XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la legge 3 agosto 2022, n. 1291 ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), in attuazione della riforma prevista nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR, al fine di rispondere ai cambiamenti derivanti dall'evoluzione del Sistema sanitario nazionale;
la Missione 6, Componente 2 del PNRR, riguarda il tema dell'Innovazione, Ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale e si riferisce espressamente alla revisione e all'aggiornamento dell'assetto regolamentare e del regime giuridico di tali Istituti e delle politiche di ricerca del Ministero della salute, con l'obiettivo di rafforzare il rapporto fra ricerca, innovazione e cure sanitarie;
a seguito di tale legge è stato approvato il decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 200 «Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico» che introduce criteri e standard internazionali per il riconoscimento e la conferma del carattere scientifico di IRCCS, con la valutazione dell'impact factor, della complessità assistenziale e dell'indice di citazione, per garantire la presenza di sole strutture di eccellenza, nonché definisce le modalità di individuazione del bacino minimo di riferimento atte a rendere la valutazione per l'attribuzione della qualifica IRCCS più coerente con le necessità dei diversi territori;
attualmente gli IRCCS sono 53 di cui 23 pubblici e 30 diritto privato (nel 2003 erano 35) accomunati da una attività di ricerca che deve trovare necessariamente sbocco in applicazioni terapeutiche ospedaliere e afferiscono alle seguenti aree: cardiologia, dermatologia, diagnostica immagini, farmacologia, gastroenterologia, genetica, geriatria, malattie infettive, medicina della complessità, neurologia, neuro riabilitazione, oculistica, oncologia, ortopedia, pediatria, psichiatria, riabilitazione;
attualmente non vi è alcun IRCCS che si occupi di studiare le patologie legate agli agenti ambientali nonostante queste siano in continuo aumento e il rapporto con l'ambiente è una delle determinanti fondamentali dello stato di salute della popolazione umana;
comprendere quali siano gli elementi da tenere in considerazione, da un punto di vista epidemiologico, per valutare l'impatto di diversi fattori sullo stato di salute è un compito molto complesso. È solo tramite l'incrocio tra dati ambientali, territoriali e urbanistici, epidemiologici, della mortalità così come di altri indicatori sanitari, demografici, culturali e sociali che si può tracciare, per una determinata popolazione, una serie di scenari possibili utili a regolare e a prevedere, quando necessario, azioni di politica sanitaria che migliorino la salute della popolazione e limitino i danni derivanti da specifiche componenti ambientali;
in generale, la prevenzione delle malattie di origine ambientale richiede uno sforzo complesso di azione sia sui comportamenti e gli stili di vita, che sulle norme e le misure istituzionali che consentono di garantire la sicurezza della popolazione esposta ai rischi ambientali;
in particolare l'approccio «One Health» affronta i bisogni delle popolazioni sulla base della relazione tra la loro salute, la salute dei loro animali e l'ambiente in cui vivono, considerando l'ampio spettro di determinanti che da questa relazione emerge;
pur essendo cresciuto notevolmente il numero degli IRCCS (la loro dislocazione sul territorio nazionale è disomogenea con una maggiore concentrazione nelle regioni del Nord rispetto a quelle del Sud), il fondo della ricerca è rimasto sostanzialmente costante negli anni con la conseguenza che il finanziamento si è ridotto di circa il 50 per cento e dai 5 milioni di euro del 2000 quale media di finanziamento per ciascun istituto si è arrivati agli attuali 1,9 milioni;
ciò nonostante gli istituti in questi anni hanno comunque mantenuto standard di qualità e di crescita dimostrato dal sempre crescente impatto che gli stessi hanno sulla produzione scientifica di respiro internazionale;
per il riconoscimento di nuovi IRCCS il decreto legislativo stabilisce che il Ministero della salute sia chiamato a valutare la compatibilità dell'istanza rispetto al fabbisogno nazionale delle prestazioni di eccellenza e di ricerca sanitaria, nonché a verificare la sussistenza del bacino minimo di utenza per MDC, tenendo conto delle caratteristiche epidemiologiche della popolazione insistente nell'area di riferimento;
tale procedura è necessaria al fine di rendere la valutazione per l'attribuzione della qualifica IRCCS maggiormente oggettiva e coerente con le necessità dei diversi territori, stimolando così l'ingresso nei sistema IRCCS di soggetti giuridici in possesso di requisiti il più oggettivi possibile, evitando concentrazioni di IRCCS nella medesima regione e favorendo al contempo una distribuzione degli stessi più equilibrata sul territorio nazionale;
inoltre, è di massima importanza in materia di nuovi riconoscimenti la previsione secondo cui in sede di riparto del fabbisogno sanitario nazionale standard può essere vincolata una quota per il finanziamento della ricerca degli stessi IRCCS, nel rispetto della programmazione delle attività e dei volumi degli stessi Istituti;
in tale modo si prevede che l'ingresso nel sistema di nuovi IRCCS sia accompagnato da un meccanismo di integrazione del finanziamento della ricerca sanitaria, funzionale al miglioramento qualitativo delle prestazioni assistenziali erogate, affinché l'ampliamento del panorama degli istituti non determini un eccessivo frazionamento delle risorse per la ricerca sanitaria con possibile pregiudizio dei livelli di eccellenza clinica e di ricerca,
impegna il Governo
1) qualora si ravvisasse la necessità di istituire nuovi Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, in particolare per quanto riguarda le patologie correlate con l'ambiente, in ragione di una maggiore tutela della salute delle persone, a collocarli in quei territori ove maggiore sia la carenza di tali istituti, in particolare per quanto riguarda le regioni del sud Italia, e ad accompagnare a tale riconoscimento un adeguato finanziamento del Fondo sanitario nazionale, al fine di evitare un'ulteriore diminuzione del finanziamento medio attualmente pari a 1,9 milioni per istituto.
(1-00105) «Furfaro, Malavasi, Stumpo, Ciani, Girelli, Simiani, Curti, Di Sanzo, Ferrari, Fornaro».
La Camera,
premesso che:
l'Italia è fra i peggiori Paesi in Europa per dispersione scolastica. Secondo i dati diffusi nel maggio 2021 dall'allora Miur a lasciare la scuola media e superiore sono soprattutto i maschi, gli alunni stranieri, i residenti nel Mezzogiorno e coloro che sono in ritardo scolastico. Tra gli anni scolastici 2018/2019 e 2019/2020 hanno abbandonato: lo 0,93 per cento degli alunni frequentanti la scuola secondaria di I grado a inizio anno scolastico e il 3,33 per cento degli alunni frequentanti la scuola secondaria di II grado a inizio anno scolastico. In pratica 102 mila studenti hanno abbandonato la scuola italiana in un solo anno scolastico. Un dato preoccupante, destinato ad accumularsi a quelli dei periodi precedenti. Considerando il genere degli alunni, si osservano differenze nei tassi di dispersione riportati da maschi e femmine. Per la popolazione studentesca maschile si calcola un abbandono complessivo del 4 per cento e per la popolazione femminile del 2,6 per cento. Analizzando il fenomeno geograficamente, per la scuola secondaria di II grado le regioni del Meridione riportano mediamente la percentuale di abbandono complessivo più elevata, pari al 4 per cento per le regioni insulari e al 3,4 per cento per quelle del Sud. Il Nord Ovest presenta una percentuale di abbandono del 3,4 per cento, le regioni dell'Italia centrale in media del 3 per cento e quelle del Nord Est del 2,9 per cento. Tra le regioni spiccano Sardegna, Campania e Sicilia con punte rispettivamente del 4,5 per cento, del 4,1 per cento e del 3,9 per cento, mentre le percentuali più basse si evidenziano in Molise, Basilicata, Umbria, Abruzzo con valori al di sotto del 2,5 per cento. Nel Nord Ovest la percentuale di abbandono per gli alunni maschi è stata del 4,2 per cento e per le femmine del 2,7 per cento, nel Nord Est è stata pari al 3,5 per cento per i maschi e al 2,3 per cento per le femmine. Nelle regioni centrali è stata mediamente pari al 3,7 per cento per gli alunni maschi e al 2,2 per cento per le femmine, nel Sud al 4 per cento per i maschi e al 2,8 per cento per le femmine e nelle regioni insulari è stata mediamente pari al 4,9 per cento per i maschi e al 3,1 per cento per le femmine;
altri dati, provenienti da Eurostat, dicono che nel 2021 il 12,7 per cento dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente la scuola, fermandosi alla licenza media. È un dato importante, considerata la media europea del 9,7 per cento e il fatto che l'Italia si trova agli ultimi posti della classifica. Anche in questo caso le differenze sono legate al territorio, all'ambiente sociale di origine, al genere e alla cittadinanza. Un ultimo elemento importante nell'analisi della dispersione scolastica è l'età degli alunni. Dai dati emerge infatti che il ritardo scolastico, per bocciature o altre cause, può essere un fattore che precede l'abbandono. Per la scuola superiore, infine, il fenomeno si differenzia tra i vari percorsi di studio. Il tasso di dispersione scolastica più contenuto si registra nei licei (1,6 per cento), seguiti dagli istituti tecnici (3,8 per cento) e dagli istituti professionali (7,2 per cento). La percentuale di abbandono più elevata riguarda i percorsi regionali leFP (corsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale), con un abbandono complessivo del 7,9 per cento. Il momento più critico è la transizione tra le medie e le superiori. Nel delicato passaggio tra i due cicli scolastici sono 6.322 gli alunni che hanno abbandonato la scuola, pari all'1,14 per cento di coloro che hanno frequentato il terzo anno della media;
esiste anche una dispersione scolastica implicita: riguarda gli studenti che imparano male, poco o in modo irregolare. Secondo un recente rapporto di Save the Children «Alla ricerca del tempo perduto» il 9,7 per cento degli studenti con un diploma superiore nel 2022 si ritrova in condizioni di dispersione «implicita», cioè senza le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell'Università. Dalla pubblicazione emergono forti disuguaglianze territoriali, «un fil rouge in negativo che attraversa le diverse dimensioni della povertà educativa in Italia». Prendendo in esame la dispersione implicita al termine del ciclo scolastico della scuola superiore, nelle regioni meridionali, nonostante una riduzione consistente avvenuta nell'ultimo anno in particolare in Puglia (-4,3 per cento) e in Calabria (-3,8 per cento), permangono percentuali di «dispersi» alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8 per cento in Campania. Considerando poi le competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60 per cento degli studenti non raggiunge il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70 per cento degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. In regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, inoltre, i Neet (15-29enni che non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione) hanno superato i coetanei che lavorano (tre giovani Neet ogni due giovani occupati);
il rapporto «Alla ricerca del tempo» perduto analizza anche alcuni indicatori «strutturali» che riguardano la scuola, come la presenza di mensa scolastica e tempo pieno, palestra e certificato di agibilità, mettendo in evidenza la correlazione positiva tra la qualità dell'offerta in termini di strutture e tempo scuola e il livello di apprendimento conseguito dagli studenti. Mettendo a confronto le dieci province italiane con l'indice di dispersione «implicita» più bassa e più alta, si rileva come nelle province dove l'indice di dispersione «implicita» è più basso, le scuole primarie sono dotate di certificato di agibilità (47,9 per cento contro 25,3 per cento) e hanno assicurato ai bambini: maggior offerta di tempo pieno, frequentato dal 31,5 per cento degli studenti contro il 24,9 per cento nelle province ad alta dispersione; maggior numero di mense (il 25,9 per cento delle scuole contro il 18,8 per cento); maggior numero di palestre (42,4 per cento contro 29 per cento). «Questa correlazione – si legge nel sito di Save the Children – appare ancora più rilevante se si considerano i minori svantaggiati dal punto di vista socioeconomico». Infatti, la dispersione «implicita» risulta significativamente inferiore in quelle province italiane dove almeno la metà degli alunni della scuola primaria frequentano il tempo pieno e almeno la metà delle scuole ha la mensa;
non riuscire a comprendere il significato di un testo scritto, non saper svolgere un ragionamento logico e non saper fare un semplice calcolo aritmetico rappresenta un dramma non solo per il sistema di istruzione e per lo sviluppo economico, ma per la tenuta democratica di un Paese. I più colpiti sono gli studenti delle famiglie più povere, quelle che vivono al sud e quelle con background migratorio. Inoltre, la pandemia ha prodotto un vero tracollo degli apprendimenti degli studenti, soprattutto nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. Apprendimenti che, già prima della crisi sanitaria, disegnavano la mappa di un Paese disuguale, incapace di garantire equità nelle opportunità di crescita. Le profonde diseguaglianze territoriali nelle opportunità di crescita dei bambini, delle bambine e degli adolescenti che attraversano l'Italia, incidono da subito sullo sviluppo e il benessere dei più piccoli, generando una «ingiustizia generazionale» fin dalla più tenera età;
vivere in aree svantaggiate, come quartieri di periferia, città satellite, aree interne, pregiudica le aspirazioni e la crescita dei minori oltre che delle comunità. Con il paradosso che proprio nelle aree dove si concentra la povertà minorile, la rete dei servizi socio-educativi, che dovrebbe essere più solida, è estremamente debole, accentuando i divari di partenza;
negli anni il sistema dell'istruzione e della formazione è stato oggetto di un processo di snaturamento, rispetto alle finalità di liberazione ed emancipazione che la Costituzione gli assegna. Impoverito, precarizzato, burocratizzato e piegato alle logiche del mercato. Non si tratta di una questione settoriale, ma di uno snodo decisivo per il futuro delle giovani generazioni e della stessa democrazia; perché il modello di formazione è una pietra angolare del modello di società che si intende costruire, nelle relazioni sociali e intellettuali, nelle forme del lavoro e della vita, persino – visto l'impatto che, fin dall'infanzia, le tecnologie virtuali e digitali hanno sui processi di conoscenza e sull'universo emotivo – sul tipo di umanità che abiterà la Terra dai prossimi decenni;
a determinare il successo scolastico concorrono da un lato le capacità dello studente, dall'altro una serie di componenti su cui è possibile agire. Per citarne solo alcune, il contesto famigliare, la qualità degli insegnanti, i metodi di insegnamento, i fattori ambientali. Tra questi ultimi c'è sicuramente quello della dimensione delle classi. Come è noto, il problema delle cosiddette classi pollaio è cresciuto in modo esponenziale a seguito dell'applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con legge n. 133 del 2008, che ha incrementato di un punto, nel triennio 2009/2011, il rapporto alunni/docente per classe (dall'8,94 del 2008 al 9,94 del 2021). Il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 ha poi tradotto in legge le conseguenze del piano di razionalizzazione che l'articolo 64 del decreto-legge 112 del 2008 già prevedeva. Per la scuola dell'infanzia il limite massimo può arrivare a 29 bambini per sezione, per la scuola primaria a 27 alunni per classe, per la scuola secondaria di I grado a 28 alunni per classe, per la secondaria di II grado a 30 studenti per classe fino ad un incremento del 10 per cento;
secondo il dossier di Tuttoscuola «Classi pollaio: ora basta» del 2021, la massima concentrazione di classi pollaio è nei primi anni delle superiori. Con riferimento a tutti gli indirizzi, nel primo anno della scuola secondaria di II grado nell'anno 2020-21 le classi con oltre 26 studenti sono state complessivamente 3.652, pari al 14,8 per cento delle 24.613 prime classi esistenti. Un dato che fa riflettere: al primo anno delle superiori le classi pollaio sono il 15 per cento circa del totale. Nell'anno scolastico 2020-21 sono stati i licei scientifici ad avere il maggior numero di classi numerosi, seguiti dai licei classici, dagli istituti tecnici e, infine, dagli istituti professionali;
come sottolineato nel XX Rapporto «Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola» presentato da Cittadinanzattiva, eliminare le classi sovraffollate è certamente una condizione dalla quale non si può prescindere se si vuole lavorare per una scuola di qualità, che favorisca l'apprendimento personalizzato, un ruolo attivo degli studenti, una forte motivazione e strumenti adeguati agli insegnanti, e altro;
inoltre, la riduzione della numerosità delle classi può favorire il distanziamento, la sicurezza dal punto di vista fisico e della salute, e delle condizioni favorevoli per la didattica e per l'apprendimento. Ormai al terzo anno scolastico con la pandemia da COVID-19 desta amarezza dover constatare che su questo fronte è cambiato davvero molto poco. La pandemia da COVID-19 pur nella drammaticità dei tanti effetti negativi che ha provocato, poteva rappresentare un'opportunità per rimettere la scuola al centro, per ripensarne la sua finalità, gli approcci pedagogici, ed anche i suoi spazi interni, esterni, digitali oltre che la sicurezza, la salute ed il benessere dei suoi occupanti;
è gravemente indicativo, a questo proposito, che il precedente Presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel motivare il taglio all'istruzione (nell'ultimo Def), abbia fatto riferimento al calo demografico, acquisendo come dato di fatto, puramente economico, l'impossibilità di tante giovani coppie di fare figli e ignorando del tutto la possibilità di ripensare, con numeri ridotti nelle classi, la qualità e l'inclusività della didattica;
fin dalla sua introduzione nell'ordinamento, all'inizio degli anni '70 con la legge n. 820 del 1971, il tempo pieno è stato considerato funzionale a 2 obiettivi. Da un lato, rendere possibile una migliore conciliazione dei tempi lavorativi per le famiglie, anche nell'ottica di incentivare l'occupazione femminile. Allo stesso tempo, fin dall'introduzione della legge, è stata chiara la valenza didattica e formativa di queste ore aggiuntive. Difatti, il tempo pieno contribuisce allo sviluppo delle competenze cosiddette non-cognitive, sociali ed emozionali. Inoltre, soprattutto se garantito a quei minori più svantaggiati, risulta essere una delle misure più efficaci per combattere la dispersione scolastica;
a distanza di oltre 50 anni, sebbene oltre 4 nuovi iscritti su 10 alla scuola elementare optino per il tempo pieno, la distribuzione delle richieste è molto differenziata sul territorio nazionale. Prendendo il dato delle richieste di iscrizione all'anno scolastico 2019/20 (l'ultimo prima della pandemia), si va dal 59,6 per cento delle opzioni a 40 ore nel Lazio al 12,9 per cento delle preferenze in Molise. Dai dati però, il tempo pieno risulta garantito in meno della metà delle scuole primarie, ed una percentuale ancora più limitata di scuole secondarie offre il tempo prolungato. Inoltre, è spesso il risultato di iniziative individuali, la cui esistenza e sopravvivenza è strettamente legata alla volontà dei dirigenti e dei docenti. È quindi fondamentale investire nelle risorse umane e nella loro formazione. Spiccano in positivo, con percentuali sopra al 60 per cento Roma, Firenze, Prato, Bologna Modena, Imperia e Torino, con le punte di Milano, Lodi e Monza Brianza che si attestano dall'80 per cento in su. Sarebbe importante garantire che tutte le classi della scuola primaria, su tutto il territorio nazionale, possano offrire il tempo pieno;
per raggiungere entro il 2025 l'obiettivo europeo di 33 posti in asilo nido ogni 100 bambini l'Italia dovrebbe crearne almeno altri 100.000 nei prossimi 3 anni. Ma per andare incontro alle esigenze delle famiglie non basterebbe un aumento generico: servirebbe una crescita soprattutto nelle regioni del Sud, lontane dalla media italiana del 26,3 per cento e lontanissime da quella europea del 35,3 per cento. Nel Mezzogiorno è la Campania a detenere il primato negativo, con 9 posti ogni 100 bimbi;
in Italia resta ancora molta strada da fare per garantire un'equa accessibilità dei servizi per l'infanzia dal punto di vista socio-economico: infatti i tassi di frequenza del nido crescono all'aumentare della fascia di reddito delle famiglie e sono decisamente più alti se la madre lavora e se i genitori hanno un titolo di studio elevato. Investire nella prima infanzia con servizi educativi di buona qualità è essenziale per contrastare le disuguaglianze di partenza e consentire a tutti i bambini e le bambine di sviluppare appieno le proprie capacità;
un recente studio della società di investimento Moneyfarm, pubblicato ad ottobre 2022, ha cercato di quantificare a quanto ammontino le spese legate all'istruzione che le famiglie italiane debbono sostenere per un figlio dal nido fino all'università, considerando anche la necessità di dare ai ragazzi una formazione che comprenda quelle soft skills sempre più ricercate nel mercato del lavoro; da questo studio emerge come per un percorso di studio «standard», presso gli enti di pubblica istruzione della città in cui si è residenti, sia necessario un investimento di circa 53.000 euro, considerate rette, costo dei libri e dei materiali didattici, l'acquisto di device informatici e alcune attività extrascolastiche come lezioni di inglese e attività sportive; tali costi possono arrivare fino a 700.000 euro nel caso di frequenza presso strutture private e università straniere. È quindi evidente la necessità di garantire la completa gratuità del percorso di istruzione presso le strutture pubbliche, al fine di garantire l'esigibilità reale del diritto allo studio e di contrastare la crescita sempre più veloce delle diseguaglianze sociali;
recentemente molti dirigenti scolastici e alcuni sindacati studenteschi hanno anche segnalato il problema dell'accesso ai viaggi di istruzione: questi viaggi spesso non sono per tutti e tutte, soprattutto a causa dei loro costi aumentati a causa dell'inflazione. Alcuni istituti hanno messo in atto strategie per cercare di aggirare questi ostacoli che in alcuni casi impediscono la partecipazione anche del 50 per cento degli studenti e studentesse, proponendo viaggi d'istruzione che prevedono destinazioni in Italia, generalmente più economiche – anche se si parla comunque di una spesa di 400 euro per una gita – o mettendo a disposizione delle famiglie un «fondo di solidarietà». Lasciare ai singoli istituti l'onere di stabilire come gestire questo problema però non garantisce pienamente il diritto allo studio dei ragazzi e incrementa le differenze;
l'elevamento dell'obbligo scolastico fino al diciottesimo anno d'età rientrerebbe pienamente nel dettato costituzionale, che obbliga lo Stato ad attivare interventi finalizzati a consentire a tutti i cittadini il raggiungimento dei gradi più alti degli studi. Esso è coerente con gli obiettivi dell'Unione europea finalizzati a ridurre il tasso di abbandono scolastico e ad elevare significativamente il numero dei giovani in possesso di laurea;
a tal proposito, dai dati Istat del 2021 emerge come solo il 20,1 per cento della popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni possiede una laurea contro una media del 32,8 per cento nell'Unione europea. Questo dato è tanto più grave se si tiene conto della differenziazione geografica, infatti la percentuale di laureati è più alta al Nord (21,3 per cento) e al Centro (24,2 per cento) rispetto al Mezzogiorno (16,2 per cento) ma in ogni caso inferiore ai valori europei. Tali dati rappresentano una minaccia allo sviluppo economico del Paese, in quanto la povertà di competenze e di personale qualificato è uno dei fattori che indeboliscono l'Italia nella competizione internazionale. Emerge quindi con chiarezza la necessità di riformare le politiche di orientamento nella scuola al fine di favorire la crescita del numero di studenti che scelgono di proseguire gli studi dopo la scuola secondaria di secondo grado e contemporaneamente di garantire che tale scelta sia adeguatamente sostenuta attraverso un nuovo e più forte welfare studentesco;
il decreto legislativo n. 77 del 2005 definisce l'alternanza scuola-lavoro come l'offerta formativa del secondo ciclo d'istruzione atta ad assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. Nello spirito della legge l'organizzazione/impresa/ente che ospita lo studente dovrebbe assumere il ruolo di contesto di apprendimento complementare a quello dell'aula e del laboratorio. Attraverso la partecipazione diretta al contesto operativo, quindi, si dovrebbero realizzare la socializzazione e la permeabilità tra i diversi ambienti, nonché gli scambi reciproci delle esperienze che concorrono alla formazione della persona, al fine di favorire l'orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali. Ma la realtà deve fare i conti con un mercato del lavoro che chiede sempre più manodopera non qualificata e a basso costo e, quindi, l'esperienza dei ragazzi si allontana da ogni profilo formativo e da ogni terreno di crescita e di progresso;
è sempre più evidente l'estraneità di questa esperienza rispetto al percorso scolastico e di formazione dello studente. Infatti, la mancanza di una reale discussione sugli obiettivi formativi e sui programmi ha alimentato una sovrapposizione tra didattica scolastica ed extrascolastica, in luogo di una collocazione dell'alternanza all'interno dell'orario curricolare;
nel solo anno 2022 le tragiche e inaccettabili morti di Lorenzo Parelli, Giuseppe Lenoci e Giuliano De Seta, tre giovani studenti in alternanza scuola lavoro, sono emblematiche dei problemi che attraversano questa attività: per nessun motivo studentesse e studenti durante il proprio percorso scolastico possono essere messi a rischio negli ambienti produttivi, mai l'alternanza scuola lavoro può trasformarsi in lavoro, per giunta non retribuito;
la percezione del decadimento del benessere lavorativo dei docenti italiani è aumentata negli ultimi anni. Con benessere lavorativo si intende il carico di lavoro, le condizioni di servizio, il senso di sicurezza e gli aspetti relazionali con colleghi, alunni e genitori. Va affermata con forza la centralità della didattica nell'impegno quotidiano di chi vive la scuola, sia come insegnante che come studente. Il tema della sburocratizzazione, della semplificazione a carico del docente e del dirigente scolastico è un tema centrale che deve essere affrontato. La quotidianità degli insegnanti è sempre più appiattita su mansioni di carattere organizzativo e impiegatizio, a scapito, ovviamente, della formazione degli studenti;
secondo il Rapporto annuale sull'educazione nei paesi sviluppati dell'OCSE, lo stipendio medio annuo lordo di un insegnante di scuola primaria in Italia è di 36.800 euro, mentre la media europea è di 42.599 euro. I dati sulla scuola media sono simili con 39.463 euro contro i 45.015 della media europea. Utilizzando un algoritmo per calcolare il salario a parità di potere d'acquisto e tenendo conto dell'inflazione, emerge dal Rapporto una forte penalizzazione dei docenti italiani rispetto ai colleghi europei. Dal 2010 al 2021 la retribuzione dei docenti di scuola media è diminuita di circa sei punti a fronte di un incremento di due punti nel resto dell'Unione europea. Va inoltre considerato che gli stipendi di ingresso per una famiglia monoreddito (1360 euro alla primaria, 1471 alle superiori) al limite delle soglie di povertà stabilite da ISTAT nel 2021 e ben al di sotto di tali soglie in caso di famiglie con almeno due figli. Ha suscitato clamore la dichiarazione del Ministro dell'istruzione e del merito Valditara, il quale ha affermato: «Chi vive e lavora in una regione d'Italia in cui più alto è il costo della vita, potrebbe guadagnare di più», proponendo di fatto una differenziazione territoriale delle retribuzioni degli insegnanti pubblici. Differenziazioni retributive basate essenzialmente sul costo della vita non hanno alcuna motivazione plausibile: va salvaguardato il principio per cui allo stesso lavoro corrisponde la stessa retribuzione e scongiurato il pericolo di una sperequazione tra le scuole delle aree più ricche e le scuole delle aree più povere;
le nuove norme in materia di dimensionamento scolastico, introdotte con la legge n. 197 del 2022, stabiliscono criteri penalizzanti per la definizione dell'organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, anche rispetto alla distribuzione territoriale dello stesso. Sono molte le regioni che hanno protestato e i consigli comunali in cui sono stati approvati ordini del giorno in cui si chiede di rivedere le previsioni per salvaguardare i territori a minore densità demografica. I nuovi criteri infatti produrranno di fatto difficoltà nelle aree già maggiormente penalizzate del Paese come il Meridione e le aree interne montane e appenniniche, obbligando all'accorpamento delle istituzioni scolastiche con meno di 900 iscritti e quindi potenzialmente delle sedi di molti istituti; operando per questa via una riduzione che può arrivare a lambire il 50 per cento dei dirigenti scolastici e dei servizi generali e amministrativi,
impegna il Governo:
1) al fine di migliorare la qualità didattica e il processo di formazione delle alunne e degli alunni, contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica, garantire il successo formativo, oltre che evitare un eccessivo affollamento nelle aule, sia per ragioni sanitarie sia per ragioni didattiche, ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere, con un opportuno intervento normativo, di fissare a 18 il numero massimo di alunni per ogni classe di ogni ciclo della scuola italiana;
2) a prevedere l'introduzione del tempo pieno in tutti gli istituti scolastici della scuola primaria dello Stato e a garantire, in ciascuna di queste scuole, una percentuale aggiuntiva dell'organico docente e ATA non inferiore al 20 per cento dell'organico attuale;
3) a prevedere l'introduzione del tempo prolungato pomeridiano nei cicli scolastici della scuola secondaria di I e II grado, basato sull'istituzione di cattedre orario comprensive delle ore di insegnamento e del tempo mensa, per almeno tre giorni a settimana;
4) ad adottare iniziative di competenza volte a mettere, con apposito provvedimento normativo, ciascun comune della Repubblica italiana in condizione di garantire ai cittadini della fascia 0-6 anni l'effettivo diritto allo studio e, quindi, l'accesso alla scuola, che deve essere considerata parte integrante del processo formativo di crescita e non più servizio a domanda individuale;
5) ad adottare le iniziative di competenza volte ad elevare progressivamente l'obbligo scolastico fino all'età di diciotto anni e, conseguentemente, ad elevare progressivamente l'età per l'accesso al lavoro con qualsiasi forma di contratto individuale;
6) ad adottare le iniziative di competenza per riformare il sistema di orientamento nella scuola tenendo conto dell'obiettivo di aumentare il numero dei laureati per portarlo almeno al livello della media europea;
7) a prevedere la totale gratuità della formazione scolastica, dall'asilo nido fino all'assolvimento dell'obbligo scolastico, al fine di assicurare il diritto allo studio, prevedendo anche la gratuità dei libri di testo fino all'ultimo anno di obbligo scolastico;
8) ad adottare iniziative per prevedere l'istituzione del fondo di solidarietà per i viaggi di istruzione presso il Ministero dell'istruzione e del merito da ripartire, sulla base dell'indice di disagio sociale, tra i diversi istituti di scuola secondaria di primo e secondo grado e prevedere l'estensione dell'utilizzo della Carta della cultura giovani ai viaggi di istruzione;
9) a riformare radicalmente i Pcto, «Percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento», per riportare il valore della laboratorialità al centro del percorso di istruzione, eliminando l'obbligo delle attività per gli studenti;
10) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse per il rinnovo del contratto del personale del comparto istruzione in misura sufficiente a prevedere l'adeguamento degli stipendi all'inflazione e ad innalzare tutti i salari fino al livello della media europea;
11) ad adottare iniziative volte a rivedere i criteri per la definizione del «dimensionamento scolastico» contenuti nella legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197) nei prossimi provvedimenti utili, al fine di scongiurare l'accorpamento delle sedi e il dimezzamento del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi;
12) a prevedere progetti speciali, adeguatamente finanziati, per il contrasto alla dispersione scolastica in quelle zone del Paese in cui la percentuale di abbandono tra i 18 e i 24 è superiore alla media europea del 9,7 per cento;
13) a salvaguardare l'autonomia della comunità educante, la libertà di insegnamento e l'eguale diritto all'istruzione di tutti i giovani e le giovani residenti in Italia, garantendo al sistema d'istruzione adeguato finanziamento pubblico, distribuito in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, e scongiurando la possibilità che l'istituzione scolastica possa venir meno alla sua missione universalista a causa della differenziazione regionale dei percorsi didattici o per rispondere agli interessi di soggetti privati di natura economica.
(1-00106) «Piccolotti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
la riforma 1.3 «Riforma dell'organizzazione del sistema scolastico» della Missione 4, Componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza intende intervenire su due aspetti strategici: il numero delle studentesse e degli studenti per classe e il dimensionamento della rete scolastica;
tale riforma è stata adottata attraverso l'approvazione della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) secondo cui il Ministero dell'istruzione e del merito determinerà, a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni;
le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto;
l'applicazione dei parametri implica una importante variazione in negativo dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi che, se non concertata, potrebbe portare ad una limitazione dell'autonomia delle amministrazioni regionali in materia di organizzazione della rete scolastica;
il fenomeno della denatalità porterà ad una costante riduzione del numero degli iscritti alle scuole nei prossimi anni tanto che nei prossimi 15 anni la popolazione scolastica dovrebbe ridursi di circa il 15 per cento;
la riforma 1.3. prevede tra le proprie finalità quella di ridurre il numero medio di studenti per classe a vantaggio della qualità dell'insegnamento, il che è possibile esclusivamente mantenendo gli attuali volumi del personale scolastico a fronte della diminuzione del numero degli studenti;
la presenza di personale adeguato permetterebbe di sviluppare idonee specializzazioni del personale scolastico, finalizzate anche a formare personale con compiti di tutoraggio – così come previsto dalla «Carta di Genova» della Conferenza delle regioni e delle province autonome sottoscritta il 2 dicembre 2021 e attuato con il decreto ministeriale di riforma del sistema dell'orientamento scolastico;
le nuove professionalità potrebbero facilitare la promozione e la nascita di percorsi di carriera all'interno delle istituzioni scolastiche e rendere così maggiormente appetibile l'occupazione nell'ambito del sistema di istruzione,
impegna il Governo:
1) a valutare iniziative normative volte ad un adeguamento delle disposizioni di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) affinché sia mantenuto un numero di dirigenti scolastici e DSGA sufficiente a garantire una diminuzione del rapporto di alunni per classe;
2) ad adottare iniziative per definire a livello normativo una diminuzione del numero massimo di allievi per classe per le scuole di ogni ordine e grado ai fini della completa attuazione della «Riforma dell'organizzazione del sistema scolastico» prevista dal PNRR;
3) a salvaguardare, per quanto di competenza, la competenza regionale in materia di organizzazione della rete scolastica garantendo alle amministrazioni regionali margini sufficienti per poter disporre delle proprie autonomie, anche in continuità con la volontà di realizzare l'autonomia differenziata nel corso dell'attuale Legislatura.
(1-00107) «Lupi, Cavo, Bicchielli, Brambilla, Cesa, Alessandro Colucci, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli».
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 557, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (bilancio 2023) modifica la determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici (DS) e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA) e la sua distribuzione tra le regioni a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla missione 4, componente 1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale;
i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito di concerto con a seguito di una modifica apportata dalla Camera, entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento;
nella sostanza la modifica conferma, dandone attuazione, una delle sei riforme previste dal PNRR definite abilitanti per la scuola, in particolare quella relativa al dimensionamento della rete scolastica: il PNRR prevede infatti l'avvio della riorganizzazione del sistema scolastico entro l'anno;
in Italia la scuola perderà un milione e 400 mila studenti nei prossimi 10 anni, secondo dati Censis; le previsioni sulla popolazione tra i tre e i diciotto anni dal 2023 al 2034 indicano un calo di oltre 100 mila studenti l'anno passando, la popolazione scolastica, da oltre otto milioni a meno di sette milioni. Le sedi di dirigenza oggi sono circa 8 mila ed erano ben 12 mila nel 2008 prima dell'emanazione del regolamento sul dimensionamento scolastico (decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009), attuativo 133/2008 e degli ulteriori tagli disposti dalla legge n. 111 del 2011. La riparametrazione della assegnazione delle dirigenze potrebbe attenuare il calo in atto da anni;
senz'altro il riordino in questione avrà, come voluto dal legislatore, impatto sulle reggenze, una autentica grave problematica della scuola. È questo infatti uno dei temi che attanagliano da anni la gestione delle scuole: l'assegnazione di un dirigente scolastico a più istituti scolastici contemporaneamente non solo comporta problemi all'apparato amministrativo ma anche alla didattica; è un problema fluttuante che diminuisce in prossimità dei concorsi dirigenziali e aumenta il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, da adottare, dopo anni dal concorso; ad oggi questa è la situazione in cui si trovano a livello strutturale tutte le scuole con meno di 500 studenti;
i risparmi conseguiti con l'applicazione della nuova disciplina confluiranno, previo accertamento degli stessi, su di un Fondo, costituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito, e possono essere destinati, oltre che al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico, ad incrementare:
il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche; il Fondo unico nazionale (FUN) della dirigenza scolastica;
il Fondo integrativo di istituto, anche con riferimento alle indennità destinate ai direttori dei servizi generali ed amministrativi;
il Fondo «La Buona Scuola» per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica;
in tema di trattamento economico dei docenti massima è l'attenzione di questo Governo che ha integrato l'Atto di indirizzo dell'Accordo sottoscritto con i sindacati in tema di aumento delle retribuzioni del personale scolastico con lo stanziamento di ulteriori 300 milioni;
riguardo la definizione degli organici e la formazione delle classi, in vigenza del decreto del Presidente della Repubblica del 20 marzo 2009 n. 81, negli anni sono stati attuati interventi in deroga in situazione definite di forte disagio sociale e, da ultimo, con il decreto-legge Ricostruzione n. 3 del 2023 che consente ai comuni delle aree del sisma di disporre deroghe specifiche per favorire la formazione delle classi e ridurre il rischio di spopolamento delle aree interessate;
inoltre, resta ferma la necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche;
il contrasto dello spopolamento delle aree interne, delle piccole isole nonché delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche, contestualmente ad un impegno deciso per la tutela e la valorizzazione delle stesse, rappresenta un complesso di finalità prioritarie per una politica pubblica che intenda investire in termini di sensibilità verso il territorio, nonché di cura, attenzione e propensione al dialogo con le comunità ivi presenti;
investire in queste aree significa, anzitutto, ascoltare le esigenze che promanano da questi territori e da queste comunità, ponendo le istituzioni centrali in una posizione di apertura al confronto e al dialogo costante, al fine di garantire il corretto recepimento di istanze e osservazioni, anche di carattere pratico, logistico o di semplice buon senso e, in ogni caso, idonee a fornire elementi utili ad assicurare alle politiche pubbliche gli elementi informativi e conoscitivi necessari a regolare in modo utile e adeguato tali realtà;
è necessario intervenire prevedendo nuove disposizioni per la formazione delle classi nelle scuole primarie e secondarie dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche, con la consapevolezza del ruolo centrale rivestito dalle scuole nelle comunità più piccole, sia per la loro vita culturale e socio-educativa, sia per la loro economia locale,
impegna il Governo:
1) a definire tempestivamente con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, i nuovi parametri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi;
2) a proseguire la strada intrapresa riguardo alla definizione degli organici alla formazione delle classi mediante l'attuazione di deroghe mirate su casi specifici, riservando particolare attenzione alle disposizioni contenute nell'articolo 5 comma 2 decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 20 marzo 2009 in merito alle classi con alunni in situazione di disabilità;
3) ad avviare un processo di revisione dell'articolo 10 comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 riguardo al limite numerico minimo di alunni per la formazione delle classi nelle scuole primarie e secondarie dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche, al fine di garantire l'esistenza delle scuole e lo svolgimento delle attività didattiche e formative anche in tali comunità, nella consapevolezza del ruolo centrale rivestito dalle scuole nelle comunità più piccole, sia per la loro vita culturale e socio-educativa, sia per la loro economia locale;
4) a continuare il processo di valorizzazione economica di tutto il personale scolastico.
(1-00108) «Amorese, Mollicone, Cangiano, Di Maggio, Matteoni, Messina, Perissa, Roscani, La Porta, Zucconi».
La Camera,
premesso che:
gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) sono ospedali che perseguono finalità di ricerca nel campo biomedico e in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, gli IRCCS sono un importante ausilio per il Servizio sanitario nazionale, al quale forniscono supporto tecnico ed operativo per le sue funzioni assistenziali, per la ricerca e per la formazione del personale;
è necessario sostenere la realizzazione di progetti di ricerca in ambito di epidemiologia clinica e ambientale e in particolare l'interazione organismo-ambiente, i determinanti di malattia, gli indicatori di salute a livello globale, le malattie cronico-degenerative ambiente correlate, le misure di frequenza delle malattie dell'uomo, i principali elementi di ecologia e di medicina ambientale delle popolazioni umane;
è ulteriormente necessario raccogliere, documentare e analizzare le evidenze scientifiche utili a capire come le alterazioni ambientali incidano sulla biologia e sulla condizione di salute contribuendo allo sviluppo di politiche per la riduzione degli effetti sulla salute dovuti alle esposizioni ambientali e al miglioramento della qualità del servizio sanitario;
le patologie ambientali rappresentano un tema di rilevante attualità a partire dal territorio locale, tenuto conto che l'OMS ha rilevato che circa il 24 per cento di tutte le malattie a livello globale è dovuto all'esposizione a fattori ambientali;
secondo le stime, più del 33 per cento delle malattie nei bambini al di sotto dei 5 anni è dovuto a fattori ambientali. Prevenire l'esposizione a questi fattori di rischio salverebbe circa 4 milioni di vite all'anno solo fra i bambini, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo;
il rapporto dell'Oms, intitolato «Prevenire le malattie grazie a un ambiente migliore: verso una stima del carico di malattia legato all'ambiente», rappresenta finora il contributo più completo e sistematico su quanto i fattori di rischio ambientali prevenibili possano contribuire a un'ampia gamma di malattie e incidenti. L'analisi è focalizzata sulle cause ambientali delle malattie e su quanto le diverse patologie possano essere influenzate dall'ambiente. I dati mostrano come decessi, malattia e disabilità possano essere effettivamente ridotti ogni anno attraverso una politica ambientale adeguata;
secondo il rapporto Oms, ogni anno sono più di 13 milioni i decessi per cause ambientali che si potrebbero altrimenti prevenire. Nei Paesi più poveri, quasi una morte su tre è dovuta a fattori ambientali. Più del 40 per cento dei decessi per malaria e circa il 94 per cento di quelle per malattie diarroiche (due dei principali killer nel mondo) potrebbero essere prevenuti con una politica ambientale adeguata;
i fattori di stress ambientali sono responsabili per il 12-18 per cento di tutti i decessi nei 53 Paesi della regione Europa dell'Oms, e il 25 per cento di tutte le patologie registrate al mondo sono ambiente;
è prioritario trovare soluzioni per ridurre drasticamente l'inquinamento atmosferico, responsabile oggi di 7 milioni di morti premature ogni anno nel mondo, tutelare la risorsa idrica per qualità e quantità di acqua potabile e per irrigazione, mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute umana e planetaria;
secondo l'Oms ogni 4 secondi e mezzo una persona perde la vita a causa di tumore ai polmoni, malattie cardiache o ictus e nove persone su 10 respirano aria inquinata, 3,6 miliardi di individui non dispongono di servizi igienici adeguati, 2 miliardi non hanno acqua potabile. L'aumento delle temperature e le inondazioni causate dai cambiamenti climatici, poi, metteranno altri 2 miliardi di persone a rischio di infezione da dengue;
secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, nell'anno 2019, circa il 97 per cento della popolazione europea che vive nelle aree urbane è stata esposta a livelli di particolato ritenuto dall'Oms dannoso per la salute;
le patologie dell'apparato cardiovascolare sono la prima causa di morte in Italia per inquinamento; in Italia 35 mila morti per eventi coronarici e infarto miocardico su 120 mila sono attribuibili ad esposizioni ambientali. Su 200 mila casi di ictus cerebrali, 50 mila sono dovuti all'inquinamento. Non meno aggressive e diffuse sono le patologie dell'apparato respiratorio come asma, pneumoconiosi, asbestosi, fibrosi e allergie. Secondo la Sima è accertata anche la correlazione tra inquinamento e patologie riproduttive: l'ipofertilità riguarda 2 milioni d'italiani, l'infertilità 250 mila coppie. Gli agenti inquinanti possono intaccare anche la formazione del feto: i casi di malformazioni congenite in Italia sono 54 mila all'anno, rischio che nelle aree inquinate aumenta fino al 9 per cento. Le polveri sottili aumentano del 15 per cento il rischio di Alzheimer e dell'8 per cento l'insorgenza di morbo di Parkinson;
nei siti inquinati aumenta l'incidenza di tutti i tumori; in questi siti è stato registrato un +29 per cento di tumori polmonari, +36 per cento di tumori testicolari, +50 per cento di linfomi e tumori della mammella, +66 per cento di leucemie. Possono essere determinate da cause ambientali anche le patologie da ipersensibilità, come le allergie, dermatiti e altre reazioni cutanee, quelle del neurosviluppo, come i disturbi dello spettro autistico, le malattie endocrine (diabete giovanile di Tipo 1) e auto-immunitarie (Tiroidite di Hashimoto);
il 23 febbraio 2023, è stato presentato il sesto rapporto Sentieri sullo stato di salute dei 6.227.531 residenti in 46 siti contaminati del Paese, di cui 39 SIN e 7 SIR per un totale di 316 comuni, 15 nel Nord-Est, 104 nel Nord-Ovest, 32 nel Centro e 165 al Sud e Isole. L'analisi condotta nel rapporto conferma, tra il 2013 e il 2017 un rischio di mortalità maggiore del 2 per cento pari a circa 1.668 decessi l'anno, percentuale pressoché costante nel tempo, passando dal 2,7 per cento nel 2006-2013 (quinto rapporto Sentieri) al 2,6 per cento nel periodo più recente (2013-2017) e un eccesso del rischio di ospedalizzazione pari al 3 per cento in entrambi i generi, con una percentuale che riguarda anche la classe di età pediatrico-adolescenziale (0-19 anni) per il 43 per cento delle aree studiate e in età giovanile (20-29 anni) per il 15 per cento delle aree contaminate;
oggi, in Italia, l'inquinamento non riguarda più solo il mare, ma anche le acque interne. I corsi d'acqua sono sempre più ricchi di inquinanti emergenti come metaboliti di farmaci e droghe. Si tratta di oltre 1.300 prodotti, classificati come PFAS (sostanze perfluoroalchiliche, ovvero composti chimici utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all'acqua e ai grassi), che entrando nel ciclo vitale dei pesci e delle piante acquatiche, giungono fino al consumo umano, come anche le nano plastiche utilizzate per farmaci, prodotti cosmetici ed anche per l'abbigliamento;
in Italia, secondo i dati della Società italiana di medicina ambientale, presentati alla vigilia della Giornata mondiale della salute, le morti premature attribuibili all'inquinamento atmosferico sono circa 90 mila ogni anno;
la legge 3 agosto 2022, n. 129 ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di cui al decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288;
i princìpi e i criteri direttivi della legge n. 129 del 2022 promuovono il riconoscimento degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico operanti nell'ambito di ampie aree scientifiche, in grado di intercettare i bisogni dei territori, le necessità del bacino d'utenza nonché di partecipare alle reti di ricerca a livello internazionale;
i dati sopra citati confermano la necessità che la ricerca sulle patologie ambientali sia un tema rilevante e di grande impatto sociale, tale necessità è improrogabile e corrisponde alle criticità nella tutela della salute della popolazione che influisce su tutti i sistemi sanitari del mondo,
impegna il Governo:
1) a promuovere, di intesa con le regioni e le province autonome, il riconoscimento di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico specializzati nelle patologie ambientali, prioritariamente pubblici e con una presenza uniforme sul territorio nazionale, tenuto conto delle specificità territoriali, in coerenza con le esigenze di prevenzione, controllo e cura di tali patologie, nonché con i princìpi e le finalità della legge 3 agosto 2022, n. 129, e del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 200;
2) a promuovere e sostenere con adeguate risorse finanziarie, anche in rapporto con istituti internazionali e le università, le attività di ricerca per la prevenzione controllo e cura delle patologie ambientali.
(1-00109) «Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
la legge 3 agosto 2022, n. 129 ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) che, nell'ottica di un'evoluzione multidisciplinare della medicina, promuove il riconoscimento degli istituti operanti nell'ambito di ampie aree scientifiche, in grado di intercettare i bisogni dei territori, le necessità del bacino d'utenza e di partecipare alle reti di ricerca a livello internazionale;
in attuazione della suddetta legge, nonché della missione 6, componente 2 del PNRR che si riferisce espressamente alla revisione e all'aggiornamento dell'assetto regolamentare e del regime giuridico degli Irccs, è stato approvato il decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 200 «Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico» che introduce criteri e standard internazionali per il riconoscimento e la conferma del carattere scientifico di Irccs;
l'articolo 1 del citato decreto stabilisce che gli Istituti comunichino al Ministero della salute e alla regione interessata l'afferenza ad una o più aree tematiche «tenuto conto della classificazione delle malattie secondo categorie diagnostiche principali diagnostiche principali (Major Diagnostic Category - MDC) integrate dal Ministero della salute con categorie riferibili a specializzazioni disciplinari non direttamente collegate alle MDC o per le quali sussistono appositi programmi di coordinamento nazionale, anche con riferimento alle classi di età»;
in coerenza con quanto previsto dal suddetto articolo e con la prospettiva multidisciplinare che la medicina tende ad assumere, si ritiene che debba essere dato rilievo e promosso il riconoscimento degli istituti specializzati nella ricerca sulle patologie ambientali;
il rapporto dell'Oms intitolato «Prevenire le malattie grazie a un ambiente migliore: verso una stima del carico di malattia legato all'ambiente», rappresenta finora il contributo più completo e sistematico su quanto i fattori di rischio ambientali possano contribuire a un'ampia gamma di malattie e incidenti ed evidenzia come circa il 24 per cento di tutte le malattie nel mondo sia dovuto all'esposizione a fattori ambientali o che comunque svolgono attività di ricerca in area ambientale o degli stili di vita;
in Italia, secondo i dati della Società italiana di medicina ambientale (Sima), presentati alla vigilia della Giornata mondiale della salute, le morti premature attribuibili a cause ambientali sono circa 90 mila ogni anno, con un danno stimabile, in termini di costi sanitari e giorni di lavoro persi, solo in Italia, tra i 50 e i 140 miliardi di euro all'anno;
secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, nell'anno 2019, circa il 97 per cento della popolazione europea che vive nelle aree urbane è stata esposta a livelli di particolato ritenuto dall'Oms dannoso per la salute;
quanto riportato dimostra come sia essenziale, per rispondere ai bisogni di salute della popolazione mondiale, approfondire e ampliare la ricerca sulle patologie ambientali;
il Servizio sanitario nazionale riconosce, peraltro, la «tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinati» tra le attività di prevenzione collettiva da garantire ai cittadini, in attuazione dei livelli essenziali di assistenza definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017;
il decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, recante «ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza», ha previsto all'articolo 27 l'istituzione del «Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici» (Snps), allo scopo di migliorare e armonizzare le politiche e le strategie messe in atto dal Servizio sanitario nazionale per la prevenzione, il controllo e la cura delle malattie acute e croniche, trasmissibili e non trasmissibili, associate a rischi ambientali e climatici;
il decreto del Ministero della salute 9 giugno 2022, emanato in attuazione del citato articolo 27 del decreto-legge n. 36 del 2022, assegna alle regioni una serie di importanti compiti e attività, tra cui quelli di: istituire il «Sistema regionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici», assicurando un approccio integrato One Health; individuare la struttura che svolge le funzioni di coordinamento ed è responsabile dell'attuazione delle politiche di prevenzione primaria di competenza e della gestione degli aspetti operativi connessi; definire e attuare le politiche di prevenzione primaria, includendo la salute nei processi decisionali territoriali; sviluppare e consolidare le funzioni di osservazione epidemiologica, a livello regionale e aziendale; garantire l'integrazione dei sistemi informativi regionali, al fine di ottimizzare l'analisi dei rischi sanitari associati direttamente e indirettamente a determinanti ambientali e climatiche;
si ritiene che l'ambiente e gli stili di vita siano in grado di generare patologie in grado di attaccare più sistemi del corpo umano,
impegna il Governo:
1) a promuovere il riconoscimento di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico specializzati in patologie ambientali, in coerenza con le esigenze di prevenzione, controllo e cura di tali patologie, nonché con i principi e le finalità della legge 3 agosto 2022, n. 129, e del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 200, nonché con riferimento ad altre patologie con impatto multidimensionale legate al tema ambientale e all'inquinamento;
2) ad investire, in riferimento al primo impegno, la sezione ricerca dei Comitato tecnico-scientifico del Ministero della salute della definizione, per ogni area tematica di riconoscimento e relativo Mdc principale, delle specializzazioni disciplinari anche di altri Mdc che le integrino, in relazione a programmi di coordinamento nazionali, nonché ad aree trasversali quali, in particolare, le patologie ambientali.
(1-00110) «Bonetti, Richetti, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli, Ruffino, Benzoni, D'Alessio, Rosato».
La Camera,
premesso che:
l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha stimato che i costi diretti e indiretti conseguenti al mancato investimento in salute mentale, ammontano per l'Italia al 3,3 per cento del PIL, cioè a circa 55 miliardi: non investire sul benessere psicologico comporta infatti maggiori spese sia dirette (esempio: farmaci, cure, ricoveri) che indirette (esempio: mancato accesso al mondo del lavoro, assenze per malattia);
nel nostro Paese persiste il cronico sottofinanziamento della salute mentale la cui spesa si attesta, ormai da oltre un decennio, intorno al 3 per cento del Fondo sanitario nazionale (FSN), con una flessione in diminuzione ove si consideri la spesa riportata a consuntivo, nonostante fosse stato assunto l'impegno, già nel 2001, di destinare alla salute mentale almeno il 5 per cento del FSN;
eppure, come autorevolmente raccomandato, nel 2018, dalla «Lancet Commission sulla Salute Mentale Globale e lo Sviluppo Sostenibile» mentre i Paesi a basso-medio reddito dovrebbero aumentare la loro allocazione per la salute mentale ad almeno il 5 per cento, i Paesi ad alto reddito come l'Italia dovrebbero invece aumentarle ad almeno il 10 per cento del bilancio sanitario totale;
a livello internazionale, in paesi come Regno Unito, Canada, Germania, Norvegia, Francia la spesa in salute mentale è aumentata anche arrivando a superare il 10 per cento della spesa sanitaria complessiva mentre il nostro paese continua a collocarsi agli ultimi posti con conseguenze pericolose per il benessere e la salute collettiva;
gli investimenti specifici, da ultimo inclusi nella legge di bilancio 2023, tornano ad essere gravemente insufficienti, nonostante l'inversione di tendenza degli anni 2021 e 2022 con lo stanziamento di 38 milioni di euro destinati per il disagio psicologico di bambini e adolescenti, per l'accesso a servizi psicologici delle fasce più deboli, per il potenziamento dei servizi territoriali e ospedalieri di neuropsichiatria infantile e adolescenziale e, infine, per il cosiddetto bonus psicologico e per il potenziamento della rete dei servizi pubblici;
le predette risorse, ancorché insufficienti, denotano comunque una visione frammentata che occorre assolutamente superare attraverso una visione sistemica del benessere psicologico e attraverso interventi strutturali, per consentire alle regioni di poter contare su risorse messe a sistema;
con l'Intesa Stato-Regioni del 28 aprile 2022, secondo una visione più ampia e strutturale, è stato adottato il documento «Linee di indirizzo per la realizzazione dei progetti regionali volti al rafforzamento dei Dipartimenti di Salute Mentale regionali» con finalizzazione specifica di parte delle risorse del FSN (per 60 milioni di euro) per il rafforzamento della rete dei Dipartimenti, per ridurre il ricorso alla contenzione in psichiatria e al sostegno dei percorsi di cura nelle persone con disturbi psichiatrici autori di reato;
la Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), come noto, riguarda la salute e gli investimenti previsti sono finalizzati a favorire un potenziamento del sistema sanitario, dopo che la diffusione della pandemia da COVID-19 ha fatto emergere con evidenza drammatica alcune carenze croniche del Servizio sanitario nazionale (SSN); tra gli interventi previsti si ricordano quelli finalizzati a rafforzare i servizi per la salute mentale e la medicina di genere;
in attuazione di quanto previsto nella predetta Missione 6, il 22 giugno 2022 è stato adottato il Regolamento per la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (DM 77), con l'obiettivo di garantire equità di accesso alle cure e rafforzare la prevenzione e i servizi sul territorio e con la premessa che l'assistenza primaria rappresenti la prima porta d'accesso ad un servizio sanitario e l'approccio più inclusivo, equo, conveniente ed efficiente per migliorare il benessere fisico e mentale degli individui, così come il benessere della società;
il DM 77 pone al centro dell'assistenza territoriale la Casa di comunità, collocata in rete con gli altri settori assistenziali territoriali, quali: assistenza domiciliare, specialistica ambulatoriale territoriale e ospedaliera ospedali di comunità, RSA, hospice e rete delle cure palliative, RSA, Consultori familiari e attività rivolte ai minori ove già esistenti, servizi per la salute mentale, dipendenze e disabilità e altre forme di strutture intermedie e servizi;
il medesimo DM 77, nella parte in cui prevede e conferma anche il ruolo dei Consultori familiari, sottolinea come il Consultorio operi in integrazione con tutti i professionisti afferenti ai servizi ospedalieri e territoriali, soprattutto con quelli dedicati alla presa in carico della persona, quelli rientranti nell'area dell'assistenza primaria e quelli diretti alla tutela della salute nei «primi 1000 giorni», della salute della donna in tutto il suo ciclo vitale e della salute mentale (es. pediatri di libera scelta, psicologi delle cure primarie, neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, dipartimenti di salute mentale e dipendenze, specialisti ambulatoriali, servizi di riabilitazione);
tuttavia, nel predetto decreto, come peraltro avevano segnalato anche le regioni che per tal motivo non hanno sancito la prescritta intesa, appare assente una rete capillare sul territorio relativa proprio alla salute mentale ovvero sono assenti adeguati setting territoriali riferibili al benessere psicologico, alle dipendenze, alla neuropsichiatria infantile e all'assistenza psicologica di base;
con l'intesa in Conferenza Stato-Regioni sancita il 21 dicembre scorso sulla «nuova metodologia per il calcolo dei fabbisogni di personale del SSN», in una certa misura, si è cercato di porre rimedio alla predetta assenza dal disegno di riorganizzazione dell'assistenza territoriale definito col DM 77/22;
queste riguardano sia aspetti organizzativi che strutturali, con l'identificazione di standard minimi di personale necessari per il funzionamento a regime del sistema di salute mentale di comunità;
dal «Rapporto salute mentale 2022. Analisi dei dati del Sistema Informativo per la Salute Mentale (SISM)» del Ministero della salute, i cui dati sono riferibili al 2021, emerge che gli utenti assistiti dai servizi specialistici nel corso del 2021 ammontano a 778.737 unità (mancano i dati della Regione Calabria) con tassi standardizzati che vanno da 113,7 per 10.000 abitanti adulti nel Lazio fino a 363,2 nella P.A. di Bolzano (valore totale Italia 158,4); con riferimento alla composizione anagrafica degli assistiti emerge un'ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (67,3 per cento) e risultano poco numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni, mentre la più alta concentrazione si ha nelle classi 45-54 anni e 55-64 anni (47,1 per cento) in entrambi i sessi);
le prestazioni erogate nel 2021 dai servizi territoriali ammontano a 9.148.068 con una media di 12,6 prestazioni per utente; gli operatori prevalenti sono rappresentati da medici (34,4 per cento) ed infermieri (41,1 per cento); il 30,7 per cento degli interventi è rappresentato da attività infermieristica a domicilio e nel territorio, il 27,4 per cento da attività psichiatrica, l'11,0 per cento da attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale, il 6,4 per cento da attività di coordinamento e il 5,5 per cento da attività di supporto alla vita quotidiana;
solo il 6,5 per cento da attività psicologica-psicoterapica! E solo una quota minima e residuale riguarda attività rivolta alla famiglia e attività di supporto;
sono ormai innumerevoli gli studi o le indagini che hanno certificato il rilevante impatto della pandemia sul benessere psicologico, soprattutto per i più giovani e i più fragili, e tra i più recenti rilevano i seguenti:
in occasione della Giornata mondiale sulla salute mentale 2022 (10 ottobre), l'ISS ha pubblicato i risultati di un'indagine sul funzionamento dei Dipartimenti di salute mentale (DSM) durante la pandemia e dai quali emerge che, tra il 2019 e il 2021 sono diminuite le persone prese in carico e sono calate le dimissioni dalle strutture residenziali, tuttavia sono aumentati progressivamente gli interventi da remoto o comunque le modalità ibride di presa in cura, che nell'emergenza hanno consentito di mantenere la continuità assistenziale;
da un altro studio, condotto sempre dall'ISS e pubblicato nel mese di aprile 2022, è emerso altresì un incremento dei sintomi depressivi tra la popolazione adulta italiana (19-69 anni) nel bimestre marzo-aprile 2020 con una prevalenza del 7,1 per cento rispetto al 6,1 per cento del 2018-19, seguito da un decremento (4,4 per cento) nel bimestre maggio-giugno, dopo la revoca del lockdown, e poi da un nuovo e più cospicuo incremento in luglio-agosto (8,2 per cento);
da una survey condotta su 5008 interviste, sempre l'ISS, riferisce che in Italia, durante il lockdown della primavera 2020, l'88,6 per cento delle persone sopra i 16 anni ha sofferto di stress psicologico e quasi il 50 per cento di sintomi di depressione;
nel mese di maggio 2022, dai dati di una indagine realizzata tra settembre e novembre 2021 dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza e l'istituto superiore di Sanità (ISS) per capire gli effetti della pandemia sul neurosviluppo e sulla salute mentale dei minori e gli effetti che le misure attuate per contenere l'emergenza hanno determinato, è emersa una vera e propria «emergenza della salute mentale» dovuta al continuo aumento delle richieste dei minori in tale ambito;
dai primi dati dell'indagine sull'impatto della pandemia di COVID-19 sul rischio di depressione e ansia nelle madri durante il periodo perinatale, pubblicata sull'International Journal of Environmental Research and Public Health a novembre 2022, emerge che il numero di donne a rischio depressione nel periodo perinatale è passato dall'11,6 per cento nel 2019 al 13,3 per cento nel 2020, fino al 19,5 per cento nel periodo tra gennaio e settembre 2021 e al 25,5 per cento nel periodo tra novembre 2021 e aprile 2022;
su richiesta degli esperti del settore ed anche, sempre più frequentemente, delle componenti parlamentari, finalmente, con decreto ministeriale del 26 gennaio 2021 è stato istituito il Tavolo di lavoro tecnico sulla salute mentale che, nel maggio 2021, ha reso pubblico un Documento di sintesi recante una relazione analitica sullo stato di attuazione del Piano d'azione nazionale salute mentale (PANSM) nelle regioni;
dal predetto documento di sintesi emerge che ad aprile 2021, solo il 49,5 per cento degli obiettivi sono stati attuati, il 24,3 per cento sono in corso di attuazione e il 26,5 per cento non sono stati attuati e le regioni che presentano maggiori criticità sono la Basilicata, Abruzzo, Sardegna, Calabria, Lazio, Campania, Molise e Liguria;
il Tavolo ha sottolineato come sia necessario concentrare l'attenzione proprio in quelle aree più critiche per il conseguimento degli obiettivi previsti, introducendo un più efficace monitoraggio attraverso indicatori specifici che siano in grado di rilevare la congruenza o meno tra quanto programmato e quanto poi attuato; a titolo di esempio esemplificativo, il Tavolo sottolinea come emerga che il sistema di cura è centrato sulla cronicità piuttosto che sulla identificazione e intervento precoce, e che le prestazioni totali sono insufficienti a garantire la continuità e l'intensità della presa in carico;
riguardo ai flussi informativi relativi alla salute mentale dell'infanzia e dell'adolescenza (NPIA) il Tavolo ha messo in evidenza come i dati disponibili non consentano di fatto di avere una visione coerente dei servizi sul territorio rilevando comunque, sulla base dei pochi dati disponibili, una grave disomogeneità nell'organizzazione della rete dei servizi, con una conseguente ed enorme variabilità nei percorsi di cura e mancanza di equità di risposta;
in molte Regioni non è stato formalmente strutturato un sistema di servizi di NPIA e quando esistenti, essi non sempre sono integrati in una rete coordinata di cura, mancano i letti di ricovero dedicati, le strutture semiresidenziali terapeutiche, indispensabili per garantire interventi a maggiore complessità e intensità e per prevenire, per quanto possibile, il ricorso al ricovero ospedaliero e alla residenzialità terapeutica; già prima della pandemia si stimava che 200 bambini e ragazzi su 1000 avessero un disturbo neuropsichiatrico ma solo 60 su 1000 avevano accesso ad un servizio territoriale di NPIA e di essi solo la metà riesce ad avere risposte terapeutico-riabilitative territoriali appropriate, con estrema variabilità regionale;
nei servizi territoriali non sono presenti tutte le figure multidisciplinari necessarie per i percorsi diagnostici, terapeutici e riabilitativi e vi sono significative difficoltà nel garantire la presenza anche solo delle figure mediche indispensabili, già sottodimensionate, nonostante negli ultimi 10 anni si sia osservato il raddoppio degli utenti;
con riferimento al Sistema informativo sulla salute mentale (SISM), il Tavolo documenta una scarsa tempestività con cui i dati vengono restituiti e l'assenza di omogeneità nella descrizione delle strutture e delle attività dei servizi della Salute Mentale e dei percorsi di cura delle persone assistite, mancando oltretutto anche informazioni sui percorsi di cura per il disagio psicologico e per i disturbi psichiatrici gravi o sulla componente integrata sociosanitaria (abitazione, lavoro, inclusione sociale);
in riferimento alle criticità nei servizi e all'appropriatezza dei percorsi di cura, il Tavolo di lavoro rileva che oggi in Italia ci sono circa 140 Dipartimenti di salute mentale, in genere uno per ogni Azienda sanitaria territoriale, ma gli stessi differiscono tra di loro in maniera rilevante, per popolazione trattata, per struttura organizzativa gestionale o funzionale, per aggregazione di Unità operative, per livelli di integrazione con le Università, per livelli di finanziamento, per culture professionali, ecc.;
si rileva la difficoltà dei servizi di salute mentale a intercettare il disagio psicologico o la morbilità psichiatrica all'esordio o comunque in fase precoce, problema particolarmente serio per le psicosi schizofreniche, per le quali evidenze consolidate documentano che soltanto servizi specificamente orientati alla presa in carico e al trattamento in fase molto precoce sono in grado di influire favorevolmente sulla prognosi;
nei Dipartimenti di salute mentale si rileva, per tutte le categorie professionali, il dato macroscopico della carenza di organico, precondizione per un lavoro territoriale efficace e per attenuare la tendenza in aumento all'utilizzo di posti di residenzialità quale esito dell'impossibilità a una presa in carico multiprofessionale e continuativa; inoltre, anche i dati relativi alla formazione indicano anche competenze acquisite per meno del 50 per cento del personale;
la carenza di psicologi e del loro impiego nel lavoro clinico individuale, familiare e di gruppo con i pazienti che presentano situazioni cliniche e relazionali e sociali più svantaggiate, finisce per radicalizzare una tendenza alla separazione tra interventi medicalizzati e interventi non farmacologici, di fatto relegati in una dimensione ancillare rispetto alla prima;
con riferimento alle prestazioni erogate a tutta la popolazione dai Centri di salute mentale sono state nel 2,1 per cento dei casi diagnostiche, nel 9,6 per cento assistenziali, nel 19,5 per cento socio-riabilitative, nel 68,8 per cento terapeutiche. Andando più nel dettaglio delle prestazioni, il 6,4 per cento è stato di tipo psicologico/psicoterapico, il 5,0 per cento rivolto alle famiglie, 13,9 per cento di riabilitazione e risocializzazione territoriale, il 5,7 per cento di supporto alla vita quotidiana; non sono disponibili dati relativi ai percorsi di trattamento con tecniche di intervento psicologico, psicoterapico e psicosociale di provata efficacia, ed anche l'adozione di metodologie di forte personalizzazione degli interventi come quella del Budget di Salute sembra essere stata adottata solo in una minoranza delle regioni;
in riferimento alla soluzione residenziale dei percorsi di trattamento, il Tavolo ne riferisce una notevole estensione, soprattutto al Centro-Nord, con progressivi allungamenti dei tempi medi di permanenza in struttura e preoccupanti indicatori relativi alla specificità riabilitativa dell'intervento ed agli esiti clinici e psicosociali; l'incremento della durata del ricovero nelle strutture residenziali, unito a una scarsa collocazione dei pazienti verso sistemazioni di vita indipendenti, mal si coniuga con la funzione riabilitativa di tali strutture tanto che, per molti pazienti, esse sembrano rappresentare una soluzione finale piuttosto che dei luoghi di riabilitazione;
il calo progressivo dei ricoveri e dei TSO, pur con rilevanti differenze regionali, potrebbe indicare una migliore appropriatezza nell'uso di questo strumento; tuttavia, tenuto conto che i dati del Rapporto Salute Mentale documentano una variabilità marcata tra regioni, con tassi per 10.000 abitanti che differiscono anche di 7-8 volte, occorrerebbe avviare un più efficace monitoraggio nell'ottica di implementare raccomandazioni e processi organizzativi volti a ridurre ulteriormente il ricorso al TSO, anche al fine di uniformarne le procedure regionali e locali;
sulla contenzione meccanica il Tavolo tecnico ha enunciato sette raccomandazioni: 1. attivare percorsi di riconoscimento delle pratiche limitative delle libertà personali; 2. assumere iniziative per conoscere e monitorare la contenzione; 3. rispettare i diritti e la dignità delle persone; 4. organizzare servizi di salute mentale integrati, inclusivi e radicati nel territorio; 5. garantire la qualità dei luoghi di cura e l'attraversabilità dei servizi; 6. promuovere il lavoro di gruppo e il lavoro in rete; 7. garantire le attività di formazione a tutte le operatrici e gli operatori;
è ormai consolidato anche nel nostro Paese il dibattito sulla figura dello psicologo delle cure primarie e dello psicologo di base. Il primo è una figura professionale deputata al sostengo psichico del paziente e dei suoi familiari ed ha il compito, in collaborazione con il medico e le altre figure specialistiche, di prendere in carico il paziente per fornire un'assistenza psicologica di primo livello; il secondo opera invece in affiancamento al medico di medicina generale o anche ai pediatri di libera scelta durante le ore di ambulatorio;
se in Europa vi sono esperienze consolidate sull'inserimento dello psicologo anche nel contesto della medicina di base o delle cure primarie o comunque nel territorio, in Italia le attività dello psicologo rientrano ancora prevalentemente nell'ambito dei servizi secondari e terziari; ciò, nonostante il fatto che nel 2019, il Decreto Calabria abbia legittimato la figura dello psicologo di base prevedendone la presenza negli studi dei medici di base, modello a cui però poche realtà regionali si sono conformate;
inoltre, il Parlamento ha più volte rappresentato la necessità di garantire l'assistenza e il supporto psicologico in ambito scolastico, e gli interventi messi in atto, seppure non in maniera sistemica, riguardano l'istituzione dei centri di informazione e consulenza rivolti agli studenti delle scuole secondarie superiori, per attività informativa e di consulenza rispetto alle problematiche della tossicodipendenza, oppure, più di recente, la previsione di risorse per l'attivazione di servizi professionali per l'assistenza e il supporto psicologico a studenti e famiglie, in conseguenza dell'emergenza pandemica da COVID-19;
con il cosiddetto «decreto rilancio» (decreto-legge n. 34 del 2020) è stato disposto un incremento del fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche al fine di assicurare anche l'assistenza psicologica per la ripresa e lo svolgimento dell'a.s. 2020/2021, prevedendo un Protocollo di intesa fra il Ministero dell'istruzione e le organizzazioni sindacali e fra il Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi e il Ministero dell'istruzione, per fronteggiare situazioni di insicurezza, stress, ansia dovuta ad eccessiva responsabilità, timore di contagio, rientro al lavoro in «presenza», difficoltà di concentrazione, situazione di isolamento vissuto;
un nuovo incremento del predetto fondo scolastico è stato poi disposto dal successivo decreto-legge n. 41 del 2021, che, sempre per il 2021, ha ulteriormente dettagliato la finalità nella prestazione di «specifici servizi professionali per il supporto e l'assistenza psicologica e pedagogica, da rivolgere in particolar modo a studentesse e studenti, oltre che al personale scolastico, in relazione alla prevenzione e al trattamento dei disagi e delle conseguenze derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19»;
è intervenuta poi la legge di bilancio per il 2022 che ha ulteriormente incrementato il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, per il 2022, di euro 20 mln, destinando tale incremento a supportare il personale delle istituzioni scolastiche statali, gli studenti e le famiglie attraverso servizi professionali per l'assistenza e il supporto psicologici in relazione alla prevenzione e al trattamento dei disagi e delle conseguenze derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19;
con il decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, all'articolo 1-quater, comma 3, è stato poi introdotto il «Contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia», il cosiddetto «bonus psicologo», volto a sostenere tutte quelle persone in condizione di ansia, stress, depressione e fragilità psicologica, a causa dell'emergenza pandemica e della conseguente crisi socio-economica, e che siano nella condizione di beneficiare di un percorso psicoterapeutico;
con la legge di bilancio per l'anno 2023 l'intervento sul benessere psicologico appare esiguo e, nello specifico, non è stato integralmente rifinanziato, per l'anno 2023, il contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia (cosiddetto bonus psicologo), determinando di fatto un restringimento dei beneficiari e un depotenziamento di una misura che, oltre che tamponare una esigenza emergenziale tutt'altro che esaurita, quanto meno nelle conseguenze psicologiche delle componenti più fragili delle collettività, necessitava senza dubbio di essere resa strutturale al fine di garantire una rete di protezione permanente delle fragilità psicologiche,
impegna il Governo:
1) ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere, nell'ambito del Fondo sanitario nazionale, l'impiego dello standard minimo del 5 per cento delle risorse al fine di investire in maniera sistemica sul benessere psicologico e contenere le disuguaglianze ed i costi diretti e indiretti del disagio psicologico;
2) a monitorare per quanto di competenza, lo stato di attuazione del Piano d'azione nazionale salute mentale (PANSM) nelle regioni, attraverso indicatori specifici che siano in grado di rilevare la congruità o meno tra quanto programmato e quanto poi attuato;
3) ad avviare un'attività di riprogrammazione nell'area della salute mentale dell'infanzia e dell'adolescenza (NPIA) al fine di agevolare l'accesso ai servizi NPIA alla luce del rilevante incremento dei ricoveri per disturbi neurologici e psichiatrici nella fascia di età tra 0 e 17 anni ed evitare l'inappropriato ricovero dei minori presso reparti psichiatrici per adulti;
4) ad adottare iniziative al fine di assicurare interventi appropriati nell'ambito dei Dipartimenti di salute mentale attraverso l'implementazione della integrazione con i servizi sociali e di comunità, l'adeguata dotazione di risorse umane e finanziarie, la maggiore attenzione a popolazioni particolari e marginali, il coinvolgimento attivo di utenti e familiari e l'impiego di strumenti innovativi come ad esempio il budget di salute o la valutazione degli esiti;
5) ad adottare iniziative affinché il budget di salute sia impiegato per sostenere il progetto terapeutico personalizzato finalizzato a garantire alla persona autonomia sociale, lavorativa o di studio, riducendo l'incremento della durata del ricovero nelle strutture residenziali ovvero soluzioni istituzionalizzanti;
6) ad assicurare sul tutto il territorio nazionale servizi specificamente orientati alla presa in carico e al trattamento in fase molto precoce, così da intercettare il disagio psicologico all'esordio e influire favorevolmente sulla prognosi;
7) ad istituire un coordinamento centrale e multidisciplinare che possa orientare trasversalmente gli interventi sanitari e sociali, avendo cura di valutare per ogni intervento anche la componente relativa al benessere psicologico;
8) a prevedere che all'interno dei reparti oncologici e di pediatria e neonatologia degli ospedali del Servizio sanitario nazionale, sia sempre assicurata la presenza dello psicologo con l'obiettivo di tutelare il benessere psicologico dei degenti e delle loro famiglie;
9) in riferimento alla contenzione meccanica, ad attuare, per quanto di competenza, le raccomandazioni del Tavolo tecnico sulla salute mentale volte a: attivare percorsi di riconoscimento delle pratiche limitative delle libertà personali; assumere iniziative per conoscere e monitorare la contenzione; rispettare i diritti e la dignità delle persone; organizzare servizi di salute mentale integrati, inclusivi e radicati nel territorio; garantire la qualità dei luoghi di cura e l'attraversabilità dei servizi; promuovere il lavoro di gruppo e il lavoro in rete; garantire le attività di formazione a tutte le operatrici e gli operatori;
10) ad avviare un più efficace monitoraggio sul ricorso al TSO, nell'ottica di implementare raccomandazioni e processi organizzativi volti a ridurre ulteriormente l'utilizzo dell'istituto giuridico e per uniformarne le procedure regionali e locali, tenuto conto della rilevante variabilità regionale;
11) nell'ambito della più generale riorganizzazione della medicina territoriale:
a) ad elaborare e produrre standard organizzativi, quantitativi e qualitativi per il benessere psicologico, al fine di ridurre la grave disomogeneità di intervento sul territorio, di fronte a una domanda di servizi intensificatasi anche a seguito della pandemia;
b) ad implementare ulteriori setting territoriali, quali il benessere psicologico, la dipendenze, la neuropsichiatria infantile e assistenza psicologica di base, creando così una rete capillare sul territorio, che possa garantire, almeno, per la fascia più giovane della popolazione una presa in carico immediata;
c) a prevedere lo psicologo di base, con la finalità di sostenere e integrare l'azione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, nell'intercettare e rispondere ai bisogni assistenziali di base dei cittadini, anche promuovendo efficaci strategie di prevenzione e di presa in carico dei soggetti maggiormente fragili;
12) ad inserire la figura dello psicologo nei servizi di assistenza sanitaria primaria, assicurando che lo stesso abbia un'adeguata formazione per promuovere il benessere psicologico, identificare precocemente le situazioni di disagio psicologico e costruire percorsi di cura integrati che coinvolgano altri professionisti della salute;
13) ad adottare iniziative per finanziare, nel primo provvedimento utile e nel medio termine, un progetto strutturato e permanente per realizzare e consolidare, anche attraverso i consultori, una rete pubblica di protezione della salute psicologica per le famiglie e per i soggetti fragili;
14) a potenziare la telepsichiatria e la telepsicologia, così come prevista dall'Istituto superiore di sanità per coloro che hanno difficoltà ad accedere ai servizi sul territorio;
15) a prevedere in maniera strutturale e organica, in sinergia tra il Ministero della salute e il Ministero dell'istruzione e del merito in raccordo con gli enti locali, all'interno degli istituti scolastici e nei servizi educativi, un presidio socio-sanitario al fine di implementare un'efficace prevenzione, protezione e promozione del benessere individuale dei bambini e degli adolescenti con particolare attenzione all'educazione nutrizionale, ambientale e, per i ragazzi più grandi, al benessere psicologico, all'uso di sostanze stupefacenti e alla salute riproduttiva, portando a regime il servizio per l'assistenza e il supporto psicologico in ambito scolastico;
16) a istituire, negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, il servizio di psicologia scolastica, al fine di contribuire al miglioramento della vita scolastica, supportare le istituzioni scolastiche, lo studente, i docenti, il personale non docente e le famiglie e per fronteggiare e prevenire i fenomeni di insuccesso formativo, dispersione e abbandono scolastico, nonché di disagio sociale e relazionale degli studenti;
17) ad adottare ogni iniziativa di competenza al fine di sostenere il benessere psicologico della comunità studentesca universitaria, delineando percorsi di recupero per quegli studenti che nel percorso di studio hanno manifestato problematiche, nonché a diffondere e potenziare percorsi di prevenzione e counseling offerti dagli atenei;
18) ad adottare iniziative di competenza volte a rifinanziare, nel primo provvedimento utile e nel breve termine, ampliandone la platea per l'anno 2023, il cosiddetto bonus psicologo, al fine di sostenere le persone in condizione di ansia, stress, depressione e fragilità psicologica, a causa dell'emergenza pandemica e della conseguente crisi socio-economica, e che siano nella condizione di beneficiare di un percorso psicoterapeutico;
19) a rivedere la programmazione del fabbisogno di personale nell'ambito della salute mentale per superare l'attuale carenza di medici psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e infermieri nell'ambito di tutti i setting assistenziali e di cura previsti;
20) ad assumere personale e ad implementare meccanismi per ridurre il turn-over del personale e fornire ai professionisti del benessere psicologico una specifica formazione, attraverso un rinnovato raccordo tra il Ministero della salute e il Ministero dell'università e della ricerca per definire congiuntamente percorsi formativi adeguati alle esigenze del benessere psicologico territoriale e della riabilitazione psichiatrica e psicosociale e attraverso la formazione continua obbligatoria da parte delle strutture sanitarie e sociosanitarie, favorendo le sinergie tra competenze sanitarie e sociali;
21) a prevedere un raccordo col Ministero dell'università e della ricerca per incentivare l'istituzione di corsi post base (esempio: master universitari) orientati alla formazione di psicologi esperti delle cure primarie per l'intero ciclo di vita, dall'infanzia all'età adulta;
22) con riferimento al sistema informativo sulla salute mentale (SISM):
a) a ridurre i tempi di raccolta ed elaborazione dei dati, per favorire l'adozione di scelte organizzative e di governo nelle aree in cui si evidenziano le principali criticità e focalizzare l'attenzione e l'analisi sui percorsi a più elevato rischio di inappropriatezza (esempio: percorsi residenziali, percorsi assistenziali negli autori di reato), estendendo l'interoperabilità dei sistemi informativi e superando le discrepanze esistenti;
b) ad integrare il flusso dei dati con le informazioni sui percorsi di cura per i disturbi psicologici o psichiatrici o sulla componente integrata sociosanitaria (abitazione, lavoro, inclusione sociale);
c) a monitorare le attività delle strutture residenziali e a raccogliere le informazioni sulla provenienza del paziente prima del ricovero e sulla sua destinazione alle dimissioni, adottando standard minimi omogenei su tutto il territorio nazionale;
23) a realizzare un portale unico nazionale specificamente dedicato al benessere psicologico che censisca documenti scientifici, linee guida e di indirizzo, buone pratiche, raccomandazioni, sviluppati in Italia o all'estero.
(1-00111) «Di Lauro, Quartini, Sportiello, Marianna Ricciardi, Amato, Aiello, Baldino, Bruno, Caramiello, Carmina, Caso, Cherchi, Sergio Costa, Dell'Olio, Fenu, L'Abbate, Morfino, Pavanelli, Scutellà, Torto, Giuliano».
Risoluzioni in Commissione:
Le Commissioni III e X,
premesso che:
la proprietà industriale costituisce un mercato in forte crescita nel nostro Paese e rappresenta un settore fondamentale per lo sviluppo delle imprese, nonché un importante volano per promuovere ricerca e innovazione tecnologica;
secondo i dati dell'Ufficio europeo dei brevetti, nel 2022 e per il quinto anno consecutivo, l'Italia ha registrato una crescita del 10 per cento di richieste di brevetti, posizionandosi all'11esimo posto nella classifica dei primi 50 Paesi per numero di domande di brevetto europeo, marchi EU e design EU;
la rilevanza del comparto dei brevetti e l'elevato livello di specializzazione richiesto per operare al suo interno dimostrano come, oggi più che mai, la proprietà intellettuale assuma un ruolo chiave nello sviluppo dell'economia europea, considerato che il 45 per cento del relativo Prodotto interno lordo è legato a quest'ultima;
un'ulteriore conferma della strategicità del settore, tanto a livello nazionale che europeo, è data dall'avvio, a partire dal 1° giugno 2023, della nuova disciplina del brevetto unitario europeo, a seguito dell'Accordo sul Tribunale unificato dei brevetti (Upca, Unified Patent Court Agreement) e dei Regolamenti dell'Ue n. 1257 del 2012 e n. 1260 del 2012 (cosiddetto pacchetto sul brevetto unitario), che hanno modificato i criteri di tutela per i brevetti in vigore e per le future domande di brevetto in ambito Eu, nonché istituito il Tribunale unificato dei brevetti (Tub);
in questo contesto, il nostro Paese, a seguito della Brexit, ha presentato la propria candidatura individuando la città di Milano come sede idonea ad ospitare la terza divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti;
l'Italia, infatti, in quanto terzo Paese con maggior numero di brevetti europei validati nell'anno 2012 – preso a riferimento del sistema per attribuire le sedi ex articolo 89 dell'Accordo – dovrebbe subentrare al Regno Unito;
tutto ciò però presuppone che le competenze che verranno affidate alla sede di Milano siano quelle che già erano assegnate alla sede di Londra,
impegnano il Governo:
a proseguire le attività in sede europea e nelle opportune sedi istituzionali competenti affinché:
a) Milano si aggiudichi la terza sede del Tribunale unificato dei brevetti, attivandosi con adeguate iniziative affinché tutte le disposizioni dell'Agreement in cui si fa richiamo al Regno Unito vengano ora intese come riferite all'Italia, in quanto terzo Paese aderente per numero di brevetti, secondo il disposto dall'articolo 87, paragrafo 2, dell'Accordo Upca, con relativa attribuzione dell'intera quota di competenze;
b) l'avvio della terza divisione centrale del Tub avvenga in concomitanza con l'entrata in vigore del sistema e con l'effettiva operatività delle altre corti di Parigi e Monaco e non sia differita di 12 mesi, al 1° giugno 2024;
a monitorare, per quanto di competenza, l'effettiva applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, dell'Accordo Upca al fine di garantire il corretto funzionamento, l'efficienza e l'efficacia del sistema dei brevetti.
(7-00085) «Pavanelli, Onori, Appendino, Cappelletti, Lomuti, Todde».
Le Commissioni VIII e XIII,
premesso che:
se il 2022 è stato segnato da siccità e da eventi climatici eccezionali, che in passato capitavano nell'arco di un decennio, il 2023 ha presentato con largo anticipo un quadro molto preoccupante, come documentato dalle fotografie della secca dei fiumi e dei laghi in Italia scattate da un satellite dell'Agenzia spaziale europea;
laghi e fiumi risultano in forte sofferenza, quasi in secca come la scorsa estate, mentre in montagna è scarsa la neve accumulata: è quanto registrato in Italia, a metà febbraio, complice l'aumento delle temperature superiori ai valori di riferimento, le esigue precipitazioni e una crisi climatica senza precedenti;
a segnalare gli allarmanti trend idrici in un periodo tradizionalmente piovoso e oggi addirittura afoso è l'osservatorio dell'Associazione nazionale delle bonifiche irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi) sulle risorse idriche, che sottolinea innanzitutto come in tutta l'Emilia-Romagna tornino a calare vistosamente le portate dei fiumi, con il Po tornato su valori minimi, attorno al 30 per cento della media, e il Secchia che è sceso ai limiti del minimo storico (2,8 metri cubi al secondo), minimo sotto il quale è già sceso l'Enza;
confrontando i dati 2021-2022 dei grandi bacini naturali del Nord, oggi tutti sotto media, si può notare come, ad eccezione del lago di Como, le differenze siano notevoli: 12 mesi fa, Garda ed Iseo erano quasi al colmo di piena come il Maggiore, a cui oggi manca invece un buon 50 per cento del volume d'acqua presente l'anno scorso e che, permanendo le attuali condizioni, segnerà prossimamente nuovi record di altezza idrometrica minima. In Valle d'Aosta le temperature della terza settimana di maggio, che sfiorano i 30 gradi, favoriscono lo scioglimento della neve, che sta rimpinguando i corsi d'acqua della regione. In Piemonte calano i livelli dei principali fiumi; in Lombardia, dove la neve che va sciogliendosi è circa il 62 per cento in meno di quella normalmente presente nel periodo, le portate del fiume Adda sono inferiori di oltre 200 milioni di metri cubi al secondo, rispetto allo stesso periodo del particolarmente siccitoso 2017. Il Veneto resta una delle regioni maggiormente in difficoltà idrica, con tutte le conseguenze che già ora si stanno manifestando per l'agricoltura e l'ambiente (gran parte delle risorgive sono ai minimi o perfino asciutte);
scendono a livelli da piena estate anche le portate dei fiumi toscani e anche i corsi d'acqua marchigiani mostrano primi segnali di difficoltà. Nel Lazio, esigue, se confrontate con gli anni precedenti, sono le portate del fiume Tevere e non migliora la situazione del lago di Bracciano. In Campania i livelli idrometrici dei corsi d'acqua sono in discesa: il rischio di siccità resta presente soprattutto nelle aree settentrionali della regione. Un leggero incremento nei volumi invasati si registra per le dighe della Basilicata, mentre quelle pugliesi calano di quasi 3 milioni di metri cubi in una settimana, segnando un leggero deficit sullo scorso anno. In Sicilia, infine, rimane positiva la condizione complessiva degli invasi, nonostante le precipitazioni si manifestino da mesi in maniera disomogenea, lasciando all'asciutto una buona porzione di territorio;
il bilancio complessivo è di una nuova ondata di siccità, o forse sarebbe meglio parlare di un'emergenza siccità mai finita, con corsi d'acqua che hanno raggiunto uno stato di severità idrica «media» in tre delle sette autorità di distretto secondo gli ultimi bollettini emanati dalle stesse in questi ultimi mesi: il distretto idrografico del Fiume Po, quello dell'Appennino settentrionale e quello dell'Appennino centrale;
secondo Terna, la crisi idrica ha ridotto la produzione di energia idroelettrica del 37,7 per cento nel 2022, e a dicembre è stato registrato -18,6 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente; preoccupante anche la carenza di neve, con il 53 per cento in meno sull'arco alpino, e in particolare il bacino del Po, con un deficit del 61 per cento (Fonte: CIMA Research Foundation);
tale emergenza ha scatenato una tempesta perfetta anche sull'agricoltura italiana, come denunciato dalla Coldiretti, che ha stimato in circa 6 miliardi di euro i danni da siccità, arrivando a bruciare così il 10 per cento del valore della produzione agricola nazionale. Previsioni simili arrivano anche dalla Cia-Agricoltori italiani: partendo da un valore aggiunto per il settore intorno ai 34 miliardi annui, c'è effettivamente il rischio che se ne vada in fumo il 10 per cento del Pil del comparto. Più cauta Confagricoltura, che ad oggi stima i danni da siccità in 2 miliardi e le perdite per il valore aggiunto agricolo attorno al 6 per cento, anche se la percentuale è destinata senz'altro a salire per colpa degli aumenti dei costi di produzione;
preoccupante è l'allarme in agricoltura lanciato da Coldiretti: «Il Po è praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume, fondamentale per l'ecosistema della pianura padana, dove per la mancanza di acqua è minacciato oltre il 30 per cento della produzione agricola nazionale e la metà dell'allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo»;
le difficoltà, ovviamente, si estendono a buona parte della Penisola, dove con il picco delle temperature manca l'acqua necessaria ad irrigare le coltivazioni che si trovano in una situazione di stress idrico che mette a rischio le produzioni;
l'assenza di precipitazioni colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l'Italia è dipendente dall'estero in molte materie prime e produce appena il 36 per cento del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53 per cento del mais per l'alimentazione delle stalle, il 56 per cento del grano duro per la pasta e il 73 per cento dell'orzo;
per il raccolto del grano la Coldiretti stima un calo del 30 per cento per quello duro usato per la pasta e del 20 per cento per quello tenero, utilizzato per il pane, ma in alcune regioni si arriva addirittura a punte del 40 per cento di perdita delle rese;
le stime per il mais sono ancora peggiori, il raccolto sarà dimezzato perché la siccità ha colpito più duro soprattutto in Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia Romagna, che rappresentano quasi il 90 per cento dell'intera produzione nazionale. Il crollo del raccolto impatta pesantemente sulle stalle, anche a causa della contemporanea diminuzione della produzione di foraggi, anch'essa dimezzata dalle alte temperature;
anche nelle risaie è allarme rosso, con perdite stimate in oltre il 30 per cento del raccolto. Dei 217 mila ettari coltivati a riso in Italia, ricorda la Coldiretti, il 90 per cento è concentrato fra la Lombardia e il Piemonte, due delle regioni dove l'emergenza siccità è più grave. Il riso, ad esempio, nel 2022 ha perso 23.000 ettari soltanto nella Lomellina, 3.000 nel Novarese; i risicoltori, anche a causa dell'aumento dei costi dei fertilizzanti, dei principi attivi e per l'essiccazione, hanno abbandonato 9.000 ettari di riso, passando a coltivazioni come soia, girasole, mais: una scelta dettata proprio dai cambiamenti climatici;
quanto all'olio, la campagna 2022 era già risultata compromessa nei mesi scorsi, quando il caldo anomalo aveva ridotto significativamente la trasformazione dei fiori in frutti e la situazione è particolarmente grave in Puglia, dove, nonostante i danni da Xylella, si coltiva ancora un terzo delle olive italiane, con una produzione stimata in calo del 40 per cento;
la siccità condiziona anche le vigne: senza pioggia gli acini di uva faticano a ingrossarsi, quando addirittura non si asciugano, ed è a rischio anche la sopravvivenza dei nuovi impianti, specie nelle aree dove non c'è possibilità di irrigare;
nei campi la frutta e la verdura stanno letteralmente bruciando, con danni che in alcune zone arrivano a provocare la perdita del 70 per cento del raccolto: peperoni, meloni, angurie, albicocche e melanzane soprattutto. Per evitare le scottature da caldo, si cerca di anticipare il raccolto quando possibile o si provvede al diradamento dei frutti sugli alberi, eliminando quelli non in grado di sopravvivere; per il pomodoro da sugo, ad esempio, la raccolta è cominciata con una settimana di anticipo, ma nonostante questo si stima un calo del raccolto dell'11 per cento;
il caldo condiziona anche gli animali nelle fattorie, dove per via delle alte temperature le mucche stanno producendo fino al 20 per cento di latte in meno. Ogni singolo animale è arrivato a bere fino a 140 litri di acqua al giorno, contro i 70 dei periodi meno caldi. La mancanza di acqua per garantire il ricambio idrico e l'aumento della salinità lungo la costa stanno invece soffocando le vongole e le cozze del delta del Po, con la perdita del 20 per cento degli allevamenti, sempre secondo le stime di Coldiretti Impresa-pesca;
condivisibili sono le preoccupazioni di Confagricoltura, che ha avanzato la necessità di una strategia idrica nazionale, dal rinnovamento delle infrastrutture, all'innovazione, strettamente connessa alla produttività, dall'adozione di un nuovo piano sugli invasi, al ripensamento dell'intera rete per evitare le attuali perdite d'acqua;
se è vero che da quando le imprese hanno investito in irrigazione di precisione, in sistemi di riutilizzo delle acque reflue e di raccolta massiva, si è assistito ad un grande risparmio valutabile nel 30/35 per cento di consumi in meno (si calcola che su alcune colture, con l'irrigazione mirata, si risparmino circa 630 metri cubi/anno di acqua), è altrettanto vero che il problema risiederebbe in un sistema di distribuzione vecchio e fallace, considerato che in Italia si perde, lungo la rete idrica, mediamente il 42 per cento dell'acqua quando in Germania, ad esempio, tale percentuale sfiora l'8 per cento;
non è più pensabile rincorrere le emergenze, ma è necessario promuovere una politica di prevenzione, attraverso la definizione di una strategia idrica nazionale che abbia un approccio circolare con interventi di breve, medio e lungo periodo. In particolare, sono necessarie misure che favoriscano l'adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione di prelievi e di sprechi d'acqua. La domanda di questa preziosa risorsa è alta perché riguarda diversi usi, da quello agricolo, a quello civile e industriale, pertanto non adottare misure ragionate significa rischiare nel medio periodo a non riuscire a soddisfare come sistema Paese il fabbisogno idrico nazionale;
la transizione ecologica deve passare anche per il comparto idrico, oggi in forte sofferenza a causa soprattutto della crisi climatica. Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici, e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali. Da non sottovalutare, inoltre, il contributo che la neve apporta all'approvvigionamento idrico. La scarsa copertura nevosa unita alla fusione anticipata delle nevi condizioneranno pesantemente le capacità dei bacini idrografici nel prossimi mesi primaverili e estivi;
come ricordato da Legambiente, l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'OMS, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6 per cento ogni dieci anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l'approvvigionamento idrico della Penisola;
secondo i dati diffusi dallo Giec (Gruppo intergovernativo degli esperti sul cambiamento climatico), all'aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20 per cento della disponibilità delle risorse idriche;
per risparmiare l'acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie, la Coldiretti, insieme all'Anbi (l'Associazione nazionale dei consorzi di bonifica) ha elaborato un progetto immediatamente cantierabile per la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presente. L'idea è di realizzare laghetti, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l'acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all'industria e all'agricoltura, con una ricaduta importante sull'ambiente e sull'occupazione;
occorre pensare e realizzare una rete di micro/medi impianti di raccolta delle acque piovane e fluviali, utilizzando senza sprechi e in modo attento e mirato i fondi del Pnrr destinati anche all'ammodernamento delle reti e delle captazioni dell'acqua. Occorre altresì ragionare sul riutilizzo delle acque depurate, che possono trovare nuovo impiego, anche in agricoltura, e al fine di non disperderle in mare, dove cagionerebbero danni certi giacché, trattandosi di acque dolci, la loro immissione nei bacini salati provoca alterazione dell'eco-sistemica;
non meno importante è un'opera di sensibilizzazione della cittadinanza sul tema del contrasto allo spreco della risorsa idrica, posto che siamo i più alti consumatori pro capite di acqua in Europa con oltre 220 litri al giorno per abitante, con consumi medi familiari nell'ordine dei 150 metri cubi/anno; altro tema particolarmente sentito in tutti i principali settori produttivi che contribuiscono alla tenuta e alla crescita del Paese, a partire ovviamente dall'agricoltura, è quello dell'accesso al credito, posto che la disponibilità di risorse e di prodotti finanziari rappresenta indubbiamente una delle condizioni indispensabili per la crescita di una qualsiasi impresa o attività produttiva;
anche e soprattutto per tali ragioni, è fondamentale intervenire sugli accordi di Basilea, valutando la possibilità di un ripensamento che tenga conto delle particolarità dell'agricoltura: pensiamo, ad esempio, a degli interventi sulle procedure di istruttoria e a delle deroghe apposite per il merito creditizio delle imprese agricole, la cui attività come noto è legata in maniera indissolubile ai cicli della natura e, in quanto tale, non ha le stesse tempistiche degli altri comparti produttivi;
in ogni caso, è necessario continuare a lavorare sul rapporto tra gli istituti di credito e le imprese agricole, rafforzandolo e facilitandolo, tenendo anche conto del fatto che un altro grande problema è quello legato all'inasprimento dei tassi d'interesse per i prestiti bancari, in atto ormai da diversi mesi. Questione di fondamentale rilevanza in un'ottica di rilancio dell'economia, per la quale lo stesso Pnrr come noto, oltre a prevedere risorse a fondo perduto, contempla prestiti ad interessi agevolati,
impegnano il Governo:
a valutare l'opportunità di proclamare lo stato d'emergenza di rilievo nazionale per siccità, con la nomina di un commissario straordinario che adotti tempestivamente i necessari interventi;
ad assumere ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta ad adottare un piano nazionale per combattere l'emergenza idrica, fondato su alcuni principali pilastri:
a) garantire la manutenzione costante della rete distributiva e degli invasi;
b) prevedere il coinvolgimento dei bacini idroelettrici per sostenere le forniture di acqua ad uso potabile e agricolo nelle fasi più acute della siccità;
c) favorire la ricarica controllata della falda, in modo che le sempre minori e più concentrate precipitazioni permangano più a lungo sul territorio invece di scorrere a valle fino al mare;
d) prevedere l'obbligo di recupero delle acque piovane con l'installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità e attraverso misure di de-sealing in ambiente urbano; in agricoltura prevedendo laghetti e piccoli bacini;
e) prevedere interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato e permettere le riduzioni delle perdite di rete e completare gli interventi sulla depurazione;
f) implementare il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura attraverso le modifiche normative necessarie;
g) riconvertire il comparto agricolo verso colture meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti;
h) utilizzare i criteri minimi ambientali nel campo dell'edilizia per ridurre gli sprechi;
i) favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti;
l) introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in ambito idrico, come avviene per gli interventi di efficientamento energetico, per tutti gli usi e per tutti i settori coinvolti;
m) incentivare i comuni a dotarsi di strumenti di misura remoti smart meter e a promuovere progetti di intelligenza artificiale e data science per recuperare significative percentuali di risorse idriche perse;
n) definire una gestione delle crisi basata sui bisogni concreti dei distretti idrografici minacciati dalla scarsità delle risorse idriche e dalla siccità, sulla partecipazione pubblica e sui sistemi di allerta rapida che operano a livello nazionale, regionale e locale;
o) promuovere cooperazioni interregionali per la gestione integrata dei corsi d'acqua, in particolare in ambito agricolo;
a valutare l'opportunità di adottare iniziative di carattere economico a sostegno dei comparti produttivi maggiormente colpiti dall'emergenza idrica, con particolare riguardo a:
a) misure di aiuto, prevenzione e compensazione a sostegno del settore agricolo, valutando l'opportunità di un miglior indirizzamento di quelle del Pnrr;
b) l'estensione del credito di imposta per l'acquisto di gasolio agricolo, necessario ad arginare il caro-carburante;
c) la sterilizzazione strutturale del sistema delle accise sui carburanti e la definitiva eliminazione degli oneri di sistema;
sul piano ambientale, promuovere una politica volta a:
a) evitare la creazione di barriere al corso naturale dei fiumi nel tentativo di ridurre le inondazioni e condurre valutazioni più ampie dell'impatto in caso di sbarramento dei corsi naturali sul flusso d'acqua;
b) favorire un maggior utilizzo del rimboschimento per limitare e mitigare il deflusso estremo delle acque di superficie e sotterranee e per contrastare il degrado e l'erosione del suolo;
c) procedere a una nuova valutazione delle quantità di acqua sotterranea in Italia e delle norme che ne disciplinano l'uso, nel principale intento di garantire un uso razionale delle risorse d'acqua sotterranee in base alle esigenze dei singoli territori;
ad assumere iniziative di competenza presso le competenti sedi europee per l'estensione, anche per il 2023, delle deroghe accordate nel 2022 sull'uso non produttivo dei terreni e sulla rotazione annuale obbligatoria dei seminativi;
a istituire un tavolo di confronto permanente sul credito in agricoltura, vero e proprio motore della crescita e dell'innovazione, intorno al quale riunire le istituzioni, le organizzazioni di settore e l'Abi;
a promuovere campagne nazionali di informazione e sensibilizzazione su un uso ragionato dell'acqua.
(7-00086) «Almici, Benvenuti Gostoli, Cerreto, Caretta, Ciaburro, La Porta, La Salandra, Malaguti, Marchetto Aliprandi».
La XIII Commissione,
premesso che:
la peste suina africana (Psa) è una malattia virale, non trasmissibile agli esseri umani, ma che può causare ingenti danni al tessuto economico, poiché altamente contagiosa e letale anche per i maiali d'allevamento;
a distanza di più di un anno dal primo caso – dal 7 gennaio 2022, è stata accertata la presenza della Psa nelle popolazioni di cinghiali nei territori delle regioni Piemonte e Liguria –, se pure efficacemente gestita a livello nazionale e regionale, anche con il contributo delle aziende e delle associazioni coinvolte, il contenimento della diffusione della peste suina non sta funzionando come dovrebbe;
alla data del 28 marzo 2023 i casi di positività riscontrati dal 27 dicembre 2021 nella «zona di restrizione II» sono in totale 516, dei quali 332 in Piemonte e 184 in Liguria, con un incremento rispetto di +8 casi rispetto alla rilevazione del 26 marzo 2023;
ad oggi di fatto il depopolamento del cinghiale, strumento molto efficace per eradicare la Psa, non è stato concretamente ancora attivato e il numero di animali è cresciuto esponenzialmente aumentando i rischi per la pubblica incolumità in ambito urbano e i danni ai fondi agricoli;
il commissario straordinario per la peste suina africana coordina i servizi veterinari delle Asl competenti per territorio, le strutture sanitarie pubbliche, le strutture amministrative e tecniche regionali nonché gli enti territorialmente competenti e verifica la regolarità dell'abbattimento e distruzione degli animali infetti e dello smaltimento delle carcasse di suini nonché le procedure di disinfezione svolte sotto il controllo della Asl competente;
Ispra fornisce supporto al commissario straordinario, in particolare valutando i piani regionali di intervento urgente previsti dal quadro normativo specifico su tale materia;
Ispra, durante l'audizione svolta in Commissione agricoltura della Camera dei deputati il 25 gennaio 2023, ha riferito che «si registra un costante aumento delle problematiche legate alla presenza del cinghiale in Italia, sia per gli impatti causati all'agricoltura, sia per l'aumento degli incidenti stradali, e – non ultimo – per le problematiche legate alla sempre più diffusa presenza del cinghiale nelle aree urbanizzate»;
durante la medesima audizione Ispra rileva che «Per fronteggiare questa situazione di generalizzato e costante aumento delle presenze del cinghiale e di persistenza degli impatti sul territorio italiano, è necessario adottare una strategia di intervento nazionale disegnata sulla base di una valutazione critica dei risultati gestionali sinora conseguiti, anche prevedendo il ricorso agli strumenti più efficaci per ridurre le presenze e coadiuvare il contenimento dei danni e la riduzione del rischio di diffusione di malattie, con particolare attenzione al comparto suinicolo e alle indicazioni sanitarie conseguenti all'introduzione in Italia della Peste Suina Africana.»; inoltre, prosegue Ispra «Per contenere le popolazioni di cinghiale è essenziale non solo aumentare significativamente i prelievi, ma contestualmente seguire una più corretta programmazione dei piani di abbattimento», infine «le raccomandazioni tecniche» – espresse da Ispra durante l'audizione – «sono coerenti con la strategia di gestione della Peste Suina Africana adottata dalle autorità sanitarie competenti e con la relativa normativa vigente per la gestione, il controllo e l'eradicazione di questa gravissima malattia dal nostro territorio. Una loro futura implementazione dovrà necessariamente essere declinata tenendo conto anche della situazione epidemiologica, che recentemente ha fatto rilevare una recrudescenza della malattia nelle aree piemontesi e liguri, alla quale ha fatto seguito l'ordinanza del 27 dicembre 2022 con la quale il Commissario straordinario alla Peste Suina Africana ha prorogato di ulteriori tre mesi alcune delle misure restrittive già vigenti.»;
gli operatori faunistici autorizzati sono soggetti deputati al controllo della fauna selvatica e vengono selezionati attraverso specifici corsi di preparazione alla gestione faunistica e già in possesso della licenza di caccia e che hanno superato un apposito corso di preparazione specifiche (normativa in materia di caccia e controllo della fauna);
se il virus della Psa si dovesse diffondere anche oltre i confini originariamente individuati, potrebbero essere coinvolte aree geografiche storicamente vocate alla suinicoltura, nelle quali peraltro si concentrano oltre i due terzi dei suini allevati in Italia;
anche se i contagi sono concentrati in diverse aree del Piemonte e della Liguria, e parte del Lazio, è necessario che la Psa non raggiunga le zone a più alta intensità di capi suini allevati e di stabilimenti produttivi di carni e salumi, aree in cui i danni derivanti da una diffusione della malattia sarebbero inimmaginabili;
gli effetti scaturiti dalla diffusione della malattia, hanno già avuto un impatto enorme su tutta la filiera suinicola;
la produzione di carne suina in Italia è una delle principali attività dell'agricoltura italiana con circa 10 milioni di suini allevati ogni anno ed è concentrata in alcune regioni del paese; il settore suinicolo in Italia vanta un fatturato di circa 3 miliardi di euro per la fase agricola e di circa 8 miliardi di euro per quella industriale, incidendo per il 5,8 per cento sul totale agricolo e agroindustriale nazionale e impiega circa 40.000 persone;
in particolare, i prodotti a base di carne Dop e Igp hanno un valore alla produzione pari a 1,93 miliardi di euro e un valore al consumo pari a 4,98 miliardi di euro; l'export vale 601 milioni di euro;
nonostante non vi sia alcun rischio per la salute pubblica, la presenza dell'infezione nei suini, selvatici o domestici, oltre a causare gravi ripercussioni in termini di salute e benessere degli animali, determina l'applicazione di misure previste dai regolamenti UE con forti limitazioni alla commercializzazione di suini e loro prodotti e conseguenze economiche gravissime;
il Ministero della salute ha adottato il piano nazionale di sorveglianza della Psa, approvato e cofinanziato dalla Commissione europea per il 2023, con l'obiettivo di proteggere il patrimonio suinicolo nazionale dal virus Psa;
il suddetto Piano prevede tra le principali misure:
nelle «zone indenni»: la sorveglianza passiva nel settore domestico e nel selvatico; la verifica del livello di applicazione delle misure di biosicurezza in allevamento; l'attività di formazione ed informazione di allevatori, cacciatori, e di tutti i soggetti in qualche modo coinvolti al fine di aumentare la consapevolezza e la conoscenza della malattia;
e nelle «zone non indenni»: la ricerca attiva delle carcasse di cinghiale nelle zone di restrizione I e II; la sorveglianza passiva sui cinghiali rinvenuti morti o moribondi, sia catturati che abbattuti; la sorveglianza attiva mediante attività venatoria e di controllo, regolamentata e nel rispetto delle misure di biosicurezza riviste; l'installazione e/o il rafforzamento, nelle zone di restrizione II, di barriere fisiche tra la zona infetta e l'esterno; l'eventuale costruzione di una seconda barriera per la creazione di una zona cuscinetto al fine di limitare gli spostamenti delle popolazioni di cinghiali infette e la conseguente diffusione dell'infezione, così come previsto dalla strategia di eradicazione definita dalla Commissione europea e dettagliata dalla delegazione di esperti a seguito della missione in Italia del febbraio 2022;
attualmente risulta che gli esemplari abbattuti nella zona di restrizione II, anche se risultati negativi alle successive analisi, vengano comunque portati agli inceneritori, proibendo in questo modo l'autoconsumo, come avviene per la zona di restrizione I, considerato che non esiste alcuna delimitazione fisica tra i due ambienti;
tra l'altro, l'articolo 49 del regolamento di esecuzione (UE) 2021/605 prevede che l'unica precauzione che deve essere osservata è che i cinghiali prelevati non possono essere trasportati o commercializzati al di fuori delle zone I e II, ma non vieta la caccia e l'autoconsumo delle carni dei capi abbattuti, dopo ovviamente il risultato negativo delle analisi;
bisogna sottolineare che i cacciatori non hanno alcun interesse e motivo etico ad effettuare gli abbattimenti dei cinghiali se questi dovranno essere inceneriti anche se negativi alla Psa, portando, quindi, ad un rallentamento del loro contenimento; la diffusione della peste suina africana e il grande rischio di espansione della stessa sono infatti legati prevalentemente al proliferare dei cinghiali, riconosciuti come principali vettori della malattia;
auspicare che la malattia faccia il suo corso e che i cinghiali si persuadano che devono morire, è imprudente e rischioso perché questa inattività dei cacciatori surrettiziamente imposta potrebbe generare sempre più danni e maggiori problemi di incolumità pubblica, oltretutto rendendo endemica la malattia sul territorio con tutte le conseguenze, come un aumento e allargamento della diffusione della Psa, e le responsabilità che ne conseguiranno;
è necessario intervenire con operazioni di depopolamento del cinghiale da parte di un elevato numero di operatori di biosicurezza anche con l'uso di ausiliari per abbattimenti;
è indispensabile portare avanti e intensificare, gli interventi fino ad oggi intrapresi per il contenimento della diffusione e il contrasto della Psa, ai fini di una sua completa eradicazione, che si auspica possa avvenire in tempi brevissimi;
è necessario adottare immediatamente le misure atte alla eradicazione della peste suina africana previste dalla strategia di eradicazione della Commissione europea, per evitare la diffusione della malattia e le conseguenze dannose che potrebbe comportare,
impegna il Governo:
a) ad adoperarsi affinché l'attività del Governo e del Commissario straordinario alla Peste suina africana siano improntate all'eradicazione della malattia sul territorio nazionale e che i focolai di peste suina africana rimangano isolati e non si estendano alle zone attualmente indenni, al fine di tutelare e proteggere maggiormente le zone a più alta intensità di capi suini allevati e di stabilimenti produttivi di carni e salumi;
b) ad intraprendere tutte le iniziative necessarie all'eradicazione della malattia, valutando anche l'adozione delle nuove misure di sorveglianza attiva, comprese quelle che saranno stabilite dal nuovo piano nazionale straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, al fine di evitare gravi ripercussioni economiche e sociali che ne deriverebbero dalla diffusione del virus;
c) a potenziare la ricerca attiva delle carcasse di cinghiale nelle zone di restrizione I e II;
d) a mettere in atto ulteriori e più efficaci azioni di depopolamento nelle aree di restrizione I e II;
e) a prevedere, per effettuare il prelievo del cinghiale, l'aumento numerico dei soggetti i quali possano essere autorizzati anche con l'utilizzo dei mezzi ausiliari, quali ad esempio i cani, al fine del contenimento della diffusione e il contrasto della Psa nonché della proliferazione della popolazione di cinghiali;
f) ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere un potenziamento dei servizi veterinari delle Asl competenti per territorio e delle strutture sanitarie pubbliche delle regioni interessate, a cui andrebbero affidati la rimozione, trasporto, analisi, incenerimento o interramento dei capi abbattuti risultati positivi ai test per la Psa;
g) ad avviare una concreta filiera delle carni di cinghiale risultate negative ai test Psa;
h) ad adottare le iniziative di competenza volte a stanziare i necessari finanziamenti al commissario straordinario per la peste suina africana ed alle regioni interessate per poter attuare i piani di eradicazione.
(7-00084) «Bruzzone, Molinari, Carloni, Davide Bergamini, Pierro».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
il «Giorno del ricordo», il 10 febbraio, è stato istituito con la legge 30 marzo 2004, n. 92, con un sostegno trasversale in Parlamento, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e la difficile storia del confine orientale;
un riconoscimento delle istituzioni tardivo, ma giusto per tutte le vittime che, come ha ricordato recentemente il Presidente Mattarella, hanno subito «vessazioni e violenze dure, ostinate, eccidi e stragi e, successivamente, l'epurazione attraverso l'esodo di massa. Un carico di sofferenza, di dolore e di sangue, per molti anni rimosso dalla memoria collettiva e, in certi casi, persino negato. Come se le brutali vicende che interessarono il confine orientale italiano e le popolazioni che vi risiedevano da secoli rappresentassero un'appendice minore e trascurabile degli eventi della fosca epoca dei totalitarismi o addirittura non fossero parte della nostra storia.»;
vale la pena ricordare che, nel luglio 2020, il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella e il Presidente della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor si sono tenuti per mano a Trieste davanti alla foiba di Basovizza;
diversi italiani che si trovavano a risiedere nei territori ceduti dalla ex Jugoslavia – e di cui oggi sopravvive un numero esiguo di persone – hanno subìto, da parte delle autorità jugoslave di allora, persecuzioni e deportazioni anche per il solo fatto di aver scelto il mantenimento della cittadinanza italiana e per i quali a tutt'oggi non è previsto alcun riconoscimento simbolico ed economico;
i Governi delle Repubbliche della Slovenia e della Croazia hanno provveduto a risarcire i propri cittadini per le persecuzioni politiche subite durante la medesima vicenda storica;
il nostro Paese non si è fatto carico, in modo esaustivo, di tale problema, che oramai riguarda poche decine di persone e che potrebbe concernere almeno, come proposto da disegni di legge presentati in Parlamento, il riconoscimento della copertura previdenziale per i periodi di deportazione o persecuzione –:
quali iniziative intenda adottare il Governo affinché sia assicurata la copertura previdenziale per i periodi di deportazione e persecuzione sofferti da questi ormai pochi cittadini superstiti, ciò anche a titolo di parzialissimo riconoscimento morale del sacrificio loro imposto solo per aver scelto di mantenere la cittadinanza italiana.
(5-00666)
FOSSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
i Cpr sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione (così come disposto dall'articolo 14 del decreto legislativo numero 286 del 1998);
secondo la normativa vigente, quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza per i rimpatri più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno;
in tali strutture lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità. Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore per un periodo di 30 giorni, prorogabile fino ad un massimo di 90 giorni. In casi particolari il periodo di trattenimento può essere prolungato di altri 30 giorni;
da tempo associazioni umanitarie, attivisti e avvocati denunciano la somministrazione, anche non consenziente, di psicofarmaci ai migranti reclusi in questa tipologia di strutture: tali denunce sembrerebbero oggi confermate da una inchiesta giornalistica secondo la quale tale tipologia di farmaci sarebbe utilizzata in particolar modo nei Cpr di Milano, Roma e Torino;
secondo tale inchiesta tali medicinali «servono per stordire donne e uomini in modo che mangino di meno, restino più tranquilli e resistano di più al sovraffollamento, nelle gabbie in cui vengono stipati»;
tali dati appaiono allarmanti per due motivi: qualora non fossero indicati per una patologia specifica si configurerebbe un utilizzo improprio per sedare gli immigrati, qualora invece fossero utilizzati a scopo curativo (sarebbe stata certificata in questa direzione un'ampia spesa in antipsicotici ed antiepilettici) sarebbe opportuno trasferire tali pazienti in strutture mediche idonee;
nel mese di maggio 2022 il Ministero dell'interno, in un regolamento sull'idoneità per l'ingresso nei Cpr, ha affermato infatti che le patologie psichiatriche dovrebbero essere causa di esclusione;
in questo quadro già grave si inserisce poi la tematica del consenso informato: qualora infatti i suddetti medicinali venissero somministrati senza il consenso dei pazienti, si tratterebbe un gravissimo reato;
è quindi evidente che, qualora i dati di tale inchiesta venissero confermati, si configurerebbe una palese violazione dei diritti umani, perpetrati peraltro in luoghi di accoglienza temporanea che si stanno però sempre più trasformando in luoghi di detenzione –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda conseguentemente assumere al fine di appurare la corretta somministrazione di farmaci nei Cpr presenti sul territorio nazionale e garantire il pieno rispetto dei diritti umani e civili dei cittadini immigrati presenti.
(5-00670)
AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, per sapere – premesso che:
all'indomani dell'invasione russa dell'Ucraina, la Commissione europea, in risposta alle conseguenti difficoltà e volatilità del mercato energetico mondiale, ha presentato il piano REPowerEU, un piano finalizzato a risparmiare energia, produrre energia pulita, diversificare il nostro approvvigionamento energetico;
l'obiettivo è quello di rendere l'Europa indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030, secondo modalità che garantiscano la coerenza con il Green Deal europeo;
tali riforme e investimenti connessi al settore dell'energia devono essere definiti introducendo nei Pnrr nazionali un apposito capitolo dedicato al piano REPowerEU ai sensi del nuovo regolamento (UE) 2023/435;
sulla base delle nuove linee guida della Commissione del 1° febbraio 2023, per il finanziamento dei capitoli RePowerEU gli Stati avranno a disposizione ulteriori 20 miliardi in sovvenzioni (12 dal Fondo per l'innovazione e 8 dalle aste anticipate di quote ETS) e di questi l'Italia ne avrà 2,76 (il 13,8 per cento). Inoltre, gli Stati potranno trasferire fino al 7,5 per cento delle dotazioni del Fondo europeo di sviluppo regionale, dal Fondo sociale europeo Plus e dal Fondo di coesione, equivalenti per l'Italia a circa 2,1 miliardi. Infine, sono a disposizione anche i fondi non spesi della riserva di adeguamento alla Brexit (Italia 146,8 milioni);
le riforme e gli investimenti nel capitolo dedicato al piano REPowerEU devono mirare a contribuire al conseguimento di almeno uno dei seguenti obiettivi:
a) miglioramento delle infrastrutture e degli impianti energetici per rispondere alle esigenze immediate in termini di sicurezza dell'approvvigionamento di gas, incluso il gas naturale liquefatto, in particolare per consentire la diversificazione dell'approvvigionamento, nell'interesse dell'Unione nel suo complesso; le misure riguardanti le infrastrutture e gli impianti petroliferi necessari per rispondere alle esigenze immediate in termini di sicurezza dell'approvvigionamento possono essere inclusi nel capitolo dedicato al piano REPowerEU di uno Stato membro solo qualora tale Stato membro sia soggetto alla deroga temporanea eccezionale di cui all'articolo 3-quaterdecies, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 833/2014, a causa della sua dipendenza specifica dal petrolio greggio e della sua situazione geografica;
b) promozione dell'efficienza energetica degli edifici e delle infrastrutture energetiche critiche, decarbonizzazione dell'industria, aumento della produzione e della diffusione del biometano sostenibile e dell'idrogeno rinnovabile o ottenuto senza combustibili fossili e aumento della quota e accelerazione della diffusione delle energie rinnovabili;
c) contrasto della povertà energetica di famiglie e imprese, comprese le piccole e medie imprese;
d) incentivazione della riduzione della domanda di energia;
e) contrasto delle strozzature interne e transfrontaliere nella trasmissione e nella distribuzione di energia, sostegno dello stoccaggio di energia elettrica e accelerazione dell'integrazione delle fonti energetiche rinnovabili, nonché sostegno dei trasporti a zero emissioni e delle relative infrastrutture, comprese le ferrovie;
f) sostegno degli obiettivi di cui alle lettere da a) a e), attraverso la riqualificazione accelerata della forza lavoro, grazie all'acquisizione di competenze verdi e delle relative competenze digitali, e attraverso il sostegno delle catene del valore relative alle materie prime e tecnologie critiche connesse alla transizione verde;
le misure del Pnrr destinate alla transizione verde, compresa la biodiversità, devono rappresentare almeno il 37 per cento della dotazione totale e almeno il 37 per cento dei costi totali stimati delle misure incluse nel capitolo dedicato al piano REPowerEU;
con il Pnrr e il capitolo dedicato al piano REPowerEU, gli Stati membri sono tenuti a conseguire gli obiettivi in materia di coesione economica, sociale e territoriale di cui all'articolo 174 del Tfue, al fine di ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite, prestando particolare attenzione alle zone remote, periferiche e isolate e alle isole;
il regolamento (UE) 2022/18541 introduce un contributo di solidarietà temporaneo per le imprese e le stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffineria. Gli Stati membri sono invitati a utilizzare una parte di tali proventi per promuovere in modo coerente sinergie e complementarità con le riforme e gli investimenti nei rispettivi capitoli dedicati al piano REPowerEU, al fine di finanziare misure da attuare a livello nazionale conformemente agli obiettivi del piano REPowerEU;
le misure del capitolo Pnrr dedicato al piano REPowerEU devono essere o nuove riforme e investimenti, avviati a partire dal 1° febbraio 2022, o la parte rafforzata delle riforme e degli investimenti inclusi nella decisione di esecuzione del Consiglio già adottata per lo Stato membro interessato;
recenti dichiarazioni alla stampa del capogruppo leghista alla Camera dei deputati Riccardo Molinari, riportano la volontà di arrivare a valutare di rinunciare a una parte dei fondi a debito; così pure il deputato Alberto Bagnai, in un intervento alla Camera del 4 aprile 2023, ha dichiarato che: «Nel merito, (...), fin dall'inizio, noi ci siamo posti il tema di quanto le priorità scelte in Europa, che il PNRR incorporava, fossero effettivamente compatibili con le esigenze del tessuto produttivo del nostro Paese»;
il Pnrr, modificato con il capitolo REPowerEU, deve essere presentato alla Commissione entro il 30 aprile 2023 –:
se il Governo sia in grado di rispettare la scadenza del 30 aprile 2023 per presentare il capitolo dedicato al piano REPowerEU;
quali siano i progetti ricompresi nel capitolo del Pnrr dedicato al REPowerEU e in particolare come e se ciascuno di questi progetti contribuiscano al conseguimento degli obiettivi del REPowerEU con particolare riferimento a:
a) contrasto alla povertà energetica;
b) distribuzione territoriale in conformità al rispetto degli obiettivi in materia di coesione economica, sociale e territoriale e alla «clausola del 40 per cento»;
c) rispetto della percentuale di almeno il 37 per cento dei costi totali stimati delle misure per contribuire efficacemente alla transizione verde, compresa la biodiversità;
d) contributo alla diffusione delle energie rinnovabili, miglioramento dell'efficienza energetica e riduzione della dipendenza dai combustibili fossili;
e) riqualificazione della forza lavoro per acquisire competenze verdi;
se i progetti REPowerEU siano stati oggetto di consultazione con le autorità locali e regionali, parti sociali, organizzazioni della società civile, organizzazioni giovanili e altri portatori di interesse e come le relative istanze siano state recepite nella loro definizione.
(2-00124) «De Luca, Peluffo, Stefanazzi, Laus, Roggiani, Bonafè, Quartapelle Procopio, Malavasi, Graziano, Sarracino, Manzi, Ascani, Forattini, Cuperlo, Bakkali, Girelli, Scotto, D'Alfonso, Simiani, Gianassi, Casu, Barbagallo, Vaccari, Lai, Toni Ricciardi, Porta, De Maria, Ubaldo Pagano, Carè, Ghio, Zan, Ferrari, Marino, Di Biase, Serracchiani, Curti, Madia, Fassino, Di Sanzo».
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Ministro delle imprese e del made in Italy, per sapere – premesso che:
il 28 marzo 2023, il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici, che è stato appena presentato all'esame del Parlamento;
secondo un sondaggio commissionato da Good Food Institute Europe gli italiani sono tra i cittadini più ricettivi in Europa, con il 55 per cento degli intervistati interessati ad assaggiare la carne coltivata, percentuale che sale al 72 per cento nella fascia più giovane della popolazione;
la carne coltivata è il risultato di un processo più sostenibile e meno inquinante rispetto agli attuali allevamenti intensivi;
i risultati di uno studio svolto dall'European Commission's Joint Research Centre hanno mostrato che se tutta la carne prodotta nell'Ue fosse sostituita da carne coltivata, le emissioni di gas a effetto serra, l'uso del suolo e dell'acqua sarebbero ridotti di due ordini di grandezza rispetto alle attuali pratiche di produzione di carne: diminuirebbero rispettivamente del 98,8 per cento, 99,7 per cento e 94 per cento;
la letteratura scientifica attuale non lascia dubbi sulla sicurezza per i consumatori della carne coltivata, essendo basata sul meccanismo della replicazione cellulare, ben noto e applicato da tempo;
l'immissione sul mercato potrà avvenire solamente in seguito all'autorizzazione delle autorità europee, che richiede un'attenta valutazione di ogni potenziale rischio, come nel caso degli Stati Uniti e Singapore;
dal punto di vista della salute pubblica la carne coltivata offre sostanziali vantaggi, perché porterebbe a un uso minimo, o pari a zero, di antibiotici, fondamentale per ridurre il grave problema dell'antibiotico-resistenza;
l'ambiente sterile in cui viene prodotta la carne sintetica riduce la possibilità di esposizione ad agenti patogeni, oggi inevitabile con le carni derivanti da allevamento e macellazione degli animali;
in Europa al parere scientifico sta lavorando l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), con sede a Parma, a cui seguirà una decisione in ambito Ue;
l'Unione europea ha finanziato, nell'ambito del programma quadro Horizon 2020, il progetto Meat4All, che mira a migliorare l'industria europea della carne migliorando la competitività e sviluppando l'elevato potenziale del mercato delle carni coltivate e nello stesso anno, ha finanziato anche il progetto CCMeat, con l'obiettivo di aiutare i produttori di carni coltivate a introdurre sul mercato i loro prodotti alternativi e a contribuire a ridurre le conseguenze negative della produzione di carne convenzionale;
la libera circolazione delle merci è la prima delle quattro libertà fondamentali del mercato interno, garantita attraverso l'eliminazione dei dazi doganali e delle restrizioni quantitative e dal divieto di adottare misure di effetto equivalente;
con gli eventuali pareri scientifici positivi da parte Efsa, con ogni probabilità questi prodotti potranno comunque entrare nel mercato italiano;
con la produzione della carne coltivata si stima un giro d'affari di circa 450 miliardi di dollari nel 2040, che costituisce il 20 per cento della produzione mondiale della carne;
l'articolo 2 della bozza di testo in visione del citato disegno di legge trova il proprio presupposto nel principio di precauzione previsto dal regolamento n. 178 del 2002, che al fine di garantire la salute umana consente di adottare «misure provvisorie di gestione del rischio», quali lo stop alla commercializzazione, in caso di effettiva incertezza sul piano scientifico circa la possibilità di effetti dannosi derivanti dall'utilizzo di alcuni prodotti;
ai sensi dell'articolo 7 dello stesso regolamento n. 178 del 2002, le suddette misure provvisorie devono essere proporzionate e soprattutto temporanee, in quanto devono essere «riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente» –:
quali iniziative di competenza ritenga opportuno porre in essere qualora il parere scientifico sia positivo da parte dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), dato che la misura del Governo di fatto frena la ricerca e la competitività italiana in un nuovo settore, lasciando indietro il nostro Paese in mercati che in futuro avranno un'enorme rilevanza globale, anche per crescita economica e posti di lavoro;
se si sia tenuto conto della priorità ontologica, non temporale, del diritto europeo su quello nazionale, in seguito ad una eventuale normativa specifica che introduca a livello uniforme la carne coltivata tra i nuovi cibi ammessi nel territorio dell'Unione europea.
(2-00123) «Evi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazioni a risposta scritta:
ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il fiume Gari ha le proprie sorgenti nel centro di Cassino (Fr) e congiungendosi con il fiume Liri origina il fiume Garigliano;
in un rapporto di Arpa Lazio denominato «Lazio: microplastiche nell'astuccio larvale di alcune famiglie di tricotteri nel fiume Gari», pubblicato il 30 marzo 2023 sul sito istituzionale dell'ente, è stata documentata la presenza di microplastiche in alcune famiglie di tricotteri, quantificate in 1-2 elementi per astuccio larvale;
il rapporto è stato condiviso anche dal sito istituzionale di Ispra, con lo stesso titolo e nella stessa data;
l'area in cui si sono svolte le analisi è a circa un chilometro di distanza dalle sorgenti del fiume, nel centro della città di Cassino (Fr);
le analisi sono state svolte per misurare gli elementi di qualità biologica (Eqb) necessari per il monitoraggio delle acque superficiali;
stando al report presente sul sito dell'ente, l'analisi «ha permesso di constatare con chiarezza la natura plastica di tali frammenti che sono riconducibili alle microplastiche, avendo diametro compreso tra 0,1 e 5 millimetri»;
la relazione di Arpa Lazio conclude che «allo stato attuale delle conoscenze, l'osservazione e la descrizione di tale fenomeno in ambiente naturale potrebbe contribuire alla definizione di metodologie operative a supporto delle valutazioni quali-quantitative per l'inquadramento della problematica delle microplastiche negli ecosistemi di acque interne; l'ARPA Lazio ha quindi previsto ulteriori attività di monitoraggio che potranno contribuire a valutare l'entità della problematica sui corpi idrici del Lazio»;
la presenza di tale problematica è in un'area molto prossima alle sorgenti, quindi le ragioni del fenomeno andrebbero approfondite come evidenziato da Arpa Lazio valutando, inoltre, anche l'impatto del fenomeno sulla vita dei pesci che non è stato approfondito –:
se il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica sia a conoscenza della relazione di Arpa Lazio e quale supporto abbia messo a disposizione Ispra a riguardo;
quali iniziative possano essere intraprese, per quanto di competenza, per integrare le attività di monitoraggio sui corpi idrici previste da Arpa Lazio con ulteriori indagini sugli aspetti sanitari legati all'uso e consumo delle acque.
(4-00805)
ALESSANDRO COLUCCI, LUPI e SEMENZATO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
le attività umane stanno gradualmente influenzando il clima del pianeta attraverso l'immissione di enormi quantità di gas a effetto serra, che vanno a sommarsi a quelli già naturalmente presenti nell'atmosfera;
gli effetti dei cambiamenti climatici sono avvertiti in tutto il mondo e si prevede che diventeranno ancora più frequenti e più intensi nei prossimi anni, compromettendo i nostri sistemi di approvvigionamento di cibo e acqua, nonché la nostra salute;
l'Unione europea è da tempo leader mondiale nella lotta contro i cambiamenti climatici. Attraverso il Green deal prima e quindi con misure specifiche come l'adozione di un pacchetto di provvedimenti denominato Fit for 55 per cento che prevede la riduzione del 55 per cento delle emissioni entro il 2030 e la neutralità con impatto zero entro il 2050, l'Europa si candida ad essere il primo continente Net-Zero;
anche l'Italia dovrà adottare, di conseguenza, decisioni e compiere scelte che vadano nella direzione indicata dall'Unione europea;
le considerazioni già citate comportano la ridefinizione del mix energetico che il nostro Paese intende adottare per raggiungere gli obiettivi al 2030 e al 2050 fissati dall'Unione europea;
in particolare, con la scelta di abbandonare i combustibili fossili e il carbone, gli stessi dovranno essere sostituiti da altre forme di produzione di energia ad impatto zero, in particolare energia rinnovabile, nuovi carburanti, idrogeno, nucleare, e altro;
la lettera d'intenti recentemente sottoscritta da alcuni grandi gruppi industriali europei e italiani a favore di un nuovo sviluppo del nucleare suggerisce la necessità di verificare le potenzialità di nuove tecnologie a favore della produzione di energia da nucleare;
a seguito dell'incontro dei Ministri dell'energia e dei trasporti dell'Unione europea svoltosi recentemente a Stoccolma, alcuni Paesi hanno avviato una riflessione per riprendere studi, ricerche ed investimenti sul nucleare;
gli investimenti nella ricerca dei nuovi reattori a fusione, portati avanti anche da Eni in collaborazione con Commonwealth Fusion Systems, rappresentano la nuova frontiera tecnologica per la produzione di energia pulita –:
come intenda rapportarsi all'impegno sottoscritto dai gruppi industriali europei per lo sviluppo di impianti di produzione di energia da fissione nucleare;
se in sede europea si intenda sostenere la scelta del nucleare quale tecnologia verde e strategica per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Fit for 55 per cento;
se intenda aderire al tavolo di lavoro proposto da alcuni Paesi europei a seguito dell'incontro di Stoccolma dello scorso mese di febbraio;
se nella revisione in corso del Piano nazionale integrato energia e clima si intenda comprendere il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia, da affiancare ad un mix energetico comprendente rinnovabili, idrogeno e altre forme di produzione energetica ad impatto zero.
(4-00808)
LUPI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
dal 1998, sulla base del cosiddetto «decreto Ronchi», le aziende produttrici di film protettivo adesivo versano il contributo per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti a Polieco, consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene, facendo seguito ad una formale richiesta dello stesso consorzio che per primo si è «assoggettato» il settore dichiarando e specificando che il film protettivo adesivo fosse di sua esclusiva competenza;
dopo 12 anni a partire dal 2010 Conai, Consorzio nazionale imballaggi, ha deciso, secondo una sua interpretazione normativa, che il contributo fosse invece di sua pertinenza iniziando così a sollecitare le singole aziende;
le stesse aziende hanno sollecitato a Polieco un chiarimento, ricevendo una forte e chiara negazione di legittimità alla pretesa del Conai: hanno quindi continuato ad applicare il contributo da sempre versato al Polieco;
a partire dal 2016 Conai ha intrapreso una strategia aggressiva direttamente sulle singole aziende, che con enorme stupore si sono viste recapitare atti di citazione in giudizio con richieste risarcitorie milionarie addirittura in forma retroattiva dal 1998 nonostante le stesse avessero palesemente versato il contributo all'altro consorzio su indicazione dello stesso, indicazione tuttora ribadita da Polieco –:
quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per giungere ad una definitiva risoluzione di una disputa tra Conai e Polieco di cui sono vittime esclusivamente le aziende che negli anni hanno versato quanto dovuto ed ora si trovano ad affrontare contenziosi giudiziari che mettono a repentaglio il loro futuro.
(4-00809)
URZÌ, DE BERTOLDI, MARCHETTO ALIPRANDI e CALOVINI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
nella notte fra mercoledì 5 e giovedì 6 aprile 2023 è stato ritrovato il corpo senza vita di un uomo di 26 anni, Andrea Papi, morto in seguito all'aggressione di un orso, come chiarito dall'esame autoptico, mentre si trovava in località Contre, in Val di Sole (Trento), nel territorio del comune di Caldes, per un'escursione nelle vicinanze di casa;
tra il 1999 e il 2002, in virtù del progetto Life Ursus avviato fra il Parco Adamello-Brenta, la provincia autonoma di Trento e l'Istituto nazionale della fauna selvatica, usufruendo di un finanziamento dell'Unione europea, fu rilasciato un ristretto numero di orsi nati in libertà in Slovenia meridionale al fine di ricostituire un nucleo vitale di plantigradi nelle Alpi centrali. A oggi se ne contano oltre 100 esemplari, concentrati nel Trentino occidentale, una zona ad antropizzazione diffusa, e rappresentano un problema per l'economia, l'agricoltura e il turismo visto che, attratti anche dalle colture, si spingono fino a valle oltre ovviamente a condividere aree frequentate da escursionisti, come ripetutamente segnalato con crescente allarme da sindaci e cittadini;
in seguito alla morte del giovane Andrea Papi, il presidente della provincia autonoma di Trento Fugatti ha emanato un'ordinanza urgente di abbattimento del predatore responsabile dell'uccisione, una volta identificato, oltre a quello di altri orsi presenti in zona e ritenuti problematici;
il progetto Life Ursus prevedeva una diffusione delle colonie di orsi anche nelle regioni contermini e comunque una diffusione degli stessi nel territorio, il che non è avvenuto;
la gestione del patrimonio dei grandi predatori impone interventi non più rinviabili e in linea con tutti i più recenti passi intrapresi dal Governo. Ogni provvedimento (compreso il trasferimento di gruppi di orsi) richiede, inoltre, un piano di larga prospettiva, anche temporale, che le popolazioni che convivono nei territori di insediamento degli orsi attendono da tempo;
gli interventi da mettere in campo, anche a seguito della letale aggressione, oltre a ricercare responsabilità dovrebbero prevenire ulteriori episodi di attacco all'uomo;
le attività turistiche delle zone di insediamento di grandi predatori (in avvio di stagione estiva) rischiano di essere esposte alle conseguenze del drammatico episodio di aggressione mortale sui sentieri di una delle valli simbolo del Trentino, dopo le storiche conseguenze subite da agricoltura e allevamento di montagna;
negli ultimi anni, proprio in seguito al ripopolamento della zona, si sono registrate decine di aggressioni di orsi ai danni di uomini fra Rabbi, Pinzolo, Cadine, Monte Peller e Andalo, come denunciato dagli organi di stampa, e solo per puro caso non mortali –:
quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano mettere in campo, per quanto di competenza:
a) per una valutazione della gestione della fauna predatoria in Trentino, in particolare dopo l'avvio del progetto Life Ursus, e per l'allestimento di misure di prevenzione poste in essere dalle autorità locali preposte;
b) per creare le condizioni di tutela dell'incolumità di residenti e operatori economici che vivono e operano in aree a rischio presenza di grandi predatori, e anche dei turisti;
c) per garantire la legalizzazione di strumenti di difesa personale adeguati a fronteggiare incontri a rischio con animali aggressivi, disponendo regole di ingaggio certe e disposizioni quadro per la tutela dell'incolumità personale nei territori in cui sia riconosciuta la presenza di grandi predatori.
(4-00810)
CULTURA
Interrogazioni a risposta immediata:
MANZI, ORFINI, BERRUTO, ZINGARETTI, GHIO, FERRARI, CASU e FORNARO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
nel settore dello spettacolo operano migliaia di lavoratori con contratti atipici, inevitabilmente intermittenti e con poche tutele;
quasi al termine della XVIII legislatura, l'approvazione della legge n. 106 del 15 luglio 2022, articolo 2, comma 6, ha recato una delega al Governo per il riordino e la revisione degli ammortizzatori sociali e delle indennità in favore dei lavoratori dello spettacolo;
con la suddetta legge, sono stati fissati alcuni principi fondamentali e introdotti strumenti innovativi: la definizione di nuove norme in materia di contratti di lavoro e di equo compenso per i lavoratori autonomi, il riconoscimento del ruolo professionale degli attori, l'introduzione dell'indennità di discontinuità e benefici previdenziali e, inoltre, è stato redatto un vero e proprio codice dello spettacolo;
l'allora Esecutivo ha unito, a tutela di un settore per molto tempo penalizzato e in grande sofferenza a causa dell'emergenza sanitaria, due grandi valori costituzionali: il diritto al lavoro, di cui agli articoli 4, 35 e 36, e la promozione e la diffusione culturale, di cui agli articoli 9 e 33;
con l'approvazione di un emendamento, proposto dal gruppo Partito Democratico e condiviso da tutte le forze politiche, alla legge 29 dicembre 2022 n. 197 (legge di bilancio 2023), è stata prevista – anche se non equivalente alla richiesta iniziale – l'integrazione di 60 milioni di euro per il 2023, 6 milioni di euro per il 2024 e 8 milioni di euro per il 2025 del fondo per la nuova indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo;
l'Esecutivo ha prorogato il termine per l'esercizio della delega dal 18 maggio 2023 al 18 agosto 2024, a giudizio degli interroganti pregiudicando una rapida operatività della misura e l'utilizzo delle risorse aggiuntive stanziate, a partire dal 2023, in legge di bilancio e minando il riconoscimento, atteso dai lavoratori, del ruolo professionale e di un welfare necessario a sostenere i lavoratori dello spettacolo durante i periodi di inattività –:
quali aggiornamenti il Ministro interrogato intenda fornire in merito all'attuazione della legge 15 luglio 2022, n. 106, recante «Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo», con particolare riferimento all'attuazione dell'indennità di discontinuità.
(3-00323)
GRIPPO, BOSCHI, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GADDA, MARATTIN e SOTTANELLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il settore delle sale cinematografiche e della distribuzione cinematografica, già fortemente colpito dalla pandemia, continua a vivere una situazione di oggettiva difficoltà, nonostante il 2023 abbia fatto registrare dei miglioramenti rispetto agli anni precedenti;
mentre la produzione audiovisiva è in un momento di particolare dinamismo, le presenze in sala continuano a registrare numeri insoddisfacenti;
in Italia è prevista una «finestra» temporale per la distribuzione, ovvero un obbligo di fruizione nelle sale cinematografiche per un certo numero di giorni prima della diffusione sulle piattaforme;
la «finestra» era stata originariamente fissata in 105 giorni dal decreto ministeriale del 29 novembre 2018; il periodo è stato successivamente ridotto a 30 giorni durante l'emergenza sanitaria;
successivamente, con decreto ministeriale n. 120 del 29 marzo 2022 è stato previsto l'obbligo di fruizione dei film italiani nelle sale cinematografiche per almeno 90 giorni prima della diffusione sulle piattaforme;
il Tar del Lazio, con sentenza n. 05634/2023 pubblicata il 3 aprile 2023, ha annullato il decreto ritenendo che il Ministero della cultura, terminata l'emergenza sanitaria e senza il parere preventivo e obbligatorio del Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo, avrebbe dovuto riportare le finestre obbligatorie di programmazione a 105 giorni e non a 90;
il Ministro interrogato, nell'esposizione delle linee programmatiche alle Camere, ha affermato di condividere il meccanismo delle «finestre» previste per legge e di volerlo anche estendere;
tuttavia tale strumento normativo ha dimostrato di non essere idoneo, in sé, a incentivare la fruizione del film nelle sale e anzi, talvolta, ha dimostrato di innescare reazioni nell'industria audiovisiva che hanno un effetto opposto a quello auspicato; vi sono infatti studi che dimostrano che un film arriva al 90 per cento del fatturato nelle prime quattro settimane e che il periodo successivo comporta solo rischi per il film stesso, poiché aumentano i consumi illegali; anche l'analisi comparata sui principali Paesi europei conferma come non vi sia alcun rapporto diretto tra normativa sulle «finestre» e ritorno del pubblico in sala e che nella maggior parte dei sistemi giuridici l'individuazione di tali strumenti è lasciata all'autoregolamentazione del settore;
il Ministro interrogato in più occasioni ha affermato di voler dedicare la massima attenzione al settore audiovisivo –:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di incentivare la fruizione dei film dentro e fuori le sale cinematografiche, evitando normative inefficaci e con effetti potenzialmente negativi sul mercato.
(3-00324)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
BONELLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nel luglio 2022, Europol ha avvertito che la proliferazione delle armi da fuoco in Ucraina potrebbe portare a un aumento del numero di armi contrabbandate nell'Ue attraverso rotte di contrabbando consolidate o piattaforme internet;
gli esperti avvertono che i rischi legati al contrabbando sono inevitabili, soprattutto per le armi leggere. «Nei conflitti armati, questo è un fenomeno concomitante frequente e difficile da eliminare, e lo abbiamo visto, ad esempio, nei conflitti nell'ex Jugoslavia», ha descritto Richard Stojar del Centro per la sicurezza e gli studi strategico-militari dell'Università della difesa di Brno;
i Paesi occidentali che hanno inviato in Ucraina oltre 10 miliardi di euro in aiuti militari, evidenziano la necessità di garantire un sistema di tracciamento delle attrezzature, rivela il Financial Times, o quantomeno di fornire un inventario delle armi arrivate sul campo di battaglia: il timore è che gruppi criminali possano portarle fuori dall'Ucraina e venderle di contrabbando sul mercato nero europeo;
anche l'Europol, che coordina la lotta internazionale alle organizzazioni criminali, ha confermato la minaccia. «L'aggressione russa ha portato alla proliferazione di armi ed esplosivi in Ucraina», ha spiegato l'agenzia di polizia europea in una nota ai Governi. «All'inizio i funzionari ucraini mantenevano un registro delle armi fornite ai civili, ma questa pratica è stata abbandonata e, con il proseguo della guerra, sono state distribuite senza mantenere un archivio» –:
quali iniziative urgenti si intendano adottare, anche attivandosi in sede europea, per garantire un efficace monitoraggio e tracciamento delle armi di cui in premessa, al fine di evitare i gravi rischi legati al contrabbando delle medesime armi e scongiurare che vadano ad alimentare la criminalità internazionale e le varie forme di terrorismo.
(4-00811)
DISABILITÀ
Interrogazione a risposta scritta:
DORI. — Al Ministro per le disabilità, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
«La Casa di Stefano» di Lecco è un servizio diurno per persone con gravi disabilità, dipendenti da qualsiasi causa, che rappresenta ormai da anni un punto di riferimento per tutta la provincia;
il Centro diurno disabili è gestito dall'impresa sociale Girasole, partecipata dall'associazione dei comuni soci, costituita da 27 comuni dell'ambito territoriale di Lecco e da nove soggetti del privato sociale;
secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, il 15 per cento della popolazione mondiale, almeno un miliardo di persone, è in condizione di disabilità, percentuale in continuo aumento soprattutto per via dell'invecchiamento della popolazione;
nel nostro Paese, secondo la piattaforma Disabilità in cifre dell'Istat e relativa al 2019, le persone che soffrono di gravi disabilità che impediscono loro di svolgere attività abituali sono circa 3 milioni e 100 mila e trovano assistenza in circa 70 mila strutture dedicate in Italia;
in particolare, i centri diurni disabili offrono un servizio diurno per persone con gravi disabilità, dipendenti da qualsiasi causa, con prestazioni socio-sanitarie altamente integrate, predisponendo progetti individualizzati per rispondere a bisogni sanitari, assistenziali, riabilitativi ed educativi di ogni ospite;
la legge di bilancio 2023, al comma 362 dell'articolo 1, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze il «Fondo per le periferie inclusive», uno specifico fondo, con una dotazione di 10 milioni per il 2023, volto a favorire e promuovere l'inclusione sociale delle persone con disabilità nelle periferie e il miglioramento del loro livello di autonomia contrastando, al contempo, i fenomeni di marginalizzazione nelle aree periferiche urbane;
il fondo è destinato tuttavia al finanziamento di progetti nei soli comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, limitando così l'accesso a un gran numero di comuni italiani che vorrebbero promuovere importanti iniziative a sostegno dei propri cittadini con gravi disabilità;
anche il comune di Lecco, nonostante sia capoluogo di provincia, ha una popolazione inferiore a 300.000 abitanti e pertanto non può accedere ai finanziamenti del predetto fondo per promuovere il progetto di ristrutturazione del centro diurno disabili «La Casa di Stefano»;
il 23 dicembre 2022, nell'ambito dell'esame in assemblea presso la Camera dei deputati del disegno di legge di bilancio 2023, il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/00643-bis-AR/012 presentato dall'interrogante, con il quale si impegnava il Governo «a valutare l'opportunità di incrementare, compatibilmente con vincoli di finanza pubblica, con successivi interventi normativi, il Fondo per le periferie inclusive e ad ampliare i requisiti per l'accesso ai finanziamenti del Fondo includendo almeno tutti i capoluoghi di provincia a prescindere dal loro numero di abitanti» –:
se si intenda dare seguito all'impegno contenuto nell'ordine del giorno n. 9/00643-bis-AR/012, al fine di consentire a tutti i capoluoghi di provincia, a prescindere dal loro numero di abitanti, di accedere al «Fondo per le periferie inclusive», consentendo conseguentemente al comune di Lecco di poter aspirare di ottenere i fondi per realizzare le opere di cui necessita la «La Casa di Stefano».
(4-00812)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta orale:
NEVI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in base all'articolo 1, commi 231 e seguenti, della legge di bilancio 2023, n. 197 del 2022, i singoli carichi affidati alla riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, possono essere estinti, anche a rate, versando solo la somma dovuta a titolo di capitale e spese esecutive (al netto di sanzioni, interessi, compensi di riscossione);
ai fini della definizione della procedura, il contribuente deve presentare, ai sensi del comma 235 della legge di bilancio, una dichiarazione nella quale si impegna a rinunciare ai giudizi eventualmente pendenti con riguardo ai carichi di cui chiede la definizione; la presentazione di tale dichiarazione al giudice determina la sospensione e la successiva estinzione del giudizio al termine dei pagamenti dovuti (comma 236);
in base alla disciplina che regola la riscossione in pendenza di giudizio, è noto che all'atto della presentazione del ricorso tributario di primo grado, l'ente creditore sia obbligato a iscrivere a ruolo (articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973) un terzo delle maggiori imposte, contributi e premi dovuti, mentre la restante parte delle somme dovute viene iscritta a ruolo successivamente (articolo 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992), in concomitanza con le sentenze sfavorevoli al contribuente emesse in primo, secondo e terzo grado di giudizio;
è emerso che la definizione agevolata dei debiti iscritti a ruolo come introdotta dalla legge di bilancio 2023 non possa trovare piena applicazione con riguardo a quei contribuenti destinatari di ruoli concernenti il solo primo terzo delle somme dovute ex articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, affidati alla riscossione entro il 30 giugno 2022, in quanto l'esistenza del carico residuo di due terzi, relativo al medesimo contesto accertativo ed eventualmente affidato alla riscossione dopo la scadenza del 30 giugno 2022, impedisce al contribuente di formulare la rinuncia al giudizio ancora pendente e di concretizzare la definizione;
ne deriva che tali contribuenti, pur avendo carichi iscritti a ruolo entro la data del 30 giugno 2022, ove si tratti di riscossione parziale del primo terzo delle somme dovute in pendenza di giudizio, non saranno interessati alla definizione dei loro carichi pendenti con conseguente perdita di entrate da parte dell'erario;
tale situazione, poi, rischia di creare delle storture in ordine alla applicazione della disciplina della cosiddetta tregua fiscale nel suo complesso (si pensi a chi definisce il ruolo del primo terzo, ma non può beneficiare della sospensione del giudizio), oltre che delle disparità di trattamento tra contribuenti a causa della tempistica con la quale l'ente competente abbia proceduto ad assumere in carico la riscossione delle somme dovute oltre il primo terzo, prima o dopo il 30 giugno 2022 –:
se il Governo abbia tenuto conto delle sopra descritte criticità e se intenda adottare dei correttivi per integrare nell'immediato la procedura suddetta rispetto all'attuale impostazione, consentendo di accedere alla definizione agevolata in parola, e per l'intero debito dovuto, anche ai contribuenti destinatari di carichi pendenti riferiti al medesimo contesto debitorio nell'ambito del quale solo una parte relativa al primo terzo delle somme dovute sia stata affidata alla riscossione entro il 30 giugno 2022.
(3-00329)
GIUSTIZIA
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
tra il 2020 e il 2022 centinaia di famiglie hanno affidato i lavori di efficientamento energetico al general contractor di Treviso «Gruppo Zero»;
i dipendenti di gruppo Zero Srl facevano il progetto, e appena depositata la Cilas, veniva emessa una prima fattura, spesso riferita a materiali che sarebbero serviti solo successivamente, dalle società satelliti per un primo Sal; una volta emessa, la fattura veniva trasmessa ad un asseveratore che redigeva la Dichiarazione sostitutiva di atto notorio asseverando i lavori come se fossero stati eseguiti; l'asseveratore passava poi la pratica ad un consulente del lavoro che ne processava il Visto di conformità generando così i crediti che venivano poi ceduti: tutti questi passaggi venivano fatti all'insaputa dei clienti;
nell'agosto 2022 una società del gruppo Zero ha subito un sequestro di alcuni milioni di euro tra crediti fiscali e conti correnti, e da allora si sono interrotte le attività di tutto il gruppo, bloccando l'esecuzione dei lavori e precludendo a molti committenti di rispettare il limite minimo del 30 per cento dei lavori eseguiti entro fine settembre 2022;
centinaia di soggetti si trovano nella situazione di avere il cassetto fiscale movimentato a causa di crediti che non avrebbero avuto ragion d'essere, con lavori incompleti se non appena iniziati; le asseverazioni mendaci, se prima hanno permesso a Casazero di monetizzare crediti non dovuti, ora precludono alle famiglie di effettuare gli stessi interventi con bonus minori;
le vittime non erano consapevoli che il general contractor avesse generato crediti con la presentazione di documentazione falsa, e senza aver mai concordato le modalità di generazione e fruizione dello stesso, né hanno ricevuto notifica della emissione delle fatture e della deposizione della asseverazione presso Enea, tantomeno della posizione del visto di conformità e della comunicazione di cessione da parte dell'esperto fiscale; da allora le attività del general contractor si sono fermate per mancanza di liquidità e questo ha impedito a molti cantieri di avviarsi e di raggiungere il Sal lavori 30 per cento entro fine settembre;
vi è in corso, ovviamente, un'indagine da parte della procura di Treviso, che ha di fatto sospeso le attività del general contractor, sul quale incombe l'ombra del fallimento;
risulterebbe, inoltre, che la Guardia di finanza abbia iniziato ad indagare sul gruppo Zero dal dicembre del 2021, procedendo al sequestro preventivo dei crediti fiscali, con conseguente sospensione dell'attività solo dall'agosto del 2022, ma che la procura, ad oggi, non preveda una chiusura delle indagini, il che rischia di confliggere con la ridotta finestra temporale necessaria ad usufruire del superbonus;
sulla dilatazione dei tempi incide sicuramente anche la grave scopertura di personale che affligge da tempo il tribunale di Treviso: la carenza di dipendenti, su una pianta organica che prevede 42 lavoratori ma che ne vede solo 26 in servizio effettivo al momento, è grave; inoltre, su 14 sostituti procuratori previsti ne sono presenti solo 11, che sottolineano inoltre, come, solo nell'ultimo semestre, a parità di lavoro espletato dai magistrati, il numero dei procedimenti pendenti sia vertiginosamente aumentato anche a causa dell'impossibilità, da parte degli amministrativi, di far fronte ad adempimenti di natura ordinaria, nonché in ragione delle centinaia di denunce arrivate solo, nell'ambito della vicenda dei truffati da gruppo Zero –:
se il Ministro interpellato non ritenga urgente intervenire sulla grave scopertura di personale di cui soffre la procura di Treviso, nonché quali iniziative di competenze abbia già adottato per garantire l'efficienza e la velocità della giustizia per i cittadini del territorio.
(2-00122) «Serracchiani, Guerra, Gianassi».
Interrogazioni a risposta immediata:
BAGNASCO, CALDERONE, PATRIARCA e PITTALIS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
numerosi organi d'informazione hanno, di recente, riportato la notizia per la quale sarebbe intendimento dell'attuale Governo proporre, con un disegno di legge, la riapertura dei tribunali o di taluno dei tribunali soppressi dal decreto legislativo n. 155 del 2012;
con tale provvedimento vennero soppresse 31 sedi di tribunali, 220 sedi distaccate di tribunale e 667 uffici del giudice di pace nell'ottica della revisione e dell'ottimizzazione della spesa pubblica, nonché di un recupero complessivo di risorse ed efficienza del sistema giustizia;
tuttavia, non solo il risparmio ipotizzato non è stato conseguito, ma la suddetta riforma non ha garantito neppure la celere definizione dei giudizi aumentando, al contrario, i disagi per cittadini e operatori del diritto e sottraendo, in troppi luoghi, importanti presidi della legalità rappresentati dalla presenza di un ufficio giudiziario;
oggi, presso le comunità territoriali interessate dalla soppressione di cui sopra, è vivo e crescente l'interesse alla riapertura perché la giustizia di prossimità – più vicina al cittadino – ha un valore che non può essere ignorato anche in termini di efficienza del servizio giustizia stesso –:
quali siano le iniziative che il Governo intende intraprendere per la revisione dell'attuale geografia giudiziaria.
(3-00321)
BISA, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
i nuovi allarmanti fenomeni di devianza giovanile impongono una rinnovata attenzione alla giustizia minorile;
occorre considerare le continue violente aggressioni da parte di detenuti, immigrati o giovani adulti ai danni degli agenti di polizia penitenziaria;
occorre bloccare i continui trasferimenti dalle carceri del Nord Italia verso le carceri del Sud di detenuti stranieri e giovani adulti, resisi autori di atti di violenza, anche nei confronti del personale, riluttanti a qualsiasi regola e/o trattamento penitenziario;
molti giovani detenuti sono poli-assuntori di sostanze stupefacenti e psicotrope con determinazione di problemi sia di gestione della stessa assunzione di psicofarmaci negli istituti penali minorili, sia di malessere fisico e psicologico, sia di effetti criminogeni nei rapporti fra detenuti, con la polizia penitenziaria e con gli altri operatori;
inoltre, per i minori dai 14 anni in su, il giudice può applicare la misura cautelare in carcere per chi commetta un reato per cui la legge prevede la reclusione superiore a 9 anni, ma tale pena edittale nel minimo superiore a nove anni di reclusione risulta oramai troppo alta: è necessario rivederla per rendere un maggiore servizio di sicurezza ai cittadini e avere una pena più congrua per reprimere condotte criminali di nuovo conio ed estremamente pericolose;
occorrono misure organizzative e strutturali finalizzate ad assicurare negli istituti penali per i minorenni l'individuazione di nuove modalità di collaborazione con le comunità del privato sociale per favorire la proposizione di nuove offerte sul territorio, per sostenere l'accoglienza di minori e giovani adulti sottoposti alla misura del collocamento in comunità;
è necessaria l'introduzione del processo telematico, ma i tribunali per i minorenni, a differenza di quelli ordinari, sono ad oggi sprovvisti e gli uffici minorili soffrono rilevanti carenze di organico sia nel personale di magistratura che nel personale amministrativo. La carenza di amministrativi è drammatica, manca in tutta Italia circa un quarto del personale previsto;
inoltre, la carenza di risorse e di personale incide sul rallentamento dei procedimenti, rendendo tardivi e meno efficaci gli interventi necessari alla tutela dei minori in situazioni di pregiudizio, talvolta assai gravi –:
se e quali provvedimenti siano in itinere affinché la carenza di risorse e di personale non incida sempre di più sul rallentamento dei procedimenti e quali riforme risultino dirette al rafforzamento degli istituti di rieducazione, al reinserimento della popolazione detenuta, al potenziamento degli interventi in materia di esecuzione penale esterna per adeguare gli interventi di giustizia minorile ai nuovi fenomeni di devianza giovanile.
(3-00322)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazione a risposta in Commissione:
BARBAGALLO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
durante l'esame del decreto-legge n. 198 del 2022 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14, del 24 febbraio 2023, cosiddetto «Decreto Milleproroghe», il Governo con un ordine del giorno si è impegnato ad «avviare un percorso di ridefinizione delle soglie dimensionali o al meccanismo che determina l'obbligo di nomina dell'organo di controllo» e a dare attuazione all'impegno, nel primo provvedimento utile;
di fatto non vi è stata nessuna proroga, solo l'impegno ad avviare un percorso per la ridefinizione al rialzo delle soglie;
a normativa vigente, com'è noto, molte piccole s.r.l. si vedranno costrette «entro l'approvazione dei bilanci relativi all'esercizio 2022» a nominare l'organo di controllo o il revisore;
è quanto prevede all'articolo 379, comma 3, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (CCI) nella versione che, com'è noto, è stata da ultimo modificata ad ottobre 2021 (legge n. 147 di conversione del decreto-legge n. 118 del 2021) per le società a responsabilità limitata e le società cooperative già costituite alla data del 16 marzo 2019;
con le modifiche introdotte dal CCI l'obbligo di nomina scatta quando per 2 esercizi consecutivi sono superati anche uno solo dei limiti previsti dall'articolo 2477 del codice civile ovvero: 4 milioni di euro di totale dell'attivo dello stato patrimoniale; 4 milioni di euro di ricavi delle vendite e delle prestazioni; 20 dipendenti occupati in media durante l'esercizio;
al netto dei buoni propositi a cui si ispira il nuovo Codice della crisi d'impresa, la proroga di un'ulteriore anno sarebbe stata opportuna. In periodi di reiterata incertezza degli scenari economici e finanziari è, infatti, sempre poco opportuno gravare le piccole imprese di nuovi costi imponendo dinamiche difficilmente gestibili. Dinamiche che potrebbero azzerare l'innata capacità di resilienza dei suddetti soggetti, con la conseguenza che l'effetto paradossale potrebbe essere la desertificazione di parte significativa del tessuto produttivo nazionale –:
alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano assumere affinché siano rispettati gli impegni presi.
(5-00667)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
D'ALFONSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con delibera di Giunta n. 229 del 2016, la regione Abruzzo ha approvato le strategie di interventi operativi verificati su base progettuale per lo sviluppo e la crescita della regione Abruzzo nell'ambito del masterplan Abruzzo - patto per il Sud;
all'interno dell'intervento strategico di «realizzazione, ammodernamento e riqualificazione del sistema regionale delle autostazioni/impianti/aree a servizio del Tpl per lo scambio modale gomma-gomma e gomma-ferro e avvio del programma di messa in sicurezza delle stazioni di fermata sulla SS16 e SS17», finanziato interamente dalla delibera Cipe 26 del 2016 per un importo di 5 milioni di euro, c'è il progetto di realizzazione dell'autostazione di Lanciano, in provincia di Chieti;
con delibera di Giunta n. 402 del 2016, la regione Abruzzo ha individuato Tua s.p.a., Società unica abruzzese di trasporto, come soggetto attuatore dell'intervento;
il giorno 6 agosto 2020 sono stati consegnati i lavori di completamento dell'autostazione sita nel comune di Lanciano, in piazza Pietrosa per un importo complessivo a base d'asta di 417.355,99 euro;
ad oggi, secondo quanto si apprende dalla stampa locale, l'opera si sta tramutando nella più grande incompiuta del territorio frentano a causa degli ingiustificati ritardi di fine opera;
serve sottolineare, secondo l'interrogante, che l'opera ricopre per il territorio un ruolo di fondamentale importanza, in quanto è il biglietto da visita per chi giunge nella città, oltre che snodo imprescindibile per la mobilità frentana –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, per quanto di competenza, ravvisi l'urgenza di promuovere iniziative al fine di velocizzare la messa a terra dei finanziamenti disponibili, anche in ragione dell'attuale aumento dei prezzi dei materiali che potrebbe incidere sul valore delle risorse rese disponibili dal masterplan Abruzzo.
(5-00668)
SERRACCHIANI, BARBAGALLO, GHIO, CASU e BAKKALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
sono ormai svariati mesi che le associazioni nazionali dell'autotrasporto merci sono in attesa di risposte concrete da parte del Governo a cui sono state per tempo evidenziate le forti criticità strutturali e permanenti che le imprese del settore si trovano a vivere;
con grande rammarico le suddette associazioni hanno reso noto che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha adottato alcuna misura di quelle concordate, ormai svariati mesi fa, per consentire al settore di affrontare la critica situazione dovuta principalmente all'esorbitante aumento dei costi dell'energia subìto negli scorsi mesi;
in particolare, la categoria aspetta con urgenza l'adozione di provvedimenti normativi che possano consentire la completa fruibilità dei 285 milioni di euro stanziate con la legge bilancio ed il cosiddetto decreto-legge «aiuti quater»;
parimenti non è stata ancora formalizzata la loro esclusione dall'obbligo di contribuzione all'Autorità di regolazione dei trasporti (Art) soprattutto in considerazione della imminente scadenza del 28 aprile;
mancano all'appello anche l'individuazione di soluzioni efficaci per affrontare la questione organizzativa delle motorizzazioni civili oltre che quella relativa ai trasporti eccezionali;
il comparto, che attende da tempo che si apra uno spazio per un confronto serio e duraturo, è insoddisfatto per l'inerzia del Governo rispetto alle principali questioni poste, registrando ad oggi la mancanza di risposte adeguate rispetto alle legittime aspettative di decine di migliaia di operatori economici su problematiche di vitale importanza per un settore fondamentale per lo sviluppo economico del sistema Paese;
il prossimo 17 aprile 2023 è stato convocato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il tavolo dell'autotrasporto, presieduto dal capo Dipartimento per la mobilità sostenibile del Mit e dedicato alle problematiche più urgenti del settore, dalle modalità per rendere disponibili alle aziende di autotrasporto contributi stanziati dallo Stato alla carenza di autisti, dalla sicurezza al rispetto delle regole –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere con urgenza per dare piena attuazione alle misure concordate con il comparto nazionale dell'autotrasporto merci ed esposte in premessa, presentando, già dalla prossima riunione del tavolo dell'autotrasporto, le risposte concrete che le imprese attendono da molto tempo.
(5-00671)
INTERNO
Interrogazione a risposta orale:
AURIEMMA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
le cronache degli ultimi mesi riferite al territorio del comune di Acerra evidenziano un incremento di atti delinquenziali e criminali in età adolescenziale, creando un grave allarme sociale come sottolineato anche da Sua Eminenza Mons. Antonio Di Donna, Vescovo di Acerra. Nonostante l'importante lavoro e la professionalità delle forze dell'ordine, impegnate su più fronti ma con un esiguo numero di mezzi e personale, aumenta il clima di insicurezza con le famiglie che si stanno organizzando in comitati per accendere i riflettori su una problematica che non vede l'amministrazione comunale troppo attenta, con il corpo di polizia locale prioritariamente utilizzato per i controlli delle violazioni al codice della strada anziché a quelli di sicurezza urbana;
la relazione conclusiva della «Commissione Parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie» sottolinea come uno sviluppo disomogeneo e non regolato contribuisca a ostacolare un controllo effettivo e la garanzia della sicurezza sui territori. Chi interroga condivide che una città come Acerra, con strumenti urbanistici del 1985, senza un aggiornato adeguamento del dimensionamento scolastico, con uno sviluppo economico condizionato dal più grande inceneritore d'Europa e relativa filiera dei rifiuti, è terreno fertile per diseguaglianze che alimentano atti di violenza, definiti baby gang, tra i giovani di età compresa tra i 12 e i 17 anni;
a ciò si aggiunga che il territorio di Acerra è interessato storicamente a fenomeni ed atti di camorra, con omicidi, stese, arresti per spaccio organizzato, estorsione ed usura, che accertano una presenza radicata della criminalità organizzata;
sembrerebbe in corso un ampliamento degli spazi del commissariato della polizia di Stato, ma con utilizzo di una scuola recentemente ristrutturata con fondi di compensazione ambientale, i cui spazi vengono richiesti dalla direzione didattica per migliorare l'offerta educativa proprio nella porzione di territorio dove si verificano la maggior parte dei reati delle baby gang;
sono stati acquisiti a patrimonio comunale diversi manufatti abusivi o di proprietà di imprenditori legati alle ecomafie, che potrebbero essere utilizzati per rafforzare la presenza delle forze dell'ordine, con lo Stato che darebbe un forte segnale di presenza e di legalità, lasciando che gli spazi destinati a scuola possano essere utilizzati per combattere l'evasione scolastica e togliere maestranze alla criminalità organizzata –:
se e quali iniziative immediate siano state assunte per prevenire e contrastare il gravissimo ed allarmante fenomeno delle baby gang in premessa illustrato;
se, rendendosi necessario un ampliamento degli spazi e uomini delle forze dell'ordine impegnate, non si renda praticabile, anche con fondi del Pnrr, l'utilizzo di beni confiscati e/o sequestrati già transitati nel patrimonio pubblico, anziché quello di edifici scolastici già in uso e pertanto sottratti all'importante processo educativo dei bambini.
(3-00320)
Interrogazioni a risposta scritta:
GHIRRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in aderenza alla normativa europea e internazionale in tema di libertà di movimento, ai sensi dell'articolo 1 della legge 21 novembre 1967, n. 1185 (norme sui passaporti), l'ordinamento nazionale stabilisce che ogni cittadino è libero, salvi gli obblighi di legge, di uscire dal territorio della Repubblica, valendosi di passaporto o di documento equipollente ai sensi delle disposizioni in vigore, e di rientrarvi;
il passaporto è quindi utile per attestare l'identità dei cittadini diretti o prevenienti dall'estero e viene rilasciato ai cittadini italiani e, per i maggiorenni, ha durata decennale;
a far data dal 20 maggio 2010, viene rilasciato da tutte le questure in Italia e all'estero dalle rappresentanze diplomatiche e consolari, un documento elettronico costituito da un libretto di 48 pagine a modello unificato, dotato di un microchip in copertina, contenente le informazioni relative ai dati anagrafici, la foto e le impronte digitali del titolare;
ai sensi della legge 21 novembre 1967, n. 1185 (norme sui passaporti) in Italia le domande relative ai passaporti vengono presentate nel luogo dove il richiedente ha residenza, domicilio o dimora, alla questura o all'ufficio locale distaccato di pubblica sicurezza, ovvero, in mancanza di questi, al comando locale dei carabinieri o al comune, o anche, in casi eccezionali, agli Ispettorati di frontiera o presso le rappresentanze diplomatiche a consolari all'estero;
anche sul modulo per la richiesta di passaporto per i maggiorenni scaricabile al sito web della polizia di Stato, al punto 1 delle istruzioni per la compilazione, è riportato che «La domanda compilata e sottoscritta dal richiedente maggiorenne può esser presentata in Italia nel luogo dove il richiedente ha la residenza, domicilio o dimora, presso la Questura o il locale Commissariato di Pubblica Sicurezza, ovvero in mancanza di questi al locale comando Carabinieri, o presso gli uffici comunali, all'estero, presso le Rappresentanze Diplomatiche e Consolari»;
il cittadino che necessita di presentare domanda per il rilascio del passaporto deve prenotare data, ora e luogo dell'appuntamento sul sito internet della polizia di Stato a cui si accede unicamente tramite Spid, Cie o Cns, e in diverse realtà territoriali vi sono lunghe attese per poter ottenere il primo appuntamento utile presso le questure;
risulta altresì non adeguatamente pubblicizzata e pienamente applicata la previsione di legge che consente di presentare la domanda per il rilascio del passaporto presso gli uffici comunali in mancanza di questura o locale commissariato di pubblica sicurezza nel luogo dove il richiedente ha la residenza, il domicilio o la dimora, tanto che alcuni municipi non ritengono che tale previsione rientri tra i loro compiti, causando complicazioni e disservizi a chi intende richiedere o rinnovare il passaporto –:
quali iniziative si intendano attuare per risolvere la problematica descritta in premessa e rendere omogenea sul territorio nazionale la tempistica necessaria per l'emissione dei passaporti, e per favorire – ove non siano presenti la questura e il locale commissariato di pubblica sicurezza – la presentazione della domanda di rilascio del passaporto presso comune di residenza, domicilio o dimora del richiedente.
(4-00804)
PENZA, AMATO, CARAMIELLO e DI LAURO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 26 marzo 2023, in via Cappuccini a Sant'Agnello, comune della penisola sorrentina, il presidente del Wwf territoriale, un cittadino, è stato aggredito e ferocemente malmenato da un imprenditore edile, già noto alle forze dell'ordine per la sua vicinanza a clan camorristici. Da quanto si apprende dalle testate giornalistiche di zona il motivo del pestaggio pare siano alcune denunce fatte dallo stesso relative ad abusi urbanistici ed edili avvenuti in zona. Pare, inoltre, che il suddetto imprenditore abbia dovuto in passato sospendere un progetto edilizio per un parcheggio al posto di un agrumeto, proprio in seguito alle suddette denunce. Sono sempre più frequenti le voci che raccontano di interessi speculativi dei clan in penisola sorrentina, alcuni già incassati e altri in prospettiva. Si tenga inoltre presente che ben due amministrazioni comunali di città limitrofe (Castellammare di Stabia e Torre Annunziata) sono state commissariate per possibili connivenze con clan di zona –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda mettere in atto al fine di fare chiarezza su eventuali connivenze tra politica e delinquenza organizzata nella gestione degli appalti pubblici nei comuni della fascia costiera sorrentina.
(4-00813)
DELLA VEDOVA e MAGI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
lo scorso 22 marzo 2023, il cittadino russo, Artem Uss, è scomparso dall'appartamento di Basiglio, in provincia di Milano, dove stava scontando la misura cautelare degli arresti domiciliari;
Artem Uss era stato arrestato all'aeroporto di Milano Malpensa il 17 ottobre 2022, in esecuzione di un mandato di arresto internazionale dell'autorità giudiziaria di New York;
come si è appreso dalla stampa dei giorni scorsi, il Dipartimento di Giustizia USA, in data 29 novembre 2022 avrebbe trasmesso al nostro Ministero della giustizia una lettera formale in cui esortava il nostro Paese a prendere «tutte le misure possibili» per disporre la misura della custodia cautelare nei confronti di Uss, per l'intera durata del procedimento di estradizione, dato l'altissimo rischio di fuga del soggetto;
la Corte d'appello di Milano ha confermato due dei quattro reati di cui è accusato dalla giustizia americana (frode bancaria e violazione dell'embargo nei confronti del Venezuela) – reati che si ipotizza siano legati all'impegno bellico russo in Ucraina – e, in data 2 dicembre 2022, ha concesso a Uss i domiciliari, con il cosiddetto «braccialetto elettronico», nonostante l'allarme lanciato dalle autorità statunitensi in considerazione della pericolosità del soggetto;
il 21 marzo 2023, la medesima Corte ha autorizzato l'estradizione di Artem Uss negli USA; il giorno successivo, Artem Uss, aiutato da persone provenienti dall'estero secondo le ricostruzioni della stampa, è sparito dal suo domicilio e, indisturbato, ha lasciato l'Italia per trasferirsi in Russia grazie a documenti falsi –:
di quali elementi dispongano i Ministri interrogati, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda richiamata in premessa, e se in particolare il Ministro della giustizia intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive al riguardo.
(4-00814)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazione a risposta orale:
SARRACINO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:
il diritto all'istruzione è sancito agli articoli 33 e 34 della nostra Carta costituzionale e in particolare l'articolo 33 stabilisce che la Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi;
purtroppo le diseguaglianze territoriali esistenti nel nostro paese rischiano di pregiudicare questo diritto mettendo a rischio il futuro formativo e professionale di intere generazioni;
in data 6 aprile 2023 il quotidiano "La Repubblica" ha pubblicato una dettagliata inchiesta giornalistica che pone in evidenza una serie di dati drammatici che riguardano il sistema istruzione nel Mezzogiorno;
i dati Svimez fotografano un'Italia di fatto divisa in due con al Centro-nord un tasso di abbandono medio al 10,4 per cento, mentre al sud si attesta intorno al 16,6 per cento con alcune realtà come a Napoli in cui si arriva a sfiorare il 23 per cento;
tale macroscopica differenziazione interessa molti servizi come il tempo pieno, la mensa, le palestre, biblioteche, iniziative extracurriculari, gite scolastiche solo per citarne alcuni;
il tempo pieno ad esempio in Italia copre circa il 50 per cento delle scuole dell'obbligo con al nord punte anche dell'80 per cento e al sud che si attesta sul 18 per cento così come nel Mezzogiorno l'80 per cento delle scuole è privo di palestre;
il PNRR rappresenta una importante opportunità per recuperare questo gap ma c'è preoccupazione circa l'effettiva messa a terra dei progetti destinati all'obiettivo di migliorare l'infrastrutturazione scolastica e il contrasto alla dispersione e abbandono;
per la dotazione di mense scolastiche attraverso il PNRR sono destinati circa 600 milioni mentre per iniziative di contrasto alla dispersione in campo ci sono a disposizione ben 1,5 miliardi di euro;
purtroppo il combinato disposto di carenza di personale amministrativo nelle scuole e le note criticità presenti nei comuni rischiano di pregiudicare gli obiettivi previsti per il 2026;
territorialmente, in particolare per quanto concerne l'area di Napoli, il Governo precedente aveva siglato un patto educativo in grado di coinvolgere amministrazioni pubbliche, enti locali, terzo settore per un migliore e più efficace uso delle risorse partendo da una impostazione dal basso e non verticistica soprattutto nelle aree periferiche e a maggior rischio;
di queste iniziative sembra essersi persa traccia, con il conseguente rischio di veder compromesse buone pratiche e interventi di rilancio della scuola pubblica;
bisogna evitare che nascere in luoghi diversi possa determinare forme diverse di accesso a servizi fondamentali come l'istruzione e soprattutto a forme diverse e penalizzanti di cittadinanza;
il quadro rischia di essere ancora più preoccupante se questi dati si proiettano a valle del disegno di legge di autonomia differenziata presentato dal Governo –:
quali iniziative intenda porre in essere il Governo al fine di contrastare il fenomeno dell'abbandono scolastico nel Mezzogiorno, nonché quale sia lo stato di attuazione dei progetti legati al PNRR, e se non si intenda attivare una apposita cabina di regia con regioni ed enti locali, coinvolgendo anche il terzo settore e il privato sociale, con l'obiettivo di non perdere le risorse stanziate e di migliorare gli standard infrastrutturali e formativi della scuola pubblica, assicurando il pieno rispetto del dettato costituzionale e del diritto all'uguaglianza che non può differenziarsi geograficamente.
(3-00319)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
il Signor Bertini, funzionario della Banca d'Italia, scoprì e segnalò alla trasmissione Report una potenziale truffa che riguardava alcune importanti banche e la loro attività di intermediazione;
le stesse sono state sanzionate dall'Agcm per il comportamento scorretto per l'attività di vendita dei diamanti, decisioni confermate anche in ultimo grado dal Consiglio di Stato (sez. VI), per aver proposto come investimento ai risparmiatori diamanti, a un prezzo di molto maggiore rispetto a quello di mercato. La truffa avrebbe riguardato circa 71.000 risparmiatori e le banche coinvolte hanno rimborsato circa 1,2 miliardi di euro. A dispetto del servizio reso, dei rischi sofferti a fronte della segnalazione di illeciti tanto gravi e della sussistenza di un interesse pubblico generale alla conoscenza dei fatti, il Bertini venne sottoposto a procedimento disciplinare dalla Banca d'Italia e conseguentemente dapprima sospeso e successivamente destituito. Il provvedimento è stato, impugnato dal Bertini al Tar, il ricorso ha trovato accoglimento in data 28 marzo 2023 annullando i provvedimenti impugnati in ragione del mancato rispetto del diritto di difesa del Bertini nell'ambito del procedimento disciplinare. Nonostante tale annullamento, Banca d'Italia ha deciso di procedere con un'ulteriore attività disciplinare nei confronti del lavoratore, come esplicitato, in data 4 aprile 2023, in una nota sottoscritta dalla segreteria generale che precisava, tra l'altro, che il Tribunale si sarebbe espresso solo su un vizio procedurale e non anche nel merito;
la vicenda appare paradossale e ingiusta anche in relazione allo svolgimento dei rapporti di lavoro che la Banca d'Italia intrattiene con i suoi dipendenti;
è fuori discussione l'importanza della denuncia del Signor Bertini che ha portato ad un'attività istruttoria dell'Agcm nella quale sono state confermate le condotte degli istituti di credito contestate e le evidenti ricadute sui risparmiatori: ci si chiede a questo proposito fino a che punto l'esigenza di riservatezza delle informazioni ricevute dalla Banca d'Italia non debba cedere all'interesse pubblico relativo al corretto svolgimento dell'attività degli istituti di credito. Soprattutto, non possono non destare preoccupazione le modalità comportamentali con cui Banca d'Italia sta gestendo il rapporto con il proprio lavoratore;
traspare, ad avviso degli interpellanti, nel comportamento del datore di lavoro un atteggiamento di accanimento ritorsivo nei confronti del lavoratore. È da sottolineare al riguardo sia la reiterazione dei provvedimenti emanati da Banca d'Italia, che ancora continuano pur nella crescente lontananza temporale (essendo i fatti imputati anteriori al 2020), sia la ripetizione dell'affermazione della Autorità medesima di ritenere comunque – e a priori – fondati gli addebiti già mossi al Bertini, sia pure l'enormità della sanzione erogata a quest'ultimo nella destituzione del servizio, a scapito del rispetto del principio di proporzionalità;
è chiaro dunque che, l'apertura di un ulteriore fase procedimentale si pone in palese contrasto (se non altro) con le regole di buona fede e correttezza nel rapporto contrattuale, nonché con principi fondanti il diritto del lavoro come quello dell'immediatezza sostanziale delle contestazioni disciplinari –:
di quali elementi disponga, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda richiamata in premessa e quali eventuali iniziative normative intenda assumere il Governo ai fini della più ampia tutela del lavoratore in casi analoghi.
(2-00125) «Barzotti, Aiello, Carotenuto, Tucci, Auriemma».
Interrogazioni a risposta scritta:
GHIRRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo n. 149 del 2015 ha istituito l'agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata «Ispettorato nazionale del lavoro» (Inl), operativa dal 2017;
a parere degli interroganti, la confluenza dei corpi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'Inps e dell'Inail in un unico ente non ha tenuto conto delle specifiche professionalità, privilegiando le finalità di semplificazione ed economicità dell'azione amministrativa al riconoscimento delle specifiche competenze acquisite;
dai dati diffusi dagli organi di stampa emerge che oggi gli ispettori in organico all'Inps sono meno di mille e quelli Inail circa 200 ed eseguirebbero ogni anno 160 mila controlli su altrettante imprese, a fronte di 1,8 milioni di aziende italiane con dipendenti;
gli interroganti ritengono che il modello delineato nel decreto legislativo n. 149 del 2015 sia profondamente errato poiché mira a rendere le competenze degli ispettori Inl, Inps e Inail perfettamente sovrapponibili e fungibili e prevede il ruolo a esaurimento per gli ispettori previdenziali e assicurativi;
la suddetta scelta determina l'incapacità degli enti preposti a compiere un efficace accertamento e recupero dei propri crediti e ha già prodotto una riduzione di circa 1000 ispettori previdenziali, con evidenti e ovvie ripercussioni sulla efficienza ed efficacia della lotta all'evasione contributiva e al contrasto all'economia sommersa;
il 20 marzo 2023 il Ministro dell'interno avrebbe inviato una comunicazione ai prefetti per illustrare i «Piani di controllo per la sicurezza delle aree urbane adiacenti alle stazioni ferroviarie», prospettando di estendere i servizi di vigilanza alle zone a più alto rischio di fenomeni di illegalità;
il suddetto piano d'azione, per assicurare una immediata visibilità al progetto e accrescere la percezione di sicurezza della cittadinanza, ha previsto la realizzazione di servizi straordinari «ad alto impatto» di controllo del territorio, con impegno di personale di polizia locale, polizia di Stato, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza;
in particolare il Ministro dell'interno chiamerebbe in causa anche gli ispettori dell'Inl e i dipendenti delle Asl in quanto «si tratta di servizi che, pur partendo dal ruolo centrale svolto dalle forze di polizia, hanno visto il concorso di dipendenti di enti diversi, quali Asl, Ispettorato del lavoro, aziende municipalizzate, secondo un approccio integrato che ha permesso di affrontare le principali emergenze incidenti sulle cennate stazioni e sulle aree limitrofe, sottoponendo a controllo persone, esercizi pubblici, veicoli, procedendo al sequestro di stupefacenti e accertando illeciti di vario tipo, anche in materia di lavoro e fiscale, nonché situazioni che hanno portato alla irrogazione di divieti di accesso alle aree urbane»;
la lettera, evidenziando i positivi risultati ottenuti, annuncia la prosecuzione del sistema integrato, che dovrà essere adottato anche dalle altre prefetture;
vista l'emergenziale carenza di organico negli uffici territoriali, coinvolgere nelle suddette operazioni i pochi ispettori in servizio significa, a parere degli interroganti, distoglierli dal loro complicato compito di arginare il fenomeno delle morti sul lavoro, contrastare il lavoro nero, lo sfruttamento e il mancato rispetto delle regole in materia di sicurezza sul lavoro –:
se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non intenda adottare le iniziative di competenza affinché venga attuato un sostanzioso piano di assunzioni che reintegri gli organici degli ispettorati, oggi ridotti al minimo, ripristinando la competenza ispettiva in tutti gli enti interessati, con l'eliminazione del ruolo a esaurimento;
se i Ministri interrogati non intendano, ciascuno per la propria competenza, almeno in questa fase di emergenziale carenza di organico degli ispettori, rivedere i contenuti dei «Piani di controllo per la sicurezza delle aree urbane adiacenti alle stazioni ferroviarie» evitando il rischio che i pochi ispettori in servizio vengano coinvolti nelle operazioni previste dai citati piani ed essere così distolti dai loro complessi compiti di contrasto al lavoro nero, sfruttamento e mancato rispetto delle regole in materia di sicurezza sul lavoro.
(4-00806)
GHIRRA, MARI e GRIMALDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
da quanto si apprende il 29 marzo 2023 è stata sottoscritta una convenzione tra l'ispettorato nazionale del lavoro e i consulenti del lavoro secondo la quale l'ispettorato nazionale del lavoro provvederà a sollecitare il personale ispettivo affinché le verifiche siano effettuate in presenza del consulente incaricato dall'azienda, che quindi verrà avvertita prima di un'eventuale ispezione;
inoltre, le imprese che avranno una certificazione (asseverazione di conformità) rilasciata dai consulenti del lavoro, presumibilmente a pagamento, e che l'ispettorato si impegna addirittura a promuovere, saranno di fatto escluse da possibili ispezioni;
a parere dell'interrogante questa convenzione determinerà una vera e propria privatizzazione delle attività di controllo e metterà in discussione l'autonomia degli ispettori del lavoro, depotenziando la loro funzione a tutela della legalità e della salute dei lavoratori, in tutti i luoghi di lavoro;
le preesistenti intese sulla asseverazione con i consulenti del lavoro, nei fatti, non sono mai state rese operative, mentre oggi, attraverso la suddetta convenzione, si intende consegnare a soggetti privati, pagati dalle imprese, la tutela delle leggi, in sostituzione delle funzioni affidate a Inps, Inail e Inl;
tale approccio, a parere degli interroganti, si pone in violazione anche delle norme europee che regolano l'autonomia e la terzietà delle pubbliche amministrazioni;
invece di affidare ai consulenti del lavoro questo compito essenziale per la tutela della salute, della sicurezza e del rispetto della legalità nei luoghi di lavoro, sarebbe più opportuno procedere con il necessario e non più rinviabile rafforzamento degli organici degli ispettori, ad oggi assolutamente insufficienti –:
se non intenda, anche alla luce delle motivazioni esposte in premessa, rivedere la convenzione siglata con l'ordine dei consulenti del lavoro;
quali iniziative intenda assumere affinché vengano rafforzati gli organici degli ispettori in modo da incrementare sempre di più il numero di controlli e le ispezioni nei luoghi di lavoro;
quali ulteriori iniziative intenda intraprendere in materia di sicurezza sul lavoro a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori.
(4-00807)
SALUTE
Interrogazioni a risposta immediata:
ZANELLA, GRIMALDI, BONELLI, BORRELLI, DORI, EVI, FRATOIANNI, GHIRRA, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo il Censis, 19,6 milioni di italiani si sono visti in un anno negare almeno una prestazione dei livelli essenziali di assistenza e, considerata la lista di attesa, 28, su 100 tentativi di prenotazione, hanno fatto ricorso al privato;
un'elaborazione di dati fatta per Dataroom dall'Agenas mostra che, rispetto al 2019, nel 2020 e nel 2021 sono state fatte in meno oltre 12,8 milioni di prime visite e 17,1 milioni di visite di controllo; sono stati persi 1,3 milioni di ecografie all'addome, sono saltati 3,1 milioni di elettrocardiogrammi e più di mezzo milione di mammografie, una prestazione ambulatoriale su cinque è stata rinviata;
nel 2022 la proiezione dei dati Dataroom evidenzia che le prime visite sono ancora sotto di 3,1 milioni (-14 per cento), le visite di controllo meno 5,3 milioni (-16 per cento), le mammografie meno 127 mila (-7 per cento), le ecografie all'addome meno 334 mila (-9 per cento), gli elettrocardiogrammi meno 1 milione (-20 per cento);
entrando nel dettaglio delle singole richieste: per un elettrocardiogramma il Piemonte è sotto del 39 per cento, il Veneto del 27 per cento, la Liguria meno 40 per cento, la Toscana meno 18 per cento, la Sardegna meno 31 per cento;
le strutture private accreditate, più che proporre prestazioni convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, offrono prestazioni a pagamento: nel 2019 a Milano il 27 per cento dell'attività complessiva e il 41 per cento delle prime viste erano svolte in regime di solvenza, nel 2022 sono salite rispettivamente al 36 per cento e al 58 per cento;
dal rapporto Censis: «Il ricorso alla sanità a pagamento è l'esito, non di una corsa al consumismo sanitario inappropriato, ma di prestazioni prescritte da medici che i cittadini non riescono ad avere in tempi adeguati»; è in crescita costante la spesa che gli italiani sostengono di tasca propria per curarsi: secondo gli ultimi dati disponibili della Ragioneria generale dello Stato si è passati dai 34,85 miliardi di euro del 2019, ai 37 miliardi di euro del 2021, un 6 per cento in più, equivalente a 2,15 miliardi di euro, la metà di questa spesa è per visite specialistiche e interventi;
in sostanza: chi può paga, gli altri attendono o rinunciano alle cure, le rinunce per ragioni di carattere economico, secondo l'Istat, riguarda oltre 4 milioni di persone, il 6,8 per cento della popolazione –:
quali iniziative di competenza intenda assumere, d'intesa con le regioni, al fine di affrontare e risolvere la questione delle liste di attesa per garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini, evitando che la cura e la prevenzione dipendano dalla capacità economica, attuando pienamente l'articolo 32 della Costituzione.
(3-00325)
ALESSANDRO COLUCCI, LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 2 della legge 15 marzo 2010, n. 38, recante «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», definisce quest'ultima come «l'insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore»;
i pazienti che si sottopongono agli interventi e alle procedure richieste dalla terapia del dolore combattono stati di sofferenza cronica grave, che in molti casi arrivano a determinare una condizione di inabilità della persona che ne è affetta;
l'articolo 1 della già citata legge 15 marzo 2010, n. 38, non discrimina tra cure palliative e terapia del dolore, riconoscendo l'importanza dei due approcci di cura e la necessità di sostegno e promozione da parte dello Stato, «al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze»;
nella fase di approvazione in Parlamento di due recenti provvedimenti, la legge 29 dicembre 2022, n. 197 e la legge 23 luglio 2021, n. 106, sono state introdotte misure significative che potenziano e sviluppano le reti di cure palliative;
nelle relazioni esposte all'interno del Rapporto al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 38 del 15 marzo 2010 «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», si rilevano i progressi compiuti per quanto concerne l'implementazione delle reti di cure palliative di fine vita, ma non risultano presenti altrettanti avanzamenti in merito all'attuazione delle reti della terapia del dolore –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di assicurare che i cittadini possano accedere non solo alle reti di cure palliative, ma anche alla terapia del dolore, anche con riferimento alla formazione e al reclutamento di personale dedicato all'interno delle strutture di cura del Sistema sanitario nazionale, in attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38.
(3-00326)
MARIANNA RICCIARDI, QUARTINI, DI LAURO e SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
è di pochi giorni fa la notizia riguardante richieste di assunzione di medici specializzandi da parte di alcuni ospedali variamente localizzati in Italia; tali presidi ospedalieri fanno parte della rete formativa di scuole di specializzazione della stessa branca medica;
i casi di diniego di assunzioni di medici specializzandi si sarebbero verificati a causa del rifiuto di autorizzazione da parte di alcuni atenei italiani;
gli specializzandi in formazione dal terzo al quinto anno (nelle varie branche mediche) sarebbero venticinquemila a livello nazionale e potrebbero essere assunti negli ospedali per sopperire alle carenze di medici ospedalieri;
il sindacato Anaao Giovani sostiene che gli atenei avrebbero esercitato la loro opposizione alle assunzioni dei medici specializzandi perché non vorrebbero vedersi sottrarre manodopera a basso costo per produrre ricerca o pubblicazioni;
la legge 30 dicembre 2018, n. 145, al comma 548-bis, prevede che le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, nonché le strutture sanitarie private accreditate, appartenenti alla rete formativa, possono procedere fino al 31 dicembre 2025 all'assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale in ragione delle esigenze formative, a partire dal terzo anno del corso di formazione specialistica di medici;
tali disposizioni permettono dunque alle aziende e agli enti del Servizio sanitario nazionale e alle strutture sanitarie private accreditate l'assunzione, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, di medici specializzandi, in tutte le branche mediche;
il sovraffollamento nel pronto soccorso e la lunga attesa sulle barelle da parte dei pazienti, talvolta anche di 10 giorni, consegue in misura rilevante al fatto che non ci sono posti letto nei reparti di degenza nei quali manca il personale medico e sanitario sufficiente;
il pronto soccorso è una sorta di snodo tra l'assistenza territoriale e quella ospedaliera e su di esso si riversano tutte le criticità conseguenti alle carenze sul territorio e nei reparti di degenza;
per rafforzare i pronto soccorso e i dipartimenti di emergenza-urgenza occorre dunque affrontare in maniera complessiva la carenza di personale medico e delle specializzazioni ospedaliere a più alta intensità di lavoro, in tutti i reparti di degenza e in tutti i servizi territoriali –:
quali iniziative di competenza intenda adottare per sostenere l'assunzione in tutto il Paese di medici specializzandi in formazione presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, in particolare nei reparti di degenza e nei servizi territoriali.
(3-00327)
FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, RUSPANDINI, VIETRI, CIANCITTO, CIOCCHETTI, COLOSIMO, LANCELLOTTA, MACCARI, MORGANTE, ROSSO e SCHIFONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
i punti di pronto soccorso sul territorio nazionale sono afflitti da pesanti carenze strutturali, rispetto alle quali negli scorsi anni non sono state adottate soluzioni soddisfacenti;
in primo luogo, nonostante l'efficientamento delle attività di monitoraggio e prevenzione svolte dall'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, promosso dal Ministro della salute sin dal suo insediamento, rimangono numerose le aggressioni subite da medici e infermieri, anche e soprattutto all'interno dei punti di pronto soccorso;
l'ultima, solo in ordine di tempo, si è verificata nel pomeriggio della domenica di Pasqua quando un uomo, armato di coltello a serramanico e in evidente stato di alterazione da abuso di alcol, ha fatto irruzione nel pronto soccorso dell'ospedale di Pescara;
l'altro grave problema che pesa sull'efficienza dei nostri pronto soccorso è la carenza di personale: secondo la Società italiana di medicina d'emergenza urgenza (Simeu) nei punti di pronto soccorso italiani mancano oltre quattromila medici e la stessa Simeu ha messo in evidenza come su questo dato incida anche l'elevato numero di dimissioni che si verificano tra i medici in servizio presso i pronto soccorso, che nel primo semestre del 2022 ha raggiunto le seicento unità, vale a dire l'abbandono di cento professionisti al mese;
dall'altro lato, sempre con riferimento al 2022, un'analisi condotta dall'Associazione medici dirigenti Anaoo Assomed ha segnalato che ben il cinquanta per cento dei contratti di specializzazione in medicina d'emergenza non è stato assegnato;
le carenze di personale si rispecchiano nelle lunghe attese cui spesso i cittadini si trovano costretti quando si recano in un pronto soccorso;
tra i principali motivi che scoraggiano i medici di emergenza e urgenza figurano le retribuzioni poco allettanti, di certo più basse rispetto al resto d'Europa, il più alto rischio di contenziosi medico legali e il timore generato dalle frequenti aggressioni che si verificano in tale reparto;
in questo senso l'attuale Governo con i provvedimenti sin qui adottati ha sia potenziato il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, sia disposto un aumento dei compensi per i medici e per gli infermieri che lavorano in emergenza urgenza e anticipato le indennità di pronto soccorso rispetto al 2024, oltre ad aver previsto la possibilità di assunzioni anche senza specializzazione diretta e contratti libero professionali per gli specializzandi –:
quali iniziative intenda assumere in merito alle criticità esposte in premessa.
(3-00328)
UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
UBALDO PAGANO e LACARRA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
l'università di Bari è risultata vincitrice di diversi bandi per lo sviluppo della ricerca universitaria finanziati a valere sulle risorse destinate al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ottenendo in totale circa 132 milioni di euro;
in particolare, l'ateneo di Bari è risultato tra i vincitori, in rete con altri enti, di 18 progetti che prevedevano anche l'assunzione di ricercatori a tempo determinato, con un contratto triennale con scadenza nel febbraio del 2026, e borse di dottorato;
in forza di tali fondi, l'Università, avendo la possibilità di assumere 134 ricercatori e aprire 176 posizioni di dottorato, ha avviato i bandi pubblici per le relative assegnazioni e avanzato formale richiesta al Senato accademico e al consiglio di amministrazione al fine di anticipare a bilancio i fondi necessari (circa 20 milioni di euro) per procedere alle assunzioni;
i ricercatori assunti sono entrati in servizio il 1° marzo, mentre i ricercatori già lo scorso 1° febbraio;
da quanto si apprende da organi di stampa, però, l'università di Bari si è dovuta finora fare carico degli oneri finanziari delle assunzioni, anticipando le risorse necessarie al pagamento degli stipendi;
sempre secondo organi di stampa, «il ministero avrebbe dovuto già far arrivare il 10 per cento di ogni finanziamento vinto all'Ateneo, ma questo non è ancora avvenuto nonostante le firme dei decreti ministeriali di concessione siano arrivate tra settembre e novembre»;
tale ritardo, inoltre, sarebbe dovuto a «una procedura farraginosa: per un dato bando vinto il ministero invia i fondi all'hub che è l'organismo centrale che coordina il progetto vincitore (di solito una fondazione oppure un consorzio) e l'hub a propria volta deve passare il 10 per cento agli atenei spoke (la seconda maglia della catena di comando) che a loro volta devono inviarli agli enti affiliati»;
ad oggi, l'Università di Bari avrebbe ricevuto soltanto il 10 per cento del bando sull'high performance computing, pari a soli 700 mila euro –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione rappresentata in premessa;
se e quali iniziative intenda intraprendere affinché agli enti vincitori dei bandi citati tra cui l'Università di Bari, siano tempestivamente assicurate le risorse spettanti, anche al fine di evitare che la mancanza di risorse finanziarie proprie possa bloccare la prosecuzione dei progetti in essere e l'attivazione di quelli futuri.
(5-00669)
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Orlando e altri n. 1-00103, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 aprile 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Malavasi.
Ritiro di una firma da una interrogazione.
Interrogazione a risposta scritta Penza e altri n. 4-00169, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2022: è stata ritirata la firma del deputato Morfino.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Serracchiani n. 4-00802 del 5 aprile 2023 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-00666.