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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 30 giugno 2023

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   BONELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Sace una società per azioni controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, specializzata nel settore assicurativo-finanziario. L'azienda è attiva nell'export credit, nell'assicurazione dei crediti, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring;

   mission e obiettivi sono: rafforzare le competenze tecnico-manageriali delle imprese italiane a conduzione femminile legate alla leadership di impresa nei processi di internazionalizzazione; generare connessioni di valore tra professioniste provenienti dal mondo delle imprese, delle istituzioni e dell'associazionismo che si occupano di export e internazionalizzazione; contribuire ad aumentare la partecipazione delle donne a posizioni manageriali nel nostro sistema produttivo; sostenere lo sviluppo di imprese femminili che puntino ai mercati internazionali e presentino progetti caratterizzati da elementi innovativi in chiave digitale e green;

   Sace opera anche nel comparto dei combustibili fossili – il presidente è anche membro del consiglio di amministrazione di Eni – e potrebbe garantire un finanziamento di ben 500 milioni di dollari a una delle società più controverse dell'America Latina, Petroperù. Denaro destinato alla realizzazione del progetto di ammodernamento della raffineria di Talara, che Petroperù definisce un'opera green, ma che in realtà avrà pesanti impatti ambientali e soprattutto servirà per processare il petrolio proveniente da quattro blocchi a largo della costa settentrionale e in piena Amazzonia;

   Petroperù ha infatti ripreso le attività di estrazione, dopo essersi dedicata negli ultimi anni principalmente alla raffinazione e al trasporto del greggio tramite le sue infrastrutture;

   per evitare l'ennesimo regalo al settore estrattivo, l'organizzazione internazionale Amazon Watch – supportata da ReCommon – e le comunità locali e indigene Peruvian Federation of the Achuar Nationality (FENAP), l'Autonomous Territorial Government of the Wampis Nation (GTANW) e l'Organizzazione dei pescatori di Cabo Bianco hanno scritto a Sace, chiedendo che il supporto finanziario non sia concesso in alcun modo perché avrebbe pesanti impatti sui territori abitati per l'appunto dalle comunità già menzionate;

   dei quattro blocchi da cui dovrebbe provenire il greggio per la raffineria, solo quello offshore è operativo, con una produzione però molto marginale: 480 barili al giorno;

   tuttavia Petroperù intende sviluppare altri sei blocchi a largo della costa, così da incrementare la produzione e giustificare un progetto, la raffineria di Talara, che ha il costo esorbitante di 5,3 miliardi di dollari;

   Petroperù ha una lunga storia di pesanti violazioni dei diritti delle popolazioni indigene, le sue attività sono state spesso segnate da gravi episodi di corruzione, e da un bilancio perennemente «in affanno»;

   la società statale ha appena cambiato cinque presidenti nel corso di un anno, a testimonianza che è contraddistinta da una fortissima instabilità, un motivo in più affinché SACE eviti il coinvolgimento in un progetto ad altissimo rischio socio-ambientale, che oltre a pesare sulle tasche degli italiani, è in netta contraddizione con gli impegni presi dall'Italia per la lotta alla crisi climatica;

   Sace non è nuova a «corposi aiuti» all'industria fossile: fra il 2016 e il 2022 ha concesso la ragguardevole cifra di 15,1 miliardi di euro di garanzie a progetti di petrolio e gas, tutto ciò in violazione della Dichiarazione di Glasgow, sottoscritta dall'Italia, sulle foreste e sull'uso del suolo –:

   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza intendano adottare, affinché il supporto finanziario non sia concesso in alcun modo ai progetti di Petroperù, perché avrebbe pesanti impatti sui territori e sulle comunità;

   se non ritengano di adottare tutte le iniziative necessarie ad evitare il coinvolgimento del nostro Paese in un progetto ad altissimo rischio socio-ambientale, il cui fallimento certo peserebbe sulle tasche degli italiani, progetto, tra l'altro, in netta contraddizione con gli impegni presi dall'Italia per la lotta alla crisi climatica.
(4-01257)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TONI RICCIARDI e MANZI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'archivio storico dell'Enel, situato a Napoli, custodisce una ricchissima documentazione, unitamente ad altre testimonianze storiche, relative alla nascita e allo sviluppo del processo di elettrificazione del nostro Paese;

   si tratta di un patrimonio di incommensurabile valore, in grado di testimoniare il complessivo processo di industrializzazione dell'Italia, così come l'evoluzione del mondo del lavoro e della sua disciplina calata in vari momenti storici (dai primi esperimenti dall'età giolittiana fino ai momenti di socializzazione aziendale); l'evoluzione dai primi paesaggi industriali al progresso tecnologico del settore, a partire dalle prime infrastrutture energetiche realizzate sul territorio;

   l'Archivio rappresenta una preziosa risorsa per tantissimi studiosi, accademici, cultori della materia e semplici cittadini, oltreché uno strumento necessario per la ricerca scientifica e storica;

   recentemente è stata resa nota – da diversi mezzi di stampa locali e nazionali, oltre che da rappresentanti della società civile – la volontà di Enel di spostare l'Archivio dalla Mostra D'oltremare, ove è attualmente localizzato, a un capannone nella località di Pastorano, in provincia di Caserta;

   risulterebbe che a tal fine, Enel avrebbe affidato la gestione del nuovo archivio alla società Italarchivi, ponendo in outsourcing una documentazione di grande valore storico;

   già nel 2015, Enel avrebbe richiesto di affidare l'archivio in outsourcing; ma tuttavia, la precedente Soprintendenza archivistica della Campania avrebbe dato un parere sfavorevole al riguardo, ritenendo che tale modalità operativa avrebbe portato, in tempi brevi, al disfacimento del patrimonio storico custodito nell'archivio;

   l'attuale sede garantisce la piena fruibilità della documentazione grazie alla centralità della sua collocazione, adiacente ai Dipartimenti di ingegneria e di economia dell'Università degli Studi di Napoli Federico II e non distante dagli altri poli universitari e di ricerca, facilmente e direttamente raggiungibile con il trasporto pubblico;

   i vertici dell'ente Mostra D'oltremare sarebbero pienamente disponibili nel proseguire i rapporti contrattuali con Enel;

   con una recente petizione, indirizzata al Presidente dell'Enel, al Sindaco di Napoli e al Soprintendente archivistico della Calabria e della Campania, il mondo accademico e semplici cittadini chiedono di non delocalizzare l'Archivio;

   Napoli è una delle città più importanti dell'Europa e dell'intero bacino del mediterraneo, sede di rilevantissime istituzioni culturali e di siti storici tra i più importanti del mondo, pienamente legittimata a custodire i beni culturali;

   il luogo sede dell'archivio storico rappresenta uno spazio tra i più idonei a conservare tale memoria: era, presso tale sede, infatti operante la vecchia centrale elettrica dell'ente autonomo Volturno che aveva iniziato a produrre energia sin dall'inizio del '900;

   la risposta ad un precedente atto di sindacato ispettivo n. (4-00789) tramite il quale l'Onorevole Borrelli avrebbe chiesto chiarimenti al Ministero circa le motivazioni dello spostamento da parte dell'Azienda, fornita dal Sottosegretario alla cultura, onorevole Vittorio Sgarbi, è risultata insoddisfacente e manchevole di chiarimenti circa l'opportunità della decisione di Enel relativa alla sede di Pastorano e alla natura dell'accordo con la società Italarchivi;

   aspetto ancora da chiarire, oltre all'opportunità di un trasferimento legata alla tutelale alla fruizione del patrimonio documentale, è quello relativo ai costi di trasferimento e di gestione dell'eventuale nuova sede –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire chiarimenti circa i costi di trasferimento dell'archivio Enel dalla Mostra D'oltremare di Napoli a un capannone nella località di Pastorano, in provincia di Caserta, altresì, se non intenda intervenire al fine di tutelare il patrimonio storico, custodito presso l'archivio, relativo alla nascita e allo sviluppo del processo di elettrificazione del nostro Paese.
(5-01045)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BARBAGALLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la tenenza della Guardia di finanza di Petralia Soprana chiude e l'amministrazione comunale si dice preoccupata;

   il sindaco nonché, presidente dell'unione comuni delle Madonie dice che era nell'aria da diverso tempo questa ipotesi ma non c'era nulla di concreto;

   qualche giorno fa a mezzo stampa, si apprende che lo scorso 13 giugno 2023, il Comando generale ha deciso di sopprimerla ovviamente la comunità è rammaricata perché la Guardia di finanza è una presenza importantissima anche dal punto di vista del controllo del territorio;

   con la chiusura della tenenza di Petralia Soprana «si sguarnisce un'area interna della Sicilia che non potrà essere controllata in modo continuo dai presidi che distano centinaia di chilometri dai paesi delle alte Madonie»;

   il sindaco anche a nome di altri sindaci dell'Unione della Presidenza del gruppo di azione locale Madonie, ha chiesto un incontro ai vertici della Guardia di finanza, manifestando la disponibilità del comune di Petralia Soprana a mettere a disposizione locali idonei e farsi carico della spesa di locazione dei locali della tenenza se questo dovesse essere il problema –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere al fine di evitare la soppressione della tenenza della Guardia di finanza nel comune di Petralia Soprana, un presidio importante per garantire la legalità ti il controllo del territorio sulle Madonie.
(4-01258)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   la sera del 27 giugno 1980 precipitò nel Mar Tirreno il velivolo DC9 Itavia I-TIGI in servizio sulla rotta Bologna-Palermo, con la morte di tutte le 81 persone a bordo;

   ad oggi non risultano identificati gli esecutori materiali e i mandanti dell'attentato e della morte delle 81 persone;

   il 23 luglio 1994 il Collegio Peritale d'Ufficio, nominato dal giudice istruttore Rosario Priore, composto dai massimi esperti internazionali e presieduto dal prof. Aurelio Misiti, concluse individuando nell'esplosione di una bomba collocata nella toilette posteriore l'unica causa tecnicamente possibile della distruzione del velivolo;

   la sentenza n. 37/2005 pronunciata dalla Corte di Assise di Appello di Roma, in seguito confermata dalla sentenza n. 9174/2007 della Prima sezione penale della Suprema Corte di cassazione, ritengono destituito di ogni fondamento l'impianto accusatorio di Rosario Priore incentrato sulla battaglia aerea, nelle sue diverse varianti di missile e/o quasi collisione, stabilendo tra l'altro nelle motivazioni d'appello che «nell'ora e nel luogo del disastro non vi erano velivoli di alcun genere» e definendo l'accusa «la trama di un libro di spionaggio ma non un argomento degno di una pronuncia giudiziale», «fantapolitica o romanzo che potrebbero anche risultare interessanti se non vi fossero coinvolte 81 vittime innocenti»;

   gli organi inquirenti hanno ritenuto di svolgere indagini esclusivamente nella direzione delle diverse varianti della battaglia aerea, come detto ritenute infondate nel processo penale;

   il 25 giugno 2022 Giuliana de Faveri Tron, in qualità di erede di Anna Pelliccioni, madre deceduta nel disastro aereo del 27 giugno 1980, e Flavia Bartolucci, in qualità di Presidente della Associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica, hanno presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Bologna nel quale si chiede di accertare mandanti ed autori dell'attentato terroristico che provocò la caduta del DC9 Itavia;

   la Procura di Bologna, individuata in quanto luogo di partenza dell'aereo, ha trasmesso il fascicolo alla Procura della Repubblica di Roma dove esso è stato iscritto al numero 107589/22 r.g.n.r. Ignoti: secondo quanto si è appreso, il procedimento è stato assegnato al sostituto procuratore dottor Erminio Amelio, che è stato coautore del libro dal titolo «IH870. Il volo spezzato. Strage di Ustica: le storie, i misteri, il depistaggio, il processo.», pubblicato nel 2005, alla vigilia dell'apertura del dibattimento davanti alla Corte di Appello;

   in tale libro il dottor Amelio si confermava uno dei maggiori sostenitori del cosiddetto «Partito della battaglia aerea»;

   considerato che, avendo la Procura di Roma affidato l'incarico di ricercare autori e mandanti dell'attentato di Ustica ad un magistrato che in passato ha dimostrato di non aver mai concordato con la tesi dell'esplosione interna causata da una bomba, è stata depositata ad agosto 2022 presso la Procura della Repubblica di Roma una richiesta di astensione e/o di revoca della designazione del PM;

   secondo quanto risulta all'interpellante, il dottor Erminio Amelio ha poi trasmesso la richiesta di astensione al Procuratore della Repubblica ricevendo in risposta la conferma dell'assegnazione del fascicolo –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, alla luce di quanto riportato in premessa, intenda intraprendere, anche mediante l'attivazione dei propri poteri ispettivi.
(2-00184) «Mulè».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il «San Francesco d'Assisi» è un ospedale, sito nella provincia di Salerno, sede di Pronto Soccorso e deputato, quindi, ad effettuare prestazioni in emergenza-urgenza, che ha ricoperto un ruolo fondamentale durante il sisma del 1980 per tutte le popolazioni della zona del cratere;

   nel 2006 la Presidenza del Consiglio dei ministri con l'ordinanza n. 3519/2006 aggiornava i criteri della mappa di pericolosità sismica, suddividendo l'intero territorio nazionale in quattro zone sismiche sulla base del valore dell'accelerazione orizzontale massima (ag) su suolo rigido o pianeggiante, che ha una probabilità del 10 per cento di essere superata in 50 anni;

   il comune di Oliveto Citra (Salerno), nel cui territorio insiste la struttura edilizia del citato presidio ospedaliero, secondo i criteri individuati, è stato posto in zona 2 e cioè «zona con pericolosità sismica media ossia dove possono verificarsi forti terremoti»;

   grazie alla lungimiranza dell'ufficio tecnico dell'Asl di Salerno, l'ospedale San Francesco d'Assisi è già stato sottoposto ai test di vulnerabilità ottenendo idonea documentazione;

   con decreto ministeriale 17 gennaio 2018 si è proceduto all'aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni che definiscono le misure antisismiche sugli edifici esistenti, individuando tre categorie di intervento, quali: interventi di riparazione locali, ovvero interventi che interessino singoli elementi strutturali e che, comunque, non riducano le condizioni di sicurezza preesistenti; interventi di miglioramento, atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, senza necessariamente raggiungere i livelli di sicurezza fissati al paragrafo 8.4.3 del testo in questione; e interventi di adeguamento, atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, conseguendo i livelli di sicurezza fissati al medesimo paragrafo 8.4.3;

   la procedura di valutazione della sicurezza degli edifici esistenti indicata dalle norme tecniche ha proprio lo scopo di stimare la vulnerabilità di strutture esistenti e studiare eventuali opportuni interventi di ripristino e messa in sicurezza;

   la Campania è una regione ad alto rischio sismico che conta 129 comuni nella lista di quelli a elevata sismicità (nelle province di Avellino, Benevento e Caserta, in particolare a ridosso delle zone appenniniche del Matese e dell'Irpinia) e 360 comuni a media sismicità collocate nelle zone pianeggianti e costiere di Napoli, Salerno e Caserta. Secondo un rapporto di Legambiente il 90 per cento degli edifici campani è stato costruito in aree potenzialmente a rischio elevato, sulle quali insistono 4.608 edifici scolastici e 259 ospedali (in entrambi i casi, l'88 per cento del totale);

   appare opportuno rinnovare i test di vulnerabilità su tutti gli edifici pubblici, soprattutto in zone di alta e media intensità sismica, assegnando priorità alle strutture di interesse pubblico, come scuole e ospedali –:

   se e quali iniziative di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire lavori di adeguamento sismico successivi ai test di vulnerabilità già eseguiti, al fine di garantire l'incolumità pubblica, con particolare riguardo agli edifici pubblici siti nella regione Campania e, soprattutto, a strutture sanitarie come l'ospedale salernitano di San Francesco d'Assisi.
(4-01259)


   CARAMIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza pubblica è un aspetto fondamentale per il benessere di una società: negli ultimi anni molti territori si sono trovati ad affrontare sfide sempre più complesse in termini di ordine pubblico, innanzi a questa situazione, è necessario incrementare le forze dell'ordine per gestire in maniera più efficace la sicurezza dei territori;

   pertanto, al fine di garantire una risposta adeguata alle esigenze dei cittadini, le forze dell'ordine devono essere dotate di risorse umane e strumenti tecnologici all'avanguardia. L'incremento delle unità operative, inoltre, è necessario per fronteggiare le situazioni emergenziali, come incidenti gravi, disordini pubblici o calamità naturali;

   ciò premesso, è necessario incrementare la presenza delle forze dell'ordine e, in particolare, delle quattro specialità della polizia di Stato, tra cui la polizia stradale, i cui compiti contemplano le attività connesse alla prevenzione del fenomeno infortunistico, alla rilevazione degli incidenti stradali, all'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, al concorso nelle operazioni di soccorso eccetera;

   ad oggi, il comparto conta meno di 12.000 unità, ma deve presidiare 7 mila chilometri della rete autostradale italiana e una rete primaria nazionale di oltre 450.000 chilometri su cui si muove un parco circolante interno pari ad oltre 42 milioni di veicoli, con un'incidenza del trasporto su gomma che arriva a rappresentare oggi il 90 per cento circa del traffico interno dei viaggiatori ed il 62 per cento di quello merci complessivo;

   nel mese di febbraio 2023, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, nel rispondere a un'interrogazione presso la Camera dei deputati, ha definito i passi che intende compiere per aumentare la sicurezza stradale, promettendo di incrementare di 1000 addetti le unità di personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti addetto ai servizi di polizia stradale entro il 2023, previa istituzione di specifici corsi da programmare, atteso che alle dipendenze del Ministero stesso si registrano 2.300 unità di personale che, stando a quanto previsto dal codice della strada, hanno la qualifica e il tesserino polizia stradale;

   ciò premesso, in diversi territori italiani si registra la necessità di incrementare gli organici della polizia stradale, attesa una generale difficoltà nell'ordinaria gestione dei servizi, con conseguenze negative in termini di maggiore sicurezza per i cittadini e per gli stessi poliziotti che vi prestano servizio. A titolo di esempio, si registra una forte carenza di personale presso la sottosezione di Orvieto, sotto organico di almeno 15 unità –:

   quali siano le modalità e le tempistiche attraverso cui il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intende dar seguito all'incremento dei 1000 addetti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti preposti ai servizi di polizia stradale;

   se il Ministro dell'interno condivida l'opportunità di incrementare gli organici della polizia stradale nei territori che recano una sotto-dotazione delle unità di personale, come ad esempio nella sottosezione di Orvieto.
(4-01260)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ALIFANO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro si verificavano due decessi nel carcere di Augusta a seguito di sciopero della fame. Due detenuti condannati all'ergastolo, Liborio Davide Zerba e Victor Pereshchako si lasciavano morire di inedia. Il primo lamentava un'ingiusta condanna, il secondo chiedeva da anni di poter scontare la pena nel proprio Paese. Nessuno dei due era ristretto al regime del 41-bis dell'ordinamento penitenziario;

   come rilevato dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, il silenzio ha avvolto la morte di queste due persone, eventi assolutamente tragici che non hanno avuto, tuttavia, la risonanza mediatica attribuita al caso Cospito;

   al contempo, veniva scongiurato il tentativo di suicidio di una terza persona;

   con una capienza di 364 posti regolamentari la Casa di reclusione di Augusta registra 477 presenze di reclusi (dati Ministero della giustizia). La Polizia Penitenziaria ha ivi in servizio 176 unità, benché ne siano previste 251 (dati Ministero della giustizia);

   le celle risultano piccole, con letti a castello e, sebbene venga rispettata la soglia dei 3 metri quadrati per come considerata dal DAP, nelle celle doppie non sono disponibili 3 metri quadrati calpestabili per persona, escluso il bagno. Nella maggior parte delle celle non c'è la doccia, non funziona il riscaldamento, manca l'acqua calda e d'estate spesso l'acqua è razionata (fonte Antigone, visita del 6 luglio 2022). Solo circa un quarto dei detenuti lavora (dati Ministero della giustizia);

   nel complesso degli istituti penitenziari italiani si sono suicidati 85 detenuti nel 2022, 20 volte in più di quanto non avvenga nelle altre democrazie (fonti: Sole 24 ore che riporta dati di Antigone e Garante nazionale delle persone private della libertà personale). Dal 2012 si sono uccise in carcere 589 persone, quasi la metà di costoro era in attesa di una sentenza definitiva (fonte: Garante nazionale delle persone private della libertà personale) –:

   se il Ministro interrogato confermi quanto sopra descritto e quali iniziative intenda promuovere per migliorare le condizioni di vita dei detenuti, in particolar modo impiegando gli stessi in maggior numero in attività lavorative e/o attivando su più ampia scala corsi di formazione a loro diretti;

   quali iniziative intenda promuovere per eliminare o ridurre sensibilmente il sovraffollamento nelle strutture carcerarie.
(4-01012)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, riferito del decesso di due detenuti a seguito di intrapreso sciopero della fame, si avanzano quesiti circa la conoscenza di quanto occorso nonché sull'attivazione dei poteri ispettivi finalizzati a far luce sulla vicenda.
  Orbene, poiché i quesiti posti risultano altresì avanzati in sede di interrogazione a risposta orale (
question time), è opportuno richiamare quanto già riferito in data 25 maggio 2023.
  In via preliminare, come correttamente indicato dagli interroganti, non posso che richiamare quanto a suo tempo riferito in risposta ad interrogazione (la n. 3-00184) relativa agli istituti penitenziari della provincia di Siracusa, tra cui quello di Augusta, avente ad oggetto le carenze strutturali, di organico, e di sovraffollamento, con conseguenziali ricadute in tema di sicurezza, anche degli ambienti lavorativi nonché sulla concreta opera di rieducazione dei condannati.
  Si conferma, quindi, che nel carcere di Augusta, tenuto conto di 39 unità distaccate in uscita ed una in entrata, il personale presente è pari, attualmente, a n. 180 unità, inferiore di n. 71 unità rispetto alla dotazione organica prevista in numero di 251 unità.
  Le carenze maggiori si rilevano nel ruolo dei funzionari (-2 unità), degli ispettori (-7 unità), dei sovrintendenti (-4 unità) e degli agenti/assistenti (-20 unità).
  Quanto al ruolo dei funzionari, all'esito del concorso a n. 120 posti, si provvederà alla relativa distribuzione in ragione delle vacanze organiche.
  Riguardo alla carenza del ruolo degli ispettori, anche in questo caso, all'esito della procedura concorsuale per n. 411 posti in atto, l'amministrazione terrà nella massima considerazione la situazione della carenza di personale che connota il penitenziario di Augusta.
  Per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, è in essere concorso interno, per titoli, a complessivi n. 583 posti.
  Al riguardo, l'amministrazione ha recentemente assegnato presso la casa di reclusione di Augusta n. 4 unità.
  Per quanto riguarda il ruolo agenti/assistenti, si rappresenta che l'organico della casa di reclusione di Augusta è stato incrementato, nel mese settembre 2022, di n. 11 unità maschili e n. 2 unità femminili del medesimo ruolo, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni degli agenti del 179° e 180° corso.
  È inoltre in fase di espletamento il 181° corso di formazione per n. 1471 allievi, al cui termine verranno assegnati al carcere di Augusta un adeguato numero di unità di ruolo.
  Infine, circa la carenza di funzionari della professionalità giuridico pedagogica, presso il carcere di Augusta ne risultano presenti n. 7 sui 9 previsti, ma all'esito di appositi interpelli, presumibilmente entro il mese di settembre 2023, ulteriori 2 unità vi saranno assegnate.
  Quanto alle presenze detentive, nel carcere di Augusta sono presenti un totale di n. 481 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare pari a complessivi n. 364 posti, di cui n. 26 non disponibili a vario titolo, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 142,31 per cento.
  In ordine alle carenze strutturali va premesso che sulla base delle risorse finanziarie e professionali disponibili, il preposto dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non ha mai smesso di pianificare e realizzare i lavori di ristrutturazione e/o manutenzione ordinaria/straordinaria necessari per il mantenimento ed il recupero dei compendi immobiliari, ovvero per l'adeguamento degli stessi alle prescrizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
  Ciò precisato, con particolare riguardo ai lavori e ai procedimenti avviati e/o programmati al fine di migliorare le condizioni strutturali e igieniche degli istituti penitenziari di Augusta si rappresenta che, nell'ambito del programma di edilizia penitenziaria 2022 a cura del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, era previsto «l'adeguamento al d.P.R. n. 230/2000 di dieci sezioni detentive con consolidamento solai piano terra di due padiglioni», per un importo stimato di circa euro 5.000.000,00; sono attualmente in corso le attività di analisi della vulnerabilità sismica delle strutture e quelle finalizzate alla redazione della diagnosi energetica con emissione del relativo attestato di prestazione energetica.
  Sulla base delle risultanze di tali analisi/diagnosi, sarà poi avviata la fase di progettazione degli interventi di manutenzione straordinaria occorrenti per l'adeguamento sismico e l'efficientamento energetico delle strutture, unitamente all'adeguamento dei reparti detentivi alle prescrizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
  Si auspica di poter concludere l'attività di progettazione e l'avvio del procedimento per l'affidamento dei lavori entro il 2023.
  Relativamente alle carenze segnalate in merito agli impianti elettrici, si comunica che il competente provveditorato regionale ha previsto, per l'anno in corso, un intervento di «rifacimento dei quadri elettrici d'istituto e dismissione delle condutture per la distribuzione dell'energia elettrica presenti nei cunicoli, con realizzazione di nuove condutture in ambienti più idonei», per l'affidamento del quale questo dipartimento ha già confermato di poter assicurare la copertura finanziaria occorrente, stimata in circa euro 2.000.000,00.
  Tutto ciò precisato, in relazione ai due detenuti purtroppo deceduti in ospedale in conseguenza del deterioramento delle condizioni generali dell'organismo dovute, presumibilmente, all'intrapreso sciopero della fame, in disparte l'autonoma indagine dell'autorità giudiziaria, come avviene di regola in situazioni analoghe, sono naturalmente in essere le doverose attività ispettive da parte del competente provveditorato, proprio finalizzate alla esatta verifica di tutto quanto occorso nel periodo di detenzione e sino al ricovero in nosocomio.
  Ebbene, dalle prime risultanze non emergono
deficit dei doveri cui è tenuta l'amministrazione penitenziaria.
  Quanto all'assistenza sanitaria, ricordo che questa è in titolarità alla preposta autorità regionale, e che una volta non più efficacemente erogabile all'interno del carcere, è stata affidata all'ospedale locale e delle situazioni in essere erano state informate le preposte autorità.
  In particolare, quanto al detenuto sig. Z.L.D., questi ha iniziato lo sciopero della fame in data 27 febbraio 2023, ritenendo di essere detenuto ingiustamente; il successivo 24 aprile è stato ricoverato presso l'ospedale di Augusta, ove poi è avvenuto il decesso.
  Dagli atti emergono problematiche di natura psichiatrica, tanto che con provvedimento 6 aprile 2023 il magistrato di sorveglianza di Siracusa aveva richiesto precipua osservazione ed il successivo 17 aprile ne era stato disposto il trasferimento temporaneo presso il carcere di Barcellona Pozzo di Gotto poiché dotato di sezione A.T.S.M. (articolazione tutela salute mentale) e si era in attesa di posto letto.
  Il detenuto sig. P.V., invece, aveva intrapreso la protesta dello sciopero della fame dal 26 marzo 2023 per «motivi di giustizia» legati alla sua procedura di estradizione.
  Il 2 maggio era stato ricoverato presso l'ospedale di Siracusa, ove poi decedeva il successivo 9 maggio.
  In precedente 6 aprile risulta stilato verbale dello
staff multidisciplinare ed anche per lui, era stato poi richiesto il trasferimento presso istituto dotato di ATSM per osservazione sanitaria e psichiatrica.
  In ordine agli omessi avvisi al Garante nazionale per le persone private della libertà, circa l'andamento dello sciopero della fame, evidenzio che non è attività obbligatoria e non è prevista la comunicazione dell'andamento delle centinaia di manifestazioni di protesta che, quotidianamente, i detenuti pongono in essere sul territorio nazionale, molte delle quali cessano entro breve termine.
  Mi pregio annunciare, tuttavia, che allo scopo di ovviare alla problematica, a breve sarà operativa una precipua
mailing list presso la cosiddetta Sala Situazioni del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, così che (anche) l'ufficio del Garante nazionale sarà tempestivamente reso edotto, pressoché in tempo reale, dei fatti di particolare importanza che si verificheranno all'interno degli istituti penitenziari.
  Avrà pertanto contezza di tutti gli eventi critici rilevanti, così da poter meglio e più efficacemente attendere al proprio mandato istituzionale.
  Naturalmente si tratta di informazioni cui, di per sé, ha già diritto di accedere e comunicate nel pieno rispetto della disciplina sulla riservatezza dei dati sensibili.
  Infine, sono a ribadire che, in generale, l'attenzione alla «sanità penitenziaria» è e sarà massima, non nascondendo però la complessità della problematica in ragione della generale titolarità in capo alle regioni della competenza ad organizzare ed erogare i concreti servizi.
  L'amministrazione continuerà ad implementare il coordinamento con autorità sanitarie locali, enti locali e comunità terapeutiche.
  L'obbiettivo primario perseguito resta quello di individuare, possibilmente fin dall'ingresso, le persone con problematiche da dipendenza o con patologia psichiatrica o con rischio suicidario, per attivare immediate azioni di sostegno e per promuovere i necessari interventi sanitari, sociali e psicologici.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   BORRELLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'archivio storico dell'Enel, ospitato presso la Mostra d'Oltremare di Napoli, riveste un ruolo importante nell'ecosistema degli archivi storici di Enel Come riportato dal sito web dell'Enel, l'archivio «conserva un patrimonio di circa 30.000 risorse archivistiche, raccogliendo gran parte della documentazione sulla lunga avventura dell'elettrificazione del Mezzogiorno»;

   l'archivio rappresenta una rilevantissima fonte di studi storici ed economici, tenuto conto che le fasi dell'elettrificazione del Paese si interfacciano con quelle della storia dell'industria italiana e più in generale con il complessivo processo di sviluppo socio-economico del nostro Paese. L'archivio raccoglie la documentazione proveniente da archivi di varie regioni d'Italia e, in particolare, quelle carte della «Società Meridionale di Elettricità» e quelle riconducibili all'attività imprenditoriale di Giuseppe Cenzato, tutti documenti che consentono di ricostruire dettagliatamente la storia dell'elettrificazione del Mezzogiorno d'Italia;

   con decreto 2 novembre 1992, la Soprintendenza archivistica per il Lazio dichiarava gli archivi Enel «di notevole interesse storico» tutelati e vincolati dalla legge;

   nei giorni scorsi associazioni culturali e scientifiche a carattere nazionale e locale, docenti universitari, storici, archivisti, esponenti della società civile hanno lanciato l'allarme su un possibile trasferimento dell'archivio storico ed ha promosso un appello, che ha visto in breve centinaia di adesioni, per chiedere che rimanga presso la Mostra d'Oltremare e che sia finalmente valorizzato per rendere fruibile ad un'ampia platea di studiosi e di osservatori tutta la documentazione dell'industria elettrica italiana dalle origini agli anni più recenti;

   l'ipotesi prospettata, apparentemente di natura solo logistica, consisterebbe nel trasferimento fisico del predetto archivio in un deposito nel comune di Pastorano, in provincia di Caserta;

   tale ipotesi, oltre che poco percorribile, risulterebbe contraddittoria con le conclusioni assunte nell'ambito di apposito «tavolo tecnico» intercorso nel 2015 tra il Mibact, la Soprintendenza, la regione Campania, il comune di Napoli e l'Enel, tavolo che aveva previsto la realizzazione, all'interno della Mostra d'Oltremare, di un «Polo degli Archivi d'impresa», frutto della condivisione e della cointeressenza del materiale dell'archivio storico Enel con altri non meno importanti archivi d'impresa;

   già nel 2015, al momento del primo trasferimento dell'archivio dalla storica sede della ex centrale Elettrica dell'Ente autonomo Volturno di via Ponte dei Granili, l'Enel aveva manifestato il proposito di dirottare il patrimonio archivistico in un'altra regione, proposito contro cui si opposero con successo le istituzioni culturali cittadine, autorevoli personalità del mondo della cultura napoletana, esponenti della società civile che scongiurarono quella che si andava configurando come una «dismissione» di un prezioso asset di incommensurabile valore appartenente non solo alla città di Napoli ma all'intero Paese;

   il 24 aprile 2016 il progetto per realizzare il «Polo degli Archivi d'impresa» fu inserito nel cosiddetto «Patto per la Campania», sottoscritto dal presidente della regione Campania e dal Presidente del Consiglio dei ministri, con uno stanziamento di 6 milioni di euro con il fine di creare poli di archivi e musei di impresa nei principali centri regionali, a cominciare proprio da Napoli e dalla Mostra d'Oltremare;

   nel 2018 Enel avvio poi materialmente il trasferimento della documentazione da via Ponte dei Granili alla Mostra d'Oltremare. Provvisoriamente presso il «Padiglione America Latina» e successivamente il «Padiglione Libia» dopo averlo idoneamente adeguato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, se risulti richiesta di autorizzazione da parte di Enel per il trasferimento dell'archivio storico dell'Enel e se non intenda adottare le iniziative di competenza affinché l'archivio rimanga presso la Mostra d'Oltremare di Napoli e, in ossequio ai principi di tutela e valorizzazione del patrimonio industriale d'impresa, rendere fruibile tutta la documentazione dell'industria elettrica italiana dalle origini agli anni più recenti ad un'ampia platea di studiosi, osservatori e cittadini.
(4-00789)

  Risposta. — Con il presente atto di sindacato ispettivo l'interrogante ha chiesto al Ministero della cultura se è a conoscenza e quali opportune iniziative di competenza intenda adottare sulla richiesta di autorizzazione da parte di Enel per il trasferimento del suo archivio storico affinché lo stesso «rimanga presso la Mostra d'oltremare di Napoli e, in ossequio ai principi di tutela e valorizzazione del patrimonio industriale d'impresa, rendere fruibile tutta la documentazione dell'industria elettrica italiana, dalle origini agli anni più recenti, ad un'ampia platea di studiosi, osservatori e cittadini.»
  Sull'archivio storico Enel la multinazionale dell'energia ha informato codesto Ministero che il progetto di trasferimento è in fase di valutazione e si è reso necessario dal momento che all'interno della Mostra d'oltremare nel padiglione America Latina a Napoli, ove è attualmente situato, sono venuti meno i presupposti per garantire la migliore conservazione e la massima fruibilità dei documenti ad esso destinati.
  Nel 2008 gli archivi delle otto sedi comportamentali Enel vennero riuniti presso la ex Centrale della Doganella, in via Ponte dei Granili, 24. La decisione di stabilire a Napoli la sede dell'ingente patrimonio documentario fu dettata dalle alte competenze archivistiche offerte nell'ambito scientifico cittadino e dalla centralità geografica di Napoli, che avrebbe favorito l'accessibilità per la consultazione da parte dei ricercatori e degli studiosi.
  A seguito di ampio dibattito, nel 2015, venne individuata come possibile sede di destinazione definitiva il padiglione «Libia», nell'area ovest della Mostra d'oltremare di Napoli. Il progetto era finalizzato all'istituzione di un «Polo degli archivi di impresa» e di un annesso polo museale. Al fine di permettere la riqualificazione della struttura vennero individuati, come sede transitoria dell'archivio storico Enel, i padiglioni «America Latina» 7 e 9.
  Con nota del 6 marzo 2018, la soprintendenza archivistica e bibliografica della Campania autorizzava il trasferimento «in forma temporanea».
  Purtroppo nel corso degli anni sono emerse criticità rispetto all'idoneità della sede individuata per ospitare la documentazione. Infatti il 23 ottobre 2019 la soprintendenza archivistica e bibliografica della Campania ha svolto un accesso ispettivo presso gli spazi di conservazione dell'archivio Enel. La relazione che ne è seguita ha rilevato alcuni problemi funzionali, relativi all'insufficiente protezione da intrusioni esterne di tracce di umidità. Sono stati disposti, quindi, lavori di adeguamento e risoluzione delle problematiche della struttura oltre che il trasferimento definitivo della restante parte della documentazione conservata ancora presso Ponte dei Granili.
  La soprintendenza archivistica e bibliografica, nonostante le vicende pandemiche, ha vigilato accuratamente sui lavori di adeguamento della sede e sul trasloco della documentazione.
  Nel settembre 2022, successivamente al diniego di autorizzazione rilasciata dalla soprintendenza all'Enel di trasferire la rimanente documentazione depositata presso l'archivio centrale dello Stato e degli uffici di Bari presso i locali della società Bucap di Fiano Romano al fine di evitare lo smembramento archivistico, la società non ha rinnovato il contratto di locazione con la Mostra d'oltremare, in scadenza il 21 marzo 2023, con la seguente motivazione: «Definitiva mancata realizzazione da parte di Mostra d'oltremare dei lavori di riqualificazione dei padiglioni dell'area ovest, in cui era destinata l'intero
corpus documentario. Mostra d'oltremare ha garantito, di fatto, il solo cosiddetto “Sito transitorio”, insufficiente ai bisogni di Enel Italia e in difformità da quanto previsto dal “contratto di locazione”».
  L'attuale volontà di Enel è quella di mantenere il museo in Campania, in via Ponte dei Granili, dove era stato trasferito nel 2008, accorpando gli archivi storici territoriali degli ex compartimenti di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Cagliari, Palermo e della stessa Napoli.
  Purtroppo nel corso degli anni sono emerse criticità rispetto all'idoneità della sede individuata per ospitare la documentazione. I tentativi di Enel di individuare soluzioni a tali problematiche, valutando anche altre aree all'interno dello stesso sito, non hanno avuto riscontro positivo. Per tali ragioni Enel si è vista costretta ad avviare la ricerca di una sede alternativa d'intesa con la soprintendenza archivistica Campania, sempre ed esclusivamente all'interno della regione Campania.
  L'Enel ha precisato che ogni decisione in merito al trasferimento della struttura è portata avanti dialogando con gli enti preposti, in particolare la soprintendenza archivistica Campania e attenendosi alle indicazioni dei progetti autorizzati dalla Soprintendenza stessa.

Il Sottosegretario di Stato per la cultura: Vittorio Sgarbi.


   D'ALFONSO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   come riportato anche da alcuni organi di stampa (...), il 15 dicembre 2022 – dopo 12 anni, 4 mesi, 13 giorni e 9 ore – Ezio Stati, ex consigliere della regione Abruzzo, è stato assolto per insussistenza del fatto dal Tribunale di Avezzano, nell'ambito di un procedimento celebrato nei suoi confronti e nei confronti della figlia, Daniela Stati, ex assessore regionale alla Protezione civile, per il reato di corruzione aggravata di cui agli articoli 319 e 319-bis del codice penale;

   dalla lettura delle carte processuali emerge chiaramente come la lunga vicenda procedimentale in discorso abbia preso avvio da errori macroscopici compiuti nella fase delle indagini, favoriti dai diversi «passaggi di consegne» che hanno caratterizzato l'incedere del procedimento: avviato su impulso della Procura di Pescara, quest'ultimo era stato, successivamente, trasferito per competenza alla Procura dell'Aquila, per approdare, infine, al Tribunale di Avezzano;

   ne è derivato il coinvolgimento di 27 magistrati, d'accusa e giudicanti, senza che nessuno di essi si sia avveduto, prima dell'intervento della sentenza definitiva di assoluzione, della circostanza che l'ipotesi accusatoria costruita nei confronti dell'indagato/imputato fosse viziata in radice;

   l'origine dell'addebito formulato a carico di Ezio Stati può, infatti, essere ravvisata in un equivoco sorto intorno ai contenuti di due conversazioni intercettate nell'ambito di un diverso procedimento, sulla cui erronea interpretazione sono state edificate le attività investigative e le correlative richieste degli organi inquirenti, che hanno finito per essere, a loro volta, assecondate acriticamente dai giudici, fino all'applicazione di una misura cautelare di custodia in carcere a danno dell'indagato. Che la matrice della vicenda, qui brevemente ripercorsa, sia stata costituita da un'«azzardata» e fallace lettura delle informazioni acquisite nel corso delle indagini è, del resto, dato che ha trovato conferma nel processo, per esplicita ammissione, in sede di udienza dibattimentale, da parte del testimone di polizia giudiziaria che aveva effettuato le intercettazioni di cui si è detto;

   il caso descritto intercetta, in maniera emblematica, un fenomeno patologico che interessa più in generale il nostro sistema giudiziario penale, nel quale, sovente, il procedimento finisce per rimanere ostaggio delle scelte compiute nelle primissime battute dell'inchiesta ed indirizzate all'approfondimento di assunti investigativi alimentati da rappresentazioni del fatto oggetto d'indagine improprie perché forgiate sulla base di chiaroscurali stime di verosimiglianza, anziché all'esito di una diligente ricostruzione delle risultanze dell'attività investigativa;

   alla luce delle devastanti conseguenze personali, familiari, sociali ed economiche subite dai cittadini che rimangono intrappolati in simili dinamiche disfunzionali, appare improcrastinabile una seria riflessione su un aspetto rimasto, anche nella recente riforma operata con il decreto legislativo n. 150 del 2022, completamente in ombra: vale a dire, il peso esercitato dalla polizia giudiziaria nella costruzione della investigazione e nella eziologia degli errori giudiziari;

   in questa cornice, occorre, in particolare, approntare un armamentario di regole che consentano, di fronte ad errori lampanti commessi dagli organi investigativi, l'attribuzione certa di una responsabilità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, per quanto di sua competenza, intenda valutare la sussistenza dei presupposti per attivare i propri poteri ispettivi rispetto alla vicenda descritta dall'interrogante, al fine di vagliare l'eventuale presenza di condotte sanzionabili dal punto di vista disciplinare;

   se e quali iniziative di carattere normativo ritenga opportuno adottare, per evitare che possano ripetersi in futuro vicende così gravemente disfunzionali.
(4-00998)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, deve essere innanzitutto posto in risalto che, come emerge dalle note estese dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale de L'Aquila e dal Tribunale di Avezzano, il primo dei citati uffici requirenti iscriveva in data 5 luglio 2010 il procedimento penale contrassegnato dal n. 6676/2010 registro generale notizie di reato nei confronti di S. D. e di S. S. in relazione al reato previsto e punito dagli articoli 319 e 321 codice penale, procedimento poi trasmesso per competenza territoriale il 7 luglio 2010 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale de L'Aquila.
  Tale ufficio requirente iscriveva pertanto il procedimento penale contrassegnato dal n. 2175/2010 registro generale notizie di reato. Nel corso dello stesso la Procura della Repubblica presso il Tribunale de L'Aquila richiedeva l'emissione di misure cautelari personali nei confronti degli indagati e, in data 26 luglio 2010, il Giudice per le indagini preliminari applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di S. E. ed altre misure cautelari personali nei confronti degli ulteriori indagati.
  In seguito alla richiesta di rinvio a giudizio avanzata nei confronti degli imputati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale de L'Aquila, il Giudice dell'udienza preliminare, accogliendo un'eccezione di incompetenza territoriale formulata in data 27 marzo 2012 dalle difese, emetteva sentenza di incompetenza per territorio ai sensi dell'articolo 21 del codice di procedura penale, ordinando la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avezzano.
  Ricevuti degli atti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avezzano iscriveva in data 4 giugno 2012 il procedimento penale contrassegnato dal n. 1351/2012 registro generale notizie di reato nei confronti di S. D., S. E., B. M., S. S. e A. V. in relazione al reato previsto e punito dagli articoli 319, 319-
bis, 81 comma 2 e 110 codice penale commesso in Avezzano dal 24 giugno 2009 al 31 dicembre 2009 e in relazione al reato previsto e punito dagli articoli 321, 81 comma 2 e 110 codice penale commesso in Avezzano dal 24 agosto 2009 al 31 dicembre 2009.
  In data 12 marzo 2013 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avezzano chiedeva il rinvio a giudizio degli imputati ma il Giudice dell'udienza preliminare il 3 dicembre 2013 restituiva gli atti all'organo requirente avendo rilevato la sussistenza di una nullità.
  In data 9 giugno 2014 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avezzano chiedeva nuovamente il rinvio a giudizio degli imputati.
  Il Giudice dell'udienza preliminare fissava l'udienza preliminare per il 14 aprile 2015 e, all'esito delle udienze celebrate in data 12 maggio 2015, 15 settembre 2015 e 12 gennaio 2016, disponeva il rinvio a giudizio degli imputati per l'udienza del 15 dicembre 2016 dinanzi al Tribunale di Avezzano in composizione collegiale.
  Il Tribunale di Avezzano in composizione collegiale, all'esito del dibattimento (protrattosi lungo 12 udienze), in data 15 dicembre 2022 assolveva gli imputati dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste (sentenza poi depositata il 3 febbraio 2023).
  Durante il dibattimento, svoltosi in un arco temporale di certo non breve, soltanto in 2 casi è stato disposto un mero rinvio (in una evenienza per precarietà della composizione del collegio e nell'altra a cagione della emergenza epidemiologica), mentre in tutte le altre udienze si è provveduto alla trattazione e alla decisione di questioni preliminari, allo svolgimento di attività istruttoria e alla rinnovazione dell'attività dibattimentale posta in essere dinanzi a un collegio diversamente composto.
  Nella sentenza di assoluzione emessa in data 15 dicembre 2022, la questione relativa alla inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche eseguite nell'ambito di un diverso procedimento penale è stata risolta dal collegio in senso opposto rispetto alla decisione assunta dal collegio diversamente composto che aveva deciso le questioni preliminari all'udienza celebrata in data 9 febbraio 2017, in ragione della evoluzione giurisprudenziale nel frattempo intervenuta (confronta S. U., sentenza del 28 novembre 2019, n. 51, la quale ha affermato il seguente principio di diritto «...in tema di intercettazioni, il divieto di cui all'art. 270 cpp di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza – non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi ex art. 12 cpp a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'art. 266 cpp...»).
  Nel caso di specie, il Tribunale di Avezzano in composizione collegiale escludeva la sussistenza della connessione tra i procedimenti penali e, sebbene i risultati delle intercettazioni disposte nel diverso procedimento fossero state ritenute indispensabili per l'accertamento dei reati per i quali si procedeva, ne escludeva l'utilizzabilità per difetto del requisito della previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza ai sensi dell'articolo 380 del codice di procedura penale; né, tanto meno, si riteneva di potere qualificare le conversazioni intercettate come corpo di reato.
  Ne conseguiva che, venuti meno i risultati delle intercettazioni telefoniche, in mancanza di ulteriore materiale probatorio rilevante «...si è imposta l'assoluzione degli imputati...».
  Sulla scorta di tutto quanto sinora esposto nel dettaglio, va quindi affermato che l'esito del procedimento penale contrassegnato dal n. 1351/2012 registro generale notizie di reato P. M. Tribunale Avezzano non sia stato frutto di errori verificatisi nella fase delle indagini preliminari, quanto piuttosto di una fisiologica attività di valutazione delle prove e di interpretazione delle norme di diritto che (segnatamente in considerazione del mutamento di giurisprudenza intervenuto, come sopra segnalato) non può mai dare luogo a responsabilità disciplinare ai sensi dell'articolo 2 comma 2 del decreto legislativo n. 109 del 2006.
  In particolare, risulta che il compendio probatorio acquisito, era essenzialmente fondato sugli esiti del servizio di sorveglianza elettronica; all'esito del dibattimento è stata accolta l'eccezione difensiva volta ad ottenere la declaratoria di inutilizzabilità di tali esiti, in quanto relativi a un diverso procedimento penale e acquisiti in assenza dei presupposti richiesti dall'articolo 270 del codice di procedura penale, con conseguente assoluzione degli imputati.
  Pertanto, non rilevandosi anomalie nell'operato dei magistrati occupatisi del procedimento penale in esame, non si ravvisa la sussistenza delle condizioni per l'attivazione dei «...poteri ispettivi...» di competenza di questo Ministro.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   KELANY, FILINI, PULCIANI, GIORGIANNI e RUSPANDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato su «La Verità» il 19 febbraio 2023, dal titolo «Presunta truffa di Gedi, per ora pagano soltanto i prepensionati», si apprende che emergono novità in merito all'inchiesta sulla presunta frode operata dal gruppo editoriale Gedi ai danni dell'Inps, inchiesta che coinvolge oltre 100 dipendenti (in gran parte ex) e 5 società dello stesso gruppo, oltre a due funzionari dell'Inps tacciati di infedeltà e altre figure minori;

   si apprende infatti che l'Istituto di previdenza, dopo aver revocato in autotutela l'erogazione di alcune prestazioni pensionistiche ad alcuni ex dipendenti del gruppo Gedi sotto inchiesta, sta procedendo anche alla richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite;

   tale inchiesta, portata avanti dalla procura di Roma, divenne fatto di cronaca nel dicembre 2021, quando i magistrati ordinarono nei confronti del gruppo Gedi un sequestro preventivo di circa 38 milioni di euro, corrispondenti all'ipotizzato «illecito risparmio dei costi del personale» realizzato dal gruppo editoriale attraverso manovre che avrebbero causato all'Inps danni per decine di milioni di euro;

   in particolare, secondo quanto riportato dagli organi di informazione, per poter ottenere i vantaggi previdenziali le frodi organizzate sarebbero state di quattro tipi: fittizi demansionamenti di dirigenti a quadro per ottenere i requisiti previsti dalla normativa di settore per i prepensionamenti; illeciti riscatti di annualità asseritamente lavorate, per le quali non risultavano i relativi versamenti contributivi (con i libretti di lavoro che sarebbero stati falsificati); utilizzo come collaboratori di dipendenti prepensionati in quanto falsamente indicati come esuberi; trasferimenti di personale, in diversi casi fittizi, eseguiti per poter accedere «indebitamente» alle agevolazioni previdenziali;

   sui media nazionali si scrive che l'inchiesta dei magistrati si basa su accuse che vanno dalla truffa aggravata ai danni dello Stato, all'accesso abusivo al sistema informatico, alla responsabilità amministrativa per cinque aziende del gruppo;

   inoltre, per i titolari dell'inchiesta, le operazioni del gruppo Gedi sarebbero avvenute «a discapito (...) della libera concorrenza nel settore commerciale di riferimento», con evidente enorme danno per tutti i competitori, particolarmente grave in un settore in crisi come quello dell'editoria; a tal proposito, è bene ricordare come il gruppo Gedi sia stato l'editore del settimanale L'Espresso, fino al luglio 2022, e sia tuttora l'editore dei quotidiani La Repubblica e La Stampa, nonché di diversi altri quotidiani, periodici, emittenti radiofoniche e televisive;

   lo scorso mese di maggio 2022 i magistrati titolari dell'inchiesta hanno firmato l'avviso di conclusione delle indagini nei confronti di 101 persone e cinque aziende del gruppo Gedi ma, da quanto si apprende dai media, la procura di Roma non avrebbe ancora formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio per gli indagati, e nemmeno sembrerebbe stata fissata la data dell'udienza preliminare;

   visto che l'indebita percezione degli assegni sarebbe riconducibile a un unico originario disegno criminale, il termine di prescrizione decorrerebbe dagli ultimi pagamenti da parte dell'Inps, ovvero quelli del 2022;

   il ritardo nell'esercizio dell'azione penale, quindi la richiesta di rinvio a giudizio, rischia di far cadere in prescrizione diverse annualità nel corso delle quali il sistema truffaldino avrebbe operato, con un indubbio vantaggio per gli indagati, in caso di condanna, ma soprattutto un notevole danno per lo Stato;

   a rendere la questione ancora più paradossale, a parere dell'interrogante è il fatto che il fascicolo penale sia stato aperto nel 2018 e l'avviso di chiusura delle indagini sia intervenuto solamente nella primavera del 2022 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   occorrerebbe scongiurare il verificarsi dell'inaccettabile circostanza che un evento di così grave portata, che riguarda non solo un presunto danno all'erario, ma anche la tutela della libera informazione, elemento cardine della nostra società e del nostro Stato, cada in prescrizione, senza che le eventuali responsabilità degli indagati vengano accertate dalla magistratura –:

   di quali elementi disponga sulla vicenda di cui in premessa, e se ritenga di valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive.
(4-00829)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, deve essere posto in evidenza che dalla relazione estesa dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma emergevano le seguenti circostanze di fatto in merito al procedimento penale contrassegnato dal n. 10410/2018 Registro generale notizie di reato, avente ad oggetto, come esposto nella interrogazione, la «...presunta frode operata dal gruppo editoriale GEDI ai danni dell'Inps, inchiesta che coinvolge oltre 100 dipendenti (in gran parte ex) e 5 società dello stesso gruppo, oltre a 2 funzionari dell'Inps tacciati di infedeltà e altre figure minori..».
  Invero il procedimento penale contrassegnato dal n. 10410/2018, Registro generale notizie di reato, iscritto a mod. 21 in data 8 marzo 2018, comportava lo svolgimento di indagini articolate (anche con attività tecniche) e complesse, in ragione dell'elevato numero degli indagati (106, di cui 101 persone fisiche e 5 società).
  All'esito dell'attività investigativa, la parte pubblica in data 6 ottobre 2021 chiedeva al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma l'emissione di un decreto di sequestro preventivo.
  Il Giudice per le indagini preliminari in data 9 dicembre 2021 concedeva il domandato provvedimento di coercizione reale «...nella misura di oltre 38 milioni di euro nei confronti di una serie di società facenti parte del gruppo editoriale GEDI...». Tale provvedimento trovava esecuzione in data 29 dicembre 2021 e attingeva una pluralità di beni (tant'è vero che il relativo verbale risultava articolato in ben 32 punti). Il decreto di sequestro preventivo emesso in data 9 dicembre 2021 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma non veniva impugnato dagli interessati.
  A partire dalla data del 24 maggio 2022 veniva quindi notificato a tutti i 106 indagati (101 persone fisiche e 5 società) l'avviso di conclusione delle indagini preliminari previsto dall'articolo 415-
bis del codice di procedura penale, venivano svolti gli interrogatori richiesti e venivano esaminate le memorie difensive depositate (deposito che avveniva da ultimo in data 27 aprile 2023).
  Nell'avviso previsto dall'articolo 415-
bis del codice di procedura penale erano contestati agli indagati i seguenti reati: al capo A) della rubrica il delitto di truffa pluriaggravata ai sensi degli articoli 110, 112, 640 comma 2 n. 1 e 61 n. 7 del codice penale (descritto in 9 pagine) commessa dall'anno 2009 con condotta ancora in atto al momento dell'emissione dell'avviso medesimo; al capo B) della rubrica il delitto di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico pluriaggravato ai sensi degli articoli 110, 117, 615-ter comma 2 n. 1 e comma 3, 61 n. 2 del codice penale commesso al fine di realizzare le condotte descritte al capo A) della rubrica; al capo C) della rubrica l'illecito amministrativo di cui agli articoli 5 e 24 comma 1 del decreto legislativo n. 231/2001 accertato nel mese di giugno dell'anno 2019 con maturazione del profitto ancora in corso; al capo D) della rubrica il delitto di truffa pluriaggravata ai sensi degli articoli 81 cpv., 110, 112, 640 comma 2 n. 1, 61 n. 7 del codice penale con condotte commesse dall'anno 2001 sino all'attualità.
  La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma procedeva altresì ad avviare contatti con i difensori delle società coinvolte per la possibile definizione delle posizioni delle stesse con un rito alternativo, previo risarcimento del danno cagionato all'Inps.
  Alla luce di tutte le circostanze di fatto sinora passate analiticamente in rassegna, appare possibile affermare che nessun addebito disciplinare sia ascrivibile ai magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma che si sono occupati della vicenda processuale tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo, non essendo emersi elementi sintomatici di una grave e colpevole inerzia nella conduzione delle indagini preliminari, protrattesi in ragione della complessità e della molteplicità delle investigazioni svolte, peraltro nei confronti di un elevato numero di persone fisiche e giuridiche.
  Invero le iniziative assunte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, quali la richiesta di emissione del decreto di sequestro preventivo (composta da ben 233 pagine) – accolta dal Giudice per le indagini preliminari e non impugnata dagli interessati – che ha comportato un minuzioso esame di innumerevoli atti e degli esiti dell'attività tecnica disposta e le interlocuzioni con i difensori delle società coinvolte al fine della possibile definizione delle posizioni delle stesse con un rito alternativo previo risarcimento del danno cagionato all'Inps, costituiscono dati concreti che dimostrano con palmare evidenza l'attenzione riservata dalla medesima parte pubblica, nell'ambito degli strumenti previsti dalla legge, alle vicende illecite oggetto di imputazione.
  La dilatazione dei tempi processuali, stante l'elevato numero degli indagati, è stata peraltro inevitabilmente cagionata dalla necessità di perfezionare le notifiche dell'avviso previsto dall'articolo 415
-bis del codice di procedura penale, di svolgere gli interrogatori richiesti e di esaminare le memorie difensive depositate (deposito che avveniva da ultimo in data 27 aprile 2023).
  Con specifico riguardo alla complessità del procedimento penale contrassegnato dal n. 10410/2018 Registro generale notizie di reato del pubblico ministero del tribunale di Roma, dalla motivazione del decreto di sequestro preventivo emesso in data 9 dicembre 2021 dal Giudice per le indagini preliminari risultava che le indagini, concernenti l'ipotesi di truffa aggravata ai danni dell'Inps da parte di numerosi dipendenti di società controllate dalla spa GEDI – capogruppo dell'omonimo gruppo editoriale – (come già evidenziato si tratta di un procedimento nei confronti di 101 indagati e di 5 società), venivano condotte da militari del nucleo di polizia economico finanziaria di Roma della Guardia di finanza (coordinati e diretti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma) e confluivano in 7 annotazioni, rispettivamente del 24 giugno 2019, del 31 luglio 2019, del 20 gennaio 2020, del 28 gennaio 2021, del 25 febbraio 2021, del 14 aprile 2021 e del 25 giugno 2021, estese sulla base:
a) dell'analisi della copiosa documentazione, in formato sia cartaceo sia digitale, sequestrata e/o acquisita presso le società del gruppo GEDI e presso vari uffici dell'Inps e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; b) della escussione di molteplici soggetti; c) della esecuzione di attività tecnica di intercettazione telefonica e ambientale.
  Gli accertamenti eseguiti, in particolare, consentivano di ricostruire 4 ingegnosi meccanismi di frode, così riassunti nel decreto di sequestro preventivo emesso in data 9 dicembre 2021 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma:
  fittizi demansionamenti di personale dirigenziale a quadro, in alcuni casi seguiti anche da falsi trasferimenti o transiti, al fine di consentire al personale interessato di essere posto in prepensionamento pur non possedendo i requisiti previsti dalla normativa di settore;
  illeciti riscatti di annualità pregresse, asseritamente lavorate e per le quali non risultavano i relativi versamenti contributivi, mediante l'istituto della rendita vitalizia, pagati dal personale interessato con somme di denaro provenienti dalle aziende del gruppo GEDI. Tale riscatto era finalizzato al raggiungimento dei requisiti contributivi minimi (1664 settimane lavorative) necessari per potere accedere al prepensionamento; utilizzo come collaboratori esterni, in società ricomprese nel gruppo GEDI, di dipendenti già posti in prepensionamento in quanto falsamente indicati come esuberi. In questo modo il gruppo GEDI scaricava sull'Inps gran parte del costo del personale coinvolto;
  trasferimenti di personale eseguiti (in svariati casi solo cartolarmente) al fine di potere accedere indebitamente alle procedure di prepensionamento previste per la sede/società di destinazione.
  Ebbene, non sembra che il superamento dei termini di durata delle indagini preliminari sia ascrivibile a negligenza inescusabile da parte del pubblico ministero titolare delle investigazioni né che il ritardo nel compimento degli atti possa reputarsi ingiustificato. Invero, posto che in relazione ai reati oggetto di contestazione appare prospettabile un termine di durata delle indagini preliminari che, tenuto conto delle proroghe richiedibili in relazione alla complessità del processo, della sospensione dei termini nel periodo feriale e del termine di 3 mesi per l'emissione del provvedimento definitorio ai sensi dell'articolo 407 del codice di procedura penale, è pari ad anni 2 e mesi 5 dalla data dell'iscrizione, si ritiene che lo sforamento del termine di durata delle indagini preliminari non sia dipeso da colpevoli inerzie del magistrato assegnatario del procedimento penale contrassegnato dal n. 10410/2018 Registro generale notizie di reato del pubblico ministero di Roma.
  Al riguardo va osservato che le 7 annotazioni estese dal nucleo di polizia economico finanziaria di Roma della Guardia di finanza venivano depositate a partire dal 24 giugno 2019 e sino al 25 giugno 2021 e deve ragionevolmente considerarsi che, prima del deposito dell'ultima annotazione, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma non fosse nelle condizioni di potere valutare in maniera complessiva la congerie di elementi probatori utili per le proprie finali determinazioni.
  Risultano, inoltre, non ingiustificati e in ogni caso non riferibili a inerzie dovute a negligenze inescusabili i tempi occorsi per la valutazione degli elementi probatori compendiati nelle suddette annotazioni, l'ultima delle quali depositata in data 25 giugno 2021, e per la stesura della richiesta di sequestro preventivo, la cui motivazione è di dimensioni superiori alle 200 pagine; egualmente non ingiustificato né riferibile a colpevoli inerzie appare l'ulteriore lasso di tempo di circa 6 mesi, sino al 24 maggio 2022, utilizzato per l'emissione dell'avviso previsto dall'articolo 415
-bis del codice di procedura penale, tenuto conto dell'intervallo cronologico necessario per l'elaborazione del medesimo avviso, contenente capi di imputazione che descrivono condotte illecite estremamente complesse e articolate nei confronti di 106 soggetti (101 persone fisiche e 5 società).
  Deve essere poi sottolineato che il momento della valutazione da parte del pubblico ministero degli atti, delle richieste e delle memorie depositate dagli indagati in seguito alla notifica dell'avviso previsto dall'articolo 415
-bis del codice di procedura penale riveste una fondamentale importanza per un duplice motivo.
  Innanzitutto, in quanto ciò rappresenta il delicato momento di valutazione (l'ultimo della fase delle indagini preliminari) da parte dell'organo dell'accusa, chiamato a valutare se esercitare l'azione penale nei confronti dell'indagato; è evidente, pertanto, il carattere cruciale di questo momento, che segna l'eventuale passaggio dalla qualità di indagato a quella di imputato, con tutte le conseguenze pregiudizievoli dallo stesso derivanti.
  Per altro verso va rimarcata l'estrema importanza della corretta esecuzione degli adempimenti, previsti a pena di nullità, dell'atto di impulso processuale che necessariamente precede l'esercizio dell'azione penale ad opera della parte pubblica; invero la nullità derivante dai vizi verificatisi nella esecuzione di tali adempimenti determina, a cascata, la nullità di tutti gli atti conseguenti a norma dell'articolo 185 del codice di procedura penale. A questo proposito dalla nota estesa dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma si apprendeva che «...sono stati espletati gli interrogatori richiesti e sono state esaminate le memorie difensive depositate (l'ultima depositata in data 27 aprile 2023...», dovendosi peraltro considerare che le operazioni di notifica costituiscono un'attività complessa, soprattutto ove rivolte nei confronti di un numero così elevato di indagati, non tutti agevolmente raggiungibili.
  Va, altresì, ricordata la delicatezza e l'importanza di tale stadio procedimentale, in cui può addivenirsi, ai sensi dell'articolo 447 del codice di procedura penale, a una richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari, con evidenti effetti deflattivi rispetto alla laboriosità dell'eventuale dibattimento, nonché con possibilità che nell'ambito della negoziazione della pena tra le parti trovi ingresso e si realizzi un effetto risarcitorio, in questo caso a vantaggio dell'ente pubblico – ossia l'Inps – individuato come persona offesa dei reati oggetto di contestazione; a questo proposito risulta essenziale la ponderazione delle distinte posizioni processuali e la conseguente modulazione delle proposte di scelta di un rito pattizio da parte del titolare della pubblica accusa, attività che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma rappresentava di avere intrapreso nel caso di specie, laddove evidenziava che «...sono stati avviati contatti con le difese delle società coinvolte per la definizione del procedimento con un rito alternativo previo risarcimento del danno subito dall'INPS...».
  In ultimo si osserva che, tenuto conto nella situazione concreta che ci occupa del momento di commissione delle condotte delittuose oggetto di contestazione (al riguardo, nella data di consumazione del reato, vi è l'indicazione di «...reato in atto...» e di «...reato in corso...»), non si rilevano profili di criticità sotto l'aspetto dello spirare dei termini di prescrizione delle stesse ai sensi dell'articolo 157 del codice penale.
  In conclusione, non risulta nel caso di specie configurabile l'illecito disciplinare previsto dall'articolo 2 comma 1 lettera
q) del decreto legislativo n. 109/2006 che la consolidata giurisprudenza sia di merito sia di legittimità, individua in ipotesi di grave, reiterato e ingiustificato ritardo nel compimento delle indagini preliminari.
  In particolare, la recente ma ormai consolidata giurisprudenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (sentenza n. 166 del 2022 e sentenza n. 150 del 2022) afferma che «...la condotta del P. M. che ritardi le definizioni procedimentali integra l'illecito disciplinare di cui agli articoli 1 e 2 comma 1 lettera
q) del decreto legislativo n. 109/2006 laddove tale ritardo sia grave, reiterato e ingiustificato, in quanto il principio della ragionevole durata del processo penale si applica anche alla fase delle indagini preliminari e il principio della obbligatorietà della azione penale comporta un controllo sull'esercizio dell'azione penale...».
  Anche la giurisprudenza di legittimità (Sezioni unite, sentenza n. 37017 del 26 novembre 2021) si è espressa nel senso della riconducibilità all'illecito disciplinare previsto dall'articolo 2 comma 1 lettera
q) del decreto legislativo n. 109/2006 del «...comportamento del Pubblico Ministero che, scaduti i termini delle indagini preliminari, ritardi in maniera reiterata, grave e ingiustificata la definizione dei procedimenti assegnatigli, non procedendo all'esercizio dell'azione penale o alla richiesta di archiviazione...».
  Nella situazione concreta che ci occupa, prima ancora dell'elemento della eventuale reiterazione delle condotte, risulta insussistente quello del grave e ingiustificato ritardo nella definizione del procedimento penale contrassegnato dal n. 10410/2018 Registro generale notizie di reato del pubblico ministero del tribunale di Roma, atteso che i tempi di definizione dello stesso sono stati determinati, piuttosto che dalla colpevole inerzia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, dalla peculiarità della vicenda come sopra rappresentata, in dipendenza del numero elevatissimo di indagati nonché della complessità delle indagini, elementi questi che hanno certamente influito sulla lunga durata del medesimo procedimento.
  Pertanto, non rilevandosi anomalie nell'operato dei magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma che avevano ad occuparsi del procedimento penale contrassegnato dal n. 10410/2018 del Registro generale notizie di reato, non si ravvisa la sussistenza dei presupposti per «...l'avvio di iniziative ispettive...» di competenza di questo Ministro.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   MORRONE, GIGLIO VIGNA e MOLINARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa, si apprende dell'intervista alla dottoressa Gabriella Viglione, procuratore capo ad Ivrea, nella quale si legge di una procura costretta, ad oggi, ad arruolare volontari dei carabinieri e del personale in congedo per fronteggiare le carenze di organico. La procura di Ivrea continua di conseguenza, a cancellare servizi;

   «nel 2022, cioè da quando sono arrivata io, abbiamo perso otto amministrativi – spiega la procuratrice capo Gabriella Viglione –. Abbiamo dovuto chiudere tre uffici: l'ultimo è quello ignoti, che aveva 11mila fascicoli che saranno redistribuiti sulle segreterie dei singoli magistrati, che ne hanno già migliaia arretrati. Quello del giudice di pace e degli affari civili, dove i magistrati avevano molte incombenze, erano stati già chiusi»;

   la procura di Ivrea, per i magistrati, è il posto di lavoro peggiore di tutta Italia. Si contano quasi duemila fascicoli per magistrato. A rivelarlo sono i numeri riportati in uno studio del Consiglio superiore della magistratura: 1.940 fascicoli pendenti sulle scrivanie di ogni magistrato, un carico di lavoro che supera di gran lunga quello di altre procure, come ad esempio quella di Busto Arsizio, di gran lunga inferiore allo speciale record dell'ufficio giudiziario eporediese con 1.435 fascicoli per magistrato;

   a confronto con altre città, come Rieti con 986 fascicoli, Reggio Emilia con 966, Biella con 935, Alessandria con 601, Torino con 589, Novara con 557, Vercelli con 507, Verbania con 433, Cuneo con 215 e Asti con 212, Ivrea risulta essere la città con la maggior mole di lavoro;

   tuttavia, i numeri sono del tutto teorici e nella pratica la situazione peggiora notevolmente. Infatti, i dati raccolti al 31 dicembre 2021 si basano sulle piante organiche dei magistrati e non sugli effettivi in servizio. In realtà, su 10 magistrati previsti, solo 9 sono presenti a Ivrea, il che significa che la mole di lavoro aumenta a circa 2.500 fascicoli per ogni magistrato;

   la situazione è ancora più complessa. Infatti, la scopertura di magistrati non è l'emergenza più drammatica per l'ufficio giudiziario eporediese. La pianta organica degli impiegati amministrativi, infatti, non è mai stata adeguata dalla riforma della geografia giudiziaria in poi, che ha triplicato il territorio sotto il controllo dei pm eporediesi, senza assegnare il personale adeguato;

   oggi gli impiegati previsti sono 32, ma negli uffici ce ne sono soltanto 18, il che significa che i dipendenti svolgono il lavoro di 4-5 persone. Inoltre, i numeri della polizia giudiziaria sono irregolari: dovrebbero essere due per magistrato, e invece sono soltanto 8; non si riesce a far fronte alle malattie, alle maternità, ai distacchi, perché il personale mancante non viene sostituito;

   mancano anche le figure apicali: non c'è il direttore amministrativo e sono solo 5 i funzionari. Infine è stato ridimensionato il ruolo del giudice di pace e l'ufficio affari civili e i fascicoli ignoti sono finiti tutti sulla scrivania della procuratrice capo;

   la situazione, figlia di una riforma della geografia giudiziaria che ha assegnato al tribunale un'estensione mostruosa, senza i necessari organici, ha ormai superato la drammaticità, la giustizia non riesce a fare il suo corso e la situazione è ingestibile. I cittadini che vivono nel territorio hanno un terzo delle possibilità in meno degli altri italiani di ricevere giustizia –:

   quali iniziative siano in itinere o saranno al più presto adottate per contrastare la crisi endemica di personale che affligge e rallenta la giustizia presso la procura di Ivrea.
(4-00988)

  Risposta.Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, deve essere in primo luogo sottolineato che la scopertura media nazionale del personale amministrativo si attesta al 24,79 per cento, in relazione alla pianta organica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 aprile 2022 n. 54.
  Quanto alle specifiche iniziative poste in essere per fare fronte a tale scopertura, corre l'obbligo di evidenziare l'imponente attività di reclutamento che questo Dicastero ha avviato a livello nazionale sin dall'anno 2020. In particolare, siffatto impegno ha consentito l'assunzione di 8.625 risorse umane nell'intero territorio nazionale.
  Trattasi, peraltro, di una quantificazione che può definirsi per difetto in quanto non tiene conto delle assunzioni concernenti gli addetti all'ufficio per il processo e il personale a supporto dell'ufficio per il processo.
  Di conseguenza, alle citate 8.625 assunzioni dovrebbero essere in realtà aggiunte anche le 11.879 unità relative ai profili di addetto all'ufficio per il processo e di personale a supporto dell'ufficio per il processo, giungendo così a un totale di 20.504 assunzioni. In proposito giova rammentare che tra gli scopi dell'ufficio per il processo vi è,
in primis, quello dell'abbattimento dell'arretrato, funzionale a un più concreto efficientamento del comparto giustizia.
  L'obiettivo auspicato, pur trattandosi di assunzioni a tempo determinato, è quello di riuscire a raggiungere – nell'arco temporale considerato – una
performance degli uffici giudiziari idonea a consentire una più ottimale gestione dei carichi di lavoro anche per il futuro.
  Venendo adesso alla tematica affrontata nell'atto di sindacato ispettivo, va ricordato che nella Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea (in cui a partire dall'anno 2020 sono avvenute 6 assunzioni), a fronte di una dotazione organica di 29 unità, prestano servizio 19 risorse umane, registrandosi una scopertura del 34 per cento.
  Quanto alle vacanze registrate nei vari profili, queste interessano le seguenti figure professionali: cancelliere (3 vacanze su 5 posti in organico), assistente giudiziario (1 su 8) e operatore giudiziario (2 su 5).
  Si segnala, inoltre, che risultano scoperte le figure professionali di direttore e di conducente di automezzi mentre sono completamente soddisfatte quelle di ausiliario e di funzionario giudiziario.
  Si sottolinea poi che dal piano triennale dei fabbisogni 2023-2025 emerge chiaramente la volontà di questo Dicastero di sopperire quanto più possibile alle carenze di personale amministrativo, ciò che di certo determinerà effetti positivi anche in relazione all'organico della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea.
  Non solo, la previsione di procedure volte alla stabilizzazione del personale amministrativo assunto a tempo determinato allo scopo di non disperdere le competenze acquisite nonché la previsione, in deroga alla normativa vigente, della validità delle graduatorie dei concorsi svolti in periodo pandemico consentono di meglio finalizzare l'attività di reclutamento.
  Le attività di reclutamento previste nell'arco temporale che va dal 2023 al 2025 concernono complessivamente 1.051 unità dell'area funzionari, 6.624 dell'area assistenti e 179 dell'area dirigenti, per un totale di ben 7.854 risorse umane.
  A ciò vi è da aggiungere il contingente di 3.691 unità di personale amministrativo non dirigenziale per le quali l'autorizzazione a bandire e ad assumere, in aggiunta alle facoltà assunzionali, è prevista da varie fonti normative, divise in 1.967 funzionari e 1.724 assistenti.
  Giova poi segnalare che in data 28 febbraio 2023 è stata disposta la proroga della scadenza dei contratti individuali di lavoro a tempo determinato sottoscritti dal personale assunto con la qualifica di operatore giudiziario nonché la contestuale assunzione a tempo indeterminato (stabilizzazione) presso le sedi in cui prestavano servizio alla data del 30 maggio 2022 degli operatori giudiziari che, previa accettazione della proroga del contratto a tempo determinato, matureranno il suddetto requisito alle nuove scadenze contrattuali, con decorrenza dal giorno successivo a tale scadenza (decorrenza stabilizzazione).
  Si evidenzia, infine, che allo scopo di fronteggiare le ulteriori criticità che nel frattempo dovessero sopravvenire, determinate dal pensionamento di unità di personale ovvero da altre situazioni soggettive di carattere temporaneo (maternità, malattia etc.), l'organico del personale amministrativo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea potrà essere implementato facendo ricorso all'istituto della mobilità temporanea del personale, previsto dall'articolo 20 dell'accordo sottoscritto in data 15 luglio 2020.
  Passando adesso al personale di magistratura, deve essere innanzitutto ricordato che la riforma della geografia giudiziaria, prevista con la legge delega n. 148 del 2011, ha inteso razionalizzare la dislocazione territoriale degli uffici giudiziari di primo grado, garantendo la permanenza dei tribunali nei comuni capoluogo di provincia e assicurando la permanenza di almeno 3 tribunali, e delle relative procure della Repubblica, in ogni distretto di corte di appello.
  L'auspicato obiettivo era all'evidenza di
spending review, riducendosi il numero degli uffici giudiziari con l'allocazione delle risorse disponibili in funzione dei carichi di lavoro.
  Il tema rimane anche politicamente sensibile, perché ogni qualvolta si ipotizza la soppressione di una struttura giudiziaria emergono inevitabili critiche e contrapposizioni tra chi vuole mantenere lo
status quo e chi, invece, ritiene che sia più razionale e più efficiente accorpare gli uffici giudiziari.
  In ogni caso si deve ritenere che la riforma della geografia giudiziaria non abbia dato gli esiti sperati.
  Stiamo affrontando siffatta problematica al fine di trovare le soluzioni più idonee, tenendo anche presente che dal 1° settembre 2015 vi è stato il trasferimento dai comuni al Ministero della giustizia delle spese obbligatorie di funzionamento per gli uffici giudiziari, circostanza che ha accresciuto in misura considerevole gli oneri economici ministeriali relativi al mantenimento dei presidi stessi.
  Di recente, sono stati formati dei gruppi di lavoro per verificare la possibilità di conciliare l'efficienza del sistema giudiziario – mediante la razionalizzazione delle risorse, la digitalizzazione e l'informatizzazione – con la doverosa risposta di giustizia di prossimità che lo Stato deve garantire, soprattutto, nelle sedi più disagiate (giustizia di prossimità non compiutamente e sufficientemente assicurata dal solo progetto Polis).

  In tale direzione, questo Governo ha già prorogato alla data del 1° gennaio 2025 il rinvio della soppressione dei Tribunali dell'Abruzzo (articolo 8 comma 8-ter del decreto-legge n. 198 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 14 del 2023) e ha all'esame la possibile riapertura di uffici giudiziari già soppressi anche con eventuale rimodulazione delle relative competenze territoriali.
  La priorità del nostro intervento ha anche imposto l'inserimento di un disegno di legge già nel collegato alla legge di bilancio 2023 e quindi nel documento di economia e finanza licenziato dal Consiglio dei Ministri.
  Va a questo punto ricordato che la riforma della geografia giudiziaria ha comportato l'attribuzione al Tribunale di Ivrea della competenza sul territorio delle due soppresse sezioni distaccate del Tribunale di Torino, specificamente di Ciriè (con esclusione del comune di Caselle Torinese) e di Chivasso, per un totale di complessivi 328.000 abitanti e di 1.422 chilometri quadrati.
  All'esito delle descritte modifiche il circondario di Ivrea ha conseguito dimensioni (circa 517.000 abitanti e circa 3.041 chilometri quadrati) compatibili con gli
standard di riferimento adottati.
  In tale contesto la pianta organica della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea è stata ampliata di 2 posti di sostituto procuratore.
  Successivamente le esigenze degli uffici giudiziari sono state riconsiderate nell'ambito del complessivo progetto di ridefinizione delle piante organiche del personale di magistratura, perfezionatosi, per gli uffici di primo grado, con il decreto ministeriale del 1° dicembre 2016, con il quale si è disposto l'ampliamento di 1 posto di sostituto procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea.

  Più di recente, con il decreto ministeriale del 14 settembre 2020 la pianta organica della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea è stata ulteriormente incrementata di 3 unità, in considerazione del rilevante numero di procedimenti penali iscritti e delle pendenze pro capite superiori alla media nazionale.
  Indubbi benefici per gli uffici giudiziari in generale – e pertanto anche per la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea – potranno derivare dall'introduzione delle piante organiche flessibili distrettuali da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto di corte di appello che presentino condizioni critiche di rendimento.
  In questo modo si è voluto dotare i distretti di corte di appello di una vera e propria
task force da destinare a supporto agli organici esistenti per rispondere, con maggiore efficacia, alle peculiari esigenze in tema di smaltimento dell'arretrato e per fare fronte a eventi di carattere eccezionale.
  Con il decreto ministeriale del 23 marzo 2022, che ha istituito le piante organiche flessibili distrettuali, si è individuato sia il contingente nazionale complessivo di siffatte piante organiche, fissato in 179 unità – di cui 125 con funzioni giudicanti e 54 con funzioni requirenti – sia i contingenti destinati ai singoli distretti di corte di appello.
  Il menzionato provvedimento ha stabilito per il distretto di corte di appello di Torino i posti sia per le funzioni giudicanti (6 unità) sia per le funzioni requirenti (3 unità), di talché la pianta organica flessibile del distretto è stata determinata in complessive 9 unità.
  Al momento la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea presenta scoperture in 1 posto di sostituto procuratore (sui 9 in organico) e in 4 posti di vice procuratore onorario (sugli 8 in organico).

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ONORI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Venezuela, al 1° gennaio 2022, risultano presenti 106.066 cittadini italiani iscritti all'AIRE (dati RIM, Migrantes);

   come riportato, l'11 aprile 2023, dal Fatto Quotidiano, a febbraio 2020, viene firmato, al Centro Italo-venezuelano di Caracas, l'atto costitutivo della «Fondazione per l'ospedale italiano del Venezuela» volta a offrire assistenza gratuita agli indigenti e servizi medici in convenzione agli emigrati italiani. «Questo ospedale è tra le cose più importanti che il governo ha fatto per gli italiani all'estero», dichiarava all'epoca il sottosegretario Ricardo Merlo;

   a distanza di circa tre anni, dell'ospedale non c'è traccia, pare esista solamente un ufficio virtuale che offre cure a pagamento presso costose cliniche private di Caracas;

   come ricostruito giornalisticamente, nel 2020, nell'intento di promuovere una fondazione che consentisse ai cittadini italiani di ricevere prestazioni sanitarie in convenzione presso strutture selezionate, l'ambasciatore italiano in loco, ha nominato un Comitato promotore e un Consiglio direttivo fino alla costituzione dell'assemblea dei soci. Poi, il 26 ottobre 2021 il Consiglio direttivo ha introdotto unilateralmente pesanti modifiche allo statuto: aumentando la quota associativa, cancellando gli altri organi e allungando notevolmente il termine del proprio mandato a cinque anni rinnovabili;

   nel contesto, è divenuto Presidente dell'«ospedale fantasma» Ugo Di Martino, fondatore di un patronato per gli emigranti (Ita Uil), un tempo anche presidente del Comitato degli italiani all'estero (Comites). Fino a dicembre 2021 presiedeva inoltre il coordinamento dei comitati venezuelani (Intercomites), carica per cui entra «d'ufficio» nel direttivo di cui sopra;

   in base alle ricostruzioni del Fatto Quotidiano, Di Martino avrebbe usato le risorse della fondazione impropriamente, come ad esempio per pagare una cena relativa a un incontro elettorale a Maracaibo. In ragione di tali eventi, l'ambasciatore italiano Placido Vigo ha congelato il conto con gli 80 mila dollari raccolti e, successivamente, il 18 marzo 2022 ha reciso ogni rapporto con la menzionata Fondazione;

   a distanza di circa due anni dagli eventi di ottobre 2021, in una nota, del 16 marzo 2023, l'Ambasciata d'Italia a Caracas ha dichiarato ufficialmente che tutte le istituzioni rappresentative della comunità italiana sono completamente «dissociate e scollegate» dalla Fondazione ospedaliera italiana in Venezuela. Nel merito, viene contestato il fatto che il Consiglio Direttivo della Fondazione, senza aver consultato lo stesso Comitato Promotore, né l'Ambasciata né il Consolato generale a Caracas, abbia apportato modifiche straordinarie allo Statuto;

   Di Martino era noto anche alle Forze dell'ordine. Come evidenziato nell'articolo del Fatto Quotidiano, Di Martino è menzionato nelle intercettazioni della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria tra il figlio del boss Antonio e il faccendiere calabrese, Aldo Miccichè. Nel 2013, l'ex presidente della Commissione antimafia Forgione dichiara: «Ricostruendo gli affari fra Dell'Utri, il latitante Miccichè e Di Martino tutto avrei pensato, tranne di trovarlo nella lista Monti in Sudamerica. Sono gli stessi protagonisti delle schede bruciate nelle elezioni 2006. Di Martino, candidato di Mastella, poi di Berlusconi, adesso di Monti evidentemente ha un pacchetto di voti da offrire sul mercato in maniera trasversale. E questo, conoscendo la gente che gli sta attorno, non è rassicurante» (come riportato dal Fatto Quotidiano, 11 aprile 2023) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e possa fornire chiarimenti in merito alla genesi della collaborazione con la citata Fondazione e al ritardo nel rompere totalmente e formalmente i rapporti con la stessa;

   quali iniziative nell'ambito delle sue competenze, intenda intraprendere al fine di giungere a una soluzione della descritta situazione adoperandosi, in via prioritaria, per garantire adeguate tutele in termini sanitari a coloro che avrebbero dovuto beneficiare dei servizi forniti dal menzionato ospedale.
(4-00912)

  Risposta. — La creazione della fondazione senza scopo di lucro «Ospedale Italiano in Venezuela» è stata promossa dalle istituzioni italiane in Venezuela durante la fase più critica dell'emergenza umanitaria per collaborare con gli uffici consolari nell'erogazione dell'assistenza sanitaria agli italiani indigenti.
  Il 1° febbraio 2020 è stato firmato lo statuto costitutivo dell'ospedale, in una riunione dei rappresentanti della comunità italiana.
  In attesa della convocazione della prima riunione dell'assemblea dei soci, le funzioni di «garante» sono state esercitate da un «Comitato Promotore», di cui hanno fatto parte il capo missione in Venezuela, il Console generale a Caracas (anche nella sua funzione di presidente onorario), il presidente dell'Intercomites, il presidente del centro italiano-venezuelano di Caracas, il consigliere del GGIE, il presidente e il segretario generale della Camera di commercio italo-venezuelana, il medico di fiducia dell'Ambasciata e il presidente dell'associazione anti-cancerogena del Venezuela.
  Dopo le dimissioni del primo consiglio direttivo nel settembre 2021, il comitato promotore all'unanimità ha nominato il 26 ottobre 2021 una nuova giunta, la quale – senza alcun coordinamento con le istituzioni italiane e il comitato promotore – ha approvato riforme strutturali che hanno snaturato le finalità della fondazione.
  Le istituzioni italiane hanno tentato in più occasioni, con interventi anche formali e con passi con le autorità locali, di ottenere la revoca di tali riforme e le dimissioni del consiglio direttivo. Nonostante le rassicurazioni, anche scritte, in tal senso, il consigliere direttivo non ha mai rassegnato le dimissioni e, al contrario, nel novembre scorso ha nominato un nuovo organo esecutivo, con il Signor Ugo Di Martino (padre del precedente presidente della giunta direttiva) quale presidente.
  Informate le autorità locali e sentiti i legali di fiducia dell'Ambasciata, il 16 marzo 2023 il comitato promotore ha adottato all'unanimità il comunicato stampa con cui le istituzioni italiane, in autotutela, rendono noto che la «Fondazione per l'Ospedale Italiano del Venezuela» non può più essere considerata un'associazione della comunità italiana residente che goda del sostegno dell'Ambasciata e della rete consolare dipendente, né delle istituzioni rappresentative della nostra collettività.
  Nonostante il comunicato stampa, ripreso da tutti gli organi d'informazione locali e anche dall'ANSA, il consiglio direttivo della fondazione non si è dimesso. Dopo aver informato le autorità locali, il 18 aprile scorso, a conclusione di una riunione in Ambasciata, alla presenza del Console generale a Caracas e dei legali dell'Ambasciata, è stato deciso di intraprendere un'azione civile per la richiesta di
intervención della fondazione. Si tratta di un procedimento giudiziario che permetterebbe alle istituzioni della nostra comunità di riappropriarsi dell'associazione.
  Secondo il parere dei legali di fiducia dell'Ambasciata, dopo la causa amministrativa, si potranno svolgere anche tutte le azioni in sede penale per la tutela degli interessi della nostra collettività in Venezuela.
  Infine, i fondi che erano stati versati su un conto intestato alla fondazione sono stati bloccati dalla stessa banca, i cui proprietari sono i principali benefattori. La decisione è stata presa autonomamente, dopo che era stato riscontrato un uso della carta di credito intestata all'ospedale per finalità differenti da quelle di un'associazione senza fine di lucro.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   RAVETTO. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 20 e il 21 maggio 2023 si è tenuto «Wish for a baby», sedicente «evento sulla fertilità», organizzato a Milano, nell'ambito del quale – ci atteniamo a quanto riportano gli articoli di stampa – sarebbero stati promossi servizi e opzioni di trattamento vietati espressamente dalla legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»;

   in alcuni stand, i referenti delle aziende presenti avrebbero rilasciato opuscoli o informazioni sui servizi proposti, tra cui la maternità surrogata, la commercializzazione di gameti, ma anche ulteriori pratiche accessibili all'estero, come quelle sul «bambino da sogno», selezionabile online, connotato per connotato, attraverso la consultazione a pagamento dei donatori;

   nonostante le porte aperte e i biglietti gratuiti, l'evento si è rivelato un flop, con una cinquantina di partecipanti al massimo, inferiori al numero dei giornalisti, degli organizzatori e delle persone presenti per manifestare il proprio dissenso;

   tra le proteste anche quelle dei consiglieri comunali del gruppo Lega che avevano già presentato un ordine del giorno per bloccare l'organizzazione sul nascere e che hanno ribadito fermamente il no alla compravendita dei bambini, trasformati in beni di consumo;

   le repliche degli organizzatori, che non avrebbero «mai pensato di fare un evento fuori da quello che la legge permette», sembrerebbero smentite dagli articoli di stampa e dallo stesso materiale informativo distribuito presso gli stand;

   eventi come «Wish for a baby» paiono volti ad espandere il mercato dei servizi citati, in spregio alle norme vigenti –:

   se risulti qualsivoglia forma di sostegno, anche di carattere finanziario, da parte di soggetti, pubblici all'evento «Wish for a baby», e se e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per contrastare ogni forma di promozione legata alle pratiche di cui in premessa.
(4-01071)

  Risposta. — In relazione a quanto rappresentato con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si ribadisce che, ai sensi della legge 19 febbraio 2004, n. 40 «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.»
  La «surrogazione di maternità» è una procedura che si realizza mediante forme contrattuali rigide e vessatorie, necessariamente di tipo commerciale: anche le forme cosiddette «altruistiche» spesso mascherano pagamenti in forma di rimborsi spese e/o indennità e prevedono comunque sempre l'obbligo per la donna di cedere il figlio ai committenti, col risultato peraltro paradossale che in questi casi spesso sono solo le donne a ricevere eventualmente meno soldi, perché l'attività dei centri di fecondazione artificiale, le consulenze legali e contrattuali e le biobanche richiedono comunque lo stesso pagamento.
  Nonostante in diversi paesi sia ammesso, ricordiamo che in Italia, oltre alla legge che lo qualifica come reato, la Corte costituzionale ha definito l'utero in affitto come una pratica che «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane» mediante accordi che – cito sempre dalla Consulta – «comportano un rischio di sfruttamento della vulnerabilità di donne che versino in situazioni sociali ed economiche disagiate».
  Di analogo avviso la Corte di cassazione, che a sezioni unite civili ha parlato di «inaccettabile mercificazione del corpo, spesso a scapito dalle donne maggiormente vulnerabili sul piano economico e sociale». Per la suprema Corte – cito – «indipendentemente dal titolo, oneroso o gratuito, e dalla situazione economica in cui versa la madre gestante, la riduzione del corpo della donna ad incubatrice meccanica, a contenitore di una vita destinata ad altri, ne offende la dignità».
  La posizione del Governo in merito, in conformità alle massime giurisdizioni dello Stato, è chiara e di assoluta condanna di ogni forma di surrogazione di maternità, in quanto forma di commercializzazione della genitorialità, lesiva della dignità della donna e dei diritti dei bambini.
  Con riferimento all'evento «Wish for a Baby» che si è tenuto a Milano il 20 e 21 maggio scorsi, informo che non c'è stata nessuna forma di finanziamento pubblico all'iniziativa, né ovviamente da parte del Governo nazionale, né da parte delle amministrazioni territoriali che abbiamo consultato.
  Al di là dell'accertamento di eventuali condotte illecite, è evidente come questa iniziativa abbia toccato la sensibilità di associazioni e persone di diversa estrazione culturale, ivi comprese quelle femministe.
  L'attenzione del Governo sul tema dell'utero in affitto è comunque massima, in sede nazionale come nei consessi sovranazionali, e con la stessa rispettosa attenzione vengono seguiti i lavori parlamentari relativi alla proposta di legge per rendere il reato di maternità surrogata perseguibile anche se commesso all'estero, per porre fine a quella legittimazione di fatto che sta portando con sé una pericolosa assuefazione culturale che contrasteremo con ogni mezzo a nostra disposizione. Ciò nella speranza che questa battaglia possa unire senza distinzioni di parte chiunque abbia a cuore la dignità delle donne e i diritti dei bambini.
  

Il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità: Eugenia Maria Roccella.


   TRAVERSI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'estate 2022 è stata caratterizzata da lunghe e intense ondate di caldo e da estenuanti periodi di siccità che hanno drasticamente aggravato il propagarsi di grandi incendi in tutto il pianeta. Secondo i dati dell'European Forest Fire Information System (Effis), la superficie totale che è andata in fumo nei paesi dell'Unione europea durante i mesi estivi del 2022 (dal 4 giugno al 3 settembre), è stata di 508.260 ettari, rispetto a una media 2006-2021 di 215.548 ettari nello stesso periodo;

   in Italia è stata una estate letteralmente «di fuoco» per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Da fonti stampa sappiamo che dal 1° agosto 2021 sono stati 970.869 gli interventi effettuati dalle squadre dei vigili in tutta Italia: in media 2.660 al giorno. Purtroppo il Corpo nazionale dei vigili del fuoco soffre storicamente di una mancanza di personale umano e di attrezzature, lacune che si evidenziano nella loro gravità in situazioni e contesti di emergenza climatica e ambientale come quelli che stiamo affrontando e che probabilmente peggioreranno nei prossimi mesi. Sulla piattaforma Change.org, è stata presentata la petizione per sostenere il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, secondo i dati indicati nella richiesta «l'Unione europea prevede per le attività di soccorso urgente la presenza di un vigile del fuoco ogni 1.500 abitanti» mentre «l'attuale rapporto in Italia è di un vigile del fuoco ogni 15.000 abitanti»;

   risulta particolarmente emblematico il caso del comando vigili del fuoco di Genova che ha una carenza di personale operativo pari: 52 unità nei ruoli di CR/CS (26,8 per cento), 41 unità nei ruoli di VP (12,3 per cento). Se a queste carenze si aggiungono quelle dovute al personale in articolo 234 e quelle assegnate ad altro comando, le carenze effettive del personale operativo sono pari: 61 unità nei ruoli di CR/CS (31,4 per cento), 49 unità nei ruoli di VP (14,8 per cento). Dopo la tragedia del crollo del ponte Morandi, per il comando di Genova durante il Governo Conte I è stata aumentata la pianta organica per permettere l'apertura del nuovo distaccamento del Levante cittadino, zona sguarnita. Ma ad oggi, con le economie stanziate per l'apertura della nuova sede, il comando risulta privo di risorse operative e si trova in concreta difficoltà nell'organizzare un adeguato servizio di pronto intervento e soccorso. Situazione ancora più preoccupante è quella del servizio antincendio portuale di Genova: il vuoto è strutturale ed è destinato ad aggravarsi. Ad oggi, tra pensionamenti, unità dichiarate non idonee per infortuni e malattie e unità assenti per parziale idoneità al servizio, il personale impiegabile nell'attività di soccorso tecnico urgente risulta pari a circa il 54 per cento dell'organico carenze che ovviamente non consente di garantire un'idonea copertura del servizio SAR e SAP per il porto di Genova che, secondo i dai dati statistici, risulta uno dei principali porti italiani per movimentazione di rinfuse liquide, rinfuse solide, merci varie, teu, RoRo e passeggeri in generale –:

   se il Ministro interrogato, alla luce della evidente situazione di carenze strutturali nazionali del personale operativo e specializzato oltre a quello dei mezzi, non reputi necessario avviare iniziative di competenza per definire un nuovo piano triennale di assunzioni e finanziamenti specifici per tale settore;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda attuare per garantire la sicurezza e il pronto intervento da parte del comando di Genova e di quello specifico e strategico del distaccamento nautico portuale.
(4-00655)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si richiama l'attenzione del Ministro dell'interno sulla carenza di organico presso il comando provinciale dei vigili del fuoco di Genova.
  A tale proposito si informa che la questione è all'attenzione di questa amministrazione tant'è che, al termine del 93° corso di formazione di base per vigili del fuoco, ha già provveduto ad assegnare, dal 3 aprile 2023, al comando dei vigili del fuoco di Genova un contingente di 24 unità.
  Anche per quanto riguarda il ruolo dei capi squadra e capi reparto, la segnalata carenza potrà essere, in parte, compensata in occasione dei trasferimenti che saranno effettuati per effetto della mobilità volontaria, entro la fine dell'anno 2023.
  In merito al servizio antincendio portuale relativo al porto di Genova il servizio è assicurato dai due distaccamenti portuali «Multedo» e «La Gadda».
  Attualmente, rispetto alla pianta organica teorica di entrambi i distaccamenti, risulta una carenza di circa 19 unità.
  Al termine della procedura concorsuale interna per il passaggio a capo squadra, in corso di definizione, saranno assegnate 4 unità del ruolo di capo squadra specialista nautico di macchina e di coperta per le esigenze dei nuclei dei comandi della direzione regionale dei vigili del fuoco della Liguria.
  Nel frattempo, al fine di compensare alla temporanea carenza, è stato assegnato alla direzione regionale dei vigili del fuoco per la Liguria un pacchetto di ore per il richiamo di personale in straordinario, da ripartire in funzione delle esigenze dei singoli comandi di competenza.
  Al comando di Genova sono state distribuite, nello scorso mese di marzo, 1.100 ore di straordinario, da utilizzare per garantire l'apertura dei distaccamenti portuali, e altre 1.980 ore per il richiamo in servizio di personale appartenente al ruolo dei capi squadra e capi reparto.
  In merito alla situazione relativa ai mezzi del comando di Genova, si rappresenta che in relazione alla superficie del territorio servito, il predetto comando dispone di un parco automezzi più corposo rispetto alla media nazionale.
  Anche rispetto alla popolazione servita, la dotazione di mezzi del citato comando è più alta rispetto alla media nazionale; è congrua, invece, la consistenza relativa alle autopompaserbatoio e alle autobottipompa, mezzi di soccorso più utilizzati.
  Su un piano più generale si assicura che l'azione del Governo mira a garantire
standard qualitativi sempre più elevati nell'attività di soccorso pubblico.
  In tal senso il Ministero dell'interno è impegnato in tre macro priorità: il potenziamento e la valorizzazione delle risorse umane del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'efficientamento organizzativo e l'ammodernamento delle risorse strumentali.
  Nonostante l'attuale congiuntura economica, con l'ultima legge di bilancio sono state reperite significative risorse finanziarie per le assunzioni delle forze di polizia e del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che hanno consentito l'istituzione di uno specifico Fondo con una dotazione di 90 milioni di euro per l'anno in corso, 95 milioni per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e ulteriori somme progressivamente incrementate negli anni fino a superare i 125 milioni annui a decorrere dal 2033.
  Facendo seguito a tale intervento normativo, con il recente decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, sono state autorizzate assunzioni straordinarie di 1020 unità di personale nei vari ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che consentiranno di compensare, in parte, le carenze che si registrano nel territorio nazionale.
  L'impegno rimane costante anche in relazione alle infrastrutture tecnologiche; sono infatti programmate azioni per ammodernare il parco mezzi di soccorso, le attrezzature per la sicurezza degli operatori e gli
standard di intervento. A tali iniziative si provvederà con appositi fondi pluriennali stanziati a bilancio, nonché con risorse previste nel Pnrr per un importo complessivo di 424 milioni di euro.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Emanuele Prisco.