XIX LEGISLATURA
ATTI DI CONTROLLO
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta in Commissione:
BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
da un comunicato stampa diffuso l'8 luglio 2024 dal Congresso nazionale del Kurdistan (Knk), intitolato «La guerra della Turchia contro i curdi nel Nord Iraq», si ha la conferma che l'occupazione della regione del Kurdistan iracheno da parte della Turchia non accenna a cessare;
il 15 giugno 2024, infatti, la Turchia ha avviato in quella regione una nuova operazione militare di terra, con dispiegamento di veicoli blindati, carri armati, truppe e con l'istituzione di posti di blocco allo scopo di esercitare controlli sull'identità dei cittadini curdi. Sono inoltre stati effettuati tentativi di evacuazione di interi villaggi, e sono stati segnalati incendi in vaste aree della zona a causa dei bombardamenti in corso;
come documentato dai Community peacemaker teams (Cpt), un'organizzazione internazionale con sede negli Stati Uniti istituita per dare sostegno alle attività degli operatori di pace nelle aree di conflitto, le recenti azioni militari turche nei Kurdistan iracheno hanno avuto come conseguenza lo sfollamento dei civili, la distruzione dei terreni agricoli e il danneggiamento di diverse infrastrutture. Secondo il Cpt, tra gennaio e luglio del 2024 la Turchia ha condotto 1076 attacchi nella regione, con 238 bombardamenti;
nel comunicato stampa del Knk viene inoltre evidenziato che «l'invasione segue la visita del presidente Recep Tayyip Erdoğan a Baghdad ed Erbil nell'aprile 2024. Erdoğan ha ottenuto il via libera all'invasione in cambio di lucrose concessioni su petrolio, infrastrutture e acqua date al Governo federale iracheno e al Governo regionale del Kurdistan (Krg)»;
negli ultimi giorni, l'afflusso di soldati e veicoli blindati nelle città di Duhok ed Erbil indica una significativa presenza militare in luoghi strategici. Ciò alimenta il timore di un'occupazione strisciante e permanente della regione da parte della Turchia, che può portare a una guerra regionale a lungo termine con conseguenze globali –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione;
quali iniziative di competenza intenda avviare il Governo italiano rispetto all'aggressione della Turchia contro i curdi e contro la sovranità della regione del Kurdistan iracheno;
quali iniziative di competenza intenda intraprendere per esortare ad un intervento da parte dell'Unione europea, degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite per fermare l'escalation di violenza nella regione del Kurdistan iracheno messa in atto dalla Turchia.
(5-02627)
ECONOMIA E FINANZE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
l'Agenzia delle entrate con il principio di diritto n. 17 del 17 dicembre 2018 aveva precisato che, quando per l'esecuzione di appalti pubblici si costituisce un'associazione o un raggruppamento temporaneo tra imprese (ATI/RTI), gli obblighi di fatturazione nei confronti della stazione appaltante devono essere assolti dalle singole imprese associate, relativamente ai lavori di competenza eseguiti da ciascuna, e non devono essere a carico esclusivo della mandataria;
tuttavia, questo principio è stato a lungo disapplicato dalle stazioni appaltanti (generalmente enti pubblici territoriali), che – per prassi consolidata – pretendevano dalle imprese mandanti consorziate in ATI/RTI che la fatturazione delle prestazioni fosse «accentrata» in capo alla sola capogruppo mandataria (senza coinvolgimento delle mandanti nel processo di fatturazione);
dal 2018 al 2023 si è quindi consolidata una prassi operativa che, per quanto non rispettosa del predetto principio di diritto, ha comportato la fatturazione «accentrata», da parte della mandataria capogruppo alle stazioni appaltanti, dell'intera prestazione dedotta nell'appalto, su loro richiesta;
in forza di tale prassi, le imprese mandanti hanno fatturato, in regime IVA ordinario, le proprie prestazioni alla capogruppo mandataria, che ha fatturato l'intera prestazione di servizi resa (da essa stessa e dalle imprese mandanti) alla stazione appaltante, con conseguente integrale assolvimento dell'IVA da parte di quest'ultima e applicazione del regime dello «split payment» (articolo 17-ter decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);
in molti casi, quindi, si è trattato di operazioni con regimi IVA non omogenei (applicandosi il regime IVA ordinario nella fatturazione tra mandante e mandataria e il cosiddetto split payment, con assolvimento dell'IVA da parte della stazione pubblica appaltante, sulle fatture ricevute dalla mandataria capogruppo);
l'Agenzia delle entrate ha ritenuto che le imprese consorziate avrebbero dovuto fatturare separatamente la propria quota di esecuzione del servizio esclusivamente alla stazione appaltante e ha iniziato a contestare l'indebita detrazione dell'IVA operata dalle mandatarie sulle fatture emesse nei loro confronti dalle mandanti (anche laddove l'imposta fosse stata integralmente assolta dagli enti pubblici territoriali che avevano ricevuto le fatture dalle mandatarie, in regime di split payment, per le intere prestazioni rese, e laddove le mandanti avessero esercitato la rivalsa IVA nei confronti delle mandatarie e l'avessero regolarmente versata all'Erario, per la quota di lavori di propria competenza);
le imprese mandanti e mandatarie e le stazioni appaltanti, che non hanno operato secondo il principio di diritto indicato dall'Agenzia delle entrate, rischiano ora di dover affrontare un contenzioso fiscale rispetto a diverse contestazioni, anche in caso di assolvimento del tributo, sia pure in modo non conforme al principio;
peraltro, se l'Agenzia delle entrate contestasse alla capogruppo mandataria l'indebita detrazione dell'IVA addebitata dalle imprese mandanti consorziate in ATI, per garantire la neutralità dell'imposta, sarebbe comunque obbligata al rimborso della stessa alle mandanti (articolo 30-ter decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972), a seguito della rivalsa operata dalla mandataria dopo aver effettuato il pagamento (articolo 60, comma 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972), dal momento che l'Agenzia può incassare l'IVA una volta sola, in relazione al flusso di fatturazione in questione –:
al fine di evitare molti possibili contenziosi dall'esito incerto e lungo, nonché molteplici e inutili adempimenti da parte delle imprese coinvolte, delle stazioni appaltanti e dell'Agenzia delle entrate (volti a ripristinare il corretto flusso di fatturazione, garantendo al contempo la «neutralità» dell'IVA), se non ritenga che debba essere adottata, quantomeno per il periodo 2018-2023 (sino alla risposta dell'Agenzia delle entrate n. 47 del 2024, che ha chiarito i dubbi sull'applicazione del principio di diritto predetto, anche a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice degli appalti), una soluzione improntata a criteri di ragionevolezza, laddove non siano ravvisabili comportamenti frodatori e sia stato verificato l'avvenuto assolvimento del tributo – sia pure con modalità non corrette – tramite il versamento dell'IVA da parte delle imprese mandanti (sulle fatture emesse, in regime ordinario, nei confronti della mandataria, limitatamente alle prestazioni dalle stesse rese, nell'ambito dell'appalto) e delle stazioni appaltanti (sulle fatture emesse, in regime di split payment, dalla mandataria, per la totalità delle prestazioni rese dalle imprese consorziate in ATI, nei confronti della stazione appaltante);
se, nello specifico, per semplificare il ripristino della neutralità dell'IVA, non ritenga opportuno prevedere, in assenza di danno erariale e di comportamenti frodatori dei soggetti coinvolti, l'eventuale applicazione di una sanzione fissa (analogamente a quella prevista nei casi di errata applicazione del reverse charge, dove sia verificato l'assolvimento sia pure non corretto del tributo ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 471 del 1997) alle imprese mandanti partecipanti all'ATI e alla impresa mandataria capogruppo, a fronte della detrazione dell'IVA operata sulle fatture erroneamente emesse dalle mandanti nei suoi confronti (anziché nei confronti delle stazioni appaltanti), facendo salva la medesima detrazione dell'IVA indebitamente addebitatale dalle mandanti, previa verifica che la stessa sia stata integralmente assolta e versata all'Erario e che la mandataria capogruppo abbia fatturato alla stazione appaltante anche le prestazioni eseguite dalle mandanti.
(2-00417) «De Palma».
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
CESA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Giulia C. è una bambina di 14 anni, nata ad Aprilia l'11 agosto 2010, attualmente in casafamiglia, a cui viene impedito di vedere i nonni con la frequenza che desidera e soprattutto non le viene consentito di vivere con loro, come vorrebbe e come ha ripetutamente ribadito. Il nonno materno, Domenico S. ufficiale della Guardia di finanza dal dicembre 1989 ad agosto 2012, in servizio presso la procura della Repubblica di Roma, sezione polizia giudiziaria, attualmente in pensione, rappresenta che in data 30 novembre 2020 è stato attivato un codice rosso che ha condotto madre e figlia in una casa famiglia, per tutelare entrambe da possibili episodi di violenza perpetrati dal padre della bambina. Nel marzo 2021 il pubblico ministero presso la procura della Repubblica dei minori di Roma, su richiesta dei servizi sociali di Aprilia, ha chiesto l'allontanamento dalla casa famiglia della minore Giulia C. e della madre Antonella S. pur non avendo riscontrato nessun reato. In data 26 aprile 2021 Giulia e sua madre vengono collocate nella casa famiglia «Gardenia» di Latina Scalo, contro la volontà di Giulia, che sarebbe voluta tornare nella casa dei nonni materni. Il 3 giugno 2021 la casa famiglia Gardenia ha allontanato madre e figlia, perché la madre non era in grado di adeguarsi alle richieste poste dalla direzione della Casa Famiglia. In questo caso alla madre di Giulia viene diagnosticato dal dottor Schifano del Centro di salute mentale di Aprilia un grave disturbo borderline;
nel frattempo Giulia continuava ad esprimere il desiderio di tornare a casa dei nonni materni, ripetendolo in tutti i contesti in cui poteva esprimere formalmente il suo disagio. Per esempio nel Centro neuropsichiatria infantile di via dei Sabelli e parlando con il giudice Onorario Gizzi. Giulia C. ha chiesto sempre di rientrare in famiglia, presso i nonni materni, come risulta dalle numerose testimonianze sintetizzati nella relazione di aggiornamento del 15 settembre 2021 a firma delle dottoresse Bonomi e Altobelli che scrivono: «la minore manifesta in più occasioni la volontà di rientrare a casa dei nonni materni»;
ciò nonostante la curatrice speciale, avvocato De Toma, dal 26 aprile 2023 sta attivando un processo di adozione etero-familiare, che sottrarrebbe definitivamente la bambina alla tutela dei nonni. La curatrice ha incontrato Giulia solo attraverso videochiamata;
l'affido temporaneo dei minori ai nonni come attuazione del diritto del minore a crescere nella propria famiglia è sancito e garantito sia a livello internazionale dalla Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dalla Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, sia a livello interno dall'articolo 30 della Costituzione, dagli articoli 28, 29 e 39 del Testo unico immigrazione e dagli articoli 1, 2 e 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il cui titolo è stato cambiato nel 2001 in «Diritto del Minore ad una famiglia». Giulia vuole rientrare nella casa dove da sempre è cresciuta, ovverosia quella dei nonni materni. La richiesta di Giulia è un diritto sancito dalla Costituzione e da norme che sanciscono il diritto del minore di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia –:
quali iniziative, anche di carattere normativo, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere affinché si tenga sempre più conto della volontà del minore per quanto attiene al suo futuro, alla sua stessa vita, valorizzando l'adozione intra-familiare come l'ambito più naturale ed adeguato a garantire al minore stabilità negli affetti e nel contesto socio-scolastico.
(4-03147)
EVI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
ancora nuove orribili uccisioni e torture su animali, solo negli ultimi giorni ennesimi episodi di una crudeltà e ferocia inaudite, alcuni per mano di giovani ragazzi che compiono gesti terribili e violenti davanti a telecamere e ripresi dagli amici, che di fatto, partecipano alla violenza;
a Lanusei in Sardegna, tre giovani criminali decidono di lanciare un gattino da un ponte per mero divertimento e come accade sempre più spesso, hanno filmato il tutto per poi postarlo sui social come se fosse una bravata;
a Napoli alcuni ragazzi attirano i gabbiani con del cibo per poi tuffarsi dalla barca con l'intento di colpire gli animali intenti a mangiare;
nelle Marche sei giovani dell'istituto Agrario Vivarelli di Fabriano durante lo stage in una fattoria hanno torturato un piccolo agnello fino ad ucciderlo. Il crimine risale a circa un mese fa ma la notizia è emersa solo in questi giorni. Grazie alle immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nella stalla, si vedono i sei giovani due maggiorenni e quattro minorenni, che prendono a calci un pallone scagliandolo con violenza sul gregge, in un secondo momento uno dei giovani prende un povero agnello e lo porta fuori dalla stalla, lì non ci sono telecamere e cosa sia accaduto nei minuti successivi non è ancora chiaro ma poco dopo si vede il giovane rientrare insieme al povero agnello visivamente paralizzato in tutti e quattro gli arti, morirà poco dopo. È stata sporta denuncia per maltrattamento e uccisione di animale, la scuola ha avviato un procedimento disciplinare a seguito di una riunione dove erano presenti i giovani, i consigli delle classi di cui fanno parte, genitori e docenti;
a Palazzolo in provincia di Siracusa otto cani fra cui cinque cuccioli, sono stati avvelenati con metaldeide, un composto altamente tossico. I cani erano purtroppo randagi, ma accuditi da volontari e volontarie della zona, gli adulti vivevano nei pressi del campo sportivo da anni, non hanno mai arrecato nessun tipo di fastidio o danno. La morte per avvelenamento da metaldeide causa sofferenze terribili: spasmi, violente convulsioni fino alla morte. Le soluzioni da mettere in campo non possono essere, ad esempio, quella di chiudere i cani randagi in canili sovraffollati, piuttosto i comuni devono intervenire con sterilizzazioni massicce e sostegno ai volontari che si occupano di queste creature alla mercé di soggetti pericolosi;
risalgono solo a pochi mesi fa alcune atrocità ai danni di animali che hanno colpito profondamente l'opinione pubblica, ad esempio, quanto successo al gatto Leone, scuoiato vivo ad Angri o ad Aron il pitbull bruciato vivo a Palermo;
la Associazione AnimaLiberAction ha lanciato una petizione che, in poco tempo, ha raccolto quasi 10.000 firme, per chiedere azioni e iniziative urgenti e concrete da parte delle istituzioni, raccogliendo così la volontà di sempre più cittadini che ritengono che, ancora oggi, chi usa violenza sugli animali resti di fatto impunito, anche quando la violenza porta alla morte dell'animale –:
se siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano adottare per agire su più livelli e porre fine a questa ondata di violenze e torture nei confronti di animali;
se e in che modo intendano lavorare per far maturare una presa di consapevolezza da parte della società affinché gli animali non siano più considerati oggetti ma esseri senzienti, così come riconosciuto dal Trattato di Lisbona, anche tramite percorsi educativi a partire dalle scuole e campagne di informazione per favorire un cambiamento culturale;
se intendano adottare iniziative normative per modificare, ampliandole ed inasprendole, le pene per chi maltratta e uccide animali e quali iniziative intendano adottare affinché le suddette pene siano certe, anche nel caso di responsabilità di minori.
(4-03148)
GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
F. S. è sottoposto alla misura della casa di lavoro, in regime di 41-bis, presso la casa circondariale di Tolmezzo;
F. S., difeso dall'Avv. Immacolata Spina, è stato detenuto in regime di 41-bis presso il carcere di Rebibbia dal gennaio 2009 fino al 23 giugno 2022, in esecuzione di una condanna a 17 anni di reclusione;
avendo avuto un comportamento ineccepibile, così usufruendo della liberazione anticipata (ex articolo 54 dell'ordinamento penitenziario), avrebbe dovuto essere scarcerato per espiazione pena il 23 giugno 2022, ma così non è stato perché F. S. veniva sottoposto alla misura di sicurezza della casa di lavoro senza alcun riesame ed accertamento della sussistenza ed attualità della sua pericolosità nonostante 13 anni consecutivi di carcerazione;
il riesame pericolosità è stato effettuato – a seguito di numerose istanze, incidenti di esecuzione, ed altro presentati dalla difesa – solo molti mesi dopo l'applicazione della misura di sicurezza presso il carcere di Tolmezzo, dove F. S. è stato trasferito il 25 giugno 2022;
a maggio 2024, la misura della casa di lavoro, originariamente prevista in scadenza per il 25 giugno 2024, è stata rinnovata per un ulteriore anno;
F. S. ha oggi 66 anni e soffre di gravi patologie quali diabete mellito di tipo 2, tubercolosi, insufficienza renale di 3° grado; durante la detenzione a Rebibbia, a seguito di un'ischemia è stato ricoverato risultando invalido civile all'80 per cento; una consulenza di parte ritiene le sue condizioni di salute incompatibili con il regime a cui è sottoposto; F. S. è inabile al lavoro come risulta dalla certificazione medica della casa circondariale di Tolmezzo, pertanto, la sua permanenza in questo istituto per il suo stato di salute, per l'inabilità al lavoro e per la sottoposizione al regime di 41-bis si configura come una pura e dura carcerazione;
secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 197 del 2021, in conformità agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, deve essere prescelta un'interpretazione della disciplina che consenta l'applicazione delle sole restrizioni proporzionate e congrue alla condizione del soggetto cui il regime differenziale di volta in volta si riferisce. Nel caso dell'internamento in casa di lavoro, le restrizioni devono adattarsi, nei limiti del possibile, alla necessità di organizzare un programma di lavoro, e, a sua volta, l'organizzazione del lavoro deve adattarsi alle restrizioni (quelle necessarie) della socialità e della possibilità di movimento nella struttura. In definitiva, secondo l'interpretazione della Corte, gli internati in regime differenziale restano esclusi dall'accesso alla semilibertà ed alle licenze sperimentali, non potendo uscire dalla struttura in cui sono collocati, ma, quanto alla socialità ed ai movimenti intra moenia, deve essere loro garantita la possibilità di lavorare;
sempre la Corte costituzionale, nella sopra richiamata sentenza afferma che «quanto all'asserita “spirale” tra diniego dell'offerta risocializzante e proroga ad libitum della misura di sicurezza, essa è preclusa in radice visto che l'applicazione del regime differenziale non annulla il dovere e il potere dell'amministrazione di dare concreta attuazione all'attività che caratterizza la misura di sicurezza della casa di lavoro» –:
se siano conoscenza di quanto riportato in premessa;
quali iniziative di competenza intendano porre in essere per garantire a F. S. il diritto alla salute costituzionalmente garantito anche valutando il ricorso ad iniziative ispettive, in relazione alla sua inabilità al lavoro e delle sue gravi condizioni di salute.
(4-03150)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta scritta:
AMORESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'ordinanza n. 42 del 2007 del Ministero dei trasporti, Compartimento marittimo di Livorno, vieta alle unità da diporto nel periodo compreso tra il 1° maggio e il 30 settembre di navigare ed ormeggiare a meno di 250 metri dalla costa o a meno di 100 metri dalle scogliere nella zona compresa tra comune di Vecchiano e il comune di Capalbio;
tale divieto nasce dall'esigenza di garantire sicurezza in quegli specchi di acqua su cui si affacciano gli stabilimenti balneari o le spiagge frequentate dai bagnanti, in modo da non mettere a repentaglio la sicurezza di questi ultimi;
tale ordinanza, tuttavia, se applicata in modo letterale non lascia spazio ad una interpretazione teleologicamente orientata alla vera natura del precetto: lo scopo del divieto è, infatti, solo quello di garantire la salvaguardia del cittadino, ma una mancata differenziazione tra zone balneabili e non rischia di penalizzare le attività commerciali;
nello specifico si evidenzia un nocumento arrecato al comparto della nautica da diporto che coinvolge migliaia di lavoratori ed un importante indotto economico, visto che solo in Arno si possono contare oltre 3.500 imbarcazioni;
in tal senso, infatti, deve esser ricordato che una buona parte dell'arcipelago tirrenico della Toscana è interdetto all'uomo, come nello specifico caso dello specchio d'acqua tra Bocca d'Arno e Bocca di Serchio denominato spiaggia di San Rossore (Pi) ove non è prevista la balneazione;
per tale motivo, a parere dell'interrogante, dovrebbe esser rivalutata la possibilità di concedere deroghe funzionali all'attività economica tenuto conto delle distanze di navigazione ed ormeggio rispetto alla costa, nonché dell'assenza di pericoli in relazione alla contemporanea presenza di bagnanti e natanti –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato affinché, considerata anche l'imminente stagione estiva, sia garantito un equo bilanciamento tra esigenze turistiche e occupazionali nell'applicazione della ordinanza n. 42 del 2007 del Ministero dei trasporti, Compartimento marittimo di Livorno;
se non ritenga, il Ministro interrogato, meritevole di modifica l'ordinanza che vieta l'ormeggio a meno di 250 metri dalla costa nel tratto di mare prospiciente la spiaggia di San Rossore (Pi) ove non è consentita la presenza di bagnanti.
(4-03149)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazione a risposta in Commissione:
ROGGIANI, BRAGA, FORATTINI, GUERINI, GIRELLI, MAURI, PELUFFO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi e stata diffusa a mezzo stampa una lettera scritta dalla maggior parte dei genitori delle 55 famiglie che in questi anni hanno fatto causa al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (attuale Ministero dell'istruzione e del merito) e al comune di Sesto San Giovanni per vedere garantiti e tutelati i diritti all'istruzione, all'inclusione e alla frequenza scolastica dei propri figli con disabilità;
tale missiva è la risposta alle parole pronunciate dal sindaco del comune suddetto durante il consiglio comunale del 7 maggio 2024 nel quale ha definito «strumentale» il ricorso al tribunale;
da 15 anni i genitori si battono per avere pari dignità e rispetto dei diritti affinché tutti i bambini possano vivere un tempo scuola pieno e dignitoso;
lo «strumento» del sostegno e dell'assistenza educativa scolastica ha lo scopo di fare da facilitatore affinché anche tutti i bambini possano esprimere appieno le loro potenzialità. In particolare, al Glo (gruppo di lavoro operativo per l'inclusione) a cui partecipano insegnanti curriculari, di sostegno e il dirigente, sulla base di una documentazione medica (diagnosi funzionale o profilo dinamico funzionale), compete la definizione del monte ore di sostegno necessario al raggiungimento degli obiettivi;
tuttavia, l'amministrazione comunale ha deciso arbitrariamente di attribuire meno ore rispetto a quelle indicate nel Pei (piano educativo individualizzato) redatto dalla scuola per ogni bambino/ragazzo con disabilità;
per giustificare tale scelta discriminatoria e illegittima l'amministrazione comunale ha dichiarato di non avere risorse: tale pronunciamento entra in contrasto con l'ordinanza del tribunale ordinario di Monza – sezione civile – del 2019 con la quale si precisa che «la riduzione di tale intervento per meri motivi economici rappresenta una discriminazione dell'alunno stesso». Del resto, anche l'avvocatura del comune ha sottolineato questo aspetto;
i genitori hanno fatto proposte concrete e chiesto «che una parte dell'avanzo di bilancio 2023, quasi 9 milioni di euro, venga destinato a coprire il totale delle ore di educativa scolastica richieste dalle scuole per tutti i bambini/ragazzi con disabilità e, inoltre, che venga riattivato il “tavolo della 104”, che raccoglie tutti i soggetti della città che operano sul tema della disabilità: amministrazione comunale, sanità, scuola e associazioni del territorio»;
nonostante le sentenze e le ordinanze summenzionate siano sempre state a favore delle famiglie, i bambini continuano a non beneficiare delle ore previste dal Pei di cui hanno pieno diritto;
non è accettabile che i bambini o ragazzi con disabilità siano costretti ad entrare o uscire in orari diversi rispetto ai loro compagni perché la scuola di fatto non è in grado di garantire il diritto alla frequenza scolastica;
il Ministro interrogato in più di un'occasione ha dichiarato che l'inclusione degli alunni con disabilità è un punto qualificante dell'agenda del suo dicastero –:
quali iniziative di competenza intenda attuare per consentire agli alunni con disabilità, nel caso esposto in premessa e in altri casi analoghi, di beneficiare dello stesso monte orario indicato nel Pei e redatto dalla scuola per ogni bambino/ragazzo con disabilità;
quali ragioni abbiano finora impedito di ottemperare alle pronunce emesse da giudici diversi che hanno obbligato l'amministrazione comunale e il Ministro interrogato ad integrare le ore mancanti, rispettivamente di assistenza scolastica educativa e di sostegno, per fare venire meno la discriminazione in atto;
se non ritenga che sia necessario aumentare i trasferimenti ai comuni per l'assistenza educativa scolastica per rispondere alle diverse esigenze delle scuole.
(5-02626)