XIX LEGISLATURA
ATTI DI CONTROLLO
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta in Commissione:
TONI RICCIARDI e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nel febbraio 2023 la società Infocert – unico provider per l'ottenimento dello Spid (sistema pubblico di identità digitale) che consentiva l'utilizzo del video-riconoscimento per i residenti all'estero non in possesso di un documento di identità rilasciato da un'amministrazione dello Stato italiano – ha comunicato ai patronati esteri, pena la sospensione dello Spid, l'obbligo di fornire un documento italiano per chi era stato abilitato alla registrazione senza esserne in possesso, in adeguamento all'articolo 7 del regolamento Agid che recita: «L'operatore che effettua l'identificazione accerta l'identità del richiedente tramite la verifica di un documento di riconoscimento integro e in corso di validità rilasciato da un'amministrazione dello Stato, munito di fotografia e firma autografa dello stesso, e controlla la validità del codice fiscale verificando la tessera sanitaria anch'essa in corso di validità»;
da oltre un anno, dunque, gli operatori di patronato che non hanno la cittadinanza italiana e, di conseguenza, non sono titolari di un documento di identità italiano, non possono più svolgere gran parte del lavoro a cui sono assegnati, perché non hanno i requisiti fondamentali per il rilascio di un'identità digitale;
l'utilizzo dello Spid consente lo svolgimento da parte dei patronati all'estero di servizi al cittadino senza gravare sulla rete consolare, ma l'applicazione letterale dell'articolo 7 del regolamento Agid rende impossibile continuare a garantire servizi a centinaia di migliaia di italiani all'estero, in particolare nei Paesi extra-europei;
difatti, in assenza dello Spid, i patronati dovrebbero ricorrere, per lo svolgimento delle migliaia di pratiche quotidiane, alla posta elettronica certificata, con un conseguente aggravio e rallentamento del lavoro soprattutto per Inps;
gli uffici consolari sono già in affanno per mancanze strutturali e di personale e faticano a soddisfare l'attuale carico di lavoro;
inoltre, il centro patronati (CE-PA) (Acli, Inca, Inas, Ital) ha evidenziato più volte la totale assenza di un dialogo da parte del Ministero del lavoro, senza aver ricevuto, ad oggi, alcuna certezza o riscontro che la problematica possa essere risolta;
già, nel marzo 2024, alcuni Senatori del gruppo del Partito democratico avevano presentato un atto di sindacato ispettivo al Ministro interrogato, senza allo stato aver avuto alcun riscontro —:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per risolvere la problematica esposta in premessa e consentire agli operatori di continuare ad assicurare l'erogazione dei servizi strumentali all'esercizio dei diritti dei nostri connazionali all'estero.
(5-02189)
Interrogazione a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 18 settembre 2018 l'ingegnere italiano di origini equatoguineane Fulgencio Obiang Esono è divenuto irrintracciabile durante un suo viaggio di lavoro in Togo, prelevato, probabilmente dai servizi equatoguineani, è stato accusato di aver preso parte ad un tentativo di colpo di Stato nel 2017 e, nel giugno 2019, condannato a 60 anni di prigione senza che siano emerse prove a riguardo;
sulla sua detenzione si hanno poche informazioni e potrebbe trovarsi nella terribile prigione di Playa Negra, nella capitale Malabo, carcere noto in tutta l'Africa per le torture più terribili e per la scarsità di cibo dato ai detenuti;
il processo contro Fulgencio Obiang Esono si è probabilmente svolto al di fuori di ogni standard internazionale e si può sospettare che sia stata estorta una confessione sotto tortura e senza la presenza di un avvocato di fiducia;
in Guinea Equatoriale sono reclusi molti prigionieri di cui non si conoscono le condizioni e di cui le stesse famiglie non hanno notizie;
il 29 gennaio 2024 il Vicepresidente della Guinea Equatoriale, Teodorin Nguema, è stato in visita ufficiale in Italia, per partecipare al vertice Italia-Africa;
il padre di Teodorin, Teodoro Obiang Nguema, è al potere dal 1979 e governa il suo Paese in modo autoritario;
nel 2012 il dipartimento di giustizia degli USA ha aperto un processo a carico di Teodorin Nguema per corruzione, il quale, dopo due anni, ha patteggiato ma non risulta che abbia mai onorato l'accordo;
nel 2012 la giustizia francese ha sequestrato a Teodorin Nguema beni per oltre 100 milioni di euro;
nel 2016 l'Interpol ha emesso contro il Vicepresidente un mandato d'arresto per corruzione e riciclaggio;
nel 2017 il Tribunale di Parigi lo ha condannato, in contumacia, a tre anni di carcere -:
se sia a conoscenza delle condizioni di detenzione del cittadino italiano Fulgencio Obiang Esono in Guinea Equatoriale;
se il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere azioni volte alla sua liberazione o, in subordine, a consentirgli di scontare la sua pena in Italia;
se, considerando il mandato di arresto e la condanna comminata da uno Stato membro dell'Unione europea, ritenga appropriata la presenza in Italia di Teodorin Nguema, come accaduto in occasione del vertice Italia-Africa che si è tenuto il 29 gennaio 2024.
(4-02549)
CULTURA
Interrogazione a risposta scritta:
CONGEDO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
la porta di San Giuseppe da Copertino, una delle porte vecchie della città, già Porta San Francesco, nota anche come Porta Castello, fu edificata nelle immediate vicinanze del Castello Angioino del comune di Copertino, provincia di Lecce, all'interno dei lavori di fortificazione della città insieme alla porta del Malassiso;
l'antica porta di accesso alla città eretta nel 1400, poi nell'agosto del 1753, in occasione della beatificazione di fra Giuseppe Desa, ristrutturata dall'allora amministrazione comunale con l'installazione in cima della statua del beato, oggi versa in uno stato strutturale fatiscente;
la Porta è soggetta ad un crescente processo di deterioramento, come si evince, tra le altre cose, dal report fotografico realizzato da un gruppo di commercianti e residenti di Piazza Castello: in alcune sezioni delle pareti sono presenti diffusi rigonfiamenti, sul lato destro sono visibili delle barre di ferro corrose dalle intemperie, inoltre si sono registrati diversi micro cedimenti che determinano una condizione di insicurezza del bene culturale con conseguenti pericoli per la pubblica incolumità;
i primi segni di cedimento risalgono al 2020, a seguito di un violento acquazzone che provocò lo sgretolamento del calcestruzzo utilizzato nell'intervento di consolidamento del 1963;
la porta di San Giuseppe da Copertino rimane un'opera d'arte da ammirare e soprattutto da proteggere, quindi è evidente l'urgenza di interventi di restauro tesi non solo a valorizzare, ma a proteggere questo importante bene culturale;
l'amministrazione comunale ha già inserito la progettazione di un intervento conservativo nel documento di indirizzo alla progettazione del concorso di progettazione in due gradi per la riqualificazione dell'asse viario di Via Re Galantuomo-Via Menga e del restauro della porta di San Giuseppe «Fuori le mura del Santo» pubblicato nel febbraio 2024 e finanziato con fondi PNRR;
purtroppo in risposta alla prima fase di tale procedura e pervenuta una sola istanza non ammessa per valutazione qualitativa alla seconda fase e, dunque, non è stato possibile completare l'iter per la progettazione dell'intervento;
sarebbe auspicabile un intervento volto all'attivazione di un tavolo di confronto tra i diversi livelli istituzionali ai fini dell'individuazione di un piano d'azione che tenga conto della duplice necessità di mettere in sicurezza il sito e di poter fruire del recupero di un bene degradato e relegato ad un lento e inesorabile decadimento –:
se e come il Ministro interrogato ritenga opportuno intervenire, nell'ambito delle proprie competenze e in raccordo con il comune di Copertino, ai fini della messa in sicurezza, della riqualificazione e del recupero della porta di San Giuseppe da Copertino.
(4-02550)
DISABILITÀ
Interrogazione a risposta scritta:
BENZONI. — Al Ministro per le disabilità, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la figura del caregiver familiare è la persona responsabile di un altro soggetto dipendente, anche disabile, di cui si prende cura in ambito domestico: è colui o colei che ha in carico l'assistenza di cui necessita una persona, anche congiunta. In genere a ricoprire tale ruolo è un familiare di riferimento e, quasi sempre, a titolo gratuito. Si distingue, perciò, dalla figura del caregiver professionale la quale è regolarmente inquadrata da un contratto;
il profilo del caregiver è stato riconosciuto e delineato normativamente per la prima volta dalla legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, commi 254-256, legge n. 205 del 2017) che, al comma 255 dell'articolo 1, lo definisce come persona che assiste e si prende cura di specifici soggetti, quali il coniuge o una delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, che abbia la certificazione dello stato di invalidità in base alla legge n. 104 del 1992;
sulla base di recenti dati ISTAT, in Italia i caregiver sarebbero circa 8,5 milioni – circa il 14,9 per cento della popolazione – di cui il 60 per cento disoccupato e la gran parte di genere femminile;
la legge di bilancio per il 2024 (legge n. 213 del 2023) ha istituito un fondo unico per l'inclusione delle persone con disabilità che, oltre alla contestuale abolizione di quattro fondi preesistenti, tra i quali il «Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare», ha un valore inferiore rispetto alle risorse stanziate in passato per la disabilità;
il Piano nazionale per la non autosufficienza relativo al triennio 2022-2024 (PNNA 2022-2024), prevede che una percentuale maggiore del contributo sia fornito attraverso servizi e non più direttamente a chi assiste una persona non autosufficiente. Ad oggi, essendo i Leps ancora in via di definizione, è difficile per le famiglie beneficiare delle prestazioni di assistenza diretta essendoci una drammatica carenza di personale specializzato;
il 28 dicembre 2023 la giunta della regione Lombardia ha deliberato all'unanimità un imponente taglio sulle misure B1 e B2 relative alla disabilità gravissima e grave, finanziate da risorse statali del Fondo nazionale per la non autosufficienza (FNA) e con risorse regionali. Si tratta di una decisione che colpisce duramente il sostegno ai caregiver familiari che vedranno una sensibile riduzione dei sussidi, a partire dal 1° giugno, pari a 250 euro al mese per le persone con gravissima disabilità, a 200 euro per coloro con disabilità in condizioni di dipendenza vitale e a 350 euro al mese per i ragazzi disabili che frequentano la scuola e per le persone con gravi disturbi dello spettro autistico;
caso particolarmente esemplificativo della situazione e delle criticità, che si ha modo di apprendere da notizie di stampa, è quello di una famiglia lombarda composta da due genitori e un figlio di 24 anni che soffre di distrofia muscolare di Duchenne, una disabilità gravissima che ha ottenuto la misura di sostegno B1, pari a 900 euro, che permette loro di far fronte alle spese mediche. Si tratta di un contributo – il cui valore dovrebbe aumentare o, perlomeno, rimanere invariato nel tempo – essenziale per tale nucleo familiare dal momento che la madre è stata costretta a lasciare il lavoro per poter seguire il figlio ed essere, in concreto, una caregiver a tempo pieno;
quella che si sta venendo a delineare è una situazione particolarmente problematica: le prestazioni e i servizi a dedicati a tali cittadini sono drammaticamente sotto finanziati e senza adeguati sostegni economici –:
quali iniziative urgenti intendano intraprendere affinché, su tutto il territorio nazionale, sia uniformemente garantita la distribuzione delle risorse per assicurare una adeguata assistenza alle persone con disabilità e un giusto sostegno economico ai caregiver familiari.
(4-02554)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
TONI RICCIARDI, PORTA e DI SANZO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
a partire dal 1° marzo 2022 l'assegno al nucleo familiare (Anf) e le detrazioni per figli a carico di età inferiore ai 21 anni sono stati sostituiti dall'assegno unico universale (Auu);
il diritto all'Auu è vincolato alla residenza in Italia e quindi l'abrogazione dal 28 febbraio 2022 delle prestazioni familiari (assegni Anf e detrazioni) ha penalizzato esclusivamente i contribuenti italiani residenti all'estero, pensionati e soprattutto lavoratori (i cosiddetti «non residenti Schumacher» che producono reddito in Italia per almeno il 75 per cento del loro reddito complessivo);
in più occasioni la Corte di giustizia dell'Unione europea ha sentenziato che (sulla scorta dell'articolo 7 del regolamento n. 883 del 2004, intitolato «abolizione delle clausole di residenza») le prestazioni familiari in denaro dovute a titolo della legislazione di uno o più Stati membri non sono soggette ad alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l'istituzione debitrice (l'ultima sentenza in materia è quella riferita alla causa n. 328/2020 del 16 giugno 2022);
con riferimento ai contribuenti residenti in Italia i quali hanno a proprio carico familiari residenti all'estero e ai quali sono negati l'assegno unico, le detrazioni e gli assegni familiari per i familiari residenti all'estero, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha quindi dichiarato che una persona ha diritto alle prestazioni familiari ai sensi della legislazione dello Stato membro competente, anche per i familiari che risiedono in un altro Stato membro;
la Ue ha aperto due procedure di infrazione contro l'Italia in tema di reddito di cittadinanza e di assegno unico universale, (INFR 2022/4024) e (INFR 2022/4113), censurando per discriminazione i requisiti di residenza richiesti dalle norme istitutive dei due benefìci –:
stante il mancato accesso ai benefìci derivanti dall'assegno unico universale, nelle more di un'azione del Governo volta a conformare l'ordinamento italiano alle direttive UE e sanare le procedure di infrazione in corso, se non si ritenga di colmare questa ingiusta discriminazione descritta in premessa adottando le iniziative di competenza volte almeno a ripristinare le detrazioni familiari per i figli a carico di età inferiore ai 21 anni a favore dei contribuenti residenti in Italia ma con nucleo familiare a carico residente all'estero.
(5-02188)
GIACCONE e ZIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nel perseguimento della propria missione e dei propri scopi istituzionali, e in applicazione delle direttive impartite dal Ministro dell'economia e delle finanze, svolge controlli, verifiche ed indagini con i poteri di polizia tributaria e giudiziaria, anche attraverso la collaborazione con le altre autorità ed organismi nazionali, locali, dell'Unione europea e internazionali istituzionalmente preposti agli specifici ambiti operativi;
secondo l'ultimo piano integrato di attività e organizzazione 2024-2026 dell'ADM, «Tenuto conto dell'evoluzione incrementale delle competenze attribuite all'Agenzia nell'ultimo decennio dalle norme di settore, coincisa con la definizione di importanti missioni e obiettivi sfidanti di contrasto alle frodi e alle criminalità organizzate, è fondamentale ridurre il divario tra la dotazione organica teorica e il personale in servizio. A tal fine, per colmare le carenze di personale dirigenziale e non dirigenziale, l'Agenzia farà ricorso a nuove procedure concorsuali, anche non gestite direttamente dall'Agenzia (ad esempio SNA) o all'utilizzo di graduatorie vigenti, nell'ambito delle facoltà assunzionali che saranno di anno in anno autorizzate.»;
all'uopo, si ricorda, che già le determinazioni n. 192/RI/2012 e n. 1754/RU/2012 del 10 gennaio 2012, avevano autorizzato la stipula del contratto individuale di lavoro tra la medesima Agenzia e i candidati risultati vincitori nelle graduatorie delle procedure selettive interne indette con le determinazioni n. 30205/RI/2010 del 4 novembre 2010 e n. 262/RI/2010 del 6 dicembre 2010; inoltre, la disposizione di natura speciale introdotta dall'articolo 1, comma 269, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, disponeva: «L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in via straordinaria, per l'anno 2015, ai fini della copertura dei posti vacanti, è autorizzata allo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure concorsuali interne già bandite alla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente»;
si rammenta, altresì, che in data 6 giugno 2023 il Governo ha accolto l'ordine del giorno in Assemblea 9/01114/-A/038 presentato dalla Camera dei deputati –:
al fine di potenziare l'efficacia dell'azione amministrativa e di garantire un modello organizzativo più rispondente alle attuali esigenze dell'Amministrazione delle dogane e dei monopoli, se non ritenga necessario procedere, in linea con le procedure concorsuali interne già concluse, anche per l'anno 2024, autorizzando lo scorrimento della graduatoria relativa alla procedura concorsuale interna già bandita con determina n. 158536/RU del 22 ottobre 2019, nel rispetto dei limiti di reclutamento previsti dalla normativa vigente.
(5-02191)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
GHIRRA e DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
con atto di sindacato ispettivo n. 4-02381, del 26 febbraio 2024, presentato dai deputati Ghirra e Dori, si sono chieste delucidazioni al Ministro interrogato sulle conseguenze dell'entrata in vigore del cosiddetto decreto Caivano, decreto-legge n. 123 del 2023 convertito nella legge 13 novembre 2023, n. 159;
in particolare, si è riferito dell'allarmante bilancio reso noto dal report sulla giustizia minorile pubblicato il 20 febbraio 2024 dall'associazione Antigone che evidenziava come all'inizio del 2024 fossero 496 i detenuti e le detenute nelle carceri minorili italiane: solo nel primo mese del 2024, si sarebbe raggiunta la metà delle detenzioni totali dello scorso anno, evidenziando altresì il fatto che ben il 51,2 per cento delle presenze fosse straniero. Si sottolineavano inoltre i dati relativi alle collocazioni degli Ipm, dei quali ben 11 su 17 si trovano al Centro-Sud;
il Ministro interrogato ha risposto all'interrogazione citata riferendo di un «notevole mutamento nelle manifestazioni delle devianze minorili, che sarebbero sempre più correlate a forme di disagio psichico o psicologico nonché alla poli-assunzione di sostanze stupefacenti e psicofarmaci; problematiche comportamentali, queste, che spesso non vengono preventivamente intercettate dai servizi territoriali.
A tali forme di disagio si aggiungono quelle, peculiari, di cui è talora portatrice l'utenza straniera, caratterizzata anche da gravissime forme di disturbo post traumatico da stress dovute alle devastanti esperienze di vita subite sin dalla primissima infanzia (anche a seguito delle peripezie affrontate nel viaggio che li porta in Italia), su cui si stratificano altrettanto gravi disturbi da poli-assunzione di sostanze stupefacenti e/o alcoliche, che determinano quadri estremamente complessi da trattare.
Rispetto a tali situazioni di disagio appare opportuna, sin dalle fasi di prima accoglienza, l'individuazione di appropriate e specifiche strategie di intervento che consentano, per quanto possibile, di prevenire il successivo verificarsi di eventi delittuosi. Su questo fronte l'impegno del Ministero è massimo, attraverso l'investimento di grandi risorse in percorsi di rieducazione e di risocializzazione dei minorenni e giovani adulti (sia italiani che stranieri), favorendo interventi di équipe multidisciplinari costituite da psicologi, psichiatri e finanche da etno-psicologi.»;
il Ministro riporta altresì dell'apertura «di nuove comunità integrate per persone minorenni immesse nel circuito penale, socio-educative e terapeutiche, che costituisce una priorità strategica per l'amministrazione, come dimostrano i primi risultati progettuali ed operativi prodotti dalle interlocuzioni istituzionali avviate con le regioni»;
a parità di reato, i minori immigrati sono più spesso condannati, ricevono molto più frequentemente misure cautelari detentive, rimangono per più tempo in carcere, mentre con molta meno frequenza sono destinatari di misure diverse, quali ad esempio il collocamento in comunità-alloggio o in famiglia: nell'ultimo anno, solo il 20 per cento dei provvedimenti di messa alla prova adottati nel 2023 hanno riguardato ragazzi stranieri;
come evidenziato dallo stesso Ministro interrogato, si tratta sovente di minori stranieri non accompagnati con disturbi comportamentali, problemi di dipendenze da sostanze, psicofarmaci e alcool, solitudine, violenze subite durante i percorsi migratori: adolescenti con vissuti faticosi alle spalle, privi di riferimenti affettivi e poco consapevoli di quanto va loro accadendo, che spesso entra in carcere con l'accusa di un singolo reato e lì ne colleziona molti altri (oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, rissa, rivolta), in un circolo vizioso che se non interrotto dalla opportune misure alternative rischia di produrre adulti delinquenti e non integrati –:
quali siano nel dettaglio le citate grandi risorse investite in percorsi di rieducazione e di risocializzazione dei minorenni e giovani adulti (sia italiani che stranieri), che favoriscano gli interventi di équipe multidisciplinari costituite da psicologi, psichiatri e finanche da etno-psicologi;
quali siano nel dettaglio le nuove comunità integrate per persone minorenni immesse nei circuito penale, socio-educative e terapeutiche, costituenti priorità strategica per il Ministero e ancora in fase di realizzazione.
(4-02552)
FOTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dalla relazione dell'ASST Spedali Civili di Brescia, Unità operativa complessa sanità penitenziaria, si evince che il detenuto Rudi C. è affetto da etilismo cronico, resezione di milza e del corpo della coda del pancreas, diabete Mellito tipo 2 in terapia insulinica, insufficienza esocrina del pancreas residuo, nonché da lievi alterazioni aspecifiche della ripolarizzazione ventricolare;
allo stato attuale il compenso metabolico non risulta adeguato, nonostante il recente aggiustamento terapeutico consigliato dallo specialista diabetologo, per l'ancora elevato valore di emoglobina glicata. Al momento non emergono complicanze, ma il dismetabolismo diabetico non compensato può implicare una potenzialità di aggravamento nel tempo;
dalla relazione del medico chirurgo consulente tecnico del tribunale di Brescia emerge, inoltre, che il reo è affetto da uno stato ansioso depressivo e che le attuali condizioni di restrizione della libertà personale influiscono negativamente sulla sua salute, e potrebbero aggravarsi fino a determinare ulteriori danni permanenti qualora non si renda possibile uno stile di vita sano con dieta adeguata, netta diminuzione dello stress psicologico e un'attività fisica protratta e continua;
il detenuto lamenta problematiche relative all'alimentazione in carcere, in quanto non è previsto un apposito piano alimentare per i detenuti affetti da diabete, nonché la scarsa attività fisica, fattori che sono entrambi fondamentali per il successo terapeutico, insieme alla cura farmacologica. Il reo riferisce, inoltre, di non essere stato sottoposto alla profilassi vaccinale raccomandata per l'immunosoppressione da splenectomia, in quanto la casa circondariale presso il quale è detenuto non possiede una struttura idonea;
è evidente, quindi, come il detenuto versi in uno stato di incompatibilità con la detenzione e sia possibile ottenere in via provvisoria il differimento dell'esecuzione della pena nella forma della detenzione domiciliare ex articolo 147 del codice penale;
resta da evidenziare comunque come l'inadeguatezza delle strutture in casi di questo genere renda sostanzialmente impossibile salvaguardare la salute del detenuto –:
se siano a conoscenza della vicenda summenzionata e se intendano valutare, per quanto di competenza, la sussistenza dei presupposti per esercitare i propri poteri ispettivi in merito.
(4-02557)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazioni a risposta scritta:
GIORGIANNI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il 1° luglio 2024, per la bolletta dell'energia elettrica, terminerà il regime di «maggior tutela», vale a dire il mercato in cui le condizioni economiche e contrattuali sono fissate dall'Autorità per l'energia le reti e l'ambiente (per il gas, invece, i prezzi regolati sono cessati a partire dal 1° gennaio 2024);
per quella scadenza i clienti che nel frattempo non avranno scelto un operatore sul mercato libero verranno trasferiti al cosiddetto servizio a tutele graduali (Stg), che durerà al massimo fino a tre anni, per garantire un passaggio senza traumi verso la completa liberalizzazione dei mercati energetici;
pertanto, da settembre 2023 al 31 giugno 2024, i clienti domestici non vulnerabili che si trovano ancora nel servizio di maggior tutela starebbero ricevendo una comunicazione da parte del proprio fornitore nella quale viene evidenziata la possibilità di scegliere un'offerta di mercato libero, anche utilizzando gli strumenti messi a disposizione dall'Autorità;
molti dei 4,5 milioni di utenti, i clienti non vulnerabili, hanno già scelto un fornitore sul mercato libero, ma, in attesa di questa scadenza, stanno emergendo tariffe più convenienti sul tutelato con risparmi medi sulla bolletta della luce pari a circa 130 euro annui a famiglia, secondo le stime di Arera;
cosicché, gli utenti che sono già passati al mercato libero dell'energia elettrica, per approfittare di questo vantaggio, possono rientrare, entro il 30 giugno 2024, nel mercato tutelato così come prevede la normativa vigente, e successivamente al servizio a tutele graduali (Stg), ma gli operatori ostacolano o rallentano tale passaggio configurandosi la fattispecie di pratica commerciale scorretta;
difatti, i call center non offrono tra le varie opzioni preimpostate quella relativa al rientro nella maggior tutela e quando si riesce a parlare con un operatore si viene rimandati al sito di Arera, con enormi perdite di tempo che disincentivano gli utenti;
altre società richiedono l'invio di una corposa documentazione, ma ci sono addirittura casi di fornitori che hanno negato la possibilità di rientro al mercato tutelato;
in ogni caso, le modalità per finalizzare l'operazione di rientro dal mercato libero al mercato tutelato, così come gestite dai vari fornitori di energia, sono farraginose e i tempi previsti, da un minimo di tre settimane a un massimo di due mesi, appaiono successivamente lunghi –:
se e come i Ministri interrogati intendano adottare iniziative di competenza al fine di garantire la possibilità per i consumatori di rientrare nel regime tutelato senza subire l'ostracismo delle società di fornitura di energia elettrica.
(4-02553)
UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
il gruppo Sofinter è un soggetto operante nel mercato internazionale dell'energia, fornendo impianti e componenti per la produzione di vapore per uso industriale e per la produzione di energia elettrica, per il trattamento e l'incenerimento dei rifiuti, per il trattamento dell'acqua;
il gruppo comprende alcune società e marchi storici: AC Boilers, ex Ansaldo Caldaie, con oltre 150 anni di esperienza nella fornitura di impianti di generazione di vapore e conta tra gli stabilimenti di Gioia del colle (Ba), Gallarate (Va) e Porto Marghera (Ve) circa 600 dipendenti;
nel 2001 Sofinter acquisisce una partecipazione in Termosud spa, con la sua fabbrica di Gioia del Colle (BA), denominandola «Ansaldo Caldaie spa», specializzata nella progettazione e nella costruzione di grandi caldaie di potenza e caldaie a recupero per cicli combinati;
il gruppo versa da anni in uno stato di crisi, con problemi economici aggravati dalla pandemia e dall'aumento delle materie prime;
lo stabilimento di Gioia del Colle dà oggi occupazione a 136 persone per cui dall'8 gennaio 2024 e per 13 settimane è stata richiesta la cassa integrazione a zero ore a causa della «temporanea mancanza di commesse»;
secondo quanto si apprende da fonti sindacali e da organi di stampa, la holding tedesca «Mutares» avrebbe presentato da tempo un'offerta vincolante di investimento;
a quanto consta all'interrogante, tale offerta sarebbe stata accettata ma, ad oggi, nessuna organizzazione sindacale conoscerebbe nel dettaglio il piano di rilancio industriale degli stabilimenti coinvolti –:
se intenda acconsentire all'apertura di un tavolo di crisi avente ad oggetto la situazione riportata in premessa al fine di mettere le rappresentanze sindacali a conoscenza del piano di rilancio, scongiurare ogni ipotesi di chiusura o ridimensionamento degli stabilimenti coinvolti e, conseguentemente, salvaguardare interamente gli attuali livelli occupazionali.
(4-02555)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta scritta:
UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'itinerario della strada statale n. 100, Bari-Taranto abbisogna da anni di seri interventi di ammodernamento e messa in sicurezza, resi ancora più urgenti dall'incremento del numero di incidenti degli ultimi anni;
l'opera ritenuta di interesse strategico, è inserita all'interno della proposta di Aggiornamento del piano attuativo 2021-2030 del piano regionale dei trasporti, adottata con deliberazione di Giunta n. 754 del 23 maggio 2022 e risultava finanziata per 84 milioni di euro con risorse a valere sul PSC del Mit (legge n. 190 del 23 dicembre 2014, comma 703 – delibera CIPE n. 25 del 10 agosto 2016 e delibera CIPESS n. 3 del 29 aprile 2021); l'intervento da effettuare, come riferito da Anas, è teso ad adeguare l'attuale sede stradale della S.S. 100, alla sezione tipo B, del decreto ministeriale 5 novembre 2001, mediante la realizzazione di una piattaforma stradale a doppia carreggiata, con due corsie per senso di marcia e viabilità di servizio dal km 44+500 (in corrispondenza del termine del tratto già adeguato) al km 52+600 (Località San Basilio) per una estensione di 8,5 km;
tenuto conto dell'elevato grado di complessità progettuale ed esecutiva, nonché per la particolare strategicità dell'arteria stradale interessata e la necessità non più procrastinabile di ridurre l'incidentalità, il presidente e l'assessora ai trasporti della regione Puglia hanno proposto tempo fa a Mit e ad Anas la nomina di un commissario straordinario per accelerare la realizzazione dell'opera; a tale richiesta non è mai stato dato riscontro;
gli importi ancora da finanziare per gli interventi nelle due tratte interessate (tra i km 44+500 e 52+600 e tra i km 52,200 fino al km 66,600) ammontano rispettivamente di euro 23.785.142,14 ed euro 168.000.000,00;
di recente, la regione Puglia ha chiesto nuovamente ad Anas di valutare la fattibilità tecnica delle suddette proposte e di stimare la possibilità di individuare le relative coperture finanziarie all'interno del fondo per la manutenzione programmata;
all'inizio del 2024, la regione Puglia ha rinnovato la richiesta di commissariamento e chiesto al Ministero di valutare l'adozione di provvedimenti «ponte» nelle more della realizzazione delle opere, tra cui l'opzione di vietare la circolazione del solo traffico pesante nella tratta della SS100 che sarà oggetto di adeguamento e di dirottare lo stesso sulla relativa tratta autostradale (Gioia del Colle – Fine Autostrada di innesto con SS. 100-SS. 7), rendendo gratuito il pedaggio fino al completamento degli interventi;
da quanto appreso dall'interrogante, alcuni interventi di grande interesse strategico per la regione Puglia, tra cui anche i due tratti richiamati della SS. 100, non sarebbero destinatari di finanziamento nell'ambito del nuovo contratto di programma con il Mit e Anas e, addirittura, il previsto finanziamento di 84 milioni di euro sarebbe stato revocato –:
se intenda adottare iniziative di competenza volte ad assicurare le risorse finanziarie occorrenti per la realizzazione delle due opere di completamento funzionale e messa in sicurezza sulla SS. 100;
se intenda acconsentire alla richiesta della regione Puglia di nominare un commissario straordinario ad hoc, al fine di accelerare la realizzazione degli interventi, anche considerata l'urgenza derivante dall'alta incidentalità dell'arteria.
(4-02556)
INTERNO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
BAKKALI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge n. 1 del 2023, recante disposizioni urgenti in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare, ha introdotto significative limitazioni alle attività di salvataggio in mare operate dalle navi;
tra le regole stringenti introdotte dal decreto, che devono essere rispettate affinché l'intervento di soccorso in mare possa essere considerato legittimo, vi è sicuramente quella che prevede che il porto di sbarco assegnato dalle autorità competenti sia raggiunto senza ritardo per il completamento dell'intervento di soccorso, né è stato previsto che l'assegnazione del porto di sbarco debba essere quello più vicino al luogo dove è avvenuta l'operazione di salvataggio;
da notizie a mezzo stampa si è appreso che tale disposizione ha spesso impedito alle navi che abbiano già effettuato un'operazione di soccorso di poterne effettuare altre se non autorizzate, anche in situazioni nelle quali si sono verificati più naufragi, spesso a poche miglia di distanza l'uno dall'altro, se non correndo il rischio di incorrere nelle gravi sanzioni previste dal decreto, tra le quali il fermo amministrativo fino a due mesi della nave soccorritrice, l'ultimo dei quali è stato applicato nei confronti della Geo-Barents nella giornata di giovedì 21 marzo 2024, e che corrisponde al ventesimo blocco per questa nave dall'entrata in vigore del decreto;
numerosissimi inoltre sono i casi già riportati dalla stampa in merito al fatto che i migranti – tra i quali moltissimi minori non accompagnati e persone fragili o in condizioni precarie di salute – sono stati costretti a lunghe ed estenuanti traversate;
tale situazione, ad avviso dell'interrogante, è certamente lesiva dei diritti umani fondamentali quali garantiti dalla nostra Costituzione e dalle norme di diritto internazionale generale e pattizio cui l'Italia ha aderito, né appare chiaro quante miglia e quanti giorni in più di navigazione i migranti hanno dovuto inutilmente sopportare dall'entrata in vigore del decreto per sbarcare spesso in porti geograficamente lontanissimi dall'area di salvataggio –:
quali e quante navi non governative siano arrivate nei porti collocati nell'Italia centro-settentrionale a partire dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 1 del 2023, nonché quante di queste siano state complessivamente, e per quante volte ciascuna, messe in stato di fermo amministrativo.
(5-02190)
BAKKALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 21 della Costituzione, al comma 1, dispone che «tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». L'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea prevede che «ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione»;
a livello nazionale ed europeo, quindi, la libertà di manifestare il proprio pensiero è tutelata nella maniera più solenne;
nonostante questo, nel nostro Paese, come conferma una recente indagine del quotidiano «Il Domani», quasi ogni giorno, si sta assistendo ad una tendenza sempre più preoccupante di criminalizzazione del dissenso politico, sia pure espresso nella maniera più pacifica possibile; urlare «Viva l'Italia antifascista» o protestare contro le istituzioni non è configurabile come reato, eppure, è successo spesso che cittadini che hanno esercitato il loro diritto alla libera espressione siano stati identificati dalla Digos;
i dati così raccolti sono confluiti nella Banca Dati SdI (Sistema d'Indagine) del Ministero dell'interno, istituita, come noto, per consentire agli appartenenti di più forze armate di immettervi dati e fruire reciprocamente di documenti o notizie utili nello svolgere indagini ed attività di pubblica sicurezza, ma che rischia di diventare strumento di controllo e limite della libertà di espressione;
infatti, in mancanza di motivi validi questa «prassi» rischia di imporre una larvata ma sempre più forte tendenza alla schedatura dei «dissenzienti», ossia di chi esercita un suo diritto tutelato dalla Costituzione;
circostanza questa grave di per sé e che diviene ancora più punitiva se la persona «schedata» è uno straniero che abbia fatto richiesta di cittadinanza italiana;
sempre dall'inchiesta del «Domani», si evidenzia il fatto che un «mero sospetto», a maggior ragione «suffragato» da manifestazioni del pensiero sgradite a di chi governa abbiano portato al diniego della concessione della cittadinanza, pur in assenza di qualsiasi reato commesso;
secondo il Ministero «la verifica della sussistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica si estende all'area della prevenzione dei reati». Una formula che, di fatto, consente allo stesso Ministero dell'interno di respingere la richiesta di cittadinanza anche in base ad un mero sospetto, che, però, non può degenerare in arbitrio dell'autorità amministrativa, alla quale non è consentito decidere senza dare spiegazioni ma deve sempre motivare le sue decisioni, in modo che contro di esse sia possibile fare appello;
si tratta di un fatto che, se confermato, sarebbe di gravità estrema dato che si evidenzierebbe, ad avviso dell'interrogante, la volontà di dissuadere i giovani dal fare attivismo politico e manifestare il proprio pensiero per non compromettere l'acquisizione della cittadinanza –:
se al Ministro interrogato consti quanto sopra esposto e, comunque, se intenda spiegare i motivi di quella che all'interrogante appare una insostenibile stretta del diritto di libera espressione, sanzionato con misure amministrative inaccettabili, come quella di negare in sostanza per motivi politici la cittadinanza a chi ne ha diritto;
se, inoltre, il Ministro interrogato sia in grado di fornire dei dati precisi su quante persone si siano viste negare la cittadinanza per le ragioni sopra citate.
(5-02192)
SALUTE
Interrogazione a risposta scritta:
GHIRRA e GRIMALDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 194 del 1978, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza» prevede, all'articolo 16 che: «entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello dell'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull'attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione»;
dopo numerosi solleciti, solo il 12 settembre 2023 il Ministero della salute ha trasmesso al Parlamento l'ultima relazione con i dati relativi al 2021;
a oggi non è stata ancora presentata la relazione successiva, relativa ai dati dell'anno 2022;
le ultime rilevazioni confermano l'andamento degli anni passati: una diminuzione del ricorso all'IVG, verosimilmente collegato anche al decremento delle nascite, oltre che al maggiore e più efficace ricorso ai metodi per la procreazione consapevole, alternativi all'aborto, secondo gli auspici della legge n. 194 del 1978;
ciononostante, è pur vero che l'ultima relazione pubblicata riporta dati allarmanti riguardanti in particolare la ridotta operatività delle reti dei consultori, un ancora limitato ricorso al metodo farmacologico e alla contraccezione d'emergenza che sarebbe opportuno incrementare per ridurre il ricorso all'IVG tradizionale, e soprattutto l'altissima incidenza in ambito pubblico dell'obiezione di coscienza con riguardo a personale medico e non medico: basti pensare che il personale sanitario obiettore nelle regioni settentrionali rappresenta il 54,7 per cento del totale, nelle regioni centrali il 63 per cento e nelle regioni meridionali il 78,5 per cento con picchi di oltre l'85 per cento in Sicilia, l'84 per cento in Abruzzo, l'80 per cento in Puglia; quest'ultimo dato in particolare comporta ancora oggi una alta percentuale di strutture pubbliche che non effettuano IVG, ad avviso degli interroganti in aperta violazione dell'articolo 9 della legge n. 194: sono 11 le regioni che contano strutture ospedaliere con il 100 per cento di obiettori;
emergono inoltre gravi criticità in alcuni specifici ambiti territoriali: in Basilicata una donna su tre è costretta a recarsi fuori regione per poter accedere all'IVG; sono ben 9 le province italiane nelle quali non è possibile accedere all'interruzione volontaria di gravidanza; in Sicilia e in Calabria i tempi medi di attesa per poter accedere ad un intervento IGV sono di 28 giorni. Secondo il report «Mai dati» dell'Associazione Luca Coscioni, in Italia sarebbero 72 gli ospedali che hanno tra l'80 e il 100 per cento di obiettori di coscienza tra il personale sanitario; ventidue gli ospedali e quattro i consultori con il 100 per cento di obiettori tra tutto il personale sanitario, 18 gli ospedali con il 100 per cento di ginecologi obiettori e infine 46 le strutture che hanno una percentuale di obiettori superiore all'80 per cento;
in questo contesto, preoccupano le notizie stampa che quasi quotidianamente riportano episodi in cui dentro le strutture ospedaliere pubbliche e nei consultori vengono riconosciuti spazi ad associazioni pro-vita, veri e propri presidi anti-abortisti, in cui i volontari, spesso confondendosi con il personale medico e paramedico, contribuiscono a diffondere pratiche e iniziative poco rispettose della libertà di autodeterminazione delle donne, come le cosiddette stanze di ascolto, in cui si cerca di dissuadere le donne dal proprio proposito anche attraverso l'ascolto del battito fetale. Peraltro, sovente, queste associazioni usufruiscono di stanziamenti pubblici, come risulta essere successo in Piemonte, in Umbria, in Lazio, in Campania: si calcola che ad operare attualmente in Italia siano ben 110 realtà anti-aborto –:
come intenda attivarsi per garantire una più uniforme attuazione sul territorio nazionale della legge n. 194 del 1978 e rafforzare gli strumenti previsti a tutela della libertà della donna di abortire in piena sicurezza e per evitare che le strutture del Ssn ospitino iniziative in contrasto con la ratio della legge stessa.
(4-02551)
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
BONELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
con decreto ministeriale del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste n. 476843 del 13 settembre 2023 è stato conferito l'incarico di Capo di gabinetto, a decorrere dal 18 settembre 2023 e fino alla scadenza con mandato governativo, al dottor Borriello Raffaele, non appartenente ai ruoli del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste;
il dottor Borriello in precedenza ha ricoperto l'incarico di direttore generale dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) dal quale si è dimesso il 30 dicembre 2020, per assumere il 15 gennaio 2021 l'incarico di capo dell'area legislativa e relazioni istituzionali dell'organizzazione degli imprenditori agricoli Coldiretti;
la norma sulle revolving doors, di cui all'articolo 53, comma 16-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, dispone che «I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restrizione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.»;
il dottor Borriello non avrebbe potuto quindi essere assunto da Coldiretti prima di tre anni dalla cessazione del suo rapporto di lavoro con un ente pubblico economico come Ismea;
l'articolo 4 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 40 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190», dispone che a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico, ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico, non possono essere conferiti incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale o locale;
come si apprende da organi di stampa, a breve si attende la definizione da parte del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste dell'ultima graduatoria provvisoria per erogare 690 milioni di euro di contributi per i cosiddetti «contratti di filiera», progetti che mettono insieme tutti gli attori della filiera produttiva, diversi dei quali ammessi a finanziamento avrebbero come soggetti proponenti dirigenti di Coldiretti;
al fine di prevenire la corruzione, di rispettare il principio costituzionale di trasparenza, imparzialità e buon andamento, che impone ai pubblici dipendenti l'esclusività del servizio a favore dell'amministrazione pubblica, sono previste precise misure di trasparenza, che nel caso del dottor Borriello non sembrano in passato essere state rispettate e il fenomeno rischia di ripetersi –:
se l'incarico di Capo di gabinetto, conferito al dottor Raffaele Borriello, sia stato conferito in conformità al disposto di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, se il ruolo ricoperto dal dottor Raffaele Borriello non configuri un possibile sostanziale conflitto d'interessi e quali iniziative di competenza si intendano adottare, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'Ispettorato della funzione pubblica, per verificare se il dottor Borriello abbia percepito compensi in violazione della norma in materia del c.d. revolving doors.
(4-02346)
Risposta. — L'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo in esame chiede di conoscere se l'incarico di Capo di Gabinetto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste attribuito al dottor Borriello, precedentemente Direttore generale dell'Ismea fino al 30 dicembre 2020 e dal 15 gennaio 2021 Capo dell'Area legislativa e relazioni istituzionali della Coldiretti, sia stato attribuito in conformità a quanto disposto dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2013 e, in caso contrario, quali iniziative di competenza si intendano adottare, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'Ispettorato della funzione pubblica, per verificare se il dottor Borriello abbia percepito compensi in violazione della norma in materia del c.d. revolving doors (articolo 53, comma 16-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001).
Al riguardo si evidenzia che il conferimento di incarichi nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione non rientra nelle ipotesi di inconferibilità o incompatibilità previste dall'articolo 4 del decreto legislativo 8 aprile 2013 n. 39.
Il requisito soggettivo presupposto per l'applicazione del divieto di cui al citato articolo si applica, infatti, esclusivamente agli incarichi amministrativi di vertice che hanno compiti gestionali.
A tal riguardo l'articolo 1, comma 2, lettera i), del predetto decreto definisce gli incarichi amministrativi di vertice, stabilendo che: «i) per “incarichi amministrativi di vertice”, gli incarichi di livello apicale, quali quelli di Segretario generale, capo Dipartimento, Direttore generale o posizioni assimilate nelle pubbliche amministrazioni».
Tra questi ultimi, con ogni evidenza, non rientrano gli uffici di diretta collaborazione del Ministro per altro, soggetti a ontologica temporaneità del relativo incarico.
Su tale materia, peraltro, l'Anac, con la delibera n. 788 del 19 luglio 2017, ha affermato che «l'incarico di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico è espressamente sottratto alla disciplina sulle inconferibilità e incompatibilità di cui al decreto legislativo n. 39 del 2013».
Sempre su tale aspetto, anche il Consiglio di Stato, sezione consultiva atti normativi, parere n. 667 del 5 marzo 2019, ha avuto modo di affermare che «Il conflitto di interessi è una condizione giuridica che si verifica quando, all'interno di una pubblica amministrazione, lo svolgimento di una determinata attività sia affidato ad un funzionario che sia contestualmente titolare di interessi personali o di terzi, la cui eventuale soddisfazione implichi necessariamente una riduzione del soddisfacimento dell'interesse pubblico funzionalizzato».
Circostanza, quest'ultima, che nel caso di specie non sembra ricorrere.
Inoltre, da quanto si è appreso dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il dottor Borriello ricopriva in precedenza l'incarico di capo dell'area legislativa e relazioni istituzionali di Coldiretti, soggetto privato avente natura di organizzazione rappresentativa degli imprenditori agricoli nazionali, come tale non rientrante nella nozione di ente regolato o finanziato «...dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico...», ai sensi della predetta disposizione.
Neppure può ovviamente rilevare, affinché possa dirsi integrato il presupposto di inconferibilità, il mero fatto che i singoli imprenditori agricoli aderenti a organizzazioni di rappresentanza (come la Coldiretti) possano ricevere contributi o programmi di finanziamento avviati dal Masaf.
La predetta norma contempla in via esclusiva il finanziamento diretto dell'ente da parte dell'amministrazione conferente.
Inoltre, singoli operatori agricoli aderenti a organizzazioni di rappresentanza possono eventualmente partecipare a programmi di finanziamento ministeriali, solo per mezzo di procedure selettive, necessariamente trasparenti e improntate a criteri generali predeterminati. Il che esclude possa anche ipotizzarsi una posizione di «conflitto di interessi», come paventata nell'interrogazione.
Il capo di gabinetto del Ministero non è competente in alcun modo sull'assegnazione dei contributi, che vengono erogati dagli uffici, come detto, all'esito di procedure pubbliche che, già in tesi, sterilizzano ogni ipotetica «opacità» nell'assegnazione delle somme.
Quanto alle affermazioni circa l'applicabilità della norma sulle revolving doors di cui all'articolo 53, comma 16-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, si rappresenta che l'Ismea non rientra tra le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e non è annoverato tra le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato dello Stato ed individuate dall'Istat ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196.
Da tale circostanza deriva anche l'inapplicabilità del richiamato articolo 53, comma 16-ter del citato testo unico sul pubblico impiego.
Per completezza si evidenzia, infine, che la vigilanza sull'osservanza delle norme in materia di inconferibilità e incompatibilità è attribuita dall'articolo 16 del decreto legislativo n. 39 del 2013 ad Anac e che alla stessa Autorità, secondo quanto precisato dal Consiglio di Stato con sentenza 7411 del 29 ottobre 2019, fanno capo altresì la vigilanza e l'accertamento delle fattispecie di pantouflage previste dall'articolo 53, comma 16-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Si resta, in ogni caso, a disposizione per ogni ulteriore chiarimento ritenuto necessario.
Il Ministro per la pubblica amministrazione: Paolo Zangrillo.
BORDONALI e FORMENTINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 28 maggio del 1974 è avvenuta la strage di Piazza della Loggia a Brescia e quest'anno ricorre il 50esimo anniversario;
il 29 febbraio 2024 è fissato il dibattimento a carico di Roberto Zorzi, ritenuto, con Marco Toffaloni (all'epoca dei fatti minorenne) uno degli autori materiali dello scoppio della bomba che causò 8 morti e un centinaio di feriti. Per la Procura di Brescia, Zorzi «ha partecipato alle riunioni in cui l'attentato veniva ideato, manifestando la propria disponibilità all'esecuzione dell'attentato e comunque – recita il capo di imputazione – rafforzando il proposito dei correi e cagionava una strage in piazza Loggia collocando un ordigno esplosivo in un cestino metallico porta rifiuti aderente ad una colonna dei portici delimitanti la piazza»;
in base a quanto riportato, anche da numerose notizie di stampa, il processo potrebbe slittare a causa di una grave carenza di organico. Il presidente della prima sezione penale della corte d'assise Roberto Spanò risulta aver chiesto misure di supporto per via dei troppi processi in corso nella sezione. I timori sono stati confermati dal presidente del tribunale di Brescia Vittorio Masia: la prima sezione penale deve procedere all'escussione di 53 testimoni e le relative udienze proseguiranno anche per il 2025;
ad avviso degli interroganti, per procedere, serve un intervento straordinario sulla pianta organica della sezione giudicante: almeno due giudici in più;
per ovviare alla carenza di personale si è ipotizzato di aggiungere due giudici alla prima sezione alla quale è stato assegnato il nuovo processo, spostando magistrati dal tribunale di Cremona, Bergamo o Mantova, che fanno parte del distretto giudiziario bresciano;
il 27 gennaio 2024, il Ministro della giustizia, Carlo Nordio, intervenendo all'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte d'appello di Brescia, ha dichiarato: «Questa città ha sofferto molto per la Strage, doveroso essere qui. L'omaggio alla memoria, quella che torna al 28 maggio 1974 in piazza Loggia e l'impegno a ricercare ancora la verità», il plauso ai «risultati» raggiunti dagli uffici giudiziari bresciani e una promessa su tutte: «In ottemperanza ai vincoli del Pnrr, il nostro impegno, entro il 2026, è quello di colmare integralmente il vuoto di organici della magistratura. Ce la stiamo mettendo tutta». «Ho scelto Brescia — ha sottolineato il ministro — perché ha sofferto molto, per la strage di piazza Loggia. Era doveroso, per me, essere qui oggi, proprio in coincidenza con il Giorno della memoria», per portare «la mia testimonianza e quella del Governo, dove ancora si sta lavorando, dopo 50 anni, per trovare la verità»;
Manlio Milani, presidente della Casa della Memoria (associazione familiari vittime della Strage di piazza della Loggia), ribadisce l'importanza che tale processo ad uno dei presunti esecutori materiali della strage inizi e soprattutto arrivi alla sua conclusione in tempi accettabili. L'accertamento della verità processuale è ancora oggi, imprescindibile e il Paese intero si augura che l'appello fatto dai vertici degli uffici giudiziari bresciani e la loro richiesta di potenziamento degli organici, peraltro anticipata dal Guardasigilli nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, sia ascoltato ed ottemperato fornendo tutte le risorse necessarie –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato e quali iniziative intenda adottare, per quanto di propria competenza, per aderire alla richiesta di potenziamento degli organici degli uffici giudiziari bresciani.
(4-02393)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, riferite talune criticità nell'organico degli uffici giudiziari di Brescia, si avanzano specifici quesiti con riguardo alle iniziative intraprese per porvi rimedio.
Deve essere innanzitutto ricordato che la decisione relativa alla copertura delle piante organiche del personale di magistratura dei singoli uffici giudiziari non rientra nell'ambito delle attribuzioni precipue del Ministero della giustizia trattandosi di scelta che spetta al Consiglio superiore della magistratura.
Ciò premesso e, passando ai profili di competenza di questo Ministero, va poi ricordato che il personale di magistratura, è stato interessato dalla riforma della geografia giudiziaria, prevista con la legge delega n. 148 del 2011 che ha inteso razionalizzare la dislocazione territoriale degli uffici giudiziari di primo grado, garantendo la permanenza dei tribunali nei comuni capoluogo di provincia e assicurando la permanenza di almeno 3 tribunali, e delle relative procure della Repubblica, in ogni distretto di Corte di appello.
Con riguardo al distretto di Brescia, la riforma della geografia giudiziaria, ha comportato la soppressione, e conseguente accorpamento alla sede circondariale, delle sezioni distaccate di Breno e Salò.
Successivamente le esigenze degli uffici giudiziari sono state riconsiderate nell'ambito del complessivo progetto di ridefinizione delle piante organiche del personale di magistratura, perfezionatosi, per gli uffici di primo grado, con il decreto ministeriale del 1° dicembre 2016, con il quale si è disposto l'ampliamento di 9 posti di giudice, di 1 presidente di sezione del tribunale di Brescia e di 4 posti di sostituto procuratore.
Più di recente, con il decreto ministeriale del 14 settembre 2020 la pianta organica del tribunale di Brescia è stata ulteriormente incrementata di 3 unità per il tribunale e di 2 unità per la procura della Repubblica.
Da ultimo, con decreto ministeriale 22 dicembre 2022, è stato disposto l'ampliamento delle piante organiche del personale di magistratura dei tribunali distrettuali ove risultano istituite le sezioni specializzate in materia immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea.
Per effetto di tale intervento normativo sono state attribuite 2 unità al tribunale distrettuale di Brescia per le specifiche esigenze della protezione internazionale.
Indubbi benefici per gli uffici giudiziari in generale – e pertanto anche per il tribunale di Brescia – potranno derivare dall'introduzione delle piante organiche flessibili distrettuali da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto di Corte di appello che presentino condizioni critiche di rendimento.
In questo modo si è voluto dotare i distretti di Corte di appello di una vera e propria task force da destinare a supporto agli organici esistenti per rispondere, con maggiore efficacia, alle peculiari esigenze in tema di smaltimento dell'arretrato e per fare fronte a eventi di carattere eccezionale.
Con il decreto ministeriale del 23 marzo 2022, che ha istituito le piante organiche flessibili distrettuali, si è individuato sia il contingente nazionale complessivo di siffatte piante organiche, sia i contingenti destinati ai singoli distretti di Corte di appello.
Il menzionato provvedimento ha stabilito per il distretto di Corte di appello di Brescia i posti sia per le funzioni giudicanti (4 unità) sia per le funzioni requirenti (2 unità), di talché la pianta organica flessibile del distretto è stata determinata in complessive 6 unità.
Nella pianta organica del tribunale di Brescia sono attualmente previsti 76 magistrati di cui 1 presidente di tribunale, 7 presidenti di sezione e 68 giudici. Nella pianta organica della Procura della Repubblica presso il tribunale di Brescia sono attualmente previsti 30 sostituti procuratori di cui 1 procuratore e 2 procuratori aggiunti.
Con riferimento al tribunale di Brescia vanno altresì evidenziati gli ulteriori benefici derivanti dal consistente piano di reclutamento di personale amministrativo a tempo determinato posto in essere nell'ambito delle riforme riguardanti il Piano nazionale di ripresa e resilienza in particolare, il decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 recante «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del PNRR e per l'efficienza della giustizia» volto a migliorare le prestazioni degli uffici giudiziari.
In particolare, con il decreto ministeriale 28 settembre 2021 sono stati ripartiti tra i tribunali e le corti di appello i contingenti distrettuali del personale amministrativo a tempo determinato addetto all'ufficio per il processo ed al Tribunale di Brescia sono state assegnate 99 unità di addetti all'ufficio per il processo.
È stato altresì previsto un ulteriore contingente di personale amministrativo a tempo determinato, di complessive di 4.745 unità, con contratto di 3 anni prorogabile fino al 30 giugno 2026 al fine di assicurare la piena operatività dell'ufficio per il processo e di supportare le linee di progetto ricomprese nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
In tale contesto, i bandi concorsuali su base distrettuale relativi a tale personale hanno disposto per il tribunale di Brescia l'attribuzione di un contingente di 41 assunzioni complessive, di cui 12 di personale laureato e 29 di personale diplomato.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da mesi il tribunale di Bergamo si trova in una situazione gravissima di arretrati: sono migliaia i fascicoli in stallo e la situazione non accenna a migliorare, considerando che i fascicoli già fissati arriveranno in udienza solo a partire da novembre 2025;
i tempi processuali risultano oltremodo dilatati. Secondo quanto riportato dalla stampa locale, nel 2023 i giudici hanno potuto occuparsi di poco più di duecento procedimenti su un totale di circa 1.500;
circa 1.300 procedimenti dovranno quindi attendere il nuovo anno per approdare in aula, con il rischio di assistere a ulteriori slittamenti in considerazione dell'andamento processuale dell'anno in corso;
sulla situazione paradossale si sono espressi anche i magistrati che in prima persona si trovano a gestirla, lamentando difficoltà legate al carico di lavoro, alla carenza di personale negli uffici giudiziari e alla mole di udienze che intasano il tribunale;
tra le conseguenze c'è l'amara presa di coscienza da parte di tribunale e procura della Repubblica di dover, di fatto, filtrare i fascicoli di cui occuparsi, individuando ad esempio quelli in via di prescrizione e quelli in cui manca la querela, lasciando così indietro tanti fascicoli che hanno eguale diritto a esser processati;
da fonti stampa emerge che, in diverse occasioni, la polizia giudiziaria è stata costretta a ricoprire mansioni da impiegato amministrativo propria a causa del personale d'ufficio mancante;
vi è una carenza di organico sia di magistrati sia di personale amministrativo. Come sottolineato dal presidente del tribunale, Cesare De Sapia, un'importante carenza si riscontra soprattutto nell'ufficio del giudice di pace, con la presenza di 6 giudici di pace a fronte di una pianta organica che ne prevede una quindicina, unita all'insufficienza del personale di cancelleria, rendendo necessario ricorrere al personale amministrativo in forza presso altri uffici per la doverosa attività di assistenza al magistrato in udienza;
gravissima è altresì la condizione in cui versa l'ufficio NEP bergamasco: la carenza di risorse umane e materiali, accentuata dai nuovi compiti conferiti dalla cosiddetta riforma Cartabia – accesso diretto alle banche dati ex articolo 492-bis codice di procedura civile – sta minando la funzionalità stessa dell'intero settore dell'esecuzione civile –:
se il Ministro interrogato intenda adottare urgentemente ogni iniziativa di competenza per risolvere la situazione in cui si trova il tribunale di Bergamo, con un significativo aumento di personale amministrativo, di magistrati, di giudici di pace e per l'Unep.
(4-01953)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, deve essere in primo luogo sottolineato che la scopertura media nazionale, quanto al personale amministrativo, si attesta al 26,66 per cento, in relazione alla pianta organica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 aprile 2022 n. 54.
Quanto alle specifiche iniziative poste in essere per fare fronte a tale scopertura, corre l'obbligo di evidenziare l'imponente attività di reclutamento che questo Dicastero ha avviato a livello nazionale sin dall'anno 2020. In particolare, siffatto impegno ha consentito l'assunzione di 9.415 risorse umane nell'intero territorio nazionale.
Trattasi, peraltro, di una quantificazione che può definirsi per difetto in quanto non tiene conto delle assunzioni concernenti gli addetti all'ufficio per il processo e il personale a supporto dell'ufficio per il processo.
Di conseguenza, alle citate 9.415 assunzioni dovrebbero essere in realtà aggiunte anche le 12.310 unità relative ai profili di addetto all'ufficio per il processo (8.334) e di personale a supporto dell'ufficio per il processo (3.976), giungendo così a un totale di 21.725 assunzioni.
In proposito giova rammentare che tra gli scopi dell'ufficio per il processo vi è, in primis, quello dell'abbattimento dell'arretrato, funzionale a un più concreto efficientamento del comparto giustizia.
L'obiettivo auspicato, pur trattandosi di assunzioni a tempo determinato, è quello di riuscire a raggiungere – nell'arco temporale considerato – una performance degli uffici Giudiziari idonea a consentire una più ottimale gestione dei carichi di lavoro anche per il futuro.
Venendo adesso alla tematica affrontata nell'atto di sindacato ispettivo, va ricordato che nel Tribunale di Bergamo – ricompreso nel distretto di Corte di appello di Brescia – (in cui a partire dall'anno 2020 sono avvenute 109 assunzioni), a fronte di una dotazione organica di 142 unità, prestano servizio 112,5 risorse umane, registrandosi una scopertura del 21 per cento.
Quanto alle vacanze registrate nei vari profili, queste interessano le seguenti figure professionali: cancelliere esperto (10 vacanze su 23 posti in organico), ausiliario (4 su 12), assistente giudiziario (15 su 50), conducente di automezzi (1 su 4), operatore giudiziario (4 su 6) e direttore amministrativo (1 su 6).
Si rileva il sovrannumero del profilo di funzionario giudiziario, nonché la presenza di 1 centralinista non presente nella pianta organica.
Invece nella Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo (in cui a partire dall'anno 2020 sono avvenute 22 assunzioni), a fronte di una dotazione organica di 56 unità, prestano servizio 52 risorse umane, registrandosi una scopertura del 7 per cento.
Quanto alle vacanze registrate nei vari profili, queste interessano le seguenti figure professionali: cancelliere esperto (4 vacanze su 10 posti in organico), assistente giudiziario (3 su 10), conducente di automezzi (2 su 4) e ausiliario (3 su 5).
All'ufficio notificazioni esenzioni e protesti di Bergamo (in cui a partire dall'anno 2020 è avvenuta 1 assunzione), a fronte di una dotazione organica di 40 unità, prestano servizio 20 risorse umane, registrandosi una scopertura del 50 per cento.
Quanto alle vacanze registrate nei vari profili, queste interessano le seguenti figure professionali: assistente giudiziario (3 vacanze su 13 posti in organico), ufficiale giudiziario (8 su 11) e funzionario UNEP (10 su 16).
Al giudice di pace di Bergamo (in cui a partire dall'anno 2020 sono avvenute 2 assunzioni), a fronte di una dotazione organica di 13 unità, prestano servizio 8 risorse umane, registrandosi una scopertura del 62 per cento.
Quanto alle vacanze registrate nei vari profili, queste interessano le seguenti figure professionali: operatore giudiziario (1 vacanza su 3 posti in organico), ausiliario (1 su 3), mentre risultano totalmente scoperti i profili di assistente giudiziario e di cancelliere. Il profilo professionale di funzionario giudiziario è completamente soddisfatto.
Con avviso del 26 luglio 2023 è stato pubblicato il bando per l'interpello ordinario nazionale ai sensi dell'articolo 4 e dell'articolo 22 comma 2 dell'accordo del 15 luglio 2020 per la copertura di 9.739 posti vacanti relativi ai profili professionali e agli uffici giudiziari nello stesso indicati. Il termine ultimo per partecipare a detta procedura è spirato il 20 settembre 2023 e nel distretto di Corte di appello di Brescia sono stati resi disponibili 16 posti. Con avviso del 15 dicembre 2023 sono state pubblicate le graduatorie definitive. L'ultimazione della procedura è prevista entro il 28 febbraio 2024. Al Tribunale di Bergamo saranno trasferiti 3 assistenti giudiziari, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo saranno trasferiti 1 cancelliere e 1 ausiliario, all'ufficio notificazioni esenzioni e protesti di Bergamo saranno trasferiti 2 funzionari UNEP e al giudice di pace di Bergamo sarà trasferito 1 assistente giudiziario.
Con avviso del 25 novembre 2022 si è proceduto allo scorrimento integrale della graduatoria della procedura di riqualificazione dei cancellieri esperti in attuazione dell'articolo 21-quater del decreto-legge del 27 giugno 2015 n. 83, convertito con modificazioni dalla legge del 6 agosto 2015 n. 132. Nel distretto di Corte di appello di Brescia, grazie all'ultimo scorrimento formalizzato in data 15 dicembre 2022, sono state riqualificate 36 unità.
Altresì con provvedimento del 10 novembre 2022 è stato dato l'avvio alla procedura di stabilizzazione del personale in servizio nella qualifica di operatore giudiziario, che ha visto partecipare nel distretto di Corte di Appello di Brescia 28 unità di personale amministrativo, mentre ulteriori 8 unità saranno stabilizzate nel corso dell'anno 2024. Si ricorda che in data 12 dicembre 2023 è stata disposta l'assunzione, nella figura professionale di assistente giudiziario, di 797 unità degli idonei del concorso pubblico, per titoli ed esame, per il reclutamento di un contingente complessivo di 2.293 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato da inquadrare nell'area II, posizione economica f2/categoria B, nei ruoli di diverse amministrazioni, risultati assegnati a questa Amministrazione all'esito della procedura di scelta tenutasi tra il 2 e l'11 agosto 2023, per i quali la presa di servizio nelle sedi assegnate è stata prevista per la data del 21 dicembre 2023. Di questi assistenti giudiziari 3 sono assegnati al Tribunale di Bergamo, 1 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo e 1 al giudice di pace di Bergamo.
Si sottolinea altresì che dal piano triennale dei fabbisogni 2023-2025 emerge chiaramente la volontà di questo Dicastero di sopperire quanto più possibile alle carenze di personale amministrativo.
Non solo, la previsione di procedure volte alla stabilizzazione del personale amministrativo assunto a tempo determinato allo scopo di non disperdere le competenze acquisite nonché la previsione, in deroga alla normativa vigente, della validità delle graduatorie dei concorsi svolti in periodo pandemico consentono di meglio finalizzare l'attività di reclutamento.
Le attività di reclutamento previste nell'arco temporale che va dal 2023 al 2025 concernono complessivamente 1.051 unità dell'area funzionari, 6.624 dell'area assistenti e 179 dell'area dirigenti, per un totale di ben 7.854 risorse umane.
A ciò vi è da aggiungere il contingente di 3.691 unità di personale amministrativo non dirigenziale per le quali l'autorizzazione a bandire e ad assumere, in aggiunta alle facoltà assunzionali, è prevista da varie fonti normative, divise in 1.967 funzionari e 1.724 assistenti.
Giova poi segnalare che in data 28 febbraio 2023 è stata disposta la proroga della scadenza dei contratti individuali di lavoro a tempo determinato sottoscritti dal personale assunto con la qualifica di operatore giudiziario nonché la contestuale assunzione a tempo indeterminato (stabilizzazione) presso le sedi in cui prestavano servizio alla data del 30 maggio 2022 degli operatori giudiziari che, previa accettazione della proroga del contratto a tempo determinato, matureranno il suddetto requisito alle nuove scadenze contrattuali, con decorrenza dal giorno successivo a tale scadenza (decorrenza stabilizzazione).
Si evidenzia altresì che allo scopo di fronteggiare le ulteriori criticità che nel frattempo dovessero sopravvenire, determinate dal pensionamento di unità di personale ovvero da altre situazioni soggettive di carattere temporaneo (maternità, malattia etc.), l'organico del personale amministrativo dei summenzionati uffici giudiziari potrà essere implementato facendo ricorso all'istituto della mobilità temporanea del personale, previsto dall'articolo 20 dell'Accordo sottoscritto in data 15 luglio 2020, come modificato dall'addendum sottoscritto il 22 marzo 2023.
Tra le possibili ulteriori iniziative, si rimarca per il futuro l'eventuale disponibilità di questa amministrazione a procedere alla sottoscrizione di accordi quadro con le regioni interessate, aventi ad oggetto anche forme di collaborazione in tema di selezione e reclutamento di personale, attraverso il possibile perfezionamento di procedure concorsuali uniche per i reciproci coincidenti fabbisogni e/o la stipula di convenzioni per l'utilizzo reciproco delle graduatorie in relazione ai concorsi direttamente espletati dal Ministero della giustizia e dalle regioni.
Quanto al personale di magistratura deve essere ricordato che al Tribunale di Bergamo risultano vacanti 1 posto (su 4 previsti dalla pianta organica) di presidente di sezione di Tribunale, 7 posti (su 46 previsti dalla pianta organica) di giudice, 1 posto (su 5 previsti dalla pianta organica) di giudice sezione lavoro e 7 posti (su 24 previsti dalla pianta organica) di giudice onorario di Tribunale; alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo risultano scoperti il posto di procuratore della Repubblica, 2 posti (su 18 previsti dalla pianta organica) di sostituto procuratore della Repubblica e 8 posti (su 18 previsti dalla pianta organica) di vice procuratore Onorario; all'ufficio del giudice di pace di Bergamo risultano vacanti 15 posti (su 21 previsti dalla pianta organica) di giudice di Pace.
Effetti positivi per gli uffici giudiziari in generale – e quindi anche per il Tribunale di Bergamo e per la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo – potranno derivare in seguito alla attuazione delle disposizioni approvate nel mese di dicembre dell'anno 2019 (articolo 1 comma 432 della legge del 27 dicembre 2019 n. 160 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022») che, modificando la legge del 13 febbraio 2001 n. 48, prevedono l'istituzione delle piante organiche flessibili distrettuali, da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che presentino condizioni critiche di rendimento.
La proposta di determinazione delle piante organiche flessibili distrettuali è stata trasmessa, in data 30 ottobre 2020, al Consiglio superiore della magistratura per il prescritto parere. Tale proposta prevede, in conformità al quadro normativo di riferimento, la determinazione sia del contingente complessivo nazionale – individuato in 176 unità, di cui 122 con funzioni giudicanti e 54 con funzioni requirenti – sia dei contingenti destinati ai singoli distretti. Al distretto di Corte di appello di Brescia è stata proposta l'attribuzione di un contingente di 6 unità, di cui 2 destinate alle funzioni requirenti e 4 a quelle giudicanti.
Il Consiglio superiore della magistratura, nel parere deliberato nella seduta dell'8 settembre 2021, ha pressoché integralmente condiviso il progetto ministeriale sia in punto di unità complessive dedicate (176) sia quanto alla loro distribuzione funzionale (tra giudicanti e requirenti) e distrettuale. Nello specifico, nel suddetto parere il Consiglio superiore della magistratura ha ritenuto di accogliere pienamente la proposta elaborata con riferimento al distretto di Corte di Appello di Bergamo, per quanto concerne sia i posti previsti per le funzioni giudicanti sia quelli previsti per le funzioni requirenti.
In data 27 dicembre 2021 è stato emesso il decreto che individua le condizioni critiche di rendimento degli uffici giudiziari che danno luogo all'assegnazione delle nuove risorse dell'organico flessibile distrettuale e fissa la durata minima dell'assegnazione (pari a 1 anno) nonché stabilisce i criteri di priorità per destinare i magistrati della pianta organica flessibile distrettuale alla sostituzione nei casi di assenza dal servizio ovvero per l'assegnazione agli uffici giudiziari che versino in condizioni critiche di rendimento.
Con decreto ministeriale del 23 marzo 2022 sono stati previsti per il distretto di Corte di appello di Brescia 6 posti complessivi nell'organico flessibile distrettuale, di cui 2 per le funzioni requirenti e 4 per le funzioni giudicanti.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
GHIRRA e DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
dal report sulla giustizia minorile pubblicato il 20 febbraio 2024 dall'Associazione Antigone emerge un primo bilancio in seguito all'entrata in vigore del cosiddetto decreto Caivano, decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito dalla legge 13 novembre 2023, n. 159;
in particolare, al 15 gennaio 2024 i ragazzi, minori e giovani adulti, detenuti nei 17 istituti penali per minorenni del nostro Paese risultavano essere ben 496, il numero più alto degli ultimi 15 anni;
questo dato rappresenta una vera e propria inversione di tendenza rispetto a una delle costanti che hanno caratterizzato il sistema della giustizia minorile italiano: dalla riforma del processo minorile, la giustizia minorile ha reso progressivamente sempre più residuale il ruolo degli istituti penitenziari per i minorenni in favore di misure alternative con funzione marcatamente rieducativa;
quasi la metà dei trattenuti, il 48,8 per cento dei presenti, è oggi detenuto tra Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata e Campania a conferma del fatto che il fenomeno della detenzione minorile abbia come protagonista il Meridione, quanto meno per quanto riguarda i ragazzi italiani, che rappresentano oggi all'incirca la metà dei presenti;
se è vero che numeri analoghi si erano già registrati in passato, tra il 2009 e il 2012, è anche vero che da allora le presenze in Ipm sono scese radicalmente, al punto tale che si decise di estendere la permanenza in Ipm ai giovani adulti sotto i 25 anni di età, anziché 21 come prima della riforma del 2014;
nel 2023, fino al 15 settembre, sono stati registrati 1.231 ingressi con una media di 4,8 al giorno mentre dal 15 settembre, con l'entrata in vigore del decreto Caivano, fino al 31 dicembre, si sono registrati 576 ingressi in 108 giorni, con una media dunque di 5,25 ingressi al giorno;
un altro dato rilevante è che i ragazzi detenuti negli Ipm sono in gran parte trattenuti in assenza di una sentenza definitiva: sono il 68,5 per cento del totale dei presenti, e addirittura l'88,8 per cento tra i minorenni e il 75,6 per cento tra gli stranieri. Questi dati, se paragonati a quanto si registra nelle carceri per adulti, dove le persone senza una condanna definitiva sono attorno al 30 per cento, già molto alta rispetto alla media europea, il dato degli Ipm appare, a parere degli interroganti, davvero allarmante;
considerazioni confermate anche dai dati relativi ai detenuti definitivi che nel 2023 erano 156, un anno prima 142, numeri analoghi dunque, mentre le persone in misura cautelare sono passate da 243 a 340: la crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è dovuta dunque quasi interamente a ragazzi in misura cautelare;
i numeri dicono come la significativa crescita delle presenze osservata negli ultimi 12 mesi sia da imputare a un maggiore ingresso di persone per lievi violazioni del testo unico degli stupefacenti;
un altro dato da evidenziare è come la nazionalità sia un criterio fortemente selettivo per l'accesso agli Ipm in fase cautelare: il percorso che ci si immagina più comune, ovvero l'ingresso in centri di prima accoglienza a seguito di fermo o arresto, la convalida di questo e l'applicazione di una misura cautelare, è assai più comune per gli stranieri (41 per cento) che per gli italiani (21 per cento), i quali invece entrano più spesso in Ipm dalle comunità per aggravamento della misura –:
se sia a conoscenza dei dati statistici riportati, se non ritenga utile fare una riflessione sugli effetti dell'entrata in vigore del provvedimento governativo e se non ritenga utile adoperarsi per avviarne una riforma che ripristini lo spirito rieducativo della giustizia minorile.
(4-02381)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, occorre innanzitutto evidenziare che i dati sulla base dei quali è stato elaborato il rapporto pubblicato dall'associazione Antigone, citato nell'atto parlamentare, provengono dal dipartimento per la giustizia minorile e di comunità e sono pubblicati sul sito del Ministero, oltre che sul sito del centro europeo di studi di Nisida, con aggiornamenti quindicinali di dati provvisori e con report semestrali di dati definitivi convalidati.
Dall'analisi dei dati si può osservare che l'entrata in vigore del cosiddetto decreto Caivano non ha, allo stato, affatto influito sul numero dei minori e giovani ristretti presso gli istituti penali per i minorenni italiani.
Invero, confrontando il numero degli ingressi negli istituti penitenziari per i minorenni registrato nel 2023 con lo stesso dato registrato negli ultimi 15 anni si può rilevare che esso si è mantenuto sostanzialmente costante nel tempo, superando mediamente di poco i mille accessi per ciascuna delle annualità interessate.
A titolo esemplificativo, si evidenzia che, nel 2016, si sono registrati 1.141 ingressi (uno in meno rispetto al 2023) ed ancora, nel 2018, se ne sono registrati 1.132.
Uniche eccezioni all'andamento sopra descritto riguardano l'anno 2014 – nel quale è stato emanato il decreto-legge n. 92 del 2014, che ha esteso alle persone maggiorenni di età inferiore ai 25 anni (piuttosto che, come nella normativa previgente, ai 21) la disciplina sull'esecuzione dei provvedimenti limitativi della libertà personale già vigente nei confronti dei minorenni (in tale anno si sono registrati 992 ingressi) – e gli anni 2020/2021, durante i quali – a seguito delle misure assunte per il contenimento della pandemia da COVID-19 – si sono registrati, rispettivamente, 713 e 835 ingressi.
Quanto poi alla circostanza, pure rimarcata nell'atto ispettivo, di un maggior numero di ingressi negli istituti del sud Italia e delle isole (trattasi del 48 per cento degli ingressi alla data del 15 gennaio 2024), tale dato va letto – e perciò ridimensionato nella sua portata – alla luce del fatto che gli istituti del nord e del centro Italia sono stati interessati da interventi di ristrutturazione e di manutenzione, il che ha reso necessaria l'assegnazione di giovani provenienti dalle aree geografiche interessate dai lavori presso gli istituti con disponibilità di posti, che sono risultati essere proprio quelli del sud e delle isole. Peraltro, il dato comprende anche i trasferimenti tra i vari istituti, i quali risultano frequenti sia per motivi di giustizia e sicurezza che per garantire i colloqui dei ristretti con i familiari. Quanto alla variazione del numero degli ingressi tra i primi 9 mesi del 2023 e l'ultimo trimestre dello stesso anno, essa si attesta su un +0,6, ma scende ad un +0,5 al netto del dato relativo ai trasferimenti tra istituti.
Venendo ai dati relativi alle posizioni giuridiche dei ristretti presso gli istituti penali per i minorenni, dalle statistiche emerge che, alla data del 31 dicembre 2023 i ristretti in regime di custodia cautelare corrispondevano al 67 per cento dei presenti, con un 4 per cento in più rispetto all'anno precedente; nell'ambito di questo gruppo, nel 2023 i minorenni in stato di custodia cautelare erano l'87 per cento del totale dei ristretti, con un decremento del 4 per cento rispetto al 2022. Per quanto riguarda gli utenti stranieri in regime di custodia cautelare, il dato numerico ne restituisce una percentuale del 75 per cento rispetto al totale del gruppo in disamina (detenuti stranieri) ed in questo caso, rispetto al 2022, si è registrato un incremento del 4 per cento.
Passando alle fattispecie di reato ascritte ai minorenni e ai giovani adulti che hanno fatto ingresso in istituti penitenziari per i minorenni negli ultimi cinque anni, si osserva un significativo e progressivo aumento (fatta eccezione per il 2020, anno centrale della pandemia) dei reati contro la persona che, invero, nel periodo in esame, variano da 377 nel 2019 sino ad arrivare a 526 nel 2023.
Con riferimento, poi, all'incidenza delle diverse categorie di delitti rispetto al totale, si evidenzia che nel 2023 il 55 per cento dei crimini commessi da tale platea di soggetti era rappresentato da reati contro il patrimonio e, all'interno di tale tipologia di delitti, il reato di rapina ha inciso per identica percentuale (55 per cento). Quanto alle violazioni del testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990), nello stesso anno esse hanno costituito circa il 10 per cento del totale dei delitti ascritti ai minorenni e giovani entrati negli istituti. Tale dato, peraltro, appare piuttosto fluttuante negli ultimi 5 anni: è pari a 295 nel 2019; scende a 127 nel 2020; aumenta nuovamente a 208 nel 2021; decresce ancora nel 2022; si attesta a 153, giungendo, infine, a 235 nel 2023.
Gli ingressi dai centri di prima accoglienza nel 2023 sono stati il 24 per cento del totale; di questi, il 16 per cento ha riguardato ragazzi di nazionalità straniera; dato, questo, del tutto neutro, potendo dar luogo a diverse interpretazioni e ben potendo essere letto anche in riferimento alla complessiva regolamentazione del sistema di accoglienza dei minorenni in Italia.
Quanto alle cause che hanno determinato, nel 2023, l'ingresso di minori o giovani adulti in istituti penitenziari per i minorenni, l'incidenza maggiore è dovuta agli accessi conseguenti ad aggravamento della misura cautelare del collocamento in comunità e alla conseguente sostituzione della misura cautelare originariamente applicata – in ragione della sua violazione da parte della persona che vi è sottoposta – con la misura cautelare inframuraria. In particolare, sempre nel 2023, tale casistica ha riguardato 195 ragazzi italiani, a fronte di 124 stranieri.
Se si analizza, di contro, il dato dei dimessi per collocamento in comunità (compresi i ricollocamenti dovuti alla sostituzione della misura, come sopra aggravata, all'esito di successiva attenuazione), la forbice tra i due diversi gruppi si assottiglia significativamente, essendo stati dimessi per tale motivo 270 ragazzi italiani a fronte di 254 ragazzi stranieri; ciò conferma ulteriormente la validità dei percorsi trattamentali che il sistema persegue all'interno degli istituti penali per i minorenni italiani.
Peraltro, i dati appena esposti vanno interpretati anche in relazione ai significativi cambiamenti del contesto socio-culturale che si sono verificati in questi ultimi anni.
Si sta registrando, infatti, un notevole mutamento nelle manifestazioni delle devianze minorili, sempre più correlate a forme di disagio psichico o psicologico nonché alla poli-assunzione di sostanze stupefacenti e psicofarmaci; problematiche comportamentali, queste, che spesso non vengono preventivamente intercettate dai servizi territoriali.
A tali forme di disagio si aggiungono quelle, peculiari, di cui è talora portatrice l'utenza straniera, caratterizzata anche da gravissime forme di disturbo post traumatico da stress dovute alle devastanti esperienze di vita subite sin dalla primissima infanzia (anche a seguito delle peripezie affrontate nel viaggio che li porta in Italia), su cui si stratificano altrettanto gravi disturbi da poli-assunzione di sostanze stupefacenti e/o alcoliche, che determinano quadri estremamente complessi da trattare.
Rispetto a tali situazioni di disagio appare opportuna, sin dalle fasi di prima accoglienza, l'individuazione di appropriate e specifiche strategie di intervento che consentano, per quanto possibile, di prevenire il successivo verificarsi di eventi delittuosi. Su questo fronte l'impegno del Ministero è massimo, attraverso l'investimento di grandi risorse in percorsi di rieducazione e di risocializzazione dei minorenni e giovani adulti (sia italiani che stranieri), favorendo interventi di équipe multidisciplinari costituite da psicologi, psichiatri e finanche da etno-psicologi.
Dal quadro appena illustrato emerge dunque con chiarezza che le misure penali e procedurali introdotte dal decreto cosiddetto Caivano hanno enucleato, nel quadro di un ampio intervento sociale, fattispecie normative rimesse all'applicazione delle procure e dei tribunali per i minorenni, lasciando del tutto inalterata la prioritaria funzione del diritto minorile, incentrata sulla missione rieducativa e risocializzante.
Peraltro, l'apertura di nuove comunità integrate per persone minorenni immesse nel circuito penale, socio-educative e terapeutiche, costituisce una priorità strategica per l'amministrazione, come dimostrano i primi risultati progettuali ed operativi prodotti dalle interlocuzioni istituzionali avviate con le regioni.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
GIACCONE, BILLI e FORMENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 25 e 26 luglio 2022, a Tirana, una delegazione italiana coordinata dal senatore Tommaso Nannicini, come da nomina del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e composta da esperti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, INPS e Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha firmato un Accordo tra Italia e Albania in materia di sicurezza sociale e il relativo Allegato I sul trasferimento di dati personali;
rispondendo all'interrogazione 5-00381, il 15 febbraio 2023 il Governo ha confermato che Italia ed Albania hanno raggiunto un accordo in materia di sicurezza sociale, applicabile a tutti coloro che esercitano o hanno esercitato un'attività subordinata o autonoma in uno dei due Stati contraenti, con particolare riferimento alle prestazioni pensionistiche, alle indennità di disoccupazione malattia, principalmente nel lungo periodo;
nella medesima circostanza, il Governo aveva altresì precisato come in data 13 febbraio 2023 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali avesse comunicato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale il proprio assenso tecnico sulla firma dell'accordo sopracitato e sul relativo disegno di legge di ratifica, subordinato alla verifica degli oneri derivanti dalla sua sottoscrizione;
stando a questa ricostruzione fornita dal Governo, non è chiaro se l'Accordo bilaterale sia stato effettivamente perfezionato dall'Italia, ferma restando la certezza relativa alla volontà di sottoscriverlo e presentarlo al Parlamento per ottenerne l'autorizzazione alla ratifica ed esecuzione a che punto siano le procedure per il perfezionamento dell'Accordo italo-albanese in materia di sicurezza sociale e quale tempistica si preveda per la successiva presentazione al Parlamento del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica.
(4-01673)
Risposta. — Il 6 febbraio 2024 alla Farnesina il Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha firmato con il Ministro per l'Europa e gli esteri albanese, Igli Hasani, l'accordo bilaterale tra Italia e Albania in materia di sicurezza sociale.
La firma arriva a conclusione di un lungo negoziato con Tirana, condotto insieme al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e all'INPS.
L'accordo regolerà le prestazioni pensionistiche e le indennità di disoccupazione, malattia e maternità di coloro che esercitano, o hanno esercitato, un'attività di lavoro subordinata o autonoma nei due Paesi. Esso darà a tutti i lavoratori italiani e albanesi certezza sul loro futuro pensionistico, assicurando anche prestazioni di invalidità, di vecchiaia, per i superstiti garantendo parità di trattamento in Italia e in Albania.
Con un Paese storicamente amico, andiamo verso regole comuni per imprese e lavoratori, per facilitare il mutuo riconoscimento dei diritti sociali.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con l'Inps, avvierà un negoziato per un'intesa tecnica bilaterale Italia-Albania con cui rendere operative le varie previsioni dell'accordo.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
GRIPPO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la legge 3 febbraio 1963, n. 69, recante le norme che disciplinano la professione di giornalista, regolamenta il sistema e le operazioni di voto per l'elezione dei rappresentanti nei venti consigli regionali e nel Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti (Cnog);
l'articolo 31 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, emanato nel corso dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, ha introdotto la possibilità di ricorrere al voto elettronico per le elezioni degli organi territoriali e nazionali degli ordini professionali vigilati dal Ministero della giustizia, tra cui anche il Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti;
tale innovazione, pur correttamente recepita con regolamento del Cnog pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero della giustizia n. 1 del 15 gennaio 2021, ha però trovato applicazione nell'ambito di una legislazione elettorale dell'ordine dei giornalisti rimasta invariata a causa dell'inesistenza di modifiche, anche meramente adattive, delle norme contenute nei capi I e II della legge 3 febbraio 1963, n. 69 che dettano la disciplina elettorale rispettivamente per i consigli dell'ordine regionali o interregionali e per il Consiglio nazionale dell'ordine. Conseguentemente, si sono prodotte, in ambiente digitale, procedure dispendiose e storture che non hanno favorito la partecipazione al voto;
sul tema, il presidente dell'ordine dei giornalisti Carlo Bartoli, intervenendo tra i soggetti auditi sul tema del voto elettronico presso la I commissione affari costituzionali della Camera dei deputati durante i lavori della XVIII legislatura sull'esame del disegno di legge C. 3591, di conversione del decreto-legge 4 maggio 2022, n. 41, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento contestuale delle elezioni amministrative e dei referendum previsti dall'articolo 75 della Costituzione da tenersi nell'anno 2022, pur manifestando la soddisfazione della categoria per l'introduzione del voto elettronico, ha contemporaneamente evidenziato come la normativa di legge sia rimasta immutata rendendo complesse le procedure e generando, invero, numerose criticità;
anche di recente il predetto consiglio dell'ordine ha sollecitato il Parlamento a un intervento migliorativo della normativa elettorale per i giornalisti, ai fini di una semplificazione delle procedure di voto in modo da renderle più adeguate agli strumenti telematici utilizzata attraverso l'introduzione di un turno unico di votazione – con due giornate dedicate al voto elettronico e una giornata dedicata al voto al seggio «in presenza» – e della candidatura esplicita alla carica di interesse e l'aumento di un'unità dei consiglieri nazionali, al fine di evitare che l'elezione del pubblicista rappresentante delle minoranze linguistiche impedisca di fatto a una regione di essere presente nel Cnog con il suo pubblicista regolarmente eletto –:
se non ritenga di adottare iniziative normative nel primo provvedimento utile e per quanto di competenza, volte a perfezionare la disciplina elettorale dell'ordine dei giornalisti dando attuazione alle modifiche esposte in premessa, realizzando una concreta modernizzazione dei procedimenti elettorali, in linea anche con una rappresentanza dinamica.
(4-02341)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che con decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 2023 n. 303), recante «Disposizioni urgenti in materia di termini normativi», convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 23 febbraio 2024, n. 18, si è previsto uno specifico intervento riguardante le norme che disciplinano la professione di giornalista.
Più in particolare, per quanto concerne il sistema e le operazioni di voto per l'elezione dei rappresentanti nei venti consigli regionali e nel consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, l'articolo 11, comma 11-ter (comma aggiunto dalla legge di conversione 23 febbraio 2024, n. 18), del citato decreto-legge n. 215 del 2023 prevede che «Nelle more di una riforma complessiva dell'Ordine dei giornalisti, nelle prime elezioni del Consiglio dell'Ordine dei giornalisti successive alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto il voto è espresso da remoto con modalità telematiche o in presenza per mezzo di schede».
Si ritiene, dunque, che tale modifica normativa, consentendo l'applicazione anche alle prossime elezioni, nelle more di una riforma complessiva, della procedura elettorale mista – sia da remoto sia in presenza – utilizzata nelle precedenti elezioni del 2021, costituisca un ulteriore e concreto passo in avanti verso la modernizzazione dei procedimenti elettorali.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
PAVANELLI, FEDE e CARAMIELLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
alla data odierna, sono 4.512 gli orfani ucraini tra i 4 e i 17 anni giunti in Italia a seguito del deflagrare del conflitto russo-ucraino;
la maggior parte dei minori si trova attualmente ospitata presso strutture pubbliche o appartenenti, ad enti religiosi o del terzo settore. In taluni casi gli orfani sono stati collocati presso alcune famiglie italiane su disposizione dei tribunali per i minorenni competenti ai sensi degli articoli 2-5 della legge 4 maggio 1983, n. 184;
a seguito del loro arrivo in Italia, i minori sono stati affidati ai tutori italiani appositamente nominati dai tribunali per i minorenni in virtù del loro status di minori stranieri non accompagnati;
detto status – tuttavia – è stato contestato dal Console generale dell'Ucraina a Napoli, che ha inteso nominare una nuova tutrice incaricata di riportare i minori in Ucraina, nomina ritenuta legittima anche dalla Corte di cassazione italiana (Cass. Civ. I sez. sent. n. 17626 del 2023);
tale orientamento, però, appare in contrasto con la posizione del Governo ucraino che, con apposito provvedimento del 1° giugno 2023 (reperibile all'indirizzo https://zakon.rada.gov.ua/laws), ha disposto il «trasferimento temporaneo (evacuazione) dei minori e delle persone residenti». Più nel dettaglio, nel citato provvedimento sono state disposte le modalità di rientro in patria dei minori ucraini evacuati, previsto espressamente «dopo la cancellazione della legge marziale». Vieppiù, la decisione del tutore dovrebbe scaturire «dall'amministrazione militare della città-stato di Kiev». Inoltre, il rientro sarebbe consentito in caso di «procedura di adozione» in corso in patria, ovvero su «domanda del bambino che esprime il desiderio di ritornare», ovvero ancora, se maggiore di 16 anni, per «motivi di studio». Nel caso in cui la decisione riguardi «gruppi di bambini e persone (...) in via eccezionale» può avvenire «dopo aver preso tutte le misure globali per prolungare il soggiorno dei bambini e delle persone negli istituti in cui sono stati trasferiti (evacuati) dall'amministrazione militare regionale della città di Kiev nel luogo di ubicazione permanente dell'istituto (...)»;
come appreso da notizie pubblicate da diversi giornali online (tra gli altri, si veda https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/09/18), nei confronti della tutrice nominata dal Console ucraino, risulta in corso un'inchiesta della procura di Catania per violenza e minacce ai danni di alcuni minori;
secondo quanto noto all'interrogante, stante il perdurare del conflitto armato, la volontà sarebbe quella di collocare temporaneamente i minori ucraini in istituti non meglio identificati in Polonia. Come reso noto da Unicef e Unchr, tuttavia, non tutti i bambini ucraini attualmente rifugiati in Polonia risultano iscritti al sistema scolastico nazionale. Il ruolo della scuola – soprattutto in tempi di guerra – va oltre il mero apprendimento e rappresenta un contesto unico in cui i bambini, già vittime di gravi perdite o violenze, acquisiscono una propria routine, costruiscono amicizie, si integrano nelle comunità ospitanti e trovano sostegno per la loro salute psicofisica;
inoltre un eventuale distacco dei minori dalla loro nuova vita in Italia, nella quale si sono perfettamente integrati, al riparo dai pericoli della guerra e circondati dall'affetto della gente, rappresenterebbe un nuovo insostenibile trauma psicologico, che farebbe seguito a quelli già subiti dell'abbandono e della guerra –:
quali iniziative di competenza si intenda intraprendere a tutela degli orfani ucraini attualmente ospitati nel territorio italiano.
(4-01667)
Risposta. — Fin dall'inizio del conflitto, la Farnesina, in coordinamento con i Ministeri del lavoro, dell'interno e della giustizia, segue la situazione dei minori ucraini non accompagnati presenti in Italia.
Nelle fasi immediatamente successive all'invasione russa, Kiev ha autorizzato l'espatrio all'estero di minori non accompagnati senza definire preventivamente – per evidenti motivi – le modalità del successivo rimpatrio.
Non esiste quindi alcun accordo formale tra Italia ed Ucraina riguardante il soggiorno dei minori ucraini in Italia. Essi sono pertanto soggetti alla legge n. 47 del 2017, che stabilisce la competenza dei Tribunali territoriali a prendere le decisioni caso per caso, nel rispetto del superiore interesse dei minori.
Da parte dell'opinione pubblica e delle autorità ucraine c'è grande attenzione sul tema. Il Governo di Kiev teme infatti che il perdurare della crisi rischi di compromettere il rientro di migliaia di donne e minori, con conseguente aggravamento del già visibile declino demografico.
Dal 2023, le autorità consolari ucraine in Italia hanno quindi proceduto alla nomina di tutori, che, in alcuni casi, hanno presentato istanza di rimpatrio assistito dei minori presso i competenti Tribunali per i minorenni.
La Corte di cassazione, in una sentenza del 20 giugno 2023, ha ritenuto ammissibile la nomina dei tutori ucraini e il loro riconoscimento da parte dei Tribunali italiani.
Allo stesso tempo, siamo consapevoli delle preoccupazioni – altrettanto legittime – delle famiglie affidatarie e delle organizzazioni attive nella protezione dell'infanzia, per il possibile rientro dei minori in Ucraina. Sono ancora evidenti, infatti, i rischi legati alla guerra che investe, direttamente o indirettamente, gran parte del Paese.
All'autorità giudiziaria spetta dunque il delicato compito di operare un bilanciamento tra due ragioni.
Nella gestione delle istanze di rimpatrio, il giudice dovrà garantire il diritto del minore ad essere ascoltato. Dovrà valutare le condizioni di sicurezza all'eventuale rientro dei minori nel Paese di origine, tenuto conto del concreto pericolo di un loro coinvolgimento nel contesto bellico.
E dovrà verificare caso per caso se il rimpatrio persegua effettivamente il superiore interesse del minore.
La Farnesina continuerà a collaborare con gli altri Ministeri interessati e con le associazioni umanitarie per assicurare ai minori ucraini l'indispensabile sostegno ed accoglienza in Italia.
Continueremo inoltre a mantenere un costante dialogo con il Governo di Kiev, l'Ambasciata d'Ucraina a Roma e con i Consolati generali d'Ucraina a Milano e Napoli, per affrontare la questione con spirito solidale e collaborativo.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
POZZOLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 12 gennaio 2023, una delegazione di parlamentari del Partito democratico si è recata nel carcere di Sassari per visitare Alfredo Cospito;
la notizia è stata resa nota, in un comunicato, dallo stesso Pd il 12 gennaio e dà seguito ad un appello lanciato da un gruppo di giuristi e intellettuali di sinistra per constatare concretamente le condizioni di Alfredo Cospito;
la delegazione era composta dal Capogruppo alla Camera Debora Serracchiani, dai deputati Andrea Orlando, già ex ministro della Giustizia, Silvio Lai e dal senatore Walter Verini;
i parlamentari hanno dichiarato «Pensavamo fosse importante venire a verificare le condizioni di salute di questa persona e ascoltare le sue ragioni, come facciamo sempre visitando le carceri del Paese»;
secondo quanto ricostruito da «il Fatto quotidiano» il 2 febbraio 2023, Cospito avrebbe illustrato le sue ragioni chiarendo ai parlamentari in visita che «il suo sciopero della fame non ha il solo scopo di far revocare a se stesso il regime di carcere duro, ma quello di ottenerne l'abolizione per tutti, compresi i vicini mafiosi» e, in quell'occasione, Cospito avrebbe invitato i parlamentari a «parlare» con alcuni esponenti di spicco della criminalità organizzata: il camorrista Francesco Di Maio, il killer della 'ndrangheta Francesco Presta e il mafioso Pietro Rampulla;
nello stesso articolo, il senatore Verini ha poi confermato che si sono tenute interlocuzioni tra i quattro parlamentari e i tre mafiosi indicati;
la visita all'istituto sassarese è avvenuta ai sensi dell'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario, che consente a tali autorità di accedere agli istituti penitenziari senza autorizzazione;
in risposta all'interrogazione 4-00491, però, il Ministro della giustizia ha reso noto che l'ex Ministro Orlando ha effettuato l'accesso in carcere «accompagnato dal signor P.V., quale collaboratore, che pure ha partecipato ai colloqui ma senza intervenire»;
l'articolo 41-bis della legge sull'Ordinamento penitenziario indica una serie di stringenti limitazioni in materia di contatti e colloqui al fine di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate;
in particolare, il comma 2-quater vieta i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità giudiziaria competente;
date le stringenti esigenze di isolamento connesse al regime ex articolo 41-bis, a giudizio dell'interrogante appare opportuno che il Ministero della giustizia esegua ogni opportuno controllo sulle persone esterne che accedono alle articolazioni penitenziarie –:
se e quali accertamenti abbia posto in essere il Ministero in merito alla qualifica del signor P.V. in relazione all'accesso all'articolazione di alta sicurezza con detenuti al regime detentivo ex articolo 41-bis.
(4-02057)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si avanzano specifici quesiti in ordine alla vicenda inerente una visita effettuata da alcuni parlamentari al detenuto Alfredo Cospito, ristretto in regime di 41-bis dell'ordinamento penitenziario, nonché in ordine agli accertamenti posti in essere, all'atto di ingresso, dell'accompagnatore di uno dei parlamentari.
Orbene, come noto, ai sensi dell'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario i membri del Parlamento possono visitare gli istituti penitenziari senza autorizzazione e la medesima facoltà è attribuita anche a coloro che li accompagnano per ragioni del loro ufficio.
Secondo quanto chiarito dal preposto dipartimento amministrazione penitenziaria, le ragioni d'ufficio debbono ritenersi integrate allorché si adduca l'esistenza di un rapporto di collaborazione professionale, stabile e continuativo, ancorché non avente fonte in veri e propri provvedimenti formali di nomina producibili dall'interessato.
Inoltre, è previsto che per consentire all'amministrazione di svolgere i dovuti controlli, debbono essere ricevute, prima della visita, le attestazioni scritte con le quali gli interessati precisano, sotto la propria responsabilità, quale sia il rapporto intercorrente con l'accompagnatore che, nell'occasione dell'accesso all'istituto, non deve svolgere attività giornalistica.
Sulla base delle informazioni acquisite dalla direzione penitenziaria competente, durante la visita del 12 gennaio 2023, risulta che l'accompagnatore P.V. sia stato regolarmente identificato e che abbia redatto e sottoscritto la dichiarazione che attestava il rapporto di collaborazione diretta, professionale, stabile e continuativa in favore dell'ex ministro Orlando.
Ciò precisato, la visita del 12 gennaio 2023 è stata posta in essere da una delegazione parlamentare composta dagli onorevoli, Silvio Lai, Walter Verini, Debora Serracchiani ed Andrea Orlando – quest'ultimo appunto accompagnato dal sig. P.V., quale collaboratore, che pure ha partecipato ai colloqui ma senza intervenire.
La visita si è svolta principalmente presso il Reparto 41-bis, dove la delegazione ha incontrato il detenuto Alfredo Cospito e i detenuti ristretti nello stesso varco dalle ore 11:25 alle ore 12:15.
A seguire, è stata condotta una breve visita alla locale infermeria, dove i parlamentari hanno incontrato il dirigente sanitario.
Precisato quanto sopra, le risultanze della visita sono state oggetto, come di consueto, di relazione del responsabile del gruppo operativo mobile, il quale unitamente al comandante di reparto f.f. ha accompagnato la delegazione parlamentare, e trasmesse al DAP.
Merita rammentare che i detenuti sottoposti al regime differenziato sono tutti appartenenti ad associazioni mafiose, eversive ovvero terroristiche e, in ottemperanza alla lettera f) del comma 2-quater dell'articolo 41-bis O.P. sono suddivisi in gruppi di socialità formati da un minimo di due (tre, secondo le raccomandazioni del Garante nazionale delle persone private della libertà personale) fino a un massimo di quattro ristretti; gruppi nell'ambito dei quali possono comunicare tra di loro e svolgere le consentite attività socio-ricreative (permanenza all'aria aperta, saletta socialità, palestra, sala pittura e altro).
Naturalmente, nella composizione dei relativi «gruppi di socialità», formati, in base a quanto previsto dalle disposizioni dipartimentali vigenti (articolo 3.1 della circolare n. 3676/6126 del 2 ottobre 2017) a cura del direttore dell'istituto penitenziario, sovviene l'indispensabile accorgimento di evitare gruppi composti da appartenenti alla stessa consorteria criminale.
Infine, merita evidenziare come, naturalmente costante ed assolutamente attenta sia la vigilanza amministrativa che gli operatori del gruppo operativo mobile, appunto il reparto specializzato addetto per legge proprio «alla vigilanza e osservazione dei detenuti sottoposti a regime speciale dell'articolo 41-bis comma 2 dell'ordinamento penitenziario», pongono in essere (altresì) sui colloqui che intercorrono tra detenuti sottoposti allo speciale regime differenziato, sì da consentire i doverosi interventi in casi di criticità.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.