso, la sosterrebbero in maniera importante. Mi riferisco al monitoraggio attivo delle persone ultraottantenni e all'istituzione dell'infermiere di famiglia e di comunità, di cui mi farò personalmente portavoce in questa legislatura. Sono ben consapevole, infatti, che la legge vada perfezionata; di qui, l'importante lavoro per i decreti attuativi, penso a quelli relativi ad un altro tema personalmente a me molto caro e legato a quello dell'invecchiamento, ovvero il sostegno alle famiglie e ai caregiver. Sappiamo che molte famiglie si occupano di anziani e, spesso, questo impegno può essere gravoso e stressante. La legge delega prevede la promozione di servizi di supporto ai caregiver, nonostante sappiamo quanto sia necessario dare al più presto alla figura del caregiver familiare il pieno e totale riconoscimento giuridico e di tutti gli aspetti assistenziali e previdenziali, in quanto rappresentano un pilastro fondamentale del nostro welfare, a cui dobbiamo tanto.

In sintesi, il disegno di legge è finalizzato a fornire una risposta alle esigenze degli anziani, promuovendo l'invecchiamento attivo e sano, garantendo un'assistenza sanitaria assistenziale completa e personalizzata. Mi dispiace, in questo senso, che sia stato espunto dal testo il riferimento alla Carta dei diritti degli anziani e dei doveri della comunità, altro importante documento realizzato dalla Commissione, che fissa punti di riferimento per la promozione dei diritti degli anziani e della loro inclusione nella società e che incardina l'intero disegno su tre pilastri: il diritto al rispetto e alla dignità, il diritto dell'anziano a scegliere in autonomia e con adeguate informazioni il tipo di assistenza a cui aspira e soprattutto quello di rimanere nella propria abitazione, il diritto e la protezione a una vita di relazione. In questo senso andava anche l'emendamento che avevamo presentato in Commissione e che mi auguro sia recuperato nell'esercizio della delega. Non sono principi astratti, ma fondamento di un modo nuovo di vedere l'anziano e di concepire la vecchiaia, non uno scarto o, peggio, un problema, nemmeno solo corpo da curare e alimentare, non gravame assistenziale e fattore di destabilizzazione dei bilanci, ma persona, cittadino capace di partecipare, vivere e contribuire.

Allora, occorre ripensare e rivalutare in positivo l'enorme capitale sociale di 14 milioni di cittadini, con la loro esperienza, le loro energie e le loro aspirazioni. Devo, prima di terminare, sottolineare il problema dell'individuazione dei fondi.

Una legge ambiziosa, che si prefigge di implementare tanti e importanti obiettivi, necessita di risorse, di più risorse. Sicuramente c'è il tema dell'assunzione del personale medico, una questione che riguarda non solo questa legge delega, ma il nostro sistema sanitario assistenziale nel suo complesso. Siamo consapevoli che la mancanza di personale medico e sanitario potrebbe rendere difficile garantire un'assistenza di alta qualità, e non solo per gli anziani, ma dobbiamo trovare soluzioni innovative e sostenibili per affrontare la sfida. Occorre fare scelte coraggiose e coerenti e mi spiace constatare, per esempio, la contraddizione tra queste e tante misure previste da questa legge e quello che io temo possa realizzarsi attraverso l'implementazione dell'autonomia differenziata, ovvero il non rispondere a quanto vorremmo per gli anziani e per ogni nostro concittadino, come il pari diritto di accesso a cure, servizi e informazione su tutto il nostro territorio nazionale.

Ad ogni modo, sul provvedimento in esame oggi, siamo pronti a collaborare con tutte le istituzioni, le organizzazioni della società civile, gli esperti del settore e naturalmente con il Governo, per garantire che il provvedimento possa essere attuato in tutte le sue declinazioni. Dobbiamo essere consapevoli che il problema della mancanza di fondi e di personale medico e sanitario è una questione complessa, che richiede un impegno a lungo termine. Tuttavia, possiamo e dobbiamo fare di più per garantire che gli anziani ricevano l'assistenza e il sostegno di cui hanno bisogno per vivere una vita dignitosa.

È ormai evidente la necessità di un servizio sanitario che sappia offrire l'intero spettro dei servizi, da quelli di rete di prossimità, di lotta alla solitudine e di prevenzione fino a interventi domiciliari di sostegno sociale e sanitario continuativo, alla semiresidenzialità in centri diurni, alle residenze sanitarie e assistenziali, in grado di offrire sempre elevati standard qualitativi, avendo in mente interventi riabilitativi e terapeutici che dovrebbero avere l'obiettivo di far tornare a casa, ove è possibile, i pazienti anziani.

I fondi del PNRR che saranno utilizzati dovranno essere l'occasione per muoversi verso una sanità centrata sul paziente e sulle sue necessità. Mettere la persona al centro si rivelerà sempre la scelta migliore, perché l'attenzione ai bisogni degli anziani non dovrebbe limitarsi solo alle politiche pubbliche, ma dovrebbe diventare un valore collettivo e una responsabilità di tutta la comunità.

Concludo, Presidente, con un augurio per i nostri anziani e, direi, per ognuno di noi. Come diceva Victor Hugo: “Quando la grazia è unita con le rughe è adorabile. C'è un'alba indicibile in una vecchiaia felice”. Troppe volte gli ultimi anni di tanti anziani sono segnati dall'infelicità. Mi auguro che, anche attraverso questa legge, possiamo presto arrivare a questa nuova alba (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Saluto studentesse e studenti dell'Istituto Bertrand Russell-Isaac Newton, di Scandicci (Applausi).

È iscritta a parlare la deputata Di Lauro. Ne ha facoltà.

CARMEN DI LAURO (M5S). Grazie, Presidente. Il disegno di legge in esame reca e disciplina alcune deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane, con riferimento anche agli anziani non autosufficienti. È un provvedimento che, in realtà, viene da lontano, di cui si era già discusso e che dovrebbe realizzare - il condizionale è d'obbligo - uno degli obiettivi del PNRR. Stiamo parlando del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cura presso la propria abitazione e del principio di semplificazione e integrazione delle procedure di valutazione della persona anziana non autosufficiente. Più di tutto, parliamo di una vasta fetta di popolazione italiana; secondo i dati Istat, attualmente in Italia vi sono più di 7 milioni di persone con più di 75 anni di età e circa 4 milioni con più di 80 anni, persone che spesso, nonostante le scarse risorse, finiscono per sostenere economicamente figli e/o nipoti e che spesso risultano essenziali anche nella cura dei più piccoli, persone che, più di tutte, hanno pagato a caro prezzo e con la vita le carenze del sistema sanitario nazionale durante l'emergenza COVID.

In merito ai contenuti del provvedimento, particolarmente importante è l'articolo 3, che delega al Governo ad adottare, entro il 31 gennaio 2024, misure che mirano alla promozione dell'invecchiamento attivo e della dignità, autonomia, inclusione sociale degli anziani e alla prevenzione delle loro fragilità. Rilevante è anche l'articolo 4, che ha l'obiettivo di riordinare, semplificare, coordinare e rendere più efficaci le attività di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria. È importante anche l'articolo 5, che riguarda le prestazioni assistenziali, le agevolazioni contributive e fiscali, la formazione del personale addetto, il miglioramento delle condizioni di vita individuali e dei caregiver familiari.

È tutto molto importante e interessante, se non fosse che poi, arrivando all'articolo 7, si apprende della clausola di invarianza finanziaria. Cosa vuol dire? Vuol dire che, in realtà, il Governo non immetterà nuove risorse per attuare quanto detto finora. E come si fa a parlare, ad esempio, di assunzione del personale che per le cure domiciliari è fondamentale? Non se ne parla, perché si delega tutto ai servizi sociali e, quindi, anche gli enti locali, che spesso e purtroppo, come sappiamo, non riescono a soddisfare la domanda di cura e assistenza. Non immettere nuove risorse dedicate vuol dire condannare il progetto stesso in partenza e vuol dire anche non aver compreso che il trend di richiesta di assistenza agli anziani è in crescita, sia per l'aumento della comorbilità sia per l'aumento, in numero assoluto, della popolazione anziana in Italia. Un altro passaggio a nostro avviso controverso, è quello dell'istituzione del Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente, la cosiddetta SNA, sigla con la quale si va a indicare un nuovo contenitore nel quale inserire la popolazione anziana non autosufficiente, togliendo la certezza di quei diritti universalistici garantiti dal Servizio sanitario nazionale, in favore di una realtà specifica, ghettizzante e incerta, in cui riversare prestazioni sanitarie e prestazioni sociali soggette a disponibilità di budget. Ciò significherebbe la possibilità - molto concreta, allo stato attuale - di non erogazione di quanto prospettato, poiché le risorse sui territori non sono sufficienti. La domanda sorge spontanea: questo provvedimento ha, per caso, lo scopo di risanare il Servizio sanitario nazionale togliendo dal calderone proprio gli anziani? Il disegno di legge, inoltre, si muove verso il rimaneggiamento dell'assegno di accompagnamento per l'invalidità, in favore di un nuovo assegno concettualmente ed eticamente discutibile. Si andrebbe a integrare sotto la voce di assegno unico universale anche la parte di assistenza sanitaria e assistenza sociale, di fatto togliendo all'assistito la garanzia statale delle prestazioni sanitarie. Monetizzare le necessità di assistenza dell'anziano con patologia e doverlo mettere nella condizione di scegliere cosa curare meglio e cosa meno per risparmiare credo non sia un'opzione da dover valutare e neanche lontanamente immaginare, in un Paese che dovrebbe vantare uno dei migliori sistemi di sanità pubblica.

Questo è, in realtà, un disegno di legge molto caro al MoVimento 5 Stelle, che ha lavorato intensamente al tema, fin dalla scorsa legislatura. È un fatto testimoniato anche dalla creazione, su iniziativa dell'allora Vicepresidente del Senato Paola Taverna, di un intergruppo parlamentare, che ha lavorato e studiato per diverso tempo proprio su come migliorare l'assistenza a questa vasta e importante fascia della popolazione. Fortunatamente il Governo ha recepito almeno una piccola parte del frutto del lavoro di questo intergruppo. In particolare, l'articolo 3, che citavo in precedenza, rispecchia sostanzialmente la visione del MoVimento 5 Stelle sul tema. Significativa, infatti, è la parte sulla promozione dell'invecchiamento attivo. Invecchiamento attivo significa attivarsi in uno o più ambiti della sfera sociale e/o personale, nei modi che più si ritengono giusti e congrui per se stessi. Ciò avrebbe una ricaduta più che positiva sullo stato di salute psicofisica della persona anziana. Stiamo parlando, quindi, di uno strumento di prevenzione di straordinaria importanza. Al Senato avevamo chiesto un fondo per rafforzare questo strumento e questa visione ma, purtroppo, ci è stato negato.

Un altra previsione importante è la creazione del CIPA, il Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana, che ha il compito di coordinare e favorire una programmazione integrata delle politiche nazionali in favore delle persone anziane. Grazie a un nostro emendamento, approvato in Senato, potranno entrare a far parte di questo Comitato anche le associazioni per le persone con disabilità.

Oltre a queste, sono state apportate anche altre migliorie proposte dal MoVimento 5 Stelle, in tema di diritto di accesso alle cure palliative anche presso il proprio domicilio, di relazione con gli animali d'affezione, di garanzia di potersi rivolgere ad un unico soggetto per la persona che necessita di diversi presidi e terapie a domicilio.

Anche se migliorato rispetto alla versione iniziale, il testo presenta ancora molte gravi lacune. Infatti, moltissime nostre proposte migliorative sono state inspiegabilmente bocciate.

Nulla è stato fatto in merito al personale sociosanitario, che è un anello fondamentale per il funzionamento dei nostri presidi sanitari. Attraverso gli emendamenti presentati in Senato dal MoVimento 5 Stelle si sarebbe potuto finalmente avviare una riforma che conferisse a questi operatori maggiore riconoscimento, che passa anche attraverso la formazione, a cui si sarebbe potuto dare finalmente ordine e chiarezza. Ma, dopo aver celebrato con belle parole la giornata delle professioni sanitarie, pochi giorni fa a questi lavoratori è stata sbattuta la porta in faccia.

Altrettanto assente quanto è stato faticosamente concordato nel corso della scorsa legislatura sul tema dei caregiver con il contributo di tutte le forze politiche, che oggi sembrano sconfessare quanto da loro stesse fatto. Infatti, non possiamo dimenticare il testo di legge condiviso per il riconoscimento giuridico dei caregiver familiari, provvisto anche delle necessarie coperture finanziarie. È stato detto che questo provvedimento arriverà; bene, noi lo aspettiamo con ansia.

Un altro punto critico è quello collegato al PNRR. Il provvedimento dimentica la Missione 6, ossia l'identificazione della casa come primo luogo di cura. Questo è un aspetto fondamentale, se pensiamo a come il fatto di rendere la propria abitazione adatta a ricevere le giuste cure possa alleggerire il carico di ospedali e pronto soccorso, che sono già duramente molto provati, e quanto anche possa far star meglio il soggetto che riceve cure a casa propria e nel proprio ambiente.

Anche sulle strutture residenziali, le RSA, sulle quali si è a lungo dibattuto in questi ultimi anni di emergenza pandemica - è vero, anello debole dell'assistenza agli anziani - abbiamo perso un'occasione per riformare un settore che aspetta da decenni un intervento legislativo strutturale.

Tutto il grandissimo sforzo fatto in merito si riduce ad una semplice revisione delle linee guida. È prioritario togliere le RSA dall'isolamento in cui sono state lasciate, inserendole nella rivalutazione dell'assistenza sociosanitaria nazionale.

Come accennavo all'inizio di questo intervento, poi abbiamo l'annosa questione dei finanziamenti, che è fondamentale. Anche se si tratta di un testo che non ci convince e riteniamo che possa essere grandemente migliorabile, quanto finora scritto rischia di rimanere su carta. È, infatti, impensabile che si possa intervenire sul tema del potenziamento delle politiche in favore degli anziani non autosufficienti senza adeguate risorse aggiuntive. È lampante che non sarà possibile migliorare i servizi riorganizzando le risorse attuali e unificando le erogazioni economiche attuali sotto il nome rinnovato di “prestazione universale”. Per offrire realmente maggiori e migliori servizi e rispondere alle esigenze di una popolazione sempre più longeva serviranno più risorse, questo è poco, ma sicuro.

È infatti impensabile che si possa affrontare il fenomeno dell'invecchiamento della popolazione senza maggiori investimenti sul personale, sia in termini di assunzioni massicce sia in termini di adeguata formazione. Personale e mancanza di risorse non sono un tema secondario. Questi ultimi anni hanno mostrato quanto possa incidere la carenza di personale sociosanitario nella cura della persona. Abbiamo ancora negli occhi le immagini degli ospedali gremiti e un personale ridotto all'osso, che spesso, solo per spirito di servizio e dedizione al lavoro, anche mettendo a rischio la propria salute, è stato in prima linea contro l'emergenza pandemica. Questo mancato stanziamento di nuove risorse finirà per ricadere inevitabilmente sulle spalle degli utenti e dei loro familiari, da una parte, e del personale sociosanitario, dall'altra.

Per quanto riguarda le famiglie, parliamo di cure qualitative non all'altezza e a costi proibitivi, con un'economia ormai da anni ferma, se non addirittura in recessione. Per il personale, invece, parliamo di una compressione di salari e diritti, con un carico di lavoro spesso insopportabile.

Questo era un provvedimento molto atteso, che purtroppo possiamo condividere solo parzialmente. Si poteva fare di più, si poteva fare meglio. Come MoVimento 5 Stelle abbiamo presentato numerose migliorie di assoluto buonsenso, ma per la maggior parte non siamo stati ascoltati, e questo sicuramente, quando si parla di persone che vivono condizioni di fragilità, è molto triste.

Nonostante tutto, siamo assolutamente disponibili al confronto anche nella fase successiva e siamo aperti a migliorare in modo concreto e reale le condizioni di questa popolazione assolutamente importante come sono i nostri anziani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Colosimo. Ne ha facoltà.

CHIARA COLOSIMO (FDI). Grazie mille, Presidente. Come detto dai colleghi, noi in questo disegno di legge in esame, che reca la disciplina di alcune deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane, ci abbiamo molto creduto. E ci crediamo, innanzitutto, perché il Governo Meloni mette in campo una riforma articolata e complessiva, volta ad attuare alcune norme contenute nella legge di bilancio del 2022, colleghi, e alla realizzazione della Missione 5, Componente 2, del PNRR, che fissava, peraltro, la scadenza proprio nel primo trimestre del 2023. Questo testo, che è già stato approvato in Senato, arriva qui anche attraverso l'accoglimento di alcune proposte emendative delle opposizioni. È per questo che sono rimasta sorpresa nell'ascoltare l'intervento del MoVimento 5 Stelle: avevo pensato di dover ascoltare un elenco delle cose fatte nei 5 anni continuativi di Governo del MoVimento 5 Stelle e, invece, si rinfaccia, per esempio, la mancata legge sui caregiver, quando mi sembra che sia chiaro chi è che non l'ha portata a casa.

Allo stesso tempo, mi corre l'obbligo di segnalare che non solo i soldi a cui si fa riferimento sono previsti nel PNRR (2 miliardi e 700 milioni), ma devo sottolineare che è anche scritto l'impegno del Governo a trovare ulteriori risorse quando si procederà con i decreti attuativi.

Detto questo, questa riforma, che muove dal riconoscimento del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cure, si occupa anche e soprattutto di semplificare ed integrare le procedure di valutazione, perché sappiamo che purtroppo la burocrazia è spesso una giungla, e quella giungla per persone che non hanno magari un'alfabetizzazione digitale è ancora più complessa.

Questo è un provvedimento atteso oggi da 2,9 milioni di anziani non autosufficienti, ma le stime ci dicono che nel 2030 arriveremo fino a 5 milioni di anziani non autosufficienti. Era quindi un provvedimento non rimandabile, urgente, per cui la ringraziamo, Vice Ministro Bellucci. E specifichiamo che l'istituzione dei PUA, cioè i punti unici di accesso diffusi su tutto il territorio, avrà un'importante ricaduta pratica sulle nostre famiglie perché ci permetterà una serie di facilitazioni, soprattutto per arrivare velocemente al PAI, cioè al piano assistenziale individualizzato. Quella norma che ci permette di ricordarci che, quando ci approcciamo a persone, che siano malate, fragili, o comunque persone, innanzitutto parliamo di vite umane e non di numeri, come spesso è stato fatto.

Noi, con questa riforma, andiamo a istituire una governance nazionale delle politiche in favore della popolazione anziana, che permetterà una serie di importanti provvedimenti: la promozione di misure a favore dell'invecchiamento attivo e dell'inclusione sociale, la promozione di nuove forme di coabitazione solidale tra persone anziane, ma anche intergenerazionali, perché c'è bisogno e c'è necessità anche di questo. Queste forme di coabitazione - le case famiglia, i condomini solidali - però, lo specifichiamo, devono essere aperte e saranno aperte non solo ai familiari, non solo ai volontari, ma anche ai prestatori di servizi sanitari, sociali e sociosanitari.

Noi immaginiamo una promozione di interventi per la prevenzione della fragilità. Andiamo, innanzitutto, a integrare gli istituti di assistenza domiciliare integrata, le cosiddette ADI, e il servizio di assistenza domiciliare, SAD, perché sappiamo che a casa propria si sta meglio. Riconosciamo il diritto alla somministrazione delle cure palliative presso il proprio domicilio o, se lo si preferisce, presso un hospice.

Andiamo, inoltre, a mettere per iscritto la necessità di intervenire a favore dei caregiver, perché questa legge delega ha l'ambizioso e non più rimandabile intento di integrare sociale e sanitario, e mettere insieme le rispettive competenze di comuni, regioni e aziende sanitarie. Nel 2021 erano poco più del 2,9 le persone anziane over 65 assistite a domicilio, con appena 16 accessi all'anno per caso trattato. Il PNRR ci pone l'ambizioso obiettivo del 10 per cento alla Missione 6-Componente 1, ma, al netto dell'obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è necessario - e noi lo riconosciamo come necessario - per il benessere dei nostri anziani e anche, se permettete, per sollevare dall'ingente e non spesso facile lavoro i nostri ospedali, in special modo i nostri pronto soccorso, nonché per rasserenare i nostri caregiver, cosa che tutti potremmo essere nella vita, prima o dopo.

Sono nove articoli snelli, ma molto importanti, perché toccano tanti temi (i LEPS, gli ATS, i PUA, i PAI, i LEA, i caregiver), fanno una ricognizione, un riordino, una semplificazione, un'integrazione, un coordinamento delle attività, istituiscono il Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana, che ha il dovere di fare ben due piani nazionali. Il Vice Ministro sa che noi teniamo particolarmente ai piani nazionali, non a caso abbiamo approvato rapidamente quello sui malati rari, ultra-rari e senza diagnosi. Decidono di investire sull'invecchiamento attivo, l'inclusione sociale, la prevenzione della fragilità nella popolazione anziana e, l'altro piano, sull'assistenza, la cura della fragilità e la non autosufficienza della stessa popolazione. Vengono fissati dei termini per i decreti legislativi molto stringenti, che è uno dei grandi temi che nei Governi passati ha visto troppo spesso accumularsi decreti che non sono mai entrati in vigore e si occupano della formazione del personale, una formazione che non è secondaria, ma è prioritaria per il miglioramento delle condizioni di vita degli over 65 e dei caregiver. Con questa legge delega prevediamo quale sarà il procedimento per l'adozione di tutti i decreti legislativi e con quale tempistica.

Sulle risorse necessarie vi ho già risposto in parte, lo faccio ancora, perché voglio che resti agli atti che, oltre ai 2,7 miliardi già previsti dal PNRR, c'è l'impegno di questa maggioranza a trovare altre risorse. E lo facciamo perché per noi questo disegno di legge sugli anziani è un vero e proprio patto per la terza età, è la scelta di dare una risposta strutturale per evitare la marginalizzazione dei nostri nonni. Ringraziamo quindi il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che, su proposta dei Ministri Schillaci e Calderone, il 19 gennaio, ha approvato questo disegno di legge, ringraziamo le opposizioni, che hanno voluto condividere questo testo su cui hanno lavorato insieme a noi. Questo disegno di legge è stato accolto con favore dalle organizzazioni sindacali, dalle associazioni mediche e dagli operatori del Terzo settore. Non a caso, monsignor Paglia ha incoraggiato il Governo, auspicando che l'Italia, il secondo Paese più vecchio al mondo, abbia il coraggio ed il cuore di andare oltre tutti gli ostacoli che si incontreranno, regalando un messaggio di speranza non solo agli italiani, ma al mondo intero quando si parla di terza età. Anche il cardinale Zuppi ha accolto con grande soddisfazione questa nostra volontà. Assicurare il diritto ad una vecchiaia serena è un impegno che Fratelli d'Italia ha assunto quando si è candidato a governare la Nazione, e lo abbiamo fatto consapevoli che nella nostra Nazione la piramide demografica è, purtroppo, da molto tempo invertita, consapevoli del dovere di solidarietà, del diritto all'universalità di accesso alle cure e che oggi gli uomini e le donne di Stato devono essere, prima di tutto, uomini di buona volontà, una buona volontà che può e deve passare, innanzitutto, attraverso l'idea che i nostri nonni mai saranno considerati solo ammortizzatori sociali, seppur straordinari ammortizzatori sociali, ma fondamentali insegnanti di vita, una cattedra a cui noi non possiamo certamente rinunciare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Ci sono due fenomeni che caratterizzano quest'epoca che stiamo vivendo e che ne saranno sempre più protagonisti, in particolare nella società europea: l'invecchiamento e il calo demografico. Sul calo demografico, nel corso della passata legislatura si è assunta, con un voto praticamente unanime, la decisione di sostenere l'assegno unico, il Family Act, di cui ci siamo occupati con la Ministra Bonetti con un'azione trasversale in questo Parlamento. Oggi ci occupiamo del tema dell'invecchiamento e della qualità dell'invecchiamento e lo facciamo, anche qui, mi auguro, con un voto trasversale molto largo. Ringrazio la Vice Ministra per la sua presenza e il suo lavoro.

La Società italiana di geriatria ci dice che il 26 per cento della popolazione italiana ha più di 65 anni, di questi 14 milioni di italiani, 4 milioni non sono autosufficienti o non completamente autosufficienti. Questo, naturalmente, ha ripercussioni non solo nella vita dei singoli, ma anche nella vita delle famiglie, nell'organizzazione della vita sociale. Ed è giusto che su questo le istituzioni facciano un grande lavoro per garantire che la qualità della vita sia pari alle aspettative di una società che, con l'innalzamento dell'età media, vede aspettative sempre più alte. Aspettative soddisfatte tramite politiche pensionistiche adeguate, a cui però bisogna affiancare politiche sociali, familiari, sanitarie e assistenziali di qualità.

Questo disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri, è frutto del grande lavoro della Commissione interministeriale presieduta da monsignor Paglia presso la Presidenza del Consiglio, che ha prodotto un risultato recepito, prima dal Governo Draghi, con un disegno di legge che era stato a suo tempo depositato, poi da questo Governo. È frutto di un lavoro partecipato non solo dalla politica, ma anche dalla società civile, dal mondo che su questi temi si è sempre battuto. Monsignor Paglia lo fa da 40 anni, ha maturato una sensibilità, il suo lavoro e quello di tanti altri hanno fatto maturare una sensibilità all'interno delle istituzioni, che oggi va messa a frutto.

Il testo è stato ben descritto dal relatore, pertanto non torno sugli aspetti contenutistici, che considero assolutamente buoni, su cui siamo favorevoli Mi permetto di fare un paio di sottolineature sulle preoccupazioni. Ci vogliono risorse: senza toccare quelle del Fondo per la non autosufficienza che, di per sé, in generale, da sempre, sono sempre troppo poche, accanto alle risorse del PNRR, ci vogliono risorse aggiuntive, che devono essere strutturali. Così come abbiamo fatto, ripeto, per i bambini con l'assegno unico, bisogna trovare risorse strutturali in questo Paese per far fronte alle politiche sulla vecchiaia, bisogna utilizzare meglio quelle che ci sono e bisogna utilizzarle integrando le risorse che ci sono. Mi riferisco a percorsi che, anche qui, hanno origine lontana e che hanno a che fare non solo con dinamiche finanziarie, ma, soprattutto, con dinamiche culturali. Penso all'integrazione tra territorio e ospedale nelle politiche sanitarie: da quell'integrazione corrisponde una diversa qualità delle prestazioni erogate. Penso al coinvolgimento del Terzo settore: anche utilizzando la riforma del Terzo settore come asse portante, spina dorsale del sistema di solidarietà nel nostro Paese, va coinvolto con grande enfasi.

Raccomando veramente al Governo di farlo diventare partner formale, ufficiale e continuo anche nella definizione dei decreti attuativi, perché poi, sul territorio, le risorse per far fronte all'assistenza e le forme di solidarietà e di vicinanza a 4 milioni di non autosufficienti - mi limito a questi, senza occuparmi degli altri 10 milioni di anziani - non possono essere solo risorse pubbliche. Bisogna mettere insieme capitale privato, risorse pubbliche, volontariato e Terzo settore. Mettere insieme e lavorare su questo, con un tavolo capace di integrare bene, nella definizione, i decreti attuativi - che comunque hanno un anno di tempo per essere emanati, anzi meno di un anno, e il tempo è stretto anche per rispettare i vincoli del PNRR - credo che sia un elemento essenziale.

Così come la definizione dei LEPS su questo: stiamo discutendo sull'autonomia con grande enfasi - non so dove finirà quel dibattito - ma a me interessa che la definizione dei LEPS e il finanziamento dei LEPS in questo settore trovino una loro rispondenza.

I princìpi cardine di questo provvedimento trovano da parte nostra una grande condivisione, ma la grande condivisione discende anche dall'apertura della porta sul nostro pianerottolo di casa. Nei nostri condomini troviamo caregiver in ogni piano e sempre di più sarà così. Alla preoccupazione dei genitori nei confronti dei figli, che è una preoccupazione costante, si aggiunge la preoccupazione dei genitori per i propri genitori. Su questo, la vicinanza delle istituzioni, la vicinanza dello Stato, che deve essere fatta attraverso i comuni prima di tutto, deve essere messa in campo attraverso risorse e, accanto alle risorse, deve essere messo in campo personale specializzato. Qui vi è la terza raccomandazione: in tutto questo, ma non solo in questo, c'è un ambito di “rivoluzione” che noi dobbiamo fare e che riguarda anche la revisione del reddito di cittadinanza. Cioè, l'approccio alla povertà, così come l'approccio alle difficoltà dei non autosufficienti, passano attraverso una rete solida di assistenti sociali, che noi dobbiamo costruire nei comuni. Su questo c'è bisogno assolutamente di un sostegno vero e concreto da parte dello Stato, perché non si possono lasciare i comuni e le amministrazioni comunali da soli. Quando le amministrazioni comunali devono fare la loro pianta organica, alla fine, tra le priorità, quella degli assistenti sociali non è mai in testa. Su questo abbiamo bisogno di uno sforzo aggiuntivo da parte del Governo.

Chiudo con un riferimento anche alla necessità di sfruttare questa occasione in maniera molto seria, perché il tema della spesa sanitaria è un tema gigantesco in questo Paese. Mentre abbiamo bisogno, ed è sempre nell'agenda, della definizione di risorse per spesa ospedaliera, abbiamo una difficoltà ad allocare seriamente la spesa sul territorio. Io penso che le case di comunità e le definizioni anche messe all'interno del PNRR possano far fare passi in avanti anche di tipo significativo al nostro sistema. Ma non sono sufficienti, perché l'integrazione della spesa ospedaliera e della sanità territoriale è ad un livello ancora insufficiente e differenziato regione per regione. Su questo rischiamo di avere sempre di più, anche mettendo in campo provvedimenti come questi, politiche che vedono due Italie differenti. Quindi, la raccomandazione che faccio anche in questo caso al Governo è che con le regioni, su questo punto, si trovi una modalità di sintesi e di lavoro che sia veramente funzionale.

Mi auguro che, con questo provvedimento, veramente si possano raggiungere due obiettivi: il primo è quello di fare una buona legge, il secondo è quello di costruire, così come ci sono stati nel passato, luoghi come quelli in cui l'elaborazione su questo ha fatto fare passi in avanti. Penso ai primi condomini solidali che trent'anni fa nascevano nelle nostre città, che sembravano luoghi estranei e che, oggi, invece, possono rappresentare un modello da riprodurre su scala più larga. Penso che, con questa normativa, possiamo far fare un passaggio e anche un salto culturale di attenzione e di centralità a un tema, che, nel nostro Paese e nella nostra cultura, è sempre stato demandato completamente alla solidarietà intergenerazionale e ai problemi familiari. Abbiamo bisogno, invece, che questo diventi un tema al centro del lavoro delle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Saluto studenti, studentesse e insegnanti dell'Istituto Guido delle Colonne di Roccalumera, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

È iscritta a parlare la deputata Annarita Patriarca. Ne ha facoltà.

ANNARITA PATRIARCA (FI-PPE). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, oggi cominciamo la discussione del disegno di legge recante deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane. Un provvedimento importante, richiesto e atteso da cittadini, organizzazioni e associazioni che agiscono nell'ambito dell'assistenza sanitaria e del volontariato, e in particolare legato all'attuazione di alcuni obiettivi indicati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il provvedimento è stato presentato al Senato solo il 27 gennaio scorso e approvato dall'altro ramo del Parlamento l'8 marzo. Tempi veloci di esame e approvazione richiesti dalle scadenze previste dal PNRR ma anche dal fatto che questo disegno di legge si rifà ai lavori della commissione per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria per la popolazione anziana, istituita nel 2020 presso il Ministero della Salute e presieduta da monsignor Vincenzo Paglia, Gran cancelliere del Pontificio istituto teologico per le scienze del matrimonio e della famiglia.

La ratio del provvedimento nasce dalla necessità di rispondere alle esigenze di coloro che presentano maggiori fragilità, gli anziani non autosufficienti ad esempio, ma anche di aprire una più profonda riflessione sull'invecchiamento attivo, ossia su quel processo che, secondo gli standard dell'Organizzazione mondiale della sanità, ottimizza le opportunità di salute, partecipazione e sicurezza di coloro che sono entrati nella terza età, una stagione della vita verso la quale appare necessario cambiare mentalità e approccio.

Le deleghe contenute nel disegno di legge oggi in discussione intendono definire una nuova e specifica governance nazionale delle politiche in favore delle persone anziane, al fine di coordinare gli interventi e promuovere le misure a favore di una più fattiva inclusione, adottando misure di natura sanitaria, sociale e relazionale, costruendo così un'assistenza a tutto tondo, volta a garantire, mediante un approccio e una valutazione multidimensionale dei bisogni, cure domiciliari su misura, contrasto alla solitudine e la possibilità di accesso ai servizi, sulla base di un impianto organizzativo centrato sulle necessità della persona anziana e sul contesto in cui essa vive ed agisce. La finalità è, quindi, quella di delineare gli interventi per l'invecchiamento attivo e la promozione dell'autonomia delle persone anziane mediante l'attivazione di interventi per la solidarietà e la coesione tra generazioni ma, soprattutto, interventi normativi che puntino alla prevenzione della fragilità, necessitando il complesso normativo esistente di una razionalizzazione e di una ottimizzazione ormai non più rinviabili.

Il provvedimento introduce, ancora, importanti norme sulle non autosufficienze. A tal fine sono previsti decreti per riordinare, semplificare, coordinare e rendere più efficaci le attività di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria di tali categorie che, peraltro, hanno bisogno di una ridefinizione dei parametri sulla base degli standard internazionali. È importante arrivare a una programmazione integrata degli interventi dedicati all'assistenza alle persone anziane, così come vanno perfezionati gli istituti dell'assistenza domiciliare integrata e del servizio di assistenza domiciliare, il tutto assicurando l'erogazione dei livelli delle prestazioni omogenee su tutto il territorio nazionale.

Il disegno di legge interviene anche in materia di servizi semiresidenziali, per i quali si immaginano interventi complementari di sostegno e per cui vanno fornite risposte distinte in base ai profili individuali.

Così come si propone la revisione dei criteri minimi di autorizzazione e accreditamento per soggetti erogatori pubblici e privati anche del Terzo settore, perché possano essere organizzati in maniera più efficiente ed efficace i servizi di rete domiciliare di ordine residenziale e dei centri multiservizio socioassistenziali e sanitari, con particolare attenzione ai servizi e alle attività specifiche per le persone anziane disabili e per gli anziani non autosufficienti.

Appare superfluo sottolineare quanto queste manovre intervengano in un particolare momento storico: stiamo affrontando un'importante transizione demografica, che vede crescere l'invecchiamento della popolazione e lo svuotamento delle aree interne e dei piccoli comuni, una transizione che ha profonde implicazioni, non solo di carattere sanitario, ma anche culturale e sociale.

Nel 1969, il gerontologo Robert Neil Butler coniò il termine ageismo per indicare il complesso degli stereotipi, dei pregiudizi e delle discriminazioni basate sull'età. Il concetto non è necessariamente riferito alle persone anziane, ma, rispetto a queste, la condizione anziana viene collegata di solito all'idea di lentezza, di inefficienza, un'idea cui crediamo sia importante contrapporre l'idea di invecchiamento attivo. Il concetto di invecchiamento attivo parte dal presupposto che sia necessario agire al fine di migliorare la qualità della vita delle persone anziane, attuando tutti i processi necessari all'ottimizzazione delle opportunità relative a salute, partecipazione e sicurezza. Di fondo, c'è l'idea che si possa tentare di invecchiare in buona salute, partecipando alla vita collettiva e cercando spazi di azione che possano costituire ancora fonte di realizzazione. C'è anche il tentativo di evitare l'assunzione, da parte di persone anziane autosufficienti e con patologie non invalidanti, di stili di vita passivi e sedentari, che possano alimentare senso di inutilità e frustrazione, spingendoli a trascurare la necessaria attenzione per la prevenzione e l'adozione di stili di vita sani, che poi si riverberano sullo stato di salute complessivo. C'è, comunque, un'importante specificazione da fare: quando si parla di salute, non si intende far riferimento esclusivamente allo stato di salute fisica e agli interventi su stati patologici più o meno gravi; il pilastro salute dell'OMS intende comprendere ambiti ampi, che tengano conto del benessere psicofisico e sociale della persona, quindi pone un'attenzione particolare all'aspetto della prevenzione, nonché della gestione delle malattie croniche, ma anche al mantenimento di stili di vita salutari, alla promozione della rete sociale e alla partecipazione tout court.

Questo appena delineato è un altro modo di concepire l'invecchiamento; mi piace pensare che sia un nuovo modo di recuperare, adattandolo ai cambiamenti dei tempi, il ruolo della persona anziana come risorsa per la collettività. Una volta gli anziani erano coloro che, in famiglia o nella comunità, trasmettevano la saggezza dell'esperienza e mantenevano viva la continuità delle tradizioni e di una certa cultura, fosse familiare o di comunità, costituivano un filo che legava passato, presente e futuro. Oggi si può intendere il concetto di anziani come risorsa sociale, pensando alla loro partecipazione alla vita attiva: si pensi all'iniziativa dei nonni civici che, davanti alle scuole, aiutano i piccoli scolari ad attraversare la strada; si pensi al sostegno economico ai figli, all'assistenza ai nipoti, alla potenziale partecipazione al volontariato. Da tempo, l'adozione di certi stili di vita ha cambiato la fisionomia delle famiglie, ha amplificato, soprattutto nelle città, le condizioni di solitudine, ha reso più complessa l'interazione sociale. Oggi è possibile quindi prevedere un sistema di partecipazione alla vita della comunità o modalità di convivenza tra persone anziane, basato sul concetto di solidarietà; c'è la possibilità di intervenire nel senso di sviluppare una dimensione di responsabilizzazione e di autodeterminazione degli anziani. Rimane l'aspetto delle adeguate risorse economiche, infrastrutturali e sociali che devono essere investite per sviluppare il concetto di invecchiamento attivo come multidimensionale. In parte, queste proverranno dal PNRR, ma ci auguriamo che si possano incrementare nel corso dell'anno che ci separa dal termine di adozione dei decreti legislativi attuativi della delega.

Il provvedimento in esame appare uno dei molti interventi che dovremo adottare affinché lo spazio fisico, sociale e culturale dei luoghi urbani in cui viviamo sia adattato al concetto di invecchiamento attivo, proteggendo le persone più vulnerabili e promuovendo la loro inclusione e il loro contributo in tutti gli ambiti della vita della comunità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 977​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Luciano Ciocchetti, che ha esaurito il tempo a sua disposizione e, quindi, se vuole, può fare una brevissima replica.

LUCIANO CIOCCHETTI, Relatore. Grazie, Presidente. Credo che ci sia poco da aggiungere, se non riguardo alla questione legata ai finanziamenti, che è stata richiamata negli interventi di molti colleghi. Come prassi, nelle leggi delega non ci sono stanziamenti definiti, che saranno, invece, previsti nelle prossime leggi di bilancio, come già il Vice Ministro ha specificato in Commissione affari sociali, e anche nei 3 decreti legislativi che dovranno essere adottati, in relazione ai quali chiaramente c'è un impegno forte da parte del Governo di individuare risorse ulteriori, oltre a quelle che già sono fissate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza - i 2,7 miliardi che sono stati richiamati - e gli altri finanziamenti strutturali già presenti nei capitoli che fanno riferimento alle attività sociali e sanitarie per gli anziani. Volevo aggiungere solo questo; non credo ci sia da aggiungere altro. Credo che questa sia una legge assolutamente importante e urgente da approvare.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo.

MARIA TERESA BELLUCCI, Vice Ministra del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Innanzitutto, ringrazio tutti i gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione, per il contributo che hanno dato, un contributo fondamentale per arrivare a un disegno di legge delega che possa il migliore possibile. Come ha detto il nostro Presidente del Consiglio, trattare di anziani significa trattare di bisogni di ciascuno di noi e garantire, quindi, alla relativa fase della vita la dignità che le va riconosciuta, scongiurando quella cultura dello scarto che spesso lascia in uno stato di maggiore solitudine i più fragili. Quindi, ringrazio nuovamente tutti i gruppi parlamentari, perché essere uniti e non divisi è un esempio di buona e di alta politica, che deve essere sempre e comunque al servizio delle persone.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Maccanti ed altri; Mollicone: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore mediante le reti di comunicazione elettronica (A.C. 217​-648-A​) (ore 12,27).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 217-648-A: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore mediante le reti di comunicazione elettronica.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 15 marzo 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 15 marzo 2023).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 217-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni VII (Cultura) e IX (Trasporti) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione cultura, deputata Grazia Di Maggio.

GRAZIA DI MAGGIO (FDI), Relatrice per la VII Commissione. Grazie, Presidente. Signor Vice Ministro, onorevoli colleghi, il testo unificato delle proposte di legge che le Commissioni VII e IX portano oggi all'attenzione dell'Assemblea introduce nuove, incisive misure per la prevenzione e per la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore attraverso le reti di comunicazione elettronica. La pratica della pirateria audiovisiva ed editoriale ormai coinvolge il 43 per cento della popolazione italiana e, per la massima parte, avviene in forma digitale. Se, da un lato, sono calati infatti gli atti di pirateria commessi in media da ciascuno, è, purtroppo, in aumento la quantità di persone che ne commettono. I film, le serie TV e i programmi restano i contenuti più spesso fruiti in modo illecito, ma cresce sempre più, in maniera preoccupante, la quota di chi assiste illecitamente alle trasmissioni di eventi sportivi dal vivo. Questo tipo di contenuti si segnala per la particolare immediatezza che gli interventi a sua tutela richiedono per poter risultare sempre più efficaci. Il collega Dara fornirà i numeri relativi al settore audiovisivo, ma occorre ricordare che l'impatto della fruizione illecita sul giro d'affari del mondo editoriale è pure molto grave. Ogni anno, un terzo degli introiti delle vendite di libri, e-book e audiolibri scompare nel nulla a causa della pirateria: opere fotocopiate illegalmente, file digitali scambiati senza averne diritto e scambio di password per accedere ad abbonamenti che dovrebbero essere personali sottraggono a migliaia di persone, molte delle quali giovani, la possibilità di vivere dell'opera del proprio ingegno.

Gli atti di pirateria costano al mondo del libro 771 milioni di mancato fatturato, pari al 31 per cento del valore complessivo del mercato, al netto di editoria scolastica ed esportazione, e la perdita di oltre 5.400 posti di lavoro. Contando anche l'indotto, ovvero le ricadute su altri settori collegati ai libri, il costo è di 1,88 miliardi e 13.100 posti di lavoro, oltre a un mancato gettito fiscale di 322 milioni di euro.

Signor Presidente, il testo in esame è frutto di un lungo lavoro, un lavoro approfondito e ampiamente condiviso, per il quale ringrazio i colleghi, i presidenti di Commissione e anche i membri del Governo per la sensibilità dimostrata. Oltre agli onorevoli Mollicone e Capitanio e al Sottosegretario Butti per il lavoro pregresso, i Ministri Abodi e Urso.

Ritengo che il percorso che ci ha condotti a questo risultato sia una bella pagina per la politica e un esempio concreto di quella centralità che in Parlamento molto spesso si evoca, ma che non sempre si è praticata nel corso degli anni, e a cui, invece, questa maggioranza guarda con particolare attenzione.

Il confronto sul testo era cominciato già nel corso della scorsa legislatura, sulla base di cinque proposte abbinate provenienti da forze politiche diverse ed era giunto a un significativo grado di affinamento e di condivisioni; questo grazie anche a un ricco ciclo di audizioni e a un confronto con le autorità, con le associazioni di categoria e con gli operatori del settore. Lo scioglimento delle Camere ha impedito di concludere l'iter, ma sin dall'inizio della nuova legislatura le Commissioni VII e IX hanno avvertito l'esigenza di non far cadere nel vuoto il grande sforzo compiuto e riavviare, per quanto possibile, i lavori laddove si erano interrotti.

In questa prospettiva le due proposte di legge - dell'onorevole Mollicone, per la VII Commissione, e dell'onorevole Maccanti, per la IX Commissione - poi trasfuse in un testo unificato, hanno volutamente ripreso il testo unificato licenziato nella scorsa legislatura. Ci tengo a sottolineare che l'esigenza di fare presto non ha fatto velo sull'esigenza di fare bene.

Per assicurare che l'articolato fosse davvero in grado di intercettare in modo completo e potenzialmente risolutivo le problematiche che noi aspiriamo a regolare, abbiamo svolto un ulteriore ciclo di audizioni, nel quale di nuovo le autorità e tutte le realtà che animano questo complesso mondo hanno offerto un apporto significativo, per cui davvero le ringrazio a nome di entrambe le Commissioni.

Rispetto al nuovo testo unificato sono state presentate, poi, 24 proposte emendative, 11 delle quali sono state accolte, 2 in nuova riformulazione.

Prezioso è stato anche il contributo da parte delle altre Commissioni in sede consultiva, che hanno espresso pareri favorevoli, confortandoci nella bontà degli esiti ai quali siamo pervenuti e consentendoci, anche tramite un'osservazione della Commissione giustizia, di limare ulteriormente il testo con un emendamento dei relatori.

Un riferimento importante, inoltre, per i nostri lavori è stato rappresentato anche dagli studi e dai dati comparatistici, allargando lo sguardo alle strategie implementate dagli altri Paesi europei. In particolare, spunti utili sono stati tratti dal rapporto Mapping report on national remedies against online piracy of sports content del dicembre 2021, a cura dell'Osservatorio dell'audiovisivo istituito dal Consiglio d'Europa. Quanto emerso dallo studio conferma che a livello europeo, sebbene gli eventi sportivi di per sé non siano generalmente soggetti alla tutela tipica del diritto d'autore, gli organizzatori e i broadcaster ricevono una tutela effettiva, spesso attuata mediante i cosiddetti ordini di ingiunzione dinamica impartiti all'esito di procedimenti abbreviati e in tempo reale, strumenti che ormai da qualche anno si sono affermati anche nella prassi della giurisprudenza italiana.

Assai utile anche il report 2021 dell'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale, che, nel confermare come ormai la minaccia per il diritto d'autore e i diritti connessi provenga in modo massiccio dallo streaming, ha confermato l'utilità di congegni modulati sulla cosiddetta super-injunction.

Ebbene, di tutti questi elementi, che, peraltro, si muovono anche nel solco che Agcom sta tracciando sulla revisione dei propri regolamenti, abbiamo tenuto conto. Ne abbiamo tenuto conto per apprestare nel nostro ordinamento nazionale una tutela adeguata al diritto d'autore e ai diritti connessi, nel rispetto, ovviamente, del diritto alla libertà di manifestazione del pensiero e del diritto di cronaca, che sono, per noi, dei capisaldi irrinunciabili.

Venendo all'illustrazione dell'articolato, mi soffermerò sugli articoli 1 e 5, di competenza della Commissione VII, lasciando la disamina degli altri articoli al collega Dara.

L'articolo 1 è intitolato ai principi, intestando alla Repubblica e, dunque, a tutti i suoi enti costitutivi ex articolo 114 della Costituzione, cioè Stato, regioni, province, città metropolitane e comuni, una serie di compiti e iniziative: a) riconoscere, tutelare e promuovere la proprietà intellettuale in tutte le sue forme come strumento di stimolo dell'innovazione, della creatività, degli investimenti e della produzione di contenuti culturali, anche di carattere digitale; b) tutelare il diritto d'autore, come definito dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, e le situazioni giuridiche allo stesso connesse da ogni violazione e da ogni illecito, compresi quelli perpetrati mediante l'utilizzo di reti di comunicazione elettronica; c) assicurare alle imprese, agli autori, agli artisti e ai creatori adeguate forme di sostegno, anche economico, per agevolare la produzione, la traduzione e l'internazionalizzazione delle opere dell'ingegno; d) prevedere opportune forme di responsabilizzazione nei confronti degli intermediari di rete, al fine di rendere maggiormente efficaci le attività di contrasto alla diffusione illecita e della contraffazione di contenuti tutelati dal diritto d'autore; e) salvaguardare i diritti alla segretezza delle comunicazioni, anche attraverso il mantenimento dell'integrità e della sicurezza delle reti di comunicazione elettronica, e la libertà dell'iniziativa economica e del suo esercizio in regime di concorrenza; f) garantire l'attuazione delle politiche volte a promuovere la libertà di espressione e di informazione, la diversità culturale e linguistica e il pluralismo dei mezzi di comunicazione nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dai principi generali del diritto dell'Unione europea. L'esercizio di tali funzioni è svolto, secondo l'articolo 1, in attuazione degli articoli 41 e 42 della Costituzione, dell'articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dei principi contenuti nella Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, fatta a Parigi il 20 ottobre 2005, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 19 febbraio 2007, n. 19, coerentemente con il quadro giuridico dell'Unione europea.

L'articolo 5 è dedicato alle campagne di comunicazione e sensibilizzazione. In particolare, ai sensi del comma 1, si prevede che il Ministero della Cultura, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, nonché con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in collaborazione con le organizzazioni di categoria più rappresentative a livello nazionale e i gestori di sistema di messaggistica istantanea, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, organizzi specifiche campagne di informazione, comunicazione e sensibilizzazione del pubblico, in particolare attraverso i canali del servizio pubblico radiotelevisivo, sul valore della proprietà intellettuale, per contrastare l'abusivismo, la diffusione illecita e la contraffazione di contenuti tutelati dal diritto d'autore.

Il comma 2 precisa che, nell'ambito di tali iniziative, sono organizzate anche campagne di sensibilizzazione, promuovendo iniziative nelle istituzioni scolastiche secondarie, nel rispetto, ovviamente, dell'autonomia scolastica e in coerenza con l'educazione alla cittadinanza digitale, di cui all'articolo 5 della legge 20 agosto 2019, n. 92.

Passo ora la parola al collega Dara, che ringrazio, per l'illustrazione degli articoli di più diretta competenza della IX Commissione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la IX Commissione (Trasporti), deputato Andrea Dara.

ANDREA DARA, Relatore per la IX Commissione. Grazie, Presidente. Governo e onorevoli colleghi, riferisco, a mia volta, per le parti di competenza della Commissione trasporti sui contenuti delle abbinate proposte di legge nn. 217 e 648.

Il provvedimento oggi all'esame dell'Assemblea segna un deciso cambio di rotta nell'approccio italiano al problema della fruizione illegale e della diffusione illecita di contenuti audiovisivi tutelati dal diritto d'autore e dai diritti connessi, problema tanto più grave quando si tratta di contenuti trasmessi in diretta, e risponde alla necessità di mettere mano finalmente al sistema non solo repressivo ma anche e soprattutto preventivo, con l'attribuzione, come dirò tra poco, all'Agcom del potere di intervenire in via cautelare e in tempi ridottissimi a bloccare l'ulteriore diffusione illecita di contenuti audiovisivi. Ciò è evidente, se solo si considera che l'Agcom da almeno dieci anni ha un focus su questo tema. Nel corso delle numerose audizioni che sono state svolte dalle Commissioni riunite, difatti, abbiamo potuto ascoltarne il presidente, il dottor Lasorella, il quale ci ha ricordato che l'Agcom, sin dal 2013, è intervenuta sul tema della tutela del diritto d'autore online, adottando la delibera n. 680/13/CONS, la cui innovatività, che si potrebbe definire pioneristica, ne ha fatto da subito una best practice riconosciuta a livello europeo e internazionale.

Ebbene, colleghi, nel corso di questi dieci anni, l'evoluzione tecnologica e, purtroppo, la ancora perdurante mancanza di educazione alla legalità hanno portato il tema della diffusione illegale online di contenuti coperti da diritti a un livello ulteriore, potendo ad oggi essere raggiunta un'infinità di persone con un semplice clic.

Questo Parlamento non può più ignorare le sollecitazioni che provengono dal settore più colpito della pirateria audiovisiva, il settore degli eventi sportivi in diretta che dalla loro illecita fruizione e trasmissione subisce un danno rilevantissimo, al punto da compromettere la tenuta stessa del sistema. La pirateria audiovisiva in Italia è in piena trasformazione: da una parte, c'è un'offerta legale sempre più ampia e competitiva; dall'altra, chi pirata lo fa sempre di più in modo selettivo, concentrando il proprio interesse su specifici contenuti. I dati confermano un aumento nell'ultimo anno dell'incidenza complessiva della pirateria tra la popolazione adulta pari al 43 per cento ma registrano anche un calo rilevante del numero di contenuti audiovisivi piratati: nel 2021 si stimano circa 315 milioni di atti illeciti, il 24 per cento in meno rispetto al 2019 e addirittura il 53 per cento in meno rispetto al 2016.

La pirateria in Italia avanza in termini di audience ma decresce sotto il profilo della frequenza. I film rimangono il contenuto più visto illecitamente, pari al 29 per cento, seguono le serie TV, pari al 24 per cento, e i programmi TV, pari al 21 per cento. Discorso a parte per gli sport live: se nel 2019 per questa tipologia di contenuto le percentuali di fruizione si attestavano al 10 per cento, nel 2021 siamo saliti al 15 per cento.

Anche tra gli adolescenti si conferma lo stesso trend degli adulti: nel 2021, l'incidenza dei pirati più giovani, tra i 10 e i 14 anni, è salita al 51 per cento, mentre risulta in netto calo la frequenza degli atti, meno 20 per cento, rispetto al 2019, con una forte preferenza, in termini di contenuti fruiti, di eventi di sport live, seguiti da film, serie TV e programmi TV.

I dati dimostrano come il fenomeno sia sempre di più digitale. Tra le modalità in calo vi sono il download P2P e lo streaming illegale e in forte crescita è il numero di chi ha fruito almeno una volta delle IPTV illecite: dal 10 per cento del 2014 al 23 per cento del 2021. Si tratta di ben 11,7 milioni di individui, anche se gli abbonati ad almeno una IPTV illecita sono 2,3 milioni. Inoltre, è emerso anche il fenomeno della condivisione delle credenziali di accesso alle piattaforme legali di contenuti, registrando che al 41 per cento dei pirati è capitato di usufruire almeno una volta di contenuti audiovisivi in abbonamento attraverso l'accesso con credenziali altrui, non ritenendola una forma di pirateria.

Il danno economico per l'industria dei contenuti audiovisivi è pari a 940 milioni di euro. La pirateria audiovisiva rimane un fenomeno che desta forte preoccupazione, anche in relazione alla ripresa del settore audiovisivo dopo i due anni di emergenza pandemica. I dati evidenziano come il danno potenziale del fenomeno illegale per quanto riguarda film e serie TV è pari a 673 milioni di euro, con quasi 72 milioni di fruizioni perse.

Per quanto riguarda invece gli eventi sportivi live, la stima del danno economico causato dalla pirateria risulta pari a 267 milioni di euro, con circa 11 milioni di fruizioni perse.

Guardando al sistema Paese, il fenomeno dell'illegalità diffusa nella fruizione dei contenuti audiovisivi provoca danni sia in termini di fatturato, per circa 1,7 miliardi di euro, sia come PIL, per circa 716 milioni di euro, e anche in termini di entrate fiscali per lo Stato, per circa 319 milioni di euro. Inoltre, la pirateria non solo è un freno per lo sviluppo ma mette anche a serio rischio l'occupazione: si stima una perdita di posti di lavoro pari a quasi 9.400 unità. Le conseguenze allarmanti riguardano non solo il fronte economico e industriale ma anche la sicurezza degli utenti. Numerosi sono i rischi, infatti, soprattutto se pensiamo all'accesso a piattaforme illegali legato ad attacchi informatici, con violazione dei dati personali e bancari, oltre ai pericoli sui device, attraverso malware e virus.

Più in dettaglio, l'articolo 2 del provvedimento che stiamo esaminando attribuisce all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Agcom, il potere di ordinare ai prestatori di servizi di disabilitare l'accesso a contenuti diffusi in maniera illecita, anche adottando a tal fine provvedimenti cautelari in via d'urgenza. L'Agcom può ordinare ai prestatori di servizi, ivi inclusi i prestatori di accesso alla rete, di disabilitare l'accesso a contenuti illegali mediante il blocco della risoluzione DNS dei nomi di dominio e il blocco dell'instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi IP univocamente destinati ad attività illecite.

In sede di adozione di tale provvedimento l'Agcom può ordinare anche il blocco di ogni altro futuro nome di dominio, sottodominio, ove tecnicamente possibile, o indirizzo IP, a chiunque riconducibili, comprese le variazioni del nome o della semplice declinazione o estensione, che consenta l'accesso ai medesimi contenuti abusivamente diffusi o a contenuti della stessa natura. Nei casi di gravità e urgenza in cui la violazione abbia a oggetto contenuti trasmessi in diretta, prime visioni di opere cinematografiche e audiovisive o programmi di intrattenimento, contenuti audiovisivi, anche sportivi, o altre opere dell'ingegno assimilabili, eventi sportivi nonché eventi di interesse sociale o di grande interesse pubblico, l'Agcom ordina ai prestatori di servizi, compresi i prestatori di servizi di accesso alla rete, di disabilitare l'accesso ai contenuti trasmessi abusivamente, mediante il blocco dei nomi di dominio e degli indirizzi IP, adottando a tal fine un provvedimento cautelare abbreviato, senza contraddittorio, su richiesta del titolare o del licenziatario del diritto o dell'associazione di gestione collettiva o di categoria alla quale il titolare o licenziatario del diritto abbia conferito mandato o di un soggetto appartenente alla categoria dei segnalatori attendibili, come definiti dall'articolo 22, comma 2, del Regolamento europeo sui servizi digitali (UE) 2022/2065, quali enti che hanno dimostrato, tra l'altro, di disporre di capacità e competenze particolari nella lotta ai contenuti illegali e di svolgere la propria attività in modo diligente, accurato e obiettivo.

Sempre nel corso dell'audizione presso le Commissioni riunite, il presidente dell'Agcom ha sottolineato che lo strumento del blocco degli indirizzi IP è già attuabile a legislazione vigente e che, anzi, l'Autorità, fin dal 2013, si è riservata di applicare tale blocco sulla base delle evidenze di efficacia e in relazione all'evoluzione tecnologica, anche tenendo conto di eventuali indicazioni giurisprudenziali.

Rimando, naturalmente, al testo per ulteriori ragguagli sul concreto e minuto funzionamento giuridico del sistema preventivo immaginato dalle Commissioni riunite. Specifico soltanto che è previsto che il regolamento attuativo dell'Agcom debba contemplare una forma di reclamo, in virtù della quale possa essere speditamente sollecitato un riesame della situazione. Ovviamente, restano integri i rimedi giurisdizionali ordinari, comprese le eventuali richieste di risarcimento danni, se la segnalazione, pervenuta all'Agcom, sulla base della quale quest'ultima Autorità adotta il provvedimento si riveli pretestuosa o non fondata.

Vale la pena in questa sede evidenziare che l'articolo 3 delle disposizioni che stiamo esaminando apporta una novella all'articolo 171-ter, comma 1, della legge sul diritto d'autore, la n. 633 del 1941, mediante l'aggiunta della lettera h-bis) la quale, a sua volta, dispone che chiunque abusivamente, anche con le modalità previste dall'articolo 85-bis, comma 1, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza n. 773 del 1931, esegue la fissazione su supporto digitale, audio, video e audiovideo, in tutto o in parte, di un'opera cinematografica, audiovisiva o editoriale ovvero effettua la riproduzione, l'esecuzione o la comunicazione al pubblico della fissazione abusivamente eseguita, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con una multa da 2.582 euro a 15.493 euro.

A questo proposito, per spiegare l'osservanza inserita dalla Commissione giustizia, all'atto di rendere il parere per le Commissioni referenti, occorre fare una breve premessa sull'articolo 131-bis del codice penale. Tale disposizione, come si ricorderà, è stata inserita nel corpo del codice penale, per attribuire al giudice la facoltà di considerare il fatto sottoposto a suo giudizio, sia pur penalmente tipico, tuttavia di lieve entità, e, dunque, inidoneo, in concreto, a ledere, in modo significativo, il bene giuridico. Pertanto, il fatto può essere dichiarato non punibile. Da questo punto di vista, la letteratura giuridica ha sostenuto che si tratta di un'espressione esplicita del principio di offensività. Senonché, proprio la legge che stiamo esaminando inserisce i reati contro il diritto d'autore tra quelli per i quali questa facoltà viene esclusa, avendo considerato le Commissioni riunite che tali fattispecie di reato non possono mai essere considerate di lieve entità. Nondimeno e viceversa, la Commissione giustizia ha inserito un'osservazione volta a circoscrivere la citata esclusione dell'applicabilità dell'articolo 131-bis, terzo comma, n. 4), del codice penale per l'articolo 171 della legge sul diritto d'autore, il quale prevede un fatto punito solo con la pena pecuniaria.

Nella seduta del 15 marzo, però, le Commissioni hanno recepito, approvando un apposito emendamento su tale osservazione. Inoltre, il testo al nostro esame contiene e novella ai commi 1 e 2 dell'articolo 174- ter della medesima legge n. 633 del 1941.

In conclusione, rimandando ancora una volta al testo scritto della proposta di legge, ricordo che l'articolo 4 prevede un'ulteriore novella sulla legge sul diritto d'autore, volta a consentire all'autorità giudiziaria il sequestro preventivo e la confisca dei proventi realizzati con le condotte illecite sopradescritte, a tal fine abilitando la medesima autorità giudiziaria all'indagine presso banche, fornitori di servizi di pagamento e società che emettono e distribuiscono carte di credito anche all'estero.

Mi riservo di ascoltare gli interventi degli altri colleghi e, eventualmente, di intervenire in sede di replica. Ringrazio la collega, relatrice Di Maggio, i primi firmatari della proposta di legge, Maccanti e Mollicone, il Governo e l'ex collega Capitanio, che è stato ispiratore del provvedimento in discussione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva di intervenire in una fase successiva.

È iscritto a parlare l'onorevole Fede. Ne ha facoltà.

GIORGIO FEDE (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio i relatori e il Governo. Oggi, parliamo di una norma importante e condivisa, come è stato riferito dai relatori, perché viene da un percorso di massima collaborazione - debbo ammettere e riconoscere -, tenendo conto che ha portato a sé tutti i contributi legislativi e di lavoro, svolti nella XVIII legislatura da diverse forze, unendo insieme più testi di legge. A conferma dell'attenzione all'argomento della tutela dei diritti d'autore e al contrasto della pirateria - perché questo è l'oggetto dell'intervento -, c'era una proposta della nostra parlamentare Liuzzi, chiaramente inerente il tema. Ciò conferma l'indicazione di quanto sia trasversale e comune la sensibilità alla tutela del diritto d'autore.

Non dimentichiamo che il problema esiste da sempre e che da sempre esistono categorie definite fragili. Penso - e li avete citati - agli autori di testi scritti e audiovisivi e a quanti, da tutto il mondo, partecipano alla formazione del diritto della tutela della proprietà intellettuale. Occorre garantire il loro lavoro e far sì che non sia utilizzato in maniera fraudolenta. Questa è la base comune da cui partiamo e che chiaramente condividiamo, come abbiamo già detto e come ribadiamo.

Come detto, si tratta di questioni che, da anni, sono oggetto di discussione e che sono regolate con basi normative molto datate. Sicuramente, differenti sono gli scenari tecnologici che, oggi, ci pongono a guardare la problematica in situazioni ben diverse da quelle pensate all'origine della normativa.

Se pensiamo che il testo unico di riferimento, il TULPS, è del 1931 e che altre norme, cui fanno riferimento le sanzioni, sono del 1941, capiamo bene come gli strumenti sicuramente fossero più facili ed adeguati, quando si parlava della stampa tradizionale. Oggi ci troviamo a confrontarci con tecnologie che cambiano di anno in anno, se non di mese in mese, e con un dinamismo della pirateria, che sicuramente mette a dura prova tutte le società, comprese le agenzie preposte al controllo.

Oggi, molte cose girano in rete e molti contenuti non si trovano più in biblioteca, né vengono diffusi, come si faceva una volta, attraverso il lancio abusivo di volantini da un loggione di un teatro. Oggi, questi contenuti ci arrivano sullo smartphone, in tempo reale e sono adeguati, perché la normativa indica gli strumenti, ma tutto ciò pone la questione della ricerca di contromisure adeguate per contrastare questo tipo di problematica.

Come riferito anche dai relatori nella loro ampia esposizione, in molti ambiti i numeri sono importanti.

Non per tralasciare la tutela di altri settori, che sono stati già rappresentati e su cui siamo ampiamente d'accordo, mi focalizzerei maggiormente sugli eventi live, perché penso rappresentino la complessità maggiore da gestire, proprio per la loro velocità. Un conto è un testo stampato, un libro che oggi può diventare un audiolibro e può essere diffuso e la cui fruizione, comunque, si estende nel tempo (un contenuto da leggere ha un tempo che facilita maggiormente la ricerca, anche delle condizioni di illegalità). Chiaramente, la dinamica tecnologica e la natura degli eventi, soprattutto della diretta live, sono difficili, perché si espletano in un tempo ridotto (se pensiamo a una partita di calcio, ai 90 minuti della competizione). Quindi, siamo consapevoli che la difficoltà sia non solo il contrasto, nei tempi e nei modi che, sappiamo bene, non sono sempre velocissimi, soprattutto quelli della giustizia, ma anche l'operatività, vale a dire l'intervento - questa è l'ambizione della proposta - nei primi 30 minuti. Infatti, è chiaro che, se non si contrasta in quel periodo, poi, l'evento è fondamentalmente terminato.

Quindi, siamo consapevoli della difficoltà e condividiamo e l'intenzione dell'agenzia preposta, dell'Agcom, di dotarsi di strumenti idonei, perché è una battaglia che spesso avviene in orari serali o in giornate festive e in un tempo che è velocissimo, quindi, è importantissimo trovare lo sforzo. Però, a nome del MoVimento - ma è anche mia personale -, vorrei fare un'altra considerazione, perché spesso siamo molto focalizzati sui big player di questa partita, ossia quelle società che sicuramente investono. Abbiamo parlato anche di tutela del lavoro, degli operatori dell'economia, dell'evasione fiscale, che deriva da queste situazioni. Però, senza una vena di polemica, il fatto stesso che l'emendamento sia stato segnalato dal senatore Lotito, che chiaramente, oltre a essere un parlamentare, ha anche un interesse concreto, poiché gestore di società calcistiche, fa capire che, spesso, il focus segue il punto di vista delle majors, delle società calcistiche, e non dei fruitori. Dico ciò, perché memore, nell'ultimo provvedimento finanziario, dell'impegno - che ha lasciato tutti quanti basiti - di 899 milioni assegnati dal bilancio dello Stato alle società di calcio. Poiché abbiamo sempre messo al primo posto delle nostre attività le persone più bisognose di un supporto, tutto ci saremmo aspettati tranne che fossero bisognosi di un supporto di 899 milioni di euro le società calcistiche di serie A (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo fa capire la differenza di vedute. Fermo restando il problema, che esiste, vi è la differenza di vedute e di azione. Noi, su questo, vorremmo accendere più i riflettori, ma per un fare costruttivo, mai polemico chiaramente.

Per cui, quando pensiamo alla tutela, dobbiamo pensare sì ai diritti d'autore, sì agli autori, sì ai soggetti che sono defraudati, ma anche alla tutela di chi i contenuti di questi soggetti li utilizza, quindi, alla tutela del cittadino privato. Ossia, non possiamo non pensare che, per quella che, ad esempio, è anche la storia del calcio e del suo seguito in Italia, si tratta di un fatto sociale, di un fatto sportivo; lo sport, in tutte le sue forme, ha un aspetto anche educativo, perché vedere impegnati i nostri giovani e che il buon esempio che deve provenire anche dalle manifestazioni è sicuramente relativo ad una promozione di una vita sana e di un modello a cui noi teniamo particolarmente; però, sapendo di questa passione e di questo tipo di afflato degli italiani, chiaramente bisogna pensare di poter dare un servizio anche all'utenza.

Chi, come me, ha i capelli bianchi, ricorda l'epoca in cui mamma Rai era il servizio pubblico, che forniva servizi agli utenti, e gli utenti, con il canone, li utilizzavano. Oggi è rimasto il canone e sono scomparsi i servizi, quindi molto, dall'informazione allo sport, è stato tolto al servizio pubblico. E, anche a questo proposito, il secondo dubbio riguarda le televisioni private, che sono state le prime a fare questo tipo di azione; chi c'è dietro le televisioni private, quindi quali interessi hanno portato a smontare un servizio pubblico di qualità, dall'informazione politica all'informazione culturale, alla storia, all'informazione parlamentare e a quella sportiva, spostando questo settore verso il mondo privato.

Poi, il mondo privato si è globalizzato, quindi gli è stato trovato un altro scenario internazionale. Dunque, va bene tutelare le società, ma non pensiamo esclusivamente alle società; pensiamo anche all'utenza, che deve avere la possibilità di accedere a un servizio a un prezzo adeguato e gestibile, perché oggi chi è appassionato di calcio deve confrontarsi con 4 o 5 grandi soggetti, impegnando cifre mensili veramente alte. Allora, chiaramente, va contrastata l'induzione alla pirateria, che, intendiamoci, non vogliamo assolutamente giustificare - è lontana dai nostri principi; tutto quello che è illegale va contrastato -, però bisogna anche capire bene, nel contrasto a tutte le azioni illegali, di chi è la maggiore responsabilità. Sicuramente è lo spacciatore, ossia quello che crea la dipendenza, dando un servizio illegale, e il fruitore è quello che viene adescato, sì, con un desiderio di partecipare; ma cerchiamo di focalizzare le nostre azioni, anche nella repressione, verso chi crea questa condizione di illegalità. È un po', per fare una similitudine, come il traffico dei migranti, rispetto a chi trasporta le persone e a chi viene trasportato. Faccio questa similitudine su questo mondo perché gli scafisti sono, in questo caso, coloro che gestiscono questo servizio. E, allora, cerchiamo gli scafisti in tutto il globo terracqueo, ma non ce la prendiamo con quelli che sono a bordo inconsapevolmente, anche perché - lo ha citato il relatore - l'inconsapevolezza deriva anche dall'età. Quando si è parlato di una massa molto alta, che sta crescendo, del 51 per cento di fruitori che hanno dai 10 ai 14 anni, parliamo dei nostri figli, che sono magari giovani, e, in quanto giovani, sono portati da un entusiasmo, dalla passione per una società, per qualsiasi sport, ma non sono spesso consapevoli di tutto il contorno. Allora, va bene l'aspetto di informazione educazionale, previsto nella norma, che chiaramente prevede di sensibilizzare sul tema, però capiamo bene che sono i soggetti anzidetti sono vittime; infatti quando questi servizi sono gratuiti, come era riportato nel documentario The Social Dilemma, se non sei tu che stai pagando per un prodotto, allora il prodotto sei tu.

Quindi, anche i nostri figli, anche i fruitori diventano vittime di questo tipo di phishing, perché chiaramente, tramite i loro dati personali, arrivano sui loro telefoni contenuti non legali, non sani, distorsivi. Per cui con riferimento a questo provvedimento importantissimo, guardiamo in tutte le direzioni, non solamente dalla parte dei soggetti più grandi, che spesso sono interlocutori di alcuni di noi, ma guardiamo all'utenza generale, guardiamo all'interesse dei nostri figli, guardiamo all'interesse degli sportivi, che possono vivere la loro passione in maniera sana. Sappiamo che, comunque, la riduzione della pirateria negli ultimi anni è stata anche abbastanza forte, quindi il fenomeno è in netta riduzione, perché c'è una consapevolezza in merito, però la pirateria si deve contrastare con azioni di diffusione di un servizio di qualità, poiché spesso anche la qualità del servizio è un elemento del problema. Addirittura, molti utenti-consumatori lamentano il fatto che i servizi a pagamento sono meno efficienti di quelli offerti dalla pirateria, poiché passano attraverso tecnologie e modalità che non ne consentono una buona fruizione. Quindi, rivolgiamo una domanda ai fornitori di servizi, che magari lamentano il fatto che vengono piratati: a quanto offrite i vostri servizi? Che qualità date a questi servizi? Dunque, lavoriamo sul tema nella consapevolezza che stiamo parlando di fenomeni che, essendo diffusi in rete attraverso indirizzi IP, attraverso determinati network, sono molto difficili da gestire; dobbiamo appunto essere consapevoli di quello che si sta facendo, questo è un elemento fondamentale.

Tornando sul tema concreto, del servizio, mi sono focalizzato più sul mondo dello sport non perché sia prioritario sulla cultura o su altri aspetti sicuramente coinvolti dalla normativa sul diritto d'autore, ma perché sappiamo bene che questo è l'elemento più caratterizzante, quello che sta attraendo maggiormente questo tipo di settore e ha creato un tipo di pirateria che, attraverso dispositivi che molti hanno in casa, che si collegano attraverso la rete Internet e con indirizzi IP, ha una diffusione massima.

Riconosciamo la valenza del principio di questa norma, la riconosciamo proprio perché, come dicevo, in origine, lo abbiamo fatto anche noi. Un nostro contributo è nel testo e ne fa parte in maniera concreta, e ringrazio anche i relatori e il Governo, perché i nostri contributi, proprio nell'accettare l'indicazione di sensibilizzare i fruitori, sono stati accolti, e di questo devo dare testimonianza, per onestà intellettuale. Lo diciamo proprio con un fare costruttivo, come sono stati costruttivi l'azione e il lavoro svolti nelle Commissioni di merito. È giusto dare questo riconoscimento, è giusto indicare una sensibilità che magari potrebbe essere differente e viene data senza alcuna polemica, ma proprio con la solita maniera costruttiva e fattiva. I punti di dubbio riguardano le modalità con cui possa essere pagato questo tipo di servizio, perché quella che viene definita nella disposizione dell'Agcom - se non sbaglio, all'articolo 3, comma 4 - è proprio la necessità di creare questo tipo di azione tempestiva, e comunque nei 30 minuti dalla comunicazione, e anche il finanziamento (nell'articolo successivo).

Quindi, sono sicuramente necessari: importanti risorse e importanti investimenti tecnologici, per cui questo deve essere un argomento su cui dovremmo avere massima attenzione e massima riflessione, lo ribadisco, anche per quello che riguarda la tutela dei consumatori e dei loro dati, perché dobbiamo guardare a un'azione a tutto tondo, dobbiamo guardare a un'azione globale.

Penso, grosso modo, di avere elencato i principali aspetti di questo provvedimento, a parte quelli operativi e tecnici; quindi, lavoriamoci ancora.

La sfida, che sarà veramente molto grande, ritengo sia quella dell'Agcom, dell'Agenzia, che dovrà agire in maniera operativa. C'è un esponente che fa parte della maggioranza, come commissario, l'ex onorevole Capitanio, in quota Lega. Il Governo ha tutti gli strumenti operativi, e anche continuativi, nella parte politica. Ci auguriamo che si agisca nell'interesse collettivo, che è quello che ho ricordato in questo mio intervento. Detto questo, concludo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Amorese. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO AMORESE (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretaria, colleghi, relatori, approda oggi in Aula una legge a lungo attesa, perché in questo momento, probabilmente, nella nostra Nazione qualcuno sta commettendo un atto illecito per quanto riguarda il diritto d'autore. Si parla - le statistiche sono impietose su questo - di 320.000 atti illeciti compiuti quotidianamente, eppure l'Italia è la patria della creatività, delle opere di ingegno. E, allora, una tutela più forte del diritto d'autore era - è e sarà - necessaria e fondamentale. Tutelare maggiormente il diritto d'autore e la proprietà intellettuale significa oggi contrastare quel fenomeno crescente che viene chiamato comunemente pirateria, la pirateria nei canali digitali, dove operano piattaforme illegali di Paesi non collaborativi con l'Italia, e dove, in questo caso, pirati italiani caricano prodotti culturali tutelati dal diritto d'autore.

Il diritto d'autore in Italia è alla base di tutte le industrie culturali e permette di produrre cultura, sviluppo e occupazione. La pirateria inibisce, penalizza il raggiungimento di questi essenziali obiettivi.

Questa legge, è stato già accennato, ha tra i vari meriti anche quello di allargare l'area di intervento anche alle prime visioni di opere cinematografiche e audiovisive, agli eventi sportivi, alle dirette TV. Noi abbiamo davanti la fotografia di alcuni dati. Ripeto, questi dati sono emblematici, sono impietosi per quanto riguarda, per esempio, gli audiovisivi: parliamo di una riduzione di 10.000 posti di lavoro circa annui. È incredibile. Parliamo di 1 miliardo di perdita diretta di fatturato, di cui 267 milioni sono solo sugli eventi sportivi, sul cosiddetto sport live. È evidente che tutto ciò impedisce anche maggiori investimenti su questo tipo di industria, un'industria importante della nostra Nazione.

Ma veniamo, per esempio, ai dati sull'editoria: libri, riviste, quotidiani. Ognuno di noi, quotidianamente, riceve, anche quando non vuole, PDF di ogni quotidiano, di ogni rivista, e su questo - ci tornerò successivamente - c'è bisogno di un cambio di mentalità molto importante. Sull'editoria, a proposito di grandi e piccoli, questa legge tutela anche i piccoli. Parliamo di 320.000 atti illeciti al giorno, che ho già citato; di 770 milioni di mancato fatturato annuale; di 332 milioni di mancato introito per il fisco, oltretutto; ma parliamo di 5.400 posti di lavoro soppressi nella filiera editoriale, mentre 13.100 sono quelli che vengono soppressi nell'indotto (la logistica, i servizi, le fiere). Tutto questo è reso ancora più grave da alcuni sondaggi che abbiamo studiato in questi mesi. Questi sondaggi ci dicono che l'82 per cento della popolazione è consapevole di compiere un illecito quando lo fa, ma - e questo è ancora peggiorativo - il 68 per cento di costoro è altrettanto convinto di non arrivare a una sanzione, cioè per loro è improbabile arrivare ad una sanzione sul compimento di questi illeciti. Allora, è evidente che si impone un dato sia di contrasto che di prevenzione.

Il dato di contrasto lo hanno esemplificato benissimo i colleghi relatori, perché questa legge, per esempio - ed è uno dei dati calzanti -, dà un ruolo essenziale all'Agcom. Non per niente, ringraziamo e salutiamo il grande lavoro che ha fatto Massimiliano Capitanio, attuale commissario, perché il ruolo dell'Agcom, ripeto, sarà centrale, sarà fondamentale - lo è già -, così come quello delle Forze dell'ordine.

Se andiamo a vedere, a proposito di dati, le operazioni che le Forze dell'ordine hanno compiuto negli ultimi due anni - solo per limitarci a tale periodo -, registriamo che, mese dopo mese, ci sono operazioni della Guardia di finanza in materia di pirateria audiovisiva e di sequestri di risorse web (500, di cui 40 canali Telegram, il 30 maggio 2022). Sempre per quanto riguarda la lotta alla pirateria audiovisiva, ci sono sanzioni già nel dicembre del 2021 contro le reti di rivenditori di IPTV illecite, attualissimo. Faccio un esempio, il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Venezia, con l'ausilio tecnico della FAPAV - che dopo riciterò perché è importantissima ,- aveva colpito un traffico illecito di 65.000 abbonamenti per l'accesso a canali TV e piattaforme online; 65.000 è un dato importante. Ovviamente, non si esaurisce qui. Potrei fare l'esempio del 17 gennaio 2020: oscurati 15 siti web in Italia che trasmettevano partite di calcio abusivamente. Sono solo esempi.

Allora, l'articolo 5 di questa legge, che spero andremo ad approvare, parla di una cosa essenziale, che è la responsabilizzazione, una maggiore consapevolezza della popolazione italiana, perché, vedete, non si tratta di un tipo di classe sociale che vuole avere accesso a canali illeciti, ma è un situazione molto trasversale. Se vogliamo, quando parliamo di editoria, molti sono studenti universitari, quindi, in maniera molto trasversale, socialmente parlando. Quindi capiamo bene che non parliamo di persone che non hanno accesso all'istruzione, anzi, è il contrario, e, dunque, è ancora più essenziale arrivare ad una informazione, direi anche ad una contro-informazione. Cioè dobbiamo ancora spiegare come il diritto d'autore sia lavoro, sia tutela del lavoro, sia a tutela della proprietà intellettuale, della creatività. Evidentemente, le statistiche che ho letto, il sondaggio che ho che ho citato dimostrano che non c'è questa consapevolezza. Probabilmente si cerca di fruire velocemente, si cerca di fruire, in maniera popolare, senza costi o, a volte, con costi minimi, di partite, di dirette, di libri, di film, che spesso sono nelle sale in quel momento, di concerti, che in quel momento sotto negli stadi, nei teatri, nelle nostre arene. Allora, riscontro - lo ha detto già il collega del MoVimento 5 Stelle, che ringrazio per averlo riscontrato - che si arriva oggi alla Camera, in questa Assemblea, con - uso questo termine - un prodotto interamente parlamentare. Questo è un dato importante. Cioè, le due Commissioni protagoniste di questo provvedimento - la IX e la VII, in cui mi onoro di essere capogruppo del mio gruppo parlamentare, di Fratelli d'Italia - prendono coscienza di questo problema. Il deputato Federico Mollicone, che è anche presidente della VII Commissione, e il deputato Maccanti, nella precedente legislatura, arrivano a due testi, dei quali viene fatta una crasi, vengono uniti e, poi, si arriva a riprenderli subito - questa è la volontà politica, l'energia positiva che è emersa da queste due Commissioni - con l'inizio della XIX legislatura. Riscontriamo con piacere come la buona politica abbia vinto in questo caso, non c'è stato alcun problema da parte delle forze di maggioranza nell'accettare, nell'inserire in questo provvedimento tutte le suggestioni, tutti i suggerimenti, tutti gli emendamenti che sono arrivati dalle forze di minoranza e che c'è stata una condivisione importante sulle esigenze che fino adesso abbiamo descritto.

Poi, non posso non citare una sinergia importante, per esempio, con Bagnoli Rossi, presidente della FAPAV, che è uno degli attori importanti anche nelle segnalazioni degli illeciti, con l'AIE, che ringrazio, perché ha fatto un ottimo lavoro, fino ad arrivare alle responsabilità di Governo, con il Sottosegretario Butti, ovviamente con i Ministri Abodi e Sangiuliano, con il Dipartimento per l'Informazione e l'editoria sotto la Presidenza del Consiglio. Tutto ciò - e arrivo a concludere - ci porta in Aula ad auspicare il salto culturale di cui c'è tanto bisogno, ma, soprattutto, a dire che l'Italia, con il Governo Meloni, anche in questo, ma, soprattutto, con un lavoro parlamentare che ho appena citato, diventa modello, diventa apripista, diventa capofila in Europa sul tema della tutela, sul miglioramento, sull'attualizzazione di leggi antiche con la legge Mollicone-Maccanti. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti, ringrazio il Parlamento tutto, perché questo è un risultato di tutti noi (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Manzi. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI (PD-IDP). Grazie, signora Presidente. Saluto la Sottosegretaria. Riteniamo opportuna e doverosa, devo dire, la proposta di legge che oggi esaminiamo in quest'Aula.

È una proposta di legge frutto dell'abbinamento di due testi dell'attuale maggioranza, ma che recepisce un lungo lavoro che, tra le allora forze di maggioranza e di opposizione nella scorsa legislatura, era stato condotto all'interno delle Commissioni competenti e che aveva interrotto il suo percorso proprio a causa della fine anticipata della legislatura.

Sono misure che condividiamo proprio perché dirette a contrastare la pirateria online, che arreca numerosi danni agli autori, agli operatori e ai protagonisti del mondo della cultura, dello spettacolo dal vivo e dello sport. Si tratta di un fenomeno grave, che non possiamo sottovalutare e che abbiamo cercato di non sottovalutare anche nel lavoro condotto nelle due Commissioni congiunte, cercando di contemperare l'esigenza di fare presto, che proveniva anche comprensibilmente dai proponenti dei testi di legge, con la necessità soprattutto di fare bene, di implementare le audizioni che si sono tenute e che hanno offerto degli spunti importanti ed interessanti rispetto al testo, proprio per cercare di produrre un provvedimento in grado di prevenire e reprimere un fenomeno diffuso e preoccupante per l'intera industria creativa.

Il provvedimento che oggi arriva in quest'Aula - che si pone, tra l'altro, in linea con i princìpi costituzionali, con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e con la stessa Convenzione UNESCO del 2005 sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali - contiene in sé due princìpi importanti: da un lato, la tutela della proprietà intellettuale e del diritto d'autore, che la stessa giurisprudenza costituzionale riconosce come un interesse di rilevanza generale, e, dall'altro, la centralità e la rilevanza della creatività culturale. Proprio il binomio di questi due princìpi, di questi due interessi rilevanti, è alla base di quei procedimenti che la proposta di legge individua. Procedimenti, tra l'altro, che fanno capo all'Agcom, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che può intervenire, in alcuni casi particolarmente urgenti quali quelli degli eventi in diretta, addirittura con provvedimenti inaudita altera parte, per tutelare dagli atti di trasmissione illecita dei contenuti, con il blocco degli indirizzi IP. Sono situazioni in cui il danno che deriva dalla trasmissione abusiva di tali eventi è particolarmente ingente e giustifica, addirittura, nel termine massimo di 30 minuti, la disabilitazione dei contenuti illeciti.

È un provvedimento che non nasce dal nulla. C'è l'audizione in questo senso condotta in Commissione proprio dall'Autorità garante (Agcom), che è stata un'occasione molto utile anche per ricostruire tutto il percorso che in quasi un decennio ha riguardato le attività compiute per reprimere i fenomeni di pirateria. Ed è un aspetto importante anche il fatto che dovranno essere coinvolti, poi, nella fase attuativa del provvedimento, in quel regolamento che il testo di legge richiama, tutti gli operatori del settore - i prestatori di servizi di accesso alla rete, i soggetti gestori dei motori di ricerca, i titolari dei diritti -, proprio perché, se non si è in grado di realizzare un pieno coinvolgimento di tutto il sistema, la norma, condivisibile nei temi e nei contenuti, rischia di essere poi inefficace e non operativa come tutti noi vorremmo.

Voglio richiamare in questa sede, lo ricordavo poco fa, che, in materia di tutela della pirateria online, ferma restando comunque una normativa ormai risalente, non siamo all'anno zero e non lo siamo grazie ai regolamenti. Il primo regolamento dell'Agcom del 2013 è stato, poi, aggiornato e rivisto anche in tema di interventi tempestivi, proprio per consentire efficacemente di operare in contrasto della pirateria.

Ma voglio richiamare anche il lavoro attualmente in corso sempre da parte dell'Autorità garante: la consultazione - di cui anche questo provvedimento di legge dovrà tener conto - rivolta agli operatori per aggiornare quel regolamento e per rendere sempre più immediato e sempre più tempestivo l'intervento per evitare quei danni che la trasmissione abusiva dei contenuti online rischia di produrre ad un intero settore, un settore importante e rilevante. Mi riferisco a tutto il settore della filiera culturale e creativa che è danneggiato pesantemente da queste azioni.

Sono stati ricordati dai colleghi che mi hanno preceduto i dati del fenomeno legato alla pirateria online. La pirateria digitale è un fenomeno carsico, se vogliamo, che non si esaurisce mai, a volte aumenta, a volte sembra regredire, ma in realtà c'è ed è sempre presente. Voglio ricordare ancora una volta quei dati macroeconomici che riguardano questo settore, i danni ingenti in termini di fatturato, in termini di PIL, che fenomeni come questo sono in grado di produrre: 1 miliardo e 700.000 euro, 716 milioni di euro in termini di PIL, e ancora, mancate entrate fiscali per lo Stato, stiamo parlando di circa 319 milioni di euro, che, ovviamente, potrebbero essere destinati e impiegati in servizi pubblici a disposizione della collettività, perdita concreta di posti di lavoro.

Ecco perché è determinante in questo senso - anche in considerazione di quei dati e del fatto che sono le generazioni più giovani, spesso, a fruire di questi contenuti - la necessità di mettere in campo una strategia multilivello: le azioni cautelari che il provvedimento disciplina, le azioni repressive, perché c'è anche una parte relativa alla repressione di questo fenomeno, ma ancora di più le azioni di prevenzione, che debbono essere compiute a monte. Infatti, senza una prevenzione, senza una reale consapevolezza della gravità di questo fenomeno, le stesse sanzioni che sono previste rischiano di arrivare tardi e di non essere sufficientemente efficaci.

Mi si consenta, in questo senso, una breve digressione proprio intorno al termine “pirateria”, cui associamo questi fenomeni. In termini letterari, molto spesso, i pirati vengono associati a degli emblemi di libertà, di anticonformismo, in qualche senso, nell'immaginario sono quasi degli eroi della libertà che combattono contro il potere costituito. E allora, forse, dovremmo anche fare uno sforzo per cambiare questo linguaggio, perché, quando si tratta di pirateria online, come quando si tratta dei fenomeni di cui oggi ci occupiamo, quella contro il diritto d'autore e i prodotti dell'intelligenza e della conoscenza non è una spavalda battaglia, in realtà, di un gruppo di pirati, ma il furto organizzato del lavoro intellettuale altrui. Proprio perché il lavoro si paga, il lavoro creativo, per un curioso pregiudizio in campo artistico e intellettuale, spesso non viene considerato lavoro fino in fondo. Anche per questo motivo, oltre ovviamente per il meccanismo indiretto con cui vengono ridistribuite le risorse e garantite le tutele, fin dagli inizi, in questa nuova terra che è il mondo del digitale e della rete, si è creato questo pericoloso fraintendimento per cui fruire in modo libertario dei contenuti sembra essere quasi un fenomeno giustificabile, in modo gratuito. Ebbene, invece, la prevenzione e la consapevolezza intorno ai danni prodotti da chi diffonde dei contenuti protetti dal diritto d'autore è fondamentale.

Lo riteniamo fondamentale ancora di più a partire dalle generazioni più giovani, ed è proprio dalle scuole che è necessario partire in questa azione di consapevolezza e di conoscenza di questo fenomeno, di valore anche, che la proprietà intellettuale riveste. È un valore importante proprio perché la proprietà intellettuale e la creatività sono in grado di incoraggiare l'innovazione e la crescita del nostro Paese; una crescita che non è soltanto culturale, ma è una crescita professionale, per chi oggi ha meno di vent'anni e può vedere prospettive di investimento nel proprio futuro, per chi domani potrebbe trovarsi a lavorare - i giovani di oggi - nel settore culturale e creativo. Una creatività che è fondamentale per il mondo delle opere culturali e di intrattenimento - cinema, serie televisive, eventi di spettacolo dal vivo, eventi sportivi anche - che per questo va sostenuta, va stimolata continuamente e, soprattutto, va difesa con le attività repressive, ma ancora di più con le attività preventive.

Proprio per questo, a mio avviso, forse, il cuore di questo provvedimento, la parte più importante, è proprio quell'articolo 5, contenuto in questa proposta di legge, che punta ad assegnare al Ministero della Cultura un compito importante. Noi riteniamo che in questa azione debba essere coinvolto più attivamente anche il Ministero dell'Istruzione. C'è un rinvio nel secondo comma di questo articolo, ma deve essere forse più incisivo e ancora più importante, proprio perché le campagne educative rivolte al pubblico, giovane e meno giovane, tra l'altro, dovrebbero essere tutte incentrate sulla creatività e sul rispetto del lavoro creativo, perché fare film e raccontare grandi storie coinvolge migliaia di persone, dai registi più acclamati, ai membri dei set meno conosciuti, ma importanti ed essenziali allo stesso modo.

Occorre quindi, a nostro avviso, convincere i giovani a non accettare l'offerta pirata, aumentando ovviamente l'offerta legale, stando vicini ai ragazzi nel momento della scelta, con esempi virtuosi e anche con la conoscenza portata dai loro coetanei, dagli artisti più importanti e dai protagonisti dello spettacolo perché, dietro ogni prodotto audiovisivo, c'è l'impegno e soprattutto la scommessa di un professionista. Un film o un brano musicale sono il risultato di un gran numero di persone conosciute, ma spesso anche meno conosciute. Scegliere l'offerta illegale va a penalizzare proprio quei professionisti - soprattutto quelli meno noti, ma che quotidianamente vivono appunto di quel lavoro creativo e si impegnano -, quei 500.000 professionisti del settore, che vanno appunto rispettati e protetti con passione e con creatività.

Mi avvio alla conclusione, ma voglio fare ancora due osservazioni e due notazioni: oggi - non solo da oggi, per la verità - la rete è una nuova frontiera, quasi un West da conquistare, in cui però l'orizzonte deve essere, non solo nazionale, ma sovranazionale e non può essere uno spazio dove domina soltanto la legge del più forte. È uno spazio in cui devono esserci delle regole e in cui devono essere riconosciuti i diritti e il compito delle istituzioni è proprio quello di favorire il passaggio dalla legge del più forte allo Stato di diritto, uno spazio appunto che si sta cercando di realizzare con tentativi, a volte anche con errori, ma in cui la dimensione transnazionale deve essere garantita - voglio ricordarlo in questa sede anche quando ci apprestiamo ad approvare delle norme che sono esclusivamente nazionali, come in questo caso -, proprio perché i social media e Internet sono, per loro natura, fatti sovranazionali ed i relativi processi solo in una parte ridotta possono essere governati su scala locale. Ce lo dimostra proprio la cronaca di questi giorni, la controversia in atto tra Meta e SIAE. La normativa, l'articolo 43-bis della legge sul diritto d'autore, introdotta in attuazione della direttiva europea del 2019 sul mercato unico digitale, ha previsto che gli autori di contenuti originali, in particolar modo giornalistici e non, abbiano diritto ad un equo compenso dovuto per la diffusione dei loro testi nel web. E' una norma importante e significativa, che affida appunto, anche grazie all'intermediazione dell'Agcom, la possibilità per gli editori di chiedere a queste grandi piattaforme un compenso. Questo non è accaduto nelle scorse ore purtroppo con l'interruzione - cerchiamo di pensare che sia soltanto un'interruzione - dell'accordo in corso tra SIAE e Meta, che sta penalizzando gli utenti ovviamente, ma ancor più sta penalizzando gli artisti e gli autori, che non vedono ancora riconosciuto un loro giusto diritto. Su questo riteniamo che non sia solo necessario e ovviamente auspicabile avviare un dibattito - come è già stato anticipato - nella Commissione competente, nella nostra Commissione cultura, ma riteniamo che il Governo in questo caso debba impegnarsi anche attivamente con i poteri di moral suasion che ha a disposizione per favorire il prima possibile il recupero di un accordo, perché il tema è troppo delicato ed importante, ed è un tema - come ricordavo poco fa - che riguarda il nostro Paese, ma non soltanto, che è sovranazionale e su cui non possiamo rimanere indifferenti e soprattutto silenti.

Il Governo dovrà intervenire con la sua forza persuasiva e con la sua autorevolezza; in questo senso, la normativa che si approverà - tra l'altro nelle prossime ore in quest'Aula e torno al tema originario di questa giornata - dovrà tenere conto anche di un'altra questione: la consultazione che è in corso, in sede di Commissione europea, per una raccomandazione proprio diretta contro gli atti di pirateria online. E' solo una raccomandazione purtroppo, avremmo magari voluto degli interventi più stringenti in questo caso, però inevitabilmente, per essere efficace, la norma che oggi approviamo dovrà raccordarsi con un quadro sovranazionale ed europeo proprio per garantire un'omogeneità e un'uniformità di tutta la normativa vigente.

Oggi di fatto proviamo, con uno sforzo comune, a mettere un punto fermo in questo campo - è un importante punto di partenza -, ristabilendo innanzitutto il principio di tutela del lavoro creativo, aggiornando tra l'altro gli strumenti con cui lo tuteliamo e dando anche nuovi mezzi e nuovi strumenti alle stesse autorità indipendenti. È un primo passo importante in un cammino ovviamente più lungo, un passo importante che dobbiamo a quei professionisti della creatività che ricordavo poco fa, a quegli artisti, a quegli autori, a quei - così mi piace chiamarli, come fatto in passato - viaggiatori della luna, che sono capaci, grazie alle loro opere, di accompagnarci, di emozionarci e di far parte di tanti momenti importanti della nostra vita. Il loro è un lavoro che va riconosciuto e quindi, come tale, è bene che, in questa sede e nelle sedi opportune, continuiamo a impegnarci e ad occuparci di questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 217-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la Commissione cultura, deputata Grazia Di Maggio, che rinuncia ad intervenire. Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione trasporti, deputato Andrea Dara.

ANDREA DARA, Relatore per la IX Commissione. Grazie Presidente. Ringrazio innanzitutto per il loro contributo i colleghi Fede Giorgio, Amorese Alessandro e Manzi Irene. Attendiamo naturalmente i vari emendamenti che saranno sottoposti - credo - all'Aula e verificheremo i pareri nell'ambito del Comitato dei nove.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, si intende che vi abbia rinunciato. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 14,10. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 14,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 69, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Rizzetto ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi (Doc. XXII, n. 7-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di inchiesta parlamentare Doc. XXII, n. 7-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - Doc. XXII, n. 7-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni II (Giustizia) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la VI Commissione (Finanze), deputata Laura Cavandoli.

LAURA CAVANDOLI, Relatrice per la VI Commissione. Grazie, Presidente. L'Assemblea avvia, oggi, l'esame della proposta di istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta con il compito di accertare e ricostruire le circostanze che hanno determinato la morte di David Rossi.

Ricordo che il 6 marzo 2013, quindi più di 10 anni fa, David Rossi, che era responsabile dell'area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, è stato trovato senza vita dopo essere precipitato dalla finestra del proprio ufficio nella sede storica della banca di Rocca Salimbeni (vicolo del Monte Pio).

La morte di David Rossi è stata oggetto di approfondite inchieste giornalistiche che, anche attraverso la lettura degli atti giudiziari e l'acquisizione di testimonianze, hanno evidenziato la possibilità che il manager, in effetti, non si sia tolto la vita.

Al fine di approfondire le circostanze del decesso di David Rossi e l'attività della procura di Siena, l'11 marzo 2021 - nella scorsa legislatura - è stata istituita, per la durata, della scorsa legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta della Camera dei deputati, con il compito di accertare e ricostruire le circostanze che hanno determinato la morte di David Rossi.

La Commissione, nella scorsa legislatura, ha svolto attività finalizzate a ricostruire i fatti, le cause e i motivi che portarono alla morte di David Rossi, ricorrendo a riunioni pubbliche e secretate, acquisizioni documentali, sopralluoghi, audizioni, missioni e interventi di natura tecnica. Infine, il 22 settembre 2022, ha approvato una relazione sull'attività svolta.

Tuttavia, l'anticipata conclusione della XVIII legislatura ha comportato l'interruzione dell'attività di inchiesta dopo solo 14 mesi e ciò, come si legge nella relazione, non ha permesso di porre in essere alcune attività che avrebbero consentito di arricchire, in maniera significativa, il corredo probatorio.

Passando, quindi, all'esame del contenuto della proposta di legge, segnalo che l'articolo 1 istituisce, per la durata di tutta la XIX legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione. Si tratta di una Commissione monoparlamentare, quindi, relativa solo alla Camera dei Deputati. Alla Commissione sono attribuiti i seguenti compiti: ricostruire, in maniera puntuale, i fatti, le cause e i motivi che portarono alla caduta di David Rossi dalla finestra del proprio ufficio nella sede del Monte dei Paschi di Siena e le eventuali responsabilità di terzi; esaminare e valutare il materiale raccolto e i risultati conseguiti, con riferimento alla morte di David Rossi, dalle relative inchieste giornalistiche e indagare sulle vicende a lui collegate, come denunciate e rese pubbliche attraverso le medesime inchieste; esaminare la compiutezza e l'efficacia dell'attività investigativa, anche valutando se vi siano state eventuali inadempienze o ritardi nella direzione o nello svolgimento di essa. Inoltre, il comma 2 del medesimo articolo 1 prevede che la Commissione, per lo svolgimento dei propri compiti, acquisisca integralmente i materiali e la documentazione, ivi inclusi i resoconti delle audizioni, comprensivi delle parti secretate, e la relazione finale, raccolti o formati dalla citata Commissione di inchiesta.

Ai sensi dell'articolo 2, la Commissione è composta da 20 deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari. È assicurata, comunque, la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare. Con gli stessi criteri e la stessa procedura, si provvede all'eventuale sostituzione in caso di dimissioni o di cessazioni. La Commissione è convocata dal Presidente della Camera dei deputati entro 10 giorni dalla nomina dei componenti per la costituzione dell'ufficio di presidenza. Ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 2, l'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione fra i suoi componenti. Infine, il comma 5 prevede che la Commissione al termine dei propri lavori presenti una relazione alla Camera dei deputati sui risultati dell'attività di inchiesta.

L'articolo 3 disciplina i poteri e i limiti della Commissione, stabilendo che la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo, di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale. A tale proposito, si rammenta che l'accompagnamento coattivo consiste nell'ordine impartito dall'autorità giudiziaria, attraverso un proprio decreto motivato, di condurre una persona alla sua presenza, se occorre, anche con la forza. Le ipotesi sono tassativamente previste dal codice di procedura penale agli articoli 132 e 133.

L'articolo 3 in esame prevede la facoltà per la Commissione di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto, e stabilisce che la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia sono coperti dal segreto. Per il segreto di Stato, nonché per i segreti d'ufficio, professionale e bancario, si applicano le norme ordinarie vigenti. È sempre opponibile il segreto fra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione, si applicano le disposizioni degli articoli dal 366 al 384-bis del codice penale, che riguardano una serie di delitti contro l'attività giudiziaria che vanno dal rifiuto di atti legalmente dovuti alla simulazione di reato, dalla calunnia all'autocalunnia, dalla falsa testimonianza alla falsa perizia e interpretazione della prova processuale, dall'intralcio alla giustizia, favoreggiamento personale o reale alla rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale. Si tratta di delitti che hanno, come comune denominatore, la tutela del corretto funzionamento della giustizia quale bene di primaria importanza e che sono generalmente definibili come reati di pericolo concreto, in quanto la condotta deve estrinsecarsi in azioni o omissioni idonee a porre concretamente in pericolo l'esatto funzionamento della funzione giurisdizionale.

L'articolo 3 stabilisce il regime degli atti, quindi quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. In ogni caso, devono essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

L'articolo 4 obbliga al segreto e, quindi, prevede che i componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, siano obbligati al segreto per tutto ciò che riguarda gli atti e i documenti coperti dal segreto. La violazione di tale obbligo e la diffusione, anche per riassunto o informazione, di atti inerenti il procedimento di inchiesta sono vietati e puniti ai sensi della legislazione vigente. A tal fine, si ricorda, appunto, l'articolo 326 del codice penale, che punisce, con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio che rivela notizie che devono rimanere segrete, di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo ufficio.

L'articolo 5, infine, prevede che l'attività e il funzionamento della Commissione siano disciplinati da un regolamento interno, approvato dalla medesima prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Le sedute sono pubbliche, tuttavia, la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta. La Commissione può avvalersi, inoltre, di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni o esterni all'amministrazione dello Stato, autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Con il citato regolamento interno, è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui potrà avvalersi la Commissione.

Infine, l'articolo in esame dispone che, per lo svolgimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.

Prevede, inoltre, che le spese per il funzionamento della Commissione, stabilite nel limite massimo di 40.000 euro annui, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

PRESIDENTE. La rappresentante del Governo si riserva di intervenire. È iscritta a parlare la deputata Elisabetta Gardini. Ne ha facoltà.

ELISABETTA GARDINI (FDI). Grazie, Presidente. Grazie, rappresentante del Governo. Colleghi, quante volte abbiamo ripetuto o sentito dire che senza verità non c'è giustizia? Qui, dobbiamo dire: 10 anni senza verità non è giustizia, perché sono trascorsi, sembra impossibile, già 10 anni da quell'ormai lontano 6 marzo del 2013, quando il responsabile dell'area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, David Rossi, trovò la morte in circostanze ancora non chiarite.

È una vicenda che rimane oscura, non solo in relazione al tragico evento che vide David Rossi cadere dalla finestra del suo ufficio, presso Rocca Salimbeni, ma anche rispetto alle dinamiche, ancora ignote, che sono collegate alla sua morte. Alla sua morte sono seguite indagini, come è già stato ricordato dalla relatrice, indagini giudiziarie che, però, sono state inficiate da condotte commissive e omissive, che hanno compromesso l'accertamento dei fatti, anche perché svolte rispetto al presupposto, mai provato, che Rossi si fosse suicidato; veramente, mai provato, non ne abbiamo certezza, anzi, le inchieste approfondite da un manipolo di giornalisti hanno fatto emergere fatti rilevanti, sia attraverso la lettura degli atti giudiziari sia attraverso l'acquisizione di testimonianze che porterebbero a negare che si sia tolto la vita. Ad oggi, non sappiamo se si tratti di un suicidio o no, quello che sembra oramai un dato di fatto acquisito è che qualcosa avvenne in quell'ufficio e che quasi certamente David Rossi in quell'ufficio venne picchiato.

È di questi ultimi giorni la notizia, riportata dalla stampa, di una nuova probabile archiviazione, perché - così riportano i giornali - la scena del presunto crimine sarebbe stata manipolata, ma “senza l'intenzione di occultare indizi o manomettere le indagini”. Sarebbe, quindi, un'altra archiviazione, dopo 10 anni di indagini e battaglie e la verità sembra allontanarsi. Assumono un carattere ancora più amaro e doloroso le parole che la vedova di David Rossi pronunziò il 6 marzo scorso, in occasione del decennale della morte, quando disse: 10 anni senza David, 10 anni senza verità, 10 anni senza giustizia.

Se torniamo ai lavori della Commissione svolti nella scorsa legislatura, le anomalie sollevate sul lavoro degli inquirenti sono tante: non sono stati auditi testimoni, non sono stati adottati tutti i provvedimenti necessari per individuare le persone che erano presenti nell'area in cui era stato rinvenuto il corpo senza vita di David Rossi, non è stato disposto il sequestro di tutti gli elementi utili per l'accertamento dei fatti, per repertarli, analizzarli e conservarli e, ancora, non sono stati compiuti esami istologici sulle ferite presenti sul corpo di David Rossi. Anche la dinamica della sua caduta lascia molti interrogativi senza risposta, così com'è grave che non sia stata effettuata l'analisi degli indumenti di David Rossi e dei fazzoletti macchiati di sangue rinvenuti nel suo ufficio, indumenti e fazzoletti che sono stati incomprensibilmente eliminati, impedendo ogni possibilità di svolgere esami in un successivo momento. Certo, senza dolo, come riporta la stampa in questi ultimi giorni, in queste ultime ore; non c'era intenzione e, quindi, si archivia. Nel suo ufficio non sono state disposte verifiche per individuare tracce di DNA o ematiche, inoltre, non è mai stato rinvenuto, né probabilmente cercato, un dispositivo cellulare scomparso dopo la morte del manager, e questo è, a dir poco, singolare.

E questo andazzo - direbbe una mia professoressa di liceo - ha caratterizzato le indagini della procura di Siena, che ha svolto due distinte inchieste sul decesso di David Rossi, rispettivamente nel marzo 2014 e nel luglio 2017, che si sono concluse entrambe con un'ordinanza di archiviazione, respingendo l'opposizione avanzata dai legali della famiglia Rossi, da sempre convinti che si sia trattato di un caso di omicidio.

Ora, con l'approvazione di una proposta di Fratelli d'Italia, a prima firma Walter Rizzetto, mi piace ricordarlo, nella scorsa legislatura venne istituita questa Commissione d'inchiesta per fare luce sugli eventi legati alla morte di Rossi e i lavori della Commissione hanno fornito indubbiamente elementi importanti e utili per fare chiarezza sul caso. È stata condotta un'intensa attività per ricostruire i fatti, le cause e i motivi che portarono alla morte di Rossi, come ha ricordato la relatrice: acquisizioni documentali, sopralluoghi, audizioni, missioni, interventi di natura tecnica, riunioni, pubbliche e secretate, e, come è noto e com'è già stato ricordato, la chiusura anticipata della scorsa legislatura è avvenuta nel momento di più intensa attività dei lavori della Commissione, quindi, quest'attività si è interrotta e la Commissione ha potuto lavorare solo 14 mesi, perché era stata istituita dopo 3 anni e oltre dall'inizio della legislatura.

Quindi, mi compiaccio che questa Commissione rinasca, a pochi mesi di distanza dall'inizio di questa XIX legislatura. Ripeto che i lavori della Commissione, per taluni aspetti, hanno confermato che le molteplici ombre e i tanti interrogativi rimasti su questo caso sono anche dovuti alla condotta dei pubblici ministeri a fronte, si ribadisce, di indagini lacunose, dell'alterazione dello stato dei luoghi oggetto di indagine e della scelta di non prendere in considerazione e approfondire ulteriori piste da percorrere rispetto alla tesi del suicidio; lo ripeto, in questi giorni è arrivata un'altra archiviazione. A dimostrazione della rilevanza dei risultati conseguiti, la Commissione ha trasmesso la relazione conclusiva sull'attività svolta alla procura della Repubblica presso il tribunale di Siena e alla procura della Repubblica presso il tribunale di Genova.

Allora, questo lavoro, ora, deve proseguire; per questo siamo felici del lavoro che si sta facendo, felici che questa proposta che stiamo esaminando ricalchi la proposta istitutiva della Commissione istituita nel marzo del 2021 con gli stessi compiti, che la relatrice ha già ricordato e che quindi, in sintesi, voglio soltanto ribadire: in primo luogo, ricostruire in maniera puntuale i fatti; in secondo luogo, esaminare e valutare il materiale raccolto e i risultati conseguiti; in terzo luogo, verificare la compiutezza e l'efficacia dell'attività investigativa.

La Commissione che sta per essere istituita acquisisce il lavoro svolto dalla precedente, come ha già ricordato la relatrice, e l'acquisisce integralmente, materiali, documentazioni, resoconti, comprese le parti secretate, le audizioni e la relazione finale. Perché lo ribadisco? Perché avevo avvertito la preoccupazione, espressa da più parti, che si dovesse ricominciare da zero. Non si ricomincia da zero, si ricomincia là dove si era interrotto il lavoro.

Concludo e mi congratulo con questa maggioranza che istituisce questa Commissione a pochi mesi, lo ripeto, dall'inizio della legislatura, ringrazio le relatrici, Laura Cavandoli e Carolina Varchi, ringrazio Walter Rizzetto e tutti i firmatari della proposta (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), tutti i colleghi che stanno lavorando a questa istituzione. Abbiamo bisogno di sapere la verità, abbiamo bisogno di proseguire in questa ricerca della verità.

Permettetemi anche un ringraziamento speciale all'attuale Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che già dai banchi dell'opposizione si era espressa con forza su questa drammatica vicenda, che non deve diventare uno dei tanti misteri irrisolti. Le sue parole di allora sono attuali più che mai. Scriveva: “Continueremo a cercare e a chiedere risposte su un caso dai tanti contorni ancora oscuri: lo dobbiamo alla memoria di David e ai suoi cari che continuano a battersi affinché non si spengano i riflettori su questa atroce vicenda. Verità per David Rossi”. Ecco, noi, come Fratelli d'Italia, facciamo nostre queste parole del Presidente Giorgia Meloni, perché - lo voglio ripetere - dieci anni senza verità non sono giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Stefania Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, riportiamo in quest'Aula una storia, la storia di un uomo, David Rossi, ma anche la storia di una famiglia che da dieci anni lotta per la verità e la giustizia.

La proposta che esaminiamo quest'oggi ricalca quella presentata e approvata già nella XVIII legislatura e intende istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di David Rossi, capo della comunicazione di Monte dei Paschi di Siena.

David Rossi precipitò dalla finestra del suo ufficio il 6 marzo 2013, dopo aver telefonato alla moglie per avvisarla che stava rientrando a casa. Purtroppo, ciò non è accaduto. L'unico elemento certo che c'è stato in questi anni è il video della telecamera di sorveglianza posta in vicolo de Rossi, dove è stato rinvenuto il cadavere di David. I punti oscuri di questa vicenda, però, sono molteplici e avrebbero meritato un'analisi più accurata già nelle prime fasi delle indagini da parte della procura di Siena. Invece, da subito si decretò che il manager si fosse volontariamente ucciso: suicidio, tutto finito.

Ma così non è, perché questo pregiudizio, in realtà, ha ingenerato lacune e un carico di interrogativi che il nostro sistema giudiziario non dovrebbe permettersi. Per anni troppi elementi sono rimasti nel silenzio ed è solo grazie all'ostinazione della famiglia, a lavori d'inchiesta giornalistici - ed è bene ringraziare e ricordare l'importante contributo di giornalisti de il Fatto Quotidiano, Report e Le Iene - e grazie alla Commissione d'inchiesta parlamentare, se con il tempo sono cominciati a emergere errori investigativi compiuti e, soprattutto, prove distrutte e inquinate, depistaggi e omissioni.

È mio dovere, a questo punto, rivolgere un ringraziamento al collega Luca Migliorino, che ha dato un fondamentale contributo, nella scorsa legislatura, in Commissione d'inchiesta parlamentare, così come in Commissione antimafia, riportando all'attenzione il caso del sindaco pescatore Angelo Vassallo, che si è conclusa con una relazione votata all'unanimità in Commissione antimafia. Così pure è bene ringraziare la collega Valentina D'Orso, che mi auguro farà parte di questa Commissione per continuare l'importante lavoro svolto.

Tornando alla Commissione d'inchiesta, è bene citare alcuni appunti, soprattutto errori. Vi è il dettaglio dell'orologio, che, invece di essere al polso di Rossi, è caduto solamente 20 minuti dopo. Vi è la perizia sulla caduta: Rossi è caduto perpendicolarmente al muro, senza uno slancio, di schiena; il corpo riportava lesioni difficilmente dovute a una caduta; ematomi ed ecchimosi sono stati riscontrati in zone molto distanti tra loro e non solo nei punti che hanno effettivamente impattato al suolo.

Poi ci sono i fazzoletti sporchi di sangue, mai analizzati, così come gli indumenti: tanti elementi di prova che, se fossero stati valutati diversamente, ma soprattutto presi in esame, non avrebbero reso necessaria una prima e, poi, una seconda Commissione d'inchiesta sulla morte di David Rossi.

La precedente Commissione ha cominciato a lavorare per ricostruire i fatti, le cause e i motivi che portarono alla caduta di David Rossi, dalla finestra del proprio ufficio: esaminare e valutare il materiale raccolto e i risultati conseguiti dalle relative inchieste giornalistiche e indagare sulle vicende collegate a David Rossi; verificare la compiutezza e l'efficacia dell'attività investigativa, anche valutando se vi siano stati eventualmente inadempienze o ritardi nella direzione o nello svolgimento di essa.

Seppur in poco tempo, sono stati raggiunti importanti risultati, portando l'apertura di un'inchiesta a Genova. Le ultime perizie svolte sul corpo di Rossi da Francesco Introna, direttore di Medicina legale del Policlinico di Bari, e da Franco Gelardi, ordinario di Fisica sperimentale all'Università di Palermo, certificherebbero inoltre che, oltre ad essere stato aggredito e picchiato, Rossi sarebbe stato anche spinto contro la propria volontà fuori dalla finestra, tenuto sospeso nel vuoto per i polsi e lasciato cadere.

Inoltre, è stato ulteriormente confermato che le ferite sul volto, sul polso, all'inguine, alla bocca dello stomaco, e gli ematomi, di cui uno in particolare all'altezza del fegato, sono tutti compatibili e giustificabili solo ed esclusivamente con un'aggressione e delle percosse.

Dopo 8 anni è emerso che era stata aperta una porta, nel vicolo sottostante la stanza di Rossi, e che nessuno ha mai pensato di prendere le impronte digitali sulla finestra della stanza a seguito della morte. I segni e le prove con il tempo scompaiono, diventano sempre meno leggibili. Quello che allora avrebbe potuto fare la differenza, purtroppo, è stato fatto male e questo ci ha portato, 10 anni dopo, a non avere ancora una verità. Non è possibile pensare che si possa far finta di nulla, quando un manager di una delle principali banche muore in circostanze poco chiare, in quelle circostanze! La particolarità delle mansioni che David rivestiva ci obbliga a raccogliere quanti più elementi possibili.

Non sono accettabili dubbi - in realtà non lo sono mai stati - né è accettabile accomodarci su un “so, ma non ho le prove”. Di fronte a quello che potrebbe emergere, abbiamo il dovere di andare fino in fondo e, se è possibile, mettere un punto.

Per questi motivi accogliamo con favore la richiesta di una ricostituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta, affinché sia fatto tutto il possibile per far emergere la verità, ma soprattutto per fare giustizia. La Commissione d'inchiesta - è bene ricordarlo - non si sostituisce alla magistratura, ma svolge un importante contributo; soprattutto, lavora in sinergia con la magistratura e ha dimostrato di poter fornire validi contributi. Questo è uno dei compiti che abbiamo in quanto istituzioni dello Stato.

Quindi, grazie per tutto il lavoro che è stato fatto e, soprattutto, speriamo di continuare su questa strada. Oggi, signora Presidente, il pensiero va a tutta la famiglia di David Rossi e a tutti i cittadini e le cittadine che attendono la verità su questa morte da 10 anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Annarita Patriarca. Ne ha facoltà.

ANNARITA PATRIARCA (FI-PPE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la morte di David Rossi non è soltanto un dramma familiare, intimo, personale, ma ha assunto una dimensione pubblica che noi tutti conosciamo, anche grazie a un lavoro dei media che mai hanno smesso di tenere accesi i riflettori sulla vicenda.

È un episodio che merita chiarezza in ogni suo aspetto. La vicenda è più che nota: il 6 marzo 2013, il dottor David Rossi, responsabile dell'area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, è stato trovato senza vita, dopo essere precipitato dalla finestra del proprio ufficio, nella sede storica della banca di Rocca Salimbeni. Purtroppo, ad oggi, il caso non è stato ancora chiarito nella sua complessità, e questo malgrado le indagini tese a ricostruire quanto accadde quella sera.

Purtroppo, addivenire a un'analisi definitiva è diventato difficile. Ogni nuova ipotesi, ogni nuova ricomposizione della scena scioglie alcuni dubbi, ma ne solleva altri. Ogni indagine aggiuntiva offre una chiave di lettura che è sempre parziale. Un contributo importante per una più chiara ricostruzione di quella dolorosa vicenda è stata l'imponente mole di lavoro svolta durante la scorsa legislatura dalla Commissione d'inchiesta, allora presieduta dal senatore Zanettin, poi arricchita da una superperizia che ha rischiarato molti punti di una vicenda dolorosa che presenta ancora sorprese e che merita ancora attenzione da parte di questo Parlamento e nuovi approfondimenti.

Molti accertamenti, infatti, non sono stati completati nella scorsa legislatura. Vanno in primo luogo menzionati quelli da eseguirsi nelle forme dell'esperimento giudiziale, di cui all'articolo 219 del codice di procedura penale, di cui la Commissione aveva deliberato lo svolgimento. Tale accertamento, finalizzato ad acquisire elementi di riscontro circa quanto riferito da alcuni dei principali protagonisti della fase di rinvenimento del corpo e di quella ad essa immediatamente successiva, avrebbe avuto ad oggetto la verifica del tempo necessario a percorrere all'interno della città di Siena taluni ben determinati tragitti.

A titolo meramente esemplificativo, si evidenzia che il primo esperimento programmato avrebbe avuto ad oggetto l'accertamento del tempo minimo necessario a percorrere lo stesso tragitto che il capo della segreteria di David Rossi ha dichiarato di avere compiuto la sera del 6 marzo 2013 per recarsi dalla propria abitazione fino all'ufficio del manager. Bisogna ricordare, infatti, che, sporgendosi dalla finestra, proprio il capo segreteria è stato il primo a constatare che il suo diretto superiore giaceva riverso sul selciato del sottostante vicolo di Monte Pio. In altri termini, l'esperimento sarebbe stato svolto al fine di verificare la credibilità di quanto dichiarato dal testimone, tenuto conto del tempo minimo necessario ad effettuare il tragitto da lui indicato nelle risultanze acquisite agli atti e riproducendo, per quanto possibile, le condizioni di fatto esistenti la sera del 6 marzo 2013.

Tra gli accertamenti che non è stato possibile eseguire, occorre ancora menzionare le ultime rilevanti audizioni, alcune delle quali da svolgersi nelle forme dell'esame testimoniale e del confronto tra i soggetti dichiaranti, che la Commissione avrebbe valutato di effettuare se la legislatura non si fosse anticipatamente conclusa.

Inoltre, la Commissione avrebbe valutato l'opportunità di procedere all'audizione del medico legale, affinché riferisse sulle operazioni svolte in vicolo di Monte Pio, e, in particolare, sugli spostamenti impressi al corpo della persona deceduta prima dell'arrivo sul posto della Polizia scientifica, nonché a quelle degli altri consulenti di parte, affinché riferissero su specifici punti delle attività tecniche rispettivamente compiute e sul raffronto delle stesse con le risultanze attestate nelle relazioni tecniche da ultimo eseguite.

Inoltre, sempre la Commissione avrebbe valutato l'opportunità di procedere nuovamente all'audizione di quanti quella notte effettuarono o, comunque, eseguirono le operazioni di acquisizione delle immagini delle telecamere esterne di sicurezza e che, al termine delle stesse, diedero o presero in custodia il supporto informatico utilizzato per riversare lì il video.

Sono, infatti, emerse incongruenze circa gli orari e le modalità tecniche con cui vennero effettuate le operazioni di prelievo delle immagini in questione, nonché circa la selezione di quelle ritenute rilevanti, e, prima ancora, circa l'individuazione delle telecamere di possibile interesse. All'esito di tali audizioni, la Commissione avrebbe potuto, altresì, valutare la possibilità di svolgere un confronto tra i predetti soggetti.

Attraverso le audizioni ora indicate, si sarebbe potuto adeguatamente esplorare la vicenda concernente il recente rinvenimento, all'interno della pen drive su cui vennero originariamente riversate le immagini, di un video estratto da una seconda telecamera esterna di sicurezza, poi cancellato dalla medesima pen drive. Le immagini contenute nella ripresa, cancellate, immortalano due persone, risultate essere, nel corso delle indagini recentemente svolte in sede giudiziaria, due dipendenti della banca, le quali, meno di 3 minuti dopo l'orario in cui è presumibilmente precipitato dalla finestra David Rossi, escono dall'edificio, utilizzando la porta secondaria sita in piazza della Badia.

Se la Commissione avesse valutato di procedere all'audizione di tali soggetti, avrebbe potuto verificare, con particolare attenzione, quali fossero le ragioni e i tempi della loro presenza in loco, nonché attività, incontri e spostamenti dagli stessi avuti all'interno della sede. La Commissione avrebbe potuto, altresì, svolgere ogni accertamento informatico utile a risalire all'epoca della cancellazione delle immagini, e, conseguentemente, ai relativi autori.

Tenuto conto del breve tempo avuto a disposizione dal tecnico la notte del 6 marzo 2013 per riversare, sotto il controllo di un vicequestore della Polizia di Stato, le immagini delle telecamere prima su un suo PC e poi, da questo, sul supporto consegnato al personale della Polizia presente alle operazioni, l'accertamento sull'epoca della strana manovra avrebbe consentito di restringere notevolmente il numero dei possibili responsabili di tale condotta. La Commissione avrebbe, inoltre, valutato l'opportunità di ricercare, e, in caso positivo, acquisire e far periziare, il computer portatile utilizzato dal tecnico medesimo, nonché l'hard disk del sistema di registrazione delle immagini di sicurezza. Ciò dando attuazione al compito previsto dalla delibera istitutiva di accertare anche le vicende connesse a quelle della morte, tenendo conto delle ambiguità nei ricordi del tecnico sull'orario del suo arrivo e della sua permanenza all'interno della banca, sulla durata e sulle modalità tecniche con cui egli eseguì le operazioni di estrazione delle immagini, oltre che sull'orario in cui, terminate le attività, fece ritorno a casa, approfondendo eventualmente, in sede di esame testimoniale, le ragioni per le quali nessuno dei presenti alla fase di estrazione delle immagini della telecamera ha fatto cenno all'esistenza di immagini prelevate da una seconda telecamera di sicurezza.

Fra gli accertamenti non svolti, giova richiamare le verifiche di natura economico-finanziaria delegate dalla Commissione al Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza sul patrimonio e sulla complessiva situazione economico-finanziaria di David Rossi e dei suoi familiari per verificare un elemento che, nonostante la concomitante pendenza di indagini finanziarie sul gruppo bancario e i suoi prodotti finanziari, non risulta adeguatamente esplorato in sede giudiziaria.

In conclusione, il lavoro svolto dalla precedente Commissione d'inchiesta è stato un lavoro scrupoloso e proficuo, che ha consentito di porre importanti punti fermi sulla vicenda, uno fra tutti, le cause del decesso del dottor Rossi. Alla luce della relazione medico legale svolta, si è potuta individuare la causa della morte di David Rossi nei politraumi e nelle lesioni scheletriche fratturative e viscerali, quali diretta conseguenza della precipitazione e dell'impatto al suolo del corpo.

Ed è importante sottolineare che la perizia ha, altresì, escluso l'assunzione o la somministrazione di sostanze stupefacenti o narcotizzanti che avrebbero potuto inibire la capacità di intendere e di volere autonomamente il significato delle proprie azioni.

Tuttavia, il collegio peritale ha lasciato aperta una rilevantissima questione inerente l'incompatibilità di alcune delle lesioni riscontrate sul corpo di David Rossi, che sono o meno riconducibili all'impatto al suolo o alla dinamica della caduta nel vuoto, perché alcune ecchimosi sottostanti la superficie del braccio destro e dell'avambraccio destro e il complesso lesivo rilevato sul volto, segnatamente sul labbro inferiore, trattandosi di escoriazioni lineari superficiali e sottili che suggeriscono un contatto avvenuto con modalità di strisciamento contro una superficie acuminata e lineare, lasciano una serie di dubbi sconcertante.

I dubbi sono rimasti anche in ordine alla tempestività delle azioni di soccorso, che, come si legge negli atti, avrebbero potuto evitare la morte del precipitato. David Rossi ha avuto un'agonia durata ben 20 minuti prima di morire. Se questo avrebbe potuto o meno salvare la vita di David Rossi, rimane un interrogativo irrisolto. È a tutti questi interrogativi che questa Commissione d'inchiesta intende dare risposta, proseguendo nei compiti già egregiamente svolti nel corso della precedente legislatura, avvalendosi delle risultanze acquisite per ricostruire, in maniera puntuale, i fatti, le cause e i motivi che portarono alla caduta di David Rossi dalla finestra del proprio ufficio nella sede del Monte dei Paschi di Siena di Rocca Salimbeni e le eventuali responsabilità di terzi.

Questa Commissione non rappresenta solo lo strumento indispensabile per la prosecuzione delle attività tecniche di elaborazione e analisi critica delle informazioni di carattere investigativo, ma anche il riconoscimento di un desiderio di giustizia e verità che proviene dalla famiglia e dal Paese e a cui noi oggi, continuando un lavoro iniziato, dobbiamo dare seguito, raccogliendo questa istanza di giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (A-IV-RE). Grazie, signor Presidente. Gli interventi che mi hanno preceduto mi consentono di essere breve, perché, poi, sono anche la sostanza delle questioni che la Commissione dovrà affrontare nel corso dei suoi lavori. Molte delle questioni sollevate saranno l'oggetto del lavoro della Commissione e sono il portato e il frutto anche del lavoro della Commissione precedente.

Vorrei fare solo qualche considerazione, a partire dal fatto, signora Presidente e colleghi, che spesso, con una certa routine, emerge la domanda se le Commissioni di inchiesta possano essere utili o meno. Se possiamo trovare una Commissione di inchiesta che rappresenti l'utilità del lavoro che può essere svolto dal Parlamento nella sua forma di inchiesta, la Commissione David Rossi, istituita nella scorsa legislatura, sulla quale c'è stata una proposta anche da parte di Italia Viva con l'onorevole Nobili, poi seguita dall'onorevole Ferri nel corso dei suoi lavori, dimostra quanto una Commissione di inchiesta sia importante.

Alla Commissione di inchiesta, è chiaro, come ha ricordato anche nel suo intervento il collega Ferri, in base all'articolo 82 della Costituzione, sono riconosciuti gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria, ma il principio del parallelismo, quindi, il confine è nel cercare di lavorare e trovare quelle verità che sono fondamentali. Io penso ci debba essere un equilibrio nel cercare quelle verità, ma il lavoro della Commissione è stato prezioso proprio perché - lo ricordavano un po' tutti coloro che mi hanno preceduto, in particolare la collega Gardini - la singolarità di quello che è accaduto in questa vicenda, che dura da 10 anni, è che ci sono state due indagini, due inchieste avanzate dai magistrati che si sono concluse, tutte e due, con ordinanze di archiviazione.

Con riferimento al lavoro svolto dalla Commissione, penso che per noi sia anche importante ricordare la fiducia che i parenti di David Rossi, in particolare il fratello, hanno accordato al Parlamento. Colleghi, non succede spesso che qualcuno abbia fiducia nel lavoro che noi facciamo e proprio il fratello di David Rossi, solo qualche giorno fa, su un settimanale, ha detto chiaramente che: “la Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di mio fratello David Rossi ha lavorato con abnegazione, ascoltando decine di testimoni, analizzando foto e filmati e facendo anche simulazioni. Purtroppo, non ha potuto finire il suo lavoro per la caduta del Governo. Tuttavia, alcune conclusioni rilevanti sono state raggiunte”.

Molte di queste questioni rilevanti sono state sollevate dai colleghi che mi hanno preceduto e saranno sicuramente riesaminate nel corso del lavoro di una Commissione che acquisirà tutto quello che è stato già raggiunto - ed è corposo - nella precedente Commissione e dovrà lavorare molto, anche perché - e mi avvio alla conclusione - di cose ce ne sono state tante strane, Presidente, oltre a quelle che andrò a leggere. Infatti, un articolo de Il Tempo, della giornalista Frucci, di qualche giorno fa, ha messo in evidenza alcune questioni che ci devono far riflettere e con le quali chiudo.

Vorrei, però, ricordare una cosa a proposito dell'audizione del colonnello Pasquale Aglieco. Chi era il colonnello Pasquale Aglieco? Il colonnello Pasquale Aglieco era il comandante provinciale dei Carabinieri di Siena, che è stato ascoltato dalla Commissione di inchiesta e che ha fatto delle rivelazioni molto importanti. Non si sa per quale ragione non sia stato ascoltato dalla magistratura che doveva indagare su alcune questioni che riguardavano i magistrati di Siena. A questo punto, il colonnello si trova ad Hammamet a farsi le sue vacanze e non si capisce perché non sia stato ascoltato o in qualche modo coinvolto. Eppure, cose interessanti le ha dette. Per esempio, ha parlato della presenza dello stesso Aglieco, che non avrebbe potuto esserci, dei tre magistrati - nella fattispecie Marini, Natalini e Nastasi - nella stanza da cui si sarebbe gettato David Rossi. Per esempio, si dà il caso che, non avendo ancora coassegnate le inchieste agli altri due, l'unico titolato a stare eventualmente in quella stanza e a fare quel sopralluogo era il dottor Marini, Nicola Marini, che era il pubblico ministero di turno. Gli altri due non potevano parteciparvi, perché non avevano ancora una formale coassegnazione. Per esempio, sarebbe utile scoprire come mai fossero lì.

Ma, soprattutto - e concludo con questo -, vorrei leggere, esattamente come è stata presentata, una parte della notizia che ho letto su Il Tempo che mi ha lasciato abbastanza stupito.

I risultati della Commissione di inchiesta hanno portato all'apertura di un fascicolo di inchiesta presso la procura di Genova competente sull'operato dei magistrati di Siena. Scrive Benedetta Frucci su Il Tempo: “Ma Genova ora chiede l'archiviazione nei confronti dei tre PM senesi”. Con l'espressione “Genova chiede l'archiviazione” si intende che il pubblico ministero, titolare dell'inchiesta, ha chiesto l'archiviazione. Ripeto in parte le cose che ha detto l'onorevole Gardini, ma c'è qualcosa di più, a mio avviso.

Ancora: “Per la procura di Genova e in particolare per i PM Francesco Pinto e Vittorio Ranieri Miniati, però i tre procuratori senesi, Aldo Natalini, Nicola Marini e Antonio Nastasi, vanno archiviati. Motivo? L'assenza di dolo. I magistrati genovesi riconoscono che i tre PM hanno commesso degli errori, ma non intenzionalmente. La negligenza dei PM senesi fu un «atto atipico», ma «ininfluente» nel risultato delle indagini, scrive il pubblico ministero. Quindi: hanno manomesso” - questo lo deduciamo - “la scena del possibile crimine, hanno spostato (distrutto, ignorato)” - non si sa - “oggetti senza neppure redigere verbale, ma non l'hanno fatto in modo doloso. Insomma: i tre magistrati hanno commesso errori da matita rossa, ma involontariamente”.

Qui ci sarà da vedere se e cosa deciderà il tribunale di Genova, chi dovrà decidere se accettare l'archiviazione o meno, ma non si può pensare, Presidente, che accuse di questo tipo non vengano smentite. La procura della Repubblica di Genova non dice che non è accaduto che c'è stata una manomissione della scena del crimine: dice che c'è stata e che, però, è ininfluente, da parte di tre magistrati e non solo dei tre magistrati. Penso sia una cosa enorme, inaccettabile, della quale ci auguriamo - non potevamo aspettarcelo dal vecchio Consiglio superiore magistratura - che, a prescindere dall'indagine di Genova, il nuovo Consiglio superiore magistratura, magari, provi ad occuparsi. Non so se il tribunale di Genova stabilirà che il fatto che non ci sia dolo renda accettabile e normale quello che è stato accertato sia accaduto grazie alla Commissione di inchiesta, ma, se questi sono i presupposti, Presidente, credo che la Commissione di inchiesta sarà molto, molto utile. Soprattutto, sarà molto utile che disponga di altri cinque anni, non solo due, per andare fino in fondo e dare finalmente ai familiari di David Rossi, dopo speriamo non più altri 10 anni, ma molto presto, la verità, oltre la giustizia, in merito a quello che è accaduto (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Nisini. Ne ha facoltà.

TIZIANA NISINI (LEGA). Grazie, Presidente. La data del 6 marzo 2013 per molti non vorrà dire nulla, ma per la comunità senese vuol dire molto. Sono passati ben 10 anni, poco più di 10 anni da quella sera. Alle 19,43 - come risulta dalle telecamere di sicurezza e, precisamente, dalla telecamera n. 6 -, David Rossi, a capo della comunicazione della Banca Monte dei Paschi di Siena, precipita al suolo della finestra del suo ufficio e muore dopo un'agonia di 22 minuti, quei 22 minuti che sono stati dibattuti. David Rossi agonizza sul selciato di vicolo Monte Pio per circa 22 minuti, ma l'autopsia certificherà che la morte è sopraggiunta solo dopo pochi minuti. A ottobre 2020, le Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera dei deputati iniziano l'esame della proposta istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta, che si conclude l'11 marzo 2021 con il voto unanime di tutti i gruppi parlamentari.

La Commissione di inchiesta, in poco più di un anno di attività, ha tenuto 51 riunioni plenarie, nel corso delle quali sono stati auditi 76 soggetti, 45 riunioni dell'ufficio di presidenza, complessivamente 170 ore di seduta. Grazie al lavoro dei commissari sono emersi nuovi documenti, nuove perizie, nuove testimonianze.

Tra le attività della Commissione d'inchiesta sono state ripercorse anche tutte le indagini giornalistiche portate avanti negli anni. C'è stata l'inchiesta, che fece clamore, a luglio 2013, de il Fatto Quotidiano, con Davide Vecchi, con lo scambio di mail tra l'allora amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, Fabrizio Viola, e David Rossi, una serie di mail che poi vennero pubblicate appunto su il Fatto Quotidiano, da cui venne aperto un fascicolo e vennero indagati lo stesso Davide Vecchi e la vedova di David Rossi, Antonella Tognazzi, per violazione della privacy, per la responsabilità di aver diffuso le mail. Un processo che poi si è concluso con l'assoluzione piena.

Sono stati anni particolari per Siena - io arrivo da quel territorio - di nuvole, di oscurità, di richiesta di verità, questa verità che veniva sempre offuscata e non arrivava mai. Altre indagini giornalistiche sono state fatte, ci sono state le indagini condotte da Le Iene, e, anche in quel caso con persone che sono state indagate perché hanno cercato di far emergere la verità. Caso eclatante fu quello della segretaria, Lorenza Pieraccini: il giudice per le indagini preliminari dichiara che dall'audizione di queste persone e, in particolare, dall'audizione della signora Pieraccini non è emerso nulla di più di quanto già non fosse in atti; rintracciata dall'inviato de Le Iene, tale Pieraccini non era mai stata ascoltata. Eppure la segretaria aveva visto le mail di Rossi a Viola: Help, “Stasera mi suicido, sul serio. Aiutatemi!!!”.

Venne aperto anche un fascicolo, sempre per un'inchiesta de Le Iene, in cui finirono nel mirino i PM titolari. Anche questo venne archiviato e venne poi rivalutato e ripreso dalla Commissione d'inchiesta. Ci fu, nel 2016, un'altra inchiesta di Quarto grado, che ha messo in evidenza le discrepanze e le anomalie che sono state portate avanti, poi, dai familiari e dai consulenti storici, che non si sono mai fermati e hanno sempre preteso, giustamente e doverosamente, la verità su una morte che era circondata da dire, non voler dire, incertezze, dubbi. Già gli orari della ricostruzione erano sballati: c'è la porta dell'ufficio di David Rossi che alle 20,05 viene vista aperta, subito dopo viene trovata chiusa, alle 20,05. Se teniamo conto dei 22 minuti in cui David Rossi è stato agonizzante al suolo, David Rossi era ancora vivo in quei minuti, riversava moribondo per la strada. Non sono stati fatti accertamenti e approfondimenti sui taglietti autolesionistici di David Rossi, che erano stati visti dalla figlia la sera prima, che avevano creato molta preoccupazione ai suoi familiari. Vi erano fazzoletti macchiati di sangue che sono stati distrutti e che probabilmente avrebbero contenuto impronte di terze persone, fazzolettini che vennero sequestrati il 12 aprile 2013 e distrutti il 4 settembre, ma mai analizzati. Perché? Questo è uno dei tanti perché che segue il fatto della morte di David Rossi. Ci fu anche un'inchiesta di Report, legata sempre alla figura di David Rossi e a Monte dei Paschi, quando, il 1° marzo del 2013, sul Il Sole 24 Ore, il giornalista che scrisse l'articolo aveva in mano il responso del CdA del Monte dei Paschi che era si era svolto la sera prima. Tutti gli occhi vennero puntati su David Rossi e David Rossi esprimeva la sua preoccupazione, come è risultato anche da tutte le testimonianze sul fatto che lui si dichiarava innocente. Ma tutto faceva credere che fosse lui. Non era David Rossi, ma erano due consiglieri del CdA; venne sentito il giornalista e la verità venne a galla.

Come ha detto il collega Giachetti, è importante che questa Commissione non duri due anni, ma prosegua affinché tutti i documenti e tutti gli atti possano essere analizzati, tutte le persone da ascoltare vengano audite. E, non ultimo, ne ha parlato anche l'onorevole Giachetti, vi è l'articolo uscito su Il Tempo, in cui si riferisce della richiesta di archiviazione della procura di Genova: anche qui, ancora, tante incongruenze, tante inesattezze, tanti dubbi.

Questa Commissione d'inchiesta - è già stato detto - è stata importante, è stata determinante, anche per fare aprire fascicoli e far rianalizzare cose ormai archiviate, ed è bene che vada avanti. Resta, comunque, la possibilità che il CSM apra un procedimento disciplinare nei confronti dei 3 PM senesi, per il modo in cui hanno svolto le indagini: con superficialità. Questo lo decideranno loro. È importante: questa Commissione non è nata per essere pro suicidio, non è nata per essere pro omicidio, è nata per essere pro verità, una verità che dobbiamo alla comunità senese, che ancora aspetta. Troppi perché ci sono ancora. Una verità che chiedono a gran voce i familiari di David Rossi, ma è una verità che dobbiamo proprio a David Rossi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, intervenire oggi in quest'Aula, a nome del gruppo del Partito Democratico, e farlo dopo le relatrici, dopo gli onorevoli Gardini, Ascari, Patriarca, Giachetti e Nisini, ci consente di non dover ripetere tante argomentazioni che sono state rappresentate, se non condividere un impegno, che non è solo delle forze politiche, ma di tutto il Parlamento, per costruire le condizioni per portare parole di verità e piena giustizia circa un fatto che ormai si è svolto 10 anni fa e che ancora richiama l'attenzione di tutte e tutti noi e ancora richiede un impegno del Parlamento. Però, è un impegno, questo, che parte da un grande lavoro fatto nella scorsa legislatura. È stato detto e lo voglio sottolineare anche io: questa è una Commissione che ha lavorato veramente tanto nella scorsa legislatura. Come Partito Democratico, abbiamo contribuito con il vicepresidente Lacarra, con il segretario Fornaro, con i parlamentari Cenni e Andrea Rossi. Andrea Rossi interverrà in quest'Aula in dichiarazione di voto e potrà meglio e ancora di più qualificare il lavoro che è stato fatto. Un lavoro che, comunque, è stato fatto anche grazie - fatemelo aggiungere ai ringraziamenti - al grande impegno della Camera dei deputati, dei funzionari della Camera, di tutte le donne e gli uomini che hanno lavorato per produrre, poi, la mole, importantissima, di incontri, di audizioni di oltre 76 soggetti in un anno e mezzo, e poi tutto quello che ha portato alla stesura di una relazione finale, che non ha raggiunto gli ultimi passaggi. Noi stessi non abbiamo avuto il modo, nella scorsa legislatura, di avere tempo sufficiente per poterla valutare, ma che rappresenta, comunque, un fondamentale e importante punto di partenza, che ha consentito anche avanzamenti ed elementi di chiarezza ulteriori che sono stati portati avanti nella scorsa legislatura. Ed è proprio da qui che muove una nostra considerazione. Noi non partiamo da zero, partiamo da un lavoro importante fatto appunto nella scorsa legislatura. Proprio per questo crediamo che si debba cercare – e, da questo punto di vista, presenteremo anche un emendamento all'articolo 1 di questa proposta, che inserisce come termine temporale del lavoro della Commissione tutta la durata della legislatura - di finalizzare nei prossimi 18 mesi i lavori necessari per arrivare alla conclusione, alla deliberazione della bozza finale e all'espressione di una parola chiara. Io penso, infatti, che sia fondamentale - anche in un momento come quello di oggi, in questa discussione generale; è al mio fianco il collega Morassut, che interverrà per l'istituzione di altre due Commissioni d'inchiesta, su Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, e sul tema delle periferie; solo oggi, noi affrontiamo il tema di 3 commissioni d'inchiesta - ricordare e ribadire, come all'articolo 82 della Costituzione e agli articoli 140, 141 e 142 del nostro Regolamento, quanto sia fondamentale la prerogativa di poter istituire Commissioni d'inchiesta parlamentari con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Però, queste Commissioni - dobbiamo ricordarlo sempre - sono un mezzo, uno strumento, non sono un fine.

Non si costituiscono Commissioni d'inchiesta per avere più Commissioni d'inchiesta; si costituiscono Commissioni d'inchiesta per arrivare alla fine dei lavori della Commissione d'inchiesta, per avere delle relazioni e fare sì che il Parlamento svolga la sua funzione.

Dato che questa Commissione d'inchiesta si muove da un lavoro già fatto nella XVIII legislatura, credo che sia dovere di tutti noi concentrare gli sforzi e le energie per capire cosa si può fare e garantire, proprio per il rispetto che dobbiamo alla famiglia, alla comunità senese e alla comunità nazionale, che, nell'arco temporale dei prossimi 18 mesi, questi lavori giungano a conclusione.

Nella XVIII legislatura abbiamo avuto un esempio concreto del fatto che questo si può fare in relazione a un altro caso, che chiede ogni giorno verità e giustizia, il caso drammatico di Giulio Regeni: c'è stata una Commissione d'inchiesta, è stata guidata da Erasmo Palazzotto, ha concluso i suoi lavori e noi, al termine di quei lavori, abbiamo continuato in altre sedi - accertato il lavoro da fare, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione e del nostro Regolamento - come Parlamento, a chiedere verità e giustizia (e continuiamo a farlo ancora oggi) per Giulio Regeni.

E così continuiamo a chiedere la stessa cosa per David Rossi, ma vogliamo che i lavori di questa Commissione - come hanno avuto un inizio e si sono svolti lungamente nella XVIII legislatura - abbiano un nuovo inizio adesso, nella XIX legislatura, e si concludano nei prossimi 18 mesi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Doc. XXII, n. 7-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la VI Commissione (Finanze), deputata Laura Cavandoli.

LAURA CAVANDOLI , Relatrice per la VI Commissione. Intanto, ringrazio i colleghi intervenuti, anche a nome dell'altro relatore, Maria Carolina Varchi, che non è riuscita a essere qui oggi.

Credo che, dagli interventi di oggi, sia chiaro che ci sono tanti dubbi e che c'è tanta attività da fare proprio per scoprire la verità - l'abbiamo detto e lo diremo ancora nelle dichiarazioni di voto -, ma soprattutto si cerca di farlo anche per capire se effettivamente qualcosa non ha funzionato e se c'è stato qualcuno, o qualcosa, qualche evenienza, tale per cui le cose sono state ricostruite in modo diverso da come sono andate.

Quindi, io credo che istituire una Commissione d'inchiesta ad inizio legislatura - in realtà è già passato qualche mese dall'inizio della legislatura - necessiti di tempo e limitare, adesso come adesso, la portata temporale dell'attività di inchiesta significhi proprio tarpare le ali alla Commissione. Diciotto mesi non ci sono stati nemmeno nella scorsa legislatura, questa volta andiamo fino in fondo!

PRESIDENTE. La rappresentante del Governo rinuncia alla replica. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Francesco Silvestri e Ascari: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori” (A.C. 665-A​) e delle abbinate proposte di legge: Zaratti; Morassut ed altri (A.C. 879​-880​) (ore 15,14).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 665-A: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori” (A.C. 665-A​) e delle abbinate proposte di legge nn. 879-880.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 17 marzo 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 17 marzo 2023).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire, in sostituzione della relatrice, il deputato Riccardo De Corato, vicepresidente della Commissione.

RICCARDO DE CORATO, Vicepresidente della I Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame della proposta di legge Francesco Silvestri e Ascari n. 665-A e delle abbinate proposte di legge Zaratti n. 879 e Morassut n. 880, recanti l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Si tratta di proposte di legge per le quali è stata deliberata l'urgenza in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.

Per quanto riguarda l'esame in sede referente, rammento che la Commissione affari costituzionali ha avviato, il 15 febbraio 2023, l'esame della proposta di legge Francesco Silvestri n. 665, che affida alla Commissione d'inchiesta il compito di indagare sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta a Roma il 22 giugno 1983, quando la ragazza aveva 15 anni, in circostanze mai chiarite.

Nel corso dell'esame, sono state abbinate le proposte di legge Morassut n. 880 e Zaratti n. 879, vertenti su identica materia. Nella seduta del 23 febbraio, la Commissione ha quindi deliberato di adottare quale testo base per la successiva attività istruttoria la proposta di legge Francesco Silvestri n. 665. L'esame in sede referente è, quindi, proseguito con l'approvazione di alcuni emendamenti che hanno, in particolare, esteso l'ambito dell'indagine della Commissione parlamentare di inchiesta anche alla scomparsa di Mirella Gregori, in considerazione della connessione tra le due vicende, non solo da un punto di vista temporale, trattandosi di scomparse avvenute negli stessi giorni, ma anche perché, dallo sviluppo delle indagini giudiziarie e delle inchieste giornalistiche, sono emersi intrecci molto profondi con personaggi che paiono essere protagonisti di entrambe le vicende.

Per quanto riguarda il contenuto del testo oggi all'esame dell'Assemblea, quale risultante dalle proposte emendative approvate, faccio presente che, in base all'articolo 1 della proposta di legge, la Commissione d'inchiesta, istituita ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XIX legislatura, dovrà: a) ricostruire e analizzare in maniera puntuale la dinamica della scomparsa di Emanuela Orlandi e quella della scomparsa di Mirella Gregori; b) verificare ed esaminare il materiale e i dati acquisiti attraverso le inchieste giudiziarie e le inchieste giornalistiche riguardanti la scomparsa di Emanuela Orlandi e quella di Mirella Gregori; c) esaminare e verificare fatti, atti e condotte, commissive oppure omissive, che possano aver costituito ostacolo o ritardo, o avere portato ad allontanarsi dalla ricostruzione veritiera dei fatti, necessari all'accertamento giurisdizionale delle responsabilità connesse agli eventi, anche promuovendo azioni presso Stati esteri, finalizzate ad ottenere documenti o altri elementi di prova in loro possesso che siano utili alla ricostruzione della vicenda; d) verificare, mediante l'analisi degli atti processuali e del materiale investigativo raccolto negli anni, quali criticità e circostanze possano aver ostacolato il sistema giudiziario nell'accertamento dei fatti e delle responsabilità.

Al termine dei propri lavori, la Commissione presenterà una relazione sui risultati dell'inchiesta e potranno essere presentate anche relazioni di minoranza.

Quanto alla composizione della Commissione, l'articolo 2 prevede un totale di 40 componenti, 20 senatori e 20 deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di almeno un senatore per ciascun gruppo presente in Senato e di un deputato per ciascun gruppo presente alla Camera. La proposta di legge stabilisce, poi, che i componenti della Commissione debbano dichiarare alla Camera di appartenenza di non aver ricoperto e di non ricoprire ruoli nei procedimenti giudiziari oggetto dell'inchiesta (articolo 2, comma 2).

L'articolo 2 prevede, inoltre, che la Commissione sia convocata, per la costituzione dell'ufficio di presidenza, composto da un presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, dai Presidenti delle due Camere, entro 10 giorni dalla nomina dei suoi componenti e che, per le elezioni del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, prevalendo, in caso di parità di voti, il più anziano di età.

L'articolo 3 disciplina le audizioni a testimonianza, rese davanti alla Commissione, prevedendo l'applicazione degli articoli 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (falsa testimonianza) del codice penale. La proposta dispone, inoltre, la non opponibilità alla Commissione, limitatamente ai fatti oggetto d'inchiesta, del segreto d'ufficio, professionale e bancario, precisando, altresì, che è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale. Per il segreto di Stato, trova applicazione la normativa dettata dalla legge n. 124 del 2007.

L'articolo 4 della proposta richiama quanto già previsto dall'articolo 82, secondo comma, della Costituzione, in merito alla possibilità per la Commissione di procedere alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Come di consueto, la proposta stabilisce ulteriori limitazioni, prevedendo che la Commissione non possa adottare provvedimenti che restringano la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché la libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo, di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.

Nelle materie attinenti all'inchiesta, la Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale, che copre con il segreto gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Si riconosce, altresì, che l'autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente rispetto alla richiesta, potendo, con decreto, ritardare la trasmissione solo per ragioni di natura istruttoria. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede, senza ritardo, a trasmettere quanto richiesto.

La proposta di legge prevede, inoltre, una clausola che vincola la Commissione a mantenere l'eventuale regime di segretezza degli atti ricevuti coperti dal segreto. Nel caso in cui la Commissione intenda svolgere accertamenti o acquisire documenti fuori dal territorio dello Stato, trovano applicazione le pertinenti disposizioni del capo II del titolo III del libro undicesimo del codice di procedura penale (articoli 727 e seguenti), che reca le norme sulle rogatorie all'estero, nonché dei trattati internazionali.

L'articolo 5 della proposta di inchiesta prevede, come di consueto, che i componenti della Commissione, i funzionari, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, siano tenuti all'obbligo del segreto su tutti gli atti e i documenti che la Commissione ha acquisito ai fini dell'inchiesta e soggetti a regime di segretezza. La violazione dell'obbligo del segreto e la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta, dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite, ai sensi dell'articolo 326 del codice penale (rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio), salvo che il fatto non integri un più grave reato.

Per quanto riguarda l'organizzazione dei lavori della Commissione di inchiesta, l'articolo 6 della proposta prevede l'approvazione di un regolamento interno, afferma il principio della pubblicità delle sedute, ferma restando la possibilità di disporre diversamente, e consente alla Commissione di avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni ritenute necessarie, secondo quanto stabilito in materia dal regolamento interno della Commissione, che dovrà fissare il tetto massimo delle collaborazioni.

Per l'espletamento delle funzioni della Commissione, si prevede che essa fruisca di personale, locali e strumenti operativi, posti a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, e che le spese per il funzionamento della Commissione, quantificate in 50.000 euro all'anno, siano poste a carico, in parti uguali, dei bilanci di Camera e Senato.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva di farlo successivamente. È iscritto a parlare il deputato Roberto Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ci sono vicende che hanno percorso la storia della nostra Repubblica che sono rimaste coperte da un oblio, che non hanno avuto né hanno trovato spiegazioni, che non hanno trovato soluzioni giudiziarie. Sono molte queste vicende, diventate casi, casi giudiziari, prima, e, successivamente, persino casi di letteratura noir, giallistica. Però, hanno condizionato molto la vita della nostra Repubblica e hanno anche intaccato, in una certa misura, il senso di fiducia del rapporto tra il popolo e le istituzioni, il funzionamento di uno Stato, la sua efficienza, soprattutto quando si tratta di svelare casi complessi di carattere giudiziario in cui ci sono risvolti di omicidi e in cui ci sono delitti contro la persona. Sono la base di un rapporto di fiducia che, purtroppo, in molti casi non è stato possibile difendere.

Queste vicende sono state numerose, ma quella di cui parliamo oggi e di cui si occuperà la Commissione di inchiesta, che verrà discussa e votata dal Parlamento nelle prossimi settimane, qui alla Camera e, successivamente, al Senato, rappresenta, tra tutte queste vicende, forse quella più importante, non soltanto per la diretta ricaduta sulla vita delle persone coinvolte e sulle loro famiglie - e colgo l'occasione di salutare i familiari e i legali delle famiglie Orlandi e Gregori, presenti qui oggi e assistono al nostro dibattito -, ma anche perché questo caso va nella profondità degli aspetti e dei risvolti oscuri, possiamo dire misteriosi, della vita della nostra Repubblica nel dopoguerra, di quel non detto, di quel non fatto e di quel non successo che hanno lasciato aperte tante domande, delimitando anche la forza delle nostre istituzioni e, anzi, comprimendola.

Sono dolori privati che, in realtà, hanno segnato e segnano la storia di un Paese e che spesso hanno corso il rischio (o sono terminati o si sono così conclusi) di perdersi nel labirinto dei misteri. Ora, il fatto che si voti l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sui casi di due giovanissime donne, due adolescenti, poco più che bambine, che hanno visto le proprie vite interrotte nel mistero - sono state rapite e fatte scomparire - è molto importante. Parliamo di Emanuela Orlandi, nata il 14 gennaio del 1968 e scomparsa il 22 giugno del 1983.

Presidente, posso chiedere di passare la parola ad un altro collega e, poi, riprendere successivamente?

PRESIDENTE. Grazie, onorevole. È iscritta a parlare la deputata Alice Buonguerrieri. Ne ha facoltà.

ALICE BUONGUERRIERI (FDI). Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, viene oggi discussa in Aula la proposta di legge volta ad istituire, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione bicamerale d'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Due vicende fra loro intrecciate, non soltanto, come diceva anche il relatore prima di me, dal punto di vista temporale, trattandosi di scomparse l'una a poca distanza dall'altra, ma anche per i personaggi coinvolti che, in base se non altro alle ricostruzioni giudiziarie, alle ricostruzioni giornalistiche, figurano come protagonisti in entrambe le vicende.

Due storie indubbiamente complesse, connotate da molti depistaggi, strumentalizzazioni, speculazioni, dossier spariti, dossier negati, presunte trattative, ipotesi su mandanti, esecutori, protagonisti e comparse, in cui le uniche tristi certezze sono la scomparsa delle due ragazze, l'esistenza di due casi ancora irrisolti e la presenza di padri, madri, fratelli, sorelle, parenti e amici - anch'io colgo l'occasione per salutare la famiglia di Emanuela Orlandi, qui presente - che non si sono mai arresi e che hanno continuato a perseguire, nonostante questo comportasse l'aggiunta di grandi sofferenze alla sofferenza principale, quella della scomparsa, una verità ancora, purtroppo, non raggiunta e che hanno vissuto un dramma ancora, purtroppo, non finito. Allora, riavvolgere il nastro su queste due tragiche vicende per noi è doveroso.

Emanuela Orlandi, un nome diventato familiare per molte generazioni di italiani. La sua scomparsa è un mistero da ormai quarant'anni, da quel 22 giugno del 1983, quando la ragazza aveva 15 anni e si trovava a Roma. Di lei, cittadina dello Stato del Vaticano, si è parlato, letto, scritto davvero tanto. Si sono susseguite inchieste della magistratura italiana, come sappiamo, aperte e poi archiviate; si sono succedute tante inchieste giornalistiche, con ricostruzioni più o meno supportate da riscontri fattuali, sino ad arrivare alla notizia più recente, del 9 gennaio scorso, dell'avvio di nuove indagini da parte della magistratura vaticana, con lo scopo, da quanto si legge, di scandagliare fascicoli, documenti, di verificare atti e segnalazioni e di interrogare testimoni, con l'obiettivo di ricercare la verità.

Mirella Gregori: vicenda che ha avuto probabilmente meno risalto mediatico rispetto a quella di Emanuela Orlandi, ma che presenta, come abbiamo detto, tratti comuni con questa, a partire dai protagonisti della vicenda che, a quanto è dato sapere, pare coincidano, a seguire con il tempo della scomparsa, avvenuta il 7 maggio del 1983, dunque poco più di un mese prima rispetto alla scomparsa di Emanuela Orlandi, quando Mirella uscì di casa, riferendo alla madre di avere un appuntamento con un suo vecchio compagno di scuola, senza purtroppo più farvi rientro.

Quarant'anni alla ricerca della verità mai raggiunta sono un tempo infinito, infinito soprattutto per chi quella verità non ha mai smesso di cercarla e, allora, il Parlamento può dare il suo contributo, senza per questo sostituirsi o sovrapporsi alla magistratura, e può farlo con l'approvazione della proposta di istituzione di una Commissione bicamerale d'inchiesta che ha tra i suoi obiettivi - rimarcando quelli principali, perché sul punto è già intervenuto il relatore, prima di me -, anzitutto, quello di ricostruire e analizzare la dinamica dei due rapimenti, verificare ed esaminare tutti i documenti e gli elementi acquisiti attraverso le inchieste della magistratura e le inchieste giornalistiche, esaminare i fatti, gli atti, le condotte commissive e omissive che possono aver ostacolato la ricostruzione della verità dei fatti, anche promuovendo azioni presso Stati esteri, al fine di recuperare documenti ed elementi di prova eventualmente in loro possesso, utili alla ricostruzione dei fatti. E come? Ovviamente procedendo alle indagini, e questo lo dice la proposta di legge stessa, e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, i cui componenti, ritornando alla Commissione, 20 deputati e 20 senatori, sono tenuti a dichiarare alla Presidenza della Camera di appartenenza di non aver ricoperto o di non ricoprire ruoli nei procedimenti giudiziari relativi ai fatti oggetto dell'inchiesta. Precisazione questa, ci tengo a dirlo, introdotta durante i lavori di Commissione, proprio a garanzia, anche questa, di imparzialità e a garanzia di un corretto svolgimento dei lavori alla ricerca della verità.

Si tratta di una Commissione fortemente sostenuta da Fratelli d'Italia sin dal principio, i cui lavori parlamentari, iniziati in Commissione affari costituzionali il 15 febbraio scorso, sono proseguiti speditamente; una Commissione che noi riteniamo possa contribuire in modo decisivo a far definitiva luce su queste due tragiche vicende che, purtroppo, non costituiscono casi isolati. Mi riferisco, per esempio, a Chiara Bolognesi e a Cristina Golinucci che, senza voler creare analogie con le vicende oggi in discussione, sento il dovere in questa sede di ricordare, trattandosi di casi altrettanto tragici e irrisolti legati alla mia terra, la città di Cesena: due ragazze di 18 e 21 anni che avevano frequentato la stessa scuola, che avevano frequentato gli stessi ambienti di volontariato e religiosi, accomunate da una fine misteriosa, anche loro a distanza di due mesi, l'una dall'altra, più di trent'anni fa. Chiara sparì il 7 ottobre 1992, il suo corpo è stato ritrovato successivamente nel fiume Savio e, invece, di Cristina non si è saputo più nulla.

Si tratta di storie, anche queste, che sono oggetto di una nuova indagine, aperta in questo caso dalla procura di Forlì, e che ho voluto ricordare simbolicamente anche per onorare la memoria di tutti quei bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne scomparsi e mai più ritrovati o sui quali pendono ancora molte domande che ancora, purtroppo, non hanno risposte.

Allora - e concludo, Presidente - l'auspicio è che, con questa Commissione parlamentare d'inchiesta, possa farsi definitiva luce sui tragici eventi che hanno coinvolto Emanuela Orlandi e Mirella Gregori e si possano restituire finalmente verità e giustizia alle loro famiglie e all'intera collettività (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Mi pare vi siano le condizioni perché il collega Morassut prosegua il suo intervento. Prego, onorevole.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. Mi scuso anche con i colleghi. Come dicevo, Emanuela Orlandi scomparve il 22 giugno del 1983 e Mirella Gregori il 7 maggio, praticamente poco più di un mese prima.

Parlando della vicenda di Emanuela Orlandi, intorno alle 16,30 di quel giorno, il 22 giugno, primo giorno d'estate, Emanuela Orlandi uscì dall'appartamento in cui viveva con la famiglia in via di Sant'Egidio, all'interno della Città del Vaticano, per andare presso l'Istituto Tommaso Ludovico Da Victoria, in piazza Sant'Apollinare, dove studiava flauto traverso. In una telefonata a casa, Emanuela raccontò alla sorella Federica di essere stata avvicinata da un uomo, il quale le aveva proposto di partecipare ad una sfilata, che l'atelier Fontana avrebbe tenuto a Palazzo Borromini, per distribuire del materiale per la Avon. Quel pomeriggio aveva un appuntamento con la sorella, in un luogo poco distante dal Vaticano, ma non si presentò mai. Dalle 7,20 del pomeriggio, quindi dalle 19,20 del 22 giugno, di lei si è persa ogni traccia.

Il caso divenne presto uno degli episodi più misteriosi della storia italiana. Come detto, moltissimi furono i personaggi che, a contorno, si presero la scena, sempre in bilico tra il depistaggio, la mitomania, lo sciacallaggio, elementi distorcenti attraverso i quali intravedere brandelli di verità, utilizzando la disperazione e la speranza di una famiglia che, però, in questi quarant'anni di via crucis, non ha mai perso la determinazione e ancora oggi chiede che si arrivi alla verità sul caso.

Allora, furono continue le telefonate alla famiglia, per segnalare quello che in realtà i testimoni non avevano mai visto, fino al disvelamento del presunto rapitore, l'“americano”, così chiamato per il suo accento, che in una delle innumerevoli telefonate disse che, se le autorità italiane non avessero rilasciato Mehmet Ali Ağca, l'attentatore che due anni prima aveva cercato di uccidere Papa Giovanni Paolo II sulla piazza di San Pietro, Emanuela sarebbe stata uccisa.

Questa vicenda assunse presto una grande rilevanza internazionale mediatica; infatti, a meno di due mesi dalla denuncia di scomparsa, si profilò l'ipotesi di un sequestro di matrice terroristica. Da allora le tesi e le ipotesi si sono rincorse, si sono sovrapposte, anche disordinatamente. Il quadro degli eventi è risultato presto frantumato in una pluralità spesso contraddittoria di voci, riconducibili a gruppi eterogenei dai fini indecifrabili, il cui fattore comune sembra rappresentato dall'uso strumentale delle notizie divulgate.

La storia di Emanuela si intreccia, dunque, con quella di un'altra ragazza coetanea, cittadina italiana però, scomparsa nello stesso periodo e mai ritrovata, Mirella Gregori. Le due vicende per un momento si sovrappongono, sembrano accomunate da una stessa sorte.

Mirella Gregori, quattordicenne, scompare il 7 maggio 1883, 40 giorni prima della scomparsa di Emanuela. Quel giorno Mirella esce di casa dicendo alla madre che ha un appuntamento con un vecchio compagno di classe. Da quel momento anche la famiglia di Mirella non ha più notizie. La madre di Mirella, durante una visita del Papa in una parrocchia romana, il 15 dicembre 1985, riconobbe in un uomo della scorta una persona che spesso andava a prendere la figlia a casa. Forse, lo stesso uomo che è stato visto con Emanuela Orlandi pochi giorni prima della sua scomparsa? La madre della ragazza viene contattata a quel punto da un uomo che si qualifica come appartenente allo stesso gruppo dei sequestratori di Emanuela e che, dopo un po' di tempo, le comunicò queste parole: “Non abbiamo nulla da fare”.

I messaggi di richieste e di ultimatum raggiunsero la stampa americana e quella italiana, con sigle di organizzazioni terroristiche, le più diverse, tutte riassumibili con il linguaggio investigativo della cosiddetta pista turca. In questa sede, naturalmente, non possiamo ricostruire né esaurire tutte le fasi e le incongruenze - la Commissione avrà questo compito - non ultima quella che riguarda le notizie secondo cui il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare, l'allora Sismi, avrebbe indagato sulla scomparsa di Mirella Gregori e su quella di Emanuela Orlandi e che la documentazione relativa alle indagini, collocata in tre faldoni secretati, sembrerebbe sparita nel nulla. La procura della Repubblica di Roma ne avrebbe disposto l'acquisizione, ma tale documentazione non sarebbe mai stata consegnata per confluire negli atti dell'indagine.

Se tutto ciò fosse veramente accertato - queste sono le notizie emerse nel corso del tempo -, starebbe ad indicare un'attività di inchiesta molto approfondita, fatta direttamente dal Sismi, senza che la famiglia ne fosse stata mai avvisata. Era invece accaduto diversamente con il Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica, l'altro servizio segreto, il Sisde.

Nel settembre 1993, il magistrato allora impegnato nelle indagini sui mandanti dell'attentato a Papa Wojtyla decise di acquisire del materiale presso la sede dei servizi segreti militari. In quell'occasione, i Carabinieri si sarebbero imbattuti in una quantità estremamente consistente di documenti, distribuiti in 18 faldoni, 3 dei quali riguardanti i casi Gregori e Orlandi. Gli investigatori annotarono su due di essi il cognome Orlandi e, sull'altro, Orlandi-Gregori, ma tale documentazione non è stata mai consegnata.

La Commissione avrà, tra i suoi compiti, quello di ricostruire ed analizzare in maniera puntuale la dinamica della scomparsa o rapimento, rapimento o scomparsa, di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, di verificare ed esaminare il materiale e i dati acquisiti attraverso le inchieste giudiziarie e giornalistiche e di esaminare e verificare i fatti, gli atti e le condotte, commissive oppure omissive, che possono aver costituito un ostacolo o un ritardo o aver portato ad allontanarsi dalla ricostruzione veritiera dei fatti.

Anche promuovendo azioni presso Stati esteri, finalizzate ad ottenere documenti con altri elementi, la Commissione avrà il compito di verificare, mediante l'analisi degli atti processuali e del materiale investigativo raccolto negli anni, quali criticità e circostanze possano aver ostacolato il sistema giudiziario nell'accertamento dei fatti.

La Commissione parlamentare può chiarire molteplici anomalie avvenute nel corso di questi quarant'anni di indagine sulla sparizione delle due ragazze, in particolare può far luce su alcuni aspetti fondamentali. Sul caso Orlandi, lo Stato italiano per tre volte ha inviato rogatorie internazionali per chiarire i ruoli di alcuni esponenti apicali della Santa Sede, ma non sono mai andate a buon fine. Il Vaticano, di fatto - lo si può dire perché risulta dalle vicende -, non ha mai consentito che i propri uomini, laici, chierici o con ruoli importanti, deponessero davanti ai magistrati della procura di Roma, uomini che, invece, hanno collaborato attivamente alle indagini, sempre condotte dalla procura, sull'attentato di Papa Giovanni Paolo II.

Nel 2012 è avvenuto un incontro - ed è stato confermato anche in sede di testimonianze giudiziali - presso la Santa Sede tra magistrati italiani ed emissari della Santa Sede, che avrebbe avuto ad oggetto uno scambio: la restituzione dei resti di Emanuela da parte del Vaticano, a patto che la procura imbastisse una storia che togliesse ogni responsabilità da parte della Santa Sede sulla scomparsa della ragazza. Riporto naturalmente traduzioni di stampa. Questa presunta trattativa, se è avvenuta, va assolutamente approfondita e verificata.

Vi è stata una possibile manipolazione su un'audiocassetta del 17 luglio 1983, quindi nemmeno un mese dopo la scomparsa, recante prove importanti sulla voce di Emanuela. L'audiocassetta non esiste più agli atti in procura. Sarebbe importantissimo recuperarla, perché, con la tecnologia attuale, l'analisi della videocassetta originale potrebbe fare emergere e analizzare diverse voci maschili non considerate all'epoca dei fatti.

Emanuela fu rapita, ormai se ne ha una certezza. Noi parliamo di scomparsa, ma possiamo parlare di rapimento. Da alcune evidenze, infatti, emerge che vi fu una rivendicazione del suo rapimento da parte dei rapitori che ottennero addirittura una linea riservata con la segreteria di Stato della Santa Sede, un evento questo che sicuramente presenta caratteri di estrema eccezionalità, poiché vede cariche altissime dello Stato Vaticano trattare in prima persona, senza intermediazione, con i cosiddetti rapitori di una cittadina. Naturalmente - lo abbiamo ricordato - furono coinvolti apparati e pezzi delle istituzioni italiane, Sisde e Sismi, apparati di Polizia e di sicurezza. Ciò nonostante, però, i depistaggi, le omissioni e le manipolazioni sono state moltissime.

Con l'intervento del Parlamento ci auguriamo di poter aprire un varco nel fitto bosco delle incertezze che si sono verificate nel tempo, per dare una risposta ai familiari, ma anche alla coscienza popolare di migliaia di romani e di italiani di ogni generazione che si sono alternati, che sono venuti a conoscenza dei casi nel corso di questi 40 anni.

La storia italiana è piena di storie di casi irrisolti, di omicidi che hanno dato il senso di una coscienza interrotta nel rapporto con la nostra Repubblica. Con questo lavoro noi vogliamo, quindi, contribuire anche a trovare una via di lettura alla storia della nostra Repubblica, e fare in modo che dalla possibile capacità di illuminare questi fatti esca fuori non solo una risposta ai familiari, che è la cosa più importante, ma anche la rilettura di un pezzo fondamentale della nostra storia, della nostra Repubblica, senza il quale non è possibile costruire nuove istituzioni più trasparenti e più credibili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Presidente, colleghe, colleghi, “mamma, torno tra poco”, ma da allora sono trascorsi quasi 40 anni. Era il 7 maggio 1983 quando la quindicenne Mirella Gregori si allontanava da casa, in via Nomentana n. 91. Da quel momento tantissime ombre e pochissime luci hanno caratterizzato l'intricata vicenda che ha inghiottito la ragazza e la sua intera famiglia. Dopo poche settimane, e precisamente il 22 giugno dello stesso anno, scompariva, sempre da Roma, Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di 15 anni, rapita all'uscita dalla scuola di musica che frequentava in piazza Sant'Apollinare e mai più ritrovata.

Diversi i punti di collegamento tra le due tragedie. Le indagini fin da subito assunsero toni inquietanti, con assenza di risposte, telefonate anonime, missive e comunicati ai familiari delle ragazze, piste false e inconcludenti, ipotesi di rapimento con finalità terroristiche e politiche. Nessun punto fermo, nessuna verità. Il telefono del bar in cui lavorava la famiglia di Mirella Gregori purtroppo venne messo sotto controllo troppo tardi, sicuramente dopo la sconvolgente telefonata del 24 settembre 1983 che descriveva a Filippo, cognato di Mirella, addirittura l'abbigliamento della giovane scomparsa.

La scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori avvenne in un periodo caratterizzato da gravi tensioni all'ombra del Vaticano e su entrambi i casi si accese immediatamente un faro ai più alti livelli istituzionali. Per quanto riguarda Emanuela, lo stesso Papa Giovanni Paolo II intervenne con un appello pubblico per la liberazione della figlia del commesso pontificio neanche due settimane dopo la scomparsa. Poi il Fronte Turkesh, il telefonista cosiddetto americano, la possibile trattativa finalizzata alla consegna e liberazione del terrorista attentatore del Papa, Ali Ağca, nonché un'importante casa di cosmetici presso cui anche Mirella Gregori aveva iniziato a fare qualche lavoretto sembravano creare uno stretto collegamento tra le due vicende.

Tanti i nomi dei soggetti chiamati in causa nel tempo: la Città del Vaticano, la Repubblica Italiana, l'Istituto per le opere di religione, il Banco Ambrosiano, i servizi segreti di almeno una dozzina di Paesi diversi, la banda della Magliana e un numero imprecisabile di organizzazioni terroristiche internazionali. Diversi i procedimenti che hanno cercato di dare spiegazioni, di fare chiarezza e di ricostruire in modo analitico i fatti. Niente da fare, purtroppo, tutto si è sempre dissolto in richieste di archiviazione.

Nel tempo sono state vagliate anche piste autonome ed esclusive che, se tempestivamente sviluppate, avrebbero potuto dare dei chiarimenti sul come, sul perché, sul chi, rispetto a due tragedie umane e familiari. La pista legata a quell'uomo che si occupava della sicurezza del Papa, che viene riconosciuto da mamma Vittoria in quell'incontro del 15 dicembre 1985 nella chiesa di San Giuseppe, dove, alla presenza del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, i genitori di Mirella vennero chiamati a partecipare, riaccese le speranze di arrivare alla verità. Quel personaggio, indicato da mamma Vittoria, era un uomo che secondo la donna avrebbe parlato con Mirella sotto al bar dei genitori di Sonia, intima amica di Mirella, che risulta essere una delle ultime persone che in quel caldo pomeriggio di primavera del 1983 ha visto e parlato con la ragazza.

Ci si chiede ancora oggi il perché e il come mai questo soggetto sia stato sentito dagli inquirenti solo 8 anni dopo, nell'ottobre del 1993, dall'indicazione fatta dalla signora Vittoria, che, purtroppo, alla presenza dei magistrati, ormai seriamente malata, disse di non riconoscere più quel signore. Dopo l'incontro con i magistrati, il predetto, in una comunicazione con la moglie fedelmente intercettata, parla di tre o quattro soggetti, di tre o quattro “praticoni” che potrebbero in qualche modo essere custodi di segreti relativi alla scomparsa della giovane donna. L'uomo, che abitava in una via molto vicina alla casa di Mirella Gregori, fra l'altro - ed ecco, ancora, un nesso con la vicenda di Emanuela Orlandi - prima di raggiungere l'ufficio della procura, parlando con il proprio capo della gendarmeria, fa riferimento proprio a Emanuela Orlandi. Infatti, viene istruito su come comportarsi nel momento in cui avrebbe risposto alle domande degli inquirenti.

Quanta verità potrebbe ancora essere ricostruita da un'attenta lettura e un serio sviluppo di quel documento del Sisde della fine di ottobre del 1983 che raccoglie il lavoro di un agente dei servizi all'interno del Bar Italia, che descrive una conversazione fra Sonia, amica intima di Mirella, e un'altra giovane donna, le quali dicono: “Certo, lui ci conosceva, contrariamente a noi che non lo conoscevamo. Come ha preso Mirella, poteva prendere anche me”.

Non c'è stato nessun approfondimento rispetto a tutto ciò, nessuna ulteriore indagine. Dove c'è un mistero c'è quasi sempre un infinito dibattito. La situazione si intreccia, le voci si sovrappongono e, a ogni giro, c'è un nuovo nodo da sciogliere. Così sono trascorsi 40 anni con tanto tempo perso e un progressivo allontanarsi dal centro della questione.

Anche alla luce della decisione del Vaticano di riaprire le indagini sul caso Orlandi, la Commissione parlamentare d'inchiesta che con questa proposta di legge si intende istituire - lo voglio ricordare, proposta di legge di impulso del MoVimento 5 Stelle, a prima firma del collega Francesco Silvestri, che già nella scorsa legislatura, da subito, aveva presentato la proposta di legge e che, in questa legislatura, finalmente diventa realtà - può contribuire a chiarire molteplici anomalie avvenute nel corso di questi 40 anni di indagine sulla sparizione di Mirella Gregori e Emanuela Orlandi.

In particolare, può fare luce su due aspetti fondamentali: i rapporti tra lo Stato Vaticano e quello italiano e gli interventi, non sempre chiari, degli apparati dello Stato italiano nel corso delle indagini.

Riguardo al primo punto, lo Stato italiano, per tre volte, ha inviato rogatorie internazionali per chiarire i ruoli di alcuni esponenti apicali della Santa Sede nella scomparsa di Emanuela, ma non sono mai andate a buon fine. Il Vaticano, di fatto, non ha mai consentito che i propri uomini, laici e chierici, che avevano ruoli importanti, deponessero davanti ai magistrati della procura di Roma, uomini che, invece, hanno collaborato attivamente alle indagini, sempre condotte dalla procura di Roma, sull'attentato a Giovanni Paolo II. Va rammentato, anche in quest'Aula del Parlamento, che l'articolo 1 dei Patti Lateranensi parla di reciproca e leale collaborazione e cooperazione tra i due Stati, cooperazione che, invece, c'è stata in senso inverso nelle indagini che il Vaticano ha condotto negli ultimi anni. Si veda, per esempio, l'arresto della signora Cecilia Marogna nel cosiddetto processo di Londra, attualmente in corso in Vaticano, per conto delle autorità vaticane sul territorio italiano.

Nel 2012, è avvenuto un incontro tra magistrati italiani e emissari della Santa Sede, che avrebbe avuto ad oggetto uno scambio scellerato, abominevole: la restituzione dei resti di Emanuela da parte del Vaticano, a patto che la procura imbastisse una storia-verità che togliesse ogni responsabilità da parte della Santa Sede sulla scomparsa della ragazza. Questa presunta trattativa va assolutamente approfondita non solo per i fatti gravissimi di cui si è detto, ma anche per lo spessore istituzionale delle persone che sarebbero coinvolte: magistrati italiani e comandante e vice comandante della Gendarmeria vaticana. Rappresentanti delle istituzioni di due Stati avrebbero discusso della restituzione dei resti di Emanuela alla famiglia, a patto di essere esonerati da responsabilità. Nonostante si parli di questa vicenda da anni, non è mai stato aperto un fascicolo e questo deve fare riflettere. Innanzitutto, la prima domanda: perché non è mai stato fatto? Forse, a tutela di chi?

Sempre nel 2012, vi è stato un conflitto palese nella gestione delle indagini tra l'allora capo della procura di Roma e il magistrato che si occupava delle indagini. L'allora capo della procura di Roma, a seguito di evidenti e pubbliche divergenze, ha deciso di coordinare personalmente le indagini, che, poi, si sono concluse, non senza pesanti polemiche, con l'archiviazione della inchiesta. L'allora capo della procura di Roma, adesso, è il presidente del tribunale vaticano.

Riguardo, invece, agli interventi non sempre chiari degli apparati dello Stato italiano nel corso delle indagini, è bene rappresentare che vi è stata una possibile manipolazione su un'audiocassetta del 17 luglio del 1983, recante prove importanti sulla voce di Emanuela. L'audiocassetta originale non esiste più agli atti in procura. Sarebbe importantissimo recuperarla, perché, con la tecnologia attuale, l'analisi dell'audiocassetta originale potrebbe far emergere e analizzare diverse voci maschili non considerate all'epoca dei fatti.

Nel corso degli anni, vi sono stati tantissimi depistaggi, con interventi anche di apparati di Stati esteri, tra cui SDECE, Stasi, GRU, KGB, servizi bulgari, CIA e, ovviamente, alcune domande nascono spontanee: perché tutto questo interesse nel volersi inserire nella vicenda di una ragazza di 15 anni, nella vicenda di Emanuela? Perché i nostri servizi non sono stati in grado di intervenire prontamente?

Sono tante le anomalie da chiarire. Le Commissioni parlamentari di inchiesta sono l'ultima arma a disposizione dei cittadini e delle cittadine, operano laddove le procure indagano o hanno indagato senza arrivare a una verità giudiziaria definitiva. Quando ci sono questioni di forte interesse pubblico, è giusto che il Parlamento eserciti questo potere, che si basa sull'articolo 82 della Costituzione.

Le scomparse di Mirella Gregori e Emanuela Orlandi appartengono alla storia del nostro Paese, così come la mole di depistaggi e di silenzi delle autorità vaticane, cui lo Stato italiano non si è opposto, interventi interni ed esterni allo Stato italiano. Alla famiglia di Mirella Gregori, a Maria Antonietta Gregori, al cognato Filippo, al papà Paolo, alla mamma Maria Vittoria, che, purtroppo, non ci sono più, alla famiglia Orlandi, a Maria, la mamma di Emanuela, a Ercole, il papà, che fino all'ultimo giorno non ha mai smesso di cercarla, a Pietro, Natalina, Federica e Cristina, i fratelli di Emanuela, che, in questi decenni, hanno combattuto come guerrieri, spesso da soli e contro un sistema troppo più grande di loro, vanno il nostro abbraccio e la nostra vicinanza.

Il Parlamento italiano deve unirsi a loro in questa ricerca attiva, perché i buchi neri della giustizia sono indegni di una società civile e, anche dopo 40 anni, non è mai troppo tardi per chiedere di inaugurare, finalmente, il tempo della verità e della giustizia. Ricordiamoci che Emanuela e Mirella potrebbero essere nostre sorelle o nostre figlie e una figlia e una sorella non smettono mai di cercare. Quindi, facciamo rete, facciamo un grande lavoro di squadra per avere verità e giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Matone. Ne ha facoltà.

SIMONETTA MATONE (LEGA). Preliminarmente, saluto la famiglia di Emanuela Orlandi, non so se c'è anche la famiglia di Mirella Gregori, cui vanno il mio abbraccio, la mia solidarietà e tutti i pensieri positivi possibili, lo dico da deputato e lo dico da ex magistrato.

Farò un intervento di tipo diverso: non anticiperò quello che sarà, mi auguro, il lavoro della nostra Commissione e anche certi temi specifici sui quali dovremo lavorare. Perché dico questo? Perché, se è pur vero che le Commissioni di inchiesta non possono e non devono sovrapporsi al lavoro svolto dall'autorità giudiziaria, è però altrettanto vero che noi deputati siamo qui a rappresentare chi ci ha eletto e chi ha il diritto di sapere, o almeno cercare di sapere, perché la scomparsa di due ragazze sia rimasta un crimine senza responsabili.

Al netto di procedimenti archiviati dall'autorità giudiziaria italiana e, poi, riaperti, procedimenti aperti dalla Santa Sede, inchieste giornalistiche - alcune ben fatte, altre semplicemente scandalistiche -, serie televisive, docufilm, libri, l'unico dato certo è che le due famiglie - quella di Emanuela Orlandi e quella di Mirella Gregori - non hanno risposte da dare alle domande: come e perché le due ragazze sono scomparse? Per quanto tempo sono rimaste in vita? Se sono morte, dove sono i loro corpi? Sono interrogativi drammatici, enormi, ai quali abbiamo il dovere, prima di tutto morale e, poi, politico, di dare una risposta o, almeno, fare tutto il possibile per arrivare a darla.

Indizi, prove, riscontri - di questo sono fatte le indagini - che noi dovremmo rileggere con animo sereno, ma anche con animo scevro da preconcetti, da verità rivelate, da opzioni più o meno politiche per un caso difficilissimo e per il quale non ci sono verità rivelate delle quali nessuno è depositario, con un obiettivo primario: individuare i fatti già emersi in modo incontrovertibile e indiscutibile, cristallizzati in verbali giudiziari, acquisendo elementi probatori solidi che servano da base per i processi successivi, per arrivare a capire - quello è lo scopo della Commissione - se ci siano state - cito testualmente - condotte commissive od omissive che possano essere state di ostacolo all'accertamento giudiziario della verità, anche promuovendo azioni presso Stati esteri finalizzate ad ottenere documenti o altri elementi di prova utili per l'accertamento dei fatti. Questo dice il testo base della proposta istitutiva della Commissione. Se ci sono stati ostacoli nell'accertamento della verità, dobbiamo capire da dove questi ostacoli sono pervenuti e a chi e a che cosa questi ostacoli sono serviti. È un lavoro ambizioso e difficile, ma le sfide, secondo me, sono belle per questo.

Vi sono dei fatti certi dai quali si può partire per un lavoro serio della Commissione. Sulla scena, però, sono presenti ipotesi e ricostruzioni che meritano una grande attenzione, al di là del loro aspetto in apparenza meramente giornalistico e scandalistico.

La natura del crimine: Emanuela cadde in una trappola organizzata, che si trasformò in un sequestro di persona. La circostanza, non indifferente, anche questa accertata, che altre due ragazze, cittadine vaticane, erano state pedinate, attenzionate e poi scartate. Il processo ad Ali Ağca che, condannato all'ergastolo due anni prima, si inserirà nella vicenda con continue dichiarazioni, apparentemente folli, ma non sempre folli. La scelta strana di Giovanni Paolo II, che fece appello al senso di umanità di chi aveva la responsabilità del caso, a soli 15 giorni dal rapimento. La concessione ai rapitori di un codice riservato della Segreteria di Stato - mi pare che fosse il numero 158 - per contattare il Segretario di Stato, Agostino Casaroli, cosa non usuale perché non è semplice interagire direttamente con il Segretario di Stato. L'ultima telefonata di Emanuela, in cui racconta quella che, in realtà, era una trappola organizzata, che addirittura è stata decriptata come un possibile messaggio in codice per quello che poi sarebbe accaduto. La tesi del doppio ricatto - Emanuela Orlandi, cittadina vaticana, Mirella Gregori, cittadina italiana - per premere per la grazia, in capo all'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, titolare, appunto, del potere di grazia. Il tema della mala gestio dei fondi vaticani, parte dei quali utilizzati per sostenere il sindacato polacco Solidarność che così tanta parte ebbe negli equilibri mondiali e poi nel successivo cambio epocale al di là del muro di Berlino. Le pressioni esercitate per estromettere l'arcivescovo americano Marcinkus. La vicenda IOR-Ambrosiano. I messaggi alla famiglia e agli organi di stampa, gestiti prima da un unico soggetto e poi dal sedicente Fronte Turkesh, soggetto che aveva dato prova di avere la ragazza, dando elementi incontrovertibili. La scomparsa di Mirella Gregori, perché si lega a quella di Emanuela. Basti per tutte - queste sono notizie giornalistiche che andremo a verificare - la perizia grafica, disposta dai magistrati romani, che dimostrò che la mano che aveva redatto il testo lasciato dai rapitori di Emanuela in un furgone RAI, il 4 settembre 1983, era la stessa che aveva scritto la lettera alla famiglia Gregori per rivendicare il sequestro di Mirella. La sepoltura del boss della banda della Magliana, Enrico De Pedis, in un'importante e centralissima basilica romana, giustificata con enormi donazioni che sarebbero state fatte allo Stato Città del Vaticano; la salma poi fu riesumata e fatta cremare dalla famiglia. Secondo l'ipotesi investigativa del procuratore aggiunto, Capaldo, che si occupò della cosa dal 2008 al 2012, fu la malavita romana a gestire la prima parte del sequestro. Poi, il procuratore capo avocò a sé l'inchiesta che fu successivamente archiviata, nonostante il procuratore aggiunto non volesse. Poi, il ruolo di chi riconsegnò ai familiari di Emanuela, dopo anni, il flauto riconosciuto come quello di Emanuela. Sono tanti i misteri esplorati ma sono altrettanti i misteri non svelati.

Per questa serie di considerazioni, ritengo che sia doveroso dare una risposta, da parte della politica, alle famiglie Orlandi e Gregori, che la chiedono ormai da 40 anni, e quindi io, personalmente e politicamente, anche a nome del partito che rappresento, sono assolutamente favorevole all'istituzione della Commissione d'inchiesta (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Roberto Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Colleghi, anche in questo caso gli interventi che mi hanno preceduto mi aiutano ad essere sintetico, in particolare dopo l'intervento del collega Morassut. Torno a dire che non è questa, certamente, la sede nella quale tutto il lavoro che una Commissione d'inchiesta dovrà svolgere possa essere anticipato. Peraltro, abbiamo parlato prima della Commissione d'inchiesta sulla morte di David Rossi e sulla giusta richiesta da parte dei familiari, dopo 10 anni, di avere verità. Penso che ancora più rilevante sia, per una famiglia che aspetta da 40 anni la verità, la possibilità che almeno qualcuno operi affinché questo obiettivo sia raggiunto. Anche io mi unisco al saluto che i miei colleghi hanno rivolto ai familiari, che sono in tribuna. Come dicevo, in particolare l'intervento dell'onorevole Morassut ha perfettamente delineato quanto sia complesso e importante il lavoro che deve fare questa Commissione. Numerose sono le cose che sono accadute, o che non sono accadute, o che sono accadute perché altre non ne potessero accadere, con implicazioni a livelli davvero grandi. Quindi, saranno importanti l'impegno e anche la responsabilità di una Commissione d'inchiesta che, certamente, come tutti hanno ricordato, con i limiti che vengono posti dall'articolo 82 della Costituzione, però anche con i poteri che le vengono affidati dall'articolo 82 della Costituzione, avrà ancora, in questo caso con una legislatura davanti a sé, per la possibilità di provare a trovare delle soluzioni e delle risposte che in questi 40 anni non si sono potute o non si sono volute trovare. Certo, non possiamo pensare che, improvvisamente, quello che non si è riuscito a fare in 40 anni sia possibile farlo in 5 anni, però non c'è dubbio che questa sia un'occasione affinché qualcosa possa essere mosso, per cercare di puntare a raggiungere delle verità. D'altra parte, il fatto che la magistratura del Vaticano abbia manifestato l'intenzione di riaprire un'indagine è sicuramente un fatto positivo. Forse sarebbe positivo che anche la magistratura italiana potesse prendere in considerazione l'ipotesi di fare altrettanto, anche perché, detto tra noi, ovviamente con tutto il rispetto che si deve, tenendo conto che, se la questione dovrà essere affrontata dalla magistratura vaticana e quello fosse l'unico elemento che si mette in moto per riuscire a raggiungere la verità, non è irrilevante il fatto che il presidente del tribunale vaticano sia quell'ex procuratore di Roma, ossia Pignatone, che decretò l'archiviazione nel 2015 dell'inchiesta della procura di Roma. E quindi sicuramente sarebbe utile.

È importante che il Vaticano abbia deciso di riprendere in mano, anche per spinta del Pontefice, una propria indagine sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Peraltro, la nostra Commissione, come hanno perfettamente ricordato coloro che mi hanno preceduto, ha voluto unire alla vicenda della scomparsa di Emanuela Orlandi anche quella di Mirella Gregori, per tutte le connessioni, non solo temporali, che vi sono state, e con l'obiettivo della Commissione - tra l'altro, lo ricordava il relatore quando è intervenuto - di verificare, mediante l'analisi degli atti processuali e del materiale investigativo raccolto negli anni, quali criticità e circostanze possano aver ostacolato il sistema giudiziario nell'accertamento dei fatti e delle responsabilità. Questo è un punto molto importante, non solo, ovviamente, ai fini dell'esito che può avere questa inchiesta, ma anche per il lavoro che saranno capaci di svolgere i parlamentari che faranno parte di questa Commissione di inchiesta.

Vorrei anche mettere in evidenza quello che, in fondo, ha voluto dire il fratello di Emanuela Orlandi, quando afferma: “Mi colpisce la riapertura delle indagini, una riapertura improvvisa. Se è un impulso di Papa Francesco, ben venga”. E poi, ha aggiunto: “Non so se sia una decisione presa dopo la recente proposta di aprire un'inchiesta parlamentare. Magari potrebbe nascere una collaborazione tra Stato italiano e Vaticano, mancata per quarant'anni. È chiaramente una notizia positiva e mi auguro di essere sentito dagli inquirenti”.

Arrivo proprio a questo punto, ma prima vorrei dire come il fatto che in tale occasione un parente della famiglia dica che ha fiducia nel Parlamento e che si aspetta, magari dal Parlamento, la possibilità di avere qualche certezza in più di quelle che non è riuscito ad avere in questi quarant'anni, ci investe di una responsabilità ancora più grande rispetto a quella che già noi sappiamo di avere.

Non c'è dubbio, colleghi, che potrà essere anche l'occasione, magari dopo tanti anni, per fare in modo che il Vaticano - che non ha mai consentito ai suoi uomini, come veniva ricordato, di accedere, testimoniare e parlare nelle udienze del tribunale di Roma e nella vicenda giudiziaria italiana - trovi le forme, abbia la possibilità di parlare e raccontare ciò che certamente in quella sede si conosce e che è giusto, dopo quarant'anni, venga condiviso non solo con la famiglia, ovviamente, ma anche con lo Stato italiano.

Per concludere, Presidente, credo che dovremmo - lo dico ai colleghi che faranno parte della Commissione di inchiesta - accettare immediatamente la richiesta del fratello, Pietro Orlandi, che chiede di essere audito dalla Commissione per potere parlare e raccontare le cose che evidentemente non è stato in grado di dire, perché non ha avuto la possibilità, salvo tramite mail, di interloquire con il Vaticano e con l'indagine del Vaticano.

Penso che questa sia una straordinaria opportunità per la Commissione e anche per la famiglia. Ma non è solo una straordinaria opportunità, perché penso che sia anche un grandissimo obbligo che noi abbiamo, un dovere nei confronti di una famiglia che da quarant'anni attende di avere almeno qualche sfumatura di verità rispetto a quello che è successo alla propria figlia, anzi alle proprie figlie, compresa anche l'altra ragazza (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO EMILIO RUSSO (FI-PPE). Signora Presidente, illustre rappresentante del Governo e onorevoli colleghi, la scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983, non è soltanto un caso di cronaca. Non lo è per diverse e per complesse ragioni: per le implicazioni che la sparizione di una ragazza di soli 15 anni, figlia di un dipendente del Vaticano, ha avuto sulla vita del nostro Paese, nonché per la grande attenzione e curiosità che ha creato nella società e nell'opinione pubblica italiana.

Il compito di accertare la verità giudiziaria, che poi è l'unica prevista dal nostro ordinamento, spetta sempre - e in via esclusiva - alla magistratura. Quindi, di certo la sede non è una discussione sulle linee generali in Parlamento, come abbiamo fatto oggi. Tocca ai giudici ricostruire quanto accaduto e accertare ogni tipo di responsabilità, comprese quelle di eventuali errori, omissioni e depistaggi. Giustizia e politica, però, oggi hanno - aggiungo finalmente - lo stesso scopo: quello di dare un contributo per costruire e ricostruire una verità oggettiva.

Oggi ci dotiamo di uno strumento nuovo per ricostruire la storia, togliendo il rumore di fondo che ha accompagnato questa o quell'evoluzione, restando i dati oggettivi e decontestualizzando i fatti dall'inevitabile emotività che ha accompagnato ogni fase di questa lunga e dolorosa vicenda. È possibile tracciare nuovi contorni, promuovendo un esame approfondito e organico delle inchieste giudiziarie e di quelle giornalistiche che si sono susseguite.

A proposito di giornalismo, vorrei sottolineare, con l'orgoglio di essere un giornalista, il coraggio, la lucidità e il ruolo decisivo che il giornalismo investigativo ha giocato nella ricostruzione della storia della sparizione di Emanuela Orlandi. Come diceva Umberto Eco, il giornalista è uno storico del presente e sono proprio i giornalisti a rovistare nei cassonetti dei rifiuti - uno proprio qui dietro, a 20 metri, in Piazza del Parlamento - per recuperare i primi scritti dei rapitori. Sono i giornalisti a registrare le accuse di Ali Ağca ed è un giornalista a scrivere per primo che la nostra intelligence non ha notizie di collegamenti con il terrorismo internazionale. Sono sempre giornalisti, molti anni dopo la scomparsa, a individuare, identificare e andare a trovare nelle loro case, piantonando i condomini per giornate intere, testimonianze chiave, imprimendo continue svolte alle indagini, aprendo o chiudendo piste. Sono, infine, i giornalisti a smascherare i tentativi di depistaggio, mettendo in luce omissioni e contraddizioni dei testimoni. Insomma, in un periodo storico nel quale il lavoro del giornalista è spesso svilito da stipendi bassi, carichi di lavoro eccessivi e condizioni precarie, possiamo dire oggi, senza tema di smentita, che il giornalismo italiano ha giocato un ruolo decisivo, forse insostituibile, in questa lunga vicenda.

A questo proposito, mi consenta una rapidissima digressione. Vorrei ricordare che 29 anni fa, il 20 marzo 1994, sono stati uccisi in Somalia Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che oggi la Camera giustamente ha ricordato.

Abbiamo sostenuto e condiviso il provvedimento - vado a conclusione - e, dunque, voteremo la proposta di istituzione di una Commissione di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, perché riteniamo che il Parlamento possa dare un contributo qualificato a ricostruire la verità storica e perché riteniamo, come rappresentanti delle istituzioni, che questo tentativo sia un debito morale che abbiamo nei confronti della famiglia di Emanuela Orlandi, che è qui dietro di me e che saluto, e a chi ha voluto o ancora vuole bene a questa ragazza, che oggi ha o avrebbe 55 anni. Lo dobbiamo anche alla compostezza della famiglia di un'altra ragazza come Emanuela Orlandi, alla famiglia di Mirella Gregori, che è uscita di casa una sera e poi è svanita nel nulla. Vogliamo scoprire se i due casi sono davvero collegati.

Chiunque abbia dei figli credo possa provare a immaginare la disperazione, lo sgomento e la confusione nel vedere accostato il proprio dolore privato a questioni come la geopolitica, il terrorismo internazionale, la finanza allegra o la banale - tra virgolette - criminalità organizzata. Questa ulteriore indagine la dobbiamo, più in generale, all'opinione pubblica italiana, che con grande interesse e apprensione in questi decenni non ha mai smesso di ricordare e informarsi.

Chiudo questo breve intervento con un auspicio, cioè che la nuova Commissione, che nasce da una proposta dell'opposizione alla quale Forza Italia darà un contributo qualificato, possa essere un luogo di confronto sereno e costruttivo. Ci auguriamo che si possa lavorare insieme, la maggioranza con l'opposizione, per scrivere una relazione unitaria, arrivare, cioè, a conclusioni comuni il più possibile oggettive. Sarebbe questo un altro modo di onorare la memoria di chi ha sofferto, di chi non c'è più e, allo stesso tempo, di recuperare fiducia per una istituzione, questa, che se la merita (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Palombi. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PALOMBI (FDI). Grazie, Presidente. Gentile Sottosegretario, onorevoli colleghi, per la prima volta intervengo in quest'Aula e non nascondo l'emozione che mi pervade, perché la tematica che oggi andiamo ad affrontare riguarda uno dei misteri più complicati della recente storia italiana.

La vita di Emanuela Orlandi, giovane cittadina vaticana, è da noi conosciuta fino al 22 giugno 1983 e la sua scomparsa, dopo quarant'anni, rimane uno degli episodi più misteriosi della nostra storia, che ha trovato un suo percorso investigativo e giudiziale in un rincorrersi di ipotesi, in una pluralità, spesso contraddittoria, di voci divulgate dagli organi di informazione, che hanno avuto il merito di tenere alta l'attenzione mediatica sulla vicenda. Sembra un libro giallo, ma, invece, è tutto terribilmente vero! In questa trama, negli anni, il susseguirsi di indagini e di verifiche hanno chiamato in causa: lo Stato vaticano, lo Stato italiano, l'Istituto per le opere di religione, il Banco Ambrosiano, i servizi segreti di diversi Stati, nonché la banda della Magliana e alcune organizzazioni terroristiche internazionali, gettando anche forti dubbi, che vanno chiariti, sulla lealtà dei rappresentanti di alcuni organi degli Stati coinvolti.

La vicenda di Emanuela Orlandi fu quasi contemporanea a quella di Mirella Gregori, ragazza scomparsa 40 giorni prima e, più precisamente, il 7 maggio 1983 e anch'essa mai ritrovata. Le due storie, per un momento, si sovrappongono, sembrano essere unite dalla stessa sorte, camminando, di pari passo, tra indagini e inchieste, che porteranno però, nel 2015, il GIP del tribunale di Roma, su richiesta della procura, a pronunciarsi per l'archiviazione del caso riguardante la scomparsa delle due ragazze per mancanza di prove.

La famiglia Orlandi, che mai si è arresa nel voler conoscere la sorte di Emanuela, il 5 maggio del 2016 si è vista respingere dalla Corte di cassazione anche l'ultimo ricorso presentato contro l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che aveva disposto l'archiviazione, confermando, quindi, l'oblio giudiziario sulla vicenda.

Nel 2017, però, la famiglia Orlandi, sempre nel pervicace intento di conoscere quanto accaduto alla povera ragazza, presentò in Vaticano un'istanza di accesso agli atti per poter visionare un fantomatico dossier custodito in Vaticano, del quale però venne inizialmente negata l'esistenza. Lo stesso Stato della Città del Vaticano, tra il 2018 e il 2019, diede l'autorizzazione all'analisi di alcuni resti ossei ritrovati durante il restauro della nunziatura vaticana che, però, poi, risultarono essere appartenenti a un uomo vissuto prima del 1964 e, poi, con lo stesso esito negativo, a resti ossei rinvenuti al cimitero teutonico, in seguito ai quali anche in Vaticano l'inchiesta fu, almeno temporaneamente, fortunatamente, solo temporaneamente, archiviata.

Sono passati quattro decenni e ancora molte sono le domande che non hanno mai trovato risposte, verità celate da silenzi e misteri, sui quali né la magistratura italiana né il Vaticano sono mai riusciti a districare le fitte nebbie.

Il 9 gennaio 2023, il promotore di giustizia dello Stato della Città del Vaticano, Alessandro Diddi, e la Gendarmeria, dopo quasi quarant'anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, riaprono ufficialmente le indagini, con l'obiettivo di scandagliare tutti quei fascicoli, documenti, segnalazioni, informative e testimonianze, al fine di chiarire tutte le ombre e gli interrogativi che hanno reso oscuro il mistero intorno alla scomparsa delle due giovani. A districare queste nebbie, contribuirà anche l'attività che la Commissione, che ci accingiamo a costituire, con i suoi ampi poteri, potrà svolgere. Ne è la dimostrazione anche la testimonianza del fratello di Emanuela Orlandi, che ha constatato un nuovo e diverso approccio delle istituzioni, dopo i colloqui avuti con i Presidenti della Camera e del Senato e con il Sottosegretario Mantovano, come è stato riportato dagli organi di stampa e da sue recenti interviste.

Mi accingo alla conclusione. Lo Stato ha il dovere di fare chiarezza intorno a un mistero mai risolto. Questo Parlamento deve dare piena disponibilità a fare luce su una vicenda dai tanti punti controversi. Nel farlo, dobbiamo avere la forza e il coraggio di affrontare l'inchiesta senza preconcetti, senza la spasmodica volontà di individuare responsabili, ma con il solo obiettivo di cercare la verità con la “V” maiuscola e, soprattutto, lavorare senza distinzioni politiche, perché tematiche come quella che stiamo affrontando non hanno colori. Il velo oscuro che da anni nasconde questa vicenda potrà essere squarciato solo se lo Stato si dimostrerà forte e uno Stato tanto più è forte quanto più è unito.

La proposta di legge di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori si ritiene, quindi, necessaria al fine di acquisire tutti quei documenti, testimonianze e informazioni utili anche per una ricostruzione della vicenda, cercando di restituire la verità alla famiglia - che saluto - e all'intera collettività e, soprattutto, oserei dire, finalmente, per dare pace alla storia o, nostro malgrado, alla memoria delle due giovani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, in sostituzione della relatrice, il deputato Riccardo De Corato, vicepresidente della Commissione. Si intende che vi abbia rinunciato.

La rappresentante del Governo rinuncia alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare: Battilocchio ed altri; Zaratti; De Maria e Morassut; Alfonso Colucci ed altri; Lupi e Alessandro Colucci; De Corato ed altri; Rampelli ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie (Doc. XXII, nn. 11-14-16-19-20-21-22-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare Doc. XXII, nn. 11-14-16-19-20-21-22-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 17 marzo 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 17 marzo 2023).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire, in sostituzione del relatore, il vicepresidente della Commissione affari costituzionali, deputato Riccardo De Corato.

RICCARDO DE CORATO, Vicepresidente della I Commissione. Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del testo unificato e delle abbinate proposte del Doc. XXII, n. 11 Battilocchio ed altri, n. 14 Zaratti, n. 16 De Maria e Morassut, n. 19 Alfonso Colucci ed altri, n. 20 Lupi e Alessandro Colucci, n. 21 del sottoscritto e n. 22 Rampelli ed altri, recante l'istituzione di una Commissione monocamerale d'inchiesta parlamentare sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, esaminato, in sede referente, dalla Commissione affari costituzionali.

Ricordo, preliminarmente, che il tema è stato già oggetto di attenzione da parte della Camera dei deputati, che, nella XVII legislatura, ha istituito una Commissione d'inchiesta per verificare lo stato del degrado e del disagio delle città e delle loro periferie, con particolare riguardo alle implicazioni socio-economiche e di sicurezza.

La Commissione ha concluso i propri lavori con l'approvazione di una relazione finale, nella quale, sotto il profilo del metodo, invitava a rafforzare gli strumenti parlamentari per promuovere e gestire le politiche urbane, auspicando di rendere permanente l'esperienza utilmente sperimentata.

Dopo la parentesi della scorsa legislatura, nella quale non ha concluso l'iter una proposta volta a istituire una Commissione d'inchiesta bicamerale su questi temi, i proponenti, con le loro proposte, hanno ritenuto necessario riprendere il lavoro avviato nella XVII legislatura.

Con riguardo all'iter del provvedimento, faccio presente che esso ha avuto inizio il 25 gennaio scorso, con l'incardinamento della proposta Doc. XXII, n. 11 Battilocchio ed altri, a cui sono state successivamente abbinate le proposte Doc. XXII, n. 14 Zaratti, n. 16 De Maria e Morassut e n. 20 Lupi e Alessandro Colucci.

Il 23 febbraio, la Commissione affari costituzionali ha proceduto ad adottare il testo unificato da me predisposto sulla base delle interlocuzioni con i colleghi quale testo base per il prosieguo dell'esame. Faccio, altresì, presente che, successivamente alla scadenza del termine per la presentazione delle proposte emendative, si è proceduto all'abbinamento dell'ulteriore proposta Doc. XXII, n. 19 Alfonso Colucci. La Commissione affari costituzionali ha, quindi, ritenuto di non revocare la scelta del testo base unificato e ha proceduto con l'esame delle quattro proposte emendative presentate che sono state tutte approvate.

Segnalo che, per effetto di tali proposte emendative approvate in sede referente, sono stati specificati alcuni compiti della Commissione e ne sono stati attribuiti due ulteriori. Faccio, altresì, presente che, all'ulteriore abbinamento delle proposte Doc. XXII, n. 21 del sottoscritto e n. 22 Rampelli ed altri, si è proceduto in occasione della seduta in cui la Commissione affari costituzionali mi ha conferito il mandato a riferire in senso favorevole all'Assemblea.

In relazione al contenuto del testo unificato all'esame dell'Assemblea, faccio presente che l'articolo 1 della proposta di inchiesta parlamentare delinea quali compiti della Commissione monocamerale: l'accertamento dello stato del degrado delle città e delle loro periferie, a partire dalle aree metropolitane, con particolare attenzione alle implicazioni sociali e di sicurezza, in considerazione di una serie di indicatori elencati dalla disposizione; la rilevazione e il censimento della situazione di degrado e di disagio sociale delle periferie e delle città e la loro distribuzione geografica nel territorio, avvalendosi della collaborazione dei soggetti istituzionali, degli enti locali e degli istituti pubblici e privati che si occupano di immigrazione e di povertà; la verifica delle connessioni eventualmente esistenti tra il disagio delle aree urbane, i fenomeni della radicalizzazione e il rischio di adesione al terrorismo di matrice religiosa fondamentalista; la verifica del ruolo svolto dalle istituzioni locali nella gestione delle iniziative e delle politiche dirette alle periferie, accertando in particolare l'esistenza di forme di consultazione e di partecipazione della collettività; l'individuazione delle aree del territorio nazionale nelle quali ancora persiste il fenomeno dell'abusivismo edilizio, indicando le misure più opportune per contrastarlo e per avviare piani di recupero del territorio; l'indicazione delle iniziative più opportune al fine di ampliare i servizi di welfare, per potenziare le misure di contrasto della povertà e delle disuguaglianze nelle periferie; l'acquisizione delle proposte che provengono dalle città nelle quali si è raggiunto un buon livello di integrazione e dove il disagio sociale e la povertà sono stati affrontati con efficaci interventi pubblici e privati; la ricognizione dello stato dell'edilizia residenziale pubblica, analizzando anche l'entità delle risorse a disposizione; l'analisi della distribuzione territoriale delle risorse infrastrutturali e la situazione della mobilità nelle aree metropolitane; l'individuazione delle iniziative per la promozione e il sostegno delle realtà associative impegnate a favore dei cittadini più deboli, nonché sul fronte del miglioramento e della crescita del tessuto sociale; l'acquisizione delle proposte operative che provengono dalle diverse realtà pubbliche e private presenti sul territorio; l'individuazione delle misure economiche, infrastrutturali e fiscali per rilanciare le realtà produttive presenti nei territori delle periferie; l'accertamento dell'offerta formativa complessiva disponibile, indicando iniziative per il rafforzamento dell'attività di formazione, nell'ambito della funzione centrale svolta dalla scuola nei riguardi del territorio, nonché per il miglioramento dei livelli di istruzione e il contrasto dell'abbandono scolastico; le indicazioni per l'adozione di un progetto nazionale ispirato ai principi dell'Agenda urbana europea, adottata con il Patto di Amsterdam il 30 maggio 2016.

Rammento, a tale ultimo proposito, che l'Agenda urbana per l'Unione europea è una iniziativa intergovernativa, istituita con il Patto di Amsterdam del 30 maggio 2016, allo scopo di favorire, attraverso la partecipazione alla definizione delle politiche europee, uno sviluppo equilibrato, sostenibile e integrato delle città europee, che ne incrementi la vivibilità e l'attrattività e che ne stimoli l'innovazione.

Per svolgere questi compiti la Commissione è istituita per l'intera durata della legislatura, potendo riferire alla Camera con specifiche o periodiche relazioni, anche proponendo interventi di carattere normativo, al fine di perseguire le finalità sopra descritte.

L'articolo 2 del testo in esame prevede che la Commissione sia composta da 20 deputati, nominati dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di almeno un rappresentante di ciascun gruppo. È poi disciplinato il procedimento per l'elezione del presidente della Commissione e per la costituzione dell'ufficio di presidenza.

L'articolo 3 delinea i poteri e i limiti della Commissione d'inchiesta monocamerale, richiamando quanto previsto dall'articolo 82, secondo comma, della Costituzione, in merito alla possibilità per la Commissione di procedere alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Come di consueto, il testo in esame stabilisce ulteriori limitazioni, prevedendo che la Commissione non possa adottare provvedimenti che restringano la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché la libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo disciplinato dall'articolo 133 del codice di procedura penale.

Per quanto concerne le audizioni a testimonianza rese davanti alla Commissione, la proposta richiama l'applicabilità degli articoli 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (falsa testimonianza) del codice penale.

Il provvedimento dispone la non opponibilità alla Commissione, limitatamente alle materie oggetto di indagine, del segreto d'ufficio, professionale e bancario, precisando altresì che è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Per il segreto di Stato trova applicazione la normativa dettata dalla riforma dei servizi di informazione, contenuta nella legge 3 agosto 2007, n. 124. Parimenti, non può essere opposto il segreto da parte di altre Commissioni di inchiesta.

In base all'articolo 4, la Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, in deroga alla disciplina sul segreto di indagine, di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale, che copre, con il segreto, gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. L'autorità giudiziaria può ritardare la trasmissione degli atti, motivando il ritardo con apposito decreto e solo per ragioni di natura istruttoria, e può anche trasmettere copie di atti e documenti di propria iniziativa.

Il testo prevede la clausola che vincola la Commissione a mantenere l'eventuale regime di segretezza degli atti così trasmessi.

Inoltre, la proposta di inchiesta assegna alla Commissione il potere di stabilire quali atti e documenti non devono essere divulgati. In ogni caso, devono rimanere riservati i documenti relativi a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

L'articolo 5 della proposta di inchiesta prevede, come di consueto, che i componenti della Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio siano tenuti all'obbligo del segreto, anche dopo la cessazione dell'incarico, su tutti gli atti e i documenti che la Commissione ha acquisito ai fini dell'inchiesta e soggetti a regime di segretezza.

La violazione di tale obbligo e la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta, dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi delle leggi vigenti.

L'articolo 6 demanda la disciplina dell'organizzazione delle attività e del funzionamento della Commissione ad un regolamento interno, da approvare, a maggioranza assoluta, prima dell'avvio dell'attività di inchiesta, il quale può prevedere che i lavori della Commissione siano svolti attraverso uno o più comitati. Viene affermato il principio della pubblicità delle sedute della Commissione, ferma restando la possibilità di disporre diversamente.

La Commissione può, inoltre, avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di Polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni ritenute necessarie, secondo quanto stabilito in materia dal regolamento interno della Commissione, in cui è fissato il tetto massimo delle collaborazioni.

Per lo svolgimento dei propri compiti, la Commissione può avvalersi, altresì, della collaborazione degli enti locali, delle istituzioni, degli istituti di statistica e delle banche dati delle Forze di Polizia. Per l'espletamento delle funzioni della Commissione si prevede che essa fruisca di personale, locali e strumenti operativi, posti a disposizione dal Presidente della Camera.

Le spese per il funzionamento della Commissione sono determinate nella misura di 50.000 euro annui a carico del bilancio interno della Camera. Solo per le esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta può essere disposto un incremento delle spese al massimo del 30 per cento, previa richiesta motivata del presidente della Commissione, corredata della certificazione delle spese sostenute. L'incremento deve essere autorizzato dal Presidente della Camera.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. Nella XVII legislatura, per la prima volta, fu istituita – credo che, in quell'occasione, fosse monocamerale - una Commissione d'inchiesta sullo stato di degrado delle periferie italiane. Ne fui relatore.

Nella XVIII legislatura, essenzialmente per motivi politici, fu impossibile ricostituire questo organismo, che, invece, si è rivelato di grande utilità per il Parlamento, tanto è vero che la relazione fu poi approvata all'unanimità, solo con l'astensione di una forza politica. Quel lavoro, che è agli atti, è raccolto in una relazione corposa, che affronta una serie di aspetti a 360 gradi: aspetti di carattere istituzionale, come il tema della governance delle città e dell'efficacia della governance attuale delle città e delle metropoli rispetto all'efficacia delle azioni di risanamento e di tutela della cittadinanza nelle zone di periferia e nelle aree interne, che sono la prosecuzione della periferia urbana e l'incontro, molto sommariamente, con la dimensione provinciale; aspetti di carattere urbanistico - una parola che, purtroppo, non si usa più tanto nel nostro lessico, ma che è centrale; aspetti relativi alla sicurezza, al lavoro, alla legalità e altro ancora.

In quel documento, per certi aspetti ancora attuale, sono individuati su un piano generale, e poi, analiticamente, per ogni grande capoluogo, le ragioni delle condizioni di degrado - questa parola, probabilmente, è forse anche un po' abusata; viene utilizzata per descrivere, alla fine, anche situazioni generiche -, di sottodimensionamento del diritto di cittadinanza, diciamo così.

Un cittadino che nasce in periferia - mi lasci dire questo, Presidente - e che vive tutta la sua vita in una periferia metropolitana, alla fine, nel corso della sua vita, non raggiunge gli stessi diritti e le stesse opportunità di un cittadino che nasce in un'area pregiata di una città, anche se la Costituzione mette tutti sullo stesso piano. Un giovane di periferia deve fare molto di più, deve combattere molto di più per arrivare a determinare condizioni di vita per sé e per la sua futura famiglia almeno pari a quelle di chi nasce territorialmente in un posto più vantaggioso.

Quindi, parliamo di un'analisi generale, che dobbiamo fare, e di ragioni specifiche delle condizioni di arretratezza, di disgregazione sociale e culturale, ma anche di grandi opportunità, di grandi risorse economiche, produttive e sociali delle periferie urbane e metropolitane delle città italiane.

Quindi, vedere un po' il fenomeno con una doppia lente di ingrandimento. Va detto che, purtroppo, il lavoro e gli indirizzi contenuti in quel documento, che aveva una serie importante di allegati, alcuni dei quali, essendo una Commissione d'inchiesta, furono trasmessi alle procure per gli aspetti possibilmente di sviluppo giudiziario, e che fu il risultato di un grande lavoro di ricerca sul campo, condotto attraverso sopralluoghi diretti, interviste, audizioni, interlocuzioni con gli enti locali, con le prefetture, con le autorità di pubblica sicurezza, con le associazioni e con le reti civiche dei territori, e anche avvalendosi, ovviamente, di consulenze specializzate e anche di apporti di carattere accademico, non hanno visto gli esiti sostanziali nelle politiche concrete dei Governi, di tutti i colori politici, che si sono alternati dal 2018 ad oggi. Il 2018 è l'anno in cui la relazione fu consegnata al Parlamento e votata.

Questo è un punto di riflessione importante che voglio mettere in luce, e cioè che, in questi anni, la nostra evoluzione legislativa in materia di azione sulle politiche urbane si è dimostrata, alla fine, quasi sempre, insensibile alla lettura scientifica e diretta delle evoluzioni sul campo che le nostre città hanno subito in questi decisivi anni di trasformazione. Questo è un punto da affrontare.

La questione principale che, in questo lavoro, viene individuata come causa del ritardo, chiamiamolo così, dei problemi di molte periferie, ma il termine ha una sua obsolescenza, e vedremo perché, è quella che può essere definita e sistemata in un'espressione che è quella di una nuova questione urbana, perché due terzi dei cittadini italiani vivono in un quartiere di periferia o nelle cosiddette aree interne, cioè in quella dimensione territoriale che oggi, peraltro, trova difficoltà in una rappresentanza diretta, perché l'elezione diretta delle province è stata eliminata, quindi, c'è anche lì un problema di rappresentanza democratica, del quale tenere conto. Quindi, due terzi degli italiani vivono in situazioni di città difficili.

Il problema delle periferie coincide con quello delle città ed esprime una nuova questione urbana che è la sostanza del problema. Si tratta di andare al cuore delle ragioni dello sviluppo distorto di queste nostre città, che naturalmente non è soltanto un problema italiano. Teniamo conto che, in altri Paesi, dove le città hanno una dimensione di scala molto più alta della media delle città italiane – l'Italia ha, sostanzialmente, solo Roma, Milano e Napoli come città di scala superiore; esse arrivano ad oltre il milione di abitanti nell'area urbana del comune e anche nell'hinterland, mentre in Europa le grandi città sviluppano dimensioni molto più grandi - i problemi delle periferie, che, in quei casi, sono periferie industriali - in Italia molto meno, poiché si limitano soltanto ai grandi settori geografici del Nord -, sono molto più gravi e molto più complessi.

Comunque, vi è una specificità italiana. Si tratta di andare al cuore delle ragioni di questo sviluppo distorto. Intanto, occorre molto riflettere sul tema periferia. Il tema periferia fa pensare a qualche cosa che sta intorno e, poi, c'è un centro. Questa rappresentazione, per certi aspetti, può avere ancora una validità, ma sempre più relativa, sempre più limitata a cogliere la sostanza delle trasformazioni in atto. Non c'è più soltanto una centralità di qualità, non c'è più soltanto, mediamente, nelle città italiane, un centro di qualità e una periferia degradata o svantaggiata, c'è un processo di lacerazione. È in corso un processo, ormai da anni, di spappolamento, di lacerazione, di disgregazione dei tessuti urbani - prima del quale, naturalmente, ci sono disgregazioni di carattere sociale -, che lascia intravedere come una tela rotta, dove, in certe zone di centro, geograficamente collocate al centro, si sono aperti grandi problemi sociali, grandi problemi di recupero urbano, grandi problemi di degrado sociale, di disoccupazione, di lavoro, mentre, in certe zone di periferia, magari, ci sono isole, situazioni di sviluppo avanzato, situazioni di crescita, anche economica. Quindi dobbiamo immaginarci un'idea della questione urbana che vede non più prevalere la qualità al centro, che ancora regge come criterio, ma sempre molto di meno.

Questo è legato un po' al processo di questi anni e, cioè, alla caduta di consistenze e di condizioni di vita dei ceti medi urbani. Questa è la grande lettura chiave della storia delle nostre società di questi ultimi 10-15 anni, dal 2001 e, ancor più, dal 2008, che ha visto un crollo del pilastro fondamentale nelle nostre società, legate alla tenuta di un'area centrale, tutto sommato stabile, che ha reso stabile anche la democrazia, che ha reso stabile, anche se con margini e marginalità di arretratezza, la vita delle città. Questo sta venendo meno, è venuto in gran parte meno ed ha aperto dei grandi fossati, delle grandi forre anche dentro le città, che oggi noi leggiamo in fase di evoluzione, con grandi problemi. Abbiamo difficoltà ad esprimere politiche di risposta a questo elemento, mentre vediamo il panorama delle città cambiare di fronte ai nostri occhi.

Anche nel cuore delle città, dicevo, vi sono situazioni di arretramento delle condizioni di vita, di degrado del patrimonio edilizio, di scomposizione e degrado dello stesso spazio pubblico, legato ai servizi, alle scuole, al patrimonio verde, alla stessa dimensione dei grandi servizi generali - per esempio, pensiamo alla sanità -, nel centro e nel medio centro. Per essere definita tale, una città o una civitas, come esprime la sua traduzione in latino, ha bisogno di alcuni criteri fondamentali. Non si è città - cioè, non si è quel nucleo di aggregazione comune che è nato nei tempi più antichi e si è sviluppato in forme diverse, da ultimo nel Medioevo, con un processo millenario che ci ha portato fino all'epoca contemporanea - se non si hanno adeguati servizi di trasporto, cioè di collegamento tra le persone, che possono creare quel senso di comunità; se non ci sono reti sanitarie, che soccorrono la solitudine e i momenti di difficoltà del cittadino quando deve affrontare un problema sanitario, di cure; se non ci sono servizi scolastici e formativi adeguati e paritari per tutti; se non ci sono reti commerciali di piccolo, di medio e di grande calibro, che possono rispondere alle varie esigenze; se non c'è una dotazione di spazi pubblici, che consente una vita adeguata non solo nel chiuso di una casa, ma anche nel momento esterno e di scambio; se non c'è la possibilità di realizzare, nelle forme più compatibili con l'ambiente, un'edilizia abitativa anche per le fasce deboli.

Tali questioni, se le andiamo a vedere una per una, risentono oggi di grandi problemi e di grandi incertezze e anche i colossi costruiti nel corso di questi anni, i punti più saldi che vivono nelle città vedono oggi un lento logoramento. Tutto questo definisce il senso di una città.

Se si esclude Roma, in cui è ancora prevalente il criterio del tema centro-esterno - cioè, Roma è una città che ancora vede un centro forte, di altissima qualità, fortemente terziarizzato (forse anche troppo), dove si concentrano i servizi di trasporto, dove ci sono le università, ci sono gli ospedali, ci sono i grandi istituti culturali, dove c'è un pregio edilizio notevole e l'esterno, dove tutto questo si dirada, con fasce progressive, fino a saldarsi con la media cintura urbana -, per le altre città questo vale di meno.

Per esempio, prendiamo le città portuali, prendiamo Napoli, prendiamo Genova, prendiamo Bari: sono città nate intorno ai porti, dove il centro non è il dominus assoluto della qualità urbana, anzi, dove il centro, soprattutto a ridosso del porto, produce elementi di scarsa qualità, di crisi, di degrado sociale e, spesso, anche di illegalità. Questo non perché vi sia il porto, ma perché questa è una conseguenza, spesso, dell'impossibilità che queste città hanno avuto di operare un rinnovo urbano, che pure è stato tentato in molti casi, ma che non ha dato, nel tempo, i risultati che si speravano. Nel caso di Napoli, basta ricordare la straordinaria lettura che Matilde Serao dà del centro di Napoli già alla fine dell'Ottocento nel suo Il Ventre di Napoli, vagheggiando le possibilità di un'operazione di sventramento, di cambiamento del profilo di Napoli, della Napoli spagnolesca, che, poi, non si è mai realizzato nel tempo per le difficoltà e per la debolezza dello Stato italiano di entrare profondamente in queste politiche forti e strutturanti.

Le nostre città sono inserite in un cambiamento che ha due linee di movimento, e vado rapidamente a chiudere. Una è quella della tambureggiante globalizzazione degli ultimi anni, della velocità che ha assunto la nostra vita, dei cambiamenti fortissimi - l'immigrazione, il diradamento delle reti collettive, la gente sta più sola e, quindi, le grandi reti sociali, dai partiti ai sindacati, alle reti associative di quartiere si formano e si deformano continuamente, lasciando poca memoria -, dei problemi ambientali, perché l'ambiente è diventato meno ospitale, dei rischi idrici, che adesso sono così presenti. Spero che il Parlamento possa presto discutere questa benedetta mozione sulla siccità, perché noi ci troveremo di fronte ad un'estate drammatica, con il rischio di innalzamento dei prezzi dell'acqua, che pagheranno i più poveri, che porterà problemi negli ospedali e nelle scuole. Quindi, su questo, il Governo ha il dovere di entrare subito con delle proposte immediate e anche con soluzioni di medio periodo, che possano fare individuare le soluzioni più giuste per l'approvvigionamento idrico, che non può più avvenire con i metodi tradizionali, moltiplicando gli invasi, che si interrano. Ma di questo ne riparleremo.

Nelle città noi abbiamo una concentrazione, grazie alla globalizzazione, delle reti finanziarie e delle reti criminali, che sono forti ed articolate nel territorio, cioè hanno presa sul territorio, entrano nella carne delle persone e dei quartieri, mentre abbiamo un indebolimento delle reti democratiche, istituzionali, locali, che faticano a dare risposte. La difficoltà dell'articolazione del potere democratico sulla città - i comuni, le circoscrizioni, i municipi, le forme del decentramento, il rapporto tra i comuni e la regione -, la complessità delle risposte, la lungaggine delle risposte, mettono su un piano sbilanciato i poteri democratici e questi aggressivi poteri che si sono formati, che si sono strutturati a livello internazionale con la globalizzazione. Sono principalmente finanziari e criminali e questo colpisce principalmente la periferia, che è il ventre molle delle città.

Ma ci sono anche questioni antiche che non sono state risolte, che sono figlie del nostro sviluppo arretrato, che sono figlie di un capitalismo arretrato, di un Paese che è arrivato tardi all'unità e tardi anche a uno sviluppo capitalistico e che non ha puntato, nel suo sviluppo, nell'accumulazione primaria dello sviluppo dell'industria e del capitale italiano, allo sfruttamento non delle risorse del sottosuolo, di cui erano ricchi altri Paesi europei. Non avevamo materie prime, infatti, non le abbiamo mai avute; semmai, abbiamo avuto sempre un grande capitale naturale, che è la nostra risorsa, cioè la bellezza del nostro Paese, ma questo ci ha aiutato relativamente. Abbiamo sfruttato il suolo, cioè la terra. La terra è stata la materia prima per la crescita del nostro capitalismo, con settori di punta come l'edilizia a basso rendimento, a basso profitto, che sono propri dei Paesi più arretrati, sono quelli dove l'economia cresce perché non c'è altro da trasformare.

Questo è stato un carattere abbastanza pesante della nostra storia. Questo sviluppo arretrato ha quindi dato un ruolo enorme alla rendita, alla rendita urbana di attesa. Qual è uno dei problemi importanti che spesso non si vede, non si racconta, non si vuole raccontare, o che noi consideriamo ormai già superato, già alle nostre spalle, ma non è così? È il fatto che noi, nel Novecento, abbiamo disegnato le nostre città con strumenti urbanistici ipertrofici, che immaginavano sviluppi di città enormi. Roma, negli anni Sessanta, ha avuto un Piano regolatore che si immaginava per una città di 5 milioni di abitanti; ma così è stato anche per Milano, così è stato per Napoli, così è stato per Torino, per tutte le grandi città. L'idea, cioè, che le città crescessero a dismisura. Questo non è avvenuto, ma ha prodotto, soprattutto nel Centro-Sud, strumenti urbanistici che hanno dato rendita, che hanno attribuito rendita di attesa e la rendita di attesa produce il pagamento di tasse e, quindi, un'enorme attesa di edificabilità, di trasformabilità delle aree, dei suoli che, pur non essendo trasformati, oggi hanno un valore commerciale e di cui ci dobbiamo liberare, perché altrimenti noi non raggiungeremo mai la soluzione al problema del consumo di suolo entro il 2050.

Quindi, il problema centrale, quando parliamo di consumo di suolo, quando parliamo di riqualificazione della periferia, è affrontare anche la questione di un giusto uso del suolo, cambiando una legge urbanistica che è in vigore dal 1942, una legge urbanistica che favorisce l'espansione della città nelle campagne, perché è stata concepita così: i comuni dovevano urbanizzare tutto il perimetro del loro quadro amministrativo. Oggi questo non si può fare più. Dobbiamo definire i perimetri urbani, dobbiamo riqualificare quello che c'è.

Allora, per fare questo serve una legge di principi nazionali. Attenzione, stiamo discutendo dell'autonomia differenziata. Questa autonomia differenziata è un grande rischio perché avrà, oltre a tutti gli altri problemi di cui stiamo discutendo tra maggioranza e opposizione, l'effetto di mettere su velocità diverse, con criteri diversi, con strumenti diversi il futuro del destino di varie aree geografiche del Paese in una posizione differente. Noi avremo, cioè, un Mezzogiorno che ha l'eredità del condono, l'eredità di questi strumenti urbanistici vecchi, maggiormente rispetto al Centro-Nord, e in una condizione di abbandono. Non ci sarà, infatti, un criterio di principi unitari nazionali che possano guidare le trasformazioni urbane, ovviamente in maniera concorrente con le regioni, secondo quanto stabilisce la Costituzione. Ci vogliono principi nazionali che tengano il Paese unito in uno sviluppo armonico, altrimenti noi avremo un Mezzogiorno che andrà per conto suo e un Nord che andrà verso una modernizzazione mal concepita, malintesa.

Questi sono i problemi fondamentali. Quando si dice di mettere a terra i servizi, noi diciamo che nelle periferie servono i servizi, servono i servizi di prossimità, servono i servizi sanitari, servono le scuole, servono i giardini, serve il verde, serve farvi arrivare i mezzi pubblici. Benissimo, ma stiamo parlando di opere pubbliche. Non è che queste cose si fanno attraverso dei finanziamenti. Si possono finanziare - lo vediamo con il PNRR - e si possono mettere in campo tante risorse, tanti soldi, ma poi il problema è mettere a terra. C'è un problema, cioè, nel regolare i conti su un uso sociale e giusto del suolo e l'uso sociale, giusto e contenuto del suolo richiama in causa quella grande scienza che è l'urbanistica, che è stata in questi anni considerata superata, ossia una cosa che non serve più. Invece, serve tantissimo. Serve perché, se vogliamo demolire e ricostruire, se vogliamo rendere le città più accoglienti, anche da un punto di vista funzionale, migliori per essere abitate, noi dobbiamo lavorare di incentivi, dobbiamo lavorare di sostegni pubblici, dobbiamo coprire cioè quel delta di costi che è maggiore tra un intervento espansivo di una città su un terreno libero, che costa X, e l'intervento su una città già costruita, che costa X più Y, perché va demolita, i materiali vanno conferiti, e poi va sostituita con una nuova edilizia di qualità maggiore.

Questo ci fa incontrare il grande tema delle case green. Attenzione, il tema delle case green va visto bene. L'Europa, giustamente, dà questa indicazione, di andare verso il 2035 con un cambio generale del patrimonio immobiliare, in maniera che si abbattano le emissioni di CO2, tanto più che i nostri edifici sono fatti di cemento armato pieno di amianto, perché il ferro nel cemento armato è amiantato. Abbiamo materiali che comportano una grandissima capacità emissiva di CO2, quindi lo dobbiamo fare questo lavoro. Attenzione però a non trovarci di fronte alla terribile verità e contraddizione in cui chi ha un palazzo vincolato al centro storico è libero di non fare l'intervento, ha una grande ricchezza e neanche paga alla collettività il tributo di contribuire all'ambiente migliore, e chi ha, invece, una casa, costruita e pagata con il mutuo, con grandi sacrifici, nella media o nell'estrema periferia deve pagare l'intervento con le proprie tasche. C'è un grande problema, di tipo pubblico, di intervento, di sovvenzioni, di intervento anche a costo zero, anche a fondo perduto, e di incentivi di giustizia sociale per chi può fare, invece, gli interventi anche attraverso il proprio protagonismo, attraverso la propria attività in forme di incentivazione fiscale. Qui la proposta va tradotta bene ed è un compito di tutto il Parlamento, è un compito dell'Italia, altrimenti noi avremo una rivolta contro queste nuove possibilità e queste nuove opportunità.

Ecco, mi paiono questi i temi che una Commissione d'inchiesta deve affrontare, perché noi non possiamo avere più sicurezza sociale, non possiamo avere più controllo del territorio se non abbiamo servizi adeguati, se non abbiamo commissariati, se non abbiamo caserme dei Carabinieri, se non abbiamo scuole che funzionano, se non abbiamo la sanità di prossimità, non solo i grandi ospedali, ma anche le strutture di una sanità più contenuta, più vicina, di carattere più minuto, ma capace di incontrare anche la domanda di sanità e di salute che non comporta un ricovero. Queste strutture debbono essere fatte, debbono essere realizzate e per farle ci vuole un demanio pubblico di aree, non è che si possono fare comprando le aree dai privati. Bisogna costituire una libertà del pubblico che acquisisca quel demanio sufficiente per fare questi servizi, anche attraverso forme pubblico-private. Ma oggi la nostra legislazione, anche nelle regioni, è prevalentemente nuda di fronte a questa possibilità, tanto più e soprattutto nel Centro-Sud, dove le arretratezze sono maggiori. Da qui l'esigenza di criteri generali, di non farci vincere, nell'idea di autonomia differenziata, dall'idea che il Paese possa impazzire; che ognuno possa andare per proprio conto, pensando che poi ci sono compensazioni, così, teoriche; questo porta alla disgregazione dell'Italia, allo sfascio dell'Italia; e questa discussione la dovremo fare.

L'ultima questione che voglio sollevare - e concludo davvero - è che nel tema dell'autonomia differenziata noi abbiamo sempre messo avanti la questione della dimensione regionale dell'autonomia, ma l'Italia è un Paese di grande tradizione nella dimensione e nell'autonomia delle città. Noi siamo più il Paese delle 100 città che delle 20 regioni.

Quindi, in quella discussione si deve trovare il modo di affrontare anche la vetustà dell'ordinamento di governo delle città e delle grandi metropoli, che è fermo al 1990. Nel 1990, con la legge n. 142, si avviò un percorso, che doveva portare all'istituzione delle città metropolitane. Invece, non ci sono state le città metropolitane. Ci sono le province, che adesso non sono più eleggibili. Il quadro della democrazia e della rappresentanza nelle città e nelle province è drammatico e questo incide molto sulla disaffezione elettorale.

C'è, quindi, un problema, a partire dalle grandi metropoli e dal rango regionale, a mio avviso, che almeno tre grandi città, Roma, Milano e Napoli, dovrebbero assumere per poter governare i processi che hanno nella loro carne, con la necessaria forza e con la necessaria autorevolezza. Poi, occorre finalmente dare alle città, alle città metropolitane e ai comuni urbani, collegati con il loro hinterland, un nuovo assetto di poteri adeguati ad affrontare i grandi problemi, perché continuiamo con una forma molto vecchia di governo delle città e dei territori, una forma che ha ormai più di 40 anni e che, addirittura, per certi aspetti, risale all'ordinamento degli enti locali del 1915.

Ho concluso. Grandi temi economici, sociali e, soprattutto, istituzionali. Penso che debbano essere questi gli obiettivi e il lavoro di una Commissione come questa.

Mi auguro che questo lavoro, se sarà fatto, possa essere la base di un'azione esecutiva e operativa del Governo, cosa che, però, negli anni passati, purtroppo, non c'è stata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Roberto Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (A-IV-RE). La ringrazio, Presidente, e ringrazio, soprattutto, i colleghi Bicchielli, Alfonso Colucci e Urzi', che mi hanno consentito di intervenire subito. Sarò fedele all'impegno di parlare solo pochi minuti, anche perché, come ho già detto nelle precedenti occasioni, ovviamente, non è questa la sede nella quale entriamo nel merito di questioni importantissime, ma è il momento nel quale ragioniamo sul perché abbiamo ritenuto utile associarci alla richiesta della costituzione di una Commissione di inchiesta sulle periferie. Peraltro, ringrazio anche l'onorevole Battilocchio, che è stato il primo presentatore di una proposta di legge in questo senso.

Come ricordava l'onorevole Morassut, è la terza occasione in cui abbiamo la possibilità di affrontare un'analisi di quello che accade nelle nostre periferie. Nella XVII legislatura, è stata la prima volta e, unanimemente, è stato riconosciuto che quel lavoro è stato molto utile, anche per una conoscenza diretta da parte del Parlamento di fenomeni complessi che riguardano le nostre periferie. Non è stato possibile farlo nella XVIII legislatura. Ritengo molto utile che, invece, ci sia la possibilità - è un accordo generale - per farlo anche in questa XIX legislatura.

Vorrei anche dire, signor Presidente, che è molto importante che questo accada, perché c'è un fatto nuovo rispetto a quello che è accaduto nella XVII legislatura, cioè abbiamo un PNRR che destina risorse importanti alle periferie; il piano italiano stanzia quasi 3 miliardi di euro per riqualificare le aree periferiche delle città metropolitane, al fine di ridurre le situazioni di degrado e di marginalizzazione.

Qui, ovviamente, il tema centrale è che cosa fare, perché non c'è dubbio che tutte le considerazioni che ha testé fatto il collega Morassut, sicuramente, sono figlie dei cambiamenti che ci sono stati, probabilmente, delle inadeguatezze trasversali nell'avvertire quello che stava accadendo nelle nostre periferie e anche della difficoltà, dell'incapacità e del ritardo nel trovare soluzioni in questo senso.

Per quanto mi riguarda, ritengo che il nucleo fondamentale, il tema più importante sia un ripensamento profondo delle politiche urbane, attraverso - come accennava il collega Morassut - il cambiamento del tipo di impostazione rispetto alle periferie. Ripeto: non voglio prendere tempo, ma questo tema, a mio avviso, viene prima rispetto al resto.

Infatti, nelle nostre città - mi riferisco a Roma, dove ho avuto qualche esperienza dal punto di vista amministrativo -, c'è sempre la tendenza a non rendere autonome le periferie dal punto di vista dei servizi, della mobilità e anche della vita, nonostante alcune periferie, come quelle di Roma, in termini di densità abitativa e di grandezza, abbiano un'importanza che può essere paragonata a quella di intere città del nostro Paese. A mio avviso, dobbiamo cercare di fare in modo, sempre di più, che le periferie vivano autonomamente nel migliore dei modi, senza costringere le persone ad andare in centro, come accade spesso e volentieri, al fine di ottenere la qualità dei servizi, e non soltanto dei servizi.

Questo è un lavoro importante, che comporta l'impegno di risorse e queste risorse, come ricordavo, sono a disposizione con il PNRR. Ci sarà un problema anche per le amministrazioni locali. Infatti - lo leggiamo sui giornali -, ci sono problemi relativi non necessariamente all'incapacità delle singole amministrazioni, ma a un sistema non adatto ad utilizzare e a programmare per ottenere i soldi che arriveranno dal PNRR. Dunque, bisognerà fare un passo in questo senso. Penso che uno dei temi centrali sia un ripensamento dell'urbanistica da parte delle città, in particolare in riferimento alla rigenerazione urbana.

Cosa vuol dire rigenerazione urbana? Tradotto in termini molto rapidi e sintetici, vuol dire interventi nelle realtà esistenti, senza fare nuovi interventi, che possono essere invasivi. Soltanto io conosco bene la città di Roma (mi ero anche impegnato in questo, candidandomi alla carica di sindaco di Roma) e so perfettamente - vale per la città di Roma e per tante altre città - che ci sono tantissime situazioni nelle quali si potrebbe intervenire per riqualificare. Questo evita non solo di costruire del nuovo, ma anche interventi invasivi, ed è un recupero funzionale anche alle aree disagiate, nelle quali la rigenerazione delle strutture, che possano essere pubbliche o private, può aiutare a rivitalizzare le periferie nelle quali inevitabilmente si consuma il degrado.

Qui, con l'onorevole Battilocchio e anche con i colleghi in Commissione, mi sono permesso di suggerire quanto sia importante un'inchiesta di questo tipo anche per quanto riguarda un fenomeno che può apparire collaterale, ma che, invece, è importantissimo, cioè quello del disagio giovanile, che, dopo la pandemia – ce ne siamo resi conto - si sta sviluppando e incide anche nella quotidianità della vita delle nostre città e dei nostri territori. Ovviamente, legato a questo discorso, ci sono tante questioni che riguardano la sicurezza, l'accoglienza, la mobilità, il lavoro e l'inclusione sociale.

Insomma, anche questa è un'occasione importante. Mi auguro che, avendo di fronte a noi un periodo importante, sia utile questa Commissione, esattamente come lo è stata la prima Commissione, sicuramente con tutti gli aggiornamenti che sarà possibile realizzare, a partire dal fatto che ci muoviamo, sapendo che le periferie hanno la possibilità di ottenere risorse che, però, devono essere spese bene (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Urzi'. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO URZI' (FDI). Grazie, Presidente. Gentile Presidente e onorevoli colleghi…

PRESIDENTE. Onorevole, mi scusi. Siccome, c'è un problema all'audio col microfono, se si sposta in un'altra postazione, dovremmo migliorare l'acustica. Prego, provi a parlare ora.

ALESSANDRO URZI' (FDI). Presidente, provo a parlare da questa postazione, sperando che l'audio sia migliore, per ringraziarla di avermi concesso la parola e per salutare i colleghi presenti.

Mi piacerebbe, in tutta onestà, che, oggi, con la medesima responsabilità con cui ci impegniamo in famiglia nel curare gli interessi dei nostri cari, potessimo avviare la discussione sul tema delle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città, perché questo, Presidente, è il titolo della Commissione di inchiesta: “(…) sulle condizioni di sicurezza e sul degrado delle città e delle nostre periferie”.

È un aspetto che mi è parso sia sfuggito via in alcuni dei primi interventi che ho potuto seguire con grande attenzione nel corso dell'avvio di questo dibattito e sul quale, invece, ritengo debba essere posta con forza l'attenzione, anche con riferimento alla comprensione del valore del richiamo alla sicurezza come una delle condizioni fondamentali per il recupero delle nostre città. Riteniamo, Presidente, che l'approccio debba essere assolutamente pragmatico, lo stesso approccio che ha impresso il nuovo Governo alla sua azione. L'Italia sta facendo lentamente scivolare via dalle proprie mani un patrimonio unico e inestimabile che risiedeva e, vorremmo ancora dire, risiede nelle nostre città: sono i campanili, a cui altri si sono pure richiamati e di cui siamo orgogliosi, ma sono anche gli scrigni di bellezze uniche e inestimabili in cui gli italiani hanno l'onore di poter vivere, un onore che ci viene invidiato a livello internazionale. Ecco, questo onore si è trasformato, in alcuni casi, purtroppo, in vergogna di tessuti urbani che, invece di essere belli, sono il contrario, che, invece di essere accoglienti, sono diventati il contrario, e che invece di essere ricchi di opportunità, sono purtroppo, ancora una volta, il contrario.

Questa Commissione, ha come oggetto, per ponderata volontà di tutti coloro che hanno partecipato a proporla - ed io ritengo che sia un valore assolutamente straordinario il fatto che ci sia stata un'ampia condivisione assolutamente trasversale - la volontà di affrontare il tema del degrado delle città e delle loro periferie, come abbiamo detto. Sulle periferie va fatto però un chiaro distinguo, Presidente, perché - talvolta sfugge nel dibattito - abbiamo anche bellissime periferie, come abbiamo pessimi centri cittadini. Non tutte le periferie sono degradate ma nemmeno tutti i centri cittadini, che noi vorremmo fossero l'espressione più autentica del nostro territorio, sono all'altezza del loro nome. Certo, ci sono periferie che sono nate proprio per essere luogo di ricovero, per sfuggire ad altre periferie, e sono per questo giardini e ci sono centri storici, invece, che dovrebbero essere la carta da visita del nostro Paese e che, purtroppo, oggi, sono sfuggiti al controllo di colpevoli amministrazioni; possiamo dirlo con grande certezza e sicurezza. L'Italia, anche in questo, Presidente, è il Paese delle tante contraddizioni. Così, contiamo luoghi simbolo della nostra storia che sono spogliati del loro decoro e periferie che, invece, potevano essere costruite su modelli pilota e sono ridotte a concentrazioni di posti letto, senza servizi e apparente futuro. Ci tengo, Presidente, a ribadire come sarebbe un errore pensare che anche nei luoghi più degradati non esistano realtà virtuose. Ne esistono, eccome. La forza dell'umanità, quella più sincera, quella più autentica è sempre stata la forza del nostro Paese, anche nei momenti più difficili e quello che stiamo vivendo oggi è uno di questi momenti difficili. È un momento, forse, anche di transizione, in cui spesso le risposte principali arrivano proprio dalle energie più profonde di una comunità generosa, come dimostrano i tanti casi di riscatto nei quartieri simbolo dell'abbandono o della regressione dello sviluppo.

Questa Commissione rappresenta una comune volontà, espressa dalla convergenza su un testo base condiviso; il primo, in ordine di tempo, quello del collega Battilocchio, che ringraziamo, cui si sono aggiunti i testi di diverse altre componenti politiche. Ci onoriamo di essere fra queste, con i testi proposti a prima firma Rampelli e a prima firma De Corato, con la mia firma di sostegno insieme a quelle di tanti altri colleghi del gruppo. Ora, però, non basta più soltanto il tempo dello studio - questo lo dico con grande chiarezza - benché definire il quadro, che è in costante evoluzione, sia sempre strettamente necessario anche per dare risposte. Oggi, però, è il tempo, soprattutto, dell'assunzione delle responsabilità. Non ci possiamo permettere il lusso di impegnarci in una stagione di riflessioni, noi ci dobbiamo impegnare per una stagione di azioni.

Quindi, Presidente, i mali del nostro territorio li conosciamo, li conosciamo benissimo e conosciamo anche quali sono i principali fattori sui quali tutte, tutte le indagini fondano il riconoscimento, in termini tecnici, dello stato di degrado di un territorio urbano. Quali sono i rilievi che permettono di individuare come degradato un territorio? Sono la percezione della sicurezza, quando è solo percezione, e anche lo stato di fatto della diffusione di una rete criminale, di reati commessi, l'esclusione sociale connessa proprio all'incidenza della criminalità, l'adeguatezza dei presidi per il controllo del territorio, la presenza di infrastrutture sociali per l'erogazione di beni e servizi e la struttura urbanistica. Certo, sì, la struttura urbanistica: abbiamo presenti anche, davanti ai nostri occhi, alcuni esempi negativi, come Scampia a Napoli, ZEN 1 e 2 a Palermo, Corviale a Roma, le Dighe a Genova, San Paolo a Bari. Sono solo esempi, e potremmo farne molti di più anche in riferimento a città molto meno grandi.

I collegamenti viari sono un altro punto essenziale attraverso il quale può essere individuato lo stato di salute di un territorio, al pari delle interconnessioni, della soddisfazione della domanda abitativa, a cui è connesso il fenomeno delle occupazioni abusive, dei livelli di istruzione, della formazione, dell'occupazione, dell'abbandono scolastico e delle politiche di territorio legate alla presenza di migranti e richiedenti asilo. Il 33,8 per cento dei residenti nei capoluoghi metropolitani, Presidente, vive in quartieri dove c'è una significativa presenza di famiglie con potenziale alto disagio economico. L'incidenza di tali famiglie è variabile fra l'1 e il 3 per cento nel Nord e fra il 4 e il 14 per cento nel Mezzogiorno, con punte massime a Napoli, Palermo e Catania. Altrettanto rilevante è la quota di residenti metropolitani, pari al 37,5 per cento, in quartieri dove si manifesta una significativa presenza di famiglie a elevata vulnerabilità sociale e materiale. I valori massimi si registrano a Messina, dove il 51,6 per cento della popolazione vive a stretto contatto con famiglie in condizioni di forte privazione sociale, appunto. Ma, attenzione, Presidente, sarebbe un errore pensare sempre ed esclusivamente alle grandi dimensioni urbane. Le condizioni di degrado, oggi, sono visibili, riscontrabili, sono macchie sul territorio del nostro Paese.

Quindi, rendere stabile il lavoro della Commissione e renderlo la condizione su cui impostare politiche di reazione a una condizione a cui talune forze politiche apparirebbero essersi un po' rassegnate - certamente, Presidente, noi non siamo fra quelli rassegnati - onorerebbe l'impegno assunto nella XVII legislatura, che ha posto le basi del lavoro attuale, ponendo in essere i passi fondamentali attraverso i quali il Parlamento ha formalizzato il proprio interesse ad indagare sulla condizione di degrado e a fornire soluzioni. Tale impegno, però, è venuto a decadere nel corso della scorsa legislatura per la mancata conferma della medesima Commissione che oggi siamo sulla via di collocare sui binari della piena operatività.

Noi ci sentiamo particolarmente orgogliosi, Presidente, oggi, al Governo, come Fratelli d'Italia, di essere fra gli attori di questo rilancio di un impegno della XVII legislatura; certo, non ci possiamo assumere responsabilità per ciò che, in opposizione, non è stato fatto nella precedente legislatura. Tutto torna, Presidente, sul ruolo centrale che il nostro Partito vuole avere nella operazione di rilancio di questo Paese, che passa anche attraverso questa Commissione d'inchiesta. “Decoro”, Presidente, abbiamo detto prima come parola chiave, perché il degrado è imbrutimento ed è rinuncia alle condizioni, appunto, di decoro sociale e dalla perdita del decoro sociale discende la perdita del decoro dei luoghi e del territorio, che perdono la loro natura di spazi ospitali per diventare luoghi occupati dal vuoto di regole, di servizi e di opportunità.

È su tutto questo, Presidente, che abbiamo il dovere di intervenire. Le istituzioni hanno un primo dovere, che è quello di farsi percepire al fianco dei cittadini onesti e vittime delle difficoltà, curandone gli interessi ed aiutandoli; quello che si è incominciato a fare con chiarezza e lucidità.

Va di pari passo, Presidente, che le istituzioni hanno anche il dovere di riaffermare le regole e punire gli abusi, perché l'ampia parte del degrado e dell'insicurezza deriva dal sentimento di impunità rispetto alle regole! Questo è il brodo di cottura in cui sono cresciute le personalità attratte dal radicalismo, anche religioso. Questo è il brodo di cottura in cui si sono sviluppati fenomeni di criminalità organizzata, su cui si regge il mercato delle occupazioni abusive, dello spaccio, della sopraffazione, della prostituzione, dell'abuso, delle debolezze del nostro tessuto sociale.

Presidente, questo è l'impegno che ci sentiamo in dovere di assumere, ovviamente consapevoli che la camionetta della Polizia è la presenza dello Stato e rappresenta un presidio, come la nostra richiesta di pene giuste e certe, ma occorrono interventi strutturali, di largo raggio, profondi, se solo pensiamo che, nelle città con oltre 250.000 abitanti, oltre il 5 per cento degli edifici scolastici viene valutato a rischio degrado. E, se non c'è la scuola, non c'è il futuro delle nostre generazioni. Ecco l'azione ad ampio raggio che ci sentiamo fortemente di incoraggiare e che viene veicolata anche attraverso questa Commissione. L'Agenda di Amsterdam apre il nostro sguardo su una dimensione anche europea, in cui indubbiamente molto è stato fatto, ma non tutto è risolto, come dimostrano peraltro esempi eccellenti che abbiamo davanti agli occhi, come le banlieue di Parigi o anche i quartieri di recente immigrazione di Bruxelles, evidentemente, a titolo puramente esemplificativo.

Il tema dell'inclusione, Presidente, senza creare società parallele degli immigrati, si sposa con il dovere di respingere l'immigrazione clandestina, che aggiunge instabilità ad un tessuto sociale nazionale in tensione. Allora, Presidente, Commissione di inchiesta - così si chiama -, istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza - così l'abbiamo voluta - e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. Mi piace qui richiamare, Presidente, un passaggio classico nell'istituzione delle Commissioni d'inchiesta, ma che qui va richiamato come elemento fondamentale, per comprendere anche ruolo e funzioni di questa Commissione dal nostro punto di vista. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, come ben delineato e richiamato dal collega De Corato, relatore del provvedimento, non può essere opposto il segreto di ufficio, né il segreto professionale. Tra le tante missioni positive, Presidente, ne distinguiamo alcune - e concludo - che sono anche chiare nell'indicare gli ambiti nei quali è necessario un intervento repressivo: contro i fenomeni dell'occupazione abusiva sugli immobili di edilizia residenziale; per individuare le aree del territorio nazionale nelle quali ancora persiste il fenomeno dell'abusivismo edilizio. Potrei fare un elenco lungo. È, quindi, compito di questa Commissione non solo individuare vie future, ma anche attribuire responsabilità pregresse. È un nostro dovere, Presidente, che non rinunceremo ad assolvere, con tutte le nostre forze, per amore del nostro Paese e dei cittadini, per il decoro delle nostre città e delle nostre periferie, perché abbiamo ricevuto in dote tutto questo, il buono e il male, ed intendiamo terminare il nostro lavoro, Presidente, lasciando la traccia profonda del nostro passaggio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.

ALFONSO COLUCCI (M5S). Signora Presidente, colleghe e colleghi deputati, signor Sottosegretario di Stato, oggi in quest'Aula si discute dell'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sullo stato di sicurezza e di degrado delle città e delle periferie. Il lavoro svolto in Commissione affari costituzionali ha consentito la formulazione di un testo base unificato, che ha trovato il consenso di tutte le forze politiche, sia di maggioranza sia di opposizione, un risultato che fa onore alla Camera dei deputati, espressione di una sensibilità condivisa, che fa prevedere un'approvazione con largo, se non unanime consenso. È un auspicio di proficuo lavoro per l'istituenda Commissione, una prospettiva di riscatto delle città e delle periferie. Diciamocelo senza girarci troppo intorno: sulla parola “periferia” si addensano spesso equivoci e cattiva retorica. Il termine, nella sua matrice etimologica, sta per “portare intorno”, per collocare lungo i bordi, ai margini. Tuttavia, è sempre più chiaro che oggi la periferia non deve più essere intesa come ambito territoriale lontano dal centro, ma come coacervo di problemi di ordine materiale e immateriale, che definiscono una marginalità: periferia, non come posizione, ma come condizione, non toponomastica, ma essenza. In tale simbolico e più pregnante significato la periferia urbana definisce una condizione di fragilità, che si presenta spesso in modo prepotente nei quartieri marginali, più popolari e popolati, ove più evidenti possono risultare i fenomeni di disagio sociale, di insicurezza, di povertà economica e culturale e di degrado, ma che può riguardare anche aree meno periferiche. I sistemi metropolitani attuali hanno determinato il formarsi nel tempo di quartieri che partecipano di tutti i problemi di degrado e di marginalità della periferia, pur essendo centrali. Il sito habitante.it, sulla base dei dati Istat, ha evidenziato che, sul totale della popolazione, circa il 60 per cento degli abitanti dei comuni capoluogo di città metropolitana vive in aree periferiche. Tale percentuale arriva al 75 per cento, qualora si sommino gli abitanti di aree intermedie. La lettura articolata del fenomeno ci illustra che in molte nostre città le situazioni di degrado sociale, di impoverimento, di abbandono e di decadenza della qualità degli spazi pubblici, delle trasformazioni edilizie e urbanistiche, della mobilità, delle condizioni di sicurezza urbana e di difficoltà dei processi di integrazione dei flussi migratori, spesso convivono in zone centrali, come in zone periferiche, intrecciandosi tra di loro. Talvolta la stessa percezione negativa del termine “periferia” deve essere rovesciata, sino a renderci conto che esistono centri storici degradati e insicuri, a fronte di periferie vivibili e con buoni standard qualitativi. In tale prospettiva ampia, plaudiamo con entusiasmo ad ogni iniziativa, quale quella dell'istituzione della Commissione d'indagine, che concorra al miglioramento delle condizioni, dalle politiche di riqualificazione territoriale a quelle per l'abitazione, dalle politiche per la viabilità e i trasporti a quelle sociali e formative e alle politiche per la sicurezza e la legalità. La strategia di fondo, peraltro ormai praticata in tutta Europa, è quella della rigenerazione urbana ovvero di programmi complessi che privilegiano l'intervento in comprensori già costituiti, al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di accrescere l'occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, di rassicurare la maggior parte della popolazione che risiede nelle aree periferiche. Nel particolare corso di questi ultimi anni, la qualità della vita delle nostre città e delle nostre aree periferiche è stata ostacolata dal proliferare di fenomeni di criminalità, che rendono intere aree delle nostre città luoghi di illegalità, ove regnano lo spaccio di droghe, la prostituzione, la violenza, i furti. A ciò si sono spesso sommati il crescente degrado ambientale, l'inquinamento e la mancanza di servizi pubblici locali essenziali, la carenza dei servizi necessari, spazi urbani spesso insufficienti, non decorosi o degradati.

E ancora, interventi edilizi pubblici e privati, spesso inadeguati o maltenuti, abusivismo edilizio, ricorrenti fenomeni di illegalità, ivi inclusa l'occupazione abusiva di immobili pubblici e privati, discariche, roghi di sostanze tossiche, smaltimento abusivo di rifiuti, servizi pubblici assenti o insufficienti, conflitto sociale. E così le periferie sono diventate luoghi di sofferenza, luoghi in cui gli abitanti si sentono totalmente abbandonati dalle istituzioni, e così vivono nella paura, soli e indifesi, fino a ricorrere talvolta alla criminalità per protezione e sostegno illegali. Alcune aree sono diventate sottosviluppate, in esse il livello della qualità della vita è particolarmente basso. Tutto ciò va combattuto nella consapevolezza che queste sono solo alcune delle sfide che dobbiamo affrontare.

Il primo antidoto è la costruzione di una continuità ideale delle periferie con il centro, l'eliminazione della separazione di tali ambiti degradati dal resto, l'elisione del senso del loro isolamento, della loro marginalità. Il recupero della cura degli spazi pubblici e privati delle periferie, il miglioramento della qualità urbana collettiva e pubblica, il rafforzamento della presenza attiva dello Stato sono fattori che possono concorrere a combattere il senso di isolamento che rende la periferia un mondo a parte, un mondo separato, abbandonato al proprio destino, senza prospettiva di riscatto e di futuro.

Chi abita in periferia deve potersi sentire parte di un tessuto sociale e urbano unitario, e non come messo da parte, escluso, emarginato appunto. I quartieri devono essere dotati di infrastrutture e di servizi, in primo luogo i servizi di trasporto, che colleghino i luoghi di residenza con quelli di lavoro e di studio, attenuando il senso di marginalità dato da un faticoso pendolarismo, e favorendo, all'opposto, una sempre maggiore coesione urbana.

Altro importante tema è quello della necessaria integrazione della popolazione straniera, anche al fine di prevenire conflitti fra italiani poveri e migranti in cerca di occupazione.

Dobbiamo promuovere una politica dell'accoglienza che renda ai migranti residenti in Italia la dignità che ad essi compete e restituisca alle aree nelle quali risiedono la serenità di una pacifica e costruttiva convivenza civile. La sana integrazione è motore di crescita e di sviluppo. È necessario che lo Stato sia fortemente presente nelle periferie con Forze dell'ordine nazionali e locali, scuole, presidi sanitari. È, in definitiva, necessario un ripensamento complessivo delle politiche urbane al fine della riqualificazione delle periferie, per il complessivo miglioramento dell'indice di vivibilità.

Quanto più sapremo costruire una rete unitaria, un intreccio virtuoso tra centro e margine, una effettiva integrazione tra di loro delle varie aree cittadine, tanto più avremo realizzato il complessivo rilancio della dimensione urbana nella sua totalità, con profitto dell'intero complesso cittadino. L'istituenda Commissione potrà quindi approfondire le plurime questioni ricalcando le forme e gli ambiti di indagine delle precedenti Commissioni ed attingendo ai risultati già conseguiti, ma facendolo alla luce del quadro europeo attuale, che è decisamente diverso rispetto al passato.

L'istituzione di questa Commissione è un passo fondamentale per affrontare tali problemi. La valutazione approfondita dell'attuale situazione e l'individuazione delle cause della marginalità e delle possibili soluzioni ci consentiranno di raggiungere, come ormai è necessario e urgente si inizi a fare, gli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che è un programma di azione - lo ricordo - per la prosperità globale.

Dobbiamo raggiungere gli obiettivi fissati dal PNRR, che stanzia quasi 3 miliardi di euro per la riqualificazione delle aree periferiche delle città metropolitane al fine di ridurre situazioni di degrado e di marginalizzazione. E lo fa mediante la programmazione di interventi di rigenerazione urbana, di recupero, ristrutturazione e rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche. Lo fa anche attraverso interventi per l'efficientamento energetico ed idrico degli edifici, la riduzione del consumo del suolo, anche attraverso operazioni di demolizione e di ricostruzione. In tale ottica, ritengo che la rivalutazione dello strumento del superbonus sarà necessaria per il raggiungimento di tali obiettivi.

Dobbiamo porci la meta di raggiungere il benessere del cittadino, dobbiamo formulare un nuovo concetto dell'abitare le periferie con best practice che andranno a migliorare la qualità della vita in modo sostenibile verso la realizzazione di progetti di rigenerazione urbana che guardino al benessere socioeconomico dei residenti al fine di superare il degrado.

Il rilancio delle periferie va inteso in primis quale riscatto sociale e ambientale, proprio perché oggi il quadro nazionale riporta proprio le periferie quali luoghi di disuguaglianza. Non dobbiamo lasciare indietro nessuno, non possiamo permettercelo. Agire con un approccio di sviluppo ecosostenibile è lungimirante, permetterà di garantire una qualità della vita elevata e un benessere sociale equo per tutti i cittadini.

Per realizzare tutto questo occorrerà porre particolare attenzione al rafforzamento dei servizi educativi per l'infanzia e della cura delle strutture scolastiche per un'istruzione qualitativamente formativa, alla riqualificazione degli spazi urbani secondo principi di sostenibilità ambientale e di innovazione sociale, all'occupazione, al potenziamento della mobilità, all'integrazione dei migranti, al miglioramento dei servizi pubblici e delle infrastrutture sociali per l'erogazione di beni e servizi, alla creazione di luoghi ricreativi e di spazi culturali anche per gli anziani, a una seria politica dello sport, rimedio naturale al degrado e alla criminalità, fattore di benessere psicofisico degli abitanti, al rafforzamento dei presidi di controllo del territorio e per la sicurezza.

Da Pier Paolo Pasolini possiamo mutuare il concetto di periferie non solo come luoghi antropici e sociali di ambientazione letteraria, ma come rappresentazione simbolica del decentramento, del diverso, polo di una tensione sociale e politica ben radicata.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE' (ore 18)

ALFONSO COLUCCI (M5S). La Roma di Pasolini era quella delle borgate di periferia piene di miseria, ma, al contempo, cariche di vitalità. I suoi 55 versi liberi descrivono una passeggiata nelle borgate come una discesa negli inferi, nei bassifondi, con una visione stratificata della società che gli permetterà di evidenziarne le contraddizioni, perché per Pasolini è proprio nella contraddizione che risiede la realtà. È esattamente questo, a mio avviso, il compito della istituenda Commissione: l'analisi e l'individuazione di tali contraddizioni, l'approfondimento della divaricazione tra le periferie e i centri prosperi. Un'indagine necessaria e urgente per eliminare tali divari.

Noi dobbiamo dispiegare tutti i mezzi a nostra disposizione per colmare tale fattore di diseguaglianza.

Riprendendo un vecchio slogan, potrei dire: bisogna rigenerare città e periferie per generare il futuro. Dobbiamo assolutamente fare tutto questo coinvolgendo le istituzioni territoriali e le associazioni e organizzazioni locali. Il Terzo settore ha fornito, e potrà fornire in futuro, un prezioso contributo. Siamo chiamati per assicurare che le nostre città, ivi incluse le periferie, siano sicure, vivibili e rispettose dell'ambiente. Dobbiamo fare tutto questo insieme. Il testo unico, che sarà votato e che vede anche il contributo del MoVimento 5 Stelle - e per me è un onore, è il mio personale con la mia firma -, è un passo fondamentale per la lotta alla marginalità, per il perseguimento, in definitiva, dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, da sempre siamo abituati a correlare i parametri sociali con quelli territoriali, anche come chiave interpretativa, per cercare soluzioni adeguate rispetto a fenomeni di arretratezza o disagio, e noi meridionali lo sappiamo bene. Con il tempo, poi, alla tradizionale frattura tra Nord e Sud, se ne sono aggiunte, spesso intersecate, altre: quella fra coste e aree interne, quella fra borghi e grandi agglomerati urbani. La proposta di cui stiamo discutendo oggi, quella di una Commissione di inchiesta parlamentare, affronta una di queste fratture, certamente una delle più rilevanti: quella fra il centro e le periferie della città, luoghi, le periferie, che non di rado si connotano per essere, al tempo stesso, custodi di tradizioni e identità e incubatrici di sacche di disagio, per la distanza dei servizi, per l'estraneità ai flussi esterni di tipo lavorativo o turistico, per quel senso di marginalità che, troppo spesso, la trascuratezza ha alimentato. Eppure, in termini di popolazione, parliamo di numeri davvero importanti. Secondo le stime Eurostat, infatti, l'83 per cento degli abitanti delle città metropolitane vive in periferia, nei territori densamente urbanizzati del nostro Paese. Parliamo di oltre 15.000.000 di italiani, in gran parte soggetti a una sorta di divario di cittadinanza, perché, come accennato, le periferie si caratterizzano sempre più spesso per situazioni di degrado, per l'assenza di servizi o assistenza, per l'assenza di luoghi di socialità, per l'assenza di un controllo capillare del territorio, che, spesso, ha dimensioni molto ampie. Sicché, per l'intrecciarsi di questi fattori, queste zone diventano preda e brodo di coltura della criminalità e vedono le condizioni di vita degli abitanti peggiorare giorno dopo giorno. Certamente non bisogna generalizzare nella nostra analisi, ma non per questo si può ignorare una realtà, purtroppo, diffusa. Anche in questo caso, in ossequio al conoscere per deliberare, un'analisi puntuale dei fenomeni di degrado delle periferie è un passo importante per l'individuazione di politiche adeguate e funzionali a colmare questo divario di cittadinanza.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI (ore 18,05)

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Ricordiamo che già nella XVII legislatura era stata istituita una Commissione di inchiesta sulla situazione in cui versano le aree periferiche, la quale aveva avuto il merito di avviare una ricognizione approfondita, con lo scopo di sviluppare misure di contrasto, ciò anche grazie al supporto fondamentale dell'Istat, depositario di indicatori sociali scientificamente selezionati tanto per fotografare le dinamiche demografiche, quanto per individuare le aree segnate da maggiore disagio. Dal complesso dei dati elaborati, ad esempio, emerge che il 33,8 per cento dei residenti nei capoluoghi metropolitani vive in quartieri dove c'è una significativa presenza di famiglie con potenziale alto disagio economico. E ancor più interesse riveste l'indicatore sintetico della vulnerabilità sociale e materiale, costruito attraverso la sintesi di 7 indicatori, che tengono conto dell'esposizione di alcune fasce della popolazione a particolari situazioni di incertezza della condizione sociale ed economica. Non stupisce che tra le categorie giudicate a più elevato rischio di esclusione sociale figurino, ad esempio, gli anziani, di cui questa mattina abbiamo a lungo parlato in quest'Aula, ma è altrettanto evidente, in vista del lavoro che dovremo fare in questa legislatura, che è dall'analisi delle condizioni di vita dei giovani, che sono il futuro della società, che si può comprendere meglio la periferia e la direzione nella quale intervenire. L'abbandono scolastico e l'indice di non conseguimento della scuola dell'obbligo sono, ad esempio, efficaci indicatori del livello culturale ed economico del contesto familiare di provenienza, mentre il tasso di disoccupazione e la presenza dei NEET, ossia di quei giovani inoccupati che ormai non sono inseriti né in un percorso di istruzione, né in un percorso formativo, possono aiutare ad identificare le aree nelle quali vive la popolazione con maggiori difficoltà.

Signor Presidente, colleghi, come già detto, questo lavoro ricognitivo è il presupposto per un intervento più consapevole e puntuale e funzionale, anche in termini di sicurezza e di ordine pubblico. La disoccupazione e l'assenza di prospettive per i giovani sono, infatti, il terreno di coltura di una criminalità che, in questi contesti, recluta con più facilità manovalanza e nuove leve. Questi ragazzi devono essere sottratti alla morsa del crimine. Si pensi ai quartieri periferici disegnati tra gli anni Sessanta e Settanta, ispirati alle ideologie collettiviste, nei quali all'alta concentrazione di popolazione fa da contraltare la totale assenza di servizi, di attività commerciali, di attività economiche e produttive, aree nelle quali l'offerta di servizi di trasporto scolastici, culturali, sanitari e assistenziali è spesso di scarsissima, se non nulla, qualità. Si tratta di luoghi nei quali è difficile vivere ed è ancora più complesso trovare il lavoro, con la disoccupazione giovanile che, di conseguenza, arriva a superare il 50 per cento del totale. Dobbiamo occuparci di questi giovani, vogliamo occuparcene.

In chiave di sistema ricordiamo, inoltre, che, strette fra i centri urbani, meglio serviti e controllati, e le province, anch'esse spesso carenti di servizi, ma configurate più a misura d'uomo, le aree periferiche della città rappresentano anche la porta d'ingresso alla città per i turisti. Un biglietto da visita da curare, non solo per questo, ma anche per questo.

Tutto quanto sopra detto induce a ritenere assolutamente necessario un aggiornamento puntuale della mappatura della situazione, ciò soprattutto dopo la crisi pandemica, che tanto ha pesato sulla socialità e su quell'economia sommersa di cui si alimentano talune aree periferiche. Una ricognizione puntuale potrà aiutare a definire una revisione radicale delle politiche urbane, a partire dalla rigenerazione delle aree periferiche, per combattere i fenomeni di degrado, marginalità, disagio sociale, insicurezza, per superare il gap tra il centro e la periferia, soprattutto in termini di servizi. Tutto questo potrà agevolare l'inclusione, potrà contribuire a contrastare gli insediamenti criminali e la loro proliferazione.

E sempre, signor Presidente, in chiave strutturale, sarà importante concentrarsi sul ripristino delle condizioni abitative primarie e sulla tutela della salute, eliminando, ad esempio, le discariche abusive e contrastando lo smaltimento illegale dei rifiuti e i roghi di materiali tossici che inquinano spesso queste aree.

Ricordiamo, infine - e concludo, signor Presidente -, la candidatura di Roma per ospitare la prossima Expo 2030. Il progetto di candidatura prevede proprio la definizione di un nuovo modello di metropoli, che si basi su rigenerazione, politiche ambientali, governance territoriale, urbanistica, inclusione, insediamento, reti sociali, reti culturali, innovazione, smart cities, gestione dei rifiuti, energia pulita. Questa per noi è una grandissima opportunità per l'intero Paese. Non bastassero le ragioni che fin qui ho enumerato, questo da solo sarebbe un buon motivo per cambiare volto alle nostre periferie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Colleghi, signor Sottosegretario, grazie mille per questo dibattito, perché è stato ricco di spunti e di riflessioni che, poi, la Commissione avrà modo di approfondire, nel corso dei suoi lavori.

Io sono lieto di aver dato il via, in questa legislatura, a questa discussione, anche sulla base della mia precedente esperienza come sindaco della mia cittadina - sono eletto in un territorio, tra l'altro, bellissimo, ma difficile e complesso -, una discussione che parte da un mio documento, ma che, poi, ha visto un lavoro parlamentare sinergico, nel vero senso ed etimologico, quindi synergo, lavorare insieme.

E sono stato felice di avere un testo abbinato con i contributi giunti da tutti i gruppi parlamentari. La I Commissione ha fatto un lavoro eccellente, tutte le proposte in Commissione, tutti gli emendamenti che sono stati presentati hanno visto una sintesi unanime e questo diciamo lascia ben sperare sull'andamento dei lavori di questa Commissione su un tema che - è stato ricordato dai tanti interventi dei colleghi che mi hanno preceduto - è trasversale, sia da un punto di vista politico, perché le città sono governate da amministrazioni che hanno diversi colori, sia anche da un punto di vista geografico, perché sono le periferie di tutta Italia. Quindi, si riprende un percorso un percorso che già nella XVII legislatura aveva avuto uno svolgimento importante, con una relazione approvata all'unanimità, un percorso che si dovrà snodare - questo è stato un po' il senso di tutti gli interventi - su due binari; da un lato, studio, approfondimento, analisi, ricerca, indagine, sulla base di tutta quella serie di punti indicati nell'articolo 1 della proposta; quindi sicuramente un approccio ambizioso; ma poi la seconda parte, indispensabile, sarà quella della proposta e dell'azione.

La scommessa e la sfida della riuscita di questa Commissione passa da un lato, attraverso l'accuratezza della fase d'indagine, ma poi, soprattutto, attraverso l'efficacia della fase della proposta. Non è - e lo ribadiamo, anche perché la stampa un po' su questo si è inserita - un'indagine su Roma o su una specifica città; è una problematica, come è stato ricordato dagli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, che riguarda oggi moltissimi cittadini italiani, non solo città grandi ma anche città medie. Tra l'altro, è una problematica che travalica i confini nazionali e si inserisce in una dinamica più complessiva, se è vero che entro il 2050 circa il 70 per cento delle persone nel mondo vivrà in una città e già oggi il numero delle persone che vivono in un contesto urbano ha superato quello delle persone che vivono nelle campagne. Sarà, quindi, un ragionamento ampio e complessivo.

In senso generale, possiamo dire che alla grande stagione di investimenti e di riqualificazione dei centri delle nostre città - se si fa eccezione per alcuni casi particolari, che dovrebbero comunque essere presi in considerazione - non è corrisposto un eguale impegno nella rigenerazione urbana delle periferie, ragione per cui è stata quasi la regola che ci si può trovare in situazioni completamente differenti a pochissimi chilometri di distanza; tali differenze sono molto evidenti nella qualità abitativa, nei trasporti, nei servizi, nelle scuole e nelle strade. Però, al tempo stesso - è stato ricordato in diversi interventi - ci sono, già oggi, esempi importanti, virtuosi, con periferie che sono anche luoghi dove si localizzano numerose attività produttive, centri commerciali, logistici, industriali e sedi decentrate delle università. La riqualificazione di queste aree appare, quindi, essenziale per migliorare la qualità di vita dei residenti, offrendo loro servizi, un efficace controllo da parte delle Forze dell'ordine, scuole, ambiti culturali, centri di aggregazione, aree verdi, manutenzioni alle strutture abitative che non rappresentino, nella loro forma e ampiezza, il segnale più evidente che si è in un'area di minore benessere e di maggiore emarginazione. Credo che quello che andrà fatto sarà un lavoro importante e mi auguro che la Commissione, così come le altre Commissioni su cui abbiamo discusso oggi, si insedi quanto prima. Vediamo questo come un momento di arrivo e anche come un momento di partenza. È un momento di arrivo perché questa proposta arriva fisicamente in Aula, con un dibattito su cui c'è stata la convergenza di tutti i gruppi parlamentari. È soprattutto un momento di partenza, perché avremo insieme il compito di vincere questa sfida, che si pone un doppio obiettivo: da un lato, un percorso di analisi, ma poi, al tempo stesso, un'azione e proposte concrete che devono essere alla base anche di una successiva azione normativa. Forza Italia è pronta a mettersi al lavoro con questa Commissione, così come con le altre, per vincere questa sfida, impegnativa ma nodale per il futuro del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, in sostituzione del relatore, il vicepresidente della I Commissione (Affari costituzionali), deputato Riccardo De Corato. Si intende che vi abbia rinunciato. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Si intende che vi abbia rinunciato. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, secondo le intese intercorse tra i gruppi, all'ordine del giorno della seduta di domani, martedì 21 marzo 2023, sarà iscritta, alle ore 15, la consegna del testo delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2023.

Come previsto dal calendario dei lavori, la discussione su tali comunicazioni avrà luogo nella seduta di mercoledì 22 marzo, a partire dalle ore 9,30.

La nuova organizzazione dei tempi per lo svolgimento di tale discussione sarà pubblicata nell'allegato A della seduta odierna (Vedi l'allegato A).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare il deputato Salvatore Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Utilizzo questo tempo, che mi è stato concesso qui alla Camera, per ricordare un nostro fratello, che, purtroppo, è scomparso nei giorni scorsi: Antonino Dessì, noto come Tonino Dessì. Era stato presidente del consiglio comunale di Quartu e consigliere comunale, a partire dal Movimento Sociale fino ad AN. Medico di base della terza città della Sardegna, era stimato da tutti, anche dagli avversari politici. Ringrazio il sindaco di Quartu, Graziano Milia, che ha speso delle bellissime parole, e tutte le altre forze politiche.

È scomparso all'età di 63 anni, lasciando un grande vuoto in tutta la nostra comunità militante e in tutta quella dei suoi pazienti. È per questo che lo vogliamo ricordare con tanto affetto e con tanta stima anche in quest'Aula, perché lui rappresentava la destra quartese, la destra sarda, la destra italiana. Era un volontario che accompagnava i malati a Lourdes, un generoso, una persona che non faceva mai mancare il proprio sostegno a chiunque glielo chiedesse. Ci ha cresciuto e ci ha dato veramente sostegno. Dunque, in quest'Aula gli dico grazie: grazie infinite per tutto l'aiuto che hai dato alla nostra comunità. Grazie Tonino (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandro Urzì. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO URZI' (FDI). Grazie, Presidente. Intervengo per esprimere la mia solidarietà alla rappresentanza diplomatica italiana a Vienna che è stata oggetto, nella giornata di oggi, di un'inqualificabile aggressione politica nel corso di una conferenza stampa tenuta dal gruppo dei secessionisti di Süd-Tiroler Freiheit, composto da Sven Knoll, Myriam Atz Tammerle, Eva Klotz e dall'ex esponente dell'FPÖ austriaca Werner Neubauer.

Nel corso di questa conferenza stampa, Presidente, sono state espresse dichiarazioni estremamente forti e offensive nei confronti della delegazione diplomatica italiana, con la pretesa che la stessa non abbia alcun tipo di contatto, che invece è assolutamente ordinario, con una delegazione del consiglio provinciale di Bolzano, in visita nella capitale austriaca.

Sostanzialmente, si è sostenuto che, da parte delle autorità italiane, non possano esserci alcuna influenza e alcun contatto organizzativo con le delegazioni italiane in visita nel vicino Paese austriaco.

Voglio ricordare che, nel corso della conferenza stampa, sono state anche fatte alcune dichiarazioni rispetto a pretesi tentativi di corruzione da parte di organi diplomatici italiani, senza evidentemente alcuna conferma, all'esclusivo fine di creare un pregiudizio all'immagine delle istituzioni italiane nella capitale austriaca.

Presidente, ci tenevo ad esprimere la mia più ferma solidarietà alla rappresentanza diplomatica italiana a Vienna (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 21 marzo 2023 - Ore 11:

1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni .

(ore 14 e al termine del punto 8)

2. Seguito della discussione delle mozioni Foti, Candiani, Rossello, Tirelli ed altri n. 1-00071, Francesco Silvestri ed altri n. 1-00084, Zanella ed altri n. 1-00085 e Serracchiani ed altri n. 1-00089 concernenti iniziative di competenza in relazione alla vicenda nota come "Qatargate" .

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 506 - Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane (Approvato dal Senato). (C. 977​)

Relatore: CIOCCHETTI.

4. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

MACCANTI ed altri; MOLLICONE: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore mediante le reti di comunicazione elettronica. (C. 217​-648-A​)

Relatori: DI MAGGIO, per la VII Commissione; DARA, per la IX Commissione.

5. Seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare:

RIZZETTO ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi. (Doc. XXII, n. 7-A)

Relatrici: VARCHI, per la II Commissione; CAVANDOLI, per la VI Commissione.

6. Seguito della discussione della proposta di legge:

FRANCESCO SILVESTRI e ASCARI: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. (C. 665-A​)

e delle abbinate proposte di legge: ZARATTI; MORASSUT ed altri. (C. 879​-880​)

Relatrice: KELANY.

7. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:

BATTILOCCHIO ed altri; ZARATTI; DE MARIA e MORASSUT; ALFONSO COLUCCI ed altri; LUPI e ALESSANDRO COLUCCI; DE CORATO ed altri; RAMPELLI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. (Doc. XXII, nn. 11-14-16-19-20-21-22-A)

Relatore: NAZARIO PAGANO.

(ore 15)

8. Consegna del testo delle Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2023.

La seduta termina alle 18,25.