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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 3 maggio 2024

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il Giubileo della Chiesa cattolica del 2025 comporterà, secondo stime ufficiali, un afflusso di oltre 32 milioni di pellegrini. La portata di questo grande evento ha richiesto lo stanziamento di risorse soprattutto per migliorare l'accoglienza, la sicurezza, la viabilità e i trasporti;

    anche la gestione dei rifiuti è un elemento fondamentale da dover tenere in considerazione. Con l'articolo 13 del decreto-legge n. 50 del 2022 è stata prevista la nomina di un commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, per la gestione dei rifiuti per il Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025 relativamente al territorio di Roma Capitale. Tra i poteri del Commissario rientrano l'approvazione di «progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi», nonché la realizzazione di tali impianti e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti;

    con decreto del Presidente della Repubblica del 4 febbraio 2022 il sindaco di Roma è stato nominato commissario straordinario al fine di assicurare gli interventi funzionali alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025 nell'ambito del territorio di Roma Capitale, sino al 31 dicembre 2026;

    tra gli interventi individuati dal commissario, è prevista la realizzazione nel territorio di Roma Capitale di un impianto di incenerimento di rifiuti solidi urbani indifferenziati avente una capacità pari a 600.000 tonnellate per anno di rifiuti, in località Santa Palomba. Con propria ordinanza, infatti, il commissario straordinario di Governo per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025 del 16 novembre 2023 ha espresso la «Proposta di partenariato pubblico privato in finanza di progetto per l'affidamento della concessione del polo impiantistico relativo alla progettazione, autorizzazione all'esercizio, costruzione e gestione di un impianto di termovalorizzazione autorizzato con operazione R1, e capacità di trattamento pari a 600.000 tonnellate per anno di rifiuti e la progettazione, autorizzazione all'esercizio, costruzione e gestione dell'impiantistica ancillare deputata alla gestione dei rifiuti residui decadenti dal trattamento termico, la mitigazione delle emissioni di anidride carbonica e l'ottimizzazione della distribuzione dei vettori energetici recuperati»;

    l'area in oggetto, tuttavia, è già oggetto di una contaminazione di acque sotterranee già dal giugno 2021 quando Arpa Lazio informò le autorità competenti che in corrispondenza di due piezometri ubicati a valle idrogeologica esternamente al deposito di carburanti Eni di Pomezia – Via della zoologia avevano evidenziato la compromissione dello stato di qualità ambientale delle acque sotterranee per la presenza di idrocarburi, sia per quanto concerne la falda intermedia che profonda. La notifica evidenziava anche «l'opportunità di interdire l'emungimento delle acque sotterranee contaminate per uso domestico e non»;

    le indagini circa l'eventuale presenza di contaminanti nell'area ha avuto infatti inizio già a fine 2019, quando in campionamenti di acqua in un pozzo privato di un allevamento hanno evidenziato l'elevata presenza di «idrocarburi totali (espressi come n-esano) ed idrocarburi frazione volatile/estraibile, oltre a non conformità ai sensi del decreto legislativo n. 31 del 2001 per le acque destinate al consumo umano». A fronte di questi campionamenti il Sindaco dispose l'immediato divieto d'uso;

    successivamente, nel giugno 2021, Arpa Lazio segnalò la presenza di idrocarburi anche in acque sotterranee in corrispondenza di due piezometri ubicati a valle idrogeologica esternamente al deposito Eni di Pomezia – Via della zoologia, sia per quanto concerne la falda intermedia che profonda;

    a seguito delle risultanze sui campioni di acqua venne attivato un tavolo tecnico con comune di Pomezia, regione Lazio, città metropolitana di Roma Capitale, Arpa Lazio, prefettura di Roma, Istituto superiore di sanità, Asl RM2, Acea ed Eni per pianificare le procedure di valutazione del rischio sanitario sito-specifiche per garantire la tutela della salute della popolazione;

    la situazione di contaminazione si colloca in un'area a forte vocazione industriale, con presenza di stabilimenti di importanti dimensioni nonché di industrie a rischio di incidente rilevante, sita a ridosso di un'area a vocazione chiaramente agrozootecnica. Tale peculiare contesto potrebbe presentare differenti scenari di esposizione per la popolazione agli inquinanti ambientali riscontrati e si ritiene pertanto necessario approfondirne la valutazione;

    l'articolo 29-sexies del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Testo unico ambientale) prevede che le autorizzazioni integrate ambientali dispongano di adeguate garanzie finanziarie, e che «con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabiliti criteri che l'autorità competente dovrà tenere in conto nel determinare l'importo di tali garanzie finanziarie»;

    la pianificazione della gestione dei rifiuti è, nel caso in oggetto, di competenza del commissario straordinario e che il piano di gestione dei rifiuti per Roma Capitale è stato approvato nell'agosto 2022;

    nel piano di gestione dei rifiuti citato, lo scenario al 2030 in contesto tendenziale prevede circa 751.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati da gestire, dei quali 591.000 tonnellate di rifiuti residui indifferenziati da avviare a trattamento;

    l'articolo 179 del decreto legislativo n. 152 del 2006 circa i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, che recepisce l'articolo 4 della direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE, stabilisce che la loro gestione segua la gerarchia, che prevede prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero e smaltimento. Inoltre, la gerarchia secondo il comma 2 del citato articolo «stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica»;

    nei flussi dettagliati nello scenario di piano gestione rifiuti per Roma Capitale è prevista una fase di pre-trattamento soltanto per i residui da flussi di rifiuti indifferenziati da avviare all'inceneritore di San Vittore del Lazio, mentre è previsto il solo recupero dei materiali ferrosi per quanto concerne la frazione di rifiuto da avviare all'impianto di cui in premessa;

    il programma nazionale di gestione dei rifiuti previsto dall'articolo 198-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 non indica il recupero energetico diretto come soluzione ideale, bensì la valuta al pari del recupero dopo pre-trattamento presso un impianto adeguatamente in grado di gestirne i flussi e del recupero energetico affidato al mercato dopo pre-trattamento. Tali possibilità, relative all'analisi dei flussi dei rifiuti, sono ad ogni modo state analizzate dal piano nazionale insieme ad analisi del ciclo di vita (life cycle assessment, lca) per valutare gli impatti ambientali delle diverse soluzioni; l'approvazione definitiva del progetto, con il conseguente avvio dei lavori, non potrà avere luogo prima del 2025 e quindi, alla luce di un cronoprogramma per la sola realizzazione dell'impianto di oltre due anni, l'impianto in oggetto non potrà essere collaudato prima del 2027;

    la realizzazione di un impianto in area già fortemente compromessa da fattori di notevole pressione ambientale può generare ulteriori aggravi in termini di inquinamento, sia della matrice aria che del suolo, data la produzione di scorie da dover smaltire;

    l'attuazione degli interventi va ben oltre la durata del Giubileo e del mandato del commissario straordinario stesso,

impegna il Governo:

1) a valutare eventuali iniziative di competenza volte a interdire la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti nell'area in oggetto fino al termine delle dovute azioni di risanamento ambientale;

2) a verificare, per quanto di competenza, la disposizione di garanzie finanziarie a copertura di ogni progetto previsto dalle ordinanze commissariali per il Giubileo 2025 che possa avere un impatto sulle matrici ambientali.
(1-00277) «Ilaria Fontana, Alfonso Colucci, Morfino, L'Abbate, Quartini, Iaria, Orrico, Fenu, Francesco Silvestri, Fede, Caso».


   La Camera,

   premesso che:

    nel 2022, allo scopo di proteggere la salute riproduttiva e sessuale e contribuire a prevenire oltre 25 milioni di aborti non sicuri che attualmente si verificano ogni anno, sono stati pubblicati i nuovi orientamenti dell'Oms dal titolo «Safe abortion: technical and policy guidance for health systems» (Aborto sicuro: orientamenti tecnici e strategici per i sistemi sanitari) dai quali si evince che:

     nel mondo si registrano ogni anno almeno 25 milioni di aborti non sicuri con 39 mila decessi annuali;

     quando l'aborto viene praticato con una metodica raccomandata dall'Oms, adeguata alla durata della gravidanza e assistita da qualcuno con le informazioni o le competenze necessarie, è una procedura semplice ed estremamente sicura;

     la rimozione delle barriere politiche non necessarie facilita l'accesso sicuro all'aborto;

    oltre alle raccomandazioni cliniche e di erogazione dei servizi, le linee guida dell'Oms raccomandano di rimuovere gli ostacoli politici non necessari dal punto di vista medico all'aborto sicuro, come la criminalizzazione, i tempi di attesa obbligatori e limiti su quando durante la gravidanza può aver luogo un aborto;

    le barriere all'aborto possono portare a ritardi critici nell'accesso alle cure e creare maggiori rischi di aborti non sicuri, stigmatizzazione e complicazioni per la salute;

    l'aborto deve essere sicuro non solo in termini medici, ma, come per qualsiasi altro servizio sanitario, l'assistenza all'aborto deve rispettare le decisioni e i bisogni di chi decide di effettuarlo, garantendo dignità e assenza di stigma o giudizio: nessuno dovrebbe essere esposto ad abusi o danni;

    secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, la carenza di informazioni adeguate è un ostacolo all'esercizio del diritto di aborto libero, sicuro, gratuito; per accesso alle informazioni si intende sia la raccolta e la diffusione di dati da parte delle istituzioni preposte al rilevamento dei servizi, sia la disponibilità di strumenti di orientamento ai servizi;

    il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha espressamente riconosciuto che la decisione di una persona di perseguire l'interruzione volontaria della gravidanza rientra nell'ambito del diritto al rispetto della vita privata e ha inoltre constatato che non rispettare la decisione di chi intende sottoporsi a un aborto costituisce una violazione del diritto alla vita privata, anche quando la magistratura interferisce con tale decisione;

    nella sua raccomandazione generale n. 35, il Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione contro le donne (Cedaw) ha esplicitamente affermato che la criminalizzazione dell'aborto costituisce una violazione della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti delle donne e una forma di violenza di genere e ha esortato gli Stati ad abrogare tutta la legislazione che configura l'aborto come reato;

    la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti figurano tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, in particolare:

     l'obiettivo 3.7 chiede l'accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, anche per la pianificazione familiare, l'informazione e l'educazione, e l'integrazione della salute riproduttiva nelle strategie e nei programmi nazionali;

     l'obiettivo 5.6, sottolinea la necessità di garantire l'accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti;

    l'11 aprile 2024 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sull'inclusione del diritto all'aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (2024/2655(RSP));

    a fondamento della risoluzione e dei diritti sottesi, il Parlamento europeo ha richiamato: la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, aperta alla firma l'11 maggio 2011 a Istanbul («convenzione di Istanbul») e ratificata dall'Unione europea il 28 giugno 2023;

    atti prodromici della risoluzione dell'11 aprile 2024 sono poi diverse e numerose risoluzioni sull'attuale regresso dei diritti delle donne e dell'uguaglianza di genere e sulla criminalizzazione del diritto all'aborto in diversi Paesi dell'Unione europea e nel contesto internazionale;

    in tal senso particolarmente significative sono state le risoluzioni del 9 giugno 2022 e del 7 luglio 2022 sulle minacce al diritto all'aborto nel mondo, conseguenti alla revoca del diritto all'aborto negli Stati Uniti da parte della Corte suprema;

    tra i considerando della risoluzione del Parlamento europeo dell'11 aprile 2024 viene sottolineato che:

     a) la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti, compresa l'assistenza per un aborto sicuro e legale, costituiscono un diritto fondamentale;

     b) il rispetto della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti è essenziale per difendere la dignità umana ed è intrinsecamente legata alla lotta contro la violenza sessuale e di genere e al conseguimento della parità di genere e del rispetto di un'ampia gamma di altri diritti umani, quali il diritto alla vita, alla salute, alla vita privata, alla sicurezza della persona, alla non discriminazione, all'uguaglianza dinanzi alla legge e alla libertà dalla tortura e da altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti;

     c) la capacità delle persone di esercitare la propria autonomia riproduttiva, di controllare la propria vita riproduttiva e di decidere se, quando e come avere figli è essenziale per il pieno rispetto dei diritti umani delle donne, delle ragazze e di tutte le persone che possono essere in stato di gravidanza;

     d) il corpo di una persona, le sue scelte e la sua autonomia devono essere pienamente tutelati;

     e) la protezione dell'assistenza per un aborto sicuro e legale ha implicazioni dirette per l'esercizio effettivo dei diritti riconosciuti dalla Carta, quali la dignità umana, l'autonomia personale, l'uguaglianza, la salute e l'integrità fisica e mentale e la privazione dell'accesso all'assistenza all'aborto costituisce una violazione di tali diritti fondamentali;

    con un voto storico del 4 marzo 2024, i legislatori francesi hanno sancito nella Costituzione francese la libertà di ricorrere all'aborto; la Francia è il primo Paese al mondo a rendere l'aborto un diritto costituzionale esplicito, quale presidio di salvaguardia nel contesto dell'Unione europea ed internazionale che sul diritto all'aborto appare sempre più regressivo;

    nella relazione esplicativa alla proposta di legge che ha iniziato il suo percorso parlamentare, poi conclusosi il 4 marzo 2024, con un testo modificato nel suo iter parlamentare, sono riportate le parole illuminanti di Simone de Beauvoir: «Niente è mai acquisito in modo definitivo. Basta una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano messi in discussione. Per tutta la vita devi rimanere vigile»;

    la relazione introduttiva alla proposta di legge francese riporta che solo qualche anno fa la Corte suprema degli Stati Uniti ha annullato la sentenza Roe vs. Wade del 1973, che stabilì il quadro giuridico per l'aborto. Nel processo, nove Stati americani hanno votato per il divieto totale del ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza e altri Stati si stanno preparando ad unirsi a loro. Questa decisione – riporta ancora la relazione – seppellisce quasi mezzo secolo di diritto all'aborto negli Stati Uniti e metterà in pericolo la vita di milioni di donne, in particolare quelle più povere e appartenenti alle minoranze. Questa terribile regressione dimostra che quando si tratta del diritto delle donne al controllo del proprio corpo, nulla può mai essere dato per scontato. Argomenta sempre il testo che in Francia, come in tutta Europa, da diversi anni assistiamo a tentativi di invertire questo diritto fondamentale, grazie all'ascesa dell'estrema destra, attraverso manifestazioni contro l'aborto o azioni scioccanti da parte di correnti estremiste. In questo contesto di offensiva reazionaria, desideriamo portare avanti questo testo comune, volto a tutelare e garantire il diritto fondamentale all'interruzione volontaria della gravidanza (aborto) e ..., inserendolo nella nostra Costituzione e impedendo a chiunque di ostacolare l'esercizio di questo fondamentale diritto;

    il lavoro e l'impegno delle organizzazioni femministe e dei parlamentari e delle parlamentari in Francia sono stati fondamentali per garantire un voto di maggioranza a sostegno della tutela costituzionale del diritto all'aborto;

    dal momento in cui è stato sancito il diritto all'aborto nella Costituzione francese, sono già state prese in considerazione iniziative analoghe in altri Paesi, ad esempio in Spagna e in Svezia, il che dimostra la necessità di una risposta ferma al regresso in materia di uguaglianza di genere e di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti e di una protezione costituzionale dei diritti che sono sotto attacco;

    in tutto il mondo forze regressive e soggetti religiosi ultraconservatori e di estrema destra cercano di cancellare e offuscare decenni di progressi in materia di diritti umani e di imporre una visione oscurantista dei ruoli di genere nelle famiglie e nella vita pubblica; tali movimenti e attacchi sono strettamente connessi ad un regresso di stampo autoritario ai danni della democrazia globale e ciò rappresenta una chiara minaccia per lo Stato di diritto; tali movimenti anti-genere e anti-diritti attaccano specificamente i diritti sessuali e riproduttivi e il diritto all'autodeterminazione, cercando di influenzare la legislazione e le politiche dei vari Paesi, con iniziative regressive e pericolose;

    come circostanziato nella risoluzione del Parlamento dell'Unione europea per l'inserimento dell'aborto tra i diritti fondamentali, anche diversi Stati membri stanno attualmente cercando di limitare l'accesso alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti attraverso leggi estremamente restrittive, il che comporta un accesso limitato all'assistenza sanitaria, discriminazione e violenza di genere; tali iniziative e regressi rappresentano un ostacolo al rispetto dei diritti delle persone e allo sviluppo dei Paesi e compromettono la democrazia, i valori europei e i diritti fondamentali; si sta verificando a livello mondiale un regresso coordinato e ben finanziato in materia di uguaglianza di genere, comunità Lgbtiq+ e femminismo;

    la risoluzione del Parlamento Europeo in particolare cita come Paesi regressivi: Polonia, Malta, Slovacchia, Ungheria, Romania e purtroppo anche l'Italia! Più, in particolare:

     a) la Polonia ha ulteriormente limitato l'accesso all'assistenza all'aborto legale e la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha riscontrato una violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo sul diritto al rispetto della vita privata e familiare nel caso di una donna costretta a recarsi all'estero per abortire lontano dalla sua rete di sostegno familiare, con notevoli spese personali e con un impatto psicologico significativo;

     b) a Malta l'aborto è de facto vietato e configurato come reato; i medici possono interrompere una gravidanza solo se la persona corre un rischio di vita immediato e prima della «vitalità fetale» e sono tenuti a deferire la persona incinta morente a una commissione medica composta di tre consulenti; i casi di grave rischio per la salute sono esclusi dalla legge; a Malta una persona incinta affetta da cancro non può essere trattata di conseguenza e deve attendere la nascita del bambino per poter accedere al trattamento oncologico, il che riduce le probabilità di successo delle terapie;

     c) in Slovacchia e in Ungheria l'aborto non è legale; nel settembre 2022 l'Ungheria ha approvato un decreto che obbliga le donne intenzionate ad abortire ad ascoltare il «battito cardiaco fetale»; in Slovacchia sono stati osservati ripetuti tentativi di limitare l'accesso all'assistenza all'aborto attraverso proposte di legge regressive in Parlamento;

     d) in Croazia, l'accesso a un'assistenza all'aborto tempestiva e adeguata è negato a causa di ostacoli pratici;

     e) diversi tentativi di depenalizzare completamente l'aborto in Belgio sono stati ritardati in seno al Parlamento federale belga;

     f) in alcuni Stati membri le rifugiate ucraine non hanno potuto accedere all'assistenza all'aborto, nemmeno nei casi di violenza sessuale, il che costituisce una grave violazione dei loro diritti umani ed equivale a tortura e a trattamento inumano o degradante;

    anche in Italia, si sottolinea nella risoluzione del Parlamento Europeo, l'accesso all'assistenza all'aborto sta subendo erosioni e un'ampia maggioranza di medici si dichiara obiettore di coscienza, cosa che rende estremamente difficile l'accesso de facto all'aborto in alcune regioni o in alcuni territori;

    effettivamente le donne e i membri della comunità Lgbtiq+ del nostro Paese si trovano ancora ad affrontare diversi ostacoli nel godere dell'autonomia del loro corpo e tali ostacoli sono di natura giuridica, politica, finanziaria, culturale o informativa;

    in Italia, l'aborto è disciplinato dalla legge 22 maggio 1978, n. 194 – «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», – promulgata il 22 maggio 1978. La legge n. 194 contempla due tipologie di interruzione volontaria di gravidanza, quella che si può effettuare entro e non oltre i primi 90 giorni di gestazione e quella dopo i 90 giorni;

    la donna ha il diritto di richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni in caso di «circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito...» (articolo 4);

    la donna può effettuare l'interruzione volontaria di gravidanza dopo i 90 giorni: «a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna (articolo 6)»;

    nel nostro Paese, dunque, l'accesso all'aborto, sia prima sia dopo il novantesimo giorno, è consentito solo nei casi in cui la gravidanza o il parto costituiscano un pericolo per la salute fisica o psichica della donna e solo tramite un medico che ne attestanti la necessità; nel caso in cui il medico non consideri urgente l'intervento, invita la donna a rispettare un periodo di «riflessione» di sette giorni, trascorsi i quali la donna può rivolgersi a un centro autorizzato per l'espletamento della procedura, con il rischio di non riuscire ad accedere all'aborto nei tempi consentiti dalla legge;

    nel caso di aborto successivo ai 90 giorni la legge n. 194 stabilisce che, nel caso in cui il feto abbia raggiunto uno stadio di sviluppo che ne permette la sopravvivenza al di fuori dell'utero (cioè attorno alle 22-24 settimane), il medico deve mettere in atto tutti gli interventi per salvaguardarne la vita;

    pertanto, si tende a non procedere oltre le 22-24 settimane, pur tenendo sempre in conto la compatibilità della patologia fetale con la possibilità di vita autonoma;

    nessun ostacolo sulla metodica sanitaria o relativo all'obiezione di coscienza o nessuna appartenenza territoriale dovrebbe frapporsi al diritto all'autodeterminazione e a poter disporre del proprio corpo e, invece, la maggior parte di coloro che decidono di ricorrere all'aborto si trovano a dover superare numerosissimi ostacoli;

    in Italia l'accesso all'aborto farmacologico presenta ancora una forte variabilità per area geografica e tra regioni e solo il 12 agosto 2020 è stata autorizzata, anche in Italia, l'esecuzione dell'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica fino a 9 settimane compiute di età gestazionale in regime di day hospital o presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all'ospedale e autorizzate dalle regioni, nonché presso i consultori familiari;

    i consultori familiari rivestono un ruolo centrale nella gestione dell'interruzione volontaria di gravidanza, poiché rappresentano i servizi di riferimento dislocati nel territorio nazionale e per tale finalità dovrebbero essere presenti su tutto il territorio nazionale in maniera uniforme e secondo un rapporto minimo ad un consultorio per 20.000 abitanti ed essere dotati di équipe multidisciplinari adeguate; tuttavia, c'è da rilevare che fin dalla loro istituzione i consultori sono stati via via sempre più depotenziati, non assicurando il numero congruo sul territorio e soprattutto non assicurando il personale adeguato;

    l'autogestione è un'opzione per ricorrere all'aborto medico che l'Organizzazione mondiale della sanità con le linee guida del 2022 raccomanda come metodo sicuro ed efficace per interrompere una gravidanza; i farmaci utilizzati – mifepristone e misoprostolo – sono inclusi nell'elenco dei farmaci essenziali dell'Organizzazione mondiale della sanità e, con un sostegno adeguato, chi lo richiede può autogestire alcune o tutte le fasi di un aborto farmacologico, anche nel comfort della propria casa;

    «quando una donna opta per l'autogestione dell'aborto, gli operatori sanitari devono essere in grado di fornirle informazioni e consigli appropriati e accurati in modo che sappia cosa fare, quando farlo e, se necessario, come accedere al follow-up sostegno», ha detto Bela Ganatra, capo dell'unità globale per la cura dell'aborto presso l'Organizzazione mondiale della sanità, aggiungendo che «l'aborto medico ha svolto un ruolo fondamentale nell'espandere l'accesso all'aborto sicuro a livello globale, in particolare per coloro che si trovano nelle situazioni più vulnerabili che potrebbero non avere accesso alle strutture sanitarie o che hanno bisogno di mantenere il loro aborto privato, evitando i ricoveri ospedalieri, quindi è importante che i professionisti possano facilitarlo come opzione per la cura dell'aborto». I dati del 2021 confermano un'alta percentuale di obiettori (63,4 per cento dei ginecologi, 40,5 per cento degli anestesisti e 32,8 per cento del personale non medico) con ampie variazioni regionali per le tre categorie;

    la carenza di personale non obiettore è un ostacolo rilevante al ricorso nonostante l'articolo 9 della legge n. 194 del 1978 preveda che «gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La Regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale»;

   considerato che:

    la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti sono diritti umani fondamentali che devono essere tutelati e rafforzati e che non possono in alcun modo essere indeboliti o revocati;

    occorre promuovere, proteggere e rispettare il diritto di ogni persona all'autonomia del corpo e al pieno controllo sulle questioni relative alla propria sessualità e ai propri diritti sessuali e riproduttivi, nonché il diritto di decidere in modo libero al riguardo, senza discriminazioni, coercizioni o violenze;

    configurare come reato, ritardare e negare l'accesso alla salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti, segnatamente all'assistenza all'aborto, costituisce una forma di violenza di genere;

    restrizioni e divieti non riducono il numero di aborti, ma costringono solo le persone a percorrere lunghe distanze o a ricorrere ad aborti non sicuri e colpiscono, soprattutto, le persone più fragili e prive di risorse e di informazioni;

    l'aborto non sicuro è la principale causa, ancorché prevenibile, di morbilità materna;

    l'accesso all'aborto è stata una conquista faticosa e purtroppo ancora oggi continua ad essere faticosa la sua corretta ed esaustiva applicazione: è stata una conquista condotta sulla vita persa e violata di tante e numerose donne per abortire sono arrivate ad effettuare pratiche violente e anche a morire;

    ancora oggi l'accesso all'aborto rimane difficile, come dimostrano numerose testimonianze: ritardo nell'ottenimento del primo appuntamento, chiusura di centri che praticano l'interruzione volontaria di gravidanza, depotenziamento dei consultori, rete insufficientemente strutturata, carenza di professionisti, mancanza di risorse o pratiche invasive da parte delle associazioni antiabortiste;

    il periodico riaccendersi dei dibattiti sull'autodeterminazione e sulla sovranità sul proprio corpo dimostra che non bisogna mai abbassare la guardia e che il livello di tutela va alzato ulteriormente e il diritto all'aborto va garantito come diritto fondamentale e contro qualsiasi tentativo di ostacolarne l'esercizio,

impegna il Governo:

1) a garantire ad ogni persona il diritto all'autonomia del corpo e all'accesso libero, informato, pieno e universale alla salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti, come pure a tutti i servizi di assistenza sanitaria correlati, senza discriminazioni, compreso l'accesso a un aborto sicuro e legale;

2) a condannare in ogni sede opportuna e con la massima fermezza il deterioramento dei diritti di genere e tutti i tentativi regressivi che nel nostro Paese vogliono comprimere o eliminare le tutele esistenti per la salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti e la parità di genere, nonché ogni forma di minaccia, intimidazione e vessazione nei confronti dei difensori dei diritti umani e delle organizzazioni della società civile che si adoperano per far progredire tali diritti;

3) ad assumere ogni iniziativa utile, avvalendosi di tutti gli strumenti disponibili e ad introdurne di nuovi, ove necessario, per contrastare nel nostro Paese e all'estero ogni azione di sostegno e di finanziamento a favore di gruppi anti-genere e anti-scelta o di organizzazioni che operano contro la parità di genere e i relativi diritti, compresi i diritti riproduttivi;

4) a dare completa attuazione nel nostro Paese alle linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità («Aborto sicuro: orientamenti tecnici e strategici per i sistemi sanitari») del 2022, per rimuovere e combattere gli ostacoli che si frappongono a un aborto sicuro e legale e all'accesso alla salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti;

5) a stigmatizzare in ogni sede opportuna e nelle relazioni internazionali quei Paesi che impongono divieti o restrizione all'aborto, invitandoli ad abrogare le loro leggi e altre misure che impongono tali divieti e restrizioni, esortandoli a dare priorità agli sforzi legislativi volti a garantire quanto prima un pieno accesso a un aborto sicuro e legale e sollecitandoli a depenalizzare immediatamente l'aborto e a fornire accesso a un aborto sicuro e legale, sulla scorta delle linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2022;

6) a garantire l'accesso a un'assistenza all'aborto sicura, legale e gratuita, alla pianificazione familiare volontaria, alla contraccezione gratuita e a servizi adatti ai giovani in base all'età, nonché alla prevenzione, al trattamento, all'assistenza e al sostegno nella lotta all'Hiv e alle malattie sessualmente trasmissibili, senza discriminazione alcuna;

7) ad intervenire, per quanto di competenza, affinché in tutti i consultori e ambulatori sanitari pubblici sia garantito l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica nonché l'accesso al farmaco abortivo a casa, garantendo la sorveglianza del processo abortivo in telemedicina, in afonia e ottemperanza con le linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2022;

8) ad intervenire con ogni iniziativa utile per impedire che l'aborto sia ostacolato dall'obiezione di coscienza, contrastando, tra l'altro, quelle situazioni in cui qualsiasi ritardo possa mettere in pericolo la vita o la salute della donna;

9) a potenziare e riqualificare l'attività dei consultori familiari nel territorio nazionale, garantendo un rapporto minimo di un consultorio – o di una struttura con il personale di un consultorio e svolgente le sue funzioni – per ogni 20.000 abitanti nei centri urbani, nonché di un consultorio ogni 10.000 abitanti nelle zone rurali;

10) a garantire un'adeguata dotazione organica dei consultori familiari, assicurando la presenza di figure professionali non obiettrici di coscienza e in grado di garantire la giusta multidisciplinarità;

11) a rendere disponibili i dati sull'interruzione di gravidanza in formato aperto, realizzando un sito internet del Ministero della salute esplicitamente dedicato ai servizi per l'interruzione volontaria di gravidanza e contraccezione, con informazioni e mappe dei servizi chiare e aggiornate, in più lingue e con un numero verde per le richieste di interruzione volontaria di gravidanza che risponda almeno 12 ore al giorno per orientare chi con urgenza cerca una interruzione volontaria di gravidanza sul modello di quelli esistenti in diversi Paesi europei, quali Irlanda e Francia;

12) ad introdurre misure che impediscano l'accesso nelle strutture consultoriali, ponendo anche dei limiti per l'avvicinamento ad esse, di quegli enti del terzo settore ovvero soggetti del volontariato e privato sociale che, ideologicamente orientati, tentino di negare il diritto all'aborto o di impedire di esercitare il diritto all'aborto e all'autodeterminazione;

13) a far sì, per quanto di competenza, che i metodi e le procedure per l'aborto diventino obbligatori nella formazione dei medici e del personale sanitario e nei programmi dei corsi di laurea, in particolare degli studenti afferenti a corsi di ginecologia e ostetricia;

14) ad individuare le più opportune iniziative volte a eliminare gli ostacoli giuridici, finanziari, sociali e pratici e le restrizioni all'aborto, compresi quelli che colpiscono in modo sproporzionato le persone più fragili;

15) a riconoscere l'importante ruolo delle organizzazioni della società civile e dei difensori dei diritti umani che si occupano di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti, compreso il diritto all'aborto;

16) al fine di garantire la piena autonomia della propria salute sessuale e riproduttiva, anche riducendo le gravidanze indesiderate e consentendo alle persone di prendere decisioni informate in merito alla propria vita e al proprio corpo, ad assicurare l'accesso a un'educazione sessuale e relazionale completa, consona all'età, nonché a una contraccezione e a una consulenza in materia di pianificazione familiare di alta qualità, accessibile, sicura e gratuita, prestando particolare attenzione alle persone più fragili;

17) a garantire un'educazione sessuale completa e consona all'età al fine di sviluppare la capacità di creare rapporti sani, paritari e sicuri, in particolare affrontando questioni quali i ruoli di genere, la parità di genere, le dinamiche di potere nelle relazioni, il consenso e il rispetto dei limiti.
(1-00278) «Sportiello, Quartini, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Cherchi, Riccardo Ricciardi, Ascari, Caramiello, Pavanelli, Barzotti, Orrico, Ilaria Fontana, Morfino, Amato, Aiello».


   La Camera,

   premesso che:

    il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta una questione centrale nel dibattito europeo ed un tema decisivo di politica economica per il nostro Paese in quanto dalla sua approvazione dipenderà la capacità di spesa e di investimento a livello nazionale ed europeo per i prossimi anni, pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali;

    come noto, il 21 dicembre 2023 il Consiglio Ecofin ha formalmente approvato il mandato negoziale con il Parlamento europeo sul nuovo quadro di governance economica e, nello specifico, sul regolamento sul braccio preventivo, nonché un accordo di massima in vista della consultazione del Parlamento sul regolamento sul braccio correttivo e sulla direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio nazionali. Successivamente, il 17 gennaio 2024, lo stesso Parlamento europeo ha adottato il proprio mandato negoziale in vista dell'avvio dei negoziati interistituzionali sulla proposta di regolamento riguardante il braccio preventivo del Patto;

    in ragione delle modifiche peggiorative, apportate nel corso dei negoziati alla proposta di riforma che hanno dato seguito a regole più severe sul deficit e a un controllo più restrittivo sulla spesa pubblica degli Stati membri, il Movimento 5 Stelle, in sede parlamentare europea, ha espresso voto contrario alla suddetta posizione negoziale, coerentemente con la posizione peraltro già assunta anche in sede nazionale con la mozione Scerra ed altri n. 1-00082 in materia di revisione della governance economica dell'Unione europea e delle relative politiche di bilancio; la posizione negoziale di gennaio con il Parlamento europeo è stata invece votata favorevolmente da tutte le altre forze politiche; Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia, Italia Viva e Pd;

    le elezioni europee si avvicinano e il percorso di riforma e di definizione delle nuove regole sulla governance si è appena concluso: con l'accordo politico provvisorio raggiunto tra i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo il 10 febbraio 2024 è stato infatti confermato l'impianto complessivo della riforma della governance che rimane quello stabilito nell'accordo raggiunto dagli Stati membri nel Consiglio Ecofin del 21 dicembre 2023;

    da ultimo, la ferma contrarietà del Movimento 5 Stelle a tale proposta di riforma, in coerenza con le posizioni già assunte nelle precedenti votazioni richiamate in premessa, è stata ribadita con il voto del 23 aprile 2024 in sede di ultima plenaria del Parlamento europeo prima delle elezioni europee, unica forza politica italiana ad essersi espressa contro nella votazione finale della proposta di regolamento sul braccio preventivo del Patto di stabilità e sulla procedura di consultazione sulle altre due proposte relative al regolamento sul braccio correttivo e alla direttiva sui quadri di bilancio nazionali;

    in quella sede si è peraltro assistito alla totale spaccatura del fronte italiano della maggioranza di centrodestra cosiddetto dei conservatori e riformisti europei, presieduto dalla Premier Meloni, che, in aperto contrasto con la posizione assunta nelle votazioni precedenti in sede di Consiglio e sconfessando di fatto l'operato del proprio Ministro dell'economia Giorgetti – il quale aveva difeso la sostenibilità dell'accordo per l'Italia – si è astenuta. Nonostante il Governo si fosse dichiarato «soddisfatto» e avesse appoggiato la riforma, definendola «un buon compromesso», FdI, FI e Lega non l'hanno infatti sostenuta al momento della votazione;

    sul dietrofront delle forze di maggioranza sul medesimo pacchetto di proposte di riforma – peraltro sconfessato, ancora una volta, dal voto espresso in sede di Consiglio dell'Unione europea il 29 aprile a favore del nuovo Patto di stabilità – ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo pesa evidentemente la prossima campagna elettorale per le elezioni europee di giugno, che lascia trasparire una preoccupante mancanza di responsabilità da parte dell'Esecutivo;

    dopo oltre un anno e mezzo di trattative, è arrivata infatti, con il voto favorevole del Governo italiano, l'approvazione definitiva, senza discussione, del Consiglio sul pacchetto di proposte legislative inerenti alla riforma del Psc che si è espresso all'unanimità – con l'eccezione del Belgio che si è astenuto al regolamento sul coordinamento efficace delle politiche economiche e alla sorveglianza di bilancio multilaterale – dando così il via libera a un compromesso giudicato da tutti gli osservatori peggiorativo rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea la riforma delle vecchie regole di governance economica era stata invocata per semplificare il quadro delle regole fiscali europee e rimuovere i difetti di «prociclicità» del vecchio impianto, che avevano finito per comprimere la spesa per investimenti durante i periodi di consolidamento fiscale mentre l'accordo confermato dal Consiglio rischia di fallire entrambi gli obiettivi, con il pericolo concreto per l'Italia di manovre correttive per gli anni a venire e tagli che colpiranno la spesa pubblica, in particolare quella destinata a sanità, istruzione, diritti, investimenti, imprese, infrastrutture e crescita;

    secondo le stime di autorevoli istituti internazionali, gli obiettivi contenuti nella proposta di riforma si tradurranno in un aggiustamento che per l'Italia potrebbe essere pari a 12-13 miliardi per sette anni. In particolare, secondo lo studio della Confederazione europea dei sindacati (Ces) che si basa sui calcoli del prestigioso think tank Bruegel, la riforma potrebbe costringere l'Italia a tagli annuali al bilancio tra lo 0,61 per cento e l'1,15 per cento del Prodotto interno lordo (le percentuali più alte in Unione europea dopo Belgio e Slovacchia). Questo dipenderà dal tipo di piano di rientro del debito che il nostro Governo concorderà con la Commissione europea (una delle novità della riforma), ossia se un piano di 4 anni o uno di 7 anni. Nel primo caso, il taglio annuale, calcola la Ces, sarebbe di 25,4 miliardi. Nel secondo caso, lo sforzo scenderebbe a 13,5 miliardi;

    complessivamente, i nuovi parametri di base contenuti nel Patto – in cui sono rimaste immutate le soglie di riferimento del 3 per cento nel rapporto deficit/prodotto interno lordo e del 60 per cento nel rapporto debito/prodotto interno lordo – rischiano infatti di spingere non solo l'Italia, ma l'intera Unione europea in recessione, dal momento che comporteranno pesanti conseguenze sulla riduzione degli investimenti;

    proprio con riferimento agli investimenti, quelli nelle aree prioritarie dell'Unione europea – e cioè la transizione climatica e digitale e la sicurezza energetica – a differenza degli investimenti per la difesa considerati fattore rilevante per l'esclusione dal calcolo degli obiettivi di bilancio – non vengono scorporati nella proposta di riforma della governance economica, ma dovranno essere elencati nei piani che gli Stati membri manderanno a Bruxelles;

    la complicata situazione dei conti pubblici italiani è stata confermata anche dai dati contenuti nelle previsioni economiche d'inverno, pubblicate a febbraio 2024: la Commissione europea ha infatti rivisto, al ribasso, rispetto alle aspettative contenute nelle previsioni economiche di novembre, le stime di crescita per l'Italia, tagliandole di - 0,2 per cento e portandole allo 0,7 per cento per il 2024; tali previsioni contraddicono di fatto anche l'azione governativa che ha basato l'ultima manovra di bilancio su una crescita superiore all'1 per cento;

    scontata è poi – come confermato dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze Giorgetti, in base all'indebitamento netto registrato dall'Italia nel 2023, la prossima apertura di una procedura per disavanzo eccessivo (Pde) nei confronti dell'Italia in relazione alla riforma della governance economica europea, in base alle raccomandazioni della Commissione europea,

impegna il Governo:

1) alla luce degli effetti applicativi che le rinnovate regole di governance economica europea avranno in termini di tagli alla spesa pubblica per il nostro Paese, censura fortemente l'operato del Governo in relazione al consenso manifestato al Patto di stabilità, dichiarato in sede di Ecofin del 21 dicembre 2023 e confermato in sede di Consiglio il 29 aprile 2024 con il via libera definitivo alle rinnovate regole di governance, e impegna altresì l'Esecutivo ad astenersi dall'assumere posizioni negoziali che confermino l'impostazione attuale del Patto di stabilità così come riformato, in conformità anche con la linea politica espressa dagli eurodeputati italiani sulla riforma in sede di ultima seduta del Parlamento europeo;

2) a voler assumere, in ogni sede europea, una posizione di netta contrarietà al rinnovato Patto di stabilità, facendosi portavoce della necessità di rinegoziare l'accordo, al fine, da una parte, di evitare nuovi vincoli e tagli agli investimenti per l'Italia, e dall'altra di includervi, tra i fattori da considerarsi rilevanti, anche le spese in investimenti strategici – tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – per prevenire politiche di austerità, preservare la qualità e il livello di spesa pubblica, evitare pesanti tagli allo Stato sociale e sostenere una crescita inclusiva e sostenibile di medio e lungo termine;

3) a scongiurare il rischio dell'apertura di una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo nei confronti dell'Italia, che la Commissione europea, a seguito dell'entrata in vigore delle nuove regole di bilancio, potrebbe raccomandare al Consiglio, alla luce dell'attuale rapporto di deficit dell'Italia in rapporto al Prodotto interno lordo al di sopra del 3 per cento in tutti gli anni dell'orizzonte previsivo.
(1-00279) «Conte, Scerra, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Fenu, Alfonso Colucci, D'Orso, Riccardo Ricciardi, Pellegrini, Torto, Caso, Ilaria Fontana, Iaria, Pavanelli, Barzotti, Quartini, Caramiello, Scutellà».

Risoluzione in Commissione:


   La Commissione VIII,

   premesso che:

    la legge 21 giugno 2022, n. 78, recante «Delega al Governo in materia di contratti pubblici», prevede, al comma 4 dell'articolo 1 che entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto o dei decreti attuativi della legge, il Governo può apportare ad essi le correzioni e integrazioni che l'applicazione pratica renda necessarie od opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi;

    con riferimento al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, recante «Codice dei contratti pubblici dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78», entrato in vigore dal 1° aprile 2023, sono state evidenziate difficoltà applicative e interpretative, nonché interventi di autorità terze e dell'Unione europea che ne rendono più complessa l'applicazione o impongono la necessità di una modifica;

    in particolare:

     1) all'articolo 50: «Procedure per l'affidamento» con riferimento alla procedura di cui al comma 1, lettera c), procedura negoziata senza bando, al fine di evitare possibili abusi dell'istituto, appare opportuno prevedere che la stazione appaltante garantisca una adeguata pubblicità preventiva e successiva all'adozione di tale metodologia di affidamento, bilanciando l'eventuale aggravio di adempimenti e costi per le stazioni appaltanti, con i minori rischi di contenzioso;

     2) all'articolo 60: «Revisione prezzi», l'attuale previsione non consente di disciplinare adeguatamente fattispecie contrattuali significativamente diverse quali sono i contratti ad esecuzione istantanea ed i contratti di durata pluriennale ad esecuzione continuata o periodica, come sono quelli dei servizi. In relazione al meccanismo della revisione, sarebbe opportuno rivalutare per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, una revisione annuale com'era previsto in precedenti edizioni del Codice (articolo 115 del decreto legislativo n. 163 del 2006) e introdurre ordinariamente meccanismi automatici di revisione;

     3) all'articolo 100: «Requisiti di ordine speciale» si stabilisce che anche per gli incarichi relativi ai servizi di ingegneria e architettura sia previsto che i professionisti esterni, ai fini dell'idoneità all'assunzione dei relativi incarichi, dimostrino la sussistenza dei requisiti di partecipazione relativi ai tre anni precedenti la data del bando. Tale previsione, difforme da quella prevista dal precedente Codice, in cui per i servizi di natura intellettuale tale limite era fissato a 10 anni, comporta l'esclusione dalla gran parte delle gare di molti liberi professionisti le società di progettazione. Si ritiene opportuno rivalutare tale limite, bilanciando l'esigenza di selezionare i professionisti sulla base di esperienza maturata in tempi prossimi alla procedura di affidamento, con la necessità di concedere agli stessi la possibilità di dimostrare la propria capacità di stare al passo con l'innovazione tecnologica e con le esigenze di adeguare ogni soluzione tecnica agli obiettivi di resilienza e sostenibilità ambientale;

     4) all'articolo 114: «Direzione dei lavori» si pone la necessità di evidenziare il ruolo di garante dell'esecuzione dei lavori in capo al direttore dei lavori, anche con riferimento alle proposte tecniche o alle soluzioni legate a migliorie, presentate dall'appaltatore in fase di gara, che, se accolte, debbano essere effettivamente recepite integralmente nel contratto, a garanzia del principio della responsabilità da parte della stazione appaltante, al fine di evitare una prassi corrente nella quale le migliorie in fase attuativa sono modificate a discrezione della Direzione dei lavori e della Stazione appaltante;

     5) all'articolo 116: «Collaudo e verifica di conformità», si propone di ridurre da sei mesi a quattro mesi i termini del collaudo finale o di ogni altra verifica prevista, quanto meno per le opere che non siano di rilevante importanza, al fine di consentire la sollecita liquidazione di quanto dovuto all'appaltatore, ai sensi dell'articolo 125, comma 7, del Codice, nonché dello svincolo della cauzione definitiva di cui all'articolo 117 del Codice e delle riserve previste dall'articolo 1669 del codice civile;

     6) all'articolo 117: «Garanzie definitive», al comma 1 appare opportuno, ferma restando la percentuale del 10 per cento del valore dei contratti stessi da costituire al momento della sottoscrizione del contratto applicativo definitivo, eliminare la cauzione del 2 per cento prevista per gli Accordi quadro (AQ) e rivalutare la congruità generale di tutte le forme di cauzione o fideiussione a «garanzia definitiva» in capo all'appaltatore aggiudicatario dell'accordo quadro, in quanto tali previsioni possono creare allo stesso una immobilizzazione di risorse che non trova giustificazione. La sottoscrizione del contratto dell'AQ non conferisce alcun diritto dell'aggiudicatario a vederselo onorato in tutta la sua compiutezza. Si è più volte verificata la circostanza in cui scadenza alla validità triennale o quadriennale cui è proiettato l'accordo quadro, non è stato maturato alcun contratto applicativo;

     7) all'articolo 119: «Subappalto», la possibilità di ricorrere al subappalto a cascata non viene specificatamente regolata. È necessario evitare che spazi interpretativi eccessivamente ampi possano generare un uso improprio dell'istituto. A fronte della previsione secondo cui la stazione appaltante è tenuta ad individuare la categoria di lavori o le prestazioni che, sebbene subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto, appare utile chiarire alcuni aspetti, quali: a) la possibilità di ricorrere al subappalto a cascata non oltre il «secondo livello»; b) la necessità che anche il subappalto a cascata venga autorizzato dalla stazione appaltante per il tramite dell'appaltatore; c) la specificazione che non possono essere oggetto di ulteriore sub-affidamento da parte del subappaltatore, contratti non qualificabili come subappalto;

     8) all'articolo 120: «Modifica dei contratti in corso di esecuzione», la possibilità di stabilire un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino ad un quinto dell'importo da contratto contrasta con la logica primaria secondo la quale, rispetto ad un importo contrattuale definito, l'appaltatore debba farsi carico di un possibile aumento delle prestazioni, contrattualmente sottoscritte, che inevitabilmente non potranno non incidere sulla voce «costi» in un mercato fortemente condizionato dalla volatilità dei prezzi. Una gestione sbagliata di tali questioni può comportare inevitabilmente danni economici capaci di portare all'insolvenza di aziende piccole e medie. Appare opportuna una maggiore aderenza di tale previsione con il disposto degli istituti del codice civile, con una previsione speciale in materia di revisione dei prezzi nell'ambito degli appalti articolo 1664 del codice civile e una previsione generale sulla riduzione della controprestazione in caso di impossibilità parziale della prestazione ex articolo 1464 del codice civile. È opportuno contemperare le due esigenze contrapposte di una corretta e flessibile gestione dell'appalto, con l'evidenza che i margini delle imprese sono spesso al limite dell'equilibrio economico finanziario;

     9) all'articolo 186: «Affidamenti dei concessionari», per garantire il potenziamento delle infrastrutture autostradali nei tempi certi dei piani di investimento, è necessario lasciare nella sfera organizzativa del concessionario una più ampia decisione in ordine alle modalità di realizzazione degli investimenti, lasciando una maggiore discrezionalità in capo al concedente nella individuazione delle quote di esternalizzazione di lavori, da determinarsi nel caso concreto anche in ragione delle specificità del singolo rapporto concessorio, del volume del piano di investimenti e della strategicità degli stessi per il rilancio del Paese, in conformità con le prescrizioni contenute nella legge delega e con quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 218 del 2021, laddove si afferma la necessità di bilanciare la libertà di iniziativa economica dell'imprenditore concessionario e l'esigenza di assicurare la piena concorrenza nel mercato di riferimento. È opportuno contemperare le due esigenze contrapposte di non comprimere eccessivamente la concorrenza e di assicurare contestualmente la capacità dei concessionari di adempiere rigorosamente agli obblighi del cronoprogramma degli investimenti nell'arco temporale concordato con il concedente,

impegna il Governo

ad adottare, ai sensi del comma 4 dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, un decreto legislativo correttivo del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, valutando la possibilità di inserirvi le seguenti modificazioni:

   1) implementare le forme di pubblicità preventiva e successiva con la duplice finalità di assicurare una maggiore trasparenza delle procedure e di ridurre i rischi di contenzioso;

   2) prevedere che, per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, la revisione sia annuale e sia adottata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi, applicando ai corrispettivi gli indici Istat Foi, ovvero assumendo a riferimento altro indice individuato dal Ministero di concerto con l'Istat per la specifica categoria merceologica. In tale ambito, a specificare altresì che il corrispettivo offerto sia aumentato o diminuito applicando le variazioni Istat all'indice basato su quello in essere alla data di presentazione dell'offerta;

   3) prevedere che per i servizi di ingegneria e architettura il requisito di capacità tecnica e professionale faccia riferimento al precedente decennio;

   4) prevedere che il direttore dei lavori sia preposto anche al controllo di tutte le specifiche tecniche risultanti dall'esito della gara, così come aggiudicata;

   5) ridurre da sei mesi a quattro mesi i termini del collaudo finale o di ogni altra verifica prevista, per le opere che non siano di rilevante importanza;

   6) prevedere, nelle procedure aventi ad oggetto accordi quadro, la soppressione della garanzia del 2 per cento posta a carico degli operatori economici aggiudicatari;

   7) in tema di subappalto, prevedere:

    a) che non siano ammessi ulteriori subappalti oltre quelli stabiliti dal primo subappaltatore;

    b) che i contratti non qualificabili come subappalto non possano essere oggetto di ulteriore affidamento da parte del subappaltatore;

   8) stabilire che la possibilità di stabilire un aumento o una diminuzione delle prestazioni nei contratti in corso di esecuzione sia limitata al 10 per cento dell'importo da contratto;

   9) prevedere che per i concessionari autostradali le quote di affidamento esternalizzato siano fissate in una misura variabile tra il 40 per cento e il 60 per cento, da determinarsi anche in ragione delle specificità del singolo rapporto concessorio.
(7-00220) «Mazzetti, Barelli, Cortelazzo, Battistoni, Nevi, Saccani Jotti, De Palma, Calderone, Tosi, Paolo Emilio Russo, Deborah Bergamini, Patriarca, Mulè, Nazario Pagano, D'Attis, Tenerini, Pittalis».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 1979 l'Iran è una Repubblica islamica presidenziale teocratica, presieduta dall'Ayatollah Ali Khamenei, ed è uno dei pochi Stati al mondo ad applicare la Shari'a;

   la legislazione iraniana limita fortemente le libertà individuali, comprimendo in particolar modo i diritti delle donne, le quali sono vittime di numerosi divieti come quello di cantare, ballare, guidare e hanno l'obbligo di portare l'hijab;

   la Shari'a prevede pene corporali, come la fustigazione, e la pena di morte per una serie di reati, come tradimento, omicidio, rapina a mano armata, blasfemia, reati economici, adulterio, omosessualità, stupro, prostituzione e droga, e secondo Amnesty International vi sono state in Iran almeno 251 esecuzioni capitali nel 2023;

   la polizia morale si occupa di far rispettare i divieti imposti dalla Shari'a e ha la facoltà di arrestare donne e ragazze che abbiano un abbigliamento considerato sconveniente;

   il 13 settembre 2022 a Teheran, la 22enne Curda Mahsa Amini è stata fermata e arrestata dalla polizia morale iraniana perché non indossava correttamente l'hijab ed è successivamente deceduta il 16 settembre, dopo due giorni di coma all'ospedale, sollevando con la sua morte le proteste del popolo iraniano, e suscitando indignazione e mobilitazioni a livello mondiale;

   in seguito alla violentissima repressione delle proteste, in data 17 ottobre 2022, il Consiglio Europeo ha sanzionato undici persone e quattro entità iraniane, tra le quali la polizia morale, per violazione dei diritti umani;

   Toomaj Salehi è un rapper iraniano, diventato famoso per i suoi testi di denuncia sociale contro la corruzione del Governo, la violazione dei diritti delle donne e l'uccisione dei manifestanti durante le sopracitate proteste;

   Salehi è già stato arrestato nell'ottobre del 2022, per il suo sostegno alle proteste, ed è stato condannato a sei anni e tre mesi di reclusione, evitando una condanna a morte grazie alla sentenzi della Corte suprema iraniana;

   tuttavia, come appreso da varie fonti di stampa, il 24 aprile del 2024, in seguito a nuove accuse di sedizione, propaganda contro il sistema e incitamento alle rivolte, causate principalmente dai testi delle sue canzoni, Salehi è stato condannato a morte;

   come dichiarato dal suo avvocato, tramite fonti di stampa del 24 aprile 2024, «il fatto che la sentenza del tribunale rivoluzionario contraddica la Corte suprema è considerata la parte più importante e allo stesso tempo più misteriosa di questo verdetto», dimostrando un accanimento del Governo iraniano contro ogni forma di dissenso e di protesta;

   Salehi ha 20 giorni per fare appello, prima che la sentenza diventi definitiva –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e se intenda, anche per il tramite delle rappresentanze diplomatiche, assumere le iniziative di competenza volte a interloquire con urgenza con le autorità iraniane al fine di revocare la pena di morte al rapper Toomaj Salehi.
(4-02734)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, per sapere – premesso che:

   il Servizio idrico integrato (S.I.I.) del Comune di Trevi nel Lazio, comune di poco più di 1.700 abitanti, che ricade nell'Area interna Lazio 3 e protetta (Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini), con decreto del Commissario ad acta, è transitato al gestore unico Ato2 (Lazio Centrale Roma), soc. Acea Ato2 s.p.a., a far data dal 20 settembre 2022;

   la gestione autonoma del S.I.I. di Trevi nel Lazio, il cui territorio è notoriamente ricco di acque, poteva essere fatta salva ad avviso dell'interpellante ricorrendo tutti i requisiti di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 147, comma 2-bis, lettera b), come modificato dalla legge n. 221 del 28 dicembre 2015 che, nell'indicare le caratteristiche, precisa: «...approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico»;

   l'amministrazione comunale di Trevi nel Lazio, in carica sia all'epoca dell'entrata in vigore della succitata legge n. 221 del 2015 che durante il passaggio del S.i.i. al gestore unico, secondo l'interpellante, per grave distrazione o per scarsa lungimiranza, non si avvaleva di tale prerogativa;

   il cambio di gestione del servizio idrico ha penalizzato gravemente i cittadini di Trevi nel Lazio, a cui sono state recapitate bollette dagli importi eccessivamente alti, dovuti ai costi di gestione della gestione della macchina organizzativa di Acea Ato 2 s.p.a. e alla complessa distribuzione dell'acqua per l'intero Lazio;

   il gestore unico ha acquisito un servizio con importanti problematiche, di natura tecnica e dovute all'approssimazione del precedente gestore (il Comune di Trevi), tali da mettere in discussione la stessa legittimità delle fatturazioni. In particolare è emersa la mancanza di letture dei misuratori idrici certe o, comunque, di affidabili serie storiche; ciò oltre all'impossibilità di accedere ai contatori delle singole utenze anche solo per l'autolettura da parte dei cittadini, essendo installati su suolo pubblico all'interno dei tombini stradali; inoltre, i ruoli forniti dal Comune di Trevi sono risultati inattendibili, oltre che per le stesse misurazioni dei consumi, sia per la mancata registrazione di numerosi allacci (circa 600), sia per la non corrispondenza dei numeri di matricola assegnati ai singoli misuratori;

   in questa situazione caotica Acea Ato2 s.p.a., ignorando ogni diritto del consumatore e in spregio ai criteri Arera, ha ritenuto comunque di procedere ad inviare le prime fatture relative ad un intero anno, ovvero dal 20 settembre 2022 (data di acquisizione del servizio) al 30 settembre 2023;

   sulla vicenda, come riportato da diverse notizie di stampa (vedasi Ciociaria oggi del 12 luglio 2022, 3 febbraio 2023, 4 marzo 2023 e 22 marzo 2024) il locale gruppo di minoranza del Comune di Trevi nel Lazio, attraverso interrogazioni consiliari, incontri pubblici e richieste di chiarimenti indirizzate sia al vecchio che al nuovo gestore, ha sollecitato l'opinione pubblica, favorendo anche la nascita di un comitato civico per la tutela dei cittadini;

   in risposta, Acea Ato 2 s.p.a., anche su pressione della stampa, messa di fronte alle numerose illegittimità denunciate, ha ritenuto di procedere alla sospensione dei pagamenti delle fatture già emesse, a copertura di un intero anno, e di quelle che si sarebbero dovute emettere a seguire;

   ad oggi i cittadini trebani hanno cumulato ben 19 mesi di consumi, spesso sprovvisti di lettura oggettiva e riscontrabile, ovvero basata su calcoli presunti, senza che fosse stato consentito loro di assolvere ai dovuti pagamenti in modo corretto, continuando a cumulare consumi che determineranno pesanti conseguenze per i singoli utenti e per le loro famiglie;

   occorre evidenziare che il sindaco di Trevi, non solo non ha richiesto l'esclusione dall'obbligo del transito al gestore unico, ma ha proposto ricorso al Presidente della Repubblica contro la nomina del Commissario ad acta, risultato però, tardivo ed inutile;

   a giudizio dell'interpellante la stessa Acea Ato2 s.p.a., allo stato, non sembra essere in grado di mettere in campo strategie risolutive alla problematica, mentre sarebbe opportuno perseguire, per Trevi come per tutti i comuni ricadenti all'interno delle aree interne, un consistente abbattimento del canone dell'acqua, attraverso l'introduzione di una norma specifica, che renderebbe giustizia alle popolazioni interessate e contribuirebbe ad impedire il fenomeno dello spopolamento delle aree interne, con gravi ripercussioni sull'economia del territorio –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, alla luce di quanto descritto in premessa, il Ministro interpellato intenda adottare per individuare una soluzione che possa tutelare le popolazioni interessate e che contribuisca, nel contempo, ad impedire lo spopolamento delle aree interne, con evidenti ricadute negative sull'economia del territorio.
(2-00367) «Paolo Emilio Russo».

Interrogazione a risposta orale:


   DORI, ZANELLA e BORRELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, come riporta il sito de il Fatto Quotidiano la regione Lombardia ha depositato ufficialmente la richiesta all'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) al fine di riaprire gli impianti destinati al prelievo dell'avifauna – e chiusi da cinque anni, dopo una sentenza del Consiglio di Stato – e per sparare, in deroga alla legge vigente, a fringuello, pispola, peppola storno e piccione;

   nel 2014, l'Unione europea aveva aperto una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia in merito alla gestione senza regole dei roccoli, utilizzati per la cattura degli uccelli migratori attraverso le reti (pratica vietata). Se la richiesta della regione Lombardia andrà nella direzione della liberalizzazione, l'Unione europea potrà fare affidamento sulla «direttiva uccelli» per sanzionare il nostro Paese;

   peraltro giova ricordare che già nel 2014 il Governo italiano aveva annullato le delibere delle regioni che mantenevano in funzione gli impianti di cattura. Quindi l'anno successivo, con l'articolo 21 della legge europea, veniva vietato l'utilizzo delle reti per l'approvvigionamento dei richiami vivi;

   nel 2019 la regione Lombardia aveva previsto la cattura di 12.700 tra merli, tordi sassello, tordi bottaccio e cesene, ma prima il Tribunale amministrativo regionale e poi il Consiglio di Stato (su ricorso presentato da Enpa, Lac, Lav, Lipu e Wwf) hanno imposto la chiusura dei roccoli. Un passaggio che sembrava aver posto la parola fine a un'attività che molto spesso ha coinciso col bracconaggio: i roccoli storicamente sono nati – e sono serviti – per l'uccellagione;

   si ricorda che l'Unione europea ha già aperto delle procedure EU Pilot nei confronti dell'Italia per violazione delle norme europee in materia di caccia e di prelievo venatorio, in particolare per mancato rispetto della «direttiva uccelli» (2009/147 CEE) e del regolamento europeo 2021/57. Alle procedure Pilot, seguirà una procedura d'infrazione contro l'Italia se la nostra normativa non sarà modificata –:

   quali iniziative di competenza si intendano garantire affinché si contrastino richieste delle regioni, come quella di cui in premessa, finalizzate a riaprire gli impianti destinati al prelievo dell'avifauna, e se non si intendano adottare tutte le iniziative normative al fine escludere l'avvio di onerose procedure di infrazione da parte dell'Unione europea per violazione delle norme europee in materia di caccia e di prelievo venatorio.
(3-01177)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ALFONSO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'esplosione del 9 aprile 2024 nella centrale idroelettrica di Bargi, gestita da Enel green power sul lago di Suviana, è costata la vita a sette operai, appartenenti a ditte esterne all'Enel;

   gli aspetti da chiarire sulle cause del disastro sono numerosi e gli esperti e la procura faranno luce sulla vicenda, ma è certo che si ripropongono due temi: sicurezza nei luoghi di lavoro e situazione strutturale degli invasi;

   se si considera che gli incidenti mortali in vari cantieri in Italia, soprattutto nella logistica, nell'edilizia e nei lavori pubblici, hanno riguardato per lo più lavoratori di ditte in appalto, viene il dubbio che il frazionamento delle opere, unito alla pressione dovuta al rispetto di tempi e costi, contribuisca ad operare in senso negativo per la salute e la sicurezza dei lavoratori. È necessario che chi affida il lavoro si faccia garante della sicurezza dell'impianto e dei lavoratori e che adotti una politica di prevenzione che assicuri l'applicazione delle norme e miri a radicare una cultura della sicurezza anche prioritaria rispetto alla realtà produttiva;

   per quanto riguarda gli invasi, fondamentale è il monitoraggio durante l'intera vita utile delle infrastrutture, soprattutto per i mutati equilibri climatici, per il verificarsi di eventi estremi, rispetto ai quali potrebbero non essere state dimensionate;

   l'idroelettrico è la chiave della transizione energetica e non si può consentire che la carenza manutentiva dei bacini provochi incidenti che oltre all'inaccettabile perdita di vite umane, comporti danni per centinaia di milioni di euro, la chiusura della diga, analisi ingegneristiche complesse, di non breve durata;

   non esiste ancora un sistema ricognitivo degli invasi, spesso gestiti tramite rapporti di concessione e il cui stato spesso non è noto neppure agli stessi concessionari;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2014 stabilisce che, per le «grandi dighe», la prefettura competente approva il documento di protezione civile, elaborato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il supporto della regione e, sulla scorta di questo, viene redatto ed approvato dalla Protezione civile regionale il piano di emergenza;

   in Abruzzo sono attive 14 dighe nazionali, 53 regionali e 2.364 invasi ex provinciali. Tra questi il secondo bacino più grande d'Europa è l'invaso di Campotosto (L'Aquila), collocato su una faglia parzialmente riattivata dalle scosse telluriche verificatesi in Abruzzo;

   dopo il gennaio 2017, su sollecitazione dell'interrogante allora Presidente della regione, è iniziata l'attività di redazione della documentazione, e risulta che, le «grandi dighe» sono dotate del documento di protezione civile, ma, ad oggi questo manca ancora per 4 dighe regionali e non sono ancora disponibili tutti i piani di emergenza;

   è urgente lavorare a una programmazione pubblico-privata, dove anche il gestore della diga si faccia carico di responsabilità economiche per la sua sicurezza –:

   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare:

    a) per contrastare il fenomeno di incidenti sul lavoro;

    b) perché la struttura ministeriale responsabile delle dighe attui la vigilanza indispensabile per conoscere lo stato strutturale degli invasi, individuando quelle che necessitano interventi, con particolare attenzione a quelle prioritarie per rilevanti bacini di utenza in aree sismiche e ad elevato rischio idrogeologico;

    c) per avere un riscontro sull'utilizzo delle risorse economiche già concesse per le infrastrutture in questione e quelle ancora necessarie e programmarne la loro destinazione ed assegnazione;

    d) per avere la certezza dell'applicazione di un manuale di manutenzione costantemente aggiornato;

    e) per instaurare una collaborazione con le regioni nella gestione degli invasi, in caso di interventi urgenti;

    f) perché si pervenga, in tempi rapidi, al completamento della documentazione, che già la normativa aveva previsto dal 2014.
(4-02729)

CULTURA

Interrogazione a risposta orale:


   ZANELLA. — Al Ministro della cultura, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nello schema del protocollo d'intesa per il progetto integrato di valorizzazione funzionale del compendio dell'Arsenale di Venezia approvato con deliberazione del consiglio comunale di Venezia n. 18 del 3 marzo 2022, all'articolo 4 punto a. 5) – protocollo successivamente sottoscritto in data 22 aprile 2022 tra Ministero della difesa, Ministero della cultura e Comune di Venezia – veniva previsto «il transito dei mezzi per il trasporto pubblico collettivo e dei mezzi di soccorso nel Canale delle Galeazze interessando il bacino della “Darsena Arsenal Vecchio” e quello della “Darsena delle Galeazze” una volta eseguiti i lavori di consolidamento delle rive e delle torri di accesso all'Arsenale, previo parere favorevole della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna e valutati gli aspetti di sicurezza correlati alle situazioni»;

   gli interventi di risanamento delle banchine della Darsena arsenal vecchio e della Darsena delle Galeazze presso l'Arsenale di Venezia sono previsti dall'accordo di programma del 4 luglio 2023 tra Comune, Biennale, Ministeri della difesa e della cultura;

   il traffico acqueo di mezzi per il trasporto pubblico è stato sospeso decenni fa, proprio per i danni gravissimi che il passaggio aveva procurato alle strutture antiche dell'Arsenale, alle rive, ai ponti e ai fabbricati che si affacciano sul rio dell'Arsenale e sul canale delle Galeazze;

   i punti più fragili e vulnerabili al moto ondoso sono le fondazioni delle banchine e degli edifici che affacciano direttamente in acqua tra i quali, in particolare, le due storiche torri della porta d'acqua che segnano l'immissione del Rio dell'Arsenale nella Darsena Vecchia, le quali sono state restaurate e parzialmente ricostruite alla fine dei Seicento e oggetto di un complesso intervento di consolidamento strutturale nella prima metà dell'Ottocento;

   nell'esecuzione dei lavori di «riparazione» delle voragini causate dal moto ondoso in Rio dell'Arsenale, oltre vent'anni fa, da parte di magistrato alle acque e consorzio Venezia Nuova, si evitò di intervenire nel tratto di canale più vicino alle torri ritenendo che pesanti interventi di consolidamento (con la posa, ad esempio, di sottofondazioni in cemento armato) non fossero adatti ad ovviare alla fragilità delle due torri;

   data l'inderogabile esigenza di tutelare il complesso storico e monumentale dell'Arsenale di Venezia, non si ritiene possa essere consentita nella sua parte più antica la riapertura indiscriminata al traffico acqueo dei mezzi di trasporto pubblico, dei lancioni turistici, dei taxi e delle barche di approvvigionamento per creare un collegamento veloce tra la laguna nord e il bacino di San Marco; non risulta essere mai stata rilasciata dalla Soprintendenza una specifica autorizzazione che consenta una riapertura al traffico acqueo dei mezzi di trasporto nel Rio dell'Arsenale e nel Canale delle Galeazze –:

   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative di propria competenza intendano adottare a tutela del complesso storico e monumentale dell'Arsenale di Venezia e se non ritengano urgente intervenire presso le competenti autorità affinché venga revocato ogni provvedimento teso a ripristinare il traffico acqueo di mezzi a motore, salvo ovviamente i mezzi di soccorso, nella darsena vecchia dell'Arsenale e nel Rio delle Galeazze e perché sia data al contempo priorità agli interventi di studio e restauro delle strutture fondazionali delle storiche torri della Porta d'Acqua dell'Arsenale e delle rive del Rio dell'Arsenale, ribadendo che questi devono essere ispirati ai principi della tutela e della conservazione, senza alcun ricorso a operazioni invasive, con irreversibili strutture in calcestruzzo armato, pensate con il solo fine di consentire una riapertura al traffico acqueo.
(3-01179)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   GHIRRA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-01708 dell'11 ottobre 2023 l'interrogante ha interrogato il Ministro della difesa e il Ministro dell'interno, in merito alla imponente presenza delle servitù militari in Sardegna e sull'opportunità di una generale ridefinizione della presenza militare nell'Isola, anche in ragione degli insufficienti e inadeguati indennizzi riconosciuti ai comuni interessati dalle servitù in ragione delle limitazioni imposte alle attività produttive, ma corrisposti con notevole ritardo;

   com'è noto, alla Sardegna è imposto il peso di una gran parte delle servitù militari nazionali: risultano infatti asservite a fini militari zone di territorio pari a 37.374 ettari, di cui 23.766 demanio e 13.608 servitù militari – in particolare, le aree di servitù a mare superano la superficie dell'intera Sardegna – nelle quali sono interdette per gran parte dell'anno molte delle normali attività umane ed economiche, ivi comprese, nelle vaste porzioni di mare prospicienti le zone di esercitazione, quelle di ancoraggio e pesca;

   le limitazioni che le servitù militari comportano contribuiscono a frenare la ripresa dalle condizioni sistemiche di crisi sociale, economica, infrastrutturale che attanagliano la Sardegna, e impongono alle comunità che le subiscono un sacrificio anche in termini di insalubrità ambientale a causa delle mancata bonifica dei luoghi teatro di esercitazioni con materiali tossici e inquinanti;

   con risposta scritta del 23 aprile 2024 pubblicata nell'allegato B della seduta n. 283, il Ministro della difesa ha ribadito quanto già affermato in occasione di un'interrogazione a risposta immediata, a firma della medesima interrogante, svolta il 21 giugno 2023, che «l'attuale quadro strategico non consente di ragionare in termini di riduzioni di attività delle Forze armate (in Sardegna, n.d.r.) e, in tale contesto, la difesa assicura e assicurerà, invece, ogni possibile contributo per lo sviluppo sostenibile della regione autonoma Sardegna (RAS) attraverso investimenti volti a incrementare la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico, l'innovazione, anche in chiave duale, nonché programmi di sviluppo industriale e civile, quindi non solo militari, a testimonianza della centralità che tale regione ha nello sviluppo del Paese. L'attuale percorso di collaborazione tra la regione autonoma Sardegna e il Ministero difesa (Md) è solido e reciprocamente proficuo e soddisfacente. Il territorio sardo rimane strategico e rilevantissimo per la difesa, quale risorsa preziosa per supportare le attività addestrative nazionali in un contesto geostrategico internazionale di nota gravità e complessità» –:

   in cosa consistano esattamente i citati investimenti volti a incrementare la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico, l'innovazione, anche in chiave duale, nonché i programmi di sviluppo industriale e civile, quindi non solo militari, a testimonianza della centralità che la regione autonoma della Sardegna ha nello sviluppo del Paese;

   quali siano i progetti definiti o in via di definizione; a quanto ammontino gli investimenti citati e per quali finalità siano stati previsti.
(4-02739)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 29 marzo 2024, n. 39, all'articolo 1 restringe l'ambito di applicazione dell'esenzione dal generale divieto di esercizio dell'opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali, riconosciuto dal decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, ad alcune specifiche categorie di contribuenti. Inoltre, viene introdotta una norma che pone fine ad alcune eccezioni previste dal medesimo decreto-legge n. 11 del 2023, qualora non risulti sostenuta alcuna spesa, documentata da fattura, per lavori effettuati;

   sono molti i condomìni che, facendo legittimo affidamento sulle agevolazioni fiscali previste decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38, hanno deliberato i relativi interventi sul proprio caseggiato, dando altresì seguito agli adempimenti successivi, quali l'esecuzione della fase di studio e di progettazione degli interventi stessi (con pagamento della rispettiva fattura), la presentazione della Comunicazione inizio lavori asseverata (Cilas), l'accensione di un finanziamento e l'affidamento dell'appalto;

   tuttavia, il nuovo intervento ha irrigidito, in particolare, i requisiti di accesso anche da parte di coloro che non solo avevano deliberato di effettuare gli interventi ma ancor più avevano iniziato a dare esecuzione alla propria delibera, assumendo peraltro impegni con soggetti terzi che, in ipotesi di mancanza del bonus, rischierebbero di non essere adempiuti correttamente, con ogni conseguenza in termini di esposizione debitoria. Tale circostanza risulta essere comune a molte situazioni, dal momento che le vicende condominiali afferenti ai noti interventi in questione scontano lungaggini e tempi di perfezionamento gravosi;

   pertanto, a causa degli adempimenti burocratici, delle abbastanza comuni opposizioni presentate dai condòmini dissenzienti, nonché delle difficoltà nel reperire il denaro necessario per far fronte alle spese di intervento, diversi condomìni, che avevano deliberato per gli interventi da effettuare nel proprio edificio fruendo delle agevolazioni previste dal decreto dello scorso anno, hanno visto un allungamento delle tempistiche necessarie a dar luogo all'inizio dei lavori. Le modifiche normative apportate, però, hanno determinato in svariati casi un congelamento dell'inizio dei lavori –:

   quali interventi normativi intenda introdurre al fine di tutelare i molti cittadini che, in virtù delle agevolazioni fiscali previste decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38, hanno assunto impegni e posizioni debitorie significative e ad oggi si trovano a non poter più fruire del suddetto beneficio.
(4-02740)


   GIRELLI e MEROLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° gennaio 2024 è in vigore l'obbligo generalizzato di emissione di fattura elettronica, anche per i soggetti esclusi fino al 31 dicembre 2023, quali soggetti minimi, forfettari ed enti non commerciali;

   con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate dell'8 marzo 2024 sono state introdotte le conseguenti novità per la fatturazione verso i forfettari e gli enti non commerciali in vigore dal 20 marzo 2024;

   in particolare, i soggetti forfettari, nonché i soggetti in regime di vantaggio sono tenuti a comunicare al cedente o prestatore un indirizzo telematico certificato (Pec) fermo restando che in caso contrario l'emittente può comunque utilizzare il codice convenzionale «0000000» e il SdI mette a disposizione la fattura elettronica nell'area riservata del destinatario;

   anche gli enti non commerciali possono fruire del servizio previsto per i titolari di partita Iva di registrazione dell'indirizzo telematico (Pec o codice destinatario) presso il quale intendono ricevere le proprie fatture;

   per quanto segnalato all'interrogante, diversi contribuenti forfettari che utilizzano il programma di fatturazione dell'Agenzia delle entrate lamentano problemi in relazione al funzionamento dell'applicativo in conseguenza della citata modifica –:

   se sia a conoscenza delle problematiche riscontrate a seguito delle ultime modifiche normative che riguardano l'obbligo generalizzato di emissione di fattura elettronica anche per i soggetti esclusi fino al 31 dicembre 2023, quali soggetti minimi, forfettari ed enti non commerciali e se intende chiarire come i contribuenti possano continuare ad utilizzare l'applicativo dell'Agenzia delle entrate a tal fine anche definendo, eventualmente, uno specifico codice identificativo SdI.
(4-02744)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CURTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi periodi lo stato del sistema penitenziario italiano sta generando una diffusa preoccupazione a causa del progressivo degrado delle condizioni di detenzione. Secondo i dati diffusi dall'Associazione Antigone numeri del carcere in Italia continuano lentamente, ma inesorabilmente, a crescere. Al 31 marzo 2024, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti, i presenti nelle nostre strutture erano 61.049;

   il 2022 è invece passato alla storia come l'anno con più suicidi in carcere di sempre, il Garante Nazionale comunica che sono state 85 le persone ad essersi tolte la vita all'interno di un istituto penitenziario, nel corso dell'anno, nel 2023 sono state 69 mentre a tutto il mese di febbraio 2024, ammontano già a 16;

   in questo senso risulta emblematico il dato riferito alla casa circondariale di Ascoli Piceno dove, sempre secondo il report di Antigone, nel 2022 ben 22 detenuti su 100 hanno tentato il suicidio mentre 2 hanno purtroppo perso la vita. Si tratta di un tragico primato che richiede di elevare il livello di attenzione;

   da una visita effettuata presso l'istituto, il 22 aprile 2024, è apparso evidente come le criticità oggi riscontrabili trovino origine dal declassamento a «casa circondariale». Si tratta infatti di un complesso concepito per fungere da struttura di «massima sicurezza», così come previsto in origine dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, con spazi rapportati a un regime detentivo rigido e oggi costretta a dover gestire pressanti e rinnovate esigenze logistiche;

   questa considerazione diviene addirittura drammatica con riguardo ai detenuti affetti da patologie psichiatriche: presso l'istituto è presente infatti l'unica articolazione per la salute mentale di tutte le Marche. La struttura oggi ne accoglie circa quindici, a fronte della capacità di ospitarne cinque, di cui due «in osservazione». Si tratta di un numero superiore rispetto a quello assegnato ai sensi degli articoli 11 dell'ordinamento penitenziario di cui il 75 per cento circa proveniente da altre regioni in contrapposizione all'accordo Stato-regioni nel quale è previsto che ogni ente faccia fronte ai propri bisogni di ricovero dei predetti detenuti psichiatrici. La generale limitazione dei posti presso la sezione dedicata a coloro che sviluppano una patologia psichiatrica nel corso della detenzione, o che sono stati condannati per vizio parziale di mente, comporta una lunga lista di attesa e la conseguente permanenza nelle sezioni ordinarie, non attrezzate per le loro specifiche esigenze. Si tratta di un problema di grave sovraffollamento focalizzato vieppiù su una categoria ad altissimo rischio e che, purtroppo, può favorire epiloghi tragici;

   dalla visita alla casa circondariale di Ascoli Piceno sono poi emerse problematiche relative all'inadeguatezza degli impianti igienici, in particolare nel reparto Marino non sono presenti le docce nelle camere detentive. Si tratta ovviamente di una carenza che aggrava ulteriormente le condizioni di detenzione;

   infine è stato segnalato come, in seguito a episodi di violenza, verbale o fisica, perpetrati dai detenuti nei confronti del personale carcerario e della direzione, alla comminazione della prevista misura del trasferimento del reo presso altra struttura, non corrisponda l'effettiva esecuzione della stessa. Da ciò origina una diffusa sensazione di impunità che alimenta episodi cruenti a discapito del clima generale anche in pregiudizio di quei detenuti i quali, al contrario, mantengono una sostanziale correttezza dei comportamenti –:

   quali iniziative di somma urgenza intenda avviare al fine di risolvere le criticità evidenziate presso la casa circondariale di Ascoli Piceno, con particolare riguardo alla carenza di strutture adeguate a gestire i detenuti affetti da patologie psichiatriche e il sottodimensionamento delle docce nelle camere detentive.
(5-02319)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENZONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   tra i 2.300 nuovi posti per i detenuti previsti dal piano di edilizia penitenziaria, recentemente illustrato in risposta a un'interrogazione parlamentare sull'emergenza carceri, 200 sono stati assegnati al carcere di Brescia-Verziano, per il quale si procederà a svolgere una ristrutturazione e un ampliamento, con la creazione di un nuovo padiglione;

   la nuova opzione su cui sarebbero al lavoro i tecnici ministeriali non è però sufficiente. Rimarrebbero, infatti, la vetustà, l'inadeguatezza di spazi e il degrado della casa circondariale di Brescia-Canton Monbello «Nerio Fischione», che andrebbe definitivamente chiusa perché non più in grado di rispondere alla funzione di recupero e risocializzazione di chi sta scontando la propria pena detentiva;

   inoltre, il progetto contro il sovraffollamento delle carceri parrebbe affrontare solo parzialmente la questione, prevedendo il trasferimento di una parte dei detenuti del «Nerio Fischione» a nuove strutture;

   la sindaca di Brescia, all'indomani della conferma – da parte del Sottosegretario Delmastro Delle Vedove – che l'intervento sulle strutture carcerarie cittadine sarebbe stato ricompreso nel rifinanziamento del piano di edilizia carcerario, ha reso edotto della situazione il Ministro interrogato tramite una lettera formale, in cui chiedeva di istituire un tavolo di lavoro e di confronto che comprendesse anche il comune di Brescia. Nonostante i solleciti e le interlocuzioni informali, non è però pervenuta alcuna risposta –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda realizzare affinché il nuovo piano di edilizia penitenziaria sia in grado offrire soluzioni concrete, efficaci e funzionali a risolvere il problema del sovraffollamento negli istituti di reclusione, con particolare riferimento a quelli della città di Brescia.
(4-02727)


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dinanzi al tribunale penale di Cassino è pendente un processo per corruzione nel settore urbanistica del comune di Gaeta. Invero, in sede di avviso di conclusione delle indagini preliminari, il sostituto procuratore della Repubblica chiedeva il rinvio a giudizio di oltre dieci persone, le quali, in concorso tra loro, rispondevano, oltre che dei reati di abusivismo edilizio previsti e puniti dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia e dal codice dei beni culturali e del paesaggio, altresì, per reati di corruzione, nonché per abuso d'ufficio, falso e danneggiamento, commessi dal 2011 al 2017;

   gli uffici della procura di Cassino individuavano nella persona di un noto geometra dipendente del comune di Gaeta, il dominus della gestione illegale e irregolare dell'edilizia privata, il quale di concerto con altri tecnici liberi professionisti e funzionari comunali, approvava – a fronte di cospicue utilità – pratiche edilizie in spregio a quei doveri di fedeltà, vigilanza, correttezza, imparzialità e segretezza impostigli dal ruolo ricoperto;

   fermo restando che competerà al magistrato requirente accertare e confermare la responsabilità degli imputati, ad avviso dell'interrogante non si comprendono le ragioni per le quali, in sede di indagini preliminari, non siano stati iscritti nel registro degli indagati i soggetti proprietari degli immobili interessati dalle pratiche – illecite – di condono, sanatoria ovvero ampliamento dalle quali, a ben vedere, derivano proprio i fatti per i quali vi è processo;

   del resto, dalla lettura della richiesta ex articolo 416 del codice di procedura penale, i soggetti privati interessati al buon esito delle pratiche appaiono noti alla procura, la quale è finanche a conoscenza degli importi da questi versati affinché il procedimento trovasse esito favorevole e atteso che il codice penale prevede, expressis verbis, all'articolo 321, l'estensione delle pene previste per il corrotto anche al corruttore, disciplinando quella che è conosciuta come corruzione attiva per la quale non si richiede che il soggetto attivo sia un soggetto qualificato (pubblico ufficiale ovvero incaricato di pubblico servizio) ben potendo trattarsi di un privato;

   in ultimo si evidenzia l'atteggiamento, quanto meno singolare, tenuto dal comune di Gaeta, il quale certamente persona offesa dal reato non ha poi, in sede processuale, avanzato richiesta di costituzione come parte civile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, per quanto di competenza, intenda assumere iniziative anche di carattere normativo per rafforzare l'effettivo perseguimento dei soggetti attivi del reato di corruzione.
(4-02737)


   GRIBAUDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno del persistente sovraffollamento carcerario affligge le istituzioni penitenziarie italiane, causando un insostenibile deterioramento delle condizioni di detenzione e minando la dignità e diritti fondamentali dei detenuti;

   nell'ultimo periodo sono numerose le segnalazioni e le relazioni ufficiali che documentano casi di violenza, abusi e trattamenti inumani o degradanti perpetrati all'interno delle carceri italiane, sia da parte di detenuti che da parte del personale addetto alla sorveglianza;

   è urgente aumentare il numero di personale penitenziario, al fine di garantire un controllo efficace delle strutture carcerarie e prevenire situazioni di pericolo per la sicurezza di detenuti e operatori;

   il carcere di Cuneo risulta affrontare quotidianamente importanti difficoltà legate alla gestione del personale per mancanza di un quadro intermedio, che risulta oggi essere composto da 9 tra ispettori e sovrintendenti a fronte dei 46 previsti;

   nel carcere di Torino il fenomeno del sovraffollamento ha raggiunto dimensioni al limite della gestibilità (circa 1.500 detenuti a fronte di una capienza tollerata di 1.091 detenuti);

   secondo l'Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp) il carcere di Biella invece sarebbe addirittura al di sotto della normale capienza: 322 detenuti a fronte di una capienza ordinaria di 370 e una tollerabile di 570; in questo contesto, peraltro il carcere di Biella si distinguerebbe per il frequente invio da parte del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria di personale di polizia penitenziaria in missione per 110 euro di compenso giornaliero forfettari (ancora oggi, dopo svariati mesi, a Biella vi sono 5 ispettori e un comandante in missione forfettaria): tema questo su cui l'Osapp ha già chiamato in causa la Corte dei conti; il fatto che il carcere di Biella sia sottoutilizzato fa sì che il tasso di sovraffollamento del distretto sia meno allarmante, motivo per cui arrivano detenuti anche da altri distretti in caso di sfollamenti da altri istituti, come dalla Lombardia, che vengono indirizzati su strutture già al limite e non su quelle che potrebbero realmente accoglierli –:

   se allo stato attuale il Ministro interrogato abbia provveduto a definire una precisa strategia finalizzata a intervenire in maniera prima urgente e poi strutturale per contrastare il fenomeno del sovraffollamento carcerario negli istituti del territorio nazionale e piemontese e garantire condizioni di lavoro dignitose e appropriate alla polizia penitenziaria;

   per quali ragioni in un contesto nazionale così drammatico per le carceri quello di Biella non venga sfruttato nella sua totale potenzialità e vi sia un ricorso così frequente e spropositato alle missioni.
(4-02742)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCARI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   la città di Carpi è riconosciuta come una delle capitali europee del tessile-abbigliamento, specializzata nella produzione di maglieria e confezioni made in Italy;

   il distretto del tessile abbigliamento di Carpi, che comprende i comuni di Carpi, Cavezzo, Concordia, Novi e San Possidonio, rappresenta un'area ad alta specializzazione con un'incidenza degli addetti nel tessile rispetto all'industria manifatturiera pari al 60,9 per cento;

   le imprese del distretto, che contribuiscono in modo significativo al fatturato nazionale del settore (4 per cento), si caratterizzano per un sistema di piccole e piccolissime imprese che garantiscono grande flessibilità attraverso la subfornitura;

   la regione, in particolare il territorio Carpigiano, ha subìto gravi contraccolpi economici dovuti alla pandemia, all'aumento dei costi delle materie prime e dell'energia, oltre agli effetti del conflitto in Ucraina, con la quale il distretto ha significativi scambi commerciali, provocando gravi conseguenze in termini di chiusure di imprese e lasciando senza lavoro, lavoratori e lavoratrici altamente specializzati e non di facile ricollocazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e considerata la crisi settoriale esacerbata dalla pandemia globale, dalla guerra in Ucraina, dal conflitto in Medioriente, dal rincaro delle materie prime e dell'energia, quali misure urgenti di competenza intenda proporre per supportare e garantire la continuità operativa delle imprese del distretto di Carpi, specialmente quelle di piccola dimensione che costituiscono la maggioranza;

   quali iniziative strategiche di competenza preveda il Ministro per incrementare la visibilità e il riconoscimento internazionale del distretto di Carpi come capitale della maglieria e dell'abbigliamento, al fine di espandere ulteriormente il mercato di esportazione per i prodotti made in Carpi;

   data l'importante presenza di microimprese all'interno del distretto, quali siano i piani del Ministro per facilitare l'accesso a finanziamenti, tecnologie innovative e formazione per queste aziende, in modo da potenziare la loro competitività e sostenibilità a lungo termine;

   alla luce dell'importanza di sostenere le piccole e piccolissime imprese del distretto nella loro opera di internazionalizzazione mediante la partecipazione a fiere internazionali sia in Italia che all'estero, se intenda assumere iniziative di competenza tese all'introduzione di un credito di imposta, in forma percentuale, del costo di acquisto dello spazio espositivo e dei servizi collegati all'interno dei quartieri fieristici di settore, di cui l'azienda possa beneficiare, in F24, in tempi contenuti rispetto al momento in cui ha sostenuto il costo per l'acquisto;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di rendere più agevole l'ottenimento di certificazioni di qualità che valorizzino il loro impegno nel mantenere alti standard di produzione e sostenibilità, incrementando così la loro attrattività sui mercati nazionali e internazionali.
(4-02741)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal 9 giugno 2024 per almeno tre mesi, la linea ferroviaria internazionale tra Domodossola e Milano verrà interrotta per consentire i lavori sulla tratta Arona-Verbania, con significative conseguenze sui viaggi tra la Svizzera e l'Italia, in particolare durante il periodo di vacanza;

   i viaggiatori delle Ferrovie federali svizzere (FFS) diretti in Italia dalla Svizzera francese o da Berna dovrebbero prendere un autobus per percorrere i 130 chilometri tra Domodossola e la stazione Centrale di Milano, aggiungendo un'ora di viaggio a causa della deviazione su strada;

   la Commissione dei trasporti della Camera bassa del Parlamento elvetico sta valutando di richiedere interventi alle autorità italiane, come l'attivazione di un collegamento alternativo che passi da Borgomanero e Novara, per mitigare gli impatti della chiusura della linea ferroviaria;

   la chiusura della linea tra Briga e Domodossola ad agosto potrebbe ulteriormente complicare i viaggi tra Ginevra e Milano, con possibili privilegi per i viaggi su strada anziché in treno;

   i lavori di adeguamento delle gallerie Stresa e Arona, primo lotto delle opere di ammodernamento del corridoio Lötschberg Sempione, comportano l'interruzione della circolazione ferroviaria dalle 10 alle 15 di tutti i giorni feriali lungo la tratta ferroviaria Domodossola-Milano;

   a partire dall'8 giugno 2024 e fino al 9 settembre 2024 è previsto lo stop totale dei treni lungo l'asse ferroviario Domodossola-Arona;

   è stata annunciata una chiusura parziale dei treni tra le stazioni di Domodossola e Premosello Chiovenda dal 2 al 30 aprile 2024 per consentire il potenziamento infrastrutturale della linea;

   i cambiamenti al traffico regionale dovuti ai lavori comporteranno la modifica degli orari di partenza e arrivo dei treni lungo la tratta interessata, creando gravi disagi in special modo ai lavoratori transfrontalieri, che percorrono la tratta quotidianamente –:

   se voglia fornire chiarimenti in merito alle misure adottate per garantire un adeguato servizio di trasporto pubblico durante la chiusura della linea ferroviaria internazionale e nazionale tra Domodossola e Milano e Domodossola Arona, considerando l'impatto sui viaggiatori e le possibili soluzioni alternative per ridurre i disagi causati dalla deviazione su strada.
(5-02317)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   DORI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da molti anni, in prossimità del 27 aprile, a Dongo (Co) e a Giulino di Mezzegra (Co) si radunano centinaia di militanti dell'estrema destra neofascista, che utilizzano simboli, divise e bandiere di stampo fascista, per commemorare l'esecuzione di 16 gerarchi fascisti e la fucilazione di Benito Mussolini e Claretta Petacci;

   anche quest'anno, esattamente il 28 aprile 2024, il movimento nazifascista «Dodici Raggi» (Do.ra.) e Forza Nuova hanno guidato i partecipanti alla commemorazione in riti e parate di esplicita matrice fascista, col saluto romano e cori inequivocabili, quali ad esempio «Faccetta nera»;

   a Dongo una settantina i nostalgici neofascisti hanno depositato davanti alla ringhiera del lungolago una rosa per ogni gerarca ucciso: al termine, hanno fatto il saluto romano;

   a Giulino di Mezzegra, una ventina di chilometri di distanza da Dongo, duecento neofascisti sono giunti da tutta la Lombardia per partecipare alla commemorazione di Benito Mussolini e Claretta Petacci: alle 11.30 nella chiesa parrocchiale di Mezzegra è stata celebrata la messa dal parroco don Ferruccio Ortelli, con molti partecipanti in giubbotto nero e, dopo un omaggio al monumento ai Caduti, sono scesi inquadrati in fila per tre sino davanti al cancello di villa Belmonte a Giulino, dove la storiografia ufficiale colloca il luogo dell'esecuzione di Mussolini e Petacci;

   l'Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia) ha rivolto un appello alle istituzioni, nonché al Ministro dell'interno, affinché tale celebrazione dalla chiara impronta neofascista venisse vietata senza però ottenere risposta;

   conseguentemente l'Anpi ha organizzato in contemporanea, il 28 aprile 2024 a Dongo, una manifestazione antifascista, che ha visto una significativa partecipazione di cittadini, associazioni e partiti;

   a Dongo e a Giulino di Mezzegra si svolgono periodicamente manifestazioni che rappresentano a tutti gli effetti apologia del fascismo, in violazione dell'articolo 4 della legge Scelba n. 645 del 1952, attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione;

   il 21 ottobre 2021 la Camera dei deputati aveva approvato una mozione concernente iniziative volte a dare seguito al dettato costituzionale in materia di divieto di riorganizzazione del disciolto partito fascista impegnando il Governo a valutare le modalità per dare seguito al dettato costituzionale in materia di divieto di riorganizzazione del disciolto partito fascista e alla conseguente normativa vigente, adottando i provvedimenti di sua competenza per procedere allo scioglimento di tutti i movimenti politici di chiara ispirazione fascista artefici di condotte punibili ai sensi delle leggi attuative della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione repubblicana;

   a parere dell'interrogante, le manifestazioni che si svolgono a Dongo e a Giulino di Mezzegra sono da configurare a tutti gli effetti come apologia del fascismo e quindi non dovrebbero più aver luogo –:

   se il Ministro interrogato intenda verificare le motivazioni per le quali il prefetto e il questore di Como continuino in sostanza ad autorizzare i predetti raduni e se intenda farsi promotore di iniziativa di competenza, anche di natura normativa, finalizzate a procedere allo scioglimento delle organizzazioni neofasciste, in attuazione del dettato costituzionale che vieta la riorganizzazione del disciolto partito fascista.
(3-01178)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BERRUTO e GRIBAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 ottobre 2022 il prefetto di Torino ha comunicato che il Ministero dell'interno – Dipartimento pubblica sicurezza – Ucis, avrebbe avviato il procedimento per la revoca del dispositivo tutorio disposto in favore di Giuseppe Masciari, imprenditore edile la cui attività si svolgeva prevalentemente, anche se non esclusivamente, nella regione Calabria;

   Giuseppe Masciari ha ricevuto diverse intimidazioni mafiose alle quali ha reagito rivolgendosi alla direzione investigativa antimafia di Catanzaro;

   a seguito della predetta denuncia l'imprenditore e la sua intera famiglia sono stati allontanati dal luogo di residenza, inseriti nel programma speciale di protezione e trasferiti, a seguito della richiesta avanzata dalla procura distrettuale antimafia di Catanzaro, in una località protetta, a fronte di una valutazione di grave e imminente pericolo per l'incolumità dell'imprenditore e della sua famiglia;

   le denunce di Masciari hanno consentito di contrastare con efficacia il sistema 'ndranghetistico, con le sue collusioni e gli interessi ramificati in diverse province calabresi;

   tuttavia, come emerso anche nella relazione della direzione investigativa antimafia relativa al secondo semestre del 2021, diversi esponenti della criminalità organizzata coinvolti sarebbero ancora operativi sia dentro che fuori la regione Calabria;

   le diverse operazioni antindrangheta svolte negli ultimi anni hanno consentito l'avvio di nuovi procedimenti penali, nei quali Masciari compare come testimone; il pericolo per l'incolumità del medesimo e della sua famiglia sembrerebbe dunque continuare a persistere;

   a quanto detto si aggiunga che il Ministero dell'interno ha sin da subito riconosciuto nelle sue memorie la particolare significatività delle testimonianze dei coniugi Masciari e della necessità dunque di riconoscere loro un sistema tutorio;

   la decisione di revocare il dispositivo tutorio lascerebbe, quindi, l'imprenditore e la sua famiglia privi della tutela necessaria a contrastare qualunque pericolo per la loro incolumità fisica;

   come denunciato da un precedente atto di sindacato ispettivo (n. 3-00006), ancora senza risposta, da tempo si chiede di conoscere i motivi che abbiano portato alla revoca del dispositivo tutorio; alla data odierna risulta agli interroganti che la revoca sia stata «sospesa», ma senza alcuna ulteriore informazione al diretto interessato. Questo preoccupante stato di incertezza, unito alle dichiarazioni di Giuseppe Masciari del 23 aprile 2024, con cui lo stesso imprenditore denuncia di aver ricevuto informazioni riservate che confermano lo stato di pericolo della sua persona e della sua famiglia («Erano già pronti per ammazzarti e stai molto attento perché sei un predestinato, la vendetta da parte loro è solo una questione di tempo... il tempo non cancella la loro sete di vendicarsi») oltre a un tentativo di avvicinamento da parte di sconosciuti e di incursione nella sua abitazione, porta gli interroganti a chiedere nuovamente –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e in ogni caso quale sia lo stato dell'iter della eventuale revoca del dispositivo tutorio disposto nei confronti di Giuseppe Masciari e dei suoi familiari;

   se non ritenga – alla luce dei fatti recenti – di verificare con le autorità preposte il procedimento di concessione o di revoca della tutela, in particolare con l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis), e di valutare l'opportunità di convocare e sentire il destinatario del provvedimento di revoca (attualmente sospesa) per chiarire la posizione nei suoi confronti.
(5-02320)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUFFINO, BENZONI e D'ALESSIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto emerge da alcuni censimenti svolti da Istat e Cescat, in Italia esistono oltre 2 milioni di case abbandonate o disabitate ed ubicate prevalentemente nei piccoli comuni, nelle campagne e in montagna;

   il recupero delle case situate nei centri storici riveste un'importanza fondamentale ai fini del contrasto di molteplici fenomeni che minacciano la vitalità delle nostre comunità;

   in primo luogo, il recupero degli edifici storici rappresenta un'efficace strategia per contrastare lo spopolamento, offrendo opportunità abitative attrattive nel cuore delle città e dei piccoli centri abitati. Questo non solo preserva la coesione sociale, ma contribuisce anche a ridurre la dispersione urbana e a promuovere uno sviluppo sostenibile;

   il recupero delle case nel centro storico, inoltre, permette di preservare il prezioso patrimonio edilizio e culturale delle nostre città, proteggendo le testimonianze storiche e architettoniche che costituiscono parte della nostra identità;

   tutto ciò, non solo arricchisce il tessuto urbano, ma offre anche opportunità di valorizzazione turistica e culturale, generando ricadute positive sull'economia locale;

   in aggiunta, il recupero delle abitazioni nel centro storico aiuta a contrastare il consumo di suolo, un fenomeno che comporta gravi conseguenze ambientali, paesaggistiche e sociali: riqualificare gli edifici esistenti anziché costruire su aree vergini consente di limitare l'espansione urbana, preservando le risorse naturali e riducendo l'impatto ambientale delle nuove costruzioni;

   investire nel recupero delle case nel centro storico rappresenta, quindi, una strategia vincente per promuovere lo sviluppo sostenibile, preservare il patrimonio edilizio e culturale e contrastare il consumo di suolo, contribuendo così a garantire un futuro prospero ed equilibrato per le nostre città e per le generazioni future;

   le disposizioni adottate negli ultimi anni volte a favorire il recupero degli immobili abbandonati – come l'articolo 3 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 o l'articolo 5 della legge 6 ottobre 2017, n. 158 – sono da ritenersi insufficienti per il recupero di tali immobili a seguito dello spopolamento dei piccoli comuni;

   sono poi numerose le difficoltà a cui vanno incontro coloro che vogliono acquistare questi immobili: a volte le difficoltà di individuare i legittimi proprietari, di reperirli e di metterli d'accordo sono tali che si finisce col rinunciare. Una soluzione potrebbe essere quella di prevedere una sorta di «corso forzoso», ovvero un termine di adeguamento a carico dei proprietari, decorso il quale gli immobili vengono acquisiti al patrimonio dei comuni ove sono ubicati e da questi riutilizzati o immessi sul mercato, previo ripristino o nello stato in cui si trovano;

   l'individuazione di ulteriori strumenti validi da offrire alle amministrazioni comunali, oggi bloccate da una intricata burocrazia in materia – ancor di più complicata se si considerano gli immobili in stato di abbandono –, si rileva essere quanto più necessaria – :

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere al fine di individuare, in via prioritaria, strumenti – anche normativi – per favorire il recupero degli immobili abbandonati e per contrastare il fenomeno dello spopolamento, con particolare riferimento ai piccoli centri abitati.
(4-02731)


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno . — Per sapere – premesso che:

   alla luce delle recenti notizie di cronaca, si apprende di una questione di notevole importanza riguardante la possibile chiusura del reparto prevenzione crimine «Emilia-Romagna occidentale» con sede a Reggio Emilia. Una decisione che ha suscitato preoccupazione tra le forze di polizia e la comunità locale;

   il reparto, che opera con competenza territoriale estesa sulle province di Reggio, Modena, Parma, Piacenza e Mantova, ha dimostrato di svolgere un ruolo cruciale nel mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica. Esso garantisce un controllo capillare nelle zone critiche delle città di competenza, impiegando giornalmente equipaggi numerosi, che nel corso del 2023 hanno controllato più di 50.000 soggetti, di cui molti pregiudicati, e più di 2.000 veicoli, risultando in numerose denunce e arresti;

   la presenza costante di questi equipaggi è fondamentale, soprattutto in aree ad alta tensione come la zona della stazione storica di Reggio, noto focolaio di microcriminalità. Inoltre, il reparto svolge servizi essenziali contro le infiltrazioni criminali organizzate e in supporto alla comunità in casi di calamità, come il terremoto;

   data la sua importanza strategica e operativa, appare inconcepibile all'interrogante che il Ministero dell'interno consideri la possibilità di chiudere un presidio di polizia di così grande valore per il territorio, specie in un momento in cui si discute sull'opportunità di impiegare l'esercito per la sicurezza pubblica a Reggio Emilia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali misure intenda adottare per garantire che la sicurezza delle province interessate non venga compromessa dalla chiusura del reparto;

   quali siano i dettagli dell'analisi costi-benefìci che ha guidato questa decisione, specialmente in considerazione del fatto che il reparto opera «a costo zero» essendo incardinato nella questura di Reggio Emilia e svolge funzioni che le locali questure non sarebbero in grado di garantire con regolarità;

   quali misure immediate, infine, intenda prendere il Ministro interrogato per assicurare che non vi sia una riduzione della vigilanza e della sicurezza nelle zone ad alto rischio, come evidenziato dal mancato impiego dell'esercito con particolare riferimento alla zona della stazione di Reggio Emilia e dal mantenimento dell'ordine pubblico affidato esclusivamente alle forze di polizia.
(4-02735)


   CERRETO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da anni viene sostenuta la richiesta dell'importanza di istituire nel comune di Piedimonte Matese un presidio fisso della Polizia di Stato, che andrebbe a ricoprire un vasto territorio, da Piedimonte fino a Capriati al Volturno e a Gioia Sannitica, passando per Caiazzo e Alvignano;

   come si legge nell'atto di sindacato ispettivo n. 4-11111 del 17 gennaio 2022, «nel 2018, con nota Prot. 1119 del 7 novembre, il Sindacato di Polizia COISP scriveva al Ministero [...] per chiedere di valutare, appunto, l'istituzione di un Commissariato di Polizia oppure un posto fisso operativo presso il comune di Piedimonte Matese, in considerazione, del fatto che "La recrudescenza dei reati, peraltro, è in continua evoluzione soprattutto nell'alto casertano, aree di competenza della Questura di Caserta ma raggiungibili in un'ora ed ai confini con la Questura di Benevento, Isernia e Frosinone. Nei comuni di tale territorio, circa 85.000 abitanti su una superficie di 1000 kmq, non vi è la presenza di una volante nelle 24 ore ed i cittadini sono praticamente in balia di furti negli appartamenti e rapine di vario genere soprattutto nelle ore notturne"»;

   sempre nel 2018 era intervenuto lo stesso sindaco del comune campano per mettere a disposizione della Polizia di Stato uno stabile in uso gratuito per l'istituzione del posto fisso di polizia, che rappresenterebbe oggi, come allora, un forte segnale di presenza dello Stato nel contrasto alle organizzazioni criminali, oltre che un presidio di legalità e sicurezza;

   la provincia di Caserta conta, infatti, quasi un milione di abitanti ed è composta da 104 comuni, che rappresentano un territorio notoriamente difficile da tener sotto controllo dal punto di vista della sicurezza pubblica;

   con nota del 29 novembre 2021 anche il consigliere comunale Boggia interrogava il sindaco «per conoscere [...] se sussista la volontà della amministrazione comunale di adoperarsi al fine di consentire l'apertura di un posto fisso di Polizia di Stato [...] ed in che modo si intenda attuarla [...]»;

   come si apprende da recenti fonti di stampa, nel territorio dell'Alto Casertano e, in particolare, nella città di Piedimonte Matese si parla di una vera e propria emergenza furti nelle abitazioni private, diventati ormai una piaga quotidiana, con cittadini spaventati che segnalano atti predatori sistematici e mirati;

   dalla relazione 2023 della Direzione investigativa antimafia, relativa al secondo semestre del 2022, sono emersi dati e analisi che rivelano una realtà criminale complessa e in continua evoluzione, nella quale anche la città di Piedimonte Matese, insieme a numerosi altri comuni del casertano, non è indenne dalle infiltrazioni di potenti famiglie di camorra –:

   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in merito alla richiesta di istituire un presidio stabile della Polizia di Stato a Piedimonte Matese, quale importante presidio di legalità e sicurezza nel territorio dell'alto casertano.
(4-02743)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ASCARI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che a seguito degli ultimi concorsi per docenti banditi nel 2023 finanziati con il PNRR, il decreto interministeriale n. 8 del 19 gennaio 2024 relativo ai compensi ai componenti delle commissioni prevederebbe in base al combinato disposto del comma 1 e comma 2 dell'articolo 6, che i compensi previsti dal decreto stesso, saranno ridotti del 40 per cento nel caso i lavori della commissione non si concludano entro 120 giorni dalla pubblicazione dei risultati della prova scritta e non siano esaminati almeno 125 candidati al mese o la totalità degli ammessi alla prova orale ove il numero sia inferiore;

   visti i numeri dei candidati che accedono alle prove orali e pratiche e i tempi di avvio delle procedure, in molti casi comprensive di prova pratica di durata in alcuni casi anche di 10 ore, per quasi la totalità delle commissioni è impossibile terminare i lavori entro detto termine (peraltro indefinito perché non è prevista la pubblicazione dei risultati degli scritti, ma ritenuto prudenzialmente intorno alla metà di luglio 2024) perché quasi tutti i commissari sono docenti che prestano servizio e devono conciliare i lavori in commissione con altri impegni previsti dal loro ruolo, non essendo prevista in alcun caso la dispensa. Si consideri che – a quanto risulta – la durata di ogni singola prova, 45 minuti, non ne consente l'espletamento per più di 5-6 candidati al giorno; non poche commissioni hanno in carico più di 400 candidati, pertanto il numero di giorni di prove può salire a più di 70 che corrispondono, data la necessità di estrazione della traccia 24 ore prima, a oltre 17 settimane;

   in nessuna disposizione – per quanto noto all'interrogante – è previsto detto termine se non in quelle forse, legate ai finanziamenti del PNRR, ma le procedure sono partite con un fortissimo ritardo, che non è dipeso dalle commissioni ora costituite, che quindi non hanno potuto iniziare le prove, tenendo conto del preavviso per i candidati, prima dell'inizio del mese di maggio 2024 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fatto che, a causa dei ritardi nell'avvio delle procedure di selezione e dell'impegno concomitante dei commissari, è praticamente impossibile per molte delle commissioni esaminatrici concludere i loro lavori nei tempi previsti dal decreto interministeriale sui compensi;

   se i Ministri interrogati possano confermare se i ritardi nelle procedure di selezione siano attribuibili a cause esterne alle commissioni, e quali misure siano state prese per mitigare questi ritardi;

   considerando l'impossibilità per molte commissioni di rispettare i termini di conclusione lavori previsti dal decreto, se i Ministri interrogati intendano almeno adottare iniziative volte a rivedere la disposizione che prevede una riduzione del 40 per cento dei compensi in tali circostanze; se intendano, inoltre, rivedere la distribuzione territoriale delle procedure, che al momento prevede la gestione, da parte di un singolo ufficio regionale, della procedura anche relativa ad altre 6, 7 o più regioni, con la conseguente «esplosione» del numero di candidati (fino ad oltre 4.000 per commissione regionale);

   quali iniziative di competenza o supporti intendano proporre i Ministri interrogati per assistere i commissari, che sono docenti, a gestire efficacemente il doppio impegno di commissione e di insegnamento fino alla metà di luglio (tenuto conto della concomitanza con gli esami di Stato);

   se i Ministri interrogati possano garantire che i finanziamenti previsti dal PNRR per questi concorsi non saranno compromessi a seguito dei ritardi e delle difficoltà procedurali incontrate finora e che si incontreranno strada facendo.
(4-02732)


   ONORI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in base a dati UNICEF, dopo oltre 2 anni di guerra, la vita di 3,3 milioni di bambini ucraini è sempre più a rischio, intrappolati o sfollati nel paese, in fuga o rifugiati in quelli di arrivo. Vittime di violenze e distruzioni, traumi e sfollamento, sono stati privati della loro infanzia, dei giochi e della scuola, quando non dei familiari, degli amici e delle persone a loro care. In due anni di violenze, sono stati costretti a vivere rifugiandosi sotto terra anche fino a 5.000 ore, l'equivalente di 7 mesi della loro vita;

   tuttavia, come riportato da diversi media, la propaganda russa riesce a penetrare anche le aule scolastiche italiane. Ad aprile 2024, a Milano, nelle aule della scuola pubblica sperimentale «Rinascita – A. Livi» dell'Istituto Comprensivo «Nazario Sauro» ha avuto luogo una vera e propria operazione di disinformazione filorussa volta a confondere la percezione della differenza nella guerra in corso tra aggressore e aggredito sotto il cappello del furbesco slogan «Tutte le guerre sono contro i bambini – Io mi disarmo»;

   come riportato da diversi media, promotore e relatore dell'evento è il giornalista italiano Andrea Lucidi, le cui posizioni sono già note da tempo dato l'impegno a sostegno della propaganda russa. Scorrendo il suo canale Telegram si apprende che quello milanese è addirittura il terzo collegamento tra la scuola «Beregovoy» – nella Lugansk illegalmente occupata – e una scuola italiana. Si legge: «I ragazzi italiani hanno fatto una sorpresa ai ragazzi di Lugansk esponendo in classe i colori della Repubblica Popolare di Lugansk»;

   l'UE e i suoi Stati membri hanno condannano fermamente la condotta della Russia nei confronti dell'Ucraina, a partire dall'annessione illegale delle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson;

   l'Italia ha sempre manifestato il suo pieno sostegno all'integrità territoriale dell'Ucraina, alla sua piena sovranità e indipendenza entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti. Nel contesto, l'Italia ha condannato con forza i referendum farsa della Russia e l'annessione delle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia dichiarando contestualmente che mai riconoscerà tali atti illegali –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di evitare il possibile ripetersi di analoghe situazioni.
(4-02736)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOSSI, SARRACINO e SIMIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'Avi.Coop è un'azienda del gruppo Amadori situata nel comune di Monteriggioni (provincia di Siena);

   lo stabilimento applica il Ccnl delle Cooperative Agricole ed è un'impresa di macellazione e confezionamento tacchini che rappresenta una delle maggiori realtà produttive del settore avicolo nella provincia di Siena;

   il gruppo Amadori è una delle prime 5 grandi aziende alimentari in Italia, con ricavi 2022 (il 2023 sarà reso noto nel mese di giugno) per oltre 1,7 miliardi di euro;

   Avi.Coop conta 208 dipendenti (di cui 12 a tempo indeterminato), con un impatto a livello territoriale significativo che riguarda principalmente la zona di Siena e della Val d'Elsa;

   si apprende dalla stampa che le organizzazioni sindacali hanno proclamato lo stato di agitazione in seguito ad una consistente riduzione delle ore di lavoro che ha coinvolto tutti gli addetti dello stabilimento;

   per i sindacati si è verificata «una forte contrazione per quanto riguarda le giornate lavorative giustificata dall'azienda dicendo che c'è stato un calo del mercato del tacchino, a favore di quello del pollo. Siamo passati da una lavorazione da 5/6 giorni a una da 2/3 giornate adesso. Abbiamo chiesto delucidazioni all'azienda sul futuro di questo sito ma, dopo cinque incontri, non abbiamo avuto risposte»;

   secondo i sindacati tale scelta sarebbe «con tutta probabilità il preludio di una chiusura totale e definitiva. Ad aggravare la situazione di gran parte dei lavoratori, tutti quelli senza un contratto a tempo indeterminato, c'è anche l'assenza di ammortizzatori sociali: i lavoratori a tempo determinato vedono concludere il loro percorso lavorativo. Per i 12 a tempo indeterminato si prospetta il ricorso agli ammortizzatori sociali»;

   appare francamente inverosimile agli interroganti che una società che fattura miliardi di euro lasci oltre 200 lavoratori nell'incertezza, evitando di dare informazioni sul futuro dello stabilimento Avi.Coop di Monteriggioni –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intendano assumere al fine di salvaguardare la continuità produttiva ed occupazionale dello stabilimento Avi.Coop di Monteriggioni.
(5-02316)


   SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende da diversi articoli di stampa pubblicati nei giorni scorsi, i lavoratori che si occupano della pulizia e dell'igiene ambientale di Palazzo Chigi hanno proclamato lo stato di agitazione poiché non sarebbero stati pagati gli «straordinari»;

   il servizio è in appalto a Romeo gestioni (gruppo dell'imprenditore Alfredo Romeo, che è anche editore de Il Riformista e l'Unità);

   Rsa Uiltrasporti e Rsa Cgil Filcams, in una comunicazione del 19 aprile 2024 inviata alla società di servizi appaltante e, per conoscenza, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, spiegano: «In seguito ad innumerevoli solleciti, incontri ed e-mail» viene indetto lo stato di agitazione «con blocco immediato delle ore di supplementari e di straordinario, nonché della flessibilità di ogni tipo per il mancato pagamento delle ore di straordinario e di supplementari» fatte dai singoli addetti «nei mesi precedenti e non ancora sanati e quindi retribuiti». «Con rammarico – continua la lettera – comunichiamo che lo stato di agitazione si protrarrà fino al saldo dovuto, memori delle inconcludenti comunicazioni precedenti». E concludono dicendo che «qualora non si risolvesse in breve tempo tale problematica, non si esclude una dichiarazione di sciopero senza ulteriore preavviso» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda assumere iniziative di competenza al riguardo.
(5-02318)


   VACCARI e BERRUTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 36 del 2021, alla luce dell'ultimo decreto correttivo del settembre 2023, affronta tutta la disciplina del lavoro sportivo, in modo organico e sistematico, disponendo un nuovo corso per i profili contrattuali, contributivi, previdenziali e assistenziali, assicurativi e tributari nonché sul piano della sicurezza nei luoghi di lavoro;

   il provvedimento ha eliminato l'odiosa discriminazione esistente tra atleti paralimpici e normodotati relativamente ai giorni di permesso nel lavoro subordinato. Tale diritto però risulta condizionato a determinati fattori, tra i quali «il più alto livello-tecnico agonistico», livello che presumibilmente corrisponde all'appartenenza ad una nazionale paralimpica della disciplina riconosciuta dal Comitato italiano paralimpico e da essa disciplinata;

   a quanto risulta all'interrogante, secondo alcune segnalazioni si starebbe verificando la discriminazione tra i medesimi atleti con disabilità: il congedo infatti è riconosciuto solo per gli sport rientranti nelle competizioni partecipanti alle paraolimpiadi: alcuni atleti, pur ricoprendo il più alto livello tecnico-agonistico, praticano sport che non rientrano tra quelli delle paraolimpiadi. Gli stessi atleti pertanto, non essendo riconosciuto il medesimo diritto ad assentarsi dal lavoro per le giornate necessarie a partecipare ad eventi sportivi nazionali o internazionali, sono tenuti a ricorrere ai giorni di ferie o a selezionare gli eventi sportivi –:

   alla luce di questa situazione fortemente penalizzante nei confronti degli atleti con disabilità, quali iniziative di competenza intendano adottare per garantire che le discriminazioni e le disuguaglianze sistematiche nei confronti degli atleti con disabilità vengano eliminate al fine di assicurare, una volta per tutte, parità di trattamento per uomini e donne nello sport.
(5-02321)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIACHETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione nazionale mutilati per servizio (Unms) è un ente morale istituito con decreto del Capo dello Stato n. 650 del 24 Giugno 1947, che con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978 ha assunto la personalità giuridica di diritto privato;

   con legge 13 aprile 1953, n. 337, all'ente è stata riconosciuta la rappresentanza e la tutela degli interessi dei mutilati per causa di servizio presso le pubbliche amministrazioni e gli istituti di assistenza in materia;

   il sostegno all'Unms è disciplinato dalle leggi 19 novembre 1987, n. 476 e 15 dicembre 1998, n. 438, inoltre l'ente è tra i destinatari del 5 per mille dell'Irpef ed iscritto al registro delle associazioni di promozione sociale presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   l'Unione ha un unico patrimonio, contabilità, soggettività tributaria e le articolazioni periferiche sono dotate di indipendenza operativa e funzionale, ma non di autonomia amministrativa, gestionale, patrimoniale o contabile;

   l'Unms riscuote i contributi associativi, su partite di pensione erogate dallo Stato, tramite lo strumento delle deleghe con ritenuta sui ratei mensili delle stesse;

   l'ente, in quanto percettore di finanziamenti pubblici, deve essere sottoposto, nell'ambito del suo autogoverno, alle regole democratiche di elezione dei propri vertici interni e, al contempo, ai controlli opportuni sulla gestione da parte delle istituzioni finanziatrici e della magistratura contabile;

   in molteplici occasioni, ogni qual volta i soggetti che ricoprivano cariche sociali, ovvero ai vertici delle articolazioni periferiche hanno richiesto, in base ai principi di trasparenza sopra richiamati, o informazioni o copia della documentazione, sono stati oggetto di provvedimenti disciplinari e sospensioni o espulsioni, col chiaro intento di non consentire agli iscritti la conoscibilità degli atti a fondamento della redazione dei bilanci;

   relativamente ai provvedimenti disciplinari, questi sono stati più volte oggetto di impugnativa giudiziale da parte degli interessati e, nonostante le numerosissime sentenze favorevoli, la risposta del presidente nazionale si è sempre concretizzata in ulteriori provvedimenti che, a loro volta necessitavano di ulteriori azioni legali;

   l'attività messa in atto dal presidente, attraverso le richiamate e pretestuose azioni disciplinari, è evidentemente tesa all'attuazione di una politica di epurazione che mira ad asservire i vertici dell'associazione alle indicazioni e agli scopi del presidente nazionale;

   tale impostazione, le richiamate pretestuose espulsioni di diversi presidenti di sezione, le sentenze avverse all'Unms e le conseguenti spese prive di fondamento statutario, insieme al procedimento contro il comune di Napoli per il rilascio di un immobile e la vendita, forse conseguente, della sede di proprietà nella stessa città, potrebbero anche aver seriamente compromesso la solidità patrimoniale dell'ente, a totale insaputa dei soci e dei vertici locali;

   più recentemente, poi, risulterebbe da notizie riportate da organi di stampa locali, che la sezione di Agrigento dell'unione nazionale mutilati per servizio, attraverso il suo presidente Arturo Tortorici, avrebbe aderito ad un partito politico e che tale scelta «sarebbe condivisa con l'associazione nazionale, che sostiene le politiche del movimento guidato dal vicepremier e ministro Matteo Salvini, come evidenziato anche dai rapporti di collaborazione e vicinanza tra il presidente nazionale Antonino Mondello e la ministra Alessandra Locatelli» –:

   se il Ministro interrogato in relazione ai fatti riportati in premessa non ritenga opportuno intervenire con urgenza per verificare prima e garantire poi, la corretta gestione ed utilizzazione dei fondi pubblici erogati a favore dell'ente e la salvaguardia del suo patrimonio e se non intenda, valutata la sussistenza e la gravità dei presupposti richiamati, adottare le iniziative di competenza attraverso il commissariamento dell'ente.
(4-02733)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   TASSINARI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   le farmacie erogano un servizio pubblico «preordinato al fine di garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute» (vedasi Corte costituzionale, 8 luglio 2022, n. 171). In particolare le farmacie comunali rivestono una «funzione sociale» che caratterizza il servizio farmaceutico comunale (vedasi Cons. Stato, sezione III, 13 novembre 2014, n. 5587 e 22 novembre 2018, n. 6604);

   le farmacie comunali rappresentano altresì un presidio sanitario sempre più indispensabile per i cittadini ed un importante punto di riferimento per le esigenze legate principalmente alla propria salute;

   a differenza di altri operatori pubblici, le farmacie comunali svolgono la funzione operando in concorrenza con le farmacie private e le parafarmacie all'interno di un mercato altamente competitivo;

   si ritiene necessaria la definizione di un quadro normativo chiaro riguardante le farmacie comunali poiché ad avviso dell'interrogante l'ordinamento interno, impone loro, in particolare relativamente agli acquisti, adempimenti ultronei, non necessari e non richiesti ai farmacisti privati ed ai titolari delle parafarmacie, penalizzando soprattutto le farmacie comunali che si trovano in piccoli centri e costituiscono un importante riferimento per la popolazione;

   si ritiene necessario un intervento normativo, anche in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea e con gli obiettivi di semplificazione e di stretta aderenza alle disposizioni comunitarie stabilite anche dalla disciplina interna sui contratti pubblici –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, alla luce di quanto descritto in premessa, i Ministri interrogati intendano porre in essere al fine di delineare un quadro normativo chiaro e coerente con quanto disposto a livello comunitario anche a tutela della salute dei cittadini per i quali le farmacie comunali rappresentano un presidio sanitario indispensabile.
(4-02728)


   MALAVASI e FURFARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da diversi mesi, ormai, le famiglie europee che convivono con la distrofia muscolare di Duchenne sono in preda alla preoccupazione, poiché a fine gennaio 2024 dopo aver condotto il riesame, il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) di Ema la confermato la propria raccomandazione iniziale a non rinnovare l'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) 1 subordinata a condizioni di Translarna (ataluren);

   questo medicinale è impiegato per il trattamento di pazienti con distrofia muscolare di Duchenne, la cui malattia è causata da un tipo di difetto genetico chiamato «mutazione nonsenso» nel gene della distrofina, e che sono in grado di camminare;

   di fatto, ataluren rappresenta ancora oggi l'unica terapia finora approvata e in commercio per le persone affette da distrofia muscolare di Duchenne con mutazione con mutazione nonsenso;

   nel 2014 ataluren ha ottenuto l'autorizzazione condizionata per il trattamento della Dmd con mutazione nonsense in pazienti ambulatoriali di età pari o superiore a cinque anni, con un'estensione del suo utilizzo anche ai bambini di età compresa tra due e cinque anni. L'approvazione è stata successivamente rinnovata, a condizione che Ptc conducesse un ulteriore studio sulla terapia, prestando particolare attenzione a coloro che si trovano nella fase di declino ambulatoriale della malattia, che si prevede abbiano una migliore risposta al trattamento e nel luglio del 2021 sulla Gazzetta Ufficiale era stata pubblicata la decisione dell'Aifa di rimborsare il farmaco se prescritto per il trattamento di pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne con mutazione nonsenso di età pari o superiore ai due anni;

   la raccomandazione iniziale faceva seguito alla rivalutazione completa dei benefìci e dei rischi di Translarna in occasione del rinnovo dell'Aic, che non aveva confermato l'efficacia del medicinale;

   nell'ambito del riesame richiesto dall'azienda che commercializza Translarna, il Chmp ha analizzato i dati di uno studio post-autorizzativo condotto nell'ambito degli obblighi specifici (studio 041) nonché i risultati di uno studio che ha confrontato due registri di pazienti (raccolta d'informazioni relative a individui con una determinata diagnosi per valutare l'andamento della malattia e la risposta dei pazienti a vari trattamenti);

   il Chmp ha concluso che i risultati dello studio 041 non hanno dimostrato l'efficacia del medicinale nei pazienti con un progressivo declino della capacità di camminare, per i quali si prevedeva che i benefìci derivanti dal trattamento con Translarna sarebbero stati maggiori rispetto agli altri pazienti inclusi nello studio. Nello studio la distanza percorsa in sei minuti dopo 18 mesi di trattamento era diminuita di circa 82 metri nei pazienti trattati con Translarna rispetto ai 90 metri percorsi dai pazienti nel gruppo placebo (trattamento fittizio), tuttavia, questa differenza non era statisticamente significativa, il che indica che potrebbe essere dovuta al caso;

   inoltre, il Chmp ha osservato che il meccanismo d'azione di Translarna non è stato confermato in studi aggiuntivi, i quali hanno mostrato solo un effetto molto ridotto del medicinale sulla produzione della proteina distrofina;

   entro la settimana del 22 aprile 2024 ci dovrebbe essere la decisione definitiva dell'Unione europea relativa a Translarna (ataluren);

   al di là della decisione che sarà presa sulla commercializzazione di questo farmaco a livello europeo e poi nazionale queste famiglie non possono essere abbandonate –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare qualora il farmaco non venisse più commercializzato al fine di non lasciare sole queste famiglie che quotidianamente combattono con questa gravissima malattia e se siano presenti studi più o meno avanzati di terapie farmacologiche alternative.
(4-02730)


   ASCARI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti di stampa di una situazione preoccupante che riguarda il reparto di ginecologia-ostetricia dell'ospedale di Pavullo. Da informazioni lette, sembra che a partire dal primo aprile, le ostetriche non saranno più presenti durante le ore notturne e nei giorni festivi. È altresì emerso che queste professioniste non potranno più accompagnare i pazienti in ambulanza in caso di emergenza. Questa decisione rappresenta un ulteriore ridimensionamento di un servizio essenziale, già compromesso dalla chiusura del punto nascite nel 2017. Tale riduzione è stata descritta dall'Ausl come una «ristrutturazione», ma in realtà pare configurarsi come una diminuzione inaccettabile dei servizi offerti alle partorienti dell'intero distretto del Frignano;

   nel comune di Mirandola, altra zona disagiata della provincia di Modena ed epicentro del terremoto del 2012, il punto nascita è stato chiuso nel 2022 nonostante servisse un bacino di quasi 90.000 persone, posto che questa situazione causa sia disagio che pericolo per le donne che devono partorire, essendosi già verificati casi di parti avvenuti durante il tragitto verso i punti nascita di Carpi o Modena o addirittura in casa, in attesa dell'ambulanza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire che i servizi essenziali siano mantenuti, specialmente in situazioni di emergenza, in particolare ripristinando i servizi notturni e festivi, così come per garantire la presenza delle ostetriche nelle ambulanze, al fine di prevenire un degrado ulteriore della qualità dei livelli essenziali di assistenza nei territori di cui in premessa;

   quali misure siano previste per assicurare che la comunicazione tra le istituzioni locali e la cittadinanza sia efficace e trasparente, in modo che i cittadini siano adeguatamente informati su cambiamenti sanificativi suscettibili di incidere sul loro diritto alla salute.
(4-02738)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Candiani n. 4-02710, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 aprile 2024, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Iezzi, Cavandoli, Furgiuele, Giglio Vigna.