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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 26 aprile 2023

TESTO AGGIORNATO AL 28 APRILE 2021

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli,
nella seduta del 26 aprile 2023.

  Albano, Antoniozzi, Ascani, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bonetti, Braga, Cappellacci, Carloni, Cecchetti, Cirielli, Coin, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Evi, Fassino, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gardini, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Grippo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lomuti, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Nordio, Orlando, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Pietrella, Pizzimenti, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rotelli, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zanella, Zaratti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Antoniozzi, Ascani, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bonetti, Braga, Cappellacci, Carloni, Cecchetti, Cirielli, Coin, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Evi, Fassino, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gardini, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Grippo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lomuti, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Nordio, Orlando, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Pietrella, Pizzimenti, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rotelli, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zanella, Zaratti, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 20 aprile 2023 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   BRUZZONE: «Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di reati contro gli animali, di tutela degli animali di affezione e di compagnia e di assistenza veterinaria gratuita» (1109);

   CAROTENUTO: «Modifiche alla legge 31 luglio 1997, n. 249, e al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, e altre disposizioni in materia di composizione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di organizzazione della società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo e di vigilanza sullo svolgimento del medesimo servizio» (1110);

   BERRUTO: «Delega al Governo per l'adozione di norme volte a conciliare lo studio universitario con la pratica sportiva agonistica» (1111).

  In data 21 aprile 2023 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:

   SERRACCHIANI e SCARPA: «Disposizioni in materia di tutela della salute mentale volte all'attuazione e allo sviluppo dei princìpi di cui alla legge 13 maggio 1978, n. 180» (1113).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di disegni di legge.

  In data 22 aprile 2023 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:

   dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro per la pubblica amministrazione:

    «Conversione in legge del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, recante disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche» (1114).

  Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge GIGLIO VIGNA ed altri: «Modifica all'articolo 11 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, in materia di ambito di applicazione delle norme attenuative di vincoli derivanti dalla fruizione dei benefìci per la proprietà coltivatrice» (135) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Molinari.

  La proposta di legge VARCHI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause della mancata individuazione dei responsabili della strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992, nella quale furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta» (663) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Ambrosi.

  La proposta di legge BAGNAI ed altri: «Modifiche all'articolo 518-duodecies del codice penale, concernente il delitto di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento o uso illecito di beni culturali o paesaggistici, e all'articolo 381 del codice di procedura penale, in materia di arresto facoltativo in flagranza» (789) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Molinari.

  La proposta di legge QUARTINI ed altri: «Modifiche alla legge 29 luglio 1975, n. 405, in materia di organizzazione e funzioni dei consultori familiari» (839) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Caramiello.

  La proposta di legge FENU ed altri: «Istituzione del registro pubblico dei dati personali» (864) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Caramiello.

  La proposta di legge VARCHI ed altri: «Modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano» (887) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Malagola.

  La proposta di legge MASCHIO ed altri: «Introduzione dell'articolo 612-bis.1 del codice penale, concernente i reati di bullismo e cyberbullismo, modifica dell'articolo 731 del medesimo codice, in materia di inosservanza dell'obbligo di istruzione dei minori, e delega al Governo per l'adozione di disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo» (910) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata La Porta.

  La proposta di legge CERRETO ed altri: «Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di illeciti agro-alimentari» (1004) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Palombi.

  La proposta di legge D'ORSO ed altri: «Modifiche all'articolo 633 del codice penale, in materia di occupazione abusiva di edifici altrui adibiti ad abitazione, e introduzione dell'articolo 703-bis del codice di procedura civile, concernente la tutela del possesso di immobili adibiti ad abitazione» (1022) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Caramiello.

Modifica del titolo di proposte di legge.

  La proposta di legge n. 901, d'iniziativa dei deputati Andreuzza ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Istituzione di un fondo destinato alla concessione di contributi ai comuni per il finanziamento delle attività di rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati abusivamente e di bonifica dei siti inquinati».

Trasmissione dal Senato.

  In data 21 aprile 2023 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:

   S. 591. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20, recante disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare» (approvato dal Senato) (1112).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):

  CANDIANI ed altri: «Delega al Governo per la revisione del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e altre disposizioni per favorire la funzionalità degli enti locali» (341) Parere delle Commissioni II, V, VI, XI, XII e XIV;

  FOTI ed altri: «Istituzione della festa nazionale del 17 marzo per la celebrazione della proclamazione dell'unità d'Italia» (1006) Parere delle Commissioni V, VII e XI.

   II Commissione (Giustizia):

  BAGNAI ed altri: «Modifiche all'articolo 518-duodecies del codice penale, concernente il delitto di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento o uso illecito di beni culturali o paesaggistici, e all'articolo 381 del codice di procedura penale, in materia di arresto facoltativo in flagranza» (789) Parere delle Commissioni I, V, VII e VIII;

  CERRETO ed altri: «Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di illeciti agro-alimentari» (1004) Parere delle Commissioni I, V, X, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV.

   VI Commissione (Finanze):

  DE BERTOLDI ed altri: «Modifiche alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, e altre disposizioni concernenti la disciplina dei piani di risparmio a lungo termine» (1005) Parere delle Commissioni I, II, V, X, XI e XIV;

  FOTI: «Modifica all'articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, concernente il prolungamento delle agevolazioni fiscali per i lavoratori con almeno tre figli minorenni o a carico che trasferiscono la residenza in Italia» (1048) Parere delle Commissioni I, III, V, VII, X, XI, XII e XIV.

   VII Commissione (Cultura):

  NISINI e CAPARVI: «Modifiche all'articolo 1, commi 804 e 806, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e altre disposizioni per la celebrazione del quinto centenario della morte di Pietro Vannucci, detto il Perugino, e di Luca Signorelli» (586) Parere delle Commissioni I, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX e X;

  BARZOTTI ed altri: «Istituzione e disciplina della rete di interconnessione unica nazionale dell'istruzione» (764) Parere delle Commissioni I, V, VIII e IX;

  PATRIARCA ed altri: «Disposizioni concernenti l'esercizio delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dell'Ordine degli educatori professionali socio-pedagogici e dei pedagogisti» (952) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, XI, XII e XIV.

  VIII Commissione (Ambiente):

   COMAROLI ed altri: «Disposizioni per la semplificazione e l'accelerazione delle procedure di intervento e di ricostruzione in caso di calamità naturali» (365) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, X e XIV;

   ANDREUZZA ed altri: «Istituzione di un fondo destinato alla concessione di contributi ai comuni per il finanziamento delle attività di rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati abusivamente e di bonifica dei siti inquinati» (901) Parere delle Commissioni I, II e V.

   X Commissione (Attività produttive):

  CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE: «Disposizioni per il divertimento in sicurezza relativo ai locali di intrattenimento, alle sale da ballo, alle discoteche e agli altri locali assimilati» (937) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), VII e XIV.

   XI Commissione (Lavoro):

  VACCARI ed altri: «Modifica all'articolo 86 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di regime previdenziale degli amministratori locali» (918) Parere delle Commissioni I e V.

   XII Commissione (Affari sociali):

  PANIZZUT ed altri: «Disposizioni in favore delle persone affette da fibromialgia e riconoscimento di essa come malattia invalidante» (112) Parere delle Commissioni I, V e XI;

  BOSCHI ed altri: «Riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti nonché disposizioni per la loro diagnosi e cura e per la tutela delle persone che ne sono affette» (614) Parere delle Commissioni I, II, V, VII e XI;

  SERGIO COSTA ed altri: «Riconoscimento della fibromialgia o sindrome fibromialgica quale malattia invalidante e disposizioni per la sua diagnosi e cura e per l'assistenza delle persone che ne sono affette» (984) Parere delle Commissioni I, II, V e XI.

   XIII Commissione (Agricoltura):

  CARETTA: «Disposizioni per la promozione e la valorizzazione dei prodotti e delle attività dei produttori di birra artigianale» (788) Parere delle Commissioni I, V, VII, X e XIV.

Assegnazione di proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   X Commissione (Attività produttive):

  BARZOTTI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti» (Doc XXII, n. 17) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettera in data 18 aprile 2023, ha comunicato che la 4a Commissione (Politiche dell'Unione europea) del Senato ha approvato, ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento del Senato, una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche europee sulla popolazione e sulle abitazioni, recante modifica del regolamento (CE) n. 862/2007 e abrogazione dei regolamenti (CE) n. 763/2008 e (UE) n. 1260/2013 (COM(2023) 31 final) (atto Senato Doc. XVIII-bis, n. 5).

  Questa risoluzione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dalla Presidenza
del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 17 aprile 2023, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 8-ter, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, che è stata autorizzata, in relazione a un intervento da realizzare tramite un contributo assegnato per l'anno 2020 in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, una rimodulazione del budget del «Progetto di attenuazione della fame e di sostegno alla sicurezza alimentare nei comuni di Dodel e Gamadji Sarè del dipartimento di Podor (Senegal)» dell'associazione CISV – Comunità impegno servizio volontariato ONLUS.

  Questa comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 19 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Italia trasporto aereo (ITA) Spa, per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 74).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 19 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 28 agosto 1997, n. 284, la relazione sullo stato di attuazione delle politiche concernenti la prevenzione della cecità, l'educazione e la riabilitazione visiva, riferita all'anno 2020 (Doc. CXXXIII, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 20, 21, 24 e 25 aprile 2023, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   proposta di decisione di esecuzione del Consiglio recante raccomandazione relativa alla correzione delle gravi carenze riscontrate nella valutazione 2017 del Regno Unito sull'applicazione dell'acquis di Schengen nel settore del sistema d'informazione Schengen (COM(2020) 46 final), che è assegnato in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);

   relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio su determinati aspetti dello stoccaggio del gas conformemente al regolamento (UE) 2017/1938 del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2023) 182 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);

   proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul trasferimento dei procedimenti penali (COM(2023) 185 final), corredata dal relativo allegato (COM(2023) 185 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia). Questa proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 25 aprile 2023;

   relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio a norma dell'articolo 75, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1308/2013 sulle nuove norme di commercializzazione per il sidro e il sidro di pere e per i legumi da granella secchi e le fave di soia (COM(2023) 200 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);

   proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/110/CE del Consiglio concernente il miele, la direttiva 2001/112/CE del Consiglio concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana, la direttiva 2001/113/CE del Consiglio relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all'alimentazione umana e la direttiva 2001/114/CE del Consiglio relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana (COM(2023) 201 final), corredata dai relativi allegati (COM(2023) 201 final – Annexes 1 to 2) e dal relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della relazione sulla valutazione d'impatto – Revisione delle norme di commercializzazione dell'Unione europea per i prodotti agricoli, per garantire il consumo e l'offerta di prodotti sostenibili (SWD(2023) 98 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura). Questa proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 24 aprile 2023;

   proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per i lavoratori espulsi (EGF/2023/000 TA 2023 – Assistenza tecnica su iniziativa della Commissione) (COM(2023) 202 final), che è assegnata in sede primaria alla XI Commissione (Lavoro);

   proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che autorizza l'Ungheria ad applicare una misura speciale di deroga all'articolo 287 della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto e che abroga la decisione di esecuzione (UE) 2018/1490 del Consiglio (COM(2023) 203 final), che è assegnato in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);

   relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione in applicazione della direttiva a (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (COM(2023) 204 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);

   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di comitato per gli scambi di aeromobili civili in merito all'adesione del Brasile all'accordo relativo agli scambi di aeromobili civili (COM(2023) 211 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV) (COM(2023) 213 final), corredata dal relativo allegato (COM(2023) 213 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione dal regolamento (UE) 2019/516 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'armonizzazione del reddito nazionale lordo ai prezzi di mercato (COM(2023) 214 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);

   progetto di bilancio rettificativo n. 2 del bilancio generale 2023 – Iscrizione nel bilancio dell'eccedenza dell'esercizio 2022 (COM(2023) 250 final), che è assegnato in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);

   proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell'Unione, e all'applicazione a titolo provvisorio dell'accordo tra l'Unione europea e il Montenegro relativo alle attività operative svolte dall'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera in Montenegro (COM(2023) 260 final), corredata dal relativo allegato (COM(2023) 260 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   comunicazione della Commissione sull'iniziativa dei cittadini europei «Salviamo api e agricoltori! Verso un'agricoltura favorevole alle api per un ambiente sano» (C(2023) 2320 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura).

  La Commissione europea, in data 25 aprile 2023, ha trasmesso un nuovo testo degli allegati della relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Fondi strutturali e d'investimento europei – Relazione di sintesi 2022 sulle relazioni annuali di attuazione dei programmi riguardanti l'attuazione nel periodo 2014-2020 (COM(2023) 39 final – Annexes 1 to 4/2), che sostituisce il documento COM(2023) 39 final – Annexes 1 to 4, già assegnato, in data 31 gennaio 2023, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  La Corte dei conti europea, in data 20 e 24 aprile 2023, ha comunicato la pubblicazione delle seguenti relazioni, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   relazione speciale n. 9/2023 – Sicurezza delle catene di approvvigionamento agricolo durante la pandemia di COVID-19, che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);

   relazione speciale n. 11/2023 – Sostegno dell'Unione europea alla digitalizzazione delle scuole, che è assegnata in sede primaria alla VII Commissione (Cultura).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 20 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettera in data 12 e 17 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Amendolara (Cosenza), Boscoreale (Napoli), Caronno Varesino (Varese), Portogruaro (Venezia) e Spinea (Venezia).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dalla Regione
Emilia-Romagna.

  La Regione Emilia-Romagna, con lettera in data 19 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19-bis, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, la relazione sullo stato di attuazione delle deroghe in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE, riferita alla stagione venatoria 2022-2023.

  Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 19 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, al dottor Ottavio Ricchi, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore della Direzione I – Analisi e ricerca economico-finanziaria, nell'ambito del Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Richiesta di parere parlamentare su
proposta di nomina.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 21 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina dell'Ammiraglio ispettore Pietro Covino a presidente della Cassa di previdenza delle Forze armate (9).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa).

Richiesta di parere parlamentare su
atti del Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 21 aprile 2023, ha trasmesso, dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 4, comma 18, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente regolamento recante approvazione delle modifiche allo statuto dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (43).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XI Commissione (Lavoro), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 26 maggio 2023. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro l'11 maggio 2023.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 20 aprile 2023, a pagina 7, seconda colonna, alla ottava riga nonché alla trentacinquesima riga, le parole: «28 aprile» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «5 maggio».

MOZIONE CAPPELLETTI ED ALTRI N. 1-00100 CONCERNENTE INIZIATIVE IN RELAZIONE AL PIANO REPOWEREU E AI RELATIVI INVESTIMENTI IN CAMPO ENERGETICO NELL'AMBITO DEL PNRR

Mozione

   La Camera,

   premesso che:

    in seguito all'adozione del regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio che ha istituito e disciplinato i Piani per la ripresa e la resilienza (PNRR) si sono manifestati eventi geopolitici senza precedenti determinati dalla guerra di aggressione da parte della Russia nei confronti dell'Ucraina, dalla persistenza di prezzi dell'energia elevati e volatili e dall'aggravarsi delle conseguenze della crisi Covid-19 con ripercussioni considerevoli sulla società e sull'economia dell'Unione, sulla sua popolazione e sulla sua coesione economica, sociale e territoriale;

    per affrontare queste sfide emergenti, la Commissione ha proposto al Parlamento europeo e al Consiglio la Comunicazione – COM(2022) 231) che riguarda l'inserimento di un nuovo capitolo nei PNRR dedicato al piano REPowerEU – COM(2022) 230), volto ad eliminare gradualmente la dipendenza dell'Unione dalle importazioni di combustibili fossili in particolare da quelli russi. Tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto ben prima del 2030, secondo modalità che garantiscano la coerenza con il Green Deal europeo e con gli obiettivi climatici per il 2030 e il 2050 sanciti dal regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio;

    nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, il 28 febbraio 2023, è stato pubblicato il nuovo regolamento (UE) 2023/435 per l'inserimento di capitoli dedicati al piano REPowerEU nei piani per la ripresa e la resilienza;

    al fine di raggiungere l'obiettivo individuato di eliminare la dipendenza dell'Unione europea dalle importazioni dei combustibili fossili, le istituzioni europee hanno concordato sulla necessità sostenere misure volte a incrementare l'efficienza e il risparmio energetico degli edifici e delle relative infrastrutture energetiche critiche e a decarbonizzare più rapidamente le industrie. Si ritiene indispensabile aumentare rapidamente gli investimenti nelle misure di efficienza energetica, come l'adozione di soluzioni di riscaldamento e raffreddamento sostenibili ed efficienti, che offrono un mezzo efficace per affrontare alcune delle sfide più urgenti in materia di approvvigionamento energetico e di costi dell'energia. Si considera opportuno sostenere anche le riforme e gli investimenti tesi a incrementare l'efficienza energetica, a decarbonizzare l'industria, anche mediante l'uso di combustibili a basse emissioni di carbonio, come l'idrogeno a basse emissioni di carbonio, la diffusione dell'idrogeno rinnovabile e di altri combustibili rinnovabili di origine non biologica, e ad aumentare il risparmio energetico delle economie degli Stati membri;

    nello specifico del piano REPowerEU, la Commissione europea ha proposto per il 2030 di innalzare gli obiettivi già indicati nel pacchetto Fit for 55%. Si dovrà incrementare dal 40 per cento al 45 per cento la quota di produzione di energia rinnovabile ed aumentare dal 9 per cento al 13 per cento l'obiettivo in materia di efficienza per ridurre di circa il 40 per cento i consumi energetici rispetto al 2007. Nel breve periodo invece, il piano dovrà comportare la rapida riduzione di circa 80 miliardi di metri cubi delle importazioni di gas, un risultato che supera di gran lunga gli obiettivi del pacchetto Fit for 55%, che richiede un notevole impegno nella decarbonizzazione per il nostro Paese, da sempre fortemente legato al consumo del gas naturale rispetto agli altri Stati europei;

    il raggiungimento degli obiettivi rafforzerà la sicurezza dell'Europa e del nostro Paese e li renderà più autonomi energeticamente dai fornitori stranieri;

    nel capitolo dedicato al piano REPowerEU gli Stati membri devono indicare le nuove riforme e nuovi investimenti, a partire dal 1° febbraio 2022 e da realizzare entro il 2026, che devono contribuire ad aumentare la quota di energie sostenibili e rinnovabili nel mix energetico e ad affrontare le strozzature delle infrastrutture energetiche. Per quanto riguarda le infrastrutture relative al gas naturale, le riforme e gli investimenti descritti nei capitoli dedicati al piano REPowerEU, volti a diversificare l'approvvigionamento abbandonando le importazioni dalla Russia, dovrebbero basarsi sulle esigenze attualmente individuate dalla valutazione condotta e concordata dalla Rete europea dei gestori dei sistemi di trasporto del gas, definite in uno spirito di solidarietà per quanto riguarda la sicurezza dell'approvvigionamento, e dovrebbero tenere conto delle esigenze strategiche in materia di sicurezza energetica dello Stato membro interessato e delle misure rafforzate di preparazione, compreso lo stoccaggio dell'energia, adottate per far fronte alle nuove minacce geopolitiche, senza compromettere il contributo a lungo termine alla transizione verde;

    possono essere incluse misure volte a contribuire ad affrontare a livello strutturale le situazioni di povertà energetica, attraverso riforme e investimenti di lunga durata. Le riforme e gli investimenti volti ad affrontare la povertà energetica dovrebbero fornire un sostegno finanziario più elevato ai meccanismi di efficienza energetica, anche attraverso strumenti finanziari dedicati, politiche in materia di energia pulita e regimi volti a ridurre la domanda di energia per le famiglie e le imprese — comprese le microimprese e le piccole e medie imprese — che si trovano in gravi difficoltà a causa di bollette energetiche elevate;

    dovrebbero inoltre essere coerenti con i piani nazionali per l'energia e il clima degli Stati membri e con gli obiettivi climatici dell'Unione di cui al regolamento (UE) 2021/1119. Il dispositivo, tenendo conto del Green Deal europeo, contribuirà all'integrazione delle azioni per il clima e della sostenibilità ambientale e al conseguimento dell'obiettivo globale di dedicare il 30 per cento della spesa di bilancio dell'Unione al sostegno degli obiettivi climatici. A tal fine, le misure sostenute e incluse nei PNRR degli Stati membri dovrebbero contribuire alla transizione verde, compresa la biodiversità, o ad affrontare le sfide che ne derivano, e dovrebbero rappresentare un importo corrispondente ad almeno il 37 per cento della dotazione totale del PNRR e ad almeno il 37 per cento dei costi totali stimati delle misure incluse nel capitolo dedicato al piano REPowerEU sulla base della metodologia di controllo del clima di cui all'allegato VI del regolamento (UE) 2021/241;

    gli Stati membri dovrebbero tenere una integrazione della consultazione tenuta per il PNRR per affrontare le riforme e gli investimenti da includere capitolo dedicato al piano REPowerEU in modo da lasciare alle parti interessate il tempo sufficiente per reagire, garantendo nel contempo una rapida finalizzazione del capitolo dedicato al piano REPowerEU da parte dello Stato membro interessato. La sintesi aggiornata dovrebbe indicare i portatori di interessi consultati, spiegare i risultati della consultazione complementare e illustrare in che modo i contributi ricevuti dai portatori di interessi hanno trovato riscontro nei capitoli dedicati al piano REPowerEU;

    in tale contesto, l'Italia potrebbe chiedere ulteriori risorse sul PNRR per nuovi investimenti. Circa 4 miliardi di euro potrebbero essere utilizzati dai finanziamenti a fondo perduto derivanti dalla nuova tranche di 20 miliardi di euro che la Commissione intende mettere a disposizione vendendo quote dell'Emissions Trading System. Potranno inoltre essere trasferite al PNRR fino al 7,5 per cento della dotazione nazionale di Fondi strutturali per il periodo 2021-2027, pari a 3,157 miliardi di euro, e fino al 12,5 per cento della dotazione nazionale del Fondo agricolo europeo per lo sviluppo rurale, pari a 843 milioni di euro per finanziare misure REPowerEU che conseguano rispettivamente gli obiettivi delle due politiche dell'Unione, ossia la coesione (es. riqualificazione della forza lavoro) e la Pac (es. produzione di biometano da residui agricoli). Pertanto per il REPowerEU l'Italia dovrebbe aver a disposizione dall'Europa almeno 8 miliardi di euro (di cui 4 a fondo perduto e 4 come trasferimenti da altri programmi UE) ai quali aggiungere i fondi non spesi della Brexit Adjustment Reserve (in totale 146,8 milioni di euro) ai quali poter aggiungere altre risorse attraverso l'accesso anche a forme di prestito;

    gli Stati membri sono incoraggiati a presentare i capitoli dedicati al piano REPowerEU quanto prima e preferibilmente entro due mesi dall'entrata in vigore del regolamento modificativo;

    nei primi di febbraio 2023 il Governo ha convocato a Palazzo Chigi gli amministratori delegati delle società partecipate Eni, Enel, Snam e Terna per fare il punto sui progetti da inserire nel nuovo capitolo del PNRR con i fondi del REPowerEU. Al momento non sono state tenute altre iniziative pubbliche per coinvolgere gli altri protagonisti nell'ambito della transizione energetica, in particolare nel settore della decarbonizzazione, dell'efficienza e della generazione da fonti rinnovabili;

    secondo l'articolo pubblicato da Repubblica, il 7 febbraio 2023, dal titolo «Rinnovabili e hub del gas nel nuovo PNRR. L'idea di Meloni per cambiare i progetti», il Premier Meloni avrebbe chiesto alle partecipate «pochi progetti, necessari e fattibili»: Eni pensa ai biocarburanti e alla cattura della CO2, Terna vorrebbe finanziare il Tyrrhenian Link e la connessione con il Montenegro, Snam dovrà invece rafforzare la dorsale Adriatica, mentre a Enel tocca la realizzazione del rigassificatore di Porto Empedocle, a cui dovrebbe aggiungersi quello Gioia Tauro di Iren e Sorgenia. Tali progetti, ai quali si vorrebbero destinare le nuove risorse del PNRR, oltre a rafforzare la conservazione di un modello energetico fondato sulla centralizzazione e l'impiego delle fonti fossili in particolare del gas, sono in contraddizione alla comunicazione sul REPowerEU e agli obiettivi clima energia che l'Europa si è data. Inoltre sarebbero costi ed impegni commerciali e di approvvigionamento di lungo periodo, che devono essere garantiti dallo Stato in diverse forme con un costo che verrà socializzato con tutti gli utenti;

    l'applicazione del principio «non arrecare un danno significativo» ai sensi dell'articolo 17 del regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio è essenziale per garantire che le riforme e gli investimenti intrapresi nel quadro della ripresa dalla crisi siano attuati in modo sostenibile;

    l'incremento dei prezzi dell'energia, le politiche intraprese per la riduzione degli approvvigionamenti dagli altri Stati per ridurre la dipendenza energetica e quelle per il raggiungimento degli obiettivi del Green new deal europeo al fine di contrastare i cambiamenti climatici stanno determinando una contrazione dei consumi di gas;

    nel recente rapporto Europe's Energy Future curato da Wärtsilä viene stimato che la produzione di energia elettrica derivante da fonti fossili potrebbe crollare del 20 per cento nel 2023. L'Europa di fatto nel medio periodo non avrebbe più bisogno di gas, perché potrebbe dimezzare già nel 2030 il consumo di gas nel settore energetico, ridurre i costi energetici di 300 miliardi di euro ed accrescere l'indipendenza energetica solo raddoppiando la propria capacità rinnovabile;

    sulla base dei dati preliminari di consuntivo forniti da Snam, la domanda di gas nell'ultimo trimestre 2022 è risultata pari a 16,9 miliardi di metri cubi contro i 22,5 miliardi dell'ultimo trimestre del 2021. La contrazione rilevante pari a 5,6 miliardi di metri cubi è imputata per più della metà (-3,1 miliardi di metri cubi) al calo della domanda delle reti di distribuzione, che alimentano in prevalenza le utenze civili. L'effetto del meteo più mite che ha caratterizzato l'ultimo scorcio del 2022 ha contribuito alla riduzione della domanda solo per 1,8 miliardi di metri cubi;

    gli scenari al 2030 del Piano europeo Fit for 55% elaborati da Ricerca sul sistema energetico (Rse), esposti nella presentazione su «L'impatto del pacchetto FF55: prime valutazioni», del 6 aprile 2022, prevedono una riduzione del 37 per cento dei consumi con una diminuzione degli approvvigionamenti di circa 25 miliardi di metri cubi di gas naturale. Tali consumi saranno ulteriormente ridotti dall'esecuzione delle riforme e dagli investimenti che verranno attivati con il nuovo capitolo del piano REPowerEU che verrà inserito nel PNRR;

    l'International Renewable Energy Agency (Irena) nel report Renewable Power Generation Costs mostra che nel 2021 il costo delle rinnovabili è diminuito, nonostante l'incremento dei prezzi delle materie prime. Nel 2022, per la prima volta in Europa, la generazione da fonti rinnovabili, eolico e solare (22 per cento), ha superato la generazione da gas (20 per cento) riducendo l'importazione di 70 miliardi di metri cubi di gas e risparmiando 100 miliardi di euro, come riporta lo studio «More renewables, Less inflation» di E3G ed Ember;

    nonostante le fonti energetiche rinnovabili abbiano un costo di generazione dell'energia inferiore rispetto a quello di altre tecnologie che impiegano fonti fossili, la crescita dell'utilizzo delle tecnologie pulite continua ad essere fortemente ostacolata dell'inefficienza degli iter autorizzativi, che nel nostro Paese durano in media 1 o 1,5 anni per il fotovoltaico e circa 5 anni per l'eolico. Iniziative di semplificazione delle procedure autorizzative all'interno del nuovo capitolo sul REPowerEU contribuiranno positivamente all'incremento della quota di energia rinnovabile in sostituzione dei combustibili fossili;

    nel mese di febbraio Elettricità Futura ha elaborato il piano 2030 del settore elettrico, un percorso per il raggiungimento dell'indipendenza e della sicurezza nazionale, oltre che di decarbonizzazione, in linea con gli obiettivi europei. Il piano prevede di allacciare alla rete 85 gigawatt di nuove rinnovabili al 2030, portando all'84 per cento le rinnovabili nel mix elettrico, e l'elettrificazione pari a circa 360 terawattora. Raggiungendo questo traguardo, nei prossimi 8 anni l'Italia potrà ridurre di 160 miliardi di metri cubi le importazioni di gas con un risparmio di 110 miliardi di euro,

impegna il Governo:

1) a garantire che i nuovi progetti da includere nel PNRR tra i nuovi investimenti per il REPowerEU siano coerenti con gli obiettivi europei per la decarbonizzazione e volti ad eliminare realmente la dipendenza dell'Unione europea dalle importazioni di combustibili fossili;

2) ad impiegare le risorse del PNRR per progetti del REPowerEU per sostenere interventi rivolti alla riduzione dei consumi di energia attraverso la riqualificazione energetica degli edifici, l'autoconsumo singolo e collettivo di energia rinnovabile tramite configurazioni di comunità energetiche rinnovabili attraverso un fondo per garanzie e prestiti agevolati, meccanismi di detrazioni fiscali, cessioni e sconto tipo «ecobonus» e «superbonus», favorendo i cittadini nelle condizioni di povertà energetica;

3) ad impiegare le risorse del PNRR per progetti del REPowerEU al fine di sostenere le attività produttive, in particolare le imprese nella creazione di comunità energetiche rinnovabili, tramite un fondo per garanzie e prestiti agevolati al fine di aiutare l'accesso alla liquidità per gli investimenti;

4) a non impiegare risorse del PNRR per progetti del REPowerEU rivolti alla realizzazione di nuove infrastrutture o progetti che favoriscono l'utilizzo di fonti di energia fossile;

5) ad inserire nel capitolo del REPowerEU le riforme di semplificazione delle procedure autorizzative per impiegare le risorse del PNRR per progetti che spingano l'incremento della generazione elettrica da fonti rinnovabili, dell'impiego degli accumuli, il miglioramento dell'infrastrutturazione e il superamento delle strozzature esistenti in termini di trasmissione, distribuzione e stoccaggio dell'energia elettrica, oltre a delle riforme per facilitare l'affidamento di aree pubbliche per la realizzazione di impianti rinnovabili per le Cer;

6) ad impiegare le risorse del PNRR per progetti del REPowerEU nel settore della decarbonizzazione nei processi produttivi industriali, per la realizzazione di investimenti per l'efficientamento energetico e per il riutilizzo per impieghi produttivi di materie prime e di materie riciclate, attraverso la concessione di agevolazioni dirette alle imprese, con particolare attenzione a quelle che investono nel settore dell'automotive per la transizione elettrica;

7) ad adeguare il Piano nazionale integrato energia e clima alle indicazioni europee precisando metodi e strumenti per accelerare la transizione verde verso la neutralità climatica e rafforzare la resilienza del sistema energetico in linea con i piani Fit for 55% e REPowerEU;

8) a tenere, prima dell'invio dei progetti, un'ampia consultazione per affrontare con le parti interessate quali siano le riforme e gli investimenti da includere nel piano REPowerEU.
(1-00100) «Cappelletti, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Auriemma, Fenu, Pavanelli, Ilaria Fontana, Dell'Olio, Conte».


MOZIONI ORRICO ED ALTRI N. 1- 00079, MANZI ED ALTRI N. 1-00063, PICCOLOTTI ED ALTRI N. 1-00106, BOSCHI ED ALTRI N. 1-00112 E AMORESE, SASSO, DALLA CHIESA, CAVO ED ALTRI N. 1-00113 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO, NEL QUADRO DI INTERVENTI PER LA VALORIZZAZIONE E IL POTENZIAMENTO DEL SISTEMA DI ISTRUZIONE

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 557, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), ha introdotto – a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025 – una nuova disciplina relativa al dimensionamento della rete scolastica e alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga);

    nello specifico del dettato normativo la nuova disciplina – introducendo i commi da 5-quater a 5-sexies all'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 – a regime, come si diceva, dall'anno scolastico 2024/2025, prevede che i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, insieme con la relativa distribuzione tra le regioni, vengano definiti, su base triennale, con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, da adottare, a seguito di una modifica apportata dalla Camera dei deputati, entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento;

    la nuova disciplina specifica, inoltre, che s'intende in tal modo dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla Missione 4 Componente 1 del PNRR, individuato come «parametro efficace» per individuare i plessi accorpati ad altri istituti;

    infatti, stando a quanto previsto dalla nuova normativa, le regioni, sulla base dei parametri individuati sulla base della media regionale della popolazione scolastica, provvedono al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Ciò impone, dunque, alle regioni, di accorpare tutte le istituzioni scolastiche che eccedono il numero fissato a livello nazionale con il decreto previsto dal comma 5-quater dell'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come introdotto dalla legge di bilancio per il 2023;

    il nuovo comma 5-quinquies disciplina la procedura per la determinazione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni nel caso di mancata adozione del relativo decreto entro la data del 31 maggio. In tal caso, il decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze deve essere adottato entro il 30 giugno, in maniera unilaterale, senza alcun ulteriore coinvolgimento delle regioni, titolari costituzionalmente della competenza all'articolazione della rete scolastica, sulla base di un coefficiente, indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità derivanti dalle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche nonché da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche, calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 (dell'articolo 19 del decreto-legge n. 98 del 2011 sopra citato) e, comunque, entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo;

    un dimensionamento così perseguito – attraverso la diminuzione di figure centrali quali quella del dirigente scolastico e del direttore dei servizi generali e amministrativi e per il tramite di numerosi «accorpamenti», basato su finalità restrittive e su un'economia di risparmio – rischia di essere fortemente divisivo e comporta inevitabilmente una sensibile riduzione delle istituzioni scolastiche, con gravi conseguenze sulla vita di studenti e studentesse. Come fu per la riforma Gelmini illo tempore, e al netto della «coperta corta» che ha configurato l'ultima legge di bilancio, si tratta comunque dell'ennesima razionalizzazione miope e di corto respiro;

    proprio perché la finalità della norma è allineare il numero di scuole autonome al numero di posti di dirigente scolastico e Dsga, procedendo mediante accorpamenti, dalla relazione tecnica di accompagnamento alla normativa introdotta dalla legge di bilancio 2023 emergere dal 2024/2025 al 2031/2032 il numero di istituzioni scolastiche con la presenza di dirigente e Dsga titolari passi da 7.461 a 6.886, con un taglio di 575 scuole e posti di Ds e Dsga; se si considera inoltre che nell'anno scolastico 2022/2023 il numero delle istituzioni scolastiche autonome è pari a 8.007, dal 2022/2023 al 2031/2032 è stimabile un taglio complessivo di 1.121 scuole autonome;

    la predetta relazione tecnica stima, a regime, in quasi 90 milioni di euro il taglio, redistribuito nel settore, ma senza una visione d'insieme e con il rischio che tali risorse siano disperse;

    già nella XVIII Legislatura il Movimento 5 Stelle si era battuto per abbassare a 500 studenti (300 nei comuni montani e nelle piccole isole) la soglia per consentire di poter disporre di un dirigente scolastico e di un Dsga titolari, proprio allo scopo di supportare e garantire gli istituti dei territori più fragili, nelle aree interne, quali presidio fondamentale di legalità, di accessibilità e minori costi per le famiglie;

    l'accorpamento degli istituti si configura, pertanto, come un vero e proprio «taglio» che (ancora una volta) andrà a colpire le regioni e i territori più deboli, incentivando lo spopolamento dei piccoli centri e finendo per incrementare i divari territoriali. Si tratta di una scelta politica precisa, in continuità con quanto già realizzato in passato, un accanimento dettato da una visione «deformata» ed «economicistica» della scuola;

    secondo le prime stime accreditate, ovvero dalla bozza di lavoro assegnata allo studio delle regioni e diffusa a mezzo stampa in data 18 febbraio 2023, già nel 2023 quasi 700 istituzioni scolastiche (697 per l'esattezza) saranno accorpate sulla base di quanto stabilito dalla legge di bilancio, gravando soprattutto sulle regioni del Sud, Campania in primis, che, in base alle proiezioni, dovrebbe risultare la regione maggiormente penalizzata, con più di 140 fusioni tra scuole e tagli di personale (passerebbe da 985 istituti a 839: –146), seguita dalla Sicilia (da 819 a 710: –109) e, quindi, in ordine decrescente da:

     a) Calabria: da 360 a 281 (-79);

     b) Puglia: da 635 a 569 (-66);

     c) Sardegna: da 273 a 228 (-45);

     d) Lazio: da 722 a 685 (-37);

     e) Veneto: da 592 a 560 (-32);

     f) Basilicata: da 115 a 84 (-31);

     g) Marche: da 233 a 210 (-23);

     h) Toscana: da 476 a 455 (-21);

     i) Lombardia: da 1135 a 1115 (-20);

     l) Piemonte: da 540 a 520 (-20);

     m) Liguria: da 188 a 170 (-18);

     n) Emilia-Romagna: da 534 a 519 (-15);

     o) Abruzzo: da 193 a 179 (-14);

     p) Friuli Venezia Giulia: da 167 a 155 (-12);

     q) Umbria: da 139 a 133 (-6);

     r) Molise: da 52 a 49 (-3);

    alcune regioni hanno già annunciato di volere impugnare la nuova normativa davanti alla Corte costituzionale per violazione della Costituzione;

    in sintesi, l'autonomia scolastica differenziata e il dimensionamento immaginato dalla nuova «riforma», presupposto o conseguenza l'uno dell'altro, porteranno all'eliminazione di centinaia di posti, di cattedre, di personale. E comunque, laddove non si proceda alla chiusura dei plessi, se ne modificano le «dimensioni», eliminando di fatto quelle «sedi sottodimensionate» in favore di sedi scolastiche più grandi, ma con personale ridotto;

    investire nella scuola e nel sistema d'istruzione significa investire in «futuro»: tuttavia per creare ambienti di apprendimento innovativi non basta distribuire più tablet e pc portatili, o potenziare la rete. Non vuol dire servirsi unicamente di «autostrade» informatico-digitali, ma anche di strade secondarie e meno battute: saper disegnare percorsi alternativi e, quando occorre, non tanto o non solo innalzare un edificio quanto vedere dinanzi a sé le fondamenta degli edifici possibili;

    proprio il decremento demografico – invocato come causa-prima e ragione strutturale nelle esigenze di dimensionamento – poteva e doveva viceversa costituire l'occasione per sdoppiare le classi, affrontare finalmente il problema delle classi sovraffollate (cosiddette «classi pollaio», riducendo il numero degli alunni per singola classe), e aumentare l'organico docente e Ata, reintegrando l'organico aggiuntivo del periodo Covid (come peraltro prospettato e auspicato dal Movimento 5 Stelle in legge di bilancio e in ogni provvedimento utile);

    ciò per l'ottimizzazione e la razionalizzazione nel funzionamento del sistema scolastico – sia in prospettiva generale, sia per quanto concerne gli aspetti che producono significative, insistite ripercussioni a livello territoriale, locale e periferico – anche a fronte dell'annunciato calo demografico,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a rivedere la normativa approvata inerente al dimensionamento scolastico, in particolare ad adottare iniziative normative volte ad abrogare la disciplina introdotta, anche alla luce dei rischi e delle criticità che potrebbero derivare dalla controversa riforma dell'autonomia differenziata da riconsiderare integralmente, con particolare riguardo al sistema di istruzione, che deve mantenere i caratteri di uniformità ed eguaglianza su tutto il territorio nazionale;

2) ad adottare iniziative volte immediatamente a contrastare l'eccessivo affollamento delle classi e la povertà educativa, diminuendo il numero degli alunni per classe e garantendo la formazione delle classi nei territori disagiati, montani, nelle piccole isole, nelle aree interne, nonché a fronteggiare la dispersione scolastica, l'abbandono e la rinuncia agli studi, a incentivare lo sviluppo di una coscienza civica ispirata a princìpi di cittadinanza attiva e solidale attraverso la consapevolezza dei diritti e dei doveri;

3) ad adottare iniziative normative volte a rivedere i «tagli» compiuti nella legge di bilancio 2023, investendo in conoscenza e formazione, in qualità e quantità dell'insegnamento e dell'offerta formativa, nell'istruzione come «ascensore sociale» per tutti i giovani;

4) ad adottare iniziative volte a valorizzare economicamente tutto il personale scolastico;

5) ad utilizzare compiutamente e ottimizzare le risorse messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per la creazione e la trasformazione delle istituzioni scolastiche in ambienti d'apprendimento innovativi, anche dal punto di vista dell'edilizia scolastica, della metodologia d'insegnamento e dei linguaggi, fornendo direttive e linee guida chiare ed efficaci e supportando gli enti locali e le istituzioni scolastiche nel processo di attuazione del Piano.
(1-00079) «Orrico, Amato, Caso, Cherchi, Scutellà, Ilaria Fontana, Cappelletti, Auriemma, Barzotti, Morfino, Todde, Carmina».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a valorizzare economicamente tutto il personale scolastico;

2) ad utilizzare compiutamente e ottimizzare le risorse messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per la creazione e la trasformazione delle istituzioni scolastiche in ambienti d'apprendimento innovativi, anche dal punto di vista dell'edilizia scolastica, della metodologia d'insegnamento e dei linguaggi, fornendo direttive e linee guida chiare ed efficaci e supportando gli enti locali e le istituzioni scolastiche nel processo di attuazione del Piano.
(1-00079) (Testo modificato nel corso della seduta) «Orrico, Amato, Caso, Cherchi, Scutellà, Ilaria Fontana, Cappelletti, Auriemma, Barzotti, Morfino, Todde, Carmina».


   La Camera,

   premesso che:

    con l'approvazione della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) sono stati operati importanti tagli che andranno ad impattare negativamente sul settore dell'istruzione: è risultata una riduzione di 5 milioni di euro per il 2023, di 13,4 milioni di euro per il 2024 e di 20,2 milioni di euro per il 2025 del Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione, prefigurando altresì – a partire dal 2026 – un taglio permanente del medesimo Fondo pari a 18,2 milioni di euro annui;

    il Governo, introducendo, nel disegno di legge di bilancio 2023, poi approvato con la legge n. 197 del 2022, una nuova disciplina relativa alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, ha approvato, di fatto, la riduzione, non solo delle sedi, che verranno inevitabilmente accorpate, ma anche del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, che saranno quasi dimezzati rispetto ad oggi: si passerà, infatti, dai 6.490 del 2024-2025, ovvero il primo anno in cui entreranno in vigore le norme della manovra 2023, fino ai 3.144 del 2031-2032, quindi si tratta di 3.346 dirigenti scolastici in meno, andando ad impattare negativamente su territori già in difficoltà come le aree interne ed il Mezzogiorno;

    i provvedimenti già citati in materia di rinnovo contrattuale dei docenti stanziano solo 150 milioni di euro per l'anno 2023, invece dei 300 milioni di euro attesi, con ciò andando ad attingere a parte delle risorse già stanziate per la valorizzazione della professionalità docente dal Governo Draghi nella legge di bilancio 2022, senza aggiungere fondi ulteriori;

    negli ultimi giorni, in seguito alle recenti dichiarazioni del Ministro dell'istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, che ha ipotizzato stipendi diversi per gli insegnanti a seconda delle zone dove prestano servizio, è emersa la questione delle cosiddette gabbie salariali;

    proprio perché ritenuti responsabili dell'aggravamento del divario fra Nord e Sud, da oltre cinquant'anni in Italia non vi sono più stipendi differenziati su base regionale o provinciale per prestazioni di lavoro dello stesso tipo;

    le retribuzioni variabili in base al territorio produrrebbero discriminazioni inaccettabili, legittimando la presenza di scuole di serie A e scuole di serie B. Una tale proposta, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo inqualificabile, avrebbe l'effetto di accentuare ancora di più l'esodo degli insegnanti del Sud verso istituti del Nord, producendo un danno incalcolabile per il sistema scolastico del Mezzogiorno;

    la questione relativa alla retribuzione dei docenti rimane tuttavia un'emergenza da affrontare partendo non dalle differenze di costi che gli insegnanti sostengono a seconda di dove vivano ma dalle retribuzioni che rimangono tra le più basse dell'Unione europea;

    l'ultimo rapporto promosso dall'Ocse, che analizza e confronta i sistemi scolastici dei principali Paesi d'Europa e del mondo, conferma il dato negativo delle retribuzioni degli insegnanti italiani che risultano essere molto distanti rispetto a quelle dei colleghi degli altri Paesi. Queste differenze sono presenti ed evidenti in tutti i gradi di scuola, dalla scuola dell'infanzia alle scuole superiori;

    nella scuola primaria la differenza tra lo stipendio medio annuale di un docente italiano e quella degli omologhi docenti dell'area Ocse è in media del 15 per cento inferiore; altrettanto evidenti sono le differenze per i docenti della scuola secondaria di primo grado: in Italia l'insegnante percepisce il 13 per cento in meno rispetto ai colleghi dei Paesi Ocse e il 12 per cento in meno rispetto ai colleghi dei Paesi europei; anche i docenti delle scuole secondarie di secondo grado in Italia percepiscono il 14 per cento in meno rispetto ai docenti dei Paesi Ocse e il 13 per cento in meno rispetto ai docenti europei;

    il rapporto dell'Ocse non si limita ai confronti internazionali, ma offre anche una significativa comparazione all'interno dello stesso Paese tra gli stipendi dei docenti e quello dei lavoratori con pari livello d'istruzione. Pertanto, lo stipendio degli insegnanti è stato confrontato con la retribuzione di altri professionisti con il medesimo titolo d'istruzione universitaria e dal confronto emerge che in Italia, a parità di titolo di studio, gli insegnanti risultino molto meno pagati;

    le dichiarazioni e alcuni degli interventi già messi in atto nei primi mesi di Governo delineano, al di là delle dichiarazioni rese alla stampa, la volontà politica di un Esecutivo disinteressato ad intervenire per superare le numerose criticità che toccano il settore dell'istruzione, a cominciare dalle urgenze legate alla dispersione scolastica e alla povertà educativa;

    dal rapporto di Save the Children «Alla ricerca del tempo perduto – Un'analisi delle disuguaglianze nell'offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana» emergono dati preoccupanti sullo stato dell'educazione scolastica nel nostro Paese, secondo cui i territori dove la povertà minorile è più forte sono quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre e confermano, inoltre, quanto la privazione educativa sia strettamente legata a quella materiale e come un'offerta adeguata di spazi e servizi educativi a scuola potrebbe fare la differenza nello spezzare tale legame ed offrire opportunità di apprendimento eguali anche agli studenti più svantaggiati;

    l'assenza di risorse stanziate, le dichiarazioni del Ministro Valditara e le anticipazioni, riportate dai maggiori organi di stampa, relative ad una proposta di riforma in materia di autonomia differenziata, avanzata dal Ministro degli affari regionali e le autonomie, prefigurano che anche l'istruzione rientri tra le materie oggetto di trasferimento dallo Stato alle regioni, con il rischio di avviare un processo di regionalizzazione della scuola che deve, invece, continuare ad essere nazionale e pubblico, presidio insostituibile per garantire e rafforzare l'unitarietà dello Stato, senza penalizzare ulteriormente le regioni del Sud a vantaggio di quelle del Nord,

impegna il Governo:

1) al fine di dare centralità all'istruzione pubblica, ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate e ad innalzare le retribuzioni, portandole al livello europeo, e a definire incarichi e progressione di carriera del personale scolastico, attraverso un incremento, stabile, delle risorse stanziate dall'articolo 1, comma 561, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) per il rinnovo contrattuale;

2) a riconsiderare, attraverso ulteriori iniziative normative, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 557, di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) relative al dimensionamento scolastico, al fine di sostenere la rete e i servizi scolastici ed evitare la conseguente riduzione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, rivedendo i criteri di cui alla medesima disposizione così da evitare le penalizzazioni che riguarderanno aree interne e Mezzogiorno;

3) a prevedere che, per effetto del progressivo calo demografico, si intervenga per rimodulare i parametri relativi al numero di alunni per classe, anche modificando le disposizioni del decreto ministeriale n. 81 del 20 marzo 2009, e per far sì che le eventuali risorse liberate dalla riduzione della spesa per istruzione conseguente al calo demografico siano reinvestite nel medesimo settore a beneficio dei giovani e delle future generazioni;

4) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate finalizzate ad arrivare alla progressiva e piena attuazione del piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni, implementando le risorse del Fondo nazionale dirette a garantire la progressiva gratuità dei servizi educativi 0-3 anni a favore dei nuclei familiari a basso Isee – con particolare attenzione all'offerta formativa nel Sud del Paese – ed una scuola dell'infanzia (3-6 anni) ad accesso universale e gratuito;

5) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate ad assicurare il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini, su tutto il territorio nazionale, elemento fondamentale per colmare il divario tra Nord e Sud ed assicurare la costruzione di una scuola realmente inclusiva, che coinvolga tutti gli alunni con particolare attenzione per gli alunni con disabilità, sostenendo le famiglie con azioni concrete quali l'implementazione dei servizi di refezione scolastica, la gratuità dei servizi di trasporto e dei libri di testo e la garanzia del tempo pieno;

6) ad adottare iniziative volte a disporre un adeguamento quantitativo delle risorse da destinare al comparto della scuola indicando, come obiettivo programmatico di lungo termine, il raggiungimento del valore della media europea dell'indice di spesa per l'istruzione in rapporto al prodotto interno lordo.
(1-00063) «Manzi, Orfini, Zingaretti, Berruto, Speranza, Ascani, Merola, Ubaldo Pagano, Toni Ricciardi, Di Sanzo, Forattini, De Maria, Peluffo, Lai, Malavasi, Carè, Scarpa, Ghio, Di Biase, Bakkali, Lacarra, Amendola, Porta, Braga».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate finalizzate ad arrivare alla progressiva e piena attuazione del piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni, implementando le risorse del Fondo nazionale dirette a garantire la progressiva gratuità dei servizi educativi 0-3 anni a favore dei nuclei familiari a basso Isee – con particolare attenzione all'offerta formativa nel Sud del Paese – ed una scuola dell'infanzia (3-6 anni) ad accesso universale e gratuito;

2) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate ad assicurare il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini, su tutto il territorio nazionale, elemento fondamentale per colmare il divario tra Nord e Sud ed assicurare la costruzione di una scuola realmente inclusiva, che coinvolga tutti gli alunni con particolare attenzione per gli alunni con disabilità, sostenendo le famiglie con azioni concrete quali l'implementazione dei servizi di refezione scolastica, la gratuità dei servizi di trasporto e dei libri di testo e la garanzia del tempo pieno;

3) ad adottare iniziative volte a disporre un adeguamento quantitativo delle risorse da destinare al comparto della scuola indicando, come obiettivo programmatico di lungo termine, il raggiungimento del valore della media europea dell'indice di spesa per l'istruzione in rapporto al prodotto interno lordo.
(1-00063) (Testo modificato nel corso della seduta) «Manzi, Orfini, Zingaretti, Berruto, Speranza, Ascani, Merola, Ubaldo Pagano, Toni Ricciardi, Di Sanzo, Forattini, De Maria, Peluffo, Lai, Malavasi, Carè, Scarpa, Ghio, Di Biase, Bakkali, Lacarra, Amendola, Porta, Braga».


   La Camera,

   premesso che:

    l'Italia è fra i peggiori Paesi in Europa per dispersione scolastica. Secondo i dati diffusi nel maggio 2021 dall'allora Miur a lasciare la scuola media e superiore sono soprattutto i maschi, gli alunni stranieri, i residenti nel Mezzogiorno e coloro che sono in ritardo scolastico. Tra gli anni scolastici 2018/2019 e 2019/2020 hanno abbandonato: lo 0,93 per cento degli alunni frequentanti la scuola secondaria di I grado a inizio anno scolastico e il 3,33 per cento degli alunni frequentanti la scuola secondaria di II grado a inizio anno scolastico. In pratica 102 mila studenti hanno abbandonato la scuola italiana in un solo anno scolastico. Un dato preoccupante, destinato ad accumularsi a quelli dei periodi precedenti. Considerando il genere degli alunni, si osservano differenze nei tassi di dispersione riportati da maschi e femmine. Per la popolazione studentesca maschile si calcola un abbandono complessivo del 4 per cento e per la popolazione femminile del 2,6 per cento. Analizzando il fenomeno geograficamente, per la scuola secondaria di II grado le regioni del Meridione riportano mediamente la percentuale di abbandono complessivo più elevata, pari al 4 per cento per le regioni insulari e al 3,4 per cento per quelle del Sud. Il Nord Ovest presenta una percentuale di abbandono del 3,4 per cento, le regioni dell'Italia centrale in media del 3 per cento e quelle del Nord Est del 2,9 per cento. Tra le regioni spiccano Sardegna, Campania e Sicilia con punte rispettivamente del 4,5 per cento, del 4,1 per cento e del 3,9 per cento, mentre le percentuali più basse si evidenziano in Molise, Basilicata, Umbria, Abruzzo con valori al di sotto del 2,5 per cento. Nel Nord Ovest la percentuale di abbandono per gli alunni maschi è stata del 4,2 per cento e per le femmine del 2,7 per cento, nel Nord Est è stata pari al 3,5 per cento per i maschi e al 2,3 per cento per le femmine. Nelle regioni centrali è stata mediamente pari al 3,7 per cento per gli alunni maschi e al 2,2 per cento per le femmine, nel Sud al 4 per cento per i maschi e al 2,8 per cento per le femmine e nelle regioni insulari è stata mediamente pari al 4,9 per cento per i maschi e al 3,1 per cento per le femmine;

    altri dati, provenienti da Eurostat, dicono che nel 2021 il 12,7 per cento dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente la scuola, fermandosi alla licenza media. È un dato importante, considerata la media europea del 9,7 per cento e il fatto che l'Italia si trova agli ultimi posti della classifica. Anche in questo caso le differenze sono legate al territorio, all'ambiente sociale di origine, al genere e alla cittadinanza. Un ultimo elemento importante nell'analisi della dispersione scolastica è l'età degli alunni. Dai dati emerge infatti che il ritardo scolastico, per bocciature o altre cause, può essere un fattore che precede l'abbandono. Per la scuola superiore, infine, il fenomeno si differenzia tra i vari percorsi di studio. Il tasso di dispersione scolastica più contenuto si registra nei licei (1,6 per cento), seguiti dagli istituti tecnici (3,8 per cento) e dagli istituti professionali (7,2 per cento). La percentuale di abbandono più elevata riguarda i percorsi regionali le FP (corsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale), con un abbandono complessivo del 7,9 per cento. Il momento più critico è la transizione tra le medie e le superiori. Nel delicato passaggio tra i due cicli scolastici sono 6.322 gli alunni che hanno abbandonato la scuola, pari all'1,14 per cento di coloro che hanno frequentato il terzo anno della media;

    esiste anche una dispersione scolastica implicita: riguarda gli studenti che imparano male, poco o in modo irregolare. Secondo un recente rapporto di Save the Children «Alla ricerca del tempo perduto» il 9,7 per cento degli studenti con un diploma superiore nel 2022 si ritrova in condizioni di dispersione «implicita», cioè senza le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell'Università. Dalla pubblicazione emergono forti disuguaglianze territoriali, «un fil rouge in negativo che attraversa le diverse dimensioni della povertà educativa in Italia». Prendendo in esame la dispersione implicita al termine del ciclo scolastico della scuola superiore, nelle regioni meridionali, nonostante una riduzione consistente avvenuta nell'ultimo anno in particolare in Puglia (-4,3 per cento) e in Calabria (-3,8 per cento), permangono percentuali di «dispersi» alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8 per cento in Campania. Considerando poi le competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60 per cento degli studenti non raggiunge il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70 per cento degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. In regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, inoltre, i Neet (15-29enni che non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione) hanno superato i coetanei che lavorano (tre giovani Neet ogni due giovani occupati);

    il rapporto «Alla ricerca del tempo» perduto analizza anche alcuni indicatori «strutturali» che riguardano la scuola, come la presenza di mensa scolastica e tempo pieno, palestra e certificato di agibilità, mettendo in evidenza la correlazione positiva tra la qualità dell'offerta in termini di strutture e tempo scuola e il livello di apprendimento conseguito dagli studenti. Mettendo a confronto le dieci province italiane con l'indice di dispersione «implicita» più bassa e più alta, si rileva come nelle province dove l'indice di dispersione «implicita» è più basso, le scuole primarie sono dotate di certificato di agibilità (47,9 per cento contro 25,3 per cento) e hanno assicurato ai bambini: maggior offerta di tempo pieno, frequentato dal 31,5 per cento degli studenti contro il 24,9 per cento nelle province ad alta dispersione; maggior numero di mense (il 25,9 per cento delle scuole contro il 18,8 per cento); maggior numero di palestre (42,4 per cento contro 29 per cento). «Questa correlazione – si legge nel sito di Save the Children – appare ancora più rilevante se si considerano i minori svantaggiati dal punto di vista socioeconomico». Infatti, la dispersione «implicita» risulta significativamente inferiore in quelle province italiane dove almeno la metà degli alunni della scuola primaria frequentano il tempo pieno e almeno la metà delle scuole ha la mensa;

    non riuscire a comprendere il significato di un testo scritto, non saper svolgere un ragionamento logico e non saper fare un semplice calcolo aritmetico rappresenta un dramma non solo per il sistema di istruzione e per lo sviluppo economico, ma per la tenuta democratica di un Paese. I più colpiti sono gli studenti delle famiglie più povere, quelle che vivono al sud e quelle con background migratorio. Inoltre, la pandemia ha prodotto un vero tracollo degli apprendimenti degli studenti, soprattutto nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. Apprendimenti che, già prima della crisi sanitaria, disegnavano la mappa di un Paese disuguale, incapace di garantire equità nelle opportunità di crescita. Le profonde diseguaglianze territoriali nelle opportunità di crescita dei bambini, delle bambine e degli adolescenti che attraversano l'Italia, incidono da subito sullo sviluppo e il benessere dei più piccoli, generando una «ingiustizia generazionale» fin dalla più tenera età;

    vivere in aree svantaggiate, come quartieri di periferia, città satellite, aree interne, pregiudica le aspirazioni e la crescita dei minori oltre che delle comunità. Con il paradosso che proprio nelle aree dove si concentra la povertà minorile, la rete dei servizi socio-educativi, che dovrebbe essere più solida, è estremamente debole, accentuando i divari di partenza;

    negli anni il sistema dell'istruzione e della formazione è stato oggetto di un processo di snaturamento, rispetto alle finalità di liberazione ed emancipazione che la Costituzione gli assegna. Impoverito, precarizzato, burocratizzato e piegato alle logiche del mercato. Non si tratta di una questione settoriale, ma di uno snodo decisivo per il futuro delle giovani generazioni e della stessa democrazia; perché il modello di formazione è una pietra angolare del modello di società che si intende costruire, nelle relazioni sociali e intellettuali, nelle forme del lavoro e della vita, persino – visto l'impatto che, fin dall'infanzia, le tecnologie virtuali e digitali hanno sui processi di conoscenza e sull'universo emotivo – sul tipo di umanità che abiterà la Terra dai prossimi decenni;

    a determinare il successo scolastico concorrono da un lato le capacità dello studente, dall'altro una serie di componenti su cui è possibile agire. Per citarne solo alcune, il contesto famigliare, la qualità degli insegnanti, i metodi di insegnamento, i fattori ambientali. Tra questi ultimi c'è sicuramente quello della dimensione delle classi. Come è noto, il problema delle cosiddette classi pollaio è cresciuto in modo esponenziale a seguito dell'applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con legge n. 133 del 2008, che ha incrementato di un punto, nel triennio 2009/2011, il rapporto alunni/docente per classe (dall'8,94 del 2008 al 9,94 del 2021). Il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 ha poi tradotto in legge le conseguenze del piano di razionalizzazione che l'articolo 64 del decreto-legge 112 del 2008 già prevedeva. Per la scuola dell'infanzia il limite massimo può arrivare a 29 bambini per sezione, per la scuola primaria a 27 alunni per classe, per la scuola secondaria di I grado a 28 alunni per classe, per la secondaria di II grado a 30 studenti per classe fino ad un incremento del 10 per cento;

    secondo il dossier di Tuttoscuola «Classi pollaio: ora basta» del 2021, la massima concentrazione di classi pollaio è nei primi anni delle superiori. Con riferimento a tutti gli indirizzi, nel primo anno della scuola secondaria di II grado nell'anno 2020-21 le classi con oltre 26 studenti sono state complessivamente 3.652, pari al 14,8 per cento delle 24.613 prime classi esistenti. Un dato che fa riflettere: al primo anno delle superiori le classi pollaio sono il 15 per cento circa del totale. Nell'anno scolastico 2020-21 sono stati i licei scientifici ad avere il maggior numero di classi numerosi, seguiti dai licei classici, dagli istituti tecnici e, infine, dagli istituti professionali;

    come sottolineato nel XX Rapporto «Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola» presentato da Cittadinanzattiva, eliminare le classi sovraffollate è certamente una condizione dalla quale non si può prescindere se si vuole lavorare per una scuola di qualità, che favorisca l'apprendimento personalizzato, un ruolo attivo degli studenti, una forte motivazione e strumenti adeguati agli insegnanti, e altro;

    inoltre, la riduzione della numerosità delle classi può favorire il distanziamento, la sicurezza dal punto di vista fisico e della salute, e delle condizioni favorevoli per la didattica e per l'apprendimento. Ormai al terzo anno scolastico con la pandemia da COVID-19 desta amarezza dover constatare che su questo fronte è cambiato davvero molto poco. La pandemia da COVID-19 pur nella drammaticità dei tanti effetti negativi che ha provocato, poteva rappresentare un'opportunità per rimettere la scuola al centro, per ripensarne la sua finalità, gli approcci pedagogici, ed anche i suoi spazi interni, esterni, digitali oltre che la sicurezza, la salute ed il benessere dei suoi occupanti;

    è gravemente indicativo, a questo proposito, che il precedente Presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel motivare il taglio all'istruzione (nell'ultimo Def), abbia fatto riferimento al calo demografico, acquisendo come dato di fatto, puramente economico, l'impossibilità di tante giovani coppie di fare figli e ignorando del tutto la possibilità di ripensare, con numeri ridotti nelle classi, la qualità e l'inclusività della didattica;

    fin dalla sua introduzione nell'ordinamento, all'inizio degli anni '70 con la legge n. 820 del 1971, il tempo pieno è stato considerato funzionale a 2 obiettivi. Da un lato, rendere possibile una migliore conciliazione dei tempi lavorativi per le famiglie, anche nell'ottica di incentivare l'occupazione femminile. Allo stesso tempo, fin dall'introduzione della legge, è stata chiara la valenza didattica e formativa di queste ore aggiuntive. Difatti, il tempo pieno contribuisce allo sviluppo delle competenze cosiddette non-cognitive, sociali ed emozionali. Inoltre, soprattutto se garantito a quei minori più svantaggiati, risulta essere una delle misure più efficaci per combattere la dispersione scolastica;

    a distanza di oltre 50 anni, sebbene oltre 4 nuovi iscritti su 10 alla scuola elementare optino per il tempo pieno, la distribuzione delle richieste è molto differenziata sul territorio nazionale. Prendendo il dato delle richieste di iscrizione all'anno scolastico 2019/20 (l'ultimo prima della pandemia), si va dal 59,6 per cento delle opzioni a 40 ore nel Lazio al 12,9 per cento delle preferenze in Molise. Dai dati però, il tempo pieno risulta garantito in meno della metà delle scuole primarie, ed una percentuale ancora più limitata di scuole secondarie offre il tempo prolungato. Inoltre, è spesso il risultato di iniziative individuali, la cui esistenza e sopravvivenza è strettamente legata alla volontà dei dirigenti e dei docenti. È quindi fondamentale investire nelle risorse umane e nella loro formazione. Spiccano in positivo, con percentuali sopra al 60 per cento Roma, Firenze, Prato, Bologna Modena, Imperia e Torino, con le punte di Milano, Lodi e Monza Brianza che si attestano dall'80 per cento in su. Sarebbe importante garantire che tutte le classi della scuola primaria, su tutto il territorio nazionale, possano offrire il tempo pieno;

    per raggiungere entro il 2025 l'obiettivo europeo di 33 posti in asilo nido ogni 100 bambini l'Italia dovrebbe crearne almeno altri 100.000 nei prossimi 3 anni. Ma per andare incontro alle esigenze delle famiglie non basterebbe un aumento generico: servirebbe una crescita soprattutto nelle regioni del Sud, lontane dalla media italiana del 26,3 per cento e lontanissime da quella europea del 35,3 per cento. Nel Mezzogiorno è la Campania a detenere il primato negativo, con 9 posti ogni 100 bimbi;

    in Italia resta ancora molta strada da fare per garantire un'equa accessibilità dei servizi per l'infanzia dal punto di vista socio-economico: infatti i tassi di frequenza del nido crescono all'aumentare della fascia di reddito delle famiglie e sono decisamente più alti se la madre lavora e se i genitori hanno un titolo di studio elevato. Investire nella prima infanzia con servizi educativi di buona qualità è essenziale per contrastare le disuguaglianze di partenza e consentire a tutti i bambini e le bambine di sviluppare appieno le proprie capacità;

    un recente studio della società di investimento Moneyfarm, pubblicato ad ottobre 2022, ha cercato di quantificare a quanto ammontino le spese legate all'istruzione che le famiglie italiane debbono sostenere per un figlio dal nido fino all'università, considerando anche la necessità di dare ai ragazzi una formazione che comprenda quelle soft skill sempre più ricercate nel mercato del lavoro; da questo studio emerge come per un percorso di studio «standard», presso gli enti di pubblica istruzione della città in cui si è residenti, sia necessario un investimento di circa 53.000 euro, considerate rette, costo dei libri e dei materiali didattici, l'acquisto di device informatici e alcune attività extrascolastiche come lezioni di inglese e attività sportive; tali costi possono arrivare fino a 700.000 euro nel caso di frequenza presso strutture private e università straniere. È quindi evidente la necessità di garantire la completa gratuità del percorso di istruzione presso le strutture pubbliche, al fine di garantire l'esigibilità reale del diritto allo studio e di contrastare la crescita sempre più veloce delle diseguaglianze sociali;

    recentemente molti dirigenti scolastici e alcuni sindacati studenteschi hanno anche segnalato il problema dell'accesso ai viaggi di istruzione: questi viaggi spesso non sono per tutti e tutte, soprattutto a causa dei loro costi aumentati a causa dell'inflazione. Alcuni istituti hanno messo in atto strategie per cercare di aggirare questi ostacoli che in alcuni casi impediscono la partecipazione anche del 50 per cento degli studenti e studentesse, proponendo viaggi d'istruzione che prevedono destinazioni in Italia, generalmente più economiche – anche se si parla comunque di una spesa di 400 euro per una gita – o mettendo a disposizione delle famiglie un «fondo di solidarietà». Lasciare ai singoli istituti l'onere di stabilire come gestire questo problema però non garantisce pienamente il diritto allo studio dei ragazzi e incrementa le differenze;

    l'elevamento dell'obbligo scolastico fino al diciottesimo anno d'età rientrerebbe pienamente nel dettato costituzionale, che obbliga lo Stato ad attivare interventi finalizzati a consentire a tutti i cittadini il raggiungimento dei gradi più alti degli studi. Esso è coerente con gli obiettivi dell'Unione europea finalizzati a ridurre il tasso di abbandono scolastico e ad elevare significativamente il numero dei giovani in possesso di laurea;

    a tal proposito, dai dati Istat del 2021 emerge come solo il 20,1 per cento della popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni possiede una laurea contro una media del 32,8 per cento nell'Unione europea. Questo dato è tanto più grave se si tiene conto della differenziazione geografica, infatti la percentuale di laureati è più alta al Nord (21,3 per cento) e al Centro (24,2 per cento) rispetto al Mezzogiorno (16,2 per cento) ma in ogni caso inferiore ai valori europei. Tali dati rappresentano una minaccia allo sviluppo economico del Paese, in quanto la povertà di competenze e di personale qualificato è uno dei fattori che indeboliscono l'Italia nella competizione internazionale. Emerge quindi con chiarezza la necessità di riformare le politiche di orientamento nella scuola al fine di favorire la crescita del numero di studenti che scelgono di proseguire gli studi dopo la scuola secondaria di secondo grado e contemporaneamente di garantire che tale scelta sia adeguatamente sostenuta attraverso un nuovo e più forte welfare studentesco;

    il decreto legislativo n. 77 del 2005 definisce l'alternanza scuola-lavoro come l'offerta formativa del secondo ciclo d'istruzione atta ad assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. Nello spirito della legge l'organizzazione/impresa/ente che ospita lo studente dovrebbe assumere il ruolo di contesto di apprendimento complementare a quello dell'aula e del laboratorio. Attraverso la partecipazione diretta al contesto operativo, quindi, si dovrebbero realizzare la socializzazione e la permeabilità tra i diversi ambienti, nonché gli scambi reciproci delle esperienze che concorrono alla formazione della persona, al fine di favorire l'orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali. Ma la realtà deve fare i conti con un mercato del lavoro che chiede sempre più manodopera non qualificata e a basso costo e, quindi, l'esperienza dei ragazzi si allontana da ogni profilo formativo e da ogni terreno di crescita e di progresso;

    è sempre più evidente l'estraneità di questa esperienza rispetto al percorso scolastico e di formazione dello studente. Infatti, la mancanza di una reale discussione sugli obiettivi formativi e sui programmi ha alimentato una sovrapposizione tra didattica scolastica ed extrascolastica, in luogo di una collocazione dell'alternanza all'interno dell'orario curricolare;

    nel solo anno 2022 le tragiche e inaccettabili morti di Lorenzo Parelli, Giuseppe Lenoci e Giuliano De Seta, tre giovani studenti in alternanza scuola lavoro, sono emblematiche dei problemi che attraversano questa attività: per nessun motivo studentesse e studenti durante il proprio percorso scolastico possono essere messi a rischio negli ambienti produttivi, mai l'alternanza scuola lavoro può trasformarsi in lavoro, per giunta non retribuito;

    la percezione del decadimento del benessere lavorativo dei docenti italiani è aumentata negli ultimi anni. Con benessere lavorativo si intende il carico di lavoro, le condizioni di servizio, il senso di sicurezza e gli aspetti relazionali con colleghi, alunni e genitori. Va affermata con forza la centralità della didattica nell'impegno quotidiano di chi vive la scuola, sia come insegnante che come studente. Il tema della sburocratizzazione, della semplificazione a carico del docente e del dirigente scolastico è un tema centrale che deve essere affrontato. La quotidianità degli insegnanti è sempre più appiattita su mansioni di carattere organizzativo e impiegatizio, a scapito, ovviamente, della formazione degli studenti;

    secondo il Rapporto annuale sull'educazione nei paesi sviluppati dell'OCSE, lo stipendio medio annuo lordo di un insegnante di scuola primaria in Italia è di 36.800 euro, mentre la media europea è di 42.599 euro. I dati sulla scuola media sono simili con 39.463 euro contro i 45.015 della media europea. Utilizzando un algoritmo per calcolare il salario a parità di potere d'acquisto e tenendo conto dell'inflazione, emerge dal Rapporto una forte penalizzazione dei docenti italiani rispetto ai colleghi europei. Dal 2010 al 2021 la retribuzione dei docenti di scuola media è diminuita di circa sei punti a fronte di un incremento di due punti nel resto dell'Unione europea. Va inoltre considerato che gli stipendi di ingresso per una famiglia monoreddito (1360 euro alla primaria, 1471 alle superiori) al limite delle soglie di povertà stabilite da ISTAT nel 2021 e ben al di sotto di tali soglie in caso di famiglie con almeno due figli. Ha suscitato clamore la dichiarazione del Ministro dell'istruzione e del merito Valditara, il quale ha affermato: «Chi vive e lavora in una regione d'Italia in cui più alto è il costo della vita, potrebbe guadagnare di più», proponendo di fatto una differenziazione territoriale delle retribuzioni degli insegnanti pubblici. Differenziazioni retributive basate essenzialmente sul costo della vita non hanno alcuna motivazione plausibile: va salvaguardato il principio per cui allo stesso lavoro corrisponde la stessa retribuzione e scongiurato il pericolo di una sperequazione tra le scuole delle aree più ricche e le scuole delle aree più povere;

    le nuove norme in materia di dimensionamento scolastico, introdotte con la legge n. 197 del 2022, stabiliscono criteri penalizzanti per la definizione dell'organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, anche rispetto alla distribuzione territoriale dello stesso. Sono molte le regioni che hanno protestato e i consigli comunali in cui sono stati approvati ordini del giorno in cui si chiede di rivedere le previsioni per salvaguardare i territori a minore densità demografica. I nuovi criteri infatti produrranno di fatto difficoltà nelle aree già maggiormente penalizzate del Paese come il Meridione e le aree interne montane e appenniniche, obbligando all'accorpamento delle istituzioni scolastiche con meno di 900 iscritti e quindi potenzialmente delle sedi di molti istituti; operando per questa via una riduzione che può arrivare a lambire il 50 per cento dei dirigenti scolastici e dei servizi generali e amministrativi,

impegna il Governo:

1) al fine di migliorare la qualità didattica e il processo di formazione delle alunne e degli alunni, contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica, garantire il successo formativo, oltre che evitare un eccessivo affollamento nelle aule, sia per ragioni sanitarie sia per ragioni didattiche, ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere, con un opportuno intervento normativo, di fissare a 18 il numero massimo di alunni per ogni classe di ogni ciclo della scuola italiana;

2) a prevedere l'introduzione del tempo pieno in tutti gli istituti scolastici della scuola primaria dello Stato e a garantire, in ciascuna di queste scuole, una percentuale aggiuntiva dell'organico docente e ATA non inferiore al 20 per cento dell'organico attuale;

3) a prevedere l'introduzione del tempo prolungato pomeridiano nei cicli scolastici della scuola secondaria di I e II grado, basato sull'istituzione di cattedre orario comprensive delle ore di insegnamento e del tempo mensa, per almeno tre giorni a settimana;

4) ad adottare iniziative di competenza volte a mettere, con apposito provvedimento normativo, ciascun comune della Repubblica italiana in condizione di garantire ai cittadini della fascia 0-6 anni l'effettivo diritto allo studio e, quindi, l'accesso alla scuola, che deve essere considerata parte integrante del processo formativo di crescita e non più servizio a domanda individuale;

5) ad adottare le iniziative di competenza volte ad elevare progressivamente l'obbligo scolastico fino all'età di diciotto anni e, conseguentemente, ad elevare progressivamente l'età per l'accesso al lavoro con qualsiasi forma di contratto individuale;

6) ad adottare le iniziative di competenza per riformare il sistema di orientamento nella scuola tenendo conto dell'obiettivo di aumentare il numero dei laureati per portarlo almeno al livello della media europea;

7) a prevedere la totale gratuità della formazione scolastica, dall'asilo nido fino all'assolvimento dell'obbligo scolastico, al fine di assicurare il diritto allo studio, prevedendo anche la gratuità dei libri di testo fino all'ultimo anno di obbligo scolastico;

8) ad adottare iniziative per prevedere l'istituzione del fondo di solidarietà per i viaggi di istruzione presso il Ministero dell'istruzione e del merito da ripartire, sulla base dell'indice di disagio sociale, tra i diversi istituti di scuola secondaria di primo e secondo grado e prevedere l'estensione dell'utilizzo della Carta della cultura giovani ai viaggi di istruzione;

9) a riformare radicalmente i Pcto, «Percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento», per riportare il valore della laboratorialità al centro del percorso di istruzione, eliminando l'obbligo delle attività per gli studenti;

10) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse per il rinnovo del contratto del personale del comparto istruzione in misura sufficiente a prevedere l'adeguamento degli stipendi all'inflazione e ad innalzare tutti i salari fino al livello della media europea;

11) ad adottare iniziative volte a rivedere i criteri per la definizione del «dimensionamento scolastico» contenuti nella legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197) nei prossimi provvedimenti utili, al fine di scongiurare l'accorpamento delle sedi e il dimezzamento del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi;

12) a prevedere progetti speciali, adeguatamente finanziati, per il contrasto alla dispersione scolastica in quelle zone del Paese in cui la percentuale di abbandono tra i 18 e i 24 è superiore alla media europea del 9,7 per cento;

13) a salvaguardare l'autonomia della comunità educante, la libertà di insegnamento e l'eguale diritto all'istruzione di tutti i giovani e le giovani residenti in Italia, garantendo al sistema d'istruzione adeguato finanziamento pubblico, distribuito in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, e scongiurando la possibilità che l'istituzione scolastica possa venir meno alla sua missione universalista a causa della differenziazione regionale dei percorsi didattici o per rispondere agli interessi di soggetti privati di natura economica.
(1-00106) «Piccolotti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Zaratti».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza per rafforzare il sistema di orientamento nella scuola tenendo conto dell'obiettivo di aumentare il numero dei laureati per portarlo almeno al livello della media europea;

2) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse per il rinnovo del contratto del personale del comparto istruzione in misura sufficiente a prevedere l'adeguamento progressivo degli stipendi all'inflazione e ai livelli della media europea;

3) ad attuare i progetti del PNRR adeguatamente finanziati, per il contrasto alla dispersione scolastica in quelle zone del Paese in cui la percentuale di abbandono tra i 18 e i 24 anni è superiore alla media europea del 9 per cento.
(1-00106) (Testo modificato nel corso della seduta) «Piccolotti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto che come «parametro efficace» per individuare i plessi accorpati ad altri istituti debba essere adottata la popolazione scolastica regionale, anziché quella del singolo istituto, come previsto dalla legislazione previgente;

    in particolare, l'impegno assunto dal Governo è stato quello di varare «iniziative di riforma dell'organizzazione del sistema di istruzione al fine di adeguarlo agli sviluppi demografici (numero di scuole e rapporto studenti/docenti)» e che «al fine di conseguire il traguardo in modo soddisfacente, la legislazione deve prevedere scadenze obbligatorie per l'emanazione degli atti di legislazione secondaria necessari per garantire un'agevole attuazione»;

    il richiamo agli «sviluppi demografici» è particolarmente significativo, visto che le stime dell'andamento della popolazione scolastica prevedono che nell'anno scolastico 2024/2025 frequenteranno le nostre scuole circa 360 mila bambini e ragazzi in meno rispetto al 2022 e che, in assenza di una inversione della denatalità e di un cambiamento radicale nelle politiche di gestione dei flussi migratori, tra dieci anni sono stimati circa 1,1 milioni di studenti in meno;

    la legge di bilancio per il 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197) con l'articolo 1, comma 557, è intervenuta a questo fine sull'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, prevedendo, con l'introduzione del comma 5-quater, la decorrenza della nuova modalità di calcolo dall'anno scolastico 2024/2025 previo accordo in Conferenza unificata da adottare, in prima applicazione, entro il 31 maggio 2023; la medesima disposizione prevede altresì che «ai fini del raggiungimento dell'accordo, lo schema del decreto è trasmesso dal Ministero dell'istruzione e del merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile»;

    il comma 5-quinquies, al fine di indicare la data di attuazione certa richiesta dal PNRR, stabilisce che «decorso inutilmente il termine del 31 maggio» si debba procedere entro il 30 giugno con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze «sulla base di un coefficiente non inferiore a 900 e non superiore a 1000», tenendo conto di alcune specificità;

    gli opportuni correttivi relativi alla necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche non determineranno nuovi effetti di mitigazione in quanto erano presenti anche nella normativa previgente, ma, così formulati, rischiano di avere un effetto negativo per le regioni con un numero di studenti per scuola più alto, visto che la nuova normativa, a differenza di quella previgente, sembra prevedere che queste debbano trovare copertura nelle compensazioni tra regioni per garantire il risparmio di spesa;

    tra i correttivi introdotti ex novo dalla normativa vi sono invece la garanzia per tutte le regioni che nell'anno scolastico 2024/2025 il numero di istituzioni scolastiche sia il medesimo di quello calcolato con i parametri previgenti e, per i primi sette anni scolastici, un correttivo non superiore al 2 per cento, «anche prevedendo forme di compensazione interregionale»;

    le regioni che nei prossimi anni saranno investite da un calo degli alunni maggiore in termini relativi sono quasi sempre le stesse che attualmente hanno un numero di alunni per scuola sensibilmente inferiore e di conseguenza le compensazioni introdotte difficilmente saranno sufficienti a evitare esuberi, ma al contempo quasi certamente penalizzeranno, a causa della compensazione tra regioni, proprio le più virtuose (in particolare Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Toscana e Veneto);

    il comma 5-sexies stabilisce che a partire dall'anno scolastico 2025/2026, il contingente organico deve essere sempre non superiore a quello dell'anno precedente a prescindere dall'andamento demografico e che eventuali situazioni di esubero devono trovare compensazione nell'ambito della definizione del contingente; questa disposizione non appare coerente con la ratio del PNRR, che è quella di adeguare il numero di istituzioni scolastiche all'andamento demografico e della popolazione scolastica, che però non si può escludere possa in futuro crescere grazie a efficaci politiche di sostegno alla natalità o di gestione dei flussi migratori regolari, ovvero, nel breve periodo, a seguito di eventi particolari quali – per citare due tipologie di evento verificatesi di recente – il divieto di ricorrere alle ripetenze a causa di una pandemia, ovvero l'accoglienza di un numero elevato di profughi provenienti da un Paese in guerra;

    è pur vero che la norma di per sé non implica automaticamente la chiusura delle istituzioni scolastiche con meno di 900 alunni, visto che quelle con meno alunni, quali ad esempio quelle delle aree interne, potrebbero essere compensate dalla presenza nella stessa regione di istituzioni scolastiche con molti alunni nei centri urbani caratterizzati da edifici con ambienti più spaziosi e meglio collegati, ma è altrettanto vero che una regione che parte da un numero medio di alunni per scuola molto basso (anche circa 700) non avrà mai la stessa libertà di movimento delle regioni con una media di 1000 alunni o quasi;

    fattori quali il calo demografico, le migrazioni da sud a nord e quelle dalle aree interne alle zone urbane rischiano di avere un impatto ancor più dirompente a causa di una normativa che appare dettata da criteri che hanno considerato quasi esclusivamente esigenze di contenimento della spesa – che peraltro in parte contrastano con gli obiettivi del PNRR – e non tiene nella dovuta considerazione le specificità dell'istruzione;

    senza un incremento delle risorse e una attenuazione degli automatismi previsti, che sono finalizzati esclusivamente ai tagli di spesa, questa riforma, che sulla carta dovrebbe dare più poteri programmatori alle regioni rispetto alla normativa previgente, tradisce lo spirito e la lettera delle ragioni per la quale è stata inserita nel PNRR;

    peraltro, sebbene il comma 558 della citata legge di bilancio abbia previsto che i risparmi del comma 557 restino nella disponibilità del fondo di funzionamento delle scuole, i risparmi potenziali conseguenti al calo demografico sono molto superiori a quelli qui determinati e non è previsto che vengano reinvestiti nel sistema di istruzione e formazione, come invece sarebbe auspicabile e necessario;

    la medesima legge di bilancio ha anche introdotto alcuni tagli, in particolare il fondo 0-6 anni introdotto con il decreto legislativo n. 65 del 2017 ha subito una riduzione di circa 20 milioni di euro a decorrere dal 2025, con un taglio rispetto alla dotazione ordinaria dell'8 per cento, ma che prefigura un taglio netto rispetto alla dotazione del 2024 pari a quasi 80 milioni di euro (- 25 per cento);

    rispondendo all'interrogazione n. 5-00139 delle onorevoli Boschi e Grippo, la Sottosegretaria di Stato Frassinetti ha dichiarato che per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024 il fondo ha una dotazione pari a 309 milioni di euro e ha altresì affermato che «la riduzione è stata ritenuta sostenibile», considerato che nel PNRR si prevede uno stanziamento di 900 milioni di euro per la gestione degli asili e delle scuole dell'infanzia, con priorità per quelli di nuova costruzione (264.480 posti), senza però considerare che i fondi del PNRR sono fino al 2026 e gli asili, di vecchia e nuova costruzione, avranno costi di gestione anche oltre quella data;

    è opportuno ricordare che, con l'articolo 1, commi 172-174 della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio per il 2022), il Governo Draghi ha finanziato i Lep a copertura dei costi relativi ai servizi educativi per l'infanzia al fine di rimuovere gli squilibri territoriali nell'erogazione del servizio in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;

    sempre nell'ambito del PNRR, nell'ambito di un sistema di progressione di carriera che a regime sarà precisato in sede di contrattazione collettiva, è stata giustamente riformata anche la formazione in servizio dei docenti, prevedendo un incentivo permanente per chi viene valutato positivamente nel proprio percorso di aggiornamento, ma le scarse risorse reperite per attuarla hanno portato a individuare una platea troppo esigua (circa il 5 per cento del corpo docente) e una sua realizzazione troppo diluita nel tempo (nove anni dall'avvio del nuovo sistema prima di vederne i primi effetti permanenti);

    la copertura finanziaria di questa misura presenta numerose criticità, visto che è stata individuata nel taglio della «carta docente», che finanzia con 500 euro annui esentasse la formazione di tutti i docenti di ruolo, e in una formulazione dell'articolo 16-ter, comma 5, del decreto legislativo n. 59 del 2017 che ha indicato il numero esatto della consistenza del personale docente dell'organico dell'autonomia, con esclusione dei docenti di sostegno, fino all'anno scolastico 2031/2032;

    anche la più recente innovazione introdotta, quella del docente tutor istituita con le linee guida per l'orientamento di cui al decreto ministeriale 22 dicembre 2022, n. 328 e relative alla «Riforma del sistema di orientamento» del PNRR, presenta analoghe criticità, trattandosi di un intervento molto atteso e sulla carta utile, ma che rischia di partire con il piede sbagliato solo a causa di un finanziamento, che, pur se ingente, appare purtroppo insufficiente;

    i 150 milioni di euro stanziati, infatti, sono solo per il 2023 e sufficienti a finanziare un tutor ogni 40-50 studenti e solo nelle ultime tre classi delle scuole superiori, quando le stesse linee guida ipotizzano interventi anche nei cinque anni precedenti, che sarebbe anche auspicabile si realizzassero con gruppi di studenti assegnati a ogni singolo tutor molto meno numerosi;

    una maggiore sinergia tra le diverse misure citate (riorganizzazione della rete scolastica, formazione in servizio e docente tutor) garantirebbe una loro implementazione più efficace e qualche economia di scala, liberando risorse per una innovazione organizzativa diffusa, anche attraverso la progressiva introduzione del middle management scolastico, che consentirebbe un generale incremento della retribuzione di tutto il corpo docente coinvolto e il suo collegamento con un effettivo miglioramento delle pratiche organizzative e con una maggiore efficacia dei processi di insegnamento e, quindi, di apprendimento, a vantaggio degli studenti;

    la revisione dei criteri per la programmazione dell'offerta formativa impatta su competenze statali, regionali e concorrenti e dovrebbe essere messa in relazione più stringente con le previste riforme della istruzione tecnica e professionale e gli annunciati interventi sulla cosiddetta autonomia rafforzata; in particolare andrebbero non solo definiti i livelli essenziali delle prestazioni, ma anche superate le evidenti sovrapposizioni nell'offerta, in particolare tra istruzione e formazione professionale, che è peraltro caratterizzata da una forte disomogeneità sul territorio nazionale;

    la legge 15 luglio 2022, n. 99 ha istituito il Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore, di cui sono parte integrante gli Its (denominati Its Academy) e l'articolo 26 del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, ha dato al Governo le deleghe per la riforma dell'istruzione tecnica componendo, insieme al decreto legislativo 15 luglio 2017, n. 61 e all'introduzione delle lauree professionalizzanti, un quadro di intervento sulla cosiddetta filiera professionalizzante molto importante per lo sviluppo del Paese;

    nella riorganizzazione della rete scolastica particolare attenzione andrebbe dedicata inoltre alla specificità della funzione svolta dalla rete dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti (Cpia), oggi largamente sotto utilizzata rispetto alle sue potenzialità, per il cui rafforzamento l'intervento previsto dal citato decreto-legge n. 144 del 2022 appare del tutto insufficiente;

    secondo le stime del Ministero dell'istruzione ogni anno lasciano la scuola circa 80-90 mila studenti e secondo Istat gli italiani tra i 18 e 24 anni con al più il titolo di scuola secondaria di primo grado – e quindi considerati «dispersi» secondo gli standard internazionali – nel 2021 erano il 12,7 cento, con disparità territoriali molto significative;

    il Rapporto Invalsi 2022 ha evidenziato come quasi il 10 per cento degli studenti, pur avendo conseguito un titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado, non abbia acquisito le competenze fondamentali in nessuna delle tre discipline monitorate dall'Invalsi (italiano, matematica e inglese), definendo questo fenomeno «dispersione implicita»; anche in questo caso le disparità territoriali sono evidenti e preoccupanti;

    il rapporto di Save the Children mette in luce la stretta correlazione tra l'esiguità nell'offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana, con particolare riferimento alle scuole dell'infanzia, al tempo pieno e agli spazi di socializzazione e la povertà minorile,

impegna il Governo:

1) a percorrere non solo formalmente la strada indicata dall'articolo 19, comma 5-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, ovvero quella dell'accordo presso la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e a trasmettere lo schema del decreto ivi previsto entro il 15 aprile;

2) ad adottare iniziative volte a introdurre nella normativa di riferimento sul dimensionamento scolastico alcuni correttivi aggiuntivi a quelli già previsti, con particolare attenzione a quelli più coerenti con l'obiettivo di garantire il successo formativo a tutte le ragazze e i ragazzi, le bambine e i bambini, quali, ad esempio:

  a) più risorse, anche in termini di programmazione dell'offerta, nelle zone del Paese caratterizzate da alti tassi di dispersione esplicita, di dispersione implicita e di disoccupazione, con particolare riferimento a quella giovanile;

  b) più istituzioni scolastiche, con particolare riferimento alle sezioni primavera, alle scuole dell'infanzia e alle scuole primarie, nelle aree del Paese caratterizzate da spopolamento o da alti tassi di disoccupazione femminile;

  c) rivedere il comma 5-sexies del citato articolo 19 del decreto-legge n. 98 del 2011 nella parte in cui prevede che il contingente organico deve essere sempre non superiore a quello dell'anno precedente a prescindere dall'andamento demografico;

3) ad adottare le iniziative di competenza volte ad introdurre i necessari correttivi al decreto-legge n 98 del 2011 affinché la garanzia di graduale riduzione dei ds e dsga attualmente prevista non sia finanziata tramite compensazioni regionali, ma tramite risorse aggiuntive, ove possibile utilizzando le risorse del PNRR la cui finalizzazione il Governo ha dichiarato di voler ricontattare con la Commissione europea;

4) ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi utili:

  a) che le risorse liberate dalla riduzione della spesa per istruzione e formazione conseguente al calo demografico siano totalmente reinvestite nel medesimo settore a beneficio delle studentesse e degli studenti e in parte all'adeguamento degli stipendi, a cominciare dalla non più rinviabile equiparazione della retribuzione oraria delle maestre e dei maestri a quella dei colleghi con pari anzianità di servizio;

  b) che il fondo 0-6 anni di cui al decreto legislativo n. 65 del 2017 venga finanziato con una dotazione minima di 309 milioni di euro a decorrere dal 2025, che venga esercitata la delega di cui all'articolo 2, comma 2, lettere a), b) e c) della legge 7 aprile 2022, n. 32 (cosiddetto «Family Act»), anche al fine di garantire una rete di servizi educativi e per l'infanzia su tutto il territorio nazionale e la gratuità per i redditi più bassi, e che vengano emanati i decreti legislativi di cui alle lettere e), f), g) e h) della stessa disposizione, relativi alle misure di sostegno alle famiglie per le spese sostenute per l'istruzione e l'educazione dei figli;

  c) che il finanziamento di cui all'articolo 1, comma 561, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, sia stabilizzato e incrementato al fine di finanziare la figura del tutor per tutti gli anni della scuola secondaria di primo e secondo grado e assegnando a tale figura gruppi meno numerosi di studenti;

  d) che siano introdotte ove non previste e incrementate e stabilizzate ove previste (ma a termine) le risorse finalizzate a dare sostegno economico al personale della scuola, docente e non docente, impiegato in sedi disagiate quali le piccole isole o le aree interne, ovvero al personale assunto con contratti a tempo determinato in province diverse da quelle del proprio domicilio abituale;

  e) che siano riviste le coperture delle misure previste dal PNRR di cui in premessa, con particolare riferimento all'articolo 16-ter, comma 5 del decreto legislativo n. 59 del 2017 ove quantifica la diminuzione dell'organico fino al 2032, ipotecando qualsiasi politica di riduzione del numero di studenti per classe, di impiego del personale docente in attività diverse da quelle di insegnamento o di potenziamento dell'organico per altre finalità;

  f) che la carta del docente di cui all'articolo 1, comma 121 della legge n. 107 del 2015 sia finanziata in misura sufficiente a consentire la sua erogazione per un importo almeno pari a 500 euro annui a tutto il personale impiegato su posti al 30 giugno o al 30 agosto e non solo al personale di ruolo;

5) al fine di realizzare una maggiore sinergia tra le diverse innovazioni introdotte in attuazione del PNRR (quali la formazione stabilmente incentivata, il tutor, la riorganizzazione della rete scolastica) e tra queste e la legislazione vigente, a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a modifiche anche legislative anche al fine di scongiurare una applicazione disarmonica ed esclusivamente burocratica delle stesse;

6) nelle eventuali iniziative poste in essere al fine di aggiornare il PNRR nella parte riferita agli interventi sulla istruzione tecnica e professionale, a prevedere la possibilità di rivedere l'offerta formativa della filiera professionalizzante, con particolare attenzione alla urgente necessità di evitare sovrapposizioni tra le competenze statali e regionali e tra istruzione e formazione professionale;

7) nell'emanare i regolamenti attuativi per la riforma degli Its Academy, ad agire nell'ottica della messa a sistema dei diversi interventi che si sono succeduti nel tempo, incluse quindi le riforme varate dai precedenti Governi, prestando particolare attenzione allo sviluppo degli Its Academy a partire dalla costituzione di una direzione generale a questo esclusivamente dedicata, alla individuazione di sedi idonee, a un raccordo efficace con le azioni e le competenze del Ministero delle imprese e del Made in Italy e all'arricchimento dell'offerta formativa utilizzando al meglio le risorse stanziate dal PNRR a tal fine;

8) a introdurre progressivamente forme di valorizzazione della professionalità docente che definiscano e riconoscano anche economicamente ruoli e funzioni diversi dalla docenza.
(1-00112) «Boschi, Grippo, Bonetti, D'Alessio, Richetti, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Marattin, Sottanelli».


   La Camera

impegna il Governo:

1) a percorrere non solo formalmente la strada indicata dall'articolo 19, comma 5-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, ovvero quella dell'accordo presso la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e a trasmettere lo schema del decreto ivi previsto entro il 15 aprile;

2) ad adottare iniziative volte a introdurre nella normativa di riferimento sul dimensionamento scolastico alcuni correttivi aggiuntivi a quelli già previsti, con particolare attenzione a quelli più coerenti con l'obiettivo di garantire il successo formativo a tutte le ragazze e i ragazzi, le bambine e i bambini, quali, ad esempio:

  a) a lasciare alle regioni la piena libertà di modellare l'articolazione degli istituti scolastici a prescindere dal parametro rigido del numero di alunni minimo per singola istituzione scolastica, valorizzando, in questo modo, in assenza di parametri statali, le peculiarità dei propri territori con particolare attenzione per quelle istituzioni situate nelle zone più disagiate: aree interne, comuni montani, piccole isole, minoranze linguistiche, e, in questo quadro, a rivedere l'articolo 10, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;

  b) rivedere il comma 5-sexies del citato articolo 19 del decreto-legge n. 98 del 2011 nella parte in cui prevede che il contingente organico deve essere sempre non superiore a quello dell'anno precedente a prescindere dall'andamento demografico;

3) ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi utili:

  a) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate e finalizzate ad arrivare alla progressiva e piena attuazione del Piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni, implementando le risorse del Fondo nazionale dirette a garantire la progressiva gratuità dei servizi educativi 0-3 anni a favore dei nuclei familiari a basso ISEE – con particolare attenzione all'offerta formativa nel Sud del Paese – ed una scuola dell'infanzia (3-6 anni) ad accesso universale e gratuito;

  b) ad adottare iniziative volte a incrementare le risorse finalizzate a dare sostegno economico al personale della scuola, docente e non docente, impiegato in sedi disagiate quali le piccole isole o le aree interne, ovvero al personale assunto con contratti a tempo determinato in province diverse da quelle del proprio domicilio abituale;

  c) che siano adottate iniziative per assicurare l'erogazione della Carta del docente nella misura sufficiente a dare attuazione alle indicazioni della giurisprudenza della Corte di giustizia europea;

4) al fine di realizzare una maggiore sinergia tra le diverse innovazioni introdotte in attuazione del PNRR (quali la formazione stabilmente incentivata, il tutor, la riorganizzazione della rete scolastica) e tra queste e la legislazione vigente, a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a modifiche anche legislative anche al fine di scongiurare una applicazione disarmonica ed esclusivamente burocratica delle stesse;

5) nelle eventuali iniziative poste in essere al fine di aggiornare il PNRR nella parte riferita agli interventi sulla istruzione tecnica e professionale, a prevedere la possibilità di rivedere l'offerta formativa della filiera professionalizzante, con particolare attenzione alla urgente necessità di evitare sovrapposizioni tra le competenze statali e regionali e tra istruzione e formazione professionale;

6) nell'emanare i regolamenti attuativi per la riforma degli Its Academy, ad agire nell'ottica della messa a sistema dei diversi interventi che si sono succeduti nel tempo, incluse quindi le riforme varate dai precedenti Governi, prestando particolare attenzione allo sviluppo degli Its Academy.
(1-00112) (Testo modificato nel corso della seduta) «Boschi, Grippo, Bonetti, D'Alessio, Richetti, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Marattin, Sottanelli».


   La Camera,

   premesso che:

    la riforma 1.3 «Riforma dell'organizzazione del sistema scolastico» discende da una stringente indicazione europea e costituisce uno specifico obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza dell'Italia, definitivamente approvato il 13 luglio 2021, con decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta della Commissione europea;

    l'anzidetta riforma 1.3 si inserisce nella Componente 1 «Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido all'Università» della Missione 4 «Istruzione e Ricerca» che introduce un piano di investimenti e riforme cadenzato con puntuali traguardi e obiettivi volti al miglioramento del servizio di istruzione e formazione;

    la riforma 1.3. prevede tra le proprie finalità anche quella di ridurre il numero medio di studenti per classe a vantaggio della qualità dell'insegnamento, il che è possibile esclusivamente mantenendo gli attuali volumi del personale scolastico a fronte della diminuzione del numero degli studenti;

    la presenza di personale adeguato permetterebbe di sviluppare idonee specializzazioni del personale scolastico, finalizzate anche a formare personale con compiti di tutoraggio – così come previsto dalla «Carta di Genova» della Conferenza delle regioni e delle province autonome sottoscritta il 2 dicembre 2021 e attuato con il decreto ministeriale di riforma del sistema dell'orientamento scolastico;

    le nuove professionalità potrebbero facilitare la promozione e la nascita di percorsi di carriera all'interno delle istituzioni scolastiche e rendere così maggiormente appetibile l'occupazione nell'ambito del sistema di istruzione;

    dall'attuazione di questa riforma discende anche l'autorizzazione all'erogazione dei finanziamenti del PNRR (terza rata da 19 miliardi di euro), attualmente all'esame della Commissione europea;

    gli obblighi comunitari, di cui sopra, impongono la revisione e l'armonizzazione della distribuzione delle istituzioni scolastiche, a livello regionale, parametrandola all'andamento anagrafico della popolazione studentesca nella fascia compresa tra i 3 e i 18 anni, considerando un orizzonte temporale di dieci anni, superando, così, il modello attuale. Le proiezioni dei dati demografici per i prossimi anni, infatti, rilevano una costante e significativa riduzione del numero della popolazione scolastica, infatti, alla luce degli ultimi dati raccolti dall'Istat, entro il 2034, ci saranno 1,4 milioni circa di alunni in meno (fonte Istat 2023-2034);

    il fenomeno della denatalità porterà inoltre ad una costante ed ulteriore riduzione del numero degli iscritti tanto che nei prossimi 15 anni la popolazione scolastica dovrebbe ridursi di circa il 15 per cento;

    la disciplina ordinaria relativa alla definizione dell'organico dei dirigenti scolastici (ds) e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (dsga), previgente alla riforma adottata con la legge di bilancio per il 2023, è rinvenibile nell'articolo 19, commi 5, 5-bis e 5-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ed era incentrata su un parametro dimensionale rigido che consente di assegnare stabilmente ds e dsga solo alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni almeno pari a 600 (ridotto fino a 400 per le istituzioni situate nelle piccole isole, nei comuni montani o nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche);

    in deroga temporanea a tale normativa, fino al 31 agosto 2024, le figure apicali (ds e dsga), sono assegnate alle istituzioni scolastiche secondo la disciplina stabilita dall'articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, come modificato dall'articolo 1, comma 343, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, che ha ridotto il parametro dimensionale a 500 (300 per le istituzioni situate nelle piccole isole, nei comuni montani o nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche);

    la disposizione transitoria si è manifestata inefficace. Per l'effetto distorsivo della norma, infatti, le istituzioni scolastiche, pur essendo divenute autonome, non hanno potuto usufruire dell'attribuzione di un ds e di un dsga stabili in quanto gli incarichi a questi affidabili sono triennali e, quindi, superiori alla previsione normativa. Questo ha comportato un ulteriore, massivo ricorso all'istituto della reggenza che rappresenta una misura eccezionale motivata da esigenze specifiche e contingenti;

    le reggenze costituiscono una grave disfunzione organizzativa nella gestione del personale scolastico dei ds e dsga e non contribuiscono al miglioramento del sistema di istruzione e formazione, incidendo, di conseguenza, in modo negativo sulla qualità del servizio presso le istituzioni scolastiche sprovviste di tali figure in modo stabile;

    per effetto della natura temporanea delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 343 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, senza un nuovo intervento normativo sarebbe, pertanto, tornato efficace, a decorrere dal 1° settembre 2024, l'articolo 19, commi 5, 5-bis e 5-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, che fissa a 600 unità, 400 nei casi specifici, la soglia minima di studenti, per singola istituzione scolastica, che consente l'assegnazione di un ds e di un dsga in via esclusiva;

    le criticità emerse dal precedente sistema di individuazione del contingente dei ds e dsga e di distribuzione dello stesso, in adesione agli impegni assunti dallo Stato nell'ambito dell'attuazione degli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, hanno richiesto la definizione di un nuovo modello orientato a garantire l'assegnazione stabile di figure amministrative apicali delle istituzioni scolastiche autonome (ds e dsga), consentendo alle regioni di esercitare la funzione di organizzazione, in concreto, della rete scolastica;

    l'articolo 1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023) in materia di adozione di parametri sul dimensionamento scolastico ai fini del riconoscimento dell'autonomia alle istituzioni scolastiche, va proprio in tale direzione e non prevede chiusure di plessi scolastici né interviene sui criteri di formazione delle classi che continua ad essere regolata dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81 né, tanto meno, favorisce il rischio di «classi pollaio», bensì mira al miglioramento dell'efficienza amministrativa e alla corretta e ordinata gestione delle istituzioni scolastiche;

    la legge finanziaria per il 2022, del precedente Governo Draghi, invece di modificare i parametri per la formazione delle classi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 (misura strutturale), si limitava a prevedere la riduzione del numero delle «classi pollaio» soltanto nelle scuole caratterizzate da valori degli indici di status sociale, economico e culturale e di dispersione scolastica, con il rischio concreto di non riuscire a incidere in modo complessivo sul fenomeno;

    il richiamato comma 557 introduce all'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, i nuovi commi da 5-quater a 5-sexies, per i fini sopra descritti. Nello specifico, la nuova disciplina prevede, a regime, dall'anno scolastico 2024/2025, che i criteri per la definizione del contingente organico dei dse dei dsga, insieme con la relativa distribuzione tra le regioni, vengano definiti, su base triennale, con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, da adottare, a seguito di una modifica apportata dalla Camera, entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento;

    nel caso di mancata adozione del suddetto decreto entro la data del 31 maggio, il nuovo comma 5-quinquies prevede che, in tal caso, il decreto del Ministro dell'istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze deve essere adottato entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente, indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità derivanti dalle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche nonché da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche, calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 (dell'articolo 19 del decreto-legge n. 98 del 2011 sopra citato) e, comunque, entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo;

    l'intervento normativo conferisce maggiori margini di autonomia alle regioni che possono procedere a una pianificazione, a livello locale, adeguata alle esigenze del territorio, superando la rigidità del tradizionale parametro legato al numero minimo di alunni per istituto: 600 (ridotto fino a 400 per le istituzioni situate nelle piccole isole, nei comuni montani o nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche);

    la stessa misura consente all'amministrazione di programmare un piano di assunzioni sulla base dell'effettivo fabbisogno di organico, tenuto conto del personale attualmente in servizio e della stima delle cessazioni per i prossimi anni;

    la nuova disciplina consente di generare risparmi di spesa, certificabili anno per anno, che confluiscono in un fondo, costituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito da reinvestire in modo strutturale a favore del sistema scolastico;

    questo Esecutivo, sin dal primo giorno del suo insediamento, ha perseguito l'obiettivo di garantire al personale del mondo della scuola il giusto riconoscimento per la dignità del lavoro svolto quotidianamente. In poche settimane, infatti, è stato raggiunto un accordo con i sindacati che ha previsto 100 milioni di risorse nuove, aggiunte alle somme disponibili, e la destinazione di ulteriori 300 milioni, già previsti nel bilancio per altri scopi, finalizzati, invece, dal Ministero dell'istruzione e del merito, al rinnovo del contratto, a condizioni migliorative, gli incrementi, da parecchio tempo attesi da oltre 1 milione e 200 mila lavoratori del comparto scuola, ammontano a regime a una voce media di 124 euro in più a mensilità,

impegna il Governo:

1) a lasciare alle regioni la piena libertà di modellare l'articolazione degli istituti scolastici a prescindere dal parametro rigido del numero di alunni minimo per singola istituzione scolastica, valorizzando, in questo modo, in assenza di parametri statali, le peculiarità dei territori con particolare attenzione per quelle istituzioni situate nelle zone più disagiate: aree interne, comuni montani, piccole isole, minoranze linguistiche, e, in questo quadro, ad adottare iniziative volte a rivedere l'articolo 10, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;

2) ad assicurare che l'attuazione della nuova riforma avvenga in modo graduale, escludendo, così, il verificarsi di situazioni di esubero di dirigenti scolastici e forme di compensazione quali la mobilità interregionale per gli attuali dirigenti scolastici;

3) ad utilizzare compiutamente e ottimizzare le risorse messe a disposizione dal PNRR per la creazione e la trasformazione delle istituzioni scolastiche in ambienti d'apprendimento innovativi, anche dal punto di vista dell'edilizia scolastica, della metodologia d'insegnamento e dei linguaggi, fornendo direttive e linee guida chiare ed efficaci e supportando gli enti locali e le istituzioni scolastiche nel processo di attuazione del Piano;

4) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate finalizzate ad arrivare alla progressiva e piena attuazione del Piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni, implementando le risorse del Fondo nazionale dirette a garantire la progressiva gratuità dei servizi educativi 0-3 anni a favore dei nuclei familiari a basso Isee – con particolare attenzione all'offerta formativa nel sud del Paese – ed una scuola dell'infanzia (3-6 anni) ad accesso universale e gratuito;

5) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate ad assicurare il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini, su tutto il territorio nazionale, elemento fondamentale per colmare il divario tra Nord e Sud ed assicurare la costruzione di una scuola realmente inclusiva, che coinvolga tutti gli alunni, con particolare attenzione per gli alunni con disabilità, sostenendo le famiglie con azioni concrete quali l'implementazione dei servizi di refezione scolastica, la gratuità dei servizi di trasporto e dei libri di testo e la garanzia del tempo pieno;

6) ad adottare iniziative volte a disporre un adeguamento quantitativo delle risorse da destinare al comparto della scuola indicando, come obiettivo programmatico di lungo termine, il raggiungimento del valore della media europea dell'indice di spesa per l'istruzione in rapporto al prodotto interno lordo;

7) a continuare il processo di valorizzazione economica di tutto il personale scolastico;

8) ad assicurare che tra le finalità del fondo citato in premessa vi sia, tra le altre, quella di incrementare gradualmente il Fondo unico nazionale della dirigenza scolastica;

9) ad adottare iniziative, anche normative, affinché si pervenga ad una diminuzione del numero massimo di allievi per classe, in particolare nelle realtà territoriali più disagiate e con più alto tasso di dispersione scolastica.
(1-00113) «Amorese, Sasso, Dalla Chiesa, Cavo, Mollicone, Latini, Mulè, Bicchielli, Di Maggio, Loizzo, Tassinari, Cangiano, Miele, Matteoni, Messina, Perissa, Roscani, La Porta, Zucconi».


MOZIONI SERRACCHIANI ED ALTRI N. 1-00073, ILARIA FONTANA ED ALTRI N. 1-00064, RUFFINO ED ALTRI N. 1-00081, BONELLI ED ALTRI N. 1-00117, ALMICI, DAVIDE BERGAMINI, NEVI, BICCHIELLI ED ALTRI N. 1-00121(NUOVA FORMULAZIONE), ALMICI ED ALTRI N. 1-00121 E MANES ED ALTRI N. 1-00123 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A CONTRASTARE IL FENOMENO DELLA SICCITÀ

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    il 2023 è appena iniziato ma già sono evidenti i segnali che inducono a pensare che i livelli di siccità, già preoccupanti ora, si evidenzieranno ancora di più in termini di emergenza;

    stando ai bollettini emanati dalle autorità di distretto negli ultimi mesi in tre dei sette distretti idrografici nazionali si è raggiunto uno stato di severità idrica «media»: distretto idrografico del fiume Po, distretto idrografico dell'Appennino settentrionale e distretto idrografico dell'Appennino centrale;

    la neve rappresenta la riserva d'acqua più importante per diverse attività, dalla produzione di energia all'agricoltura, nei mesi primaverili ed estivi. E dalla neve arrivano altri segnali preoccupanti. Ad oggi, fonte Global Drought Observatory (Gdo) del JRC in collaborazione con la Fondazione Cima, si registra il 40-50 per cento di neve in meno rispetto alla media dei dodici anni precedenti; il deficit è particolarmente marcato nelle Alpi nord-occidentali. L'aumento della temperatura determinerà nei prossimi mesi la fusione della neve che, in forma di acqua, può essere impegnata per l'irrigazione e altre attività e sarà di conseguenza direttamente proporzionale al decremento registrato con conseguenze gravi per molti settori produttivi;

    ormai da diversi anni, una serie di eventi naturali avversi ha contribuito nel corso del tempo ad indebolire il settore agricolo, ed in special modo le aziende ortofrutticole. Nel corso dell'estate 2022, oltre ai danni provocati dalla siccità si sono aggiunti quelli arrecati dal prolungarsi di temperature eccezionali che hanno colpito duramente ed in maniera omogenea tutto il Paese;

    in virtù di questa situazione verranno coltivati quest'anno in Italia quasi 8 mila ettari di riso in meno per un totale di appena 211 mila ettari, ai minimi da trenta anni, sulla base delle previsioni di semina. Stessa situazione per le semine di mais necessario per garantire l'alimentazione del bestiame per la produzione del latte dal quale nascono i grandi formaggi, dopo gli sconvolgimenti che ci sono stati sul commercio internazionale a seguito della guerra in Ucraina;

    tutte le produzioni ortofrutticole, in particolare le drupacee e le pomacee, a causa delle alte temperature registrate hanno subìto danni irreversibili, a partire dal rallentamento nella crescita dei frutti determinato come conseguenza calibri ridotti. In molti casi, addirittura, il raccolto non è commerciabile pertanto le rese produttive sono risultate nettamente più basse e in diversi casi gravemente compromesse. Tra le colture più colpite, oltre a drupacee e pomacee, danni a pomodoro, cipolla, patate zucche, mais, barbabietola da zucchero, soia e riso. Pertanto la produzione lorda vendibile del 2022 rispetto alla media ordinaria delle annate precedenti è risultata ampiamente inferiore al 30 per cento, con gravi ripercussioni sui bilanci delle imprese agricole;

    relativamente ai fiumi in secca, nel bacino del Po si registra oltre il 60 per cento di acqua in meno; i 22 gradi nel mese di febbraio di alcuni territori alpini causati dal riscaldamento globale hanno determinato ulteriore scioglimento dei ghiacciai alpini che sono ad ora pressoché dimezzati. Le temperature in Italia sono salite di almeno 1 grado rispetto ai livelli preindustriali, in alcune città del Nord di quasi 1,5. Lo zero termico oggi è a 3.000 metri, un valore che in media si aveva a maggio;

    la temperatura è più alta fino a due gradi sopra la media; la produzione di energia elettrica è in stallo; le colture, nonostante l'avvio tardivo di 15 giorni della pratica dell'irrigazione, sono tutt'ora in sofferenza; così come si accentua, con inevitabili danni ambientali a biodiversità e habitat, la risalita del cuneo salino a oltre 10 chilometri dalla costa adriatica e con un utilizzo all'80 per cento a 15 chilometri dal mare;

    in particolare, la risalita del cuneo salino causato dall'erosione costiera e accentuato dalla siccità, con conseguente riduzione dell'apporto idrico, o da errate opere di drenaggio che riducono l'apporto di materia naturale dei fiumi, entrando nell'entroterra mette a rischio migliaia di ettari e le aziende agricole che operano sul territorio costiero, le quali, a causa della presenza di maggiori valori di salinità sia nelle acque superficiali, sia in quelle di falda, vedono compromessa la possibilità di prelevare acque ad uso irriguo e potabile;

    per una gestione resiliente di questa crisi idrica straordinaria, già nel 2022 si è scelto che il comparto idroelettrico, indipendentemente dalle concessioni legislative, dia la disponibilità a sostenere il settore primario dell'agricoltura in caso di manifesta necessità produttiva; i grandi laghi confermano la possibilità di scendere sotto i livelli minimi di invaso per contribuire ad alimentare con continuità e per quanto possibile i corsi d'acqua di valle sia per finalità irrigue che per il mantenimento habitat e della biodiversità e, nell'ottica della massima trasparenza e per una condivisione unitaria delle scelte strategiche di adattamento al clima e alla situazione idrologica contingente;

    alcune regioni, hanno adottato nel 2022 provvedimenti, in particolare, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte, applicando anticipatamente, in talune aree, il cosiddetto deflusso minimo vitale (Dmv) estivo che consentirà di prelevare e accumulare più acqua in caso di precipitazioni;

    secondo gli ultimi dati pubblicati nel rapporto statistico Gse 2020 «Energia da fonti rinnovabili in Italia», nel nostro Paese ci sono 4.503 impianti idroelettrici per una potenza di 19.106 megawatt, pari al 34 per cento del totale di energia prodotta da fonti rinnovabili. La mancanza di acqua influisce direttamente anche sulla produzione di energia di queste centrali: alcune sono ferme, altre hanno limitato la produzione rispetto alla potenza totale. Gli operatori che sono riusciti a mantenere almeno in parte la produzione temono l'aggravarsi degli effetti della siccità nei mesi estivi;

    il quinto rapporto sullo stato del capitale naturale d'Italia presenta i primi dati della Red List degli ecosistemi terrestri d'Italia, rilevando che tra gli ecosistemi più a rischio nel nostro Paese vi sono proprio quelli delle acque dolci (fiumi e laghi). Le «arterie» ambientali della nostra penisola devono essere attentamente curate con una forte azione di tutela e ripristino, mentre ancora oggi continuano a essere oggetto di numerosi interventi dannosi che devastano ambienti fondamentali anche per il ciclo idrico;

    l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Oms, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6 per cento ogni 10 anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l'approvvigionamento idrico della Penisola. Secondo i dati diffusi dallo Giec (Gruppo intergovernativo degli esperti sul cambiamento climatico), all'aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20 per cento della disponibilità delle risorse idriche;

    la siccità rappresenta una delle sfide più pressanti del nostro tempo, e richiede politiche pubbliche efficaci di prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici, per la gestione delle perdite di acqua e per gli investimenti nelle infrastrutture idriche. Inoltre, le azioni volte alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla promozione della mobilità elettrica e alternativa sono essenziali per la lotta contro la crisi climatica;

    per far fronte alla siccità sono però necessari nuovi investimenti nelle reti idriche e la realizzazione di nuove infrastrutture. Questi investimenti, laddove necessario, dovranno includere anche la costruzione di nuovi bacini e serbatoi ma dovranno riguardare, in primo luogo, l'efficientamento delle reti idriche esistenti, la realizzazione di sistemi di irrigazione innovativi e la promozione e il sostegno dell'agricoltura di precisione. Tali investimenti possono garantire una maggiore disponibilità di acqua per le attività agricole, industriali e domestiche;

    oltre ad operare per cercare di mitigare gli effetti della scarsità idrica è fondamentale ridurre le emissioni di gas serra per far fronte alla crisi climatica. Le politiche pubbliche dovrebbero incentivare lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, come l'energia solare ed eolica, e la promozione dell'efficienza energetica. Inoltre, la transizione verso fonti energetiche rinnovabili e la promozione della mobilità elettrica o alternativa possono ridurre le emissioni di gas serra e migliorare la qualità dell'aria nelle città;

    è anche importante promuovere azioni per preservare l'ambiente, come la conservazione delle risorse naturali e delle foreste. Le foreste sono essenziali per la regolazione del clima e la conservazione della biodiversità. Inoltre, possono contribuire alla conservazione dei corsi d'acqua, riducendo l'erosione del suolo e il rischio di inondazioni;

    l'irrigazione innovativa per l'agricoltura è fondamentale per utilizzare l'acqua in modo efficiente e ridurre gli sprechi. Le tecnologie di irrigazione a goccia e di agricoltura di precisione possono aiutare gli agricoltori a utilizzare l'acqua in modo più efficiente e a ridurre l'impatto ambiente le dell'agricoltura. Inoltre, l'irrigazione a nebbia può rappresentare una soluzione innovativa per ridurre il consumo di acqua e promuovere la sostenibilità ambientale;

    i consorzi di bonifica e di irrigazione svolgono un fondamentale ruolo di sostegno dell'agricoltura nazionale, gestendo gli impianti pubblici di irrigazione su oltre 3,3 milioni di ettari e, al contempo, partecipano alla gestione del territorio e alla difesa del suolo, curando l'esercizio e la manutenzione delle opere di bonifica idraulica;

    come per le opere pubbliche, anche il territorio necessita di manutenzione per mantenere la sua efficienza, ed è questa la funzione svolta dai consorzi di bonifica, la cui presenza e gli interventi sono volti ad evitare che il territorio stesso si degradi e sia minacciato da instabilità del suolo, alluvioni, siccità, effetti negativi della pressione antropica e inquinamento, curando l'irreggimentazione dei corsi d'acqua e il deflusso o l'accumulo delle acque in eccesso, il consolidamento delle pendici in dissesto, il terrazzamento delle superfici declivi, garantendo così la conservazione e la sicurezza del territorio, dell'ambiente e del paesaggio. L'attività manutentiva svolta dai consorzi non interessa, quindi, esclusivamente il settore agricolo, ma l'intera collettività, cui viene assicurato un ambiente idrogeologicamente più sicuro;

    va considerato che l'attività di manutenzione delle opere di bonifica idraulica e di irrigazione realizzate e gestite dai consorzi viene eseguita in larga parte grazie ai contributi versati da parte di 8,8 milioni di consorziati, in gran parte agricoltori. Pertanto la manutenzione ordinaria è in gran parte a carico dei privati consorziati, mentre occorrono risorse pubbliche per la manutenzione straordinaria necessaria ad adeguare gli impianti in relazione alla diffusa situazione di vulnerabilità del territorio;

    nella Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra vengono indicate, fra le azioni di adattamento l'incremento della connettività delle infrastrutture idriche; l'aumento della capacità di ritenzione ed accumulo attraverso la realizzazione di laghetti, piccoli invasi e vasche, al fine di ridurre la pressione sulle falde sotterranee; il risanamento del sistema fluviale, assicurando la funzionalità idraulica, capace di espletare le necessarie caratteristiche funzioni e quelle ecosistemiche; il miglioramento della capacità previsionale per anticipare la disponibilità naturale della risorsa e ottimizzare il volume immagazzinato; i piani di gestione della siccità; la costruzione del bilancio idrico alla scala del Paese;

    la situazione va quindi affrontata non soltanto con aiuti immediati per contrastare l'emergenza, ma con misure strutturali per migliorare l'efficacia della gestione, conservazione e distribuzione le delle risorse idriche;

    strettamente connesso con gli eventi climatici estremi è il tema del dissesto idrogeologico, a causa del quale complessivamente il 93,9 per cento dei comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera e le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia, e Liguria;

    nella XVIII legislatura l'articolo 36-ter del decreto-legge n. 77 del 2021 ha introdotto importanti novità in materia di dissesto idrogeologico. La norma prevede, tra l'altro, l'introduzione della denominazione di «commissari di Governo per il contrasto al dissesto idrogeologico» per i commissari aventi competenze in materia di contrasto al dissesto idrogeologico, disciplinati da diverse normative, attribuendo ad essi la competenza degli interventi in tale ambito, indipendentemente dalla fonte di finanziamento. Viene inoltre previsto che gli interventi di prevenzione, mitigazione e contrasto al dissesto idrogeologico – ivi compresi quelli finanziabili tra le linee di azione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – siano qualificati come opere di preminente interesse nazionale, aventi carattere prioritario;

    resta però ancora indispensabile potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentarne la capacità tecnica e progettuale, favorire una capacità di spesa superiore all'attuale media annua;

    è inoltre urgente e necessario programmare un importante piano di investimenti per ridurre i rischi legati al continuo manifestarsi di fenomeni climatici estremi ed in particolare a carattere siccitoso, puntando anche all'efficientamento e alla messa in sicurezza delle reti idriche e alla realizzazione di nuovi invasi, alla produzione di acqua dissalata e al riuso delle acque depurate a fini agricoli e industriali;

    la legge di bilancio 2022-2024 ha previsto 440 milioni di euro dal 2022 al 2027 per la realizzazione del «piano invasi» basato su progetti già disponibili, rafforzando ulteriormente l'impegno senza precedenti (3 miliardi di euro) per il miglioramento delle infrastrutture idriche previsto dal PNRR;

    in tal senso il Piano nazionale di ripresa e resilienza può rappresentare un'importante opportunità per affrontare in maniera strutturale il problema delle emergenze climatiche connesse ai cambiamenti climatici, contribuendo contestualmente al rilancio dell'economia del Paese, grazie all'apertura di numerosi cantieri sull'intero territorio nazionale;

    in continuità con i fondi del PNRR si collocano le risorse del programma europeo «React Eu», nell'ambito del Piano operativo nazionale (Pon) infrastrutture e reti 2014-2020 per interventi volti a potenziare le infrastrutture idriche, a ridurre le perdite e digitalizzare e migliorare il monitoraggio delle reti;

    per la programmazione e la realizzazione degli interventi necessari alla mitigazione dei danni connessi al fenomeno della siccità e per promuovere il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche, anche al fine di aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e ridurre le dispersioni di risorse idriche è stata prevista, con il decreto-legge n. 121 del 2021, l'adozione, entro il 30 giugno 2022, del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (Pnissi);

    nel mese di ottobre 2022 è stato dato il via libera della Conferenza unificata allo schema di decreto del Ministro pro tempore delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, che riguarda il potenziamento e il miglioramento della sicurezza del settore idrico, in attuazione della riforma prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    lo schema di decreto attua una fondamentale riforma prevista dal PNRR, che consentirà di valutare gli interventi per gli invasi e per la rete di distribuzione dell'acqua secondo una logica di sistema, funzionale ai territori coinvolti, anche per limitare i danni provocati dalla siccità e per ridurre le perdite. La riforma del settore, che prevede finalmente una programmazione pluriennale degli investimenti, accompagna gli stanziamenti per le infrastrutture idriche, pari a 4,7 miliardi di euro, un importo senza precedenti nella storia recente del Paese;

    occorre pertanto adottare iniziative urgenti, sia di breve, sia di lungo periodo, per far fronte, in collaborazione con le regioni più coinvolte, alla grave siccità che sta colpendo il nostro Paese, con gravi ripercussioni sulla produzione di energia idroelettrica, sul comparto agricolo, e che sta provocando finanche un'emergenza idropotabile in alcuni aree,

impegna il Governo:

1) ad istituire un'apposita cabina di regia, con il coinvolgimento dei Ministeri dell'ambiente e della sicurezza energetica, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del Ministero per gli affari europei, per le politiche di coesione e per il PNRR, della Protezione civile, delle regioni e delle autorità di bacino distrettuale al fine di garantire un efficiente e rapido monitoraggio dei bacini idrografici e coordinare i provvedimenti da adottare;

2) ad adottare iniziative di competenza per scongiurare un potenziale conflitto fra la richiesta idrica per il raffreddamento delle centrali termoelettriche e per il funzionamento delle centrali idroelettriche, l'agricoltura colpita da una durissima siccità e gli approvvigionamenti per uso domestico;

3) ad adottare il Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico prevedendo, in particolare:

  a) di adottare le opportune iniziative, in aggiunta alle previsioni incluse nel PNRR, per la realizzazione di infrastrutture di accumulo idrico durante gli eventi meteorologici estremi e per il recupero di acque piovane a fini di usi industriali, irrigui e domestici prevedendo l'obbligo di recupero delle acque piovane e l'installazione di sistemi di risparmio idrico;

  b) di adottare urgenti iniziative dirette alla realizzazione di nuovi invasi nonché di piccoli invasi interaziendali a servizio delle imprese agricole, semplificando le relative procedure;

  c) di predisporre interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato e permettere le riduzioni delle perdite di rete e completare gli interventi sulla depurazione;

  d) di adottare iniziative volte ad evitare gli sprechi sia dal punto di vista delle dispersioni della rete, sia in relazione all'uso della risorsa idrica, anche attraverso investimenti diretti a promuovere, con specifico riguardo al settore agricolo, l'impiego di moderne e più avanzate tecnologie, come l'irrigazione di precisione;

  e) di adottare iniziative volte a implementare il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura e a fini industriali attraverso le modifiche normative necessarie;

  f) di adottare iniziative volte all'eventuale realizzazione di impianti di dissalazione alimentati da energia rinnovabile, con contestuali investimenti mirati su tecnologie per il recupero delle scorie dei processi di desalinazione di acque salmastre e di mare, in limitate aree, previa valutazione di impatto ambientale, dove, in un mix di interventi, occorra garantire l'autonomia idrica, con particolare riferimento alle isole minori o in aree costiere con particolari carenze infrastrutturali;

4) ad adottare iniziative volte a dare pronta e piena attuazione al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 31 dicembre 2022 «Criteri generali per la determinazione, da parte delle Regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica», al fine di garantire un uso razionale ed efficiente delle risorse idriche, prevedendo una copertura dei costi ambientali e dei costi della risorsa e dell'inquinamento, conformemente al «principio chi inquina paga», come individuati dai piani di gestione distrettuali ex direttiva 2000/60/CE;

5) a razionalizzare e semplificare il Governo della risorsa idrica, attraverso l'inserimento degli «Osservatori permanenti sugli utilizzi idrici» all'interno del decreto legislativo n. 152 del 2006, dando alle autorità di distretto le necessarie risorse individuandone i criteri di ripartizione da parte del Ministero competente;

6) a promuovere e sostenere la ricerca nel settore agricolo, allo scopo di individuare varietà di colture maggiormente resistenti ai cambiamenti climatici;

7) a promuovere e sostenere l'adozione di una normativa efficace per il contenimento del consumo di suolo che consenta di raggiungere l'obiettivo di «consumo di suolo zero al 2050», riduca l'impermeabilizzazione dei suoli nelle aree urbane e quindi ripristini le capacità di drenaggio delle acque, evitando che vengano disperse nella fognatura;

8) ad adottare iniziative idonee, anche nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per favorire la rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e ripristinarne le capacità di contenimento in caso di eventi meteorologici estremi (forti precipitazioni e alluvioni);

9) ad utilizzare i criteri minimi ambientali nel campo dell'edilizia per ridurre gli sprechi;

10) a favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti;

11) ad adottare iniziative volte a introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in tema idrico, come avviene per gli interventi di efficientamento energetico, per tutti gli usi e per tutti i settori coinvolti;

12) ad adottare iniziative volte all'eventuale creazione di scorte di acqua potabile da utilizzare in caso di possibili razionamenti del consumo e di un prevedibile e conseguenziale aumento dei prezzi ed alterazione del mercato;

13) ad adottare le iniziative di competenza per potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentarne la capacità tecnica e progettuale e favorire una capacità di spesa superiore all'attuale media annua, a partire dal ruolo fondamentale dei consorzi di bonifica e di irrigazione;

14) ad adottare iniziative volte a dare pronta e piena attuazione, per quanto di competenza, alle misure di semplificazione e accelerazione per il contrasto del dissesto idrogeologico introdotte dall'articolo 36-ter del decreto-legge n. 77 del 2021;

15) ad adottare iniziative, stanziando le relative risorse, per definire un programma di pulizia dei grandi invasi, ricorrendo anche a tecnologie innovative che prevedano un processo autorizzativo, sotto il profilo ambientale, più snello.
(1-00073) (Nuova formulazione) «Serracchiani, Simiani, Vaccari, Braga, Curti, Di Sanzo, Ferrari, Forattini, Marino, Andrea Rossi, Morassut, Madia, Carè, De Maria, Girelli, Graziano, Toni Ricciardi, Manzi, Merola, Sarracino, Malavasi, Boldrini, Peluffo, Ghio, Scotto, Zingaretti, Stefanazzi, Cuperlo, Fossi, Lacarra, Casu, Iacono, D'Alfonso, Scarpa, Berruto, Ascani, Guerra, Di Biase, Fornaro, Gianassi, Lai, Gribaudo, Bakkali, Roggiani, Tabacci, Bonafè, Barbagallo, Gnassi, Furfaro, Guerini, Orfini, Fassino, Stumpo, Laus».


   La Camera,

   premesso che:

    il 2023 è appena iniziato ma già sono evidenti i segnali che inducono a pensare che i livelli di siccità, già preoccupanti ora, si evidenzieranno ancora di più in termini di emergenza;

    stando ai bollettini emanati dalle autorità di distretto negli ultimi mesi in tre dei sette distretti idrografici nazionali si è raggiunto uno stato di severità idrica «media»: distretto idrografico del fiume Po, distretto idrografico dell'Appennino settentrionale e distretto idrografico dell'Appennino centrale;

    la neve rappresenta la riserva d'acqua più importante per diverse attività, dalla produzione di energia all'agricoltura, nei mesi primaverili ed estivi. E dalla neve arrivano altri segnali preoccupanti. Ad oggi, fonte Global Drought Observatory (Gdo) del JRC in collaborazione con la Fondazione Cima, si registra il 40-50 per cento di neve in meno rispetto alla media dei dodici anni precedenti; il deficit è particolarmente marcato nelle Alpi nord-occidentali. L'aumento della temperatura determinerà nei prossimi mesi la fusione della neve che, in forma di acqua, può essere impegnata per l'irrigazione e altre attività e sarà di conseguenza direttamente proporzionale al decremento registrato con conseguenze gravi per molti settori produttivi;

    ormai da diversi anni, una serie di eventi naturali avversi ha contribuito nel corso del tempo ad indebolire il settore agricolo, ed in special modo le aziende ortofrutticole. Nel corso dell'estate 2022, oltre ai danni provocati dalla siccità si sono aggiunti quelli arrecati dal prolungarsi di temperature eccezionali che hanno colpito duramente ed in maniera omogenea tutto il Paese;

    in virtù di questa situazione verranno coltivati quest'anno in Italia quasi 8 mila ettari di riso in meno per un totale di appena 211 mila ettari, ai minimi da trenta anni, sulla base delle previsioni di semina. Stessa situazione per le semine di mais necessario per garantire l'alimentazione del bestiame per la produzione del latte dal quale nascono i grandi formaggi, dopo gli sconvolgimenti che ci sono stati sul commercio internazionale a seguito della guerra in Ucraina;

    tutte le produzioni ortofrutticole, in particolare le drupacee e le pomacee, a causa delle alte temperature registrate hanno subìto danni irreversibili, a partire dal rallentamento nella crescita dei frutti determinato come conseguenza calibri ridotti. In molti casi, addirittura, il raccolto non è commerciabile pertanto le rese produttive sono risultate nettamente più basse e in diversi casi gravemente compromesse. Tra le colture più colpite, oltre a drupacee e pomacee, danni a pomodoro, cipolla, patate zucche, mais, barbabietola da zucchero, soia e riso. Pertanto la produzione lorda vendibile del 2022 rispetto alla media ordinaria delle annate precedenti è risultata ampiamente inferiore al 30 per cento, con gravi ripercussioni sui bilanci delle imprese agricole;

    relativamente ai fiumi in secca, nel bacino del Po si registra oltre il 60 per cento di acqua in meno; i 22 gradi nel mese di febbraio di alcuni territori alpini causati dal riscaldamento globale hanno determinato ulteriore scioglimento dei ghiacciai alpini che sono ad ora pressoché dimezzati. Le temperature in Italia sono salite di almeno 1 grado rispetto ai livelli preindustriali, in alcune città del Nord di quasi 1,5. Lo zero termico oggi è a 3.000 metri, un valore che in media si aveva a maggio;

    la temperatura è più alta fino a due gradi sopra la media; le colture, nonostante l'avvio tardivo di 15 giorni della pratica dell'irrigazione, sono tutt'ora in sofferenza; così come si accentua, con inevitabili danni ambientali a biodiversità e habitat, la risalita del cuneo salino a oltre 10 chilometri dalla costa adriatica e con un utilizzo all'80 per cento a 15 chilometri dal mare;

    in particolare, la risalita del cuneo salino causato dall'erosione costiera e accentuato dalla siccità, con conseguente riduzione dell'apporto idrico, o da errate opere di drenaggio che riducono l'apporto di materia naturale dei fiumi, entrando nell'entroterra mette a rischio migliaia di ettari e le aziende agricole che operano sul territorio costiero, le quali, a causa della presenza di maggiori valori di salinità sia nelle acque superficiali, sia in quelle di falda, vedono compromessa la possibilità di prelevare acque ad uso irriguo e potabile;

    per una gestione resiliente di questa crisi idrica straordinaria, già nel 2022 si è scelto che il comparto idroelettrico, indipendentemente dalle concessioni legislative, dia la disponibilità a sostenere il settore primario dell'agricoltura in caso di manifesta necessità produttiva; i grandi laghi confermano la possibilità di scendere sotto i livelli minimi di invaso per contribuire ad alimentare con continuità e per quanto possibile i corsi d'acqua di valle sia per finalità irrigue che per il mantenimento habitat e della biodiversità e, nell'ottica della massima trasparenza e per una condivisione unitaria delle scelte strategiche di adattamento al clima e alla situazione idrologica contingente;

    alcune regioni, hanno adottato nel 2022 provvedimenti, in particolare, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte, applicando anticipatamente, in talune aree, il cosiddetto deflusso minimo vitale (Dmv) estivo che consentirà di prelevare e accumulare più acqua in caso di precipitazioni;

    secondo gli ultimi dati pubblicati nel rapporto statistico Gse 2020 «Energia da fonti rinnovabili in Italia», nel nostro Paese ci sono 4.503 impianti idroelettrici per una potenza di 19.106 megawatt, pari al 34 per cento del totale di energia prodotta da fonti rinnovabili. La mancanza di acqua influisce direttamente anche sulla produzione di energia di queste centrali: alcune sono ferme, altre hanno limitato la produzione rispetto alla potenza totale. Gli operatori che sono riusciti a mantenere almeno in parte la produzione temono l'aggravarsi degli effetti della siccità nei mesi estivi;

    il quinto rapporto sullo stato del capitale naturale d'Italia presenta i primi dati della Red List degli ecosistemi terrestri d'Italia, rilevando che tra gli ecosistemi più a rischio nel nostro Paese vi sono proprio quelli delle acque dolci (fiumi e laghi). Le «arterie» ambientali della nostra penisola devono essere attentamente curate con una forte azione di tutela e ripristino, mentre ancora oggi continuano a essere oggetto di numerosi interventi dannosi che devastano ambienti fondamentali anche per il ciclo idrico;

    l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Oms, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6 per cento ogni 10 anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l'approvvigionamento idrico della Penisola. Secondo i dati diffusi dallo Giec (Gruppo intergovernativo degli esperti sul cambiamento climatico), all'aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20 per cento della disponibilità delle risorse idriche;

    la siccità rappresenta una delle sfide più pressanti del nostro tempo, e richiede politiche pubbliche efficaci di prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici, per la gestione delle perdite di acqua e per gli investimenti nelle infrastrutture idriche. Inoltre, le azioni volte alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla promozione della mobilità alternativa sono essenziali per la lotta contro la crisi climatica;

    oltre ad operare per cercare di mitigare gli effetti della scarsità idrica è fondamentale ridurre le emissioni di gas serra per far fronte alla crisi climatica. Le politiche pubbliche dovrebbero incentivare lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, come l'energia solare ed eolica, e la promozione dell'efficienza energetica. Inoltre, la transizione verso fonti energetiche rinnovabili e la promozione della mobilità elettrica o alternativa possono ridurre le emissioni di gas serra e migliorare la qualità dell'aria nelle città;

    è anche importante promuovere azioni per preservare l'ambiente, come la conservazione delle risorse naturali e delle foreste. Le foreste sono essenziali per la regolazione del clima e la conservazione della biodiversità. Inoltre, possono contribuire alla conservazione dei corsi d'acqua, riducendo l'erosione del suolo e il rischio di inondazioni;

    l'irrigazione innovativa per l'agricoltura è fondamentale per utilizzare l'acqua in modo efficiente e ridurre gli sprechi. Le tecnologie di irrigazione a goccia e di agricoltura di precisione possono aiutare gli agricoltori a utilizzare l'acqua in modo più efficiente e a ridurre l'impatto ambiente le dell'agricoltura. Inoltre, l'irrigazione a nebbia può rappresentare una soluzione innovativa per ridurre il consumo di acqua e promuovere la sostenibilità ambientale;

    i consorzi di bonifica e di irrigazione svolgono un fondamentale ruolo di sostegno dell'agricoltura nazionale, gestendo gli impianti pubblici di irrigazione su oltre 3,3 milioni di ettari e, al contempo, partecipano alla gestione del territorio e alla difesa del suolo, curando l'esercizio e la manutenzione delle opere di bonifica idraulica;

    come per le opere pubbliche, anche il territorio necessita di manutenzione per mantenere la sua efficienza, ed è questa la funzione svolta dai consorzi di bonifica, la cui presenza e gli interventi contribuiscono ad evitare che il territorio stesso si degradi e sia minacciato da instabilità del suolo, alluvioni, siccità, effetti negativi della pressione antropica e inquinamento, curando l'irreggimentazione dei corsi d'acqua e il deflusso o l'accumulo delle acque in eccesso, il consolidamento delle pendici in dissesto, il terrazzamento delle superfici declivi, garantendo così la conservazione e la sicurezza del territorio, dell'ambiente e del paesaggio;

    va considerato che l'attività di manutenzione delle opere di bonifica idraulica e di irrigazione realizzate e gestite dai consorzi viene eseguita in larga parte grazie ai contributi versati da parte di 8,8 milioni di consorziati, in gran parte agricoltori. Pertanto la manutenzione ordinaria è in gran parte a carico dei privati consorziati, mentre occorrono risorse pubbliche per la manutenzione straordinaria necessaria ad adeguare gli impianti in relazione alla diffusa situazione di vulnerabilità del territorio;

    il risanamento del sistema fluviale, con particolare riferimento al ripristino della connettività, è una misura auspicabile che andrebbe nella direzione della strategia dell'Unione europea per la biodiversità;

    la situazione va quindi affrontata non soltanto con aiuti immediati per contrastare l'emergenza, ma con misure strutturali per migliorare l'efficacia della gestione, conservazione e distribuzione le delle risorse idriche;

    strettamente connesso con gli eventi climatici estremi è il tema del dissesto idrogeologico, a causa del quale complessivamente il 93,9 per cento dei comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera e le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia, e Liguria;

    nella XVIII legislatura l'articolo 36-ter del decreto-legge n. 77 del 2021 ha introdotto importanti novità in materia di dissesto idrogeologico. La norma prevede, tra l'altro, l'introduzione della denominazione di «commissari di Governo per il contrasto al dissesto idrogeologico» per i commissari aventi competenze in materia di contrasto al dissesto idrogeologico, disciplinati da diverse normative, attribuendo ad essi la competenza degli interventi in tale ambito, indipendentemente dalla fonte di finanziamento. Viene inoltre previsto che gli interventi di prevenzione, mitigazione e contrasto al dissesto idrogeologico – ivi compresi quelli finanziabili tra le linee di azione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – siano qualificati come opere di preminente interesse nazionale, aventi carattere prioritario;

    resta però ancora indispensabile potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentarne la capacità tecnica e progettuale, favorire una capacità di spesa superiore all'attuale media annua;

    è inoltre urgente e necessario programmare un importante piano di investimenti per ridurre i rischi legati al continuo manifestarsi di fenomeni climatici estremi ed in particolare a carattere siccitoso, puntando anche all'efficientamento e alla messa in sicurezza delle reti idriche e alla realizzazione di nuovi invasi, alla produzione di acqua dissalata e al riuso delle acque depurate a fini agricoli e industriali;

    la legge di bilancio 2022-2024 ha previsto 440 milioni di euro dal 2022 al 2027 per la realizzazione del «piano invasi» basato su progetti già disponibili, rafforzando ulteriormente l'impegno senza precedenti (3 miliardi di euro) per il miglioramento delle infrastrutture idriche previsto dal PNRR;

    in tal senso il Piano nazionale di ripresa e resilienza può rappresentare un'importante opportunità per affrontare in maniera strutturale il problema delle emergenze climatiche connesse ai cambiamenti climatici, contribuendo contestualmente al rilancio dell'economia del Paese, grazie all'apertura di numerosi cantieri sull'intero territorio nazionale;

    in continuità con i fondi del PNRR si collocano le risorse del programma europeo «React Eu», nell'ambito del Piano operativo nazionale (Pon) infrastrutture e reti 2014-2020 per interventi volti a potenziare le infrastrutture idriche, a ridurre le perdite e digitalizzare e migliorare il monitoraggio delle reti;

    per la programmazione e la realizzazione degli interventi necessari alla mitigazione dei danni connessi al fenomeno della siccità e per promuovere il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche, anche al fine di aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e ridurre le dispersioni di risorse idriche è stata prevista, con il decreto-legge n. 121 del 2021, l'adozione, entro il 30 giugno 2022, del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (Pnissi);

    nel mese di ottobre 2022 è stato dato il via libera della Conferenza unificata allo schema di decreto del Ministro pro tempore delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, che riguarda il potenziamento e il miglioramento della sicurezza del settore idrico, in attuazione della riforma prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    lo schema di decreto attua una fondamentale riforma prevista dal PNRR, che consentirà di valutare gli interventi per gli invasi e per la rete di distribuzione dell'acqua secondo una logica di sistema, funzionale ai territori coinvolti, anche per limitare i danni provocati dalla siccità e per ridurre le perdite. La riforma del settore, che prevede finalmente una programmazione pluriennale degli investimenti, accompagna gli stanziamenti per le infrastrutture idriche, pari a 4,7 miliardi di euro, un importo senza precedenti nella storia recente del Paese;

    occorre pertanto adottare iniziative urgenti, sia di breve, sia di lungo periodo, per far fronte, in collaborazione con le regioni più coinvolte, alla grave siccità che sta colpendo il nostro Paese, con gravi ripercussioni sulla produzione di energia idroelettrica, sul comparto agricolo, e che sta provocando finanche un'emergenza idropotabile in alcuni aree,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte all'eventuale realizzazione di impianti di dissalazione alimentati da energia rinnovabile, con contestuali investimenti mirati su tecnologie per il recupero delle scorie dei processi di desalinazione di acque salmastre e di mare, in limitate aree, previa valutazione di impatto ambientale, dove, in un mix di interventi, occorra garantire l'autonomia idrica, con particolare riferimento alle isole minori o in aree costiere con particolari carenze infrastrutturali;

2) a valutare di adottare iniziative volte a dare pronta e piena attuazione al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 31 dicembre 2022 «Criteri generali per la determinazione, da parte delle Regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica», al fine di garantire un uso razionale ed efficiente delle risorse idriche, prevedendo una copertura dei costi ambientali e dei costi della risorsa e dell'inquinamento, conformemente al «principio chi inquina paga», come individuati dai piani di gestione distrettuali ex direttiva 2000/60/CE;

3) a promuovere e sostenere la ricerca nel settore agricolo, allo scopo di individuare varietà di colture maggiormente resistenti ai cambiamenti climatici;

4) a promuovere e sostenere l'adozione di una normativa efficace per il contenimento del consumo di suolo che consenta di raggiungere gli obiettivi comunitari di riduzione del consumo del suolo;

5) a valutare di adottare iniziative idonee, anche nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per favorire la rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e ripristinarne le capacità di contenimento in caso di eventi meteorologici estremi (forti precipitazioni e alluvioni);

6) a promuovere l'utilizzo di criteri minimi ambientali nel campo dell'edilizia per ridurre gli sprechi;

7) a favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti;

8) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in tema idrico, come avviene per gli interventi di efficientamento energetico, per tutti gli usi e per tutti i settori coinvolti;

9) ad adottare le iniziative di competenza per potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentarne la capacità tecnica e progettuale e favorire una capacità di spesa superiore all'attuale media annua.
(1-00073) (Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Serracchiani, Simiani, Vaccari, Braga, Curti, Di Sanzo, Ferrari, Forattini, Marino, Andrea Rossi, Morassut, Madia, Carè, De Maria, Girelli, Graziano, Toni Ricciardi, Manzi, Merola, Sarracino, Malavasi, Boldrini, Peluffo, Ghio, Scotto, Zingaretti, Stefanazzi, Cuperlo, Fossi, Lacarra, Casu, Iacono, D'Alfonso, Scarpa, Berruto, Ascani, Guerra, Di Biase, Fornaro, Gianassi, Lai, Gribaudo, Bakkali, Roggiani, Tabacci, Bonafè, Barbagallo, Gnassi, Furfaro, Guerini, Orfini, Fassino, Stumpo, Laus».


   La Camera,

   premesso che:

    secondo il rapporto della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione (Unccd), «Drought in Numbers 2022», in mancanza di una efficace strategia e di un impegno condiviso a livello globale, entro il 2050 la siccità potrebbe colpire oltre i tre quarti della popolazione mondiale;

    il degrado dei terreni nelle aree più esposte alla desertificazione è causato principalmente dallo sfruttamento eccessivo e dall'uso inappropriato del suolo e delle acque, oltre che dalle variazioni climatiche;

    la siccità è una delle principali cause della desertificazione che, a sua volta comporta, il declino della sua fertilità, della biodiversità che ospita, con evidenti danni complessivi anche alla salute umana, azioni i cui impatti sono fortemente inaspriti dai cambiamenti climatici;

    come rilevato dalle categorie di settore e dalle istituzioni competenti in materia, tali fattori hanno un pesante impatto sulla disponibilità di risorse idriche anche nel nostro Paese;

    negli ultimi due anni il fenomeno della siccità sta investendo soprattutto le regioni del Nord Italia dove i laghi alpini presentano livelli di riempimento ai minimi storici, con altrettanta minima quantità dei flussi di risorsa idrica rilasciata. La situazione è particolarmente critica in Lombardia dove i cinque laghi prealpini più importanti, che secondo i dati Arpa potrebbero consentire lo stoccaggio di 1,3 miliardi di metri cubi di acqua, a causa della scarsità degli immissari, hanno raggiunto solo 350 milioni di metri cubi, 200 milioni in meno rispetto al 2022;

    anche la portata del Po continua a diminuire e risulta più che dimezzata rispetto allo scorso anno. Secondo l'ultimo report dell'Anbi, l'associazione che rappresenta i consorzi di bonifica e irrigazione, in alcuni punti del fiume si registra perfino una riduzione dell'80 per cento, e si preannuncia una situazione particolarmente critica per diversi bacini idrici dal Nord al Sud Italia;

    tutti gli indici presi in considerazione dall'Osservatorio siccità dell'Istituto di bioeconomia del Cnr nei mesi primaverili del 2022, a cominciare dall'indice Spi (Standard precipitation index), indicatori di surplus o deficit pluviometrico, sono univoci nell'indicare un deficit abbastanza diffuso nelle regioni settentrionali e su Lazio, Abruzzo, Puglia e Calabria, soprattutto sul medio e lungo periodo, con buona parte del Nord e diverse aree del Centro-sud in siccità da moderata a estrema. Anomalie negative, indicative di un forte disseccamento del suolo, sono evidenziate anche dall'indice Esi (Evaporative stress index), che quantifica anomalie temporali standardizzate del rapporto fra evapotraspirazione reale e potenziale, e dall'indice Tci (Temperature condition index) che mostra, anche per le temperature, valori superiori rispetto alla serie storica di riferimento concentrate fra Piemonte e Lombardia occidentale, Lazio e regioni meridionali, eccetto Molise, e buona parte della Campania. Da quanto riportato emerge che la popolazione esposta al rischio siccità severa/estrema risulta oscillare fra il 2,3 per cento sul breve periodo fino ad arrivare al 30,6 per cento sul medio periodo;

    i rilievi elaborati dall'Osservatorio del Cnr compongono una grave situazione di siccità di tipo idrologico, tale cioè da intaccare le riserve idriche superficiali. Dai dati Arpa relativi al bacino padano emerge che, fra manto nevoso, invasi e laghi, nel febbraio 2015 si stimavano 4 miliardi di metri cubi di acqua e 2,6 miliardi nel 2018, a fronte di 1,5 miliardi nel febbraio 2022. Che nel bacino padano sia in atto una progressiva desertificazione è inoltre comprovato dalle immagini satellitari messe a confronto nell'arco dei decenni (change detection) dalle quali emerge con evidenza l'aumento della superficie non coperta da vegetazione nelle aree della pianura del Po;

    la Società meteorologica italiana (Nimbus web) ha rilevato che il 2022 è entrato nella storia della climatologia italiana ed europea come un anno tra i più estremi mai registrati in termini di caldo e deficit di precipitazioni, e in particolare in Italia si è rivelato il più caldo e siccitoso nella serie climatica nazionale, iniziata nel 1800 e gestita dal CNR-ISAC di Bologna, con pesanti ripercussioni sulle portate fluviali, sull'agricoltura e la produzione idroelettrica;

    le prospettive non sembrano incoraggianti anche per il 2023. Il 10 gennaio 2023 il programma di osservazione satellitare della Terra EU-Copernicus (servizi sui cambiamenti climatici e il monitoraggio dell'atmosfera, C3S e CAMS) ha diramato l'analisi delle anomalie climatiche del 2022 in Europa e nel mondo ed evidenziato che un nuovo episodio di mitezza eccezionale ha interessato gran parte d'Europa anche tra fine dicembre 2022 e inizio gennaio 2023. Inoltre il medesimo programma segnala che la concentrazione media planetaria di CO2 atmosferica nel 2022 ha toccato un nuovo record, +2,1 ppm, rispetto al 2021;

    si rileva inoltre che il già precario equilibrio del territorio è sempre più spesso aggravato da fenomeni pluviometrici estremi di segno diametralmente opposto, come violenti nubifragi che comportano erosione del suolo, rischio di frane, mareggiate intense, trombe d'aria e sbalzi termici, provocando frequenti e ingenti danni al territorio e al sistema produttivo;

    oltre all'aspetto quantitativo legato all'approvvigionamento, va considerato che il fenomeno della siccità comporta anche un decadimento della qualità della risorsa idrica, con gravi ripercussioni soprattutto per il settore agricolo. Si tratta del cosiddetto fenomeno dell'intrusione del cuneo salino, per il quale la progressiva intrusione di acqua marina a un elevato grado di salinità, determina una salinizzazione dei pozzi con cui vengono irrigate le colture, che risultano così irrimediabilmente danneggiate ed un conseguente degrado dei suoli (salinizzati);

    va inoltre considerato che le infrazioni per la presenza di nitrati in falda permangono in molte zone d'Italia e gli indici di eutrofizzazione peggiorano lo stato di molti corpi idrici, con la conseguenza che la diminuzione dell'acqua in falda non può che aggravare la concentrazione dei nitrati e di altri inquinanti chimici nelle acque;

    secondo la normativa vigente (decreto legislativo n. 152 del 2006) tutte le derivazioni superficiali di acqua pubblica nei corsi d'acqua naturali sono soggette all'obbligo del mantenimento in alveo di una portata minima d'acqua, definita «deflusso minimo vitale». Tale concetto è stato poi integrato da quello di «deflusso ecologico» che ne rappresenta un'evoluzione: con esso si passa dal garantire una portata istantanea minima al garantire un regime idrologico per il raggiungimento degli obiettivi ambientali indicati dalla direttiva comunitaria quadro in materia di acque 2000/60/CE, volta a prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo della risorsa, a favorire il mantenimento delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali e assicurarne un utilizzo sostenibile, basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili, ma anche a contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità;

    il piano di gestione del distretto idrografico è lo strumento operativo previsto dalla citata direttiva, per attuare una politica coerente e sostenibile della tutela delle acque attraverso un approccio integrato dei diversi aspetti gestionali ed ecologici rapportati alla scala di distretto idrografico. Nell'ambito degli strumenti del piano di gestione sopra citato è stata introdotta l'istituzione degli osservatori per la gestione delle risorse idriche. Gli osservatori rappresentano uno strumento permanente di condivisione delle conoscenze e di dialogo tra enti istituzionali e portatori di interesse ed hanno tra le loro finalità principali quelle di: favorire la raccolta sistematica ed unitaria delle informazioni relative agli scenari climatici ed idrologici e al monitoraggio in tempo reale delle disponibilità e dei consumi idrici, proporre linee strategiche di impiego stagionale delle risorse idriche del distretto, definire gli strumenti tecnici di supporto alla pianificazione del bilancio idrico a scala di bacino e di modalità di reporting idrologico, ambientale ed economico da effettuarsi al termine di ogni anno idrologico;

    l'introduzione degli osservatori permanenti sugli utilizzi idrici costituisce una misura fondamentale nell'ambito del programma di misure del piano di gestione acque e ha mostrato la sua efficacia nella governance della risorsa idrica sin dalla crisi idrica del 2017, contribuendo a risolvere o mitigare in maniera significativa criticità che avrebbero avuto impatti sicuramente molto più pesanti sul tessuto socio-economico;

    il risparmio della risorsa idrica e la riduzione degli sprechi richiede la transizione da un modello di gestione delle acque reflue di tipo lineare ad uno, maggiormente virtuoso, basato sui principi dell'economia circolare, nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni di tutela dell'ambiente e della salute. Nel settore agricolo il riutilizzo delle acque reflue depurate ha un potenziale rilevante, quantificabile in 9 miliardi di metri cubi all'anno, sfruttato solo per il 5 per cento ossia 475 milioni di metri cubi;

    occorre inoltre promuovere tecnologie innovative che consentono di conservare la risorsa idrica mediante lo stoccaggio delle acque piovane in cisterne e/o nel sottosuolo, rendendole meno soggette a fenomeni evaporativi resi più intensi dall'aumento delle temperature, ed incrementare il contenuto della sostanza organica nei suoli al fine di aumentare la capacità di campo, che definisce il contenuto d'acqua nel terreno, in termini di umidità percentuale (un incremento dell'1 per cento nel contenuto di sostanza organica può garantire fino a 300 mc/ha di accumulo idrico nel suolo, disponibile per la vegetazione e le colture agricole);

    tra le milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono state inserite misure importanti per affrontare gli effetti di cambiamenti climatici sulle risorse idriche. Si fa riferimento alla missione M2C4 che prevede «Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico» e, in particolare, all'investimento 1.1 «volto ad azioni di monitoraggio e prevenzione dei rischi naturali e indotti sul territorio italiano, sfruttando le conoscenze e le tecnologie esistenti e all'avanguardia, al fine di garantire l'elaborazione e l'attuazione di piani di prevenzione e resilienza adeguati al territorio e alle infrastrutture, a difesa e protezione delle risorse nazionali esistenti e future»,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per disciplinare, con apposite disposizioni normative, gli «osservatori permanenti sugli utilizzi idrici» nei distretti idrografici presso le autorità di bacino distrettuali, ad oggi affidati a protocolli d'intesa e pertanto costituiti solo come strutture operative volontarie e di tipo sussidiario, a supporto della gestione delle risorse idriche nel distretto idrografico;

2) ad adottare adeguate iniziative volte ad aumentare il grado di resilienza dei sistemi di approvvigionamento dei diversi comparti di utilizzo della risorsa idrica rispetto ai fenomeni di siccità, con particolare riferimento alla realizzazione degli interventi inerenti le infrastrutture, anche a carattere emergenziale, all'attuazione dei programmi di recupero delle perdite idriche, e all'aggiornamento e all'attuazione del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (Pnissi) di cui all'articolo 1, comma 516, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, mediante il finanziamento della progettazione di interventi considerati strategici nel medesimo Piano, in coerenza con l'obiettivo della Missione 2, Componente 4 del PNRR;

3) a promuovere politiche intersettoriali sulla gestione della quantità e della qualità dell'acqua per accrescere la resilienza dei sistemi di approvvigionamento idrico, di trattamento, di stoccaggio e di trasporto nonché dei sistemi di igiene, assicurando adeguate conoscenze ai fini decisionali e della corretta comunicazione ambientale;

4) ad adottare iniziative per prevedere la creazione di un catasto a scala distrettuale, interoperabile con i catasti regionali, delle concessioni delle utilizzazioni delle acque pubbliche, comprensivo dell'indicazione dei punti di prelievo dell'acqua dai corpi idrici, dei punti di restituzione dell'acqua a valle dell'utilizzo, dei valori di portata concessi, del periodo di prelievo, delle tipologia di uso, della scadenza dei titoli, oltre a provvedere all'acquisizione, anche in tempo reale, e all'archiviazione delle misurazioni dei prelievi e delle restituzioni, affinché sia consentito di conoscere la ripartizione idrica tra i diversi usi e di assumere le decisioni per la gestione dell'eventuale emergenza da parte degli organi della Protezione civile e delle altre autorità competenti coinvolte;

5) ad adottare iniziative volte a prevedere una ricognizione puntuale degli scopi delle principali captazioni idriche, anche in vista di piani di riduzione differenziata delle captazioni in caso di emergenza idrica quantitativa e qualitativa in funzione dell'utilizzo primario;

6) a predisporre idonee iniziative normative, in raccordo con gli enti territoriali competenti, finalizzate alla gestione della crisi idrica da parte delle regioni in una fase precedente la dichiarazione dello stato di emergenza, mediante ordinanze che abbiano la finalità di ridurre o sospendere i prelievi idrici e di ottimizzare l'invasamento di acqua;

7) a monitorare il completamento delle sperimentazioni sul deflusso ecologico, consentendo l'aggiornamento dei deflussi ecologici a valle delle derivazioni nel rispetto degli obiettivi ambientali fissati dal piano di gestione e di quanto disposto dagli strumenti normativi e attuativi vigenti a livello europeo, nazionale e regionale;

8) ad adottare iniziative volte a rendere pubblici i dati relativi alla concentrazione dei nitrati e di altri elementi/inquinanti nelle acque potabili erogate, al fine di consentire un'adeguata informazione ai cittadini ed il costante monitoraggio della qualità delle acque;

9) ad assumere iniziative finalizzate ad aumentare gli investimenti nella ricerca sulle tecnologie volte a migliorare lo stoccaggio e il risparmio idrico e su sistemi e tecniche di irrigazione di precisione che consentano di regolare le portate e di ridurre l'inutile spreco della risorsa idrica;

10) a promuovere l'attivazione di misure e progetti che consentano di ampliare la capacità di depurazione ai fini del riutilizzo delle acque reflue, nel rispetto delle vigenti disposizioni di tutela dell'ambiente e della salute;

11) ad avviare ogni iniziativa utile volta a promuovere lo stoccaggio delle acque piovane in cisterne e/o nel sottosuolo, rendendole meno soggette ai fenomeni evaporativi, resi più intensi dall'aumento delle temperature, e ad aumentare la capacità idrica di campo incrementando il contenuto della sostanza organica nei suoli;

12) a fornire elementi in merito allo stato delle attività di rinaturazione dei corsi d'acqua previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

13) ad adottare iniziative per potenziare, nell'ambito dei piani di bacino dei distretti idrografici, gli strumenti e le regole di esercizio volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico, garantendo un'equa ripartizione della risorsa tra territori regionali contigui, con particolare attenzione per le deficienze idriche connesse ai periodi di siccità e scarsità della risorsa;

14) a monitorare lo stato quantitativo dei corpi idrici e pianificare, di concerto con le autorità di bacino regionali, le azioni volte a contrastare gli effetti negativi delle scarse precipitazioni mediante l'acquisizione mensile dei volumi degli invasi da parte di tutti i gestori, quale condizione preventiva e necessaria per pianificare le risorse finanziarie e mitigare gli effetti della siccità su tutta la penisola;

15) ad accrescere le conoscenze sull'effettiva disponibilità e la gestione attenta delle risorse idriche sotterranee, caratterizzate da una più elevata qualità e da un importante potenziale in un contesto di crescente scarsità idrica;

16) ad adottare iniziative per prevedere una riduzione di prelievi e captazioni da parte dei concessionari delle acque minerali nelle aree in cui la crisi idrica si presenti critica;

17) a promuovere campagne di sensibilizzazione volte a condividere in modo solidaristico e secondo principi di proporzionalità la necessità di riduzione dei prelievi da aste fluviali e bacini da parte di tutti i soggetti derivatori.
(1-00064) «Ilaria Fontana, L'Abbate, Sergio Costa, Morfino, Santillo, Pavanelli, Sportiello, Torto».


   La Camera,

   premesso che:

    da diversi anni l'Italia è chiamata ad affrontare situazioni di siccità che condizionano pesantemente le risorse idriche del Paese, come testimoniato in modo emblematico sia dal fiume Po che dal Lago di Garda, entrambi ormai vicini, se non già oltre, al loro livello minimo storico;

    l'agricoltura delle grandi regioni del Nord Italia e della Pianura Padana è storicamente legata al fiume Po, ai grandi laghi e ai laghi alpini; la portata del fiume Po si è ridotta in modo talmente drammatico che il suo cuneo salino è ormai risalito di diversi chilometri, con effetti negativi sulle falde e, dunque, sull'intero comparto; questa situazione ormai non più episodica rischia di mettere in ginocchio un intero sistema economico. Il bollettino dell'Autorità distrettuale del fiume Po aggiornato al 13 aprile 2023 ha peraltro certificato che i dati risultano peggiorati rispetto allo stesso periodo di appena un anno fa;

    nel 2022 si è registrato un calo di circa il 45 per cento della pioggia e di circa il 70 per cento della neve rispetto alle medie degli anni precedenti, e alla luce del fatto che la carenza di piogge è stata particolarmente rilevante anche in questi primi due mesi del 2023, è purtroppo ragionevole aspettarsi che ci sarà una progressiva riduzione delle precipitazioni anche nei prossimi anni, o quantomeno una loro concentrazione temporale, alternata a bombe d'acqua ed episodi piovosi di particolare intensità, spesso causa di dissesto idrogeologico;

    in base ai dati dell'Ispra, la disponibilità di risorsa idrica media annua in Italia, calcolata nel periodo 1951-2020, ammonta a 469,8 millimetri (corrispondente a un volume di circa 142 miliardi di metri cubi), cioè il 19 per cento in meno rispetto al valore medio annuo del trentennio 1921-1950, con un trend negativo che vede stimata una perdita di un ulteriore 40 per cento (con punte del 90 per cento in certe zone del Sud Italia) nei prossimi trent'anni;

    la quantità d'acqua utilizzata in Italia ogni anno equivale a circa 26,6 miliardi di metri cubi, distribuiti per il 51 per cento nel settore agricolo, per il 21 per cento nel settore industriale, per quasi il 20 per cento nel civile, e per un restante 8 per cento circa tra settore energetico e zootecnia; l'attuale crisi di siccità ha quindi ripercussioni dirette e gravi per le aziende del settore agricolo; un periodo di siccità prolungata, infatti, crea naturalmente problemi per l'insieme delle tipologie di colture – in particolare quelle a forte consumo idrico come il riso, e per gli allevamenti, ivi incluse le acquacolture, per il buon esito dei prossimi raccolti e per la produttività del mare, perché se non c'è acqua non arrivano nutrienti e il fitoplancton necessari allo sviluppo della molluschicoltura;

    secondo le stime di Cia-Agricoltori Italiani, Coldiretti e Confagricoltura dell'estate 2022, i danni sono stimabili in diversi miliardi di euro, con le rese di grano e del latte da mucche che hanno visto un calo di ben oltre il 10 per cento. È chiaro che più la situazione si prolungherà, maggiori saranno le quantificazioni dei danni per il tessuto agroalimentare del Paese;

    ad essere intaccata, però, è anche la produzione idroelettrica, che ha registrato nel 2022 un calo di circa il 38 per cento della potenza prodotta, e con l'attuale inverno estremamente mite la situazione è ancor più grave dell'anno scorso, il quale era già stato l'anno peggiore degli ultimi sette decenni;

    pur con la crescita di produzione dal fotovoltaico e dall'eolico, infatti, nel 2022 il dato dell'idroelettrico ha fatto registrare un calo dal 40 per cento al 35 per cento della componente rinnovabile sul totale della produzione nazionale;

    per quanto riguarda gli usi prettamente civili delle risorse idriche, nelle ultime settimane l'Associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi) ha dichiarato che per almeno per 3,5 milioni di abitanti non si possa più dare per scontata l'acqua dal rubinetto, con il 15 per cento della popolazione che ormai vive in territori esposti ad una siccità severa, quando non estrema;

    non sorprende, quindi, come anche l'Organizzazione mondiale della sanità già nel 2018 abbia classificato l'Italia come Paese con stress idrico medio-alto, in quanto utilizza fino al 35 per cento delle proprie risorse idriche rinnovabili, dato peraltro in aumento costante rispetto al periodo di riferimento 1971-2001;

    in aggiunta, l'attuale grave situazione di siccità sta contribuendo ad acuire la già problematica presenza di fauna selvatica nelle aree urbane, essendo gli animali costretti a spostarsi in ricerca di maggiori fonti di acqua;

    la perdurante scarsità di precipitazioni pluviometriche e nevose degli ultimi anni ha infatti cagionato una riduzione dei deflussi superficiali e delle conseguenti riserve idriche, condizionando la capacità di ricarica delle falde superficiali, i cui effetti risultano amplificati anche a causa delle diffuse criticità strutturali che caratterizzano gli impianti e la rete di distribuzione idrica nazionale, con perdite che superano addirittura il 40 per cento; quest'ultimo dato è particolarmente allarmante a sé stante e, a maggior ragione, se paragonato ad altri Paesi europei: in Francia la dispersione nella rete idrica ammonta a circa il 20 per cento, mentre in Germania all'8 per cento;

    la rete idrica italiana necessita di importanti interventi di modernizzazione e manutenzione: dei 550 mila chilometri di rete idrica, oltre il 60 per cento risale a più di 30 anni fa, e il 25 per cento ha addirittura superato i 50 anni di attività. Il tasso di rinnovo della rete idrica italiana è tra i più bassi d'Europa: in media solamente 3,8 metri per ogni chilometro di condotte a fine vita viene sostituito ogni anno e quasi tutti gli interventi sono concentrati al Centro-nord. Con questo tasso di rinnovo, Utilitalia stima che non sarà possibile ammodernare l'intera infrastruttura, e raggiungere così l'obiettivo di dispersione inferiore al 10 per cento prima di almeno 250 anni;

    in Italia solamente l'11,3 per cento dell'acqua piovana (circa 34,2 miliardi di metri cubi) viene immagazzinata, con un conseguente spreco di un enorme potenziale: secondo l'Anbi, infatti, servirebbero oltre 2.000 nuovi invasi, incentivando peraltro la pulizia di quelli già esistenti. A tal proposito, sarebbe poi auspicabile una semplificazione normativa riguardante la gestione dei detriti che attualmente devono essere trattati come rifiuti speciali;

    nel nostro Paese non esiste poi un piano nazionale per il riuso delle acque di depurazione nonostante il grande potenziale di questa risorsa: quasi il 30 per cento dell'acqua restituita dai sistemi di depurazione è di buona qualità, ma invece di venire riutilizzata in agricoltura ritorna nei fiumi o in mare. È necessario predisporre il prima possibile tale piano, sia in considerazione del Regolamento (UE) 2020/741 in materia di riutilizzo dell'acqua, il quale si applicherà a partire dal 26 giugno 2023, che alla luce delle numerose procedure di infrazione attive nei confronti dell'Italia in tema di collettamento, fognatura e depurazione;

    una gestione asistematica e scoordinata delle già esigue risorse idriche – destinate a diventare sempre più carenti – si traduce in un vero e proprio danno per tutti i settori e servizi, da quello agricolo e industriale, a quello elettrico e turistico, senza dimenticare, appunto, l'approvvigionamento di acqua potabile alla popolazione;

    la situazione è talmente drammatica che lo stesso Governo il 1° marzo 2023 ha tenuto un tavolo sulla crisi idrica dai cui lavori è scaturita l'istituzione di una cabina di regia e la previsione di nominare un commissario straordinario nazionale con poteri esecutivi;

    la cabina di regia dovrà effettuare una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione – per il tramite dello stesso commissario straordinario nazionale – per fare fronte alla crisi idrica nel breve termine;

    ad inizio aprile 2023 il Consiglio dei ministri ha varato un decreto-legge sulla prevenzione e il contrasto della siccità e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche;

    appare infatti urgente, adottare misure volte a mitigare i rischi derivanti dalle carenze idriche, destinate ad aggravarsi in considerazione delle elevate temperature e dell'incremento dei prelievi d'acqua a uso idropotabile e irriguo ed è necessario ed urgente provvedere ad una manutenzione costante dei letti dei corsi d'acqua e degli invasi, insieme ad un continuo monitoraggio di corsi d'acqua, fiumi, laghi, ghiacciai e di tutte le acque interne, compito che era affidato all'unità di missione «Italia sicura», che è stata sciolta e che dovrebbe essere ripristinata;

    le iniziative di breve periodo, infatti, come lo sono le dichiarazioni di stati di emergenza che si sono succedute di volta in volta negli anni, esauriscono in fretta le loro finalità e necessitano di essere affiancate da obiettivi di medio-lungo periodo a cui si può tendere unicamente attraverso misure portanti in termini di ammodernamento infrastrutturale contro la dispersione, di un piano sugli invasi, degli usi tecnologici nell'irrigazione, del recupero dell'acqua piovana nonché di tutte le azioni previste dalla Missione 2, Componente 4 del PNRR (Tutela del territorio e della risorsa idrica), per la quale sono contemplati investimenti per un totale di circa 3,9 miliardi di euro, di cui 2,9 miliardi finanziati dal Piano stesso;

    va altresì ricordato come il Contratto istituzionale di sviluppo «Acqua bene comune», avviato dal precedente Governo, preveda un piano di investimenti da oltre un miliardo di euro e abbia ricevuto numerose proposte progettuali in materia di captazione e accumulo, potabilizzazione, trasporto e distribuzione, fognature, depurazione, riutilizzo e restituzione all'ambiente della risorsa idrica nonché monitoraggio dei corpi idrici entro il termine del 10 ottobre 2022. L'iniziale tabella di marcia prevedeva l'inizio dei lavori ad aprile 2023, ma ad oggi non si hanno novità e l'ultima comunicazione da parte dell'Agenzia per la coesione territoriale risale al 6 dicembre 2022;

    gli investimenti sulla rete idrica vanno, evidentemente, aumentati: secondo la Federazione Utilities, il costo di tutti gli interventi necessari per contrastare i fenomeni di siccità è di circa 5 miliardi l'anno, in parte già finanziabili attraverso il PNRR. Secondo uno studio di Cassa depositi e prestiti, inoltre, aumentare gli investimenti annui dagli attuali 2 miliardi di euro a 5 miliardi di euro consentirebbe all'Italia di allinearsi alle quote di investimento degli altri Paesi europei di simili dimensioni, i quali, come detto, presentano tassi di dispersione nettamente migliori;

    in Italia gli investimenti nel settore idrico, infatti, equivalgono a circa 49 euro pro capite, meno della metà della media europea di 100 euro pro capite;

    al fine di favorire l'aumento degli investimenti sulla rete, sarebbe inoltre necessaria una riduzione del numero degli operatori del servizio idrico in Italia, che attualmente si attesta a circa 2.500, di cui l'83 per cento sono gestori cosiddetti «in economia» – ovvero gestione diretta da parte del comune – e solamente il 17 per cento sono gestori industriali privati. Questi ultimi investono, in media, sei volte più dei loro competitor pubblici ma nettamente meno rispetto ai loro omologhi europei. In aggiunta, si riscontrano notevoli differenze territoriali, con investimenti pro capite di circa 62 euro al Centro e di appena 26 euro nelle regioni del Mezzogiorno;

    l'insufficiente livello di investimento si verifica anche perché il 53 per cento degli operatori sono di ridotte dimensioni, con conseguenti limitate capacità di spesa, e il 40 per cento non copre tutto il processo di gestione della risorsa idrica ma solamente alcune fasi, portando ad evidenti difficoltà nella pianificazione degli investimenti stessi. È fondamentale, perciò, anche attraverso un maggior coordinamento regionale, arrivare a ridurre il numero degli operatori, sia di natura privata che pubblica, per aumentarne sia l'efficienza, grazie ai vantaggi delle economie di scala, che la capacità di attrarre capitali privati, ormai molto attenti ai temi degli investimenti sostenibili;

    gli investimenti sull'infrastruttura idrica vanno, però, abbinati allo sviluppo tecnologico e alla formazione nell'utilizzo quotidiano della risorsa idrica, con particolare riferimento agli usi civili, imprenditoriali e del settore agricolo che possono avvalersi degli strumenti di irrigazione di precisione. Quest'ultima permette non solo di ridurre enormemente gli sprechi, ma anche di avere migliori rendimenti attraverso un monitoraggio delle fasi delle colture che evita alle piante gli stress da carenza, o sovrabbondanza, d'acqua, la diffusione di fitopatie, permette un minore impiego di fitofarmaci, e nell'allevamento garantisce un migliore benessere animale. Si dovrebbero prevedere misure di incentivazione fiscale e di iper-ammortamento per questo tipo di investimenti, ivi inclusi quelli per i processi di monitoraggio e di controllo digitale, per i sistemi di sensistica e, infine, per ricerca e sviluppo sulla diffusione di varietà di coltivazioni più resistenti agli stress idrici, con l'obiettivo di accompagnare l'intero comparto agroalimentare nell'adattamento ai cambiamenti climatici,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a provvedere, in via assolutamente prioritaria, alla realizzazione degli investimenti necessari per l'ammodernamento dell'infrastruttura idrica, per il monitoraggio dei bacini idrografici e per una maggiore resilienza dell'intera rete alle sfide causate dai cambiamenti climatici e dai sempre più frequenti fenomeni di siccità, anche attraverso i fondi messi a disposizione del PNRR;

2) ad adottare iniziative per ripristinare una unità di missione da porre in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri che si occupi di dissesto idrogeologico e di sviluppo e coordinamento della manutenzione delle strutture idriche, anche nell'ottica di ammodernamento ed efficientamento del sistema acquedottistico nazionale, limitando le attuali cospicue perdite idriche lungo il percorso di distribuzione e della realizzazione e messa in esercizio di un sistema di collettori e depuratori di fanghi reflui, anche al fine di accogliere le raccomandazioni che giungono dall'Unione europea e scongiurare ulteriori procedure di infrazione;

3) ad adottare iniziative volte ad accelerare l'approvazione dei progetti riferiti al CIS «Acqua bene comune», presentati nell'ottobre 2022 con l'obiettivo di migliorare la gestione della risorsa idrica e la resilienza dell'intero settore;

4) ad incentivare, attraverso iniziative normative di natura fiscale, ovvero agevolazioni quali l'iper-ammortamento, gli investimenti in irrigazione di precisione, agricoltura 2.0, impianti di irrigazione di ultima generazione e interventi agronomici e infrastrutturali volti al miglioramento dell'efficienza nell'uso delle risorse idriche in campo agricolo, che tengano conto delle effettive esigenze colturali e delle caratteristiche del suolo, con particolare riferimento a specifiche misure di sostegno per le imprese agricole, della acquacoltura e della filiera agroalimentare della trasformazione, da impegnare in investimenti tecnologici e digitali, e nella formazione degli operatori;

5) a predisporre, quanto prima, anche attraverso la nascente task-force, un piano per la realizzazione delle migliaia di nuovi invasi, ivi inclusi piccoli invasi «interaziendali» a servizio delle imprese agricole, necessari a una maggiore e più capillare capacità di immagazzinamento dell'acqua piovana, oltre che una semplificazione normativa per la gestione dei detriti nella pulizia degli invasi già esistenti;

6) a promuovere un piano per il riuso delle acque di depurazione, sia in considerazione del Regolamento (UE) 2020/741 in materia di riutilizzo dell'acqua, il quale si applicherà a partire dal 26 giugno 2023, che alla luce delle numerose procedure di infrazione attive nei confronti dell'Italia;

7) a promuovere, anche in linea con le indicazioni della Commissione europea e la spinta dei diversi Governi europei, la ricerca riguardo la coltivazione idroponica e le nuove tecniche genomiche (NGT – New Genomic Techniques), finalizzate ad identificare coltivazioni più resistenti e che necessitino di minori quantità di acqua, in modo da accompagnare il nostro intero settore agroalimentare nell'adattamento ai cambiamenti climatici e al conseguente fenomeno della siccità;

8) ad adottare iniziative, se necessario anche attraverso norme primarie e d'intesa con le regioni e gli enti locali, al fine di un riassetto complessivo degli enti gestori del servizio idrico integrato, prevedendo una razionalizzazione e riduzione dei soggetti coinvolti nonché una riduzione degli attuali ostacoli burocratici, al fine di garantire una maggiore efficienza e una migliore capacità di programmare ed attrarre investimenti;

9) a promuovere campagne di comunicazione e sensibilizzazione che incentivino, da un lato, i cittadini ad un uso più attento e responsabile della risorsa idrica e, dall'altro, le aziende e le industrie ad introdurre nei loro processi produttivi e nei loro cicli industriali sistemi di riutilizzo, ovvero di irrigazione per il comparto agricolo, più efficienti e tecnologici;

10) a promuovere un piano complessivo ed omogeneo a livello nazionale che consenta la costruzione e la messa in esercizio di dissalatori, al fine di ottenere consistenti quantità di acqua dolce dalla dissalazione e depurazione delle acque marine;

11) a prevedere l'implementazione di un sistema di coordinamento nazionale che tenga in considerazione le specificità degli utilizzi agricoli, industriali, civili e turistici dell'acqua, con il fine di evitare conflittualità tra questi usi e di ottenere una più oculata gestione delle risorse idriche.
(1-00081) (Nuova formulazione) «Ruffino, Richetti, Gadda, Castiglione, Enrico Costa, Del Barba, Grippo, Marattin, Sottanelli».


   La Camera

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte ad accelerare l'approvazione dei progetti riferiti al CIS «Acqua bene comune», presentati nell'ottobre 2022 con l'obiettivo di migliorare la gestione della risorsa idrica e la resilienza dell'intero settore;

2) a valutare l'opportunità di incentivare, attraverso iniziative normative di natura fiscale, ovvero agevolazioni quali l'iper-ammortamento, gli investimenti in irrigazione di precisione, agricoltura 2.0, impianti di irrigazione di ultima generazione e interventi agronomici e infrastrutturali volti al miglioramento dell'efficienza nell'uso delle risorse idriche in campo agricolo, che tengano conto delle effettive esigenze colturali e delle caratteristiche del suolo, con particolare riferimento a specifiche misure di sostegno per le imprese agricole, della acquacoltura e della filiera agroalimentare della trasformazione, da impegnare in investimenti tecnologici e digitali, e nella formazione degli operatori;

3) a promuovere, anche in linea con le indicazioni della Commissione europea e la spinta dei diversi Governi europei, la ricerca riguardo la coltivazione idroponica e le nuove tecniche genomiche (NGT – New Genomic Techniques), finalizzate ad identificare coltivazioni più resistenti e che necessitino di minori quantità di acqua, in modo da accompagnare il nostro intero settore agroalimentare nell'adattamento ai cambiamenti climatici e al conseguente fenomeno della siccità.
(1-00081) (Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Ruffino, Richetti, Gadda, Castiglione, Enrico Costa, Del Barba, Grippo, Marattin, Sottanelli».


   La Camera,

   premesso che:

    la siccità in Italia sta diventando sempre più comune negli ultimi decenni, con conseguenze devastanti per l'agricoltura, l'ambiente e la popolazione. Le cause principali della siccità sono legate al cambiamento climatico, che sta aumentando la temperatura globale e alterando i modelli di precipitazione, ma anche a un uso insostenibile della risorsa idrica;

    il grido di allarme lanciato dagli scienziati dell'Ipcc (il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici) con l'ultimo rapporto pubblicato a fine marzo 2023, indica chiaramente come non ci sia più tempo da perdere per fronteggiare l'emergenza climatica. Il surriscaldamento del pianeta, con un aumento della temperatura media globale di 1.1 °C rispetto all'era preindustriale (1850-1900), sta già avendo impatti diffusi e disastrosi che colpiscono la vita di milioni di persone in tutto il mondo, con l'aumento di ondate di calore, siccità e inondazioni che stanno già superando il livello di guardia;

    in questo scenario si inserisce l'estate 2022, forse quella dove si è registrata la peggiore siccità in Europa da 500 anni a questa parte e il 2023 che si preannuncia ancora più drammatico. L'Italia ha chiuso il 2022 con un pesante deficit idrico, aggravato dalla siccità che ha colpito duramente tutto il Nord e parte del Centro per oltre un anno. A subire le conseguenze maggiori sono stati soprattutto i terreni irrigui e i prati-pascoli, che sono stati colpiti da un intenso deficit di pioggia di lungo periodo, ma la siccità ha influito pesantemente anche sull'agricoltura e sull'energia idroelettrica prodotta, che ha subito una forte riduzione di circa il 40 per cento. Secondo i dati della piattaforma Entso-E, il calo è visibile già dalla metà del 2021, ma il 2022 è stato un anno eccezionale rispetto ai sei precedenti e anche i valori dei primi mesi del 2023, sono molto inferiori aggravando ulteriormente la situazione;

    appare molto preoccupante la situazione della siccità nel Nord-Ovest del Paese, come evidenziato da diverse fonti, in particolare, l'Ordine dei geologi, che ha riferito come le riserve di acqua in Lombardia sono di circa il 45 per cento in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020, con il livello dei laghi inferiore di poco più del 50 per cento e il manto nevoso sulle montagne solo al 46,2 per cento della media. Questa grave siccità ha causato il ridotto livello dei fiumi e dei laghi della regione, che rappresenta un problema per l'ecosistema e per le attività umane che ne dipendono. Rispetto al massimo valore d'invaso il Lago di Garda, ad esempio, ha un riempimento del 35 per cento, che lo porta a soli 13 centimetri dal record minimo del periodo risalente al 1989, mentre il Lago di Como ha una percentuale di riempimento pari al 20 per cento e un livello di –5,8 cm, circa 20 cm al di sotto dei livelli normali. Il Lago Maggiore ha un riempimento del 38 per cento, inferiore alla norma, mentre il Fiume Po a Ponte della Becca (Pavia) si trova a –3,2 metri rispetto allo zero idrometrico, con le rive ridotte a spiagge di sabbia come in estate;

    l'altra causa della siccità in Italia è l'uso insostenibile dell'acqua, di cui non conosciamo appieno i consumi annui. Se per gli usi civili, periodicamente rilevati dall'Istat, sappiamo che si erogano ai cittadini circa 4,7 miliardi di metri cubi l'anno, ai quali va aggiunto un terzo dovuto alle perdite delle reti di distribuzione, le stime sugli usi industriali non sono mai state aggiornate da oltre 20 anni, mentre l'incertezza maggiore riguarda gli usi irrigui. Il Censimento dell'agricoltura 2010 stima che per irrigare i 2,42 milioni di ettari di superficie irrigua nazionale si impiegano circa 11,1 miliardi di metri cubi all'anno, che tenuto conto delle elevate perdite di distribuzione delle reti irrigue implicherebbe un prelievo di circa 25 miliardi di metri cubi;

    al netto delle perdite l'Italia è il Paese dell'EU con i consumi domestici più elevati (220 litri/abitante/giorno contro i 150 della Grecia e i 132 della Spagna – fonte: Blue Book 2022) e ciò per la totale mancanza di incentivi per favorire la diffusione di soluzioni che nel resto d'Europa si stanno diffondendo, come la raccolta della pioggia e il riuso delle acque grigie depurate;

    la fatiscenza degli acquedotti porta ad una perdita di acqua pari al 42 per cento, potremmo dare da bere ad una popolazione di 40 milioni di abitanti: nonostante questa emergenza infrastrutturale il PNRR prevede solo 900 milioni di euro di investimento per affrontare la dispersione dell'acqua dalle condutture;

    secondo l'ultimo dossier di Legambiente «Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell'era della crisi climatica», l'Italia, stando alle ultime stime disponibili, è tra i Paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale, con il 90 per cento di piste innevate artificialmente, seguita da Austria (70 per cento), Svizzera (50 per cento), Francia (39 per cento). Tale sistema di innevamento artificiale non è una pratica sostenibile e di adattamento, dato che comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio. In particolare, il rapporto di Legambiente stima un consumo annuo di acqua che già ora potrebbe raggiungere 96.840.000 di metri cubi, corrispondente al consumo idrico annuo di circa una città da un milione di abitanti. Inoltre, per rifornire di neve artificiale i 23.800 ettari di piste innevabili sull'arco alpino è stato determinato un consumo energetico complessivo di ben 600 gigawattora, che corrisponde «al consumo annuo di energia elettrica di 130.000 famiglie di quattro persone», come specificato dal Cipra;

    l'azione condotta fin qui dai Governi è stata per lo più improntata ad un uso reiterato dei commissariamenti, da quelli per il dissesto idrogeologico a quelli per accelerare la predisposizione e attuazione del Piano nazionale di interventi nel settore idrico, dal commissario unico nazionale per la depurazione, ai commissari delegati per gli interventi urgenti per la gestione della risorsa idrica con un approccio dettato dall'emergenza e dall'estemporaneità degli interventi, per lo più di carattere infrastrutturale e di ulteriore artificializzazione del reticolo idrico, senza affrontare in modo ordinario e pianificato la gestione delle acque;

    nel nostro Paese attualmente vi sono 532 grandi dighe, di cui solo 374 in pieno esercizio, mentre 7 risultano ancora in costruzione, 76 in attesa di collaudo, 41 a invaso limitato e 33 fuori esercizio temporaneo (Annuario dei dati ambientali 2020, Ispra, 2021), mentre per le piccole dighe sono state raccolte informazioni su 26288 invasi, molti dei quali recentemente costruiti. Da rilevare poi che, sulla spinta degli incentivi, gli impianti di produzione di energia idroelettrica e la conseguenza frammentazione del reticolo idrico soprattutto montano, sono aumentati enormemente nell'arco di un decennio, passando da 2249 nel 2009 a 4337 nel 2018 (Terna, 2018). Impianti piccoli, con un contributo energetico strategico trascurabile (+0,7 per cento di potenza installata in 10 anni) ma con elevati impatti ambientali;

    in Italia, come in altri Paesi mediterranei, le politiche di approvvigionamento idrico hanno puntato ad accrescere la «capacità di regolazione» dei deflussi superficiali, creando invasi in cui accumulare le acque nel periodo piovoso per utilizzarle durante quello arido. Questa strategia ha tuttavia ben pochi margini per essere ulteriormente attuata, considerando che le sezioni dei corsi d'acqua dove era più facile ed efficace realizzare invasi sono ormai già abbondantemente sfruttate e che il riempimento dei volumi di accumulo esistenti sta diventando sempre più difficile a causa del mutato regime delle precipitazioni, a partire da quelle nevose, visto che con i grandi laghi alpini e gli invasi artificiali semivuoti sembra molto ottimistico pensare che realizzarne di nuovi possa risolvere il deficit idrico;

    negli ultimi decenni, sono risultati sempre più evidenti i notevolissimi impatti ambientali e socio-economici degli sbarramenti dei fiumi. Secondo l'analisi delle pressioni sulle acque svolta in attuazione della direttiva quadro 2000/60, dighe e altri ostacoli sono, infatti, il fattore di pressione più significativo in almeno il 30 per cento dei corpi idrici europei e causa del mancato raggiungimento del buono stato ecologico in almeno il 20 per cento di essi;

    le dighe, oltre ad impattare drammaticamente la popolazione ittica, hanno determinato (insieme alle escavazioni in alveo) un cronico deficit di sedimenti su estese porzioni del reticolo idrografico italiano, con incisione degli alvei ed erosione costiera e conseguenti danni a ponti e opere di difesa, rendendo necessario un ingente esborso di risorse per ricostruire o stabilizzare tali infrastrutture e per realizzare opere di difesa dei litorali. Incisione degli alvei ed erosione delle coste sono fattori primari di depauperamento delle falde freatiche e di intrusione del cuneo salino, ovvero proprio quei fenomeni che vengono spesso imputati esclusivamente alla siccità e che si pretende di combattere con nuove dighe;

    all'accumulo negli invasi si collegano poi altri problemi significativi, come la perdita di molta acqua per evaporazione, l'aumento elevato di temperature negli invasi più piccoli, con formazione di condizioni anossiche, fioriture algali e sviluppo di cianotossine (uno dei problemi di qualità dell'acqua emergenti di maggior rilievo a livello mondiale), fattori che compromettono il successivo utilizzo di queste acque e la necessità di sfangamento degli invasi, che spesso comportano interventi costosi e complessi sul piano tecnico, impatti ambientali rilevanti e la difficoltà di reperire siti idonei, nel caso in cui i fanghi vadano smaltiti ai di fuori del corso d'acqua;

    risulta pertanto evidente come gli invasi lungo i corsi d'acqua non rispettino assolutamente il principio Dnsh (Do no significant harm), che prevede che gli interventi previsti dai PNRR non arrechino danno significativo all'ambiente e vanno nella direzione diametralmente opposta rispetto alla Strategia europea per la biodiversità 2030 e alla proposta di Regolamento europeo per la «Nature Restoration», che chiedono invece di ripristinare la connettività dei corsi d'acqua, rimuovendo sbarramenti che creano più danni che benefici e non di costruirne di nuovi;

    anche la realizzazione di impianti di desalinizzazione per aumentare la disponibilità idrica non è sostenibile come soluzione strutturale di approvvigionamento idrico per il Paese e può essere presa in considerazione solo in casi di necessità, in determinati periodi dell'anno e solo per realtà particolari, ad esempio le piccole isole. Sono, infatti, molto elevati tanto i costi economici quanto quelli energetici e ambientali associati a questa tecnologia, considerando che i residui del trattamento, ad esempio, sono costituiti da una «melma» ipersalina (la salamoia) ricca di anti-incrostanti, metalli e cloruri, il cui smaltimento determina notevoli impatti dove viene scaricata, tendendo a stratificarsi in prossimità del fondale marino e alterando gravemente habitat e specie;

    per sopperire all'eccesso di domanda irrigua rispetto alla disponibilità idrica, troppo spesso inoltre si fa ricorso al meccanismo della deroga al deflusso ecologico, che dovrebbe restare una misura di assoluta emergenza. Ora la deroga, applicata anche nella misura del 70 per cento e per l'intera stagione irrigua, sta diventando, di fatto, un istituto ordinario in diverse regioni, vanificando così gli sforzi in corso per passare da un ormai obsoleto deflusso minimo vitale a un vero e proprio deflusso ecologico, che tenga in considerazione i diversi aspetti rilevanti del regime idrologico e le funzioni e servizi ecosistemici a essi associati. La realizzazione di nuovi invasi rischia, non solo di alterare ulteriormente il regime idrologico di corsi d'acqua già fortemente impattati, ma di determinare un'ulteriore spinta per altre deroghe;

    secondo stime Anbi in Italia all'agricoltura sono imputabili 14,5 miliardi di metri cubi di acqua l'anno, pari al 54 per cento dei consumi totali e in tale contesto appare quanto mai necessario, a fronte non solo delle crisi idriche ma di quelle sistemiche che rendendo sempre più difficile e costoso l'accesso ai fattori su cui si è basata la produttività agricola, promuovere un sistema agroalimentare che richieda un minor uso idrico, anche attraverso una riconversione del sistema dell'industria zootecnica e ridefinire l'organizzazione dei paesaggi agrari e delle pratiche agronomiche, con l'adozione di misure mirate all'incremento della funzionalità ecologica dei territori agrari e della loro capacità di trattenere e far infiltrare le acque meteoriche e prevenire il degrado dei suoli, con l'adozione generalizzata di pratiche colturali che implementino il contenuto di sostanza organica nei suoli e la loro capacità di assorbire le piogge e trattenere umidità;

    l'agricoltura intensiva ha poi determinato un estremo impoverimento dei suoli agricoli. Secondo Ispra il 28 per cento del territorio italiano presenta segni di desertificazione, che non è solo un problema di mancanza d'acqua. Secondo i dati Crea (2017) in Italia il contenuto di carbonio organico nei suoli è in media pari all'1 per cento: questo indica suoli disfunzionali, inclini alla desertificazione, meno capaci di trattenere acqua e nutrienti, dalla minore capacità produttiva. Si stima che aumentando di solo l'1 per cento il contenuto di sostanza organica nel suolo, la capacità di trattenere acqua aumenti di quasi 300 metri cubi per ettaro. La superficie agricola italiana è di circa 17 milioni di ettari, si tratta quindi di un accumulo di oltre 5 miliardi di metri cubi, quasi la metà di quella che si può attualmente accumulare negli invasi delle grandi dighe italiane (11,8 sono i miliardi di metri cubi invasabili attualmente stimati);

    il luogo migliore dove stoccare l'acqua rimane la falda e la ricarica controllata della falda determina un ventaglio ampio di benefici oltre quello dello stoccaggio: falde più alte sono di sostegno a numerosi habitat umidi, lentici e lotici si previene la subsidenza indotta dall'abbassamento della falda; falde più elevate rilasciano lentamente acqua nel reticolo idrografico sostenendo le portate di magra; livelli di falda alti contrastano l'intrusione del cuneo salino. I sistemi di ricarica controllata della falda costano in media 1,5 euro per metri cubi di capacità di infiltrazione annua, mentre per gli invasi i costi arrivano a 5-6 euro per metri cubi di volume invasabile. I sistemi di ricarica controllata consumano molto meno territorio e per essi è più facile trovare siti idonei; metodi «naturali» come le aree forestali di infiltrazione, già realizzate ed efficacemente dimostrate in alcuni contesti agricoli, andrebbero incentivate e potrebbero, fornire diversi servizi ecosistemici aggiuntivi;

    l'ostacolo principale all'infiltrazione delle piogge nel suolo è data dalla forte cementificazione del territorio e dall'impermeabilizzazione dei suoli che ha ridotto progressivamente la capacità di rigenerazione delle falde idriche, determinando il rapido convogliamento delle acque nei sistemi di fognatura urbana. Il consumo di suolo viaggia ad una velocità di 2 mq/sec, secondo i dati Ispra il recupero delle acque piovane in ambito urbano risulta viceversa assolutamente strategico, considerando che i dati pluviometrici relativi a 109 città capoluogo di provincia nel 2023, anno in cui le piogge sono state anche inferiori alle medie storiche di riferimento, indicano in circa 13 miliardi di metri cubi l'acqua piovana dispersa, una quantità corrispondente a circa il 40 per cento dei prelievi medi annui di acqua in Italia (circa 33 miliardi di metri cubi);

    per far sì che le precipitazioni permangano più a lungo sul territorio, alimentando le falde e smorzando i picchi di piena, invece di scorrere velocemente a valle, un'altra misura fondamentale è la restituzione di spazio ai fiumi, riducendone la canalizzazione e ripristinando la connessione tra gli alvei e le pianure inondabili, anche rimuovendo opere di difesa e, quando necessario, ricostruendole a maggior distanza dal fiume. In questa direzione va anche il ripristino della connettività monte-valle, rimuovendo o modificando parte degli sbarramenti esistenti, per recuperare le forti incisioni subite dagli alvei nei decenni scorsi a causa dell'eccesso di escavazioni nei corsi d'acqua e all'effetto di dighe e invasi;

    l'indagine «Il riutilizzo delle acque reflue in Italia», realizzata da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche), sostiene che il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura ha un potenziale enorme (9 miliardi di metri cubi all'anno, l'acqua che esce dai depuratori), ma in Italia viene sfruttato solo per il 5 per cento (475 milioni di metri cubi), a causa di limiti normativi, pregiudizi degli agricoltori e una governance non ancora ben definita. È quindi necessario superare i limiti culturali su questa soluzione, cui dovremo necessariamente ricorrere nei prossimi anni e che, se progettata con criterio, ovvero seguendo i principi della gestione del rischio, e associata a una capillare attività di monitoraggio della qualità, garantisce che l'acqua recuperata sia utilizzata e gestita in modo sicuro per la salute e l'ambiente;

    le soluzioni sopra indicate dovrebbero essere tra le misure previste dai piani di gestione dei bacini idrografici e dettagliate dalle regioni nell'ambito dei piani regionali di tutela delle acque come prescritto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, per cui non servono piani straordinari concepiti sull'onda emotiva dell'emergenza, ma eventuali procedure straordinarie limitate ad affrontare particolari criticità e urgenze, mentre è necessario prevedere dotazioni finanziarie adeguate per l'attuazione di una strategia nazionale integrata per l'attuazione di politiche idriche al tempo del cambiamento climatico,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza volte ad istituire un fondo di 8 miliardi di euro da destinare alla sostituzione-manutenzione degli acquedotti fatiscenti attraverso la rimodulazione del fondo complementare del PNRR;

2) a individuare, sentita Arera e le associazioni degli enti d'ambito e dei gestori dei Sii, gli eventuali ostacoli e i meccanismi di reperimento delle risorse finanziarie che permettano di accelerare il percorso volto a portare le perdite delle reti civili al di sotto del 25 per cento (per le perdite percentuali) ed entro i 15 mc/km/gg (per le perdite specifiche lineari) e di introdurre un nuovo criterio in aggiunta ai 6 definiti dalla «regolazione della qualità tecnica del servizio idrico integrato», che premi i gestori che massimizzano il riuso delle acque depurate;

3) ad istituire, con il supporto di Ispra, Istat, Irsa-Cnr e le altre istituzioni tecnico-scientifiche in grado di contribuire, protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che consentano di conoscere e rendere disponibili ai cittadini stime affidabili delle disponibilità delle risorse idriche, dei consumi reali e della domanda potenziale;

4) ad adottare iniziative volte a definire e adottare per ogni bacino idrografico piani di bilancio idrico con misure di gestione delle siccità che devono essere inserite nella pianificazione territoriali e tenute in considerazione del rinnovo delle concessioni idriche, in modo da superare definitivamente l'attuale approccio emergenziale;

5) a definire un quadro normativo e regolamentare per favorire il riuso in ambito irriguo delle acque reflue secondo il regolamento UE 741/2020, anche associando agli impianti di depurazione delle acque reflue urbane sistemi di fitodepurazione e lagunaggio, al fine di garantire una maggiore persistenza degli accumuli in superficie, contribuendo alla ricarica delle falde;

6) a definire, di concerto con l'Anci, una strategia sui criteri minimi edilizi che porti alla riduzione dei consumi idrici domestici e il ricorso ad acque non potabili (acque di pioggia accumulate o acque grigie depurate) per gli usi compatibili (risciacquo dei WC, lavatrice, lavaggi esterni) in modo da portare il valore medio dei consumi civili di acqua potabile a non oltre i 150 litri abitante giorno;

7) a definire e disporre misure di limitazione dei sistemi di innevamento artificiale, nel quadro di un nuovo modello di turismo invernale montano ecosostenibile, che contenga il consumo di acqua;

8) a definire una strategia di trasformazione del nostro sistema agroalimentare, identificando misure fortemente orientate:

  a) a favorire la diffusione di colture e sistemi agroalimentari meno idroesigenti;

  b) a promuovere la diffusione di misure mirate all'incremento della funzionalità ecologica dei paesaggi e suoli agrari e della loro capacità di ritenzione idrica;

  c) a ridurre gli allevamenti intensivi;

  d) a contenere i consumi irrigui anche attraverso la digitalizzazione e l'innovazione tecnologica;

9) ad adottare le iniziative di competenza volte ad arrestare la costruzione di nuovi grandi invasi artificiali e di nuove dighe lungo i corsi d'acqua e l'escavazione in alveo, che pregiudicano il deflusso ecologico dei fiumi determinando un fortissimo impatto sul sistema idrografico e in generale sulle funzioni vitali dell'ecosistema fluviale;

10) a favorire interventi di rinaturalizzazione dei corsi d'acqua previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

11) ad adottare iniziative volte a garantire la piena attuazione degli obblighi di rilascio del deflusso ecologico nei corpi idrici, per assicurare una maggior resilienza degli ecosistemi acquatici in condizioni di siccità e anche al fine di ripristinare le naturali funzioni di ricarica delle falde acquifere, associandolo a misure di ricarica artificiale;

12) a recepire le misure previste dalle strategie per la «Biodiversità 2030», «From farm to fork» e «Suolo» nell'ambito del New Green Deal dell'Unione europea e riprese dalla recente proposta normativa «Pacchetto Natura» presentata dalla Commissione europea;

13) ad adottare iniziative normative che portino a consumo suolo zero entro il 2030 per fermare anche l'impermeabilizzazione dei terreni;

14) ad avviare una un programma nazionale di riqualificazione e ripristino della connettività dei corsi d'acqua, come misura di adattamento al cambiamento climatico, in coerenza con gli obblighi della direttiva quadro acque e con gli impegni della strategia europea per la biodiversità e in sinergia con la direttiva alluvioni;

15) ad adottare iniziative volte a destinare almeno 2 miliardi di euro l'anno per un periodo di 10 anni per interventi di riqualificazione morfologica ed ecologica dei corpi idrici naturali e del reticolo minore;

16) a favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti.
(1-00117) (Nuova formulazione) «Bonelli, Zanella, Fratoianni, Evi, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    se il 2022 è stato segnato da siccità e da eventi climatici eccezionali, che in passato capitavano nell'arco di un decennio, il 2023 ha presentato con largo anticipo un quadro molto preoccupante, come documentato dalle fotografie della secca dei fiumi e dei laghi in Italia scattate da un satellite dell'Agenzia spaziale europea;

    laghi e fiumi risultano in forte sofferenza, quasi in secca come nell'estate 2022, mentre in montagna è scarsa la neve accumulata: è quanto registrato in Italia, a metà febbraio 2023, complice l'aumento delle temperature superiori ai valori di riferimento, le esigue precipitazioni e una crisi climatica senza precedenti;

    a segnalare gli allarmanti trend idrici in un periodo tradizionalmente piovoso e oggi addirittura afoso è l'osservatorio dell'Associazione nazionale delle bonifiche irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi) sulle risorse idriche, che sottolinea innanzitutto come in tutta l'Emilia-Romagna tornino a calare vistosamente le portate dei fiumi, con il Po tornato su valori minimi, attorno al 30 per cento della media, e il Secchia che è sceso ai limiti del minimo storico (2,8 metri cubi al secondo), minimo sotto il quale è già sceso l'Enza;

    confrontando i dati 2021-2022 dei grandi bacini naturali del Nord, oggi tutti sotto media, si può notare come, ad eccezione del lago di Como, le differenze siano notevoli: 12 mesi fa, Garda ed Iseo erano quasi al colmo di piena come il Maggiore, a cui oggi manca invece un buon 50 per cento del volume d'acqua presente nel 2022 e che, permanendo le attuali condizioni, segnerà prossimamente nuovi record di altezza idrometrica minima. In Valle d'Aosta le temperature della terza settimana di maggio, che sfiorano i 30 gradi, favoriscono lo scioglimento della neve, che sta rimpinguando i corsi d'acqua della regione. In Piemonte calano i livelli dei principali fiumi; in Lombardia, dove la neve che va sciogliendosi è circa il 62 per cento in meno di quella normalmente presente nel periodo, le portate del fiume Adda sono inferiori di oltre 200 milioni di metri cubi al secondo, rispetto allo stesso periodo del particolarmente siccitoso 2017. Il Veneto resta una delle regioni maggiormente in difficoltà idrica, con tutte le conseguenze che già ora si stanno manifestando per l'agricoltura e l'ambiente (gran parte delle risorgive sono ai minimi o perfino asciutte);

    scendono a livelli da piena estate anche le portate dei fiumi toscani e anche i corsi d'acqua marchigiani mostrano primi segnali di difficoltà. Nel Lazio, esigue, se confrontate con gli anni precedenti, sono le portate del fiume Tevere e non migliora la situazione del Lago di Bracciano. In Campania i livelli idrometrici dei corsi d'acqua sono in discesa: il rischio di siccità resta presente soprattutto nelle aree settentrionali della regione. Un leggero incremento nei volumi invasati si registra per le dighe della Basilicata, mentre quelle pugliesi calano di quasi 3 milioni di metri cubi in una settimana, segnando un leggero deficit sul 2022. In Sicilia, infine, rimane positiva la condizione complessiva degli invasi, nonostante le precipitazioni si manifestino da mesi in maniera disomogenea, lasciando all'asciutto una buona porzione di territorio;

    il bilancio complessivo è di una nuova ondata di siccità o forse sarebbe meglio parlare di un'emergenza siccità mai finita, con corsi d'acqua che hanno raggiunto uno stato di severità idrica «media» in tre delle sette autorità di distretto secondo gli ultimi bollettini emanati dalle stesse in questi ultimi mesi: il distretto idrografico del Fiume Po, quello dell'Appennino settentrionale e quello dell'Appennino centrale;

    secondo Terna, la crisi idrica ha ridotto la produzione di energia idroelettrica del 37,7 per cento nel 2022 e a dicembre è stato registrato –18,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2021 ; preoccupante anche la carenza di neve, con il 53 per cento in meno sull'arco alpino, e, in particolare, il bacino del Po, con un deficit del 61 per cento (fonte: Cima research foundation);

    tale emergenza ha scatenato una tempesta perfetta anche sull'agricoltura italiana, come denunciato dalla Coldiretti, che ha stimato in circa 6 miliardi di euro i danni da siccità, arrivando a bruciare così il 10 per cento del valore della produzione agricola nazionale. Previsioni simili arrivano anche dalla Cia-Agricoltori italiani: partendo da un valore aggiunto per il settore intorno ai 34 miliardi di euro annui, c'è effettivamente il rischio che se ne vada in fumo il 10 per cento del prodotto interno lordo del comparto. Più cauta Confagricoltura, che ad oggi stima i danni da siccità in 2 miliardi di euro e le perdite per il valore aggiunto agricolo attorno al 6 per cento, anche se la percentuale è destinata senz'altro a salire per colpa degli aumenti dei costi di produzione;

    preoccupante è l'allarme in agricoltura lanciato da Coldiretti: «Il Po è praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume, fondamentale per l'ecosistema della pianura padana, dove per la mancanza di acqua è minacciato oltre il 30 per cento della produzione agricola nazionale e la metà dell'allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo»;

    le difficoltà, ovviamente, si estendono a buona parte della penisola, dove con il picco delle temperature manca l'acqua necessaria ad irrigare le coltivazioni che si trovano in una situazione di stress idrico che mette a rischio le produzioni;

    l'assenza di precipitazioni colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l'Italia è dipendente dall'estero in molte materie prime e produce appena il 36 per cento del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53 per cento del mais per l'alimentazione delle stalle, il 56 per cento del grano duro per la pasta e il 73 per cento dell'orzo;

    per il raccolto del grano la Coldiretti stima un calo del 30 per cento per quello duro usato per la pasta e del 20 per cento per quello tenero, utilizzato per il pane, ma in alcune regioni si arriva addirittura a punte del 40 per cento di perdita delle rese;

    le stime per il mais sono ancora peggiori, il raccolto sarà dimezzato perché la siccità ha colpito più duro soprattutto in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, che rappresentano quasi il 90 per cento dell'intera produzione nazionale. Il crollo del raccolto impatta pesantemente sulle stalle, anche a causa della contemporanea diminuzione della produzione di foraggi, anch'essa dimezzata dalle alte temperature;

    anche nelle risaie è allarme rosso, con perdite stimate in oltre il 30 per cento del raccolto. Dei 217 mila ettari coltivati a riso in Italia, ricorda la Coldiretti, il 90 per cento è concentrato fra la Lombardia e il Piemonte, due delle regioni dove l'emergenza siccità è più grave. Il riso, ad esempio, nel 2022 ha perso 23.000 ettari soltanto nella Lomellina, 3.000 nel Novarese; i risicoltori, anche a causa dell'aumento dei costi dei fertilizzanti, dei principi attivi e per l'essiccazione, hanno abbandonato 9.000 ettari di riso, passando a coltivazioni come soia, girasole, mais: una scelta dettata proprio dai cambiamenti climatici;

    quanto all'olio, la campagna 2022 era già risultata compromessa nei mesi scorsi, quando il caldo anomalo aveva ridotto significativamente la trasformazione dei fiori in frutti e la situazione è particolarmente grave in Puglia, dove, nonostante i danni da Xylella, si coltiva ancora un terzo delle olive italiane, con una produzione stimata in calo del 40 per cento;

    la siccità condiziona anche le vigne: senza pioggia gli acini di uva faticano a ingrossarsi, quando addirittura non si asciugano, ed è a rischio anche la sopravvivenza dei nuovi impianti, specie nelle aree dove non c'è possibilità di irrigare;

    nei campi la frutta e la verdura stanno letteralmente bruciando, con danni che in alcune zone arrivano a provocare la perdita del 70 per cento del raccolto: peperoni, meloni, angurie, albicocche e melanzane soprattutto. Per evitare le scottature da caldo, si cerca di anticipare il raccolto quando possibile o si provvede al diradamento dei frutti sugli alberi, eliminando quelli non in grado di sopravvivere; per il pomodoro da sugo, ad esempio, la raccolta è cominciata con una settimana di anticipo, ma nonostante questo si stima un calo del raccolto dell'11 per cento;

    il caldo condiziona anche gli animali nelle fattorie, dove per via delle alte temperature le mucche stanno producendo fino al 20 per cento di latte in meno. Ogni singolo animale è arrivato a bere fino a 140 litri di acqua al giorno, contro i 70 dei periodi meno caldi. La mancanza di acqua per garantire il ricambio idrico e l'aumento della salinità lungo la costa stanno invece soffocando le vongole e le cozze del delta del Po, con la perdita del 20 per cento degli allevamenti, sempre secondo le stime di Coldiretti Impresa-pesca;

    condivisibili sono le preoccupazioni di Confagricoltura, che ha avanzato la necessità di una strategia idrica nazionale, dal rinnovamento delle infrastrutture all'innovazione, strettamente connessa alla produttività, dall'adozione di un nuovo piano sugli invasi al ripensamento dell'intera rete per evitare le attuali perdite d'acqua;

    se è vero che da quando le imprese hanno investito in irrigazione di precisione, in sistemi di riutilizzo delle acque reflue e di raccolta massiva, si è assistito ad un grande risparmio valutabile nel 30/35 per cento di consumi in meno (si calcola che su alcune colture, con l'irrigazione mirata, si risparmino circa 630 metri cubi all'anno di acqua), è altrettanto vero che il problema risiederebbe in un sistema di distribuzione vecchio e fallace, considerato che in Italia si perde, lungo la rete idrica, mediamente il 42 per cento dell'acqua quando in Germania, ad esempio, tale percentuale sfiora l'8 per cento;

    non è più pensabile rincorrere le emergenze, ma è necessario promuovere una politica di prevenzione, attraverso la definizione di una strategia idrica nazionale che abbia un approccio circolare con interventi di breve, medio e lungo periodo. In particolare, sono necessarie misure che favoriscano l'adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione di prelievi e di sprechi d'acqua. La domanda di questa preziosa risorsa è alta perché riguarda diversi usi, da quello agricolo, a quello civile e industriale, pertanto non adottare misure ragionate significa rischiare nel medio periodo a non riuscire a soddisfare come sistema Paese il fabbisogno idrico nazionale;

    la transizione ecologica deve passare anche per il comparto idrico, oggi in forte sofferenza a causa soprattutto della crisi climatica. Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali. Da non sottovalutare, inoltre, il contributo che la neve apporta all'approvvigionamento idrico. La scarsa copertura nevosa unita alla fusione anticipata delle nevi condizioneranno pesantemente le capacità dei bacini idrografici nei prossimi mesi primaverili ed estivi;

    come ricordato da Legambiente, l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6 per cento ogni dieci anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l'approvvigionamento idrico della penisola;

    secondo i dati diffusi dallo Giec (Gruppo intergovernativo degli esperti sul cambiamento climatico), all'aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20 per cento della disponibilità delle risorse idriche;

    in tale contesto il Governo, meritoriamente, per fronteggiare immediatamente la situazione di eccezionale gravità causata dai cambiamenti climatici in atto, ha adottato con urgenza un decreto-legge per la prevenzione e il contrasto della siccità e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche. Le misure adottate aumenteranno la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e diminuiranno le dispersioni di risorse idriche. Per riuscire nella missione si segnalano, in particolare, le misure adottate per garantire un regime procedurale semplificato per la progettazione e realizzazione delle infrastrutture idriche sul modello di quella assunte per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'aumento dei volumi utili degli invasi, la possibilità di realizzare liberamente vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo entro un volume massimo stabilito, il riutilizzo delle acque reflue depurate per uso irriguo, l'introduzione di rilevanti semplificazioni nella realizzazione degli impianti di desalinizzazione;

    l'immediata attuazione delle misure è garantita da un efficace sistema di governance grazie all'istituzione d'una cabina di regia per effettuare nel breve termine una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione per mitigare gli effetti della crisi idrica, individuando quelle da affidare immediatamente al commissario straordinario nazionale, il quale resterà in carica fino al 31 dicembre 2023 con possibilità di proroga, se permanesse la situazione descritta, fino al 31 dicembre 2024. Nel caso di ritardi o di altre criticità la cabina di regia interviene per superare i problemi anche nominando singoli commissari ad acta;

    il commissario straordinario nazionale non solo realizzerà, in via d'urgenza, gli interventi indicati dalla cabina di regia, ma svolgerà anche ulteriori importanti funzioni, come la regolazione dei volumi e delle portate degli invasi, la verifica e il coordinamento dell'adozione, da parte delle regioni, delle misure previste per razionalizzare i consumi ed eliminare gli sprechi, la verifica e il monitoraggio dell'iter autorizzativo dei progetti di gestione degli invasi finalizzati alle operazioni di sghiaiamento e sfangamento, l'individuazione delle dighe per le quali risulta necessaria e urgente l'adozione di interventi per la rimozione dei sedimenti accumulati nei serbatoi, la ricognizione degli invasi fuori esercizio temporaneo da finanziare nell'ambito delle risorse del «Fondo per il miglioramento della sicurezza e la gestione degli invasi». Sono previste anche delle ulteriori procedure per consentire al Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, se e quando necessario, di imputare al commissario, in via sostitutiva, l'onere di adottare urgentemente tutti gli atti o i provvedimenti e di eseguire i progetti o gli interventi indispensabili alla nazione per contrastare con misure immediate la siccità e mitigarne efficacemente gli effetti che danneggiano tutti gli italiani e per dare una prima efficace soluzione alla preoccupante situazione economica e finanziaria vissuta dalle imprese a causa non solo della attuale congiuntura economico-finanziaria, ma anche delle conseguenze dei cambiamenti climatici;

    fortunatamente le misure adottate per causa di necessità e urgenza dal Governo sopra descritte porteranno benefici nel breve periodo, ma ulteriori interventi futuri si ritengono necessari. Ad esempio, per risparmiare l'acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie, la Coldiretti, insieme all'Anbi (l'Associazione nazionale dei consorzi di bonifica), ha elaborato un progetto immediatamente cantierabile per la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presente. L'idea è di realizzare laghetti, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l'acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all'industria e all'agricoltura, con una ricaduta importante sull'ambiente e sull'occupazione;

    occorre pensare e realizzare una rete di micro/medi impianti di raccolta delle acque piovane e fluviali, utilizzando senza sprechi e in modo attento e mirato i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati anche all'ammodernamento delle reti e delle captazioni dell'acqua. Occorre, altresì, ragionare sul riutilizzo delle acque depurate, che possono trovare nuovo impiego, anche in agricoltura, e al fine di non disperderle in mare, dove cagionerebbero danni certi giacché, trattandosi di acque dolci, la loro immissione nei bacini salati provoca alterazione dell'ecosistema;

    non meno importante è un'opera di sensibilizzazione della cittadinanza sul tema del contrasto allo spreco della risorsa idrica, posto che siamo i più alti consumatori pro capite di acqua in Europa con oltre 220 litri al giorno per abitante, con consumi medi familiari nell'ordine dei 150 metri cubi all'anno; altro tema particolarmente sentito in tutti i principali settori produttivi che contribuiscono alla tenuta e alla crescita del Paese, a partire ovviamente dall'agricoltura, è quello dell'accesso al credito, posto che la disponibilità di risorse e di prodotti finanziari rappresenta indubbiamente una delle condizioni indispensabili per la crescita di una qualsiasi impresa o attività produttiva;

    anche e soprattutto per tali ragioni, è fondamentale intervenire sugli accordi di Basilea, valutando la possibilità di un ripensamento che tenga conto delle particolarità dell'agricoltura: si pensi, ad esempio, a interventi sulle procedure di istruttoria e a deroghe apposite per il merito creditizio delle imprese agricole, la cui attività come noto è legata in maniera indissolubile ai cicli della natura e, in quanto tale, non ha le stesse tempistiche degli altri comparti produttivi;

    in ogni caso, è necessario continuare a lavorare sul rapporto tra gli istituti di credito e le imprese agricole, rafforzandolo e facilitandolo, tenendo anche conto del fatto che un altro grande problema è quello legato all'inasprimento dei tassi d'interesse per i prestiti bancari, in atto ormai da diversi mesi. Questione di fondamentale rilevanza in un'ottica di rilancio dell'economia, per la quale lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza, come noto, oltre a prevedere risorse a fondo perduto, contempla prestiti ad interessi agevolati,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta ad adottare un piano nazionale per combattere l'emergenza idrica, fondato su alcuni principali pilastri:

   a) garantire la manutenzione costante della rete distributiva;

   b) definire specifiche linee per la manutenzione e l'ampliamento degli invasi, valutando la possibilità di introdurre criteri preferenziali in tal senso in sede di rinnovo delle concessioni idroelettriche e non;

   c) rivedere la qualificazione di rifiuto dei fanghi di dragaggio degli invasi idrici, con l'obiettivo, nel quadro dell'economia circolare, di trasformarli in materiali riutilizzabili nell'edilizia, per il ripascimento delle spiagge o altro;

   d) prevedere il coinvolgimento dei bacini idroelettrici per sostenere le forniture di acqua ad uso potabile e agricolo nelle fasi più acute della siccità;

   e) favorire la ricarica controllata della falda, in modo che le sempre minori e più concentrate precipitazioni permangano più a lungo sul territorio invece di scorrere a valle fino al mare;

   f) prevedere l'obbligo di recupero delle acque piovane con l'installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità e attraverso misure di de-sealing in ambiente urbano; in agricoltura prevedendo laghetti e piccoli bacini;

   g) al fine di favorire l'ammodernamento, il recupero e la messa in sicurezza delle reti idriche già esistenti, stimolare, anche attraverso l'individuazione di risorse straordinarie, investimenti nella realizzazione, su tutto il territorio nazionale, di reti di piccoli invasi ovvero bacini idrici medio-piccoli, da realizzare anche da parte di privati cittadini su terreno di proprietà, per la raccolta della risorsa pluviometrica a basso impatto ambientale e paesaggistico, preferendo materiali naturali del posto;

   h) prevedere interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato e permettere le riduzioni delle perdite di rete e completare gli interventi sulla depurazione;

   i) implementare il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura attraverso la promozione delle modifiche normative necessarie;

   l) riconvertire il comparto agricolo verso colture meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti;

   m) utilizzare i criteri minimi ambientali nel campo dell'edilizia per ridurre gli sprechi;

   n) favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti;

   o) introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in ambito idrico, come avviene per gli interventi di efficientamento energetico, per tutti gli usi e per tutti i settori coinvolti;

   p) incentivare i comuni a dotarsi di strumenti di misura remoti smart meter e a promuovere progetti di intelligenza artificiale e data science per recuperare significative percentuali di risorse idriche perse;

   q) definire una gestione delle crisi basata sui bisogni concreti dei distretti idrografici minacciati dalla scarsità delle risorse idriche e dalla siccità, sulla partecipazione pubblica e sui sistemi di allerta rapida che operano a livello nazionale, regionale e locale;

   r) promuovere cooperazioni interregionali per la gestione integrata dei corsi d'acqua, in particolare in ambito agricolo;

   s) prevedere strumenti per combinare l'agricoltura di precisione con il cosiddetto Internet agricolo che portino ad una agricoltura 4.0, con l'uso coordinato e interconnesso di varie tecnologie volte ad effettuare un'analisi incrociata dei fattori ambientali, climatici e culturali che consente di determinare i fabbisogni irrigui e nutrizionali delle colture, prevenire le malattie e identificare le erbe infestanti prima che si diffondano;

  2) a valutare l'opportunità di adottare iniziative di carattere economico a sostegno dei comparti produttivi maggiormente colpiti dall'emergenza idrica, con particolare riguardo a:

   a) misure di aiuto, prevenzione e compensazione a sostegno del settore agricolo, valutando l'opportunità di un miglior indirizzamento di quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   b) estensione del credito di imposta per l'acquisto di gasolio agricolo, necessario ad arginare il «caro carburante»;

   c) sterilizzazione strutturale del sistema delle accise sui carburanti e definitiva eliminazione degli oneri di sistema;

  3) sul piano ambientale, a promuovere una politica volta a:

   a) evitare la creazione di barriere al corso naturale dei fiumi nel tentativo di ridurre le inondazioni e condurre valutazioni più ampie dell'impatto in caso di sbarramento dei corsi naturali sul flusso d'acqua;

   b) favorire un maggior utilizzo del rimboschimento per limitare e mitigare il deflusso estremo delle acque di superficie e sotterranee e per contrastare il degrado e l'erosione del suolo;

   c) procedere a una nuova valutazione delle quantità di acqua sotterranea in Italia e delle norme che ne disciplinano l'uso, nel principale intento di garantire un uso razionale delle risorse d'acqua sotterranee in base alle esigenze dei singoli territori;

  4) ad assumere iniziative di competenza presso le competenti sedi europee per l'estensione, anche per il 2023, delle deroghe accordate nel 2022 sull'uso non produttivo dei terreni e sulla rotazione annuale obbligatoria dei seminativi;

  5) a istituire un tavolo di confronto permanente sul credito in agricoltura, vero e proprio motore della crescita e dell'innovazione, intorno al quale riunire le istituzioni, le organizzazioni di settore e l'Abi;

  6) a prevedere, tra le ulteriori importanti funzioni e compiti che sarà chiamato a svolgere il Commissario straordinario nazionale, quelle del monitoraggio della portata dei corsi d'acqua superficiali e una maggiore attenzione alle priorità d'uso, privilegiando quelle irrigue a fronte delle energetiche;

  7) a promuovere campagne nazionali di informazione e sensibilizzazione su un uso ragionato dell'acqua;

  8) promuovere iniziative volte al risparmio idrico civile, industriale, agricolo attraverso campagne di sensibilizzazione e strumenti idonei ad avvalersi di previsioni meteo al fine di ottimizzare l'utilizzo delle condotte con vaso e canali di raccolta.
(1-00121) (Nuova formulazione) «Almici, Davide Bergamini, Nevi, Bicchielli, Foti, Zinzi, Gatta, Semenzato, Cerreto, Carloni, Arruzzolo, Mattia, Bof, Rotelli, Bruzzone, Caretta, Montemagni, Milani, Pierro, Benvenuti Gostoli, Pizzimenti, Ciaburro, Iaia, La Porta, La Salandra, Lampis, Malaguti, Marchetto Aliprandi, Fabrizio Rossi, Rachele Silvestri».


   La Camera,

   premesso che:

    se il 2022 è stato segnato da siccità e da eventi climatici eccezionali, che in passato capitavano nell'arco di un decennio, il 2023 ha presentato con largo anticipo un quadro molto preoccupante, come documentato dalle fotografie della secca dei fiumi e dei laghi in Italia scattate da un satellite dell'Agenzia spaziale europea;

    laghi e fiumi risultano in forte sofferenza, quasi in secca come nell'estate 2022, mentre in montagna è scarsa la neve accumulata: è quanto registrato in Italia, a metà febbraio 2023, complice l'aumento delle temperature superiori ai valori di riferimento, le esigue precipitazioni e una crisi climatica senza precedenti;

    a segnalare gli allarmanti trend idrici in un periodo tradizionalmente piovoso e oggi addirittura afoso è l'osservatorio dell'Associazione nazionale delle bonifiche irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi) sulle risorse idriche, che sottolinea innanzitutto come in tutta l'Emilia-Romagna tornino a calare vistosamente le portate dei fiumi, con il Po tornato su valori minimi, attorno al 30 per cento della media, e il Secchia che è sceso ai limiti del minimo storico (2,8 metri cubi al secondo), minimo sotto il quale è già sceso l'Enza;

    confrontando i dati 2021-2022 dei grandi bacini naturali del Nord, oggi tutti sotto media, si può notare come, ad eccezione del lago di Como, le differenze siano notevoli: 12 mesi fa, Garda ed Iseo erano quasi al colmo di piena come il Maggiore, a cui oggi manca invece un buon 50 per cento del volume d'acqua presente nel 2022 e che, permanendo le attuali condizioni, segnerà prossimamente nuovi record di altezza idrometrica minima. In Valle d'Aosta le temperature della terza settimana di maggio, che sfiorano i 30 gradi, favoriscono lo scioglimento della neve, che sta rimpinguando i corsi d'acqua della regione. In Piemonte calano i livelli dei principali fiumi; in Lombardia, dove la neve che va sciogliendosi è circa il 62 per cento in meno di quella normalmente presente nel periodo, le portate del fiume Adda sono inferiori di oltre 200 milioni di metri cubi al secondo, rispetto allo stesso periodo del particolarmente siccitoso 2017. Il Veneto resta una delle regioni maggiormente in difficoltà idrica, con tutte le conseguenze che già ora si stanno manifestando per l'agricoltura e l'ambiente (gran parte delle risorgive sono ai minimi o perfino asciutte);

    scendono a livelli da piena estate anche le portate dei fiumi toscani e anche i corsi d'acqua marchigiani mostrano primi segnali di difficoltà. Nel Lazio, esigue, se confrontate con gli anni precedenti, sono le portate del fiume Tevere e non migliora la situazione del Lago di Bracciano. In Campania i livelli idrometrici dei corsi d'acqua sono in discesa: il rischio di siccità resta presente soprattutto nelle aree settentrionali della regione. Un leggero incremento nei volumi invasati si registra per le dighe della Basilicata, mentre quelle pugliesi calano di quasi 3 milioni di metri cubi in una settimana, segnando un leggero deficit sul 2022. In Sicilia, infine, rimane positiva la condizione complessiva degli invasi, nonostante le precipitazioni si manifestino da mesi in maniera disomogenea, lasciando all'asciutto una buona porzione di territorio;

    il bilancio complessivo è di una nuova ondata di siccità o forse sarebbe meglio parlare di un'emergenza siccità mai finita, con corsi d'acqua che hanno raggiunto uno stato di severità idrica «media» in tre delle sette autorità di distretto secondo gli ultimi bollettini emanati dalle stesse in questi ultimi mesi: il distretto idrografico del Fiume Po, quello dell'Appennino settentrionale e quello dell'Appennino centrale;

    secondo Terna, la crisi idrica ha ridotto la produzione di energia idroelettrica del 37,7 per cento nel 2022 e a dicembre è stato registrato –18,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2021 ; preoccupante anche la carenza di neve, con il 53 per cento in meno sull'arco alpino, e, in particolare, il bacino del Po, con un deficit del 61 per cento (fonte: Cima research foundation);

    tale emergenza ha scatenato una tempesta perfetta anche sull'agricoltura italiana, come denunciato dalla Coldiretti, che ha stimato in circa 6 miliardi di euro i danni da siccità, arrivando a bruciare così il 10 per cento del valore della produzione agricola nazionale. Previsioni simili arrivano anche dalla Cia-Agricoltori italiani: partendo da un valore aggiunto per il settore intorno ai 34 miliardi di euro annui, c'è effettivamente il rischio che se ne vada in fumo il 10 per cento del prodotto interno lordo del comparto. Più cauta Confagricoltura, che ad oggi stima i danni da siccità in 2 miliardi di euro e le perdite per il valore aggiunto agricolo attorno al 6 per cento, anche se la percentuale è destinata senz'altro a salire per colpa degli aumenti dei costi di produzione;

    preoccupante è l'allarme in agricoltura lanciato da Coldiretti: «Il Po è praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume, fondamentale per l'ecosistema della pianura padana, dove per la mancanza di acqua è minacciato oltre il 30 per cento della produzione agricola nazionale e la metà dell'allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo»;

    le difficoltà, ovviamente, si estendono a buona parte della penisola, dove con il picco delle temperature manca l'acqua necessaria ad irrigare le coltivazioni che si trovano in una situazione di stress idrico che mette a rischio le produzioni;

    l'assenza di precipitazioni colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l'Italia è dipendente dall'estero in molte materie prime e produce appena il 36 per cento del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53 per cento del mais per l'alimentazione delle stalle, il 56 per cento del grano duro per la pasta e il 73 per cento dell'orzo;

    per il raccolto del grano la Coldiretti stima un calo del 30 per cento per quello duro usato per la pasta e del 20 per cento per quello tenero, utilizzato per il pane, ma in alcune regioni si arriva addirittura a punte del 40 per cento di perdita delle rese;

    le stime per il mais sono ancora peggiori, il raccolto sarà dimezzato perché la siccità ha colpito più duro soprattutto in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, che rappresentano quasi il 90 per cento dell'intera produzione nazionale. Il crollo del raccolto impatta pesantemente sulle stalle, anche a causa della contemporanea diminuzione della produzione di foraggi, anch'essa dimezzata dalle alte temperature;

    anche nelle risaie è allarme rosso, con perdite stimate in oltre il 30 per cento del raccolto. Dei 217 mila ettari coltivati a riso in Italia, ricorda la Coldiretti, il 90 per cento è concentrato fra la Lombardia e il Piemonte, due delle regioni dove l'emergenza siccità è più grave. Il riso, ad esempio, nel 2022 ha perso 23.000 ettari soltanto nella Lomellina, 3.000 nel Novarese; i risicoltori, anche a causa dell'aumento dei costi dei fertilizzanti, dei principi attivi e per l'essiccazione, hanno abbandonato 9.000 ettari di riso, passando a coltivazioni come soia, girasole, mais: una scelta dettata proprio dai cambiamenti climatici;

    quanto all'olio, la campagna 2022 era già risultata compromessa nei mesi scorsi, quando il caldo anomalo aveva ridotto significativamente la trasformazione dei fiori in frutti e la situazione è particolarmente grave in Puglia, dove, nonostante i danni da Xylella, si coltiva ancora un terzo delle olive italiane, con una produzione stimata in calo del 40 per cento;

    la siccità condiziona anche le vigne: senza pioggia gli acini di uva faticano a ingrossarsi, quando addirittura non si asciugano, ed è a rischio anche la sopravvivenza dei nuovi impianti, specie nelle aree dove non c'è possibilità di irrigare;

    nei campi la frutta e la verdura stanno letteralmente bruciando, con danni che in alcune zone arrivano a provocare la perdita del 70 per cento del raccolto: peperoni, meloni, angurie, albicocche e melanzane soprattutto. Per evitare le scottature da caldo, si cerca di anticipare il raccolto quando possibile o si provvede al diradamento dei frutti sugli alberi, eliminando quelli non in grado di sopravvivere; per il pomodoro da sugo, ad esempio, la raccolta è cominciata con una settimana di anticipo, ma nonostante questo si stima un calo del raccolto dell'11 per cento;

    il caldo condiziona anche gli animali nelle fattorie, dove per via delle alte temperature le mucche stanno producendo fino al 20 per cento di latte in meno. Ogni singolo animale è arrivato a bere fino a 140 litri di acqua al giorno, contro i 70 dei periodi meno caldi. La mancanza di acqua per garantire il ricambio idrico e l'aumento della salinità lungo la costa stanno invece soffocando le vongole e le cozze del delta del Po, con la perdita del 20 per cento degli allevamenti, sempre secondo le stime di Coldiretti Impresa-pesca;

    condivisibili sono le preoccupazioni di Confagricoltura, che ha avanzato la necessità di una strategia idrica nazionale, dal rinnovamento delle infrastrutture all'innovazione, strettamente connessa alla produttività, dall'adozione di un nuovo piano sugli invasi al ripensamento dell'intera rete per evitare le attuali perdite d'acqua;

    se è vero che da quando le imprese hanno investito in irrigazione di precisione, in sistemi di riutilizzo delle acque reflue e di raccolta massiva, si è assistito ad un grande risparmio valutabile nel 30/35 per cento di consumi in meno (si calcola che su alcune colture, con l'irrigazione mirata, si risparmino circa 630 metri cubi all'anno di acqua), è altrettanto vero che il problema risiederebbe in un sistema di distribuzione vecchio e fallace, considerato che in Italia si perde, lungo la rete idrica, mediamente il 42 per cento dell'acqua quando in Germania, ad esempio, tale percentuale sfiora l'8 per cento;

    non è più pensabile rincorrere le emergenze, ma è necessario promuovere una politica di prevenzione, attraverso la definizione di una strategia idrica nazionale che abbia un approccio circolare con interventi di breve, medio e lungo periodo. In particolare, sono necessarie misure che favoriscano l'adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione di prelievi e di sprechi d'acqua. La domanda di questa preziosa risorsa è alta perché riguarda diversi usi, da quello agricolo, a quello civile e industriale, pertanto non adottare misure ragionate significa rischiare nel medio periodo a non riuscire a soddisfare come sistema Paese il fabbisogno idrico nazionale;

    la transizione ecologica deve passare anche per il comparto idrico, oggi in forte sofferenza a causa soprattutto della crisi climatica. Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali. Da non sottovalutare, inoltre, il contributo che la neve apporta all'approvvigionamento idrico. La scarsa copertura nevosa unita alla fusione anticipata delle nevi condizioneranno pesantemente le capacità dei bacini idrografici nei prossimi mesi primaverili ed estivi;

    come ricordato da Legambiente, l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6 per cento ogni dieci anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l'approvvigionamento idrico della penisola;

    secondo i dati diffusi dallo Giec (Gruppo intergovernativo degli esperti sul cambiamento climatico), all'aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20 per cento della disponibilità delle risorse idriche;

    in tale contesto il Governo, meritoriamente, per fronteggiare immediatamente la situazione di eccezionale gravità causata dai cambiamenti climatici in atto, ha adottato con urgenza un decreto-legge per la prevenzione e il contrasto della siccità e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche. Le misure adottate aumenteranno la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e diminuiranno le dispersioni di risorse idriche. Per riuscire nella missione si segnalano, in particolare, le misure adottate per garantire un regime procedurale semplificato per la progettazione e realizzazione delle infrastrutture idriche sul modello di quella assunte per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'aumento dei volumi utili degli invasi, la possibilità di realizzare liberamente vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo entro un volume massimo stabilito, il riutilizzo delle acque reflue depurate per uso irriguo, l'introduzione di rilevanti semplificazioni nella realizzazione degli impianti di desalinizzazione;

    l'immediata attuazione delle misure è garantita da un efficace sistema di governance grazie all'istituzione d'una cabina di regia per effettuare nel breve termine una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione per mitigare gli effetti della crisi idrica, individuando quelle da affidare immediatamente al commissario straordinario nazionale, il quale resterà in carica fino al 31 dicembre 2023 con possibilità di proroga, se permanesse la situazione descritta, fino al 31 dicembre 2024. Nel caso di ritardi o di altre criticità la cabina di regia interviene per superare i problemi anche nominando singoli commissari ad acta;

    il commissario straordinario nazionale non solo realizzerà, in via d'urgenza, gli interventi indicati dalla cabina di regia, ma svolgerà anche ulteriori importanti funzioni, come la regolazione dei volumi e delle portate degli invasi, la verifica e il coordinamento dell'adozione, da parte delle regioni, delle misure previste per razionalizzare i consumi ed eliminare gli sprechi, la verifica e il monitoraggio dell'iter autorizzativo dei progetti di gestione degli invasi finalizzati alle operazioni di sghiaiamento e sfangamento, l'individuazione delle dighe per le quali risulta necessaria e urgente l'adozione di interventi per la rimozione dei sedimenti accumulati nei serbatoi, la ricognizione degli invasi fuori esercizio temporaneo da finanziare nell'ambito delle risorse del «Fondo per il miglioramento della sicurezza e la gestione degli invasi». Sono previste anche delle ulteriori procedure per consentire al Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, se e quando necessario, di imputare al commissario, in via sostitutiva, l'onere di adottare urgentemente tutti gli atti o i provvedimenti e di eseguire i progetti o gli interventi indispensabili alla nazione per contrastare con misure immediate la siccità e mitigarne efficacemente gli effetti che danneggiano tutti gli italiani e per dare una prima efficace soluzione alla preoccupante situazione economica e finanziaria vissuta dalle imprese a causa non solo della attuale congiuntura economico-finanziaria, ma anche delle conseguenze dei cambiamenti climatici;

    fortunatamente le misure adottate per causa di necessità e urgenza dal Governo sopra descritte porteranno benefici nel breve periodo, ma ulteriori interventi futuri si ritengono necessari. Ad esempio, per risparmiare l'acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie, la Coldiretti, insieme all'Anbi (l'Associazione nazionale dei consorzi di bonifica), ha elaborato un progetto immediatamente cantierabile per la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presente. L'idea è di realizzare laghetti, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l'acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all'industria e all'agricoltura, con una ricaduta importante sull'ambiente e sull'occupazione;

    occorre pensare e realizzare una rete di micro/medi impianti di raccolta delle acque piovane e fluviali, utilizzando senza sprechi e in modo attento e mirato i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati anche all'ammodernamento delle reti e delle captazioni dell'acqua. Occorre, altresì, ragionare sul riutilizzo delle acque depurate, che possono trovare nuovo impiego, anche in agricoltura, e al fine di non disperderle in mare, dove cagionerebbero danni certi giacché, trattandosi di acque dolci, la loro immissione nei bacini salati provoca alterazione dell'ecosistema;

    non meno importante è un'opera di sensibilizzazione della cittadinanza sul tema del contrasto allo spreco della risorsa idrica, posto che siamo i più alti consumatori pro capite di acqua in Europa con oltre 220 litri al giorno per abitante, con consumi medi familiari nell'ordine dei 150 metri cubi all'anno; altro tema particolarmente sentito in tutti i principali settori produttivi che contribuiscono alla tenuta e alla crescita del Paese, a partire ovviamente dall'agricoltura, è quello dell'accesso al credito, posto che la disponibilità di risorse e di prodotti finanziari rappresenta indubbiamente una delle condizioni indispensabili per la crescita di una qualsiasi impresa o attività produttiva;

    anche e soprattutto per tali ragioni, è fondamentale intervenire sugli accordi di Basilea, valutando la possibilità di un ripensamento che tenga conto delle particolarità dell'agricoltura: si pensi, ad esempio, a interventi sulle procedure di istruttoria e a deroghe apposite per il merito creditizio delle imprese agricole, la cui attività come noto è legata in maniera indissolubile ai cicli della natura e, in quanto tale, non ha le stesse tempistiche degli altri comparti produttivi;

    in ogni caso, è necessario continuare a lavorare sul rapporto tra gli istituti di credito e le imprese agricole, rafforzandolo e facilitandolo, tenendo anche conto del fatto che un altro grande problema è quello legato all'inasprimento dei tassi d'interesse per i prestiti bancari, in atto ormai da diversi mesi. Questione di fondamentale rilevanza in un'ottica di rilancio dell'economia, per la quale lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza, come noto, oltre a prevedere risorse a fondo perduto, contempla prestiti ad interessi agevolati,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta ad adottare un piano nazionale per combattere l'emergenza idrica, fondato su alcuni principali pilastri:

   a) garantire la manutenzione costante della rete distributiva;

   b) definire specifiche linee per la manutenzione e l'ampliamento degli invasi, valutando la possibilità di introdurre criteri preferenziali in tal senso in sede di rinnovo delle concessioni idroelettriche e non;

   c) rivedere la qualificazione di rifiuto dei fanghi di dragaggio degli invasi idrici, con l'obiettivo, nel quadro dell'economia circolare, di trasformarli in materiali riutilizzabili nell'edilizia, per il ripascimento delle spiagge o altro;

   d) valutare l'opportunità di prevedere il coinvolgimento dei bacini idroelettrici per sostenere le forniture di acqua ad uso potabile e agricolo nelle fasi più acute della siccità;

   e) valutare l'opportunità di favorire la ricarica controllata della falda, in modo che le sempre minori e più concentrate precipitazioni permangano più a lungo sul territorio invece di scorrere a valle fino al mare;

   f) valutare l'opportunità di prevedere l'obbligo di recupero delle acque piovane con l'installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità e attraverso misure di de-sealing in ambiente urbano; in agricoltura prevedendo laghetti e piccoli bacini;

   g) al fine di favorire l'ammodernamento, il recupero e la messa in sicurezza delle reti idriche già esistenti, valutare l'opportunità di stimolare, anche attraverso l'individuazione di risorse straordinarie, investimenti nella realizzazione, su tutto il territorio nazionale, di reti di piccoli invasi ovvero bacini idrici medio-piccoli, da realizzare anche da parte di privati cittadini su terreno di proprietà, per la raccolta della risorsa pluviometrica a basso impatto ambientale e paesaggistico, preferendo materiali naturali del posto;

   h) prevedere interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato e permettere le riduzioni delle perdite di rete e completare gli interventi sulla depurazione;

   i) valutare l'opportunità di riconvertire il comparto agricolo verso colture meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti;

   l) utilizzare i criteri minimi ambientali nel campo dell'edilizia per ridurre gli sprechi;

   m) favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti;

   n) valutare l'opportunità di introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in ambito idrico, come avviene per gli interventi di efficientamento energetico, per tutti gli usi e per tutti i settori coinvolti;

   o) valutare di incentivare i comuni a dotarsi di strumenti di misura remoti smart meter e a promuovere progetti di intelligenza artificiale e data science per recuperare significative percentuali di risorse idriche perse;

   p) definire una gestione delle crisi basata sui bisogni concreti dei distretti idrografici minacciati dalla scarsità delle risorse idriche e dalla siccità, sulla partecipazione pubblica e sui sistemi di allerta rapida che operano a livello nazionale, regionale e locale;

   q) promuovere cooperazioni interregionali per la gestione integrata dei corsi d'acqua, in particolare in ambito agricolo;

   r) prevedere strumenti per combinare l'agricoltura di precisione con il cosiddetto Internet agricolo che portino ad una agricoltura 4.0, con l'uso coordinato e interconnesso di varie tecnologie volte ad effettuare un'analisi incrociata dei fattori ambientali, climatici e culturali che consente di determinare i fabbisogni irrigui e nutrizionali delle colture, prevenire le malattie e identificare le erbe infestanti prima che si diffondano;

2) a valutare l'opportunità di adottare iniziative di carattere economico a sostegno dei comparti produttivi maggiormente colpiti dall'emergenza idrica, con particolare riguardo a:

   a) misure di aiuto, prevenzione e compensazione a sostegno del settore agricolo, valutando l'opportunità di un miglior indirizzamento di quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   b) estensione del credito di imposta per l'acquisto di gasolio agricolo, necessario ad arginare il «caro carburante»;

   c) sterilizzazione strutturale del sistema delle accise sui carburanti e definitiva eliminazione degli oneri di sistema;

3) sul piano ambientale, a promuovere una politica volta a:

   a) evitare la creazione di barriere al corso naturale dei fiumi nel tentativo di ridurre le inondazioni e condurre valutazioni più ampie dell'impatto in caso di sbarramento dei corsi naturali sul flusso d'acqua;

   b) favorire un maggior utilizzo del rimboschimento per limitare e mitigare il deflusso estremo delle acque di superficie e sotterranee e per contrastare il degrado e l'erosione del suolo;

   c) procedere a una nuova valutazione delle quantità di acqua sotterranea in Italia e delle norme che ne disciplinano l'uso, nel principale intento di garantire un uso razionale delle risorse d'acqua sotterranee in base alle esigenze dei singoli territori;

4) ad assumere iniziative di competenza presso le competenti sedi europee per l'estensione, anche per il 2023, delle deroghe accordate nel 2022 sull'uso non produttivo dei terreni e sulla rotazione annuale obbligatoria dei seminativi;

5) a valutare di prevedere, tra le ulteriori importanti funzioni e compiti che sarà chiamato a svolgere il Commissario straordinario nazionale, quelle del monitoraggio della portata dei corsi d'acqua superficiali e una maggiore attenzione alle priorità d'uso, privilegiando quelle irrigue a fronte delle energetiche;

6) a promuovere campagne nazionali di informazione e sensibilizzazione su un uso ragionato dell'acqua;

7) promuovere iniziative volte al risparmio idrico civile, industriale, agricolo attraverso campagne di sensibilizzazione e strumenti idonei ad avvalersi di previsioni meteo al fine di ottimizzare l'utilizzo delle condotte con vaso e canali di raccolta.
(1-00121) (Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Almici, Davide Bergamini, Nevi, Bicchielli, Foti, Zinzi, Gatta, Semenzato, Cerreto, Carloni, Arruzzolo, Mattia, Bof, Rotelli, Bruzzone, Caretta, Montemagni, Milani, Pierro, Benvenuti Gostoli, Pizzimenti, Ciaburro, Iaia, La Porta, La Salandra, Lampis, Malaguti, Marchetto Aliprandi, Fabrizio Rossi, Rachele Silvestri».


   La Camera,

   premesso che:

    se il 2022 è stato segnato da siccità e da eventi climatici eccezionali, che in passato capitavano nell'arco di un decennio, il 2023 ha presentato con largo anticipo un quadro molto preoccupante, come documentato dalle fotografie della secca dei fiumi e dei laghi in Italia scattate da un satellite dell'Agenzia spaziale europea;

    laghi e fiumi risultano in forte sofferenza, quasi in secca come nell'estate 2022, mentre in montagna è scarsa la neve accumulata: è quanto registrato in Italia, a metà febbraio 2023, complice l'aumento delle temperature superiori ai valori di riferimento, le esigue precipitazioni e una crisi climatica senza precedenti;

    a segnalare gli allarmanti trend idrici in un periodo tradizionalmente piovoso e oggi addirittura afoso è l'osservatorio dell'Associazione nazionale delle bonifiche irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi) sulle risorse idriche, che sottolinea innanzitutto come in tutta l'Emilia-Romagna tornino a calare vistosamente le portate dei fiumi, con il Po tornato su valori minimi, attorno al 30 per cento della media, e il Secchia che è sceso ai limiti del minimo storico (2,8 metri cubi al secondo), minimo sotto il quale è già sceso l'Enza;

    confrontando i dati 2021-2022 dei grandi bacini naturali del Nord, oggi tutti sotto media, si può notare come, ad eccezione del Lago di Como, le differenze siano notevoli: 12 mesi fa, Garda ed Iseo erano quasi al colmo di piena come il Maggiore, a cui oggi manca invece un buon 50 per cento del volume d'acqua presente nel 2022 e che, permanendo le attuali condizioni, segnerà prossimamente nuovi record di altezza idrometrica minima. In Valle d'Aosta le temperature della terza settimana di maggio, che sfiorano i 30 gradi, favoriscono lo scioglimento della neve, che sta rimpinguando i corsi d'acqua della regione. In Piemonte calano i livelli dei principali fiumi; in Lombardia, dove la neve che va sciogliendosi è circa il 62 per cento in meno di quella normalmente presente nel periodo, le portate del fiume Adda sono inferiori di oltre 200 milioni di metri cubi al secondo, rispetto allo stesso periodo del particolarmente siccitoso 2017. Il Veneto resta una delle regioni maggiormente in difficoltà idrica, con tutte le conseguenze che già ora si stanno manifestando per l'agricoltura e l'ambiente (gran parte delle risorgive sono ai minimi o perfino asciutte);

    scendono a livelli da piena estate anche le portate dei fiumi toscani e anche i corsi d'acqua marchigiani mostrano primi segnali di difficoltà. Nel Lazio, esigue, se confrontate con gli anni precedenti, sono le portate del fiume Tevere e non migliora la situazione del Lago di Bracciano. In Campania i livelli idrometrici dei corsi d'acqua sono in discesa: il rischio di siccità resta presente soprattutto nelle aree settentrionali della regione. Un leggero incremento nei volumi invasati si registra per le dighe della Basilicata, mentre quelle pugliesi calano di quasi 3 milioni di metri cubi in una settimana, segnando un leggero deficit sul 2022. In Sicilia, infine, rimane positiva la condizione complessiva degli invasi, nonostante le precipitazioni si manifestino da mesi in maniera disomogenea, lasciando all'asciutto una buona porzione di territorio;

    il bilancio complessivo è di una nuova ondata di siccità o forse sarebbe meglio parlare di un'emergenza siccità mai finita, con corsi d'acqua che hanno raggiunto uno stato di severità idrica «media» in tre delle sette autorità di distretto secondo gli ultimi bollettini emanati dalle stesse in questi ultimi mesi: il distretto idrografico del Fiume Po, quello dell'Appennino settentrionale e quello dell'Appennino centrale;

    secondo Terna, la crisi idrica ha ridotto la produzione di energia idroelettrica del 37,7 per cento nel 2022 e a dicembre è stato registrato –18,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2021; preoccupante anche la carenza di neve, con il 53 per cento in meno sull'arco alpino, e, in particolare, il bacino del Po, con un deficit del 61 per cento (fonte: Cima research foundation);

    tale emergenza ha scatenato una tempesta perfetta anche sull'agricoltura italiana, come denunciato dalla Coldiretti, che ha stimato in circa 6 miliardi di euro i danni da siccità, arrivando a bruciare così il 10 per cento del valore della produzione agricola nazionale. Previsioni simili arrivano anche dalla Cia-Agricoltori italiani: partendo da un valore aggiunto per il settore intorno ai 34 miliardi di euro annui, c'è effettivamente il rischio che se ne vada in fumo il 10 per cento del prodotto interno lordo del comparto. Più cauta Confagricoltura, che ad oggi stima i danni da siccità in 2 miliardi di euro e le perdite per il valore aggiunto agricolo attorno al 6 per cento, anche se la percentuale è destinata senz'altro a salire per colpa degli aumenti dei costi di produzione;

    preoccupante è l'allarme in agricoltura lanciato da Coldiretti: «Il Po è praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume, fondamentale per l'ecosistema della pianura padana, dove per la mancanza di acqua è minacciato oltre il 30 per cento della produzione agricola nazionale e la metà dell'allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo»;

    le difficoltà, ovviamente, si estendono a buona parte della penisola, dove con il picco delle temperature manca l'acqua necessaria ad irrigare le coltivazioni che si trovano in una situazione di stress idrico che mette a rischio le produzioni;

    l'assenza di precipitazioni colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l'Italia è dipendente dall'estero in molte materie prime e produce appena il 36 per cento del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53 per cento del mais per l'alimentazione delle stalle, il 56 per cento del grano duro per la pasta e il 73 per cento dell'orzo;

    per il raccolto del grano la Coldiretti stima un calo del 30 per cento per quello duro usato per la pasta e del 20 per cento per quello tenero, utilizzato per il pane, ma in alcune regioni si arriva addirittura a punte del 40 per cento di perdita delle rese;

    le stime per il mais sono ancora peggiori, il raccolto sarà dimezzato perché la siccità ha colpito più duro soprattutto in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, che rappresentano quasi il 90 per cento dell'intera produzione nazionale. Il crollo del raccolto impatta pesantemente sulle stalle, anche a causa della contemporanea diminuzione della produzione di foraggi, anch'essa dimezzata dalle alte temperature;

    anche nelle risaie è allarme rosso, con perdite stimate in oltre il 30 per cento del raccolto. Dei 217 mila ettari coltivati a riso in Italia, ricorda la Coldiretti, il 90 per cento è concentrato fra la Lombardia e il Piemonte, due delle regioni dove l'emergenza siccità è più grave. Il riso, ad esempio, nel 2022 ha perso 23.000 ettari soltanto nella Lomellina, 3.000 nel Novarese; i risicoltori, anche a causa dell'aumento dei costi dei fertilizzanti, dei principi attivi e per l'essiccazione, hanno abbandonato 9.000 ettari di riso, passando a coltivazioni come soia, girasole, mais: una scelta dettata proprio dai cambiamenti climatici;

    quanto all'olio, la campagna 2022 era già risultata compromessa nei mesi scorsi, quando il caldo anomalo aveva ridotto significativamente la trasformazione dei fiori in frutti e la situazione è particolarmente grave in Puglia, dove, nonostante i danni da Xylella, si coltiva ancora un terzo delle olive italiane, con una produzione stimata in calo del 40 per cento;

    la siccità condiziona anche le vigne: senza pioggia gli acini di uva faticano a ingrossarsi, quando addirittura non si asciugano, ed è a rischio anche la sopravvivenza dei nuovi impianti, specie nelle aree dove non c'è possibilità di irrigare;

    nei campi la frutta e la verdura stanno letteralmente bruciando, con danni che in alcune zone arrivano a provocare la perdita del 70 per cento del raccolto: peperoni, meloni, angurie, albicocche e melanzane soprattutto. Per evitare le scottature da caldo, si cerca di anticipare il raccolto quando possibile o si provvede al diradamento dei frutti sugli alberi, eliminando quelli non in grado di sopravvivere; per il pomodoro da sugo, ad esempio, la raccolta è cominciata con una settimana di anticipo, ma nonostante questo si stima un calo del raccolto dell'11 per cento;

    il caldo condiziona anche gli animali nelle fattorie, dove per via delle alte temperature le mucche stanno producendo fino al 20 per cento di latte in meno. Ogni singolo animale è arrivato a bere fino a 140 litri di acqua al giorno, contro i 70 dei periodi meno caldi. La mancanza di acqua per garantire il ricambio idrico e l'aumento della salinità lungo la costa stanno invece soffocando le vongole e le cozze del delta del Po, con la perdita del 20 per cento degli allevamenti, sempre secondo le stime di Coldiretti Impresa-pesca;

    condivisibili sono le preoccupazioni di Confagricoltura, che ha avanzato la necessità di una strategia idrica nazionale, dal rinnovamento delle infrastrutture all'innovazione, strettamente connessa alla produttività, dall'adozione di un nuovo piano sugli invasi al ripensamento dell'intera rete per evitare le attuali perdite d'acqua;

    se è vero che da quando le imprese hanno investito in irrigazione di precisione, in sistemi di riutilizzo delle acque reflue e di raccolta massiva, si è assistito ad un grande risparmio valutabile nel 30/35 per cento di consumi in meno (si calcola che su alcune colture, con l'irrigazione mirata, si risparmino circa 630 metri cubi all'anno di acqua), è altrettanto vero che il problema risiederebbe in un sistema di distribuzione vecchio e fallace, considerato che in Italia si perde, lungo la rete idrica, mediamente il 42 per cento dell'acqua quando in Germania, ad esempio, tale percentuale sfiora l'8 per cento;

    non è più pensabile rincorrere le emergenze, ma è necessario promuovere una politica di prevenzione, attraverso la definizione di una strategia idrica nazionale che abbia un approccio circolare con interventi di breve, medio e lungo periodo. In particolare, sono necessarie misure che favoriscano l'adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione di prelievi e di sprechi d'acqua. La domanda di questa preziosa risorsa è alta perché riguarda diversi usi, da quello agricolo, a quello civile e industriale, pertanto non adottare misure ragionate significa rischiare nel medio periodo a non riuscire a soddisfare come sistema Paese il fabbisogno idrico nazionale;

    la transizione ecologica deve passare anche per il comparto idrico, oggi in forte sofferenza a causa soprattutto della crisi climatica. Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali. Da non sottovalutare, inoltre, il contributo che la neve apporta all'approvvigionamento idrico. La scarsa copertura nevosa unita alla fusione anticipata delle nevi condizioneranno pesantemente le capacità dei bacini idrografici nei prossimi mesi primaverili ed estivi;

    come ricordato da Legambiente, l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6 per cento ogni dieci anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l'approvvigionamento idrico della penisola;

    secondo i dati diffusi dallo Giec (Gruppo intergovernativo degli esperti sul cambiamento climatico), all'aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20 per cento della disponibilità delle risorse idriche;

    in tale contesto il Governo, meritoriamente, per fronteggiare immediatamente la situazione di eccezionale gravità causata dai cambiamenti climatici in atto, ha adottato con urgenza un decreto-legge per la prevenzione e il contrasto della siccità e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche. Le misure adottate aumenteranno la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e diminuiranno le dispersioni di risorse idriche. Per riuscire nella missione si segnalano, in particolare, le misure adottate per garantire un regime procedurale semplificato per la progettazione e realizzazione delle infrastrutture idriche sul modello di quella assunte per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'aumento dei volumi utili degli invasi, la possibilità di realizzare liberamente vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo entro un volume massimo stabilito, il riutilizzo delle acque reflue depurate per uso irriguo, l'introduzione di rilevanti semplificazioni nella realizzazione degli impianti di desalinizzazione;

    l'immediata attuazione delle misure è garantita da un efficace sistema di governance grazie all'istituzione d'una cabina di regia per effettuare nel breve termine una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione per mitigare gli effetti della crisi idrica, individuando quelle da affidare immediatamente al commissario straordinario nazionale, il quale resterà in carica fino al 31 dicembre 2023 con possibilità di proroga, se permanesse la situazione descritta, fino al 31 dicembre 2024. Nel caso di ritardi o di altre criticità la cabina di regia interviene per superare i problemi anche nominando singoli commissari ad acta;

    il commissario straordinario nazionale non solo realizzerà, in via d'urgenza, gli interventi indicati dalla cabina di regia, ma svolgerà anche ulteriori importanti funzioni, come la regolazione dei volumi e delle portate degli invasi, la verifica e il coordinamento dell'adozione, da parte delle regioni, delle misure previste per razionalizzare i consumi ed eliminare gli sprechi, la verifica e il monitoraggio dell'iter autorizzativo dei progetti di gestione degli invasi finalizzati alle operazioni di sghiaiamento e sfangamento, l'individuazione delle dighe per le quali risulta necessaria e urgente l'adozione di interventi per la rimozione dei sedimenti accumulati nei serbatoi, la ricognizione degli invasi fuori esercizio temporaneo da finanziare nell'ambito delle risorse del «Fondo per il miglioramento della sicurezza e la gestione degli invasi». Sono previste anche delle ulteriori procedure per consentire al Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, se e quando necessario, di imputare al commissario, in via sostitutiva, l'onere di adottare urgentemente tutti gli atti o i provvedimenti e di eseguire i progetti o gli interventi indispensabili alla nazione per contrastare con misure immediate la siccità e mitigarne efficacemente gli effetti che danneggiano tutti gli italiani e per dare una prima efficace soluzione alla preoccupante situazione economica e finanziaria vissuta dalle imprese a causa non solo della attuale congiuntura economico-finanziaria, ma anche delle conseguenze dei cambiamenti climatici;

    fortunatamente le misure adottate per causa di necessità e urgenza dal Governo sopra descritte porteranno benefici nel breve periodo, ma ulteriori interventi futuri si ritengono necessari. Ad esempio, per risparmiare l'acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie, la Coldiretti, insieme all'Anbi (l'Associazione nazionale dei consorzi di bonifica), ha elaborato un progetto immediatamente cantierabile per la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presente. L'idea è di realizzare laghetti, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l'acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all'industria e all'agricoltura, con una ricaduta importante sull'ambiente e sull'occupazione;

    occorre pensare e realizzare una rete di micro/medi impianti di raccolta delle acque piovane e fluviali, utilizzando senza sprechi e in modo attento e mirato i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati anche all'ammodernamento delle reti e delle captazioni dell'acqua. Occorre, altresì, ragionare sul riutilizzo delle acque depurate, che possono trovare nuovo impiego, anche in agricoltura, e al fine di non disperderle in mare, dove cagionerebbero danni certi giacché, trattandosi di acque dolci, la loro immissione nei bacini salati provoca alterazione dell'ecosistema;

    non meno importante è un'opera di sensibilizzazione della cittadinanza sul tema del contrasto allo spreco della risorsa idrica, posto che siamo i più alti consumatori pro capite di acqua in Europa con oltre 220 litri al giorno per abitante, con consumi medi familiari nell'ordine dei 150 metri cubi all'anno; altro tema particolarmente sentito in tutti i principali settori produttivi che contribuiscono alla tenuta e alla crescita del Paese, a partire ovviamente dall'agricoltura, è quello dell'accesso al credito, posto che la disponibilità di risorse e di prodotti finanziari rappresenta indubbiamente una delle condizioni indispensabili per la crescita di una qualsiasi impresa o attività produttiva;

    anche e soprattutto per tali ragioni, è fondamentale intervenire sugli accordi di Basilea, valutando la possibilità di un ripensamento che tenga conto delle particolarità dell'agricoltura: si pensi, ad esempio, a interventi sulle procedure di istruttoria e a deroghe apposite per il merito creditizio delle imprese agricole, la cui attività come noto è legata in maniera indissolubile ai cicli della natura e, in quanto tale, non ha le stesse tempistiche degli altri comparti produttivi;

    in ogni caso, è necessario continuare a lavorare sul rapporto tra gli istituti di credito e le imprese agricole, rafforzandolo e facilitandolo, tenendo anche conto del fatto che un altro grande problema è quello legato all'inasprimento dei tassi d'interesse per i prestiti bancari, in atto ormai da diversi mesi. Questione di fondamentale rilevanza in un'ottica di rilancio dell'economia, per la quale lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza, come noto, oltre a prevedere risorse a fondo perduto, contempla prestiti ad interessi agevolati,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta ad adottare un piano nazionale per combattere l'emergenza idrica, fondato su alcuni principali pilastri:

  a) garantire la manutenzione costante della rete distributiva e degli invasi;

  b) prevedere il coinvolgimento dei bacini idroelettrici per sostenere le forniture di acqua ad uso potabile e agricolo nelle fasi più acute della siccità;

  c) favorire la ricarica controllata della falda, in modo che le sempre minori e più concentrate precipitazioni permangano più a lungo sul territorio invece di scorrere a valle fino al mare;

  d) prevedere l'obbligo di recupero delle acque piovane con l'installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità e attraverso misure di de-sealing in ambiente urbano; in agricoltura prevedendo laghetti e piccoli bacini;

  e) prevedere interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato e permettere le riduzioni delle perdite di rete e completare gli interventi sulla depurazione;

  f) implementare il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura attraverso la promozione delle modifiche normative necessarie;

  g) riconvertire il comparto agricolo verso colture meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti;

  h) utilizzare i criteri minimi ambientali nel campo dell'edilizia per ridurre gli sprechi;

  i) favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti;

  l) introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in ambito idrico, come avviene per gli interventi di efficientamento energetico, per tutti gli usi e per tutti i settori coinvolti;

  m) incentivare i comuni a dotarsi di strumenti di misura remoti smart meter e a promuovere progetti di intelligenza artificiale e data science per recuperare significative percentuali di risorse idriche perse;

  n) definire una gestione delle crisi basata sui bisogni concreti dei distretti idrografici minacciati dalla scarsità delle risorse idriche e dalla siccità, sulla partecipazione pubblica e sui sistemi di allerta rapida che operano a livello nazionale, regionale e locale;

  o) promuovere cooperazioni interregionali per la gestione integrata dei corsi d'acqua, in particolare in ambito agricolo;

2) a valutare l'opportunità di adottare iniziative di carattere economico a sostegno dei comparti produttivi maggiormente colpiti dall'emergenza idrica, con particolare riguardo a:

  a) misure di aiuto, prevenzione e compensazione a sostegno del settore agricolo, valutando l'opportunità di un miglior indirizzamento di quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

  b) estensione del credito di imposta per l'acquisto di gasolio agricolo, necessario ad arginare il «caro carburante»;

  c) sterilizzazione strutturale del sistema delle accise sui carburanti e definitiva eliminazione degli oneri di sistema;

3) sul piano ambientale, a promuovere una politica volta a:

  a) evitare la creazione di barriere al corso naturale dei fiumi nel tentativo di ridurre le inondazioni e condurre valutazioni più ampie dell'impatto in caso di sbarramento dei corsi naturali sul flusso d'acqua;

  b) favorire un maggior utilizzo del rimboschimento per limitare e mitigare il deflusso estremo delle acque di superficie e sotterranee e per contrastare il degrado e l'erosione del suolo;

  c) procedere a una nuova valutazione delle quantità di acqua sotterranea in Italia e delle norme che ne disciplinano l'uso, nel principale intento di garantire un uso razionale delle risorse d'acqua sotterranee in base alle esigenze dei singoli territori;

4) ad assumere iniziative di competenza presso le competenti sedi europee per l'estensione, anche per il 2023, delle deroghe accordate nel 2022 sull'uso non produttivo dei terreni e sulla rotazione annuale obbligatoria dei seminativi;

5) a istituire un tavolo di confronto permanente sul credito in agricoltura, vero e proprio motore della crescita e dell'innovazione, intorno al quale riunire le istituzioni, le organizzazioni di settore e l'Abi;

6) a promuovere campagne nazionali di informazione e sensibilizzazione su un uso ragionato dell'acqua.
(1-00121) «Almici, Foti, Cerreto, Mattia, Rotelli, Caretta, Milani, Benvenuti Gostoli, Ciaburro, Iaia, La Porta, La Salandra, Lampis, Malaguti, Marchetto Aliprandi, Fabrizio Rossi, Rachele Silvestri».


   La Camera,

   premesso che:

    il nostro Paese deve affrontare, con sempre più frequenza, situazioni di siccità prolungate che determinano condizioni critiche per ampie porzioni del territorio, da Nord a Sud. Risorse idriche sempre minori che stanno raggiungendo il loro livello minimo storico;

    l'ecosistema montagna appare quello che ha subito in maniera preponderante tale criticità, non solo a causa delle scarse precipitazioni, nevose in quota, ma soprattutto per l'aumento dell'altitudine dello zero termico, che sta determinando una riduzione sensibile dei principali serbatoi di acqua: i ghiacciai. In tal modo viene compromesso il loro fondamentale ruolo «tampone», aggravando le crisi idriche estive;

    è nei mesi estivi che si verifica il picco della domanda di acqua per uso civile, sensibile all'enorme fluttuazione di presenze nelle destinazioni turistiche, irriguo ed industriale, innescando conflitti d'uso multiscala (locale, regionale e nazionale) e intersettoriali (primario, secondario e terziario);

    le montagne forniscono acqua e nutrienti alle pianure, compensando la riduzione delle precipitazioni estive, tipica del clima italiano. Il contributo della fusione di neve e ghiaccio al deflusso totale dei fiumi varia dal 5 per cento nelle regioni meridionali al 50-60 per cento nel bacino padano;

    tra i servizi ecosistemici forniti dalle montagne, in connessione con le aree a valle, le pianure e le aree costiere, vi è quello di «serbatoi d'acqua» («water towers»);

    la cronaca delle ultime settimane indica una situazione di forte riduzione degli stock idrici nivali. Gli ultimi dati (15 febbraio 2023) confermano il persistere di un deficit di risorse idriche nivali a livello nazionale (-45 per cento), con picchi nella zona alpina (-53 per cento) e, in particolare, nel bacino del Po (-61 per cento)(Cima foundation);

    le indicazioni sono per un'estate ancora più critica di quella già molto difficile del 2022: Legambiente ricorda che l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili;

    la carenza di precipitazioni e l'aumento delle temperature stanno determinando anche una modificazione importante dell'assetto idrogeologico e meccanico delle montagne (Alpi e Appennini), con inevitabili conseguenze sui territori e sulle aree antropizzate;

    l'agricoltura tutta dipende dalla risorsa idrica e quella delle regioni, soprattutto del Nord Italia, è legata ai grandi fiumi e ai bacini lacustri di pianura e di quota;

    in base ai dati dell'Ispra, la disponibilità di risorsa idrica media annua in Italia, calcolata nel periodo 1951-2020, ammonta a 469,8 millimetri (corrispondente a un volume di circa 142 miliardi di metri cubi), cioè il 19 per cento in meno rispetto al valore medio annuo del trentennio 1921-1950, con un trend negativo che vede stimata una perdita di un ulteriore 40 per cento (con punte del 90 per cento in certe zone del Sud Italia) nei prossimi trent'anni;

    la quantità d'acqua utilizzata in Italia ogni anno equivale a circa 26,6 miliardi di metri cubi, distribuiti per il 51 per cento nel settore agricolo, per il 21 per cento nel settore industriale, per quasi il 20 per cento nel civile e per un restante 8 per cento circa tra settore energetico e zootecnia;

    la perdurante scarsità di precipitazioni pluviometriche e nevose degli ultimi anni ha, infatti, cagionato una riduzione dei deflussi sia superficiali che stoccati, condizionando in maniera significativa i livelli delle falde freatiche e mettendo in evidenza le importanti criticità strutturali che caratterizzano gli impianti e la rete di distribuzione idrica nazionale, con perdite ingenti;

    nel nostro Paese le opere di urbanizzazione primaria, come reti di acquedotto e di fognatura, sono sempre di più datate e raramente si sono immaginati in passato investimenti atti al riuso appropriato, attraverso idonei sistemi di depurazione delle acque di scarico a fini non potabili;

    la rete nazionale delle infrastrutture primarie di adduzione e scarico necessita in futuro di interventi di modernizzazione e manutenzione adeguatamente pianificati;

    anche la rete per l'irrigazione rurale necessità di adeguati interventi manutentivi e di razionalizzazione funzionale;

    il 28 dicembre 2022 si è finalmente giunti alla pubblicazione aggiornata del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, attualmente in fase finale di consultazione pubblica, prevista dalla valutazione ambientale strategica, nel quale sono indicate azioni di adattamento finalizzate all'ottimizzazione della gestione della risorsa idrica;

    non risulta però definito come le strutture di governance del Piano intendano svolgere il ruolo di coordinamento, indirizzo e facilitazione nell'attuazione degli interventi, né sono previste specifiche fonti di finanziamento, la cui ripartizione non dovrebbe basarsi sul criterio di popolazione territorialmente residente, ma sul parametro idrologico di contributo sui deflussi a favore dell'intera popolazione del bacino di riferimento;

    il Governo il 1° marzo 2023 ha riunito un tavolo sulla crisi idrica dai cui lavori è scaturita l'istituzione di una cabina di regia e la previsione di nominare un commissario straordinario nazionale con poteri esecutivi;

    ad inizio aprile 2023 il Consiglio dei ministri ha varato un decreto-legge sulla prevenzione e sul contrasto della siccità e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche,

impegna il Governo:

1) a valutare e definire gli strumenti di finanziamento e quelli normativi necessari per l'attuazione di azioni sistemiche e non solo emergenziali, che consentano di ridurre la vulnerabilità dei territori di montagna, e quindi anche delle aree di pianura e costiere, sulla base della riduzione della disponibilità idrica causata dalla crisi climatica;

2) a valutare la definizione di un piano strategico di interventi, compatibilmente con le disponibilità finanziarie a disposizione, volte a provvedere, in via assolutamente prioritaria, alla realizzazione degli investimenti necessari per l'ammodernamento delle reti infrastrutturali di adduzione e scarico anche attraverso i fondi messi a disposizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

3) in relazione alle iniziative di cui ai precedenti impegni, a coinvolgere le istituzioni locali, quali regioni e comuni, nella definizione strategica delle azioni future, tenendo conto degli areali di riferimento e delle problematiche territoriali in essere e del ruolo prioritario delle regioni stesse;

4) a valutare l'adozione di misure di fiscalità agevolata al fine di incentivare interventi anche di natura locale e privata, indirizzati all'ottimizzazione della risorsa idrica non solo per gli usi civili e/o produttivi, ma soprattutto per ottimizzare gli investimenti in irrigazione di precisione nei settori agronomici, tenendo conto delle tipologie di colture, della configurazione dei territori e delle pratiche e tecniche che rappresentano la nostra storia e cultura;

5) a definire in tempi adeguati un piano per la realizzazione di una rete nazionale di nuovi invasi, a servizio delle imprese agricole, necessari a una maggiore e più capillare capacità di immagazzinamento dell'acqua piovana, oltre che una semplificazione normativa per la gestione dei detriti nella pulizia degli invasi già esistenti, quali i bacini delle dighe e dei laghi artificiali;

6) a promuovere un piano per il riuso delle acque di depurazione;

7) a promuovere iniziative puntuali di informazione alla popolazione, coinvolgendo anche le istituzioni scolastiche nell'agevolare un cambiamento culturale incentrato sulla consapevolezza dei cambiamenti in atto.
(1-00123) «Manes, Schullian, Steger, Gebhard, Gallo».


   La Camera,

   premesso che:

    il nostro Paese deve affrontare, con sempre più frequenza, situazioni di siccità prolungate che determinano condizioni critiche per ampie porzioni del territorio, da Nord a Sud. Risorse idriche sempre minori che stanno raggiungendo il loro livello minimo storico;

    l'ecosistema montagna appare quello che ha subito in maniera preponderante tale criticità, non solo a causa delle scarse precipitazioni, nevose in quota, ma soprattutto per l'aumento dell'altitudine dello zero termico, che sta determinando una riduzione sensibile dei principali serbatoi di acqua: i ghiacciai. In tal modo viene compromesso il loro fondamentale ruolo «tampone», aggravando le crisi idriche estive;

    è nei mesi estivi che si verifica il picco della domanda di acqua per uso civile, sensibile all'enorme fluttuazione di presenze nelle destinazioni turistiche, irriguo ed industriale, innescando conflitti d'uso multiscala (locale, regionale e nazionale) e intersettoriali (primario, secondario e terziario);

    tra i servizi ecosistemici forniti dalle montagne, in connessione con le aree a valle, le pianure e le aree costiere, vi è quello di «serbatoi d'acqua» («water towers»);

    la cronaca delle ultime settimane indica una situazione di forte riduzione degli stock idrici nivali. Gli ultimi dati (15 febbraio 2023) confermano il persistere di un deficit di risorse idriche nivali a livello nazionale (-45 per cento), con picchi nella zona alpina (-53 per cento) e, in particolare, nel bacino del Po (-61 per cento)(Cima foundation);

    le indicazioni sono per un'estate ancora più critica di quella già molto difficile del 2022: Legambiente ricorda che l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili;

    la carenza di precipitazioni e l'aumento delle temperature stanno determinando anche una modificazione importante dell'assetto idrogeologico e meccanico delle montagne (Alpi e Appennini), con inevitabili conseguenze sui territori e sulle aree antropizzate;

    l'agricoltura tutta dipende dalla risorsa idrica e quella delle regioni, soprattutto del Nord Italia, è legata ai grandi fiumi e ai bacini lacustri di pianura e di quota;

    in base ai dati dell'Ispra, la disponibilità di risorsa idrica media annua in Italia, calcolata nel periodo 1951-2020, ammonta a 469,8 millimetri (corrispondente a un volume di circa 142 miliardi di metri cubi), cioè il 19 per cento in meno rispetto al valore medio annuo del trentennio 1921-1950, con un trend negativo che vede stimata una perdita di un ulteriore 40 per cento (con punte del 90 per cento in certe zone del Sud Italia) nei prossimi trent'anni;

    la quantità d'acqua utilizzata in Italia ogni anno equivale a circa 26,6 miliardi di metri cubi, distribuiti per il 51 per cento nel settore agricolo, per il 21 per cento nel settore industriale, per quasi il 20 per cento nel civile e per un restante 8 per cento circa tra settore energetico e zootecnia;

    la perdurante scarsità di precipitazioni pluviometriche e nevose degli ultimi anni ha, infatti, cagionato una riduzione dei deflussi sia superficiali che stoccati, condizionando in maniera significativa i livelli delle falde freatiche e mettendo in evidenza le importanti criticità strutturali che caratterizzano gli impianti e la rete di distribuzione idrica nazionale, con perdite ingenti;

    nel nostro Paese le opere di urbanizzazione primaria, come reti di acquedotto e di fognatura, sono sempre di più datate e raramente si sono immaginati in passato investimenti atti al riuso appropriato, attraverso idonei sistemi di depurazione delle acque di scarico a fini non potabili;

    la rete nazionale delle infrastrutture primarie di adduzione e scarico necessita in futuro di interventi di modernizzazione e manutenzione adeguatamente pianificati;

    anche la rete per l'irrigazione rurale necessità di adeguati interventi manutentivi e di razionalizzazione funzionale;

    il 28 dicembre 2022 si è finalmente giunti alla pubblicazione aggiornata del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, attualmente in fase finale di consultazione pubblica, prevista dalla valutazione ambientale strategica, nel quale sono indicate azioni di adattamento finalizzate all'ottimizzazione della gestione della risorsa idrica;

    il Governo il 1° marzo 2023 ha riunito un tavolo sulla crisi idrica dai cui lavori è scaturita l'istituzione di una cabina di regia e la previsione di nominare un commissario straordinario nazionale con poteri esecutivi;

    ad inizio aprile 2023 il Consiglio dei ministri ha varato un decreto-legge sulla prevenzione e sul contrasto della siccità e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche,

impegna il Governo:

1) a valutare l'adozione di misure di fiscalità agevolata al fine di incentivare interventi anche di natura locale e privata, indirizzati all'ottimizzazione della risorsa idrica non solo per gli usi civili e/o produttivi, ma soprattutto per ottimizzare gli investimenti in irrigazione di precisione nei settori agronomici, tenendo conto delle tipologie di colture, della configurazione dei territori e delle pratiche e tecniche che rappresentano la nostra storia e cultura;

2) a definire in tempi adeguati un piano per la realizzazione di una rete nazionale di nuovi invasi, a servizio delle imprese agricole, necessari a una maggiore e più capillare capacità di immagazzinamento dell'acqua piovana, oltre che una semplificazione normativa per la gestione dei detriti nella pulizia degli invasi già esistenti, quali i bacini delle dighe e dei laghi artificiali.
(1-00123) (Testo modificato nel corso della seduta) «Manes, Schullian, Steger, Gebhard, Gallo».