XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la riforma del Patto di stabilità e crescita è stata approvata in via definitiva il 29 aprile 2024 ed è entrata in vigore il giorno successivo: ne consegue la sostanziale inutilità di ogni iniziativa volta a promuovere la riapertura – in sede europea – di un dibattito appena conclusosi, a meno che ciò non ambisca unicamente a rimarcare la distanza del nostro Paese da un percorso appena condiviso a meri fini propagandistici, visto anche l'approssimarsi delle elezioni europee dell'8 e 9 giugno 2024;
è evidente, ad avviso dei firmatari del presente atto, il carattere inutile e pleonastico di un atto di indirizzo che si proponga di impegnare il Governo a individuare un percorso di spesa primaria netta e a predisporre e presentare al Parlamento nei termini previsti dalla normativa europea il Piano strutturale di bilancio, posto che tali impegni sono già stati assunti dal Governo in sede europea, nell'ambito della richiamata riforma del Patto di stabilità e crescita;
quanto appena osservato conferma, invece, che gli obiettivi sanciti dal nuovo Patto di stabilità e crescita impongono iniziative concrete: occorre al più presto impostare un ragionamento condiviso e il più possibile unitario tra tutte le forze politiche per adeguare la legislazione nazionale al nuovo quadro di governance europea e approfittarne per migliorare, adeguare e modernizzare altri istituti dell'impianto italiano di finanza pubblica, anche alla luce di quanto emerso nell'ambito dell'indagine conoscitiva appena conclusa dalla V Commissione della Camera dei deputati e dalla 5ª Commissione del Senato della Repubblica su questo tema,
impegna il Governo:
1) a promuovere, sulla base delle prime risultanze dell'indagine conoscitiva richiamata in premessa, un'azione condivisa col Parlamento e con tutte le forze politiche volta a:
a) garantire, in vista della prima applicazione della disciplina europea prevista dal nuovo Patto di stabilità e crescita e della presentazione entro il 20 settembre del primo Piano strutturale di bilancio, tempistiche adeguate per un esame e una discussione approfondita da parte delle Camere, anche attraverso l'elaborazione, per quanto di competenza, di procedure specifiche e, in ogni caso, evitando di comprimere gli spazi di esame e discussione parlamentare;
b) individuare un percorso condiviso di predisposizione e approvazione di un pacchetto di interventi normativi su più livelli finalizzato non solo a tradurre la nuova disciplina europea nella legislazione nazionale, ma anche ad affinare, semplificare e migliorare le procedure di programmazione economico-finanziaria per avere maggiore trasparenza, efficacia e accountability.
(1-00289) «Marattin, Faraone, Bonifazi, Boschi, De Monte, Del Barba, Gadda, Giachetti, Gruppioni».
La Camera,
premesso che:
il quadro macroeconomico attuale, fortemente condizionato dall'onda lunga della pandemia e dalla guerra in Ucraina, ha portato conseguenze economiche dirette segnatamente per i Paesi dell'Unione europea alle prese con le azioni di policy finanziate da Next generation EU, che sono per questo chiamati ad un maggior coordinamento strategico;
per rispondere alla suddetta esigenza, nell'ambito della riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, all'inizio del 2024 sono stati avviati i negoziati interistituzionali (cosiddetto «trilogo») per il raggiungimento di un accordo tra il Parlamento e il Consiglio, in qualità di co-legislatori, in vista dell'approvazione della proposta di regolamento (COM (2023)240) che sostituisce e abroga il regolamento (CE) n. 1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio, nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (cosiddetto «braccio preventivo» del Patto di stabilità e crescita);
nell'ambito dei suddetti negoziati è stata esaminata anche una proposta del Consiglio di revisione della direttiva 2011/85 relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri, che comprende un elaborato sistema di coordinamento e sorveglianza delle politiche basato sui principi di monitoraggio, prevenzione e correzione delle tendenze economiche che potrebbero indebolire le economie dei singoli Stati membri o provocare ricadute su altre economie;
rispetto al passato, la nuova riforma mira a ridurre il rapporto debito/prodotto interno lordo e i disavanzi, il che dovrebbe avvenire in modo graduale, realistico, sostenuto e favorevole alla crescita, tutelando, al tempo stesso, le riforme e gli investimenti in settori strategici a livello europeo, quali quello digitale, della transizione verde e della difesa. Allo stesso tempo, il nuovo quadro legislativo dovrebbe offrire agli Stati membri la possibilità di crearsi uno spazio finanziario adeguato (riserve di bilancio) per attuare politiche anticicliche nei futuri momenti di crisi che dovrebbe aiutare ad affrontare gli squilibri macroeconomici oggi esistenti;
la riforma della governance europea per centrare i suddetti obiettivi si affida a due strumenti, la prevenzione, da un lato, e la cura dei deficit e dei debiti eccessivi degli Stati, dall'altro, entrambi da incardinare su un più efficace sistema di coordinamento e sorveglianza delle politiche economiche nazionali, istituito a livello europeo;
è auspicabile che, in esito al lungo percorso di riforma e adattamento alle mutate esigenze della governance, l'Unione europea riconosca un quadro di bilancio a sostegno della resilienza delle economie dell'Unione europea agli shock, pur rispettando la sostenibilità dei debiti;
la proposta di revisione della direttiva 2011/85 è, infatti, il segnale dei limiti e dell'inadeguatezza dimostrati da queste regole, non solo di fronte allo shock dell'emergenza pandemica e alle misure di spesa pubblica necessarie per fronteggiarla, ma anche nelle situazioni di stabilità economica, poiché la prevista convergenza sui requisiti di bilancio non è accompagnata dalla convergenza sulle politiche fiscali, degli investimenti pubblici e delle politiche industriali, se non in misura assai limitata e modesta, anche grazie al Next generation UE e al Green deal;
la temporanea sospensione del Patto di stabilità e dei relativi vincoli nel corso dei lunghi mesi della pandemia, al fine di consentire agli Stati membri di reagire alla crisi attraverso un consistente sostegno dei bilanci pubblici alle rispettive economie, non ha portato al paventato disastro della finanza pubblica europea, così come non sembra che la correlata crescita del debito a livello europeo – causato dalla necessità di implementare le misure d'emergenza – abbia causato situazioni irreversibili e drammatiche per i conti pubblici, da imputare, piuttosto, ad altre emergenze come l'inflazione, la recessione, la deglobalizzazione dell'economia;
le revisioni proposte dalla direttiva 2011/85 sembrano prendere atto dei suddetti limiti emersi in questi anni, nel voler ribadire il rafforzamento e il primato della titolarità nazionale, la promozione di un orientamento a medio termine, il miglioramento della qualità delle finanze pubbliche, attraverso la previsione di un alleggerimento del rientro del debito al 60 per cento con delle traiettorie nazionali sui quattro e sette anni e con l'individuazione di piani nazionali di rientro: insomma una forme di «atterraggio» senz'altro più morbido, ma comunque poco realizzabile anche per l'Italia per la quale l'obbiettivo di accantonare fino a 15 miliardi di euro l'anno per ottemperare ad una riduzione annua dello 0,85 per cento sembra tutt'altro che realistico;
anche il ricorso dell'indicatore della «spesa netta» per la riduzione del debito non cambia molto le cose e tiene comunque dentro le spese per il servizio sul debito, come espressamente dalla relazione introduttiva della proposta di revisione della direttiva per la quale: «gli elementi della legislazione proposta mantengono la sostanza del patto di bilancio». Si tratta, pertanto, di aggiustamenti limitati e modesti, incapaci di incidere, che confermano ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo l'errore principale, nelle regole per riequilibrare i bilanci statali, del concentrare tutta l'attenzione sul denominatore, cioè la spesa, e del tralasciare il numeratore, cioè le entrate. Queste ultime, a loro volta, dipendono dalla crescita che si realizza solo a fronte di investimenti (cioè spesa pubblica), di una spesa fiscale comune, di un bilancio comunitario molto più consistente, capace di rafforzare un modello di crescita europea che vada a beneficio di tutti i Paesi europei, e infine di strumenti strutturali e permanenti di finanziamento degli investimenti su scala europea;
il vulnus principale di questa proposta di revisione è che non è integrata dalla previsione di molte misure fondamentali, come lo scorporo della spesa per investimenti dal conteggio del debito e del deficit (appena attenuata, come si è visto, dalla possibilità di elevare da quattro a sette anni i piani di rientro, nel caso di investimenti), di un meccanismo di condivisione, di mutualizzazione di parte del debito nazionale a livello comunitario e dalle necessarie revisioni complessive per la convergenza delle politiche economiche, finanziarie e fiscali dei singoli Stati membri: tutti campi in cui ogni Stato sembra volersi mantenere le mani libere. La sola convergenza prevista sembra essere quella sulle spese (con il Patto di stabilità), ma non sul fronte delle entrate, ove ciascun Stato, adottando regimi diversi e trattamenti fiscali speciali, entrano in competizione per attrarre investimenti, favorire il business, aggirare le regole sulla concorrenza sleale tra i membri dell'Unione;
il passato insegna che le politiche ispirate al «pareggio di bilancio» non assicurano maggiore crescita e sviluppo, ma tendono solo a rassicurare – con la loro impronta monetarista e restrittiva – i Paesi cosiddetti «frugali»;
manca inoltre, all'interno del disegno di nuova governance europea, la dimensione locale e regionale, basandosi solo su criteri nazionali. Sarà pertanto indispensabile prevedere un coordinamento sulle regole per gli equilibri di bilancio, al fine di non pregiudicare i livelli degli attuali trasferimenti alle regioni e la sostenibilità dei livelli delle prestazioni essenziali. Si deve, inoltre, tener conto del fondamentale contributo fornito sinora dalle regioni al miglioramento della finanza pubblica nel corso degli anni. Dal 2009 al 2022, infatti, le regioni hanno ridotto la spesa primaria del 14 per cento, mentre quella delle amministrazioni centrali è aumentata del 73 per cento, il tutto in un contesto in cui la spesa primaria delle regioni ha sempre meno peso sull'intero complesso della spesa pubblica. La regola della spesa netta, prevista dalla riforma della governance dell'Unione europea, dovrebbe essere inserita nel contesto delle regole di finanza pubblica attualmente in vigore per gli enti territoriali ed essere proporzionata alla percentuale di spesa che rappresentano;
il nuovo impianto della regola fiscale europea che dovrebbe basarsi sulla centralità dell'indicatore di spesa netta quale perno operativo del cosiddetto braccio preventivo, come anche ribadito dalla Corte dei conti, renderà necessaria una compiuta e ponderata definizione delle risorse economiche necessarie all'attuazione delle riforme connesse all'autonomia differenziata e dei livelli essenziali di assistenza, anche in vista dei cambiamenti che questi ultimi possono comportare nel volume delle risorse gestite dalle regioni, in primis, ma anche dalle amministrazioni locali stante il previsto e molto più complesso meccanismo di compartecipazione al controllo della spesa;
anche secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio l'applicazione delle nuove regole europee al complesso degli enti territoriali è un'operazione complicata che dovrà assicurare il coordinamento tra le nuove regole e quelle contabili sul pareggio di bilancio e che, su un piano più sostanziale, i vincoli sulla dinamica della spesa siano compatibili con il fabbisogno finanziario per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e per l'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni. In base alle regole attuali, infatti, i singoli enti hanno l'obbligo di conseguire il pareggio di bilancio contabile, mentre il rispetto del saldo previsto dalla legge n. 243 del 2012, un saldo simile all'indebitamento netto rilevante ai fini delle regole di bilancio comunitarie, deve essere accertato non a livello di singoli enti, ma piuttosto dell'intero sottosettore;
come emerge dalle stime del documento di economia e finanza 2024, per l'Italia la concreta attuazione della riforma richiederà sforzi significativi, specie dopo la fase 2025-2027, connotata da elementi di transitorietà. L'auspicio è che a livello europeo cresca, nei prossimi anni, la consapevolezza che la governance economica dell'Unione europea dovrà anche contribuire a rispondere alle difficili sfide connesse alle crisi in atto (climatica, energetica, geopolitica e altre) e alle relative implicazioni in termini di maggiori investimenti per la produzione di beni pubblici europei;
per l'Italia l'osservanza delle nuove previsioni del cosiddetto braccio preventivo comporta una conseguenza ben precisa. Il documento di economia e finanza deliberato dal Consiglio dei ministri il 9 aprile 2024, indica, nel 2023, un rapporto debito/prodotto interno lordo dell'Italia del 137,3 per cento e un deficit del 7,2 per cento, con una tendenza al rialzo nei prossimi anni. Pertanto considerato il prodotto interno lordo italiano nel 2023 (2.085 miliardi di euro certificati dall'Istat), la traiettoria correttiva che sarà proposta dalla Commissione europea all'Italia entro il 21 giugno 2024 dovrebbe richiedere, in linea di massima, una riduzione del debito pubblico di circa 21 miliardi di euro all'anno, fino al raggiungimento del 90 per cento nel rapporto debito/prodotto interno lordo;
ciò spiega perché, nel medesimo documento di economia e finanza 2024, il Governo italiano ha già annunciato l'intenzione di concordare con la Commissione europea l'estensione a sette anni dell'aggiustamento di finanza pubblica, necessario a porre il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo dell'Italia su un sentiero di continua e sostanziale riduzione: per ottenere tale proroga, un ruolo determinante avranno i risultati conseguiti con il Piano nazionale di ripresa e resilienza «Italia domani»;
infine, sempre dal lato della prevenzione, la riforma appena entrata in vigore, attraverso la clausola di salvaguardia per la resilienza del deficit (Deficit resilience safeguard), chiede a tutti gli Stati membri non solo di impegnarsi a raggiungere un disavanzo del 3 per cento del prodotto interno lordo, ma di restare al di sotto di tale livello, soprattutto nei periodi di crescita dell'economia, al fine di creare riserve di bilancio necessarie per affrontare le crisi future;
le imminenti consultazioni per il rinnovo del Parlamento europeo hanno determinato, in sede di approvazione di una proposta di riforma in cui prevale l'aspetto dell'austerity e già approvata a dicembre del 2023 dal Consiglio europeo, uno sfilacciamento all'interno della coalizione di Governo: l'intera maggioranza, infatti, compresa la Lega, per la quale «rappresenta un compromesso che presenta ancora elementi critici», si è astenuta sul testo negoziato dal suo stesso Ministro dell'economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo di fatto, sfiduciandolo,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative volte ad avviare in sede europea una trattativa al fine di revisionare la proposta di riforma delle regole di governance economica dell'Unione europea approvata in sede di Consiglio dell'Unione europea il 29 aprile 2024, in modo tale da:
a) riconoscere un quadro di bilancio a sostegno della resilienza delle economie dell'Unione europea agli shock, pur rispettando la sostenibilità dei debiti;
b) offrire agli Stati membri la possibilità di crearsi, attraverso riserve di bilancio, uno spazio finanziario adeguato che consenta loro di attuare politiche anticicliche nei futuri momenti di crisi;
c) prevedere un quadro di convergenza sui requisiti di bilancio che sia accompagnata dalla convergenza delle politiche fiscali, degli investimenti pubblici e delle politiche industriali dei singoli Stati membri;
d) contemplare lo scorporo della spesa per investimenti dal calcolo del debito e del deficit coniugato ad un meccanismo di condivisione e di mutualizzazione, a livello comunitario, di parte del debito nazionale;
e) prevedere, al fine di non pregiudicare i livelli degli attuali trasferimenti alle regioni e la sostenibilità dei livelli delle prestazioni essenziali, il coordinamento delle nuove regole per gli equilibri di bilancio con le regole di finanza pubblica attualmente in vigore per gli enti territoriali;
f) contribuire a rispondere alle difficili sfide connesse alle crisi in atto (climatica, energetica, geopolitica e altre) e alle relative implicazioni in termini di maggiori investimenti per la produzione di beni pubblici europei.
(1-00290) «Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
il 22 maggio 2024 i Premier di Spagna, Norvegia e Irlanda hanno annunciato congiuntamente che riconosceranno ufficialmente lo Stato di Palestina il 28 maggio 2024. I Premier hanno sottolineato che tale decisione nasce dalla necessità di riconoscere lo Stato palestinese «per favorire pace e sicurezza», accusando il Presidente israeliano Netanyahu di non avere alcun progetto di pace e di mettere in pericolo la soluzione «due popoli, due Stati»;
i tre Paesi europei citati hanno dimostrato con la loro azione congiunta una profonda solidarietà al popolo palestinese che continua ad essere martoriato dalle nefandezze della guerra. Una decisione che riveste un grande significato storico e simbolico, declinando in azione concreta i valori di pace, coerenza e giustizia;
la suddetta decisione si aggiunge al riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di 142 Paesi del mondo, circa il 70 per cento dei membri delle Nazioni Unite;
il Presidente palestinese Abu Mazen ha accolto con grande soddisfazione la notizia della decisione di Spagna, Norvegia e Irlanda e, nel contempo, ha esortato gli altri Paesi dell'Unione europea a intraprendere la medesima strada;
seguendo i dettami del diritto internazionale che sancisce i diritti inalienabili del popolo palestinese e, nel corso dei decenni, delle numerose risoluzioni dell'Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che hanno cristallizzato tali diritti, sarebbe un atto dovuto dare seguito al riconoscimento dello Stato di Palestina nel pieno rispetto del diritto internazionale;
la risoluzione n. 3236 del 1974 dell'Assemblea generale della Nazioni Unite indica espressamente, tra i diritti del popolo palestinese, il diritto all'autodeterminazione. Il diritto al l'autodeterminazione dei popoli è enunciato nell'articolo 1 dello Statuto dell'Onu: «Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell'eguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace universale». Autodeterminazione, dunque, come principio di libertà e democrazia;
in merito al diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese si ricorda il parere della Corte internazionale di giustizia del 9 luglio 2004, noto come «Muro in Palestina». La Corte ha ritenuto che la costruzione del muro da parte di Israele in Cisgiordania costituisse una violazione del principio di autodeterminazione dei popoli e del divieto di annessione con la forza di territori altrui, oltre ad aver violato i diritti umani e il diritto internazionale umanitario;
nel 1975 l'Assemblea generale dell'Onu, con la risoluzione n. 3237, attribuisce all'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) lo status di «osservatore». Solo nel 2012 la Palestina sarà ammessa all'Onu in qualità di «Stato osservatore non membro» con la risoluzione 67/19 dell'Assemblea generale del 29 novembre 2012. La portata di questo atto è di altissimo rilievo sia giuridico che politico: la Palestina è riconosciuta, a tutti gli effetti, quale Stato con i diritti e le prerogative proprie di uno Stato «indipendente, sovrano, democratico, contiguo, autosufficiente»;
il 10 maggio 2024 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato, con 143 voti favorevoli, 9 contrari e 25 astenuti, tra cui l'Italia, una risoluzione presentata dagli Emirati Arabi Uniti che riconosce la Palestina come qualificata per diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite;
nelle conclusioni del 21 e 22 marzo 2024, il Consiglio europeo ha chiesto la cessazione immediata delle violenze in Cisgiordania e a Gerusalemme est e la garanzia di un accesso sicuro ai luoghi santi. Ha inoltre condannato fermamente la violenza dei coloni estremisti, affermando che i responsabili devono rispondere delle loro azioni, e ha invitato il Consiglio ad accelerare i lavori relativi all'adozione di pertinenti misure restrittive mirate. Ha inoltre condannato le decisioni del Governo israeliano di estendere ulteriormente gli insediamenti illegali in tutta la Cisgiordania occupata e ha esortato Israele a revocare tali decisioni;
il 19 aprile 2024 il Consiglio europeo, dando seguito a quanto sopra esposto, ha deciso di inserire quattro persone e due entità nell'elenco del regime globale di sanzioni dell'Unione europea in materia di diritti umani. Le persone e le entità inserite nell'elenco si sono rese responsabili di gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di palestinesi, tra cui torture e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, nonché della violazione del diritto di proprietà e del diritto alla vita privata e familiare dei palestinesi in Cisgiordania;
la creazione di uno Stato palestinese contribuirebbe alla pace e alla sicurezza internazionali, consentirebbe di mantenere la soluzione «due popoli, due Stati» e getterebbe le basi per la costruzione di una pace duratura,
impegna il Governo:
1) ad adottare urgenti iniziative di competenza volte al riconoscimento dello Stato di Palestina sulla base dei confini del 1967, anche per quanto concerne Gerusalemme, nel pieno rispetto del diritto all'autodeterminazione dei popoli e del diritto internazionale;
2) a sostenere nelle opportune sedi europee e internazionali iniziative volte al ritiro di Israele dai territori palestinesi occupati, al fine del pieno riconoscimento dello Stato di Palestina e nell'ottica del soddisfacimento dei requisiti di statualità che permettano in modo effettivo ed esclusivo il controllo sul territorio;
3) ad adottare altresì nelle competenti sedi europee le iniziative necessarie volte a conseguire una posizione comune, in seno alle istituzioni dell'Unione europea, finalizzata al riconoscimento da parte dell'Unione dello Stato di Palestina, dando seguito alle intenzioni manifestate in occasione di precedenti Consigli europei già dal 1999;
4) alla luce della catastrofe umanitaria in atto nella Striscia di Gaza, considerato l'obiettivo internazionale del raggiungimento nella soluzione «due popoli, due Stati» e censurata fortemente l'astensione assunta dall'Italia in occasione del voto del 10 maggio 2024 per il riconoscimento della Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, ad assumere, pro futuro, una posizione a livello internazionale che sostenga il percorso del riconoscimento pieno e formale dello Stato di Palestina;
5) ad attivarsi, in ogni sede, affinché l'Italia partecipi e sostenga ogni iniziativa, sia in seno all'Unione europea che insieme ai nostri alleati e alle organizzazioni internazionali, per la liberazione immediata e incondizionata di tutti i civili tenuti in ostaggio.
(1-00291) «Riccardo Ricciardi, Francesco Silvestri, Ascari, Carotenuto, Carmina, Baldino, Santillo, Cappelletti, Auriemma, Fenu, Pellegrini, Fede».
La Camera,
premesso che:
l'espressione «governance economica europea» fa riferimento al sistema di istituzioni e procedure posto in essere al fine di conseguire gli obiettivi dell'Unione in ambito economico, ossia il coordinamento delle politiche economiche volto a promuovere il progresso economico e sociale dell'Unione europea a vantaggio dei suoi cittadini;
il 9 novembre 2022 la Commissione europea ha adottato una comunicazione, in cui ha delineato gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, con l'obiettivo di rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme;
su tale linea, il 26 aprile 2023, la Commissione europea ha elaborato tre proposte legislative, volte rispettivamente a sostituire il regolamento (CE) n. 1466/97 relativo al rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche, a modificare il regolamento (CE) n. 1467/97 concernente l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi e ad emendare la direttiva 2011/85/UE sui requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri;
la riforma della Commissione europea si poneva l'obiettivo di abbandonare i difetti delle vecchie imposizioni, pericolosamente tendenti ad assumere un carattere pro-ciclico, e passare ad una programmazione pluriennale con un'analisi di sostenibilità del debito di ciascun Paese membro basata su un arco temporale di 14 o 17 anni, con un percorso di riduzione senza particolari vincoli se non quello di una riduzione soddisfacente, basata sulla condizione macroeconomica e sulla posizione fiscale del Paese stesso. Ogni Stato, poi, avrebbe dovuto presentare un proprio piano quadriennale, estendibile in base a specifiche condizioni fino a 7 anni;
tale proposta della Commissione europea assicurava un mai visto margine di flessibilità e di specificità nei percorsi di aggiustamento dei singoli Paesi, ma purtroppo tale impostazione è stata profondamente modificata, in maniera peggiorativa, dall'accordo raggiunti il 29 aprile 2024 in sede di Consiglio;
se, infatti, si era partiti con l'intento di semplificare il quadro regolatorio e rimuovere i difetti del precedente impianto, il compromesso approvato ne ha vanificato impianto e portata anche attraverso l'introduzione di una serie di vincoli numerici: riduzione del debito del 1 per cento annuo per debiti superiori al 90 per cento del prodotto interno lordo, oltre ad una convergenza strutturale del deficit all'1,5 per cento attraverso un miglioramento del saldo primario strutturale dello 0,4 per cento o dello 0,25 per cento annuo sul prodotto interno lordo a seconda della durata del piano di aggiustamento (4 o 7 anni);
come preannunciato dallo stesso Ministro Giorgetti, la Commissione europea aprirà una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo nei confronti dell'Italia, per cui l'operatività delle nuove clausole sulla riduzione del debito verrà disapplicata fino al termine della procedura stessa;
in buona sostanza, il Governo italiano ha ceduto in sede di contrattazione alle posizioni della Germania e dei Paesi cosiddetti «frugali», opposti fin da subito ai negoziati bilaterali tra Commissione europea e singoli Stati membri e a traiettorie di rientro più flessibili e commisurate al singolo caso, in modo da assicurarsi un più agevole percorso di correzione nei primi esercizi del ciclo di programmazione, vale a dire il termine di questa legislatura, prevedendo, al contempo, regole più rigide e criteri fissi e uniformi a livello di Unione a partire da quella successiva;
dal testo del nuovo Patto di stabilità e crescita, nel corso della trattativa intergovernativa, sono spariti gli elementi più innovativi della proposta originaria della Commissione europea;
la posizione critica nei confronti dell'accordo approvato in sede di Consiglio – e, conseguentemente, fonte di delegittimazione dell'attuale Governo – è stata confermata, peraltro, dal voto di astensione al Parlamento europeo da parte dei tre partiti italiani dell'attuale maggioranza;
il carattere immutato dei parametri macroeconomici della nuova riforma, senza alcuna previsione di regole e meccanismi fiscali comuni, difatti crea un nuovo sistema ancor più complesso del precedente, con un insieme di strumenti diversi – come, ad esempio, le traiettorie di spesa netta, i deficit nominali, i saldi primari strutturali – spesso in contraddizione tra loro e con una serie di eccezioni ancora più complicate e, sicuramente, foriere di ulteriori contenziosi e, nel lungo periodo, di politiche fiscali non vantaggiose, né per le imprese né per i cittadini;
stando ai dati contenuti nel documento di economia e finanza 2024 – il cui esame in sede parlamentare è stato peraltro depauperato a causa dell'assenza del quadro programmatico – la spesa sanitaria sarà pari a 138,7 miliardi di euro nel 2024, a 142,8 miliardi di euro nel 2025 e a poco meno di 144,7 miliardi di euro nel 2026. Conseguentemente, il rapporto fra la spesa sanitaria e prodotto interno lordo, pari al 6,3 per cento nel 2025 e nel 2026, si assesta al 6,2 per cento nel 2027, in netto calo rispetto al 7,4 per cento del 2020 e al 7 per cento del 2021;
a tal proposito, i firmatari ricordano – per l'ennesima volta – come il Governo abbia ideologicamente perso l'enorme occasione di attivare la linea pandemica del Meccanismo europeo di stabilità (cosiddetto «Mes sanitario»), facendo sfumare la possibilità di ottenere risorse una tantum pari al 2 per cento del prodotto interno lordo nazionale, che avrebbero costituito un'importante occasione per modernizzare il sistema sanitario italiano e la cui unica condizionalità sarebbe stata l'utilizzo di tali risorse esclusivamente per sostenere il finanziamento, diretto e indiretto, di tale settore in relazione alla sopravvenuta emergenza pandemica,
impegna il Governo:
1) ad assumere ogni iniziativa di competenza utile volta a promuovere un imminente avvio di una riforma che migliori nettamente il quadro di regole della governance economica europea approvato recentemente, prevedendo regole fiscali più trasparenti e semplici, basate su dati macroeconomici osservabili e non «potenziali», oltre a meccanismi e traiettorie di rientro che, da un lato, necessitino di un maggior rigore e di una migliore disciplina fiscale da parte dei singoli Stati membri, ma, dall'altro, di strumenti – anche di carattere comune – per consentire adeguamenti efficaci e azioni rapide di natura anticiclica, oltre a grandi investimenti finanziati da debito comune;
2) a farsi promotore, in tale ambito, di un possibile grande accordo politico che, da un lato, definisca regole fiscali giustamente cogenti per la politica fiscale nazionale degli Stati membri, ma, dall'altro, inizi fattivamente il percorso per cui la fornitura di beni pubblici europei e il sostegno alle grandi transizioni produttive necessarie siano finanziate dall'Unione europea attraverso un maggior grado di condivisione del rischio fiscale e l'emissione di passività finanziarie comuni;
3) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a promuovere una revisione dei tempi e delle modalità di esame parlamentare, già a partire dal prossimo piano strutturale di bilancio, anche al fine di migliorare e semplificare le procedure nazionali di programmazione economica e finanziaria e di garantire maggiore trasparenza delle stesse;
4) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a promuovere investimenti congiunti nell'ambito di un più ampio obiettivo di raggiungimento di una difesa comune europea, sostenuta da un assetto industriale adeguato;
5) ad adottare iniziative volte ad attivarsi con la massima priorità per una nuova riproposizione di una linea di credito specificatamente dedicata ad interventi strutturali nel settore sanitario.
(1-00292) «Richetti, Bonetti, Pastorella, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Carfagna, Enrico Costa, Onori, Rosato, Ruffino».
Risoluzioni in Commissione:
La XII Commissione,
premesso che:
il 29 febbraio 2024 ricorre la giornata delle malattie rare, in Europa, una malattia si definisce rara quando colpisce non più di 5 individui ogni 10.000 persone. Si conoscono tra le 6 mila e 8 mila malattie rare, molto diverse tra loro ma spesso accomunate da criticità simili, quali ritardo nella diagnosi, assenza di terapia, carico assistenziale. Ad oggi molte patologie rare come accennato non sono state classificate e quindi mancano di una procedura standardizzata dalla presa in carico del paziente alla cura;
il problema delle malattie dermatologiche rare è grave poiché se ne registra un caso ogni 2.000 abitanti, in Europa si contano circa 30 milioni di persone affette da tali patologie dermatologiche e circa 300 milioni e i dati sono sottostimati;
l'evoluzione normativa nel campo delle malattie rare ha seguito un percorso complesso e articolato nel corso degli anni. Tutto ha avuto inizio con l'istituzione della Rete nazionale malattie rare (Mr) mediante il decreto ministeriale n. 279 del 2001, un passo significativo nella gestione e nell'assistenza a coloro che affrontano queste patologie poco comuni. Successivamente, è emersa l'importanza di una collaborazione più ampia e internazionale, portando alla creazione della rete europea delle malattie rare (Ern);
il quadro normativo si è ulteriormente arricchito con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) sui livelli essenziali di assistenza (Lea) del 12 gennaio 2017, che ha introdotto disposizioni specifiche per l'accesso alle cure per le malattie rare. Inoltre, il decreto del commissario ad acta (Dca) del 19 aprile 2018 ha aggiunto un tassello importante con l'introduzione dell'accordo «Teleconsulenza», facilitando l'accesso a consulenze specialistiche a distanza;
il panorama normativo si è poi arricchito ulteriormente con il decreto del presidente della giunta regionale (Dgr regione Campania) n. 6 del 2021, che ha delineato le linee di indirizzo per la telemedicina, offrendo così nuove modalità di cura e monitoraggio per i pazienti con malattie rare;
tuttavia, la necessità di una normativa più integrata e multidisciplinare è emersa con chiarezza, portando all'emanazione del decreto ministeriale del 23 maggio 2022, n. 77, che, sebbene si concentri su un'ampia gamma di malattie, costituisce un passo avanti significativo;
è importante sottolineare che attualmente non esiste ancora una rete nazionale di dati, né a livello nazionale né internazionale, rendendo essenziale un maggiore sforzo coordinato nella raccolta e nella condivisione delle informazioni per migliorare la gestione delle malattie rare;
alcune regioni si sono organizzate come ad esempio la regione Campania che ha proseguito con il Dgrc n. 240 del 27 aprile 2023, che ha dato vita alla Rete Mec, e successivamente con il Piano nazionale malattie rare (Pnmr) 2023-2026 e il Documento di riordino della rete MR, sancito dall'Accordo Stato-regioni del 24 maggio 2023;
infine, il Dgrc regione Campania n. 556 del 10 ottobre 2023 ha recepito il Pnmr, confermando l'impegno delle istituzioni nel garantire un supporto adeguato a chi vive con malattie rare attraverso una normativa sempre più completa e orientata alle necessità dei pazienti e delle loro famiglie;
la situazione al momento è la seguente particolarmente complessa in quanto i casi sono sottostimati poiché la giovane classificazione delle malattie rare che riguardano la dermatologia non ha permesso una statistica adeguata, tuttavia si stimano circa 30 milioni di persone affette da tale tipologia di malattie e nel mondo circa 300 milioni, di casi in particolare in Europa si presenta un caso ogni 2000 abitanti;
l'associazione nazionale malattie rare dermatologiche vascolari Odv, mettendo insieme tutte le malattie dermatologiche e vascolari rare, su 6.000 patologie di cui si riconosce il nome, 3.000 sono dermatologiche mentre, oltre 2.000 sono sindromi senza nome Syndrom without name (S.v.a.n.);
il 24 marzo 2022, anche l'Associazione delle malattie dermatologiche vascolari rare Odv, è entrata a far parte dell'Eurordis (l'Organizzazione europea per le malattie rare) e tutt'ora raccoglie esperienze per poterle documentare;
inoltre, oggi l'utilizzo di nuovi farmaci anche biotecnologici, l'utilizzo della chirurgia plastica rigenerativa, più avanzata, hanno migliorato e resa più efficace e spesso, risolutiva la risposta. Per affrontare efficacemente la complessa situazione legata alle malattie rare, è necessario adottare una serie di misure integrate e mirate che possano migliorare sia l'assistenza ai pazienti che la gestione complessiva delle malattie stesse;
in primo luogo, è fondamentale procedere con una riorganizzazione completa della rete nazionale delle malattie rare (Mr), garantendo una struttura più efficiente, coordinata e capace di rispondere in modo adeguato alle esigenze dei pazienti e delle loro famiglie;
un altro aspetto cruciale è favorire l'integrazione delle diverse reti esistenti, sia a livello nazionale che internazionale, al fine di creare un sistema armonizzato di assistenza e ricerca che possa massimizzare i risultati per i pazienti affetti da malattie rare;
lo sviluppo tecnologico riveste un ruolo fondamentale, in particolare per migliorare il percorso dell'utente raro. Ciò include l'implementazione di soluzioni come il teleconsulto e la creazione di un registro centralizzato per consentire una migliore gestione delle informazioni e una maggiore accessibilità alle cure;
parallelamente, è essenziale concentrarsi sull'implementazione di terapie mediche e non mediche personalizzate, adattate alle specifiche esigenze di ciascun paziente, al fine di garantire un percorso di cura ottimale e migliorare la qualità della vita;
inoltre, è importante investire nella formazione e nella ricerca, al fine di aumentare la consapevolezza sulle malattie rare, migliorare le competenze del personale sanitario e promuovere lo sviluppo di nuove terapie e approcci di cura innovativi;
infine, la prevenzione riveste un ruolo cruciale. È necessario implementare programmi di screening territoriale per individuare precocemente le malattie rare e avviare tempestivamente interventi preventivi e terapeutici, riducendo così il rischio di complicazioni e migliorando i risultati a lungo termine per i pazienti;
sarebbe pertanto utile riorganizzare la rete delle Mr tramite una rete di stakeholder tra cui: Ministero della salute, Iss (Istituto superiore di sanità), tavolo interregionale, associazioni pazienti, aziende sanitarie, commissione regionale di esperti, direzione generale tutela della salute e centro coordinamento malattie rare,
impegna il Governo:
a tutelare il diritto alla salute per migliaia di persone affette da malattie rare dermatologiche e vascolari, che ad oggi non hanno alcun riconoscimento, e molte volte neppure un nome specifico e facilitando l'accesso alle cure e ai ricoveri programmabili con il Ssn resi difficili attualmente poiché non esistono tariffari in quanto malattie non riconosciute, supporto nell'inserimento nel mondo del lavoro in base al tipo di disabilità;
a promuovere iniziative atte a migliorare le condizioni di vita di tali persone, attraverso un riconoscimento sanitario che consenta loro esenzioni ed acquisto farmaci, costosi ed introvabili;
ad adottare iniziative volte a promuovere ricerche appropriate dei singoli casi al fine di comprendere la patogenesi e individuare nuove terapie;
a informatizzare e inserire queste patologie nel registro delle malattie rare dell'Iss;
a incrementare la formazione attraverso percorsi specifici di diagnosi e presa in carico multidisciplinare ossia una collaborazione tra branche diverse della medicina e della cura per creare percorsi con protocolli comuni, in quanto se i professionisti collaborano tra loro, gli esami clinici possono essere utili a più percorsi senza ripeterli per la singola visita medica relativa a un particolare organo, e quindi occorrono linee guida comuni come detta il Pdta traducendo tutto questo in risparmio di tempo per il cittadino ed economico per il Servizio sanitario nazionale;
ad adottare iniziative di competenza per fare formazione ed informazione nelle scuole, nelle classi superiori, con approfondimento delle malattie rare dermatologiche e vascolari.
(7-00224) «Ciocchetti».
La XII Commissione,
premesso che:
i genetisti medici svolgono un ruolo cruciale nella medicina moderna. Grazie alla rapidità dell'evoluzione della disciplina e dello sviluppo di tecnologie all'avanguardia, il genetista medico è in grado di diagnosticare e trattare una varietà di disturbi genetici, contribuendo a migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie;
in particolare, la genetica medica svolge un ruolo cruciale nello sviluppo della medicina di precisione aprendo la strada a importanti progressi nella ricerca medica, nella comprensione del panorama genomico delle condizioni patologiche a carattere genetico e nella prevenzione delle malattie;
le parole di Paolo Gasparini, presidente della Società italiana di genetica umana (Sigu), spiegano perfettamente il ruolo che dovrebbe avere il genetista all'interno del Sistema sanitario nazionale e l'impatto che ha la genomica nella medicina di precisione: «La situazione per il genetista all'interno del Servizio sanitario nazionale è complessa perché, se da un lato le scoperte scientifiche hanno dimostrato una rilevanza sempre maggiore della genetica nella patogenesi delle principali malattie, dall'altra le norme ministeriali limitano l'attività del genetista medico, spesso confinandolo a un mero ruolo di laboratorista. Al contrario, invece, il genetista è l'unica figura medica che ha a che fare con pazienti di ogni età e si interessa di tutti gli organi. Questo, da un lato, ci renderebbe simili ai medici del passato, che si occupavano del paziente a tutto tondo. Dall'altro lato, però, ci da caratteristiche di unicità che sono ulteriormente accentuate dal fatto che le tecnologie che i genetisti usano ogni giorno li obbligano ad avere conoscenze di base nonché capacità interpretative nell'ambito della bio informatica. Altro tema caldo è l'impatto che la genomica e le sue innovazioni hanno nella medicina di precisione. L'uso di tecnologie sempre più sofisticate consente, oggi, di lavorare a cavallo tra ricerca e cura. In questo modo, i medici possono stilare un quadro clinico preciso della malattia concordando poi con gli specialisti terapie specifiche e personalizzate»;
i livelli essenziali di assistenza (Lea) costituiscono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, il cui concetto alla base recepisce il carattere valoriale già previsto dalla Costituzione, che all'articolo 32 sancisce che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;
a tal fine, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, pubblicato il 18 marzo 2017 in Gazzetta Ufficiale – Supplemento n. 15, recante la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ha sostituito integralmente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 previa intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 7 settembre 2016;
affinché i livelli essenziali di assistenza possano essere aggiornati in modo continuo e sistematico, basandosi su regole chiare e criteri scientificamente validi, la legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208 – articolo 1, comma 556) ha previsto l'istituzione della Commissione nazionale per l'aggiornamento dei Lea e la promozione dell'appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale, nominata e presieduta dal Ministro della salute, con la partecipazione delle regioni, dell'Istituto superiore di sanità, dall'Agenzia italiana del farmaco, del Ministero dell'economia e finanza e dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali;
costituita con decreto ministeriale 5 maggio 2020 e parzialmente modificata con decreto ministeriale 1° ottobre 2020, 22 febbraio 2021, 23 giugno 2021, 5 novembre 2021 e 19 novembre 2021, la Commissione si è insediata il 28 luglio 2020 presso il Ministero della salute con il compito di provvedere all'aggiornamento continuo del contenuto dei Lea e con l'obiettivo di creare un Servizio sanitario nazionale che sia sempre al passo con le innovazioni tecnologiche e scientifiche e con le esigenze dei cittadini. In data 26 luglio 2023, la Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano ha altresì designato i propri esperti per il rinnovo del predetto organo;
la Commissione per l'aggiornamento dei Lea ricopre un ruolo di fondamentale importanza nel procedere ad una valutazione sistematica delle attività, dei servizi e delle prestazioni di assistenza sanitaria e sociosanitaria a rilevanza sanitaria inclusi nei Lea: per valutarne il mantenimento ovvero per definire condizioni di erogabilità o indicazioni di appropriatezza; nell'acquisizione e valutazione delle proposte di inserimento nei Lea di nuovi servizi, attività e prestazioni; per l'aggiornamento dei Lea e l'individuazione di condizioni di erogabilità o indicazioni di appropriatezza; per la valutazione delle richieste, provenienti da strutture del Servizio sanitario nazionale, di autorizzazione all'esecuzione di prestazioni innovative nell'ambito dei programmi di sperimentazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 8, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
per garantire che l'applicazione dei Lea avvenga in tutte le regioni con lo stesso standard di qualità e includa tutte le prestazioni previste dagli specifici Lea;
il 4 agosto 2023 è stato, altresì, pubblicato il decreto del Ministero della salute che aggiorna le tariffe delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e dell'assistenza protesica fermi, rispettivamente, al 1996 e al 1999, e definisce le tariffe per le nuove prestazioni introdotte con i Lea nel 2017, ma ancora non attuati, in modo che siano erogate uniformemente su tutto il territorio nazionale;
il Ministero della salute con Nota prot. N. 0021349 del 21 dicembre 2023, acquisite le valutazioni del Ministro e della direzione generale della programmazione sanitaria, ha accolto la richiesta delle regioni e province autonome di prevedere l'applicazione del nuovo nomenclatore tariffario dell'assistenza specialistica ambulatoriale a decorrere dal 1° aprile 2024;
l'attuale impostazione del citato decreto 4 agosto 2023 rischia di non consentire una effettiva e adeguata prevenzione e presa in carico dei pazienti affetti da patologie genetiche: nel nomenclatore Lea non è stata, infatti, prevista la possibilità di analizzare simultaneamente centinaia di geni potenzialmente causativi della patologia genetica sospettata nel paziente, mentre sono presenti prestazioni che permettono l'analisi di uno o pochi geni alla volta;
nel nuovo tariffario le prestazioni di genetica medica non sono più caratterizzate dalla sigla «R», che garantirebbe l'esclusività nell'erogazione delle suddette prestazioni ai laboratori specialistici di genetica medica, come peraltro stabilito nelle linee guida per le attività di genetica medica della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (Rep. Atti n. 2045 del 15 luglio 2004), per via della specificità della materia, costituendo pertanto una mancata garanzia per gli standard qualitativi della prestazione;
non sono stati inseriti nel nomenclatore Lea il test genetico preimpianto (PGT) e il test prenatale non invasivo (Nipt), precludendo alle coppie l'accesso a fondamentali strumenti diagnostici per l'individuazione precoce di gravi anomalie monogenetiche e cromosomiche, causa di malattie genetiche gravemente invalidanti o mortali;
la genetica medica è trasversale a tutte le specialità della medicina e la sua influenza è destinata ad aumentare in modo esponenziale nei prossimi anni. A tal fine, è necessario raggiungere un percorso di presa in carico del paziente con malattia genetica in grado di seguire i migliori standard assistenziali e di prevenzione,
impegna il Governo:
ad assumere ogni iniziativa di competenza volta a:
a) garantire lo sviluppo di soluzioni in grado di ottemperare a una corretta erogazione delle prestazioni del Sistema sanitario nazionale in materia di genetica medica, nell'interesse dei pazienti e a tutela del diritto alla salute e alle giuste cure;
b) arginare la progressiva devalorizzazione della figura del genetista medico, la cui formazione e specializzazione è in grado di mitigare il rischio riproduttivo di pazienti e familiari, nonché di diagnosticare, prevenire e curare importanti patologie gravemente invalidanti e talvolta letali;
a valutare l'opportunità di:
a) inserire la figura del genetista medico presso la Commissione di aggiornamento dei Lea, con l'obiettivo di mantenere i livelli essenziali della branca di genetica medica in linea con la rapida evoluzione della medicina genomica;
b) inserire nel nomenclatore Lea le prestazioni di sequenziamento massivo eseguite in trio su paziente e genitori, al fine di ottimizzare i costi per il Servizio sanitario nazionale, ridurre i tempi di refertazione e arrivare a una definizione diagnostica in tempi rapidi;
c) ripristinare nel tariffario Lea la sigla «R» per le prestazioni di genetica medica, al fine di garantire l'adempimento dei test in strutture autorizzate dalla normativa e competenti per materia;
d) inserire nei Lea i test Nipt e Pgt, consentendo così ai cittadini l'accesso a importanti strumenti in grado di individuare gravi anomalie monogenetiche e cromosomiche e, pertanto, la rapida diagnosi di gravi patologie e il diritto al relativo percorso di cura.
(7-00225) «Ciancitto».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 178, della legge n. 178 del 2020 individua nell'accordo per la coesione lo strumento per assicurare un impiego efficiente delle risorse del fondo di sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2021-2027, eventualmente assegnate con delibera Cipess alle regioni, alle province autonome e alle amministrazioni centrali dello Stato;
con delibera Cipess n. 25 del 3 agosto 2023 sono state imputate programmaticamente alle regioni e alle province autonome risorse per complessivi 32,4 miliardi di euro;
in attuazione della sopramenzionata disposizione tenuto conto delle risorse imputate con la predetta delibera Cipess, il Governo ha sottoscritto diciassette accordi per la coesione con regioni e province autonome, approvati con distinte delibere del Cipess adottate il 24 aprile 2024;
devono ancora essere sottoscritti gli accordi per la coesione con le regioni Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna;
l'articolo 10 del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, ha integrato la disciplina di cui all'articolo 1, comma 178, della legge n. 178 del 2020, consentendo il riconoscimento in favore delle regioni di anticipazioni, nelle more della definizione degli accordi per la coesione, nonché in caso di mancato raggiungimento di un'intesa sul loro contenuto;
in relazione all'accordo per la coesione con la regione Campania, quest'ultima ha proposto un ricorso dinanzi al Tar Campania, lamentando il presunto ritardo nello svolgimento dell'istruttoria finalizzata alla definizione del contenuto dell'accordo;
con sentenza numero 1178 del 19 febbraio 2024, il Tar Campania ha parzialmente accolto il sopraddetto ricorso, assegnando al Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud della Presidenza del Consiglio dei ministri un termine di 45 giorni per la conclusione dell'istruttoria prodomica alla definizione dell'accordo. Il Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud ha proposto appello avverso la citata sentenza del Tar Campania, formulando un'istanza cautelare e proseguendo al contempo le interlocuzioni con la regione per la definizione dell'accordo;
con ordinanza 1325 del 12 aprile 2024, il Consiglio di Stato, sez. IV (presidente Vincenzo Neri, cons. est. Francesco Gambato Spisani) accoglieva la domanda cautelare formulata dalle amministrazioni appellanti, evidenziando, quanto al requisito del fumus boni iuris, che «il secondo motivo di appello appare meritevole di particolare approfondimento» e, quanto al requisito del periculum in mora, che «sussistono idonee ragioni per sospendere la sentenza impugnata alla luce della documentazione prodotta da parte appellante e delle interlocuzioni risultanti dalle note del 4 e del 9 aprile 2024»; con la medesima ordinanza il Consiglio di Stato ha fissato per la trattazione del merito l'udienza pubblica del 13 giugno 2024;
con istanza del 19 aprile 2024, la regione Campania chiedeva alla sez. IV del Consiglio di Stato la revoca e/o modifica dell'ordinanza n. 1325 del 12 aprile 2024 allegando circostanze sopravvenute e insistendo per una rivalutazione del periculum in mora;
con provvedimento del Presidente della sez. IV del Consiglio di Stato veniva fissata l'udienza del 9 maggio 2024 per l'esame dell'istanza della regione Campania;
con ordinanza presidenziale del 24 aprile 2024 a firma del consigliere dott. Vincenzo Lopilato venivano formulate richieste di chiarimenti istruttori alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR;
all'udienza del 9 maggio la causa veniva trattenuta in decisione;
con sentenza n. 4321 del 14 maggio 2024 (Presidente F.F. Cons. Vincenzo Lopilato, estensore cons. Luca Monteferrante, già componente del collegio giudicante che aveva emesso l'ordinanza n. 1324 del 2024), il Consiglio di Stato respingeva l'appello;
dal sito istituzionale della giustizia amministrativa risulta che il 16 maggio 2024 la sez. IV del Consiglio di Stato abbia tenuto una nuova udienza camerale in occasione della quale il collegio era presieduto dal Presidente Vincenzo Neri e composto dal cons. Francesco Gambato Spisani estensore dell'ordinanza n. 1325 del 12 aprile 2024;
a quanto consta agli interpellati il ruolo dell'udienza della sez. IV del Consiglio di Stato relativo ai giudizi camerali fissati per il 9 maggio 2024 indica il Presidente della sezione IV, dott. Luigi Carbone, come presidente di tutti i collegi giudicanti, ad esclusione di cinque procedimenti nei quali il collegio risulta presieduto dal Consigliere dott. Vincenzo Lopilato e tra questi quello relativo al contenzioso tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Campania;
le istanze di revoca o modifica delle ordinanze cautelari sono assegnate al medesimo collegio giudicante che ha adottato l'ordinanza, pertanto ad avviso dell'interpellante l'istanza presentata dalla regione Campania il 19 aprile 2024 avrebbe dovuto essere trattata all'udienza del 16 maggio 2024, ovvero dal collegio presieduto dal dott. Vincenzo Neri –:
se risultino altri casi analoghi a quello segnalato in premessa e se non intenda adottare iniziative di carattere normativo affinché vi sia una definizione maggiormente rigorosa dei criteri di composizione e funzionamento del collegio giudicante, nonché in ordine al rapporto tra procedimento cautelare e decisione di merito in casi quali quello di cui in premessa.
(2-00385) «De Corato, Urzì, Gardini, Kelany, Michelotti, Montaruli, Mura, Varchi, Buonguerrieri, Dondi, La Salandra, Maschio, Palombi, Pellicini, Pulciani, Vinci, Mantovani, Ambrosi, Caiata, Di Maggio, Pietrella».
Interrogazione a risposta in Commissione:
BRAGA, BARBAGALLO, PROVENZANO, MARINO, IACONO e SIMIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la Regione Siciliana è interessata da una situazione di grave siccità. Il 6 maggio 2024 il Consiglio dei ministri ha deliberato, su proposta del Ministro per la protezione civile e le politiche del mare Nello Musumeci, lo stato di emergenza nazionale per 12 mesi a causa della crisi idrica in atto in Sicilia. Lo stato di emergenza era stato richiesto dalla Giunta regionale siciliana a inizio aprile;
il periodo ottobre 2023-marzo 2024 ha registrato la siccità più grave dal 1980 e il secondo semestre dell'anno scorso luglio-dicembre ha visto la media regionale di precipitazioni più bassa dal 1977, con circa 150 millimetri di pioggia;
un altro fattore che rende la presente siccità ancor più critica è che è iniziata in autunno, quando le precipitazioni dovrebbero ricominciare dopo la stagione estiva. In Sicilia la penuria di precipitazioni diventa sempre più lunga e grave a causa di una molteplicità di fattori anche legati ai cambiamenti climatici, come l'aumento delle temperature e la desertificazione;
l'agricoltura regionale risulta quindi di conseguenza fortemente colpita dalla penuria di risorsa idrica, specie nell'area della piana di Catania. Per quanto riguarda, ad esempio, il grano e i foraggi si rischia un taglio di quasi l'80 per cento nella produzione 2024;
risulta da articoli di stampa, anche online a causa di un problema alle paratie dell'invaso di Ponte Barca, nel comune di Paternò in provincia di Catania, oltre 400 litri di acqua al secondo si perdono dall'invaso. Uno spreco colpevole e irrisolto che vede acqua preziosa riversarsi in mare –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti, quali iniziative di competenza intendano assumere per sanare la perdita dall'invaso di Ponte Barca e infine se intendano descrivere il cronoprogramma per lo sviluppo dei 27 progetti individuati dal Commissario straordinario nazionale per l'adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica per la Sicilia.
(5-02440)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta in Commissione:
BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il 21 maggio 2024 si è svolta presso il Comitato permanente della Camera dei deputati sui diritti umani nel mondo l'audizione in videoconferenza di rappresentanti della Eritrean coalition for democratic change (Ecdc), tutti costretti a fuggire dal loro Paese;
le persone audite hanno raccontato, documenti e report alla mano, delle continue violazioni dei diritti umani più basilari in uno Stato in cui la leva è obbligatoria e senza scadenza, in cui le carceri sono piene di dissidenti, attivisti e giornalisti ai quali non viene neanche garantito un processo, in cui non c'è neanche un'università;
i rappresentanti di Ecdc hanno anche riferito di numerosi episodi di repressione transnazionale: uomini del regime di Afewerki in possesso del visto per venire in Italia – gli unici a poterlo ottenere – che giunti qui rintracciano gli eritrei a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiati mettendo in grave pericolo non solo la loro incolumità, ma anche quella delle loro famiglie rimaste in Eritrea;
l'Eritrea è completamente nelle mani di Isaias Afewerki, un dittatore al comando da oltre 30 anni che impedisce libere elezioni, l'esistenza di partiti di opposizione, la libertà di stampa, di parola, di associazione;
da notizie di stampa si apprende che è nelle intenzioni del Governo italiano un rafforzamento delle relazioni politiche, economiche e commerciali con il regime eritreo, senza considerare in alcun modo la persistente violazione dei diritti umani, civili e politici in atto nel Paese;
rischia così di ripetersi anche con l'Eritrea quanto è già avvenuto con regimi autoritari di altri Paesi africani, come la Tunisia e l'Egitto, e cioè la ricerca da parte del Governo italiano di accordi finalizzati per lo più a bloccare i flussi migratori, che ignorano del tutto i soprusi e le persecuzioni a cui sono sottoposte in quei Paesi le persone che dissentono dalle politiche e dalle misure liberticide attuate dal regime;
chi dissente e viene perseguitato in Paesi come Eritrea, Tunisia o Egitto si aspetta che l'Italia, per le sue tradizioni democratiche, sia al proprio fianco e non in aperta connivenza con gli autocrati che soffocano la loro aspirazione alla libertà –:
se il Governo non intenda incontrare i rappresentanti dell'opposizione democratica riuniti nella Eritrean coalition for democratic change;
se non intenda inoltre condizionare ogni futuro accordo con l'Eritrea alla garanzia del pieno rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto nel Paese e riconsiderare il rilascio dei visti a esponenti del regime eritreo che possono minacciare la sicurezza di chi da quel regime è stato costretto a fuggire.
(5-02446)
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazione a risposta scritta:
LOMUTI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
dopo un inverno inesistente e le temperature ormai stabilizzate al di sopra delle medie stagionali, l'Italia sta facendo i conti con la mancanza d'acqua e le previsioni per l'estate non lasciano ben sperare;
nel 2023 è sparito in Italia un litro d'acqua su cinque con un calo della disponibilità idrica del 18 per cento, che pesa su coltivazioni e stalle, dove manca foraggio e acqua per gli animali in un inizio 2024 che si è classificato come il più caldo di sempre;
ma le note più dolenti arrivano dal sud Italia: in Basilicata, così come in Puglia, l'anticipo d'estate ha fatto diminuire le già scarse riserve idriche, stoccate negli invasi che perdono 1 milione e mezzo di metri cubi d'acqua in una settimana, ampliando il divario con i volumi stoccati negli stessi periodi stagionali degli scorsi 3 anni;
nelle due regioni, si è quasi ai livelli del 2020, «annus horribilis» per l'agricoltura meridionale, in cui si dovette fare i conti con un'estrema scarsità d'acqua (in Puglia rispetto a quell'anno ci sono circa 28 milioni di metri cubi d'acqua in più, mentre in Basilicata solo 5 milioni);
la scarsità di riserve idriche utilizzabili dall'agricoltura e le lacune di un sistema irriguo che sconta ritardi decennali, rappresentano il rischio più grande per il presente e l'immediato futuro del comparto;
sono ingenti i danni causati dalla siccità alle coltivazioni e nelle stalle dove gli allevatori sono sempre più in difficoltà a garantire l'alimentazione degli animali, con i pascoli bruciati e i pozzi secchi per l'assenza di pioggia;
in Basilicata, il persistere della siccità ha colpito le coltivazioni di cereali, durante la fase di fine accestimento, levata, botticella, spigatura e fioritura;
colpite anche le coltivazioni foraggere, tant'è che Coldiretti Basilicata ha chiesto la dichiarazione di stato di calamità;
in questi giorni in Basilicata sta montando la protesta di molti agricoltori, soprattutto dell'area del metapontino, non soltanto per la scarsa fornitura d'acqua ma anche perché quella che arriva risulta sporca e torbida;
nel mirino è finito anche il consorzio di bonifica, accusato di prestare poca attenzione al problema e ai bisogni dei territori. La rete irrigua ha perdite per il 60 per cento e il sistema di distribuzione risulta oltremodo vetusto;
da tempo la Coldiretti sollecita la regione alla costruzione di mini invasi e contemporaneamente sollecita i lavori nelle dighe per permettere di invasare più acqua possibile per i territori che ne hanno necessità;
i Cobas Lisia dell'area del metapontino denunciano l'interruzione del servizio irriguo già da metà marzo 2024, tra l'altro proprio nel periodo in cui salivano le temperature e i prodotti ortofrutticoli stavano maturando;
oggi, quei produttori che hanno iniziato la raccolta (soprattutto di pesche e albicocche) lamentano l'ennesima interruzione d'acqua avvenuta e tra il 12 e il 15 maggio 2024;
il problema è stato addebitato all'incapacità di convogliare acqua dall'invaso del Pertusillo a quello di Gannano (Tursi), da cui dipenderebbe l'approvvigionamento di acqua per le fiorenti colture dell'area a sud della Basilicata jonica;
l'esasperazione ha portato gli agricoltori lucani ad avviare una petizione agli uffici regionali di competenza per capire se ci sono responsabilità e per chiedere eventuali risarcimenti danni;
c'è una forte preoccupazione anche per le raccolte cosiddette «tardive» (come pesche, susine e ortaggi fuori serra) per le quali altri ritardi o interruzioni della risorsa idrica potrebbero aggiungere danni ulteriori se non irreversibili, non solo alla raccolta ma anche alle stesse piante;
è chiaro che bisogna intervenire subito per evitare di mandare in fumo tutto il raccolto della frutta e degli ortaggi di stagione –:
quali iniziative di competenza intenda assumere con somma urgenza, per rispondere all'emergenza idrica che sta interessando la Basilicata e se non si valuti opportuno, oltre ai sostegni diretti, adottare iniziative di competenza finalizzate a sospendere alcuni termini tributari e contributivi nei confronti degli imprenditori impegnati nel comparto agroalimentare della regione.
(4-02892)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:
BARABOTTI, ANDREUZZA e TOCCALINI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l'energia geotermica è una fonte di energia rinnovabile che valorizza il calore conservato all'interno della Terra, accessibile grazie alla perforazione di pozzi in grado di trasportare il calore in superficie e trasformarlo in vapore. L'evoluzione tecnologica degli ultimi decenni permette oggi di realizzare impianti geotermici a emissioni nulle e senza alcun consumo idrico. Forma di produzione energetica a zero emissioni di valore strategico, il cui ruolo nel sistema produttivo ed energetico italiano deve essere incentivato;
tra le principali chiavi di sviluppo è possibile indicare le misure di de-risking. Forme di tutela per le imprese dal rischio intrinseco della tecnologia. Un elemento cruciale, infatti, è la gestione del rischio associato alle prime fasi di sviluppo di un impianto geotermico, specialmente durante la perforazione dei pozzi esplorativi. Questa fase, particolarmente costosa, prevede investimenti totali stimati tra 7.000 e 10.000 euro/kW. Le spese iniziali rappresentano il 50 per cento dell'intero investimento e sono caratterizzate da rischi significativi. In caso di fallimento di un pozzo esplorativo, la necessità di eseguire una nuova perforazione può compromettere l'intero progetto. Solo nella fase successiva di costruzione della centrale costi e rischi associati al progetto sono notevolmente ridotti. Ancora oggi, rimane un failure rate medio del 22 per cento, con un capitale a rischio in Italia stimato in circa 950 milioni di euro;
pertanto, appare necessario istituire un insieme di misure di de-risking, Francia, Polonia, Germania e Spagna hanno già provveduto ad istituire un fondo assicurativo che mitighi il rischio di esplorazione e incentivi lo sviluppo di questi progetti;
attualmente quello di maggior successo è il sistema francese che consente una compensazione per gli sviluppatori dei progetti geotermici condizionata al successo/fallimento della perforazione del primo pozzo esplorativo. Il sistema valuta i risultati della perforazione a seconda delle caratteristiche della risorsa geotermica in profondità, prevedendo 3 possibili scenari:
a) area di successo totale: il progetto prosegue e viene perforato un secondo pozzo;
b) area di fallimento totale: viene corrisposta un'indennità pari al 90 per cento dell'investimento;
c) area di successo parziale: la compensazione è proporzionale alla differenza tra le caratteristiche effettive della risorsa geotermica e gli obiettivi previsti dal progetto;
si tratta di un metodo replicabile anche in Italia –:
se il Ministro interrogato, abbia istituito o intenda istituire misure di de-risking che supportino gli sviluppatori nella fase iniziale di perforazione dei pozzi esplorativi, tutelando l'attività imprenditoriale dal rischio intrinseco della tecnologia.
(5-02433)
PAVANELLI, APPENDINO, CAPPELLETTI e FERRARA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il 17 maggio 2024, in occasione dell'Africa Ceo Forum in Ruanda, la International finance corporation (IFC) e il Fondo italiano per il clima (Fic) hanno annunciato un investimento di 210 milioni di dollari – 135 milioni e 75 milioni rispettivamente – nella controllata keniota di ENI S.p.A. per espandere la produzione e la lavorazione di biocarburanti avanzati, al dichiarato fine di sostenere la decarbonizzazione del sistema globale dei trasporti e garantire il sostentamento di circa 200.000 piccoli coltivatori, come parte dell'attuazione del Piano Mattei in Kenya;
secondo quanto riportato dallo studio «From farm to fuel: inside Eni's African biofuels gamble» di Transport & Environment, gli investimenti di Eni nella filiera dei biocarburanti in Africa e, segnatamente, il citato progetto non stanno portando i risultati attesi sia dal punto di vista della produzione, a causa del basso rendimento del ricino dato in dotazione dall'azienda e dai suoi intermediari, che dal punto di vista sociale, per via di un insufficiente supporto tecnico-operativo ai coltivatori da parte di Eni;
le menzionate difficoltà pongono seri dubbi circa la fattibilità della coltivazione di colture per biocarburanti nella misura necessaria a ridurre significativamente le emissioni nei settori dei trasporti e dell'aviazione;
inoltre, le materie prime rinnovabili utilizzate per la produzione di biocarburanti sono olii vegetali, scarti vegetali e animali, ovvero materie scarse e necessarie in altre industrie a maggior valore aggiunto, come quella del pet food, di saponi o della cosmesi che fanno largo uso di questa componente organica e che hanno poche o nessuna alternativa per sostituirla;
oltre quindi ad arrecare un danno alle imprese del citato comparto, l'impiego di tali materie prime non è una soluzione scalabile né sostenibile, ma solo greenwashing legato alla produzione di biocarburanti e con incentivi economici. I certificati di immissione in consumo (Cic), già rappresentano un incentivo alla produzione e al consumo dei biocarburanti stimato, a partire dai dati dello stesso GSE, in un importo pari a dieci miliardi di euro cumulati nei prossimi cinque anni –:
quali siano i criteri, i parametri e le valutazioni di impatto utilizzati per determinare i costi e i benefici ai fini dello stanziamento delle risorse, in base ai quali il comitato direttivo del Fondo italiano per il clima ha deciso di finanziare il progetto di cui in premessa, all'uopo assegnando a Eni S.p.A. una quota pari a 75 milioni di euro.
(5-02434)
PELUFFO, SIMIANI, MADIA e DE MICHELI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
con l'obiettivo principale del raggiungimento dell'autonomia energetica nazionale, l'articolo 8 del decreto-legge n. 181 del 2023 prevede la creazione di un polo strategico nazionale nel settore della progettazione, della produzione e dell'assemblaggio di piattaforme galleggianti e delle infrastrutture e l'acquisizione di manifestazioni di interesse per la individuazione, in due porti del Mezzogiorno rientranti nelle Autorità di sistema portuale (Adsp), di due siti destinati a realizzare piattaforme galleggianti e relative infrastrutture, funzionali alto sviluppo della cantieristica navale per la produzione di energia eolica in mare;
durante la discussione è stato approvato un emendamento rivolto ai porti sedi di Adsp ricadenti in specifiche aree interessate dalla dismissione di centrali alimentate a carbone, fra cui il porto di Civitavecchia, ove è in dismissione entro il 2025 la centrale Enel di Torrevaldaliga nord;
ad avviso degli interroganti si consente così al territorio di Civitavecchia di proseguire nel percorso di creazione di una valida alternativa industriale alla centrale Enel in dismissione dal carbone: essendo il territorio sede di servitù energetiche da oltre 70 anni, si è attivato da tempo, un percorso con il coinvolgimento di tutte le forze politiche, sociali e imprenditoriali, per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, fra cui la realizzazione di un impianto eolico off-shore galleggiante. Sono, inoltre, concrete le possibilità di realizzare, nei siti dell'Adsp, oltre alle cosiddette opere a terra necessarie per rimpianto a mare, anche un hub per una filiera produttiva riguardante le infrastrutture necessarie, la costruzione delle pale eoliche, nonché quanto necessario per la loro posa in opera e le opere funzionali alle successive operazioni di manutenzione;
il Governo sta lavorando al cosiddetto decreto «Fer-X» per promuovere ulteriormente lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile in Italia, snellire le procedure autorizzative, favorire la ricerca e l'innovazione, stabilire tariffe incentivanti per l'energia prodotta da fonti rinnovabili e normare adeguatamente l'iter di assegnazione degli incentivi per lo sviluppo dei progetti da fonti rinnovabili, attraverso la pubblicazione di bandi e gare ad hoc –:
quali iniziative di competenza si intenda assumere in previsione della dismissione della centrale Enel di Torrevaldaliga Nord, anche indicando i tempi previsti per l'adozione del cosiddetto decreto «Fer-X» che consentirebbe, da un lato, alle imprese che intendono investire nella transizione energetica di poter operare in un quadro di regole certe e, dall'altro, al territorio di Civitavecchia di velocizzare il processo di riconversione energetica ed ecologica.
(5-02435)
SQUERI e CASASCO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il patrimonio nazionale costituito dalle grandi dighe vocate alla produzione idroelettrica genera tutt'ora una quota significativa della generazione elettrica da fonte rinnovabile, con il pregio di essere una fonte programmabile e non intermittente come eolico e fotovoltaico;
in questi mesi le abbondanti piogge e nevicate, in particolare sull'arco alpino, hanno consentito una impennata nella produzione di elettricità. Nei primi quattro mesi del 2024 la generazione è superiore del 30 per cento rispetto alla media degli ultimi 10 anni e l'aspettativa è che per il 2024 il settore possa consegnare al Paese una rilevante quantità di terawattora in più;
questo consentirà di ridurre la produzione di energia con combustibili fossili, aumentare l'indipendenza energetica del Paese e ridurre il prezzo dell'energia. Da valutare in questo senso l'impatto delle norme per semplificare il disinterramento degli invasi al fine di aumentarne la capacità, contenute del decreto «siccità» del 2023;
il decreto-legge n. 135 del 2018 ha disposto a favore delle regioni il trasferimento della proprietà delle opere idroelettriche alla loro scadenza. Alcune regioni hanno avviato le gare rispetto alle quali, come prevedibile, i concessionari uscenti hanno proposto o stanno proponendo ricorsi in sede amministrativa;
tuttavia anche senza ricorsi le nuove concessioni sarebbero operative non prima della primavera 2026 e da quella data comincerebbero gli investimenti per migliorare la capacità produttiva delle strutture, con un ritardo inammissibile rispetto alle esigenze del Paese;
è nota l'attuale impossibilità di prorogare i concessionari uscenti, decisione che sarebbe coerente con la normativa europea ma è ostacolata dagli impegni sul Pnrr presi dall'Italia. Tuttavia si ha notizia di interlocuzioni con Bruxelles per individuare soluzioni volte ad accelerare gli investimenti e mantenere un asset strategico al riparo da pericoli di tipo finanziario;
la soluzione di questi problemi, ormai rinviata alla prossima Commissione Ue, potrebbe sbloccare l'attuale stallo e potrebbe avere effetti anche sul Pniec che nella versione attuale non prevede per il 2030 aumenti significativi per la generazione da fonte idroelettrica, la quale invece ha potenzialmente importanti margini di crescita –:
quali attività abbia in corso il Ministro interrogato sul complesso delle problematiche esposte in premessa e se non ritenga che una soluzione che sblocchi rapidamente gli investimenti sulle infrastrutture idroelettriche possa modificare le modalità con cui saranno raggiunti gli obiettivi di generazione elettrica previsti dal Pniec per il 2030.
(5-02436)
Interrogazione a risposta in Commissione:
SIMIANI, GHIO e ORLANDO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il 6 agosto 2021 il Ministero dell'ambiente ha emanato un decreto che ha istituito il comitato provvisorio di gestione del parco nazionale di Portofino e fissato una perimetrazione di 5.363 ettari, in cui rientravano originariamente 11 comuni;
a seguito di un successivo percorso amministrativo sono stati 7 i comuni che hanno dato disponibilità a far parte del parco, per un totale di circa 3.000 ettari;
la regione Liguria, il 17 maggio 2023, ha sottoposto al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica una nuova proposta che includeva nel parco soltanto 3 comuni (Santa Margherita Ligure, Portofino e Camogli), di fatto gli stessi confini del parco regionale di Portofino istituito nel 1995;
tale scelta è stata subito contrastata da Ispra che nel mese di settembre del 2023 ha prodotto un documento in cui si sottolineava come non ci fosse «motivo di ridurre la perimetrazione di aree di rilevante valore naturalistico»;
la proposta della regione Liguria presenta infatti numerose criticità:
si creerebbe una nuova area protetta la cui superficie sarebbe di circa mille ettari, contro una media nazionale di territorio protetto per singolo parco di circa 68 mila ettari;
è palesemente contraria ad una soluzione già condivisa con i territori;
è in contrasto con le politiche comunitarie di protezione dell'ambiente ed in particolare con le indicazioni del «Nature restoration Law», approvato dal Parlamento Europeo il 12 luglio 2023, che ha l'obiettivo di ripristinare il 20 per cento delle aree terrestri e marine dell'Unione entro il 2030;
nonostante tutto ciò, con decreto 10 ottobre 2023 il Ministero dell'ambiente ha assecondato le richieste della regione Liguria ridimensionando la perimetrazione del Parco Nazionale di Portofino e riducendone l'area di appena tre comuni (Camogli, Portofino e Santa Margherita Ligure);
con due sentenze gemelle depositate il 21 maggio 2024, il Tar della Liguria ha annullato il decreto del 10 ottobre 2023. Tra le motivazioni delle sentenze vi è la mancata considerazione delle indicazioni di Ispra –:
quale sia la posizione del Ministro interrogato rispetto alla riduzione drastica del perimetro del Parco di Portofino dopo le recenti sentenze del Tar che hanno palesemente sconfessato le indicazioni della regione Liguria.
(5-02448)
Interrogazione a risposta scritta:
ZANELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
con deliberazione n. 29 del 25 maggio 2023 il Consiglio comunale di Venezia ha adottato una variante al piano degli interventi per le aree dell'ospedale al Mare e della Favorita al Lido di Venezia, che recepisce una nuova proposta presentata all'amministrazione comunale da parte di Cassa depositi e prestiti (Cdp) Real Asset SGR SpA per il recupero e la riqualificazione del complesso dell'ex ospedale al Mare (OaM), in alternativa a quella presentata nel 2019 e recepita nel 2020 con deliberazione n. 42 del 25 giugno 2020, ora revocata;
la variante prevedrebbe la realizzazione di un parco tecnologico per la ricerca nel campo della medicina digitale, attraverso il recupero dei padiglioni novecenteschi tutelati presenti nell'ex OaM, mentre riguardo alle aree fronte mare è prevista la realizzazione di uno stabilimento balneare secondo i progetti già allegati alla richiesta di concessione demaniale, precedentemente avanzata da Cdp e Th Resort;
come riportato nell'osservazione n. 5 presentata nella fase di pubblicazione della variante, dall'associazione Italia Nostra – sezione di Venezia «... il progressivo declino delle funzioni sanitarie dell'ex OaM al Lido di Venezia e lo stato di abbandono della struttura, se da un lato ha causato il degrado degli edifici e accentuato molti dei problemi dell'isola, dall'altro ha consentito l'affermazione dei valori faunistici e floristici/vegetazionali di assoluto pregio. La spontanea rinaturalizzazione del tratto di costa antistante l'ex OaM è certamente un episodio unico nel litorale alto Adriatico, probabilmente raro nell'intero territorio nazionale e in netta controtendenza rispetto al progressivo processo di degrado e cementificazione che ha investito le coste italiane»;
come si apprende da organi di stampa, da un'indagine multidisciplinare è emerso come le comunità vegetali-habitat, la flora, la fauna e i macromiceti di questo piccolo tratto di arenile siano tali da renderlo meritevole di inclusione nel sito d'interesse comunitario Zps IT3250023 «Lido di Venezia, Biotopi Litoranei», per il quale vigono specifiche norme di tutela e conservazione;
conservare la biodiversità e aumentare la resilienza degli ecosistemi naturali e seminaturali rappresenta più in generale un'azione di tutela del già compromesso ecosistema della Laguna di Venezia, sito Zps – IT3250046 della rete europea Natura 2000 –:
se il Ministro interrogato risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se risulti che la variante in oggetto sia stata sottoposta alla procedura di screening ambientale ai fini della valutazione di incidenza – ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 – e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere perché siano poste in essere tutte le procedure necessarie per preservare gli habitat e le specie della rete Natura 2000 che l'attuazione della variante rischia di compromettere.
(4-02890)
CULTURA
Interrogazione a risposta immediata:
D'ALESSIO, BONETTI, BENZONI, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
la città di Salerno, con la relativa provincia, è ricca di monumenti storici che arricchiscono il patrimonio culturale e artistico non solo della zona, ma dell'intero Paese;
particolare rilevanza è rivestita dal Duomo di Salerno – noto altresì come Cattedrale primaziale metropolitana di Santa Maria degli Angeli, San Matteo e San Gregorio VII – un edificio dal grande valore storico e artistico, oltre a rappresentare il principale luogo di culto cattolico della città;
oltre a esso, è presente anche la millenaria Abbazia della Santissima Trinità (nota come «Badia di Cava»), situata a Cava de' Tirreni (Salerno), che, oltre a essere un monumento nazionale sin dal 1867, è una delle principali protagoniste della storia del Mezzogiorno d'Italia;
per quanto riguarda il Duomo, nel 2016 dall'allora Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo era stato annunciato lo stanziamento di 1.506.000 euro a favore del suo restauro e recupero. Tuttavia, da quel che si ha avuto modo di apprendere da fonti di stampa locale, risulterebbe che i lavori non siano mai stati avviati e, cosa ancor più grave, nel tempo il finanziamento sia stato tagliato, limitandosi al restauro del solo campanile. Negli ultimi anni, inoltre, l'edificio vede sempre più necessari interventi di ristrutturazione, a causa non solo delle conseguenze dell'incedere del tempo, ma anche degli effetti dei cambiamenti climatici e degli agenti inquinanti;
la Badia di Cava, invece, ha visto la validazione nel 2021 di un progetto di restauro finanziato dal Ministero per ulteriori 1,5 milioni di euro, ma, dopo numerosi mesi di ritardo per la nomina del responsabile unico del procedimento – la quale è avvenuta a dicembre 2023 –, a oggi non si hanno evidenze sulle procedure di affidamento ed esecuzione dei lavori e sul relativo cronoprogramma;
lo stesso Ministro interrogato aveva riconosciuto l'importanza della conservazione di tali luoghi storici, dichiarando infatti, proprio a seguito di una visita alla Badia a dicembre 2023, che «luoghi come questo devono diventare centrali per affermare il valore della cultura. La Badia di Cava è uno scrigno di tesori, ma soprattutto una testimonianza importante della nostra storia e della nostra tradizione cristiana. Sono qui per avviare un programma di valorizzazione già finanziato e che ci vedrà impegnati nel prossimo anno» –:
se i fondi stanziati siano ancora nella disponibilità dei soggetti destinatari e quale sia lo stato di avanzamento del cronoprogramma per la ristrutturazione dei due edifici storici.
(3-01229)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
MEROLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 16-bis, comma 8, del Testo unico delle imposte sui redditi, al secondo periodo stabilisce che «in caso di decesso dell'avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all'erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene»;
l'amministrazione finanziaria, con circolare n. 28/E del 2022, ha sottolineato che in caso di acquisizione dell'immobile per successione, le quote residue di detrazione si trasferiscono per intero esclusivamente all'erede che può disporre dell'immobile, a prescindere dalla circostanza che lo abbia adibito a propria abitazione principale;
nella medesima circolare si precisa che se l'immobile è locato, non spetta la detrazione in quanto l'erede proprietario non ne può disporre; inoltre la condizione della «detenzione materiale e diretta del bene» deve sussistere per ciascun anno per il quale il contribuente intenda fruire delle residue rate di detrazione;
questa interpretazione restrittiva in primo luogo appare, ad avviso dell'interrogante, illogica considerato che il proprietario, in vita, può disporre del bene locandolo successivamente alla ristrutturazione e continuare al contempo a beneficiare delle detrazioni edilizie;
inoltre appare controproducente nei comuni considerati ad alta tensione abitativa o dove sono stati registrati danni causati da eventi catastrofali (terremoti, alluvioni o esondazioni) in quanto si incentiva la detenzione di seconde case sfitte anziché stimolare gli eredi divenuti proprietari ad affittare gli immobili a chi ne ha bisogno e ancor peggio incoraggia l'affitto irregolare e l'evasione;
precludere agli eredi l'opportunità di recuperare le detrazioni in un breve periodo, anche alla luce delle ultime modifiche normative che prevedono l'allungamento a 10 anni dei tempi di recupero delle detrazioni, implica il rischio che molti investimenti da parte di contribuenti più anziani (anche all'interno dei condomini) non vengano effettuati per mancanza della prospettiva di recupero dei benefici così a lungo termine;
a giudizio degli interroganti, il Governo si pone in contrasto con la spinta ecologista promossa dalla direttiva sull'efficienza energetica degli edifici che impone nuovi obblighi per gli Stati membri di riduzione del consumo energetico del parco immobiliare del 16 per cento entro il 2030, e del 20-22 per cento entro il 2035 –:
se intenda, alla luce delle considerazioni espresse in premessa, adottare le iniziative di competenza volte a ripensare al diritto di fruizione del beneficio fiscale da parte degli eredi previsto dall'articolo 16-bis del Testo unico delle imposte sui redditi riconoscendo la possibilità di conservare la detenzione materiale e diretta del bene anche in caso di locazione dell'immobile da parte degli eredi.
(5-02423)
(Presentata il 27 maggio 2024)
CONGEDO, DE BERTOLDI, FILINI, MATERA, MATTEONI, MAULLU e TESTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il corrispettivo percepito da una persona fisica non imprenditore (o da una società semplice) per effetto della cessione o costituzione di un diritto di superficie su un terreno agricolo, a titolo oneroso in unica soluzione, anche mediante attualizzazione dei corrispettivi annui pattuiti fino al 31 dicembre 2023, non prevedeva alcuna imposizione fiscale, purché fossero trascorsi più di cinque anni dall'acquisto dei terreni;
in caso di acquisto effettuato in un periodo inferiore a cinque anni, la tassazione era determinata dalla data della plusvalenza da alienazione, ovvero dalla differenza tra i corrispettivi percepiti ed il prezzo di acquisto del bene ceduto, con la possibilità di rivalutazione del valore di acquisto del terreno, considerando come base di partenza il costo rivalutato;
la fattispecie in oggetto era infatti equiparata alla cessione del bene e rientrava quindi nelle previsioni contenute all'interno dell'articolo 67, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 del Testo unico delle imposte sui redditi;
al riguardo, si evidenzia che l'articolo 1, comma 92, lettera b) della legge 30 dicembre 2023, n. 213 – legge di bilancio 2024, ha introdotto significative modifiche al trattamento impositivo applicabile ai fini delle imposte dirette, trasformando significativamente il panorama normativo precedentemente vigente, in quanto a decorrere dal 1° gennaio 2024 viene assoggettato a tassazione l'intero importo percepito, qualificato quale reddito diverso, come indicato dall'articolo 67 lettera h) dello stesso Testo unico delle imposte sui redditi;
secondo gli interroganti, la disposizione in precedenza richiamata non può essere caratterizzata da effetti retroattivi e, pertanto, dovrebbe trovare applicazione solo per le compravendite e le costituzioni di diritto di superficie e annesse servitù successive alla data di entrata in vigore della suddetta norma, in quanto gli effetti della misura, rischiano di influenzare pesantemente gli investimenti del settore non soltanto agricolo, considerato che tutti coloro che in questi anni hanno stipulato preliminari per la costituzione di un diritto di superficie, rispetto ai quali il rogito del definitivo avverrà solo dopo il 1° gennaio 2024, saranno soggetti infatti a tassazione per l'intero corrispettivo percepito –:
se il Ministro interrogato condivida le criticità riportate in premessa e in caso affermativo quali iniziative di competenza anche di carattere normativo intenda assumere, anche nei confronti dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, al fine di chiarire che il regime fiscale nei riguardi delle compravendite riportate altresì in premessa e in vigore fino al 31 dicembre 2023 sia applicabile anche alle compravendite risultanti da atti preliminari aventi data certa.
(5-02424)
(Presentata il 27 maggio 2024)
FENU, CAPPELLETTI, LOVECCHIO, GUBITOSA e RAFFA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 38 del decreto-legge n. 19 del 2024 ha introdotto il nuovo «Piano Transizione 5.0»;
il programma mira a sostenere gli investimenti nella transizione green delle imprese attraverso il riconoscimento di crediti d'imposta;
in particolare, alle aziende verrà concesso un credito d'imposta, indipendentemente dalle dimensioni dell'impresa, dal settore di attività o dalla localizzazione, in relazione agli investimenti in beni materiali e immateriali, già agevolati con il piano transizione 4.0, a condizione che si raggiunga una riduzione dei consumi energetici dell'unità produttiva pari almeno al 3 per cento (o al 5 per cento se calcolata sul processo interessato dall'investimento); inoltre, saranno ammessi anche investimenti in nuovi beni strumentali necessari all'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili e spese per la formazione del personale dipendente;
la disciplina di cui all'articolo 38 del decreto-legge n. 19 del 2024 è stata oggetto delle recenti modifiche introdotte dal decreto-legge n. 39 del 2024;
in merito alle modalità attuative delle nuove disposizioni, il comma 17 dell'articolo 38 prevede l'adozione di un decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica;
l'adozione del decreto era prevista entro il trentesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 19 del 2024 ovvero entro il 1° aprile;
fonti di stampa del 21 maggio 2024 riportavano la notizia dell'imminente invio della bozza di decreto al Ministero dell'economia e delle finanze ai fini dell'acquisizione del concerto –:
se sia pervenuta al Ministro dell'economia e delle finanze la bozza del decreto ministeriale in premessa e sia stato dato il relativo concerto o, in caso negativo, quali siano le tempistiche di esame del provvedimento ai fini del rilascio del concerto.
(5-02425)
(Presentata il 27 maggio 2024)
CENTEMERO, BAGNAI, CAVANDOLI e GUSMEROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
le agevolazioni riferite agli investimenti in start-up innovative hanno un ruolo di primaria importanza nell'ottica di sostenere la crescita economica e l'occupazione, soprattutto quella giovanile, favorendo un'evoluzione dell'intero tessuto imprenditoriale nell'ambito della tecnologia e dell'innovazione;
le tipologie di investimento riferite alle start-up innovative sono, per loro natura, diversificate ed eterogenee: sono operazioni che possono effettuarsi tramite piattaforme di equity crowdfunding, direttamente da persone fisiche, tramite club deal ovvero fondi quindi gestione aggregata del risparmio;
si tratta di un tema sul quale il Gruppo della Lega – SP è intervenuto a più riprese, presentando anche una specifica iniziativa legislativa parlamentare che interviene sulle agevolazioni fiscali in favore delle start-up e delle PMI innovative e sui requisiti di capitale delle società di investimento semplice (SIS), già approvata in prima lettura alla Camera (A.C. 107);
con precedente atto di sindacato ispettivo n. 5-01428, il Governo ha fornito dei dati sul numero dei contribuenti beneficiari degli incentivi fiscali in regime ordinario e in regime «de minimis» per gli investimenti in start-up innovative, desunti dai dati delle dichiarazioni dei redditi, nonché sull'ammontare detratto che è risultato essere pari a 82,392 milioni di euro e sul residuo delle detrazioni per tali investimenti, riportato dai periodi precedenti, pari a 12,838 milioni di euro (dichiarati da 2.206 contribuenti) –:
quale sia stata la segmentazione degli incentivi per le start-up innovative e quali soggetti ne abbiamo usufruito.
(5-02426)
(Presentata il 27 maggio 2024)
DE PALMA, SALA e RUBANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'Agenzia delle entrate con il principio di diritto n. 17 del 17 dicembre 2018 ha precisato che, quando per l'esecuzione di appalti pubblici si costituisce un'associazione o un raggruppamento temporaneo tra imprese (ATI/RTI), gli obblighi di fatturazione nei confronti della stazione appaltante devono essere assolti dalle singole imprese associate, relativamente ai lavori di competenza eseguiti da ciascuna, e non devono essere a carico esclusivo della mandataria;
in molti casi, le stazioni appaltanti (generalmente enti pubblici territoriali) hanno richiesto alle imprese consorziate in ATI/RTI che la fatturazione delle prestazioni fosse svolta dalla sola capogruppo mandataria (senza coinvolgimento delle mandanti nel processo di fatturazione);
spesso tali imprese hanno, in buona fede, assecondato la predetta richiesta delle stazioni appaltanti;
dal 2018 al 2023 si è quindi consolidata una prassi operativa che, per quanto non rispettosa del predetto principio di diritto, ha comportato la fatturazione «accentrata», da parte della mandataria capogruppo alle stazioni appaltanti, dell'intera prestazione di servizi resa;
in molti casi si è trattato di operazioni caratterizzate da regimi IVA non omogenei, applicandosi il regime IVA ordinario nella fatturazione tra mandante e mandataria e il cosiddetto split payment, con assolvimento dell'IVA da parte della stazione pubblica appaltante, sulle fatture ricevute, senza esposizione dell'IVA, dalla mandataria capogruppo;
l'Agenzia delle entrate ha ritenuto che le imprese consorziate avrebbero dovuto fatturare separatamente la propria quota di esecuzione del servizio esclusivamente alla stazione appaltante e ha iniziato a contestare l'indebita detrazione dell'IVA operata dalle mandatario sulle fatture emesse nei loro confronti dalle mandanti (nonostante l'imposta sia stata integralmente assolta dagli enti pubblici territoriali che hanno ricevuto le fatture dalle mandatarie – in regime di split payment – e, in molti casi, anche dalle mandanti che hanno esercitato la rivalsa IVA nei confronti delle mandatarie e l'hanno versata all'erario);
le imprese mandanti e mandatarie consorziate in ATI/RTI c le stazioni appaltanti, che non hanno operato secondo il principio di diritto indicato dall'Agenzia delle Entrate, rischiano di dover affrontare un contenzioso fiscale rispetto a diverse contestazioni;
a seguito del recupero dell'IVA dalle mandatarie per illegittima detrazione, l'Agenzia delle entrate sarebbe comunque tenuta a restituire la stessa alle mandanti, dal momento che può incassare l'IVA una volta sola –:
al fine di evitare molti contenziosi dall'esito incerto e lungo, laddove non siano ravvisabili comportamenti frodatori (essendo stata l'IVA integralmente assolta dalle stazioni appaltanti e dalle mandanti), se non ritenga esaustiva l'applicazione di una, sanzione fissa (quale quella prevista all'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo n. 471 del 1997) alle mandatarie, sulle fatture ricevute dalle mandanti, facendo salva la detrazione operata in relazione all'IVA indebitamente addebitata in rivalsa dalle mandanti, laddove la violazione sia limitata all'emissione della fattura dalle mandanti alla mandataria capogruppo con regime IVA ordinario.
(5-02427)
(Presentata il 27 maggio 2024)
BORRELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
è di questi giorni la notizia che il Governo, con l'obiettivo di contrastare la grande evasione, si appresterebbe ad adottare, non senza distinguo all'interno della sua stessa maggioranza, un meccanismo di accertamento sintetico che dovrebbe limitare l'attuale arbitrio riconosciuto dalla normativa all'amministrazione finanziaria;
l'intenzione è stata l'occasione per tornare a dibattere su una misura, il cosiddetto redditometro, molto controversa tra gli stessi osservatori e per fare un po' di chiarezza sugli strumenti di contrasto dell'evasione fiscale attualmente a disposizione dell'amministrazione finanziaria;
l'idea che i redditi dichiarati vadano confrontati con i consumi è apparentemente semplice e attraente, ma nasconderebbe insidie pratiche sostanzialmente insuperabili rispetto ad una più attendibile ed efficace analisi comparativa dei redditi e dei patrimoni;
infatti, l'esperienza passata del redditometro, riattivato sotto la guida di Draghi e finito oggi ai margini ben prima che venisse apparentemente riesumato, insegna che i consumi non sono la pista più efficace per ricostruire, anche se attraverso pagamenti tracciati, le reali attività dei contribuenti, e quindi scovare eventuali forme di evasione, per una ragione mollo semplice: è sostanzialmente impossibile per un'amministrazione finanziaria ricostruire in modo attendibile i consumi di una persona;
diversi esperti suggeriscono, invece, di guardare al rapporto tra reddito e patrimonio (sia finanziario che immobiliare), entrambi più facili da mappare e da confrontare con il tenore di vita esposto, annualmente, con la dichiarazione dei redditi. Tra l'altro, esistendo un legame logico anche tra il reddito e il risparmio di facile accertamento, diventa, a sua volta, facile anche l'accertamento della formazione di patrimoni finanziari e immobiliari, oggi facilitato, peraltro, anche con riferimento ai patrimoni investiti in Italia, grazie al sistema di scambio automatico di informazioni (Crs, Common Reporting Standard) tra amministrazioni finanziarie in grado di intercettare l'enorme mole di flussi finanziari diretti verso l'estero;
l'emanazione del decreto ministeriale del 28 giugno 2022 ha segnato una tappa importante nelle azioni di contrasto all'evasione fiscale, avendo dato attuazione all'articolo 1, comma 683, della legge n. 160 del 2019 relativo al trattamento dei dati archiviati dall'Anagrafe tributaria –:
quali siano, a due anni di distanza dal varo del decreto ministeriale del 28 giugno 2022, gli esiti degli accertamenti e delle elaborazioni condotti dall'Agenzia delle entrate sulla base delle previsioni in esso contenute.
(5-02428)
(Presentata il 27 maggio 2024)
Interrogazione a risposta in Commissione:
CAPPELLETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo indennizzo risparmiatori (Fir) al fine di indennizzare il pregiudizio subìto dai risparmiatori da parte di banche e controllate con sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018;
al fondo, gestito da Consap Spa, è stata assegnata una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, per un totale di 1.575 milioni di euro;
la misura dell'indennizzo, fissata dalla legge, è commisurata in generale al 30 per cento del costo di acquisto delle azioni – e al 95 per cento per le obbligazioni subordinate – emesse dalle banche, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore. La percentuale del 30 per cento può essere incrementata, comunque entro il limite massimo complessivo, qualora in ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 le somme complessivamente erogate per l'indennizzo secondo il piano di riparto siano inferiori alla previsione di spesa dell'esercizio finanziario, nel pieno rispetto dei limiti di spesa, della dotazione finanziaria del Fir e fino al suo esaurimento;
in risposta all'istanza dell'Associazione «Noi che credevamo», nel marzo del 2024, la direzione competente del Ministero dell'economia e delle finanze ha portato a conoscenza che l'importo d'indennizzi erogati dal Fir, mediante Consap SpA, è stato di euro 1.353.832.529 a favore di 129.89 risparmiatori. Pertanto, rispetto alla dotazione totale, rimangono disponibili nel Fir ancora circa 200 milioni di euro;
si fa presente che, già in risposta all'atto 5-00376, presentato dall'interrogante per la discussione in Commissione finanze alla Camera dei deputati nel febbraio del 2023, su quali iniziative il Governo intendeva adottare per redistribuire agli aventi diritto il residuo di stanziamento del Fir, l'Esecutivo si era impegnato a tener «conto delle richieste emerse in sede parlamentare al fine di valutare le più opportune iniziative da assumere, anche di carattere normativo, per procedere all'incremento della percentuale di indennizzo prevista a favore degli azionisti, già ammessi a beneficiare del FIR, in conformità a quanto già previsto dal citato comma 496 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2019»;
l'impegno assunto dal Governo sarebbe stato onorato solo parzialmente, considerato che ad oggi, come asserito dalle Associazioni in difesa dei cittadini truffati, sarebbero ancora migliaia i risparmiatori che hanno inviato domanda di accesso al fondo, senza percepire effettivamente alcun indennizzo –:
per quale motivo non abbia ancora proceduto alla distribuzione del residuo in premessa, che ad oggi ammonterebbe a circa 200 milioni, e se intenda adottare con sollecitudine iniziative finalizzate alla redistribuzione del medesimo agli aventi diritto, riconoscendo l'indennizzo anche a coloro che pur avendo diritto sono stati esclusi per errore e/o mancata integrazione ed incrementando la percentuale degli indennizzi a chi è stato già riconosciuto quale avente diritto, conformemente a quanto previsto dalla legge 30 dicembre 2018 n. 145, articolo 1, commi 496 e 497.
(5-02441)
Interrogazione a risposta scritta:
PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la legge di bilancio 2024, all'articolo 1, comma 533, prevede un contributo alla finanza pubblica da parte degli enti locali pari a 1,25 miliardi complessivi: 250 milioni di euro l'anno dal 2024 al 2028, di cui 200 milioni a carico dei comuni e 50 a carico delle province. Secondo la citata disposizione, il contributo è ripartito in proporzione agli impegni di spesa corrente, al netto della spesa relativa alla Missione 12 e «tenuto conto delle risorse del PNRR»;
tale ultima dicitura, «tenuto conto», è risultata suscettibile di diverse interpretazioni. Infatti, mentre sembrava prefigurare una sorta di salvaguardia degli investimenti del PNRR, sulla base delle bozze dei decreti attuativi della legge n. 213 del 2023, si è rivelata il suo contrario: più fondi l'ente ha ricevuto, più consistenti saranno i tagli a cui è sottoposto. Ne consegue che i comuni e le province più impegnati negli investimenti finanziati con il PNRR subiranno maggiori decurtazioni;
questa interpretazione, tuttavia, confligge con lo spirito e le finalità del Piano e avrebbe gravi conseguenze per la gestione delle nuove infrastrutture. Infatti, come denunciato dal presidente dell'Anci (Associazione nazionale comuni italiani), Andrea Decaro, «sarebbe una beffa per i cittadini, se dopo aver realizzato le opere pubbliche attese per anni i comuni fossero costretti ad abbandonarle perché messi nell'impossibilità di gestirle» per mancanza di risorse. Sulla stessa linea c'è l'Upi (Unione province italiane), secondo il presidente, Michele De Pascale, con la «scelta del Governo Meloni di far pesare di più i tagli agli enti che stanno attuando progetti del PNRR siamo all'assurdo» poiché «è oggettivamente priva di senso una norma che taglia di più chi proprio in questo anno si troverà a fare uno sforzo straordinario per portare a termine le missioni assegnate e completare le opere»;
dunque, lo Stato con una mano dà, con l'altra riprende. Peraltro, quest'ultima decisione si andrebbe ad aggiungere alla precedente sforbiciata inferta ai fondi del PNRR dedicati agli enti locali e ai tagli alla spesa pubblica, già apportati dall'Esecutivo, che scaricano sui comuni il compito di fronteggiare i disagi sociali e le problematiche proprie delle fasce più deboli della cittadinanza –:
se si intenda confermare l'intendimento di applicare la suddetta interpretazione della disposizione di cui all'articolo 1, comma 533, della legge n. 213 del 2023, in base alla quale il contributo alla finanza pubblica da parte di comuni e provincie sarà calcolato per il 50 per cento sulla spesa corrente e per il restante 50 per cento in proporzione ai contributi assegnati a ciascun ente a valere sulle risorse del PNRR.
(4-02894)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle imprese e del made in Italy, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, per sapere – premesso che:
il mercato della distribuzione dei carburanti ha un ruolo strategico per l'economia del nostro Paese: vale circa 45 miliardi di euro all'anno di fatturato complessivo – due terzi dei quali costituiscono gettito erariale – ed ingloba circa 100.000 lavoratori fra titolari, collaboratori e dipendenti, occupati presso oltre 21.000 impianti nella rete ordinaria e circa 450 aree di servizio autostradali;
il suddetto mercato è in attesa da tempo di un intervento legislativo di riforma teso, tra l'altro, a razionalizzare ed ammodernare la rete di distribuzione, potenziare i punti vendita con nuovi vettori energetici alternativi a quelli tipicamente petroliferi per sostenere la transizione ecologica, combattere il fenomeno della illegalità sempre più diffusa che, da una parte, dà origine ad un ingente danno erariale (circa 13 miliardi di euro ogni anno, secondo stime accreditate a seguito delle indagini svolte dagli Organi di controllo), e, dall'altra, continua a causare un sempre maggiore e grave arretramento delle condizioni di lavoro, sia in termini di precarizzazione che di sicurezza, in conseguenza delle manifeste violazioni, anche con modalità semplicemente elusive, della normativa che regola obbligatoriamente la contrattualistica tra gestori e proprietari degli impianti, titolari di autorizzazione/concessione/fornitori in esclusiva dei prodotti carburanti;
a questo proposito è bene tenere in considerazione che la spina dorsale della rete di distribuzione è sostanzialmente condotta da «gestori», piccole e piccolissime imprese di gestione spesso a conduzione familiare, che a loro volta impiegano ciascuna un certo numero di addetti inquadrati all'interno del Ccnl del commercio;
questi gestori sono classificati formalmente come soggetti autonomi, ma, tenuto conto del particolarissimo contesto in cui operano (sarà qui sufficiente ricordare il naturale e conclamato squilibrio contrattuale che li lega ai proprietari degli impianti, titolari di autorizzazione/concessione/fornitori in esclusiva dei carburanti), sono considerati dalla giurisprudenza consolidata lavoratori parasubordinati e dalla normativa generale vigente classificati come microimprese, quindi parificati ai consumatori, oltreché soggetti titolari di un rapporto di dipendenza economica ex articolo 9, legge n. 192 del 1998, rispetto alla propria controparte contrattuale;
per tali ragioni il legislatore ha sempre inteso tutelare il soggetto contraente debole, interponendo la negoziazione collettiva obbligatoria delle organizzazioni di categoria, al confronto diretto con il singolo gestore, negoziazione cui viene affidata la definizione delle condizioni economico/normative del rapporto contrattuale nel suo complesso, oltreché la funzione di tipizzare tipologie contrattuali nuove;
il rispetto di tale legislazione non è però presidiato attualmente da una adeguata penalizzazione per i comportamenti difformi;
a margine di una riunione convocata presso il 15 maggio 2024, il Ministro Urso, di concerto con il Ministro Pichetto Fratin, ha comunicato le linee guida di un disegno di legge di prossima approvazione che ha destato preoccupazione tra gli operatori del settore in quanto:
a) sul piano della sicurezza ambientale, non viene previsto alcun obbligo a carico dei proprietari degli impianti volto a verificare e certificare che non ci siano dispersioni nel terreno di prodotti petroliferi atti ad inquinare le falde acquifere né, per i proprietari di impianti destinati alla chiusura, di bonificare il sito, ma semplicemente di «inertizzare» i serbatoi, senza alcuna garanzia ambientale;
b) sul piano della tutela dei consumatori e della conoscibilità dei prezzi, viene cancellato l'obbligo di esporre il differenziale di prezzo praticato dal medesimo punto vendita tra il rifornimento in self service e quello in servito;
c) sul piano dei contratti di lavoro e di gestione, si prevede una sanatoria per coloro che adottano comportamenti elusivi se non illegittimi, sottraendosi alla contrattazione collettiva e imponendo ai gestori contratti non tipizzati, segnatamente il contratto di appalto che, in questo modo, rischia di dilagare anche nel settore della distribuzione carburanti, con il suo portato ampiamente conosciuto di precarizzazione sia economica che in termini di autonomia organizzativa;
risulta del tutto evidente agli interpellanti, quindi, come tale provvedimento sia pressoché opposto agli impegni assunti nella Commissione attività produttive il 25 ottobre 2023 volti a:
a) introdurre misure per assicurare, da parte dei titolari, la massima sicurezza ambientale;
b) favorire ulteriori misure per garantire una vera concorrenza dei prezzi e l'accesso uniforme a beni e servizi;
c) contrastare l'elusione dell'obbligo di contrattualistica previsto dalla normativa di settore per tutti i titolari di autorizzazione;
in particolare, sembrerebbero essere recentemente emerse manifeste violazioni in ordine alla contrattazione aziendale, inopinatamente interrotta e largamente scaduta, e all'avvio di una politica di imposizione di tipologie contrattuali, segnatamente il contratto di appalto di servizi tramite società controllate, non previste dall'ordinamento e sottratte alla negoziazione collettiva –:
se e in quale modo i Ministri interpellati intendano dare effettivo seguito agli indirizzi assunti in Parlamento;
quali iniziative intendano porre in essere al fine di impedire condotte elusive in merito ai rapporti contrattuali e di lavoro, anche allo scopo di consentire il progressivo ripristino di generalizzate condizioni di legalità complessiva.
(2-00383) «Peluffo, Braga, Serracchiani, De Micheli, Di Sanzo, Gnassi, Orlando».
Interrogazioni a risposta immediata:
MAGI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
la cannabis cosiddetta «leggera» è quella ricavata dalle infiorescenze femminili della pianta di cannabis priva di effetti psicoattivi, poiché selezionate per il loro basso contenuto di thc (che deve avere valore non superiore a 0,6 per cento) e per la ricchezza di cbd;
la legge n. 242 del 2016, «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», ha consentito in Italia la coltivazione della canapa a basso contenuto di thc;
secondo i dati Eurispes, per effetto della legge n. 242 del 2016, si è sviluppato in Italia un florido settore di produzione e commercializzazione della canapa, che, nel 2018, contava quasi 10.000 addetti e un fatturato di 150 milioni di euro;
secondo le stime di Cia e Coldiretti le superfici coltivate a canapa sono passate, nel nostro Paese, da 950 a quasi 4.000 ettari nell'ultimo triennio, il che ha poi garantito l'apertura di 800 partite Iva agricole specializzate, nonché 1.500 aziende di trasformazione e distribuzione e 1.000 negozi;
secondo l'Aical, il 90 per cento del fatturato dei canapa shop arrivava da infiorescenze e oli, prodotti da cui dipende la sostenibilità di queste attività;
da un primo studio scientifico sul fenomeno cannabis light in Italia, pubblicato su European economic review, emergeva che la «legalizzazione» della cannabis light ha portato ad una riduzione tra l'11 e il 12 per cento dei sequestri di marijuana illegale in ogni provincia e a una riduzione dell'8 per cento della disponibilità di hashish;
si è assistito al fenomeno di cosiddetta «sostituzione imperfetta», che ha comportato una parte dei consumatori a preferire il prodotto light ma più sicuro e certificato, invece che acquistare lo stupefacente e accedere al mercato illegale della droga;
recenti iniziative del Governo tendono ad equiparare, anche in termini di rilevanza penale in violazione del principio di offensività, le infiorescenze di canapa con basso contenuto di thc a quelle con effetto stupefacente –:
quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per tutelare le aziende e i lavoratori di un settore in crescita, che già al momento attuale impiega tante persone che, inevitabilmente, verrebbero danneggiate irrimediabilmente se il Governo decidesse di procedere con questo piano.
(3-01233)
CASASCO, SQUERI e BATTILOCCHIO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
con l'articolo 38 del decreto-legge n. 19 del 2024 è stato approvato il Piano «Transizione 5.0», nel quale è previsto un credito d'imposta in favore delle imprese che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione che conseguano una riduzione dei consumi energetici;
la misura è disposta in attuazione della decisione del Consiglio Ecofin dell'8 dicembre 2023 e in relazione all'investimento 15 – «Transizione 5.0», della missione 7 – REPowerEU, finalizzato alla transizione dei processi produttivi verso un modello sostenibile. Il Piano dispone di un budget di 6.300 milioni di euro, puntando a raggiungere un risparmio energetico cumulato di 400.000 tep (tonnellate di equivalente in petrolio);
l'articolo 38 citato affida la definizione delle modalità attuative della disposizione a un decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, da adottare, entro il 1° aprile 2024, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, che tuttora non è stato emanato;
per accedere al contributo, le imprese presentano apposita documentazione, in via telematica, sulla base di un modello standardizzato messo a disposizione dal Gestore dei servizi energetici, anch'esso al momento non disponibile;
nelle more della piena attuazione della misura, con il comma 3-bis dell'articolo 6 del decreto-legge n. 39 del 2024, sono state introdotte disposizioni volte a specificare il regime delle comunicazioni e si è precisato che gli investimenti agevolabili devono essere effettuati dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025;
gli interroganti ritengono che una crescita più robusta, in grado di innalzare redditi e salari e favorire una maggiore occupazione, si realizzi migliorando la competitività delle imprese italiane, della quale l'efficienza energetica, in regime di alti costi dell'energia, è elemento decisivo;
sono quindi assolutamente condivisibili le misure per rafforzare il sistema produttivo nazionale, così come lo erano i precedenti, positivi, interventi a sostegno dell'innovazione nelle imprese («Industria 4.0» e «Transizione 4.0»);
il nuovo presidente di Confindustria, Orsini, ha fatto presente che gli imprenditori stanno attendendo le citate disposizioni attuative per poter fare gli investimenti, sottolineando che si tratta di misure legate al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che scade nel 2026, mentre il sistema produttivo italiano avrebbe bisogno di misure che abbiano una visione di lungo periodo –:
quali siano i tempi di adozione del complesso delle disposizioni applicative del Piano «Transizione 5.0» e se non ritenga opportuno ampliarne l'orizzonte temporale.
(3-01234)
LUPI, CAVO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 9-ter, comma 5, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha disposto che la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, da parte di talune imprese titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico, di strutture amovibili, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, non fosse subordinata alle autorizzazioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
dopo alcune proroghe della misura citata intervenute fino al 31 dicembre 2023, l'articolo 11, comma 8, della legge 30 dicembre 2023, n. 214, recante «Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022», ha prorogato ulteriormente le disposizioni fino al 31 dicembre 2024;
il 16 maggio 2024, il Ministro interrogato ha annunciato che il suo Dicastero sta elaborando, all'interno del disegno di legge in materia di concorrenza, un provvedimento per rendere strutturali i cosiddetti dehors, ritenendola un'occasione per valorizzare le attività di ristorazione, soprattutto nei centri storici;
alcune associazioni hanno rilasciato dichiarazioni agli organi di stampa sostenendo che la proposta di legge sulla liberalizzazione dei dehors possa risultare lesiva del decoro urbano e andare contro i regolamenti comunali;
il 20 novembre 2023 è stata assegnata alla X Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati una proposta di legge, recante «Delega al Governo in materia di riordino delle norme relative alla concessione di spazi e aree pubbliche di interesse culturale o paesaggistico alle imprese di pubblico esercizio per l'installazione di strutture amovibili funzionali all'attività esercitata»;
il 22 maggio 2024, nell'ambito dell'esame della proposta di legge citata, si è svolta l'audizione informale di rappresentanti di alcune associazioni di categoria –:
se intenda adottare iniziative di competenza volte a rendere strutturali le misure per i cosiddetti dehors e con quali modalità.
(3-01235)
FOTI, ANTONIOZZI, GARDINI, MESSINA, MONTARULI, RUSPANDINI, VINCI, CARAMANNA, COLOMBO, COMBA, GIOVINE, MAERNA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI e ZUCCONI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
il settore dello spazio sta conoscendo in questi anni una nuova fase di sviluppo, diventando un campo di confronto sempre più rilevante per gli attori della scena internazionale, con un ruolo crescente assunto anche dai soggetti privati;
sono crescenti anche le ricadute nello sviluppo del nostro Paese, non manifestandosi più soltanto come un settore della ricerca, bensì concretizzandosi come irrinunciabile opportunità di sviluppo economico e sociale nei diversi settori di riferimento (come quello delle telecomunicazioni e della navigazione satellitare o delle applicazioni nel campo delle osservazioni della Terra);
la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2024 ha previsto un collegato specifico per il settore spaziale, che rappresenta una delle frontiere più avanzate della tecnologia e dell'innovazione;
cruciale risulta essere lo sviluppo di capacità e competenze in questo ambito, non solo per il progresso scientifico e tecnologico, ma anche per le ricadute economiche e di sicurezza nazionale;
da notizie di stampa risulterebbe che il 15 maggio 2024 è stata convocata presso il Ministero delle imprese e del made in Italy una riunione dei distretti aerospaziali, al fine di avviare un dialogo nazionale permanente tra i distretti tecnologici nazionali e gli attori istituzionali e industriali sulle priorità e sulle opportunità di sviluppo del settore spaziale e aeronautico –:
quale sia lo stato del provvedimento legislativo di cui in premessa e quali misure intenda adottare il Governo italiano per sostenere la crescita e la competitività delle imprese italiane nel settore spaziale.
(3-01236)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:
SIMIANI, BARBAGALLO, BRAGA, CURTI, FERRARI e SCARPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 31 marzo 2023 n. 35, convertito con legge 26 maggio 2023, n. 58, recante «Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria», ha previsto l'emanazione di un regolamento per disciplinare il cassetto digitale per le espropriazioni;
il Governo ha comunque deciso di procedere, ai sensi dell'articolo 3, comma 9 del citato decreto-legge, con la pubblicazione dell'avviso di avvio del procedimento volto alla apposizione del vincolo preordinato all'esproprio nonché alla dichiarazione di pubblica utilità del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, procedendo, quindi, alle operazioni di esproprio anche senza la pubblicazione del previsto regolamento;
l'avviso omette la doverosa informazione che la procedura non ha ancora superato la fase prevista dal medesimo decreto-legge ossia l'approvazione del progetto definitivo adottata dal CIPESS. Tale adempimento dovrà essere preceduto dalla richiesta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dopo aver verificato la compatibilità delle valutazioni istruttorie acquisite dalla conferenza dei servizi anche alla luce delle risultanze della valutazione di impatto ambientale, come disposto al comma 7 dell'articolo 3 del decreto-legge in commento;
l'avviso omette anche di informare che non è ancora concluso l'accertamento della compatibilità ambientale e dell'intervento e il perfezionamento dell'intesa Stato-regioni sulla localizzazione dell'opera che ha comportato l'apposizione del vincolo ed è tuttora aperta la procedura di aggiornamento e completamento della VIA e della VIncA sul progetto definitivo;
analogamente omette di informare che la procedura di VIA/VIncA integrata è in corso, aperta il 13 marzo scorso, con termine per le Osservazioni del pubblico interessato entro il 13 aprile 2024;
in conclusione l'avviso omette informazioni centrali poiché non indica i soggetti interessati dalle procedure di esproprio, l'ammontare delle particelle da espropriare né tantomeno gli indennizzi da riconoscere, in palese violazione della tutela dei legittimi interessi soggettivi –:
perché si sia proceduto alle operazioni di esproprio prima della pubblicazione del previsto regolamento per disciplinare il cassetto digitale e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, a fronte di una procedura che appare viziata e che non garantisce la completa e corretta informazione ad ogni cittadina e cittadino e ad ogni avente diritto.
(5-02429)
(Presentata il 27 maggio 2024)
MAZZETTI, CORTELAZZO e BATTISTONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 49 del 2023 detta disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali, per il quale si intende la corresponsione di una «retribuzione» proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti dalle normative di settore;
a seguito dell'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici si è posta l'esigenza di chiarire, per le stazioni appaltanti, i corretti ambiti applicativi della normativa sull'equo compenso nell'ambito delle procedure di affidamento, nonché i criteri utilizzabili dalle amministrazioni aggiudicatrici per gli affidamenti relativi ai servizi di ingegneria e di architettura;
il Codice prevede per le prestazioni d'opera intellettuale le modalità di determinazione dei corrispettivi da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, commisurati al livello qualitativo delle prestazioni;
nel rispondere all'interrogazione 5-02200, il 27 marzo scorso il Governo ha affermato che le disposizioni citate debbano necessariamente trovare «...un coordinamento applicativo... fra le esigenze retributive rappresentate dagli ordini professionali alla luce dei principi dell'equo compenso e l'effettiva sostenibilità dell'offerta in relazione al complessivo quadro economico dell'affidamento»;
in quella sede il Governo ha annunciato di aver segnalato alla Cabina di regia istituita ai sensi dell'articolo 221 del Codice, quale sede istituzionale per il coordinamento nella sua attuazione, l'esigenza di adottare un chiarimento in materia, all'esito di un confronto con le associazioni di categoria;
l'Autorità anticorruzione (ANAC), in una nota inviata il 19 aprile all'indirizzo del ministero dell'Economia e a quello delle Infrastrutture ha sostenuto che l'equo compenso non si applica agli appalti pubblici. Crescono le pressioni delle associazioni datoriali per depotenziare l'effetto della legge n. 49 del 2023 negli appalti pubblici;
potrebbe essere opportuna una interlocuzione con l'Osservatorio sull'equo compenso, appena istituito presso il Ministero della giustizia, per una revisione concordata dei parametri di calcolo –:
per quanto di competenza, quale sia lo stato dei lavori di definizione, in sede di Cabina di regia, anche all'esito del confronto con le associazioni di categoria ed eventualmente con l'Osservatorio sull'equo compenso, di una nuova disciplina del compenso dei professionisti negli appalti pubblici.
(5-02430)
(Presentata il 27 maggio 2024)
ILARIA FONTANA, BARZOTTI, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il nuovo Ponte Becca e il Ponte di Colorno sono inseriti tra le 76 opere prioritarie di cui al decreto ministeriale n. 1 del 2020 in materia di messa in sicurezza dei ponti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza nel bacino del Po;
entrambi i ponti sono in evidente stato di degrado e condizioni di pericolo per le comunità e i territori su cui insistono. È quindi necessario e non più procrastinabile l'inserimento delle spese connesse alla progettazione e realizzazione nell'aggiornamento del contratto di programma (CDP) di ANAS;
si è di recente appreso da notizie di stampa che nel nuovo contratto di programma di ANAS 2021-2026 non risulterebbero stanziati i nuovi fondi destinati alla realizzazione del Ponte di Colorno, mentre sul Ponte Becca sarebbero allocate alcune risorse ma non sono definite le tempistiche di realizzazione e se sarà o meno previsto il ricorso all'appalto integrato –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali azioni di competenza intenda intraprendere per finanziare e realizzare le nuove e quantomai urgenti opere in questione, a tal fine precisando le relative tempistiche di realizzazione e se sarà o meno previsto il ricorso all'appalto integrato.
(5-02431)
(Presentata il 27 maggio 2024)
MATTIA, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, FOTI, IAIA, LAMPIS, FABRIZIO ROSSI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
è nota la fragilità idrogeologica della nazione, caratterizzata da terreni che cedono e scivolano verso valle danneggiano e abbattono edifici, abitazioni, attività produttive;
Pomarico, in provincia di Matera, è stata vittima del fenomeno. Il 19 gennaio 2019 una frana ha colpito numerose abitazioni, distruggendole. Dopo due anni si è ancora in attesa della ricostruzione;
l'erosione calanchiva lambisce da tempo il centro abitato. Il versante Sud-Ovest è il più esposto perché è mancato il disciplinamento delle acque meteoriche. La rete idrico fognante, non essendo stata manutenuta, era un colabrodo che sversava fiumi di acqua nel terreno andando a confluire proprio nel corpo della frana quiescente;
già negli anni cinquanta un'altra terribile frana aveva abbattuto un intero rione;
la frana del 2019 ha colpito il centralissimo Corso Vittorio Emanuele facendolo in parte crollare insieme a numerose abitazioni, attività commerciali ed artigianali;
nei giorni seguenti, nuovi piccoli cedimenti e crolli si susseguirono fino al 29 gennaio quando una nuova imponente frana si verificò portando con sé oltre 300 metri di strada, cancellando una parte importante di Pomarico, nel centro storico, proprio durante l'intervento di messa in sicurezza dei Vigili del Fuoco;
il bilancio finale fu di 95 immobili colpiti dalla frana, di cui 18 crollati, 12 irrimediabilmente danneggiati e 65 sgomberati per precauzione;
furono coinvolte 56 persone, 26 nuclei familiari, 3 attività produttive che dovettero chiudere e trasferirsi altrove in via definitiva, con enormi difficoltà e disagi;
dopo la realizzazione delle complesse opere di messa in sicurezza, l'avvio della ricostruzione di quella parte importante della cittadina lucana potrebbe essere possibile grazie ai fondi stanziati dal Governo e dalla regione Basilicata, ma non è ancora certo perché nonostante gli impegni finanziari formalmente assunti, i contributi giungono in ritardo mentre i residenti attendono ancora i sussidi per gli affitti e per la ricostruzione delle abitazioni –:
se, per quanto di competenza, possa indicare i tempi necessari al ripristino delle zone interessate dalla frana che ha colpito Pomarico, cinque anni fa, arrecando gravi danni a cittadini e imprese.
(5-02432)
(Presentata il 27 maggio 2024)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
SERRACCHIANI, GHIO e ORLANDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
risulta agli interroganti che l'autorità di sistema portuale di Genova, stazione appaltante dell'opera definita «nuova diga foranea di Genova», abbia inviato al Consorzio per Genova Breakwater, appaltatore, una lettera in data 9 maggio 2024, definita «ordine di servizio n. 18», a firma del direttore di lavori Giuseppe Galluzzo e del responsabile unico del procedimento Marco Vaccari;
consta che nella lettera gli scriventi abbiano manifestato la «fortissima preoccupazione» sui tempi di realizzazione dell'opera e che «lo stato di avanzamento dei lavori non può che definirsi allarmante e ciò unicamente a causa delle molteplici negligenze del consorzio nella programmazione e messa in opera dei mezzi, conseguenti ad evidenti carenze organizzative e operative»;
risulta che la lettera di cui sopra segua altre otto note inviate dalla stazione appaltante al consorzio appaltatore, nella quali l'autorità di sistema portuale avrebbe «ripetutamente segnalato ritardi nell'esecuzione dei campi prova per cause imputabili a codesto appaltatore» e che l'esecuzione dei suddetti campi prova avrebbe dovuto essere eseguita nelle prime fasi di contratto e parallelamente alla fase di progettazione definitiva «per fornire le necessarie conferme sui parametri di progetto»;
consta che il campo prova sia fondamentale soprattutto per verificare la solidità del basamento sottomarino in ghiaia e la sua capacità di reggere il peso dei cassoni della diga senza sprofondare;
risulta che il responsabile unico del progetto Marco Vaccari, come riportato in data 19 maggio 2024 dal quotidiano Il Secolo XIX, abbia scritto: «alla luce del fatto che la posa dei cassoni cellulari lungo l'impronta della nuova diga foranea di Genova è prevista a partire dal 24 maggio 2024, in assenza delle risultanze di campi prova necessarie per la verifica dei requisiti di progetto e la definizione del necessario dettaglio del trattamento dei fondali, sarà unicamente onere e responsabilità di codesto appaltatore di intraprendere ogni azione necessaria a garantire la piena realizzabilità dell'opera a regola d'arte, in accordo ai requisiti di progetto e alle previsioni contrattuali, assicurando il completamento dei lavori entro gli inderogabili termini del 30 novembre 2024»;
nella successiva missiva del 10 maggio 2024, citata dal quotidiano, l'autorità portuale ordina al consorzio di «indicare la data di completamento dei campi prova, producendo entro dieci giorni, e comunque prima della posa del primo cassone, una relazione del progettista che giustifichi la possibilità di completare i suddetti campi prova successivamente all'avvio dei lavori»;
consta agli interroganti che mentre il versamento della ghiaia in mare proceda secondo le tabelle di marcia (oltre il 50 per cento), lo stato di avanzamento della lavorazione strettamente correlata alla formazione delle colonne di consolidamento sia appena del 5 per cento;
venerdì 24 maggio 2024 la cerimonia della posa del primo cassone della diga foranea del porto di Genova è stata effettuata alla presenza del Ministro interrogato, ma non è stato possibile effettuare il posizionamento del primo cassone nel fondale;
la diga foranea di Genova è la prima opera in Italia per entità di finanziamenti collegati al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che impone il completamento entro il 30 novembre 2026, data prevista per la consegna dell'opera –:
se al Ministro interrogato e alla cabina di regia del Piano nazionale di ripresa e resilienza risultino i ritardi sopra riportati e come ci si intenda attivare e con quali azioni per ripristinare la tempistica prevista per non perdere i finanziamenti collegati al Piano nazionale di ripresa e resilienza;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle ragioni della mancata esecuzione dei campi prova: se si tratti di ritardi nelle lavorazioni o se sia legata a modifiche delle valutazioni progettuali rispetto alla situazione dei fondali in correlazione con l'impatto dell'opera.
(5-02437)
BRAGA e PICCOLOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la E45 è la superstrada più lunga d'Italia, dato che il suo tracciato si estende per più di 250 chilometri e attraversa nel Centro Italia le regioni Lazio, Umbria, Toscana ed Emilia-Romagna. La sua gestione è interamente a carico dell'Anas;
a causa del numero elevato di autotreni e di altri mezzi pesanti che vi transitano, il fondo stradale della predetta strada è spesso dissestato e necessita di continui lavori di manutenzione che sovente richiedono la chiusura di parti di strada o di carreggiata;
per quanto riguarda il tratto Perugia-Terni, in Umbria, un'altra questione è rappresentata dalla criticità dello svincolo di Marsciano: uno svincolo di grande traffico, tant'è che attualmente, come si legge sul sito stradeanas. it, risulta chiuso per i lavori urgenti di adeguamento della pavimentazione usurata;
il comune di Marsciano ha poi presentato nel novembre 2023 un progetto di realizzazione di una piattaforma logistica nella zona industriale a ridosso della località Cerro, lungo la strada che collega il capoluogo con la E45. La piattaforma sarà utilizzata dal gruppo Unicomm spa, uno dei principali operatori della grande distribuzione organizzata a livello italiano;
è prevedibile che questo nuovo insediamento logistico possa creare non pochi disagi in uno svincolo già insufficiente a gestire l'attuale livello di traffico, considerando che si prevede un incremento di circa 250 mezzi pesanti in transito, ai quali deve aggiungersi l'attuale carico di traffico;
a complicare la congestione del traffico nella zona anche i lavori di ristrutturazione del ponte «Montemolino»: oggetto di interventi strutturali nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza e, pertanto, resterà chiuso per un periodo prolungato, precludendo un ulteriore uscita dalla E45 –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto rappresentato e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per evitare l'ulteriore congestionamento dell'area di Marsciano-Collepeppe e se non si voglia dare seguito, d'intesa con la regione Umbria, alla richiesta del comune di Marsciano di raddoppio del citato snodo stradale.
(5-02438)
GHIO, CASU, BARBAGALLO, BAKKALI e MORASSUT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'Unione europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation EU, un programma di portata inedita, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale, la digitalizzazione, l'innovazione e la competitività;
in data 12 gennaio 2021 il Consiglio dei ministri e, nelle sedute del 26 e 27 aprile il Parlamento, hanno approvato il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che attua il programma Next Generation EU;
la missione 3 del PNRR destina ingenti risorse all'ammodernamento e al potenziamento della rete ferroviaria con l'obiettivo di potenziare il trasporto su ferro di passeggeri e merci, l'attuazione dei programmi di sviluppo e i progetti di investimento sono gestiti da Rete Ferroviaria Italiana in qualità di gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale;
la rete ferroviaria italiana si estende per un totale di 16.718 chilometri, a livello europeo l'Italia detiene la quarta rete ferroviaria più estesa e la terza in termini di densità;
il potenziamento della rete ferroviaria nazionale previsto dagli investimenti PNRR determina, fino al termine dei lavori, una fase di transizione infrastrutturale che comporta un miglioramento delle prestazioni nel lungo termine ma una sostanziale limitazione dell'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria nel breve e medio periodo a causa di inevitabili e periodiche indisponibilità delle tracce ferroviarie;
i lavori sul nodo di Genova devono continuare speditamente così come il completamento del Terzo Valico per raggiungere l'obiettivo di migliorare collegamento dell'intero Nord Ovest;
le interruzioni di linea e di binario pianificate dal gestore dell'infrastruttura per consentire l'attuazione dei lavori PNRR hanno comportato per il 2023 una riduzione del 50 per cento della capacità ferroviaria del trasporto merci, che arriverà fino al 60 per cento nel corso del 2024 e del 2025 perché è previsto un numero crescente dei giorni di interruzioni per consentire gli interventi programmati. Secondo il programma di esercizio redatto dal gestore dell'infrastruttura, inoltre, per consentire la manutenzione ed il potenziamento del nodo ferroviario di Genova, nei mesi da luglio a settembre 2024 sarà necessario sopprimere e deviare la quasi totalità del traffico ferroviario merci rischiando di isolare logisticamente il territorio del Nord-Ovest del Paese;
le interruzioni di linea e di binario impattano sull'operatività delle imprese ferroviarie perché danno origine a modifiche, deviazioni e cancellazione delle percorrenze ferroviarie che comportano maggiori oneri a carico degli operatori ferroviari ed una inevitabile perdita di competitività del trasporto ferroviario merci, maggiormente impattato dalle interruzioni a causa degli interventi prevalentemente notturni sull'infrastruttura ferroviaria;
il PNRR non ha introdotto forme di ristoro destinate a compensare gli extra-costi sostenuti dagli operatori del trasporto ferroviario merci fino al termine degli interventi PNRR, e considerato che il settore nel 2023 ha già registrato una perdita del 3,2 per cento rispetto all'anno precedente, corrispondente ad una perdita di circa 1,7 milioni di treni / Km, con prospettive preoccupanti fino al 2026 –:
se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di competenza volte a sostenere la competitività del trasporto ferroviario merci fino al termine degli interventi previsti dall'attuazione del PNRR, con misure economiche compensative indirizzate alle imprese ferroviarie del settore merci e agli operatori della logistica ferroviaria delle merci.
(5-02447)
INTERNO
Interrogazioni a risposta immediata:
BRAGA, SCHLEIN, BONAFÈ, CIANI, GHIO, TONI RICCIARDI, CASU, FORNARO, DE LUCA, FERRARI, MORASSUT, ROGGIANI, DE MARIA, AMENDOLA, ASCANI, BAKKALI, BARBAGALLO, BERRUTO, BOLDRINI, CARÈ, CUPERLO, CURTI, D'ALFONSO, DE MICHELI, DI BIASE, DI SANZO, EVI, FASSINO, FORATTINI, FOSSI, FURFARO, GIANASSI, GIRELLI, GNASSI, GRAZIANO, GRIBAUDO, GUERINI, GUERRA, IACONO, LACARRA, LAI, LAUS, MADIA, MALAVASI, MANCINI, MANZI, MARINO, MAURI, MEROLA, ORFINI, ORLANDO, UBALDO PAGANO, PELUFFO, PORTA, PROVENZANO, QUARTAPELLE PROCOPIO, ANDREA ROSSI, SARRACINO, SCARPA, SCOTTO, SERRACCHIANI, SIMIANI, SPERANZA, STEFANAZZI, STUMPO, TABACCI, VACCARI, ZAN e ZINGARETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la legge di bilancio per il 2024, al comma 533, ha disciplinato il concorso alla finanza pubblica degli enti locali per gli anni 2024-2028, prevedendo tagli al comparto per 250 milioni di euro per ciascun anno;
la disposizione richiamata, riferendosi ai criteri di riparto da stabilire con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, precisa che l'entità del contributo per ciascun ente debba essere determinato anche tenendo conto delle risorse Piano nazionale di ripresa e resilienza assegnate al 31 dicembre 2023;
con il sopra indicato decreto ministeriale si stabilisce così il principio che l'essere destinatario di finanziamenti aggiuntivi in conto capitale del Next generation EU debba avere come contropartita una riduzione della spesa corrente, con l'effetto paradossale che le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che dovrebbero considerarsi come un ulteriore sostegno per riforme e investimenti, diventino addirittura penalizzanti rispetto all'ordinario finanziamento degli enti locali;
da fonti di stampa si apprende che nella bozza del suddetto decreto, che si applicherebbe a 6.838 comuni, 78 province, 13 città metropolitane (essendo esclusi gli enti in dissesto, quelli in procedura di riequilibrio e quelli che hanno firmato un accordo per il ripiano del disavanzo e il rilancio degli investimenti), il taglio sarebbe calcolato per il 50 per cento in proporzione agli impegni di spesa corrente, al netto di quella relativa alla missione 12 (diritti sociali, politiche sociali e famiglia), e per il restante 50 per cento in proporzione ai contributi assegnati a ciascun ente dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;
questa scelta penalizzerà maggiormente gli enti locali più impegnati, in termini di risorse, nella realizzazione degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, mettendo irragionevolmente comuni, province e città metropolitane nell'impossibilità di gestire le opere pubbliche, come asili nido e case di comunità, che hanno realizzato;
una decisione così irragionevole, che disincentiva e mette a rischio la piena riuscita del piano di competenza territoriale, ha costretto il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto a precisare, in polemica con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, che «il Governo valuterà le considerazioni e le esigenze del sistema degli enti locali e darà delle risposte» –:
se il Ministro interrogato non ritenga condivisibili gli allarmi provenienti dagli enti locali e se non ritenga di modificare immediatamente questo criterio che gli interroganti giudicano insensato, per il quale sono operati maggiori tagli di spesa corrente ai comuni che stanno investendo più risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(3-01230)
ZARATTI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI e PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo garantisce a ogni individuo il diritto alla libertà d'opinione e di espressione;
per gli interroganti si registra ultimamente un clima vessatorio e anticostituzionale, sia nelle carceri, sia nei confronti di coloro che manifestano per la giustizia climatica o per la pace in Palestina;
dopo che alcuni agenti della polizia hanno caricato giovani manifestanti durante cortei pacifici, si è tornati a parlare della possibilità di introdurre i codici, o le bodycam, per identificare i membri delle forze dell'ordine quando sono in servizio;
in Italia gli agenti di polizia devono identificarsi soltanto quando sono «in borghese», ossia in abiti civili; la legge li obbliga a portare con sé la tessera di riconoscimento, ma non a esibirla. Solo nel caso di servizio «in borghese» devono portare sull'abito in modo visibile una placca di riconoscimento;
il regolamento dell'Arma dei carabinieri impone di portare con sé la tessera di riconoscimento nel caso di servizi svolti «in borghese»;
il 19 settembre 2001 il Consiglio d'Europa ha approvato con raccomandazione il «Codice etico europeo di polizia». Questo documento invita da tempo gli Stati membri a far sì che, nel corso di manifestazioni pubbliche, ciascun agente di polizia sia riconoscibile e identificabile;
dopo dieci anni, il 12 novembre 2012, il Parlamento europeo ha esortato con risoluzione gli Stati dell'Unione europea a introdurre il numero identificativo per le forze dell'ordine;
è ormai improcrastinabile la previsione di misure che consentano l'identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico, anche perché episodi di uso ingiustificato della forza possono innescare pericolose generalizzazioni, specie se si riscontrano difficoltà rispetto all'accertamento delle responsabilità e delle relative sanzioni;
di tutt'altro avviso sono alcune proposte della maggioranza di Governo che, secondo quanto risulta da fonti di stampa, addirittura vorrebbero mandare in carcere chi protesta contro la realizzazione di un'opera pubblica o di un'infrastruttura strategica, come il ponte sullo Stretto di Messina. Fare e distribuire un volantino potrebbe essere perseguito penalmente, verrebbe previsto il carcere da 4 a 20 anni anche per chi, con immagini o atti simbolici, possa minacciare il blocco di opere infrastrutturali;
per chi protesta, quindi, sarebbe prevista una pena tripla rispetto alla corruzione e ad altri reati gravi come la rapina: ad avviso degli interroganti, una vera emergenza democratica –:
se non ritenga opportuno adottare iniziative per procedere all'introduzione di codici identificativi degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico, ottemperando così anche alle sollecitazioni del Parlamento europeo.
(3-01231)
Interrogazione a risposta orale:
BRAGA, PROVENZANO, BONAFÈ, CIANI, GHIO, TONI RICCIARDI, FORNARO, CASU, FERRARI, ROGGIANI, DE LUCA, DE MARIA, MORASSUT, MAURI, GIANASSI e SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella notte del giorno 11 marzo 2024 il dottor Massimo Giannini, giornalista, editorialista de la Repubblica e già direttore de La Stampa, è stato svegliato da agenti della Polizia di Stato alle 4 di notte;
la sera prima Giannini era stato ospite della trasmissione televisiva condotta da Fabio Fazio in onda sulla emittente La Nove;
gli agenti in quella circostanza hanno proceduto a notificare una querela per diffamazione;
si tratta oggettivamente di una circostanza davvero anomala, considerato orario e provvedimento;
l'episodio assume contorni assolutamente inquietanti per le modalità, configurandosi ad avviso degli interroganti come un atto di vera e propria intimidazione nei confronti di un autorevole professionista della informazione;
tardivo e assolutamente inadeguato è stato a giudizio degli interroganti l'imbarazzante tentativo, con una telefonata al giornalista, di rimediare all'accaduto da parte del Ministro interrogato –:
chi abbia ordinato agli agenti di pubblica sicurezza di agire con quelle modalità e se intenda attivarsi per avere la massima trasparenza sull'episodio a tutela delle garanzie democratiche e della libertà di informazione.
(3-01238)
Interrogazione a risposta in Commissione:
ALFONSO COLUCCI, ALIFANO, AURIEMMA e PENZA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
se da tempo, ad avviso degli interroganti, si intravedevano insinuarsi i sintomi e i prodromi di un contenimento della libertà di manifestazione ed espressione del pensiero – come tra l'altro testimoniano le precedenti interrogazioni depositate sul tema – le modalità della censura appaiono ora estendersi e colpire la libertà di stampa e di cronaca e il diritto ad essere informati;
la reazione spropositata e sproporzionata delle forze dell'ordine, nelle occasioni di censura in parola, ha colpito giornalisti e operatori della stampa, in diverse città del territorio nazionale i quali, durante lo svolgimento del loro lavoro di cronaca e di informazione, pur identificatisi e qualificatisi, sono stati perquisiti, trasferiti e posti in stato di fermo, per ore e, in almeno un caso, «in una cella aperta», privati del diritto e della possibilità di avere contatti con l'esterno, con un legale o con i familiari;
quanto esposto, ha avuto luogo, con le stesse modalità, a Roma il 23 maggio 2024, il 12 aprile nella città di Padova e il 6 novembre 2023 nella città di Messina;
nei tre casi sopra citati, i giornalisti seguivano e intendevano filmare, per ragioni di lavoro e di cronaca, una manifestazione ambientalista (Messina), due azioni di protesta degli attivisti di Ultima generazione (Padova e Roma);
lo stato di fermo ha ovviamente impedito ai giornalisti di svolgere il loro lavoro di informazione e cronaca e di essere presenti mentre le manifestazioni avevano luogo, tempistica che ai firmatari del presente atto non appare affatto casuale bensì verosimilmente finalizzata ad impedire che la realtà dei fatti sia raccontata e testimoniata dalle immagini;
il pluralismo è il principio cardine di un ordinamento democratico, l'oscuramento, o il suo tentativo, di una parte della realtà è, ad avviso dei firmatari, l'incipit di una deriva illiberale unitamente alla volontà di forgiare un clima intimidatorio con l'obiettivo di inibire il pacifico dissenso e le manifestazioni di protesta prima ancora di giungere a reprimerli;
preme ai firmatari del presente atto sottolineare che non è un caso se nei Paesi che, in modo eclatante o latente, involgono o si avviano ad intaccare libertà e principi democratici, i primi assalti investano la televisione, i mediale la stampa ai fini del loro controllo, unitamente a misure che possono colpire anche direttamente l'informazione e suoi attori, con modalità che vanno dalla censura, al sequestro e all'arresto;
appare ai firmatari del presente atto palesarsi un progressivo deteriorarsi, unitamente alle modalità di esercizio della tutela della sicurezza pubblica, delle condizioni di lavoro degli attori dell'informazione, che colpisce al cuore garanzie costituzionali concernenti la libertà di stampa, il pluralismo dell'informazione, la libera e pacifica espressione del pensiero, che ostacolano il diritto di cronaca, il lavoro giornalistico nell'accertamento dei fatti, la loro conoscenza e la loro diffusione, con ciò violando il correlato diritto dei cittadini ad essere informati;
preme, altresì, segnalare la sequela di azioni esorbitanti rispetto alle funzioni di tutela e ai rischi per la sicurezza pubblica, in un crescendo da ascriversi, evidentemente, ad avviso dei firmatari del presente atto, ai vertici della catena di comando –:
se non intenda chiarire la dinamica dei fatti occorsi citati in premessa e, segnatamente, quali motivazioni portino le forze dell'ordine a detenere per ore in stato di fermo cronisti e operatori della stampa identificatisi e qualificatisi;
quali siano stati gli ordini impartiti alle forze dell'ordine in azione nei casi esposti in premessa e con quali obiettivi;
se non ritenga che i fatti esposti arrechino un grave pregiudizio alle libertà democratiche conquistate e garantite nel nostro Paese dalla nostra Costituzione, in particolare con riguardo alla libertà della stampa e al diritto di cronaca nonché al diritto di essere informati.
(5-02439)
Interrogazioni a risposta scritta:
PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da quanto si apprende un gruppo di duecento genitori di studenti delle scuole superiori, attraverso una lettera pubblica, ha espresso sconcerto e preoccupazione per la violenta repressione che spesso subiscono le proteste studentesche da parte delle forze di polizia, denunciando diversi episodi di violenza che alcuni operatori delle forze dell'ordine hanno perpetrato ai danni di studenti, spesso minorenni, picchiati e feriti durante manifestazioni pacifiche;
nella lettera vengono citati alcuni casi specifici accaduti a Roma, Pisa e Firenze, quando studenti che manifestavano pacificamente sono stati manganellati e feriti, come una studentessa di un liceo di Roma che ha subito ferite alla testa a causa di una manganellata, un'altra che è stata colpita ripetutamente alle costole, rendendo necessario l'intervento di un'ambulanza per il trasporto in ospedale, e di almeno cinque studenti minorenni che, nella stessa circostanza, sono stati feriti dai colpi dei poliziotti in tenuta antisommossa;
anche a Torino nelle scorse settimane un giovane è rimasto ferito da un lacrimogeno esploso da un operatore di polizia ad altezza d'uomo;
la lettera dei genitori solleva questioni fondamentali sulla libertà di espressione, il diritto di manifestare e l'uso della forza da parte delle autorità nei confronti dei giovani e sottolinea come la brutalità degli interventi delle forze dell'ordine, riscontrata in molteplici circostanze, contrasti con i diritti costituzionali di riunione e libertà di espressione;
il dissenso espresso da studenti spesso minorenni attraverso pacifiche manifestazioni è stato troppo spesso in questi mesi soffocato da ingiustificate cariche e percosse da parte di chi avrebbe dovuto garantire l'esercizio dei loro diritti;
in questi mesi le studentesse e gli studenti hanno manifestato per la difesa dei propri diritti, da quello allo studio a quello all'interruzione volontaria della gravidanza, per contestare gli accordi di collaborazione militare con le università israeliane, per chiedere che il Governo israeliano cessi il massacro di migliaia di donne, bambini, ragazzi, nella Striscia di Gaza e ogni volta che hanno deciso di rendersi protagonisti, mettendo in pratica gli insegnamenti ricevuti sull'importanza di manifestare liberamente il proprio pensiero, sono rimasti vittime degli interventi violenti delle forze dell'ordine, ingenerando in loro paura, sgomento e rabbia;
ad avviso dell'interrogante, inoltre, l'introduzione di codici identificativi per il personale delle forze di polizia in servizio di ordine pubblico può rappresentare un valido strumento per contrastare eventuali abusi nell'uso sproporzionato e ingiustificato da parte di singoli operatori delle forze dell'ordine durante manifestazioni in cui l'ordine pubblico può essere garantito anche senza il ricorso alla violenza –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa quanto richiamato in premessa e, alla luce di quanto esposto, quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il pieno esercizio del diritto di manifestare dei giovani studenti, in piena sicurezza, visto l'uso ad avviso dell'interrogante sproporzionato della forza utilizzata dagli operatori delle forze dell'ordine in numerose occasioni durante lo svolgimento di manifestazioni studentesche, tali da rappresentare non più un caso isolato, comunque da condannare, ma una modalità diffusa e generalizzata;
quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere affinché venga introdotto l'utilizzo di codici identificativi per il personale delle forze di polizia in servizio di ordine pubblico.
(4-02891)
ENRICO COSTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nella puntata del 23 maggio 2024 del programma «Otto e mezzo» sull'emittente televisiva La7, il giornalista Massimo Giannini ha raccontato che, si cita testualmente: «due mesi fa a Milano, reduce da una puntata di Fabio Fazio nella quale avevo dato dei giudizi critici rispetto a questa maggioranza, sono andato a dormire in hotel e alle 4 di notte mi hanno svegliato quattro agenti della polizia per notificarmi una querela per diffamazione»;
aggiunge che, chiedendo spiegazione agli agenti in merito alla necessità di procedere alla notificazione a tale orario della notte, gli sia stato risposto essere «la prassi»;
ad avviso dell'interrogante, quanto avvenuto è incomprensibile e ingiustificabile, ove addirittura atti «a sorpresa», quali le perquisizioni, salvo ragioni specifiche, non debbono per legge essere eseguiti in ore notturne, ma tra le 7 e le 20. Se questa è la disciplina per atti a sorpresa, è sorprendente che notifiche «burocratiche» come quella descritta, che non recano ragioni di urgenza, seguano una «prassi» opposta, trasformandosi a parere dell'interrogante in una forma di intimidazione in spregio alla presunzione di innocenza –:
se non ritengano di fornire ogni utile elemento, per quanto di competenza, sull'accaduto, al fine di chiarire quali motivazioni avrebbero indotto gli agenti di polizia a procedere come descritto in premessa, se l'autorità giudiziaria precedente ne fosse a conoscenza e se sia realmente una prassi quella di presentarsi nottetempo con 4 agenti per analoghe notifiche;
se non ritengano opportuno avanzare iniziative normative, per quanto di competenza, per delineare in modo più puntuale le modalità di esecuzione degli atti giudiziari.
(4-02893)
ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la Carta d'identità elettronica (Cie) è l'evoluzione della carta di identità in versione cartacea su cui sono stampati a laser la foto e i dati del cittadino, protetti con elementi e tecniche di anticontraffazione, come ologrammi e inchiostri speciali è dotata di un microchip contactless che contiene: a) i dati personali, la foto e le impronte del titolare, protetti da meccanismi che ne prevengono la contraffazione e la lettura impropria; b) le informazioni per consentire l'autenticazione in rete da parte del cittadino a servizi online erogati da pubbliche amministrazioni e imprese; c) ulteriori dati per servizi a valore aggiunto, in Italia e in Europa;
con la Carta d'identità elettronica è possibile accedere ai servizi online della Pubblica amministrazione come con la Spid;
la Carta d'identità elettronica di fatto serve a consentire l'autenticazione dei cittadini, sfruttando i massimi livelli di sicurezza dei servizi online degli enti pubblici o privati che ne consentono l'utilizzo. Ad esempio, assieme allo Spid, per poter accedere ai servizi online dell'Agenzia delle entrate, dell'Inps, dell'Anagrafe nazionale popolazione residente (Anpr) oppure ai servizi digitali offerti dal proprio comune;
la Carta d'identità elettronica, quando sarà dato pieno sviluppo alle sue potenzialità, potrà servire anche per: a) effettuare procedure di registrazione oppure check-in (strutture alberghiere, operatori telefonici, istituti e operatori finanziari...) in modo facile e sicuro; b) accedere ai mezzi di trasporto, sostituendo titoli di viaggio e abbonamenti; c) accedere a eventi (musei, manifestazioni sportive, concerti...), in sostituzione dei biglietti; d) accedere ai luoghi di lavoro, al posto del badge identificativo, sia per il controllo accessi che per la rilevazione delle presenze;
le persone nate a Littoria tra gli ultimi giorni del 1932 e il 6 giugno 1945, il giorno precedente il cambio di denominazione oggi, con il rilascio delle carte di identità elettroniche si vedono riportate su queste non più «Latina» ma «Littoria», cambio decretato nel 1945 con la fine del regime fascista;
questo cambio silenzioso da Latina a Littoria sulle carte d'identità elettroniche per i nati tra gli ultimi giorni del 1932 e il 6 giugno 1945 comporta l'inutilizzo della Cie per accedere ai servizi online della Pubblica amministrazione come con la Spid, poiché in questo modo è difforme da tutti gli altri documenti d'identità come passaporti e patenti –:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover urgentemente adottare tutti i provvedimenti necessari affinché per il rilascio della Carta d'identità elettronica a Latina, anche per i nati tra il 1932 e il 6 giugno 1945, venga riportata correttamente la città di Latina, anziché Littoria, uniformandola agli altri documenti d'identità come passaporti e patenti.
(4-02896)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazione a risposta orale:
MANZI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
in merito all'attuazione del PNRR, i dati positivi lasciati dai precedenti Governi, a parere dell'interrogante risultano dilapidati a causa delle incertezze dell'Esecutivo in carica e i vaghi annunci circa l'«impossibilità» di raggiungere gli obiettivi entro il 2026, «spostamenti» di opere sulle altre fonti di finanziamento e «smantellamenti», cui non è seguito nessun atto concreto;
la terza relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha certificato un grave ritardo accumulato dal Governo e l'insufficiente informazione e trasparenza dello stato di avanzamento dei progetti;
le informazioni, infatti, disponibili esclusivamente sulla piattaforma Regis, dedicata alla rendicontazione del piano, non sono pubbliche;
per avere qualche indicazione su questi aspetti occorre affidarsi ai report realizzati dai soggetti che hanno accesso alla piattaforma. In questo caso il documento più recente è stato realizzato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con dati aggiornati al 26 novembre 2023, nel quale si evidenzia una significativa lentezza nella capacità di spesa delle risorse collegate al PNRR. In particolare, tale organo certifica: una spesa ferma al 14 per cento (28,1 miliardi di euro), con un dato allarmante proprio nel 2023 di soli 2,5 miliardi di euro, pari al 7,4 per cento di quanto programmato; un diffuso ritardo su tutti progetti del Piano, pari al 75 per cento dei progetti esecutivi registrati sulla piattaforma Regis;
la relazione evidenzia una sorta di «collo di bottiglia» determinato non tanto dalle gare deserte o annullate e neanche dal massimo ribasso (15 per cento), in linea con altri appalti pubblici, quanto dai ritardi nella progettazione esecutiva e nell'assegnazione dei progetti alle imprese;
peraltro, l'Ufficio parlamentare di bilancio rileva che la revisione del PNRR non ha permesso di superare le difficoltà che hanno determinato questi ritardi ma ha semplicemente consentito di guadagnare del tempo, facendo scalare in avanti alcuni degli obiettivi che il nostro Paese deve raggiungere;
in tale scenario, per quanto riguarda il settore istruzione, la misura relativa agli asili è tra quelle che ha scontato una difficile fase di avvio legata, principalmente, alle criticità gestionali e amministrative che hanno messo in crisi la possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati già per fine giugno dello scorso anno;
obiettivi che, come denunciato dal settore, non verranno raggiunti nonostante il nuovo Piano asili nido, avviato dal decreto 30 aprile 2024, n. 79;
inoltre i fondi stanziati non risulterebbero sufficienti: un'analisi dell'Ufficio parlamentare di bilancio sulla base delle graduatorie del bando PNRR stimava che il deficit di posti potrebbe continuare a esistere: ad esempio, in Campania e Sicilia mancherebbero ancora tra 6 e 11 mila posti per garantire la copertura del 33 per cento a livello regionale. In più, poco più di 3.400 comuni con una grave carenza di asili nido – tasso di copertura compreso tra 0 e 11 per cento – non hanno partecipato ai bandi PNRR per aumentare i posti –:
se il Ministro interrogato non intenda rendere accessibili i dati relativi allo stato di avanzamento dei singoli progetti del PNRR e, in particolare, il numero dei posti creati negli asili nido, mediante pubblicazione sul sito internet istituzionale del Ministero.
(3-01228)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:
SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 24 aprile 2024 un incendio ha distrutto almeno venti baracche, sulla cosiddetta «pista», ovvero il ghetto di Borgo Mezzanone dove vivono oltre un migliaio di braccianti;
sul posto hanno operato i Vigili del fuoco del presidio che si trova nella borgata, con il supporto di un'autobotte giunta dal comando provinciale riuscendo in rapido tempo a circoscrivere il rogo, evitando che le fiamme coinvolgessero altri alloggi di fortuna;
secondo quanto si apprende, l'incendio non ha causato feriti né intossicati e dovrebbe essere divampato a causa di un corto circuito;
rispondendo all'interrogazione a risposta immediata n. 5-01419 il 5 ottobre 2023, Sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali, Claudio Durigon, aveva dettagliato le misure inserite nel piano d'azione per il superamento degli insediamenti abusivi dei braccianti agricoli, con particolare riferimento alla provincia di Foggia;
in particolare, in riferimento al superamento dell'insediamento di Borgo Mezzanone, il Sottosegretario riferiva che: «in attuazione del protocollo di intesa per la riconversione del C.A.R.A. in foresteria regionale, sono state avviate le necessarie interlocuzioni con l'Autorità di Gestione del PON Legalità per la definizione di un progetto che prevede la realizzazione di ulteriori 924 posti letto che consentiranno di trasferire gli immigrati che oggi vivono nelle baracche fatiscenti situate presso la zona dell'ex pista»;
gli interventi riguardano la misura «Missione 5 – M5C2 – Ambito di intervento 2 Rigenerazione urbana e housing sociale, Investimento 2.2. a Piani Urbani Integrati – Superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura» e i destinatari degli interventi sono in particolare i comuni di Manfredonia, San Severo e Cerignola –:
a quale punto sia il progetto di costruzione della foresteria regionale per lavoratori stagionali e stanziali nonché la sistemazione dei braccianti agricoli dall'ex Pista di Borgo Mezzanone e in particolare se il Ministro interrogato possa fornire il dettaglio degli stanziamenti della misura PNRR riportata in premessa e il loro effettivo trasferimento ai comuni.
(5-02442)
MARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la Fnsi, le Associazioni stampa di Puglia e Basilicata e il Comitato di redazione hanno firmato, a gennaio 2024 presso il Ministero del lavoro, l'accordo per il prolungamento della cassa integrazione alla Gazzetta del Mezzogiorno. L'intesa con la società che edita il giornate ha chiuso, per ora positivamente, la procedura di licenziamento collettivo di 46 giornalisti che era stata annunciata il 27 ottobre 2023;
l'accordo prevede che fino al 31 dicembre 2024 saranno posti in cassa integrazione a zero ore un numero massimo di 46 giornalisti (di cui 10 giornalisti ex articolo 1, 22 giornalisti ex articolo 36 e 11 giornalisti ex articoli 2 e 12 del Contratto nazionale di lavoro giornalistico) occupati nelle sedi di Bari, Potenza, Taranto, Lecce, Andria e Foggia. Inoltre, 4 giornalisti potranno essere prepensionati;
nonostante che la Fnsi abbia espresso soddisfazione per avere evitato i licenziamenti, resta il timore per il futuro della Gazzetta del Mezzogiorno: la proprietà, infatti, ha deciso di chiudere tutte le redazioni provinciali, accentrando i giornalisti a Bari, eliminando la propria presenza in Basilicata e mandando in edicola un'unica edizione, limitando l'offerta informativa nelle due regioni. Si procede, quindi, a tagli, non si investe per il rilancio del quotidiano e non si hanno certezze su cosa succederà dopo il 31 dicembre 2024 al termine della vigenza dei piano di crisi,
un piano di crisi al quale Fnsi e Associazioni di stampa guardano con preoccupazione per le pesanti ricadute che si potrebbero avere sulla diffusione e sulla raccolta pubblicitaria, mettendo così a rischio la tenuta futura di tutto il giornale e mettendo ulteriormente a rischio i livelli occupazionali, con la contestuale eliminazione della copertura dell'informazione in due regioni del Sud Italia;
appare necessario perseguire l'obiettivo di recuperare al tempo pieno i posti in cassa integrazione a zero ore, recuperando professionalità ora messe da parte, nonché proseguire nel recupero anche tramite novazione contrattuale di giornalisti ex articolo 36 –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere fin da ora, e comunque entro il termine fissato per la fine della cassa integrazione a zero ore e del piano di crisi, allo scopo di garantire i livelli occupazionali alla Gazzetta del Mezzogiorno e una importante offerta informativa in Puglia e in particolare nella regione Basilicata, che rischia di esserne del tutto esclusa.
(5-02443)
GRIBAUDO, SCOTTO, FOSSI, LAUS e SARRACINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in occasione del trentennale dall'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, si è tenuto a Torino un seminario per analizzare i dati derivanti dalla diffusione della fibra di amianto sui lavoratori e le popolazioni;
in tale occasione si evidenziò come, nella sola regione Piemonte, fossero decedute oltre 5.000 persone per patologie asbesto correlate, con una media di 200-300 nuovi malati diagnosticati ogni anno;
sebbene l'amianto sia stato messo al bando, non è affatto un fenomeno residuale e, anzi, secondo gli esperti, per molti decenni ancora si dovrà fare i conti con la nocività di tale sostanza;
da quando si è iniziato a raccogliere i dati in maniera sistematica, hanno cominciato ad emergere situazioni drammatiche come quelle vissute in primo luogo dagli operai di impianti industriali quali quelli di Eternit di Casale Monferrato e Cavagnolo, Amiantifera di Balangero, Sia di Grugliasco, Pirelli, Michelin, Ogr;
procedimenti penali hanno visto il coinvolgimento di manager e industriali, accusati di non aver protetto gli operai che inalavano le fibre di asbesto in fabbrica, né i familiari che lavavano le tute da lavoro, né gli abitanti che si sono ammalati respirando l'aria intrisa di fibre tossiche che si levava dalle fabbriche;
con la legge n. 247 del 2007, articolo 1, commi 20 e 21, si è disposto, per i soli lavoratori non titolari di trattamento pensionistico e che abbiano presentato domanda di riconoscimento dell'esposizione all'amianto entro il 15 giugno 2005, l'estensione dei benefici pensionistici per l'esposizione all'amianto per periodi successivi al 1992, fino alla data di avvio dell'azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003;
con la successiva tabella allegata alla circolare Inail n. 14 del 2009 sono stati indicati i siti produttivi interessati dalla applicazione della suddetta disposizione, includendo anche il sito Michelin di Torino, ma non quello Michel di Cuneo;
l'assenza della Michelin Cuneo ha comportato che diversi lavoratori del sito, pur svolgendo le medesime mansioni, nell'ambito del medesimo processo produttivo, dei lavoratori dello stabilimento della Michelin di Torino, non hanno potuto usufruire dei benefici previdenziali per l'esposizione all'amianto secondo le norme del 1992 –:
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di porre rimedio a questa ingiustificata differenziazione di trattamento e, più in generale, per avviare una verifica di tutte quelle situazioni cui lavoratori pur esposti all'amianto non possono accedere ai benefici della legge n. 257 del 1992.
(5-02444)
BARZOTTI, ALFONSO COLUCCI, AIELLO, CAROTENUTO e TUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
alla luce di quanto sancito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 2023, è evidente la graduazione temporale degli effetti della decisione di accoglimento che tuttavia non sterilizza completamente il rischio dell'impatto degli effetti della giurisprudenza «onerosa», ma consente di contemperare tutti i diritti in gioco, garantendo «il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarietà, che, per il loro carattere fondante, occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali» (Corte costituzionale sentenza n. 264 del 2012);
la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, intervenuta in sede di audizione sull'autonomia differenziata, ha sottolineato che nel «rapporto tra principio dell'equilibrio del bilancio e tutela dei diritti costituzionali» la Corte costituzionale ha precisato l'ordine di priorità ritenendo necessario dapprima individuare gli interventi di attuazione dei diritti e, di seguito e di conseguenza, decidere la composizione del bilancio;
stanti le prospettive di riforma delle procedure di programmazione economica e finanziaria e di bilancio in relazione alla riforma della governance economica europea, è necessario potenziare tutti gli strumenti che consentono di realizzare una effettiva programmazione finanziaria ex ante oltreché quelli utili per il monitoraggio e la verifica ex post dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi previsti;
la proposta di legge (AC 1254), all'esame della Commissione Lavoro, intende adempiere al monito della Corte costituzionale che ha invitato il legislatore a ricondurre a ragionevolezza la disciplina in materia di TFS ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, assegnando allo stesso urto spazio di discrezionalità in considerazione del rilevante impatto finanziarlo conseguente la citata sentenza n. 130 del 2023 –:
in materia di indennità di buonuscita, indennità premio di servizio, trattamento di fine rapporto e ogni altra indennità equipollente corrisposta una tantum comunque denominata spettante a seguito di cessazione a vario titolo dall'impiego, quali siano i dati in possesso di Inps riguardo sia alla platea dei soggetti interessati ad oggi alla suddetta liquidazione – con separata evidenza della parte colpita da ritardi derivanti dall'applicazione della normativa vigente e da altri fattori –, sia alla platea dei soggetti che maturerà il diritto in oggetto nel periodo dal 2024 al 2033, indicando la media e la mediana del ritardo, l'importo medio lordo della liquidazione, nonché esplicitando la media aritmetica, la mediana e la distribuzione per decili riferita sia agli importi sia alla numerosità della platea, scomponendo i dati in funzione della causa di cessazione dall'impiego.
(5-02445)
Interrogazione a risposta scritta:
STUMPO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
lunedì 27 maggio 2024 è iniziata una mobilitazione sindacale, con un presidio permanente, presso la cooperativa 3 Emme nella zona industriale di contrada Salice a Corigliano-Rossano, in provincia di Cosenza, nella sede del centro di distribuzione Conad in appalto per l'azienda madre Pac 2000;
per i sindacati i lavoratori si trovano di fronte a una generale situazione di sfruttamento alle quali si è aggiunto il licenziamento di un lavoratore che, assentandosi per andare ad accertarsi dello stato di salute del figlio, dopo avere informato il suo responsabile di reparto, si era dimenticato di timbrare il cartellino e per questo gli è stata contestata una falsa attestazione di servizio. Il lavoratore ha denunciato di avere subito discriminazioni, assieme ad altri 35 colleghi, da quando si sono iscritti al sindacato Cgil;
secondo il segretario della Cgil Tirreno-Sibaritide-Pollino, Giuseppe Guido, «siamo di fronte a una situazione di mortificazione dei lavoratori. Il licenziamento è solo l'ultimo atto portato avanti con l'intento di far desistere gli iscritti del nostro sindacato dal rivendicare i loro diritti» e ha aggiunto «al momento non c'è alcun segnale da parte dell'azienda di indire un tavolo di trattativa e noi continueremo lo severo a oltranza»;
sono stati interessati anche il prefetto e le istituzioni locali, ai quali sono state evidenziate le condizioni di lavoro: l'assenza di una mensa adeguata che costringe i lavoratori a una pausa pranzo di 20 minuti nella quale possono mangiare un panino in luoghi in cui passano i topi, la carenza di servizi igienici, il mancato pagamento degli straordinari che spesso sono pagati con buoni pasto e la generale mortificazione dei lavoratori;
Andrea Ferrone, segretario della Filcams-Cgil del Pollino-Sibaritide-Tirreno, ha lanciato un appello all'azienda: «cessi questo comportamento antisindacale nei confronti della nostra associazione e dei lavoratori iscritti e venga revocato il licenziamento. Chiediamo a Pac 2000 e a Conad che controllino le condizioni di lavoro in questo magazzino. Inoltre – ha aggiunto il sindacalista – il magazzino, sito a Corigliano-Rossano, sarà a breve trasferito a Montaldo e i lavoratori dovranno raggiungere la nuova sede a spese loro»;
sono stati presenti alla protesta anche rappresentanti politici del territorio. Per il sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi, «le richieste dei lavoratori sono serie e debbono essere ben ponderate dall'azienda che credo possa convocare un tavolo con i sindacati» –:
quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, intenda adottare per fornire riscontro alle denunce dell'organizzazione sindacale Cgil circa il mancato rispetto di norme contrattuali in materia di lavoro da parte della cooperativa 3 Emme nei confronti dei propri dipendenti, nonché del denunciato comportamento antisindacale, e per attivare un tavolo di confronto con l'azienda.
(4-02895)
PROTEZIONE CIVILE E POLITICHE DEL MARE
Interrogazione a risposta immediata:
GADDA, FARAONE, DE MONTE, DEL BARBA, MARATTIN, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:
i Campi Flegrei, l'area ricompresa tra i comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e Napoli, sono una delle più significative aree vulcaniche attive del mondo e i costanti fenomeni di bradisismo interessano una popolazione di oltre 500.000 abitanti;
la recrudescenza degli episodi nelle ultime settimane ha ingenerato nella popolazione un comprensibile stato di ansia e provocato ingenti danni di natura economica agli edifici pubblici e privati. Nel solo comune di Pozzuoli (Napoli) si sono registrate oltre 1.400 richieste di sopralluogo sulle unità immobiliari e 121 famiglie risultano sgomberate e allocate temporaneamente in strutture alberghiere della Campania;
molti cittadini si trovano, inoltre, nella paradossale situazione di continuare a pagare regolarmente le rate dei mutui per immobili che non risultano nella loro disponibilità, non essendo stata prevista alcuna misura di moratoria;
la maggior parte dell'edificato nei centri urbani, seppur disponendo di regolari titoli abitativi, risulta edificato antecedentemente al primo apparato normativo in materia antisismica (legge 2 febbraio 1974, n. 64) e dunque necessiterebbe di interventi definitivi, tali da resistere alle costanti sollecitazioni causate dal fenomeno bradisismico;
la presidenza della regione Campania, con la deliberazione numero 207/4 del 26 marzo 1985 e in qualità di commissario straordinario di Governo, ha elaborato il cosiddetto «Programma ex lege 887/84», che prevede la realizzazione di un sistema integrato di trasporti portuali, marittimi e terrestri, su gomma e su ferro, che possa costituire anche una rete di vie di fuga dall'area flegrea;
a distanza di quarant'anni molte delle infrastrutture previste nel sopra citato piano intermodale non risultano cantierate, rendendo complesse le eventuali operazioni di esodo in caso di fenomeni acuti;
le misure adottate finora sembrano aver sostanzialmente sottovalutato la portata dei pericoli cui è esposta la popolazione, cui va garantito l'approntamento di misure necessarie a garantirne l'incolumità –:
se il Governo non intenda adottare iniziative volte al potenziamento delle politiche abitative nelle zone interessate dal fenomeno di bradisismo, anche attraverso misure programmatiche che permettano di aumentare la resilienza degli edifici esposti a costanti sollecitazioni, e se non ritenga di adottare iniziative straordinarie legate all'emergenza, come la moratoria sui mutui e l'aumento delle risorse stanziate con il decreto-legge 12 ottobre 2023, n. 140, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2023, n. 183, così da accelerare gli interventi straordinari necessari per attuare il piano intermodale sulle vie di fuga definito la prima volta nel 1984.
(3-01232)
SALUTE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro delle imprese e del made in Italy, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella sua adunanza del 26 marzo 2024, ha formulato osservazioni relative ad alcune criticità concorrenziali riscontrate nei mercati degli apparecchi acustici in Italia all'esito di un'indagine conoscitiva, avviata il 12 settembre 2023; l'indagine ha approfondito le dinamiche e i meccanismi di funzionamento della distribuzione al dettaglio di apparecchi acustici, ovvero sia espositivi medici utilizzati quotidianamente da milioni di cittadini con prezzi che possono arrivare anche a diverse migliaia di euro per singolo apparecchio, soffermandosi altresì sulla componente della domanda rappresentata dagli acquisti pubblici destinati al fabbisogno di Sistema sanitario nazionale (Ssn) e i collegati Sistemi sanitari regionali (Ssr);
dagli approfondimenti svolti sul tema dell'offerta commerciale di apparecchi acustici in Italia è emersa una radicata e pervasiva situazione di scarsa trasparenza nei confronti dei consumatori. Più nello specifico, a fronte della natura tendenzialmente mediata della domanda e della complessità tecnica del prodotto in questione, che presenta dunque caratteristiche tipiche di un cosiddetto «bene-fiducia» (credence good), nel complesso processo di selezione e acquisto ricorrono varie criticità riconducibili alla scarsa disponibilità per i consumatori di informazioni sia di tipo tecnico che di prezzo;
l'indagine appena conclusa ha accertato che i consumatori non sono generalmente posti nelle condizioni di percepire e apprezzare appieno la distinzione tra la componente-prodotto e la componente-servizi dell'offerta commerciale che viene loro prospettata;
tale mancata distinzione tra prodotto e servizi nell'informativa al consumatore non consente di poter comparare offerte alternative, né di considerare l'effettiva necessità dei servizi e relative voci di costo che concorrono a formare il prezzo complessivo, tanto più se si considera il fatto che la componente di prezzo assolutamente prevalente è quella dei servizi, corrispondente a circa il 70-80 per cento del prezzo finale, col restante 20-30 per cento attribuibile all'apparecchio acustico;
la mancata distinzione tra prodotto e servizi oggetto di acquisto incide sulle possibilità di scelta informata da parte del consumatore, pregiudicando il confronto concorrenziale atteso per ciascuna delle diverse componenti dell'offerta;
con riferimento alla componente pubblica della domanda di apparecchi acustici oggetto di fornitura ai soggetti rientranti nelle categorie e condizioni previste dai livelli essenziali di assistenza vigenti, è stato riscontrato un quadro normativo-regolatorio composito e, condizionato da una situazione di perdurante stallo applicativo;
con la riforma dei Lea (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017), che ha comportato una riclassificazione tecnica degli apparecchi acustici (ora compresi nell'elenco 2a dell'allegato 5 del citato decreto), l'acquisto e fornitura di tali dispositivi sono passati da un previgente sistema «a tariffa» (incentrato su un nomenclatore tariffario risalente al 1999 e richiamato dal previgente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001) a un modello incentrato su procedure pubbliche di acquisto da parte delle amministrazioni competenti;
tuttavia, l'indagine conoscitiva ha riscontrato come, da un lato, le amministrazioni competenti abbiano continuato a fare riferimento al precedente e ormai obsoleto modello di rimborso a tariffa, dall'altro, sono stati i fornitori a individuare autonomamente una categoria di prodotti (digitali) entry-level denominati «sociali», da fornire secondo la tariffa a suo tempo prevista per dispositivi analogici, residuando per gli assistiti la possibilità di corrispondere la differenza di prezzo tra il rimborso riconosciuto loro dal SSN e il prezzo di un eventuale pacchetto prodotto-servizi superiore (cosiddetto meccanismo della «riconducibilità»);
secondo i consolidati orientamenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, lo strumento della gara costituisce a tutti gli effetti la modalità d'elezione per il soddisfacimento del fabbisogno pubblico di beni e servizi nel perseguimento di trasparenza amministrativa, efficienza di spesa e tutela della concorrenza, con benefici attesi in termini di migliore allocazione delle risorse e aumento di benessere della collettività. Ciò risulta tanto più rilevante rispetto alla gestione della spesa pubblica diretta all'acquisto di beni e servizi destinati alla tutela del diritto alla salute: diritto che, anche secondo quanto emerge dalla giurisprudenza costituzionale, seppur prioritario, risulta intrinsecamente condizionato dalle disponibilità economiche di bilancio pubblico;
in una prospettiva di efficientamento delle prestazioni erogate, e di contenimento dei relativi costi sostenuti dal Servizio sanitario nazionale e Servizi sanitari regionali, appare possibile adottare disegni di gara che prevedano una distinzione tra prodotti e servizi, al fine di ottenere risparmi di spesa rispetto a entrambe le voci di acquisto –:
quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di rafforzare le garanzie informative nella vendita al pubblico di prodotti che, come i dispositivi medici soggetti a libera vendita quali gli apparecchi acustici, incidono direttamente sulle condizioni di salute e, più in generale, sul benessere fisico e sulla qualità di vita dei loro utenti;
quali siano gli interventi di carattere normativo previsti al fine di tutelare e promuovere nella maniera più efficace la concorrenza nei mercati degli apparecchi acustici in Italia.
(2-00384) «Ciocchetti».
Interrogazione a risposta orale:
CASO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da un articolo pubblicato su IlGolfo24.it del 26 maggio, è emersa una preoccupante situazione concernente il reparto di cardiologia dell'ospedale Anna Rizzoli situato sull'isola di Ischia;
di norma, in un presidio ospedaliero come quello di Lacco Ameno, servirebbero sette medici per far funzionare correttamente il reparto, ma attualmente ne risultano in servizio soltanto quattro, un numero esiguo di personale che deve contemporaneamente garantire la propria presenza in ospedale attraverso turnazioni estenuanti per l'intera giornata e occuparsi di metodiche specialistiche di terzo livello, come ad esempio l'ecocardiografia trans esofagea, un esame che, se svolto sull'isola, evita al paziente di doversi recare sulla terraferma;
tuttavia, con tale ristretto numero di unità, non solo l'ospedale non riuscirà più a garantire questa tipologia di servizi, ma nel lungo periodo potrebbe venir chiuso anche l'ambulatorio e conseguentemente non sarà più possibile avere garantita la presenza di medici e personale ventiquattro ore su ventiquattro;
tali conseguenze saranno causate dall'impossibilità, per un solo medico, di tenere aperto un reparto così complesso, in quanto dovrebbe gestire una terapia intensiva costantemente piena e numerose chiamate dal pronto soccorso e da altri reparti;
non sono mancate segnalazioni o rimostranze, anche in riferimento al fabbisogno orario dei medici, che nel mese di giugno 2024 ha registrato un numero, 648, fortemente in negativo rispetto al totale di 882 ore da garantire, un divario, però, difficilmente colmabile tramite straordinari o incentivi economici, in quanto il personale attualmente in servizio non sarebbe in grado di lavorare più di quanto stia già facendo;
lo stesso reparto di cardiologia ha indirizzato una nota all'azienda, evidenziando come: «in previsione anche di un aumento degli accessi durante la stagione turistica, senza un significativo supporto da parte di colleghi di altri presidi fin quando non sarà completato l'organico, sarà impossibile continuare a garantire gli attuali livelli assistenziali» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di scongiurare l'ipotesi di una possibile chiusura di un reparto tanto necessario, quanto fondamentale, per i cittadini ischitani, al fine di assicurare i livelli essenziali di assistenza.
(3-01239)
UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta immediata:
GIACCONE, MOLINARI, SASSO, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
si apprende dalla stampa che la sede delle facoltà umanistiche a Torino, Palazzo Nuovo, è stata occupata da un gruppo di studenti, accampati con le tende davanti all'ingresso, che solidarizzano con il popolo palestinese, esponendo bandiere e uno striscione con la scritta «Student intifada, all eyes on Rafah. Stop guerre e genocidio», al fine di imporre il boicottaggio accademico di Israele;
le istituzioni accademiche scientifiche israeliane godono di grande prestigio e si tratta di un ambiente accademico aperto e internazionale, come si evince dal numero di pubblicazioni e dalle numerose citazioni che gli studiosi ricevono;
per costruire una cultura di pace è necessario smontare le diverse retoriche dell'odio e per questo fine le collaborazioni scientifiche possono rappresentare un momento importante di confronto e di relativizzazione delle posizioni conflittuali; inoltre, mantenere aperto il dialogo scientifico non può in nessun modo rappresentare indifferenza agli orrori del conflitto;
inoltre, si deve sottolineare che, se è vero che lo spazio universitario deve restare uno spazio autonomo, è altresì indubbio che in esso debbano essere rappresentate tutte le opinioni presenti nel dibattito pubblico, nel pieno rispetto del principio del contraddittorio e della completa rappresentanza, senza cadere in eccessi demagogici di alcun tipo;
invece, venerdì 24 maggio 2024 per un'ora l'imam ha tenuto la preghiera inneggiando ad una jihad italiana davanti a qualche decina di studenti in uno spazio occupato dell'università stessa, con le donne confinate in un recinto;
la presenza dell'imam viola la laicità imposta alle istituzioni universitarie, dove peraltro le lezioni sono interrotte dall'occupazione e viene impedito l'accesso ai tanti che vorrebbero proseguire i propri studi, oltre che ai docenti e al personale universitario;
l'università pare essere, ancora una volta, al centro di un corposo tentativo di strumentalizzazione da parte di alcuni gruppi di pressione che vorrebbero superare il dibattito sociale, politico e istituzionale, per parlare dalle aule ad una platea di qualità e ottenere così maggiore risonanza;
ad avviso degli interroganti l'autonomia riconosciuta alle istituzioni universitarie non dovrebbe tradursi di fatto nella possibilità di diffondere posizioni che paiono avere anche connotati antisemiti, come accaduto nella vicenda in questione –:
di quali elementi disponga sulla vicenda e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda avviare affinché in tutte le università del Paese sia favorito in ogni occasione il confronto e il contraddittorio e sia comunque evitato di dare risonanza a ideologie politiche e a posizioni che possono istigare all'odio o alla discriminazione razziale, anche di carattere antisemita.
(3-01237)
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta orale Gribaudo n. 3-00518 del 6 luglio 2023;
interrogazione a risposta in Commissione Peluffo n. 5-02034 del 20 febbraio 2024.
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Zanella n. 3-00718 del 9 ottobre 2023 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02890;
interrogazione a risposta in Commissione Manzi n. 5-02340 dell'8 maggio 2024 in interrogazione a risposta orale n. 3-01228.