XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta
del 12 aprile 2023.
Albano, Ascani, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Carloni, Centemero, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Crippa, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Rotondi, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albano, Ascani, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Cappellacci, Carloni, Centemero, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Crippa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rosato, Angelo Rossi, Rotondi, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 11 aprile 2023 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
FENU: «Disposizioni concernenti l'istituzione di zone franche montane in Sardegna» (1083);
CENTEMERO: «Disposizioni concernenti l'adozione di una disciplina temporanea per la sperimentazione dell'impiego di sistemi di intelligenza artificiale» (1084);
APPENDINO: «Delega al Governo per il riconoscimento e la disciplina della professione di mediatore interculturale» (1085).
Saranno stampate e distribuite.
Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO: «Modifiche agli articoli 79 e 80 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267» (927) Parere delle Commissioni V e XI.
VIII Commissione (Ambiente):
ILARIA FONTANA ed altri: «Legge quadro in materia di vigilanza ecologica volontaria» (858) Parere delle Commissioni I, II, V, VII, XI, XII e XIII.
IX Commissione (Trasporti):
CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO: «Modifiche alla legislazione vigente per la semplificazione e la competitività del sistema della logistica italiana delle merci» (688) Parere delle Commissioni I, II, V e X.
X Commissione (Attività produttive):
CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO: «Istituzione del Comitato nazionale per la produttività presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro» (689) Parere delle Commissioni I, V, VI, XI e XIV.
XII Commissione (Affari sociali):
FURFARO ed altri: «Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche» (885) Parere delle Commissioni I, II, V, VI e XIV;
GIRELLI ed altri: «Disposizioni per la diagnosi e la cura della fibromialgia nonché per l'assistenza delle persone che ne sono affette» (972) Parere delle Commissioni I, II, V e XI.
Trasmissione dalla Corte dei conti.
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 5 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito, per l'esercizio 2021, sulla gestione finanziaria dei seguenti Enti parco nazionali: d'Abruzzo, Lazio e Molise; dell'Alta Murgia; dell'Appennino lucano – Val d'Agri – Lagonegrese; dell'Appennino tosco-emiliano; dell'Arcipelago della Maddalena; dell'Arcipelago toscano; dell'Asinara; dell'Aspromonte; del Cilento, Vallo di Diano e Alburni; delle Cinque Terre; del Circeo; delle Dolomiti bellunesi; delle Foreste casentinesi, Monte Falterona e Campigna; del Gargano; del Gran Paradiso; del Gran Sasso e Monti della Laga; dell'Isola di Pantelleria; della Majella; dei Monti sibillini; del Pollino; della Sila; della Val Grande; del Vesuvio. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 68).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 12 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa nazionale del notariato, per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 69).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 12 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 70).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 12 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche Enrico Fermi, per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 71).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).
Il Presidente della Corte dei conti, con lettera in data 7 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17, comma 9, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione, approvata dalle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte stessa con la deliberazione n. 16/2023 del 6 aprile 2023, sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativamente alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2022 (Doc. XLVIII, n. 2).
Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissione dal Sottosegretario di Stato
per i rapporti con il Parlamento.
Il Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 4 aprile 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 7 febbraio 2011, n. 26, la relazione sullo stato di avanzamento degli interventi per alloggi e residenze per studenti universitari oggetto di cofinanziamento, aggiornata al 27 gennaio 2023.
Questa documentazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).
Il Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 5 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, il rapporto informativo sull'attività svolta dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo nell'anno 2022 (Doc. LXXV, n. 1).
Questo documento è trasmesso alla IX Commissione (Trasporti).
Il Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 5 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, le seguenti relazioni d'inchiesta dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo:
relazione d'inchiesta concernente l'incidente occorso a un aeromobile in località Rima San Giuseppe (Vercelli) il 15 agosto 2020;
relazione d'inchiesta concernente l'incidente occorso a un aeromobile in prossimità dell'aviosuperficie Rinaura (Siracusa) il 7 gennaio 2021.
Questi documenti sono stati trasmessi alla IX Commissione (Trasporti).
Trasmissione dal Ministro della giustizia.
Il Ministro della giustizia, con lettera in data 6 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 10 della legge 1° luglio 1977, n. 404, la relazione sullo stato di attuazione del programma di edilizia penitenziaria, riferita all'anno 2022 (Doc. CXVI, n. 1).
Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).
Trasmissione di documenti connessi
ad atti dell'Unione europea.
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 7 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, commi 3 e 6, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le relazioni predisposte dalla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, riferite al periodo dal 30 marzo al 5 aprile 2023.
Questi documenti sono trasmessi alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) e alle Commissioni competenti per materia.
Annunzio di provvedimenti concernenti
amministrazioni locali.
Il Ministero dell'interno, con lettera in data 31 marzo 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale di Sant'Angelo Lodigiano (Lodi).
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.
Trasmissione dalla Difensora civica
della regione Valle d'Aosta.
La Difensora civica della regione Valle d'Aosta, con lettera pervenuta in data 6 aprile 2022, ha trasmesso la relazione sull'attività svolta in qualità di Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale nell'anno 2022.
Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 30 MARZO 2023, N. 34, RECANTE MISURE URGENTI A SOSTEGNO DELLE FAMIGLIE E DELLE IMPRESE PER L'ACQUISTO DI ENERGIA ELETTRICA E GAS NATURALE, NONCHÉ IN MATERIA DI SALUTE E ADEMPIMENTI FISCALI (A.C. 1060)
A.C. 1060 – Questioni pregiudiziali
QUESTIONI PREGIUDIZIALI
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali; più in particolare, il Capo I reca misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale, il Capo II, disposizioni in materia di salute, il Capo III misure in materia di adempimenti fiscali e, infine, il Capo IV, le disposizioni finali e finanziarie;
occorre innanzi tutto stigmatizzare, ancora una volta, l'ennesimo abuso della decretazione d'urgenza e l'assenza della necessaria omogeneità del provvedimento che, con la presenza di norme chiaramente eterogenee, inevitabilmente determina, come più volte enunciato dalla Corte Costituzionale, uno sviamento patologico dalle norme sulla produzione;
ad eccezione della parentesi del COVID, la cui urgenza era in re ipsa e, ciò nonostante, chi allora sedeva ai banchi dell'opposizione, puntualmente, ne contestava la necessità e l'urgenza, i costituzionalisti lamentano come ormai sia divenuto insostenibile questo ricorso disinvolto alla decretazione d'urgenza;
il Governo in carica ha superato tutti i precedenti governi nella media di decreti legge, riuscendo nell'ardua impresa di superare anche la decretazione d'urgenza fatta nel corso della pandemia: in circa quattro mesi ha approvato 18 decreti legge, il che vuole dire 4,5 decreti legge al mese, più di un decreto-legge a settimana: questo dato è costituzionalmente inaccettabile poiché rappresenta una lesione delle prerogative del Parlamento e della nostra Costituzione;
è palesemente violato il requisito dell'omogeneità di contenuto, al rispetto del quale, poco più di un mese fa, anche il Presidente della Repubblica ha ritenuto di richiamare il Governo e il Parlamento con propria missiva;
si ritrovano, infatti, in questo provvedimento interventi sul caro bollette e sul SSN unitamente a condoni e scudi fiscali vari e, tra le disposizioni finanziarie, si evincono norme intruse la cui eterogeneità rende l'intervento complessivo confuso e incomprensibile: all'articolo 24 è disciplinato, ad esempio, l'incremento delle risorse per la partecipazione italiana alle missioni internazionali unitamente all'incremento del Fondo per la gastronomia e l'agroalimentare;
l'articolo 5, ai soli fini della determinazione del contributo di solidarietà temporaneo per l'anno 2023 (cd. prelievo su extraprofitti), esclude dalla determinazione del reddito complessivo gli utilizzi di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o vincolate a copertura delle eccedenze dedotte, nel limite del 30 per cento del complesso delle medesime riserve risultanti al termine dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 o, in assenza, nei quattro anni precedenti. Con la disposizione, dunque, si riduce la base imponibile per il calcolo del contributo di solidarietà, con un minor gettito stimato pari a 404 milioni di euro per l'anno 2023. È il caso, ad esempio, dell'utilizzo delle riserve per distribuzione di utili ai soci o il caso di buyback di azioni proprie con riserve in sospensione d'imposta, in relazione al quale proprio di recente (interpello 87 del 19 gennaio 2023) l'Agenzia delle Entrate ha chiarito di recente che integra la fattispecie dell'attribuzione ai soci della riserva da riallineamento, con conseguente imponibilità di detta riserva;
considerata la finalità perequativa del contributo di solidarietà, l'intervento rischia di creare illegittime disparità di trattamento, con violazione dell'articolo 3 della Costituzione, essendo la riduzione di base imponibile condizionata dalle scelte pregresse operate dalle imprese interessate dal prelievo, con la conseguenza che finirebbero per beneficiare della disposizione di favore una ristretta platea di soggetti;
gli articoli da 17 a 23 contengono disposizioni di carattere fiscale finalizzate alla regolarizzazione di violazioni in materia di dichiarazione dei redditi e versamento delle imposte sia attraverso la riapertura dei termini di cui alla definizione agevolata da ultimo introdotta nella legge di bilancio 2023 sia con l'introduzione di disposizioni innovative, che ampliano la portata applicativa della definizione stessa;
con le norme di interpretazione autentica di cui all'articolo 21, si consente di regolarizzare, con pagamento di sanzioni ridotte, le violazioni relative ai redditi di fonte estera, all'imposta sul valore delle attività finanziarie estere e all'imposta sul valore degli immobili situati all'estero, anche nel caso di violazione degli obblighi di monitoraggio. Si tratta in verità di una vera e propria estensione oggettiva della definizione agevolata anche ai casi di redditi da fonte estera, esclusi – prima della modifica introdotta con il provvedimento in esame – dalla regolarizzazione per espressa previsione normativa;
il comma 176 dell'articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, infatti, testualmente dispone che la regolarizzazione non può essere esperita dai contribuenti per l'emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato. Con l'articolo 21, dunque, si introduce per via interpretativa una espressa deroga (con effetto innovativo e retroattivo) alla richiamata disposizione con conseguente abuso del ricorso all'interpretazione autentica;
la giurisprudenza della Corte Costituzionale riconosce la legittimità al ricorso alle leggi interpretative nei casi in cui l'intervento del legislatore sia reso necessario per selezionare uno dei possibili significati della disposizione interpretata nonché per contrastare un orientamento giurisprudenziale sfavorevole in un contesto di grave incertezza normativa o di forti contrasti giurisprudenziali;
considerato il chiaro tenore letterale della norma interpretata, nel caso in esame siamo di fronte ad una norma di apparente interpretazione autentica con contenuto sostanzialmente innovativo adottata al solo fine di derogare ad una precedente disposizione;
all'articolo 23, invece, si introduce un'espressa causa di non punibilità in relazione alle fattispecie di omesso versamento IVA, di omesso versamento di ritenute e di indebita compensazione di crediti d'imposta inesistenti o non spettanti, reati sanzionati penalmente dal legislatore con la pena della detenzione, addirittura fino a 6 anni come nel caso delle indebite compensazioni di crediti inesistenti;
in particolare, con la norma in commento si prevede l'esclusione della punibilità quando le relative violazioni sono correttamente definite nell'ambito delle procedure di definizione e regolarizzazione agevolata di cui alla legge di bilancio 2023 (i cui termini di accesso vengono riaperti dal provvedimento in esame) e le somme dovute sono versate integralmente prima della pronuncia di appello;
va precisato che, a normativa vigente, l'esclusione della punibilità è già prevista dall'ordinamento penale tributario nei casi in cui il pagamento integrale (o ridotto per via di procedure conciliative) avvenga prima dell'apertura del dibattimento (dunque, prima dell'avvio del processo in primo grado);
con la disposizione di cui all'articolo 23, dunque, si estende la non punibilità anche ai casi di definizione agevolata e fino alla sentenza di appello (anziché l'apertura del dibattimento);
sotto il profilo penalistico e costituzionale, al riconoscimento della non punibilità nell'ambito delle procedure di definizione agevolata ed entro i limiti temporali più ampi rispetto all'istituto ordinario, consegue la violazione l'articolo 3 della Costituzione essendo introdotta un trattamento penale differenziato (e più favorevole) ad una ristretta platea di contribuenti;
inoltre, il carattere «premiale» dell'intervento, per di più in un contesto di continue riaperture dei termini di accesso alle disposizioni di favore, crea un effetto sistemico idoneo ad aumentare il fenomeno dell'evasione poiché genera la non infondata convinzione in capo al contribuente evasore di una possibile futura impunità fiscale, con le disastrose conseguenze sul fronte del gettito erariale che tutti conosciamo e come dimostrano anche gli effetti fallimentari dei passati condoni;
con riguardo alle disposizioni in materia di salute, all'articolo 8, perplime la scelta di recuperare, dall'oggi al domani, ben 1.085 milioni per consentire alle imprese produttrici di dispositivi medici di non dover restituire le quote di ripiano del superamento del tetto di spesa, tenuto conto che, non oltre tre mesi fa, le medesime risorse sono state negate per la salute pubblica e per i cittadini;
tuttavia sulla questione payback dei dispositivi medici, un esame attento e preliminare sul fatturato delle imprese che effettivamente sono tenute a restituire le quote di ripiano mostra che vi sono tra i possibili beneficiari alcune multinazionali, con sede all'estero (a titolo di esempio la regione Toscana mostra che il 58,35 per cento del payback da restituire per il 2015-18 appartiene alle prime 30 aziende su circa 1350 che corrispondono al 2.22 per cento delle imprese fornitrici della regione, quasi tutte multinazionali);
una valutazione più ponderata della questione avrebbe dovuto condurre a ripensare integralmente il sistema del cosiddetto payback, valutando, ad esempio, di includervi anche la spesa sostenuta per rimborsare le strutture private accreditate dei dispositivi medici erogati per conto del SSN, escludendo da questo «beneficio» almeno quelle multinazionali che in questi anni di pandemia hanno registrato rilevanti extraprofitti e limitandolo esclusivamente alle medie e piccole imprese;
occorre ricordare, come più volte sottolineato dalla Corte costituzionale, che gli oneri imposti agli operatori economici si inseriscono nel contesto di un articolato disegno economico volto al contenimento della spesa sanitaria e all'acquisizione delle risorse per finanziarla. Si tratta di uno strumento di governo della spesa sanitaria, volto a realizzare l'effettività e l'universalità del diritto alla salute attraverso una compressione dei margini ricavabili dalle aziende produttrici di farmaci e di dispositivi medici. Provvedimento che avrebbe dovuto essere solo temporaneo e pertanto da rivedere in modo strutturale;
sul personale sanitario, dopo aver negato l'emergenza pandemica e contestato tutte le misure emergenziali, si continuano ad impiegare strumenti che erano stati pensati per l'emergenza, senza affrontare in maniera strutturale la carenza di personale sanitario, con l'indizione di concorsi, con risorse idonee per le assunzioni a tempo indeterminato e ripensando il tetto di spesa per il personale;
la scelta di disciplinare meglio il fenomeno dei «medici a gettone» finisce per legittimare una perdurante violazione dei diritti dei lavoratori che all'interno delle strutture sanitarie svolgono lo stesso lavoro ma con stipendi e tutele differenti, eliminando qualsiasi possibilità di recuperare l'istanza egualitaria per cui a lavoro eguale deve poter corrispondere un eguale sistema di diritti, a cominciare da quello retributivo, in aperta violazione dell'articolo 36 della Costituzione secondo cui il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro;
la strada che si percorre con questo provvedimento è quella del consolidamento della precarietà e del rafforzamento dell'attività privata, alla quale il cittadino il più delle volte vi ricorre perché esasperato da un'attesa insostenibile e incompatibile con la stessa cura richiesta;
la privatizzazione delle prestazioni sanitarie preoccupa nella misura in cui rischia di indebolire ulteriormente il Servizio sanitario pubblico e di aggravare lo stress lavorativo del personale sanitario che merita, piuttosto, stipendi adeguati quanto meno alla media europea e di usufruire, dopo il proprio turno lavorativo, del necessario e meritato riposo;
l'intervento ulteriore sul contrasto agli episodi di violenza nei confronti del personale sanitario evidentemente cerca di compensare l'assenza di interventi strutturali e di azioni incisive che siano rivolte a rinforzare e tutelare il nostro servizio sanitario: nessuna norma penale sarà mai abbastanza utile se il contesto in cui operano i professionisti della salute non è sano e adeguato: è miope non rendersi conto come l'esasperazione che spesso si manifesta nell'ambito delle strutture sanitarie, soprattutto emergenziali, nasce in realtà proprio dalle condizioni insostenibili dei nostri pronto soccorso, dove pazienti e familiari sono ammassati anche per giorni in attesa di ricevere la prestazione necessaria; piuttosto che su di un inutile inasprimento delle pene, è del tutto evidente che si deve agire sull'implementazione del personale, sull'organizzazione del lavoro e delle strutture e sulla formazione permanente del personale stesso alla gestione delle criticità relazionali,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1060.
N. 1. Fenu, Quartini, Alifano, Marianna Ricciardi, Lovecchio, Di Lauro, Sportiello, Raffa, Francesco Silvestri.
La Camera,
premesso che:
anche il Governo Meloni, in perfetta continuità con i precedenti, manifesta, con l'emanazione del decreto-legge AC 1060 la volontà sistematica di voler alterare, a suo vantaggio, quel delicato equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo che dovrebbe stare alla base di una corretta dialettica istituzionale anch'essa evocata, in parte, dal richiamato articolo 77 della Costituzione, laddove configura, nelle sue scarne enunciazioni, una precisa concezione della forma di governo parlamentare, dei rapporti tra il Parlamento e l'Esecutivo, nonché del procedimento legislativo;
in vero, il continuo ricorso alla decretazione di urgenza mina il mantenimento di un corretto equilibrio fra gli organi costituzionali, nonché per la forma di Stato, così come disegnati dalla Costituzione, non soltanto perché produce uno squilibrio istituzionale tra Parlamento e Governo, attraverso un vulnus all'articolo 70 della Costituzione che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, ma anche perché priva l'opposizione della facoltà di esercitare la sua funzione di indirizzo e di controllo politico. Inoltre la continua interferenza del governo sulla regolare produzione normativa di fonte parlamentare, sorretta o meno da urgenze reali o dichiarate, ha prodotto fino ad oggi, secondo alcuni giuristi, una grave lesione della certezza del diritto nonché un elevato livello di entropia normativa a cui si accompagna l'alterazione della gerarchia delle fonti e la difficoltà di dare attuazione ad una legislazione divenuta oramai «alluvionale», instabile e disordinata;
rispetto al provvedimento in questione non si ravvisano quei requisiti di straordinarietà, necessità ed urgenza, da tempo diventati una mera clausola di stile, che legittimano, ai sensi del sopracitato articolo 77 della Costituzione, l'esercizio del potere del Governo di adottare atti aventi forza di legge. La sussistenza di tali requisiti deve infatti essere, ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, rilevabile nel preambolo. Al contrario il preambolo dell'AC 1060, così testualmente formulato: «[...] Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di introdurre misure di sostegno in favore delle imprese e delle famiglie per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale; Ritenuta, altresì, la straordinaria necessità e urgenza di introdurre misure finalizzate a fronteggiare la carenza di personale medico presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale; Ritenuta, infine, la straordinaria necessità e urgenza di consentire agli uffici competenti di gestire in modo ottimale tutte le pratiche derivanti dalle norme in materia fiscale introdotte con la legge di bilancio per il 2023; [....]» si limita ad una apodittica enunciazione dei requisiti. A tal proposito la Corte Costituzionale ha rilevato il vizio della motivazione e la conseguente illegittimità costituzionale di un decreto-legge, precisando che: «l'utilizzazione del decreto-legge – e l'assunzione di responsabilità che ne consegue per il Governo secondo l'articolo 77 della Costituzione – non può essere sostenuta dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta» (Sent. n. 171 del 2007). Tutto ciò postula l'esigenza imprescindibile, che identica e rigorosa vigilanza debba essere esercitata dal Parlamento nella fase di conversione in legge dello stesso;
oltre al ripetuto e costante ricorso ai decreti-legge in questi ultimi anni si è andato gradualmente imponendo un nuovo abuso: quello dei cosiddetti decreti-legge «omnibus», categoria nella quale rientra il provvedimento in questione. Infatti, sul versante formale il provvedimento si compone di 25 articoli che disciplinano settori tematici tra loro eterogenei, comprendendo nello stesso contesto normativo: misure di sostegno in favore delle imprese e delle famiglie per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale; misure finalizzate a fronteggiare la carenza di personale medico presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale; misure urgenti per consentire agli uffici competenti di gestire in modo ottimale tutte le pratiche derivanti dalle norme in materia fiscale introdotte con la legge di bilancio per il 2023; e più nello specifico: disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio; disposizioni di razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali; misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria; misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l'attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune, costituendo, in tal guisa, un impianto che disattende quel monito del Capo dello Stato, più volte indirizzato a Governo e Parlamento, ad una maggiore attenzione al profilo della omogeneità di contenuto dei decreti-legge;
il 24 febbraio 2023 il Capo dello Stato ha accompagnato la promulgazione della legge di conversione del decreto-legge n. 198 del 2022 (cosiddetto Milleproroghe) con un lettera di severo monito di denuncia di una prassi degenerata, da parte del Governo, consistente nell'emanazione di provvedimenti che attengono ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, trasformati in meri contenitori dei più disparati interventi normativi, con conseguente palese violazione del requisito dell'omogeneità di contenuto che la Corte costituzionale ha, in più occasioni, ritenuto oggetto di tutela costituzionale. Inoltre, più specificatamente, in merito alle caratteristiche che è andata assumendo la decretazione d'urgenza, ha avuto modo di esprimersi in senso critico sollecitando a modificare l'attuale tendenza attraverso l'adozione di decreti-legge che presentino ab origine un oggetto il più possibile definito e circoscritto per materia;
giova ricordare che la verifica del criterio di omogeneità costituisce uno dei perni fondamentali sui quali la Corte costituzionale ha da sempre fondato i percorsi argomentativi legati alla presenza, o assenza, del rispetto degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dal medesimo articolo 77 della Costituzione per la legittima adozione dei decreti-legge;
passando ad una veloce disamina di alcune delle disposizione del provvedimento l'articolo 5 riserva un trattamento di favore per i market players del settore energetico prevedendo una modalità di calcolo del contributo di solidarietà sugli extra-profitti realizzati dagli stessi nel periodo d'imposta precedente al 1° gennaio 2023 ridotta rispetto a quella (già generosa) stabilita dall'articolo 1, commi da 115 a 121 della legge n. 197 del 2022 (legge di Bilancio 2023), attraverso la previsione che una parte degli utili generati nel 2022 può essere esclusa dal calcolo della base imponibile scomputando gli utilizzi di riserve effettuati nel 2022 o, in caso di non utilizzo nel 2022, di quelle delle quattro annualità precedenti, una misura che determinerà per il bilancio statale per il solo anno 2023 un mancato gettito del 15,8 per cento ed un conseguente aggravio di oneri pari a 404 milioni di euro;
la stessa Relazione tecnica di accompagnamento al provvedimento spiega che il medesimo articolo nel ridisegnare la base imponibile, prevede che vengano eliminate, in misura non superiore al 30 per cento, le riserve di bilancio disponibili in sospensione di imposta, che rientrano nella base imponibile 2022 ma che sono state generate in passato, prima cioè che dell'impennata shock dei prezzi di energia elettrica e gas, e che: «in un'ottica di estrema prudenza e in assenza dei dati dichiarativi relativi all'utilizzo delle suddette riserve nel 2022, si è ipotizzato che in tale annualità l'utilizzo delle riserve in sospensione sia pari al 30 per cento del loro ammontare complessivo con una riduzione della base imponibile del contributo pari a circa 1,6 miliardi di euro»;
ancora una volta l'onda lunga dell'eccezionale instabilità del sistema energetico nazionale derivante dall'impennata del costo del gas e dei prodotti energetici, per effetto della guerra in Ucraina e delle sanzioni economiche internazionali disposte nei confronti della Federazione Russa, viene fronteggiata dal Governo con una misura redistributiva tiepida ed inadeguata, foriera di una scelta di totale asservimento ai colossi energetici del settore fossile, attingendo in minima parte al totale dei 40 miliardi di euro di extraprofitti accumulati da questi ultimi nel solo anno 2022, e per di più, con quest'ultima versione del contributo di solidarietà, con una sensibile compromissione del gettito atteso per il 2023 con la finalità, nella previsione a livello unionale, di «attenuare gli effetti economici diretti dell'impennata dei prezzi dell'energia sui bilanci delle autorità pubbliche, sui clienti finali e sulle imprese in tutta l'Unione», ma che avrebbe potuto essere anche destinato a politiche di transizione energetica, in primis quelle di investimento in fonti rinnovabili e di superamento della dipendenza dalle fonti fossili;
cambiando ambito d'intervento, l'articolo 10 del provvedimento in questione prevede che al fine di sopperire alla carenza di organico, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale possano affidare a terzi i servizi medici e infermieristici esclusivamente nei servizi di emergenza-urgenza ospedalieri, per un massimo di 12 mesi e senza possibilità di proroga. In tale ambito, dispone altresì che non può richiedere la ricostituzione del rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale il personale sanitario che interrompa volontariamente il rapporto di lavoro dipendente con una struttura pubblica per prestare la propria attività presso un operatore economico privato che fornisce i servizi medici e infermieristici alle aziende e agli enti del Ssn. All'articolo 11 si prevede che questi ultimi possano ricorrere, per l'anno 2023, alle cosiddette «prestazioni aggiuntive» (o prestazioni cosiddette a gettone), tipologie di attività libero professionale intramuraria per le quali la tariffa oraria attualmente fissata dal Ccnl di settore pari a euro 60,00 può essere aumentata sino a euro 100 lordi, nei limiti delle risorse disponibili, di cui si prevede, tuttavia, un incremento per ciascuna regione;
quanto previsto dai suddetti articoli interviene su una triste realtà del nostro Paese quella dell'abbandono ogni giorno da parte di sette medici degli ospedali pubblici, con un aumento del fenomeno del 39 per cento nel solo anno 2021, a causa della insostenibilità delle condizioni di lavoro per gravosità e carichi di responsabilità a fronte di stipendi nettamente più bassi rispetto alla media europea. Di più. Le strutture sanitarie in difficoltà nel reperire o assumere medici, ricorrono ai medici «a gettone», ovvero a medici pagati a ore per tamponare le carenze di personale, in particolare nei servizi di pronto soccorso, pur trattandosi di professionisti che non garantiscono continuità di cura. Insomma, in una Sanità sempre più orientata verso un modello semi-privatistico delle cure il ricorso ai medici gettonisti assume una rilevanza sociale a causa del suo grande impatto economico sulla spesa pubblica, a scapito dei servizi fondamentali, indispensabili per l'intera comunità;
con l'articolo 10 in tutta evidenza si intende codificare una ulteriore spinta alla privatizzazione, senza neanche avere provveduto ad un'interlocuzione con la parti sociali, nonostante lo stesso Ministro della salute lo scorso 18 gennaio 2023 rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata del Gruppo Alleanza Verdi e Sinistra n. 3-00104, in merito ai medici a gettone, aveva affermato: «L'uso distorto delle esternalizzazioni, infatti, non soltanto genera un sempre più gravoso onere in capo alle strutture, ma comporta anche gravi criticità in termini di sicurezza e qualità delle cure, sia perché non sempre offre adeguate garanzie sulle competenze dei professionisti coinvolti, sia per la ridotta fidelizzazione di questi ultimi alle strutture pubbliche. Anche su questa complessa distorsione del sistema in asse, su mia indicazione, hanno effettuato specifici controlli sulle cooperative di fornitura dei servizi sanitari, da cui sono emerse anche fattispecie di frodi e inadempimento delle funzioni pubbliche, per aver inviato personale in attività di assistenza ausiliaria presso ospedali pubblici in numero inferiore rispetto a quello previsto dalle condizioni contrattuali con l'azienda ed impiegato semplice personale ausiliario privo dei prescritti titoli abilitativi e anche personale medico non specializzato per l'incarico da ricoprire. Inoltre, è stata accertata la fornitura di medici da parte di cooperative con età anagrafica superiore a quella stabilita per contratto, anche sopra i 70 anni, ed è stato accertato l'impiego di risorse umane non adatto a esigenze di specifici reparti ospedalieri», una risposta in evidente contraddizione con quanto disposto dall'articolo 10 che non prevede interventi né di carattere organico né, tanto meno, di carattere sistematico. Una risposta da cui ci si sarebbe aspettati ben altri interventi, come ad esempio quello di prevedere ulteriori risorse per il rinnovo del CCNL del personale sanitario per gli anni 2022-2024, come gli interventi urgenti, che lo stesso Ministro aveva illustrato nel corso delle linee programmatiche, ovvero il prioritario impegno a trovare le risorse necessarie per superare il blocco del turnover;
in questo senso, con un Servizio sanitario nazionale allo stremo a rischio concreto della sua definitiva implosione, la continua sottrazione di risorse, come quella perpetrata dal decreto-legge in questione, che ha completamente stravolto il suo principio fondante basato sulla tutela della salute senza distinzioni di condizioni individuali o sociali e secondo le modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio, il provvedimento sembra disattendere il dettato degli articoli articolo 3 e 32 della Costituzione;
gli articoli dal 17 al 23 del decreto-legge in questione incidono, invece, sulla disciplina (di spiccata natura condonistica) della cosiddetta «Tregua fiscale», di cui ai commi da 166 a 221 dell'articolo 1 della legge n. 197 del 2022 (legge di Bilancio 2023), prorogando i termini per la definizione agevolata dei debiti fiscali e prevedendo nuove cause speciali di non punibilità per alcuni reati tributari, rafforzando così la vigente disciplina improntata ad atti di clemenza generalizzata che oltre ad offendere i contribuenti onesti, costituisce una esecrabile manifestazione di impotenza dello Stato, soprattutto se finalizzata a reperire risorse finanziarie, a ridurre il contenzioso con i contribuenti ed a contrastare efficacemente la dilagante piaga dell'evasione fiscale, pur se essenzialmente diretta a soddisfare l'interesse costituzionale all'acquisizione delle disponibilità finanziarie necessarie a sostenere le pubbliche spese, incentivando la definizione semplificata e spedita delle pendenze fiscali mediante il parziale pagamento del debito tributario;
con riferimento a quanto appena premesso, rivela anche la manifesta violazione del provvedimento dell'articolo 2 della Costituzione, laddove «richiede (a tutti i cittadini) l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale» da attuarsi anche attraverso il pagamento dei tributi. Infatti qualsiasi legge istitutiva di un'imposta, che altro non è che una legge di riparto del carico tributario, diventa intangibile per tutto il tempo della sua cogenza nei confronti di tutti i membri della platea contributiva, ponendo in essere in capo a ciascun contribuente un diritto soggettivo individuale ed inviolabile, nei confronti di ciascun altro condebitore, alla stabilità ed invarianza dei criteri con i quali si è distribuita l'obbligazione tributaria. Nessuna legge successiva può intaccare il principio della assoluta intangibilità ed inalterabilità dei criteri di riparto accordando, medio tempore e sia pure per un tempo limitato ad una platea ristretta di contribuenti, riduzioni o dilazioni tramite trattamenti agevolati in senso lato, giustificati da interessi reciproci tra il fisco ed il contribuente, e che stanno alla base di tutti i provvedimenti condonistici;
anche la facoltà accordata ad alcuni contribuenti con le previsioni di cui all'articolo 17 in tema di adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento, costituisce una inaccettabile violazione dell'articolo 53 della Costituzione in forza del quale «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva», principio quest'ultimo che rappresenta non solo un criterio di commisurazione del prelievo tributario rispetto al reddito personale, ma anche il presupposto di legittimità dell'imposizione tributaria, e che, a sua volta, non può prescindere dal principio di uguaglianza sancito nell'articolo 3 della Costituzione che bandisce qualsivoglia trattamento fiscale differenziato;
d'altra parte il carattere «premiale» di una legislazione condonistica, finalizzata dall'intento di offrire al soggetto obbligato la scelta tra il mantenersi nella posizione di inadempienza, comunque determinata o motivata, ovvero di avvalersi della facoltà di estinguere la propria posizione debitoria mediante un pagamento agevolato ed in tempi definiti, crea un effetto sistemico idoneo ad aumentare il fenomeno dell'evasione poiché genera nel tempo negli evasori la non infondata convinzione di una possibile futura impunità fiscale, con le disastrose conseguenze sul fronte del gettito erariale che tutti conosciamo e come dimostrano anche gli effetti fallimentari dei passati condoni;
quanto premesso, lungi dal voler essere una esaustiva disamina del provvedimento, dimostra che il Governo ha abusato, ancora una volta ed in maniera ingiustificata, della facoltà accordatagli dall'articolo 77 della Costituzione di ricorrere alla decretazione d'urgenza, manifestando ancora una volta la volontà sistematica di voler alterare, a suo vantaggio, quel delicato equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo che dovrebbe stare alla base di una corretta dialettica istituzionale anch'essa evocata dall'articolo 70 della Costituzione ed in parte dallo stesso articolo 77, laddove configura, nelle sue scarne enunciazioni, una precisa concezione della forma di governo parlamentare, dei rapporti tra il Parlamento e l'Esecutivo, nonché del procedimento legislativo,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1060.
N. 2. Zanella, Borrelli, Bonelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il Capo III del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, è eufemisticamente nominato «Misure in materia di adempimenti fiscali»;
le disposizioni ivi contenute, invece, riguardano esclusivamente ulteriori misure di definizione agevolata, sia degli atti del procedimento di accertamento sia delle controversie tributarie e prevedono l'esclusione di punibilità di alcuni reati, ossia sanatorie e condoni, in piena coerenza con i dodici condoni contenuti nella legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023) e con l'impianto culturale del disegno di legge delega per la riforma fiscale;
il Governo e la maggioranza sembrano non considerare l'evasione fiscale come una fonte di iniquità e un mancato rispetto dell'obbligo costituzionale di contribuire alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva, ma piuttosto come una presunta difesa nei confronti di una amministrazione finanziaria considerata troppo aggressiva;
pertanto, se già la legge di bilancio aveva previsto riduzioni di imposte, sanzioni e interessi, rateizzazioni lunghissime, per un costo complessivo di un miliardo e 100 milioni nel 2023, risorse che si sarebbero dovute impiegare per incrementare il taglio del cuneo fiscale per chi, invece, le tasse le paga, il decreto in esame ripropone, per ora solo in parte, quanto Governo e maggioranza non erano riusciti a inserire grazie alla ferma opposizione del Gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, ossia lo «scudo» per i reati tributari;
sebbene la Presidente del Consiglio abbia sostenuto che non si tratta di un condono, la previsione di cui all'articolo 23 stabilisce la non punibilità per i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, e quindi l'omesso versamento di ritenute dovute o certificate per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta, l'omesso versamento di IVA per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta, l'indebita compensazione per un importo annuo superiore a cinquantamila euro, tutti reati puniti con la reclusione da sei mesi a due anni;
con la legislazione previgente, era possibile evitare le sanzioni penali con il pagamento integrale degli importi dovuti, comprese le sanzioni e gli interessi, ma esclusivamente prima dell'apertura del dibattimento di primo grado e se il contribuente optava per la rateizzazione poteva ottenere di concludere il pagamento entro sei mesi: con l'entrata in vigore del decreto, invece, le modalità di pagamento vengono adeguate alle regole, molto generose, della legge di bilancio per quanto riguarda il numero di rate, i minori interessi e le sanzioni; soprattutto, permette anche di iniziare a pagare a processo già aperto purché prima della sentenza di appello, producendo così comportamenti opportunistici: sarà in particolare possibile decidere di pagare ed evitare le conseguenze penali anche dopo una condanna in primo grado;
lo scudo penale è inaccettabile anche nel metodo perché non ha alcun requisito di necessità ed urgenza previsto dall'articolo 77 della Costituzione per i decreti legge, oltretutto nel momento in cui la legge delega di riforma fiscale avvia il suo percorso alla Camera dei Deputati;
sono presenti anche altre disposizioni di favore per le persone che non hanno ottemperato ai loro doveri fiscali, misure che incidono sulle sanatorie già presenti nella legge di bilancio, posticipando i termini delle scadenze per aderire come nel caso degli errori formali, del ravvedimento speciale, della definizione delle liti, ma anche attraverso un'estensione della definizione agevolata, che consente di ridurre la sanzione a un diciottesimo, degli accertamenti non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023, divenuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo compreso tra il 2 gennaio e il 15 febbraio 2023; inoltre, con una norma di interpretazione autentica vengono incluse tra le violazioni regolarizzabili quelle commesse sui redditi di fonte estera, sulle attività finanziarie estere e sugli immobili situati all'estero;
in luogo di favorire l'adempimento spontaneo, il Governo prosegue nella politica di riduzione delle sanzioni, depenalizzazioni, differimenti dei pagamenti dovuti, depotenziamento degli strumenti a disposizione dell'amministrazione finanziaria per il contrasto all'evasione, così favorendo la convenienza economica a non pagare a danno dei contribuenti onesti,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1060.
N. 3. Merola, Furfaro, Ubaldo Pagano, D'Alfonso, Toni Ricciardi, Stefanazzi, Tabacci, Ciani, Girelli, Malavasi, Stumpo, Guerra, Lai, Roggiani.
DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 31 MARZO 2023, N. 35, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LA REALIZZAZIONE DEL COLLEGAMENTO STABILE TRA LA SICILIA E LA CALABRIA (A.C. 1067)
A.C. 1067 – Questioni pregiudiziali
QUESTIONI PREGIUDIZIALI
La Camera,
premesso che:
vi sono rilevanti perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale del provvedimento in esame per l'assenza dei requisiti essenziali, necessità ed urgenza, per l'uso del decreto-legge;
le disposizioni del provvedimento non presentano un reale carattere di urgenza tale da giustificare il loro inserimento in un decreto-legge piuttosto che in un provvedimento legislativo ordinario, e soprattutto non rispettano la caratteristica della «straordinarietà» dell'intervento governativo ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione;
la giurisprudenza costituzionale in materia, con le sentenze della Corte nn. 171/2007 e 128/2008, ha stabilito che l'esistenza dei presupposti di costituzionalità di cui all'articolo 77 della Carta Costituzionale non possa evincersi «dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessità e urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina introdotta», sottolineando che la valutazione della sussistenza dei presupposti di costituzionalità non può essere meramente soggettiva (riferita cioè all'urgenza delle norme ai fini dell'attuazione del programma di Governo o alla loro mera necessità), ma deve invece fondarsi anche su riscontri oggettivi, secondo un giudizio che non può ridursi alla valutazione in ordine alla mera ragionevolezza od opportunità delle norme introdotte;
peraltro l'eccessivo ricorso alla decretazione di urgenza è stato più volte censurato dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale dei provvedimenti legislativi;
il presunto carattere di straordinaria necessità e urgenza del decreto-legge risiederebbe, secondo quanto si legge in premessa in una ritenuta urgente necessità di riattivare la Società «Stretto di Messina» e risolvere il contenzioso pendente, statuendo, da un lato, la definizione stragiudiziale delle controversie e, dall'altro lato, la revoca dello stato di liquidazione a suo tempo disposto, con contestuale ricapitalizzazione della Società e ridefinizione degli organi di amministrazione e controllo della medesima;
considerato che:
a seguito del mancato inizio lavori dovuto allo stop dell'allora Governo Monti, il General Contractor Eurolink titolare del progetto approvato nel 2012, avrebbe tuttora in corso un contenzioso nei confronti dello Stato per 700 milioni di euro, cui si sommano altri 325 milioni di euro di risarcimenti chiesti a sua volta dalla «Società Stretto di Messina Spa», questione finita alla Corte costituzionale, che nel 2019 avrebbe stabilito il perimetro degli indennizzi da corrispondere alle società, maggiorato del 10 per cento ;
la riattivazione della Società Stretto di Messina sembra disattendere le stesse Raccomandazioni della Corte dei Conti che in merito alla problematica chiusura della liquidazione della suddetta società «Stretto di Messina» nel 2017 concludeva la propria Relazione rilevando come: «La rapida chiusura della società si impone come necessaria anche per l'estinzione del contenzioso avanzato dalla società nei confronti delle amministrazioni statali, contrario ai principi di proporzionalità, razionalità e buon andamento dell'agire amministrativo e per porre fine ai gravosi oneri finanziari per il mantenimento della struttura, considerata l'assenza di attività, se non quella di resistenza in giudizio, affidata, peraltro, ad avvocati esterni. In tal senso, l'abbattimento dei costi di un ulteriore 20 per cento previsto per l'esercizio in corso appare misura doverosa ma del tutto insufficiente»;
il superamento del contenzioso tra la riattivata «Società Stretto di Messina» e il contraente generale, ancora in pendenza di giudizio, attraverso le disposizioni dell'articolo 4 verrebbe superato mediante l'eventuale stipula su base volontaria di atti aggiuntivi ai contratti «caducati», con i quali le parti possono manifestare la volontà che il contratto riprenda a produrre i propri effetti, subordinatamente alla delibera di approvazione del progetto definitivo previa rinuncia, nei giudizi pendenti, alle azioni, domande e giudizi nei confronti della Società, nonché della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero delle Infrastrutture e di ogni altra pubblica amministrazione coinvolta nella realizzazione dell'opera;
tale procedura di conciliazione extragiudiziale, se attuata, a distanza di oltre 10 anni determinerebbe di fatto l'affidamento, senza una nuova gara d'appalto, al medesimo contraente generale che nel 2006 risultava affidatario della progettazione definitiva, esecutiva e della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina e dei suoi collegamenti stradali e ferroviari, per un valore di 3,9 miliardi di euro, opera il cui costo è oggi stimato in 10 miliardi di euro, in violazione della Direttiva 2014/24/UE;
anche sul merito del provvedimento emergono forti perplessità relative all'articolo 3 che per il riavvio delle attività di programmazione e progettazione dell'opera recupera il progetto definitivo redatto ai sensi del decreto legislativo 20 agosto 2022, n. 190 ed approvato dal Consiglio di amministrazione della società concessionaria il 20 luglio 2011, pur condizionandone la validità ad una relazione integrativa del progettista, attestante la rispondenza al progetto preliminare e alle eventuali prescrizioni dettate in sede di approvazione dello stesso, con particolare riferimento alla compatibilità ambientale;
il Gruppo di lavoro della Struttura Tecnica di Missione per l'indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l'alta sorveglianza del Ministero delle Infrastrutture, istituito con Determina del MIMS n. 2620 del 27 agosto 2020, con il compito di valutare le diverse alternative sotto il profilo tecnico, nonché l'impatto ambientale ed urbanistico di un attraversamento stabile dello Stretto di Messina, nella relazione conclusiva del 30 aprile 2021 pone in evidenza rilevanti criticità della soluzione con ponte a campata unica adottato nel progetto definitivo approvato dal CdM dalla «Società Stretto di Messina SpA» nel 2011;
in particolare il Gruppo di lavoro, che nel corso delle attività di approfondimento ha svolto numerose audizioni di esperti di elevata qualificazione, esperienza accademica e professionale, evidenzia come il vincolo della sua ubicazione nel punto di minima distanza fra Sicilia e Calabria (circa 3 km), allontana l'attraversamento dai baricentri delle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria, comportando al tempo stesso la necessità di realizzare un ponte sospeso con una luce maggiore del 50 per cento di quella del ponte più lungo ad oggi realizzato al mondo, con un notevole impatto visivo (anche in ragione dell'altezza necessaria per le torri) e alla vicinanza di zone sensibili sotto il profilo naturalistico;
lo Stretto di Messina è considerato una «unità di paesaggio» che fa parte di un più grande contesto basato sui due pilastri Aspromontano e Peloritano, i cui primi rilievi settentrionali costituiscono le colonne portanti del sistema che comprende anche l'Etna e le Isole Eolie ed in questi termini è necessario comprenderne la unicità paesaggistico-percettiva. È infatti da questo sistema che deriva l'eccezionalità di questo sito e da cui discendono i valori scenici e percettivi, grazie al rapporto tra i massici montuosi delle due sponde che di fatto sono uno la naturale prosecuzione dell'altro e lo specchio d'acqua su cui si affacciano;
dall'analisi ricognitiva sul quadro vincolistico territoriale emerge la presenza, sia sulla costa Calabra che quella Siciliana, di numerosi elementi paesaggistici e culturali tutelati dal Codice dei Beni Culturali (Decreto legislativo n. 42 del 2004, articoli 142, 136 e 10), mentre per quanto attiene le aree protette, il contesto calabro e quello siculo vedono la presenza di un articolato sistema di siti afferenti alla Rete Natura 2000 (ZPS e SIC/ZSC), ambiti tutelati dalle Direttive comunitarie 2009/147/CE e 92/43/CEE. Nel complesso si tratta di un'area naturalistica di primaria importanza a grande scala, essendo un corridoio ecologico per molte specie faunistiche dell'ambiente marino e per l'avifauna, oltre che un habitat marino e terrestre ricco di biodiversità;
la parte marina dello Stretto è un unicum nel Mediterraneo, con caratteristiche peculiari dal punto di vista oceanografico e delle biocenosi dei fondali, testimoniata dal passaggio dei cetacei, dalle migrazioni del tonno rosso e dei pesce spada, dalle specie abissali oltre che dalle ampie praterie di posidonia oceanica;
per quanto su richiamato lo Stretto di Messina risulta un importantissimo luogo dove si rileva una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo e non è un caso che successivamente all'approvazione del progetto Preliminare di cui alla Delibera CIPE n. 66 del 01/08/2003 la Commissione Europea abbia aperto la procedura d'infrazione 2003/4090 ex articolo 226 del Trattato CE, in quanto non sono state adottate misure idonee a prevenire l'inquinamento e il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli, in riferimento alle IBA 150-153, così come previsto dall'articolo 4 paragrafo 4 direttiva 79/409/CEE, e che non sono state identificate adeguate misure di mitigazione per il pSIC IT03008 Capo Peloro Laghi di Gianzirri e la ZPS ITA030011 Dorsale Curcuraci Antennamare, al fine di diminuire gli impatti ed evitare che la conclusione della valutazione di incidenza fosse negativa, né si è preso atto dell'impatto pregiudizievole dell'integrità della ZPS, eventualmente subordinando l'approvazione del progetto alla procedura ex articolo 6, paragrafo 4 Direttiva 92/43/CEE;
la Commissione Tecnica VIA del Ministero dell'Ambiente, in conclusione dell'analisi svolta sulla Valutazione d'Incidenza (VIncA) presentata nel 2011 unitamente al progetto Definitivo, ha ritenuto che le criticità sollevate dalla Commissione Europea non fossero state completamente rimosse, ravvisando la necessità di richiedere al proponente chiarimenti e documentazione integrativa al progetto, all'esito dell'esame dei quali, concludeva che, per le aree (SIC e ZPS) interferite dall'opera, dall'istruttoria della VIncA emergesse un'incidenza negativa sugli habitat del SIC ITA03008 Capo Peloro – Laghi di Gianzirri e sull'avifauna appartenenti a specie di interesse conservazionistico comunitario della ZPS IT9350300 Costa Viola e della ZPS ITA030042 Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina delle Stretto;
tenuto conto che:
l'articolo 117 della Costituzione così come modificato dall'articolo 3 legge Costituzionale, 18 ottobre 2001, n. 3, pone in rilievo i rapporti dello Stato con altri ordinamenti come quello comunitario, costituzionalizza il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali ponendo senz'altro la questione dell'illegittimità di provvedimenti legislativi statali in contrasto con i principi e le norme sovranazionali: illegittimità che espone lo Stato, nello specifico caso di violazione degli obblighi europei, a procedure d'infrazione;
la legge costituzionale 22 febbraio 2022, n. 1, ha inserito al novellato articolo 9 e 41 della Costituzione un esplicito riferimento alla tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, la cui protezione rientra ora tra i principi fondamentali del nostro ordinamento;
tale tutela viene assicurata «anche nell'interesse delle future generazioni». Le scelte pubbliche, politiche ed economiche devono, dunque, essere ispirate a un principio di solidarietà e responsabilità intergenerazionale applicabile anche in mancanza di normative specifiche, un diritto fondamentale, che non può essere oggetto di interventi arbitrari da parte delle istituzioni;
la regolazione del settore da parte delle leggi deve poter essere adottata, controllata e interpretata attraverso indicazioni univoche del testo costituzionale, al fine di assicurare la più alta tutela possibile, a tutti i livelli, dei principi fondamentali dell'ordinamento;
alla luce del quadro complessivo fin qui esposto appare del tutto evidente la totale incompatibilità del decreto in esame con gli articoli 9, 41, 77 e 117 della Costituzione,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1067.
N. 1. Bonelli, Ghirra, Zanella, Zaratti, Piccolotti, Mari, Grimaldi, Fratoianni, Evi, Dori, Borrelli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria;
continua da parte del Governo un abnorme e inappropriato uso della decretazione d'urgenza, in carenza dei presupposti legittimanti richiamati dall'articolo 77 Cost., attraverso il quale si assiste alla radicale e inaccettabile alterazione dello schema fisiologico del rapporto con il Parlamento che determina una evidente lesione delle prerogative parlamentari nell'esercizio della funzione legislativa;
come emerge dalla relazione illustrativa, nella fattispecie, l'urgenza è motivata in ragione della necessità di pervenire in tempi rapidi alla realizzazione del collegamento stabile, viario e ferroviario, tra la Sicilia e la Calabria, denominato «Ponte sullo Stretto di Messina», ritenuto prioritario e di rilevanza strategica, al fine di contribuire alla programmazione europea dei corridoi plurimodali, integrando la rete europea dei trasporti e della logistica e promuovendo gli obiettivi di coesione e sviluppo, nonché di favorire la crescita e lo sviluppo e dare impulso al sistema produttivo del Paese;
il difetto dei presupposti costituzionali della necessità e urgenza e la palese contraddittorietà e incoerenza che caratterizza l'impianto motivazionale su cui poggia il decreto-legge in esame sono resi evidenti alla luce dell'iter normativo che ha caratterizzato la progressiva definizione della fattispecie negli ultimi cinquant'anni;
giova ricordare che già negli anni '50 sono iniziate le prime ipotesi di realizzazione di un collegamento infrastrutturale tra la Sicilia e la Calabria. Nel 1958 il ministro dei Lavori Pubblici Togni istituiva una commissione per valutare la fattibilità dei progetti e, 10 anni dopo nel 1968, veniva varata la legge 28 marzo, n. 384, con la quale si autorizzavano l'ANAS e l'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato a compiere gli studi necessari per la costruzione del ponte;
il vero e proprio ingresso nell'ordinamento giuridico italiano dell'opera infrastrutturale in questione è avvenuto agli albori degli anni '70, precisamente con la legge 17 dicembre 1971, n. 1158 (Collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente), che, al fine di realizzare un collegamento stabile, mediante la costruzione di un ponte sospeso sullo Stretto di Messina, affidò la concessione dello studio, della progettazione e della costruzione ad una società a totale capitale pubblico;
in attuazione della citata legge n. 1158 del 1971, nel 1981, è stata costituita la Società Stretto di Messina (SdM), inizialmente partecipata maggioritariamente dall'IRI e per il restante 49 per cento dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, dall'Anas, dalle Regioni Sicilia e Calabria e da altre amministrazioni ed enti pubblici. A distanza di ulteriori venti anni, il ponte sullo Stretto di Messina è stato inserito tra le infrastrutture pubbliche di rilevanza nazionale ai sensi della c.d. Legge obiettivo (legge 21 dicembre 2001, n. 443) e assoggettato alla disciplina del decreto legislativo attuativo 20 agosto 2002, n. 190. Solo nel 2004 è stato avviato un complesso iter amministrativo, con due distinte gare, rispettivamente, per l'affidamento ad un contraente generale della progettazione, definitiva ed esecutiva, e della realizzazione del ponte con i relativi collegamenti stradali e ferroviari, e per l'affidamento dei servizi di project management consulting al fine di espletare le attività di verifica e controllo sulle prestazioni da rendere dal contraente generale sia nella fase di progettazione che di realizzazione del Ponte;
tuttavia, dopo la stipulazione dei contratti, nel 2006 il legislatore ha modificato il precedente indirizzo, decidendo di procrastinare la realizzazione del Ponte, che dunque perdeva la sua connotazione di opera strategica e prioritaria. Con il decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, l'avvio dell'opera subiva un arresto e le somme originariamente destinate al rafforzamento patrimoniale della SdM venivano destinate a diverse utilizzazioni;
nel 2009 il Ponte sullo Stretto è stato nuovamente considerato un'opera di carattere prioritario e reinserita tra le infrastrutture strategiche previste nel documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio 2009-2011. Con il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 è stato infatti assegnato alla SdM un contributo di 1.300 milioni di euro, a seguito del quale la predetta società e la Eurolink hanno stipulato un atto aggiuntivo, integrativo dell'originario contratto, definendo le modalità di riavvio delle attività di realizzazione dell'opera, l'aggiornamento del prezzo contrattuale, nonché la rinuncia alle riserve medio tempore formulate dal contraente generale;
il progetto definitivo, approvato nel 2011 dal consiglio di amministrazione della SdM, non ha tuttavia superato l'approvazione definitiva da parte del CIPE. Con il decreto-legge n. 187 del 2012 sono stati infatti sospesi i contratti stipulati dalla SdM con il contraente generale e gli altri affidatari, poi caducati a decorrere dal 2 novembre 2012 e, in attuazione delle previsioni del citato decreto-legge, poi trasfuso nell'articolo 34-decies del decreto-legge n. 179 del 2012, la società SdM è stata infine posta in liquidazione;
con il decreto-legge in esame il Governo intende riavviare l'iter approvativo interrotto da oltre dieci anni, mediante modifiche alla citata legge n. 1178 del 1971 volte a definire una nuova compagine societaria della SdM Spa – ora società in house partecipata da R.F.I. S.p.a., ANAS S.p.a., le Regioni Sicilia e Calabria, nonché, in misura non inferiore al 51 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze – riprendendo l'originario rapporto di concessione, previa definizione stragiudiziale delle controversie, revoca dello stato di liquidazione e ridefinizione degli organi di amministrazione e controllo, e prevedendo il complessivo riavvio dell'attività di programmazione e progettazione dell'opera, al fine di pervenire, mediante un procedimento accelerato e semplificato, che si articola in una conferenza di servizi istruttoria e in una VIA semplificata, all'approvazione del progetto definitivo da parte del CIPESS;
la ricostruzione dell'iter normativo e amministrativo che ha caratterizzato l'opera rappresenta un dato fattuale sufficiente a destituire di fondamento la rilevata ricorrenza dei presupposti necessari a ricondurre l'attività legislativa in esame nell'alveo del legittimo esercizio della decretazione d'urgenza di cui all'articolo 77 Cost.;
ulteriori profili di incostituzionalità sono, in primis, riferiti al combinato disposto degli articoli 9 e 41 Cost., considerate anche le recenti modifiche apportate dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, che non si limita a conferire rilievo costituzionale alla tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi «anche nell'interesse delle future generazioni», ma soprattutto stabilisce che l'iniziativa economica privata «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute e all'ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali...»;
va sottolineato che, ancor prima della citata novella costituzionale, la copiosa giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ribadito più volte l'esigenza di individuare un punto di sintesi fra i divergenti interessi, di rilievo istituzionale e dall'esigenza che la libertà di iniziativa economica non sia esercitata recando danni sproporzionati all'ambiente ed alla salute. La richiamata esigenza di bilanciamento trova – nella nuova formulazione degli articoli 9 e 41 – uno spostamento del «punto di equilibrio» a favore della tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, inserita tra i principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale;
il decreto-legge in esame muove dall'obiettivo di adeguare tutti gli atti e le disposizioni inerenti alla realizzazione dell'opera al quadro normativo vigente, nonché di assicurare il rispetto delle migliori e più moderne tecniche ingegneristiche, delle garanzie della sicurezza e degli odierni standard di tutela ambientale;
tale assunto è, tuttavia, del tutto contraddetto dal contenuto del provvedimento in esame che definisce un quadro normativo palesemente inidoneo a garantire la tutela dell'ambiente nei termini riconosciuti dal novellato articolo 9 Cost.;
basti considerare che, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge, l'iter di approvazione dell'opera avrà ad oggetto un progetto definitivo risalente al 2012, integrato con una relazione del progettista che si limita ad attestare la rispondenza al progetto preliminare e alle eventuali prescrizioni. In sede di conferenza dei servizi, eventuali valutazioni istruttorie potranno essere limitate ai contenuti progettuali interessati dalle predette prescrizioni, e, in sede di VIA, ai soli aspetti che non siano stati valutati o siano stati oggetto di valutazioni negative nel procedimento riferito al progetto definitivo redatto ai sensi del decreto legislativo n. 190 del 2002, i cui effetti sono comunque fatti salvi. La complessiva procedura istruttoria dovrà essere peraltro conclusa nel termine di novanta giorni dalla ricezione della documentazione, decorsi i quali il Ministero è autorizzato a procedere alla trasmissione al CIPESS per l'approvazione definitiva;
è di tutta evidenza che a fronte di un'attività istruttoria così limitata nelle possibilità di indagine e approfondimento, così come nei termini concessi per apportare modifiche migliorative, le numerose problematiche e carenze riguardanti impatti e pianificazione economica, trasportistica, territoriale, ambientale, paesaggistica rimangono irrisolte;
le questioni più rilevanti attengono alla localizzazione e alla consistenza dell'opera, alla mancata adeguata considerazione dell'incidenza su siti di rilevante interesse ambientale sottoposti a speciale tutela nazionale e comunitaria, posto che l'intervento dovrebbe realizzarsi in una delle zone a più alta concentrazione di biodiversità al mondo per il transito dell'avifauna e dei mammiferi marini, alla mancata valutazione dell'opzione zero, ovvero di idonee soluzioni alternative alla costruzione del ponte, in favore, ad esempio, di un potenziamento del sistema dei trasporti e di soluzioni a basso impatto energetico e ambientale che valorizzano le risorse ecologiche;
la realizzazione dell'opera interessa ecosistemi marini prioritariamente protetti dalla direttiva habitat (92/43/CE) in merito ai quali gli studi di fattibilità e le relazioni tecniche fino ad ora elaborate non hanno fornito alcun elemento di adeguata tutela. L'attuale progetto del ponte a campata unica coinvolgerebbe, direttamente e indirettamente, ben 11 Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e due Zone di Protezione Speciale (ZPS), come ampiamente documentato e contestato negli anni, con dettagliate e inconfutabili controdeduzioni ai diversi studi di incidenza presentati man mano per questo progetto;
ai menzionati aspetti si aggiungono le rilevanti questioni sottese alle ulteriori attività dirette alla progettazione ed alla realizzazione dell'opera, quali gli impatti sismici in una zona ad altissimo rischio sismico e le implicazioni sotto il profilo urbanistico, considerati i vincoli conformativi ed espropriativi che l'approvazione del progetto comporta;
si stigmatizza inoltre la persistente violazione del principio di sussidiarietà (che informa gli artt. 114, 117 e 118 della Costituzione) e del principio di leale collaborazione (che ispira l'articolo 120 della Costituzione). L'iter intermittente di avvio delle procedure di gara e contrattuali è stato caratterizzato nel corso degli anni da un considerevole contenzioso dinanzi agli organi di giustizia amministrativa nel quale veniva, inter alias, contestata la presupposta incostituzionalità delle disposizioni sopra richiamate, e discendenti dalla citata «Legge obiettivo», in quanto non prevedono la partecipazione nella forma dell'intesa anche degli enti locali direttamente interessati dalla costruzione dell'infrastruttura. A tali profili si aggiunge la circostanza che l'approvazione del progetto comporta automatica variante agli strumenti urbanistici vigenti, con conseguente violazione delle competenze amministrative, sia regionali che comunali, nella materia urbanistica, rimessa alla potestà normativa e amministrativa degli enti locali ai sensi degli articoli 5, 117 e 118 della Costituzione e dell'articolo 14 dello statuto della Regione Siciliana;
si ravvisa, infine, la presenza di rilevanti profili di incostituzionalità con riferimento agli articoli 81 e 117 della Costituzione. Risulta, infatti, del tutto assente, una valutazione di ragionevolezza nel bilanciamento tra le dichiarate esigenze di realizzare un'opera ritenuta cruciale per lo sviluppo infrastrutturale ed economico del Mezzogiorno e la salvaguardia degli equilibri della finanza pubblica in rapporto alle risorse disponibili. Tale distonia appare, inoltre, tanto più grave e preoccupante considerato lo stanziamento di risorse, a carico della finanza pubblica, impiegate finora per sostenere le spese inerenti le progettazioni preliminari (di oltre 1,5 miliardi di euro) e con costi attesi notevolmente più alti a fronte di persistenti incertezze riguardo alla fattibilità e alla sostenibilità del progetto;
basti rilevare che l'arresto dell'iter di realizzazione dell'opera, conseguente all'entrata in vigore del decreto-legge n. 187 del 2012, motivato proprio in ragione della straordinaria necessità ed urgenza di garantire «la verifica, a tutela della finanza pubblica, della sostenibilità del piano economico finanziario del collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e Continente», tale da richiedere la ricerca di un nuovo finanziamento, conferma il notevole impatto dell'opera sulla finanza pubblica e la perdurante incertezza in ordine alla sostenibilità dell'intervento sotto il profilo economico e finanziario. Al riguardo, come segnalato dalla Corte dei Conti, occorre considerare che l'equilibrio economico–finanziario del progetto di intervento si basa sull'analisi delle stime dei volumi di traffico viario e ferroviario, che dovrebbero essere costantemente aggiornate ai tempi attuali al fine di renderle coerenti con l'attuale quadro economico e verificare la sostenibilità degli oneri finanziari;
l'incertezza che il provvedimento in esame determinerà sui conti pubblici è riportata chiaramente nella stessa relazione tecnica del decreto-legge, in cui – evidenziando che l'articolo 3, primo comma, prevede l'inserimento dell'opera nell'Allegato infrastrutture del Documento di economia e finanza, con l'indicazione del costo stimato, delle coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente, ovvero accordate dai soggetti e dalle amministrazioni pubbliche coinvolte, e del fabbisogno residuo – riporta i costi previsti, ma privi di copertura, dell'opera in base alle stime del 2011, pari a 8,549 miliardi di euro e ammette che allo stato dell'arte non vi sia una previsione di costo finale a carico dello Stato. Va ricordato che tutti gli studi effettuati fino ad ora, ancorché basati su previsioni di traffico e percorrenze tutt'altro che certe, hanno confermato la sostanziale insostenibilità economica dell'opera, comportando inevitabilmente che i costi di realizzazione, gestione e manutenzione saranno in massima parte a carico dello Stato;
si rileva, infine, che l'articolo 3-bis della legge n. 1158 del 1971, come novellato dal decreto-legge in esame, prevede la nuova definizione della SdM S.p.a. come società in house, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 175 del 2016, e che la durata residua della concessione è stimata in trenta anni dall'entrata in esercizio dell'opera, al netto delle proroghe per la realizzazione. A tale riguardo si rilevano ulteriori profili di incostituzionalità attinenti alla violazione dei principi in materia di tutela della concorrenza e di proporzionalità, con riferimento agli artt. 3, 41, 97 e 117, comma 2, lett. e), Cost., nella parte in cui dal contenuto del provvedimento non emerge la ratio di contenimento della spesa pubblica, sottesa all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 175/2016 e ai principi di cui all'articolo 192 del decreto legislativo 50/2016 nella parte in cui il mancato ricorso al mercato richiede che siano evidenti i benefici per la collettività anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche;
per tutte le succitate ragioni,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1067.
N. 2. Ilaria Fontana, Iaria, Sergio Costa, L'Abbate, Morfino, Santillo, Cantone, Fede, Traversi, Francesco Silvestri.
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Iniziative volte a riconsiderare l'attuale distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari – 3-00321
BAGNASCO, CALDERONE, PATRIARCA e PITTALIS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
numerosi organi d'informazione hanno, di recente, riportato la notizia per la quale sarebbe intendimento dell'attuale Governo proporre, con un disegno di legge, la riapertura dei tribunali o di taluno dei tribunali soppressi dal decreto legislativo n. 155 del 2012;
con tale provvedimento vennero soppresse 31 sedi di tribunali, 220 sedi distaccate di tribunale e 667 uffici del giudice di pace nell'ottica della revisione e dell'ottimizzazione della spesa pubblica, nonché di un recupero complessivo di risorse ed efficienza del sistema giustizia;
tuttavia, non solo il risparmio ipotizzato non è stato conseguito, ma la suddetta riforma non ha garantito neppure la celere definizione dei giudizi aumentando, al contrario, i disagi per cittadini e operatori del diritto e sottraendo, in troppi luoghi, importanti presidi della legalità rappresentati dalla presenza di un ufficio giudiziario;
oggi, presso le comunità territoriali interessate dalla soppressione di cui sopra, è vivo e crescente l'interesse alla riapertura perché la giustizia di prossimità – più vicina al cittadino – ha un valore che non può essere ignorato anche in termini di efficienza del servizio giustizia stesso –:
quali siano le iniziative che il Governo intende intraprendere per la revisione dell'attuale geografia giudiziaria.
(3-00321)
Iniziative in materia di giustizia minorile, anche al fine di fronteggiare i fenomeni di devianza giovanile – 3-00322
BISA, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
i nuovi allarmanti fenomeni di devianza giovanile impongono una rinnovata attenzione alla giustizia minorile;
occorre considerare le continue violente aggressioni da parte di detenuti, immigrati o giovani adulti ai danni degli agenti di polizia penitenziaria;
occorre bloccare i continui trasferimenti dalle carceri del Nord Italia verso le carceri del Sud di detenuti stranieri e giovani adulti, resisi autori di atti di violenza, anche nei confronti del personale, riluttanti a qualsiasi regola e/o trattamento penitenziario;
molti giovani detenuti sono poli-assuntori di sostanze stupefacenti e psicotrope con determinazione di problemi sia di gestione della stessa assunzione di psicofarmaci negli istituti penali minorili, sia di malessere fisico e psicologico, sia di effetti criminogeni nei rapporti fra detenuti, con la polizia penitenziaria e con gli altri operatori;
inoltre, per i minori dai 14 anni in su, il giudice può applicare la misura cautelare in carcere per chi commetta un reato per cui la legge prevede la reclusione superiore a 9 anni, ma tale pena edittale nel minimo superiore a nove anni di reclusione risulta oramai troppo alta: è necessario rivederla per rendere un maggiore servizio di sicurezza ai cittadini e avere una pena più congrua per reprimere condotte criminali di nuovo conio ed estremamente pericolose;
occorrono misure organizzative e strutturali finalizzate ad assicurare negli istituti penali per i minorenni l'individuazione di nuove modalità di collaborazione con le comunità del privato sociale per favorire la proposizione di nuove offerte sul territorio, per sostenere l'accoglienza di minori e giovani adulti sottoposti alla misura del collocamento in comunità;
è necessaria l'introduzione del processo telematico, ma i tribunali per i minorenni, a differenza di quelli ordinari, sono ad oggi sprovvisti e gli uffici minorili soffrono rilevanti carenze di organico sia nel personale di magistratura che nel personale amministrativo. La carenza di amministrativi è drammatica, manca in tutta Italia circa un quarto del personale previsto;
inoltre, la carenza di risorse e di personale incide sul rallentamento dei procedimenti, rendendo tardivi e meno efficaci gli interventi necessari alla tutela dei minori in situazioni di pregiudizio, talvolta assai gravi –:
se e quali provvedimenti siano in itinere affinché la carenza di risorse e di personale non incida sempre di più sul rallentamento dei procedimenti e quali riforme risultino dirette al rafforzamento degli istituti di rieducazione, al reinserimento della popolazione detenuta, al potenziamento degli interventi in materia di esecuzione penale esterna per adeguare gli interventi di giustizia minorile ai nuovi fenomeni di devianza giovanile.
(3-00322)
Elementi in ordine all'attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 106 del 2022 in materia di spettacolo, con particolare riferimento all'indennità di discontinuità – 3-00323
MANZI, ORFINI, BERRUTO, ZINGARETTI, GHIO, FERRARI, CASU e FORNARO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
nel settore dello spettacolo operano migliaia di lavoratori con contratti atipici, inevitabilmente intermittenti e con poche tutele;
quasi al termine della XVIII legislatura, l'approvazione della legge n. 106 del 15 luglio 2022, articolo 2, comma 6, ha recato una delega al Governo per il riordino e la revisione degli ammortizzatori sociali e delle indennità in favore dei lavoratori dello spettacolo;
con la suddetta legge, sono stati fissati alcuni principi fondamentali e introdotti strumenti innovativi: la definizione di nuove norme in materia di contratti di lavoro e di equo compenso per i lavoratori autonomi, il riconoscimento del ruolo professionale degli attori, l'introduzione dell'indennità di discontinuità e benefici previdenziali e, inoltre, è stato redatto un vero e proprio codice dello spettacolo;
l'allora Esecutivo ha unito, a tutela di un settore per molto tempo penalizzato e in grande sofferenza a causa dell'emergenza sanitaria, due grandi valori costituzionali: il diritto al lavoro, di cui agli articoli 4, 35 e 36, e la promozione e la diffusione culturale, di cui agli articoli 9 e 33;
con l'approvazione di un emendamento, proposto dal gruppo Partito Democratico e condiviso da tutte le forze politiche, alla legge 29 dicembre 2022 n. 197 (legge di bilancio 2023), è stata prevista – anche se non equivalente alla richiesta iniziale – l'integrazione di 60 milioni di euro per il 2023, 6 milioni di euro per il 2024 e 8 milioni di euro per il 2025 del fondo per la nuova indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo;
l'Esecutivo ha prorogato il termine per l'esercizio della delega dal 18 maggio 2023 al 18 agosto 2024, a giudizio degli interroganti pregiudicando una rapida operatività della misura e l'utilizzo delle risorse aggiuntive stanziate, a partire dal 2023, in legge di bilancio e minando il riconoscimento, atteso dai lavoratori, del ruolo professionale e di un welfare necessario a sostenere i lavoratori dello spettacolo durante i periodi di inattività –:
quali aggiornamenti il Ministro interrogato intenda fornire in merito all'attuazione della legge 15 luglio 2022, n. 106, recante «Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo», con particolare riferimento all'attuazione dell'indennità di discontinuità.
(3-00323)
Iniziative urgenti a sostegno del settore cinematografico e audiovisivo – 3-00324
GRIPPO, BOSCHI, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GADDA, MARATTIN e SOTTANELLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il settore delle sale cinematografiche e della distribuzione cinematografica, già fortemente colpito dalla pandemia, continua a vivere una situazione di oggettiva difficoltà, nonostante il 2023 abbia fatto registrare dei miglioramenti rispetto agli anni precedenti;
mentre la produzione audiovisiva è in un momento di particolare dinamismo, le presenze in sala continuano a registrare numeri insoddisfacenti;
in Italia è prevista una «finestra» temporale per la distribuzione, ovvero un obbligo di fruizione nelle sale cinematografiche per un certo numero di giorni prima della diffusione sulle piattaforme;
la «finestra» era stata originariamente fissata in 105 giorni dal decreto ministeriale del 29 novembre 2018; il periodo è stato successivamente ridotto a 30 giorni durante l'emergenza sanitaria;
successivamente, con decreto ministeriale n. 120 del 29 marzo 2022 è stato previsto l'obbligo di fruizione dei film italiani nelle sale cinematografiche per almeno 90 giorni prima della diffusione sulle piattaforme;
il Tar del Lazio, con sentenza n. 05634/2023 pubblicata il 3 aprile 2023, ha annullato il decreto ritenendo che il Ministero della cultura, terminata l'emergenza sanitaria e senza il parere preventivo e obbligatorio del Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo, avrebbe dovuto riportare le finestre obbligatorie di programmazione a 105 giorni e non a 90;
il Ministro interrogato, nell'esposizione delle linee programmatiche alle Camere, ha affermato di condividere il meccanismo delle «finestre» previste per legge e di volerlo anche estendere;
tuttavia tale strumento normativo ha dimostrato di non essere idoneo, in sé, a incentivare la fruizione del film nelle sale e anzi, talvolta, ha dimostrato di innescare reazioni nell'industria audiovisiva che hanno un effetto opposto a quello auspicato; vi sono infatti studi che dimostrano che un film arriva al 90 per cento del fatturato nelle prime quattro settimane e che il periodo successivo comporta solo rischi per il film stesso, poiché aumentano i consumi illegali; anche l'analisi comparata sui principali Paesi europei conferma come non vi sia alcun rapporto diretto tra normativa sulle «finestre» e ritorno del pubblico in sala e che nella maggior parte dei sistemi giuridici l'individuazione di tali strumenti è lasciata all'autoregolamentazione del settore;
il Ministro interrogato in più occasioni ha affermato di voler dedicare la massima attenzione al settore audiovisivo –:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di incentivare la fruizione dei film dentro e fuori le sale cinematografiche, evitando normative inefficaci e con effetti potenzialmente negativi sul mercato.
(3-00324)
Iniziative di competenza volte a superare le criticità relative alle liste di attesa in ambito sanitario – 3-00325
ZANELLA, GRIMALDI, BONELLI, BORRELLI, DORI, EVI, FRATOIANNI, GHIRRA, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo il Censis, 19,6 milioni di italiani si sono visti in un anno negare almeno una prestazione dei livelli essenziali di assistenza e, considerata la lista di attesa, 28, su 100 tentativi di prenotazione, hanno fatto ricorso al privato;
un'elaborazione di dati fatta per Dataroom dall'Agenas mostra che, rispetto al 2019, nel 2020 e nel 2021 sono state fatte in meno oltre 12,8 milioni di prime visite e 17,1 milioni di visite di controllo; sono stati persi 1,3 milioni di ecografie all'addome, sono saltati 3,1 milioni di elettrocardiogrammi e più di mezzo milione di mammografie, una prestazione ambulatoriale su cinque è stata rinviata;
nel 2022 la proiezione dei dati Dataroom evidenzia che le prime visite sono ancora sotto di 3,1 milioni (-14 per cento), le visite di controllo meno 5,3 milioni (-16 per cento), le mammografie meno 127 mila (-7 per cento), le ecografie all'addome meno 334 mila (-9 per cento), gli elettrocardiogrammi meno 1 milione (-20 per cento);
entrando nel dettaglio delle singole richieste: per un elettrocardiogramma il Piemonte è sotto del 39 per cento, il Veneto del 27 per cento, la Liguria meno 40 per cento, la Toscana meno 18 per cento, la Sardegna meno 31 per cento;
le strutture private accreditate, più che proporre prestazioni convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, offrono prestazioni a pagamento: nel 2019 a Milano il 27 per cento dell'attività complessiva e il 41 per cento delle prime viste erano svolte in regime di solvenza, nel 2022 sono salite rispettivamente al 36 per cento e al 58 per cento;
dal rapporto Censis: «Il ricorso alla sanità a pagamento è l'esito, non di una corsa al consumismo sanitario inappropriato, ma di prestazioni prescritte da medici che i cittadini non riescono ad avere in tempi adeguati»; è in crescita costante la spesa che gli italiani sostengono di tasca propria per curarsi: secondo gli ultimi dati disponibili della Ragioneria generale dello Stato si è passati dai 34,85 miliardi di euro del 2019, ai 37 miliardi di euro del 2021, un 6 per cento in più, equivalente a 2,15 miliardi di euro, la metà di questa spesa è per visite specialistiche e interventi;
in sostanza: chi può paga, gli altri attendono o rinunciano alle cure, le rinunce per ragioni di carattere economico, secondo l'Istat, riguarda oltre 4 milioni di persone, il 6,8 per cento della popolazione –:
quali iniziative di competenza intenda assumere, d'intesa con le regioni, al fine di affrontare e risolvere la questione delle liste di attesa per garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini, evitando che la cura e la prevenzione dipendano dalla capacità economica, attuando pienamente l'articolo 32 della Costituzione.
(3-00325)
Iniziative di competenza per assicurare l'accesso alle reti di cure palliative e alla terapia del dolore, in attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38 – 3-00326
ALESSANDRO COLUCCI, LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 2 della legge 15 marzo 2010, n. 38, recante «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», definisce quest'ultima come «l'insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore»;
i pazienti che si sottopongono agli interventi e alle procedure richieste dalla terapia del dolore combattono stati di sofferenza cronica grave, che in molti casi arrivano a determinare una condizione di inabilità della persona che ne è affetta;
l'articolo 1 della già citata legge 15 marzo 2010, n. 38, non discrimina tra cure palliative e terapia del dolore, riconoscendo l'importanza dei due approcci di cura e la necessità di sostegno e promozione da parte dello Stato, «al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze»;
nella fase di approvazione in Parlamento di due recenti provvedimenti, la legge 29 dicembre 2022, n. 197 e la legge 23 luglio 2021, n. 106, sono state introdotte misure significative che potenziano e sviluppano le reti di cure palliative;
nelle relazioni esposte all'interno del Rapporto al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 38 del 15 marzo 2010 «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», si rilevano i progressi compiuti per quanto concerne l'implementazione delle reti di cure palliative di fine vita, ma non risultano presenti altrettanti avanzamenti in merito all'attuazione delle reti della terapia del dolore –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di assicurare che i cittadini possano accedere non solo alle reti di cure palliative, ma anche alla terapia del dolore, anche con riferimento alla formazione e al reclutamento di personale dedicato all'interno delle strutture di cura del Sistema sanitario nazionale, in attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38.
(3-00326)
Iniziative di competenza per l'assunzione di medici in formazione specialistica presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale – 3-00327
MARIANNA RICCIARDI, QUARTINI, DI LAURO e SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
è di pochi giorni fa la notizia riguardante richieste di assunzione di medici specializzandi da parte di alcuni ospedali variamente localizzati in Italia; tali presidi ospedalieri fanno parte della rete formativa di scuole di specializzazione della stessa branca medica;
i casi di diniego di assunzioni di medici specializzandi si sarebbero verificati a causa del rifiuto di autorizzazione da parte di alcuni atenei italiani;
gli specializzandi in formazione dal terzo al quinto anno (nelle varie branche mediche) sarebbero venticinquemila a livello nazionale e potrebbero essere assunti negli ospedali per sopperire alle carenze di medici ospedalieri;
il sindacato Anaao Giovani sostiene che gli atenei avrebbero esercitato la loro opposizione alle assunzioni dei medici specializzandi perché non vorrebbero vedersi sottrarre manodopera a basso costo per produrre ricerca o pubblicazioni;
la legge 30 dicembre 2018, n. 145, al comma 548-bis, prevede che le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, nonché le strutture sanitarie private accreditate, appartenenti alla rete formativa, possono procedere fino al 31 dicembre 2025 all'assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale in ragione delle esigenze formative, a partire dal terzo anno del corso di formazione specialistica di medici;
tali disposizioni permettono dunque alle aziende e agli enti del Servizio sanitario nazionale e alle strutture sanitarie private accreditate l'assunzione, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, di medici specializzandi, in tutte le branche mediche;
il sovraffollamento nel pronto soccorso e la lunga attesa sulle barelle da parte dei pazienti, talvolta anche di 10 giorni, consegue in misura rilevante al fatto che non ci sono posti letto nei reparti di degenza nei quali manca il personale medico e sanitario sufficiente;
il pronto soccorso è una sorta di snodo tra l'assistenza territoriale e quella ospedaliera e su di esso si riversano tutte le criticità conseguenti alle carenze sul territorio e nei reparti di degenza;
per rafforzare i pronto soccorso e i dipartimenti di emergenza-urgenza occorre dunque affrontare in maniera complessiva la carenza di personale medico e delle specializzazioni ospedaliere a più alta intensità di lavoro, in tutti i reparti di degenza e in tutti i servizi territoriali –:
quali iniziative di competenza intenda adottare per sostenere l'assunzione in tutto il Paese di medici specializzandi in formazione presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, in particolare nei reparti di degenza e nei servizi territoriali.
(3-00327)
Iniziative volte a incrementare l'efficienza e la sicurezza dei punti di pronto soccorso, con particolare riferimento alle carenze di personale – 3-00328
FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, RUSPANDINI, VIETRI, CIANCITTO, CIOCCHETTI, COLOSIMO, LANCELLOTTA, MACCARI, MORGANTE, ROSSO e SCHIFONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
i punti di pronto soccorso sul territorio nazionale sono afflitti da pesanti carenze strutturali, rispetto alle quali negli scorsi anni non sono state adottate soluzioni soddisfacenti;
in primo luogo, nonostante l'efficientamento delle attività di monitoraggio e prevenzione svolte dall'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, promosso dal Ministro della salute sin dal suo insediamento, rimangono numerose le aggressioni subite da medici e infermieri, anche e soprattutto all'interno dei punti di pronto soccorso;
l'ultima, solo in ordine di tempo, si è verificata nel pomeriggio della domenica di Pasqua quando un uomo, armato di coltello a serramanico e in evidente stato di alterazione da abuso di alcol, ha fatto irruzione nel pronto soccorso dell'ospedale di Pescara;
l'altro grave problema che pesa sull'efficienza dei nostri pronto soccorso è la carenza di personale: secondo la Società italiana di medicina d'emergenza urgenza (Simeu) nei punti di pronto soccorso italiani mancano oltre quattromila medici e la stessa Simeu ha messo in evidenza come su questo dato incida anche l'elevato numero di dimissioni che si verificano tra i medici in servizio presso i pronto soccorso, che nel primo semestre del 2022 ha raggiunto le seicento unità, vale a dire l'abbandono di cento professionisti al mese;
dall'altro lato, sempre con riferimento al 2022, un'analisi condotta dall'Associazione medici dirigenti Anaoo Assomed ha segnalato che ben il cinquanta per cento dei contratti di specializzazione in medicina d'emergenza non è stato assegnato;
le carenze di personale si rispecchiano nelle lunghe attese cui spesso i cittadini si trovano costretti quando si recano in un pronto soccorso;
tra i principali motivi che scoraggiano i medici di emergenza e urgenza figurano le retribuzioni poco allettanti, di certo più basse rispetto al resto d'Europa, il più alto rischio di contenziosi medico legali e il timore generato dalle frequenti aggressioni che si verificano in tale reparto;
in questo senso l'attuale Governo con i provvedimenti sin qui adottati ha sia potenziato il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, sia disposto un aumento dei compensi per i medici e per gli infermieri che lavorano in emergenza urgenza e anticipato le indennità di pronto soccorso rispetto al 2024, oltre ad aver previsto la possibilità di assunzioni anche senza specializzazione diretta e contratti libero professionali per gli specializzandi –:
quali iniziative intenda assumere in merito alle criticità esposte in premessa.
(3-00328)
PROPOSTA DI LEGGE: MELONI E MORRONE: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI EQUO COMPENSO DELLE PRESTAZIONI PROFESSIONALI (APPROVATA DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO) (A.C. 338-B)
A.C. 338-B – Articolo 7
ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 7.
(Parere di congruità con efficacia di titolo esecutivo)
1. In alternativa alle procedure di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile e di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, il parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e se il debitore non propone opposizione innanzi all'autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 281-undecies del codice di procedura civile, entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista.
2. Il giudizio di opposizione si svolge davanti al giudice competente per materia e per valore del luogo nel cui circondario ha sede l'ordine o il collegio professionale che ha emesso il parere di cui al comma 1 del presente articolo e, in quanto compatibile, nelle forme di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.
A.C. 338-B – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca Disposizioni in materia di Equo compenso delle prestazioni professionali,
esso interviene, in particolare, sulla disciplina relativa al compenso delle prestazioni professionali rese nei confronti delle pubbliche amministrazioni e di specifiche categorie di imprese, allo scopo di rafforzare la tutela del professionista;
l'atto in esame specifica che per intendersi «equo» il compenso deve rispettare specifici parametri di quantità e qualità del lavoro svolto, deve essere altresì proporzionato al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri ministeriali;
esso modifica l'ambito applicativo della disciplina vigente, ampliandolo sia per quanto riguarda i professionisti interessati, sia per quanto riguarda la committenza, che viene estesa anche a tutte le imprese che impiegano più di 50 dipendenti o fatturano più di 10 milioni di euro;
è proprio il presente provvedimento in materia di equo compenso che considera, de iure, le pubbliche amministrazioni nonché le grandi imprese, che hanno determinati requisiti dimensionali e di fatturato, quali committenti forti del rapporto contrattuale intrattenuto con il professionista sulla base di una convenzione;
come sottolineato dalle maggiori associazioni professionali forensi, pur nella condivisione dell'impianto generale del provvedimento, vi sono alcune circoscritte criticità che, se fossero mantenute, potrebbero compromettere la futura corretta applicazione del provvedimento, con l'effetto di indebolirne la portata di tutela concreta dei professionisti, i quali guardano ed attendono con favore l'approvazione di questo provvedimento;
la disciplina in esame non si applica agli agenti della riscossione, alle società di riscossione e alle società di cartolarizzazione dei crediti, che rientrano notoriamente tra i committenti, contraenti forti nei rapporti contrattuali con il professionista;
l'esclusione degli agenti della riscossione, delle società di riscossione e delle società veicolo di cartolarizzazione dei crediti, (quali ad esempio, le società bancarie ed assicurative), dall'ambito applicativo della disciplina di cui al presente provvedimento in materia di equo compenso, come ci è stato confermato, in sede di contributi scritti in Commissione Giustizia, dalle maggiori associazioni professionali forensi – in particolare dall'Organismo Congressuale Forense (O.C.F.) e dall'Associazione Nazionale Forense (A.N.F.) – appare non in linea con la finalità primaria, che connota il provvedimento in esame, di tutela del professionista dal punto di vista economico, dal punto di vista del riconoscimento della qualità della prestazione professionale, dell'adeguato decoro professionale del singolo professionista e dell'attività professionale in generale; nonostante vi fosse stata l'occasione di porre rimedio al rilevato vulnus in sede di esame del provvedimento in Senato, non sono state accolte le proposte migliorative del testo già avanzate da parte degli scriventi, con ciò dimostrando una scarsa attenzione e sensibilità di questa maggioranza e di questo Governo rispetto ad una rilevante problematica che interessa da vicino molti operatori del settore giustizia,
impegna il Governo
a monitorare gli effetti applicativi dalla disciplina in esame allo scopo di intervenire, nel primo provvedimento utile, al fine di estendere l'ambito applicativo della disciplina di cui al provvedimento in esame in materia di equo compenso, includendo tra i committenti forti anche gli agenti della riscossione, le società di riscossione e le società veicolo di cartolarizzazione dei crediti.
9/338-B/1. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca Disposizioni in materia di Equo compenso delle prestazioni professionali;
esso interviene, in particolare, sulla disciplina relativa al compenso delle prestazioni professionali rese nei confronti delle pubbliche amministrazioni e di specifiche categorie di imprese, allo scopo di rafforzare la tutela del professionista;
l'atto in esame specifica che per intendersi «equo» il compenso deve rispettare specifici parametri di quantità e qualità del lavoro svolto, deve essere altresì proporzionato al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri ministeriali;
esso modifica l'ambito applicativo della disciplina vigente, ampliandolo sia per quanto riguarda i professionisti interessati, sia per quanto riguarda la committenza, che viene estesa anche a tutte le imprese che impiegano più di 50 dipendenti o fatturano più di 10 milioni di euro;
è proprio il presente provvedimento in materia di equo compenso che considera, de iure, le pubbliche amministrazioni nonché le grandi imprese, che hanno determinati requisiti dimensionali e di fatturato, quali committenti forti del rapporto contrattuale intrattenuto con il professionista sulla base di una convenzione;
come sottolineato dalle maggiori associazioni professionali forensi, pur nella condivisione dell'impianto generale del provvedimento, vi sono alcune circoscritte criticità che, se fossero mantenute, potrebbero compromettere la futura corretta applicazione del provvedimento, con l'effetto di indebolirne la portata di tutela concreta dei professionisti, i quali guardano ed attendono con favore l'approvazione di questo provvedimento;
l'articolo 5 del provvedimento in esame, rubricato disciplina dell'equo compenso, prevede, al comma 5, sanzioni disciplinari a carico dei professionisti che abbiano accettato compensi che non siano giusti, equi e proporzionati e che siano sotto le soglie previste dai parametri ministeriali e dai decreti ministeriali di riferimento;
seppur sia teoricamente comprensibile l'intento di impedire che la disciplina sull'equo compenso sia violata da professionisti che tentino di offrire, con una sorta di dumping, condizioni a sé sfavorevoli per accaparrarsi clienti, nondimeno tale rischio non appare configurabile nell'ambito della disciplina in esame, in funzione della sua applicazione normativa, legata a precisi requisiti oggettivi e soggettivi; è proprio il presente provvedimento in materia di equo compenso che considera, de iure, le pubbliche amministrazioni nonché le grandi imprese, che hanno determinati requisiti dimensionali e di fatturato, quali committenti forti del rapporto contrattuale intrattenuto con il professionista sulla base di una convenzione;
la previsione di sanzioni disciplinari all'interno di tale provvedimento appare non in linea con la finalità primaria, che connota il provvedimento in esame, di tutela del professionista in tutti gli aspetti dell'attività professionale, dall'aspetto economico e del riconoscimento della qualità della prestazione professionale, all'aspetto dell'adeguato decoro professionale e morale del professionista e dell'attività professionale in generale;
prevedere sanzioni disciplinari a carico del professionista che denuncia una convenzione che prevede un compenso non tiene conto della debolezza intrinseca dei professionisti che vengono invitati o indotti a presentare autonomamente condizioni sfavorevoli e quindi facendosene spesso essi stessi autori, tramite forme di bandi o gare;
la previsione di sanzioni disciplinari a carico del professionista, che denuncia una convenzione che prevede compensi non equi, è tale da sottoporre, ingiustamente, il professionista ad un doppio pregiudizio: il primo, quello derivante dall'aver percepito fino al momento della «denuncia» giudiziale di non equità del compenso, compensi non equi in relazione all'attività professionale svolta; un secondo pregiudizio derivante dalla consapevolezza del professionista, che denuncia una convenzione che prevede compensi non equi, di essere per legge sottoposto ad una sanzione disciplinare;
la previsione di sanzioni disciplinari a carico del professionista – che segnala e «denuncia» giudizialmente, una convenzione che prevede un compenso non equo – avrà l'effetto, in concreto, di scoraggiare il professionista a «denunciare» convenzioni inique, scoraggiandolo dal far valere le proprie ragioni, determinandosi, in tal modo, un effetto esattamente opposto, rispetto all'intero impianto normativo e alla finalità di tutela dei professionisti che è alla base del provvedimento in esame;
la previsione di sanzioni disciplinari, inoltre, produrrebbe la conseguenza paradossale di colpire ulteriormente quei professionisti che subiscono appunto il potere negoziale di contraenti forti, con l'effetto, di fatto, di sanzionare proprio la parte lesa e debole del rapporto;
nonostante vi fosse stata l'occasione di porre rimedio al rilevato vulnus in sede di esame in Senato, non sono state accolte le proposte migliorative del testo già avanzate da parte degli scriventi, con ciò dimostrando una scarsa attenzione e sensibilità di questa maggioranza e di questo Governo rispetto ad una rilevante problematica che interessa da vicino molti operatori del settore giustizia,
impegna il Governo
a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, allo scopo di intervenire, nel primo provvedimento utile, al fine di sopprimere le sanzioni disciplinari a carico dei professionisti che abbiano accettato compensi che siano sotto le soglie previste dai parametri ministeriali e decreti ministeriali di riferimento, e quindi non equi e non proporzionati all'attività professionale svolta.
9/338-B/2. Giuliano, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca Disposizioni in materia di Equo compenso delle prestazioni professionali;
esso interviene, in particolare, sulla disciplina relativa al compenso delle prestazioni professionali rese nei confronti delle pubbliche amministrazioni e di specifiche categorie di imprese, allo scopo di rafforzare la tutela del professionista;
l'atto in esame specifica che per intendersi «equo» il compenso deve rispettare specifici parametri di quantità e qualità del lavoro svolto, deve essere altresì proporzionato al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri ministeriali;
esso modifica l'ambito applicativo della disciplina vigente, ampliandolo sia per quanto riguarda i professionisti interessati, sia per quanto riguarda la committenza, che viene estesa anche a tutte le imprese che impiegano più di 50 dipendenti o fatturano più di 10 milioni di euro;
è proprio il presente provvedimento in materia di equo compenso che considera, de iure, le pubbliche amministrazioni nonché le grandi imprese, che hanno determinati requisiti dimensionali e di fatturato, quali committenti forti del rapporto contrattuale intrattenuto con il professionista sulla base di una convenzione;
come sottolineato dalle maggiori associazioni professionali forensi, pur nella condivisione dell'impianto generale dei provvedimento, vi sono alcune circoscritte criticità che, se fossero mantenute, potrebbero compromettere la futura corretta applicazione del provvedimento, con l'effetto di indebolirne la portata di tutela concreta dei professionisti, i quali guardano ed attendono con favore l'approvazione di questo provvedimento;
l'articolo 11 del provvedimento in esame, rubricato disposizioni transitorie, prevede che le disposizioni di cui al provvedimento in esame non si applicano alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della entrata in vigore del medesimo provvedimento;
le disposizioni transitorie inerenti l'entrata in vigore della normativa – come ci è stato confermato, in sede di contributi scritti in Commissione Giustizia, dalle maggiori associazioni professionali forensi, in particolare dal Movimento Forense – appare non in linea con la finalità primaria di tutela del professionista, che connota il provvedimento in esame, ed è tale da escludere da ogni forma di tutela tutte le convenzioni già stipulate ed in essere che non hanno una scadenza e che hanno durata indeterminata;
la previsione dell'articolo 11 del provvedimento in esame è tale da determinare l'applicarsi del provvedimento in esame solo «pro futuro»;
nonostante le proposte di modifica già avanzate dagli scriventi per far sì che la normativa in esame si applichi a tutti gli incarichi conferiti successivamente alla data di entrata in vigore della legge, pur se rientranti in una convenzione sottoscritta antecedentemente, non è stato posto rimedio a tale vulnus, in occasione dell'esame del provvedimento al Senato,
impegna il Governo
a monitorare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa allo scopo di intervenire, nel primo provvedimento utile, al fine di rivedere la disciplina transitoria di entrata in vigore del provvedimento in esame, estendendola anche a tutti gli incarichi conferiti successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento, pur se rientranti in una convenzione sottoscritta antecedentemente all'entrata in vigore del provvedimento in esame.
9/338-B/3. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.
La Camera,
premesso che:
il principio dell'equo compenso è presente nell'articolo 36 della Costituzione, che recita: «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un esistenza libera e dignitosa», e la sua disciplina è stata introdotta, nella XVII legislatura, con la finalità di porre rimedio a situazioni di squilibrio nei rapporti contrattuali tra professionisti e clienti «forti», individuati nelle imprese bancarie e assicurative nonché nelle imprese diverse dalle piccole e medie imprese (pmi);
sono stati infatti approvati in rapida successione l'articolo 19-quaterdecies del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, (cosiddetto decreto fiscale), e l'articolo 1, commi 487 e 488, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), che hanno disciplinato l'equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati, poi esteso anche alle altre professioni regolamentate e nell'ambito del lavoro autonomo: il tema dell'equo compenso per i professionisti rimane, comunque, particolarmente sentito, importante e delicato, poiché riguarda la vita di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici italiani, che rappresentano un settore altamente specializzato e di grandissimo valore per la nostra economia;
in un particolare contesto economico come quello in cui ci muoviamo, esasperato dagli effetti della pandemia di COVID-19, delle guerre, della crisi economica, appare, ad oggi, sempre più attuale e urgente completare al meglio la disciplina che lo regola; i professionisti, infatti, sono l'ingranaggio che fa muovere i rapporti fra i privati, le imprese e la pubblica amministrazione, possiedono competenze, frutto di anni di studio, indispensabili per il progresso organizzativo, tecnologico ed economico delle imprese italiane;
eppure, purtroppo, migliaia di giovani professionisti hanno ancora difficoltà ad arrivare alla fine del mese, perché sono sottopagati, soggetti alla concorrenza sleale delle grandi strutture, alla piaga della falsa partita Iva e al potere contrattuale dei grandi committenti che oggi determinano al ribasso il valore delle prestazioni professionali; proprio al fine di affrontare questo e altri problemi del mondo del lavoro professionale, nelle scorse legislature si è perseguita la strada dell'universalismo dei diritti del lavoro e della fine delle categorie che lo frammentano e lo dividono in mille pezzi, compromettendone le tutele;
appare necessario, dunque, proseguire e completare il lavoro svolto nella XVIII legislatura, mirando a realizzare una pregnante tutela delle giovani generazioni per porre rimedio alla «debolezza» della posizione economica di molti professionisti, rispetto, ad esempio, alla inadeguatezza dei compensi rispetto alle responsabilità assunte dai professionisti,
impegna il Governo
nell'ambito delle sue proprie prerogative, a completare al meglio la disciplina dell'equo compenso, adottando misure, anche normative, volte a predisporre un sistema di tutele che non faccia distinzioni fra professionisti ordinistici e non ordinistici, salvaguardando il più possibile la qualità del lavoro e la competenza, considerato che tale ampliamento in realtà oltre a garantire tutele più ampie, non scalfisce affatto le prerogative dei professionisti del settore ordinistico ma al contrario le rafforza, nonché prevedendo l'applicazione della disciplina alle prestazioni d'opera intellettuale di cui all'articolo 2230 del codice civile, anche svolte in forma associata o societaria e comunque a prescindere dalla loro natura convenzionale, rese in favore di tutte le imprese che nell'anno precedente al conferimento dell'incarico abbiano superato, con riferimento al totale dell'attivo dello stato patrimoniale il limite di 4 milioni di euro, per quanto concerne i ricavi delle vendite e delle prestazioni il limite di 4 milioni di euro, e per quello relativo ai dipendenti occupati in media durante l'esercizio il limite di 20 unità.
9/338-B/4. Zan, Gribaudo.
La Camera,
premesso che:
il principio dell'equo compenso è presente nell'articolo 36 della Costituzione, che recita: «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa», e la sua disciplina è stata introdotta, nella XVII legislatura, con la finalità di porre rimedio a situazioni di squilibrio nei rapporti contrattuali tra professionisti e clienti «forti», individuati nelle imprese bancarie e assicurative nonché nelle imprese diverse dalle piccole e medie imprese (pmi);
sono stati infatti approvati in rapida successione l'articolo 19-quaterdecies del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, (cosiddetto decreto fiscale), e l'articolo 1, commi 487 e 488, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), che hanno disciplinato l'equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati, poi esteso anche alle altre professioni regolamentate e nell'ambito del lavoro autonomo: il tema dell'equo compenso per i professionisti rimane, comunque, particolarmente sentito, importante e delicato, poiché riguarda la vita di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici italiani, che rappresentano un settore altamente specializzato e di grandissimo valore per la nostra economia;
in un particolare contesto economico come quello in cui ci muoviamo, esasperato dagli effetti della pandemia di COVID-19, delle guerre, della crisi economica, appare, ad oggi, sempre più attuale e urgente completare al meglio la disciplina che lo regola; i professionisti, infatti, sono l'ingranaggio che fa muovere i rapporti fra i privati, le imprese e la pubblica amministrazione, possiedono competenze, frutto di anni di studio, indispensabili per il progresso organizzativo, tecnologico ed economico delle imprese italiane;
eppure, purtroppo, migliaia di giovani professionisti hanno ancora difficoltà ad arrivare alla fine del mese, perché sono sottopagati, soggetti alla concorrenza sleale delle grandi strutture, alla piaga della falsa partita Iva e al potere contrattuale dei grandi committenti che oggi determinano al ribasso il valore delle prestazioni professionali, proprio al fine di affrontare questo e altri problemi del mondo del lavoro professionale, nelle scorse legislature si è perseguita la strada dell'universalismo dei diritti del lavoro e della fine delle categorie che lo frammentano e lo dividono in mille pezzi, compromettendone le tutele;
con la legge n. 81 del 2017, infatti, sono state ricucite delle fratture fra mondi del lavoro dipendente e autonomo, allargando a quest'ultimo tutele importanti in materia di congedo parentale, infortunio, malattia e maternità, oltre a investire nella formazione continua dei professionisti e a consentire loro di accedere ai fondi strutturali europei, non dimentichiamo, poi, la cancellazione degli aumenti dell'aliquota previdenziale della gestione separata previsti dalla riforma del lavoro cosiddetta «riforma Fornero», la legge 28 giugno 2012, n. 92, e l'introduzione del regime forfettario, particolarmente conveniente per i giovani professionisti; si tratta di norme che sono state tutte costruite attraverso il dialogo e il confronto continuo con le associazioni, i sindacati di settore, oltre ai tradizionali ordini professionali e alle casse di previdenza, nello spirito di raccogliere tutte le esigenze di un mondo che, dall'epoca dell'istituzione degli ordini, è mutato e profondamente cambiato, e il legislatore non può non prenderne atto, anche per questo, l'ultima norma approvata in Parlamento che affrontava il tema dell'equo compenso mirava a un orizzonte più largo: ci riferiamo alle norme introdotte in fase di conversione del citato decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, all'articolo 19, articolo ad oggi, rimasto in buona parte inattuato;
il comma 5 dell'articolo 5 del testo in esame demanda agli ordini e collegi professionali il compito di introdurre norme deontologiche per sanzionare il professionista che viola le disposizioni sull'equo compenso e che, nel predisporre il contenuto della convenzione, omette di esplicitare alla controparte che il compenso dovrà comunque rispettare tale disciplina,
impegna il Governo
a monitorare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di valutare, nell'ambito delle sue proprie prerogative, l'opportunità di eliminare la previsione che demanda agli ordini e collegi professionali il compito di introdurre norme deontologiche per sanzionare il professionista che viola le disposizioni sull'equo compenso e che, nel predisporre il contenuto della convenzione, omette di esplicitare alla controparte il compenso, poiché la medesima potrebbe risultare rischiosa per i professionisti, non solo in quanto parte contrattuale debole, ma anche in quanto si incide sul principio di autonomia di tali soggetti nell'ambito della loro deontologia, nonché a prevedere, misure anche normative volte a limitare la responsabilità dei sindaci di cui all'articolo 2407, comma 2, del codice civile al triplo degli importi stabiliti dai parametri di cui all'articolo 1 della presente legge o, se superiore, al triplo del compenso effettivamente percepito.
9/338-B/5. Gribaudo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame interviene a disciplinare un tema, quello dell'equo compenso delle prestazioni professionali, che consideriamo fondamentale che si rifà ad un principio presente nell'articolo 36 della Costituzione, che recita: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»;
la disciplina dell'equo compenso è stata introdotta, nella XVII legislatura, con la finalità di porre rimedio a situazioni di squilibrio nei rapporti contrattuali tra professionisti e clienti «forti», individuati nelle imprese bancarie e assicurative nonché nelle imprese diverse dalle piccole e medie imprese (pmi):
sono stati infatti approvati in rapida successione l'articolo 19-quaterdecies del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, (cosiddetto decreto fiscale), e l'articolo 1, commi 487 e 488, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), che hanno disciplinato l'equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati, poi esteso anche alle altre professioni regolamentate e nell'ambito del lavoro autonomo:
il tema dell'equo compenso per i professionisti rimane, comunque, particolarmente sentito, importante e delicato, poiché riguarda la vita di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici italiani, che rappresentano un settore altamente specializzato e di grandissimo valore per la nostra economia;
in un particolare contesto economico come quello in cui ci muoviamo adesso, esasperato dagli effetti della pandemia di COVID-19, delle guerre, della crisi economica, appare, ad oggi, sempre più attuale e urgente completare al meglio la disciplina che lo regola;
pur condividendo l'impianto normativo in esame, ci appaiono necessarie alcune integrazioni e correzioni rispetto alla disciplina, in particolare con riferimento alla possibilità di ampliare il campo delle tutele in materia di equo compenso, che non faccia distinzioni fra professionisti ordinistici e non ordinistici, salvaguardando il più possibile la qualità del lavoro e la competenza, considerato che tale ampliamento in realtà oltre a garantire tutele più ampie, non scalfisce affatto le prerogative dei professionisti del settore ordinistico ma al contrario le rafforza, alla possibilità di ridurre i requisiti dimensionali che caratterizzano le imprese a favore delle quali sono svolte le prestazioni d'opera intellettuale, nonché a considerare l'esclusione dall'ambito di applicazione della nuova disciplina delle società veicolo di cartolarizzazione e degli agenti della riscossione, così come a rivedere il meccanismo sanzionatorio che demanda agli ordini e collegi professionali il compito di introdurre norme deontologiche per sanzionare il professionista che viola le disposizioni sull'equo compenso e che, nel predisporre il contenuto della convenzione, omette di esplicitare alla controparte che il compenso dovrà comunque rispettare tale disciplina, una previsione che rischia di generare dei rischi per i professionisti,
impegna il Governo
a monitorare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di prevedere, nell'ambito delle sue proprie prerogative, l'eliminazione dall'impianto normativo sull'equo compenso dell'esclusione dall'ambito di applicazione della nuova disciplina delle società veicolo di cartolarizzazione e degli agenti della riscossione, prevedendo che le convenzioni in corso entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge debbono essere coerenti con la disciplina sull'equo compenso.
9/338-B/6. Gianassi.
PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE: GRIBAUDO ED ALTRI: ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE CONDIZIONI DI LAVORO IN ITALIA, SULLO SFRUTTAMENTO E SULLA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO PUBBLICI E PRIVATI (DOC. XXII, N. 6-A)
Doc. XXII, n. 6-A – Articolo 1
ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI
Art. 1.
(Istituzione)
1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XIX legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, di seguito denominata «Commissione».
Doc. XXII, n. 6-A – Articolo 2
ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI
Art. 2.
(Composizione e costituzione
della Commissione)
1. La Commissione è composta da venti deputati, scelti dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare e garantendo, per quanto possibile, l'equilibrio tra i sessi. I componenti sono nominati anche tenendo conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione.
2. Con gli stessi criteri e con la stessa procedura di cui al comma 1 si provvede alle eventuali sostituzioni in caso di dimissioni o di cessazione dalla carica ovvero qualora sopraggiungano altre cause di impedimento dei componenti della Commissione.
3. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
4. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari.
5. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Commissione. Se nessuno riporta tale maggioranza, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. È eletto il candidato che riporta il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
6. La Commissione elegge al proprio interno due vicepresidenti e due segretari. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 5, quarto periodo.
7. La Commissione è rinnovata dopo il primo biennio dalla sua costituzione; i componenti possono essere confermati.
8. La Commissione riferisce alla Camera dei deputati annualmente, con singole relazioni o con relazioni generali, nonché ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e, comunque, al termine dei propri lavori.
Doc. XXII, n. 6-A – Articolo 3
ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI
Art. 3.
(Compiti della Commissione)
1. La Commissione ha i seguenti compiti:
a) approfondire la conoscenza della dimensione del fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo al numero di incidenti mortali, di malattie e di invalidità, verificando e quantificando l'esistenza di eventuali differenze tra le vittime con specifico riguardo:
1) al genere di appartenenza;
2) al territorio di ubicazione del luogo di lavoro;
3) all'età;
4) al settore lavorativo;
5) al tipo contrattuale;
6) al tipo di impresa o di società presso la quale è svolta l'attività lavorativa;
b) individuare le principali cause degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo all'incidenza delle pratiche dell'interposizione illecita, della somministrazione irregolare di manodopera, dello sfruttamento e del lavoro sommerso e irregolare, nonché del controllo di imprese da parte di organizzazioni criminali;
c) accertare il livello di applicazione delle norme antinfortunistiche e l'efficacia della legislazione vigente per la prevenzione degli infortuni in ciascun settore produttivo, anche tenendo conto dell'eventuale incidenza del lavoro flessibile o precario sugli infortuni medesimi;
d) verificare l'idoneità dell'attività, la frequenza e l'efficacia dei controlli svolti dagli organi ispettivi a livello centrale e periferico;
e) quantificare l'incidenza complessiva del costo degli infortuni sul lavoro sulla finanza pubblica e sul Servizio sanitario nazionale;
f) valutare gli eventuali casi di presenza di minori nei luoghi di lavoro, con particolare riguardo ai minori provenienti dall'estero, nonché le misure adottate per la loro protezione nei casi di esposizione a rischi di infortunio;
g) individuare eventuali misure, di carattere legislativo e amministrativo, atte ad accrescere l'efficacia della prevenzione e ad attenuare gli effetti degli infortuni;
h) valutare la congruità delle provvidenze e degli interventi di assistenza previsti dalla normativa vigente in favore dei lavoratori e dei loro familiari in caso di incidente mortale, malattia, invalidità e infortunio sul lavoro;
i) analizzare i casi di sfruttamento o di minor tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito dell'intermediazione di manodopera.
Doc. XXII, n. 6-A – Articolo 4
ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI
Art. 4.
(Poteri e limiti della Commissione)
1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
2. Per le testimonianze davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 372 del codice penale.
3. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto d'ufficio né il segreto professionale o quello bancario. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
Doc. XXII, n. 6-A – Articolo 5
ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI
Art. 5.
(Acquisizione di atti e documenti)
1. La Commissione può ottenere, anche in deroga a quanto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, inerenti all'oggetto dell'inchiesta. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria, la trasmissione di copie degli atti e documenti richiesti. Il decreto ha efficacia per trenta giorni e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.
2. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 sono coperti dal segreto. Devono comunque essere coperti dal segreto i nomi, gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.
3. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, la Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.
Doc. XXII, n. 6-A – Articolo 6
ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI
Art. 6.
(Obbligo del segreto)
1. I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con essa o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto, anche dopo la cessazione dell'incarico, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti acquisiti al procedimento di inchiesta, di cui all'articolo 5, commi 2 e 3.
Doc. XXII, n. 6-A – Articolo 7
ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI
Art. 7.
(Organizzazione interna)
1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno, approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.
2. Le sedute della Commissione sono pubbliche, salvo che la Commissione disponga diversamente.
3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritiene necessarie.
4. Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
5. Le spese per il funzionamento della Commissione, nel limite massimo di 35.000 euro per l'anno 2023 e di 75.000 euro per ciascuno degli anni successivi, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.