XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta del 4 maggio 2023.
Albano, Ascani, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Carloni, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Evi, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Andrea Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zaratti, Zucconi.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albano, Ascani, Baldino, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Carloni, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Evi, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Andrea Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zaratti, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 3 maggio 2023 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
MALAVASI ed altri: «Istituzione della figura professionale dell'infermiere di famiglia e di comunità» (1132);
MONTEMAGNI ed altri: «Modifica all'articolo 147 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni in materia di gestione autonoma del servizio idrico integrato» (1133).
Saranno stampate e distribuite.
Adesione di deputati a proposte di legge.
La proposta di legge CARAMANNA ed altri: «Disposizioni in materia di turismo accessibile e di partecipazione delle persone disabili alle attività culturali, turistiche e ricreative» (997) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Pisano.
La proposta di legge LUPI ed altri: «Modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano» (1026) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Pisano.
Ritiro di sottoscrizioni
a proposte di legge.
In data 27 aprile 2023 il deputato Iaia ha comunicato di ritirare la propria sottoscrizione alla proposta di legge:
VARCHI ed altri: «Modifica all'articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, in materia di sospensione feriale dei termini processuali» (863).
Trasmissione dal Senato.
In data 3 maggio 2023 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza i seguenti progetti di legge:
S. 411. – «Modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30» (approvato dal Senato) (1134);
S. 377. – Senatori BONGIORNO ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, concernenti i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere» (approvata dal Senato) (1135).
Saranno stampati e distribuiti.
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE SCHULLIAN ed altri: «Modifiche agli statuti delle regioni ad autonomia speciale, concernenti la procedura per la modificazione degli statuti medesimi» (7);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE SCHULLIAN ed altri: «Abrogazione dell'articolo 99 della Costituzione. Soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro» (8);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE SCHULLIAN ed altri: «Modifica all'articolo 134 della Costituzione, concernente il ricorso diretto alla Corte costituzionale per la tutela dei diritti fondamentali» (9) Parere della II Commissione;
BOF ed altri: «Modifiche alla legge 21 novembre 1967, n. 1185, in materia di presentazione delle domande per il rilascio del passaporto» (962) Parere delle Commissioni III, IV e V;
RAMPELLI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla violenza politica nelle scuole, nelle istituzioni universitarie e nelle città negli anni tra il 1970 e il 1989» (965) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.
II Commissione (Giustizia):
SCHULLIAN ed altri: «Introduzione dell'articolo 413-bis del codice civile, concernente il decesso del beneficiario dell'amministrazione di sostegno privo di eredi conosciuti» (10) Parere delle Commissioni I e XII;
SCHULLIAN ed altri: «Modifiche agli articoli 563 e 2655 del codice civile, in materia di rinuncia all'azione di restituzione di beni immobili oggetto di donazione» (11) Parere della I Commissione;
PASTORELLA e BENZONI: «Modifiche al codice civile, al codice di procedura civile, alla legge 20 maggio 2016, n. 76, e altre disposizioni in materia di accesso egualitario al matrimonio e all'adozione da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso» (958) Parere delle Commissioni I e XII.
III Commissione (Affari esteri):
TONI RICCIARDI ed altri: «Destinazione agli uffici diplomatici e consolari di quota dei proventi derivanti dal rilascio dei passaporti all'estero» (960) Parere delle Commissioni I, V, VI e XI.
VI Commissione (Finanze):
GADDA ed altri: «Concessione di un credito d'imposta in favore dei titolari di reddito d'impresa per la stipulazione di contratti di assicurazione, l'acquisizione di certificazioni e l'esecuzione di interventi di prevenzione in materia ambientale» (445) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII, X e XIV.
VII Commissione (Cultura):
D'ATTIS: «Disposizioni concernenti la composizione del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti» (989) Parere delle Commissioni I, II, V e XI.
Trasmissione dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 27 aprile 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, la relazione sull'attività svolta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'anno 2022, predisposta dalla medesima Autorità (Doc. XLV, n. 1).
Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).
Trasmissione dalla Corte dei conti.
Il Presidente della Sezione di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 3 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 34/2023 del 13 aprile-2 maggio 2023, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente «Profili innovativi ed esperienze maturate nella gestione dell'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata: l'attività dell'Agenzia nazionale (ANBSC)».
Questo documento è trasmesso alla II Commissione (Giustizia) e alla V Commissione (Bilancio).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Invitalia – Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 80).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'ENIT – Agenzia nazionale del turismo, per l'esercizio 2021. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 81).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione «Rossini Opera Festival», per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 82).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia occidentale, per l'esercizio 2020, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 83).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa, per l'esercizio 2020, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 84).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).
Trasmissione dal Ministero dell'interno.
Il Ministero dell'interno, con lettera del 28 aprile 2023, ha trasmesso la nota relativa all'attuazione data, per la parte di propria competenza, all'ordine del giorno ZANELLA ed altri n. 9/705/134, accolto dal Governo ed approvato dall'Assemblea nella seduta del 28 dicembre 2022, sull'opportunità di rendere operativo in tutte le Questure d'Italia il protocollo Zeus, nonché sull'adozione di misure di prevenzione con specifico riferimento ai reati di genere.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.
Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 3 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 21 luglio 2016, n. 145, la deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2023, adottata il 1° maggio 2023 (Doc. XXV, n. 1).
Questo documento è trasmesso alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa).
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 3 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 21 luglio 2016, n. 145, la relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2022, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2023, deliberata dal Consiglio dei ministri il 1° maggio 2023 (Doc. XXVI, n. 1).
Questo documento è trasmesso alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa).
Trasmissione dal Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei
ministri.
Il Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 2 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge 11 marzo 2020, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 maggio 2020, n. 31, la relazione consuntiva, predisposta dalla Federazione italiana tennis e padel, sulle attività organizzative concernenti le Finali ATP Torino 2021-2025, riferita all'anno 2022 (Doc. XXVII, n. 6).
Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).
Trasmissione di documenti connessi
ad atti dell'Unione europea.
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 2 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, commi 3 e 6, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le relazioni predisposte dalla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, riferite al periodo dal 21 al 27 aprile 2023.
Questi documenti sono trasmessi alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) e alle Commissioni competenti per materia.
Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.
Il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, con lettera in data 19 aprile 2023, integrata da successiva documentazione pervenuta in data 4 maggio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 60-bis, della legge 4 agosto 2017, n. 124, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente disciplina dei criteri e delle modalità per l'ingresso consapevole dei clienti domestici nel mercato libero dell'energia elettrica (44).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla X Commissione (Attività produttive), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 24 maggio 2023.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
ERRATA CORRIGE
Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 3 maggio 2023, a pagina 3, prima colonna, ventiduesima riga, deve leggersi: «2 maggio» e non: «3 maggio», come stampato.
DISEGNO DI LEGGE: S. 591 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 10 MARZO 2023, N. 20, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI FLUSSI DI INGRESSO LEGALE DEI LAVORATORI STRANIERI E DI PREVENZIONE E CONTRASTO ALL'IMMIGRAZIONE IRREGOLARE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1112)
A.C. 1112 – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
purtroppo, in Italia, risultano pendenti migliaia di pratiche inevase, relative non solo al riconoscimento dello status di rifugiato, ma anche per migliaia di lavoratori e lavoratrici che si trovano in una sorta di limbo che non gli consente di uscire dalla condizione di sommerso e di precarietà;
inoltre, con il decreto flussi si verificheranno ulteriori richieste di servizi e interventi che si andranno ad aggiungere a tale situazione;
una delle cause principali di questa criticità è dovuta alla carenza di personale presso le Prefetture e le Questure, in particolare di quelle del Mezzogiorno, già storicamente sottodimensionate a causa di turn over e mancata concessione di procedure di mobilità interna per non sguarnire gli uffici pubblici delle regioni del nord;
nel corso del tempo in merito a queste criticità richiamate si sono registrati anche pronunciamenti in sede giudiziaria;
molte sentenze (tra cui la n. 1811/2022 del TAR per il Veneto) si sono espresse chiaramente sulla richiesta di parere dell'ispettorato del lavoro ai fini del buon esito delle procedure di emersione;
secondo i giudici, la prefettura, deve, comunque, procedere alla sua finalizzazione perché il ritardo o il silenzio da parte dell'ispettorato del lavoro non possono pregiudicare l'esito della pratica;
associazioni e sindacati, da tempo, hanno chiesto al Governo di intervenire con misure di semplificazione delle procedure e di potenziamento del personale al fine di non sottrarlo da altri uffici e comunque provvedere ad accertamenti delle procedure in tempi congrui;
l'obiettivo deve essere quello di evitare il permanere in condizioni di sommerso di migliaia di lavoratori che finiscono per alimentare comunque canali irregolari dell'economia e contemporaneamente quello di procedere in tempi rapidi all'evasione delle domande pendenti,
impegna il Governo:
anche tenuto conto delle ulteriori attività richieste dal presente provvedimento, ad attivare un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali del pubblico impiego e procedere al potenziamento del personale delle Prefetture e delle Questure, garantendo continuità occupazionale e una successiva stabilizzazione anche del personale che ha operato in somministrazione;
a salvaguardare le competenze professionali e assicurare continuità al servizio, avendo presente che, in particolare nelle regioni meridionali, si registrano strutturali carenze di organico, e avendo l'obiettivo di velocizzare le procedure di cui in premessa, contrastando efficacemente lavoro nero e sommerso.
9/1112/1. Sarracino.
La Camera,
considerata la nuova emergenza migratoria che sta pressando in particolare il confine mediterraneo dell'Italia;
premesso che:
il confine dell'Italia è un confine dell'Unione europea;
è necessaria un'azione di contrasto dell'immigrazione clandestina coordinata e sostenuta a livello europeo;
«è necessario [...] superare il Regolamento di Dublino [...] per stabilire un meccanismo permanente di redistribuzione automatica obbligatoria dei richiedenti asilo e dei migranti che giungono dagli Stati di frontiera, accompagnata dai rimpatri comunitari di coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale» (Atti parlamentari, Camera dei deputati, XVIII legislatura, seduta 23 giugno 2021, n. 529),
impegna il Governo
ad attivarsi, nelle opportune sedi europee, nelle more di una riforma organica delle politiche di contenimento dell'immigrazione e del superamento del Regolamento di Dublino, per assicurarsi che gli Stati di bandiera delle navi europee che effettuano operazioni di salvataggio in mare collaborino all'individuazione di un porto di sbarco e si assumano la responsabilità dell'accoglienza delle persone soccorse, nel rispetto delle convenzioni internazionali sul diritto del mare.
9/1112/2. (Versione corretta). Candiani.
La Camera,
tenuto conto del parere reso sul provvedimento in esame dal Comitato per la legislazione lo scorso 26 aprile,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui all'articolo 7-ter, comma 1, lettera d), allo scopo di adottare, in tempi rapidi, le opportune iniziative normative volte ad espungere dall'articolo 35, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 25 del 2008 (come novellato dal provvedimento in esame) il riferimento all'articolo 32 del medesimo decreto legislativo.
9/1112/3. Rotondi, Grippo, Tabacci.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-bis, comma 4, del decreto-legge in esame, introdotto dal Senato in sede di conversione, intervenendo sull'articolo 11 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, stabilisce che nelle more dell'individuazione di disponibilità di posti nei centri governativi di prima accoglienza o nelle strutture temporanee appositamente allestite ai sensi dello stesso articolo 11, l'accoglienza possa essere disposta dal prefetto in nuove strutture di accoglienza provvisoria;
recentemente, il Ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, nel corso della Conferenza delle Regioni tenutasi in data 27 aprile 2023, con l'obiettivo di discutere la strategia per gestire il fenomeno migratorio, ha annunciato l'intenzione del Governo di favorire l'accoglienza diffusa dei migranti attraverso i Centri di accoglienza straordinaria (CAS) e il Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI), escludendo l'apertura di nuovi grandi centri,
impegna il Governo
a favorire un'accoglienza dei migranti che sia diffusa in centri di piccole dimensioni, anche nel caso di ricorso alle strutture di accoglienza provvisoria di cui all'articolo 5-bis, comma 4, del provvedimento in esame, in coerenza con le recenti dichiarazioni del Ministro dell'interno, Matteo Piantedosi, riportate in premessa.
9/1112/4. Magi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 modifica le disposizioni di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, recante il Testo unico immigrazione, in particolare gli articoli 6, comma 1-bis (conversione in lavoro dei permessi di soggiorno per protezione speciale, cure mediche e calamità naturale), 19 (in materia di divieto di espulsione e respingimento per violazione della vita privata e famigliare e di permesso per cure mediche) e 20-bis (in materia di permesso per calamità naturale);
in relazione alle ipotesi di riconoscimento della protezione speciale, l'articolo 7 elimina i requisiti e parametri previsti per il riconoscimento della protezione speciale per rischio di violazione della vita privata e familiare;
in relazione alla possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno per protezione speciale, la norma crea una disparità di trattamento su identici titoli di soggiorno, in quanto i permessi rilasciati prima dell'entrata in vigore del decreto-legge in titolo nell'ambito della procedura asilo o direttamente al Questore non potranno essere rinnovati per più di una volta e solo per la durata di un anno, mentre i permessi di soggiorno rilasciati dopo l'entrata in vigore della legge di conversione in titolo relativi a domande comunque presentate con la normativa previgente potranno essere rinnovati finché ne ricorreranno i presupposti;
in relazione ai casi pendenti innanzi alle commissioni territoriali per la protezione internazionale, la norma non chiarisce quale regime in materia di rinnovo si applica ai permessi per protezione speciale che verranno rilasciati in futuro;
in relazione ai casi pendenti riguardanti la protezione speciale e i permessi di soggiorno per cure mediche e per calamità naturale, la disposizione non chiarisce quale regime si applichi in materia di conversione del titolo in motivi di lavoro;
la disciplina transitoria così introdotta determina un'efficacia temporale differenziata delle nuove norme e comporterà per forza di cose azioni legali e contenziosi, l'autorità giudiziaria sarà chiamata a dirimere in ordine al riconoscimento di diritti negati, ma protetti dalla nostra Costituzione, come già accaduto in passato, perché nel nostro Paese si può sempre agire per l'invocazione diretta dell'articolo 10 davanti al giudice e i migranti che non potranno comunque essere espulsi assumeranno uno status indefinito, a tutto svantaggio dell'interesse pubblico e del sistema Paese, anche in termini economici,
impegna il Governo:
al fine di evitare contenziosi e scongiurare l'intasamento dei tribunali, ad escludere l'applicazione retroattiva delle nuove disposizioni introdotte e ad uniformarla in modo univoco verso tutti i casi pendenti – riguardanti i permessi per protezione speciale, per cure mediche e per calamità naturale – sia per il regime di rinnovo del titolo di soggiorno sia per il regime della conversione in motivi di lavoro, nel rispetto del principio di parità di trattamento sancito all'articolo 3 della Costituzione;
ad individuare nuove modalità procedurali che assicurino la tutela del diritto alla vita privata e familiare dei cittadini stranieri, in ottemperanza agli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano e con particolare riferimento all'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, agli articoli 7 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e agli articoli 2, 3, 10, 29,30, 11 e 117 della Costituzione.
9/1112/5. Alfonso Colucci, Baldino, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7-bis, in forza delle modifiche apportate in sede di conversione, modifica l'articolo 28-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998, recante il Testo unico immigrazione, in materia di procedure accelerate prevedendo il trattenimento e l'esame dell'istanza in frontiera o nelle zone di transito;
tra le casistiche ivi disposte, non sono previste deroghe per le persone in condizione di vulnerabilità;
l'articolo 2 amplia le previsioni di trattenimento dei migranti anche durante la cosiddetta procedura di frontiera per diverse casistiche nelle quali potrebbero trovarsi i richiedenti asilo, tra i quali quelli provenienti dai paesi considerati sicuri ovvero quelli per i quali è previsto il trattenimento per il tempo necessario «a valutare o determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale che non potrebbero essere acquisiti senza il trattenimento» e «dove sussiste rischio di fuga»;
anche in questo caso, non sono previste deroghe per le persone in condizione di vulnerabilità,
impegna il Governo
ad individuare criteri e modalità che garantiscano tutele precoci dei richiedenti asilo vulnerabili, in ottemperanza agli obblighi previsti dalla disciplina europea e al pari di quanto previsto dal provvedimento ai fini della tempestiva individuazione dei richiedenti asilo vulnerabili per l'ingresso nel sistema di accoglienza
9/1112/6. Auriemma, Alfonso Colucci, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7-ter circoscrive il diritto di ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria avverso alla decisione della commissione territoriale competente per la richiesta e la revoca della protezione internazionale, esclusivamente nei confronti delle decisioni di rigetto e di manifesta infondatezza e non anche di inammissibilità;
la lettera d) di cui al medesimo articolo circoscrive il diritto di ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria avverso la decisione della predetta commissione territoriale esclusivamente nei confronti delle decisioni di rigetto e non anche a quelle di inammissibilità; l'articolo 46 della direttiva 2013/33/CE, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 142 del 2015, prevede che gli Stati membri dispongano che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:
1) la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione;
2) la decisione di infondatezza in relazione allo status di rifugiato o allo status di protezione sussidiaria;
3) la decisione di inammissibilità;
4) presa alla frontiera o nelle zone di transito di uno Stato membro;
5) di non procedere a un esame;
6) il rifiuto di riaprire l'esame di una domanda in precedenza sospeso;
7) una decisione di revoca della protezione;
dal testo dell'articolo 7-ter si evince, altresì, che i provvedimenti decisori delle predette Commissioni, quando attestano l'obbligo di rimpatrio – in quanto non ravvisano motivi di riconoscimento della protezione o nel caso della inammissibilità delle istanze o nel caso di decisione di revoca della protezione – sono equiparati ai provvedimenti di espulsione, verso i quali è ammesso ricorso, ma ai sensi del nuovo articolo 7-quinquies, che, con l'obiettivo di semplificare e accelerare le procedure, introduce motivi di inammissibilità e requisiti specifici per l'accoglimento delle istanze;
non risulta chiaro, altresì, come le disposizioni di cui all'articolo 7-ter esse si armonizzino con il vigente Testo unico immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1988 con riguardo ai minori stranieri, che non risultano essere oggetto di menzione né di specifica esclusione,
impegna il Governo
a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare misure di armonizzazione tali da consentire, in tutti i casi, il ricorso all'autorità giudiziaria avverso le decisioni di inammissibilità delle istanze da parte delle Commissioni territoriali.
9/1112/7. Amato, Alfonso Colucci, Penza, Auriemma, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-bis prevede, al comma 4, del decreto-legge 20 del 2023, la possibilità di trasferire i migranti in non meglio identificate né qualificate «strutture di accoglienza provvisoria» come «individuate dalle prefetture-uffici territoriali del Governo»,
impegna il Governo
ad interpretare la disposizione in premessa in favore dell'accoglienza in strutture di piccole dimensioni e in modalità diffusa, in coerenza con le recenti dichiarazioni del Ministro dell'interno.
9/1112/8. Iaria, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-ter apporta rilevanti modifiche alle previgenti modalità di accoglienza di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 142 del 2015;
in relazione ai servizi da erogare sono stati soppressi i servizi di «orientamento legale»;
la Direttiva 2013/33/2013, recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo 142 del 2015, dispone all'articolo 12 paragrafo 1 e all'articolo 19 paragrafo 1, che gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti siano informati della procedura da seguire e dei loro diritti e obblighi durante il procedimento, con riguardo alla situazione particolare di ogni richiedente e che l'articolo 21 paragrafo 1 dispone che gli Stati membri possono disporre che a fornire le informazioni giuridiche e procedurali gratuite di cui all'articolo 19 siano organizzazioni non governative, professionisti di autorità governative o servizi statali specializzati;
dopo numerose pronunce, risulta affermata e assodata la prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno, in virtù della «distinzione e nello stesso tempo del coordinamento» tra i due ordinamenti, nel caso di specie esaltata dal precetto Costituzionale di cui all'articolo 10 nei confronti dello straniero, verso il quale il nostro ordinamento si conforme anche alle convenzioni internazionali,
impegna il Governo
ad adottare tutte le misure necessarie a garantire che sia rispettato l'obbligo di fornire informazioni giuridiche e procedurali ai richiedenti protezione internazionale accolti nei centri di cui all'articolo 9, comma 1, e nelle strutture di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015.
9/1112/9. Baldino, Alfonso Colucci, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 dispone che per il triennio 2023-2025 siano definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri le quote massime di stranieri da ammettere in Italia per lavoro subordinato, per esigenze di carattere stagionale e per lavoro autonomo;
potrà essere autorizzato, al di fuori delle quote, l'ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, di stranieri cittadini di Paesi con i quali l'Italia ha sottoscritto intese o accordi in materia di rimpatrio;
il procedimento deroga per il triennio indicato rispetto alla disciplina previgente al decreto-legge (articolo 3,decreto legislativo n. 286 del 1998, Testo unico immigrazione) che prevedeva che il Governo emanasse, tenendo conto dei pareri espressi dalle Camere, un documento programmatico triennale e, conseguentemente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si fissassero le quote di ingressi annuali, sulla base dei criteri generali adottati nel documento programmatico;
il documento programmatico aveva, tra l'altro, il ruolo di individuare i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, delineare gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l'inserimento sociale e l'integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purché non confliggenti con l'ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento per un positivo reinserimento nei Paesi di origine;
per gli ingressi di lavoratori per l'anno 2023 è stato già emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 dicembre 2022, che il recente decreto flussi, che ha previsto l'ingresso di lavoratori pari alla metà delle necessità rispetto al mercato del lavoro e delle richieste avanzate dai datori di lavoro,
impegna il Governo
nella definizione delle quote, anche integrative, di ingresso dei lavoratori stranieri e nell'individuazione dei settori produttivi ivi rientranti, a riservare una quota di ingressi per il settore del lavoro domestico e della cura della persona, tenuto conto del fabbisogno nazionale e a svincolare le quote destinate al settore medesimo dalla sottoscrizione di accordi di cooperazione migratoria con il paese di origine dei lavoratori.
9/1112/10. Barzotti, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 dispone che per il triennio 2023-2025 siano definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri le quote massime di stranieri da ammettere in Italia per lavoro subordinato, per esigenze di carattere stagionale e per lavoro autonomo;
potrà essere autorizzato, al di fuori delle quote, l'ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, di stranieri cittadini di Paesi con i quali l'Italia ha sottoscritto intese o accordi in materia di rimpatrio;
il procedimento deroga per il triennio indicato rispetto alla disciplina previgente al decreto-legge (articolo 3,decreto legislativo n. 286 del 1998, Testo unico immigrazione) che prevedeva che il Governo emanasse, tenendo conto dei pareri espressi dalle Camere, un documento programmatico triennale e, conseguentemente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si fissassero le quote di ingressi annuali, sulla base dei criteri generali adottati nel documento programmatico;
il documento programmatico aveva, tra l'altro, il ruolo di individuare i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, delineare gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l'inserimento sociale e l'integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purché non confliggenti con l'ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento per un positivo reinserimento nei Paesi di origine;
per gli ingressi di lavoratori per l'anno 2023 è stato già emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 dicembre 2022, che il recente decreto flussi, che ha previsto l'ingresso di lavoratori pari alla metà delle necessità rispetto al mercato del lavoro e delle richieste avanzate dai datori di lavoro,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di riservare delle quote di ingressi per il settore del lavoro domestico e della cura della persona, tenuto conto del fabbisogno nazionale e a svincolare le quote destinate al settore medesimo dalla sottoscrizione di accordi di cooperazione migratoria con il paese di origine dei lavoratori.
9/1112/10. (Testo modificato nel corso della seduta)Barzotti, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 sono disposte le procedure per il rilascio di nulla osta al lavoro in Italia per i cittadini extra UE;
la verifica delle procedure per il rilascio del nulla osta – in termini, tra gli altri, di aderenza dei contratti stipulati a quelli di settore nonché dei requisiti idoneità del datore di lavoro è rimessa a professionisti privati – consulenti del lavoro o dottori commercialisti o esperti contabili – nonché alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
all'Ispettorato nazionale del lavoro è attribuito, in via residuale, il compito di verifiche successive sulle predette procedure e sui predetti requisiti, da svolgere «a campione»,
impegna il Governo:
a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'attribuzione della competenza in ordine al controllo e all'asseverazione dei contratti di lavoro stipulati con gli stranieri all'ispettorato del lavoro in collaborazione con l'Agenzia delle Entrate, prevedendo la possibilità che possano avvalersi anche dei professionisti e delle associazioni datoriali indicati in premessa;
a rafforzare l'ispettorato nazionale del lavoro, in termini di personale e risorse.
9/1112/11. Tucci, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 3, al di fuori delle quote annuali di ingresso di lavoratori stranieri, possono entrare per motivi di lavoro subordinato i lavoratori stranieri che abbiano svolto formazione civico-linguistica, in numero adeguato ai fabbisogni indicati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dalle associazioni di categoria dei settori produttivi interessati;
possono entrare, al di fuori delle quote annuali, anche i lavoratori stranieri che abbiano partecipato alla medesima formazione organizzata da enti pubblici o del privato sociale nazionali nei Paesi di origine degli stranieri;
è disposto, altresì, che ai programmi e ai contenuti della formazione in materia civico-linguistica, introdotta ex novo dal predetto articolo, provveda il Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
impegna il Governo
a prevedere la collaborazione del Ministero dell'istruzione e del merito nella definizione delle Linee Guida dei programmi e dei criteri di valutazione per la formazione professionale e civico-linguistica da svolgere per gli stranieri nei loro Paesi d'origine.
9/1112/12. Caso, Amato, Cherchi, Orrico, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 3, al di fuori delle quote annuali di ingresso di lavoratori stranieri, possono entrare per motivi di lavoro subordinato i lavoratori stranieri che abbiano svolto formazione civico-linguistica, in numero adeguato ai fabbisogni indicati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dalle associazioni di categoria dei settori produttivi interessati;
possono entrare, al di fuori delle quote annuali, anche i lavoratori stranieri che abbiano partecipato alla medesima formazione organizzata da enti pubblici o del privato sociale nazionali nei Paesi di origine degli stranieri;
è disposto, altresì, che ai programmi e ai contenuti della formazione in materia civico-linguistica, introdotta ex novo dal predetto articolo, provveda il Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere la collaborazione del Ministero dell'istruzione e del merito nella definizione delle Linee Guida dei programmi e dei criteri di valutazione per la formazione professionale e civico-linguistica da svolgere per gli stranieri nei loro Paesi d'origine.
9/1112/12. (Testo modificato nel corso della seduta)Caso, Amato, Cherchi, Orrico, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 5-bis e 10 dispongono procedure d'urgenza e straordinarie per la realizzazione, ristrutturazione e adeguamento dei centri e delle strutture di accoglienza di migranti per i quali sarà possibile derogare ad «ogni disposizione di legge diversa da quella penale», con l'esclusiva salvezza delle leggi antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea;
con ulteriore deroga al codice dei contratti pubblici, vigilanza dell'ANAC è rimessa alla mera volontà del soggetto attuatore che può richiederla o meno,
impegna il Governo
a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare iniziative normative volte a prevedere espressamente che la vigilanza dell'ANAC per la realizzazione, la ristrutturazione e l'adeguamento dei centri e delle strutture destinate all'accoglienza di migranti si svolga in ossequio alle vigenti previsioni di cui all'articolo 213, comma 3, lettera g), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, disposte in occasione di procedure d'urgenza.
9/1112/13. Fede, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 5-bis e 10 dispongono in ordine alla realizzazione, ristrutturazione e adeguamento dei centri e delle strutture di accoglienza di migranti per i quali sarà possibile derogare ad «ogni disposizione di legge diversa da quella penale», con l'esclusiva salvezza delle leggi antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, deroghe aggravate dalla previsione in base alla quale la vigilanza dell'Anac è rimessa alla mera volontà di richiederla da parte del soggetto attuatore,
impegna il Governo
ad assicurare che le procedure derogatorie disposte per la realizzazione, la ristrutturazione e l'adeguamento dei centri e delle strutture destinate all'accoglienza di migranti, esonerate dal rispetto di «ogni disposizione di legge diversa da quella penale», con l'esclusiva salvezza delle leggi antimafia e dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, garantiscano il rispetto dei principi generali del nostro ordinamento giuridico in materia di tutela della sicurezza pubblica e della salute.
9/1112/14. Cappelletti, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 5-bis e 10 dispongono in ordine alla realizzazione, ristrutturazione e adeguamento dei centri e delle strutture di accoglienza di migranti per i quali sarà possibile derogare ad «ogni disposizione di legge diversa da quella penale», con l'esclusiva salvezza delle leggi antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, deroghe aggravate dalla previsione in base alla quale la vigilanza dell'Anac è rimessa alla mera volontà di richiederla da parte del soggetto attuatore,
impegna il Governo
ad assicurare che le procedure derogatorie disposte per la realizzazione, la ristrutturazione e l'adeguamento dei centri e delle strutture destinate all'accoglienza di migranti, esonerate dal rispetto di «ogni disposizione di legge diversa da quella penale», con l'esclusiva salvezza delle leggi antimafia e dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, garantiscano il rispetto dei principi generali del nostro ordinamento giuridico in materia di tutela del territorio, in termini di rispetto delle norme in materia ambientale e dei beni culturali e paesaggistici.
9/1112/15. Ilaria Fontana, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
impegna il Governo
a prevedere, in ordine ai trasferimenti dei migranti nell'ambito del territorio nazionale, che per le donne vittime accertate di violenza siano disposti il trasferimento e l'accoglienza, in via prioritaria, presso la rete dei centri di accoglienza antiviolenza nazionale.
9/1112/16. Ascari, Baldino, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 19 del decreto legislativo 142/2015 prevede che tutti i minori non accompagnati siano accolti nell'ambito del Sai, la cui capienza deve essere pertanto commisurata alle effettive presenze di minori stranieri sul territorio nazionale;
secondo i dati del Ministero del lavoro, al mese di gennaio dell'anno in corso, i minori stranieri non accompagnati presenti sul nostro territorio risultano essere circa 20.000, a fronte di una capienza della rete Sai che conta 6.299 posti di accoglienza finanziati ad essi dedicati in 214 progetti;
si rende pertanto necessario e urgente l'ampliamento della capienza attuale della rete Sai che avvicini quantomeno la disponibilità di posti destinati ai minori stranieri non accompagnati alle esigenze dettate dal costante incremento del fenomeno e che consenta, grazie al coinvolgimento di nuovi comuni nella rete, di distribuire le presenze sul territorio nazionale e allentare la pressione e il carico sui territori che oggi registrano maggiori concentrazioni. L'urgenza è data dalla necessità di adempiere agli obblighi di legge relativi alla tutela e protezione dei minori presenti sul territorio nazionale e che impone allo Stato la prima accoglienza e protezione mentre al sistema territoriale dei comuni per la presa in carico nell'ambito della rete Sai – Sistema di accoglienza e integrazione, la cui capienza deve essere commisurata alle effettive presenze dei minori non accompagnati sul territorio nazionale, così come disposto dalla vigente legge n. 47 del 2017,
impegna il Governo
ad integrare con nuove risorse il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di cui all'articolo 1-septies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, al fine di potenziarne le disponibilità in termini di posti per l'accoglienza di minori stranieri non accompagnati.
9/1112/17. Penza, Alfonso Colucci, Auriemma, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 19 del decreto legislativo 142/2015 prevede che tutti i minori non accompagnati siano accolti nell'ambito del Sai, la cui capienza deve essere pertanto commisurata alle effettive presenze di minori stranieri sul territorio nazionale;
secondo i dati del Ministero del lavoro, al mese di gennaio dell'anno in corso, i minori stranieri non accompagnati presenti sul nostro territorio risultano essere circa 20.000, a fronte di una capienza della rete Sai che conta 6.299 posti di accoglienza finanziati ad essi dedicati in 214 progetti;
si rende pertanto necessario e urgente l'ampliamento della capienza attuale della rete Sai che avvicini quantomeno la disponibilità di posti destinati ai minori stranieri non accompagnati alle esigenze dettate dal costante incremento del fenomeno e che consenta, grazie al coinvolgimento di nuovi comuni nella rete, di distribuire le presenze sul territorio nazionale e allentare la pressione e il carico sui territori che oggi registrano maggiori concentrazioni. L'urgenza è data dalla necessità di adempiere agli obblighi di legge relativi alla tutela e protezione dei minori presenti sul territorio nazionale e che impone allo Stato la prima accoglienza e protezione mentre al sistema territoriale dei comuni per la presa in carico nell'ambito della rete Sai – Sistema di accoglienza e integrazione, la cui capienza deve essere commisurata alle effettive presenze dei minori non accompagnati sul territorio nazionale, così come disposto dalla vigente legge n. 47 del 2017,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con la sostenibilità finanziaria, di integrare con nuove risorse il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di cui all'articolo 1-septies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, al fine di potenziarne le disponibilità in termini di posti per l'accoglienza di minori stranieri non accompagnati.
9/1112/17. (Testo modificato nel corso della seduta)Penza, Alfonso Colucci, Auriemma, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6-bis, introdotto nel corso dell'esame in Senato, prevede che sia attivata una postazione medicalizzata del 118 presso l'isola di Lampedusa, al fine espresso di garantire tempestività ed efficienza negli interventi di emergenza – urgenza, per tutelare la salute degli abitanti dell'isola e dei migranti;
in particolare, il comma 3, dell'articolo citato, dispone che l'attivazione della postazione medicalizzata del 118 avvenga nell'ambito del Servizio sanitario regionale della Regione Siciliana con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, nonché nel rispetto della normativa concernente la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni, di cui al richiamato articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60;
in relazione agli eventi di sbarco osservati, con riferimento ai soli dati dichiarati dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno riferiti all'ultimo quadriennio (dati aggiornati al 27 giugno di ogni anno) risulta un incremento esponenziale che vede balzare il dato che nel 2019 si attestava a 2.144 immigrati arrivati illegalmente, nel 2020 a 6.614, per poi raggiungere le soglie di 19.749 nel 2021 e 26.652 del 2022;
dall'inizio dell'anno a metà aprile scorso sono sbarcati sulle coste siciliane oltre 32mila migranti, il quadruplo dei 7.928 sbarcati nello stesso periodo dell'anno scorso. Il 17 per cento dei migranti sbarcati proviene dalla Costa d'Avorio (5.204), il 13 per cento dalla Guinea (3.959), l'11 per cento dal Pakistan (3.336), 1'8 per cento dall'Egitto (2.385), il 7 per cento dalla Tunisia (2.356) e il 7 per cento dal Bangladesh (2.338). Al 3 aprile, i minori stranieri non accompagnati sbarcati in Sicilia sono stati 3.038: erano stati 14.044 in tutto il 2022 e 10.053 in tutto il 2021;
i dati afferiscono a sbarchi verificatesi non solo nel porto di Lampedusa, ma in tutto in territorio siciliano, coinvolgendo le amministrazioni anche di Linosa, Porto Empedocle, Pozzallo, Caltanissetta, Messina, Siculiana, Augusta, Pantelleria e Trapani, nonché l'intero paese laddove, stando alle dinamiche degli sbarchi, questi solo in un primo momento incombono sulle terre di primo approdo, mentre successivamente coinvolgono l'Italia tutta ovverosia quelle amministrazioni cui sono affidati i migranti al fine di un alleggerimento delle strutture di prima accoglienza,
impegna il Governo
a tenere conto dell'onere derivante dall'obbligo di cui al comma 1 dell'articolo 6-bis citato, onere attualmente posto a carico della sola Regione Siciliana, in sede di riparto tra le regioni delle risorse del finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
9/1112/18. Torto, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 reca disposizioni penali volte, da un alto, a inasprire le pene per i delitti concernenti l'immigrazione clandestina e, dall'altro, a prevedere la nuova fattispecie di reato di morte e lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina;
le nuove disposizioni intervengono sul testo unico sull'immigrazione nonché, a fini di coordinamento, su alcune disposizioni dell'ordinamento penitenziario e del codice di procedura penale;
in particolare, il comma 1, lettera b), dell'articolo 8, introduce nel testo unico sull'immigrazione l'articolo 12-bis, volto a prevedere la nuova fattispecie di reato di morte e lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina;
nell'attuale scenario, contrassegnato da forti e perduranti elementi di instabilità, crisi ed emergenza internazionale, acquisisce rinnovata e cruciale centralità una gestione del flusso dei migranti tale da garantire il rispetto delle indicazioni per la ricerca e soccorso in mare, emesse in base agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare nonché dello statuto dei rifugiati;
in relazione agli eventi di sbarco osservati, con riferimento ai soli dati dichiarati dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno riferiti all'ultimo quadriennio (dati aggiornati al 27 giugno di ogni anno) risulta un incremento esponenziale che vede balzare il dato che nel 2019 si attestava a 2.144 immigrati arrivati illegalmente, nel 2020 a 6.614, per poi raggiungere le soglie di 19.749 nel 2021 e 26.652 del 2022;
il comma 6, del nuovo articolo 12-bis citato, introduce una norma sulla giurisdizione volta a specificare che – fermo quanto disposto dall'articolo 6 del codice penale in tema di territorialità – ai fini della sussistenza della giurisdizione italiana, non assume rilievo la circostanza che l'evento della nuova fattispecie delittuosa (morte o lesioni) si sia verificato al di fuori del territorio dello Stato italiano ove si tratti di condotte finalizzate a procurare l'ingresso illegale nel territorio italiano;
la disposizione richiamata, quindi, anziché contemperare l'esigenza di assicurare l'incolumità delle persone recuperate in mare, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e nazionale in materia, con quella di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica, in conformità alle previsioni della Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, fatta a Montego Bay nel 1982, appare più preoccupata di disciplinare in modo punitivo alcune condotte che affrontare il tema di una corretta gestione dei flussi migratori affinché non sia grave pregiudizio alle vite umane in mare,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile al fine di garantire formalmente e sostanzialmente il pieno rispetto ed attuazione del diritto internazionale, consuetudinario e nazionale, in materia di salvataggio marittimo, trattamento e sicurezza della vita delle persone in mare e, quindi, l'aderenza dell'Italia ad ogni obbligo internazionale sul salvataggio in mare.
9/1112/19. Carotenuto, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6-ter, del provvedimento in esame, espunge l'assistenza psicologica, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio, dalle prestazioni che devono essere assicurate nelle strutture di prima accoglienza;
la disposizione – introdotta dal Senato – novella l'articolo 10, relativo alle modalità di accoglienza, del decreto legislativo n. 142 del 2015, il quale ha disciplinato (in attuazione di direttive dell'Unione europea: n. 32 e n. 33 del 2013) sia l'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale sia le procedure relative al riconoscimento di essa;
per quanto qui rileva, la disposizione vigente prevede che nei centri di prima accoglienza e nelle strutture temporanee straordinarie di accoglienza (cfr. l'articolo 9, comma 1, e l'articolo 11 del medesimo decreto legislativo) debbano essere assicurate alcune condizioni e prestazioni. Queste ultime ricomprendono, tra le altre ed oltre all'accoglienza materiale: l'assistenza sanitaria, l'assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio;
siffatta elencazione è incisa dalla novella che pertanto detta una riformulazione nella quale non sono ricomprese l'assistenza psicologica, la somministrazione di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio, con ciò venendo meno alla garanzia di un livello minimo di accoglienza nel nostro Paese, inconcepibile a fronte di evidenti esigenze di sicurezza e protezione per i migranti e per lo stesso personale chiamato ad occuparsene al primo approdo,
impegna il Governo
a monitorare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ogni iniziativa utile volta a garantire formalmente e sostanzialmente il pieno rispetto ed attuazione del diritto alla prima accoglienza, quantomeno ripristinando misure specifiche di assistenza psicologica ai migranti, da considerarsi, tra l'altro, efficace strumento di prevenzione rispetto all'eventualità di comportamenti inconsulti o violenti all'interno delle strutture.
9/1112/20. Donno, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7, modificato al Senato, elimina il divieto di respingimento ed espulsione di una persona previsto nel caso vi sia fondato motivo di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale della stessa comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare;
in particolare, il comma 1, lettera c) numero 1), del provvedimento in esame, abrogando il terzo periodo dell'articolo 19, comma 1.1, del Testo unico sull'immigrazione (di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998), fa venir meno il divieto di respingimento ed espulsione di una persona in ragione del rispetto della sua vita privata e familiare, divieto che quindi poi consentiva l'ottenimento di un permesso per protezione speciale ai sensi del successivo comma 1.2;
tale divieto, abrogato, trovava applicazione a meno che l'allontanamento dal territorio nazionale si rendesse necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica, nonché di protezione della salute, nel rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951, sullo statuto dei rifugiati e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
conseguentemente, è abrogata anche la previsione del quarto periodo, la quale, ai fini della valutazione del fondato rischio di violazione del diritto alla vita privata e familiare, dispone che si tenga conto della natura e dell'effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese di origine;
nel nostro ordinamento, il diritto di asilo è sancito «direttamente» dalla Costituzione, laddove all'articolo 10 riconosce a «lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, il diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge»;
il terzo periodo del comma 1.1. dell'articolo 19, del Testo unico sull'immigrazione, era stato collegato in sede giurisprudenziale (Cass. civ. Sez. VI-1, ordinanza n. 7861 del 2022) al principio di cui all'articolo 8 CEDU, il quale riconosce ad ogni persona il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare;
il diritto di asilo è pertanto riconosciuto da fonti normative gerarchicamente sovraordinate alla legge ordinaria che, evidentemente, non può derogarvi;
l'articolo 7 del provvedimento in esame appare quindi confliggere con norme democratiche che tutelano diritti fondamentali e, lungi dal produrre un'incidenza concreta sulle cause delle stragi in mare o limitare le partenze, sembra diretto a colpire i diritti e gli spazi di protezione delle persone che arrivano nel nostro Paese proprio perché impossibilitati, nei Paesi di origine, ad esercitare quelle libertà democratiche che invece la nostra Costituzione riconosce e garantisce ai cittadini così come ai richiedenti asilo;
nel 2022 le richieste di asilo per protezione speciale hanno registrato un aumento del 5 per cento rispetto all'anno precedente: in Italia, infatti, su un totale di 52.625 domande esaminate, sono state 10.865 i beneficiari di protezione speciale (21 per cento), 6.161 coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato (12 per cento), 6.770 la protezione sussidiaria (13 per cento) e 27.385 i dinieghi (53 per cento),
impegna il Governo
a verificare gli effetti applicativi della disciplina richiamata in premessa, al fine di reintrodurre, nel prossimo provvedimento utile, una disciplina completa ed esaustiva che, in adempimento dei principi costituzionali e internazionali sopra richiamati in materia di protezione umanitaria, garantisca strumenti idonei per il pieno esercizio e la tutela del diritto di asilo.
9/1112/21. Orrico, Carotenuto, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del decreto-legge in esame reca disposizioni in materia di protezione speciale. In particolare, al comma 1, lettera b), è stata introdotta una misura che inserisce i procedimenti per il delitto di induzione al matrimonio, di cui all'articolo 558-bis del codice penale, tra quelli per i quali può essere rilasciato un permesso di soggiorno speciale per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza;
la costante violazione dei diritti umani in Iran, ormai da decenni, rappresenta una drammatica realtà. La situazione, purtroppo, non accenna a migliorare. Le esecuzioni in Iran sarebbero, infatti, addirittura aumentate nella prima metà del 2022, raddoppiando il totale di quelle effettuate nello stesso periodo del 2021. Iran Human Rights (IHR), ha dichiarato che da gennaio a giugno 2022 sono state eseguite almeno 251 esecuzioni, rispetto alle 117 della prima metà del 2021;
a settembre 2022, il malcontento popolare è deflagrato nel Paese, in seguito alla morte della studentessa ventiduenne Mahsa Amini, arrestata il 13 settembre a causa del suo velo, a quanto pare non indossato correttamente. L'evento ha scatenato la rabbia della popolazione, esasperata da decenni di repressione in ambito sociale così come dal deterioramento del tessuto economico e produttivo, a seguito del quale importanti forme di dissenso e disordini interessano ormai da mesi le maggiori città iraniane;
preme, inoltre, ricordare la drammatica situazione in Afghanistan dove a seguito del ritiro dal paese delle truppe USA e NATO nell'agosto 2021 e del ritorno al potere dei Talebani, si è assistito alla violazione continuata e reiterata dei diritti umani e, in particolare, quella dei diritti delle donne. Da allora, alla maggior parte delle donne è stata negata la possibilità di ritornare sui luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università. I talebani non contemplano la possibilità per le donne di ricoprire posizioni di leadership in Afghanistan e reprimono con forza letale le proteste per i diritti delle donne. Da ultimo, è stato proibito alle donne di lavorare per organizzazioni non governative;
nel rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951, tali disumane situazioni comportano una responsabilità morale in tema di accoglienza e integrazione. In tal senso, sarebbe doveroso adoperarsi per politiche di asilo volte a garantire pienamente i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali, con particolare attenzione per le donne troppo spesso esposte a situazioni particolarmente rischiose, prevedendo programmi speciali di visti,
impegna il Governo
ad adottare misure di carattere normativo volte ad agevolare e semplificare il rilascio dei visti di ingresso in favore delle donne provenienti da Paesi di origine in cui sia vietato o non garantito l'effettivo esercizio delle libertà democratiche, nonché siano in atto forme di discriminazione contro esse.
9/1112/22. Onori, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6-bis, introdotto nel corso dell'esame in Senato, prevede che sia attivata una postazione medicalizzata del 118 presso l'isola di Lampedusa, al fine espresso di garantire tempestività ed efficienza negli interventi di emergenza – urgenza, per tutelare la salute degli abitanti dell'isola e dei migranti;
in base al comma 1, dell'articolo citato, l'attivazione della postazione anzidetta è correlata al fenomeno dei flussi migratori e alle particolari condizioni geografiche del territorio, e deve avvenire nell'ambito del sistema di soccorso della Regione Siciliana, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione in esame;
inoltre, il comma 2, dell'articolo 6-bis, prevede che l'istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (INMP), sentito il Ministero della salute, stipuli – sempre entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione in esame – un protocollo d'intesa con il Ministero dell'interno, la Regione Siciliana, il comune di Lampedusa e la capitaneria di Porto Guardia Costiera, finalizzato a garantire alla suddetta postazione medicalizzata l'apporto di adeguate professionalità, la strumentazione tecnica necessaria, nonché i protocolli di presa in carico e assistenza della popolazione migrante;
da ultimo, il comma 3 dell'articolo citato, dispone che l'attivazione della postazione medicalizzata del 118 avvenga nell'ambito del Servizio sanitario regionale della Regione Siciliana con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, nonché nel rispetto della normativa concernente la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni, di cui al richiamato articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60;
nell'attuale scenario, contrassegnato da forti e perduranti elementi di instabilità, crisi ed emergenza internazionale, acquisisce rinnovata e cruciale centralità una gestione del flusso dei migranti tale da garantire tempestività ed efficienza negli interventi di emergenza – urgenza, per tutelare la salute degli abitanti dell'intera isola siciliana e dei migranti che ivi sbarcano;
in relazione agli eventi di sbarco osservati, con riferimento ai soli dati dichiarati dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno riferiti all'ultimo quadriennio (dati aggiornati al 27 giugno di ogni anno) risulta un incremento esponenziale che vede balzare il dato che nel 2019 si attestava a 2.144 immigrati arrivati illegalmente, nel 2020 a 6.614, per poi raggiungere le soglie di 19.749 nel 2021 e 26.652 del 2022;
dall'inizio dell'anno a metà aprile scorso sono sbarcati sulle coste siciliane oltre 32mila migranti, il quadruplo dei 7.928 sbarcati nello stesso periodo dell'anno scorso. Il 17 per cento dei migranti sbarcati proviene dalla Costa d'Avorio (5.204), il 13 per cento dalla Guinea (3.959), l'11 per cento dal Pakistan (3.336), l'8 per cento dall'Egitto (2.385), il 7 per cento dalla Tunisia (2.356) e il 7 per cento dal Bangladesh (2.338). Al 3 aprile, i minori stranieri non accompagnati sbarcati in Sicilia sono stati 3.038: erano stati 14.044 in tutto il 2022 e 10.053 in tutto il 2021;
i dati afferiscono a sbarchi verificatesi non solo nel porto di Lampedusa, ma in tutto il territorio siciliano, coinvolgendo le amministrazioni anche di Linosa, Porto Empedocle, Pozzallo, Caltanissetta, Messina, Siculiana, Augusta, Pantelleria e Trapani;
similmente molti altri Comuni del Mezzogiorno d'Italia sono interessati dal fenomeno migratorio, in particolare per quanto attiene all'accoglienza;
inoltre, solo un approccio integrato e coordinato tra le diverse amministrazioni consente di far fronte all'accoglienza dei migranti che, per chi conosce bene le dinamiche degli sbarchi, incombono sulle terre di primo approdo in modo diversificato, ma similmente urgente,
impegna il Governo
a riconoscere un contributo ulteriore per l'anno 2023, a ciascuno dei Comuni delle Regioni del Sud interessati dal fenomeno migratorio e dai problemi relativi alla prima accoglienza, in particolare con riferimento a Lampedusa, Linosa, Porto Empedocle, Pozzallo, Caltanissetta, Messina, Siculiana, Augusta, Pantelleria e Trapani.
9/1112/23. Carmina, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6-bis, introdotto nel corso dell'esame in Senato, prevede che sia attivata una postazione medicalizzata del 118 presso l'isola di Lampedusa, al fine espresso di garantire tempestività ed efficienza negli interventi di emergenza – urgenza, per tutelare la salute degli abitanti dell'isola e dei migranti;
in base al comma 1, dell'articolo citato, l'attivazione della postazione anzidetta è correlata al fenomeno dei flussi migratori e alle particolari condizioni geografiche del territorio, e deve avvenire nell'ambito del sistema di soccorso della Regione Siciliana, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione in esame;
inoltre, il comma 2, dell'articolo 6-bis, prevede che l'istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (INMP), sentito il Ministero della salute, stipuli – sempre entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione in esame – un protocollo d'intesa con il Ministero dell'interno, la Regione Siciliana, il comune di Lampedusa e la capitaneria di Porto Guardia Costiera, finalizzato a garantire alla suddetta postazione medicalizzata l'apporto di adeguate professionalità, la strumentazione tecnica necessaria, nonché i protocolli di presa in carico e assistenza della popolazione migrante;
da ultimo, il comma 3 dell'articolo citato, dispone che l'attivazione della postazione medicalizzata del 118 avvenga nell'ambito del Servizio sanitario regionale della Regione Siciliana con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, nonché nel rispetto della normativa concernente la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni, di cui al richiamato articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60;
nell'attuale scenario, contrassegnato da forti e perduranti elementi di instabilità, crisi ed emergenza internazionale, acquisisce rinnovata e cruciale centralità una gestione del flusso dei migranti tale da garantire tempestività ed efficienza negli interventi di emergenza – urgenza, per tutelare la salute degli abitanti dell'intera isola siciliana e dei migranti che ivi sbarcano;
in relazione agli eventi di sbarco osservati, con riferimento ai soli dati dichiarati dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno riferiti all'ultimo quadriennio (dati aggiornati al 27 giugno di ogni anno) risulta un incremento esponenziale che vede balzare il dato che nel 2019 si attestava a 2.144 immigrati arrivati illegalmente, nel 2020 a 6.614, per poi raggiungere le soglie di 19.749 nel 2021 e 26.652 del 2022;
dall'inizio dell'anno a metà aprile scorso sono sbarcati sulle coste siciliane oltre 32mila migranti, il quadruplo dei 7.928 sbarcati nello stesso periodo dell'anno scorso. Il 17 per cento dei migranti sbarcati proviene dalla Costa d'Avorio (5.204), il 13 per cento dalla Guinea (3.959), l'11 per cento dal Pakistan (3.336), l'8 per cento dall'Egitto (2.385), il 7 per cento dalla Tunisia (2.356) e il 7 per cento dal Bangladesh (2.338). Al 3 aprile, i minori stranieri non accompagnati sbarcati in Sicilia sono stati 3.038: erano stati 14.044 in tutto il 2022 e 10.053 in tutto il 2021;
i dati afferiscono a sbarchi verificatesi non solo nel porto di Lampedusa, ma in tutto il territorio siciliano, coinvolgendo le amministrazioni anche di Linosa, Porto Empedocle, Pozzallo, Caltanissetta, Messina, Siculiana, Augusta, Pantelleria e Trapani;
similmente molti altri Comuni del Mezzogiorno d'Italia sono interessati dal fenomeno migratorio, in particolare per quanto attiene all'accoglienza;
inoltre, solo un approccio integrato e coordinato tra le diverse amministrazioni consente di far fronte all'accoglienza dei migranti che, per chi conosce bene le dinamiche degli sbarchi, incombono sulle terre di primo approdo in modo diversificato, ma similmente urgente,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di riconoscere un contributo ulteriore per l'anno 2023, a ciascuno dei Comuni interessati dal fenomeno migratorio e dai problemi relativi alla prima accoglienza, in particolare con riferimento a Lampedusa, Linosa, Porto Empedocle, Pozzallo, Caltanissetta, Messina, Siculiana, Augusta, Pantelleria e Trapani.
9/1112/23. (Testo modificato nel corso della seduta)Carmina, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-ter interviene sul Sistema di accoglienza e integrazione, escludendo dai servizi della rete territoriale i richiedenti la protezione internazionale e prevedendo deroghe solo per i richiedenti che entrino in Italia in attuazione di protocolli sui corridoi umanitari, del programma di reinsediamento o di evacuazioni umanitarie, nonché per i richiedenti che appartengono alle cosiddette categorie vulnerabili;
si modifica in sostanza l'ambito di applicazione soggettivo dei servizi di accoglienza del Sistema di accoglienza e integrazione (cosiddetto SAI) che attualmente sono destinati ai titolari della protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati (tutti i minori, indipendentemente dallo status di richiedente protezione internazionale), nonché, nei limiti dei posti disponibili: ai richiedenti la protezione internazionale; ai titolari di specifiche categorie di permessi di soggiorno i quali non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati; ai neo-maggiorenni affidati ai servizi sociali in prosieguo amministrativo;
con la predetta novella, pertanto, i richiedenti la protezione internazionale possono accedere solo alle misure previste nell'ambito dei centri di accoglienza governativi;
per «corridoi umanitari» si intendono le iniziative di collaborazione tra settore pubblico e soggetti privati o non governativi, che consentono il trasferimento di persone bisognose di protezione internazionale dal paese di primo asilo, dove risiedono, in Italia e i beneficiari sono accolti presso strutture individuate e finanziate dalle associazioni proponenti, che garantiscono anche i percorsi di integrazione socio-culturale, senza oneri a carico dello Stato;
il progetto «corridoi umanitari» per l'accoglienza e l'integrazione di migranti vulnerabili e rifugiati che nel 2019 è stato insignito del premio Nansen per i Rifugiati per l'Europa e, secondo quanto si evince anche sul sito istituzionale dedicato, l'esperienza dimostra come, utilizzando gli strumenti legislativi già a disposizione degli Stati membri dell'Unione europea, si possano garantire ingressi regolari e controllati, scongiurando rischiosi «viaggi della speranza» a favore di persone in condizioni di particolare vulnerabilità e di effettivo bisogno di protezione internazionale. Un progetto quindi replicabile in altri Paesi insieme alla società civile, un modello di solidarietà che è un vanto per l'Italia, come ha sottolineato anche Papa Francesco: «Guardo con ammirazione all'iniziativa dei corridoi umanitari (...) sono la goccia che cambierà il mare»,
impegna il Governo:
a valutare gli effetti applicativi della disposizione citata in premessa, al fine di ripensare l'esclusione dai servizi della rete territoriale per i richiedenti la protezione internazionale, intensificando la realizzazione di corridoi umanitari attraverso il contributo e la collaborazione di ONG, associazioni, organismi internazionali, con l'obiettivo di realizzare per ciascun paese corridoi in numero sufficiente e idoneo a garantire l'accoglienza e l'integrazione delle popolazioni più vulnerabili e dei richiedenti protezione internazionale;
a proporre nei consessi europei e internazionali la cooperazione e la collaborazione per la realizzazione condivisa di corridoi umanitari così da intercettare, anche in via preventiva, i grandi flussi migratori, soprattutto quelli legati alle guerre dei paesi del Medio Oriente e dell'Africa Sub-sahariana.
9/1112/24. Quartini, Marianna Ricciardi, Sportiello, Di Lauro, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-ter interviene sul Sistema di accoglienza e integrazione, escludendo dai servizi della rete territoriale i richiedenti la protezione internazionale e prevedendo deroghe solo per i richiedenti che entrino in Italia in attuazione di protocolli sui corridoi umanitari, del programma di reinsediamento o di evacuazioni umanitarie, nonché per i richiedenti che appartengono alle cosiddette categorie vulnerabili;
si modifica in sostanza l'ambito di applicazione soggettivo dei servizi di accoglienza del Sistema di accoglienza e integrazione (cosiddetto SAI) che attualmente sono destinati ai titolari della protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati (tutti i minori, indipendentemente dallo status di richiedente protezione internazionale), nonché, nei limiti dei posti disponibili: ai richiedenti la protezione internazionale; ai titolari di specifiche categorie di permessi di soggiorno i quali non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati; ai neo-maggiorenni affidati ai servizi sociali in prosieguo amministrativo;
con la predetta novella, pertanto, i richiedenti la protezione internazionale possono accedere solo alle misure previste nell'ambito dei centri di accoglienza governativi;
per «corridoi umanitari» si intendono le iniziative di collaborazione tra settore pubblico e soggetti privati o non governativi, che consentono il trasferimento di persone bisognose di protezione internazionale dal paese di primo asilo, dove risiedono, in Italia e i beneficiari sono accolti presso strutture individuate e finanziate dalle associazioni proponenti, che garantiscono anche i percorsi di integrazione socio-culturale, senza oneri a carico dello Stato;
il progetto «corridoi umanitari» per l'accoglienza e l'integrazione di migranti vulnerabili e rifugiati che nel 2019 è stato insignito del premio Nansen per i Rifugiati per l'Europa e, secondo quanto si evince anche sul sito istituzionale dedicato, l'esperienza dimostra come, utilizzando gli strumenti legislativi già a disposizione degli Stati membri dell'Unione europea, si possano garantire ingressi regolari e controllati, scongiurando rischiosi «viaggi della speranza» a favore di persone in condizioni di particolare vulnerabilità e di effettivo bisogno di protezione internazionale. Un progetto quindi replicabile in altri Paesi insieme alla società civile, un modello di solidarietà che è un vanto per l'Italia, come ha sottolineato anche Papa Francesco: «Guardo con ammirazione all'iniziativa dei corridoi umanitari (...) sono la goccia che cambierà il mare»,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di intensificare la realizzazione di corridoi umanitari attraverso il contributo e la collaborazione di ONG, associazioni, organismi internazionali, con l'obiettivo di realizzare per ciascun paese corridoi in numero sufficiente e idoneo a garantire l'accoglienza e l'integrazione delle popolazioni più vulnerabili e dei richiedenti protezione internazionale;
a proporre nei consessi europei e internazionali la cooperazione e la collaborazione per la realizzazione condivisa di corridoi umanitari così da intercettare, anche in via preventiva, i grandi flussi migratori, soprattutto quelli legati alle guerre dei paesi del Medio Oriente e dell'Africa Sub-sahariana.
9/1112/24. (Testo modificato nel corso della seduta)Quartini, Marianna Ricciardi, Sportiello, Di Lauro, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 6-bis del provvedimento all'esame, si prevede che sia attivata una postazione medicalizzata del 118 presso l'isola di Lampedusa, al fine espresso di garantire tempestività ed efficienza negli interventi di emergenza-urgenza e per tutelare la salute degli abitanti dell'isola e dei migranti;
tuttavia si precisa che la predetta attivazione avvenga nell'ambito del Servizio sanitario della Regione Siciliana con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, nonché nel rispetto della normativa concernente la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni; medesima invarianza di risorse è prevista per le attività conseguenti dell'INMP;
come si evince anche dagli appelli drammatici del Sindaco di Lampedusa, per far fronte agli sbarchi occorrono medici, infermieri, psicologi e personale socio-sanitario, servono strutture logistiche adeguate, incluso l'elisoccorso;
la postazione medicalizzata del 118 è contemplata dal Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera laddove definisce cosa debba intendersi per Punto di Primo Intervento; più in particolare si prevede che i Punti di Primo Intervento con casistica inferiore ai 6.000 passaggi annui sono direttamente affidati al 118 come postazione territoriale;
i numeri degli sbarchi preso l'isola di Lampedusa, invero, rilevano la predetta casistica anche nell'arco di due o tre giorni;
una sola postazione del 118 non appare essere sufficiente a soddisfare il bisogno di salute e assistenziale conseguente al fenomeno degli sbarchi migratori nell'isola di Lampedusa, oltretutto se la stessa debba essere attivata ad invarianza finanziaria e di risorse umane,
impegna il Governo
a tener conto, in sede di riparto tra le regioni delle risorse del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, dell'onere conseguente all'obbligo della postazione medicalizzata del 118 presso l'isola di Lampedusa, provvedendo ad incrementare le predette risorse al fine di assicurare una dotazione organica e strutture idonee ad assistere in maniera esaustiva le persone migranti.
9/1112/25. Marianna Ricciardi, Quartini, Sportiello, Di Lauro, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, consegue alla terribile, e non ultima purtroppo, strage di Cutro che ha provocato quasi 100 vittime e, almeno nelle intenzioni, interviene con lo scopo di mettere ordine e contrastare l'immigrazione clandestina;
l'articolo 6-ter espunge l'assistenza psicologica, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio, dalle prestazioni che devono essere assicurate nelle strutture di prima accoglienza;
attualmente è previsto, invece, che nei centri di prima accoglienza e nelle strutture temporanee straordinarie di accoglienza debbano essere assicurate alcune condizioni e prestazioni, tra le quali rileva l'assistenza sanitaria, l'assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio;
l'articolo 7 del provvedimento all'esame modifica altresì le condizioni di salute in presenza delle quali non è consentita l'espulsione: più in particolare, non si potrà procedere all'espulsione qualora le «condizioni di salute derivanti da patologie di particolare gravità, non siano adeguatamente curabili nel paese di origine» e non più in presenza di «gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie»; inoltre, non si potrà più convertire il permesso di soggiorno per cure mediche in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro;
in sostanza, le cure mediche per cui si potrà richiedere la protezione speciale riguarderanno solo patologie particolari che non possono essere trattate nei Paesi d'origine e si escludono anche le patologie psicofisiche, restringendo in tal maniera la possibilità di protezione nel nostro paese;
restringere i casi di salute per cui è possibile richiedere la protezione speciale, oltre ad essere sintomatico dell'inumanità che pure, Costituzione alla mano, non dovrebbe appartenere al nostro Paese, comporterà di fatto l'incremento ulteriore delle situazioni di illegalità e marginalità e il conseguente peggioramento delle condizioni, anche di salute, di chi oggi sta tentando un'integrazione,
impegna il Governo:
a verificare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di:
rimuovere qualsiasi limite al dovere umanitario di prestare assistenza sanitaria e di assicurare la tutela della salute a tutti gli individui indistintamente e per ogni tipo di patologia;
assicurare l'adeguato supporto psicologico alle persone in accoglienza, favorendo percorsi di cura ed inclusione sociale.
9/1112/26. Sportiello, Marianna Ricciardi, Quartini, Di Lauro, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 sopprime il divieto di respingimento o di espulsione di una persona qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale della stessa comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare; di conseguenza, è abrogata anche la previsione secondo la quale, ai fini della valutazione del fondato rischio di violazione del diritto alla vita privata e familiare, si debba tenere conto della natura e dell'effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine;
il medesimo articolo 7 interviene in maniera consistente sulla protezione speciale restringendone i casi e le possibilità per cui è possibile richiedere protezione;
nel nostro Paese vigono attualmente tre tipi di protezione: il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e la protezione speciale e, ai sensi dell'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione, in nessun caso non può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione; ugualmente sono protette tutte le situazioni in cui vi siano rischi di tortura o trattamenti inumani o degradanti o di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani;
la protezione speciale, che ha sostituito quella umanitaria cancellata dal decreto sicurezza del 2018, ha durata biennale, il suo rinnovo è subordinato ad una rivalutazione e, attualmente, può essere convertita in permesso di lavoro; questo tipo di protezione consente a qualsiasi persona che non è cittadina dell'Unione europea di chiedere asilo senza nessun tipo di limitazione rispetto al Paese di provenienza;
con le modifiche introdotte all'articolo 7 del provvedimento in esame la protezione speciale non potrà più essere convertita in permesso di lavoro, potrà solo essere rinnovata e non potrà più essere richiesta direttamente al Questore; inoltre, il permesso di soggiorno per calamità sarà rilasciato quando il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe far ritorno versa in una situazione di calamità «contingente ed eccezionale» e non più «grave», come attualmente previsto; conseguentemente si prevede che anche il permesso di soggiorno sia rinnovabile solo se permangono le condizioni di «eccezionale» calamità e non di «grave» calamità, con una durata del permesso di soli sei mesi e rinnovabili solo una volta,
impegna il Governo:
a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di ripristinare appieno il regime di protezione speciale affinché sia assicurato ad ogni individuo il diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e la possibilità di convertire sempre la protezione speciale in permesso lavorativo;
a farsi garante che in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione;
a farsi altresì garante che in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui vi siano rischi di tortura o trattamenti inumani o degradanti o di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani.
9/1112/27. Di Lauro, Marianna Ricciardi, Quartini, Sportiello, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'Unione Europea, e in particolare il Consiglio Europeo, ha più volte ribadito, da ultimo nelle conclusioni del Consiglio straordinario del 23 febbraio 2023, la volontà di rafforzare l'azione verso la prevenzione delle partenze irregolari e la perdita di vite umane, la riduzione della pressione sulle frontiere dell'UE e sulle capacità di accoglienza e la lotta contro i trafficanti e la tratta di essere umani;
già nelle conclusioni dei Consigli Europei, tenutesi nell'ottobre 2018 e del dicembre dello stesso anno, nonché nei successivi vertici europei di giugno, ottobre e dicembre 2021, i Capi di Stato e di governo europei avevano evidenziato la necessità di rafforzare il contrasto alle reti di trafficanti di persone, intensificando la collaborazione con i paesi terzi in materia di indagine, arresto e perseguimento di soggetti dediti al traffico e alla tratta, nonché sostenere e incentivare i piani di azione con i paesi di origine e di transito dei migranti;
la lotta al traffico di essere umani deve necessariamente unirsi a un'azione europea più coordinata nella gestione delle frontiere marittime e dei salvataggi in mare, con un'implementazione dei canali di ingresso regolari;
l'articolo 7 del provvedimento in esame rivede la disciplina della protezione speciale, abrogando il terzo e quarto periodo dell'articolo 19 del Testo Unico sull'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 che concerne la specifica disciplina del divieto di respingimento ed espulsione di una persona in ragione del rispetto della sua vita privata e familiare;
tali disposizioni, lontane dal produrre concreti effetti per contrastare le stragi in mare, si pongono in evidente contrasto con l'articolo 8 CEDU in ordine al diritto al rispetto della vita privata e familiare oltre che a numerosi obblighi internazionali andando a colpire i diritti e gli spazi di protezione delle persone che arrivano nel nostro Paese così come di quelle che vivono già in Italia;
sebbene, infatti, la norma non preveda l'abolizione della protezione speciale in senso stretto, di fatto impedirà a molte persone di accedervi, facendo venire meno la maggior parte dei presupposti in virtù dei quali veniva ottenuta tale protezione;
sempre con lo scopo di contrastare l'immigrazione irregolare, l'articolo 8 del provvedimento introduce nuove disposizioni penali, prevedendo la nuova fattispecie del reato di trasporto illegale di stranieri nel territorio dello Stato con modalità tali da procurare, quale conseguenza non voluta, la morte di una o più persone, sanzionando nello stesso modo condotte molto differenti fra loro;
le modifiche introdotte dai suddetti articoli rischiano di inficiare il diritto di asilo costituzionalmente garantito da un lato e, dall'altro, l'effettiva perseguibilità del reato introdotto dal nuovo articolo 12-bis del Testo Unico dell'immigrazione,
impegna il Governo:
ad approfondire gli effetti applicativi delle disposizioni introdotte dagli articoli citati in premessa e a valutare la reintroduzione, nel primo provvedimento utile, di una disciplina pienamente rispettosa dei principi nazionali e internazionali in materia di protezione speciale, prevedendo strumenti finalizzati ad una completa tutela per tutti quanti necessitano di protezione;
con riguardo alle operazioni di salvataggio in mare, a lavorare per un cambio di prospettiva che miri a considerare frontiere europee le frontiere marittime, in modo da assicurare una gestione più stabile e più solidale tra Stati Membri di coloro che arrivano nel territorio dell'Unione Europea dopo essere stati salvati in mare;
a riferire comunque periodicamente nelle competenti sedi parlamentari circa gli effetti dell'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 7 e 8 del decreto in esame.
9/1112/28. Scutellà, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 5-bis e 10 dispongono in ordine alla realizzazione, ristrutturazione e adeguamento dei centri e delle strutture di accoglienza di migranti (articoli 5-bis e 10) – punti di crisi (i c.d. hotspot), centri governativi di prima accoglienza, centri per i rimpatri – per i quali sarà possibile derogare, fino al 2025, ad «ogni disposizione di legge», ad eccezione di quelle penali, antimafia e dell'Unione europea, deroghe aggravate dal fatto che la vigilanza dell'ANAC è rimessa alla mera volontà di richiederla o meno da parte del soggetto attuatore;
l'articolo 6 reca misure straordinarie in ordine alla gestione dei centri per migranti (articolo 6);
l'articolo 5-ter disarticola, con ciò smantellando il principio dell'accoglienza diffusa, il previgente Sistema di accoglienza e integrazione (c.d. SAI) – pilastro della seconda accoglienza in attuazione delle direttive UE e unico sistema di accoglienza migranti effettivamente pubblico, strutturato, non emergenziale di cui il nostro Paese era dotato, diffuso, e che prevede l'intervento degli enti locali – ed esclude dal SAI i richiedenti protezione internazionale asilo (ossia gli stranieri che hanno presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una decisione definitiva) i quali accederanno ai centri di accoglienza governativi,
impegna il Governo
a trasmettere alle Camere, per il tramite di una relazione annuale predisposta dal Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, con cadenza annuale, i dati in ordine al funzionamento del sistema di accoglienza e alle misure adottate ai sensi del presente decreto-legge e, in particolare, a tal fine riportando i dati relativi all'ubicazione, alla ricezione, alla gestione e alle procedure autorizzative di ciascuno dei centri indicati in premessa nonché i dati sull'entità e l'utilizzo delle risorse finanziarie, anche di assegnazione comunitaria, finalizzate alla gestione dei flussi migratori e alle misure per l'inclusione e l'integrazione degli stranieri.
9/1112/29. Riccardo Ricciardi, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 reca le disposizioni penali finalizzate alla repressione del favoreggiamento dell'immigrazione clandestina;
sono inasprite le pene, già vigenti, di cui all'articolo 12 Testo unico immigrazione per i delitti concernenti l'immigrazione clandestina – sono aumentati di un anno i limiti minimi e massimi di detenzione – e si prevede la nuova fattispecie di reato di morte e lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina (punito con la reclusione da 20 a 30 anni se dal fatto deriva la morte di più persone; da 15 a 24 anni se dal fatto deriva la morte di una sola persona; da 10 a 20 anni nel caso di lesioni gravi o gravissime a carico di una o più persone);
è disposto che la giurisdizione italiana, per le condotte volte a procurare l'ingresso illegale nel territorio nazionale, non ha confini territoriali;
le disposizioni presentano non pochi profili critici di applicabilità, in particolare in ordine al combinato disposto tra principio di territorialità e condizione di reciprocità per il perseguimento di reati penali,
impegna il Governo
a trasmette alle Camere una relazione annuale in relazione all'applicazione e alle risultanze delle disposizioni di cui all'articolo 8 del provvedimento in titolo.
9/1112/30. Cafiero De Raho, Ascari, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, Morfino.
La Camera,
premesso che:
le persone con esigenze specifiche non dovrebbero in linea di principio essere trattenute, e le condizioni ed esigenze particolari di alcune categorie di richiedenti asilo devono comunque essere prese in considerazione (vittime di trauma o tortura, minori, donne, vittime di tratta, persone affette da disabilità, persone anziane, persone LGBTQ);
non appare prevista alcuna esclusione esplicita dalla procedura in frontiera delle persone vulnerabili o con esigenze specifiche, inclusi minori non accompagnati. Diversamente da quanto previsto dalla Direttiva 2013/32/UE che esplicita che tali richiedenti dovrebbero essere esonerati da tali procedure, qualora non possano godere del sostegno adeguato alla loro condizione;
L'attuale prassi di assegnazione di porti di sbarco sempre più lontani dai luoghi degli incidenti costringe le imbarcazioni con i naufraghi a bordo, fra cui persone in grave stato di vulnerabilità, ad estenuanti e superflui viaggi in mare, fino ad arrivare a situazioni paradossali come quella in cui i minori non accompagnati salvati in mare dalla GEO Barents hanno dovuto prima affrontare molte ore di navigazione per sbarcare al porto di La Spezia, per poi essere trasferiti nuovamente a sud, a Foggia. Bambine, bambini e adolescenti devono ricevere al più presto, come le altre persone che vengono salvate, l'assistenza umanitaria di cui hanno bisogno,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di escludere esplicitamente dalle procedure in frontiera i minori e le persone portatrici di particolari esigenze, di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 142 del 2015, in linea con il Considerando n. 30 della Direttiva 2013/32/UE e considerare che ai minori non accompagnati richiedenti asilo sia comunque garantita la permanenza nei progetti di accoglienza SAI anche dopo il compimento della maggiore età e sino alla definizione della domanda nonché, in caso di riconoscimento della protezione internazionale, sino al termine del periodo di sostegno all'integrazione.
9/1112/31. Zanella, Zaratti, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni contenute in particolare nell'articolo 7 lungi dal produrre un'incidenza concreta sulle cause delle stragi in mare o limitare le partenze, appaiono dirette a colpire i diritti e gli spazi di protezione delle persone che arrivano nel nostro Paese così come di quelle che vivono già in Italia;
nel 2022 le richieste di asilo per protezione speciale hanno registrato un aumento del 5 per cento rispetto all'anno precedente: in Italia, infatti, su un totale di 52.625 domande esaminate, sono state 10.865 i beneficiari di protezione speciale (21 per cento), 6.161 coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato (12 per cento), 6.770 la protezione sussidiaria (13 per cento) e 27.385 i dinieghi (53 per cento);
le modifiche normative introdotte a partire da 2018 hanno profondamente modificato la disciplina nazionale in tema di asilo. Il sistema, originariamente, prevedeva tre forme di tutela per gli stranieri che arrivavano in Italia in fuga da persecuzioni, da guerre, da carestie o altri cataclismi climatici: lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e la protezione umanitaria. Queste tre forme di tutela erano state consolidate nel nostro ordinamento da norme di legge internazionali ed interne e convalidate dalla giurisprudenza costante della Suprema Corte che le aveva definite come piena attuazione del diritto costituzionale di asilo;
alle modifiche normative intercorse con la legge n. 132 del 2018 che aveva eliminato la protezione umanitaria sostituendola con una più ridotta protezione speciale e con i permessi di soggiorno per cure mediche, per calamità e alto valore civile, ha posto in una certa misura un limite il decreto-legge n. 130 del 2020 convertito in legge 18 dicembre 2020, n. 173 il quale, raccogliendo alcune osservazioni formulate in precedenza dal Presidente della Repubblica, ha esteso significativamente la protezione speciale per quei casi in cui l'allontanamento dal territorio nazionale avrebbe comportato una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare e di protezione della salute, ciò nel rispetto «degli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall'articolo 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall'Italia»;
in contrasto con siffatti principi il decreto-legge in via di conversione prevede una forte limitazione in materia di protezione speciale in particolare nella parte che riguarda la salvaguardia della vita privata e familiare: la disposizione contenuta nell'articolo 7 ridimensiona significativamente l'ampiezza di tale protezione e ha suscitato forti dubbi di costituzionalità;
nel nostro ordinamento, infatti, il diritto di asilo viene sancito «direttamente» dalla Costituzione, laddove all'articolo 10 comma 3 Costituzione riconosce a «lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, il diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge»;
la nozione adottata dal Costituente è di fatto più ampia di quella contenuta nella Convenzione di Ginevra: il presupposto richiamato va indiscutibilmente oltre rispetto allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria e fa riferimento al mancato godimento delle libertà democratiche garantite dalla nostra Costituzione, il ventaglio delle libertà alle quali si allude è indubbiamente ampio e comprende non solo quelle disciplinate nel titolo V, ma anche quelle contemplate nei titoli precedenti, principi fondamentali, rapporti civili, etico sociali ed anche economici;
la citata previsione copriva la protezione umanitaria ed in seguito la più ampia protezione speciale presente nel nostro Paese e comprende tutta una serie di situazioni (lavoro, salute, famiglia, ambiente) che aggiungono nuove forme di libertà a quelle tradizionali;
la disposizione contenuta nell'art. 7 del decreto in via di conversione abroga il terzo e il quarto periodo dell'articolo 19 comma 1.1. del decreto legislativo n. 286 del 1998 (il Testo Unico sull'Immigrazione), che consentiva il riconoscimento della protezione speciale nei confronti di coloro i quali sussiste il fondato motivo di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale avrebbe comportato una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare;
si tratta inoltre di un diritto tutelato dall'articolo 29 della Costituzione, dall'articolo 8 della CEDU e dall'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali UE, alle quali la legge ordinaria non può derogare: tale disposizione confligge quindi con norme democratiche che tutelano diritti fondamentali;
non si possono trascurare le enormi criticità di diritto transitorio che derivano dalle nuove disposizioni che riguardano solo le nuove domande, mentre alle istanze presentate prima dell'entrata in vigore del decreto, andrà comunque applicata la normativa previgente (articolo 7 comma 2);
a tal proposito, occorre rilevare che già ad oggi alcune questure non stiano provvedendo ad analizzare le istanze di protezione speciale, e che per quanto concerne, invece, i permessi già rilasciati e tuttora in corso di validità, il decreto consente il rinnovo per un'unica volta e di durata annuale, fatta salva – qualora vi siano i presupposti di legge – la possibilità di convertirlo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro;
sebbene la norma non stabilisca una vera e propria abolizione della protezione speciale in senso stretto, di fatto impedisce ad una larga parte di persone di accedervi: una larga maggioranza dei titolari di questa forma di protezione, infatti, la otteneva proprio in virtù dei presupposti contenuti nelle disposizioni abrogate. Così facendo si colpirà in modo significativo quella parte di popolazione straniera che si era già integrata nel nostro Paese, si tratta inoltre di una disposizione che avrà un forte impatto sull'irregolarità e che alimenterà la criminalità organizzata e costringerà tali persone a piegarsi al lavoro nero e allo sfruttamento lavorativo,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di reintrodurre nel primo provvedimento utile una disciplina completa ed esaustiva in adempimento dei principi costituzionali e internazionali sopra richiamati in materia di protezione speciale, con la previsione di idonei strumenti posti a garanzia di una piena tutela per tutti quanti necessitano di protezione e a predisporre un sistema coordinato di misure a tutela del diritto di asilo che rispetti i precetti della Costituzione.
9/1112/32. Zaratti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, sopprime la condizione secondo cui la possibilità di conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio e formazione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro è subordinata al rispetto delle quote relative ai flussi summenzionati;
l'articolo 4 apporta modifiche al Testo unico sull'immigrazione in materia di durata dei permessi di soggiorno per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo e per ricongiungimento familiare, stabilendo che il rinnovo di ciascuno di essi non possa superare la durata di tre anni c di fatto estendendo così la massima durata possibile del rinnovo rispetto ai due anni attualmente previsti. Nello stesso tempo il lavoratore non appartenente all'Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria;
l'articolo 4-bis, introdotto al Senato, interviene sulla disciplina del permesso di soggiorno per minori stranieri non accompagnati al compimento del diciottesimo anno d'età. In particolare si prevede che tale permesso di soggiorno ha la durata massima di un anno;
l'articolo 5-ter interviene sulle disposizioni concernenti il Sistema di accoglienza e integrazione (cosiddetto SAI), escludendo dall'ambito di applicazione dei servizi della rete territoriale i richiedenti asilo (ossia gli stranieri che hanno presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non c ancora stata adottata una decisione definitiva). Al contempo si prevede una deroga per i richiedenti protezione internazionale che entrino in Italia in attuazione di protocolli sui corridoi umanitari, del programma di reinsediamento o di evacuazioni umanitarie, nonché per i richiedenti che appartengono alle cosiddette categorie vulnerabili. In secondo luogo, è individuata quale causa di decadenza dalle misure di accoglienza nel SAI la mancata presentazione del richiedente presso la struttura individuata entro sette giorni dalla comunicazione, salvo casi di forza maggiore o di ritardo motivato. Dimenticando che il SAI, definito con il decreto legislativo n. 142 del 2015 in attuazione delle direttive europee 2013/32/UE e 2013/33/UE, rappresenta il pilastro della cosiddetta seconda accoglienza;
l'articolo 7, modificato al Senato, elimina il divieto di respingimento ed espulsione di una persona previsto nel caso vi sia fondato motivo di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale della stessa comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. Viene conseguentemente introdotta una disciplina transitoria che estende l'efficacia della normativa abrogata alle domande di riconoscimento della protezione speciale presentate in data anteriore all'entrata in vigore del decreto-legge in esame, nonché ai casi in cui lo straniero abbia già ricevuto dalla competente questura l'invito a presentare l'istanza di protezione speciale. Si dispone, infine, che i permessi già rilasciati sulla base dei requisiti abrogati e in corso di validità siano rinnovati, per una sola volta e con durata annuale. Conseguentemente, viene abrogata anche la previsione del quarto periodo, la quale, ai fini della valutazione del fondato rischio di violazione del diritto alla vita privata e familiare, dispone che si tenga conto della natura e dell'effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese di origine. L'allontanamento dal territorio nazionale, è ritenuto gravemente lesivo di un radicamento territoriale, sociale e culturale già collegato in sede giurisprudenziale (Cass. civ. Sez. VI – 1, ordinanza n. 7861 del 2022) al principio di cui all'articolo 8 CEDU, il quale riconosce ad ogni persona il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare;
si ricorda che il diritto di asilo previsto dall'articolo 10, terzo comma, Costituzione è attuato e regolato nel nostro ordinamento secondo diverse fattispecie: lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e protezione per esigenze umanitarie;
l'unico effetto di questo decreto sarà quello di incrementare ulteriormente gli irregolari, uomini, donne, bambini e bambine che finiranno per alimentare lo sfruttamento, il lavoro nero, la prostituzione e la criminalità;
sono diversi i Paesi dell'Unione Europea dove sono, da anni, in vigore norme equivalenti alla cosiddetta protezione speciale così come, peraltro, previsto espressamente nella Direttiva rimpatri (n. 2008/115/CEE, dal Codice frontiere di Schengen (regolamento 2016/399), dal Regolamento Dublino (2013/604) e dal Codice Visti (regolamento 810/2009),
impegna il Governo:
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di reintrodurre nel primo provvedimento utile una disciplina completa con la previsione di idonei strumenti posti a garanzia di una piena tutela per tutti quanti necessitano di protezione affinché questi non vadano ad alimentare lo sfruttamento, il lavoro nero, la prostituzione e la criminalità;
a valutare l'opportunità di garantire che ai minori non accompagnati richiedenti asilo sia comunque garantita la permanenza nei progetti di accoglienza SAI anche dopo il compimento della maggiore età e comunque almeno sino alla definizione della domanda.
9/1112/33. Bonelli, Zaratti, Zanella, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
particolarmente grave è l'abrogazione di molte norme relative ai permessi di soggiorno per protezione speciale, finora rilasciati agli stranieri che non rientrano nella cosiddetta Protezione internazionale, in caso di fondato rischio di sottoposizione a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o in forza del rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali, nonché la mancata convertibilità per quelli residui in permessi di soggiorno per motivi di lavoro;
la grave stretta prevista soprattutto con riferimento alla protezione speciale – che fino ad oggi ha consentito d'includere quei casi che non essendo integralmente tipizzabili, non rientravano nello status di rifugiato o non consentivano di ottenere la protezione sussidiaria, ma rientravano pienamente nell'ampia configurazione del diritto d'asilo riconosciuto dalla nostra Costituzione – produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, privi di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, produrrà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, ma anche dei nostri cittadini,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile volta a garantire il pieno rispetto delle norme costituzionali e internazionali a tutela dei diritti fondamentali della persona umana, anche al fine di prevenire il possibile innalzamento della conflittualità sociale.
9/1112/34. Cuperlo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, del decreto in esame, in particolare, pone a regime una disciplina transitoria che demanda la verifica dei requisiti concernenti l'osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro e la congruità del numero delle richieste presentate dal datore di lavoro – verifica che, in base alla precedente disciplina generale, spettava all'ispettorato nazionale del lavoro – ad alcune categorie di professionisti, quali consulenti del lavoro, avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili, o alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (ai quali il datore di lavoro aderisca o conferisca mandato);
le verifiche in oggetto dovranno tenere conto anche della capacità patrimoniale, dell'equilibrio economico-finanziario, del fatturato, del numero dei dipendenti e del tipo di attività svolta dall'impresa;
tale norma, dunque, lungi dal recare misure di semplificazione delle procedure per il rilascio di nulla osta al lavoro, attribuisce in via definitiva e in modo superficiale, ad alcune «categorie di professionisti» ed alle associazioni datoriali di categoria il compilo di asseverare la capacità finanziaria del datore di lavoro in relazione alle previste assunzioni, nonostante tale valutazione sia estremamente complessa e debba tener conto di molti fattori;
in assenza di parametri precisi cui attenersi, vi è il rischio concreto che tale asseverazione avvenga a seguito di valutazioni non adeguate (nei migliori dei casi) o più o meno compiacenti (nei casi peggiori),
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad acquisire comunque il parere dell'Ispettorato nazionale del lavoro al fine di garantire valutazioni adeguate su tutto il territorio nazionale nonché di scongiurare possibili valutazioni non eque o compiacenti.
9/1112/35. Lacarra.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il Sai continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'accoglienza straordinaria (Cas), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (Sai).
9/1112/36. Mauri.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il Sai continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'accoglienza straordinaria (Cas), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio assai più ampia della limitata offerta che è stata concessa con il decreto flussi di recente adottato.
9/1112/37. Peluffo.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il Sai continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'accoglienza straordinaria (Cas), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
a reperire quanto prima tutte le risorse necessarie atte a potenziare le strutture destinate all'accoglienza e all'assistenza, al fine di limitare i fenomeni di discriminazione e dunque di prevenire le possibili conflittualità sociali.
9/1112/38. Boldrini.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il Sai continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'accoglienza straordinaria (Cas), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del settore del turismo.
9/1112/39. Gnassi.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il Sai continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'accoglienza straordinaria (Cas), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del settore della logistica e dei trasporti.
9/1112/40. Barbagallo.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il Sai continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'accoglienza straordinaria (Cas), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del settore dei servizi socio-assistenziali.
9/1112/41. Furfaro.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il Sai continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'accoglienza straordinaria (Cas), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del settore dell'industria.
9/1112/42. De Micheli.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il Sai continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'accoglienza straordinaria (Cas), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del settore delle costruzioni.
9/1112/43. Casu.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del settore delle Industrie alimentari.
9/1112/44. Vaccari.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del settore della metallurgia.
9/1112/45. Scarpa.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione 0, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del settore manifatturiero.
9/1112/46. De Maria.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
so si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle professioni infermieristiche e sanitarie.
9/1112/47. Malavasi.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle professioni legate alla trasformazione digitale.
9/1112/48. Morassut.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento al settore degli operai specializzati e conduttori di impianti.
9/1112/49. Roggiani.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo,
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del comparto dei muratori.
9/1112/50. Ciani.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione 0, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del comparto degli elettricisti.
9/1112/51. Di Sanzo.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in tuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del comparto degli operai addetti a macchine confezionatrici di prodotti industriali.
9/1112/52. Madia.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio;
l'integrazione dei cittadini stranieri è un processo che richiede tempo e condizioni di vita dignitose, in un contesto sociale che non determini fenomeni di discriminazione o, peggio, di ghettizzazione,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a favorire lo sviluppo di reali politiche di integrazione, anche al fine di soddisfare quella domanda di lavoro sul nostro territorio con particolare riferimento alle esigenze del settore del legno e del mobile.
9/1112/53. Merola.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima pane in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità c a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), in particolare favorendo i progetti destinati a Sud Italia.
9/1112/54. Provenzano.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), in particolare favorendo i progetti destinati ai minori non accompagnati.
9/1112/55. Di Biase.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), in particolare favorendo i progetti destinati a soggetti con disagio mentale e disabilità.
9/1112/56. Manzi.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (GAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Abruzzo.
9/1112/57. D'Alfonso.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Basilicata.
9/1112/58. Amendola.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Calabria.
9/1112/59. Stumpo.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Campania.
9/1112/60. De Luca.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini:
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Emilia-Romagna.
9/1112/61. Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS). che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Lazio.
9/1112/62. Orfini.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali c le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Liguria.
9/1112/63. Ghio.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Lombardia.
9/1112/64. Quartapelle Procopio.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a lavoro del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Marche.
9/1112/65. Curti.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una pane limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dallo prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziative a utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Piemonte.
9/1112/66. Gribaudo.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Puglia.
9/1112/67. Ubaldo Pagano.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali c le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Sardegna.
9/1112/68. Lai.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima pane in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella Regione Siciliana.
9/1112/69. Marino.
La Camera,
premesso che:
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima parte in fuga da guerre e persecuzioni;
la grave stretta prevista con riferimento alla protezione speciale produrrà un nuovo esercito di persone illegalmente presente sul nostro territorio, prive di diritti e tutele, che lungi dal favorire una nuova integrazione, comporterà solo un'accresciuta conflittualità sociale a danno dei migranti in arrivo, nonché dei nostri cittadini;
se si considera che anche sul piano dell'accoglienza allo stato attuale il SAI continua a rappresentare una parte limitata del totale dei posti in accoglienza in Italia, mentre risulta di gran lunga più ampio il sistema gestito dalle prefetture, i Centri d'Accoglienza Straordinaria (CAS), che dovrebbero invece rappresentare la risposta a situazioni appunto straordinarie, e non, come spesso avviene, la risposta ordinaria;
il combinato disposto di un accresciuto esercito di persone che si troveranno nell'illegalità e di un insufficiente numero di posti idonei ad accogliere dignitosamente le persone nella legalità non potrà che accrescere drammaticamente la conflittualità sociale sul nostro territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, in stretto coordinamento con il sistema degli enti locali e le organizzazioni della società civile impegnate nel settore dell'accoglienza, volta a superare le criticità e a reperire quanto prima le risorse necessarie per ridurre progressivamente il ruolo dell'accoglienza straordinaria a favore del sistema di accoglienza e integrazione (SAI), con particolare riferimento ai centri che insistono nella regione Toscana.
9/1112/70. Fossi.
La Camera,
premesso che:
secondo il rapporto «Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare», pubblicato dal ministero del Lavoro e dall'Anci nell'ambito del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al capitolato 2020-2022, sono almeno 10 mila i lavoratori agricoli migranti che vivono in baracche di lamiere, tendopoli o altri alloggi di fortuna, senza diritti e senza i servizi essenziali;
dalla medesima ricerca emerge che sono 38 i comuni che hanno segnalato la presenza di 150 insediamenti non autorizzati, con sistemazioni varie (casolari e palazzi occupati, baracche, tende e roulotte) e presenze che vanno dalle poche unità dei micro insediamenti, alle migliaia di persone nei «ghetti» noti alle cronache;
il PNRR destina 200 milioni per risolvere tale emergenza;
il Sud è l'area dove si registra il più alto numero di comuni che dichiara la presenza di lavoratori migranti occupati nel settore agroalimentare sia stagionali che di lunga durata, anche se il fenomeno riguarda tutto il Paese, tanto che le due regioni dove si riscontra il numero più alto di comuni che dichiara la presenza di braccianti agricoli stranieri sono il Piemonte e la Lombardia;
sul totale dei ghetti e dei piccoli insediamenti non autorizzati nel nostro Paese, il 31,6 per cento e in Puglia, il 21,1 per cento in Sicilia, il 13,2 per cento in Calabria, il 7,9 per cento in Campania, il 5,3 per cento in Piemonte, il 5,3 per cento nel Lazio, il 5,3 per cento in Veneto, il 2,6 per cento in Abruzzo, il 2,6 per cento in Liguria, il 2,6 per cento nelle Marche e il 2,6 per cento in Toscana;
è dovere dello Stato assicurare nella maniera più ampia condizioni di vita dignitosa per tali lavoratori, quale pre-requisito per una corretta integrazione nelle nostre comunità locali,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, anche con appositi provvedimenti di urgenza, al fine di dare seguito alle previsioni del PNRR volle ad assicurare sistemazioni abitative dignitose per i lavoratori stagionali stranieri.
9/1112/71. Girelli.
La Camera,
premesso che:
è all'esame il disegno di legge di conversione del decreto-legge del 10 marzo 2023, n. 20, recante Conversione in legge del decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20, recante disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare (A.C. 1112);
a dispetto delle intenzioni originariamente dichiarate dal Governo all'indomani della gravissima strage di Cutro, questo decreto – lungi dal tutelare le vittime di traffici illegali di esseri umani o di riconoscere diritti garantiti sul piano costituzionale e su quello delle norme europee e di diritto internazionale – ha costituito il veicolo principale per l'ennesima svolta repressiva nei confronti di migranti in massima pane in fuga da guerre c persecuzioni;
in particolare, nonostante le dichiarazioni rese a mezzo stampa all'indomani della strage di Cutro come quella del Ministro Piantedosi che dichiarò «fermatevi, verremo noi a prendervi. Questo è il senso dei corridoi umanitari», nel provvedimento in esame non si trova traccia di questa modalità di ingresso nel nostro Paese;
i corridoi umanitari consistono infatti in una modalità di trasferimento e integrazione in un paese stabile e sicuro, di persone che si trovano in condizione di fragilità e che possono così trovare rifugio in modo legale;
allo stato attuale sono per lo più organizzati e gestiti da organizzazioni umanitarie private come nel caso del progetto-pilota organizzato da Comunità di Sant'Egidio, Cei-Caritas, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, e completamente autofinanziati;
lo stesso Ministero degli affari esteri sul proprio sito afferma che i corridoi umanitari costituiscono un'alternativa legale e sicura, sono un progetto replicabile di «patrocinio privato» nell'accoglienza e integrazione di migranti vulnerabili e che l'esperienza dimostra come, utilizzando gli strumenti legislativi già a disposizione degli Stati membri dell'Unione Europea, si possano garantire ingressi regolari e controllati, scongiurando rischiosi «viaggi della speranza» a favore di persone in condizioni di particolare vulnerabilità e di effettivo bisogno di protezione internazionale,
impegna il Governo:
a reperire tutte le risorse necessarie per istituire nuovi corridoi umanitari, al fine di consentire a migranti in condizione di particolare vulnerabilità, come le donne sole con bambini, le vittime del traffico di essere umani, gli anziani, le persone con disabilità o con patologie, di usufruire di una via di accesso legale e sicura nel nostro Paese;
a realizzare ogni misura utile a implementare – anche sul piano delle politiche pubbliche a livello europeo – il modello dei corridoi umanitari finora realizzato da soggetti privati.
9/1112/72. Ferrari.
La Camera,
premesso che:
è all'esame il disegno di legge di conversione del decreto-legge del 10 marzo 2023, n. 20, recante Conversione in legge del decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20, recante disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare (A.C. 1112);
i corridoi umanitari consistono infatti in una modalità di trasferimento e integrazione in un paese stabile e sicuro, di persone che si trovano in condizione di fragilità e che possono così trovare rifugio in modo legale;
allo stato attuale sono per lo più organizzati e gestiti da organizzazioni umanitarie private come nel caso del progetto-pilota organizzato da Comunità di Sant'Egidio, Cei-Caritas, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, e completamente autofinanziati;
lo stesso Ministero degli affari esteri sul proprio sito afferma che i corridoi umanitari costituiscono un'alternativa legale e sicura, sono un progetto replicabile di «patrocinio privato» nell'accoglienza e integrazione di migranti vulnerabili e che l'esperienza dimostra come, utilizzando gli strumenti legislativi già a disposizione degli Stati membri dell'Unione Europea, si possano garantire ingressi regolari e controllati, scongiurando rischiosi «viaggi della speranza» a favore di persone in condizioni di particolare vulnerabilità e di effettivo bisogno di protezione internazionale,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di reperire, compatibilmente con la sostenibilità finanziaria, le risorse necessarie per istituire nuovi corridoi umanitari, al fine di consentire a migranti in condizione di particolare vulnerabilità, come le donne sole con bambini, le vittime del traffico di essere umani, gli anziani, le persone con disabilità o con patologie, di usufruire di una via di accesso legale e sicura nel nostro Paese;
a realizzare ogni misura utile a implementare – anche sul piano delle politiche pubbliche a livello europeo – il modello dei corridoi umanitari finora realizzato da soggetti privati.
9/1112/72. (Testo modificato nel corso della seduta)Ferrari.
La Camera,
premesso che:
è all'esame il disegno di legge di conversione del decreto-legge del 10 marzo 2023, n. 20, recante Conversione in legge del decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20, recante disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare (A.C. 1112);
diverse disposizioni del provvedimento in esame introducono procedure di semplificazione o comunque inerenti la pubblica amministrazione;
nonostante l'idea delle «razze umane» non abbia più alcun valore scientifico né in antropologia fisica o biologica, né in antropologia culturale, e sia stato ormai ampiamente acquisito che le differenze fisiche più o meno evidenti tra gli individui non hanno alcuna relazione con le loro capacità cognitive, con i loro comportamenti sociali o con le loro qualità morali, tuttavia il termine «razza» continua a rievocare l'utilizzazione che è stata fatta in passato di questo termine come strumento di stigmatizzazione della diversità culturale;
nel 2015 l'istituto italiano di antropologia ha riunito antropologi fisici e culturali, sociologi, storici e filosofi della scienza, dai quali è venuta la richiesta di eliminare dalla Carta fondamentale e dai documenti amministrativi gli elementi che richiamano la visione razziale della diversità umana;
per tutte queste ragioni, appare oggi imprescindibile e di grande valore simbolico iniziare a rimuovere l'utilizzazione di questo termine almeno negli atti e documenti della Pubblica amministrazione;
impegna il Governo
ad adottare iniziative normative volte ad espungere dalla legislazione vigente e, segnatamente, dal Testo Unico in materia di immigrazione, oggetto di diversi interventi modificativi ad opera del presente provvedimento, il riferimento al termine «razza»; conseguentemente, ad adottare ogni iniziativa utile per adoperare negli atti e nei documenti delle pubbliche amministrazioni il termine «nazionalità» in luogo del termine «razza».
9/1112/73. Scotto.
La Camera,
premesso che:
dopo l'articolo 6 del decreto-legge 10 marzo 2023 n. 20, rubricato «misure straordinarie in materia di gestione dei centri per migranti», sono stati introdotti alcuni nuovi articoli;
tra questi, l'articolo 6-ter (modifiche alla disciplina sulle modalità di accoglienza) che stabilisce che nell'articolo 10, comma 1. secondo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, le parole: «l'assistenza sanitaria, l'assistenza sociale c psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio» sono sostituite dalle seguenti: «l'assistenza sanitaria, l'assistenza sociale e la mediazione linguistico-culturale»;
in sede di conversione, si è quindi modificato il sistema dell'accoglienza in Italia, privando i richiedenti asilo di servizi essenziali quali l'assistenza psicologica, l'informativa normativa e i corsi di lingua italiana, precludendogli opportunità nell'ambito del percorso di integrazione e creando soprattutto un cortocircuito istituzionale, non potendo i Servizi territoriali esterni sopperire a tali specifiche richieste;
il sostegno psicologico, una adeguata informativa normativa circa le procedure e le leggi del nostro Paese e l'apprendimento della lingua, sono condizioni imprescindibili per la realizzazione di un percorso volto all'autonomia del migrante richiedente protezione internazionale;
del resto, è la stessa Direttiva n. 2013/33/UE del 26 giugno 2013 – recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, recepita dai decreto legislativo 142 2014 e oggetto delle presenti modifiche normative – tra i suoi obiettivi prioritari intende promuovere un sistema europeo comune di asilo, volto alla progressiva realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente proiezione nell'Unione;
tale politica di accoglienza dovrebbe rifarsi al principio di solidarietà, in piena e completa applicazione della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, come integrata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967,
impegna il Governo
in relazione ai principi della nostra carta Costituzionale e alla normativa internazionale vigente, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di prevedere il mantenimento dei richiamati servizi essenziali all'interno delle strutture di accoglienza e garantire un corretto e adeguato percorso di integrazione, senza vedere in alcun modo precluso il diritto di difesa e di accesso alla giustizia del richiedente asilo, nonché il suo adeguato supporto psicologico, che deve trovare piena cittadinanza all'interno della Struttura di accoglienza.
9/1112/74. Iacono.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 7-ter del decreto-legge 20/2023 viene circoscritto il diritto di ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria (articolo 35-bis decreto legislativo 25/08) avverso la decisione della commissione territoriale esclusivamente nei confronti delle decisioni di rigetto e di manifesta infondatezza e non anche di inammissibilità;
la lettera d) circoscrive il diritto di ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria avverso la decisione della commissione territoriale esclusivamente nei confronti delle decisioni di rigetto di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 25/2008 e non anche a quelle di inammissibilità (articolo 29);
l'articolo 46 della direttiva 2013/33/CE (recepita dal decreto legislativo 142/2015 che ha modificato il decreto legislativo 25/2008) dispone che gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:
1) la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione;
2) di ritenere la domanda infondata in relazione allo status di rifugiato o allo status di protezione sussidiaria;
3) di considerare la domanda inammissibile;
4) presa alla frontiera o nelle zone di transito di uno Stato membro;
5) di non procedere a un esame;
6) il rifiuto di riaprire l'esame di una domanda in precedenza sospeso;
7) una decisione di revoca della protezione,
impegna il Governo
alla luce dell'articolo 46 della direttiva 2013/33/CE, a valutare un approfondimento della disposizione alla luce del diritto all'effettivo ricorso in relazione all'articolo 46 della direttiva 2013/33/CE.
9/1112/75. Stefanazzi, Giachetti.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 7-ter del decreto-legge 20/2023 viene circoscritto il diritto di ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria (articolo 35-bis decreto legislativo 25/08) avverso la decisione della commissione territoriale esclusivamente nei confronti delle decisioni di rigetto e di manifesta infondatezza e non anche di inammissibilità;
la lettera d) circoscrive il diritto di ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria avverso la decisione della commissione territoriale esclusivamente nei confronti delle decisioni di rigetto di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 25/2008 e non anche a quelle di inammissibilità (articolo 29);
l'articolo 46 della direttiva 2013/33/CE (recepita dal decreto legislativo 142/2015 che ha modificato il decreto legislativo 25/2008) dispone che gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:
1) la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione;
2) di ritenere la domanda infondata in relazione allo status di rifugiato o allo status di protezione sussidiaria;
3) di considerare la domanda inammissibile;
4) presa alla frontiera o nelle zone di transito di uno Stato membro;
5) di non procedere a un esame;
6) il rifiuto di riaprire l'esame di una domanda in precedenza sospeso;
7) una decisione di revoca della protezione,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di un approfondimento della disposizione alla luce del diritto all'effettivo ricorso in relazione all'articolo 46 della direttiva 2013/33/CE.
9/1112/75. (Testo modificato nel corso della seduta)Stefanazzi, Giachetti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-bis comma 4 del decreto-legge 20/2023 (modifiche apportate in sede di conversione al Senato) modifica l'articolo 11 del decreto legislativo 18 agosto 2015. n. 142; dopo il comma 2 inserisce il comma 2-bis che prevede «strutture di accoglienza provvisoria» (...) «individuate dalle prefetture-uffici territoriali del Governo» (articolo 11 comma 2),
impegna il Governo
a favorire un'accoglienza in strutture di piccole dimensioni e diffusa in coerenza con le recenti dichiarazioni del Ministro dell'interno Matteo Piantedosi.
9/1112/76. Bonafè, Giachetti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-ter del decreto-legge n. 20/2023. come modificato al Senato, apporta modifiche all'articolo 10 comma 1 del decreto legislativo 142/2015 (modalità di accoglienza);
considerato che:
in relazione ai servizi da erogare nei centri di cui all'articolo 9, comma 1, e nelle strutture di cui all'articolo 11 del citato decreto legislativo, non vengono più espressamente previsti i servizi di «orientamento legale»;
la Direttiva 2013/33/UE, recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo 142/2015 e successive modifiche ed integrazioni, dispone all'articolo 12 paragrafo 1 e all'articolo 19 paragrafo 1 che gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti siano informali della procedura da seguire e dei loro diritti e obblighi durante il procedimento, con riguardo alla situazione particolare di ogni richiedente, e che l'articolo 21 paragrafo 1 dispone che gli Stati membri possono disporre che a fornire le informazioni giuridiche e procedurali gratuite di cui all'articolo 19 siano organizzazioni non governative, professionisti di autorità governative o servizi statali specializzati;
i suddetti obblighi di fornire informazioni giuridiche e procedurali ai richiedenti protezione internazionale previsti dalla Direttiva 2013/33/UE devono essere rispettati, in quanto la legislazione europea prevale sulla legislazione nazionale,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare tutte le misure necessarie a garantire che sia rispettato l'obbligo di fornire informazioni giuridiche e procedurali ai richiedenti protezione internazionale accolli nei centri di cui all'articolo 9 comma 1 e nelle strutture di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 142/2015.
9/1112/77. Forattini, Giachetti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in conversione affronta una materia – la disciplina dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare – che, per delicatezza e complessità, mal si presta ad essere disciplinata da un provvedimento straordinario, quale il decreto-legge;
particolarmente grave sul piano costituzionale è l'abrogazione di molte norme relative ai permessi di soggiorno per protezione speciale, finora rilasciati agli stranieri che non rientrano nella cosiddetta Protezione internazionale, in caso di fondato rischio di sottoposizione a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o in forza del rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali; tali permessi infatti costituiscono il terzo e necessario tassello che dà attuazione al diritto sancito dall'articolo 10 della nostra Costituzione, insieme al diritto di rifugiato politico – sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 che protegge lo straniero in caso di fondato timore di persecuzioni internazionali – e alla cosiddetta Protezione sussidiaria – riconosciuta dalla direttiva 2011/95/Ue a favore dello straniero che, se espulso verso il Paese di origine, correrebbe il fondato rischio di subire un grave danno (condanna a morte, tortura, pene o trattamenti inumani, crudeli o degradanti);
tale protezione speciale infatti, ha consentito fino ad oggi d'includere quei casi che non essendo integralmente tipizzabili, non rientravano nello status di rifugiato o non consentivano di ottenere la protezione sussidiaria, ma che rientravano pienamente nell'ampia configurazione del diritto d'asilo riconosciuto dalla nostra Costituzione, che protegge anche le persone impedite nell'esercizio delle libertà democratiche;
come sottolineato anche da autorevoli costituzionalisti, il venir meno o la forte compressione di questa forma di protezione speciale costituisce una lesione diretta dell'articolo 10 Cost. che sancisce che lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge; l'articolo 7 sopprime il divieto di respingimento o di espulsione di una persona qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale della stessa comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare (di cui all'articolo 19, comma 1.1. Testo unico sull'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 268 del 1998); di conseguenza, è abrogata anche la previsione secondo la quale, ai fini della valutazione del fondato rischio di violazione del diritto alla vita privata e familiare, si debba tenere conto della natura e dell'effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine;
occorre, inoltre, affrontare il problema delle persone che transitano la frontiera italo-francese perché volontariamente desiderano lasciare il nostro Paese: si tratta di almeno 40/50 mila persone migranti all'anno; la maggior parte di loro viene respinta e prova più volte ad arrivare in Francia. Molti sono fuggiti da guerra, atrocità, miseria e persecuzioni, viaggiando per mesi e a volte per anni, tanto dalla rotta africana quanto camminando e rischiando la vita lungo la rotta balcanica, prima di raggiungere l'Europa. All'arrivo in Italia hanno già affrontato viaggi estenuanti passando per almeno sette nazioni e, nonostante ciò, i confini interni europei pongono altrettanti ostacoli; dalla sola Bardonecchia nel 2022, sono circa 16.000 le persone che hanno superato la frontiera italo-francese, mettendosi ulteriormente in pericolo; vicino a Bardonecchia, a Oulx, è fondamentale il sostegno offerto dal centro di accoglienza «rifugio Fraternità Massi», una struttura che offre accoglienza, ristoro, abiti caldi, un letto per una notte, e rappresenta una soluzione a un potenziale problema di ordine pubblico, alle tante famiglie in fuga dalla Siria, dall'Afghanistan, da Irak, Iran, Libia, Sudan, Marocco e Algeria, per le quali un giorno o due di sosta e riposo sono preziosi; realtà simili, fondate sul volontariato, esistono a Ventimiglia e a Trieste e agiscono in condizione di grande difficoltà,
impegna il Governo
a garantire interventi di assistenza in favore dei migranti che volontariamente transitano la frontiera italo-francese attraverso il sostegno delle associazioni di volontariato dei centri di accoglienza presenti nelle zone di frontiera stesse, quali tra questi il rifugio «Fraternità Massi» a Oulx, nei pressi di Bardonecchia (To).
9/1112/78. Berruto.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 20 del 2023, approvato dal Governo dopo la tragedia di Cutro contiene disposizioni di natura penale, che intendono inasprire il sistema di contrasto al favoreggiamento dell'immigrazione irregolare: l'articolo 8 comma 1 lettera a) aumenta di un anno le cornici edittali previste all'articolo 12 TUI comma 1 e comma 3, mentre l'articolo 8 comma 1 lettera b) introduce nel TUI l'articolo 12-bis, ove è disciplinata la nuova ipotesi di Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina;
in particolare, il comma 1, alla lettera a) apporta modifiche al testo unico sull'immigrazione, intervenendo sulle cornici edittali delle fattispecie delittuose previste dai commi 1 e 3 di cui all'articolo 12, innalzando di un anno i rispettivi limiti minimi e massimi di pena detentiva previsti e dunque punendo le condotte previste al comma 1 con la pena della reclusione da due a sei anni in luogo dei precedenti limiti edittali fissati nella pena della reclusione da uno a cinque anni. Per i casi di cui al comma 3, invece, la pena della reclusione è innalzata a un minimo di sei e a un massimo di sedici anni; il comma 1, lettera b), introduce nel predetto Testo unico sull'immigrazione l'articolo 12-bis, che disciplina la nuova fattispecie di reato di morte e lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina;
tale fattispecie punisce con la reclusione da venti a trenta anni chi promuove, dirige, organizza, finanzia e realizza trasporto di stranieri nel territorio dello Stato, ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, o di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, quando il trasporto o l'ingresso sono attuati con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante, se dal fatto derivi, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone ovvero se dal fatto derivino la morte di una o più persone e lesioni gravi o gravissime a una o più persone; le medesime condotte sono punite con la pena da quindici a ventiquattro anni, se dal fatto derivi la morte di una sola persona e con la pena da dieci a venti anni se dal fatto derivino lesioni gravi o gravissime a una o più persone;
al riguardo, occorre rilevare come la predetta fattispecie penale, è strutturata con una formulazione indeterminata che solleva, in particolare rispetto al principio di tassatività della fattispecie penale, rischi di violazione dell'articolo 25 della Costituzione;
inoltre applicare questa nuova fattispecie di reato a chi «dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato» rischia di porre sullo stesso piano condotte profondamente diverse tra loro e rischia, attraverso interpretazioni estensive, di punire anche chi interviene per garantire aiuti, soccorso e assistenza umanitaria: la nuova fattispecie delittuosa non è infatti accompagnata da alcuna causa di giustificazione analoga a quella recata dall'articolo 12, comma 2 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 con la quale si chiarisce che fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato;
al riguardo, giova sottolineare, ancora una volta come l'operato di chi interviene per operazioni di salvataggio e soccorso in mare risponde all'obbligo inderogabile previsto dal diritto internazionale consuetudinario e pattizio e in particolare: dall'articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta il 10 dicembre 1982 a Montego Bay e ratificata dall'Italia con legge 2 dicembre 1994, n. 689; dal Cap. V, Regola 33 della Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 17 giugno 1960, resa esecutiva in Italia con legge 22 giugno 1980, n. 313, nonché dal diritto interno – in tal senso si pensi agli articoli 1113 e 1158 del Codice della Navigazione,
impegna il Governo
a chiarire, anche mediante una norma di interpretazione autentica, che la disposizione di cui all'articolo 8, comma 1, lettera b), che disciplina la nuova ipotesi di morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina, non può applicarsi a chi interviene per garantire aiuti, soccorso e assistenza umanitaria poiché non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato, nonché ad effettuare un monitoraggio sulla applicazione e sugli effetti delle norme approvate e a riferirne gli esiti alla Camera entro 60 giorni.
9/1112/79. Gianassi.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 20 del 2023, approvato dal Governo dopo la tragedia di Cutro contiene disposizioni di natura penale, che intendono inasprire il sistema di contrasto al favoreggiamento dell'immigrazione irregolare: l'articolo 8 comma 1 lettera a) aumenta di un anno le cornici edittali previste all'articolo 12 TUI comma 1 e comma 3, mentre l'articolo 8 comma 1 lettera b) introduce nel TUI l'articolo 12-bis, ove è disciplinata la nuova ipotesi di Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina;
in particolare, il comma 1, alla lettera a) apporta modifiche al testo unico sull'immigrazione, intervenendo sulle cornici edittali delle fattispecie delittuose previste dai commi 1 e 3 di cui all'articolo 12, innalzando di un anno i rispettivi limiti minimi e massimi di pena detentiva previsti e dunque punendo le condotte previste al comma 1 con la pena della reclusione da due a sei anni in luogo dei precedenti limiti edittali fissati nella pena della reclusione da uno a cinque anni. Per i casi di cui al comma 3, invece, la pena della reclusione è innalzata a un minimo di sei e a un massimo di sedici anni; il comma 1, lettera b), introduce nel predetto Testo unico sull'immigrazione l'articolo 12-bis, che disciplina la nuova fattispecie di reato di morte e lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina;
tale fattispecie punisce con la reclusione da venti a trenta anni chi promuove, dirige, organizza, finanzia e realizza trasporto di stranieri nel territorio dello Stato, ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, o di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, quando il trasporto o l'ingresso sono attuati con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante, se dal fatto derivi, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone ovvero se dal fatto derivino la morte di una o più persone e lesioni gravi o gravissime a una o più persone; le medesime condotte sono punite con la pena da quindici a ventiquattro anni, se dal fatto derivi la morte di una sola persona e con la pena da dieci a venti anni se dal fatto derivino lesioni gravi o gravissime a una o più persone;
al riguardo, occorre rilevare come la predetta fattispecie penale, pur perseguendo l'obiettivo di contrastare le condotte illecite di traffico di esseri umani, è strutturata con una formulazione indeterminata che solleva, in particolare rispetto al principio di tassatività della fattispecie penale, rischi di violazione dell'articolo 25 della Costituzione;
inoltre applicare questa nuova fattispecie di reato a chi «dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato» rischia di porre sullo stesso piano condotte profondamente diverse tra loro e rischia, attraverso interpretazioni estensive, di punire anche chi interviene per garantire aiuti, soccorso e assistenza umanitaria: la nuova fattispecie delittuosa non è infatti accompagnata da alcuna causa di giustificazione analoga a quella recata dall'articolo 12, comma 2 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 con la quale si chiarisce che fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato;
al riguardo, giova sottolineare, ancora una volta come l'operato di chi interviene per operazioni di salvataggio e soccorso in mare risponde all'obbligo inderogabile previsto dal diritto internazionale consuetudinario e pattizio e in particolare: dall'articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta il 10 dicembre 1982 a Montego Bay e ratificata dall'Italia con legge 2 dicembre 1994, n. 689; dal Gap. V, Regola 33 della Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 17 giugno 1960, resa esecutiva in Italia con legge 22 giugno 1980, n. 313, nonché dal diritto interno – in tal senso si pensi agli articoli 1113 e 1158 del Codice della Navigazione,
impegna il Governo
a riconsiderare, nell'ambito delle sue proprie prerogative, sia la reale necessità sia l'opportunità della introduzione delle disposizioni di cui all'articolo 8 del decreto-legge in esame, nonché, entro sessanta giorni dalla approvazione della presente legge, ad adottare misure volte ad effettuare un efficace monitoraggio in merito alla sua concreta applicazione, con particolare riferimento al numero dei procedimenti relativi alle nuove disposizioni penali introdotte dal decreto in esame, anche in raffronto con i numeri relativi ai procedimenti relativi alle disposizioni in vigore fino all'entrata in vigore della normativa in esame, e a riferirne alle Camere.
9/1112/80. Serracchiani.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in conversione affronta una materia – la disciplina dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare – che, per delicatezza e complessità, mal si presta ad essere disciplinata da un provvedimento straordinario, quale il decreto-legge;
particolarmente grave sul piano costituzionale è l'abrogazione di molte norme relative ai permessi di soggiorno per protezione speciale, finora rilasciati agli stranieri che non rientrano nella cosiddetta Protezione internazionale, in caso di fondato rischio di sottoposizione a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o in forza del rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali; tali permessi infatti costituiscono il terzo e necessario tassello che dà attuazione al diritto sancito dall'articolo 10 della nostra Costituzione, insieme al diritto di rifugiato politico – sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 che protegge lo straniero in caso di fondato timore di persecuzioni internazionali – e alla cosiddetta Protezione sussidiaria – riconosciuta dalla direttiva 2011/95/Ue a favore dello straniero che, se espulso verso il Paese di origine, correrebbe il fondato rischio di subire un grave danno (condanna a morte, tortura, pene o trattamenti inumani, crudeli o degradanti);
tale protezione speciale infatti, ha consentito fino ad oggi d'includere quei casi che non essendo integralmente tipizzabili, non rientravano nello status di rifugiato o non consentivano di ottenere la protezione sussidiaria, ma che rientravano pienamente nell'ampia configurazione del diritto d'asilo riconosciuto dalla nostra Costituzione, che protegge anche le persone impedite nell'esercizio delle libertà democratiche;
come sottolineato anche da autorevoli costituzionalisti, il venir meno o la forte compressione di questa forma di protezione speciale costituisce una lesione diretta dell'articolo 10 Cost. che sancisce che lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge; l'articolo 7 sopprime il divieto di respingimento o di espulsione di una persona qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale della stessa comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare (di cui all'articolo 19, comma 1.1. Testo unico sull'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 268 del 1998); di conseguenza, è abrogata anche la previsione secondo la quale, ai fini della valutazione del fondato rischio di violazione del diritto alla vita privata e familiare, si debba tenere conto della natura e dell'effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine;
l'effetto di questa scelta improvvida e del tutto ingiustificabile, sia alla luce del diritto internazionale sia del nostro sistema delle fonti, sarà inoltre quello di incrementare ulteriormente il numero delle persone «irregolari» che non potranno essere allontanate, in mancanza di accordi per il rimpatrio con la maggioranza dei Paesi dai quali provengono, dando luogo, così, ad una situazione che, lungi dall'essere di «prevenzione e contrasto» dell'immigrazione irregolare – come recita il Titolo del decreto-legge – finirà, inevitabilmente, per alimentare lo sfruttamento, il lavoro nero ed accrescere il rischio che coloro che verranno messi ai margini della società diventino preda della criminalità; è inoltre probabile che l'abnorme e irragionevole compressione della protezione speciale determini l'attivazione di moltissime azioni giudiziarie volte a fare accertare la sussistenza di diritti fondamentali non adeguatamente tutelati dal legislatore;
a differenza di quanto sostenuto dal Governo, sono molti i Paesi dell'Unione europea in cui sono in vigore norme assimilabili alla protezione speciale: tale possibilità è del resto espressamente prevista dalla cosiddetta Direttiva rimpatri (n. 2008/115/CEE), dal Codice frontiere Schengen (regolamento 2016/399), dal Regolamento Dublino (2013/604) e dal cosiddetto Codice Visti (regolamento 810/2009); negli ultimi anni sono state introdotte significative modifiche al complesso della normativa vigente sui minori stranieri non accompagnati: in particolare, è stata approvata la legge n. 47 del 2017, con l'obiettivo principale di rafforzare gli strumenti di tutela garantiti dall'ordinamento in favore dei minori stranieri e ulteriori interventi normativi sono stati definiti con il decreto-legge n. 17 del 2017, con il decreto legislativo n. 220 del 2017, e con il decreto-legge n. 113 del 2018, e il decreto-legge n. 130 del 2020 (cosiddetto decreto sicurezza e immigrazione);
particolarmente odiose appaiono, dunque, le norme che riguardano i minori stranieri: per i minori stranieri non accompagnati in particolare si prevede infatti che il permesso di soggiorno per loro abbia la durata massima di un anno e si stringono i requisiti; inoltre è prevista l'abrogazione della previsione in base alla quale il mancato rilascio del parere del Ministero del lavoro non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, nonché della previsione dell'applicazione al procedimento di conversione del cosiddetto silenzio assenso;
i minori stranieri non accompagnati vengono inoltre esclusi dal circuito dei servizi di accoglienza del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI): con le modifiche introdotte con il decreto-legge n. 130 del 2020, l'inserimento nelle strutture di tale circuito era stato ampliato, nei limiti dei posti disponibili, oltre che ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati, ai richiedenti la protezione internazionale, che erano stati esclusi dal precedente decreto-legge 113 del 2018 (Decreti sicurezza Salvini) nonché ai titolari di diverse categorie di permessi di soggiorno previsti dal TU immigrazione, qualora non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati, e ai neomaggiorenni affidati ai servizi sociali in prosieguo amministrativo;
i minori stranieri non accompagnati vengono dunque di fatto esclusi dal circuito di accoglienza in cui erano stati inseriti in virtù della loro appartenenza (che a noi appare evidente...) alle categorie vulnerabili,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di garantire il rispetto delle normative nazionali e sovranazionali riguardanti i diritti dei minori stranieri, rivedendo le norme sulla durata del permesso di soggiorno, assicurando il loro diritto all'accesso ai servizi di accoglienza, anche nel rispetto delle normative nazionali e sovranazionali esistenti, prevedendo che in ogni regione vi siano strutture adatte all'accoglienza di minori, impegnando le necessarie risorse finanziare ed organizzative, nonché a prevedere che, anche se in condizione di non regolarità sul territorio nazionale, possano accedere al Servizio sanitario nazionale, comprese le prestazioni del pediatra di libera scelta e del medico di medicina generale, con le medesime modalità previste per i minori italiani.
9/1112/81. Bakkali.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in conversione affronta una materia – la disciplina dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare – che, per delicatezza e complessità, mal si presta ad essere disciplinata da un provvedimento straordinario, quale il decreto-legge;
particolarmente grave sul piano costituzionale è l'abrogazione di molte norme relative ai permessi di soggiorno per protezione speciale, finora rilasciati agli stranieri che non rientrano nella cosiddetta Protezione internazionale, in caso di fondato rischio di sottoposizione a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o in forza del rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali; tali permessi infatti costituiscono il terzo e necessario tassello che dà attuazione al diritto sancito dall'articolo 10 della nostra Costituzione, insieme al diritto di rifugiato politico – sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 che protegge lo straniero in caso di fondato timore di persecuzioni internazionali – e alla cosiddetta Protezione sussidiaria – riconosciuta dalla direttiva 2011/95/Ue a favore dello straniero che, se espulso verso il Paese di origine, correrebbe il fondato rischio di subire un grave danno (condanna a morte, tortura, pene o trattamenti inumani, crudeli o degradanti);
tale protezione speciale infatti, ha consentito fino ad oggi d'includere quei casi che non essendo integralmente tipizzabili, non rientravano nello status di rifugiato o non consentivano di ottenere la protezione sussidiaria, ma che rientravano pienamente nell'ampia configurazione del diritto d'asilo riconosciuto dalla nostra Costituzione, che protegge anche le persone impedite nell'esercizio delle libertà democratiche;
come sottolineato anche da autorevoli costituzionalisti, il venir meno o la forte compressione di questa forma di protezione speciale costituisce una lesione diretta dell'articolo 10 Cost. che sancisce che lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge; l'articolo 7 sopprime il divieto di respingimento o di espulsione di una persona qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale della stessa comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare (di cui all'articolo 19, comma 1.1. Testo unico sull'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 268 del 1998);
di conseguenza, è abrogata anche la previsione secondo la quale, ai fini della valutazione del fondato rischio di violazione del diritto alla vita privata e familiare, si debba tenere conto della natura e dell'effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine;
l'effetto di questa scelta improvvida e del tutto ingiustificabile, sia alla luce del diritto internazionale sia del nostro sistema delle fonti, sarà inoltre quello di incrementare ulteriormente il numero delle persone «irregolari» che non potranno essere allontanate, in mancanza di accordi per il rimpatrio con la maggioranza dei Paesi dai quali provengono, dando luogo, così, ad una situazione che, lungi dall'essere di «prevenzione e contrasto» dell'immigrazione irregolare – come recita il Titolo del decreto-legge – finirà, inevitabilmente, per alimentare lo sfruttamento, il lavoro nero ed accrescere il rischio che coloro che verranno messi ai margini della società diventino preda della criminalità;
è inoltre probabile che l'abnorme e irragionevole compressione della protezione speciale determini l'attivazione di moltissime azioni giudiziarie volte a fare accertare la sussistenza di diritti fondamentali non adeguatamente tutelati dal legislatore;
a differenza di quanto sostenuto dal Governo, sono molti i Paesi dell'Unione europea in cui sono in vigore norme assimilabili alla protezione speciale: tale possibilità è del resto espressamente prevista dalla cosiddetta Direttiva rimpatri (n. 2008/115/CEE), dal Codice frontiere Schengen (regolamento 2016/399), dal Regolamento Dublino (2013/604) e dal cosiddetto Codice Visti (regolamento 810/2009);
una Nota UNCR, che va a integrare le Linee guida dell'UNHCR sulla persecuzione basata sul genere nel contesto dell'articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del suo Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati, evidenzia come la persecuzione di persone a causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere non costituisca certo un fenomeno recente, ma come sia, negli ultimi anni, tuttavia stato crescente il numero di domande di protezione internazionale inoltrato da persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender; i dati parlano di migliaia di profughi che scappano dalle persecuzioni per ragioni di orientamento sessuale e di identità di genere;
è cominciata alla Camera in Commissione Affari costituzionali la discussione di due proposte di legge che modifica chirurgicamente proprio l'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione, restringendo l'operatività del principio di non respingimento, che vieta che uno straniero sia respinti verso uno Stato in cui potrebbe essere oggetto di persecuzione;
l'intento della destra al Governo è quello di cancellare l'orientamento sessuale e l'identità di genere dai motivi di persecuzione, rendendo dunque possibile che il migrante sia rimandato nel suo paese, dove potrebbe essere perseguitato solo perché omosessuale o transessuale, e lo fa sopprimendo le disposizioni introdotte dal decreto-legge 130 del 2020, che, al comma 1, fa riferimento all'orientamento sessuale e all'identità di genere tra i motivi di persecuzione per i quali non si può disporre l'espulsione o il respingimento;
si tratta di una visione che svela un disegno che, combinato con le norme del provvedimento in esame, mira a colpire profondamente la protezione speciale e la accoglienza per le categorie «vulnerabili», e che si dimostra fortemente contraria al diritto sovranazionale, europeo, nonché alla nostra carta costituzionale,
impegna il Governo
a garantire il rispetto delle normative nazionali e sovranazionali riguardanti i diritti delle persone in fuga da paesi dove vengono discriminate e perseguitate in ragione del proprio orientamento sessuale e della identità di genere, rivendendo radicalmente le norme che smantellano la protezione umanitaria per le categorie più a rischio di lesione dei diritti fondamentali.
9/1112/82. Zan.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni contenute in particolare nell'articolo 7 lungi dal produrre un'incidenza concreta sulle cause delle stragi in mare o limitare le partenze, appaiono dirette a colpire i diritti e gli spazi di protezione delle persone che arrivano nel nostro Paese così come di quelle che vivono già in Italia;
nel 2022 le richieste di asilo per protezione speciale hanno registrato un aumento del 5 per cento rispetto all'anno precedente: in Italia, infatti, su un totale di 52.625 domande esaminate, sono state 10.865 i beneficiari di protezione speciale (21 per cento), 6.161 coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato (12 per cento), 6.770 la protezione sussidiaria (13 per cento) e 27.385 i dinieghi (53 per cento);
le modifiche normative introdotte a partire da 2018 hanno profondamente modificato la disciplina nazionale in tema di asilo. Il sistema, originariamente, prevedeva tre forme di tutela per gli stranieri che arrivavano in Italia in fuga da persecuzioni, da guerre, da carestie o altri cataclismi climatici: lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e la protezione umanitaria. Queste tre forme di tutela erano state consolidate nel nostro ordinamento da norme di legge internazionali ed interne e convalidate dalla giurisprudenza costante della Suprema Corte che le aveva definite come piena attuazione del diritto costituzionale di asilo;
nel febbraio del 2017 Italia e Libia, siglano un Memorandum d'intesa sulla migrazione per tenere fuori dall'Europa migranti, rifugiati e richiedenti asilo;
l'accordo, con durata di tre anni e rinnovo automatico, prevede che il governo italiano fornisca aiuti economici e supporto tecnico alle autorità libiche per ridurre i flussi migratori, ai quali viene affidato la sorveglianza del Mediterraneo attraverso la fornitura di motovedette, di un centro di coordinamento marittimo e di attività di formazione. Ma le parole sulla carta non corrispondono alla realtà;
a febbraio 2020, questo accordo è stato rinnovato per altri 3 anni, alimentando un sistema di sfruttamento, estorsioni e abusi in cui tanti migranti si ritrovano intrappolati. Omissione di soccorso, respingimenti, detenzioni arbitrarie, stupri e violenze: ecco a cosa sono sottoposti i migranti e rifugiati in Libia;
nel novembre 2021, la missione conoscitiva indipendente sulla Libia delle Nazioni Unite ha definito queste violazioni crimini contro l'umanità. Nonostante ciò, l'Italia e l'UE non solo continuano a chiudere gli occhi di fronte a questi crimini, ma continuano ad aiutare la guardia costiera libica a migliorare la propria capacità di sorveglianza marittima, fornendo aiuti economici e risorse tecniche;
il Memorandum non si limita a creare progetti di cooperazione bilaterale. L'accordo prevede infatti il sostegno alla cosiddetta Guardia costiera libica, attraverso fondi, mezzi e addestramento: continuare a supportarla, non solo equivale a contribuire direttamente al respingimento di uomini, donne e bambini ma anche a sostenere i centri di detenzione, definiti ufficialmente «centri di accoglienza», dove le persone vedono quotidianamente calpestati i propri diritti, sottoposte a trattamenti inumani e degradanti;
dal 2017 all'11 ottobre 2022 quasi centomila bambini, donne e uomini sono stati intercettati in mare dalla Guardia costiera libica, per poi essere riportate in un Paese che non può essere considerato sicuro. Essere una persona migrante in Libia significa infatti essere costantemente a rischio: di essere arrestato, detenuto, abusato, picchiato, sfruttato. Significa vedersi spogliati di ogni diritto e non ricevere alcuna tutela;
il Memorandum Italia-Libia di fatto crea le condizioni per la violazione dei diritti di migranti e rifugiati agevolando indirettamente pratiche di sfruttamento e di tortura perpetrate in maniera sistematica e tali da costituire crimini contro l'umanità;
dal 2017 la Guardia costiera libica ha ricevuto oltre 100 milioni in formazione ed equipaggiamenti (57,2 milioni dal Fondo fiduciario per l'Africa e 45 milioni solo attraverso la missione militare italiana dedicata). Soldi pubblici e risorse destinate alla cooperazione e allo sviluppo, impiegate invece per il rafforzamento delle frontiere, senza alcuna salvaguardia dei diritti umani, né alcun meccanismo di monitoraggio e revisione richiesto dalle norme finanziarie dell'UE. Ugualmente le risorse utilizzate per l'implementazione degli interventi umanitari non hanno bilanciato i crimini contro l'umanità che sono commessi attraverso il Memorandum;
il 29 gennaio 2023 Giorgia Meloni è stata in visita a Tripoli, dove ha incontrato il vertice politico della Libia. Nell'incontro si è parlato di migranti e di come fermarli, impedendo loro di tentare l'attraversamento del Mediterraneo;
successivamente Trabelsi ha incontrato funzionari della sicurezza italiani a cui ha promesso un freno alle partenze dei barconi. Parole scritte sulla sabbia. I clan negli ultimi mesi si sono attrezzati per trasferire i migranti appena oltre il confine con la Tunisia e da lì far salpare decine di zattere in ferro, assemblate in fretta senza che mai si riescano a individuare i cantieri navali che dalla sera alla mattina varano i peggiori barchini mai visti in anni di migrazioni;
in Libia la mano pesante sui migranti è affidata a un altro capobanda che dopo aver combattuto nella difesa di Tripoli, aggredita dalla soldataglia del generale di Bengasi Haftar, si è conquistato i galloni di fedelissimo del premier Dbeibah. È Mohammed al-Khoja, accusato da varie organizzazioni internazionali e dalle agenzie Onu d'essere legato al business del traffico di persone. Ora guida il Dipartimento contro l'immigrazione illegale (Dcim) che gestisce i campi di prigionia statali nei quali anche nell'ultima relazione del segretario generale Onu Antonio Guterres, firmata il 9 dicembre scorso, migranti e profughi «continuano a essere detenuti arbitrariamente in condizioni disumane»;
a Tripoli, le condizioni dei centri di detenzione sono degenerate a tal punto da costringere Medici Senza Frontiere ad annunciare la sospensione, a giugno 2021, delle loro operazioni di assistenza medico-umanitaria a causa dei rischi per il proprio personale e dei numerosi episodi di violenza subiti dai migranti prigionieri che si rivolgevano all'équipe di MSF;
gli stessi centri vengono regolarmente ripopolati grazie all'intercettazione in mare di migranti e rifugiati da parte della Guardia costiera libica, che opera nella zona di competenza SAR dichiarata autonomamente dalla Libia senza che sussistano i requisiti fondamentali previsti dalle convenzioni internazionali, a partire dall'esistenza di un POS (Place of Safety) dove far sbarcare le persone soccorse. L'ONU, la Commissione europea, il Consiglio d'Europa infatti hanno più volte dichiarato che la Libia non può in nessun caso essere considerato un porto sicuro;
le operazioni della Guardia costiera libica non possono quindi essere considerate vere operazioni di SAR volte al salvataggio dei migranti e rifugiati in pericolo di naufragio. Al contrario, queste sono operazioni di intercettazione, spesso violente, come testimoniato da ultimo da un video ripreso dall'aereo di ricognizione della Ong Sea-Watch pochi giorni fa, nel quale la motovedetta libica Ras Jadir, donata dall'Italia nel 2017, viene ripresa mentre spara dei colpi su un barcone carico di persone tentando di speronarlo;
il Segretario Generale dell'ONU l'anno scorso ha chiesto dunque di interrompere la cooperazione per la cattura dei migranti in mare esortando gli Stati membri «a rivedere le politiche a sostegno del ritorno di rifugiati e migranti in quel Paese». Nonostante tutto ciò, l'Italia, Malta e l'agenzia europea Frontex hanno intensificato il sostegno alla Guardia costiera libica a cui vengono segnalati i barconi da intercettare anche all'interno di SAR europee;
già nel 2019, la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa Dunja Mijatovic ha presentato 35 raccomandazioni agli Stati membri dell'organizzazione, e in particolare a quelli che sono anche membri dell'Unione europea, affinché rispettino il giusto equilibrio tra il diritto di controllare i confini e il dovere di proteggere le vite e i diritti delle persone soccorse nel Mediterraneo. Una di queste chiedeva agli Stati membri dell'Unione europea di sospendere ogni collaborazione con la Libia finché non sarà provato che non siano violati i diritti umani delle persone sbarcate sulle sue coste;
le violazioni organizzate e continuate da parte delle autorità libiche sono ora oggetto di un'indagine della Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità;
il Regolamento di Frontex n. 656/2014 definisce il Place of Safety come il «...luogo in cui si ritiene che le operazioni di soccorso debbano concludersi e in cui la sicurezza per la vita dei sopravvissuti non è minacciata, dove possono essere soddisfatte le necessità umane di base e possono essere definite le modalità di trasporto dei sopravvissuti verso la destinazione successiva o finale tenendo conto della protezione dei loro diritti fondamentali nel rispetto del principio di non respingimento...»;
in un documento a disposizione della Procura presso la Corte penale internazionale in Olanda riportato da Avvenire si legge che alcuni dei suoi uomini avrebbero beneficiato del programma UE di addestramento e che le sue forze erano state destinatarie di una delle navi fornite dall'Italia. Si ricorda a tal proposito che Bija è stato ricevuto e accolto in Italia come esponente della Libyan Coast Guard e con tale ruolo ha partecipato ad incontri ufficiali;
a seguito delle accuse di crimini contro l'umanità avanzate dalla Corte dell'Aja, Bija è stato arrestato a Tripoli, inoltre l'ONU e l'Unione europea hanno disposto diverse sanzioni a suo carico, prevedendo anche il congelamento dei beni (richiesta mai eseguita dalle autorità governative libiche). Il trafficante è stato scarcerato nell'arco di pochi mesi e da poco è stato promosso dalle autorità di Tripoli al grado di maggiore della Guardia costiera a Zawyah;
è inaccettabile per l'Italia rinnovare gli accordi con un Paese dove permangono e si sono acutizzate continue violazioni dei diritti umani e dei diritti dell'infanzia;
la guerra in Ucraina ha dimostrato che in Europa un'altra accoglienza è possibile ma anche mostrato la ferocia di un doppio standard per chi arriva dal Mediterraneo,
impegna il Governo
a sospendere immediatamente tutti gli accordi con la Libia in materia di controllo dei flussi migratori fino a quando non verranno ripristinate le condizioni minime di sicurezza e non vi siano garanzie sufficienti sul rispetto dei diritti umani.
9/1112/83. Dori, Zaratti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-ter del decreto-legge n. 20 del 2023, come modificato al Senato, apporta modifiche all'articolo 10 comma 1 del decreto legislativo n. 142 del 2015 in relazione alle modalità di accoglienza;
in relazione ai servizi da erogare nei centri di cui all'articolo 9 comma 1 e nelle strutture di cui all'articolo 11 del citato decreto legislativo, non vengono più espressamente previsti i servizi di «orientamento legale»;
la Direttiva 2013/33/UE, recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 142 del 2015 e successive modifiche ed integrazioni, dispone all'articolo 12 paragrafo 1 e all'articolo 19 paragrafo 1 che gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti siano informati della procedura da seguire e dei loro diritti e obblighi durante il procedimento, con riguardo alla situazione particolare di ogni richiedente, e che l'articolo 21 paragrafo 1 dispone che gli Stati membri possono disporre che a fornire le informazioni giuridiche e procedurali gratuite di cui all'articolo 19 siano organizzazioni non governative, professionisti di autorità governative o servizi statali specializzati;
i suddetti obblighi di fornire informazioni giuridiche e procedurali ai richiedenti protezione internazionale previsti dalla Direttiva 2013/33/UE devono essere rispettati, in quanto la legislazione europea prevale sulla legislazione nazionale,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare tutte le misure necessarie a garantire che sia rispettato l'obbligo di fornire informazioni giuridiche e procedurali ai richiedenti protezione internazionale accolti nei centri di cui all'articolo 9 comma 1 e nelle strutture di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015.
9/1112/84. Borrelli, Zanella, Bonelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del decreto-legge n. 20 del 2023, come modificato al Senato, apporta modifiche all'articolo 6 comma 1-bis (conversione in lavoro dei permessi di soggiorno per protezione speciale, cure mediche e calamità naturale); all'articolo 19 (in materia di divieto di espulsione e respingimento per violazione della vita privata e famigliare e di permesso per cure mediche) e all'articolo 20-bis (in materia di permesso per calamità naturale) del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286;
in relazione alle ipotesi di riconoscimento della protezione speciale, l'articolo 7 elimina i requisiti e i parametri previsti per il riconoscimento della protezione speciale per rischio di violazione della vita privata e familiare;
in relazione alla possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno per protezione speciale, la norma determina una disparità di trattamento su identici titoli di soggiorno, rilasciati sotto il medesimo regime normativo esistente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 20 del 2023, in quanto i permessi rilasciati prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 20 in ambito di procedura di asilo o direttamente dal Questore non potranno essere rinnovati per più di una volta e solo per la durata di un anno, mentre i permessi di soggiorni rilasciati dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 20 del 2023 relativi a domande comunque presentate con la normativa previgente potranno essere rinnovati finché ne ricorreranno i presupposti;
in relazione ai casi pendenti innanzi alle commissioni territoriali per la protezione internazionale, la norma non chiarisce quale regime in materia di rinnovo si applica ai permessi per protezione speciale che verranno rilasciati in futuro;
in relazione ai casi pendenti riguardanti la protezione speciale e i permessi di soggiorno per cure mediche e per calamità naturale, la disposizione non chiarisce quale regime si applica in materia di conversione del titolo per motivi di lavoro,
impegna il Governo:
a garantire l'applicazione della disciplina precedente all'entrata in vigore della presente legge di conversione a tutti i casi pendenti – riguardanti i permessi per protezione speciale, per cure mediche e per calamità naturale – sia per il regime di rinnovo del titolo di soggiorno sia per il regime della conversione in motivi di lavoro, nel rispetto del principio di parità di trattamento sancito all'articolo 3 della Costituzione;
a garantire la tutela del diritto alla vita privata e familiare dei cittadini stranieri, in ottemperanza agli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano e con particolare riferimento all'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, agli articoli 7 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'unione Europea e agli articoli 2,3,10, 29, 30, 11 e 117 della Costituzione.
9/1112/85. Fratoianni, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5-bis comma 4 del decreto-legge n. 20 del 2023, come modificato al Senato, interviene sull'articolo 11 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142; dopo il comma 2 inserisce il comma 2-bis che prevede «strutture di accoglienza provvisoria...», «strutture individuate dalle prefetture-uffici territoriali del Governo» (articolo 11 comma 2);
dall'osservazione della serie storica emerge che i posti liberi nei centri rappresentano il 20 per cento del totale tra il 2018 e il 2021 e nel 2019 raggiungono addirittura il 27 per cento del totale;
tali dati dimostrano come le strutture dell'accoglienza in Italia non siano al collasso, come viene spesso raccontato, ma in realtà è la gestione irrazionale, la completa assenza di programmazione e l'utilizzo di criteri discriminatori di accesso alle strutture e ai diritti che determinano situazioni di emergenza;
prendendo il caso della Sicilia, definita dall'attuale Governo come «campo profughi d'Europa» si evince che al 31 dicembre 2021 era libero il 30,5 per cento dei posti (Cas, Hotspot, Sai), al 30 settembre 2021, risultavano liberi oltre 2000 posti, il 21,5 per cento della capienza regionale;
la mancanza di trasparenza favorisce una lettura distorta della realtà dell'accoglienza e quell'approccio emergenziale che si è dimostrato essere fallimentare, nonché totalmente immotivato;
dal 2018 al 2021 sono stati chiusi più di 3500 centri (-29,1 per cento): nel 2021, i posti messi a disposizione, in 8.699 strutture attive, erano poco più di 97 mila, di cui però il 60,9 per cento nei Cas;
i posti nei Cas e nei centri di prima accoglienza sono quasi 63 mila, a fronte di 34 mila posti nel Sai e ciò evidenzia la volontà di puntare sulla continua emergenza e mai sui percorsi di vera integrazione, nonostante la legge n. 142 del 2015 individui il Sai come sistema ordinario e principale;
su un totale di 65.700 posò persi in centri straordinari, le strutture con meno di 20 posti sono quelle che hanno perso più posti, quasi 24.000 in meno tra 2018 e 2021;
i suddetti numeri rappresentano il segno di un mancato investimento nell'accoglienza diffusa e della deliberata scelta di continuare a mantenere grandi concentrazioni di persone in grandi centri, con servizi scarsi, senza standard o addirittura assenti;
il sistema dell'accoglienza oggi appare in una situazione allarmante viste scelte politiche che con l'assenza di pianificazione, provocano le emergenze cui vorrebbero ovviare, addossandone la responsabilità sulle spalle delle persone migranti,
impegna il Governo
a favorire un'accoglienza in strutture di piccole dimensioni evitando la concentrazione di persone in grandi centri e investendo maggiormente nell'accoglienza diffusa che permette una migliore erogazione dei servizi destinati alle persone migranti, dimensione ritenuta più idonea ad evitare il rischio di fenomeni corruttivi o speculativi e tendenzialmente riservata a gestori territoriali con vocazione sociale prevalente.
9/1112/86. Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti.
PROGETTO DI LEGGE: S. 108-376 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI ALFIERI ED ALTRI; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: RATIFICA ED ESECUZIONE DEI SEGUENTI ACCORDI: A) ACCORDO TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E LA CONFEDERAZIONE SVIZZERA RELATIVO ALL'IMPOSIZIONE DEI LAVORATORI FRONTALIERI, CON PROTOCOLLO AGGIUNTIVO E SCAMBIO DI LETTERE, FATTO A ROMA IL 23 DICEMBRE 2020, B) PROTOCOLLO CHE MODIFICA LA CONVENZIONE TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E LA CONFEDERAZIONE SVIZZERA PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI E PER REGOLARE TALUNE ALTRE QUESTIONI IN MATERIA DI IMPOSTE SUL REDDITO E SUL PATRIMONIO, CON PROTOCOLLO AGGIUNTIVO, CONCLUSA A ROMA IL 9 MARZO 1976, COSÌ COME MODIFICATA DAL PROTOCOLLO DEL 28 APRILE 1978 E DAL PROTOCOLLO DEL 23 FEBBRAIO 2015, FATTO A ROMA IL 23 DICEMBRE 2020, NONCHÉ NORME DI ADEGUAMENTO DELL'ORDINAMENTO INTERNO (APPROVATO, IN UN TESTO UNIFICATO, DAL SENATO) (A.C. 859) E ABBINATA PROPOSTA DI LEGGE: QUARTAPELLE PROCOPIO E TONI RICCIARDI (A.C. 567)
A.C. 859 – Parere della I Commissione
PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
NULLA OSTA
sull'emendamento del Governo contenuto nel fascicolo n. 1 e sui relativi subemendamenti.
A.C. 859 – Parere della V Commissione
PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:
PARERE CONTRARIO
sul subemendamento 0.11.0100.2, in quanto suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;
NULLA OSTA
sulle restanti proposte emendative.
A.C. 859 – Articolo 1
ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare i seguenti accordi:
a) Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri, con Protocollo aggiuntivo e Scambio di lettere, fatto a Roma il 23 dicembre 2020;
b) Protocollo che modifica la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, con Protocollo aggiuntivo, conclusa a Roma il 9 marzo 1976, così come modificata dal Protocollo del 28 aprile 1978 e dal Protocollo del 23 febbraio 2015, fatto a Roma il 23 dicembre 2020.
A.C. 859 – Articolo 2
ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 2.
(Ordine di esecuzione)
1. Piena e intera esecuzione è data agli accordi di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della presente legge, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore, in conformità a quanto disposto, rispettivamente, dall'articolo 8 dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), e dall'articolo II del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b).
A.C. 859 – Articolo 3
ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 3.
(Redditi prodotti in Svizzera dai frontalieri italiani)
1. Ai lavoratori frontalieri come definiti all'articolo 2, lettera b), dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, residenti in Italia, che lavorano nell'area di frontiera in Svizzera come definita all'articolo 2, lettera a), del predetto Accordo, si applicano le disposizioni previste dal medesimo Accordo. I lavoratori frontalieri residenti in Italia che lavorano nell'area di frontiera in Svizzera rientranti nel regime transitorio di cui all'articolo 9 dell'Accordo restano imponibili soltanto in Svizzera.
A.C. 859 – Articolo 4
ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 4.
(Franchigia applicabile ai lavoratori frontalieri italiani)
1. A decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, il limite di reddito indicato nell'articolo 1, comma 175, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è fissato in 10.000 euro.
A.C. 859 – Articolo 5
ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 5.
(Deducibilità dei contributi obbligatori per i prepensionamenti di categoria dei lavoratori frontalieri)
1. A decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, i contributi previdenziali per il prepensionamento di categoria che, in base a disposizioni contrattuali, sono a carico dei lavoratori frontalieri nei confronti degli enti di previdenza dello Stato in cui gli stessi prestano l'attività lavorativa sono deducibili dal reddito complessivo nell'importo risultante da idonea documentazione.
A.C. 859 – Articolo 6
ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 6.
(Non imponibilità degli assegni familiari erogati dagli enti di previdenza dello Stato in cui il frontaliere presta lavoro)
1. A decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, sono esclusi dalla base imponibile dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) gli assegni di sostegno al nucleo familiare erogati dagli enti di previdenza dello Stato in cui il frontaliere presta l'attività lavorativa.
A.C. 859 – Articolo 7
ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 7.
(Modalità di calcolo della NASpI per i lavoratori frontalieri italiani)
1. Per i lavoratori frontalieri di cui all'articolo 2, lettera b), dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI), in deroga all'articolo 4 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, è calcolata per i primi tre mesi in misura pari all'importo erogabile, in caso di disoccupazione, ai sensi della legislazione svizzera, secondo le modalità stabilite dall'articolo 65, paragrafo 6, secondo periodo, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, applicabile in forza dell'Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, fatto a Lussemburgo il 21 giugno 1999, di cui alla legge 15 novembre 2000, n. 364.
2. Il comma 1 non si applica qualora l'importo della NASpI risulti comunque superiore all'indennità di disoccupazione prevista dalla legislazione svizzera.
3. Per i lavoratori frontalieri ai quali si applica il comma 1 del presente articolo la contribuzione figurativa è riconosciuta secondo le modalità di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, calcolata come se l'importo della NASpI sia stato erogato ai medesimi lavoratori secondo quanto previsto dall'articolo 4 dello stesso decreto legislativo n. 22 del 2015.
4. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, derivanti dal presente articolo, pari a 5,35 milioni di euro per l'anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.
5. Salvo quanto previsto al comma 4, all'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. All'attuazione degli adempimenti previsti dal presente articolo le amministrazioni interessate provvedono con l'utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
A.C. 859 – Articolo 8
ARTICOLO 8 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 8.
(Redditi prodotti in Italia dai frontalieri svizzeri)
1. A decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, l'imposta netta e le addizionali comunale e regionale all'imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) dovute sui redditi derivanti da lavoro dipendente prestato in Italia dal lavoratore frontaliere come definito all'articolo 2, lettera b), del citato Accordo e tenuto presente il punto 2 del Protocollo aggiuntivo allo stesso, residente in Svizzera, sono ridotte del 20 per cento. Le riduzioni, da indicare nella certificazione unica di cui all'articolo 4, comma 6-ter, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, spettano comunque negli importi determinati dal sostituto d'imposta anche nell'ipotesi di presentazione della dichiarazione dei redditi.
A.C. 859 – Articolo 9
ARTICOLO 9 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 9.
(Ripartizione della compensazione finanziaria)
1. Ognuno dei cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese versa ogni anno, per ciascun anno fiscale di riferimento sino all'anno fiscale in corso al 31 dicembre 2033, una parte del gettito fiscale proveniente dall'imposizione, a livello federale, cantonale e comunale, dei salari, degli stipendi e delle altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri rientranti nel regime transitorio previsto dall'articolo 9 dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, come compensazione finanziaria delle spese sostenute dai comuni italiani a causa dei frontalieri che risiedono sul loro territorio ed esercitano un'attività dipendente sul territorio di uno dei detti cantoni.
2. La compensazione finanziaria di ognuno dei tre cantoni è pari al 40 per cento dell'ammontare lordo delle imposte sui salari, sugli stipendi e sulle altre remunerazioni analoghe, pagate durante l'anno fiscale di riferimento dai frontalieri italiani.
3. La compensazione finanziaria è effettuata in franchi svizzeri mediante un versamento unico nel corso del primo semestre dell'anno successivo a quello a cui la compensazione finanziaria si riferisce. La compensazione finanziaria è versata dagli organi finanziari dei cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese, attraverso i normali canali, in un conto aperto presso la Tesoreria dello Stato, intestato al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro e denominato «Compensazioni finanziarie per l'imposizione operata in Svizzera sulle remunerazioni dei frontalieri italiani».
A.C. 859 – Articolo 10
ARTICOLO 10 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 10.
(Risorse finanziarie per i comuni di frontiera)
1. Durante il periodo transitorio di cui all'articolo 9, paragrafo 2, dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, ai comuni italiani di frontiera, individuati ai sensi dell'articolo 2, lettera b), punto i), del medesimo Accordo, in cui risiedono i lavoratori frontalieri, compete un contributo statale idoneo a garantire, tenuto conto anche dei versamenti di cui all'articolo 9 della presente legge effettuati dalle autorità cantonali, un livello di finanziamento pari a 89 milioni di euro annui, corrispondente all'importo assicurato, per l'anno 2019, tramite i trasferimenti dai cantoni della Svizzera effettuati sulla base dell'Accordo tra Italia e Svizzera del 3 ottobre 1974.
2. Terminato il periodo transitorio di cui al comma 1 del presente articolo, ai comuni italiani di frontiera, individuati ai sensi dell'articolo 2, lettera b), punto i), dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, in cui risiedono i lavoratori frontalieri, è comunque garantito lo stesso livello di finanziamento di cui al medesimo comma 1 del presente articolo.
3. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito fondo con una dotazione di 89 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025.
4. In occasione della riunione, almeno una volta l'anno, della Commissione mista prevista dall'articolo 6 dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 6, dello stesso Accordo, i cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese forniscono le informazioni statistiche utili alle autorità italiane per la redistribuzione della compensazione finanziaria di cui al comma 1 ai comuni di frontiera italiani e i rappresentanti italiani informano quelli svizzeri circa l'utilizzazione delle somme messe a disposizione dei suddetti comuni. Alla Commissione mista può partecipare il presidente dell'Associazione dei comuni italiani di frontiera, previa intesa tra le autorità competenti degli Stati contraenti. Per la partecipazione alle riunioni della Commissione mista non sono dovuti compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
5. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti le regioni Valle d'Aosta, Piemonte e Lombardia, la provincia autonoma di Bolzano e i comuni frontalieri interessati, sono stabiliti i termini e le modalità di determinazione del contributo di cui ai commi 1 e 2 anche tenuto conto delle informazioni assunte ai sensi del comma 4. In ogni caso il rapporto tra numero di frontalieri e popolazione di un comune, qualora adottato come criterio per l'attribuzione diretta ai comuni di frontiera delle risorse finanziarie di cui al comma 1, non può eccedere la quota del 3 per cento.
6. Le somme di cui ai commi 1 e 2 possono essere impiegate in parte corrente nel limite massimo del 50 per cento dell'importo.
A.C. 859 – Articolo 11
ARTICOLO 11 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 11.
(Istituzione, alimentazione e riparto del Fondo per lo sviluppo economico, il potenziamento delle infrastrutture e il sostegno dei salari nelle zone di confine italo-elvetiche)
1. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un Fondo con una dotazione di 1,66 milioni di euro per l'anno 2025, 21,16 milioni di euro per l'anno 2026, 32,86 milioni di euro per l'anno 2027, 44,76 milioni di euro per l'anno 2028, 56,46 milioni di euro per l'anno 2029, 68,06 milioni di euro per l'anno 2030, 79,76 milioni di euro per l'anno 2031, 91,66 milioni di euro per l'anno 2032, 103,26 milioni di euro per l'anno 2033, 115,06 milioni di euro per l'anno 2034, 126,86 milioni di euro per l'anno 2035, 102,96 milioni di euro per l'anno 2036, 119,06 milioni di euro per l'anno 2037, 135,36 milioni di euro per l'anno 2038, 151,56 milioni di euro per l'anno 2039, 167,66 milioni di euro per l'anno 2040, 183,96 milioni di euro per l'anno 2041, 200,06 milioni di euro per l'anno 2042, 216,26 milioni di euro per l'anno 2043, 232,46 milioni di euro per l'anno 2044 e 221,46 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2045, destinato al finanziamento di progetti di sviluppo economico e sociale dei territori dei comuni di frontiera di cui all'articolo 10 della presente legge nonché al potenziamento delle infrastrutture nelle zone di confine italo-elvetiche, con particolare riguardo al sostegno delle remunerazioni nette dei lavoratori residenti nei territori dei predetti comuni, occupati presso aziende ubicate nei medesimi territori, mediante assegni integrativi a titolo di premio di frontiera, al fine di sostenere la competitività salariale rispetto ai livelli salariali oltre confine e scongiurare i conseguenti rischi di desertificazione produttiva.
2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e il Ministro dell'interno, sentiti le regioni Valle d'Aosta, Piemonte e Lombardia, la provincia autonoma di Bolzano e i comuni frontalieri interessati, sono definiti i criteri per la distribuzione delle risorse del Fondo di cui al comma 1 alle province e agli enti montani confinanti con la Svizzera e ai comuni italiani di frontiera individuati ai sensi dell'articolo 2, lettera b), punto i), dell'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge.
PROPOSTE EMENDATIVE
ART. 11.
(Istituzione, alimentazione e riparto del Fondo per lo sviluppo economico, il potenziamento delle infrastrutture e il sostegno dei salari nelle zone di confine italo-elvetiche)
All'articolo aggiuntivo 11.0100, comma 1, sostituire, ovunque ricorra, la parola: telelavoro con le seguenti: lavoro da remoto.
0.11.0100.1. Onori, Lomuti.
All'articolo aggiuntivo 11.0100, comma 1, sostituire le parole: non oltre il 30 giugno 2023 con le seguenti: fino al 31 dicembre 2024.
0.11.0100.3. Braga, Toni Ricciardi.
All'articolo aggiuntivo 11.0100, comma 1, sostituire le parole: non oltre il 30 giugno con le seguenti: fino al 31 dicembre.
Conseguentemente, al medesimo comma, dopo le parole: all'imposizione dei lavoratori frontalieri, aggiungere le seguenti: ovvero in possesso di un permesso per lavoro frontaliero nei cantoni Vallese, Ticino e Grigioni,
0.11.0100.2. Gadda, Richetti.
Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:
Art. 11-bis.
(Disposizioni diverse)
1. Nelle more dell'entrata in vigore delle intese conseguenti agli accordi di cui all'articolo 1 della presente legge in materia di telelavoro, e comunque non oltre il 30 giugno 2023, i giorni di lavoro svolti nello Stato di residenza in modalità di telelavoro fino a un massimo del 40 per cento del tempo di lavoro dai lavoratori frontalieri che rientrano nel campo di applicazione dell'Accordo del 3 ottobre 1974 tra la Svizzera e l'Italia relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri, si considerano effettuati nell'altro Stato.
2. La disposizione di cui al comma 1 ha efficacia a partire dal 1° febbraio 2023.
3. Alla luce del rafforzamento dei rapporti economici tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera in virtù della ratifica dell'Accordo relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri, con Protocollo aggiuntivo e Scambio di lettere, fatto a Roma il 23 dicembre 2020, nonché in considerazione delle disposizioni specifiche in materia di scambio di informazioni contenute nell'articolo 7 del suddetto Accordo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro 30 giorni dall'approvazione della presente legge si provvede alla eliminazione della Svizzera dall'elenco di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999. L'efficacia delle modifiche al decreto 4 maggio 1999 di cui al primo periodo decorre dal periodo d'imposta successivo a quello di pubblicazione del suddetto decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Restano ferme tutte le disposizioni dell'ordinamento nazionale applicabili fino al periodo d'imposta di pubblicazione del decreto di cui al presente articolo, nonché ogni attività di accertamento effettuata in conformità a tali disposizioni.
11.0100. Governo.
(Approvato)
A.C. 859 – Articolo 12
ARTICOLO 12 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 12.
(Tavolo interministeriale)
1. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito presso il medesimo Ministero, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un tavolo interministeriale del quale fanno parte rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, rappresentanti nazionali dei lavoratori frontalieri delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e rappresentanti delle amministrazioni locali di confine. Ai componenti del tavolo non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese, o altri emolumenti comunque denominati.
2. Il tavolo tecnico di cui al comma 1, coordinato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha lo scopo di discutere le proposte in materia di sicurezza sociale, mercato del lavoro e dialogo sociale nonché cooperazione transnazionale per la definizione di uno Statuto dei lavoratori frontalieri.
A.C. 859 – Articolo 13
ARTICOLO 13 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 13.
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dagli articoli 4 e 8, valutati in 1,6 milioni di euro per l'anno 2024, 21,04 milioni di euro per l'anno 2025 e 13,24 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026, e agli oneri derivanti dagli articoli 10, comma 3, e 11, pari a 90,66 milioni di euro per l'anno 2025, 110,16 milioni di euro per l'anno 2026, 121,86 milioni di euro per l'anno 2027, 133,76 milioni di euro per l'anno 2028, 145,46 milioni di euro per l'anno 2029, 157,06 milioni di euro per l'anno 2030, 168,76 milioni di euro per l'anno 2031, 180,66 milioni di euro per l'anno 2032, 192,26 milioni di euro per l'anno 2033, 204,06 milioni di euro per l'anno 2034, 215,86 milioni di euro per l'anno 2035, 191,96 milioni di euro per l'anno 2036, 208,06 milioni di euro per l'anno 2037, 224,36 milioni di euro per l'anno 2038, 240,56 milioni di euro per l'anno 2039, 256,66 milioni di euro per l'anno 2040, 272,96 milioni di euro per l'anno 2041, 289,06 milioni di euro per l'anno 2042, 305,26 milioni di euro per l'anno 2043, 321,46 milioni di euro per l'anno 2044 e 310,46 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2045, si provvede:
a) quanto a 1,6 milioni di euro per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero;
b) quanto a 84,5 milioni di euro per l'anno 2025, 80,1 milioni di euro per l'anno 2026, 75,6 milioni di euro per l'anno 2027, 71,2 milioni di euro per l'anno 2028, 66,7 milioni di euro per l'anno 2029, 62,3 milioni di euro per l'anno 2030, 57,8 milioni di euro per l'anno 2031, 53,4 milioni di euro per l'anno 2032, 48,9 milioni di euro per l'anno 2033, 44,5 milioni di euro per l'anno 2034 e 40 milioni di euro per l'anno 2035, mediante corrispondente riduzione delle quote annuali delle risorse da destinare mediante riassegnazione ai sensi dell'articolo 4 della legge 26 luglio 1975, n. 386, che, a tale fine, restano acquisite all'entrata del bilancio dello Stato;
c) per i restanti oneri mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 3.
2. Il Ministero dell'economia e delle finanze effettua il monitoraggio delle risorse di cui al comma 1, lettera b), al fine di assicurare il rispetto degli importi ivi indicati. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto agli importi indicati al comma 1, lettera b), il Ministro dell'economia e delle finanze assume tempestivamente le conseguenti iniziative ai sensi dell'articolo 17, comma 12-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
A.C. 859 – Articolo 14
ARTICOLO 14 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 14.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
A.C. 859 – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
considerato che il nuovo accordo tra Italia e Svizzera, che regola il regime delle doppie imposizioni fiscali, stabilisce all'Articolo 2 (Definizioni generali) che «b) l'espressione “lavoratore frontaliere”» designa un residente di uno Stato contraente che:
i. è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l'altro Stato contraente;
ii. svolge un'attività di lavoro dipendente nell'area di frontiera dell'altro Stato contraente per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato e;
iii. ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza ai sensi del punto i.; le autorità competenti degli Stati contraenti stabiliscono con procedura di amichevole composizione le modalità di applicazione dei punti i e iii. della presente lettera; e nel Protocollo aggiuntivo conviene che 2. Con riferimento al punto iii. della lettera b) dell'articolo 2, resta inteso che, a meno che le autorità competenti decidano diversamente, ad un lavoratore frontaliere che soddisfa le condizioni dei punti i. e ii. della lettera b) dell'articolo 2, è consentito, in linea di principio, di non rientrare quotidianamente al proprio domicilio nello Stato di residenza, per motivi professionali, per un massimo di 45 giorni in un anno civile. I giorni di ferie e di malattia non sono conteggiati in questo limite;
ritenuto che l'interpretazione delle precedenti definizioni, complice anche un'estesa e scarsa consapevolezza in capo agli attuali frontalieri con permesso G a rientro settimanale di non poter accedere quali soggetti coinvolti, sia al vecchio che al nuovo accordo agevolativo, la qual cosa comporta il certo alto rischio di contenzioso per il passato, il presente e il futuro, nonché un fattore di «discrimine» tra i cosiddetti permessi G giornalieri e settimanali;
tutto ciò premesso e considerato,
impegna il Governo
1) a disporre un chiarimento alle Amministrazioni dello Stato interessate, al fine di consentire senza dubbio l'estensione del nuovo accordo, del vecchio accordo e del regime transitorio a tutti i lavoratori frontalieri con permesso «G» per persone provenienti da Paese UF/AFIS (sia con rientro giornaliero che con massimo settimanale);
2) a disporre un chiarimento alle Amministrazioni dello Stato interessate al fine di chiarire senza dubbio che tutti i lavoratori frontalieri italiani con permesso di lavoro in Svizzera rilasciato entro il 31 dicembre 2023 restano soggetti alle regole stabilite dall'accordo del 1976, precedente a quello in ratifica.
9/859/1. Billi, Candiani, Zoffili, Formentini.
La Camera,
considerato che il nuovo accordo tra Italia e Svizzera, che regola il regime delle doppie imposizioni fiscali, stabilisce all'Articolo 2 (Definizioni generali) che «b) l'espressione “lavoratore frontaliere”» designa un residente di uno Stato contraente che:
i. è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l'altro Stato contraente;
ii. svolge un'attività di lavoro dipendente nell'area di frontiera dell'altro Stato contraente per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato, e;
iii. ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza ai sensi del punto i.; le autorità competenti degli Stati contraenti stabiliscono con procedura di amichevole composizione le modalità di applicazione dei punti i e iii. della presente lettera; e nel Protocollo aggiuntivo conviene che 2. Con riferimento al punto iii. della lettera b) dell'articolo 2, resta inteso che, a meno che le autorità competenti decidano diversamente, ad un lavoratore frontaliere che soddisfa le condizioni dei punti i. e ii. della lettera b) dell'articolo 2, è consentito, in linea di principio, di non rientrare quotidianamente al proprio domicilio nello Stato di residenza, per motivi professionali, per un massimo di 45 giorni in un anno civile. I giorni di ferie e di malattia non sono conteggiati in questo limite;
ritenuto che l'interpretazione delle precedenti definizioni, complice anche un'estesa e scarsa consapevolezza in capo agli attuali frontalieri con permesso G a rientro settimanale di non poter accedere quali soggetti coinvolti, sia al vecchio che al nuovo accordo agevolativo, la qual cosa comporta il certo alto rischio di contenzioso per il passato, il presente e il futuro, nonché un fattore di «discrimine» tra i cosiddetti permessi G giornalieri e settimanali;
tutto ciò premesso e considerato,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di:
1) disporre un chiarimento alle Amministrazioni dello Stato interessate, al fine di consentire senza dubbio l'estensione del nuovo accordo, del vecchio accordo e del regime transitorio a tutti i lavoratori frontalieri con permesso «G» per persone provenienti da Paese UF/AFIS (sia con rientro giornaliero che con massimo settimanale);
2) disporre un chiarimento alle Amministrazioni dello Stato interessate al fine di chiarire senza dubbio che tutti i lavoratori frontalieri italiani con permesso di lavoro in Svizzera rilasciato entro il 31 dicembre 2023 restano soggetti alle regole stabilite dall'accordo del 1976, precedente a quello in ratifica.
9/859/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Billi, Candiani, Zoffili, Formentini.
La Camera,
considerato che:
in tema di cosiddetto smart working, causa le restrizioni facenti seguito alla pandemia da COVID-19, l'applicazione flessibile delle norme dell'Unione europea sull'assoggettamento in materia di sicurezza sociale ai sensi dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone e della Convenzione EFTA è stata applicata fino al 30 giugno 2022;
il 14 giugno 2022 i membri della Commissione amministrativa dell'Unione europea per il coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale hanno deciso di prolungare questa applicazione flessibile delle regole di assoggettamento in fase transitoria e fino al 31 dicembre 2022;
nel novembre 2022 tale ultima scadenza citata e stata nuovamente prorogata sino al 30 giugno 2023,
la portata applicativa delle flessibili regole in caso di smart working è stata estesa in modo corrispondente anche all'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC) e alla Convenzione cosiddetta AELS e quindi si applicano anche alla Svizzera,
la modalità lavorativa cosiddetta in telelavoro si è nel frattempo ampiamente diffusa in tutta Europa ed il coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale non può che tenere conto anche di questo nuovo ed innovativo sviluppo del mercato del lavoro;
ritenuto che:
in un contesto di concreta evoluzione innovativa della normativa in tema di cosiddetto Frontalierato tra Italia e Svizzera con l'ormai prossima entrata in vigore del «nuovo» accordo tra Consiglio Federale Svizzero ed il Governo della Repubblica Italiana in tema di eliminazione delle doppie imposizioni sui salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri tra Italia e Svizzera e facendo seguito alla mancata stabilizzazione tecnico-normativa dell'accordo sullo smart working con forti dubbi interpretativi circa i conseguenti obblighi fiscali e/o previdenziali sia da parte delle Aziende operanti per mezzo di forza lavoro facente capo ai due citati Stati che da parte degli stessi lavoratori;
sia auspicabile affrontare con opportuno anticipo la prossima scadenza prevista in tale ambito, prendendo decisioni prima del 30 giugno 2023;
tutto ciò premesso e considerato,
impegna il Governo
1) ad affrontare e definire, con opportuno anticipo prima della scadenza del 30 giugno 2023, con i competenti organismi ed amministrazioni europee, italiane e con la Confederazione Svizzera, la tematica dello smart working, ed il conseguente trattamento previdenziale e fiscale da applicarsi ai cittadini residenti in Italia e che lavorano in Svizzera come frontalieri ancorché in modalità smart working (transitoriamente ed ante nonché post entrata in vigore del «nuovo accordo» sul Frontalierato Italia – Svizzera, anche in previsione applicativa previdenziale e fiscale bilaterale);
2) a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di stabilire che per lo smart working effettuato tra il 1° febbraio 2023 e ti 30 giugno 2023, restano vigenti le condizioni dell'accordo tra Italia e Svizzera, scaduto il 30 gennaio 2023.
9/859/2. Zoffili, Candiani, Formentini, Billi, Toni Ricciardi, Gadda.
La Camera,
considerato che:
il nuovo accordo tra Italia e Svizzera, che regola il regime delle doppie imposizioni fiscali, rispetto al «lavoratore frontaliere» fiscalmente residente in un comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l'altro Stato contraente,
l'economia nei territori di confine tra Italia e Svizzera è molto interconnessa, risultando tuttavia la Svizzera godere di un sistema di regole storicamente più attraente, competitivo e remunerativo per lo sviluppo delle attività economiche rispetto al territorio italiano confinante;
questa situazione ha portato via via nel tempo ad un impoverimento delle attività economiche insediate nelle aree di confine italiane;
parallelamente l'aeroporto intercontinentale della Malpensa rappresenta anche per l'economia del Canton Ticino un riferimento importante per quanto riguarda i trasporti ad ampio raggio e la spedizione di merci;
ritenuto che sia necessario garantire anche all'economia dei territori italiani di confine regole equivalenti o comunque prossime a quelle dei territori svizzeri di confine, in modo tale da rendere più omogenea la capacità di competere dei territori confinanti;
tutto ciò premesso e considerato,
impegna il Governo
1) ad attivare strumenti adeguati a rendere più omogenea la capacità di competere dei territori di confini italiani rispetto a quelli svizzeri, attraverso l'istituzione di una zona economica speciale (ZES) delle aree di confine per le province di Verbano Cusio Ossola, Varese, Como, Sondrio;
2) attivare una zona logistica speciale (ZLS) o equivalenti regimi regolatori per l'area economica prossima all'aeroporto intercontinentale della Malpensa.
9/859/3. Candiani, Zoffili, Formentini, Billi, Gusmeroli.
La Camera,
considerato che:
il nuovo accordo tra Italia e Svizzera, che regola il regime delle doppie imposizioni fiscali, rispetto al «lavoratore frontaliere» fiscalmente residente in un comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l'altro Stato contraente,
l'economia nei territori di confine tra Italia e Svizzera è molto interconnessa, risultando tuttavia la Svizzera godere di un sistema di regole storicamente più attraente, competitivo e remunerativo per lo sviluppo delle attività economiche rispetto al territorio italiano confinante;
questa situazione ha portato via via nel tempo ad un impoverimento delle attività economiche insediate nelle aree di confine italiane;
parallelamente l'aeroporto intercontinentale della Malpensa rappresenta anche per l'economia del Canton Ticino un riferimento importante per quanto riguarda i trasporti ad ampio raggio e la spedizione di merci;
ritenuto che sia necessario garantire anche all'economia dei territori italiani di confine regole equivalenti o comunque prossime a quelle dei territori svizzeri di confine, in modo tale da rendere più omogenea la capacità di competere dei territori confinanti;
tutto ciò premesso e considerato,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di introdurre rispettivamente:
1) strumenti adeguati a rendere più omogenea la capacità di competere dei territori di confini italiani rispetto a quelli svizzeri, attraverso l'istituzione di una zona economica speciale (ZES) delle aree di confine per le province di Verbano Cusio Ossola, Varese, Como, Sondrio;
2) una zona logistica speciale (ZLS) o equivalenti regimi regolatori per l'area economica prossime all'aeroporto intercontinentale della Malpensa.
9/859/3. (Testo modificato nel corso della seduta)Candiani, Zoffili, Formentini, Billi, Gusmeroli.
La Camera,
premesso che:
i territori di confine italo-svizzeri di lingua e cultura italiana dispongono di due principali strumenti di dialogo e collaborazione transfrontaliera, il Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Svizzera 2014-2020 (Interreg), orientato alla progettualità grazie all'importante dotazione finanziaria e la Comunità di lavoro Regio Insubrica, maggiormente orientata al dialogo politico e alla collaborazione sul piano tecnico. Inoltre, su un piano bilaterale, il Cantone Ticino ha firmato una Dichiarazione di intenti sulla cooperazione con la Regione Lombardia (2015) e Piemonte (2017) che fungono da supporto programmatico per la collaborazione transfrontaliera nell'area insubrica;
la Comunità di lavoro Regio Insubrica, è stata costituita il 19 gennaio 1995 a Varese, dal Cantone Ticino e dalle Province di Como, di Varese e del Nerbano Cusio Ossola, alle quali si sono aggiunte nel 1997 le Province di Lecco e Novara. Si tratta di un'associazione di diritto privato svizzero, conforme all'Accordo sulla cooperazione transfrontaliera di Madrid del Consiglio d'Europa. Nel dicembre del 2015 le Regioni Lombardia e Piemonte sono diventate membro a pieno titolo della Regio Insubrica;
gli statuti della comunità sono stati adeguati ed attualmente il Cantone e le due Regioni costituiscono, per il tramite dell'Ufficio Presidenziale (UP), l'organo decisionale della Comunità di lavoro le suddette Province rimangono membro del Comitato Direttivo (CD), assieme alla Città di Lugano, e mantengono un importante ruolo consultivo nonché di contiguità con il territorio. Oltre ai due organi precitati, la Regio registra anche la partecipazione di Comuni, Enti pubblici e privati radicati sul territorio, e si avvale di 4 tavoli tecnici permanenti, a loro volta suddivisi da gruppi di lavoro tematici;
la Regio Insubrica, in conformità al proprio statuto, non ha competenze giuridiche proprie. Essa si adopera per promuovere il dialogo e la cooperazione transfrontaliera. Al di la degli indubbi meriti e delle iniziative e progetti sostenuti, in passato si lamentava la mancanza di una base istituzionale forte e di finanziamenti adeguati che le permettessero di diventare a pieno titolo uno strumento operativo della politica transfrontaliera;
la Regione Insubrica è una delle regioni più belle, laboriose e ricche d'Europa e sancisce una fusione tra italicità – matrice comune di tutto il suo territorio – ed elveticità, creando un connubio unico di valori, modi di sentire, pensare e operare simili o altrimenti fortemente complementari e con un potenziale altissimo ancora inespresso;
la Regio Insubrica opera nella convinzione che l'integrazione, attraverso la cooperazione, delle grandi risorse del territorio insubrico e la sua evoluzione in uno spazio funzionale, potranno liberare nuove risorse e nuove energie e dare nuove prospettive di crescita a chi vive, lavora e trascorre il suo tempo libero in questa regione. Nell'era della globalizzazione, la Regio individua nello sviluppo di una realtà locale forte e interconnessa e di una mentalità transnazionale moderna e aperta, una risposta atta ad assicurare alla Regione Insubrica anche nel futuro, l'importante ruolo di ponte tra il Nord ed il Sud dell'Europa,
impegna il Governo
a sostenere ogni richiesta di collaborazione per ridare impulso alle attività della stessa istituzione al fine di incentivare la promozione del dialogo e della cooperazione transfrontaliera nella regione italo-svizzera dei tre laghi prealpini, e favorire la presa di coscienza dell'appartenenza ad un territorio che è iscritto, al di là dei confini istituzionali, nella geografia, nella storia, nella cultura e nella lingua dei suoi abitanti.
9/859/4. Gusmeroli, Candiani, Formentini, Zoffili, Billi.
La Camera,
premesso che:
i territori di confine italo-svizzeri di lingua e cultura italiana dispongono di due principali strumenti di dialogo e collaborazione transfrontaliera, il Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Svizzera 2014-2020 (Interreg), orientato alla progettualità grazie all'importante dotazione finanziaria e la Comunità di lavoro Regio Insubrica, maggiormente orientata al dialogo politico e alla collaborazione sul piano tecnico. Inoltre, su un piano bilaterale, il Cantone Ticino ha firmato una Dichiarazione di intenti sulla cooperazione con la Regione Lombardia (2015) e Piemonte (2017) che fungono da supporto programmatico per la collaborazione transfrontaliera nell'area insubrica;
la Comunità di lavoro Regio Insubrica, è stata costituita il 19 gennaio 1995 a Varese, dal Cantone Ticino e dalle Province di Como, di Varese e del Nerbano Cusio Ossola, alle quali si sono aggiunte nel 1997 le Province di Lecco e Novara. Si tratta di un'associazione di diritto privato svizzero, conforme all'Accordo sulla cooperazione transfrontaliera di Madrid del Consiglio d'Europa. Nel dicembre del 2015 le Regioni Lombardia e Piemonte sono diventate membro a pieno titolo della Regio Insubrica;
gli statuti della comunità sono stati adeguati ed attualmente il Cantone e le due Regioni costituiscono, per il tramite dell'Ufficio Presidenziale (UP), l'organo decisionale della Comunità di lavoro le suddette Province rimangono membro del Comitato Direttivo (CD), assieme alla Città di Lugano, e mantengono un importante ruolo consultivo nonché di contiguità con il territorio. Oltre ai due organi precitati, la Regio registra anche la partecipazione di Comuni, Enti pubblici e privati radicati sul territorio, e si avvale di 4 tavoli tecnici permanenti, a loro volta suddivisi da gruppi di lavoro tematici;
la Regio Insubrica, in conformità al proprio statuto, non ha competenze giuridiche proprie. Essa si adopera per promuovere il dialogo e la cooperazione transfrontaliera. Al di la degli indubbi meriti e delle iniziative e progetti sostenuti, in passato si lamentava la mancanza di una base istituzionale forte e di finanziamenti adeguati che le permettessero di diventare a pieno titolo uno strumento operativo della politica transfrontaliera;
la Regione Insubrica è una delle regioni più belle, laboriose e ricche d'Europa e sancisce una fusione tra italicità – matrice comune di tutto il suo territorio – ed elveticità, creando un connubio unico di valori, modi di sentire, pensare e operare simili o altrimenti fortemente complementari e con un potenziale altissimo ancora inespresso;
la Regio Insubrica opera nella convinzione che l'integrazione, attraverso la cooperazione, delle grandi risorse del territorio insubrico e la sua evoluzione in uno spazio funzionale, potranno liberare nuove risorse e nuove energie e dare nuove prospettive di crescita a chi vive, lavora e trascorre il suo tempo libero in questa regione. Nell'era della globalizzazione, la Regio individua nello sviluppo di una realtà locale forte e interconnessa e di una mentalità transnazionale moderna e aperta, una risposta atta ad assicurare alla Regione Insubrica anche nel futuro, l'importante ruolo di ponte tra il Nord ed il Sud dell'Europa,
impegna il Governo
a tenere conto delle richieste di collaborazione che dovessero pervenire per ridare impulso alle attività della stessa istituzione al fine di incentivare la promozione del dialogo e della cooperazione transfrontaliera nella regione italo-svizzera dei tre laghi prealpini, e favorire la presa di coscienza dell'appartenenza ad un territorio che è iscritto, al di là dei confini istituzionali, nella geografia, nella storia, nella cultura e nella lingua dei suoi abitanti.
9/859/4. (Testo modificato nel corso della seduta)Gusmeroli, Candiani, Formentini, Zoffili, Billi.
La Camera,
premesso che:
in data 20 aprile 2023, a Berna, il Ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti e la Consigliera Federale Karin Keller Sutter hanno sottoscritto una dichiarazione politica concernente l'impegno a definire alcune questioni fiscali ancora pendenti tra le due nazioni, tra le quali quella concernente il telelavoro da parte dei lavoratori frontalieri;
le parti hanno annunciato che la suddetta modalità di svolgimento della prestazione lavorativa sarà presto disciplinata;
la dichiarazione congiunta è stata accolta con grande favore nei territori di frontiera con la Svizzera, interessati ogni giorno dal transito di circa 75.000 lavoratori frontalieri che dall'Italia si recano oltre confine;
nel giugno del 2020, Italia e Svizzera hanno siglato un accordo amichevole sul telelavoro per regolarizzare tutti quei lavoratori frontalieri che, a causa delle misure di contrasto alla pandemia, avrebbero svolto lavoro a distanza dal proprio domicilio;
il 22 luglio dello scorso anno, le autorità competenti hanno annunciato la proroga dell'applicazione dell'accordo amichevole del giugno 2020;
in data 22 dicembre 2002, le medesime autorità hanno stabilito che il suddetto accordo amichevole avrebbe cessato ogni effetto alla data del 31 gennaio 2023;
conseguentemente, a far data dall'1 febbraio 2023, i lavoratori frontalieri non possono più svolgere la loro prestazione con le modalità del telelavoro, nemmeno per una porzione del loro orario lavorativo;
le associazioni datoriali svizzere le associazioni sindacali dei lavoratori frontalieri e l'associazione dei Comuni Italiani di Frontiera (ACIF) hanno pubblicamente manifestato l'auspicio affinché le autorità governative di Italia e Svizzera definiscano rapidamente un'intesa che consenta di esercitare il telelavoro superando le problematiche odierne;
l'esperienza intrapresa durante l'emergenza Covid ha infatti permesso di sviluppare modalità di telelavoro moderne ed efficaci, apprezzate da lavoratori e imprese, con indubbi vantaggi per la qualità della vita dei frontalieri, ma anche con sensibili miglioramenti in tema di traffico veicolare e di inquinamento ambientale nelle zone di frontiera;
sono migliaia i frontalieri italiani impiegati nel settore terziario che potrebbero continuare a lavorare da casa almeno per parte dell'orario contrattuale, senza così essere costretti a sopportare lunghe ore di trasferimento quotidiano in Svizzera;
a dicembre 2022 Svizzera e Francia hanno raggiunto un'intesa positiva a riguardo in base alla quale i lavoratori frontalieri possono effettuare la loro prestazione, in regime di telelavoro, fino ad un massimo del quaranta per cento dell'orario lavorativo;
un'intesa di questo genere consentirebbe di regolare in modo assolutamente equilibrato i rapporti di lavoro frontalieri anche per i lavoratori italiani con beneficio diretto sulla loro qualità della vita, sulla viabilità e sull'impatto ambientale,
impegna il Governo
a dare immediato seguito alla dichiarazione congiunta del Ministro Giorgetti e della Consigliera Federale Karin Keller Cutter, attraverso la stipulazione con il Governo Svizzero di un accordo amichevole volto a disciplinare in maniera definitiva il ricorso al telelavoro per i lavoratori frontalieri.
9/859/5. Pellicini, Mascaretti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame ratifica l'Accordo tra il Governo italiano e la Confederazione elvetica relativo alle imposizioni fiscali dei lavoratori frontalieri, nonché il protocollo che modifica la Convenzione tra i due paesi, per evitare le doppie imposizioni, un provvedimento che riguarda i quasi 90 mila lavoratori transfrontalieri italiani che lavorano nella vicina Svizzera;
il protocollo aggiuntivo siglato congiuntamente al citato Accordo e che ne è parte integrante, prevede:
a) al punto 2, che al lavoratore frontaliere è consentito di non rientrare quotidianamente al proprio domicilio per 45 giorni all'anno;
b) al punto 3 che «in relazione a un potenziale ulteriore sviluppo del telelavoro, gli Stati contraenti si consulteranno periodicamente se si rendono necessarie modifiche al punto 2» e che «resta salva la facoltà di concordare con procedura di amichevole composizione dell'interpretazione o dell'applicazione dell'accordo in relazione al telelavoro»;
il ricorso generalizzato al cosiddetto «telelavoro» è stato introdotto durante la pandemia come una misura di carattere emergenziale, ma il mondo del lavoro è cambiato e si è evoluto in sintonia con questa innovazione, tanto che anche la legislazione eurounitaria si sta muovendo nella stessa direzione;
nel periodo pandemico, un accordo amichevole firmato da Svizzera e Italia ha effettivamente permesso maggiore flessibilità per i lavoratori e le imprese, consentendo di usufruire del telelavoro e questo ha comportato anche una modifica dei flussi di lavoro e dell'organizzazione interna delle imprese, che in oltre due anni e mezzo si sono consolidati ed efficientati;
il 22 dicembre 2022 i rappresentanti dei due paesi hanno convenuto di non rinnovare questo accordo amichevole oltre il 31 gennaio 2023, e un emendamento governativo al provvedimento in esame si è limitato a prevedere una piccola proroga fino al 30 giugno 2023;
in data 1 febbraio 2023 il ministro Giancarlo Giorgetti, rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 3/00142, ha affermato che la controparte elvetica avrebbe manifestato «la propria disponibilità al dialogo per definire a breve la possibilità di utilizzare a regime la nuova modalità di prestazione dell'attività lavorativa sperimentata durante il periodo della pandemia anche dopo la cessazione del periodo emergenziale», dichiarandosi altresì «fiducioso che questo dialogo, nella più ampia cornice delle misure a tutela dei lavoratori previste dall'accordo del 2020. consentirà di giungere, in tempi rapidi, alla regolazione anche delle prestazioni di lavoro da remoto»;
effettivamente, il 20 aprile scorso la consigliera federale Karin Keller-Sutter e il ministro delle finanze italiano Giancarlo Giorgetti hanno firmato una dichiarazione politica sul fatto che l'Italia avrebbe tolto la Svizzera dalla cosiddetta black list del 1999 e che si era trovata «una soluzione transitoria in merito all'imposizione del telelavoro per i lavoratori frontalieri valida fino al 30 giugno 2023», che corrisponde esattamente al contenuto del citato emendamento governativo;
la relazione che accompagna l'emendamento ribadisce l'intenzione di risolvere la questione in modo permanente, riconoscendo quindi l'impatto minimale della disposizione, almeno per quel che riguarda gli interessi della parte italiana;
eppure, in sede di conversione del cosiddetto decreto proroga termini, il governo aveva dato parere favorevole all'ordine del giorno n. 9/888/5 che impegna il governo a «introdurre con la massima urgenza disposizioni atte a garantire il ripristino delle disposizioni cessate il 1° febbraio 2023, al fine di tutelare i lavoratori transfrontalieri»,
impegna il Governo
a mettere in atto, entro la scadenza della proroga introdotta con il provvedimento in esame, ogni iniziativa che consenta di sottoscrivere un nuovo accordo amichevole, che, in applicazione di quanto previsto dal punto 3 del protocollo aggiuntivo di cui in premessa, possa dare concretezza ai numerosi impegni già assunti e ripristinare senza scadenza temporale le disposizioni sul telelavoro dei transfrontalieri.
9/859/6. Gadda, Toni Ricciardi, Candiani, Zoffili.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 dell'Accordo definisce il «lavoratore frontaliero» nel residente di uno Stato contraente che «è fiscalmente residente in un comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 chilometri dal confine con l'altro Stato contraente»;
le affinità linguistiche francofone e francoprovenzali e walser, i rapporti culturali, economici e sociali con il vicino Cantone del Vallese interessano la totalità della popolazione e del territorio valdostani, come peraltro testimoniato dalla Convenzione tra la regione Autonoma Valle d'Aosta e il Cantone Vallese (Svizzera) sulla cooperazione e collaborazione transfrontaliera, sottoscritta il 25 maggio 1990;
in Valle d'Aosta, 51 dei 74 comuni regionali già ricadono nella suddetta fascia dei 20 chilometri e, tenuto conto delle ridotte dimensioni territoriali e demografiche della regione, della sua conformazione orografica, dello sviluppo dell'articolazione viaria che in termini di cronodistanze garantisce ai residenti di qualsiasi comune un'analoga accessibilità al territorio svizzero attraverso la SS 27 e il T2, sarebbe opportuno, che tutto il territorio valdostano fosse considerato zona frontaliera;
lo Statuto speciale della Valle d'Aosta, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, ha già preso in considerazione la particolare situazione della regione, prevedendo l'istituzione di una zona franca,
impegna il Governo
ad avviare ogni iniziativa di propria competenza affinché, in accordo con la Confederazione svizzera, si giunga a considerare l'intero territorio della regione Valle d'Aosta come zona frontaliera.
9/859/7. Manes.
La Camera,
premesso che:
i territori di frontiera oggetto del presente Accordo sono interessati da un fenomeno di dispersione di professionalità e risorse a vantaggio dei limitrofi territori elvetici, economicamente, socialmente e fiscalmente particolarmente attrattivi,
la regione Autonoma Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste, da sempre aperta e favorevole agli scambi transfrontalieri anche per il suo bilinguismo e per i rapporti secolari con il vicino Cantone del Vallese, con il quale dal 25 maggio 1990 è associata nella Convenzione sulla cooperazione e collaborazione transfrontaliera, si trova in una situazione di generale perifericità e di difficile accessibilità rispetto alle realtà produttive e occupazionali svizzere ma anche italiane, risentendo così della perdita di professionalità dei lavoratori che scelgono di lavorare nel vicino Vallese, con un impatto sulle imprese locali, sullo sviluppo economico e sui servizi tra cui quello sanitario;
lo Statuto speciale della Valle d'Aosta, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, ha già preso in considerazione la particolare situazione della regione, prevedendo all'articolo 14 l'istituzione di una zona franca;
si rende opportuno individuare delle soluzioni che possano sostenere azioni dirette a mantenere l'attrattività della Valle Aosta e dei territori frontalieri oggetto del presente Accordo,
impegna il Governo
ad individuare, di concerto con le regioni interessate, misure idonee a mantenere attrattivi i territori di frontiera affinché non si disperdano risorse e professionalità ma si pongano le condizioni necessarie al richiamo di lavoratori e investimenti, per la regione Autonoma Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste anche attraverso adeguate politiche fiscali che tengano in considerazione le peculiarità dello Statuto speciale di Autonomia.
9/859/8. Steger, Manes.
La Camera,
premesso che:
i territori di frontiera oggetto del presente Accordo sono interessati da un fenomeno di dispersione di professionalità e risorse a vantaggio dei limitrofi territori elvetici, economicamente, socialmente e fiscalmente particolarmente attrattivi,
i medesimi territori di frontiera si trovano in una situazione di generale perifericità e di difficile accessibilità rispetto alle realtà produttive e occupazionali svizzere, risentendo così della perdita di professionalità dei lavoratori che scelgono di lavorare nei limitrofi territori elvetici, con un impatto sulle imprese locali, sullo sviluppo economico e sui servizi tra cui quello sanitario;
si rende opportuno individuare delle soluzioni che possano sostenere azioni dirette a mantenere l'attrattività dei territori frontalieri oggetto del presente Accordo,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di individuare, di concerto con le regioni interessate, misure idonee a mantenere attrattivi i territori di frontiera affinché non si disperdano risorse e professionalità.
9/859/8. (Testo modificato nel corso della seduta)Steger, Manes.