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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 13 maggio 2024

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DE LUCA, GNASSI, UBALDO PAGANO, SIMIANI, BAKKALI e STEFANAZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3940 pubblicata il 30 aprile 2024, è nuovamente intervenuto in materia di concessioni demaniali marittime, confermando come termine ultimo di durata delle concessioni in essere il 31 dicembre 2023, individuato dallo stesso Consiglio di Stato nel 2021 (Adunanza plenaria, sentenza n. 17 del 2021, passata in giudicato) e poi recepito dalla legge per la concorrenza 2021 (articolo 3 della legge n. 118 del 2022), prorogabile al 31 dicembre 2024 in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva. L'ulteriore proroga al 31 dicembre 2024, ovvero al 31 dicembre 2025, in caso di impedimenti alla conclusione delle procedure selettive, disposta dal Governo con il decreto-legge «Milleproroghe» (decreto-legge n. 198 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2023), dovrebbe essere disapplicata, in quanto contrastante con il diritto dell'Unione europea, per dare corso – rilevata la scarsità delle risorse disponibili – alle procedure selettive di assegnazione delle concessioni in un contesto realmente concorrenziale, in applicazione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 20 aprile 2023 (causa C-348/22);

   gran parte degli enti locali sta proseguendo, tuttavia, con l'ulteriore proroga delle concessioni, stante il divieto, posto dall'articolo 1, comma 8, lettera b), dalla citata legge n. 14 del 2023, di procedere all'emanazione di bandi di assegnazione delle concessioni prima dell'adozione dei decreti legislativi relativi alla delega in materia di mappatura delle concessioni di beni demaniali, prevista dalla legge per la concorrenza 2021. Il termine di esercizio di tale delega, a sua volta prorogato, è peraltro scaduto;

   il 16 novembre 2023, nell'ambito della procedura di infrazione (INFR (2020)4118) relativa alle concessioni balneari, la Commissione europea ha deciso di procedere ulteriormente, con un parere motivato ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea: la Commissione ha ritenuto gli interventi legislativi adottati dall'Italia successivamente alla lettera di costituzione in mora del 3 dicembre 2020, non risolutivi dell'incompatibilità della legislazione italiana con l'articolo 12 della direttiva sui servizi («Bolkestein») e con l'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in quanto volti a riprodurre misure precedenti e a mantenere la validità delle concessioni balneari;

   secondo la Commissione, anche i risultati del tavolo tecnico istituito dal Governo italiano per la mappatura delle spiagge – secondo cui la quota di aree occupate dalle concessioni demaniali corrisponderebbe attualmente solo al 33 per cento delle aree disponibili – non risultano idonei a dimostrare l'insussistenza della scarsità delle risorse naturali oggetto di concessioni (e di conseguenza l'assenza dell'obbligo di procedure selettive come richiede la citata direttiva);

   a giudizio degli interroganti le azioni messe in campo dal Governo non hanno fornito nessuna soluzione ed hanno creato solo una situazione di grave incertezza normativa, che ricade sulle amministrazioni concedenti e penalizza fortemente gli operatori del settore, mettendo peraltro il nostro Paese al rischio di incorrere in una gravosa sanzione pecuniaria da parte dell'Unione europea –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda promuovere per adottare immediatamente i necessari atti, anche di carattere normativo, che consentano agli enti concedenti di procedere all'emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni demaniali marittime, sulla base di criteri di ragionevolezza e trasparenza che tengano conto in particolare della storicità delle attività in essere, dei livelli occupazionali assicurati, degli impegni ambientali assunti, riconoscendo altresì un equo ed adeguato indennizzo per gli investimenti realizzati dai concessionari uscenti;

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo al fine di scongiurare l'irrogazione di eventuali sanzioni all'Italia nell'ambito della procedura di infrazione citata in premessa.
(3-01197)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   FRANCESCO SILVESTRI, PELLEGRINI e BALDINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   recenti notizie di stampa hanno riportato le preoccupanti dichiarazioni del Ministro della difesa britannico, Grant Shapps, secondo il quale l'Italia avrebbe fornito all'Ucraina, al pari di Regno Unito e Francia, i missili Storm Shadow/SCALP EG impiegati per colpire in profondità obiettivi nelle retrovie delle forze russe in Crimea e nei territori ucraini sotto il controllo di Mosca;

   il Ministro britannico avrebbe aggiunto che «queste armi stanno facendo una differenza molto significativa» e inoltre sono dotate di «un'efficacia devastante». I missili Storm Shadow infatti hanno un raggio di azione e una capacità distruttiva nettamente superiore anche alle armi fornite dagli Stati Uniti: sono in grado di colpire a quasi 500 chilometri di distanza, carichi con quasi 450 chili di esplosivo;

   anche nel documento programmatico pluriennale della difesa per il triennio 2023-2025 si sottolineano le capacità deep strike del missile descritto, specificando che «tale capacità costituisce uno dei fondamentali elementi della deterrenza convenzionale, nonché decisivo game changer nelle operazioni militari, in grado di elevare marcatamente il rango e il peso politico del Paese»;

   destano particolare preoccupazione le attività di preparazione per l'uso di tali missili che risulterebbero particolarmente complesse per i tecnici ucraini e, secondo indiscrezioni riportate da fonti di stampa, verrebbero svolte sul campo in Ucraina da specialisti britannici e francesi;

   alla luce delle dichiarazioni suesposte preme agli interroganti verificarne la veridicità considerato che entrambi i Ministri in indirizzo in diverse occasioni hanno escluso categoricamente l'invio di missili della tipologia descritta. In particolare, la conferma dell'invio di tali armi strategiche posizionerebbe il nostro Paese in un ruolo decisamente diverso nella cornice del conflitto russo-ucraino;

   il Ministro della difesa, Guido Crosetto, durante le comunicazioni del 10 gennaio 2024 in merito all'ottavo pacchetto di aiuti militari ha affermato che era costituito «da equipaggiamenti e sistemi d'arma volti a rafforzare solo e soltanto le capacità difensive delle Forze armate ucraine»;

   recentemente il Ministro degli affari esteri, Antonio Tajani, in un'intervista ha ribadito «che mai avremmo mandato missili offensivi e truppe, ma solo contraerea e armi difensive, nello spirito della nostra Costituzione.»;

   secondo la normativa vigente gli allegati dei decreti interministeriali contenenti il dettaglio delle forniture di armamenti destinate alle autorità governative ucraine sono considerati «documenti classificati» e sono illustrati dal Governo in seno al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Tale elemento di segretezza è stato mantenuto solo dall'Italia a differenza degli altri Paesi che inviano armi all'Ucraina –:

   se quanto sopra esposto corrisponda al vero e, in caso affermativo, se non ritengano urgente comunicare a ciascuna Camera l'effettiva situazione in merito al potenziale offensivo dei missili di cui in premessa e al mutato coinvolgimento dell'Italia nel conflitto russo-ucraino, in modo tale da consentire ad esse, nelle rispettive Assemblee, di esprimersi nella maniera più ampia e trasparente possibile sull'indirizzo politico da assumere;

   se non ritengano doveroso, per quanto di loro competenza, riconsiderare la classificazione degli allegati di cui in premessa, coinvolgendo pienamente ciascuna Camera, nelle rispettive Assemblee, nelle eventuali future autorizzazioni di invio di armamenti, al fine di garantire la trasparenza nonché il rispetto dei princìpi democratici e costituzionali, in particolare dell'articolo 11 della Costituzione.
(4-02797)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazioni a risposta orale:


   VACCARI, MARINO, FORATTINI e ANDREA ROSSI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   la produzione di foie gras tramite alimentazione forzata in Italia è vietata dal 2001, ma avviene ancora in cinque dei 27 Stati dell'Unione europea: Francia, Ungheria, Bulgaria, Spagna e Belgio (solo nella Vallonia). Si tratta di un prodotto di nicchia venduto ancora oggi in Europa e nel nostro Paese, che provoca la sofferenza estrema di milioni di animali in Europa, dove vengono prodotte più di 19 mila tonnellate di foie gras, circa il 90 per cento della produzione globale;

   attualmente, il Regolamento (CE) n. 543 del 2008 relativo alle norme di commercializzazione per le carni di pollame prevede che, per produrre foie gras, il fegato di un'anatra debba pesare almeno 300 grammi e quello di un'oca almeno 400. Ma si tratta di pesi che questi animali non raggiungono in natura e che è possibile realizzare a livello industriale solo attraverso l'alimentazione forzata, come stabilito nel 1991 dalla Commissione europea. Tale requisito sui pesi minimi non ha alcuna base scientifica o tradizionale. La stessa produzione di foie gras è stata fortemente condannata da un rapporto del Comitato scientifico veterinario dell'Unione europea, che giudica l'alimentazione forzata «nociva per il benessere degli animali». Tuttavia, nonostante anche la Fao ritenga la pratica dell'alimentazione forzata nociva per gli animali, nel 2022 il Parlamento europeo ha approvato una relazione in cui si afferma che questa produzione è basata su procedure di allevamento rispettose dei criteri di benessere animale;

   l'Unione europea continua a permettere che una pratica così atroce venga perpetrata nei confronti di milioni di animali allevati –:

   quali iniziative intendano intraprendere nelle sedi europee al fine di avviare in tempi brevi l'iter per l'eliminazione del requisito dei pesi minimi del fegato di anatre e oche di cui al Regolamento (CE) n. 543 del 2008, nonché al fine di tutelare i produttori che non utilizzano alimentazione forzata e, per questo, fortemente penalizzati.
(3-01195)


   ZANELLA e DORI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo n. 146 del 2001 recante «attuazione della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti» è stata vietata nel nostro Paese la produzione di «fegato grasso» di oche e anatre mediante alimentazione forzata (o gavage), che consiste nell'inserire un tubo nella gola degli animali, costringendoli ad ingurgitare in pochi secondi e per più volte al giorno una quantità eccessiva di cibo;

   tuttavia, nella Unione europea il foie gras tramite alimentazione forzata viene ancora prodotto in Francia, Ungheria, Bulgaria, Spagna e Belgio (solo nella Vallonia);

   durante tale pratica, non di rado, gli animali subiscono gravi lesioni o muoiono soffocati dal proprio vomito;

   l'obiettivo dell'allevatore è ingrassare il fegato dell'animale al punto di arrivare ad indurre la «steatosi epatica», una vera e propria patologia del fegato che poi viene immesso sul mercato col nome di foie gras;

   il requisito dei pesi minimi del fegato di anatre e oche, attualmente previsto dal regolamento (CE) n. 543 del 2008 relativo alle norme di commercializzazione per le carni di pollame, non ha alcuna base scientifica o tradizionale e, di fatto, impedisce la produzione di foie gras senza ricorrere al gavage o alimentazione forzata;

   Animal Equality e numerose altre associazioni animaliste, da sempre si battono con forza per il rispetto del benessere animale e contro il requisito dei pesi minimi del fegato di anatre e oche e contro la pratica dell'alimentazione forzata;

   il tema è già da tempo all'attenzione della Commissione europea (Direzione generale dell'agricoltura e dello sviluppo rurale) che, nell'ambito della revisione delle norme sulla commercializzazione per la carne di pollame, ad aprile 2023 ha lanciato una consultazione pubblica. Il 90 per cento di questi chiede l'eliminazione del requisito dei pesi minimi del fegato, per permettere ai consumatori di scegliere foie gras prodotto senza alimentazione forzata. Tra i feedback contro l'alimentazione forzata, spicca quello di Coop Italia, azienda leader nel settore della GDO;

   si rammenta inoltre che il 30 giugno 2023, al Parlamento europeo è stata presentata un'interrogazione a risposta scritta, firmata da ben 84 Europarlamentari, 15 di questi italiani e appartenenti ad ogni schieramento politico, con la quale si richiede l'eliminazione del requisito dei pesi minimi del fegato di anatre e oche, e quindi di permettere la produzione di foie gras senza gavage –:

   se non si intendano avviare in sede UE e nei confronti del Commissario europeo per l'Agricoltura, tutte le iniziative di competenza volte a ottenere la soppressione del requisito dei pesi minimi del fegato di anatre e oche, attualmente presente nel suddetto regolamento (CE) n. 543 del 2008.
(3-01196)

CULTURA

Interrogazione a risposta orale:


   SCARPA e FASSINO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 30 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) stabilisce che lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro, appartenenza e, al comma 4, statuisce che i medesimi soggetti hanno l'obbligo di conservare i propri archivi nella loro organicità e di ordinarli. I soggetti medesimi hanno altresì l'obbligo di inventariare i propri archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre quaranta anni ed istituiti in sezioni separate;

   l'articolo 41, comma 1, primo capoverso, del predetto decreto legislativo, stabilisce che gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato versano all'archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato i documenti relativi agli affari esauriti da oltre quarant'anni, unitamente agli strumenti che ne garantiscono la consultazione;

   nel contesto normativo sopra delineato si inserisce l'intervenuto spostamento dall'archivio di Stato dell'Aquila a quello di Belluno del fondo archivio processuale del Vajont, deposito temporaneo avvenuto nel 2009 in conseguenza del terremoto che colpì il capoluogo abruzzese;

   il predetto fondo è nella titolarità dell'archivio di Stato dell'Aquila, territorialmente competente in virtù dell'avvenuta celebrazione del processo di secondo grado presso la Corte di appello dell'Aquila;

   allo stato attuale, il deposito temporaneo nell'archivio di Stato di Belluno non è stato formalmente rinnovato, mentre la Direzione dell'archivio di Stato dell'Aquila ha già attivato la procedura per la restituzione del fondo Vajont in base al principio della titolarità;

   da alcuni anni è in corso il progetto di riproduzione digitale di tutto il fascicolo processuale del Vajont e ciò sulla scorta della convenzione stipulata nel dicembre 2009 tra la Direzione generale per gli archivi, la fondazione Vajont, gli archivi di Stato di Belluno e L'Aquila, i comuni di Longarone e di Castellavazzo e dovrebbe concludersi, attraverso nuovi finanziamenti ministeriali, con l'immissione in rete dei documenti, lavoro per il quale saranno tuttavia necessari continui riscontri sulla documentazione cartacea: è dunque del tutto evidente che l'ipotesi di un trasferimento della documentazione in itinere non può che risolversi con effetti a detrimento dei lavori necessari alla conclusione del progetto;

   è stata avviata la procedura per candidare l'archivio processuale del disastro della diga del Vajont all'iscrizione nel registro della memoria dell'UNESCO, conclusasi proprio quest'anno con il suo inserimento;

   si ritiene che il mantenimento del fondo archivio processuale Vajont presso l'attuale sede dell'archivio di Stato di Belluno costituirebbe altresì una sorta di riconoscimento etico per le popolazioni colpite direttamente dalla tragedia –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative di competenza volte a rendere definitivo il trasferimento del suddetto fondo di archivio processuale presso la sede dell'archivio di Stato di Belluno.
(3-01194)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   MANZI, ORFINI, ZINGARETTI, BERRUTO, LAI, TONI RICCIARDI, CASU, PROVENZANO e CURTI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   la dimora familiare di Joyce Salvadori Lussu, dove ha vissuto molti anni della sua vita, in località San Tommaso nel territorio del comune di Fermo, è in vendita;

   i numerosi tentativi della famiglia di trovare un interlocutore istituzionale che possa fare della casa un centro aperto e vivo che consenta di preservare e perpetuare la sua memoria e il suo operato non hanno finora trovato ascolto e accoglienza;

   Joyce Lussu Salvadori è stata una protagonista della storia del '900: partigiana antifascista, capitana delle brigate Giustizia e Libertà, femminista, poetessa, scrittrice, traduttrice, ecologista, divulgatrice, attivista a sostegno dei movimenti di liberazione in molte parti del mondo, che nel 1961 ricevette la medaglia d'argento al valor militare;

   trascorse nella casa di Fermo gli anni successivi alla morte del marito, Emilio Lussu, scrittore, partigiano e politico, fondatore del Partito Sardo d'Azione e di Giustizia e Libertà;

   la casa di Joyce Lussu a Fermo è stata a lungo cenacolo culturale e politico, simbolo del suo grande impegno e della capacità di aggregare persone ed idee, luogo di incontro e dibattito, e anche oggi, a distanza di 25 anni dalla sua scomparsa, ha un grande valore che andrebbe preservato attraverso un'azione pubblica;

   il «Centro Studi Joyce Lussu», nato all'indomani della sua morte dalla volontà degli amici più cari, e altri eminenti esponenti del mondo culturale italiano hanno rivolto un appello al Ministro interrogato affinché preservi la memoria della scrittrice e consenta che il patrimonio continui a viaggiare nel mondo e soprattutto tra le nuove generazioni;

   sempre nel Fermano, c'è Casa Licini, nel comune di Monte Vidon Corrado, abitazione del grande pittore Osvaldo Licini, che è stata trasformata in una casa museo e ospita numerosi appuntamenti culturali fra cui mostre d'arte e dibattiti, punto di riferimento non solo del paese ma di tutte le Marche. Un esempio di successo che potrebbe essere replicato con casa Lussu –:

   se intenda attivare direttamente la struttura ministeriale di cui è titolare, coinvolgendo altresì in un'azione congiunta la regione Marche e il comune di Fermo, al fine di acquistare Casa Lussu, preservandone la finalità pubblica, favorendo un'azione di valorizzazione e conservazione della memoria di Joyce Lussu.
(5-02351)


   PICCOLOTTI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che a Perugia i lavoratori dei servizi museali comunali sono in stato di agitazione;

   nei giugno 2023 la Munus s.r.l., società romana che dal 2017 era concessionaria dei servizi per il pubblico e delle attività di valorizzazione dei circuito museale dei comune di Perugia, ha comunicato all'amministrazione l'improvviso e inaspettato recesso dalla gestione dei musei, provocando la chiusura al pubblico del poli museali;

   il nuovo appalto, passato per una gara da quasi 2,7 milioni di euro, prevede la gestione per sei anni della Cappella di San Severo, Museo civico di Palazzo della Penna, Complesso templare di San Bevignate ed ex Fatebenefratelli;

   a pochi giorni dall'affidamento dei nuovo appalto alla cooperativa bolognese le Macchine Celibi, la Filcams Cgil denuncia che parte del personale, sia a tempo determinato che indeterminato, non è stato riassorbito e che il contratto attuato dalla nuova gestione, avallato dal comune di Perugia, si riferirebbe al settore delle pulizie e sanificazioni e non, come dovrebbe essere, al settore culturale;

   da quanto risulta all'interrogante, nel giugno 2023 erano presenti in servizio circa 20 lavoratori tra tempo determinato, indeterminato e contratto intermittente. Nel passaggio in urgenza ne furono reintegrati dieci, lasciando fuori i lavoratori del servizio bar di Palazzo della Penna. Ora il nuovo appalto ha portato al reintegro di sole sei persone. Bisogna ottenere il riassorbimento di tutti i lavoratori;

   il tema della gestione dei beni culturali degli enti locali è di primario interesse non solo da un punto di vista istituzionale, per le conseguenze in tema di riparto di competenze legislative ed amministrative tra le autorità centrali e le autonomie locali, ma anche e soprattutto sotto il profilo pratico, data la straordinaria estensione del patrimonio culturale in proprietà degli enti locali –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere per promuovere l'internalizzazione da parte degli enti locali delle gestioni dei circuiti museali, prevedendo anche misure che la rendano maggiormente vantaggiosa per gli stessi enti locali.
(5-02352)


   ORRICO, AMATO e CASO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   la Biblioteca civica di Cosenza è una delle istituzioni culturali più importanti della Calabria e del meridione d'Italia;

   essa è oggetto di interesse da parte di studiosi di provenienza nazionale ed internazionale per il suo importante patrimonio librario e di memoria visto che conserva pergamene, incurabili, i prestigiosi Corali miniati, tra i più importanti d'Europa, ed una vasta emeroteca;

   è stata dichiarata da parte della Soprintendenza libraria istituto «di alto interesse culturale»;

   lo storico complesso di Santa Chiara che ospita la Biblioteca civica è stato recentemente oggetto di un cospicuo finanziamento per la rigenerazione della struttura derivante dal contratto istituzionale di sviluppo riguardante il centro storico di Cosenza;

   la Biblioteca civica, rimasto un solo impiegato con funzione di ausiliario, è chiusa da tre anni ed ha maturato debiti verso lo Stato (Demanio e Agenzia delle Entrare) ed i privati (dipendenti e fornitori);

   più volte il presidente dell'Accademia cosentina D'Elia, che è anche presidente del Consiglio di amministrazione della Biblioteca, ha scritto al Ministro Sangiuliano, senza ricevere risposta, chiedendo che quest'ultima passi al Ministero della cultura con due vincoli: che il patrimonio, per salvaguardare l'identità culturale della città di Cosenza, rimanga allocato sempre presso la storica sede e che il Ministero affronti il debito verso lo Stato facendolo azzerare –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per superare la grave crisi in cui versa l'importante istituto culturale della Biblioteca civica di Cosenza in modo da poterla restituire presto alla piena fruizione dei cittadini e degli studiosi.
(5-02353)


   GRIPPO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il 18 maggio 2024 entrerà in vigore il regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, con una significativa riforma strutturale;

   il nuovo regolamento prevede, infatti, una divisione in quattro dipartimenti apicali, a cui sono affidate funzioni specifiche, sostituendo la precedente struttura che contemplava 26 Direzioni generali, con la soppressione della figura apicale del Segretario generale. I capi dipartimento verranno nominati direttamente dal Ministro, evidenziando un cambiamento nella catena di comando e nelle nomine dirigenziali, con possibili implicazioni sulla gestione autonoma delle istituzioni culturali e sui flussi decisionali;

   inoltre, si sottolinea come tale riorganizzazione comporterà un aumento delle posizioni dirigenziali, nonostante il mancato rispetto del numero massimo di incarichi previsto dalla legge e del principio di invarianza finanziaria;

   ci si chiede, quindi, a ragion veduta, quali saranno i costi reali della nuova struttura e come mai siano state abolite la Direzione generale prevenzione e sicurezza e la Direzione generale educazione e ricerca, le cui funzioni sono spalmate nei dipartimenti;

   alla luce di quanto emerso, è fondato il timore per eventuali duplicazioni di compiti, per sovrapposizioni di responsabilità e di uffici e per la perdita di autonomia gestionale delle istituzioni culturali;

   inoltre, anche il Consiglio di Stato ha evidenziato carenze nelle relazioni accompagnatorie e formulazioni scarse nei documenti allegati, esprimendo pareri critici sul regolamento in oggetto –:

   quali siano le reali motivazioni che hanno portato alla decisione di riorganizzare la struttura ministeriale e con quali criteri gestionali, di flusso di lavoro e di catena di comando si sia deciso di procedere.
(5-02354)


   MOLLICONE. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   dal rapporto AIE emerge che l'editoria italiana si conferma prima industria culturale del Paese con un giro d'affari (valore del venduto) pari a 3.388 milioni di euro nel 2022. Volume in crescita di quasi 300 milioni rispetto ai valori registrati nel 2019, ultimo anno prima della pandemia;

   il sempre maggiore pluralismo dell'editoria italiana è testimoniato anche dal fatto che le case editrici attive nel 2022 (quelle che hanno inserito almeno un titolo nella banca dati dei libri in commercio) hanno sfondato quota 5 mila (5.184): oltre mille in più rispetto a 12 anni fa;

   i gruppi editoriali europei valgono nel 2020 33 miliardi di euro. All'interno della top 10 mondiale, i primi 6 sono europei. L'editoria italiana è la sesta editoria al mondo e la quarta in Europa. Attorno al libro e alle librerie sono nate simbolicamente nuove reti di relazioni, grazie all'omnicanalità della sua vendita –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire l'industria editoriale nazionale e rafforzare gli interventi previsti dalle leggi n. 15 del 2020 e n. 93 del 2023 rispettivamente sulla promozione della lettura e il contrasto alla pirateria.
(5-02355)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GHIRRA. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, prevede che entro 180 giorni vengano adottati uno o più decreti ministeriali attraverso cui stabilire principi e criteri omogenei per l'individuazione di superfici e aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili;

   con gli articoli 6 e 7 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 convertito in legge 91 del 15 luglio 2022 sono state introdotte nuove misure volte alla diffusione sul territorio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e alla semplificazione dei procedimenti autorizzativi; in particolare, il comma 2 dello stesso articolo 6, demanda a un atto della competente Direzione generale del Ministero della cultura, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge l'individuazione di criteri uniformi di valutazione dei progetti di impianti di energia da fonti rinnovabili, idonei a facilitare la conclusione dei procedimenti;

   a parere dell'interrogante, il non più rinviabile passaggio alle fonti rinnovabili di produzione energetica, auspicabile nel rispetto dei beni ambientali, del paesaggio, agricoli, dei contesti economico-sociali, non può e non deve trasformarsi in una speculazione energetica a esclusivo beneficio delle imprese produttrici;

   l'enorme numero di progetti di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili (5.678 al 31 marzo 2024), in gran parte finanziate con fondi pubblici provenienti dal PNRR, ha già ampiamente superato il target previsto a livello comunitario al 2030 (oltre 336 GW rispetto ai 70 GW concordati);

   in alcune regioni, per giunta aventi un sistema elettrico collegato al resto d'Italia con connessioni a portata contenuta come la Sardegna, la soprintendenza speciale per il PNRR ha registrato «una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile, tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del Fit for 55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto» (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024);

   in Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna S.p.a. al 31 marzo 2024 risultavano complessivamente 809, pari a 57,67 GW di potenza, suddivisi in 524 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 22,99 GW (39,87 per cento), 254 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 16,86 GW (29,23 per cento) e 31 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 17,82 GW (30,90 per cento), equivalenti a circa 30 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna;

   i termini indicati di cui agli articoli 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 come anche quello indicato dall'articolo 6, comma 2 del decreto-legge n. 50 del 2022 sono decorsi senza che, a quanto risulta all'interrogante, siano stati emanati i decreti attuativi indispensabili alle regioni affinché possano individuare le aree idonee, né il regolamento contenente i criteri uniformi di valutazione dei progetti e considerate le ripercussioni concrete connesse al ritardo, anche sul piano paesaggistico e ambientale –:

   quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati, per quanto di competenza, al fine di evitare disastrose speculazioni economiche ai danni del paesaggio e rendere pienamente operative le previsioni legislative citate in premessa, anche attuando in modo completo il dettato di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 e di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 50 del 2022.
(4-02794)


   TASSINARI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della recentissima sentenza della Corte dei conti – (Sezione di controllo dell'Emilia-Romagna n. 26 del 2024, emessa in occasione del controllo preventivo di legittimità degli atti di amministrazioni pubbliche, reso ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b) della legge 19 gennaio 1994, n. 20, è stato nuovamente ribadito il granitico orientamento restrittivo sull'utilizzo dell'istituto della reggenza;

   in particolare, la Corte sottolinea testualmente che «già dalla mera lettura dell'art. 2 del d.P.R. n. 266/1987 emerge come uno dei caratteri centrali dell'istituto in commento sia la sua temporaneità. Sul ricorso alla reggenza (verticale o orizzontale) si è formato un granitico orientamento restrittivo della giurisprudenza, sia della Corte di Cassazione (ex mulits, Cass. civ. Sez. lavoro, ord. n. 9423/2023; Cass. civ., Sez. lavoro, ord. n. 10030/2021; Cass. civ., Sez. lavoro, ord. n. 31400/2019; Cass. civ., Sez. lavoro, sent. n. 3317/2018), sia da parte di questa Corte (ex multis cfr. Corte dei conti, Sez. centr. del controllo di legittimità sugli atti del Governo e della Amministrazioni pubbliche, del. SCCLEG/23/2013/PREV che richiama Sez. reg. di controllo per la Calabria, del. n. 7/2003 ed altre)»;

   secondo il giudice contabile è concreto il rischio del consolidarsi di una prassi elusiva dell'articolo 97 della Costituzione, laddove lo stesso prevede l'obbligo dell'amministrazione, nell'assicurare il buon andamento, di svolgere una ricognizione delle proprie esigenze assunzionali e programmare i concorsi in modo di assorbire nel minor tempo possibile le scoperture di organico;

   dunque eccezionalità, straordinarietà e limitatezza temporale sono criteri che, secondo i magistrati contabili ed anche amministrativi (da ultimo Consiglio di Stato), devono guidare le amministrazioni nell'utilizzo dell'istituto della reggenza;

   l'atto di programmazione (Piao 2024-2026), approvato dal Ministero della cultura, prevede la copertura dell'organico non solo attraverso concorso, ma anche con attingimento all'elenco istituito ai sensi del penultimo capoverso del comma 10 dell'articolo 24 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 avvalendosi dell'autorizzazione ad assumere conseguita con riferimento al personale dirigenziale dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2023 a valere sul budget assunzionale 2023 –:

   quali misure, e con quale tempistica, il Ministro interrogato intenda adottare, al fine di evitare il reiterarsi del ricorso alla reggenza, per l'assorbimento del personale dirigenziale acclarato idoneo dall'amministrazione ed inserito in apposito elenco in seguito all'espletamento del I corso-concorso per cinquanta dirigenti tecnici presso il Ministero della cultura (rif. G.U. – IV serie speciale Concorsi ed esami – n. 97 del 7 dicembre 2021).
(4-02796)

FAMIGLIA, NATALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, per sapere – premesso che:

   il bonus nido 2024 non è stato ancora erogato e secondo le numerose testimonianze e segnalazioni, nonostante le reiterate promesse e giustificazioni, le famiglie lamentano di avere anticipato tutti i soldi e tra di esse vi sono anche quelle famiglie che hanno figli con delle patologie croniche gravi; nel 2024 nessuno ha ancora ricevuto il bonus, «anticipato» dalle famiglie ormai da cinque mensilità per rette che possono arrivare anche a 500 euro al mese per gli asili pubblici e anche oltre per gli asili privati;

   secondo alcuni organi di informazione, da fonti interne all'Inps si farebbe presente che al 9 maggio 2024 risultano lavorate e accolte dalle strutture territoriali 90.773 istanze, di cui 60 mila pagate, su un totale di 316 mila, mentre altre 20.800 sono in fase di acquisizione e 203.586 sono ancora da istruire;

   il 20 aprile 2024 l'Inps informava di avere provveduto ad erogare i pagamenti per il rimborso delle rette relative agli asili nido pubblici o privati ovvero per l'esborso per forme di supporto garantite a bambini con meno di 3 anni con patologie gravi e croniche;

   più in particolare il comunicato dell'Inps annunciava lo sblocco delle risorse e che la relativa applicazione era operativa per tutte le sedi territoriali dell'Inps, consentendo la gestione delle domande presentate;

   nonostante i predetti annunci dell'Inps, come segnalato da alcuni organi di informazione, il problema non sembra essere legato alla lavorazione delle pratiche da parte dell'Inps ma all'effettivo trasferimento delle risorse da parte dello Stato;

   il contributo vale fino al terzo anno di vita del figlio, anche se adottato, e le domande possono essere presentate telematicamente entro il 31 dicembre 2024, allegando la documentazione che attesti la spesa sostenuta;

   si ricorda che la propaganda iniziale del Governo raccontava di «asili nido gratis dal secondo figlio», tuttavia le famiglie hanno poi ben compreso che si trattava solo di un contenuto incremento del bonus già esistente;

   ad avviso dell'interrogante stupisce che proprio nei giorni in cui si celebrano, tra le proteste, gli Stati generali della natalità e si contestano i diritti della vita sessuale e riproduttiva delle persone, la Ministra per la famiglia Eugenia Roccella, continui a fare promesse inevase a decine di migliaia di famiglie che hanno deciso di avere dei figli e che attendono il rimborso del contributo –:

   se il Ministro interrogato sia in grado di documentare le ragioni del ritardo del trasferimento delle risorse e quando intenda adottare iniziative di competenza per far sì che siano corrisposti in tempi rapidi, vista l'urgenza, gli importi dovuti alle famiglie.
(2-00373) «Sportiello».

Interrogazione a risposta scritta:


   RUFFINO. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la tutela dei minori è una delle principali e più delicate funzioni svolte dai comuni, in ragione della vulnerabilità dei destinatari e della complessità del sistema di tutela che si articola in una molteplicità di interventi di prevenzione, promozione, educazione, cura e protezione, che coinvolgono diversi attori, istituzionali e non;

   la realizzazione di servizi per i minori rappresenta un costo ingente per i comuni chiamati ad organizzare e gestire il sistema di protezione e cura dei bambini;

   la normativa nazionale e internazionale concorda sulla necessità di attuare interventi precoci che sostengano le competenze e le risorse della famiglia per preservare, quando possibile, il legame genitori-figli, rispetto all'allontanamento dei minorenni dal proprio ambito familiare;

   la legge n. 184 del 1983 riconosce il diritto del minore a crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia, ma ove ciò non sia possibile a causa di un ambiente familiare non idoneo ne prevede l'affidamento presso una famiglia o il suo inserimento in una comunità di tipo familiare;

   l'articolo 6, comma 4, della legge 8 novembre 2000, n. 328, dispone che: «per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica»;

   il costo delle rette che i comuni sono tenuti a sostenere ammonta mediamente a 90-120 euro al giorno, il che significa circa 3.000 euro al mese per ogni minore, circa 36.000 euro all'anno, con un impatto enorme sugli equilibri di bilancio dei comuni, spesso determinando per quelli di minore dimensione demografica gravi problemi di natura finanziaria;

   l'impatto è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di minori per i quali è disposta dall'autorità giudiziaria la forma di protezione, e questo, soprattutto per i comuni più piccoli che si trovano a fronteggiare un numero elevato di istituzionalizzazioni, si traduce nel rischio concreto di dissesto finanziario;

   i minori collocati fuori famiglia presenti sul territorio nazionale, secondo gli ultimi dati resi disponibili, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono circa 27.608, di cui 13.555 in affidamento familiare e 14.053 accolti in servizi residenziali per minorenni. Si possono, pertanto, stimare costi per circa 450.000.000 euro, che ricadono su risorse proprie degli enti locali;

   lo stanziamento del fondo di 3 milioni destinato ai comuni fino a 3.000 abitanti previsto dal decreto-legge n. 73 del 2021 (cosiddetto «Sostegni bis») per il solo 2021 si è rivelato del tutto insufficiente a causa della dotazione esigua e della destinazione circoscritta ai piccolissimi comuni, senza considerare la mancata proroga della misura. A valere sul fondo, infatti, i comuni fino a 3 mila abitanti hanno fatto richieste per circa 29 milioni di euro totali;

   il sistema di prevenzione e tutela dei minori, fatta eccezione per il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza – destinato alle sole 15 città più grandi o più problematiche in materia di infanzia (cosiddetto «Città riservatarie») – e per una quota vincolata del 50 per cento del Fondo nazionale politiche sociali, che ammonta a 385,9 milioni di euro, è l'unico settore di intervento sociale a non avere ad oggi un fondo nazionale dedicato –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare al fine di riconoscere in favore degli enti locali – nello svolgimento della fondamentale funzione di tutela dei minori – risorse stabili, certe e congrue per sostenere finanziariamente i relativi oneri, anche attraverso l'opportuna costituzione di un fondo nazionale specifico.
(4-02793)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPPELLETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) Matteo Salvini ha dichiarato pubblicamente di lavorare alla riforma delle concessioni autostradali;

   sulla riforma in corso sarebbe stata posta anche l'attenzione da parte dell'Autorità dei Trasporti (Art) che ha inviato un documento riservato in merito al MIT contenente osservazioni dettagliate;

   tale informazione è stata rivelata dall'articolo pubblicato il 20 aprile 2024, da il Fatto Quotidiano, a firma di Carlo Di Foggia e dal titolo «Autostrade, l'Authority stronca la riforma di Salvini» ed un sottotitolo «NOTA RISERVATA – L'Autorità dei trasporti: “Il modello del ministro è la Pedemontana veneta, un fallimento” il buco lo pagherà lo Stato»;

   dal testo dell'articolo emergono i puntuali rilievi dell'Art secondo cui la «riforma delle concessioni autostradali pensata da Matteo Salvini rischia, dietro uno schema complesso, di tradursi nel salvataggio della regione Veneto accollando allo Stato il buco miliardario della Pedemontana Veneta»;

   la riforma non appare chiara in molti aspetti tra i quali anche quelli sulle modalità di stima dei flussi; nelle valutazioni l'Art seguono inoltre accuse pesanti ritenendo che nella proposta di riforma «Il sistema proposto è ben lontano dalle finalità indicate dal legislatore Ue e delinea, piuttosto, una impostazione assimilabile al modello adottato per la Superstrada Pedemontana Veneta, che, come si è avuto modo di indicare, risulta essere tra le forme contrattuali più fallimentari nel settore delle concessioni».

   la Pedemontana Veneta è stata finanziata mediante project financing, con prevalenza di capitale privato e l'apporto di un contributo pubblico. La sostenibilità finanziaria è correlata all'effettivo flusso di traffico. Il rischio «di domanda» è attualmente in capo alla regione Veneto: rispetto al costo di 2 miliardi e 258 milioni di euro, di cui 915 erogati da Stato e regione, la regione Veneto corrisponderà al concessionario dell'infrastruttura ulteriori 12 miliardi e 108 milioni di euro per canone di disponibilità. L'apporto pubblico per quest'opera sarà dunque di 13 miliardi e 23 milioni di euro, al netto dell'Iva. Questo significa che (a fronte di un'opera di 94,5 chilometri più 68 di opere complementari) verranno corrisposti al concessionario 80,14 milioni di euro più Iva al chilometro per realizzare l'opera e remunerarne la gestione e la manutenzione nel periodo della concessione;

   la Superstrada è quasi per nulla utilizzata. Le previsioni dell'Art sono spaventose a giudizio dell'interrogante: nel 2023 a fronte di un canone di «180 milioni pagati dalla regione gli incassi sono stati meno di un terzo» e se «la sovrastima dei volumi di traffico dovesse continuare» entro la fine della concessione un'ingente parte dei 12 miliardi di canone non coperto dai pedaggi determinerà «un'enorme onere a carico della finanza pubblica»;

   il riferimento alla Pedemontana porta ad intendere che se la riforma fosse approvata l'onere rischia di ricadere sullo Stato –:

   se ritenga opportuno adeguarsi alle indicazioni fornite dall'Art per evitare di correre eventuali rischi come la sospensione del contributo finanziario della misura M1C2-11 del PNRR, nonché l'apertura di procedure di infrazione europee;

   se corrisponda al vero che la riforma proposta, nella parte in cui prevede l'attribuzione del rischio traffico al soggetto concedente, sia ritenuta dall'Art nella citata premessa – come nel caso di Pedemontana Veneta – tra le forme contrattuali più fallimentari che si potessero pensare, proporre e sottoscrivere.
(5-02356)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI e ZANELLA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 71 del 2017, «Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo», sono state introdotte una serie di misure per favorire nei giovani una maggiore consapevolezza sul disvalore dei comportamenti persecutori che, generando emarginazione ed isolamento, possono portare a conseguenze molto gravi sulle vittime;

   a dicembre 2023 sono stati resi pubblici i dati del monitoraggio della piattaforma Elisa riferiti all'anno scolastico 2022-2023, che ha coinvolto 185.063 studenti e 44.070 docenti, nel periodo maggio-giugno 2023;

   è emerso che il 26,9 per cento degli studenti (21,5 per cento in modo occasionale e 5,4 per cento in modo sistematico) è stato vittima di bullismo nei 2-3 mesi precedenti alla rilevazione, mentre il 17,5 per cento ha dichiarato di aver preso parte attivamente a episodi di bullismo (14,7 per cento in modo occasionale e 2,8 per cento in modo sistematico);

   i dati evidenziano anche la diversa percezione del fenomeno tra studenti e docenti; gli insegnanti stimano che sia coinvolto nei fenomeni circa il 6 per cento degli studenti, un dato lontano da quello riportato dai ragazzi;

   si apprende da fonti di stampa che il 19 aprile 2024, presso la scuola secondaria di primo grado di Portomaggione (Ferrara), durante una lezione, un 14enne avrebbe aggredito un compagno di classe di 12 anni, sbattendogli la testa contro lo spigolo del banco;

   non sarebbe la prima volta che lo stesso ragazzo avrebbe subìto aggressioni da parte del gruppo: da quanto riferito dai giornali, nel dicembre 2023 i genitori avevano già sporto denuncia ai carabinieri, per episodi di calci agli stinchi, pugni e schiaffi alla testa e alle spalle, oltre a un intervento violento durante la lezione di educazione fisica;

   ciononostante la situazione non si sarebbe affatto risolta, culminando nell'episodio descritto. Nell'ultimo episodio la ferita avrebbe comportato il trasporto in ambulanza al pronto soccorso dove sarebbe stato tenuto in osservazione e gli sarebbe stato diagnosticato un trauma cranico minore con l'applicazione di 5 punti di sutura;

   l'aggressore non sarebbe nuovo a comportamenti violenti. A quanto consta all'interrogante, anche ragazze avrebbero subìto gravi minacce verbali. Inoltre, qualche mese fa si sarebbe reso protagonista di un episodio di «Deepnude», avendo creato con l'intelligenza artificiale immagini pornografiche usando le foto scattate col cellulare alle sue compagne di classe;

   dopo il pestaggio, i ragazzi e le ragazze avrebbero deciso di non entrare a scuola e si sono seduti in giardino con cartelli con scritte «abbiamo paura»;

   l'episodio, l'ultimo di una serie di atti di bullismo, ha spinto i genitori della vittima a denunciare la scuola: la decisione apre un dibattito sulla sicurezza e sulla gestione del bullismo all'interno degli istituti scolastici;

   nonostante l'istituto affermi di essersi attivato nei confronti dello studente aggressore, di fatto non è stata scongiurata la continuazione di questi comportamenti violenti, che non possono essere declassati a mere liti tra coetanei, a danno degli altri studenti;

   gli istituti scolastici in particolare hanno il dovere di prevenire o di interrompere sul nascere comportamenti lesivi che possono sfociare in vere e proprie violenze o tragedie;

   anche gli educatori, gli insegnanti e i dirigenti scolastici sono considerati soggetti primari della prevenzione e dell'individuazione delle condotte lesive, in quanto destinatari di un essenziale obbligo di sorveglianza, a presidio della sicurezza e dell'incolumità degli studenti – non soltanto minorenni – loro affidati per molte ore nel corso della giornata –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e se non ritenga, per quanto di competenza, di dover disporre accertamenti circa la reiterazione di episodi di bullismo presso lo stesso istituto scolastico.
(4-02798)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la Cooperativa I Pescatori si occupa dell'attività di allevamento, pesca, lavorazione e vendita del pesce pescato nella zona di Orbetello, celebre in tutta Italia per la sua qualità;

   I Pescatori di Orbetello sono a tutti gli effetti gli eredi di una lunga tradizione nell'arte della pesca e della lavorazione del pesce. Negli anni, i metodi sono rimasti infatti sostanzialmente inalterati;

   l'azienda cura da decenni un duplice obiettivo: da un lato salvaguardare l'ambiente lagunare, dall'altro dare vita ad un prodotto finito di qualità. In quest'ottica la società dal 1994 promuove alcune iniziative di diversificazione produttiva a partire dalla creazione di un sistema di allevamento ittico di qualità sia intensivo che integrato, trasformazione e degustazione del prodotto pescato seguendo tecniche tradizionali e tipiche. Senza dimenticare le attività connesse al turismo culturale e balneare, come la pesca sportiva, escursioni in battello lungo la laguna;

   la cooperativa, che coinvolge circa 100 lavoratori compreso l'indotto, possiede infatti un laboratorio per la lavorazione, gestisce uno spaccio e un mercato del pesce, alleva spigole e orate per il ripopolamento, produce bottarga, filetti affumicati di cefalo e di anguilla e, gestisce un ristorante affacciato sulla laguna. Tra i servizi attivati vi è anche il «pescaturismo»: con una apposita imbarcazione si può esplorare la laguna fino ai lavorieri, punto di incontro tra acque marine e acque lagunari;

   a causa di alcune problematiche di carattere finanziario legate anche a mancate garanzie sui crediti bancari il 9 maggio 2024 il tribunale di Grosseto ha sancito il fallimento della cooperativa. La sentenza ha, al tempo stesso, autorizzato l'esercizio provvisorio e respinto la domanda di liquidazione di Orbetello Pesca Lagunare (società agricola controllata);

   va segnalato in questo contesto come le gravi criticità che hanno colpito laguna di Orbetello ed il suo ecosistema (dal riscaldamento delle acque a causa dei mutamenti climatici alla proliferazione delle alghe, dalle morie di pesci per la mancanza di ossigeno nel bacino all'invasione dei granchi blu) abbiano comportato gravi ripercussioni per l'attività della cooperativa;

   ad oggi il futuro dei dipendenti e delle loro famiglie è quindi incerto; nonostante la proposta di legge sulla gestione della Laguna di Orbetello (A.C. n. 400, attualmente in discussione in Parlamento) possa rappresentare un primo intervento utile per sostenere il comparto ittico territoriale, la priorità è dare continuità occupazionale ai lavoratori della cooperativa –:

   se i Ministri interrogati, in relazione a quanto espresso in premessa, non ritengano urgente e necessario intraprendere iniziative per quanto di loro competenza, anche in raccordo con gli enti territoriali, al fine di salvaguardare i lavoratori delle Cooperativa I Pescatori di Orbetello, anche in virtù del ruolo svolto come volano di sviluppo sostenibile, strumento di promozione territoriale e custode dell'ecosistema locale.
(5-02357)

Interrogazione a risposta scritta:


   GHIRRA.— Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro è di fondamentale importanza, specie alla luce dell'impressionante numero di incidenti, molti dei quali mortali, che segnano le cronache del nostro Paese: nel solo anno 2023 sono state oltre mille le persone che hanno perso la vita sul lavoro e nei primi tre mesi di quest'anno si contano addirittura 191 vittime;

   sul punto è solo di pochi giorni fa, in occasione del Primo maggio, l'ultimo appello del Presidente della Repubblica sulla sicurezza: «Non possiamo accettare lo stillicidio continuo delle morti provocate da incurie, da imprudenze, da rischi che non si dovevano correre. Mille morti sul lavoro in un anno rappresentano una tragedia inimmaginabile. Ciascuna di esse – anche una sola – è inaccettabile»;

   per contrastare questa piaga è di fondamentale importanza, a parere dell'interrogante, investire nella prevenzione, svolta prevalentemente attraverso il lavoro dell'Ispettorato nazionale del lavoro, anche nelle sue articolazioni territoriali, cui è demandato il compito di programmare e coordinare a livello centrale e territoriale la vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché in materia contributiva e assicurativa;

   dai dati diffusi dagli organi di stampa emerge che oggi gli ispettori in organico all'Inps sarebbero meno di 1.000 e quelli Inail appena 200, i quali eseguirebbero ogni anno 160 mila controlli su altrettante imprese, a fronte di 1,8 milioni di aziende italiane con dipendenti;

   posto che con il bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale «Concorsi ed esami» n. 68 del 27 agosto 2019 e successivo avviso di modifica e riapertura dei termini pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale «Concorsi ed esami» n. 60 del 30 luglio 2021, è stato indetto il concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di n. 1514 posti, poi elevati a n. 1541, di personale a tempo indeterminato, da inquadrare nei ruoli del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'ispettorato nazionale del lavoro e dell'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni del lavoro;

   con avviso del 23 settembre 2022 gli originari posti messi a bando per la figura di Ispettori nazionali del lavoro da 690 sono stati elevati a 900;

   con decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, all'articolo 31, il Ministero del lavoro ha prorogato le autorizzazioni alle assunzioni del personale ispettivo sino al 31 dicembre 2025, per rafforzare la vigilanza sui luoghi di lavoro;

   nonostante le attuali graduatorie stiano per scadere, risulta all'interrogante che i posti messi a bando non siano stati coperti neanche a seguito degli scorrimenti del 1° agosto 2023 e del 12 febbraio 2024 e che, comunque, neanche l'assunzione dei 274 idonei consentirebbe all'ente di ricoprire tutti i posti messi a bando;

   l'interrogante ha appreso che il comitato idonei ispettori del lavoro chiede un provvedimento d'urgenza per consentire l'utilizzazione integrale della graduatoria per la copertura dei posti ancora liberi tra quelli messi a concorso, tramite convocazione diretta degli idonei, provvedimento già adottato da Inl in merito al concorso per ispettori tecnici;

   in merito a quest'ultima procedura concorsuale risulta all'interrogante che con avviso del 10 agosto 2023, Inl ha convocato i vincitori e gli idonei a copertura dei posti messi a bando per la posizione richiesta, esaurendone così la graduatoria –:

   come intendano procedere i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per garantire l'efficienza degli ispettorati del lavoro, centrali e territoriali e la piena copertura dell'organico;

   se non ritengano opportuno assegnare il giusto riconoscimento ai lavoratori già in graduatoria e restituire efficienza agli uffici preposti al cruciale compito di vigilare sull'adempimento della normativa antinfortunistica nelle aziende, utilizzando, a tal fine, le graduatorie ancora valide.
(4-02795)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   FARAONE. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'inchiesta condotta dal quotidiano «La Repubblica», edizione di Palermo, alla quale ha fatto seguito l'apertura di un fascicolo di indagine da parte della procura della Repubblica di Palermo, l'università di Gorazde, con sede in Bosnia Erzegovina, da circa dieci anni, attraverso il dipartimento degli studi europei «Jean Monnet» con sede a Palermo, avrebbe rilasciato lauree in medicina, fisioterapia, infermieristica, con lezioni tenute in modalità combinata ed esclusivamente on line nel periodo «Covid e post Covid», pur non risultando, detta università, accreditata in Italia e, a quanto risulta, con accreditamento condizionato in Bosnia sino al settembre 2023, nonostante la stessa sia stata inclusa in diverse iniziative anche a livello regionale;

   tale circostanza sta pregiudicando il futuro di migliaia di studenti, di ogni parte d'Italia, che nonostante abbiano frequentato lezioni, sostenuto esami e, talvolta, effettuato tirocini all'interno di strutture pubbliche, vedono ora vanificati i propri sforzi per via della sostanziale inesistenza della suddetta università;

   i corsi di studio del dipartimento Jean Monnet sarebbero stati conformi in termini di crediti formativi universitari (Cfu) e requisiti propedeutici a quelli delle università italiane, con accesso ai corsi preceduto da un test d'ingresso eseguito con le stesse modalità dei test a numero programmato predisposti dalle istituzioni italiane;

   riguardo alla tutela effettiva degli studenti e delle loro famiglie, che sono le reali vittime di questa situazione, appare evidente la carenza di un efficace sistema di sorveglianza e controllo da parte delle istituzioni preposte, in grado di prevenire fino in fondo l'escalation della situazione attuale, invero, per quanto consta all'interrogante, sarebbero state fatte delle segnalazioni dal Ministero dell'università e della ricerca (MUR), nel 2018 e nel 2021, ai rettorati delle università italiane, senza che si prendesse, in molti casi, alcun tipo di provvedimento;

   numerose comunicazioni, attraverso posta elettronica e Pec, sarebbero state inviate da diversi studenti al Ministero della salute, al Ministero dell'università e della ricerca, all'Ambasciata italiana a Sarajevo, al fine di sollecitare un approfondimento circa la regolarità degli studi effettuati presso il dipartimento Jean Monnet, senza ottenere risposte chiare, e sollevando preoccupazioni significative riguardo alla trasparenza e alla responsabilità delle istituzioni coinvolte; inoltre, numerosi studenti provenienti dall'università Jean Monnet si sarebbero trasferiti e, in alcuni casi, avrebbero già concluso i loro studi presso rinomate istituzioni italiane. Tra queste, si annoverano l'Humanitas University di Milano e l'Università degli studi di Messina, come riportato da La Repubblica, che mette in luce esperienze positive di trasferimento e integrazione;

  l'elenco delle università che avrebbero accolto studenti della Jean Monnet si estende a molte altre realtà, anche prestigiose, con il che si evidenzia un'ampia rete di accoglienza e riconoscimento delle competenze acquisite dagli studenti della Jean Monnet nel sistema universitario italiano;

   con tutta evidenza, si è creata una disparità tra gli studenti che hanno visto riconosciuto il loro percorso di studi con l'accoglimento del loro trasferimento in altre università e gli altri che, a seguito dell'inchiesta giornalistica e del consequenziale blocco di tutte le attività accademiche, si trovano in una situazione di stallo –:

   quali iniziative di competenza ritenga opportuno promuovere, al fine di verificare quanto accaduto e individuare, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali applicabili alla vicenda in esame, dei percorsi utili per la tutela dei diritti e del futuro accademico e professionale degli studenti e laureati dell'università di Gorazde e del dipartimento Jean Monnet, relativamente al riconoscimento dei titoli di studio e tirocini conseguiti.
(4-02799)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Casu n. 1-00280, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 287 del 6 maggio 2024.

   La Camera,

   premesso che:

    il trasporto pubblico locale (Tpl) è un settore chiave per la transizione ecologica, la decarbonizzazione, l'inclusione sociale e la qualità della vita delle persone, da tempo interessato da un cambiamento di paradigma in cui si è ridotto il peso degli spostamenti sistemici ed è aumentato quello connesso agli spostamenti per attività lavorative o formative intermittenti, per turismo e per il tempo libero;

    le problematiche del trasporto pubblico locale sono state approfondite e chiarite in sede di IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati, da settembre a dicembre 2023, tramite un'approfondita discussione congiunta di quattro risoluzioni con cui sono state sottolineate le criticità del fondo per il trasporto pubblico locale sia per quel che riguarda la sua consistenza sia per i criteri di ripartizione. I numerosi soggetti auditi hanno confermato tali criticità; nello specifico i dati riportati dal Kyoto Club evidenziano la necessità di servizio di trasporto pubblico locale efficace ed efficiente per ridurre le emissioni inquinanti, che nel 2021 hanno causato, considerando solo il biossido di azoto, la morte nel nostro Paese di oltre 11 mila persone. Al riguardo, nel giugno del 2022, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti segnalava come gli autobus italiani avessero una media di 10,4 anni a fronte di una media europea di 7 anni;

    nelle raccomandazioni per la realizzazione dell'European Green Deal relative agli investimenti nel settore del trasporto, la Commissione europea ha sottolineato che la crisi socioeconomica causata dalla pandemia di Covid-19 rischia di accentuare le disparità regionali e territoriali all'interno del nostro Paese, non solo accrescendo la distanza tra Nord e Sud, tra città e aree interne, tra zone urbane e zone rurali, ma anche tra aree urbane periferiche e centrali;

    inoltre il trasporto pubblico locale è un driver di sostenibilità perché favorisce lo shift modale dal trasporto privato a quello collettivo, rendendo quest'ultimo attrattivo e funzionale, anche grazie alle nuove tecnologie e alle sperimentazioni dell'intelligenza artificiale per l'analisi e l'elaborazione di dati e flussi e l'erogazione di servizi più efficienti;

    per favorire l'utilizzo del trasporto pubblico locale appaiono importanti interventi nuovi e coraggiosi come ad esempio, quelli sperimentati in varie parti d'Europa con successo e che sono noti con il nome di «biglietto climatico». Come noto, si tratta di titolo di viaggio a basso costo per il trasporto pubblico cittadino, gli autobus e i treni regionali in tutto il territorio nazionale. Una modalità che sarebbe importante introdurre anche in Italia. Infatti, secondo dati forniti da Greenpeace, nel nostro Paese la mobilità è la seconda spesa delle famiglie europee dopo l'abitazione. Inoltre, ricorda sempre Greenpeace, i trasporti sono responsabili del 25 per cento delle emissioni di gas serra dell'Unione europea. Proprio in questa ottica, oltre alla qualità e all'efficienza del trasporto pubblico, il costo del biglietto è un elemento significativo nel convincere le persone a spostarsi con il trasporto pubblico locale, riducendo così il traffico e l'inquinamento cittadino. Come dato esemplificativo si tenga conto che nel 2022 in Germania sono stati venduti 27 milioni di biglietti di questo tipo e si è registrato un risparmio di quasi due milioni di tonnellate di CO2;

    l'Emilia-Romagna e la Campania hanno previsto il trasporto pubblico locale gratuito per i giovani e gli studenti, con un risparmio per le famiglie di circa 600 euro annui, mentre Roma Capitale ha previsto l'acquisto di un abbonamento annuale del Metrebus Roma a cinquanta euro per i cittadini romani di età inferiore ai 19 anni. Si tratta di interventi tesi ad incentivare il trasporto pubblico locale che andrebbero estese a tutto il Paese, così come andrebbe ripristinato il cosiddetto «bonus trasporti», strumento per sostenere l'acquisto di abbonamenti da parte dei cittadini e che aveva registrato un enorme successo; il Governo Meloni lo ha depotenziato fino a renderlo inefficace con la cosiddetta «Carta dedicata a te» (Social card). Per il 2024, possono ottenere il bonus trasporti solo le famiglie con almeno tre componenti e con reddito Isee uguale o inferiore a 15 mila euro, alle quali è stata assegnata la carta;

    il sistema del trasporto pubblico locale soffre della grave mancanza di risorse. In particolare, criticità evidenti si rilevano nella capienza del «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario», (fondo per il trasporto pubblico locale), istituito dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 301), con il quale lo Stato interviene per sostenere il trasporto pubblico locale nelle regioni a statuto ordinario. Dal 2018 il fondo per il trasporto pubblico locale è disciplinato dalle norme del decreto-legge n. 50 del 2017 che ha modificato il criterio di finanziamento del fondo e le modalità di riparto delle risorse del fondo stesso. Nello specifico il decreto-legge ha rideterminato la consistenza del fondo ed ha stabilito che si provveda, entro il 15 gennaio di ciascun anno, alla ripartizione tra le regioni a titolo di anticipazione dell'80 per cento dello stanziamento del fondo sulla base delle percentuali attribuite a ciascuna regione l'anno precedente e che il riparto del fondo sia poi effettuato entro il 31 ottobre di ogni anno;

    la ripartizione del fondo per il trasporto pubblico locale le varie regioni è stata effettuata sino al 2023 sulla base di un criterio meramente «storico». Il decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 gennaio 2023, n. 6, ha parzialmente modificato questo criterio, stabilendo, all'articolo 7-bis che la ripartizione del Fondo per il trasporto pubblico locale è effettuata «: a) per una quota pari al 50 (...), tenendo conto dei costi standard (...); b) per una quota pari al 50 per cento del Fondo, tenendo conto dei livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale (...)». Successivamente, il decreto-legge 10 agosto 2023 n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 9 ottobre 2023, ha introdotto un nuovo comma 2-quater all'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017, nel quale si prevede che per il riparto del fondo si provveda, limitatamente agli anni 2023 e 2024, secondo le percentuali utilizzate per l'anno 2020. Inoltre, viene stabilito che per la determinazione delle quote del 50 per cento, sopra ricordate si utilizzano le risorse residue del fondo, decurtate della quota erogata tramite il nuovo comma 2-quater dell'articolo 27. Questa disposizione non considera il fatto che i livelli adeguati dei servizi non sono ancora stati definiti e, quindi, di fatto, tutto il fondo viene ripartito sulla base dei costi standard (peraltro determinati nel 2018 sulla base di dati ancora precedenti). Inoltre, la norma prevede che i costi standard si applichino a tutti i servizi di trasporto pubblico locale, anche a quelli cofinanziati dalle regioni. Quindi, i livelli adeguati dei servizi vengono implicitamente ma sostanzialmente fatti coincidere con i servizi erogati. Tutto questo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non può che accentuare gli squilibri già esistenti, svantaggiando ancor di più i territori già in difficoltà;

    la consistenza del fondo per il trasporto pubblico locale, secondo quanto riportato nella tabella 10, capitolo 1315, del bilancio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è pari a 5.179.554.000 di euro lordi per il 2024, a 5.223.554.000 di euro lordi per il 2025 ed a 5.274.544.000 di euro lordi per il 2026. Tali risorse non sono congrue a garantire un servizio pubblico locale efficiente ed efficace tenendo conto anche dell'aumento dei prezzi del carburante, del lento recupero della domanda e dei ricavi rispetto ai livelli precedenti il Covid-19, delle mutate condizioni del contesto socioeconomico e dei reali fabbisogni delle città, alla luce delle conseguenze della crisi climatica e della crescita del turismo. Come ricordato dalle associazioni delle imprese esercenti i servizi di trasporto pubblico locale e regionale (Agens, Anav, Asstra) il settore del trasporto pubblico locale e regionale in Italia genera ogni anno oltre 11 miliardi di euro di fatturato e trasporta oltre 5,5 miliardi di passeggeri per 2 miliardi di corse per chilometro complessive. Le associazioni ritengono che siano indispensabili almeno 800 milioni di euro per fare fronte alle attuali carenze, nonché una dotazione di risorse tale da consentire di sottoscrivere il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri, i cui sindacati richiedono un aumento delle retribuzioni di circa il 18 per cento, corrispondente ad una cifra intorno ai 900 milioni di euro;

    l'insufficiente capienza del fondo per il trasporto pubblico locale è sottolineata anche dal documento della Conferenza delle regioni e delle province autonome (protocollo 23/185/CR04b/C4) del 19 ottobre 2023, firmata dal Presidente della regione Friuli-Venezia Giulia e della stessa Conferenza, Massimiliano Fedriga, nel quale si fa presente che il citato fondo copre attualmente il 55 per cento della spesa annua totale del trasporto pubblico locale delle regioni a statuto ordinario e, che non essendo indicizzato al tasso di inflazione programmata nel settore, è destinato a scendere a risorse invariate. Nel documento si sottolinea inoltre la necessità di: avere certezza delle risorse destinate al finanziamento del settore per la parte corrente; velocizzare i tempi di pagamento delle risorse in conto capitale dallo Stato alle imprese per minimizzare il ricorso al credito per l'anticipazione dei contributi, tenendo conto dell'attuale crescita dei tassi d'interesse. Il citato documento evidenzia, inoltre, con molta chiarezza le seguenti richieste al Governo: a) l'indispensabilità di un incremento strutturale del Fondo di trasporto pubblico locale di almeno 700 milioni di euro per il recupero dell'inflazione pregressa; b) la necessità di reperire le risorse per poter sottoscrivere il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri, che richiedono – come ricordato sopra – un aumento delle retribuzioni di circa il 18 per cento, con un costo stimato di 900 milioni di euro; c) «una congrua e strutturale iniezione di risorse in conto esercizio per accompagnare gli ingenti e straordinari nuovi investimenti e finanziare i nuovi servizi di trasporto pubblico locale che derivano dalla realizzazione delle nuove linee di trasporto rapido di massa»;

    il 28 dicembre 2023, durante la discussione della legge di bilancio per il 2024, il gruppo del Partito democratico ha presentato un emendamento con il quale si proponeva un incremento del Fondo del trasporto pubblico locale di 700 milioni di euro per il 2024, di un miliardo di euro per il 2025 e di un miliardo e mezzo di euro dal 2026, da compensare attraverso la riduzione dei sussidi dannosi per l'ambiente, che, secondo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ammontano a circa 22 miliardi di euro, mentre Legambiente ritiene che la cifra sia più elevata, 40 miliardi di euro. La maggioranza che sostiene il Governo ha respinto l'emendamento;

    nel 20° Rapporto sulla mobilità degli italiani, pubblicato da Isfort nel novembre 2023 si afferma che l'Italia soffre di una importante sotto-dotazione di servizi per il trasporto pubblico. Secondo i dati Eurostat, aggiornati al 2019, l'incidenza del fatturato Tpl sul Pil è pari in Italia allo 0,40 per cento, contro lo 0,86 per cento della Germania e lo 0,48 per cento della media EU27. Quanto all'occupazione, gli addetti del trasporto pubblico in Italia ammontano a 11,3 ogni 10.000 abitanti, una percentuale molto lontana da quella della Germania (25,8), del Regno Unito (21,7) e della media EU27 (16,4);

    nel citato documento di Isfort viene illustrato un ulteriore indicatore, utile per comprendere la situazione generale del trasporto pubblico locale: l'elasticità della domanda di trasporto pubblico locale (fatturato) rispetto al Pil. Si tratta di un rapporto che è determinato dalla desiderabilità del bene pubblico, qui, appunto il trasporto pubblico locale, e, quindi, dalle scelte collettive in termini di politiche pubbliche e allocazione dei fondi. Il dato di elasticità media europea è di poco superiore a 1, ed indica che l'investimento pubblico nel trasporto pubblico locale costituisce una quota costante del prodotto interno lordo. La Germania, con una elasticità di 1,76, si colloca in una posizione di preminenza, assolutamente superiore alla media e a tutti gli altri Paesi qui considerati, evidenziando, quindi, di aver investito risorse rilevanti anche nel trasporto pubblico locale. Il dato dell'Italia, pari a 0,40, è meno della metà della media EU27, oltre quattro volte inferiore a quello delle Germania e oltre tre volte inferiore a quello della Spagna;

    si può quindi concludere che nel nostro Paese le limitate risorse aggiuntive per il settore non possono evitare il circolo vizioso di una mobilità collettiva destinata prevalentemente a chi non ha alternative, collocando i servizi di trasporto pubblico locale dalla condizione di «bene inferiore» e non di «bene meritorio»;

    la situazione generale viene resa anche più complessa dai cambiamenti in atto sia per quel che riguarda il clima, sia nella realtà sociale, sia ancora per le prospettive che si presentano rispetto all'invecchiamento della popolazione del nostro Paese. Si tratta di grandi temi che impattano anche sul trasporto pubblico locale che rischia di subire le conseguenze di quello che viene definito «inverno demografico». Infatti, già oggi la maggior parte di coloro che utilizzano il trasporto pubblico locale sono sostanzialmente gli studenti e i lavoratori. La tendenza alla riduzione di queste due categorie di utenti dovuta, appunto, all'invecchiamento della popolazione, non potrà che portare anche ad una riduzione dei servizi, con grave danno soprattutto per le aree più svantaggiate del nostro Paese. Al riguardo, appare evidente la necessità di mettere in campo politiche che contrastino questa tendenza;

    anche per questo è necessario un nuovo modo di pensare il trasporto pubblico locale prevedendo servizi specifici per gli anziani e per le persone con disabilità, realizzando investimenti tecnologici che consentano di sostenere un'offerta di servizi anche per piccoli numeri di utenti, in modo da garantire a tutti il diritto alla mobilità e all'inclusione sociale;

    è indispensabile, inoltre, prendere iniziative concrete, per realizzare effettivamente quella intermodalità che già esiste in alcune importanti realtà italiane ma che deve essere maggiormente diffusa. Infatti, il trasporto intermodale è una valida alternativa alla scelta del mezzo privato, coniugando l'utilizzo dei mezzi pubblici e di tutti i veicoli a basso impatto ambientale come auto elettriche, bici con pedalata assistita e monopattini elettrici, in modo da rendere più agevole ogni spostamento, con l'uso sinergico di più mezzi di trasporto per ottimizzare il viaggio, e garantendo un netto miglioramento della qualità della vita nelle città riducendo, come già evidenziato, anche l'inquinamento delle nostre città;

    come rileva il rapporto di Legambiente «Pendolaria 2024» l'Italia evidenzia la forte mancanza di interconnessione tra le varie modalità di trasporto di massa, di trasporto pubblico locale e di mobilità dolce, oltre che d'integrazione delle stazioni con il tessuto urbano pedonabile e ciclabile. Una situazione che, evidentemente, ha influenza sul fatto che la nostra sia la nazione più legata all'utilizzo dell'auto. Il citato rapporto, infatti, ricorda che quello italiano resta uno dei parchi auto più grandi d'Europa, con 666 auto ogni 1000 abitanti. Il 30 per cento in più rispetto alla media di Germania, Francia e Spagna;

    in questo contesto, le recenti modifiche al Codice della strada votate dalla Camera dei deputati ed ora in discussione al Senato della Repubblica configurano un vero e proprio attacco alla mobilità sostenibile, dallo sharing alla ciclabilità, con definizioni vaghe, con norme confuse relativamente alla distanza di sicurezza per sorpassi, precedenze. Al riguardo è significativo il fatto che molti consigli comunali italiani – tra i quali Roma, Milano, Torino, Bologna, Brescia, Bergamo – abbiano approvato ordini del giorno che chiedono di eliminare dalla riforma del Codice della Strada le norme in contrasto con il Piano nazionale per la sicurezza stradale 2030 e con il Piano globale per la sicurezza stradale dell'Onu e dell'Oms oltre che le norme che limitano la possibilità dei comuni di intervenire sulla gestione della mobilità urbana e della viabilità stradale. Nei citati ordini del giorno si chiede anche di promuovere interventi normativi e finanziari a favore della mobilità attiva, del potenziamento del trasporto pubblico locale e che agevolino i percorsi verso le Città 30;

    un'attenzione particolare è necessaria per le città metropolitane. Appare significativa la fotografia di Roma e Milano fornita da Il Sole 24 ore. Dai dati forniti dal quotidiano, che confronta la situazione del 2019 con quella del 2022, risulta che nel 2019 Roma Capitale riceveva dalla regione come trasferimento straordinario per il trasporto pubblico locale 240 milioni di euro. In sostanza la cifra resta invariata anche nel 2022. I 2,2 milioni di euro in più che appaiono sono dovuti solo all'emergenza Covid. Invece, i ricavi Atac dalla bigliettazione sono calati nello stesso periodo da 272,7 a 189,6 milioni di euro. Infine, Roma capitale ha visto salire il suo intervento diretto da 222 a 259 milioni di euro. Per Milano, le risorse da fondo per il trasporto pubblico locale sono calate da 176,1 milioni di euro del 2019 a 171,1. La regione Lombardia ha aggiunto risorse che sono passate da 91,3 a 91,9 milioni di euro. Milano ha ricevuto nel 2022 un contributo straordinario pari a 96,5 milioni di euro, ma ha comunque dovuto aumentare le risorse per il trasporto pubblico locale a proprio carico, che sono passate da 52,8 milioni del 2019 a 99,5 milioni di euro del 2022. Al riguardo si osserva che lo sviluppo di nuove infrastrutture metropolitane è limitato dalla competizione con altri servizi, con danno per la potenzialità della pianificazione integrata del trasporto pubblico locale;

    Roma Capitale ha una popolazione di 2 milioni e 783 mila abitanti (dato 2020), cui si aggiungono, però, i cosiddetti «city user», pendolari e turisti che portano le presenze medie a circa 3 milioni e 300 mila al giorno. Per quel che riguarda l'offerta di trasporto pubblico locale di Roma Capitale si osserva che la flotta è costituita da 2.621 autobus, 145 convogli tranviari e da quattro linee della metropolitana. Secondo i dati forniti da «Rapporto Mobilità di Roma del 2022 e dal Rapporto Mobilità degli Italiani – Isfort – si evince che degli 1,65 miliardi di bus per km a livello nazionale, Roma Capitale ne produce il 7 per cento e che dei 57,4 milioni di treno per km (che corrispondono a circa il 20 per cento relativo a tranvie e metropolitane del totale dell'offerta di servizi su ferro), Roma Capitale ne produce il 23 per cento»;

    l'affidamento complessivo del trasporto pubblico locale a Roma vale circa 720 milioni di euro anno: 470 milioni stanziati da Roma Capitale e 240 milioni stanziati dalla regione Lazio. I 720 milioni di euro/anno finanziano i servizi di trasporto pubblico locale affidati sia in regime di net cost (576 milioni ad Atac) che in regime di gross cost (circa 136 milioni a Roma per trasporto pubblico locale). In previsione del nuovo Contratto di Servizio Atac per il periodo 2024-2027, si prevede un impegno aggiuntivo per Roma Capitale di circa 30 milioni di euro per l'annualità 2024;

    per quel che riguarda Milano, il totale delle spese stimate della gestione corrente 2025 del trasporto pubblico locale è pari a 1040 milioni di euro, mentre le entrate stimate sono pari a 717 milioni di euro, di cui 440 milioni di euro di tariffa, 264 milioni di euro di contributi regionali e 13 milioni di euro di altre compensazioni e contributi. Per cui il comune di Milano dovrebbe integrare con 323 milioni di euro di risorse proprie. Tra il 2011 ed il 2024 i trasferimenti di regione Lombardia sono scesi di 27,2 milioni di euro, mentre la differenza coperta dal comune di Milano è, nello stesso periodo, salita di 281,8 milioni di euro (+518 per cento);

    si tratta di cifre che evidenziano come Roma e Milano, così come molte altre realtà, siano costrette a fare fronte con risorse proprie per lo svolgimento del servizio di trasporto pubblico locale, anche in contrazione (o comunque senza aumenti effettivi di risorse) di contributi regionali, e sono, quindi giunte al proprio contributo massimo di erogazione di risorse possibile;

    la situazione sopra ricordata riguarda tutte le città metropolitane. Infatti, anche Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Torino e Venezia evidenziano difficoltà quotidiane nella gestione dei servizi di trasporto pubblico locale e sulle necessità di intervenire rapidamente per poterli rendere migliori e più rispondenti alle esigenze di tutte le cittadine di tutti i cittadini;

    molta attenzione deve essere anche data a realtà fondamentali quali la Sardegna e la Sicilia fortemente svantaggiate in particolare per quel che riguarda la rete ferroviaria regionale. In Sardegna la rete gestita da Rfi s.p.a. è interamente non elettrificata e larga parte delle ferrovie regionali sono a binario unico. Secondo il rapporto Pendolaria del 2023 le corse in Sardegna sono solo 304, con una linea come la Nuoro – Macomer a scartamento ridotto risalente all'800 e con alcuni adeguamenti realizzati nel dopoguerra. Analoga situazione in Sicilia, in particolare per quel che riguarda le province di Trapani e Ragusa;

    anche le isole minori, le aree interne e i comuni montani hanno evidenziato durante le audizioni in IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati le criticità legate al trasporto pubblico locale, richiedendo interventi urgenti per evitare che, di fatti, tanti cittadini si trovino ad essere discriminati nel loro diritto alla mobilità, tenendo conto che va garantita la concreta applicazione dei Livelli essenziali dei trasporti, con soluzioni adeguate;

    per quel che riguarda le isole minori, inoltre, è stato evidenziato il rischio di rimanere sempre più distaccate dal resto del territorio anche per l'aumento del costo del carburante che spinge le compagnie di navigazione a non partecipare a bandi per il trasporto nelle isole non trovandovi la convenienza economica;

    relativamente ai comuni montani, non può essere applicata la mera logica del profitto nel trasporto pubblico locale, con il taglio di presunti «rami secchi» nel trasporto pubblico locale, in particolare nell'ambito ferroviario e con la non applicazione della legge 158 del 2017, sui piccoli comuni che all'articolo 15 prevede un Piano Trasporti per le aree interne e rurali e per i 5.900 piccoli comuni italiani, che non è stato mai realizzato, nonostante le sperimentazioni nate con la Strategia nazionale per le aree interne;

    molto importanti anche le questioni relative alla sicurezza. Per contrastare le aggressioni del personale front line che lavora a bordo ed a terra dei mezzi di trasporto, nel marzo 2022 è stato firmato un «Protocollo per la promozione della sicurezza nel processo di sviluppo del trasporto pubblico urbano» tra i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno, la conferenza Stato-regioni, l'Anci, le associazioni delle aziende e i sindacati firmatari del Ccnl, protocollo volto a monitorare e migliorare la sicurezza del personale, che, però, al momento non è stato pienamente reso operativo e non ha prodotto iniziative. La questione della sicurezza dei lavoratori vale evidentemente anche per gli operatori dei trasporti extraurbani;

    il Gruppo del Partito Democratico ha presentato ben quattro interrogazioni (n. 3-00481 del 20 giugno 2023; n. 5-01173 del 24 luglio 2023; n. 5-15505 del 20 ottobre 2023 e 5-01634 del 20 novembre 2023) che ancora attendono risposta da parte del Governo;

    la prospettiva dell'intersezionalità nella pianificazione dei trasporti e della mobilità urbana è oramai irrinunciabile e in una ricerca del 2022 del think and do tank internazionale, Fondazione Giovanni Brodolini, dal titolo «Mobility for all how to better integrate the gender perspective into transport policy making» si evidenzia come il 53 per cento degli uomini compia percorsi casa-lavoro lunghi e lineari, contro il 23 per cento delle donne, mentre il 20 per cento degli spostamenti delle donne sono legati alla cura e intra-quartieri e nel quartiere;

    nell'ottica di abbattimento delle disuguaglianze, con l'obiettivo di sviluppare politiche, implementazioni e infrastrutture orientate ad un sistema di trasporti inclusivo e sicuro la ricerca sottolinea l'importanza della raccolta sistematica di dati disaggregati per genere e altre caratteristiche utili per definire i target degli interventi da sviluppare su 5 assi (violenza, mobilità per ragioni di cura, sostenibilità, fragilità, povertà);

    anche il trasporto pubblico locale non di linea è importante per sostenere la mobilità del nostro Paese e garantire in tutti i territori la piena fruizione del servizio pubblico accelerando il processo di decarbonizzazione che ha particolare importanza per quel che riguarda il trasporto pubblico locale non di linea e il trasporto delle merci;

    al riguardo sarebbe necessario intervenire sugli incentivi per la conversione ecologica delle auto che ad oggi vengono concessi a seconda della fascia di emissione (gr/Km CO2), senza tenere effettivamente conto del «principio del maggior chilometraggio», erogando maggiori incentivi a coloro che svolgono servizio di trasporto pubblico locale non di linea e di trasporto merci, che per la natura del loro lavoro percorrono molti più chilometri di un privato cittadino;

    si deve osservare al riguardo che il Governo ha perso l'occasione della discussione sulle modifiche al Codice della strada per intervenire in modo concerto per sanare le attuali ingiustizie del sistema sanzionatorio nel settore del trasporto pubblico locale non di linea, coinvolgendo tutti gli attori in campo per garantire un servizio pubblico non di linea efficace ed evitando che, nel pur giusto contrasto ad eventuali abusi si neghi di fatto la possibilità per tutti gli operatori di svolgere il proprio servizio,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere tutte le iniziative di competenza volte ad aumentare in tempi rapidi la dotazione del fondo per il trasporto pubblico locale, adeguandolo all'inflazione, ai nuovi fabbisogni tecnologici e all'incremento dei servizi, superando l'attuale insufficienza di trasferimenti pubblici nel settore e considerando le esigenze legate al rinnovo del Ccnl Autoferrotranvieri mediante la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (Sad);

2) ad intraprendere tutte le iniziative necessarie di competenza, anche di carattere normativo, per modificare i criteri di riparto del fondo per il trasporto pubblico locale, oggi fondati sulla base di un criterio prevalentemente «storico», anche per quel che riguarda la programmazione dei servizi di trasporto che tendono a ripercorrere quanto fatto in passato senza prendere atto delle modifiche occorse nel tempo, mettendo al centro la perequazione territoriale;

3) ad intraprendere tutte le iniziative di competenza per garantire un adeguato e regolare flusso di risorse in conto esercizio, anche adottando misure che consentano di velocizzare l'erogazione delle risorse in conto capitale anche in considerazione degli ingenti investimenti per la transizione ecologica e digitale del servizio di trasporto pubblico locale;

4) ad intraprendere tutte le iniziative di competenza volte ad avviare la sostituzione nei tempi più rapidi possibili dei mezzi più vetusti delle flotte di autobus per il trasporto pubblico locale, favorendo in particolare l'acquisto di mezzi elettrici ed alimentati ad idrogeno verde (e solo per il periodo 2024-2026 anche di mezzi ibridi elettrico/metano), in modo da garantire la riduzione delle emissioni inquinanti e dello smog, in particolare nelle grandi aree urbane, contribuendo così alla riduzione delle emissioni climalteranti del 55 per cento entro il 2030 e al loro azzeramento entro il 2050;

5) a favorire e sostenere iniziative utili per le famiglie e per la transizione ecologica quali il biglietto gratuito per i giovani, studenti, anziani, e per coloro che abbiano un Isee inferiore a 15 mila euro l'anno;

6) a prevedere, per quanto di competenza, iniziative volte ad istituirei il cosiddetto «biglietto climatico», analogamente a quanto già fatto in altri Paesi europei;

7) a intraprendere iniziative di competenza per favorire una politica chiara di interventi nella logica di uno sviluppo del trasporto intermodale che migliori l'interscambio tra mezzi diversi ed ecologici, favorendo la mobilità e l'inclusione, prevedendo, tra l'altro, l'aumento strutturale delle risorse necessarie per sostenere gli enti territoriali nella realizzazione di reti metropolitane, tranvie, linee suburbane e per il rafforzamento del servizio ferroviario regionale e sostenendo nel contempo la mobilità dolce, anche investendo sull'intermodalità tra bicicletta e trasporto pubblico locale e rendendo le stazioni ferroviarie hub di mobilità condivisa ed elettrica, evitando ogni intervento che indebolisca in modo inaccettabile il ruolo dei comuni e renda troppo complessa la mobilità sostenibile;

8) ad adottare, nelle more dell'aumento strutturale delle risorse del fondo per il trasporto pubblico locale e delle modifiche dei criteri di riparto, iniziative di competenza volte ad individuare, con urgenza, una soluzione contingente per Roma Capitale e per le città metropolitane di Milano, Napoli, Torino, Bari, Palermo, Catania, Bologna, Firenze, Venezia, Genova, Messina, Reggio Calabria, Cagliari, chiamate a fare fronte agli attuali squilibri con risorse proprie in maniera preponderante, intervenendo concretamente per modificare in maniera rapida una situazione che attualmente rende insostenibili gli investimenti necessari, l'indispensabile aumento della qualità del servizio ed il sostegno delle opere infrastrutturali connesse al Pnrr ed ai Piani di investimento in atto, prevedendo anche specifici correttivi per l'esercizio delle linee di trasporto rapido di massa oltre a misure di accompagnamento di ogni finanziamento per nuove linee di trasporto rapido di massa che prevedano adeguate misure volte a garantirne l'implementazione nei primi cinque anni;

9) a prevedere tutte le iniziative necessarie di competenza, di concerto con gli enti territoriali, per accelerare gli interventi indispensabili di elettrificazione e raddoppio della rete ferroviaria regionale, in particolare nel Mezzogiorno, in Sicilia, in Sardegna, e nei territori geograficamente più periferici, garantendo anche in misura maggiore di quanto non accada oggi i collegamenti tra le aree a domanda debole o, comunque, poco serviti dai servizi a mercato, anche rafforzando il regime di obblighi di servizio pubblico;

10) ad adottare iniziative volte a prevedere l'aumento degli incentivi utilizzabili per l'acquisto di mezzi a zero emissioni per il trasporto pubblico locale non di linea, al fine di favorire la scelta ecologica per tutti i soggetti interessati, intervenendo anche per superare gli ostacoli che oggi rallentano il passaggio ai veicoli a zero emissioni;

11) a intraprendere iniziative di competenza per favorire relazioni industriali e accordi collettivi che siano in grado di dare impulso effettivo alla produttività e alla capacità del sistema di attrarre nuova forza lavoro, anche in considerazione del fenomeno della grave carenza di personale di guida che si registra da tempo a livello nazionale ed europeo, prevedendo anche politiche di sostegno al reddito per il personale di guida stesso;

12) a intraprendere tutte le iniziative di competenza per contrastare ogni forma di violenza nei confronti degli operatori del trasporto pubblico locale e garantire anche la sicurezza di tutte le cittadine e di tutti i cittadini che utilizzano i mezzi pubblici, anche attraverso la piena attuazione del Protocollo per la promozione della sicurezza nel processo di sviluppo del trasporto pubblico urbano sottoscritto nel marzo 2022 dai Ministri delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e dell'interno, dalla conferenza Stato-regioni, dall'Anci, dalle associazioni delle aziende e i sindacati firmatari del Ccnl;

13) ad adottare la prospettiva dell'intersezionalità nella pianificazione dei trasporti e della mobilità urbana dando il massimo impulso allo sviluppo sui territori di progetti di raccolta dati disaggregati finalizzati ad abbattere le disuguaglianze di genere dando avvio alla sperimentazione di specifiche politiche che, coinvolgendo l'associazionismo femminile nei processi di pianificazione del trasporto e della mobilità, rendano inclusive e partecipate le politiche che riguardano uno dei settori più importanti e impattanti nella vita delle persone e per la sostenibilità ambientale;

14) a intraprendere, per quanto di competenza, tutte le iniziative necessarie per introdurre regole in materia, coerenti con la normativa europea, volte a promuovere politiche industriali di medio-lungo periodo adeguate alle sfide poste dalla transizione climatica e da quella tecnologica e che contribuiscano nel contempo a rafforzare le imprese italiane del settore, anche nell'ottica di un mercato che si va sempre più liberalizzando e nel quale le imprese più piccole rischiano di essere aggredite con facilità;

15) a intraprendere iniziative di competenza per favorire l'implementazione di strumenti digitali in grado di integrare tutti i sistemi di trasporto dei territori, secondo principi di non discriminazione, trasparenza e protezione dei dati commercialmente sensibili;

16) a intraprendere iniziative di competenza per favorire, nell'ambito del comparto del trasporto locale, lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale che siano in grado di incidere sui processi e sui fattori produttivi, in particolare per quel che riguarda il lavoro, in modo da incrementare la qualità e l'efficacia dei servizi, oltre alla produttività dei fattori ed all'esigenza delle gestioni.
(1-00280) (Nuova formulazione) «Casu, Barbagallo, Bakkali, Ghio, Morassut, Braga, Bonafè, Ciani, De Luca, De Maria, Ferrari, Fornaro, Toni Ricciardi, Roggiani, Ascani, Simiani».

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Scarpa e Fassino n. 5-01415 del 3 ottobre 2023 in interrogazione a risposta orale n. 3-01194;

   interrogazione a risposta in Commissione Vaccari e altri n. 5-02275 del 15 aprile 2024 in interrogazione a risposta orale n. 3-01195;

   interrogazione a risposta scritta Zanella n. 4-02654 del 15 aprile 2024 in interrogazione a risposta orale n. 3-01196.