Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 12 marzo 2024

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il settore automotive italiano, complessivamente considerato, genera un fatturato di quasi 300 miliardi di euro (il 18,1 per cento del prodotto interno lordo) e costituisce un motore vitale per l'economia italiana; tale settore è caratterizzato dalla presenza di costruttori leader a livello mondiale nello sviluppo, produzione e commercializzazione di veicoli passeggeri, commerciali, industriali leggeri e pesanti nonché di costruttori di vetture sportive e di alta gamma. I marchi storici dell'auto e dei veicoli industriali italiani si sono distinti nel mercato nazionale ed internazionale per il loro stile inconfondibile, vanto del made in Italy;

    si consideri che le imprese di componentistica dell'automotive con sede in Italia sono circa 2.200, producendo occupazione e posti di lavoro per oltre 167 mila addetti; il rapporto «Analisi del mercato 2023 e le prospettive 2024» elaborato dall'Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri (UNRAE) e Luiss Business School sottolinea l'importanza di questo comparto, che genera il 64,5 per cento del suo fatturato (54,3 miliardi di euro) grazie alle vendite verso i costruttori stranieri associati all'UNRAE, a riprova della qualità dei suoi prodotti e dell'integrazione del settore nell'economia globale;

    considerando l'intera filiera produttiva, le aziende operanti salgono a un numero superiore alle 5.500 rappresentando anche un'importante risorsa in termini di domanda di lavoro, poiché impiega circa 273 mila addetti diretti nelle attività produttive che salgono, considerando anche quelli indiretti, a più di 1,2 milioni;

    la produzione di veicoli negli stabilimenti italiani Stellantis ha visto una media di circa 930 mila unità nei cinque anni precedenti la pandemia, 2015-2019, riducendosi a 730 mila unità nel triennio successivo;

    il mercato e la produzione sono influenzati negativamente da incertezze economiche e geopolitiche generali, da un'alta volatilità dei prezzi e dalla disponibilità di energie e materie prime, nonché dalla forte pressione dei competitor, asiatici e statunitensi;

    in questo contesto, l'intero settore si trova ad affrontare importanti sfide, in particolare la composizione tra le esigenze di lavoro, produzione e consumo e la transizione ecologica, nonché la crescita della competizione con paesi stranieri;

    proprio per la tutela del comparto, il Governo ha istituito un tavolo dell'automotive, un luogo di confronto costruttivo tra gli attori del settore, a cui se ne è aggiunto un ulteriore, con Stellantis. Ciò appare di fondamentale importanza per stipulare accordi strategici condivisi tra azienda, sindacati e regioni, al fine di adottare un approccio nazionale unitario al tema;

    l'attuale contesto normativo europeo nel quale operano gli attori interessati, il cosiddetto pacchetto fit for 55, contiene un regolamento nel quale si prevede, dal 2035, la vendita esclusiva di veicoli a Zero Emissioni di CO2: l'Italia si è astenuta in sede di ratifica di tale accordo (marzo 2023) da parte dei ministri europei dell'energia, modificando la sua impostazione originariamente contraria, in cambio delle aperture sui carburanti neutri in termini di rilascio di anidride carbonica; tale revisione è in corso, con una consolidata apertura verso gli e-fuels, i carburanti sintetici, ma non sui biocarburanti, settore nel quale l'Italia è tecnologicamente e produttivamente all'avanguardia;

    la riconversione produttiva verso una trazione essenzialmente elettrica, basata sulla tecnologia delle sole macchine elettriche, dell'elettronica di segnale e di potenza, dei sistemi ad accumulo chimico dell'energia, produce un notevole impatto sull'intera filiera; un modello di transizione, già segnata nei modi e nei tempi, che non trova sul piano scientifico unanime condivisione. Situazione aggravata dal fatto che il principio della neutralità tecnologica rimane non contemplato dalle norme europee; per tali ragioni essa deve essere ben ponderata e ancor meglio realizzata, avendo particolare riguardo soprattutto ai tempi di realizzazione stessa, i quali devono essere opportuni e non connotati da frette e impazienze in grado di produrre giochi a somma negativa;

    sul tema dell'auto elettrica e sull'utilizzo del motore elettrico in generale, è necessario richiamare i tanti ripensamenti maturati negli ultimi mesi dai principali attori del comparto. Grandi case automobilistiche come Toyota, Nissan e Renault hanno pubblicamente esposto il loro scetticismo sul motore elettrico, considerato ad oggi ancora poco produttivo, meno durevole e fortemente inquinante attesa la difficoltà di smaltimento delle batterie in disuso. Si registrano forti passi indietro anche da parte di altri colossi dell'automotive come Hertz, che ha dichiarato di voler cedere gran parte dei propri veicoli elettrici per tornare all'uso del motore tradizionale, o Ford che ha deciso di rivedere le proprie politiche industriali sul piano elettrico. A distanza di qualche anno l'introduzione del motore elettrico sembra non aver convinto, con forti ripensamenti a fronte di investimenti milionari da parte delle principali case produttrici. È necessario, quindi, valutare forme di trazione diverse, tecnologicamente più avanzate ed ecologiche dell'elettrico puro. Tra le varie spiccano certamente l'utilizzino dell'e-fuel e dell'idrogeno. I carburanti sintetici rappresentano una promettente alternativa ai carburanti convenzionali, in quanto sono prodotti attraverso processi chimici che utilizzano fonti di energia rinnovabile, come l'idrogeno e il biossido di carbonio catturato dall'aria. Questi combustibili possono essere utilizzati nei motori a combustione interna esistenti senza necessità di modifiche significative, offrendo un potenziale per ridurre le emissioni di CO2 e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Anche il motore a idrogeno è una tecnologia emergente che promette un futuro sostenibile per il settore automobilistico. Utilizzando idrogeno come combustibile, i motori producono solo acqua come sottoprodotto, eliminando le emissioni nocive;

    la necessità di intervento da parte dei governi e i ripensamenti dei principali attori del settore automotive dimostrano come le scelte sul piano europeo in materia di transizione ecologica non possano essere assunte solamente su base ideologica ma richiedano attenti processi di studio e analisi anche in relazione alle potenziali ricadute sul piano economico;

    in tale contesto, il 15 maggio 2023 è entrato in vigore il nuovo Regolamento europeo sui limiti di emissione di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali nuovi (Regolamento UE 2023/851 del 19 aprile 2023, che modifica il regolamento (UE) 2019/631), per rafforzare i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi, per poter conseguire gli obiettivi in materia di transizione posti dal citato regolamento europeo per il clima del 2021, che impegna l'Unione europea e gli Stati membri a ridurre di almeno il 55 per cento le emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il nuovo regolamento sulle auto fa parte del più ampio pacchetto di proposte per la transizione ecologica;

    la proposta di Regolamento Euro 7, invece, ha un contenuto manifestamente più equilibrato rispetto a quello originariamente proposto. Si afferma ciò perché, nel caso fosse stato approvato nella versione originaria, avrebbe comportato rischi evidenti per il nostro sistema produttivo;

    alla fine del 2023, infatti, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio in merito al regolamento sull'omologazione di veicoli a motore e motori, nonché di sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti destinati a tali veicoli, per quanto riguarda le relative emissioni e la durabilità delle batterie, meglio noto come regolamento Euro 7. Il nuovo regolamento, che stabilisce norme per le emissioni dei veicoli e mira a ridurre ulteriormente le emissioni di inquinanti atmosferici prodotte dal trasporto su strada, riguarda per la prima volta autovetture, furgoni e veicoli pesanti in un unico atto giuridico. L'accordo provvisorio raggiunto con il Parlamento europeo deve ora essere approvato e formalmente adottato da entrambe le istituzioni;

    la proposta, pur se migliorata, comporta non trascurabili oneri aggiuntivi per le imprese produttrici, in quanto le nuove prescrizioni richiedono nuovi investimenti oltre a quelli già avviati dall'industria automobilistica nel settore della elettrificazione dei veicoli, al fine di conseguire l'azzeramento delle emissioni di gas di scarico e di CO2 previsto per il 2035;

    le istituzioni nazionali devono cooperare affinché, con l'occasione delle prossime elezioni europee e con la composizione delle prossima Commissione europea, si possano proporre ed emanare ulteriori norme che tengano conto anche delle esternalità negative derivanti dalla applicazione integrale della normativa già emanata a supporto della transizione ecologica, superando l'approccio concettuale che negli ultimi anni non sembra aver tenuto per giusto conto, con equilibrio, anche delle ulteriori esigenze dei cittadini consumatori, e dei lavoratori, delle imprese. Correttamente è stato osservato che «gli ingegneri, insieme al mercato, e non i politici, dovrebbero decidere la migliore tecnologia per la neutralità carbonica»;

    l'associazione europea della componentistica (CLEPA), ha quantificato gli effetti messa al bando dei motori a combustione interna al 2035 in 275 mila posti di lavoro persi in Europa, al netto delle nuove occasioni generate dallo sviluppo della mobilità elettrica. L'Italia, che è molto forte nel settore del powertrain tradizionale (45 per cento del mercato componentistico), e poco nei settori emergenti, è il Paese che in percentuale rischia di perdere il maggior numero di addetti, circa 73.000 posti di lavoro al 2040, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030;

    nell'ambito delle politiche europee e nazionali, proprio in ragione della condivisione del perseguimento dell'obiettivo della neutralità climatica, con convinzione si dovrebbero proporre degli obiettivi intermedi realizzabili, accompagnando il settore con politiche di sostegno all'innovazione e alla riconversione tecnologica;

    il parco circolante europeo di auto e veicoli commerciali sarà costituito al 2030 ancora da oltre il 70 per cento di mezzi equipaggiati con motori a combustione interna. È necessario sostenere, parallelamente allo sviluppo di un ecosistema per la mobilità elettrica, una strategia europea per i combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio;

    il nuovo assetto che avrà l'Unione europea dopo le elezioni di giugno dovrebbe consentire il riesame delle diverse metodologie alternative utilizzabili rispetto a quanto deciso dall'attuale Commissione, per la valutazione degli impatti reali dovuti al trasporto su strada, nell'ottica di sviluppo dell'economia circolare, riconsiderando la metodologia di rilevazione delle emissioni tank-to-wheel, che è alla base dell'attuale regolamento sugli standard emissivi di CO2, e rivalutando l'adozione della metodologia life cycle assessment (LCA), che include nell'analisi degli impatti ambientali anche i processi di fabbricazione e di fine vita del veicolo;

    per quanto riguarda i combustibili rinnovabili, sarebbe opportuna l'implementazione di meccanismi di «crediting system» (LCF-crediting) che consentono ai produttori di veicoli di finanziare la produzione di carburanti rinnovabili accreditando le corrispondenti riduzioni delle emissioni ai propri obiettivi di emissione (fleet targets);

    appare necessario agire anche per rafforzare la produzione del nostro Paese, portando la produzione annuale ad almeno 1,3 milione di vetture, attraendo l'insediamento di ulteriori imprese del settore, generando condizioni favorevoli perché nuovi investitori possano localizzarsi nel nostro Paese, perché si ritiene che l'insediamento di una seconda casa automobilistica possa contribuire a salvaguardare e rafforzare l'indotto. Si ritiene che l'insediamento ulteriore potrebbe creare le condizioni per rafforzare l'indotto automobilistico domestico, così da renderlo ancora più competitivo e poter anche presidiare la posizione ottenuta nei mercati stranieri;

    analogamente, appare importante raggiungere una intesa con Stellantis, per consolidare la rete di fornitura nazionale e il rafforzamento e della produzione delle auto nel nostro Paese nonché l'intera filiera dell'indotto, sostenendo qualsiasi ulteriore misura sia in grado di garantire l'efficientamento degli stabilimenti esistenti;

    è altresì necessario creare le condizioni per un ancor più efficiente impiego delle risorse del Fondo automotive, in particolare per quanto riguarda la destinazione dei fondi a sostegno dei progetti di riconversione per le imprese della componentistica, considerata la capacità dimostrata da questo strumento nel raggiungere un importante risultato ossia dotare la nazione di una valida strategia di politica industriale a sostegno della trasformazione tecnologica della catena produttiva dell'automotive, che si affianchi agli incentivi destinati all'acquisto di veicoli non inquinanti;

    il parco circolante italiano, quasi 40 milioni di auto, resta il più obsoleto d'Europa: nel 2020 l'età media delle auto nel nostro Paese è stata pari a 11 anni e 10 mesi (5 mesi in più rispetto al 2019), a fronte di un'età media europea di 10,8 anni. Un auto su cinque (il 20 per cento circa del totale) è una Euro 0-2, con almeno 18 anni di anzianità. Questa situazione ha conseguenze pesanti per la sicurezza e per l'inquinamento atmosferico;

    la domanda di veicoli elettrici si è raffreddata in tutta Europa, con i rivali cinesi e Tesla che hanno messo a nudo le debolezze competitive delle case continentali, le quali mostrano segnali di ripensamento sul percorso di elettrificazione totale, a fronte della crescente presenza sul mercato di veicoli elettrici e ibridi (BEV) di case automobilistiche cinesi a prezzi decisamente inferiori a quelli che le case europee possono sostenere. Il 70 per cento del valore aggiunto delle BEV dipende dalle batterie. Al momento un'auto elettrica su due ha una batteria cinese;

    l'inchiesta avviata dalla Commissione europea (ottobre 2023) sui sussidi del Governo cinese alle auto elettriche per i produttori, oltre a terminare nella prossima Legislatura europea, è già stata oggetto di minacce di ritorsione. In tale quadro l'anomalia che vede la filiera dell'automotive europea come l'unica obbligata alla decarbonizzazione dei prodotti al 2035 e dei processi produttivi al 2040, potrebbe cessare col nuovo Parlamento europeo,

impegna il Governo:

1) a porre in essere ogni utile iniziativa volta ad invertire il trend produttivo negativo che ha caratterizzato gli ultimi anni, al fine di aumentare i volumi di produzione nazionale e i livelli occupazionali del settore automotive;

2) a proseguire gli incontri del Tavolo automotive, istituito presso il Ministero delle Imprese e del made in Italy, per la migliore programmazione e attuazione di un programma di rilancio del settore;

3) a proseguire, ed eventualmente incrementare, le iniziative in atto volte all'individuazione di ogni intervento necessario alla risoluzione delle crisi aziendali nel settore automotive, al fine di favorire la tutela dei livelli occupazionali esistenti, avviare processi di riorganizzazione produttiva, favorire il risanamento aziendale;

4) a mantenere un costante rapporto dialettico specifico con Stellantis, vertente anche sulle decisioni strategiche da adottare, al fine di garantire il rispetto degli impegni già assunti e orientare, per quanto di competenza, le strategie di medio-lungo termine, evitando potenziali iniziative di delocalizzazione della produzione stessa per giungere, infine, anche alla definizione di specifici accordi dedicati al potenziamento della rete di fornitura nazionale;

5) a valutare l'opportunità di dare seguito all'ordine del giorno n. 9/01406/001, accolto il 25.10.2023 in sede di approvazione del provvedimento di «Delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche»;

6) a proseguire nella strategia che mira a sostenere la domanda nazionale, se necessario anche potenziando le misure di incentivazione già adottate, avendo particolare riguardo per il soddisfacimento dei bisogni delle famiglie meno abbienti, al fine di favorire la graduale sostituzione del parco auto circolante con veicoli dotati di motori meno inquinanti;

7) ad adoperarsi in sede europea per l'attuazione dell'obiettivo di «non trascurare nuove possibili soluzioni rinnovabili, come l'utilizzo di carburanti sintetici, dei low carbon fuels e dei biocarburanti allo scopo di accompagnare anche le filiere connesse a quella automotive verso una transizione sostenibile», e prevedendo per tali combustibili adozione di meccanismi di «crediting system» (LCF-crediting), come esposti in premessa;

8) a proseguire, e se necessario a potenziare, le misure di incentivazione delle attività di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica, nonché degli investimenti in beni strumentali, volti a favorire la transizione della filiera italiana dell'automotive verso modelli di motorizzazione ambientalmente più sostenibili, adottando soluzioni tecnologicamente più ecologiche tra le quali e-fuel (carburanti sintetici) e idrogeno e in grado di superare il gap attualmente esistente con i competitor europei e mondiali;

9) a promuovere misure di sostegno della filiera, se necessario potenziando le risorse dedicate al «Fondo Automotive», in particolare destinando specifici sostegni a progetti di riconversione delle imprese della filiera, per accompagnarle nel processo graduale di transizione;

10) a proseguire e, se necessario, a potenziare gli investimenti nella formazione degli operatori della filiera automotive, al fine di preservare i livelli occupazionali dei lavoratori e favorire il loro reimpiego nelle imprese adottanti le nuove tecnologie digitali e green;

11) a porre in essere ogni eventuale ulteriore iniziativa volta a potenziare l'efficientamento dei processi produttivi degli stabilimenti automotive italiani e la conseguente riduzione dei costi di produzione delle imprese italiane della filiera;

12) ad adottare iniziative di competenza volte ad aumentare gli investimenti in alcuni segmenti specifici della filiera, come quella delle batterie, dei semiconduttori e settori affini, a causa di una scarsa capacità produttiva nazionale ed europea, al fine di ridurre il fabbisogno di approvvigionamento proveniente da importazioni da Paesi extra UE, ponendo in essere ogni utile iniziativa volta a sostenere l'Italia quale sede preferenziale di attività di lavorazione di semiconduttori e di produzione di batterie, nonché del loro riuso e riciclo;

13) a promuovere, anche presso le principali sedi istituzionali europee, piani di politica industriale ed energetica che pongano l'Italia al centro dei processi decisionali quale polo strategico per le infrastrutture e la transizione energetica;

14) a proseguire le interlocuzioni politiche e istituzionali in atto in ambito europeo, per sostenere e valorizzare l'industria automobilistica e la relativa componentistica, intese come comparto strategico dell'Unione europea, con politiche e risorse aggiuntive rispetto a quelle finora stanziate, al fine di giungere alla definizione di un equilibrato e realistico quadro regolatorio, che incentivi non solo il processo di decarbonizzazione ma consenta una transizione sostenibile in termini sociali ed industriali, prevedendo target realisticamente raggiungibili per il settore, e garantendo la stabilità occupazionale e la crescita in qualità e quantità del sistema produttivo stesso;

15) ad avviare interlocuzioni politiche e istituzionali in ambito europeo al fine di riconsiderare la metodologia di rilevazione delle emissioni tank-to-wheel, che è alla base dei regolamenti europei sugli standard emissivi di CO2, rivalutando l'adozione della metodologia life cycle assessment (LCA), come descritta in premessa.
(1-00263) «Caramanna, Gusmeroli, Squeri, Cavo, Antoniozzi, Andreuzza, Casasco, Colombo, Barabotti, Polidori, Comba, Di Mattina, Giovine, Toccalini, Maerna, Pietrella, Schiano di Visconti, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    le cronache assai spesso riportano di iniziative divulgative organizzate nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado in cui le istituzioni scolastiche vengono utilizzate come palco privilegiato per propagandare qualsiasi ideologia politica e inculcare ai giovani partecipanti l'ideologia gender;

    preoccupa, infatti, che in alcune istituzioni scolastiche si usi la battaglia contro le discriminazioni e l'intolleranza sessuale per indottrinare adolescenti e dare per acquisito il superamento del concetto di «binarismo sessuale» per accogliere quello di «spettro di genere», senza che sul tema ci sia stata una discussione aperta e condivisa con la pluralità delle associazioni dei genitori che devono essere coinvolte prima dell'introduzione di iniziative così invasive della libertà educativa dei genitori stessi e del pluralismo della scuola, la quale a parere dei firmatari del presente atto dovrebbe operare solo per rafforzare l'autostima degli studenti e il rispetto di sé e dell'altro;

    simili iniziative mettono a repentaglio la crescita, l'educazione e la salute psicofisica degli adolescenti poiché qualsiasi decisione in questo ambito attiene alla sfera delle relazioni sociali e dunque chiama in causa la libertà e la responsabilità degli altri soggetti che hanno rapporto con gli interessati;

    la scuola dunque è ancora una volta al centro di un corposo tentativo di strumentalizzazione da parte di alcuni gruppi di pressione che vorrebbero superare il dibattito sociale, politico ed istituzionale per parlare in classe di teoria gender e addirittura superare le norme statali in materia di attribuzione del nome;

    il Ministero dell'istruzione e del merito, già con circolare n. 1972 del 15 settembre 2015 aveva chiarito che «tra i diritti e i doveri e tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né le “ideologie gender” né l'insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo», tuttavia siamo di fronte ad una emergenza sociale e la comunità intera, in primis quella scolastica, avverte il bisogno di avere strumenti utili ad affrontare il dibattito sulla sessualità e le sfide che ne emergono nell'attuale tempo di emergenza educativa;

    da ultimo Papa Francesco, a margine del suo intervento al convegno «Uomo-donna immagine di Dio. Per una antropologia delle vocazioni» è tornato a stigmatizzare nuovamente l'ideologia gender come «pericolo» di oggi e ha annunciato di aver «chiesto di fare studi a proposito di questa brutta ideologia del nostro tempo» che «cancella le differenze e rende tutto uguale. Cancellare la differenza è cancellare l'umanità»,

impegna il Governo:

a promuovere un adeguato confronto con tutti gli stakeholder di riferimento al fine di adottare linee guida valevoli per tutto il sistema nazionale d'istruzione che ribadiscano la necessaria neutralità dello spazio scolastico, l'estraneità della teoria gender rispetto a qualsiasi forma di insegnamento scolastico e quindi assicurino che tutte le attività proposte nelle scuole del Paese rispondano a dei criteri di oggettività e trasparenza.
(7-00203) «Sasso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. – Per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nella sua versione originaria approvata il 13 luglio 2021 con decisione di esecuzione del Consiglio UE, ha destinato risorse pari a 2 miliardi di euro per l'attuazione dell'investimento 3.2, Missione 2, Componente 2 «Utilizzo dell'idrogeno in settori hard-to-abate», di titolarità del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, atto a favorire la transizione verso l'idrogeno verde, a emissioni zero, delle industrie che risultano oggi più inquinanti e difficili da riconvertire (hard-to-abate) come acciaierie e raffinerie;

   l'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 20 luglio 2021, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 settembre 2021, n. 125, ha autorizzato l'Agenzia nazionale per attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (Invitalia) a costituire una società allo scopo della conduzione delle analisi di fattibilità, sotto il profilo industriale, ambientale, economico e finanziario, finalizzate alla successiva realizzazione e gestione di un impianto per la produzione del preridotto – direct reduced iron – nell'ambito del plesso siderurgico di Taranto, attraverso l'esclusivo utilizzo di idrogeno verde;

   in data 25 gennaio 2022 è stata costituita la società DRI d'Italia S.p.A. (interamente controllata da Invitalia) per il perseguimento delle finalità individuate dal decreto-legge 20 luglio 2021, n. 103;

   l'articolo 24 del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144 convertito con modificazioni dalla legge 17 novembre 2022, n. 175, ha individuato la società DRI d'Italia S.p.A. quale soggetto attuatore degli interventi per la realizzazione dell'impianto per la produzione del preridotto nel plesso siderurgico di Taranto – con derivazione dell'idrogeno necessario ai fini della produzione esclusivamente da fonti rinnovabili – aggiudicati ai sensi del Codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016) e delle altre vigenti disposizioni di settore. Le risorse finanziarie preordinate alla realizzazione dell'impianto sono assegnate al soggetto attuatore entro il limite di 1 miliardo di euro;

   nella proposta di revisione del Pnrr, approvata con decisione del Consiglio Ecofin dell'8 dicembre 2023, il Governo ha deliberato il definanziamento del miliardo di euro propedeutico alla realizzazione dell'impianto, da parte di DRI d'Italia S.p.A., visto che la complessità del progetto sia sotto il profilo industriale sia sotto il profilo normativo e amministrativo rendevano impossibile il completamento dello stesso entro il 31 dicembre 2026;

   l'effettiva realizzazione del suddetto progetto risulta, al momento, non congruente con la situazione economico-finanziaria in cui versano gli stabilimenti dell'ex Ilva di Taranto visto che, a causa dell'oggettiva ed irreversibile impossibilità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, Acciaierie d'Italia S.p.A., società che gestisce anche lo stabilimento siderurgico di Taranto, è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria;

   il Governo, pur non avendo mai chiarito adeguatamente quali siano le future prospettive industriali e occupazionali dell'impianto ex Ilva di Taranto, ha deciso recentemente di rifinanziare il miliardo di euro necessario alla realizzazione, da parte di DRI d'Italia S.p.A., dell'impianto per la produzione del cosiddetto preridotto nel plesso siderurgico di Taranto, nonostante la situazione debitoria di Acciaierie d'Italia nei confronti delle aziende dell'indotto e dei fornitori, nonché l'elevatissimo utilizzo di risorse pubbliche, senza soluzione di continuità per la cassa integrazione guadagni, cui si aggiunge la totale assenza di investimenti mirati alla tutela dell'ambiente della città di Taranto e della salute dei suoi cittadini ed i livelli di inquinamento oramai fuori controllo, stante il fatto che l'area a caldo dell'Ilva di Taranto e ancora sotto sequestro dell'autorità giudiziaria;

   come si apprende da organi di stampa, la vicenda legata alla realizzazione, da parte di DRI d'Italia S.p.A, dell'impianto per la produzione del cosiddetto preridotto, è stata oggetto di numerose polemiche (anche prima del definanziamento dell'investimento a valere sulle risorse del Pnrr) per le presunte condotte illecite della società nella fase di selezione dell'operatore privato a cui affidare la progettazione, costruzione e avviamento dell'impianto;

   l'inchiesta della procura di Taranto sugli alti livelli di benzene che ha portato all'avviso di garanzia per l'ex amministratrice di Acciaierie d'Italia Lucia Morselli, dimostra che l'inquinamento ambientale provocato dall'ex Ilva non ha mai cessato di esistere e la questione di Taranto sin dal 2012 non si è voluta affrontare strutturalmente ed anzi i problemi rimangono ancora largamente irrisolti –:

   se il Governo intenda portare a compimento la realizzazione dell'impianto per la produzione del preridotto nel plesso siderurgico di Taranto, la cui area a caldo è ancora sotto sequestro, in considerazione dell'assenza del piano industriale dell'ex Ilva per il rilancio degli stabilimenti e in assenza di alcun tipo di certezza sulla prosecuzione delle attività del polo siderurgico e se non consideri invece prioritario destinare le risorse assegnate all'intervento «Utilizzo dell'idrogeno in settori hard-to-abate» di DRI d'Italia a progetti che invece potrebbero concretamente risolvere, una volta per tutte, l'emergenza ambientale e sanitaria della città di Taranto.
(2-00346) «Bonelli».

Interrogazione a risposta scritta:


   SPORTIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 22-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 271, ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e con la dotazione di 15 milioni di euro, un fondo in favore dei familiari superstiti degli esercenti le professioni sanitarie, di assistente sociale e degli operatori socio-sanitari deceduti a causa del contagio da COVID-19;

   con decreto del Ministro per la famiglia, di concerto con il Ministro della salute, del 22 settembre 2022 sono state emanate le relative disposizioni di attuazione che prevedono la collaborazione dell'Inail, successivamente disciplinata dall'accordo stipulato in data 29 dicembre 2022;

   con la circolare INAIL del 3 gennaio 2023 sono state fornite le istruzioni per la presentazione delle istanze e l'erogazione agli aventi diritto;

   l'elargizione è riconosciuta ai familiari delle professioni sanitarie di cui al decreto del 22 settembre 2022, nonché degli assistenti sociali e degli operatori socio-sanitari, che abbiano operato nel periodo di emergenza pandemica per il contenimento del coronavirus e che abbiano contratto una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto o come concausa del contagio da COVID-19;

   il de cuius deve aver contratto la patologia nell'esercizio dell'attività lavorativa prestata nel periodo emergenziale, cioè dal 31 gennaio 2020 al 31 marzo 2022, e il decesso deve essere avvenuto entro il 28 dicembre 2022, quale causa/concausa del contagio da COVID-19;

   la speciale elargizione spetta ai familiari superstiti delle vittime, e precisamente: al coniuge o alla persona unita civilmente e ai figli legittimi, naturali o riconosciuti o riconoscibili, adottivi; in mancanza ai genitori naturali o adottivi;

   l'elargizione è una prestazione economica una tantum a carattere indennitario, la cui misura è approvata con decreto del Capo del Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri (Dipofam) in rapporto alla dotazione del Fondo e al numero di vittime per le quali siano state presentate e accolte le istanze da parte dei beneficiari;

   l'istanza deve essere presentata mediante l'apposito servizio online denominato «Speciali elargizioni familiari vittime COVID-19» e l'inserimento delle istanze è stato consentito solo fino alla data del 4 marzo 2023, data di scadenza del termine perentorio;

   la gestione e l'istruttoria delle istanze è stata affidata all'Inail e, in base a quanto previsto dall'accordo stipulato in data 29 dicembre 2022, al termine dell'istruttoria, inoltrerà al Dipofam un elenco contenente i nominativi delle vittime per le quali propone il riconoscimento del beneficio; il Dipofam provvede all'approvazione dell'elenco delle istanze predisposto in esito all'istruttoria e, sulla base del rapporto tra le risorse disponibili nel Fondo e il numero dei lavoratori deceduti per i quali è stata accolta l'istanza, determina con decreto del Capo del Dipartimento stesso la misura della speciale elargizione;

   la prestazione verrà erogata dall'Inail entro sessanta giorni decorrenti dal decreto del Capo del Dipofam che fissa la misura della speciale elargizione, previo trasferimento delle relative risorse finanziarie; nel caso di tardato trasferimento delle risorse il suddetto termine è sospeso;

   il 7 dicembre 2023 sul sito del Dipofam sono stati pubblicati gli esiti dell'istruttoria, curata dall'Inail, delle istanze presentate ai fini della concessione della speciale elargizione, di cui al decreto 22 settembre 2022;

   in aggiunta al predetto Fondo, il 5 aprile 2020 è stato istituito dal Dipartimento della Protezione civile e dalla famiglia Della Valle anche il fondo «Sempre con Voi» le cui risorse sono state destinate ai familiari dei medici, degli infermieri, degli operatori sanitari e dei soggetti con mansioni di supporto e assistenza ai sanitari deceduti a causa del contagio da COVID-19, contratto nell'esercizio delle proprie funzioni;

   il fondo «Sempre con Voi» ha raccolto circa 13 milioni di euro ed è il frutto delle donazioni dei privati, che così hanno voluto dimostrare la loro gratitudine a quanti hanno profuso la propria opera di assistenza nelle strutture sanitarie, fino al sacrificio più grande;

   secondo quanto segnalato da agenzie di stampa e organi di informazione, i familiari non avrebbero ancora ricevuto gli indennizzi del fondo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per la cui elargizione si attende il decreto del Capo del Dipofam ma avrebbero ricevuto solo le risorse del Fondo «Sempre con voi» –:

   se il Presidente del Consiglio e i ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa, se siano in grado di rendicontare gli esiti sull'utilizzo dei fondi suindicati e quali iniziative di competenza intendano assumere per assicurare che le risorse siano quanto prima elargite ai familiari dei sanitari deceduti a causa del COVID-19, quale riconoscimento per aver pagato con il sacrificio della vita l'aver svolto con dedizione e disciplina il loro lavoro.
(4-02484)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   con atto di sindacato ispettivo 3-01014 l'interrogante, in merito ai diffusi interventi di trasformazione edilizia nel Parco nazionale «Isola di Pantelleria», chiedeva al Ministro interrogato se non ritenesse necessario intervenire, con atti di competenza, per verificare se nell'area del Parco nazionale trovasse rigorosa applicazione la disciplina di tutela, anche rafforzando, in sinergia con gli altri enti istituzionalmente competenti, l'adozione delle necessarie misure di prevenzione del fenomeno dell'abusivismo edilizio, a tutela del territorio e della legalità;

   risulta all'interrogante che ulteriori nuovi interventi di trasformazione edilizia sarebbero in corso nell'area protetta, di dimensioni ancora maggiori rispetto a quelle paventate nei tre atti di interpello collaborativo indirizzati all'Ente Parco nazionale «Isola di Pantelleria» e per conoscenza al Ministero dell'ambiente, da un gruppo di residenti nel comune di Pantelleria patrocinati dall'Avvocato Gianni Lanziger, e che decine di richieste di nuovi titoli autorizzativi per interventi edilizi in «zona 2» di Parco sarebbero state inoltrate al comune di Pantelleria, alla soprintendenza di Trapani e all'Ente Parco;

   le richieste, secondo i titolari delle istanze, verrebbero avanzate al fine di realizzare immobili funzionali alla conduzione agricola dei fondi, ma vi sono ragionevoli probabilità che si tratti di nuove edificazioni con finalità turistiche, stante che il lotto minimo per l'edificazione in zona agricola secondo il piano, regolatore comunale risulterebbe di solo 6.000 metri quadri, una superficie del tutto insufficiente a giustificare un'attività agricola, soprattutto in assenza di uno specifico piano di sviluppo aziendale che ne dimostri il carattere prevalente ai fini della formazione del reddito dei conduttori;

   come più volte ribadito, anche in numerose sentenze, l'edificazione in zona agricola è consentita solo in presenza del doppio requisito: di finalità alla conduzione agricola del fondo (oggettivo) e della qualifica di imprenditore agricolo professionale (soggettivo) del richiedente il titolo edilizio edificatorio;

   tali titoli autorizzativi, senza verificarne accuratamente la natura, se rilasciati, darebbero origine a una vera e propria lottizzazione turistica in area protetta, in palese contrasto con le finalità istitutive del Parco Nazionale e con l'attuale disciplina di salvaguardia –:

   se il Ministro interrogato risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché l'Ente Parco nazionale «Isola di Pantelleria», applicando criteri oggettivi e stringenti di valutazione che a oggi risulterebbero assenti, rigetti tutte le richieste di nuovi titoli autorizzativi per la trasformazione o la nuova edificazione di immobili estranei alle attività agricole.
(5-02139)


   MATTIA e MATERA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il 9 febbraio 2024 la Gazzetta del Mezzogiorno ha pubblicato un articolo dal titolo: «Andria, soffoca nello smog, è la più inquinata di Puglia. Contestati i dati dell'Arpa: centralina da spostare, servono altri rilevatori»;

   il report annuale di Legambiente «Mal'aria», su dati del 2023, riconosce alla città di Andria il primato di più inquinata della regione Puglia, con una media annua di 27 (ug/mc) per il PM10 e 13 (ug/mc) per il PM 2,5, numeri anche più elevati di quelli registrati nella città di Taranto. Lo stesso report evidenzia un leggero miglioramento della situazione rispetto all'anno precedente, dovuto, però, a condizioni meteorologiche favorevoli;

   l'amministrazione comunale, a seguito della pubblicazione dei dati, ha dichiarato che le rilevazioni sarebbero alterate a causa del posizionamento dell'unica centralina dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale-Arpa a ridosso dell'area di cantiere Ferrotramviaria per l'interramento della linea ferroviaria. Un sito che, stando a quanto si apprende, sarebbe più inquinato del resto della città ma dal quale il dispositivo non potrebbe essere spostato perché inserito in una rete nazionale;

   sempre l'amministrazione ha fatto sapere di aver chiesto ad Arpa Puglia, oltre allo spostamento della centralina, il posizionamento di rilevatori mobili in altri luoghi, al fine di poter acquisire dati maggiormente attendibili ma di non aver avuto riscontri;

   a parere dell'interrogate, i dati pubblicati evidenzierebbero, in ogni caso, una situazione preoccupante per la città, soprattutto per l'area interessata dal cantiere Ferrotramviaria i cui abitanti sono quotidianamente esposti alle polveri sottili;

   a parere dell'interrogante risulterebbe, inoltre, quanto meno anomala l'incapacità dell'amministrazione comunale di ricevere riscontri dall'agenzia regionale, con grave pregiudizio per i cittadini andriesi, considerato che dalla corretta rilevazione dei dati sull'inquinamento dipendono provvedimenti a salvaguardia della salute;

   immobilismo e lentezza nel prendere provvedimenti stanno, inoltre, provocando un danno d'immagine alla città appellata come «maglia nera della regione» –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di fare chiarezza sulla situazione ambientale, intenda adottare iniziative che garantiscano la corretta rilevazione dei dati dell'inquinamento, ivi compreso lo spostamento urgente della centralina o il posizionamento di altri rilevatori in città.
(5-02140)


   SIMIANI e ASCANI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   i cambiamenti climatici degli ultimi anni hanno profondamente inciso sullo stato di salute dell'ecosistema lacustre nazionale;

   il lago Trasimeno, quarto lago italiano per estensione e principale lago dell'Italia peninsulare, anche a causa della propria natura di lago chiuso e di lago a struttura laminare è soggetto da sempre a fasi di ampie fluttuazioni del livello delle acque: fasi che gli evidenti cambiamenti climatici in atto rendono progressivamente sempre più complesse sia per la tenuta dell'ambiente naturale del bacino, sia per l'economia del lago;

   l'eccezionalità del Trasimeno e allo stesso tempo o vulnerabilità del suo particolare ecosistema hanno portato all'istituzione del Parco del lago Trasimeno, con la legge della regione Umbria 3 marzo 1995, n. 9, successivamente modificata dalla legge della regione Umbria 23 luglio 2007, n. 24;

   la valenza naturalistica e la forte caratterizzazione ambientale del Parco e testimoniata anche dalla sua classificazione quale zona di protezione speciale (ZPS) ai sensi della direttiva 79/409/CEE e sito di interesse comunitario (SIC) ai sensi della direttiva 92/43/CEE;

   il lago è arrivato al suo minimo storico in termini di livello idrometrico così come segnalato ripetutamente dal Centro funzionale umbro. Attualmente il livello delle acque si aggira infatti intorno ai 135 centimetri rispetto allo zero idrometrico;

   la sopravvivenza delle numerose imprese (zootecniche, agricole, turistico-ricettive) che operano nel territorio del Trasimeno, a cui sono peraltro legati migliaia di posti di lavoro, è strettamente legata alle sorti del lago. I danni già causati all'intero bacino e all'area palustre, inoltre a quelli relativi a settori e comparti fondamentali della vita civile, economica e produttiva, risultano significativi e richiedono interventi urgenti;

   occorre intervenire rapidamente e con efficacia per evitare un rischio concreto ai impaludamento dell'unico lago laminare italiano, che presenta una profondità media inferiore ai quattro metri, in una fase di cambiamento climatico;

   sarebbe inoltre necessario verificare l'attuazione del piano stralcio per il bacino del lago Trasimeno, redatto dall'autorità di bacino del fiume Tevere, ai sensi della legge 183 del 1989 e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 luglio 2002 –:

   quali iniziative urgenti di competenza si intenda adottare, stante la condizione emergenziale esistente, per salvaguardare ambiente ed ecosistema lacustre del lago Trasimeno.
(5-02141)


   MAZZETTI, CORTELAZZO e BATTISTONI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la desalinizzazione rappresenta una fonte alternativa per la produzione di acqua potabile; la capacità installata, a livello mondiale, ha superato i 100 milioni mc/giorno, interessando principalmente i Paesi arabi, l'Australia, la costa orientale degli Stati Uniti e alcuni Paesi mediterranei. Barcellona è riuscita a risolvere uno storico problema di carenza idrica, grazie alla realizzazione di adeguati dissalatori;

   con l'articolo 10 del decreto-legge n. 39 del 2023 cosiddetto «Siccità», d'iniziativa del Ministro interrogato, sono state introdotte modifiche all'articolo 12 della legge n. 60 del 2022, Salvamare, volte a ridurre gli eccessivi limiti posti all'installazione degli impianti di desalinizzazione, sottoponendo in ogni caso a rigorosi controlli l'individuazione delle aree di scarico delle acque di risulta (cosiddetta «salamoia»);

   il 7 gennaio 2024 la Fondazione UniVerde e Marevivo hanno presentato, alla presenza di un rappresentante del Ministero, uno studio sui costi ambientali ed economici della dissalazione, individuando come «case study» le isole minori siciliane;

   in base a tale documento il costo medio di produzione di acqua dissalata degli impianti fissi di queste isole sarebbe di circa 12 euro/mc. Elevatissimi sarebbero i consumi energetici e questo porterebbe a un costo annuo di oltre 12 milioni di euro per i dissalatori di Lipari e Lampedusa; Pantelleria, 8,3 milioni; Vulcano, 3,4 milioni; Ustica, 2,8 milioni; Filicudi, Stromboli e Favignana, 2,2 milioni;

   si afferma infine che lo scarico concentrato di salamoia in punti fissi sta provocando la distruzione degli ecosistemi marini tra le proteste degli ambientalisti. Sotto questo aspetto si ritiene preferibile il dissalatore mobile marino su nave che disperde gradualmente la salamoia durante la navigazione;

   secondo altre stime i dati reali sarebbero questi: 1) il reale costo è di circa 2,8 euro/mc, incluso energia (0,8 euro/mc), ammortamento e gestione dell'impianto; 2) grazie alle moderne tecnologie, a Lampedusa i consumi non superano i 2,8 kWh/mc; 3) parte dell'energia consumata dai dissalatori è prodotta da energie rinnovabili; 4) la qualità dell'acqua prodotta e dello scarico è rigorosamente controllata dagli enti pubblici preposti (in particolare ASP e ARPA) che non hanno mai rilevato difformità o inquinamento di sorta, anche perché scaricata al largo –:

   se il Ministro interrogato possa fornire elementi precisi in merito al costo effettivo della dissalazione delle acque nelle isole minori siciliane, alla qualità degli impianti allo scopo utilizzati e agli impatti ambientali degli stessi.
(5-02142)


   ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   secondo il rapporto realizzato da Cresme su «Lo stato di rischio del territorio italiano nel 2023», negli ultimi 12 anni si sono verificati in Italia ben 120 eventi alluvionali, con numerose vittime, feriti e oltre 60 mila evacuati;

   il maltempo che negli ultimi giorni si è abbattuto, con particolarità intensità, su alcune località della Liguria, provocando frane, smottamenti e conseguenti danni e disagi per la popolazione, offre ancora una volta la misura dell'estrema fragilità in cui versa il territorio italiano;

   la necessità di porre in essere misure adeguate e interventi strutturali per garantire la sicurezza del territorio è tanto più urgente se si consideri che il rischio di alluvioni elevato interessa 2,4 milioni di persone, per arrivare a quasi 7 milioni di persone esposte se si considera il rischio medio, e a 12,3 milioni per il rischio moderato e basso;

   l'Ispra stima che la cifra stanziata in 20 anni dal Ministero dell'ambiente per far fronte al dissesto idrogeologico ammonti a quasi 7 miliardi di euro per un totale di oltre 6 mila progetti finanziati su un totale di richieste che superano i 26 miliardi di euro, cifra quest'ultima che rappresenterebbe una stima del costo per la messa in sicurezza dell'intero territorio nazionale;

   nonostante le ingenti risorse stanziate, è stata rilevata una diffusa inefficacia delle misure adottate, con interventi di natura prevalentemente emergenziale e non preventiva: tra il 2013 e il 2019, sono stati spesi 20 miliardi di euro per le emergenze e solo 2 miliardi per la prevenzione;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza, con riferimento agli interventi di contrasto al rischio idrogeologico, prevedeva lo stanziamento complessivo di 15 miliardi di euro, dei quali circa 2,49 miliardi di euro per gli interventi sul dissesto idrogeologico. Con la revisione del piano le risorse per il rischio idrogeologico sono tuttavia scese a 1,53 miliardi di euro di cui 1,2 miliardi destinati all'alluvione dell'Emilia-Romagna;

   gli eventi estremi che ripetutamente si abbattono sul territorio italiano richiedono un approccio sistemico orientato verso un modello di prevenzione efficace che richiede lo stanziamento di risorse appropriate e il rafforzamento degli strumenti di pianificazione e programmazione degli interventi, a cominciare dai piani per l'assetto idrogeologico, da adeguare alle nuove mappe di pericolosità –:

   quali ulteriori iniziative e risorse aggiuntive intenda porre in essere il Ministro interrogato per quanto di competenza, per implementare le misure di prevenzione volte a contrastare il rischio idrogeologico.
(5-02143)


   BOF, STEFANI, ZINZI, BENVENUTO, MONTEMAGNI e PIZZIMENTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 199 del 2021, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, ha sancito obblighi per la promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, con l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile, coerentemente con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050;

   l'articolo 26 di tale decreto e il relativo allegato III obbligano i cittadini ad utilizzare fonti rinnovabili, per la copertura del 60 per cento dei consumi di acqua calda sanitaria, la climatizzazione invernale e la climatizzazione estiva, per tutti i progetti di edifici di nuova costruzione e i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti, prevedendo limitate deroghe per gli edifici destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, gli edifici vincolati dal codice per i beni culturali e paesaggistici, qualora sussistano incompatibilità con vincoli, e gli edifici pubblici posti nella disponibilità di corpi armati, qualora l'adempimento risulti incompatibile con la loro natura e destinazione;

   per gli edifici di nuova costruzione, secondo l'allegato III, la potenza elettrica degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, che devono essere obbligatoriamente installati sopra o all'interno dell'edificio o nelle relative pertinenze, si calcola sulla base della superficie in pianta dell'edificio al livello del terreno, ovvero della proiezione al suolo della sagoma dell'edificio, misurata in metri quadri e moltiplicata per il coefficiente dello 0,05;

   nessuna deroga è prevista per le persone con invalidità certificata, a causa di difficoltà motorie di deambulazione, che sono costrette a realizzare la propria casa di abitazione principale ad unico piano e quindi con una superficie in pianta maggiore, anche doppia rispetto a quella realizzata su due piani;

   nel caso di energia prodotta da pannelli fotovoltaici, per coprire il fabbisogno energetico completo di una casa a due piani, servirebbero 7 kW di Fv, mentre, dal calcolo derivante dall'applicazione della norma ad una casa ad unico piano, risulterebbe la necessità dell'installazione di 14,65 kW di Fv;

   si tratta di una spesa consistente che penalizza molto le persone con disabilità –:

   se, nell'ambito delle politiche riguardanti l'efficientamento energetico, il Ministro interrogato, per quanto di competenza, possa valutare la possibilità di deroghe, anche parziali, all'obbligo dell'installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, per le abitazioni principali ad un unico piano delle persone con invalidità certificata a causa di difficoltà motorie di deambulazione.
(5-02144)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SERGIO COSTA, BARZOTTI, CAPPELLETTI, ORRICO, ILARIA FONTANA, L'ABBATE e MORFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   nel 2019 il Comitato Olimpico Internazionale ha assegnato alle città di Milano e Cortina d'Ampezzo l'organizzazione dei Giochi olimpici e paralimpici invernali 2026;

   nel dossier di candidatura è detto che le Olimpiadi della neve si svolgeranno prevalentemente con capitali privati, utilizzando strutture esistenti e all'insegna della sostenibilità;

   in questi giorni a Cortina d'Ampezzo è iniziata la costruzione della pista per le gare di bob, slittino e skeleton;

   contrariamente alle raccomandazioni dello stesso Comitato olimpico internazionale, che invita a utilizzare impianti esistenti e funzionanti, si tratta di un impianto completamente nuovo del costo di 124 milioni di euro, che va a sostituire la pista storica impiegata durante le Olimpiadi invernali del 1956, ora quasi completamente demolita;

   la nuova pista occupa un intero crinale del Col Druscié, nord-est Tofane, nella Conca d'Ampezzo;

   la Conca d'Ampezzo è uno dei più importanti contesti montani al mondo, interamente sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e del decreto ministeriale 10 giugno 1952, dove, fra l'altro, si legge: «l'intero territorio del comune di Cortina d'Ampezzo comprende nel suo insieme bellezze che costituiscono un quadro naturale di rara suggestività anche per le Dolomiti che circondano l'incantevole conca»;

   le Dolomiti dal 2009 sono iscritte nella World Heritage List dell'Unesco (Italy) (N1237) con un perimetro che, sia della zona «Core» che della zona «Buffer», circonda completamente la città ampezzana, come si evince dalla tavola «Dolomiti Settentrionali/Nördliche Dolomiten – section B» della cartografia ufficiale del sito;

   il progetto della pista da bob, slittino e skeleton di Cortina d'Ampezzo non è stato sottoposto alla valutazione di impatto ambientale prevista dalla direttiva 2011/92/UE, a causa, sembra del fatto che le piste da bob non sono elencate negli allegati alla direttiva stessa, nonostante l'infrastruttura abbia un impatto ambientale, idrogeologico, forestale, paesaggistico ed ecosistemico significativo;

   per la realizzazione della pista viene tagliata una foresta di larici secolari di 20.000 metri quadrati senza alcuna valutazione ambientale, nonostante il taglio degli alberi sia una delle attività elencate nell'allegato II della direttiva 2011/92/UE (punto 1.d);

   il Piano complessivo delle opere olimpiche approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 settembre 2023 non è stato sottoposto alla valutazione ambientale prevista dalla direttiva 2001/42/CE, valutazione necessaria anche allo scopo di misurare eventuali effetti cumulativi delle varie opere e interventi;

   la violazione delle norme unionali sulle valutazioni ambientali è coonestata mediante il ricorso al sistema delle autocertificazioni e autovalutazioni da parte degli uffici pubblici competenti o dei soggetti proponenti (come quella resa dal Ministero dell'ambiente in merito alla VAS olimpica con nota m_amte_MiTE_REGISTRO_UFFICIALE_U_0085958_11-07-2022 dell'11 luglio 2022), senza alcuna pubblicazione preventiva di piani, programmi e progetti e senza dare la possibilità ai portatori di interesse di presentare osservazioni –:

   se i Ministri interessati siano a conoscenza di quanto esposto;

   se, prima di continuare nella realizzazione delle opere olimpiche, i Ministri interessati intendano procedere alla verifica del quadro delle valutazioni ambientali previste dalla normativa vigente, al fine di individuare eventuali omissioni, come ipotizzate in premessa;

   se il Governo intenda adottare atti di indirizzo affinché le direttive europee in materia di valutazioni ambientali siano rispettate dagli uffici di propria competenza e non vengano aggirate mediante il sistema delle autocertificazioni.
(4-02485)


   DORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel 2009, nella frazione di Ganda, nel comune di Aviatico (Bg), i proprietari di un terreno agricolo hanno fatto richiesta al comune di poter realizzare tre villette in una zona individuata dal Piano territoriale regionale come «Ambito di elevata naturalità», ove le uniche costruzioni consentite sono quelle legate all'attività agricola o le case per l'agricoltore o i dipendenti, solo se l'esigenza abitativa non può essere soddisfatta con il patrimonio edilizio esistente;

   ciononostante il 10 giugno 2011 il comune di Aviatico ha rilasciato il permesso di costruire;

   ne è seguita una lunga battaglia giudiziaria, conclusa nel 2021 con il respingimento da parte della Corte di cassazione della richiesta dei proprietari di sospendere l'ingiunzione di demolizione disposta dalla Corte d'appello di Brescia il 19 settembre 2019;

   nella sentenza della Corte di cassazione n. 23951 del 18 giugno 2021 si legge: «(...) l'ordine di demolizione non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittimo domicilio, ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato e a ripristinare l'equilibrio urbanistico-edilizio violato (sez. 3, n. 24882 del 26 aprile 2018 – dep. 04.06.2018, Ferrante, Rv. 273368), essendo la posizione soggettiva individuale destinata a recedere di fronte all'interesse pubblico generale alla tutela del paesaggio e al corretto uso del territorio»;

   tuttavia, da quanto appreso dall'interrogante, a tutt'oggi la demolizione delle villette non è ancora avvenuta, nemmeno in forma esecutiva da parte della procura generale della corte di appello a fronte dell'inottemperanza dei proprietari;

   secondo quanto riportato dai mezzi di stampa la procura generale nel 2021 aveva valutato anche l'intervento del genio civile, i cui mezzi però non erano risultati idonei;

   l'area di cui si tratta è di indubbio interesse naturalistico, anche con riferimento ai passaggi migratori;

   il caso, che all'interrogante non appare isolato, è emblematico della necessità di assicurare la tempestiva ottemperanza degli ordini o delle ingiunzioni di demolizione, al fine di scongiurare il rischio di un aggravamento del danno arrecato ai patrimonio paesaggistico e naturalistico del nostro Paese –:

   se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intendano adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, affinché, anche tramite la tempestiva realizzazione delle demolizioni, ove ne sussistano i presupposti, sia pienamente salvaguardato il patrimonio paesaggistico e naturalistico.
(4-02487)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI, ORFINI, BERRUTO e ZINGARETTI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   come rileva la Fondazione scuola patrimonio culturale, il sistema dei dati, delle fonti statistiche, della misurazione dei fenomeni connessi al patrimonio culturale e, più in generale, al mondo che ruota attorno alla produzione e al consumo culturale ha visto importanti evoluzioni negli ultimi anni, anche grazie al prezioso contributo delle principali istituzioni del settore (come Ministero della cultura, Istat, Siae);

   appare tuttavia necessario investire energie in un processo di sistematizzazione, integrazione e restituzione complessiva del sistema conoscitivo che possa favorire l'accesso ai dati ad ampia scala e in modo organico e tempestivo, per informare correttamente le analisi e sostenere efficaci processi decisionali;

   alla data odierna i dati sui visitatori e gli introiti nei musei e nei luoghi della cultura statali rilevati dall'ufficio statistica del Ministero della cultura e resi pubblici sul sito istituzionale, sono ingiustificatamente fermi al 2022 –:

   se il ministro interrogato non intenda rendere pubblico il numero, aggiornato al 2023, dei visitatori e degli introiti di musei, monumenti e aree archeologiche così come annualmente rilevato dall'ufficio statistica del Ministero (Direzione generale bilancio, servizio I) e riportato nella «Tavola 7 – Visitatori e introiti di musei monumenti e aree archeologiche statali» pubblicata nella sezione «dati e statistiche» del sito istituzionale del Ministero della cultura.
(5-02145)

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI e ZANELLA. — Al Ministro della cultura, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa che la gara indetta dalla provincia di Pesaro e Urbino per la riqualificazione degli storici giardini di Villa Caprile a Pesaro sarebbe andata deserta;

   come già evidenziato con interrogazione n. 4-02103 del 10 gennaio 2024, la ristrutturazione dei giardini della Villa Caprile figura fra i progetti finanziati con le risorse del PNRR nell'ambito della Missione 1 Componente 3;

   la gara era stata indetta per l'affidamento dell'appalto dei lavori di restauro e valorizzazione dei giardini della Villa per un importo di oltre 1,3 milioni di euro;

   recentemente sono intervenuti sulla vicenda anche i docenti universitari Carlo Urbinati e Fabio Salbitano, i quali hanno svolto alcune importanti considerazioni;

   la prima osservazione dei due docenti è di natura metodologica: «Come mai per un progetto economicamente importante (oltre 1.3 milioni di euro solo per il restauro del giardino), in un contesto di elevatissima valenza architettonica e storico-culturale, nonché luogo iconico per la città di Pesaro e non solo, la Provincia non si sia premurata di adottare i criteri di massima trasparenza attraverso la condivisione pubblica, aperta alla cittadinanza, o, ancora meglio, l'attivazione di forme di collaborazione attiva tramite laboratori di co-progettazione partecipata con tutte le competenze coinvolte....L'assenza di comunicazione e coinvolgimento serio della comunità è una ricorrente e grave criticità nel flusso di interazioni fra istituzioni e cittadini»;

   con la seconda osservazione pongono il tema dell'impatto ambientale del progetto: «Villa Caprile è inoltre un elemento rilevante del contesto paesaggistico-ambientale del Parco naturale regionale del Colle San Bartolo e della Rete Natura 2000. Pertanto il quesito di compatibilità e di sostenibilità ambientale non dovrebbe riguardare i singoli progetti di restauro del giardino, dell'edificio e di costruzione di nuovi edifici nel settore sud oltre il convitto, ma globalmente l'insieme di questi. Lo spacchettamento di un progetto ampio in piccoli interventi è purtroppo divenuta prassi per evitare la Valutazione di Impatto Ambientale»;

   la terza osservazione è relativa alle procedure adottate: «È lecito quindi chiedersi se per interventi in un sistema storico-architettonico-ambientale di tale pregio e complessità siano state valutate tutte le possibili criticità per evitare futuri danni strutturali e paesistico-ambientali, nonché se siano state messe in campo tutte le competenze tecnico-professionali necessarie, ovvero professionisti con documentate esperienze nelle diverse e complesse tipologie d'intervento»;

   con riferimento all'ultima osservazione, va anche precisato che l'amministrazione provinciale con determinazione n. 1244 del 18 novembre 2022 avrebbe conferito, con affidamento diretto, all'agronomo paesaggista Andrea Giangolini, legale rappresentante dello studio LanDesign, l'incarico per la redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica (componenti vegetale e disegno del giardino, architettonica, scultorea, impiantistica) e del piano di sicurezza e di coordinamento in fase di progettazione relativo al restauro e valorizzazione dei giardini;

   successivamente, sempre con affidamento diretto, in fase di conferimento dell'incarico esecutivo, l'amministrazione provinciale avrebbe affidato con determina n. 1129 del 25 settembre 2023 congiuntamente la progettazione definitiva-esecutiva e la DL al Raggruppamento Temporaneo di Professionisti (RTP) formato da: Studio associato LanDesign, mandataria, Eugenia Riffelli, Gabriele Corbo, Energi S.r.l, mandanti;

   con riferimento ad entrambi gli affidamenti di cui alle predette determine, sorgono dubbi circa il possesso in capo agli incaricati di tutti i requisiti previsti dalla normativa, in particolare dal codice dei beni culturali decreto legislativo n. 42 del 2004 e dal codice degli appalti, decreto legislativo n. 36 del 2023 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intendano adoperarsi, in accordo con la provincia di Pesaro e Urbino, per un'ampia revisione del progetto di restauro dei giardini storici di Villa Caprile, nonché con riguardo alle verifiche di competenza circa l'affidamento dei relativi lavori.
(4-02486)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARBAGALLO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la storica caserma dei Carabinieri di Passopisciaro, un antico borgo situato sulla costiera nord dell'Etna, rischia la chiusura;

   da oltre un secolo è presidio di legalità in un'area che si estende per oltre 60 chilometri quadrati in un contesto paesaggistico tanto complesso quanto affascinante, rappresenta un faro di sicurezza e di giustizia per le comunità di Passopisciaro e delle frazioni circostanti, come Solicchiata, Rovittello e Verzella;

   la caserma vanta una posizione nevralgica lungo la strada statale 120, un'arteria di vitale importanza che si snoda dal litorale ionico all'entroterra;

   il presidio non esercita unicamente un'azione preventiva e repressiva nei confronti della criminalità, ma anche delle aree rurali attraverso il contrasto dei furti e delle estorsioni per sostenere i tanti viticoltori e le loro attività agricole, linfa vitale dell'economia locale;

   allo sgomento e al fermento collettivo che arriva con la notizia dell'eventuale chiusura, la cittadinanza ha risposto con la mobilitazione attiva ed è stata prontamente avviata una petizione, un gesto di solidarietà che oltre a rafforzare l'importanza della stazione dei Carabinieri, sottolinea la volontà dei cittadini di non cedere al degrado e all'abbandono;

   a parere dell'interrogante, la Caserma di Passopisciaro non solo rafforza il senso di sicurezza della comunità ma sostiene anche le attività produttive e turistiche del territorio, contribuendo a creare un circolo virtuoso di crescita e sviluppo –:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative di competenza i Ministri interrogati, intendano adottare così da scongiurare la chiusura definitiva di questo importante presidio di sicurezza e legalità.
(5-02133)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMIANI e SARRACINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   tra le province di Arezzo e di Siena sono attualmente presenti circa 80 mila imprese;

   l'export delle province di Arezzo e di Siena rappresenta, con un valore di oltre 11 miliardi e mezzo nei primi 9 mesi del 2023, il 27 per cento del totale delle esportazioni dell'intera regione Toscana;

   per quanto concerne l'import dei due territori, con un valore di poco inferiore agli 8 miliardi di euro, il rapporto sul totale delle importazioni regionali è pari al 26,4 per cento;

   oltre un quarto quindi dell'export e dell'import toscano sono ascrivibili alle province dove si esercita l'attività doganale dell'ufficio di Arezzo e della sede operativa di Siena dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;

   dal 1999, anno della sua istituzione, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli svolge un lavoro strategico per l'economia e lo sviluppo territoriale. Nella propria missione statutaria, infatti, vi è la crescita economica locale, la promozione della circolazione delle merci negli scambi internazionali, la tutela degli interessi finanziari del paese e dell'Unione europea, il contrasto all'evasione fiscale e alle frodi. In questo quadro nel 2002 venne istituto l'ufficio dogane di Arezzo, con annessa una sezione operativa territoriale di Siena. Questa istituzione sta garantendo un ruolo decisivo per l'intero comparto produttivo delle province di Arezzo e Siena;

   si apprende dalla stampa che un prossimo piano di riorganizzazione da parte della direzione nazionale dell'Agenzia comporterebbe, a fronte di una conferma della autonomia operativa e dirigenziale degli altri uffici esistenti in Toscana (Livorno, Pisa, Prato-Pistoia e Firenze), la trasformazione dell'ufficio delle dogane di Arezzo in struttura subalterna a quella di Firenze;

   le istituzioni locali, la Camera di Commercio di Arezzo-Siena, le associazioni economiche di categoria e sindacali aretine e senesi, hanno espresso preoccupazione e soprattutto stupore rispetto a tale notizia, rimarcando come l'ufficio dogane di Arezzo-Siena svolga «un ruolo strategico per l'economia e sviluppo» e debba «essere potenziato e non ridimensionato», al fine di evitare di «incidere negativamente, in termini di efficienza e tempestività, su molti procedimenti che interessano le 80.000 imprese operanti nelle province di Arezzo e di Siena»;

   nell'interesse della realtà imprenditoriale delle province di Arezzo e di Siena appare quindi irrinunciabile mantenere la piena efficienza, in posizione paritetica rispetto a quella degli altri uffici della direzione territoriale della Toscana, dell'ufficio delle dogane di Arezzo.

   se le indiscrezioni relative alla riorganizzazione territoriale degli uffici delle dogane corrispondano al vero e se non ritenga conseguentemente necessario, in relazione a quanto espresso in premessa, evitare ogni depotenziamento dell'ufficio delle dogane di Arezzo (e della sede operativa di Siena), al fine di non penalizzare le imprese di un territorio che garantisce attualmente oltre un quarto dell'export dell'import della regione Toscana.
(5-02146)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ALESSIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la previsione normativa che regolamenta le sanzioni pecuniarie che il cittadino deve versare al comune in caso di versamenti di tributi non eseguiti, in tutto o in parte, o in presenza di dichiarazioni omesse o infedeli (decreto legislativo n. 471 del 1997) prevede che: in presenza di versamenti di tributi non eseguiti in tutto o in parte si applichi una sanzione pari al 30 per cento per ogni importo non versato; in caso di omessa o infedele dichiarazione le sanzioni raggiungono il 100 per cento mentre, in caso di omessa denuncia e omesso versamento, le due sanzioni sono da sommarsi raggiungendo quindi il 130 per cento; in tali situazioni il comune, effettuati i dovuti controlli, notifica un avviso di accertamento ed irroga le sanzioni previste nelle misure menzionate;

   al contempo, mentre il comune irroga immediatamente le sanzioni nella misura minima del 30 per cento l'Agenzia delle entrate attualmente prima comunica al contribuente di aver riscontrato anomalie invitandolo a sanarle, poi invia una comunicazione di irregolarità con applicazione delle sanzioni nella misura del 10 per cento. Solo successivamente, se il contribuente non adempie dopo i primi due «avvisi», emette un avviso di accertamento con le sanzioni previste dalla normativa;

   il comune è, di fatto, l'istituzione più vicina ai cittadini e, nel caso di specie, è il solo soggetto ad applicare sanzioni così elevate;

   in un momento come quello attuale lo Stato, in tutte le sue articolazioni, dovrebbe tutelare i cittadini intervenendo sulla normativa affinché gli organismi comunali non gravino così pesantemente sulle tasche dei contribuenti attraverso l'irrogazione di sanzioni che possono risultare profondamente sproporzionate;

   l'ulteriore effetto di tale sistema tributario risiede poi nella trasformazione dell'istituzione-comune in un antagonista, una sorta di nemico del cittadino: mentre ad altri livelli esistono istituti consolidati e previsioni normative che aiutano il cittadino a regolarizzare la propria situazione tributaria, quando il contribuente ha rapporto con l'amministrazione comunale trova spesso grosse rigidità e, a volte, atteggiamenti che sembrano eccessivamente punitivi;

   al contrario i comuni, in ragione della connaturata vicinanza alla cittadinanza che li contraddistingue, avrebbero necessità di un cambio di passo ai fini di una «riappacificazione» tra ente e contribuente;

   una soluzione potrebbe essere quella di prevedere, derogando alla normativa vigente, la possibilità di richiedere ai cittadini, almeno in prima istanza, esclusivamente i tributi dovuti (la sola sorte capitale) oltre agli interessi maturati per il periodo intercorrente dalla data di scadenza del tributo fino alla data di pagamento dello stesso. Tale procedimento potrebbe vedere l'emissione da parte del comune di una comunicazione di irregolarità o un avviso di accertamento contenente, oltre alla previsione del tributo da riscuotere e degli interessi, l'invito al cittadino a versare tale importo, anche tramite rateizzazione. Nell'eventualità in cui il cittadino rimanga inadempiente, si dovrebbe poi procedere con l'emissione di regolare avviso di accertamento unitamente all'aggravio delle sanzioni;

   tale modalità non andrebbe minimamente ad incidere sulle previsioni di bilancio dei comuni, in quanto le sanzioni non figurano quali entrate. Inoltre, da un lato permetterebbe ai cittadini di versare quanto dovuto come tributi e, dall'altro, consentirebbe ai comuni di raggiungere, senza avere alcun danno, il duplice obiettivo dell'intera riscossione dei tributi e di dare un reale segno di vicinanza e sostegno ai propri cittadini –:

   se non ritenga sia necessario promuovere iniziative di carattere normativo per modificare la disciplina esposta al fine di andare incontro alle esigenze di riscossione dei comuni e al contempo di gravare in misura inferiore sui singoli cittadini.
(4-02488)

FAMIGLIA, NATALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazioni a risposta immediata:


   SPORTIELLO, QUARTINI, MARIANNA RICCIARDI e DI LAURO. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   a 46 anni dall'approvazione della legge n. 194, in Italia è ancora difficile ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza; mentre la Francia decide di introdurre il diritto all'aborto in Costituzione, la Ministra interrogata sostiene che l'inserimento in Costituzione sia «divisivo» nonostante i dati sull'attuazione della legge n. 194 rivelino ancora oggi una diffusa disapplicazione;

   i dati 2022 della Lombardia rivelano che in 12 strutture sanitarie su 50 non è garantito l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica e, sul totale delle interruzioni volontarie di gravidanza del 2022 (11.003) effettuate, il ricorso alla pillola è stato in media del 40 per cento, con province ancora sotto il 20 per cento;

   in Piemonte quasi un medico su 2 è obiettore e, nell'ottobre 2020, la giunta regionale di centrodestra ha diffuso una circolare sull'aborto farmacologico che vieta ai consultori di somministrarlo, in dissenso con le indicazioni ministeriali; questa regione, peraltro, già anni fa aveva adottato una delibera che di fatto consentiva alle associazioni antiabortiste di accedere alle strutture ove si effettuano le interruzioni volontarie di gravidanza al fine di consentire «operazioni» di pressione alle donne che hanno deciso di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza;

   in Veneto è obiettore oltre il 71 per cento dei sanitari: 252 i ginecologi su un totale di 352;

   anche nel Centro-Sud la situazione non è dissimile e ci sono regioni, come la Puglia, l'Abruzzo e la Sicilia, dove oltre l'80 per cento dei ginecologi è obiettore di coscienza;

   nel Lazio la percentuale di strutture che effettuano l'interruzione volontaria di gravidanza è solo il 45,5 per cento;

   in Molise il 33,3 per cento e in Campania il 26,2 per cento, vale a dire una su 4, in Abruzzo il 69,2 per cento, in Sicilia il 50 per cento e in Puglia il 65,6 per cento;

   i pochi ginecologi non obiettori sono costretti ad un carico di lavoro eccessivo e senza alcuna possibilità di rotazione;

   l'accesso all'interruzione volontaria della gravidanza è stata una conquista faticosa e, purtroppo, ancora oggi continua ad essere faticosa la sua corretta ed esaustiva applicazione, negando così un diritto alle donne –:

   alla luce dei dati descritti in premessa, quali azioni di competenza intenda porre in essere affinché la libertà di scelta e autodeterminazione delle donne nel ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza sia garantita equamente e uniformemente in tutto il territorio e in condizioni di pari opportunità.
(3-01066)


   FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, ALMICI, AMBROSI, BUONGUERRIERI, CARETTA, CHIESA, CIABURRO, COLOMBO, COLOSIMO, DI MAGGIO, DONDI, FRIJIA, GIORGIANNI, KELANY, LA PORTA, LANCELLOTTA, LONGI, LUCASELLI, MANTOVANI, MARCHETTO ALIPRANDI, MATERA, MATTEONI, MORGANTE, POLO, GAETANA RUSSO, SCHIFONE, RACHELE SILVESTRI, VARCHI, VIETRI e ZURZOLO. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   come ricordato anche in occasione della Giornata internazionale della donna, 1'8 marzo, la valorizzazione del contributo delle donne allo sviluppo della nazione e dei territori e alla crescita della nostra società è stata fin dall'inizio al centro dell'attenzione del Governo, sia con riguardo al riconoscimento delle esperienze che le donne del passato ci hanno lasciato in eredità, sia sul fronte della promozione di pari opportunità per il presente e per il futuro;

   nello stesso intervento con il quale il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'occasione dell'insediamento del Governo, si è presentato di fronte alla Camera dei deputati sono stati ricordati esempi di donne che hanno saputo osare, lasciando un segno tangibile della loro presenza nei diversi ambiti del loro agire;

   le politiche messe in campo dal Governo e dalla maggioranza per le pari opportunità sono contraddistinte da risultati importanti, come quello riferito all'incremento record dell'occupazione femminile;

   l'impegno legislativo e le iniziative sul piano socio-economico devono essere accompagnate anche da un'azione culturale che valorizzi la memoria e l'esempio delle tante donne troppo spesso dimenticate, che hanno contribuito alla storia dell'Italia e dei suoi territori –:

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda intraprendere per valorizzare il ruolo delle donne nella storia della nazione e promuovere la presenza femminile negli ambiti in cui è oggi sottorappresentata.
(3-01067)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   PASTORELLA, ROSATO, BENZONI, BONETTI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, già nell'agosto 2023, aveva avviato un'indagine sui servizi taxi di Milano, Napoli e Roma a causa dei gravi disservizi segnalati dagli utenti. Sono emerse criticità, quali carenza di licenze, inerzia dei comuni nel richiedere informazioni alle cooperative e rigidità nei turni;

   successivamente, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha esteso l'indagine ad altre città, come Bologna, Firenze, Genova, Palermo e Torino, dove sono emerse problematiche come la mancanza di controlli a Palermo e il monitoraggio della qualità del servizio a Firenze;

   per migliorare il servizio taxi, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha suggerito diverse misure correttive: aumentare il numero di licenze oltre il limite del 20 per cento fissato precedentemente, monitorare la qualità del servizio in modo stabile e rendere pubblici i risultati, regolamentare le doppie guide e implementare il taxi sharing. Inoltre, viene consigliato di migliorare l'efficienza dei turni e garantire un adeguato numero di licenze per i taxi attrezzati per trasportare persone con handicap grave;

   la Corte costituzionale, con ordinanza n. 35 del 2024, ha evidenziato seri dubbi di legittimità costituzionale sull'articolo 10-bis, comma 6, del decreto-legge n. 135 del 2018, che blocca nuove autorizzazioni per il servizio Ncc fino alla piena operatività di un registro informatico nazionale. Tale disposizione è stata considerata ingiustificata e protezionistica, violando la libertà economica in un mercato efficiente;

   inoltre, con sentenza n. 36 del 2024, ha respinto le contestazioni di legittimità costituzionale riguardanti l'articolo 2, comma 4, della legge regionale calabrese n. 37 del 2023. Tale legge, secondo il Governo, avrebbe concesso agli Ncc la stessa facoltà di fornire servizi innovativi riservati ai taxi, ma la Corte costituzionale ha ritenuto che tale estensione non contrasti con la disciplina statale. Le innovazioni nel settore dei trasporti sono considerate essenziali per l'efficienza del mercato e il benessere dei consumatori;

   quindi, limitazioni e divieti devono essere proporzionati agli interessi pubblici tutelati. Un divieto assoluto di innovazione è da considerarsi protezionistico e dannoso per l'economia e gli utenti;

   dopo la sentenza della Corte di giustizia europea (giugno 2023) e questa ennesima pronuncia della Corte costituzionale, il tavolo di lavoro costituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con i rappresentanti dei tassisti e dei servizi Ncc sembra essere superato già dai fatti, tenuto conto peraltro che la maggior parte delle sigle rappresentative di quest'ultima categoria ha disertato la convocazione –:

   se intenda porre fine al progetto di attuare i decreti riferiti ad una norma su cui sono stati sollevati seri dubbi di legittimità costituzionale, adottando iniziative per porre in essere un riordino e una riforma complessiva del comparto della mobilità non di linea, in modo tale da permettere un mercato veramente concorrenziale, privo di misure protezionistiche e all'avanguardia dal punto di vista tecnologico e dell'innovazione.
(3-01058)


   BONELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con decreto-legge 31 marzo 2023 n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2023, n. 58, si dispone che il progetto definitivo del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria (Ponte di Messina), approvato dal consiglio di amministrazione della società concessionaria Stretto di Messina s.p.a. (SdM) il 29 luglio 2011, sia integrato da una relazione del progettista, attestante la rispondenza al progetto preliminare e alle eventuali prescrizioni dettate in sede di approvazione dello stesso, da trasmettere per l'approvazione al consiglio di amministrazione della stessa che, previo parere del comitato scientifico di cui all'articolo 4, comma 6, della legge n. 1158 del 1971, si esprime entro i successivi trenta giorni;

   da quanto si apprende da organi di stampa la relazione è stata recentemente approvata dal consiglio di amministrazione, cui faranno seguito gli ulteriori adempimenti procedurali stabiliti dallo stesso decreto-legge;

   risulta all'interrogante che la Stretto di Messina s.p.a. sin dal 13 giugno 2023 avrebbe richiesto al progettista di procedere con lo studio e la redazione della relazione di aggiornamento del progetto definitivo e con l'ulteriore documentazione prevista dall'articolo 4, comma 4, del medesimo decreto-legge, ben prima che venisse redatto il 29 settembre 2023 l'atto negoziale non oneroso tra le parti;

   come posto in evidenza anche dall'Anac il decreto-legge, ed ora a maggior ragione il comportamento della Stretto di Messina s.p.a., ha determinato una posizione di diritto del contraente generale, anche indipendentemente dalla sottoscrizione dei richiamati atti negoziali non onerosi, con ulteriore vantaggio contrattuale della parte privata nella definizione del contenzioso ancora in essere, per il quale si chiede di conoscere se è stata raggiunta una transazione e gli eventuali esiti;

   lo stesso progettista nella relazione di aggiornamento potrebbe indicare ulteriori prescrizioni da sviluppare nel progetto esecutivo, con particolari ulteriori attività tecnico-progettuali particolarmente rilevanti, che potrebbero determinare maggiori costi dell'opera, malgrado la cifra massima di spesa individuata nella legge di bilancio per il 2024;

   l'amministratore delegato della Stretto di Messina s.p.a. ha recentemente dichiarato che sarebbe opportuno prevedere un «biglietto» a carico della parte pubblica, nel caso della mancata realizzazione dell'opera –:

   se nell'ambito delle funzioni di indirizzo, controllo, vigilanza tecnica e operativa sulla Stretto di Messina s.p.a. in ordine alle attività oggetto di concessione, previste dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge, il Ministro interrogato sia nelle condizioni di rendere note quali siano le obbligazioni contrattuali poste a carico del contraente generale e se non ritenga necessario fornire precisi indirizzi per la previsione di penali a carico dello stesso in caso di aumenti dei costi e ritardi nell'esecuzione dell'opera.
(3-01059)


   BOF, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il rilancio degli interventi infrastrutturali rappresenta il fattore decisivo per una rapida uscita dalla crisi economica: la realizzazione, manutenzione e messa in sicurezza di opere pubbliche e gli interventi di rigenerazione urbana possono assicurare un contributo rilevantissimo per le prospettive occupazionali e lo sviluppo dei territori;

   un patrimonio infrastrutturale moderno e connesso, infatti, è fondamentale per una mobilità di merci e persone, efficace ed efficiente, che possa sostenere la crescita sostenibile a lungo termine delle città e dell'intero Paese;

   i comuni italiani, in particolare quelli piccoli, si trovano a fronteggiare molte difficoltà sia contingenti, come le emergenze che si sono succedute negli ultimi anni, tra cui l'aumento esponenziale e improvviso dei prezzi delle materie prime, sia strutturali, come la cronica carenza di personale e di competenze adeguate, frutto della politica di tagli alle risorse e di blocchi delle assunzioni che è stata perseguita nel corso dell'ultimo decennio;

   molti amministratori locali di piccoli comuni, inoltre, hanno più volte denunciato un grave problema di liquidità economica; atteso che per le opere finanziate con contributo statale i lavori sono pagati su fattura quietanzata e previa rendicontazione, essi non hanno risorse sufficienti per anticipare i costi di opere e lavori senza rischiare pericolose esposizioni di cassa;

   tali difficoltà economiche generano inevitabilmente una verticale caduta della godibilità dei servizi pubblici da parte dei cittadini, tra cui, in particolare, la possibilità di usufruire di una dotazione infrastrutturale costituita da opere pubbliche sicure ed efficienti –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare per sostenere i piccoli comuni negli interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle strade, a beneficio di tutti i cittadini.
(3-01060)


   LUPI, CAVO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la complessità della fase economica che affronta il Paese necessita di forme di sostegno per la morosità incolpevole, per i quali in passato sono stati istituiti e finanziati strumenti normativi dedicati;

   dopo il blocco previsto durante la pandemia di COVID-19, il Ministero dell'interno ha comunicato che gli sfratti esecutivi realizzati nell'anno 2022 sono stati oltre 30 mila, con un aumento del 218 per cento rispetto al 2021;

   anche le richieste di esecuzione e le sentenze di sfratto hanno registrato per l'anno 2022 dati in aumento rispetto al 2021, sempre secondo i numeri diffusi dal Ministero dell'interno;

   Anci, Federcasa, numerose regioni e molti comuni segnalano già da un anno il persistere e l'acuirsi del problema degli sfratti e della morosità incolpevole, chiedendo interventi a sostegno delle difficoltà economiche temporanee degli inquilini;

   il 19 dicembre 2023 si è tenuta la prima riunione del tavolo tecnico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, presieduto dal Ministro interrogato, per avviare un «piano casa» a partire dall'anno 2025;

   il «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione», di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, e il «Fondo inquilini morosi incolpevoli», di cui al decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, sono strumenti normativi introdotti per offrire un aiuto temporaneo a cittadini che affrontano situazioni di difficoltà economica tale da non poter versare le rate di locazione degli immobili;

   la legge 30 dicembre 2021, n. 234, non ha rifinanziato il «Fondo inquilini morosi incolpevoli», e anche le due leggi di bilancio successive non hanno previsto nuovi fondi dedicati;

   la legge 29 dicembre 2022, n. 197, e la legge 30 dicembre 2023, n. 213, non hanno rifinanziato il «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione» –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per rispondere alle necessità di un sostegno reale al versamento delle quote di locazione per i cittadini che si trovano temporaneamente in stato di bisogno e di morosità incolpevole.
(3-01061)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   BORDONALI e CAVANDOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 28 febbraio 2024, a margine del giuramento di 206 nuovi allievi agenti della Polizia di Stato alla Pol.G.A.I. di Via Vittorio Veneto, a Brescia, si è tenuto un rapido confronto tra rappresentanti istituzionali del territorio e il Capo della Polizia Pisani in merito al trasferimento della scuola alla caserma missilistica dismessa «Serini» di Montichiari;

   è palese l'importanza che la scuola riveste per la città, che la ospita oramai da quasi cinquant'anni;

   proprio al termine della cerimonia, il prefetto Pisani ha spiegato le ragioni sottese al trasferimento e cioè che la struttura «un tempo interamente demaniale dopo un periodo di cartolarizzazioni è ora in parte privata», per cui lo Stato paga un affitto di oltre un milione di euro all'anno;

   lo stesso prefetto, tuttavia, ha riconosciuto che «la scuola di polizia giudiziaria è una realtà storica, nel centro della città» dimostrandosi possibilista verso soluzioni alternative al trasferimento;

   la questione del trasferimento di scuole di polizia e caserme in un'ottica di razionalizzazione del costo affitti che, però, non tiene conto della rilevanza nel tessuto urbano delle città ospitanti, riguarda anche Piacenza, che ha avviato una ricerca di mercato per immobili da adibire, per l'appunto, a sede della scuola di polizia e di otto caserme dell'Arma, situate nei comuni della provincia –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare per addivenire ad una soluzione della questione in premessa che scongiuri il trasferimento delle scuole dalle città di Brescia e Piacenza.
(4-02491)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARI e PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   dall'anno scolastico 2021/2022 con il decreto Sostegni bis, e così fino all'anno scolastico 2023/2024, gli specializzati sul sostegno inseriti nella prima fascia delle graduatorie provinciali di supplenza sono stati assunti senza dover svolgere un concorso successivo;

   l'articolo 5-ter del decreto-legge n. 228 del 2021, convertito in legge n. 15 del 2022, aveva prorogato, per le immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2022/23, la procedura straordinaria di assunzione dalle Gps prima fascia, già prevista per l'anno scolastico 2021/22 dall'articolo 59, comma 4, del decreto-legge n. 73 del 2021 (convertito in legge n. 106 del 2022), limitandola ai soli posti di sostegno. Il decreto-legge n. 44 del 2023 e il decreto ministeriale n. 119 del 2023 hanno poi disciplinato le assunzioni dalla prima fascia Gps per il sostegno e dagli elenchi aggiuntivi alla prima fascia Gps per il sostegno anche per l'anno scolastico 2023/24;

   le assunzioni sui posti di sostegno previste dall'articolo 59 del decreto-legge 73 del 2021 sono però definite straordinarie perché vengono attivate solo ed esclusivamente qualora residuino posti vacanti e disponibili dopo le ordinarie immissioni in ruolo, ovvero da graduatorie a esaurimento e graduatorie di merito, nonché tramite call veloce;

   le procedure concorsuali susseguitesi negli anni hanno dimostrato che, da sole, non bastano a soddisfare la copertura dei posti vacanti sul sostegno;

   con il mancato inserimento della proroga ex articolo 59 nell'ultimo decreto proroga termini approvato definitivamente il 23 febbraio 2024, è stato precluso l'inserimento a pettine per i contratti a tempo indeterminato, termina dunque la straordinarietà che ha visto per un triennio procedure più semplici per l'assunzione dei docenti specializzati sul sostegno;

   ad avviso degli interroganti ciò ha creato una vera e propria disparità di trattamento per i corsisti dell'VIII ciclo che, a differenza dei docenti che si sono specializzati negli anni precedenti, sono tornati alla completa presenza in aula con regole stringenti per quanto riguarda le assenze;

   ai corsisti dell'VIII ciclo non è stata data la possibilità di essere ammessi con riserva al concorso PNRR;

   coloro i quali hanno vinto il bando e stanno partecipando ai corsi per l'VIII ciclo del Tirocinio formativo attivo non possono partecipare ai percorsi abilitanti, 60 CFU, avendo di fatto altra strada preclusa;

   tale mancata proroga ha di fatto creato una vera e propria ingiustizia per i precari della scuola specializzati o specializzandi sul sostegno, rispetto alla mancata assunzione dalla prima fascia delle Gps. Chi ha frequentato o sta frequentando il Tfa per il sostegno ha sostenuto già un concorso a tutti gli effetti con una preselettiva, una prova scritta e un esame orale finale. Un concorso che, in quanto tale, viene valutato con 12 punti in graduatoria –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare iniziative di competenza per ripristinare un principio di equità di trattamento tra corsisti;

   se non intenda adottare iniziative, anche di carattere normativo, al fine di dispensare i nuovi specializzati dall'esperire un ulteriore concorso per l'immissione in ruolo.
(4-02489)


   LA PORTA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dei notori scontri avvenuti a Pisa e Firenze tra studenti e forze dell'ordine durante manifestazioni non autorizzate, numerose sono state le prese di posizione da parte di una schierata opinione pubblica intenta a fornire un'unica chiave di lettura dei fatti, scavalcando nei fatti l'autorità giudiziaria;

   a margine di quanto sopra riportato, sono comparse autonome prese di posizione da parte di istituti scolastici e fondazioni che, approfittando della mancanza di contraddittorio, alimentano il clima di tensione che serpeggia tra i banchi di scuola attraverso delle note;

   in tal senso, è doveroso citare il caso dell'Istituto Comprensivo Statale «Leonardo Da Vinci» di Castelfranco di Sotto in provincia di Pisa;

   in data 26 febbraio 2024 è, infatti, comparso un comunicato a firma del corpo docente che condanna solo l'intervento delle forze di polizia a seguito del tentativo di sfondamento operato dai manifestanti, non proferendo alcuna nota di biasimo per la contravvenzione delle regole della società civile perpetrate dagli studenti facinorosi che non hanno risparmiato violenze nei confronti di uomini e donne in divisa;

   a ciò deve aggiungersi il comunicato a firma dell'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università che nella propria nota stigmatizza e critica ferocemente l'intervento in consiglio comunale del consigliere Maurizio Nerini di Fratelli d'Italia che nell'assise esponeva il proprio pensiero sulla paura verso le forze dell'ordine, troppe volte inculcata nelle giovani menti;

   l'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università nasce per monitorare e denunciare l'attività, di militarizzazione nelle scuole e delle università attraverso un'operazione, a detta dei soci fondatori, di contrasto alle ideologie ed alle violenze. Scopo fatalmente disatteso ove, con argomentazioni parziali e corrosive, si invoca una riflessione politica sull'operato degli agenti, rei di utilizzare metodi repressivi brutali al posto di sviluppare capacità di mero ascolto, dimenticando quanta violenza viene perpetrata contro di loro;

   il Viminale, attraverso una nota di febbraio 2024, rileva come dal 7 ottobre 2023 si siano svolte 1.076 manifestazioni per il Medio Oriente, di cui 33 hanno registrato criticità tanto che ben 26 appartenenti alle forze dell'ordine sono rimasti feriti;

   la versione dei fatti dell'Osservatorio, che annovera tra i soci fondatori e le altre associazioni aderenti varie sigle sindacali (Cobas, Unione Sindacale di Base e Confederazione Unitaria di Base) e adesioni da A.N.P.I., Partito Comunista e Sinistra Italiana, è stata inoltrata dal preside d'istituto a tutti i genitori;

   il testo, ad avviso dell'interrogante, contiene una ricostruzione parziale dei fatti, in violazione dei più elementari principi di pluralità e libera espressione che devono essere presenti in una scuola, ed alimenta una campagna di disinformazione sul valore dei nostri operatori di polizia. Circostanza che si aggiunge al clima di campagna elettorale per le elezioni amministrative del comune sede dell'Istituto Leonardo Da Vinci che rischia di alterarne i toni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se risulti che ciò sia avvenuto anche in altri istituti italiani;

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato a tutela della libera formazione del pensiero degli studenti.
(4-02490)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Technisub è un'azienda ligure, fiore all'occhiello della subacquea, marchio storico e leader mondiale nello sviluppo e nella produzione di imballaggi innovativi in plastica, è stata fondata nel 1962 da Luigi Ferraro e dal 1982 è controllata dalla francese Aqualung;

   i cancelli della fabbrica chiuderanno definitivamente entro marzo 2025. I quarantacinque lavoratori della azienda genovese lo hanno appreso martedì 5 marzo 2024 attraverso una videoconferenza con i vertici aziendali;

   il gruppo, proprietà del fondo d'investimento statunitense Barings, intende cessare progressivamente le attività produttive condotte presso lo stabilimento ligure per trasferirle, unitamente ai mezzi di produzione e al know-how, nell'impianto produttivo di Blackburn, in Inghilterra, giustificando la scelta con la volontà di ridurre i costi fissi e ripristinare una crescita durevole;

   secondo Aqualung, la sede di Genova opererebbe «da diversi anni a un livello di attività molto basso, rispetto alla sua capacità produttiva ideale». Le misure introdotte per il rilancio non sarebbero bastate a ripristinarne la redditività. Sindacati e rappresentanti politici liguri dissentono con questa fotografia, affermando che l'azienda appare sana e agli stessi lavoratori è stato richiesto anche uno sforzo per ulteriori carichi di lavoro;

   la chiusura infliggerebbe un durissimo colpo al capoluogo, l'ennesimo in termini di aziende che cessano la propria attività con gravi ricadute occupazionali, e determinerebbe un terremoto per la Val Bisagno, aggiungendosi agli altri siti produttivi che negli ultimi anni hanno serrato i cancelli, abbandonando quel territorio di Genova che da sempre è stato locomotiva cittadina per il reparto manifatturiero;

   in ballo c'è il futuro di quarantacinque lavoratori, nonché delle loro famiglie. L'11 marzo 2024 i dipendenti dello stabilimento hanno dato vita a un presidio, davanti alla sede di Confindustria, per dire «no» alla chiusura dello storico stabilimento, proseguendo la manifestazione con un corteo diretto a Palazzo Tursi;

   appare inaccettabile che Technisub, un gioiello che ha radici profonde nel territorio e rappresenta un'eccellenza del settore, dopo più di sessant'anni di attività venga portata via da Genova con un colpo di mano che non tiene conto delle ripercussioni economiche e sociali –:

   quali iniziative di competenza intenda porre in atto al fine di individuare una soluzione che salvaguardi l'occupazione dei quarantacinque dipendenti di Technisub che, se non vi sarà un intervento deciso e celere da parte delle istituzioni, entro un anno perderanno il lavoro, con un conseguente ulteriore indebolimento del tessuto economico ligure.
(3-01062)


   GRIBAUDO, FURFARO, QUARTAPELLE PROCOPIO, SCOTTO, GUERRA, FOSSI, LAUS, SARRACINO, UBALDO PAGANO, MARINO, SERRACCHIANI, MALAVASI, BOLDRINI, ROGGIANI, FORATTINI, BAKKALI, FERRARI, GHIO, CASU e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 105 del 2022, entrato in vigore il 13 agosto 2022, ha reso strutturale il congedo di paternità obbligatorio per i lavoratori dipendenti (nel pubblico e nel privato), della durata di 10 giorni, da utilizzare nei due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, retribuiti al 100 per cento a carico dell'Inps;

   la legge 7 aprile 2022, n. 32 delega il Governo a prevedere un periodo di congedo obbligatorio per il padre lavoratore di durata significativamente superiore a quella prevista dalla legislazione vigente, favorendo inoltre l'estensione della misura anche ai lavoratori autonomi e professionisti;

   ricerche ed esperienze sostengono che il congedo di paternità paritario a quello di maternità sia una delle misure più efficaci per ridurre le diseguaglianze di genere, nel mercato del lavoro, all'interno della famiglia e, in generale, nella società;

   il termine per l'esercizio della citata delega è fissato in 24 mesi dalla data della sua entrata in vigore e, quindi, si esaurirà poco dopo la prima decade del mese di maggio 2024 –:

   quando il Governo intenda adottare il decreto legislativo previsto dalla legge delega 7 aprile 2022, n. 32, in linea con le esperienze più avanzate in Europa che prevedono la fruibilità almeno per tre mesi del congedo di paternità, rendendo noto alle Camere il numero dei lavoratori che sin qui ne hanno realmente usufruito.
(3-01063)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 5 marzo 2024 Amin Fawzi Gadel Karim, 57 anni, di origine egiziana, ma residente a Reggio Emilia da molti anni è morto sul lavoro mentre stava eseguendo dei lavori sul tetto di uno stabilimento nella zona industriale di Mancasale;

   Amin Fawzi Gadel Karim era sul tetto insieme ad altri due operai, addetti alle opere di pulizie e ripristino e in particolare si stavano occupando della manutenzione della grondaia. Sul posto c'era anche il figlio di Amin, che stava lavorando insieme al padre, a pochi passi da lui;

   secondo alcune testimonianze raccolte nell'immediato dell'incidente, Amin si trovava su un tetto, secondo una prima ricostruzione, che era in larga parte calpestabile, ma su cui, in certi punti, erano presenti lucernari i quali, con il passare del tempo, si sarebbero sporcati a causa del deposito di detriti;

   Amin, che a suo tempo risultava titolare di un'impresa artigiana individuale, avrebbe camminato su uno di questi lucernari, sprofondando di sotto, all'interno del capannone. Evidentemente, non era possibile percepire la differenza tra i vari punti della superficie calpestabile del tetto;

   la vittima è deceduta sul colpo. Dentro lo stabilimento c'erano attrezzature edili: da ponteggi a materiali di edilizia. Il luogo dov'è caduto Amin, quindi, non sarebbe stato un pavimento sgombro, bensì un capannone usato come deposito dalla Reggio Ponteggi, azienda che si è dichiarata estranea all'episodio;

   dopo l'infortunio sono arrivati gli agenti della polizia di Stato, i vigili del fuoco, la polizia locale, la medicina del lavoro dell'Ausl, insieme alla Procura, che coordina le indagini. Dopo l'infortunio mortale, infatti, è stata aperta un'inchiesta per omicidio colposo;

   le indagini sono ancora in corso, ma da quanto ha rilevato chi ha fatto i primi

   sopralluoghi, il 57enne non avrebbe indossato imbragature. Non sono stati rilevati, infatti, punti di ancoraggio. Secondo i primi accertamenti, Amin sarebbe precipitato da un'altezza di oltre 7 metri –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e in particolare quali iniziative urgenti voglia intraprendere per far sì che sui luoghi di lavoro si adottino tutte le necessarie misure e prescrizioni di sicurezza previste dalla legge anche al fine di scongiurare episodi come quello riportato.
(5-02134)


   SCOTTO, GUERINI, GRIBAUDO, FOSSI, LAUS e SARRACINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Condevo, azienda produttrice di componenti per caldaie, con 3 stabilimenti nel Lodigiano, di cui uno a Marudo e due a Vidardo, sta attraversando una fase di grave incertezza che preoccupa i lavoratori;

   la robotizzazione nel corso degli anni ha fortemente impattato sui livelli occupazionali riducendo il numero delle maestranze impiegate soprattutto negli ultimi 20 anni;

   a ciò si aggiungono dinamiche tipiche dei processi di globalizzazione che hanno indotto l'azienda a delocalizzare in altri Paesi una parte rilevante della produzione;

   ad oggi più volte è stato fatto ricorso agli ammortizzatori sociali;

   da ultimo nel gennaio 2024 sono scadute le 13 settimane di cassa integrazione ordinaria autorizzate e l'azienda inaspettatamente ha attivato la procedura di mobilità, anticamera del licenziamento, per 34 unità;

   tale procedura sarebbe stata giustificata da parte aziendale in relazione alla normativa europea concernente il limite dei 2029 per l'uso delle caldaie a Gas;

   le organizzazioni sindacali sono mobilitate e hanno posto in essere azioni di protesta e sensibilizzazione delle istituzioni al fine di individuare possibili soluzioni;

   la preoccupazione è alimentata anche dall'atteggiamento aziendale che sembra non voler ricercare percorsi condivisi anche per l'utilizzo di strumenti che possano attutire la crisi e tutelare i lavoratori –:

   se il Governo risulti essere a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda tempestivamente attivare al fine di consentire l'utilizzo degli ammortizzatori sociali per i lavoratori interessati dalle procedure di mobilità e verificare la possibilità di soluzioni che riguardino anche il profilo produttivo e industriale per salvaguardare i livelli occupazionali.
(5-02135)


   BARZOTTI, AIELLO, CAROTENUTO e TUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il calzaturificio Moreschi, uno dei brand di maggior prestigio della calzatura di lusso, di fatto l'ultimo calzaturificio vigevanese che produce con il proprio marchio (gli altri ancora attivi in città lo fanno da tempo per altri brand) non produrrà più nello stabilimento di Vigevano;

   la fine della tradizione di quella che da oltre mezzo secolo è la (ex) capitale della calzatura italiana è stata annunciata dalla stessa azienda – il cui pacchetto di maggioranza è stato acquisito dal fondo svizzero Hurley nel 2021 – che sposta la produzione ordinaria verso laboratori italiani altamente specializzati e caratterizzati da una forte impronta «green», legati al brand da contratti di collaborazione in esclusiva;

   non è ancora noto quali saranno i laboratori citati, né la loro collocazione, mentre è certo l'avvio della procedura di licenziamento collettivo per 59 operai rimasti in forza allo stabilimento di via Cararola;

   già la scorsa estate si era verificato un lungo braccio di ferro tra l'azienda e gli ormai ex dipendenti che avevano fatto ricorso all'Ispettorato del lavoro di Pavia. In data 5 marzo 2024, a fronte del mancato pagamento di quasi 60 su 80 retribuzioni di gennaio, le delegazioni sindacali sono state ricevute dal viceprefetto che, nei prossimi giorni, potrebbe convocare anche la proprietà del calzaturificio;

   la vicenda invero inizia già nel 2017, quando si susseguono una serie di tavoli di incontro – l'ultimo presso regione Lombardia – ove, per senso di responsabilità, i rappresentanti dei lavoratori firmarono una procedura di licenziamento collettivo per 27 persone, con la promessa, da parte dell'azienda, di nuovi investimenti e assunzioni per sviluppare lo stabilimento di Vigevano;

   l'odierna decisione del calzaturificio Moreschi, per l'azienda dettata dalla nuova sensibilità del consumatore verso problematiche ambientali che influenzano le scelte di acquisto, mette a rischio la continuità occupazionale dei dipendenti che hanno invece diritto a essere tutelati e garantiti nel pagamento degli stipendi e nel mantenimento del posto di lavoro;

   secondo le organizzazioni sindacali, la vera ragione dell'abbandono dello stabilimento di Vigevano sarebbe legata all'operazione immobiliare/finanziaria riportata dalla stampa locale il 29 febbraio 2024 –:

   se non ritenga necessario e urgente adottare iniziative volte a garantire, nel lungo termine, misure di bilanciamento delle necessità aziendali di produzione sostenibile da un lato, e della continuità occupazionale e protezione dalla crisi economica dei lavoratori attualmente impiegati dall'altro.
(5-02136)


   MARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   decine di presidi si sono svolti, nei giorni scorsi, in tutta Italia sotto le prefetture, con la partecipazione di migliaia di lavoratrici e lavoratori dell'Enel che hanno aderito alla mobilitazione promossa da Filctem, Flaei e Uiltec;

   l'Enel ha risposto alla mobilitazione sindacale con un ulteriore grave atto di scontro, inviando a poche ore dallo sciopero, in maniera unilaterale, le nuove linee guida riguardanti lo Smart Working che passa da 13 giorni, il migliore accordo del settore, a 9 giorni, il peggior del settore;

   contestualmente Enel lo stesso giorno avrebbe inviato una lettera agli ex somministrati di Eneldistribuzione in cui, in contrapposizione con quanto in precedenza condiviso, li invitava a sostenere una prova ufficiale, come si fa di norma nelle selezioni per gli esterni. In alcuni casi, da quanto risulta, hanno invitato alle selezioni per un determinato mestiere ex somministrati con curriculum di altra natura;

   con tutta evidenza il comportamento adottato dalla parte datoriale tradisce lo Statuto della Persona. Per questo Filctem, Flaei, Uiltec, hanno sospeso l'adesione allo Statuto della Persona;

   appare contraddittorio parlare di migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per poi diminuire i giorni dedicati al lavoro agile, avviando unilateralmente iniziative e per di più senza accordo sindacale;

   questo avviene mentre Enel, a detta dei sindacati, è sotto organico da anni e non è in grado di gestire l'attuale rete elettrica italiana, con carichi di lavoro insostenibili e allungamento dei tempi di ripristino dei guasti; con un piano di assunzioni che non garantirebbe il raggiungimento degli obiettivi del PNRR affidati ad Enel, in tale contesto si vuole modificare unilateralmente il regime degli orari di lavoro, senza rispettare il Protocollo di Relazioni. Si paventano, così, tagli indiscriminati al costo del personale, con la revoca dello smart working che può portare gravi ripercussioni sulle famiglie dei lavoratori e per l'ambiente –:

   se sia a conoscenza dei fatti citati in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere nei confronti di Enel, coinvolgendo anche i sindacati, affinché Enel receda da decisioni unilaterali assunte in assenza di accordo sindacale con pesanti ricadute sulle lavoratrici e lavoratori.
(5-02137)


   NISINI, GIACCONE, CAPARVI e GIAGONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Fondo nuove competenze (Fnc), introdotto dall'articolo 88 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito della legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto decreto rilancio) e successivamente modificato dal decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 (cosiddetto decreto agosto), è un Fondo pubblico istituito presso Anpal e cofinanziato dal Fondo sociale europeo (Fse);

   nato per contrastare gli effetti economici conseguenti all'emergenza epidemiologica da COVID-19 con l'obiettivo di sostenere imprese e lavoratori nella difficile fase post Covid, trattasi di uno strumento di politica attiva che persegue la finalità di consentire alle imprese di adeguare le competenze dei lavoratori, destinando parte dell'orario alla formazione;

   nello specifico, è stata prevista la possibilità per tutti i datori di lavoro del settore privato di stipulare degli accordi collettivi, a livello aziendale o territoriale, tra le associazioni datoriali e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale per rimodulare l'orario di lavoro dei dipendenti e svolgere dei percorsi di formazione e di ricollocazione;

   il Fnc prevede, dunque, il rimborso del costo delle ore di lavoro destinate alla frequenza dei percorsi formativi, pari al:

   60 per cento del costo della retribuzione dei dipendenti impegnati in formazione, elevabile al 100 per cento nel caso di accordi che prevedano, oltre alla rimodulazione dell'orario finalizzata a percorsi formativi, una riduzione del normale orario di lavoro a parità di retribuzione complessiva;

   100 per cento dei contributi previdenziali e assistenziali correlati alle ore destinate alla formazione;

   tra i destinatari della misura possono essere inclusi tutti i lavoratori anche somministrati, individuati al momento della stipula degli accordi, a condizione che costoro non si trovino a fruire contemporaneamente anche di altri ammortizzatori sociali con riduzione dell'orario di lavoro;

   la terza edizione del Fondo nuove competenze (fino alla fine del 2023 è stata operativa la seconda edizione) dovrebbe partire entro la primavera prossima ed avrà un budget di risorse di oltre 1 miliardo di euro –:

   se il Ministro interrogato confermi l'avvio della terza edizione entro la primavera prossima e, di conseguenza, entro quando si preveda la pubblicazione del relativo bando.
(5-02138)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'Istituto superiore di sanità (Iss), unitamente al Ministero della salute e agli altri enti del Ssn, che orienta le politiche sanitarie sulla base di evidenze scientifiche, rappresenta il principale centro di ricerca, controllo e consulenza tecnico-scientifica in materia di sanità pubblica in Italia ed ha come obiettivo prioritario quello di tutelare la salute dei cittadini;

   le principali attività dell'Iss sono distribuite in 6 dipartimenti, 16 centri nazionali, 2 centri di riferimento, 5 servizi tecnico-scientifici e un organismo notificato per la valutazione dell'idoneità dei dispositivi medici;

   il professor Rocco Bellantone è stato nominato presidente dell'Iss con decreto del Presidente del Consiglio del 19 dicembre 2023, su proposta del Ministro della salute;

   già l'11 settembre 2023 il professor Bellantone è stato nominato commissario straordinario ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 106 del 2012, secondo cui in caso di mancata costituzione degli organi o in caso di loro impossibilità di funzionamento, il Ministro della salute nomina, con proprio decreto, un commissario straordinario, per un periodo massimo di dodici mesi;

   il presidente dell'istituto è scelto tra personalità appartenenti alla comunità scientifica, dotato di alta e riconosciuta professionalità, in materia di ricerca e sperimentazione nei settori di attività dell'istituto medesimo, ed è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute; se professore universitario, è collocato in aspettativa ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e successive modificazioni, se dipendente di pubbliche amministrazioni è collocato in aspettativa senza assegni;

   il presidente dura in carica quattro anni e può essere confermato una sola volta; inoltre, ai sensi dell'articolo 6 del predetto decreto legislativo n. 106 del 2012 il presidente e il direttore generale dell'istituto non possono essere amministratori o dipendenti di società, né ricoprire incarichi retribuiti anche di consulenza;

   il Ministro della salute, nelle more della conclusione della procedura di nomina del nuovo presidente dell'Iss, ha dunque nominato con proprio decreto il professor Rocco Bellantone commissario straordinario dell'istituto per un periodo di sei mesi e comunque fino alla nomina del nuovo presidente;

   il neonominato presidente, a sei anni dal precedente riordino dell'Iss, in coordinamento con il direttore generale, ha proposto una nuova riorganizzazione dell'istituto in cinque dipartimenti, con evidente sbilanciamento tra gli stessi in termini di centri afferenti, sulla quale, a quanto consta agli interpellanti, direttori dei centri, Dipartimenti, sindacati e rappresentanze dei ricercatori, hanno avanzato legittima richiesta di chiarimenti nel merito dei requisiti formali e sostanziali propedeutici a qualunque valutazione di merito e di competenza, lamentando come irrealistica la tempistica di prevedere un riordino generalizzato ad appena tre mesi dall'insediamento del neo presidente, da avviarsi alla nuova regolamentazione organizzativa funzionale entro il mese di luglio 2024 e soprattutto a soli sei anni dalla sua precedente e faticosa riorganizzazione, in assenza di qualunque valutazione sistematica dello status quo e della giusta valutazione degli indicatori di performance propri di un istituto di ricerca;

   risulta singolare che tale riorganizzazione, che intende applicare a tutto l'istituto profonde modifiche organizzative e funzionali probabilmente solo alla luce di poche e ben identificabili criticità, sia proposta in assenza del necessario ripristino degli organi statutari che devono essere ancora nominati a seguito della nomina del nuovo presidente dell'Iss;

   considerato che è compito del presidente adottare le delibere del Cda giovandosi della consultazione del comitato scientifico, mentre il riordino proposto è avanzato in assenza di qualunque necessaria valutazione condivisa dagli organi consultivi, deliberativi e di controllo;

   forti perplessità sorgono anche nel merito della proposta di riorganizzazione laddove, ad esempio, la finalità di riorganizzare su tre livelli con relazioni gerarchiche non chiare e non previste dall'attuale statuto, e che quindi richiederebbero anche la modifica della statuto oltre a quella del regolamento interno, contrasta con l'essenza stessa della ricerca che non dovrebbe organizzarsi attraverso strutture verticali, coordinate da una struttura dipartimentale apicale, ma attraverso strutture esclusivamente paritarie, come logico che sia per la condivisione di conoscenze e competenze tra i ricercatori che non possono essere inquadrati in logiche che ne minino l'autonomia, secondo quanto previsto dalla Carta europea dei ricercatori –:

   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se sia stata attivata in merito la debita condivisione e vigilanza;

   come intenda verificare se, nelle procedure seguite sia rispettato il fondamentale requisito della verifica dell'indipendenza della proposta, del rispetto dell'autonomia della ricerca e dei ricercatori, dell'adozione di meccanismi imparziali e terzi di supervisione, da assicurarsi eventualmente anche attraverso il fondamentale istituto delle incompatibilità;

   se effettivamente anche il Ministero della salute sia dell'avviso di sottoporre all'Iss ad una ulteriore riorganizzazione così radicale, con il rischio che il riordino già avvenuto, le cui performance risultano, oggettivamente, qualitativamente elevate, non debba essere riconsiderato per la sua effettiva e comprovata efficacia e che solo un ragionevole lasso di tempo può dimostrare.
(2-00347) «Quartini, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Sportiello, Cappelletti».

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


   FARAONE, GADDA, DE MONTE, DEL BARBA, MARATTIN, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da quanto è dato sapere a seguito di un'inchiesta giornalistica del quotidiano la Repubblica, edizione di Palermo, da circa dieci anni l'Università di Gorazde, con sede in Bosnia Erzegovina, attraverso il dipartimento italiano «Jean Monnet» con sede a Palermo, rilascerebbe lauree in medicina, fisioterapia e infermieristica con lezioni tenute esclusivamente on line, pur non risultando, detta università, accreditata dal Ministero dell'università e della ricerca come istituzione estera operante in Italia e, a quanto risulta agli interroganti, priva di accreditamento anche in Bosnia;

   attraverso convenzioni stipulate tra l'ateneo italo-bosniaco e diversi ospedali pubblici e cliniche private, gli studenti avrebbero svolto tirocini formativi;

   circa un migliaio di studenti, provenienti da ogni parte d'Italia, avrebbero conseguito un diploma di laurea, privo di alcun valore nel nostro Paese;

   a seguito di detta inchiesta giornalistica, la procura della Repubblica di Palermo ha aperto un'indagine –:

   quali iniziative di competenza si intendano promuovere, al fine di verificare quanto in premessa e contribuire a fare chiarezza su quanto accaduto.
(3-01064)


   DALLA CHIESA, MULÈ, TASSINARI, BARELLI, ARRUZZOLO, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, BATTISTONI, BENIGNI, DEBORAH BERGAMINI, CALDERONE, CANNIZZARO, CAPPELLACCI, CAROPPO, CASASCO, CATTANEO, CORTELAZZO, D'ATTIS, DE PALMA, FASCINA, GATTA, MANGIALAVORI, MARROCCO, MAZZETTI, NEVI, ORSINI, NAZARIO PAGANO, PATRIARCA, PELLA, PITTALIS, POLIDORI, ROSSELLO, RUBANO, PAOLO EMILIO RUSSO, SACCANI JOTTI, SALA, SORTE, SQUERI, TENERINI e TOSI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che l'Università di Gorazde, con sede in Bosnia Erzegovina, in convenzione con il dipartimento degli studi europei «Jean Monnet» di Palermo, ha rilasciato presunti diplomi di laurea in medicina e professioni sanitarie con lezioni tenute esclusivamente on line a studenti italiani, senza in realtà essere accreditata in Italia;

   gli studenti, provenienti da ogni parte del Paese, che hanno conseguito il titolo di studio presso tale istituto, non possono iscriversi agli ordini professionali italiani e, di conseguenza, esercitare la professione in ambito sanitario;

   a seguito alle denunce da parte di alcuni studenti alla Guardia di finanza, la procura di Palermo ha avviato un'inchiesta per truffa e per altre ipotesi di reato nei confronti dei vertici e legali rappresentanti dell'istituto;

   alcuni ospedali e cliniche pubbliche, dove gli studenti svolgevano il loro tirocinio, hanno disposto la sospensione dell'accordo con l'istituto «Jean Monnet» e interrotto con effetto immediato il percorso formativo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali iniziative di competenza intenda porre in essere per garantire la qualità dell'istruzione universitaria nel settore sanitario, fondamentale per la promozione e la tutela della salute, sia individuale che collettiva, della popolazione.
(3-01065)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Grimaldi n. 1-00256, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 258 dell'8 marzo 2024.

   La Camera,

   premesso che:

    nell'ambito della filiera della mobilità sostenibile, il settore dell'automotive e la sua riconversione rivestono ovviamente un ruolo centrale e strategico;

    tale settore ricomprende tutte le imprese coinvolte nella produzione di autoveicoli, a partire dalle imprese che producono materie prime (plastiche, coloranti, prodotti chimici, vernici, tessuti, e altro) e macchine utensili, passando per le imprese più strettamente produttive, fino ad arrivare alle aziende che si occupano di imballaggi, trasporto merci e servizi legati agli autoveicoli, e quella dei servizi automotive, con 5500 imprese, oltre un milione e duecentomila addetti e un fatturato con un'incidenza percentuale sul PIL, includendo i servizi, a due cifre;

    la filiera automotive italiana si posiziona nei segmenti a più elevato valore aggiunto grazie non solo alle eccellenze nella produzione di autoveicoli di alta gamma e di autoveicoli commerciali, ma anche in virtù delle specializzazioni produttive che caratterizzano in particolare i distretti della componentistica;

    la produzione di auto in Italia mostra tuttavia scenari preoccupanti: da quasi un milione e mezzo di veicoli prodotti nel 1999 siamo scesi a 473 mila nel 2022; solo a Torino nel 2007 venivano fabbricate 218mila auto, nel 2019 si è arrivati a 21mila e c'è il rischio che nel 2024 si cali la produzione a meno di 50 mila autoveicoli;

    tale calo di produzione determina anche la crisi dell'indotto del settore: a partire dal 2008, nella componentistica torinese più di 500 aziende hanno cessato l'attività e 35 mila persone hanno perso il lavoro; le crisi si estendono e si moltiplicano in tutto il paese, dall'area industriale di Melfi, alle ipotesi di chiusura della Marelli a Crevalcore (BO), alla gravissima crisi della Lear a Grugliasco (TO);

    l'Unione europea si è impegnata a diventare un'area a «impatto climatico zero» entro il 2050; il settore dei trasporti, che rappresenta un quarto delle emissioni totali di gas serra delta stessa UE, è un ambito su cui è prioritario intervenire, per raggiungere l'obiettivo europeo di neutralità climatica;

    inoltre, il nuovo regolamento (UE) 2023/851 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 aprile 2023, entrato in vigore il 15 maggio 2023, riguarda il rafforzamento dei livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi, in linea con gli obiettivi dell'Unione in materia di clima;

    al fine di rispettare gli obiettivi in materia di clima posti dalla strategia europea «Fit for 55», di riduzione di almeno il 55 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, il regolamento prevede dal 1° gennaio 2030 per le emissioni medie del parco di autovetture nuove, un obiettivo per l'intero parco dell'UE pari a una riduzione del 55 per cento (anziché del 37,5 per cento) dell'obiettivo nel 2021; per le emissioni medie del parco di veicoli commerciali leggeri nuovi, un obiettivo per l'intero parco dell'UE pari a una riduzione del 50 per cento (anziché del 31 per cento) dell'obiettivo nel 2021;

    secondo la ricerca «La rivoluzione dell'automotive», condotta e realizzata dall'Associazione Economisti dell'Energia per Federmanager, entro il 2030 i veicoli elettrificati arriveranno a rappresentare oltre il 70 per cento delle vendite in Europa e più del 40 per cento negli Stati Uniti, mentre entro il 2026 il costo totale delle auto elettriche uguaglierà quello dei veicoli a combustione interna e già da tempo, molte case automobilistiche europee hanno deciso di convertire la propria filiera verso un radicale passaggio all'elettrico, anche anticipando, in molti casi, le scadenze previste dalle normative dell'Unione europea;

    il mercato italiano delle auto elettriche tuttavia continua a calare, mentre in Europa cresce; nel 2022 le immatricolazioni di auto elettriche in Italia sono scese del 27,1 per cento (quota di mercato al 3,7 per cento), mentre in tutti gli altri grandi Paesi europei hanno registrato una robusta crescita: in Germania +32,3 per cento, nel Regno Unito +40,1 per cento, in Francia +25,3 per cento, in Spagna +30,6 per cento;

    tale tendenza negativa si pone in contrasto con gli obiettivi previsti dagli impegni nazionali e comunitari, ostacolando in modo determinante la crescita del comparto, la transizione ecologica e lo sviluppo stesso del mercato dei veicoli elettrici;

    in Italia il settore dell'automotive dipende ancora per il 93,4 per cento da fonti fossili ed è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di gas serra, oltre ad essere tra le cause principali della degradazione della qualità dell'aria nelle città italiane. Tra le diverse modalità di trasporto, nel 2019 quello stradale ha emesso il 92,6 per cento dei 105.1 milioni di tonnellate di CO2eq dell'intero settore, praticamente quanto emesso dall'intera Romania nello stesso anno. Tale valore – in crescita del 3,9 per cento rispetto ai valori del 1990 – deve essere azzerato entro il 2050 per rispettare l'obiettivo della neutralità climatica che l'Europa e l'Italia hanno fissato. In particolare, le emissioni del trasporto su strada costituiscono la parte maggioritaria delle emissioni dei settori non ETS, per i quali per l'Italia è fissato un obiettivo di riduzione, al 2030, del -43,7 per cento;

    sebbene le auto circolanti siano passate da 39.545.232 del 2019 a 40.839.063 del 2023, innalzando il tasso di motorizzazione privata del Paese a 69 autovetture per ogni 100 abitanti, il nostro parco di autovetture (38,5 milioni) e di veicoli commerciali (3,97 milioni) è fra i più vetusti, insicuri ed inquinanti d'Europa con il 29 per cento delle vetture e il 47 per cento degli autocarri che hanno un'omologazione tra Euro 0 e Euro 3; numeri che indicano l'urgenza di politiche volte a svecchiare il circolante e aumentare l'infrastrutturazione per la mobilità sostenibile, dal momento che la media di colonnine di ricarica ogni 100 km è di 12,3 in Unione europea, Regno Unito e Paesi Efta. In Italia siamo a 7,9, in UK sono 17,6, in Germania 17,3, in Francia 10,2; numeri lontanissimi dai Paesi Bassi: 107,8, ovvero più di una a km;

    nella XVIII legislatura, per contrastare la crisi indotta dalla pandemia e sostenere la produzione e l'occupazione del settore, sono state stanziate molte risorse, ci sono quelle del PNRR (800 milioni di euro di dotazioni finanziarie, distribuite per finanziare due linee di contratti di sviluppo, di cui 500 milioni per la realizzazione della filiera nazionale delle batterie e 300 milioni destinati a investimenti finalizzati alla realizzazione di una filiera nazionale di bus elettrici, la dotazione del Fondo IPCEI che finanzia progetti di batterie e progetti di sviluppo della filiera dell'idrogeno) e quelle stanziate col Fondo Automotive, 8,7 miliardi della legge 34 del 2022 che costituiscono insieme un pacchetto di 11-12 miliardi di euro per il settore dell'auto disponibili fino alla fine del decennio per favorire la riconversione, ricerca e sviluppo del settore automotive;

    la filiera dell'industria automobilistica necessita di interventi ad hoc, come fatto da altri Paesi con alta vocazione all'automotive, che prevedono il sostegno alla riconversione produttiva, alla ricerca e allo sviluppo di prodotti e tecnologie innovative in grado di assecondare la domanda emergente nel mercato di riferimento e di competere a livello globale, nonché la riqualificazione professionale degli addetti; in assenza di tali politiche si prefigura il rischio di chiusure e licenziamenti di personale;

    tra le politiche di accompagnamento, un ruolo particolarmente importante può essere rappresentato dal possibile sviluppo di nuove filiere di produzione quali quello delle batterie e dei semiconduttori, così come appare necessario un piano per l'infrastrutturazione del Paese basato su un forte incremento della produzione di energie rinnovabili;

    il passaggio all'elettrico deve essere anche un'opportunità per ripensare complessivamente la tipologia delle mobilità, in particolare nelle grandi aree metropolitane, promuovendone le forme collettive e condivise; appare pertanto necessario che la transizione all'elettrico sia accompagnata e guidata da un importante intervento pubblico che deve, anche mediante la costituzione di appositi organismi, orientare e favorire la transizione;

    al contrario, spesso ritardi e le burocrazie hanno frenato la transizione, come accaduto nel caso dei bonus wallbox e colonnine nel 2022 e nel 2023;

    la nuova Direttiva sulle Energie Rinnovabili (REDIII) prevede inoltre l'introduzione di un meccanismo di credito per l'elettricità rinnovabile caricata nei veicoli elettrici, e dunque immessa in consumo nei trasporti;

    il comparto dell'automotive italiano si presenta articolato e composto da numerose realtà: da quelle specializzate nella produzione di autoveicoli fino alla componentistica, segmento quest'ultimo nel quale le imprese nazionali hanno sempre saputo distinguersi: una filiera produttiva in cui operano 5.439 imprese, risultano occupati oltre 272.000 addetti e che genera un fatturato di poco superiore a 100 miliardi di euro, pari al 5,6 per cento del Pil nazionale, con un contributo al gettito fiscale per oltre 76 miliardi (dati Anfia 2023);

    nel solo ambito della componentistica per autoveicoli trovano lavoro 167 mila persone, con quasi 2.200 imprese attive e 55,9 miliardi di euro di fatturato (dati Anfia 2022);

    da una ricerca condotta da Cassa Depositi e Prestiti, Ernst & Young e Luiss Business School, emerge come circa il 20 per cento del valore aggiunto generato dalla filiera della componentistica risulti fortemente radicato nei mercati internazionali (la Germania resta il primo cliente nell'Unione) e inglobato dai prodotti esportati dagli altri partner commerciali. Nel 2022, il nostro Paese ha esportato il 12,5 per cento di tutte le produzioni manifatturiere nazionali, per un valore di circa 73 miliardi di euro e, con riferimento alla sola componentistica per autoveicoli, circa il 21 per cento per un valore intorno ai quattro miliardi;

    l'Osservatorio sulla componentistica automotive italiana e sui servizi per la mobilità, nel suo ultimo rapporto, attesta che il Piemonte resta il territorio con il maggior numero di imprese insediate (il 33,6 per cento), a cui seguono la Lombardia (il 26,9 per cento) e l'Emilia-Romagna (il 10,6 per cento) che, nel complesso, coprono più del 70 per cento del totale. Nel Nord Est si distingue il Veneto (l'8,9 per cento), nel Centro Italia la Toscana (il 3,1 per cento) e nel Mezzogiorno (isole comprese) la Campania (il 3,4 per cento). Alle imprese con sede in Piemonte è riconducibile il 34 per cento circa sia del fatturato, sia degli addetti del settore;

    alla luce di tutto ciò, è sempre più preoccupante la situazione di Stellantis: con sei stabilimenti produttivi, la forza lavoro nazionale del Gruppo conta poco più di 40 mila addetti; a partire dal 2015 il personale è diminuito di 11 mila e cinquecento unità, con il costante ricorso alla cassa integrazione, al contratto di solidarietà e alle uscite incentivate;

    l'Italia sta quindi pagando un prezzo molto alto per la presenza di un solo produttore, che a suo tempo scelse di non scommettere sull'elettrico nel nostro Paese, pur avendo adottato a livello globale un piano industriale (denominato Dare Forward 2030) che prevede la totale conversione all'auto elettrico, arrivando in ritardo rispetto ad altri produttori su tale fronte, ritardo pagato anche in termini occupazionali;

    come ha ricordato anche il settimanale «L'Espresso» del 24 novembre scorso, sono ormai mille i giovani ingegneri del centro ricerche, delle palazzine dedicate alla progettazione del prodotto, dei dettagli, della carrozzeria che hanno lasciato la grande e storica azienda, incentivati «solo dall'incerto futuro di questa azienda». A tale incertezza si uniscono altresì i copiosi incentivi all'esodo, che nell'autunno del 2023 sono stati estesi a 15000 tra impiegati e quadri per abbandonare l'azienda;

    a ottobre a Mirafiori la produzione della 500 elettrica si è fermata per due settimane, lo stesso è avvenuto a novembre, con un calo della produzione da 225 vetture assemblate a turno, a 170 auto;

    agli inizi di febbraio 2024 Stellantis ha comunicato alle organizzazioni sindacali il ricorso ad un mese intero di cassa integrazione a marzo alle Carrozzerie di Mirafiori per 2.260 lavoratori; successivamente, il ricorso alla cassa integrazione, per i lavoratori che operano sui modelli 500 Bev e Maserati, è stato prolungato dal 2 al 20 aprile, come annunciato dalla stessa azienda il 6 marzo 2024; in seguito a tale decisione le linee della Maserati e della 500 elettrica non si fermeranno completamente ma lavoreranno su un solo turno;

    il periodo di sofferenza per Mirafiori, quindi, prosegue nonostante le dichiarazioni di Stellantis, la quale ha sempre affermato di voler puntare sullo stabilimento torinese per la realizzazione di un «green campus»; a queste parole però non seguono i fatti e non si può che constatare il periodo di difficoltà che sta affrontando il sito in questo momento, in particolare nei reparti della carrozzeria;

    il caso Mirafiori così come il l'intera vicenda Stellantis deve assumere rilevanza nazionale; gli stabilimenti devono essere messi nelle condizioni di avere prospettive occupazionali e produttive certe;

    sul destino di Mirafiori e Pomigliano si rincorrono periodicamente annunci, dichiarazioni e indiscrezioni che non precipitano ancora in una seria trattativa tra Governo, azienda e organizzazioni sindacali, né in azioni concrete per il rilancio degli stabilimenti. L'apertura del battery center e del cosiddetto hub dell'economia circolare denominato Sustainera nel corso del 2023 a Torino non hanno infatti portato a nessuna nuova assunzione;

    l'ultima indiscrezione fatta trapelare vedrebbe per Mirafiori la produzione di 150 mila vetture elettriche a marchio cinese Leapmotor, di cui Stellanti ha acquisito una quota di partecipazione del 20 per cento nel 2023, affiancate alla produzione della Cinquecento elettrica dal 2026, senza tuttavia indicare il percorso per arrivare a tale momento

    si tratterebbe delle T3, delle utilitarie simili alla Panda e ulteriori indiscrezioni parlerebbero della nascita di Leapmotor International, controllata al 51 per cento da Stellantis e al 49 per cento da Leapmotor, con diritti esclusivi per le esportazioni e le vendite dei prodotti Leapmotor fuori dalla Cina;

    al Tavolo che si è tenuto il 20 febbraio 2024 a Torino con il Sindaco, l'assessore regionale alle attività produttive del Piemonte, le organizzazioni sindacali e Stellantis non sono emersi impegni concreti da parte dell'azienda, se non un vago sostegno a iniziative per Mirafiori nell'ambito del piano Dare Forward 2030, con l'obiettivo di trasformare il sito in un polo innovativo per la mobilità sostenibile entro il 2038. L'ipotesi della linea di produzione Leapmotor non è stata menzionata; i vertici italiani di Stellantis hanno dichiarato che con l'avvio del nuovo piano incentivi italiano, circa 240 milioni per l'elettrico, per un totale di un miliardo per l'auto, ci sia la possibilità di aumentare la produzione a Mirafiori della 500 elettrica;

    ormai da troppi anni le organizzazioni sindacali sottolineano la necessità che vengano individuati nuovi modelli, vengano effettuate assunzioni e abbandonato il ricorso alla cassa integrazione, per non arrivare all'eutanasia dello stabilimento e dell'indotto che, senza il rilancio di Mirafiori, verrà inevitabilmente travolto;

    anche nello stabilimento di Pomigliano vi è forte preoccupazione, da parte delle lavoratrici e dei lavoratori, per il futuro della fabbrica e i timori nascono dal fatto che le uniche notizie ufficiali sono che il 2027 sarà l'ultimo anno di produzione della Panda, modello che ha consentito la sopravvivenza dello stabilimento;

    anche per Pomigliano la politica degli annunci deve essere accompagnata da atti concreti attraverso la presentazione di un piano industriale che garantisca, nella transizione all'elettrico, la piena occupazione per lo stabilimento, garantendo altresì un indotto sempre più in difficoltà;

    è necessario che le parole di Tavares su Pomigliano e Mirafiori si trasformino in atti concreti, ovvero un accordo per investimenti in ricerca, progettazione e produzione, con relativi piani di assunzioni, con le missioni produttive per tutti gli stabilimenti in tempi chiari, tramite un serrato confronto con il Governo e le organizzazioni sindacali;

    considerato il crescente disimpegno del Gruppo Stellantis in Italia – che a fronte della contrazione della produzione e, quindi, della occupazione nel nostro paese e degli investimenti realizzati in Algeria, Marocco, Polonia e da ultimo in Serbia (con la realizzazione di uno stabilimento per la produzione della nuova Panda elettrica) – appare necessario avviare ogni iniziativa al fine di incentivare la presenza nel nostro Paese di almeno un altro costruttore che, nel rispetto delle regole europee e italiane, garantisca un futuro al settore automotive in Italia;

    secondo uno studio di Federcontribuenti, dal 1975 al 2012 Fiat ha ricevuto dallo Stato italiano 220 miliardi di euro per cassa integrazione, sviluppo industriale, sussidi, implementazione degli stabilimenti;

    nel 2020 a Fca sono stati concessi 6,3 miliardi di linea di credito con garanzia Sace: il prestito è stato restituito, ma senza che i livelli di produzione tornassero mai a quelli precedenti la pandemia;

    Stellantis produce in Francia un milione di auto e 15 modelli e quasi tutta la componentistica, mentre in Italia sono prodotte circa 500 mila auto e 7 modelli;

    Stellantis, anche grazie al progressivo passaggio alla produzione di auto elettriche, a livello mondiale ha chiuso il 2023 con un utile netto di 18,6 miliardi, in crescita dell'11 per cento sul 2022, e ricavi netti per 189,5 miliardi, annunciando un dividendo di 1,55 euro per azione ordinaria, circa il 16 per cento in più del 2022. Exor, la holding della famiglia Elkann che detiene il 14 per cento delle azioni di Stellantis, incasserà per il 2023 circa 700 milioni di euro di dividendi, contro i 140 milioni di euro del 2020. Tavares nel 2023 ha percepito 23 milioni di euro, pari alla retribuzione di 12.000 dipendenti, mentre le lavoratrici e i lavoratori da tanti anni sono interessati da un massiccio utilizzo di cassa integrazione con incertezze sulla tenuta occupazionale e una significativa decurtazione del salario. Mirafiori ha visto passare gli occupati da 20.000 a 12.000; il disimpegno a Torino, prima della famiglia Agnelli-Elkann e adesso di Stellantis, che non hanno assegnato nuovi modelli di auto, ha generato la chiusura di centinaia di fabbriche nell'indotto con il licenziamento di oltre 35.000 persone, impoverendo così l'intera città di Torino e l'area metropolitana;

    per quanto riguarda Maserati, il calo del mercato cinese, che rappresenta uno dei mercati principali del marchio Maserati con il 21 per cento delle vendite globali, ha influito notevolmente sul marchio; nel 2017, nel comprensorio torinese se ne producevano 55.000, nel 2023 ne sono state prodotte solo 8.000;

    l'obiettivo dichiarato di Stellantis sarebbe quello di recuperare con le vetture Gran Turismo e Gran Cabrio del programma elettrico Folgore. Quest'ultima verrà lanciata entro la prima metà dell'anno in corso e subito dopo toccherà alla sua versione con motore a combustione mentre non si produrranno più Quattroporte, Ghibli e Levante;

    il percorso verso l'elettrificazione proseguirà nel 2025 con la nuova MC20 Folgore, il nuovo large E-UV BEV nel 2027 e la nuova generazione di Quattroporte BEV nel 2028;

    le parole di Stellantis devono essere accompagnate da scelte concrete. Ogni stabilimento deve avere assegnati nuovi modelli tecnologicamente avanzati e con volumi adeguati a saturare l'occupazione e per questo è fondamentale avere modelli mass market. Senza una vera strategia di sviluppo si rischiano nuove crisi e il declino irreversibile del settore industriale dell'automotive;

    le novità introdotte nel contesto normativo europeo, l'evoluzione tecnologica nella propulsione elettrica, delle batterie di ricarica e dei circuiti, e le nuove esigenze di mobilità dei cittadini, pertanto, impongono alle grandi aziende automobilistiche l'avvio immediato di un processo di ulteriore profonda trasformazione del loro assetto produttivo e della filiera di distribuzione e, di conseguenza, una politica industriale finora assente nell'azione di Governo, proprio in un contesto in cui questa fase di trasformazione, se ben supportata, potrebbe rappresentare una opportunità di ritornare a crescere in considerazione del fatto che l'approssimarsi della scadenza del 2035 richiede certezza, stabilità e programmazione da parte del decisore politico, come richiesto da tutti gli attori della filiera;

    una politica industriale che non contrasta il ritardo e, anzi, in qualche modo lo incentiva rischia, nel corso dei prossimi anni, di aggravare la situazione, mentre sarebbe necessario farsi promotori di un piano per la gestione a livello europeo della transizione ecologica con strumenti comuni e avviare immediatamente una trattativa con Stellantis per salvaguardare l'occupazione e mantenere la capacità produttiva degli impianti;

    è necessario sviluppare strumenti di sostegno finalizzati a favorire l'acquisto di vetture a basse emissioni dal lato della domanda e a sviluppare la filiera dell'elettrico dal lato dell'offerta, attraendo grandi investimenti (dalla produzione dei veicoli a quella dei componenti) e nuovi produttori, e comunque vincolando l'erogazione di risorse pubbliche all'assunzione di precisi impegni da parte dei produttori esistenti e futuri, con una radicale inversione dell'azione del Governo, sin qui debole e ambigua,

impegna il Governo:

1) ad assumere un ruolo centrale e decisivo nel rilancio dell'industria dell'automotive e della produzione di auto in Italia in coerenza con la transizione ecologica e con gli impegni in ambito Unione europea, partendo dal ruolo che deve svolgere il tavolo insediatosi il 6 dicembre 2023 presso il Ministero delle imprese e del made in Italy;

2) ad attivarsi nelle sedi istituzionali europee per sostenere e valorizzare il ruolo strategico della filiera dell'automotive, affinché l'intero settore sia adeguatamente supportato nei prossimi anni, con politiche, strumenti e risorse aggiuntive per la riconversione delle imprese e la riqualificazione dei lavoratori (sul modello del programma Sure) rispetto a quelle finora stanziate, rivalutando i criteri di assegnazione degli stanziamenti tra i diversi Paesi comunitari rispetto a quanto avvenuto negli ultimi anni;

3) a mettere in atto tutte le iniziative volte a incentivare e favorire il passaggio dalla produzione dell'auto endotermica alla produzione sul territorio nazionale dei veicoli elettrici attraverso l'adeguato sostegno agli investimenti in ricerca e sviluppo (anche aumentando la copertura dedicata nella ricerca e sviluppo di prodotto e processo) e produzioni in grado di garantire l'occupazione, nell'ambito delle politiche di rilancio dell'industria dell'automotive, a favorire le aziende che garantiscono produzione e piena e buona occupazione, escludendo dall'accesso alle risorse pubbliche chi delocalizza;

4) ad adoperarsi affinché Stellantis mantenga in Italia non solo la produzione, ma anche i settori della progettazione, dal momento che il design italiano è riconosciuto come elemento di grande valore in tutto il mondo e la gestione della supply chain, tutti settori che dall'avvento di Stellantis sono stati fortemente ridimensionati in termini di personalità e competenze a favore degli omologhi enti francesi del personale ex PSA, condizionando le misure, finanziarie e regolatorie, in favore di Stellantis all'assunzione e al rispetto da parte della società di precisi impegni in termini produttivi e occupazionali;

5) a favorire, anche attraverso semplificazioni burocratiche e opportuni incentivi, l'attrazione di investimenti stranieri e lo stabilimento sul territorio nazionale di altri produttori;

6) ad accompagnare la transizione del settore, sostenendo tutti gli interventi di carattere industriale necessari a efficientare e sostenere il processo di trasformazione industriale e di innovazione settoriale, a partire dalla digitalizzazione fino al cambio delle motorizzazioni e allo sviluppo delle nuove tecnologie, al trasferimento tecnologico e alla nascita di nuove imprese innovative, e gli investimenti nazionali ed esteri, favorendo anche i progetti basati su aggregazioni tra imprese;

7) a sostenere e favorire il passaggio alla mobilità elettrica anche attraverso l'incentivazione del rinnovo del parco auto a partire dalle flotte pubbliche e delle partecipate garantendone la produzione nel nostro Paese, nonché la diffusione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici e, quindi, ad accelerare l'ampliamento capillare della rete di ricarica, compresa quella autostradale, al servizio dei cittadini, anche attraverso una semplificazione degli iter autorizzativi;

8) prevedere i necessari strumenti incentivanti volti a stimolare l'acquisto da parte delle imprese private di flotte aziendali (vetture in pool, ad uso promiscuo, per liberi professionisti e agenti di commercio), anche valutando un aumento della deducibilità fiscale e del limite di detraibilità dell'Iva per tutti i veicoli a zero emissioni, ivi incluso un regime di tassazione differenziato tra questi ultimi e gli altri veicoli in fringe benefit;

9) ad adottare iniziative di competenza per favorire il rapido superamento delle situazioni di crisi industriale emerse nel corso degli ultimi mesi nella filiera dell'automotive, in particolare nel settore della componentistica, al fine di evitare licenziamenti di addetti e la delocalizzazione di importanti aziende operanti nel settore e ad affrontare, per tempo, con adeguati strumenti e risorse, le situazioni di potenziale crisi che stanno per emergere e che rischiano di avere pesanti ricadute occupazionali nei territori coinvolti, in particolare nella filiera della componentistica tradizionale;

10) ad adottare tutte le misure ritenute necessarie a sostenere la filiera e i lavoratori dell'automotive nel superamento dell'attuale fase di transizione, sia sul fronte della produzione sia su quello della vendita di autoveicoli, con riferimento agli incentivi all'acquisto, da indirizzare prioritariamente alle fasce a reddito basso anche ai fini dell'accesso ai centri urbani, o al «leasing sociale» di veicoli elettrici o a basse emissioni di anidride carbonica in ottica pluriennale e all'acquisizione di tecnologie e alla riconversione produttiva per favorire la produzione di modelli elettrici in Italia, prorogando almeno fino al 2035 il Fondo automotive e incrementandone le risorse disponibili a valere sui risparmi derivanti dalla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi;

11) a sostenere e proporre un piano industriale di rilancio della produzione di autovetture elettriche che, unitamente ai necessari investimenti in ricerca e sviluppo, sostenga anche l'intera filiera della componentistica, promuovendo, insieme alle regioni interessate, iniziative di formazione per le lavoratrici e i lavoratori dell'automotive affinché possano acquisire le competenze necessarie alla transizione ecologica utilizzando a tale scopo anche parte del fondo automotive costituito dal decreto-legge n. 17 del 2022 e prevedendo altresì che tutti gli incentivi e le risorse pubbliche utilizzate devono essere condizionati agli impegni e agli obbiettivi che Stellantis deve garantire in termini di prospettive industriali e tenuta occupazionale in tutti gli stabilimenti;

12) a favorire, tramite risorse strutturali, gli investimenti in ricerca e sviluppo per la progettazione di nuovi modelli di autoveicoli elettrici per il trasporto pubblico locale urbano ed extraurbano, per la creazione di futuri prodotti e servizi legati alla mobilità elettrica e, segnatamente, all'utilizzo di veicoli elettrici per fornire servizi vehicle-to-Grid (V2G) e vehicle-to-Home (V2H) nonché per il riuso, il riciclo e lo smaltimento delle batterie di veicoli elettrici per la produzione di nuovi sistemi di accumulo di energia per veicoli, anche favorendo la cooperazione tra settore industriale, associazioni di rappresentanza, istituzioni di formazione e training, centri di ricerca e autorità pubbliche per rimuovere il gap di competenze del settore automotive;

13) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a favorire l'Italia come sede di attività di lavorazione di semiconduttori e di produzione di batterie e del loro riuso e riciclo, al fine di rafforzare l'autonomia strategica nell'approvvigionamento di semiconduttori e batterie e di garantire adeguati livelli di ricerca e sviluppo negli ambiti tecnologici, della microelettronica e dell'intelligenza artificiale da applicare al settore in esame;

14) ad adottare iniziative di competenza volte a predisporre misure di incentivo non retroattive e stabili, capaci di stimolare l'industria delle infrastrutture di ricarica, che in Italia conta molte aziende e numerose eccellenze, e introdurre un meccanismo di credito per l'elettricità rinnovabile caricata nei veicoli elettrici;

15) a rendere permanente il tavolo automotive già costituito presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, e strutturare il lavoro dei 5 gruppi tematici per gestire la transizione e la vertenza Stellantis e mantenere costante il dialogo tra le parti sociali, i rappresentanti delle regioni, le associazioni di categoria, le case produttrici e le Istituzioni;

16) a individuare ammortizzatori sociali specifici per la transizione che, oltre alla tenuta occupazionale e unitamente alla formazione, garantiscano il passaggio anche a nuove professionalità nonché in ottica di riduzione degli orari di lavoro;

17) a concordare con tutti i soggetti interessati, in primo luogo le parti sociali, le iniziative utili e necessarie per la transizione alla mobilità elettrica già enunciate nel presente atto (infrastrutturazione del Paese, presenza di tutta la filiera necessaria, sostegno, accompagnamento e ampliamento dell'indotto) tutelando e garantendo i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori;

18) ad adottare iniziative di competenza volte a formulare una proposta di rimodulazione a parità di pressione fiscale complessiva della tassa automobilistica di proprietà, anche attraverso la parametrazione al numero di grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro, da accompagnare a incentivi all'acquisto di auto e veicoli commerciali a zero emissioni di ultima generazione in particolare in favore dei redditi medi e bassi;

19) ad adottare le iniziative di competenza volte a incrementare le risorse statali per l'acquisto di veicoli commerciali di categoria N1 per la logistica, la consegna e la distribuzione dell'ultimo miglio e M1 speciali a zero emissioni, escludendo da ogni sistema di incentivo o beneficio fiscale tecnologie meno efficienti e più emissive;

20) ad adottare iniziative di competenza per completare, entro il 2026, l'installazione di tutte le infrastrutture di ricarica veloci e ultraveloci finanziate con i fondi PNRR (Missione 2, Componente 2, Investimento 4.3): almeno 7.500 stazioni di ricarica super-veloci per veicoli elettrici su strade extraurbane e almeno 13.755 stazioni di ricarica veloci nei centri urbani nonché a potenziare la rete di punti di ricarica in autostrada, la cui copertura risulta ancora lontana dal poter servire adeguatamente la mobilità elettrica.
(1-00256) (Nuova formulazione) «Grimaldi, Braga, Francesco Silvestri, Zanella, Appendino, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Bonelli, Borrelli, Cappelletti, Casu, De Micheli, Di Sanzo, Dori, Evi, Ilaria Fontana, Fornaro, Fossi, Fratoianni, Ghio, Ghirra, Gribaudo, Gnassi, Guerra, Iaria, L'Abbate, Laus, Mari, Morfino, Orlando, Pavanelli, Peluffo, Piccolotti, Santillo, Sarracino, Scotto, Simiani, Zaratti».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Appendino n. 1-00257 dell'8 marzo 2024;

   mozione Peluffo n. 1-00260 dell'11 marzo 2024.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Matera n. 5-02007 del 15 febbraio 2024;

   interrogazione a risposta in Commissione Guerini n. 5-02089 del 28 febbraio 2024.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interpellanza Sportiello n. 2-00335 del 28 febbraio 2024 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02484.