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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 26 marzo 2024

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    in questi anni le crisi hanno acuito le diseguaglianze a livelli inaccettabili, con una fortissima concentrazione della ricchezza in poche mani, con la polarizzazione tra le diverse categorie di lavoratori, tra le retribuzioni, tra i generi e le diverse generazioni;

    per una ripresa equa e stabile nel nostro Paese è necessario un vero e proprio «nuovo contratto sociale», che sul fronte del lavoro veda al centro una serrata lotta alla precarietà e allo sfruttamento, limitando il ricorso a tutte quelle formule contrattuali che minano il concetto di buona e stabile occupazione e che colpiscono le fasce più fragili della popolazione, a cominciare dai giovani e dalle donne;

    la sfida dei mercati internazionali, così come quella della rivoluzione tecnologica e della transizione ecologica, non può più essere affrontata puntando sulle basse retribuzioni, sulla compressione dei diritti dei lavoratori e su bassi livelli di produttività, pena il rischio della marginalità e di squilibri sociali drammatici. Non ultimo, è di tutta evidenza il nesso tra la precarietà del lavoro e l'acuirsi dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, con il tragico corollario dei tanti morti e infortuni che ancora affliggono il nostro mercato del lavoro;

    tali sfide non possono essere affrontate con soluzioni anacronistiche e decontestualizzate dal livello globale. La stessa dimensione nazionale rischia di non essere più adeguata per assicurare una reale capacità competitiva per il nostro sistema produttivo e per il mantenimento di adeguati livelli occupazionali in grado di assicurare una vita dignitosa e di sostenere un sistema di welfare al passo con le sempre nuove esigenze della popolazione;

    secondo il benchmarking working Europe 2024, predisposto dal centro di ricerca della Confederazione europea dei sindacati, la retribuzione reale media, al netto dell'inflazione, è scesa nel 2023 dello 0,7 per cento. Per i lavoratori italiani questo valore si è attestato a un meno 2,6 per cento. Peggio di noi hanno fatto solo l'Ungheria e la Repubblica Ceca;

    dalla stessa analisi, e non solo, emerge che i profitti delle imprese negli ultimi due anni sono cresciuti in termini reali. Un dato che, secondo, la Banca centrale europea, è alla base dell'impennata inflazionistica registratasi negli ultimi anni. Secondo gli economisti della Banca centrale europea, non si è innescata alcuna pericolosa spirale salari-prezzi, tanto più nel caso italiano, ma ad alimentare la corsa dei prezzi innescata da ripresa post-Covid e dalla guerra in Ucraina il fattore più incisivo sono i profitti nell'Eurozona;

    in base ai dati di Eurostat, l'Italia è l'unico Paese tra i 27 Stati Ue con un indice del costo del lavoro in recessione dello 0,1 per cento nell'ultimo trimestre 2023, rispetto all'analogo periodo del 2022. Un valore che si scontra con il dato medio del 3,8 per cento per i Paesi Ue e del 3,1 per cento per i Paesi dell'Eurozona;

    come già tristemente noto, l'Italia è l'unico Paese dell'area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9 per cento), mentre in Germania è cresciuto del 33,7 per cento e in Francia del 31,1 per cento. Si tratta di un andamento composto, infatti nella decade 1990-2000 e in quella 2000-2010 i salari in Italia sono cresciuti, seppure con una dinamica piatta, rispettivamente dello 0,7 per cento e del 5,2 per cento. L'ultima decade 2010-2020 è stata quella maggiormente negativa con una caduta del -8,3 per cento. In queste tre decadi è aumentato il divario tra la crescita media dei salari nei Paesi Ocse e la crescita dei salari in Italia progressivamente dal -14,6 per cento (1990-2000), al -15,1 per cento (2000-2010) e, infine, al -19,6 per cento (2010-2020). Allo stesso tempo, questi valori si sono accompagnati ad un andamento della produttività del lavoro che, sebbene meno significativa rispetto a quella degli altri Paesi dell'area, è comunque cresciuta più dei salari, quindi non solo la sua dinamica è stata contenuta, ma non sembrano nemmeno aver funzionato i meccanismi di aggancio dei livelli salariali alla performance del lavoro;

    tra le principali cause dei bassi livelli salariali in Italia si segnalano la discontinuità lavorativa, il part-time e la precarietà contrattuale, a cui bisogna aggiungere la maggior presenza di basse qualifiche e i mancati rinnovi contrattuali;

    i dati Eurostat mostrano come, nel 2022, all'interno dell'occupazione dipendente l'Italia abbia registrato, da un lato, una percentuale di dirigenti e delle professioni intellettuali e scientifiche nettamente più bassa rispetto alle altre principali economie europee e, dall'altro, una quota delle professioni non qualificate marcatamente più alta di quella osservata in Germania e Francia e di poco inferiore a quella della Spagna. Parimenti si segnalano due fattori quali l'alta incidenza del lavoro a termine (16,9 per cento, inferiore solo alla Spagna dove, però, e in diminuzione) e del part-time involontario (57,9 per cento, la più alta di tutta l'Eurozona);

    valori che si accompagnano ad un'altra anomalia del nostro mercato del lavoro. Nel 2022, secondo i dati OCSE, le ore medie lavorate annualmente dai lavoratori dipendenti in Italia sono state 1.563, un numero pari a quello della Spagna ma decisamente più alto di quello osservato in Germania (1.295 ore) e in Francia (1.427 ore). Dalla lettura congiunta, da un lato, delle ore lavorate e, dall'altro, della quota salari sul PIL desunta dalla banca dati macroeconomica della Commissione europea (Ameco), emerge come in Italia, benché si lavori comparativamente di più, la quota di reddito destinata a remunerare il lavoro dipendente tramite i salari sia notevolmente più bassa, perfino della Spagna;

    per l'Italia, al quadro appena tracciato, bisogna aggiungere come i lunghi, ed ingiustificati, ritardi nel rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) (durata media pari a 30,8 mesi nel 2022) determinino un'elevata quota percentuale di lavoratori dipendenti con un contratto scaduto (53,2 per cento nell'intera economia nel 2022) (Istat, 2024). Questo si traduce in un ingente massa salariale non in linea con l'aumento dei prezzi che, in una fase di alta inflazione cumulata, determina una forte diminuzione del potere d'acquisto dei lavoratori. La caduta dei salari reali diventa ancora più drammatica dal momento che la crescita dei prezzi ha effetti differenziati sulla popolazione per via della differente composizione del paniere e dei redditi familiari: nel solo 2022, a fronte di un'inflazione generale del +8,7 per cento l'impatto è stato molto più ampio sulle famiglie con minor capacità di spesa (+12,1 per cento) rispetto a quelle con maggior capacità di spesa (+7,2 per cento). In tale contesto, va salutato positivamente il recente rinnovo del contratto nazionale del commercio;

    un analisi confermata nel documento «Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia» approvato dal Cnel, il 12 ottobre 2023, per il quale uno dei fattori che maggiormente ha penalizzato il potere di acquisto delle retribuzioni è rappresentato dal ritardo nei rinnovi contrattuali, che si protrae anche per anni;

    i contratti collettivi nazionali di lavoro depositati nell'archivio nazionale del Cnel, aggiornato al 30 giugno 2023, sono 1.037 (Ccnl lavoratori privati, Ccnl lavoratori pubblici, Ccnl lavoratori parasubordinati e accordi economici collettivi per alcune categorie di lavoratori autonomi). Dei 976 Ccnl relativi al settore privato, 553 risultano scaduti (57 per cento). I lavoratori privati con un contratto che risultava scaduto al 30 giugno 2023 erano 7.732.902, il 56 per cento su un totale di 13.839.335;

   corollario fondamentale per delineare un quadro certo di regole in materia di individuazione di adeguati livelli retributivi, in coerenza con i princìpi costituzionali e comunitari, è quello legato alla definizione e alla disciplina della misurazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali e datoriali, scongiurando il dumping salariale generato dai cosiddetti «contratti pirata»;

    tra i fattori che maggiormente incidono sulla condizione reddituale ed esistenziale di milioni di lavoratori, come evidenziato dal citato documento Cnel dell'ottobre scorso, vi è il tema della precarietà tanto diffusa soprattutto per alcune categorie di lavoratori, come i giovani e le donne. In questo poco lusinghiera classifica dei rapporti a tempo determinato, anche con termini brevi e brevissimi, l'Italia è al sesto peggior posto, con una media nazionale al 16,8 per cento che balza al 23 per cento nel Mezzogiorno;

    i recenti dati, testimoniati dall'Istat e da Eurostat mostrano un aumento dell'occupazione complessiva pari a 23,7 milioni di occupati, per una percentuale del tasso di occupazione pari al 66,3 per cento della fascia di età 20-64 anni, tuttavia ancora distante 10 punti rispetto alla media europea, così come della percentuale degli occupati a tempo indeterminato. Tuttavia, un'analisi più approfondita ci segnala come l'incremento dell'occupazione stabile non sia la conseguenza di misure volte a limitare la precarietà, ma il risultato del blocco dell'uscita pensionistica determinato dalla riforma Fornero e dalle ulteriori restrizioni introdotte con le due ultime due leggi di bilancio e dalle difficoltà che le imprese incontrano sempre più spesso a trovare figure con particolari specializzazioni;

    a rendere ancora più fragile ed ingiusto il nostro mercato del lavoro va evidenziato il tema dell'occupazione femminile, che in Italia risulta essere – secondo dati relativi al IV trimestre 2022 – quello più basso tra gli Stati dell'Unione europea, essendo di circa 14 punti percentuali al di sotto della media UE: il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni è stato, infatti, pari al 55 per cento, mentre il tasso di occupazione medio UE è stato pari al 69,3 per cento. Un divario che si conferma anche nel rapporto tra la popolazione maschile e quella femminile nel mondo del lavoro: le donne occupate, infatti, sono circa 9,5 milioni, laddove i maschi occupati sono circa 13 milioni. A ciò si aggiunga che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità. Una condizione che risulta ancora più aggravata dall'accentuato divario retributivo di genere, nonché dal tipo di lavoro svolto dalle donne;

    altrettanto rilevante è il capitolo relativo all'occupazione dei giovani tra i 15 e i 34 anni, che se nel 2023 è migliorato raggiungendo il 43,7 per cento, un valore che non si registrava dall'inizio del 2011, tuttavia, non ha però invertito la tendenza di lungo periodo: negli ultimi 18 anni – dal 2004 al 2022 – l'occupazione di giovani tra i 15 e i 34 anni è infatti diminuita di 8,6 punti percentuali (dal 52,3 al 43,7 per cento) mentre per la fascia 50-64 anni è aumentata di 19,2 punti (dal 42,3 al 61,5 per cento);

    l'occupazione dei nostri giovani è caratterizzata da un'alta vulnerabilità: difficoltà di inserimento e di permanenza nel mercato del lavoro, forme contrattuali che non garantiscono rapporti di lavoro di lungo periodo e avanzamenti di carriera più lenti e meno appaganti di quelli delle generazioni precedenti. I dati evidenziano che la quota di dipendenti con contratto a termine è infatti molto più alta tra la popolazione giovane (30,2 per cento) rispetto alla restante (13,2 per cento) maggiore è anche la percentuale di giovani che lavorano a tempo parziale per mancanza di occasioni di lavoro a tempo pieno, 13,8 per cento contro valori inferiori al 10 per cento nel caso delle altre fasce di età;

    allo stesso tempo, non si può non ricordare come, secondo il report redatto da Fondazione Nord-Est e dell'associazione Talented Italians in the UK che ha elaborato i dati Eurostat, l'Italia ha perso 1,3 milioni di persone andate a lavorare e vivere all'estero negli ultimi 10 anni. Un fenomeno paragonabile a quanto succedeva negli anni '50 del secolo scorso, quando però chi se ne andava dal nostro Paese aveva un basso livello di scolarizzazione, mentre oggi si stima che un emigrante su tre sia laureato;

    i tanti lavoratori in Italia che non hanno un contratto collettivo di lavoro di riferimento o che si vedono negare una retribuzione corrispondente a quella prevista dai contratti nazionali, i cosiddetti «working poors», attendono ancora che anche nel nostro Paese sia prevista una apposita disciplina volta ad assicurare condizioni retributive minime, in linea con le previsioni del primo comma dell'articolo 36 della Costituzione, che dispone «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»;

    con la direttiva (UE) 2022/2041 sono stati fissati quattro obiettivi principali: il salario minimo deve sempre garantire un tenore di vita dignitoso; le norme dell'Unione europea rispetteranno le pratiche nazionali di fissazione dei salari; il rafforzamento della contrattazione collettiva nei paesi in cui è coinvolto meno dell'80 per cento dei lavoratori; il diritto di ricorso per i lavoratori, i loro rappresentanti e i sindacalisti in caso di violazione delle norme;

    nell'Unione europea il salario minimo legale è in vigore in grandi Paesi come Francia e Germania e sono soltanto cinque gli Stati, oltre all'Italia, dove ancora non è previsto;

    la recente sentenza della Corte di cassazione - Sezione Lavoro - n. 27713 ha statuito che: «Nell'attuazione dell'articolo 36 della Costituzione il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita nella contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall'articolo 36 della Costituzione, anche se il rinvio alla contrattazione collettiva applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, di cui il giudice è tenuto a dare una interpretazione costituzionalmente orientata. Ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale il giudice può servirsi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe, può fare altresì riferimento, all'occorrenza, ad indicatori statistici, anche secondo quanto suggerito dalla direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022»;

    alla luce di tali evidenze, appare necessaria una radicale revisione della impostazione della politica del lavoro nel nostro Paese, che veda al centro la valorizzazione del fattore lavoro, quale elemento di emancipazione e di partecipazione sociale e democratica di tutti i cittadini,

impegna il Governo:

1) ad avviare un concreto e tempestivo confronto con le parti sociali realmente rappresentative, volto a definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà attraverso verso una vera e propria «bonifica» normativa, l'incremento della partecipazione al lavoro, con particolare riguardo alle donne e ai giovani, così come al Mezzogiorno e alle aree interne;

2) a favorire, con la massima sollecitudine, ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo volta a dare piena e tempestiva attuazione ai principi e alle finalità della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, così come agli indirizzi espressi dalla Corte di Cassazione, introducendo anche nel nostro ordinamento il riconoscimento ai lavoratori e alle lavoratrici di ciascun settore economico di un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, assicurando in ogni caso livelli retributivi in grado di garantire una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, anche attraverso l'introduzione del salario minimo legale, corrispondente a un trattamento economico minimo orario non inferiore a 9 euro, aggiornato annualmente per tenere conto, in particolare, dell'aumento della produttività e dell'inflazione;

3) ad adottare le opportune iniziative per sancire che l'applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale sia condizione per poter intrattenere rapporti economici con le pubbliche amministrazioni e per accedere ai benefici di legge previsti dal nostro ordinamento;

4) a predisporre, per quanto di competenza, specifiche misure volte a prevedere una indispensabile differenziazione tra contratti ancora in vigore e contratti già scaduti, prevedendo opportune disposizioni di premialità, qualora il rinnovo intervenga entro la scadenza o entro termini strettamente fisiologici e giustificati e di penalizzazione nel caso il rinnovo si protragga oltre i suddetti termini;

5) a favorire, per quanto di competenza e con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, una disciplina normativa di sostegno per la regolamentazione della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che restituisca certezza nelle relazioni industriali e superi la proliferazione di sigle di comodo, così come la moltiplicazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da organizzazioni che non hanno alcuna rappresentatività reale;

6) per quanto attiene al contrasto ad ogni forma di precarietà, ad adottare le iniziative di competenza in particolare di carattere normativo, volte a:

   a) rivedere la disciplina in materia di contratti a tempo determinato, riconducendone il ricorso a quelle situazioni puntuali e straordinarie per le quali è giustificata tale modalità di prestazione lavorativa e distinguendone la disciplina contributiva in ragione della maggiore o minore durata di detti contratti;

   b) adottare le opportune misure volte a monitorare e scoraggiare la diffusione del part-time involontario e di quello fittizio;

   c) ricondurre la disciplina della somministrazione entro limiti ben circoscritti e verificabili, sia dal punto di vista delle condizioni, così come del numero massimo dei lavoratori fisiologicamente utilizzabili;

   d) eliminare la possibilità di ricorrere al lavoro intermittente;

   e) rivedere la disciplina dell'appalto tra privati, al fine di assicurare che detto istituto non si riduca ad un mero esercizio di potere organizzativo e direttivo dei lavoratori utilizzati nell'appalto e che al personale impiegato in appalti di opere o servizi sia sempre assicurato il trattamento economico e normativo complessivo applicato dal committente e, comunque, non inferiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva nazionale e territoriale sottoscritta dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

   f) ricondurre la disciplina del lavoro occasionale entro limiti ben circoscritti di specifiche prestazioni lavorative caratterizzate dalla discontinuità ed occasionalità e per determinate categorie di lavoratori quali gli studenti, gli inoccupati, i pensionati e i disoccupati;

   g) rafforzare il sistema delle tutele in caso di trasferimento di ramo d'azienda, così come in caso di trasferimento e delocalizzazione della produzione;

7) ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, per contrastare il fenomeno delle false partite IVA che coinvolgono, in particolare, molti giovani laureati e professionisti, iscritti agli ordini professionali e non in monocommittenza, il cui rapporto di lavoro è in realtà assimilabile dal punto di vista organizzativo e gerarchico a quello subordinato – senza le corrispondenti tutele – e con retribuzioni che, se parametrate su base oraria, risultano di gran lunga inferiori a quelle auspicabili per il salario minimo;

8) ad adottare iniziative volte ad assicurare che i giovani possano sempre poter contare su un complesso di tutele normative ed economiche durante la partecipazione ai tirocini formativi e agli stage;

9) a monitorare e rafforzare le misure di contrasto delle forme di penalizzazione del lavoro delle donne e di divario retributivo di genere;

10) ad adottare, in linea con le esperienze più avanzate in Europa, le opportune misure per assicurare l'estensione in termini di durata nonché di copertura del congedo di paternità obbligatorio, prevedendo altresì che il congedo e il congedo di maternità e il congedo di paternità godano di una copertura retributiva pari al 100 per cento, in modo da ridurre il disincentivo economico all'utilizzo dei congedi parentali per i padri;

11) a favorire, per quanto di competenza, l'adozione di misure volte a promuovere la sperimentazione della riduzione dell'orario lavorativo a parità di salario;

12) ad avviare un serio confronto con le parti sociali realmente rappresentative volto a definire una nuova strategia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, da implementare annualmente favorendo il pieno coinvolgimento del Parlamento, assicurando, nelle more, l'adozione di immediate misure volte ad affrontare le principali criticità, quali l'equiparazione delle tutele disposte nella disciplina degli appalti pubblici anche agli appalti tra privati, nonché l'eliminazione degli appalti a cascata e delle gare al massimo ribasso.
(1-00265) «Scotto, Braga, Guerra, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni III e X,

   premesso che:

    il 2024 è stato dichiarato «Anno delle radici italiane nel Mondo» momento centrale del progetto del PNRR «Il turismo delle radici – una strategia integrata per la ripresa del settore del turismo nell'Italia post COVID-19»;

    un progetto che trova le sue basi nell'accordo tra il Ministero della cultura ed il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale con l'obiettivo di coinvolgere le varie realtà di italo-discendenti e di oriundi italiani nel mondo, quasi 80 milioni di persone, in un percorso turistico alla ricerca delle proprie origini valorizzando la nostra offerta turistica all'interno dell'investimento per «l'attrattività dei borghi» del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si tratta, pertanto, di attivare meccanismi in grado di riannodare legami, sostenendo la nostra cultura e la nostra economia attraverso il turismo con percorsi dedicati a chi ha origini italiane per rafforzare anche all'estero la nostra diplomazia culturale e il nostro cultural heritage;

    vi è la necessità di coinvolgere i soggetti interessati all'Italia per diversi motivi, dalla nostalgia alla curiosità per la nostra storia e cultura, in un percorso capace di guidarli nella comprensione delle proprie origini e nella conoscenza dell'Italia e delle sue opportunità. Mostrare l'Italia di oggi per creare sviluppo a partire dal racconto diacronico della nostra storia nel mondo che evidenzia il legame tra i conterranei nella terra di accoglienza e quello con la terra di origine, il luogo che sempre rimane un riferimento e dove si è trovato sostegno e condivisione durante la storia della propria famiglia di origine condividendo successi e insuccessi. Rilanciare i borghi cercando di invertire il processo di depauperamento demografico, culturale ed economico rendendoli luoghi dove il viaggio diventa storia carica di significato;

    è necessario attivare percorsi attraverso i quali i migranti e gli oriundi possano avvicinarsi al loro luogo di origine seppure considerato distinto dal proprio spazio quotidiano di residenza;

    una nuova forma di turismo che trova esperienze simili di successo nel turismo religioso e nel turismo culturale e che può inglobarle entrambe perché esse stesse espressione della propria esperienza di vita sociale e personale;

    il turismo delle radici costituisce un'esperienza di ritorno che permette di stabilire o ristabilire legami concreti, attraverso l'esperienza del viaggio, e da questo derivano opportunità da cogliere che «l'Anno delle radici italiane nel mondo» può catalizzare in maniera speciale se riesce in maniera concreta a costruire connessioni tra l'Italia che sta fuori i confini nazionali e quella che è dentro tali confini, facendo sistema dove territori di emigrazione e strutture italiane all'estero, e soprattutto gli organismi di rappresentanza degli italiani nel mondo, lavorano in sinergia per far conoscere e promuovere questi territori;

    esiste un cronoprogramma da realizzare per la buona riuscita del progetto turismo delle radici, al quale sono riservati 20 milioni di euro di spesa. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è attivato in tale direzione, tra l'altro, con il coinvolgimento di figure professionali dedicati per un importo pari a 1.422.000 euro, che, comprende anche la nomina di 16 coordinatori regionali di progetto, attività di sensibilizzazione di comunità locali e di formazione degli operatori, la digitalizzazione e l'indicizzazione dei documenti utili alla realizzazione di ricerche genealogiche, lo sviluppo di una App dedicata, l'individuazione degli itinerari del turismo delle radici da parte degli operatori turistici, con l'istituzione e il potenziamento della rete dei musei dell'emigrazione, l'ideazione e produzione del passaporto delle radici italiane, la campagna di comunicazione con eventi da realizzare all'estero e con il coinvolgimento di testimonials, l'istituzione e promozione di un anno (2024) come anno delle radici italiane nel mondo, la rete di di università italiane, la creazione di una piattaforma per lo studio ed il monitoraggio del turismo delle radici e l'assegnazione di borse di studio triennali ai ricercatori parte della rete universitaria;

    i coordinatori regionali non stanno riuscendo a ricoprire con efficacia il ruolo assegnato rivelandosi poco incisivi anche perché in molti casi si tratta di persone con insufficiente conoscenza della realtà delle nostre comunità all'estero e, dall'altro lato, poco pro-attive nel rapporto con le amministrazioni locali;

    si registra l'assenza di un effettivo coordinamento con il mondo dell'associazionismo e della rappresentanza degli italiani all'estero, anche attraverso la presenza di coordinatori in loco per una migliore e più adeguata organizzazione della domanda;

    si rileva uno scollamento tra il coordinamento messo in piedi tra la struttura tecnica ed il ruolo dei coordinatori dei sindaci, individuati dal Maeci che non sono inseriti in un meccanismo progettuale e operativo che coinvolga tutti gli attori;

    la distribuzione di risorse «a pioggia» ai piccoli comuni in maniera frammentata, privilegiando iniziative di scarso impatto strutturale sull'attrattività degli italo-discendenti, come sagre paesane o feste di paese, non aiuta a rendere il progetto integrato e riconoscibile;

    non è chiaro ed evidente il rapporto e la divisione dei ruoli tra Italea e il Maeci;

    esiste un ritardo nell'operazione «passaporto delle radici», ancora in fase di rodaggio;

    è evidente un mancato coordinamento con l'Enit e con le regioni;

    vi è l'assenza di un coinvolgimento strutturale ed effettivo del mondo degli italiani all'estero sia a livello istituzionale che associativo;

    tutto questo fa ritenere che vi sono aspetti da correggere in corso d'opera se non si vuole rischiare il fallimento stesso del progetto «Turismo delle radici» che è una grande intuizione da implementare in maniera sinergica e sistemica in Italia e all'estero tra le nostre comunità. Tale progetto, infatti, rappresenta un'occasione preziosa di sviluppo delle aree interne e dei piccoli centri e una opportunità per rivitalizzare le comunità italiane nel mondo attivando un meccanismo nuovo di promozione del nostro Paese all'estero,

impegnano il Governo

ad adottare le iniziative necessarie per rilevare tutte le criticità in essere per la buona riuscita del progetto «Il turismo delle radici – una strategia integrata per la ripresa del settore del turismo nell'Italia post COVID-19» e a porre in essere, in tempi brevi ed utili, iniziative mirate ad invertire una tendenza che rischia di non rispecchiare il cronoprogramma stabilito scongiurando l'implosione di un'iniziativa che non ha raggiunto pienamente gli obiettivi prefissati sul piano concreto, oltre gli aspetti comunicativi.
(7-00210) «Porta, Di Sanzo, Quartapelle Procopio, Carè».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   la prefettura di Roma il 21 marzo 2024 (con scadenza il 28 marzo) ha pubblicato l'avviso di manifestazione d'interesse per l'affidamento dei servizi di accoglienza, funzionamento, gestione e trattenimento dei centri di accoglienza previsti dal protocollo sottoscritto dal Governo con la Repubblica d'Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, siglato a Roma il 6 novembre 2023, ratificato con legge n. 14 del 2024;

   «L'avvio dell'operatività» è «prevista non oltre il 20 maggio»: questo è il primo atto tecnico che riporta una data ufficiale per l'avvio del suddetto protocollo;

   il bando, che vale oltre 16 milioni di euro l'anno, è rivolto a chi intende prendere in gestione i centri migranti. Sono previsti tempi accelerati, per strutture che, a quanto risulta, non sono ancora nemmeno in costruzione;

   una struttura, per le procedure di sbarco e di identificazione è prevista nel porto di Shengjin, l'altra a Gjadër, dove i migranti staranno in «stato di trattenimento» sul modello Cpr, in attesa di approvazione della domanda di asilo o del provvedimento di espulsione;

   in Albania vengono portati solo maschi adulti provenienti da Paesi considerati sicuri (come Tunisia, Marocco e Algeria), mentre i minori, le donne e gli anziani, sbarcheranno in Italia: trattasi di uno smistamento complicato da fare in mezzo al mare poiché spesso i migranti viaggiano senza documenti;

   una volta sbarcati a Shengjin e poi condotti a Gjadër, dove la capienza massima è di 3 mila migranti, si procederà all'identificazione e definizione dello status da parte delle nuove commissioni territoriali. I tempi sono quelli previsti dalle nuove «procedure accelerate di frontiera» del cosiddetto «decreto Cutro»: 28 giorni per l'identificazione e la verifica dei requisiti per l'asilo;

   la decisione per il riconoscimento della protezione internazionale dovrà essere presa entro 7 giorni, tramite video-udienze, in caso di diniego il richiedente potrà presentare ricorso entro 14 giorni e il giudice dovrà decidere entro altri 7 giorni se accogliere o respingere;

   poi chi ha diritto all'asilo entra in Italia regolarmente, per tutti gli altri deve essere effettuato il rimpatrio, che avverrà dall'Italia, dove in totale i posti disponibili sulla carta sono 1.359, ma nella realtà sono meno a causa dei lavori di ristrutturazione in corso a Torino e Trapani. Poi, trascorsi i 18 mesi, chi non si riesce a rimpatriare torna a piede libero e diventa clandestino;

   l'alternativa sarebbe lasciare nei centri di detenzione albanesi chi è in attesa di espulsione, e in assenza di nuovi accordi, riportare in Italia quelle poche centinaia rimpatriabili. In tal caso però non si liberano posti nei centri di Shengjin/Gjadër, pertanto il numero di migranti accolti si allontana parecchio dagli annunciati 36 mila l'anno;

   questo andirivieni deve fare i conti con la Corte di giustizia europea che dovrà decidere se il «trattenimento» previsto dalle «procedure accelerate di frontiera» del decreto Cutro (evitabile se il migrante versa 5 mila euro di cauzione) è in linea con i diritti umani salvaguardati dalle norme europee. La decisione arriverà a tempo debito, verosimilmente non prima di un anno;

   il Ministro dell'Interno va comunque avanti affermando: «nelle more del giudizio siamo disponibili a rivedere la norma sulla cauzione per i migranti che ci pare l'unico dubbio sollevato. Il cronoprogramma procede e il nostro genio civile come i vigili del fuoco sono già al lavoro per una rapida realizzazione dei centri»;

   tra costruzione e gestione le due strutture costeranno quasi 69 milioni di euro, altri 25 milioni necessitano per la struttura penitenziaria e all'Albania dobbiamo dare 94 milioni per la sorveglianza esterna;

   per il viaggio, la diaria, il vitto e alloggio degli uomini dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, i costi in più sono di 260 milioni e 200 mila euro. Per le 5 nuove commissioni territoriali che dovranno esprimersi sul diritto di asilo: 17 milioni e 970 mila euro. Per 152 nuove assunzioni tra funzionari del ministero dell'interno e della Giustizia, magistrati, giudici di pace e dirigenti sanitari 42 milioni 507.739 euro. Per l'affitto delle aule a Roma per le video-udienze, servono 2 milioni e 920 mila euro;

   per costruire e allestire 20 aule per le udienze in Albania e per i collegamenti telematici dall'Italia dei difensori 8 milioni 730 mila euro. Spese di viaggio per avvocati e interpreti 29 milioni 160mila euro;

   al termine delle procedure di accertamento le autorità italiane provvedono, a proprie spese, all'allontanamento dei migranti dal territorio albanese, ossia li riportano in Italia, e la spesa di noleggio navi, mezzi ed equipaggiamenti è di altri 104 milioni. Costi totali in cinque anni: 653,5 milioni di euro –:

   se i Ministri interrogati non ritengano, anche in virtù delle premesse, di adottare tutte le iniziative necessarie affinché i previsti 653,5 milioni di euro siano effettivamente spesi con cura e diligenza istituendo un organismo indipendente di monitoraggio;

   perché non si attenda in ogni caso, la pronuncia della Corte di giustizia europea sulla legittimità delle norme adottate dal nostro Paese in materia di contrasto dell'immigrazione.
(2-00352) «Zaratti».

Interrogazione a risposta scritta:


   GIACHETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 25 marzo 2024, il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti d'America ha reso pubblica un'accusa contro sette cittadini cinesi, accusati di aver operato come parte del gruppo di hacking APT31 che ha passato circa 14 anni a prendere di mira critici, aziende e funzionari politici statunitensi e stranieri a sostegno della repressione transnazionale, lo spionaggio economico e la raccolta d'intelligence del Ministero per la sicurezza dello Stato cinese;

   secondo lo US Department of Justice, nel corso degli anni il gruppo di hacker avrebbe inviato oltre 10.000 email contenenti malware o altri sistemi di accesso illegale a informazioni riservate dei destinatari, in quella che il Procuratore generale definisce una vera e propria «global hacking operationbacked by the PRC governmentwhich targeted journalists, political officials, and companies to repress critics of the Chinese regime, compromise government institutions, and steal trade secrets»;

   tra gli obiettivi di tale operazione di cyberspionaggio vi sarebbero stati 400 account unici di individui legati all'Alleanza Inter-Parlamentare sulla Cina (IPAC), inclusi tutti i suoi membri europei, con un attacco mirato nel, o intorno a, gennaio 2021;

   IPAC è un organismo istituto nel 2020 per riunire i parlamentari di tutti i Paesi che intendono promuovere iniziative volte a neutralizzare le minacce promosse dal partito comunista cinese all'ordine internazionale e ai princìpi democratici. Si tratta di oltre 300 parlamentari provenienti da trentacinque Paesi (inclusa l'Italia che è entrata a far parte della rete nell'estate 2020 con sei parlamentari provenienti da quasi tutti i principali partiti politici), tutti presi a bersaglio di una specifica operazione di cyberspionaggio gestita dal Ministero cinese per la sicurezza dello Stato nel 2021;

   tale circostanza, se confermata, evidenzierebbe un'attività di ingerenza da parte di uno Stato estero estremamente lesiva delle prerogative e della libertà di rappresentanti liberamente e democraticamente eletti, come quelli italiani, le cui prerogative e libertà sono espressamente garantite in particolare dagli articoli 67 e 68 della Costituzione, a presidio del proprio ruolo di rappresentanti della Nazione e diretta espressione della sovranità popolare –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga opportuno fornire informazioni ed elementi circa l'attività di spionaggio condotta ai danni dei membri europei dell'IPAC nel corso di questi anni e richiamata in premessa;

   quali attività le autorità italiane intendono intraprendere per monitorare il fenomeno e proteggere le sue istituzioni ed i residenti sul suo territorio dalle attività di spionaggio e repressione transnazionale cinese;

   se intenda rafforzare il coordinamento e la condivisione delle informazioni con i Paesi alleati;

   se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda includere il tema delle varie minacce poste alla sovranità e alla libertà democratica da parte della Repubblica popolare cinese nell'agenda della Presidenza italiana del G7.
(4-02567)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


   FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, URZÌ, DE CORATO, KELANY, MICHELOTTI, MURA e SBARDELLA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   dal 26 febbraio 2024 nelle province campane sono comparse delle affissioni che riportano l'eloquente frase «Il Governo Meloni tradisce il Sud»;

   nei manifesti compare un elenco di accuse rivolte al Governo, a partire dal blocco di un anno e mezzo dei fondi per il Sud (Campania 6 miliardi di euro), per poi passare al blocco dei fondi per la cultura, al blocco dei fondi per le strade e i Campi Flegrei, oltre all'accusa con cui si imputa all'attuale Governo di essere la causa del dissesto dei comuni campani;

   sui manifesti campeggia, ben in vista, il logo della regione Campania, un dettaglio non affatto trascurabile visti i toni marcatamente politici dei manifesti e che dimostra per gli interroganti come con quelle affissioni si utilizzi la comunicazione istituzionale per finalità di lotta politica, attraverso una massiccia diffusione pubblicitaria e un rilevante spreco di risorse pubbliche;

   con l'impiego di risorse pubbliche, infatti, il presidente della regione Campania promuove una comunicazione che gli interroganti ritengono vile e distorta, ponendo frontalmente l'istituzione campana contro il Governo nazionale;

   un tale comportamento legittima l'invio della documentazione riguardante i manifesti agli organi di controllo amministrativi e contabili, affinché si possa fare luce sull'utilizzo di queste risorse;

   la decisione del presidente della regione Campania di far affiggere i suddetti manifesti si presenta ad avviso degli interroganti come una violenta e irricevibile accusa nei confronti del Governo per la riforma sull'autonomia differenziata, attualmente all'esame del Parlamento –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere con riferimento ai fatti esposti in premessa, affinché sia verificato, anche tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, l'uso improprio di risorse pubbliche e per tutelare l'immagine del Governo, il suo diritto di iniziativa legislativa e lo stesso Parlamento nell'assolvimento delle proprie prerogative, sulla base del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni.
(3-01096)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ALFONSO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   con l'interpellanza n. 2-00165 del 30 maggio 2023, si è segnalata l'elevata pericolosità idrogeologica di circa 500.000 metri quadrati di territorio nel comune di Lettomanoppello, ubicato sul bordo pedemontano nord-occidentale della Majella e ricompreso nella zona sismica 1 (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 2023 – deliberazione della giunta regionale Abruzzo n. 438 del 2023);

   la pericolosità idrogeologica e idraulica del territorio, evidenziata anche dai dati elaborati dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, mostra come la frana costituisca quotidianamente un pericolo per l'incolumità dei residenti del centro storico e quanto sia urgente intervenire con soluzioni adeguate per la messa in sicurezza ed il consolidamento del territorio;

   il movimento franoso interessa circa il 28 per cento della popolazione ed il 25 per cento delle realtà edificate;

   nel 1989 un primo progetto prevede la realizzazione di una galleria di drenaggio e opere di sostegno a ridosso della strada statale;

   nel dicembre 2017 è pubblicato l'inventario dei fenomeni franosi in Italia (Iffi), che consente di confermare che il comune di Lettomanoppello presenta una situazione assai delicata, sia per la percentuale di popolazione interessata, sia perché si tratta di frana complessa con movimenti di tipo rotazionale e traslativo causata dalla circolazione idrica sotterranea in aggiunta alle precipitazioni, dalla saturazione dei terreni limoso-argillosi e dall'erosione, al piede della frana, ad opera del torrente Lavino;

   il laboratorio GeoSAR dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, in collaborazione con il comune, ha effettuato l'elaborazione di dataset di osservazioni satellitari, esaminando dati dal 2015 al 2022, da cui si evincono significative velocità di deformazione fino a 10-15 mm/anno localizzati nel centro abitato;

   nell'ottobre 2021, il Capo dipartimento della protezione civile comunica alla regione Abruzzo, che ne aveva fatto richiesta, di non poter intervenire per la realizzazione di un sistema di monitoraggio, in quanto, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 1 del 2018, il movimento franoso non costituisce un'emergenza di rilievo nazionale;

   a seguito dell'adozione del piano operativo per l'attuazione del sistema di monitoraggio integrato (M2C4 Investimento 1.1) di cui al decreto del Mite n. 398 del 2021, la regione Abruzzo, in collaborazione con l'Ispra e la rete italiana dei servizi/uffici geologici regionali, vi ricomprende anche Lettomanoppello;

   il 23 febbraio 2022 il servizio regionale richiede al Mite di intervenire per il rafforzamento del sistema di sorveglianza predisposto dal comune di Lettomanoppello, attraverso i fondi disponibili nell'ambito del piano operativo per l'attuazione del sistema di monitoraggio integrato, di cui al PNRR (decreto Mite 29 settembre 2021), con aggiudicazione degli appalti prevista entro dicembre 2023;

   il 12 maggio 2022, in risposta all'interrogazione n. 3-03137, presentata dal primo firmatario del presente atto al Senato della Repubblica, il Mite fa presente che la quota destinata al finanziamento degli interventi ricadenti nella regione Abruzzo è pari a 10 milioni di euro e che la regione dispone di una quota non programmata delle risorse assegnate nel 2021 pari a oltre 300.000 euro;

   mentre accade tutto questo, nonostante l'emergenza sia chiara a tutti, gli anni passano e si è ancora in attesa di soluzioni che consentano la messa in sicurezza ed il consolidamento, ed ancor prima un sistema di monitoraggio del movimento franoso, provvidenziale non solo per evacuare per tempo la cittadinanza, ma anche propedeutico alla realizzazione di una galleria drenante a monte dell'abitato, da circa 10 milioni di euro;

   non è da sottovalutare, inoltre, che i cambiamenti climatici in atto influenzano sia la frequenza che l'entità delle frane, e costituiscono un'ulteriore complicazione di una situazione già di per sé molto complessa –:

   se sia a conoscenza di quali iniziative siano state realizzate in merito al rafforzamento del monitoraggio e della mitigazione dei fenomeni franosi nel comune di Lettomanoppello;

   quali ulteriori iniziative di competenza per la stabilizzazione e risoluzione della situazione intenda adottare, al fine di scongiurare i rischi che minacciano l'area e che comportano potenzialmente conseguenze molto gravi.
(4-02564)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   PELLEGRINI, FRANCESCO SILVESTRI, BALDINO, SANTILLO, AURIEMMA, CAPPELLETTI e FENU. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 22 marzo 2024 il settimanale L'Espresso ha pubblicato una parte dell'inchiesta relativa alla compravendita di materiali di armamento in Italia nel 2023, basata su documenti riservati e fonti istituzionali;

   secondo quanto riportato dal citato settimanale, l'Ucraina avrebbe acquistato dall'Italia munizioni di vario tipo e sistemi di difesa per un totale di 417 milioni di euro nell'anno 2023, posizionandosi al secondo posto in termini di acquisti solo dopo la Francia;

   come noto, l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 14 del 2022 ha autorizzato, previo atto di indirizzo delle Camere, la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine, in deroga alla legge 9 luglio 1990, n. 185, e agli articoli 310 e 311 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 e alle connesse disposizioni attuative, che disciplinano la cessione di materiali di armamento e di materiali non di armamento;

   tale disposizione è stata prorogata già ben due volte dal Governo, confermando interventi a sostegno dell'Ucraina cristallizzati in continui invii di armi nella totale assenza di interventi diplomatici volti al raggiungimento di una soluzione di pace;

   il citato articolo 2-bis rappresenta la base giuridica necessaria all'autorizzazione di cessioni di armamenti alle autorità ucraine, vietata ai sensi della legge n. 185 del 1990 che non permette di esportare e transitare materiali di armamento verso Paesi in stato di conflitto e, dunque, la vendita;

   nell'inchiesta citata si fa esplicito riferimento ad armi vendute all'Ucraina da imprese con sede in Italia: in particolare, l'attenzione è su Rwm Italia s.p.a., società del gruppo tedesco Rheinmetall. La Rwm produce attualmente i prodotti più richiesti sugli scenari di guerra, ossia proiettili di artiglieria da 155 millimetri e ordigni pesanti per l'aviazione –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, nonché, per quanto di competenza, se intenda fornire chiarimenti sia rispetto agli acquisti di materiale militare da parte delle autorità ucraine, sia rispetto alle aziende produttrici coinvolte sia alla compatibilità della vicenda con la normativa vigente.
(3-01095)

DISABILITÀ

Interrogazione a risposta orale:


   DI LAURO e FEDE. — Al Ministro per le disabilità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 407 del 2023, dal 1° gennaio 2024 ha trovato nuovamente applicazione il comma 5 dell'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 secondo cui «il figlio maggiorenne non convivente con i genitori e a loro carico ai fini IRPEF, nel caso non sia coniugato e non abbia figli, fa parte del nucleo familiare dei genitori». Nell'allegato A, Istruzioni per la compilazione, Parte 2, punto 1.1.7. è specificato che «i figli maggiorenni sono considerati a carico IRPEF dei genitori se hanno redditi non superiori alla soglia di euro 2.840,51»;

   il maggiorenne single senza figli con reddito inferiore ai 2.840,51 euro verrà dunque attratto nel nucleo familiare dei genitori e ai fini ISEE il suo reddito si cumulerà con il loro, superando così facilmente la soglia dei 6.000 euro richiesta per avere diritto all'assegno di inclusione e ai relativi percorsi di politiche attive come previsto dal decreto-legge n. 48 del 2023;

   pertanto un maggiorenne sano ed «occupabile», in affitto e coniugato, con figlio minore e reddito zero, accede all'assegno di inclusione (500 euro), contributo affitto (280 euro), assegno unico (199,40), supporto alla formazione per la moglie (350 euro), per un totale di 1.329,40 euro mensili;

   un invalido civile «non occupabile» in affitto solo e senza figli con redditi zero, non ha accesso ad alcun sostegno dei precedenti, e se invalido tra il 67 per cento e il 74 per cento nemmeno all'assegno di invalidità parziale;

   il giornalista Francesco Riccardi, responsabile di «èlavoro» ed «èfamiglia» di Avvenire, il 10 febbraio 2024 scrive su Avvenire.it: «l'incrocio tra le regole dell'Isee e le nuove norme sull'Assegno di inclusione rischia di escludere dai sussidi molte persone in condizioni comunque di bisogno. Oltre alla suddivisione – piuttosto arbitraria – tra i cosiddetti “occupabili” e quelli no, un caso particolare riguarda infatti i disabili. Paradossalmente proprio una delle categorie alle quali la maggioranza intendeva porre grande attenzione»;

   la sociologa Chiara Saraceno, honorary fellow presso il Collegio Carlo Alberto di Torino, ex presidente della Commissione d'indagine sulla povertà e sull'esclusione sociale e del comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza, il 7 febbraio 2024 spiega a ilfattoquotidiano.it: «questa restrizione colpisce particolarmente le persone disabili che vivono da sole, che non sono coniugate, che non hanno figli, che hanno soltanto l'assegno sociale e che faticosamente fanno un percorso di autonomia. Anziché essere sostenuti in questo iter, vengono ridefiniti automaticamente come figli e quindi esclusi dall'accesso autonomo all'Adi»;

   la giornalista Romina Cardia, scrittrice e SEO Expert, il 3 marzo 2024 scrive su invaliditaediritti.it, supplemento del quotidiano online thewam.net, che: «questa circostanza crea un paradosso in cui una persona con disabilità, che ha come unica fonte di reddito la pensione di invalidità civile, si vede negata la possibilità di condurre una vita autonoma, a meno che non decida di sposarsi, avere figli o aspettare di diventare orfano per poter accedere al nuovo sostegno anti-povertà. Questa situazione evidenzia anche una discriminazione tra persone con disabilità coniugate e coloro che sono single o coppie che non intendono o non possono sposarsi o avere figli»;

   va considerato che secondo l'articolo 38 della Costituzione, ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale, e che gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se i Ministri interrogati intendano adottare prontamente misure correttive, come ad esempio, l'esonero della platea degli invalidi civili, così come definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, dall'applicazione del concetto di figli maggiorenni a carico Irpef ai sensi del decreto direttoriale n. 407 del 2023.
(3-01105)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


   PROVENZANO, GRAZIANO, MANZI, ORFINI, BERRUTO, GHIO, FERRARI, CASU e FORNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come riportano i mezzi di informazione, sono tornate insistenti e soprattutto senza smentita le indiscrezioni in merito a trattative avanzate circa la vendita di Agi, Agenzia giornalistica Italia, al gruppo dell'imprenditore e deputato già editore delle testate Il Tempo, Il Giornale e Libero;

   Agi, che attualmente appartiene al gruppo Eni, rappresenta una delle principali agenzie primarie di informazione del Paese;

   tali notizie hanno messo in allarme gli oltre 70 giornalisti della testata, il cui comitato di redazione ha già palesato la necessità di fare con tempestività chiarezza sul possibile cambio di proprietà, soprattutto in relazione alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza dell'agenzia, che sarebbero messe a rischio con l'arrivo di un editore così schierato;

   la possibile cessione di Agi da parte di Eni al citato gruppo desta particolare allarme e rileva uno scenario particolarmente preoccupante circa lo stato dei rapporti tra politica e informazione nel nostro Paese;

   sarebbe davvero grave che un imprenditore nonché parlamentare di uno dei partiti che compongono l'attuale maggioranza ricevesse quote di un'agenzia giornalistica indipendente da parte di Eni, società di cui è azionista il Ministero dell'economia e delle finanze, guidato da un Ministro appartenente allo stesso partito, a giudizio degli interroganti in un evidentissimo conflitto di interesse;

   si tratterebbe di un'operazione in aperta violazione del pluralismo dell'informazione e in contrasto con i principi recentemente riaffermati nell'Unione europea nell'ambito dell'«European media freedom act», che punta proprio a proteggere la libertà e il pluralismo dei media –:

   qualora siano confermate le notizie riportate in questi giorni in merito alle trattative in corso per la vendita dell'agenzia Agi proprio al gruppo societario di Angelucci, se il Governo non ritenga di intervenire per scongiurare tale operazione, che ad avviso degli interroganti configura un palese conflitto di interesse, al fine di tutelare il principio fondamentale delle democrazie rappresentato dal pluralismo nella informazione.
(3-01103)


   ZANELLA, BONELLI, FRATOIANNI, BORRELLI, DORI, EVI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 1965 l'Agenzia di stampa italiana, Agi, è detenuta dall'Eni, partecipata dallo Stato italiano attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze e la Cassa depositi e prestiti;

   l'Agi, seconda agenzia italiana di stampa, è da 70 anni un punto di riferimento dell'informazione primaria, dedicata principalmente alla produzione e alla distribuzione dei contenuti informativi e di comunicazione; la stessa Eni ne sottolinea la neutralità e l'imparzialità in ogni ambito della sua attività editoriale, che garantisce compatibilità dei contenuti nei confronti di tutti i clienti;

   appare, quindi, di cruciale importanza che sia garantita nei suoi assetti proprietari la possibilità di tutelare l'attività dell'Agi da ingerenze politico-economiche e da conflitti di interesse;

   secondo insistenti e dettagliate notizie apparse sugli organi di stampa sarebbe in corso l'acquisizione dell'Agi da parte del gruppo Angelucci, controllato da Antonio Angelucci, deputato della Lega, imprenditore della sanità ed editore dei quotidiani Il Tempo, Il Giornale e Libero, definito il network della destra;

   l'acquisizione potrebbe essere definita a breve, prima di allora potrebbe essere eseguito un taglio degli organici attraverso prepensionamenti, con l'uscita di 14 dei 70 giornalisti attualmente in organico;

   l'assemblea dei redattori dell'agenzia esprime preoccupazione sulla vendita, mai ufficialmente smentita sino ad oggi da parte di Eni, nonostante le 14 esplicite richieste di chiarimento, solo il 25 marzo 2024, secondo quanto riportato dalla stampa, in un incontro tra il comitato di redazione e l'amministratore delegato dell'Agi sarebbe stata resa ufficiale l'esistenza di una manifestazione di interesse all'acquisizione, senza, però, rilevare, la provenienza;

   ad avviso degli interroganti appare gravissimo e sconcertante che l'eventuale cessione dell'Agi, detenuta dalla principale partecipata pubblica, avvenga nella più totale assenza di trasparenza e informazione da parte non solo dell'Eni ma del Governo e, in particolare, per le funzioni ad essi attribuite, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'economia e delle finanze;

   l'eventuale cessione dell'Agi da parte dell'Eni ad un gruppo editoriale di proprietà di Antonio Angelucci, deputato della Lega e, quindi, esponente di un partito dell'attuale maggioranza a cui appartiene anche il Ministro interrogato, a giudizio degli interroganti appare violare ogni principio e regola diretta alla tutela del pluralismo e dell'indipendenza dell'informazione e in contrasto con l'European media freedom act –:

   se il Ministro interrogato intenda confermare l'esistenza di una trattativa tra l'Eni e il gruppo di Antonio Angelucci per la cessione dell'Agi e se non ritenga che questa eventuale cessione possa determinare – come appare agli interroganti – un pericoloso conflitto di interessi che lede gravemente l'indipendenza di una fonte primaria di informazione e violi le recenti norme approvate dal Parlamento europeo a tutela dell'indipendenza e libertà della stampa.
(3-01104)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   BENZONI, BONETTI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è di questa settimana l'ultimo caso di suicidio in un carcere italiano: nella casa circondariale «Lorusso e Cutugno» di Torino un cittadino ecuadoregno di trentuno anni si è tolto la vita, impiccandosi alle sbarre della finestra della sua cella con un cappio rudimentale ricavato da un lenzuolo;

   si è così tristemente saliti ufficialmente a ventisette suicidi nelle carceri italiane dall'inizio del 2024: si tratta di un andamento inquietante che vede la registrazione nel 2024 di un suicidio ogni 72 ore all'interno delle mura del sistema carcerario;

   la situazione delle carceri italiane non è accettabile per uno Stato di diritto e, se è vero che è dalle condizioni dei detenuti che si misura il grado di civiltà di un Paese, è di assoluta priorità porre la questione all'attenzione della politica e tra le massime urgenze da affrontare;

   ogni giorno trascorso senza che siano attuati rimedi idonei a scongiurare la morte negli istituti penitenziari non può che accrescere la responsabilità, sia politica sia morale, di chi si trova nella posizione di dover inderogabilmente affrontare il fenomeno. Vi è il pericolo concreto che togliersi la vita in carcere possa rappresentare, per i tanti oppressi, una «soluzione» da emulare, per sfuggire a condizioni di privazione della libertà sempre più umilianti e disumane, acuite da fattori, quali il sovraffollamento e la patologica carenza negli organici di agenti penitenziari, di medici e psichiatri e di operatori sociali;

   lo stesso Presidente della Repubblica, nel discorso pronunciato il 18 marzo 2024 davanti alla polizia penitenziaria ricevuta al Quirinale, ha ribadito l'indispensabilità di affrontare il problema immediatamente e con urgenza per rispetto non solo dei valori della Costituzione, ma anche di coloro i quali negli istituti carcerari sono detenuti o vi lavorano;

   è necessario assicurare loro supporto psicologico, condizioni di detenzione e di lavoro dignitose, oltre a strutture consone;

   continuare, invece, a contare settimanalmente le vittime e a chiederci quale sia il prezzo dell'indifferenza non sono soluzioni adeguate ad un Paese democratico, i cui valori costituenti sono basati anche sulla tutela della dignità del valore di ogni singola vita, a maggior ragione se affidata alla sua custodia –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare per combattere in maniera strutturale il gravissimo fenomeno dei suicidi in carcere.
(3-01097)


   PITTALIS, CALDERONE e PATRIARCA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 235 del 2012 (cosiddetta legge Severino) interviene sulla materia dell'incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze di condanna;

   la maggior parte delle disposizioni contempla l'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo quale conseguenza di una condanna definitiva, mentre gli articoli 8 e 11 prevedono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive e, dunque, suscettibili di cambiamento nel corso dell'iter processuale;

   tale discrasia mostra i suoi aspetti di maggiore gravità in relazione alla circostanza che nel 97 per cento dei casi l'azione penale si risolve in un nulla di fatto: la stragrande maggioranza di queste sospensioni decade alla relativa scadenza e l'unica conseguenza che ne deriva è un grave danno per la vita della comunità, che rimane senza guida, e per le figure dei pubblici amministratori coinvolti, la cui vita politica e personale viene inevitabilmente segnata;

   numerosi sono stati nel corso degli anni i casi di amministratori locali condannati in primo grado e poi assolti: fra questi appare emblematico il caso del consigliere regionale Antonello Peru, condannato in primo grado a cinque anni e mezzo di reclusione, quindi assolto dalla corte d'appello con formula piena «perché il fatto non sussiste» e reintegrato nelle sue funzioni dopo ben oltre un anno di sospensione;

   paradossale anche la storia di Alberico Gambino, eletto al consiglio regionale campano nel 2010, ma sospeso prima in virtù di una misura cautelare, poi per una condanna in primo grado per scambio politico-mafioso. Dopo sei anni è stato assolto da ogni accusa: su 62 mesi di attività consiliare è rimasto sospeso per 57 mesi;

   è evidente che tale meccanismo debba essere rivisto, al fine di allineare alle disposizioni previste dalla legge Severino per gli incarichi di Governo nazionali quelli locali e regionali, collegando la sanzione della sospensione ad una condanna definitiva, così come imposto dalla Costituzione –:

   quali siano gli intendimenti del Governo circa la questione descritta in premessa.
(3-01098)


   BISA, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da diverso tempo, anche nella sua relazione al Parlamento del 17 gennaio 2024, il Ministro interrogato ha annunciato in tempi brevi la presentazione di un cronoprogramma con scadenze puntuali su alcune riforme importanti da realizzare;

   dalle ultime notizie di stampa si apprende che per la settimana dopo Pasqua in Consiglio dei ministri approderà quello che viene annunciato come «un corposo pacchetto di misure» sulla giustizia, a partire dall'argomento più delicato di tutti: la separazione delle carriere dei magistrati;

   la separazione delle carriere è la madre delle riforme della giustizia. Una riforma costituzionale necessaria per equilibrare il sistema giustizia italiano, per garantire l'effettiva parità tra accusa e difesa nel processo e una battaglia di civiltà;

   la questione centrale a favore della separazione delle carriere non è l'enorme potere di alcuni pubblici ministeri, ma, ad avviso degli interroganti, la totale irresponsabilità degli stessi nel sistema giudiziario italiano, che non vede eguali in nessun altro Paese europeo;

   separare le carriere rappresenta il completamento logico e cronologico del percorso di riforma iniziato nel 1989 con il nuovo codice di procedura penale di Giuliano Vassalli, che ha segnato il passaggio dal rito inquisitorio al rito accusatorio e proseguito dieci anni dopo con la riforma dell'articolo 111 della Costituzione, che vede il giudice terzo. Quest'ultimo passaggio è rappresentato dalla separazione delle carriere dei magistrati;

   in diverse circostanze e situazioni e dibattiti, la Lega ha ribadito con chiarezza che, perché la magistratura sia davvero libera dalle pressioni delle correnti, la separazione delle carriere deve necessariamente essere accompagnata, però, da un nuovo sistema elettorale con sorteggio (mediato);

   la promozione di un referendum popolare abrogativo, volto a incidere su alcuni degli aspetti più significativi e, al tempo stesso, controversi del sistema giustizia del nostro Paese, ha visto forte protagonista il gruppo della Lega;

   nel pacchetto di misure annunciate è indispensabile porre l'accento sulla necessità di una riforma costituzionale dell'ordinamento giurisdizionale che preveda modifiche su assetto, struttura e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e che rafforzi la figura del giudice, come attore principale della giurisdizione, garantendone la piena autonomia e indipendenza dal pubblico ministero, attraverso la creazione di due distinti consigli superiori della magistratura –:

   quali tempistiche siano previste per l'adozione e l'approvazione in Consiglio dei ministri della riforma di cui in premessa.
(3-01099)


   GADDA, FARAONE, DE MONTE, DEL BARBA, MARATTIN, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   gli articoli 74, 75, 76, 77 e 78 della legge sull'ordinamento penitenziario, legge n. 354 del 1975, così come gli articoli 95 e 119 del regolamento di attuazione, decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, fanno tutti riferimento alla costituzione, presso i tribunali dei capoluoghi di ciascun circondario, dei «consigli di aiuto sociale» ai quali sono affidati una serie di importanti compiti relativi all'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria;

   ad avviso degli interroganti questi «enti», dotati di personalità giuridica e sottoposti alla vigilanza del Ministero della giustizia, sono fondamentali per corrispondere al dettato costituzionale di cui all'articolo 27 e al relativo reinserimento sociale delle persone detenute e per far fronte al soccorso e all'assistenza alle vittime del delitto;

   dell'argomento si è più volte discusso nella trasmissione «Radio carcere» di Radio Radicale, condotta dal giornalista Riccardo Arena e con ospite fissa Rita Bernardini;

   a quel che risulta agli interroganti, non esistono ad oggi consigli di aiuto sociale costituiti e attivi, se non il tentativo fatto a Palermo nell'ottobre 2021 dall'allora presidente Antonio Balsamo, oggi sostituto procuratore generale della Corte di cassazione;

   ad avviso degli interroganti i consigli di aiuto sociale sono fondamentali per il reinserimento sociale delle persone detenute e, quindi, per combattere la recidiva altissima per chi sconta la pena in carcere –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per promuoverne urgentemente la costituzione dei consigli di aiuto sociale o se intenda adottare iniziative normative di rango primario per apportare modifiche alla disciplina vigente e attribuirne le imprescindibili finalità dei richiamati consigli di aiuto sociale ad altri enti o organismi.
(3-01100)


   MAGI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in materia di affettività in carcere l'Italia risulta in ritardo sia rispetto agli altri Paesi europei, sia rispetto ad atti sovranazionali, quali diverse raccomandazioni sia dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (n. 1340/1997), sia del Parlamento europeo (n. 2003/2188 INI), sia del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa (R (2006) 2);

   con sentenza n. 301 del 2012 la Corte costituzionale, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità sollevata dal magistrato di sorveglianza di Firenze relativa all'articolo 18 della legge 26 luglio 1975 n. 354, ha richiamato l'attenzione del legislatore al tema del riconoscimento normativo del diritto all'affettività e alla sessualità delle persone detenute;

   la Corte costituzionale aveva riconosciuto che la possibilità per la persona detenuta di continuare a mantenere, durante l'esecuzione della pena, rapporti affettivi anche a carattere sessuale fosse «esigenza reale e fortemente avvertita» e che corrisponde a diritto soggettivo da riconoscersi ad ogni detenuto;

   intervenendo nuovamente la Corte con sentenza n. 10 del 2024, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge sull'ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui col coniuge, la parte dell'unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia;

   la Corte afferma che l'ordinamento giuridico tutela le relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono, riconoscendo ai soggetti legati dalle relazioni medesime la libertà di vivere il sentimento di affetto che ne costituisce l'essenza;

   si è così riscontrata la violazione degli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione per l'irragionevole compressione della dignità della persona causata dalla norma in scrutinio e per l'ostacolo che ne deriva alla finalità rieducativa della pena, nonché dell'articolo 117, primo comma, in relazione all'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo per il difetto di proporzionalità, auspicando un'azione del legislatore, pur riconoscendo il ruolo che nel frattempo può dare «l'amministrazione della giustizia, in tutte le sue articolazioni, centrali e periferiche, non esclusi i direttori dei singoli istituti» –:

   quali disposizioni abbia dato il Ministro interrogato a seguito della pronuncia in premessa alle articolazioni dell'amministrazione per rendere pienamente e direttamente esercitabile il diritto all'affettività, tenendo conto delle numerose richieste avanzate dai detenuti in diversi istituti, e se siano state date indicazioni al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di effettuare un monitoraggio rispetto all'individuazione degli spazi, nonché di programmare soluzioni alternative e, infine, di svolgere attività di formazione anche con visite in altri Paesi ove queste esperienze sono consolidate.
(3-01101)


   LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   già mercoledì 11 gennaio 2023 il Gruppo Noi Moderati segnalava alla Camera dei deputati la situazione di emergenza della popolazione carceraria, una condizione che si è aggravata ulteriormente negli ultimi mesi, con 27 casi di suicidio registrati dall'inizio del 2024;

   la possibilità di studiare e di lavorare in carcere rappresenta un fattore decisivo per favorire il benessere dei detenuti, agevolarne il reinserimento sociale e abbassare il tasso di recidiva, come dimostrato dagli innumerevoli studi pubblicati negli ultimi decenni;

   secondo i dati comunicati dal Ministero della giustizia, al 31 dicembre 2023, solo 604 detenuti sui 30.437 del campione analizzato erano in possesso di una laurea, mentre 17.669 su 30.437 risultavano in possesso di un titolo di studio di scuola media inferiore, denotando un livello di istruzione sensibilmente inferiore alla media nazionale;

   i detenuti che lavoravano nelle carceri italiane al 30 giugno 2023 ammontavano a 19.153, di cui 16.305 alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria. Inoltre, i detenuti che frequentavano un corso universitario all'interno degli istituti penitenziari del Paese al 31 dicembre 2023 erano circa 1.200, su una popolazione complessiva di circa 60.000 persone;

   il 1° febbraio 2024 il Ministro interrogato e il presidente della Rai Marinella Soldi hanno presentato alla casa circondariale di Civitavecchia il progetto «Scuola esercizio di libertà», con cui la Rai ha reso fruibile a 20 mila detenuti sprovvisti di connessione internet oltre 1800 video-lezioni de «La Scuola in tivù», grazie a una donazione di 400 computer da parte della Rai all'amministrazione penitenziaria e la loro distribuzione in 190 istituti penitenziari del nostro Paese –:

   quali ulteriori iniziative intenda assumere al fine di favorire lo studio e il lavoro nelle carceri, anche con l'obiettivo di ridurre il disagio psicologico dei detenuti e favorirne il reinserimento sociale.
(3-01102)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   SQUERI e CASASCO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 5 del 2023, all'articolo 1, ha previsto che gli esercenti l'attività di vendita al pubblico di carburante per automazione espongano con adeguata evidenza cartelloni riportanti i prezzi medi del prezzo medio regionale/nazionale di riferimento, per ciascuna tipologia di carburante erogato. La misura è stata adottata con decreto Ministero delle imprese e del made in Italy del 31 marzo 2023;

   avverso tale decreto sono ricorsi alla giustizia amministrativa le associazioni Figisc e Fegica in rappresentanza dei gestori, il 23 febbraio 2024 è stata pubblicata la sentenza del Consiglio di Stato (CdS), (N. 01806 del 2024) con la quale sono stati accolti due delle questioni sollevate dai ricorrenti e di conseguenza annullato l'articolo 7 del citato decreto ministeriale 31 marzo 2023 per mancata applicazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza in relazione all'imposizione di una frequenza giornaliera dell'obbligo di esposizione del prezzo medio, frequenza non prevista dal decreto-legge;

   nella sentenza, il Consiglio di Stato, ha chiarito che in sede di riedizione del decreto «il Ministero dovrà valutare le misure più idonee ad attuare quanto previsto dal decreto-legge senza gravare i distributori di oneri eccessivi e impropri rispetto alla effettiva utilità», facendo proprie talune considerazioni dell'AGCM (il prezzo medio esposto quotidianamente presso il punto vendita è un dato controproducente a livello concorrenziale) e dei gestori ricorrenti (si tratta di oneri «irragionevoli e sproporzionati» rispetto al fine perseguito);

   soprattutto il Consiglio di Stato ritenendo il digital divide un problema facilmente superabile, ha fatto propria l'impostazione secondo la quale sarebbe più opportuno posizionare in evidenza direttamente sugli impianti un QR-code che rinvii al sito del Ministero nella parte in cui fornisce le informazioni sui prezzi praticati in zona;

   già oggi il consumatore che voglia conoscere il prezzo medio dei carburanti ma anche sapere dove è più conveniente rifornirsi di benzina può consultare su Internet il sito predisposto dallo stesso Ministero o consultare una delle tante app che offrono questo servizio –:

   se non ritenga opportuno che in sede di recisione del citato decreto ministeriale 31 marzo 2023 si tenga conto delle indicazioni dell'AGCM e delle prescrizioni del Consiglio di Stato prevedendo che l'esposizione del cartello di cui all'articolo 7 del decreto medesimo sia sostituita da un QR code che rinvii al sito del Ministero delle imprese e del made in Italy nella parte in cui fornisce le informazioni sui prezzi praticati in zona.
(5-02205)


   CAVO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   i commercianti, gli artigiani, gli esercizi di vicinato, le piccole e medie imprese, simbolo del made in Italy, oltre a svolgere la propria mission principale prettamente economico-commerciale, assolvono anche una funzione fondamentale di tramandamento di antichi e tradizionali mestieri e delle relative competenze, la capacità del saper fare propria del nostro Paese, nonché una funzione culturale e sociale di presidio, attrattività e vitalità dei nostri comuni e dei nostri centri storici;

   l'associazione di categoria Confcommercio – Imprese per l'Italia, in data 8 febbraio 2024, ha reso pubblica un'indagine effettuata dal proprio centro studi – su un campione di 110 comuni di medie dimensioni capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi più popolosi – denominata «Città e demografia d'impresa» avente ad oggetto un'analisi demografica delle attività commerciali in Italia dal 2012 ad oggi;

   in tale indagine si evidenzia il concreto rischio di desertificazione delle attività commerciali tradizionali dai centri storici del nostro Paese, emergendo come negli ultimi tredici anni abbiano cessato la propria attività oltre 111.000 negozi al dettaglio e di commercio ambulante, derivando inoltre così una diminuzione della densità commerciale da 12,9 negozi per mille abitanti a 10,9 (-15,3 per cento);

   al contempo, in tali aree di tutto il nostro Paese, questo impatto è risultato parimenti accompagnato da due fattori: la diversificazione merceologica delle nuove attività imprenditoriali sorte – con un significativo aumento di attività di servizi e tecnologia come farmacie (+12,4 per cento), computer e telefonia (+11,8 per cento), attività di alloggio (+42 per cento), ristorazione (+2,3 per cento) – e la crescita esponenziale dell'e-commerce, con gli acquisti online che sono praticamente raddoppiati negli ultimi cinque anni, passando da 17,9 miliardi nel 2019 a 35 miliardi di euro nel 2023 –:

   quali iniziative di competenza abbia messo in campo o intenda porre in essere il Ministro interrogato, anche di concerto con altri Ministri interessati, al fine di tutelare e sostenere il patrimonio rappresentato dal tessuto commerciale del nostro Paese.
(5-02206)


   PELUFFO e SERRACCHIANI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dall'Osservatorio Confesercenti è evidente la crisi del settore del commercio al dettaglio: caro-vita, rallentamento dei consumi e concorrenza della grande distribuzione e del commercio online non accelerano solo le chiusure di imprese nel commercio, ma fanno crollare anche le nuove nascite;

   si assiste ad una crisi di denatalità che ha falcidiato il tessuto commerciale e che sembra destinata a continuare: il numero annuale di iscrizioni di imprese nel commercio dovrebbe scendere a poco più di 20 mila già nel 2024 per arrivare a circa 11 mila nel 2030;

   nel settore del commercio ambulante è evidente la forte crisi con aperture in caduta libera per il commercio su aree pubbliche, che peraltro risente di una situazione compromessa dai dieci anni di incertezza innescati dalla questione della direttiva «Bolkestein» che ha messo in crisi le prospettive del comparto frenandone gli investimenti, causando la chiusura di migliaia di imprese e il depotenziamento dell'offerta. Il crollo di aperture di quest'anno è il culmine di una tendenza discendente: nel 2022 le nuove imprese sono state solo 4.008, nel 2021 6.009. Numeri lontanissimi dai livelli del 2013 (13.003) e dei primi anni del decennio passato;

   l'entrata in vigore dell'articolo 11 della legge n. 214 del 2023, che prevede che le concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche siano rilasciate, per una durata di dieci anni, sulla base di procedure selettive, nel rispetto dei princìpi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza e pubblicità, secondo linee guida adottate dal Ministero delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da sancire entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sta provocando come effetto il blocco di bandi per le nuove concessioni fino alla definizione dei nuovi criteri, causando un grande problema con le nuove assegnazioni che riguardano la stagione turistica, con i bandi per la stagione estiva fermi e con le nuove concessioni bloccate;

   inoltre, il Presidente della Repubblica, nel promulgare la citata legge annuale per il mercato e la concorrenza, ha inviato ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio Meloni una lettera con osservazioni nella quale sottolinea «i profili di contrasto con il diritto europeo» e rileva come siano «indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento», in particolare la norma di cui all'articolo 11 della legge n. 214 del 2023 –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per assicurare maggiore certezza per tutti gli operatori del settore e un'interpretazione uniforme della legge da parte di tutti i soggetti coinvolti.
(5-02207)


   PAVANELLI, APPENDINO e CAPPELLETTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   secondo fonti di stampa, recentemente i negoziatori di Parlamento e Consiglio Ue hanno raggiunto un accordo politico sul regolamento cosiddetto Ecodesign, proposta del 2022 e parte del pacchetto di misure nel quadro del Piano d'azione per l'economia circolare;

   in particolare, la citata proposta modifica l'attuale direttiva sulla progettazione ecocompatibile del 2009, ampliandone il campo di applicazione attraverso, inter alia, l'introduzione del divieto di distruzione di prodotti tessili e calzature invenduti, di requisiti minimi per la progettazione ecocompatibile e del passaporto digitale dei prodotti quale strumento per rendere disponibili informazioni, lungo l'intera supply chain, sui prodotti immessi nel mercato unico europeo;

   con riferimento al passaporto digitale dei prodotti, gli articoli da 8 a 11 del regolamento stabiliscono gli elementi che la Commissione deve precisare, circa le informazioni da inserire e i soggetti che possono accedere alle predette; i requisiti essenziali per la progettazione tecnica e il funzionamento di quest'ultimo nonché le norme sugli identificativi univoci dell'operatore e del sito;

   numerose, poi, sono le prescrizioni a carico degli Stati membri come si evince – tra gli altri – dal considerando n. 86 concernente l'introduzione di meccanismi, quali eco-buoni e tassazione verde, per incentivare i consumatori ad acquistare prodotti sostenibili; dal considerando n. 90 concernente la predisposizione di un apposito piano d'azione che indichi i prodotti o le prescrizioni che il regolamento individua come prioritari ai fini della vigilanza è le attività previste per ridurre la non conformità dei prodotti rispetto alle specifiche di progettazione ecocompatibile, nonché dal considerando n. 101 con riguardo alla previsione, nel diritto nazionale, di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive;

   ex articolo 19, infine, gli Stati membri sono tenuti ad adottare una serie di misure per aiutare le piccole e medie imprese nell'attuazione generale del regolamento e dei futuri atti delegati ed è di tutta evidenza che l'imminente entrata in vigore dello stesso, in ragione della sua diretta applicabilità, richiede sin da ora misure di adeguamento –:

   alla luce dell'avanzato stato dell'iter di approvazione del regolamento di cui in premessa, quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il pieno adeguamento nonché l'uniformità e la conformità dell'ordinamento interno, anche in termini di incentivi e di sostegno all'innovazione tecnologica, sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti per consentire alle piccole e medie imprese di sfruttare tali benefìci sotto il profilo di una produzione efficiente e decarbonizzata.
(5-02208)


   EVI e GRIMALDI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende, la Delgrosso di Nichelino, in provincia di Torino, azienda specializzata in filtri aria e motore, da tempo in crisi di liquidità, si starebbe preparando alla liquidazione giudiziale;

   l'azienda non avrebbe più le risorse per pagare gli stipendi futuri, e l'annuncio della liquidazione della Delgrosso segna ancora di più il declino della filiera dell'automotive torinese;

   la vicenda di Delgrosso, infatti, racconta in parte la crisi dell'indotto automotive, ma è anche un caso di amministrazione scellerata;

   «prenditori» e non imprenditori, che hanno avviato l'istanza di liquidazione, nonostante la presenza di importanti commesse, con il rischio di lasciare gli operai – con la fine del contratto di solidarietà – senza lavoro, senza ammortizzatori e senza prospettive;

   è l'ennesima crisi di un'azienda del settore dell'auto che avrà costi sociali altissimi non solo per i 108 dipendenti della Delgrosso, ma anche per l'intera comunità di Nichelino;

   i dipendenti Delgrosso, in contratto di solidarietà, rischiano di ritrovarsi senza ammortizzatori sociali e senza prospettive per il futuro, anche perché cessando l'operatività, il timore è che l'azienda non possa accedere alla misura, prevista nel decreto-legge proroga termini, che estende gli ammortizzatori sociali per ulteriori 12 mesi alle aziende in crisi del settore automotive;

   per permettere ai lavoratori di accedere ad altri ammortizzatori sociali, in caso di dichiarato fallimento, dovranno attendersi i tempi del tribunale che curerà l'istanza;

   con l'apertura della liquidazione giudiziale, inoltre, non potrà essere nemmeno liquidato il Tfr;

   ad avviso dell'interrogante è necessario cambiare le norme che non permettono alle aziende in liquidazione di avere ossigeno in vista di una futura reindustrializzazione, come è necessario che la regione Piemonte non solo trovi risorse per i lavoratori, ma riattivi anche i fondi Salva mutui e Salva sfratti;

   non è più possibile continuare a perdere occupazione e pezzi importanti del tessuto manifatturiero;

   più volte è stata denunciata, anche dagli interroganti, la tragedia produttiva e occupazionale che vive l'indotto dell'auto in Italia e a Torino, dove Mirafiori, producendo meno di 100 mila veicoli, trascina nella crisi l'intera filiera;

   l'intero automotive italiano, infine, non è al passo con la transizione ecologica e ciò ha contribuito alla crisi del settore –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in merito alla crisi industriale della Delgrosso di Nichelino anche al fine di tutelare i 108 dipendenti dell'azienda.
(5-02209)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIANASSI, FOSSI e PELUFFO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il settore moda rappresenta uno dei comparti di maggior importanza del Paese, finalizzato soprattutto all'esportazione in tutti i continenti e alla promozione del made in Italy;

   si tratta di un sistema imprenditoriale con circa 60.000 imprese manifatturiere e oltre 600.000 addetti;

   dopo gli anni della pandemia il settore ha saputo reagire ma l'incerto e conflittuale contesto internazionale, caratterizzato da crisi energetica e aumento dell'inflazione, sta creando una contrazione economica generalizzata che ha pesanti ricadute sui fatturati delle imprese del comparto;

   le associazioni di categoria, con una lettera al Governo, hanno segnalato queste criticità che riguardano in particolare la pelletteria, il calzaturiero e il tessile, evidenziando come la moda non abbia potuto usufruire di misure a sostegno o contributi specifici come quelli sviluppati per altri settori;

   le associazioni di categoria hanno avanzato al Governo alcune richieste ufficiali. In particolare:

    a) la moratoria su finanziamenti garantiti ottenuti dalle imprese del settore a partire dal 2020, quali a esempio i prestiti Sace, sospensione straordinaria su linee di credito in conto corrente, finanziamenti per anticipi su titoli di credito, scadenze di prestiti a breve e rate di prestiti e canoni in scadenza a cui le aziende hanno avuto accesso a seguito della pandemia Covid-19 (misure che erano state predisposte per l'opportuna ripartenza);

    b) la possibilità di sospensione momentanea dei finanziamenti in genere (non specifici Covid) per le aziende che ne facciano specifica richiesta;

    c) l'estensione straordinaria della possibilità di ricorrere alla cassa integrazione e definizione di ammortizzatori sociali ad hoc per le imprese artigiane e Pmi del settore;

    d) il contributo a copertura totale per un primo modulo espositivo per la partecipazione a manifestazioni in Italia e all'estero con qualifica di fiera internazionale a favore delle imprese artigiane e Pmi del settore moda (tessile, abbigliamento, pelletteria, pellicceria, calzature, occhialeria e componenti per la realizzazione delle collezioni) almeno per tutto l'anno 2024 e per il primo semestre 2025;

    e) la definizione di una misura che agevoli l'inserimento nel settore di nuova tecnologia e strumenti digitali con accompagnamento di tale inserimento a percorsi formativi ad hoc, sostegno per investimenti nella realizzazione dei campionari e promozione anche tramite strumenti digitali;

    f) la progettazione di azioni di supporto alle filiere presenti nei distretti moda partendo dalla messa a disposizione di strumenti finanziari tesi ad agevolare le aggregazioni d'imprese in forme varie;

    g) la messa in campo di azioni di comunicazione verso le giovani generazioni per stimolare l'acquisto di prodotti made in Italy favorendo anche le produzioni attente a sviluppare percorsi di sostenibilità economica, sociale e ambientale e agevolazioni per l'acquisto di prodotti italiani;

   la situazione attuale può avere ripercussioni gravi non solo sulla continuità produttiva delle imprese interessate ma sui livelli occupazionali coinvolti ed è quindi necessario che il Governo metta in campo gli strumenti normativi e le risorse adeguate per salvaguardare uno dei settori chiave della nostra economia –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti e se intendano adottare conseguentemente iniziative urgenti a sostegno del settore moda per salvaguardare uno dei principali settori del made in Italy a partire dalle richieste delle associazioni di categoria esposte in premessa.
(5-02198)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MAZZETTI, CORTELAZZO e BATTISTONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'autorità nazionale anticorruzione (Anac) nel parere di precontenzioso n. 101 del 28 febbraio 2024 ha stabilito la correttezza del comportamento dell'ASL Salerno che, nell'esercizio della propria discrezionalità, ha omesso di escludere dalla gara le imprese che hanno formulato un ribasso tale da incidere sul compenso professionale;

   tale decisione e stata adottata in quanto, in assenza di un'indicazione precisa in merito, è legittima la ribassabilità dell'intero importo posto a base di gara. In sostanza l'Anac ha autorizzato una ASL a «non rispettare» le regole della legge n. 49 del 2023 sull'equo compenso, per quanto riguarda le gare pubbliche e i servizi di architettura e ingegneria (progettazione);

   più volte il Governo, anche in sede di cabina di Regia, è stato sollecitato da Anac a dirimere il tema dei rapporti tra la normativa sull'equo compenso e la disciplina recata dal Codice dei contratti in tema di appalti di servizi di ingegneria e architettura;

   il disciplinare del bando della gara di appalto oggetto della pronuncia Anac prevedeva (articolo 18) che «la ditta concorrente, a pena di esclusione, deve compilare il modello di offerta economica proposto dal sistema, indicando il ribasso percentuale offerto sul prezzo a base d'asta»;

   poiché l'importo a base di gara era pari alla somma dei compensi professionali e delle spese generali, la stazione appaltante, secondo Anac, avrebbe correttamente esercitato la sua discrezionalità in coerenza coi principi che regolano l'evidenza pubblica (articolo 1, 2 e 3 del Codice Appalti) –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative normative chiarificatrici circa l'applicazione del ribasso d'asta, previsto dal nuovo codice appalti, ai servizi professionali tutelati dalla legge n. 49 del 2023, in materia di obbligatorietà dell'equo compenso.
(5-02200)


   ILARIA FONTANA, TORTO, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio del 22 novembre 2023 all'interno della galleria di San Silvestro della Strada Statale 714 «Tangenziale di Pescara» si è verificato un crollo parziale che ha coinvolto una autovettura;

   la tangenziale collega Francavilla al Mare a Montesilvano e rappresenta una importante arteria stradale della zona. In seguito al crollo è stata disposta la chiusura della galleria che ha provocato pesanti conseguenze sulla viabilità ordinaria convogliata sulla SS16; di conseguenza anche la qualità dell'aria ne ha risentito negativamente a causa delle emissioni delle autovetture nei tratti urbani;

   la galleria di San Silvestro a doppio senso di marcia, con una lunghezza di 3600 metri, è stata inaugurata nel 2007 con un costo di realizzazione dell'intera variante di circa 180 milioni di euro;

   nel 2015 un'inchiesta giornalistica di Ezio Cerasi sulla galleria, trasmessa dal 9 al 12 giugno 2015 sul Tgr Abruzzo della Rai, sottolineava la pericolosa presenza di acqua, detriti e pozzanghere stagnanti sulla carreggiata;

   tale problematica era stata già affrontata con interrogazioni parlamentari a partire dal 2014;

   ciò evidenzia che, nonostante i dubbi sollevati e minimizzati da rassicurazioni e promesse di lavori di manutenzione, la presenza di acqua sia dovuta a infiltrazioni costanti nel tempo e pertanto, trattandosi di perdite di una consistente entità, probabilmente non sia da attribuirsi a problemi legati alla semplice manutenzione ordinaria, bensì da riconoscersi in criticità strutturali che si accentuano in presenza di precipitazioni atmosferiche;

   a giudizio degli interroganti non solo è necessario stabilire le motivazioni di tali crolli e infiltrazioni d'acqua al fine di intervenire in maniera efficace su questi evidenti difetti dell'infrastruttura, accertando le eventuali responsabilità sia per i profili di competenza dell'Anas sia per quelli dell'impresa esecutrice dei lavori, ma è urgente definire e attuare una soluzione che dia respiro alla viabilità nella zona di Francavilla al Mare che, a causa della chiusura della galleria, sta vivendo quotidianamente situazioni di criticità –:

   alla luce della mancata indicazione dei tempi previsti per l'urgente riapertura della galleria di San Silvestro, quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per rendere più efficiente l'infrastruttura stradale SS16 nel tratto di Francavilla al Mare, anche promuovendo specifici accordi con Autostrade per l'Italia per rendere gratuito il tratto autostradale Pescara Sud-Francavilla al Mare e Pescara Ovest-Chieti.
(5-02201)


   CURTI e SIMIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° dicembre 2016 il Cipe ha approvato la modifica dell'asse viario, denominata Quadrilatero Marche Umbria, nonché la contestuale definizione del fabbisogno economico finanziario, per il completamento funzionale del sistema CUP F120CD3000050011 (Maxilotto 1) F12CD30DD050021 (Maxilotto 2) delibera n. 64/2016;

   attraverso l'atto, veniva contestualmente deliberato il finanziamento per procedere all'allaccio della statale 77 con la statale 16, sul tratto ricadente presso il comune di Civitanova Marche (Macerata) attraverso la realizzazione di una rotatoria e di un sottopasso. Quest'ultimo, in particolare, con l'obiettivo di eliminare il vecchio passaggio a livello in opera sulla statale 16;

   il progetto, nel suo complesso, computava una spesa complessiva pari a 12 milioni di euro, mentre la delibera faceva seguito al Contratto di Programma tra ANAS e Ministero delle infrastrutture;

   il 12 maggio 2017 si giungeva alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che, formalmente, rappresentava l'atto propedeutico alla convocazione delle conferenze di servizi, per l'avvio del progetto e del conseguente appalto;

   il 20 dicembre 2022 si svolgeva pressa la Commissione Ambiente della Camera dei deputati una prima interrogazione attraverso la quale, oltre a sottolineare il grave stato di inerzia che caratterizzava il compimento dell'opera, si segnalava l'avvenuta realizzazione da parte del comune di Civitanova Marche di una rotatoria «provvisoria», per una spesa di ben 500.000 euro. Un onere formalmente giustificato dal protrarsi dell'attesa circa la realizzazione dell'opera da parte della società Quadrilatero Marche Umbria Spa ma che, di fatto, pesa gravemente sulla civitanovese anche in ordine all'impegno di ripristinare lo stato dei luoghi;

   nel corso dello svolgimento della suddetta interrogazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tramite il sottosegretario di Stato dottor Tullio Ferrante, informava che la società Quadrilatero aveva trasmesso alle Amministrazioni e agli enti interessati il progetto definitivo dell'intervento, sottoposto alla Conferenza di servizi del 10 marzo 2022, inoltre dichiarava che «in esito alla pubblicazione della delibera CIPESS n. 22 del 2 agosto 2022 di approvazione del progetto definitivo, è stato disposto l'avvio della progettazione esecutiva, alla quale seguirà la gara per l'affidamento dei lavori (compresi gli interventi di bonifica ambientale) con consegna prevista entro il 2023»;

   in realtà l'affidamento dei lavori sarebbe intervenuto soltanto il 5 marzo 2024 mentre la consegna è stata formalizzata il 14 marzo e, pertanto, alla data odierna l'opera risulta non realizzata e i cantieri non ancora aperti –:

   di quali elementi conoscitivi disponga circa quanto esposto in premessa, con particolare riferimento allo stato di avanzamento dell'opera e al motivo dei ritardi.
(5-02202)


   BONELLI e ZARATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella seduta della Camera dei deputati del 13 marzo 2024 l'interrogante ha chiesto al Ministro interrogato se nell'ambito delle funzioni di indirizzo, controllo, vigilanza tecnica e operativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulla Società Stretto di Messina SpA (SdM), in ordine alle attività oggetto di concessione, previste dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 35 del 2023, il Ministro fosse nelle condizioni di rendere noto quali fossero le obbligazioni contrattuali poste a carico del contraente generale (CG) e se non ritenesse necessario fornire precisi indirizzi per la previsione di penali a carico dello stesso CG;

   nel merito del quesito il Ministro interrogato ha risposto che: «Si tratta di un tema da inquadrare nell'ambito dei rapporti tra concedente e concessionario, fermo restando che spetta al concessionario, nell'ambito della relativa autonomia contrattuale, regolare la gestione di ritardi penali e aumenti di costi, imputabili al contraente generale»;

   l'articolo 3-bis, comma 4, della legge 17 dicembre 1971, n. 1158, come novellato dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 35 del 2023, dispone «il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede alla vigilanza sull'attività della società e definisce indirizzi idonei a garantire che, coerentemente con quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016, sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della medesima, sia esercitata una influenza determinante da parte del medesimo Ministero. Per le predette funzioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si avvale della Struttura tecnica di missione per l'indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l'alta sorveglianza di cui all'articolo 214, comma 3, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (...)»;

   la disposizione legislativa richiama in modo esplicito il compito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di provvedere al controllo analogo sull'attività della società, definendo indirizzi idonei a garantire che sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della medesima sia esercitata una influenza determinante da parte del medesimo Ministero;

   i rapporti contrattuali tra la Concessionaria SdM e il CG (Consorzio Eurolink) al quale è stata affidata la redazione della relazione di aggiornamento del progetto definitivo dell'opera, rientrano senza dubbio tra gli obiettivi strategici della società –:

   se il Ministro interrogato possa chiarire in che modo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stia esercitando il controllo analogo attraverso una influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della SdM.
(5-02203)


   IAIA, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, FOTI, LAMPIS, FABRIZIO ROSSI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   domenica 17 marzo 2024, sulla Statale 100, all'altezza della galleria situata fra Massafra e Mottola, in provincia di Taranto, si è verificato l'ennesimo incidente stradale frontale che ha provocato il decesso di ulteriori tre giovani vite e il ferimento di altre tre persone;

   si tratta, purtroppo, dell'ennesimo episodio di incidente mortale accaduto sulla strada in questione, la quale necessita, oggi più che mai, di urgentissimi interventi per la realizzazione dei lavori di messa in sicurezza, risanamento e riqualificazione della sede stradale;

   si segnala che, già in precedenza, con l'interrogazione 5-01691 del 4 dicembre 2023, si è lamentata la pericolosità del tratto stradale a causa delle condizioni di estrema pericolosità per utenti della strada nel tratto in questione;

   nelle more, purtroppo, continuano a susseguirsi incidenti stradali mortali –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire nell'immediatezza la messa in sicurezza dell'arteria stradale in questione.
(5-02204)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel primo pomeriggio di sabato 23 marzo 2024 si è verificato l'ennesimo incidente presso il comune di Suno, in località Baraggia di Suno, e più precisamente in prossimità dell'incrocio tra la strada statale 229 e la strada provinciale 22. Nell'incidente, in cui una moto si è scontrata contro un'auto con a bordo una famiglia di quattro persone (padre, madre e i due figli piccoli) hanno perso la vita una coppia di coniugi di Domodossola a bordo del motoveicolo;

   si tratta dell'incidente più grave nello stesso incrocio dopo quello che vide la morte di tre studentesse universitarie nel dicembre 2016 per un frontale tra un'auto e un tir che viaggiava in direzione opposta. Sulla statale del Lago d'Orta all'altezza dell'incrocio già in passato si sono verificati altri gravi incidenti, anche mortali, come più volte denunciato dall'amministrazione del comune di Suno e da altri organismi tra cui si ricorda il sindacato di polizia Siulp;

   nell'ottobre 2021 l'amministrazione del comune di Suno ha incontrato Anas, ente proprietaria della strada, sollecitando la realizzazione di una rotatoria all'incrocio tra la strada statale 229 e la strada provinciale 22. Nel corso di tale incontro Anas ha espresso la propria disponibilità acconsentendo alla stipula di una convenzione secondo cui Anas stessa avrebbe realizzato l'opera mentre il comune avrebbe provveduto alla progettazione e alla messa a disposizione delle proprietà comunali interessate dal nuovo tracciato. In data 23 dicembre 2022 Anas inviava al comune di Suno una bozza di convenzione «finalizzata alla progettazione e futura realizzazione della rotatoria in località Baraggia di Suno». Il comune di Suno ha avviato un confronto con la provincia di Novara per quanto attiene ai tratti della strada provinciale 22 coinvolti nei lavori, la quale, nel luglio 2023, ha comunicato al comune di Suno le modifiche necessarie da inserire all'interno della convenzione. Il 4 ottobre 20234 il comune, accolte le modifiche della provincia, trasmette la stesura definitiva della convenzione concordata ad Anas in cui quest'ultima avrebbe dovuto inserire i tempi di realizzazione. Il 17 ottobre 2023 Anas comunicava di aver avviato la procedura per le integrazioni necessarie;

   dal 17 ottobre 2023 non vi sono state ulteriori comunicazioni ufficiali tra Anas e comune di Suno e nell'ultima comunicazione intercorsa tra comune di Suno e Anas (da quanto risulta all'interrogante tramite una telefonata ricevuta dal vicesindaco di Suno) quest'ultima si impegnava ad organizzare un incontro entro il 12 marzo 2024 e successivamente fissato il 3 aprile 2024;

   il problema dell'incrocio tra la statale 229 e la strada provinciale 22 ha ormai raggiunto dei livelli di criticità insostenibili tanto da guadagnarsi l'appellativo di «incrocio della morte» da parte dei residenti del territorio. Tra il 2014 e il 2022 si sono registrati 38 sinistri stradali, 12 dei quali deriverebbero dal mancato rispetto del segnale di stop/dare precedenza. Dei 38 sinistri, 4 sono stati mortali – un conteggio incrementato negli anni successivi – e hanno portato al preoccupante numero di 61 feriti tra i quali, purtroppo, alcuni gravi che hanno riportato lesioni irreversibili;

   è così necessario mettere in sicurezza un tratto di strada altamente frequentato e che collega il sud e il nord della provincia di Novara, intercetta il traffico da e per il lago d'Orta e più in generale per il Verbano Cusio Ossola –:

   se intenda adottare iniziative di competenza presso Anas al fine di consentire una celere chiusura dell'iter in atto per la realizzazione della rotatoria all'incrocio tra la strada statale 229 e la strada provinciale 22.
(4-02568)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIANASSI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra mercoledì 13 e giovedì 14 marzo 2024, a Firenze, in Largo Alinari, nella zona della Stazione, Petru Tataru è stato ucciso a seguito di una rapina;

   a seguito di questo e altri episodi la prefettura di Firenze ha convocato martedì 19 marzo 2024 un comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica;

   da quanto emerge sulla stampa, la presenza delle forze dell'ordine a Firenze è da tempo sotto organico; «c'è un problema di contingenti, siamo oltre i 200 agenti che mancano e il Governo continua a non inviare rinforzi. Ne hanno mandati 25 l'ultima volta, non coprono neanche il turnover»: ha affermato Sara Funaro, assessora al welfare del comune di Firenze. «Il comune – ha aggiunto – sta facendo un grande sforzo: assumeremo 200 agenti e 50 ispettori, 25 già presi. Il presidio della polizia municipale è fondamentale, dobbiamo raddoppiare la presenza di prossimità in centro e nei quartieri»;

   la situazione era stata denunciata da tempo anche dai sindacati di polizia che dallo scorso mese di agosto rimarcavano «una preoccupante carenza di personale nella provincia di Firenze, con una mancanza di circa 200 agenti». Nel mese di settembre 2023 vi è stata inoltre una riduzione di 30 agenti della squadra volanti e questa ha comportato, sempre secondo i sindacati un «impatto devastante sulle operazioni di controllo del territorio e sulla prontezza di risposta a eventuali emergenze»;

   i residenti della città di Firenze sono 360 mila, i residenti della città metropolitana di Firenze sono circa 1 milione, il numero di visitatori della città di Firenze all'anno è di circa 14 milioni, i lavoratori che ogni giorno entrano in città sono circa 100 mila; mentre risulta all'interrogante che la pianta organica, pure non coperta, sia definita solo in base al numero dei residenti e non tenga invece conto del numero effettivo di persone che vivono della città –:

   quanti siano gli agenti delle forze dell'ordine attualmente presenti sia nel comune di Firenze che nella Città metropolitana e quanti di questi siano destinati a servizi in strada;

   quanti dipendenti del Ministero dell'interno, assegnati all'area metropolitana fiorentina, nel corso dell'anno 2023 sono andati in pensione o sono stati trasferiti in altre città;

   se non ritenga urgente e necessario, in relazione a quanto espresso in premessa, intervenire per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini a Firenze e nella Città metropolitana, in particolare inviando 200 unità in più come richiesto dal comune di Firenze al fine di colmare le lacune denunciate dai sindacati di polizia.
(5-02199)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 marzo 2024, un grave incendio ha distrutto uno dei principali locali di intrattenimento di Montecatini Terme, il «Principe» situato nello storico complesso del Kursaal, per fortuna senza avere conseguenze su persone;

   il tempestivo intervento delle forze dell'ordine e dei vigili del fuoco ha evitato che le fiamme potessero propagarsi anche agli edifici limitrofi comportando gravi danni alle proprietà e minacciando l'incolumità dei cittadini;

   l'incendio, la cui origine parrebbe di natura dolosa, è solo l'ultimo episodio di una serie di accadimenti di sangue che hanno interessato il territorio comunale, come, ad esempio, il recente, ritrovamento di un corpo di un giovane accoltellato all'interno di un hotel sotto il controllo dell'Istituto vendite giudiziarie;

   quest'ultima vicenda, assieme alle altre che si sono verificate in questi mesi, ha generato nella comunità un clima di preoccupazione e paura, anche perché non vi è la percezione di una presenza forte dello Stato;

   tra il 2019 e il 2020, con l'intervento della precedente amministrazione comunale in accordo con la prefettura, era stato inaugurato a Montecatini Terme un nuovo commissariato della Polizia di Stato, il quale, stando agli accordi presi, sarebbe dovuto diventare una sede di primo livello con conseguente ampliamento dei margini di intervento e incremento del personale impegnato sul territorio –:

   quali iniziative il Ministero dell'interno intenda avviare nel territorio di Montecatini Terme al fine di aumentare il livello di sicurezza e la capacità di contrastare il dilagare di episodi di criminalità come quelli esposti in premessa;

   quali iniziative il Ministero dell'interno intenda mettere in campo per rafforzare il presidio della Polizia di Stato nel comune di Montecatini Terme, anche mediante individuazione del commissariato locale quale sede di primo livello di pubblica sicurezza, come inizialmente concordato con l'amministrazione comunale.
(4-02565)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   FURGIUELE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le aziende sanitarie locali, nell'ambito dell'organizzazione delle proprie attività, sono tenute a garantire la continuità delle prestazioni assistenziali, nel rispetto di quanto previsto, tra l'altro, dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante «definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza»;

   nel territorio crotonese, la garanzia in esame rischia di subire una grave compromissione a causa del piano di riorganizzazione della rete territoriale varato dall'azienda sanitaria provinciale di Crotone;

   il piano di riorganizzazione citato, come riportato anche da diversi articoli di stampa, prevede la soppressione di ben sette postazioni di guardia medica nella provincia di Crotone, che passerebbero da 31 a 24, con una possibile ulteriore riduzione nei prossimi mesi;

   nel motivare il taglio in esame, l'azienda sanitaria provinciale ha fatto riferimento, genericamente, alla difficoltà incontrata nel reperimento di medici disponibili per la continuità assistenziale, la quale non consentirebbe di poter garantire l'erogazione del servizio in maniera continuativa e imporrebbe quindi una «razionalizzazione» delle postazioni esistenti;

   la decisione di procedere al ridimensionamento delle guardie mediche è stata fortemente criticata dai sindaci del territorio;

   i processi di riorganizzazione dei presidi sanitari essenziali, quali le guardie mediche, in grado di intervenire tempestivamente e di garantire la continuità assistenziale, dovrebbero porsi l'obiettivo di potenziare la capacità di risposta del servizio sanitario e non già di lasciare scoperte intere aree territoriali e i cittadini che vi risiedono, dimenticando peraltro le peculiarità che contraddistinguono i territori stessi e omettendo anche la concertazione e la condivisione di un percorso con i sindaci;

   vi sono realtà, come Petilia Policastro o Cerenzia, tanto per citarne alcune, che distano 40 chilometri dal capoluogo, per le quali il ridimensionamento calato dall'alto produrrà gravissimi disagi soprattutto per la popolazione anziana e con patologie, costretta a continui spostamenti per la gestione delle fragilità e delle cronicità;

   per ovviare alla carenza di medici e di professionisti sanitari, peraltro, il decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34 (cosiddetto «decreto bollette») e la legge di bilancio per l'anno 2024 hanno messo a disposizione delle aziende sanitarie efficaci strumenti e misure di intervento che non risulta siano stati attivati nel caso in esame, prima di ricorrere alla politica dei tagli e delle valutazioni ragionieristiche;

   la scelta dell'azienda sanitaria contrasta anche con l'obiettivo di assicurare la prossimità dell'assistenza al cittadino e di evitare ricoveri non necessari. Con la soppressione delle guardie mediche, mancando la funzione di filtro, aumenteranno infatti gli accessi in pronto soccorso, andandosi a congestionare ulteriormente una rete ospedaliera già satura;

   il taglio prospettato, di conseguenza, arrecherà disagi enormi ai cittadini, ma anche all'organizzazione stessa del servizio sanitario regionale, senza considerare le ripercussioni amplificate nel periodo, ormai imminente, della stagione estiva –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se intenda promuovere iniziative, per quanto di competenza, a tutela della salute pubblica, anche valutando la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive, per garantire un adeguato servizio di guardia medica nel territorio crotonese e la continuità assistenziale, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza.
(4-02566)

Apposizione di una firma ad una mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento).

  La mozione di sfiducia Richetti e altri n. 1-00249, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 febbraio 2024, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pastorino.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Toni Ricciardi n. 5-02189, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 marzo 2024, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Di Sanzo e Carè.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Peluffo n. 5-01997 del 13 febbraio 2024;

   interrogazione a risposta scritta Grimaldi n. 4-02421 del 1° marzo 2024.

ERRATA CORRIGE

  Nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2024, si intendono soppresse le righe dalla pagina LXVII, seconda colonna, dalla riga quindicesima alla pagina LXVIII, seconda colonna, alla riga settima.