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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 167 di mercoledì 27 settembre 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 9.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

RICCARDO ZUCCONI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 22 settembre 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 76, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione (A.C. 1373-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1373-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1373-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione giustizia, deputato Pietro Pittalis. Prego, onorevole.

PIETRO PITTALIS , Relatore per la II Commissione. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione, nel testo licenziato dalle Commissioni riunite I e II.

Preliminarmente, desidero ringraziare i presidenti e i colleghi delle Commissioni, con cui abbiamo condiviso un metodo di lavoro proficuo per lo svolgimento di un'approfondita istruttoria; logicamente il ringraziamento va anche alla collega Kelany, che con me ha condiviso questa sorta di impegno nel cercare di chiudere anche in tempi brevi il provvedimento. In questo ambito, sono pervenuti i preziosi contributi dai numerosi soggetti invitati in audizione, sia da parte di chi ha inteso affrontare tematiche ambientali sia da parte degli esperti che hanno affrontato le questioni legate alla riorganizzazione del Ministero della Cultura e delle misure legate al COVID sia ancora da parte dei numerosi magistrati, avvocati, docenti universitari ed esperti che hanno inteso fornire elementi di conoscenza e di valutazione alla Commissione sui temi più strettamente legati al versante penale. Un cenno a parte meritano gli incontri con le associazioni impegnate nel recupero delle tossicodipendenze (Comunitalia, Comunità di Capodarco e Fondazione Eris), cui deve andare un sentito plauso, per il costante impegno su questa complessa problematica.

Avendo assolto le funzioni di relatore per la II Commissione, sarà mia cura illustrare i contenuti del provvedimento con riguardo agli articoli da 1 a 6 di più diretta competenza della Commissione giustizia, lasciando alla collega Kelany il compito di integrare la relazione introduttiva.

L'articolo 1 estende l'ambito di applicazione della disciplina in materia di intercettazioni, disposte in relazione a un delitto di criminalità organizzata o di minaccia con il mezzo del telefono, prevista dall'articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991, derogatoria rispetto alla normativa codicistica. L'estensione riguarda i procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e sequestro di persona a scopo di estorsione, ovvero commessi con finalità di terrorismo, o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale o al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo. Per effetto di tale disposizione, anche per i suddetti procedimenti le intercettazioni possono essere disposte quando necessarie per lo svolgimento delle indagini, in relazione a un delitto in ordine al quale sussistano sufficienti indizi, mentre la disciplina ordinaria richiede gravi indizi e che le medesime intercettazioni siano assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini. Inoltre, in luogo del termine ordinario di 15 giorni, prorogabili, si applica il termine di 40 giorni, prorogabili per periodi di 20 giorni. Il citato articolo 13 consente altresì le intercettazioni ambientali in relazione a un delitto di criminalità organizzata anche nel domicilio e nei luoghi di privata dimora, anche se non vi è motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa. In sintesi, il citato articolo 13 reca il concetto di delitti di criminalità organizzata senza richiamare un preciso elenco di norme incriminatrici. La norma in commento intende specificare che in questo concetto, oltre alle fattispecie associative, come l'associazione per delinquere e l'associazione di tipo mafioso, possono essere ricondotti anche delitti monosoggettivi, quali l'omicidio, aggravati ai sensi dell'articolo 416-bis del codice penale per l'impiego del cosiddetto metodo mafioso o dalla finalità di agevolare un'associazione di tipo mafioso.

Non è un mistero che, all'origine di questo intervento normativo chiarificatore, vi sia la considerazione delle problematiche che potrebbero originare sul fronte della repressione di gravi crimini dal consolidamento di un orientamento giurisprudenziale che ha trovato espressione nella recente sentenza della prima sezione della Corte di cassazione, n. 34895 del 2022. Tale pronuncia, innovando rispetto a precedenti prese di posizione anche a sezioni unite della medesima Suprema Corte, ha sostenuto che nella nozione di delitti di criminalità organizzata non rientri un'ipotesi di mero concorso nei delitti commessi, avvalendosi delle condizioni di cui all'articolo 416-bis , ovvero al fine di agevolarne l'attività, e pertanto non è possibile disporre intercettazioni secondo il doppio binario agevolato antimafia. Tale disposizione è stata oggetto di attento dibattito nelle Commissioni, che non hanno ritenuto di apportare modifiche né al comma primo, né al comma secondo dell'articolo 1, che ne prevede l'applicazione anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legge. Sono state, invece, introdotte tre nuove disposizioni, volte rispettivamente a integrare gli articoli 267 (Presupposti e forme del provvedimento), 268 (Esecuzione delle operazioni) e 270 (Utilizzazione in altri procedimenti del codice di procedura penale in materia di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni); in particolare, la modifica dell'articolo 267 è volta a precisare che il decreto che autorizza l'intercettazione tra presenti, mediante inserimento di captatore informatico sul dispositivo elettronico portatile, espone con autonoma valutazione le specifiche ragioni che rendono necessarie in concreto tale modalità per lo svolgimento delle indagini.

La modifica dell'articolo 268 riguarda, in primo luogo, il comma 2, che attualmente si limita a prevedere che nel verbale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle comunicazioni intercettate: la novella, invece, precisa che nel verbale è trascritto anche sommariamente soltanto il contenuto delle comunicazioni intercettate rilevanti, ai fini delle indagini, anche a favore della persona sottoposta a indagine. Il contenuto non rilevante ai fini dell'indagine non è trascritto, neppure sommariamente, e nessuna menzione ne viene riportata nei verbali e nelle annotazioni della Polizia giudiziaria, nei quali è apposta l'espressa dicitura “la conversazione omessa non è utile alle indagini”.

Inoltre, al medesimo articolo 268, si rafforza l'attuale previsione che protegge i dati personali definiti sensibili dalla legge, non rilevanti ai fini delle indagini, escludendo che nei verbali possano confluire fatti e circostanze afferenti alla vita privata degli interlocutori, sempre sul presupposto della loro irrilevanza.

Con un emendamento approvato in sede referente, si è anche modificato l'articolo 270, al fine di limitare la possibilità di utilizzo dei risultati delle intercettazioni, in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte, ai soli casi in cui risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. Per evitare ogni incertezza si è inteso precisare che tale modifica riguarda i procedimenti che saranno iscritti dopo la sua entrata in vigore.

L'articolo 2 istituisce le infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni: si tratta di disposizione che traccia, quindi, un graduale percorso segnato dall'emanazione di una serie di decreti ministeriali, al fine di consentire di localizzare presso le suddette infrastrutture digitali, l'archivio digitale previsto dalle norme vigenti e, successivamente, di effettuare le stesse intercettazioni mediante tali infrastrutture. In questo ambito, le Commissioni riunite hanno approvato un emendamento volto a prevedere che l'importo delle spese relative alle operazioni di intercettazione sia specificamente annotato nel foglio delle notizie dove sono riportate le spese sostenute dall'erario.

In sede referente è stato, altresì, inserito l'articolo 2-bis, che reca interventi volti a implementare il contrasto alla criminalità informatica e aumentare la cybersicurezza. In estrema sintesi, i commi 1 e 2 integrano funzioni e compiti svolti dall'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, mediante puntuali modifiche al decreto legge n. 82 del 2021, con cui è stata definita l'architettura nazionale del sistema di sicurezza cibernetica ed istituita l'Agenzia. Quest'ultima è incaricata di trasmettere al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo i dati, le notizie e le informazioni rilevanti per l'esercizio delle funzioni e dei poteri di impulso e coordinamento delle indagini relative a gravi reati informatici; inoltre, attribuisce a tale Agenzia funzioni per prevenire e gestire gli incidenti di sicurezza informatica e gli attacchi informatici, sanzionando l'eventuale mancata collaborazione di soggetti pubblici o privati che hanno subìto incidenti di sicurezza informatica o attacchi informatici, con l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della incapacità ad assumere incarichi di direzione, amministrazione e controllo, nelle persone giuridiche e nelle imprese, per un periodo di tre anni, a decorrere dalla data di accertamento della violazione, ovvero in caso di dipendenti pubblici, sul piano della responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile.

Il comma 3 interviene sui poteri del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, al fine di renderli maggiormente incisivi nell'ambito della lotta alla criminalità organizzata in campo informatico; il comma 4 modifica la legge 16 marzo 2006, n. 146, con la quale è stata ratificata la cosiddetta Convenzione di Palermo, con riguardo alle operazioni sotto copertura. Si intende, in tal modo, ampliare il perimetro di non punibilità degli ufficiali di polizia giudiziaria che si occupano di contrasto al terrorismo che, al fine di acquisire elementi di prova, compiono atti di pirateria informatica e ricomprendere tra gli ufficiali autorizzati a compiere tali operazioni sotto copertura, gli ufficiali di Polizia giudiziaria dell'organo del Ministero dell'Interno, per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione.

Ancora, si prevede che, qualora siano disposte operazioni sotto copertura relative ai reati di cui agli articoli 51, comma 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale, con l'introduzione del comma 4-bis dell'articolo 371-bis codice di procedura penale, l'organo responsabile ne dia immediata comunicazione al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

Infine, si introduce l'obbligo, per il pubblico ministero responsabile delle indagini, di comunicare al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo i provvedimenti adottati nell'ambito delle operazioni sotto copertura quando queste riguardino i reati di cui sopra.

L'articolo 3 prevede che fino al 30 aprile 2024 - nel testo del decreto legge il termine era il 31 dicembre 2023 ed è stato modificato in sede referente - nei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni aventi a oggetto la responsabilità genitoriale, il giudice abbia la facoltà di delegare taluni specifici adempimenti, tra cui l'audizione delle parti e l'ascolto del minore, a un giudice onorario.

L'articolo 4 modifica la disciplina riguardante i corsi di formazione per partecipare ai concorsi per l'attribuzione di incarichi direttivi e semidirettivi per magistrati; la lettera a) novella quindi la disciplina in materia, in primo luogo, al fine di prevedere che gli elementi di valutazione e le schede valutative redatte dai docenti e la documentazione relativa alla prova finale del corso, sono valutati dal Consiglio superiore della magistratura anche con riferimento al conferimento di incarichi semidirettivi, e non solo per quelli direttivi. Si ricorda che la legge delega del 2022, la n. 71, all'articolo 10, aveva già esteso il campo di applicazione della disposizione riguardante originariamente solo i corsi di formazione per incarichi direttivi anche agli incarichi semidirettivi, ma non si era stabilito che tali documenti fossero inviati al Consiglio superiore della magistratura, anche con riferimento al conferimento di tali incarichi.

La seconda modifica riguarda l'individuazione della data a decorrere dalla quale viene calcolato a ritroso il quinquennio entro il quale deve essere stato frequentato il corso di formazione per poter ambire a incarichi direttivi o semidirettivi. La norma, nella sua versione originaria, individuava tale data in quella di scopertura dell'incarico; secondo la relazione illustrativa, tale criterio avrebbe potuto comportare ripercussioni negative, dal punto di vista pratico, dal momento che, con riferimento allo stesso bando relativo a posti con data di scopertura diversa, lo stesso magistrato potrebbe essere esonerato dalla partecipazione al corso per uno dei posti messi a concorso, ma non esserlo con riguardo ad altro posto cui ugualmente aspiri. Pertanto, a seguito della modifica, il quinquennio decorre dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande indicato nel bando di concorso.

Inoltre, si integra la normativa vigente al fine di prevedere che siano esonerati dall'obbligo di partecipare al corso di formazione, potendo partecipare direttamente al concorso, coloro che abbiano svolto funzioni direttive o semidirettive nel medesimo lasso di tempo di validità del corso o per una sua porzione.

Infine, la disposizione in commento specifica che l'esonero dalla partecipazione al corso è subordinato alla circostanza che il magistrato interessato non abbia ricevuto una valutazione negativa in sede di conferma nelle funzioni direttive e semidirettive.

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, prevede che le disposizioni del comma 1 si applichino anche alle procedure bandite a decorrere dal 21 giugno 2022 e non ancora conclusesi.

L'articolo 5 reca una disciplina transitoria per il conferimento degli incarichi superiori nell'ambito dell'esecuzione penale esterna e degli istituti penali minorili. In particolare, al comma 1 si consente, in deroga alla disciplina di carattere generale recata dall'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, che tali incarichi possano essere conferiti ai dirigenti penitenziari del ruolo di istituto penitenziario in possesso dell'anzianità di nove anni e sei mesi di servizio, secondo quanto previsto dall'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 63 del 2006.

La disposizione in esame interviene superando di fatto due precedenti norme di deroga più volte prorogate; opportunamente, in sede referente, si è ritenuto opportuno procedere all'abrogazione della disposizione del 2013, prevedendo che, fino al 31 marzo 2033 e, quindi, per una durata temporale di dieci anni, gli incarichi dirigenziali superiori nell'ambito dell'esecuzione penale esterna e degli istituti penali minorili possano essere attribuiti anche a titolo di reggenza ai dirigenti penitenziari del diverso ruolo di dirigente di istituto penitenziario, in possesso dell'anzianità necessaria per l'assunzione di tali incarichi. La durata decennale della norma derogatoria è giustificata con la circostanza che, al momento, non sussisterebbe un numero sufficiente di dirigenti di esecuzione penale esterna e di dirigenti d'istituto penale minorile con l'anzianità necessaria ad assumere incarichi superiori, né tale anzianità sarebbe raggiungibile nel breve periodo.

Il comma 2 prevede che, fino alla medesima data, 31 marzo 2033, ai dirigenti penitenziari assunti nei ruoli di esecuzione penale esterna e di istituto penale minorile a seguito delle procedure concorsuali di recente svolte o in corso di svolgimento, non ancora in possesso dell'anzianità di nove anni e sei mesi, possa essere conferito l'incarico di direttore aggiunto negli uffici individuati come sede di incarico superiore.

In sede referente è stato inserito l'articolo 5-bis che modifica la disciplina recante l'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, al fine di incrementare da 45 a 70 i posti di dirigente penitenziario con incarichi superiori. Il comma 2 prevede, conseguentemente, che con decreto del Ministro della Giustizia si provveda all'adeguamento della tabella C allegata al decreto del Ministro della Giustizia 22 settembre 2016, concernente l'individuazione dei posti di funzione che possono essere conferiti ai dirigenti penitenziari e ai dirigenti con incarico superiore nell'ambito degli uffici centrali e degli uffici territoriali dell'amministrazione penitenziaria. Il comma 3 reca la copertura finanziaria della disposizione in commento.

L'articolo 6 apporta modifiche al reato di incendio boschivo di cui all'articolo 423-bis del codice penale. Le lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 6 innalzano la pena edittale minima per l'ipotesi di incendio doloso prevista dal primo comma dell'articolo 423-bis del codice penale da 4 anni a 6 anni di reclusione e per l'ipotesi di incendio colposo, prevista dal secondo comma dello stesso articolo, da uno a due anni di reclusione. A seguito di una modifica apportata in sede referente, si è estesa tale fattispecie al fine di punire anche chi cagiona un incendio su zone di interfaccia urbano-rurale.

PRESIDENTE. Perdoni, onorevole Pittalis, dovrebbe riuscire a concludere in un minuto, altrimenti può depositare la relazione.

PIETRO PITTALIS, Relatore per la II Commissione. Ho concluso, Presidente, e mi rimetto per quanto riguarda le parti ancora da trattare. Ma, sostanzialmente, si tratta dell'articolo 6-bis, inserito in sede referente che introduce una sanzione penale per chi abbatte, cattura o detiene orsi bruni marsicani e, infine, dell'articolo 6-ter, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, che reca modifiche sia al codice dell'ambiente, al fine di trasformare in reati contravvenzionali taluni illeciti amministrativi in materia di rifiuti, sia alla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, sia al codice penale, al fine di inasprire il trattamento sanzionatorio in materia di delitti contro l'ambiente.

Lascio, quindi, la parola alla collega Kelany per il seguito dell'illustrazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la I Commissione, deputata Sara Kelany.

SARA KELANY, Relatrice per la I Commissione. Grazie, Presidente. Innanzitutto, ringrazio il collega Pittalis per il lavoro svolto in Commissione in questi giorni e mi associo ai ringraziamenti del collega nei confronti dei presidenti Nazario Pagano e Ciro Maschio. Aggiungo un ringraziamento particolare anche agli uffici, sia della I sia della II Commissione, che veramente ci sono stati di grandissimo ausilio nell'esitare questo provvedimento. Io mi limiterò al deposito della relazione e illustro solo sommariamente il contenuto degli articoli.

L'articolo 7 disciplina la quota parte del gettito dell'otto per mille dell'Irpef di diretta gestione statale riferita a scelte non espresse e si stabilisce che questa venga utilizzata prioritariamente per finanziare interventi straordinari per il recupero delle tossicodipendenze.

L'articolo 8 ha sempre ad oggetto la disciplina relativa all'otto per mille dell'Irpef, mentre l'articolo 9 disciplina l'abolizione degli obblighi in materia di isolamento per le persone positive al SARS-CoV-2 e anche degli obblighi di autosorveglianza.

L'articolo 10 riordina e aggiorna le aree funzionali del Ministero della Cultura, mentre l'articolo 11, sostanzialmente, è una norma transitoria che consente alle pubbliche amministrazioni, per un periodo non eccedente il 31 dicembre 2026, il trattenimento in servizio dei dirigenti generali titolari della direzione di dipartimenti o di strutture corrispondenti a questi ultimi che siano naturalmente attuatori di interventi relativi al PNRR.

L'articolo 12 e l'articolo 13 sono di chiusura: il 12 prevede l'invarianza finanziaria e il 13 l'entrata in vigore.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole, è autorizzata a consegnare la sua relazione.

Prendo atto che il rappresentante del Governo, il Vice Ministro Sisto, si riserva di intervenire eventualmente in sede di replica.

È iscritta a parlare la deputata Giulia Pastorella. Ne ha facoltà.

GIULIA PASTORELLA (A-IV-RE). Presidente, colleghi, non posso che iniziare il mio intervento, richiamando l'attenzione sul fatto che ci troviamo davanti all'ennesimo decreto omnibus, che questa volta mette insieme, solo per citarne alcune, disposizioni in materia di intercettazioni, di COVID, relative all'orso marsicano e alle celebrazioni di San Francesco; per carità, né l'orso né tantomeno San Francesco hanno colpe in tutto ciò, ma devo dire che colpisce la fantasia con cui si uniscono tematiche così diverse in un unico decreto.

Entrando, comunque, nel merito della questione, vorrei per prima cosa evidenziare forse l'unica nota positiva riguardo a questo decreto, ovvero l'articolo 2-bis, riguardante il contrasto alla criminalità informatica e alla cybersicurezza. Accogliamo questo intervento come un primo passo verso una maggiore integrazione e operatività dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale nei processi - passatemi il termine - “tradizionali” di contrasto alla criminalità e nel rafforzamento della difesa di soggetti pubblici e privati da incidenti e attacchi cyber.

Allo stesso tempo, è positivo l'ampliamento dei poteri del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo nell'ambito proprio della lotta alla criminalità organizzata in campo informatico. Spero, infatti, che sia il segno di un riconoscimento della peculiarità e della gravità che possono presentare i crimini commessi online, per i quali sono necessari strumenti sempre più incisivi e un coordinamento maggiore, come avviene in questo decreto.

Detto questo, nella discussione di oggi penso sia opportuno soffermarsi in particolare sui primi articoli del decreto che più hanno acceso il dibattito pubblico e di Commissione, come abbiamo sentito dai relatori. Alla lettura di questi articoli, infatti, devo dire che stupisce particolarmente la presa di posizione del Governo nel presentare una modifica così rilevante ed estensiva dell'applicabilità delle intercettazioni, per di più usando uno strumento come il decreto-legge, strumento che, come già evidenziato in Commissione dal collega Costa, da un lato, non garantisce la stabilità necessaria quando si parla di intervenire sul codice penale e di procedura penale e, dall'altro, sottrae un'altra volta a noi e al Parlamento la funzione primaria di quest'ultimo su un tema tanto importante quale la disciplina delle intercettazioni e della procedura in ambito penale, ponendo, tra l'altro, parecchi dubbi sui presupposti di urgenza che dovrebbero, appunto, sottostare e motivare l'uso del decreto-legge.

Ci chiediamo, quindi: ma dov'è finito il garantismo del Ministro Nordio? Lo chiediamo alla luce del fatto che, come detto, il decreto-legge in esame, nel disciplinare l'uso delle intercettazioni, prevede l'estensione dei presupposti per le autorizzazioni celeri delle intercettazioni, estendendo, quindi, quei criteri particolarmente invasivi che finora si applicavano solo per le indagini riguardanti il terrorismo e la criminalità organizzata. A questo punto, ci si chiede anche come questa maggioranza, che da sempre ha detto di puntare sulle garanzie dell'imputato e della difesa, possa votare a favore di questo decreto.

Noi, come gruppo Azione-Italia Viva e grazie al lavoro dei colleghi in Commissione giustizia in particolare, abbiamo provato a proporre per lo meno alcuni emendamenti che tentassero di riportare il decreto sui binari del buonsenso. Mi riferisco, per esempio, all'emendamento sulle intercettazioni a strascico, che proponeva che i risultati delle intercettazioni disposte per un reato non potessero essere utilizzati per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione, fatto salvo, ovviamente, il caso in cui essi risultino decisivi per l'accertamento dei delitti di mafia e di terrorismo o salvo che sopraggiunga una nuova autorizzazione del giudice. Poi abbiamo suggerito di formulare in modo più preciso il perimetro entro il quale poter svolgere intercettazioni attraverso i cosiddetti trojan, cioè quegli strumenti di captazione che seguono la persona praticamente ovunque, anche nel suo ambito familiare. Lo scopo di questo intervento sarebbe stato quello di escludere con chiarezza la vita familiare dell'intercettato, in modo da evitare che qualcuno venga, suo malgrado, riportato in prima pagina per fatti che attengono esclusivamente alla sfera privata e familiare, come spesso è successo in passato, e di questo sono sicura che nessuno gioisca.

Cito, in ultimo, l'unico nostro emendamento che la maggioranza si è probabilmente vista costretta ad accettare, perché si tratta, appunto, di buonsenso, emendamento che è stato citato poco fa anche dal relatore, che ringrazio. Si tratta del nostro emendamento, a prima firma Enrico Costa, che prevede il controllo e la rendicontazione delle spese sostenute dal pubblico ministero per le intercettazioni disposte durante le indagini. Questo si è anche reso necessario a fronte di una previsione di spesa, per il solo 2023, pari a 213 milioni di euro. Secondo noi, è giusto e sacrosanto che, inchiesta per inchiesta, si possa sapere quanto si è speso e quante intercettazioni sono state fatte durante le indagini.

In conclusione, colleghi, per il gruppo Azione-Italia Viva il garantismo è un principio che dovrebbe guidare la politica di un Governo serio nel campo della giustizia. Purtroppo, sia di garantismo che di serietà in questo decreto se ne vede ben poco.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Morrone. Ne ha facoltà.

JACOPO MORRONE (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, mi soffermerò, in particolare, sul tema affrontato nel primo articolo del provvedimento in esame, unendomi alla considerazione che vede la necessità di una riforma equilibrata che, pur partendo dal presupposto dell'irrinunciabilità delle intercettazioni come strumento indispensabile per la ricerca della prova, prevede di eliminare il rischio di abusi e di compressione delle libertà fondamentali. Tutela, quindi, per questo strumento, ma se viene usato correttamente. Magistratura e Forze dell'ordine devono disporre degli strumenti di indagine previsti nel nostro ordinamento per combattere la criminalità organizzata e le mafie, ma è altrettanto indispensabile evitare storture e lesioni a diritti dei cittadini. Siamo convinti che la libertà di stampa sia indispensabile in uno Stato democratico, anche se le notizie pubblicate possono risultare, per così dire, scomode, ma si devono osservare regole condivise. Il diritto di cronaca non è identificabile con il diritto alla gogna mediatica di persone innocenti fino a prova contraria; vite, famiglie e carriere distrutte magari solo per sospetti, quando non addirittura per un pregiudizio politico. Guai, quindi, a mettere il bavaglio all'informazione, ma guai anche a chi usa l'informazione per i processi di piazza; i processi vanno fatti in tribunale.

Tornando al primo articolo del provvedimento, considero importante che la disciplina in materia di intercettazioni si applichi, oltre ai delitti di criminalità organizzata, anche ai delitti di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e ad altre fattispecie di reati gravi. Da presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti agroalimentari, ritengo che lo strumento delle intercettazioni rappresenti una garanzia a maggiore tutela e protezione dell'ambiente ma anche del made in Italy sul piano del contrasto alle contraffazioni alimentari e alle agromafie. I delitti contro l'ambiente, e di conseguenza contro la salute pubblica, sono in aumento. È un dato che non può non destare preoccupazione quando, per esempio, è collegato al traffico illegale, molto remunerativo, dei rifiuti speciali e pericolosi. In questo ambito, ritengo indispensabili, quindi, le intercettazioni come strumenti di indagine per individuare e fermare quelle organizzazioni criminali che hanno lucrato su traffici illeciti legati alla gestione dei rifiuti, reati equiparati pienamente a quelli di mafia. Ma è anche urgente tutelare i produttori del made in Italy agroalimentare dal fenomeno emergente delle cosiddette agromafie e dall'agropirateria, obiettivo che si collega alla salvaguardia della salute dei consumatori e all'integrità dell'ambiente e dei territori.

Come per il traffico dei rifiuti, i poteri criminali organizzati hanno interessi forti nel business agroalimentare e vedono in questo settore un terreno privilegiato di investimenti e di profitto. Di qui la necessità di scongiurare la penetrazione delle cosiddette agromafie in settori trainanti della nostra economia e, di conseguenza, la necessità di aggiornare e potenziare la normativa in materia di reati agroalimentari, anche attraverso strumenti di indagine quali le intercettazioni. Prevenzione e repressione sono certamente fra le parole chiave per scongiurare tutti i fenomeni illegali testé descritti.

Un appunto finale - e poi chiudo - è a sostegno dell'articolo 6 del provvedimento, quello che prevede modifiche che aggravano le pene per il reato di incendio boschivo, un reato che comporta gravissime conseguenze all'ambiente e alla fauna e pesanti danni ai territori dove si consumano questi incendi e roghi, per lo più di natura dolosa e criminale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole D'Orso. Ne ha facoltà.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, ci troviamo davanti, come già ha sottolineato la collega che mi ha preceduto, all'ennesimo decreto-legge cosiddetto omnibus, anche se io direi, forse per qualificarlo meglio, decreto-legge accozzaglia. Se guardiamo al titolo stesso del decreto-legge, ossia disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione, potremmo dire che solo il titolo ci fa veramente sbalordire. Infatti, mi chiedo e vi chiedo cosa abbiano in comune tutti questi interventi. Per me, francamente, è un mistero, davvero un mistero. Allo stesso modo, mi chiedo se tutti questi interventi siano davvero sostenuti dai presupposti di necessità e di urgenza. Faccio fatica, per l'ennesima volta, ad analizzare e a esaminare un decreto-legge di questa portata.

Ma iniziamo ad andare un po' nello specifico. Chiaramente io mi limiterò agli articoli di competenza della Commissione giustizia, che più di altri articoli abbiamo avuto la possibilità di approfondire, anche perché, come forse è già stato anche accennato dal relatore, sono stati oggetto di ampio dibattito in sede di discussione in Commissione, anche un dibattito abbastanza acceso - poi vi illustrerò il perché - e sicuramente approfondito.

L'articolo 1 di questo decreto-legge da quale esigenza muove? Muove da un'esigenza tutto sommato per noi assolutamente condivisibile, come è nella finalità dichiarata dal Governo, anzi, oserei dire, dichiarata dalla stessa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e, ancor prima e ancora con maggiore determinazione, dal Ministro Nordio. Io ricordo quando venne tirata fuori la necessità di questa norma. Era durante il question time del 19 luglio scorso, un question time che proprio io rivolgevo al Ministro Nordio, incalzandolo per un chiarimento in ordine ad alcune frasi che ci avevano molto allarmati, relative alla ridefinizione che pensava di fare del concorso esterno. Ebbene, in quella sede, il Ministro Nordio in qualche modo si difese dicendo: no, noi siamo, invece, i paladini della lotta alle mafie, tanto è vero che stiamo intervenendo in urgenza per fornire una norma di interpretazione autentica che possa superare una sentenza del marzo 2022 delle sezioni semplici della Corte di cassazione, che ha messo in dubbio l'applicazione dell'articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991, convertito dalla legge n. 203 del 1991.

Articolo 13 che prevede una disciplina speciale proprio dedicata alle intercettazioni relative ai delitti di criminalità organizzata. Ebbene, quella sentenza aveva messo in dubbio l'applicazione di questa disciplina speciale ai reati monosoggettivi, ancorché realizzati con metodo mafioso o con la finalità di agevolare l'associazione mafiosa, circoscrivendo l'applicazione di questo regime speciale ai soli reati di natura associativa.

Quindi, il Governo, nella persona del Presidente del Consiglio e del Ministro Nordio, allarmato da questa sentenza, che in qualche modo metteva in discussione anche una precedente sentenza delle sezioni unite, quindi dotata di una solidità probabilmente ben maggiore del 2016, dichiarava che doveva intervenire su questa norma per chiarire la portata e il perimetro di applicazione. Ebbene, dal 19 luglio al 10 agosto, data in cui viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale questo decreto-legge, vi è un periodo di tempo, un lasso di tempo considerevole, comunque opportuno per confezionare una norma chiara e lineare, così come doveva essere, in cui fosse netta non solo la finalità, condivisibile, ripeto, che muoveva questo intervento da parte del Governo, ma anche la sua natura stessa di norma di interpretazione autentica.

Esce fuori, invece, una norma - ve lo devo dire - che non è scritta in modo chiaro. Non è scritta in modo chiaro questa norma, ma non l'ho detto io, ahimè, lo ha detto una serie di auditi che hanno rilevato criticità, pur sempre affermando e sottolineando l'opportunità di fornire questa norma di interpretazione autentica. Poteva essere formulata meglio. In sede di Commissione abbiamo anche dato un suggerimento e non solo noi; tutte le forze di opposizione hanno detto che probabilmente sarebbe stato opportuno riformulare la norma.

Tutti ci siamo anche sforzati di dare soluzioni che potessero mettere nero su bianco che si trattava di una norma di interpretazione autentica e non di una norma che in qualche modo innovava l'ordinamento. Tuttavia, perché nasce questo dubbio in taluni interpreti? Non in tutti, per carità, perché poi l'intento chiaramente è quello conservativo, di difendere questa norma, perché, ripeto, la finalità è condivisibile. Cosa succede? Perché si insinua il dubbio che non si tratti o comunque che sia quasi una forzatura ritenerla una norma di interpretazione autentica?

Perché, purtroppo, è stato inserito un secondo comma (si tratta di una disposizione transitoria) che stabilisce che la disposizione del comma 1 si applichi anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto. Questa norma, per certi versi, un po' stride con il fatto che ci troviamo, nel comma 1 dell'articolo 1, davanti ad una norma di interpretazione autentica, perché semplicemente non ci sarebbe stata necessità di questa precisazione. Infatti, tutte le norme di interpretazione autentica chiaramente hanno effetto retroattivo, essendo di interpretazione autentica, e quindi non c'è necessità di disciplinare alcunché a livello transitorio.

Devo dire che questa criticità è stata rilevata, da ultimo, anche nel parere del Consiglio superiore della magistratura di cui abbiamo avuto notizia proprio ieri. Qualche perplessità anche in quella sede è stata messa nero su bianco ed è stata, soprattutto, suggerita - è un auspicio - una maggiore chiarezza nella formulazione, perché il problema è che questa norma, che avrebbe dovuto risolvere un problema, alla fine, ne potrebbe, in realtà, introdurre altri, sempre a livello interpretativo, lasciati un'altra volta per la loro soluzione alla giurisprudenza.

Il nostro emendamento, che portava la prima firma del collega Cafiero De Raho, avrebbe chiarito la natura dell'intervento, fugando ogni dubbio, eliminando ogni ambiguità. Ripeto, c'erano anche formulazioni di emendamenti meno invasive del nostro che magari riscriveva integralmente l'articolo 1. Magari il Governo non voleva fare la figuraccia di ritornare totalmente indietro sui suoi passi e fare una sostituzione, accogliere quella che era una scrittura del MoVimento 5 Stelle; ne prendiamo atto, anche se magari faceva del bene al Paese. Però c'erano emendamenti di colleghi sempre di altre forze di opposizione anche meno invasivi, che però, in due paroline, avrebbero, ripeto, eliminato ogni ambiguità.

E quindi cosa pensiamo? A pensar bene dobbiamo ritenere che non siete poi così bravi a scrivere le norme, perché questa era una norma anche non troppo complicata da scrivere, e che, quindi, regnano l'approssimazione e la superficialità. Devo dire che abbiamo avuto esempi, in altri interventi legislativi, di sciatteria e di pasticci. Però ci può essere anche un'altra interpretazione, a pensar male, perché nel Governo e in maggioranza ci sono tanti giuristi e penso che al riguardo nessuno sia sprovveduto. Allora, a pensar male, si potrebbe ritenere che le criticità, che da più parti sono state sollevate sulla norma, siano quasi quasi volute e che la vostra sia, al solito, devo dire, a malincuore, un'operazione di facciata: la solita propaganda. Si vuole sbandierare di voler rafforzare la lotta alle mafie e poi si costruisce una norma che non è chiara e che finisce per creare più problemi di quanti ne voglia risolvere. Del resto, comunque, questa interpretazione che ora sto adottando è coerente poi con tutta la vostra condotta anche successiva, perché la lotta alle mafie per questo Governo e per questa maggioranza a me sembra che sia solo dichiarata, tra l'altro anche un po' a fasi alterne, a parole, ma mai praticata, mai realizzata nei fatti.

Anzi, nei fatti è decisamente ostacolata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Anche in questa occasione, con l'avallo del Governo e l'applauso del Terzo Polo, in particolare di Azione, del collega Costa, che aveva tutti emendamenti che andavano nella stessa direzione di Forza Italia, voi della maggioranza ne avete approfittato per depotenziare l'utilizzo delle intercettazioni. Durante la fase emendativa in Commissione abbiamo visto attoniti - noi, però, noi - approvare 4 emendamenti, in particolare di Forza Italia, che hanno letteralmente sporcato, per quella che è la nostra visione, questo decreto-legge, rendendolo assolutamente invotabile, rendendolo indigeribile, come lo sono per noi tutti gli interventi volti a sminuire i reati di corruzione.

Invece, per voi è proprio un chiodo fisso: garantire l'impunità ai colletti bianchi, fare il lavaggio del cervello ai cittadini per convincerli che la corruzione non sia un reato grave e che comunque sia meno grave di un reato di mafia è proprio l'obiettivo che avete. Passerete 5 anni a fare questo lavaggio del cervello ai cittadini e lo fate occultando una verità che però ormai è sotto gli occhi di tutti; ci sono arrivati tutti e voi vi ostinate, invece, ad andare in direzione contraria. Qual è la verità? Che mafia e corruzione sono oggi due facce di una stessa medaglia.

La mafia, oggi, si è imborghesita, potremmo dire, e ve lo diciamo tante volte. È un comitato di affari o comunque usa i comitati di affari, vive infiltrandosi nell'economia legale e lo fa non più e non tanto con l'intimidazione, ma con la corruzione. Le mafie inquinano gli appalti, corrompendo i funzionari pubblici. D'altra parte, i funzionari pubblici vendono le proprie funzioni alle mafie. Così va il mondo oggi, ma lo sapete bene. Non ci credo che non lo sappiate, solo che volete occultare questo piccolo particolare. Voi che fate? Eliminate, escludete la possibilità di utilizzare le intercettazioni - disposte in un determinato procedimento, da cui però emerga una condotta di corruzione - in un procedimento diverso che si apre proprio per contestare il reato di corruzione.

Quindi, dite allo Stato, sostanzialmente, incarnato nella Polizia giudiziaria, che è in ascolto delle intercettazioni, e nel PM, che deve vagliare quelle intercettazioni, di girarsi dall'altra parte dinanzi ad episodi gravi di corruzione. Questo fate.

Ho cercato di sottolinearlo anche in Commissione, perché, tra le altre cose, questa operazione è stata fatta nemmeno in modo tanto trasparente, perché non è stata spiegata in questo senso, mentre ai cittadini va spiegata la portata dell'emendamento che è stato approvato. È un emendamento che, se lo si va a leggere, sembra non dire quasi nulla, anzi, c'è stata la sottolineatura - anche qui, l'ho visto in questa sede - di dire che le intercettazioni cosiddette a strascico, che sono quelle di cui vi sto parlando - cioè, gli esiti di intercettazioni disposte in un procedimento, che poi vengono utilizzati in altro procedimento -, comunque, saranno utilizzate sempre per tutti i reati che prevedono l'arresto obbligatorio in flagranza. Benissimo. Se andiamo a leggere l'articolo che prevede tutte le fattispecie di reato per le quali è consentito l'arresto obbligatorio in flagranza, ci accorgiamo che, forse, l'unica fattispecie esclusa è quella dei gravi reati contro la pubblica amministrazione. Con trasparenza, invece, diciamo esattamente ai cittadini gli effetti delle norme che introducete, perché sono norme che, se uno le guarda a prima vista, magari, non sembrano neanche molto chiare, sembrano quasi voler dire niente, mentre, invece, hanno un effetto dirompente, direi che sono bombe esplosive.

Ma non finisce qui. Questa sicuramente è la norma più impattante rispetto alla limitazione del perimetro, della portata, dell'utilizzo delle intercettazioni, ma, poi, avete introdotto - quando dico “avete”, dico sempre le forze di maggioranza, con l'avallo del Governo, con il plauso di Azione - altre norme un po' più chirurgiche, per gli addetti ai lavori, ma che hanno un obiettivo comune anche quelle, cioè sono tutte accomunate dall'obiettivo di rendere la vita più difficile ai pubblici ministeri e ai giudici che autorizzano, che dispongono le intercettazioni. Ma, nel vostro furore ideologico contro le intercettazioni, combinate anche un'altra cosa: andate a rendere la vita più difficile anche agli avvocati, perché avete introdotto un emendamento con il quale disponete testuali parole: «Nel verbale è trascritto, anche sommariamente, soltanto il contenuto delle comunicazioni intercettate rilevante ai fini delle indagini, anche a favore della persona sottoposta ad indagine. Il contenuto non rilevante ai fini delle indagini non è trascritto neppure sommariamente e nessuna menzione ne viene riportata nei verbali e nelle annotazioni della polizia giudiziaria, nei quali è apposta l'espressa dicitura: “La conversazione omessa non è utile alle indagini”».

Vi abbiamo detto in tutti i modi, in sede di seduta, che questa norma era pregiudizievole proprio per i diritti dell'indagato. Perché? Perché conoscere il contesto in cui matura una determinata frase non è una cosa irrilevante, è una cosa rilevante proprio per la strategia difensiva, a volte. Chi è che fa, tra l'altro, il vaglio, nell'immediatezza, di ciò che è rilevante e di ciò che non è rilevante? È la Polizia giudiziaria. Vi abbiamo anche raccontato - ma lo sapete bene come vanno queste cose, ci sono fior fiori di avvocati seduti in Commissione giustizia - che, nella Polizia giudiziaria, chiaramente, non c'è sempre lo stesso agente o lo stesso operatore in ascolto, ma si avvicendano per i turni di lavoro che hanno. È stato anche sottoposto alla vostra attenzione il fatto che non avere un unico ascoltatore può costituire una differenziazione anche nella valutazione circa la rilevanza o meno, può dare una discontinuità in quello che si annota, magari un'intercettazione successiva, una conversazione successiva, fa luce su una conversazione precedente. Questo è qualcosa che accade nella pratica. Per questo, sbandierando il diritto alla riservatezza - per carità, anche noi siamo assolutamente favorevoli a garantire il diritto alla riservatezza rispetto alla vita privata degli indagati -, con l'alibi di quel diritto alla riservatezza, probabilmente, fate un danno anche agli avvocati.

Poiché parliamo di migliaia e migliaia di pagine di annotazioni, l'avvocato poteva destreggiarsi tra ciò che poteva interessarlo e ciò che poteva interessarlo meno; quindi l'avvocato, concentrandosi su una parte, su ore ed ore di ascolto, poteva destreggiarsi meglio e individuare ciò che era rilevante per la strategia difensiva tramite quelle annotazioni. Quindi, quelle annotazioni erano un elemento che faceva comprendere all'avvocato che era opportuno ascoltare un determinato passaggio delle intercettazioni proprio per costruire la strategia difensiva. Tutto questo è spazzato via, perché la Polizia giudiziaria - perché loro sono, giustamente - farà un primo vaglio di ciò che è rilevante e di ciò che non è rilevante e quello che verrà definito non rilevante verrà perso totalmente, quindi non ci sarà più modo di recuperarlo, perché non ci sarà alcun tipo di annotazione.

E' stato introdotto altro ostacolo, un altro intralcio chirurgico: invece di indicare le ragioni che giustificano l'intercettazione, quindi la disposizione delle intercettazioni, il GIP deve esporre con autonoma valutazione quelle ragioni. Quindi, non si comprende come debba esporre: “con autonoma valutazione” che vuole dire? “Autonoma” significa che ne deve aggiungere altre rispetto a quelle individuate dal PM? Sono le stesse del PM, però deve usare altre parole? Scendiamo anche un po' nel ridicolo, devo dirvi la verità, perché, probabilmente, verranno applicate in un certo modo, cioè si dirà in altre parole quello che già dice il PM nella richiesta, perché, alla fine, quello è. Vedete, sono tutti piccoli ostacoli. Diventa una corsa ad ostacoli chiedere ed autorizzare le intercettazioni. Voi volete questo, volete che diventi tutto una corsa ad ostacoli.

In ultimo, abbiamo la chicca, quella di dover mettere nero su bianco quanto le intercettazioni siano costate nel singolo procedimento. Va bene, mettiamo nero su bianco quanto sono costate le intercettazioni. Questa è sempre un'insinuazione, perché, in realtà, il vostro retropensiero è sempre quello di voler dimostrare che si spende troppo per le intercettazioni. Purtroppo per voi, al contempo, abbiamo la relazione conclusiva dell'indagine conoscitiva che è avvenuta in Senato, che è molto, molto approfondita. Io ho letto, sto leggendo, sto approfondendo e devo dire che ci sono tanti spunti su cui riflettere veramente, sono messe in evidenza davvero criticità su cui intervenire, non quelle false criticità che individuate voi. Ebbene, quella relazione e tutte le audizioni che hanno preceduto quella relazione vi raccontano che non è vero che siamo tra i Paesi più spendaccioni - tra virgolette, in questo senso - in relazione alla disposizione delle intercettazioni. E dicono anche un'altra cosa, c'è un'altra riflessione da aggiungere.

Dovremmo chiederci, grazie alle intercettazioni, in forza delle intercettazioni, invece, quanti patrimoni, ad esempio, sono stati confiscati, quindi quanto noi - noi come Paese - abbiamo avuto indietro in termini economici, di impatto economico, da quelle indagini che sono state messe in campo e hanno avuto anche buon esito proprio grazie all'utilizzo delle intercettazioni. Chiediamoci questo e vedrete che la bilancia pende del tutto a favore dell'utilizzo delle intercettazioni, proprio sotto il profilo della sostenibilità economica. Però voi date un'altra narrazione.

Ma andiamo avanti. L'articolo 2 è quello che istituisce le infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni. Questo è un intervento condivisibile, anche qui, nel merito, ma assolutamente non è condivisibile il metodo utilizzato. Perché un decreto-legge? È una materia delicatissima: andava assolutamente effettuato un approfondimento, andava concesso un tempo per le audizioni, audizioni di tecnici, soprattutto, perché stiamo andando a toccare aspetti molto tecnici, molto poco giuridici, ma molto tecnici.

Quindi, avremmo dovuto ascoltare fior fiore di periti informatici per capire cosa stiamo mettendo su, per capire se ci sono rischi in ordine alla sicurezza, alla trasparenza e quant'altro. Il problema non è tanto la finalità che, anche in questo caso, è condivisibile e che, poi, non è altro che l'ultima tappa, potremmo dire, di un percorso già avviato con l'intervento dell'ex Ministro Orlando, poi integrato dall'intervento dell'ex Ministro Bonafede. Sapevamo che saremmo arrivati a questo punto, quindi è condivisibile, ma arriviamoci con il metodo giusto; arriviamoci dando il tempo a tutti di metabolizzare questo tipo di intervento, ma, prima ancora, facendoci spiegare bene per comprendere bene cosa si sta realizzando per evitare di fare un danno invece di fare bene. Quindi, condividiamo la finalità - lo ribadisco - ma non il metodo.

Stessa cosa potremmo dire per l'articolo 2-bis, anzi, a maggior ragione per l'articolo 2-bis che è una lenzuolata - passatemi il termine - perché si tratta di quattro pagine di norma. Ci è arrivata, di notte in notte, in fase emendativa, in Commissione. Questo è.

Che cosa introduce l'articolo 2-bis? Disposizioni urgenti in materia di contrasto alla criminalità informatica e di cybersicurezza. Anche qui, è condivisibile la finalità, ma il metodo è totalmente sbagliato. Cosa potevamo valutare in merito a questo articolo e alla sua bontà se ci avete dato poche ore per esaminarlo? È una materia di un'estrema delicatezza che va ad impattare veramente sui dati più sensibili della sicurezza nazionale. No, voi ci dite: leggetevi in poche ore questo articolo, queste quattro pagine, fatevi un'idea, vedete se volete emendare e andiamo avanti. Non funziona così. Noi non abbiamo ascoltato nemmeno un audito - nemmeno uno - su questo articolo che, ripeto, va ad impattare sulla sicurezza nazionale. È una vergogna. Per me è una vergogna portare avanti una cosa che non ti danno nemmeno il tempo di comprendere nella sua profondità di intervento. Lo ripeto, la finalità è condivisibile, probabilmente sono norme buone e giuste da introdurre ma non si fa così, non si procede così, è veramente mortificante per il Parlamento. E' mortificante.

Andiamo avanti. Passiamo alle altre norme che ci possono interessare: quelle sugli incendi boschivi. Qui abbiamo un barlume di necessità e urgenza perché, purtroppo, nella mia Sicilia, ad esempio, abbiamo visto, tra luglio e agosto, una serie di incendi che hanno provocato anche la morte di persone. Ritornerò su questo. Anche qui, abbiamo un inasprimento del quadro sanzionatorio. Bene, possiamo condividerlo. Abbiamo una nuova aggravante. Bene, possiamo condividerla. È quindi un intervento che, in linea di massima, poteva essere condivisibile, ma è assolutamente insufficiente. Punto primo: avremmo voluto più coraggio e fermezza con la previsione, ad esempio, dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici di coloro che si macchiano di questi reati gravissimi. Voi dite che sono gravissimi però, poi, non avete il coraggio di portare fino in fondo l'intervento. Noi avevamo presentato un emendamento in tal senso per introdurre un'interdizione perpetua dai pubblici uffici, ma ce l'avete bocciato. Soprattutto, avremmo voluto interventi di carattere preventivo, perché solo quelli possono essere realmente efficaci e possono evitare il ripetersi di questi episodi gravissimi. Lo vediamo nei fatti.

Queste norme sono già in vigore, l'inasprimento delle pene è già in vigore da quando è stato emanato il decreto-legge. Tuttavia, questo non ha evitato gli incendi che si sono verificati proprio la scorsa settimana (venerdì e sabato) nella provincia di Palermo, nella mia provincia. La scorsa settimana hanno perso la vita una giovane donna, a Cefalù, e un uomo nelle campagne tra Trappeto e Balestrate. Quindi, l'inasprimento del quadro sanzionatorio non è risolutivo, non spaventa evidentemente nessuno; ci vogliono interventi di carattere preventivo. È inutile inasprire le pene se non si provvede a fare quel tipo di interventi che anche gli auditi, come i rappresentanti di Legambiente e del WWF, ci hanno suggerito. Questi ultimi ci hanno suggerito tutti gli interventi che sono da attuare. Prima di tutto, ci deve essere sempre un intervento preventivo, quindi nella stagione opportuna, precedente all'estate, di pulizia dei terreni. Questa è la prima cosa. Bisogna inoltre presidiare i terreni più critici, le aree più critiche, e si devono potenziare i mezzi e le risorse. Dobbiamo prendere i mezzi più evoluti tecnologicamente, più adeguati a rispondere al problema, e non buttare i soldi. Lo ripeto, l'inasprimento delle pene non ha assolutamente risolto alcunché. Voglio ricordare che c'è stato pure l'ennesimo incendio nella discarica di Bellolampo, la discarica vicino a Palermo. Lo ricordo perché si è alzata una nube nera, rendendo l'aria irrespirabile in città. Questo ha ricadute sulla salute dei cittadini e per questo è importante un certo tipo di intervento e per questo è importante la prevenzione.

Mi avvio verso la conclusione. In questo decreto-legge si è fatto entrare di tutto e il contrario di tutto, ma solo quello che voleva la maggioranza. C'è stato anche un intervento sui reati ambientali. Però, poi, se andiamo a vedere l'emendamento approvato sui reati ambientali vi troviamo anche norme sul trasferimento fraudolento di valori. Spiegatemela, perché questa proprio non la capisco. Insomma, vi si è fatto entrare di tutto, tutte le discutibili priorità della maggioranza e del Governo, ma non è stato dato alcuno spazio alle proposte, che erano di buon senso, delle opposizioni. Le nostre priorità per il comparto giustizia, ad esempio, erano le assunzioni di magistrati, di agenti di Polizia penitenziaria, di funzionari giuridico-pedagogici e di mediatori culturali nelle carceri ed avevamo presentato emendamenti in questo senso, tutti dichiarati inammissibili con - potremmo dire - un rigurgito di rigore, passatemi il termine. Infatti, per altro tipo di emendamenti non c'è stato lo stesso rigore. I vostri interventi, invece, su magistratura e carceri sono assolutamente secondari, di nessun respiro, toccano aspetti del tutto marginali. Però, una cosa la dimostrano: danno una fotografia, ci dimostrano ancora una volta come Governo e maggioranza siano lontani dalle vere esigenze del Paese ed incapaci di offrire soluzioni ai problemi reali di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Patriarca. Ne ha facoltà.

ANNARITA PATRIARCA (FI-PPE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, credo sia necessaria una premessa che, ancorché chiara e manifesta, evidentemente è funzionale a tacitare le mistificazioni e l'inquinamento del dibattito sul decreto-legge Intercettazioni a cui da giorni assistiamo. La premessa è che questo Governo, questa maggioranza e Forza Italia sono perfettamente coscienti dell'importanza e del valore che le attività di captazione elettronica ricoprono nell'ambito delle indagini per reati di criminalità organizzata e mafiosa. La lotta alla mafia è uno dei temi principali del nostro programma, su cui esiste il massimo della convergenza e dell'impegno politico da parte della nostra coalizione. Pertanto non accetteremo lezioni di moralità o di antimafia da nessuno (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE, Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier), né tollereremo di essere processati nelle pubbliche piazze per intenzioni che non abbiamo e per fatti che non commettiamo. È un passaggio, questo, fondamentale per ripristinare la verità dei fatti e per aprirsi ad un ragionamento non ideologico sull'importanza del provvedimento oggi in discussione.

La manifestazione di tale consapevolezza risiede nella ratio con cui nell'articolo 1 sono stati estesi gli ambiti di applicazione della disciplina delle intercettazioni a reati di particolare gravità riguardanti, ad esempio, il traffico illecito di rifiuti o il sequestro di persona a scopo di estorsione. Questo Governo, questa maggioranza e Forza Italia sono allo stesso modo, però, perfettamente consapevoli che le esigenze investigative effettive in questi anni, anche a causa di un approccio alla spettacolarizzazione del sistema giudiziario, hanno assorbito e del tutto oscurato le istanze di garanzie individuali, garanzie tutelate dalla Carta costituzionale, scrigno dei principi e dei diritti di ogni cittadino.

Forza Italia, grazie anche a una leale e fattiva collaborazione con gli alleati, che hanno raccolto i nostri spunti di riflessione, condividendoli, ha voluto offrire una soluzione che contemperasse due esigenze: mantenere alta la guardia nei confronti della criminalità mafiosa, di qualsiasi stampo essa sia, e tutelare però i cittadini, indagati e non, da attività invasive, che - sappiamo fin troppo bene, l'elenco degli esempi sarebbe sterminato - hanno distrutto famiglie, imprese e comunità per il solo e semplice fatto di essere state pubblicate (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). E perché queste intercettazioni sono finite in edicola? Non certo perché i giornalisti hanno violato il segreto, andando a caccia e raccontandole - questo è il loro lavoro -, ma perché le hanno legittimamente trovate negli atti processuali. Non è dunque “dove” finiscono queste intercettazioni, ma “perché” ci finiscono, il vulnus vero della procedura. E mi riferisco a intercettazioni non certo necessarie e utili ai fini investigativi, ma a quelle cosiddette irrilevanti, che vengono trascritte e trasfuse in informative e brogliacci, nonostante siano del tutto ininfluenti ai fini del procedimento penale. In nome di una fumosa obbligatorietà di trascrizione, tutto quello che viene captato finisce in un documento potenzialmente pubblico e, come tale, pubblicabile. È un sistema giusto, questo? Evidentemente no e la necessità di intervenire per fermare il perpetrarsi di simili violazioni della privacy risponde solo all'esigenza di impedire - ripeto - che un cittadino, sia egli indagato o terzo estraneo e incolpevole, venga distrutto dalla gogna mediatica, che non ha riguardi per nessuno.

Occorre ribadire che tale modifica della disciplina delle intercettazioni non intacca la modalità di gestione dello strumento, ma è soltanto un provvedimento di civiltà, che contempera l'esigenza dell'investigazione con il diritto del cittadino a non subire intrusioni devastanti nella sua sfera personale, intrusioni spesso peraltro scaturite - e arriviamo a un altro aspetto che qualifica questo provvedimento oggi in discussione, in un'ottica di garantismo consapevole - da intercettazioni a strascico, attività di captazione cioè che, lanciate nel mare magnum delle conversazioni di gruppi di target, portano a galla letteralmente di tutto. È evidente che si tratta di un sistema di indagine che non funziona e che abbiamo deciso di correggere. Non sarà dunque più possibile trascrivere quelle intercettazioni che, pur riscontrando potenziali reati, riguardano fattispecie diverse da quelle per cui si indaga, limitazione che chiaramente non si applica ai reati gravi per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza e per i reati di mafia e di terrorismo.

Non si tratta di una stretta, come hanno titolato, un po' frettolosamente, vari quotidiani: qui non si stringe e non si riduce nulla, ma, al contrario, si allargano i confini dei diritti dei cittadini, che erano stati sacrificati in nome di un modello che aveva sostituito al rigore e alla logicità del diritto il facile entusiasmo della demagogia punitiva a mezzo stampa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). L'impianto normativo e l'efficacia delle intercettazioni restano immutati, pur ricordando che le intercettazioni sono mezzo di ricerca della prova e non prova in sé, ma, al contempo, ricollochiamo i tracciati delle politiche penali nell'orizzonte dei principi costituzionali. D'altronde, bisognerà pur ricordare che il ricorso a tale strumento ha assunto, negli anni, dimensioni tali da non avere paragoni nel resto d'Europa, dove, tranne rarissime eccezioni, la pratica delle diffusioni dei contenuti anche privi di rilievo penale è quasi del tutto sconosciuta nei profili e nell'accezione che siamo stati, purtroppo, abituati a riconoscere in Italia. Dunque, senza preconcetti e senza furori ideologici, è interesse di tutti che lo strumento delle captazioni venga disciplinato e reso più efficace ai fini del contrasto alla criminalità, anche e soprattutto rispetto al nuovo obbligo, da parte del GIP concedente, di rilasciare un'adeguata e autonoma motivazione sulle ragioni concrete che legittimano l'autorizzazione all'intercettazione. Continuare a ritenere il processo penale una forma di diritto combattente, sovraordinato rispetto ai valori e ai principi dell'ordinamento giudiziario e della stessa Costituzione, che tutto travolge e tutto sottomette, è un errore che, non solo produce gli effetti sperati, ma affievolisce la fiducia del cittadino nell'amministrazione della giustizia, e questo è un rischio che nessuno può permettersi di assumere.

Ma il decreto-legge oggi in discussione non interviene - e novella - solo sugli aspetti normativi della disciplina delle intercettazioni, dal punto di vista tecnico, lo fa anche sotto il profilo tecnologico. Infatti, il provvedimento opera un sensibile miglioramento nella gestione delle infrastrutture digitali centralizzate che si occupano di intercettazioni, al fine di aumentare e uniformare i livelli di sicurezza, di aggiornamento tecnologico, di efficienza e di economicità dei sistemi informativi di ciascuna procura. Allo stesso modo, razionalizza l'iter formativo per l'assegnazione di incarichi direttivi e semidirettivi dei magistrati e riorganizza gli incarichi superiori delle figure per l'esecuzione penale esterna e degli istituti penali minorili.

Altro settore in cui il provvedimento realizza un'importante innovazione è quello relativo alla cybersicurezza, nuovo fronte di contrasto alla criminalità organizzata, al terrorismo internazionale e ai procedimenti del tribunale per i minorenni. Per questi ultimi è stata riconosciuta la facoltà, da parte del giudice, di delegare alcuni adempimenti a un giudice onorario.

E, ancora, andiamo a intervenire in un settore quale la difesa dell'ambiente, che da troppi anni è uno dei punti dolenti della normativa penale: lo facciamo aumentando la pena per gli incendi dolosi e per quelli colposi.

Il provvedimento in esame provvede poi ad abrogare la norma che prevede l'isolamento per i malati di COVID, mentre altri importanti processi di riorganizzazione e di ridefinizione della pubblica amministrazione del Ministero della Cultura completano gli ambiti di applicazione di un intervento legislativo che rappresenta un ulteriore e importante passo per rendere più efficace, efficiente e tempestiva l'azione dello Stato sul fronte della sicurezza e dei servizi ai cittadini.

Sono proposte e azioni concrete a vantaggio di tutti, che nascono da una visione chiara del ruolo di questo Parlamento e che intervengono sull'oggi per neutralizzare le criticità del domani.

Permettetemi un ultimo inciso prima di concludere l'intervento: la storia insegna - o, almeno, dovrebbe farlo -; c'è, invece, chi ancora si ostina, mistificando e usando slogan triti e ritriti, per giunta falsi e fuori contesto, a volere trasformare il diritto e la giustizia penale in strumenti per regolare conti politici (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Fratelli d'Italia). Rifiutiamo questa logica, rispedendola al mittente: siamo stanchi di una visione manichea che vede una contrapposizione tra magistrati e politici, quasi a dividere la società tra buoni e cattivi per ruolo o per appartenenza politica. Questo Parlamento conosce il suo ruolo: noi tuteliamo i diritti fondamentali scritti nella nostra Carta costituzionale, noi scriviamo le norme nell'interesse generale di tutti i cittadini italiani, non strumentalizziamo il diritto o la giustizia per fini diversi. Poiché mi aspetto questo da tutti coloro che siedono in quest'Aula, qualsiasi sia il percorso per il quale sono arrivati qui oggi, mi chiedo, allora, se qualcuno non legge le norme scritte o finge di non capirle (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). Non si fa un buon servizio al Paese in questo modo e non si rende onore al Parlamento, in cui noi sediamo, e ai cittadini che noi rappresentiamo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo e relatori, con il decreto n. 105 del 2023, ancora una volta, il Governo ricorre allo strumento della decretazione d'urgenza e, ancora una volta, mediante tale strumento, disciplina materie diverse e tra loro non collegate da alcun nesso funzionale. Citando l'intervento di chi mi ha appena preceduto, il problema non è solo che questo Parlamento conosce il suo ruolo e cerca di esercitarlo, ma che anche il Governo dovrebbe rispettare il ruolo dato al Parlamento dalla Costituzione. Lo denunciamo dall'inizio della legislatura e siamo costretti a farlo nuovamente oggi: viene utilizzato lo strumento della decretazione d'urgenza al di fuori del perimetro che la Costituzione gli concede, che, per l'appunto, come ha più volte sostenuto la Corte costituzionale, non può consistere in un'attività normativa che disciplina materie eterogenee. Qui, invece, siamo in presenza di un decreto che regolamenta le intercettazioni nei processi per reati di criminalità organizzata, che interviene sul processo minorile, che detta nuove regole in materia di infrastrutture per la gestione delle intercettazioni, che rivoluziona l'organizzazione del Ministero della Cultura, che stabilisce nuove norme in materia di 8 per mille, che cambia le regole in materia di contrasto al COVID.

Insomma, tanti temi e tutti diversi, per l'appunto, senza che vi sia il rispetto dei limiti che la Corte Costituzionale impone al Governo, quando utilizza lo strumento eccezionale della decretazione di urgenza. Ci ho pensato leggendo il titolo del dossier, predisposto dal Servizio Studi della Camera dei deputati per l'esame di questo provvedimento. Con l'occasione fatemi ringraziare veramente tutto il personale della Camera, i funzionari, gli assistenti parlamentari che hanno lavorato straordinariamente anche in queste ore, in occasione dell'organizzazione dei funerali del Presidente Napolitano, e che ci hanno consentito anche oggi di portare avanti questa discussione. Grazie al loro lavoro abbiamo anche questi ottimi strumenti: ecco, guardate il titolo di questo che dovrebbe essere un decreto-legge ex articolo 77 della Costituzione: “Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero delle tossicodipendenze, di salute, di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione”. Tacito ci diceva: “il crimine, una volta scoperto, non ha altro rifugio che nella sfrontatezza”.

Anche nel merito esprimiamo molte critiche. Il contenuto del decreto-legge è in molte sue parti irricevibile. In materia di giustizia - partiamo dal primo tema che è stato al centro degli interventi che mi hanno preceduto - il Governo, per bocca della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è intervenuto per contrastare, a suo dire, una sentenza della Suprema Corte di Cassazione che aveva escluso, nei procedimenti di criminalità organizzata, l'uso del regime eccezionale di intercettazioni, se non vi fosse stata anche la contestazione dell'associazione a delinquere. Il Governo sarebbe dunque intervenuto per impedire che, nei procedimenti per reati monosoggettivi di criminalità organizzata, fosse precluso l'uso del regime eccezionale di intercettazioni e, se già disposte, ne fosse esclusa l'utilizzabilità. E per questo la Premier aveva annunciato l'adozione di una norma di interpretazione autentica. Tuttavia, rispetto a queste dichiarazioni, si deve rilevare che due fatti smentiscono la ricostruzione del Governo e determinano che, attraverso questo atto, il Governo, anziché rafforzare l'azione di contrasto ai reati di criminalità organizzata, l'ha clamorosamente indebolita rispetto agli annunci: innanzitutto, con la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione Scurato del 2016 la Suprema Corte aveva già stabilito che, per reati di criminalità organizzata, anche se non è contestata l'associazione, si applichi il regime eccezionale delle intercettazioni.

In secondo luogo, avendo il Governo adottato una norma nuova e non una norma di interpretazione autentica, lo stesso ha determinato che la nuova norma, che consente un uso eccezionale delle intercettazioni, si applichi da oggi in avanti (e dunque non vale per il passato).

Anche per quanto riguarda la disposizione del secondo comma, laddove è scritto che le nuove norme si applicano ai procedimenti in corso, se si dovesse intendere nel senso che le stesse si applichino alle intercettazioni già disposte sarebbe incostituzionale; se, invece, lo si intendesse, come è ovvio, nel senso che si applichino, sì, ai procedimenti pendenti, ma solo per le intercettazioni da disporre - e non anche per quelle già disposte - cancellerebbe l'uso delle intercettazioni nei procedimenti già in corso, se già assunte, al contrario di quanto consentito sino ad oggi dalla Corte di Cassazione. Insomma, questo intervento indebolisce la capacità di repressione dei reati, al contrario di quanto dichiarato dalla Premier: un vero disastro.

Ma ci sono anche altri interventi criticabili. Per risparmiare tempo questa mattina interverremo soprattutto sulle parti oggetto di critiche e non su quelle sulle quali ci può essere anche convergenza da parte dell'opposizione.

Quanto agli interventi del decreto-legge su materia sociale e sanitaria si può evidenziare quanto segue: gli articoli 7 e 8 modificano la normativa relativa alla destinazione della quota dell'otto per mille dell'Irpef attribuita alla diretta gestione statale.

In particolare, l'articolo 7 reca misure relative alla destinazione della quota dell'otto per mille dell'Irpef attribuita a diretta gestione statale, oggetto di ripartizione dell'anno 2023, riferita alle scelte non espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi, prevedendo che essa sia utilizzata prioritariamente per finanziare interventi straordinari per il recupero delle tossicodipendenze e delle altre dipendenze patologiche.

L'articolo 8 reca modifiche agli articoli 47 e 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, sempre in materia di destinazione della quota Irpef dell'otto per mille, prevedendo a regime, a partire dalle dichiarazioni dei redditi presentate nell'anno 2023 e dal riparto delle risorse delle annualità successive, una nuova finalità di destinazione delle risorse di competenza statale, relativa a interventi straordinari per il recupero delle tossicodipendenze e delle altre dipendenze patologiche.

In particolare, l'articolo 48 della legge citata prevede che la quota dell'otto per mille di competenza dello Stato sia utilizzata per interventi di carattere straordinario in cinque settori: fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati, conservazione dei beni culturali, ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili adibiti all'istruzione scolastica di proprietà pubblica (Stato ed enti territoriali).

Quindi, in definitiva, non vengono stanziate risorse aggiuntive, ma semplicemente si amplia la lista dei beneficiari, riducendo, di fatto, il finanziamento per altri importanti destinazioni attualmente previste dalla normativa sull'otto per mille, tra cui la lotta alla fame nel mondo, l'assistenza ai migranti - e vediamo quanto sia attuale questo tema - e l'adeguamento strutturale degli edifici scolastici.

Inoltre, la generalità delle disposizioni, che non consente di conoscere i potenziali destinatari dei finanziamenti e il fatto che non vi sia alcun riferimento alla prevenzione e all'educazione dei giovani rispetto alle dipendenze rendono il tutto estremamente discrezionale, con il rischio che tali fondi possano essere utilizzati anche sul fronte della repressione del consumo o per la riduzione delle possibilità terapeutiche, squalificando di fatto l'operato dei SerT che intervengono direttamente rispetto a tali problematiche. Si deve fare di più contro la droga e contro le dipendenze, ma non in questo modo.

Quanto all'articolo 9, comma 1, partendo dal mutato quadro epidemiologico e dalla fine dello stato di emergenza, pone fine all'obbligo dell'isolamento delle persone positive al SARS-CoV-2 e all'autosorveglianza dei contatti stretti di soggetti confermati positivi al medesimo virus.

In altre parole, i positivi al COVID non sono più obbligati a restare a casa, i contatti stretti non sono più obbligati a portare la mascherina in determinati contesti, i dispositivi di protezione per vie respiratorie di tipo FFP2, fino al quinto giorno consecutivo alla data dell'ultimo contatto stretto con soggetti confermati positivi al SARS-CoV-2.

Pur riconoscendo il superamento dell'emergenza sanitaria, la fine di tali obblighi, in un momento in cui si assiste ad un incremento dei contagi, non deve comunque farci abbassare la guardia. I pronto soccorso già si trovano in una condizione critica, le liste di attesa non accennano a diminuire, mancano in troppi territori i medici di famiglia e le misure volte a potenziare la presenza della medicina territoriale in tutte le realtà non sono ancora state applicate. Manca un adeguato incremento del finanziamento del Sistema sanitario nazionale, anzi stiamo purtroppo andando nella direzione opposta rispetto a quanto auspicato e su questo tema è in atto una mobilitazione forte di tutto il Partito Democratico a livello nazionale. Inoltre, sarebbe stato auspicabile che, insieme all'abolizione dell'isolamento e dell'autosorveglianza, si fosse dato vita alla campagna vaccinale contro il COVID; campagna che, invece, è ancora in alto mare. E non essendo ad oggi arrivati i nuovi vaccini né diramate le indicazioni operative ai soggetti vaccinati le uniche indicazioni certe sono quelle contenute nella circolare dello scorso 14 agosto, dove si afferma che, in fase di avvio della campagna, nell'eventualità di una disponibilità di dosi insufficienti a garantire un'immediata adeguata copertura, la vaccinazione sarà prioritariamente somministrata alle persone di età pari o superiore a ottant'anni, agli ospiti delle strutture di lungodegenza, alle persone con elevata fragilità, con particolare riferimento ai soggetti con marcata compromissione del sistema immunitario, agli operatori sanitari addetti all'assistenza negli ospedali e nelle strutture di lungodegenza.

Ho qui la circolare di agosto: oggi siamo al 27 settembre e la campagna vaccinale dovrebbe partire ai primi di ottobre. Non abbiamo ancora indicazioni. Abbiamo soltanto quelle di agosto, i test diagnostici sono a carico del cittadino, nulla è stato citato riguardo alle terapie con Paxlovid, che sono quelle indispensabili per le persone fragili e per riuscire veramente a fermare una dimensione del virus che sta tornando a prendere piede nelle nostre strade.

Abbiamo le denunce di tutti i sindacati e delle realtà territoriali: la Federazione italiana dei medici di medicina generale, ad esempio nel Lazio, denuncia come manchi in questo momento un'organizzazione che ci può consentire di capire come fare perché una cosa sola è chiara: che non ci saranno gli hub vaccinali.

Questo è anche giusto, perché, comunque, la situazione pandemica è diversa e il numero di persone da vaccinare è lo stesso. Ma i centri vaccinali nelle ASL, i medici di famiglia, le farmacie, la rete di strutture che devono attivarsi per una campagna vaccinale che sta per cominciare ai primi di ottobre possono non avere indicazioni chiare attraverso le regioni, indicazioni chiare che partono dal Ministero e che non stanno arrivando? Può essere che noi siamo ancora fermi alla circolare di agosto? Non solo. Arrivano comunicati - l'ultimo di pochi giorni fa -, in cui si dice che ci sono stati inutili allarmismi. Ma, qui, non è questione di fare allarmismi, è questione di mettere in campo una macchina organizzativa che possa consentire, ai primi di ottobre, fra tre giorni, alla campagna vaccinale di partire in maniera efficace e organizzata in tutte le regioni.

Quanto, invece, e avviamoci alla parte conclusiva di questo intervento, agli interventi nel campo della cultura e, in particolare, del Ministero della Cultura, si segnala quanto previsto dall'articolo 10. L'articolo 10 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, riguardante l'organizzazione del Ministero della Cultura, è grave, è sbagliato e produrrà molti danni alle strutture e ai cittadini. A quasi dieci mesi dall'insediamento del Governo, la norma intende applicare uno spoils system generalizzato per cambiare tutti i dirigenti del Ministero, sia di prima, sia di seconda fascia. È una decisione che causerà asservimento alla politica nei prossimi mesi e grande confusione dopo.

Per fare tutto questo, si vuole articolare il Ministero della cultura in dipartimenti con le loro direzioni generali e non più, quindi, direttamente in direzione generali, come è sempre stato per questo Ministero, fatta eccezione per una brevissima parentesi tra il 2004 e il 2006, quando c'era anche lo sport e si tentò, senza buon esito, di creare i dipartimenti. La norma, mal scritta, ha previsto ben quattro dipartimenti per nove aree funzionali, dove collocare le 28 direzioni generali in cui si spera che rimangano gli istituti autonomi di rango generale come Uffizi, Colosseo, Pompei, Brera, Capodimonte o l'Archivio centrale dello Stato.

Ma la vera norma è un'altra: è quella dove si dice che tutti i dirigenti di prima e seconda fascia restano in carica fino al conferimento dei nuovi incarichi. Con un nuovo regolamento e una nuova articolazione, perciò, si vogliono ridettare tutti gli incarichi, anche quelli che resteranno identici. Le ragioni del perché si tratti di un errore sono tante; primo, i tempi. A novembre c'è stato un decreto Ministeri, dove, per esempio, per la Salute è stato previsto il cambio di articolazione del Ministero in dipartimenti; fatto oggi, dopo dieci mesi, è chiaro che si vuole solo cambiare i dirigenti. Non a caso, si sceglie un modello diverso, per dipartimenti, i cui titolari sono scelti in modo fiduciario e sono per legge soggetti a spoils system, come un segretario generale.

Secondo, la portata: cosa c'entrano qui i dirigenti di seconda fascia e, quindi, anche tutti i sovrintendenti? Perché mai? Se la direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio finirà sotto un dipartimento Tutela o come sarà chiamato, allora, bisogna cambiare tutti i sovrintendenti in carica, che, magari, avrebbero avuto almeno altri due anni e mezzo o quasi tre anni di incarico?

Infine, terzo punto, i contenuti. Se il Ministero della Cultura mai è stato articolato in dipartimenti una ragione c'è: si tratta di un'amministrazione con numerosi poteri autoritativi, di vincolo, divieto, autorizzazione, sanzione. E, quindi, è importante avere linee di comando corte e serrate, senza moltiplicare i livelli di governo. Il modello a direzioni generali che, non a caso, hanno il Ministero della Difesa o quello degli Esteri, assicura meglio questa trasmissione di direttive. I dipartimenti creano un livello in più; un sovrintendente dipenderà dal direttore generale, quest'ultimo da un capo dipartimento. Prima, il segretario generale non aveva direzioni generali come sue articolazioni e svolgeva attività di raccordo, coordinamento e indirizzo. In altri termini, per un Ministero come la Cultura, con funzioni omogenee e compatte, il modello per dipartimenti aumenta i posti e allunga la catena di comando, rendendo l'azione amministrativa meno rapida ed efficace.

Quarto e ultimo punto, le ricadute: questa manovra provocherà molta confusione amministrativa, con un nuovo regolamento, con nuovi uffici, mesi di caos per lo spacchettamento organizzativo, ma poi le sedi per i dipartimenti ci sono? Le hanno già trovate le stanze? E il personale come lo distribuiranno? Insomma, in pieno PNRR, le cui strutture almeno sono fatte salve dalla norma, c'era davvero bisogno di questo stravolgimento, solamente per soddisfare la bramosia di nuove nomine?

Qui, veramente, arriviamo poi al punto finale, al punto dolente di quest'analisi. Abbiamo ancora un decreto sui dirigenti, manca l'attenzione al personale. Anche nei precedenti decreti avevamo sempre un'attenzione al vertice, mai alla base.

Con molti emendamenti, abbiamo cercato di correggere questa'impostazione. Alcuni emendamenti e alcuni ordini del giorno sono stati approvati, ma poi non gli si è dato seguito negli atti seguenti. La carenza di personale è una voragine, lo denunciano tutti i sindacati, lo denunciano i lavoratori, ma lo denunciano anche i cittadini che ogni giorno hanno contatti con la pubblica amministrazione, e, nello stesso tempo, abbiamo decine di migliaia di idonei che hanno già fatto i concorsi, penso ai concorsi Ripam, ma anche ad altri concorsi, e questi idonei sono pronti a entrare in campo. I sindacati ci chiedono di procedere con lo scorrimento integrale, le assunzioni, l'esaurimento di tutte le graduatorie, ma ce lo chiede anche il buonsenso, perché è la soluzione più efficace: abbiamo un'esigenza di turnover, abbiamo carenza di personale, abbiamo persone che hanno già fatto il concorso e che possono entrare subito, abbiamo gli strumenti normativi grazie ai nostri emendamenti, si possono fare le convenzioni e alle convenzioni si può dare seguito in maniera immediata, sta già avvenendo in alcuni settori. Abbiamo queste decine di migliaia di ragazzi e di ragazze, che attendono le convenzioni, che attendono gli scorrimenti, che attendono tempi più brevi, ma passano sei mesi: se rinuncio alla possibilità di essere chiamato a un concorso, prima che venga chiamata la persona dopo di me, trascorrono, mediamente, sei mesi di tempo, tempo sprecato, soldi buttati! Ecco, noi a queste persone che cosa proponiamo? Proponiamo una campagna di comunicazione per il posto “figo” affidata a Orietta Berti. Ora, lungi da me mancare di rispetto a Orietta Berti, ma è proprio l'obiettivo a essere sbagliato. In questo momento, il problema non è, nel Paese, in Italia, il fatto che ci sia una nuova generazione che ha un'idea del posto nell'amministrazione pubblica fantozziana, come si legge nei comunicati del Governo; il problema non è che i giovani italiani hanno paura di entrare dentro un cliché di “Sveglia e caffè, barba e bidet, presto che perdo il tram”. Il problema è ben altro!

Il problema dei giovani italiani è che loro crescono in una realtà che assomiglia molto ai distretti di Capitol City di Hunger Games e, forse, se dovessimo fare una campagna di comunicazione che possa essere compresa dai giovani italiani, dovremmo affidarla a Jennifer Lawrence, non a Orietta Berti, perché non chiedono un posto “figo” o un posto fisso, chiedono un'occasione di costruire una famiglia, di avere una casa, di fare quei sacrifici per mettere al mondo dei figli che sono un lusso che non si possono permettere e che sono stati per tante generazioni la base della costruzione del futuro. Per questo hanno bisogno di un lavoro e dare loro un lavoro significa mettere in campo l'azione più forte e concreta per contrastare la crisi demografica! Significa veramente fare politiche per la famiglia!

Ecco, penso che per questi ragazzi - 40.000 ragazzi che attendono lo scorrimento di graduatorie in essere in corso di validità, che solamente lungaggini burocratiche stanno tenendo fuori, in panchina, e che, invece, da domani potrebbero rendere più forte la nostra pubblica amministrazione - fare una campagna sul posto “figo” significhi, oltre al danno, anche la beffa. Fermiamo questa campagna e occupiamoci di aprire loro la porta della pubblica amministrazione.

Non farete, su questo, un decreto specifico, ma servirebbe un decreto solo per questo. Non lo farete, perché volete fare sempre decreti omnibus, ma vi chiedo, da opposizione alla maggioranza, al Governo, nel prossimo decreto, prendete di petto questa questione e se non volete dirlo almeno fatelo; grazie ai nostri emendamenti, approvati anche dalla maggioranza, gli strumenti ci sono, serve la volontà politica di realizzare questi scorrimenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole La Salandra. Ne ha facoltà.

GIANDONATO LA SALANDRA (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, Governo, credo sia d'obbligo evidenziare come le parole dei relatori nell'illustrazione del provvedimento palesino un'evidente chiarezza. È proprio leggendo il testo normativo e, quindi, anche la conseguente discussione che mi preme evidenziare alcuni passaggi, anche conseguenti alle discussioni che mi hanno preceduto.

Innanzitutto, credo sia assolutamente paradossale che una forza politica affermi che questo è un provvedimento scritto male, visto che, se si considerano le difese spiegate dal MoVimento 5 Stelle in ordine al superbonus e al reddito di cittadinanza (e, quindi, alle conseguenti o, meglio, alle settimanali truffe che vengono scoperte), la difesa si concretizza sempre in: “la norma doveva essere scritta meglio”. Dico questo perché? Perché diventa veramente paradossale dover ricordare che quella forza politica ha espresso come Ministro della Giustizia una persona che non sapeva neanche la differenza tra reato doloso e reato colposo. Non credo di essere il fior fiore dei giuristi che compongono la Commissione giustizia, però ricordo che il mio dominus, il mio avvocato, perché si è avvocato e si fa l'avvocato, quindi il diritto lo si conosce - soprattutto il diritto processuale - entrando nelle aule del tribunale, diceva sempre (me lo diceva in latino per via della sua età): “Quod non est in actis non est in mundo”. Così, a latere di ogni latinismo, quando si affronta un testo normativo lo si dovrebbe affrontare nella maniera più semplice possibile in ordine a due doveri e una facoltà. I due doveri sono: leggere il testo normativo e comprenderlo (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). Mi rendo conto che la comprensione diventa una facoltà e, quando la comprensione diventa una facoltà, le facoltà si traducono anche in letture in malafede.

Ritengo che le disposizioni che oggi siamo chiamati a discutere siano assolutamente chiare, sia nella loro portata normativa sia nella evidente ratio legis, perché è di quello che dobbiamo discutere. Proprio leggendo il dossier che ha accompagnato il testo normativo, è evidente la ratio legis che lo ha spinto. Infatti, sarebbe sufficiente soffermare la propria attenzione, quantomeno come sentimento di dovere, essendo parlamentari, rispetto alla rassegna della Corte costituzionale in ordine al tema dei decreti-legge. Il testo di legge che stiamo discutendo affronta sostanzialmente 10 specifiche esigenze, 10 specifiche situazioni che, a latere di ogni retorica, costituiscono, comunque, mancanze che si sono consumate nelle precedenti legislature, poiché, piaccia o non piaccia a qualcuno, considerando che gli italiani non si sono mai espressi chiaramente come in questa occasione, quelle forze politiche non hanno inteso affrontarle.

Infatti, il decreto Giustizia, come giornalisticamente è stato definito, è stato terreno di discussioni, per lo più mediatiche, dovute spesso a letture superficiali e semplicistiche dell'impianto normativo in questione, il cui fulcro, invece, sono norme fortemente volute da Fratelli d'Italia proprio per il contrasto alla criminalità organizzata e soprattutto anche in ordine al rafforzamento delle norme anti-cybercrime. Sarebbe bastato avere una minima conoscenza del diritto processuale e del diritto penale per capire che mai - mai! - in questo decreto è stata messa in discussione la lotta alla corruzione. Mai è stata messa in discussione la lotta alla corruzione!

Il provvedimento - si è detto -, sostanzialmente, si compone di 13 articoli, per complessivi 35 commi. C'è l'introduzione di disposizioni in materia di processo penale e questo per una serie di finalità: consentire un efficace svolgimento del processo rispetto ad alcune tipologie delittuose e, sempre secondo la rassegna costituzionale, per rendere efficiente e sicura l'attività di intercettazione, garantendo i più alti standard di capacità investigativa rispetto a fattispecie di reato di particolare gravità, così da assicurare elevati e uniformi livelli di sicurezza, di aggiornamento tecnologico, di efficienza, di economicità e anche di capacità di risparmio energetico dei servizi informativi; garantire un più celere svolgimento dei processi civili davanti al tribunale per i minorenni; dettare disposizioni sui corsi di formazione per il personale della magistratura, che aspira a incarichi direttivi e semidirettivi, al fine di risolvere anche problemi di natura logistica e applicativi creati dall'attuale normativa a carico della Scuola superiore della magistratura; prevedere una disciplina transitoria sul conferimento degli incarichi superiori dirigenziali dei ruoli dell'esecuzione penale esterna e degli istituti di pena minorili; garantire la copertura delle posizioni per le quali è richiesta la qualifica dirigenziale; consolidare e rafforzare il contrasto al fenomeno degli incendi boschivi in ragione della recente recrudescenza di episodi gravi e allarmanti; prevedere specifici interventi volti anche al recupero delle tossicodipendenze e di altre dipendenze patologiche; abolire gli obblighi - a distanza di tanto tempo prima o poi qualcuno lo doveva fare - in materia di isolamento e autosorveglianza e modificare anche la disciplina del monitoraggio della situazione epidemiologica; rivedere l'assetto organizzativo del Ministero della Cultura e dettare disposizioni urgenti proprio per la cultura; dettare misure per garantire l'efficienza della pubblica amministrazione. Vedete, sono 10 specifiche finalità che nella loro obiettività costituiscono singoli momenti di particolare importanza nelle materie in cui esse incidono, così da palesarsi in un contesto di necessità e urgenza - sono questi i presupposti di un decreto-legge - di intervento su temi fondamentali e di particolare importanza per lo stesso Paese.

Il comma 1 dell'articolo 1 - ne hanno già discusso i colleghi e hanno ben chiarito la portata - affronta il tema delle intercettazioni, attualmente contemplate per lo svolgimento delle indagini in relazione ai delitti di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, prevedendo che le condizioni meno stringenti per l'autorizzazione e la proroga delle intercettazioni stesse si applichino anche ai delitti consumati o tentati di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, di sequestro di persona a scopo di estorsione o commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso.

Però sul punto mi sia concessa, comunque, sempre una parentesi, perché anche su questa norma, sia nella sua formulazione originaria, sia nella sua fase emendativa, è evidente che una parte di questo Parlamento abbia prodotto una serie di tentativi di tecnicismi di dubbio retrogusto. E' evidente infatti che queste affermazioni e questi tecnicismi, anche se poi dovrebbero essere definiti più che altro delle forme di logorio mentale, vengono da persone che hanno l'abitudine di commentare le sentenze, ma a me hanno insegnato che le sentenze si leggono (non è la prima volta che intervengo in discussione generale su questioni di natura processuale). Se si leggessero le sentenze, si comprenderebbe che esiste una differenza fondamentale tra il diritto sostanziale e il diritto processuale. Infatti, il diritto processuale - e qui lo dico anche ai colleghi, perché loro sono sicuramente il fior fiore della giustizia - dal 1988 a oggi ha subito un radicale cambiamento, che si colloca esattamente nei diritti di libertà previsti dalla nostra Costituzione, che è tanto recitata, ma evidentemente poco compresa nella sua essenza e che una parte politica utilizza per sostenere quelli che, come ho definito prima, sono logorii mentali rispetto al diritto processuale. Infatti, la ratio legis, come la definiscono quelli che parlano bene, evidenzia un passaggio essenziale: se chi lotta ogni giorno contro la criminalità organizzata lancia un grido di aiuto, ho la certezza che le norme che saremo chiamati ad approvare rispondono compiutamente a questo grido d'aiuto. Il Governo Meloni, dinanzi al grido d'aiuto dello Stato, risponderà sempre “presente”, senza arretrare di un passo e lavorando affinché lo Stato faccia lo Stato e lo Stato aiuti chi lo Stato difende, sempre, sempre.

Vedete, onorevoli colleghi, vengo da una provincia, quella di Foggia, dove la criminalità organizzata è riuscita a coniugare nel tempo una criminalità di natura primordiale con una criminalità che arriva a utilizzare sistematicamente i cosiddetti criptofonini. Allora, se chi difende lo Stato ha l'esigenza di operare avendo a disposizione elevati e uniformi livelli di sicurezza e aggiornamento tecnologico, se chi difende lo Stato ha la necessità di disporre di strumenti investigativi più pregnanti ed efficienti, il Governo Meloni mai si volterà dall'altra parte, perché, piaccia o non piaccia a qualcuno, davanti alla criminalità organizzata lo Stato fa lo Stato.

L'esame del provvedimento di cui discutiamo è stato chiuso in Commissione giovedì scorso, compreso il mandato al relatore, e, nel mentre eravamo lì a discutere, impazzavano le agenzie, sostanzialmente addensate di una serie di narrazioni che, nei fatti, anche voltandomi a destra e a sinistra, non riuscivo a riscontrare. Quindi, ho dedotto che gli autori di quelle agenzie erano presi più che altro da narrazioni di fantascienza.

Dico questo perché, ancora una volta, sempre se si ha la volontà o la facoltà di comprendere il testo normativo, il testo e le norme, nella loro formulazione originaria e anche nella loro fase emendativa, presentano, palesano, come direbbe sempre il mio vecchio avvocato, una incontrovertibile questione di civiltà. Si è contrastato l'abuso e il cortocircuito, che diventa anche funzionale a una certa stampa, tra indagini e processi mediatici, con l'introduzione per legge - anche se, poi, dovrebbe essere abbastanza normale, ma lo introduciamo per legge, perché a qualcuno sia chiaro - del divieto di pubblicazione di intercettazioni irrilevanti. Questo nella commisurata consapevolezza che l'uso delle intercettazioni e delle captazioni deve essere salvaguardato come strumento di contrasto per il crimine e per l'accertamento dei reati più gravi, e non come strumento, per certa stampa o per una parte della politica, per aumentare il numero delle tirature e il numero delle vendite, perché questa è una pratica commerciale assolutamente lontana dal diritto. Le disposizioni, quindi, a latere di ogni strumentale narrazione, contemperano la tutela della riservatezza con l'efficacia delle indagini, che - ed è scritto - sono e devono essere anche - lo dico a chi non ha dimenticato che il processo penale è cambiato - nell'interesse dell'indagato.

Ho ascoltato i colleghi di una parte dell'opposizione. Sebbene questi, dicevo, si sono prodotti anche in una serie di algoritmi narrativi, è evidente che, a latere di ogni narrazione, per lo più funzionale all'opposizione, i colleghi hanno totalmente mancato di notare come in questa maggioranza si sia lavorato con l'unico obiettivo di perseguire le specificità a cui il testo è chiamato a rispondere: disposizioni in ordine al processo penale per consentire un suo efficace svolgimento e, soprattutto, garantire – garantire - alti standard di capacità investigativa.

Mi avvio verso la conclusione. L'articolo 6 apporta modifiche al reato di incendio boschivo, all'articolo 423. Vorrei dire alla collega che ha condiviso sostanzialmente il testo, ma che si lamenta sempre della fase della prevenzione: è stata al Governo, se avesse voluto intervenire in materia di prevenzione, le sarebbe stato sufficiente intervenire sulla materia dei DOS, ma questo non è stato fatto. Il testo aumenta il minimo edittale della pena, sia nel caso si integri la fattispecie colposa che quella dolosa, e prevedendo poi un'aggravante a effetto speciale nel caso in cui tale fattispecie sia commessa con abuso di poteri o violazione dei propri doveri inerenti la prevenzione e il contrasto degli incendi, o al fine di trarne profitto, sempre citando la rassegna costituzionale.

Solo questa estate, nella mia provincia, il Gargano ha visto bruciare oltre 800 ettari. Dico questo perché il 29 agosto, proprio sul finire dell'estate 1959, Enrico Mattei si trovò a sorvolare questa parte della Puglia, il Gargano, a bordo del proprio aereo privato. Fu rapito dalla bellezza di questa terra, tanto da ordinare al proprio pilota di virare e ripercorrerla nuovamente. Qui vide che i suoi paesaggi si moltiplicavano, in un gioco di colori. Mattei descrisse il Gargano come un angolo di paradiso terrestre. Voglio ringraziare il mio gruppo parlamentare per avermi dato la possibilità di questa discussione, per poter citare un angolo della mia provincia. Dico questo perché questi 800 ettari sono stati dati alle fiamme da senzadio, perché chi genera un incendio è senza dubbio un senzadio, perché chi dà fuoco a un bosco – e, nell'ultimo anno, in tutta l'Italia sono andati in fumo oltre 60.000 ettari, di cui 8.500 erano ecosistemi forestali - in altro modo non può essere definito. Noi interveniamo, visto che qualcuno non lo ha fatto, perché alla fine sarebbe stato sufficiente scorrere le cronache giornalistiche per vedere che ogni anno questo Paese bruciava. Ed è chiaro che la norma ha una natura ordinamentale, precettiva.

PRESIDENTE. Deve concludere, però.

GIANDONATO LA SALANDRA (FDI). Una cosa, però, mi sento di aggiungere. Non voglio citare Tacito o altri autori del passato, però su questi due punti che ho evidenziato mi sento in dovere di ricordare come Carnelutti sosteneva che il processo serve al diritto come il diritto serve al processo, e sul tema degli incendi vorrei ricordare che mia nonna, che aveva, come titolo di studio, una quinta elementare, diceva sempre che, quando brucia la casa del vicino, anche casa nostra è in pericolo (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. Ci troviamo, ancora una volta, con l'ennesimo decreto-legge di questo Governo; è ormai difficile tenerne il conto, anche perché, mentre se ne tratta uno, se ne sfornano altri. La Costituzione viene piegata alle esigenze del Governo, e quindi auspico, tra l'altro, a tal fine, anche un richiamo da parte del Presidente Mattarella. Sono decreti che, tra l'altro, si autodenunciano come disomogenei; il Governo non sente nemmeno la necessità di celare la disomogeneità genetica di questi decreti. Quello di cui si tratta, ad esempio, ha un titolo che è già un programma. Si parla di disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, contrasto agli incendi boschivi, recupero dalle tossicodipendenze, salute, cultura, personale della magistratura e della pubblica amministrazione. Ritengo utile, a tal fine, richiamare la storica sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012, che ritiene proprio illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo dell'omogeneità, vincolo che la Corte ritiene implicitamente previsto dall'articolo 77 e poi esplicitato anche dalla legge n. 400 del 1988, all'articolo 15, comma 3, che prescrive proprio che il contenuto del decreto-legge debba essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. L'articolo 77, quindi, impone un collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza che ha indotto proprio il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza la delega del Parlamento. È evidente, quindi, che il provvedimento in esame interviene a disciplinare una pluralità di ambiti materiali, che difficilmente possono considerarsi avvinti da quel nesso oggettivo-funzionale richiesto dalla Corte costituzionale affinché il contenuto di un provvedimento d'urgenza possa ragionevolmente considerarsi unitario.

Se poi entriamo nel merito del contenuto del decreto-legge, concentrerò l'attenzione solo su alcune misure che alimentano le nostre preoccupazioni e la contrarietà nel suo insieme, seppure alcune misure le condividiamo, al provvedimento. Infatti, anche quando il Governo individua correttamente un problema, magari manifesta anche la volontà di andare nella direzione giusta, poi, però, sbaglia lo strumento, come viene formulato lo strumento che mette in campo. Mi riferisco, nello specifico, in particolare all'articolo 1 del testo in esame. Nei lavori in Commissione non c'è stata la possibilità di convincervi della pericolosità della formulazione dell'articolo 1 del decreto-legge, nel combinato disposto fra il primo e il secondo comma. Il Governo è partito da una legittima preoccupazione, cioè l'interpretazione data dalla prima sezione della Cassazione, in una sentenza del 2022, della norma che prevede presupposti meno stringenti rispetto a quelli ordinari per l'autorizzazione delle intercettazioni quando si procede per un delitto di criminalità organizzata, ma, per come il Governo e la maggioranza hanno formulato la norma, si va in realtà, in concreto, a sconquassare il sistema. E non solo noi, ma anche illustri docenti, nelle audizioni in Commissione, vi hanno spiegato come avreste potuto intervenire, ma non avete voluto correggere il tiro.

Volevate dare un segnale politico? Potrei anche essere d'accordo nel farlo. In fondo, se un intervento legislativo serve a fare chiarezza definitiva, ben venga. Se permette di non arretrare di un millimetro negli strumenti per la lotta alla criminalità organizzata, siamo d'accordissimo, ma, allora, andava scritto bene quell'articolo, altrimenti si ottiene proprio l'opposto di quello che si intende realizzare.

Ricostruisco in brevissimi, pochi, semplici passi. Dal 2016, abbiamo un principio definito dalla Cassazione, a sezioni unite - la sentenza Scurato -, che stabilisce che anche per i delitti monosoggettivi aggravati dal metodo mafioso o dalla finalità di agevolare una associazione mafiosa, l'autorizzazione delle intercettazioni abbia criteri meno stringenti rispetto a quelli ordinari. Per fare un esempio, al posto dei gravi indizi, sono sufficienti i sufficienti indizi, e via di seguito. Principio che noi condividiamo, però, poi, cosa succede? Che, l'anno scorso, nel 2022, la prima sezione della Cassazione reinterpreta il principio ed esclude i delitti monosoggettivi aggravati dal metodo mafioso. Quindi, intercettazioni più semplici solo per i delitti associativi. Va, tuttavia, ricordato che quella sentenza della prima sezione vincola solo la corte d'appello di Napoli e non può far venir meno il principio delle sezioni unite. Quindi, se si interviene a livello normativo, bisogna intervenire bene.

In ogni caso, nonostante il principio delle sezioni unite sia tuttora utilizzabile, la politica si è allarmata - ci sta, è legittimo - e vuole, altrettanto legittimamente, fare chiarezza, togliere ogni dubbio - e, anche qui, siamo d'accordo -, preferendo fissare definitivamente l'interpretazione, in modo che non ci sia una nuova sentenza sul tenore della prima sezione della Cassazione, del 2022. Però, qui nasce il problema: quando il Governo decide come scrivere la norma dell'articolo 1. Il Governo avrebbe dovuto scrivere una norma di interpretazione autentica, quindi codificando per decreto-legge il principio di diritto già affermato dalle sezioni unite, rendendo legge quello che le sezioni unite hanno già affermato nel 2016. Le norme di interpretazione autentica, per definizione, non sono innovative o modificative, sono applicabili ex tunc, cioè hanno efficacia dal momento di entrata in vigore della disposizione autenticamente interpretata. Per avere questa efficacia, le norme di interpretazione autentica devono essere tali e non devono avere, appunto, un valore innovativo. Invece, il Governo cosa fa? Per come ha formulato i primi due commi dell'articolo 1, l'aspetto è tutt'altro che una norma di interpretazione autentica, ed è questo che ci preoccupa, non solo perché manca la consueta formula che introduce quel tipo di norme - cioè, deve essere interpretato nel senso che -, ma anche perché il secondo comma è accompagnato da una disposizione transitoria di questo tenore: la disposizione del primo comma si applica anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto stesso. Questa norma transitoria sembra avere senso solo sul presupposto che la norma introdotta non sia di interpretazione autentica, che sia, cioè, una disposizione nuova e che, come tale, avrebbe effetto solo per il futuro, se non fosse, per l'appunto, derogata dalla norma transitoria stessa che la rende applicabile ai processi in corso. Ora, se di norma nuova si tratta, il decreto-legge finisce, paradossalmente, per sconfessare - questo ci preoccupa - le sezioni unite, la sentenza Scurato, per confermare la bontà dell'interpretazione criticata, appunto la sentenza della prima sezione penale. A meno che non si voglia sostenere la tesi dell'inutilità della nuova disposizione, che si limita ad affermare quel che, implicitamente, come riconosciuto dalle sezioni unite, era già affermato dal diritto vivente. Sarebbe, però, una inutilità dannosa, perché fornisce argomenti per sostenere che l'estensione dell'ambito applicativo della disciplina derogatoria delle intercettazioni è stata realizzata solo ora e non può valere, quindi, per il passato, cioè per le intercettazioni già disposte.

Quindi quale è il vero pericolo, il vero effetto? Che nei procedimenti in corso in cui non sono stati contestati reati associativi, ma delitti aggravati dal metodo mafioso o dalla finalità di agevolazione mafiosa e sono state autorizzate intercettazioni ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 152 del 1991, le difese potranno ora eccepire l'illegittimità delle intercettazioni, considerato che solo da oggi è in vigore una norma che lo consente. Si potrà obiettare che quella norma ha solo recepito il preesistente diritto vivente, le sezioni unite, la sentenza Scurato, ma è evidente che vi sarà spazio per molti dubbi e altrettante obiezioni, ed è questa la nostra preoccupazione.

Per questo motivo avevamo presentato un emendamento in Commissione, per chiedervi di rendere, in maniera netta, esplicita, trasparente, che, con riferimento al primo comma, fossimo in presenza di una norma di interpretazione autentica. In questo modo, avremmo davvero risolto la questione, se davvero questa è l'intenzione di tutti, andando nella stessa direzione. Quindi, ciò è estremamente grave, perché davvero, con questa norma così scritta, si rischia che per i fatti già commessi verrebbe a cadere tutto il materiale probatorio acquisito sulla base dell'interpretazione precedente, che, invece, consentiva l'utilizzo degli strumenti previsti per la lotta alla criminalità organizzata, anche in assenza della contestazione del reato associativo. Così andranno impuniti, per un supposto vizio procedurale, delitti della massima gravità. Considerato che sono convinto che non fosse questa la vostra intenzione, potevamo, potevate sistemare la norma e potevamo essere tutti, quindi, tranquilli, ribadisco, perché o il disegno di legge pone una norma di interpretazione autentica, allora non c'è necessità di specificare che la novella si applica anche ai procedimenti in corso, oppure non si tratta di una norma di interpretazione autentica, ma è una norma innovativa, che, come tale, avrebbe, quindi, efficacia solo pro futuro, tra l'altro violando, in questo modo, anche il principio di irretroattività della legge penale in malam partem e, quindi, sostanzialmente, andando anche incontro a un rischio di incostituzionalità.

Sempre con riferimento al tema delle intercettazioni, devo evidenziare ulteriori preoccupazioni, perché il testo uscito dalle Commissioni ha visto l'aggiunta di 3 nuovi commi all'articolo 1. In particolare, il nuovo comma 2-ter modifica il comma 2 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, attribuendo non a un magistrato, ma alla Polizia giudiziaria la valutazione se tale contenuto delle comunicazioni intercettate debba essere rilevante oppure non rilevante ai fini delle indagini. Se non rilevante, non è trascritto nemmeno sommariamente, nessuna menzione, né viene riportato nei verbali e nelle annotazioni della Polizia giudiziaria. Quella che parrebbe una norma garantista - e, se fosse stato davvero così, saremmo anche stati d'accordo, l'avremmo appoggiata -, in realtà finisce per penalizzare il diritto di difesa, considerato che il difensore potrebbe anche avere, in questo modo, meno elementi difensivi, solo perché la Polizia giudiziaria li ha ritenuti non rilevanti. Perché qui stiamo parlando di una valutazione, quindi ha margini di discrezionalità. Noi non possiamo attribuire questo compito alla Polizia giudiziaria, così finiamo per attribuire compiti e responsabilità alla Polizia giudiziaria di incidere anche, quindi, sostanzialmente, sull'andamento e anche sull'esito del procedimento, e non è detto che tale operazione vada a vantaggio dell'indagato. Quindi, sembra che vogliate sottrarre questo compito ai magistrati, per una sorta di diffidenza generica nei confronti della magistratura e si preferisca, in questo modo, mettere questo compito in mano alla Polizia giudiziaria.

Poi, il nuovo comma 2-quater dell'articolo 1 va a modificare l'articolo 270 del codice di procedura penale. L'articolo 270 disciplina l'utilizzabilità o non utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti. Già oggi il principio generale stabilisce che i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti - principio garantista, già esistente, che condividiamo -, poi, però, sono previste due deroghe dall'articolo 270: se risultano rilevanti o indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 1. Cosa si è fatto, con questo emendamento, in Commissione? È stata tolta la seconda deroga, cioè il riferimento all'articolo 266, comma 1. Ma, se andiamo a vedere l'articolo 266, comma 1, scopriamo, probabilmente, il vero senso dell'emendamento, perché lì troviamo anche i delitti contro la pubblica amministrazione, per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore, nel massimo, a 5 anni, determinata a norma dell'articolo 4. Quindi, sostanzialmente, ci si chiede se, nelle righe della norma, l'obiettivo finale - lascio il dubbio - sia quello, ancora una volta, di andare a limitare questo strumento rispetto ai delitti contro la pubblica amministrazione. Allora, andrebbe fatto in maniera più strutturale: era quello che aveva dichiarato e annunciato, sin dall'inizio della legislatura, il Ministro Nordio, ma, ad oggi, non abbiamo visto, se non alcuni elementi sparsi qua e là, qualche briciola qua e là, relativamente al tema delle intercettazioni.

Vorrei, infine, svolgere altre tre considerazioni generali: una relativa all'articolo 6, una sugli articoli 7 e 8 e, infine, una sull'articolo 11. Durante i lavori in Commissione, è apparso un emendamento della maggioranza e in questo emendamento, tra le varie cose, era prevista anche l'abrogazione del reato di cui all'articolo 733 del codice penale.

Di quale reato stiamo parlando? È il reato di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale. L'articolo 733 recita proprio così: “Chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio è punito (…)”. Da subito, i miei colleghi Bonelli e Zaratti hanno denunciato questo fatto, cioè la presenza di una norma di abrogazione dell'articolo 733 all'interno di quell'emendamento. Poi, per fortuna - qui davvero abbiamo tirato un sospiro di sollievo - l'emendamento è stato riformulato e, quindi, quella parte abrogativa è stata espunta. Bene. La maggioranza ha anche giustificato questo, almeno a mezzo stampa, affermando che in realtà l'obiettivo finale era di rendere più forte, di potenziare l'articolo 733. Noi saremmo d'accordo, perciò lo possiamo anche scrivere insieme, prevendendo pene più elevate. Prima, però, si voleva abrogarlo. È un procedimento un po' anomalo: lo si vuole potenziare e, quindi, prima si procede con l'abrogazione, per poi potenziarlo. Ad ogni modo, ben venga quando ci si rende conto di un errore. Io penso che sia dimostrazione di intelligenza rendersi conto, in tempo utile, di un errore e auspico davvero che prossimamente si possa intervenire su quell'articolo e potenziarlo.

Un altro aspetto, invece, è relativo agli articoli 7 e 8, riguardanti la scelta effettuata dai contribuenti circa la destinazione della quota dell'8 per mille a favore dello Stato ma senza l'indicazione della tipologia di intervento. Va bene l'attenzione riservata agli interventi di recupero dalle tossicodipendenze e da altre dipendenze patologiche. Però, ad esempio - noi avevamo posto il tema con alcuni emendamenti della nostra presidente Zanella - sarebbe stato in realtà utile e opportuno - non abbiamo compreso davvero il parere contrario da parte di Governo e maggioranza al riguardo - prevedere la possibilità di includere anche i centri antiviolenza e le case rifugio per la tutela delle vittime di violenza di genere.

A proposito, invece, dell'articolo 11, relativo alla revisione della struttura gestionale del Ministero della Cultura, l'annotazione più rilevante riguarda il fatto che viene esplicitato un principio, quello della divisione, della separazione della tutela dalla valorizzazione dei nostri beni culturali. Questo lo si evince dalla rimodulazione delle aree funzionali, proprio espressione di questo riassetto. A nostro parere, si pongono così le basi per una rischiosa, rischiosissima frammentazione nell'attività di gestione strategica del nostro bene comune, che amplifica quindi le differenze geografiche e determina una più grave polarizzazione di investimenti e interventi territoriali su poche aree del Paese, su pochi beni culturali. Il rischio è di arrivare a concentrare le risorse su ciò che frutta, su ciò che può creare profitto, e di abbandonare ciò che rende un minore profitto. Questo è grave per un Paese che ha un così alto tasso di beni culturali riconosciuti nel mondo, come l'Italia.

Quindi, è un peccato. Questi sono alcuni aspetti che ci porteranno a un voto contrario su questo decreto-legge. Diciamo che è un peccato perché alcune norme le condividiamo, come quelle contenute nell'articolo 6 sugli incendi boschivi. Anche l'articolo 1 avrebbe potuto trovarci d'accordo, se fosse stato formulato diversamente. Peccato, invece, davvero per gli articoli 7 e 8 che non hanno incluso tutto quello che riguarda i centri antiviolenza. Sono tutti temi che certamente potranno essere ripresi anche in ulteriori provvedimenti. Però, sappiamo che in politica bisogna realizzare subito ciò che è possibile realizzare, senza rimandare a un domani, anche incerto. Il rischio è quello di perdere tempo e anche occasioni per migliorare il nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 105 del 2023, il cosiddetto decreto Giustizia e Pubblica amministrazione oggi in discussione, reca disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute, di cultura e, ancora, in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione. Chiaramente, ci troviamo di fronte all'ennesimo decreto omnibus, carente del requisito fondamentale dell'omogeneità e, ancora una volta, in una situazione in cui il Parlamento è stato declassato a Camera di ratifica dei decreti dell'Esecutivo. Siamo ormai a quota 4 decreti-legge al mese, con un Parlamento svilito completamente nel suo ruolo. Inoltre, per come ci è stato presentato, questo decreto avrebbe voluto introdurre disposizioni in materia di processo penale, per consentirne un efficace svolgimento rispetto ad alcune tipologie di reato e per rendere efficiente l'attività di intercettazione. Si tratta di finalità ed esigenze che sono certamente condivisibili, se non fosse che l'articolo 1 è stato scritto veramente male, sia da un punto di vista di tecnica legislativa sia nel suo merito e nel suo contenuto, come rappresentato anche da diversi auditi che sono stati sentiti in Commissione e che hanno paventato, addirittura, un rischio di incostituzionalità. Il Governo non è stato in grado di scrivere una norma di interpretazione autentica, necessaria per definire chiaramente cosa debba intendersi per reati di criminalità organizzata e superare, dunque, l'isolata pronuncia della Cassazione, del 2022, che ha creato confusione e il rischio di non poter utilizzare le intercettazioni in processi di mafia in cui non sia contestato il reato di associazione mafiosa ma solo, ad esempio, l'omicidio commesso con le modalità mafiose. Per questo, il MoVimento 5 Stelle ha presentato un emendamento per riscriverla in maniera corretta e chiara, naturalmente in un'ottica di reciproca collaborazione. Ovviamente, il Governo si è dimostrato sordo ai tentativi di miglioramento, generando il sospetto che abbia voluto creare appositamente ulteriori problemi. Infatti, in fase emendativa il decreto-legge è stato ulteriormente sporcato con l'approvazione di alcuni emendamenti che mirano a spuntare le armi dello Stato contro le forme più moderne e pericolose del crimine organizzato, quelle dei colletti bianchi, delle mafie affariste e dei comitati d'affari che mettono le mani su miliardi di soldi pubblici. Lo avete fatto approvando 4 emendamenti, dei quali 3 di Forza Italia e uno di Azione-Italia Viva, dimostrazione, questa, di come Governo e maggioranza non possano avere alcuna credibilità nella lotta al crimine organizzato, anche alla luce delle già approvate norme che hanno restituito i benefici penitenziari ai condannati per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e del disegno di legge che abolisce il reato di abuso di potere. Questo iter è infatti iniziato da lontano, con il primo atto che avete depositato, con il decreto Rave. È bene ricordarlo, un decreto-legge assolutamente inutile al cui interno vi era l'ergastolo ostativo. È partito da lì un depotenziamento degli strumenti cardine nella lotta alla criminalità organizzata e al crimine, tra i quali quello della collaborazione con la giustizia. Averte lanciato il messaggio distorto che la collaborazione ormai non conviene più perché è stata di fatto parificata alla mancata collaborazione, dal momento che chi non collabora, a differenza di collabora, non deve indicare il patrimonio occulto, che non è richiesto un pentimento civile e che non è richiesto il motivo per il quale non collabora. È iniziato da lì un percorso classista senza ritorno.

Diciamo che, andando contro gli obiettivi dichiarati in premessa, questo nuovo vostro decreto finisce con l'affossare l'attività di intercettazione - altro che renderla efficiente, come voi la volete far passare - e con il creare addirittura ostacoli ulteriori al lavoro dei magistrati e degli avvocati.

In primo luogo, mi preme rendere noto a tutti che, nonostante le tante belle parole, gli annunci e pure la sfilata a Caivano della Presidente Meloni, in Commissione giustizia la maggioranza ha vergognosamente bocciato gli emendamenti del MoVimento 5 Stelle, in particolare quelli a mia prima firma, che avrebbero consentito di utilizzare le intercettazioni anche per contrastare la pornografia minorile, la detenzione di materiale pedopornografico, l'adescamento di minorenni e i maltrattamenti in famiglia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Questo è un fatto vergognoso e aberrante, perché si trattava di una norma di civiltà, chiesta dai magistrati che, tutti i giorni, combattono questi crimini orrendi. Non ci voleva niente a fare un lavoro di squadra per far passare questo emendamento ed è una vergogna quello che è successo in Commissione giustizia e tutti devono saperlo. Ed è bene che qui siano citati dati importanti per ricordare alla maggioranza i crimini che avvengono tutti i giorni nei confronti dei bambini e delle bambine.

Secondo l'ultimo dossier Indifesa, presentato dalla Fondazione Terre des hommes, il numero dei reati commessi sui minori nel 2021 ha superato quota 6.000 e ha segnato un nuovo record e, purtroppo, i dati del 2022 sono simili. Di questi reati, il 64 per cento è ai danni di bambine e ragazze maltrattate, abusate psicologicamente, ma soprattutto violentate. Le fattispecie che registrano la percentuale più alta di vittime sono la violenza sessuale aggravata – aumentata, in un anno, del 41 per cento - la violenza sessuale, gli atti sessuali con minorenne, la detenzione di materiale pornografico, la corruzione di minore, la prostituzione minorile e la pornografia minorile. Nei confronti dei minori sono aumentati anche i reati in ambito domestico, ossia i maltrattamenti contro i familiari conviventi, che, nel 2021, hanno colpito 2.501 giovani, il 54 per cento di genere femminile. Numeri non definitivi, perché - come ben sappiamo - in troppi casi le violenze non vengono denunciate e restano tra le mura di casa. Queste ferite non si cancellano e lasciano segni indelebili sullo sviluppo psicofisico di bambini e bambine e ciò accade non in una terra lontana dai nostri occhi, non in un mondo diverso dal nostro, ma qui, nella civile Italia. L'approvazione del mio emendamento avrebbe rappresentato un passo importante nella lotta contro la pedopornografia e la protezione dei minori. Sapete che la pedopornografia dilaga ed è commercializzata online e nel dark web e le vittime sono persino neonati, violati e abusati? È aberrante. È di poche settimane fa la notizia dell'arresto di un trentottenne: a casa sua è stato trovato un archivio contenente almeno 10.000 file, tra foto e video, che mostravano violenze sui minori. Alcuni di questi erano bambini di pochi mesi. E come dimenticare poi i terribili fatti del Parco Verde di Caivano, dove due cuginette di 10 e 12 anni hanno subìto ripetuti stupri? Senza contare tutto il sommerso che, ancora oggi, non è venuto a galla. In quell'occasione, però il Governo non ha perso tempo per fare i suoi soliti annunci roboanti e le sue ormai prevedibili passerelle. Però noi ci chiediamo dove siano finite tutte queste promesse, dal momento che è stato bocciato un emendamento di giustizia come questo. La tutela dei bambini e delle bambine non è un tema su cui possiamo dividerci: dovremmo essere tutti d'accordo nel voler mettere in atto tutte le disposizioni utili alla loro difesa, tutte.

Oggi è bene che rimanga in quest'Aula del Parlamento un problema molto serio. Oggi il problema si pone anche con riguardo alle videoregistrazioni, perché dobbiamo fare i conti, da molto tempo, con una sorta di preclusione che deriva da una serie di sentenze che sono state emesse prima dalla Corte costituzionale, nel 2002, e a seguire dalla Cassazione anche a Sezioni Unite, come la n. 26.795 del 2006. Queste hanno stabilito che le videoregistrazioni che non abbiano contenuto comunicativo all'interno di luoghi abitativi non sono consentite. Non è, dunque, possibile attivare le intercettazioni video ambientali all'interno delle abitazioni, neanche per verificare se, ad esempio, ci sono i genitori che maltrattano il figlio minore che non ha delle competenze verbali o il figlio disabile. Al contrario, è possibile attivarle nei luoghi che non sono di privata dimora, come le strutture di ricovero per anziani, oppure le scuole o gli asili.

La Corte costituzionale però, già nel 2002, ha ritenuto che non esiste una preclusione di carattere costituzionale alle telecamere, quindi delle videoregistrazioni all'interno dei luoghi abitativi, purché sia rispettata la riserva di legge e, quindi, purché ci sia un intervento del legislatore che spieghi in quali casi è possibile attivare le videoregistrazioni e con quali garanzie.

Spetta a noi in quest'Aula stabilirlo e dobbiamo sapere che ci sono casi in cui l'unico modo che abbiamo per capire che cosa succede in un'abitazione è effettuare delle intercettazioni audio o video ambientali. Grazie ad esse, infatti, gli inquirenti possono scoprire molto più facilmente i casi di violenza sui minori, il mercato online dei minori sfruttati per la prostituzione, la circolazione online di foto e video di pornografia minorile e altre nefandezze.

Il Parlamento deve solo legiferare in merito, ma avete detto “no” e ve ne dovete assumere tutte le responsabilità. Vi chiedo veramente di farvi un esame di coscienza e renderne conto ai cittadini e alle cittadine, che devono sapere cosa state facendo in queste Aule. Non solo. Avete bocciato un altro emendamento per offrire maggiori risorse ai centri antiviolenza e alle case rifugio, un altro atto aberrante, che è avvenuto in Commissione giustizia. Dite di voler contrastare la violenza maschile sulle donne, ma tutto quello che vi limitate a fare è inasprire le pene per chi commette il reato. Lo volete capire che non dobbiamo aspettare di piangere sui cadaveri? Le violenze e i femminicidi vanno prevenuti; bisogna agire prima, sostenendo i centri antiviolenza e le case rifugio, che sono il primo approdo a cui una donna si rivolge, il cuore pulsante di una rete di sostegno territoriale, e hanno bisogno di risorse per aiutare, da un punto di vista legale e psicologico, e dare un'alternativa alle vittime di violenza, che non chiedono vendetta, ma solo un lavoro, un'alternativa a questo circuito infernale. Ecco, questi centri vanno ringraziati dalle istituzioni: sono qui a dire grazie ai centri antiviolenza, a tutte le volontarie e alle avvocate per lo straordinario lavoro di prevenzione, di contrasto e di aiuto alle vittime che svolgono. E' veramente aberrante la bocciatura di questo emendamento che prevede risorse, quando tutte le persone che sono state audite in merito al disegno di legge per contrastare la violenza di genere e rafforzare il codice rosso hanno evidenziato, come primo punto, la necessità di stanziare risorse. Questo è veramente grave se si pensa che, da gennaio ad oggi, sono 81 le vittime di femminicidio, una donna uccisa ogni due giorni.

In tre casi su quattro chi fa loro del male è chi ha le chiavi di casa. L'ultima di pochi giorni fa - è dovere ricordarlo in quest'Aula - è stata Anna Elisa Fontana: aveva 48 anni, madre di cinque figli, viveva a Pantelleria; è morta dopo due giorni di agonia per le ustioni riportate sul novanta per cento del corpo, dopo che il marito le aveva versato addosso una tanica di benzina e dato fuoco. La causa sarebbe stata un saluto che la donna avrebbe rivolto ad un conoscente; o ancora, - è bene ricordarlo - Marisa Leo, uccisa dall'ex compagno, nei pressi di Marsala in provincia di Trapani. I due avevano una bambina di 4 anni, una bambina che è ora costretta a crescere senza l'affetto della mamma, con un padre in carcere e una famiglia distrutta. L'uomo da oltre tre anni non accettava la fine della loro relazione e già nel 2020 lei lo aveva denunciato per stalking e violazione degli obblighi di assistenza familiare. Lui le ha sparato tre colpi di pistola, poi si è tolto a sua volta la vita.

Iniziamo a capire che ci dobbiamo muovere prima per sostenere le donne, vittime di violenza, e iniziare a introdurre, in modo sistemico e continuativo, a partire dai primi banchi di scuola, l'educazione affettiva e sessuale, perché la violenza di genere è anche e soprattutto un problema culturale che, come stiamo vedendo, si nutre di patriarcato sociale, di stereotipi, di omertà, di discriminazioni, in cui la donna è vista come un oggetto, un mero possesso. E se non si interviene, saremo sempre una di meno: basta vedere donne uccise, bisogna fare qualcosa.

Mentre bocciavate i miei emendamenti a tutela dei bambini e delle bambine, quello per i centri antiviolenza, le case rifugio, però - è bene dirlo - non perdevate tempo per approvarne un altro che vi interessava molto di più: impedire la trascrizione, anche sommaria, delle intercettazioni non rilevanti.

Vi nascondete dietro la maschera del garantismo, ma questa è solo volontà di intralciare i processi anche a costo di calpestare i diritti della difesa e quindi degli indagati; non vi rendete conto che questo è un grave vulnus proprio per la difesa degli indagati.

Con questa norma gli stessi avvocati non avranno più il diritto di ottenere una copia delle intercettazioni ritenute non rilevanti: potranno solo ascoltarle. Per gli avvocati la trascrizione sommaria delle conversazioni non rilevanti è l'unica bussola per orientarsi nel mare magnum di elementi disponibili e individuare possibili conversazioni utili per il loro lavoro difensivo, compresi eventuali dialoghi che magari possono dimostrare l'innocenza dell'indagato. Inoltre, nessun pubblico ministero potrà mai avere il tempo di ascoltare migliaia di ore di conversazione, quindi il compito di selezionare gli ascolti rilevanti sarà affidato totalmente al personale di polizia giudiziaria che avrà un potere esclusivo, pur non conoscendo spesso il perimetro totale dell'indagine.

Questa nuova norma è priva di logica, dal momento che i brogliacci sono già custoditi nell'archivio digitale, sono coperti da segreto d'ufficio; non vi è dunque alcun pericolo che siano conosciuti da soggetti diversi dagli avvocati difensori.

Il vostro - sappiatelo - non è garantismo e voi, in realtà, lo sapete benissimo: è volontà di intralciare l'accertamento della verità e di complicare le indagini.

E, purtroppo, non finisce qui: con questo decreto volete limitare anche le intercettazioni a strascico, cioè quelle ordinate per indagare sul reato ma che poi portano ad aprire inchieste su altre fattispecie.

Viene eliminata così la possibilità di utilizzare le intercettazioni acquisite in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte per i reati di cui all'articolo 266, comma 1, del codice di procedura penale che include tra gli altri i delitti contro la pubblica amministrazione ed è qui che cade la maschera sul vostro reale programma in materia di giustizia: garantire impunità per i reati contro la pubblica amministrazione, quelli dei “colletti bianchi” (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Diciamolo chiaramente però ai cittadini con un po' di onestà intellettuale: il Governo Meloni sta dicendo allo Stato che, di fronte a reati gravi, come la corruzione, può girarsi dall'altra parte, fingendo di non vederli, mentre i ragazzi che partecipano a un rave vanno puniti con una pena da tre a sei anni di carcere e fino a 10 mila euro di multa, prevedendo le intercettazioni. Cos'è questa, se non una legge Salvacorrotti? Cos'è questa se non la sintesi della vostra giustizia classista?

Vi state assumendo deliberatamente la responsabilità di indebolire la capacità dello Stato di combattere le mafie e la corruzione, di far finire nelle mani delle mafie enormi risorse finanziarie messe a disposizione dal PNRR.

Con ferocia attaccate le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese - oggi non riescono ad arrivare alla fine della settimana - mentre indossate guanti di velluto con chi inquina le istituzioni. Tana libera tutti, quindi, per mafiosi, corrotti e evasori.

Negli scorsi mesi c'è stata un'indagine conoscitiva in Commissione giustizia al Senato che ha dimostrato la totale inconsistenza di tutte le motivazioni addotte dalla maggioranza per giustificare la necessità di una riforma delle intercettazioni.

Secondo i dati Istat il fenomeno delle intercettazioni non è in crescita ed è anzi in sensibile diminuzione. Il dato del 2021 è prossimo a quello di vent'anni fa, considerando anche la diffusione di telefoni cellulari negli ultimi vent'anni.

La derubricazione dei reati di corruzione come minori rispetto a quelli di mafia, quindi tali da non giustificare un regime normativo analogo in materia di intercettazioni, è in totale contrasto con l'unanime diagnosi di tutti i magistrati, investigatori ed esponenti di tutte le forze di Polizia operanti nel contrasto alla criminalità organizzata.

Le mafie evolute del terzo millennio adottano le stesse metodologie tipiche dei “colletti bianchi”: dai reati contro la pubblica amministrazione a quelli della criminalità economica, ambientale, dai reati in materia fiscale a quelli di riciclaggio, avvalendosi in tali campi di competenze altamente specializzate e utilizzando, molto spesso, gli stessi canali.

Non a caso gran parte delle indagini di mafia prende le mosse da indagini sui reati di pubblica amministrazione, perché il fenomeno corruttivo è terreno fertile per la mafia; non sono separati. Per esempio, i comuni di Anzio e Nettuno sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose, partendo da indagini su appalti comunali. Proprio grazie alle intercettazioni siamo arrivati all'arresto di Matteo Messina Denaro che pochi giorni fa è morto, rifiutandosi fino all'ultimo di collaborare con la giustizia. E senza intercettazioni, cosa ne sarebbe stato delle conversazioni dei deputati, degli assistenti del Parlamento europeo coinvolti nel Qatargate? O dei summit notturni tra politici e magistrati emersi dall'inchiesta su Luca Palamara?

Limitare l'uso delle intercettazioni non aggiunge alcuna garanzia per i cittadini ma le offre a chi viola la legge togliendo strumenti agli investigatori.

Voi pensate che le mafie siano qualcosa di diverso dalla corruzione e dall'illegalità, però le mafie prosperano in questo campo. Se non si ara questo campo, non arriveremo mai a contrastare le mafie, perché le mafie oggi - come è stato detto tante volte in quest'Aula del Parlamento - sparano di meno, ma corrompono di più. L'esclusione dei più gravi reati contro la pubblica amministrazione dal meccanismo ostativo è stato il primo vostro passo verso questa escalation.

Avete tolto i reati della pubblica amministrazione dal contesto ostativo, avete abbattuto il reato di abuso d'ufficio, avete depotenziato il reato di traffico di influenze illecite, volete distruggere l'istituto della prescrizione, facendo cadere completamente tutti i reati dei colletti bianchi; avete riformato il codice degli appalti pubblici, volete togliere le intercettazioni, il trojan, per quanto riguarda i reati contro la pubblica amministrazione, sapendo che quel muro di omertà si abbatte solo tramite le intercettazioni. Avete totalmente disincentivato la collaborazione con la giustizia e, allora, noi chiediamo: cosa rimane del contrasto alle mafie e alla corruzione? Rimane, ovviamente, ben poco e questa vostra modalità di azione deve fare paura.

Non avete neanche, lasciatevelo dire, il coraggio di fare - lo ripeto - un apposito decreto Salvacorrotti, ma preferite fare cose nell'ombra, vi muovete tra i cavilli, nella nebbia che create. Quindi, ditelo e ditecelo chiaramente: volete salvare le malefatte dei comitati d'affari che lucrano con la corruzione, perché a noi pare che stiamo andando in questa direzione, facendo la voce grossa con la propaganda, mentre in Parlamento, con i decreti-legge, assestate l'ennesimo colpo alla legalità e realizzate la vostra idea di giustizia classista, giustizialista con la gente comune e garantista con i potenti. La vostra maschera, però, è caduta e i cittadini e le cittadine ve ne chiederanno conto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carla Giuliano. Ne ha facoltà.

CARLA GIULIANO (M5S). Presidente, come già sottolineato dai colleghi del MoVimento 5 Stelle che mi hanno preceduto, questo decreto ha diverse falle; ha delle finalità positive, ma che sono sviluppate in maniera assolutamente disastrosa.

Parlo, innanzitutto, delle falle: falle di metodo, falle di scrittura delle norme e falle o, meglio, errori appositamente fatti per mandare in confusione magistrati e Forze dell'ordine.

Parlo del metodo: innanzitutto - e qui non siamo noi a dirlo, ma è la stessa documentazione della Camera che lo mette nero su bianco - siamo davanti a un decreto, un decreto omnibus, l'ennesimo decreto omnibus, che ha ben 13 finalità; lo ripeto: 13 finalità. Ebbene, nelle 13 finalità di questo decreto si parla di pubblica amministrazione e di magistratura; la maggioranza, come dirò tra breve, ha inserito anche temi assolutamente disparati, però non ha trovato il tempo di analizzare e, anzi, ha dichiarato inammissibili per estraneità della materia (pensi un po', per estraneità della materia!) i nostri emendamenti che avrebbero in parte risolto le criticità di magistrati e di poliziotti penitenziari.

Sono stati dichiarati inammissibili degli emendamenti del MoVimento 5 Stelle, a mia prima firma, che avrebbero consentito di assumere nuovi magistrati. Ebbene, non sono io a dirlo, ma dall'ultima relazione del CSM risulta una scopertura di organico di 1.500 unità. E nonostante ora siano in fase di tirocinio i nuovi magistrati che hanno superato le prove concorsuali del 2022, il loro tirocinio, soprattutto quello specialistico, terminerà nel 2024, quindi, potranno essere immessi in ruolo come magistrati ordinari solo nel 2024.

Ebbene, avevamo proposto un emendamento per dare una soluzione a questa lacuna e consentire ai magistrati di lavorare realmente nei nostri tribunali. Infatti, Presidente, lo sappiamo tutti: nel settore giustizia possiamo fare tutte le riforme che vogliamo, ma se non assumiamo il personale amministrativo e nuovi magistrati, tutte quelle norme rimarranno, purtroppo, lettera morta.

È bene che i cittadini sappiano che ai tanti proclami, poi, purtroppo, nelle sedi competenti, non seguono le risposte dovute. Lo stesso vale per la Polizia penitenziaria; qui, abbiamo norme che riguardano la dirigenza della Polizia penitenziaria e che hanno visto il nostro favore, perché comunque siamo assolutamente favorevoli rispetto alla norma che è stata introdotta; ma questa poteva essere l'occasione - purtroppo l'ennesima occasione mancata - per dare un'ulteriore risposta agli agenti della Polizia penitenziaria che sono in fortissima sofferenza, così come alle figure intermedie.

Nell'ambito della Polizia penitenziaria, e non solo, mancano gli ispettori. Ebbene, noi avevamo presentato un emendamento per dare risposta anche a questa questione; purtroppo, la maggioranza non ha avuto il coraggio di bocciarlo: se l'avesse dichiarato ammissibile si sarebbe trovata nell'imbarazzo di doverlo bocciare, invece l'ha dichiarato inammissibile, e così si è tolta da sola le castagne dal fuoco.

Ma torniamo alle norme di questo decreto. Come dicevo, gli articoli 1 e 2, che i colleghi del MoVimento hanno illustrato prima di me, non ci vedono contrari; condividiamo in linea di massima le finalità, gli obiettivi e anche l'esigenza che ha portato all'emanazione di queste norme, ma l'articolo 1, quello che amplia la possibilità di procedere ad intercettazioni e di utilizzare la normativa derogatoria meno stringente per dar vita alle intercettazioni anche relativamente ad alcuni reati che riguardano, per esempio, il traffico di rifiuti e non solo, è scritto veramente male.

In Commissione, Presidente, abbiamo fatto moltissimi interventi per segnalare alla maggioranza l'errore che aveva fatto nello scrivere l'articolo 1, comma 1, ma soprattutto l'articolo 1, comma 1, in combinato disposto con il secondo comma. Nessuno ci ha voluto ascoltare. Non è tanto allarmante che la maggioranza non ascolti il MoVimento 5 Stelle, ma è allarmante che la stessa non ascolti gli auditi; e, a questo punto, mi chiedo a cosa servano le audizioni, se poi gli esperti ci danno degli strumenti per porre in essere delle buone norme e la maggioranza sistematicamente ignora le sollecitazioni che vengono dagli auditi. Soprattutto, ce l'ha detto il Consiglio superiore della magistratura nel parere emesso il 20 settembre scorso.

Anche il Consiglio superiore della magistratura, purtroppo, dice che questa norma creerà confusione e sicuramente non centrerà l'obiettivo che si è prefissata. Infatti, in particolare con il comma 2, si è introdotto un regime transitorio, nelle finalità della maggioranza, per salvare l'utilizzo delle intercettazioni anche nei procedimenti in corso. Ebbene, la norma è scritta talmente male che avrà esattamente l'effetto contrario, e ce lo dice il CSM. Il rischio è quello di mandare in fumo migliaia e migliaia di processi, è quello di rendere inutilizzabili migliaia e migliaia di intercettazioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E sappiamo benissimo, soprattutto nei reati gravi di criminalità organizzata, di corruzione, di concussione, che sono poi i nuovi strumenti di cui si fa forte la mafia per entrare nelle pubbliche amministrazioni, che migliaia e migliaia di intercettazioni non saranno più utilizzabili; e siccome si tratta di reati, purtroppo, caratterizzati da una grandissima e insita omertà, questi si potranno scoprire e accertare solo o, comunque, prevalentemente, attraverso l'uso di quelle intercettazioni, che purtroppo, grazie agli errori marchiani della maggioranza, verranno dichiarate inutilizzabili. Questo lo deve sapere la maggioranza e lo devono sapere a maggior ragione i cittadini che aspettano delle risposte di giustizia.

Ora, io non so se questa norma, che - lo ripeto - nella finalità era assolutamente pregevole, è stata scritta così male per incapacità, per ignoranza o per precisa volontà politica di porre nella confusione più assoluta magistrati e Forze dell'ordine.

A pensar male, io direi che è un mix di tutte queste componenti: incompetenza, ignoranza, essere sordi, perché, lo ripeto, ci è stato detto dagli auditi e, tra l'altro, proprio come MoVimento 5 Stelle avevamo presentato un emendamento, di assoluto tenore tecnico, per dare alla maggioranza l'opportunità di modificare adeguatamente questa norma.

Guardi, molte volte la maggioranza ha errato: ha errato politicamente - su questo non c'è dubbio - e ha errato nella scrittura tecnica delle norme. Lo ha fatto con il decreto Rave e anche in quel caso, grazie a un emendamento del MoVimento 5 Stelle a prima firma del senatore Roberto Scarpinato, abbiamo posto rimedio - o in parte rimedio - a un obbrobrio giuridico e tecnico della maggioranza. Poi, lo ha fatto in tante altre occasioni. Allora, se ritenete di voler fare - questo è ciò che ho sentito dire dai colleghi della maggioranza che mi hanno preceduto - norme per i cittadini, abbiate il buonsenso e il buongusto di prendere e accettare i consigli da forze della minoranza, che forse ne sanno, tecnicamente e politicamente, più di voi.

La cosa che mi stupisce è che davvero ho sentito colleghi parlare di norme fatte per i cittadini. Ho sentito i colleghi della maggioranza parlare di norme che non allentano il contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione, ma davanti a queste affermazioni io resto davvero perplessa. Ho sentito anche colleghi che parlavano di ristabilire la verità dei fatti. Il MoVimento 5 Stelle non si arroga la facoltà di stabilire la verità dei fatti, perché di fronte a queste norme purtroppo saranno i cittadini, nonché i magistrati e le Forze dell'ordine, che dovranno applicarle, a stabilirne il reale impatto e a trarre la verità dei fatti. Noi, semplicemente, ascoltiamo chi si occupa di queste materie, ascoltiamo i cittadini e cerchiamo di portare la loro voce qui in Parlamento. Questo ci dà la certezza di lavorare per i cittadini, cosa che veramente non sta facendo la maggioranza, perché quando sento loro che parlano di norme per i cittadini allora mi sorge un dubbio: siete voi della maggioranza o non siete voi che avete consentito ai condannati per gravi reati contro la pubblica amministrazione di fruire comunque dei benefici penitenziari, anche se non collaborano con la giustizia? Siete voi o non siete voi che avete consentito a chi ha avuto il carcere a vita, a chi è in carcere per reati di mafia e di criminalità organizzata, di fruire dei permessi premio senza dover collaborare con la giustizia e senza dover dire una parola sui loro legami, sussistenti o meno, con la criminalità organizzata? Siete voi o non siete voi che state portando avanti una battaglia - direi una crociata - per rendere più facile commettere reati gravi contro la pubblica amministrazione, spuntando l'unica arma veramente efficace per scoprire questi reati, cioè le intercettazioni? Siete voi o non siete voi che avete reso procedibile a querela il sequestro di persona, costringendo la vittima, che è stata sequestrata, a sporgere querela contro il suo sequestratore, perché qui non si procederà più di ufficio, se non nei casi gravi? Allora, credete davvero di operare per il bene dei cittadini? Lo credete davvero? Io ci vedo o tanta incoscienza o tanta malafede. Ci sono, poi, tante altre sbavature in questo decreto, che hanno sporcato quella che poteva essere una finalità assolutamente lodevole - ripeto - con una norma comunque scritta malissimo. Ma siccome al peggio non c'è mai fine, avete ben pensato di introdurre, con 4 emendamenti, norme davvero aberranti. Su questo mi ricollego a quanto diceva prima di me la collega del MoVimento 5 Stelle Stefania Ascari, perché avete assolutamente abolito, con un colpo di mano in Commissione, l'articolo 266, primo comma, o, meglio, il riferimento che è contenuto nell'articolo 270, che rimanda al primo comma dell'articolo 266. Di cosa parliamo? L'articolo 270 consente di utilizzare in altri procedimenti intercettazioni autorizzate per altri reati. Cioè, se io PM svolgo intercettazioni per determinati reati, per esempio reati di criminalità organizzata, e mentre svolgo quelle intercettazioni scopro anche altri reati, allora posso utilizzare quelle intercettazioni per perseguire quell'altro reato con determinati limiti. I limiti all'utilizzo di queste intercettazioni, le cosiddette intercettazioni a strascico, erano ben delineati nell'articolo 266, primo comma, che voi avete d'emblée deciso di abrogare. Adesso gli unici reati che saranno perseguibili, se venuti a conoscenza di essi mediante intercettazioni, sono quelli per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Ma, con questo colpo di mano, avete spazzato via una serie di reati di gravissimo allarme sociale, ed è bene che i cittadini lo sappiano. Sono i delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope, e qui vorrei solo sottolineare la schizofrenia della maggioranza, visto che uno dei cavalli di battaglia di una parte della maggioranza, in particolare della Lega, era quello di combattere, anche in considerazione degli eventi di Caivano e delle grandissime piazze di spaccio che, purtroppo, avvelenano il nostro territorio da Nord a Sud, lo spaccio di sostanze stupefacenti.

Poi, cosa avete consentito di non perseguire con le intercettazioni a strascico? I delitti di contrabbando e, ovviamente, i delitti contro la pubblica amministrazione, ma di questo non ci stupiamo assolutamente, perché ormai è notoria la vostra battaglia per rendere più facile la commissione di questi delitti, ben consapevoli - e non lo diciamo noi, ma i documenti europei, i magistrati ascoltati in audizione e la DDA nazionale - che ormai la criminalità organizzata, viste anche le strade spianate che le avete prospettato davanti, utilizza sempre di più i reati contro la pubblica amministrazione per mettere in campo i suoi affari.

Avete tolto dalle intercettazioni a strascico tutti quei reati odiosi come la pedopornografia minorile, reati, tra l'altro, che si possono generalmente scoprire solo grazie ai captatori informatici, solo grazie agli strumenti informatici. Avete tolto da quei reati addirittura l'utilizzo delle armi e delle sostanze esplosive, in un periodo di forte apprensione, da parte del Ministero della Difesa, per un maggior allarme, anche dal punto di vista della cybersicurezza. Anche considerando che, purtroppo, il nostro Paese, così come l'Europa, ha una guerra alle porte, giustamente voi andate a non rendere utilizzabili le intercettazioni acquisite in altri procedimenti concernenti i delitti riguardanti le armi e le sostanze esplosive. Questa mi sembra un'ottima risposta per tutelare, come dite di voler fare, i cittadini. Non solo: ci sono - ripeto - i reati pedopornografici, ci sono i reati di avvelenamento con sostanze nocive e i reati che riguardano la tutela dello Stato. Con un colpo di mano, avete spazzato via la possibilità di utilizzare queste intercettazioni per il contrasto di questi reati, con l'effetto semplice che un pubblico ufficiale, la Polizia giudiziaria o il PM, quando ascolteranno intercettazioni e si renderanno conto che ci sono dei gravi indizi che riguardano questi reati, così gravi dovranno semplicemente voltarsi dall'altra parte e far finta di niente.

Mi sembra un ottimo risultato per contrastare l'illegalità. Presidente, chiudo…

PRESIDENTE. Non si preoccupi, è un test. Quando ci sarà un'alluvione, una calamità, un'invasione delle cavallette, ci avviseranno per sms. Funziona, quindi, la Camera dà atto che funziona. Ha funzionato. Prego, onorevole Giuliano.

CARLA GIULIANO (M5S). Credo abbia funzionato, pensavo fosse un alert

PRESIDENTE. È un alert!

CARLA GIULIANO (M5S). …per quanto riguardava il nostro discorso.

PRESIDENTE. Per il suo intervento avrebbe udito soltanto il suono celestiale della campanella, nulla di più.

CARLA GIULIANO (M5S). Quindi, Presidente, questi interventi veramente ci lasciano basiti. Un ultimo accenno lo voglio fare su un tema che forse è passato sottotraccia anche a livello comunicativo, perché in Commissione è stato approvato un emendamento che impone alla magistratura di tenere una sorta di registro e di documentare le spese che si sostengono per le intercettazioni. Giustissimo, però innanzitutto diamo un dato: le spese per le intercettazioni negli ultimi 20 anni sono rimaste più o meno dello stesso tenore, nonostante i reati e i mezzi di commissione dei reati si siano sempre più evoluti, così come i mezzi di ricerca della prova. Non solo, quindi i magistrati avranno l'onere di documentare e tenere sotto controllo le spese per le intercettazioni, ma, quando si impone un nuovo obbligo ai magistrati, non soltanto vuol dire non fidarsi del loro operato, ma non si pensa mai che dietro alle spese per le intercettazioni, che sono un mezzo di ricerca della prova, per cui poi ci sarà un processo per provare quei dati che emergono da quelle intercettazioni, ci sono altrettanti soldi che lo Stato risparmia. Non si pensa a tutti i soldi pubblici che grazie a quelle intercettazioni si risparmiano perché si persegue un reato di corruzione. Non si pensa a tutti quei soldi pubblici che sono ritornati nelle mani dello Stato grazie al fatto che, grazie alle intercettazioni, molti di quei reati sono stati accertati, e, grazie all'accertamento di quei reati, si è potuto procedere al sequestro prima e alla confisca definitiva di beni alla criminalità organizzata, che spesso, in alcuni comuni virtuosi, sono poi ridati alla collettività, che, all'interno di quei beni, svolge attività in favore della collettività stessa. Quando inserite delle norme, cercate di farlo con una visione complessiva, cercate di dare risposte compiute ai cittadini. E, quando parlate di intercettazioni, cercate di guardare non solo alla vita degli indagati o degli imputati, che in alcuni limitatissimi casi può essere, tra virgolette, danneggiata dai processi, ma cercate, ogni tanto, di avere un occhio, cosa che non avete mai, alle vittime di quei reati: se per una persona essere sotto processo è sicuramente qualcosa che effettivamente può sconvolgere il proprio equilibrio personale e familiare, pensate anche alle migliaia di vittime di reati e alle loro famiglie, che vivono lo stesso dolore delle vittime di reati, e che spesso, purtroppo, non trovano adeguata e tempestiva risposta dalla giustizia.

Dico questo anche per l'ennesima contraddizione della maggioranza che si è consumata proprio negli ultimi giorni: la Lega ha presentato in Commissione giustizia una proposta di legge sulla prescrizione per abolire non soltanto la cosiddetta “norma Bonafede”, che prevedeva l'interruzione e la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, ma essa si inserisce nuovamente e si va a combinare con la riforma Cartabia. E allora questo doppio meccanismo perverso determinerà purtroppo una mancata risposta di giustizia per migliaia e migliaia di vittime e per migliaia e migliaia di loro famiglie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Vedremo migliaia di processi che andranno in fumo per effetto della prescrizione, se andrà in porto una di queste proposte portate avanti pervicacemente dalla maggioranza, e migliaia e migliaia di processi che, qualora non intervenga la prescrizione nel corso del primo grado, andranno comunque in fumo perché verranno falciati dalla tagliola dell'improcedibilità introdotta dalla riforma Cartabia.

Concludo facendo - perché ancora abbiamo tanto da fare - un appello a questa maggioranza, perché, se queste sono le norme che voi ritenete giuste per i cittadini, allora vi chiedo semplicemente di fermarvi, perché credo che il vostro obiettivo sia altro, che il vostro obiettivo sia quello di dare vita ad una giustizia di classe. Tutti i vostri interventi, pur apparendo all'esterno disomogenei, sono invece uniti da un filo rosso sotterraneo che è davvero pericoloso e che sicuramente andrà a danno dei cittadini che hanno le spalle meno coperte, dei cittadini che ancora credono in una giustizia seria, ed avranno, purtroppo, il solo scopo di lasciare le mani libere a comitati d'affari e a tutti coloro che usano, strumentalizzano e piegano la giustizia a proprio piacimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1373-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione giustizia, onorevole Pietro Pittalis.

PIETRO PITTALIS , Relatore per la II Commissione. Grazie, Presidente. Ringrazio i colleghi che sono intervenuti, ma mi sia consentito anche rispedire al mittente le falsità e le mistificazioni che questa mattina ho ascoltato. Anche a nome della collega Kelany devo dire che è un tentativo maldestro nel momento in cui c'è non solo da parte del Governo, ma anche nell'opinione pubblica, l'impegno massimo alla lotta alle mafie, che è uno dei temi principali del programma di Governo della Presidente Meloni e di tutte le forze della nostra coalizione (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Lega-Salvini Premier). Se ne faccia una ragione soprattutto quella parte di opposizione del MoVimento 5 Stelle che anche in questa occasione ripropone argomenti che mi chiedo perché non siano stati affrontati quando loro avevano la responsabilità di Governo, ed il fatto che la Corte costituzionale sia intervenuta più volte sui provvedimenti del Ministro Bonafede, spazzando via tutto ciò che non fa parte della nostra cultura giuridica, è la risposta più eloquente. E la risposta eloquente è quanto detto anche dal Procuratore nazionale antimafia, dottor Melillo, che, sentito nel corso delle audizioni, ha espresso plauso per questo provvedimento, soprattutto perché ha visto uno strumento utile per il contrasto alle mafie. Su questo, Presidente, noi insistiamo e, pur nel libero confronto e nella critica aspra, rispediamo al mittente le falsità, le bugie e le mistificazioni. Questo è un provvedimento che va nella direzione giusta, che potrà essere anche migliorato, ma tutto quello che abbiamo ascoltato, purtroppo, non fa parte di questo provvedimento. Siamo davvero sorpresi per questa inutile, ulteriore sceneggiata che abbiamo purtroppo ascoltato, senza alcun utile profilo costruttivo da parte di settori di questa opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo, il Vice Ministro Sisto, non intende replicare. Poiché l'ordine del giorno prevede che si possa passare al seguito dell'esame non prima delle ore 12,30, sospendo la seduta fino a tale ora.

La seduta, sospesa alle 12,10, è ripresa alle 12,30.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1373-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1373-A​)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, senatore Luca Ciriani. Ne ha facoltà.

LUCA CIRIANI, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, a nome del Governo e autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 1373-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione, nel testo approvato dalle Commissioni riunite.

PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 14,30 presso la Biblioteca del Presidente, al fine di stabilire il prosieguo dell'esame del provvedimento.

Saluto le studentesse e gli studenti Coro delle voci bianche di Santa Cecilia, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi), ai quali auguriamo uno splendido anno scolastico e una eccellente vita.

La seduta riprenderà alle ore 15, per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 12,35, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dell'Economia e delle finanze, il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministro della Salute. Invito gli oratori a un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.

(Iniziative volte a prevedere adeguate risorse finanziarie ai fini del rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici – n. 3-00666)

PRESIDENTE. La deputata Boschi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00666 (Vedi l'allegato A).

MARIA ELENA BOSCHI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Signor Ministro, vado dritta al punto, visto che abbiamo poco tempo. Lei sa bene che il principale datore di lavoro di questo Paese è lo Stato perché, tra amministrazioni centrali e periferiche, sono oltre 3.200.000 i dipendenti pubblici. Però, purtroppo, nell'agenda del Governo Meloni manca completamente il tema del rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione, che sono scaduti, per lo più, dal 2021 e, in alcuni casi addirittura dal 2019. Questo riguarda anche settori strategici per il funzionamento del nostro Stato; penso al mondo della sanità e al comparto sicurezza/Forze dell'ordine.

È evidente che ci sia una preoccupazione che noi, come gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe, abbiamo espresso anche con emendamenti, ordini del giorno e proposte, negli scorsi mesi, a cui il Governo ha sempre risposto dicendo che se ne sarebbe parlato in legge di bilancio. Ecco, domani voi dovreste presentare la NADEF e la legge di bilancio è alle porte. Ci aspettiamo una risposta seria perché mancano all'appello quasi 10 miliardi di euro.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Onorevole Boschi, prima di tutto è utile ricordare quanto negli anni scorsi è stato stigmatizzato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 30 del 2015, in ordine al susseguirsi di norme che hanno sospeso prolungatamente la contrattazione collettiva. Sottolineo, invece, come il Governo, sin dal suo insediamento, abbia dato impulso alle trattative per avviare la stagione dei rinnovi. Nello specifico, a novembre 2022 sono stati conclusi quelli relativi ai comparti sanità, scuola ed enti locali, con un investimento di quasi 3,7 miliardi di euro destinati a circa 2 milioni di dipendenti pubblici, pari all'84 per cento del personale coperto dalla contrattazione nazionale. Inoltre, a maggio 2023 è stato firmato il contratto dell'area dirigenziale delle funzioni centrali; a luglio 2023 si è conclusa la trattativa anche per la parte normativa del comparto istruzione e ricerca e, attualmente, si sta chiudendo la trattativa per il rinnovo del contratto dei dirigenti medici e dei dirigenti degli enti locali. Nonostante la difficile congiuntura, il nostro Governo - come ricordato dagli stessi interroganti - appena insediatosi ha destinato nella legge di bilancio un primo stanziamento di un miliardo di euro per il comparto pubblico, ma, sin da allora, annunciò che nella successiva manovra sarebbero state individuate le risorse per procedere a una nuova stagione di rinnovi anche al fine di evitare l'erosione delle retribuzioni rispetto all'inflazione. L'ammontare delle risorse da destinare a tale finalità in misura congrua sarà oggetto delle decisioni assunte nell'ambito del quadro economico definito dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 che, oggi, questa sera, il Consiglio dei Ministri si appresta ad approvare.

PRESIDENTE. La deputata Boschi ha facoltà di replicare.

MARIA ELENA BOSCHI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Ovviamente ringrazio il Ministro Giorgetti, ma non posso ritenermi soddisfatta della risposta dello stesso Ministro perché, proprio in vista del Consiglio dei Ministri di oggi, il Ministro dell'Economia, numeri in mano, ha la possibilità di rispondere in Parlamento circa il rinnovo dei contratti e quante risorse potranno essere messe a disposizione nella prossima legge di bilancio e questa risposta non è stata fornita. Anche perché per il rinnovo dei contratti si parla di una cifra che va dagli 8 ai 10 miliardi, ben distante dal miliardo di cui ha parlato adesso il Ministro Giorgetti che servirebbe, al massimo e solo parzialmente, a rinnovare quanto già previsto dal Governo Draghi sul trattamento accessorio che, peraltro, riguarda soltanto il trattamento in fase di quiescenza. Questo è ben lontano e ben diverso dal rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione su cui si sono aperti alcuni tavoli, peraltro non in tutti i comparti.

Tuttavia, senza risorse i tavoli servono a poco e stupisce anche che lo stesso Ministro della Pubblica amministrazione, competente per materia, il Ministro Zangrillo, in vari interventi pubblici di questi ultimi giorni abbia già messo le mani avanti dicendo che sostanzialmente soldi non ce ne sono e che, quindi, anche questa volta il rinnovo dei contratti della PA si farà un'altra volta. Noi ben conosciamo la sentenza del 2015, che il Ministro ha citato, perché fu proprio in ragione di una norma voluta dall'allora Governo Berlusconi che la Corte costituzionale intervenne, dichiarando l'illegittimità del blocco del rinnovo dei contratti. Tanto è vero che poi, con il Governo Renzi, si sono sbloccati e si è andati al rinnovo, così come pure con i Governi successivi. Il Governo Meloni ci ha detto di essere pronto a governare. Ecco, dovrebbe essere pronto anche a dare risposte a una risorsa fondamentale dello Stato. Non possiamo pensare di elogiare, giustamente, e ringraziare i nostri medici, infermieri e le Forze dell'ordine, quando intervengono in situazioni di emergenza, salvo poi non far fronte all'erosione del loro stipendio dovuta anche semplicemente all'inflazione, all'aumento del costo dei beni in carrello o alla spesa energetica. Se essi sono davvero, e lo sono, i gangli dello Stato, se dalla PA passa anche la possibilità di adempiere ai doveri del PNRR e di non sprecare 200 miliardi di euro occorre dare risposte, occorre soprattutto valorizzare quelle competenze.

(Iniziative di competenza per contrastare gli effetti del rialzo dei tassi di interesse sul mercato immobiliare e sui prezzi delle materie prime – n. 3-00667)

PRESIDENTE. Il deputato Alessandro Colucci ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lupi e altri n. 3-00667 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

ALESSANDRO COLUCCI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. A settembre, la Banca centrale europea ha aumentato di nuovo i tassi di interesse di un quarto di punto percentuale. Ora i tassi sono molto alti: sui rifinanziamenti il 4,5 per cento, sui depositi il 4 per cento e sui prestiti il 4,75 per cento. I motivi principali del rialzo sono l'inflazione e l'indebitamento della domanda interna. In un quadro come questo è alto il rischio di recessione, si determina un rallentamento degli investimenti e il mercato immobiliare va in affanno. Quest'ultimo ha già registrato, nel periodo aprile-giugno 2023, una flessione del 16 per cento. Inoltre, l'aumento dei tassi d'interesse determina un aumento dei prezzi delle materie prime e un aumento dei prezzi dei beni di consumo. Allora, Ministro, il gruppo Noi Moderati le chiede - consapevole che queste preoccupazioni sono anche le sue, essendo molto sensibile a queste tematiche - cosa intenda fare per contrastare gli effetti descritti relativi all'aumento dei tassi di interesse al fine di tutelare i consumatori e le imprese italiane.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, confermo che il Governo continua a monitorare con attenzione sia le decisioni prese dalle istituzioni europee sui tassi d'interesse sia l'andamento dei prezzi al fine di adottare eventuali interventi di sostegno per le famiglie più svantaggiate e garantire la competitività delle imprese. Torno a ricordare - come già fatto in quest'Aula - che le condizioni eccezionalmente favorevoli degli anni scorsi, garantendo bassi tassi di interesse sui mutui, si riflettono ancora sul tasso d'interesse medio sulle consistenze dei mutui delle famiglie. La questione abitativa, a prescindere dall'andamento dei tassi, è comunque un ambito di intervento prioritario del Governo. Infatti, siamo intervenuti prorogando più volte le misure di agevolazione per l'acquisto della prima casa in favore delle giovani coppie, dei giovani fino a 36 anni, dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori nonché dei conduttori di alloggi IACP. Posso anticipare che con un decreto-legge, che sarà sottoposto questa sera al Consiglio dei Ministri, tale misura sarà ulteriormente prorogata sino al 31 dicembre prossimo.

Sempre a tutela del potere di acquisto delle famiglie, con il decreto-legge approvato lo scorso 25 settembre sono stati prorogati, sino a fine anno, la riduzione delle bollette dell'energia elettrica e del gas a favore dei nuclei familiari economicamente più disagiati o con componenti in condizioni di salute gravi, l'azzeramento degli oneri di sistema relativi al gas naturale e la riduzione dell'aliquota IVA al 5 per cento per la somministrazione di gas metano usato per la combustione per usi civili e industriali, per la fornitura di servizi di teleriscaldamento e per le somministrazioni di energia termica prodotta dal gas metano. Inoltre, il beneficio della riduzione delle bollette di energia elettrica e gas è stato integrato con un contributo straordinario per le spese di riscaldamento per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2023. È stata inoltre rifinanziata la social card, estendendone l'utilizzo anche per l'acquisto di carburanti, ed è stato incrementato il fondo destinato all'attribuzione di un buono da utilizzare per l'acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale o di trasporto ferroviario nazionale spettante alle persone fisiche che, nell'anno 2022, abbiano conseguito un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro.

È stato, infine, modificato il regime delle agevolazioni a favore delle imprese a forte consumo di energia elettrica, le cosiddette energivore, prevedendo il superamento del sistema degli scaglioni per la modulazione del beneficio a favore di un valore unico per tutte le imprese che soddisfino analoghi requisiti.

PRESIDENTE. L'onorevole Francesco Saverio Romano ha facoltà di replicare.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO (NM(N-C-U-I)-M). Signor Ministro, sappiamo che il Governo su questo fronte è impegnatissimo e sappiamo anche che è impegnato affinché il rapporto tra banche, imprese e famiglie possa essere più equo, così da sostenere le famiglie e le imprese stesse.

Ma, poiché le voci circolano, sappiamo pure che le banche sono intente, anziché a dimezzare ad esempio i costi del POS nel prossimo futuro – e intendo nei prossimi giorni, non so se le è arrivata la voce - ad aumentarli.

Noi siamo molto preoccupati perché sappiamo che, a fronte di ogni iniziativa che tende a limitare questa escalation che nel nostro Paese si riflette sulle famiglie, sulle piccole e medie imprese - e il nostro tessuto economico è fatto soprattutto di piccole e medie imprese - vi sono iniziative che, da un lato, purtroppo non possiamo contrastare, perché non abbiamo nessun potere nei confronti della signora Lagarde che con garbo ci spiega che deve raffreddare l'economia. Noi sappiamo che ci sono anche altri strumenti per raffreddare l'economia e che l'Italia non è la Germania: l'Italia non ha la possibilità di scaricare sulle piccole e medie imprese il costo del denaro. Le piccole e medie imprese - come sta accadendo - possono soltanto fallire o ribaltare sui prezzi, innescando la spirale inflazionistica, anziché abbatterla. Su questo, signor Ministro, chiediamo non soltanto l'impegno del Governo, ma che ci sia qualche parola in più anche nei confronti dei nostri partner a livello europeo.

Non è possibile immaginare che questo costo del denaro così alto possa comprimere mercati importanti, come quello immobiliare nel nostro Paese, per consentire magari a qualcuno di fare shopping. Questo non lo dobbiamo consentire (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

(Intendimenti del Governo in merito al contrasto all'evasione fiscale anche al fine di salvaguardare la funzione sociale del fisco - n. 3-00668)

PRESIDENTE. L'onorevole Borrelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00668 (Vedi l'allegato A).

FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Egregio Ministro, in circa un anno di Governo avete emesso circa 14 misure di clemenza fiscale. È un numero impressionante e nelle ultime ore se ne annunciano altre: ancora condoni, condoni, e addirittura abbiamo avuto il battesimo di quella che chiamiamo “pace fiscale”, invece di definirla “condono”, perché in fin dei conti è sempre la stessa cosa.

La nostra preoccupazione è che, pur di trovare un tesoretto, aumenti l'iniquità nel nostro Paese. Addirittura, in ipotesi si parla di una norma che, a fronte di debiti con il fisco di 30 mila euro, prevedrebbe che venga pagato solo il 10 per cento di tale cifra.

Noi le chiediamo se il Governo non intenda dover abbandonare o ridurre, quantomeno per il futuro, un approccio condonistico del sistema fiscale.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevole Borrelli, preliminarmente posso rispondere sulle cose che fa il Governo, non su notizie che appaiono sui giornali ma che il Governo non ha adottato e che probabilmente non ha neanche intenzione di adottare.

L'unico provvedimento che abbiamo assunto - quello nel decreto Energia appena approvato dal Consiglio dei Ministri - detta norme che consentono di esercitare esclusivamente il ravvedimento operoso per le violazioni di alcuni obblighi in materia di certificazione dei corrispettivi commesse tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2023, regolarizzando, entro la fine dell'anno, la posizione con il pagamento delle sanzioni previste dalla legge.

In altre parole, si ribadisce che la norma consente ai contribuenti di avvalersi di un istituto già esistente e attualmente in vigore, con la possibilità, previo pagamento delle somme dovute, di evitare la pena di morte per migliaia di esercizi commerciali; non è un atto di clemenza ma di ragionevolezza. Ai fini dell'applicazione della disposizione, infatti, è decisiva la distinzione tra l'atto di constatazione e la contestazione delle violazioni degli obblighi in materia di certificazione dei corrispettivi.

La norma si inserisce nel più organico disegno di riforma del fisco che il Governo sta portando avanti: per la prima volta, infatti, grazie alla sempre maggiore interoperabilità delle banche dati, obiettivo a cui tende peraltro anche la legge di delega fiscale, nonché al lavoro dell'amministrazione finanziaria, è stato possibile far emergere la base imponibile derivante dalle violazioni di obblighi tributari.

Ciò posto, ribadisco che l'attuazione della riforma delineata dalla legge delega per la riforma fiscale, approvata di recente dal Parlamento, realizzerà sia un sistema fiscale più equo sia un sistema nazionale di riscossione più efficiente ed efficace.

PRESIDENTE. L'onorevole Francesco Emilio Borrelli ha facoltà di replicare.

FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Ribadisco che risultano 14 misure di clemenza fiscale, tra cui le cartelle esattoriali sotto i 1.000 euro, le multe stradali, il condono sui guadagni delle criptovalute.

Signor Ministro, la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, non sul condono e noi insistiamo nel chiederle una visione diversa. Non dirò mai - e non diremo mai - che lei è l'unico o il primo; diciamo di invertire la rotta, l'ha detto pure la Corte dei conti. Lei parla della “morte” di alcuni commercianti, di persone che pagano le tasse: possiamo dire che non parliamo mai di chi invece le paga tutte? Ed è considerato, purtroppo, nel nostro Paese un fesso. Si continua a pensare solo a chi evade, a chi non rispetta le regole, e non a chi invece le tasse le paga tutte, sempre e continuamente. Ma per loro, noi cosa prevediamo?

E' iniquo un Paese che si concentra solo ed esclusivamente sui condoni, che in qualche caso possono essere stati anche giusti o hanno rimediato ad errori, ma il nostro non può essere un Paese in cui il sistema culturale condonistico sia su tutto. Ovviamente sul fisco, sugli abusi edilizi, su ogni cosa si cerca di fare un condono e, poi, alla fine, rimane l'idea dell'Italia dei furbetti, in cui chi rispetta le regole rimane a bocca aperta, perché per questi non discutiamo nulla: non ci sono norme, non ci sono premialità.

E su questo - lei lo sa perché ne abbiamo parlato più volte in Commissione e glielo ho ribadito più volte - lei troverebbe, anche da parte della minoranza, una valutazione positiva nell'immaginare premialità anche per coloro che rispettano e hanno sempre rispettato le norme nel nostro Paese, per coloro che hanno pagato sempre tutte le tasse e non hanno avuto nessun aiuto.

Chiudo il mio intervento, signor Presidente, rivolgendomi al Governo con una richiesta che non riguarda il question time: stanotte c'è stata - lo sapete, io vengo da Napoli - un'ulteriore fortissima scossa di terremoto nei Campi Flegrei. Da mesi stiamo discutendo varie proposte, alcune anche votate in Parlamento. Diciamo al Governo di fare presto perché la situazione è estremamente delicata.

(Iniziative per la bonifica del sito di interesse nazionale di Massa Carrara, con particolare riferimento alle fonti di finanziamento e alle tempistiche dei relativi interventi - n. 3-00669)

PRESIDENTE. L'onorevole Barabotti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00669 (Vedi l'allegato A).

ANDREA BARABOTTI (LEGA). Signor Ministro, come sa, l'eredità lasciata dall'industria chimica nel territorio della provincia di Massa Carrara è molto pesante.

Intere porzioni di un territorio incantevole, incastonato tra il mar Tirreno e le Alpi Apuane, sono state letteralmente avvelenate e, purtroppo, solo i cittadini hanno pagato caro questo disastro ambientale con il lavoro, con la salute o addirittura con la vita.

Già dai primi anni Novanta tutte le istituzioni italiane hanno chiaro il quadro della situazione: eppure nel 2023, eccoci in quest'Aula parlamentare a dibatterne ancora.

Come Lega, sappiamo, perché vi abbiamo visto sul territorio all'opera, che sul fronte delle bonifiche l'attenzione sua e del Vice Ministro Vannia Gava è massima, ma l'auspicio è che oggi, in questa sede, dopo trent'anni di attesa, si possano ascoltare parole chiare, parole concrete e apprendere in modo ufficiale dove si interverrà, con quali risorse e, possibilmente, in quali tempi.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Grazie, Presidente. Ringrazio gli interroganti. Il più recente accordo di programma volto alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza del SIN di Massa e Carrara - che ha richiamato peraltro molti dei temi dell'interrogazione - risale, giustamente, al 7 maggio 2018. Lo stesso era stato finanziato con oltre 22 milioni di euro, di cui 21 da risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2014-2020, afferente al Ministero, e 1,5 milioni da risorse regionali, ed include la progettazione, l'esecuzione dei lavori di bonifica della falda, nonché la definizione degli interventi nelle specifiche aree.

Gli interventi in esso disciplinati riguardano l'implementazione delle attività previste in un precedente accordo preliminare, sottoscritto nel 2016, con un valore pari a 3 milioni di euro a carico del Ministero e della regione, avviate in seguito all'approvazione della progettazione definitiva, conclusasi il 30 maggio 2022. I consistenti ritardi nell'attuazione dei piani di interventi previsti da entrambi gli accordi, anche a causa della pandemia, e il mancato conseguimento delle obbligazioni giuridicamente vincolanti entro il 31 dicembre 2022, così come da normativa del Fondo per lo sviluppo e la coesione, hanno consentito solo l'utilizzo di mezzo milione di euro per gli interventi previsti, tra cui quello relativo alla falda soggiacente al SIN in argomento.

Poiché la regione Toscana ha comunque reputato urgente tale intervento, con legge regionale del 28 dicembre scorso ha deciso un incremento del cofinanziamento con risorse proprie pari a 12 milioni. Nei mesi scorsi, la regione Toscana ha altresì richiesto al Ministero una nuova convocazione della cabina di regia, volta a definire un rifinanziamento coi Fondi per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2021-2027. La stima dei costi indicati è pari a circa 21 milioni.

Si segnala, infine, che, per espressa richiesta della regione sul tema, lo scorso 5 luglio è stata convocata una riunione che ha visto la partecipazione del Vice Ministro Gava a ulteriore conferma dell'attenzione del Governo sul tema. In tale sede è stato illustrato lo stato dell'attuazione degli accordi di programma citati, in modo da individuare in modo puntuale gli interventi da finanziare, con un chiaro cronoprogramma che ne garantisca la certezza della realizzazione e anche con la parte finanziaria che si sta discutendo proprio in questo periodo in merito alla programmazione 2021-2027 del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

PRESIDENTE. Il deputato Barabotti ha facoltà di replicare.

ANDREA BARABOTTI (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, le parole che lascia agli atti di questa seduta, pronunciate davanti agli italiani che ci seguono in diretta televisiva, danno sollievo e speranza a intere comunità, ma sono anche una garanzia per tutti gli altri territori italiani che soffrono di un'elevata fragilità ambientale. Nell'era della transizione eco-illogica, davanti alle euro-follie che vorrebbero imporre a chiunque auto elettriche e case green, in Italia fortunatamente c'è un Governo che non parla di ambiente per vezzo ma che per l'ambiente lavora concretamente, a partire dalle situazioni che sono più delicate e più complesse.

Dopo tanti decenni senza risposte chiare, oggi, da uomo e da cittadino che è nato e cresciuto in quelle terre, ancor prima che da parlamentare, sento due doveri, quello di dire grazie a chi in questi anni ha mantenuto alta l'attenzione su questo tema e quello di dedicare un pensiero a tutti coloro che hanno sofferto a causa dei veleni che nel tempo hanno contaminato terreni, falde e persino vite.

Signor Ministro, la risposta del Governo è soddisfacente, anche alla luce del fatto che, oltre agli interventi previsti dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, il comune di Massa ha ottenuto importanti finanziamenti, grazie alla pronta progettualità del comune, per bonificare altri importanti siti cosiddetti orfani, con decine di milioni di euro. Quindi, la risposta del Governo è soddisfacente, ma la vera soddisfazione - me lo consenta - l'avremo solo quando vedremo aprire, finalmente, i cantieri e vedremo iniziare, finalmente, queste bonifiche tanto attese.

(Chiarimenti in merito ai tempi di definizione del cosiddetto "Piano Mattei per l'Africa" e alle relative risorse finanziarie - n. 3-00665)

PRESIDENTE. Il deputato Provenzano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00665 (Vedi l'allegato A).

GIUSEPPE PROVENZANO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Signor Ministro, oggi, lei ha un'occasione quasi storica: far luce su quello che sta diventando uno dei più grandi misteri italiani, il Piano Mattei. La Presidente del Consiglio ne aveva parlato ormai un anno fa, nel discorso di insediamento alle Camere, e ha continuato a farlo in discorsi e interviste. A onor del vero, lei, Ministro, l'ha fatto di meno e in più di un'occasione ha dato l'idea di non saperne molto, quasi subendo una diplomazia parallela di Palazzo Chigi.

Noi di questo Piano Mattei non abbiamo saputo più nulla, se non che avete scomodato un grande antifascista per un piano che evidentemente non c'è e che sta diventando come l'araba fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Solo che, qualche giorno fa, Giorgia Meloni ne ha parlato persino all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Gli unici posti dove non ne avete mai parlato sono proprio quelli in cui invece avreste la responsabilità di farlo, il Consiglio dei Ministri e questo Parlamento perché, Ministro, azioni, progetti, risultati attesi, numeri e cifre costituirebbero un piano. Ora, noi non pretendiamo questo ma almeno un volantino, un sito dove possiamo leggere una scheda di sintesi, uno straccio di idea. Ministro, questo, sì, ce lo dovete. Noi siamo qui, ha questa occasione, non la sprechi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Onorevole Provenzano, apprezzo la sua vena poetica. Evidentemente, non mi conosce. Per quanto riguarda la politica estera, io non sono un mite, non mi faccio commissariare e le ricordo soltanto che sono una persona educata e c'è una bella differenza tra mite ed educato (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE, Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier).

L'Africa è una priorità per gli interessi nazionali e gli equilibri globali. Il nostro Governo l'ha messa fin dall'inizio al centro della politica estera italiana, con un nuovo approccio - ascoltare, rispettare e costruire insieme - e un fitto calendario di visite e di incontri. Ricordo soltanto le più recenti: a Roma, abbiamo ospitato, a luglio, il vertice ONU sulla sicurezza alimentare e la Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni; al continente africano il Presidente del Consiglio ha dedicato il suo intervento all'Assemblea generale delle Nazioni Unite; al vertice sullo sviluppo, sempre a New York, ho sottolineato che serve un impegno globale per l'Africa e contro i trafficanti di esseri umani. L'Africa è stata il tema principale di tutti i nostri colloqui bilaterali, molti dei quali con Capi di Stato e Ministri africani, un dialogo continuo, insomma. Ho riunito in due occasioni tutti gli ambasciatori africani, coinvolgendo altri colleghi di Governo per rendere operative collaborazioni nei settori di interesse comune. Uscito da quest'Aula, incontrerò di nuovo il Ministro degli Affari esteri del Kenya e discuteremo di cooperazione economica e del rilancio del centro spaziale di Malindi.

Ecco, cosa significa il metodo Mattei: niente paternalismi o atteggiamenti predatori, ma un vero partenariato, una relazione tra pari, l'Africa vista con occhi africani. In questa logica, condivideremo alcune proposte con i governanti africani al vertice di Roma del 5 e 6 novembre e con loro le svilupperemo. Numerose sono le aree di cooperazione: agroindustria, transizione energetica, lotta ai cambiamenti climatici, infrastrutture fisiche e digitali, formazione professionale, cooperazione culturale, scientifica e accademica. Intendiamo mettere a sistema le attività che l'Italia realizza, orientandole su priorità condivise, e mobilitare nuove risorse non solo pubbliche. Vogliamo incrementare le joint venture per trasformare in loco le materie prime - con lavoratori africani - di cui il continente è ricco. La crescita è lo strumento più efficace per favorire la stabilizzazione delle aree di crisi, aggredire le cause delle migrazioni e contrastare la diffusione del radicalismo. Anche la cooperazione allo sviluppo rappresenta un tassello importante. L'Africa è il primo beneficiario delle nostre attività. Nel continente abbiamo 400 iniziative a dono e più di 40 progetti a credito, per un totale di circa 2 miliardi di euro. Ma l'Italia non può farcela da sola. Fin da quando ero Vicepresidente della Commissione a Bruxelles, insistevo sulla necessità di un Piano Marshall europeo per l'Africa che oggi è ancora più necessario.

PRESIDENTE. Concluda.

ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Mi avvio a concludere.

Occorre coinvolgere le organizzazioni e le istituzioni finanziarie internazionali, come abbiamo fatto per la Conferenza di Roma su sviluppo e migrazioni. Anche alle Nazioni Unite abbiamo sensibilizzato gli interlocutori sull'esigenza di una più vasta iniziativa europea e globale e questo lo sa bene la delegazione parlamentare che ha seguito i lavori dell'Assemblea generale. La Presidenza italiana del G7 offrirà un'ulteriore opportunità per rendere l'Africa una priorità per tutti. La prego di leggere la replica, non quella scritta prima, ma quella dopo aver ascoltato la mia risposta (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE, Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Il deputato Provenzano ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE PROVENZANO (PD-IDP). Signor Ministro, per fortuna aveva solo tre minuti, perché altrimenti sarebbe stato complicato andare avanti, quando non ci ha portato nessun elemento concreto, nessuna cifra che le avevamo chiesto, nessun dettaglio, se non la conferma di una serie di errori gravi di impostazione, che sono quelli che vi stiamo rimproverando.

Primo: avete piegato tutta la politica estera nei confronti del Mediterraneo e dell'Africa al contenimento dei flussi migratori, esponendoci al ridicolo di fronte al consesso delle Nazioni e a quei Paesi africani ai quali andate a dire che c'è un'emergenza migrazioni, con 10.000 persone che avete tenuto voi, con la vostra scelleratezza, a Lampedusa, quando loro, ai propri confini, hanno milioni di profughi di fame, di sete e di guerra; secondo: di concreto fin qui abbiamo letto solo progetti di energia legati sostanzialmente al fossile, seguendo quel modello estrattivo, Ministro, che è l'esatto contrario di una cooperazione paritaria. A proposito di cooperazione, Ministro, basta menzogne, perché, mentre cianciate di Africa e Mediterraneo, l'anno scorso avete tagliato 50 milioni alla cooperazione allo sviluppo, marginalizzando tutti gli attori, anche sociali, coinvolti, con un danno economico anche per le nostre imprese (siamo allo 0,3 per cento del PIL). Noi, insieme a tutte queste associazioni, chiediamo di raggiungere lo 0,7 e vogliamo tempi certi per farlo, Ministro; terzo: ma pensate veramente di poter competere da soli sull'Africa con potenze come Cina, Russia e Turchia? Dov'è l'Europa, Ministro? Serve quella! Noi le abbiamo proposto - glielo abbiamo detto - un green deal per l'Africa, un green deal europeo per l'Africa su alcuni di quei settori che ha citato lei, ma con numeri, progetti, idee e linee di azione e soprattutto su questioni che abbiamo già proposto, come le università euromediterranee richiamate spesso da Prodi, e anche i diritti, Ministro, perché questo è un punto fondamentale.

PRESIDENTE. Concluda.

GIUSEPPE PROVENZANO (PD-IDP). Concludo, Presidente. Lei ha parlato della conferenza di novembre, del processo di Roma. Alcuni di quei leader a cui avete stretto la mano non ci sono più, perché nel frattempo sono arrivati i golpe, ma ancora una volta non ci ha detto dell'Europa. La Francia non ne sa niente e dice di non volerne sapere niente, mentre…

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIUSEPPE PROVENZANO (PD-IDP). …la Germania è stata appena definita, dal secondo partito di Governo, è stata paragonata alla Germania nazista…

PRESIDENTE. La ringrazio.

GIUSEPPE PROVENZANO (PD-IDP). …e io non so come lei farà domani a Berlino, sinceramente caro Ministro, a discutere con la sua omologa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

(Iniziative di competenza volte a garantire la tempestiva liquidazione degli indennizzi di cui alla legge n. 210 del 1992 a favore delle persone colpite da epatite a seguito di trasfusioni e somministrazione di emoderivati - n. 3-00670)

PRESIDENTE. Il deputato Gatta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00670 (Vedi l'allegato A).

GIANDIEGO GATTA (FI-PPE). Grazie, Presidente. Ministro, si tratta della diffusione del virus dell'epatite B, C, D o G attraverso trasfusioni di sangue o emoderivati. La legge n. 210 del 1992 ha introdotto, in verità, meccanismi di indennizzo a favore di coloro i quali siano stati contagiati dalla diffusione del virus, tuttavia l'esperienza, soprattutto delle aule processuali, ha dimostrato che la procedura prevista dalla legge è farraginosa, complessa, spesso addirittura incomprensibile. Il quesito che oggi le si rivolge è questo: quali misure intende attivare per fare in modo che la procedura divenga più efficiente ed efficace e soprattutto quali misure di attivazione, di controllo e di monitoraggio sull'efficacia della legge il Governo intende porre in essere? Dico che spesso, purtroppo, i pareri delle commissioni sono stati stravolti dai tribunali e questo ha comportato, ahimè, un aggravio di spese a carico del Governo…

PRESIDENTE. Concluda.

GIANDIEGO GATTA (FI-PPE). …con tutta una serie di conseguenze, anche in termini di spesa, per i giudizi di ottemperanza, che talvolta sono stati pronunciati dai tribunali amministrativi regionali.

È un problema serio che, nonostante l'individuazione dei test di screening per l'individuazione del virus dell'epatite nel sangue infetto, non si riesce ancora ad affrontare con efficacia.

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Presidente, ringrazio gli interroganti per aver posto l'attenzione su una questione di particolare rilevanza. Ricordo che per i soggetti riconosciuti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati infetti è previsto il diritto a percepire un indennizzo vitalizio da parte dello Stato, ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 210.

Nel corso degli anni si è creato un rilevante contenzioso con un numero elevato di soggetti interessati, dovuto anche alle pronunce della giurisprudenza in materia. A ciò si aggiunge che i competenti uffici del Ministero della Salute hanno dovuto svolgere numerose procedure e ne vado a ricordare alcune: gestione di circa 9.000 posizioni che riguardano sia gli indennizzati, di cui alla legge sopra citata, i cui ruoli di spesa fissa sono stati aperti antecedentemente al trasferimento delle funzioni alle regioni, sia le pratiche dei residenti nella regione siciliana; il riconoscimento e la corresponsione dell'indennizzo previsto dalla legge 29 ottobre 2005, n. 229, per i danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni residenti su tutto il territorio nazionale; riconoscimento e corresponsione degli indennizzi a favore dei soggetti affetti da sindrome da talidomide residenti su tutto il territorio nazionale; ricorsi amministrativi avverso il diniego di riconoscimento di indennizzi; transazioni previste per la deflazione del contenzioso.

A fronte delle numerose procedure svolte, gli uffici ministeriali, negli ultimi tre anni, hanno conseguito questi risultati: azzerare l'arretrato nelle sentenze di ottemperanza dei TAR, ripristinando la tempestività nelle liquidazioni; riduzione drastica di nuovi contenziosi; liquidare centinaia di sentenze ordinarie all'anno, seguendo il criterio cronologico; completare la procedura di liquidazione prevista per l'equa ripartizione, sia per i danneggiati da trasfusioni con sangue infetto, sia per i danneggiati da vaccinazione obbligatoria; istruire e concludere la quasi totalità delle transazioni per i soggetti talassemici affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie.

Per quanto concerne, poi, le azioni volte a ridurre le tempistiche per la liquidazione dei titoli giudiziari, faccio presente che si è proceduto: a effettuare la completa mappatura e reingegnerizzazione dei processi; a proporre, sulla base dei risultati della suddetta attività di mappatura, interventi normativi per implementare i sistemi informativi a sostegno delle attività; ad agevolare il passaggio di informazioni tra l'amministrazione e le regioni, nonché interventi normativi per incrementare le risorse umane e finanziarie per evadere nel minor tempo possibile l'esecuzione dei titoli di condanna.

Da ultimo, desidero sottolineare, riguardo a quanto indicato nell'interrogazione in esame, che, a fronte di un numero indefinito, ma certamente molto alto, di contagiati danneggiati da emotrasfusioni infette, oggi, in realtà, il rischio di essere infettato da emotrasfusione è prossimo allo zero, in quanto i protocolli relativi alle trasfusioni sono molto rigorosi e sottoposti a rigidi controlli.

PRESIDENTE. Il deputato Gatta ha facoltà di replicare.

GIANDIEGO GATTA (FI-PPE). Grazie, Presidente. Mi ritengo pienamente soddisfatto dalle parole rassicuranti del Ministro. Intanto la soddisfazione è data dal fatto che la diffusione del virus è praticamente quasi pari allo zero e questo ci rasserena tutti; dall'altra parte devo dire che l'azzeramento dell'arretrato, la riduzione drastica dei contenziosi, la mappatura e l'istruzione, anche per via telematica, di tutti i processi sono fonte di ritrovata serenità da parte di tutti coloro i quali hanno atteso invano per tanti anni l'indennizzo previsto dalla legge n. 210.

Certo, credo che ci sarà molto da fare, ma ritengo che anche quel suo passaggio, sulla necessità di incrementare le risorse umane a disposizione del Ministero per fare in modo che la mappatura sia completata e che si dia finalmente luogo all'esecuzione del dettato normativo della legge n. 210, possa tranquillizzare tutti i cittadini che sono stati colpiti dalla diffusione del virus dell'epatite e anche i loro congiunti. Ancora grazie, Ministro, per quanto ha fatto e per quanto farà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

(Iniziative di competenza volte al potenziamento e al monitoraggio del sistema di gestione delle liste d'attesa da parte delle strutture sanitarie, alla luce dei criteri previsti dal relativo Piano nazionale di Governo - n. 3-00671)

PRESIDENTE. Il deputato Quartini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00671 (Vedi l'allegato A).

ANDREA QUARTINI (M5S). Grazie, Presidente. Ministro, si stima che in Italia ci siano fino a 11 milioni di cittadini che rinunciano alle cure a causa delle lunghe liste d'attesa o che si impoveriscono per gli alti costi della sanità privata, fino a 40 miliardi out of pocket. È inaccettabile che chi per anni ha pagato le tasse per il sistema sanitario, il giorno che ne ha bisogno per una volta, per una visita, per un esame, per una prestazione, trovi muri o, addirittura, trovi l'evidenza di gravi violazioni nella gestione delle liste di attesa. I cittadini devono aspettare mesi, se non addirittura anni, per ottenere una visita specialistica o un intervento chirurgico, con il rischio di conseguenze negative sulla salute e sulla qualità della vita.

Signor Ministro, le chiediamo come intenda procedere di fronte a questa grave emergenza. Non lo deve al sottoscritto, Ministro, lo deve ai cittadini italiani.

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Presidente, ringrazio gli onorevoli interroganti per aver posto l'attenzione sull'argomento delle liste di attesa, al quale sto dedicando molto del mio impegno. Faccio presente che il Ministero della Salute, per il tramite del Comando carabinieri per la tutela della salute, effettua i monitoraggi periodici previsti dal vigente Piano nazionale di Governo delle liste di attesa. Nei mesi di luglio e agosto ultimi scorsi è stata espletata una campagna di controlli, da Nord a Sud del Paese, finalizzata alla verifica della gestione delle liste di attesa per l'erogazione di prestazioni sanitarie ambulatoriali riconducibili a visite specialistiche ed esami diagnostici afferenti al Servizio sanitario pubblico.

Gli accertamenti sono stati indirizzati sulle prestazioni che riportavano maggiori tempistiche di erogazione rispetto a quelle previste dai LEA. Sono stati oggetto di verifica: la regolarità nella gestione delle agende di prenotazione per visite ed esami sanitari, compresi quelli forniti in regime di libera professione intramuraria; la corretta comunicazione dei dati agli uffici regionali e alle ASL di riferimento; l'individuazione delle cause di criticità nelle tempistiche di erogazione delle prestazioni sanitarie e nella presenza di agende chiuse. Questo Piano nazionale, adottato d'intesa con la Conferenza Stato-regioni nel febbraio 2019, prevede il monitoraggio dei tempi di attesa quale elemento essenziale per il più generale monitoraggio dei LEA, sia ex ante che ex post.

Il Piano, nello specifico, individua differenti tipologie di rilevazione. Vi sono: monitoraggio ex post delle prestazioni ambulatoriali, che viene effettuato attraverso il flusso informativo, rilevando i dati relativi alla data di prenotazione, di erogazione e alla classe di priorità, che consentono il calcolo di specifici indicatori relativi al numero delle prestazioni garantite entro i tempi delle classi di priorità breve e entro i tempi di priorità differibile; monitoraggio ex ante delle prestazioni ambulatoriali, che si effettua per le prestazioni in primo accesso relative alle classi di priorità B, D e P e si basa su una rilevazione dei dati sui tempi di attesa per le prestazioni ambulatoriali specificatamente indicate nel Piano 2019-2021, effettuato attraverso una piattaforma all'interno della predetta dashboard, nella quale le regioni e le province autonome inseriscono le informazioni autocertificate relative alle prestazioni ambulatoriali oggetto di monitoraggio, al numero delle prenotazioni con la relativa classe di priorità, alla percentuale di garanzia di rispetto del tempo massimo di attesa; monitoraggio ex post dei tempi di attesa per ricoveri programmati, che si effettuano attraverso la misurazione dell'indicatore “proporzione di prestazioni di ricovero programmato erogate nel rispetto dei tempi massimi di attesa per la classe di priorità A”, rilevando il flusso delle schede di dimissioni ospedaliere, le SDO, con le informazioni relative alla data di prenotazione, classe di priorità del ricovero programmato, data di ricovero, tipo di ricovero, tipo di intervento, principale o secondario; monitoraggio delle sospensioni delle attività di erogazione delle prestazioni specialistiche ambulatoriali relative esclusivamente a casi eccezionali; questo monitoraggio è effettuato attraverso una piattaforma all'interno della predetta dashboard e riguarda le sospensioni relative alle prestazioni appositamente indicate nel piano 2019-2021. Dalla panoramica che ho esposto risulta che il monitoraggio ex post delle liste di attesa avviene attraverso la rilevazione di alcune informazioni da due principali flussi già esistenti. Si sta, tuttavia, valutando un'evoluzione del sistema per il monitoraggio ex ante delle prestazioni specialistiche ambulatoriali all'interno dell'NSIS attraverso l'esposizione di web service come modalità di trasmissione, superando l'invio di file XML, come avviene oggi, favorendo il collegamento automatico con i CUP, per aumentare la tempestività di rilevazione.

PRESIDENTE. Il deputato Quartini ha facoltà di replicare.

ANDREA QUARTINI (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, della risposta, rispetto alla quale siamo sostanzialmente e decisamente insoddisfatti, per un motivo molto semplice. Ci ha dato notizie che conoscevamo dalla cronaca, ci ha detto le regole che conoscevamo e che sono previste dal Piano nazionale di Governo delle liste di attesa. Non ha detto niente su come si intende procedere per abbattere le liste di attesa, questo è il grosso problema che gli italiani vogliono risolvere, sono insoddisfatti loro stessi. Un recente sondaggio, fatto da alcune categorie di professionisti, dice che oltre il 60 per cento dei cittadini è insoddisfatto del nostro Servizio sanitario nazionale. Di recente, anche il cardinale Zuppi ha detto le stesse cose che stiamo dicendo noi rispetto al problema delle liste di attesa. Il problema si può e si deve risolvere. È necessario investire nel Servizio sanitario nazionale, aumentando le risorse finanziarie. Lei stesso ha detto che ci vogliono almeno 4 miliardi, ma non se ne vede traccia nelle ipotesi di legge di bilancio, purtroppo.

È, inoltre, necessario riorganizzare il sistema sanitario, in modo da rendere più efficiente la gestione delle risorse e dei pazienti. In particolare, è necessario aumentare il numero di medici e infermieri; il personale sanitario è la risorsa più importante per un sistema sanitario efficiente. È necessario investire sulle tecnologie, è necessario riorganizzare i servizi territoriali. I servizi territoriali sono fondamentali per la prevenzione e la cura delle malattie. Va sottolineata la grande differenza regionale. Dobbiamo rivedere il Titolo V della Costituzione e riportare al centro lo Stato per la gestione della sanità, altro che autonomia differenziata.

L'impressione è che navighiate a vista, senza una visione, o peggio, con la visione di chi vuole privatizzare il Servizio sanitario nazionale pubblico. Noi non ci stiamo, noi vogliamo difendere il Servizio sanitario nazionale, che è un bene prezioso per tutti i cittadini. È un diritto fondamentale, garantito dalla Costituzione, che non possiamo permetterci di perdere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative per il potenziamento del sistema sanitario, con particolare riferimento alle misure di contrasto alla carenza di personale al fine di assicurare sia la medicina di prossimità che l'assistenza ospedaliera – n. 3-00672)

PRESIDENTE. Il deputato Ciancitto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Foti ed altri n. 3-00672 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

FRANCESCO MARIA SALVATORE CIANCITTO (FDI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, la pandemia da COVID-19 ha messo in evidenza e luce le gravi carenze assistenziali che affliggono sia la medicina di prossimità che quella ospedaliera. Gli interventi di politica sanitaria negli scorsi decenni hanno mirato solamente al contenimento della spesa sanitaria, con numerosi tagli. Già nel rapporto Gimbe del settembre 2019 si evidenziavano tagli nel sistema sanitario nazionale per ben più di 37 miliardi di euro, distribuiti per 25 miliardi nel periodo che va dal 2010 al 2015 e per 12 miliardi nel periodo che va dal 2015 al 2019.

Il Governo Meloni, non appena si è insediato, ha invertito questa tendenza, sia con la legge di bilancio, stanziando ulteriori fondi, pari o superiori ai 2 miliardi di euro, sia con il decreto-legge n. 34 del 30 marzo 2023, in cui sono state stanziate ulteriori somme per la riduzione delle liste di attesa, per consentire la libera professione e per una serie di attività che consentivano di migliorare le prestazioni ospedaliere.

PRESIDENTE. Concluda.

FRANCESCO MARIA SALVATORE CIANCITTO (FDI). Signor Ministro, in numerose dichiarazioni ha espresso la volontà di imboccare la strada per il reperimento di ulteriori fonti per il finanziamento del sistema sanitario, per migliorare i trattamenti economici del personale, per rendere più appetibile per i giovani il sistema sanitario nazionale pubblico.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FRANCESCO MARIA SALVATORE CIANCITTO (FDI). Sì, ho concluso, signor Presidente. Chiedo quali iniziative intenda attuare per contrastare la carenza di personale al fine di garantire l'assistenza medica, sia territoriale che ospedaliera.

PRESIDENTE. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha facoltà di rispondere.

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Presidente, con riferimento alle questioni sollevate dagli interroganti, confermo che sin dal mio insediamento ho ritenuto indispensabile porre in essere ogni azione necessaria ad aumentare i fondi destinati al sistema sanitario nazionale, ad abbattere le liste di attesa e a contrastare la carenza di personale. Le misure di contenimento della spesa di personale adottate negli ultimi anni, in particolare i vincoli assunzionali, hanno determinato una significativa riduzione del personale del sistema sanitario nazionale. La pandemia ha ulteriormente acuito le difficoltà, anche se i dati più recenti mostrano un incremento dei rapporti di lavoro subordinato nella sanità pubblica. In base ai dati, è emerso, tuttavia, che le difficoltà di reclutamento di personale, in particolare medici e infermieri, sono determinate anche dalla scarsa attrattività del servizio pubblico, con la preoccupante conseguenza che spesso i concorsi non consentono la copertura dei posti per carenza di aspiranti, soprattutto nei settori dell'emergenza-urgenza, anestesia, terapia intensiva, ostetricia e ginecologia.

Nella consapevolezza della necessità di interventi strutturali, con le risorse necessarie e migliorando l'organizzazione dei servizi per far tornare il servizio pubblico più attrattivo per i giovani, abbiamo adottato misure per potenziare gli organici delle strutture e migliorare le condizioni di lavoro. Queste misure sono confluite nella vigente legge di bilancio, nonché nel decreto-legge n. 34 per incrementare le remunerazioni del personale dell'emergenza-urgenza e contrastare l'indiscriminato uso dei cosiddetti medici a gettone. Mi sono adoperato anche per limitare il fenomeno delle dimissioni del personale sanitario e per reinternalizzare i servizi appaltati.

Confermo di aver più volte dichiarato che tutti i professionisti del servizio sanitario pubblico debbano essere valorizzati, anche economicamente. Nell'ambito della prossima legge di bilancio sarà mio impegno provvedere al reperimento di apposite e adeguate risorse per finanziare ulteriori strumenti incentivanti il personale. Assicuro che questo Ministero ha avviato tutti i necessari approfondimenti tecnici per individuare le misure più opportune nell'ambito degli istituti normativi e contrattuali vigenti, fermo restando che le stesse dovranno essere concertate con il MEF.

In conclusione, fatemi dire che non rifaremo gli errori di chi ci ha preceduto: non parleremo di aumento di fondi senza chiedere specifici impegni alle regioni, soprattutto a quelle che, troppo spesso, in troppi casi, li hanno usati male; non parleremo di medici e infermieri come eroi, con un semplice slogan, ma lavoriamo per avere più assunzioni e stipendi più alti. Infine, ci aspettiamo un'opposizione corretta e responsabile, un'opposizione consapevole di aver tagliato 37 miliardi dal 2010 al 2019, di non aver fatto nulla per sbloccare le assunzioni, un'opposizione che non va nelle piazze a gridare che questo Governo taglia i fondi, sapendo che li abbiamo aumentati da subito e li aumenteremo ancora. La salute è il bene più importante, la salute si migliora e si protegge con le proposte, non con gli slogan o cercando in tutti i modi, anche quelli giornalisticamente più scorretti, di gettare fango su questo Esecutivo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Maccari ha facoltà di replicare.

CARLO MACCARI (FDI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, siamo, ovviamente, molto soddisfatti della sua replica. Notiamo anche noi, con una certa curiosità, che chi ha distrutto e depotenziato il sistema e il Servizio sanitario nazionale in questi 10 anni, oggi, ponga il sostegno a questo asset primario per una democrazia occidentale in testa alle proprie necessità. Però lo diciamo anche con soddisfazione: si vede che qualche pentimento è stato raccolto nelle urne e qualche soddisfazione, probabilmente, in futuro, potranno anche loro ottenere. Quindi, la rotta è stata invertita.

Mi fa piacere anche che, nella sua replica, lei abbia puntato anche il dito sui modelli organizzativi delle regioni. Ce lo siamo detti più volte: i soldi, in alcuni ambiti regionali, paradossalmente vengono aumentati e maggiormente producono deficit e mancanza di risposta. Io mi ricordo, da consigliere e assessore regionale della Lombardia, che, nel 2012, avevamo al Governo già prefigurato la situazione che oggi si è avverata e mi ricordo che la risposta di allora era che, prima di tutto, da salvaguardare fossero i saldi di bilancio, senza entrare nel merito, senza entrare nel merito del sotto finanziamento degli stipendi dei medici. Peraltro, abbiamo apprezzato anche l'abolizione del vincolo di esclusività per i medici e per i professionisti, abbiamo apprezzato che sulle liste d'attesa si stia intervenendo in maniera concreta.

Mi pare, quindi, di poter dire con soddisfazione che la rotta è stata davvero invertita e che, per i prossimi anni, per il Servizio sanitario nazionale ci sarà, ovviamente, da riorganizzare, ma lo faremo con l'impegno, mi pare di capire, di un Governo che ha posto al centro della propria attività la salute dei propri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 76, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Sui lavori dell'Assemblea, calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di ottobre 2023 e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, secondo quanto convenuto nell'odierna riunione della Conferenza dei capigruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge n. 1373 - Conversione in legge del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione (da inviare al Senato – scadenza: 9 ottobre 2023), nel testo approvato dalla Commissione, la votazione sulla questione di fiducia avrà luogo nella seduta di domani, giovedì 28 settembre, alle ore 12,30, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 11.

Seguirà, a partire dalle ore 14,30, l'esame degli ordini del giorno. La votazione finale avrà luogo alle ore 20, previe dichiarazioni di voto finale a partire dalle ore 18,30.

Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato per oggi alle ore 17.

Al termine della votazione finale, avrà luogo l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali n. 1 a prima firma Alfonso Colucci, n. 2 a prima firma Zanella e n. 3 a prima firma Bonafè riferite al disegno di legge n. 1416 - Conversione in legge del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione (da inviare al Senato – scadenza: 18 novembre 2023).

Nella seduta di venerdì 29 settembre, alle ore 9,30, avrà luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti.

È stato altresì convenuto il seguente calendario dei lavori per il mese di ottobre 2023:

Lunedì 2 ottobre (ore 15, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali delle mozioni Manzi ed altri n. 1-177 e Caso ed altri n. 1-185 concernenti iniziative a favore del comparto della scuola e del diritto allo studio;

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 835 - Modifiche agli articoli 336 e 341-bis del codice penale e altre disposizioni per la tutela della sicurezza del personale scolastico.

Martedì 3 ottobre (ore 9,30)

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Martedì 3 (ore 12, con votazioni non prima delle ore 16), mercoledì 4 (ore 9,30-13,30 e 16-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e giovedì 5 ottobre (ore 9,30-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Esame del disegno di legge S. 854 - Conversione in legge del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 9 ottobre 2023);

Seguito dell'esame delle mozioni Manzi ed altri n. 1-177 e Caso ed altri n. 1-185 concernenti iniziative a favore del comparto della scuola e del diritto allo studio;

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 835 - Modifiche agli articoli 336 e 341-bis del codice penale e altre disposizioni per la tutela della sicurezza del personale scolastico.

Mercoledì 4 ottobre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 6 ottobre (ore 9,30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Lunedì 9 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 854 - Istituzione della Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche;

Discussione sulle linee generali della mozione Scerra ed altri n. 1-82 concernente iniziative in materia di revisione della governance economica dell'Unione europea e delle relative politiche di bilancio;

Discussione sulle linee generali del Doc. XXII, n. 9 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave Moby Prince;

Discussione sulle linee generali della mozione recante misure volte alla tutela della sanità pubblica (in corso di presentazione).

Martedì 10 ottobre (ore 11)

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Martedì 10 ottobre (ore 14-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Eventuale seguito dell'esame degli argomenti previsti nella scorsa settimana e non conclusi.

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 854 - Istituzione della Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche;

Seguito dell'esame della mozione Scerra ed altri n. 1-82 concernente iniziative in materia di revisione della governance economica dell'Unione europea e delle relative politiche di bilancio;

Seguito dell'esame del Doc. XXII, n. 9 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave Moby Prince;

Seguito dell'esame della mozione recante misure volte alla tutela della sanità pubblica (in corso di presentazione).

Mercoledì 11 (ore 9,30-13,30 [con votazioni non prima delle ore 12,30] e 16-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e giovedì 12 ottobre (ore 9,30-13,30 e 15-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (ove presentata dal Governo);

Eventuale seguito dell'esame degli argomenti previsti nella giornata precedente e non conclusi.

Mercoledì 11 ottobre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 13 ottobre (ore 9,30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Lunedì 16 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1294 e proposte di legge nn. 439, 1245 e abbinata - Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica (deliberata l'urgenza);

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1295 - Istituzione del Museo della Shoah in Roma (approvato dal Senato);

Discussione sulle linee generali della mozione Montaruli ed altri n. 1-160 concernente iniziative volte a prevenire e contrastare il cosiddetto fenomeno “Hikikomori” relativo all'isolamento sociale volontario, con particolare riguardo alle fasce più giovani della popolazione.

Martedì 17 ottobre (ore 11)

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Martedì 17 (ore 14-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24), mercoledì 18 (ore 9,30-13,30 e 16-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e giovedì 19 ottobre (ore 9,30-13,30 e 15-20, con eventuale prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Eventuale seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi;

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1294 e proposte di legge nn. 439, 1245 e abbinata - Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica (deliberata l'urgenza)

Seguito dell'esame delle proposte di legge nn. 1275, 1053 e abbinate - Disposizioni in materia di giusta retribuzione e salario minimo;

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1295 - Istituzione del Museo della Shoah in Roma (approvato dal Senato);

Seguito dell'esame della mozione Montaruli ed altri n. 1-160 concernente iniziative volte a prevenire e contrastare il cosiddetto fenomeno “Hikikomori” relativo all'isolamento sociale volontario, con particolare riguardo alle fasce più giovani della popolazione.

Mercoledì 18 ottobre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Venerdì 20 ottobre (ore 9,30)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Lunedì 23 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 870 - Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, recante misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 11 novembre 2023);

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1406 - Delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche (collegato alla manovra di finanza pubblica - approvato dal Senato) (da concludersi in Assemblea - ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, primo periodo, del Regolamento - entro il 27 ottobre 2023).

Martedì 24 ottobre (ore 9,30)

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

Martedì 24 (ore 12-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24), mercoledì 25 (ore 9,30-13,30 e al termine delle Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, con prosecu zione notturna fino alle 24) e giovedì 26 ottobre (ore 9,30-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24 ed eventualmente nella giornata di venerdì 27 ottobre)

Seguito dell'esame del disegno di legge S. 870 - Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, recante misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale (ove trasmesso dal Senato – scadenza 11 novembre 2023);

Eventuale seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi;

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1406 - Delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche (collegato alla manovra di finanza pubblica - approvato dal Senato) (da concludersi in Assemblea - ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, primo periodo, del Regolamento - entro il 27 ottobre 2023).

Mercoledì 25 ottobre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Mercoledì 25 ottobre (ore 16)

Discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 26 e 27 ottobre 2023 (la consegna del testo delle comunicazioni avrà luogo nella parte antimeridiana della seduta).

Venerdì 27 ottobre (ore 9,30)

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 745 e abbinate - Modifica all'articolo 159 e abrogazione dell'articolo 161-bis del codice penale in materia di prescrizione;

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 752 - Disposizioni per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo.

Venerdì 27 ottobre (ore 13, con votazioni non prima delle ore 16)

Esame del disegno di legge n. 1416 - Conversione in legge del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione (da inviare al Senato – scadenza: 18 novembre 2023).

Lunedì 30 (ore 12-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e martedì 31 ottobre (ore 9,30-13,30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24 ed eventualmente nella giornata di giovedì 2 novembre)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1416 - Conversione in legge del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione (da inviare al Senato – scadenza: 18 novembre 2023);

Eventuale seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi;

Seguito dell'esame delle mozioni Semenzato, Vietri, Loizzo, Casasco ed altri n. 1-132, Furfaro ed altri n. 1-163 e Quartini ed altri n. 1-170 concernenti iniziative volte alla prevenzione e alla cura dei disturbi della nutrizione e dell'alimentazione;

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 745 e abbinate - Modifica all'articolo 159 e abrogazione dell'articolo 161-bis del codice penale in materia di prescrizione;

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 752 - Disposizioni per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo.

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario dei lavori l'esame di progetti di legge di ratifica deliberati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario sarà pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

L'organizzazione dei tempi per l'esame dei progetti di legge nn. 1294, 439, 1245 e abbinata, n. 1406, n. 745 e abbinate e n. 752 sarà definita dopo la conclusione dell'esame in sede referente.

L'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione recante misure volte alla tutela della sanità pubblica e per l'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza sarà definita dopo la relativa presentazione.

Il programma si intende conseguentemente aggiornato. Si intendono altresì differiti al programma del mese di novembre gli argomenti già inseriti nel programma di ottobre che, seppure indicati dai gruppi per il calendario di ottobre, non hanno trovato spazio in tale calendario.

Procedo, ora, all'estrazione a sorte del nominativo del deputato dal quale avrà inizio la chiama dell'appello nominale nella seduta di domani.

(Segue sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Francesco Silvestri.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare il deputato Stefano Vaccari. Ne ha facoltà, per due minuti.

STEFANO VACCARI (PD-IDP). Presidente e onorevoli colleghe e colleghi, voglio ricordare con questo breve intervento la figura dell'onorevole Liliana Albertini, scomparsa nei giorni scorsi nella sua Vignola, in provincia di Modena, consumata dalla malattia che l'aveva interessata già da diversi anni. Liliana abitava a pochi chilometri da dove risiedo io e fino a pochi anni fa è stata, anche per me, una preziosa consigliera, oltre che un punto di riferimento durante la sua carriera politica e sindacale.

Segretaria della Camera del Lavoro negli anni Settanta, poi segretaria del PCI, diventa sindaca di Vignola per due consiliature, dal 1981 al 1985 e, poi, dal 1985 al 1987, e viene eletta deputata della Repubblica per poco più di un anno, in due differenti legislature: nella IX, viene proclamata nel dicembre del 1986, faceva parte del gruppo del Partito Comunista; nel 1987, nella X legislatura, viene proclamata e si dimette il 12 gennaio 1988, per essere sostituita dall'onorevole Onelio Prandini.

Negli anni seguenti, diventa presidente dell'ATCM, l'azienda pubblica del trasporto modenese, e, infine, dal 1990 al 1995 è consigliera provinciale. Sarà anche consigliera della fondazione bancaria di Vignola e negli ultimi anni si è impegnata molto nell'associazionismo culturale locale. Una figura di donna sindacalista prima e amministratrice poi, in connessione con il territorio dove viveva e con la sua gente, protagonista di una stagione di rinnovamento e buon governo tra gli anni Ottanta e Novanta nel mio territorio, a cui noi, giovani amministratori alle prime armi, guardavamo con grande rispetto e attenzione.

Assieme a un'altra donna tenace della nostra terra, Dunia Breveglieri, scrisse poi la storia delle cernitrici, cioè quelle donne che selezionavano le ciliegie per la vendita e che sono state protagoniste dello sviluppo agricolo e industriale della valle del fiume Panaro, che Liliana ha rappresentato sindacalmente nel rapporto con le aziende e anche dopo, nel suo ruolo di amministratrice locale. Seguì i problemi delle ortofrutticole per circa due anni, dal 1968 al 1970. Il tema principale oggetto delle vertenze era sempre quello della stagionalità e del rispetto della loro dignità. Il pagamento in nero, sia delle ore normali, sia dello straordinario per non pagare troppi contributi alle lavoratrici, gli scioperi con la paura molto forte di ritorsioni e la nascita delle commissioni sindacali interne per coinvolgerle ed essere più forti verso i datori di lavoro sono stati i temi che caratterizzarono il suo impegno in prima persona.

PRESIDENTE. Concluda.

STEFANO VACCARI (PD-IDP). “Ad un certo punto” - scrive Liliana - “fummo anche convocate a Vignola, insieme ai rappresentanti di una delle ditte più grandi, dal pretore Padovani, che invitò le parti a riprendere le trattative, esortando, in particolar modo, la ditta a ristabilire le corrette relazioni”.

PRESIDENTE. Deve concludere. È fuori di un minuto.

STEFANO VACCARI (PD-IDP). Sì, ho finito, Presidente. “Lo stesso pomeriggio ci ritrovammo in azienda e anche oggi, quando mi capita di incontrare le ex cernitrici, ricordando quelle lotte ancora mi ringraziano”. Anche io e noi tutti ti siamo grati, cara Liliana, perché con la tua esperienza, la tua tenacia, la tua determinazione e la tua gentilezza ci hai insegnato che la politica può essere vissuta con passione e spirito di servizio e riempire degnamente una vita, ma soprattutto riuscire a cambiare quella degli altri e delle altre che incontri sul tuo cammino (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio Caso. Chiedo la cortesia di stare nei tempi, anche per evitare, appunto, interruzioni da parte mia, che sono, purtroppo, doverose, anche se inopportune, e me ne rendo conto in alcuni casi. Prego, ne ha facoltà.

ANTONIO CASO (M5S). Grazie, Presidente. Questo mio intervento è per informare questa Camera, ma non solo, che la situazione del bradisismo nei Campi Flegrei si sta complicando. Dal mese di agosto, si stanno verificando continui e numerosi sciami sismici, culminati, proprio questa notte, con una scossa di 4,2 alla profondità di appena 3 chilometri, che è stata la più forte mai sentita nel territorio negli ultimi 40 anni.

I cittadini sono comprensibilmente preoccupati e impauriti. A loro diciamo di stare calmi e di convivere con questo fenomeno, ma per farlo occorre investire subito in prevenzione, sia con verifiche, sia con eventuali interventi strutturali sui fabbricati, migliorando la comunicazione, l'informazione e la formazione della cittadinanza. Queste sono le condizioni minime e necessarie per poter convivere, ahimè, con questo fenomeno.

Dall'inizio del mio mandato, ho cercato di portare l'attenzione sul bradisismo qui a Roma, a livello nazionale, incontrando, innanzitutto, il capo della Protezione civile e poi il capo dell'INGV, portando l'ingegner Curcio della Protezione civile nel comune di Pozzuoli interessato dal fenomeno, per avviare, comunque, una giornata informativa con la cittadinanza, ma anche per avviare un tavolo tecnico. Sempre a luglio è stato votato in questa Camera, all'unanimità, un mio ordine del giorno che chiedeva di stanziare più fondi proprio per il rischio sismico e dedicarli ai comuni della zona rossa dei Campi Flegrei.

Lo scorso 13 settembre a Palazzo Chigi, insieme ai sindaci di tutti i comuni dell'area flegrea interessata, abbiamo rappresentato queste preoccupazioni al Ministro Musumeci, che si è impegnato, tra le varie cose, a promuovere un'analisi, finanziata proprio dalla Protezione civile nazionale, della vulnerabilità del territorio, a stilare un piano di comunicazione alla popolazione che preveda anche il coinvolgimento delle scuole e ad aggiornare piani di emergenza e vie di fuga, anche con apposite esercitazioni periodiche.

Ebbene, Presidente, la scossa di questa notte - e su questo chiudo - ha dato l'evidenza che non dobbiamo perder tempo.

Non c'è più tempo e bisogna mettere in campo tutte le azioni possibili da parte di questo Governo, perché, ovviamente, i comuni, gli enti comunali, ma anche quelli regionali, da soli non ce la fanno. E lo dico anche da cittadino puteolano: purtroppo, la notte non si dorme più e veramente la popolazione ha bisogno di essere rassicurata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Barzotti. Ne ha facoltà.

VALENTINA BARZOTTI (M5S). Grazie, Presidente. Mi trovo oggi a dover fare questo intervento per sollecitare la risposta ad alcuni atti di sindacato ispettivo che ho proposto ormai quasi più di un anno fa. Abbiamo l'interpellanza n. 2-00024 di venerdì 25 novembre 2022, nella seduta n. 14, indirizzata al Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti e avente ad oggetto l'Aero Club di Brescia, e poi un'interrogazione, la n. 3-00066 del 9 dicembre 2022, indirizzata al Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica.

Questa ultima interrogazione, in particolare, tratta di un sito, l'ex chimica Saronio di Riozzo, che necessita urgentemente di essere bonificato e dovrebbe essere oggetto di una procedura di rigenerazione urbana, che purtroppo si sta attendendo da ormai tantissimi anni senza successo, nonostante le nostre azioni, nonostante il territorio chieda urgentemente la bonifica di questo sito, in cui vi sono stati degli sversamenti di aggressivi chimici, perché in questo sito si costruivano delle armi chimiche nel corso della seconda guerra mondiale. Necessita assolutamente di essere restituito alla cittadinanza. Quindi serve urgentemente la demolizione dei fabbricati ormai fatiscenti, serve la caratterizzazione del sito, serve la bonifica.

Chiedo veramente che il Ministero si interessi di questa questione attinente il sito di Riozzo perché non è possibile andare avanti così. Serve veramente un'azione. Soprattutto in questo momento, in cui sono in arrivo i soldi del PNRR, la rigenerazione urbana deve essere la priorità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 28 settembre 2023 - Ore 11:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione. (C. 1373-A​)

Relatori: KELANY, per la I Commissione; PITTALIS, per la II Commissione.

2. Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione. (C. 1416​)

La seduta termina alle 16,20.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: PIETRO PITTALIS E SARA KELANY (A.C. 1373-A​)

PIETRO PITTALIS, Relatore per la II Commissione. (Relazione – A.C. 1373-A​). Onorevole Presidente, Onorevoli colleghi! L'Assemblea avvia oggi l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione, nel testo licenziato dalle Commissioni riunite I e II.

Preliminarmente, desidero ringraziare i presidenti e i colleghi delle Commissioni, con cui abbiamo condiviso un metodo di lavoro proficuo per lo svolgimento di una approfondita istruttoria. In questo ambito, sono pervenuti preziosi contributi dai numerosi soggetti invitati in audizione, sia da parte di chi ha inteso affrontare tematiche ambientali, sia da parte degli esperti che hanno affrontato le questioni legate alla riorganizzazione del ministero della cultura e delle misure legate al COVID, sia da parte dei numerosi magistrati, docenti universitari ed esperti che hanno inteso fornire elementi di conoscenza e di valutazione alla Commissione sui temi più strettamente legati al versante penale. Un cenno a parte meritano gli incontri con le associazioni che impegnate nel recupero delle tossicodipendenze (Comunitalia, Comunità di Capodarco e Fondazione ERIS), cui deve andare un sentito plauso per il costante impegno su questa complessa problematica.

Avendo assolto le funzioni di relatore per la II Commissione, sarà mia cura illustrare i contenuti del provvedimento con riguardo agli articoli da 1 a 6, di più diretta competenza della Commissione giustizia, lasciando alla collega Kelany il compito di integrare la relazione introduttiva.

L'articolo 1 estende l'ambito di applicazione della disciplina in materia di intercettazioni disposte in relazione ad un delitto di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono prevista dall'articolo 13 del decreto legge n. 152 del 1991, derogatoria rispetto alla normativa codicistica (art. 267 c.p.c).

L'estensione riguarda i procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.) e sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.), ovvero commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale o al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.

Per effetto di tale disposizione, anche per i suddetti procedimenti le intercettazioni possono essere disposte quando è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione ad un delitto in ordine ai quali sussistano sufficienti indizi, mentre la disciplina ordinaria richiede gravi indizi e che le medesime intercettazioni siano assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini. Inoltre, in luogo del termine ordinario di quindici giorni (prorogabili) si applica il termine di 40 giorni, prorogabili per periodi di 20 giorni.

Il citato articolo 13 consente altresì le intercettazioni ambientali in relazione ad un delitto di criminalità organizzata anche nel domicilio e nei luoghi di privata dimora, anche se non vi è motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa.

In sintesi, il citato articolo 13 reca il concetto di delitti di “criminalità organizzata”, senza richiamare un preciso elenco di norme incriminatrici. La norma in commento intende specificare che in questo concetto, oltre alle fattispecie associative (come l'associazione per delinquere e l'associazione di tipo mafioso) possono essere ricondotti anche delitti monosoggettivi (quale l'omicidio) aggravati ai sensi dell'art. 416-bis.1 c.p. per l'impiego del c.d. metodo mafioso o dalla finalità di agevolare un'associazione di tipo mafioso.

Non è un mistero che all'origine di questo intervento normativo chiarificatore vi sia la considerazione delle problematiche che potrebbero originare, sul fronte della repressione di gravi crimini, dal consolidamento di un orientamento giurisprudenziale, che ha trovato espressione nella recente sentenza della Prima sezione della Corte di Cassazione (n. 34895/2022).

Tale pronuncia - innovando rispetto a precedenti prese di posizione, anche a Sezioni Unite della medesima Suprema Corte – ha sostenuto che nella nozione di delitti di criminalità organizzata non rientrano ipotesi di mero concorso nei delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416-bis c.p. ovvero al fine di agevolarne l'attività “e pertanto non è possibile disporre intercettazioni secondo il doppio binario ‘agevolato' antimafia”.

Tale disposizione è stata oggetto di attento dibattito nelle Commissioni, che non hanno ritenuto di apportare modifiche né al comma 1, né al comma 2 dell'articolo 1 che ne prevede l'applicazione anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Sono stati invece introdotte tre nuove disposizioni, volte rispettivamente ad integrare gli articoli 267 (Presupposti e forme del provvedimento), 268 (Esecuzione delle operazioni) e 270 (Utilizzazione in altri procedimenti) del codice di procedura penale, in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni.

Il particolare, la modifica dell'articolo 267 è volta a precisare che il decreto che autorizza l'intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile espone con autonoma valutazione le specifiche ragioni che rendono necessaria in concreto tale modalità per lo svolgimento delle indagini.

La modifica dell'articolo 268 riguarda in primo luogo il comma 2, che attualmente si limita a prevedere che “Nel verbale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle comunicazioni intercettate”. La novella invece precisa invece che nel verbale è trascritto, anche sommariamente, soltanto il contenuto delle comunicazioni intercettate rilevante ai fini delle indagini, anche a favore della persona sottoposta ad indagine. Il contenuto non rilevante ai fini delle indagini non è trascritto neppure sommariamente e nessuna menzione ne viene riportata nei verbali e nelle annotazioni della polizia giudiziaria, nei quali è apposta l'espressa dicitura: “La conversazione omessa non è utile alle indagini”.

Inoltre, al medesimo articolo 268 si rafforza l'attuale previsione che protegge i dati personali definiti sensibili dalla legge, non rilevanti ai fini delle indagini, escludendo che nei verbali possano confluire fatti e circostanze afferenti alla vita privata degli interlocutori, sempre sul presupposto della loro irrilevanza.

Con un emendamento in sede referente si è anche modificato l'articolo 270, al fine di limitare la possibilità di utilizzo dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, ai soli casi in cui risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. Per evitare ogni incertezza, si è inteso precisare che tale modifica riguarda i procedimenti che saranno iscritti dopo la sua entrata in vigore

L'articolo 2 istituisce le infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni. La disposizione traccia quindi un graduale percorso, segnato dall'emanazione di una serie di decreti ministeriali, al fine di consentire di localizzare presso le suddette infrastrutture digitali l'archivio digitale previsto dalle norme vigenti e, successivamente, di effettuare le stesse intercettazioni mediante tali infrastrutture.

In questo ambito, Le Commissioni riunite hanno approvato un emendamento, volto a prevedere che l'importo delle spese relative alle operazioni di intercettazione sia specificamente annotato nel foglio delle notizie, dove sono riportate le spese sostenute dall'erario.

In sede referente è stato altresì inserito l'articolo 2-bis che reca interventi volti ad implementare il contrasto alla criminalità informatica e ad aumentare la cybersicurezza.

In estrema sintesi, i commi 1 e integrano funzioni e compiti svolti dall'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), mediante puntuali modifiche al decreto-legge n. 82 del 2021, con cui è stata definita l'architettura nazionale del sistema di sicurezza cibernetica ed istituita l'Agenzia. Quest'ultima è incaricata di trasmettere al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo i dati, le notizie e le informazioni rilevanti per l'esercizio delle funzioni e dei poteri di impulso e coordinamento delle indagini relative a gravi reati informatici. Inoltre attribuisce a tale Agenzia funzioni per prevenire e gestire gli incidenti di sicurezza informatica e gli attacchi informatici, sanzionando l'eventuale mancata collaborazione dei soggetti pubblici o privati che hanno subìto incidenti di sicurezza informatica o attacchi informatici con l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della incapacità ad assumere incarichi di direzione, amministrazione e controllo nelle persone giuridiche e nelle imprese, per un periodo di tre anni a decorrere dalla data di accertamento della violazione ovvero, in caso di dipendenti pubblici, sul piano della la responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile.

Il comma 3 interviene sui poteri del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo al fine di renderli maggiormente incisivi nell'ambito della lotta alla criminalità organizzata in campo informatico.

Il comma 4 modifica la legge 16 marzo 2006, n. 146, con la quale è stata ratificata la cosiddetta “Convenzione di Palermo”, con riguardo alle e operazioni sotto copertura. Si intende in tal modo ampliare il perimetro di non punibilità degli ufficiali di polizia giudiziaria che si occupano di contrasto al terrorismo che, al fine di acquisire elementi di prova, compiono atti di “pirateria informatica”, e ricomprendere tra gli ufficiali autorizzati a compiere tali operazioni sotto copertura gli ufficiali di polizia giudiziaria dell'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione. Ancora, si prevede che, qualora siano disposte operazioni sotto copertura relative a i reati di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p. e al neo introdotto comma 4-bis dell'art. 371-bis c.p.p., l'organo responsabile ne dia immediata comunicazione al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e, infine, si introduce l'obbligo per il p.m. responsabile delle indagini di comunicare al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo i provvedimenti adottati nell'ambito delle operazioni sotto copertura quando queste riguardino i reati di cui sopra.

L'articolo 3 prevede che, fino al 30 aprile 2024 (nel testo del decreto legge era il 31 dicembre 2023, termine modificato in sede referente), nei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni aventi ad oggetto la responsabilità genitoriale, il giudice abbia la facoltà di delegare taluni specifici adempimenti, tra cui l'audizione delle parti e l'ascolto del minore, ad un giudice onorario.

L'articolo 4 modifica la disciplina riguardante i corsi di formazione per partecipare ai concorsi per l'attribuzione di incarichi direttivi e semidirettivi per magistrati.

La lettera a) novella quindi la disciplina in materia (art. 26-bis d.lgs. n. 26/2006) in primo luogo al fine di prevedere che gli elementi di valutazione, le schede valutative redatte dai docenti e la documentazione relativa alla prova finale del corso sono valutati dal CSM anche con riferimento al conferimento di incarichi semidirettivi, e non solo per quelli direttivi. Si ricorda che la legge delega del 2022 (n. 71 del 2022 art. 10) aveva già esteso il campo di applicazione della disposizione riguardante originariamente solo i corsi di formazione per incarichi direttivi anche agli incarichi semi-direttivi, ma non si era però stabilito che tali documenti fossero inviati al CSM anche con riferimento al conferimento di tali incarichi.

La seconda modifica, riguarda l'individuazione della data a decorrere dalla quale viene calcolato, a ritroso, il quinquennio entro cui deve essere stato frequentato il corso di formazione per poter ambire ad incarichi direttivi o semidirettivi. La norma nella sua versione originaria individuava tale data in quella di scopertura dell'incarico. Secondo la relazione illustrativa, tale criterio avrebbe potuto comportare ripercussioni negative dal punto di vista pratico “dal momento che con riferimento allo stesso bando, relativo a posti con data di scopertura diversa, lo stesso magistrato potrebbe essere esonerato dalla partecipazione al corso per uno dei posti messi a concorso, ma non esserlo con riguardo ad altro posto cui ugualmente aspiri”. Pertanto, a seguito della modifica, il quinquennio decorre dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande indicato nel bando di concorso.

Inoltre si integra la normativa vigente al fine di prevedere che siano esonerati dall'obbligo di partecipare al corso di formazione, potendo partecipare direttamente al concorso, coloro che abbiano svolto funzioni direttive o semidirettive nel medesimo lasso di tempo di validità del corso (o per una sua porzione).

Infine, la disposizione in commento specifica che l'esonero dalla partecipazione al corso è subordinata alla circostanza che il magistrato interessato non abbia ricevuto una valutazione negativa in sede di conferma nelle funzioni direttive e semidirettive.

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, prevede che le disposizioni del comma 1 si applichino anche alle procedure bandite a decorrere dal 21 giugno 20022 e non ancora conclusesi.

L'articolo 5 reca una disciplina transitoria per il conferimento degli incarichi superiori nell'ambito della esecuzione penale esterna (EPE) e degli istituti penali minorili (IPM).

In particolare, al comma 1, si consente – in deroga alla disciplina di carattere generale recata dall'Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria (art. 3 del decreto d.lgs. n. 63 del 2006) - che tali incarichi possano essere conferiti ai dirigenti penitenziari del ruolo di istituto penitenziario in possesso della anzianità di nove anni e sei mesi di servizio (secondo quanto previsto dall'art. 7 del citato decreto n. 63).

La disposizione in esame interviene superando di fatto due precedenti norme di deroga, più volte prorogate - opportunamente in sede referente si è ritenuto opportuno procedere alla abrogazione della disposizione del 2013- , prevedendo che fino al 31 marzo 2033 – e quindi per una durata temporale di 10 anni – gli incarichi dirigenziali superiori nell'ambito della esecuzione penale esterna e degli istituti penali minorili possano essere attribuiti, anche a titolo di reggenza, ai dirigenti penitenziari del diverso ruolo di dirigente di istituto penitenziario in possesso della anzianità necessaria per l'assunzione di tali incarichi.

La durata decennale della norma derogatoria è giustificata con la circostanza che, al momento non sussisterebbe un numero sufficiente di dirigenti di esecuzione penale esterna e di dirigenti di istituto penale minorile con l'anzianità necessaria ad assumere incarichi superiori, né tale anzianità sarebbe raggiungibile nel breve periodo.

Il comma 2 prevede che fino alla medesima data 31 marzo 2033 ai dirigenti penitenziari assunti nei ruoli di esecuzione penale esterna e di istituto penale minorile, a seguito delle procedure concorsuali di recente svolte o in corso di svolgimento, non ancora in possesso dell'anzianità di 9 anni e sei mesi, possa essere conferito l'incarico di direttore aggiunto negli uffici individuati come sede di incarico superiore.

In sede referente è stato inserito l'articolo 5-bis, che modifica la disciplina recante Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria) al fine di incrementare da 45 a 70 i posti di dirigente penitenziario con incarichi superiori.

Il comma 2 prevede conseguentemente che con decreto del Ministro della giustizia si provveda all'adeguamento della tabella C allegata al decreto del Ministro della giustizia 22 settembre 2016 concernente l'individuazione dei posti di funzione che possono essere conferiti ai dirigenti penitenziari e ai dirigenti con incarico superiore nell'ambito degli uffici centrali e degli uffici territoriali dell'amministrazione penitenziaria.

Il comma 3 reca la copertura finanziaria della disposizione in commento

L'articolo 6 apporta modifiche al reato di incendio boschivo di cui all'art. 423-bis c.p. Le lettere a) e b) innalzano la pena edittale minima per l'ipotesi di incendio doloso, prevista dal primo comma, da quattro anni a sei anni di reclusione e, per l'ipotesi di incendio colposo, prevista dal secondo comma, da uno a due anni di reclusione. A seguito di una modifica apportata in sede referente, si è estesa tale la fattispecie al fine di punire anche chi cagiona un incendio su zone di interfaccia urbano-rurali.

La lettera c) inserisce un nuovo quarto comma all'art. 423-bis c.p., che prevede un'ulteriore circostanza aggravante ad effetto speciale dell'ipotesi dolosa, con un aumento di pena da un terzo alla metà, per avere commesso il fatto «con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo svolgimento di servizi nell'ambito della prevenzione e della lotta attiva contro gli incendi boschivi o al fine di trarne profitto per sé o per altri».

Come osservato dalla relazione illustrativa, la previsione risulterebbe coerente con l'423-ter, comma 2, c.p., che prevede, quale conseguenza della condanna per il reato di cui all'articolo 423-bis, comma 1, la sanzione accessoria della interdizione «da cinque a dieci anni dall'assunzione di incarichi o dallo svolgimento di servizi nell'ambito della prevenzione e della lotta attiva contro gli incendi boschivi o al fine di trarne profitto per sé o per altri».

I due articoli da ultimo citati sono stati recentemente introdotti nel codice penale (DL n. 120 del 2021) al fine di completare il regime sanzionatorio del delitto di incendio boschivo, quando commesso dolosamente (art. 423-bis, primo comma), prevedendo per l'autore del reato pene accessorie e la confisca dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto del reato e delle cose che servirono a commettere il reato.

Inoltre, il comma 1-bis, inserito a seguito dell'esame in sede referente, modificando l'art. 423-ter c.p., ha aggiunto quale pena accessoria alla condanna per il reato di incendio boschivo anche l'interdizione dai pubblici uffici e l'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio, per la durata di 5 anni. Conseguentemente, il comma 1-ter elimina il riferimento al reato di incendio boschivo dall'elenco dei reati (di cui all'art. 32-quater) per cui è prevista, in via generale, la pena accessoria dell'incapacità di contrarre con la PA.

L'articolo 6-bis, inserito in sede referente, introduce una sanzione penale per chi abbatte, cattura o detiene orsi bruni marsicani. L'articolo in commento modifica l'articolo 30 della legge n. 157 del 1992, recante sanzioni penali a protezione della fauna selvatica, inserendovi al comma 1 la lettera c-bis), volta a punire le condotte poste in essere nei confronti di esemplari di orso bruno marsicano di abbattimento, cattura e detenzione.

Si tratta di un reato di natura contravvenzionale, che prevede congiuntamente l'arresto da 6 mesi a 2 anni e l'ammenda da 4.000 a 10.000 euro.

L'articolo 6-ter, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, reca modifiche sia al codice dell'ambiente, al fine trasformare in reati contravvenzionali taluni illeciti amministrativi in materia di rifiuti; sia alla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (D. Lgs. 231/2001), sia al codice penale, al fine di inasprire il trattamento sanzionatorio in materia di delitti contro l'ambiente.

Il comma 1 prevede la trasformazione dell'illecito amministrativo di abbandono di rifiuti in reato contravvenzionale, punito con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro, aumentata fino al doppio se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi. La disposizione in commento mantiene inalterata la fattispecie prevista dal vigente art. 255 e la trasforma in reato contravvenzionale.

Il comma 2 interviene sull'art. 24 della citata disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (D. Lgs. 231/2001) al fine di inserire fra i reati presupposto della responsabilità amministrativa i delitti di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.) e di turbata libertà del procedimento (art. 353-bis c.p.). Inoltre, interviene sull'art. 25-octies.1 (concernente la responsabilità amministrativa da reato per delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti), al fine di prevedere tra i reati presupposto anche il delitto di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.), con sanzione amministrativa da 250 a 600 quote.

Il comma 3 interviene, in primo luogo, sull'art. 240-bis, primo comma, del codice penale relativo ai reati che consentono, nel caso di condanna o patteggiamento, la confisca del denaro o dei beni di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui abbia la disponibilità in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito (confisca in casi particolari), al fine di aggiungere ai reati che consentono tale confisca l'inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.), la morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art. 452-ter c.p.), il traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies c.p.), le attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti.

Ulteriori modifiche riguardano le circostanze aggravanti del delitto di inquinamento ambientale, al fine di trasformare in circostanza aggravante a effetto speciale del delitto di disastro ambientale l'aver prodotto il disastro in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico o archeologico ovvero in danno di specie animali o vegetali protette.

Ancora, si prevedere quale ulteriore circostanza aggravante a effetto speciale, con aumento della pena da un terzo a due terzi, il deterioramento, la compromissione o la distruzione di un habitat causati, nelle aree predette, dall'inquinamento.

Lascio quindi la parola alla collega Kelany.

SARA KELANY, Relatrice per la I Commissione. (Relazione – A.C. 1373-A​). Come anticipato dal relatore per la II Commissione, onorevole Pittalis, procedo ad illustrare il contenuto degli articoli da 7 a 13 del provvedimento in esame, come modificati nel corso dell'esame in sede referente.

L'articolo 7 - che apre il Capo V del decreto-legge, che detta disposizioni per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche - reca al comma 1 misure relative alla destinazione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF attribuita alla diretta gestione statale, oggetto di ripartizione nell'anno 2023, riferita alle scelte non espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi, prevedendo che essa sia utilizzata prioritariamente per finanziare interventi straordinari per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche. Il comma 2 reca disposizioni di dettaglio in merito ai parametri di valutazione per la selezione dei progetti, alla composizione della Commissione valutativa e di monitoraggio e alla quantificazione delle risorse da destinare al finanziamento dei progetti. In sede referente, sono stati aggiunti alla composizione delle Commissione due rappresentanti designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

L'articolo 8 reca modifiche agli articoli 47 e 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, in materia di ripartizione della quota dell'otto per mille di diretta gestione statale. In particolare, la lettera a) del comma 1 dispone che le risorse relative alla quota a diretta gestione statale, per le quali i contribuenti non hanno effettuato una scelta, sono ripartite tra gli interventi di cui all'articolo 48 della legge del 1985 secondo le finalità stabilite annualmente con deliberazione del Consiglio dei ministri ovvero, in assenza di tale deliberazione, in proporzione alle scelte espresse. Il successivo comma 2 dell'articolo 8 dispone che la modifica introdotta produca effetti con riferimento alle risorse oggetto di ripartizione nell'anno 2023: esso precisa peraltro che dall'anno 2024 all'anno 2027 tra gli interventi di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri sono inclusi anche quelli relativi al recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche. La lettera b) del comma 1 dell'articolo, modificando l'articolo 48 della legge n. 222 del 1985, introduce una nuova categoria di interventi cui destinare la quota parte delle risorse dell'otto per mille di competenza dello Stato, relativi al recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche. Il comma 3 stabilisce che tale disposizione produrrà effetti con riferimento alle scelte che saranno effettuate dai contribuenti a partire dalle dichiarazioni dei redditi presentate dall'anno 2023.

Disposizioni in materia di isolamento, autosorveglianza e monitoraggio della situazione epidemiologica sono dettate dal Capo VI del decreto-legge, composto dal solo articolo 9. In particolare, il comma 1 dell'articolo 9 elimina gli obblighi in materia di isolamento delle persone positive al SARS-COV-2 e di autosorveglianza dei contatti stretti di soggetti confermati positivi al medesimo virus. Viene inoltre esplicitamente soppressa la disciplina sanzionatoria concernente la violazione degli obblighi in materia di autosorveglianza. Il successivo comma 2 rivede la disciplina sul monitoraggio della situazione epidemiologica derivante dal virus, prevedendo che la comunicazione dei relativi dati da parte delle regioni e delle province autonome avvenga non più con cadenza quotidiana, come già stabilito a livello legislativo, bensì secondo periodicità da individuarsi con provvedimento del Ministero della salute – Direzione generale della prevenzione sanitaria. Viene specificato che il Ministero della salute, anche sulla base dei dati ricevuti, verifica l'andamento della situazione epidemiologica. Si precisa, inoltre, che resta fermo il potere del Ministro della salute di emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni, ai fini dell'adozione delle misure eventualmente necessarie al contenimento e al contrasto della diffusione del virus SARS-COV-2.

Il Capo VII del decreto-legge, composto dal solo articolo 10, detta disposizioni in materia di cultura.

L'articolo 10 infatti interviene sull'organizzazione del Ministero della cultura. In particolare, i commi 1, 2 e 3, modificando il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante la riforma dell'organizzazione del Governo, sostituiscono integralmente l'articolo 53 del citato decreto legislativo al fine, da un lato, di riordinare ed aggiornare le aree funzionali del Ministero della cultura, senza mutarne le attribuzioni e, dall'altro, di modificare il modello organizzativo, attualmente incentrato sulle direzioni generali, coordinate da un segretario generale, optando per il modello articolato in dipartimenti e precisando che non potranno essere più di 4. Il procedimento di attuazione della riorganizzazione avverrà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 dicembre 2023. La cessazione dei precedenti incarichi avverrà nel momento in cui subentreranno i nuovi dirigenti. Il comma 4 interviene sulla legge n. 140 del 2022, recante disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi, per sopprimere la disposizione che rinvia a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per stabilire i criteri di assegnazione e riparto annuale del contributo economico disposto dalla legge medesima.

Il comma 5 proroga di tre mesi - dal 15 settembre al 31 dicembre 2023 - il termine ultimo di efficacia dell'incremento di 1 euro del costo dei biglietti di ingresso negli istituti e luoghi della cultura di appartenenza statale disposto al fine di finanziare e avviare gli interventi di tutela e ricostruzione del patrimonio culturale, pubblico e privato, inclusi i musei, danneggiato in conseguenza degli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza.

Il comma 5-bis, infine, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, amplia la platea dei soggetti esperti cui possono essere conferiti gli incarichi, di livello dirigenziale, relativi ai poli museali e agli istituti della cultura statali di rilevante interesse nazionale.

Disposizioni per l'efficienza della pubblica amministrazione sono dettate dal Capo VIII del decreto-legge, composto dal solo articolo 11. In particolare, il comma 1 dell'articolo 11 reca una norma transitoria che consente alle pubbliche amministrazioni, per un periodo in ogni caso non eccedente il 31 dicembre 2026, il trattenimento in servizio – oltre il limite anagrafico per il collocamento a riposo di ufficio – dei dirigenti generali titolari della direzione di dipartimenti, o di strutture corrispondenti a questi ultimi; la possibilità è posta con esclusivo riferimento ai dipartimenti o strutture che siano attuatori di interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. In sede referente, è stata inserita una clausola finale finanziaria. Il successivo comma 2 abroga una precedente norma transitoria sulla possibilità di trattenimento in servizio che faceva riferimento, sempre con il termine ultimo del 31 dicembre 2026, ai soggetti in possesso di specifiche professionalità e titolari di incarichi di livello dirigenziale generale; sono comunque fatti salvi gli incarichi dirigenziali già conferiti o confermati in base alla norma abrogata, che era entrata in vigore lo scorso 22 giugno 2023. Il comma 3 introduce un'esclusione dalla disciplina restrittiva sugli incarichi ai soggetti già lavoratori pubblici o privati e collocati in quiescenza; l'esclusione concerne il conferimento di incarichi di vertice degli uffici di diretta collaborazione di autorità politiche. La disposizione, inoltre, esplicita che resta ferma l'applicazione (ove ne sussistano i presupposti) delle norme limitative del cumulo degli emolumenti derivanti da incarichi pubblici con i trattamenti pensionistici. Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, estende a tutti gli enti locali la possibilità di prevedere riserve di posti per personale interno nell'ambito di concorsi per il reclutamento di personale dirigenziale, possibilità attualmente prevista, ai sensi del decreto-legge n. 75 del 2023, per i soli comuni.

L'articolo 12 dispone la clausola di invarianza finanziaria del decreto in esame, con eccezione di quanto previsto dagli articoli 2 e 10 i quali provvedono alla copertura finanziaria degli oneri ivi previsti.

L'articolo 13 dispone che il decreto-legge in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il decreto-legge è dunque vigente dal 11 agosto 2023.