XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta dell'11 luglio 2024.
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Deborah Bergamini, Bignami, Bitonci, Brambilla, Cappellacci, Carfagna, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, De Corato, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Letta, Lollobrigida, Loperfido, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zoffili, Zucconi.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Deborah Bergamini, Bignami, Bitonci, Brambilla, Cappellacci, Carfagna, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, De Corato, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Letta, Lollobrigida, Loperfido, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zoffili, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 10 luglio 2024 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa della deputata:
LATINI: «Riconoscimento della qualifica di formatore artistico nel settore teatrale e cinematografico e istituzione del registro nazionale» (1957).
Sarà stampata e distribuita.
Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali)
ZARATTI ed altri: «Disposizioni in materia di identificazione del personale delle Forze di polizia in servizio di ordine pubblico» (1792) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV e V.
III Commissione (Affari esteri)
«Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alla manutenzione ordinaria e all'esercizio del tratto situato in territorio francese della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia, fatta a Milano il 12 aprile 2024, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno» (1922) Parere delle Commissioni I, V, IX e XIV.
IV Commissione (Difesa)
CHIESA ed altri: «Modifica all'articolo 7-bis del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, in materia di attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale al personale delle Forze armate impiegato in operazioni di controllo del territorio» (1774) Parere delle Commissioni I, II e V.
VII Commissione (Cultura)
ROSCANI ed altri: «Disposizioni per la conciliazione dello studio con la pratica sportiva agonistica svolta da studenti degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado» (1477) Parere delle Commissioni I, IV, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
X Commissione (Attività produttive)
ZARATTI: «Disposizioni concernenti il regime giuridico degli agri marmiferi e la disciplina dell'attività di estrazione dei marmi nel distretto apuo-versiliese» (1837) Parere delle Commissioni I, V, VI, VIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia)
ZARATTI: «Modifiche al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e al codice di procedura penale in materia di scioglimento di riunioni e assembramenti in luogo pubblico o aperto al pubblico nonché di esecuzione di perquisizioni personali e domiciliari e di casi di immediata liberazione dell'arrestato o del fermato» (1799) Parere delle Commissioni IV e V.
Trasmissione dalla Corte dei conti.
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 10 luglio 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, per l'esercizio 2022, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 264).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).
Trasmissione dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, nel periodo 7 febbraio-25 giugno 2024, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dell'articolo 3, comma 159, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e dell'articolo 33, comma 4-quinquies, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Questi decreti sono trasmessi alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissione dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
Il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 27 giugno 2024, ai fini della ripartizione, per l'anno 2024, del fondo per provvedere ad eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese per acquisto di beni e servizi, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).
Trasmissione dalla Commissione europea.
La Commissione europea, in data 10 luglio 2024, ha trasmesso il documento C(2024) 4958 final, recante la risposta della Commissione europea al documento della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) (Doc. XVIII-bis, n. 33), approvato nell'ambito della verifica di sussidiarietà di cui all'articolo 6 del protocollo n. 2 allegato al Trattato di Lisbona, in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce una piattaforma comune di dati sulle sostanze chimiche, stabilisce norme per garantire che i dati ivi contenuti siano reperibili, accessibili, interoperabili e riutilizzabili e istituisce un quadro di monitoraggio e prospettive per le sostanze chimiche (COM(2023) 779 final), alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2011/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la riattribuzione di compiti scientifici e tecnici all'Agenzia europea per le sostanze chimiche (COM(2023) 781 final) e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (CE) n. 178/2002, (CE) n. 401/2009, (UE) 2017/745 e (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la riattribuzione di compiti scientifici e tecnici e il miglioramento della cooperazione tra le agenzie dell'Unione nel settore delle sostanze chimiche (COM(2023) 783 final).
Questo documento è trasmesso alla XII Commissione (Affari sociali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 10 luglio 2024, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla firma, a nome dell'Unione, nonché alla conclusione di un accordo tra l'Unione europea e la Repubblica libanese sulla cooperazione tra l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust) e le autorità della Repubblica libanese competenti per la cooperazione giudiziaria in materia penale (COM(2024) 280 final e COM(2024) 281 final), corredate dai rispettivi allegati (COM(2024) 280 final – Annex e COM(2024) 281 final – Annex), che sono assegnate in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'attuazione del programma spaziale dell'Unione europea e sulle prestazioni dell'Agenzia dell'Unione europea per il programma spaziale (COM(2024) 289 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive).
Comunicazione di nomine ministeriali.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con lettere in data 10 luglio 2024, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina:
del contrammiraglio Vincenzo Leone a commissario straordinario dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico meridionale;
del professor Vittorio Alberto Torbianelli a commissario straordinario dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale;
del contrammiraglio Massimo Seno e del professor Alberto Maria Benedetti, rispettivamente, a commissario straordinario e a commissario straordinario aggiunto dell'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale.
Queste comunicazioni sono trasmesse alla IX Commissione (Trasporti).
Richiesta di parere parlamentare
su proposta di nomina.
Il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, con lettera in data 11 luglio 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del dottor Emanuele Mauri a presidente del Consorzio dell'Adda (52).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 31 luglio 2024.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
ERRATA CORRIGE
Nell'Allegato A ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2024:
a pagina 1, prima colonna, quinta riga, dopo le parole: «in sede referente» devono intendersi inserite le seguenti: «; Integrazione nell'assegnazione di disegno di legge a Commissione in sede consultiva»;
a pagina 4, prima colonna, dopo la trentaseiesima riga devono intendersi inserite le seguenti:
«Integrazione nell'assegnazione di disegno di legge a Commissione in sede consultiva
Il disegno di legge recante “Conversione in legge del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica” (1896), assegnato in sede referente alla VIII Commissione (Ambiente), è assegnato, in sede consultiva, anche alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea)».
DISEGNO DI LEGGE: S. 1138 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 15 MAGGIO 2024, N. 63, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LE IMPRESE AGRICOLE, DELLA PESCA E DELL'ACQUACOLTURA, NONCHÉ PER LE IMPRESE DI INTERESSE STRATEGICO NAZIONALE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1946)
A.C. 1946 – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame, all'articolo 2, sono presenti disposizioni in materia di contribuzione previdenziale nel settore agricolo;
nello specifico il comma 1 dell'articolo 2 prevede, per i periodi di contribuzione previdenziale compresi tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2024, una riduzione della misura dei premi e contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente, a tempo indeterminato o a tempo determinato, operante nelle zone agricole di cui all'allegato 1 del decreto-legge 1° giugno 2023, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2023, n. 100 (allegato che individua alcuni territori delle regioni Emilia-Romagna, Marche e Toscana, particolarmente colpiti da eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023). La misura della riduzione temporanea in oggetto è pari al 68 per cento; tale aliquota viene determinata mediante il richiamo della riduzione, a carattere permanente, prevista per le cosiddette altre zone agricole svantaggiate;
vaste zone della Toscana sono state colpite nel mese di novembre 2023 da eventi alluvionali che hanno causato gravissimi danni ad infrastrutture, frane, esondazioni di fiumi e allagamenti diffusi;
il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza per i territori colpiti dalle alluvioni con apposite delibere del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2023 e 5 dicembre 2023 (province di Massa-Carrara, Lucca, Firenze, Livorno, Pisa, Pistoia e Prato);
secondo i dati Irpet l'alluvione ha interessato 18.723 ettari di terreno mentre la stima dei danni ammonta a 2,7 miliardi di euro;
tra le imprese danneggiate vi sono centinaia di aziende agricole colpite dall'ondata di maltempo nelle campagne con terreni e vivai finiti sott'acqua, stalle, fienili e serre scoperchiate, trattori nel fango, alberi da frutto e olivi spezzati ma anche strade e vie rurali colpite da frane e smottamenti. Si tratta di realtà produttive ad oggi ancora in difficoltà anche a causa dei ritardi per il ristoro dei danni avuti;
tali zone sono però ad oggi escluse dalle disposizioni presenti all'articolo 2, comma 1, del provvedimento in esame;
per sostenere il comparto primario regionale sono stati quindi presentati al provvedimento in esame emendamenti specifici, sia alla Camera che al Senato, che estendevano i benefici dell'articolo 2, comma 1, anche nelle zone agricole dei comuni indicati dalle ordinanze del Commissario delegato per la della regione Toscana n. 98 del 15 novembre 2023, n. 108 del 1° dicembre 2023 e n. 128 del 22 dicembre 2023 ricadenti nell'ambito territoriale delle province individuate con le delibere del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2023 e 5 dicembre 2023;
tali emendamenti sono stati respinti privando di fatto le aziende agricole colpite di norme necessarie per salvaguardare i livelli occupazionali e rilanciare l'attività,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere, in relazione a quanto in premessa, le disposizioni dell'articolo 2, comma 1, del provvedimento in esame anche per le zone agricole dei comuni indicati dalle ordinanze del Commissario delegato per la regione Toscana n. 98 del 15 novembre 2023, n. 108 del 1° dicembre 2023 e n. 128 del 22 dicembre 2023 ricadenti nell'ambito territoriale delle province individuate con le delibere del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2023 e 5 dicembre 2023.
9/1946/1. Bonafè, Fossi, Simiani, Gianassi, Furfaro, Di Sanzo, Boldrini, Scotto.
La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame, all'articolo 11 sono presenti misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche. Tale articolo, nello specifico, apporta una serie di modifiche al decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, (cosiddetto «decreto siccità») prevedendo la proroga della durata dell'incarico del Commissario Straordinario per l'adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica resi necessari per risolvere problematiche emerse negli ultimi mesi;
vengono quindi finanziati i seguenti interventi (all'allegato 1 del provvedimento in esame):
nella regione Emilia-Romagna: Riqualificazione e tele-controllo delle opere di derivazione dal Canale Emiliano Romagnolo lungo l'asta principale;
nella regione Emilia-Romagna: Opere di stabilizzazione e di ripristino dell'efficienza nel tratto Attenuatore (progressiva 0,098 km) – Reno (progressiva 2,715 km) del Canale Emiliano Romagnolo;
nella regione Lazio: Interconnessione per riutilizzo dall'impianto di depurazione di Fregene – adduttrice consorzio bonifica;
nella regione Piemonte: Canale Regina Elena e Diramatore Alto Novarese – Interventi di manutenzione straordinaria delle gallerie e di vari tratti di canale per il miglioramento della tenuta idraulica, del trasporto della risorsa idrica e del risparmio idrico, nei comuni di Varallo Pombia, Pombia, Marano Ticino, Oleggio, Bellinzago Novarese e Cameri in provincia di Novara – 1° lotto – 2°, 3° e 4° stralcio funzionale;
nella regione Lombardia e Trentino-Alto Adige: Realizzazione nuove opere di regolazione del lago d'Idro;
nella regione Veneto: Lavori di adeguamento dello sbarramento antisale alla foce dell'Adige con bacinizzazione dal fiume per il contenimento dell'acqua dolce a monte dello stesso;
la siccità e i mutamenti climatici stanno creando difficoltà in tutta Italia e in particolare in Toscana dove è stato registrato un autunno e un inverno caldo rispetto alla norma. Dal punto di vista delle piogge la situazione è di più complessa lettura, perché sebbene la quantità totale di pioggia caduta nel 2023 sia pressoché nella media, la distribuzione temporale delle precipitazioni è stata veramente discontinua. Il 30-40 per cento delle precipitazioni di tutto il 2023 si è infatti concentrato tra il 18 ottobre e il 10 novembre;
tale situazione comporta quindi siccità in estate e alluvioni in autunno;
vaste zone della Toscana sono state colpite nel mese di novembre 2023 da eventi alluvionali che hanno causato gravissimi danni ad infrastrutture, frane, esondazioni di fiumi e allagamenti diffusi;
il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza per i territori colpiti dalle alluvioni con apposite delibere del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2023 e 5 dicembre 2023 (province di Massa-Carrara, Lucca, Firenze, Livorno, Pisa, Pistoia e Prato);
secondo i dati Irpet l'alluvione ha interessato 18.723 ettari di terreno (3378 ettari nella sola provincia di Firenze) mentre la stima dei danni ammonta a 2,7 miliardi di euro;
sono quindi necessari interventi urgenti ed efficaci che hanno il duplice scopo di garantire la salvaguardia della risorsa idrica, anche in agricoltura, e limitare il dissesto idrogeologico. Tali infrastrutture in Toscana e in particolare nella provincia di Firenze sono le seguenti:
mitigazione del pericolo idraulico sul torrente Marinella di Travalle tra gli attraversamenti ferroviario e autostradale nel comune di Calenzano (provincia di Firenze);
adeguamento del manufatto di sottopasso del colatore sinistro di acque basse presso la Fattoria Flori in località Il Valico nel comune di Campi Bisenzio (provincia di Firenze);
rifacimento dei manufatti di immissione nel Fiume Bisenzio del Canale Macinante e del canale Vecchio Gavine in località il Valico nel comune di Campi Bisenzio (provincia di Firenze);
emendamenti per inserire tali interventi al citato allegato 2 del provvedimento in esame sono stati respinti nel corso del dibattito parlamentare sia alla Camera che al Senato,
impegna il Governo:
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a inserire, in relazione a quanto in premessa, tra gli interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica (di cui all'articolo 11 e all'allegato 1 del provvedimento in esame) le seguenti infrastrutture della provincia di Firenze:
mitigazione del pericolo idraulico sul torrente Marinella di Travalle tra gli attraversamenti ferroviario e autostradale nel comune di Calenzano (provincia di Firenze);
adeguamento del manufatto di sottopasso del colatore sinistro di acque basse presso la Fattoria Flori in località Il Valico nel comune di Campi Bisenzio (provincia di Firenze);
rifacimento dei manufatti di immissione nel Fiume Bisenzio del Canale Macinante e del canale Vecchio Gavine in località il Valico nel comune di Campi Bisenzio (provincia di Firenze).
9/1946/2. Fossi, Bonafè, Simiani, Gianassi, Di Sanzo.
La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame, all'articolo 11 sono presenti misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche. Tale articolo, nello specifico, apporta una serie di modifiche al decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39 (cosiddetto «decreto siccità») prevedendo la proroga della durata dell'incarico del Commissario Straordinario per l'adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica resi necessari per risolvere problematiche emerse negli ultimi mesi;
vengono quindi finanziati i seguenti interventi (all'allegato 1 del provvedimento in esame):
nella regione Emilia-Romagna: riqualificazione e tele-controllo delle opere di derivazione dal Canale Emiliano Romagnolo lungo l'asta principale;
nella regione Emilia-Romagna: opere di stabilizzazione e di ripristino dell'efficienza nel tratto Attenuatore (progressiva 0,098 km) – Reno (progressiva 2,715 km) del Canale Emiliano Romagnolo;
nella regione Lazio: Interconnessione per riutilizzo dall'impianto di depurazione di Fregene – adduttrice consorzio bonifica;
nella regione Piemonte: Canale Regina Elena e Diramatore Alto Novarese – Interventi di manutenzione straordinaria delle gallerie e di vari tratti di canale per il miglioramento della tenuta idraulica, del trasporto della risorsa idrica e del risparmio idrico, nei comuni di Varallo Pombia, Pombia, Marano Ticino, Oleggio, Bellinzago Novarese e Cameri in provincia di Novara – 1° lotto – 2°, 3° e 4° stralcio funzionale;
nella regione Lombardia e Trentino-Alto Adige: realizzazione nuove opere di regolazione del lago d'Idro;
nella regione Veneto: lavori di adeguamento dello sbarramento antisale alla foce dell'Adige con bacinizzazione dal fiume per il contenimento dell'acqua dolce a monte dello stesso;
la siccità e i mutamenti climatici stanno creando difficoltà in tutta Italia e in particolare in Toscana dove è stato registrato un autunno e un inverno caldo rispetto alla norma. Dal punto di vista delle piogge la situazione è di più complessa lettura, perché sebbene la quantità totale di pioggia caduta nel 2023 sia pressoché nella media, la distribuzione temporale delle precipitazioni è stata veramente discontinua. Il 30-40 per cento delle precipitazioni di tutto il 2023 si è infatti concentrato tra il 18 ottobre e il 10 novembre;
tale situazione comporta quindi siccità in estate e alluvioni in autunno;
vaste zone della Toscana sono state colpite nel mese di novembre 2023 da eventi alluvionali che hanno causato gravissimi danni ad infrastrutture, frane, esondazioni di fiumi e allagamenti diffusi;
sono quindi necessari interventi urgenti ed efficaci che hanno il duplice scopo di garantire la salvaguardia della risorsa idrica, anche in agricoltura, e limitare il dissesto idrogeologico;
tra opere prioritarie in questo contesto vi sono gli interventi per la riduzione del rischio idraulico afferente al fiume Albegna, nel comune di Manciano (provincia di Grosseto);
si tratta di un intervento fondamentale per contrastare con efficacia sia la siccità che è oggi un problema anche per il sud della Toscana e prevenire sia ulteriori alluvioni che purtroppo ciclicamente si abbattono sulla Maremma;
emendamenti per inserire tali interventi al citato allegato 2 del provvedimento in esame sono stati respinti nel corso del dibattito parlamentare sia alla Camera che al Senato,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a inserire, in relazione a quanto in premessa, tra gli interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica (di cui all'articolo 11 e all'allegato 1 del provvedimento in esame) gli interventi per la riduzione del rischio idraulico afferente al fiume Albegna, nel comune di Manciano (provincia di Grosseto).
9/1946/3. Simiani.
La Camera,
premesso che:
gli articoli articoli 2-bis, 2-ter e 2-quater del provvedimento in esame intervengono in materia di lavoro in agricoltura, ponendo particolare attenzione al fenomeno del lavoro nero e del caporalato;
tali fenomeni, che caratterizzano il settore agroalimentare, rappresentano sicuramente la più cruenta ma non certo l'unica criticità del mondo del lavoro agricolo; esso presenta caratteristiche e peculiarità particolari che lo rendono ad oggi complicato da regolamentare e spesso poco attrattivo, in particolare, per la mancanza di garanzia dell'applicazione di contratti collettivi regolari – che non possono essere sostituiti da misure occasionali, ancorché di breve durata –, essendo la stagionalità una delle caratteristiche predominanti del lavoro nei campi;
la scarsa attrattiva per il mondo agricolo è legata all'assenza di regolarità unita al basso reddito – la retribuzione media in agricoltura, da contratto, sarebbe di 60 euro al giorno per 6 ore e 30 minuti; tra 1.000 e 1.300 euro mensili –, nonché alle condizioni deprimenti e spesso svilenti che allontanano, chi può permetterselo, da questa scelta; nonostante ciò, negli ultimi anni, sono stati proprio i giovani a riscoprire il lavoro della terra, investendo in agricoltura e comprendendone la possibile spinta redditizia;
il lavoro agricolo necessita della certezza nell'applicazione dei contratti, della certezza nella retribuzione, nonché dello studio di un sistema efficace e trasparente di incontro tra domanda e offerta che possa anche essere un ostacolo al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro;
la normativa vigente prevede indici di coerenza o congruità delle retribuzioni dei lavoratori agricoli, che però non vengono adeguatamente applicati ed è pertanto necessaria una nuova strategia in materia di tutela del lavoro e della sicurezza sul lavoro in agricoltura, valutando l'ipotesi, previa interlocuzione con le parti sociali, di estendere al settore agricolo il documento unico di regolarità contributiva (DURC) – che attesta contestualmente la regolarità di un'impresa nei pagamenti e negli adempimenti previsti dalla normativa vigente nei confronti di INPS, di INAIL,
impegna il Governo:
a promuovere le iniziative necessarie al fine di creare una banca dati digitale che possa incrociare domanda e offerta di lavoro agricolo, con particolare attenzione al lavoro stagionale, così da ridurre il ricorso ad intermediari illegali;
ad avviare un percorso di riforma del lavoro in agricoltura, trovando le modalità per superare il modello delle 150 o 180 giornate che, per le sue caratteristiche, avalla il lavoro irregolare, non solo nell'ambito degli immigrati;
a valutare le ragioni della mancata applicazione della normativa vigente in materia di congruità delle retribuzioni dei lavoratori agricoli e, di conseguenza, valutare l'opportunità di estendere il DURC di congruità, oggi attivo nel settore dell'edilizia, anche al settore agricolo.
9/1946/4. Carotenuto, Caramiello, Sergio Costa, Cherchi, L'Abbate, Barzotti.
La Camera,
premesso che:
gli articoli articoli 2-bis, 2-ter e 2-quater del provvedimento in esame intervengono in materia di lavoro in agricoltura, ponendo particolare attenzione al fenomeno del lavoro nero e del caporalato;
tali fenomeni, che caratterizzano il settore agroalimentare, rappresentano sicuramente la più cruenta ma non certo l'unica criticità del mondo del lavoro agricolo; esso presenta caratteristiche e peculiarità particolari che lo rendono ad oggi complicato da regolamentare e spesso poco attrattivo, in particolare, per la mancanza di garanzia dell'applicazione di contratti collettivi regolari – che non possono essere sostituiti da misure occasionali, ancorché di breve durata –, essendo la stagionalità una delle caratteristiche predominanti del lavoro nei campi;
la scarsa attrattiva per il mondo agricolo è legata all'assenza di regolarità unita al basso reddito – la retribuzione media in agricoltura, da contratto, sarebbe di 60 euro al giorno per 6 ore e 30 minuti; tra 1.000 e 1.300 euro mensili –, nonché alle condizioni deprimenti e spesso svilenti che allontanano, chi può permetterselo, da questa scelta; nonostante ciò, negli ultimi anni, sono stati proprio i giovani a riscoprire il lavoro della terra, investendo in agricoltura e comprendendone la possibile spinta redditizia;
il lavoro agricolo necessita della certezza nell'applicazione dei contratti, della certezza nella retribuzione, nonché dello studio di un sistema efficace e trasparente di incontro tra domanda e offerta che possa anche essere un ostacolo al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro;
la normativa vigente prevede indici di coerenza o congruità delle retribuzioni dei lavoratori agricoli, che però non vengono adeguatamente applicati ed è pertanto necessaria una nuova strategia in materia di tutela del lavoro e della sicurezza sul lavoro in agricoltura, valutando l'ipotesi, previa interlocuzione con le parti sociali, di estendere al settore agricolo il documento unico di regolarità contributiva (DURC) – che attesta contestualmente la regolarità di un'impresa nei pagamenti e negli adempimenti previsti dalla normativa vigente nei confronti di INPS, di INAIL,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di promuovere le iniziative necessarie al fine di creare una banca dati digitale che possa incrociare domanda e offerta di lavoro agricolo, con particolare attenzione al lavoro stagionale, così da ridurre il ricorso ad intermediari illegali;
a valutare l'opportunità di individuare le ragioni della mancata applicazione della normativa vigente in materia di congruità delle retribuzioni dei lavoratori agricoli e, di conseguenza, valutare l'opportunità di estendere il DURC di congruità, oggi attivo nel settore dell'edilizia, anche al settore agricolo.
9/1946/4. (Testo modificato nel corso della seduta)Carotenuto, Caramiello, Sergio Costa, Cherchi, L'Abbate, Barzotti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, agli articoli da 2 a 2-quinquies interviene in materia di lavoro agricolo disponendo, in particolare: il rafforzamento dei controlli attraverso gli Ispettori del lavoro per il contrasto al lavoro nero; la creazione di una banca dati centralizzata in cui condividere informazioni tra le amministrazioni statali e le regioni, anche ai fini del contrasto del lavoro sommerso in generale, alla cui costituzione concorrono il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Ministero dell'interno, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l'Ispettorato nazionale del lavoro (INL), l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT); la creazione di una banca dati degli appalti in agricoltura; la previsione di alcuni ammortizzatori sociali;
secondo il VI Rapporto Agromafie e Caporalato Osservatorio Placido Rizzotto – FLAI CGIL si stima che i lavoratori irregolari in agricoltura siano circa 230.000 e rappresentino un quarto del totale degli occupati e oltre il 34 per cento dei lavoratori dipendenti del settore. Dai dipendenti agricoli provengono annualmente 820 milioni di ore effettivamente lavorate, delle quali si stima che quasi due quinti – pari a oltre 300 milioni di ore – non sono regolari;
il lavoro non regolare agricolo è diffuso in tutta la penisola. Si concentra soprattutto nelle regioni Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio con tassi di irregolarità che superano il 40 per cento, anche se in molte regioni del Centro-Nord i tassi di irregolarità degli occupati sono comunque compresi tra il 20 e il 30 per cento;
uno dei fattori che certamente contribuiscono alla diffusione del fenomeno del caporalato, per la facilità di reclutamento e sfruttamento delle persone, è la diffusione degli insediamenti abusivi dei migranti, che, secondo il rapporto sulle condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare, pubblicato nel 2022 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed Anci, sono in Italia circa 150, ospitano 10 mila lavoratori agricoli, e si trovano in particolare nelle regioni del Sud (21 comuni su 36 dove gli insediamenti sono stati rilevati) in particolare Puglia, Sicilia, Calabria e Campania, con insediamenti che spesso esistono da oltre vent'anni;
per sostituire tali «ghetti» con nuove strutture e garantire così dignità per questi lavoratori, sono stati stanziati 200 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), e individuata una mappatura delle aree che necessitano di interventi più urgenti; ma ad oggi tali fondi non sono mai stati toccati;
il progetto di sostituzione di tali insediamenti era stato avviato dal precedente Governo ma non è stato portato avanti dall'attuale – che al momento ha visto la sola nomina, con due mesi di ritardo, di un Commissario straordinario per superare gli insediamenti abusivi – mettendone così a rischio la concreta realizzabilità, specie considerando tempi e modi di spese delle risorse legate al PNRR,
impegna il Governo
a porre in essere le necessarie, quanto urgenti, azioni affinché le risorse summenzionate, stanziate con la Missione 5 del PNRR e destinate alla sostituzione degli insediamenti abusivi di migranti – uno dei principali fattori che contribuiscono a rafforzare il fenomeno del caporalato – non siano perse ma utilizzate per raggiungere la piena realizzazione degli obiettivi prefissati conformemente alle scadenze previste.
9/1946/5. Caramiello, Sergio Costa, Cherchi, L'Abbate.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, agli articoli 2-bis, 2-ter e 2-quater, interviene in materia di lavoro agricolo disponendo, in particolare, il rafforzamento dei controlli attraverso gli Ispettori del lavoro per il contrasto al lavoro nero, la creazione di una banca dati centralizzata in cui condividere informazioni tra le amministrazioni statali e le regioni, anche ai fini del contrasto del lavoro sommerso in generale, realizzata da Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Ministero dell'interno, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l'Ispettorato nazionale del lavoro (INL), l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), la creazione di una banca dati degli appalti in agricoltura, nonché la previsione di alcuni ammortizzatori sociali;
secondo il VI Rapporto Agromafie e Caporalato Osservatorio Placido Rizzotto – FLAI CGIL si stima che i lavoratori irregolari in agricoltura sono circa 230.000 e rappresentano un quarto del totale degli occupati e oltre il 34 per cento dei lavoratori dipendenti del settore. Dai dipendenti agricoli provengono annualmente 820 milioni di ore effettivamente lavorate, delle quali si stima che quasi due quinti – pari a oltre 300 milioni di ore – non sono regolari;
il lavoro non regolare agricolo è diffuso in tutta la penisola e se in passato regioni come Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio registravano tassi di irregolarità mediamente più elevati, allo stato attuale il fenomeno dell'irregolarità è distribuito in maniera omogenea con tassi di irregolarità che superano il 50 per cento;
in Italia il fenomeno del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro e del caporalato in agricoltura è contrastato dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199, tuttavia, nonostante la norma sia chiara e nel corso degli anni si sia cercato di renderla più efficace, la sua applicazione non è ancora piena, rendendola di fatto una disposizione ancora lontana dal raggiungere gli obiettivi che si prefissa;
ad esempio, ad oggi, sono insediate solo 44 sezioni territoriali previste dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199, rispetto al totale delle province italiane e, al 4 luglio 2024, appena 6.533 imprese agricole sono iscritte alla rete agricola del lavoro di qualità – istituita presso l'INPS al fine di selezionare imprese agricole e altri soggetti indicati dalla normativa vigente che, su presentazione di apposita istanza, si distinguono per il rispetto delle norme in materia di lavoro, legislazione sociale, imposte sui redditi e sul valore aggiunto –, rispetto ad un bacino di circa 200.000 imprese che utilizzano lavoratori subordinati;
giova sottolineare che le sezioni territoriali hanno il compito, previsto dalla legge, di intervenire sull'incontro tra domanda e offerta del lavoro, trasporti e corretta applicazione dei contratti provinciali oltre a diverse altre opportunità che potrebbero essere svolte a quel livello, tipo, accoglienza e indirizzo «chirurgico» delle ispezioni in aziende che danno sospetti rispetto all'indice di coerenza delle imprese agricole, anch'esso previsto già all'articolo 8 della legge n. 199 ma mai applicato; diverse leggi regionali hanno già l'indice di congruità, compresa la legge regionale del Lazio, attualmente vigente, ma inapplicata;
iscriversi a tale Rete dovrebbe significare la possibilità di avvalersi di diversi vantaggi – come hanno stabilito alcune regioni con legge regionale – che rappresentino un efficace incentivo per le aziende che intendano aderire;
nel 2018, con il decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura, allo scopo di promuovere la programmazione di una proficua strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato e del connesso sfruttamento lavorativo in agricoltura. Da tempo tale tavolo non viene più convocato;
recenti episodi avvenuti nel nostro Paese hanno riportato alla luce la crudeltà del fenomeno del caporalato e hanno evidenziato come ci siano dei meccanismi, per non parlare di sistema, che di fatto permettono l'esistenza del fenomeno stesso, basti pensare al caso dell'imprenditore indagato per aver abbandonato il proprio operaio irregolare ferito e quindi per averne causato la morte;
la cosiddetta condizionalità sociale prevista dalla Politica agricola comune 2023-2027 rappresenta un principio teso a garantire il rispetto delle regole sociali e della normativa sul lavoro proprio di ciascuno Stato membro con l'obiettivo di collegare i pagamenti della PAC al rispetto dei diritti dei lavoratori,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative di competenza per rendere più stringente l'applicazione della legge 29 ottobre 2016, n. 199, in particolare per quanto riguarda la rete del lavoro agricolo di qualità facendo sì che le imprese agricole ne comprendano l'importanza e i possibili vantaggi, nonché come ulteriore strumento, oltre quelli predisposti dal decreto in esame, di contrasto al fenomeno del lavoro nero e del caporalato;
a introdurre misure premiali a livello nazionale per le aziende che si iscrivano alla rete del lavoro agricolo di qualità quali ad esempio punteggi aggiuntivi nei bandi regionali, oppure, a livello nazionale prevedendo che di tale iscrizione si tenga positivamente conto ai fini dell'individuazione dei soggetti da sottoporre alle ispezioni poste in essere dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e introducendo, ovviamente, forme di riconoscimento per accentuarne la configurazione quale strumento di controllo e prevenzione di condotte illecite nonché promotore di legalità;
a procedere alla convocazione e al potenziamento del Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato, anche al fine di armonizzare tutti gli interventi messi in atto negli ultimi anni;
ad avviare interlocuzioni a livello europeo affinché, anche nel rispetto del principio della condizionalità sociale previsto dalla PAC 2023-2027, siano adottati strumenti che penalizzino le imprese colpevoli di reati di sfruttamento del lavoro e caporalato, non solo con la restituzione dei premi ricevuti, ma anche con una interdizione dalla percezione degli stessi per diverse annualità.
9/1946/6. Sergio Costa, Caramiello, Cherchi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, agli articoli 2-bis, 2-ter e 2-quater, interviene in materia di lavoro agricolo disponendo, in particolare, il rafforzamento dei controlli attraverso gli Ispettori del lavoro per il contrasto al lavoro nero, la creazione di una banca dati centralizzata in cui condividere informazioni tra le amministrazioni statali e le regioni, anche ai fini del contrasto del lavoro sommerso in generale, realizzata da Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Ministero dell'interno, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l'Ispettorato nazionale del lavoro (INL), l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), la creazione di una banca dati degli appalti in agricoltura, nonché la previsione di alcuni ammortizzatori sociali;
secondo il VI Rapporto Agromafie e Caporalato Osservatorio Placido Rizzotto – FLAI CGIL si stima che i lavoratori irregolari in agricoltura sono circa 230.000 e rappresentano un quarto del totale degli occupati e oltre il 34 per cento dei lavoratori dipendenti del settore. Dai dipendenti agricoli provengono annualmente 820 milioni di ore effettivamente lavorate, delle quali si stima che quasi due quinti – pari a oltre 300 milioni di ore – non sono regolari;
il lavoro non regolare agricolo è diffuso in tutta la penisola e se in passato regioni come Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio registravano tassi di irregolarità mediamente più elevati, allo stato attuale il fenomeno dell'irregolarità è distribuito in maniera omogenea con tassi di irregolarità che superano il 50 per cento;
in Italia il fenomeno del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro e del caporalato in agricoltura è contrastato dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199, tuttavia, nonostante la norma sia chiara e nel corso degli anni si sia cercato di renderla più efficace, la sua applicazione non è ancora piena, rendendola di fatto una disposizione ancora lontana dal raggiungere gli obiettivi che si prefissa;
ad esempio, ad oggi, sono insediate solo 44 sezioni territoriali previste dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199, rispetto al totale delle province italiane e, al 4 luglio 2024, appena 6.533 imprese agricole sono iscritte alla rete agricola del lavoro di qualità – istituita presso l'INPS al fine di selezionare imprese agricole e altri soggetti indicati dalla normativa vigente che, su presentazione di apposita istanza, si distinguono per il rispetto delle norme in materia di lavoro, legislazione sociale, imposte sui redditi e sul valore aggiunto –, rispetto ad un bacino di circa 200.000 imprese che utilizzano lavoratori subordinati;
giova sottolineare che le sezioni territoriali hanno il compito, previsto dalla legge, di intervenire sull'incontro tra domanda e offerta del lavoro, trasporti e corretta applicazione dei contratti provinciali oltre a diverse altre opportunità che potrebbero essere svolte a quel livello, tipo, accoglienza e indirizzo «chirurgico» delle ispezioni in aziende che danno sospetti rispetto all'indice di coerenza delle imprese agricole, anch'esso previsto già all'articolo 8 della legge n. 199 ma mai applicato; diverse leggi regionali hanno già l'indice di congruità, compresa la legge regionale del Lazio, attualmente vigente, ma inapplicata;
iscriversi a tale Rete dovrebbe significare la possibilità di avvalersi di diversi vantaggi – come hanno stabilito alcune regioni con legge regionale – che rappresentino un efficace incentivo per le aziende che intendano aderire;
nel 2018, con il decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura, allo scopo di promuovere la programmazione di una proficua strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato e del connesso sfruttamento lavorativo in agricoltura. Da tempo tale tavolo non viene più convocato;
recenti episodi avvenuti nel nostro Paese hanno riportato alla luce la crudeltà del fenomeno del caporalato e hanno evidenziato come ci siano dei meccanismi, per non parlare di sistema, che di fatto permettono l'esistenza del fenomeno stesso, basti pensare al caso dell'imprenditore indagato per aver abbandonato il proprio operaio irregolare ferito e quindi per averne causato la morte;
la cosiddetta condizionalità sociale prevista dalla Politica agricola comune 2023-2027 rappresenta un principio teso a garantire il rispetto delle regole sociali e della normativa sul lavoro proprio di ciascuno Stato membro con l'obiettivo di collegare i pagamenti della PAC al rispetto dei diritti dei lavoratori,
impegna il Governo:
affinché valuti l'opportunità di assumere iniziative di competenza per rendere più stringente l'applicazione della legge 29 ottobre 2016, n. 199, in particolare per quanto riguarda la rete del lavoro agricolo di qualità facendo sì che le imprese agricole ne comprendano l'importanza e i possibili vantaggi, nonché come ulteriore strumento, oltre quelli predisposti dal decreto in esame, di contrasto al fenomeno del lavoro nero e del caporalato;
a valutare l'opportunità di introdurre misure premiali a livello nazionale per le aziende che si iscrivano alla rete del lavoro agricolo di qualità quali ad esempio punteggi aggiuntivi nei bandi regionali, oppure, a livello nazionale prevedendo che di tale iscrizione si tenga positivamente conto ai fini dell'individuazione dei soggetti da sottoporre alle ispezioni poste in essere dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e introducendo, ovviamente, forme di riconoscimento per accentuarne la configurazione quale strumento di controllo e prevenzione di condotte illecite nonché promotore di legalità;
ad avviare interlocuzioni a livello europeo affinché, anche nel rispetto del principio della condizionalità sociale previsto dalla PAC 2023-2027, siano adottati strumenti che penalizzino le imprese colpevoli di reati di sfruttamento del lavoro e caporalato, non solo con la restituzione dei premi ricevuti, ma anche con una interdizione dalla percezione degli stessi per diverse annualità.
9/1946/6. (Testo modificato nel corso della seduta)Sergio Costa, Caramiello, Cherchi.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 4 del provvedimento in esame, sono disposti interventi per il rafforzamento del contrasto alle pratiche sleali, attraverso una serie di modifiche al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198, finalizzati a tutelare le produzioni agricole nazionali;
in particolare, l'articolo prevede di modificare l'articolo 3 comma 1 del decreto legislativo suddetto aggiungendo l'esplicita norma secondo cui «I prezzi dei beni forniti tengono conto dei costi di produzione»;
le pratiche commerciali sleali sono un comportamento particolarmente dannoso per le intere filiere di produzione e con particolare riferimento a quelle agroalimentari hanno rivelato negli anni profili di estrema criticità tale da richiedere l'interessamento alla materia della stessa UE che, in più occasioni, ha approfondito la tematica e ha ritenuto opportuno costituire una legislazione armonizzata tra gli Stati membri, emanando, da ultimo, la direttiva UE 2019/633 del Parlamento europeo;
tale direttiva enumera puntualmente le principali e più diffuse, nonché dannose per le filiere, fattispecie di pratiche commerciali sleali e pone fermi divieti indicando la necessità che gli Stati prevedano corrispondenti sanzioni;
la citata direttiva è stata recepita con il suddetto decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 198 che al suo interno contiene un'attenta disamina di tutte le pratiche commerciali vietate dalla direttiva UE e amplia la portata della direttiva includendo casi e fattispecie di maggior dettaglio e ricomprendenti differenti casistiche su cui si è ritenuto necessario intervenire;
in particolare all'articolo 5 comma 1 lettera b) del decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 198 si prevede che sia vietato imporre la vendita di prodotti agricoli e alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione;
la legge 2 luglio 2015, n. 91, di conversione del decreto-legge 5 maggio 2015 n. 51 ha previsto all'articolo 6-bis l'istituzione delle Commissioni uniche nazionali con la funzione di previsione dei prezzi per le filiere in cui esse operano e con l'esplicita previsione che le quotazioni da esse formulate sostituiscano quelle a qualunque titolo rilevate presso le borse merci delle camere di commercio sul territorio nazionale;
i decreti attuativi della suddetta legge, adottati di concerto tra l'allora Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e l'allora Ministero dello sviluppo economico hanno previsto regole e procedure per la costituzione e il funzionamento delle suddette CUN che ricadono sotto la supervisione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (oggi Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste);
i regolamenti di funzionamento delle CUN suinicole, approvati con la supervisione del Ministero citato, prevedono espressamente e dettagliatamente ogni fase della formulazione dei prezzi tra le parti, ivi compresa la fase di analisi di mercato che contempera la valutazione di dati forniti da ISMEA relativi anche all'andamento del costo dei principali fattori della produzione;
i prezzi formulati dalle CUN risultano dal confronto tra le parti rappresentate in maniera imparziale da commissari nominati in base a specifici requisiti di terzietà, integrità e assenza di conflitto di interessi; inoltre, tali prezzi, possono essere utilizzati come riferimento nella determinazione dei prezzi inseriti nei contratti commerciali tra le parti per i diversi prodotti di riferimento della filiera suinicola,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento utile ad esplicitare che laddove i contratti di compravendita fissino il prezzo con riferimento a quelli formulati nelle Commissioni uniche nazionali, i prezzi contrattualizzati tengano effettivamente conto dei costi di produzione, come esplicitato con la modifica introdotta dall'articolo 4 del provvedimento in esame.
9/1946/7. Caso, Caramiello, Sergio Costa, Cherchi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del provvedimento in esame prevede, al comma 2, la possibilità per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura che nell'anno 2023 hanno subito una riduzione del volume d'affari per almeno il venti per cento rispetto all'anno precedente di avvalersi della sospensione, per dodici mesi, del pagamento della quota capitale delle rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale stipulati con banche e altri intermediari finanziari;
possono accedere alle predette misure le imprese che attestino con autocertificazione la riduzione del volume d'affari nella percentuale sopra indicata e le cui esposizioni debitorie non siano, al 16 maggio 2024, classificate come esposizioni creditizie deteriorate;
si prevede inoltre che il piano di rimborso delle rate oggetto della sospensione sia modificato e i relativi termini siano prorogati per analoga durata della sospensione, unitamente agli elementi accessori, tra cui le eventuali garanzie pubbliche e private, senza alcuna formalità e nuovi o maggior oneri per le parti. A tal proposito si prevede inoltre che la scadenza delle garanzie rilasciate dal Fondo di garanzia PMI e dall'ISMEA siano automaticamente differite del medesimo periodo di sospensione o proroga;
l'associazione bancaria italiana (ABI), in sede di audizione, ha sollevato criticità riguardo alle conseguenze che potrebbero derivare, in termini di definizione della posizione debitoria, per le imprese che scelgono di avvalersi delle misure citate;
la sospensione della sola quota capitale, rileva ABI, potrebbe non essere sufficiente a prevenire l'applicazione della disciplina prudenziale europea che imporrebbe alle banche di classificare l'esposizione oggetto della misura di concessione in «forborne» e, nel caso si determini per la banca una riduzione del valore attuale netto dei flussi di cassa derivanti dall'esposizione superiore all'1 per cento, di classificarla come deteriorata;
l'introduzione di una misura agevolativa finalizzata a sostenere le imprese in difficoltà rischia, al contrario, di limitare l'accesso al credito o di renderlo più oneroso per le imprese mettendo a serio rischio la continuità produttiva delle stesse;
è necessario garantire il sostegno alle imprese senza aggravarne la situazione finanziaria e assicurare che le misure di emergenza non abbiano conseguenze negative sull'accesso al credito, così come si ritiene fondamentale mantenere il giusto equilibrio tra le esigenze di liquidità delle imprese e la stabilità del sistema bancario,
impegna il Governo
a monitorare l'efficacia delle misure previste dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge in esame, valutando, di conseguenza, l'adozione di eventuali provvedimenti correttivi che assicurino il raggiungimento degli obiettivi di sostegno a favore delle imprese che vi accedono, anche sotto il profilo della continuità produttiva e della stabilità finanziaria.
9/1946/8. Pavanelli, Caramiello, Sergio Costa, Cherchi.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 6 del provvedimento in esame vengono disposte alcune misure per contrastare la diffusione della peste suina africana, in particolare, stabilendo i poteri del commissario straordinario e dei sub commissari, nonché la possibilità di utilizzare personale militare – previa frequenza di specifici corsi di formazione e mediante l'utilizzo di idoneo equipaggiamento – per attuare il Piano straordinario di catture, abbattimento e smaltimento dei cinghiali;
in particolare verrebbe autorizzato un contingente di 177 unità del personale delle forze armate, per un periodo non superiore a dodici mesi, verrebbero, inoltre, mobilitati due plotoni interforze – esercito, aeronautica, marina – di 15 uomini ciascuno che dovranno supportare il contenimento dei cinghiali per contrastare la diffusione della peste suina attraverso, come dichiarato dallo stesso Vincenzo Caputo, commissario straordinario per la PSA quattro linee di intervento: la ricerca delle carcasse, l'assistenza alle catture, i sorvoli con i droni, gli spari selettivi;
di fronte alla necessità di intervenire affinché la diffusione della peste suina nel nostro paese sia bloccata, è quantomai necessario avviare dei percorsi che possano, oltre ad affrontare l'attuale emergenza, anche garantire una sicurezza di incolumità nel lungo periodo, misure e approcci che abbiano come obiettivo quello di contenere la riproduzione degli ungulati;
uno dei metodi per il contenimento della riproduzione è il vaccino iniettabile GonaCon, messo a punto dal National Wildlife Research Center negli USA;
la sperimentazione di questo farmaco è già iniziata in Italia, in particolare con l'articolo 1, comma 705, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, è stato istituto un fondo con una dotazione di euro 500.000 per l'anno 2022 per l'introduzione in Italia del vaccino immuno-contraccettivo GonaCon e con un successivo decreto ministeriale del 28 settembre 2022, il Ministero della salute ha autorizzato effettivamente la sperimentazione in Italia del GonaGon;
in Italia, le potenzialità applicative della immunocontraccezione sono state analizzate in Umbria nell'ambito del programma di eradicazione dello Scoiattolo grigio Americano, mentre una relazione del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga riporta dettagliate valutazioni del suo impiego nei cinghiali;
appare chiaro, dunque, come questo metodo sia applicabile già da oggi e come il suo impiego, al pari dell'intervento militare sia fondamentale per la salvaguardia dei territori interessati e delle specie animali ivi presenti,
impegna il Governo
ad assumere iniziative volte a rafforzare la sperimentazione del vaccino immuno-contraccettivo GonaCon sui cinghiali nel nostro Paese nonché a promuovere la ricerca di ulteriori metodi di contenimento non cruenti, sperimentati in altre parti del mondo, affinché la lotta alla PSA non sia solo circoscritta all'emergenza ma sia realmente efficace nel lungo periodo e meno impattante sul profilo ambientale e biologico.
9/1946/9. Cherchi, Caramiello, Sergio Costa.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento in esame reca una serie di misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche;
una crisi idrica senza precedenti sta colpendo il Mezzogiorno d'Italia: in particolare, in aggiunta alla Regione Siciliana dove la situazione è drammatica, la crisi idrica ha colpito gravemente anche una regione ricchissima di acqua e sorgenti naturali come la Calabria;
il problema della dispersione dell'acqua nella regione Calabria è strutturale e si trascina ormai da decenni. La quantità di acqua dispersa in distribuzione continua a rappresentare un volume considerevole: basti pensare che l'ISTAT ha certificato che in Calabria nel 2022 sia andato perso il 48,7 per cento dell'acqua potabile nelle reti comunali di distribuzione, senza raggiungere la destinazione finale;
in particolare, in Calabria la crisi idrica è in gran parte legata alla rottura nelle condotte e alla vetustà degli impianti, oltre a criticità conseguenti a errori di misura dei contatori e usi non autorizzati (allacci abusivi). Nella regione, oltre il 30 per cento delle famiglie lamenta irregolarità nell'erogazione di acqua;
la grave siccità richiede interventi urgenti per fronteggiare le criticità soprattutto in vista dell'estate;
la salvaguardia delle risorse idriche e la gestione efficace, efficiente e sostenibile dei servizi idrici rientrano tra gli obiettivi del PNRR, il quale rappresenta un'opportunità irrinunciabile per rafforzare la resilienza del sistema idrico, considerati i cambiamenti climatici in corso, rendendo i processi più efficienti, soprattutto nei territori che presentano una maggiore vulnerabilità a situazioni di criticità idrica come la Calabria,
impegna il Governo
in considerazione della situazione di grave scarsità idrica in atto nella regione Calabria, ad adottare con urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e con un'azione coordinata a livello regionale, le necessarie iniziative, sostenute da adeguati finanziamenti, e in sinergia con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), per contrastare gli sprechi delle risorse idriche sotterranee, e garantire una gestione efficiente dell'acqua pubblica, attraverso una maggiore capacità di misurazione dei consumi e il contenimento delle perdite di rete, così da contribuire alla riduzione del rischio idrogeologico e alla carenza della risorsa idrica nel momento del fabbisogno, con una ricaduta importante sull'ambiente e sull'occupazione.
9/1946/10. Scutellà.
La Camera,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di assumere, per quanto di competenza e compatibilmente con il quadro di finanza pubblica e i vincoli di bilancio, ogni ulteriore iniziativa ritenuta necessaria per contrastare gli sprechi delle risorse idriche sotterranee, contenere le perdite di rete e garantire una gestione efficace nelle risorse idriche, con particolare riguardo alle regioni del Mezzogiorno.
9/1946/10. (Testo modificato nel corso della seduta)Scutellà.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge all'esame dell'Assemblea, all'articolo 5, limita l'installazione degli impianti fotovoltaici, con moduli collocati a terra e in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, in talune aree di interesse strategico per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili;
tale limitazione fa salvi solo i progetti per i quali sia stata già avviata almeno una delle procedure amministrative necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse o sia stato rilasciato almeno uno di tali titoli;
solo lo scorso 30 aprile, il G7 Ambiente, Clima ed Energia di Torino ha sottoscritto una dichiarazione finale comune in cui si legge «Riconosciamo che il ritmo e la diffusione dell'energia rinnovabile devono aumentare significativamente, spingendo la transizione globale lontano dai combustibili fossili, aumentando la sicurezza energetica, la crescita economica e creando posti di lavoro. Riaffermando l'importanza di accelerare il dispiegamento delle energie rinnovabili, siamo pienamente impegnati nell'attuazione dell'obiettivo globale di triplicare la capacità installata di energia rinnovabile entro il 2030 ad almeno 11 TW, e per garantire azioni decisive per mitigare le sfide legate ai permessi, al finanziamento e all'accettazione sociale per colmare il divario di 2000 GW nel 2030»;
gli operatori del settore e le associazioni rappresentative delle imprese del fotovoltaico (Elettricità Futura, Anie, Italia Solare) hanno espresso forti preoccupazioni riguardo a questa norma. Il testo, come prodotto dagli uffici ministeriali e come già approvato dal Senato, è causato da una fuorviante comunicazione delle associazioni agricole che accusano gli imprenditori attivi nella transizione energetica di voler speculare a danno di chi coltiva la terra;
studi legali esperti di energia sostengono che il provvedimento sia in contrasto con gli articoli 41 (sulla libertà di iniziativa economica privata) e 117 (competenze legislative tra Stato e regioni) della Costituzione italiana. Questa norma ridurrà la capacità di generare energia rinnovabile, compromettendo il raggiungimento degli obiettivi nazionali ed europei. Sostengono inoltre come sia evidente anche il contrasto con quanto prescritto dalla Direttiva RED II, dalla Direttiva RED III e dal Piano REPowerEU che hanno come obiettivo principale quello di rendere l'Unione europea indipendente dai combustibili fossili russi prima del 2030;
secondo i dati più recenti, la superficie agricola nazionale è di circa 16,5 milioni di ettari, di cui soltanto 12,8 milioni di ettari sono effettivamente destinati alla produzione alimentare, come seminativi, coltivazioni legnose, pascolo e orti familiari. I restanti 3,5 milioni di ettari di superficie agricola sono invece incolti o abbandonati. Ad oggi, soltanto 17.000 ettari di superficie agricola sono occupati da impianti fotovoltaici;
vietando, di fatto, la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra i consumatori e gli utenti finali – imprese e famiglie – sarebbero sempre più oppressi dai costi derivanti dall'utilizzo di energia elettrica. Ciò sta avvenendo in uno scenario globale in cui la sicurezza energetica rappresenta la cartina di tornasole della stabilità geopolitica internazionale,
impegna il Governo:
a fornire chiarimenti relativi all'applicazione delle disposizioni previste dall'articolo 5 anche in merito alla presunta violazione della normativa comunitaria e dei principi costituzionali della libertà di iniziativa economica privata e sul corretto riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni;
a ricomprendere il fotovoltaico a terra nella strategia di raggiungimento globale di almeno 11 TW di capacità installata di energia rinnovabile entro il 2030, come approvato in sede di G7 a Torino;
a individuare ulteriori superfici per l'installazione di impianti FER, considerato che le disposizioni del presente provvedimento non garantiscono il raggiungimento degli obiettivi nazionali;
a convocare le associazioni maggiormente rappresentative del settore delle energie rinnovabili per individuare congiuntamente una strategia operativa che, a tecnologia attuale, tenga conto anche del fotovoltaico senza limitare in maniera casuale le superfici idonee all'installazione di impianti.
9/1946/11. Della Vedova, Magi, Grippo.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 1 del provvedimento in esame sono disposti interventi urgenti volti a garantire l'approvvigionamento delle materie prime agricole e di quelle funzionali all'esercizio delle attività di produzione primaria, nonché a garantire il sostegno alle filiere produttive, in particolare al settore cerealicolo, al settore vitivinicolo, al settore florovivaistico e a quello della pesca e dell'acquacoltura;
la birra, dopo il vino, è la bevanda alcolica maggiormente consumata nel nostro Paese, nel Report 2022 «Birra artigianale, filiera e mercati» di Unionbirrai un'indagine di mercato ha sottolineato come il 41 per cento è consumatore abituale di birra, il 12 per cento della sola birra industriale e il 29 per cento di birra industriale e artigianale;
negli ultimi cinque anni, nonostante la pandemia, quasi un viaggiatore su cinque ha visitato un birrificio o ha partecipato a un evento legato alla birra. In particolare, il 21 per cento dei turisti ha visitato uno stabilimento di produzione di birra;
i birrifici artigianali, oltre che nella produzione e vendita della birra, hanno articolato la loro occupazione in una variegata serie di attività di accoglienza del cliente: in oltre due terzi dei birrifici i clienti, oltre che acquistare i prodotti, possono anche visitare gli impianti, nel 46 per cento dei casi è presente una tap room, mentre nel 24,6 per cento l'ospitalità è organizzata nei termini di brew pub e nel 32 per cento con somministrazione di alimenti;
secondo il Report 2022 «Birra artigianale, filiera e mercati» di Unionbirrai, nel 2022 le realtà che producono birra in Italia hanno raggiunto le 1.326 unità occupando un totale di 9.612 addetti diretti, con una crescita rispetto al 2015 del 104 per cento in termini di birrifici e del 22 per cento in termini di addetti;
sarebbe quindi auspicabile alleggerire per le piccole imprese brassicole italiane le disposizioni di legge previste per l'industria birraria. È necessario non appesantire con obblighi burocratici eccessivi quelle imprese la cui dimensione è nettamente inferiore in confronto allo standard del comparto industriale nazionale per cui le norme sono pensate,
impegna il Governo:
a intervenire al fine di ridurre la pressione fiscale sulle imprese del settore brassicolo, con particolare riguardo ai micro-birrifici e ai produttori di birra artigianale;
a rafforzare il sostegno al settore, sia con finanziamenti sia con atti volti a incentivare il turismo il turismo brassicolo.
9/1946/12. Lovecchio.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 1, comma 2, del provvedimento in esame, è prevista una moratoria su mutui e altri finanziamenti a favore delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura che, nell'anno 2023, hanno subito una riduzione del volume d'affari pari almeno al 20 per cento, o hanno subito una riduzione della produzione, pari almeno al 30 per cento, o, nel caso delle cooperative agricole, una riduzione almeno pari al 20 per cento delle quantità conferite o della produzione primaria, rispetto all'anno precedente, previa presentazione di un'autocertificazione, ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa);
il decreto legislativo 22 novembre 2023, n. 184, recante modifiche al codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209) ha introdotto all'articolo 122 il comma 1-bis il quale impone l'obbligo di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi a tutti i veicoli, a prescindere dalla loro effettiva circolazione su strada pubblica o area ad essa equiparata;
tale disposizione impone anche di assicurare mezzi agricoli il cui fine esclusivo è il lavoro sui fondi rustici, ponendo in essere un ulteriore adempimento gravante sugli imprenditori agricoli e coltivatori diretti col rischio di minare la redditività del settore primario;
la direttiva (UE) 2021/2118 del Parlamento e del Consiglio prevede la possibilità per gli Stati membri di individuare categorie di soggetti esonerati da tale obbligo,
impegna il Governo
a intervenire al fine di estendere, dal 1° luglio al 31 dicembre 2024 la misura secondo cui le macchine agricole sono soggette all'obbligo di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi solo se poste in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate.
9/1946/13. Fede.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, comma 1, del provvedimento de quo limita, solo a talune aree, l'installazione di impianti fotovoltaici, con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti;
in particolare, le citate limitazioni riguardano quali i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte, limitatamente agli interventi di modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati a condizione che non comportino incremento dell'area occupata; le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati; i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonché delle società concessionarie autostradali; i siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all'interno dei sedimi aeroportuali, inclusi quelli di pertinenza di aeroporti delle isole minori; le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonché le aree classificate agricole i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento; le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri;
la norma in esame esclude a priori l'installazione di tecnologie innovative quali il fotovoltaico flottante su bacini idrici, laghi o canali, rendendo incerto il futuro sviluppo di questa tipologia di impianti per la produzione di energia pulita;
i vantaggi derivanti dall'impiego del fotovoltaico flottante, rispetto al fotovoltaico a terra o in copertura, sono molteplici e si possono riassumere in una maggior resa, nel contenimento dell'evaporazione, nei ridotti tempi di installazione, nei minori costi di manutenzione, nella maggior garanzia rispetto agli atti vandalici e nella minore sollecitazione meccanica delle strutture;
questa tecnologia, oltre ad essere stata riconosciuta dalla Commissione europea come una componente importante per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del continente entro il 2050, permette di sfruttare superfici d'acqua non adatte ad altri usi (es. bacini di irrigazione, bacini di cava), contenendo notevolmente il consumo di suolo, e inoltre la sua installazione su bacini idrici o laghi artificiali può rappresentare un uso ottimale delle risorse idriche già esistenti;
secondo studi condotti a livello internazionale, l'accoppiamento di questa tipologia di impianti flottanti con impianti idroelettrici già esistenti risulta essere è particolarmente vantaggioso poiché, coprendo una parte limitata dei bacini generati da dighe idroelettriche, è possibile installare una potenza di fotovoltaico equivalente alla potenza delle turbine idroelettriche. Ciò consente di sfruttare la connessione di rete già esistente aumentando la produzione di energia in modo considerevole e a basso costo, riducendo anche l'impatto ambientale;
l'efficienza di un modulo fotovoltaico raggiunge il suo picco quando la temperatura delle celle è di 25° centigradi: un impianto galleggiante garantisce il mantenimento di queste temperature anche durante i mesi più caldi, quando l'efficienza cala drasticamente. La produzione annua di energia pertanto aumenta di oltre il 10 per cento rispetto a un impianto a terra installato nelle medesime condizioni,
impegna il Governo
ad adottare tempestivi interventi normativi volti ad escludere dal novero delle limitazioni all'istallazione di impianti fotovoltaici collocati a terra introdotte dall'articolo 5 del provvedimento in esame i progetti che prevedano la realizzazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati su bacini o canali e comunque caratterizzati da tecnologie tese all'installazione su superfici d'acqua che non ricadano in aree ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
9/1946/14. L'Abbate, Cappelletti, Pavanelli, Carmina, Dell'Olio.
La Camera,
premesso che:
la Xylella fastidiosa è un batterio che rappresenta una delle più gravi minacce per l'agricoltura italiana, in particolare per la coltivazione degli ulivi;
la diffusione della Xylella fastidiosa ha già causato ingenti danni economici e ambientali, con conseguenze devastanti per la produzione di olio d'oliva, un prodotto di eccellenza del nostro Paese;
la presenza del batterio è stata segnalata in diverse regioni italiane, con un impatto particolarmente grave nel sud Italia e soprattutto in Puglia, dove molte aziende agricole hanno visto compromessa la loro attività;
è necessario e urgente arginare la diffusione del batterio e tutelare l'olivicoltura italiana, settore di fondamentale importanza per l'economia nazionale e per la salvaguardia del paesaggio rurale;
l'articolo 3, comma 8-bis del provvedimento in esame, al fine di sostenere le imprese agricole danneggiate dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa, prevede un'autorizzazione di spesa di 30 milioni di euro per l'anno 2024 per i reimpianti e le riconversioni tramite cultivar di olivo resistenti, nonché per le riconversioni verso altre colture;
la misura adottata non sembra adatta a contenere l'emergenza fitosanitaria rappresentata dalla Xylella fastidiosa e le risorse individuate appaiono decisamente insufficienti, tenendo conto che il Piano straordinario per la rigenerazione del settore olivicolo della Puglia, istituito con l'articolo 8-quater del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, era dotato di risorse finanziarie pari a 300 milioni di euro;
la ricerca scientifica ha proposto diverse soluzioni e strategie di contrasto, che necessitano di essere supportate e finanziate adeguatamente per essere efficaci;
è essenziale sensibilizzare e coinvolgere maggiormente le comunità locali e gli operatori del settore agricolo nelle azioni di prevenzione e contrasto alla diffusione del batterio,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di istituire un fondo, per un importo pari ad almeno 500 milioni annui per il triennio 2025-2027, finalizzato a salvaguardare la fertilità dei suoli e contrastare la desertificazione dei territori duramente colpiti dalla Xylella fastidiosa, attraverso le seguenti misure:
realizzazione di progetti volti alla piantumazione di varietà di olivo resistenti/tolleranti al batterio, al recupero della biodiversità, alla lotta alla desertificazione, all'incremento delle superfici boscate o a macchia mediterranea;
incremento dei finanziamenti per la ricerca sulla Xylella fastidiosa, promuovendo lo sviluppo di varietà di ulivo resistenti al batterio e nuove tecniche di contenimento ed eradicazione;
monitoraggio e controllo fitosanitario, con particolare attenzione alle aree non ancora colpite dal batterio, per prevenire ulteriori diffusioni;
incentivi economici e assistenza tecnica agli agricoltori colpiti dalla Xylella fastidiosa, facilitando la riconversione delle colture danneggiate e sostenendo la ripresa delle attività produttive;
avvio di campagne informative e di sensibilizzazione rivolte ai cittadini, agli agricoltori e agli operatori del settore agricolo;
promozione di un approccio integrato e coordinato nella lotta contro la Xylella fastidiosa, anche attraverso una costante interlocuzione con le regioni interessate, le organizzazioni agricole e i centri di ricerca.
9/1946/15. Donno, Dell'Olio.
La Camera,
premesso che:
le pratiche commerciali sleali sono un comportamento particolarmente dannoso per le intere filiere di produzione e con particolare riferimento a quelle agroalimentari hanno rivelato negli anni profili di estrema criticità tale da richiedere l'interessamento alla materia della stessa UE;
l'UE ha in più occasioni approfondito la tematica del contrasto alle pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare e ha ritenuto opportuno costituire una legislazione armonizzata tra gli stati membri, emanando, da ultimo, la direttiva UE 2019/633 del parlamento europeo;
tale direttiva enumera puntualmente le principali e più diffuse, nonché dannose per le filiere, fattispecie di pratiche commerciali sleali e pone fermi divieti indicando la necessità che gli Stati prevedano corrispondenti sanzioni;
la citata direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198, che al suo interno contiene la disamina di tutte le pratiche commerciali vietate dalla direttiva UE e amplia la portata della direttiva includendo casi e fattispecie di maggior dettaglio e ricomprendenti differenti casistiche su cui si è ritenuto necessario intervenire;
in particolare all'articolo 5 comma 1 lettera b) del citato decreto legislativo n. 198 si prevede che sia vietato imporre la vendita di prodotti agricoli e alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione;
l'articolo 4 del provvedimento in esame, introduce una serie di modifiche al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198, in materia di disposizioni in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare. Sono aggiunte le definizioni di «costo di produzione» e «costo medio di produzione» e viene specificato, nell'ambito dei principi ed elementi essenziali dei contratti di cessione che i prezzi dei beni forniti devono tenere conto dei costi di produzione;
la legge 2 luglio 2015, n. 91, di conversione del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, ha previsto all'articolo 6-bis l'istituzione delle Commissioni uniche nazionali (CUN) con la funzione di previsione dei prezzi per le filiere in cui esse operano e con l'esplicita previsione che le quotazioni da esse formulate sostituiscano quelle a qualunque titolo rilevate presso le borse merci delle camere di commercio sul territorio nazionale;
i decreti attuativi della suddetta legge, adottati di concerto tra Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e Ministero dello sviluppo economico hanno previsto regole e procedure per la costituzione e il funzionamento delle suddette CUN che ricadono sotto la supervisione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
i regolamenti di funzionamento delle CUN suinicole, approvati con la supervisione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, prevedono dettagliatamente ogni fase della formulazione dei prezzi tra le parti, ivi compresa la fase di analisi di mercato che contempera la valutazione di dati forniti da ISMEA relativi anche all'andamento del costo dei principali fattori della produzione;
i prezzi formulati dalle CUN risultano dal confronto tra le parti rappresentate in maniera imparziale da commissari nominati in base a specifici requisiti di terzietà, integrità e assenza di conflitto di interessi, e possono essere utilizzati come riferimento nella determinazione dei prezzi inseriti nei contratti commerciali tra le parti per i diversi prodotti di riferimento della filiera suinicola,
impegna il Governo
ad adottare i provvedimenti necessari, anche di carattere interpretativo, volti ad esplicitare che laddove i contratti di compravendita fissino il prezzo con riferimento a quelli formulati nelle Commissioni Uniche Nazionali, si deve presumere che i prezzi contrattualizzati tengano effettivamente conto dei costi di produzione, in coerenza con l'articolo 4 del provvedimento in esame.
9/1946/16. Nevi, Gatta, Castiglione, Arruzzolo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento in esame reca una serie di misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche, apportando una serie di modifiche al decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, («decreto siccità»), in particolare per quel che riguarda di misure specifiche finalizzate alla definizione di un piano degli interventi urgenti da sottoporre all'approvazione da parte della Cabina di regia, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
nell'articolo 8 del decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, erano contenute misure per la manutenzione degli invasi, prevedendo semplificazioni procedurali per la gestione delle terre e rocce da scavo, al fine di includere in tali attività previste anche la costruzione, lo scavo, la demolizione, il recupero, la ristrutturazione, e il restauro e la manutenzione di opere per la realizzazione degli invasi;
in Italia piovono annualmente circa 300 miliardi di metri cubi di d'acqua, dei quali viene trattenuto solo l'11 per cento, mentre secondo alcuni studi l'obiettivo raggiungibile è del 40 per cento;
con la legge sulla concorrenza n. 118 del 2022 si è stabilito che procedure di assegnazione delle concessioni, sono effettuate tenendo conto, tra l'altro degli interventi di miglioramento della sicurezza delle infrastrutture esistenti e di recupero della capacità di invaso;
in Italia ad oggi si stima che gli invasi contengono mediamente dal 40 per cento al 60 per cento della loro capienza di fanghi. I gestori non riescono a fronteggiare economicamente la pulizia dei bacini, in quanto i fanghi vengono considerarti rifiuti e classificati come fanghi di dragaggio;
nella maggior parte dei casi nei prelievi gli unici parametri che vengono oltrepassati da normativa sono quelli legati al vegetale: i fanghi sono ricchi di fogliame e sedimenti lignei o alghe, per il resto sono composti da sabbia, limo, argilla e terra;
una lavorazione in loco con dissabbiamento, vagliatura e centrifugazione, permetterebbe di ricavarne sabbia pulita, ghiaia e limo, da riutilizzare in edilizia o per ripascimenti delle spiagge. Queste lavorazioni oltre a rientrare nello spirito dell'economia circolare potrebbero ridurre i problemi di interrimento degli invasi, riducendo i prelievi dagli alvei dei fiumi,
impegna il Governo
ad adottare misure per favorire percorsi di economia circolare che consentano il riutilizzo dei materiali provenienti da operazioni di disinterramento e pulizia di invasi e bacini artificiali, inserendo detti materiali tra gli inerti da costruzione e demolizione e gli altri rifiuti inerti di origine minerale riutilizzabili ai sensi del articolo 184-quater del Codice ambiente, di cui decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove siano rispondenti alle caratteristiche tecniche per essi previste.
9/1946/17. Squeri, Nevi, Gatta, Castiglione, Arruzzolo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento in esame reca una serie di misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche, apportando una serie di modifiche al decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, («decreto siccità»), in particolare per quel che riguarda di misure specifiche finalizzate alla definizione di un piano degli interventi urgenti da sottoporre all'approvazione da parte della Cabina di regia, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
nell'articolo 8 del decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, erano contenute misure per la manutenzione degli invasi, prevedendo semplificazioni procedurali per la gestione delle terre e rocce da scavo, al fine di includere in tali attività previste anche la costruzione, lo scavo, la demolizione, il recupero, la ristrutturazione, e il restauro e la manutenzione di opere per la realizzazione degli invasi;
in Italia piovono annualmente circa 300 miliardi di metri cubi di d'acqua, dei quali viene trattenuto solo l'11 per cento, mentre secondo alcuni studi l'obiettivo raggiungibile è del 40 per cento;
con la legge sulla concorrenza n. 118 del 2022 si è stabilito che procedure di assegnazione delle concessioni, sono effettuate tenendo conto, tra l'altro degli interventi di miglioramento della sicurezza delle infrastrutture esistenti e di recupero della capacità di invaso;
in Italia ad oggi si stima che gli invasi contengono mediamente dal 40 per cento al 60 per cento della loro capienza di fanghi. I gestori non riescono a fronteggiare economicamente la pulizia dei bacini, in quanto i fanghi vengono considerarti rifiuti e classificati come fanghi di dragaggio;
nella maggior parte dei casi nei prelievi gli unici parametri che vengono oltrepassati da normativa sono quelli legati al vegetale: i fanghi sono ricchi di fogliame e sedimenti lignei o alghe, per il resto sono composti da sabbia, limo, argilla e terra;
una lavorazione in loco con dissabbiamento, vagliatura e centrifugazione, permetterebbe di ricavarne sabbia pulita, ghiaia e limo, da riutilizzare in edilizia o per ripascimenti delle spiagge. Queste lavorazioni oltre a rientrare nello spirito dell'economia circolare potrebbero ridurre i problemi di interrimento degli invasi, riducendo i prelievi dagli alvei dei fiumi,
impegna il Governo
ad adottare misure per favorire percorsi di economia circolare che consentano il riutilizzo dei materiali provenienti da operazioni di disinterramento e pulizia di invasi e bacini artificiali, disciplinando, a tal fine, la gestione del materiale estratto dagli invasi in sede di decreto attuativo dell'articolo 48 del decreto-legge n. 13 del 2023 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2023 in corso di predisposizione.
9/1946/17. (Testo modificato nel corso della seduta)Squeri, Nevi, Gatta, Castiglione, Arruzzolo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento in esame limita l'installazione degli impianti fotovoltaici, con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, con talune eccezioni (rifacimenti senza incremento dell'area occupata, aree adiacenti alla rete autostradale o ferroviaria, aree interne o prossime agli impianti industriali, sedimi aeroportuali, aree limitrofe a cave e miniere);
il comma 2 riformulato al Senato, pone una norma transitoria, secondo la quale la limitazione all'installazione di impianti fotovoltaici a terra in zone classificate agricole, introdotta dal comma 1, non si applica i progetti per i quali sia stata già avviata almeno una delle procedure amministrative, incluse quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli;
il 2 luglio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024 rubricato «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili» attuativo dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di recepimento della direttiva (UE) 2018/2001, nel quale facendo espresso riferimento alle limitazioni poste dall'articolo 5 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, si dettano le regole tramite le quali le regioni devono individuare le aree per l'installazione al 2030 di 80 gigawatt di impianti a fonte rinnovabile;
nel corso del dibattito sul decreto-legge n. 63 al Senato erano stati presentati emendamenti volti a escludere l'espropriabilità di terreni agricoli in attualità di coltivazione per l'installazione di impianti a fonte rinnovabile nelle aree cui si riferisce il citato articolo 5 e per limitare al solo agrivoltaico l'installazione di impianti a fonte rinnovabile nelle aree agricole classificate come DOP, IGP, STG, DOC, DOCG, produzioni biologiche, produzioni tradizionali (PAT);
è in sede di definizione il decreto legislativo attuativo della delega di cui all'articolo 26, comma 4, della legge 5 agosto 2022, n. 118 (legge per la Concorrenza 2021), nel quale si prevede la redazione di un Testo unico in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili;
l'articolo 3 di detto schema di decreto legislativo prevede che in sede di ponderazione degli interessi, è accordata priorità agli interventi di installazione di impianti FER, in conformità al principio dell'interesse pubblico prevalente alla diffusione dell'energia da fonti rinnovabili,
impegna il Governo
a prevedere in sede di esercizio della delega di cui all'articolo 26, comma 4, della legge 5 agosto 2022, n. 118, un espresso riferimento alla necessità di tutela della produzione agroalimentare in essere.
9/1946/18. Gatta, Nevi, Squeri.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento in esame limita l'installazione degli impianti fotovoltaici, con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, con talune eccezioni (rifacimenti senza incremento dell'area occupata, aree adiacenti alla rete autostradale o ferroviaria, aree interne o prossime agli impianti industriali, sedimi aeroportuali, aree limitrofe a cave e miniere);
il comma 2 riformulato al Senato, pone una norma transitoria, secondo la quale la limitazione all'installazione di impianti fotovoltaici a terra in zone classificate agricole, introdotta dal comma 1, non si applica i progetti per i quali sia stata già avviata almeno una delle procedure amministrative, incluse quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli;
il 2 luglio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024 rubricato «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili» attuativo dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di recepimento della direttiva (UE) 2018/2001, nel quale facendo espresso riferimento alle limitazioni poste dall'articolo 5 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, si dettano le regole tramite le quali le regioni devono individuare le aree per l'installazione al 2030 di 80 gigawatt di impianti a fonte rinnovabile;
nel corso del dibattito sul decreto-legge n. 63 al Senato erano stati presentati emendamenti volti a escludere l'espropriabilità di terreni agricoli in attualità di coltivazione per l'installazione di impianti a fonte rinnovabile nelle aree cui si riferisce il citato articolo 5 e per limitare al solo agrivoltaico l'installazione di impianti a fonte rinnovabile nelle aree agricole classificate come DOP, IGP, STG, DOC, DOCG, produzioni biologiche, produzioni tradizionali (PAT);
è in sede di definizione il decreto legislativo attuativo della delega di cui all'articolo 26, comma 4, della legge 5 agosto 2022, n. 118 (legge per la Concorrenza 2021), nel quale si prevede la redazione di un Testo unico in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili;
l'articolo 3 di detto schema di decreto legislativo prevede che in sede di ponderazione degli interessi, è accordata priorità agli interventi di installazione di impianti FER, in conformità al principio dell'interesse pubblico prevalente alla diffusione dell'energia da fonti rinnovabili,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere in sede di esercizio della delega di cui all'articolo 26, comma 4, della legge 5 agosto 2022, n. 118, un espresso riferimento alla necessità di tutela della produzione agroalimentare in essere.
9/1946/18. (Testo modificato nel corso della seduta)Gatta, Nevi, Squeri.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 che reca una serie di misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche apportando una serie di modifiche al decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, risulta inadeguato e insufficiente rispetto alla gravità della crisi climatica in atto;
risulta necessaria un'azione rapida e coordinata a livello nazionale per affrontare la crisi climatica e idrica e garantire la sopravvivenza del settore agricolo e zootecnico, fondamentale per l'economia e la sicurezza alimentare del Paese, la sostenibilità dei flussi turistici e le stesse condizioni di vivibilità della popolazione residente,
impegna il Governo
ad adottare nuove misure, sia di carattere emergenziale che di carattere strutturale, per fronteggiare la gravissima crisi che le regioni insulari e meridionali stanno attraversando sia sotto il profilo ambientale che sotto quello economico-sociale con conseguenze che rischiano di avere pesanti ricadute su tutte le produzioni del settore agroalimentare attraverso la realizzazione di invasi multifunzionali secondo un Piano straordinario 2025-2030.
9/1946/19. Forattini, Vaccari, Marino, Romeo, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame «conversione del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale» presenta all'articolo 2 disposizioni in materia di contrasto del fenomeno del caporalato;
nello specifico l'articolo 2-ter, al comma 1, modifica l'articolo 7, comma 2 del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, rafforza l'attività di controllo in materia di prevenzione e di contrasto al caporalato, allo sfruttamento lavorativo e al lavoro sommerso e irregolare e l'articolo 2-quater prevede l'istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Sistema informativo per la lotta al caporalato nell'agricoltura, avente le finalità di promuovere la strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato, di favorire l'evoluzione qualitativa del lavoro agricolo, nonché di incrementare le capacità di analisi, monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di sfruttamento dei lavoratori nell'agricoltura;
la legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo» ha introdotto norme per garantire una maggiore efficacia all'azione di prevenzione e contrasto, con significative modifiche al quadro vigente, prevedendo la repressione penale del caporalato, la tutela delle vittime e dei lavoratori agricoli;
il più recente rapporto «Agromafie e caporalato», pubblicato nel 2022 dall'osservatorio Placido Rizzotto del sindacato CGIL, stima che nei campi italiani vengano sfruttate circa 230mila persone, un quarto di tutti i braccianti. Dallo studio emerge che il lavoro irregolare ha un'incidenza elevata soprattutto in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio, dove si stima che oltre il 40 per cento dei lavoratori abbia un contratto irregolare oppure non abbia proprio un contratto. In molte regioni del Nord il tasso di irregolarità è solo leggermente più basso, tra il 20 e il 30 per cento;
appare evidente che l'impianto legislativo attuale necessiti, per essere efficace, di appositi finanziamenti per promuovere una completa applicazione delle norme presenti,
impegna il Governo:
a stanziare appositi finanziamenti al fine di promuovere il raggiungimento degli obiettivi e di rafforzare le finalità previste dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo», destinando tali risorse prioritariamente a:
1) promuovere una maggiore capillarità dei controlli nei territori e nelle aziende anche attraverso una efficace collaborazione e interazione tra gli organismi competenti e le Forze dell'ordine coinvolte;
2) potenziare l'operatività della Rete del lavoro agricolo di qualità, quale strumento fondamentale di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura, attraverso l'istituzione e il finanziamento di apposite sezioni territoriali;
3) rafforzare il Piano di interventi per l'accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali prevedendo in particolare convenzioni per l'introduzione del servizio di trasporto gratuito, l'attivazione di presidi medico-sanitari mobili, la disponibilità di immobili demaniali o confiscati alla mafia quale presidi in caso di necessità di gestione delle esigenze e delle emergenze connesse all'accoglienza, il potenziamento delle attività di tutela e informazione ai lavoratori; l'istituzione di corsi di lingua italiana per i lavoratori stranieri.
9/1946/20. Scotto, Vaccari, Forattini, Gribaudo, Guerra, Marino, Romeo, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame «conversione del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale» presenta all'articolo 2 disposizioni in materia di contrasto del fenomeno del caporalato;
nello specifico l'articolo 2-ter, al comma 1, modifica l'articolo 7, comma 2 del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, rafforza l'attività di controllo in materia di prevenzione e di contrasto al caporalato, allo sfruttamento lavorativo e al lavoro sommerso e irregolare e l'articolo 2-quater prevede l'istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Sistema informativo per la lotta al caporalato nell'agricoltura, avente le finalità di promuovere la strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato, di favorire l'evoluzione qualitativa del lavoro agricolo, nonché di incrementare le capacità di analisi, monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di sfruttamento dei lavoratori nell'agricoltura;
la legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo» ha introdotto norme per garantire una maggiore efficacia all'azione di prevenzione e contrasto, con significative modifiche al quadro vigente, prevedendo la repressione penale del caporalato, la tutela delle vittime e dei lavoratori agricoli;
il più recente rapporto «Agromafie e caporalato», pubblicato nel 2022 dall'osservatorio Placido Rizzotto del sindacato CGIL, stima che nei campi italiani vengano sfruttate circa 230mila persone, un quarto di tutti i braccianti. Dallo studio emerge che il lavoro irregolare ha un'incidenza elevata soprattutto in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio, dove si stima che oltre il 40 per cento dei lavoratori abbia un contratto irregolare oppure non abbia proprio un contratto. In molte regioni del Nord il tasso di irregolarità è solo leggermente più basso, tra il 20 e il 30 per cento;
appare evidente che l'impianto legislativo attuale necessiti, per essere efficace, di appositi finanziamenti per promuovere una completa applicazione delle norme presenti,
impegna il Governo:
a valutare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, l'opportunità di stanziare appositi finanziamenti al fine di promuovere il raggiungimento degli obiettivi e di rafforzare le finalità previste dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo», destinando tali risorse prioritariamente a:
1) promuovere una maggiore capillarità dei controlli nei territori e nelle aziende anche attraverso una efficace collaborazione e interazione tra gli organismi competenti e le Forze dell'ordine coinvolte;
2) potenziare l'operatività della Rete del lavoro agricolo di qualità, quale strumento fondamentale di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura, attraverso l'istituzione e il finanziamento di apposite sezioni territoriali;
3) rafforzare il Piano di interventi per l'accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali prevedendo in particolare convenzioni per l'introduzione del servizio di trasporto gratuito, l'attivazione di presidi medico-sanitari mobili, la disponibilità di immobili demaniali o confiscati alla mafia quale presidi in caso di necessità di gestione delle esigenze e delle emergenze connesse all'accoglienza, il potenziamento delle attività di tutela e informazione ai lavoratori; l'istituzione di corsi di lingua italiana per i lavoratori stranieri.
9/1946/20. (Testo modificato nel corso della seduta)Scotto, Vaccari, Forattini, Gribaudo, Guerra, Marino, Romeo, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame presenta agli articoli 2-ter e 2-quater disposizioni in materia di contrasto del fenomeno del caporalato;
è necessaria una nuova strategia in materia di tutela del lavoro e della sicurezza che vada oltre i limiti dei recenti interventi legislativi proposti dal Governo, o misure di vecchia data illogiche come la Bossi-Fini, basata sui flussi programmati e sul presupposto che un datore di lavoro possa realisticamente stabilire un rapporto di collaborazione lavorativa con un lavoratore mai incontrato;
la legge 29 ottobre 2016, n. 199, ha disposto, nell'ambito della rete del lavoro agricolo di qualità la sua articolazione in sezioni territoriali e l'attribuzione alla Cabina di regia del compito di definire appositi indici di coerenza del comportamento aziendale strettamente correlati alle caratteristiche della produzione agricola del territorio;
mentre si registra un notevole ritardo nella diffusione e reale operatività delle sezioni territoriali in tanta parte del territorio nazionale, a tutt'oggi non risultano adottati i suddetti indici di coerenza;
i suddetti indici, laddove rafforzati nella loro cogenza, ad esempio facendoli assurgere a requisito per l'accesso ai benefici pubblici, rappresenterebbero un formidabile deterrente rispetto a pratiche di grave sfruttamento che caratterizzano alcune realtà del settore agricolo,
impegna il Governo
ad adottare misure al fine di definire una nuova e credibile strategia di contrasto del lavoro irregolare e del grave sfruttamento in agricoltura, favorendo in particolare un sollecito completamento delle citate articolazioni territoriali della Cabina di regia, nonché l'elaborazione degli indici di coerenza di cui all'articolo 6, comma 4-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91.
9/1946/21. Guerra, Vaccari, Forattini, Gribaudo, Marino, Romeo, Scotto, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame presenta agli articoli 2-ter e 2-quater disposizioni in materia di contrasto del fenomeno del caporalato;
la legge 29 ottobre 2016, n. 199, ha disposto, nell'ambito della rete del lavoro agricolo di qualità la sua articolazione in sezioni territoriali e l'attribuzione alla Cabina di regia del compito di definire appositi indici di coerenza del comportamento aziendale strettamente correlati alle caratteristiche della produzione agricola del territorio;
mentre si registra un notevole ritardo nella diffusione e reale operatività delle sezioni territoriali in tanta parte del territorio nazionale, a tutt'oggi non risultano adottati i suddetti indici di coerenza;
i suddetti indici, laddove rafforzati nella loro cogenza, ad esempio facendoli assurgere a requisito per l'accesso ai benefici pubblici, rappresenterebbero un formidabile deterrente rispetto a pratiche di grave sfruttamento che caratterizzano alcune realtà del settore agricolo,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare misure al fine di definire una nuova e credibile strategia di contrasto del lavoro irregolare e del grave sfruttamento in agricoltura, favorendo in particolare un sollecito completamento delle citate articolazioni territoriali della Cabina di regia, nonché l'elaborazione degli indici di coerenza di cui all'articolo 6, comma 4-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91.
9/1946/21. (Testo modificato nel corso della seduta)Guerra, Vaccari, Forattini, Gribaudo, Marino, Romeo, Scotto, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame presenta alcune misure finalizzate a sostenere alcune filiere agricole interessate dalla crisi economica;
nel mese di aprile 2023 in molte aree dell'Emilia-Romagna si sono verificate gelate tardive che hanno danneggiato frutta e ortaggi provocando una significativa riduzione della produzione ortofrutticola e mancati redditi per le imprese agricole le quali non hanno beneficiato di risarcimenti derivanti da polizze assicurative e da fondi mutualistici,
impegna il Governo
a consentire alle imprese agricole che hanno subito perdite produttive a causa delle gelate tardive e di altri eventi climatici di accedere agli interventi previsti per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5, commi 2 e 3 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, in deroga all'articolo 5, comma 4, del medesimo decreto legislativo.
9/1946/22. Vaccari, Forattini, Marino, Romeo, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame presenta alcune misure finalizzate a sostenere alcune filiere agricole interessate dalla crisi economica;
nel mese di aprile 2023 in molte aree dell'Emilia-Romagna si sono verificate gelate tardive che hanno danneggiato frutta e ortaggi provocando una significativa riduzione della produzione ortofrutticola e mancati redditi per le imprese agricole le quali non hanno beneficiato di risarcimenti derivanti da polizze assicurative e da fondi mutualistici,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di consentire alle imprese agricole che hanno subito perdite produttive a causa delle gelate tardive e di altri eventi climatici di accedere agli interventi previsti per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5, commi 2 e 3 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, in deroga all'articolo 5, comma 4, del medesimo decreto legislativo.
9/1946/22. (Testo modificato nel corso della seduta)Vaccari, Forattini, Marino, Romeo, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame presenta, all'articolo 4, una serie di modifiche al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198 recante disposizioni in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare;
il settore primario, al pari anche di altri settori, ha subito un aumento dei principali costi di produzione che, in molti casi, non è riuscito ad assorbire interamente, vendendo spesso sotto i costi di produzione, acuendo il già noto squilibrio all'interno della filiera agroalimentare,
impegna il Governo
al fine di assicurare condizioni di trasparenza del mercato e di contrastare l'andamento anomalo dei prezzi nelle filiere agroalimentari in funzione della tutela del consumatore, della leale concorrenza tra gli operatori commerciali e della difesa del made in Italy, ad istituire, presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, una Cabina di regia per il monitoraggio sull'andamento dei costi medi di produzione agricola e dei prezzi medi all'origine.
9/1946/23. Peluffo, Vaccari, Forattini, Marino, Romeo, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame presenta alcune misure di contenimento e contrasto alla diffusione della PSA;
gli indennizzi per gli agricoltori per il risarcimento dei danni da ungulati sono limitati e insufficienti e inoltre vi è la beffa che l'indennizzo viene erogato, se riconosciuto, solamente dopo 2-3 anni;
servono misure adeguate per dare risposte alle decine di migliaia di aziende che vedono ogni giorno il proprio lavoro cancellato da 2,3 milioni di cinghiali proliferati senza alcun controllo che mettono a rischio anche la sicurezza dei cittadini,
impegna il Governo
a istituire presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste un Fondo finalizzato alla concessione di contributi a fondo perduto in favore delle imprese del settore agricolo e zootecnico che hanno subito danni provocati dalla fauna selvatica.
9/1946/24. Marino, Vaccari, Forattini, Romeo, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 prevede la nomina fino al 31 dicembre 2026, di un Commissario straordinario nazionale per l'adozione di interventi urgenti volti a contenere e contrastare il fenomeno della diffusione della specie invasiva del granchio blu;
il granchio blu ha causato sino a oggi danni per 100 milioni di euro ai pescatori italiani, devastando gli allevamenti di vongole e cozze ma facendo piazza pulita anche di ostriche, telline, altri crostacei e pesci come sogliole e cefali, per un conto che rischia di raddoppiare se non verranno presi provvedimenti per fermare l'invasione del killer dei mari,
impegna il Governo
al fine di contenere il fenomeno della diffusione della specie granchio blu e di impedire l'aggravamento dei danni inferti all'economia del settore ittico a prevedere adeguati stanziamenti a favore dei consorzi e delle imprese di acquacoltura e della pesca che provvedono alla cattura e allo smaltimento della predetta specie.
9/1946/25. Romeo, Vaccari, Marino, Forattini, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
l'agrumicoltura è una delle eccellenze italiane e soprattutto la coltivazione del limone è un settore ad alto valore aggiunto in cui l'Italia è protagonista in Europa. Tuttavia il settore sta vivendo momenti di grave difficoltà a causa della diffusione di Plenodomus tracheiphilus, un fungo tracheomicotico che sviluppandosi a scapito delle piante di limone ne causa il disseccamento;
la diffusione verificata di «mal secco del limone» delle costiere amalfitana e sorrentina, patrimonio UNESCO, e della conseguente perdita sia economica che di biodiversità richiede misure urgenti di contrasto e contenimento della diffusione della malattia che sino ora ha compromesso il 25 per cento della superficie dei limoneti,
impegna il Governo
ad assicurare indennizzi rapidi e adeguati agli imprenditori agricoli o alle associazioni fondiarie costituite che hanno subito danni dalla diffusione del mal secco del limone e ad adottare tempestivamente misure destinate all'espianto e al reimpianto dei limoneti compromessi, unitamente a un piano di monitoraggio epidemiologico e all'adozione di pratiche agronomiche utili a limitare la ulteriore diffusione del patogeno.
9/1946/26. De Luca, Vaccari, Zinzi.
La Camera,
premesso che:
l'agrumicoltura è una delle eccellenze italiane e soprattutto la coltivazione del limone è un settore ad alto valore aggiunto in cui l'Italia è protagonista in Europa. Tuttavia il settore sta vivendo momenti di grave difficoltà a causa della diffusione di Plenodomus tracheiphilus, un fungo tracheomicotico che sviluppandosi a scapito delle piante di limone ne causa il disseccamento;
la diffusione verificata di «mal secco del limone» delle costiere amalfitana e sorrentina, patrimonio UNESCO, e della conseguente perdita sia economica che di biodiversità richiede misure urgenti di contrasto e contenimento della diffusione della malattia che sino ora ha compromesso il 25 per cento della superficie dei limoneti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di utilizzare gli strumenti di emergenza a disposizione a favore degli imprenditori agricoli e delle associazioni fondiarie che hanno subito danni dalla diffusione del mal secco del limone.
9/1946/26. (Testo modificato nel corso della seduta)De Luca, Vaccari, Zinzi.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge all'esame dell'Assemblea, contiene disposizioni urgenti in materia di lavoro agricolo. L'articolo 2-bis introdotto in sede di esame al Senato prevede disposizioni in materia di ammortizzatori sociali. In particolare, il comma 1, dispone in merito alle sospensioni o riduzioni di attività lavorative per fronteggiare le situazioni climatiche eccezionali;
diverse sedi territoriali dell'INPS hanno espresso il diniego alle domande relative alla concessione della CIGO formulate dalle imprese edili per i propri dipendenti in ragione delle intemperie stagionali. La ragione del diniego addotta, quanto meno per i territori montani, consiste nella prevedibilità delle invocate intemperie stagionali. La circostanza, tuttavia, seppur contrasta con gli obblighi previsti per le imprese nei contratti pubblici laddove non è prevista una sospensione preventiva dei lavori, ma eventuali sospensioni, vengono imposte dal direttore dei lavori, anche per ragioni di sicurezza, di volta in volta oppure allorché, a prescindere da eventuali sospensioni dei lavori le temperature rigide o le precipitazioni, anche nevose, non consentono l'esecuzione dei lavori. La conseguenza evidente è che le imprese non possono prevedere a priori le interruzioni delle lavorazioni, ma alle stesse è diniegata la domanda di CIGO proprio per una invocata (ma in realtà inesistente) prevedibilità;
è necessario, pertanto, modificare la normativa vigente per consentire alle imprese del settore edile, di contro, di poter effettivamente beneficiare della cassa integrazione guadagni ordinaria laddove vi sia un'effettiva impossibilità di attendere alle lavorazioni in ragione delle intemperie stagionali, forse prevedibili, ma non certo programmabili. Proprio perché la situazione descritta in premessa comporta problematiche tali da metterne in serio pericolo la sopravvivenza, risulta evidente e non più rinviabile, anche a tutela delle imprese edili dei territori montani che caratterizzano gran parte del nostro Paese (in particolare la regione Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e di Bolzano), la necessità di consentire alle suddette imprese di beneficiare di un'opportunità per la quale versano costantemente il proprio contributo (con costi ulteriori per il lavoro), senza la necessaria contropartita in termini di ammortizzatori sociali;
il Governo, con l'approvazione dell'ordine del giorno Manes (n. 9/1364/1) nella seduta del 12 settembre 2023, si era impegnato nel senso di attribuire la CIGO ai lavoratori delle imprese edili in caso di sospensione dei lavori dovuti a eventi transitori e non imputabili alle imprese, incluse le intemperie stagionali, in quanto risulta esclusa per l'impresa e per i dipendenti la responsabilità per negligenza o imperizia,
impegna il Governo
ad assumere iniziative disposizioni normative dirette a garantire la cassa integrazione ordinaria ai dipendenti delle imprese edili che operano nelle regioni montane, come la Valle d'Aosta o le province autonome di Trento e di Bolzano, in caso di sospensione dei lavori dovuti a eventi transitori e non imputabili all'impresa, incluse le intemperie stagionali.
9/1946/27. Manes, Steger, Schullian, Gebhard.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del provvedimento in esame reca misure finanziarie per assicurare la continuità operativa degli impianti ex Ilva inadeguate ad affrontare una delle principali crisi industriali del nostro Paese;
la situazione di Acciaierie d'Italia è drammatica. La produzione è in costante calo, crescono i lavoratori in cassa integrazione, non c'è liquidità. Un disastro annunciato che necessitava di un cambio di gestione immediato venti mesi fa e di investimenti da parte di un vero e proprio socio industriale,
impegna il Governo
al fine di fronteggiare il complesso delle problematiche relative agli stabilimenti siderurgici ex Ilva, ad istituire, presso il Ministero delle imprese e del made in Italy un Tavolo istituzionale con la partecipazione di rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero delle imprese e del made in Italy, del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero della salute, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministro per gli affari europei, il sud, le politiche di coesione e il PNRR, delle istituzioni territoriali e locali, nonché dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e delle imprese, ivi comprese quelle dell'indotto, finalizzato all'individuazione e alla valutazione dei soggetti presenti sul mercato intenzionati ad acquisire il controllo e ad investire negli stabilimenti siderurgici ex Ilva sulla base di un apposito Piano industriale compatibile con gli obiettivi di rilancio occupazionale e industriale, di sostenibilità ambientale della produzione dell'acciaio, di attuazione degli interventi di risanamento e tutela ambientale, di tutela della salute e di attuazione delle misure di igiene e sicurezza del lavoro, e che risponda all'interesse strategico del Paese e dei territori sede degli stabilimenti.
9/1946/28. Ubaldo Pagano, Lacarra, Vaccari, L'Abbate.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del provvedimento in esame reca misure finanziarie per assicurare la continuità operativa degli impianti ex Ilva inadeguate ad affrontare una delle principali crisi industriali del nostro Paese;
l'impianto è noto da diversi decenni per il suo impatto ambientale negativo, con notevoli emissioni di vari inquinanti che interessano vaste aree, anche densamente popolate come la stessa città di Taranto. Taranto e i comuni circostanti sono inclusi nella lista dei siti di interesse nazionale per la contaminazione ambientale individuati dal Governo,
impegna il Governo
ad assumere iniziative normative volte a modificare l'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di ricomprendere anche gli impianti siderurgici e industriali dichiarati di interesse strategico nazionale, tra quegli impianti che devono essere obbligatoriamente sottoposti a valutazione di impatto sanitario in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute.
9/1946/29. Lacarra, Ubaldo Pagano, Vaccari, Pavanelli.
La Camera,
premesso che:
la perdurante crisi causata dal continuo proliferare del granchio blu, e le conseguenti perdite economiche devastanti che il comparto imprenditoriale della pesca ha subìto nel 2023, sta continuando nel corso del 2024;
la maggior parte delle perdite si sono registrate proprio nel corso dell'anno 2024, e non nell'anno 2023, arrivando a un calo della produzione di oltre il 70 per cento rispetto all'anno precedente;
per tali ragioni, e col fine di fornire un concreto sostegno alle imprese della pesca, si ritiene necessario estendere per ulteriori dodici mesi la possibilità di usufruire dello strumento della sospensione,
impegna il Governo
a valutare l'adozione di iniziative normative volte a estendere di ulteriori 12 mesi, per un totale di 24, la possibilità per le imprese del settore ittico di utilizzare lo strumento della sospensione previsto dall'articolo 1, comma 2.
9/1946/30. Gadda, Faraone, De Monte, Del Barba, Marattin, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 3, è stato introdotto il comma 5-bis che prevede misure normative anche in tema di ricerca e sperimentazione;
inoltre, l'articolo 1, comma 9-bis, interviene in materia di genetica agraria;
i temi della scienza e del riconoscimento del diritto di ogni individuo a partecipare dei benefici della ricerca scientifica sono ormai considerati dei diritti umani fondamentali;
la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 e che oggi viene a tutti gli effetti considerata parte dei principi del diritto internazionale, al suo articolo 27 statuisce che ogni individuo ha il diritto di partecipare e godere dei benefici derivanti dal progresso scientifico;
l'articolo 9 della Costituzione stabilisce che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»;
il 13 maggio 2024 presso l'Azienda Agricola Radice Fossati a Mezzana Bigli (Pavia) è stata avviata la prima sperimentazione italiana fuori dal laboratorio di piante di riso con Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea) uno studio portato avanti dal 2017 dal Dipartimento di scienze agrarie e ambientali congiuntamente con il Dipartimento di bioscienze assieme al gruppo di ricerca di Fabio Fornara, docente di Botanica Generale dell'Università Statale di Milano;
le piante messe a dimora sono di riso geneticamente editate con le tecniche CRISPR e risultano resistenti ai parassiti come il brusone senza la necessità di ricorrere a fitofarmaci;
la sperimentazione a campo aperto è stata salutata dalla comunità scientifica e da riviste specializzate di settore italiane e internazionali come un importante contributo alla ricerca biotecnologica vegetale che ha in prospettiva enormi potenziali di rafforzamento e di tutela di un prodotto tipico nazionale, il riso, che potrebbe così confermare grande resilienza a patogeni esterni;
nella notte tra il 20 e il 21 giugno quel campo sperimentale è stato parzialmente distrutto da ignoti;
la sperimentazione ha potuto avere luogo grazie ad una autorizzazione da parte del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica concessa in deroga alla normativa attualmente in vigore (decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, che ha recepito la direttiva UE 18/2001);
il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, concerne solamente i classici organismi geneticamente modificati (OGM) e la deroga (in scadenza a dicembre 2024) alla norma non attenua la necessaria analisi d'impatto ambientale, di tutela degli ecosistemi, della salute umana o animale, al contrario rimuove, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, un espediente giuridico introdotto per vietare tutte le sperimentazioni in campo aperto rinviandole alla redazione di protocolli sperimentali diversi per ogni tipo di pianta e che non sono mai stati né scritti né approvati sin dal gennaio 2005;
l'inerzia nell'elaborazione di tali protocolli ha fatto sì che nessuna sperimentazione in campo aperto potesse avere luogo negli ultimi vent'anni,
impegna il Governo:
a garantire che siano tutelate quelle iniziative di ricerca che hanno ottenuto il via libera dal Ministero affinché non siano soggette ad attacchi e danneggiamenti;
a prolungare la deroga alla normativa di cui al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 concessa per quella tipologia di coltivazione estendendola ad altre sperimentazioni in corso e in particolare a quelle che impiegano le tecniche di CRISPR-Cas9;
ad adottare iniziative organiche sull'intera normativa, anche con le dovute interlocuzioni a livello europeo, che ha oggi superato i vent'anni di età e rischia di non rispondere alle necessità non solo della ricerca scientifica che ha progredito in maniera sostanziale dal 2003, ma anche del comparto agroalimentare che necessita della sinergia con i centri di studio e ricerca nonché con le università per prepararsi al meglio a rispondere alle future sfide.
9/1946/31. Magi, Della Vedova.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 3, è stato introdotto il comma 5-bis che prevede misure normative anche in tema di ricerca e sperimentazione;
inoltre, l'articolo 1, comma 9-bis, interviene in materia di genetica agraria;
i temi della scienza e del riconoscimento del diritto di ogni individuo a partecipare dei benefici della ricerca scientifica sono ormai considerati dei diritti umani fondamentali;
la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 e che oggi viene a tutti gli effetti considerata parte dei principi del diritto internazionale, al suo articolo 27 statuisce che ogni individuo ha il diritto di partecipare e godere dei benefici derivanti dal progresso scientifico;
l'articolo 9 della Costituzione stabilisce che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»;
il 13 maggio 2024 presso l'Azienda Agricola Radice Fossati a Mezzana Bigli (Pavia) è stata avviata la prima sperimentazione italiana fuori dal laboratorio di piante di riso con Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea) uno studio portato avanti dal 2017 dal Dipartimento di scienze agrarie e ambientali congiuntamente con il Dipartimento di bioscienze assieme al gruppo di ricerca di Fabio Fornara, docente di Botanica Generale dell'Università Statale di Milano;
le piante messe a dimora sono di riso geneticamente editate con le tecniche CRISPR e risultano resistenti ai parassiti come il brusone senza la necessità di ricorrere a fitofarmaci;
la sperimentazione a campo aperto è stata salutata dalla comunità scientifica e da riviste specializzate di settore italiane e internazionali come un importante contributo alla ricerca biotecnologica vegetale che ha in prospettiva enormi potenziali di rafforzamento e di tutela di un prodotto tipico nazionale, il riso, che potrebbe così confermare grande resilienza a patogeni esterni;
nella notte tra il 20 e il 21 giugno quel campo sperimentale è stato parzialmente distrutto da ignoti;
la sperimentazione ha potuto avere luogo grazie ad una autorizzazione da parte del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica concessa in deroga alla normativa attualmente in vigore (decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, che ha recepito la direttiva UE 18/2001),
impegna il Governo:
a garantire che siano tutelate quelle iniziative di ricerca che hanno ottenuto il via libera dal Ministero affinché non siano soggette ad attacchi e danneggiamenti;
a prolungare la deroga alla normativa di cui al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 concessa per quella tipologia di coltivazione estendendola ad altre sperimentazioni in corso e in particolare a quelle che impiegano le tecniche di CRISPR-Cas9;
ad adottare iniziative organiche sull'intera normativa, anche con le dovute interlocuzioni a livello europeo, che ha oggi superato i vent'anni di età e rischia di non rispondere alle necessità non solo della ricerca scientifica che ha progredito in maniera sostanziale dal 2003, ma anche del comparto agroalimentare che necessita della sinergia con i centri di studio e ricerca nonché con le università per prepararsi al meglio a rispondere alle future sfide.
9/1946/31. (Testo modificato nel corso della seduta)Magi, Della Vedova.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'assemblea reca la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale;
in particolare l'articolo 2-quater prevede disposizioni urgenti in materia di Sistema informativo per la lotta al caporalato nell'agricoltura mentre l'articolo 2-quinquies reca disposizioni urgenti in materia di Banca dati degli appalti in agricoltura,
impegna il Governo:
a prevedere, anche attraverso un successivo intervento normativo, iniziative volte a:
a) permettere che il Tavolo sul caporalato operi in modo permanente e strutturato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla filiera agroalimentare;
b) che per lo svolgimento delle sue funzioni istituzionali, il medesimo Tavolo si avvalga del supporto di una segreteria costituita nell'ambito delle ordinarie risorse umane e strumentali della Direzione generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro;
c) garantire la partecipazione dei rappresentanti delle associazioni della grande distribuzione organizzata del settore agroalimentare al Tavolo;
d) istituire una banca dati «Lavoro in agricoltura» presso i Centri per l'impiego al fine di garantire l'inserimento o il reinserimento della persona nel mercato del lavoro del settore favorendo l'incontro tra la domanda di lavoro espressa dalle imprese del settore e l'offerta;
e) organizzare una Conferenza pubblica annuale sulla filiera agroalimentare in Italia;
f) regolarizzare le lavoratrici e i lavoratori impegnati nella filiera agroalimentare attraverso una procedura di emersione del lavoro irregolare per sottrarli al caporalato e allo sfruttamento.
9/1946/32. Soumahoro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento in esame reca una serie di misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche;
l'emergenza idrica in Sicilia è grave. I primi segnali a gennaio scorso erano inquietanti; poi, a febbraio e marzo si è dichiarata la situazione di crisi regionale nell'agricoltura e nell'idropotabile. Il 6 maggio 2024 è stata chiesta e ottenuta l'emergenza nazionale;
di fatto, l'acqua in Sicilia sta lentamente diminuendo, man mano che si consuma e non piove: addirittura evapora con il gran caldo. Gli invasi sono al 25 per cento ed entro il corrente mese di luglio la situazione potrebbe peggiorare. «Sono ai minimi storici»: queste le parole del capo Dipartimento della Protezione Civile e della cabina di regia per l'emergenza siccità in Sicilia, Salvo Cocina. Lo stesso dichiara che sull'irriguo la partita è persa in partenza, i bacini per l'idropotabile hanno gravi problemi di esaurimento;
la crisi idrica che la Sicilia sta attraversando da mesi, destinata ad aggravarsi a fronte di scenari preoccupanti, impone l'adozione, in via prioritaria, di iniziative che consentano di destinare urgentemente consistenti risorse alla manutenzione e al risanamento delle infrastrutture idriche;
la rete idrica siciliana presenta infatti un tasso di dispersione enorme, pari al 52,5 per cento dell'acqua immessa nella rete;
come documentato nella 2a Relazione del Commissario straordinario nazionale alla Cabina di regia, in relazione agli invasi, la Sicilia ha registrato un deficit del 33 per cento del livello totale degli invasi rispetto ai livelli medi nazionali del periodo che impone la necessità di una riprogrammazione delle risorse per recuperare il divario;
secondo il XIX Rapporto sul servizio idrico integrato dell'Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, la fornitura irregolare del servizio, oltre alle problematiche di accesso al servizio, incide negativamente in molti casi anche sui livelli di fiducia dei cittadini nei confronti dell'acqua di rubinetto, come si può evincere dal grafico sottostante nel quale sono riportati i valori dei due indicatori misurati dall'Istat per l'anno 2022. Ovviamente risaltano in modo particolare i dati della Sicilia dove a fronte del 33 per cento di famiglie che lamenta irregolarità nella fornitura del servizio il 62 per cento non si fida a bere acqua di rubinetto;
la situazione descritta richiede interventi urgenti e strutturali; appare indispensabile e non derogabile aumentare gli investimenti nelle infrastrutture idriche per riparare e ammodernare le tubature, ridurre la dispersione dell'acqua e migliorare la qualità del servizio;
la situazione di emergenza richiede interventi a tutela della popolazione civile, soprattutto dei soggetti fragili quali anziani e bambini, ai quali manca l'acqua;
appare altresì evidente l'esigenza di garantire una corretta ed efficiente gestione del ciclo delle acque in Sicilia, sia attraverso il miglioramento della governance che si è rivelata pressoché fallimentare negli ultimi decenni, sia attraverso l'impiego di risorse per realizzare le infrastrutture necessarie ad assicurare un'adeguata fornitura di acqua a tutti i cittadini siciliani;
la salvaguardia delle risorse idriche e la gestione efficace, efficiente e sostenibile dei servizi idrici rientrano tra gli obiettivi del PNRR, il quale rappresenta un'opportunità irrinunciabile per rafforzare la resilienza del sistema idrico, considerati i cambiamenti climatici in corso, rendendo i processi più efficienti, soprattutto nei territori che presentano una maggiore vulnerabilità a situazioni di criticità idrica come la Calabria;
considerato che:
rispetto a questa situazione di lesione di un diritto umano universale com'è quello dell'accesso all'acqua potabile – soprattutto rispetto ai soggetti fragili (si pensi solo ai degenti in ospedali) –, di pericolo attuale per la popolazione (si pensi agli incendi), di blocco delle attività produttive e loro fallimento, la cronaca riporta notizie di una popolazione civile esasperata, che cerca acqua con tutti i mezzi che può, anche illegali, tramite le autobotti private che sono vietate, perché le fonti sono state requisite e ci sono gravi problemi di ordine pubblico – come si è verificato nei giorni scorsi a Canicattì o anche a Licata, dove la situazione è gravissima, con terreni agricoli desertificati, bestiame che muore di sete e turisti che scappano;
questo pare, ad avviso della firmataria del presente atto d'indirizzo, l'anticipo della cosiddetta autonomia differenziata posto che, se col presente atto ci si rivolge al Governo, in futuro l'azione della Protezione civile diventerebbe materia in cui ogni regione potrà chiedere di fare da sé e, pertanto, solo le amministrazioni che avranno le risorse potranno proteggere la loro popolazione,
impegna il Governo
ad adottare, con urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e con un'azione coordinata a livello regionale, tutte le misure necessarie e ogni sostegno possibile, anche attraverso adeguati finanziamenti e in sinergia con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), affinché si sopperisca ai bisogni idrici del comparto agricolo e zootecnico, da un lato evitando la perdita delle colture e la morte del bestiame, dall'altro scongiurando ricadute negative sull'ambiente e sui livelli occupazionali.
9/1946/33. Carmina, Barbagallo, Provenzano, Morfino, Piccolotti, Marino, L'Abbate, Raffa, D'Orso, Bonelli, Carotenuto, Gallo.
La Camera,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di assumere, compatibilmente con il quadro di finanza pubblica e i vincoli di bilancio, ogni ulteriore iniziativa ritenuta necessaria per fronteggiare la crisi idrica in atto nel territorio della regione siciliana.
9/1946/33. (Testo modificato nel corso della seduta)Carmina, Barbagallo, Marino, Morfino, L'Abbate, D'Orso, Raffa, Bonelli, Provenzano, Carotenuto, Gallo, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
l'andamento climatico di questa estate con assenza di precipitazioni ed elevate temperature sta determinando gravi danni al settore agricolo della Basilicata pregiudicando colture e raccolti;
nel corso dello scorso inverno e dell'ultima primavera il crollo medio delle precipitazioni su territorio lucano ha superato il 40 per cento con una minore capacità di raccolta di acqua negli invasi quantificata con un meno 200 milioni di metri cubi di acqua disponibile rispetto all'anno precedente;
particolarmente critica è la situazione degli invasi di Monte Cotugno, il più grande di Europa in terra battuta con 122 milioni di metri cubi di acqua in meno e di San Giuliano con oltre 47 milioni di metri cubi in meno;
oltre al comparto agricolo iniziano ad esservi difficoltà anche per gli usi civili;
diversi comuni della fascia jonica a partire da Pisticci, Policoro, Montalbano Jonico hanno già chiesto formalmente alle istituzioni competenti l'attivazione delle procedure per il riconoscimento dello stato di calamità naturale a causa della siccità in atto;
oltre alla mancanza di piogge ad aggravare la situazione vi è una cronica criticità infrastrutturale legata alla gestione dell'acqua;
sul comparto agricolo le conseguenze sono drammatiche anche in relazione agli insostenibili costi di produzione e le misure contenute nel presente provvedimento non sono affatto di sostegno rispetto alle esigenze in essere;
nonostante la presenza di un commissario straordinario per l'emergenza idrica nominato dal governo circa un anno fa e una serie di interventi annunciati dalla regione Basilicata e dagli enti che hanno la governance della risorsa idrica in Lucania nessun intervento è stato posso in essere;
sono emerse palesi lacune in termine di programmazione e gestione dell'acqua a partire dalle norme legate al nuovo ente creato per legge, Acque sud spa, che ha assunto le competenze dell'ex Eipli, con il PNRR non adeguatamente utilizzato; e con ritardi e incongruenze il cui prezzo ora rischiano di pagarlo imprese e cittadini,
impegna il Governo
ad attivare immediatamente, e comunque non oltre 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del presente decreto, un apposito tavolo di crisi per la Basilicata, con la partecipazione degli enti locali e delle organizzazioni di categoria, al fine di dichiarare lo stato di calamità a causa della siccità in essere e adottare ogni provvedimento utile per sostenere il comparto agricolo, nonché per affrontare l'emergenza idrica predisponendo un piano di interventi sulla rete e sulle infrastrutture idriche anche in considerazione dell'oggettivo mutamento climatico in atto.
9/1946/34. Amendola, Lomuti.
La Camera,
premesso che:
da diversi anni il nostro Paese è chiamato ad affrontare situazioni di siccità che condizionano pesantemente le risorse idriche dell'intera penisola. È, quindi, di tutta evidenza, la necessità di sviluppare un approccio sistemico e integrato per una strategia idrica nazionale che abbia come obiettivo non solo l'accumulo per affrontare i periodi di carenza, ma soprattutto la ricerca di soluzioni in termini di ottimizzazione, riduzione e gestione della risorsa idrica;
l'articolo 11 del decreto in esame reca una serie di misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche;
tra i vari strumenti possibili per la gestione dell'emergenza idrica, le vasche di accumulo dell'acqua piovana costituiscono una soluzione significativa per mitigare gli effetti della siccità e garantire una gestione scrupolosa e sostenibile delle risorse idriche. Queste, inoltre, possono ricoprire un ruolo significativo anche nella sostenibilità ambientale contribuendo a ridurre la domanda di acqua potabile per usi non potabili, a conservare le risorse idriche dolci, a proteggere gli ecosistemi acquatici sensibili ma anche a limitare il rischio di allagamenti e l'erosione del suolo. Di fatto, l'intero processo di raccolta e utilizzo di grandi quantità d'acqua che potrebbero andare disperse, aiuta a mitigare l'impatto della siccità su territorio, cittadini e imprese;
secondo i dati dell'Associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi), servirebbero oltre 2.000 nuovi invasi, oltre alla pulizia di quelli esistenti: in Italia, infatti, solamente l'11,3 per cento dell'acqua piovana viene immagazzinata, con un conseguente spreco di un enorme potenziale, e gli invasi hanno una età media di sessant'anni e solo il 70 per cento è in funzione (dati Anbi e Coldiretti);
la realizzazione nuove vasche di raccolta, nonché il potenziamento di quelle già esistenti, comporterebbe notevoli benefici a contrasto di tale emergenza essendo interventi con costi contenuti e con un ampio potenziale risolutivo non solo per il settore agricolo ma anche per la difesa del territorio da eventi climatici estremi come gli incendi,
impegna il Governo
a prevedere un piano, di durata almeno triennale e in coordinamento con gli enti locali, per la gestione e il potenziamento di vasche di accumulo dell'acqua piovana nonché per la costruzione di ulteriori sistemi di accumulo.
9/1946/35. Ruffino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del decreto-legge all'esame, introduce una serie di modifiche al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198, recante disposizioni in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare; in particolare interviene in merito alle definizioni di «costo di produzione» e «costo medio di produzione», nonché viene specificato, nell'ambito dei principi ed elementi essenziali dei contratti di cessione, che i prezzi dei beni forniti devono tenere conto dei costi di produzione;
l'articolo 2, comma 1, lettera b) del suddetto decreto legislativo definisce «acquirente» qualsiasi persona fisica o giuridica, indipendentemente dal luogo di stabilimento di tale persona, o qualsiasi autorità pubblica ricompresa nell'Unione europea che acquista prodotti agricoli e alimentari; il termine «acquirente» può includere un gruppo di tali persone fisiche e giuridiche;
i soci conferiscono tutto il prodotto alla cooperativa, che, per contropartita, si obbliga a ritirare tutto quanto le viene conferito per venderlo, alle migliori condizioni di mercato;
dopo che si prende atto del totale dei ricavi realizzati per ciascuna tipologia di prodotto conferito, vengono calcolati i costi diretti e indiretti e le spese generali. L'importo così ottenuto viene sottratto all'ammontare dei ricavi, ottenendo l'importo da ripartire fra i conferimenti, distinti per quantità e qualità dei prodotti;
però, all'atto pratico, questo comporta che il socio non può contare su un prezzo prima del conferimento in quanto all'atto del conferimento si ha comunque una valorizzazione provvisoria e parziale, cui corrisponde l'erogazione di un acconto sul prezzo finale definitivo, la determinazione del quale sarà condizionata dall'andamento del mercato al momento della commercializzazione del prodotto;
sarebbe auspicabile che le disposizioni del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198 relative ai contratti di cessione si applichino anche ai soci delle cooperative e delle OP così che i soci possano contare sui prezzi dei beni forniti che tengano conto dei costi di produzione,
impegna il Governo
ad assumere iniziative normative che considerino nella definizione di «acquirente», di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198, anche le cooperative e le OP che ricevono in conferimento i prodotti agricoli e alimentari da parte di imprenditori agricoli e ittici loro soci.
9/1946/36. Davide Bergamini, Pierro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del decreto-legge all'esame, introduce una serie di modifiche al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198, recante disposizioni in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare; in particolare interviene in merito alle definizioni di «costo di produzione» e «costo medio di produzione», nonché viene specificato, nell'ambito dei principi ed elementi essenziali dei contratti di cessione, che i prezzi dei beni forniti devono tenere conto dei costi di produzione;
l'articolo 2, comma 1, lettera b) del suddetto decreto legislativo definisce «acquirente» qualsiasi persona fisica o giuridica, indipendentemente dal luogo di stabilimento di tale persona, o qualsiasi autorità pubblica ricompresa nell'Unione europea che acquista prodotti agricoli e alimentari; il termine «acquirente» può includere un gruppo di tali persone fisiche e giuridiche,
impegna il Governo
ad assumere iniziative normative volte a individuare altri eventuali soggetti che ricevono prodotti agricoli e alimentari da parte di imprenditori agricoli e ittici nella definizione «acquirente», di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198.
9/1946/36. (Testo modificato nel corso della seduta)Davide Bergamini, Pierro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge all'esame, apporta una modifica alla disciplina di cui all'articolo 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e prelievo venatorio, il quale estende il periodo temporale in cui è ammessa l'attività venatoria al cinghiale (Sus Scrofa);
la crescita incontrollata della popolazione della fauna selvatica è divenuta una vera e propria emergenza in tutto il Paese anche sotto il profilo dei rischi di carattere igienico-sanitario legati alla propagazione di epizoozie, come la peste suina africana (PSA), che possono mettere a repentaglio l'intero comparto zootecnico;
la gestione della fauna selvatica è un problema che richiede l'individuazione di soluzioni condivise e di opzioni efficaci per agire in maniera coordinata in tutto il territorio ed effettuare interventi di gestione che consentano di stabilizzare la situazione nel lungo periodo, al fine di salvaguardare le produzioni agricole e agroalimentari, nonché di realizzare un contenimento delle varie specie di fauna selvatica presenti nel territorio nazionale;
sono da ritenersi importanti e apprezzabili le iniziative intraprese dal Governo in materia di controllo faunistico, anche tramite l'avvenuta modifica dell'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
si ritiene che il sistema più qualificato e funzionale per raggiungere la migliore gestione sia la caccia programmata di cui agli articoli 14 e 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, cioè l'attività venatoria disposta tramite i piani faunistici e i calendari venatori regionali;
la legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», non è più adeguata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, a rispondere con efficacia alle attuali esigenze di gestione del patrimonio faunistico del Paese;
è fondamentale, pertanto, intervenire tempestivamente con la modifica della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in quanto la disciplina da essa recata è ormai risalente nel tempo e necessita di un aggiornamento,
impegna il Governo:
ad intraprendere iniziative tese a:
1) dare certezza alla caccia programmata, con particolare riferimento alla necessaria stabilità dei calendari venatori regionali;
2) agevolare una migliore gestione faunistica tramite il superamento dell'esclusività delle forme di caccia, l'equipollenza delle abilitazioni per il prelievo selettivo su tutto il territorio nazionale e un aggiornamento dei vincoli di protezione nei pressi di valichi montani;
3) a recepire gli orientamenti della giurisprudenza della Corte di cassazione, così come indicato dallo stesso Governo in risposta ad un'interrogazione (4-00538) presentata nella corrente legislatura, in merito agli esemplari di fauna selvatica e quelli di fauna allevata, differenziando, anche ai fini dell'utilizzo, le specie di origine selvatica da quelle di allevamento.
9/1946/37. Bruzzone, Carloni, Pierro, Davide Bergamini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del decreto-legge all'esame prevede la nomina, fino al 31 dicembre 2026, di un Commissario straordinario nazionale per l'adozione di interventi urgenti volti a contenere e a contrastare il fenomeno della diffusione della specie invasiva del granchio blu (Callinectes sapidus), viene altresì prevista una struttura a supporto del Commissario straordinario e il contingente di personale ad essa preposto nonché un piano di intervento per la cui attuazione sono assegnati, 1 milione di euro per l'anno 2024, 3 milioni di euro per l'anno 2025 e 6 milioni di euro per il 2026; al Commissario straordinario spetta un compenso nella misura massima di 132.700 euro comprensivi degli oneri a carico dell'amministrazione;
mentre l'articolo 8, commi da 1 a 3, prevede la nomina di un Commissario straordinario nazionale per il contrasto e l'eradicazione sul territorio nazionale della brucellosi bovina, bufalina, ovina e caprina e della tubercolosi bovina e bufalina, specificandone durata dell'incarico, compiti assegnati e prevedendo, altresì, la nomina di un subcommissario;
a differenza del Commissario straordinario per il granchio blu, al commissario straordinario per la brucellosi non spettano compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati ad eccezione dell'eventuale rimborso delle spese;
condividendo pienamente la nomina di un Commissario straordinario nazionale per arrestare il fenomeno della brucellosi bovina, bufalina, ovina e caprina e della tubercolosi bovina e bufalina, che ha danneggiato, ormai da troppi anni, l'economia del comparto, la credibilità dei sistemi regionali di controllo e la salute dei consumatori, e ha determinato migliaia di abbattimenti portando centinaia di aziende al fallimento, a causa dei piani di eradicazione che hanno prodotto risultati fallimentari, non si capisce la ratio secondo la quale al Commissario per il granchio blu è stato concesso un compenso mentre per quello per la brucellosi è stato previsto un mero rimborso spese,
impegna il Governo
a stanziare, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, risorse economiche e strumentali in favore del Commissario straordinario di cui all'articolo 8 del decreto-legge all'esame, per consentire allo stesso di svolgere i compiti ad esso assegnati per completare il processo di eradicazione sul territorio nazionale della malattia.
9/1946/38. Zinzi, Cerreto, Cangiano.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del decreto-legge all'esame prevede la nomina, fino al 31 dicembre 2026, di un Commissario straordinario nazionale per l'adozione di interventi urgenti volti a contenere e a contrastare il fenomeno della diffusione della specie invasiva del granchio blu (Callinectes sapidus), viene altresì prevista una struttura a supporto del Commissario straordinario e il contingente di personale ad essa preposto nonché un piano di intervento per la cui attuazione sono assegnati, 1 milione di euro per l'anno 2024, 3 milioni di euro per l'anno 2025 e 6 milioni di euro per il 2026; al Commissario straordinario spetta un compenso nella misura massima di 132.700 euro comprensivi degli oneri a carico dell'amministrazione;
mentre l'articolo 8, commi da 1 a 3, prevede la nomina di un Commissario straordinario nazionale per il contrasto e l'eradicazione sul territorio nazionale della brucellosi bovina, bufalina, ovina e caprina e della tubercolosi bovina e bufalina, specificandone durata dell'incarico, compiti assegnati e prevedendo, altresì, la nomina di un subcommissario;
a differenza del Commissario straordinario per il granchio blu, al commissario straordinario per la brucellosi non spettano compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati ad eccezione dell'eventuale rimborso delle spese;
condividendo pienamente la nomina di un Commissario straordinario nazionale per arrestare il fenomeno della brucellosi bovina, bufalina, ovina e caprina e della tubercolosi bovina e bufalina, che ha danneggiato, ormai da troppi anni, l'economia del comparto, la credibilità dei sistemi regionali di controllo e la salute dei consumatori, e ha determinato migliaia di abbattimenti portando centinaia di aziende al fallimento, a causa dei piani di eradicazione che hanno prodotto risultati fallimentari, non si capisce la ratio secondo la quale al Commissario per il granchio blu è stato concesso un compenso mentre per quello per la brucellosi è stato previsto un mero rimborso spese,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di stanziare, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, risorse economiche e strumentali in favore del Commissario straordinario di cui all'articolo 8 del decreto-legge all'esame, per consentire allo stesso di svolgere i compiti ad esso assegnati per completare il processo di eradicazione sul territorio nazionale della malattia.
9/1946/38. (Testo modificato nel corso della seduta)Zinzi, Cerreto, Cangiano.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 10 del decreto-legge all'esame prevede che, ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 157 del 1992, la vigilanza venatoria sia affidata alle guardie volontarie delle associazioni venatorie riconosciute, delle associazioni agricole rappresentate nel Cnel e di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata;
l'Unione nazionale cacciatori zona Alpi (UNCZA) ha recentemente promosso uno studio denominato «Progetto Stambecco» che raccoglie tutti gli studi promossi negli ultimi anni nel nostro Paese sulla specie Stambecco;
dalle pagine dello studio emerge come lo stambecco sia una specie ormai ampiamente diffusa sull'arco alpino dove sono stati censiti più di 50.000 capi dei quali ben 15.000 sul versante italiano. Numeri che giustificherebbero l'avvio di una gestione anche venatoria della specie;
a livello europeo, secondo la Direttiva Habitat, lo stambecco, al pari del Camoscio alpino, è una «specie di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione» (Allegato V);
il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 che recepisce la suddetta direttiva, inserisce appunto lo Stambecco tra le specie di interesse comunitario il cui sfruttamento potrebbe essere oggetto di misure di gestione, tuttavia la legge n. 157 del 1992 non lo prevede fra le specie cacciabili e nemmeno fra quelle particolarmente protette;
gli Stati membri possono adottare misure di sfruttamento purché sempre compatibili con un suo stato di conservazione soddisfacente, attraverso l'introduzione di piani di gestione;
da tempo lo stambecco è oggetto di prelievo venatorio da parte di altri Stati dell'arco alpino: peraltro lo stesso è cacciato ormai da alcuni anni nella regione Trentino-Alto Adige, in provincia di Bolzano;
l'ISPRA (allora INFS) ancora nel 2004, e poi anche in seguito, aveva prodotto, su richiesta di UNCZA, un parere circostanziato in cui riteneva assolutamente fattibile l'avvio della gestione venatoria di questo bovide;
ai sensi dell'articolo 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, il passaggio dello stambecco fra le specie cacciabili potrebbe essere attuato attraverso l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste d'intesa con il Ministro dell'ambiente e delle sicurezza energetica, sentito l'ISPRA,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, in accordo e armonia con la normativa europea di settore, e tenendo conto dei vincoli di appartenenza dell'Italia alle organizzazioni internazionali di tutela della fauna e degli habitat naturali, in particolare di quelli montani, di inserire lo stambecco fra le specie cacciabili di cui all'articolo 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157,, al fine di provvedere ad una sua corretta e utile gestione venatoria, anche attraverso l'introduzione di piani di gestione.
9/1946/39. Coin, Bruzzone, Pierro.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge all'esame, agli articoli 6 e 10, prevede disposizioni in materia di protezione della fauna selvatica e del prelievo venatorio;
il decreto ministeriale del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste n. 10928 del 10 gennaio 2024 prevede criteri e modalità di attribuzione delle risorse, nella misura di 400 mila euro per l'anno 2023 a favore delle Aziende faunistico venatorie e Agrituristico venatorie situate nei comuni interessati dai danni verificatisi nel periodo tra 13 gennaio e il 31 dicembre 2022 a seguito della comparsa della PSA; si tratta di sostegni volti a indennizzare i danni indiretti provocati dai provvedimenti sanitari attivati per l'adozione di misure di prevenzione, eradicazione e contenimento e dal blocco delle attività venatorie;
la domanda di aiuto può essere presentata a partire dal 27 giugno al 22 luglio 2024 e l'Agea il 20 giugno scorso ha pubblicato le istruzioni operative;
due gli interventi previsti: il primo è per il mancato reddito (differenza delle entrate nel 2022 rispetto all'anno precedente). L'aiuto è riconosciuto solo nel caso in cui la riduzione del reddito sia strettamente correlata alla Psa; il secondo intervento è relativo ai maggiori costi determinati dall'applicazione dei provvedimenti sanitari attivati. L'azienda dovrà documentare le voci dei costi che hanno subito rialzi rispetto al periodo precedente alla malattia. Si tratta dei costi relativi, tra gli altri, per l'adeguamento delle case di caccia e per l'incremento dei danni provocati dai cinghiali alle colture agricole o opere sui terreni nelle quali sono operative le aziende Afv e Aatv;
va evidenziato che rapportare il calo di redditività occorso nell'anno 2022 al 2021 vuol dire considerare un anno, quello Covid, dove erano applicate le regole che vietavano attività, incontri, assembramenti, gare e attività con presenza di gruppi di persone;
inoltre diverse aziende Afv e Aatv considerate di «confine», in quanto hanno il territorio dislocato su più regioni, avevano non poche difficoltà nell'applicare il divieto di passare da una regione all'altra;
le disposizioni Covid del 2021, quindi, hanno contribuito a determinare un clima di assoluta incertezza negli operatori, che ha portato inevitabilmente ad un forte calo delle presenze presso le Afv e Aatv e questo ha determinato bilanci non del tutto verosimili producendo delle differenze irrisorie tra le due annualità che non rispecchiano la reale entità del danno subito. Sarebbe stato più opportuno rapportare i danni subiti nell'anno 2022 alle annualità precedenti alla pandemia per avere un quadro più attendibile dell'entità del calo di redditività;
per quanto riguarda i maggiori costi, si segnala che, viste le molteplici difficoltà economiche in cui si sono venute a trovare le Afv e Aatv in quanto provenienti dal periodo Covid e non avendo quindi le risorse necessarie per affrontare, ad esempio, l'adeguamento delle case di caccia o l'organizzazione dei corsi per le abilitazioni dei cacciatori, si trovano nell'impossibilità di produrre idonea documentazione per poter accedere alle risorse disposte dal suddetto decreto ministeriale,
impegna il Governo
ad assumere iniziative volte a consentire, in questa fase applicativa del decreto ministeriale del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste n. 10928 del 10 gennaio 2024, alle Afv e Aatv, in alternativa alle disposizioni stabilite dal decreto ministeriale, di poter inoltrare domanda anche secondo un criterio che preveda l'assegnazione in base ai requisiti dimensionali ovvero agli ettari di estensione delle suddette aziende, al fine di poter permettere alle stesse un oggettivo indennizzo per i danni subiti, scongiurando la chiusura delle loro attività.
9/1946/40. Molinari, Benvenuto, Giaccone, Giglio Vigna, Gusmeroli, Maccanti, Bruzzone, Davide Bergamini, Cavandoli, Morrone, Carloni, Pierro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 2, del decreto-legge all'esame, prevede una moratoria su mutui e altri finanziamenti a favore delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura che, nell'anno 2023, hanno subito una riduzione del volume d'affari pari almeno al 20 per cento, o hanno subito una riduzione della produzione, pari almeno al 30 per cento, o, nel caso delle cooperative agricole, una riduzione almeno pari al 20 per cento delle quantità conferite o della produzione primaria, rispetto all'anno precedente, previa presentazione di un'autocertificazione, che attesti la suddetta condizione di accesso al beneficio;
la perdurante crisi causata dal continuo proliferare del granchio blu, e le conseguenti perdite economiche devastanti che il comparto imprenditoriale della pesca ha subìto nel 2023, sta continuando nel corso del 2024;
la maggior parte delle perdite del settore si sono registrate nel corso dell'anno 2024, e non nell'anno 2023, arrivando a un calo della produzione di oltre il 70 per cento rispetto all'anno precedente;
per tali ragioni, e col fine di fornire un concreto sostegno alle imprese della pesca, si ritiene necessario estendere per ulteriori dodici mesi la possibilità di usufruire dello strumento della sospensione,
impegna il Governo
a valutare, nei limiti di finanza pubblica, l'opportunità di estendere di ulteriori 12 mesi, per un totale di 24, la possibilità per le imprese del settore ittico di utilizzare lo strumento della sospensione previsto dall'articolo 1, comma 2.
9/1946/41. Pierro, Davide Bergamini.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge all'esame prevede diverse disposizioni in favore della pesca;
il decreto ministeriale 30 gennaio 2024, contenente «Misure tecniche per la pesca sportiva e ricreativa con il palangaro», pubblicato sul sito del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste in data 29 febbraio 2024, contiene misure di forte riduzione del numero di ami consentiti per la pesca ricreativa effettuata con il palangaro (o palamito), da 200 a 50 ami per imbarcazione, e il divieto di utilizzo del verricello elettrico per questo attrezzo;
il palangaro è uno strumento di antichissima tradizione, utilizzato da sempre nella pesca ricreativa, diffusissimo sulle coste italiane, altamente selettivo e che consente un prelievo di risorsa ittica del tutto sostenibile;
il decreto, ad avviso dei firmatari del presente atto d'indirizzo, sembra non tenere conto di tutte le ricerche scientifiche disponibili legate all'impatto che l'attrezzo in oggetto, nel numero di ami consentito dalla legislazione italiana, ha sulla risorsa ittica;
la previsione di riduzione del numero di ami, per imbarcazione e indipendentemente dal numero delle persone a bordo, ostacolerebbe di fatto l'esercizio della pesca ricreativa con lo strumento del palangaro anche nella sua componente sociale;
la pesca con il palangaro è un sistema di pesca ricreativa ammesso dalla legislazione italiana e non ha nulla a che vedere con il fenomeno della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata;
il corretto uso del palangaro non ha nulla a che vedere con i legittimi interessi della pesca professionale ma va ricondotto all'effettivo impatto sulla risorsa ittica;
il 6 maggio scorso presso il Il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste si è tenuta la prima riunione del tavolo di confronto sugli esiti dell'applicazione del suddetto decreto ministeriale, con la partecipazione della Federazione italiana pesca e attività subacquee e delle sigle in rappresentanza dei pescatori professionisti, segnale di apertura del Ministero alle problematiche che potrebbero scaturire dal decreto ministeriale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di modificare il suddetto decreto ministeriale 30 gennaio 2024 in modo da contemperare al meglio le esigenze della pesca sportiva con quelle della pesca professionale, e, al tempo stesso, ad agire con efficacia sul contrasto alla pesca illegale e alla preservazione della risorsa ittica e della biodiversità, secondo quanto è emerso nelle riunioni dei tavoli di confronto.
9/1946/42. Bof, Barabotti, Pastorino.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge all'esame prevede diverse disposizioni in favore della pesca;
il decreto ministeriale 30 gennaio 2024, contenente «Misure tecniche per la pesca sportiva e ricreativa con il palangaro», pubblicato sul sito del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste in data 29 febbraio 2024, contiene misure di forte riduzione del numero di ami consentiti per la pesca ricreativa effettuata con il palangaro (o palamito), da 200 a 50 ami per imbarcazione, e il divieto di utilizzo del verricello elettrico per questo attrezzo;
il palangaro è uno strumento di antichissima tradizione, utilizzato da sempre nella pesca ricreativa, diffusissimo sulle coste italiane, altamente selettivo e che consente un prelievo di risorsa ittica del tutto sostenibile;
la pesca con il palangaro è un sistema di pesca ricreativa ammesso dalla legislazione italiana e non ha nulla a che vedere con il fenomeno della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata;
il corretto uso del palangaro non ha nulla a che vedere con i legittimi interessi della pesca professionale ma va ricondotto all'effettivo impatto sulla risorsa ittica;
il 6 maggio scorso presso il Il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste si è tenuta la prima riunione del tavolo di confronto sugli esiti dell'applicazione del suddetto decreto ministeriale, con la partecipazione della Federazione italiana pesca e attività subacquee e delle sigle in rappresentanza dei pescatori professionisti, segnale di apertura del Ministero alle problematiche che potrebbero scaturire dal decreto ministeriale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di modificare il suddetto decreto ministeriale 30 gennaio 2024 in modo da contemperare al meglio le esigenze della pesca sportiva con quelle della pesca professionale, e, al tempo stesso, ad agire con efficacia sul contrasto alla pesca illegale e alla preservazione della risorsa ittica e della biodiversità, secondo quanto è emerso nelle riunioni dei tavoli di confronto.
9/1946/42. (Testo modificato nel corso della seduta)Bof, Barabotti, Pastorino.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 5 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale, all'esame in seconda lettura, contiene una pluralità di disposizioni finalizzate a sostenere principalmente un comparto essenziale per l'economia nazionale, quale quello agricolo della pesca e agroalimentare, attraverso interventi finanziari pari a circa 500 milioni di euro, le cui misure s'inseriscono nel solco dei provvedimenti già approvati nel corso della legislatura, che hanno sancito la costituzionalizzazione dell'agricoltore custode del territorio o permesso di incentivare l'imprenditoria giovanile agricola;
il provvedimento in particolare, attraverso l'articolo 12-bis, inserito al Senato, introduce alcune esclusioni dalla disciplina restrittiva sugli incarichi ai soggetti già lavoratori, pubblici o privati e collocati in quiescenza. L'esclusione posta dalla novella di cui al comma 1 concerne il conferimento di incarichi a soggetti vicari dei soggetti titolari di incarichi di vertice degli uffici di diretta collaborazione di autorità politiche; l'esclusione che integra quella già vigente per i titolari dei suddetti incarichi di vertice è subordinata alla condizione che i soggetti vicari siano impegnati nella cura delle attività di Viceministri dotati di delega di competenze per uno specifico e intero comparto di materia;
l'esclusione posta dal comma 2, del citato articolo 12-bis, concerne gli iscritti agli ordini professionali, già in quiescenza alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, che proseguono la loro attività professionale (anche svolgendo incarichi che sarebbero soggetti alla disciplina restrittiva in esame). Resta ferma, come esplicitato nel medesimo comma 2 e come già previsto nella norma oggetto della novella di cui al comma 1 l'applicazione (ove ne sussistano i presupposti) delle norme limitative del cumulo degli emolumenti derivanti da incarichi pubblici con i trattamenti pensionistici;
al riguardo, il sottoscrittore del presente atto, evidenzia che la suesposta disposizione indicata dal comma 2, potrebbe avere un effetto limitato nel momento in cui alla stessa fosse attribuito un valore «innovativo» e non di «interpretazione autentica»;
il testo infatti nella sua formulazione prevista, limita ai soli professionisti in quiescenza alla data di entrata in vigore della legge di conversione, la possibilità di essere esclusi dall'applicazione dell'articolo 2, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 cosiddetta legge Madia, determinando un'irragionevole e ingiustificata disparità di trattamento per coloro che accedono al trattamento pensionistico in data successiva alla entrata in vigore della legge di conversione,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di chiarire la portata interpretativa indicata dall'articolo 12-bis, comma 2 in premessa riportato, precisando al contempo, che l'estensione dell'esclusione dell'applicazione di cui all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è consentita nei riguardi di tutti i professionisti che accedono al trattamento in quiescenza, che tuttavia proseguono la loro attività professionale.
9/1946/43. De Bertoldi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 5 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale, all'esame in seconda lettura, contiene una pluralità di disposizioni finalizzate a sostenere principalmente un comparto essenziale per l'economia nazionale, quale quello agricolo della pesca e agroalimentare, attraverso interventi finanziari pari a circa 500 milioni di euro, le cui misure s'inseriscono nel solco dei provvedimenti già approvati nel corso della legislatura, che hanno sancito la costituzionalizzazione dell'agricoltore custode del territorio o permesso di incentivare l'imprenditoria giovanile agricola;
il provvedimento in particolare, attraverso l'articolo 12-bis, inserito al Senato, introduce alcune esclusioni dalla disciplina restrittiva sugli incarichi ai soggetti già lavoratori, pubblici o privati e collocati in quiescenza. L'esclusione posta dalla novella di cui al comma 1 concerne il conferimento di incarichi a soggetti vicari dei soggetti titolari di incarichi di vertice degli uffici di diretta collaborazione di autorità politiche; l'esclusione che integra quella già vigente per i titolari dei suddetti incarichi di vertice è subordinata alla condizione che i soggetti vicari siano impegnati nella cura delle attività di Viceministri dotati di delega di competenze per uno specifico e intero comparto di materia;
l'esclusione posta dal comma 2, del citato articolo 12-bis, concerne gli iscritti agli ordini professionali, già in quiescenza alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, che proseguono la loro attività professionale (anche svolgendo incarichi che sarebbero soggetti alla disciplina restrittiva in esame). Resta ferma, come esplicitato nel medesimo comma 2 e come già previsto nella norma oggetto della novella di cui al comma 1 l'applicazione (ove ne sussistano i presupposti) delle norme limitative del cumulo degli emolumenti derivanti da incarichi pubblici con i trattamenti pensionistici;
al riguardo, il sottoscrittore del presente atto, evidenzia che la suesposta disposizione indicata dal comma 2, potrebbe avere un effetto limitato nel momento in cui alla stessa fosse attribuito un valore «innovativo» e non di «interpretazione autentica»,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di chiarire la portata interpretativa indicata dall'articolo 12-bis, comma 2 in premessa riportato, precisando al contempo, che l'estensione dell'esclusione dell'applicazione di cui all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è consentita nei riguardi di tutti i professionisti che accedono al trattamento in quiescenza, che tuttavia proseguono la loro attività professionale.
9/1946/43. (Testo modificato nel corso della seduta)De Bertoldi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6, comma 2, del provvedimento in esame rifinanzia di 5 milioni di euro per l'anno 2024 e 15 milioni di euro per l'anno 2025 il Fondo di parte capitale per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza;
nel dettaglio, la disposizione in commento rifinanzia il Fondo di parte capitale per gli interventi strutturali e funzionali finalizzati a contrastare gli effetti derivanti dalla peste suina africana;
l'articolo 6, comma 3, con una modifica introdotta in sede referente definisce i poteri del Commissario straordinario istituito dalla legge n. 9, del 2022. La norma prevede anche il concorso del personale delle Forze armate all'attuazione delle misure per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto della diffusione della PSA;
l'articolo 8, comma 4, prevede che, relativamente alle misure di contrasto ed eradicamento della brucellosi bovina, bufalina, ovina e caprina, nonché della tubercolosi bovina e bufalina, il Commissario straordinario si avvale del supporto della Direzione generale della salute animale del Ministero della salute, presso la quale lo stesso opera;
per lo svolgimento della sua attività di supporto, la Direzione generale della sanità animale può essere potenziata ulteriormente;
tali disposizioni si inseriscono al fine di arginare le epizoozie suscettibili di diffusione negli allevamenti animali nell'ambito del rischio «igienico-sanitario»;
con il termine «epizoozia» dovrà intendersi la diffusione di una malattia infettiva, in un territorio più o meno esteso, a un gran numero di animali della stessa specie o di specie diverse, ed eventualmente anche all'uomo;
i medici veterinari specialisti convenzionati, cui si applica l'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con gli specialisti ambulatoriali interni, veterinari e altre professionalità sanitarie (biologi, chimici, psicologi) ambulatoriali, che alla data del 30 aprile 2024 svolgono attività specialistica presso le aziende sanitarie locali e sono in possesso del titolo di specializzazione, sentita la Conferenza Stato-regioni, potrebbero essere inquadrati a domanda nel primo livello Dirigenziale veterinario, con il trattamento giuridico ed economico della Dirigenza (CCNL dell'Area della Sanità), previo giudizio di idoneità;
ciò non comporterebbe un aggravio di spesa, ma implicherebbe persino un risparmio di spesa sotto diversi aspetti: i medici veterinari specialisti convenzionati, cui si applica l'Accordo collettivo nazionale percepiscono oggi, infatti, una retribuzione base superiore a quella dei dirigenti dipendenti per svolgere attività in convenzione che domani diventerebbero incorporate nella Pubblica amministrazione senza essere necessariamente redistribuite all'esterno;
l'obiettivo assume maggiore rilevanza dinanzi alle assenze in pianta organica sia attuali sia del prossimo futuro, a causa dei pensionamenti, nonché dinanzi alle emergenze che l'Italia sta affrontando – Peste Suina Africana e Brucellosi – che richiedono un maggiore sforzo;
inoltre le Aziende sanitarie avrebbero l'ulteriore vantaggio di poter disporre, quali dirigenti, specialisti veterinari convenzionati già in servizio e formati su tutte le mansioni da svolgere, abbattendo così i costi di formazione,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare, con il primo provvedimento utile, le disposizioni necessarie per inquadrare i medici veterinari specialisti convenzionati, cui si applica l'Accordo collettivo nazionale che alla data del 30 aprile 2024 svolgono attività specialistica presso le aziende sanitarie locali e sono in possesso del titolo di specializzazione, sentita la Conferenza Stato-regioni, a domanda, nel primo livello Dirigenziale veterinario, con il trattamento giuridico ed economico della Dirigenza (CCNL dell'Area della Sanità), previo giudizio di idoneità.
9/1946/44. Cannata, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il testo in esame reca conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale;
sono sempre maggiori i rilievi e le segnalazioni riguardanti la presenza del lupo sul territorio italiano, con particolare riferimento all'area di confine tra Italia e Francia, relativamente all'area delle Alpi Marittime e delle Alpi Cozie, con ripercussioni sul resto del Piemonte;
la diffusione dei lupi, per numeri e quantità, sta compromettendo la stabilità dell'habitat nel territorio, anche per via dell'attività predatoria commessa nei confronti di altre specie oggetto di predazione da parte dei grandi carnivori, come nel caso dei cervi;
l'adozione da parte delle Autorità francesi di una strategia di abbattimento e contenimento selettivo della specie lupo nelle aree di confine con l'Italia sta portando ad una costante e crescente migrazione dei lupi dal territorio francese, oggetto di pratiche di contenimento, a quello italiano, dove queste non sono al momento previste;
il combinato disposto di questa situazione sta comportando una progressiva perdita di stabilità nell'habitat territoriale di confine, con ricadute non solo sulla presenza degli animali e la relativa biodiversità, ma anche sulla sicurezza nella conduzione delle attività antropiche, come le attività turistico-ricettive, le attività agricole e ogni altra attività che implichi la presenza dell'uomo;
parimenti la situazione prefigura un quadro di rischi anche per i comuni sul territorio, mettendo a rischio anche la vita dei cittadini e il loro diritto di poter godere del proprio territorio;
in tutto il territorio dell'Unione europea, il ritorno dei lupi dopo un lungo periodo di assenza e l'aumento della loro popolazione in nuovi territori ha comportato l'emersione di forti problematiche, come attacchi al bestiame e contrasti con allevatori, soprattutto laddove le misure di prevenzione dei danni non sono pienamente attuate;
come riportato dalla Commissione europea in un comunicato stampa del 20 dicembre 2023, negli ultimi vent'anni le popolazioni di lupi sono notevolmente aumentate, andando ad occupare territori sempre più vasti;
la specie «lupo» (Canis lupus) è tutelata a livello nazionale della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e, a livello comunitario, dalla Direttiva 92/43/CEE, cosiddetta Direttiva Habitat, recepita con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;
nell'ambito del quadro relativo alla diffusione della specie lupo, delineato dalla Commissione, la Commissione medesima ha proposto di ridurre il livello di tutela e protezione del lupo a livello europeo in modo da agevolare le attività di contenimento della specie;
l'adozione di misure di contenimento della specie e di tutela di habitat e attività umane sono dunque necessità condivise e non più procrastinabili,
impegna il Governo
ad attivarsi presso i competenti tavoli europei per dare il via all'iter di declassamento della tutela del lupo, provvedendo inoltre a disporre un piano di gestione e contenimento straordinari della specie lupo, con particolare riferimento alle esigenze di cui in premessa.
9/1946/45. Ciaburro, Caretta.
La Camera,
premesso che:
il testo in esame reca conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale;
sono sempre maggiori i rilievi e le segnalazioni riguardanti la presenza del lupo sul territorio italiano, con particolare riferimento all'area di confine tra Italia e Francia, relativamente all'area delle Alpi Marittime e delle Alpi Cozie, con ripercussioni sul resto del Piemonte;
la diffusione dei lupi, per numeri e quantità, sta compromettendo la stabilità dell'habitat nel territorio, anche per via dell'attività predatoria commessa nei confronti di altre specie oggetto di predazione da parte dei grandi carnivori, come nel caso dei cervi;
l'adozione da parte delle Autorità francesi di una strategia di abbattimento e contenimento selettivo della specie lupo nelle aree di confine con l'Italia sta portando ad una costante e crescente migrazione dei lupi dal territorio francese, oggetto di pratiche di contenimento, a quello italiano, dove queste non sono al momento previste;
il combinato disposto di questa situazione sta comportando una progressiva perdita di stabilità nell'habitat territoriale di confine, con ricadute non solo sulla presenza degli animali e la relativa biodiversità, ma anche sulla sicurezza nella conduzione delle attività antropiche, come le attività turistico-ricettive, le attività agricole e ogni altra attività che implichi la presenza dell'uomo;
parimenti la situazione prefigura un quadro di rischi anche per i comuni sul territorio, mettendo a rischio anche la vita dei cittadini e il loro diritto di poter godere del proprio territorio;
in tutto il territorio dell'Unione europea, il ritorno dei lupi dopo un lungo periodo di assenza e l'aumento della loro popolazione in nuovi territori ha comportato l'emersione di forti problematiche, come attacchi al bestiame e contrasti con allevatori, soprattutto laddove le misure di prevenzione dei danni non sono pienamente attuate;
come riportato dalla Commissione europea in un comunicato stampa del 20 dicembre 2023, negli ultimi vent'anni le popolazioni di lupi sono notevolmente aumentate, andando ad occupare territori sempre più vasti;
la specie «lupo» (Canis lupus) è tutelata a livello nazionale della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e, a livello comunitario, dalla Direttiva 92/43/CEE, cosiddetta Direttiva Habitat, recepita con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;
nell'ambito del quadro relativo alla diffusione della specie lupo, delineato dalla Commissione, la Commissione medesima ha proposto di ridurre il livello di tutela e protezione del lupo a livello europeo in modo da agevolare le attività di contenimento della specie;
l'adozione di misure di contenimento della specie e di tutela di habitat e attività umane sono dunque necessità condivise e non più procrastinabili,
impegna il Governo
a valutare presso i Tavoli europei una diversa gestione della specie «lupo» ai fini di un migliore contemperamento degli interessi coinvolti.
9/1946/45. (Testo modificato nel corso della seduta)Ciaburro, Caretta.
La Camera,
premesso che:
è in sede di esame il disegno di legge recante la conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, finalizzato a fronteggiare la crisi economica delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, e a intervenire in materia di imprese di interesse strategico nazionale;
le fitopatie che causano malattie alle piante di pere, kiwi e agrumi hanno comportato numerosi danni alle imprese produttrici del nostro Paese;
gli aiuti già stanziati dal Governo per la filiera delle pere sono stati di rilievo ed essenziali per le aziende agricole che hanno subito una contrazione del valore della propria produzione nel corso di questi anni a causa della crisi profonda che questa coltura sta attraversando;
il fattore climatico e le fitopatie, insieme al calo dei prezzi all'origine, sembrano essere le maggiori responsabili: i lunghi periodi di siccità e le piogge violente e concentrate hanno impattato sulla variabilità della resa media delle pere;
nel 2023 si è registrato una riduzione considerevole della produzione nazionale di pere, rappresentante il 30 per cento dell'intera produzione UE, pari al 60 per cento;
le regioni con la maggiore produzione di pere sono l'Emilia-Romagna, da dove provengono il 66 per cento delle pere italiane, il Veneto con l'11,5 per cento e la Sicilia con il 6,7 per cento;
la perdita di un patrimonio agricolo e imprenditoriale così rilevante ha grosse conseguenze in un territorio come la provincia di Ferrara, dove si è sviluppato un indotto legato alla filiera delle pere, dalla raccolta al trasporto, di cui fanno parte anche piccole aziende legate all'imballaggio e alla conservazione, che oggi rischiano di rimanere senza lavoro determinando conseguenze negative in termini di perdita di fatturato e posti di lavoro;
in assenza di ulteriori aiuti economici si corre il rischio che molte aziende falliscano, con la conseguente vendita all'asta dei campi coltivati: una situazione che porterebbe a una svalutazione generale dei terreni, con danni che si estenderebbero con un effetto domino ad altre aziende nazionali,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, considerate le particolari criticità del comparto, di prevedere ulteriori misure a sostegno delle imprese produttrici di pere, al fine di far fronte alle perdite effettivamente subite a causa di fitopatie che aggrediscono, facendo ammalare le piante, le produzioni frutticole del nostro Paese, così da sostenere la filiera quindi rilanciando la produttività e la competitività della stessa.
9/1946/46. Dondi, Davide Bergamini, Caretta, Ciaburro, Vaccari.
La Camera,
premesso che:
è in sede di esame il disegno di legge recante la conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, finalizzato a fronteggiare la crisi economica delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, e a intervenire in materia di imprese di interesse strategico nazionale;
le fitopatie che causano malattie alle piante di pere, kiwi e agrumi hanno comportato numerosi danni alle imprese produttrici del nostro Paese;
gli aiuti già stanziati dal Governo per la filiera delle pere sono stati di rilievo ed essenziali per le aziende agricole che hanno subito una contrazione del valore della propria produzione nel corso di questi anni a causa della crisi profonda che questa coltura sta attraversando;
il fattore climatico e le fitopatie, insieme al calo dei prezzi all'origine, sembrano essere le maggiori responsabili: i lunghi periodi di siccità e le piogge violente e concentrate hanno impattato sulla variabilità della resa media delle pere;
nel 2023 si è registrato una riduzione considerevole della produzione nazionale di pere, rappresentante il 30 per cento dell'intera produzione UE, pari al 60 per cento;
le regioni con la maggiore produzione di pere sono l'Emilia-Romagna, da dove provengono il 66 per cento delle pere italiane, il Veneto con l'11,5 per cento e la Sicilia con il 6,7 per cento;
la perdita di un patrimonio agricolo e imprenditoriale così rilevante ha grosse conseguenze in un territorio come la provincia di Ferrara, dove si è sviluppato un indotto legato alla filiera delle pere, dalla raccolta al trasporto, di cui fanno parte anche piccole aziende legate all'imballaggio e alla conservazione, che oggi rischiano di rimanere senza lavoro determinando conseguenze negative in termini di perdita di fatturato e posti di lavoro;
in assenza di ulteriori aiuti economici si corre il rischio che molte aziende falliscano, con la conseguente vendita all'asta dei campi coltivati: una situazione che porterebbe a una svalutazione generale dei terreni, con danni che si estenderebbero con un effetto domino ad altre aziende nazionali,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con i soldi di finanza pubblica, di prevedere ulteriori misure a sostegno delle imprese produttrici di pere, al fine di far fronte alle perdite effettivamente subite a causa di fitopatie che aggrediscono, facendo ammalare le piante, le produzioni frutticole del nostro Paese, così da sostenere la filiera quindi rilanciando la produttività e la competitività della stessa.
9/1946/46. (Testo modificato nel corso della seduta)Dondi, Caretta, Ciaburro, Davide Bergamini, Vaccari.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge, già approvato dal Senato della Repubblica in data 4 luglio 2024, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale, prevede specifiche disposizioni per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento delle infrastrutture idriche;
nel predetto testo, nell'ambito dei diversi e articolati interventi ivi previsti, sono individuati specifici ambiti di intervento e priorità d'azione per il contrasto alla scarsità idrica, e significativamente anche per le opere preesistenti;
le dette aree di intervento assumono, notoriamente, particolare importanza, ove si consideri che, secondo specifici rilevamenti, sono dodici le regioni ad alto stress idrico, con la regione Puglia tra quelle più esposte in assoluto;
secondo un'analisi realizzata da Coldiretti su dati Ispra e Cnr, la mancanza di pioggia ha comportato una perdita di acqua per gli invasi pari a 118 milioni di metri cubi di acqua, ponendo la Puglia nel triste primato nazionale di essere la regione d'Italia in cui piove meno e in cui vi è una maggiore sofferenza per la mancanza di invasi. A tale dato, si aggiunga come l'aumento dei livelli del mare, con la conseguente risalita del cuneo salino, renda spesso inutilizzabili le risorse idriche e gli stessi terreni, con uno scenario che si mostra più che preoccupante per l'economia agricola dell'intera regione, e significativamente della provincia di Foggia dove, con riferimento al corrente periodo, sul grano si stima un calo superiore ad una forbice oscillante tra il 20 per cento e il 30 per cento, e ove non si vogliano considerare altre coltivazioni che propriamente soffrono non solo della carenza di acqua, vieppiù proprio dell'incremento del cuneo salino;
in tale contesto, diventa essenziale raddoppiare la raccolta di acqua piovana, garantendone la disponibilità per gli usi civili, per la produzione agricola e per generare energia pulita idroelettrica, contribuendo anche alla regimazione delle piogge in eccesso e prevenendo il rischio di esondazioni. Fondamentale, in tale ottica, è il recupero degli invasi già presenti sul territorio;
nella provincia di Foggia, assumono rilievo significativo tre interventi: il collegamento di 10 chilometri dalla diga del Liscione, in provincia di Campobasso, e il potabilizzatore di Finocchito, in provincia di Foggia, che porterebbe in Puglia un volume medio annuo stimato in 40-60 milioni di metri cubi d'acqua, che attualmente il Molise è costretto a sversare in mare;
ai detti due, deve aggiungersi il progetto della nuova Diga di Piano dei Limiti, sempre al confine tra Puglia e Molise, che arriverebbe a raccogliere 42 milioni di metri cubi d'acqua;
nella superiore prospettiva, è necessario che lo Stato intervenga individuando misure aggiuntive per il sostegno delle progettualità esistenti, anche per il raggiungimento degli obiettivi del PNRR sul tema del contrasto alla siccità;
il Consorzio di Bonifica integrale larinese sta effettuando i «Lavori di irrigazione del Basso Molise con le acque dei fiumi Biferno e Fortore» finanziati nell'ambito della legge Obiettivo n. 143 del 2001, con Delibera CIPE n. 121 del 2001, che prevedono la costruzione di una condotta (realizzata già per oltre la metà) per trasferire acqua dalla diga di Ponte Liscione sul Biferno ai comprensori irrigui del Basso Molise e il completamento della condotta adduttrice, per l'alimentazione di ulteriori comprensori irrigui prossimi al confine regionale Puglia-Molise;
è stato svolto uno studio sulle opportunità offerte, per entrambe le regioni, dal collegamento degli schemi idrici del Fortore (Puglia) e del Biferno (Molise) realizzabile attraverso il prolungamento, sino al nodo idraulico di Finocchito, dell'adduttore che parte dall'invaso di Ponte Liscione;
il prolungamento del citato adduttore, ancora di 5 km circa, dall'invaso di Ponte Liscione sino al nodo idraulico di Finocchito, conferirebbe la duplice funzione di alimentare i comprensori irrigui del Basso Molise e anche di trasferire in Puglia parte della risorsa idrica invasata a Ponte Liscione, per un volume medio annuo stimato in 50 milioni di metri cubi, previo protocollo d'intesa da costituire tra le due regioni interessate, con il coinvolgimento dell'Autorità di Distretto dell'Appennino Meridionale e di Aqp Spa;
il vantaggio per la Puglia sarà quello di avere maggiore disponibilità di risorsa idrica che permetterà un ampliamento dei comprensori irrigui di circa 25.000 ettari; per il Molise il trasferimento in Puglia di acqua invasata, ma non utilizzabile nel territorio regionale, permetterà di acquisire la sostenibilità economica, attraverso l'indennizzo per ristoro ambientale, ai programmi irrigui in corso di attuazione, riducendo spese di gestione e oneri a carico degli agricoltori molisani;
la Puglia, inoltre, avrebbe così una fonte di approvvigionamento alternativo per gli usi potabili; dal momento che, dalla diga di Occhito sul Fortore, vengono forniti ad AQP circa 60 milioni di metri cubi annui, trasferiti al nodo idraulico di Finocchito attraverso una galleria che allo stato costituisce l'unico vettore idrico, e che necessita di urgente manutenzione e che al momento non può essere messa fuori servizio perché lascerebbe senz'acqua quasi tutta la Capitanata sia per le forniture potabili che per quelle industriali. L'approvvigionamento dalla diga sul Biferno permetterebbe di eliminare completamente questo rischio e consentirebbe anche di effettuare la manutenzione della galleria Occhito-Finocchito;
nella consapevolezza della specificità del provvedimento normativo, si ritiene che comunque la ratio legis del predetto provvedimento, e così della disposizione specifica, non sia incompatibile con la possibilità di addivenire ad un impegno del Governo diretto al sostegno ulteriore delle progettualità in essere, che siano ritenute utili al superamento delle criticità ancora esistenti nei territori con maggiore stress idrico;
a tal fine, ad avviso dello scrivente del presente ordine del giorno, appare urgente e indifferibile, promuovere un piano di interventi di monitoraggio diretto ad implementare i possibili investimenti in infrastrutture in quelle aree del Mezzogiorno maggiormente interessate da fenomeni siccitosi,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di finanza pubblica, previo esame e approvazione della Cabina di Regia, misure volte al reperimento di risorse finanziarie aggiuntive per i progetti di Piano dei Limiti e per il completamento della condotta adduttrice per l'alimentazione dei comprensori irrigui prossimi al confine regionale Puglia-Molise, e così per i Consorzi di Bonifica territorialmente competenti, per gli Enti Locali e per le Amministrazioni Periferiche dello Stato, per l'effettivo sostengo delle progettualità connesse al superamento delle condizioni di stress idrico nella provincia di Foggia e in quei territori in cui proprio l'economia agricola, costituente la vocazione naturale delle aree, massimamente necessita di finanziamenti per le progettualità connesse alle infrastrutture esistenti.
9/1946/47. La Salandra, Caretta, Ciaburro, Gatta.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 ha limitato la possibilità di installare gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole nelle sole aree espressamente indicate, oltre che ai progetti per la costituzione delle CER e ai progetti attuativi del PNRR e del PNC, ovvero ai progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR;
tra le aree idonee ai sensi dell'articolo 20, comma 8, lettera b), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, per l'installazione degli impianti a fonti rinnovabili sono ricomprese le aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
tali aree non sono state ricomprese tra quelle per le quali non si applica la disciplina vincolistica introdotta all'articolo 5, nonostante si tratti di aree contaminate da bonificare dove pertanto non si può svolgere l'attività agricola,
impegna il Governo
a monitorare l'attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge in esame al fine di valutare la possibilità di valorizzare le aree contaminate oggetto di bonifica ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ai fini della produzione energetica.
9/1946/48. D'Attis.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 8, comma 1, prevede che: Al fine di completare il processo di eradicazione sul territorio nazionale della brucellosi bovina, bufalina, ovina e caprina e della tubercolosi bovina e bufalina e di valutare l'efficacia delle misure di profilassi adottate dagli enti territoriali, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e per gli affari regionali e le autonomie, è nominato un Commissario straordinario nazionale;
la legge 27 dicembre 2002, n. 292, prevede che la Bufala mediterranea italiana sia da considerare particolare patrimonio zootecnico nazionale; ai fini del risanamento delle malattie infettive e infestive del patrimonio bufalino italiano, le regioni interessate, d'intesa con il Ministero della salute, possono predisporre piani straordinari di intervento anche in deroga, fino ad un massimo di sei anni, alle normative vigenti di riferimento, utilizzando anche le vaccinazioni come metodo profilattico;
il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, con l'articolo 4, prevede che: «1. La produzione della “Mozzarella di Bufala campana” DOP, registrata come denominazione di origine protetta (DOP) ai sensi del regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione del 12 giugno 1996, deve avvenire in uno spazio in cui è lavorato esclusivamente latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di Bufala Campana. In tale spazio può avvenire anche la produzione di semilavorati e di altri prodotti purché realizzati esclusivamente con latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di Bufala Campana. 2. Al fine di assicurare la più ampia tutela degli interessi dei consumatori e di garantire la concorrenza e la trasparenza del mercato del latte di bufala, gli allevatori bufalini, i trasformatori e gli intermediari di latte di bufala sono obbligati ad adottare, nelle rispettive attività, secondo le disposizioni del decreto di cui al comma 3, sistemi idonei a garantire la rilevazione e la tracciabilità del latte prodotto quotidianamente, dei quantitativi di latte di bufala trasformato e delle quantità di prodotto derivante dalla trasformazione del latte di bufala utilizzato»,
impegna il Governo:
a) a garantire all'allevatore la verifica in autocontrollo dello stato sanitario del bestiame bufalino allevato, anche nella lotta alla brucellosi e alla MTBC, per la maggiore tutela e salute del bestiame e la qualità igienico sanitaria delle produzioni zootecniche avvalendosi, ove necessario, dei laboratori di analisi ufficiali riconosciuti dallo Stato, secondo quanto previsto dai Regolamenti UE;
b) a incaricare il Commissario nazionale di cui all'articolo 8 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, dell'adozione di specifici piani provinciali di profilassi per il contenimento e l'eradicazione della Brucellosi e MTBC del bestiame bufalino allevato, nel rispetto delle norme previste dalla World Animal Health Organization (OIE), dei Regolamenti (UE), dei principi generali dell'ordinamento e del principio di proporzionalità tra le misure adottate e le finalità perseguite, prevedendo l'uso dei vaccini per la lotta alla Brucellosi dei bufali;
c) a incaricare «l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari» del MASAF, «ICQRF» dell'adozione di un piano triennale di monitoraggio nazionale, per la verifica e il controllo incrociato tra il latte e le cagliate di latte di bufala prodotto e/o introdotto in Italia, e la produzione della mozzarella di bufala campana DOP e la mozzarella di latte di bufala generica prodotta, prevedendo controlli periodici nelle piattaforme e strutture frigo di stoccaggio del Latte e delle Cagliate di Latte Bufalino oltre che sui prodotti derivati dal latte di bufala durante le fasi di produzione e commercializzazione; disponendo altresì che anche l'Autorità territorialmente competente, già addetta al controllo igienico-sanitario dei prodotti di origine animale, provvedano in tal senso;
d) a disporre l'istituzione di un «tavolo di confronto permanente» presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, formato dai rappresentanti del medesimo Ministero dell'agricoltura e del Ministero della salute, per la verifica periodica delle azioni messe in campo a maggiore tutela della Bufala Mediterranea Italiana, del Latte e della mozzarella di bufala italiana, della MBC DOP e della mozzarella di latte di bufala generica prodotta.
9/1946/49. Cerreto, Mattia, Cangiano, Ruspandini, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 8, comma 1, prevede che: Al fine di completare il processo di eradicazione sul territorio nazionale della brucellosi bovina, bufalina, ovina e caprina e della tubercolosi bovina e bufalina e di valutare l'efficacia delle misure di profilassi adottate dagli enti territoriali, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e per gli affari regionali e le autonomie, è nominato un Commissario straordinario nazionale;
la legge 27 dicembre 2002, n. 292, prevede che la Bufala mediterranea italiana sia da considerare particolare patrimonio zootecnico nazionale; ai fini del risanamento delle malattie infettive e infestive del patrimonio bufalino italiano, le regioni interessate, d'intesa con il Ministero della salute, possono predisporre piani straordinari di intervento anche in deroga, fino ad un massimo di sei anni, alle normative vigenti di riferimento, utilizzando anche le vaccinazioni come metodo profilattico;
il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, con l'articolo 4, prevede che: «1. La produzione della “Mozzarella di Bufala campana” DOP, registrata come denominazione di origine protetta (DOP) ai sensi del regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione del 12 giugno 1996, deve avvenire in uno spazio in cui è lavorato esclusivamente latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di Bufala Campana. In tale spazio può avvenire anche la produzione di semilavorati e di altri prodotti purché realizzati esclusivamente con latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di Bufala Campana. 2. Al fine di assicurare la più ampia tutela degli interessi dei consumatori e di garantire la concorrenza e la trasparenza del mercato del latte di bufala, gli allevatori bufalini, i trasformatori e gli intermediari di latte di bufala sono obbligati ad adottare, nelle rispettive attività, secondo le disposizioni del decreto di cui al comma 3, sistemi idonei a garantire la rilevazione e la tracciabilità del latte prodotto quotidianamente, dei quantitativi di latte di bufala trasformato e delle quantità di prodotto derivante dalla trasformazione del latte di bufala utilizzato»,
impegna il Governo:
a) a incaricare «l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari» del MASAF, «ICQRF» dell'adozione di un piano triennale di monitoraggio nazionale, per la verifica e il controllo incrociato tra il latte e le cagliate di latte di bufala prodotto e/o introdotto in Italia, e la produzione della mozzarella di bufala campana DOP e la mozzarella di latte di bufala generica prodotta, prevedendo controlli periodici nelle piattaforme e strutture frigo di stoccaggio del Latte e delle Cagliate di Latte Bufalino oltre che sui prodotti derivati dal latte di bufala durante le fasi di produzione e commercializzazione; disponendo altresì che anche l'Autorità territorialmente competente, già addetta al controllo igienico-sanitario dei prodotti di origine animale, provvedano in tal senso;
b) a disporre l'istituzione di un «tavolo di confronto permanente» presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, formato dai rappresentanti del medesimo Ministero dell'agricoltura e del Ministero della salute, per la verifica periodica delle azioni messe in campo a maggiore tutela della Bufala Mediterranea Italiana, del Latte e della mozzarella di bufala italiana, della MBC DOP e della mozzarella di latte di bufala generica prodotta.
9/1946/49. (Testo modificato nel corso della seduta)Cerreto, Mattia, Cangiano, Ruspandini, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Aula reca: «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale»;
l'articolo 9, al fine di rafforzare le funzioni dell'Arma dei Carabinieri in materia di tutela agroalimentare: al comma 1, lettera a) istituisce la figura del personale ispettivo con compiti di polizia agroalimentare, stabilendo le modalità per definirne le competenze e i criteri generali per lo svolgimento delle attività ispettive;
al comma 1, lettere b) e c) pone il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma alle dipendenze funzionali del Ministro dell'agricoltura, della sovranità e delle foreste, in luogo del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica;
viene anche stabilito che con decreto del Ministro della difesa e del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'interno, siano definite le competenze del personale ispettivo e i criteri generali per lo svolgimento delle attività ispettive;
l'intervento è motivato dall'aumento delle attività di controllo rientranti nell'area di competenza del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, che non potrebbero essere svolte in maniera efficace dalle sole strutture ministeriali;
l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2025, del regolamento (UE) 2023/1115 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 maggio 2023, introduce norme relative all'immissione nel mercato comune e all'esportazione dall'Unione europea di prodotti agroalimentari rispetto ai quali le autorità nazionali dovranno anche controllare che operatori e commercianti adempiano agli obblighi previsti dal regolamento in tema di contrasto alla deforestazione, alle emissioni di gas a effetto serra e alla perdita di biodiversità;
l'articolo 23-bis del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, che ha assegnato al Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, tramite le unità specializzate dell'Arma dei carabinieri, la competenza al rilascio di tutte le certificazioni e licenze di esportazione, importazione e riesportazione, in materia di commercio internazionale e di detenzione di esemplari di fauna e di flora minacciati di estinzione di cui alla Convenzione di Washington CITES, così come recepita dal regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni;
la soppressione del Corpo forestale dello Stato, con la poco lungimirante frammentazione delle sue funzioni tra l'Arma dei carabinieri, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la Polizia di Stato, il Corpo della Guardia di finanza e il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste nonché la militarizzazione coatta dei forestali non hanno portato, dopo sette anni, i buoni risultati operativi auspicati, né sono diminuiti i costi che, al contrario, sono aumentati a dismisura per l'incremento dei centri di costo;
negli ultimi sei anni non si evidenzia alcun risultato positivo sotto il profilo economico, né sotto il profilo del servizio reso al nostro ecosistema, posto che nelle foreste e nei boschi non c'è quasi più nessuno che controlla o che spegne gli incendi in tempi rapidi;
dopo sette anni possiamo dire che in Italia manca ancora una pianificazione integrata e di settore, e non è ancora stata completata l'adozione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici;
dopo sette anni emerge con chiarezza che servono gli investimenti, la ricerca, gli strumenti e le tecnologie, la semplificazione delle procedure e le competenze all'interno di una strategia complessiva che si fondi sulla ricostruzione del Corpo forestale dello Stato con nuove competenze in materia di tutela dell'ecosistema territoriale,
impegna il Governo:
ad attivarsi per una effettiva ricostruzione del Corpo forestale dello Stato con nuove competenze in materia di tutela dell'ecosistema territoriale incrementando anche i controlli sulla salute e sul benessere degli animali nelle aziende agricole, verificando le relative condizioni ambientali;
ad assicurare la necessaria continuità nello svolgimento di compiti particolari e di elevata specializzazione in materia di tutela forestale, ambientale e agroalimentare, nella prospettiva di una maggiore efficacia, continuità e unicità delle azioni di polizia forestale, idraulica e ambientale.
9/1946/50. Zaratti, Zanella, Bonelli, Ghirra, Dori.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento in esame, titolato «Disposizioni finalizzate a limitare l'uso del suolo agricolo», prevede una regolamentazione delle modalità di installazione degli impianti fotovoltaici, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti;
in particolare sono previste limitazioni ad aree con determinate caratteristiche e il comma 2 pone una norma transitoria, secondo la quale la limitazione all'installazione di impianti fotovoltaici a terra in zone classificate agricole, introdotta dal comma 1, non si applica ai progetti per i quali sia stata già avviata almeno una delle procedure amministrative, incluse quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno di tali titoli;
l'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, prevede l'adozione di uno o più decreti ministeriali attraverso cui stabilire principi e criteri omogenei per l'individuazione di superfici e aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili;
in ottemperanza ad esso, in seguito all'Intesa del 7 giugno 2024 della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, il 21 giugno 2024 è stato emanato il decreto ministeriale Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica titolato «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 2 luglio 2024 a compimento del processo di formazione della normativa in materia: il provvedimento individua la ripartizione fra le regioni e le province autonome dell'obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 gigawatt da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e stabilisce principi e criteri per l'individuazione da parte delle regioni e delle province autonome delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili funzionali al raggiungimento degli obiettivi UE in linea con il principio della neutralità tecnologica;
sono dubbie le sorti dei tantissimi progetti di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili attualmente presentati (ben 5.930 in tutta Italia, 824 solo in Sardegna, dati al 30 giugno 2024): secondo il principio giuridico fondamentale tempus regit actum, i procedimenti attualmente avviati dovrebbero esser disciplinati dalla normativa ora in vigore, solo dopo l'entrata in vigore delle leggi regionali attuative del decreto ministeriale aree idonee potranno operare le relative disposizioni. Tuttavia, a fronte dell'alto numero dei progetti presentati il comma 2 dell'articolo 5 del disegno di legge in esame rischia concretamente di frustrare gli scopi perseguiti dai limiti di cui al precedente comma 1. Resta da sottolineare che – in ogni caso – i quantitativi di potenza installabile aggiuntiva al 2030 (per esempio, gigawatt 6,264 per la Sardegna) sono inderogabili;
in contemporanea all'entrata in vigore del decreto ministeriale sulle cosiddette aree idonee, il Consiglio regionale sardo ha licenziato la proposta normativa (legge regionale 3 luglio 2024 n. 5) «Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali», che il cui testo prevede «nelle more dell'approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee (...) nonché dell'approvazione del PRS, dell'aggiornamento della strategia per lo sviluppo sostenibile e inoltre dell'aggiornamento, adeguamento e completamento del Piano paesaggistico regionale, e comunque per un periodo non superiore a diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge» la vigenza (articolo 3) delle «misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili»;
per contro, il comma 6 dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 prevede che «nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione»;
considerato che parrebbe fermo l'orientamento della giurisprudenza costituzionale che attribuisce allo Stato l'emanazione dei principi fondamentali della materia «energia», fra cui le disposizioni in materia di individuazione di aree idonee e non idonee per l'ubicazione degli impianti, la predisposizione di un'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio dei medesimi impianti, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni-province autonome (sentenza Corte costituzionale n. 27 del 2023; sentenza Corte costituzionale n. 11 del 2022; sentenza Corte costituzionale n. 177 del 2021; sentenza Corte costituzionale n. 106 del 2020);
considerato che la metodologia di ripartizione regionale adottata si basa sul presupposto che l'obiettivo di potenza aggiuntiva da rinnovabili elettriche da ripartire sia pari a 80 gigawatt, con un'ipotesi di 11 gigawatt da impianti eolici on-shore e 69 gigawatt da impianti fotovoltaici e che la scelta del mix energetico è demandata alle regioni e alle province autonome;
la ripartizione è stata attuata in linea con i criteri del Regolamento sulla governance dell'Unione dell'energia, già utilizzati per ripartire l'obiettivo europeo sulle FER fra Stati Membri, in considerazione del potenziale teorico di sviluppo (80 per cento), della domanda elettrica (10 per cento) e della situazione economica, ossia del PIL (10 per cento);
per la ripartizione dell'obiettivo di potenza eolica on-shore al 2030 è, invece, stato applicato il solo criterio sul potenziale teorico di sviluppo, in quanto la fonte eolica presenta, per sua natura, una distribuzione altamente disomogenea sul territorio nazionale e l'applicazione degli altri due criteri avrebbe portato a situazioni paradossali in cui una regione avrebbe potuto avere un obiettivo su eolico, pur in assenza di risorsa sfruttabile a tali fini sul territorio;
questo significa che in Sardegna dove i consumi valgono circa 8.000 megawattora e già oggi vengono prodotti da rinnovabili ben 3.864 megawattora e dove per raggiungere gli obiettivi sarebbe sufficiente un aumento di potenza ben inferiore rispetto a quelli indicati nella Tabella A, pari a 6,264 GW, saranno realizzati impianti in numero superiore ad altre regioni d'Italia,
impegna il Governo:
a valutare l'adozione di iniziative normative volte alla riformulazione del comma 6 dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, nel senso di consentire alle regioni di poter attuare il controllo sul territorio anche attraverso la gestione dei procedimenti di autorizzazione con maggiore autonomia, fermo restando l'obbligo di raggiungere gli obiettivi energetici secondo le tempistiche previste;
a valutare la possibilità di una distribuzione più equa sul territorio nazionale degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili o, quantomeno, prevedere forme di compensazione e di indennizzo che possano generare benefici per i territori, come ad esempio la creazione di tariffe zonali che comportino l'abbattimento dei costi dell'energia.
9/1946/51. Ghirra, Grimaldi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 9-bis, del disegno di legge in esame, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine previsto dal decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, (cosiddetto decreto siccità) entro il quale è autorizzato lo svolgimento delle attività di ricerca presso siti sperimentali autorizzati di produzioni vegetali con migliorate caratteristiche qualitative e nutrizionali, nelle more dell'adozione, da parte dell'Unione europea, di una disciplina organica in materia;
il citato decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, all'articolo 9-bis, ha ammesso l'emissione deliberata nell'ambiente, a scopi scientifici e sperimentali, di organismi prodotti mediante tecniche di editing genomico mediante mutagenesi sito-diretta o di cisgenesi a fini sperimentali e scientifici, assoggettandola, fino al 31 dicembre 2024, alle disposizioni contenute nel medesimo articolo 9-bis;
il comma 2, del citato articolo 9-bis, prevede che la richiesta di autorizzazione sia notificata al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (MASE), in qualità di Autorità nazionale competente di cui all'articolo 2 del suddetto decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224. Entro 10 giorni dal ricevimento della notifica, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica trasmette copia della notifica al Ministero della salute e al Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF) e a ogni regione e provincia autonoma interessata. Copia della notifica viene inoltre trasmessa all'ISPRA, che entro i successivi quarantacinque giorni, effettua la valutazione della richiesta ed esprime il proprio parere al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e alle altre amministrazioni interessate. Entro dieci giorni dal ricevimento del parere dell'ISPRA, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica adotta il provvedimento autorizzatorio;
in un articolo pubblicato al link https://www.croceviaterra.it/due-sperimentazioni-di-nuovi-ogm-non-dichiarate-dal-mase/ emerge che vi sono tre campi sperimentali di OGM di nuova generazione in Italia che sono stati notificati alla Commissione europea e si presume che il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ne fosse altresì destinatario. Tuttavia, mentre la Commissione ha pubblicato i documenti, il Ministero non lo ha fatto, anche se un rilascio sperimentale è previsto da documentazione per il 13 maggio scorso, mentre il secondo è atteso il 31 luglio. I dati pubblicati sul registro europeo dei campi prova riguardano il pomodoro e la vite,
impegna il Governo:
a garantire la massima pubblicità e trasparenza delle sperimentazioni di cui in premessa, pubblicando tutte le informazioni relative ai campi sperimentali;
ad attivarsi affinché l'ISPRA produca le relazioni che devono supportare la sicurezza di sperimentazioni che siano eventualmente attualmente in corso senza che sia stato ancora pubblicato nulla.
9/1946/52. Borrelli, Bonelli, Zanella, Grimaldi.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, prevede Misure volte ad assicurare la continuità operativa degli impianti ex Ilva di Taranto;
in realtà, si perpetua l'assoluta incertezza sul futuro dell'ex Ilva, anche alla luce della situazione debitoria di Acciaierie d'Italia nei confronti delle aziende dell'indotto e dei fornitori;
a questo si aggiunge la sostanziale assenza di investimenti finalizzati alla tutela dell'ambiente della città di Taranto e della salute dei suoi cittadini, proprio in considerazione dei livelli di inquinamento oramai fuori controllo;
la riduzione della capacità produttiva dell'Ilva di Taranto e l'esposizione debitoria verso i creditori diventano davvero insostenibili se si guardano i parametri sanitari e le matrici ambientali, così come gli stessi livelli di sicurezza dei lavoratori;
gli impianti continuano a essere il teatro di incidenti gravi che mettono a rischio la vita dei lavoratori;
le misure finora messe in campo mostrano la sostanziale inadeguatezza nell'affrontare e dare soluzione alla gravissima situazione e l'emergenza sanitaria e ambientale strettamente collegate al polo siderurgico di Taranto;
il 5 luglio 2024, la Commissione consiliare ecologia e ambiente del comune di Taranto ha audito il Dott. Ing. Vincenzo Campanaro, Direttore Scientifico dell'ARPA Puglia;
i dati indicano che nel 2023 rispetto all'anno 2022 si è avuto un ulteriore peggioramento presso le centraline site nel quartiere Tamburi, dove il numero di superamenti del valore di soglia oraria è aumentato fino al 135 per cento. Nel quartiere Tamburi si continuano ad osservare picchi particolarmente intensi nelle ore notturne. I casi più frequenti di superamento della soglia oraria di 27 µg/m3 e della soglia di 3 µg/m3 sulla media mobile delle 8 ore, si registrano essenzialmente nel quartiere Tamburi, che risulta avere la massima ricaduta delle emissioni di benzene dallo Stabilimento Siderurgico in condizioni di vento prevalente da Nord-Ovest;
il benzene è un inquinante cancerogeno che può avere effetti gravissimi soprattutto nei bambini e l'esposizione a quei picchi, nonostante la media rimanga nei limiti di legge, non può escludere danni alla salute;
le relazioni predisposte a seguito dell'analisi dei dati acquisiti nel corso delle tre campagne di monitoraggio del benzene effettuate da aprile a settembre 2023 presso le aree Cokeria e Sottoprodotti, convergono nell'individuare le stesse individuate come «una rilevante sorgente emissiva di benzene»;
la relazione indica e descrive le tecniche utilizzabili per il recupero del benzene. E infine specifica che «il mancato trattamento completo del "gas coke grezzo" prima dell'utilizzo come combustibile è certamente foriero di corrosione delle tubazioni e degli impianti, e di emissione in atmosfera»;
l'Arpa ha anche invitato il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica «a valutare l'adozione delle misure necessarie, compresa l'imposizione del fermo produttivo della cokeria prima che essa sia dotata di tutte le sottosezioni impiantistiche destinate alla depurazione (lavaggio) del "gas coke" delle sue componenti organiche, incluso il benzene»,
impegna il Governo:
ad adottare tutte le azioni di competenza necessarie a garantire il fermo della cokeria a tutela della salute dei cittadini di Taranto e dell'ambiente;
a destinare le risorse recuperate da Ilva esclusivamente alle bonifiche e alla tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
9/1946/53. Bonelli, Zanella, Grimaldi.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 5, prevede delle norme volte a limitare l'uso del suolo agricolo per impianti fotovoltaici con moduli a terra;
giova ricordare che il forte consumo del suolo che caratterizza il nostro Paese è conseguenza della cementificazione crescente più che della diffusione del fotovoltaico;
in realtà la diffusione delle rinnovabili non è in antitesi con l'agricoltura, anzi è di grande interesse anche per il mondo agricolo. Non mancano le soluzioni avanzate: l'agrivoltaico innovativo, ma anche quello più tradizionale, con i filari di pannelli molto distanziati, garantiscono da tempo la convivenza tra produzione agroalimentare ed energetica;
nella Gazzetta Ufficiale del 2 luglio scorso, è stato pubblicato il decreto ministeriale 21 giugno 2024 recante la «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili»;
ricordiamo che l'obiettivo nazionale all'anno 2030 è quello di dotare una potenza aggiuntiva pari a 80 gigawatt da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, occorrente per raggiungere i goals fissati dal PNIEC e l'attuazione del pacchetto «Fit for 55», anche alla luce di «Repower UE»;
attualmente nel nostro Paese le nuove installazioni riguardano per il 90 per cento piccoli impianti destinati all'autoconsumo e dei 5.234 megawatt di fotovoltaico installati nel 2023, il 78 per cento degli impianti ha una potenza sotto il megawatt;
una delle criticità del comparto FER, risiede certamente nei ritardi delle autorizzazioni. Nel primo trimestre del 2024 erano quasi 1.000 i progetti fotovoltaici in attesa di VIA nazionale per un totale di circa 40 gigawatt. Di questi, il 25 per cento dei progetti era bloccato in verifica amministrativa, mentre il restante in istruttoria tecnica. Peraltro, il rallentamento degli iter, spesso causato da procedimenti incerti e complessi, ha un impatto negativo sugli investimenti e le opportunità di lavoro, che il settore è in grado di generare,
impegna il Governo:
a garantire un quadro normativo e regolamentare in materia di energie rinnovabili, in modo da ridurre sensibilmente i tempi di rilascio dei titoli autorizzativi e le procedure per le connessioni alla rete dei nuovi impianti, attualmente troppo lunghi;
a prevedere una revisione al rialzo del contributo nazionale FER al 2030, e conseguentemente la messa a punto di politiche e misure funzionali a questo obiettivo.
9/1946/54. Zanella, Ghirra, Dori, Grimaldi, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 reca una serie di misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche, anche attraverso una serie di modifiche al decreto-legge n. 39, del 2023 («decreto Siccità»);
attraverso tale disposizione si prevedono misure meramente organizzative ma si omette di dare attuazione a quelle più urgenti indispensabili per contrastare la contingente scarsità idrica: si limita a prorogare la durata dell'incarico del Commissario straordinario per l'adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica e della relativa struttura di supporto del Commissario stesso e a prevedere per il futuro la definizione di un piano degli interventi urgenti da sottoporre all'approvazione da parte della Cabina di regia, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri: disposizioni emanate in estremo ritardo posto che l'emanazione del decreto-legge cosiddetto Siccità risale a 14 aprile dell'anno scorso e che già entro maggio dell'anno scorso la cabina di regia avrebbe dovuto effettuare una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione per far fronte nel breve tempo alla crisi idrica. Sul punto si evidenzia che secondo l'ultima relazione annuale dell'ARERA, nel nostro Paese il 23 per cento delle acque reflue è potenzialmente destinabile al riuso, ma ne viene effettivamente riutilizzato solo il 4 per cento in agricoltura;
eppure il decreto-legge in conversione non prevede alcun investimento nella messa in efficienza delle infrastrutture idriche del Paese nonostante il fatto che secondo l'Osservatorio dell'ANBI sulle Risorse idriche, già a gennaio la Sicilia si trovava in stato di crisi idrica, e, nello stesso periodo, in Sardegna gli invasi regionali registravano un deficit idrico del 50 per cento, con 440 milioni di metri cubi in meno rispetto al 2023, situazione altrettanto allarmante anche in Puglia e Basilicata;
nella seconda relazione del Commissario straordinario nazionale per l'adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica presentata nella terza seduta della cabina di regia per la crisi idrica che si è tenuta il 19 marzo 2024 sono state indicati ben 127 interventi infrastrutturali sulla rete idrica;
in disparte il fenomeno siccitoso connesso ai cambiamenti climatici, è evidente che sussiste un gravissimo problema di dispersione idrica che riguarderebbe oltre la metà della rete idrica nazionale;
il provvedimento in esame prevede solo uno stanziamento di poco più di cento milioni da distribuire per tutto il Paese attraverso una riallocazione di risorse stanziate nel 2017, evidentemente del tutto insufficienti per risolvere anche solo parzialmente la grave emergenza in atto,
impegna il Governo
ad adottare nel prossimo provvedimento utile misure dirette a stanziare le risorse necessarie per attuare gli interventi di urgente realizzazione per far fronte nel breve termine alla crisi idrica.
9/1946/55. Dori, Zanella, Ghirra, Piccolotti, Borrelli, L'Abbate.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2-quinquies reca disposizioni urgenti in materia di Banca dati degli appalti in agricoltura;
in particolare il comma 5 dispone che la stipulazione o l'esecuzione del contratto di appalto in violazione di quanto disposto dai commi 3 e 4 comporta l'applicazione, a carico del committente e dell'appaltatore, della sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 15.000, senza applicazione della procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124. L'irrogazione della sanzione impedisce, altresì, per un periodo di un anno a decorrere dalla notifica dell'illecito, l'iscrizione o la permanenza nella Rete del lavoro agricolo di qualità, di cui all'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;
ad avviso dei firmatari, quanto previsto dal comma 3, richiamato dal comma 5 dell'articolo 2-quinquies appare insufficiente, in quanto il decreto previsto dal comma 3 si limita ad individuare i requisiti di qualificazione dell'appaltatore, in relazione alla struttura imprenditoriale, all'organizzazione di mezzi necessari e alla gestione a proprio rischio, della prestazione oggetto di appalto, la documentazione per la verifica del loro possesso, e i requisiti della polizza fideiussoria assicurativa a garanzia dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, nonché delle retribuzioni spettanti ai lavoratori dipendenti dell'impresa impiegati nell'appalto. Requisiti importanti ma non esaustivi;
solo una parte minima delle imprese agricole ha aderito alla Rete del lavoro agricolo di qualità,
impegna il Governo:
a prevedere, altresì, con opportune iniziative anche normative, che l'eventuale erogazione di finanziamenti, contributi o aiuti derivanti da risorse nazionali, regionali o dell'Unione europea, a imprese agricole, fin dalla data di presentazione della richiesta, sia subordinata al possesso integrale dei seguenti requisiti:
a) il rispetto dei contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
b) il rispetto della normativa in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro;
c) il rispetto integrale delle disposizioni in materia di contribuzioni previdenziali e assicurative dei lavoratori interessati;
d) il possesso del documento unico di regolarità contributivo.
9/1946/56. Mari, Zanella, Grimaldi.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 2-bis, 2-ter e 2-quater dettano disposizioni per il contrasto al caporalato, al lavoro irregolare e allo sfruttamento nell'ambito del settore agricolo;
il decreto-legge in esame non reca interventi relativi al trasporto e alle abitazioni che rappresentano due settori sui quali si basa il caporalato e lo sfruttamento nel settore agricolo;
il trasporto dei lavoratori dai luoghi di residenza a quelli di lavoro costituisce una delle questioni fondamentali per un contrasto efficace allo sfruttamento lavorativo in agricoltura. È noto, infatti, come la mobilità dei lavoratori agricoli sia uno degli elementi basilari per il caporalato che, attraverso il monopolio del sistema di mobilità, costringe i lavoratori e le lavoratrici a dover pagare in maniera esosa il trasporto da e verso il luogo di lavoro;
una delle sfide più importanti, quindi, riguarda la necessità, per i lavoratori agricoli, dell'aggiornamento dei piani del sistema di trasporto pubblico regionale e l'offerta di servizi che tengano conto delle necessità delle lavoratrici e dei lavoratori agricoli nei luoghi in cui dimorano e della stagionalità della raccolta dei prodotti agricoli;
la nascita e lo sviluppo di insediamenti informali spesso dei veri «ghetti», sono utili alla infiltrazione di gruppi criminali. La stessa sistemazione alloggiativa, se tale si può definire, spesso è gestita da caporali sia nell'assegnazione dell'abitazione che nella definizione dell'affitto da pagare;
nell'ambito del diritto all'alloggio, l'offerta pubblica o quella fornita dal terzo settore è assai residuale. Appare necessario, quindi, procedere, nell'ottica di un efficace contrasto al caporalato, a soluzioni abitative dignitose e, tra queste, l'accoglienza in strutture dedicate, anche attraverso accordi con i datori di lavoro, o il recupero ad uso abitativo di patrimonio pubblico in disuso, anche utilizzando a tal fine i beni confiscati alla criminalità organizzata, e, non di minore importanza, la riqualificazione di borghi rurali,
impegna il Governo:
a definire con le regioni, i comuni e le parti sociali le opportune iniziative di competenza volte ad assicurare un sistema di trasporto flessibile dedicato, in grado di adattarsi alle esigenze della produzione agricola e di garantire condizioni e mezzi di trasporto adeguati alle esigenze delle lavoratrici, dei lavoratori e delle imprese agricole;
a sviluppare e attuare, d'intesa con le regioni e i comuni interessati, una mappatura che individui il fabbisogno di servizi alloggiativi rispettosi della dignità umana, tenuto conto del fabbisogno di manodopera agricola, mappatura sulla base della quale procedere alla creazione di un sistema integrato di civile accoglienza alloggiativa, al fine di definire una governance territoriale in sinergia tra Ministeri competenti, gli enti locali e la parti sociali.
9/1946/57. Grimaldi, Zanella, Mari.
La Camera,
premesso che:
il termine «Biomassa» comprende un'ampia gamma di materiali, di varia natura, che si possono presentare sotto forma di stati fisici differenti (solida, liquida e gassosa) e in Italia ci sono esempi virtuosi di impianti a biomassa liquida con utilizzo di sottoprodotti provenienti da filiera corta e da filiera nazionale;
tali impianti presentano caratteristiche particolari di impiego operativo, ovvero: un uso prevalente di biocombustibili in Economia Circolare; la cessione di uno o più vettori energetici (elettricità, vapore, acqua calda e/o fredda) all'interno di siti produttivi, in forma di autoproduzione; la cessione delle eccedenze alla rete e la programmabilità dell'immissione di energia;
gli stessi impianti contribuiscono alla sostituzione di energia elettrica e termica da fonti fossili, sostenendo la decarbonizzazione di imprese manifatturiere e contribuendo, al contempo, all'occupazione sia diretta che indotta;
un mancato sostegno a queste realtà, con una conseguente interruzione delle attività, avrebbe un impatto negativo non solo sul comparto elettrico, ma anche sui comparti produttivi e sulle filiere agroalimentari, portando inevitabilmente ad un reintegro delle fonti fossili per l'approvvigionamento energetico, non coerente con gli obiettivi nazionali di decarbonizzazione;
è importante sostenere il settore energetico dei bioliquidi e, specificamente, gli impianti finalizzati all'autoproduzione dell'energia (con cessione delle eccedenze sulla rete nazionale) con un uso prevalente di biocombustibili nazionali, nonché di tutelare e valorizzare le eccellenze del made in Italy;
risulta evidente la necessità di consolidare l'impiego di fonti rinnovabili nei consumi industriali, con conseguenti riduzioni degli impatti di CO2, specialmente nei settori cosiddetti Hard to abate, salvaguardando così la competitività dei suddetti siti a livello nazionale e internazionale,
impegna il Governo
ad adottare misure, anche di carattere normativo, volte a mantenere e valorizzare i prodotti e sottoprodotti bioliquidi di origine nazionale destinati ad alimentare gli impianti energetici a bioliquidi sostenibili funzionali al processo di decarbonizzazione di stabilimenti manufatturieri, con particolare riferimento ai settori Hard to abate, sostenendo così, conseguentemente, un'Economia Circolare nazionale.
9/1946/58. Mattia.
La Camera,
premesso che:
il termine «Biomassa» comprende un'ampia gamma di materiali, di varia natura, che si possono presentare sotto forma di stati fisici differenti (solida, liquida e gassosa) e in Italia ci sono esempi virtuosi di impianti a biomassa liquida con utilizzo di sottoprodotti provenienti da filiera corta e da filiera nazionale;
tali impianti presentano caratteristiche particolari di impiego operativo, ovvero: un uso prevalente di biocombustibili in Economia Circolare; la cessione di uno o più vettori energetici (elettricità, vapore, acqua calda e/o fredda) all'interno di siti produttivi, in forma di autoproduzione; la cessione delle eccedenze alla rete e la programmabilità dell'immissione di energia;
gli stessi impianti contribuiscono alla sostituzione di energia elettrica e termica da fonti fossili, sostenendo la decarbonizzazione di imprese manifatturiere e contribuendo, al contempo, all'occupazione sia diretta che indotta;
un mancato sostegno a queste realtà, con una conseguente interruzione delle attività, avrebbe un impatto negativo non solo sul comparto elettrico, ma anche sui comparti produttivi e sulle filiere agroalimentari, portando inevitabilmente ad un reintegro delle fonti fossili per l'approvvigionamento energetico, non coerente con gli obiettivi nazionali di decarbonizzazione;
è importante sostenere il settore energetico dei bioliquidi e, specificamente, gli impianti finalizzati all'autoproduzione dell'energia (con cessione delle eccedenze sulla rete nazionale) con un uso prevalente di biocombustibili nazionali, nonché di tutelare e valorizzare le eccellenze del made in Italy;
risulta evidente la necessità di consolidare l'impiego di fonti rinnovabili nei consumi industriali, con conseguenti riduzioni degli impatti di CO2, specialmente nei settori cosiddetti Hard to abate, salvaguardando così la competitività dei suddetti siti a livello nazionale e internazionale,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori misure, anche di carattere normativo, nel rispetto delle direttive europee, volte a mantenere e valorizzare i prodotti e sottoprodotti bioliquidi di origine nazionale destinati ad alimentare gli impianti energetici a bioliquidi sostenibili funzionali al processo di decarbonizzazione di stabilimenti manufatturieri, con particolare riferimento ai settori Hard to abate, sostenendo così, conseguentemente, un'Economia Circolare nazionale.
9/1946/58. (Testo modificato nel corso della seduta)Mattia.
La Camera,
premesso che:
dal mese di maggio a novembre 2023 vaste zone della Toscana (province di Massa-Carrara, Lucca, Firenze, Livorno, Pisa, Pistoia e Prato) sono state colpite da eventi alluvionali e franosi di natura eccezionale che hanno causato gravissimi danni ad infrastrutture, esondazioni di fiumi e allagamenti diffusi per una stima prossima a complessivi 3 miliardi di euro;
tali eventi estremi hanno determinato una grave situazione di pericolo per l'incolumità della cittadinanza, causando danni in termini di vite umane, nonché l'allagamento e il profondo danneggiamento di attività agricole;
a seguito dei suindicati eventi, circa 20.000 sono stati gli ettari di terreno resi indisponibili per l'attività agricola arrecando significativi danni economici ai quali il Governo e i dicasteri preposti, stanno dando risposte concrete e puntuali con provvedimenti mirati,
impegna il Governo
a valutare le misure necessarie a ricostruire i terreni agricoli colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi il 1° maggio e il 2 novembre 2023 nel territorio toscano.
9/1946/59. La Porta.
La Camera,
premesso che:
dal mese di maggio a novembre 2023 vaste zone della Toscana (province di Massa-Carrara, Lucca, Firenze, Livorno, Pisa, Pistoia e Prato) sono state colpite da eventi alluvionali e franosi di natura eccezionale che hanno causato gravissimi danni ad infrastrutture, esondazioni di fiumi e allagamenti diffusi per una stima prossima a complessivi 3 miliardi di euro;
tali eventi estremi hanno determinato una grave situazione di pericolo per l'incolumità della cittadinanza, causando danni in termini di vite umane, nonché l'allagamento e il profondo danneggiamento di attività agricole;
a seguito dei suindicati eventi, circa 20.000 sono stati gli ettari di terreno resi indisponibili per l'attività agricola arrecando significativi danni economici ai quali il Governo e i dicasteri preposti, stanno dando risposte concrete e puntuali con provvedimenti mirati,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare misure a favore dei terreni agricoli colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi il 1° maggio e il 2 novembre 2023 nel territorio toscano.
9/1946/59. (Testo modificato nel corso della seduta)La Porta.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 63, del 2024, all'articolo 2-quinquies, prevede l'istituzione di una banca dati degli appalti in agricoltura;
tale previsione riconosce implicitamente una maggiore fragilità e un più elevato rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori coinvolti nelle catene di appalti nel settore agricolo;
la disaggregazione dei dati sugli infortuni in relazione alle catene di appalti potrebbe fornire informazioni preziose per migliorare la sicurezza sul lavoro non solo in ambito agricolo, ma in tutti i settori lavorativi,
impegna il Governo
a predisporre le opportune misure affinché i report dell'INAIL riportino i dati sugli infortuni disaggregati anche rispetto alle catene di appalti, non limitatamente al settore agricolo, ma estendendo tale pratica alla generalità dei settori lavorativi, al fine di: ottenere una visione più dettagliata e accurata dei rischi associati alle diverse configurazioni delle catene di appalti e consentire l'elaborazione di strategie mirate per la prevenzione degli infortuni e il miglioramento delle condizioni di sicurezza dei lavoratori in tutti i contesti lavorativi caratterizzati da catene di appalti.
9/1946/60. Gribaudo.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 63, del 2024, all'articolo 2-quinquies, prevede l'istituzione di una banca dati degli appalti in agricoltura;
tale previsione riconosce implicitamente una maggiore fragilità e un più elevato rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori coinvolti nelle catene di appalti nel settore agricolo;
la disaggregazione dei dati sugli infortuni in relazione alle catene di appalti potrebbe fornire informazioni preziose per migliorare la sicurezza sul lavoro non solo in ambito agricolo, ma in tutti i settori lavorativi,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di predisporre le opportune misure affinché i report dell'INAIL riportino i dati sugli infortuni disaggregati anche rispetto alle catene di appalti, non limitatamente al settore agricolo, ma estendendo tale pratica alla generalità dei settori lavorativi, al fine di: ottenere una visione più dettagliata e accurata dei rischi associati alle diverse configurazioni delle catene di appalti e consentire l'elaborazione di strategie mirate per la prevenzione degli infortuni e il miglioramento delle condizioni di sicurezza dei lavoratori in tutti i contesti lavorativi caratterizzati da catene di appalti.
9/1946/60. (Testo modificato nel corso della seduta)Gribaudo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento in esame, che reca una serie di misure urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche apportando una serie di modifiche al decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39, risulta inadeguato e insufficiente rispetto alla gravità della crisi climatica in atto;
la crisi idrica nelle province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna non fa che aggravare una condizione di fragilità e marginalità produttiva, economica e sociale che investe da anni queste aree interne, invasi semi vuoti e precipitazioni scarse, ma intanto nelle condotte delle tre province si continua a disperdere oltre il 50 per cento dell'acqua immessa. Il riutilizzo dei reflui per l'agricoltura è quasi un miraggio, mettendo in sofferenza agricoltori e allevatori, anche perché non sono in funzione i depuratori, la rete idrica è fatiscente, tanto che ogni due giorni c'è una comunicazione di interruzione di acqua, gli invasi sono insufficienti e inadeguati,
impegna il Governo
ad adottare nuove misure, sia di carattere emergenziale che di carattere strutturale, anche attraverso adeguati ristori finanziari, per fronteggiare la gravissima crisi che la Regione Siciliana sta attraversando con conseguenze che rischiano di avere pesanti ricadute su tutte le produzioni zootecniche e del settore agroalimentare.
9/1946/61. Barbagallo, Marino, Provenzano.