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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 186 di venerdì 27 ottobre 2023

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO COLUCCI , Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 88, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della proposta di legge: Carloni ed altri: Disposizioni per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo (A.C. 752-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 752-A: Disposizioni per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 26 ottobre (Vedi l'allegato A della seduta del 26 ottobre 2023).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 752-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Attilio Pierro.

ATTILIO PIERRO , Relatore. Grazie, Presidente. Onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, la proposta di legge Atto Camera n. 752-A all'esame dell'Assemblea è frutto di un approfondito lavoro istruttorio, svolto attraverso la programmazione di un ciclo di audizioni sulla tematica, l'esame delle proposte emendative, l'approfondimento in termini di oneri e coperture ed infine l'esame e il recepimento dei pareri espressi, in sede consultiva, dalle commissioni Affari costituzionali, Giustizia, Bilancio, Finanze, Ambiente, Attività produttive, Lavoro e Politiche dell'Unione europea. La Commissione per le questioni regionali ha deciso di non esprimersi sul provvedimento in esame.

Come è anche dato leggere nell'ultimo rapporto Ismea sull'agroalimentare italiano, oltre agli effetti del clima pesano sull'agricoltura italiana alcune debolezze strutturali, quali la scarsa presenza di giovani capi azienda, solo il 9 per cento, contro il 12 per cento della media europea, e, di converso, l'alta percentuale di capi azienda over 65, pari al 43 per cento, rispetto alla media europea del 33 per cento.

L'indice di invecchiamento, ossia il rapporto tra aziende con capo azienda over 65 e aziende guidate da under 41, in Italia è molto più alto: prossimo a 8 a 1, mentre nell'Unione europea è di poco superiore a 5 a 1. Il provvedimento rappresenta, quindi, una priorità per l'agricoltura italiana e le politiche volte ad agevolare il ricambio generazionale costituiscono una leva fondamentale per la ristrutturazione in termini di maggiore competitività del settore primario.

Venendo al contenuto, il provvedimento consta di 5 Capi e 13 articoli. Il Capo I reca le finalità e le definizioni. Le prime, indicate nell'articolo 1, sono individuate appunto nella promozione e nel sostegno dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo e nel rilancio del sistema produttivo agricolo attraverso interventi volti a favorire l'insediamento e la permanenza dei giovani e il ricambio generazionale nel settore agricolo.

L'articolo 2 contiene le definizioni di impresa giovanile agricola e di giovane imprenditore agricolo. Sono tali le imprese, in qualsiasi forma costituite, che esercitano esclusivamente attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile quando ricorra una delle seguenti condizioni: il titolare sia un imprenditore agricolo di età compresa tra 18 e 41 anni compiuti; nel caso di società di persone e di società cooperative, comprese le cooperative di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, almeno la metà dei soci sia costituita da imprenditori agricoli di età compresa tra 18 e 41 anni compiuti; nel caso di società di capitali, almeno la metà del capitale sociale sia sottoscritta da imprenditori agricoli di età compresa tra 18 e 41 anni compiuti e gli organi di amministrazione siano composti, per almeno la metà, dai medesimi soggetti.

Il Capo II è riferito al sostegno e all'insediamento dei giovani nell'agricoltura. L'articolo 3 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste un fondo per favorire il primo insediamento dei giovani in agricoltura. Le risorse a disposizione potrebbero essere utilizzate per l'acquisto di terreni e di strutture necessari per l'avvio dell'attività imprenditoriale agricola, l'acquisto di beni strumentali, con priorità per quelli destinati ad accrescere l'efficienza aziendale e ad introdurre innovazioni relative al prodotto, alle pratiche di coltivazione e di manutenzione naturale dei terreni e al processo di coltivazione dei prodotti attraverso tecniche di precisione, l'ampliamento dell'unità minima produttiva, definita secondo la localizzazione, l'indirizzo colturale e l'impiego di manodopera, e l'acquisto di complessi aziendali già operativi.

I criteri di riparto dei fondi saranno stabiliti con decreto del Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, che sarà emanato d'intesa, come richiesto dalla Commissione affari costituzionali, con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

L'articolo 4 reca disposizioni in materia di regime fiscale agevolato per il primo insediamento delle imprese giovanili in agricoltura. Il comma 1 descrive il regime fiscale agevolato, consistente nel pagamento di un'imposta sostitutiva, determinata applicando l'aliquota del 12,5 per cento alla base imponibile costituita dal reddito d'impresa prodotto nel periodo d'imposta, nonché il limite temporale in cui lo stesso può applicarsi.

Il comma 2 precisa che il suddetto beneficio sia riconosciuto a condizione che le imprese giovanili non abbiano esercitato nei 3 anni precedenti altra attività di impresa agricola e che abbiano regolarmente adempiuto agli obblighi previdenziali, assicurativi e amministrativi previsti dalle leggi. L'agevolazione non deve poi avere ad oggetto fattispecie riferibili ai casi di trasferimento di aziende preesistenti ai soggetti o a enti neocostituiti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c).

L'articolo 5 introduce agevolazioni in materia di compravendita di fondi rustici. Esso statuisce, in particolare, che - per i contratti di compravendita aventi ad oggetto l'acquisto di terreni agricoli e relative pertinenze per un corrispettivo non superiore a 200.000 euro, stipulati dai giovani imprenditori agricoli - il compenso per l'attività notarile è determinato in misura non superiore a quello previsto dalla tabella A-Notai del decreto del Ministro della Giustizia 20 luglio 2012, n. 140, ridotto alla metà.

L'articolo 6 prevede un credito d'imposta pari all'80 per cento delle spese sostenute nell'anno 2024, fino all'importo massimo di 2.500 euro per ciascun beneficiario, per la partecipazione a corsi di formazione da parte dei giovani imprenditori agricoli che abbiano iniziato l'attività a decorrere dal 1° gennaio 2021.

Il Capo III reca misure per favorire la permanenza dei giovani nel settore agricolo e il ricambio generazionale.

L'articolo 7 prevede agevolazioni fiscali per l'ampliamento delle superfici coltivate. In particolare, viene previsto per i giovani imprenditori agricoli che acquistino o permutino terreni agricoli e le loro pertinenze il versamento dell'imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali nella misura del 60 per cento rispetto a quelle ordinarie o ridotte previste dalla legislazione vigente.

L'articolo 8 reca disposizioni in materia di prelazione di più confinanti, stabilendo che per l'esercizio della stessa si intendono quali criteri preferenziali dell'ordine la presenza come partecipi nelle rispettive imprese o nelle cooperative di conduzione associata dei terreni di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali di età compresa tra 18 e 41 anni compiuti, il numero di essi e il possesso da parte degli stessi di conoscenze e competenze adeguate come definite dalla normativa comunitaria.

L'articolo 9 reca disposizioni in materia di servizi di sostituzione, prevedendo che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possano prevedere nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio programmi per favorire il ricambio generazionale nelle imprese agricole tramite l'erogazione di incentivi alle associazioni costituite in maggioranza da giovani imprenditori agricoli per la gestione di servizi di sostituzione nelle aziende associate, individuando, in particolare, tra i casi di sostituzione, la sostituzione dell'imprenditore, del coniuge o di un coadiutore, la frequenza di corsi di formazione e di aggiornamenti professionali da parte dei giovani imprenditori agricoli associati e l'assistenza a minori di età inferiore a 8 anni.

Le stesse regioni e province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi del comma 2, possono prevedere, nell'ambito degli stessi programmi, incentivi per il mantenimento dell'unità aziendale e il ricambio generazionale delle imprese agricole mediante l'utilizzo del patto di famiglia di cui agli articoli da 768-bis a 768-octies del codice civile, a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività di impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso.

Il Capo IV reca disposizioni in materia di lavoro agricolo. In particolare, l'articolo 10 prevede la costituzione dell'Osservatorio nazionale per l'imprenditoria e il lavoro giovanile nell'agricoltura, che sarà chiamato a svolgere i compiti ivi elencati, relativi prevalentemente alla raccolta e all'elaborazione dei dati e delle strategie di intervento pubblico per l'incentivazione del lavoro giovanile in agricoltura. Tra i componenti sono stati previsti, come richiesto dalla Commissione lavoro, anche i rappresentanti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

Il Capo V reca ulteriori misure in favore dell'imprenditoria giovanile in agricoltura.

L'articolo 11 riserva ai giovani imprenditori agricoli una quota di posteggi fino al 50 per cento del loro numero complessivo nei mercati per la vendita diretta di prodotti agricoli.

Gli articoli 12 e 13 recano infine la clausola di salvaguardia e la copertura finanziaria.

Il provvedimento, rispetto al testo originariamente approvato dalla Commissione, è stato oggetto di alcuni interventi modificativi o soppressivi, alcuni motivati da esigenze di rimodulazione dell'importo finanziario previsto a loro supporto, altri necessitati, tra l'altro, dall'esigenza di un coordinamento con la riforma fiscale in corso di approvazione.

Ciò dovrebbe, pertanto, indurre a considerare che alcune delle parti che sono state espunte potranno poi essere riconsiderate nel quadro più generale della suddetta riforma.

In conclusione, ritengo che il provvedimento rappresenti un risultato estremamente importante per il comparto, che, come già sottolineato, registra un forte ritardo sul versante del ricambio generazionale e risulta particolarmente bisognoso di politiche strutturali a favore dei giovani che vogliano impegnarsi professionalmente in agricoltura. Occorre loro assicurare sostegno strutturale e non episodico, anche dal punto di vista economico, che li incentivi ad avviare l'attività e li accompagni lungo il percorso di consolidamento della stessa.

L'imprenditore agricolo è chiamato oggi a confrontarsi sempre più con l'innovazione tecnologica, con i cambiamenti ambientali e con sempre nuove forme di concorrenza. I giovani saranno chiamati a costruire la nuova classe imprenditoriale in agricoltura e dovranno affrontare questi cambiamenti, cercando, comunque, di preservare il sapere legato alla nostra tradizione alimentare. Solo così si potrà permettere all'agricoltura italiana di mantenere i primati che fino ad oggi non ha mai dismesso in termini di qualità e di capacità distintiva del prodotto. Questo provvedimento intende fornire gli strumenti necessari per agevolare questo necessario passaggio generazionale.

PRESIDENTE. Saluto gli insegnanti e gli studenti dell'Istituto superiore “Alessandro Volta”, di Caltanissetta, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Benvenuti.

Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, se lo desidera. Prego.

CLAUDIO BARBARO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica. Grazie, Presidente. Solo una brevissima sottolineatura, in coerenza con quanto già espresso dal relatore, onorevole Pierro. Il provvedimento rappresenta una priorità per l'agricoltura italiana, poiché costituisce uno strumento volto ad agevolare il ricambio generazionale nel settore primario e, in generale, ad avvicinare le nuove generazioni all'imprenditoria agricola.

Riteniamo che offrire un sostegno strutturale ai giovani che vogliono affrontare professionalmente l'agricoltura, coniugando innovazione e tecnologica con la tradizione agricola e alimentare del nostro Paese, ineguagliabile per qualità e varietà, sia una scelta importante e doverosa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mirco Carloni. Ne ha facoltà.

MIRCO CARLONI (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è un grande piacere poter discutere in quest'Aula della proposta di legge n. 752, concernente disposizioni per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo, presentata da me e da altri colleghi il 9 gennaio scorso.

Il relatore Pierro ha ben illustrato le misure contenute nella proposta. Lo scopo di questa legge è di dare ai giovani strumenti da molto tempo attesi per aiutarli a scegliere questa attività. Non ripeto ciò che è stato già detto dal relatore, ma, signor Presidente, ci tengo a sottolineare che le misure che verranno introdotte sono il frutto di un confronto con le associazioni giovanili agricole e con tutti i colleghi della Commissione agricoltura che, in questa sede, ringrazio per il lavoro svolto da gennaio a oggi.

Vorrei soffermarmi sulla ratio di questa norma. L'attività agricola degli ultimi anni ha avuto una grande accelerazione dal punto di vista tecnologico, purtroppo, però, è decrescente l'interesse dei cittadini sotto i 40 anni nei confronti di questo settore. Talvolta, infatti, le convenzioni sociali e il sentimento popolare verso questa nobile professione sono negativi, complice anche il retaggio di una certa cultura che considerava il lavoro della terra come ripiego e non come un valore. L'agricoltura, in passato, ha avuto sempre un ruolo marginale rispetto ai modelli di sviluppo e di organizzazione sociale, quasi che il progresso spingesse i giovani per un allontanamento del rurale dalla cultura moderna. Il giovane, per di più se laureato, che sceglieva questa attività agricola era considerato uno sfortunato. A questo si aggiunge la sfiducia di molti agricoltori anziani che, nel lasciar continuare l'attività ai propri figli o ai propri nipoti, intravedono per gli stessi pochi guadagni e molti sacrifici. Con queste norme, invece, vogliamo contrastare tale visione negativa, lanciando un messaggio di speranza a chi voglia intraprendere la strada dell'impresa agricola. Dobbiamo dire a gran voce che fare il contadino nel 2023 significa specializzazione, innovazione, formazione di alta professionalità, finanziaria e commerciale; significa introdurre tecnologie all'avanguardia, intelligenza artificiale applicata, ricerca scientifica, mitigandole, però, con la sapienza millenaria della tradizione.

Se l'Italia crede nella gioventù agricola, così come abbiamo chiamato questa legge in Commissione, deve dimostrare, con le leggi, che favorisce la cultura dell'imprenditorialità, contribuendo all'alta considerazione sociale del giovane agricoltore, che, scegliendo questa vita, sceglie tante soddisfazioni, ma anche tanti sacrifici e impegni. La soddisfazione, prima di tutto, deve essere di tipo economico. Infatti, senza redditività, senza remunerazione della fatica, nessuno potrà mai consigliare ai propri figli di portare avanti un'azienda di famiglia, tanto più aprirne una ex novo.

La proposta di legge da me presentata pone l'attenzione al grande tema del ricambio e del passaggio generazionale, che rappresenta una delle maggiori sfide della nostra agricoltura che, purtroppo, conta solo un'esigua percentuale di giovani imprenditori agricoli: solamente il 13,4 per cento dei titolari di imprese agricole è al di sotto dei 44 anni di età. Lo scopo che ci prefiggiamo, come Parlamento, è di impegnare il Governo e l'intera maggioranza in un'azione di supporto e rilancio della nostra economia, dando uno strumento tangibile di vicinanza a sostegno della nostra gioventù agricola.

Infine, se il Parlamento crede nei giovani agricoltori, lo dovranno fare anche gli investitori e anche gli intermediari finanziari, mettendo a disposizione garanzie pubbliche e agevolando l'accesso al credito. Infatti, la diversità di accesso al credito rappresenta una grande distorsione tra società semplificate, come le startup, e le aziende agricole gestite da giovani. Le prime ricevono con garanzie pubbliche fino a 60.000 euro per sviluppare nuove imprese, ma le seconde, quando vanno in banca, non solo non accedono al credito, ma scontano una valutazione del merito creditizio sfavorevole. Un giovane agricoltore, senza le garanzie dei genitori e dei parenti, non riesce ad acquistare i terreni, la tecnologia e le strutture che servono per iniziare un'impresa. Ancora troppo poca è la fiducia riposta dalle banche verso i nostri agricoltori.

Insomma, se il nostro Paese vuole vantarsi dell'eccellenza del nostro made in Italy dal punto di vista enogastronomico, di cui tutti noi andiamo fieri nel mondo, deve farlo in modo che questa straordinaria eredità, che ci arriva dal passato, continui nel futuro. Per farlo, dobbiamo andare fieri di questo nostro settore, ma, proprio perché ci arriva dal passato, dobbiamo essere consapevoli che, per dare un futuro all'agricoltura italiana, è necessario affidarlo a chi rappresenta quel futuro.

In quest'anno, durante il quale ho avuto l'onore di presiedere la Commissione agricoltura della Camera, ho conosciuto giovani imprenditori italiani che, con passione, difendono i valori e le tradizioni dei loro padri, che spesso hanno scelto di abbandonare le città, preferendo la campagna. I tempi difficili che stiamo vivendo ci impongono di ritrovare un nuovo modello di crescita, anche al fine di contrastare lo spopolamento delle aree interne, la disoccupazione, l'emigrazione giovanile e favorire gli investimenti nell'economia reale. Tocca a noi, oggi, creare le condizioni per permettere ai giovani di credere che in Italia si possa fare impresa agricola, sostenibile e innovativa, producendo energia pulita, tutelando la fertilità del suolo, ma, certo, garantendo reddito e creando buona e sana occupazione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Marino. Ne ha facoltà.

MARIA STEFANIA MARINO (PD-IDP). Signor Presidente, membri del Governo, colleghe e colleghi, buongiorno. Oggi, dopo svariati mesi di lavoro, approda in discussione generale la proposta di legge sull'imprenditoria giovanile in agricoltura, proposta che, sin dall'inizio della discussione in Commissione, ha visto il pieno sostegno e la collaborazione del nostro partito e di tutte le forze politiche di opposizione.

La proposta di legge che siamo chiamati a discutere oggi è il primo, forse l'unico, intervento legislativo che approda in Aula dopo che la costante proposizione da parte del Governo di decreti di urgenza ci ha esautorati del tutto dal potere legislativo.

La proposta di legge della maggioranza, sebbene risultante incompleta, sembrava, quantomeno, partire da alcune premesse condivisibili. Infatti, l'individuazione della fascia di età alla quale i sostegni sarebbero andati era coerente con i dati di lettura macroscopica del tessuto sociale italiano, così come lo era l'individuazione della finalità per cui i finanziamenti sarebbero stati erogati.

La proposta di legge, inoltre, richiamava opportunamente la necessità di evitare contrasti con la legge europea sul rispetto della concorrenza, richiamo di essenziale importanza, viste le svariate condanne europee relative alla frequente e inopportuna elusione della normativa in questione. Anche l'iniziale previsione dello stanziamento di un fondo da 100 milioni, seppure ancora insufficiente, poteva considerarsi coerente con la situazione finanziaria italiana. Ma ci si era illusi, signor Presidente, che si potesse addivenire a una legge condivisa, ci eravamo sbagliati, perché il Governo, come sempre, ci ha bruscamente svegliati.

Come dicevo, la proposta di legge era strutturata sul presupposto che ne sarebbe derivato lo stanziamento di un fondo di 100 milioni di euro, cifra già di per sé non bastevole a far fronte all'esigenza di sviluppo dell'imprenditoria agricola giovanile ma che comunque avrebbe rappresentato un ammontare accettabile che, se ben utilizzato, sarebbe potuto essere, se non una chiave di svolta del settore, quantomeno un interessante punto di partenza a favore dell'imprenditoria agricola giovanile. Tale fondo però è stato arbitrariamente ridotto, passando dagli appena citati 100 milioni annui agli attuali 15 milioni di euro, cifra già di per sé ridicola ma ancor di più se rapportata a quella inizialmente immaginata e all'effettivo e reale bisogno. Ma non finisce qui perché gli obiettivi che i colleghi di maggioranza vorrebbero realizzare con soli 15 milioni di euro sono, nell'ordine, l'acquisto di beni e strutture necessarie per l'avvio dell'attività, l'acquisto di beni strumentali, l'ampliamento dell'attività minima produttiva e l'acquisto, addirittura, di complessi aziendali già operativi. A questo punto, mi corre l'obbligo di chiedere alle forze di maggioranza come concretamente ritengano di poter riuscire a realizzare anche soltanto uno di questi ambiziosi obiettivi, potendo contare soltanto su un fondo di 15 milioni di euro. Anche agli occhi più inesperti che sappiano esercitare un minimo di logica è oltremodo evidente che si tratta di una carta straccia e di una mera presa in giro per i tanti giovani agricoltori che aspettavano questa legge come una grande opportunità che, purtroppo, è stata a loro sottratta. Sapete, ho riflettuto in merito all'enorme quantità di riforme del tutto miopi rispetto alla situazione dei giovani, o addirittura apertamente deleterie riguardo alle loro necessità, e su talune dichiarazioni di forze di maggioranza che, in maniera più o meno palese, sembrano accusare i nostri ragazzi di essere troppo scansafatiche, di non la avere volontà di lavorare e di non essere abbastanza coraggiosi da investire. Queste dichiarazioni, in realtà, non fanno che nascondere un sottotesto che lascia trapelare un'idea secondo la quale i nostri ragazzi, per dimostrare la voglia di lavorare, dovrebbero consentire a farsi sfruttare e sottopagare. In conseguenza di questo, se fossi una malpensante, potrei pensare che questa manovra, come vero obiettivo, voglia far dimenticare tutte queste sbagliate e malfatte scelte politiche, tentando di ingannare i giovani italiani con una riforma che, a un occhio non attento, vorrebbe apparire come a loro favore. Con i soliti metodi propagandistici, quindi, per deviare dalle reali intenzioni di questa maggioranza, si decide di sottoporre all'attenzione della Commissione una proposta di legge di tutto rispetto, salvo poi stravolgerla, riducendo, fino quasi ad annullarli, i fondi necessari alla sua attuazione e apportando una serie di altre modifiche dalla discutibilissima portata innovatrice.

C'è una seconda modifica, comunque, che salta alla mia attenzione in modo particolarmente sgradevole. Nel testo originario era prevista, infatti, l'individuazione delle modalità e dei criteri per la ripartizione delle risorse attraverso un processo di concertazione tra Stato, regioni e province autonome in esito al quale dare vita a un decreto ministeriale, previsione, questa, che ritenevo a sua volta importantissima in ragione del fatto che l'agricoltura è un'attività che vanta uno strettissimo legame con i territori, di cui è sostanzialmente la specificazione, e sembrerebbe quantomeno opportuno valutare le reali necessità verso le quali dirottare i fondi con chi i territori li vive giornalmente. Anche questa previsione è stata abrogata dalle proposte emendative delle forze di maggioranza. Di ciò purtroppo non sono particolarmente stupita, considerata la tendenziale assenza di volontà da parte dei Ministri del Governo Meloni di dialogare con gli enti territoriali. Ovviamente, il potere in oggetto rimane adesso del tutto affidato all'arbitraria e inappellabile decisione dei Ministri Lollobrigida e Giorgetti, così come a loro rimarranno affidate - perlomeno me lo auguro - le conseguenze politiche di come questi fondi verranno utilizzati. Non mi capacito di come questi errori, correttamente evitati durante la stesura del testo originale, siano stati poi scientificamente inseriti dalle forze di maggioranza in sede emendativa. Non vorrei pensare che si tratta della dimostrazione dell'ennesima scaramuccia interna tra le forze di Governo, anche se chissà…

Come dicevo all'inizio, comunque, fin da subito è stata evidente l'assenza di alcune disposizioni essenziali, che avrebbero potuto imprimere una fortissima portata innovativa a una proposta di legge diretta ai nostri giovani. Prima di introdurre questa seconda parte del tema, considerato il tempo a disposizione, e con il vostro permesso, vorrei fare anche un'altra premessa. La prima premessa è che l'Italia ha aderito, con il voto contrario di Fratelli d'Italia, alla strategia europea Farm to fork, una strategia lungimirante e progressista che si inserisce in un contesto generale di transizione green e tecnologica del settore agroalimentare e che però, essendo direttamente applicabile, avrebbe dovuto vedere un recepimento con una specifica normativa interna degli Stati membri. In ragione di ciò, avevo sottoposto alla vostra attenzione un ordine del giorno in merito alla necessità di implementare in tempi celeri la strategia in oggetto. Tale ordine del giorno - lo rammento a tutti noi - ha ricevuto parere positivo del Governo e voto favorevole da parte di tutte le forze politiche, sia della maggioranza sia dell'opposizione. La strategia comunque vanta alcuni interessantissimi obiettivi di fondo, da realizzare attraverso l'implementazione di 27 azioni che incidono su tutti gli aspetti dei processi produttivi, che vanno dalla produzione alla manipolazione, fino alla vendita, all'acquisto e all'eventuale spreco dei prodotti agroalimentari europei. Per fare questo, la Commissione europea si pone l'obiettivo di intervenire su moltissimi temi, tutti di essenziale importanza e molti dei quali presenti anche nei programmi dell'attuale compagine di Governo, dal dimezzamento dei pesticidi chimici, oggi utilizzati, alla creazione di un mercato tendente alla salubrità generale dei prodotti in esso presenti fino alla tutela potenziata della denominazione dei prodotti di dominio e alla sicurezza alimentare. Mi è capitato, non troppo tempo fa, di fare un intervento in merito, in cui riferivo una mia preoccupazione relativa all'attuazione di questa strategia, a motivo della complessità di azioni da attuare a cura delle imprese agricole attualmente esistenti per il raggiungimento di tali obiettivi, complessità direttamente connesse ai fondi necessari alla transizione, non sempre nella disponibilità delle imprese, e alla difficoltà per le imprese stesse di modificare taluni approcci produttivi che hanno seguito per anni, con notevole successo. Si tratta di difficoltà più che comprensibili che, però, ci richiamano alla necessità di invogliare le nuove imprese agricole a partire da giusti presupposti, implementando sin da subito tecniche produttive sostenibili e tecnologicamente avanzate, in modo da garantire, con il tempo, il naturale ricambio generazionale che possa loro consentire il raggiungimento degli obiettivi previsti, senza rimanere tagliate completamente fuori dal mercato. Allora, quale migliore occasione di questa per strutturare dei veri incentivi al perseguimento di questa essenziale strategia? Questa, infatti, era l'occasione perfetta per consentire alla filiera un avanzamento senza precedenti e soprattutto dare sempre un'opportunità ai nostri giovani agricoltori. Tuttavia, stiamo di nuovo discutendo dell'ennesima, ottima occasione deliberatamente sprecata da una visione miope delle forze di maggioranza, un'occasione della quale voi stessi avete riconosciuto l'estrema e fondamentale importanza, tanto da votare favorevolmente il mio ordine del giorno.

Un'altra questione che mi preme ricordare riguarda le agroenergie. Anche di questo avevo parlato durante un intervento parlamentare a seguito di un ordine del giorno da me presentato e, ancora una volta, con il parere favorevole del Governo, l'Aula decise di votare a favore. Sono andata a riprendere quell'intervento che riassumerò qui, per riproporlo brevissimamente alla mia memoria e a quella dei colleghi. Come ricordavo in quell'occasione, le agroenergie sono, secondo il CREA, la potenziale maggiore fonte d'energia del nostro Paese. Il termine indica la possibilità di creazione di energia al 100 per cento sostenibile, attraverso l'utilizzo degli scarti del settore. Avevo riferito che questa opportunità poteva costituire un'importantissima occasione per due ragioni: si sarebbe potuto contribuire alla sicurezza energetica del Paese e si sarebbe potuto consentire alle imprese agricole di ottenere reddito aggiuntivo. Anche in quell'occasione, prendendo atto delle difficoltà economiche e informative alle quali le imprese sarebbero state sottoposte, avevo chiesto al Governo di implementare gli incentivi economici per la realizzazione di impianti di questo genere o, comunque, di predisporre per lo meno una massiccia campagna informativa diretta alle suddette imprese circa la possibilità di procedere con investimenti in questo senso. Con il mio intervento ricordai, inoltre, che sarebbe potuto essere difficoltoso convincere le imprese già esistenti a una rivoluzione così massiccia dei metodi produttivi. È proprio per queste ragioni che un disegno di legge sull'imprenditoria giovanile si sarebbe potuta rivelare come il mezzo perfetto per raggiungere l'obiettivo prefissato da quel famoso ordine del giorno.

Ahimè, si tratta soltanto di un'ulteriore occasione sprecata. Io, invece, non sprecherò questa occasione che mi servite su un piatto d'argento per dimostrare che è falso ciò che dite sul metodo utilizzato in Parlamento dalle forze di opposizione. Infatti, al contrario delle vostre strampalate dichiarazioni, vi ho appena dimostrato che quella del Partito Democratico non è mai stata un'opposizione solo ideologica, ma su contenuti e su temi; contenuti e temi che voi stessi in più di un'occasione avete ritenuto validi e che, però, vi siete rifiutati di implementare.

Ma la verità è una e molto semplice: per intervenire in modo incisivo su un settore bisogna prima di tutto avere la contezza dei meccanismi che lo regolano, contezza che evidentemente manca del tutto alle forze di maggioranza e ancora di più al Ministro competente, che, chiamato da questa proposta di legge a individuare, come dicevo prima, i criteri per la ripartizione delle risorse, dimostra, con le sue dichiarazioni, di non avere la benché minima idea persino dei prezzi del settore.

Mi riferisco, ovviamente, alle dichiarazioni del Ministro Lollobrigida. Quest'ultimo durante il meeting di Rimini aveva dichiarato, infatti, che i cittadini italiani che vivono al di sotto della soglia di povertà mangerebbero prodotti di qualità migliore rispetto ai ricchi, salvo, poi, essere stato smentito dalla NADEF del suo stesso Governo, in cui il Ministro dell'Economia e delle finanze, che, per inciso, è il Ministro che concorrerebbe con lui all'individuazione dei criteri per l'erogazione dei fondi, analizzando gli ultimi dati Istat disponibili, mette nero su bianco l'assunto secondo cui l'aumento dei prezzi spinge le fasce più povere della popolazione ad acquistare prodotti di qualità inferiore, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini sia di stile di vita che, soprattutto, di salute.

Adesso viene spontaneo chiedersi: cosa succederà affidando la ripartizione dei fondi a un Ministro che si cimenta in dichiarazioni così sbagliate, illogiche e - mi verrebbe da dire - fuori da ogni grazia di Dio? O, forse, dovrei chiedermi cosa succederà affidandola a due Ministri che si smentiscono vicendevolmente in un documento essenziale come la NADEF, oltre ad essere in aperto ed evidente contrasto ideologico sui principi regolatori del settore? Presidente, mi rivolgo a lei: il tema è molto delicato.

Sono madre di due ragazzi giovani e mi trovo costantemente a confrontarmi con i miei figli o con i loro amici. La loro sensazione di essere abbandonati giorno dopo giorno è una delle componenti che maggiormente hanno concorso alla volontà e alla dedizione che ho avuto nel voler essere qui oggi. Il mio obiettivo principale, infatti, era riuscire a far cambiare loro idea, dimostrare loro che la politica si ricorda di loro e non solo per ragioni elettorali o propagandistiche, ma perché riconosce i torti che hanno subito e che subiscono e perché, in fondo, è vero che qui siamo in grande maggioranza adulti, ma è anche vero che molti di noi hanno dentro le proprie case le testimonianze di quanto questa Italia sia poco rispondente alle loro esigenze.

Questa è anche la ragione principale per cui, come vi dicevo all'inizio, in un primo momento abbiamo valutato, come gruppo, di dare voto favorevole alla proposta di legge originaria. Ma voi, colleghi di maggioranza, avete voluto utilizzare ancora una volta i vostri discutibili giochetti e stravolgere il senso del provvedimento originario, calpestando le prerogative del Parlamento con scopi tipici ed esclusivi di tutta la vostra azione politica, cioè quelli di propagandare una presunta competenza che voi stessi sapete di non avere, sventolando davanti agli occhi dei cittadini l'erogazione di fondi che in partenza sapete di non voler erogare; e il tutto a danno, sempre e comunque, delle fasce sociali più svantaggiate.

Per tutte queste ragioni io e il Partito Democratico non possiamo che votare sfavorevolmente, questa volta, però, con in bocca un sapore ancora più amaro delle altre volte.

Colleghi, avete provato a prenderci in giro e non l'avete fatto soltanto con noi: lo fate ogni qualvolta siete ospiti in TV, in ogni intervento parlamentare, in ogni conferenza stampa, con tutti i cittadini e persino con i vostri stessi elettori. Da sempre avete parlato e parlate per slogan, salvo poi, una volta al Governo, fingere il raggiungimento di obiettivi puntualmente smentiti dai fatti, alle volte persino dagli stessi organi interni del Governo. Per quanto tempo credete di poter andare avanti così? Davvero siete convinti che i vostri elettori non se ne accorgeranno mai? Sul serio pensate che depositare proposte di legge altisonanti e bellissime nasconderà il fatto che siete poi voi stessi a emendarle nel senso opposto a quello per cui sono state presentate? Io non so se questa vostra strategia si rivelerà ancora vincente con gli elettori, ma vi dico qui oggi che lo state facendo in barba al Parlamento e ai vostri stessi parlamentari, costretti a chinare ogni volta la testa di fronte alle angherie dal Governo, e qui voglio ringraziare tutta la Commissione e il presidente.

Se questa è la strategia elettorale della quale voi stessi andate fieri, vi lasciamo l'onere di continuare a portarla avanti, perché a noi non appartiene questa cultura, sia che ricopriamo un ruolo di opposizione sia che siamo forza di Governo. Riflettete su ciò che avete fatto con questo provvedimento, non tanto a noi ma a tutti coloro i quali aspettavano di poter costruire un futuro per le loro famiglie e per i loro figli; voi glielo avete distrutto. Noi potremmo continuare a guardarci allo specchio, non so voi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole La Salandra. Ne ha facoltà.

GIANDONATO LA SALANDRA (FDI). Presidente, Governo, onorevoli colleghi, faccio una piccolissima premessa, anche ascoltando l'intervento della collega della minoranza, che mi sembra abbia limitato il suo intervento esclusivamente a fare opposizione. Esiste una verità assoluta nel contesto normativo che ha impegnato questo Parlamento soprattutto nel settore dell'agricoltura ed è che gli ultimi Governi sono intervenuti su questa materia con interventi a puzzle, molte volte disordinati e ancora più volte disorganici tra di loro.

Esiste, poi, una seconda verità, cioè che sul tema dell'imprenditoria giovanile agricola non c'è mai stato un provvedimento normativo organico e organizzato. Passare da 0 a 15 milioni mi sembra che sia - quanto meno non in termini ideologici ma in termini ideali - avere consapevolezza di che cosa significa essere agricoltore e fare l'agricoltore.

Vedete, io sono, in questa legge, un soggetto di parte, ma non semplicemente perché mi trovo alla sua destra, Presidente; sono un soggetto di parte perché la mia famiglia viene dal mondo agricolo e chiunque è agricoltore e fa l'agricoltore ha la piena consapevolezza che - a prescindere da ciò che Dio vuole, visto che siamo tutti quanti nella grazia di Dio e gli agricoltori, mi creda, più di tutti sono nella grazia di Dio, perché qualcuno dovrebbe ricordarsi che il primo uomo fu un agricoltore e che, con ogni probabilità, anche l'ultimo uomo sulla Terra sarà un agricoltore, a prescindere dalle varie intelligenze artificiali che caratterizzano il mondo dell'impresa - ogni agricoltore si impegna a migliorare se stesso in ogni campagna agraria. Questa proposta di legge è particolare, perché non nasce semplicemente dalle audizioni svolte all'interno di un palazzo, all'interno della Commissione, ma nasce dalla costante e piena consapevolezza di quello che il mondo agricolo ha sempre lamentato nei confronti della politica.

Io mi ero preparato un intervento, ma cercherò di essere quanto più attaccato alla legge, perché noi dovremmo discutere oggi, come in altre occasioni, non di quello che non è ma di quello che è. Dovremmo discutere di quello che è scritto e non di quello che non è scritto.

Questa è una legge che porta nel Parlamento tante storie vere. Questa è una legge che traduce in norme le storie che hanno caratterizzato questo Paese e molte volte si tratta di storie di provincia che oggettivamente mai sono entrate nel corpo parlamentare.

Dico questo perché, se è vero che l'Italia è una superpotenza mondiale della qualità dell'agricoltura, è anche vero che, se ci fermiamo in un minimo esercizio di memoria, per lo meno per chi ha cognizione di causa relativa alla materia, dovremmo ammettere, con onestà, che l'ultimo piano organico dell'agricoltura risale alla famosa legge Quadrifoglio, alla n. 984 del 1977. Questa legge, parlando di imprenditoria giovanile agricola, è la prima legge organica, dal 1977 a oggi.

Visto che dobbiamo confrontarci con il Paese reale, le audizioni delle associazioni di categoria ci dicono che il ritorno alla terra è una scelta sostenuta dall'UE e questo è evidente semplicemente guardando la quantità dei fondi che vengono stanziati proprio a favore dei giovani agricoltori.

Il settimo censimento generale dell'agricoltura Istat - proviamo sempre ad oggettivizzare il mondo dell'agricoltura - ci dice che, a fine settembre del 2022, sarebbero 20.000 i laureati con meno di 40 anni a capo di un'azienda agricola; molte di più - ben oltre 52.000 - sono le aziende guidate da under 40, anche non laureati. Tuttavia, le aziende agricole giovani in Italia sono ancora troppo poche e queste impegnano circa il 13 per cento del comparto e quasi 60.000 aziende - 60.000 - sono proprio al Sud, come leggiamo su Il Sole 24 Ore, che ci dice che queste aziende giovanili sono quelle che hanno lavorato di più in innovazione; sono aziende funzionali al sistema agricolo e sono aziende che hanno saputo digitalizzare l'agricoltura.

Io credo che questa proposta di legge si collochi compiutamente in quelle che furono le discussioni del Presidente Meloni all'atto del suo insediamento, perché si attribuisce centralità all'agricoltura - e la maggioranza di Governo questo ha fatto e in questa legge è ancora evidente - tanto che questa proposta di legge coniuga due elementi fondamentali: la centralità dell'agricoltura e la centralità dei giovani nell'agricoltura. Dico questo perché questa proposta di legge consente in maniera reale di ritornare a comprendere le nostre radici, perché dalle mie parti veniva detto che le radici profonde non gelano mai. E lo dico senza alcuna nostalgia perché, quando parliamo di imprenditoria giovanile agricola, l'unica nostalgia che si cristallizza è quella per il futuro. L'ANGA, l'Associazione nazionale dei giovani agricoltori, nel marzo 2019, affermava che serve un nuovo paradigma per l'impresa agricola, perché il passaggio generazionale nel settore agricolo è uno dei momenti cruciali perché spesso le agevolazioni per l'acquisto dei terreni sono ancora poche, se paragonate a quelle degli altri Paesi europei.

Questa proposta di legge interviene in maniera sistematica proprio per colmare - e lo dirò meglio successivamente - alcune lacune che provengono da alcune regioni che, non a caso, sono amministrate dal centrosinistra. E' un provvedimento che parla, ad esempio, di Giorgio, un ragazzo che veniva da un paesino della Campania e che, trasferitosi in provincia di Foggia, in un fazzoletto di terra chiamato giardinetto, riceve dal padre le mucche: la mattina andava alla stalla, poi andava a scuola, poi tornava dalla scuola e andava di nuovo alla stalla, quindi studiava e poi ritornava alla stalla. Ad un certo punto, Giorgio, maggiorenne, vende le vacche e con quei soldi acquista altre terre e trasforma se stesso da allevatore in agricoltore. Nel 1982 Giorgio si rende conto che, con la coltivazione del pomodoro, incontra grosse difficoltà, soprattutto nella commercializzazione e nell'affrontare il mercato, e scopre nel sistema cooperativo che quella poteva essere una risposta. L'unica volontà che aveva Giorgio era quella di fare impresa agricola in forma dinamica. Stiamo parlando di una cooperativa che nasce nel 1982 in provincia di Foggia e che quest'anno ha compiuto oltre quarant'anni ed è una cooperativa che è leader nel settore agricolo, soprattutto nell'esportazione.

Si tratta di un provvedimento che, come dicevo, traduce in atti normativi delle realtà ed è evidente dall'articolo 1 che risponde alle esigenze dei giovani agricoltori e ci dice che questa legge è finalizzata proprio alla promozione e al sostegno dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo e al rilancio del sistema produttivo agricolo, attraverso interventi volti a favorire l'insediamento e la permanenza dei giovani e il ricambio generazionale. Io ho avuto modo di confrontarmi con alcuni operatori del settore e ho detto che questa è una legge che si caratterizza per cuore, cervello e competenza perché, quando l'articolo 1 chiarisce le finalità della legge, questa traduce in norma ordinamentale quello che i giovani agricoltori avevano evidenziato, come dicevo prima, già nel marzo 2019.

L'articolo 2 poi chiarisce che cos'è l'impresa giovanile agricola che si intende quella costituita in qualsiasi forma che esercita, esclusivamente - e ribadisco esclusivamente -, attività agricola secondo specifici limiti: un'età compresa tra 18 e 41 anni per le società di persone e società cooperative, di cui almeno la metà dei soci sia costituita da imprenditori agricoli, secondo lo specifico limite d'età, e nel caso di società di capitali, in cui almeno la metà del capitale sociale sia sottoscritta da imprenditori agricoli di età compresa tra 18 e 41 anni. Presidente, società di capitali, perché chi vive l'agricoltura ha la piena consapevolezza che l'agricoltore non è più il Renato Pozzetto con la paglietta in testa, la spiga di grano tra i denti che va a vedere il treno quando finisce i campi. Esiste però una verità per cui molte volte l'impresa agricola giovanile è più una materia di diritto successorio e, nella realtà dei fatti, un'impresa agricola, quella dei giovani, è comunque un'impresa agricola nuova, finanche per le sue dimensioni aziendali.

Se noi andiamo a prendere i dati - cioè il Paese reale, non quello ideale - verificheremo che la SAU, la superficie agricola utilizzata, delle imprese giovanili agricole ha una media di 16 ettari, contro una media di 8 ettari rispetto a quella degli over. Dico questo perché molte volte l'imprenditoria giovanile agricola si caratterizza per un sistema di investimenti, per piani di investimenti molto più avanzati rispetto a quelli del passato. Dico questo perché sarà felice il mio amico Antonio che ha 34 anni e ha trasformato, ha scelto di cambiare la produzione dei genitori, rinunciando alle quantità della produzione e lavorando sulla qualità delle produzioni, lavorando sul biologico, sul biodinamico e sull'innovazione tecnologica per quanto riguarda l'agricoltura.

Io ritengo che questa sia una proposta di legge - ed è evidente anche dal dossier e un doveroso ringraziamento va anche agli Uffici - che raccoglie appieno lo spirito europeo in tema di agricoltura perché, fino ad oggi, piaccia o non piaccia a qualcuno, non c'è mai stata (e lo ribadisco) una normativa che abbia de facto raccolto lo spirito comunitario in tema di agricoltura. Faccio un esempio perché la regione Puglia sul sistema dei PSR è quella che dal 2015, in termini edulcorati, vive notevoli difficoltà. Questa è una prima legge che raccoglie, esattamente, quello che dicevano i giovani agricoltori, i quali, nel parlare del primo insediamento, hanno sempre sostenuto la bontà di questo provvedimento normativo, ma molte volte questo provvedimento era affidato proprio alle incapacità delle regioni (di alcune regioni ed io faccio l'esempio della regione Puglia perché è quella che conosco maggiormente). E noi oggi facciamo un provvedimento normativo che, secondo le competenze dello Stato, prevede espressamente il tema del primo insediamento.

Questo è evidente dall'articolo 3 che istituisce un fondo per favorire il primo insediamento dei giovani in agricoltura proprio per il perseguimento delle finalità della legge, perché avere buone finalità, con norme che non intervengono, rende, sì in quel caso, una legge monca, ma in questo caso questa legge la ritengo estremamente completa.

Si tratta di un fondo, come è scritto (non come lo si vuole leggere), volto al cofinanziamento di programmi predisposti dalle regioni e dalle province autonome per favorire il primo insediamento dei giovani nel settore agricolo e questo nel massimo e pieno rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato, con un'indicazione chiara ed incontrovertibile degli interventi finanziabili in via prioritaria. Una volta avrei detto che c'era un pensiero legato all'impresa agricola giovanile. Io ritengo che oggi abbiamo un'azione legata all'imprenditoria giovanile agricola.

Presidente, mi avvio alla conclusione, ma prima desidero citare un'altra disposizione importante: l'articolo 10. Come dicevo, io sono figlio di agricoltori e a casa mia si diceva: la casa finché ti copre, le terre finché si vede. Dico questo perché l'articolo 10 reca delle specifiche disposizioni in materia di prelazione - una norma, quindi, che tutela la proprietà agraria - nel caso di più confinanti, applicando criteri preferenziali proprio per gli IAP, gli imprenditori agricoli professionali, di età compresa tra i 18 e i 41 anni, in possesso di specifiche conoscenze, nel rispetto del regolamento CE n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale.

Del provvedimento in esame mi piace citare anche l'articolo 15 perché, per la prima volta, attraverso tale articolo, l'agricoltura, il mondo dell'impresa agricola giovanile entra a tutti gli effetti nel “Palazzo” e questo si realizza attraverso l'Osservatorio nazionale per l'imprenditoria e il lavoro giovanile in agricoltura dove il MASAF, l'Ismea e il CREA si confrontano con le organizzazioni dei datori di lavoro, con i lavoratori del settore agricolo, con l'associazione dei giovani operanti nei settori agricolo e agroalimentare.

Concludo Presidente, io resto convinto che noi siamo un Paese che ha bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il pane e che ama gli alberi e riconosce il vento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Approfittiamo per salutare il gruppo Alpini del quartiere Indipendenza di Verona, che sono qui a seguire i nostri lavori dalle tribune (Applausi). Benvenuti.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 752-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, se lo desidera, il relatore, no. Ha facoltà di replicare, se vuole, il rappresentante del Governo, no.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Polidori ed altri n. 1-00204 concernente iniziative per la prevenzione e la cura del tumore al seno.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Polidori ed altri n. 1-00204 concernente iniziative per la prevenzione e la cura del tumore al seno (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto della seduta del 26 ottobre 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 26 ottobre 2023).

Avverto che è stata presentata la mozione Di Biase ed altri n. 1-00209 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritta a parlare la deputata Catia Polidori, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00204. Ne ha facoltà.

CATIA POLIDORI (FI-PPE). Grazie, Presidente, la ringrazio non solo per la parola, ma per avere aiutato, per aver voluto questa mozione benché ci sia stata un po' una rincorsa sui tempi.

Voglio ricordare innanzitutto che il cosiddetto Ottobre rosa, dal 1992 è il mese della sensibilizzazione sul cancro al seno, durante il quale vengono promosse azioni per informare e sensibilizzare un sempre maggior numero di donne sull'importanza della prevenzione del cancro al seno e della diagnosi precoce. Dal 1° al 31 ottobre, operatori sanitari, istituzioni, organizzazioni di volontariato e associazioni in tutto il mondo organizzano eventi ed iniziative per sottolineare l'importanza dello screening per la diagnosi precoce dei tumori al seno, così da identificare la malattia nei primi stadi del suo sviluppo e a rendere un eventuale trattamento più efficace. Anche il fiocchetto rosa, che io porto, né è un simbolo e mi è stato prestato dai colleghi del Partito Popolare Europeo al Parlamento europeo.

In Italia il cancro al seno rappresenta il 30 per cento dei tumori che colpiscono le donne, con circa 60.000 nuovi casi l'anno, ma, grazie alla ricerca sulle terapie e nuove tecnologie diagnostiche che permettono innovatività e specificità degli interventi terapeutici e alla possibilità di intervenire in fase iniziale grazie alla maggior sensibilità acquisita dalle donne in merito all'importanza della prevenzione, la guaribilità raggiunta è l'85 per cento dei casi. Il calo della mortalità è attribuibile alla ricerca e alla migliore conoscenza della biologia dei tumori al seno, che permettono maggiore velocità e precisione della diagnosi, oltre alla maggiore diffusione dei programmi di diagnosi precoce. Ciononostante, il cancro al seno è la prima causa di morte nelle diverse età della vita, rappresentando il 28 per cento delle cause di morte oncologica prima dei cinquant'anni, il 21 per cento tra i 50 e i 69 anni e il 14 per cento dopo i 70 anni. La mortalità, che supera i 12.000 decessi l'anno, si sta riducendo per tutte le classi di età, soprattutto nelle donne con meno di 50 anni. Anche a livello europeo il cancro al seno attualmente è quello più comunemente diagnosticato nelle donne e la principale causa di morte correlata al cancro, con circa 530.000 nuovi casi e 140.000 decessi all'anno. Tuttavia, la situazione varia notevolmente da un Paese europeo all'altro: l'Europa settentrionale e occidentale presenta un tasso molto più elevato, rispetto all'Europa meridionale e orientale, di incidenza, ma la situazione si capovolge per quanto riguarda la mortalità che è significativamente inferiore nell'Europa settentrionale e occidentale rispetto all'Europa meridionale e orientale. Praticamente, ciò che guadagniamo con uno stile di vita ben condotto lo perdiamo poi nei tempi di diagnosi e di screening.

Secondo il Global cancer observatory - l'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità - se non si adottano interventi specifici entro il 2040 il numero di nuovi casi di cancro al seno a livello mondiale aumenterà ogni anno da circa 530.000 a 570.000. Allo stesso modo, seguirà lo stesso trend il numero di decessi annuali per cancro al seno che da circa 140.000 arriveranno a circa 160.000 entro il 2040. Sono numeri davvero preoccupanti, questo nello specifico europeo.

Si prevede che l'incidenza e la mortalità del cancro al seno diminuiranno nelle donne di età inferiore ai 70 anni ma, se non verranno adottate ulteriori misure specifiche per le donne anziane, l'incidenza e la mortalità del cancro al seno aumenteranno significativamente nelle donne di età superiore ai 70 anni; le donne sopra i 50 anni di età infatti hanno un maggior rischio di sviluppare un tumore mammario in quanto l'età è uno dei fattori di rischio non modificabili anche se oggi le diagnosi di cancro al seno riguardano donne sempre più giovani, il che comporta la necessità di sensibilizzare le ragazze ad eseguire controlli non invasivi, quali l'ecografia mammaria, per individuare, già a partire da 25 anni, eventuali anomalie. Nelle donne anziane il tumore al seno viene diagnosticato in una fase successiva in cui la malattia ha raggiunto purtroppo stadi già più difficili da curare.

Nelle donne più anziane il tumore si presenta con modalità diverse: in un contesto fisico di sistema immunitario più debole spesso i tumori sono più grandi e coinvolgono i linfonodi ascellari e comportano un maggior rischio di mortalità. A ciò si aggiunge che, a volte, in sede di esame il tumore non viene diagnosticato per la difficoltà che comporta la struttura di un seno anziano, oltre ad essere diffusa la convinzione che il cancro al seno nelle donne anziane non sia pericoloso, mentre in realtà questo tende a progredire più facilmente ed è quindi necessario diagnosticarlo nella fase iniziale.

Nelle giovani il cancro al seno si presenta in forme più aggressive: secondo l'American cancer society il tasso di carcinoma mammario è aumentato del 3 per cento ogni anno dal 2000 al 2019 per le donne con meno di 40 anni; si parla, addirittura, che una donna su otto abbia il cancro al seno. Le giovani donne colpite dal tumore al seno hanno inoltre maggiori probabilità di ammalarsi di forme tumorali aggressive e in fase avanzata, un maggior rischio di recidiva e tutto ciò si accompagna spesso ad un disagio emotivo maggiore rispetto alle più anziane con forti ripercussioni su lavoro e famiglia e possibili influenze sulla fertilità derivanti da alcune terapie. La prevenzione primaria si propone la riduzione dell'incidenza dei tumori intervenendo sulla conoscenza e la rimozione delle cause determinanti; in materia, la ricerca sta cercando di individuare modalità per l'identificazione di gruppi di donne a più alto rischio e con più probabilità di sviluppare il tumore. Gli sforzi della ricerca dovrebbero essere canalizzati e concentrati sull'individuazione dei fattori di rischio e sulla prevenzione primaria, in quanto alcuni fattori di rischio possono essere rimossi, riducendo così in misura considerevole il rischio di sviluppare un tumore mammario.

Per quanto riguarda i fattori di rischio, alcuni non sono modificabili ma su alcuni è possibile intervenire riducendo in misura considerevole il rischio di sviluppare un tumore mammario: ci sono fattori di rischio ereditari e familiari, alcuni sono di natura ormonale e sono legati al ciclo mestruale (menarca precoce e menopausa tardiva), ma altri fattori, è ormai noto, sono legati allo stile di vita; incidono sul rischio di tumore l'obesità e il consumo di alcol, l'inattività fisica, un ridotto consumo di frutta e verdura e, in misura minore, il fumo. Accanto a questi fattori si pongono l'impatto di sostanze inquinanti, dei pesticidi e di cattive abitudini alimentari. Mi ha stupito come in Francia qualsiasi trasmissione si stia guardando c'è un sottotitolo che passa, una coda continua, che raccomanda le 5 porzioni di frutta al giorno e il movimento fisico.

La prevenzione secondaria si propone la riduzione della mortalità e l'aumento della sopravvivenza attraverso la diagnosi precoce, in quanto intervenire nella fase iniziale dello sviluppo del tumore permette di intervenire chirurgicamente con terapie meno invasive e aggressive, oltre a rendere maggiori le possibilità di guarigione.

L'atto chirurgico assume un'importanza fondamentale e costituisce l'atto terapeutico determinante, cui si affiancano terapie mediche sistemiche finalizzate ad aumentare le chance di sopravvivenza e guarigione e una migliore qualità della vita della donna. I costi socioeconomici del tumore rischiano di esplodere, se non si potenzia la prevenzione e non si organizza la spesa investendo sul bisogno di prevenzione e diagnosi precoce non ancora soddisfatto. Quello del cancro al seno è un problema che rischia di incidere fortemente sulla sanità pubblica, considerando che l'aspettativa di vita aumenterà nei prossimi decenni e, quindi, è fondamentale prevedere misure specifiche. La prevenzione dei tumori della mammella deve diventare prioritaria nell'agenda politica sanitaria, per contenere l'insorgere della malattia e ridurre il tasso di mortalità, e dev'essere incentivata come prevenzione sia primaria sia secondaria. Assumono rilevanza, in tal senso, anche le campagne di sensibilizzazione per modificare abitudini di vita errate e iniziative per promuovere una corretta educazione alimentare, che possono avere ricadute positive per la prevenzione dei tumori e per la salute in generale, con risultati di portata superiore a quelli ipotizzabili esclusivamente con interventi medicalizzati costosi e con conseguenze a lunga distanza ancora non ben valutabili. Intervenire sugli stili di vita, però, non basta ed è fondamentale sostenere e promuovere gli screening di senologia diagnostica. La mammografia può essere usata per lo screening e in Italia è raccomandata e offerta gratuitamente alle donne nella fascia di età tra i 50 e i 69 anni con frequenza biennale.

Per quanto già evidenziato precedentemente, alcune regioni, su indicazione del Ministero della Salute, stanno estendendo lo screening alle donne tra i 45 e i 49 anni, con un intervallo annuale, e alle donne tra i 70 e i 74 anni, con un intervallo biennale. A tutto quanto già espresso si aggiunge l'importanza dell'assistenza e del sostegno alle donne nel corso della malattia, nel periodo del follow up e successivamente. La qualità della vita della donna operata al seno è un fine che bisogna perseguire, sottolineando il valore della femminilità che si raggiunge mediante l'utilizzo di protesi, oggi anche meno invasive in quanto predisposte con materiali meno nocivi per la salute della donna.

L'11 ottobre 2022, il gruppo Women@PACE, di cui io faccio parte, costituito dal Segretario generale dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa nel 2022, in occasione della Giornata internazionale della donna, nell'ambito della campagna di sensibilizzazione sul cancro al seno, ha organizzato un dibattito in merito agli ostacoli nell'individuazione e nel trattamento del cancro al seno. Nello specifico, l'incontro ha sviluppato il tema delle numerose ricerche che si stanno conducendo, volte ad individuare la correlazione tra l'ambiente e lo sviluppo del cancro al seno. Il dibattito ha preso il via dalla premessa che la nozione di ambiente non è univoca, presenta aspetti di complessità e comprende diversi fattori di rischio, come gli stili di vita e i comportamenti, ad esempio attività fisica, sedentarietà, sovrappeso, influenze culturali e sociali, consumi di alcol, fumo, cure ormonali, vita riproduttiva, età della prima gravidanza, numero di figli, allattamento, gravidanze tardive, senza dimenticare gli agenti chimici, come pesticidi, inquinanti industriali e metalli.

Nel corso delle iniziative di sensibilizzazione adottate durante il cosiddetto mese rosa, è stato distribuito, tra l'altro, materiale informativo e illustrativo, organizzato dalla delegazione parlamentare del Consiglio d'Europa, volto, da un lato, a ridurre i fattori di rischio e, dall'altro, a fornire un'adeguata conoscenza affinché ogni donna possa acquisire quel minimo di conoscenza adeguata ad effettuare in autonomia una corretta autopalpazione con l'auto esame mensile, che costituisce una pratica fondamentale per conoscere meglio il proprio corpo e riconoscere il carcinoma della mammella nella sua fase iniziale. Tale esame deve essere seguito da controlli clinico-diagnostici strumentali di fondamentale importanza, come ecografia, mammografia, RMM, indispensabili visto che la possibilità di guarigione per tumori al seno che misurano meno di 1 centimetro è di oltre il 90 per cento.

Per questo motivo, Forza Italia ha presentato questa mozione, che intende impegnare il Governo: ad assicurare l'uniformità territoriale dello screening a partire dai 40 anni e sino ai 75 anni di età con cadenza annuale; ad adottare iniziative volte a prevedere la dotazione, presso tutte le strutture ospedaliere, di strumentazione di ultima generazione, quale quella digitale, al fine di poter sviluppare una migliore capacità diagnostica in grado di individuare con sufficiente anticipo anche piccolissime anomalie, così da intervenire con diagnosi precoci e, ove possibile, evitare ulteriori esami che esporrebbero le pazienti a quantità di radiazioni nocive, proprie di macchinari più antiquati e analogici; ad incentivare la diffusione e l'accesso a test diagnostici molecolari, al fine di permettere l'accesso a terapie target personalizzate, utilizzando in modo appropriato le risorse del Servizio sanitario nazionale, distribuendole omogeneamente sul territorio nazionale; ad implementare campagne mirate a migliorare l'adesione ai programmi di screening mammario già esistenti, al fine di ridurre le differenze regionali e migliorare l'aderenza delle terapie adiuvanti per ridurre i rischi di recidiva e/o metastasi e, di conseguenza, il tasso di mortalità per questo tipo di tumore; ad avviare, di concerto con il Ministero dell'Istruzione e del merito, progetti di informazione e sensibilizzazione nelle scuole, finalizzati ad educare le ragazze all'adozione di stili di vita salutari e all'importanza della prevenzione anche attraverso la pratica dell'auto esame.

Confidiamo molto che questa mozione possa trovare il favore di tutta quest'Aula e non solo, perché stiamo parlando di vite umane. Forse con poco e con anche meno spesa pubblica, potremo salvarne tante.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Stefania Marino, che illustrerà anche la mozione Di Biase ed altri n. 1-00209, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

MARIA STEFANIA MARINO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Membri del Governo, colleghe e colleghi, è per me un onore e un'emozione poter presentare questa mozione, frutto del lavoro di incontro e confronto con le associazioni che, quotidianamente, si battono per la prevenzione contro il tumore al seno. Il mese di ottobre, come sappiamo, è il mese della prevenzione contro questa forma di tumore che colpisce le donne. La campagna Nastro Rosa è nata come progetto in America nel 1992 ma, nel corso del tempo, si è diffusa in tutto il mondo, tanto che oggi viene promossa in oltre 70 Nazioni. Dal 1° al 31 ottobre, operatori sanitari, istituzioni, ONG e associazioni di tutto il Paese uniscono le forze per sostenere una causa comune, organizzando eventi ed iniziative, per sottolineare l'importanza dello screening per la diagnosi precoce dei tumori al seno. Un'azione necessaria per identificare la malattia nei primi stadi del suo sviluppo, quando il trattamento ha maggiori probabilità di essere efficace.

Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente tra le donne, rappresentando in Italia il 30 per cento di tutte le nuove diagnosi di tumore. Le nuove diagnosi nel 2022 sono state 55.700, mentre i decessi verificatisi nel 2021, per effetto di tale patologia, sono stati 12.500. Tuttavia, l'anticipazione della diagnosi e l'introduzione di protocolli terapeutici chirurgici, radioterapici e farmacologici più efficaci hanno contribuito al miglioramento della sopravvivenza, con livelli che si collocano intorno all'87 per cento a 5 anni dalla diagnosi, al netto delle altre cause di morte. Numeri che si riscontrano nel raffronto con la situazione degli anni Novanta e che mostrano una costante diminuzione della mortalità per carcinoma mammario, dallo 0,8 all'1,4 per cento all'anno, attribuibile soprattutto all'anticipazione della diagnosi della malattia per effetto della maggiore efficacia delle campagne di screening.

Questi dati sono confortanti ma non dobbiamo dimenticare che il tumore al seno rimane la prima causa di morte nelle diverse fasce di età, rappresentando il 28 per cento delle cause di morte oncologica prima dei 50 anni, il 21 per cento tra i 50 e i 69 anni e il 14 per cento dopo i 70 anni. È da questi numeri - che rappresentano storie di donne che hanno lottato contro questa terribile malattia - che nasce l'esigenza di questa mozione che impegna e rafforza le misure di prevenzione e assistenza per il contrasto del carcinoma mammario. In Italia, il 20 per cento delle donne colpite dal tumore al seno hanno meno di 40 anni. È una percentuale importante che equivale a 11.149 pazienti l'anno e che riguarda persone nel pieno dell'attività lavorativa e familiare, determinando enormi problemi da un punto di vista sociosanitario e una drammatica ricaduta psicologica. Allo stesso tempo, si registra anche un incremento di diagnosi fra le donne con più di 74 anni, che sono ormai escluse dai programmi di screening.

Ecco perché, tra i primi impegni che chiediamo al Governo c'è quello di rivedere i limiti di accesso agli screening gratuiti, estendendoli su tutto il territorio nazionale, tra i 45 e i 74 anni. Oggi sono solo poche le regioni in Italia a farlo ma serve con urgenza rendere strutturale questa nuova soglia, garantendo accesso alla prevenzione a tutte le donne. Accessibilità che, allo stesso tempo, dev'essere assicurata anche alle donne ad alto rischio per familiarità, mutazione o seno denso. Sull'importanza dello screening molto è stato detto, ma c'è un punto da non sottovalutare: molte donne non ricevono l'informazione che arriva dai distretti sanitari.

Chiediamo per questo al Governo di fare un passo in avanti, scegliendo di superare gli attuali e spesso dispersi avvisi postali verso un sistema digitalizzato con un sms, l'utilizzo del fascicolo elettronico o un'altra tecnologia che garantisca di raggiungere il maggior numero di soggetti. Con questa mozione, però, non vogliamo occuparci solo di prevenzione. Chiediamo al Governo di mettere in campo un'azione di sostegno e assistenza per le donne afflitte da tumore al seno. C'è ancora molto da fare per migliorare l'uniformità degli interventi sul territorio nazionale per migliorare le prestazioni. Voglio partire da un aspetto che rimane ancora in secondo piano e su cui, invece, il Servizio sanitario nazionale dovrebbe investire: il supporto psicologico per chi deve affrontare questa malattia.

È un aspetto fondamentale, spesso determinante, per permettere alle pazienti di affrontare un iter terapeutico lungo e spesso doloroso. Poi c'è il Piano dei percorsi terapeutici, su cui si riscontra ancora un forte divario territoriale.

Dal punto di vista assistenziale, l'approccio più appropriato si è dimostrato essere quello delle Breast unit, unità multidisciplinari specializzate nella prevenzione, diagnosi e trattamento medico chirurgico della patologia senologica, che consentono una pianificazione ottimale delle opzioni terapeutiche disponibili al fine di raggiungere i migliori risultati possibili.

Per questo, tra gli impegni, chiediamo di implementare le reti oncologiche regionali, le ROR, con caratteristiche di equità e uniformità su tutto il territorio nazionale. Molecular Tumor Board oncologica, MITO nazionale, innovazione farmacologica.

Ancora, chiediamo al Governo di definire dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per le pazienti metastatiche con carcinoma mammario, come, peraltro, previsto tra gli obiettivi del recente Piano oncologico nazionale, attraverso linee guida nazionali da trasmettere a tutte le regioni italiane. Insieme a questo, e lo abbiamo riscontrato nel confronto con le associazioni che si occupano di questo problema, serve monitorare e aggiornare gli indicatori dei piani terapeutici per i centri di senologia. Solo così si potrà assicurare un trattamento adeguato e omogeneo.

C'è un punto, signor Presidente, che è forse quello centrale delle nostre richieste al Governo. Riguarda gli interventi chirurgici nei casi di carcinoma al seno. Su questo, il nostro appello si fa più forte, chiedendo di prevedere finalmente per le donne la possibilità di scegliere la migliore ricostruzione possibile, il diritto a scegliere la migliore ricostruzione possibile del proprio seno con tecniche sicure, materiali innovativi e nelle modalità più consone a ridurre il trauma dell'intervento demolitivo. Purtroppo, il diritto femminile oggi è disatteso, perché il sistema dei DRG, che stabilisce, a livello regionale, il rimborso dei costi ospedalieri, è arretrato e carente. La maggioranza delle tecniche operatorie possibili è esclusa dai sistemi di rimborso che le regioni riconoscono agli ospedali. Ecco perché, con questa mozione, impegniamo il Governo a prevedere dei DRG per la ricostruzione mammaria contestuale all'atto demolitivo, come da indicatori dei centri di senologia, sia per le protesi che per tutti i tipi di intervento di ricostruzione, ed anche con tessuti autologhi.

Questo garantirebbe che nessuna donna resti esclusa dalla possibilità di un intervento contestuale di mastectomia e ricostruzione. Concludo, signor Presidente: credo molto nell'universo femminile e nella sorellanza, nella forza delle donne, ancora di più delle donne afflitte da tumore al seno. Proviamo a raccogliere la stessa energia con cui combattono questo male oscuro, trasformiamolo in un impegno forte e concreto per assicurare prevenzione e assistenza. I dati ce lo dimostrano, il sostegno dello Stato e di un Servizio sanitario rafforzato possono fare la differenza per ognuna di loro. Per molte di noi, ne sono certa, è una battaglia che restituisce il senso della presenza qui, tra questi banchi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mura. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MURA (FDI). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, la mozione presentata è volta a valorizzare, a potenziare e a migliorare quell'importante campagna di sensibilizzazione che, dal 1992, colora il mese di ottobre di rosa. Ottobre, com'è stato detto anche da chi mi ha preceduto, è il mese della sensibilizzazione sul cancro al seno. Il fiocco rosa è ormai un simbolo riconosciuto e durante questo mese sono promosse azioni per informare e sensibilizzare un sempre maggior numero di donne sull'importanza della prevenzione del cancro al seno e della diagnosi precoce.

Dal 1° al 31 ottobre, operatori sanitari, istituzioni, organizzazioni di volontariato e associazioni in tutto il mondo organizzano eventi ed iniziative per sottolineare l'importanza dello screening per la diagnosi precoce dei tumori al seno, così da identificare la malattia nei primi stadi del suo sviluppo e rendere un eventuale trattamento più efficace.

In Italia, il cancro al seno rappresenta il 30 per cento dei tumori che colpiscono le donne, con circa 60.000 nuovi casi l'anno, ma, grazie alla ricerca sulle terapie e nuove tecnologie diagnostiche, che permettono innovatività e specificità degli interventi terapeutici, e alla possibilità di intervenire in fase iniziale grazie alla maggiore sensibilità acquisita dalle donne in merito all'importanza della prevenzione, la guaribilità raggiunge l'85 per cento dei casi.

La campagna di sensibilizzazione, prevenzione ed educazione sanitaria, quindi, è già iniziata e noi siamo qui a sottoscrivere la mozione innanzitutto per abbassare l'età dello screening all'età di 40 anni. Molte regioni virtuose già lo fanno, ma noi dobbiamo assicurare un'uniformità territoriale su questo tipo di prevenzione.

Oltre a uno screening annuale, in questa mozione si va a prevedere, per le strutture ospedaliere, dotazioni diagnostiche di ultima generazione, in modo da evitare ulteriori esami che esporrebbero le pazienti a quantità di radiazioni nocive proprie dei macchinari più antiquati.

Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente in Italia. Ogni anno, ci sono 55.000 nuove diagnosi e rappresenta il 30 per cento di tutti i tumori che colpiscono le donne e il 14 per cento dei tumori totali diagnosticati in Italia.

L'incidenza è in crescita, ma la mortalità è in diminuzione, anche se resta la prima causa di morte per tumore nelle donne. La prevenzione, quindi, è l'arma più importante. È bene aderire a programmi nazionali di screening e attivare uno stile di vita sano, che significa normopeso, dieta povera di grassi e ricca di vegetali, frutta e verdura, riduzione degli zuccheri, esclusione di alimenti industriali.

Fattori di rischio riguardano l'età. La maggior parte dei tumori al seno interessa donne con età superiore ai 50 anni e con storia familiare o personale di tumore mammario, ma abbiamo numerosi casi anche tra i 40 e i 50 anni, che non possiamo considerare come meno gravi. A volte, a venire a mancare sono proprio giovani donne e giovani madri.

Il 5 per cento dei tumori al seno è legato a una mutazione genetica. Tra i geni più studiati, troviamo il BRCA1 e il BRCA2, i quali sono responsabili del 50 per cento circa delle forme ereditarie di tumore alla mammella. Quindi, i programmi di screening oncologico nazionale sono fondamentali. La mozione punta anche ad avviare, di concerto con il Ministero dell'Istruzione e del merito, progetti d'informazione e sensibilizzazione nelle scuole, ad esempio nelle classi di V superiore, dove si ha già una certa maturità, finalizzati ad educare le ragazze all'adozione di stili di vita salutari e all'importanza della prevenzione, anche attraverso una consapevole conoscenza del proprio corpo.

La mozione è volta anche a incentivare la diffusione e l'accesso ai test diagnostici molecolari, al fine di permettere l'accesso a terapie target personalizzate, utilizzando, in modo appropriato le risorse del Servizio sanitario nazionale e distribuendole omogeneamente sul territorio nazionale. Si richiede anche di implementare campagne mirate a migliorare l'adesione ai programmi di screening mammario già esistenti, al fine di ridurre le differenze regionali e a migliorare l'aderenza delle terapie adiuvanti per ridurre il rischio di recidiva e/o metastasi, e di conseguenza il tasso di mortalità per questo tipo di tumore.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 13 per la discussione del decreto-legge n. 124 del 2023, in materia di Mezzogiorno e immigrazione. Ne approfittiamo, come ultima cosa, per salutare gli alunni e gli insegnanti della Scuola primaria San Francesco di Sales, di Tivoli, che hanno seguito i nostri lavori delle tribune (Applausi). Benvenuti.

La seduta è sospesa e riprenderà alle ore 13.

La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 13.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 88, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione (A.C. 1416-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1416-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione.

Ricordo che nella seduta del 28 settembre sono state respinte le questioni pregiudiziali Alfonso Colucci ed altri n. 1, Zanella ed altri n. 2 e Bonafe' ed altri n. 3.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1416-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.

La V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Avverto che è in distribuzione un errata corrige riferita al provvedimento in esame.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Ylenja Lucaselli.

YLENJA LUCASELLI, Relatrice. Grazie, Presidente. Prima di entrare nel merito del provvedimento che ci occupa, credo che sia, non solo doveroso, ma soprattutto importante ringraziare gli uffici, in particolare gli uffici della Commissione bilancio, che hanno seguito particolare ringraziamento lo rivolgo agli uffici del Ministero, nella persona del responsabile dell'ufficio legislativo del Ministero per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNNR, il dottor Mario Capolupo, che ha dedicato un'attenzione particolare a ogni singolo emendamento presentato e che ci ha aiutati a definire un provvedimento importantissimo, che il Ministro Fitto ha voluto fortemente, e lo ha fatto con una visione - mi permetta di dire -, perché credo che la cosa più importante che debba essere sottolineata ed evidenziata è che finalmente, grazie al lavoro che il Ministro Fitto ha svolto soprattutto nei rapporti in Europa, siamo finalmente arrivati a una nuova visione di Sud, che l'Italia aspettava da decenni, una visione di Sud che è stata approfondita, a livello tematico, all'interno del proficuo e approfondito dibattito in Commissione. È stato un incontro-scontro, come spesso accade, di due punti di vista diversi, che però ha portato, anche attraverso il lavoro della Commissione bilancio, ad ampliare alcuni degli articoli presentati anche grazie alle sollecitazioni dell'opposizione.

Allora, Presidente, credo che la cosa davvero rimarchevole di questo provvedimento sia una visione del rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese ed è significativo che a questo abbia partecipato, con un parere favorevole, anche la Conferenza delle regioni e delle province autonome. Questo rappresenta inevitabilmente un punto di partenza fondamentale e importantissimo. Avevamo necessità di immaginare il Mezzogiorno d'Italia come una scommessa, una possibilità. La questione del Mezzogiorno attanaglia il dibattito parlamentare da tantissimi anni e finalmente si è avuto il coraggio di imporre una visione di insieme, di sistema, che unisce le regioni del Mezzogiorno, e non le divide, e che dà una pianta organica a una serie di necessità che il Mezzogiorno d'Italia ha.

Si è lungamente parlato, non soltanto nei dibattiti di questo Parlamento, ma anche nei dibattiti al di fuori di queste aule, nei dibattiti politici e nei dibattiti culturali, del fatto che, soprattutto nel Sud Italia, sia molto difficile spendere molte delle risorse a disposizione di quelle regioni, ma, soprattutto, che sia molto difficile trovare organicità negli investimenti. Oggi, però, sappiamo che, soltanto attraverso questa organicità di visione, si potrà arrivare veramente a immaginare un rilancio economico del Sud, e questo lo si fa attraverso questo provvedimento, che fa molto di più che unire le zone economiche speciali definite con la precedente legge, fa molto di più che dare una nuova possibilità all'utilizzo dei fondi di coesione, fa molto di più che immaginare un controllo e un indirizzo nazionale sulla strategicità degli investimenti che devono essere effettuati. Questo provvedimento interviene sul Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2021-2027, interviene sulle risorse europee e nazionali per la coesione, quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza e lo fa prevedendo misure volte ad assicurare un coordinamento più efficace fra tutte queste risorse che, se ben utilizzate, possono davvero rappresentare il futuro per le nostre regioni.

Ora, noi avevamo davanti una sfida davvero molto importante e questa sfida è passata attraverso una nuova disciplina di procedure: penso a quella del CIPESS, che trasferisce le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, sempre relativamente al periodo di programmazione 2021-2027, che sono state modificate perché, grazie a questo provvedimento, il CIPESS potrà erogare, per ciascun accordo per la coesione, un'anticipazione, anche in più soluzioni, fino al 10 per cento del piano finanziario annuale indicato nell'accordo.

È un provvedimento importante, che passa attraverso nuove procedure di monitoraggio del rispetto, da parte delle amministrazioni assegnatarie, del cronoprogramma degli interventi definito nell'accordo per la coesione, che ha un nuovo assetto, un assetto che lungamente abbiamo aspettato e che oggi, grazie al lavoro puntuale del Ministro Fitto e di tutto il Governo, diventa realtà. Per la prima volta, si è immaginato un accordo con le regioni, che abbia alla sua base un cronoprogramma chiaro, definito nei tempi, definito negli obiettivi e quindi negli investimenti da fare e che porterà inevitabilmente a una maggiore valutazione sul raggiungimento degli obiettivi, tant'è che l'articolo 6 di questo provvedimento interviene sulla disciplina dei contratti istituzionali di sviluppo, sui CIS, prevedendo che questi possano essere stipulati per la realizzazione di interventi finanziati a carico delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per un valore complessivo non inferiore ai 200 milioni di euro.

Vi è quindi una nuova visione di investimento, che non viene parcellizzato in micro misure, ma che ha invece davanti a sé un unico obiettivo: fare i grandi investimenti di cui il Mezzogiorno d'Italia ha necessità e farli in maniera coordinata, non una regione contro l'altra, ma tutte le regioni insieme, con le proprie specificità, per immaginare un coordinamento fra le varie regioni del Mezzogiorno che, in tantissimi casi, hanno problemi e difficoltà, che possono essere considerate analoghe e non equidistanti.

Questo provvedimento ha, poi, un'attenzione particolare proprio al monitoraggio, alla gestione dei fondi pubblici. La cabina di regia che viene istituita per lo sviluppo delle aree interne presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e che è stata integrata anche grazie al lavoro delle opposizioni approverà il Piano strategico nazionale per le aree interne. Questa è un'assoluta novità nella possibilità di individuare ambiti di intervento, priorità strategiche e misure volte a mantenere e sostenere lo sviluppo in quelle aree.

Abbiamo, inoltre, considerato fondamentale - e qui torno sul tema delle ZES - l'istituzione di una ZES unica per il Mezzogiorno, come dicevo prima, basata su un sistema di governance che verrà affidato ad una struttura unica nazionale e un Piano strategico di sviluppo della ZES unica. Vedete, fino a quando immaginiamo le regioni del Mezzogiorno divise per settori, quasi fosse semplicemente una questione regionale, fino a quando avremo questa visione, non potremo mai davvero parlare di uno sviluppo organico, né da un punto di vista economico né da un punto di vista culturale.

Avevamo la necessità di immaginare, invece, con uno slancio di visione importante, cosa può succedere alle nostre regioni del Sud, se, per un momento, smettiamo di immaginare che siano separate l'una dall'altra e immaginiamo, invece, che rappresentino insieme, tutte insieme, un momento fondamentale per lo sviluppo del Mezzogiorno, ma, dico ancora di più, di tutta la nostra bellissima Italia. Questo è l'obiettivo che si voleva raggiungere attraverso questo provvedimento, questo è l'obiettivo che è stato raggiunto attraverso questo provvedimento, immaginando anche delle zone con il riconoscimento del credito di imposta.

Ovviamente, a questo sono legate tantissime questioni. Sono state affrontate tantissime questioni - e rimando alla relazione che si deposita e che è a disposizione dei colleghi per poter approfondire alcuni temi -, ma quella del credito di imposta per la ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, è sicuramente una delle misure più importanti, che, finalmente, porta l'Italia al centro non soltanto dell'Europa, ma, più in generale, del mondo. Questa sarà la ZES unica più grande del mondo.

Un ultimo cenno, Presidente. Da relatrice mi corre l'obbligo di sottolineare alcune sbavature interpretative che ci sono state all'interno della Commissione, perché si è molto parlato dell'emendamento presentato dai relatori, poi ritirato, come vi fosse la volontà del Governo di nascondere chissà quale manovra all'interno di questo provvedimento. Mi corre l'obbligo ricordare, prima di tutto a me stessa, ma sicuramente ne avranno vantaggio anche i colleghi, che l'emendamento presentato dai relatori era finalizzato a velocizzare i processi autorizzativi per la realizzazione delle comunità energetiche rinnovabili nei siti del demanio militare, ossia gli impianti rinnovabili fotovoltaici. Era una specifica letterale che, dal nostro punto di vista, poteva tranquillamente essere fatta all'interno di questo provvedimento, ma proprio perché non abbiamo assolutamente nulla da nascondere e perché non volevamo rovinare il clima del dibattito, che è stato sicuramente acceso, ma molto proficuo - lo dice anche il numero degli emendamenti dell'opposizione approvati all'interno di questo testo -, i relatori hanno scelto di ritirare questo emendamento. Ma sia chiaro che la scelta di ritirare l'emendamento non ha nulla a che fare con l'oggetto, che era stato già chiarito all'interno del dibattito in Commissione, che mi pare di aver chiarito anche quest'oggi. Il Governo non ha bisogno di nascondere alcuna operazione e, quindi, proprio per questo motivo, per garantire la buona fede dell'operato dei relatori, abbiamo ritenuto di ritirarlo.

Questo è un provvedimento - e mi avvio alla conclusione, Presidente - che finalmente dà un respiro di costruzione reale rispetto a quella che è la questione del Mezzogiorno. In questo provvedimento, con l'operato del Ministro Fitto e del Governo Meloni, finalmente, c'è la possibilità, per le regioni del nostro Mezzogiorno - c'è tutta una parte dedicata all'insularità, alla Sicilia, alla Sardegna - di immaginare che il Mezzogiorno sarà il motore e anche la locomotiva d'Italia.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti del plesso “Patrono d'Italia” dell'Istituto comprensivo di Assisi, in provincia di Perugia, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Benvenuti ragazzi e benvenuti insegnanti, per seguire i lavori pomeridiani della Camera.

Ha facoltà di intervenire, se lo ritiene, la rappresentante del Governo, onorevole Siracusano, che si riserva di farlo, casomai in sede di replica.

È iscritta a parlare la collega Alifano. Ne ha facoltà.

ENRICA ALIFANO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, oggi siamo in sede di conversione del decreto-legge n. 124 del 2023, meglio conosciuto come decreto Sud, un complesso di norme che disciplina i temi più disparati: si va dall'impiego delle risorse nazionali ed europee in materia di coesione alla creazione di una ZES unica per le regioni meridionali, alla materia migratoria. Tutto in un decreto-legge - quindi, materie assolutamente eterogenee - su cui, in sede di conversione, verrà sicuramente posta la fiducia. Un modo di legiferare che è - mi torna l'obbligo dirlo nuovamente - completamente fuori dall'alveo costituzionale.

Detto ciò, veniamo all'analisi del testo. L'articolo 1, al comma 1, sostituisce il comma 178 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021, che disciplina la programmazione, la gestione finanziaria e il monitoraggio delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per la programmazione 2021-2027. Interviene una modifica sostanziale del testo, perché, nel testo previgente, la dotazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione era agganciata alle missioni previste dal Piano Sud 2030, forse, la rappresentante del Governo lo rammenta. E che cosa prevedeva il Piano Sud 2030? Prevedeva 5 grandi missioni: un Sud rivolto ai giovani, un Sud connesso ed inclusivo, un Sud per la svolta ecologica, un Sud frontiera dell'innovazione, un Sud aperto al mondo del Mediterraneo. Quindi erano previsti degli obiettivi specifici, a priori, ed erano tutti meritevoli di attenzione nell'ottica dello sviluppo dell'economia del Mezzogiorno. Ora risultano del tutto sostituiti, in modo fumoso, da altre priorità che verranno definite successivamente.

Ma vi è di più. Con la nuova formulazione scompare il riferimento ai fondi strutturali e di investimento europei, che avevano, tra le altre finalità, la lotta alla povertà, la lotta alla disoccupazione e la promozione dell'inclusione sociale.

Dunque, si opera, con questa novella normativa, lo sganciamento dal dato reale, da quello obiettivo, dalle finalità da perseguire, e si accentra, invece, la previsione delle finalità nelle mani del Ministro e, quindi, anche della gestione dei fondi, sulla quale egli potrà verosimilmente avere la più ampia discrezionalità. La previsione della lettera b) dell'articolo di cui stiamo parlando è in linea con quanto disposto dalla lettera a). Le risorse FSC, anziché essere ripartite per settori di intervento, vengono imputate direttamente dal CIPESS ai soggetti che gestiranno gli interventi attuativi, dunque i Ministeri, le regioni e le province autonome, con esclusione, tra l'altro, delle altre amministrazioni, incluse le città metropolitane, che, invece, erano inizialmente previste come enti titolari diretti di risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

L'ottica, come si può desumere dall'analisi di queste norme, è di stampo dirigistico e si tende a limitare l'interlocuzione con gli altri soggetti. Si arriva a esautorare la stessa cabina di regia del Fondo per lo sviluppo e la coesione, che, prima di tale novella, era incaricata della definizione dei piani di sviluppo e coesione, mentre ora ha solo un ruolo consultivo. Giusto per rammentarcelo, la cabina di regia per l'FSC è composta da rappresentanti delle amministrazioni interessate, delle regioni e delle province autonome, che avranno ora sicuramente un peso nettamente minore nel processo decisionale e tutto ciò tradisce il leitmotiv di questo intervento normativo, che tende a portare - e lo dicevamo già in precedenza - la decisione sulla selezione degli obiettivi di politica economica al centro, con la palese mortificazione - e mi dispiace che non ci sia nessuno della Lega, nessun rappresentante della Lega - delle amministrazioni regionali e periferiche e ciò, ovviamente, in palese contrasto con i proclami sulle opportunità offerte dal progetto di autonomia differenziata e con lo stesso percorso che il Governo diceva di accingersi a intraprendere.

La schizofrenia normativa, perché di schizofrenia si può solo parlare, trova poi la massima espressione con la previsione di una ZES unica al Sud. L'avvento di una ZES unica comporta l'abbandono del modello dei comitati di indirizzo e dei singoli commissari straordinari per ogni ZES regionale, sostituiti dalla nuova struttura centralizzata, composta da una cabina di regia e da una struttura di missione, istituite ambedue presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (dunque, sempre al centro). La prima critica che si può fare a questo modello riguarda il fatto che tutto ciò può condurre alla frammentazione degli investimenti in più aree, secondo una trita e, purtroppo, adusa e abusata logica di ritorno elettorale. Le spinte localistiche sono tradizionalmente molto forti e potrebbero condizionare l'azione governativa, ahimè, sovrapponendosi alle opportunità dettate dalle esigenze del reale sviluppo del Mezzogiorno. Inoltre, il rischio è quello di creare una nuova Cassa per il Mezzogiorno, che toglie autonomia e ruolo alle amministrazioni locali, alle regioni, ai comuni, centralizzando presso la Presidenza del Consiglio risorse e assegnazioni; altro che autonomia differenziata, di cui tanto si parla. La ZES unica snatura l'idea originaria in base alla quale vennero costituite le 8 ZES ora esistenti, facendo venir meno il requisito della specialità territoriale. Oltretutto, la cabina di regia, che prenderà il posto delle 8 ZES, avrà il compito di esaminare tutte le richieste provenienti dalle regioni del Mezzogiorno, con una dotazione finanziaria e di personale pressoché analoga a quella del regime precedente, con una superficie territoriale ben più vasta, visto che comprende il territorio di 8 regioni. Ma poi dove si reperiranno le risorse necessarie per fare andare avanti questo progetto? Il comma 4 dell'articolo 16 prevede di finanziare i progetti di investimento fino al limite massimo di 100 milioni di euro per ciascuno di essi. Ma dove sono gli stanziamenti? Il decreto non lo dice e rimanda oscuramente a un provvedimento a venire che, peraltro, dovrebbe essere preso sempre dal Ministro.

L'aver previsto, poi, che non sono agevolabili i progetti di investimento di importo inferiore ai 200.000 euro non risolve certo il problema delle coperture, ma sortisce unicamente l'effetto di tagliare fuori dagli incentivi proprio chi più ne ha bisogno, cioè le startup e le PMI, massimamente quelle che operano nelle condizioni più difficili, magari nelle aree interne del Paese.

Veniamo, allora, proprio al tema delle aree interne. L'articolo 7 prevede l'istituzione di una cabina di regia per lo sviluppo delle aree interne - ne parlava, in precedenza, la collega Lucaselli - presso la Presidenza del Consiglio (dovrebbe essere sempre questa cabina di regia), con il compito di assicurare l'efficacia e la sostenibilità nel tempo della strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne. Evidentemente, non sfugge al Governo che lo spopolamento dei piccoli comuni interni alla nostra Penisola rappresenta ormai un'emergenza e il MoVimento 5 Stelle ha ribadito più volte questo tema. Si stima che nel 2050 la popolazione italiana sarà concentrata per il 50 per cento nelle grandi metropoli, con conseguenti difficoltà ambientali e organizzative. Dunque, si vede il problema, ma non si trova - e nemmeno si cerca - la soluzione, nonostante i proclami enunciati in questo articolo. La riprova di quanto detto è data dal fatto che la proposta di riprogrammazione del PNRR, inviata dal Ministro Fitto all'Europa nell'agosto scorso, prevede il definanziamento - sottolineo, definanziamento - del subinvestimento potenziamento servizio infrastrutture sociali di comunità, che impegna 725 milioni di euro e che, in origine, rientrava proprio nell'ambito della componente strategia nazionale per le aree interne. È una prova che non c'è alcun interesse, da parte di questa maggioranza, di dare attenzione alle economie delle aree interne. Infatti, le risorse liberate dovrebbero rientrare, poi, nella nuova misura ZES unica del Mezzogiorno, con tutte le criticità sopra enunciate, che comporteranno pressoché sicuramente una poca attenzione, come già dicevamo, verso le aree marginali del Paese, che, invece, più abbisognano, soprattutto in questo periodo storico, di sostegno.

Ma passiamo dalle aree interne all'immigrazione, dato che ormai i decreti-legge contengono di tutto. Ebbene, questo decreto-legge contiene anche misure in materia di immigrazione, che non potevano mancare. È inutile dire che l'approccio della maggioranza al fenomeno migratorio risulta del tutto inadeguato, nonostante tutte le misure tampone escogitate nell'arco di questa legislatura, ma si è più volte sottolineato - dati alla mano e, del resto, è sotto gli occhi di tutti - il fallimento delle politiche governative in questo campo. Allora, cosa si pensa di fare con i due articoli introdotti in questo provvedimento? Aumentare fino a 18 mesi il termine di permanenza degli stranieri in attesa di espulsione nei centri per i rimpatri, realizzare nuovi punti di crisi, i cosiddetti hotspot, e nuovi centri per il rimpatrio dislocati sul territorio nazionale, tutto ciò senza interloquire con gli enti locali, che sono assolutamente estromessi dal processo decisionale, e con il rischio di trasformare l'intera Italia in un gigantesco hotspot, tutto ciò prevedendo, ovviamente, uno stanziamento di risorse chiaramente insufficiente in ragione del flusso migratorio che questo Governo non è riuscito minimamente a fronteggiare, partendo dall'assunto che il fenomeno migratorio non ha carattere strutturale, bensì emergenziale, come si è ripetuto più volte, in quest'Aula.

Dunque, che cosa resterà di questo intervento normativo? L'ennesimo scomposto tentativo di affrontare il tema delle migrazioni e la riproposizione in modo gattopardesco, mi preme sottolineare, dell'annosa questione meridionale. Ma qualcuno, anche di recente - mi sembra un economista, forse Marco Vitale -, ha detto che la questione meridionale non esiste: esiste un'unica grande questione nazionale che vede nel Sud una grande occasione, oggi mancata, di rilancio del nostro Paese.

Si spera, quindi, che la ZES unica, semmai verrà in essere, non condanni definitivamente le aree interne, si spera che venga integrata nelle politiche industriali nazionali e nelle più ampie dinamiche di sviluppo del Paese e che non sia solo strumento per il ritorno elettorale di breve periodo.

Parafrasando un grande economista, Joseph Schumpeter, che riferì tale frase alle fluttuazioni cicliche dell'economia capitalistica, le regioni del Sud non sono come le tonsille, qualcosa che può essere curato separatamente dal resto, ma sono come il battito del cuore, l'essenza dell'organismo che le manifesta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Toni Ricciardi. Ne ha facoltà.

TONI RICCIARDI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Signora sottosegretaria, la prima cosa che mi viene in mente rispetto a questo provvedimento è che, invece di chiamarlo “decreto Sud” e “decreto migrazione”, potevamo chiamarlo “provvedimento delle marginalità”, quantomeno per come alcuni temi vengono percepiti da questo Governo. Sud, aree interne, migrazione: sono tre marginalità che concettualmente noi ritroviamo in questo testo. Ovviamente, non toccherò - lo dico in premessa - la questione delle ZES perché sicuramente verrà ampiamente e in maniera approfondita affrontata dal mio collega De Luca e quindi mi concentrerò, sostanzialmente, su tre punti specifici: aree interne, la vicenda delle isole Lampedusa e Linosa e la questione immigrazione.

Per quanto riguarda le aree interne, la centralizzazione, che poi si espleta concretamente nelle ZES, poteva lasciare intravedere concettualmente l'idea - in questo non concordo con la collega del MoVimento 5 Stelle che mi ha preceduto - del ripristino della Cassa per il Mezzogiorno. Io ne sono arciconvinto perché, se noi andiamo a rianalizzare quel pezzo di storia, soprattutto nel suo primo trentennio o, quanto meno, prima che nascessero le regioni e quindi le agenzie territoriali che ne hanno poi di fatto svuotato ruolo, contenuto e funzione, la Cassa per il Mezzogiorno ha dimostrato - ci sono i dati empirici che ce lo confermano - come sia stata il luogo o la cabina di regia in grado di colmare i gap territoriali, l'infrastrutturazione del Mezzogiorno, ma, soprattutto, gli interventi decisivi nelle aree interne del Mezzogiorno.

Ci sono realtà provinciali del Mezzogiorno che ancora negli anni Sessanta, quando i giornali raccontavano del miracolo economico e quando questo Paese si raccontava al mondo con una dinamica diversa, vivevano le prime forme di modernità - l'acqua in casa, l'elettrificazione delle case, delle campagne e delle contrade del Mezzogiorno - esattamente grazie alla Cassa per il Mezzogiorno. Noi questa storia la dobbiamo tenere presente perché noi siamo un Paese che, su molte cose, soprattutto quando si tratta di questioni meridionali, è come se non avesse memoria. È come se tutti i misfatti di gestione e di utilizzo di risorse pubbliche - spese bene o spese male, in questo caso sperperate - siano avvenuti sempre e comunque nel Mezzogiorno e, guarda caso, proprio in quel Mezzogiorno che due secoli di storiografia ci hanno dimostrato non avere le strutture industriali. Allora, se non aveva le strutture industriali, se aveva poca imprenditoria, questi imprenditori, o prenditori, da dove arrivavano? Perché noi queste cose dobbiamo anche iniziare a dircele, prima o poi.

Passiamo alle aree interne e alla strategia per le aree interne. Nel 2017, alla fine di un percorso già iniziato prima, si erano individuati, se li volete chiamare con un linguaggio d'uso comune, 72 cosiddetti progetti pilota in giro per il Paese. Con questo provvedimento sono arrivati a 124, interessando 1.904 comuni e grosso modo poco meno di 4 milioni e mezzo di abitanti. Va bene. Il problema dove sta? Se andiamo a rivedere le risorse allocate in passato e le risorse allocate anche in questo momento, con questo provvedimento noi ci ritroviamo, se andiamo a vedere gli ambiti territoriali, grosso modo con un finanziamento che si aggira intorno al milione, milione e mezzo per comune che fa parte dell'ambito territoriale. Pertanto, la domanda è: noi, con un milione di euro, siamo in grado di risolvere le sorti dello spopolamento, dell'arretratezza, delle difficoltà strutturali di tante aree interne e di tanti o tantissimi minuscoli comuni? No. Bisognerebbe invertire la logica di intervento territoriale e bisognerebbe invertire la logica che prevede sempre più uno spostamento - ormai da quasi vent'anni - di risorse verso lo spazio urbano. Certo, la città e innovazione, è contaminazione, ma la città inizia a diventare anche e sempre più sovraffollamento e quindi, di rimando, nascono tante periferie concentriche attorno allo spazio urbano che poi creano ulteriore marginalità. Quindi, noi abbiamo, da un lato, la marginalità delle aree interne e, dall'altro, una nuova marginalità che viene a nascere con l'espansione progressiva delle città.

Arriviamo alla questione di un'altra marginalità: Lampedusa e Linosa. In questo caso, voi cosa fate? Prevedete un piano di intervento da 45 milioni - bene - e nella premessa partite da un assunto che è abbastanza risibile e, cioè, che le condizioni strutturali di difficoltà di Linosa e di Lampedusa sono date dal flusso migratorio. Probabilmente, vi siete persi due secoli di storia del Mezzogiorno d'Italia. Probabilmente, ve li siete persi, però, va bene, ne prendiamo atto. Quando, però, si va a leggere l'articolato e quali sono gli interventi che voi immaginate di fare, sostanzialmente, si evince che voi state finalmente dando consecutio logica alle parole del Ministro Piantedosi che, all'indomani della tragedia di Cutro, disse: dichiariamo l'emergenza migratoria. Giustamente, le persone distratte immaginavano che per effetto dell'emergenza migratoria noi fossimo invasi, perché questa è la narrazione. Segnalo, Presidente, giusto per inciso, il fatto che praticamente sono presenti quasi tutti i gruppi parlamentari, tranne quello della Lega, questo proprio a testimonianza di quanta attenzione ci sia, e lo dico alle tante meridionali e meridionali che si ostinano. Lo faccio presente per lo stenografico.

Che cosa accade? Piantedosi, Ministro della Lega, dichiara l'emergenza migratoria ma non è l'emergenza migratoria perché se facciamo l'analisi degli ultimi 5 o 6 anni, grosso modo, come un trend, le cifre si equivalgono: salgono e scendono, salgono e scendono, ma restano nella media. Dove sta la difficoltà concettuale? Che l'emergenza non è dichiarata al fenomeno, l'emergenza è dichiarata ai fini burocratici e voi con questo provvedimento lo mettete nero su bianco. Piazzate 45 milioni per Lampedusa e Linosa e poi che cosa dite? Bene, noi adesso - lo dico ai lampedusani, che forse non lo sanno perché non gliel'avete detto - faremo altri hot spot, faremo altri centri, faremo altre costruzioni, stiperemo ancora di più le persone a Lampedusa. Peccato che tutta Italia e tutta Europa abbiano assistito alla capacità e all'efficienza di questo Governo quando, in vista della visita di Ursula von der Leyen, in 36 ore è stato in grado di spostare 5.000 persone. Allora la domanda è: se siete stati in grado di spostarle in 36 ore 5.000 persone, non si capisce perché non si possa mettere a terra un sistema di ricollocamento nello spazio territoriale italiano. Il secondo punto, ancora peggiore, si innesta nella atavica storia del Mezzogiorno d'Italia, perché poi i fili si legano.

Prevedete interventi e che cosa scrivete? Giustamente, perché emergenza migratoria? Perché l'emergenza migratoria, convertita in emergenza burocratica, significa gestione diretta di appalti, subappalti e affidamenti diretti. E voi lo scrivete pure, perché, con riguardo a tutti gli interventi che vanno fatti in queste isole - che sono territori da preservare o quantomeno vi è la speranza di preservarli -, che cosa fate? In barba ad ogni misura di tutela paesaggistica abbassate i livelli di controllo, i livelli di concessione, i livelli di permesso e lo fate con la VIncA, con la VIA, con la VAS, con tutto, l'importante è che si possa immediatamente spendere e investire soldi in quei territori. E la racconterete così, com'è stata raccontata per decenni a tante popolazioni in Sardegna o a Taranto, vale a dire che era necessario sacrificare un pezzo di territorio perché quel sacrificio avrebbe prodotto pane e dignità per combattere la miseria. Alla fine il territorio è stato compromesso, la miseria è ritornata e la dignità è evaporata.

Voi continuate con il vecchio e stanco refrain a fare sempre la stessa operazione. Sarei poi curioso di sapere, da qui a qualche mese o qualche anno, a quale latitudine ha ubicato la propria azienda chi poi interverrà e farà quelle opere infrastrutturali o quegli interventi su quelle aree.

Terzo punto, smaltimento. Almeno qui avete dato ascolto all'opposizione: era una proposta nata dal Movimento 5 Stelle e da noi sostenuta e sottoscritta, ovvero quella dello smaltimento, fino a un milione di euro, con affidamento diretto; ciò per smaltire in rapidità e per non sottostare alle lungaggini burocratiche. Da questo punto di vista, devo riconoscere a pezzi della maggioranza, ivi compresa la rappresentante del Governo, che in Commissione hanno avuto la lucidità e il buonsenso di fermare il pallone e ragionare, e si è trovata una soluzione.

Chiudo, Presidente, con l'ultimo punto. Eccoci qui, ci siamo arrivati: perché lo definisci marginalità? Mezzogiorno, aree interne, immigrazione: stiamo parlando dello scibile umano ma, giustamente, bisogna inserire due articoli, l'articolo 20 e l'articolo 21, che si occupano in modo specifico di immigrazione.

Con l'articolo 20 estendiamo il limite massimo di permanenza nei Centri per il rimpatrio, i cosiddetti CPR, fino a 18 mesi. La questione è: io non mi preoccupo di capire come cerco di affrontare il problema; no, io scrivo e dichiaro che ho bisogno di altri 12 mesi perché non sono in grado di affrontare e gestire il fenomeno. È come dire implicitamente: voi ci avete votato perché abbiamo detto che eravamo pronti, poi abbiamo scoperto che non siamo pronti e abbiamo bisogno di altri 12 mesi. Allora, tu prendi questi esseri umani, li metti lì, li butti là dentro, li tieni per 18 mesi e poi, al diciottesimo mese e un giorno, quando escono, ti poni la domanda del perché sono arrabbiati. Questo è quello che accade in questo Paese, soprattutto in un momento così delicato e nonostante noi abbiamo le risorse.

Allora, Presidente, bisogna dire una parola di verità in quest'Aula: l'Italia non è lasciata sola dall'Europa sulle questioni migratorie, perché con il Trattato di Dublino si affidano un ruolo e delle risorse al nostro Paese. Non si discute mai delle risorse, fateci caso; l'Europa ci ha lasciati soli, ma nessuno dice che l'Europa ci deve dare più soldi, come mai? Perché il problema sta da un'altra parte.

Il problema non sono le risorse che mancano, ma la non capacità di saperle gestire o, meglio, voi in questo provvedimento lo dite chiaramente. Voi prendete quei soldi per affidare appalti per costruire altri CPR, infischiandovene dell'integrazione, dell'accoglienza. Non c'è una riga, Presidente, sui minori non accompagnati: noi abbiamo 6.000 posti disponibili in questo Paese per i minori non accompagnati, ma ce ne sono 23.000 e degli altri 17.000 chi se ne fa carico? Gli enti locali, i comuni che ogni volta debbono stare lì a piatire, elemosinare, risorse che non ci sono. Allora, non potevamo spostare le risorse lì, non potevamo dare un segno diverso, di inversione di rotta, non potevate dimostrare attraverso questi interventi di essere pronti?

Presidente - lo dico con la consapevolezza di molte e molti in quest'Aula, emersa soprattutto durante i lavori di Commissione, che più di me molti colleghi e colleghe hanno fatto - diciamocela una seconda parola di verità: del Mezzogiorno non frega niente a nessuno. Mi scusi la citazione aulica francese. Tranne i meridionali non se ne occupa nessuno; nessuno, né in presenza, né in Commissione; niente, perché i soldi non stanno lì. E se qualcuno se ne occupa, sempre nel filone della storia italiana, è perché allora ci sono delle risorse e possiamo fare affari. Ed è emblematica l'assenza di un partito di governo dell'importanza della Lega; è emblematica. Va bene che avete le vostre difficoltà politiche, che ormai sanno anche le pietre e mi fermo; però, è mai possibile che un tema di tale importanza debba essere lasciato così? Per giunta ci piazzate dentro un'amara verità, ovvero il fatto che voi i problemi o non sapete come affrontarli - è un'ipotesi -, o non li volete affrontare per insipienza, ma non credo. In realtà, li state affrontando per far cassa, questa è la verità. Perché sui fondi strutturali, sui fondi che devono arrivare cincischiate, accentrate tutto, tant'è che Palazzo Chigi è una grande cabina. Io sono curioso di sapere, Presidente, come fa colazione il Ministro Fitto la mattina. Dopo la kryptonite, non lo so, ditecelo per imparare, perché uno ha un'ambizione per il futuro; ditecelo per imparare come si fa ad essere il Ministro Fitto: io da grande voglio fare il Ministro Fitto.

A parte le battute - e chiudo per davvero - avete perso l'ennesima occasione, questa è la verità; avete perso l'ennesima occasione, potevate intervenire e non l'avete fatto, e insieme a questo provvedimento porterete all'approvazione, in prima lettura al Senato, l'autonomia differenziata perché il partito, che oggi è assente, lo dovrà poter brandire in campagna elettorale.

Inoltre, con la mano destra tagliate anche la percentuale di merito e di vantaggio per gli impatriati, per il rientro dei cervelli del Mezzogiorno, perché quelli lì debbono esser trattati alla pari di quelli che rientrano nel resto del Paese con indicatori e standard economici completamente diversi.

Se questo è l'esser pronti, se questa è la traiettoria, se questo è l'orizzonte e il futuro che volete assegnare alle sorti del Mezzogiorno d'Italia, allora complimenti, complimenti! Poi, probabilmente, come spesso capita, si troveranno delle pezze, si troveranno delle narrazioni e felicemente saremo tutti presi mano per la mano, io e lei in primis, Presidente, attraverseremo il ponte sullo Stretto e avremo risolto i problemi del Mezzogiorno d'Italia e di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Barbagallo. Ne facoltà.

ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Sottosegretaria Siracusano, oggi arriva all'esame dell'Aula quello che sarebbe più giusto definire non come decreto Sud, ma come decreto contro il Sud. Nel suo primo anno, il Governo targato Meloni-Salvini, ha cancellato una serie di strumenti di sostegno a cittadini, comuni e imprese, che avevano permesso al Mezzogiorno, nel momento più difficile, quello della pandemia, di tenere, in un clima di coesione sociale. Un Governo non contro la povertà, ma contro i poveri, è stato più volte definito dal nostro partito in queste settimane: è quel Governo che ha colpito milioni di percettori del reddito di cittadinanza e, quindi, milioni di disoccupati e di lavoratori sottopagati.

Dopo il differimento dei termini del PNRR e il definanziamento dello scorso luglio di 15 miliardi di interventi del PNRR a favore dei comuni, adesso arriva la stretta su aree interne, Fondo di sviluppo e coesione e un perentorio colpo di spugna alle ZES. Salta, infatti, completamente la territorializzazione degli interventi. Le ZES, per come introdotte nella scorsa legislatura, signor Presidente, garantivano l'ammissibilità della fiscalità di vantaggio e, quindi, del credito d'imposta anche per i piccoli e medi interventi, in una serie di aree specificamente individuate a seguito di una procedura partecipata con il diretto coinvolgimento di regioni e di enti locali. Venne garantita la territorializzazione delle risorse verso aree di sviluppo, come porti, aeroporti, interporti, aree artigianali e industriali. Un disegno frutto della concertazione e, francamente, anche della democrazia. Per quanto riguarda, ad esempio, la regione più importante del Sud, la Sicilia, la perimetrazione avvenne con un decreto a lungo atteso, dopo una concertazione di anni tra sindaci, amministrazioni locali, forze politiche e forze sociali, che alla fine culminò nel decreto dell'assessore regionale del tempo.

Con l'ennesimo tandem decreto-legge/fiducia, invece, adesso, il Governo nazionale cancella tutto per imporre un modello centralistico e assolutamente discrezionale: centralistico perché viene prevista una sola ZES per tutto il Mezzogiorno, con sole 84 unità tra dirigenti ed esperti per gestire tutta la selezione degli interventi e la relativa attribuzione delle risorse, con una procedura di assegnazione delle risorse che dura sostanzialmente 60 giorni, ivi compreso il termine per l'autorizzazione ambientale e per la dichiarazione di pubblica utilità. Non siamo più nel dibattito “semplificazione sì, semplificazione no”, ma certamente quello di 60 giorni è un termine che cozza con un'istruttoria minima per interventi di questa portata. E perché cozza? Perché il segnale vero che si vuole dare al Paese è che non c'è più meritocrazia, c'è certamente un imbuto che aumenterà caos e burocrazia e verranno finanziati i progetti degli amici o degli amici degli amici, come si suole dire in questi casi.

Un altro aspetto fortemente negativo, a nostro giudizio, è che espressamente saranno ammissibili soltanto gli interventi superiori ai 200.000 euro. Salta, quindi, completamente l'accessibilità diffusa degli investimenti per le piccole e medie imprese, ivi compreso il settore dell'artigianato e del commercio, che era stata proprio una caratteristica precipua delle ZES, prevista proprio per dare sostegno al piccolo imprenditore o alla media impresa che avevano la possibilità, utilizzando le ZES, di individuare un'area, ottenere il credito d'imposta e collegare direttamente quell'area alle infrastrutture come porti e aeroporti, in modo da garantire lo scambio delle merci.

Nessuna garanzia, inoltre, per gli interventi che hanno ottenuto fino adesso una prima ammissibilità. Abbiamo ricercato più volte nel testo una parola rassicurante, ma non abbiamo trovato nemmeno un rigo che dia certezza a quegli imprenditori che, fino adesso, avevano investito sulle ZES e ottenuto contatti rassicuranti, lettere, riscontri o un avvio confortevole del procedimento. Salta anche completamente il principio di sussidiarietà, dato che non vengono coinvolti né le regioni, né i comuni.

Anche sul tema del lavoro, la scelta di questo provvedimento è nefasta: non vi è alcuna stabilizzazione per i precari che in questi anni avevano lavorato nelle ZES, né alcun percorso per la valorizzazione delle competenze. E ci chiediamo in quest'Aula oggi: ma che Stato è quello che non garantisce il personale che ha formato, che non garantisce i percorsi che ha avviato, che non garantisce altresì i finanziamenti che ha promesso?

Il testo oggi all'esame dell'Aula è l'ennesima spallata vera alla credibilità del Governo.

Un'altra parte consistente del decreto-legge è quella relativa al Fondo sviluppo e coesione. Con una sola norma vengono assestati tre colpi ferali al Mezzogiorno. Innanzitutto, salta la certezza della distribuzione dell'80 per cento del Fondo sviluppo e coesione al Sud. A nostro giudizio, infatti, l'articolato sistema degli accordi di coesione, unitamente alla minaccia del definanziamento per il mancato rispetto del cronoprogramma e il diretto sostegno delle iniziative, a titolarità del Governo nazionale, anche in aree che non sono riconducibili direttamente al Mezzogiorno rappresentano un preavviso di scippo al Sud. La narrazione per cui il Sud non è in grado di spendere le risorse, quindi le destiniamo ad interventi a titolarità è l'assurdo corollario che sta alla base del testo ed è l'argomento con cui il Mezzogiorno negli anni si è visto distrarre proprie risorse. Serviva, in questo tempo, l'esatto opposto. Serviva aiutare le amministrazioni a rispettare il cronoprogramma, dotandole di personale adeguato, di professionalità, di strumenti agili, di procedure di gara trasparenti e di imprese qualificate.

Ed ancora, nessuna garanzia di copertura dei progetti avviati con il PNRR e definanziati dal Ministro Fitto lo scorso 27 luglio. Mancano, come dicevamo all'inizio, oltre 15 miliardi. Questo argomento, o meglio, questo taglio è stato anche al centro del dibattito di questi giorni da parte di tanti amministratori all'Assemblea annuale dell'ANCI, a Genova. I comuni che non sono stati coinvolti nella revisione e che, anzi, si ritrovano a subirla, cogliendo lo spirito riformatore del PNRR, hanno investito nel rapporto di fiducia con lo Stato, credendo nello Stato, investendo le proprie risorse e le proprie iniziative e azioni con il personale a disposizione, bandendo le gare e mandando avanti progetti, e oggi si ritrovano con un pugno di mosche in mano. Questa doveva essere l'occasione per garantire certezze ai comuni e certezze in ordine al recupero dei 15 miliardi, e invece neanche un rigo.

Ancora, nessuna verifica - e questa doveva essere l'occasione per farla - della circostanza che, a seguito del differimento del PNRR e dello storno del 27 luglio, venga garantito comunque il 40 per cento delle risorse al Sud. L'impressione che abbiamo è che in questo valzer tra spostamenti e differimenti - è un po' il gioco delle tre carte - sia saltato certamente il limite, la previsione del 40 per cento e al Sud con il PNRR andrà di meno. Noi, questo, Presidente, non lo permetteremo. In quest'Aula e fuori dall'Aula faremo una battaglia per controllare, centesimo per centesimo, le risorse che spettano al Mezzogiorno e non andremo indietro di un millimetro.

E ancora, tra i tagli al Sud che prevede il testo, c'è quello per noi più doloroso: saltano, infatti, completamente i 300 milioni per la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia. Signor Presidente, lo scorso anno abbiamo ricordato i 40 anni dall'approvazione della legge Rognoni-La Torre, quella legge frutto dell'intuizione di Pio La Torre e che gli costò la vita. Celebriamo l'ennesimo scivolone del Governo, invece, sui temi della legalità.

C'è un calo preoccupante nella lotta alla mafia e lo denunciamo dall'inizio di questa legislatura. Non è soltanto il tema dei provvedimenti che si votano, in questo settore è anche il segnale che diamo al mondo della criminalità organizzata. Sui beni confiscati alla mafia, il pugno deve essere durissimo. L'azione dello Stato deve essere ferma e inflessibile. Il Governo avrebbe dovuto sancire che quelle risorse non si toccavano, anzi avrebbe dovuto sancire che si spendevano subito in luoghi certi. Invece, condiamo questo storno delle risorse e dei beni confiscati alla mafia con un bel codice degli appalti che consente subappalti a cascata e affidamenti diretti. Sono veramente segnali preoccupanti.

Ma proprio perché questo è il segnale peggiore, al peggio non c'è fine, perché l'80 per cento dei beni confiscati alla mafia si trova nella mia regione e ci saremmo aspettati, in queste ore, un sussulto, una richiesta, un'istanza o, almeno, un comunicato del presidente della regione, Schifani, che era tenuto a difendere la dignità della sua terra e della sua isola. E invece, l'ennesimo silenzio che per noi è assordante.

L'articolo 17 del testo poi - vado verso le conclusioni - tratta il tema del servizio idrico. Anche qui ci saremmo aspettati che il Governo e l'intervento normativo facessero chiarezza sulle tante zone d'ombra nelle gestioni del servizio idrico al Sud. All'articolo 17, invece, addirittura, al comma 2, si consente la possibilità che una partecipata dello Stato, la SACE, garantisca le cauzioni delle imprese private per la regolare esecuzione di contratti pubblici. Insomma, usiamo le risorse dello Stato per dare una mano alle imprese private. Con questa stessa premura perché il Governo non interviene sugli 11 gestori del catanese che, senza gara, gestiscono il servizio idrico, lucrando profitti e capitale? Ancora, perché il Governo non interviene con la stessa solerzia sui temi che riguardano la Calabria, la Sicilia e l'altra parte del Mezzogiorno a proposito dei ritardi sulla rete fognaria e sui depuratori, che ogni mese ci costano sanzioni salatissime?

Su Lampedusa il collega Ricciardi ha fatto un intervento trattando degli aspetti che riguardano il tema dei migranti. Noi dall'inizio della legislatura abbiamo più volte chiesto risorse e risarcimenti per le imprese che fanno turismo, fanno accoglienza, risorse per gli edifici pubblici a Lampedusa. Finalmente arriva, dopo 12 mesi, un segnale da parte del Governo, ma c'è un grande assente sull'articolo che riguarda Lampedusa e il grande assente sono i trasporti. Sapete - lo dico ai rappresentanti del Governo - che oggi, per andare, ad esempio, a Linosa non basta un giorno di viaggio, perché l'aliscafo e la nave non partono con la coincidenza e bisogna pernottare a Lampedusa? Lo sapete che, spesso, non si può andare a Lampedusa e fare ritorno nello stesso giorno perché non c'è l'aereo di ritorno e bisogna per forza dormire una notte a Lampedusa? La situazione dei trasporti verso Lampedusa e Linosa è un disastro, condita da navi che sembrano quelle di 2 secoli fa, e certamente questo tema, quello dei trasporti, avrebbe dovuto essere affrontato con priorità. Ci preoccupa pure questo occhiolino strizzato contro le procedure ambientali. Lampedusa e Linosa non si toccano, c'è una storia di aree marine naturali protette, di lotta delle associazioni ambientaliste. Cancellare con un colpo di spugna le previsioni e le tutele ambientali certamente non può essere meritevole di apprezzamento.

Un altro taglio dolorosissimo è quello per le aree interne. Vengono eliminati 725 milioni per infrastrutture sociali e per le infrastrutture di comunità, in sostanza, le risorse per la tutela dei minori, per la tutela degli anziani e delle fasce più deboli nelle aree più fragili del nostro Paese.

Concludo, signor Presidente. Il provvedimento battezzato decreto Sud, a nostro giudizio, è un provvedimento che, come già accaduto con il decreto Lavoro dello scorso maggio, contraddice la sua denominazione e nei fatti fa l'esatto opposto. È un provvedimento iniquo e dannoso, che acuisce le diseguaglianze fra Nord e Sud ma anche quelle tra aree metropolitane e aree interne, non soltanto in termini di distribuzione delle risorse ma anche per i servizi e le opportunità, quelle opportunità che meritano le giovani generazioni del Mezzogiorno, troppo spesso tradite dai Governi del Paese e che, ahimè, oggi subiscono l'ennesimo oltraggio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Luca. Ne ha facoltà.

PIERO DE LUCA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ci troviamo oggi a discutere e ad avviare la discussione generale di un decreto che, come è stato ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto, per l'ennesima volta tradisce gravemente le premesse, indicate, peraltro, nel titolo stesso del provvedimento da parte del Governo. Ancora una volta, come per il decreto Lavoro, il Governo ha emanato all'interno di questo provvedimento una serie di norme gravemente lesive della stabilità, della dignità, della sicurezza dei nostri lavoratori nei luoghi di lavoro.

Anche questo è un decreto che, in realtà, si rivela anti-Sud, un decreto anti-Mezzogiorno ed è l'ennesimo atto ostile nei confronti di questo pezzo importante del Paese e nei confronti di quello che noi riteniamo debba essere sostenuto come battaglia di unità e coesione nazionale che il Governo mette in atto da ormai un anno a questa parte. Ricordiamo che nella precedente manovra di bilancio non si trovava l'indicazione della parola Sud, o Mezzogiorno, in alcun comma e in alcun articolo dell'intera manovra di bilancio. Solo grazie a un emendamento fatto approvare da noi, dal Partito Democratico, si era riusciti a prorogare una norma legata al credito d'imposta sul Mezzogiorno, nella precedente legge di bilancio. Da qualche mese a questa parte il Governo ha messo in atto una serie di provvedimenti che stanno ripercuotendo i propri effetti negativi, in modo evidente, soprattutto nei confronti del Mezzogiorno. Tagliare, come è stato fatto, peraltro con un sms arrivato all'improvviso a oltre 160.000 nuclei familiari - saranno 400.000 a regime - il reddito di cittadinanza, cioè una misura di sostegno minima per la sopravvivenza di migliaia di donne e di uomini, di famiglie, soprattutto nel Mezzogiorno, senza alcuna alternativa reale, concreta, sostenibile per aiutarle nelle condizioni di vita, di difficoltà e di fragilità quotidiane in cui si trovano a vivere, che sono state acuite dal vostro provvedimento, soprattutto nel Mezzogiorno, è stato evidentemente un atto di attacco violento alla coesione sociale di un intero pezzo del Paese che è rappresentato dal Mezzogiorno d'Italia. Lo avete fatto senza mettere in campo alternative reali, senza mettere in campo alternative reali di sostegno e supporto a queste famiglie, né di orientamento e formazione per agevolare l'ingresso in un percorso lavorativo e occupazionale. Nulla di tutto questo è stato fatto finora, creando, evidentemente, difficoltà soprattutto alle famiglie del Mezzogiorno d'Italia.

Lo stesso per quanto riguarda il Fondo affitti. Non è stato rifinanziato il Fondo affitti e anche questa è una misura che tocca 630.000 famiglie, soprattutto giovani, soprattutto nel Mezzogiorno.

Così come il taglio al Fondo per le disabilità, un'altra misura che provoca tensioni enormi, soprattutto alle famiglie che hanno minori risorse economiche, e sappiamo bene che purtroppo il reddito pro capite nel Mezzogiorno è più basso di quello di altre aree del Paese e le aree di marginalità e di fragilità sono, purtroppo, ancora oggi maggiori; purtroppo, ma questa è la realtà. Allora bisogna intervenire in senso opposto, non con tagli lineari.

Da ultimo, 600 milioni di euro di tagli agli enti territoriali, comuni, province e regioni, sono un'altra mannaia che si abbatte sulle amministrazioni locali, che sono i principali terminali per l'erogazione dei servizi ai cittadini, fondamentali, soprattutto nelle politiche sociali, soprattutto per quelle politiche che servono ad assicurare la tenuta e la coesione sociale nei nostri territori, in particolare nel Mezzogiorno. L'ultimo taglio che è stato annunciato nella manovra di bilancio è un altro colpo mortale alla capacità degli enti territoriali di poter svolgere il proprio lavoro e di poter prestare i propri servizi ai cittadini, soprattutto nel Mezzogiorno, lì dove c'è maggiore esigenza e maggiore bisogno di un intervento dello Stato, di un intervento del pubblico, di un intervento dei comuni, delle province e delle regioni per aiutare le famiglie maggiormente in difficoltà.

Ma non è tutto. Questo è un pezzo del lavoro che avete fatto contro il Mezzogiorno. C'è un provvedimento, una grande misura sulla quale noi vi abbiamo chiamato a una sfida insieme, da svolgere insieme, in comune, ed è l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ne abbiamo discusso in tante occasioni, l'Italia, non la destra o la sinistra, non il centrodestra, non il centrosinistra, non il Partito Democratico, non le forze di maggioranza al Governo, l'Italia intera ha un'occasione storica dinanzi ad essa. Grazie a oltre 200 miliardi di euro di risorse ottenute con un lavoro che avevamo fatto nella precedente legislatura, con i Governi progressisti, qui, in Italia, concluso dal Governo Draghi in Italia e a Bruxelles, ci sono risorse straordinarie, mai avute finora dal nostro Paese, per intervenire nella digitalizzazione del Paese, nella tenuta sociale, nel rafforzamento delle reti infrastrutturali, nel rafforzamento delle politiche per l'ambiente, per l'efficientamento energetico dei nostri edifici, e soprattutto interventi destinati ai comuni, ai territori, alle periferie. Da ultimo, ad agosto, dopo mesi di scaricabarile, dopo mesi di tensione in cui siete stati più occupati ad accentrare la governance, anche lì, a Palazzo Chigi, del Piano piuttosto che ad attuare i progetti di investimento, di riforme e di infrastrutture previsti, voi avete deciso di tagliare 16 miliardi di euro, di cui oltre 13 di progetti rivolti alla riqualificazione dei nostri territori e delle periferie.

Progetti che riguardavano tutto il Paese, ma, in particolar modo, il Mezzogiorno e che avranno e dovrebbero avere un impatto decisivo, in particolar modo, nel Mezzogiorno. Penso al progetto di riqualificazione delle vele di Scampia, per dirne una, a Napoli. Progetti già finanziati: per la prima volta nella storia, avevamo le risorse, abbiamo ancora oggi le risorse, e il Governo decide, invece, di tagliarle per dirottarle altrove, senza occuparsi, peraltro, dei danni e dei rischi che questo sta provocando sui bilanci dei comuni che già avevano avviato i progetti di investimento previsti o delle aziende che già avevano avviato i lavori a seguito di un affidamento e senza occuparsi del tema dell'impatto che questi tagli avranno sulle comunità che erano interessate, invece, ai progetti di riqualificazione, che aspettavamo da decenni. Certo che li aspettavano da decenni, ma oggi c'era l'occasione di portarli avanti e, da questo punto di vista, vi chiediamo, ancora una volta, di ritornare indietro, perché la scelta che avete fatto è dannosa e incomprensibile, e i danni saranno pagati non dal Partito Democratico, ma dai cittadini del nostro Paese.

Volete dare risposte alle aree di marginalità, a Caivano, ad altre realtà? Dovete farlo investendo, con le risorse che ci sono, nelle reti sociali, nelle scuole, nelle palestre, negli asili, nella riqualificazione delle aree più marginalizzate del nostro territorio. Se tagliate quelle risorse, come pensate di poter affrontare e dare risposta a queste problematiche? È chiaro che state facendo l'esatto opposto, penalizzando, in particolar modo, il Mezzogiorno.

Avete soppresso l'Agenzia per la coesione e, ancora oggi, si stanno completando le procedure di trasferimento del personale a Palazzo Chigi. Sono bloccati i progetti che, in realtà, erano già in fase avanzata, come quelli citati anche prima dal collega Barbagallo, sulla valorizzazione dei beni confiscati alla mafia, per i quali sono previsti oltre 300 milioni di euro nel PNRR che voi avete cancellato. E, soprattutto, avete cancellato, nell'ultima modifica del PNRR, 500 progetti di investimento in case e ospedali di comunità in tutto il territorio nazionale. Anche questo taglio si ripercuote in tutto il Paese, ma anche e, soprattutto, nel Mezzogiorno d'Italia, dove c'è maggiore esigenza, e lo sa bene chi mi ascolta, nonostante l'assenza (che noi denunciamo ancora una volta, come ha fatto il nostro collega) di esponenti o rappresentanti della Lega, che, francamente, è inaccettabile oggi che si discute un decreto fondamentale per l'intero Paese, non solo per il Mezzogiorno.

In questo contesto, il Governo decide di intervenire con un ulteriore decreto. Noi immaginavamo che, a questo punto, dopo i disastri messi in campo in questi mesi di Governo, forse passandosi una mano sulla coscienza, come si suol dire, il Governo stesso decidesse di adottare un provvedimento che, finalmente, ponesse rimedio ai tagli, alle difficoltà che si sono acuite nel Mezzogiorno d'Italia, che avete acuito in questi mesi di Governo. E, invece, ritroviamo un provvedimento che va nella direzione esattamente opposta: invece di sbloccare 26 miliardi di euro di risorse destinate al Mezzogiorno in fondi per lo sviluppo e la coesione, già ripartiti da varie delibere CIPESS, fondi fondamentali, decisivi per intervenire nella riqualificazione del nostro territorio, investimenti nelle politiche sociali, investimenti nelle infrastrutture, per poter utilizzare anche, con una percentuale di cofinanziamento, i fondi strutturali europei, voi, ancora oggi, fate l'esatto opposto di quello che era necessario fare: complicate, rallentate, insabbiate, appesantite la possibilità di utilizzare queste risorse, che, peraltro, ancora oggi, non vengono erogate alle regioni interessate.

Sono risorse, lo ricordiamo, della programmazione 2021-2027. Siamo a fine 2023: che cosa aspettate a dare queste risorse alle regioni del Mezzogiorno? Questa è la domanda semplice che vi poniamo. Tali risorse, per legge, sono destinate, per l'80 per cento, alle regioni del Mezzogiorno e, per il 20 per cento, ad altri territori del Paese per recuperare le distanze, i divari, il gap di competitività di servizi, di diritti, di opportunità di quest'area del Paese rispetto ad altre aree d'Italia, per ricucire le fratture e le distanze che, purtroppo - sì, purtroppo -, ancora oggi, esistono nel nostro Paese.

Questa è la prima domanda che vi poniamo: erogate immediatamente queste risorse alle regioni. La burocratica procedura complessa che avete immaginato e avete previsto in questo decreto renderà ancora più lenta non solo l'erogazione, ma anche l'utilizzo di queste risorse per i nostri cittadini.

Avete previsto la necessità di un accordo di coesione, in cui dovrebbero partecipare non solo le regioni interessate, con il Ministro Fitto, ma anche altre amministrazioni nazionali interessate che non sono specificate nel testo, prevedendo un cronoprogramma che ipotizza un definanziamento delle risorse non utilizzate, anche se i ritardi non sono imputabili all'amministrazione che ha avuto le risorse, anche se sono imputabili, semmai, ad altre amministrazioni; si ipotizza un possibile definanziamento senza sapere cosa succede alle risorse, immaginando di distribuire le risorse, che vengono definanziate, ad altre aree del Paese, violando il rispetto di quel principio sacrosanto indicato, peraltro, nella legge di ripartizione territoriale: 80 per cento al Sud e 20 per cento al Nord.

Avete rigettato in Commissione un nostro emendamento specifico al riguardo, che mirava a chiedervi di garantire con assoluta certezza che queste risorse rispettassero la ripartizione territoriale prevista dalla legge. Avete votato contro questo emendamento, facendo capire che, in realtà, c'è l'ipotesi, che voi avete messo in campo e avete tenuto nel novero delle opzioni possibili, di ripartire, alla fine, queste risorse in modo differente da quello per cui sono destinate da un punto di vista normativo e legislativo. Noi non ve lo consentiremo. Sono risorse destinate al Mezzogiorno e al Mezzogiorno devono rimanere. È questo il senso di tanti emendamenti che abbiamo presentato al provvedimento, molto concreti, molto puntuali, non demagogici e non propagandistici, ma sui quali voi avete dato risposte, invece, demagogiche e propagandistiche nel momento in cui li avete rigettati senza una ragione reale.

C'è, poi, il tema - e mi avvio a conclusione - delle cosiddette zone economiche speciali. Che cosa sono queste zone economiche speciali per fare chiarezza? È uno strumento, quello delle ZES, creato dal Governo Gentiloni nel 2017, che mira a garantire, in alcune aree legate da un nesso logico-funzionale con le aree portuali e retroportuali - quindi, aree di carattere economico, industriale, logistico, commerciale - di poter sostenere e incentivare l'attrazione di investimenti per creare sviluppo e, soprattutto, lavoro, perché, se non si crea lavoro nel Mezzogiorno, non si creano le condizioni per dare futuro a centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi, che ancora oggi sono costretti, purtroppo, a fuggire dal Sud, perché non trovano condizioni e opportunità di lavoro sicure e dignitose nel Mezzogiorno d'Italia.

C'erano tre pilastri su cui le ZES si fondavano e si fondano, ancora oggi, prima della modifica che voi avete immaginato di realizzare: semplificazione amministrativa e burocratica, incentivazione fiscale e rafforzamento delle infrastrutture dei territori interessati per consentire, a regime, di avere un territorio con maggiori investimenti industriali, commerciali, logistici, occupazionali, che potessero creare sviluppo nelle aree del territorio che, ovviamente, sono più in ritardo rispetto ad altre aree del Paese. Voi, in questo provvedimento, sotto la finta denominazione di una ZES unica, ingannando l'Italia, sostanzialmente, con un gioco delle tre carte e un grande bluff in cui dite che ampliate a tutto il Mezzogiorno la ZES, in realtà, state cancellando la ZES che abbiamo costruito in questi anni, quello strumento che ha portato risultati e che cominciava a portare risultati importanti.

Io voglio ricordare, come è stato fatto nelle scorse ore, forse il più emblematico dei risultati ottenuti finora da quando sono entrate a regime e sono in vigore le zone economiche speciali: la capacità e la soluzione della crisi della ex Whirlpool, in cui 312 lavoratori sono stati finalmente salvati. È stata garantita la continuità occupazionale grazie al sostegno e al supporto della zona economica speciale della Campania, che ha consentito a un'azienda, la Tea Tek, di rilevare il sito e lo stabilimento ex Whirlpool grazie agli incentivi fiscali, economici e al sostegno burocratico e amministrativo che la ZES in Campania, così come nelle altre regioni, ha assicurato all'azienda subentrata all'ex Whirlpool. Abbiamo dato la possibilità di assicurare un futuro a 312 lavoratrici e lavoratori dell'ex Whirlpool grazie alle zone economiche speciali attuali.

Voi avreste dovuto rafforzare quello strumento, così come era previsto oggi, altro che cancellarlo! Infatti, state cancellando l'opportunità di salvare altre aziende come l'ex Whirlpool. Questo state facendo, perché state complicando da un punto di vista amministrativo e burocratico la possibilità di utilizzare questo strumento, accentrando, ancora una volta, anche per le ZES, a Palazzo Chigi, con una struttura di missione alle dipendenze del Ministro Fitto, la possibilità di autorizzare nuovi progetti di attività economica che si dovessero sviluppare nei prossimi anni nel Mezzogiorno. Mi spiegate come fanno 60 persone - 60 persone -, pur zelanti, pur bravissime, ipercompetenti, a Roma, in una struttura di missione, ad autorizzare migliaia e migliaia di progetti di investimento che dovessero arrivare come richieste a Palazzo Chigi, nei prossimi anni, da tutto il Mezzogiorno d'Italia? Mi spiegate come è possibile?

Abbiamo fatto un calcolo perché, su 300 autorizzazioni ad attività nelle aree ZES che dovrebbero essere rilasciate entro quest'anno, per un territorio che è di 500 volte inferiore rispetto a quello che dovrebbe essere riguardato dall'ampliamento a tutto il Mezzogiorno, in proiezione le autorizzazioni che dovrebbero essere assicurate ogni anno da questa struttura di missione sarebbero circa 15.000. Ciò vuol dire che questa struttura di missione dovrebbe rilasciare 5-6 autorizzazioni l'ora nei prossimi anni per attività che si dovranno aprire nel Mezzogiorno d'Italia. Vi pare una cosa verosimile, sì o no? A noi pare una cosa inventata, che non sta in piedi e che non regge. Tutto si risolverà in un blocco totale di questo strumento che aveva da ultimo consentito - lo ripetiamo - di salvare 312 posti di lavoro nell'ex Whirlpool.

Come è possibile immaginare una soluzione del genere? Come è possibile immaginare una soluzione che blocca, nella sostanza, la possibilità di fare impresa, peraltro immaginando di commissariare le regioni del Mezzogiorno, di commissariare i soggetti competenti a governare il territorio e a orientare le politiche industriali, economiche e di sviluppo dei nostri territori? È questa la ragione per la quale l'autorizzazione, che voi avete immaginato debba essere rilasciata dalla struttura di missione, addirittura potrebbe andare in variante agli strumenti urbanistici. Per noi la struttura di missione, con le autorizzazioni e le competenze che le avete attribuito, è incostituzionale, perché viola l'articolo 117 che attribuisce alle regioni il governo del territorio e la decisione sui progetti d'investimento strategici da fare nei singoli territori. Allora, state immaginando di commissariare il Sud, con la mano destra lo commissariate e con la mano sinistra, invece, tagliate, nella vostra logica, risorse per servizi, per fondi, per politiche relative a scuola e a sanità, per politiche sociali e per il trasporto pubblico locale attraverso la vostra proposta di autonomia differenziata. Allora, è evidente che questo strumento non regge, non regge come elemento di semplificazione, perché complicherà, rallenterà o renderà impossibile investire nel Mezzogiorno.

Ma avete fatto di più, perché avete cancellato anche quell'incentivo fiscale unico che caratterizzava, in modo fondamentale e decisivo, la zona economica speciale, cioè il dimezzamento dell'IRES sulle nuove attività economiche che si aprono nelle aree ZES del Mezzogiorno d'Italia, estendendo a tutto il Mezzogiorno quest'idea, che, in realtà, diventa una scatola vuota, di una ZES unica. Così rimane solo il titolo della ZES ma non resta la sostanza. Voi avete eliminato l'unico incentivo fiscale vero che permetteva alle aziende di avere uno stimolo forte all'investimento nel Mezzogiorno, ossia il dimezzamento dell'IRES, cioè della tassazione sulle imprese per le nuove attività economiche per i 6 successivi periodi di imposta rispetto all'apertura dell'attività economica, misura che noi avevamo previsto grazie al Ministro Gualtieri. Era frutto di una proposta di legge a mia prima firma, con un emendamento firmato nella legge di bilancio dal Ministro Gualtieri, con due condizioni che avevamo inserito al suo interno: l'obbligo di non delocalizzare per i successivi 10 anni lo stabilimento o la sede dell'attività che si apriva nel Mezzogiorno e l'obbligo di non ridurre i livelli occupazionali di quell'attività per la quale si otteneva il beneficio del dimezzamento dell'IRES. Era una norma fondamentale per attrarre investimenti ed evitare le delocalizzazioni selvagge o abusive. Avete cancellato tutto, non c'è più nulla!

Oggi non c'è più un incentivo che porterebbe le aziende a investire nel Mezzogiorno. Resta solo il credito di imposta, che voi, diciamo, fingete che sia un credito d'imposta ZES ma, in realtà, è semplicemente la proroga dell'attuale credito di imposta che già esiste per gli investimenti nel Mezzogiorno, peraltro finanziato con risorse inferiori - pari o inferiori - a quelle attualmente previste. Questo è quello che rimane di un titolo di una scatola vuota, la ZES unica. Di unico rimane solo l'accentramento che fate, lo spodestamento dei poteri amministrativi rispetto ai commissari attualmente vigenti, ma non c'è più nulla che consenta di sostenere gli investimenti di aziende o l'apertura di nuove attività economiche nel Mezzogiorno. Avete distrutto questo strumento e questa opportunità di investimento nel Mezzogiorno e ve ne dovete assumere la responsabilità.

Allora, noi vi chiediamo di ripristinare gli strumenti e gli incentivi, quantomeno fiscali, esistenti. Vi abbiamo chiesto una cosa semplice: non condividendo l'accentramento che avete fatto, lasciate le strutture commissariali attualmente presenti sui territori, che stanno funzionando, perché altrimenti dovreste moltiplicare - non per 10 ma di più - le unità di personale che avete attualmente previsto. Sono 60 e ne servirebbero 660 per far fronte alle esigenze a cui dovreste potenzialmente far fronte o a cui dovrebbe far fronte questa struttura di missione.

Ci sono tante ragioni per le quali noi stiamo contestando con forza questo decreto anti-Sud, questo decreto anti-Mezzogiorno che avete adottato, che non ha una logica se non quella di accentrare le decisioni sui progetti di investimento futuri, peraltro mortificando e tenendo fuori da queste opportunità di sostegno la maggior parte - circa l'80 per cento - delle piccole e medie imprese, perché avete previsto un limite alla possibilità di usufruire anche del credito d'imposta già oggi esistente, che è quello di 200.000 euro per investimenti minimi, cosa che tiene fuori la maggior parte delle piccole e medie imprese che investono nel nostro territorio, quindi cancellando i benefici per gli investimenti nel Mezzogiorno, cioè un pezzo rilevante dell'economia del Paese.

Per tutte queste ragioni noi vi chiediamo davvero di ripensarci e di accogliere gli emendamenti. Avete messo la fiducia - mi rendo conto - per cui, anche in questo caso, per l'ennesima volta si mortifica il dibattito parlamentare e avete deciso di rigettare tutti gli emendamenti proposti in Commissione. Continueremo la battaglia, la continueremo in Aula con gli ordini del giorno, la continueremo nell'altro ramo del Parlamento, la continueremo nel Paese e nelle piazze, perché state distruggendo il futuro di un pezzo rilevante del Paese e state mettendo in discussione, quindi, l'unità e la coesione nazionale, nonché la tenuta della Nazione. Altro che Nazione! Voi la state distruggendo e la state spaccando questa Nazione, che vi vantate di voler difendere e rappresentare. State facendo l'esatto opposto e noi faremo tutto quello che è consentito, nel nostro ruolo di opposizione, per impedirvelo.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Francesca Ghirra. Ne ha facoltà.

FRANCESCA GHIRRA (AVS). Grazie, Presidente. Signora Sottosegretaria, colleghe e colleghi, il decreto in esame reca disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione. È caratterizzato da un contenuto disorganico ed eterogeneo. Si compone, infatti, di 23 articoli le cui previsioni spaziano dalla crescita e dal consolidamento economico delle aree meridionali del Paese all'attuazione del PNRR, dall'istituzione di un'unica zona economica speciale per il Sud al ricorso a un nuovo piano di assunzioni, dal ricorso ai contratti istituzionali di sviluppo a interventi in favore dei comuni di Lampedusa e Linosa, fino alla gestione dei flussi migratori e all'istituzione dei centri di permanenza per i rimpatri.

Presidente, l'abbiamo già sottolineato durante la presentazione della questione pregiudiziale: questo decreto, come i tanti già approvati da questa Camera, che superano il numero di 40, su cui è stata quasi sempre posta la questione di fiducia, così come accadrà anche oggi, è del tutto incoerente con il principio di omogeneità, che ha trovato la sua consacrazione nell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, laddove si afferma che i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.

A suffragare l'eterogeneità del provvedimento vi è, peraltro, la necessità, prevista nel suo iter legislativo, di dover acquisire il parere di tutte le Commissioni parlamentari, eccetto, incomprensibilmente, quello della Commissione affari esteri e comunitari. Un tale primato lo vanta solo la legge di bilancio. Dovreste davvero riflettere sull'abuso improprio, peraltro, della decretazione di urgenza. Cosa contiene di necessario e urgente questo provvedimento, con cui si esautora per l'ennesima volta il Parlamento della propria precipua funzione legislativa, confermando nuovamente la deriva monocamerale del procedimento legislativo, in spregio all'ordinamento del nostro Paese? Con questo provvedimento il Governo prosegue nel solco di un'intollerabile e inopportuna prassi, che, contravvenendo a quanto stabilito dall'articolo 77 della Costituzione, ha comportato, negli anni, un costante sviluppo degenerativo della decretazione d'urgenza, sfociato in un profluvio di provvedimenti che spesso avevano poco a che fare con eventi - come direbbe Zagrebelsky - nei quali occorre legiferare con un grado di tempestività che il normale procedimento legislativo non è in grado di assicurare e che attenta a quel delicato equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo, che in una forma di governo parlamentare dovrebbe stare alla base di una corretta dialettica istituzionale.

Passando alla disamina degli articoli del provvedimento, devo sottolineare che con l'intero Capo I, con cui si rimodula l'attribuzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2021-2027, per compensare quanto verrà tagliato con la revisione di molti dei progetti del PNRR, il Governo non fa altro che confermare le risorse già destinate per l'80 per cento allo sviluppo del Sud. Peraltro, si limita l'uso dei contratti istituzionali di sviluppo alla realizzazione di interventi finanziati con il Fondo per lo sviluppo e la coesione, quando oggi quei contratti coprono interventi finanziati con risorse nazionali ordinarie, comunitarie e del Fondo. Rappresentano lo strumento per accelerare progetti di infrastrutturazione e sviluppo economico, produttivo e imprenditoriale, turismo, cultura e valorizzazione delle risorse naturali, ambiente, occupazione e inclusione sociale. Voi, invece, lo limitate.

Con le previsioni dal Capo III, che istituiscono, a decorrere dal primo gennaio 2024, una nuova ZES unica per il Mezzogiorno di durata triennale, da una parte, si cancellano, con un tratto di penna, le 8 ZES esistenti, e, dall'altra, con la previsione della loro gestione da parte di una struttura di missione - l'ennesima cabina di regia - le cui decisioni di governance verranno accentrate alla Presidenza del Consiglio dei ministri, vengono ulteriormente emarginati tutti quei territori già fortemente compromessi dal processo di attuazione dell'autonomia differenziata.

Dunque, anche quest'ultimo provvedimento, nonostante il titolo, va contro gli interessi di cittadine e cittadini che vivono nell'area più in difficoltà del paese, smascherando la strategia di un Governo che non ha alcuna intenzione di investire nel Mezzogiorno, né tanto meno di risolvere la sua crisi sociale sempre più acuta, danneggiando, in questo modo, l'intero Paese, che avrebbe bisogno, per crescere in maniera solida e strutturale, di ridurre diseguaglianze e divari territoriali e rilanciare innanzitutto le zone più svantaggiate.

La ZES unica più grande del mondo, così l'ha definita la relatrice, la collega Lucaselli; ma siamo sicuri che l'Europa non avrà niente da dire su questa nuova ZES unica? Voglio ricordare che per Zona economica speciale si intende una zona geograficamente limitata e chiaramente identificata, nella quale le aziende già operative e quelle che si insedieranno possono beneficiare di speciali condizioni per gli investimenti e per lo sviluppo. Siamo sicuri che una ZES unica per il Mezzogiorno, comprendente i territori delle regioni Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna, possa favorire una programmazione integrata e coordinata, non perdendo le specificità territoriali, come recita la relazione del decreto? Siamo sicuri che una ZES unica consentirà di massimizzare l'impatto competitivo dell'intero Mezzogiorno con il suo già rilevante apparato produttivo nello scenario internazionale? Che si riuscirà a valorizzarne il potenziale nelle sue molteplici articolazioni settoriali e territoriali, con il riconoscimento di eguali chance di sviluppo a tutti i territori dell'Italia meridionale e a tutte le imprese già insediate nel Sud o che in esso volessero insediarsi? Ho seri dubbi in merito.

L'individuazione di una ZES unica per il Mezzogiorno, si legge ancora, si giustifica anche in ragione delle rilevanti difficoltà strutturali che interessano, più in generale, l'intera area, che continua a rimanere in ritardo di sviluppo rispetto alla media dell'Unione europea, come evidenziato dai principali indicatori macroeconomici. Estendendo la zona ammessa ai benefici a tutto il territorio del Mezzogiorno si supera, inoltre, la centralità attribuita alle aree portuali e si apre uno spazio per una razionalizzazione e uno sviluppo del sistema delle agevolazioni fiscali. Ma ne siamo davvero sicuri? Ne siete davvero sicuri?

In ordine alla governance delle zone economiche speciali, poi, si rileva che l'attuale sistema non risulta funzionale rispetto allo scopo della disciplina che le ha istituite, vale a dire la promozione dello sviluppo delle regioni del Mezzogiorno, in una strategia unitaria di rilancio del sistema produttivo. Pertanto, per la ZES unica per il Mezzogiorno si è ritenuto opportuno introdurre anche un nuovo sistema di governance con l'istituzione di una struttura di missione ad hoc e la ridefinizione degli adempimenti procedurali, con l'approntamento di un nuovo sportello unico telematico e la predisposizione di un nuovo procedimento autorizzatorio, strutturato sulla base del nuovo sistema unitario della ZES e della nuova governance.

Ecco qua, spariscono le 8 ZES esistenti e si accentra, ancora una volta, la gestione su una cabina di regia che dipende dalla Presidenza del Consiglio. Quale sarà, quindi, il risultato, al di là delle dichiarazioni propagandistiche su un millantato rilancio del Sud, se non l'ulteriore emarginazione di tutti quei territori già oggi estremamente svantaggiati? La verità è che questo disegno opera, ancora una volta, contro il Mezzogiorno e contro il Paese che non può permettersi divari territoriali così grandi. E sapete benissimo che l'emendamento sulle isole, approvato in Commissione, è solo uno specchietto per le allodole: il vostro disinteresse per il Sud e soprattutto per le isole emerge in maniera preoccupante da questo decreto, come dalla manovra finanziaria, con buona pace di chi pensava che l'inserimento del principio di insularità in Costituzione potesse determinare nuovi scenari di sviluppo per i nostri territori più isolati e periferici.

La presidente Meloni sostiene di aver approvato una manovra finanziaria seria e realistica, ma la prudenza del Governo è ancora una volta sbilanciata su ricchi e potenti, che potranno continuare a non pagare le tasse e a non contribuire al buon funzionamento del sistema Paese: indebitamento, privatizzazioni, austerità non saranno sufficienti a garantire servizi adeguati.

Infatti, nonostante i 3 miliardi aggiuntivi, le risorse per la sanità continuano a essere insufficienti. Il taglio del cuneo fiscale serve a ben poco, se non si interviene sull'aumento degli stipendi e sul salario minimo. In contraddizione con la sua stessa propaganda, il Governo non intende abolire la Fornero e ipotizza, addirittura, quota 104.

La stretta su pensioni anticipate, APE sociale e Opzione donna è in totale antitesi con le promesse elettorali. Il Parlamento, continuamente esautorato dagli innumerevoli decreti necessari e urgenti, sarà messo all'angolo anche sulla più importante legge dello Stato. Il Governo ha già annunciato, infatti, che non saranno ammessi emendamenti di maggioranza e tanto meno di minoranza, ma su questa manovra finanziaria, che il Governo, ripeto, definisce seria e realistica, ci sono già state le prime levate di scudi.

Dopo il grido di allarme dell'onorevole Costa, tra i promotori dell'introduzione del principio di insularità in Costituzione e oggi presidente della commissione insularità nel Consiglio regionale della Sardegna, che, nella giornata di martedì, ha denunciato, durante l'audizione alla Commissione bicamerale insularità, che, nel decreto Sud non si faceva alcun cenno al principio di insularità, è stata approvato in Commissione un emendamento, che prevede, senza risorse aggiuntive, una priorità per Sicilia e Sardegna, un contentino privo di reale efficacia che cerca di nascondere il reale disinteresse del Governo.

Cosa accadrà con la legge finanziaria davanti alla disperazione dei nostri sindaci? Per la prima volta, dopo sette anni, dopo i 16 miliardi sottratti per i progetti del PNRR, la manovra finanziaria taglia, per 300 milioni l'anno, i fondi ai comuni e ai servizi che dovranno erogare.

All'assemblea nazionale dell'ANCI non ve l'ha certo mandata a dire il Presidente Decaro. E il Presidente Mattarella, che considera i comuni un avamposto della democrazia sui territori da difendere con ogni mezzo, ha ricordato che alle amministrazioni locali viene chiesto spesso di intervenire come pronto soccorso, di decidere in fretta, senza avere la certezza delle risorse necessarie ad affrontare le emergenze, dalle calamità naturali ai flussi migratori.

Il giornale della mia città, L'Unione Sarda, ieri titolava: tagli, la rivolta dei sindaci sardi, dal Governo un miliardo in meno, servizi penalizzati, sarà allarme sociale.

La Sardegna avrà 250 milioni di euro in meno ogni anno, mettendo a rischio scuola e servizi. Prima il definanziamento del PNRR, che, sulla Sardegna, pesa 500 milioni di euro, ora il taglio dei trasferimenti per un miliardo per le annualità 2024-2028. Come sarà possibile garantire i servizi essenziali, scuole, strade e trasporto pubblico locale? Persino alla regione dal vostro stesso colore politico, per il tramite dell'assessore alla programmazione, ha preso le parti dei comuni. Come pensate di rispondere ai nostri sindaci, che state mettendo in enorme difficoltà con tutte le vostre politiche, che si tratti di servizi ai cittadini o di gestione dei flussi migratori? Pensate davvero che realizzare nuovi CPR, così come obbligare i sindaci a strutturare nuovi hub per l'accoglienza nei porti individuati senza criterio, senza dare a nessun porto risorse aggiuntive, possa fare aumentare il vostro consenso?

Tornando al decreto, Presidente, il Capo V detta misure in materia di trattenimento degli stranieri, di realizzazione di strutture di accoglienza, permanenza e rimpatrio. Il genio militare dovrebbe allestire altri 12 CPR, selezionati tra caserme dismesse, basi missilistiche, aeroporti in località scarsamente popolate, facilmente recintabili e sorvegliabili, dove i migranti, che entrano illegalmente nel nostro Paese, possano essere trattenuti oltre il limite massimo consentito dalle attuali normative europee. Peraltro, tutte le strutture saranno inquadrate come opere destinate alla difesa nazionale, assoggettate, quindi, a uno speciale regime derogatorio in materia urbanistica ed edilizia.

Chissà che capolavori di architettura avete in mente per rinchiudere bambini, donne e uomini che approdano sulle nostre coste con l'ambizione di vivere una vita dignitosa, dopo aver affrontato viaggi terribili e sofferenze indicibili.

Se non lo avete fatto, vi suggerisco di andare a vedere l'ultimo film di Matteo Garrone “Io capitano”, premiato a Venezia con il Leone d'Argento per la migliore regia e scelto per rappresentare l'Italia nella corsa agli Oscar, che racconta chi siano questi terribili criminali che volete sbattere dietro le sbarre. Andate a vederlo! Potrebbe essere estremamente formativo e, magari, vi porterebbe a cambiare atteggiamento verso i migranti, ma anche verso quei tiranni con cui vi vantate di siglare accordi.

Questo decreto è l'ennesimo che prevede, ancora una volta, misure punitive verso gli stranieri, che dovreste, invece, accogliere. Prevede, infatti, che il limite massimo di trattenimento di persone che abbiano commesso un illecito amministrativo - lo ripeto, un illecito amministrativo, che, peraltro, verrà anche depenalizzato probabilmente -, passi da 6 a 18 mesi oltre il limite consentito dalle attuali normative europee.

Il termine iniziale di permanenza diventa di 3 mesi, anziché di 30 giorni. Il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori 3 mesi, anziché 30 giorni. Può poi prorogare ancora, sempre su richiesta del questore per ulteriori 3 mesi, anziché 30 giorni. Sapete bene che il 55 per cento delle persone che passano dai CPR non viene rimpatriata, come sapete bene che ingabbiare gli stranieri a tempo pressoché indeterminato non farà aumentare i rimpatri. I CPR dovrebbero essere luoghi di trattenimento del cittadino straniero, in attesa dell'accertamento delle condizioni per il rilascio del diritto di asilo o di esecuzione dei provvedimenti di espulsione. Sappiamo tutti che assomigliano più a luoghi di detenzione che a luoghi di accoglienza e che la previsione di un allungamento del termine di trattenimento starà lesiva dei diritti della persona costituzionalmente riconosciuti, qualora la custodia e l'accoglienza si trasformi in detenzione. E sarà così.

E dire che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 105 del 2001 ha messo nero su bianco che il trattenimento amministrativo dello straniero in vista dell'espulsione è una forma di privazione della libertà personale sancita dall'articolo 13 della Costituzione. La direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008 parla chiaramente di procedure di rimpatrio da eseguire nel rispetto dei diritti fondamentali e degli obblighi previsti in materia di rifugiati e diritti dell'uomo.

A cosa serve allora aumentare a dismisura i tempi di reclusione, se non si può e non si deve scalfire il carattere universale della libertà delle persone in quanto esseri umani? Come pensate di rispettare la nostra Carta costituzionale se è evidente la possibilità che lo straniero, che sta scontando una pena presso le strutture carcerarie per un periodo di sei mesi, possa essere trattenuto in un centro di permanenza per il rimpatrio, favorendo la promiscuità tra incensurati e malviventi. La verità è che non vi interessa trovare soluzioni, strutturali e politiche, di accoglienza adeguate e di prospettiva. A voi interessano solo le politiche repressive e punitive, inutili a dare risposte e a risolvere i problemi, ma funzionali a portare avanti la vostra becera propaganda contro l'invasione, specie se si tratta di persone con la pelle scura. Del resto, lo sappiamo che l'uomo nero rientrano da sempre nell'immaginario dalla paura, ma a noi l'unico nero che fa paura e quello delle vostre politiche, fasciste e razziste (Proteste del deputato Mura). Chiudo con un riferimento al blitz notturno di martedì, con cui i relatori poco prima della mezzanotte hanno cercato di far passare una norma …

PRESIDENTE. Collega Ghirra, evocare le politiche fasciste … magari, insomma, eviterei.

FRANCESCA GHIRRA (AVS). E' una mia opinione personale.

FRANCESCO MURA (FDI). Il punto è che non è un'opinione personale. Il problema è quello.

FRANCESCA GHIRRA (AVS). E' una mia opinione personale.

PRESIDENTE. Vada avanti.

Onorevole, ci penso io …

FRANCESCA GHIRRA (AVS). Hanno cercato di far passare una norma che considerava impianti energetici opere correlate alla difesa nazionale, facendo sì che i lavori per la costruzione di centrali, rigassificatori e gasdotti potessero procedere in totale deroga alle norme urbanistiche ed edilizie, essere presidiati dai militari per la loro realizzazione e sorveglianza. Un vero golpe. Fortunatamente, l'opposizione di colleghe e colleghi - primo fra tutti il nostro Marco Grimaldi - ha fatto sì che questo abominio venisse ritirato e se, in realtà, come diceva la collega Lucaselli si trattava di altro, se l'obiettivo era diverso, l'avreste dovuto scrivere in maniera differente. Presidente, colleghe, colleghi, alla luce delle considerazioni fin qui espresse e di tante altre che potrei fare, come potremmo mai votare a favore di questo provvedimento? Il voto del gruppo dell'Alleanza a Verdi e Sinistra sarà, ovviamente e convintamente, contrario.

PRESIDENTE. Il richiamo era legato al fatto che definire fasciste e razziste le politiche della maggioranza non può rientrare in una legittima critica politica, perché evidentemente deborda da quello che è un perimetro di continenza. Quindi, la ringrazio per aver accolto il richiamo (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

E' iscritto a parlare l'onorevole Ottaviani. Ne ha facoltà.

NICOLA OTTAVIANI (LEGA). Signor Presidente, l'ultimo intervento, in realtà, fa da sponda a quelli che sono stati gli altri interventi di alcuni, anche autorevoli, esponenti della minoranza - amo sempre definirla minoranza e non opposizione pregiudiziale - rispetto a quello che dovrebbe essere anche il compito degli altri parlamentari qui presenti in aula, perché alcune volte si sottolinea l'assenza, non al dibattito, ma l'assenza come soggetti che dovrebbero ascoltare le prolusioni o le dissertazioni altrui, quando poi ci si assenta nello stesso momento in cui viene fuori quello che è il profilo della dialettica che è confronto rispetto a diverse tesi (non dobbiamo certo andare a scomodare Hegel per ricordarlo a tutti quanti). Se, in questo momento, coloro che additavano addirittura altri parlamentari dell'assenza di alcuni gruppi all'interno dell'Aula sono i primi ad andar via e, soprattutto, a guadagnare il profilo della fuga, forse, si evita di ascoltare l'oggetto effettivo della materia, perché l'oggetto effettivo della materia oggi molto qualificante e qualificata è il Mezzogiorno, è il Sud dell'Italia, con tutti gli altri provvedimenti collegati e che rientrano all'interno del decreto di cui stiamo discutendo.

Signor Presidente, naturalmente, non facciamo riferimento a nessuno in particolare perché conosciamo bene il Regolamento, però questo tipo di comportamento che, non è inusuale per alcuni gruppi della minoranza, ricorda un po' quello che faceva il personaggio caratteristico del romanzo di Collodi, quando Pinocchio andava presso la scuola dove la fatina turchese, la fatina Morgana, lo aveva inviato e pretendeva lui di dare lezioni lì chiedendo che si facesse lezione e mettendo come unico argomento all'ordine del giorno i balocchi; quando poi in un momento successivo invece si chiedeva a Pinocchio di stare a lezione e di ascoltare quello che c'era da dire, guadagnava la fuga e, con l'abbecedario sotto il braccio, non vedeva l'ora di andare a venderlo malgrado gli sforzi di colui, anzi di colei, che quell'abbecedario aveva avuto la possibilità di comprarglielo. La metafora è quella relativa agli sforzi che il Paese compie, anche come corpo elettorale, per inviare noi qui all'interno di quest'Aula e ai parlamentari e quindi non c'è poi chi si può arrogare il diritto di pretendere una precettazione in Aula solo per ascoltare e non per contribuire al dibattito di carattere generale, quando sono in gioco soprattutto gli interessi generali del Paese

Per sgombrare il campo un po' da un dubbio, Presidente, relativo al fatto di chi possa essere più o meno titolato a parlare di Mezzogiorno o chi abbia addirittura più o meno degli altri a cuore, come pathos interiore, la materia del Mezzogiorno, sembra un po' una litania di carattere storico quello che stiamo dicendo, ma è così, voglio ricordare che il primo deputato che ha affrontato il problema del Mezzogiorno, parlando di questione meridionale in Italia, è stato il deputato lombardo Antonio Billia nel 1873. Si trattava di un deputato radicale, aderì all'epoca alla sinistra parlamentare, che tra l'altro ha trovato i suoi natali nel Friuli, ma poi tutta la sua carriera parlamentare, malgrado non abbia avuto stanza e quindi non abbia avuto una localizzazione precisa all'interno del sud, è diventata poi importante perché fu il primo a tirare fuori la questione meridionale, sottolineando – 1873 - come si trattasse di una situazione disastrosa dal punto di vista economico. Quindi, attenzione quando si vuole impugnare la bacchetta ex cathedra per verificare chi ha più o meno a cuore la questione meridionale, speriamo di non cancellare, di non strappare materialmente pagine di storie importanti che sono state scritte all'interno delle Aule parlamentari.

Allora, andiamo al cuore del problema perché, grazie al cielo, c'è stata una sensibilità enorme da parte di questo Governo rispetto alla questione meridionale e soprattutto rispetto alla situazione socio economica del nostro Sud-Italia. Ho ascoltato alcuni gruppi della minoranza - possiamo dire, senza tema di smentite, purtroppo, sempre gli stessi - dire che in questo modo si stanno sottraendo alcuni territori al beneficio della ZES e i parlamentari che hanno sottolineato questo tipo di paventata e prospettata sottrazione, tra l'altro, sono partenopei. Voglio sottolineare a questi parlamentari che, in realtà, oggi, mentre stiamo parlando, prima ancora che vi sia la conversione del decreto in legge, ci sono meno di 35 comuni della Campania che entrano all'interno della vecchia ZES.

Dopo la conversione di questo decreto in legge saranno oltre 500 i comuni solo in Campania che entreranno nella ZES unica. Allora c'è qualche cosa che non quadra dal punto di vista - io le invoco sempre - delle diottrie della dialettica, perché, anche quando si vuole dare una visione completamente distorta di un dettato normativo o paranormativo, i numeri non possono essere saltati a piè pari e qui stiamo parlando di statistica. Potremmo dire, al contrario, che magari ci sono alcuni comuni che facevano parte del vecchio perimetro del Mezzogiorno secondo l'indicazione che viene fuori dal 1950 ad oggi, ma su questo c'è stato un impegno forte in Commissione da parte del Governo tramite i propri rappresentanti a concludere semplicemente, non ad attivare, un percorso che è già in atto per trovare delle soluzioni a quelle che sarebbero delle zone di confine rispetto alla metodologia di carattere geografico. Questo perché lo diciamo? Se il metro di giudizio è stato quello di utilizzare il perimetro geografico politico delle regioni per inserirne alcune o altre all'interno della ZES unica, è chiaro che non si potevano inserire d'emblée e, potremmo dire, anche tout court, alcune regioni che non hanno nella loro interezza una vocazione interamente del Sud, ma ci sono delle zone che meritano, come abbiamo sottolineato in sede di Commissione con il Governo, un'attenzione particolare nei prossimi provvedimenti in modo tale che non si creino delle distorsioni. Quelle, sì, potevano essere delle situazioni da rivedere tra chi entra all'interno della ZES e chi rimane fuori. Tutto, però, si può dire tranne che nei territori nei quali erano previste le vecchie 8 ZES si abbiano delle deminutio, perché c'è sicuramente un aumento della superficie, c'è sicuramente un aumento delle opportunità che la nuova normativa andrà ad offrire.

Altro argomento, che sono costretto a sottolineare, riguarda il contributo e la sensibilità che il partito, che mi onoro di rappresentare in questa sede, ha conferito a questa tematica. A più riprese è stata tirata in ballo a sproposito anche l'attività della Lega per dire: ma possibile che su questa materia non ci si renda conto - questo, perlomeno, è stato il profilo dell'impostazione da parte di alcune minoranze - che si dice qualche cosa di diverso rispetto all'autonomia differenziata? Allora, anche in questo caso, Presidente, vorremmo che ci fosse un minimo di logica e soprattutto di consequenzialità nei ragionamenti. Se l'autonomia differenziata, fino al giorno prima che affrontassimo il dibattito all'interno di quest'Aula in materia di ZES e di Sud, era una sorta di spettro che veniva agitato per dire: ma questa autonomia differenziata “non s'ha da fare”, questa autonomia differenziata può distruggere l'Italia, può creare una serie di difficoltà enormi, dimenticando però che l'autonomia differenziata non è una mera invenzione del Governo di centrodestra, ma è nella nostra Costituzione dal 2001 e chi ha guidato la Bicamerale, che poi ha condotto a quell'autonomia differenziata, si chiamava Massimo D'Alema. Se l'autonomia differenziata fino a qualche giorno fa era il grande spettro da agitare adesso invece ci si viene a dire: no, ma guardate, fate attenzione, perché se va avanti questa ZES unica, se va avanti questo riassetto del Mezzogiorno, in ordine al comparto economico-industriale, poi l'autonomia differenziata ne può risentire. Che cos'è, un appoggio pedissequo a quelle che sono le indicazioni che da qui a breve porteremo in Aula sull'autonomia differenziata? Ringraziamo la minoranza o le minoranze se dovessero essere così conseguenti, così coerenti soprattutto all'interno delle proprie impostazioni. Ma non è che a giorni alternati, come se parlassimo di corrente elettrica da 220, portiamo avanti il concetto prevalente, gerarchicamente prioritario dell'autonomia differenziata, e poi il giorno dopo la dimentichiamo, la cancelliamo e ipotizziamo che addirittura ci siano altre ipotesi come quella che si concluderà con l'approvazione del decreto sulle ZES che in qualche modo la vadano a minare.

Voglio ricordare soltanto la previsione contenuta nell'articolo 13 sullo sportello unico digitale. Nell'articolo 13, nel corso dell'esame in sede referente, è stata soppressa la previsione per cui il Sud-ZES rappresenta il livello essenziale delle prestazioni. Si è voluto evitare, da parte di chicchessia, di alimentare un dibattito sul nulla che si sarebbe tradotto in una sorta di vero e proprio nichilismo normativo, perché se avessimo insistito rispetto all'indicazione della rappresentazione dei livelli essenziali delle prestazioni all'interno dell'articolo 13, qualcuno ci avrebbe detto: ma avete già anticipato sostanzialmente per tutto il Sud quello che è il profilo dei LEP, ve la siete fatta, ve la siete cantata da voi, quindi è una materia davanti alla quale noi alziamo una sorta di barriera per erigere il tabù di carattere politico. Quindi, è stato tolto dal tavolo anche quel tipo di argomento, malgrado una parametrazione, rispetto a quelli che potevano essere gli obiettivi da raggiungere sotto il punto di vista qualitativo, forse sarebbe stata opportuna perché avremmo tracciato, all'interno del nostro ordinamento, un parametro di riferimento, che dovrà essere sicuramente un parametro normativo importante, ma avremmo scritto, avremmo cominciato a scrivere per la prima volta quali potevano essere degli esempi plastici concreti di LEP, di livelli essenziali delle prestazioni, che dovranno necessariamente essere inseriti all'interno della previsione dell'attuazione dell'autonomia differenziata. Dell'attuazione dell'autonomia differenziata, non della previsione, ex novo, di un concetto ed un principio che già fanno parte integrante del nostro ordinamento positivo.

Presidente, molto velocemente, non posso fare a meno di non sottolineare alcuni elementi importanti di innovazione nel procedimento amministrativo, perché l'autorizzazione unica, inserita all'interno dell'articolo 15, ove si fa riferimento alla necessità di presentare la relativa istanza allo sportello unico allegando la documentazione prevista con le normative di settore finalizzate al rilascio di tutte le autorizzazioni, è o non è questo un altro grande elemento di novità che, facendo pendant, quindi un tutt'uno, con la Conferenza dei servizi, poi si può ulteriormente migliorare il concetto di Conferenza dei servizi sincrona o asincrona, vanno a far sì che il procedimento amministrativo si concluda in tempi certi, con tempi che mettano chi investe nella possibilità di fare ricorso al credito bancario. Perché quando si dice - “no, ma qui abbiamo risolto tutto con il credito d'imposta rispetto agli investimenti” -, non è così perché queste aziende avranno bisogno, al di là del credito di imposta, che è sempre un credito e non finanza immediata, del credito bancario; e quando si ha a che fare nel nostro Paese con la materia della finanza bancaria sappiamo per certo che chi investe ha necessità di portare avanti un piano industriale con una tempistica certa. Ecco perché spesso le nostre banche declinano e rigettano ipotesi d'investimenti - che attengono anche e soprattutto ai costi di esercizio, non soltanto ma anche agli investimenti in conto capitale - perché non hanno la certezza della tempistica che deve essere loro prospettata da parte delle imprese. L'inserimento e la previsione dell'autorizzazione unica in uno con la Conferenza dei servizi è chiaro che rappresenta tutto questo un grande passo in avanti verso il concetto di certezza e il principio soprattutto di ragionevole durata del procedimento amministrativo. Questo è un altro elemento che si coglie all'interno di questo provvedimento, cioè la volontà da parte del Governo di sburocratizzare la macchina amministrativa non saltando a piè pari il controllo, perché il controllo rimane.

Il controllo all'interno del procedimento amministrativo di tutto quello che è previsto all'interno di questa innovazione rimane, ma non può essere un controllo da interdizione, non ci può essere, ancora una volta, uno Stato che recita solo ed esclusivamente il ruolo di stopper, il ruolo di soggetto che blocca l'avanzata dell'impresa. E questa è l'altra rivoluzione culturale che stiamo portando avanti con il Governo di centrodestra, Presidente: l'impresa non è dell'imprenditore, come qualcuno vorrebbe farci credere, favorendo una concezione che potremmo definire assolutamente antidiluviana. L'impresa è di tutti coloro, che all'interno dell'impresa, collaborano rispetto non meramente all'organizzazione dei fattori della produzione, ma rispetto al profitto che dev'essere centrato. Qualcuno ci potrebbe venire a dire: il profitto è un reato, il profitto è un crimine, ma, almeno su questo qualche passo avanti, qualche barlume di approccio nuovo e intellettuale, la sinistra, nel corso degli ultimi anni, lo ha portato avanti. E allora, se la difesa è quella dell'impresa, devono essere rimossi tutti quegli ostacoli che, in qualche modo, impediscano all'impresa, non meramente all'imprenditore, di raggiungere i propri obiettivi. E quello che si coglie come dato, come elemento essenziale all'interno di questo provvedimento, è la volontà di favorire il più possibile la procedura del silenzio-assenso, la procedura di rilascio delle autorizzazioni, laddove, però, questo lo si dice in modo molto specifico, non ci siano vincoli assoluti, vincoli insuperabili, perché su quell'aspetto lo Stato, di certo, non intende indietreggiare.

C'è, su questo, un ultimo aspetto, che dev'essere ulteriormente ribadito e sottolineato, che riguarda l'articolo 14, in materia di procedimento unico, ove si fa riferimento al fatto che i soggetti inerenti alle attività economiche, ovvero all'insediamento di attività industriali, produttive ed economiche all'interno della ZES unica, siano soggetti ad autorizzazione unica e, purché relativi a settori individuati dal piano strategico, diventino, quei progetti di pubblica utilità, indifferibili e urgenti. Non è un'espressione di poco conto, perché è esattamente l'espressione, al contrario o in assenza della quale, i TAR, e quindi gli organi di giustizia amministrativa e lo stesso Consiglio di Stato, spesso, sono costretti, nel giudizio di ponderazione degli interessi in gioco, a dare ragione più al vincolo o più alla pubblica amministrazione, rispetto al proponente privato. Questo articolo, che sembra un articolo di secondo piano, è il superamento del concetto pedissequo di ambivalenza degli interessi in gioco. Infatti, quando ci sono interessi strategici - ed ecco il riferimento che viene fatto al piano strategico dello Stato -, quegli interessi devono essere interessi preminenti. Ecco perché, ancora una volta, il Governo e il centrodestra stanno dando prova di voler voltare pagina rispetto a chi ipotizza che lo Stato sia Stato di diritto solo quando porta avanti un'attività di interdizione e non di promozione sociale ed economica dei territori.

Certo, assieme a questo provvedimento ci aspettiamo, in parallelo, lo sviluppo di altri provvedimenti, che possano consolidare quelle zone di confine, che in qualche modo storicamente e culturalmente fanno parte, con orgoglio, del nostro Mezzogiorno, ma è impossibile gettare via il bambino con l'eventuale acqua sporca, perché dobbiamo preservare il bambino e dobbiamo preservare il futuro della produttività di questo Paese, che, anche grazie a questo provvedimento, potrà trovare il proprio coronamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MURA (FDI). Grazie, signor Presidente. Intervengo sull'ordine dei lavori perché, a mio parere, la lontananza dai banchi del Governo di una certa parte di questa sinistra sta facendo sì che il loro stesso ragionamento sia un po' annebbiato. Mi riferisco, in modo particolare, all'intervento che ha preceduto questo momento, da parte dell'onorevole Ghirra, con riferimento al quale la ringrazio per essere prontamente intervenuto a censurare un linguaggio evidentemente inopportuno per quest'Aula e anche per questa democrazia.

Purtroppo, non si può relegare semplicemente a un'opinione personale quello che è stato detto. Quindi, io inviterei la Presidenza a verificare se sia il caso di informare il Presidente della Camera rispetto alla qualità di alcuni termini che sono stati riferiti al Governo e a questa maggioranza, perché riteniamo che non siano accettabili e che non sia accettabile rievocare periodi che noi, prima di altri, abbiamo già relegato al giudizio della storia. Suggeriamo l'utilizzo di un approccio, rispetto all'azione del Governo e di questa maggioranza, nettamente più consono e all'interno dei confini che la democrazia ci dà per stare dentro questa istituzione (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Come ha avuto modo di sottolineare, la Presidenza ha immediatamente richiamato l'onorevole Ghirra a stare in un recinto, anche dialettico, per il quale non è necessario scomodare il Devoto-Oli per trovare espressioni che fossero consone. Prendo atto del suo richiamo e la Presidenza della Camera, eventualmente, prenderà le sue determinazioni rispetto a quello che lei ha segnalato.

È iscritto a parlare l'onorevole Pisano. Ne ha facoltà.

CALOGERO PISANO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, il testo di cui discutiamo oggi è frutto di un lavoro inestimabile fatto dal Ministro Fitto in Europa e negli incontri con il territorio e la Commissione bilancio, ma anche dai deputati e dalle deputate della Commissione bilancio e dai relatori del provvedimento, tra cui l'onorevole Romano, che ci tengo a ringraziare anche in questa sede.

Ho voluto seguire personalmente, pur non facendo parte della Commissione, questo provvedimento, in quanto sentivo questo dovere da uomo del Sud, che tiene alla propria terra. Mi sono speso perché sono fortemente convinto che questo testo restituisca dignità al Mezzogiorno e a tutti i figli della nostra terra, che vogliono rimanere con pari possibilità dei coetanei del resto d'Italia.

Sono contento che questo importante provvedimento sia un successo del Governo di centrodestra, di cui avevamo bisogno, perché mai nessun Governo che è stato alla guida del Paese negli ultimi 10 anni ha dato lustro alla nostra terra, o, se ha tentato di farlo, lo ha fatto con misure tampone e non risolutive, che spesso hanno creato più danni collaterali che soluzioni.

La Sicilia, le isole e il Mezzogiorno tutto, hanno sempre vissuto una condizione di svantaggio rispetto alle altre regioni italiane, e non possiamo nascondercelo, per diversi motivi: la questione dell'insularità, le difficoltà amministrative e anche, non da ultimo, la criminalità organizzata.

Questo Governo è riuscito a portare finalmente la questione meridionale al centro del dibattito: ci voleva un Governo di centrodestra, dopo 10 anni, per capire le vere potenzialità del Mezzogiorno. Questo Governo è riuscito nell'intento di porre la questione del Mezzogiorno come bussola, dando risposte serie, reali e concrete.

Per questo, vorrei iniziare parlando della parte del testo che riguarda la mia provincia e la mia città: Agrigento. Agrigento è nota a tutti per le sue bellezze: la valle dei Templi, la Scala dei turchi, è il luogo dove sono nati Pirandello, Sciascia e Camilleri. Un luogo di storia, di bellezza naturale e cultura, premiato anche con il titolo di capitale italiana della cultura.

Gli articoli 7 ed 8 sono dedicati interamente alle isole di Lampedusa e Linosa, in provincia di Agrigento, per troppo tempo lasciate abbandonate a se stesse nel combattere i flussi irregolari di migranti. Signor Presidente, Lampedusa e Linosa, che ho visitato moltissime volte, sono due isole bellissime, che potrebbero godere dei frutti economici del turismo, ma che, ahimè, devono convivere con la questione migratoria. Quest'anno, Lampedusa ha vissuto un calo turistico pari al 6 per cento, alimentando il malcontento degli operatori turistici e dei cittadini, che sono rimasti e investono nella propria terra. Questo provvedimento vuole proprio andare a colmare questa perdita, tramite incentivi diretti agli operatori del turismo. La provincia di Agrigento, infatti, è una provincia a forte attrattività turistica: i dati del 2022 segnavano un più 12 per cento rispetto ai dati pre-pandemia. In questo senso va la mia proposta emendativa in Commissione, che serve a gettare le basi per la costruzione dell'aeroporto di Agrigento, una struttura strategica che andrebbe a colmare le distanze tra la penisola e la nostra provincia e ad agevolare il flusso turistico, ma è anche una struttura strategica che potrebbe contribuire allo sgravio del carico di passeggeri a Lampedusa.

Finalmente, con questa norma daremo dignità ai figli della nostra comunità che per troppo tempo non hanno potuto investire nelle potenzialità del proprio territorio e potranno finalmente scegliere di rimanere nella loro terra, senza essere costretti ad andare via. Signor Presidente, come disse Pindaro su Agrigento: è la città più bella dei mortali. Per questo motivo, con orgoglio e commozione, voglio ringraziare tutti i deputati che in maniera trasversale hanno voluto sottoscrivere il mio emendamento, comprendendone così l'importanza economica e strategica.

Voglio inoltre concentrarmi sull'altro pilastro di questo testo che andiamo a discutere, ovvero la costituzione della ZES unica del Mezzogiorno. Le zone economiche speciali vere e proprie offrono un pacchetto di incentivi, agevolazioni e semplificazioni amministrative alle imprese che stabiliscono la propria sede in una determinata area geografica, come il Mezzogiorno d'Italia. Seppur con risultati molto diversi e a volte di difficile misurazione, le ZES si sono affermate nel mondo come laboratori per l'attrazione degli investimenti e come incubatori di innovazione, capaci di promuovere lo sviluppo produttivo e occupazionale di aree svantaggiate, in obiettivo convergenza. In Italia, purtroppo, le zone economiche speciali non hanno avuto particolare fortuna, in quanto divise in 8 zone, ognuna di esse autonoma e gestita da un commissario. È importante ricordare che dal 2017 al 2022 sono state evase soltanto 121 autorizzazioni ZES, un numero irrisorio rispetto alla potenzialità del progetto. In questo, ancora una volta, questo Governo è stato lungimirante e ha agito semplificando e razionalizzando. Abbiamo sostituito le 8 ZES con una ZES unica del Meridione, regolata da una sola cabina di regia, strettamente collegata con il territorio. L'obiettivo di questo provvedimento è quello di voler organizzare e trasformare la presenza sul territorio della potenzialità delle zone economiche speciali attraverso la centralizzazione, che è un utile elemento per armonizzare le misure e renderle più veloci. Lo dico da siciliano: saremmo degli ipocriti a nascondere i dati sui giovani che ogni anno lasciano il Mezzogiorno o sulle aziende, anche floride, che decidono di delocalizzare. Potremo convincere le grandi aziende ad investire nelle nostre terre, senza sfruttarle solo occasionalmente. Questo decreto è una vera e propria iniezione di fiducia e di liquidità nei territori del Mezzogiorno, complementare agli importanti contributi del PNRR.

In conclusione, signor Presidente, sono profondamente soddisfatto del testo che è arrivato in quest'Aula e spero che si possa continuare a lavorare in questo senso per costruire un'Italia ad un'unica velocità, che non lasci indietro nessuno. Voglio concludere il mio discorso con una massima che sta accompagnando il mio mandato: se puoi sognarlo, puoi farlo (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

Per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per un richiamo al Regolamento, l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Per un richiamo al Regolamento, signor Presidente, articolo 8. Il Presidente rappresenta la Camera e i Vicepresidenti collaborano con il Presidente a rappresentare la Camera. Mi auguro che lei, che rappresenta la Camera tutta, e quindi anche le opposizioni, appena il benvenuto Ministro Ciriani, in modo facilmente prevedibile, porrà la questione di fiducia, mi aspetto, signor Presidente, che lei o il Presidente Fontana difendiate questa Camera dal pregiudizio alle prerogative della Camera stessa che questa reiterata richiesta di fiducia sui decreti sta arrecando.

Signor Presidente, non è più tollerabile che la Camera venga trattata in questo modo dal Governo Meloni. Il 70 per cento delle iniziative legislative è del Governo, un record, 45 provvedimenti approvati, 4 decreti al mese pubblicati, signor Presidente. In più, pubblicati 4,8 giorni di media dopo il Consiglio dei ministri. In alcuni casi, signor Ministro Ciriani, i decreti sono stati pubblicati oltre 10 giorni dopo il Consiglio dei ministri. Il decreto in oggetto, il decreto Sud, è stato pubblicato 12 giorni dopo il Consiglio dei ministri. Per non parlare della legge di bilancio. Il Vicepresidente Mule' oggi ha avuto la bontà di dire: noi presenteremo emendamenti. Il Primo ministro Meloni ha detto che la vuole vedere pubblicata in Gazzetta Ufficiale nello stesso testo del Consiglio dei ministri, che peraltro non è ancora arrivato. Forse è arrivato qualche minuto fa, perché oggi il Ministro Salvini, Vicepremier, ha detto che è chiusa e Tajani lo ha corretto e ha detto che non è chiusa.

Ma vengo alla posizione della questione di fiducia: ovvio che non c'è ancora il record, ma in termini, signor Presidente…

PRESIDENTE. È una sorta di premonizione, la sua.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Signor Presidente, se verrò smentito sarò la persona più felice del mondo.

PRESIDENTE. Dubito. Prego.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Signor Presidente della Camera facente funzioni, mi auguro che lei prenda la parola per dire al gentile Ministro Ciriani che non è più tollerabile, dopo un anno di Governo. Avete il record dei decreti. Non avete ancora il record delle fiducie mensili, che sono 2,5, perché ci sono stati 2 Governi nelle ultime 4 legislature, il Governo Draghi e il Governo Monti, che hanno fatto un po' di più, meglio di voi, peggio di voi in termini di fiducie al mese, ma erano due Governi tecnici.

Allora è inutile che stiate qui tutte le volte a dire che voi siete il primo Governo democratico della storia della Repubblica. Di più, signor Presidente Mule', siamo a due fiducie e mezzo al mese, ma abbiamo davanti a noi 9 decreti, compreso questo, da convertire, in più ci sarà la legge di bilancio, se da qualche parte è arrivata. Quindi, presumibilmente, tra novembre e dicembre, voteremo 10 fiducie, e quindi arriveremo a 5 fiducie al mese, perché state crescendo. Quindi noi, come abbiamo preannunciato, come +Europa ci rivolgeremo al Presidente della Repubblica, abbiamo invitato le altre opposizioni ad unirsi su questo. Però, signor Presidente, davvero non è più possibile, non è possibile, non è accettabile. Non accettiamo che un Governo non tecnico ma un Governo che ci spiega - lo ripete ogni due per tre - che ha una maggioranza politica votata dagli elettori, eccetera, eccetera, stravolga la Costituzione, perché non c'è nessun caso di straordinaria necessità e urgenza nella questione meridionale dopo un anno che siete al Governo, pronti come eravate.

Quindi, signor Presidente, mi aspetto, ai sensi dell'articolo 8 del Regolamento, che lei, direttamente oggi, ma poi interpellando il Presidente Fontana, rappresenti la Camera in tutte le sue prerogative, prerogative dei singoli deputati, prerogative della maggioranza, prerogative dell'opposizione che deve vedersi il diritto di votare i provvedimenti. Basta decreti omnibus e fiducie, altrimenti così si stravolge il Parlamento, si fa una rivoluzione istituzionale e costituzionale de facto, e questo credo che sia intollerabile. Grazie, signor Presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Della Vedova. Come lei sa, la decisione di porre la fiducia sui decreti è decisione del Governo. Il Presidente della Camera, peraltro come lei sa, ha anche pubblicamente preso posizione rispetto alla centralità, da recuperare, del Parlamento. Ad ogni modo, il Presidente ha avuto modo di seguire anche il suo intervento, e quindi ne terrà conto nei modi che riterrà opportuno.

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 1416-A.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 1416-A​)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giorgianni. Ne ha facoltà.

CARMEN LETIZIA GIORGIANNI (FDI). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il mio intervento fa da eco a quello degli altri colleghi e soprattutto a quello del collega Ottaviani per fare chiarezza contro le strumentalizzazioni sentite stamani in quest'Aula sul tema della ZES unica, che è la principale novità del decreto Mezzogiorno. Il suo piano strategico ha la funzione di delineare e attuare la politica industriale e di sviluppo delle regioni del Sud Italia. Il disegno complessivo del decreto-legge Mezzogiorno punta a rafforzare competenze e funzioni per ciò che riguarda investimenti e localizzazioni di imprese, e il rafforzamento consiste appunto nell'introduzione della ZES unica, una nuova zona economica speciale che include il territorio di tutte le regioni meridionali e sostituisce le 8 zone esistenti.

Qui voglio rispondere alle varie polemiche sentite stamani in Aula, perché la ZES unica andrà proprio a superare le problematicità, ovviamente, portate fino adesso dalla burocrazia e dal differenziarsi di zone; andrà a sostituirsi alle attuali ZES gestite dal territorio, con commissari nominati dal precedente Governo che, in 4 anni, hanno portato a casa risultati modesti. Nelle 8 ZES nate nel 2017 e rese operative tra il 2019 e il 2020, sono state rilasciate poco più di 100 autorizzazioni uniche riguardanti solo 70 nuovi progetti e 50 ampliamenti. Davvero ben poca cosa. Pertanto, le pochissime iniziative approvate illustrano una situazione attuale che non poteva più essere sostenuta.

Con il nuovo modello di governance previsto in questo decreto abbiamo costruito un sistema che consente di utilizzare i fondi del PNRR e della coesione e agevolare gli interventi. La ZES unica è uno di questi e rientra nella prospettiva di utilizzare fondi nazionali ed europei e dare al nostro Paese centralità nel Mediterraneo, per esempio, dal punto di vista degli scambi commerciali ed energetici. Infatti, la costituzione di una ZES unica consente di massimizzare nello scenario internazionale l'impatto competitivo nell'intero Mezzogiorno, con il suo già rilevante apparato produttivo che rappresenta un potenziale da valorizzare nelle sue molteplici articolazioni settoriali e territoriali, con riconoscimento di uguali chance di sviluppo a tutti i territori dell'Italia meridionale, a tutte le imprese già insediate nel Sud e che in esso volessero insediarsi.

Abbiamo istituito la ZES più grande d'Europa, una grande opportunità, frutto di un grande lavoro di mesi con la Commissione europea, che risponde a una grande strategia di insieme, finalmente, per la nostra Nazione. Nel nuovo modello, che ci farà risparmiare 1,5 milioni di euro, superiamo una certa visione e andiamo verso un sistema di automatismi che renderanno tutto molto più efficiente ed efficace. Ad esempio, ci si rivolgerà allo sportello unico in modo rapido e senza ulteriori lungaggini. Fino ad oggi, abbiamo assistito a richieste singolari, come l'ampliamento della ZES che saltava alcuni territori, con progetti che non potevano essere valorizzati, perché una parte dell'azienda era in una ZES e l'altra no. Adesso daremo certezze a tutti, evitando queste problematiche, francamente assurde.

La zona economica speciale è stata concepita come un'area nella quale le aziende insediate possano beneficiare di diverse tipologie di vantaggi, tra i quali, sul piano operativo, si annoverano misure semplificative, quale la previsione di un'autorizzazione unica per l'avvio delle attività produttive, rilasciata all'esito di una conferenza di servizi decisoria.

In ordine alla governance delle zone economiche speciali, l'attuale sistema non si è rivelato funzionale rispetto allo scopo della disciplina che le ha istituite, vale a dire la promozione dello sviluppo delle regioni del Mezzogiorno, in una strategia unitaria del sistema produttivo. Pertanto, la ZES unica per il Mezzogiorno, con il nuovo sistema di governance, con l'approntamento di un nuovo sportello unico telematico, la predisposizione di un nuovo procedimento autorizzatorio, dà vita, finalmente, a un modello molto più virtuoso.

La sfida della ZES unica è duplice: da un lato, superare le inefficienze dimensionali e funzionali delle precedenti zone speciali, dall'altro, costruire un modello che consenta di rendere concreti i potenziali benefici dello strumento. Al Piano è attribuito anche il compito di individuare le filiere industriali su cui centrare il miliardo di euro di agevolazioni fiscali previsto dalla recente proposta di revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il piano strategico rappresenta, dunque, lo strumento attraverso il quale indirizzare la politica industriale all'interno della ZES, consentendo l'integrazione delle strategie di sviluppo con la politica industriale e infrastrutturale nazionale, a differenza di quanto avvenuto fino adesso con i due tradizionali strumenti e come, d'altronde, avviene nelle esperienze di successo a livello internazionale.

La previsione di un piano strategico non può, tuttavia, rappresentare l'unico elemento su cui basarsi per vincere la scommessa e migliorare l'efficacia dello strumento ZES. È necessario a soddisfare alcune condizioni basilari per il suo corretto avvio e attuare alcune strategie per rafforzare ulteriormente le prerogative di indirizzo e orientamento per il Ministro per il Sud sul complesso delle politiche e degli interventi per la coesione. La prima condizione è che, nella predisposizione e attuazione del Piano strategico, vengano effettuate scelte precise, circoscritte e coerenti ai fini dell'individuazione delle aree di specializzazione e localizzazione da privilegiare per lo sviluppo della ZES, evitando, quindi, gli errori del passato, con piani di sviluppo onnicomprensivi e con dimensioni geografiche troppo frammentate. La seconda è che la nuova struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sia effettivamente in grado di gestire, in maniera rapida ed efficiente, i numerosi procedimenti amministrativi e autorizzazioni uniche relativi alle attività economiche di tutto il Mezzogiorno. L'ultima condizione è che il Ministro per il Sud proceda alla razionalizzazione del sistema di agevolazioni nel Mezzogiorno.

La riforma, prevista anche nel PNRR, oltre a eliminare inefficienze e sovrapposizioni nell'attuale sistema, dovrebbe individuare le modalità con cui concedere le agevolazioni finanziarie e le coperture per rendere strutturali gli incentivi usufruibili nella ZES, oggi limitati al solo 2024. Le capacità del Ministero di offrire migliori indirizzi e orientamenti grazie agli accordi per la coesione, introdotti dall'articolo 1 del decreto, consentono ai Ministri coinvolti di esercitare un forte ruolo di indirizzo su aree tematiche, territori e tipologie di intervento su cui allocare le consistenti risorse nazionali per il Fondo per lo sviluppo e la coesione, perché è lì che devono essere specificati, infatti, tutti gli interventi da realizzare da parte di Ministeri e regioni, le quali potranno ottenere l'effettiva assegnazione delle risorse solo dopo la sottoscrizione dell'accordo.

Insomma, con questo provvedimento poniamo le fondamenta per consentire di integrare la ZES unica nell'ambito delle più grandi politiche nazionali ed europee per il Mezzogiorno e migliorare la qualità e l'efficienza degli strumenti per la localizzazione degli investimenti, nonché di recuperare, almeno in parte, gli obiettivi propri delle zone economiche speciali classiche in termini di dotazione di infrastrutture, densità imprenditoriale, specializzazione e ricaduta all'interno delle piccole aree delimitate. Sono convinta, quindi, che sapremo mettere in campo le volontà e le capacità di attuare le norme, di coordinare le politiche e di gestire un sistema sicuramente complesso, ma che solleverà le sorti del nostro Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1416-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, l'onorevole Lucaselli, che rinuncia alla replica.

Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, onorevole Siracusano. Prego.

MATILDE SIRACUSANO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La ringrazio, Presidente. Ringrazio i colleghi. Mi ritrovo io, oggi, ad intervenire in questa discussione ricca di contenuti, di critiche e anche di stimoli al posto del Ministro Fitto che avrebbe replicato sicuramente in maniera molto più autorevole di me, che avrebbe voluto fortemente partecipare a questo dibattito, ma non ha potuto farlo a causa di impegni a Bruxelles che gliel'hanno impedito.

In riferimento a queste critiche, che ho ascoltato anche nel precedente dibattito in Commissione, riconoscerete con me che, però, nessuno ha potuto dire o affermare che un'opera di riorganizzazione delle procedure e delle modalità di spesa dei fondi per lo sviluppo e la coesione e degli altri fondi strutturali non fosse assolutamente necessaria al fine di velocizzare la messa a terra di queste risorse con puntuali cronoprogrammi, perché la spesa delle risorse negli anni passati, come tutti sappiamo, è stata caratterizzata da una progressione con lentezza patologica. Nessuno ha potuto dire o affermare che non fosse necessaria un'opera di riforma delle modalità e delle procedure di spesa di queste risorse per renderle efficaci e per evitare il ricorso, come è stato fatto negli anni passati, onorevole Sarracino, a progetti definiti coerenti o alla duplicazione degli stessi interventi in più cicli di programmazione. Quindi, chi ha un po' di onestà intellettuale deve riconoscere il merito al Ministro Fitto e a questo Governo di aver affrontato di petto una situazione che era patologica e che andava affrontata con coraggio, e così è stato fatto attraverso questo decreto.

Vorrei dire all'onorevole del MoVimento 5 Stelle, che però è andata via, che non vi è alcuna espropriazione delle funzioni delle regioni o dei territori nella programmazione.

Gli accordi di coesione, che, anzi, mettono al centro la funzione delle regioni, hanno lo scopo di condividere legittimamente delle regole per mettere a terra queste risorse e assumere dei reciproci impegni. La regione si impegna a mettere a terra le risorse e il Governo si impegna, attraverso gli accordi di coesione, a effettuare anche un monitoraggio per verificare l'avanzamento della spesa e anzi, attraverso questo decreto, aiuta anche i territori a migliorare la capacità amministrativa, con l'assunzione di 2.200 unità di personale.

Concludo con una riflessione sulla critica all'impostazione della ZES unica che ho ascoltato da molti colleghi dell'opposizione, ricordandomi quando io ero una semplice parlamentare, nella scorsa legislatura, e intervenivo, insieme a colleghi dell'opposizione, per chiedere, a gran voce, ai Governi l'ampliamento, quanto più esteso possibile, delle aree ZES. Ricordo anche interventi dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, miei concittadini, all'epoca. Quindi, pensare che oggi il Governo - il Ministro Fitto e il Premier Meloni in un anno - sia riuscito in questa estensione, fino a realizzare la ZES unica, era veramente una cosa impensabile fino a qualche tempo fa e la chiedevamo tutti. Quindi, questo è un grande merito, perché se la ZES, la zona economica speciale, era una grande opportunità di sviluppo quando era limitata ad alcune porzioni di territorio, figuriamoci oggi cosa può rappresentare essendo estesa a tutte le aree del Mezzogiorno. Sarà un grande volano di sviluppo per il Mezzogiorno del Paese e di questo noi siamo orgogliosi.

Quindi, in conclusione io ringrazio davvero tutti i colleghi, la relatrice Lucaselli, gli altri relatori che adesso non sono presenti, tutti i parlamentari che hanno contribuito anche al miglioramento di questo testo, e ringrazio il Governo, perché ha fatto una grande scommessa. Capisco alcune legittime preoccupazioni, perché i cambiamenti fanno paura, ma qui occorreva un cambiamento. Questa è veramente una grande scommessa, ma vi assicuro che il Governo non ha alcuna intenzione di perderla.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1416-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1416-A​)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, senatore Luca Ciriani. Ne ha facoltà.

LUCA CIRIANI, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. Colleghi, onorevoli deputati, a nome del Governo e autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 1416-A: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione”, nel testo della Commissione, comprensivo dell'errata corrige.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Secondo quanto convenuto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 25 ottobre scorso, a seguito della posizione della questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge n. 1416-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione, nel testo della Commissione, comprensivo dell'errata corrige, la votazione per appello nominale avrà luogo nella seduta di lunedì 30 ottobre, a partire dalle ore 13, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 11,30. Dopo tale votazione, i lavori proseguiranno con l'esame degli ordini del giorno a partire dalle ore 15.

Estraggo a sorte il nominativo del deputato dal quale avrà inizio la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Tirelli.

Modifica nella composizione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data odierna, ha comunicato che il senatore Francesco Silvestro, con lettera del 25 ottobre scorso, ha rassegnato le dimissioni da componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 30 ottobre 2023 - Ore 11,30:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione. (C. 1416-A​)

Relatori: D'ATTIS, LUCASELLI e ROMANO.

La seduta termina alle 15,40.