XIX LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 74 di giovedì 23 marzo 2023
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI
La seduta comincia alle 9,30.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
FABRIZIO CECCHETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 71, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,35).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 20 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo, pertanto, la seduta, che riprenderà alle ore 9,55. La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 9,55.
Seguito della discussione della proposta di legge: Francesco Silvestri e Ascari: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori” (A.C. 665-A) e delle abbinate proposte di legge: Zaratti; Morassut ed altri (A.C. 879-880).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 665-A: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori” (A.C. 665-A) e delle abbinate proposte di legge nn. 879-880.
Ricordo che nella seduta del 20 marzo si è conclusa la discussione generale e il deputato Riccardo De Corato, vicepresidente della Commissione, in sostituzione della relatrice, e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.
(Esame degli articoli - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge, alla quale non sono state presentate proposte emendative (Vedi l'allegato A).
La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.
Poiché non sono stati presentati emendamenti, porrò gli articoli direttamente in votazione.
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 1).
(Esame dell'articolo 2 - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 2).
(Esame dell'articolo 3 - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 3).
Salutiamo studenti, studentesse e insegnanti del liceo Leonardo da Vinci di Casalecchio di Reno (Bologna), che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
(Esame dell'articolo 4 - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 4).
(Esame dell'articolo 5 - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 5).
(Esame dell'articolo 6 - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 6).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ilaria Cavo. Ne ha facoltà.
ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, alle 16,30 del 22 giugno del 1983, quasi quarant'anni fa, Emanuela Orlandi esce di casa per andare a lezione di canto e non fa più ritorno.
PRESIDENTE. Scusi, collega Cavo. Colleghi, come sempre, vi prego, se dovete lasciare l'Aula, di farlo in silenzio per consentire alla collega di svolgere adeguatamente la dichiarazione di voto, grazie. Prego, onorevole Cavo, prosegua pure.
ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). La ringrazio, Presidente. Lo chiedo ai colleghi, anche per il rispetto delle famiglie che ho visto qui, in quest'Aula. Chiedo anche di far partire adesso il tempo che ho a disposizione. Grazie, signor Presidente.
Onorevoli colleghi, signori del Governo, ribadisco che alle 16,30 del 22 giugno del 1983, quasi quarant'anni fa, Emanuela Orlandi esce di casa per andare a lezione di canto e non fa più ritorno. Nello slancio, nell'opportunità che ci dà questa Commissione d'inchiesta, bisognerebbe avere il coraggio di ripartire da lì, di ritornare all'essenziale, alle questioni cruciali di questo mistero, di isolarsi, di cancellare e mettere da parte tutti i tentativi di depistaggio di questi anni.
Il rischio altrimenti sarebbe quello di rimanere fagocitati nuovamente nei mille filoni d'inchiesta, nei documenti, nei faldoni e di perdersi ancora in un labirinto di fogli e di documenti. Abbiamo la possibilità - e il dovere - di ritornare a dati più scarni, di togliere tutti i rumori di sottofondo e di ritornare, appunto, alle domande fondamentali.
Mi permetto di dirlo anche recuperando un po' quello spirito di cronista che mi ha accompagnato per diversi anni e che mi ha fatto occupare, anche parzialmente, di questo caso. Abbiamo l'opportunità di ritornarci e di utilizzare anche le nuove tecnologie. Facciamo qualche esempio di domande essenziali (esempi, appunto): Emanuela quella sera, quel tardo pomeriggio, aveva o non aveva un appuntamento? Uno degli aspetti difficili da credere di questa inchiesta è, per esempio, che don Valentino Miserachs, il maestro di canto della scuola di musica di Sant'Apollinare, dove quel giorno Manuela si è recata, e che alle 16,30 avrebbe tenuto una lezione di prove, non è mai stato sentito dagli inquirenti, almeno non da quelli italiani, considerato che afferma di aver subito un interrogatorio dal Vaticano, segno che un'indagine all'interno dello Stato del Vaticano è stata aperta. Oggi in un'intervista - pensate che ha conservato addirittura le sue agende - dice che aveva sì tenuto la lezione, ma l'aveva terminata in anticipo. Non sarebbe vero, allora, che Emanuela aveva chiesto di uscire prima, come aveva detto suor Dolores, direttrice di quella scuola di musica di Sant'Apollinare. Avevano finito tutti prima. Ma, allora, Emanuela aveva o non aveva un appuntamento? Aveva chiesto di uscire prima o era uscita prima insieme a tutti gli altri perché quella lezione era terminata in anticipo? Ha incontrato qualcuno appositamente, per scelta, o per caso?
Un altro punto su cui soffermarsi è la nuova testimone, un'amica di Emanuela, che ha paura e che ora non vuole più parlare. Avrebbe raccontato recentemente alla famiglia che Emanuela le rivelò di essere stata molestata nei giardini vaticani. Verità o invenzione? E, soprattutto, la cassetta audio, fatta trovare dai presunti rapitori, con una telefonata anonima all'ANSA, il 17 luglio 1983 (Emanuela scompare il 22 giugno, ricordiamolo), è un giallo nel giallo. Contiene lamenti agghiaccianti di una ragazza, che i parenti ritengono subito di riconoscere come la voce di Emanuela. Invece, una settimana dopo al padre, in questura, dicono che si tratta di un film porno. Perché? Perché liquidare quella voce e quei lamenti - li ricordate? Sono terribili - come una finzione? Oggi l'analisi di quel nastro permette di capire che quello rimasto agli atti presenterebbe alcuni tagli, sarebbe più corto rispetto alla versione che alcuni inquirenti di allora ricordano. Non si sentono più alcune voci maschili. Si riscontrerebbero, con le nuove tecnologie, appunto tagli rispetto all'audiocassetta originaria. Perché l'audio di quella cassetta è stato liquidato come voci di film porno e non come la voce di Emanuela? Esiste, poi, un altro audio, fatto ascoltare dai presunti rapitori la sera del 5 luglio 1983 al padre di Manuela, ossia 13 giorni dopo la scomparsa, in cui una voce di donna, probabilmente registrata, dice: “Convitto nazionale Vittorio Emanuele II. Dovrei fare la terza liceo scientifico”, voce che il padre riconosce essere quella di sua figlia. Ma il padre e lo zio sono convinti di riconoscere la voce di Emanuela anche in quei lamenti, nello strazio dell'altra cassetta, inviata all'ANSA. Un loro perito, a cui è stata affidata la comparazione, sostiene che le due voci hanno un giudizio di compatibilità; sarebbero le stesse le voci contenute nei due nastri, nel nastro inviato all'ANSA e in quello fatto ascoltare alla famiglia. È una possibilità, una pista da valutare e su cui insistere, chiedendosi perché non sia stata approfondita. È una pista impegnativa, perché anche la trascrizione delle frasi di allora, con le nuove tecnologie, potrebbe ora cambiare.
Già nella scorsa legislatura era stata presentata una proposta di legge per l'istituzione di una Commissione di inchiesta sul caso Orlandi, nella forte convinzione che non solo la famiglia - certamente la famiglia -, ma tutto il Paese abbia il diritto di conoscere la verità sulla scomparsa di una giovane ragazza, su cui sono state fatte, nel corso del tempo, innumerevoli ipotesi, troppe ipotesi.
Anche Mirella Gregori, 15 anni, non ha più fatto ritorno a casa da quel pomeriggio di inizio maggio del 1983, in cui era uscita per incontrare un amico, un mese prima della sparizione di Emanuela. Due casi che hanno avuto più di un punto in comune nel corso delle indagini e delle piste seguite. Il collegamento di Mirella con un uomo della Gendarmeria vaticana, la testimonianza di Ali Agca, che collegava entrambe le scomparse a quella del giornalista Bitov, avvenuta il 9 settembre dell'anno successivo, i comunicati dell'organizzazione di estrema destra turca Lupi Grigi, probabilmente falsificati appositamente, e, infine, la pista che collegava entrambi i casi alla banda della Magliana e al presunto favore fatto da Renatino De Pedis, al secolo Enrico De Pedis, a un alto prelato. Sono filoni di indagine che non hanno portato a nulla e, poi, tante altre testimonianze. Infine, il ruolo di Marco Accetti, che si è autoaccusato della scomparsa di Emanuela e di Mirella e che potrebbe collegare i due casi. Insomma, la scomparsa di queste due ragazze, così a breve distanza l'una dall'altra, è solo una coincidenza o esiste un collegamento, un movente che le unisce? Questa è una Commissione che ha l'obiettivo di ricostruire e analizzare la dinamica della loro scomparsa, di verificare ed esaminare il materiale e i dati, frutto delle inchieste giudiziarie e giornalistiche, ma, come precisano gli articoli della legge istitutiva che stiamo valutando, su cui ci stiamo esprimendo e che stiamo votando, anche e soprattutto di esaminare condotte commissive e omissive che possono aver costituito, ostacolato o ritardato o che possono aver portato a un allontanamento rispetto a una ricostruzione veritiera dei fatti.
Non ci si ferma neppure qui. La legge autorizza a promuovere azioni, anche presso Stati stranieri, per ottenere documenti e atti per verificare quali criticità possono aver ostacolato l'accertamento delle responsabilità. È un'indagine che da sempre si muove a cavallo di due Stati. Non si tratta solo di provare ad arrivare alla verità, ma anche di capire perché non si è potuto farlo prima e i due percorsi, le due domande, del resto, rischiano di essere inscindibili. Difficilmente si potrà capire chi se non si capisce perché non si è arrivati, in tutti questi anni, alla verità. Gli strumenti a disposizione della Commissione saranno efficaci. La Commissione procederà alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Per le audizioni entreranno in gioco gli articoli 366 e 372 del codice penale, ovvero non ci si potrà rifiutare di comparire, se chiamati come testimoni, e la falsa testimonianza sarà punita penalmente.
Si tratta finalmente dell'occasione per far luce su quanto accaduto e soprattutto su eventuali insabbiamenti che non hanno consentito di arrivare prima alla verità, con troppe piste rivelatesi di volta in volta false, mentre altre venivano abbandonate senza apparenti motivi. Forse è il momento giusto, a 40 anni di distanza. Anche il segnale dell'inchiesta riaperta, all'inizio dell'anno, presso il Vaticano va in questo senso.
Non sarà un lavoro o un compito facile. L'esito e il successo sono tutt'altro che scontati, ma è un dovere provarci. Questi non sono cold case: sono tasselli mancanti della storia del nostro Paese. Casi come questi, rimasti insoluti, rappresentano una ferita nel senso di sicurezza e nella fiducia verso l'insieme delle forze e delle istituzioni che compongono lo Stato. Per tutti questi motivi, il nostro gruppo, Noi Moderati, sostiene l'istituzione di questa Commissione di inchiesta (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Filiberto Zaratti. Ne ha facoltà.
FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signora Presidente. Signora rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, nella giornata di ieri c'è stato un importante intervento in quest'Aula fatto dal collega Bruno Tabacci, che ci ha ricordato che l'utilizzo improprio ed eccessivo delle Commissioni di inchiesta è diventato forse una caratteristica di questa legislatura. Voglio dire, in premessa, che io sono d'accordo con il collega Bruno Tabacci. Effettivamente, istituire Commissioni d'inchiesta, che a volte si sovrappongono alle indagini della magistratura e che vanno a trattare temi che è possibile affrontare con gli strumenti ordinari dell'attività parlamentare, è certamente una prassi assolutamente da rivedere.
Voglio, però, anche aggiungere che ci sono questioni che effettivamente meritano l'utilizzo di questo strumento da parte del Parlamento e della Camera dei deputati. La questione di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori risale ormai a 40 anni fa.
Infatti, quando scomparve Emanuela Orlandi era il 22 giugno del 1983. E credo che, in questo caso, anche le informazioni, di cui parlerò poi in seguito, che, nel corso del tempo, si sono succedute, anche con riferimento ai sospetti, alle illazioni e, non ultimo, al fatto che la gendarmeria del Vaticano ha riaperto proprio recentemente le indagini su questo caso, ci possono consentire di dire che in questa occasione, su questo argomento, forse l'utilizzo della Commissione di inchiesta è uno strumento utile. Perché è utile? Perché, intanto, credo che dobbiamo dare il massimo contributo per arrivare alla verità; lo dobbiamo alla famiglia di Emanuela Orlandi e a quella di Mirella Gregori, soprattutto per le tante ipotesi, in questi anni, di una verità che sembra nascosta e che non riesce mai ad arrivare alla luce. Lo dobbiamo a Pietro Orlandi, il fratello maggiore di Emanuela, che in questi quarant'anni anni non ha mai smesso di chiedere che si faccia luce su una vicenda così complessa: che possa avere, nel caso venga evidenziata la morte della sorella, una tomba sulla quale adagiare un fiore. Lo dobbiamo alla città di Roma, lo dobbiamo al nostro Paese, perché davvero questa vicenda ha diviso l'opinione pubblica, ha determinato il fatto che si creasse un clima di sfiducia rispetto a tutto ciò che non si può scoprire, tutto ciò che è nascosto. Non a caso, intorno alla vicenda di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, sono fioriti gruppi Facebook, associazioni alla ricerca, più o meno fondata, di verità.
Per questo penso che questa sia una Commissione utile e penso sia giusto che la nostra Camera la possa istituire. Nel corso degli anni si sono susseguite numerose ipotesi in merito al rapimento o all'allontanamento della ragazza, legato ad un presunto coinvolgimento del KGB, della banda della Magliana o della Chiesa vaticana stessa. Il caso è rimasto senza soluzione, ma Pietro Orlandi e il resto della sua famiglia non hanno mai smesso di battersi per fare luce sulla vicenda. Nel 2023, come dicevo, il Vaticano ha riaperto le indagini sul caso. Noi partiamo da una certezza: che Emanuela non è più rientrata a casa dalla lezione di musica a cui si era recata.
Oggi Emanuela avrebbe compiuto 55 anni. In questi anni le diverse piste esaminate, con i loro misteri e gli interrogativi, non hanno portato a nulla. Eppure, suo fratello non si è mai rassegnato all'idea di avere perso Emanuela. “Finché non avrò un corpo, ho il dovere di cercarla viva”, così afferma ogni volta.
Molte le piste seguite nel corso di questi quattro decenni. Si è indagato sui rapporti della famiglia Orlandi con il Vaticano, si è ipotizzato un coinvolgimento della banda della Magliana. La scomparsa è avvenuta proprio durante il decennio di massima attività di questa organizzazione criminale. Collegamenti con l'attentato a Giovanni Paolo II avvenuto il 13 maggio del 1981 per mano di Mehmet Ali Ağca, circa un anno prima del rapimento Orlandi. Non è stata nemmeno esclusa la pista della pedofilia. Inaspettatamente, all'inizio del 2023, dopo anni di silenzio e indagini archiviate, la magistratura vaticana ha deciso di aprire un nuovo fascicolo sulla scomparsa della quindicenne, come deciso dal promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi e dalla gendarmeria.
E noi oggi ripartiamo con fiducia da ciò. È una flebile luce che non va spenta, è una disponibilità di uno Stato estero che va accolta con rispetto e molta serietà. Noi sappiamo che la prima telefonata è arrivata nella sala stampa del Vaticano, la sera stessa della scomparsa di Emanuela, alle ore 21, a 2 ore dall'ultimo avvistamento della ragazza. La famiglia della quindicenne ha chiesto fin da subito che fossero fatti gli accertamenti circa la telefonata di quella sera per evidenziare la reale esistenza della stessa e per conoscerne il contenuto.
Secondo questa telefonata, sembrerebbe che l'interlocutore per i rapinatori di Emanuela fosse la Santa Sede e non la famiglia della ragazza. Le chiamate si sono poi moltiplicate nel corso degli anni, ma la maggior parte delle volte si è trattato di mitomani e persone che provavano a depistare le indagini.
Si è parlato anche di un presunto collegamento con l'attentato di Giovanni Paolo II. La vicinanza con questo evento ha spesso fatto pensare ad un collegamento tra i due fatti. L'ipotesi presa in considerazione, a cui persino il Papa stesso sembrava credere, è quella dello scambio fra Emanuela Orlandi e l'attentatore Mehmet Ali Ağca, un esponente del movimento nazionalista turco dei Lupi Grigi. Nelle telefonate arrivate in Vaticano di cui abbiamo parlato in precedenza il mittente avrebbe proposto uno scambio. Per anni questa persona è stata conosciuta come “l'americano” per l'accento anglofono. Non sappiamo cosa ci sia di vero in questa versione dei fatti; ad ogni modo, Emanuela resta scomparsa e Ağca, dopo anni di prigionia, oggi è libero. Proprio lui, Ağca, in tempi recenti ha inviato alla stampa internazionale una lettera in cui sostiene le condizioni di buona salute della ragazza.
È viva e sta bene da 36 anni, non è mai stata sequestrata nel senso classico del termine, ma è stata vittima di un intrigo internazionale per motivi religiosi e politici, raccontano le cronache del 2019. Il Governo vaticano non è responsabile, è la CIA che dovrebbe svelare i suoi documenti segreti.
Sempre nel dicembre del 2022, l'attentatore di Giovanni Paolo II, Ali Ağca, ha inviato una lettera al fratello di Emanuela in cui dice: i rapimenti di Emanuela e di Mirella Gregori furono decisi dal Governo vaticano ed eseguiti da uomini del servizio segreto vaticano vicinissimi al Papa. La trattativa pubblica era ovviamente una sceneggiata ben orchestrata da pochi alti prelati operanti all'interno dei servizi vaticani.
Dopo la pista dell'attentatore è stata aperta quella sulla banda della Magliana. A rapire la ragazza sarebbe stato un vero e proprio commando di uomini mandato su ordine di Renatino De Pedis, lo confermerebbero anche Marco e Salvatore Sarnataro, un amico di Emanuela e suo padre. Marco, morto nel 2007 all'età di 46 anni, avrebbe confessato al padre il ruolo nel rapimento dell'amica, e lui, Salvatore, si sarebbe presentato a piazzale Clodio per riportare le parole del figlio. Ad ordinargli il rapimento sarebbe stato Enrico De Pedis, detto Renatino, il boss della banda della Magliana.
Il primo a sollevare la pista della banda della Magliana è stato Accadi, uno dei mitomani delle telefonate, dopo avere chiamato Chi l'ha visto, un programma di Rai Tre. Il rapimento di Emanuela, però, avrebbe rappresentato la risoluzione di un problema che riguardava un alto prelato vaticano; come ricompensa, avrebbe concesso a De Pedis un sepolcro in Sant'Apollinare. Anni dopo, proprio dietro la basilica, sono stati ritrovati i resti del boss, ma, nonostante le testimonianze della sua ex amante Sabrina Minardi, non è stato mai dimostrato il suo coinvolgimento diretto. Dopo anni di indagine sotto il capo della procura Giancarlo Capaldo, il suo successore, Giuseppe Pignatone, ha deciso di archiviare il caso.
Avrei altre cose da raccontare e da dire, perché il caso è complesso e il tempo stringe, ma avremo occasione di approfondire, se la Commissione sarà istituita, se la Camera lo vorrà. La speranza è che la Commissione possa fare luce su quanto accaduto a lei e forse anche sul caso di Mirella Gregori, probabilmente strettamente collegato alla sua scomparsa. Noi oggi partiamo dalla disponibilità del Vaticano che dice: “Si tratta di un atto dovuto dopo le denunce e le istanze presentate in questi anni dalla famiglia”. Ripartiamo da questo punto, e quest'ultima disponibilità è il motivo del nostro assenso all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Emanuela Orlandi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Enrico Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Parto dicendo che forse è la prima volta che intervengo, dopo tanti anni, a sostegno dell'istituzione di una Commissione di inchiesta. Non lo avevo mai fatto, così come l'onorevole Tabacci, e come ha anche detto prima il collega Zaratti, le Commissioni di inchiesta parlamentari non hanno portato molto spesso ai risultati sperati.
Basta leggere l'elenco delle proposte di legge sulle Commissioni di inchiesta che sono state presentate in Parlamento, dalla violenza politica nelle scuole, ai cambiamenti climatici, ai rischi cibernetici, alla violenza politica, al rischio idrogeologico, alla violenza negli stadi, alle pratiche commerciali scorrette, all'uso dell'amianto e così via. Tutto giustifica la presentazione di una proposta di legge per l'istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare.
Oggi, intervengo volentieri, perché ritengo che il tema meriti l'istituzione di una Commissione di inchiesta e per varie ragioni. Lo merita, perché riguarda una vicenda che è entrata nella storia del nostro Paese. Era il 1983. Sono quasi coetaneo di Emanuela Orlandi, perché lei del 1968, io del 1969. Ho vissuto quegli anni con particolare tensione e attenzione.
L'obiettivo della Commissione di inchiesta, ovviamente, come tutte, è di ricercare la verità e di fare approfondimenti. Ma diciamoci chiaramente che dobbiamo metterci in guardia da una tentazione, che in ogni Commissione d'inchiesta si è verificata, ovvero quella di strumentalizzare le vicende e, soprattutto, quella di lavorare, non tanto per la ricerca della verità, quanto per la ricerca della visibilità. Quante volte le Commissioni d'inchiesta hanno i riflettori della stampa, che vuole subito la notizia? Se vogliamo arrivare ai risultati, dobbiamo attenerci a un percorso rigoroso.
Leggo negli articoli che abbiamo appena votato alcune frasi significative: tutti coloro che vengono a conoscenza per ragioni di ufficio e di servizio degli atti sono obbligati al segreto. Abbiamo parlato molto, in quest'Aula, del segreto d'ufficio e dell'obbligo al segreto. Faccio il richiamo a tutti, non soltanto a qualcuno, perché le tentazioni ci saranno e, se vogliamo compiere un percorso e un lavoro proficuo, dobbiamo respingere tali tentazioni e assumerci la responsabilità scritta in questi articoli, che non sono soltanto formali.
I commissari di questa Commissione avranno gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Speriamo non gli stessi ostacoli che ha incontrato l'autorità giudiziaria nelle vicende che ha dovuto approntare. Ci saranno poteri importanti, per esempio, l'accompagnamento coattivo, previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale, che è significativo: se una persona deve essere sentita, può essere accompagnata coattivamente.
Il punto fondamentale è che si agisca senza pregiudizi, che si operi a tutto campo e si eviti quel perimetro, che, probabilmente, ha limitato molto l'azione in questi anni. Diciamoci la verità: abbiamo visto tante Commissioni d'inchiesta operare nel corso degli anni e abbiamo letto le relazioni conclusive. Pochi sono stati realmente i passi avanti determinati dalle Commissioni di inchiesta. Penso tuttavia che il fatto che ci fossero le proposte di legge abbia stimolato determinate autorità - penso all'autorità promotore di giustizia in Vaticano - a riaprire le indagini. Penso sia un fatto nuovo e importante, che non deve essere sottovalutato. Speriamo veramente che questa Commissione di inchiesta non abbia le interferenze che ci sono state - e che sono state denunciate - in questi anni.
Saluto positivamente l'articolo 2, secondo comma, che stabilisce che i componenti della Commissione dichiarano alla Presidenza della Camera di appartenenza di non avere ricoperto o di non ricoprire ruoli nei procedimenti giudiziari relativi ai fatti oggetto dell'inchiesta. Si tratta di evitare che vengano a far parte della Commissione d'inchiesta soggetti che, per una ragione o per l'altra, abbiano avuto a che fare con quel percorso. Deve esserci una situazione di neutralità, di distanza. Si tratta, quindi, di un articolo significativo ed importante.
Ecco, sulla carta ci sono le condizioni per fare un buon lavoro. È necessario, però, che i commissari escano dal loro abito di politici ed entrino in una logica diversa, in una logica che assegna loro poteri importanti e significativi e il dovere di utilizzare questi poteri per affrontare in modo puntuale le vicende.
Il nostro gruppo al Senato ha presentato, a prima firma del senatore Calenda e della senatrice Paita, capogruppo al Senato, una proposta di legge di istituzione di una Commissione di inchiesta su queste vicende.
Quindi, il nostro sarà favorevole, un apprezzamento per il lavoro istruttorio svolto dalla Commissione e un apprezzamento per il fatto che mi sembra vi sia un consenso corale in questa direzione.
Un appello a questo Parlamento: conserviamo le energie per le Commissioni di inchiesta su vicende come questa, che, veramente, lo meritano. Cerchiamo di evitare una sovrabbondanza di questi istituti e organismi, riservandoli semplicemente a questioni sulle quali si può arrivare a risultati e sulle quali le autorità, che avrebbero dovuto produrre questi risultati, non hanno agito o sono stati ostacolati, ma certamente questi risultati non li hanno ottenuti (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO EMILIO RUSSO (FI-PPE). Signora Presidente, rappresentante del Governo e onorevoli colleghi, Emanuela Orlandi oggi avrebbe 55 anni. Non è più quella ragazzina col cappellino che ricordiamo tutti, ma una donna matura e, come lei, oggi sono maturi i tempi per diradare le ombre su una vicenda che, da quasi quarant'anni, coinvolge e suscita attenzione nella società e nell'opinione pubblica italiana.
Con questo voto - che, mi piace sottolineare, sarà all'unanimità -, il Parlamento vuole dotare il nostro Paese di un nuovo potente strumento per individuare una realtà oggettiva sulla sua scomparsa e su quella altrettanto drammatica e misteriosa di Mirella Gregori.
A quattro decenni di distanza da quel maledetto giorno, nel quale sono uscite di casa senza dare più notizie, senza fare più ritorno, nella primavera del 1983, oggi possiamo dare un contributo qualificato a ricostruire la verità storica, togliendo dalle cronache il rumore di fondo che ha accompagnato ogni fase e ogni pista di questa lunga e dolorosa vicenda, depurandola dal sensazionalismo, mettendo in fila i dati oggettivi e decontestualizzando i fatti dall'inevitabile emotività.
Il momento giusto è adesso, prima che non siano più raggiungibili tutti i testimoni e i responsabili, che vogliamo fermamente e ovviamente inchiodati alle loro colpe, ma con il dovuto distacco.
Quello di cui stiamo parlando non è un caso di cronaca come tutti gli altri. Non lo è per diverse e complesse ragioni: per le implicazioni che la sparizione di una ragazza, figlia di un dipendente del Vaticano, ha avuto sulla vita del nostro Paese; per gli incroci, veri o presunti, con la criminalità organizzata, con la finanza allegra, con i furti di documenti e, ovviamente e, forse, soprattutto, perché è stato necessario confrontarsi con le leggi e con le consuetudini di uno Stato straniero che ha una storia millenaria. Avremo, dunque, il compito di tracciare nuovi contorni, promuovendo un esame approfondito e organico delle inchieste giudiziarie e di quelle giornalistiche che si sono susseguite. Bisogna mettersi al lavoro, rivedere le carte e raccogliere testimonianze. Bisogna iniziare a lavorare senza perdere tempo, ma farlo senza preconcetti.
Possiamo riuscirci mantenendo un clima di unità, perché non esistono tante verità: esiste una sola verità, e noi quella vogliamo scoprire.
Vede, caro Presidente, in questo senso noi non abbiamo apprezzato le parole dei colleghi del MoVimento 5 Stelle nel corso della discussione generale, perché amicus Plato, sed magis amica veritas. Una cosa deve essere chiara: una Commissione di inchiesta è uno strumento per circoscrivere la realtà, ma non è una clava da brandire contro qualcuno. Il compito di accertare la verità giudiziaria spetta sempre e in via esclusiva alla magistratura e tocca ai giudici ricostruire quanto accaduto e accertare ogni tipo di responsabilità, comprese quelle, ovviamente, di eventuali errori, omissioni o depistaggi.
Presidente, se qualcuno già conosce le conclusioni dell'inchiesta, ha già tutte le risposte e, addirittura, ha già emesso una sentenza di colpevolezza, allora, onorevoli colleghi, non perdiamo tempo. Quest'Aula e il Parlamento non sono un tribunale. E il giustizialismo a tutti i costi equivarrebbe ad una forma di scarso rispetto nei confronti di chi da tanti anni si batte per chiedere la verità e anche delle famiglie, che salutiamo, perché oggi sono venute qui, in tribuna.
Chiunque abbia dei figli può solo provare ad immaginare la disperazione, lo sgomento e il dolore privato che vengono accostati a questioni sulle quali non vi è la minima possibilità di incidere o di intervento.
E, allora, dobbiamo essere seri e obiettivi, perché lo dobbiamo non solo a chi ha voluto bene e vuole bene a Emanuela e a Mirella, ma anche alle migliaia di donne e di uomini che, nei decenni, sono stati coinvolti nelle ricerche e nelle indagini - magistrati, diplomatici, Forze dell'ordine - e, tra questi, rientrano certamente, a pieno titolo, anche i giornalisti. Infatti, sono i giornalisti a rovistare nei cassonetti dei rifiuti per recuperare i primi scritti dei rapitori, il primo proprio qui dietro, in piazza del Parlamento; sono i giornalisti ad intercettare Ali Aǧca e ad aprire, di fatto, la pista sulla regia straniera; è un giornalista a scrivere per primo che la nostra intelligence non ha notizie di collegamenti con il terrorismo internazionale; sono sempre giornaliste e giornalisti, quando ormai la vicenda è considerata da tutti un cold case, ad individuare, identificare e andare a trovare nelle loro case, presidiando condomini di periferia per giornate intere, testimonianze chiave e imprimendo continue svolte alle indagini; sono, infine, i giornalisti a smascherare tentativi di depistaggio, mettendo in luce omissioni e contraddizioni di testimoni veri o presunti. Insomma, hanno svolto pienamente il loro compito di storici del presente, come recita una famosa definizione di Umberto Eco.
In un periodo storico nel quale il lavoro del giornalista è spesso svilito da stipendi bassi, carichi di lavoro eccessivi e condizioni precarie, possiamo riconoscere oggi, senza tema di smentita, che il giornalismo italiano ha giocato un ruolo decisivo, forse insostituibile, in questa lunga ricerca della verità.
Allora siamo ancora in tempo e, per questo, annuncio il voto favorevole di Forza Italia a questa proposta dell'opposizione. Una dichiarazione, la nostra, che si accompagna ad un auspicio, quello, cioè, che la nuova Commissione possa essere un luogo di confronto sereno e costruttivo.
Ci auguriamo che si possa lavorare tutti insieme, la maggioranza con l'opposizione, per scrivere una relazione unitaria, arrivare, cioè, a conclusioni comuni, il più possibile oggettive. Sarebbe questo un altro modo di onorare la memoria di chi ha sofferto, di chi, magari, non c'è più e, allo stesso tempo, di recuperare la fiducia per un'istituzione che se la merita: questa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Francesco Silvestri. Ne ha facoltà.
FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie, Presidente. Ovviamente, non risponderò a chi usa il tema della Orlandi e della Gregori per attaccare politicamente il MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), ma voglio, però, rispondere e chiarire una cosa, collega. Come ha detto lei, non è questo il momento giusto per fare la Commissione di inchiesta: 40 anni fa era il momento giusto per fare una Commissione di inchiesta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Presidente, io, da quando ho iniziato la mia attività politica in Parlamento, forse anche per i ruoli, ho avuto la possibilità di fare tante dichiarazioni di fiducia ai Governi, su leggi di bilancio, su tanti provvedimenti, ma non le nego che oggi sento un'emozione sincera ed unica, perché siamo qui per fare un passo avanti, a fronte di tanti passi indietro, per ottenere verità e giustizia per le famiglie di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.
In quei mesi del 1983 nei quali avvenne la scomparsa, io ero bambino, non ho molti ricordi, ma, da romano, mi restano sicuramente impressi nella memoria i volti di Emanuela e Mirella ritratti nei volantini e nei manifesti affissi sui muri della mia città.
Sin da allora, mi chiedevo come fosse possibile che due ragazze potessero scomparire nel nulla e, forse, questa domanda me la porto ancora oggi. Se confermato, come credo, anche in Senato, l'avvio di questa Commissione di inchiesta sarà un'ottima notizia per tutti noi. Ma, vede, per quanto noi oggi possiamo fare un ottimo lavoro sull'istituzione di questa Commissione, nulla potrà cancellare questi 40 anni in cui lo Stato italiano, davanti alla scomparsa di due minorenni, non ha fatto tutto il possibile per ottenere giustizia per le rispettive famiglie, per le ragazze, ma, soprattutto, per la dignità di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ora si apre una pagina nuova, nella quale tutti dovremo dare il meglio di noi stessi nel convergere su un solo obiettivo, quello di giustizia e verità, partendo senza alcun pregiudizio, ma tenendo la schiena dritta su quelli che sono stati gli atteggiamenti dello Stato e le collaborazioni vaticane di quel tempo. Non interpretare questa Commissione con questo atteggiamento vorrebbe dire negare per la seconda volta, voltare le spalle per la seconda volta alla memoria di queste due ragazze e alla tenacia delle loro famiglie.
Sono 40 anni - 40 anni - che il nostro Paese si interroga su cosa è accaduto in queste vicende, sono anni che gli italiani si vedono negato il loro diritto di sapere come e se, in particolare nel caso di Emanuela, esistano legami con la P2, lo IOR, la banda della Magliana, Marcinkus, Licio Gelli, Roberto Calvi, Michele Sindona e tutti quegli “eccetera, eccetera, eccetera”, che, ovviamente, vedremo in Commissione.
Presidente, queste sparizioni sono state messe in relazione con tanti, troppi mali del nostro Paese. Un buco nero che, se mi consente, non ha inghiottito solo Emanuela e Mirella, ma si è portato dentro anche la fiducia degli italiani nelle proprie istituzioni. Quindi, restituire la verità alle famiglie vuol dire ridare una dignità a questo Paese, perché 40 anni di dolore e nessun colpevole è una cosa che non si può accettare, così è davvero brutto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Oggi, questo Parlamento ha un compito importante ed è quello di dimostrarsi immerso nella società che ha l'onore di rappresentare e di essere, come dovrebbe, megafono dell'esigenza di risposte che viene da fuori queste Aule.
Lei lo sa benissimo, Presidente, come lo sa benissimo questo Parlamento: la democrazia non è un gioco, ma è un processo maturo, che richiede cura, dedizione, partecipazione, ma, soprattutto, non prevede zone d'ombra per interessi, calcoli e paure. Chi è riuscito a nascondere la verità su Emanuela e Mirella lo ha fatto poggiando l'idea sulla convinzione che questo Paese fosse debole e che a questo Paese si potessero imporre omertà e silenzio; e, purtroppo, la storia del nostro Paese ci dice che, talvolta, questo è successo.
In questi anni, in molti hanno cercato di descrivere le storie di Emanuela e di Mirella come delle storie del passato, da archiviare. Questo è sbagliato, perché Mirella e Emanuela non sono storie, sono figlie, sono sorelle, sono ragazze, sono cittadine (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E permettere che quanto è successo a loro rimanga impunito vuol dire dare un messaggio tremendo a tutte quelle persone che si svegliano la mattina per rendere giustizia a questo Paese. Significa ammettere che lo Stato è disposto a non proteggere le persone che realmente meritano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E questo, in una società, per come la disegniamo noi, per come la vogliamo noi, non è assolutamente un messaggio che può passare.
Sono arrivato ad occuparmi di questa vicenda tramite il consiglio di una persona per me importante, che voglio ringraziare, e non vi nascondo che ho legato parte del mio percorso politico a questo risultato. E a guidare la mia convinzione è stato anche vedere la forza e la tenacia delle famiglie di Emanuela e Mirella (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Oggi, queste famiglie sono presenti in Aula ed è forse il momento in cui vorrei che questo Parlamento rivolgesse delle scuse per il tanto, troppo tempo che c'è voluto per arrivare fino a qui, oggi, ma anche un grande abbraccio per il dolore senza risposta che hanno avuto e un forte ringraziamento per la fiducia che continuano, ostinatamente, a riporre nelle istituzioni e che oggi più che mai il Parlamento e questa Commissione hanno il dovere di ripagare (Applausi del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Quindi, non posso girarmi e rivolgervi a voi, perché non vi vedo da qui, però, grazie, a nome non solo di tutto il gruppo parlamentare, ma della comunità del MoVimento 5 Stelle, per l'esempio che avete dato, perché finalmente ci stiamo mettendo sulla strada della verità e della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e le studentesse dell'Istituto comprensivo Madonna della Camera, di Monteparano, in provincia di Taranto, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Simonetta Matone. Ne ha facoltà.
SIMONETTA MATONE (LEGA). Presidente, saluto la famiglia di Emanuela Orlandi e se c'è, oppure se ci ascolta, anche quella di Mirella Gregori. La famiglia Orlandi c'era anche l'altra volta e forse sarà costretta a risentire le cose che ho già detto, ma le dirò ancora una volta, convintamente.
Va fatta una precisazione: le Commissioni d'inchiesta non possono e non devono sovrapporsi al lavoro svolto dall'autorità giudiziaria, e questo è vero, ma è altrettanto vero che noi deputati siamo qui per rappresentare chi ci ha eletto e chi ci ha eletto ha il diritto di sapere o, almeno, di cercare di sapere perché la scomparsa di due persone - poiché ancora la chiamiamo “scomparsa” - sia rimasta un crimine senza responsabili.
Io, però, non voglio attaccare alcuno, e perché dico questo? Perché non trovo corretto utilizzare l'istituzione di una Commissione d'inchiesta per fare una battaglia politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Il compito delle Commissioni d'inchiesta è diverso; non si devono sovrapporre all'autorità giudiziaria, ma devono cercare di arrivare alla scoperta della verità. Ora, al netto dei procedimenti archiviati dall'autorità giudiziaria italiana e poi riaperti, al netto dei procedimenti aperti ora dalla Santa Sede, al netto di inchieste giornalistiche, alcune fatte bene, altre meramente scandalistiche, al netto di serie televisive, docufilm, libri e articoli, l'unico dato certo è che le famiglie di Emanuela e di Mirella non hanno risposte da dare alla domanda: come e perché queste due ragazze sono scomparse, per quanto tempo sono rimaste in vita e, se non sono più in vita, dove sono i loro corpi. Sono interrogativi drammatici, enormi e ai quali noi abbiamo il dovere - prima che politico, morale - di dare una risposta o, perlomeno, di fare tutto il possibile per cercare di dare questa risposta.
Ora, le indagini sono fatte di indizi, di prove e di riscontri e noi questi indirizzi, queste prove e questi riscontri li dovremo leggere, però, lo ribadisco, con animo sereno, scevro da preconcetti, scevro da verità rivelate e già dichiarate in quest'Aula, come ho sentito nella discussione generale, cosa che io trovo addirittura inaudita, perché la Commissione d'inchiesta serve ad arrivare alla scoperta di una serie di elementi - io non posso venire qui e dire: è stato Tizio, è stato Caio, è successo questo o è successo quest'altro, da me non lo ascolterete -, con un obiettivo primario che è quello di individuare i fatti già emersi, cristallizzati nei verbali giudiziari, acquisendo elementi probatori solidi e che servono da base per le deduzioni successive. Ciò per arrivare a capire - questo lo dice proprio l'atto istitutivo della Commissione - se ci siano state condotte commissive od omissive che possono essere state di ostacolo all'accertamento giudiziario della verità, anche promuovendo, questo è importantissimo, azioni presso Stati esteri, perché qui ci sono coinvolgimenti possibili di Stati esteri, finalizzate ad ottenere elementi o altri elementi di prova utili per l'accertamento dei fatti; questo è quanto dice il testo base della proposta della Commissione. E se ci sono stati ostacoli all'accertamento della verità, dobbiamo capire da dove questi ostacoli sono pervenuti e a che cosa, soprattutto, questi ostacoli sono serviti. È un lavoro ambizioso, è un lavoro difficile, ma è una sfida che tutti noi, unitamente, in questo Parlamento, ci sentiamo di accettare. Vi sono fatti certi, dai quali si può partire per un lavoro serio della Commissione, sulla scena, però, noi dovremo tenere conto anche di ipotesi e ricostruzioni che meritano attenzione, al di là dell'aspetto apparentemente scandalistico e utilizzato per altri fini.
La natura del crimine è il punto primo dal quale partire. Emanuela cadde in una trappola organizzata, che si trasformò, in poche ore, in un sequestro di persona; la circostanza sempre sottovalutata che ci sono state altre due ragazze che erano state attenzionate e seguite e che poi vennero scartate; il processo ad Ali Agca, che ha lanciato continui messaggi, solo apparentemente deliranti; la scelta strana di Giovanni Paolo II, che fece appello al senso di umanità e di responsabilità dei rapitori, soltanto 15 giorni dopo la scomparsa della ragazza, fatto strano perché un Papa non si esprime in termini così netti nell'immediatezza del fatto; il numero riservato dato ai rapitori per poter parlare con il Segretario di Stato, all'epoca Agostino Casaroli, non è semplice avere un numero diretto per poter parlare col Segretario di Stato; l'ultima telefonata di Emanuela, in cui dà una serie di coordinate di quello che le stava accadendo, perché sarebbe stata reclutata per reclamizzare dei prodotti durante una sfilata di moda; la tesi del doppio ricatto, e cioè Emanuela Orlandi per il Vaticano e Mirella Gregori per lo Stato italiano, ricatto rivolto all'allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, titolare del potere di grazia e, qui ritorniamo, ad Ali Agca; il tema, centrale, in questa vicenda, della mala gestio dei fondi vaticani, parte dei quali, questo è un dato storicamente accertato, utilizzata per sostenere Solidarność, Solidarność ha avuto un ruolo centrale nel crollo del sistema posto sotto Mosca e, anche su questo fatto, noi dovremo acquisire elementi. Ancora, le pressioni esercitate per estromettere l'arcivescovo americano Paul Marcinkus, ora scomparso; la vicenda dello IOR e del Banco Ambrosiano; i messaggi rivolti alla famiglia, gestiti, prima, da un unico soggetto e, poi, passati al Fronte Turkesh - sto elencando cose che sono, diciamo così, sul piatto, ma lo sono da un punto di vista giornalistico e di patrimonio comune -; la scomparsa di Mirella Gregori, che si lega a quella di Emanuela, perché la firma di chi ha lasciato il volantino dentro il furgone Rai ritrovato, sottoposta a perizia grafica è la stessa della lettera inviata alla famiglia Gregori; la sepoltura, di cui tutti parliamo, del corpo di De Pedis all'interno di una delle più importanti basiliche romane; la riesumazione, dopo le polemiche, del corpo di De Pedis, l'incenerimento del corpo stesso e la posizione delle ceneri, che non mi ricordo se stanno ancora nella basilica o sono state portate fuori.
La cosa più interessante, secondo me, è l'ipotesi investigativa del procuratore aggiunto Capaldo, che si occupò del caso dal 2008 al 2012, secondo la quale la malavita romana gestì la prima parte del sequestro e, poi, subentrarono altri elementi. Però, cosa accadde? Che questa indagine fu avocata dall'allora procuratore capo e archiviata. Sono interrogativi sui quali noi dovremo lavorare. Tra essi, lo strano ruolo di chi riconsegnò, dopo anni, il flauto di Emanuela ai familiari. Per tutta questa serie di considerazioni ritengo che dovremo fare un lavoro accurato, scevro da pregiudizi. La Commissione d'inchiesta non è un randello da usare sperando di uscire dal cuneo politico in cui, purtroppo, si è finiti, per scelta degli elettori, ma è uno strumento serio per dare una risposta che la politica deve dare alle famiglie Orlandi e Gregori che la chiedono da quarant'anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il deputato Morassut. Ne ha facoltà.
ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. È probabile che molti colleghi in quest'Aula abbiano solo un vago ricordo diretto dei fatti che sono l'oggetto di questa Commissione d'inchiesta. Probabilmente, molti non lo ricordano nemmeno perché sono nati dopo il 1983, quando, nel mese di maggio e giugno, Emanuela e Mirella scomparvero. Io avevo vent'anni e me la ricordo bene quella mattina alla fine di giugno, all'inizio dell'estate, era il primo giorno di estate. Stavo andando verso la fermata della metropolitana nel mio quartiere di Cinecittà, per andare all'università, e vidi, lungo le mura dei palazzi, un manifesto blu con una fotografia, quella di Emanuela Orlandi, che era una ragazzina poco più piccola di me. Il termine è giusto, perché eravamo poco più che bambini. Sotto, la grande scritta: “È scomparsa”. Lo stesso manifesto, riguardante Mirella Gregori, girò negli stessi giorni per Roma. Solo dopo tanti anni seppi, dalla ricostruzione di quelle ore drammatiche, che, nella notte, il fratello della ragazza - il signor Pietro Orlandi che è qui, con gli altri familiari e i suoi legali, che saluto - insieme a suo cugino avevano affisso, loro stessi, in tutta Roma quel manifesto.
Nel 1983 erano trascorsi solo 14 anni dal primo caso di rapimento di un minore mai avvenuto in Italia: parliamo di Ermanno Lavorini che era scomparso sulla spiaggia di Viareggio all'inizio del 1969 e poi era stato trovato morto e sepolto sulla stessa spiaggia, due mesi dopo. Anch'esso un caso torbido, poi in qualche modo risolto, che però avviò la triste serie dei rapimenti di minori, a fini di estorsione, per ragioni sessuali e persino per motivi politici, che hanno costellato gli anni Settanta.
Ebbene, dal caso Lavorini a quello di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori erano passati 14 anni, quasi un terzo di quelli che sono trascorsi dal 1983 a oggi. Eppure, nel 1983 molti si erano già dimenticati di Ermanno Lavorini, mentre la vicenda di Emanuela e di Mirella ancora oggi ha una forte presenza nella coscienza popolare. Il tempo ha una sua intima relatività, si dilata e si comprime a seconda delle circostanze e di quello che determinati fatti si portano dentro. Per lo stesso motivo, la stampa e i media non hanno mai smesso di occuparsi di questa vicenda, di rilanciarla, di scavare, a volte con sagacia, a volte strumentalmente, ma l'hanno tenuta viva - e il termine ha anche una speranza, se vogliamo - fino a farla diventare un cold case, il noir per eccellenza, il capolavoro dei gialli, con tutti i contorni più intriganti di questo genere letterario. Per converso, da parte delle istituzioni, cioè delle massime espressioni dello Stato italiano e di altri Stati, bisogna dirlo, sembra quasi che si sia fatto del tutto per favorire un lento oblio, per far sì che questa vicenda, della quale non si è mai riusciti a venire a capo in modo chiaro, diventasse come quei relitti che, dentro i boschi di betulla delle grandi pianure europee, vengono a poco a poco mangiati dalla natura, dalle foglie e dalla terra, fino a scomparire per sempre.
La magistratura, invero, ha cercato di andare in fondo, ha indagato, ha seguito piste ma si è sempre poi trovata davanti, alla fine, un granitico muro invalicabile nel momento in cui il suo compito doveva necessariamente completarsi con la collaborazione di altre entità come quella del Vaticano che, purtroppo - è accertato, questa non è un'anticipazione degli esiti della Commissione - in questi lunghi anni non ha mai aiutato.
Emanuela Orlandi appartiene ad una famiglia che viveva in Vaticano, tutti cittadini del Vaticano, e lei stessa è ancora oggi, a tutti gli effetti, una cittadina vaticana, non essendosi potuta accertarne la morte.
Mirella non era una cittadina vaticana ma italiana e, tuttavia, la sua scomparsa - da tante testimonianze è stato ricordato, testimonianze attendibili - è sempre stata collegata a relazioni e personaggi riconducibili alla stessa zona grigia.
Il caso delle due ragazze è stato tenuto vivo dalla forza di volontà delle famiglie e dei loro legali e dalla sensibilità popolare che, spesso, si orienta “a naso” nei suoi giudizi, con quel buon senso immortale che è molto diverso dal pregiudizio ma che si basa sul sentimento, in questo caso, di milioni di genitori, di fratelli, di sorelle che si sono identificati, nel tempo, e si sono chiesti: “Se fosse accaduto a noi?”. Essi sono liberi nel collegare i fatti, le circostanze e le situazioni e, alla fine, come diceva Pasolini, dicono dentro di loro: “Io so”. Pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela, quando ancora non si sapeva e non si poteva sapere nulla di cosa era successo, Papa Wojtyla, dal balcone del suo appartamento, durante un Angelus, rivolse un appello ai rapitori di Emanuela affinché la restituissero all'affetto dei suoi cari. Questa circostanza fu un terremoto perché fece capire che oltretevere vi era una conoscenza dei fatti, magari parziale ma chiara. Più di recente, Papa Francesco ha avuto modo di dire a Pietro Orlandi, a tu per tu, che Emanuela sta in cielo, confermando la tesi che, dietro quella porta di granito, vi sia la strada per giungere alla verità. Non vado oltre, perché ogni riferimento sarebbe arbitrario e improprio, ma questi due episodi si può ben dire che sono, al momento, l'alfa e l'omega di una storia che va ricostruita, scritta con una nuova precisione, con rigore e contando su una maggiore dose di coraggio e di amore della verità di chi, a partire da Papa Francesco, ha dimostrato in questi anni di lottare all'interno della Chiesa proprio per questo. Senza voler preordinare delle tesi, si può dire che la scomparsa delle due ragazze appartiene al ricco bouquet di fiori neri della Repubblica, a quei misteri della Repubblica che ne hanno condizionato il cammino, contribuendo non poco anche ad alimentare quella sfiducia diffusa nelle istituzioni, quella perdita di appartenenza che un popolo deve sentire sempre nei confronti delle espressioni politiche e statuali della Patria, qualunque esse siano.
Uno degli ultimi atti del Governo precedente, guidato dal professor Draghi, è stato quello di desecretare migliaia e migliaia di pagine e di documenti relativi, soprattutto, alle stragi che hanno costellato la vita del Paese ed il nuovo Governo ha annunciato l'intenzione di proseguire questo lavoro. Se davvero si vogliono costruire le condizioni di un patto nuovo tra le forze della Repubblica, una delle cose fondamentali riguarda la rilettura storica e politica indipendente delle vicende misteriose che hanno accompagnato e condizionato il nostro corso storico. Parliamo di fatti che chiaramente risultano espressione dell'altra metà della Repubblica. Emanuela e Mirella non sono scomparse così, a caso, per loro volontà, per motivazioni sporadiche. Non si può dire - ma si può dire - che sono state rapite. Come, da chi, quando, perché? Perché su di loro vi è stato un muro di granito? È vero o no che l'intreccio tra organizzazioni criminali e i livelli alti dello Stato, non solo italiano, che è stato accertato in altre circostanze come un profondo male, del quale non ci siamo mai liberati, ha operato anche in questa vicenda? Non si può continuare a trattare questa storia - e, forse, tante altre, sconosciute e persino non denunciate - come un giallo.
La verità serve a tutti e uno Stato che, come tale, ha radici secolari o addirittura millenarie, non può averne paura, pena mostrare una debolezza così forte da tradursi in un grave rischio per tutti.
Nessuno di noi, infatti, credente o meno che sia, può solo lontanamente immaginare di vivere in un mondo in cui la missione spirituale della Chiesa o quella laica di uno Stato - laico, democratico - siano offuscate o abbiano paura di cadere di fronte a verità anche dolorose. L'umanità vive di credenze civili o religiose, senza le quali tutto sarebbe trasformato in un deserto, con corpi, ma senza anime. Sono queste le motivazioni che ci hanno spinto a costituire questa Commissione.
Concludo, Presidente. Voglio ringraziare anche i Presidenti di Camera e Senato, per aver accolto, pochi mesi fa, la richiesta di incontrare le famiglie e di aver dato seguito, con solerzia, all'obiettivo di arrivare presto alla conclusione.
Uno dei momenti più intensi - concludo davvero - della rappresentazione della morte di Gesù nei Vangeli è il racconto della sua deposizione dalla croce, della sepoltura e della resurrezione: questa sequenza è la base indistruttibile del mistero della fede che ci dice che senza sepoltura non c'è resurrezione e che fa confluire nei Vangeli questa antica tradizione mediterranea di ogni civiltà, e cioè il diritto a riconoscere e a seppellire i propri cari, nella speranza che, da quel luogo, essi possano risorgere. Forse Emanuela, Mirella e le tante ragazze e ragazzi scomparsi, mai ritrovati e mai denunciati, che sono entrati, a un certo punto, nello stesso cono d'ombra, sono ancora vivi. Noi lo speriamo tutti, ma, in ogni caso, loro e i loro cari meritano un degno riposo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Saluto studenti e studentesse dell'Istituto Sacro Cuore-Trinità dei Monti, di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Augusta Montaruli. Ne ha facoltà.
AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. Sarà mio onere intervenire a conclusione di questo articolato dibattito che si è svolto oggi durante le dichiarazioni di voto, ma che ha avuto già una fase di approfondimento in discussione generale. Non sto a ripetere le parole, condivisibili, dei discorsi di tutte le forze politiche presenti in quest'Aula. Per questo stesso motivo, non starò neanche a indicare i vari elementi di una vicenda che certamente ha già avuto la propria rilevanza, sia in quest'Aula che fuori, e che sarà necessario approfondire nell'ambito della Commissione parlamentare di inchiesta. Mi limito, però, a fare un'osservazione: io non credo - così come non lo credevo ieri, in occasione dell'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta legata alla vicenda di David Rossi - che questa sia la sede per disquisire rispetto all'uso più o meno appropriato delle Commissioni. Esiste un Regolamento della Camera che, agli articoli 141 e 142 disciplina le Commissioni di inchiesta e, se c'è una riflessione da fare in merito all'uso che fanno, anche per prassi, la Camera dei deputati o il Senato della Repubblica, delle Commissioni di inchiesta, la sede è un'altra, ossia quella relativa al Regolamento e alla sua applicazione. Qui, invece, rileva sottolineare come noi, nella nostra funzione, oggi facciamo una scelta politica - termine che non ha usato nessuno -, di cui ci assumiamo la responsabilità, con lo scopo di approfondire proprio e in particolare questa vicenda che, da 40 anni, attendeva questo momento. È tanto più una scelta politica perché, ovviamente, di casi che necessiterebbero un approfondimento - anche per un coinvolgimento emotivo e umorale - e di una risposta alle famiglie, in Italia ne abbiamo visti probabilmente tanti. Ma cos'è che fa la differenza tra un caso e un altro, in relazione all'opportunità di istituire una Commissione di inchiesta? Cos'è che ci spinge, in questo momento, a assumerci la responsabilità di assorbire, nella nostra funzione, le stesse funzioni e gli stessi limiti dell'autorità giudiziaria, per approfondire proprio questa vicenda? Ciò che ci spinge è il fatto che esiste un interesse pubblico, che va al di là dell'interesse delle famiglie di avere giustizia e verità e che coinvolge i poteri dello Stato e la modalità con cui lo Stato regola e applica questi poteri, che eventualmente può suggerire a noi parlamentari di fare in modo di andare a toccare le maglie con cui questo potere, in particolare il potere legislativo, si muove per impedire che in futuro, oltre che, ovviamente, nel nostro tempo, ci possano essere ulteriori vicende in relazione alle quali ci sia il presentimento che lo Stato non abbia fatto abbastanza, non abbia fatto la sua parte (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
Questo è il motivo per cui oggi riteniamo che questa Commissione di inchiesta sia assolutamente necessaria e che addirittura - mi permetto di dirlo, condividendo le parole di chi mi ha preceduto - arrivi in estremo ritardo. Con questa consapevolezza quindi - perché è necessario esserne consapevoli - ci uniamo ai saluti rispetto alla famiglia, che vedo in tribuna, ma voglio anche lanciare il messaggio che qui non si tratta del rapporto di una singola famiglia con una vicenda che la riguarda nel suo intimo; quella vicenda non riguarda solo quella famiglia e la sua sofferenza, ma le modalità con cui il nostro Stato e i poteri dello Stato hanno agito e possono eventualmente agire per fare in modo che vicende simili a quelle che hanno coinvolto Emanuela Orlandi e Mirella Gregori non si vadano a ripetere, oltre che ovviamente per fare luce e verità, verità con la V maiuscola. Quindi, di questa scelta politica oggi noi ci prendiamo l'assoluta responsabilità, sapendo che 40 anni sono un tempo troppo lungo per restituire giustizia e che questa vicenda coinvolge, non soltanto una famiglia, ma tutti gli italiani e l'Italia intera. Ricostruire, audire, vagliare i vari documenti ed eventualmente acquisirne di nuovi: questo sarà il compito dei vari commissari, perseguendo l'interesse pubblico.
Una cosa mi preme dire: in fase di vaglio, c'è stato, a un certo punto, il timore che vi potessero essere ritardi: oggi c'è un'ampia convergenza, se non un'unanimità - lo vedremo poi, con il voto - rispetto alla necessità di questa Commissione e il vaglio di questa Commissione sta rispettando i tempi che ci eravamo prefissati.
Quindi, l'auspicio, oggi, non è soltanto quello di fare un lavoro utile e approfondito, ma anche di dare, per quanto possibile, tempi certi - non scadenze, ma tempi certi -, affinché finalmente una vicenda che coinvolge tutti noi possa avere l'attenzione che merita, anche nel rispetto delle nostre funzioni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Coordinamento formale - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
(Così rimane stabilito).
Colleghi, prima di indire la votazione finale, saluto anch'io - come hanno fatto molti di voi, in dichiarazione di voto - i familiari di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, che hanno assistito ai nostri lavori dalle tribune (Applausi - l'Assemblea e i membri del Governo si levano in piedi).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 665-A e abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 665-A: "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori".
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 7) (Applausi).
Dichiaro così assorbite le proposte di legge nn. 879-880.
Saluto studenti, studentesse e docenti dell'Istituto comprensivo di Concesio, in provincia di Brescia, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare: Battilocchio ed altri; Zaratti; De Maria e Morassut; Alfonso Colucci ed altri; Lupi e Alessandro Colucci; De Corato ed altri; Rampelli ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie (Doc. XXII, nn. 11-14-16-19-20-21-22-A).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare Doc. XXII, nn. 11-14-16-19-20-21-22-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie.
Ricordo che nella seduta del 20 marzo si è conclusa la discussione generale e il deputato Riccardo De Corato, vicepresidente della Commissione, in sostituzione del relatore, e il rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.
(Esame degli articoli - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare e delle proposte emendative presentate (Vedi l'allegato A).
La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.
(Esame dell'articolo 1 - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).
Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.
NAZARIO PAGANO , Relatore. Sull'emendamento 1.101 Simiani il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “Al comma 2, dopo la lettera f), aggiungere le seguenti: f-bis) analizzare anche la situazione degli affitti brevi di abitazioni ad uso residenziale, tenuto conto della loro diffusione nelle città; f-ter) acquisire le esperienze delle città italiane ed europee nelle quali si è provveduto a regolamentare la trasformazione del patrimonio residenziale in alloggi turistici al fine di salvaguardarne l'assetto urbanistico, nonché le proposte di disciplina in discussione presso le competenti sedi europee e le misure incentivanti per i proprietari che affittano le proprie abitazioni a lungo termine”.
Sull'emendamento 1.100 Laus, c'è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
Sull'emendamento 1.102 Simiani, il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Il Governo?
NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Parere conforme al relatore.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 1.101 Simiani: si accetta la riformulazione proposta. Se non vi sono interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.101 Simiani, nel testo riformulato, con il parere favorevole di Commissione e Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 8).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 Laus, con il parere contrario di Commissione e Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).
Passiamo all'emendamento 1.102 Simiani.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI (PD-IDP). Chiedo scusa, Presidente. Poiché sono costretto ad astenermi, volevo segnalare che sarebbe stato molto più saggio dar vita ad una indagine conoscitiva, nell'ambito della Commissione dedicata, sul degrado delle aree urbane, piuttosto che dar vita ad una Commissione di questo tipo. È totalmente fuori campo. Mi permetto di segnalare che continuerò ad astenermi e vi sto guardando.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.102 Simiani, con il parere favorevole di Commissione e Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 10).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 11).
(Esame dell'articolo 2 - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se non ci sono interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 12).
(Esame dell'articolo 3 - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se non ci sono interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 13).
(Esame dell'articolo 4 - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se non ci sono interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 14).
(Esame dell'articolo 5 - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se non ci sono interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 15).
(Esame dell'articolo 6 - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Se non ci sono interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 16).
(Dichiarazioni di voto finale - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di intervenire per dichiarazione di voto il deputato Pino Bicchielli. Ne ha facoltà. Colleghi, se dovete uscire, fatelo in silenzio così consentiamo al collega di svolgere la sua dichiarazione di voto. Prego, onorevole.
PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la proposta di istituzione della Commissione di inchiesta parlamentare che ci accingiamo a votare riguarda una delle grandi fratture territoriali e sociali del nostro tempo. Se, infatti, siamo abituati storicamente a sentir parlare del divario tra Nord e Sud, non meno rilevanti sono i gap che, con sempre maggiore intensità, si evidenziano fra la costa e le aree interne.
PRESIDENTE. Collega Bicchielli, mi perdoni, ma non riesco a sentire la sua voce. Colleghi, per cortesia! Io non riesco a sentire il collega Bicchielli. Quindi, per favore: se dovete uscire, fatelo in silenzio, altrimenti restate in silenzio, comunque. Prego collega, continui.
PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Non meno rilevanti sono i gap che, con sempre maggiore intensità, si evidenziano fra la costa e le aree interne, fra i borghi e i grandi agglomerati urbani e, nell'ambito di quest'ultimi, fra il centro e le periferie delle nostre città. Sono luoghi, le periferie, nei quali coesistono comunità vive e deserti di alienazione, tesori di autenticità e sacche di disagio, tradizioni e identità, con i residui di un collettivismo ancora scolpito in certi edifici tristemente iconici. Poiché, come noi meridionali sappiamo bene, la ricerca di soluzioni adeguate, a fronte di fenomeni di disagio o di arretratezza, non può non passare da una correlazione fra i parametri sociali e socioeconomici e quelli territoriali. Dotarsi, a livello istituzionale, di uno strumento di indagine e ricognizione può essere di forte impulso alla elaborazione di ricette in grado davvero di segnare una svolta.
Quando si parla di periferie, ci si riferisce, spesso, a fragilità ataviche, come la distanza dai servizi di base e l'eccentricità rispetto ai flussi di persone che arrivano dall'esterno per ragioni lavorative o turistiche, quel senso di marginalità che, troppo spesso, la disattenzione e la trascuratezza hanno finito con l'alimentare.
Dovremmo però, signor Presidente, iniziare a considerare queste aree densamente urbanizzate delle nostre città come i territori che, messi insieme, secondo le ultime stime, accolgono l'83 per cento degli abitanti delle città metropolitane. Si tratta di ben 15 milioni di abitanti, in gran parte soggetti a una sorta di divario di cittadinanza. Proprio così, signor Presidente. Non intendiamo certo generalizzare, tuttavia non si può far finta di non vedere i problemi che affliggono questi contesti metropolitani, anche perché ignorarli significherebbe rinunciare ad affrontarli. Invece, intendiamo affrontarli, aggredirli e risolverli.
Per affrontarli con consapevolezza e per individuare interventi efficaci e funzionali, è quanto mai necessario disporre di un patrimonio di conoscenza ampio e approfondito. Ricordiamo che una Commissione parlamentare analoga a quella che, oggi, stiamo per approvare fu istituita già nella XVII legislatura. Già allora era chiaro, infatti, che le periferie erano segnate sempre più da contesti di degrado, dall'assenza di servizi o assistenza, da luoghi di aggregazione e dal controllo del territorio. Si tratta di una miscela esplosiva che, non di rado, diventa brodo di coltura della criminalità e determina, giorno dopo giorno, il peggioramento delle condizioni di vita della popolazione. La Commissione è un supporto essenziale, tanto per fotografare le dinamiche demografiche, quanto per individuare le aree segnate da maggior disagio. Quindi, questo è uno degli obiettivi della nostra Commissione.
Dalle ricognizioni compiute nel recente passato, non ultime quelle di cui si è avvalsa la Commissione precedente, sappiamo, ad esempio, che il 33,8 per cento dei residenti nei capoluoghi metropolitani vive in quartieri in cui c'è una significativa presenza di famiglie con potenziale alto disagio economico. Ancora più significativo è l'indicatore della cosiddetta vulnerabilità sociale e materiale, costruito attraverso la sintesi di 7 indicatori che tengono conto dell'esposizione di alcune fasce della popolazione a particolari incertezze socioeconomiche. L'analisi di questi dati ci dice che, fra le categorie a più alto rischio di esclusione sociale, ci sono gli anziani.
L'approccio prospettico, quello, cioè, finalizzato a comprendere meglio dove va la periferia italiana e, dunque, a capire in quale direzione bisogna intervenire, suggerisce, invece, di guardare soprattutto alla condizione di vita dei giovani. Infatti, signor Presidente, è dal tasso di abbandono scolastico e di non conseguimento della scuola dell'obbligo che si può, ad esempio, desumere compiutamente il livello culturale ed economico dei contesti familiari, mentre i dati sulla disoccupazione possono consentirci di individuare meglio le aree a più alta densità di disagio.
Onorevoli colleghi, signor Presidente, questi ragazzi vanno sottratti alla morsa del crimine, all'influenza di quelle organizzazioni che, ad esempio, sfruttano il disagio che alberga in quei mostri collettivisti disegnati poco dopo la metà del secolo scorso. In quei luoghi, la popolazione è tanta, ma non esistono servizi, attività commerciali, economiche e produttive, i trasporti, le scuole e gli ospedali sono un'alea ed è difficile vivere e quasi impossibile trovare lavoro. Di conseguenza, la disoccupazione giovanile raggiunge picchi da capogiro.
La ricognizione che con questa Commissione potremo effettuare, con la profondità degli strumenti di cui l'abbiamo dotata, sarà preziosa anche in questa direzione, perché potrà fornirci gli elementi conoscitivi per decidere come intervenire e, soprattutto, da dove cominciare, anche per strappare i nostri ragazzi a quell'assenza di prospettive che apre la strada, come abbiamo detto prima, al reclutamento criminale.
Va considerato, poi, in chiave di sistema, che le periferie, strette fra i centri urbani e le province, rappresentano spesso anche la porta d'ingresso alle città per i turisti; un'altra ragione - non la sola e nemmeno la prima - importante, comunque, per prendercene cura.
I problemi fin qui enucleati sicuramente non sono nuovi, tuttavia la crisi pandemica, che ha tanto pesato sulla socialità e su quell'economia sommersa, di cui talune aree periferiche si alimentano, li ha aggravati e, per certi versi, non ne ha neanche cambiato i connotati.
Serve, dunque, una mappatura aggiornata della situazione, una ricognizione precisa e consapevole che potrà sostenere il Governo e la maggioranza in una revisione radicale delle politiche urbane, al fine di combattere i fenomeni di degrado, di marginalità, di disagio sociale e di insicurezza, nonché per superare il divario in termini di servizi/assistenza, per aumentare il tasso di inclusione sociale e di sicurezza e anche - mi sia consentito dirlo - di lavorare per ripristinare le condizioni abitative primarie e un'effettiva tutela della salute, eliminando, ad esempio, le discariche abusive, contrastando lo smaltimento illegale dei rifiuti e i roghi di materiali tossici, di cui le nostre periferie sono piene.
Infine, vorrei, citarla per ultima, ma credo che sia molto importante, non dobbiamo dimenticare la candidatura di Roma per ospitare il prossimo Expo 2030. Il progetto prevede proprio la definizione di un nuovo modello di metropoli, un progetto fondato sulla rigenerazione, sulle politiche ambientali, sulla governance territoriale e sull'urbanistica, fondato su un progetto che parla di inclusione, insediamento, reti sociali e culturali, innovazione, smart city, gestione dei rifiuti ed energia pulita.
Questa, secondo Noi Moderati, è una grande opportunità per il nostro Paese, anche in termini occupazionali e, quindi, è una ragione in più per annunciare il voto favorevole del gruppo di Noi Moderati (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filiberto Zaratti. Ne ha facoltà.
FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signora Presidente. Colleghe e colleghi, non so se questo sia lo strumento migliore per affrontare il problema delle periferie, se una Commissione di inchiesta o, più appropriatamente, una Commissione di indagine. Di una cosa, però, sono assolutamente certo: delle nostre periferie dobbiamo parlare. Sulle nostre periferie dobbiamo costruire un apposito momento di riflessione e di proposta politica, perché il problema delle periferie riguarda la bellezza di circa 15 milioni di cittadine e di cittadini italiani, riguarda quartieri delle nostre città, delle nostre grandi città, che ormai sono diventati sinonimo di degrado, come lo ZEN a Palermo, Scampia a Napoli, Corviale a Roma, le Dighe a Genova, quartieri simbolo di quelle periferie nelle quali, da Nord a Sud, oggi vive e lavora la gran parte degli abitanti del nostro Paese.
Come si fa a non pensare che serve un supplemento di indagine? Occorre comprendere quello che sta accadendo e, più che il Governo, lo Stato - quindi, non solo il Governo, ma lo Stato - deve mettere in campo proposte per cercare di affrontare un problema così grande. Infatti, in queste periferie si concentrano fenomeni di illegalità, a partire dall'insediamento dei clan della criminalità organizzata, discariche e roghi di materiali tossici, fino allo smaltimento illegale dei rifiuti.
In queste periferie abbiamo decine di migliaia, centinaia di migliaia di giovani donne e uomini che non hanno futuro. In questi quartieri l'unico datore di lavoro è la criminalità organizzata. Lo dobbiamo sapere che, lasciando le nostre città e le nostre periferie al degrado, destiniamo queste giovani e questi giovani ad una vita non soltanto di stenti, ma gestita dalla criminalità organizzata. È lì che la mafia e che la camorra trovano il loro ossigeno, la loro manodopera, il loro consenso. Allora, se non mettiamo in campo proposte vere, concrete, per fare in modo che ci siano un governo delle periferie, un risanamento, un recupero delle periferie, dal punto di vista scolastico, culturale, sociale e occupazionale, se non facciamo questo, il nostro futuro non sarà certamente positivo.
Durante la scorsa campagna elettorale, insieme ad altre amiche e amici, sono andato per ben due volte a fare iniziative a Tor Bella Monaca, troppo spesso trascurata e dimenticata, almeno da parte della sinistra della nostra città. In mezzo a tante contestazioni rispetto alla politica in senso lato, anche in quel quartiere nascono dei fiori, con persone che si mobilitano, che si auto-organizzano per recuperare il giardino davanti al proprio palazzo, per sottrarre quell'unico palazzo al dominio della criminalità e degli spacciatori di droga. Vogliamo aiutare queste persone? Vogliamo dare loro una mano, noi come istituzioni, in questa battaglia quotidiana che fanno? Esistono persone che vivono sotto scorta, perché si sono impegnate contro la criminalità organizzata e contro gli spacciatori di droga per recuperare anche spazi sociali che, altrimenti, sarebbero abbandonati.
Questa è la grande sfida che noi abbiamo per i prossimi anni: le nostre periferie, il fatto di trasformare quei luoghi abbandonati in luoghi che effettivamente possano tornare ad essere accoglienti per gli uomini, le donne e le persone che vivono in quei luoghi, dove si possa tornare a passeggiare, avere servizi, avere la possibilità di vedere un film, comprare un gelato in una gelateria, senza correre il rischio di essere investiti da macchine che vanno ad un'eccessiva velocità oppure essere coinvolti in una rissa o in un conflitto a fuoco. Le persone hanno diritto a vivere in una casa dignitosa.
Noi abbiamo tantissime persone che cercano una casa, un alloggio. Centinaia di migliaia di richieste vengono fatte per le case popolari, perché le persone non ce la fanno a sostenere i prezzi di mercato. Ma, d'altro canto, anche le persone che lavorano - e ce ne sono troppe che ancora non hanno un'occupazione certa, specialmente le giovani e i giovani -, anche coloro che hanno un'occupazione fissa non avranno mai la possibilità di acquistare un alloggio o di pagare un affitto. Abbiamo bisogno di alloggi popolari e di investimenti nelle nostre città.
Quindi, serve un grande progetto nazionale che si ispiri ai principi dell'Agenda urbana europea, sottoscritti anche dall'Italia con il Patto di Amsterdam il 30 maggio del 2016, tra i quali la tutela della qualità della vita, della salute, della sicurezza dei cittadini, l'inclusione sociale, il sostegno all'accesso alla casa e ad un abitare dignitoso e sicuro, lo sviluppo di reti per la mobilità sostenibile. Questi sono gli obiettivi che dobbiamo percorrere, l'obiettivo di permettere alle persone di abitare in sicurezza, trasformare il degrado in decoro.
Questi sono gli indirizzi ai quali il Parlamento, il Governo e gli enti locali dovranno orientare il proprio intervento sulle periferie, definire le aree di un nuovo confine con cui misurare l'efficacia della politica pubblica. E il PNRR può, se così orientato, essere un seme di speranza. Queste sono le ragioni per cui intendiamo dare un contributo importante a questa Commissione, perché serve una riforma legislativa per il governo del territorio che chiuda l'epoca dell'espansione urbana e inauguri quella della trasformazione e della rigenerazione, anche attivando strumenti come il contributo straordinario per il prelievo e la redistribuzione della rendita fondiaria urbana, gli incentivi per il rinnovo edilizio, la cessione compensativa delle aree per il verde.
Una riforma vera e propria che abbia come punto fermo lo stop al consumo di suolo. Noi abbiamo bisogno di rigenerare, abbiamo bisogno di risanare. Diciamo basta alla speculazione edilizia che ha fatto ricche troppe persone e ha impoverito la moltitudine dei cittadini e delle cittadine del nostro Paese. È un lavoro enorme che, ovviamente, il Parlamento e il Governo devono porre come obiettivo fondamentale delle politiche che dobbiamo adottare nei prossimi anni. Bisogna fare un lavoro di costruzione di contesti di interazione, dove le progettualità e le esigenze emergano e si confrontino, e possano essere trovati i terreni di interesse pubblico, perché, quando le persone sono coinvolte come protagoniste e si mobilitano, si prendono con più forza cura delle proprie realtà.
Bisogna ricostruire un tessuto collaborativo di confronto tra posizioni differenti, perché la distanza dell'amministrazione a volte lascia posto alla deregulation. Va ricostruito il senso del collettivo, dei beni comuni. Bisogna che l'ente pubblico recuperi un ruolo di valorizzazione della democrazia.
Questo è l'obiettivo che noi ci dobbiamo porre ed è questo il contributo che noi vogliamo portare a questa Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carfagna. Ne ha facoltà.
MARIA ROSARIA CARFAGNA (A-IV-RE). Presidente, colleghi, il voto favorevole alla Commissione di inchiesta sulla condizione delle periferie è scontato per chi, come noi, crede che uno dei grandi problemi italiani sia rappresentato dall'esclusione di una fetta consistente di cittadini italiani dai diritti costituzionali ad un'istruzione di qualità, ad una sanità efficiente, a servizi essenziali omogenei ovunque e per tutti, ad una formazione al lavoro che davvero renda autosufficienti. Questa è una condizione che non riguarda qualche cittadino italiano, e comunque ci imporrebbe di affrontarla con attenzione, ma riguarda 15 milioni di italiani che vivono in quartieri periferici. Questo numero è emerso dai lavori della precedente Commissione di inchiesta, insediata nel 2016 e poi colpevolmente non riproposta dalla maggioranza giallo-verde nella legislatura successiva.
Lasciatemi fare anche una considerazione personale: è singolare che chi voleva abolire la povertà e chi voleva stroncare l'immigrazione clandestina abbia poi deciso di bocciare, con il suo voto contrario, un lavoro di indagine proprio su quei luoghi dove l'immigrazione e la povertà si concentrano, e cioè le periferie. Un lavoro prezioso, quello della precedente Commissione di inchiesta. I dati che sono emersi sono preziosi, sono anche dati impressionanti, non li citerò per ragioni di tempo, ma sono pubblici e sono accessibili, quindi invito a consultarli, così come sono impressionanti i dati dell'Istat sulla situazione nelle singole città.
Per esempio, a Roma, sono quasi 900.000 le persone che vivono in aree periferiche pressoché prive di servizi di qualità e di opportunità, a Milano sono 400.000, altrettanti a Napoli, ma il dato che più allarma è la percentuale di cittadini reclusi in quartieri ad alto disagio in alcuni capoluoghi del Sud. Sono il 44 per cento a Cagliari, il 40 per cento a Catania, il 40 per cento a Palermo, quindi quasi la metà della popolazione complessiva. E' un bene il ripensamento sulla necessità di istituire nuovamente questo strumento di indagine e penso che dobbiamo affrontare questo impegno tenendo presente anche i due grandi fatti nuovi che sono emersi negli ultimi 5 anni.
Il primo, senza dubbio negativo, è il portato della pandemia e della crisi economica ad essa collegata, che ha azzerato decine di migliaia di posti di lavoro nei segmenti del mercato del lavoro, dove erano propri impiegati i più fragili (i servizi, la ristorazione, il turismo). Il sostegno pubblico, attraverso ristori e sostegni di ogni genere, ha sicuramente evitato il precipizio, ma sarà interessante capire come quell'emergenza planetaria abbia inciso su quei 15 milioni di abitanti, che già prima della pandemia erano in affanno. Così anche sarà interessante capire come la pandemia e la crisi economica e sociale ad essa collegata abbiano avuto un impatto sui giovani e sul disagio giovanile. Anche questo sarà un focus specifico della Commissione, grazie a un emendamento presentato dal nostro capogruppo, Roberto Giachetti, che è stato poi approvato.
L'altro fatto nuovo, sicuramente, invece, positivo, è il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che impiega quasi 3 miliardi di euro per riqualificare entro il 2026 le aree periferiche delle città metropolitane. Si tratta di risorse importanti, a cui si aggiungono anche le risorse della programmazione dei Fondi strutturali europei 2021-2027 attraverso il Programma operativo nazionale PON Metro, che ha funzionato molto bene nel precedente ciclo di programmazione, ragione per cui io stessa, da Ministro per il Sud, ho voluto riproporlo, ampliarlo ed estenderlo alle città medie del Sud, prevedendo un focus specifico proprio su progetti di innovazione sociale e di rigenerazione delle aree fragili. Sarebbe importante ascoltare, in questo dibattito, soprattutto dai colleghi della maggioranza, impegni che garantiscano la messa a terra di queste risorse importanti, la realizzazione di ogni progetto avviato e messo a bando, perché è inutile aprire un'inchiesta sulle periferie, per capire come aiutare le periferie, se poi risorse già impegnate e progetti già avviati e approvati e bandi già pubblicati non vengono portati a termine o, peggio ancora, vengono esclusi dalla lista delle priorità.
Io credo che con il “sì” a questa Commissione oggi ci assumiamo un impegno e, al tempo stesso, segnaliamo una posizione politica precisa. L'Italia rifiuta l'idea che le periferie siano aree irrimediabilmente perdute, nelle quali lo Stato si arrende e dalle quali i cittadini farebbero bene ad andare via quanto prima. Al contrario, l'Italia ritiene le periferie luoghi con opportunità da valorizzare e con energie su cui scommettere, luoghi naturalmente da riqualificare, da rigenerare e su cui investire. Questa idea non è un'utopia, ma è qualcosa di concretamente realizzabile. Ce lo dimostra il prezioso lavoro di quanti, in tutti questi anni, non si sono mai arresi sui territori, di quanti hanno sopperito anche alle carenze dello Stato, di quanti sono stati in prima linea. Penso naturalmente non soltanto al lavoro del mondo dell'associazionismo e del volontariato, di quanti hanno scommesso sulla possibilità di fare impresa in aree disagiate del nostro Paese, ma penso anche ai tanti sacerdoti che hanno trasformato le loro chiese di periferia in presidi di legalità, in luoghi di accoglienza e di integrazione. Ne voglio citare uno su tutti, una realtà che conosco molto bene: don Maurizio Patriciello, il parroco del Parco verde di Caivano, da anni in prima linea nella battaglia contro la camorra e contro l'inquinamento della Terra dei fuochi, in una delle aree più disagiate e più difficili del napoletano. Allo stesso tempo, voglio ricordare due esempi virtuosi di intervento pubblico, che hanno a che fare con la riqualificazione e la rigenerazione delle periferie. Penso al Polo tecnologico di San Giovanni a Teduccio, un luogo dove la sinergia tra mondo dell'impresa, dell'innovazione e dell'università ha creato un laboratorio di innovazione tecnologica capace di attrarre talenti da ogni parte d'Italia e del mondo, così trasformando un'area periferica a forte rischio degrado e disagio in un luogo di eccellenza. Penso anche al lavoro, che io stessa ho voluto iniziare quasi due anni fa, di avvio a soluzione dell'annosa questione delle baraccopoli di Messina. Come molti colleghi sanno, dai primi anni del Novecento, tutti giudicavano l'operazione di demolizione di queste baraccopoli – alcune, in parte, non ci sono più - un'impresa impossibile. Invece, uno dei primi atti del Governo Draghi fu proprio quello di stanziare le risorse e individuare una governance, che ha avviato i lavori di demolizione di quelle baraccopoli, di bonifica di quei territori e, soprattutto, di collocazione abitativa degli abitanti in case degne di questo nome. Peraltro, parliamo di oltre 8.000 persone, tra cui moltissimi bambini.
In conclusione c'è il nostro “sì” alla Commissione, c'è il nostro apprezzamento per la convergenza che si è riscontrata tra le forze politiche e c'è, soprattutto, il nostro impegno per accendere i riflettori sulla questione delle periferie. Lo faremo non soltanto in Commissione, ma anche attraverso un'attività costante di vigilanza sulla realizzazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, confrontandoci sul futuro della scuola, della sanità, sul futuro di tutte quelle infrastrutture educative, sociali e sanitarie che contribuiscono all'accesso di tutti i cittadini ai diritti costituzionali. Infatti, come abbiamo visto, ci sono almeno 15.000.000 di cittadini italiani esclusi da quei diritti o per i quali quei diritti sono attenuati. Adesso che tutti abbiamo realizzato che i miracoli sono impossibili, che la povertà e l'immigrazione non si aboliscono per decreto, abbiamo il dovere di trovare un modo più serio per rispondere alla richiesta di aiuto di questi milioni di cittadini italiani e credo che l'istituzione di questa Commissione vada esattamente in tale direzione (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il deputato Battilocchio. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Ringrazio il relatore Nazario Pagano e tutta la I Commissione, che ha portato avanti un lavoro importante. A partire da una proposta di Forza Italia, a mia prima firma, si è poi giunti ad un testo unificato, comune e condiviso, che oggi credo verrà approvato a larghissima maggioranza - spero all'unanimità - da quest'Aula. Infatti, con il voto di oggi parte una sfida importante per questo Parlamento, una scommessa sulla quale si sta creando un clima di attesa e di fiduciosa speranza, un percorso nel quale il Parlamento dovrà dimostrare di essere pronto a un'accurata fase di studio, approfondimento, inchiesta, analisi, ma, assieme a questo, a una necessaria, anzi imprescindibile, azione di proposta e assunzione di responsabilità. Parliamo di tematiche politiche e amministrative, note a questo Parlamento e ai colleghi. Io stesso sono stato sindaco della mia cittadina per 10 anni e sono attualmente eletto in un collegio uninominale che comprende varie aree periferiche della Capitale, ma sono pienamente consapevole che il concetto stesso di periferia è in evoluzione costante e dinamica, per molteplici ragioni, prime fra tutte quelle storiche, culturali e sociologiche. Le periferie delle grandi città sono estremamente dissimili tra loro, differenziandosi ancor di più, ove paragonate con le realtà dei centri minori. Se, dunque, esistono grandi diversità tra le periferie di Milano, di Roma e di Napoli, un abisso sembra dividere le periferie di città di medie e grandi dimensioni italiane dalle metropoli o megalopoli internazionali. In generale possiamo dire che, alla grande stagione di investimenti e di riqualificazione dei centri storici delle nostre città, non è corrisposto - con alcune eccezioni virtuose - un eguale impegno nella rigenerazione urbana delle periferie, ragione per cui è normale che ci si possa trovare, anche qui vicino, in situazioni completamente differenti, a pochissimi chilometri di distanza. La periferia, come è stato ricordato in molte descrizioni, risulta una linea d'ombra, qualcosa che sta al di là della ferrovia, del fiume, dell'autostrada ed è opposta al centro definito della città.
Così lo stesso termine “periferia” ha finito per comprendere una serie di stereotipi, significati negativi e pregiudizi, trasformandosi in un aggettivo che indica una condizione, più che rappresentare un luogo fisico: degrado, incuria, scarsa sicurezza e scarso controllo, che comportano rassegnazione. E così la parola stessa “periferia” è sempre più spesso accompagnata da un aggettivo denigratorio: sono lontane, tristi, abbandonate, a volte non luoghi.
Eppure, è sempre più evidente - per dirla con le parole dell'architetto Boeri - che quello di periferia, inteso come luogo spazialmente distante dal centro, è oggi un concetto superato. Associare la lontananza dal centro a un'idea di disagio è ormai sviante: ci sono aree degradate vicino al centro ed aree di ricchezza lontane. Infatti, è chiaro, le problematiche e le criticità sono enormi, variegate, trasversali a vari ambiti - ed andranno approfondite -, ma le periferie sono, già oggi, anche luoghi dove si localizzano numerose attività produttive, centri commerciali, logistici ed industriali, punti di eccellenza sul versante culturale, sedi decentrate delle università ed hanno il loro cuore motore in realtà di enti amministrativi, associazioni, istituzioni scolastiche, gruppi di volontariato, parrocchie, imprenditori, che hanno scelto la periferia come centro del loro rispettivo impegno.
Colgo anche questa occasione per rivolgere un pensiero da quest'Aula alle nostre Forze dell'ordine e di Polizia (Applausi) per il loro encomiabile lavoro per la sicurezza delle nostre città ed in particolare delle periferie, spesso nelle condizioni complesse e nelle difficoltà che conosciamo e che andranno prese in esame. Alle nostre donne e ai nostri uomini in divisa, la nostra vicinanza ed il ringraziamento convinto di quest'Aula.
Questa Commissione va nella giusta direzione e mi auguro venga costituita già nei prossimi giorni, con l'obiettivo, che richiamavo all'inizio, di un percorso che deve snodarsi su un doppio binario: accurata prima fase di inchiesta, efficace seconda fase di proposta.
Concludo, Presidente, con l'esortazione di un grande esperto di periferie alle quali ha dedicato buona parte della sua vita, Papa Francesco, che dice: “Partite dalle periferie, consapevoli che non sono la fine, ma l'inizio della città” (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.
ALFONSO COLUCCI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi deputati, il MoVimento 5 Stelle voterà oggi a favore dell'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato di degrado e di sicurezza delle città e delle periferie. Maggioranza e opposizione hanno lavorato a un testo unificato, un risultato che fa onore alla Camera dei deputati, auspicio di larga approvazione, viatico di proficuo lavoro della Commissione istituenda.
Le periferie sono la rappresentazione simbolica del decentramento, del diverso, polo di tensione sociale e politica ben radicata. Pier Paolo Pasolini descriveva la passeggiata nelle borgate romane come una discesa negli inferi, nei bassifondi, in luoghi di dolore e di sofferenza, topoi pieni di miseria, ma gravidi di vitalità. In Pasolini, il senso di tali contraddizioni è l'essenza stessa della realtà.
Questo è lo spirito con il quale il MoVimento 5 Stelle e io personalmente abbiamo contribuito alla redazione del testo unificato. Questo, a nostro avviso, è il compito della istituenda Commissione: l'analisi e l'individuazione di tali contraddizioni, l'approfondimento delle cause, del divario tra periferie povere e centri prosperi. Un'indagine necessaria ed urgente per colmare la diseguaglianza, per il pieno riscatto sociale.
La periferia deve essere intesa non più come ambito territoriale lontano dal centro, ma come coacervo di problemi di ordine materiale e immateriale che definiscono la marginalità. Periferia, cioè, non come posizione geografica, ma come condizione, non toponomastica, ma essenza. Periferia sinonimo di fragilità, che consiste in degrado sociale, impoverimento, abbandono, decadenza della qualità degli spazi pubblici e delle trasformazioni edilizie e urbanistiche, della mobilità, delle condizioni di sicurezza urbana, illegalità diffusa, inclusa l'occupazione abusiva di immobili, discariche, roghi di sostanze tossiche, smaltimento abusivo di rifiuti, abusivismo edilizio, servizi pubblici assenti o insufficienti, difficoltà nei processi di integrazione dei flussi migratori, di accesso alla sanità, all'istruzione, allo sport, ai servizi pubblici essenziali. Uno scadimento generale che, spesso, si traduce in conflitto sociale, in sofferenza, individuale e collettiva.
Plaudiamo con entusiasmo all'istituzione della Commissione di indagine, la quale dovrà dare risposta a questa sofferenza. Il primo antidoto è la costruzione di una continuità ideale delle periferie con il centro, l'eliminazione della separazione di tali ambiti degradati dal resto, l'elisione del senso del loro isolamento, della loro marginalità. Quanto più sapremo costruire una rete unitaria, un intreccio virtuoso tra centro e margine, una effettiva integrazione delle varie aree cittadine l'una con l'altra, tanto più avremo realizzato il complessivo rilancio della dimensione urbana nella sua totalità, con profitto per l'intero complesso cittadino.
Dobbiamo combattere il senso di isolamento che rende la periferia un mondo a parte, un mondo separato, abbandonato al proprio destino, senza prospettiva di riscatto né di futuro. Chi abita in periferia deve potersi sentire parte di un tessuto sociale urbano unitario e non messo da parte, escluso, emarginato. I quartieri devono essere dotati di infrastrutture e di servizi, in primo luogo, di servizi di trasporto, che colleghino i luoghi di residenza con quelli di lavoro e di studio, attenuando il senso di marginalità dato da un faticoso pendolarismo e favorendo, all'opposto, una sempre maggiore coesione urbana.
Necessarie sono le politiche di integrazione della popolazione straniera. Dobbiamo prevenire conflitti tra italiani poveri e migranti in cerca di occupazione, dobbiamo promuovere l'accoglienza, che renda ai migranti dimoranti in Italia la dignità che ad essi compete e restituisca alle aree nelle quali essi vivono la serenità di una pacifica e costruttiva convivenza sociale. La sana integrazione è motore di crescita e di sviluppo.
È necessario che lo Stato sia fortemente presente nelle periferie con Forze dell'ordine, nazionali e locali, scuole, presidi sanitari. Occorre favorire processi di rigenerazione urbana, ovvero l'insieme di quei programmi complessi su comprensori già costruiti, al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di accrescere l'occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana.
Dobbiamo migliorare la qualità della vita nelle nostre città e nelle nostre aree periferiche, ostacolata dal proliferare di fenomeni di criminalità, che rendono intere aree luoghi di illegalità, ove regnano lo spaccio di droghe, la prostituzione, la violenza, i furti.
Tutto ciò va combattuto nella consapevolezza che queste sono solo alcune delle sfide che dobbiamo affrontare. La Commissione potrà dare un contributo essenziale al conseguimento degli obiettivi di Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che è un programma d'azione per la prosperità globale. Dobbiamo raggiungere gli obiettivi del PNRR che prevede ingenti stanziamenti per riqualificare le aree periferiche delle città metropolitane mediante la programmazione di interventi di rigenerazione urbana, di recupero, ristrutturazione e rifunzionalizzazione ecosostenibili delle strutture edilizie e delle aree pubbliche, anche attraverso interventi di efficientamento energetico ed idrico degli edifici e la riduzione del consumo del suolo. In tale ottica ritengo che la rivalutazione dello strumento del superbonus sarà necessaria per il raggiungimento di tali obiettivi. Il rilancio delle periferie va inteso, in primis, quale riscatto sociale e ambientale, proprio perché oggi il quadro nazionale riporta proprio le periferie quali luoghi di disuguaglianza. Non dobbiamo lasciare indietro nessuno, lo dobbiamo ai cittadini tutti, ma soprattutto ai più fragili e ai più indifesi. Bisogna rigenerare città e periferie per generare il futuro. Dobbiamo dare risposta al dolore delle periferie e dobbiamo farlo insieme, tutti insieme.
Il testo unitario, che sarà votato oggi e che vede anche il contributo del MoVimento 5 Stelle e, per me è un onore, anche la mia firma, è un passo fondamentale per la lotta alla marginalità e per il perseguimento, in definitiva, dell'eguaglianza sostanziale dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Bordonali. Ne ha facoltà.
SIMONA BORDONALI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, Sottosegretario Molteni, ci apprestiamo a votare l'istituzione di una Commissione di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle periferie. In Italia, l'hanno detto anche parecchi colleghi che hanno parlato prima di me, si stima che almeno 15 milioni di persone vivano in aree soggette a degrado, situate nelle aree periferiche delle nostre città e, tra l'altro, negli ultimi decenni, questa situazione è ulteriormente degradata. Territori che sono ai margini, segnati da infrastrutture fatiscenti, occupazioni abusive, smaltimento illecito dei rifiuti, conflitti sociali, abbandono scolastico, violenza, spaccio, micro e macro criminalità, nostrana e di importazione. Ai più noti quartieri periferici, conosciamo tutti lo ZEN, Scampia, Quarto Oggiaro, Tor Bella Monaca, però, vanno aggiunti migliaia di quartieri periferici di città, di piccole e medie dimensioni, meno noti, ma contraddistinti da quelle problematiche che ho evidenziato precedentemente. Le ragioni o, meglio, le colpe originarie vanno ricondotte a scelte architettoniche, a pianificazioni urbanistiche compiute tra gli anni Settanta e Ottanta per affrontare l'emergenza abitativa, ma da allora, cari colleghi, la situazione è ulteriormente degenerata. In questi luoghi si sono concentrate le fragilità economiche e sociali e, oggi, si caratterizzano per la presenza di clandestini, per la diffusione di occupazioni abusive e di economia illecita. Però, questo, soprattutto questo ulteriore degrado, è da imputare anche a scelte politiche che sono state effettuate a livello locale e nazionale nell'ultimo decennio. Alcune amministrazioni, interessate più alle zone ZTL che non alle periferie, hanno poco investito sulla riqualificazione di queste aree, migliorando la vita dei residenti con spazi pubblici e servizi pubblici adeguati, e ciò, evidentemente, ha comportato il consolidarsi di situazioni di illegalità e, soprattutto, la mancata integrazione. Spesso sono state scelte ideologiche, soprattutto degli amministratori locali e nazionali, che hanno ritardato, ad esempio, interventi già pianificati, solo perché frutto di scelte di amministrazioni che li hanno preceduti.
Concedetemi di ricordare, ad esempio, un caso, ma come questo penso ce ne siano molti, che io da bresciana ho vissuto e conosco bene: anche a Brescia abbiamo un quartiere degradato, che è il quartiere di San Polo. Nel 2012, l'amministrazione comunale di centrodestra arriva all'abbattimento di una torre di questo quartiere, una delle tante presenti, una torre con ben 190 appartamenti. Gli abitanti di questa torre, che vivevano nel disagio più assoluto, vengono riposizionati sulla città in condizioni di vita nettamente migliori. Questa torre rimane abbandonata a se stessa dal 2012 al 2021, quindi, nove anni in cui rimane uno scheletro nel quartiere, da qui ulteriore degrado nel degrado. Questo perché nel 2013 un'amministrazione di sinistra vince le elezioni e, per scelte ideologiche, decide di non abbattere immediatamente la torre e di lasciare la situazione allo stato di incompiuta. Si arriva finalmente al 2021, la torre viene abbattuta, ma cosa succede nel frattempo? Che per nove anni, per una scelta ideologica per contrastare le scelte del centrodestra, vengono bloccate queste riqualificazioni e si ritarda non solo la demolizione, creando una situazione di disagio nel disagio, ma un edificio che poteva lasciare posto a soluzioni abitative necessarie per la città non vede il suo realizzarsi. Ecco, questo, colleghi, è un esempio dei tanti che possiamo fare per spiegare perché nasce questa Commissione, una Commissione d'inchiesta che deve verificare queste situazioni dove per qualsiasi motivo non si procede alla riqualificazione di un'area pur essendoci già una progettualità. Non deve essere una Commissione che fa una sola rilevazione dei dati sul territorio. Io voglio rassicurare la collega Carfagna, stia tranquilla, collega Carfagna, la Lega si è sempre interessata alla questione delle periferie e il nostro Ministro Salvini ha sempre dato molta attenzione alle periferie e ha già garantito che sul tavolo ci sono 2,8 miliardi per l'edilizia sociale e la rigenerazione urbana (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Tra l'altro, risorse sulla rigenerazione urbana, da Ministro dell'Interno, le aveva già messe a disposizione per i nostri comuni. Questa Commissione non deve essere un mero centro d'analisi dei dati sul degrado delle periferie, anche perché coloro che hanno a cuore il proprio territorio, ed in questo caso la Lega, i miei colleghi della Lega già sanno cosa sono le periferie, conoscono i problemi delle periferie delle loro città e delle loro regioni, perché ci vanno non solo in campagna elettorale, ma 365 giorni all'anno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e già sanno quali sono le necessarie soluzioni. Tra l'altro, come è stato citato, già nella XVII legislatura si è lavorato a produrre dei dati; il documento che è stato prodotto è sicuramente molto interessante e molto importante, però, da quel documento, ahimè, non si è arrivati a delle soluzioni. Ciò che evidenzia quel documento - l'incidenza della popolazione straniera residente, la popolazione anziana, l'indice di non completamento del ciclo di scuola secondaria di primo grado, il tasso di disoccupazione - è il tratto comune di tutti i dati raccolti, che evidenziano le problematiche di quelle periferie. Colleghi, siamo tutti d'accordo, l'avete evidenziato anche voi, quello è il tratto comune.
Allora, vorrei capire: se c'è un'emergenza abitativa, se c'è la mancanza di lavoro, se c'è una difficoltà di integrazione, come si possono coniugare delle risposte per le periferie? Come tutti voi avete evidenziato, c'è la necessità di trovare queste risposte; ma come le possiamo coniugare con le soluzioni che voi offrite continuamente rispetto alla gestione dei flussi migratori e alle politiche sull'immigrazione? Sono in contraddizione. Noi abbiamo la necessità di dare risposte concrete per risolvere i problemi che già abbiamo sul territorio, con gli stranieri che già abbiamo nelle nostre periferie e che obblighiamo a vivere nelle situazioni di disagio. Dobbiamo dare prioritariamente risposte a questi. Quindi, c'è la necessità di fare scelte politiche che vadano al di là e chi siano congrue con ciò che voi avete evidenziato.
Io vorrei terminare, Presidente, con la descrizione di una delle tante periferie. Mi sono documentata, quando abbiamo affrontato questa tematica, per capire quali periferie ci siano nel nostro territorio. Dall'altro lato, rispetto al luogo in cui vivo, a Reggio Calabria, c'è Arghillà, una periferia che io non conoscevo. Mi sono documentata e ho visto le fotografie. In una descrizione che ho trovato, si dice così: Arghillà è tante cose, è una periferia in cui sono state ammassate persone di origine Rom ma anche migranti e poveri, è un chilometro quadrato di casermoni di edilizia popolare nel mezzo del nulla, costeggiati da cumuli di rifiuti, malgrado il mare, a due passi, resti meraviglioso. È un non luogo dove si vive di espedienti, dove i piani alti dei palazzoni non hanno mai l'acqua, né d'estate né d'inverno, e quelli bassi solo per qualche ora al giorno. Arghillà è, prima di tutto, un brulicare di bambini e bambine nati, spesso, da genitori adolescenti, costretti a sopravvivere con un destino segnato, in un quartiere in cui la scuola è stata chiusa. Ecco, Presidente io mi auguro che questa Commissione vada a risolvere concretamente queste situazioni e dia indicazione a questo Governo su quale sia la strada giusta, strada che già è stata intrapresa dai nostri Ministri. È vergognoso che, nel 2023, ci siano situazioni come quella di Arghillà (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della Scuola primaria Nuzzo di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il deputato De Maria. Ne ha facoltà.
ANDREA DE MARIA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, colleghi, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, a settembre 2015, l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, composta da 17 obiettivi. Di questi, l'obiettivo 11 consiste nel rendere le città e gli insediamenti urbani umani, inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili ed è articolato in dieci punti, che vanno dall'assicurare a tutti alloggi adeguati e accesso ai trasporti pubblici fino ad una urbanizzazione inclusiva e sostenibile, alla tutela del patrimonio culturale e naturale nonché alla salvaguardia delle città dai cambiamenti climatici. All'interno di uno spazio urbano, le periferie rappresentano sicuramente la situazione urbanistica e sociale più complessa e di maggiore criticità. Non necessariamente si tratta delle aree geograficamente periferiche. Come abbiamo visto anche nelle audizioni e nei sopralluoghi svolti dalla Commissione nella XVII legislatura, a volte sono i centri urbani degradati ad assumere le caratteristiche di periferie, relativamente ai fenomeni di criticità sociale e criminalità. Le periferie sono una realtà articolata, certamente caratterizzata da situazioni di degrado e criminalità rispetto alle quali è fondamentale approfondire anche le occasioni di analisi e di conoscenza dei fenomeni in essere. Ma i fenomeni da approfondire non sono solo questi. Le periferie sono anche luoghi in cui, per lo spazio disponibile e per la prossimità a grandi reti stradali, per scelta si localizzano numerose attività produttive, anche di grandi dimensioni, nonché centri commerciali, logistici, industriali e di ricerca e innovazione. Sono il risultato di un processo di urbanizzazione residenziale che ha avuto inizio decennio or sono, con immobili di vaste dimensioni pensati come dormitori per una popolazione di fascia medio-bassa, in termini economici, nonché luoghi circoscritti ai margini della città dove far risiedere persone non completamente integrate nella società o considerate un pericolo per la tranquillità della stessa.
Da alcuni anni, a causa del costo della vita unito a basi stipendiali sostanzialmente rimaste immutate, a un mercato del lavoro mutevole e non stabile, all'alto costo per l'acquisto di un'abitazione in un'area centrale delle città nonché alla scarsità e alle difficoltà del mercato dell'affitto, si registra sempre di più la presenza di altre tipologie di residenti, spesso appartenenti al ceto medio. La riqualificazione di queste aree è necessaria per migliorare la qualità di vita dei residenti, offrendo loro servizi, un efficace controllo da parte delle Forze dell'ordine, scuole, aree verdi e palazzi condominiali che non rappresentino, nella loro forma e ampiezza, il segnale più evidente che si è in un'area di minor benessere sociale e di maggiore emarginazione. Peraltro, uno dei compiti della Commissione sarà valorizzare e far conoscere gli esempi virtuosi di politiche pubbliche e di esperienze del mondo dell'associazionismo. L'insediamento periferico, non adeguatamente presidiato con servizi pubblici funzionali, determina una flessione negativa della sicurezza, dell'ordine pubblico e dell'integrazione della popolazione che viene a vivere e a lavorare qui da altre aree del mondo. Tutto ciò facilita la nascita e il consolidarsi di pericolose situazioni di illegalità, quali l'insediamento di gruppi criminali, la vendita di stupefacenti, la ricettazione, la presenza di forme di abusivismo, di occupazione di immobili e la realizzazione di edifici abusivi. È un contesto che può determinare situazioni ingestibili. Inoltre, sono spesso rilevabili degrado ambientale, discariche a cielo aperto, roghi di materiale e smaltimento illegale dei rifiuti. Voglio ricordare che nella illegalità sono sempre i ceti sociali più deboli e le persone più fragili a pagare il prezzo più alto.
La Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, istituita nella XVII legislatura con deliberazione della Camera del 27 luglio 2016, quindi oltre la metà di quella legislatura, ha compiuto un primo passo importante verso un'integrale ripensamento delle politiche urbane, che sono oggi in gran parte connesse con la rigenerazione delle aree periferiche, e ha rilevato la necessità di coordinare le varie responsabilità istituzionali anche sulla base di quanto finora realizzato. Quella Commissione fece un lavoro importante e voglio ricordare qui la stretta collaborazione fra la Commissione e l'allora Presidente della Camera, Laura Boldrini, che fu presente anche a un importante sopralluogo della Commissione e seguì sempre il nostro lavoro. In particolare, si era resa evidente l'importanza di un complesso di politiche per le periferie che si traducesse anche in specifiche iniziative legislative coordinate fra loro, dalle politiche urbanistiche al ruolo della Polizia locale. Se pensiamo, ad esempio, alle politiche della sicurezza, risulta evidente che occorre coordinare fra loro diversi interventi. Le occasioni che promuovono la socialità e che occupano il territorio con esperienze di volontariato e che promuovono l'incontro e l'integrazione fra le culture sono fondamentali quanto l'efficacia dell'azione investigativa nel reprimere i reati, la presenza delle Forze dell'ordine sul territorio e una legislazione che consenta un contrasto più efficace di alcuni fenomeni criminosi, quali lo spaccio della droga. Ugualmente, sono di grandissimo rilievo le azioni di riqualificazione del tessuto urbano e un governo del territorio che promuova la qualità urbana. Questa consapevolezza rafforza l'opportunità di individuare con chiarezza le aree critiche su cui si è inteso e si intende operare e con quali modalità risorse finanziarie, per superare le condizioni di insicurezza e lo stato di degrado delle città e delle loro periferie. Sarebbe inoltre necessario avere una visione completa della situazione in essere, affinché si possa adottare un programma tipo, riproducibile e adattabile, che possa, da un lato, integrare le politiche urbane di rinnovo edilizio con l'intervento sociale e per la sicurezza dei cittadini e, dall'altro, evitare gli errori passati, quali la sovrapposizione e l'approvazione di interventi con scarse e limitate ricadute in termini sociali che poco o nulla giovano alle periferie. Voglio ricordare che - come bene espresso dalla Commissione parlamentare d'inchiesta a cui ho fatto riferimento nella sua relazione conclusiva, approvata nella seduta del 14 dicembre 2017 - è indispensabile rafforzare gli strumenti parlamentari e governativi per promuovere e gestire le politiche urbane. A tal riguardo si suggerì al Parlamento di rendere permanente l'esperienza utilmente sperimentata, istituendo nella XVIII legislatura una Commissione bicamerale per le città e le periferie. Per queste ragioni, all'avvio della XVIII legislatura presentai una proposta di legge per istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, come Commissione bicamerale.
Allora la proposta di legge fu bocciata in Aula, con il voto contrario alla sua istituzione, quindi soppressivo della proposta stessa, dei gruppi parlamentari in quel momento di maggioranza. Ho ripresentato la stessa proposta di legge in questa legislatura, come nelle occasioni precedenti, assieme al collega Morassut e con il pieno sostegno del gruppo del Partito Democratico. Questa volta registriamo, con soddisfazione, l'unità di intenti di tutto il Parlamento nella volontà di istituire la Commissione d'inchiesta, seppure come Commissione monocamerale, e anch'io - come hanno sottolineato altri colleghi - ritengo molto importante che sia arrivato in Aula un testo unificato, condiviso da tutti i gruppi parlamentari. Nella XVII legislatura - come ho ricordato - si era avviato un lavoro, che ora potremo completare ed anche aggiornare ai cambiamenti di questi anni. Ricordo che allora, mentre il Parlamento metteva in campo l'attività della Commissione, il Governo, con l'accordo degli enti locali, aveva promosso il bando periferie, con un importante stanziamento di risorse finanziarie, un bando i cui interventi si stanno realizzando anche in questi mesi e in questi anni. L'esperienza della pandemia ci pone poi di fronte a nuovi elementi di analisi e riflessione e rende ancora più evidenti le criticità delle aree periferiche dei grandi centri urbani; pensiamo solo al grande tema della promozione della prossimità dei servizi sanitari e sociosanitari o alle necessità di mettere in campo - come ho già ricordato - politiche di sicurezza che sappiano coniugare coesione sociale, repressione dei reati e qualità urbana, come avrà molta importanza la sfida di impegnare tutte le risorse stanziate dal PNRR per le periferie dei nostri centri urbani e per la Polmetro. Questa volta avremo di fronte un'intera legislatura e la forza che viene dal consenso di tutti i gruppi parlamentari. Penso che potremo fare un lavoro importante ed il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico rappresenta il nostro impegno convinto in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI (FDI). Grazie, Presidente, colleghi deputati e Sottosegretario Molteni. Abbiamo già lavorato, nella XVII legislatura, con una Commissione bicamerale di inchiesta sul degrado delle periferie e il lavoro, da un punto di vista analitico, è stato sicuramente proficuo. Esiste - e invito i colleghi, soprattutto quelli interessati, a richiedere questa pubblicazione - un volume importante appunto dal punto di vista analitico, che non è fatto soltanto di strampalate teorie, ma soprattutto di documenti rispetto alle tante missioni svolte nelle principali città italiane, come Milano, Genova, Napoli, Palermo e Roma. Molti colleghi, che provenivano da località più umane, si sono letteralmente strabiliati nello scoprire la desolazione delle aree di bordo delle grandi città italiane, una desolazione infinita, perché, in ogni città in cui si andava, si scopriva una piaga, che non era data soltanto da questioni di carattere estetico, che pure contano, ma soprattutto da un degrado sociale e ambientale, che ha fatto - e fa - soffrire tanti nostri connazionali. Penso che quel lavoro sia stato proficuo, ma anche che non sia stato adeguatamente valorizzato, diversamente da quanto detto nell'intervento che ho ascoltato poco fa, da chi all'epoca governava. Pochi milioni di euro stanziati dal Governo Renzi dell'epoca per intervenire sulle periferie sono stati una buona intenzione, o poco più. Per avere un termine di paragone, la Francia ha messo a disposizione, creando un'Agenzia nazionale per il rinnovamento urbano, 36 miliardi di euro dal 1998 e, con questi 36 miliardi di euro, sono stati tirati giù, a Digione, a Bordeaux, a Parigi, a La Courneuve e a Lione e in tante altre città della Francia, complessi edilizi abominevoli, che soltanto qualche intellettuale poteva ascrivere alla migliore storia dell'architettura contemporanea. Purtroppo, sotto questo aspetto, dobbiamo annoverare anche l'opera di alcuni sindaci della capitale d'Italia, che hanno elevato questi obbrobri alla definizione di città storica e praticamente li hanno resi intoccabili, come fossero il Pantheon o la cupola del Brunelleschi. Quindi, occorre fare chiarezza, da questo punto di vista, perché l'ipocrisia non paga. I 36 miliardi messi a disposizione dalla Francia dal 1998 - sono trascorsi, dunque, molti anni e si è trattato di un investimento a lungo termine, a lunga programmazione - fanno il paio con i circa 120 miliardi che noi abbiamo impegnato per fare cappotti di plastica a impresentabili e orribili scatoloni di cemento armato, inumani e invivibili. Quindi, dobbiamo, secondo me, con il lavoro che ci apprestiamo a fare nella futura Commissione di inchiesta monocamerale sul degrado delle periferie, cercare di essere più coraggiosi, mettere da parte l'ipocrisia, senza strumentalizzazioni ideologiche che, soprattutto noi, potremmo fare.
Dobbiamo fare i conti con il fallimento globale del Novecento nella visione delle città, un fallimento che appartiene alla società in quanto tale, che non è di destra o di sinistra. È come se, a un certo punto, si fossero date la mano una certa cultura speculativa, appartenente al filone del turbocapitalismo, con una certa architettura collettivista, animata dal controllo sociale, che ha preso il sopravvento, prevalentemente nelle orribili periferie dell'Unione Sovietica o della cosiddetta Germania democratica, la Germania dell'Est (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Noi quell'abbraccio mortale lo dobbiamo disarticolare e smontare; ecco perché la ricetta non può che essere quella della sostituzione edilizia, della demolizione e della ricostruzione. Non è un approccio ideologico, non si può continuare a parlare di rigenerazione urbana: chi può essere contro la rigenerazione urbana? È una definizione talmente innocente, docile e gentile che tutti possiamo condividere l'approccio della cosiddetta rigenerazione urbana, ma, a causa dello stato di degrado in cui versano le aree di bordo delle grandi città, ci vuole energia, ci vuole un impeto rivoluzionario, ci vuole una visione; occorre mettere al centro la persona umana e il suo diritto a vivere in una parte di città a misura d'uomo, che non può non essere quella città che tutti conosciamo, che si è sviluppata nel corso dei decenni e dei secoli e che si identifica con la città giardino, una città a dimensione umana, dove non c'è un rapporto conflittuale tra la persona e il luogo in cui abita. Se qualcuno di voi avrà la fortuna o la sfortuna di avventurarsi, per chi non le conosce, nelle periferie degradate delle nostre città - abbiamo sentito parlare del quartiere ZEN, di Scampia, di Corviale e del quartiere delle Lavatrici - si accorgerà che lì, quei palazzi che vengono abitati da migliaia e migliaia di persone, non appartengono a nessuno, tutto è di tutti; e, siccome il tuo corpo scala, il tuo ascensore, la tua cassetta postale, le tubazioni che ti portano l'acqua calda e fredda non ti appartengono, tu non te ne prendi cura, non è roba che convive con te e, quando ti affacci dalla finestra e vedi questa desolazione, ti specchi nella desolazione e diventi desolazione, perché la persona è ciò che vede. Per cui, riscoprire la cultura del bello, nella dimensione dell'urbanistica, e, quindi, la dimensione comunitaria della trasformazione del territorio non può che significare dare vita a nuovi quartieri che somiglino il più possibile a quei borghi che abbiamo rivalutato in questa stagione storica; non l'abbiamo fatto soltanto noi di destra, ma l'hanno fatto anche Boeri e quelle archistar che hanno progettato Corviale e hanno sempre vissuto nei centri storici eleganti o nei quartieri bene delle grandi città; non hanno mai abitato nei palazzoni invivibili che hanno progettato, e questo vorrà pur dire qualcosa.
Allora, la parte finale dell'inchiesta, su cui, secondo me, mi auguro, dovrà lavorare la Commissione che si insedierà, sarà quella di un diverso approccio e, comunque, dell'individuazione di soluzioni. Infatti, ho ascoltato anche, dal dibattito di oggi, dalle dichiarazioni di voto, qualcuno pensare che un quartiere invivibile possa improvvisamente tornare vivibile, se ci si realizza un teatro, piuttosto che un asilo nido, piuttosto che un giardino pubblico. Non è così. Il livello di insicurezza che si percepisce - e non è solo percepito, purtroppo è la triste realtà - in queste zone delle città è figlio di questa programmazione, di questa utopia. Dico anche che…
PRESIDENTE. Deve concludere.
FABIO RAMPELLI (FDI). La ringrazio, Presidente, e mi avvio a concludere. Quando ci siamo trovati di fronte a questa sorta di accelerazione ipermodernista, abbiamo anche visto - e non è una novità - una certa cultura progressista, da un lato, predicare la strada del basso impatto ambientale, della volontà di tutelare il paesaggio, di realizzare edifici a basso consumo energetico, e, dall'altro, ci propinavano l'uso di grattacieli, di edilizia intensiva, di un'edilizia che consuma, oltre che il territorio, il cielo, di edilizia realizzata con vetro e acciaio, e quindi energivora, mentre si fa la battaglia per le alterazioni climatiche a Bruxelles. Si costruisce - e non si sa se la mano destra corrisponda alla mano sinistra, ma si fa esattamente il contrario di quello che si predica -, da un lato, nel centro d'Europa, ma, dall'altro, si declina anche in Italia.
Cito - per noi ha un'importanza rilevante - Teodoro Buontempo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), parlamentare della Repubblica, deputato del Movimento Sociale Italiano, di Alleanza Nazionale, un alfiere delle periferie, di cui uno slogan di riferimento era: “Periferia cuore di Roma”. Le periferie sono il cuore della città, a patto che si accetti la sfida non di andarle a risistemare con una romanella, come si dice in gergo, ma di ripensarle daccapo. E a mio giudizio questo è il compito che spetta alla Commissione di inchiesta che istituiremo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Coordinamento formale - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione - Testo unificato - Doc. XXII, n. 11-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare Doc. XXII, nn. 11-14-16-19-20-21-22-A: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie”.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 17) (Applausi).
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare la deputata Elisabetta Gardini. Ne ha facoltà.
ELISABETTA GARDINI (FDI). Grazie, Presidente. Cari colleghi, sono davvero dispiaciuta - proprio in questa giornata in cui abbiamo tutti insieme lavorato per istituire Commissioni che vanno a cercare la verità, perché è la verità che restituisce rispetto e dignità alle vittime - di dover denunciare quanto accade domani a Padova, la mia città. Domani, alle 17, avrà luogo un convegno sulle Foibe, con ospite d'onore un sedicente storico, che risponde al nome di Eric Gobetti, che ha scritto un pamphlet con chiari intenti provocatori di nessuno o scarso interesse storico, effettivamente, ma c'è chi riesce ad esistere solo essendo provocatore.
Mi dispiace che questo avvenga - non avrebbe senso dirlo se fosse in un luogo privato, andrebbe ignorato un essere così - in un locale che è nella disponibilità dell'Università di Padova. Questo mi obbliga a denunciare il fatto e a chiedere all'Università di Padova, uno dei più antichi atenei d'Europa e quindi del mondo, se pensa sia veramente il caso di dare il consenso a convegni di questo tipo, quando è la stessa Università che ha dato la laurea honoris causa a Norma Cossetto. Non voglio entrare in polemiche, ma voglio citare le parole del nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parole che ha detto poco più di un mese fa, proprio durante la celebrazione del Giorno del Ricordo. Parla di un carico di sofferenza, di dolore e di sangue, per molti anni rimosso dalla memoria collettiva e in certi casi persino negato. Sue testuali parole: “Le sofferenze subite dai nostri esuli (…) non sono non possono essere motivo di divisione (…) al contrario, richiamo di unità nel ricordo, nella solidarietà, nel sostegno”, e ribadisce - e chiudo - “lo stupore e la condanna per gli inammissibili tentativi di negazionismo e di giustificazionismo”.
PRESIDENTE. Collega, deve concludere.
ELISABETTA GARDINI (FDI). Credo che queste parole chiudano questa polemica, che non vuole essere una polemica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Emilio Borrelli. Ne ha facoltà.
FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Grazie, Presidente. L'ennesimo intervento che faccio in Aula è per chiedere che il Ministro Piantedosi venga a riferire sui gravi fatti che stanno avvenendo nel territorio napoletano. Lo abbiamo chiesto per gli scontri degli ultras (oggi ci saranno altre questioni di grave pericolo pubblico per l'ennesima partita), per la morte di un ragazzo ucciso per caso e per sbaglio da un diciannovenne, figlio di un camorrista, l'altro giorno, a Mergellina. E oggi, perché un ufficiale della Finanza - di cui non possiamo rendere noto il nome, ma sta su tutti i giornali - è scampato per un pelo ad un attentato. Gli hanno messo una bomba dentro la macchina, perché stava facendo indagini sulla criminalità organizzata e, in particolare, sui rapporti tra la criminalità organizzata ed i parcheggiatori abusivi nel comune di Bacoli. Credo che il Ministro Piantedosi debba venire in Aula a dirci cosa sta facendo il Governo per fronteggiare un'ondata di tale delinquenza e criminalità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Mari. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, nel luglio del 2021, la GKN di Firenze sale alle cronache nazionali. Una mattina, con una mail, licenzia tutti i 422 lavoratori. Ne nascono un'assemblea permanente e una lotta lunga e difficile che porta al ritiro dei licenziamenti. Tuttavia, comincia un logoramento silenzioso, che arriva a bruciare ben 222 posti di lavoro, 90 solo nell'ultimo anno, con l'arrivo della nuova proprietà nel dicembre 2021: Francesco Borgomeo, ex advisor di GKN. Molte promesse, molti rinvii, ma piani industriali e investitori non arrivano mai. Gli incontri istituzionali non portano a nulla. Intanto, dal novembre del 2022 gli stipendi cessano di essere pagati. Borgomeo insiste a dire che la liquidazione è l'unica possibilità, perché l'azienda non ha i requisiti per l'amministrazione straordinaria. Parole smentite da molti giudici del lavoro, che hanno validato un centinaio di decreti ingiuntivi presentati dagli operai per tutelarsi. L'obiettivo dell'azienda è mandare via i lavoratori, eppure il comitato tecnico-scientifico del collettivo ha progetti industriali avanzati, sociali, mutualistici ed ecologici.
PRESIDENTE. Collega, dovrebbe concludere. Grazie.
FRANCESCO MARI (AVS). Sabato, a Firenze, una manifestazione nazionale cercherà di dare voce a questa vicenda. Io vi chiedo soltanto: che cosa sarebbe il made in Italy, se non questo? Che cos'è la tutela delle nostre produzioni, se non un sostegno pubblico forte al rilancio di un'azienda che i lavoratori e le lavoratrici assumerebbero su di sé (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra)?
Sui lavori dell'Assemblea e riarticolazione dei lavori per il periodo 27- 31 marzo 2023.
PRESIDENTE. Avverto che, con lettera in data 23 marzo, il presidente della Commissione finanze ha comunicato che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi della medesima Commissione, ha convenuto in ordine all'esigenza che l'inizio della discussione del disegno di legge n. 889, di conversione del decreto-legge n. 11 del 2023 in materia di cessione dei crediti di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, previsto per la seduta di lunedì 27 marzo, sia posticipato alla seduta di mercoledì 29 marzo.
Con lettera in data 21 marzo, il presidente della Commissione giustizia, anche a nome del presidente della Commissione affari sociali, ha rappresentato l'esigenza - motivata dalla necessità di svolgere ulteriori approfondimenti istruttori e sulla quale hanno convenuto gli uffici di presidenza delle Commissioni medesime - di rinviare ad altro calendario l'inizio dell'esame in Assemblea della proposta di legge n. 536, in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e di misure rieducative dei minori, la cui discussione generale è prevista, dal vigente calendario dei lavori dell'Assemblea, nella seduta di lunedì 27 marzo.
Nella giornata odierna la proposta di legge Serracchiani ed altri n. 103 è stata ritirata e, quindi, non figurerà all'ordine del giorno delle sedute della prossima settimana.
Nella giornata odierna si concluderà l'esame in sede referente del disegno di legge n. 939, di conversione in legge del decreto-legge n. 16 del 2023 in materia di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina.
Tenuto conto di tali elementi e sulla base delle intese intercorse tra i gruppi, è stata convenuta la seguente riarticolazione dei lavori dell'Assemblea per la settimana 27-31 marzo:
Lunedì 27 marzo (12.30 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)
Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 939 – Conversione in legge del decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16, recante disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina (da inviare al Senato – scadenza: 1 maggio 2023)
Martedì 28 marzo (ore 11)
Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.
Martedì 28 (ore 15-20, con prosecuz ione notturna dalle 21 alle 24)
Seguito dell'esame del disegno di legge n. 939 – Conversione in legge del decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16, recante disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina (da inviare al Senato – scadenza: 1 maggio 2023)
M ercoledì 29 (ore 9,30 e pomeridiana, con prosecuzione notturna) e giovedì 30 marzo (ore 9,30-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24, ed eventualmente nella giornata di venerdì 31 marzo )
Esame del disegno di legge n. 889 – Conversione in legge del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, recante misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (da inviare al Senato – scadenza: 17 aprile 2023) (con votazioni, nella giornata di mercoledì 29, non prima delle ore 16)
Eventuale seguito dell'esame del disegno di legge n. 939 – Conversione in legge del decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16, recante disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina (da inviare al Senato – scadenza: 1 maggio 2023)
Mercoledì 29 marzo (ore 15)
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
Venerdì 31 marzo (ore 9,30)
Svolgimento di interpellanze urgenti.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Venerdì 24 marzo 2023 - Ore 9,30:
1. Svolgimento di interpellanze urgenti .
La seduta termina alle 12,50.
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):
nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 8 e dalla n. 10 alla n. 16 il deputato Furgiuele ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 3 la deputata Frijia ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;
nelle votazioni nn. 5 e 6 il deputato Bonelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 6 la deputata Pastorella ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 7 il deputato Billi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 9 il deputato Furgiuele ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;
nella votazione n. 8 e nelle votazioni dalla n. 10 alla n. 16 il deputato Pisano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 9 il deputato Pisano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;
nella votazione n. 10 il deputato Nevi ha segnalato che ha erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 16 il deputato Benvenuti Gostoli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 19 il deputato Lampis ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nominale | PDL 665-A E ABB. - ARTICOLO 1 | 221 | 218 | 3 | 110 | 218 | 0 | 57 | Appr. |
2 | Nominale | ARTICOLO 2 | 224 | 222 | 2 | 112 | 222 | 0 | 57 | Appr. |
3 | Nominale | ARTICOLO 3 | 229 | 227 | 2 | 114 | 227 | 0 | 57 | Appr. |
4 | Nominale | ARTICOLO 4 | 231 | 229 | 2 | 115 | 229 | 0 | 57 | Appr. |
5 | Nominale | ARTICOLO 5 | 235 | 233 | 2 | 117 | 233 | 0 | 57 | Appr. |
6 | Nominale | ARTICOLO 6 | 235 | 233 | 2 | 117 | 233 | 0 | 57 | Appr. |
7 | Nominale | PDL 665-A E ABB. - VOTO FINALE | 245 | 245 | 0 | 123 | 245 | 0 | 57 | Appr. |
8 | Nominale | DOC XXII N 11 E SS-A - EM 1.101 RIF | 246 | 213 | 33 | 107 | 213 | 0 | 57 | Appr. |
9 | Nominale | EM. 1.100 | 249 | 247 | 2 | 124 | 115 | 132 | 57 | Resp. |
10 | Nominale | EM. 1.102 | 248 | 246 | 2 | 124 | 245 | 1 | 57 | Appr. |
11 | Nominale | ARTICOLO 1 | 245 | 242 | 3 | 122 | 242 | 0 | 57 | Appr. |
12 | Nominale | ARTICOLO 2 | 245 | 242 | 3 | 122 | 242 | 0 | 57 | Appr. |
13 | Nominale | ARTICOLO 3 | 247 | 244 | 3 | 123 | 244 | 0 | 57 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 17) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nominale | ARTICOLO 4 | 246 | 243 | 3 | 122 | 243 | 0 | 57 | Appr. |
15 | Nominale | ARTICOLO 5 | 248 | 245 | 3 | 123 | 245 | 0 | 57 | Appr. |
16 | Nominale | ARTICOLO 6 | 247 | 244 | 3 | 123 | 244 | 0 | 57 | Appr. |
17 | Nominale | DOC. XXII N. 11 E SS.-A - VOTO FIN. | 212 | 212 | 0 | 107 | 212 | 0 | 57 | Appr. |