XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
lo studio è un diritto, e come tale, dev'essere garantito universalmente a tutte le bambine e i bambini, ragazze e ragazzi in età scolastica. Un'istruzione adeguata e completa rappresenta uno degli strumenti più importanti per rendere finalmente concreta l'uguaglianza sostanziale tra cittadini, principio fondamentale garantito dalla nostra carta costituzionale all'articolo 3, comma 2, perché permette di compiere scelte consapevoli e di costruire un'esistenza dignitosa;
i settori della conoscenza rappresentano il volano per il progresso di una società e, di conseguenza, investire sulla scuola dovrebbe essere la priorità di ogni governo. Tuttavia, in Italia ciò non accade, così come mostrano i dati Istat, che certificano una spesa pubblica per istruzione di circa il 4,1 per cento del PIL, a fronte di una media europea del 4,9 per cento, con le percentuali più alte registrate rispettivamente per Svezia (6,7 per cento), Belgio (6,3 per cento) e Danimarca (6 per cento). Solo la Romania e l'Irlanda spendono di meno (3,2 per cento e 3 per cento rispettivamente). Il ritardo rispetto al resto dell'Unione europea è evidente anche esaminando altri indicatori: come certificato da Eurostat, a fronte di una media UE del 20,7 per cento, la percentuale di adulti poco istruiti è del 37,3 per cento e la percentuale di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi è del 12,7 per cento, superiore a quella europea che si attesta al 9,7 per cento. Su entrambi gli indicatori, l'Italia si trova al terzultimo posto nella graduatoria dei Paesi UE;
i dati ci mostrano come l'Italia non sconti soltanto forti ritardi rispetto agli altri stati europei, ma anche internamente tra le diverse aree geografiche del Paese. Secondo l'Istat, infatti, per quanto riguarda gli abbandoni scolastici, vi è una distanza di 5,7 punti percentuali tra Centro-Nord e Mezzogiorno, dove l'incidenza raggiunge il 15,1 per cento. Tra le regioni, la percentuale più alta di giovani che abbandonano gli studi senza aver conseguito un titolo secondario superiore si registra in Sicilia (18,8 per cento) e in Campania (16 per cento);
la dispersione scolastica è uno strumento in grado di misurare il grado di uguaglianza ed equità presente in una determinata società. I giovani lasciano la scuola o la frequentano in maniera irregolare, per mancanza di stimoli o per motivi socioeconomici, quali l'originario stato di povertà della famiglia, il territorio di provenienza, le differenze culturali e di genere, nonché le incertezze delle prospettive occupazionali. La dispersione scolastica comporta un costo per lo Stato in termini di misure di protezione sociale e criminalità, oltre ad una minore ricchezza nazionale poiché l'investimento realizzato dallo Stato nei confronti delle ragazze e dei ragazzi che poi non terminano gli studi si traduce in minore risorsa lavoro e, di conseguenza, minore sviluppo economico e crescita del sistema Paese;
i dati in questo senso sono allarmanti: nel 2022, la quota di giovani che non lavorano e non studiano (i cosiddetti Neet) sulla popolazione di età tra i 15 ed i 29 anni è stimata al 19 per cento, ed è più elevata tra le femmine (20,5 per cento) che tra i maschi (17,7 per cento), rischiando di aumentare ulteriormente quel gap generazionale, culturale e salariale ancora troppo diffuso in Italia;
inoltre, le già ampie divergenze registrate rischiano di aumentare nel corso dei prossimi anni a causa di alcuni fenomeni non direttamente legati al settore dell'istruzione ma che incidono su di esso, come la denatalità, l'inflazione e la crisi economica;
il Governo Conte II aveva cercato di invertire la rotta, stanziando quasi 10 miliardi di euro per il solo comparto istruzione, il più grande investimento nella scuola degli ultimi trent'anni. Agli investimenti bisogna affiancare interventi mirati a combattere tali fenomeni non solo riportando l'istruzione al centro delle priorità della spesa pubblica, ma accompagnando la stessa con politiche pubbliche dirette a garantire realmente e universalmente il diritto allo studio;
è necessario più che mai venire incontro alle famiglie che dovranno sostenere economicamente i propri figli durante il percorso scolastico, pertanto l'istituzione di una dote educativa rappresenta una misura fondamentale finalizzata a contrastare l'abbandono e della dispersione scolastica;
inoltre, per garantire il successo formativo dei frequentanti della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, è necessario implementare il tempo prolungato pomeridiano ed il conseguente servizio mensa;
ad oggi a livello nazionale solo il 39 per cento delle scuole primarie è dotato di questo servizio ed esiste, ancora una volta, una profonda disuguaglianza territoriale: per il Sud e le Isole, la cui media è 21,6 per cento, nessuna regione è sopra la media nazionale, mentre nel Nord, che detiene una media del 50,1 per cento, solo il Friuli-Venezia Giulia è sotto la media. Alla luce di questi dati, occorre sanare queste disuguaglianze affiancando maggiori risorse pubbliche a quelle già allocate dal PNRR, al fine di garantire alle alunne e agli alunni della scuola primaria, nonché alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di primo grado, non contemplati dal PNRR, il diritto a godere del tempo pieno in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;
occorre rimettere al centro delle priorità di investimento la scuola quale comunità educante, soprattutto al fine di combattere la povertà educativa che, a causa della pandemia da COVID-19, si è largamente acuita nel nostro Paese. Le comunità educanti possono e devono diventare una misura strutturale di contrasto all'abbandono scolastico e alla povertà culturale, dove le studentesse e gli studenti possono vivere esperienze dirette di scoperta della comunità di riferimento, quali discipline sportive, competenze artistico-creative, educazione civica e professionale;
in un momento storico in cui sono sempre più diffusi nei bambini e negli adolescenti problemi individuali legati a depressione, violenza, carenza di un clima adatto alla crescita e all'apprendimento, è necessario più che mai mettere a disposizione risorse per il territorio affinché vengano avviati progetti locali destinati a prevenire e a recuperare i fenomeni di vulnerabilità sociale;
la dispersione scolastica dice molto di più di altri fenomeni su quanto sia equa una società e quanto abbia a cuore valori come l'uguaglianza sostanziale; peraltro la mancanza di un titolo di studio condannerà i giovani che hanno abbandonato la scuola ad avere meno opportunità, perpetuando le disuguaglianze che hanno generato il fenomeno stesso;
i terribili fatti di cronaca di Caivano e Palermo, che vede gruppi di ragazzini minorenni rendersi protagonisti di atti di violenza sessuale a danno di coetanee, non sono purtroppo casi isolati e se per il primo fatto teatro è la periferia degradata di una grande città, per il secondo rileva l'assenza totale di valori;
occorre restituire ai giovani i valori su vari aspetti della sessualità e dell'affettività che sembrano perduti, e la scuola, attraverso l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale, può diventare il luogo dove, ognuno possa imparare a conoscersi e a conoscere l'altro, diverso da sé, ad avere rispetto di sé e dell'altro, ad avere la capacità di sentire le proprie emozioni e di gestirle;
i provvedimenti normativi di questo Governo sulla scuola non sembrano tener conto delle evidenti problematiche da affrontare, anzi cominciano a produrre, già da questo anno scolastico, effetti negativi sulla qualità del funzionamento della scuola;
la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), all'articolo 1, comma 557, ha introdotto – a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025 – una nuova disciplina relativa al dimensionamento della rete scolastica e alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA);
un dimensionamento così perseguito – attraverso la diminuzione di figure centrali quali quella del dirigente scolastico e del direttore dei servizi generali e amministrativi e per il tramite di numerosi «accorpamenti», basato su finalità restrittive e su un'economia di risparmio – rischia di essere fortemente divisivo e comporta inevitabilmente una sensibile riduzione delle istituzioni scolastiche, con gravi conseguenze sulla vita di studenti e studentesse;
l'accorpamento degli istituti si configura, pertanto, come un vero e proprio «taglio» che (ancora una volta) andrà a colpire le regioni e i territori più deboli, incentivando lo spopolamento dei piccoli centri e finendo per incrementare i divari territoriali. Si tratta di una scelta politica precisa, in continuità con quanto già realizzato in passato, un accanimento dettato da una visione «deformata» ed «economicistica» della Scuola;
tra i primi obiettivi di questo Governo rientra quello di approvare il disegno di legge quadro sull'autonomia differenziata, all'esame al Senato; con l'autonomia differenziata singole regioni potranno chiedere allo Stato il trasferimento delle funzioni e competenze definite dagli articoli 116 e 117 della Costituzione; dunque le regioni possono essere destinatarie di ulteriori condizioni e forme particolari di autonomia in diversi ambiti, compresa la scuola;
l'attribuzione di funzioni è subordinata alla determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni), ma in ambito scolastico, per la specificità del sistema di istruzione, risulta difficile ragionare di Lep, in quanto la scuola, non produce beni materiali o prestazioni facilmente misurabili e i bisogni variano da un contesto territoriale all'altro;
lo scenario che si presenta è: un organico regionale del personale scolastico, bandi di concorsi regionali, regionalizzazione della Dirigenza scolastica, contratti regionali, differenziazione degli stipendi su base territoriale, conseguenze sulla mobilità;
sarebbe inoltre negato l'esercizio del diritto allo studio in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale e si realizzerebbe un doppio regime, nazionale e regionale; le scuole si differenzierebbero più radicalmente, il divario Sud-Nord non potrebbe che aumentare, la diffusione uniforme di scuole dell'infanzia e tempo pieno sarebbe definitivamente negata, il valore legale del titolo di studio sarebbe compromesso e le regioni potrebbero decidere autonomamente su programmi, strumenti e risorse;
per il sistema istruzione, più che di livelli essenziali, si dovrebbe parlare di livelli uniformi delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, al fine di sottolineare l'unità del sistema di istruzione e non una variazione regionale dei valori minimi dei Lep;
tra l'altro la regionalizzazione si inserirebbe in un contesto dove le diseguaglianze del sistema scolastico sono da tempo ampiamente registrate e aumenterebbe solo le differenze che già esistono, ad esempio in riferimento alla dispersione scolastica, ai Neet;
in sintesi, l'autonomia scolastica differenziata e il dimensionamento immaginato dalla nuova «riforma», presupposto o conseguenza l'uno dell'altro, porteranno all'eliminazione di centinaia di posti, di cattedre, di personale. E comunque, laddove non si proceda alla chiusura dei plessi, se ne modificano le «dimensioni», eliminando di fatto quelle «sedi sottodimensionate» in favore di sedi scolastiche più grandi, ma con personale ridotto;
il piano di dimensionamento della rete scolastica e l'autonomia differenziata contribuiranno a diminuire la qualità del servizio scolastico, soprattutto nelle situazioni di maggiore disagio sociale e lavorativo;
in una fase di accresciuta complessità dei compiti attribuiti alle scuole, a partire dall'attuazione delle riforme previste dal PNRR, la scelta di accorpare gli istituti scolastici, aumentando il numero complessivo degli alunni per istituto senza diminuire il numero degli alunni per classe, oppure attuare l'autonomia differenziate negando l'esercizio del diritto allo studio in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, non appaiono certamente la soluzione più indicata per dare centralità alla scuola, migliorare la qualità dei processi formativi e combattere la dispersione, ovvero il raggiungimento degli obiettivi del PNRR;
investire nella Scuola e nel sistema d'istruzione significa investire in «futuro» e proprio il decremento demografico – invocato come causa-prima e ragione strutturale nelle esigenze di dimensionamento – poteva e doveva viceversa costituire l'occasione per sdoppiare le classi, affrontare finalmente il problema delle classi sovraffollate (cd «classi pollaio», riducendo il numero degli alunni per singola classe), e aumentare l'organico docente e Ata;
inoltre, critico appare, nel quadro disegnato dalla riforma della governance economica europea, il mantenimento dei parametri quantitativi massimi di riferimento del 3 per cento per il disavanzo – che resterebbe come è adesso e che sarebbe vincolante per tutti i Paesi – e dell'obiettivo del 60 per cento per il rapporto debito su prodotto interno lordo, nonché l'assenza della previsione di una golden rule per escludere determinati investimenti dalle norme fiscali dell'Unione europea, in modo particolare quelli destinati a sostenere l'istruzione;
l'avvio nel nuovo anno scolastico purtroppo si caratterizza per la permanenza di problemi atavici e carenze che nell'ultimo anno non hanno fatto registrare alcun miglioramento, anzi per le politiche attuate sono addirittura aumentati, come il fenomeno del sovraffollamento delle classi, all'interno di edifici fatiscenti e spesso privi delle necessarie certificazioni di agibilità;
con l'inizio del nuovo anno scolastico, molti genitori stanno affrontando le spese per l'acquisto dei libri di testo e del materiale necessario; quest'anno, in un contesto di forti aumenti generalizzati rientrano anche i materiali tipicamente dedicati alla scuola;
dal monitoraggio effettuato dall'O.N.F. – Osservatorio nazionale federconsumatori, i costi del materiale scolastico e dei libri registrano rispettivamente un aumento medio del +6,2 per cento e del +4 per cento rispetto al 2022; complessivamente la spesa per il corredo scolastico ammonterà quest'anno a circa 606,80 euro per ciascun alunno e, per ogni studente, in media si spenderanno 502,10 euro per l'acquisto dei libri, con variazioni a seconda del grado scolastico;
rispetto all'anno scorso, si registra un incremento del 2 per cento per le scuole superiori e addirittura del 10 per cento per le scuole medie. In generale, per l'anno scolastico 2023/2024, si stima per gli studenti delle superiori, l'acquisto dei libri di testo più quattro dizionari, al netto di zaini e altro materiale, costerà ben 695 euro; che diventano 1.300 euro aggiungendo tutto il resto. Un po' meno per chi va alle medie: 488 euro circa, o 1.095 euro se aggiungiamo l'intero corredo per l'anno scolastico;
importi che risultano proibitivi per molte famiglie, a cui si aggiungono i costi ancor più onerosi da sostenere per l'acquisto di un pc, dei programmi e dei dispositivi necessari per un utilizzo didattico di tale strumento, divenuto ormai indispensabile;
dallo studio effettuato dall'Osservatorio Nazionale Federconsumatori emerge, infatti, che tra computer, webcam, microfono, antivirus, programmi base una famiglia, dovendosi dotare di tali dispositivi, arriva a spendere da 393,88 euro a 3.844,90 euro, con un rincaro del +2,3 per cento rispetto al 2022;
costi così elevati incidono significativamente sul diritto allo studio dei ragazzi e non tutti gli istituti sono in grado di sopperire a tali carenze; inoltre, le misure esistenti per aiutare le famiglie ad affrontare tali spese, a livello comunale e regionale (buoni, agevolazioni o gratuità dei testi scolastici per le famiglie con basso reddito), non sono sufficienti a dare un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà;
basti pensare al fondo ministeriale per l'erogazione di borse di studio destinate agli studenti a basso reddito della scuola secondaria di secondo grado, per contrastare la dispersione scolastica, istituito con il decreto legislativo n. 63 del 2017, articolo 9; ad oggi, come si evince dal sito dedicato «Io studio», non risulta ancora effettuata l'erogazione delle borse relative all'anno scolastico 2021/2022, pur essendo stati comunicati, ormai da molti mesi, gli elenchi degli aventi diritto da parte delle regioni. Pertanto gli studenti beneficiari non hanno potuto riscuotere la borsa relativa all'anno scolastico trascorso; inoltre, l'importo di tali borse risulta in molti casi non adeguato a sostenere le spese che le famiglie si trovano ad affrontare;
riguardo lo stato degli edifici scolastici, secondo un censimento di Cittadinanzattiva, sono 61 gli episodi di crollo o distacchi di intonaco avvenuti nelle scuole fra settembre 2022 e agosto 2023, un numero mai raggiunto in questi ultimi sei anni. Del totale, 24 sono avvenuti al Sud e nelle Isole (39 per cento), 23 nel Nord (38 per cento), 14 nelle regioni del Centro (23 per cento) ed hanno provocato il ferimento di sei studenti, un insegnante e una collaboratrice scolastica, oltre che danni e interruzione della didattica;
in riferimento al personale scolastico, il problema del precariato non accenna ad essere risolto: oltre 200mila docenti saranno i supplenti annuali anche quest'anno, 30 mila sono invece i precari tra il personale Ata, oltre mille istituti sono senza dirigente scolastico e le procedure concorsuali volte al reclutamento di 30.216 docenti, di cui 21.101 su posto comune e 9.115 su posto di sostegno sono in evidente ritardo;
il personale scolastico tutto lavora dunque tra mille difficoltà e con stipendi tra i più bassi in Europa; un dato su tutti registra che gli stipendi degli insegnanti delle medie di tutti i Paesi dell'Ocse, tranne sei, sono aumentati l'1 per cento all'anno dal 2015; in Italia sono addirittura diminuiti del 4 per cento;
il Gruppo M5S ha denunciato con numerosi atti di sindacato ispettivo, con atti di indirizzo, con emendamenti, tutti i rischi delle politiche di questo Governo e ha depositato proposte di legge che mettono al centro il diritto allo studio, come l'istituzione della dote educativa, l'implementazione del tempo pieno, sostegno e sviluppo della comunità educante, sulla riduzione del numero degli alunni per classi, sull'organizzazione della rete scolastica, sull'importanza dell'insegnamento all'educazione sessuale ed affettiva, avvertendo l'esigenza di intervenire con urgenza per offrire una scuola inclusiva e un'istruzione di qualità per tutti,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative di competenza volte a reperire adeguate risorse da destinare alla scuola pubblica e portare gli investimenti in istruzione, educazione e formazione al 5 per cento del PIL come il resto d'Europa, al fine di restituire peso e valore all'istruzione scolastica, per promuovere la formazione degli insegnanti, per valorizzare la professionalità docente e per sostenere l'innovazione didattica e organizzativa, nella consapevolezza che la scuola debba rappresentare uno dei più importanti fattori di crescita del Paese, garantendo il diritto allo studio e la garanzia di accesso per tutti e a tutti i livelli di istruzione;
2) ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, al fine di pervenire allo scorporo degli investimenti destinati all'istruzione dal calcolo del deficit;
3) ad intervenire con politiche di sostegno per affrontare e risolvere il problema della dispersione scolastica, che vede un giovane su 10 abbandonare precocemente gli studi e con percentuale maggiore al Sud, anche alla luce di provvedimenti come l'autonomia differenziata e il dimensionamento della rete scolastica che di fatto penalizzano oltremodo le regioni del Sud, in quanto si inseriscono in un contesto dove le diseguaglianze del sistema scolastico sono da tempo ampiamente registrate e aumenterebbero dunque solo le differenze che già esistono;
4) ad intervenire, con iniziative forti e immediate, per sostenere le famiglie, in estrema difficoltà per questo anno scolastico, nell'acquisto dei libri scolastici e garantire il diritto allo studio in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
5) alla luce degli enormi ritardi nella distribuzione delle borse di studio per secondarie superiori, che mettono ulteriormente in difficoltà studenti ma anche librerie, ad adottare iniziative di competenza affinché le borse di studio, di cui al decreto legislativo n. 63 del 2017, articolo 9, siano erogate tempestivamente prima dell'inizio dell'anno scolastico, siano aumentati adeguatamente gli importi e sia aumentata la platea degli aventi diritto;
6) al fine di sostenere economicamente le famiglie durante tutto il percorso educativo dei figli e contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, anche per prevenire e contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica, ad adottare iniziative volte a istituire il beneficio della dote educativa da destinare a tutte le alunne e alunni, studentesse e studenti del primo e secondo ciclo di istruzione;
7) ad adottare iniziative normative volte a rivedere la riforma approvata inerente al dimensionamento scolastico, in particolare al fine di abrogare la disciplina introdotta, anche alla luce dei rischi e delle criticità che potrebbero derivare dalla controversa riforma dell'autonomia differenziata da riconsiderare integralmente, con particolare riguardo al sistema di istruzione, che deve mantenere i caratteri di uniformità ed eguaglianza su tutto il territorio nazionale;
8) a procedere a contrastare l'eccessivo affollamento delle classi e la povertà educativa, diminuendo il numero degli alunni per classe e garantendo la formazione delle classi nei territori disagiati, montani, nelle piccole isole, nelle aree interne;
9) ad adottare iniziative a sostegno e sviluppo della comunità educante, anche al fine di fronteggiare la dispersione scolastica, l'abbandono e la rinuncia agli studi, a incentivare lo sviluppo di una coscienza civica ispirata a princìpi di cittadinanza attiva e solidale attraverso la consapevolezza dei diritti e dei doveri;
10) ad adottare iniziative volte a valorizzare economicamente tutto il personale scolastico, mediante iniziative volte a reperire risorse adeguate e ad innalzare le retribuzioni, portandole al livello europeo, e a definire una progressione di carriera del personale scolastico;
11) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate a garantire il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, al fine di colmare il divario tra Nord e Sud ed assicurare la costruzione di una scuola realmente inclusiva, che coinvolga tutti gli alunni con particolare attenzione agli alunni in situazioni di disagio socio-economico ovvero ai bambini con disabilità, introducendo strumenti di supporto indirizzati alle famiglie quali la garanzia del tempo pieno, l'implementazione dei servizi di mensa scolastica, la gratuità dei libri di testo e dei servizi di trasporto;
12) a sfruttare compiutamente e ottimizzare le risorse messe a disposizione dal PNRR per la creazione e la trasformazione delle istituzioni scolastiche in ambienti d'apprendimento innovativi, anche dal punto di vista dell'edilizia scolastica, della metodologia d'insegnamento e dei linguaggi, fornendo direttive e linee guida chiare ed efficaci e supportando gli enti locali e le istituzioni scolastiche nel processo di attuazione del Piano;
13) ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, finalizzato alla crescita e alla maturazione psico-affettiva e socio relazionale degli studenti improntata alla conoscenza e al rispetto di sé e dell'altro, alla responsabilità sociale e alla valorizzazione della diversità di genere.
(1-00185) «Caso, Orrico, Amato, Cherchi, Ascari, Auriemma».
Risoluzione in Commissione:
La X Commissione,
premesso che:
negli ultimi anni il settore dello «spazio» è stato protagonista di una nuova rapida rivoluzione dovuta per lo più a due fattori: la sempre maggiore liberalizzazione dell'accesso allo spazio dovuto alle progressive aperture ai contributi privati e il ritorno a un clima di competizione in campo spaziale a causa sia dell'inasprimento delle relazioni fra potenze che di scenari di uso bellico, non ultimo quello del conflitto russo-ucraino;
l'industria spaziale italiana si colloca ai primi posti in Europa e nel mondo, vantando una galassia imprenditoriale molto importante fatta sia di piccole e medie imprese innovative che di grandi gruppi di livello internazionale: una rete formata da oltre 200 realtà iper-specializzate e svariati distretti tecnologici, oltre che da diverse decine tra università, dipartimenti e centri di ricerca attivi sul tema;
l'Italia è il Paese che negli ultimi tre anni è cresciuto di più in Europa tanto in termini di investimenti assoluti quanto per la percentuale dei propri investimenti nel bilancio europeo dello Spazio e risulta ad oggi essere uno dei pochi Paesi al mondo ad operare in tutte le aree delle attività spaziali;
si rimarca il ruolo fondamentale per le attività spaziali dei centri di eccellenza, quello di Matera o del CIRA di Capua, centri dove alta formazione, mondo della ricerca (oltre l'Asi) e mondo produttivo si incontrano e dove si forgiano «esigenti» obiettivi scientifici e tecnologici da trasferire alle industrie spaziali;
il budget italiano impiegato per lo «Spazio» per gli anni 2022-2027 ammonta a 7,2 miliardi di investimento, grazie anche agli 1,5 miliardi del Pnrr assegnati agli investimenti in ambito di «space economy» e «space tech», i 2,6 del fondo complementare della programmazione pluriennale dell'Asi ed i 3,1 miliardi dalla ministeriale ESA 2022 a cui si aggiungeranno quelli della nuova ministeriale ESA del 2026;
grazie al ruolo primario, nell'ambito dell'Agenzia spaziale europea (Esa), della crescente commercializzazione dello spazio, infatti, anche il nostro Paese ha visto l'emergere di operatori privati i quali, da fornitori di beni e servizi, si sono trasformati in operatori autonomi e indipendenti; da diverso tempo tutti gli operatori del settore sostengono la necessità per l'Italia di dotarsi di una legge organica di riferimento sullo «spazio», dato sia il carattere strategico di un settore in rapido sviluppo come quello aerospaziale che per il ruolo di spicco in tale contesto che l'Italia da sempre ricopre;
la necessità di una legge organica di riferimento sullo «spazio» deriva inoltre anche dall'assenza di una competenza dell'UE in materia: l'articolo 189.2 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) esclude l'armonizzazione delle legislazioni spaziali nazionali degli Stati membri facendo sì che ogni Stato abbia scelto, nel tempo, di legiferare in maniera autonoma;
volgendo lo sguardo oltre i confini nazionali, ad oggi sono state adottate leggi spaziali da oltre 40 Paesi, con l'obiettivo di disciplinare anche i rapporti fra Stato e operatori privati: nell'Unione europea, almeno dieci Stati hanno recentemente adottato o modificato legislazioni in tal senso; alla luce di tali considerazioni, un intervento che aggiorni e integri la vigente normativa è necessario al fine permettere agli operatori attivi in campo spaziale di operare in una condizione di certezza del diritto e in un contesto normativo e di governance di riferimento con l'importante obiettivo di agevolare lo sviluppo del settore industriale nazionale, dando, quindi, anche seguito agli obblighi internazionali derivanti dal Trattato sullo Spazio (Outer Space Treaty – OST) del 1967, soprattutto per quanto riguarda le responsabilità derivanti dagli articoli VI e VII;
in particolare, nel contesto italiano esistono due filoni di legislazione in materia di attività spaziali che necessitano una regolamentazione in un'ottica di controllo e sorveglianza continua da parte dello Stato, seppur lasciando il giusto spazio di azione al mondo industriale, evitando quindi di impostare un testo normativo eccessivamente rigido che rischierebbe di non allinearsi alle rapide evoluzioni del settore e, anzi, promuovendo una visione globale sinergica contro ogni tentativo di costruire recinti che dividano le diverse realtà nazionali ed internazionali, pubbliche e private;
il primo filone è quello composto dalle regole che disciplinano le attività spaziali e che trovano la loro origine nel diritto internazionale, ovvero quel complesso di leggi che sono collegate alla ratifica ed esecuzione nell'ordinamento interno dei trattati internazionali sullo spazio di cui l'Italia è parte, ossia il già citato OST del 1967, l'Accordo astronauti 1968, l'Accordo sulla responsabilità 1972 e l'Accordo sulla Registrazione degli oggetti spaziali 1975;
il secondo riguarda, invece, il bisogno di coordinamento e la governance del settore spaziale, di cui la legge n. 7 del 2018 ha fornito la cornice all'interno della quale elaborare uno strumento che dia puntuale definizione di ruoli, funzioni e compiti e che possa andare a sanare lacune laddove presenti, questo nell'ottica di vedere crescere, grazie ai finanziamenti succitati, il livello tecnologico italiano nel settore spaziale; in particolare il settore del downstream e l'industria dei voli spaziali pubblica e privata, settore dell'upstream;
in questo contesto risulta necessario arrivare all'integrazione della normativa interna con le responsabilità previste dagli articoli dei trattati sullo spazio, tra cui in primis l'obbligo di autorizzazione e vigilanza continua della attività spaziali dei privati sancita dall'articolo VI dell'OST derivante dal principio di responsabilità dello Stato per le attività nazionali nello spazio realizzate individualmente o congiuntamente con altri stati, sia da attori istituzionali che da soggetti privati; a questo si collega altresì il principio della responsabilità finanziaria dello Stato di lancio per danni causati da propri oggetti nello spazio e quello dell'immatricolazione degli oggetti spaziali su cui lo stesso Stato esercita giurisdizione e controllo sull'oggetto e sul personale a bordo in quanto Stato che ha effettuato la registrazione,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative di competenza volte a sviluppare, anche al fine di rafforzare e consolidare la posizione italiana quale hub europeo e mondiale per l'innovazione, la ricerca, la produzione e l'attività commerciale aerospaziale, una solida base normativa, a partire da una legge quadro in materia, che:
a) regolamenti in modo strutturale, chiaro ed esaustivo il settore aerospaziale, individuando un'autorità regolatrice che definisca le condizioni per le attività suborbitali e spaziali sul suolo italiano e che sia competente al rilascio delle relative licenze, certificazioni ed autorizzazioni;
b) garantisca, anche nel rispetto degli obblighi derivanti dai trattati internazionali, la sicurezza degli operatori e dei cittadini in ogni ambito di attività del settore;
c) permetta agli operatori, sia pubblici che privati, di rimanere competitivi, di attrarre e stimolare gli investimenti anche nel lungo periodo in un settore in continua espansione e mutazione, in modo da capitalizzare appieno le opportunità offerte dall'aerospazio, fornendo direttive chiare, stabili e al contempo flessibili per l'industria e il mercato emergente;
d) consenta di affrontare in modo efficace le nuove e prossime sfide globali, come il cambiamento climatico e la sicurezza nazionale, attraverso le innovazioni e l'impiego di tecnologie avanzate che daranno spazio a soluzioni sostenibili e all'avanguardia in svariati ambiti di applicazione;
e) rafforzi l'impegno dell'Italia nel settore, in modo tale da attirare investimenti internazionali, favorire accordi di cooperazione con altri Paesi e contribuire al progresso tecnologico, economico ed occupazionale della nazione;
f) crei le condizioni normative, fiscali e infrastrutturali al fine di favorire il rafforzamento e la crescita di imprenditoria privata nel campo spaziale, sia nel segmento spaziale propriamente detto che nello sfruttamento dei dati;
g) rafforzi e moltiplichi, per il tramite dell'Agenzia spaziale italiana, i centri di eccellenza sul territorio, dove promuovere attività scientifico-tecnologiche allo stato dell'arte, favorire trasferimenti tecnologici alle piccole imprese e «start-up», garantire lo sviluppo di prodotti ed applicazioni da destinare al segmento utente (settore downstream) in grado di fertilizzare in termini di innovazione i territori e di aggredire settori fondamentali della space economy ad alto valore aggiunto.
(7-00148) «Benzoni».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
BOLDRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il carcere di Santo Stefano è una struttura penitenziaria in disuso, costruita nel 1795 sull'isola di Santo Stefano, per la quale risulta avviato un piano di recupero, promosso dal Governo nel 2016 e finanziato con 70 milioni di euro come deliberato dal Cipe, a valere sui fondi sviluppo e coesione 2014/2020, con finalità culturali, espositive e di alta formazione, in una dimensione europea ed euro-mediterranea;
l'obiettivo del progetto è quello di restaurare e recuperare l'antico Panopticon per farne un centro culturale e di respiro europeo, sulla base del valore storico/politico specifico di quell'ergastolo;
per rilanciare il progetto, il 28 gennaio 2020 è stato nominato un commissario straordinario di Governo, nella persona della dottoressa Silvia Costa, con il compito di dare forte impulso e coordinare le amministrazioni competenti, con incarico che è stato rinnovato fino al gennaio 2023;
successivamente, il Governo Draghi, su proposta della commissaria Silvia Costa, ha intitolato al compianto Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, il progetto, quale «Scuola di Alti pensieri», frase fatta incidere sulla lapide del muro di cinta del piccolo cimitero di Santo Stefano, dall'illuminato direttore Eugenio Perucatti negli anni '50;
nel corso di questi tre anni si è dato un forte impulso al progetto, con lo studio di fattibilità, l'avvio dei lavori di messa in sicurezza del Panopticon, la gara di progettazione complessiva e del progetto di approdo, approvato dalla Commissione statale Via, il progetto museale espositivo, la stipula di 23 protocolli e accordi scientifico culturali con soggetti italiani ed europei, la salvaguardia delle risorse assegnate, la sottoscrizione di un accordo di valorizzazione tra Ministero della cultura, demanio, regione e comune in vista della istituzione di una Fondazione di partecipazione come futuro ente gestore;
nel 2023 risulta concluso il mandato della commissaria Silvia Costa, non riconfermata dal Governo in carica, e non risulta, ancora, nessuna nuova nomina da parte del Consiglio dei ministri, in sostituzione del generale a riposo della guardia di finanza, Giovanni Maria Macioce, ancora sub judice, per una vicenda giudiziaria che lo riguarda;
il Gruppo Pd ha da tempo sollecitato, con l'atto di sindacato ispettivo 3-00371, il Governo a velocizzare gli interventi al fine di procedere nell'azione di rilancio del progetto –:
se non si intenda procedere con la nomina in sostituzione dell'attuale commissario, considerati i profili di opportunità e di eventuale incompatibilità del generale a riposo della guardia di finanza Antonio Macioce, di recente citato direttamente a giudizio, per assumere rapidamente una definitiva decisione in merito, con l'obiettivo di velocizzare gli interventi e scongiurare anche un danno di immagine per l'Italia e il comune di Ventotene.
(5-01380)
AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR
Interrogazione a risposta orale:
SCERRA. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:
il 19 settembre 2023 presso la Commissione bilancio della Camera dei deputati, nell'ambito dell'esame della relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), aggiornata al 31 maggio 2023 (Doc. XIII, n. 1), si è svolta l'audizione delle società energetiche Terna, Enel, dell'Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno SVIMEZ e dell'istituto ISTAT;
nelle relazioni degli auditi sono emersi dati e considerazioni interessanti non solo riguardo allo stato di attuazione del Pnrr, ma anche rispetto alle scelte operate dal Ministro interrogato nella revisione del Piano;
in particolare sono state importanti le osservazioni compiute dall'associazione SVIMEZ che ovviamente ha focalizzato la sua attenzione sull'impatto che il Piano e la sua revisione produce per il Mezzogiorno;
gli studi SVIMEZ hanno rilevato che quasi il 50 per cento degli interventi definanziati nella revisione riguardano il Mezzogiorno e molti di essi non presentano quegli elementi di criticità oggettiva che possono giustificare la loro cancellazione. Tale esclusione rischia di impedire a questi progetti di essere realmente realizzati, giacché l'opportunità paventata dal Governo di finanziarli con altre risorse, anche europee, non risulta molto semplice. Lo Svimez ha fatto notare infatti che quei progetti potrebbero non essere compatibili con gli obiettivi o la programmazione alla base di altri fondi come quello di sviluppo e coesione. Gli interventi cancellati, in sostanza, rischiano di rimanere senza coperture e dunque lettera morta;
altro aspetto sottolineato dall'associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno è che alcuni progetti pur non essendo stati «depennati» hanno subito una rimodulazione al ribasso dei target iniziali. Questo dato non appare irrilevante perché rimodulare verso il basso alcuni progetti equivale a vanificarli e, spesso, a farli perdere di utilità. Nell'approfondimento compiuto sembra che questo abbassamento dei target sia avvenuto anche nel settore sanitario e dell'istruzione, ambiti che riguardano servizi essenziali. Pertanto risulta fondamentale trovare coperture certe sia per i progetti definanziati, sia per quelli che hanno subito un abbassamento di target;
non priva di spunti si è dimostrata anche l'analisi sulle «agevolazioni» previste alle imprese che non prediligerebbero il Sud. Infatti, il Repower è molto orientato a concedere crediti di imposta che ovviamente sono rivolte soprattutto alle imprese già esistenti. Per motivi ormai noti, ovviamente la concentrazione delle imprese è al settentrione e dunque è plausibile pensare che molte delle risorse siano drenate in questa parte d'Italia, con svantaggio per il meridione. L'interrogativo che si pongono i relatori di Svimez è se saranno previste misure compensative che riequilibrino questo sbilanciamento e se esse siano davvero rappresentate dalla ZES unica per il Mezzogiorno –:
se il Ministro interrogato intenda chiarire quale sia la ragione per cui il 47,7 per cento degli interventi definanziati sia collocato nel Mezzogiorno e quali criteri siano stati utilizzati per escludere dei progetti dal Piano, visto che molti non si contano oggettivamente come critici;
quale significato sia stato dato all'accezione «criticità» giacché molti degli interventi appaiono attuabili;
quali iniziative, soprattutto di natura finanziaria, voglia assumere per dare certezza alla reale attuazione dei progetti estromessi dal Piano e con quali coperture intenda compensare l'abbassamento dei target di interventi in ambiti fondamentali come il settore sanitario e dell'istruzione;
se le misure programmate nel Pnrr che portano un'inferiore assegnazione delle risorse a sud, come appunto il credito d'imposta per le imprese, saranno compensate da altre in grado di ribilanciare la distribuzione dei finanziamenti.
(3-00661)
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARINO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'Italia è il primo produttore di grano duro in Europa con circa 4 milioni di tonnellate all'anno che provengono da 200 mila aziende agricole che investono su 1,2 milioni di ettari;
la coltivazione del grano duro in Sicilia si attesta quasi a 300 mila ettari con una produzione di circa 800 mila tonnellate portando l'isola ad essere la seconda regione italiana per ettari di terreno dedicato, dietro solo alla Puglia, che destina al grano duro altri 360 mila ettari;
la filiera cerealicola siciliana è molto preoccupata e lo dimostrano le varie riunioni che avvengono nel tentativo di trovare il modo migliore per affrontare la crisi causata dall'aumento dei costi di produzione e dal crollo dei prezzi dovuto all'importazione dei grandi quantitativi di grano provenienti dai Paesi esteri dove i costi di produzione sono inferiori a quelli esistenti in Italia;
gli effetti negativi della crisi del grano si ripercuotono sull'economia regionale con il conseguente rischio di vedere terreni abbandonati oltre che ad un significativo calo di produzione –:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere al fine di avviare l'istituzione della Commissione unica nazionale del grano duro, di potenziare i contratti di filiera tra agricoltori e industria per promuovere la pasta con grano italiano e implementare un sistema di tracciabilità basato su tecnologie blockchain;
quali iniziative intendano porre in essere per arginare la crisi del comparto cerealicolo italiano, con particolare attenzione a quello delle aree territorialmente vocate della Regione Siciliana che assicurano l'alta qualità della materia prima e che meritano sostegno per assicurare il prosieguo dell'attività di coltivazione.
(5-01373)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta in Commissione:
FERRARI e FORATTINI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della salute, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
in Francia, con nota pubblicata sul proprio sito istituzionale, l'Agence Nationale des Fréquences, ente pubblico che gestisce le frequenze radio nel Paese, nell'ambito delle sue funzioni di sorveglianza del mercato delle apparecchiature radioelettriche e di controllo dell'esposizione del pubblico alle onde elettromagnetiche, ha chiesto ad Apple di ritirare dal mercato francese l'iPhone 12 a seguito del superamento del limite del tasso di assorbimento specifico constatato su tale modello (DAS). Il DAS permette di quantificare l'energia trasportata dalle onde elettromagnetiche e assorbite dal corpo umano;
il superamento di tali limiti non è conforme alla regolamentazione europea e infatti la Commissione europea ha già ricevuto la notifica francese riguardante la decisione di fermare le vendite dell'IPHONE 12 in Francia;
tale notifica – si legge in un'agenzia stampa (Ansa 14 settembre 2023) che riporta le parole di un portavoce UE – si è resa necessaria ai sensi della direttiva Ue sulle apparecchiature radio. I Paesi membri hanno ora un periodo di tre mesi per esaminare queste restrizioni e decidere se opporsi o meno – ha spiegato la portavoce, sottolineando che, «a seconda di ciò che accadrà dopo e delle reazioni che ci saranno», si apriranno poi diversi scenari per un'eventuale azione Ue. «Per ora la Commissione non prende misure, aspettiamo le reazioni» dei Governi, ha precisato;
da notizie di stampa, si apprende che anche l'autorità di regolamentazione tedesca ha dichiarato (il 14 settembre 2023) che esaminerà le preoccupazioni sulle radiazioni dell'iPhone 12 di Apple se l'indagine aperta in Francia avanza sufficientemente, aggiungendo che la procedura avviata in quel Paese potrebbe guidare tutta l'Europa;
oltre alla Germania, anche il Belgio ha annunciato giovedì che esaminerà i possibili rischi per la salute dell'IPhone 12 di Apple –:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, anche a scopo cautelativo per la tutela della salute umana, alla luce dell'accertamento del superamento delle soglie limite di assorbimento dell'energia trasportata dalle onde elettromagnetiche del modello di smartphone IPhone 12.
(5-01371)
Interrogazioni a risposta scritta:
FOTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
il «Progetto AIPo», finanziato dal Pnrr per circa 380 milioni di euro, è un progetto di investimento denominato «Rinaturazione dell'area Po», consistente per il 45 per cento della spesa in interventi di natura idraulica e per il 55 per cento in azioni di rinaturalizzazione delle aree golenali;
questa seconda parte del progetto, tuttavia, prevede, in particolare, la revoca di concessioni a pioppicoltura in atto e l'esproprio di aree a pioppeto in proprietà o in gestione per trasformarle in aree naturalistiche per una superficie superiore a 7.000 ettari, incidendo così in modo deleterio sulla pioppicoltura e, di conseguenza, sulla filiera produttiva del legno-arredo, che rappresenta una delle quattro eccellenze italiane;
la pioppicoltura, infatti, fornisce il 50 per cento del legname tondo da industria prodotto in Italia, il che implica che qualora il progetto in questione fosse attuato, ciò determinerebbe, in primo luogo, un danno immediato pari a 140 milioni di euro ai produttori di pioppi, traducendosi sulla filiera del legno-arredo in perdite potenzialmente superiori ad 1 miliardo di euro in termini di semilavorati prodotti dalle imprese italiane, che dovranno necessariamente rivolgersi all'estero per compensare la mancanza di questa materia prima di origine tipicamente italiana;
in secondo luogo, comporterebbe una riduzione dell'approvvigionamento domestico, esponendo ulteriormente l'industria del legno alle oscillazioni dei mercati stranieri, seguendo una linea completamente opposta a quella assunta dall'attuale Governo, che si è invece impegnato sin da subito per sviluppare una filiera del legno arredo al 100 per cento nazionale;
detto ciò, è poi importante considerare che le aree a pioppeto hanno un ruolo molto positivo nella gestione dei terreni in caso di esondazione temporanea, e in quanto gestiti, non presentano ostacoli all'eventuale passaggio dell'acqua a differenza delle aree naturalizzate;
va, inoltre, sottolineato che la sostituzione del pioppo con altre specie presuppone la disponibilità di materiale vivaistico idoneo, problema che sta già ponendo gravi problemi all'attuazione delle attività di Pnrr di forestazione urbana;
nella stesura di tale progetto, quindi, non sembrano essere state appieno considerate le associazioni di rappresentanza del mondo agricolo e industriale e non risulta essere stata effettuata un'opportuna valutazione dell'impatto che deriverebbe sulle piantagioni di pioppo esistenti, nonché dell'impatto economico che avrebbe la futura prevista rinaturalizzazione con i relativi costi di manutenzione negli anni a venire –:
se si intenda valutare l'opportunità di sospendere, in attesa dei dovuti approfondimenti e dei conseguenti risultati, le procedure di esproprio dei terreni agricoli delle aziende private e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per eventualmente modificare il «Progetto AiPo».
(4-01609)
SERGIO COSTA, ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO, SANTILLO e CAPPELLETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il progetto definitivo della linea AV/AC (Verona-Padova – Sub tratta Verona-Vicenza – 1° lotto funzionale Verona-Bivio Vicenza) è stato definitivamente approvato con delibera Cipe nr. 84 del 2017;
la delibera della Giunta regionale del Veneto n. 1595 del 2016 ha espresso «giudizio favorevole di compatibilità ambientale con prescrizioni e raccomandazioni» sul progetto definitivo della linea;
in particolare, nessuno dei precedenti atti contiene alcuna raccomandazione o prescrizione riguardante i Pfas (sostanze perfluoro-alchiliche);
il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza mediante delibera del Consiglio dei ministri del 21 febbraio 2018 dal titolo «Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla contaminazione da Pfas delle falde idriche nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova», con validità dodici mesi, poi prorogato con delibera del Consiglio dei ministri del 4 aprile 2019 per ulteriori dodici mesi;
nella pubblicazione dell'Arpa Veneto «Stato dell'inquinamento da sostanze Perfluoroalchiliche (Pfas) nelle province di Vicenza, Padova e Verona» (risalente al 2013) viene evidenziato come il livello raggiunto da queste sia in aumento (l'inquinamento nella falda avanza tra gli 800 metri e i 1500 metri l'anno);
ad oggi si stimano fino a 400.000 persone interessate;
il parere della commissione Via e Vas del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nr. 2923 del 2019 non evidenzia particolari precauzioni da mettere in atto nei confronti dell'inquinamento da Pfas;
l'inquinamento da Pfas arriva a oltre 104 metri di profondità ed è stato chiuso un pozzo a Lonigo, comune in zona rossa per l'inquinamento da Pfas;
il consorzio Iricav 2 avrebbe affermato che l'area per la quale è stata accertata la presenza di inquinanti non è interessata dalla realizzazione dei lavori e che le opere più vicine sono i viadotti San Bonifacio e Alpone, distanti 15-20 chilometri dall'area inquinata e richiedenti scavi a profondità massima di 10 metri; tuttavia, contrariamente a quanto affermato comuni di San Bonifacio e Montebello Vicentino verranno realizzati 6 viadotti;
tali viadotti necessiteranno, secondo il progetto definitivo, di 1621 pali trivellati di grandi dimensioni (1,5 metri di diametro) con profondità variabili tra 33 e 50 metri e il campo pozzi dell'acquedotto comunale di San Bonifacio è situato in prossimità (circa 450 metri) al viadotto San Bonifacio;
nel territorio dei comuni di San Bonifacio e Montebello Vicentino le palificazioni genereranno un rimescolamento delle acque sotterranee di cui non si conoscono gli sviluppi, poiché i sondaggi all'uopo effettuati non sono andati oltre i 30 metri di profondità;
di conseguenza, l'area effettiva interessata dai lavori rientra nei comuni di Lonigo (zona «rossa») e Vicenza, Altavilla Vicentina, Montebello Vicentino, San Bonifacio e Montecchio Maggiore (zona «arancione»), quindi la presenza degli inquinanti è esattamente nell'area dei lavori;
il cantiere preleverà rilevantissime quantità di acqua dal sottosuolo, con necessità di parziale reimmissione della stessa –:
se i Ministri interrogati intendano adottare le iniziative di competenza al fine di garantire che nei cantieri della linea AV/AC l'acqua prelevata nel territorio sia adeguatamente filtrata per catturare i Pfas, così che il valore cumulativo residuo di tutte le sostanze non superi i valori indicati nel DGRV 854 del 2017;
se si ritenga utile attribuire la possibilità di effettuare controlli a campione casuali sulla qualità dell'acqua filtrata anche ai comuni, con l'ausilio di laboratori privati, rendendo pubbliche le analisi effettuate;
se si intenda adottare iniziative volte a garantire che l'importo di questi ulteriori compiti non sia fonte di richieste economiche aggiuntive da parte del consorzio Iricav 2, in quanto sono derivati da carenze d'indagine e incompletezza progettuale;
quali iniziative di competenza si intenda adottare affinché siano rispettate a livello sostanziale le prescrizioni ex delibera Cipe nr. 84 del 2017.
(4-01615)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta orale:
BRUZZONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della difesa, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
da molti anni il reparto operativo Soarda (Sezione operativa antibracconaggio e reati in danno agli animali) durante i mesi di ottobre/novembre, nelle province di Brescia e Bergamo, effettua controlli, ispezioni e perquisizioni relativamente alla detenzione di uccelli e sull'esercizio venatorio;
tale attività è anche svolta costantemente dai carabinieri forestali dislocati sul territorio, dagli agenti dei corpi delle polizie provinciali e da guardie volontarie, incluse le guardie appartenenti ad associazioni di protezione ambientale e animale, che con un controllo capillare del territorio effettuano numerose ispezioni notturne e diurne, accertando gli illeciti penali;
sul territorio delle suddette province però si stanno verificando, ormai da tempo e sono in forte aumento, atti vandalici e di eco-terrorismo, a danno dei soggetti che legittimamente praticano l'attività venatoria da appostamento; a dimostrazione di ciò sul web circolano numerosi video che riprendono tali atti e sono, inoltre, state depositate, presso le autorità competenti, numerose denunce da parte dei soggetti lesi;
questi atti vandalici, perpetrati da sedicenti associazioni animaliste, stanno superando la sporadicità, a danno dell'incolumità dei cacciatori ed anche dei cittadini;
le operazioni che si ripetono annualmente nei mesi di ottobre/novembre, nelle province di Brescia e Bergamo, effettuate dal reparto operativo Soarda, sono un onere a carico dello Stato –:
se, i Ministri interrogati per quanto di competenza, non intendano adottare iniziative che permettano di trasferire le risorse economiche a carico dello Stato, impegnate per le numerose missioni speciali del reparto Soarda, effettuate nelle province di Brescia e Bergamo, ad altre attività, a tutela dei cittadini cacciatori che legittimamente svolgono l'attività di caccia da appostamento, contro le azioni vandaliche ed eco-terroristiche effettuate dalle sedicenti associazioni animaliste.
(3-00662)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CANNATA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 25 luglio 2023, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 181 del 4 agosto 2023, riscrive il processo di redazione del bilancio di previsione degli enti locali, aggiornando gli allegati al decreto legislativo n. 188 del 2011 sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio;
i punti essenziali del provvedimento riguardano:
a) l'introduzione della nozione di «bilancio tecnico», un documento preliminare con il quale il responsabile finanziario presenta una bozza di bilancio «a legislazione vigente e ad amministrazione invariata» ai responsabili dei servizi e alla Giunta, unitamente ad un «atto di indirizzo» coerente con il Dup, «(anche se non ancora approvato dal Consiglio)»;
b) la minuta rappresentazione del cronoprogramma dal 15 settembre alla fine dell'anno precedente l'esercizio di riferimento, che impegna i vari uffici ed organi a pervenire all'approvazione del bilancio entro il termine del 31 dicembre;
il «bilancio tecnico» non è una mera ipotesi di bilancio che nasce dalle proposte degli uffici e degli amministratori per poi essere «quadrato» ai fini dell'approvazione, ma è un bilancio che deve essere «quadrato», sia in termini di competenza che di cassa fin dalla presentazione, da parte del responsabile del servizio finanziario, ai responsabili dei servizi e alla Giunta comunale; nel caso in cui lo stesso bilancio tecnico non sia in equilibrio, in assenza di indirizzi dell'organo esecutivo, il responsabile del servizio finanziario predispone in ogni caso il bilancio tecnico in equilibrio;
il provvedimento prevede una sorta di silenzio-assenso sull'atto di indirizzo e sul bilancio tecnico che, in assenza di risposte entro il 5 ottobre, dovrà considerarsi approvato dai responsabili dei servizi, che così verrebbero investiti di prerogative e responsabilità in assenza di tutele contrattuali e normative;
la Giunta, esaminata la documentazione trasmessa (entro il 20 ottobre) dal responsabile del servizio finanziario, predisporrà lo schema di bilancio di previsione e lo presenterà al Consiglio, assieme agli allegati, entro il 15 novembre, per essere approvato ogni anno entro il termine del 31 dicembre;
tuttavia il decreto in commento non contiene un'espressa indicazione circa l'anno di riferimento ai fini della prima applicazione del nuovo schema procedurale: tra il 4 agosto e il 15 settembre 2023, i responsabili dei servizi finanziari avrebbero dovuto approntare il «bilancio tecnico», mentre sono ancora alle prese con la chiusura del bilancio di previsione 2023, creandosi un vero ingorgo di adempimenti;
l'altra novità prevista dal decreto in commento riguarda l'obbligo di motivazione per i comuni che vorranno sfruttare la proroga per l'approvazione dei preventivi: le ragioni dello slittamento dovranno essere motivate non solo dal Ministero dell'interno nei consueti decreti ministeriali che dispongono i rinvii, ma anche dagli enti locali che di questi rinvii si avvalgono. In assenza di motivazione, la deadline per i preventivi resta fissata al 31 dicembre;
le condizioni normative e finanziarie della formazione del bilancio, come è ben noto, restano incerte quasi sempre fino alla fine dell'anno precedente, se non, come è molto spesso avvenuto, fino a provvedimenti dei primi mesi dell'anno successivo –:
se l'avvio della nuova formulazione procedurale debba intendersi con riferimento al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario del 2024, auspicando sul punto anche un formale chiarimento ministeriale, visto l'ingorgo di adempimenti previsto per settembre 2023;
se i Ministri interrogati intendano valutare una revisione del decreto in questione, e se intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a promuovere un tavolo istituzionale dedicato al bilancio degli enti territoriali al fine di definire tempestivamente il quadro di riferimento per l'anno successivo, nonché se intendano adottare iniziative di competenza volte ad assegnare risorse adeguate agli enti locali sotto organico nelle figure apicali e tecniche, e a semplificare le regole contabili e dei controlli che assorbono gran parte delle attività degli uffici.
(5-01381)
FENU e PAVANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, recante disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose, ha introdotto il contributo a fondo perduto e credito d'imposta per le imprese turistiche al fine di migliorare la qualità dell'offerta ricettiva;
con avviso del Ministro del turismo del 23 dicembre 2021 sono state emanate le modalità applicative per l'erogazione dei contributi e dei crediti d'imposta;
con riguardo al credito d'imposta, l'articolo 9 del citato avviso ministeriale ha espressamente previsto, contrariamente al testo di legge originario, la cedibilità del credito, in tutto o in parte, con facoltà di successiva cessione «anche» in favore di banche e intermediari finanziari (ammettendo quindi la prima cessione a favore di qualsiasi soggetto privato);
la previsione sulla cedibilità del credito di cui alla fonte secondaria è stata poi ripresa dalla legge dapprima con la modifica introdotta dall'articolo 1, comma 4, lettera a), nn. 1) e 2), del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 13, e successivamente confermata, a seguito dell'abrogazione del decreto-legge n. 13 del 2022 (non convertito e assorbito in altro provvedimento), dall'articolo 28, comma 3-ter, lettera a), nn. 1) e 2), del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4;
a seguito delle modifiche introdotte, il vigente comma 8 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 152 del 2021 espressamente prevede la cedibilità del credito d'imposta, «solo per intero, senza facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari», demandando a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate l'individuazione delle modalità attuative della cessione, da effettuare in via telematica;
nonostante il chiaro tenore letterale della disposizione (seppure in contrasto con l'avviso ministeriale, ove si prevede la cessione parziale), molti operatori lamentano l'impossibilità di accedere alla cessione che non sarebbe attiva sui canali telematici dell'Agenzia delle entrate né risulta emanato il provvedimento direttoriale in merito alle modalità di cessione;
al riguardo, l'unico riferimento circa le modalità di cessione è contenuto nell'avviso ministeriale 23 dicembre 2021 ove si rinvia al decreto direttoriale Ade dell'8 agosto 2020;
inoltre, sempre con riferimento alla cessione del credito, nella descrizione illustrativa dell'incentivo consultabile sui siti web del Ministero del turismo e di Invitalia (gestore della misura), nonché in diverse risposte rese dal customer service del gestore, si farebbe unicamente riferimento alla possibilità di cedere a banche e a intermediari finanziari, creando non poca incertezza tra gli investitori, nonché serie difficoltà di individuare acquirenti disposti all'acquisto del credito;
è utile acquisire chiarimenti sull'ambito di applicazione dell'incentivo al fine di dare le dovute certezze al legittimo affidamento delle imprese in merito alla cedibilità del credito e tutelare gli investimenti programmati –:
se si confermi la cedibilità del credito d'imposta di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 152 del 2022 anche in favore di soggetti diversi da banche e intermediari finanziari;
se si confermi che, ai fini della cedibilità, si possa fare riferimento al decreto direttoriale Ade dell'8 agosto 2020 e, in caso contrario, quali siano le tempistiche di adozione del nuovo provvedimento (non rinvenibile);
quali siano le modalità telematiche da utilizzare per la cessione e, nel caso non siano operative, quali siano le tempistiche di attivazione;
se non si ritenga opportuno assumere urgenti iniziative a carattere informativo, anche per il tramite dell'Agenzia delle entrate, al fine di superare l'incertezza applicativa creatasi sulla misura e rassicurare le imprese in merito alla cedibilità del credito.
(5-01384)
Interrogazione a risposta scritta:
ROMANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il 14 settembre 2023 la Bce ha dato seguito a quanto già annunciato procedendo all'aumento dei tassi d'interesse di un quarto di punto percentuale;
i tassi di interesse risultano dunque così variati: sui rifinanziamenti principali del 4.50 per cento, sui depositi si registra un massimo storico del 4 per cento, sui prestiti marginali del 4.75 per cento;
uno dei motivi principali del rialzo è insito nelle proiezioni sull'andamento dell'inflazione rivisto al ribasso, nonché sull'indebitamento della domanda interna dovuto all'aumento dei prezzi ed alla crescita di mutui e prestiti;
un quadro così complesso non può che portare, come già sta succedendo in Germania, alla recessione;
l'aumento dei tassi di interesse sta già avendo un impatto diretto sul mercato immobiliare, che sta subendo un forte rallentamento;
l'impatto di politiche monetarie più restrittive, infatti, si traduce facilmente in un rallentamento degli investimenti e in una conseguente contrazione immobiliare;
il mercato immobiliare italiano, in base ai dati del volume «Gli immobili in Italia 2023», rilasciato in collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha un valore di circa 37.7 miliardi di euro;
l'osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle entrate segnala, inoltre, per il periodo aprile-giugno 2023, una flessione del 16 per cento delle compravendite, con una crescita dei prezzi a livello congiunturale del 2 per cento ed a livello tendenziale dello 0,78 per cento con rallentamenti più significativi concentrati soprattutto nelle grandi città;
si riscontra altresì, a causa dell'aumento insostenibile delle rate a tasso variabile, un calo generalizzato nella richiesta dei mutui ed in particolare dei mutui prima casa, che sono passati dal 72.9 per cento del 2022 al 56.2 per cento del 2023;
con una platea di compratori ridotta e con prezzi stabili o in aumento, si assiste facilmente ad interventi mirati da parte di grandi fondi immobiliari che, approfittando della situazione, aumentano il loro patrimonio immobiliare;
il risultato in breve tempo si traduce con una maggiore concentrazione di proprietà immobiliari nelle mani di pochi, grandi, investitori stranieri;
non è un mistero infatti che in città come Milano, Roma, o Trieste sia già frequente trovare la gran parte degli immobili, soprattutto nelle aree strategiche sia a livello commerciale che residenziale, di proprietà esclusiva di grandi gruppi stranieri che li riaffittano a residenti;
l'aumento dei tassi di interesse porta inoltre ad un innalzamento incontrollato dei prezzi delle materie prime e dei beni di consumo a danno di imprese e famiglie;
il primo effetto di politiche economiche restrittive è il crollo del mercato immobiliare, a cui seguono minori profitti per le imprese, dovute anche al taglio dei beni superflui da parte dei consumatori, che si concludono in politiche di licenziamento da parte delle imprese –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della correlazione tra aumento dei tassi di interesse e peggioramento del mercato immobiliare, e quali iniziative di competenza intenda assumere per calmierare l'aumento incontrollato dei prezzi delle materie prime, dovuto all'innalzamento dei tassi, al fine di tutelare i consumatori italiani.
(4-01614)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta scritta:
FOTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nell'anno 2003, l'imprenditore G.Z. veniva indagato in Italia per il reato di evasione fiscale e per tali ragioni, veniva sottoposto a diverse indagini e accertamenti da parte della procura di Forlì nonché a rogatoria internazionale, con lo scopo di verificare se detenesse del denaro proprio sul territorio di San Marino e, in caso di riscontro positivo, di sottoporre le somme, cautelativamente, a sequestro preventivo;
nello stesso anno, difatti, il Commissario della Legge di San Marino – Giudice per le Rogatorie – disponeva gli accertamenti richiesti e sottoponeva a sequestro euro 1.892.700,00 di proprietà del predetto, denaro detenuto all'interno di una cassetta di sicurezza presso l'Agenzia di Damagnano presso la Cassa di Risparmio di San Marino;
nell'anno 2017, il procedimento in Italia si concludeva definitivamente con il proscioglimento dell'imputato in quanto prescritto il reato contestatogli ed il tribunale competente disponeva lo svincolo di tutte le di lui somme preventivamente sequestrate, sia in territorio italiano che sammarinese, inoltrando al giudice per l'esecuzione di San Marino specifico ordine di dissequestro;
il predetto imprenditore, tuttavia, otteneva la restituzione solo dei fondi sequestrati dalle Autorità italiane e per mano di queste e non anche quanto detenuto in territorio sammarinese;
a tal punto, per il recupero del fondo, l'imprenditore promuoveva a San Marino i ricorsi interni a lui accessibili (giudizio dinanzi al giudice per la cooperazione internazionale e al giudice dell'esecuzione), rimedi, tuttavia, rimasti infruttuosi per dichiarazioni di incompetenza dei giudici chiamati a pronunciarsi;
nel gennaio 2021, in conclusione, esauriti i rimedi interni, l'imprenditore introduceva, senza però ottenere un esito positivo, ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, lamentando la violazione dell'articolo 1 protocollo 1 CEDU (diritto al rispetto della proprietà privata), inserendo tra i motivi del ricorso la violazione del principio di legalità –:
se il Governo intenda, per quanto di competenza, pronunciarsi al riguardo.
(4-01618)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazione a risposta in Commissione:
BOF, ANDREUZZA, BISA e COIN. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
con interrogazione a risposta immediata n. 5-01346 il gruppo Lega richiamava l'attenzione del Governo sulle gravi disfunzioni relative alla percezione del segnale televisivo in molte province del Veneto (Treviso, Veneto orientale da San Donà a Jesolo fino a Portogruaro nonché nei comuni dell'entroterra), perdurante da circa un anno, con l'impossibilità da parte degli utenti di vedere i canali RAI;
con il summenzionato atto si evidenziava, altresì, che la società concessionaria aveva riconosciuto trattarsi di un problema esteso a più province e dai controlli effettuati sugli apparecchi non risultano anomalie, neanche collegabili con il recante switch off, in quanto è il segnale a risultare assente;
in sede di risposta in Commissione trasporti il 20 settembre 2023, il Sottosegretario delegato, on. Bergamotto, affermava che «(...) per risolvere la problematica di ricezione del canale 37 RAI, verificatasi in alcune zone del Veneto Orientale, dietro istanza della concessionaria pubblica, il Ministero ha espresso parere tecnico positivo temporaneo, nelle more del passaggio al DVB-T2, all'attivazione di un impianto operante nel Comune di Jesolo sul canale 30 in deroga al PNAF19. (...) la RAI ha confermato che l'impianto in questione è stato attivato. Questo dovrebbe segnare il superamento delle criticità evidenziate.»;
a parere dell'interrogante, persiste il rischio per la provincia di Treviso di rimanere scoperta dalla ricezione, con la conseguenza per molti utenti residenti in provincia di continuare a non poter vedere i canali RAI fino ai primi mesi del 2024, quando – si auspica – il passaggio alla tecnologia DVB-T2 dovrebbe risolvere – a detta anche del Ministro interrogato nella sopracitata risposta – gran parte dei problemi di ricezione locale, di interferenza o disturbo del segnale televisivo –:
se e quali iniziative di competenza intenda adottare con urgenza per garantire anche ai residenti in provincia di Treviso il diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo.
(5-01375)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
BONELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 19 settembre 2023 sul sito istituzionale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono stati resi noti i nomi dei componenti del futuro comitato tecnico-scientifico del ponte sulle stretto di Messina, l'organismo indipendente cui sono demandati compiti di supporto e consulenza per il progetto del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria;
tra questi, con compiti di coordinatore, viene indicato il nome di Alberto Prestininzi, ordinario di ingegneria della terra presso l'Università di Roma «La Sapienza», con specializzazione in geologia;
il professor Prestininzi, già coinvolto nei lavori per la costruzione del ponte dal 2001 al 2012, è noto sostenitore del negazionismo climatico, figurando tra i primi firmatari della petizione «There is no climate emergency», che sostiene che l'emergenza climatica non esista, tesi sostenuta dallo stesso professore anche in diversi dibattiti televisivi e talk show;
la nomina a coordinatore del comitato tecnico-scientifico di chi confuta con opinioni personali evidenze e rapporti largamente condivisi dalla comunità scientifica internazionale, ad avviso dell'interrogate solleva non pochi dubbi e preoccupazioni sull'approccio scientifico con il quale l'organismo indipendente è chiamato ad operare, secondo principi di autonomia ed indipendenza, per l'espressione dei pareri in ordine al progetto definitivo ed esecutivo dell'opera;
lo stretto di Messina risulta un importantissimo luogo dove si rileva una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo, essendo un'area naturalistica di primaria importanza a grande scala e un corridoio ecologico per molte specie faunistiche dell'ambiente marino e per l'avifauna, oltre che habitat marino e terrestre di straordinario valore;
secondo i rapporti del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) delle Nazioni Unite, il cambiamento climatico ha già alterato ecosistemi marini, terrestri e fluviali in tutto il mondo, causando perdita di specie, aumento delle malattie, eventi di mortalità di massa in piante e animali, provocando persino le prime vere e proprie estinzioni causate dal clima, elementi che non possono essere ignorati nelle valutazioni che il comitato tecnico-scientifico sarà chiamato a fare-:
se il Ministro risulti a conoscenza delle posizioni negazioniste espresse pubblicamente dal professor Alberto Prestininzi, quali siano stati, per quanto di competenza, i criteri per la sua nomina a coordinatore del comitato tecnico-scientifico del ponte sullo stretto di Messina e se ritenga che chi nega evidenze e pubblicazioni scientifiche possa dare affidabilità nel coordinare un comitato scientifico.
(3-00663)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GHIO, BARBAGALLO, BAKKALI, CASU e MORASSUT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il grande ritardo con cui è stato adottato il decreto interministeriale di attuazione della proroga, per il 2023, del cosiddetto «bonus trasporti», ha fatto perdere a studenti e lavoratori la possibilità di utilizzare il bonus in maniera integrale con un impatto negativo diretto sulla vita lavorativa, scolastica dei cittadini e sui bilanci delle famiglie;
il bonus, da 60 euro, è riconosciuto in favore delle persone fisiche che nell'anno 2022 hanno conseguito un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro, in diminuzione rispetto ai 35.000 euro di reddito previsti in precedenza;
oltretutto, questo decreto attuativo si è reso necessario a causa dell'indecisione del Governo che in un primo momento non ha ritenuto di prorogare la misura già in vigore nel 2021 e nel 2022, per poi fare marcia indietro e reintrodurre il bonus trasporti a seguito delle proteste degli oltre 3 milioni di utenti dei servizi di trasporto pubblico, che grazie al bonus di 60 euro mensili avevano avuto un aiuto concreto per affrontare la crescita dell'inflazione;
nella riproposizione del bonus trasporti per il 2023, tuttavia sono pressoché dimezzati sia le risorse del fondo (da 190 a 100 milioni di euro) sia il limite di reddito per poter richiedere il bonus (da 35.000 a 20.000 euro);
la riduzione delle risorse e il ritardo dell'emanazione del decreto attuativo hanno vanificato l'efficacia della misura a scapito delle famiglie che non hanno potuto fruire del bonus per l'acquisto di un abbonamento annuale a causa dell'esaurimento delle risorse;
è oggi evidente che il trasporto pubblico ha una fortissima valenza ambientale e ci sono Paesi, come la Germania, in cui da tempo viene sostenuta la sperimentazione del biglietto climatico a 9 euro per favorire lo shift modale dal trasporto privato a quello pubblico con grandi riduzioni di emissioni climalteranti;
a Roma sta avendo molto successo la tessera annuale a 50 euro per tutti gli studenti di età inferiore ai 19 anni;
un trasporto pubblico locale efficiente ed accessibile è una scelta importante per realizzare una «giusta» transizione ecologica migliorando la qualità della vita nelle città e nelle grandi aree metropolitane attraverso la realizzazione di una vera mobilità sostenibile –:
in che modo il Governo intenda attivarsi con la massima urgenza, per consentire allo strumento del bonus trasporti di essere di nuovo utilizzabile dai cittadini e dalle famiglie italiane e per favorire il più possibile uno shift modale verso modalità di trasporto sostenibili ed alternative.
(5-01374)
CASU, MORASSUT, BARBAGALLO, BAKKALI e GHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
con la ripresa del pendolarismo scolastico si sono ulteriormente accentuati i disagi dovuti ai disservizi del trasporto pubblico locale in regione Lazio ed in particolare nelle aree a maggiore densità di mobilità quotidiana e sulle principali direttrici che collegano la regione con Roma;
su ferro, per una serie di anomalie tecniche, legate all'usura delle ruote dei treni per via della deformazione della infrastruttura ferroviaria dovuta al caldo anomalo di questa estate, sono saltate oltre mille corse di convogli da e per la Capitale;
ha suscitato sconcerto la notizia riportata dai media di studenti costretti a percorrere a piedi la pericolosissima via Flaminia perché a Morlupo, in corrispondenza di un istituto scolastico che comprende un liceo scientifico e un liceo linguistico, sono state soppresse due fermate in assenza di una riorganizzazione del servizio;
ad incidere inoltre sul complesso quadro del trasporto che interessa in particolar modo la città di Roma vi sono i numeri da record delle presenze turistiche registrate post-Covid;
da tempo gli interroganti segnalano quotidianamente disagi e disservizi legati alla funzione trasporto pubblico sulla intera rete regionale del trasporto pubblico locale;
anche con la presentazione di un atto di indirizzo presso la competente Commissione parlamentare, gli interroganti hanno chiesto al Governo di aumentare lo stanziamento del fondo nazionale trasporti in modo da poter provvedere ad una rimodulazione dei criteri di definizione dei costi standard degli adeguati livelli di servizio che tengano conto delle difficoltà oggettive del trasporto pubblico locale;
la necessità di adeguare i criteri attuali, fondati sulla spesa storica, ai reali fabbisogni delle città, anche alla luce delle conseguenze della crisi climatica e della crescita del turismo è ormai improcrastinabile soprattutto per andare incontro alle esigenze di quella utenza che per lavoro o per studio quotidianamente utilizza il trasporto pubblico locale –:
quali iniziative intenda assumere il Governo, anche in vista della presentazione del prossimo disegno di legge di bilancio, al fine di aumentare le risorse e provvedere a superare le oggettive e quotidiane criticità affrontate dall'utenza sulla rete del trasporto pubblico locale della regione Lazio.
(5-01377)
BARBAGALLO, BAKKALI, CASU, GHIO e MORASSUT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
desta perplessità la nomina ad amministratore unico della Ram Spa, Rete autostrade del Mediterraneo, da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del segretario della Lega nel Lazio, Davide Bordoni, in considerazione della mancanza delle competenze specifiche richieste per il ruolo per cui è stato nominato, nel ramo delle infrastrutture o marittimo;
attualmente il neo segretario della Lega del Lazio, eletto nel comune di Roma, componente della commissione trasporti e mobilità e vice-presidente della commissione Giubileo; questa esperienza più una breve consulenza con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, risultano essere le sue uniche competenze in materia di trasporti;
Ram Spa è una società in house del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con capitale interamente controllato dal Ministero dell'economia e delle finanze e lavorerà a stretto contatto con il sottosegretario con delega ai trasporti, marittimi, ferroviari e su strade, Edoardo Rixi, che ricopre, tra l'altro, l'incarico di responsabile delle infrastrutture nel partito;
la nomina in commento, comprensibile nell'ambito di una strategia politica generale, ad avviso dell'interrogante appare carente quindi sotto il profilo delle competenze richieste per il raggiungimento di obiettivi collettivi di economicità e buona gestione per la quale sono necessarie competenze specifiche è di settore che, tra l'altro, sono riconosciute dall'elevato compenso per tale figura, pari a 120 mila euro annui –:
quali siano i criteri seguiti dal Ministro interrogato per individuare il soggetto idoneo a ricoprire il ruolo di amministratore unico della Ram Spa e quali competenze del nuovo amministratore unico ritenga centrali per lo svolgimento dell'incarico.
(5-01379)
INTERNO
Interrogazione a risposta in Commissione:
GHIO, MAURI, FORNARO, ORLANDO e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
attraverso notizie emerse sui media accompagnate anche da foto, confermate in sedi istituzionali del territorio, si apprende che a Genova, presso un'area periferica della città, sono stati collocati dei container, attualmente nel numero di otto, che dovrebbero essere utilizzati per l'accoglienza di migranti, fra cui minori non accompagnati, nell'ambito dell'azione di ricollocazione annunciata dal Governo mediante decreto;
dalle immagini e dalle indicazioni emerse risulta che i suddetti moduli sono stati collocati in prossimità di un'area complessa, su un terrazzamento, in prossimità di un immobile dichiarato inagibile e a rischio;
anche i residenti, unitamente a rappresentanti delle istituzioni, vorrebbero ben comprendere quali sono le intenzioni delle competenti autorità in quanto quell'area, ove effettivamente fosse destinata a questa finalità, non ha spazi adeguati e si profilerebbe inadatta ad ospitare minori –:
se, davvero, le notizie riportate corrispondano a verità e se non ritenga altresì opportuno adottare iniziative di competenza volte a rivedere la suddetta decisione in relazione alla assoluta inadeguatezza dell'area, nonché quali misure sociali siano state adottate per la presa in carico di minori non accompagnati, a partire da istruzione e salute, in quanto, in mancanza di tali misure, aree come questa si configurerebbero davvero come luoghi lontani dai principi di umanità e dai principi espressi dalla nostra Costituzione.
(5-01376)
Interrogazioni a risposta scritta:
CONTE, ALFONSO COLUCCI, DONNO, PELLEGRINI, GIULIANO, TORTO, LOVECCHIO e FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
preme agli interroganti richiamare l'attenzione sulla recrudescenza dei fatti criminosi occorsi nel territorio della provincia di Foggia e, in particolare, sul grave atto intimidatorio che il 16 settembre 2023, nel comune di Orta Nova, ultimo di una serie consumatasi negli ultimi mesi, che ha colpito e distrutto, incendiandola, la casa di un agente della Squadra mobile di Foggia, impegnato da tempo in indagini contro la criminalità organizzata;
Orta Nova è il comune il cui consiglio comunale è stato sciolto lo scorso giugno 2023 a causa delle dimissioni del sindaco e, successivamente, commissariato – stato nel quale l'ente si trova tuttora – a fronte della situazione di inquinamento e deterioramento dell'amministrazione dovuta all'ingerenza della criminalità organizzata, tale da condizionarne e comprometterne il buon andamento e l'imparzialità, con grave pregiudizio agli interessi della collettività;
nel mese di dicembre 2022, per il tramite di un atto di sindacato ispettivo, i firmatari hanno sottoposto al Ministro interrogato la gravità della diffusione di fenomeni illegali e del dilagare della criminalità organizzata nel territorio foggiano – corroborate anche dai dati relativi all'indice di criminalità nazionale – e in quell'occasione è stata evidenziata l'urgenza di misure e strumenti di sostegno e tutela della legalità e della sicurezza pubblica;
i dati all'epoca diffusi riportavano di un territorio, quello foggiano, al primo posto per le attività di riciclaggio e tra i primi per i fenomeni dell'usura e dell'estorsione, oltre all'ordinarietà di furti e danneggiamenti seguiti da incendi che, anche in questo caso, lo vedevano al primo posto nella classifica;
il fenomeno dell'infiltrazione della criminalità organizzata incide profondamente sul tessuto sociale ed economico, con effetti collaterali sulle potenzialità di crescita e dello sviluppo del territorio, la diffusione di fenomeni illegali e criminosi segna pesantemente la qualità della vita e la sicurezza dei cittadini, beni collettivi di alto valore sociale;
come indicato sul sito web istituzionale, il Ministero dell'interno «si pone come garante della sicurezza del cittadino» ed «è sul territorio che si manifesta l'autorità di un governo nel realizzare determinati fini», tra i quali «l'ordine pubblico e la cura dei propri cittadini»;
in ordine ai fatti esposti e al crescendo della loro entità e gravità nonché alla luce dell'importanza che il Governo in carica assegna al tema della sicurezza pubblica fin dall'avvio del mandato –:
quali iniziative immediate e concrete intenda adottare, nel comune di Orta Nova e, in generale, nel territorio foggiano, funzionali al contrasto del dilagare dei fenomeni delinquenziali, criminali e intimidatori – vieppiù allarmanti per aver assunto la portata di attentati alle persone – e volti ad assicurare il ripristino della legalità e della sicurezza pubblica nel territorio, nonché l'incolumità della vita e dei beni della collettività.
(4-01610)
ASCARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
con sentenza del tribunale di Trento, depositata nel marzo 2023 Denise Pietro è stato condannato, in primo grado, a 8 anni per i reati previsti e puniti dagli articoli 110 e 416-bis del codice penale;
la società D. & M. S.n.c. di Denise Pietro & C. iscritta al registro delle imprese di Trento nel marzo del 2000 ed avente principalmente ad oggetto l'attività di estrazione, la lavorazione, la posa in opera e la commercializzazione del porfido, vedeva tra i soci, oltre al citato Denise Pietro, Macheda Pietro, Macheda Giuseppe, Nania Annunziata e Morabito Francesca;
i fratelli Battaglia Pietro e Giuseppe, ex amministratori comunali di Lona Lases, risultano essere stati condannati in primo grado il 27 luglio 2023 dal tribunale di Trento, per il reato di associazione di tipo, mafioso rispettivamente a 9 anni e 8 mesi e a 12 anni;
in una lettera inviata al giornale L'Adige del 22 marzo 2017, l'allora sindaco Marco Casagranda affermò: «Ho avuto il piacere di avere i fratelli Battaglia in consiglio e ho potuto notare la voglia di spendersi per la comunità nella quale vivono»;
Marco Casagranda, già sindaco di Lona Lases, e Morabito Francesca, socia di Denise Pietro, risultano tra i candidati della lista «Civica Trentina – Autonomia e Libertà», lista che ha concorso alle elezioni provinciali del 21 ottobre 2018 a sostegno del candidato presidente della provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti;
risulta, da articoli di stampa dell'aprile 2023, che a margine dell'inchiesta «Perfido», in seguito alla quale sono state comminate diverse condanne in primo grado per associazione mafiosa, sia stato aperto un ulteriore procedimento che vedrebbe indagati ex politici per scambio elettorale politico mafioso ex articolo 416-ter del codice penale –:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato, anche ai sensi degli articoli 142 e 143 del TUEL, in relazione alle vicende richiamate in premessa;
se e quali iniziative di competenza abbia messo in atto, anche tramite l'ufficio elettorale del Commissariato del Governo per la provincia di Trento, per verificare l'osservanza delle disposizioni di legge in materia elettorale.
(4-01616)
ASCARI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
tra gli imputati nel processo «Perfido», incardinato presso il tribunale di Trento, emerge la figura di Carini Giulio indicato dal Gip, nell'ordinanza di custodia cautelare, come «partecipe dell'associazione, imprenditore calabrese affermato in Trentino (che) si interfaccia alla pari con Macheda Innocenzio, esercita un ruolo di raccordo e collegamento con la Calabria e con le istituzioni politiche, economiche, amministrative nonché con la magistratura, mantenendo quotidianamente rapporti interpersonali al fine di raggiungere gli scopi associativi e personali»;
e ancora come soggetto «[...] che costituisce il trait d'union – caratteristico nelle strutture mafiose ed essenziale per le stesse – con l'imprenditoria, la politica e le istituzioni locali, mantenendo nel contempo un saldo collegamento con la Calabria»;
in particolare il Gip rileva che «l'ascolto delle conversazioni di Carini Giulio documenta gli innumerevoli contatti e la sua particolare frequentazione con soggetti istituzionali, tra cui un ex prefetto di Trento, un Vicequestore di P.S., un Capitano dei Carabinieri, giudici del Tribunale di Trento, personalità della politica, un primario dell'ospedale S. Chiara ed altri.»;
da una trascrizione integrale della conversazione telefonica n. 4363 del 19 dicembre 2017, intercettata sul RIT DDA 894/2017, depositata agli atti del processo «Perfido» sarebbe provato un contatto che attesta una conoscenza e frequentazione tra il Carini Giulio e quello che nella trascrizione viene definito «un soggetto di sesso maschile, (che) parla in dialetto italiano/calabrese, viene chiamato “Minella” (Giuseppe)»;
dal testo della conversazione parrebbe invece trattarsi di un soggetto femminile e, con buona probabilità, di un funzionario pubblico –:
se il Governo disponga di elementi circa il coinvolgimento di un dipendente della pubblica amministrazione nei fatti di cui in premessa, anche al fine di valutare ogni ulteriore adempimento di competenza.
(4-01617)
MALAVASI e ANDREA ROSSI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il distaccamento dei vigili del fuoco di Castelnovo ne' Monti, nel cuore dell'Appennino reggiano, è dai primi anni 2000 riconosciuto quale sede disagiata con orario di lavoro 24/72, che si dettaglia in un turno che inizia alle ore 8 e finisce alle 8 del giorno successivo, con 72 ore di riposo;
tale orario, differenziato rispetto a quello ordinario 12/24-12/48 ore, venne applicato con successo dall'amministrazione centrale per sanare una situazione di disagio oggettivo del personale e conseguenti assenze improvvise che costringevano la sede vigili del fuoco di Reggio Emilia ad effettuare numerose sostituzioni nella sede montana, con conseguente aumento dei costi centrali di gestione e delle spese a carico dei lavoratori chiamati in sostituzione con mezzo proprio;
dalla circolare n. 22795 del 7 novembre 2022, applicativa del decreto del capo Dipartimento n. 686 del 15 marzo 2023 – Individuazione dei distaccamenti disagiati – a sua volta basato sul decreto del Presidente della Repubblica 17 giugno 2022, n. 121 – articolo 20, risulta che la sede di Castelnovo ne' Monti debba tornare all'orario di lavoro ordinario dal 1° gennaio 2024, in quanto il distaccamento non rispetta uno dei parametri stabiliti dalla circolare per essere potenzialmente riconosciuto sede disagiata, ovvero la distanza minima di 45 chilometri dal capoluogo;
il distaccamento rientra invece in tutti gli altri parametri: la classificazione «periferica» E con 10.360 abitanti, l'ubicazione in zona climatica «F», l'altimetria massima del percorso «730 metri» e la differenza altimetrica di 624 metri rispetto alla sede centrale, i tempi medi di percorrenza di 55 minuti, l'assenza di collegamenti ferroviari, la media di «460» interventi annui negli ultimi 5 anni;
il comandante dei vigili del fuoco di Reggio Emilia, con nota prot. 20209 del 9 novembre 2022 indirizzata all'ufficio del capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ha chiesto il riconoscimento dello stato di «sede disagiata» per il distaccamento di Castelnovo ne' Monti;
il decreto del capo Dipartimento dei vigili del fuoco ha individuato in Emilia-Romagna un'unica sede classificata come disagiata con il distaccamento di Bagno Romagna (FC);
su 32 vigili del fuoco assegnati al distaccamento di Castelnovo ne' Monti oltre il 70 per cento risiede fuori dal territorio di competenza, 7 unità nel reggiano e 18 unità fuori regione;
per coprire i 40 chilometri da Reggio Emilia occorrono in media 53,3 minuti e spesso un'ora, tramite una strada di montagna, e di d'inverno, con neve e ghiaccio, si raddoppiano i tempi di percorrenza in auto, che è mezzo obbligato mancando mezzi pubblici alternativi all'auto idonei al servizio;
il territorio di competenza è di quasi 1000 chilometri quadrati, caratterizzato da difficili condizioni climatiche, bassa antropizzazione e densità demografica, ma con una moltiplicazione dei frequentatori o residenti nel periodo estivo, numerose frazioni, località e borghi sparsi per tutta la montagna, distanze tortuose o non asfaltate da coprire che arrivano ad oltre 60 chilometri con tempi di percorrenza invernali di due ore e la presenza di quattro stazioni sciistiche, bacini, luoghi turistici come la Pietra di Bismantova e il patrimonio naturale e faunistico del parco nazionale Appennino Tosco-Emiliano;
tali caratteristiche richiedono profonda conoscenza del territorio, formazione e maturazione di competenze in loco, quali l'utilizzo appropriato di attrezzature e automezzi, per effettuare con efficienza ed efficacia le variegate operazioni di soccorso ed intervento (in media di oltre 400 all'anno), nonché esperienza di ricerca di persone in quota, di gestione dell'emergenza neve, degli incendi, ma anche di fughe di gas e incidenti stradali –:
se e come ritenga di attivarsi affinché il distaccamento dei vigili del fuoco di Castelnovo ne' Monti mantenga l'attuale orario di servizio, non solo al fine di salvaguardarne l'efficienza e aderire alle istanze sindacali e del personale, ma anche per evitare l'indebolimento di un presidio di aree interne già a rischio spopolamento.
(4-01620)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazione a risposta in Commissione:
BRAGA e MANZI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
nella provincia di Como stanno sempre più emergendo i casi di studenti che si vedono respingere o addirittura rifiutare le domande di iscrizione presso gli istituti scolastici pubblici superiori di secondo grado da loro prescelti;
oltre all'incertezza di poter esser accolti nelle scuole scelte si registrano inoltre situazioni sempre più frequenti di alunni ai quali non viene consentito il trasferimento da una scuola pubblica superiore di secondo grado ad altra pubblica di pari grado della stessa provincia o addirittura da un indirizzo di studio all'altro del medesimo istituto. Tale diniego si verifica sia nel corso dei primi mesi dell'anno scolastico, quando ancora è possibile rimediare all'errore di orientamento compiuto dai ragazzi, sia al termine della scuola, a seguito di una bocciatura;
le dirigenze scolastiche degli istituti interpellati motivano l'impossibilità di accettare nuove iscrizioni, trasferimenti e reinserimenti di ripetenti esterni richiamando gli effettivi limiti oggettivi della capienza delle classi e della mancanza di aule. Il numero massimo di trenta alunni per classe già raggiunto a inizio anno unitamente alla cronica mancanza di spazi, impedirebbero quindi di poter accettare tutte le potenziali richieste di iscrizione a inizio anno, i passaggi da un istituto all'altro della stessa provincia, i cambi di indirizzo nello stesso istituto, i reinserimenti dei respinti in altri istituti pubblici provinciali;
tale situazione rischia di segnare fortemente il percorso formativo ed educativo dei ragazzi. Respinti da un sistema scolastico pubblico ingessato, questi alunni sono costretti a trovare soluzioni di ripiego fortemente penalizzanti come frequentare percorsi scolastici meno affini alle loro attitudini, iscriversi a istituti privati locali, se in possesso di disponibilità economiche, o ad altri istituti pubblici fuori provincia con annessi problemi logistici, oppure, nei casi più gravi, sono indotti ad abbandonare gli studi andando così ad aggravare il fenomeno della dispersione scolastica che in provincia di Como raggiunge livelli elevati;
le gravi problematicità emerse in questi anni all'interno del sistema scolastico provinciale di Como rischiano di compromettere e ledere gravemente il diritto allo studio degli studenti nonché il principio costituzionale di garantire una scuola «aperta a tutti» –:
se sia a conoscenza della situazione scolastica comasca sopra descritta;
quali iniziative intenda mettere in atto al fine di garantire la massima accoglienza delle richieste di iscrizione o di trasferimento da un istituto pubblico all'altro, nel pieno rispetto del diritto allo studio sancito in Costituzione, evitando il verificarsi di situazioni penalizzanti e discriminatorie a carico degli studenti.
(5-01372)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZURZOLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo n. 148 del 2015, al titolo II, ha disciplinato l'attività dei fondi bilaterali, con normativa che ha inteso inscrivere in un quadro sistematico il percorso avviato dal legislatore già con la legge n. 92 del 2012, volto a superare i pregressi interventi della cassa integrazione in deroga ed estendere un sistema di ammortizzatori sociali autofinanziati anche a settori fino ad allora non ricompresi nell'ambito della normativa in materia di Cigo e Cigs;
il vigente quadro normativo, in forza del decreto legislativo n. 148 del 2015, come novellato dalla legge 30 dicembre 2012 n. 234 (finanziaria del 2022), oltre ad estendere l'intervento degli ammortizzatori anche alle aziende con un solo dipendente, ha confermato l'obbligatorietà dell'iscrizione al Fsba per ogni azienda artigiana ex legge 8 agosto 1985, n. 443, inquadrata per i profili previdenziali con il codice «CSC settore4/codice autorizzativo 7B»;
il sistema adottato, pur condivisibile negli obiettivi, non ha tuttavia tenuto in debito conto il rischio di distorsioni insito nel fatto che proprio nell'ambito dei fondi ex articolo 27 decreto legislativo 148 del 2015, la potestà regolamentare di fissare i presupposti di iscrizione ed accesso ai servizi ed assegni è auto gestita sulla scorta di statuto e regolamento delle relative associazioni;
fin dal 1946 la principale organizzazione nazionale di rappresentanza datoriale delle imprese di panificazione, artigiane ed industriali, produttrici di pane e prodotti alimentari e affini storicamente e numericamente maggiormente rappresentativa del settore, sottoscrive con Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil il «CCNL per il personale comunque dipendente da aziende di panificazione anche per attività collaterali e complementari, nonché da negozi di vendita al minuto di pane, generi alimentari e vari» applicato dalle aziende associate (codice Cnel E023);
le parti stipulanti, a far data dal 2010, hanno altresì costituito l'ente bilaterale del settore della panificazione, denominato Ebipan, che eroga servizi e provvidenze in favore di datori di lavoro e lavoratori iscritti;
sulla scorta di un perimetro contrattuale di applicazione funzionale alle specificità della categoria di tali produttori e relativi lavoratori, Ebipan regola i contratti individuali e, al contempo, il sistema della bilateralità del settore, nonostante l'articolo 40-bis del decreto legislativo n. 148 del 2015 subordini la regolarità contributiva delle imprese interessate esclusivamente al versamento ai fondi della contribuzione ordinaria, e questa venga individuata dall'articolo 27, comma 5, lettera a) nella contribuzione ordinaria al Fsba, e l'articolo 9 del regolamento Fsba approvato il 17 dicembre 2022 subordini il Durc, presupposto per l'accesso agli ammortizzatori sociali, alla formale adesione ed all'assolvimento dell'obbligo di contribuzione anche nei confronti ed in favore della bilateralità artigiana (Ebna);
nell'ambito delle articolazioni regionali dell'ente bilaterale nazionale dell'artigianato (Ebna), tale disposizione del regolamento nazionale è variamente interpretata, ed è significativo dello stato di incertezza in cui è costretto ad operare l'intero settore della panificazione, in particolare nell'attuale frangente storico che vede la regione Emilia-Romagna colpita da una disastrosa alluvione, e le imprese dell'area interessata rischiano di non poter accedere alle provvidenze pur spettanti a causa dell'imputazione delle somme versate dalle aziende iscritte a Fippa e Ebipan, al fine di assolvere all'obbligo contributivo Fsba operata dall'articolazione regionale dell'Emilia-Romagna di Ebna (Eber);
ne consegue che tali imprese risultano artificiosamente inadempienti sul piano dell'obbligazione contributiva obbligatoria e, nella sostanza, non meritevoli di Durc secondo l'autoregolamentazione Ebna-Fsba, e impossibilitate ad accedere agli ammortizzatori sociali –:
se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di competenza al fine di rivedere il perimetro dell'obbligazione contributiva dovuta.
(5-01382)
Interrogazione a risposta scritta:
GIOVINE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
da tempo si attendeva la modifica del regime sanzionatorio sproporzionato relativo alle violazioni per omesso versamento delle ritenute previdenziali punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10 mila a 50 mila euro, indipendentemente dalla cifra omessa;
bene ha fatto il Governo intervenendo con l'articolo 23 del decreto-legge n. 48 del 2023, convertito con modificazioni dalla 4 maggio 2023, n. 48, a rendere proporzionale e ragionevole la sanzione parametrandola all'omissione da 1,5 a 4,0 volte la somma omessa;
nel testo del decreto convertito c'è una ulteriore novità prevista dal comma 2 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 48 del 2023: «Per le violazioni riferite ai periodi di omissione dal 1° gennaio 2023, gli estremi della violazione devono essere notificati, in deroga all'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell'annualità oggetto di violazione.»;
l'articolo 14 della legge 24 novembre 1981 n. 689 prevede che gli estremi della violazione debbano essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento, mentre l'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto;
bene ha fatto quindi il Governo ad inserire una tempistica diversa, in deroga all'articolo 14 della legge n. 689 del 1981, dilatando il termine ordinario di decadenza, portandolo alla fine del biennio; modifica dalla quale si deduce che per i periodi precedenti il 1 gennaio 2023, il termine resti quello dei 90 giorni e, di conseguenza, laddove la contestazione non sia stata tempestivamente notificata al trasgressore, le sanzioni vanno annullate e archiviate;
l'Inps sta notificando violazioni per omissioni dei versamenti ritenute previdenziali con anni di ritardo, giustificandosi con la sentenza della Corte di cassazione Sez. L, n. 7681 del 2 aprile 2014, secondo cui: «In tema di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata dell'infrazione, il termine di novanta giorni, previsto dall'articolo 14 della legge 24 novembre 1981 n. 689 per la notifica degli estremi della violazione, decorre dal compimento dell'attività di verifica di tutti gli elementi dell'illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all'amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari, quali le convocazioni di informatori, che non hanno sortito effetto»;
i versamenti delle ritenute previdenziali devono essere effettuati entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento (inteso come periodo di svolgimento della prestazione), pertanto l'Inps è a conoscenza velocemente del mancato pagamento e le notifiche effettuate con anni di ritardo appaiono poco giustificabili e non rispondenti neanche ai dettami della sentenza citata e datata 2014;
recentemente il tribunale di Catania, sezione lavoro, con la sentenza n. 3493 del 17 ottobre 2022 e con sentenza n. 1655 del 21 aprile 2023, ha annullato ordinanze di ingiunzione «perché il diritto a riscuotere la sanzione amministrativa dell'Inps era già estinto decorsi i 90 giorni di cui all'articolo 14 della legge 689 del 1981» –:
se intenda intraprendere iniziative di competenza urgenti per chiarire la situazione, al fine di evitare contenziosi inutili relativi al mancato rispetto del termine di 90 giorni per le violazioni ante gennaio 2023.
(4-01611)
SALUTE
Interrogazione a risposta orale:
SERGIO COSTA, DI LAURO, QUARTINI, MARIANNA RICCIARDI, SPORTIELLO, ALFONSO COLUCCI, AURIEMMA, BARZOTTI, PENZA, CARAMIELLO, ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO, SANTILLO e CHERCHI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
all'alba del 20 settembre 2023 nel rifugio «Cuori Liberi» di Sairano, in provincia di Pavia, è stata portata a termine un'operazione congiunta del personale della Asl e delle forze dell'ordine in tenuta antisommossa, con l'obiettivo di sopprimere 10 maiali tenuti in cattività e non destinati all'alimentazione;
il rifugio «Cuori Liberi» è un luogo riconosciuto quale «rifugio permanente» dal decreto del Ministero della salute del 7 marzo 2023;
secondo le numerose testimonianze rese pubbliche dai giornali e dai siti di informazione gli agenti di polizia hanno scelto di agire con modalità inutilmente aggressive e violente nei confronti degli attivisti del rifugio, che opponevano una pacifica resistenza all'operazione in corso;
alcuni di loro sono stati portati via di peso dalle forze dell'ordine, come si vede nei filmati girati dagli attivisti stessi e, secondo quanto dichiarato, «Molti sono stati picchiati con tirapugni e manganelli, alcuni fatti salire sulle camionette della celere e portati via senza rispettare i protocolli di sicurezza e sanificazione»; altre testimonianze parlano di violenze gratuite – pugni, manganellate – contro manifestanti inermi, talvolta a terra, nell'assoluta assenza di cause di giustificazione del ricorso a misure estreme;
nonostante gli agenti di polizia abbiano impedito di fare riprese e fotografie, circolano in rete immagini dell'accaduto; l'attivista Cristina Rimoldi in un video spiega che le forze dell'ordine «Hanno subito cominciato a manganellare le persone, e alla fine sono entrati gli operatori dell'Asl con fucili che ipotizziamo fossero carichi di narcotico, ma la verità è che non sappiamo cosa sia successo in quel recinto. Il veterinario del rifugio non è stato fatto entrare, così come la proprietaria del rifugio, Federica Bocca, che solo in un secondo momento è stata fatta avvicinare alla casa ma tenuta comunque lontana dall'area dove c'erano i maiali» –:
se il Ministro della salute intenda fornire gli elementi per descrivere il quadro sanitario rilevato, quanti animali fossero effettivamente infetti e i rischi oggettivi di diffusione del virus;
se il Ministro della salute intenda fornire rassicurazioni sulle modalità – che devono essere incruente e non recare stress e angoscia – con cui è stata effettuata la soppressione degli animali, spiegando i motivi per cui è stato impedito alla titolare del rifugio di poter assistere all'operazione;
se il Ministro della salute non intenda valutare l'opportunità di individuare soluzioni alternative e incruente a quella della soppressione, nelle circostanze in cui gli animali, ancorché affetti dalla patologia infettiva, non siano destinati all'alimentazione e in ogni caso non in condizione di causarne la diffusione, con particolare riguardo alle strutture di ricovero degli animali come «Cuori Liberi», la cui peculiare natura e valore sociale imporrebbero l'adozione di protocolli speciali e differenziati, in grado di tutelare gli animali domestici ospitati e non destinati al consumo alimentare, tenuto conto anche della speciale relazione di affezione che li lega ai proprietari;
se il Ministro dell'interno intenda fornire al Parlamento un resoconto circostanziato su quanto avvenuto al rifugio «Cuori Liberi», chiarendo se davvero vi siano state forme di inutile e gratuita violenza nei confronti delle persone che pacificamente cercavano di opporsi alla mattanza, valutando l'opportunità di procedere all'identificazione ed eventuale adozione di provvedimenti nei confronti dei membri delle forze dell'ordine che avrebbero colpito al volto e al corpo deliberatamente i cittadini e che non avrebbero rispettato le misure di biosicurezza previste invece per legge;
se il Ministro della salute intenda illustrare quali siano le misure di contenimento della Psa previste nel dettaglio per la regione Lombardia, a causa dei focolai identificati e se quanti e quali controlli siano stati effettuati negli allevamenti in Lombardia per verificare il rispetto delle misure di biosicurezza che siano efficaci onde evitare situazioni simili.
(3-00664)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MALAVASI, BRAGA e FURFARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante «Disposizioni in materia di potenziamento dell'assistenza a tutela della salute mentale e dell'assistenza psicologica e psicoterapica», ha introdotto alcune misure di contrasto al disagio psicologico, tra cui anche «un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti nell'elenco degli psicoterapeuti nell'ambito dell'albo degli psicologi»;
tale norma è stata poi oggetto di modifica dalla legge di bilancio per il 2023 che, all'articolo 1, comma 538, grazie a un emendamento del gruppo parlamentare del Partito Democratico, ha stanziato 5 milioni di euro per il 2023 e 8 dal 2024 per rifinanziare il bonus psicologo e il limite di contributo è passato da 600 euro a 1.500 euro;
le risorse, purtroppo, sono ridotte, sopratutto se paragonate ai 25 milioni stanziati nel 2022, sufficienti a coprire solo per il 10 per cento delle domande presentate;
nonostante rassicurazioni e scadenze prorogate, le domande per il contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia per l'anno in corso non sono state ancora attivate;
a oggi, infatti, il decreto attuativo per la misura non è stato ancora pubblicato e migliaia di cittadini restano di attesa di poter usufruire del bonus;
il Governo ha già disatteso la scadenza prefissata per la sua attivazione per ben due volte: in primavera il Ministro della salute Orazio Schillaci, in un'intervista a IlSole24ore, aveva detto che l'erogazione dei bonus psicologo 2023 sarebbe partita entro giugno 2023; il 24 maggio 2023, in Commissione affari sociali della Camera, in risposta all'atto Camera 5-00893, il sottosegretario di Stato per la salute, Marcello Gemmato, aveva detto che il bonus sarebbe stato erogato in tempi brevi, entro l'estate 2023;
l'ultima notizia ufficiale sulla misura è il messaggio INPS del 6 luglio 2023, n. 2530, che aveva dato una proroga fino al 15 settembre per dare la possibilità di accogliere le richieste provenienti dai territori alluvionati. Da allora, non vi sono più state comunicazioni;
il bonus psicologo di quest'anno dovrebbe arrivare – come previsto dalla legge di Bilancio 2023 – entro il 31 dicembre 2023, che è la scadenza massima consentita;
a 9 mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio non ci sono ancora indicazioni su come e quando si potrà fare domanda per il 2023 e il decreto attuativo per la definizione dei criteri e delle modalità per accedere a tale beneficio, così come avvenuto per il 2022, non è ancora stato adottato e non sono ancora conosciute le tempistiche, nonostante le ampie rassicurazioni fornite dal Ministro interrogato –:
se il decreto attuativo per l'erogazione del cosiddetto bonus psicologico, per l'anno 2023, sia in fase di emanazione così da consentire, anche per l'anno in corso, di usufruire delle risorse utili per le sessioni di psicoterapia o in caso contrario quando verrà emanato.
(5-01378)
ZAN e FURFARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la Federazione nazionale degli ordini dei biologi Fnob è diretta dal comitato centrale, composto da 15 biologi eletti dai presidenti degli ordini territoriali; l'elezione del comitato centrale della Fnob è regolarmente avvenuta in data 11 marzo 2023;
il comitato centrale ha provveduto ad eleggere le cariche di rappresentanza, tra cui il presidente, il dottor Vincenzo D'Anna, candidato nella lista Biologi per il rinnovamento che ha ottenuto la maggioranza dei voti;
risulta all'interrogante che la prima adunanza del comitato centrale, convocata il 14 aprile 2023, sia andata deserta per mancato raggiungimento del quorum, per via dell'assenza della maggioranza dei componenti il comitato, e che nel periodo successivo il comitato centrale non sia più stato convocato dal presidente, con ripercussioni sia sul piano amministrativo della Federazione che sul funzionamento degli ordini territoriali;
a fronte di questo blocco istituzionale, dovuto alla mancata volontà di convocazione da parte del presidente, ancorché sollecitata, lo stesso presidente ha manifestato la sua volontà di arrivare alle elezioni di un nuovo comitato centrale da parte dei presidenti degli ordini;
con decreto ministeriale n. 8117 10 agosto 2023, il Ministro disponeva lo scioglimento e contestuale commissariamento del comitato centrale della Federazione Nazionale degli ordini dei biologi, rilevando che l'impossibilità per lo stesso di funzionare regolarmente risulta dalla nota del presidente Fnob del 15 giugno 2023 prot. 6552/2023, acquisita agli atti del Ministero con prot. DGPROF 34172-15/06/2023, il quale «accertava l'impossibilità per il comitato centrale della Fnob di funzionare regolarmente a causa di contrasti interni che impediscono la prosecuzione delle attività istituzionali ed accessorie», con la richiesta del medesimo di valutare «l'opportunità di procedere allo scioglimento dell'attuale comitato centrale, ai sensi dell'art. 8 D.Lgs C.p.S. n. 233 del 13/09/1946»;
risulta all'interrogante che dal ricorso al Tar avverso il decreto ministeriale, n. 8117 del 2023 i ricorrenti lamentano come non vi sia stata alcuna udienza da parte del Ministero dei componenti del comitato centrale, e che le decisioni del Ministro siano state prese solo sulla base delle molteplici comunicazioni dell'ormai ex presidente D'Anna, inviate al Ministero senza alcun coinvolgimento del comitato centrale –:
quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato al fine di verificare l'esistenza di una maggioranza in grado di governare l'ente e se non ritenga eventualmente doveroso ritirare in autotutela il decreto ministeriale n. 8117 del 2023, nonché se non abbia in previsione di convocare i componenti del comitato centrale, quale organo nel suo intero deputato alla gestione della Federazione nazionale degli ordini dei biologi, anche al fine di mettere in condizioni di piena operatività gli ordini dei biologi.
(5-01383)
Interrogazioni a risposta scritta:
LACARRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il Pnrr ha destinato alla missione salute euro 15,63 miliardi, pari all'8,16 per cento dell'importo totale, per sostenere importanti riforme e investimenti a beneficio del Servizio sanitario nazionale, da realizzare entro il 2026;
a queste risorse si aggiungono i 2,387 miliardi del Piano nazionale complementare, 1,71 miliardi provenienti dal React EU e i 625 milioni di euro di fondi dell'Unione europea per il programma nazionale – equità nella salute, che porta il totale a oltre 20 miliardi di euro;
la componente 1 della missione 6 del Pnrr (reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale) mira al rafforzamento dei servizi e delle prestazioni erogate sul territorio grazie alla creazione di strutture e presidi territoriali, come le case della comunità, gli ospedali di comunità, le centrali operative territoriali, al potenziamento dell'assistenza domiciliare, allo sviluppo della telemedicina e a una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari;
in particolare, 2 miliardi di euro sono stati destinati alla realizzazione delle case della comunità, 1 miliardo agli ospedali di comunità e 103 milioni per realizzare almeno 600 centrali operative territoriali (Cot);
nell'ultimo rapporto di Agenas, aggiornato al mese di giugno del 2023, risulta un evidente ritardo nella realizzazione delle strutture che dovrebbero essere il nuovo caposaldo della sanità di prossimità;
delle 1.430 case della comunità previste e da realizzare, entro il 2026, a giugno 2023 ne sono attive appena 187, ovvero il 13 per cento e, anche dove attive, le case della comunità solo nel 17 per cento dei casi risultano aperte h24, 7 giorni su 7, mentre nel 34 per cento dei casi sono aperte meno di giorni su 7 e con un orario di nemmeno 12 ore giornaliere;
per di più, i medici di medicina generale sono presenti solo nel 54 per cento delle case della comunità attive e meno sono i pediatri (solo il 28 per cento);
dei 434 ospedali di comunità da realizzare, a giugno 2023 risultano funzionanti solo 76 (17 per cento) per un totale di 1.378 posti letto;
delle 611 centrali operative territoriali (da attivare entro il 2024), a giugno 2023 ne risultano attivate solo 77, ossia il 12 per cento e il 58 per cento di questa è attivo meno di 6 giorni su 7;
in Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Marche, provincia autonoma di Trento, Sardegna e Sicilia al momento non sarebbe attiva nemmeno una casa della comunità, un ospedale di comunità e una Cot;
l'Agenas, con deliberazione del direttore generale n. 399 del 14 settembre 2023, costituisce il Gruppo di lavoro per la definizione delle linee di indirizzo per l'attivazione e l'attuazione delle case della comunità (Cdc);
sebbene, come specificato dall'Agenzia, «Il Gruppo di Lavoro, multidisciplinare e multiprofessionale, comprende tutti i portatori di interesse coinvolti», alcune fondamentali categorie (farmacisti, psicologi, biologi) per le attività che le case della comunità saranno chiamate a svolgere sono state escluse –:
se intenda fornire spiegazioni in ordine ai gravi ritardi nell'attuazione delle misure richiamate in premessa;
se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per accelerare la realizzazione delle opere e l'attivazione dei servizi previsti, anche al fine di non disperdere le risorse a carico del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
se intenda, per quanto di competenza, intraprendere iniziative affinché il gruppo di lavoro citato sia integrato con figure rappresentative degli ordini professionali mancanti, malgrado il fondamentale ruolo loro riservato nell'ambito delle attività delle case della comunità.
(4-01613)
FARAONE. — Al Ministro della salute, al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
da quanto risulta all'interrogante, durante l'emergenza pandemica, l'azienda di call center Almaviva Contact ha spostato circa 428 unità lavorative al «1500», il numero di utilità pubblica istituito dal Ministero della salute per fornire tutte le informazioni necessarie sul COVID-19. Questi lavoratori sono stati definiti angeli, insieme agli operatori sanitari e ai medici, il loro supporto si è dimostrato indispensabile per districarsi nel complicato mondo delle norme anti-Covid;
l'azienda Almaviva, per oltre 20 anni ha gestito tante commesse, ma ad oggi non ha più alcuna attività in gestione, in forza lavoro ci sono 651 addetti suddivisi tra le sedi di Palermo, Catania, Rende, Napoli, Roma e Milano; tra questi lavoratori, come detto, 428 unità hanno operato per il numero verde «1500» legato alla gestione dell'emergenza sanitaria COVID-19, e regna incertezza su quale futuro li attenda, poiché è elevato il rischio di licenziamento a dicembre 2023;
da quanto è dato sapere, il Ministero della salute, in occasione di un incontro con i lavoratori, pare abbia comunicato loro che a breve partirà un nuovo servizio collegato sempre al numero «1500», che si occuperà di fornire informazioni e assistenza su diverse tematiche di interesse per la sanità pubblica, servizio che sarà lavorato da Almaviva Contact ma che potrà garantire solo al 20 per cento di queste persone l'occupazione, circa cioè appena 80 lavoratori, e con lo stanziamento successivo di altre risorse poi si potrebbe arrivare nel 2024 da 80 a 100 lavoratrici e lavoratori;
la soluzione individuata dal Ministero della salute, se confermata, è insufficiente; tutti gli altri dipendenti non riprotetti e non garantiti finiranno senza alcun lavoro, e con la scadenza degli ammortizzatori sociali fissati al 30 dicembre 2023, il tempo a disposizione è quasi finito; va scongiurata un'ulteriore emergenza occupazionale;
da inizio anno, si sono tenuti dei tavoli presso il Ministero delle imprese e del made in Italy con le parti sociali, che ancora non hanno portato ad una soluzione, per garantire la salvaguardia dell'intero numero dei lavoratori;
la situazione determinatasi è assai grave e necessita di essere affrontata con massima urgenza –:
quali iniziative di competenza si ritenga di promuovere, al fine di garantire, in tempi rapidi, le doverose tutele occupazionali ai lavoratori di Almaviva, che in momenti assai difficili hanno contribuito con la loro professionalità ad uscire dall'emergenza pandemica da COVID-19.
(4-01619)
UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta scritta:
BARABOTTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
la città di Carrara è sede di un ateneo pubblico per lo studio delle arti visive (Afam), noto come Accademia di belle arti, con sede nel Palazzo Cybo Malaspina;
il complesso, edificato nei primi decenni del XVI secolo, è fra i più importanti edifici della città per pregio artistico e storico, dimora principesca fino al 1805 e quindi destinato da Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone Bonaparte, a sede dell'Accademia di Belle Arti;
da molti anni, nell'apparente indifferenza di coloro che sono chiamati a guidare l'Accademia di Belle Arti di Carrara, parte della facciata dell'edificio è ricoperta da scritte vergognose, ingiuriose e minacciose o addirittura prive di senso e di rivendicazione che, in tutti i casi, feriscono un luogo così ricco di cultura, storia e bellezza;
è di tutta evidenza che tali brutture mal si conciliano con il decoro della città, ma queste assumono un significato particolarmente grave e negativo dal momento che compaiono sulla sede di un istituto prestigioso che ha proprio l'altissimo compito di conservare e tramandare arte, bellezza e cultura alle nuove generazioni e all'intera comunità;
a distanza di oltre tre anni dalla comparsa dalle ultime scritte e dagli ultimi imbrattamenti, il direttore dell'accademia a mezzo stampa ha reso noto che «è pronto da tempo un progetto di restauro la cui esecuzione deve essere sottoposta al necessario iter approvativo», chiedendo al contempo un aiuto alle istituzioni nazionali per far fronte ad una gestione di grande complessità, in considerazione del valore storico e culturale dell'immobile in cui ha sede l'Accademia –:
quali iniziative, per quanto di competenza, si intenda intraprendere per assicurare che sia ripristinato al più presto il decoro delle facciate dell'istituto e se si intenda accertare cause e responsabilità del ritardo sin qui occorso.
(4-01612)
Apposizione di firme ad interrogazioni.
La interrogazione a risposta orale Dori e Borrelli n. 3-00646, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zanella.
La interrogazione a risposta in Commissione Manzi e altri n. 5-01356, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 settembre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciani.
La interrogazione a risposta immediata in Commissione Zaratti n. 5-01360, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 settembre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dori.
La interrogazione a risposta immediata in Commissione Bonafè e altri n. 5-01364, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 settembre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Biase.
Cambio presentatore di una interrogazione, aggiunta di firma e modifica dell'ordine dei firmatari.
Interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01356, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 settembre 2023, è da intendersi presentata dalla deputata Manzi, già cofirmataria della stessa, e, contestualmente, è stata sottoscritta anche dai deputati Braga, Ascani, Bakkali, Curti, De Maria, Di Biase, Fassino, Ferrari, Forattini, Fornaro, Fossi, Furfaro, Laus, Marino, Mauri, Merola, Ubaldo Pagano, Roggiani, Scarpa, Serracchiani, Vaccari. L'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Manzi, Malavasi, Braga, Orfini, Berruto, Zingaretti, Ascani, Bakkali, Curti, De Maria, Di Biase, Fassino, Ferrari, Forattini, Fornaro, Fossi, Furfaro, Laus, Marino, Mauri, Merola, Ubaldo Pagano, Roggiani, Scarpa, Serracchiani, Vaccari».
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Scerra n. 1-00082, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 61 del 2 marzo 2023.
La Camera,
premesso che:
il sistema di governance economica dell'Unione europea è costituito da un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, modificato a più riprese e le cui sollecitazioni di riforma si sono moltiplicate nel corso degli anni, in particolare dopo la crisi pandemica, quando la situazione contingente ha reso sempre più evidenti i limiti delle attuali regole del Patto di stabilità e crescita e meno realistica la prospettiva del rispetto e del rientro verso i valori di riferimento relativi alla finanza pubblica;
in particolare, la necessità di una riforma del quadro della governance economica europea appare giustificata e non più rinviabile in ragione di regole ormai obsolete, concepite a partire dagli anni Novanta e destinate a essere applicate in un contesto economico estremamente mutato, oltre che eccessivamente complesse, incapaci di raggiungere i risultati prospettati, non in grado di favorire gli investimenti pubblici, poco trasparenti nelle procedure, di difficile applicazione – anche in virtù della tipologia di sanzioni previste – ed infine non in grado di attenuare gli effetti del ciclo economico;
come noto, l'insieme principale di regole del quadro di governance economica si basa infatti sul Patto di stabilità e crescita (Psc), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997: con il Patto di stabilità e crescita la governance europea si struttura maggiormente, costituendo il principale fondamento giuridico della regolamentazione delle politiche di bilancio, ai sensi dell'articolo 121 (sorveglianza multilaterale) e dell'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (procedura per i disavanzi eccessivi);
il Patto, così come modificato, si articola in un cosiddetto braccio preventivo («preventive arm», che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine, che è individuale per ogni Stato membro) e in un cosiddetto braccio correttivo («corrective arm», che mira a garantire che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale supera i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del prodotto interno lordo) ed era principalmente finalizzato a rendere più cogente la disciplina di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea imponendo, in particolare, il rispetto delle soglie del 3 per cento per l'indebitamento netto e del 60 per cento del prodotto interno lordo per il debito delle pubbliche amministrazioni, regole originariamente previste dal protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato di Maastricht;
il Patto è stato oggetto di un primo intervento di modifica nel 2005 ad opera dei due regolamenti (CE) n. 1055 e n. 1056, con i quali, fermi restando i due parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento, sono stati ridefiniti gli obiettivi di finanza pubblica a medio termine, attraverso la previsione di percorsi di avvicinamento differenziati per i singoli Stati membri, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni di bilancio, degli sviluppi sul piano economico e della sostenibilità finanziaria delle finanze pubbliche degli Stati medesimi;
in particolare, si è previsto che gli Stati membri, nell'ambito dell'aggiornamento dei rispettivi programmi di stabilità, presentino un obiettivo di medio termine (Omt), concordato in sede europea e definito sulla base del potenziale di crescita dell'economia e del rapporto debito/prodotto interno lordo. Esso consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità delle finanze pubbliche;
a seguito della grave crisi finanziaria e della recessione economica che hanno investito l'economia mondiale a partire dal 2009 e che hanno determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi europei, è stato avviato un ciclo di modifiche della governance economica dell'Unione europea attraverso l'approvazione, nel corso del 2011, di un pacchetto di sei proposte legislative (cosiddetto Six pack), consistenti in due regolamenti (n. 1174 e n. 1176 del 2011) volti alla creazione di una sorveglianza macroeconomica per la prevenzione e correzione degli squilibri, tre regolamenti (n. 1173, n. 1175 e n. 1177 del 2011) finalizzati ad una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita e in una direttiva (2011/85/UE) relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri; hanno concorso a rafforzare il Patto di stabilità, nel senso di una più rigorosa applicazione, due ulteriori regolamenti del maggio 2013 (cosiddetti Two pack), volti a dettare regole più stringenti in materia di sorveglianza economica e di bilancio e di monitoraggio dei progetti di bilancio degli Stati membri (regolamento n. 472/2013 sulla sorveglianza rafforzata per gli Stati in difficoltà e regolamento n. 473/2013 sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio degli Stati);
le azioni intraprese in questo ambito hanno contribuito a delineare un'architettura delle politiche di bilancio dell'Unione europea in generale più vincolante per gli Stati membri, istituendo un quadro più rigido per il coordinamento e il controllo delle politiche di bilancio;
a tale quadro si è aggiunta, in occasione del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012, la firma del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (Trattato cosiddetto Fiscal Compact, frutto di un accordo intergovernativo e concordato al di fuori della cornice giuridica dei Trattati dell'Unione europea), entrato poi in vigore il 1° gennaio 2013, che ha richiamato la riforma della governance economica dell'Unione europea già adottata nel novembre 2011;
il Fiscal Compact ha infatti incorporato ed integrato in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea;
la nuova regola numerica, adottata con il Six pack e richiamata nel Fiscal compact, specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del prodotto interno lordo. In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/prodotto interno lordo in eccesso rispetto al valore del 60 per cento si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward-looking della regola sul debito), ovvero se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, nei tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking della regola sul debito);
nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola del debito prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/prodotto interno lordo dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore. Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cosiddetti fattori rilevanti. In particolare, la Commissione europea sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) nel quale esprimere valutazioni «qualitative» in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee;
solo se nessuna di queste condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo) viene soddisfatta, la regola del debito è considerata non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di un rapporto ai sensi dell'articolo 127(3) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);
dalla sua entrata a regime nel 2015, la regola del debito, che è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell'equilibrio di bilancio, non è mai stata rispettata dall'Italia in nessuna delle sue configurazioni. Grazie alla considerazione dei fattori rilevanti, la Commissione europea e il Consiglio hanno nel corso degli anni considerato valide le ragioni addotte dal Governo italiano per posticipare la riduzione del debito pubblico, e non si è mai arrivati quindi all'avvio della procedura di infrazione per disavanzi eccessivi basata sul criterio del debito;
da ultimo, anche il Def 2022 ha confermato la difficoltà per l'Italia di soddisfare la regola del debito nelle sue varie configurazioni e il nostro Paese ha più volte contestato l'eccessiva restrizione di bilancio implicata dal pieno rispetto della regola in un contesto spesso di condizioni cicliche molto deboli rese ancora più proibitive – per il perseguimento dell'obiettivo relativo al debito pubblico – dalle conseguenze economiche della crisi pandemica;
all'inizio del 2020, a fronte di alcuni elementi di debolezza già dimostrati dall'impianto complessivo che avevano causato difficoltà agli Stati membri, in particolare nel determinare un percorso virtuoso favorevole alla crescita di lungo periodo, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sul riesame dell'efficacia del quadro della governance economica. Il dibattito pubblico, inizialmente sospeso poco dopo la sua apertura per via della crisi pandemica, è stato quindi rilanciato dalla Commissione europea alla fine del 2021 (COM (2021) 662 final), per poi concludersi il 31 dicembre 2021, al fine di riavviare un confronto attorno ai cardini delle regole fiscali come modificate dalle successive integrazioni al Patto di stabilità e crescita e sulla loro efficacia per il conseguimento degli obiettivi originari;
dopo l'emergenza sanitaria e gli errori dello scorso decennio, sono emerse nuove proposte per una semplificazione e una riforma delle norme correnti in risposta alle nuove sfide di politica economica: il diffondersi della pandemia da COVID-19 ha infatti innescato una crisi senza precedenti, che ha provocato gravi ripercussioni asimmetriche e causato perturbazioni in ambito sanitario, economico e sociale, che hanno determinato la necessità di adottare misure straordinarie e che hanno lasciato in eredità un notevole aumento dei debiti pubblici in tutti i Paesi;
con l'insorgere della pandemia, il livello del debito pubblico degli Stati membri dell'Unione è infatti notevolmente aumentato a causa, tra l'altro, dell'aumento delle spese sanitarie, dell'introduzione di forme di ristoro alle famiglie e alle imprese, della previsione di stimoli all'economia;
è stata quindi la stessa Commissione europea ad affermare che, se da una parte, le regole del Patto di stabilità e crescita avevano favorito una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri e un coordinamento più stretto delle politiche di bilancio nella zona euro, dall'altra il debito pubblico rimaneva elevato in alcuni Stati membri e l'orientamento della politica di bilancio a livello nazionale era stato spesso pro-ciclico;
con l'arrivo della crisi pandemica da COVID-19, la Commissione europea ha quindi disposto l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (general escape clause), al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra di bilancio – nel quadro del Patto – per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi;
la clausola di salvaguardia, introdotta con la revisione della disciplina fiscale operata dal Six Pack nel 2011 ma mai applicata prima, consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, discostandosi dalle esigenze di bilancio che sarebbero normalmente applicabili, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo, senza sospendere, pertanto, l'applicazione del Patto di stabilità e crescita né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale;
l'attivazione della clausola di salvaguardia generale ha quindi consentito agli Stati membri di adottare misure molto significative sul fronte delle spese e delle entrate per ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della pandemia;
la riattivazione delle regole fiscali, congiuntamente a una loro riforma, era inizialmente prevista per la fine del 2022. Tuttavia, le conseguenze economiche della guerra in Ucraina hanno spinto la Commissione europea ad annunciare, in occasione della pubblicazione delle Spring Economic Forecasts, la sospensione dell'applicazione della clausola generale di salvaguardia anche nel 2023, per disattivarla a partire dal 2024;
in questo complesso quadro è intervenuta una risposta di bilancio europea comune che si è rivelata fondamentale per la ripresa, in un'ottica di sostenibilità ed inclusività economica e attraverso il rafforzamento della produttività e degli investimenti in tutta l'Unione europea per i meccanismi introdotti per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento: il nuovo programma europeo Next Generation EU (Ngeu) ha infatti profondamente modificato la concezione del bilancio europeo, prevedendo, per la prima volta, un'impostazione solidaristica – fondata anche su sovvenzioni – della distribuzione delle risorse recuperate sui mercati globali dalla Commissione europea facendo leva su debito comune dell'intera Unione europea;
l'emissione di obbligazioni dell'Unione europea è stata accolta come un chiaro segnale dell'impegno a favore di un'efficace ripresa congiunta ed offre un utile modello anche per le future sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri saranno chiamati ad affrontare;
alla crisi sanitaria e a quella economica, conseguita all'emergenza epidemiologica da COVID-19, si è quindi aggiunta, già dal 2021, la cosiddetta pandemia energetica, un'impennata dei prezzi dell'energia e del gas, con pesanti ripercussioni sulle famiglie e sulle imprese, già gravate dagli effetti negativi della pandemia e in forte difficoltà nel mantenere la propria capacità produttiva e nel far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze;
l'aggressione russa in Ucraina – in violazione della sovranità di uno Stato libero e democratico, dei trattati internazionali e dei più fondamentali valori europei – e l'adozione delle conseguenti sanzioni da parte dell'Unione europea – hanno impresso una fortissima accelerazione alla pandemia energetica con conseguenti impatti negativi sulle economie degli Stati membri; la maggiore preoccupazione, per quanto concerne l'andamento economico dell'Italia, riguarda proprio il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari degli ultimi mesi;
negli ultimi mesi, anche a seguito del conflitto in Ucraina, l'Italia e l'Unione europea sono chiamate ad affrontare una vera e propria emergenza energetica che rende improrogabile l'adozione, da parte dell'Unione europea, di tutte le misure necessarie per poter gestire al meglio e in maniera condivisa, anche nel futuro, una possibile crisi, così come l'avvio di una riflessione comune sui rischi geopolitici che condizionano duramente la politica energetica dell'Unione europea e la vulnerabilità delle sue forniture, al fine di proseguire nel percorso di mitigazione degli effetti negativi della crisi;
l'8 luglio 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla «revisione del quadro legislativo macroeconomico per un impatto più incisivo sull'economia reale europea e una maggiore trasparenza del processo decisionale e della responsabilità democratica» (2020/2075 (INI)), in cui ha affermato che: «l'attuale quadro di governance presenta debolezze concettuali e pratiche che portano a norme eccessivamente complesse, scarsa applicazione, mancanza di titolarità e mancanza di incentivi a perseguire politiche anticicliche simmetriche» e che «il quadro vigente non è riuscito a ridurre le divergenze all'interno dell'Unione europea né a proteggere o stimolare gli investimenti pubblici a favore della crescita»;
fra le sue osservazioni, il Parlamento europea ha sottolineato l'importanza di politiche favorevoli alla crescita e di investimenti pubblici e privati sostenibili, volti ad aumentare il potenziale di crescita e raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea incentrati sulle transizioni verdi e digitali e ad aumentare il potenziale di crescita, la competitività e la produttività e a dare impulso al mercato unico ed ha ribadito che investimenti e spese orientati al futuro hanno effetti positivi sulla sostenibilità del debito a medio-lungo termine;
il 9 novembre 2022, la Commissione europea ha quindi adottato la comunicazione COM (2022) 583 final in cui ha definito gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, le cui politiche tendono ad essere espansive nelle fasi di crescita e restrittive nelle fasi di rallentamento, tali orientamenti sono stati quindi tradotti in tre proposte legislative (due proposte di regolamento e una proposta di direttiva) presentate il 26 aprile 2023 dalla Commissione europea, per riformare il quadro di regole della governance economica dell'Unione europea a trattati vigenti: restano, pertanto, invariati i parametri di riferimento del 3 per cento per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il Pil e del 60 per cento per il rapporto tra il debito pubblico e il Pil;
la proposta di riforma mette preliminarmente in luce la circostanza che il quadro di governance deve consentire agli Stati membri di affrontare le sfide di lungo termine che attendono l'Unione europea, tra le quali vengono citate espressamente la situazione demografica e la crisi climatica, con l'intento espresso di «rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme»;
nonostante tali orientamenti rappresentino ad oggi l'ultima iniziativa, da un punto di vista temporale, nel quadro di un lungo percorso pluriennale di riflessione e dibattito illustrato in premessa, l'ipotesi di riforma del 26 aprile 2023, disegnata dalla proposta della Commissione europea, desta non poche perplessità in relazione a diversi punti critici;
come emerso anche nel corso delle audizioni parlamentari sul tema, tra le maggiori criticità nell'ambito del nuovo braccio preventivo del Patto vi è la definizione della traiettoria tecnica per la spesa netta proposta dalla Commissione all'inizio del processo: al di là del generico obbligo per la Commissione di «assicurare un dialogo permanente», non sembrano infatti prefigurarsi modalità di coinvolgimento degli Stati membri nella definizione di tale traiettoria, di cui andrebbe altresì chiarito il carattere indicativo o di fatto vincolante;
se con il nuovo percorso di aggiustamento fiscale proposto dalla Commissione si delineasse nei fatti un programma vincolante per i singoli Stati membri – entro il quale contenere strettamente i piani nazionali e che si imporrebbe comunque agli Stati in caso di mancato accordo con la Commissione – la riforma porrebbe criticità anche con riferimento alle prerogative statali in materia di politiche di bilancio, con il conseguente rafforzamento del ruolo della Commissione (e di riflesso anche del Consiglio);
come altresì evidenziato nell'ambito delle citate audizioni, se non vi è dubbio che la determinazione delle proprie politiche economiche (in primis quelle di bilancio) costituisce una prerogativa che i Trattati riservano agli Stati membri – come pure è indubbio che i Trattati attribuiscono alla Commissione una funzione di indirizzo, sorveglianza e raccomandazione – né la Commissione né il Consiglio hanno il potere di vincolare il contenuto dei bilanci statali: se la riforma non rispettasse questi limiti, si prefigurerebbe un contrasto con i Trattati istitutivi dell'Unione europea;
inoltre, critico appare, nel quadro disegnato dalla riforma, il mantenimento – all'interno di un sistema che ne assicuri l'attuazione ed il rispetto (cosiddetto enforcement) – dei parametri quantitativi massimi di riferimento del 3 per cento per il disavanzo – che resterebbe come è adesso e che sarebbe vincolante per tutti i Paesi – e dell'obiettivo del 60 per cento per il rapporto debito su prodotto interno lordo, nonché l'assenza della previsione di una golden rule per escludere determinati gli investimenti dalle norme fiscali dell'Unione europea, in modo particolare quelli destinati a sostenere le transizioni verde e digitale, oltreché gli investimenti in ambito istruzione e sanità;
critiche appaiono poi le conseguenze derivanti dalla distinzione operata dalla Commissione europea tra gli Stati membri con un livello di debito molto alto (maggiore del 90 per cento del prodotto interno lordo, come l'Italia), quelli che si trovano in una situazione intermedia (tra il 60 e il 90 per cento) e quelli il cui livello di debito è inferiore al 60 per cento: per i primi la Commissione propone un percorso di aggiustamento in virtù del quale in ciascuno Stato membro, dopo la piena attuazione del piano di medio termine, il debito rimanga su un percorso plausibilmente discendente, sulla base di una traiettoria di 10 anni, ipotizzando politiche invariate. Per gli Stati membri con un debito moderato il percorso di riferimento sarebbe invece meno impegnativo;
in particolare, in termini di attuazione o enforcement, mentre la Commissione europea ipotizza di mantenere inalterata la procedura per i disavanzi eccessivi (cosiddetto braccio correttivo) basata sulla soglia relativa al 3 per cento del prodotto interno lordo, quella basata sul livello di debito verrebbe rafforzata, determinando – nel caso degli Stati membri caratterizzati da un elevato rapporto debito-prodotto interno lordo come l'Italia – l'apertura automatica della procedura in caso di allontanamento dal percorso concordato;
desta altresì perplessità il versante esecutivo del futuro sistema come presentato dalla Commissione, con la creazione di un nuovo strumento per far adempiere agli impegni di riforme/investimenti del percorso di aggiustamento del debito e l'automaticità della procedura per i disavanzi eccessivi per le devianze dal suddetto percorso, oltre alle modifiche dell'impianto sanzionatorio;
la Commissione europea avrebbe inoltre escluso la possibilità di deviazione dal percorso concordato in virtù di condizioni congiunturali ed avrebbe infine previsto di arricchire la gamma di sanzioni, tra cui la previsione di una condizionalità macroeconomica, con possibile ricorso alla sospensione dei fondi unionali nei confronti dei Paesi che non intraprendano azioni efficaci;
l'ipotesi di riforma sembra dunque prevedere una eccessiva rigidità dei programmi di aggiustamento del debito: se in principio i piani nazionali dovrebbero restare fermi per i primi quattro anni – con una possibile proroga del periodo di aggiustamento per un massimo di tre anni – una loro modifica è consentita solo in presenza di forti e imprevedibili cambiamenti del contesto economico, che richiedono un apposito benestare della Commissione e del Consiglio. In casi di eccezionale gravità, può trovare anche applicazione la clausola di salvaguardia, individuale o collettiva, che determina una completa sospensione dei piani nazionali. È bene sottolineare, però, che si tratta di situazioni del tutto straordinarie, al di fuori del controllo degli Stati, e anche in questi casi è richiesta una preventiva autorizzazione della Commissione e del Consiglio;
a seguito della esperienza pandemica e della crisi energetica, appare quanto mai urgente oltreché di fondamentale importanza, introdurre opportuni strumenti di flessibilità delle regole, suscettibili di evitare una loro rigidità: al contrario, la disciplina di bilancio delineata dalla Commissione appare basarsi su parametri e obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati. Ne discende un difetto di impostazione della riforma che non tiene in adeguata considerazione l'interdipendenza fra i vari Stati membri, né gli effetti che le politiche di bilancio praticate da uno Stato producono sugli altri e che, in ultima istanza, omette di porsi obiettivi di stabilità finanziaria e di crescita economica dell'Unione nel suo complesso;
tale prospettata ipotesi di riforma non può considerarsi evidentemente conclusiva, avendo peraltro la Commissione europea preannunciato – anche in occasione dell'ultimo discorso sullo Stato dell'Unione pronunciato il 14 settembre 2023 dalla Presidente Von der Leyen – ulteriori orientamenti e possibili proposte legislative, sulle quali auspica di registrare il consenso prima dell'inizio del processo di approvazione dei bilanci nazionali per l'anno 2024;
inoltre, nell'ultima riunione dell'Ecofin del 15 e 16 settembre 2023, i Ministri delle finanze degli Stati membri hanno nuovamente discusso – tra gli altri temi – della riforma della governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una revisione delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, concordando sulla necessità di «fare sforzi per raggiungere un accordo entro la fine dell'anno»;
anche se l'intitolazione della proposta parla di governance economica europea senza specificazioni, in realtà essa si occupa solo di regole di bilancio e relative procedure di attuazione e controllo: resta pertanto al di fuori il noto tema della capacità fiscale dell'Unione e non si tratta di una carenza di poco conto;
viene così a mancare uno strumento essenziale di governance economica: disciplina di bilancio per gli Stati e capacità fiscale centralizzata sono complementari. In assenza della seconda, l'intero peso della stabilità del sistema si concentra sulla prima, con tutti i rischi che ne conseguono. Per contro è chiaro che le politiche economiche nazionali richiedono di essere sostenute e integrate da efficaci politiche europee: è solo con iniziative dell'Unione europea che si può far fronte a gravi shock (simmetrici e asimmetrici), come pure curare la produzione di beni pubblici di interesse collettivo (in settori quali ambiente, energia e innovazione);
la recente crisi pandemica, e le iniziative che ne sono seguite (in primis il Ngeu), dimostrano che una capacità fiscale dell'Unione europea può essere nell'interesse immediato o futuro di tutti gli Stati membri e pertanto la questione della capacità fiscale dell'Unione europea conserva un'importanza centrale che andrebbe affrontata sin da subito;
in conclusione, il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta pertanto una questione centrale nel dibattito europeo non più rinviabile a fronte della nuova realtà economica – pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali – e da rilanciare il prima possibile per sostenere una crescita inclusiva e la sostenibilità di bilancio a lungo termine;
complessivamente, nonostante abbia promosso la convergenza dei saldi di bilancio verso livelli più sostenibili, l'attuale quadro di governance ha quindi rivelato notevoli debolezze, tra cui la sua elevata complessità, uno scarso livello di attuazione, la carenza di titolarità e di incentivi a perseguire politiche anticicliche, così come la mancanza di una capacità di stabilizzazione centrale per gestire gli shock idiosincratici. Inoltre, esso non è riuscito a ridurre le divergenze tra i livelli di debito nell'Unione europea, né a proteggere o promuovere gli investimenti che stimolano la crescita;
a meno di dieci mesi dalla fine della attuale legislatura europea, appare quindi quanto mai urgente che i lavori legislativi relativi alla riforma della governance economica dell'Unione europea pervengano a conclusione entro la fine del 2023, per scongiurare il ritorno dei vecchi parametri, considerato che all'inizio del prossimo anno verrà disattivata la clausola di salvaguardia generale del Patto, azionata da marzo 2020,
impegna il Governo:
1) a proseguire i negoziati in sede europea e ad intraprendere ogni iniziativa di competenza utile, finalizzata a:
a) chiarire che la traiettoria tecnica per la spesa proposta inizialmente dalla Commissione non ha efficacia vincolante, non costituisce un programma entro il quale i piani nazionali si devono obbligatoriamente mantenere, ma che il medesimo atto ha natura di indicazione, con linee guida di carattere generale (tempistica, obiettivi, strumenti di controllo), senza dettare programmi specifici per i singoli Stati;
b) prevedere il pieno ed effettivo coinvolgimento degli Stati membri anche nella fase ex ante di determinazione dei sentieri di crescita nominale dell'aggregato di spesa di riferimento e nella definizione dei rispettivi programmi, affinché sia effettivamente raggiunto l'obiettivo di aumentare il grado di titolarità nazionale delle nuove regole;
c) scongiurare il ripristino dell'attuale quadro di governance macroeconomica europea – segnatamente del Patto di stabilità e crescita (Psc) – che deve essere ripensato alla luce del rinnovato contesto economico, per adattare le norme di bilancio alle nuove sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri sono chiamati ad affrontare, e perseguire politiche di bilancio sostenibili, prevedendo percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo e, inoltre, superando l'utilizzo prevalente di indicatori non osservabili come il saldo strutturale, al fine di ancorare la sorveglianza macroeconomica a indicatori direttamente osservabili e misurabili;
d) in particolare, nell'ambito della discussione sulla riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, rivedere gli irrealistici parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento privi di una reale giustificazione economica e spesso oggetto di critiche, con il conseguente superamento della fase preventiva e quella correttiva del Patto di stabilità e crescita, la cui applicazione si è dimostrata a più riprese incoerente, e garantire un'applicazione omogenea della procedura per gli squilibri macroeconomici, al fine di affrontare adeguatamente il fenomeno della pianificazione fiscale aggressiva e gli eccessivi surplus di specifici Stati membri;
e) conseguentemente, disegnare, in ordine all'attuale discussione sulla revisione del quadro vigente di governance economica europea, una strategia complessiva di riforma della nuova architettura dell'Unione europea più favorevole alla crescita economica, finalizzata a rendere le norme sul debito più semplici, più applicabili e concepite per sostenere le priorità politiche per la doppia transizione verde e digitale, con adeguati investimenti pubblici e privati, in senso coerente con l'interesse dell'Italia, opponendosi a qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico e che finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci;
f) apportare le opportune modifiche alla proposta di riforma, laddove questa delinea una disciplina relativa al bilancio e agli squilibri macroeconomici parametrata su obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati e, quindi, prevedere che si tenga conto della interdipendenza tra le politiche economiche nazionali, attraverso una visione di obiettivi di stabilità economica e finanziaria per l'Unione europea nel suo complesso, che valuti congiuntamente gli interconnessi problemi di bilancio e squilibri macroeconomici, proiettandoli a livello di Unione o almeno di eurozona;
g) escludere il ricorso a sanzioni di carattere reputazionale e di condizionalità macroeconomica con la relativa sospensione dei finanziamenti erogati dall'Unione europea;
h) porre le basi di una riforma sul tema della creazione di un'adeguata capacità fiscale dell'Unione, che riveste un'importanza centrale per il processo di integrazione europea ed è strumento essenziale di governance economica in quanto strettamente complementare alla disciplina di bilancio per gli Stati, in particolare chiedendo che le politiche economiche nazionali siano sostenute e integrate da efficaci politiche europee, uniche in grado di far fronte a gravi shock (simmetrici o asimmetrici) o farsi carico della produzione di beni pubblici di interesse generale;
i) adattare alcuni elementi di successo dell'esperienza del dispositivo di ripresa e resilienza alla nuova architettura della politica di bilancio europea, trasformando il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» che consentano di rispondere al meglio alle esigenze concordate a livello europeo, come ricerca, innovazione, sicurezza e transizione energetica, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica, che la sottragga a quelli che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano «ricatti» dei contributi nazionali;
j) a fronte dell'evoluzione dell'attuale scenario energetico, avviare con urgenza un confronto costruttivo per l'istituzione di un Energy recovery fund, quale strumento, a disposizione dell'Unione europea e dei suoi Stati membri a supporto della lotta al caro energia, per garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico, attraverso l'attivazione di strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili, di rafforzamento di meccanismi di stoccaggio e promozione di piani di acquisto comuni e condivisi, per evitare, nella direzione dell'Unione dell'energia, il rischio di crisi future, e per sostenere i cittadini europei e le categorie produttive gravemente colpite dalla cosiddetta pandemia energetica;
k) modificare altresì le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo dal calcolo del deficit di determinate categorie di investimenti pubblici nazionali produttivi, che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei – nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;
l) a scongiurare, nell'ambito dei negoziati sulla nuova governance economica europea, il rischio che la spesa per la difesa, in particolare quella destinata alla produzione di armamenti, venga esclusa dai vincoli europei di bilancio;
m) valutare altresì la possibilità di scorporare il debito anomalo e non strutturale accumulato a causa dell'emergenza legata al COVID-19, prevedendo la sua perennizzazione attraverso i reinvestimenti del programma di acquisto di titoli Pepp, o in ogni caso tramite l'individuazione di un percorso di rientro ad hoc;
n) tenere conto, nel quadro di una rinnovata governance economica dell'Unione europea, dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi ambientali del Green Deal, conformemente agli impegni dell'Unione europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, anche attraverso la definizione di indicatori di base nel semestre europeo per misurare adeguatamente le disuguaglianze e le povertà e le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti climatici, al fine di mettere l'economia al servizio dei cittadini e promuovere una convergenza economica e sociale verso l'alto.
(1-00082) (Nuova formulazione) «Scerra, Conte, Francesco Silvestri, Scutellà, Bruno, Torto, Carmina, Dell'Olio, Donno».
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ENRICO COSTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto si apprende in questi giorni da notizie di stampa, Marco Cappato avrebbe affermato di essere intercettato dall'Agenzia di informazione e sicurezza (Aisi) – su richiesta del Dis (autorità delegata dalla Presidenza del Consiglio) – ormai da diversi mesi per supposte contestazioni del reato di «associazione sovversiva»;
nello specifico, secondo quanto riportato, si tratterebbe di una captazione informatica del telefono con trojan di Stato, oltre che di «microcimici» nelle sedi abituali di lavoro e di vita privata;
tale circostanza, qualora non smentita, costituirebbe un fatto gravissimo, nonché una violazione del libero esercizio di diritti civili e politici, attivi e passivi, alla luce sia degli impegni sociali dello stesso Cappato con la sua associazione «Luca Coscioni» che della sua candidatura alle elezioni suppletive del Senato a Monza del prossimo ottobre –:
se il Governo sia in grado di rassicurare circa l'infondatezza di tale notizia e, in caso contrario, quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere di fronte ad una simile gigantesca lesione dei fondamentali diritti civili e politici.
(4-01521)
Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'onorevole Enrico Costa – premesso che, secondo quanto appreso da notizie di stampa, «Marco Cappato avrebbe affermato di essere intercettato da diversi mesi dall'Agenzia di informazione e sicurezza (Aisi), su richiesta del DIS (autorità delegata dalla Presidenza del Consiglio, ormai da diversi mesi per supposte contestazioni del reato di “associazione sovversiva”. Nello specifico, secondo quanto riportato, si tratterebbe di una captazione informatica del telefono con trojan di Stato, oltre che di “microcimici” nelle sedi abituali di lavoro e di vita privata» – chiede «se il Governo sia in grado di rassicurare circa l'infondatezza di tale notizia e, in caso contrario, quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere di fronte ad una simile gigantesca lesione dei fondamentali diritti civili e politici».
Al riguardo, si conferma, come già comunicato pubblicamente, che la notizia è infondata.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Alfredo Mantovano.
DELLA VEDOVA e MAGI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
come si apprende dalla stampa, Marco Cappato ha denunciato nei giorni scorsi di essere stato avvisato da fonte anonima che il suo telefono sarebbe da mesi sotto intercettazione da parte dell'Agenzia di informazione e sicurezza con l'utilizzo di un dispositivo trojan e che nella sua abitazione e luogo di lavoro sarebbero state collocate delle cimici per intercettazione ambientale –:
se ciò corrispondesse al vero e nel caso la denuncia fosse fondata, se risulti chi e in base a quale ipotesi di reato, tra quelle rigorosamente previste dalla normativa, abbia disposto le intercettazioni.
(4-01522)
Risposta. — Con l'interrogazione in oggetto, gli interroganti – premesso di aver appreso dalla stampa che «Marco Cappato ha denunciato nei giorni scorsi di essere stato avvisato da fonte anonima che il suo telefono sarebbe da mesi sotto intercettazione da parte dell'Agenzia di informazione e sicurezza con l'utilizzo di un dispositivo trojan e che nella sua abitazione e luogo di lavoro sarebbero state collocate delle cimici per intercettazione ambientale» — chiedono di sapere «se ciò corrispondesse al vero e nel caso la denuncia fosse fondata, se risulti chi e in base a quale ipotesi di reato, tra quelle rigorosamente previste dalla normativa, abbia disposto le intercettazioni».
Al riguardo, si conferma, come già comunicato pubblicamente, che la notizia è infondata.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Alfredo Mantovano.
DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 16-octies del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, ha previsto l'istituzione dell'ufficio per il processo presso la Corte di Cassazione, le corti, d'appello e i tribunali ordinari;
il Pnrr ha individuato nell'ufficio per il processo la struttura organizzativa deputata a «offrire un concreto ausilio alla giurisdizione così da poter determinare un rapido miglioramento della performance degli uffici giudiziari per sostenere il sistema nell'obiettivo dell'abbattimento, dell'arretrato e ridurre la durata dei procedimenti civili e penali»;
per dare attuazione al Pnrr è emersa la necessità di potenziare lo staff del magistrato con professionalità in grado di collaborare in tutte le attività connesse alla giurisdizione, quali la ricerca, lo studio, la gestione del ruolo e la preparazione di schede e bozze di provvedimenti. Tali figure professionali, cioè i funzionari addetti all'ufficio per il processo, a seguito di concorso pubblico indetto con bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 agosto 2021, sono stati reclutati e assunti a tempo determinato per due anni e sette mesi dal Ministero della giustizia a partire dal 21 febbraio 2022;
il diligente svolgimento del lavoro da parte delle prime 8.171 risorse assunte sta già dando i suoi frutti, con una significativa riduzione del numero delle pendenze;
il 31 maggio 2023 è stata presentata in cabina di regia la terza relazione semestrale sul Pnrr nella quale è stato evidenziato che negli ultimi mesi oltre duemila addetti hanno già rassegnato le dimissioni, passando in molti casi ad altre amministrazioni statali che offrono contratti di lavoro più stabili;
al fine di compensare le scoperture venutesi a creare, e considerato l'importante apporto dato dagli addetti all'ufficio per il processo, da tempo i comitati costituitisi a sostegno della categoria stanno chiedendo al Ministero uno scorrimento integrale delle graduatorie distrettuali degli idonei del concorso del 2021;
in risposta, con recente provvedimento del Direttore generale dell'11 luglio 2023 è stato disposto un nuovo scorrimento delle graduatorie, tuttavia solo per un numero limitato di distretti: Bari, Catania, Catanzaro e Messina. Risultano così esclusi dalla procedura di scorrimento i distretti di Caltanissetta, Lecce e Palermo;
sembrerebbe inoltre di prossima pubblicazione un avviso per un nuovo ulteriore scorrimento, questa volta dedicato ai distretti che presentano particolari criticità al fine di smaltire gli arretrati accumulati, in ottemperanza agli obiettivi del Pnrr. Tra i distretti coinvolti mancherebbero tuttavia, ancora una volta, i distretti di Caltanissetta, Lecce e Palermo;
da mesi, secondo quanto consta all'interrogante, gli idonei in graduatoria dei distretti di Caltanissetta, Lecce e Palermo chiedono al Ministero uno scorrimento delle proprie graduatorie d'appartenenza, in considerazione dei posti vacanti in continuo aumento a seguito di diverse dimissioni che hanno coinvolto i predetti distretti e che ne stanno rallentando di molto l'attività –:
se il Ministro interrogato intenda fornire opportuni chiarimenti sul nuovo scorrimento delle graduatorie del concorso pubblico per il reclutamento di 8.171 unità di personale per il profilo di addetto all'ufficio per il processo che ha coinvolto solo taluni distretti del Sud Italia e se intenda quindi adottare iniziative volte a rivedere la recente procedura di scorrimento delle suddette graduatorie al fine di considerare anche i numerosi posti vacanti presenti nei distretti di Palermo, Lecce e Caltanissetta non coinvolti nello scorrimento dell'11 luglio.
(4-01354)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, deve essere in primo luogo posto in risalto che l'ufficio per il processo è stato previsto dalla legge come una struttura organizzativa finalizzata a «...garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l'innovazione dei modelli organizzativi e assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione...» (articolo 16-octies del decreto-legge n. 179/2012, così come modificato dal decreto-legge n. 90/2014).
Si tratta di una struttura tecnica in grado di affiancare il giudice nello svolgimento dei suoi compiti e delle sue attività. All'ufficio per il processo sono invero attribuite tutte le attività di ausilio all'espletamento del lavoro giudiziario, ivi comprese quelle di preparazione e di ricerca necessarie alla risoluzione degli affari e alla stesura dei provvedimenti; possono essere altresì attribuiti compiti di supporto all'efficiente utilizzo dei sistemi informatici quali, a titolo meramente esemplificativo, il coordinamento e il monitoraggio dei depositi telematici nonché la tempestiva rilevazione delle problematiche derivanti dall'adozione di nuove tecnologie e di nuovi modelli organizzativi.
Il condivisibile intento del legislatore è quello di ovviare alla variabilità delle risorse attraverso un modello di ufficio basato, almeno in parte, su risorse umane stabili e certe, che prestano servizio per un arco temporale predefinito e ritenuto sufficiente al raggiungimento degli obiettivi di abbattimento dell'arretrato e di riduzione dei tempi processuali.
L'attuazione della linea di intervento del piano nazionale di ripresa e resilienza, con riferimento all'investimento «M1C1 - Capitale umano», ha visto impegnato in maniera assidua l'ufficio per il processo, stante l'importanza dell'obiettivo.
In particolare il decreto-legge del 9 giugno 2021 n. 80, convertito con modificazioni dalla legge del 6 agosto 2021 n. 113 e recante «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle Pubbliche Amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia», ha disciplinato le modalità di reclutamento di personale a tempo determinato per il supporto alle linee progettuali per la giustizia del PNRR, al fine di assicurare la piena operatività dell'ufficio per il processo e di supportare le linee di progetto di competenza del Ministero della giustizia autorizzando, per il periodo 2021-2026 e con contratto di lavoro a tempo determinato, il reclutamento di un contingente massimo di 16.500 unità di addetti all'ufficio per il processo nonché di 5.410 unità di ulteriore personale amministrativo non dirigenziale, in profili specifici di area II e area III, anche tecnici, quali, ad esempio, edili, contabili e informatici, così ripartito: 1.660 unità complessive per i profili di area III, fascia economica F1; 750 unità complessive per i profili di area II, fascia economica F2; 3.000 unità nel profilo di operatore di data entry, area II, fascia economica F1.
Le procedure di assunzione, all'esito degli atti concorsuali, si sono dipanate attraverso diverse fasi, finalizzate alla copertura totale dei posti banditi, obiettivo non sempre raggiunto, soprattutto nei distretti di Corte di appello dell'Italia del nord, stante il basso numero dei partecipanti.
Alla luce di ciò si specifica che dopo la prima fase di assunzione dei vincitori, l'amministrazione si è sempre determinata a dare corso a procedure di scorrimento degli idonei residui, operando dapprima nei distretti di Corte di appello con graduatorie capienti e, a seguire, a supporto di quei distretti di Corte di appello privi di candidati idonei, creando graduatorie uniche sulla base del punteggio.
La ricognizione dei posti vacanti e disponibili è stata fatta, al termine di ogni procedura assunzionale, su tutto il territorio nazionale e la possibilità di aumentare il numero degli assunti è stata realizzata dall'amministrazione aprendo le procedure di scelta della sede, nell'ambito degli scorrimenti, a tutti gli idonei presenti.
È evidente quindi che, in ogni scorrimento, il numero degli idonei coinvolto è stato sempre maggiore rispetto al numero dei posti disponibili e, pertanto, la mancata copertura degli stessi è strettamente connessa alla mancata scelta di un particolare distretto di Corte di appello o di una specifica sede da parte dei candidati.
In data 6 agosto 2021, con bando della commissione Ripam (ente competente per il reclutamento del personale della pubblica amministrazione, incardinato nel dipartimento della funzione pubblica e supportato da Formez P. A.), è stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, su base distrettuale, per il reclutamento a tempo determinato di 8.171 unità di personale non dirigenziale dell'area funzionale III, fascia economica F1, con il profilo di addetto all'ufficio per il processo, da inquadrare nel personale del Ministero della giustizia. La procedura si è conclusa con la pubblicazione delle graduatorie di merito e dei vincitori il 14 gennaio 2022.
In seguito alla pubblicazione delle graduatorie, si è proceduto all'assunzione degli 8.161 vincitori (su 8.171 posti banditi) con immissione in servizio dal 14 febbraio 2022. Successivamente, l'amministrazione ha costantemente monitorato l'effettiva copertura dei posti previsti nel profilo di addetto all'ufficio per il processo, così determinandosi ad effettuare 3 procedure di scorrimento a partire dal mese di aprile dell'anno 2022, assegnando: 552 unità nella prima procedura che ha riguardato i distretti di corte di appello con graduatorie capienti; nella seconda procedura, effettuata in virtù di quanto previsto dall'articolo 33 comma 2 lettera b) del decreto-legge del 1° marzo 2022 n. 17 convertito con modificazioni dalla legge del 27 aprile 2022 n. 34, con graduatoria unificata degli idonei dei distretti di Corte di appello capienti che, per posizione in graduatoria, non potevano vedersi assegnata la sede, a favore dei distretti di Corte di appello le cui graduatorie erano state ampiamente esaurite per scarso numero di candidati vincitori (quali i distretti di Corte di appello di Bologna, Brescia, Firenze, Genova, Milano, Torino, Trieste, Venezia e l'ufficio della Corte di Cassazione), per 713 unità; nella terza procedura, che ha riguardato nuovamente i distretti di Corte di appello con graduatorie ancora capienti, per 462 unità.
Considerate le rinunce e le mancate prese di possesso, a fronte di 8.171 posti banditi sono state assunte 8.157 unità.
Gli addetti all'ufficio per il processo in servizio alla data del 30 giugno 2023, al netto delle dimissioni registrate (nel numero di 2.063), risultavano complessivamente 6.113. Vi erano, poi, 221 idonei non assegnatari di sede nelle graduatorie dei distretti di Corte di appello di Bari, Cagliari, Campobasso, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Lecce, Messina, Palermo e Perugia.
Questo Dicastero, nelle successive fasi di scorrimento, ha operato seguendo due criteri: il primo qualitativo, relativamente all'individuazione degli uffici giudiziari da coinvolgere negli scorrimenti; successivamente, individuati gli uffici giudiziari, con il secondo criterio quantitativo, al fine di determinare il numero delle risorse da assegnare.
In particolare, nella fase di individuazione degli uffici giudiziari, si è tenuto conto del primario obiettivo che deve raggiungere l'investimento del capitale umano PNRR, ossia il rafforzamento delle strutture organizzative denominate ufficio per il processo, finalizzate alla riduzione dell'arretrato e del carico di lavoro che grava sugli uffici giudiziari.
Per questo motivo si è proceduto innanzitutto ad analizzare l'operatività degli uffici giudiziari che impiegano gli addetti all'ufficio per il processo, rilevando per alcuni di essi una maggiore difficoltà nella celere definizione dei procedimenti, criticità che, data la dimensione dei suddetti uffici, avrebbe inciso in misura rilevante sul raggiungimento dell'obiettivo di riduzione dell'arretrato e del carico di lavoro a livello nazionale.
Individuati in siffatto modo gli uffici giudiziari destinatari di personale, il quantum delle unità da assegnare mediante scorrimento è stato determinato in base alle percentuali di scopertura riscontrate in seguito ai precedenti processi assunzionali.
Nello specifico, le procedure di scorrimento disposte nei mesi di luglio e di agosto dell'anno 2023 hanno interessato i tribunali di Bari, Catania, Catanzaro, Lamezia Terme, Vibo Valentia, Messina, Napoli, Roma, Reggio Calabria e Salerno e le Corti di appello di Napoli, Roma, Reggio Calabria e Salerno.
In una prima fase, dopo avere rilevato che i distretti di Corte di appello cui appartengono gli uffici giudiziari di Bari, Catania, Catanzaro, Lamezia Terme, Vibo Valentia e Messina recavano graduatorie ancora capienti, si è reso opportuno e necessario procedere allo scorrimento delle graduatorie distrettuali di Bari (12 posti), Catania (24 posti), Catanzaro (30 posti) e Messina (12 posti).
All'esito della procedura di scelta della sede, sono state assunte 74 unità, con presa di servizio fissata al 7 settembre 2023.
Successivamente, al fine di garantire continuità all'azione intrapresa, stante la sussistenza di graduatorie ancora capienti nei distretti di Corte di appello di Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Lecce, Palermo e Perugia, l'amministrazione ha ritenuto di procedere allo scorrimento delle suddette graduatorie a vantaggio dei distretti di Corte di appello di Napoli, Reggio Calabria, Roma e Salerno, rendendo complessivamente disponibile il seguente numero di posti (Napoli 107, Roma 185, Reggio Calabria 17 e Salerno 20).
All'esito della procedura di scelta della sede, sono state assunte per i distretti di Corte di appello di Napoli, Reggio Calabria, Roma e Salerno 35 unità, con presa di servizio fissata al 7 settembre 2023.
Quindi, vista la mancata copertura di parte dei posti resi disponibili per i distretti di Corte di appello di Napoli, Roma e Salerno, è stata disposta un'ulteriore procedura di scelta della sede, tra quelle residue disponibili, alla quale hanno partecipato i candidati non assegnatari di sede all'esito dello scorrimento precedente unitamente ai candidati, riammessi in graduatoria in seguito all'accoglimento di specifica istanza, che per motivazioni tecniche e personali, ritenute giustificate dall'amministrazione, non avevano partecipato ai pregressi scorrimenti di graduatoria.
All'esito della procedura di scelta della sede sono state assunte per i distretti di Corte di appello di Napoli, Roma e Salerno 23 unità, che prenderanno servizio il 28 settembre 2023.
In relazione ai distretti di Corte di appello di Caltanissetta, Lecce e Palermo, si rappresenta che l'utilizzo delle graduatorie ancora capienti è avvenuto al fine di sanare le criticità rilevate negli uffici giudiziari appartenenti ai distretti di Corte di appello di Roma, Napoli, Reggio Calabria e Salerno in quanto, allo stato, gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Corte di appello di Caltanissetta, Lecce e Palermo non presentano un livello di criticità nell'abbattimento dell'arretrato tanto elevato da dovere procedere in breve termine all'assegnazione di ulteriori risorse mediante scorrimento delle graduatorie distrettuali.
Va altresì ricordato che in data 10 dicembre 2021, con bando della commissione Ripam supportata da Formez P. A., è stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, su base distrettuale, per il reclutamento a tempo determinato di 79 unità di personale non dirigenziale dell'area funzionale III, fascia economica F1, con il profilo di addetto all'ufficio per il processo, da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia, negli uffici giudiziari del distretto di Corte d'appello di Trento, compresa la sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento.
Nella specie, i posti a bando sono stati così ripartiti: distretto di Corte di appello di Trento, 51 unità; sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento, 28 unità.
Le prove scritte si sono svolte in data 9 giugno 2022, con pubblicazione della graduatoria di merito e dei vincitori nel corso del mese di settembre dell'anno 2022. Quanto agli esiti della procedura concorsuale si evidenzia che, a differenza di quanto verificatosi per il distretto di Corte di appello di Trento con graduatoria capiente oltre ai 51 vincitori, per la sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento sono risultati idonei, al termine della prova scritta, solo 6 candidati, determinando l'impossibilità di coprire le 28 unità messe a concorso.
In ogni caso, i vincitori che hanno preso effettivamente servizio sono stati solo 33 per il distretto di Corte di appello di Trento e 2 per la sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento.
Con provvedimento del 29 novembre 2022, 1'amministrazione ha quindi deciso di scorrere la graduatoria di merito relativa al distretto di Corte di appello di Trento, unica capiente, ravvisando, altresì, l'opportunità di procedere alla copertura dei posti nella sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento mediante l'utilizzo della graduatoria del distretto di Corte di appello di Trento solo con riferimento a coloro che fossero in possesso dell'attestato di bilinguismo o, comunque, dell'attestato di conoscenza della lingua tedesca a livello C1 ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 26 luglio 1976 n. 752 e successive modifiche e integrazioni.
Al termine del suddetto scorrimento della graduatoria, si è provveduto ad assumere, con la qualifica di addetti all'ufficio per il processo, ulteriori 22 unità di personale, di cui 19 per il distretto di Corte di appello di Trento e 3 per la sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento e, a seguire, è stato disposto un ulteriore scorrimento della graduatoria a copertura definitiva dei posti vacanti nel distretto di Corte di appello di Trento.
Considerate le rinunce e i mancati possessi, a fronte di 79 posti banditi sono state assunte 57 unità, di cui prestano al momento servizio 54 unità al netto delle dimissioni registrate.
Con provvedimento dell'8 maggio 2023, coperti tutti i posti disponibili nel distretto di Corte di appello di Trento e verificata l'assenza di altre unità in possesso dei titoli linguistici utili ai fini dell'assegnazione alla sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento nonché la presenza di ulteriori 41 idonei in graduatoria, l'amministrazione ha disposto uno scorrimento ad esaurimento della graduatoria del concorso in parola a vantaggio dei distretti di Corte di appello di Venezia e di Trieste, aventi una scopertura nel profilo di addetti all'ufficio per il processo per un totale di 108 posti.
Lo scorrimento della graduatoria ha interessato 41 candidati legittimati a scegliere uno dei due distretti di Corte di appello; di questi, 30 hanno opzionato una sede, scegliendo in 19 il distretto di Corte di appello di Venezia e in 11 quello di Trieste; 11 idonei non hanno espresso alcuna preferenza. I 30 candidati assegnati hanno preso servizio nei rispettivi uffici giudiziari in data 13 giugno 2023.
In ultimo, in ragione della necessità di dare mediante un nuovo bando concorsuale piena attuazione alle disposizioni normative che hanno previsto per il profilo di addetto all'ufficio per il processo il reclutamento di un contingente massimo di 16.500 unità, l'amministrazione sta esaminando, su tutto il territorio nazionale, le reali esigenze degli uffici giudiziari anche a fronte delle carenze del personale amministrativo, al fine di definire quali distretti di Corte di appello dovranno essere interessati da un nuovo concorso.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
FORMENTINI, BILLI, COIN e CRIPPA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il governo del Vietnam lamenta da anni la violazione delle norme sul diritto internazionale del mare da parte di navi battenti la bandiera della Repubblica Popolare Cinese;
in particolare, i vietnamiti hanno in più circostanze rilevato attività cinesi non solo nella zona economica esclusiva, ma persino sulla piattaforma continentale;
nel 2019, le attività irregolari intraprese da Pechino nel mar Cinese Meridionale sono state oggetto di numerosi articoli e studi, anche da parte dell'autorevole CSIS di Washington DC;
in quell'anno, il 3 luglio 2019, una nave da ricerca cinese, la Hayang Dizhi 8, condusse prospezioni finalizzate alla scoperta di giacimenti gasieri e petroliferi nei Blocchi Riji 03 e 27, situati in aree contese;
il comportamento cinese è stato stigmatizzato anche dalle autorità della Repubblica di Corea;
in precedenza, nel 2014, in seguito ad un episodio simile, tra Vietnam e Repubblica Popolare Cinese era insorta anche una grave crisi diplomatica;
più recentemente, il 7 maggio 2023, la nave cinese Xiang Yang Hong 10 è entrata nella Zona economica esclusiva vietnamita con una scorta significativa, penetrando in aree nelle quali operano già società come la Vietsovpetr e Vietgazprom, joint-venture russo-vietnamite;
la Repubblica Popolare Cinese pare intenta a confermare il proprio controllo entro la cosiddetta linea dei nove punti, che non trova alcuna corrispondenza o base nel vigente diritto internazionale del mare;
la pretesa cinese ha l'effetto di compromettere la continuità della Zona economica esclusiva del Vietnam, riducendola in misura significativa –:
quali iniziative di competenza il Governo italiano intenda assumere a tutela del rispetto del diritto internazionale del mare ed in particolare della UNCLOS fatta a Montego Bay, che la Repubblica Popolare Cinese non riconosce in relazione alla Zona economica esclusiva vietnamita.
(4-01468)
Risposta. — La stabilità dell'Indo-Pacifico, considerato il suo ruolo cruciale nello sviluppo economico globale e la sua vulnerabilità alle tensioni geopolitiche, è di grande importanza per l'Italia.
La regione, attraverso cui transita buona parte dei traffici commerciali marittimi internazionali, rappresenta uno snodo cruciale per le catene di approvvigionamento (energetiche ed alimentari) mondiali.
Il crescente rilievo dell'area e la necessità di promuoverne la stabilità sono alla base della Strategia dell'Unione europea per l'Indo-Pacifico del 2021 e del successivo contributo attuativo italiano.
L'approccio italiano risponde in primis alla necessità di assicurare la libertà e la sicurezza delle vie di comunicazioni marittime, in linea con quanto previsto dal diritto internazionale del mare e, in particolare, dalla Convenzione di Montego Bay del 1982. Siamo inoltre impegnati a rafforzare la nostra presenza in quel quadrante.
Dopo sei anni di assenza, l'Italia è tornata a operare nelle acque dell'Indo-Pacifico con una sua unità navale, il pattugliatore della Marina militare «Francesco Morosini», la cui campagna – tuttora in corso – ha toccato ben 14 Paesi della regione, tra cui anche il Vietnam. Nel 2024 la stessa nave scuola «Amerigo Vespucci» solcherà le acque dell'Indo-Pacifico.
L'approccio italiano è caratterizzato da una visione inclusiva, fondata sulla collaborazione con tutti i Paesi dell'area e le principali organizzazioni regionali: siamo infatti partner di sviluppo dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) dal 2020, partner di dialogo dell'Associazione rivierasca dell'Oceano Indiano (IORA) dal 2019 e del Forum delle isole del Pacifico (PIF) dal 2007.
In particolare, l'Italia è fortemente impegnata nell'attuazione del partenariato di sviluppo con l'ASEAN, uno degli esempi di maggior successo di integrazione regionale, sulla base del quale abbiamo già realizzato e continuiamo a programmare iniziative di capacity building in diversi ambiti, inclusa l'anti-pirateria ed il diritto del mare, a favore di funzionari dei Paesi membri di IORA ed ASEAN.
Il Vietnam, in quanto Paese parte dell'ASEAN, usufruisce di queste nostre iniziative e vi partecipa attivamente.
Infine, la recente visita di stato in Italia del Presidente vietnamita Vo Van Thuong – la prima di questo rango che egli abbia compiuto in Europa dalla sua elezione ad oggi – testimonia la qualità del rapporto che lega i nostri due Paesi e la profondità dell'apprezzamento di Hanoi per l'accresciuto impegno italiano nell'area.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Maria Tripodi.
FORNARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 27 luglio 2023 si è svolta nella caserma A. Salaris a Biella una festa per il personale di polizia penitenziaria della sede circondariale. La Caserma si trova nella struttura della casa circondariale di Biella ed è adibita al pernottamento del personale di polizia penitenziaria. La festa è stata pubblicizzata sul profilo Facebook di Raffaele Tuttolomondo, segretario regionale del Piemonte del sindacato di polizia penitenziaria SiNAPPe, e nel volantino pubblicato si indicano anche i dettagli organizzativi dell'iniziativa che viene presentata con il logo della polizia penitenziaria e come «organizzata dal comandante». Sempre nel volantino si annuncia l'invito a «colleghi distaccati in altre sedi» e la presenza di non meglio specificate «autorità politiche»;
secondo la cronaca del periodico Il Biellese, alla festa avrebbero partecipato alcuni agenti coinvolti nelle indagini su presunti illeciti nel carcere di Biella, il sindaco della città Claudio Corradino e il sottosegretario di Stato per la Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove –:
se sia a conoscenza della vicenda e se non intenda approfondirne i dettagli per sapere come sia possibile che a una festa per il personale di polizia penitenziaria del carcere di Biella ci sia stata la presenza di un solo sindacato, di agenti esterni a quella struttura, se risulti che l'invito sia stato esteso anche ad altri sindacati, a rappresentanze politiche e istituzionali, se ritenga adeguato, qualora i fatti fossero accertati, che per un'iniziativa di tal genere si sia usata una struttura pubblica come quella presente nella casa circondariale di Biella, posto che, a parere dell'interrogante, l'evento sembra configurarsi come un'azione di propaganda del tutto inopportuna in quel contesto.
(4-01458)
Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare in esame, riferito di un evento conviviale organizzato in favore di appartenenti alla polizia penitenziaria operanti nel carcere di Biella e tenutasi all'interno della pertinente caserma «A. Salaris», si avanzano quesiti circa quanto accaduto.
Orbene, siccome i quesiti sono di tenore analogo a quelli di altra interrogazione parlamentare presentata all'altro ramo del Parlamento, non può che ribadirsi il contenuto della risposta offerta.
Dagli accertamenti effettuati è emerso che l'evento indicato ha avuto luogo il 27 luglio 2023 presso la casa circondariale di Biella, in una zona, esterna antistante all'istituto, compresa tra il block house e l'area bar, ben lontana dai reparti detentivi situati oltre la portineria e il muro di cinta perimetrale.
L'evento è nato e si è sviluppato in modo assolutamente informale, da una sollecitazione congiunta della direzione e del comandante di reparto, con l'intento di creare un momento di genuina convivialità in un periodo di oggettiva criticità dell'istituto, a causa delle ben note vicende giudiziarie che lo hanno caratterizzato di recente, nonché per ringraziare tutti per il grande sforzo fatto e rinsaldare lo spirito di Corpo e di gruppo, considerato, altresì, che con l'arrivo del personale di nuova assegnazione dalle scuole di formazione, più di venti unità stavano per lasciare la struttura perché giunti al termine del periodo di missione in quella sede.
Il carattere interno e informale dell'iniziativa non ha previsto inviti ufficiali e formalismi particolari; nessun discorso, neanche del direttore e del comandante, nessun momento istituzionale, ma solo un incontro serale cui hanno preso parte un centinaio di persone, tra appartenenti al corpo e rispettivi familiari, oltre a personale educativo, sanitario e parasanitario in servizio in istituto che si è spontaneamente aggregato all'evento.
La serata ha avuto inizio intorno alle ore 21 e si è conclusa verso le ore 23.30.
All'evento hanno partecipato anche alcuni agenti sottoposti a procedimenti penali dalla Procura di Biella, rispetto ai quali il tribunale della libertà di Torino ha disposto la revoca della sospensione cautelare con la successiva riammissione in servizio, adottata dalla direzione generale del personale, e la nuova rubricazione dei reati imputati; da circa un mese queste unità sono distaccate senza oneri presso altri istituti del distretto, fino all'esito del procedimento penale in corso.
Tra i partecipanti, vi sono stati anche i delegati locali di diverse sigle sindacali della polizia penitenziaria, che hanno partecipato, al pari degli altri presenti, in qualità di poliziotti di quella sede.
Il coinvolgimento del delegato regionale del Sindacato Nazionale Autonomo Polizia Penitenziaria; Ass. c.c. Raffaele Tuttolomondo, è unicamente legato al suo ruolo di gestore del bar interno dell'istituto, luogo che ha rappresentato il punto di raccolta delle adesioni all'iniziativa e ne ha curato l'organizzazione, in quanto settore ordinariamente deputato, a Biella come in ogni altra realtà penitenziaria, al ristoro e al benessere del personale.
Il Sottosegretario Delmastro Delle Vedove e il sindaco di Biella, avuta notizia dell'evento, hanno preannunciato la loro presenza e raggiunto il gruppo in istituto, per un saluto informale, in momenti diversi: il sindaco intorno alle 20, trattenendosi per circa quindici minuti; il Sottosegretario in tarda serata, quando gran parte dei partecipanti aveva lasciato la struttura, al rientro dalla scuola di Verbania ove aveva partecipato al giuramento degli allievi del 181° corso di formazione.
Così dettagliatamente ricostruito quanto occorso, non è dato rilevare la sussistenza, a carico di alcuno, di condotte istituzionalmente non corrette.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
FRATOIANNI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
dal 1986 l'Uganda soffre sotto la dittatura sanguinaria del generale Yoweri Museveni, ininterrottamente al potere da oltre 37 anni. L'alto livello di corruzione, l'analfabetismo, la povertà diffusa (oltre la metà della popolazione vive con meno di due euro al giorno), la violenza politica e comune, il lavoro minorile, la mancanza di libertà di stampa e di libertà d'espressione rendono l'Uganda un Paese di estrema difficoltà;
risulta essere fortemente in dubbio la regolarità delle elezioni presidenziali del 2001 nelle quali si sono probabilmente verificati brogli a favore del presidente-dittatore Museveni, mentre si sono verificati arresti tra candidati dell'opposizione poco tempo prima delle elezioni, impedendo loro di fare campagna elettorale;
nel 2005, è stato cambiato l'articolo 105 della Costituzione ed il limite di due mandati presidenziali è stato rimosso: poiché per l'approvazione della legge costituzionale era necessaria la maggioranza dei due terzi, Museveni propose ad ogni deputato una tangente di cinque milioni di scellini ugandesi: solo pochi parlamentari dell'opposizione rifiutarono e la legge passò con 232 sì e 50 no;
nel 1998, l'Uganda invase il Congo e i soldati di Museveni furono, insieme ai soldati ruandesi ed ai miliziani congolesi, responsabili della morte di almeno cinque milioni di civili innocenti;
in questo contesto già allarmante, nel maggio 2023 il generale Museveni ha firmato una legge liberticida e disumana che prevede anche l'applicazione della pena capitale per il reato di «omosessualità aggravata», l'ergastolo per il reato di «omosessualità», fino a 14 anni di reclusione per «tentata omosessualità» e fino a 20 anni di reclusione per «promozione dell'omosessualità»;
la legge comporta la completa censura anche per le organizzazioni della società civile che svolgono opera di sensibilizzazione e attività sanitarie basate sui diritti umani. Già da molti anni, la comunità LGBTQIA+ è gravemente perseguitata e sono numerosi gli attivisti uccisi o imprigionati. Tra questi, David Kato, uno dei principali difensori dei diritti delle persone omosessuali, è stato barbaramente ucciso a Kampala il 27 gennaio del 2011. Con questa nuova legge, chiunque, soprattutto se oppositore politico, potrà essere accusato di aver compiuto atti omosessuali e condannato ad una pena molta severa –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per chiedere l'immediata abrogazione della legge che prevede il reato di «omosessualità aggravata», ritenuta dall'interrogante disumana e liberticida;
se intenda proporre e mettere in campo sanzioni nei confronti del regime ugandese, anche nell'ambito del regime globale di sanzioni dell'Ue in materia di diritti umani;
se intenda adottare iniziative di competenza in sede Ue per il ritiro dell'accesso al sistema di preferenze generalizzate (SPG) per l'Uganda in assenza di una repentina depenalizzazione universale dell'omosessualità e di rapidi e seri miglioramenti nel campo dei diritti umani.
(4-01314)
Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha seguito con costante attenzione le fasi dell'iter legislativo dell'«anti-homosexuality bill» in Uganda, sin dalla sua prima approvazione da parte del Parlamento ugandese, lo scorso 21 marzo.
I temi del provvedimento, e la severità delle pene introdotte per i reati di omosessualità, «omosessualità aggravata» e sostegno alle associazioni in difesa dei diritti della comunità Lgbtqi+, ci hanno indotti fin da subito ad attivare il più stretto coordinamento con l'Ambasciata d'Italia a Kampala e con i partner europei e internazionali per individuare un approccio comune e mettere in campo azioni concrete a tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel paese.
Nel quadro di tale coordinamento, ogni possibile iniziativa volta a sensibilizzare le autorità locali è stata – ed è tuttora – presa nella massima considerazione.
Il tema del disegno di legge è stato più volte sollevato dall'Ambasciatore d'Italia a Kampala nel corso di numerosi incontri individuali con membri del governo e del parlamento ugandese, con le associazioni per la promozione dei diritti umani e con i leader religiosi. Questo modus operandi ha consentito di cogliere le rispettive posizioni e di sensibilizzare gli interlocutori sull'importanza della promozione e della tutela dei diritti umani.
A ciò, si sono aggiunte analoghe attività di sensibilizzazione da parte di altri paesi occidentali, nonché l'impulso dato dagli inviati speciali per i diritti umani delle persone Lgbtqi+ (USA, Regno Unito, Italia, Argentina, Nuova Zelanda e Francia).
A livello multilaterale, degni di nota sono anche l'adozione di una risoluzione di condanna da parte del Parlamento europeo lo scorso aprile, nonché la pubblicazione da parte dell'Equal rights coalition (Erc), di cui l'Italia è membro, di una dichiarazione congiunta di preoccupazione e condanna del provvedimento.
Grazie alle attività di sensibilizzazione da parte dell'Italia e della comunità internazionale, il presidente Museveni ha rinviato il provvedimento al parlamento, formulando alcune raccomandazioni, in parte recepite nella nuova versione del testo che il Parlamento ugandese ha approvato a inizio maggio.
Il provvedimento aggiornato, emanato dal presidente Museveni distingue oggi in maniera netta tra «l'omosessualità in quanto tale» e la commissione di «atti di omosessualità». Le pene severe previste per questa seconda fattispecie hanno tuttavia indotto le associazioni Lgbtqi+ ugandesi, appoggiate anche da alcuni parlamentari e personalità politiche molto influenti e vicine alla presidenza, a presentare ricorsi e a richiedere la sospensione del provvedimento sino a una nuova pronuncia della Corte costituzionale sulla legge.
L'attenzione dell'Italia e dei partner europei, a seguito della promulgazione della legge non è venuta meno. A conferma di ciò, il tema è stato oggetto di successive discussioni in ambito europeo. Dal coordinamento con i partner europei è emerso in particolare l'assenso sulla necessità di continuare il dialogo con le autorità ugandesi, mantenendo al contempo ferma la nostra posizione sui valori fondanti dell'Unione europea, accrescendo il sostegno ai difensori dei diritti umani e valutando anche l'adozione di possibili misure sanzionatorie o parzialmente riduttive del sostegno al bilancio statale.
L'Uganda, per quanto riguarda il sistema delle preferenze generalizzate, rientra nei paesi meno avanzati, e la revoca temporanea delle preferenze è una misura di ultima istanza, utilizzata solo in casi eccezionali quando tutte le altre opzioni sono state esaurite. Occorre perciò evitare qualsiasi impatto negativo sui mezzi di sostentamento della popolazione ugandese, in particolare dei gruppi sociali più vulnerabili, in conseguenza di una potenziale revoca delle preferenze Eba (Everything but arms).
Ogni nostra azione, sia livello bilaterale sia in seno all'Unione europea e nei principali consessi multilaterali, continuerà a essere diretta alla tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel Paese, in stretto coordinamento con i partner like-minded e tenendo conto del quadro più generale del partenariato bilaterale con l'Uganda e del ruolo svolto da Kampala nella regione, dove l'Uganda rappresenta, nel complesso, un elemento di rafforzamento della stabilità, di promozione del multilateralismo e di traino dei paesi dell'area, in una regione di preminente interesse strategico per l'Italia e per l'Europa e per gli equilibri dell'intero continente africano.
Continueremo a seguire con estrema attenzione gli sviluppi e l'attuazione del provvedimento in Uganda, proseguendo nelle attività di sensibilizzazione sul rispetto dei diritti umani presso le autorità locali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.
GATTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
le dinamiche legate alla cosiddetta globalizzazione hanno portato negli ultimi decenni milioni di persone a spostarsi per ragioni di lavoro, di studio e di turismo in Paesi diversi da quelli di cittadinanza e di abituale residenza per soggiorni all'estero spesso anche per lunghi periodi di tempo, superiori a un anno;
anche nel nostro Paese, superata la pandemia, è tornato ad aumentare il numero degli stranieri residenti. Secondo il report Indicatori demografici, anno 2022, pubblicato da Istat la popolazione di cittadinanza straniera in Italia al 1° gennaio 2023 è di 5 milioni e 50 mila unità, in aumento di 20 mila individui (+3,9 per cento) rispetto all'anno precedente;
il riconoscimento della validità delle patenti di guida in Paesi stranieri è normalmente affidato ad accordi bilaterali di reciprocità (nel 2023, a esempio, entrerà in vigore l'accordo tra l'Italia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord per il reciproco riconoscimento delle patenti di guida ai fini della conversione), mentre nelle situazioni che esulano dagli accordi le normative esistenti in materia dettano le condizioni per usufruire temporaneamente dei titoli posseduti e per acquisire quelli che hanno validità nei Paesi di residenza;
in tale contesto, di particolare rilevanza risulta la problematica riguardante il riconoscimento delle patenti di guida statunitensi sul territorio italiano;
gli Stati Uniti sono certamente uno dei Paesi rispetto al quale è più alto l'interesse per un accordo di reciproco riconoscimento delle patenti di guida, sia per il costante flusso di persone che si spostano dall'uno all'altro Paese, sia per il vantaggio che l'Italia trae dal turismo proveniente dal Paese nordamericano;
con gli USA non è stato siglato un accordo in questo senso, pertanto per i cittadini statunitensi residenti in Italia, decorso un anno di validità della patente straniera in loro possesso, non c'è altra possibilità che sottoporsi a nuovi esami per ottenere ex novo la patente italiana;
tale situazione pone numerosi ostacoli, creando disagi e limitazioni alla mobilità e libertà di movimento, considerando l'importanza della patente di guida come strumento fondamentale per la mobilità e l'integrazione dei cittadini stranieri in un nuovo Paese;
in generale, per gli stranieri residenti in Italia per più di un anno vale l'obbligo di farsi convertire la patente qualora esistano accordi bilaterali di reciprocità; oppure, per i titolari di patente non convertibile rifare gli esami per farsene rilasciare una italiana;
dal 2011 con l'introduzione dei quiz informatizzati per la patente A e B non esistono più le traduzioni multilingue e, oltre all'italiano, sono state rilasciate solo le traduzioni in francese e in tedesco per venire incontro alle esigenze linguistiche delle comunità dell'Alto Adige e della Valle d'Aosta;
va rilevato che dopo un anno di permanenza in Italia, di norma, non è possibile acquisire una padronanza linguistica tale da consentire la sicura comprensione di quesiti aventi un complesso contenuto tecnico –:
quali contatti siano stati finora stabiliti con le autorità degli Stati Uniti e dei singoli Stati americani (a cominciare da Texas, Florida, New York ed Arizona, da cui proviene la maggior parte dei cittadini americani che risiedono in Italia) al fine di verificare la disponibilità a stipulare un accordo di reciproco riconoscimento della validità delle patenti di guida;
se non si ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza volte a ripristinare le traduzioni dei test di esame quantomeno nella lingua internazionale per eccellenza, l'inglese, anche in considerazione del fatto che le nuove tecnologie possono consentire il contenimento dei costi connessi.
(4-01285)
Risposta. — Le patenti di guida statunitensi sono riconosciute in Italia ai fini della circolazione, secondo quanto stabilito dalle Convenzioni internazionali firmate a Vienna nel 1968 e a Ginevra nel 1949. Il titolare di una patente di guida statunitense che si trovi in territorio italiano per turismo o altre motivazioni, e non sia residente in Italia, può condurre veicoli nel rispetto dell'articolo 135 del Codice della strada.
La patente di guida statunitense non è invece – al momento – riconosciuta in Italia ai fini della conversione, ossia per ottenere il rilascio di un'equipollente patente di guida italiana senza effettuare esami. Questo perché non vi è lo specifico accordo bilaterale in materia previsto dall'articolo 136 del Codice della strada.
D'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha competenza tecnica in materia, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha sondato l'interesse delle autorità degli Stati Uniti ad avviare negoziati per la definizione di un accordo quadro per la conversione di patenti di guida.
Le autorità federali americane hanno confermato di non avere giurisdizione sulla materia che regola il rilascio delle patenti di guida, demandata alla normativa di ogni singolo Stato federato.
Ciò ha impedito l'avvio del negoziato di un accordo quadro propedeutico a successive Intese tecniche con i vari Stati degli USA che avessero dimostrato interesse a concluderle.
Tali intese tecniche non sono giuridicamente percorribili senza un Accordo quadro bilaterale Italia-USA. Inoltre la parte americana ha anticipato – in caso intese tecniche concluse direttamente con singoli Stati federati – l'impossibilità di avvalersi della collaborazione delle rappresentanze diplomatiche e consolari statunitensi presenti sul territorio italiano per la gestione delle procedure di conversione delle patenti.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha tenuto una diretta corrispondenza – ed effettuato un incontro – con l'ambasciata americana a Roma per l'approfondimento degli aspetti critici descritti. Intendiamo ora rilanciare queste interlocuzioni. Nel quadro del periodico scambio di funzionari tra ministeri italiani e dipartimenti del Governo americano, è in questi mesi distaccato presso il nostro MIT un funzionario del dipartimento dei trasporti americano. Si utilizzerà anche questo canale per tentare di imprimere un impulso al dossier, identificando soluzioni compatibili con la normativa di settore vigente in Italia e negli USA.
Venendo al secondo quesito, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha precisato che lo svolgimento dei quiz per la prova d'esame di guida in italiano risponde a una logica di salvaguardia della sicurezza sulle strade, poiché sul territorio nazionale la segnaletica e la messaggistica di emergenza riportata sui pannelli a messaggio variabile sono in lingua italiana (oppure anche in lingua francese o tedesca nei territori dove è praticato il bilinguismo). I quiz sono tradotti in francese e tedesco solo a beneficio delle minoranze linguistiche di cittadinanza italiana della regione autonoma Valle d'Aosta e provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige, in ottemperanza alla normativa vigente.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.
GRIMALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere premesso che:
da un articolo di retepacedisarmo.org del 27 maggio 2022, si apprende che la Presidenza del Consiglio, il 13 maggio 2022, ha provveduto ad inviare al Parlamento una versione della «Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento», relativa alle operazioni svolte nell'anno 2021 contenente correzioni e integrazioni un'ampia serie di informazioni errate e mancanti nel testo inviato precedentemente alle Camere;
il primo dei due volumi riporta una pagina di «Errata corrige», che sostituisce in particolare tutti i dati, comunicati dall'Agenzia delle dogane riguardanti le operazioni di esportazione effettiva di armamenti;
nel secondo volume tutto il documento redatto dall'Agenzia delle dogane viene integralmente sostituito da una nuova versione, che elenca i dati nella loro completezza, a seguito di alcuni rilievi che erano stati avanzati da parte della Rete italiana pace e disarmo e dall'Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal);
i numeri dell'export militare italiano di armi per il 2021 segnano il massimo storico di esportazioni effettive;
nel 2021, hanno segnato dalla pandemia di Covid-19, le aziende militari italiane hanno esportato nel mondo armamenti per quasi 4,8 miliardi di euro;
tra i maggiori destinatari di sistemi militari «made in Italy» figurano: Qatar (958.849.653 euro), Kuwait (875.393.504 euro), Egitto (773.289.163 euro), Turkmenistan (378.470.352 euro), ma anche Regno Unito (233.466.565 euro), Stati Uniti (223.451.692 euro), Francia (148.001.753 euro), Germania (128.755.982 euro), nonché Arabia Saudita (135.844.327 euro), Emirati Arabi Uniti (122.460.394 euro) e Pakistan (87.774.972 euro);
per quanto riguarda le nuove autorizzazioni individuali all'export, queste mostrano un leggero calo ma restano un numero alto, passando dai 3.927.988.408 euro del 2020 ai 3.648.843.633 euro dell'anno scorso;
tale diminuzione è tuttavia compensata da «licenze globali» di progetto e varie autorizzazioni di trasferimento che riguardano soprattutto progetti militari congiunti fra Paesi dell'Unione europea della Nato: ai 3.648.843.633 di euro di «autorizzazioni individuali» (cioè per singole licenze di esportazione) vanno infatti sommati i 1.012.348.699 euro di «licenze globali», «licenze generali» e «intermediazioni» che rappresentano per le aziende uno strumento di semplificazione delle procedure;
il totale definitivo delle autorizzazioni rilasciate nel 2021 è dunque di 4.661.192.334 euro, in leggero aumento rispetto all'anno precedente;
tra i principali acquirenti di armi italiane si trovano Paesi governati da dittature e regimi autoritari primo fra tutti il Qatar, accusato di legami con l'estremismo islamico e tra i primi quindici Paesi figurano Pakistan, Filippine, Malaysia, Egitto oltre che Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti coinvolti nella guerra in Yemen e accusati da organismi organizzazioni internazionali di essere autori di numerose stragi;
ad oggi non è dato sapere se tali armi vengano utilizzate o meno dai sauditi nel conflitto in Yemen;
inoltre, più di 970 milioni di euro di licenze di esportazione (pari al 26,6 per cento) riguarda l'Africa settentrionale e il Medio Oriente;
è inaccettabile che l'Italia continui a produrre e a commerciare armamenti, soprattutto verso regimi autoritari alcuni dei quali coinvolti in aree di guerra, dove a pagare il prezzo più pesante è la popolazione civile e ciò, a parere dell'interrogante, sarebbe in contrasto con la legge n. 185 del 1990 –:
quali iniziative urgenti intendano assumere affinché cessi definitivamente l'export di armi verso Paesi governati da regimi autoritari e/o impegnati in conflitti regionali, nel pieno e rigoroso rispetto della legge n. 185 del 1990.
(4-00094)
Risposta. — La vigente normativa in materia di controlli sull'esportazione di armi – legge 185/1990, con le modifiche introdotte per adeguarla alle norme europee e internazionali – indica all'articolo 1 i casi in cui le esportazioni di armi sono vietate. A tali linee si attiene la valutazione circa l'ammissibilità di ogni istanza di esportazione.
La legge n. 185 del 1990 non subordina le autorizzazioni a verifiche sul sistema istituzionale e di governo del paese destinatario, ma esclusivamente vieta l'esportazione verso «paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni unite», lasciando pertanto aperta la possibilità di esportare armi verso paesi che esercitano il diritto all'autodifesa, individuale o collettiva.
Nessuna menzione è contenuta nella legge circa la natura dei sistemi politici dei paesi destinatari, mentre sono presenti divieti «verso paesi la cui politica contrasti con i principi dell'articolo 1 della Costituzione», e «verso i paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni unite, dell'UE o del Consiglio d'Europa».
Tutte le autorizzazioni all'esportazione di armi sono rilasciate sulla base di una puntuale valutazione di conformità ai vincoli stabiliti dalle norme nazionali e dal diritto internazionale, con particolare attenzione a quelli sopra richiamati, attraverso un processo che coinvolge diverse amministrazioni.
In particolare, tutte le istanze sono oggetto di una valutazione sul piano tecnico da parte del Ministero della difesa, che rilascia un apposito nulla osta. Esse sono in parallelo oggetto di una valutazione, sotto il profilo politico e di rispetto degli embarghi e delle misure restrittive nazionali ed internazionali, da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Laddove le istanze contengano materiali classificati, è richiesto un parere vincolante anche del dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Le istanze rivolte a Paesi non membri dell'Unione europea o della NATO sono sottoposte a un vaglio preventivo da parte di un comitato interministeriale composto dai rappresentanti dei ministeri degli esteri, dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze (Agenzia delle dogane e dei monopoli), dell'ambiente e della sicurezza energetica e delle imprese e del Made in Italy.
Alla luce delle considerazioni esposte, si conferma che le esportazioni di armi verso ogni paese siano autorizzate nel pieno e rigoroso rispetto della legge e della normativa internazionale.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
MALAVASI e ANDREA ROSSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da più di sei anni la signora Ilaria S. cittadina italiana, residente in Novellara (Reggio Emilia), vive una condizione di ingiustizia e sofferenza per la sottrazione del figlio Leonardo da parte del padre, cittadino tedesco di anni 46, attualmente domiciliato in Urla (Turchia);
dopo la nascita di Leonardo nel 2016 il nucleo familiare ha vissuto in una condizione di totale isolamento e di crescente difficoltà economica e relazionale;
nel 2017 la signora Ilaria S. si rivolge ad un legale per avviare la separazione: dalla scelta scaturiscono maltrattamenti (documentati) e minacce, in particolare quella di sottrarre alla madre il figlio per portarlo in Turchia;
dopo un faticoso accordo tra legali, il padre del bambino si sottrae ripetutamente agli obblighi e alle regole di affidamento pattuite e si aggravano episodi di violenza nei confronti della signora e del figlio (documentati da verbali di Pronto Soccorso) a cui segue denuncia;
il 27 gennaio 2020, con decreto, il tribunale di Firenze stabilisce il collocamento di Leonardo presso la madre, con affidamento condiviso anche se, come indicato nella stessa istruttoria giudiziaria «la conflittualità tra genitori è tutt'ora molto alta»;
il decreto viene notificato solo il 6 febbraio 2020 quando nel frattempo il padre del bambino lo ha sottratto alla madre e, senza sua autorizzazione, lo ha condotto in Turchia;
a seguito della sottrazione del bambino, la madre ha immediatamente attivato tramite il proprio legale tutte le procedure per rintracciare e far rientrare il bambino;
attivando anche l'Ambasciata italiana in Turchia, la madre ha rintracciato e rivisto il figlio nella provincia di Izmir e dato mandato a due avvocati di assisterla davanti al tribunale turco;
oggi due sentenze sanciscono i diritti della signora e di suo figlio, cittadino italiano, di vivere con lei nel proprio Paese: a dicembre 2020 il tribunale di Urla statuisce che Leonardo deve tornare in Italia e il 18 giugno 2021 il tribunale turco di secondo grado, cui il padre è ricorso in appello, rileva un errore formale rimandando la causa al giudice di primo grado, il quale in data 8 dicembre 2021, in sede di udienza a Urla, ha ribadito la legittimità della richiesta materna e stabilito che il bambino deve rientrare in Italia ai sensi della Convenzione dell'Aja;
i provvedimenti italiani indicano lei come unico genitore responsabile, il tribunale di Firenze ha collocato il bambino presso di lei a Novellara, le pronunce dei giudici turchi dicono che il bambino deve rientrare in Italia;
in risposta all'atto di sindacato ispettivo 4-06964 del settembre 2020 il Sottosegretario Merlo ha segnalato l'attivazione dei Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della giustizia, sottolineando la sensibilizzazione delle autorità turche «per una rapida soluzione nell'interesse superiore del bambino» da parte del Console ad Izmir e dell'Ambasciata ad Ankara, il sostegno della connazionale durante la sua permanenza in Turchia e l'ottenimento di un «ordine di divieto di espatrio dai confini turchi» del padre, «per evitarne la fuga e l'irreperibilità»;
per altri minori sottratti ai parenti legalmente affidatari, i tempi sono stati assai veloci per ripristinare i diritti negati;
a oggi non è ancora accaduto nulla per garantire il rispetto di un decreto che affida alla madre il figlio nel pieno rispetto dei diritti fondamentali del minore e del suo superiore interesse;
al bambino è impedito di venire in Italia anche per brevi periodi e la madre, solo per visitarlo, è costretta ad affrontare costi enormi da un punto di vista economico ed emotivo –:
se non si ritenga opportuno attivarsi formalmente con le autorità competenti per sostenere la posizione della madre e i diritti del minore, al quale – nonostante le numerose pronunce favorevoli – è impedito il rientro in Italia.
(4-01212)
Risposta. — La vicenda della sottrazione verso la Turchia del minore italiano L. M. Y. a opera del padre, cittadino tedesco di origine turca, è seguita da tempo dal Governo, in primo luogo dal Ministero della giustizia, autorità centrale individuata per l'Italia in base alla Convenzione de l'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. La madre ha infatti presentato istanza di rimpatrio del minore ai sensi della Convenzione dell'Aja. La competenza primaria nell'istruire e seguire le relative procedure spetta al Ministero della giustizia.
Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sia centralmente sia tramite il consolato a Smirne e l'ambasciata ad Ankara, si è regolarmente adoperato a sostegno della madre del minore, sin da quando la stessa, il 6 febbraio 2020, ha comunicato l'avvenuta sottrazione del figlio.
Quale prima risposta abbiamo indicato alla connazionale gli adempimenti legali da assolvere nelle prime fasi e interessato il Ministero dell'interno per attivare il canale INTERPOL nella ricerca del minore, inizialmente irreperibile.
Il console d'Italia a Smirne, una volta rintracciato il minore, si è personalmente impegnato nel prendere contatto con il padre per tentare una mediazione finalizzata a garantire il suo ritorno in Italia.
Rivelatosi vano questo tentativo, ha preso vita il procedimento giudiziario instaurato in Turchia dalla madre del minore. Ai sensi della Convenzione de L'Aja, esso dovrebbe concludersi entro 6 settimane. I tempi della giustizia turca non lo hanno consentito, nonostante le autorità italiane avessero fermamente richiesto il rispetto del termine previsto. A oggi, il procedimento disciplinato dalla Convenzione risulta ancora pendente in fase giudiziaria nello Stato di rifugio (la Turchia, appunto).
L'istanza di ritorno del minore promossa dalla madre è stata accolta in primo grado dal tribunale turco di Urla nel novembre 2020, ma il giudice d'appello, con sentenza di giugno 2021, ha rinviato al giudice di primo grado per vizi procedurali.
Dopo le udienze di settembre e dicembre 2021 il tribunale di Urla ha nuovamente confermato l'ordine di ritorno del minore in Italia. Il padre del minore ha impugnato anche tale provvedimento. Tale richiesta è stata accolta nel giugno 2022 dalla Corte d'appello di Smirne, per difetto di svolgimento di una perizia psicologica del minore.
La Corte d'appello ha quindi rinviato nuovamente al giudice di primo grado per l'espletamento di tale indagine. Le perizie si sono svolte nel novembre 2022. Nell'udienza del 13 aprile 2023 il tribunale di primo grado ha ribadito, per la terza volta, l'obbligo di rientro del minore.
Nelle scorse settimane il console a Smirne ha avuto notizia che il padre del minore ha nuovamente impugnato detta decisione, rimandata dunque ancora una volta al giudizio della Corte d'appello di Smirne.
Considerato che non risulta ancora definito il giudizio instaurato per contestare la più recente decisione della corte di primo grado e che quest'ultima non ha per legge efficacia esecutiva provvisoria, la madre del minore conteso non dispone di alcun titolo che obblighi legalmente le autorità giudiziarie turche a dare corso al rimpatrio del figlio.
L'eccessiva e inaccettabile durata del processo intentato dalla madre del minore rappresenta una manifesta violazione del principio generale ispiratore dell'intera Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980, secondo il quale le procedure di rimpatrio, intrinsecamente caratterizzate da somma urgenza, devono essere definite nel più breve tempo possibile.
Nel corso di questa vicenda, divenuta estenuante sul piano giudiziario, il Governo italiano si è adoperato a più riprese per favorire una soluzione.
Il Ministero della giustizia, autorità centrale italiana ai sensi Convenzione de l'Aja, pur non essendo legittimato a interferire sull'esercizio delle attribuzioni istituzionali riservate alle autorità giudiziarie estere né abilitato a sindacarne l'operato, ha comunque intrattenuto una fitta corrispondenza con l'autorità centrale turca. Si è chiesto in particolare – finora senza successo – che il Ministero della giustizia turco possa esortare il tribunale e la Corte d'appello investiti del contenzioso a tenere conto del lunghissimo arco temporale trascorso, ben oltre il termine ordinatorio di 6 settimane fissato dall'articolo 11 della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 per la celebrazione del procedimento di rimpatrio, e a valutare la possibilità di attribuire in via eccezionale, ope iudicis, efficacia esecutiva provvisoria alle sentenze di primo grado.
La Farnesina e le sue rappresentanze diplomatico-consolari in Turchia non hanno risparmiato sforzi per sensibilizzare le autorità turche sul dovere di rispettare i termini di una convenzione multilaterale regolarmente sottoscritta da Ankara e sull'esigenza di tutelare l'interesse superiore del minore coinvolto.
Numerosi sono stati gli interventi dell'ambasciatore d'Italia ad Ankara sulle autorità locali, incluso il Ministero turco della giustizia, e le pressioni svolte in occasione di numerosi incontri bilaterali Italia-Turchia di livello ministeriale.
Anche il Console d'Italia a Smirne ha prestato tutta l'attenzione possibile al caso, mantenendo regolare contatto con la magistratura locale, con i legali della madre del minore e partecipando personalmente alle numerose udienze.
Il Governo continuerà a sostenere in tutte le sedi opportune il rientro del piccolo L. M. Y. in Italia.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.
MICHELOTTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il cittadino Ivan M., separato legalmente dalla cittadina armena Lusine M. (che ha acquisito cittadinanza italiana per matrimonio nel 2016), ha denunciato sin dal 20 settembre 2018 la sottrazione del figlio M. A.;
la sentenza di separazione del tribunale di Siena (sentenza n. 992/2019 pubblicata il 5 ottobre 2019 RG n. 3879/2018) passata in giudicato il 2 marzo 2020, unico tribunale competente dato che il matrimonio non è stato mai legalizzato per via consolare in Armenia, requisito fondamentale affinché fosse ivi riconosciuto, ha deciso il collocamento del minore a Siena presso il padre in affidamento esclusivo, con visite protette alla madre. Il riconoscimento in Armenia della sentenza è stato rigettato dai tribunali a causa della pendenza di un divorzio armeno in relazione ad un matrimonio che, appunto, non esiste in Armenia;
in Armenia, rifiutato il riconoscimento della sentenza italiana, con svariati procedimenti senza garantire il pieno rispetto dei diritti del signor M. e del figlio ad un processo equo nel contraddittorio, si è arbitrariamente deciso di limitare le visite del padre al figlio a poche ore in Armenia e di quantificare a carico del padre un mantenimento svincolato da dati reddituali e patrimoniali;
le brevi frequentazioni ammesse, subordinate all'accordo con la madre, e la pendenza di un provvedimento di condanna a corrispondere un mantenimento con la possibilità di subire azioni per il fatto di entrare in Armenia, come accaduto, impediscono de facto al signor M. di avere un rapporto con il figlio ed a quest'ultimo il diritto alla bigenitorialità. Inoltre, si è appreso che, per quanto sopra detto, su Ivan M. penderebbe un «wanted notice» ed una imminente incriminazione penale che impedisce al medesimo di entrare in Armenia dal momento che verosimilmente non potrebbe uscirne, almeno non prima di aver pagato le somme cui è stato arbitrariamente condannato;
Ivan M. aveva immediatamente attivato, per vie legali, la richiesta del rispetto e dell'applicazione della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sulla sottrazione internazionale di minori, sottoscritta anche dall'Armenia, che ad avviso dell'interrogante è incorsa in diverse e ripetute violazioni della normativa internazionale e dei diritti fondamentali dell'uomo, tra le quali: visite psicologiche mirate e segrete e di parte sul minore all'epoca di anni 4 ma fatte passare come fossero fatte d'ufficio e quindi indipendenti e super partes, mancata comunicazione per due anni dell'esito della procedura di rimpatrio e solo dopo due anni comunicazione in lingua armena e poi in inglese ma non in italiano, senza che l'autorità centrale italiana, e le altre istituzioni interessate, pur a conoscenza di tutto, siano mai intervenute a difesa dei due cittadini italiani (padre e figlio);
al minore è stata attribuita cittadinanza armena senza consenso del padre dopo meno di un mese dalla sottrazione e al contempo inaudita altera parte e senza motivi è stato deciso che il minore non potrà lasciare l'Armenia fino al compimento dei diciotto anni in assenza del solo consenso materno;
il caso M. è solo uno dei casi, della situazione inaccettabile nella quale versano molti genitori, cittadini italiani, di bambini sottratti da coniuge straniero, con inaccettabili violazioni della legge e di sentenze italiane –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta, e quali urgenti iniziative di competenza intendano intraprendere per permettere al signor M. di incontrare il figlio senza rischiare la propria incolumità e libertà, per far cessare i comportamenti armeni irrispettosi del diritto e delle sentenze italiane e che osteggiano qualsiasi possibilità di frequentazione tra padre e figlio in Armenia e in Italia.
(4-01168)
Risposta. — Il minore A.M. è nato a Jerevan il 5 agosto 2014 dall'unione tra il cittadino italiano Ivan M. con la cittadina armena, naturalizzata italiana, Lusine M., il cui matrimonio è stato celebrato il 3 ottobre 2013 presso l'Ambasciata d'Italia a Jerevan. In base alla legge armena (articolo 11, ultimo comma, legge del 6 novembre 1995), il bambino ha acquisito alla nascita anche la cittadinanza armena.
Circa l'asserita invalidità del suddetto matrimonio, si rileva che le autorità armene hanno ritenuto soddisfacenti i requisiti formali dell'atto, in applicazione della Convenzione de l'Aja del 5 ottobre 1961 sull'abolizione dell'obbligo di legalizzazione dei documenti pubblici. Ciò è parimenti attestato da una dichiarazione del 27 gennaio 2021 dell'ufficio di stato civile del Ministero della giustizia armeno. Si conferma quindi che l'atto di matrimonio è stato regolarmente recepito in Armenia a seguito di una richiesta dello stesso interessato, presentata il 7 luglio 2014. Inoltre, sempre secondo la parte armena, la registrazione del matrimonio ha consentito, alla nascita del piccolo M.A., di attribuire al padre la potestà genitoriale.
Nel dicembre 2015, il nucleo familiare ha deciso di lasciare l'Armenia e di stabilirsi in Italia. Nel settembre 2018, in occasione di una vacanza nel proprio paese di origine, la signora Lusine M. ha trattenuto con sé il figlio, non facendo più rientro in Italia.
Il signor M. ha pertanto presentato – per il tramite dell'autorità centrale italiana – istanza di ritorno ai sensi della Convenzione de l'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. L'istanza in parola è stata respinta in primo e secondo grado dai competenti tribunali armeni. Il procedimento è terminato nel maggio 2020, con il rigetto del ricorso da parte della cassazione armena.
Il 26 settembre 2019, nell'ambito del giudizio di separazione coniugale celebratosi in Italia, il tribunale di Siena ha disposto l'affido esclusivo del minore al padre e ordinato alla signora M. di corrispondere un assegno di mantenimento per il figlio. La successiva azione giudiziaria in Armenia, promossa dal connazionale per ottenere il riconoscimento e l'esecuzione nel paese del sopracitato provvedimento giudiziale, si è conclusa con il rigetto delle istanze di primo e secondo grado (rispettivamente il 1° ottobre 2020 e 27 novembre 2020). Giova segnalare che, in base all'ordinamento armeno, tale decisione non può essere ulteriormente impugnata.
Per parte armena, il tribunale di Jerevan, adito dalla signora L.M., con provvedimento del 6 novembre 2020 ha pronunciato il divorzio, affidando il minore alla madre e imponendo al padre di provvedere al pagamento degli alimenti. Pende attualmente il ricorso presso la cassazione armena, ma la sentenza del tribunale di Jerevan resta comunque esecutiva. Secondo i legali che lo assistono in loco, la mancata osservanza degli obblighi alimentari esporrebbe il connazionale al concreto rischio di conseguenze penali, qualora egli si recasse nel Paese.
Le competenti Autorità giudiziarie hanno inoltre imposto un divieto di espatrio nei confronti del minore, qualora non sia accompagnato dalla madre. Quanto al diritto di visita del padre, è stato riconosciuto al signor M. la possibilità di incontrare il figlio quattro volte a settimana e di mantenere contatti in forma di videochiamata. Alla nostra Ambasciata a Jerevan risulta che il connazionale sia sempre riuscito ad incontrare il figlio in occasione dei suoi passati soggiorni nel Paese, l'ultimo dei quali avvenuto nell'agosto 2021.
Il signor M. ha tuttavia sempre contestato la legittimità dei provvedimenti del Tribunale armeno, ritenendo di doversi attenere unicamente alla sopracitata pronuncia del Tribunale di Siena.
Per completezza, si evidenzia che l'autorità centrale armena aveva richiesto e ottenuto di sottoporre il minore a perizia psicologica, demandata al locale Centro specialistico di psicologia applicata. Al riguardo, il competente Ministero della giustizia, con nota trasmessa dal dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, esprimeva perplessità e chiedeva chiarimenti sull'opportunità di svolgere indagini psicologiche su un bambino di 4 anni all'epoca della richiesta. Malgrado il Centro designato avesse rinunciato all'incarico affidatogli, dai successivi accertamenti svolti dalle autorità italiane è emerso che l'autorità armena, di concerto con la madre e senza nulla comunicare al padre, aveva fatto eseguire comunque una perizia sul minore. Secondo la relazione peritale, un eventuale ritorno in Italia del minore sarebbe stato contrario al suo superiore interesse.
Quanto agli aspetti di primaria competenza del Ministero della giustizia, in base a quanto riportato da quest'ultimo, il dipartimento per la giustizia minorile e di comunità conferma la propria disponibilità ad assistere il signor M. e a fare i passi necessari per rimuovere, per quanto possibile, ogni ostacolo all'effettivo esercizio del diritto di visitare il figlio minore, come previsto dall'articolo 21 della Convenzione dell'Aja.
Sotto il profilo delle iniziative adottate dalla Farnesina in favore del connazionale, si sottolinea che, nel tempo, numerosi sono stati gli interventi sia dell'Ambasciata a Jerevan sia direttamente del Ministero, volti a sensibilizzare le autorità armene sulla necessità di una rapida conclusione dei giudizi relativi alla vicenda. Nell'ambito delle proprie competenze, l'Ambasciata a Jerevan, in stretto raccordo con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, continua a seguire da vicino il caso, mantenendo i contatti con il connazionale e con i suoi legali di fiducia, nonché adoperandosi per favorire un rapporto per quanto possibile conciliatorio tra il signor Ivan M. e la signora Lusine M.. E ciò sempre nel superiore interesse del minore.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.
ORRICO, D'ORSO e SCUTELLÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'ufficio del giudice di pace di Rogliano, che serve un bacino d'utenza, la Valle dal Savuto, con circa trentamila residenti, rappresenta un presidio di legalità importante per un territorio interno della provincia Cosenza, fra le più vaste del Paese;
con la revisione della geografia giudiziaria avvenuta con il decreto legislativo n. 156 del 2012 questo ufficio veniva soppresso;
tale ultima circostanza veniva evitata a seguito del decreto ministeriale n. 7 marzo 2014, dopo che la locale giunta aveva espresso manifestazione di interesse per il mantenimento dell'ufficio con delibera N. 130/GC del 25 ottobre 2012;
l'amministrazione comunale, in questi anni, ha così garantito, da sola, la continuità dell'operatività della sede e del servizio del presidio giudiziario, subentrando nella spesa di gestione della sede medesima e assegnando una dotazione di personale;
in questi anni il comune di Rogliano non è riuscito a condividere le spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia, oltre che del personale amministrativo necessario, con i comuni ricadenti nella competenza territoriale del predetto ufficio giudiziario, né ha avuto riscontro dalla provincia di Cosenza e dalla regione Calabria, interpellate;
essendo mutata in peius la disponibilità di risorse umane da poter distaccare all'ufficio in questione ed avendo dovuto affrontare un piano di riequilibrio finanziario che impedisce nuove assunzioni, il comune di Rogliano si è visto costretto a chiederne la chiusura, comunicandolo, secondo quanto consta all'interrogante, al Ministero della giustizia, alla Corte d'appello di Catanzaro ed al presidente del tribunale di Cosenza –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministero interrogato per scongiurare la definitiva chiusura dell'ufficio del giudice di pace di Rogliano che ha costituito un rilevante presidio di legalità per il territorio della Valle del Savuto.
(4-01455)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, deve essere posto in risalto che, in attuazione della delega conferita con la legge del 14 settembre 2011 n. 148, i decreti legislativi del 7 settembre 2012 numeri 155 e 156 hanno previsto la soppressione di 30 tribunali e delle rispettive procure della Repubblica, di tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale nonché di tutti gli uffici del giudice di pace esistenti in sedi diverse da quella circondariale, con la sola eccezione degli uffici insulari e di quelli collocati, per carico di lavoro e bacino di utenza, al di sopra dei valori soglia individuati nella fase di analisi e di predisposizione della riforma, riducendo da 846 a 182 il numero delle sedi giudiziarie.
Il decreto legislativo n. 156 del 2012, all'articolo 3 comma 2, ha tuttavia stabilito la facoltà per gli enti locali interessati di chiedere il mantenimento dell'ufficio del giudice di pace soppresso o da sopprimere, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nella relativa sede, ivi incluso il fabbisogno del personale di supporto all'attività giurisdizionale, rimanendo a carico dell'amministrazione giudiziaria unicamente gli oneri relativi al personale della magistratura onoraria sia sotto il profilo del dimensionamento del relativo organico sia per quanto attiene alla gestione e alla copertura dei posti, nonché la formazione del personale amministrativo messo a disposizione dagli enti locali.
La legislazione introdotta dalla riforma della geografia giudiziaria ha, quindi, previsto per gli uffici del giudice di pace un nuovo modello organizzativo e gestionale, prevedendo che accanto agli uffici integralmente gestiti dall'amministrazione giudiziaria possano coesistere uffici gestiti dai comuni o dagli enti locali legittimati, anche in forma associata, responsabili di ogni aspetto relativo all'esercizio dell'attività giurisdizionale, dalla individuazione dei locali destinati a ospitare la sede alla dotazione dei beni strumentali necessari e delle unità di personale amministrativo, senza che da ciò possano derivare oneri economici a carico del Ministero della giustizia, al di fuori di quelli tassativamente indicati dalla norma.
Con i decreti attuativi, valutata la conformità dell'istanza presentata dall'ente locale interessato ai requisiti di legge previsti, si è pertanto provveduto alla individuazione degli uffici del giudici di pace mantenuti o ripristinati con oneri a carico degli enti locali richiedenti.
Per quanto specificamente attiene al circondario di Cosenza, tutte le 6 sedi – tra cui l'ufficio del giudice di pace di Rogliano, oltre a quelli di Acri, Montalto Uffugo, San Giovanni in Fiore, San Marco Argentano e Spezzano della Sila – soppresse per effetto del decreto legislativo n. 156 del 2012 sono state inserite nell'elenco di quelle mantenute e, pertanto, risultano attualmente operative unitamente al presidio di Cosenza a gestione statale.
L'ufficio del giudice di pace di Rogliano ha quindi proseguito, senza soluzione di continuità, l'attività giudiziaria secondo il nuovo assetto gestionale, mantenendo la competenza su 18 comuni per una popolazione complessiva di poco più di 25.000 abitanti.
In una fase successiva al pieno regime della riforma (segnatamente a partire dall'anno 2021), il comune di Rogliano ha rappresentato la difficoltà di continuare a garantire il funzionamento dell'ufficio del giudice di pace in ragione dell'onerosità dell'impegno, economico derivante dalla assegnazione del personale di supporto all'attività giurisdizionale e della mancata partecipazione alle spese dei restanti comuni compresi nella competenza territoriale dell'ufficio stesso.
Il comune di Rogliano, comunque, pur a fronte di sopravvenute criticità relative all'immobile sede dell'ufficio del giudice di pace, tempestivamente risolte, e di perduranti difficoltà nel garantire gli impegni assunti quanto al fabbisogno di personale amministrativo ha più volte confermato la volontà di mantenere il presidio giudiziario. La situazione dell'ufficio del giudice di pace di Rogliano è in ogni caso oggetto di un attento e costante monitoraggio da parte di questo Dicastero mediante le necessarie interlocuzioni con il presidente del tribunale di Cosenza – quale coordinatore dell'ufficio del giudice di pace ai sensi dell'articolo 5 comma 1 della legge del 28 aprile 2016 n. 57 –, il quale ha segnalato la persistenza nel tempo di gravi criticità nella erogazione dei servizi, determinate dalla insufficiente dotazione di personale amministrativo e in particolare dalla mancata assegnazione di personale con qualifica equipollente al profilo professionale di cancelliere esperto, profilo essenziale per assicurare il necessaria supporto all'attività giurisdizionale.
In questo contesto il Ministero della giustizia ha manifestato la disponibilità a fornire sostegno all'ente responsabile del mantenimento dell'ufficio del giudice di pace di Rogliano, con modalità conformi al quadro normativo di riferimento che non consente l'assegnazione, anche solo temporanea (con l'istituto del comando), di personale dei ruoli dell'amministrazione giudiziaria.
Invero l'erogazione del servizio giustizia negli uffici dei giudici di pace mantenuti su richiesta degli enti locali, interessati non può, in nessun caso, determinare alcun onere ulteriore a carico dell'amministrazione giudiziaria, non essendo normativamente consentito assicurare la piena funzionalità del presidio giudiziario con il ricorso all'impiego del personale amministrativo, dei ruoli del Ministero della giustizia.
Spetta, pertanto, agli enti locali responsabili del mantenimento di tali uffici del giudice di pace garantire l'assegnazione di personale idoneo per numero e requisiti professionali ad assicurare il buon andamento, degli uffici stessi e individuare, anche sotto il profilo della ripartizione degli oneri economici conseguenti, le soluzioni più opportune, potendo questo Dicastero, come è avvenuto anche nella vicenda tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo, svolgere unicamente un'attività di raccordo diretta a favorire il coinvolgimento degli ulteriori enti interessati.
Merita di essere evidenziato che con la recente nota del 9 giugno 2023 il comune di Rogliano, in riscontro a una specifica e motivata richiesta avanzata dal giudice onorario di pace di sostituzione del dipendente assente, ha comunicato che «...allo stato non è in grado di garantire il personale necessario per svolgere la regolare attività dell'ufficio...».
In via conclusiva deve essere segnalato che, in ragione di quanto verificatosi e in assenza di iniziative volte a rimuovere le indicate criticità, tenuto conto delle perduranti disfunzioni rilevate nella erogazione del servizio giustizia nell'ufficio del giudice di pace di Rogliano, questo Dicastero, all'esito del supplemento di indagine in corso di svolgimento, assumerà le determinazioni conformi al quadro normativo di riferimento (si ricorda, infatti, che ai sensi dell'articolo 3 comma 5 del decreto legislativo n. 156 del 2012 «...qualora l'ente locale richiedente non rispetti gli impegni relativi al personale amministrativo e alle spese di cui al comma 2 per un periodo superiore ad un anno, il relativo Ufficio del Giudice di Pace verrà conseguentemente soppresso con le modalità previste dal comma 3...»).
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dai controlli effettuati dai Nas in 1.058 aziende di ristorazione di tutta Italia operanti all'interno di mense scolastiche di ogni ordine e grado, dagli asili nido fino agli istituti superiori sono emerse irregolarità in circa un terzo di esse, sono state accertate 482 violazioni penali e amministrative, con sanzioni pecuniarie per 240 mila euro contestate a causa di violazioni nella gestione degli alimenti e nelle condizioni igieniche nei locali di preparazione dei pasti;
nove aree cucina, operanti all'interno delle mense scolastiche, sono state sequestrate o ne è stata disposta la sospensione dell'attività per rilevanti carenze igienico-sanitarie e strutturali, come la presenza diffusa di umidità e muffe;
oltre 700 chilogrammi di derrate alimentari (carni, formaggi, frutta e ortaggi, olio) sono state sequestrate a causa di assenza di tracciabilità dei prodotti o perché scadute di validità e custodite in ambienti inadeguati;
ventidue gestori di servizi mensa sono stati deferiti all'autorità giudiziaria perché ritenuti responsabili dei reati di frode e inadempienze in pubbliche forniture, per detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione e inosservanze alla normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro;
gli accertamenti dei Nas hanno rilevato anche l'impiego fraudolento di ingredienti di minore qualità rispetto a quella pattuita nei contratti di fornitura stipulati con i comuni, come il Parmigiano DOP sostituito con altri formaggi, uova convenzionali anziché da agricoltura biologica e prodotti congelati al posto di quelli freschi;
l'85 per cento delle infrazioni ha riguardato aspetti sanzionatori relativi alle carenze strutturali e impiantistiche dei locali impiegati alla preparazione dei pasti, la mancata attuazione dell'autocontrollo, della tracciabilità e della presenza di allergeni, elementi fondamentali per prevenire possibili episodi di intossicazione e reazioni allergiche, ancor più significativi nelle fasce sensibili delle utenze scolastiche;
i dati emersi a seguito dei suddetti controlli destano forti preoccupazioni agli interroganti perché significa che viene messa a rischio la salute di centinaia di migliaia di studenti e studentesse;
a parere degli interroganti non è più posticipabile un intervento normativo volto alla prevenzione di future frodi e a garanzia dell'utilizzo di cibo di qualità in tutte le mense;
dai risultati dell'operazione dei Nas è chiaro, per gli interroganti, che l'esternalizzazione delle mense scolastiche ad imprese private lascia ampi spazi a soggetti economici non all'altezza o a imprenditori senza scrupoli che cercano di accumulare il maggior profitto possibile anche a discapito della salute dei ragazzi;
ad avviso degli interroganti occorre supportare gli enti locali affinché possano reinternalizzare il servizio di ristorazione scolastica, assumendo i cuochi e gli operatori necessari, riaprendo le cucine interne ai plessi e individuando spazi e soluzioni idonee per le scuole sprovviste di locali cucina, incentivando l'utilizzo di cibo biologico e a chilometro zero, altrimenti a nulla serve la promozione di progetti di educazione alimentare in tutte le classi se poi, proprio le mense scolastiche sono le prime a proporre cibo di scarsa qualità, mal conservato, nocivo alla salute;
l'unica strada da perseguire, insieme a quella dei giusti e rigorosi controlli da parte delle autorità competenti è quella di un radicale cambio di modello organizzativo e un maggior investimento di risorse economiche che permetta ad ogni comune di sapere, con esattezza, cosa viene fornito da mangiare ogni giorno ai ragazzi e alle ragazze delle scuole di ogni ordine e grado –:
quali urgenti iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere affinché si creino tutte le condizioni, in termini di risorse umane economiche e strutture, per consentire agli Enti locali di reinternalizzare i servizi di ristorazione scolastica, impedendo che soggetti economici inadeguati e senza scrupoli accumulino profitti a discapito della salute di bambini e ragazzi.
(4-00681)
Risposta. — In riferimento all'atto parlamentare in esame, si rappresenta che il Ministero dell'istruzione e del merito non ha una specifica e diretta competenza sul servizio di mensa scolastica che, come noto, fa capo agli enti locali.
Cionondimeno, il Ministero promuove ogni iniziativa per salvaguardare un sistema in cui le mense scolastiche rappresentano un'opportunità di crescita sociale e culturale che la scuola deve garantire a tutti gli studenti.
Tanto premesso, sulla base degli elementi pervenuti dal Ministero della salute, con riferimento agli esiti delle verifiche ispettive effettuate dai Carabinieri del comando per la tutela della salute, d'intesa con il Ministero della salute, su 1.058 aziende di ristorazione collettiva, operanti all'interno di mense scolastiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione, si rappresenta quanto segue.
I controlli sulle mense scolastiche sono effettuati dalle Aziende sanitarie locali (ASL) e, nello specifico, dai Servizi igiene alimenti e nutrizione (SIAN) che svolgono attività di sorveglianza sulle caratteristiche igienico-nutrizionali dei pasti e di vigilanza e controllo in conformità con le normative vigenti, nonché di educazione alimentare.
Si precisa che il Ministero della salute cura il coordinamento delle attività concernenti la sicurezza degli alimenti e che, dal registro delle allerte alimentari – tenuto dallo stesso, in quanto autorità competente a livello nazionale – non risultano, negli ultimi anni, segnalazioni per «avvelenamento del cibo» derivanti da mense scolastiche.
Inoltre, si ricorda che l'esigenza di promuovere, sin dall'infanzia, l'adozione di abitudini alimentari corrette per la promozione della salute e la prevenzione delle patologie cronico-degenerative, di cui l'alimentazione scorretta è uno dei principali fattori di rischio, ha portato all'elaborazione delle «Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica», approvate in Conferenza Stato-Regioni e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 134 dell'11 giugno 2010.
Il Ministero della salute ha predisposto un documento che aggiorna le precedenti «Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica». Tale documento, che si occupa sia della ristorazione scolastica sia di quella ospedaliera e assistenziale, evidenzia, altresì, le criticità e i concetti ritenuti strategici per una corretta gestione della ristorazione.
Il Ministero della salute ha aggiunto che, ferma restando l'autonomia delle autorità locali, la più corretta e completa redazione del capitolato d'appalto, nonché la verifica, da parte della commissione mensa, del rispetto di quanto in esso riportato, possano rappresentare dei fattori importanti per la riduzione del rischio per gli aspetti di sicurezza alimentare e nutrizionale.
Si segnala, infine, che il Ministero della salute ha comunicato che si farà carico di dare indicazioni alle regioni e agli enti locali, in tal caso ai gestori di servizi, affinché le situazioni di cui all'atto di sindacato in questione o di altre circostanze di analoga o superiore gravità non si ripetano.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.
QUARTAPELLE PROCOPIO. – Al Ministro dell'istruzione e del merito. – Per sapere – premesso che:
l'organico delle scuole primarie sulle classi a tempo pieno per la città e la provincia di Milano è in contrazione rispetto all'anno precedente, come denunciato da 43 dirigenti scolastici di Milano e provincia;
ciò causa la mancata autorizzazione di nuove classi nonostante le richieste delle famiglie, anche quando vi sono alunni DVA tra gli iscritti (che hanno bisogno di maggiori tutele e classi di massimo 22 studenti), con conseguente smistamento in altri plessi dello stesso Istituto Comprensivo;
per razionalizzare le risorse in contrazione (a cui vanno aggiunti 14 collaboratori scolastici in meno) e anche a causa del calo di iscritti, a Milano le classi attivate saranno 115 in meno rispetto allo scorso anno scolastico;
con questi tagli di organico non sarà possibile soddisfare la domanda per il tempo pieno, che si attesta al 98 per cento delle famiglie, in quanto rischiano di essere frequenti riduzioni di orario;
la qualità dell'istruzione dell'obbligo sarà inevitabilmente più bassa, anche dato che l'organico di potenziamento rischia di essere utilizzato solo per avvicinarsi al raggiungimento delle 40 ore, non riuscendo a cogliere l'opportunità di rendere le classi più piccole e offrire un'istruzione innovativa agli alunni;
questo implicherà anche una riduzione delle ore di compresenza, senza le quali non vi sono i numeri legali per uscite extra scolastiche e laboratori, strumenti fondamentali per una didattica non solo frontale, che è urgente per recuperare i ritardi di apprendimento causati dall'emergenza Covid;
questi cambiamenti rendono estremamente improbabile il raggiungimento degli obiettivi del Progetto PNRR – Scuola 4.0;
in un periodo di crisi della natalità, diventa ancor più fondamentale supportare le famiglie, specialmente in una città come Milano, in cui il costo della vita, così come il costo di attività pomeridiane per tenere impegnati i bambini vista la riduzione delle ore scolastiche settimanali, rende spesso inevitabile che entrambi i genitori lavorino –:
quali iniziative intenda il Governo assumere per andare incontro alle richieste dei genitori e dei dirigenti scolastici milanesi.
(4-01024)
Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame ufficio scolastico regionale per la Lombardia, in risposta alla richiesta di questo Ministero di fornire elementi, ha comunicato quanto di seguito si riporta.
La determinazione delle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2023/2024 sono, come noto, disciplinate dalla nota Ministero dell'istruzione e del merito prot. n. 26952 del 12 aprile 2023.
Per quanto concerne la scuola primaria, la suddetta nota prevede che per il tempo pieno restano confermati l'orario di 40 ore settimanali per classe, comprensive del tempo dedicato alla mensa, l'assegnazione di due docenti per classe e l'obbligo dei rientri pomeridiani. L'attivazione del tempo pieno è effettuata nei limiti della dotazione organica complessiva autorizzata nell'ambito dell'organico dell'autonomia. Le risorse di organico devono essere utilizzate prioritariamente per il mantenimento dei modelli orari in atto nella scuola e per assicurare a tutti gli alunni la continuità dell'orario delle lezioni seguite nell'anno precedente.
Secondo quanto riferito dall'USR per la Lombardia, i prospetti di riparto dell'organico docente sono stati elaborati rispettando i seguenti indicatori:
criteri e indicazioni di cui alla nota ministeriale citata;
dati relativi alla popolazione scolastica;
fenomeno della denatalità;
fabbisogni di ogni singola provincia della Lombardia, in relazione alle specificità delle realtà scolastiche ivi esistenti, con particolare riferimento anche alle dotazioni organiche sul sostegno.
Tanto premesso, l'USR ha rappresentato che, a seguito di confronto con i dirigenti degli ambiti territoriali e delle interlocuzioni intercorse con i vari attori istituzionali – preso atto dei fabbisogni emersi, tesi a tutelare situazioni marginali e di particolare disagio – ha provveduto ad affinare il riparto delle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2023/2024, attraverso una ulteriore fase di assestamento.
Quindi, il riparto dell'organico di diritto, per l'anno scolastico 2023/2024, è stato successivamente adeguato, in fase di attribuzione dell'organico di fatto, alle specifiche esigenze territoriali.
Per l'anno scolastico 2023/2024 in Lombardia si è registrata una diminuzione del numero di alunni iscritti, rispetto al 2022/2023, pari a 5.528 unità totali; di questi, 2.112 sono in provincia di Milano.
Con particolare riferimento alla scuola primaria, nella provincia di Milano, il rapporto alunni/classe, dalla prima alla quinta, è pari a 20,15, in linea con la media regionale del 19,58.
Inoltre, Milano risulta la provincia con la maggior copertura di classi a tempo pieno, con una percentuale di alunni iscritti in classi a tempo pieno pari al 94,6 per cento, ponendo la medesima al di sopra della media regionale, che si arresta al 59,3 per cento.
Secondo quanto illustrato dall'USR, la lettura dei dati sopra riportati dimostra che lo stesso ha agito nel pieno rispetto delle disposizioni vigenti in materia di determinazione dell'organico del personale docente per l'anno scolastico 2023/2024, applicandole e adeguandole in ragione degli indicatori in premessa descritti e delle specifiche esigenze di tutte le province lombarde, ivi compresa Milano.
Infine, si rassicura sul fatto che il Ministero riconosce l'importanza di offrire l'istruzione a tempo pieno e così, sostenere le famiglie, dando opportunità di scelta più articolata ai fini educativi. Proprio in ragione di ciò, si ricorda che, nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), la Missione 4: Istruzione e Ricerca prevede una linea di investimento che mira a potenziare gli spazi per le mense che è funzionale proprio all'estensione del tempo pieno.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.
MARIANNA RICCIARDI, QUARTINI, CHERCHI, AMATO, PELLEGRINI, ALIFANO, PENZA, DI LAURO e CAROTENUTO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 24 del 2017 (cosiddetta legge Gelli-Bianco) disciplina diversi temi, tra cui la sicurezza delle cure e il rischio sanitario, la responsabilità del professionista sanitario e della struttura sanitaria pubblica o privata, le modalità dei procedimenti giudiziari, l'obbligo di assicurazione e l'istituzione del fondo di garanzia per i soggetti danneggiati; prevede che la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che si avvalga dei professionisti sanitari, anche se scelti dal paziente e anche se non dipendenti dalla struttura, risponde delle loro condotte colpose a titolo contrattuale; al contrario, il professionista risponde a titolo extra contrattuale, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente;
inoltre, l'articolo 10 demanda a tre decreti ministeriali la sua effettiva attuazione. In particolare il comma 6 prevede un decreto ministeriale per la determinazione dei requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l'individuazione di tassi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati, i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operatività delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio, le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un'impresa di assicurazione, nonché la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati;
a distanza di cinque anni dall'approvazione della legge, il Ministero dello sviluppo economico (oggi Ministero delle imprese e del made in Italy), di concerto con il Ministero della salute ed il Ministero dell'economia e delle finanze, dopo aver sentito una gran quantità di parti interessate tra cui l'Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni), l'Ania (Associazione nazionale imprese assicuratrici), le associazioni di categoria degli operatori sanitari (medici, veterinari, infermieri ed altre), associazioni di pazienti ed associazioni rappresentative della spedalità privata, ha emanato uno schema di decreto che ha ricevuto il parere favorevole della Conferenza Stato-regioni in data 9 febbraio 2022. In data 13 maggio 2022, il Ministero dello sviluppo economico aveva chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto succitato ex articolo 10, schema sul quale erano stati acquisiti i concerti richiamati in precedenza; il Consiglio di Stato, nel successivo mese di giugno 2022 ha sospeso il proprio giudizio a riguardo, lamentando in particolare la mancata trasmissione sia degli atti integrali dei predetti concerti sia della formale «bollinatura» da parte della Ragioneria generale dello Stato della relazione tecnico-finanziaria e richiedendo una integrazione alla relazione pervenutagli dal Ministero, in particolare sul meccanismo bonus/malus che si va introducendo;
l'attuazione del comma 6 dell'articolo 10 sopra richiamato è dirimente per una esaustiva attuazione della legge sulla responsabilità sanitaria e, senza i requisiti minimi delle polizze assicurative, la disposizione rimane inefficace anche rispetto all'obbligo di assicurazione ed alla possibilità di azione diretta nei confronti dell'impresa assicuratrice –:
ad oltre sette mesi dal rinvio da parte del Consiglio di Stato al Ministro interrogato dello schema di decreto attuativo, quanto tempo occorra per trasmettere al Consiglio di Stato l'integrazione alla relazione già inviata nel maggio 2022;
in via incidentale, se il Ministro interrogato abbia già iniziato l'iter di concertazione per quanto riguarda i decreti attuativi previsti dall'articolo 10, commi 5 e 7, della legge n. 24 del 2017.
(4-00320)
Risposta. — Con riferimento, all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero delle imprese e del made in Italy, si rappresenta quanto segue.
Gli interroganti fanno riferimento alle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie. In particolare, chiedono informazioni sullo stato dell'arte dei decreti attuativi previsti all'articolo 10, commi da 5 a 7, della legge 8 marzo 2017, n. 24 recante «Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie» (legge Gelli).
Come ricordato, il decreto attuativo del citato articolo 10, comma 6, della sopracitata legge determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l'individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati; stabilisce i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operatività delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio; disciplina altresì le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un'impresa di assicurazione nonché la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati.
A tali fondi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67.
Sul punto, si segnala che lo schema di regolamento e la relativa relazione illustrativa sono stati adeguati a seguito alle osservazioni formulate dal Consiglio di Stato con il parere favorevole reso nell'adunanza del 21 marzo 2023. Conseguentemente, il 13 giugno 2023, il Ministero delle imprese e del made in Italy ha trasmesso lo schema di decreto aggiornato al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero della salute, al fine di acquisire il formale concerto o le osservazioni di competenza. Recentemente, sono pervenute le osservazioni di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, in ordine alle quali si stanno adottando le modifiche necessarie per il relativo recepimento nello schema di decreto in esame, al fine del prosieguo dell'iter istruttorio, con l'invio al dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, per la comunicazione ai sensi dell'articolo 17, comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400.
Per quello che attiene l'intervento normativo di cui al citato articolo 10, comma 5, il relativo schema di decreto, di concerto con il Ministro della salute, definisce i criteri e le modalità per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza e controllo esercitate dall'IVASS sulle imprese di assicurazione che intendano stipulare polizze con le strutture sanitarie e sociosanitarie in parola e con gli esercenti la professione sanitaria. Tale schema di provvedimento è stato modificato su proposta dell'IVASS ed è stato trasmesso per il relativo concerto.
Infine, il decreto attuativo del citato articolo 10, comma 7, è chiamato ad individuare i dati relativi alle polizze di assicurazione stipulate e alle altre analoghe misure adottate, nel rispetto dei termini di legge, nonché stabilire le modalità e i termini per la comunicazione di tali dati da parte delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e degli esercenti le professioni sanitarie all'osservatorio. Il medesimo decreto deve indicare altresì le modalità e i termini per l'accesso a tali dati.
Con riferimento alla definizione dei provvedimento in parola, si informa che sono stati acquisiti i contributi tecnici del Ministero della salute e si è in attesa di ricevere le valutazioni dell'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), presso la quale è istituito l'osservatorio sopra richiamato, in merito alla tipologia di dati assicurativi da trasmettere, nonché alle modalità di invio degli stessi, in considerazione degli esiti delle interlocuzioni intercorse con l'IVASS e con i rappresentanti del sistema assicurativo.
Il Sottosegretario di Stato per le imprese e il made in Italy: Massimo Bitonci.