XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta dell'11 ottobre 2023.
Albano, Ascani, Bagnai, Baldino, Barbagallo, Barelli, Barzotti, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bisa, Bitonci, Braga, Brambilla, Cappellacci, Carloni, Caroppo, Cavandoli, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Fassino, Ferrante, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Gianassi, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Grippo, Guerini, Gusmeroli, Kelany, La Salandra, Lacarra, Leo, Lollobrigida, Lucaselli, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Nordio, Orlando, Osnato, Pastorella, Patriarca, Pellegrini, Pellicini, Pichetto Fratin, Pittalis, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Stefanazzi, Tabacci, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albano, Ascani, Bagnai, Baldino, Barbagallo, Barelli, Barzotti, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bisa, Bitonci, Braga, Brambilla, Calderone, Carloni, Caroppo, Cavandoli, Cecchetti, Cirielli, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Fassino, Ferrante, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Gianassi, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Grippo, Guerini, Gusmeroli, Kelany, La Salandra, Lacarra, Leo, Lollobrigida, Lucaselli, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Nordio, Orlando, Osnato, Pastorella, Patriarca, Pellegrini, Pellicini, Pichetto Fratin, Pittalis, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Stefanazzi, Tabacci, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 10 ottobre 2023 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa delle deputate:
CIABURRO e CARETTA: «Disposizioni per la promozione e il sostegno della cultura bandistica nazionale» (1468).
Sarà stampata e distribuita.
Adesione di deputati a proposte di legge.
La proposta di legge MAIORANO ed altri: «Modifiche agli articoli 336, 337 e 651 del codice penale in materia di violenza, minaccia e resistenza a un pubblico ufficiale e di rifiuto di dare indicazioni sull'identità personale» (1225) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Lampis.
La proposta di legge BALDELLI ed altri: «Modifica all'articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di tutela delle croci collocate sulle vette e sui crinali delle montagne» (1263) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Ciaburro e Lampis.
Trasmissione dal Ministro
dell'ambiente e della sicurezza energetica
Il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, con lettera in data 10 ottobre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 36-ter, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, la prima relazione contenente l'indicazione degli interventi di competenza dei commissari di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico e il loro stato di attuazione, aggiornata al 31 dicembre 2022 (Doc. CCXXVIII, n. 1).
Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).
Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 11 ottobre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione, predisposta dal Ministro per le disabilità, in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce la carta europea della disabilità e il contrassegno europeo di parcheggio per le persone con disabilità (COM(2023) 512 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti.
Questa relazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti), alla XII Commissione (Affari sociali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Annunzio di progetti
di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 10 ottobre 2023, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla firma, a nome dell'Unione europea, nonché alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di partenariato economico tra la Repubblica del Kenya, membro della Comunità dell'Africa orientale, da una parte, e l'Unione europea, dall'altra (COM(2023) 559 final e COM(2023) 562 final), corredate dai rispettivi allegati (da COM(2023) 559 final – Annex 1 a COM(2023) 559 final – Annex 9 e da COM(2023) 562 final – Annex 1 a COM(2023) 562 final – Annex 9), che sono assegnate in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione a norma del regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2 e modifica il regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio nonché alcuni regolamenti (CE) relativi a settori statistici specifici (COM(2023) 561 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che modifica la decisione di esecuzione (UE) (ST 11047/21 INIT; ST 11047/21 ADD 1; ST 11047/21 COR 1), dell'8 settembre 2021, relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza della Cechia (COM(2023) 567 final), corredata dal relativo allegato (COM(2023) 567 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che modifica la decisione di esecuzione (UE) (ST 12275/22 INIT; ST 12275/22 INIT ADD 1), del 4 ottobre 2022, relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dei Paesi Bassi (COM(2023) 574 final), corredata dal relativo allegato (COM(2023) 574 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che modifica la decisione di esecuzione (UE) (ST 10612/21; ST 10612/21 ADD 1), del 28 luglio 2021, relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza della Slovenia (COM(2023) 575 final), corredata dal relativo allegato (COM(2023) 575 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce, per il 2024, le possibilità di pesca applicabili nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero per alcuni stock e gruppi di stock ittici (COM(2023) 578 final), corredata dai relativi allegati (COM(2023) 578 final – Annexes 1 to 8), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di Comitato degli ambasciatori ACP-UE per quanto riguarda la modifica della decisione n. 3/2019 del Comitato degli Ambasciatori ACP-UE, del 17 dicembre 2019, relativa all'adozione di misure transitorie a norma dell'articolo 95, paragrafo 4, dell'accordo di partenariato ACP-UE (COM(2023) 595 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina (JOIN(2023) 16 final/2), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di regolamento del Consiglio concernente misure restrittive in considerazione del sostegno militare dell'Iran alla guerra di aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina (JOIN(2023) 25 final/2), corredata dai relativi allegati (JOIN(2023) 25 final/2 – annexes 1 to 3), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 10 ottobre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Con la predetta comunicazione, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
Proposta di decisione del Consiglio relativa ai contributi finanziari che le parti del Fondo europeo di sviluppo devono versare per finanziare tale fondo, che specifica il massimale per il 2025, l'importo annuo per il 2024, l'importo della prima quota per il 2024 e una previsione indicativa non vincolante degli importi annui dei contributi previsti per gli anni 2026 e 2027 (COM(2023) 553 final);
Comunicazione della Commissione al Consiglio – Informazioni finanziarie sul Fondo europeo di sviluppo – Fondo europeo di sviluppo (FES): previsioni relative agli impegni, ai pagamenti e ai contributi delle parti del Fondo europeo di sviluppo per il 2023, il 2024 e il 2025 e previsioni non vincolanti per il 2026 e il 2027 (COM(2023) 554 final);
Proposta di decisione del Consiglio relativa ai contributi finanziari che le parti del Fondo europeo di sviluppo devono versare a titolo di terza quota per il 2023 (COM(2023) 556 final).
Comunicazione di nomine ministeriali.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 9 ottobre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento alla dottoressa Luisa Riccardi, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di Vice segretario generale della difesa, nell'ambito del Ministero della difesa.
Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla IV Commissione (Difesa).
Richieste di parere parlamentare
su proposte di nomina.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 11 ottobre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 189, le richieste di parere parlamentare sulle proposte di nomina del generale di divisione aerea Luca Valeriani a presidente dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) (30), nonché del dottor Costantino Fiorillo (31), del generale di divisione aerea in ausiliaria Antonio Maurizio Agrusti (32) e della professoressa avvocato Anna Masutti (33) a componenti del collegio della medesima Agenzia.
Queste richieste sono assegnate, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti).
Richiesta di parere parlamentare
su atti del Governo
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 11 ottobre 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante adozione della nota metodologica relativa all'aggiornamento e alla revisione dei fabbisogni standard dei comuni per il 2023 e il fabbisogno standard complessivo per ciascun comune delle regioni a statuto ordinario (85).
Questa richiesta è assegnata, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. È altresì assegnata, ai sensi del medesimo comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio). Tali Commissioni dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 26 ottobre 2023.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2023 (DOC. LVII, N. 1-BIS)
Risoluzione sulla Relazione di cui all'articolo 6 della legge n. 243 del 2012
La Camera,
esaminata la Relazione al Parlamento presentata ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243,
autorizza il Governo
ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione, e dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, a dare attuazione a quanto indicato nella citata Relazione con particolare riguardo alle norme per il sostegno dei redditi delle famiglie e dei lavoratori.
(6-00058) «Foti, Molinari, Barelli, Lupi».
Risoluzioni relative alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023
La Camera,
premesso che:
la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanze (NADEF) riflette una situazione economica e di finanza pubblica incerta e delicata ed appare inadeguata ad invertire una preoccupante tendenza, instauratasi nel primo anno di vita del Governo, al ritorno a stagioni segnate dalla stagnazione, dall'erosione degli stipendi a causa del caro vita e dalla riduzione delle prestazioni sociali effettive;
nel secondo trimestre la crescita dell'economia italiana ha subito una inversione di tendenza, risentendo della riduzione del potere d'acquisto delle famiglie dovuta all'elevata inflazione, della permanente incertezza causata dalla guerra in Ucraina, della sostanziale stagnazione dell'economia europea e della contrazione del commercio mondiale;
la modesta crescita dell'attività economica prefigurata delle stime per il secondo semestre, ha portato a rivedere al ribasso la previsione di crescita annuale del prodotto interno lordo (PIL) in termini reali del 2023 dall'1,0 per cento del DEF allo 0,8 per cento e la proiezione tendenziale a legislazione vigente per il 2024, dall'1,5 per cento all'1,0 per cento. Resta invece sostanzialmente invariata, rispetto al DEF, la proiezione tendenziale di crescita del PIL per il 2025, all'1,3 per cento, mentre sembrerebbe che quella per il 2026 migliori marginalmente;
riguardo agli obiettivi di indebitamento netto in rapporto al PIL, il documento indica un deficit tendenziale a legislazione vigente del 5,2 per cento nel 2023, del 3,6 per cento nel 2024, del 3,4 nel 2025 e del 3,1 per cento nel 2026. Nello scenario programmatico il deficit è del 5,3 per cento nel 2023 e del 4,3 per cento nel 2024. Riguardo alle proiezioni per il 2025 e il 2026 il documento prevede rispettivamente il 3,6 per cento e il 2,9 per cento;
in relazione al saldo primario a legislazione vigente la Nota di aggiornamento del DEF evidenzia un lieve miglioramento pari al -1,4 per cento del PIL nel 2023, dal -3,8 per cento del 2022; tuttavia nel 2024 il saldo primario torna in avanzo, collocandosi allo 0,6 per cento del PIL, un livello superiore rispetto allo 0,4 per cento previsto in aprile. L'avanzo primario si rafforzerebbe progressivamente, raggiungendo un livello pari allo 0,9 per cento del PIL nel 2025 e quindi l'1,4 per cento del PIL nel 2026 (a fronte di un obiettivo del 2,0 per cento atteso in aprile);
sanità pubblica, istruzione pubblica e il complesso di tutte le prestazioni sociali necessarie ad alleviare la povertà, non rappresentano, nella Nadef, una priorità. Parallelamente, la caotica gestione della revisione del Pnrr dimostra una scarsa capacità, se non addirittura la precisa volontà di non rilanciare gli investimenti nei territori e di non considerare l'emergenza climatica ed ambientale un elemento verso cui orientare le politiche pubbliche di bilancio, facendole tornare ad un passato che non ha mai prodotto risultati soddisfacenti per i cittadini e col rischio stavolta di accompagnare gradualmente l'Italia verso una fase quasi pre-recessiva. È drammatico che tutto questo accada dopo una crescita boom del 2021(recentemente rivista al rialzo dall'Istat al +8,3 per cento) e una crescita sostenuta nel 2022 (+3,7 per cento), risultati frutto delle coraggiose politiche economiche espansive messe in campo dal Governo Conte II, orientate agli investimenti;
è altrettanto drammatico constatare che questo crollo era ampiamente prevedibile, come denunciato dal M5S sin dalla precedente legge di bilancio: il taglio smaccatamente – ed imprudentemente – ostentato e indiscriminato di reti di protezione sociale, che come il Reddito di cittadinanza avevano anche un effetto sui consumi, e lo smantellamento o drastico ridimensionamento di misure di investimento come Superbonus e Transizione 4.0, senza la previsione di investimenti alternativi, non potevano che portare a questo repentino deterioramento del quadro economico;
le previsioni di crescita del Pil 2024, ricalibrato dalla Nadef 2023, sembrano irrealisticamente superiori alle stime di crescita italiana per lo stesso 2024 presentate nei giorni scorsi sempre dalla Commissione europea e dall'Ocse, che entrambe prevedono soltanto un +0,8 per cento. Prendendo come riferimento quest'ultimo dato convergente di Commissione Ue e Ocse, nel 2024 l'Italia tornerebbe dietro la media dell'Eurozona (+1,3 per cento secondo la Commissione), dietro la Germania (+1,1 per cento secondo la Commissione Ue), dietro la Francia (+1,2 per cento secondo la Commissione Ue) e dietro la Spagna (+1,9 per cento secondo la Commissione Ue);
in tal senso, la vera tragedia contabile è la crescita zero, perché sia il deficit sia il debito si calcolano in rapporto al Pil. E se quest'ultimo si ferma, il rapporto in futuro non può far altro che aumentare;
valutato che:
in considerazione dell'elevata incertezza del quadro economico e della necessità di continuare a contrastare i fenomeni inflazionistici, per quanto concerne la manovra 2024-2026, il Governo ha deciso di richiedere, con la Relazione che accompagna la Nota di aggiornamento del DEF 2023 (ex articolo 6, della legge n. 243 del 2012), l'autorizzazione del Parlamento a fissare un nuovo sentiero programmatico per l'indebitamento netto della PA;
il nuovo livello programmatico di indebitamento netto in rapporto al PIL è pari a -5,3 per cento nel 2023, -4,3 per cento nel 2024, -3,6 per cento nel 2025 e -2,9 per cento nel 2026, a fronte di un andamento tendenziale del rapporto deficit/PIL stimato al -5,2 per cento nel 2023, -3,6 per cento nel 2024, -3,4 per cento nel 2025 e -3,1 per cento nel 2026;
i nuovi obiettivi programmatici dovrebbero assicurare la progressiva riduzione dell'indebitamento netto strutturale, che è pari al -5,9 per cento del PIL nel 2023, -4,8 per cento nel 2024, -4,3 per cento nel 2025 e -3,5 per cento nel 2026. Il rapporto debito/PIL programmatico è pari al 140,2 per cento nel 2023, 140,1 per cento nel 2024, 139,9 per cento nel 2025 e 139,6 per cento nel 2026;
gli spazi finanziari che si rendono disponibili, quale differenza tra gli andamenti tendenziali e programmatici aggiornati, che includono anche la maggiore spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo, sono pari a 3,2 miliardi nel 2023, 15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025. Nel 2026, invece, il saldo obiettivo implica una correzione di 3,8 miliardi di euro rispetto all'indebitamento netto tendenziale, che consente di riportare lo stesso al di sotto della soglia del 3 per cento;
in ottemperanza alle norme della legge di contabilità e finanze sui contenuti obbligatori della NADEF, il livello del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza potrà aumentare fino a 202,5 miliardi nel 2024, a 168 miliardi nel 2025 e a 134 miliardi nel 2026. Il corrispondente livello del saldo netto da finanziare di cassa potrà aumentare fino a 252 miliardi nel 2024, 212 miliardi nel 2025 e 179 miliardi nel 2026;
la richiesta al Parlamento di autorizzare un nuovo sentiero programmatico per l'indebitamento netto della PA in modo da aprire nuovi spazi finanziari non sorprende il M5S, che aveva tempestivamente denunciato, già in occasione della passata legge di bilancio, i draconiani obiettivi di abbattimento del deficit che il Governo Meloni appena insediato si era dato all'insegna della più totale austerità. La Nadef 2023, invece, delinea apparentemente un aumento del deficit, smentendo con ciò la validità delle politiche di bilancio fin qui proclamate dal Governo stesso. Tuttavia il nodo della questione si concentra sulle ragioni poste alla base della attuale richiesta di indebitamento: se, come pare dalla lettura della NADEF 2023, il maggior deficit non è mirato ad affrontare seriamente una situazione sociale sempre più gravosa né tanto meno ad alimentare investimenti che a cascata possano sostenere la crescita, allora si stanno semplicemente sprecando risorse;
considerato che:
secondo quanto emerge da una analisi dell'osservatorio di Oxford Economics, la crescita del PIL all'1,2 per cento stimata per il 2024 è pari al doppio delle stime effettuate da recenti studi economici;
i prezzi dell'energia sono recentemente diminuiti, ma restano a livelli storicamente elevati e vi è il rischio di una nuova impennata durante i mesi invernali. Inoltre, l'approvvigionamento di gas dell'Italia si basa principalmente su flussi di importazione soggetti a rischi di varia natura nell'attuale contesto geopolitico;
in tale quadro, il Governo dichiara di voler limitare quanto più possibile l'impatto del caro energia sui bilanci delle famiglie, specialmente quelle più bisognose, e di garantire la sopravvivenza e la competitività delle imprese italiane sia a livello globale sia nel contesto europeo, anche in considerazione dei corposi interventi recentemente annunciati da altri Paesi membri dell'Unione europea e non solo, senza però che si delinei una strategia idonea a conseguire l'obiettivo asseritamente dichiarato;
la povertà in Italia è ormai un fenomeno strutturale visto che tocca quasi un residente su dieci, il 9,4 per cento della popolazione residente vive infatti, secondo l'Istat, in una condizione di povertà assoluta. In termini assoluti si contano in Italia più di cinque milioni di persone in stato di povertà assoluta;
la diminuzione del potere di acquisto conseguente alla crisi economica, aggravatasi con la pandemia e, da ultimo, con il conflitto in atto in Ucraina, ha acuito il problema dell'affordability, ossia delle spese per l'accesso all'abitazione che, diventando sempre più onerose, pesano gravemente sui bilanci familiari;
una famiglia su quattro ha avuto, negli ultimi anni, difficoltà a pagare l'affitto (si tratta in prevalenza di nuclei familiari fragili composti da persone di età compresa tra i 45 e i 64 anni, con figli), percentuale che ha superato il 40 per cento nel 2021, come confermato dall'indagine straordinaria sulle famiglie italiane (Isf) condotta dalla Banca d'Italia;
il Governo dichiara di voler utilizzare gran parte delle risorse aggiuntive del 2024 per la riduzione del cuneo fiscale, per l'avvio della riforma del sistema fiscale e per supportare le famiglie più numerose, nell'obiettivo di ridurre la pressione fiscale, aumentare il reddito disponibile e sostenere i consumi;
le risorse aggiuntive che saranno rese disponibili con lo scostamento richiesto con la Relazione ex articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, non appaiono sufficienti a coprire la necessità di ulteriori e più estese misure di contrasto degli aumenti energetici, in supporto di famiglie e imprese;
in questo contesto, la stessa richiesta di autorizzazione del Parlamento a fissare un nuovo sentiero programmatico per l'indebitamento netto della PA, per sostenere – seppur parzialmente – solo la pur importante conferma del taglio del cuneo fiscale, generando un effetto sulle buste paga che è già stato e probabilmente sarà nuovamente divorato dal caro carburanti, dal caro mutui e dagli aumenti del carrello della spesa – con un'inflazione ancora pericolosamente vicina alla doppia cifra – non appare certamente la migliore delle opzioni se mancano, come effettivamente continuano a mancare, le misure per investimenti in crescita del sistema Paese;
infatti, ad un anno dalla data di entrata in carica dell'attuale Governo, il quadro economico presenta già segnali significativi di deterioramento. La riduzione degli obiettivi programmatici riferiti al debito pubblico, nonostante i benefici derivanti dalla revisione al rialzo del Pil comunicata dall'Istat il 22 settembre scorso, pare raggiungibile soltanto con obiettivi di crescita che, seppur rivisti anche essi al ribasso, appaiono per molti versi sovrastimati in uno scenario internazionale instabile e fragile che presenta incognite rilevanti per cui le prospettive potrebbero cambiare in un arco temporale breve. I rischi legati all'inflazione, soprattutto per la dinamica dei prezzi energetici, le criticità connesse all'attuazione del PNRR e all'utilizzo integrale, tempestivo ed efficiente dei fondi, i fattori geopolitici e gli effetti del prolungamento della guerra in Ucraina, sono tutti elementi che richiederebbero una visione strategica diversa da quella che è stata finora messa in campo dal Governo e che sta mostrando progressivamente tutti i suoi limiti;
della insufficienza di queste politiche appare specchio la nota di aggiornamento in esame. Non tanto e non soltanto per la dinamica del debito delle amministrazioni pubbliche e per la conseguente spesa per interessi, quanto per la inefficacia dimostrata dalle misure sin qui adottate volte a ridurre il costo della vita e per l'assenza, nella programmazione, di politiche sociali più consistenti ed efficienti di quelle messe in campo negli ultimi mesi. L'aumento programmato del deflatore dei consumi fa sì che ciò che viene presentato come mantenimento o persino aumento lieve della spesa corrisponda in termini reali ad una riduzione effettiva, che diventa poi conclamata, in rapporto al Pil per settori cruciali come la sanità, in cui si assiste parallelamente ad una crescita della spesa privata;
il netto deterioramento del quadro di finanza pubblica, pure al netto di sostegni governativi che sono apparsi incerti e deboli in questo anno di attività dell'esecutivo in settori cruciali, determina sul piano sociale maggiore vulnerabilità e sul piano economico minor crescita, poiché i consumi, l'industria, settori importanti come le costruzioni e gli stessi servizi registrano battute d'arresto che una eventuale nuova impennata dei prezzi energetici, nonostante il rallentamento dell'inflazione a livello globale, potrebbe ulteriormente aggravare;
la promessa di ricavare denaro da dismissioni, privatizzazioni e tagli ad alcuni Ministeri non sembra in grado di poter mantenere le promesse elettoralistiche della maggioranza in una situazione in cui l'aumento della spesa che con la Nadef il Governo prospetta di chiedere al Parlamento – attraverso spazi finanziari aperti da una ottimistica valutazione del Pil nei prossimi anni – serve a tenere in piedi un equilibrio già attualmente precario, al punto che il Governo programmaticamente rinuncia all'aumento importante di spese essenziali, come quelle per la sanità pubblica, che pure sarebbe indispensabile per dedicare gli spazi di deficit ad interventi già sostanzialmente prenotati ma che sembrano a loro volta difficilmente raggiungibili;
altrettanto deteriorata appare la gestione della spesa effettiva del PNRR e del piano nazionale complementare se, nonostante le interlocuzioni in corso con le autorità europee, gli investimenti fissi lordi si fermeranno ai livelli attualmente prevedibili;
il diluvio di disegni di legge collegati alla manovra – quasi raddoppiati – di fatto priverà la legge di bilancio di molti contenuti di merito, rinviando all'attuazione di deleghe future la definizione di importanti misure, in una situazione preoccupante di rallentamento globale dell'economia che i rischi ambientali e climatici, le tensioni sui prezzi dell'energia – con effetto diretto sui prezzi dei beni e quindi sui consumi – e gli sviluppi della guerra in Ucraina potrebbero inasprire;
in tutto questo il cambio di strategia che pare prendere piede in ambito fiscale, verso una maggiore irresponsabilità ed una minore solidarietà, e la mancanza programmatica di strategie volte a sostenere effettivamente i redditi e a rilanciare le politiche pubbliche nella scuola, nella sanità e nel lavoro – vale a dire nei settori che più incidono e preoccupano i cittadini – delineano un quadro in cui la messa in sicurezza sociale non appare una priorità del Governo attuale e che la Nadef sostanzialmente conferma,
impegna il Governo:
1. ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, finalizzata a modificare le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo, dal calcolo del deficit, di determinate categorie di investimenti pubblici nazionali produttivi, che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – tra i quali cui gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei – nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;
2. al fine di salvaguardare il Servizio sanitario nazionale, a garantire una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza (LEA) e soddisfare in modo più efficace le esigenze di pianificazione e di organizzazione nel rispetto dei princìpi di equità, di solidarietà e di universalismo, a prevedere che l'incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo (PIL) sia in linea con i Paesi del G7 e che non sia, comunque, inferiore alla media europea e, conseguentemente, che il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato sia incrementato annualmente almeno di una percentuale pari al doppio dell'inflazione, anche in un contesto macroeconomico sfavorevole, contraddistinto da una riduzione del prodotto interno lordo;
3. a reperire adeguate risorse da destinare alla scuola pubblica e portare gli investimenti in istruzione, educazione e formazione al 5 per cento del PIL come il resto d'Europa, al fine di restituire peso e valore all'istruzione scolastica, per promuovere la formazione degli insegnanti, per valorizzare la professionalità docente e per sostenere l'innovazione didattica e organizzativa, nella consapevolezza che la scuola debba rappresentare uno dei più importanti fattori di crescita del Paese, garantendo il diritto allo studio e la garanzia di accesso per tutti e a tutti i livelli di istruzione;
4. ad adottare le opportune iniziative volte a una graduale diminuzione delle spese per i sistemi di armamento, che insistono sul bilancio dello Stato, tenuto conto della grave crisi economica e sociale in atto, conseguenza diretta della recente crisi energetica e del caro carburanti, al fine di non distrarre le risorse finanziarie necessarie a sostenere il tessuto sociale ed economico del Paese e a garantirne la ripresa;
5. ferma restando l'applicazione generalizzata del contratto collettivo nazionale di lavoro e a ulteriore garanzia del riconoscimento di una giusta retribuzione, a introdurre una soglia minima salariale inderogabile, pari a 9 euro all'ora, per tutelare in modo particolare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro, nei quali il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali è più debole, prevedendo che la soglia si applichi soltanto alle clausole relative ai cosiddetti «minimi», lasciando al contratto collettivo la regolazione delle altre voci retributive;
6. in considerazione del delicato contesto economico-sociale – che ha visto entrare in sofferenza fasce sociali trasversali interessate dalla nuova povertà diffusa – e della ingiustificata eliminazione del reddito di cittadinanza come strumento di sostegno accanto alle politiche attive, ad adottare nell'immediato concrete e adeguate misure per supportare le persone e le numerose famiglie in difficoltà, anche attraverso l'esenzione dall'Iva per i beni di prima necessità e, nel medio periodo, misure di contrasto al disagio economico, alla povertà sistemica, nonché volte ad emancipare i soggetti in stato di vulnerabilità sociale;
7. a stanziare adeguate risorse per fronteggiare il grave e diffuso disagio abitativo, attraverso il rifinanziamento del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, del Fondo per la morosità incolpevole e del Fondo di garanzia mutui per la prima casa, nonché a prevedere misure di sostegno per far fronte alla maggiore spesa conseguente all'aumento dei tassi di interesse sui mutui in favore di coloro che versano in situazione di obiettiva difficoltà, valutando a tal fine anche l'incremento della percentuale di detraibilità degli interessi passivi per l'acquisto dell'abitazione principale;
8. a introdurre misure urgenti per risolvere il problema dei cosiddetti «crediti incagliati» e sbloccare la cessione dei crediti, nonché ad adottare disposizioni volte ad estendere di almeno 12 mesi il termine di applicazione del Superbonus in caso di interventi, sia «trainanti» che «trainati», già avviati al 17 febbraio 2023 (per i quali operano ancora la cessione del credito e lo sconto in fattura), riguardanti interi condomini o «mini condomini» in mono proprietà di persone fisiche, anche prevedendo la condizionalità di aver svolto almeno il 30 per cento dei lavori entro il 31 dicembre 2023;
9. ad assicurare massima priorità nell'attuazione degli investimenti e degli interventi previsti nel PNRR relativamente al contenimento del dissesto idrogeologico e del consumo del suolo, al contrasto alla povertà – ivi inclusa quella energetica – e all'esclusione sociale, all'equità e progressività del sistema fiscale, alla parità generazionale e di genere, nonché alla funzionalità piena del Servizio sanitario nazionale, in particolare costituendo dei consessi che, per settori ed ambiti di competenza, includano la diretta partecipazione di appositi comitati ristretti costituiti presso le Commissioni parlamentari in ordine alla valutazione ed al monitoraggio delle fasi di attuazione e soprattutto con riferimento alla definizione della prossima proposta di revisione del PNRR;
10. nell'ambito delle decisioni strategiche in tutti i settori, in particolare dell'occupazione, della salute e dell'inclusione sociale, a valutarne gli effetti sui giovani, promuovendo il principio di equità generazionale e introducendo strumenti di valutazione dell'impatto generato sulle giovani generazioni dalle politiche pubbliche;
11. a dare piena e rapida attuazione al PNRR, rispettando tutti gli obiettivi, le riforme da attuare e le scadenze temporali previste, recuperando la capacità di spesa per compensare i ritardi accumulati; a informare costantemente il Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR e sugli eventuali aggiornamenti dello stesso; a garantire la realizzazione delle opere messe a bando, anche prevedendo lo stanziamento di ulteriori risorse a copertura dei rincari dei prezzi dei materiali; a monitorare il rispetto della clausola del 40 per cento per gli investimenti del PNRR;
12. a corrispondere alle accresciute esigenze connesse all'espletamento dei compiti istituzionali delle forze di polizia attraverso il rafforzamento degli organici, i relativi riconoscimenti economici, l'incremento delle indennità, il potenziamento e l'ammodernamento delle dotazioni, dei mezzi tecnico-logistici e dei sistemi informativi;
13. a potenziare gli strumenti di contrasto alle mafie già esistenti, tutelare i principali presìdi antimafia come il 41-bis, le misure di prevenzione personali e patrimoniali;
14. a investire nella lotta alla corruzione, in particolare attraverso l'adozione di misure volte a garantire maggiore trasparenza e controllo dei fondi del PNRR e più in generale all'implementazione di una normativa che contrasti in maniera efficace i più gravi delitti contro la pubblica amministrazione attraverso la normativa prevista dall'Ordinamento penitenziario (articolo 4-bis) nonché escludere in radice ogni eventuale modifica in peius in materia di intercettazione per tali categorie di reati;
15. a proseguire nella politica di contrasto alle agromafie ed ecomafie, tutelando il diritto alla salute attraverso un efficace sistema di repressione delle attività della criminalità organizzata e dei reati ambientali in generale;
16. ad assicurare la necessaria continuità ai finanziamenti, alle attività e al funzionamento dei centri e delle reti antiviolenza territoriali e dei centri e servizi per uomini autori di violenza, al fine di rafforzare la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere e prevedere sempre maggiori azioni per il reinserimento economico e sociale, con particolare attenzione al mondo del lavoro, delle donne vittime di violenza;
17. sotto il profilo dell'annunciata revisione delle circoscrizioni giudiziarie, a garantire il pieno diritto di accesso alla giustizia in tutto il territorio nazionale e risolvere le questioni più critiche relativi a taluni uffici giudiziari, colmando le discrepanze esistenti tra i diversi territori;
18. a potenziare l'organico del Corpo di Polizia Penitenziaria, al fine di rendere maggiormente efficienti gli istituti penitenziari e garantire migliori condizioni di lavoro al personale addetto alla sicurezza all'interno delle carceri; a prevedere risorse aggiuntive per l'assunzione straordinaria di personale nei ruoli di funzionario giuridico-pedagogico e di funzionario mediatore culturale considerando, altresì il ruolo fondamentale che questi ultimi rivestono all'interno dell'ordinamento ai fini del reinserimento in società dei ristretti; nonché ad assumere, con procedura concorsuale, nuovi magistrati per porre rimedio alla gravissima carenza di personale;
19. in riferimento ad interventi in materia di edilizia giudiziaria, a riqualificare e potenziare il patrimonio immobiliare dell'amministrazione della giustizia in chiave ecologica e digitale, che si tratti di area facilmente accessibile e dotata di servizi e ambienti da adibire a nidi per l'infanzia, nell'attuazione delle politiche volte alla conciliazione tra vita familiare e professionale, con ricadute positive in termini di incremento dell'occupazione femminile e di effettività della parità nell'accesso alle professioni caratterizzanti il comparto giustizia;
20. ad adottare iniziative utili volte ad aumentare le risorse per le politiche di cooperazione allo sviluppo al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile globale in sintonia con l'Agenda 2030, con particolare attenzione all'efficacia degli aiuti e dello sviluppo, alla massima integrazione delle politiche e degli strumenti, nonché al coordinamento e alla collaborazione degli attori della cooperazione;
21. a rafforzare le politiche per la riduzione dei divari territoriali, con particolare riferimento al Mezzogiorno, alle aree interne, ai territori montani e alle isole;
22. a definire con il fattivo intervento del Parlamento e finanziare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) quali livelli inderogabili di quantità e qualità dei servizi pubblici da garantire su tutto il territorio nazionale, come sancito dall'articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione e dalla legge delega n. 42 del 2009, anche per evitare che le modalità di attuazione dell'autonomia differenziata delineate dal progetto del Governo possano accrescere le sperequazioni socio-economiche tra territori anziché ridurle; a rendere strutturali gli strumenti di politica industriale regionale (con particolare riferimento ai crediti d'imposta per investimenti in impianti, attrezzature e macchinari e per le attività di ricerca e sviluppo) e la decontribuzione per il Mezzogiorno;
23. a prevedere, in favore degli enti territoriali, risorse dirette a contenere l'aumento dei prezzi dell'energia anche mediante l'utilizzo di flessibilità di bilancio, nonché a implementare il finanziamento per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e servizi in favore dei cittadini;
24. a garantire la salvaguardia della progressività e dell'equità del nostro sistema fiscale, rafforzando l'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, prevedendo meccanismi premiali per i contribuenti leali, la tracciabilità dei pagamenti, l'incrocio delle banche dati, il potenziamento delle Agenzie fiscali, escludendo ogni ipotesi di ricorso a condoni fiscali;
25. a perseguire e incrementare una politica fiscale volta a prevedere un contributo straordinario a carico di soggetti operanti nel settore energetico in relazione ai cosiddetti «extraprofitti» realizzati per effetto del rincaro dei prezzi energetici, al fine di sostenere il pagamento delle forniture di energia elettrica e gas in favore di utenti economicamente svantaggiati, nonché un simile contributo nei settori farmaceutico, assicurativo, bancario e degli armamenti volto a sostenere misure specifiche ed esclusive per il contenimento ed il contrasto degli effetti del continuo aumento dei prezzi e dell'inflazione;
26. ad incrementare i finanziamenti per il rinnovo del contratto di lavoro al personale di scuola università e ricerca; a reperire le risorse necessarie per la piena attuazione del Piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni; ad adottare misure di prevenzione e di contrasto dell'abbandono precoce dell'istruzione e della formazione; a procedere a contrastare l'eccessivo affollamento delle classi e la povertà educativa, diminuendo il numero degli alunni per classe e garantendo la formazione delle classi nei territori disagiati, montani, nelle piccole isole, nelle aree interne; a garantire il diritto allo studio scolastico e universitario, assicurando borse di studio e servizi per tutti gli idonei; ad adottare iniziative volte a valorizzare economicamente tutto il personale scolastico, mediante iniziative volte a reperire risorse adeguate e ad innalzare le retribuzioni, portandole al livello europeo; ad intervenire, con azioni forti e immediate, per sostenere le famiglie, in estrema difficoltà per questo anno scolastico, nell'acquisto dei libri scolastici e garantire il diritto allo studio in modo uniforme su tutto il territorio nazionale; a istituire il beneficio della dote educativa da destinare a tutte le alunne e alunni, studentesse e studenti del primo e secondo ciclo di istruzione, al fine di sostenere economicamente le famiglie durante tutto il percorso educativo dei figli e contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali; ad adottare, già nella prossima legge di bilancio, misure volte a rivedere la disposizione approvata inerente il dimensionamento scolastico, abrogando la disciplina introdotta, anche alla luce dei rischi e delle criticità che potrebbero derivare dalla controversa riforma dell'autonomia differenziata da riconsiderare integralmente, con particolare riguardo al sistema di istruzione, che deve mantenere i caratteri di uniformità ed eguaglianza su tutto il territorio nazionale; a rafforzare i dottorati e la ricerca universitaria al fine di promuovere pari opportunità, riducendo le disparità regionali, rafforzando le tecnologie digitali e contrastando il divario di genere; a promuovere un'opera di sensibilizzazione sull'importanza sociale della cultura e del patrimonio culturale e a sostenere il ruolo trainante del patrimonio storico e artistico del nostro Paese e delle elevate professionalità presenti nei relativi settori;
27. ad adottare interventi per la transizione ecologica e il contrasto alla crisi climatica, in linea con le misure decise nell'ambito del Green New Deal europeo, approvando rapidamente le modifiche al PNIEC e il Piano di adattamento climatico; a perseguire, senza indugi, il raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2030 e di neutralità climatica al 2050, attraverso il pieno superamento della dipendenza del Paese da importazioni di combustibili fossili e l'incremento degli investimenti nelle fonti rinnovabili; ad adottare misure per aumentare l'efficienza energetica e la sicurezza sismica degli edifici, prestando particolare attenzione alla riqualificazione degli edifici con prestazioni energetiche basse in linea con gli indirizzi europei, anche attraverso la previsione di misure a carattere strutturale e finanziariamente sostenibili, e ad affrontare la questione dei crediti fiscali incagliati; ad adottare misure per promuovere la mobilità sostenibile e sostenere l'innovazione e la riconversione del settore dell'automotive; a promuovere gli acquisti aggregati di energia da rivendere a prezzo calmierato; a favorire l'autoconsumo singolo e collettivo di energia rinnovabile e lo sviluppo delle comunità energetiche e ad adottare, in tempi congrui, i decreti attuativi per la effettiva realizzazione delle comunità energetiche rinnovabili (CER); ad abbattere progressivamente gli incentivi ai combustibili fossili e i sussidi ambientalmente dannosi, prevedendo adeguate misure compensative per le famiglie e le imprese più vulnerabili; a finanziare gli interventi di riqualificazione dei corpi idrici naturali e del reticolo minore e a istituire un fondo per la sostituzione e manutenzione degli acquedotti, rimodulando il fondo complementare del PNRR; a recepire le misure previste dalle strategie per la «Biodiversità 2030», «Firm farm to fork» e «Suolo» nell'ambito del Green New Deal UE e riprese dalla recente proposta normativa «Pacchetto Natura» presentata dalla Commissione Europea;
28. ad adottare opportune iniziative volte a:
a) incrementare gli investimenti nelle fonti rinnovabili, che necessitano non esclusivamente di incentivi quanto di un quadro regolatorio certo, della semplificazione dei processi autorizzatori, e soprattutto del completamento delle regole del mercato elettrico, che in molti settori vede il predominio delle fonti fossili semplicemente perché mancano le regole per «gestire» le rinnovabili;
b) individuare un piano industriale impiantistico del Paese, anche ponendo in essere interventi di semplificazione e accelerazione dei procedimenti autorizzativi per la realizzazione e l'esercizio di impianti da fonti rinnovabili, al fine di garantire il conseguimento e potenziamento degli obiettivi nazionali di decarbonizzazione fissati dal Piano nazionale integrato di energia e clima;
c) favorire la transizione ecologica, energetica e verso l'economia circolare, mediante la progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi e la tempestiva definizione di appositi indicatori per gli investimenti ecosostenibili;
d) assumere scelte che, nell'ambito della pianificazione e gestione dei rifiuti, prevedano la progressiva dismissione degli impianti di incenerimento e che escludano nuove soluzioni impiantistiche basate sull'incenerimento dei rifiuti o comunque tali da incidere negativamente sulla qualità dell'aria e dei suoli, e la contestuale adozione di pratiche gestionali e soluzioni impiantistiche finalizzate alla riduzione della produzione di rifiuti, alla raccolta differenziata, alla tariffazione puntuale e alla promozione di filiere produttive volte al riuso, alla riparabilità, riciclabilità e compostabilità dei beni e materiali;
e) a rilanciare il settore della logistica cosiddetto «green» prevedendo un piano di evoluzione del sistema anche attraverso strumenti di governance dedicati all'incentivazione del trasporto intermodale – in considerazione di quanto già previsto con i contributi al trasporto combinato strada-mare (marebonus) e strada-rotaia (ferrobonus) –, alla digitalizzazione e all'automazione, per garantire la sostenibilità del settore e la sua compartecipazione agli obiettivi del Green New Deal europeo;
29. a garantire che gli interventi previsti per fronteggiare il caro energia siano applicati per tutto il periodo che si renderà necessario, dando priorità alla protezione delle fasce più deboli e alle imprese più esposte al caro energia; ad affiancare a tali interventi misure per sostenere i soggetti maggiormente colpiti dall'incremento dei prezzi di altri beni primari, a partire da quelli alimentari, che rischiano di colpire duramente le famiglie più povere e, in particolare, quelle i cui redditi nominali non variano al variare dell'inflazione; ad adottare interventi per sostenere le imprese dei settori maggiormente colpiti dagli effetti negativi dell'incremento dei prezzi e dei tassi d'interesse; a monitorare costantemente l'andamento della situazione del caro prezzi al fine di predisporre i necessari interventi;
30. a sostenere e rilanciare gli investimenti pubblici e le politiche dell'innovazione per favorire la crescita economica, la digitalizzazione, l'industrializzazione equa, responsabile e sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro; a sostenere le imprese estendendo il Piano Transizione 4.0 agli investimenti per la transizione ecologica, rendendolo maggiormente fruibile dalle micro, piccole e medie imprese, rafforzando gli incentivi fiscali, con particolare riferimento a quelli per gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, attuando e potenziando i progetti del PNRR a sostegno della ricerca e dell'innovazione, a partire dal potenziamento della ricerca di base e applicata, sostenendo i processi di innovazione e trasferimento tecnologico, sviluppando le politiche industriali per i settori di punta;
31. a dare piena attuazione alle Zone economiche speciali, non dando luogo alla riforma della governance come disposta nel decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, nonché assicurando adeguate risorse per la proroga del credito di imposta previsto;
32. a potenziare le politiche per lo sviluppo sostenibile delle aree interne, dei territori montani e delle isole, a partire dagli investimenti per le infrastrutture, la cura del territorio, la presenza di servizi scolastici, sanitari e socio sanitari;
33. a ripristinare il Reddito di cittadinanza, prevedendo il rafforzamento e la riorganizzazione delle politiche pubbliche volte a contrastare la povertà e l'esclusione sociale, potenziando la componente di servizi alla persona e l'attivazione di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa per l'effettivo superamento della condizione di povertà;
34. a sostenere il livello delle buste paga, il potere d'acquisto dei salari, in primo luogo attraverso la riduzione strutturale del cuneo fiscale gravante sul costo del lavoro, rafforzando il processo già avviato nella scorsa legislatura;
35. a contrastare le crescenti disparità generazionali, di genere e territoriali, in particolare con interventi volti a favorire l'inserimento lavorativo dei giovani e delle donne;
36. a rafforzare le politiche attive del lavoro, anche attraverso il potenziamento del fondo nuove competenze; ad assicurare la lotta al lavoro sommerso; a contrastare il precariato, rafforzando gli incentivi volti a favorire le assunzioni a tempo indeterminato, nonché collegando strettamente le tipologie contrattuali a tempo determinato a specifiche causali; ad abolire gli stage extra curriculari in forma gratuita;
37. a favorire l'evoluzione del sistema previdenziale mettendo al centro le donne, i giovani e chi svolge lavori gravosi, prevedendo l'aggiornamento e l'ampliamento della platea dei lavori usuranti, garantendo una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa;
38. ad avviare con le parti sociali la definizione di modalità di sperimentazione di riduzione dell'orario di lavoro a parità di retribuzione;
39. a contrastare il precariato, prevedendo incentivi volti a favorire le assunzioni a tempo indeterminato, nonché collegando strettamente le tipologie contrattuali a tempo determinato a specifiche causali;
40. a completare il sistema di tutele in favore dei lavoratori autonomi, avviato con l'introduzione dell'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, attraverso l'estensione delle misure già previste per i lavoratori dipendenti;
41. in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ad adottare le opportune iniziative normative volte a:
a) ampliare la tutela antinfortunistica anche allo svolgimento delle attività formative di qualsiasi tipologia che vengono svolte a qualsiasi titolo dalle imprese e nelle quali sono coinvolti gli studenti di ogni ordine e grado, compresi quelli impegnati in percorsi di istruzione e formazione professionale, tirocinanti, stagisti e docenti;
b) implementare l'organico tecnico di tutti gli enti preposti alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e ai controlli in tema di rispetto delle misure di sicurezza e di lavoro regolare, nonché a rafforzare i controlli ispettivi in materia di salute e sicurezza nell'ambito delle attività di formazione-lavoro;
c) istituire una Procura nazionale del lavoro ovverosia una modalità organizzativa e di coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro maggiormente efficiente che, anche attraverso la distribuzione dei magistrati in pool specialistici, assicurando sinergie tra i diversi attori coinvolti, uniformità dell'intervento, specializzazione ed innovazione delle modalità di indagine;
d) introdurre, nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado del sistema educativo di istruzione e formazione, l'insegnamento della cultura della sicurezza, finalizzato a rendere consapevoli gli studenti delle diverse fasce di età dei potenziali rischi conseguenti a comportamenti errati nei luoghi di lavoro e nella vita domestica e scolastica, nonché a fornire loro la conoscenza e l'addestramento adeguati a riconoscere situazioni di pericolo;
e) istituire la cosidetto «patente a punti» per la qualificazione delle imprese ovvero prevedere un meccanismo in base al quale, chiunque intenda avviare un'attività economica, debba soddisfare preventivamente una serie di requisiti minimi in materia di salute e sicurezza sul lavoro per accedere e restare nel mercato di riferimento;
42. a predisporre un nuovo patto per la salute al fine di allineare progressivamente il livello della spesa sanitaria alla media UE, abolendo gradualmente il tetto di spesa per il personale sanitario e destinando congrue risorse al rinnovo del contratto di lavoro, garantendo risorse adeguate a tutti i nuovi livelli essenziali di assistenza, riducendo gli attuali divari territoriali nell'offerta dei servizi e delle prestazioni, nonché le interminabili liste d'attesa che costringono i cittadini a ricorrere al privato;
43. a incrementare le risorse disponibili, finanziarie e professionali, per il funzionamento e il potenziamento del sistema sanitario nazionale, compresa la domiciliarità, la medicina territoriale, l'assistenza e la terapia domiciliare, la medicina d'urgenza, il finanziamento dei cicli di specializzazione, il potenziamento, l'adeguamento e l'ammodernamento tecnologico e infrastrutturale delle strutture ospedaliere e il rafforzamento della governance territoriale di prossimità con i relativi costi aggiuntivi; ad adottare le misure necessarie per garantire la piena attuazione della legge 194;
44. a potenziare gli strumenti per i percorsi di vita indipendente delle persone con disabilità e non autosufficienti, dando piena attuazione alla legge delega in tema di disabilità; a valorizzare l'invecchiamento attivo; a garantire e potenziare le tutele per i caregiver e a prevedere misure volte al cosiddetto silver cohousing, al fine di creare condizioni di vita migliori per gli anziani;
45. a rafforzare l'assegno unico, prima misura universalistica e progressiva a tutela e a sostegno della natalità, della genitorialità e delle famiglie, aumentando gli importi previsti, ampliando la platea dei beneficiari e rafforzando le clausole di salvaguardia; a introdurre una tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito, al fine di incrementare il tasso di occupazione femminile; ad adottare misure dirette ad ampliare i congedi parentali, incrementandone il trattamento economico e la fruibilità da parte di entrambi i genitori; a rafforzare l'indennità di maternità; ad assicurare la realizzazione degli asili nido, come previsto dal PNRR, e il loro buon funzionamento attraverso un'adeguata dotazione di personale, con l'obiettivo di aumentare l'offerta di lavoro, dare impulso all'occupazione femminile, far emergere il lavoro nero e favorire il reinserimento nel mondo del lavoro dopo il congedo di maternità obbligatorio;
46. ad adottare le iniziative necessarie a risolvere le numerose problematiche di carattere sociale, rafforzando le misure per affrontare la povertà alimentare e per ridurre il tasso di persone a rischio di povertà o esclusione sociale che resta ancora superiore alla media dell'Unione europea.
(6-00053) «Francesco Silvestri, Torto, Alfonso Colucci, D'Orso, Onori, Pellegrini, Fenu, Caso, Ilaria Fontana, Iaria, Pavanelli, Barzotti, Quartini, Caramiello, Scutellà, Dell'Olio».
La Camera,
premesso che:
la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, insieme con l'annessa Relazione, reca una revisione degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, prevedendo, rispetto al quadro programmatico del Documento di economia e finanza 2023, un incremento sia del tasso di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni sia del valore strutturale del medesimo tasso;
più in particolare, il nuovo quadro programmatico proposto prevede un incremento del PIL in termini reali pari all'1,2 per cento nel 2024, all'1,4 per cento nel 2025 e all'1,0 per cento nel 2026, con un tasso di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni in rapporto al PIL pari al 4,3 per cento per il 2024, al 3,6 per cento per il 2025 e al 2,9 per cento per il 2026 e un tasso di indebitamento netto strutturale pari, sempre in rapporto al PIL, al 4,8 per cento per il 2024, al 4,3 per cento per il 2025 e al 3,5 per cento per il 2026;
in relazione agli incrementi, tanto del tasso di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni che del valore strutturale del medesimo tasso, proposti dagli atti in esame, è necessaria l'autorizzazione a maggioranza assoluta da parte di ciascuna Camera;
la motivazione delle proposte contenute nella nota di aggiornamento fa riferimento all'esigenza di adottare misure in relazione al rallentamento del quadro macroeconomico nazionale, al peggioramento delle prospettive di crescita a livello globale, ad una crescita del livello dei prezzi ancora sostenuta, la quale incide sia sul potere di acquisto delle famiglie sia sulla competitività delle imprese;
rispetto all'andamento tendenziale, in realtà, le suddette proposte di variazione mirano a determinare, in deficit, la disponibilità di risorse per l'adozione di nuovi interventi per l'anno in corso e per gli anni 2024 e 2025;
i margini finanziari che si rendono disponibili, in base alla proposta in oggetto, sono pari a 15,7 miliardi per l'anno 2024 e 4,6 miliardi per l'anno 2025 e tali valori includono anche l'incremento di spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo;
tutti i soggetti auditi dalle commissioni parlamentari hanno rimarcato il quadro di grande incertezza economica e finanziaria in cui si inserisce la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, anche a causa dei recenti tragici eventi occorsi in Medio Oriente che rischiano di produrre squilibri soprattutto sul piano energetico ben superiori a quelli dovuti dal nord dell'Europa;
tutti i più recenti indicatori congiunturali suggeriscono per i prossimi mesi il permanere della fase di debolezza dell'economia italiana, che, al netto dell'andamento dei fattori «esogeni» internazionali, vedono importanti elementi di freno legati alle condizioni di accesso al credito più rigide per famiglie e imprese e al troppo lento recupero del potere d'acquisto delle famiglie;
la Corte dei conti ha sottolineato come vi siano forti incognite sul tema della riduzione del debito e anche del mantenimento dei numeri tendenziali indicati della nota di aggiornamento, infatti permangono rischi di ulteriore ricorso a maggiore indebitamento e, all'interno del quadro delineato, potrebbero emergere nuove occorrenze, possibili aumenti di oneri e, soprattutto, difficoltà di realizzazione di un programma di privatizzazione, assai ambizioso e di dimensioni mai raggiunte nel recente passato, come rimarca anche la Banca d'Italia;
sempre secondo la Banca d'Italia, l'elevato rapporto debito/PIL costituisce serio elemento di vulnerabilità, che riduce al limite gli spazi di bilancio per fare fronte a possibili futuri shock avversi ed espone il Paese al rischio di tensioni sui mercati finanziari, aumentando il costo del debito per lo Stato, e in ultima analisi, anche per famiglie e imprese;
in un contesto così fragile e in un tale quadro di incertezza congiunturale sarebbe importante che la politica di bilancio fosse condotta con estrema prudenza, in quanto ogni scelta percepita come non pienamente in linea con l'obiettivo di sostenibilità dei conti pubblici potrebbe portare all'inasprimento delle condizioni di finanziamento, già restrittive, acuendo le incertezze sugli sviluppi macro economici;
sempre secondo la Banca d'Italia, considerando che nelle previsioni del Governo la crescita dell'economia beneficia delle misure contenute nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, appare fondamentale, anche al fine di garantire il rispetto dei numeri tendenziali indicati nella nota di aggiornamento, destinare il massimo impegno alla sua tempestiva attuazione, salvaguardando gli obiettivi complessivi ed evitando di accumulare ritardi;
in relazione all'impiego delle risorse che si rendono disponibili attraverso il ricorso al maggiore indebitamento, la nota di aggiornamento in esame e l'annessa Relazione indicano che i margini relativi agli anni 2024 e 2025 saranno utilizzati, nell'ambito del prossimo disegno di legge di bilancio, per l'adozione di misure riduttive del cuneo fiscale contributivo sul lavoro, sempre limitatamente al 2024 e non già in maniera strutturale, per l'attuazione della prima fase della riforma fiscale, per misure di sostegno delle famiglie e della genitorialità, per la prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, con particolare riferimento al settore della sanità, per il potenziamento degli investimenti pubblici, con priorità per quelli previsti nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché per il rifinanziamento di altre misure già previste per gli anni precedenti,
impegna il Governo:
1) a finanziare il modo strutturale, e non solo limitatamente all'esercizio economico-finanziario 2024, la riduzione del cuneo contributivo per i lavoratori dipendenti con reddito inferiore ai 35.000 euro annui, onde evitare di gravare i futuri bilanci pubblici di oneri di fatto non coperti, considerando l'operare, particolarmente marcato su questo fronte, della sedimentazione delle aspettative;
2) ad assicurare per l'intero orizzonte di programmazione un adeguato finanziamento al Servizio sanitario nazionale che tenga conto della dinamica inflattiva e dello stato delle liste di attesa e avviare nel contempo un ragionamento complessivo di sistema, che includa una compiuta valutazione in merito all'adeguatezza dell'attuale assetto di ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni e che non prescinda da adeguate analisi e interventi sull'efficienza della spesa;
3) nelle more di una quantomai necessaria revisione complessiva della disciplina costituzionale relativa all'articolo 81 (e alla legge attuativa n. 243 del 2012), anche in relazione all'adeguamento al prossimo nuovo quadro di regole fiscali europee, ad evitare in futuro che le richieste al Parlamento di maggiore indebitamento ai sensi dell'articolo 6 della sopra richiamata legge avvengano in condizioni di palese contrasto col dettato della disciplina stessa, che prevede tale possibilità solo in caso di eventi eccezionali, tra i quali certamente non rientrano periodi di crescita economica superiore al potenziale.
(6-00054) «Marattin, Sottanelli, Del Barba, Richetti, Gadda, Enrico Costa, Grippo, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, D'Alessio, De Monte, Faraone, Giachetti, Gruppioni, Pastorella, Rosato, Ruffino».
La Camera,
esaminata la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2023;
premesso che:
il nostro Paese si trova a fronteggiare gli effetti congiunti di alcune grandi emergenze: una crisi economica e sociale di lungo corso, che ha coinciso con l'aumento di sacche di povertà e l'aggravarsi progressivo delle diseguaglianze; la crisi climatica, i cui effetti hanno cominciato a incidere pesantemente su ampie aree del territorio e che, a sua volta, colpisce più duramente le fasce di popolazione e le zone maggiormente vulnerabili; la crisi sanitaria scatenata dalla pandemia di COVID-19, che ha destabilizzato un Sistema sanitario pubblico già in difficoltà e che ha aggravato e inasprito i divari sociali e colpito maggiormente chi si trovava in condizioni di fragilità; la guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina; la crisi energetica; l'attacco terroristico da parte di Hamas contro Israele;
la Nota di aggiornamento al DEF 2023, fortemente condizionata nei contenuti dalle promesse elettorali, risulta debole e rinunciataria e vede la luce in un quadro economico e di finanza pubblica incerto. Con la Nota, il Governo rinuncia al raggiungimento per il nostro Paese di risultati più ambiziosi. Non emergono, infatti, chiari indirizzi di natura economica orientati per i prossimi anni allo sviluppo e al sostegno delle imprese e al miglioramento del benessere dei cittadini, mentre al contrario appaiono chiari e preoccupanti i probabili tagli di spesa pubblica, in particolare per il settore sanitario e per le politiche sociali;
la dinamica del PIL è in contrazione dal secondo trimestre del corrente anno, in misura superiore alle attese a causa del calo degli investimenti, della flessione della manifattura e dell'interruzione della fase espansiva dei servizi. Nonostante gli evidenti segnali di indebolimento della crescita, il quadro programmatico della Nota evidenzia un ottimistico miglioramento del PIL nel prossimo biennio, fino a raggiungere la soglia del 1,2 per cento nel 2024 (+0,2 rispetto al tendenziale) e dell'1,4 per cento nel 2025 (+0,1 rispetto al tendenziale), in netta controtendenza rispetto alle previsioni dei principali istituti e osservatori internazionali, tra cui la commissione UE, l'OCSE e il FMI che stimano per il 2024 una crescita del nostro PIL molto inferiore (0,7/0,8 per cento) rispetto alle previsioni del Governo;
ad aggravare il quadro previsionale vi è l'incerto apporto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La revisione degli interventi e la riallocazione delle risorse messa in atto dal Governo rischia di compromettere il conseguimento degli obiettivi complessivi ed aggravare l'accumulo di ritardi nella realizzazione del Piano. Senza una netta accelerazione nell'utilizzazione dei fondi del Pnrr e del REPowerEU sarà difficile confermare le previsioni di crescita previste nella Nota;
il quadro programmatico di finanza pubblica prefigura un deciso peggioramento di tutti i principali indicatori sia rispetto alle previsioni tendenziali sia rispetto alle previsioni programmatiche del DEF di aprile scorso. L'indebitamento netto è stato programmato per l'anno 2024 al –4,3 per cento, in sensibile peggioramento di 0,7 punti rispetto al tendenziale e di 0,6 punti percentuali rispetto al dato programmatico previsto nel DEF di aprile scorso. Nel 2025 e nel 2026 è previsto al –3,6 per cento e al –2,9 per cento, in peggioramento di 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni tendenziali; peggiora anche il dato relativo al saldo primario previsto al –0,3 per cento nel 2024, sia rispetto al quadro programmatico del DEF (+0,3 per cento), sia al quadro tendenziale (0,6 per cento); la spesa per interessi peggiora rispetto allo scenario programmatico del DEF di aprile scorso, attestandosi al 4,2 per cento nel 2024, al 4,3 per cento nel 2025 e al 4,6 per cento nel 2026;
il debito pubblico scende in rapporto al Pil solo marginalmente nel periodo previsionale. In particolare, il percorso di decrescita del rapporto debito/Pil rallenta sensibilmente nel 2024 rispetto allo scenario tendenziale, attestandosi al 140,1 per cento, ad un livello superiore di 0,4 punti percentuali rispetto al tendenziale. Nel 2025 è previsto scendere al 139,9 per cento e nel 2026 al 139,6 per cento;
a rendere ulteriormente incerto lo scenario contribuiscono i proventi da dismissioni pari ad almeno l'1 per cento del PIL che il governo ipotizza di realizzare nell'arco del triennio 2024-2026, un obiettivo estremamente ambizioso e che andrebbe valutato in funzione del ruolo da attribuire allo Stato per conseguire gli obiettivi di politica industriale del Paese;
sul fronte delle entrate, la Nota evidenzia un andamento nello scenario tendenziale inferiore rispetto alle previsioni del DEF. Nel solo anno 2023, l'andamento delle entrate si riduce di 1,1 punti percentuali, passando dal 48,9 per cento al 47,8 per cento, di 0,6 punti percentuali nel 2024 e nel 2025 (passando rispettivamente dal 47,7 al 47 per cento nel 2024 e dal 47,6 per cento al 46,6 per cento nel 2025), e di 0,8 punti percentuali nel 2026, passando dal 47,1 al 46,3 per cento nel 2026;
sul fronte della spesa preoccupa l'andamento della spesa sanitaria, che secondo la Nota a legislazione vigente è prevista scendere a livelli nettamente inferiori alla fase antecedente alla pandemia COVID-19: dal 6,6 per cento del Pil del 2023, al 6,2 per cento nel 2024 e nel 2025 e al 6,1 per cento nel 2026, senza precisare alcunché in merito alla spesa programmata per tale settore. La Nota si limita a indicare che la legge di bilancio 2024 provvederà agli stanziamenti, per il triennio 2024-2026, da destinare al personale del sistema sanitario;
la situazione di incertezza generata dalla Nota di aggiornamento e le criticità insite nelle scelte di politica economica e di finanza pubblica sottostanti la prossima manovra di bilancio iniziano a minare la credibilità dell'esecutivo e ad alimentare una forte instabilità intorno al nostro Paese i cui riflessi sono evidenziati dall'andamento dello spread, in forte crescita rispetto a pochi mesi fa, e dall'aumento della spesa per interessi sui titoli del debito pubblico. Situazione che rischia di esporre, tra l'altro, il Paese a possibili attacchi speculativi e all'abbassamento del rating sui titoli del debito pubblico;
rilevato che,
nella Nota, nonché nella richiesta di autorizzazione al Parlamento per il ricorso al maggiore indebitamento, emerge l'intenzione del Governo di ricorrere ad una manovra espansiva finanziata in gran parte in deficit. In tale quadro, il Governo ha chiesto – con la Relazione al Parlamento redatta ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012 – l'autorizzazione a rivedere il piano di rientro verso l'OMT ponendo gli obiettivi programmatici del rapporto tra il deficit e il PIL su livelli più elevati rispetto a quanto indicato nel DEF della scorsa primavera. I presupposti della richiesta dello scostamento appaiono discutibili e incoerenti rispetto alle previsioni della normativa vigente;
la Nota fornisce solo informazioni di carattere generale sui provvedimenti della manovra. Dal punto di vista quantitativo la principale misura dovrebbe essere costituita dalla proroga, soltanto per un ulteriore anno, delle misure già in vigore relative alla riduzione dei contributi sociali. Gli altri ambiti principali d'intervento riguardano gli stanziamenti per l'avvio della riforma del sistema fiscale, a vantaggio prevalentemente dei contribuenti a reddito medio e alto. A questi si aggiungono gli stanziamenti da destinare al personale del sistema sanitario, al supporto delle famiglie più numerose, agli incentivi per gli investimenti nel Mezzogiorno e le risorse per le politiche invariate, quali i rinnovi contrattuali della PA e le spese necessarie per preservare la continuità dei servizi pubblici;
nessuna chiara indicazione viene fornita sulle altre possibili misure della prossima legge di bilancio, a partire da quelle indispensabili per sostenere la domanda privata, per contrastare il drastico calo del potere di acquisto delle retribuzioni causato dall'inflazione e gli effetti del carovita, che si riflettono maggiormente sulle famiglie a più basso reddito, nonché per la crescita, il rilancio degli investimenti e il rafforzamento della competitività delle imprese;
anche sul versante delle coperture finanziarie le indicazioni della Nota sono di carattere generale e non esaustive e su cui pendono giudizi di dubbia sostenibilità. Secondo quanto previsto dalla Nota, le coperture dovrebbero poggiarsi oltre che sull'incremento dell'indebitamento netto di 15,7 miliardi nel 2024, di 4,6 miliardi nel 2025; su altre direttrici prioritarie poco credibili: 1) l'ipotetica spending review dei Ministeri da cui sono attesi – tramite tagli lineari – risparmi di spesa per circa 2 miliardi di euro; 2) le irrealistiche privatizzazioni di società partecipate per circa 20 miliardi di euro (1 punto percentuale di PIL) per il triennio 2024-2026; 4) i tagli ai sussidi e alle detrazioni fiscali, non quantificati nell'importo, per finanziare una prima parte della riforma fiscale;
in questo contesto, in assenza di una seria lotta all'evasione e di una seria ed attenta revisione della spesa pubblica che, senza operare tagli lineari, punti a eliminare gli sprechi e le inefficienze mantenendo immutata la qualità dei servizi pubblici, diventano irrealistiche le promesse annunciate nei piani del Governo. Tanto meno tali piani possono essere coerenti con quegli aumenti di risorse da destinare prioritariamente alla sanità, alla pubblica istruzione e alla transizione ecologica;
Tutto ciò premesso,
impegna il Governo:
a sostenere il livello delle retribuzioni e il potere d'acquisto dei salari, in primo luogo attraverso l'introduzione nella prossima legge di bilancio di una riduzione di natura strutturale del cuneo fiscale gravante sul costo del lavoro da finanziare con una opportuna redistribuzione del carico fiscale e una effettiva lotta all'evasione; a provvedere, altresì, al rinnovo di tutti i contratti scaduti del pubblico impiego inclusi quelli del comparto sanitario;
a favorire l'iter parlamentare di approvazione della legge sul salario minimo legale, garantendo il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori a vedersi riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello stabilito dai contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi in vigore e la previsione di un livello minimo, pari a 9 euro lordi, per il trattamento economico minimo orario, nonché di una legge sulla partecipazione gestionale, finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori nelle imprese quale vettore di sviluppo economico e mezzo per la realizzazione di un progresso sociale; a rafforzare le politiche attive del lavoro, anche attraverso il potenziamento del fondo nuove competenze; ad assicurare la lotta al lavoro sommerso e il rafforzamento delle misure per la sicurezza nei luoghi di lavoro; a contrastare il precariato, rafforzando gli incentivi volti a favorire le assunzioni a tempo indeterminato, nonché collegando strettamente le tipologie contrattuali a tempo determinato a specifiche causali; ad abolire gli stage extra curriculari in forma gratuita;
ad affiancare a tali interventi misure per sostenere i soggetti maggiormente colpiti dall'incremento dei prezzi al consumo, ridistribuendo l'extragettito fiscale sui carburanti per rifinanziare il bonus carburanti, ampliando la platea dei beneficiari, nonché il contributo per l'acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale e il Fondo nazionale trasporti; a congelare l'indicizzazione degli affitti delle abitazioni fino al 31 dicembre 2024; a rifinanziare le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati e ai clienti domestici in gravi condizioni di salute, nonché le agevolazioni per la fornitura del gas naturale; a prorogare fino al 31 dicembre 2024 il regime di maggior tutela per la fornitura di energia elettrica e gas; a garantire appositi Fondi per la gratuità del trasporto pubblico, dei libri e delle mense scolastiche per le studentesse e gli studenti; ad adottare interventi per sostenere le imprese dei settori maggiormente colpiti dagli effetti negativi dell'incremento dei prezzi e dei tassi d'interesse; a monitorare costantemente l'andamento della situazione del caro prezzi al fine di predisporre i necessari interventi; a fronteggiare il grave e diffuso disagio abitativo, attraverso il rifinanziamento del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, del Fondo per la morosità incolpevole e del Fondo di garanzia mutui per la prima casa, nonché a prevedere misure di sostegno per far fronte alla maggiore spesa conseguente all'aumento dei tassi di interesse sui mutui in favore dei soggetti che versano in situazione di obiettiva difficoltà, valutando anche l'incremento della percentuale di detraibilità degli interessi passivi per l'acquisto dell'abitazione principale;
a dare piena e rapida attuazione al Pnrr, rispettando tutti gli obiettivi, le riforme da attuare e le scadenze temporali previste, recuperando la capacità di spesa per compensare i ritardi accumulati a seguito della revisione del Piano; a informare costantemente il Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr e sugli eventuali aggiornamenti dello stesso; a garantire la realizzazione delle opere messe a bando, anche prevedendo lo stanziamento di ulteriori risorse a copertura dei rincari dei prezzi dei materiali, nonché il ripristino per gli enti locali dei progetti definanziati con la revisione;
ad adottare interventi per la transizione ecologica e il contrasto alla crisi climatica, in linea con le misure decise nell'ambito del Green New Deal europeo; a perseguire il raggiungimento dei target di decarbonizzazione 2030 e di neutralità climatica al 2050, attraverso il superamento della dipendenza del Paese da importazioni di combustibili fossili e l'incremento degli investimenti nelle fonti rinnovabili; ad aumentare l'efficienza energetica e la sicurezza sismica degli edifici, anche attraverso misure a carattere strutturale e finanziariamente sostenibili; ad affrontare la questione dei crediti fiscali incagliati; ad adottare misure per promuovere la mobilità sostenibile e sostenere l'innovazione e la riconversione del settore dell'automotive; a favorire lo sviluppo delle comunità energetiche; ad abbattere progressivamente i sussidi ambientalmente dannosi, prevedendo adeguate misure compensative per le famiglie e le imprese più vulnerabili;
a rivedere l'impostazione della politica fiscale finora attuata garantendo la salvaguardia della progressività e dell'equità orizzontale del nostro sistema fiscale, assicurando la partecipazione di tutti i redditi al finanziamento degli enti territoriali, rafforzando l'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, prevedendo meccanismi premiali per i contribuenti leali, la tracciabilità dei pagamenti, l'incrocio delle banche dati, il potenziamento delle Agenzie fiscali, escludendo ogni ipotesi di ulteriore ricorso a condoni fiscali;
a rafforzare le politiche a sostegno delle imprese, rafforzando e razionalizzando il quadro degli incentivi per accelerare la transizione ecologica e la trasformazione digitale delle imprese, a partire da quelle piccole e medie; definendo le missioni strategiche delle società partecipate dallo Stato; potenziando e coordinando la rete dei centri per l'innovazione; rafforzando il ruolo dell'Italia nei grandi progetti industriali europei; promuovendo l'investimento nella formazione e lo sviluppo delle competenze;
a rafforzare le politiche per la riduzione dei divari territoriali, con particolare riferimento al Mezzogiorno, alle aree interne, ai territori montani e alle isole; a definire e finanziare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) da garantire su tutto il territorio nazionale; a rendere strutturali gli strumenti di politica industriale regionale e la decontribuzione per il Mezzogiorno;
a monitorare il rispetto della clausola del 40 per cento per gli investimenti del PNRR; a prevedere e realizzare un piano straordinario di assunzioni nella Pubblica amministrazione, per immettere le competenze necessarie per realizzare gli investimenti e migliorare i servizi, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
a rifinanziare il fondo sanitario nazionale per garantire nel 2024 un livello di spesa in rapporto al PIL almeno pari a quello del 2023 e, in prospettiva, a prevedere un percorso di incremento della spesa sanitaria tale da garantire il raggiungimento, entro 5 anni, della soglia del 7,5 per cento in rapporto al PIL; a definire adeguate misure per ridurre le disparità territoriali in materia di sanità, rispettando i principi di universalità, uguaglianza e solidarietà che ispirano la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, rinunciando al progetto di autonomia differenziata, a utilizzare tutte le risorse previste dalla Missione 6 del Pnrr volte a realizzare, in ogni distretto sanitario, le centrali operative territoriali, le case della comunità e gli ospedali di comunità, a potenziare la domiciliarità, la medicina territoriale, l'assistenza e la terapia domiciliare, la medicina d'urgenza, il finanziamento dei cicli di specializzazione, l'ammodernamento tecnologico e infrastrutturale delle strutture ospedaliere, la governance territoriale di prossimità con i relativi costi aggiuntivi; ad adottare misure finalizzate a considerare parte della spesa sanitaria, quale quella per l'acquisto di medicinali curativi o trasformativi della storia clinica di un paziente, quale spesa di investimento, individuando specifiche modalità per renderne sostenibile l'acquisto per il Sistema Sanitario Nazionale;
a rafforzare l'assegno unico, aumentando gli importi previsti, ampliando la platea dei beneficiari e rafforzando le clausole di salvaguardia; a reinvestire nell'assegno unico le risorse eventualmente non spese; a introdurre una tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito, al fine di incrementare il tasso di occupazione femminile; ad adottare misure dirette ad ampliare i congedi parentali, incrementandone il trattamento economico e la fruibilità da parte di entrambi i genitori; a rafforzare l'indennità di maternità; ad assicurare la realizzazione degli asili nido, come previsto dal PNRR, e il loro buon funzionamento attraverso un'adeguata dotazione di personale, con l'obiettivo di aumentare l'offerta di lavoro, dare impulso all'occupazione femminile, far emergere il lavoro nero e favorire il reinserimento nel mondo del lavoro dopo il congedo di maternità obbligatorio;
a rafforzare e riorganizzare le politiche pubbliche volte a contrastare la povertà e l'esclusione sociale, potenziando la componente di servizi alla persona e l'attivazione di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa per l'effettivo superamento della condizione di povertà; a potenziare gli strumenti per i percorsi di vita indipendente delle persone con disabilità e non autosufficienti, dando piena attuazione alla legge delega in tema di disabilità; a valorizzare l'invecchiamento attivo; a garantire e potenziare le tutele per i caregiver e a prevedere misure volte al cosiddetto silver cohousing, al fine di creare condizioni di vita migliori per gli anziani;
a salvaguardare l'indicizzazione delle pensioni all'inflazione; a favorire l'evoluzione del sistema previdenziale mettendo al centro le donne, i giovani e chi svolge lavori gravosi, prevedendo l'aggiornamento e l'ampliamento della platea dei lavori usuranti, garantendo una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa;
a prevedere misure volte a sostenere l'istruzione, l'Università, la ricerca e la cultura, assicurando livelli di spesa rispetto al PIL in linea con la media UE, a beneficio dei giovani e delle future generazioni, incrementando i finanziamenti per il rinnovo del contratto di lavoro, aumentando gli investimenti nel settore 0-6 anni; ad adottare misure di prevenzione dell'abbandono precoce dell'istruzione e della formazione; a utilizzare le risorse liberate a seguito del calo demografico per ridurre il numero degli alunni per classe e per evitare la chiusura delle scuole nelle aree interne e montane; a garantire il diritto allo studio scolastico e universitario, assicurando borse di studio e servizi per tutti gli idonei; ad avviare un piano di stabilizzazione pluriennale dei precari; a individuare misure per garantire l'innalzamento dell'obbligo di istruzione; a rafforzare i dottorati e la ricerca universitaria al fine di promuovere pari opportunità di istruzione, riducendo le disparità regionali, rafforzando le tecnologie digitali e contrastando il divario di genere; a promuovere un'opera di sensibilizzazione sull'importanza sociale della cultura e del patrimonio culturale e a sostenere il ruolo trainante del patrimonio storico e artistico del nostro Paese e delle elevate professionalità presenti nei relativi settori;
a prevedere, in favore degli enti territoriali, risorse dirette a implementare il finanziamento per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e servizi in favore dei cittadini;
a provvedere ai necessari stanziamenti per fronteggiare gli interventi di ripristino o ricostruzione di immobili privati e pubblici danneggiati dagli eventi alluvionali verificatisi a decorrere dal 1 maggio 2023 nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Marche e Toscana, anche attraverso il riconoscimento di un credito d'imposta su domanda dei soggetti interessati e finanziamenti agevolati accordati dalle banche, nonché per il rilancio delle attività produttive e per gli interventi di messa in sicurezza del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico, con particolare riguardo alla fascia appenninica colpita più soggetta al rischio di dissesto idrogeologico, provvedendo altresì a stanziare adeguate risorse per le altre regioni colpite da eventi alluvionali.
(6-00055) «Braga, Ubaldo Pagano, Bonafè, Ghio, Ciani, Toni Ricciardi, De Luca, Ferrari, Morassut, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria, Guerra, Lai, Mancini».
La Camera,
premesso che:
la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 alla stregua del Def 2023 risulta debole e rinunciataria e vede la luce in un quadro economico incerto, ma a differenza di quest'ultimo sembra fissare solo gli obiettivi programmatici senza entrare nel dettaglio delle politiche;
le stime previsionali della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, destinate a tracciare perimetro e ambiti di intervento della prossima manovra finanziaria per l'anno 2024, restituiscono, infatti, un messaggio politico ed economico abbastanza stringente ed inconfutabile: delineano una manovra economica costretta nella sua reale dimensione ed all'insegna dell'austerità e, soprattutto, inefficace da un punto di vista macroeconomico. Gran parte di essa dovrà fare i conti con una frenata del Pil, sarà pesantemente condizionata da un contesto macroeconomico e di finanza pubblica avversi, da un ritorno del Patto di Stabilità e da uno scenario internazionale ancora segnato da alti tassi d'interesse e inflazione fuori dagli argini, e quasi interamente assorbita dalle minori entrate fiscali previste dalla riforma fiscale, nell'ordine di 17 miliardi di euro, che inevitabilmente, condizionano l'allocazione delle risorse finanziarie destinate alla spesa pubblica che deve ridursi o non crescere di importo equivalente;
con la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 il Governo ha rivisto e corretto, nell'ambito di un quadro economico sensibilmente mutato, le previsioni macroeconomiche e tendenziali di finanza pubblica riportate dal Documento di economia e finanza 2023 varato lo scorso mese di aprile 2023, basandosi sugli effetti di una intervenuta politica monetaria restrittiva influenzata dall'aumento dei tassi d'interesse, dalle nuove regole di politica fiscale a livello europeo, dalle conseguenze del conflitto russo-ucraino e dalle prospettive di crescita di grandi Paesi esportatori quali la Germania e la Cina;
nelle stime del Governo i suddetti effetti hanno comportato una modesta crescita dell'attività economica rispetto a quella prefigurata dalle stime interne per il secondo semestre 2023, frenando la previsione di crescita annuale Pil in termini reali rivista al ribasso di due decimi di punto percentuale rispetto al quadro programmatico riportato dal Def 2023, ossia dall'1,0 per cento allo 0,8 per cento. La stessa Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 prevede una caduta di mezzo punto percentuale del tasso di crescita nello scenario tendenziale per il 2024, che passa dall'1,5 per cento del Def 2023 all'1 per cento, lascia sostanzialmente invariata, ossia all'1,3 per cento, la proiezione tendenziale di crescita del Pil per il 2025 rispetto alla previsione del Def 2023 mentre vede migliorare marginalmente quella per il 2026 che passerebbe dall'1,1 per cento all'1,2 per cento;
le suddette previsioni pur se al ribasso appaiono molto ottimistiche, se confrontate con la crescita recentemente prevista dalle principali istituzioni nazionali ed internazionali quali FMI, OCSE, Prometeia, Commissione europea, e sembrerebbero derivare da una scelta eccessivamente attendista rispetto all'esposizione del sistema macroeconomico italiano a rischi di varia natura, prevalentemente esogeni o di matrice internazionale, nel complesso orientati al ribasso. Il conflitto in corso alle porte dell'Unione europea continua, infatti, a rappresentare un rischio rilevante e anche se l'economia europea, nel suo complesso, sembra avere risentito limitatamente delle tensioni commerciali con la Russia, l'industria tedesca ha invece mostrato chiari segni di debolezza, che se persistenti inciderebbero fortemente sui sistemi produttivi integrati con la Germania come quello italiano;
le nuove previsioni di crescita continuano ad incorporare la piena attuazione del PNRR anche se permangono dubbi anche rispetto all'integrale, tempestivo ed efficiente utilizzo da parte del governo dei fondi europei del programma NGEU, anch'essi alla base delle previsioni della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023. Nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 con l'aggiornamento delle proiezioni sull'utilizzo dei fondi si è proceduto a una rimodulazione della loro allocazione temporale da cui è scaturita una maggiore concentrazione della spesa negli anni finali del Piano, a partire dal 2024. Già nei primi due anni del programma l'attivazione di investimenti pubblici è stata modesta ed ha costretto il Governo a modificare significativamente il PNRR, inoltre, analogamente alle precedenti Note di aggiornamento, il Governo continua a spostare in avanti l'attivazione della spesa prevista. Di contro, in un contesto di inasprimento delle condizioni di accesso al credito, affinché lo stimolo all'attività produttiva sia significativo e duraturo occorrerebbe avanzare speditamente con l'attuazione degli interventi e con le riforme strutturali, anche se la concentrazione della realizzazione delle opere del PNRR nei due anni finali del programma finirebbe con l'alimentare strozzature nell'offerta, sia con riferimento alle competenze necessarie per gestire e avviare le opere, sia per lo spiazzamento di altri investimenti. Ne consegue che gli investimenti complessivi pur sostenuti dal PNRR saranno nel breve termine meno dinamici di quanto previsto nel Def e si fermeranno a 58.7 miliardi di euro, cioè il 7.8 per cento contro l'11,7 per cento rispetto a quanto preventivato in primavera;
le previsioni della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 sembrano poggiare anche sull'attesa e netta flessione dell'inflazione nel prossimo anno, attesa condivisibile ma anch'essa gravata da diversi rischi connessi a variabili esogene basate sui prezzi dei mercati a termine delle materie prime a loro volta estremamente volatili, né si possono escludere nuovi shock correlati a strategie di offerta dei paesi produttori di petrolio. Inoltre, eventi climatici avversi, che in caso di eventi estremi possono nuocere direttamente al tessuto produttivo, o nuove tensioni geopolitiche, potrebbero spingere al rialzo le quotazioni all'ingrosso dei beni alimentari, che rapidamente si trasmetterebbero ai prezzi al consumo andando ad erodere il potere di acquisto delle famiglie;
gli obiettivi di indebitamento, sui quali peraltro si baserà la prossima manovra di bilancio, sono stabiliti dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 al 5,3 per cento per cento del Pil per il 2023, con uno scostamento al rialzo di quasi un punto percentuale rispetto alle previsioni del DEF, che sembrerebbe giustificato dal tentativo del Governo di precostituirsi maggiori margini di manovra (in modo da incrementare la spesa in deficit per circa 15,7 miliardi e liberare una dote finanziaria di circa 10 miliardi di euro da destinare quasi certamente già dalla prossima manovra finanziaria al taglio del cuneo fiscale), per tornare al 4.3 per cento nel 2024, al 3,6 per cento nel 2025 e al 2,9 per cento nel 2026;
la scelta del Governo di aumentare il deficit è stata criticata da coloro che, di contro, sostengono come lo stesso avrebbe dovuto mantenere gli obiettivi del Documento di economia e finanza di primavera 2023 per consentire una più rapida riduzione del debito in un momento come quello attuale in cui le condizioni sono ancora «relativamente» favorevoli;
le politiche finanziate in deficit, alla luce delle regole UE, potrebbero diventare un problema per diversi governi europei, compreso quello italiano. Infatti, attualmente il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) è solo sospeso, mentre non è stata presa alcuna decisione definitiva sulla sua revisione. Pertanto, continua a pesare la grande incognita legata agli esiti e ai tempi della riforma della governance economica europea e conseguentemente alla possibilità, o meno, di un ritorno della disciplina fiscale pre-pandemia. A questo proposito va sottolineato che il debito pubblico italiano è aumentato, durante la fase pandemica, proprio per contrastare le sue conseguenze economiche e sociali (passando dal 134,1 per cento in rapporto al Pil nel 2019, al 154,9 per cento nel 2020, al 147,0 per cento nel 2021 e al 141,6 per cento nel 2022), e che attualmente il quadro di finanza pubblica è ulteriormente appesantito sia dall'aumento degli interessi sul debito pubblico che dal rallentamento del Pil;
la progressiva marginalizzazione del ruolo pubblico nel governo dell'economia è certificato dal bassissimo scarto se non nullo tra lo scenario tendenziale e quello programmatico riportato alla pagina 16 Tav. 1:3 – Indicatori di finanza pubblica, della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, con impatto pressoché nullo o irrilevante delle politiche economiche dell'attuale Governo nello sviluppo del Paese. In economia politica, infatti, la coincidenza di quadro tendenziale e quadro programmatico è sempre foriera della totale assenza di politiche d'intervento pubbliche, e disvelerebbe che il governo non abbia nessuna vera riforma in cantiere;
in tale scenario macroeconomico la tempestiva ed efficace realizzazione dei progetti e degli interventi previsti dal PNRR rappresenta, oggi, la sola misura anticiclica su cui può fare affidamento l'economia italiana;
se si analizza il contributo delle azioni programmatiche alla crescita nel triennio, rileva che è di corto respiro e di impatto del tutto neutrale rispetto alle esportazioni e alle scorte, mentre apporterebbe una crescita dello 0,2 per cento della domanda interna nel 2024, dello 0,1 per cento nel 2025 e una riduzione della domanda interna nel 2026. Nei fatti, tutte le azioni del Governo, tutto l'extra deficit e tutta la manovra puntano ad un obiettivo molto modesto, ovvero un lieve incremento di domanda, in massima parte lato consumi, attraverso una riduzione delle imposte;
nel triennio – a causa dell'incremento dei rendimenti richiesti ai nostri titoli di Stato il costo del servizio del debito, rispetto agli interessi passivi pagati nel 2023 (78,3 miliardi), crescerà di 10 miliardi nel 2024, di 16 miliardi nel 2025 e di 25 miliardi nel 2026. La spesa per interessi sul debito è non solo improduttiva ma anche regressiva rispetto alle conseguenze che determina sull'allocazione della ricchezza, determinando un incremento dei rendimenti dei percettori delle relative rendite che sono tassate, con cedolare, al 12.5 per cento;
l'obiettivo triennale di assestare il debito sotto il 140 per cento del Pil secondo la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, sarà assicurato attraverso il ricorso alla dismissione del patrimonio pubblico (cosiddette «privatizzazioni»), o per usare le parole del Governo «a una gestione più dinamica delle partecipazioni pubbliche», un'operazione che vale un punto percentuale di Pil, ossia circa 23 miliardi di euro e grazie alla quale il governo conta di conseguire proventi pari ad almeno l'1 per cento del Pil nel solo triennio 2024-2026;
nel 2023 per la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza le entrate sono incrementate di circa 46 miliardi di euro rispetto all'anno precedente, ma con una dinamica inferiore rispetto al Pil nominale, portando la pressione fiscale complessiva dal 42,7 per cento al 42,5 per cento. Le imposte dirette presentano una lieve crescita (+0,1 per cento), mentre a calare più nettamente sono i contributi sociali che si riducono di uno 0.3 per cento rispetto al Pil in ragione della decontribuzione per i lavoratori con salari fino a 35.000 euro. Le previsioni indicano che, negli anni dal 2024 al 2026, vi sarà una diminuzione (anche a politiche invariate) del gettito tributario, al netto di quel primo modulo della riforma fiscale che dovrebbe accorpare i primi due scaglioni IRPEF e portare al 23 per cento il livello di tassazione di tutti i redditi fino a 28.000 euro, con una perdita di gettito erariale pari a 4 miliardi di euro;
la contrazione di gettito, nelle previsioni del Governo, sarebbe fronteggiata dalla revisione delle cosiddette tax expenditures sulla quale sarà necessario vigilare affinché non siano ridotti gli attuali benefici, in termini di detrazioni, riconosciuti a lavoratori e pensionati;
sul fronte della spesa pubblica si prefigura una contrazione brutale sia in rapporto al Pil che in termini reali. Non adeguandola all'inflazione, infatti, la spesa pubblica si ridurrà in media del 10 per cento nel triennio 2023-2026 nei settori della sanità e della conoscenza;
la non più eludibile espansione della spesa sanitaria può essere finanziata da un corrispondente definanziamento della spesa militare, riducendo sensibilmente il livello attuale di quest'ultima fissato dal Parlamento al 2 per cento del Pil;
la spesa sanitaria, in percentuale del Prodotto interno lordo, mostra un trend decrescente dopo il picco toccato durante la pandemia. La novità è che la riduzione si consuma anche in termini nominali: tra il 2023 e il 2024, la spesa è prevista in calo da 134.7 miliardi di euro a 132,9, quasi 2 miliardi in meno. La spesa poi rimbalza, crescendo di quasi 4 miliardi nel 2025 e di altri 2 miliardi di euro nel 2026. Tutte variazioni che non tengono conto degli effetti dell'inflazione prevista dal governo (in termini reali, sull'orizzonte della previsione si arriva a una riduzione di circa 4 punti percentuali) che non possono minimamente essere fronteggiati neanche con i 4 miliardi di euro di risorse che libera con il ricorso allo scostamento dal percorso di rientro all'obiettivo di medio termine (OMT);
continua pertanto, inasprendosi, il definanziamento del Servizio sanitario nazionale prefigurandosi una inaccettabile messa in discussione del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione. Dopo l'incremento per contrastare la pandemia che ha portato, nel 2020, la spesa sanitaria pubblica al 7,4 per cento del PIL, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 oltre alla revisione al ribasso dello stanziamento per l'anno in corso (–1.3 miliardi di euro, pari a –1,0 per cento), a cui si aggiunge un ulteriore taglio per il 2024 (-1,8 miliardi, pari a –1,3 per cento), prevede una riduzione della spesa sanitaria al 6,2 per cento del PIL per il 2024, per poi scendere ulteriormente fino al 6,1 per cento nel 2026: il valore più basso degli ultimi decenni, e la conferma della volontà politica di disinvestire e quindi, nei fatti, di proseguire nello smantellamento del SSN e nella privatizzazione della «tutela» della salute;
durante l'emergenza sanitaria nella fase pandemica è emerso quanto il SSN si sia trovato impreparato, nonostante la generosità e il sacrificio del personale sanitario. Tutto questo perché negli anni si è determinato un progressivo de-finanziamento, il taglio dei posti-letto, senza un adeguato potenziamento della sanità territoriale e delle cure intermedie; una riduzione del personale e, infine, ma non di minore importanza, una serie di politiche che hanno inciso negativamente sulla tenuta dei servizi territoriali e di prevenzione;
anche con il precedente Governo, la sanità è tornata ad occupare la parte bassa della classifica delle priorità del nostro Paese, avendo visto maggiori finanziamenti, ma in relazione alla necessità di affrontare la pandemia che ha messo in evidenza la necessità di una solida cornice unitaria dei servizi sanitari regionali e di un potenziamento della capacità – politica e tecnica – di indirizzo programmatorio nazionale, sarebbe pertanto indispensabile espellere il tema Sanità dalla eventuale attuazione dell'autonomia regionale differenziata;
altra priorità è quella di avviare un rinnovamento strutturale del modello di cura, rendendolo effettivamente in grado di accogliere e accompagnare le persone nei percorsi di cura e promozione della salute, superando il vecchio modello centrato sull'attesa e sull'ospedale, così come la prevenzione primaria, che deve diventare una bussola per intervenire affinché le persone non si ammalino, agendo sui fattori di rischio legati all'ambiente di lavoro e di vita sui principali fattori di rischio delle malattie croniche dovute in particolare ad inquinamento, fumo, obesità, sedentarietà;
anche nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 persiste l'assenza di programmazione in relazione alla necessità di aumentare la spesa sanitaria a fronte dell'invecchiamento della popolazione e del conseguente dovere del sistema pubblico di prendere in carico – attraverso la rete integrata dei servizi sociosanitari – la popolazione anziana, senza scaricare sulle famiglie i carichi di cura;
nel corso dell'audizione svolta innanzi alle Commissioni riunite di Camera e Senato, la Corte dei conti ha palesato i propri timori in merito al quadro che emerge in tema di spesa sanitaria: ha evidenziato con preoccupazione come nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 non sia dato rinvenire le misure che si intendono assumere con la prossima legge di bilancio per affrontare i nodi principali del comparto. Si tratta di una condizione che richiederà scelte non facili in termini di allocazione delle risorse tra i diversi obiettivi, in ragione dei dichiarati limitati margini di manovra e della rilevanza delle questioni che attendono una efficace risoluzione. Fra questi, prima di tutto il tema del personale: solo di recente è stato sottoscritto il contratto relativo al triennio 2019-2021 cui erano legati anche alcuni dei corrispettivi previsti a fronte dell'impegno profuso dal personale delle strutture sanitarie durante la pandemia. Restano da affrontare, nonostante le misure assunte con il decreto-legge n. 34 del 2023, i problemi sottostanti alle difficoltà di reperimento di personale sanitario soprattutto per il settore dell'emergenza e urgenza, mentre continuano ad aumentare i casi di «fuga dal pubblico» ma anche di ricerca di opportunità di lavoro all'estero. La rilevazione OCSE relativa al 2021 indica un flusso in uscita dal nostro Paese di personale superiore al migliaio di unità in media annua. Si tratta di trasferimenti soprattutto in direzione di tre nazioni (Gran Bretagna, Germania e Svizzera). In base ai dati Ocse, sono poco meno di 13.000 i dottori formati in Italia e che operano all'estero, con un flusso che tra il 2019 e il 2021 si è collocato al di sopra delle 1.100 unità annue. Forti anche le differenze retributive: a parità del potere di acquisto lo stipendio annuale in Germania è del 79 per cento e nel Regno Unito del 40 per cento superiore a quello italiano. Le differenze di retribuzione (in parità del potere di acquisto), pur consistenti, non appaiono essere l'unica ragione di un fenomeno più complesso per affrontare il quale devono essere trovati nuovi punti di equilibrio tra le necessità del servizio pubblico e le legittime aspettative dei professionisti. Non aiuta certamente (come in altri comparti);
l'allungamento dei tempi per il rinnovo dei contratti, il discontinuo operare dei concorsi, la qualità del lavoro in alcuni cruciali snodi delle strutture sanitarie, i vincoli posti all'attività professionale e, non ultimo, l'aumento delle pratiche amministrative che la riduzione del personale di assistenza scarica sui professionisti sanitari. Persiste, inoltre, il drammatico problema delle liste d'attesa. Nonostante i piani predisposti dalle regioni, a inizio del 2023 il monitoraggio presentava ancora rilevanti criticità ritardi di attuazione su cui è necessario intervenire al più presto per evitare un'ulteriore crescita delle prestazioni a carico dei cittadini o l'aumento della rinuncia alle cure. La Corte dei conti ha, inoltre, evidenziato significative differenze fra le regioni che non sembrano assorbirsi ma al contrario, il divario fra alcune regioni del Mezzogiorno e altre settentrionali, appare sempre più acuto. Occorrerà verificare se il profilo di finanziamento (e di spesa) prefigurato nei quadri tendenziali sia compatibile con le necessità che ancora caratterizzano il comparto e, in particolare, con la soddisfazione dei fabbisogni di personale legati soprattutto alla riforma dell'assistenza territoriale. Garantire la corresponsione dei Lea e ridurre i fenomeni di rinuncia alle cure rappresenta una priorità cui non sembra che il Governo attuale risponda in modo adeguato ed efficace;
si deve procedere alla definizione di un Piano straordinario di investimenti pubblici per l'ammodernamento strutturale e tecnologico della sanità pubblica evitando complessi e costosi progetti di finanza privata, dando priorità alla messa in sicurezza delle strutture non obsolete;
è urgente un nuovo progetto per i Consultori Familiari, da anni oggetto di depauperamento progressivo. Il modello assistenziale di cura alla donna è negativamente impregnato di pregiudizi che ostacolano il cambiamento culturale verso scelte consapevoli e autonome in tema di salute femminile riproduttiva e sessuale, in tale contesto va affrontata la piena attuazione della Legge n. 194 anche attraverso normative che consentano solo a personale infermieristico e medico non obiettore di partecipare ai concorsi pubblici. Così come è indispensabile che contraccezione, aborto ed esami ed eco in gravidanza siano realmente a disposizione in forma gratuita nei Consultori, e che il personale sanitario tutto sia formato alla medicina di genere;
la condizione in cui versa il SSN impone un aumento del fondo sanitario di almeno 5 miliardi all'anno rispetto a quanto già programmato per i prossimi 10 anni;
il settore pubblico italiano è stato drasticamente ridotto negli ultimi decenni attraverso un'intensa attività di privatizzazione, con una riduzione complessiva dei dipendenti pubblici, particolarmente accentuata dalle misure di austerità come il blocco del turnover del personale della P.A. e lo stop ai rinnovi contrattuali;
secondo i dati Eurostat, l'Italia è tra i Paesi dell'Unione europea con il maggior calo della quota di occupazione pubblica tra il 2000 e il 2020 e anche con la quota più bassa nel 2020. Di contro, una politica di espansione dell'occupazione nel settore pubblico avrebbe effetti macroeconomici significativi, in particolare sulla domanda interna, sulla massa salariale e sulla produttività del lavoro;
la Pubblica amministrazione è afflitta da una grave forma di precariato diffuso contando un esercito di precari, 100.000 solo nelle funzioni centrali che lavorano con contratti a tempo e 50.000 idonei ma non ancora assunti;
di contro, nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 questi temi non sono presi in considerazione, ma anzi nella stessa trovano posto due criticità. Innanzitutto, all'affermazione dell'obiettivo di finanziamento del rinnovo del Ccnl non corrisponde alcun impegno concreto: la spesa per il pubblico impiego nel 2024 scende sia in termini assoluti che in rapporto al PIL, a dimostrazione che non solo non si prende in considerazione un recupero dell'inflazione – che per il triennio 2022-24 è stimata attorno al 16 per cento – ma che potrebbe ancora ridursi l'occupazione in assenza di un piano di assunzioni efficace;
le previsioni del 2025 e 2026 contenute nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 rivelano l'assenza di risorse per finanziare rinnovi contrattuali significativi: la stima, infatti, per il ritocco dei contratti è di circa 12 miliardi di euro. A queste condizione, pertanto, difficilmente nei prossimi mesi (ma si potrebbe anche dire anni), potrà partire una contrattazione reale di natura economica per il triennio 2022-2024 per i circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici;
per i settori Istruzione e Ricerca la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 non solo non prevede alcun investimento, ma programma un'ulteriore flessione della spesa che per la sola scuola è nell'ordine dello 0,3 per cento. A ciò si aggiunga la previsione di alcuni provvedimenti collegati, come «Semplificazioni in materia scolastica», «Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale», «Rafforzamento del sistema della formazione superiore e della ricerca», «Delega al Governo in materia di politiche abitative per gli studenti universitari» e «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata di cui all'articolo 116, terzo comma della Costituzione» che già nelle sole intenzioni sono appaiono intrisi di criticità;
nonostante il rinnovo del contratto nazionale istruzione e ricerca 2022/2024 sia indicato tra gli obiettivi di finanza pubblica, da un'attenta lettura delle tabelle riportate nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 è plausibile sostenere l'assenza di risorse finanziarie necessarie a compensare l'erosione degli stipendi determinata dall'inflazione, circostanza tanto più grave in un quadro di inflazione cumulata per il biennio 2022/23 che sta determinando una gravissima perdita del potere di acquisto dei salari. Infine è assente, tra gli obiettivi, il piano di stabilizzazione del personale precario dei settori della conoscenza, tenuto conto che solo nel comparto scuola si contano almeno 200.000 posti coperti da supplenti;
rimangono pertanto totalmente irrisolti tutti quei problemi che assillano da tempo il comparto: la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 come il Def di primavera, stante il progressivo calo delle nascite e quindi della quota di popolazione in età scolare, prevede minori risorse da destinare all'istruzione;
la denatalità non può essere motivo di tagli alla scuola. Vanno elevati gli investimenti nella crescita dei giovani italiani, per ridurre il numero di alunni per classe, eliminare le oltre 13 mila classi pollaio con almeno 26 alunni e smettere di tagliare gli organici e il tempo scuola;
sarebbe necessario disporre un ulteriore adeguamento quantitativo delle risorse da destinare al comparto della scuola indicando come obiettivo programmatico di lungo termine il raggiungimento del valore della media europea dell'indice di spesa per l'istruzione in rapporto al Pil;
al dicembre 2022 l'Istat ha registrato in Italia la presenza di 13.542 servizi per la prima infanzia attivi sul territorio nazionale mettendo in luce una riduzione rispetto all'anno precedente del 2,1 per cento. Solo il 49 per cento dei 350.670 posti complessivi sono in strutture pubbliche, un dato che evidenzia l'insufficienza delle risorse pubbliche destinate a questo settore e la difficoltà di molti comuni ed enti locali a sostenere la gestione degli asili nido con risorse e personale proprio. Un dato aggravato dal fatto che la contrazione dell'offerta ha interessato più il settore pubblico (-4,8 per cento) rispetto al settore privato (-1,1 per cento). In virtù dei noti dati sul calo delle nascite nonostante questa contrazione dell'offerta la copertura dei posti rimane stabile al 27,1 per cento, ovvero molto al di sotto dell'obiettivo definito dal Consiglio europeo del 33 per cento a causa di una forte sperequazione territoriale (copertura delle isole al 15,9 per cento e al Sud al 15,2 per cento);
la spesa in istruzione che ogni Stato stanzia di anno in anno può considerarsi come un indice delle priorità che ogni Paese rivela proprio nell'allocazione delle sue risorse. Nel dettaglio, l'Italia spende per l'istruzione di ogni singolo studente circa 8.514 euro all'anno, il 15 per cento in meno della media delle grandi economie europee (che si attesta intorno ai 10.000 euro). Se si guarda alla spesa pubblica, oggi il nostro Paese investe per scuola e università poco più dell'8 per cento del bilancio statale, a fronte del 9.9 per cento medio registrato nell'Unione europea. La Francia è al 9,6 per cento, la Germania al 9,3 per cento, la Svezia al 14 per cento;
in Europa l'Italia è davanti solo alla Romania in numero di laureati. Nel 2021, la percentuale di 25-34enni laureati in un'area disciplinare scientifica (STEM: Science, Technology, Engineering and Mathematics) è pari a circa il 24 per cento; è forte il divario di genere: 33,7 per cento tra i ragazzi e 17,6 per cento tra le ragazze. Le proporzioni si rovesciano nell'area umanistica e servizi. La quota di laureati in discipline scientifiche più bassa è nel Mezzogiorno (30,8 per cento); la più alta al Nord (36,4 per cento). Rispetto alla media dei 22 Paesi Ocse europei, la quota di 25-34enni laureati nelle discipline scientifiche è sensibilmente più bassa in Italia se la si confronta con quella della Germania (<32 per cento), della Spagna o della Francia (<27 per cento);
in merito all'assegnazione dei benefìci per il Diritto allo Studio Universitario, le graduatorie definitive pubblicate nel 2022 dimostrano come i finanziamenti stanziati all'interno del PNRR (250.000.000,00 euro nel 2023) e quelli previsti dall'ultima legge di bilancio per il Fondo Integrativo Statale (250.000.000,00 euro sia per il 2024 che per il 2025) (cfr. legge 29 dicembre 2022, n. 197, articolo 1, comma 566) non sono sufficienti a coprire l'elevato numero di idonei non beneficiari, i quali, pur rispettando tutti i requisiti utili ai fini dell'erogazione della borsa di studio, non possono riceverla a causa della mancanza di liquidità. Tale insufficienza delle risorse, sommata alla crescita dell'inflazione dei beni di consumo e alla continua crescita del prezzo degli affitti nelle maggiori città italiane universitarie sta determinando l'impossibilità per un numero sempre maggiore di studenti di sostenere le spese necessarie alla frequenza di un corso di studi universitari;
la riproposizione del taglio del cuneo contributivo anche per il 2024 rappresenta solo un parziale rimedio alla tassa occulta dell'inflazione che, nel corso dei due anni trascorsi, ha ridotto il potere d'acquisto di salari e retribuzioni che già hanno visto una riduzione di quasi 3 punti percentuali negli ultimi 30 anni, mentre in Germania crescevano del 33,7 per cento e in Francia del 31,1 per cento;
peraltro, come indicato dalla stessa Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, l'andamento dell'inflazione è stato influenzato per più del 60 per cento dalla componente dei profitti ovvero un ulteriore spostamento di ricchezza dal fattore lavoro alle imprese, dal basso verso l'alto. Un dato che conferma la necessità di un intervento fiscale sistematico sugli extraprofitti e di una misura come il salario minimo e di una stringente iniziativa diretta ad affrontare il tema dei mancati rinnovi dei contratti collettivi, alcuni scaduti da molti anni;
la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza manca di visione e prospettive per le politiche del welfare, di sostegno alle famiglie, a partire da quelle a basso reddito, e per le politiche di sviluppo economico del Paese nei prossimi anni di fronte alle importanti sfide della transizione ambientale e digitale e della conseguente riconversione industriale delle produzioni;
non è più eludibile affrontare la ridistribuzione della ricchezza nazionale netta, che vede il 20 per cento più ricco degli italiani detenere quasi il 70 per cento della ricchezza nazionale, il successivo 20 per cento (quarto quintile) essere titolare del 16,9 per cento della ricchezza, lasciando al 60 per cento più povero dei nostri concittadini appena il 13,3 per cento della ricchezza nazionale. Tutto ciò a fronte di una povertà in Italia la quale è ormai un fenomeno strutturale visto che tocca quasi un residente su dieci, il 9,4 per cento della popolazione residente vive infatti, secondo l'Istat, in una condizione di povertà assoluta, in termini assoluti si contano in Italia più di cinque milioni di persone in stato di povertà assoluta;
ancora più evidente è la responsabilità del Governo, confermata dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, rispetto al nodo del rinnovo dei contratti del pubblico impiego, così come la mancanza di una credibile strategia complessiva per il ripiano degli organici diminuiti di 600 mila unità, con una spesa a regime di 11 miliardi è possibile integrare la macchina pubblica, questione ormai non più rinviabile, senza questo aggiuntivo personale pubblico, le risorse del PNRR non potranno mai essere impiegate proficuamente;
in materia di salute e sicurezza sul lavoro, appaiono ancora timide le misure previste dal Governo, le quali non rispondono al fermo e accorato appello anche del Presidente della Repubblica; prosegue inoltre da parte del Governo una visione che affida i rapporti di lavoro alla loro precarizzazione;
anche sul fronte previdenziale, archiviati i proclami elettorali di superamento della legge Fornero, le uniche risorse che si profilano saranno destinate all'anticipazione per l'anno in corso dell'adeguamento Istat delle pensioni previsto per il 2024, mentre, il sin qui infruttuoso confronto con le parti sociali per una flessibilizzazione del nostro sistema pensionistico, ha prodotto solo la previsione dell'emanazione di uno dei 31 disegni di legge collegati alla legge di bilancio da finalizzare per «Interventi in materia di disciplina pensionistica»;
riguardo al settore della mobilità, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 non introduce sostanziali modifiche o novità rispetto al Def 2023, rimanendo in piedi e ancora attuali tutte le evidenti criticità di quel Documento e la debolezza delle politiche del Governo in materia di trasporti, ossia carenza sostanziale di obiettivi e di programmazione degli investimenti nella mobilità sostenibile e nel trasporto pubblico; nessuna previsione di maggiori risorse finanziarie nei prossimi anni per poter investire realmente sulla mobilità sostenibile, sostenendo a tal fine il trasporto pubblico, spostando il trasporto merci su gomma, ancora abbondantemente predominante, a vantaggio del trasporto su ferro, favorendo la mobilità condivisa; scarsissime risorse per il prioritario potenziamento della rete ferroviaria soprattutto in quelle aree del nostro Paese storicamente maggiormente penalizzate;
in Italia il 74 per cento degli spostamenti riguarda distanze entro i 10 chilometri e viene soddisfatto per oltre il 62 per cento ricorrendo all'auto privata. Infatti, in relazione all'offerta di trasporto pubblico locale sussistono ancora molteplici carenze organizzative sia in materia di infrastrutture che di dotazione di mezzi, che ad oggi non garantiscono compiutamente una elevata qualità del servizio erogato;
così come valgono interamente le fosche previsioni relative al Ponte sullo Stretto di Messina. Nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 non si fa alcun accenno a fondi dedicati al finanziamento dell'opera. Con spregiudicatezza si è deciso di riesumare un'opera faraonica il cui costo stimato è in continuo preoccupante aumento. Il Governo ha inteso riavviare l'iter per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, sulla base di un progetto definitivo vecchio di oltre 10 anni, con un costo iniziale stimato di 4 miliardi di euro, poi raddoppiato nel 2011 e per il quale lo stesso Def 2023 indicava una cifra vicina ai 15 miliardi di euro;
risorse enormi che dovrebbero essere utilizzate investendo sull'ammodernamento della rete ferroviaria di quei territori più penalizzati, per la sua messa in sicurezza, e per ridurre il gap infrastrutturale che ancora oggi caratterizza diverse aree del nostro Paese;
nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, al pari del Def 2023, si confermano del tutto insufficienti e non all'altezza le iniziative e le misure finalizzate a promuovere e sostenere con efficacia la transizione energetica e l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, in coerenza con gli impegni UE e internazionali;
si dichiara di voler perseguire la transizione energetica che deve portare all'abbandono delle fonti fossili, mentre in realtà si prosegue tranquillamente con iniziative che continuano a mettere al centro le fonti energetiche climalteranti, la realizzazione dei rigassificatori, le iniziative internazionali per far diventare l'Italia l'hub europeo per il gas, promettendo trionfalisticamente di riuscire tra cinque anni a smistare al resto dei partner della Unione europea sino 60 miliardi di metri cubi di gas e forse anche di più;
l'Italia ha un solo modo per aumentare la propria indipendenza energetica: realizzare almeno 12GW all'anno da nuovi impianti da fonti rinnovabili rispetto agli attuali 3GW per centrare l'obiettivo di soddisfare almeno il 42.5 per cento di domanda di energia da queste fonti entro il 2030, come prevede la nuova Direttiva REDIII sulle rinnovabili recentemente approvata dal Parlamento europeo;
anche le questioni climatiche e ambientali sono completamente ignorate dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 sia sul versante delle analisi finanziarie che su quello delle proposte. Sappiamo bene come gli eventi estremi, collegati alla crisi climatica, siano sempre più frequenti e disastrosi nel nostro paese e nonostante ciò nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 viene apertamente dichiarato che lo scenario relativo alle proiezioni dell'inflazione per l'anno in corso non tiene conto di eventi climatici estremi. Ad esempio gli interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza, provocata dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023, sono ammontati – a oggi – a 2,2 miliardi di euro, a fronte di danni stimati in oltre 8 miliardi. Eppure nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 non si fa alcun accenno a risorse e investimenti per l'adattamento al cambiamento climatico e la prevenzione del dissesto idrogeologico, fatta eccezione per l'assegnazione delle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione programmazione 2021-2027 per interventi nella regione Calabria;
siccità, bombe d'acqua, ondate di calore, scioglimenti dei ghiacciai, perdita di biodiversità sono tutti fenomeni connessi e correlati con la crisi climatica in atto, dovuta in massima parte all'innalzamento delle temperature del pianeta. Appare sempre più necessario dotarsi di un quadro generale che definisca, politiche, azioni e risorse per far fronte alla crisi climatica in atto, fissando specifici obiettivi di medio e lungo periodo, attraverso una legge quadro sul clima e indicatori di bilancio che prevedano specifiche misure per la decarbonizzazione;
per sostenere le famiglie fragili e le imprese che necessitano di sostegno per la riconversione del proprio processo produttivo nella fase della transizione verde si rende necessario l'istituzione di Fondo sociale per clima, per accompagnare il tessuto sociale ed economico del paese nella crisi climatica;
a tal fine è necessario ridurre progressivamente, fino al totale azzeramento, le spese fiscali dannose per l'ambiente (SAD) destinando le risorse per interventi di riqualificazione e produzione energetica da fonti rinnovabili, messa in sicurezza del territorio, rigenerazione urbana delle città con arresto del consumo di suolo, infrastrutture per il trasporto urbano pubblico e collettivo, sviluppo della filiera agricola sostenibile e per il mantenimento della qualità e fertilità del territorio;
nel rapporto 2021 sul «Dissesto idrogeologico in Italia», l'Ispra rileva che 6,8 milioni di abitanti risiedono in aree a rischio alluvionale medio e 2,4 milioni vivono in zone alluvionali ad alto rischio, complessivamente il 15 per cento della popolazione italiana, con 2,1 milioni di edifici ricadenti in zone alluvionali ad alto e medio rischio; nel medesimo Rapporto su citato si stima che per innalzare in modo efficace il livello di sicurezza contro i rischi sempre più imminenti, servirebbero ancora 8.000 opere di prevenzione per una spesa di poco inferiore ai 27 miliardi di euro, mentre il nostro Paese resta carente in termini di programmazione efficace e di governance complessiva degli interventi di contrasto al rischio idrogeologico, come peraltro evidenziato in diversi indagini da parte della Corte dei conti, ultimo dei quali nel febbraio del 2023;
per ciò che riguarda l'aumento dei costi energetici che hanno spinto in alto l'inflazione, vengono confermati deboli interventi per contenere il caro-bollette e l'aumento dei prezzi dei carburanti, senza peraltro incidere in alcun modo sul prezzo delle tariffe che continuano a crescere e in modo maggiore di tutti gli altri paesi europei. Il Governo non solo non è stato in grado di colpire le maggiori società energetiche che hanno continuato a speculare sul costo dell'energia accumulando oltre 50 miliardi di extraprofitti, ma ha rinunciato ad incassare ben 8.8 miliardi di euro di gettito sulla tassa che il Governo Draghi aveva deciso di imporre, seppure con un modesto 25 per cento,
impegna il Governo:
sul fronte occupazionale e previdenziale:
ad individuare adeguate risorse finanziarie che garantiscano la prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego ed il recupero della perdita di potere d'acquisto, a causa dell'inflazione, dei relativi trattamenti retributivi;
a individuare congrui finanziamenti per sostenere l'istituzione di un meccanismo di indicizzazione di salari e pensioni per adeguarli al costo della vita e tutelarli dall'aumento incontrollato dei prezzi ed a corrispondere ai pensionati la quattordicesima mensilità;
a definire un piano straordinario di assunzioni nel pubblico impiego, finalizzato al superamento del precariato e all'abuso dell'uso dei contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione;
a prevedere un congruo rifinanziamento a carattere triennale di lotta contro il «caporalato», al fine di potenziare le attività di formazione per ispettori e mediatori culturali, task force multidisciplinari, attività di informazione;
a definire un piano straordinario di assunzioni nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e negli enti locali al fine di fornire un supporto in grado di portare a termine tutti i programmi locali previsti dal PNRR;
ad introdurre forme di flessibilità in uscita, dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica;
a prevedere l'aggiornamento e ulteriore riconoscimento di lavori usuranti;
ad avviare con le parti sociali la definizione e le modalità per l'adozione di una effettiva misura di riduzione dell'orario di lavoro a parità di retribuzione anche a carattere sperimentale;
ad introdurre, anche nel nostro ordinamento, una disciplina sperimentale dell'organizzazione del lavoro che consenta, a chi lo richiede, di ridurre l'orario di lavoro giornaliero e settimanale, a parità di retribuzione: anche in via sperimentale, l'introduzione di una simile opzione di organizzazione del lavoro consentirebbe di adeguare la disciplina dell'orario di lavoro e le modalità di esecuzione del rapporto stesso alle nuove dinamiche sociali ed economiche e alle ricadute dirette e indirette dello sviluppo delle nuove tecnologie sulla produttività del lavoro, promuovendo al contempo produttività, occupazione e conciliazione dei tempi di vita e lavoro;
a riconoscere, a tutti coloro la cui carriera lavorativa è discontinua o costellata di forme di part-time o di lavoro povero, una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, che consideri e valorizzi, ai fini previdenziali, anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a tutti un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale;
a prevedere misure che assicurino, in ogni caso, il mantenimento dei diritti dei lavoratori, nonché garanzie occupazionali, in caso di trasferimenti o cessioni di imprese o rami di esse;
sul fronte fiscale:
ad istituire un'imposta ordinaria sostitutiva unica e progressiva sui grandi patrimoni;
ad accentuare la progressività dell'imposta personale sui redditi attraverso la previsione di ulteriori aliquote per gli scaglioni di reddito che superano i 100.000 euro annui e l'aggregazione e l'assoggettamento, ai fini della determinazione della sua base imponibile, di tutte le fonti reddito;
ad armonizzare i regimi di tassazione del risparmio anche con riferimento alle basi imponibili ed al progressivo superamento della distinzione tra redditi da capitale e redditi diversi di natura finanziaria;
a contrastare le condotte speculative a vantaggio della stabilità dei mercati finanziari e della tutela di risparmiatori ed imprese, e ad introdurre una regolamentazione fiscale delle operazioni di trading speculativo di cripto valute;
a provvedere, nell'ambito della riforma fiscale, al riordino delle cosiddette spese fiscali (tax expenditures) ferma restando la necessaria tutela, costituzionalmente garantita, dei contribuenti più deboli, della famiglia, della salute, dell'istruzione e della ricerca, del patrimonio artistico nonché dell'ambiente e dell'innovazione tecnologica, anche prevedendo un limite di reddito al di sotto del quale il riordino non opera;
a vietare qualsiasi accordo di vantaggio fiscale preventivo tra fisco ed imprese multinazionali (cosiddetto tax ruling);
a stabilire, in sede di attuazione della proposta di Direttiva COM (2021)823, per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala con un fatturato complessivo pari ad almeno 750 milioni di euro in base al bilancio consolidato, un livello minimo di imposizione fiscale effettiva pari al 20 per cento;
sul fronte sanitario:
ad espandere la spesa sanitaria reperendo adeguate risorse attraverso una revisione dello stanziamento a favore della spesa militare abbassando sensibilmente il livello della stessa attualmente stabilito dal Parlamento al 2 per cento del Pil;
a prevedere l'incremento delle risorse disponibili per il finanziamento e il potenziamento del SSN incluse la domiciliarità e la medicina territoriale, rafforzando la governance dei distretti sanitari e promuovendo una rinnovata rete sanitaria territoriale attraverso modelli organizzativi integrati, nonché per superare le attuali carenze del sistema delle residenze sanitarie assistenziali;
ad individuare adeguate risorse per il rinnovo del contratto di lavoro per il personale del comparto sanitario nonché per concludere la reinternalizzazione dei lavoratori impegnati nei servizi esternalizzati nonché per il superamento del precariato;
ad aumentare nel prossimo triennio il fondo sanitario nazionale di 10 miliardi di euro;
a prevedere un piano straordinario di investimenti pubblici per l'ammodernamento strutturale edilizio e tecnologico della sanità pubblica;
sul fronte del diritto all'abitare:
a provvedere a garantire il diritto alla casa, contrastando il caro-affitti e l'aumento dei prezzi del mercato immobiliare, in particolare prevedendo misure di sostegno alla locazione, il rilancio dell'edilizia residenziale pubblica, il recupero di immobili inutilizzati, nonché investimenti nell'edilizia popolare;
con particolare riguardo agli studenti universitari fuori sede, a sostenere una legge nazionale sugli affitti brevi, nonché la destinazione dei fondi del PNRR agli studentati pubblici;
ad introdurre misure adeguate a tutela degli inquilini morosi incolpevoli, ivi compreso il rifinanziamento del relativo Fondo;
sul fronte della conoscenza:
a prevedere maggiori investimenti nei settori dell'istruzione e dell'università pubbliche, anche attraverso:
1) un piano pluriennale di stabilizzazioni nella scuola che garantisca un costante equilibrio tra immissioni dalle graduatorie e nuovo reclutamento, prevedendo l'introduzione dell'organico di potenziamento nella scuola dell'infanzia e rintracciando una immediata soluzione per tutti i docenti precari;
2) misure per l'estensione dell'obbligo scolastico;
3) l'introduzione del tempo pieno in tutti gli istituti scolastici della scuola primaria dello Stato e del tempo prolungato pomeridiano nei cicli scolastici della scuola secondaria di primo e di secondo grado;
4) il raggiungimento dell'obiettivo della crescita del numero dei laureati almeno fino alla media europea, in particolare con misure che garantiscano un pieno diritto allo studio nella formazione universitaria, e nello specifico la copertura del 100 per cento degli aventi diritto alle borse di studio, la riduzione dell'aliquota fiscale applicata ai redditi derivanti da immobili affittati a studenti e dottorandi, l'aumento cospicuo dei posti in residenze universitarie di carattere integralmente pubblico;
5) la lotta alla dispersione scolastica, anche prevedendo l'istituzione di Zone di Educazione Prioritaria e Solidale cui destinare finanziamenti per incrementare l'organico, innovare la didattica erogando formazione gratuita ai docenti, ridurre il numero di alunni per classe e garantire la totale gratuità dei servizi erogati dagli enti locali;
6) l'estensione dei servizi educativi per l'infanzia, garantendone la presenza su tutto il territorio nazionale attraverso il potenziamento dell'offerta nel meridione, abbassando l'inizio dell'obbligo scolastico ai 3 anni e prevedendo la piena gratuità delle rette degli asili nido anche al fine di favorire la natalità e la conciliazione vita-lavoro dei genitori;
sul fronte del trasporto e della mobilità:
all'attuazione della terza Raccomandazione adottata dal Consiglio dell'Unione europea del luglio scorso, laddove si chiede al nostro Paese di «promuovere la mobilità sostenibile, anche eliminando le sovvenzioni dannose per l'ambiente e accelerando l'installazione di stazioni di ricarica»;
a riconsiderare la realizzazione del progetto Ponte sullo Stretto, i cui enormi costi di realizzazione dovrebbero essere utilizzati investendo sulla manutenzione delle infrastrutture trasportistiche e sull'ammodernamento della rete ferroviaria di molti quei territori del Mezzogiorno che si trovano in una situazione di forte ritardo infrastrutturale;
a incrementare le risorse a favore del trasporto pubblico locale e del trasporto merci favorendo quello su ferro rispetto a quello su gomma;
a garantire i collegamenti tra le aree a domanda debole o comunque poco servite dai servizi a mercato, anche rafforzando a tal fine il regime di obblighi di servizio pubblico;
a sostenere fin da subito con misure strutturali il settore dell'automotive in coerenza con gli obiettivi europei e per accelerare la transizione elettrica del settore, e a programmare maggiori investimenti e risorse nelle tecnologie a emissioni zero;
sul fronte della transizione ecologica e della lotta ai cambiamenti climatici:
a dotarsi di un quadro generale che definisca, politiche, azioni e risorse per far fronte alla crisi climatica in atto, fissando specifici obiettivi di medio e lungo periodo, attraverso una legge quadro sul clima e indicatori di bilancio che prevedano specifiche misure per la decarbonizzazione;
a istituire un Fondo sociale per clima, per accompagnare nella fase della transizione verde il tessuto sociale ed economico del paese nella crisi climatica e sostenere le famiglie fragili e le imprese che necessitano di sostegno per la riconversione del proprio processo produttivo;
a ridurre progressivamente, fino al totale azzeramento, le spese fiscali dannose per l'ambiente (SAD) destinando le risorse per interventi di riqualificazione e produzione energetica da fonti rinnovabili, messa in sicurezza del territorio, rigenerazione urbana delle città con arresto del consumo di suolo, infrastrutture per il trasporto urbano pubblico e collettivo, sviluppo della filiera agricola sostenibile e per il mantenimento della qualità e fertilità del territorio.
(6-00056) «Zanella, Grimaldi, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF), ai sensi dell'articolo 10-bis, della legge di contabilità 31 dicembre 2009, n. 196, rivede le previsioni economiche e di finanza pubblica per l'anno in corso e per il restante periodo di riferimento in relazione alle ulteriori informazioni disponibili sull'andamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica rispetto a quelle utilizzate per il Documento di economia e finanza (DEF), aggiornando altresì gli obiettivi programmatici individuati dal DEF;
il nuovo documento di programmazione matura in un contesto economico e di finanza pubblica più delicato di quello prefigurato in primavera. Infatti, dopo una buona partenza nei primi mesi del 2023, nel secondo trimestre 2023 la crescita dell'economia italiana ha subìto una temporanea inversione di tendenza, risentendo dell'erosione del potere d'acquisto delle famiglie dovuto all'elevata inflazione, della permanente incertezza causata dalla guerra in Ucraina, della sostanziale stagnazione dell'economia europea e della contrazione del commercio mondiale;
in questo scenario si è reputato opportuno rivedere al ribasso la previsione di crescita annuale del prodotto interno lordo (PIL) in termini reali del 2023 dall'1,0 per cento dello scorso DEF allo 0,8 per cento e la proiezione tendenziale a legislazione vigente per il 2024, dall'1,5 per cento all'1,0 per cento. Resta invece sostanzialmente invariata, rispetto al DEF, la proiezione tendenziale di crescita del PIL per il 2025, all'1,3 per cento, mentre quella per il 2026 migliora marginalmente, dall'1,1 per cento all'1,2 per cento;
le previsioni macroeconomiche tendenziali per il 2023 e 2024 sono state validate dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio con nota del 21 settembre 2023, al termine delle interlocuzioni previste dal Protocollo di intesa UPB-MEF del 13 maggio 2022;
gli indicatori tendenziali di finanza pubblica risentono, in particolare, della revisione al rialzo delle spese per crediti di imposta legati agli incentivi edilizi introdotti durante la pandemia e dell'aumento negli anni 2024-2026 dei tassi di interesse per il finanziamento del debito pubblico;
la previsione del deficit tendenziale in rapporto al PIL è pari al 5,2 per cento nel 2023, al 3,6 per cento nel 2024, al 3,4 per cento nel 2025 e al 3,1 per cento nel 2026, corrispondenti in termini strutturali al 5,7 per cento nel 2023, al 4 per cento nel 2024, al 3,9 per cento nel 2025 e al 3,7 per cento nel 2026;
il livello programmatico di indebitamento netto in rapporto al PIL è fissato al 5,3 per cento nel 2023, al 4,3 per cento nel 2024, al 3,6 per cento nel 2025 e al 2,9 per cento nel 2026, corrispondenti in termini strutturali al 5,9 per cento nel 2023, al 4,8 per cento nel 2024, al 4,3 per cento nel 2025 e al 3,5 per cento nel 2026;
il Governo ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012 con la Relazione presentata al Parlamento ha chiesto l'autorizzazione alla revisione degli obiettivi programmatici di indebitamento netto previsti nel DEF 2023 per un importo in termini percentuali di PIL pari a 0,8 per cento nel 2023, 0,6 per cento nel 2024 e nel 2025 e 0,4 per cento nel 2026;
gli spazi finanziari che si rendono disponibili, quale differenza tra gli andamenti tendenziali e programmatici di indebitamento netto sono pari a 3,2 miliardi nel 2023,15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025, mentre nel 2026, il saldo obiettivo implica una correzione di 3,8 miliardi di euro rispetto all'indebitamento netto tendenziale, che consente di riportare lo stesso al di sotto della soglia del 3 per cento;
con la suddetta Relazione al Parlamento il Governo ha chiesto l'autorizzazione ad incrementare, per il solo anno 2023, il livello del saldo netto da finanziare di competenza e di cassa per ulteriori 15 miliardi di euro, al fine di consentire il perfezionamento delle regolazioni contabili del bilancio dello Stato connesse al maggior tiraggio delle agevolazioni per i bonus edilizi (già scontato nell'aggiornamento dei tendenziali di finanza pubblica presentato nella NADEF 2023);
per effetto delle misure che saranno adottate con la legge di bilancio il tasso di crescita del PIL reale nel 2024 sale all'1,2 per cento, all'1,4 per cento nel 2025 e diminuisce di due decimi di punto rispetto al tendenziale, all'1,0 per cento, nel 2026;
le previsioni macroeconomiche programmatiche per il 2023 e 2024 sono state validate dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio con nota del 10 ottobre 2023;
i nuovi obiettivi di deficit sono compatibili con un andamento migliorativo del saldo primario che diventerà positivo già nel 2025 e si attesterà all'1,6 per cento del PIL nel 2026;
nello scenario programmatico il rapporto debito/PIL passerebbe dal 140,2 per cento nel 2023 al 139,6 per cento nel 2026, livello inferiore rispetto all'obiettivo del 140,4 per cento indicato dal DEF di aprile;
in ottemperanza alle norme della legge di contabilità e finanza pubblica sui contenuti obbligatori della NADEF, il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza potrà aumentare fino a 202,5 miliardi nel 2024, a 168 miliardi nel 2025 e a 134 miliardi nel 2026. Il corrispondente livello del saldo netto da finanziare di cassa potrà aumentare fino a 252 miliardi nel 2024, 212 miliardi nel 2025 e 179 miliardi nel 2026,
impegna il Governo:
1) a conseguire i saldi programmatici del bilancio dello Stato e quelli di finanza pubblica in termini di indebitamento netto/PIL, nonché il rapporto programmatico debito/PIL, nei termini e nel periodo di riferimento indicati nella NADEF 2023 e nella Relazione ad essa allegata;
2) a prevedere, con la manovra di bilancio:
a) il taglio al cuneo fiscale nel 2024 sul lavoro e l'attuazione della prima fase della riforma fiscale;
b) iniziative a sostegno delle famiglie, con particolare riguardo a quelle numerose, e della genitorialità, volte anche alla conciliazione dei tempi lavorativi con le esigenze familiari;
c) risorse per proseguire con il percorso avviato di rinnovo dei contratti del pubblico impiego, con particolare riferimento al comparto sanitario;
3) a considerare collegato alla manovra di finanza pubblica, oltre a quelli già indicati nel Documento, il seguente disegno di legge: «Disegno di legge per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese».
(6-00057) «Foti, Molinari, Barelli, Lupi».
PROPOSTA DI LEGGE: SCHIFONE E FOTI: ISTITUZIONE DELLA SETTIMANA NAZIONALE DELLE DISCIPLINE SCIENTIFICHE, TECNOLOGICHE, INGEGNERISTICHE E MATEMATICHE (A.C. 854-A)
A.C. 854-A – Parere della I Commissione
PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
PARERE CONTRARIO
Sull'emendamento Orrico 1.11;
NULLA OSTA
Sulle restanti proposte emendative contenute nel fascicolo.
A.C. 854-A – Parere della V Commissione
PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
Sul testo del provvedimento in oggetto:
PARERE FAVOREVOLE
con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
All'articolo 2, comma 2, apportare le seguenti modificazioni:
a) all'alinea, sostituire le parole: perseguono le seguenti finalità con le seguenti: promuovono le attività svolte nell'ambito
delle risorse di cui al comma 3 che perseguono le seguenti finalità;
b) sopprimere la lettera m).
Conseguentemente, al medesimo articolo 2, comma 3, primo periodo, sostituire le parole da: Al fine di fino a: in aggiunta alle con le seguenti: Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 2, ferme restando le;
e con la seguente condizione:
all'articolo 1, sostituire il comma 2 con il seguente:
«2. La Settimana di cui al comma 1 non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260».
Sugli emendamenti contenuti nel fascicolo:
PARERE CONTRARIO
sulle proposte emendative 1.2, 1.10, 1.11, 1.12, 1.13, 1.1000, 2.5, 2.6, 2.7, 2.9, 2.17, 2.19, 2.1000, 2.1001 e 2.1003, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;
NULLA OSTA
sulle restanti proposte emendative.
A.C. 854-A – Articolo 1
ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 1.
(Istituzione della Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (STEM))
1. La Repubblica riconosce i giorni dal 4 all'11 febbraio di ciascun anno quale «Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche», note con la sigla STEM, al fine di sensibilizzare e di stimolare l'interesse, la scelta e l'apprendimento di tali discipline.
2. La Settimana di cui al comma 1 non determina riduzioni dell'orario di lavoro negli uffici pubblici né, nei giorni feriali che la compongono, costituisce giorno di vacanza o comporta la riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado.
3. In occasione della Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche il Ministero dell'università e della ricerca promuove cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle università, nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e nei principali musei nazionali della scienza e della tecnica per la realizzazione delle finalità di cui al comma 1.
4. Le amministrazioni competenti provvedono alle attività previste dal presente articolo nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
PROPOSTE EMENDATIVE
ART. 1.
(Istituzione della Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (STEM))
Al comma 1, sostituire la parola: febbraio con la seguente: ottobre.
1.1. Manzi, Di Biase, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo.
Al comma 1, sostituire le parole da: stimolare l'interesse fino alla fine del comma, con le seguenti: orientare gli studenti e le studentesse verso la scelta di percorsi scolastici attinenti le discipline Stem e al fine, altresì, di promuovere e incentivare azioni in favore delle donne per il contrasto dei pregiudizi e degli stereotipi di genere, per la promozione della formazione e del rafforzamento delle competenze, per l'aumento della rappresentanza nell'ambito lavorativo e per favorire le carriere nelle discipline matematiche e tecnico-scientifiche.
1.2. Manzi, Di Biase, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo.
Sostituire il comma 2 con il seguente:
2. La Settimana di cui al comma 1 non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260.
1.3000. La Commissione.
(Approvato)
Al comma 3, dopo le parole: Ministero dell'Università e della Ricerca aggiungere le seguenti: , sentito il Ministero dell'istruzione e del merito,.
1.1001. Caso, Cherchi, Amato, Orrico.
Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Nel giorno dell'11 febbraio, nell'ambito delle celebrazioni della giornata internazionale delle donne e delle ragazze della scienza, sono previste iniziative finalizzate a celebrare le donne, del passato e del presente, impegnate nelle discipline STEM che hanno raggiunto traguardi e obiettivi rilevanti in tali ambiti.
1.10. Orrico, Caso, Amato, Cherchi.
Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
3-bis. Al fine di incentivare la realizzazione di monumenti dedicati alle donne che si sono distinte nelle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, è istituito presso il Ministero della cultura un fondo, con una dotazione di 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2024. Con decreto del Ministro della cultura, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità applicative e di ripartizione delle risorse del fondo, da destinare ai comuni per la promozione di concorsi artistici per la realizzazione delle opere celebrative di cui al presente comma. Agli oneri derivanti dalla disposizione di cui al presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
1.11. Orrico, Caso, Amato, Cherchi, Di Biase, Piccolotti.
Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
3-bis. È istituito presso il Ministero dell'istruzione e del merito un gruppo di lavoro sulla didattica delle discipline STEM, finalizzato a fornire indicazioni e a progettare percorsi e materiali didattici da mettere a disposizione degli istituti scolastici, al fine di avvicinare le ragazze e i ragazzi, fin dall'infanzia, alla scienza, attraverso le sue applicazioni concrete.
1.13. Piccolotti.
Sostituire il comma 4 con il seguente:
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 2 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2024 si provvede mediante corrispondente riduzione delle disponibilità del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
1.1000. Caso, Cherchi, Amato, Orrico.
Sostituire il comma 4 con il seguente:
4. Quota parte delle risorse, pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, previste nell'ambito delle linee di investimento della missione 4, componente 1 – Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università – investimenti 1.4, 1.5, 2.1, 3.1, 3.2 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché delle risorse del medesimo PNRR, in materia di università e ricerca, in un ambito di formazione e ricerca di livello post scolastico e in materia di ricerca e di trasformazione digitale rivolte alle imprese, è destinata all'attuazione delle finalità della presente legge.
1.12. Caso, Orrico, Amato, Cherchi.
A.C. 854-A – Articolo 2
ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 2.
(Finalità)
1. La Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche è volta a promuovere l'orientamento, l'apprendimento, la formazione e l'acquisizione di competenze nell'ambito di tali discipline, necessarie a favorire l'innovazione e la prosperità della Nazione.
2. Le iniziative da realizzare nell'ambito della Settimana nazionale perseguono le seguenti finalità:
a) attivare percorsi stabili di orientamento post-scolastico che coinvolgano i discenti e le istituzioni pubbliche, compresi le università, le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, le imprese private e gli ordini professionali, volti a favorire la conoscenza delle discipline STEM e che indirizzino, in modo consapevole, la scelta degli stessi discenti verso tali discipline;
b) valorizzare e consolidare il curriculum vitae scolastico ed extrascolastico;
c) promuovere campagne di sensibilizzazione allo scopo di stimolare l'interesse, la scelta e l'apprendimento delle discipline STEM le quali offrono, nel contesto attuale, maggiori opportunità lavorative;
d) indirizzare maggiormente la didattica, sin dai primi gradi di istruzione, verso l'acquisizione di competenze nelle discipline STEM;
e) promuovere corsi di formazione con modalità innovative sulle materie STEM per il personale docente al fine di favorire la trasmissione di tali nozioni ai discenti;
f) valorizzare gli strumenti di collaborazione tra il settore pubblico e il settore privato attraverso la costituzione e lo sviluppo di start-up innovative e la promozione di collaborazioni con le iniziative di formazione collegate a imprese del settore tecnologico nell'ambito delle discipline STEM;
g) sostenere iniziative, anche extrascolastiche, per i discenti della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado volte a stimolare l'apprendimento delle discipline STEM;
h) promuovere l'organizzazione di incontri, giornate di orientamento e altre attività similari per i discenti della scuola secondaria di secondo grado indirizzate all'approfondimento delle conoscenze e delle competenze nelle discipline STEM;
i) promuovere percorsi di studio, formazione o ricerca nelle discipline STEM, anche attraverso la previsione di borse di studio, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), per i discenti che decidano di intraprendere tali percorsi;
l) attivare percorsi formativi per favorire, attraverso adeguate competenze in ambito scientifico, il reinserimento nel mercato del lavoro dei soggetti che ne sono usciti promuovendo, in particolare, la partecipazione femminile;
m) prevedere incentivi e premialità per le aziende e i soggetti privati che operano nel campo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico e nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT);
n) promuovere iniziative finalizzate all'applicazione delle competenze STEM in ambito giuridico.
3. Al fine di dare concreta attuazione alle finalità di cui al comma 2, in aggiunta alle risorse disponibili a legislazione vigente, ivi comprese le risorse relative alla missione 4, «Istruzione e ricerca», componente 1, «Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università», e componente 2, «Dalla ricerca all'impresa», del Piano nazionale di ripresa e resilienza e le risorse del Fondo per la Repubblica Digitale nell'ambito dell'intervento «Servizi digitali e competenze digitali» del Piano nazionale per gli investimenti complementari, il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 2 milioni di euro per l'anno 2024. All'onere derivante dal primo periodo, pari a 2 milioni di euro per l'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
PROPOSTE EMENDATIVE
ART. 2.
(Finalità)
Al comma 1, dopo le parole: a favorire l'innovazione aggiungere le seguenti: , lo sviluppo sostenibile.
2.1. Caso, Amato, Cherchi, Orrico, Piccolotti.
Al comma 1, sostituire le parole: la prosperità con le seguenti: lo sviluppo sostenibile.
2.2. Manzi, Di Biase, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo, Piccolotti.
Al comma 2, alinea, sostituire le parole: perseguono le seguenti finalità con le seguenti: promuovono le attività svolte nell'ambito delle risorse di cui al comma 3 che perseguono le seguenti finalità.
Conseguentemente:
al medesimo comma, sopprimere la lettera m);
al comma 3, primo periodo, sostituire le parole da: Al fine di fino a: in aggiunta alle con le seguenti: Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 2, ferme restando le.
2.2000. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)
Al comma 2, lettera a), sostituire le parole: i discenti con le seguenti: gli studenti.
Conseguentemente, al medesimo comma:
medesima lettera, sostituire la parola: discenti con la seguente: studenti;
lettera b), sostituire le parole: il curriculum vitae scolastico ed extrascolastico con le seguenti: le esperienze in ambito STEM nel curriculum dello studente;
lettera d), sostituire le parole: indirizzare maggiormente con la seguente: supportare;
lettera e):
sostituire la parola: materie con la seguente: discipline;
sostituire le parole: la trasmissione di tali nozioni ai discenti con le seguenti: lo sviluppo delle competenze STEM negli alunni e negli studenti;
lettera g), sostituire le parole: i discenti con le seguenti: gli studenti;
lettera h), sostituire le parole: i discenti con le seguenti: gli studenti;
lettera i), sostituire le parole: i discenti con le seguenti: gli studenti.
2.1004. Sasso.
(Approvato)
Al comma 2, lettera c) dopo la parola: promuovere aggiungere le seguenti: studi, ricerche e.
Conseguentemente, al medesimo comma:
dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
c-bis) promuovere la conoscenza, la conservazione, l'accrescimento del patrimonio storico scientifico italiano, anche attraverso la valorizzazione del ruolo dei musei scientifici;
dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
d-bis) attuare nella scuola primaria una didattica laboratoriale diretta a favorire maggiormente l'acquisizione di competenze nelle discipline STEM;
sostituire la lettera i) con la seguente:
i) prevedere l'istituzione di borse di studio per i discenti che decidano di intraprendere percorsi di studio, formazione o ricerca nelle discipline STEM, destinandole prioritariamente alle donne per incentivare e sostenere la scelta di percorsi di studio universitario nelle discipline STEM nonché l'istituzione di premi per giovani inventrici;
sostituire la lettera l) con la seguente:
l) attivare corsi di formazione professionale e specialistica e di tirocini formativi destinati prioritariamente alle donne che devono entrare o rientrare nel mercato del lavoro, diretti a fornire le adeguate competenze in campo scientifico e nell'uso di tecnologie digitali;
dopo la lettera n) aggiungere le seguenti:
o) attivazione di percorsi d'istruzione e di formazione tecnica superiore destinati in prevalenza alle donne in materia di programmazione e sviluppo di prodotti digitali;
p) promuovere progetti e corsi per la formazione professionale, rivolti alle donne per l'attività nelle piccole e medie imprese, alle lavoratrici autonome e alle artigiane, per l'acquisizione di competenze digitali, al fine di facilitare l'accesso al mercato digitale;
q) promuovere iniziative per la valorizzazione delle competenze delle donne, in particolare presso le università, i centri di ricerca pubblici e privati e le imprese che svolgono attività di ricerca, al fine di rendere tali organizzazioni più inclusive e in grado di valorizzare tutti i talenti superando gli stereotipi e le discriminazioni di genere; destinazione di fondi specifici da parte del Ministero dell'università e della ricerca alle università che raggiungano livelli minimi di presenza del sesso meno rappresentato nel corpo docente, nell'ambito della ricerca, nel personale amministrativo, nel senato accademico, nel numero di studentesse iscritte ai corsi nelle discipline STEM e nel numero del corpo docente e della ricerca nelle graduatorie per fattore di impatto secondo l'indice di Hirsch;
r) promuovere, anche attraverso l'istituzione di borse di studio, corsi di dottorato industriale ai sensi dell'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca 14 dicembre 2021, n. 226, per valorizzare le competenze sviluppate in ambito lavorativo e permettere la prosecuzione delle attività di studio e ricerca, facilitando il passaggio dall'università al mercato del lavoro e migliorando le opportunità di inserimento lavorativo di giovani donne altamente qualificate;
s) promuovere l'utilizzo del contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca a favore delle donne nei settori attinenti alle materie STEM;
t) promuovere iniziative per incentivare la permanenza di studentesse e di ricercatrici presso le imprese, anche prevedendo criteri premiali per l'accesso a misure di finanziamento, in particolare per le imprese operanti nei settori delle tecnologie informatiche e della comunicazione (ICT), con il fine di promuovere il reclutamento femminile e la carriera delle donne nei settori STEM e ICT;
u) promuovere progetti per la creazione di poli per l'innovazione di genere (gender innovation hub), di sistemi territoriali e di spazi fisici dove possano incontrarsi imprese, ricerca e formazione per sostenere lo sviluppo di forme di innovazione tecnologica e digitale attente alle implicazioni di genere;
v) l'organizzazione di corsi e di programmi per l'alfabetizzazione digitale, rivolti in particolare alle fasce di popolazione più vulnerabili in cui tali competenze sono normalmente più carenti, al fine di fornire le necessarie competenze digitali di base;
z) promuovere iniziative di carattere culturale, sociale e sportivo sui temi dell'eguaglianza tra i sessi, delle pari opportunità e del rispetto delle differenze, del contrasto verso ogni forma di pregiudizio e stereotipo di genere, con particolare riferimento alle materie STEM, e dell'importanza della formazione nelle discipline STEM per le donne rispetto alle professioni del futuro.
2.1003. Di Biase, Manzi, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo.
Al comma 2, lettera c) dopo la parola: promuovere aggiungere le seguenti: studi, ricerche e.
2.5. Manzi, Di Biase, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo.
Al comma 2, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
c-bis) promuovere campagne di sensibilizzazione, rivolte alle donne e ai giovani del Mezzogiorno, per stimolare la scelta e l'apprendimento delle discipline STEM al fine di contribuire a ridurre le differenze di genere e territoriali presenti nel nostro Paese;.
2.6. Caso, Amato, Cherchi, Orrico, Dell'Olio.
Al comma 2, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
c-bis) promuovere la conoscenza, la conservazione, l'accrescimento del patrimonio storico scientifico italiano, anche attraverso la valorizzazione del ruolo dei musei scientifici;.
2.7. Manzi, Di Biase, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo.
Al comma 2, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
c-bis) ridurre il divario di genere nelle discipline STEM e far crescere la consapevolezza nelle donne del loro valore e del contributo che possono dare in ambito scientifico;.
2.8. Piccolotti.
Al comma 2, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
d-bis) attuare nella scuola primaria una didattica laboratoriale diretta a favorire maggiormente l'acquisizione di competenze nelle discipline STEM;.
2.9. Manzi, Di Biase, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo.
Al comma 2, sostituire la lettera i) con la seguente:
i) prevedere l'istituzione di borse di studio per i discenti che decidano di intraprendere percorsi di studio, formazione o ricerca nelle discipline STEM, destinandole prioritariamente alle donne per incentivare e sostenere la scelta di percorsi di studio universitario nelle discipline STEM nonché l'istituzione di premi per giovani inventrici;.
2.1000. Di Biase, Manzi, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo.
Al comma 2, lettera l), aggiungere, in fine, le parole: e incentivando azioni in favore delle donne per il contrasto dei pregiudizi e degli stereotipi di genere.
2.3000. La Commissione.
(Approvato)
Al comma 2, sopprimere la lettera m).
2.16. Caso, Amato, Cherchi, Orrico.
Al comma 2, dopo la lettera n) aggiungere le seguenti:
o) attivazione di percorsi d'istruzione e di formazione tecnica superiore destinati in prevalenza alle donne in materia di programmazione e sviluppo di prodotti digitali;
p) promuovere progetti e corsi per la formazione professionale, rivolti alle donne per l'attività nelle piccole e medie imprese, alle lavoratrici autonome e alle artigiane, per l'acquisizione di competenze digitali, al fine di facilitare l'accesso al mercato digitale;
q) promuovere iniziative per la valorizzazione delle competenze delle donne, in particolare presso le università, i centri di ricerca pubblici e privati e le imprese che svolgono attività di ricerca, al fine di rendere tali organizzazioni più inclusive e in grado di valorizzare tutti i talenti superando gli stereotipi e le discriminazioni di genere; destinazione di fondi specifici da parte del Ministero dell'università e della ricerca alle università che raggiungano livelli minimi di presenza del sesso meno rappresentato nel corpo docente, nell'ambito della ricerca, nel personale amministrativo, nel senato accademico, nel numero di studentesse iscritte ai corsi nelle discipline STEM e nel numero del corpo docente e della ricerca nelle graduatorie per fattore di impatto secondo l'indice di Hirsch;
r) promuovere, anche attraverso l'istituzione di borse di studio, corsi di dottorato industriale ai sensi dell'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca 14 dicembre 2021, n. 226, per valorizzare le competenze sviluppate in ambito lavorativo e permettere la prosecuzione delle attività di studio e ricerca, facilitando il passaggio dall'università al mercato del lavoro e migliorando le opportunità di inserimento lavorativo di giovani donne altamente qualificate;
s) promuovere l'utilizzo del contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca a favore delle donne nei settori attinenti alle materie STEM;
t) promuovere iniziative per incentivare la permanenza di studentesse e di ricercatrici presso le imprese, anche prevedendo criteri premiali per l'accesso a misure di finanziamento, in particolare per le imprese operanti nei settori delle tecnologie informatiche e della comunicazione (ICT), con il fine di promuovere il reclutamento femminile e la carriera delle donne nei settori STEM e ICT;
u) promuovere progetti per la creazione di poli per l'innovazione di genere (gender innovation hub), di sistemi territoriali e di spazi fisici dove possano incontrarsi imprese, ricerca e formazione per sostenere lo sviluppo di forme di innovazione tecnologica e digitale attente alle implicazioni di genere;
v) l'organizzazione di corsi e di programmi per l'alfabetizzazione digitale, rivolti in particolare alle fasce di popolazione più vulnerabili in cui tali competenze sono normalmente più carenti, al fine di fornire le necessarie competenze digitali di base;
z) promuovere iniziative di carattere culturale, sociale e sportivo sui temi dell'eguaglianza tra i sessi, delle pari opportunità e del rispetto delle differenze, del contrasto verso ogni forma di pregiudizio e stereotipo di genere, con particolare riferimento alle materie STEM, e dell'importanza della formazione nelle discipline STEM per le donne rispetto alle professioni del futuro.
2.17. Di Biase, Manzi, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo.
Al comma 3, primo periodo, sostituire le parole: 2 milioni di euro per l'anno 2024 con le seguenti: 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023.
Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: 2 milioni di euro per l'anno 2024 con le seguenti: 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023.
2.1001. Di Biase, Manzi, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Ascani, Di Sanzo.
Al comma 3, primo periodo, sostituire, le parole: per l'anno 2024 con le seguenti: annui a partire dall'anno 2024.
Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire, le parole: per l'anno 2024 con le seguenti: annui a partire dall'anno 2024.
2.19. Caso, Amato, Cherchi, Orrico.
A.C. 854-A – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
la finalità della proposta di legge in discussione è quella di promuovere l'orientamento, l'apprendimento, la formazione e l'acquisizione di competenze nelle discipline scientifiche quali la scienza, la tecnologia, l'ingegneria e la matematica, note con la sigla inglese STEM (Science, Technology Engineering Mathematics), istituendo una settimana nazionale dedicata alla realizzazione di iniziative volte a promuovere la conoscenza e l'accesso allo studio delle discipline STEM da parte degli studenti;
in particolare, l'intervento mira a garantire pari opportunità e la parità di genere in termini di approccio metodologico e di attività di orientamento STEM;
nel provvedimento in discussione si evidenzia l'assenza di risorse adeguate;
l'articolo 1 prevede, a tal proposito, che le amministrazioni interessate provvedano alle attività nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e all'articolo 2, invece, viene previsto l'incremento di soli 2 milioni di euro per l'anno 2024 del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità;
il perseguimento di alcune delle finalità indicate dall'articolo 2 appaiono determinare oneri di carattere permanente per i soggetti pubblici coinvolti;
se c'è un tema condizionante è proprio quello delle risorse da investire per assicurare, l'effettiva attuazione delle iniziative proposte,
impegna il Governo
a reperire, già in fase di approvazione dell'imminente legge di bilancio, adeguate risorse finalizzate a promuovere l'orientamento, l'apprendimento, la formazione e l'acquisizione delle competenze nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics).
9/854-A/1. Di Biase, Manzi, Casu, Orfini, Berruto, Zingaretti.
La Camera,
premesso che:
la finalità della proposta di legge in discussione è quella di promuovere l'orientamento, l'apprendimento, la formazione e l'acquisizione di competenze nelle discipline scientifiche quali la scienza, la tecnologia, l'ingegneria e la matematica, note con la sigla inglese STEM (Science, Technology Engineering Mathematics), istituendo una settimana nazionale dedicata alla realizzazione di iniziative volte a promuovere la conoscenza e l'accesso allo studio delle discipline STEM da parte degli studenti;
in particolare, l'intervento mira a garantire pari opportunità e la parità di genere in termini di approccio metodologico e di attività di orientamento STEM;
nel provvedimento in discussione si evidenzia l'assenza di risorse adeguate;
l'articolo 1 prevede, a tal proposito, che le amministrazioni interessate provvedano alle attività nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e all'articolo 2, invece, viene previsto l'incremento di soli 2 milioni di euro per l'anno 2024 del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità;
il perseguimento di alcune delle finalità indicate dall'articolo 2 appaiono determinare oneri di carattere permanente per i soggetti pubblici coinvolti;
se c'è un tema condizionante è proprio quello delle risorse da investire per assicurare, l'effettiva attuazione delle iniziative proposte,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di reperire, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, già in fase di approvazione dell'imminente legge di bilancio, adeguate risorse finalizzate a promuovere l'orientamento, l'apprendimento, la formazione e l'acquisizione delle competenze nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics).
9/854-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Di Biase, Manzi, Casu, Orfini, Berruto, Zingaretti.
La Camera,
premesso che:
la finalità della proposta di legge in discussione è quella di promuovere l'orientamento, l'apprendimento, la formazione e l'acquisizione di competenze nelle discipline scientifiche quali la scienza, la tecnologia, l'ingegneria e la matematica, note con la sigla inglese STEM (Science Technology Enginering Mathematics), istituendo una settimana nazionale dedicata alla realizzazione di iniziative volte a promuovere la conoscenza o l'accesso allo studio delle discipline STEM da parte degli studenti;
come Partito Democratico, siamo consapevoli che questo tema sia centrale, nella scorsa legislatura la regione Lazio ha approvato una legge, proposta dall'onorevole Michela Di Biase, che affronta in pieno il tema della disparità di genere, che può avere un riscontro nella proposta di legge, sempre del Gruppo Pd, «Norme per la promozione della parità tra i sessi nell'apprendimento, nella formazione e nel lavoro nelle discipline matematiche e tecnico-scientifiche» (Atto Camera n. 357);
tale intervento induce a garantire l'avvio di una seria discussione sulla questione di genere,
impegna il Governo
ad avviare iniziative volte a promuovere il reclutamento femminile e la carriera delle donne, anche prevedendo l'istituzione di borse di studio per i discenti che decidano di intraprendere percorsi di studio, formazione o ricerca nelle discipline STEM destinandole prioritariamente alle donne al fine di incentivare e sostenere la scelta di percorsi di studio universitario nelle discipline STEM nonché l'istituzione di premi per giovani inventrici.
9/854-A/2. Casu, Manzi, Di Biase, Orfini, Berruto, Zingaretti.
La Camera,
premesso che:
la finalità della proposta di legge in discussione è quella di promuovere l'orientamento, l'apprendimento, la formazione e l'acquisizione di competenze nelle discipline scientifiche quali la scienza, la tecnologia, l'ingegneria e la matematica, note con la sigla inglese STEM (Science Technology Enginering Mathematics), istituendo una settimana nazionale dedicata alla realizzazione di iniziative volte a promuovere la conoscenza o l'accesso allo studio delle discipline STEM da parte degli studenti;
come Partito Democratico, siamo consapevoli che questo tema sia centrale, nella scorsa legislatura la regione Lazio ha approvato una legge, proposta dall'onorevole Michela Di Biase, che affronta in pieno il tema della disparità di genere, che può avere un riscontro nella proposta di legge, sempre del Gruppo Pd, «Norme per la promozione della parità tra i sessi nell'apprendimento, nella formazione e nel lavoro nelle discipline matematiche e tecnico-scientifiche» (Atto Camera n. 357);
tale intervento induce a garantire l'avvio di una seria discussione sulla questione di genere,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di avviare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, iniziative volte a promuovere il reclutamento femminile e la carriera delle donne, anche prevedendo l'istituzione di borse di studio per i discenti che decidano di intraprendere percorsi di studio, formazione o ricerca nelle discipline STEM destinandole prioritariamente alle donne al fine di incentivare e sostenere la scelta di percorsi di studio universitario nelle discipline STEM nonché l'istituzione di premi per giovani inventrici.
9/854-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta)Casu, Manzi, Di Biase, Orfini, Berruto, Zingaretti.
La Camera,
premesso che:
dal recente report «Livelli di istruzione e ritorni occupazionali – 2022» dell'Istat emerge che: nel 2022, il 23,8 per cento dei giovani adulti (25-34enni) con un titolo terziario ha una laurea nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche, le cosiddette lauree Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La quota sale al 34,5 per cento tra gli uomini (un laureato su tre) e scende drammaticamente al 16,6 per cento tra le donne (una laureata su sei), evidenziando un importante divario di genere;
dallo stesso rapporto emergono importanti differenze territoriali per i laureati in discipline Stem relativamente alla componente maschile: la quota, infatti, varia dal 29,7 per cento del Mezzogiorno al 37,7 per cento del Nord;
l'indirizzo di studio universitario determina importanti differenze nei tassi di occupazione dei laureati. Nel 2022, il tasso di occupazione tra i 25-64enni laureati nell'area Umanistica e dei servizi è pari al 77,7 per cento, sale all'83,7 per cento per i laureati nell'area Socio-economica e giuridica, si attesta all'86,0 per cento per le Stem e raggiunge il massimo valore (88,0 per cento) tra i laureati nell'area medico-sanitaria e farmaceutica;
lo svantaggio delle donne rispetto agli uomini nei ritorni occupazionali è più ampio nelle discipline socio-economiche e giuridiche e raggiunge il massimo nelle lauree Stem. Tale risultato, tuttavia, non dipende dalla bassa incidenza di donne laureate nelle aree disciplinari Stem che presentano le quote più elevate di occupati (informatica, ingegneria e architettura), poiché il forte divario di genere si osserva anche a parità di macro area Stem: il tasso di occupazione femminile sia per l'area «scienze e matematica» sia per l'area «informatica, ingegneria e architettura» è inferiore a quello maschile di 10 punti e la differenza scende appena tra i 25-44enni (7,5 e 9,2 punti rispettivamente);
le ridotte opportunità occupazionali che contraddistinguono l'area geografica del Mezzogiorno caratterizzano tutti i settori e le skills – dall'economico, al tecnico-scientifico, all'umanistico – e le differenze territoriali nei tassi di occupazione dei laureati si riducono solo per le lauree medico-sanitarie e farmaceutiche;
all'interno di una tendenza che colpisce l'intero paese, tuttavia, a restare indietro sono soprattutto alcune categorie, chi è socialmente ed economicamente più vulnerabile, in primo luogo. I dati sugli apprendimenti Invalsi in matematica mostrano come chi viene da una famiglia svantaggiata abbia risultati molto bassi nel 23 per cento dei casi, contro il 6 per cento dei coetanei più fortunati. Allo stesso modo, gli alunni avvantaggiati usano internet molto più spesso per informarsi oppure ottenere informazioni pratiche;
secondo i dati 2022 del Miur, il numero di laureate nelle materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, le cosiddette lauree Stem, è aumentato negli ultimi tre anni. Il divario, però, e visibile a tutti i livelli, dall'istruzione primaria e secondaria fino all'accesso all'occupazione e alle posizioni di leadership. Ci sono diversi fattori che contribuiscono al gender gap nelle discipline Stem in Italia. Uno di questi è l'accesso all'istruzione. Le ragazze spesso si trovano ad affrontare stereotipi culturali che le scoraggiano dal perseguire carriere scientifiche. Inoltre, possono essere esposte a discriminazioni o pregiudizi che limitano le loro opportunità di apprendimento e sviluppo delle competenze;
in questo e nei prossimi anni l'Italia, come tutti gli altri stati dell'Unione europea, è impegnata nella transizione digitale, per ridurre i tanti gap tecnologici interni al paese. In quella ambientale, per rendere più sostenibile – economicamente e ecologicamente – il sistema produttivo, verso la frontiera della neutralità climatica. Una sfida difficile che, per essere raggiunta, avrà bisogno proprio delle competenze di cui abbiamo trattato finora. Sia per formare profili professionali specialistici, sempre più richiesti nel mondo del lavoro. Sia per aumentare la diffusione di alcune competenze di base, in modo che diventino patrimonio di tutti, a prescindere dalla condizione di origine. Propositi che non possono prescindere da una valorizzazione delle Stem e da un nuovo approccio didattico nell'insegnamento di queste materie,
impegna il Governo:
a realizzare specifiche campagne informative con l'obiettivo di superare gli stereotipi culturali, le discriminazioni e i pregiudizi che spesso scoraggiano le donne dal perseguire carriere scientifiche;
mettere in campo iniziative finalizzate a celebrare le donne, del passato e del presente, che hanno raggiunto traguardi e obiettivi di eccellenza con particolare riguardo ai settori afferenti alle discipline Stem;
prevedere borse di studio dedicate alle donne che decidono di intraprendere percorsi di studio nelle materie Stem;
promuovere l'organizzazione di programmi per l'alfabetizzazione digitale, rivolti in particolare alle fasce di popolazione socialmente ed economicamente più vulnerabili, al fine di fornire le necessarie competenze digitali di base.
9/854-A/3. Caso, Orrico, Amato, Cherchi.
La Camera,
premesso che:
dal recente report «Livelli di istruzione e ritorni occupazionali – 2022» dell'Istat emerge che: nel 2022, il 23,8 per cento dei giovani adulti (25-34enni) con un titolo terziario ha una laurea nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche, le cosiddette lauree Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La quota sale al 34,5 per cento tra gli uomini (un laureato su tre) e scende drammaticamente al 16,6 per cento tra le donne (una laureata su sei), evidenziando un importante divario di genere;
dallo stesso rapporto emergono importanti differenze territoriali per i laureati in discipline Stem relativamente alla componente maschile: la quota, infatti, varia dal 29,7 per cento del Mezzogiorno al 37,7 per cento del Nord;
l'indirizzo di studio universitario determina importanti differenze nei tassi di occupazione dei laureati. Nel 2022, il tasso di occupazione tra i 25-64enni laureati nell'area Umanistica e dei servizi è pari al 77,7 per cento, sale all'83,7 per cento per i laureati nell'area Socio-economica e giuridica, si attesta all'86,0 per cento per le Stem e raggiunge il massimo valore (88,0 per cento) tra i laureati nell'area medico-sanitaria e farmaceutica;
lo svantaggio delle donne rispetto agli uomini nei ritorni occupazionali è più ampio nelle discipline socio-economiche e giuridiche e raggiunge il massimo nelle lauree Stem. Tale risultato, tuttavia, non dipende dalla bassa incidenza di donne laureate nelle aree disciplinari Stem che presentano le quote più elevate di occupati (informatica, ingegneria e architettura), poiché il forte divario di genere si osserva anche a parità di macro area Stem: il tasso di occupazione femminile sia per l'area «scienze e matematica» sia per l'area «informatica, ingegneria e architettura» è inferiore a quello maschile di 10 punti e la differenza scende appena tra i 25-44enni (7,5 e 9,2 punti rispettivamente);
le ridotte opportunità occupazionali che contraddistinguono l'area geografica del Mezzogiorno caratterizzano tutti i settori e le skills – dall'economico, al tecnico-scientifico, all'umanistico – e le differenze territoriali nei tassi di occupazione dei laureati si riducono solo per le lauree medico-sanitarie e farmaceutiche;
all'interno di una tendenza che colpisce l'intero paese, tuttavia, a restare indietro sono soprattutto alcune categorie, chi è socialmente ed economicamente più vulnerabile, in primo luogo. I dati sugli apprendimenti Invalsi in matematica mostrano come chi viene da una famiglia svantaggiata abbia risultati molto bassi nel 23 per cento dei casi, contro il 6 per cento dei coetanei più fortunati. Allo stesso modo, gli alunni avvantaggiati usano internet molto più spesso per informarsi oppure ottenere informazioni pratiche;
secondo i dati 2022 del Miur, il numero di laureate nelle materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, le cosiddette lauree Stem, è aumentato negli ultimi tre anni. Il divario, però, e visibile a tutti i livelli, dall'istruzione primaria e secondaria fino all'accesso all'occupazione e alle posizioni di leadership. Ci sono diversi fattori che contribuiscono al gender gap nelle discipline Stem in Italia. Uno di questi è l'accesso all'istruzione. Le ragazze spesso si trovano ad affrontare stereotipi culturali che le scoraggiano dal perseguire carriere scientifiche. Inoltre, possono essere esposte a discriminazioni o pregiudizi che limitano le loro opportunità di apprendimento e sviluppo delle competenze;
in questo e nei prossimi anni l'Italia, come tutti gli altri stati dell'Unione europea, è impegnata nella transizione digitale, per ridurre i tanti gap tecnologici interni al paese. In quella ambientale, per rendere più sostenibile – economicamente e ecologicamente – il sistema produttivo, verso la frontiera della neutralità climatica. Una sfida difficile che, per essere raggiunta, avrà bisogno proprio delle competenze di cui abbiamo trattato finora. Sia per formare profili professionali specialistici, sempre più richiesti nel mondo del lavoro. Sia per aumentare la diffusione di alcune competenze di base, in modo che diventino patrimonio di tutti, a prescindere dalla condizione di origine. Propositi che non possono prescindere da una valorizzazione delle Stem e da un nuovo approccio didattico nell'insegnamento di queste materie,
impegna il Governo
nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di:
realizzare specifiche campagne informative con l'obiettivo di superare gli stereotipi culturali, le discriminazioni e i pregiudizi che spesso scoraggiano le donne dal perseguire carriere scientifiche;
mettere in campo iniziative finalizzate a celebrare le donne, del passato e del presente, che hanno raggiunto traguardi e obiettivi di eccellenza con particolare riguardo ai settori afferenti alle discipline Stem;
prevedere borse di studio dedicate alle donne che decidono di intraprendere percorsi di studio nelle materie Stem;
promuovere l'organizzazione di programmi per l'alfabetizzazione digitale, rivolti in particolare alle fasce di popolazione socialmente ed economicamente più vulnerabili, al fine di fornire le necessarie competenze digitali di base.
9/854-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta)Caso, Orrico, Amato, Cherchi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento all'esame reca le finalità della istituenda Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche;
in particolare, ai sensi del comma 1, la Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche è volta a promuovere l'orientamento, l'apprendimento, la formazione e l'acquisizione di competenze nell'ambito di tali discipline, necessarie a favorire l'innovazione e la prosperità della Nazione; inoltre ai sensi del comma 2, le iniziative da realizzare nell'ambito della Settimana nazionale perseguono indicate finalità,
impegna il Governo
nell'ambito delle iniziative citate in premessa, a promuovere campagne di sensibilizzazione con maggiore attenzione alle donne ed ai giovani del Mezzogiorno allo scopo di ridurre le differenze di genere e territoriali e stimolare l'interesse, la scelta e l'apprendimento delle discipline STEM le quali offrono, nel contesto attuale, maggiori opportunità lavorative.
9/854-A/4. Dell'Olio, Caso.
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Iniziative volte a favorire l'approvvigionamento delle materie prime strategiche e critiche – 3-00721
BATTISTONI, CORTELAZZO, MAZZETTI, BARELLI, ARRUZZOLO, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, BENIGNI, DEBORAH BERGAMINI, CALDERONE, CANNIZZARO, CAPPELLACCI, CAROPPO, CASASCO, CATTANEO, DALLA CHIESA, D'ATTIS, DE PALMA, FASCINA, GATTA, MANGIALAVORI, MARROCCO, MULÈ, NEVI, ORSINI, NAZARIO PAGANO, PATRIARCA, PELLA, PITTALIS, POLIDORI, ROSSELLO, RUBANO, PAOLO EMILIO RUSSO, SACCANI JOTTI, SALA, SORTE, SQUERI, TASSINARI, TENERINI e TOSI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l'evoluzione dei modelli economici a livello globale ha evidenziato l'importanza di alcuni minerali ormai necessari in numerose filiere strategiche;
tali materiali – come rame, grafite, nichel, litio, silicio, manganese, titanio, cobalto e le altre terre rare – sono essenziali per realizzare componenti tecnologiche, magneti, batterie e semiconduttori;
i Paesi dell'Unione europea evidenziano una dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche superiore all'80 per cento, nonché un ruolo marginale nelle altre fasi delle catene del valore di tali tecnologie;
l'industria europea rischia di non riuscire a perseguire una leadership nelle filiere strategiche per la transizione ecologica e digitale, ma anche di compromettere la capacità di centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusivo e duraturo alla base di Green deal e Digital compass;
in uno scenario coerente con la neutralità climatica, la Commissione europea stima che al 2050 la domanda annua di litio da parte dell'Unione europea potrebbe aumentare di 20 volte rispetto ai livelli attuali, quella di cobalto di 15, per le terre rare decuplicherebbe;
nella proposta quadro dell'Unione europea (marzo 2023) per garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile delle 34 materie prime considerate critiche, si prevedono al 2030 gli obiettivi di produrre internamente il 10 per cento del necessario e di ricavarne un altro 15 per cento dal riciclo;
nel suo parere su tale proposta (giugno 2023) la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) della Camera dei deputati ha giudicato irrealistico l'obiettivo del 15 per cento per il litio e ha chiesto di inserire nell'elenco delle materie prime strategiche l'alluminio e in quello delle materie prime critiche zinco, fosforo e neon;
l'Italia utilizza nella propria produzione tutte le materie prime considerate strategiche e critiche dall'Unione europea, ma sono dieci quelle principali: rame, manganese, silicio metallico, nichel, magnesio, grafite, cobalto, terre rare, litio e titanio;
a fronte di tali problematiche l'Italia sta lavorando per rafforzare conoscenza e governance tramite l'istituzione del «Tavolo nazionale per le materie prime critiche», che si concentra su linee di intervento, quali: l'analisi del potenziale geominerario tradizionale ed innovativo legato all'estrazione urbana; il rafforzamento dell'economia circolare; la ricerca e l'innovazione di prodotti e consumi;
la prospettiva del riciclo è una realtà per molte materie prime critiche. Esso costituisce una vera e propria «miniera urbana» che riduce la dipendenza e abbatte gli impatti ambientali. Sui raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) l'Italia ha un tasso di riciclo superiore al 35 per cento –:
quali ulteriori iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per rafforzare l'approvvigionamento interno delle materie prime considerate strategiche e critiche.
(3-00721)
Iniziative per la conversione dei sussidi ambientalmente dannosi in risorse finalizzate allo sviluppo sostenibile e alla lotta al cambiamento climatico – 3-00722
ILARIA FONTANA, PAVANELLI, L'ABBATE, MORFINO, SANTILLO, APPENDINO, CAPPELLETTI, TODDE e SERGIO COSTA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
a giugno 2023 il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato, ai sensi dell'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, il catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (sad) e dei sussidi ambientalmente favorevoli (saf) riferito all'anno 2021, ossia l'elenco dei sussidi alle imprese e alle famiglie che sostengono in modo diretto o indiretto un'attività che reca un danno all'ambiente e di quelli ambientalmente sostenibili;
i sussidi ambientalmente dannosi, contravvenendo al principio del «chi inquina paga», rappresentano un doppio costo per la società, poiché, con incentivi pubblici, indirizzano le scelte di aziende e consumatori su modalità più inquinanti, per le quali la collettività deve pagare il costo delle esternalità (ambientali e sanitarie);
in base ai dati forniti dal catalogo, la spesa per i sussidi ambientalmente dannosi è cresciuta in modo significativo negli ultimi due anni di rilevazione, passando da 19,2 miliardi di euro nel 2020 a 22,3 miliardi di euro nel 2021, con una crescita percentuale di oltre il 16 per cento;
la comunità internazionale, già nel 2009 al G20 di Pittsburgh, si è impegnata ad «eliminare e razionalizzare nel medio termine gli inefficienti sussidi ai combustibili fossili», esigenza confermata nei successivi consessi internazionali (G7, G8, G20, Unione europea, Ocse), che si sono posti come obiettivo una riforma dei sussidi ambientalmente dannosi;
i sussidi ambientalmente dannosi devono essere cancellati completamente dall'ordinamento italiano, attraverso una transizione che preveda la trasformazione dei sussidi ambientalmente dannosi in sussidi ambientalmente favorevoli, per non danneggiare i settori economici interessati e favorire il percorso di conversione del sistema produttivo e di consumo verso un modello di sviluppo sostenibile;
gli impegni assunti dal nostro Paese a livello internazionale impongono l'adozione di politiche conseguenti e coerenti – finalizzate all'adozione di un modello economico ambientalmente sostenibile – che dovranno essere ribadite in occasione della prossima conferenza delle parti che si terrà a Dubai a partire dal 30 novembre 2023;
appare necessario e urgente l'aggiornamento del catalogo all'anno 2022 –:
se il Ministro interrogato intenda avviare una revisione organica degli incentivi al fine di convertire i circa 22 miliardi di euro di risorse pubbliche che compongono i sussidi ambientalmente dannosi – ad oggi previsti dall'ordinamento italiano e indicati nel catalogo – in risorse finalizzate allo sviluppo sostenibile e alla lotta al cambiamento climatico, ossia sussidi ambientalmente favorevoli, promuovendo equivalenti misure economiche di supporto green e accompagnando il processo riallocativo con azioni di compensazione economica nei confronti di imprese, cittadini e lavoratori.
(3-00722)
Elementi e iniziative in relazione al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima ai fini del raggiungimento dell'obiettivo dell'azzeramento delle emissioni di anidride carbonica nel 2050, con particolare riferimento all'individuazione delle aree idonee per l'installazione di impianti eolici e fotovoltaici – 3-00723
RUFFINO, BENZONI, RICHETTI, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GADDA, GRIPPO, MARATTIN e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
a luglio 2023 il Governo ha trasmesso alla Commissione europea la proposta di aggiornamento del Pniec, il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, il quale recepisce i nuovi target imposti dal RePowerEu, ma mette correttamente in evidenza la difficoltà a raggiungerli nei tempi indicati dalla Commissione;
con riferimento all'accelerazione della produzione di energia da fonti rinnovabili, l'attuale proposta prevede un innalzamento, rispetto agli obiettivi «Fit for 55», della quota di rinnovabili sui consumi finali di energia dal 40 per cento al 45 per cento, in media Unione europea;
per quanto riguarda l'Italia, tuttavia, sia gli obiettivi del «Fit for 55» sia, a maggior ragione, gli obiettivi del REPowerEU sono di fatto irrealizzabili nei tempi previsti;
gli scenari elaborati dalla stessa Commissione europea per ciascun Paese membro, relativamente all'attuazione del pacchetto «Fit for 55», prima ancora delle modifiche di REPowerEU, confermano più in dettaglio le difficoltà;
nel settore dell'energia, in Italia, entro il 2030 l'intensità energetica dovrebbe ridursi del 22 per cento, con un tasso di riduzione annua quasi 5 volte superiore a quello medio dal 1990 ad oggi; si dovrebbe soddisfare con fonti rinnovabili il 36 per cento degli usi finali di energia;
sarebbe necessario installare, entro il 2030, 107 gigawatt aggiuntivi di fotovoltaico ed eolico, cioè in media 13 gigawatt all'anno (oltre 4 volte le installazioni record del 2022);
al tempo stesso, occorre procedere con lo sviluppo delle tecnologie a fonte rinnovabile, per aumentare la capacità installata; per gli impianti eolici e fotovoltaici onshore e offshore di taglia superiore a 2 megawatt, è necessario che il Governo solleciti le regioni a individuare al più presto le aree idonee ed eserciti rapidamente i propri poteri sostitutivi in caso di inadempienza;
le richieste di autorizzazione oggi pendenti relative a impianti di taglia superiore a 2 megawatt non potranno che essere valutate a valle dell'individuazione delle superfici e aree idonee –:
se intenda specificare nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima il percorso verso l'azzeramento delle emissioni di anidride carbonica che l'Italia ritiene più sostenibile, indicando gli scenari da qui al 2050 – con tempi e contributi delle diverse tecnologie rinnovabili, inclusa quella nucleare – e, a tal fine, quale scadenza temporale intenda dare, per quanto di competenza, alle regioni per l'individuazione delle aree idonee ad ospitare i grandi impianti onshore e offshore a fonte rinnovabile di taglia superiore a 2 megawatt.
(3-00723)
Iniziative di competenza volte a verificare lo stato di attuazione delle procedure di rimozione delle cosiddette «ecoballe» in Campania – 3-00724
ZINZI, PIERRO, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO e ZOFFILI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la Corte di giustizia europea ha condannato l'Italia al pagamento di una somma forfettaria di 20 milioni di euro e una penalità di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell'attuazione delle misure previste da sentenze di interesse della regione Campania, suddivisa in 3 quote che si riducono nel tempo, in seguito all'adozione di misure dirette ad assicurare sia che i rifiuti comunemente conosciuti come «ecoballe» siano recuperati o smaltiti senza pericolo per salute pubblica e ambiente, sia la creazione di una rete adeguata e integrata di impianti di trattamento e smaltimento;
l'articolo 2 del decreto-legge n. 185 del 2015 e il comma 475 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 hanno assegnato complessivamente alla regione Campania 450 milioni di euro per l'attuazione di un piano straordinario di interventi riguardanti lo smaltimento delle «ecoballe» e la bonifica e riqualificazione ambientale dei diversi siti del territorio campano interessati;
si tratta di 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti stoccati in balle da più di 20 anni in 16 siti del territorio regionale, che, con la perdita di peso e i roghi avvenuti, sono stati ricalcolati in 4,4 milioni;
anni addietro risultava rimosso appena il 13 per cento del totale dei rifiuti, mentre l'obiettivo del piano, annunciato nel 2016, era quello di rimuovere, nella prima fase, entro il 31 dicembre 2019, il 100 per cento delle «ecoballe» stoccate, anche grazie alla prevista implementazione di due nuovi impianti (a Caivano e Giugliano in Campania) all'avanguardia nel recupero di materiali riciclabili e produzione di css (combustibile da utilizzare in centrali elettriche e cementifici);
secondo i report della regione Campania, nonostante l'entrata in funzione dei suddetti impianti, sarebbero state smaltite circa 1.200.000 tonnellate di rifiuti stoccati in balle e, pertanto, ne resterebbe da smaltire ancora più del 70 per cento prima di poter tagliare la sanzione europea;
pertanto, a più di 8 anni dall'avvio del piano e nonostante gli ingenti finanziamenti statali autorizzati per la Campania e le penali giornaliere versate alla Commissione europea, lo smaltimento delle «ecoballe» non è ancora concluso e, soprattutto, mancano notizie circa l'effettiva riconversione dei siti che le hanno ospitate per 20 anni e che necessiteranno, con ogni probabilità, di operazioni di bonifica non finanziate nel piano originario –:
se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di competenza per verificare lo stato di attuazione delle procedure di rimozione delle «ecoballe» e di recupero delle aree, per garantire risposte certe ai cittadini campani preoccupati sempre di più per la propria salute, il territorio e l'ambiente.
(3-00724)
Iniziative in sede europea ai fini dell'implementazione della disciplina nazionale relativa alle forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, con particolare riferimento alle cosiddette comunità energetiche – 3-00725
FERRARI, SIMIANI, BRAGA, CURTI, SCARPA, FORNARO, CASU e GHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la transizione energetica, fondamentale per mitigare e rallentare l'evolvere della crisi climatica, è anche una priorità assoluta per lo sviluppo sostenibile del territorio;
in tal senso le comunità energetiche costituiscono un vero e proprio modello alternativo di sviluppo e di società che permette a persone, associazioni, scuole, comuni, imprese, case popolari di costituire una comunità per produrre e condividere energia pulita rinnovabile;
la costituzione delle comunità energetiche consente di raggiungere due obiettivi fondamentali: abbattere il costo delle bollette, obiettivo molto importante visto che il nostro Paese è dipendente dalle fonti fossili, soprattutto dal gas – e ciò ci espone a periodiche crisi energetiche – e aiutare il pianeta e la salute, riducendo le emissioni climalteranti e favorendo la decarbonizzazione;
il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, pur avendo annunciato l'avvio dell'iter con l'Unione europea sulla proposta di decreto che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, pur rassicurando ciclicamente sul completamento imminente della normativa, non ha fornito alcun chiarimento in relazione agli incentivi e ai tempi di conclusione del procedimento;
intervenendo in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati il 6 settembre 2023, il presidente del Gestore dei servizi energetici Arrigoni, in realtà, ha dichiarato che la notifica formale della proposta di decreto alla Commissione europea è stata fatta solo nel mese di luglio 2023 e non il 23 febbraio 2023;
così pure il Ministro interrogato ha confermato, rispondendo ad un'interrogazione (n. 3-00480), che il 23 febbraio 2023 è stata avviata solo la fase di prenotifica e che la data di trasmissione formale alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, è avvenuta molto più tardi;
permangono, quindi, ritardi continui e incomprensibili sulle comunità energetiche che danneggiano pesantemente il nostro Paese, i cittadini e le imprese, ancora una volta pronti ad accettare la sfida della transizione ecologica;
mancano risposte anche sulle promesse fatte in relazione ai 2,2 miliardi di euro a fondo perduto per le comunità energetiche nei comuni sotto i 5.000 abitanti con l'attivazione di oltre quindicimila nuovi impianti –:
quali azioni di negoziazione abbia intrapreso o intenda intraprendere il Ministro interrogato per la progressiva condivisione con la Commissione europea del testo che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, al fine di consentire un'immediata attivazione delle comunità energetiche, garantendo, inoltre, l'attuazione delle misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per le comunità energetiche nei piccoli comuni.
(3-00725)
Iniziative di competenza in relazione all'iter autorizzativo dei rigassificatori in via di realizzazione a Ravenna e a Vado Ligure – 3-00726
BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il terribile attacco terroristico di Hamas contro i civili israeliani ripropone drammaticamente la questione palestinese e la questione della sicurezza energetica. Tra i finanziatori del gruppo terroristico, oltre all'Iran, vi sono Paesi come il Qatar e l'Algeria, che politicamente lo sostengono;
nel 2022 il Qatar ha fornito all'Italia circa 7 miliardi di metri cubi di gas, l'Algeria 24;
di fronte a questo scenario d'instabilità geopolitica il Governo, invece di investire sull'autonomia energetica e tecnologica, ha deciso di trasformare l'Italia in un hub del gas;
tra i vari progetti di rigassificazione ci sono quello di Ravenna e Savona. Il primo prevede, a 8,5 chilometri dalle coste, l'ormeggio di una nave della Snam di stoccaggio e rigassificazione, con una capacità continua di 5 miliardi di metri cubi;
ad aprile 2023 è stata inviata alla regione Emilia-Romagna una petizione sottoscritta da ventuno gruppi, tra comitati, associazioni, organizzazioni sindacali e partiti, affinché venga sospesa l'autorizzazione all'installazione del rigassificatore fino a quando non sarà chiarita, in modo inequivocabile, la questione del nulla osta rilasciato dal Ministero delle imprese e del made in Italy che non avrebbe ottemperato alla condizione che prevedrebbe che tutte le opere siano realizzate in conformità al progetto «FSRU Ravenna e collegamento alla rete nazionale gasdotti numero REL-PROG-E 00001 di luglio 2022»;
il nulla osta conterrebbe una procedura di collaudo tecnicamente impossibile da superare, poiché sarebbe in contrasto con il fenomeno fisico della dilatazione termica dei materiali, il rischio d'esplosione del metano e una temperatura del gas troppo bassa per le tubazioni previste;
il rigassificatore di Savona insiste in un'area delicata sul piano ambientale, poiché sarebbe dentro il più bistrattato dei santuari, quello dei cetacei;
l'Italia ha un'ampia capacità d'approvvigionamento di gas: oltre 83 miliardi di metri cubi all'anno e i consumi sono in costante calo, da 76,4 miliardi di metri cubi nel 2021 si è scesi a 68,7 miliardi di metri cubi nel 2022 (a fine luglio 2023 si è a –15 per cento). Inoltre, il progressivo sviluppo delle fonti rinnovabili permetterà nel 2030 di fare a meno di altri 20 miliardi di metri cubi di gas –:
se il Ministro interrogato non ritenga di verificare, per quanto di competenza, anche sulla base delle premesse formulate, la correttezza tecnica e giuridica degli atti autorizzativi relativi al rigassificatore di Ravenna, questo a garanzia della sicurezza e in ottemperanza alla direttiva 2012/18/UE, recepita dal decreto legislativo n. 105 del 2015, e, nello stesso tempo, non autorizzare il rigassificatore a Savona preservando così il santuario dei cetacei.
(3-00726)
Elementi in ordine alla valutazione tecnica ed economica del progetto di rigassificatore di Vado Ligure, con particolare riguardo alla tutela dell'area marina «Fondali Noli-Bergeggi» – 3-00727
PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il progetto di ricollocamento della nave rigassificatrice Golar Tundra a 4 chilometri dalla costa di Vado e a 2,9 chilometri da quella di Savona sta sollevando grandi preoccupazioni. La decisione regionale appare incoerente con la pianificazione territoriale ed economica, sovraccaricando ulteriormente la Liguria di rischi sanitari e ambientali;
la quasi totalità degli amministratori locali a Ponente respingono il piano e i cittadini sono scesi più volte in piazza per manifestare la contrarietà all'operazione e la volontà di proteggere il proprio mare;
le associazioni ambientaliste a loro volta si oppongono, anche in considerazione del fatto che il rigassificatore verrà posizionato a 400 metri da un deposito coralligeno e all'interno dell'area marina che fino al 2022, su proposta della stessa regione Liguria, sarebbe dovuta rientrare nella riperimetrazione della zona speciale di conservazione «Fondali Noli-Bergeggi»;
oltre ciò, il progetto prevede una distanza da terra insufficiente, se confrontata con quella ritenuta necessaria per le altre unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione posizionate sulle coste italiane. Inoltre, la Liguria ospita già un rigassificatore; pertanto, in base al principio del burden sharing, la collocazione di un nuovo impianto andrebbe individuata tra le regioni ad oggi sprovviste;
ma l'interrogativo è se vi sia realmente necessità di un nuovo rigassificatore. Dai dati della recente analisi, redatta dai ricercatori di ReCommon, risulta che la domanda di gas nel nostro Paese è in costante diminuzione e la capacità infrastrutturale del sistema garantisce oggi quasi il doppio della domanda del gas prevista al 2026 (anno di inizio di operatività della Golar Tundra) nello scenario di consumo più alto. Vacilla, dunque, la tesi secondo cui si tratterebbe di un intervento strategico di pubblica utilità, indifferibile e urgente;
i dubbi sul tavolo sono molteplici. L'Istituto superiore di sanità ha presentato le proprie osservazioni, da cui emergono numerose matrici ambientali che non sono state prese in considerazione per la valutazione dell'impatto dell'impianto di rigassificazione. E i vigili del fuoco hanno chiesto chiarimenti sul progetto, articolando le osservazioni in 19 punti, sospendendo i termini dell'iter procedurale –:
se alla luce degli elementi esposti in premessa, relativamente alla domanda e all'offerta di gas, e delle problematiche in ordine alla tutela del paesaggio nonché della salute dei cittadini, intenda fornire i dati relativi alla valutazione tecnica ed economica circa la sostenibilità del ricollocamento della nave rigassificatrice Golar Tundra, con particolare riguardo alla tutela dei «Fondali Noli-Bergeggi».
(3-00727)
Iniziative di competenza in ordine alla rilevanza strategica del rigassificatore di Vado Ligure, garantendo al contempo la sicurezza ambientale e sanitaria e assicurando opere compensative per il territorio interessato – 3-00728
LUPI, CAVO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la regione Liguria si è resa disponibile a ospitare al largo delle proprie coste la struttura del cosiddetto «rigassificatore», un'opera strategica per l'approvvigionamento di gas dello Stato italiano, essenziale per proseguire il percorso avviato nella XVIII legislatura di riduzione della dipendenza dalle fonti energetiche della Federazione russa;
la previsione di ricorrere ai rigassificatori è parte integrante, infatti, dei Piani nazionali integrati per l'energia e il clima (Pniec), di cui il Paese si è dotato già con il precedente Esecutivo, per fornire una risposta adeguata alle emergenze energetiche;
la costruzione del cosiddetto «rigassificatore» rappresenta un elemento fondamentale, non alternativo, bensì complementare, agli investimenti nel settore delle energie rinnovabili;
il Mar Ligure occidentale è stato individuato come l'area adatta ad accogliere l'infrastruttura di rigassificazione, ai sensi del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91;
a questo proposito il gruppo parlamentare Noi Moderati, nel corso della seduta della X Commissione della Camera dei deputati del 13 settembre 2023, ha presentato un'interrogazione in risposta alla quale la Viceministro, onorevole Vannia Gava, ha definito il rigassificatore, che sarà collocato nelle acque antistanti il comune di Vado Ligure, di pubblica utilità, indifferibile e urgente;
la titolarità della declinazione dettagliata del progetto e la competenza sulla procedura di valutazione di impatto ambientale sono in capo al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, con riguardo agli aspetti relativi alla sicurezza;
il Ministro interrogato, inoltre, ha incontrato l'8 settembre 2023 a Genova il presidente della regione Liguria e commissario di Governo per il rigassificatore, Giovanni Toti, evidenziando come questa nave rigassificatrice nel Mar Ligure sia importante per il Paese e, al contempo, debba rappresentare un contributo alla valorizzazione delle aree interessate –:
quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di evidenziare la rilevanza strategica dell'opera, garantirne la sicurezza e assicurare le relative opere compensative per il territorio interessato.
(3-00728)
Stato di attuazione delle disposizioni in materia di contributi per l'installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici – 3-00729
FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CARAMANNA, MATTIA, ZUCCONI, COLOMBO, COMBA, GIOVINE, MAERNA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, IAIA, LAMPIS, FABRIZIO ROSSI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l'ordinamento giuridico prevede norme per l'erogazione di contributi per l'acquisto e la messa in opera di colonnine elettriche, in particolare ci si riferisce a quelli destinati a persone fisiche nell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, nonché ai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società;
la misura consiste in un contributo per le spese di installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici, anche al fine di raggiungere specifici obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di punti di ricarica rapida;
in particolare, per l'acquisto e l'installazione delle infrastrutture di ricarica possono beneficiare del contributo le imprese che, sia alla data della concessione sia alla data dell'erogazione del contributo stesso, sono in possesso di determinati requisiti individuati nel decreto del 25 agosto 2021 contenente le norme per la «Erogazione di contributi per l'installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici effettuata da persone fisiche nell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, nonché da soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (Ires)»;
si precisa che sono ammesse le sole spese oggetto di fatturazione elettronica;
per avere accesso all'agevolazione, la norma prevede che le risorse siano assegnate all'esito di procedure di selezione nell'ambito del biennio 2023-2024 e ripartite per ambiti e lotti;
le procedure di selezione si devono svolgere in forma telematica nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità, della più ampia partecipazione e della tutela della concorrenza, nonché secondo modalità non discriminatorie –:
quale sia lo stato dell'arte della misura citata in premessa.
(3-00729)
MOZIONI SCERRA ED ALTRI N. 1-00082, MARATTIN ED ALTRI N. 1-00190, CANDIANI, LUCASELLI, ROSSELLO, ROMANO ED ALTRI N. 1-00195 E DE LUCA, GRIMALDI ED ALTRI N. 1-00196 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI REVISIONE DELLA GOVERNANCE ECONOMICA DELL'UNIONE EUROPEA E DELLE RELATIVE POLITICHE DI BILANCIO
Mozioni
La Camera,
premesso che:
1) il sistema di governance economica dell'Unione europea è costituito da un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, modificato a più riprese e le cui sollecitazioni di riforma si sono moltiplicate nel corso degli anni, in particolare dopo la crisi pandemica, quando la situazione contingente ha reso sempre più evidenti i limiti delle attuali regole del Patto di stabilità e crescita e meno realistica la prospettiva del rispetto e del rientro verso i valori di riferimento relativi alla finanza pubblica;
2) in particolare, la necessità di una riforma del quadro della governance economica europea appare giustificata e non più rinviabile in ragione di regole ormai obsolete, concepite a partire dagli anni Novanta e destinate a essere applicate in un contesto economico estremamente mutato, oltre che eccessivamente complesse, incapaci di raggiungere i risultati prospettati, non in grado di favorire gli investimenti pubblici, poco trasparenti nelle procedure, di difficile applicazione – anche in virtù della tipologia di sanzioni previste – ed infine non in grado di attenuare gli effetti del ciclo economico;
3) come noto, l'insieme principale di regole del quadro di governance economica si basa infatti sul Patto di stabilità e crescita (Psc), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997: con il Patto di stabilità e crescita la governance europea si struttura maggiormente, costituendo il principale fondamento giuridico della regolamentazione delle politiche di bilancio, ai sensi dell'articolo 121 (sorveglianza multilaterale) e dell'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (procedura per i disavanzi eccessivi);
4) il Patto, così come modificato, si articola in un cosiddetto braccio preventivo («preventive arm», che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine, che è individuale per ogni Stato membro) e in un cosiddetto braccio correttivo («corrective arm», che mira a garantire che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale supera i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del prodotto interno lordo) ed era principalmente finalizzato a rendere più cogente la disciplina di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea imponendo, in particolare, il rispetto delle soglie del 3 per cento per l'indebitamento netto e del 60 per cento del prodotto interno lordo per il debito delle pubbliche amministrazioni, regole originariamente previste dal protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato di Maastricht;
5) il Patto è stato oggetto di un primo intervento di modifica nel 2005 ad opera dei due regolamenti (CE) n. 1055 e n. 1056, con i quali, fermi restando i due parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento, sono stati ridefiniti gli obiettivi di finanza pubblica a medio termine, attraverso la previsione di percorsi di avvicinamento differenziati per i singoli Stati membri, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni di bilancio, degli sviluppi sul piano economico e della sostenibilità finanziaria delle finanze pubbliche degli Stati medesimi;
6) in particolare, si è previsto che gli Stati membri, nell'ambito dell'aggiornamento dei rispettivi programmi di stabilità, presentino un obiettivo di medio termine (Omt), concordato in sede europea e definito sulla base del potenziale di crescita dell'economia e del rapporto debito/prodotto interno lordo. Esso consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità delle finanze pubbliche;
7) a seguito della grave crisi finanziaria e della recessione economica che hanno investito l'economia mondiale a partire dal 2009 e che hanno determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi europei, è stato avviato un ciclo di modifiche della governance economica dell'Unione europea attraverso l'approvazione, nel corso del 2011, di un pacchetto di sei proposte legislative (cosiddetto Six pack), consistenti in due regolamenti (n. 1174 e n. 1176 del 2011) volti alla creazione di una sorveglianza macroeconomica per la prevenzione e correzione degli squilibri, tre regolamenti (n. 1173, n. 1175 e n. 1177 del 2011) finalizzati ad una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita e in una direttiva (2011/85/UE) relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri; hanno concorso a rafforzare il Patto di stabilità, nel senso di una più rigorosa applicazione, due ulteriori regolamenti del maggio 2013 (cosiddetti Two pack), volti a dettare regole più stringenti in materia di sorveglianza economica e di bilancio e di monitoraggio dei progetti di bilancio degli Stati membri (regolamento n. 472/2013 sulla sorveglianza rafforzata per gli Stati in difficoltà e regolamento n. 473/2013 sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio degli Stati);
8) le azioni intraprese in questo ambito hanno contribuito a delineare un'architettura delle politiche di bilancio dell'Unione europea in generale più vincolante per gli Stati membri, istituendo un quadro più rigido per il coordinamento e il controllo delle politiche di bilancio;
9) a tale quadro si è aggiunta, in occasione del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012, la firma del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (Trattato cosiddetto Fiscal Compact, frutto di un accordo intergovernativo e concordato al di fuori della cornice giuridica dei Trattati dell'Unione europea), entrato poi in vigore il 1° gennaio 2013, che ha richiamato la riforma della governance economica dell'Unione europea già adottata nel novembre 2011;
10) il Fiscal Compact ha infatti incorporato ed integrato in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea;
11) la nuova regola numerica, adottata con il Six pack e richiamata nel Fiscal compact, specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del prodotto interno lordo. In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/prodotto interno lordo in eccesso rispetto al valore del 60 per cento si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward-looking della regola sul debito), ovvero se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, nei tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking della regola sul debito);
12) nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola del debito prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/prodotto interno lordo dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore. Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cosiddetti fattori rilevanti. In particolare, la Commissione europea sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) nel quale esprimere valutazioni «qualitative» in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee;
13) solo se nessuna di queste condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo) viene soddisfatta, la regola del debito è considerata non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di un rapporto ai sensi dell'articolo 127(3) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);
14) dalla sua entrata a regime nel 2015, la regola del debito, che è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell'equilibrio di bilancio, non è mai stata rispettata dall'Italia in nessuna delle sue configurazioni. Grazie alla considerazione dei fattori rilevanti, la Commissione europea e il Consiglio hanno nel corso degli anni considerato valide le ragioni addotte dal Governo italiano per posticipare la riduzione del debito pubblico, e non si è mai arrivati quindi all'avvio della procedura di infrazione per disavanzi eccessivi basata sul criterio del debito;
15) da ultimo, anche il Def 2022 ha confermato la difficoltà per l'Italia di soddisfare la regola del debito nelle sue varie configurazioni e il nostro Paese ha più volte contestato l'eccessiva restrizione di bilancio implicata dal pieno rispetto della regola in un contesto spesso di condizioni cicliche molto deboli rese ancora più proibitive – per il perseguimento dell'obiettivo relativo al debito pubblico – dalle conseguenze economiche della crisi pandemica;
16) all'inizio del 2020, a fronte di alcuni elementi di debolezza già dimostrati dall'impianto complessivo che avevano causato difficoltà agli Stati membri, in particolare nel determinare un percorso virtuoso favorevole alla crescita di lungo periodo, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sul riesame dell'efficacia del quadro della governance economica. Il dibattito pubblico, inizialmente sospeso poco dopo la sua apertura per via della crisi pandemica, è stato quindi rilanciato dalla Commissione europea alla fine del 2021 (COM (2021) 662 final), per poi concludersi il 31 dicembre 2021, al fine di riavviare un confronto attorno ai cardini delle regole fiscali come modificate dalle successive integrazioni al Patto di stabilità e crescita e sulla loro efficacia per il conseguimento degli obiettivi originari;
17) dopo l'emergenza sanitaria e gli errori dello scorso decennio, sono emerse nuove proposte per una semplificazione e una riforma delle norme correnti in risposta alle nuove sfide di politica economica: il diffondersi della pandemia da Covid-19 ha infatti innescato una crisi senza precedenti, che ha provocato gravi ripercussioni asimmetriche e causato perturbazioni in ambito sanitario, economico e sociale, che hanno determinato la necessità di adottare misure straordinarie e che hanno lasciato in eredità un notevole aumento dei debiti pubblici in tutti i Paesi;
18) con l'insorgere della pandemia, il livello del debito pubblico degli Stati membri dell'Unione è infatti notevolmente aumentato a causa, tra l'altro, dell'aumento delle spese sanitarie, dell'introduzione di forme di ristoro alle famiglie e alle imprese, della previsione di stimoli all'economia;
19) è stata quindi la stessa Commissione europea ad affermare che, se da una parte, le regole del Patto di stabilità e crescita avevano favorito una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri e un coordinamento più stretto delle politiche di bilancio nella zona euro, dall'altra il debito pubblico rimaneva elevato in alcuni Stati membri e l'orientamento della politica di bilancio a livello nazionale era stato spesso pro-ciclico;
20) con l'arrivo della crisi pandemica da Covid-19, la Commissione europea ha quindi disposto l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (general escape clause), al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra di bilancio – nel quadro del Patto – per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi;
21) la clausola di salvaguardia, introdotta con la revisione della disciplina fiscale operata dal Six Pack nel 2011 ma mai applicata prima, consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, discostandosi dalle esigenze di bilancio che sarebbero normalmente applicabili, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo, senza sospendere, pertanto, l'applicazione del Patto di stabilità e crescita né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale;
22) l'attivazione della clausola di salvaguardia generale ha quindi consentito agli Stati membri di adottare misure molto significative sul fronte delle spese e delle entrate per ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della pandemia;
23) la riattivazione delle regole fiscali, congiuntamente a una loro riforma, era inizialmente prevista per la fine del 2022. Tuttavia, le conseguenze economiche della guerra in Ucraina hanno spinto la Commissione europea ad annunciare, in occasione della pubblicazione delle Spring Economic Forecasts, la sospensione dell'applicazione della clausola generale di salvaguardia anche nel 2023, per disattivarla a partire dal 2024;
24) in questo complesso quadro è intervenuta una risposta di bilancio europea comune che si è rivelata fondamentale per la ripresa, in un'ottica di sostenibilità ed inclusività economica e attraverso il rafforzamento della produttività e degli investimenti in tutta l'Unione europea per i meccanismi introdotti per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento: il nuovo programma europeo Next Generation EU (Ngeu) ha infatti profondamente modificato la concezione del bilancio europeo, prevedendo, per la prima volta, un'impostazione solidaristica – fondata anche su sovvenzioni – della distribuzione delle risorse recuperate sui mercati globali dalla Commissione europea facendo leva su debito comune dell'intera Unione europea;
25) l'emissione di obbligazioni dell'Unione europea è stata accolta come un chiaro segnale dell'impegno a favore di un'efficace ripresa congiunta ed offre un utile modello anche per le future sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri saranno chiamati ad affrontare;
26) alla crisi sanitaria e a quella economica, conseguita all'emergenza epidemiologica da Covid-19, si è quindi aggiunta, già dal 2021, la cosiddetta pandemia energetica, un'impennata dei prezzi dell'energia e del gas, con pesanti ripercussioni sulle famiglie e sulle imprese, già gravate dagli effetti negativi della pandemia e in forte difficoltà nel mantenere la propria capacità produttiva e nel far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze;
27) l'aggressione russa in Ucraina – in violazione della sovranità di uno Stato libero e democratico, dei trattati internazionali e dei più fondamentali valori europei – e l'adozione delle conseguenti sanzioni da parte dell'Unione europea – hanno impresso una fortissima accelerazione alla pandemia energetica con conseguenti impatti negativi sulle economie degli Stati membri; la maggiore preoccupazione, per quanto concerne l'andamento economico dell'Italia, riguarda proprio il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari degli ultimi mesi;
28) negli ultimi mesi, anche a seguito del conflitto in Ucraina, l'Italia e l'Unione europea sono chiamate ad affrontare una vera e propria emergenza energetica che rende improrogabile l'adozione, da parte dell'Unione europea, di tutte le misure necessarie per poter gestire al meglio e in maniera condivisa, anche nel futuro, una possibile crisi, così come l'avvio di una riflessione comune sui rischi geopolitici che condizionano duramente la politica energetica dell'Unione europea e la vulnerabilità delle sue forniture, al fine di proseguire nel percorso di mitigazione degli effetti negativi della crisi;
29) l'8 luglio 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla «revisione del quadro legislativo macroeconomico per un impatto più incisivo sull'economia reale europea e una maggiore trasparenza del processo decisionale e della responsabilità democratica» (2020/2075 (INI)), in cui ha affermato che: «l'attuale quadro di governance presenta debolezze concettuali e pratiche che portano a norme eccessivamente complesse, scarsa applicazione, mancanza di titolarità e mancanza di incentivi a perseguire politiche anticicliche simmetriche» e che «il quadro vigente non è riuscito a ridurre le divergenze all'interno dell'Unione europea né a proteggere o stimolare gli investimenti pubblici a favore della crescita»;
30) fra le sue osservazioni, il Parlamento europea ha sottolineato l'importanza di politiche favorevoli alla crescita e di investimenti pubblici e privati sostenibili, volti ad aumentare il potenziale di crescita e raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea incentrati sulle transizioni verdi e digitali e ad aumentare il potenziale di crescita, la competitività e la produttività e a dare impulso al mercato unico ed ha ribadito che investimenti e spese orientati al futuro hanno effetti positivi sulla sostenibilità del debito a medio-lungo termine;
31) il 9 novembre 2022, la Commissione europea ha quindi adottato la comunicazione COM (2022) 583 final in cui ha definito gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, le cui politiche tendono ad essere espansive nelle fasi di crescita e restrittive nelle fasi di rallentamento, tali orientamenti sono stati quindi tradotti in tre proposte legislative (due proposte di regolamento e una proposta di direttiva) presentate il 26 aprile 2023 dalla Commissione europea, per riformare il quadro di regole della governance economica dell'Unione europea a trattati vigenti: restano, pertanto, invariati i parametri di riferimento del 3 per cento per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il Pil e del 60 per cento per il rapporto tra il debito pubblico e il Pil;
32) la proposta di riforma mette preliminarmente in luce la circostanza che il quadro di governance deve consentire agli Stati membri di affrontare le sfide di lungo termine che attendono l'Unione europea, tra le quali vengono citate espressamente la situazione demografica e la crisi climatica, con l'intento espresso di «rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme»;
33) nonostante tali orientamenti rappresentino ad oggi l'ultima iniziativa, da un punto di vista temporale, nel quadro di un lungo percorso pluriennale di riflessione e dibattito illustrato in premessa, l'ipotesi di riforma del 26 aprile 2023, disegnata dalla proposta della Commissione europea, desta non poche perplessità in relazione a diversi punti critici;
34) come emerso anche nel corso delle audizioni parlamentari sul tema, tra le maggiori criticità nell'ambito del nuovo braccio preventivo del Patto vi è la definizione della traiettoria tecnica per la spesa netta proposta dalla Commissione all'inizio del processo: al di là del generico obbligo per la Commissione di «assicurare un dialogo permanente», non sembrano infatti prefigurarsi modalità di coinvolgimento degli Stati membri nella definizione di tale traiettoria, di cui andrebbe altresì chiarito il carattere indicativo o di fatto vincolante;
35) se con il nuovo percorso di aggiustamento fiscale proposto dalla Commissione si delineasse nei fatti un programma vincolante per i singoli Stati membri – entro il quale contenere strettamente i piani nazionali e che si imporrebbe comunque agli Stati in caso di mancato accordo con la Commissione – la riforma porrebbe criticità anche con riferimento alle prerogative statali in materia di politiche di bilancio, con il conseguente rafforzamento del ruolo della Commissione (e di riflesso anche del Consiglio);
36) come altresì evidenziato nell'ambito delle citate audizioni, se non vi è dubbio che la determinazione delle proprie politiche economiche (in primis quelle di bilancio) costituisce una prerogativa che i Trattati riservano agli Stati membri – come pure è indubbio che i Trattati attribuiscono alla Commissione una funzione di indirizzo, sorveglianza e raccomandazione – né la Commissione né il Consiglio hanno il potere di vincolare il contenuto dei bilanci statali: se la riforma non rispettasse questi limiti, si prefigurerebbe un contrasto con i Trattati istitutivi dell'Unione europea;
37) inoltre, critico appare, nel quadro disegnato dalla riforma, il mantenimento – all'interno di un sistema che ne assicuri l'attuazione ed il rispetto (cosiddetto enforcement) – dei parametri quantitativi massimi di riferimento del 3 per cento per il disavanzo – che resterebbe come è adesso e che sarebbe vincolante per tutti i Paesi – e dell'obiettivo del 60 per cento per il rapporto debito su prodotto interno lordo, nonché l'assenza della previsione di una golden rule per escludere determinati gli investimenti dalle norme fiscali dell'Unione europea, in modo particolare quelli destinati a sostenere le transizioni verde e digitale, oltreché gli investimenti in ambito istruzione e sanità;
38) critiche appaiono poi le conseguenze derivanti dalla distinzione operata dalla Commissione europea tra gli Stati membri con un livello di debito molto alto (maggiore del 90 per cento del prodotto interno lordo, come l'Italia), quelli che si trovano in una situazione intermedia (tra il 60 e il 90 per cento) e quelli il cui livello di debito è inferiore al 60 per cento: per i primi la Commissione propone un percorso di aggiustamento in virtù del quale in ciascuno Stato membro, dopo la piena attuazione del piano di medio termine, il debito rimanga su un percorso plausibilmente discendente, sulla base di una traiettoria di 10 anni, ipotizzando politiche invariate. Per gli Stati membri con un debito moderato il percorso di riferimento sarebbe invece meno impegnativo;
39) in particolare, in termini di attuazione o enforcement, mentre la Commissione europea ipotizza di mantenere inalterata la procedura per i disavanzi eccessivi (cosiddetto braccio correttivo) basata sulla soglia relativa al 3 per cento del prodotto interno lordo, quella basata sul livello di debito verrebbe rafforzata, determinando – nel caso degli Stati membri caratterizzati da un elevato rapporto debito-prodotto interno lordo come l'Italia – l'apertura automatica della procedura in caso di allontanamento dal percorso concordato;
40) desta altresì perplessità il versante esecutivo del futuro sistema come presentato dalla Commissione, con la creazione di un nuovo strumento per far adempiere agli impegni di riforme/investimenti del percorso di aggiustamento del debito e l'automaticità della procedura per i disavanzi eccessivi per le devianze dal suddetto percorso, oltre alle modifiche dell'impianto sanzionatorio;
41) la Commissione europea avrebbe inoltre escluso la possibilità di deviazione dal percorso concordato in virtù di condizioni congiunturali ed avrebbe infine previsto di arricchire la gamma di sanzioni, tra cui la previsione di una condizionalità macroeconomica, con possibile ricorso alla sospensione dei fondi unionali nei confronti dei Paesi che non intraprendano azioni efficaci;
42) l'ipotesi di riforma sembra dunque prevedere una eccessiva rigidità dei programmi di aggiustamento del debito: se in principio i piani nazionali dovrebbero restare fermi per i primi quattro anni – con una possibile proroga del periodo di aggiustamento per un massimo di tre anni – una loro modifica è consentita solo in presenza di forti e imprevedibili cambiamenti del contesto economico, che richiedono un apposito benestare della Commissione e del Consiglio. In casi di eccezionale gravità, può trovare anche applicazione la clausola di salvaguardia, individuale o collettiva, che determina una completa sospensione dei piani nazionali. È bene sottolineare, però, che si tratta di situazioni del tutto straordinarie, al di fuori del controllo degli Stati, e anche in questi casi è richiesta una preventiva autorizzazione della Commissione e del Consiglio;
43) a seguito della esperienza pandemica e della crisi energetica, appare quanto mai urgente oltreché di fondamentale importanza, introdurre opportuni strumenti di flessibilità delle regole, suscettibili di evitare una loro rigidità: al contrario, la disciplina di bilancio delineata dalla Commissione appare basarsi su parametri e obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati. Ne discende un difetto di impostazione della riforma che non tiene in adeguata considerazione l'interdipendenza fra i vari Stati membri, nè gli effetti che le politiche di bilancio praticate da uno Stato producono sugli altri e che, in ultima istanza, omette di porsi obiettivi di stabilità finanziaria e di crescita economica dell'Unione nel suo complesso;
44) tale prospettata ipotesi di riforma non può considerarsi evidentemente conclusiva, avendo peraltro la Commissione europea preannunciato – anche in occasione dell'ultimo discorso sullo Stato dell'Unione pronunciato il 14 settembre 2023 dalla Presidente Von der Leyen – ulteriori orientamenti e possibili proposte legislative, sulle quali auspica di registrare il consenso prima dell'inizio del processo di approvazione dei bilanci nazionali per l'anno 2024;
45) inoltre, nell'ultima riunione dell'Ecofin del 15 e 16 settembre 2023, i Ministri delle finanze degli Stati membri hanno nuovamente discusso – tra gli altri temi – della riforma della governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una revisione delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, concordando sulla necessità di «fare sforzi per raggiungere un accordo entro la fine dell'anno»;
46) anche se l'intitolazione della proposta parla di governance economica europea senza specificazioni, in realtà essa si occupa solo di regole di bilancio e relative procedure di attuazione e controllo: resta pertanto al di fuori il noto tema della capacità fiscale dell'Unione e non si tratta di una carenza di poco conto;
47) viene così a mancare uno strumento essenziale di governance economica: disciplina di bilancio per gli Stati e capacità fiscale centralizzata sono complementari. In assenza della seconda, l'intero peso della stabilità del sistema si concentra sulla prima, con tutti i rischi che ne conseguono. Per contro è chiaro che le politiche economiche nazionali richiedono di essere sostenute e integrate da efficaci politiche europee: è solo con iniziative dell'Unione europea che si può far fronte a gravi shock (simmetrici e asimmetrici), come pure curare la produzione di beni pubblici di interesse collettivo (in settori quali ambiente, energia e innovazione);
48) la recente crisi pandemica, e le iniziative che ne sono seguite (in primis il Ngeu), dimostrano che una capacità fiscale dell'Unione europea può essere nell'interesse immediato o futuro di tutti gli Stati membri e pertanto la questione della capacità fiscale dell'Unione europea conserva un'importanza centrale che andrebbe affrontata sin da subito;
49) in conclusione, il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta pertanto una questione centrale nel dibattito europeo non più rinviabile a fronte della nuova realtà economica – pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali – e da rilanciare il prima possibile per sostenere una crescita inclusiva e la sostenibilità di bilancio a lungo termine;
50) complessivamente, nonostante abbia promosso la convergenza dei saldi di bilancio verso livelli più sostenibili, l'attuale quadro di governance ha quindi rivelato notevoli debolezze, tra cui la sua elevata complessità, uno scarso livello di attuazione, la carenza di titolarità e di incentivi a perseguire politiche anticicliche, così come la mancanza di una capacità di stabilizzazione centrale per gestire gli shock idiosincratici. Inoltre, esso non è riuscito a ridurre le divergenze tra i livelli di debito nell'Unione europea, né a proteggere o promuovere gli investimenti che stimolano la crescita;
51) a meno di dieci mesi dalla fine della attuale legislatura europea, appare quindi quanto mai urgente che i lavori legislativi relativi alla riforma della governance economica dell'Unione europea pervengano a conclusione entro la fine del 2023, per scongiurare il ritorno dei vecchi parametri, considerato che all'inizio del prossimo anno verrà disattivata la clausola di salvaguardia generale del Patto, azionata da marzo 2020,
impegna il Governo:
1) a proseguire i negoziati in sede europea e ad intraprendere ogni iniziativa di competenza utile, finalizzata a:
a) chiarire che la traiettoria tecnica per la spesa proposta inizialmente dalla Commissione non ha efficacia vincolante, non costituisce un programma entro il quale i piani nazionali si devono obbligatoriamente mantenere, ma che il medesimo atto ha natura di indicazione, con linee guida di carattere generale (tempistica, obiettivi, strumenti di controllo), senza dettare programmi specifici per i singoli Stati;
b) prevedere il pieno ed effettivo coinvolgimento degli Stati membri anche nella fase ex ante di determinazione dei sentieri di crescita nominale dell'aggregato di spesa di riferimento e nella definizione dei rispettivi programmi, affinché sia effettivamente raggiunto l'obiettivo di aumentare il grado di titolarità nazionale delle nuove regole;
c) scongiurare il ripristino dell'attuale quadro di governance macroeconomica europea – segnatamente del Patto di stabilità e crescita (Psc) – che deve essere ripensato alla luce del rinnovato contesto economico, per adattare le norme di bilancio alle nuove sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri sono chiamati ad affrontare, e perseguire politiche di bilancio sostenibili, prevedendo percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo e, inoltre, superando l'utilizzo prevalente di indicatori non osservabili come il saldo strutturale, al fine di ancorare la sorveglianza macroeconomica a indicatori direttamente osservabili e misurabili;
d) in particolare, nell'ambito della discussione sulla riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, rivedere gli irrealistici parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento privi di una reale giustificazione economica e spesso oggetto di critiche, con il conseguente superamento della fase preventiva e quella correttiva del Patto di stabilità e crescita, la cui applicazione si è dimostrata a più riprese incoerente, e garantire un'applicazione omogenea della procedura per gli squilibri macroeconomici, al fine di affrontare adeguatamente il fenomeno della pianificazione fiscale aggressiva e gli eccessivi surplus di specifici Stati membri;
e) conseguentemente, disegnare, in ordine all'attuale discussione sulla revisione del quadro vigente di governance economica europea, una strategia complessiva di riforma della nuova architettura dell'Unione europea più favorevole alla crescita economica, finalizzata a rendere le norme sul debito più semplici, più applicabili e concepite per sostenere le priorità politiche per la doppia transizione verde e digitale, con adeguati investimenti pubblici e privati, in senso coerente con l'interesse dell'Italia, opponendosi a qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico e che finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci;
f) apportare le opportune modifiche alla proposta di riforma, laddove questa delinea una disciplina relativa al bilancio e agli squilibri macroeconomici parametrata su obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati e, quindi, prevedere che si tenga conto della interdipendenza tra le politiche economiche nazionali, attraverso una visione di obiettivi di stabilità economica e finanziaria per l'Unione europea nel suo complesso, che valuti congiuntamente gli interconnessi problemi di bilancio e squilibri macroeconomici, proiettandoli a livello di Unione o almeno di eurozona;
g) escludere il ricorso a sanzioni di carattere reputazionale e di condizionalità macroeconomica con la relativa sospensione dei finanziamenti erogati dall'Unione europea;
h) porre le basi di una riforma sul tema della creazione di un'adeguata capacità fiscale dell'Unione, che riveste un'importanza centrale per il processo di integrazione europea ed è strumento essenziale di governance economica in quanto strettamente complementare alla disciplina di bilancio per gli Stati, in particolare chiedendo che le politiche economiche nazionali siano sostenute e integrate da efficaci politiche europee, uniche in grado di far fronte a gravi shock (simmetrici o asimmetrici) o farsi carico della produzione di beni pubblici di interesse generale;
i) adattare alcuni elementi di successo dell'esperienza del dispositivo di ripresa e resilienza alla nuova architettura della politica di bilancio europea, trasformando il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» che consentano di rispondere al meglio alle esigenze concordate a livello europeo, come ricerca, innovazione, sicurezza e transizione energetica, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica, che la sottragga a quelli che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano «ricatti» dei contributi nazionali;
j) a fronte dell'evoluzione dell'attuale scenario energetico, avviare con urgenza un confronto costruttivo per l'istituzione di un Energy recovery fund, quale strumento, a disposizione dell'Unione europea e dei suoi Stati membri a supporto della lotta al caro energia, per garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico, attraverso l'attivazione di strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili, di rafforzamento di meccanismi di stoccaggio e promozione di piani di acquisto comuni e condivisi, per evitare, nella direzione dell'Unione dell'energia, il rischio di crisi future, e per sostenere i cittadini europei e le categorie produttive gravemente colpite dalla cosiddetta pandemia energetica;
k) modificare altresì le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo dal calcolo del deficit di determinate categorie di investimenti pubblici nazionali produttivi, che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei – nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;
l) a scongiurare, nell'ambito dei negoziati sulla nuova governance economica europea, il rischio che la spesa per la difesa, in particolare quella destinata alla produzione di armamenti, venga esclusa dai vincoli europei di bilancio;
m) valutare altresì la possibilità di scorporare il debito anomalo e non strutturale accumulato a causa dell'emergenza legata al Covid-19, prevedendo la sua perennizzazione attraverso i reinvestimenti del programma di acquisto di titoli Pepp, o in ogni caso tramite l'individuazione di un percorso di rientro ad hoc;
n) tenere conto, nel quadro di una rinnovata governance economica dell'Unione europea, dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi ambientali del Green Deal, conformemente agli impegni dell'Unione europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, anche attraverso la definizione di indicatori di base nel semestre europeo per misurare adeguatamente le disuguaglianze e le povertà e le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti climatici, al fine di mettere l'economia al servizio dei cittadini e promuovere una convergenza economica e sociale verso l'alto.
(1-00082)(Nuova formulazione) «Scerra, Conte, Francesco Silvestri, Scutellà, Bruno, Torto, Carmina, Dell'Olio, Donno, Quartini».
La Camera,
premesso che:
1) l'espressione «governance economica europea» fa riferimento al sistema di istituzioni e procedure posto in essere al fine di conseguire gli obiettivi dell'Unione in ambito economico, ossia il coordinamento delle politiche economiche volto a promuovere il progresso economico e sociale dell'Unione europea a vantaggio dei suoi cittadini;
2) la crisi finanziaria, economica e di bilancio iniziata nel 2008 ha evidenziato la necessità, per l'Unione europea, di disporre di un modello di governance economica più efficace del coordinamento economico e di bilancio cui si era fatto ricorso sino a quel momento;
3) fino al 2011, infatti, il quadro della politica di bilancio era definito nel patto di stabilità e crescita (Psc), mentre il coordinamento delle politiche economiche era basato principalmente sul consenso, senza norme giuridicamente vincolanti e, in tale vasto ambito di applicazione era possibile attuare varie forme di cooperazione, in funzione del carattere più o meno vincolante dell'accordo di cooperazione stesso;
4) con le crisi economico-finanziarie succedutesi a partire dal 2008 si è ritenuto necessario un maggiore coordinamento delle politiche economiche all'interno dell'Unione europea e, a tal fine, il sistema di organismi e procedure di coordinamento economico è stato rivisto e rafforzato e dal 2011 sono stati adottati diversi atti legislativi e create nuove istituzioni;
5) nello specifico, si è proceduto al rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio e al relativo coordinamento nel quadro del Semestre europeo, al risanamento del settore finanziario, attraverso la realizzazione dell'Unione bancaria, con nuove norme e nuove istituzioni, compresi il meccanismo di vigilanza unico, il meccanismo di risoluzione unico e le autorità europee di vigilanza (Aev) e, infine, all'istituzione di vari meccanismi di stabilizzazione e stabilità finanziaria, tra cui il Mes, la cui riforma del 2019, per inciso, è stata ratificata da tutti i Paesi dell'Unione monetaria tranne l'Italia;
6) nel dettaglio, il Patto di stabilità e crescita (Psc), contiene una «clausola di salvaguardia generale», la quale consente a tutti gli Stati membri di discostarsi temporaneamente dai normali obblighi del Patto nel caso di un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato membro interessato, che abbia un impatto rilevante sulla situazione finanziaria, o in periodi di grave recessione economica nella zona euro o nell'intera Unione europea;
7) nel marzo 2020 l'Unione europea ha attivato la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita nel contesto della pandemia e della conseguente perturbazione economica; a causa dell'altissimo livello di incertezza economica causato dalla guerra di aggressione russa, la clausola continuerà ad applicarsi fino al 31 dicembre 2023;
8) il 9 novembre 2022, la Commissione europea ha adottato una comunicazione, in cui ha delineato gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, con l'obiettivo di rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme;
9) su tale linea, il 26 aprile 2023, la Commissione europea ha elaborato tre proposte legislative, volte rispettivamente a sostituire il regolamento (CE) n. 1466/97 relativo al rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche, a modificare il regolamento (CE) n. 1467/97 concernente l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi e ad emendare la direttiva 2011/85/UE sui requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri;
10) in relazione all'imminente scadenza della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita e della necessità, rappresentata anche dalla Banca centrale europea nel proprio parere sulla riforma del Patto di stabilità e crescita, pubblicato il 18 agosto 2023, di raggiungere un «rapido accordo [e] una rapida istituzione di un quadro di bilancio credibile», il negoziato sulla definizione del nuovo Patto di stabilità e crescita è entrata nel vivo, suscitando un acceso dibattito in seno e tra i Paesi membri;
11) stando ai dati contenuti nella Nadef, a legislazione vigente, la spesa sanitaria sarà pari a 133 miliardi di euro nel 2024, a 136,7 miliardi di euro nel 2025, e a poco meno di 139 miliardi di euro nel 2026, contro 134,7 miliardi di euro del 2023;
12) il Governo ha perso l'occasione di attivare la linea pandemica del Meccanismo europeo di stabilità (cosiddetto «Mes sanitario»), facendo sfumare la possibilità di ottenere risorse una tantum pari al 2 per cento del prodotto interno lordo nazionale, che avrebbero costituito un'importante occasione per modernizzare il nostro sistema sanitario e la cui unica condizionalità sarebbe stata l'utilizzo di tali risorse esclusivamente per sostenere il finanziamento, diretto e indiretto, di tale settore in relazione alla sopravvenuta emergenza pandemica;
13) riguardo poi al vero e proprio Meccanismo europeo di stabilità, di cui sopra si è accennato, vale ricordare che esso ha avuto la funzione fondamentale di concedere assistenza finanziaria a Paesi membri con difficoltà di accesso ai mercati finanziari e che, a parte il controverso caso della Grecia, ha fornito questa assistenza anche a Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro, tutti Paesi che sono usciti dalla crisi grazie all'assistenza del Mes;
14) nel 2021, la limitata riforma dello strumento ha previsto la possibilità per il Meccanismo di fornire una rete di sicurezza finanziaria (un backstop) al Fondo di risoluzione comune per le banche e si sono parzialmente modificate le condizioni di accesso alla assistenza finanziaria e introdotta una nuova linea di credito, cosiddetta, precauzionale;
15) tale accordo di riforma, sottoscritto allora anche dal Governo italiano, è stato già ratificato, non solo da tutti gli altri diciotto firmatari, ma anche dalla Croazia, la quale, nel frattempo, ha aderito all'euro e soltanto la mancanza della ratifica da parte dell'Italia ne impedisce l'applicazione, privando l'Europa e tutti gli Stati membri interessati di uno strumento particolarmente utile in una fase in cui si torna a paventare il rischio di crisi bancarie, ciò a prescindere dall'effettiva attivazione da parte dell'Italia,
impegna il Governo:
1) a farsi parte attiva nelle prossime settimane per una rapida conclusione del negoziato in seno all'Unione Europea sulla definizione del nuovo Patto di stabilità e crescita, in particolare:
a) abbandonando ogni tentativo di inserire permanenti scorpori di determinate categorie di spesa pubblica dagli aggregati fiscali oggetto dei futuri vincoli, in quanto tale opzione – oltre a non rispecchiare in modo autentico la posizione fiscale degli Stati membri – darebbe vita a infiniti contenziosi e ambiguità in un ambito che, invece, ora necessita di semplicità e trasparenza;
b) proponendo, per il solo esercizio finanziario 2024, l'applicazione di un'opportuna disciplina temporanea che eviti il ripristino sic et simpliciter del sistema di regole fiscali precedenti la sua sospensione;
c) facendosi promotore nel consesso europeo di un possibile grande accordo politico che, da un lato, definisca regole fiscali giustamente cogenti per la politica fiscale nazionale degli Stati membri, ma, dall'altro, inizi fattivamente il percorso per cui la fornitura di beni pubblici europei e il sostegno alle grandi transizioni produttive necessarie siano finanziate dall'Unione europea attraverso un maggior grado di condivisione del rischio fiscale e l'emissione di passività finanziari comuni.
2) a favorire la sollecita ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità e ad attivarsi in sede di Unione europea per una nuova riproposizione della linea di credito specificatamente dedicata ad interventi nel settore sanitario.
(1-00190) «Marattin, De Monte, Richetti, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Sottanelli».
La Camera,
premesso che:
1) il quadro della governance economica europea, definito con il Trattato di Maastricht del 1992 nell'ambito dell'Unione economica e monetaria, comprende un sistema di coordinamento e sorveglianza delle politiche economiche degli Stati membri e si basa sui principi di monitoraggio, prevenzione e correzione dei relativi squilibri di finanza pubblica;
2) il complesso di regole che compongono il quadro della governance economica europea si è evoluto negli anni, anche a seguito delle crisi economiche che hanno colpito l'Unione europea;
3) nel sistema di governance economica dell'Unione europea si colloca primariamente il Patto di stabilità e crescita (PSC), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16 e 17 giugno 1997, inerente al controllo delle politiche di bilancio pubbliche degli Stati membri e articolato secondo una duplice procedura: il braccio preventivo, che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'Obiettivo di Medio Termine (OMT), specifico per ogni Stato membro, e il braccio correttivo, finalizzato ad assicurare che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale superano i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del PIL;
4) le modifiche al Patto di stabilità e crescita (PSC) adottate nel novembre 2011 mediante il cosiddetto Six Pack, e richiamate nel Fiscal compact, rafforzano il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del PIL stabilendo che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al livello del 60 per cento, il tasso di riduzione debba essere pari ad 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi;
5) nel corso degli anni, l'impostazione del sistema di governance economica dell'Unione europea ha manifestato alcuni limiti in relazione al rispetto dei parametri di rientro dal debito pubblico, in particolare, la crisi finanziaria scoppiata nel 2008 ha messo in luce la necessità di rafforzare le regole di governance con il fine di rendere il sistema maggiormente efficiente con riguardo al coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e negli ultimi anni e recentemente a causa della pandemia da Covid-19;
6) in un contesto mutato rispetto a quello della richiamata crisi finanziaria, sia sotto il profilo economico che con riguardo alle nuove sfide dell'Unione, nel febbraio 2020 la Commissione ha avviato la discussione sulla riforma della governance dell'Unione europea, pubblicando una comunicazione sul tema del riesame del quadro di governance economica. La discussione è stata poi sospesa a seguito dell'attivazione della clausola di salvaguardia generale (General Escape Clause), utilizzata per assicurare agli Stati membri lo spazio fiscale necessario per fronteggiare, per l'appunto, le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19;
7) l'elevatissimo livello di incertezza economica causato dalla guerra russa-ucraina ha poi determinato l'estensione temporale della clausola di salvaguardia generale, che sarà disattivata all'inizio del prossimo anno;
8) nel 2021 l'esame sulla riforma del sistema di governance dell'Unione europea è stato riavviato dalla Commissione europea, anche al fine di tenere conto del significativo aumento dei livelli di indebitamento determinato dalla grave recessione e dalla necessaria risposta di bilancio alla crisi pandemica, nonché dell'importanza della titolarità nazionale, degli investimenti e delle riforme, elementi peculiari dei nuovi strumenti che l'Unione europea ha varato per fronteggiarla, su tutti Next Generation EU, finanziato con l'emissione di debito comune, e il suo principale programma, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, nel cui ambito si collocano i Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR);
9) il 26 aprile 2023 la Commissione europea ha presentato tre proposte legislative per riformare il quadro di regole della governance economica dell'Unione europea:
a) proposta di regolamento sul coordinamento effettivo delle politiche economiche e sulla sorveglianza multilaterale di bilancio, che sostituisce l'attuale Regolamento del Consiglio 1466/1997 – cosiddetto braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita [COM(2023) 240];
b) proposta di modifica del regolamento del Consiglio n. 1467/97 (cosiddetto braccio correttivo del PSC) per l'accelerazione e il chiarimento dell'attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi [COM(2023)241];
c) proposta di modifica della direttiva 2011/85/UE del Consiglio, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri direttiva [COM(2023)242];
10) tuttavia, rispetto alle sopracitate proposte legislative, restano invariati i parametri di riferimento del 3 per cento per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il PIL e del 60 per cento per il rapporto tra il debito pubblico e il PIL. Tali valori, infatti, sono fissati dal Protocollo (12) del TFUE e la loro modifica richiederebbe l'unanimità degli Stati membri;
11) nel quadro della riforma, non viene proposta una golden rule finalizzata a escludere determinati investimenti dal computo dei saldi di finanza pubblica, specificamente quelli volti al sostegno della transizione ambientale ed energetica e della digitalizzazione o per aumentare le capacità di difesa, così come non è prevista una forma di capacità fiscale centrale comune;
12) il ruolo di variabili non osservabili come il Pil potenziale, l'output gap e i saldi strutturali, pur essendo ridotto in modo rilevante nel nuovo quadro di regole, non viene totalmente eliminato. In particolare, l'impiego di proiezioni di medio-lungo periodo del Pil rende indispensabile una stima o una ipotesi della crescita del prodotto potenziale. Risulta, inoltre, necessaria una stima del saldo strutturale, e dunque dell'output gap, all'inizio delle proiezioni al fine di poter determinare sia lo scenario a politiche invariate sia quelli con aggiustamento;
13) proprio l'impatto della pandemia da Covid-19 e il conflitto russo-ucraino, da cui è scaturita una forte crisi energetica, le mutate condizioni geopolitiche impongono la necessità di prevedere un quadro di regole che consenta una politica di bilancio in grado di sostenere l'economia durante le crisi ma al contempo in grado di costituire riserve di bilancio nei periodi di crescita economica, con regole certamente rigorose, ma anche in grado di sostenere la crescita;
14) emerge, in particolare, l'esigenza di stabilire un inquadramento politico comune per assicurare coerenza tra la revisione del sistema di governance economica europea, le priorità comuni europee e le regole sugli aiuti di Stato, considerata la necessità di sviluppare una politica industriale europea in risposta alle sfide globali e alle misure adottate da altri partner internazionali;
15) già in sede parlamentare, le Commissioni V e XIV della Camera dei deputati in data 8 marzo 2023, al termine dell'esame della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea (COM(2022)583), hanno approvato, rispettivamente l'8 e il 9 marzo 2023, due distinti documenti con i quali si impegna il Governo a proseguire i negoziati in sede europea, indicando altresì le principali priorità individuate dal Parlamento italiano;
16) risulta, quindi, fondamentale definire un rinnovato schema di regole caratterizzato da maggiore flessibilità e specificità rispetto alle peculiarità di ciascuno Stato membro, basato su una più ampia titolarità nazionale in tutte le fasi del processo;
17) occorre, inoltre, nonostante la proposta legislativa della Commissione non modifichi la procedura di sorveglianza degli squilibri macroeconomici, ribadire l'opportunità di un rafforzamento di tale procedura, con particolare riferimento agli squilibri della bilancia commerciale e al livello del debito privato, scongiurando un eccessivo inasprimento del sistema correttivo e sanzionatorio;
18) nel corso dell'ultimo Ecofin informale tenutosi a Santiago de Compostela il 15 e 16 settembre 2023 i ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione europea hanno concordato sulla necessità di fare sforzi per giungere ad un accordo condiviso entro la fine dell'anno sulla riforma del Patto di stabilità e crescita;
19) nel corso della riunione il Ministro Giorgetti ha ribadito la proposta italiana di scorporare, selettivamente, temporaneamente (fino al 2026) e per quote determinate, dall'aggregato di spesa quelle effettuate nell'ambito del PNRR e per la difesa,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative in sede negoziate europea in linea con l'obiettivo di garantire un maggior grado di titolarità nazionale delle regole di bilancio, sulla base di un percorso di aggiustamento di riferimento di medio periodo che tenga conto anche del dialogo bilaterale tra gli Stati membri e la Commissione europea in modo da tener conto, nella definizione del percorso di aggiustamento e rientro dal debito, della situazione specifica di ogni Paese;
2) a portare avanti il negoziato sulla riforma della governance economica europea, promuovendo l'adozione di regole più semplici, trasparenti e capaci di sostenere la crescita e promuovere gli investimenti pubblici strategici, nonché l'individuazione di percorsi di aggiustamento verso la riduzione del debito pubblico e controllo della spesa più realistici e graduali;
3) a sostenere, in sede di negoziazione europea e di rapporti bilaterali con i partner europei, un trattamento preferenziale per gli investimenti nei settori individuati come prioritari a livello europeo e la proposta italiana di scorporare, selettivamente, temporaneamente (fino al 2026) e per quote determinate, dall'aggregato di spesa quelle effettuate nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la difesa;
4) a promuovere durante il negoziato sulla revisione della governance economica europea una opportuna coerenza con le discussioni in corso sul Piano industriale del Green deal, sul quadro temporaneo di crisi e transizione e, in particolare, sulla nuova disciplina degli aiuti di Stato;
5) a proseguire, nell'ambito del negoziato sulla riforma della governance economica europea, con gli impegni assunti in sede di approvazione dei precedenti atti di indirizzo nei due rami del Parlamento italiano e con gli eventuali ulteriori indirizzi che saranno indicati all'esito dell'esame delle proposte legislative avanzate dalla Commissione europea;
6) con riferimento all'individuazione di un eventuale indicatore unico per la sorveglianza fiscale, a porre in essere ogni iniziativa, in sede di negoziazione a livello europeo, volta a mantenere un equilibrio e un contemperamento tra le diverse finalità delle regole fiscali in modo da coniugare la sostenibilità dei conti e il mantenimento di un profilo di crescita duraturo e inclusivo garantendo adeguati margini di flessibilità per l'adozione di interventi tesi alla stabilizzazione del ciclo economico;
7) ad assumere le opportune iniziative, in sede di negoziati europei, volte a prevedere che la definizione della traiettoria tecnica per la spesa netta debba avvenire con estrema attenzione, auspicabilmente assicurando una proficua interlocuzione tra la Commissione europea e i singoli Stati membri in base a chiari e trasparenti argomenti tecnici ed evidenze empiriche, per tenere conto altresì degli effetti delle riforme strutturali sul potenziale di crescita ed evitare una potenziale reintroduzione di variabili particolarmente complesse e poco osservabili;
8) a seguire con estrema attenzione l'evoluzione dei negoziati sulla riforma della governance UE, riservando, ove non soddisfacente, il proprio giudizio di merito;
9) in caso di mancata intesa a livello europeo, a sostenere, laddove ricorrano le condizioni, la rinnovazione della clausola di salvaguardia generale (General Escape Clause) e, in chiave permanente, una revisione dell'attuale Patto di stabilità e crescita che preveda una regola di riduzione del debito meno severa e irrealistica.
(1-00195)(Nuova formulazione) «Candiani, Lucaselli, Rossello, Romano, Bagnai, Mantovani, Battilocchio, Giglio Vigna, Trancassini, Cattaneo, Cecchetti, Cannata, Barabotti, Giorgianni, Cattoi, Mascaretti, Comaroli, Rampelli, Frassini, Angelo Rossi, Ottaviani, Tremaglia, Ambrosi, Caiata, Di Maggio, Donzelli, Giordano, Pietrella, Rotondi».
La Camera,
premesso che:
1) la governance economica europea, finalizzata ad assicurare il rispetto dei vincoli di finanza pubblica, il coordinamento delle politiche economiche e la stabilità e sostenibilità delle politiche di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea, è frutto di una lunga evoluzione;
2) il fulcro della disciplina è costituito dal Patto di stabilità e crescita del 1997, come contestualizzato dal TFUE (che ha fissato i parametri di riferimento del 3 per cento e del 60 per cento rispettivamente per il disavanzo pubblico e il debito pubblico sul PIL, originariamente stabiliti dal Trattato di Maastricht) e modificato dal cosiddetto six pack del 2011 e dal cosiddetto two pack del 2013 che, insieme all'accordo intergovernativo del 2012 (Fiscal Compact), ne hanno reso più stringente il funzionamento;
3) il sistema, articolato nel cosiddetto braccio preventivo e nel cosiddetto braccio correttivo, prevede una clausola generale di salvaguardia, che consente agli Stati membri dell'Unione europea di deviare temporaneamente dagli obblighi posti dal PSC (che comunque non viene sospeso) per adottare misure di emergenza e fronteggiare circostanze avverse. Tale clausola è stata attivata per la prima volta in conseguenza della pandemia da COVID-19. Estesa fino a tutto il 2023 in ragione del conflitto russo-ucraino e dell'aumento dei prezzi dell'energia, ne è prevista la disattivazione a partire dal 2024;
4) la governance economica europea, come evolutasi nel tempo, ha mostrato una serie di limiti, sia nella concreta applicazione che nel perseguire gli obiettivi prefissati. Tali limiti sono sostanzialmente:
a) la pro-ciclicità: davanti a rallentamenti ciclici si è spesso richiesto ai governi di attuare politiche restrittive e, nei casi peggiori, l'Unione ha dovuto sospendere l'applicazione delle regole fiscali ricorrendo alle clausole di disattivazione;
b) le regole uguali per tutti, poco adattabili al contesto e alle caratteristiche dei singoli Paesi;
c) l'orizzonte di breve termine che ha finito col trasformare i vincoli in obiettivi a sé stanti rispetto alla finalità della sostenibilità delle finanze pubbliche degli Stati membri;
d) la complessità e la scarsa trasparenza della governance facilmente soggetta a manipolazioni, poiché un ruolo chiave è giocato dalle variabili non osservabili (PIL potenziale, output gap e saldi strutturali) che apre la strada a legittime contestazioni;
e) gli indicatori utilizzati in larga parte fuori dal controllo diretto dei governi, sia quelli sul deficit che quelli sul debito, con la conseguenza che in caso di mancato rispetto dei vincoli è difficile discriminare fra responsabilità diretta dei governi e fattori esogeni. Questo a sua volta non legittima l'applicazione delle sanzioni previste, rendendo più discutibile l'avvio di procedure per deficit o debito eccessivo e poco credibile la governance medesima;
5) alla luce di tali limiti, la Commissione ha avviato una discussione sulla revisione della governance economica europea nel febbraio 2020, che è stata sospesa poco dopo a causa della pandemia di COVID-19, e poi rilanciata ad ottobre 2021, anche al fine di tenere conto del mutato contesto macroeconomico risultante dalla crisi pandemica (in particolare il significativo aumento dei livelli di indebitamento degli Stati membri che ne è seguito), degli innovativi strumenti che l'Unione europea ha varato per fronteggiarla (Next Generation EU, finanziato con l'emissione di debito comune, e RRF nel cui ambito si collocano i PRR nazionali), e delle nuove priorità politiche dell'Unione europea (transizione verde e digitale in particolare);
6) a conclusione del dibattito, ne novembre 2022, la Commissione ha pubblicato gli orientamenti di riforma, su cui si sono espresse le Camere italiane nel marzo 2023, a seguito di un ciclo di audizioni;
7) il 26 aprile 2023, la Commissione europea ha quindi presentato tre proposte legislative per riformare il quadro di regole della governance economica dell'Unione europea (Proposte di regolamento COM(2023)240 e 241; proposta di direttiva COM(2023)242);
8) le proposte, rispetto ai precedenti orientamenti, tengono conto di alcune specifiche richieste avanzate dalla Germania e dai Paesi cosiddetti Frugali, contrari ad un approccio più bilaterale e specifico per Paese, ritenuto rischioso per la trasparenza e la parità di trattamento;
9) anche durante il Consiglio ECOFIN, lo scorso 16 giugno, sono emerse alcune posizioni diverse rispetto all'impianto generale della proposta, incentrate su regole più vincolanti, automatiche e uguali per tutti e su una maggiore concentrazione sul breve termine, con una riduzione della discrezionalità attribuita alla Commissione europea;
10) le tre proposte legislative – due regolamenti e una direttiva che modificano sia il braccio preventivo che quello correttivo – mirano a introdurre un quadro di norme più semplice e trasparente, con una maggiore differenziazione nella loro applicazione tra i diversi Paesi, la riduzione dell'orientamento pro-ciclico, il miglioramento della titolarità nazionale, con l'obiettivo dichiarato di rafforzare la sostenibilità del debito e, al contempo, promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso riforme e investimenti;
11) restano fermi i parametri di riferimento del 3 per cento per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il PIL e del 60 per cento per il rapporto tra il debito pubblico e il PIL, per il cui eventuale aggiornamento – che richiede una modifica dei Trattati – sono necessarie tempistiche più lunghe;
12) le principali novità che presentano le proposte della Commissione sono:
a) il passaggio da un orizzonte temporale di un anno a uno pluriennale, tramite l'introduzione dei piani di bilancio strutturali a medio termine, che vanno da 4 ad addirittura 7 anni, elaborati dagli Stati membri che vi definiscono le proprie politiche fiscali, le riforme e gli investimenti (anche in relazione ai cambiamenti climatici), indicando in particolare il percorso di bilancio nazionale definito come traiettoria della spesa primaria netta;
b) una maggiore titolarità nazionale ex ante nella progettazione del proprio percorso di risanamento di bilancio e il superamento di una governance uguale per tutti, attraverso l'individuazione di sfide di debito differenziate per Paese su cui si fondano le traiettorie tecniche di aggiustamento proposte dalla Commissione europea con una maggiore discrezionalità rispetto al presente, anche sulla base delle sue analisi di sostenibilità del debito;
c) una sorveglianza basata su una maggiore attenzione verso la sostenibilità del debito nel medio e lungo termine e il suo progressivo processo di convergenza, evitando percorsi di riduzione troppo rapidi e troppo a lungo;
d) la soppressione degli obiettivi di medio termine (OMT) e la previsione di un singolo indicatore operativo, la spesa primaria netta, che è sostanzialmente sotto il diretto controllo dei governi, così migliorando l'imputabilità per il mancato rispetto degli obblighi e la legittimità dell'impianto sanzionatorio;
e) un regime di applicazione del braccio correttivo più rigoroso in caso di violazione del criterio del debito, con l'apertura automatica della procedura per disavanzi eccessivi per i Paesi con un debito superiore al 60 per cento del PIL, salvo che il livello del debito, seppure superiore a tale soglia, non si discosti dal percorso definito nel piano strutturale di bilancio dello Stato interessato nel quadro del nuovo braccio preventivo; si supera, quindi, la cosiddetta regola del 1/20 di riduzione su base annuale del debito, ritenuto eccessivo alla luce degli attuali livelli di debito;
13) le proposte della Commissione europea rappresentano un importante passo avanti nella costruzione di un sistema di governance economica della UE che tenga insieme le esigenze della stabilità finanziaria e il ruolo della politica fiscale. Tuttavia, permangono delle criticità, alcune delle quali derivanti dalle modifiche apportate rispetto all'impostazione data precedentemente dagli orientamenti della Commissione:
a) non è proposta alcuna golden rule per escludere determinati investimenti, in particolare quelli per sostenere le transizioni verde e digitale o per aumentare le capacità di difesa, dall'aggregato di spesa primaria netta, anche al fine di fornire un vero stimolo alla crescita economica dei singoli Paesi europei e dell'Europa nel suo insieme;
b) sono introdotti vincoli e automatismi che riducono la flessibilità e la differenziazione per Paese delle nuove regole; in particolare, l'obbligo, automatico e generalizzato, in caso di un disavanzo pubblico superiore al 3 per cento di riduzione in media dello 0,5 per cento del PIL l'anno, salvo circostanze eccezionali, e quello del raggiungimento al termine della traiettoria di un livello del debito inferiore a quello di partenza, possono comportare il rischio di politiche di bilancio eccessivamente restrittive e indifferenziate, che non considerano le eventuali circostanze di difficoltà in cui potrebbero trovarsi le singole economie nazionali, né l'impatto sociale di tali misure;
c) la dinamica della spesa primaria netta nel periodo di applicazione del piano deve essere inferiore a quella prevista del PIL, che equivale a richiedere un miglioramento dell'avanzo primario anche quando non necessario per ridurre il rapporto tra debito e PIL;
d) non è chiaro come interagiranno il nuovo vincolo sul tasso di crescita di tale aggregato e il vincolo del 3 per cento e, dato che questo dipende dal PIL, il problema della pro-ciclicità rischia di non essere risolto, dando prevalenza a l'obiettivo della stabilità rispetto a quello della crescita;
e) sebbene fa spesa pubblica netta sia un indicatore direttamente osservabile e sostanzialmente sotto il controllo diretto dei governi, il suo calcolo richiederà comunque l'esclusione degli stabilizzatori automatici la cui stima non è sempre immediata;
f) il riferimento a proiezioni decennali del debito oltre l'orizzonte del piano (quindi fino a diciassette anni dalla data iniziale) da parte della Commissione ha un elevatissimo grado di incertezza e di discrezionalità, in quanto fortemente dipendente dalle ipotesi;
g) non sono chiari i margini che avranno i singoli Paesi per modificare la traiettoria proposta dalla Commissione e quindi l'effettiva titolarità nazionale della politica economica, che si avrebbe invece se la traiettoria fosse di competenza dei governi nazionali e solo in una seconda fase oggetto di un dialogo tecnico con la Commissione;
h) c'è una maggiore rigidità nella fase di applicazione per controbilanciare la flessibilità ex ante: i piani dovranno essere rispettati lungo tutto l'orizzonte quadriennale e non potranno essere modificati se non a fronte di shock particolarmente rilevanti;
i) le sanzioni nell'ambito della procedura per disavanzi eccessivi sono automatiche e hanno carattere reputazionale, essendo irrogate sulla base di una suddivisione dei Paesi in categorie in funzione del rapporto debito pubblico/PIL, mentre sarebbe preferibile un meccanismo incentivante, sul modello del RRF, che subordini il ricevimento dei fondi UE al conseguimento degli obiettivi fissati nel piano strutturale di bilancio dello Stato membro;
j) nel complesso non si tiene sufficientemente conto dell'interdipendenza tra le politiche economiche nazionali e manca una visione degli obiettivi di stabilità economica e finanziaria per l'Unione nel suo complesso i quali non sono automaticamente garantiti dalla somma aggregata degli obiettivi riferiti ai singoli Paesi, su cui si basano sia la disciplina di bilancio sia quella relativa agli squilibri macroeconomici;
14) rimangono aperte, inoltre, altre questioni che, seppur non rientranti nel perimetro della revisione, incidono sul funzionamento della governance:
a) la mancanza di un meccanismo permanente di stabilizzazione automatica, che ricalchi l'esperienza di SURE;
b) la necessità di prevedere una forma di capacità fiscale centrale comune, per rispondere più efficacemente sia a shock che colpiscono singoli Paesi sia eventi avversi comuni a tutti, quali ad esempio la pandemia o la crisi energetica; nonché, previa modifica dei Trattati, per un compito strutturale di sostegno al fabbisogno di investimenti e al conseguimento di beni pubblici europei e priorità comuni, così lasciando agli Stati membri margini di intervento su quelli che non sono considerati investimenti, come il sostegno alle famiglie a basso reddito e alle piccole imprese;
c) la correlata capacità di indebitamento permanente, per la stabile emissione di debito sovrano, anche al fine di trasformare il Next Generation EU in uno strumento di politica economica dell'Unione europea, considerate le nuove priorità politiche perseguite dall'Unione europea, come le transizioni verde e digitale e l'inclusione e la resilienza economica e sociale;
d) nonché, per quanto riguarda strettamente il nostro Paese la mancata decisione sulla ratifica dell'accordo di modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), e gli effetti sulla credibilità e l'affidabilità del Paese anche nella mediazione per la revisione della governance economica europea;
15) le proposte della Commissione europea, pur rappresentando nel complesso un miglioramento del quadro delle regole della governance economica europea, non risolvono completamente i nodi problematici di fondo, risolvendosi in un aggiornamento delle regole piuttosto che in una riforma di più ampio respiro che, attraverso una valutazione critica delle vigenti regole punti ad approdare ad un'effettiva unione fiscale ed economica;
16) è pieno interesse del nostro Paese portare a termine rapidamente la revisione della governance economica europea per scongiurare gli effetti della disattivazione della clausola di salvaguardia generale del PSC;
17) al contempo, rischiosa risulterebbe l'accettazione da parte del Governo, in sede di negoziazione, della previsione di vincoli automatici, i quali andranno a definire in modo permanente il nuovo quadro della governance economica europea, ancor più se tale scelta fosse volta a conseguire per una singola annualità l'agibilità sul deficit ai fini della manovra di bilancio per il prossimo anno. In tal modo si comprometterebbe ulteriormente la credibilità finanziaria dell'Italia, già minata dall'improvvisazione e dalle scelte fallimentari del primo anno di Governo, esponendo il Paese al rischio di attacchi speculativi e al possibile abbassamento del rating sui titoli del debito pubblico,
impegna il Governo:
1) ad attivarsi concretamente e seriamente per portare avanti un negoziato soddisfacente, proponendo ulteriori miglioramenti alla proposta della Commissione, in particolare promuovendo:
a) la rimozione di criteri quantitativi – e indirettamente quantitativi – prestabiliti e uguali per tutti gli Stati membri così come di regole automatiche, che rischiano di reintrodurre elementi di pro-ciclicità e indifferenziazione, con particolare riferimento al vincolo di riduzione annuale di una percentuale fissa del PIL in caso di un disavanzo pubblico superiore al 3 per cento (salvo circostanze eccezionali), a quello del raggiungimento al termine della traiettoria di un livello del debito inferiore a quello di partenza e, infine, al vincolo sul tasso di crescita della spesa primaria netta rispetto al PIL;
b) la previsione di una maggiore flessibilità per i piani nazionali e la possibilità di revisione degli stessi, in particolare in caso di modifiche dei parametri alla base dell'analisi di sostenibilità del debito, tra cui l'inflazione, così da rendere le regole capaci di adattarsi a contesti economico-finanziari mutevoli e non risultare eccessivamente restrittive;
c) la definizione di stabilizzatori automatici che tengano conto delle specificità nazionali anche al fine di garantire una componente anticiclica automatica sufficientemente adeguata;
d) il rafforzamento di una visione degli obiettivi di stabilità economica e finanziaria per l'Unione intesa nel suo complesso, anche attraverso la previsione di meccanismi di coordinamento delle politiche fiscali in modo da evitare che processi di aggiustamento determinino effetti depressivi sull'economia dello Stato membro e più in generale dell'Unione, alla luce della stretta interdipendenza tra le politiche nazionali, nonché dirette a contrastare pratiche di dumping fiscale;
e) un maggiore coordinamento tra la fase di elaborazione ex ante dei piani nazionali e la successiva fase di sorveglianza ex post in caso di sforamento dei parametri;
f) la possibilità di non considerare nel computo della spesa netta alcune spese per riforme o per investimenti, in particolare quelli per la transizione verde e digitale, per il contrasto del dissesto idrogeologico e del cambiamento climatico, e nello specifico le spese relative al PNRR;
g) la possibilità di scorporare il debito accumulato a causa di emergenze o eventi eccezionali, prevedendo in tal caso un percorso di rientro specifico;
h) la costituzione di una capacità fiscale dell'eurozona che permetta di intervenire in circostanze eccezionali e con condizionalità ragionevoli e, parallelamente, il rafforzamento degli strumenti comuni su temi di interesse dell'Unione europea, rendendo permanente il Next Generation EU, o istituendo nuovi strumenti in linea di continuità con il medesimo;
i) la previsione di meccanismi di stabilizzazione automatica, sul modello SURE;
l) il superamento del rigido impianto del precedente PSC per perseguire con maggiore efficacia l'obiettivo della crescita sostenibile nonché della coesione sociale, in un'ottica di equilibrio con l'obiettivo della stabilità;
m) una maggiore valutazione dell'impatto e della dimensione sociale nei piani nazionali delle misure per la riduzione del debito e l'aggiustamento di bilancio, al fine di scongiurare un risanamento delle finanze pubbliche che penalizzi in particolare la spesa sociale;
n) l'avvio della riflessione per la revisione, in una prospettiva di medio periodo, dei parametri di riferimento del 3 per cento per il disavanzo pubblico e del 60 per cento per il debito pubblico, ormai privi di rappresentatività.
(1-00196) «De Luca, Grimaldi, Ubaldo Pagano, Iacono, Madia, Casu, Borrelli».