Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 18 luglio 2024

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: DDL N. 1951 E N. 1952 E PDL N. 960-A

Ddl n. 1951 – Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2023 e n. 1952 – Disposizioni per l'Assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2024

Tempo complessivo: 14 ore, di cui:

• discussione generale congiunta: 8 ore;

• seguito dell'esame: 6 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 20 minuti 57 minuti
(con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 50 minuti 4 ore e 3 minuti
Fratelli d'Italia 41 minuti 38 minuti
Partito Democratico – Italia democratica e progressista 43 minuti 43 minuti
Lega – Salvini premier 36 minuti 26 minuti
MoVimento 5 Stelle 40 minuti 34 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE 34 minuti 22 minuti
Azione – Popolari Europeisti Riformatori – Renew Europe 32 minuti 18 minuti
Alleanza Verdi e Sinistra 32 minuti 17 minuti
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE 31 minuti 13 minuti
Italia Viva – Il Centro – Renew Europe 30 minuti 17 minuti
Misto: 31 minuti 15 minuti
  Minoranze Linguistiche 18 minuti 9 minuti
  +Europa 13 minuti 6 minuti

Pdl n. 960-A – Destinazione agli uffici diplomatici e consolari di quota dei
proventi derivanti dal rilascio dei passaporti all'estero

Tempo complessivo: 13 ore, di cui:

• discussione sulle linee generali: 8 ore;

• seguito dell'esame: 5 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 15 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 20 minuti 45 minuti
(con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 50 minuti 3 ore e 10 minuti
Fratelli d'Italia 45 minuti 37 minuti
Partito Democratico – Italia democratica e progressista 39 minuti 26 minuti
Lega – Salvini premier 38 minuti 25 minuti
MoVimento 5 Stelle 36 minuti 22 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE 36 minuti 20 minuti
Azione – Popolari Europeisti Riformatori – Renew Europe 32 minuti 13 minuti
Alleanza Verdi e Sinistra 31 minuti 12 minuti
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE 31 minuti 12 minuti
Italia Viva – Il Centro – Renew Europe 31 minuti 12 minuti
Misto: 31 minuti 11 minuti
  Minoranze Linguistiche 18 minuti 6 minuti
  +Europa 13 minuti 5 minuti

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 18 luglio 2024.

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Caiata, Cappellacci, Carfagna, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Grippo, Guerini, Leo, Letta, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Polidori, Porta, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Traversi, Tremonti, Varchi, Vinci, Zanella, Zoffili, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 17 luglio 2024 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   SASSO ed altri: «Introduzione dell'articolo 23-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in materia di partecipazione delle persone con disabilità ai pubblici spettacoli e alle manifestazioni di intrattenimento e di carattere sportivo» (1971);

   CAIATA: «Istituzione di un fondo per l'erogazione di borse di studio in favore degli studenti meritevoli classificatisi in competizioni negli sport minori e nei Giochi della gioventù» (1972);

   DI LAURO: «Istituzione della Giornata nazionale dell'ecospiritualità» (1973).

  Saranno stampate e distribuite.

Ritiro di sottoscrizioni
a proposte di legge.

  In data 17 luglio 2024 il deputato De Maria ha comunicato di ritirare la propria sottoscrizione alla proposta di legge:

   MULÈ ed altri: «Istituzione della Giornata degli internati italiani nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda Guerra mondiale» (1835).

Trasmissione dal Senato.

  In data 17 luglio 2024 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:

   S. 1185. – «Proroga del termine per l'esercizio delle deleghe previste dall'articolo 2 della legge 15 luglio 2022, n. 106, nonché di quelle previste dall'articolo 27 della legge 5 agosto 2022, n. 118» (approvato dal Senato) (1974).

  In data 18 luglio 2024 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:

   S. 1161. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 giugno 2024, n. 73, recante misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie» (approvato dal Senato) (1975).

  Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   VII Commissione (Cultura)

  S. 1185. – «Proroga del termine per l'esercizio delle deleghe previste dall'articolo 2 della legge 15 luglio 2022, n. 106, nonché di quelle previste dall'articolo 27 della legge 5 agosto 2022, n. 118» (approvato dal Senato) (1974) Parere delle Commissioni I, V, X e XI.

   XI Commissione (Lavoro)

  MOLLICONE e RIZZETTO: «Interpretazione autentica del comma 8 dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182, in materia di calcolo dei trattamenti pensionistici per i lavoratori dello spettacolo» (1793) Parere delle Commissioni I, V e VII.

   XII Commissione (Affari sociali)

  SCHIFONE e CIANCITTO: «Istituzione del Registro degli operatori socio-sanitari e socio-sanitari con formazione complementare in assistenza sanitaria» (1808) Parere delle Commissioni I, II, V, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Presidenza
del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 17 luglio 2024, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 8-ter, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, che è stata autorizzata, in relazione a un intervento da realizzare tramite un contributo assegnato per l'anno 2017 in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, una rimodulazione del progetto «Fame zero – resilienza e autosufficienza alimentare delle comunità del distretto di Fantalle – Etiopia».

  Questa comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di sentenze
della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:

   Sentenza n. 126 del 5 giugno – 15 luglio 2024 (Doc. VII, n. 355),

   con la quale:

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9 della legge della Provincia autonoma di Trento 4 agosto 2022, n. 10 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2022-2024), promosse, in riferimento agli articoli 81, 97, 100, 117, secondo comma, lettera l), 119 e 120 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9 della legge della Provincia autonoma di Trento n. 10 del 2022, promosse, in riferimento agli articoli 81, 97 e 117 della Costituzione e agli articoli 4 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione all'articolo 47 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), dal Presidente del Consiglio dei ministri;

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9 della legge della Provincia autonoma di Trento n. 10 del 2022, promosse, in riferimento agli articoli 100 e 117, secondo comma, lettere e), f) ed l), della Costituzione, e all'articolo 105 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, in relazione all'articolo 47 del decreto legislativo n. 165 del 2001, dal Presidente del Consiglio dei ministri:

    alla V Commissione (Bilancio e Tesoro);

   Sentenza n. 129 del 4 giugno – 16 luglio 2024 (Doc. VII, n. 357),

   con la quale:

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), sollevate, in riferimento agli articoli 2, 3, 4, 21, 24, 35, 36, 40, 41 e 76 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Catania, in funzione di giudice del lavoro;

    dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 23 del 2015, sollevata, in riferimento all'articolo 39 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Catania, in funzione di giudice del lavoro:

    alla XI Commissione (Lavoro);

   Sentenza n. 131 del 4 giugno – 16 luglio 2024 (Doc. VII, n. 359),

   con la quale:

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a statuto ordinario), dell'articolo 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) e dell'articolo 6 della legge della Regione Lazio 29 aprile 2013, n. 2, recante «Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2013 (articolo 11, legge regionale 20 novembre 2001, n. 25)», «nella parte in cui sottopongono all'imposta sulle concessioni demaniali marittime le concessioni rilasciate dalle Autorità di Sistema Portuale», sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, sezione 28;

    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 3, della legge regionale Lazio n. 2 del 2013, «limitatamente all'inciso “ivi comprese quelle rilasciate e gestite dalle autorità portuali”», sollevata, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, sezione 28:

    alla VI Commissione (Finanze);

   Sentenza n. 132 del 6 giugno – 16 luglio 2024 (Doc. VII, n. 360),

   con la quale:

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 2, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, sollevate, in riferimento agli articoli 28, 81 e 103 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania;

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 2, del decreto-legge n. 76 del 2020, come convertito, sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania:

    alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia).

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

   in data 15 luglio 2024 sentenza n. 125 del 18 giugno – 15 luglio 2024 (Doc. VII, n. 354),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 135, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio):

    alla VIII Commissione (Ambiente);

   in data 16 luglio 2024 sentenza n. 128 del 4 giugno – 16 luglio 2024 (Doc. VII, n. 356),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), nella parte in cui non prevede che si applichi anche nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa il ricollocamento del lavoratore;

    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 23 del 2015, sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna, sezione lavoro:

    alla XI Commissione (Lavoro);

   in data 16 luglio 2024 sentenza n. 130 del 18 giugno – 16 luglio 2024 (Doc. VII, n. 358),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1-bis, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121 (Misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale), convertito, con modificazioni, nella legge 6 novembre 2023, n. 155, nella parte in cui non dispone che il bando ivi previsto sia adottato previa intesa con la Conferenza unificata;

    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1-bis, commi 2, lettera a), e 4, lettera 5), del decreto-legge n. 121 del 2023, come convertito, promossa, in riferimento all'articolo 119 della Costituzione e al principio di leale collaborazione, dalla Regione Campania;

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge n. 121 del 2023, come convertito, promosse, in riferimento agli articoli 3, 97, 117, quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, dalla Regione Campania:

    alla X Commissione (Attività Produttive).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 29 MAGGIO 2024, N. 69, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE EDILIZIA E URBANISTICA (A.C. 1896-A)

A.C. 1896-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    favorire il recupero a fini produttivi di spazi interrati o seminterrati attualmente inutilizzati, non computati nel volume o nella superficie utile, di alberghi e strutture ricettive similari, potrebbe consentirne il riutilizzo per svolgere attività complementari, quali quelle di centri benessere e spa, sale congressi, centri fitness-gym, ricreative e altro;

    l'intervento di recupero di tali locali, peraltro, non comporterebbe il consumo di suolo ed è coerente con le ordinarie politiche di rigenerazione urbana, favorendo il riutilizzo di spazi esistenti e il miglioramento dell'offerta di servizi in favore della clientela delle strutture alberghiere;

    il recupero di tali locali avverrebbe previa presentazione di SCIA, ex articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo Unico in materia edilizia), alternativa al permesso di costruire, determinando, in tal modo, oneri contributivi a favore dei Comuni e incremento del gettito in prospettiva di entrate fiscali e tributarie, rivenienti dalla valorizzazione di spazi esistenti e finora improduttivi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380, che i locali interrati e seminterrati di fabbricati destinati ad attività ricettivo-alberghiere possano essere utilizzati per servizi offerti alla clientela, complementari alle stesse attività ricettivo-alberghiere, previa segnalazione certificata di inizio attività (ai sensi dell'articolo 23 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001) con l'osservanza delle altre condizioni previste dalla disciplina in materia, in modo da favorire il recupero a fini produttivi degli spazi esistenti inutilizzati e non computati nel volume o nella superficie utili di fabbricati esistenti, senza ulteriore consumo di suolo.
9/1896-A/1. Caramanna, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 1, lettere a)-f), modificato in sede referente, reca modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo Unico dell'Edilizia) con riguardo ai seguenti istituti: interventi di edilizia libera (lettera a); definizione dello stato legittimo degli immobili (lettera b); mutamento della destinazione d'uso in relazione alle singole unità immobiliari (lettera c); opere acquisite dal comune eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (lettera d); interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (lettera e); tolleranze costruttive (lettera f);

    la lettera d-bis), introdotta nel corso dell'esame in sede referente, sopprime il secondo periodo dell'articolo 32, comma 3, del TUE, che delimita gli interventi effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali;

    la succitata disposizione, di cui si prevede la soppressione, stabilisce che ogni intervento non rientrante nell'elenco del comma 1 del medesimo articolo, effettuato sui succitati edifici, sia da considerarsi essenziale;

    l'articolo 32, comma 1 del TUE definisce taluni criteri fondamentali, vincolanti per la disciplina regionale, al fine di determinare quali variazioni siano da considerarsi essenziali. In particolare, il comma dispone che siano da considerarsi essenziali esclusivamente gli interventi per cui ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

     a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standard previsti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 1444/1968;

     b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;

     c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;

     d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;

     e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali;

    si tratta di una norma che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, avrà effetti incontrollabili che potrebbero danneggiare profondamente il nostro patrimonio culturale,

impegna il Governo

al fine di rispettare e tutelare l'intero patrimonio culturale, a mettere in atto iniziative, anche legislative, volte ad avviare le necessarie procedure di verifica sull'individuazione delle possibili variazioni da effettuare – in seguito alla soppressione dell'articolo 32 comma 1 del TUE – su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, al fine di rispettare e tutelare l'intero patrimonio culturale.
9/1896-A/2. Iacono, Manzi, Orfini, Berruto, Carmina.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge in esame dispone la conversione in legge del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    l'articolo 1 introduce modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (TUE), di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;

    in ordine alla natura della comunione ereditaria e della relativa divisione, l'atto di scioglimento avente ad oggetto un edificio abusivo o parti di esso non sarebbe tra quelli sanzionati con la nullità dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 46;

    secondo la suddetta normativa, in caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, di conseguenza, la domanda di rilascio di titolo edilizio o sanatoria deve provenire congiuntamente da tutti i soggetti vantanti un diritto di proprietà sull'immobile ovvero è necessaria una loro manifestazione, anche implicita, di consenso;

    quindi nei casi di discordia tra eredi, gli eredi non potranno avviare e completare le procedure di sanatoria propedeutiche alla divisione testamentaria e il giudice non può disporre la divisione di immobile abusivo, sebbene rientrante nelle ipotesi di sanabilità;

    il risultato è che gli immobili abusivi, ma sanabili, che cadono in comunione ereditaria non potranno essere divisi tra gli eredi che hanno ricevuto, senza responsabilità alcuna, beni non conformi per atto «mortis causa»;

    ciò produce un effetto lesivo dei diritti degli altri eredi, infatti occorrerebbe evitare che anche uno solo degli eredi si possa opporre alla divisione (perché ad esempio occupa indebitamente uno o più immobili sottraendoli di fatto e di diritto agli altri che al contempo sono obbligati a corrisponderne imposte e tasse e possa continuare nell'intento privativo del diritto altrui;

    già agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali l'aggiudicatario, anch'egli senza responsabilità alcuna, qualora l'immobile rientri nelle previsioni di sanabilità, può presentare relativa domanda per la regolarizzazione entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria;

    quindi, come per il creditore che promuove la vendita all'incanto, anche all'erede non deve essere precluso lo scioglimento (consensuale o giudiziale) della comunione ereditaria generatasi «mortis causa». E come per l'aggiudicatario della vendita all'incanto, anche lo stesso erede deve essere messo nelle condizioni di sanare l'abuso, anche presentando richiesta disgiuntamente dagli altri comproprietari;

    la sanabilità ad opera di anche una sola delle parti in giudizio deve mirare a scardinare questi meccanismi privativi dei diritti di tutti ristabilendo equità tra gli eredi ad opera e su preciso ordine del giudice civile;

    tra l'altro il singolo erede o la maggioranza di essi che si opponessero alla sanabilità degli immobili si renderebbero complici di un illecito, che può addirittura configurarsi come reato in taluni casi, arrecando grave pregiudizio all'interesse pubblico che non può in alcun modo incassare la sanzione pecuniaria prevista nei casi di sanabilità;

    pertanto al fine di garantire l'equità «erga omnes» stabilita all'interno del procedimento dal tribunale civile, di ricondurre a condizioni di liceità molti immobili che non vengono regolarizzati per inazione delle parti interessate (proprietari o possessori) e di assicurare la riscossione da parte degli enti locali della relativa sanzione pecuniaria prevista,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, con il primo provvedimento utile, le disposizioni necessarie per escludere che le nullità previste dall'articolo 46, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 non si applichino, così come alle procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali, agli atti derivanti da procedure giudiziali di divisione di comunione ereditaria qualora gli immobili, o loro parti, rientrino nelle previsioni di sanabilità, prevedendo, altresì, che il richiedente la divisione possa presentare relativa domanda per la regolarizzazione, anche disgiuntamente dagli altri comproprietari.
9/1896-A/3. Giorgianni, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, motivato sulla base della straordinaria necessità ed urgenza di far fronte al crescente fabbisogno abitativo, (volto a sostenere gli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo e rilanciare al contempo il mercato della compravendita immobiliare) contiene una pluralità di disposizioni finalizzate a tutelare l'affidamento dei proprietari che, avendo legittimamente acquistato immobili in assenza di irregolarità risultanti da atti pubblici, si trovano nell'impossibilità di alienarli in forza della normativa sopravvenuta;

    le misure previste dal decreto-legge n. 69 del 2024, sono finalizzate pertanto a tutelare l'affidamento dei proprietari che, avendo legittimamente acquistato immobili in assenza di irregolarità risultanti da atti pubblici, si trovano nell'impossibilità di alienarli in forza della normativa sopravvenuta;

    al riguardo, nell'ambito delle disposizioni relative agli atti che compongono il nuovo catasto edilizio urbano, si ravvisa che l'accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano, di cui all'articolo 16 del regio decreto-legge 13 aprile 1939 n. 652, dispone che: «Il nuovo catasto edilizio urbano è formato in base alle risultanze dell'accertamento generale dei fabbricati e alla valutazione della rispettiva rendita catastale. Esso è costituito dallo schedario delle partite, dallo schedario dei possessori e dalla mappa urbana»;

    ai sensi dell'articolo 7 del medesimo regio decreto-legge, gli intestatari catastali, devono presentare una planimetria in scala non inferiore a 1:200, dalla quale si rilevi anche la ubicazione di ciascuna unità immobiliare rispetto alle proprietà confinanti e alle strade pubbliche e private;

    tale rappresentazione tecnica, richiesta in sede di formazione del Nuovo Catasto Edilizio Urbano per favorire le operazioni di stima della rendita catastale da parte degli Uffici Tecnici Erariali (oggi Uffici Provinciali-Territorio dell'Agenzia delle Entrate), ha assunto, nel corso del tempo, valenze ulteriori rispetto a quelle originarie di tipo puramente fiscale, per le quali si ritiene oggi necessario elevarne il rango a veri e propri atti del catasto;

    la conseguenza di tale elevazione consiste nel fatto che, dovendo gli atti del catasto essere rilasciati in consultazione a chiunque ne faccia richiesta ai sensi dell'articolo 45 del regio decreto-legge 8 dicembre 1939 n. 2153 («A chiunque ne faccia domanda, anche orale, si possono rilasciare estratti, copie e certificati di ciò che si contiene nelle mappe e negli altri atti del catasto») e dell'articolo 13 della legge 1° ottobre 1969, n. 679 (l'amministrazione «è autorizzata a rilasciare le certificazioni catastali, certificati, estratti e copie di atti dei catasti terreni ed edilizio urbano, sotto forma di riproduzione degli atti medesimi»), dalla data di entrata in vigore della proposta di modifica normativa dovranno essere rilasciate, a chiunque ne faccia richiesta, anche le rappresentazioni planimetriche delle unità immobiliari urbane;

    attualmente il loro rilascio è, invece, riservato in via esclusiva ai titolari dei diritti reali sulle unità immobiliari, in relazione alla duplice circostanza che: non sono atti e dunque non vi è obbligo di rilascio a chiunque ed inoltre rappresentano la distribuzione interna dell'unità immobiliare dell'intestatario, che nel corso degli anni è stata ritenuta materia avente carattere di riservatezza;

    il sottoscrittore del presente atto tuttavia, evidenzia che nel corso degli anni, le rappresentazioni planimetriche catastali hanno assunto un'importanza sempre maggiore, in particolare a seguito dell'emanazione dell'articolo 29 comma 1-bis della legge 27 febbraio 1985 n. 52, sulla meccanizzazione delle Conservatorie dei Registri immobiliari, introdotto dall'articolo 19 comma 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78;

    in relazione alle suesposte osservazioni, le rappresentazioni planimetriche costituiscono pertanto attualmente, una componente essenziale del pubblico registro catastale, la cui conoscenza risulta indispensabile, al pari delle altre informazioni rese disponibili dal sistema integrato catastale, cartografico ed ipotecario, per la tutela dei terzi nelle transazioni immobiliari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità d'introdurre, nel corso dei prossimi provvedimenti utili all'esame del Parlamento, una norma volta a modificare l'articolo 16 del regio decreto-legge 13 aprile 1939 n. 652 in premessa riportato, nel senso di prevedere che il nuovo catasto edilizio urbano sia costituito oltre che dallo schedario delle partite e quello dei possessori, anche dalle planimetrie delle unità immobiliari urbane, i cui effetti correttivi non determinano oneri diretti per l'erario, ma al contrario possono determinare effetti positivi sul gettito fiscale.
9/1896-A/4. De Bertoldi, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame dell'Assemblea, che consente la piena valorizzazione degli immobili anche agevolando la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia e di incremento dell'efficienza energetica (nell'ottica di favorire processi di rigenerazione urbana e riuso del suolo edificato) propone fra i diversi obiettivi quello di effettuare un'operazione manutentiva del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, alla luce sia dell'esigenza di rendere più semplici le regole istruttorie edilizie e dirimere dubbi interpretativi generati dalla costante e parossistica produzione normativa degli ultimi quindici anni;

    al riguardo, quest'ultimo aspetto ha determinato l'assunzione da parte degli organi giurisdizionali, in particolare di quelli della giustizia amministrativa, di decisioni che spesso hanno sorprendentemente ribaltato precedenti pronunce o prassi applicative che le amministrazioni comunali ritenevano in buona fede ormai ampiamente condivisibili e consolidate;

    in particolare il riferimento riguarda una sentenza del Consiglio di Stato n. 616 del 2023 che, relativamente alla ristrutturazione mediante ripristino di edificio crollato o demolito, prevista dall'articolo 3, comma 1, lettera d) del Testo Unico n. 380 del 2001 successivamente modificato dall'articolo 30, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 69 del 2013, (cosiddetto decreto-del fare) ha ritenuto che, (non potendo la modifica introdotta avere efficacia retroattiva) tale intervento sussista solo nei casi in cui la demolizione o il crollo siano avvenuti successivamente all'entrata in vigore della novella normativa sopravvenuta ovvero: il 30 maggio 2013;

    lo stesso Consiglio di Stato, attraverso la sentenza n. 6331 del 2024, ha successivamente considerato, (in evidente disaccordo con sé stesso) astrattamente realizzabile il ripristino di edificio crollato nel 1988, a condizione di fornire (come del resto è espressamente previsto dalla richiamata disposizione del testo unico) la rigorosa prova della preesistenza dell'edificio, senza che assuma rilevanza l'epoca del crollo o della demolizione;

    quanto suesposto ha generato un prevedibile disorientamento negli operatori del settore che, di fronte a istanze e progetti edilizi che richiedono l'applicazione della disposizione richiamata, naturalmente scelgono la soluzione più prudente e conservativa, aumentando il senso complessivo di paralisi nello svolgimento delle attività istruttorie e decisionali;

    in relazione alle suesposte osservazioni, si ravvisa pertanto la necessità di prevedere una modifica normativa, volta a stabilire che, le definizioni degli interventi edilizi previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, siano considerate valide nei riguardi di qualsiasi intervento di ripristino di edifici o parti di essi crollati o demoliti anche prima dell'entrata in vigore del presente testo unico e successive modificazioni, purché non oggetto nel frattempo di interventi edilizi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità d'introdurre, nel prossimo provvedimento utile all'esame del Parlamento, una modifica normativa all'articolo 3 comma 1, lettera d) del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380, nel senso di prevedere che sono ammessi gli interventi di ripristino di edifici o parti di essi crollati o demoliti anche antecedentemente all'entrata in vigore del presente testo unico e delle sue modifiche, purché non oggetto nel frattempo di interventi edilizi.
9/1896-A/5. Testa, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del decreto in esame prevede un complesso di modifiche al Testo Unico Edilizia, con la finalità di semplificare il procedimento autorizzatorio in ordine a piccoli interventi e/o incongruenze in ambito edilizio, con particolare riferimento al settore delle abitazioni private;

    l'Healthy Buildings Barometer 2024 (HBB), sviluppato dal Buildings Performance Institute Europe (BPIE), reca grande attenzione alla qualità dell'ambiente interno dell'edificio, sottolineando l'importanza di fattori centrali, quali ventilazione e illuminazione naturali;

    i benefici effettivi sono stati ampiamente dimostrati dallo studio, con una pluralità di esempi riscontrati in diverse parti d'Europa: il miglioramento complessivo della salubrità degli ambienti interni comporta un aumento della salute mentale e fisica degli individui, oltre che un incremento della produttività negli ambienti di lavoro e di studio, con benefici di carattere economico e sociale, nonché potenziali risparmi per il Sistema sanitario nazionale,

impegna il Governo

a valutare di adottare, nel prossimo provvedimento utile, ulteriori misure di semplificazione ai fini del miglioramento della qualità degli ambienti interni, con particolare riferimento alla ventilazione e all'illuminazione naturale.
9/1896-A/6. Squeri.


   La Camera,

   premesso che:

    la lettera f-bis) del comma 1 dell'articolo 1 del provvedimento in esame introduce un nuovo articolo 34-ter nel Testo unico edilizio (decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001), rubricato «Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo»;

    si prevede la sanabilità degli edifici realizzati con varianti in corso d'opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (cosiddetta Legge Bucalossi);

    la norma prevede che qualora sia impossibile accertare l'epoca della variante il tecnico incaricato attesti la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano a detto tecnico le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

    la dichiarazione dell'epoca dell'intervento, in assenza documentazione certa, non può che rimanere in capo alla proprietà o al responsabile dello stesso, poiché detti soggetti sono i soli a potere disporre di elementi conoscitivi;

    tale prassi si riscontra già con l'introduzione del primo condono edilizio (legge n. 47 del 1985), si consolida negli anni successivi con l'introduzione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, trovando oggi riscontro praticamente in tutte le modulistiche regionali;

    il Consiglio di Stato – sez. VI, con sentenza 21 febbraio 2022, n. 1222, avvalora la tesi dell'attendibilità di tale dichiarazione;

    se è impossibile accertare l'epoca di realizzazione della variante, non è possibile chiedere ad un tecnico di attestare la data di realizzazione, non desumibile da alcuna documentazione,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di introdurre, nel prossimo provvedimento utile, la previsione che la dichiarazione prevista dal comma 2 del nuovo articolo 34-ter del TUE, sia posta in capo alla proprietà o al responsabile della variante;

   ad adottare disposizioni attuative che, in sede di applicazione del comma 2 del nuovo articolo 34-ter del TUE, prevedano che il tecnico sia tenuto a individuare una data possibile, in base alle documentazioni disponibili e non la data certa prevista dal dettato di legge.
9/1896-A/7. Mazzetti, Castiglione.


   La Camera,

   premesso che:

    la lettera f-bis) del comma 1 dell'articolo 1 del provvedimento in esame introduce un nuovo articolo 34-ter nel Testo unico edilizio (decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001), rubricato «Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo»;

    si prevede la sanabilità degli edifici realizzati con varianti in corso d'opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (cosiddetta Legge Bucalossi);

    la norma prevede che qualora sia impossibile accertare l'epoca della variante il tecnico incaricato attesti la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano a detto tecnico le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

    la dichiarazione dell'epoca dell'intervento, in assenza documentazione certa, non può che rimanere in capo alla proprietà o al responsabile dello stesso, poiché detti soggetti sono i soli a potere disporre di elementi conoscitivi;

    tale prassi si riscontra già con l'introduzione del primo condono edilizio (legge n. 47 del 1985), si consolida negli anni successivi con l'introduzione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, trovando oggi riscontro praticamente in tutte le modulistiche regionali;

    il Consiglio di Stato – sez. VI, con sentenza 21 febbraio 2022, n. 1222, avvalora la tesi dell'attendibilità di tale dichiarazione;

    se è impossibile accertare l'epoca di realizzazione della variante, non è possibile chiedere ad un tecnico di attestare la data di realizzazione, non desumibile da alcuna documentazione,

impegna il Governo

ad adottare disposizioni attuative che, in sede di applicazione del comma 2 del nuovo articolo 34-ter del TUE, prevedano che il tecnico sia tenuto a individuare una data possibile, in base alle documentazioni disponibili e non la data certa prevista dal dettato di legge.
9/1896-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta)Mazzetti, Castiglione.


   La Camera,

   premesso che:

    si è consolidato in giurisprudenza un indirizzo interpretativo che, richiamandosi alla previsione contenuta nell'articolo 32, comma 27, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, esclude l'operatività del condono in aree sottoposte a vincolo, anche se di inedificabilità relativa, senza tener conto della clausola di salvaguardia stabilita dal comma 27 medesimo che rinvia alle previsioni degli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;

    tale clausola estende alla definizione edilizia prevista dall'articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 la distinzione tra le opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo di inedificabilità relativo, per le quali la condonabilità è subordinata al rilascio del parere amministrativo favorevole, e le opere abusive eseguite in aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluto per le quali la condonabilità resta automaticamente esclusa;

    parte della giurisprudenza viceversa in più occasioni ha osservato che il condono del 2003 esige, ai fini della condonabilità delle opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico di inedificabilità relativa, il parere amministrativo favorevole. In tali ipotesi, quindi, non sussiste un impedimento automatico del condono, ma vi è l'onere di domandare la verifica di compatibilità delle opere con le esigenze di tutela implicate dal vincolo, che compete all'Autorità preposta alla tutela del vincolo;

    la citata clausola di salvaguardia non può che essere intesa come comprensiva anche del richiamo del precetto che subordina il rilascio del titolo edilizio in sanatoria di opere eseguite su aree vincolate al previo parere favorevole dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, con conseguente esclusione, quindi, di qualsivoglia automatismo preclusivo connesso all'esistenza di un regime di tutela della zona interessata dagli interventi oggetto del condono,

impegna il Governo

ad introdurre, nel prossimo provvedimento utile, disposizioni volte a chiarire la corretta applicazione del procedimento di riemersione previsto dall'articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, chiarendo la portata della clausola di salvaguardia stabilita dal comma 27 del medesimo articolo 32 che rinvia alle previsioni degli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
9/1896-A/8. Battilocchio, Rubano.


   La Camera,

   premesso che:

    il «decreto salva casa» apporta modifiche puntuali al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 introducendo modifiche all'articolo 6, comma 1, del TUE finalizzate ad ampliare le categorie di interventi che possono essere eseguiti in edilizia libera, cioè quegli interventi che non richiedono alcun titolo abilitativo né permesso e/o comunicazione, in quanto non eccessivamente impattanti;

    alla luce di queste previsioni, recependo l'orientamento giurisprudenziale prevalente in materia, si introduce con il decreto-legge salva casa una nuova fattispecie di intervento di edilizia libera. Si tratta in particolare di opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all'estensione dell'opera;

    la disposizione precisa che le opere in oggetto non possono determinare la creazione di un organismo edilizio rilevante e, comunque, di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche;

    il decreto ministeriale 2 marzo 2018 è il decreto ministeriale che approva il glossario per l'edilizia libera, elencando le principali opere edilizie che possono essere realizzate senza necessitare di alcun titolo abilitativo secondo l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 222 del 2016 (Tab. A, Sezione II – edilizia attività 26) e tra questi al n. 56 dell'elenco risultano anche le tensostrutture, presso strutture e assimilabili;

    le tensostrutture si compongono generalmente di una struttura portante rigida e un elemento che funge da copertura e collegamento tra gli elementi portanti, dando la stabilità necessaria per l'equilibrio dell'intera struttura;

    si tratta, chiaramente, di costruzioni molto leggere, che assicurano la massima libertà progettuale e che non richiedono lunghi tempi di progettazione e installazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire in un prossimo provvedimento normativo, tra le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, anche le tensostrutture, siano esse addossate, annesse o di pertinenza degli immobili o delle unità immobiliari.
9/1896-A/9. Morrone, Zinzi, Bof, Benvenuto, Montemagni, Pizzimenti.


   La Camera,

   premesso che:

    il «decreto salva casa» apporta modifiche puntuali al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 introducendo modifiche all'articolo 6, comma 1, del TUE finalizzate ad ampliare le categorie di interventi che possono essere eseguiti in edilizia libera, cioè quegli interventi che non richiedono alcun titolo abilitativo né permesso e/o comunicazione, in quanto non eccessivamente impattanti;

    alla luce di queste previsioni, recependo l'orientamento giurisprudenziale prevalente in materia, si introduce con il decreto-legge salva casa una nuova fattispecie di intervento di edilizia libera. Si tratta in particolare di opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all'estensione dell'opera;

    la disposizione precisa che le opere in oggetto non possono determinare la creazione di un organismo edilizio rilevante e, comunque, di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche;

    il decreto ministeriale 2 marzo 2018 è il decreto ministeriale che approva il glossario per l'edilizia libera, elencando le principali opere edilizie che possono essere realizzate senza necessitare di alcun titolo abilitativo secondo l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 222 del 2016 (Tab. A, Sezione II – edilizia attività 26) e tra questi al n. 56 dell'elenco risultano anche le tensostrutture, presso strutture e assimilabili;

    le tensostrutture si compongono generalmente di una struttura portante rigida e un elemento che funge da copertura e collegamento tra gli elementi portanti, dando la stabilità necessaria per l'equilibrio dell'intera struttura;

    si tratta, chiaramente, di costruzioni molto leggere, che assicurano la massima libertà progettuale e che non richiedono lunghi tempi di progettazione e installazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire in un prossimo provvedimento se, tra le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, rientrino anche le tensostrutture, siano esse addossate o annesse agli immobili o alle unità immobiliari.
9/1896-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta)Morrone, Zinzi, Bof, Benvenuto, Montemagni, Pizzimenti.


   La Camera,

   premesso che:

    la lettera a), numero 2), dell'articolo 1 del provvedimento in esame introduce, al comma 1 dell'articolo 6, la lettera b-ter) TUE, che assoggetta al regime di edilizia libera le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all'estensione dell'opera;

    dal 2022 ad oggi si è assistito ad una ripresa poderosa del settore turistico, trainata soprattutto dalle strutture ricettive all'aperto: un comparto protagonista di una importante evoluzione volta ad allinearsi agli standard internazionali, ad offrire servizi di livello elevato a prezzi concorrenziali e adeguarsi rapidamente alle mutevoli esigenze degli utenti che privilegiano sempre più la sostenibilità e la forte integrazione con la natura di queste strutture;

    il processo di investimento per l'adeguamento e il rinnovo delle strutture ricettive all'aria aperta necessita di una semplificazione della normativa inerente alle autorizzazioni paesaggistiche, che eviti un eccesso di oneri e adempimenti burocratici gravanti sugli allestimenti mobili di pernottamento, denominati anche «case mobili e/o maxicaravan», privi di legame fisso con il suolo e dotati di meccanismi di rotazione e movimento, liberamente interscambiabili di posizione all'interno del campeggio, composti da materiali leggeri, altamente sostenibili e compatibili con l'ambiente,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare con tempestività il decreto del Presidente della Repubblica di aggiornamento del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, anche al fine di inserire – nell'alveo delle misure finalizzate a precisare le categorie di interventi e opere non soggette ad autorizzazione – l'installazione o la sostituzione di mezzi mobili di pernottamento, con eventuali pertinenze e accessori, conformi alla norme UNI EN 13878: 2007, che non abbiano stabile collegamento al suolo e connotati da facile rimovibilità con relativa possibilità di ripristino dello stato originario dei luoghi, e si trovino all'interno delle strutture ricettive all'aria aperta previamente autorizzate.
9/1896-A/10. Pierro.


   La Camera,

   premesso che:

    la lettera d) dell'articolo 1, comma 1, apporta modifiche all'articolo 31, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, recante codice dell'edilizia;

    nel caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, il decreto introduce una procedura che, qualora l'opera non contrasti con rilevanti interessi culturali, paesaggistici, urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico, previo parere delle amministrazioni competenti, il comune può procedere all'alienazione del bene e dell'area di sedime, condizionando sospensivamente il contratto all'effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell'acquirente. Alla procedura di alienazione non può partecipare il responsabile dell'abuso e il valore venale del bene è determinato dall'agenzia del territorio;

    ai fini del rilancio delle politiche abitative, come risposta coerente ed efficace ai bisogni della persona e della famiglia, occorre una revisione complessiva delle misure finalizzate alla promozione dell'edilizia residenziale e sociale pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in un prossimo provvedimento normativo, che parte dei beni e aree di sedime recuperati ai sensi del comma 5, dell'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, siano destinati all'edilizia residenziale pubblica e edilizia sociale ed eventualmente anche inseriti nei programmi di valorizzazione immobiliare, per uso diverso da quello abitativo, per garantire attività produttive e livelli occupazionali.
9/1896-A/11. Zinzi, Benvenuto, Bof, Montemagni, Pizzimenti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica, all'articolo 2 stabilisce norme in materia di strutture amovibili realizzate durante l'emergenza COVID-19 con la finalità di consentire il mantenimento delle strutture di quelle che si ritengono di utilità sociale, realizzate per finalità sanitarie, assistenziali ed educative;

    a seguito della crisi sismica che, tra il 2016 e il 2017, ha colpito i territori di Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio, sono state predisposte e istallate strutture provvisorie al fine di garantire continuità aziendale, alle imprese operanti in vari settori economici destinatarie di provvedimenti di inagibilità;

    tale azione ha impedito che il sisma provocasse, oltre ai lutti e agli ingenti danni in termini di distruzione del patrimonio edilizio pubblico e privato, anche una progressiva desertificazione economica;

    tra i comparti maggiormente interessati dall'intervento di delocalizzazione, su strutture provvisorie nelle aree del sisma, vi è senza dubbio quello agricolo che rappresenta un settore estremamente sensibile per le economie locali, in particolare per i territori delle aree interne e montane;

    l'articolo 6, comma 1, lettera e-bis), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 prevede la possibilità di istallare strutture provvisorie dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché vengano immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto;

    la delocalizzazione delle attività economica nell'area del sisma e l'istallazione di strutture provvisorie è disciplinata dal Testo unico per la ricostruzione provata, dalle Ordinanze del Commissario straordinario n. 9 del 2016, n. 157 del 2023 e n. 180 del 2024, quest'ultima con la finalità di disporre proroghe per il settore agricolo ai termini di demolizione;

    a distanza di otto anni dagli eventi sismici, non è di alcuna utilità procedere alla rimozione delle strutture provvisorie laddove siano garantiti i requisiti urbanistici, anche in virtù del fatto che le attività di smantellamento e quelle di smaltimento generano costi molto elevati, oltre a produrre un significativo impatto ambientale;

    è necessario considerare tali strutture come un valore aggiunto per le imprese colpite dal sisma e, di conseguenza, fattore strategico di supporto alla ripresa economica,

impegna il Governo

ad adottare i provvedimenti necessari affinché sia garantito e disciplinato il mantenimento di tutte le strutture provvisorie in esercizio, come istallate in area sisma per la delocalizzazione delle attività economiche, laddove siano garantiti i requisiti urbanistici e in deroga alle scadenze temporali stabilite.
9/1896-A/12. Curti.


   La Camera,

   premesso che:

    nel territorio della Regione Siciliana, i decreti di imposizione del vicolo paesaggistico da parte della sovraintendenza ai beni culturali e ambientali posti alla fine degli anni 60' non rispettarono le normali procedure di pubblicazione previsti per questo tipo di atti;

    in particolare in diversi comuni il decreto venne pubblicato esclusivamente all'albo pretorio del comune stesso e non in Gazzetta Ufficiale per renderlo conoscibile erga omnes;

    per correggere questo errore i decreti poi vennero pubblicati successivamente in Gazzetta Ufficiale ma a distanza di diversi anni (dal 1973 al 1975);

    negli anni che vanno tra la pubblicazione del decreto all'albo pretorio e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale diverse migliaia di cittadini hanno richiesto le licenze edilizie per la realizzazione di nuove opere ma i comuni interessati rilasciarono il titolo edilizio senza acquisire però il preventivo nulla osta paesaggistico da parte della sovraintendenza;

    nel testo all'esame dell'aula che stiamo esaminando, prevede all'articolo 3, comma 4-bis che: «Le disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, si applicano anche agli interventi realizzati entro l'11 maggio 2006 per i quali il titolo legittimante è stato rilasciato da parte degli enti locali senza previo accertamento della compatibilità paesaggistica. Restano esclusi dalla presente disposizione gli interventi che hanno conseguito un titolo abilitativo in sanatoria a qualsiasi titolo rilasciato o assentito»;

    nello specifico il comma 5, a cui fa riferimento l'articolo 3, prevede un'oblazione ed una sanzione e dispone quanto segue: «il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di una somma pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro. Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria di cui al secondo periodo è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all'articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42»;

    tenuto conto che, esclusivamente in questi specifici casi menzionati, il cittadino non era tenuto a conoscere il decreto perché non pubblicato in Gazzetta e considerato che i comuni interessati non si erano premurati di richiederne l'acquisizione,

impegna il Governo

per le motivazioni e in relazione alle specifiche vicende esposte in premessa, ad assumere le iniziative di competenza volte a prevedere che il pagamento a titolo di oblazione sia nella forma minima di 1.032 euro e che nella determinazione dell'eventuale sanzione si tenga in considerazione la specifica inottemperanza dei comuni su menzionati.
9/1896-A/13. Barbagallo, Castiglione, Cantone, Ciancitto, Messina.


   La Camera,

   premesso che:

    nel territorio della Regione Siciliana, i decreti di imposizione del vicolo paesaggistico da parte della sovraintendenza ai beni culturali e ambientali posti alla fine degli anni 60' non rispettarono le normali procedure di pubblicazione previsti per questo tipo di atti;

    in particolare in diversi comuni il decreto venne pubblicato esclusivamente all'albo pretorio del comune stesso e non in Gazzetta Ufficiale per renderlo conoscibile erga omnes;

    per correggere questo errore i decreti poi vennero pubblicati successivamente in Gazzetta Ufficiale ma a distanza di diversi anni (dal 1973 al 1975);

    negli anni che vanno tra la pubblicazione del decreto all'albo pretorio e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale diverse migliaia di cittadini hanno richiesto le licenze edilizie per la realizzazione di nuove opere ma i comuni interessati rilasciarono il titolo edilizio senza acquisire però il preventivo nulla osta paesaggistico da parte della sovraintendenza;

    nel testo all'esame dell'aula che stiamo esaminando, prevede all'articolo 3, comma 4-bis che: «Le disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, si applicano anche agli interventi realizzati entro l'11 maggio 2006 per i quali il titolo legittimante è stato rilasciato da parte degli enti locali senza previo accertamento della compatibilità paesaggistica. Restano esclusi dalla presente disposizione gli interventi che hanno conseguito un titolo abilitativo in sanatoria a qualsiasi titolo rilasciato o assentito»;

    nello specifico il comma 5, a cui fa riferimento l'articolo 3, prevede un'oblazione ed una sanzione e dispone quanto segue: «il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di una somma pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro. Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria di cui al secondo periodo è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all'articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42»;

    tenuto conto che, esclusivamente in questi specifici casi menzionati, il cittadino non era tenuto a conoscere il decreto perché non pubblicato in Gazzetta e considerato che i comuni interessati non si erano premurati di richiederne l'acquisizione,

impegna il Governo

per le motivazioni e in relazione alle specifiche vicende esposte in premessa, ad assumere le iniziative di competenza volte a chiarire i criteri di applicazione delle oblazioni di cui al comma 5 e che nella determinazione dell'eventuale sanzione si tenga in considerazione la specifica inottemperanza dei comuni su menzionati.
9/1896-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta)Barbagallo, Castiglione, Cantone, Ciancitto, Messina.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento dispone molteplici novelle al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislativo e regolamentari in materia edilizia di seguito TUE), che riguardano diversi istituti, quali: interventi di edilizia libera; definizione dello stato legittimo degli immobili; mutamento della destinazione d'uso; opere acquisite dal comune eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali; interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire; tolleranze costruttive;

    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, la vera semplificazione che occorre introdurre nell'ambito delle modifiche previste al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sono quelle con cui rafforzare l'azione preventiva e repressiva dello Stato nei confronti dell'abusivismo edilizio rafforzando misure e risorse per eseguire prontamente la demolizione degli abusi, principale azione di lotta al ciclo illegale del cemento;

    il Rapporto 2022 sul BES (Benessere equo e sostenibile) dell'Istat, alla base della Relazione sul BES e dell'Allegato al documento di economia e finanza presentato al Parlamento nel 2023 dal Ministro dell'economia e delle finanze, segnala un incremento nel 2022 del 9,1 per cento delle case abusive, con una crescita che non si registrava dal 2004. La situazione nelle regioni del Sud viene definita come «insostenibile», con 42,1 abitazioni costruite illegalmente ogni 100 realizzate nel rispetto delle regole. Secondo i dati delle Forze dell'ordine elaborati nel Rapporto Ecomafia 2023 di Legambiente, il ciclo del cemento illegale nel 2022 è stata la prima voce tra i crimini ambientali accertati dalle forze dell'ordine e dalle Capitanerie di porto: con 12.216 reati contestati, ha sfiorato il 40 per cento del totale, in crescita del 28,7 per cento rispetto al 2021;

    a fronte di questi numeri, che fotografano la recrudescenza di un fenomeno con gravi conseguenze ambientali, sociali ed economiche, risulta eseguito al 31 dicembre 2022 soltanto il 15,3 per cento delle oltre 70 mila ordinanze di demolizione emesse dai 485 comuni di Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Lazio (le regioni più colpite dal fenomeno) che hanno risposto al monitoraggio civico promosso da Legambiente,

impegna il Governo

a rideterminare quanto prima il quadro normativo in materia di repressione dell'abusivismo edilizio rafforzando ruolo, poteri e competenze delle amministrazioni locali e delle Prefetture nell'esecuzione delle ordinanze di demolizione, anche attraverso l'individuazione di apposite risorse a ciò finalizzate.
9/1896-A/14. Bonelli, Zanella, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento dispone molteplici novelle al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislativo e regolamentari in materia edilizia di seguito TUE), che riguardano diversi istituti, quali: interventi di edilizia libera; definizione dello stato legittimo degli immobili; mutamento della destinazione d'uso; opere acquisite dal comune eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali; interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire; tolleranze costruttive;

    in materia di mutamento di destinazione d'uso di unità immobiliari o di interi immobili nel corso dell'esame in sede referente sono state approvate proposte emendative che rendono ancora più facili i passaggi e le procedure per i mutamenti di destinazione senza o con opere, nell'ambito di ciascuna categoria funzionale, anche ai piani terra e in deroga al reperimento degli standard urbanistici e delle aree a servizio, con l'applicazione diretta della nuova normativa, fatta salva la possibilità delle regioni di prevedere ulteriori livelli di semplificazione, in violazione dello spirito di leale collaborazione, consultazione e raccordo fra enti locali, regioni e Stato;

    il cambio di destinazione d'uso, soprattutto da residenziale a turistico, sta determinando processi di gentrificazione e di cosiddetta «turistificazione» dei nostri tessuti urbani, con gravi disagi per gli abitanti, per gli studenti e anche per gli artigiani degli antichi mestieri che caratterizzano i centri storici, in deroga dagli standard che dovrebbero sempre garantire le necessarie dotazioni di servizi e spazi per la città pubblica, ad esclusivo vantaggio della rendita urbana;

    la totale deregolamentazione in questa direzione, introdotta per lo più con decreto-legge, senza l'acquisizione dell'intesa Stato-regioni, determina nei fatti un superamento della pianificazione urbanistica e del governo del territorio, che al di là della regolamentazione edilizia strettamente intesa, riguarda aspetti di natura paesaggistica, di tutela del patrimonio storico-artistico e di assetto sociale ed insediativo dei luoghi, le cui regole vengono totalmente disattese,

impegna il Governo

ad adottare previo accordo con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 uno specifico provvedimento normativo che disciplini, attraverso linee guida nazionali il mutamento di destinazione d'uso degli immobili che deve avvenire sempre nel rispetto degli strumenti urbanistici territoriali e delle eventuali specifiche limitazioni da essi stabiliti.
9/1896-A/15. Zaratti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento dispone molteplici novelle al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislativo e regolamentari in materia edilizia, di seguito TUE), che riguardano diversi istituti, quali: interventi di edilizia libera; definizione dello stato legittimo degli immobili; mutamento della destinazione d'uso; opere acquisite dal comune eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali; interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire; tolleranze costruttive;

    la complessità della materia, la varietà di interessi pubblici e privati da ponderare nei vari processi decisionali delle amministrazioni coinvolte, l'asimmetria informativa tra i soggetti pubblici e privati e la difficile applicazione del principio di concorrenza tra questi ultimi rappresentano solo alcune delle cause che rendono il settore particolarmente esposto ai rischi corruttivi, che possono intaccare la fiducia dei cittadini nei confronti dell'azione amministrativa;

    le garanzie di trasparenza devono essere adeguatamente assicurate alle ipotesi di iniziative di privati volte ad ottenere i titoli abilitativi degli immobili di proprietà e risulta a tal proposito evidente come rischi corruttivi possano annidarsi anche nelle istruttorie condotte dall'amministrazione ai fini dell'adozione dei relativi provvedimenti o, comunque, nell'ambito dell'iter procedurale che porta alla formazione del silenzio-assenso in molti casi previsto dalle disposizioni di settore su cui interviene il decreto;

    nonostante il TUE, anche a seguito delle modifiche operate dal decreto oggetto di conversione, contenga diverse disposizioni che prevedono un intervento valutativo e autorizzativo da parte degli uffici pubblici, in particolare da parte dello Sportello unico per l'edilizia (SUE) costituito presso le amministrazioni comunali, non si rinvengono specifiche previsioni volte a garantire adeguati livelli di trasparenza amministrativa, in relazione ai provvedimenti da adottare e alle motivazioni ad essi sottese,

impegna il Governo

a garantire, anche attraverso l'adozione di disposizioni di carattere normativo e mediante l'utilizzo della Piattaforma unica della trasparenza amministrativa istituita ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 presso l'Autorità nazionale anticorruzione, l'assolvimento da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici territoriali degli obblighi di pubblicità e trasparenza dei procedimenti amministrativi in materia urbanistica, anche attraverso l'utilizzo di strumenti digitali che garantiscano la tracciabilità delle attività e dei tempi di gestione delle istanze dei cittadini.
9/1896-A/16. Dori, Zanella, Bonelli, Borrelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento dispone molteplici novelle al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislativo e regolamentari in materia edilizia di seguito TUE), che riguardano diversi istituti, quali: interventi di edilizia libera; definizione dello stato legittimo degli immobili; mutamento della destinazione d'uso; opere acquisite dal comune eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali; interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire; tolleranze costruttive;

    con il decreto-legge n. 39 del 2024 il Governo, con l'obiettivo di garantire gli equilibri della finanza pubblica, ha introdotto nuove disposizioni volte a limitare sensibilmente il ricorso in compensazione dei crediti fiscali che i contribuenti hanno maturato per le ristrutturazioni edilizie;

    la stretta voluta dal Governo non riguarda unicamente il cosiddetto «superbonus 110 per cento» ma è trasversale impattando retroattivamente sui meccanismi di detrazione, compensazione e cessione dei crediti relativi ai bonus edilizi per lavori già avviati o, addirittura, completati con la conseguenza per coloro che avevano fatto legittimo affidamento su determinate agevolazioni fiscali di ritrovarsi improvvisamente impossibilitati a recuperare i crediti maturati, nonostante abbiano agito secondo la normativa vigente all'epoca dell'inizio dei lavori;

    tra le innovazioni fortemente volute dal Ministero dell'economia e delle finanze meritano menzione da un lato l'assoluto divieto, a decorrere dal 4 aprile 2024, di cessione del credito d'imposta in relazione alle rate residue non ancora fruite delle singole annualità delle detrazioni maturate per lavori effettuati, e dall'altro lato l'allungamento da quattro a dieci anni dell'orizzonte temporale per recuperare le spese a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 39 del 2024, quindi delle spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2024, con evidente efficacia retroattiva. Pertanto quanti non sono riusciti a cedere i propri crediti fiscali entro tale data, dovranno ripartire le detrazioni, già difficilmente recuperabili in quattro anni, nell'arco delle successive dieci dichiarazioni annuali dei redditi, senza poter più appurare di anno in anno il raggiungimento di un'imposta a debito sufficiente ad assorbire il rimborso loro spettante, con il reale rischio, per l'oltre milione di incapienti che avevano, tra l'altro, anche confidato nel contributo a fondo perduto riservato ai proprietari con reddito fino a 15.000 euro, di perdere l'intero credito maturato;

    le suddette previsioni sono indissolubilmente legate al venir meno della facoltà di ricorrere entro il 15 ottobre 2024 alla remissione in bonis, decisione motivata dall'esigenza di acquisire anticipatamente e con esattezza i dati sull'ammontare complessivo delle opzioni esercitate e delle cessioni stipulate;

    il mutato quadro normativo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha fatto scivolare in una condizione di crisi abitativa e finanziaria le molte famiglie che avevano creduto nell'opportunità di migliorare l'efficienza e ridurre le emissioni delle loro case;

    le storie di disagio di questi concittadini, che si sono autodefiniti «esodati del Superbonus», rappresentano, sempre ad avviso dei presentatori, il detonatore di una bomba sociale prossima all'esplosione e destinata a cagionare gravi ed incalcolabili ripercussioni per il tessuto sociale, per l'economia reale, e per le casse dello Stato;

    alla luce delle importanti sfide di transizione che attendono il Paese nei prossimi anni e che gli impongono di migliorare l'efficienza energetica dell'edilizia e conseguire, entro il 2050, l'ambizioso obiettivo di neutralità in termini di emissioni di carbonio così come definito nel Green Deal europeo e nelle altre strategie comunitarie attraverso il miglioramento del patrimonio immobiliare, sarebbe auspicabile da parte del Governo un passo indietro che lo porti a ripristinare le precedenti disposizioni sul cosiddetto «Superbonus 110 per cento» la cui abrogazione ha penalizzato quei cittadini che in buona fede, e quindi senza colpa e anche a causa dei rallentamenti causati dalle continue modifiche e incertezze normative e dall'insoddisfacente soluzione delle problematiche relative ai crediti incagliati, avevano iniziato lavori agevolati su immobili da riqualificare ed efficientare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel prossimo provvedimento utile, di ripristinare le disposizioni normative in tema di cosiddetto Superbonus atte a consentire ai contribuenti di ricorrere alla remissione in bonis in caso di piccoli errori materiali o formali ed a quelli con reddito fino a 15.000 euro di recuperare l'intero credito maturato attraverso una riduzione da 10 a 4 del numero di rate nel quale ripartire le detrazioni relative alle spese sostenute e di cedere quelle residue e/o quelle non recuperate per incapienza d'imposta.
9/1896-A/17. Borrelli, Zanella, Bonelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti, Ubaldo Pagano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento dispone molteplici novelle al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislativo e regolamentari in materia edilizia di seguito TUE), che riguardano diversi istituti, quali: interventi di edilizia libera; definizione dello stato legittimo degli immobili; mutamento della destinazione d'uso; opere acquisite dal comune eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali; interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire; tolleranze costruttive;

    la relazione al decreto-legge in esame afferma, tra l'altro, che le disposizioni rivestono carattere urgente e di natura puntuale volte a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo;

    nel corso dell'esame in sede referente sono stati approvati emendamenti che hanno chiarito il senso di quanto affermato nella relazione, con l'approvazione di un emendamento, che finalizzato alla incentivazione dell'offerta abitativa, propone il recupero dei sottotetti, anche quando l'intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini;

    con altro emendamento si è approvata una disposizione che abilita il tecnico progettista ad asseverare la conformità di locali con una altezza minima inferiore ai 2,70 metri fino ai 2,40 metri e di alloggi monostanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadri fino a 20 metri quadri per una persona e inferiore a 38 metri quadri fino a 28 metri quadri per due persone, giungendo in questo modo alla legittimazione di micro monolocali;

    il Governo invece di rispondere alle evidenti criticità abitative vissute da 700.000 famiglie nelle graduatorie comunale, dal circa un milione di famiglie con redditi da povertà assoluta in affitto, delle 40.000 famiglie che subiscono una sentenza di sfratto ogni anno, nonché a fronte di 800.000 studenti fuorisede ai quali viene offerto una residenza al solo 4 per cento di loro, propone di rendere abitabili appartamenti minimi fino ad oggi illegali e con evidenti criticità dal punto di vista igienico sanitario;

    ad avviso dei firmatari del presente atto, mentre si favoleggia di visionari piani casa, nei fatti, si propongono alloggi più piccoli e sostanzialmente invivibili, con una ottica puramente mercantile ed invece di affrontare la precarietà abitativa, il Governo, tende una mano a piccole e grandi speculazioni e contemporaneamente lascia 90.000 case popolari senza risorse per recuperarle e riassegnarle alle famiglie nelle graduatorie, continuando nel perseguire l'azzeramento dei fondi contributo affitto e morosità incolpevole,

impegna il Governo:

   a definire un piano per l'abitare che risponda prioritariamente al fabbisogno reale derivante dalle 700.000 famiglie collocate nelle graduatorie comunali per l'accesso ad un alloggio di edilizia residenziale pubblica a canone sociale, dal circa un milione di famiglie in povertà assoluta e alle 40.000 famiglie che ogni anno subiscono una sentenza di sfratto;

   a individuare adeguate risorse da destinare agli enti gestori di edilizia residenziale pubblica comunque denominati, e ai comuni finalizzate al recupero delle 90.000 case popolari che oggi risultano chiude e inutilizzate per mancanza di manutenzioni straordinarie;

   a rifinanziare i fondi contributo affitto e morosità incolpevole con risorse non inferiore all'ultimo stanziamento complessivo, destinato a tali fondi, dal Governo precedente;

   a verificare gli effetti applicativi delle norme inserite nel decreto-legge in esame in materia di utilizzo sottotetti, di altezze minime degli alloggi e di metri quadri minimi in quanto non hanno alcuna attinenza con la risposta al crescente fabbisogno, al fine di procedere alla loro abrogazione in un successivo provvedimento.
9/1896-A/18. Ghirra, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame tra gli altri si pone il fine di incentivare l'ampliamento dell'offerta abitativa limitando il consumo di nuovo suolo al fine di rispondere al crescente fabbisogno abitativo;

    è condivisibile la scelta di affrontare il disagio abitativo attraverso un ampliamento dell'offerta che punti al riutilizzo dell'esistente lasciato vuoto e in degrado, il che significa appunto non solo limitare il consumo di suolo ma soprattutto giungere ad un consumo di suolo zero, riportando nella disponibilità dei comuni immobili che recuperati possano dare un contributo notevole alla risposta ad un fabbisogno articolato e segmentato ma che in particolare vede nelle famiglie a basso reddito il cuore della precarietà abitativa;

    dal 1988 la Corte costituzionale, con la sentenza n. 217 del 25 febbraio, statuì che «il "diritto all'abitazione" rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione»;

    un'altra pronuncia della Corte costituzionale, la n. 404 del 7 aprile 1988, affermò ulteriormente il «dovere collettivo di “impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione”, dovere che connota da un canto la forma costituzionale di Stato sociale, e dall'altro riconosce un diritto sociale all'abitazione collocabile fra i diritti inviolabili dell'uomo di cui all'articolo 2 della Costituzione». Detto orientamento giurisprudenziale di principio si è consolidato nel tempo, anche di recente dalla sentenza 22 giugno 2021, n. 128 della Corte costituzionale;

    l'articolo 11 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, ratificato con legge 25 ottobre 1977, n. 881, proclama «il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che includa un'alimentazione, un vestiario, ed un alloggio adeguati. Gli Stati parti prenderanno misure idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto»;

    la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea all'articolo n. 34 paragrafo 3 che «al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, l'Unione riconosce e rispetta il diritto all'assistenza sociale e all'assistenza abitativa volte a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti»;

    la protezione dei diritti di proprietà non dovrebbe mai essere disgiunta dalla missione collettiva della proprietà pubblica, nonché dal principio di cui all'articolo 42, comma 2 della Costituzione, secondo cui la proprietà privata deve avere funzione sociale e risultare accessibile a tutti;

    le amministrazioni locali non sono a oggi in grado di fronteggiare in maniera efficace questa «emergenza», mancando di uno stock di alloggi sufficiente a garantire alternative abitative a chi si trova in uno stato di precarietà abitativa;

    secondo dati Istat 2019 quasi il 30 per cento delle abitazioni censite in Italia, pari a circa 10,7 milioni di case su un totale di circa 26 milioni censite, risulta non occupato;

    in Europa sono ormai affermate in molti contesti (Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi, Scozia, e altro) strategie politiche innovative, che a livello amministrativo o legislativo stanno promuovendo il diritto alla casa tramite interventi di contrasto all'ingiustificato stato di abbandono del patrimonio edilizio di enti pubblici e soprattutto di grandi proprietari privati;

    la precondizione di politiche di immobili in stato di abbandono è un censimento sullo stato del patrimonio edilizio esistente, tramite la necessaria collaborazione e coinvolgimento degli enti locali;

    è ragionevole qualificare come «ingiustificato» uno stato di abbandono di un immobile che persista da almeno cinque anni; di «grandi proprietari»; persone fisiche; enti locali e demanio civile e militare e altri enti titolari di almeno cinque alloggi,

impegna il Governo:

   a procedere previa intesa con l'Anci ad una mappatura capillare degli immobili inutilizzati sia pubblici che privati, da almeno cinque anni finalizzata a definire un elenco di immobili in ogni singolo comune allo scopo di procedere a programmi di recupero degli stessi, per destinarli prioritariamente a edilizia residenziale pubblica, senza effettivo consumo di suolo, e alle famiglie con redditi medio bassi che non riescono a trovare soluzione nel mercato, alle famiglie nelle graduatorie comunali e a quelle sfrattate in disagio sociale, abitativo ed economico a lavoratrici e lavoratori con contratti di lavoro precario;

   a individuare risorse economiche per sostenere: da una parte la mappatura degli immobili sfitti e abbandonate inutilizzati da almeno cinque anni, dall'altra l'eventuale piano di recupero dell'immobile anche con efficientamento energetico, in modo da consentire ai comuni di poter affrontare la precarietà abitativa in maniera efficace e concreta.
9/1896-A/19. Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    una delle norme più importanti del decreto-legge è la riparametrazione delle tolleranze costruttive in misura inversamente proporzionale alla superficie utile dell'immobile per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024. Si tratta di scostamenti dai parametri autorizzati dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari che non costituiscono violazione edilizia se contenuti entro i limiti che vanno dal 2 per cento, per superfici utili superiori a 500 metri quadri, al 6 per cento per superfici utili inferiori a 60 metri quadri;

    si chiarisce che tali tolleranze costruttive sono escluse dall'autorizzazione paesaggistica, come, peraltro risulta esclusa la tolleranza a regime del 2 per cento;

    l'articolo aggiuntivo 36-bis permette la sanatoria di parziali difformità minori, ossia che rientrano tra i limiti delle tolleranze costruttive e le variazioni essenziali definite dall'articolo 32 del TUE e declinate dalla legislazione regionale, prima del momento dell'irrogazione della sanzione amministrativa per un abuso edilizio e anche in assenza della doppia conformità urbanistica ed edilizia attualmente richiesta, ferma restando la conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell'abuso edilizio;

    la Commissione ambiente ha esteso la portata della norma anche alle variazioni essenziali, fermo restando il divieto di sanatoria per interventi in totale difformità dal titolo edilizio;

    in molti comuni sono intervenuti negli anni vincoli cimiteriali che rendono non modificabili e lasciano nel limbo tutti gli edifici già esistenti nell'area vincolata, costruiti in epoca antecedente all'imposizione del vincolo; ai legittimi proprietari è impedito qualsiasi intervento di miglioria e di recupero su tali immobili,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di ritenere applicabile anche all'interno del vincolo cimiteriale le tolleranze costruttive previste dall'articolo 34-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;

   a valutare l'opportunità di ritenere applicabile anche all'interno del vincolo cimiteriale la sanatoria di parziali difformità minori, ossia che rientrano tra i limiti delle tolleranze costruttive e le variazioni essenziali, come previsto dall'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.
9/1896-A/20. Montemagni, Zinzi, Benvenuto, Bof, Pizzimenti.


   La Camera,

   premesso che:

    il «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione» è stato creato nel 1998 con lo scopo di sostenere le spese di locazione delle abitazioni delle famiglie italiane;

    tale Fondo necessita di essere rifinanziato ogni anno, con apposita previsione nella legge di bilancio o anche attraverso lo stanziamento di apposite risorse da parte delle regioni previsto all'interno dei propri bilanci annuali;

    nonostante lo stanziamento previsto per il Fondo sia stato a lungo altalenante, negli ultimi anni e fino al 2022 le risorse ad esso destinate sono tornate a crescere. Successivamente, né la legge di bilancio 2023, né la legge di bilancio del 2024 hanno previsto alcun rifinanziamento del Fondo, che continua a esistere senza però avere la dotazione necessaria per il suo scopo di sostegno alle spese di locazione delle abitazioni;

    è notorio che, in Italia, sia necessario e urgente offrire risposte concrete alla carenza di alloggi in affitto per famiglie, studenti e lavoratori, ma anche alle difficoltà economiche delle famiglie che fronteggiano costi di locazione spesso insostenibili. A titolo esemplificativo, ad oggi si contano 983.000 famiglie in affitto, con redditi da povertà assoluta che, peraltro, rappresentano quasi il 50 per cento del totale delle famiglie in povertà assoluta;

    il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica, è stato presentato come utile «a risolvere alcuni problemi insoluti delle proprie abitazioni», prevedendosi inoltre l'aumento della «capacità del nostro Paese di avere a disposizione alloggi in affitto per i nostri concittadini». Si riconosce, perciò, la volontà dell'esecutivo di fronteggiare e, potenzialmente, risolvere le problematiche trattate,

impegna il Governo

a prevedere, nel primo provvedimento utile, la definizione di una nuova dotazione per il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione al fine di supportare l'economia delle famiglie italiane nelle spese di locazione.
9/1896-A/21. Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione» è stato creato nel 1998 con lo scopo di sostenere le spese di locazione delle abitazioni delle famiglie italiane;

    tale Fondo necessita di essere rifinanziato ogni anno, con apposita previsione nella legge di bilancio o anche attraverso lo stanziamento di apposite risorse da parte delle regioni previsto all'interno dei propri bilanci annuali;

    è notorio che, in Italia, sia necessario e urgente offrire risposte concrete alla carenza di alloggi in affitto per famiglie, studenti e lavoratori, ma anche alle difficoltà economiche delle famiglie che fronteggiano costi di locazione spesso insostenibili. A titolo esemplificativo, ad oggi si contano 983.000 famiglie in affitto, con redditi da povertà assoluta che, peraltro, rappresentano quasi il 50 per cento del totale delle famiglie in povertà assoluta;

    il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica, è stato presentato come utile «a risolvere alcuni problemi insoluti delle proprie abitazioni», prevedendosi inoltre l'aumento della «capacità del nostro Paese di avere a disposizione alloggi in affitto per i nostri concittadini». Si riconosce, perciò, la volontà dell'esecutivo di fronteggiare e, potenzialmente, risolvere le problematiche trattate,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere, nel primo provvedimento utile, la definizione di una nuova dotazione per il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione al fine di supportare l'economia delle famiglie italiane nelle spese di locazione.
9/1896-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta)Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    uno dei servizi più importanti delle amministrazioni è quello dell'ufficio tecnico, una struttura atta al coordinamento degli interventi di costruzione delle opere pubbliche e di pianificazione edilizia. Questi uffici rivestono un ruolo rilevante anche nella gestione dei fondi provenienti da altri enti di governo, spesso indirizzati agli investimenti;

    tra le molteplici mansioni che tali uffici svolgono, rientra la sovrintendenza all'attività inerente all'edilizia privata come il rilascio di concessioni ed autorizzazioni edilizie, certificati di agibilità ed abitabilità, certificati di destinazione urbanistica;

    la gestione e il coordinamento delle attività che gli uffici tecnici degli enti territoriali svolgono, è cruciale per migliorare la vita dell'intera collettività e l'attuale carenza di qualifiche e personale, spesso rappresenta un importante limite per un'esecuzione efficiente delle varie funzioni;

    moltissimi comuni, in ogni parte d'Italia, per limitare questo tipo di carenze scelgono di associare il servizio tecnico con i Comuni vicini attraverso una gestione congiunta dello stesso. Considerando solo le regioni a statuto ordinario, erano 1.829 le amministrazioni che nel 2017 condividevano l'ufficio tecnico con un altro comune, circa il 27 per cento dei comuni considerati. Quasi la metà dei comuni del nord-ovest gestisce l'ufficio tecnico congiuntamente con altre amministrazioni (dati SOSE);

    con l'approvazione del provvedimento in esame, il carico di lavoro per i suddetti uffici aumenterà notevolmente;

    in aggiunta, negli ultimi anni, ci sono stati non solo molti pensionamenti ma anche difficoltà nel trovare personale che abbia interesse a lavorare in questo settore e che possegga le necessarie qualifiche,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative necessarie, anche individuando le risorse economiche, al fine di risolvere l'attuale carenza di personale presso gli uffici tecnici degli enti comunali.
9/1896-A/22. Rosato, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    uno dei servizi più importanti delle amministrazioni è quello dell'ufficio tecnico, una struttura atta al coordinamento degli interventi di costruzione delle opere pubbliche e di pianificazione edilizia. Questi uffici rivestono un ruolo rilevante anche nella gestione dei fondi provenienti da altri enti di governo, spesso indirizzati agli investimenti;

    tra le molteplici mansioni che tali uffici svolgono, rientra la sovrintendenza all'attività inerente all'edilizia privata come il rilascio di concessioni ed autorizzazioni edilizie, certificati di agibilità ed abitabilità, certificati di destinazione urbanistica;

    la gestione e il coordinamento delle attività che gli uffici tecnici degli enti territoriali svolgono, è cruciale per migliorare la vita dell'intera collettività e l'attuale carenza di qualifiche e personale, spesso rappresenta un importante limite per un'esecuzione efficiente delle varie funzioni;

    moltissimi comuni, in ogni parte d'Italia, per limitare questo tipo di carenze scelgono di associare il servizio tecnico con i Comuni vicini attraverso una gestione congiunta dello stesso. Considerando solo le regioni a statuto ordinario, erano 1.829 le amministrazioni che nel 2017 condividevano l'ufficio tecnico con un altro comune, circa il 27 per cento dei comuni considerati. Quasi la metà dei comuni del nord-ovest gestisce l'ufficio tecnico congiuntamente con altre amministrazioni (dati SOSE);

    con l'approvazione del provvedimento in esame, il carico di lavoro per i suddetti uffici aumenterà notevolmente;

    in aggiunta, negli ultimi anni, ci sono stati non solo molti pensionamenti ma anche difficoltà nel trovare personale che abbia interesse a lavorare in questo settore e che possegga le necessarie qualifiche,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad assumere le iniziative necessarie, anche individuando le risorse economiche, al fine di risolvere l'attuale carenza di personale presso gli uffici tecnici degli enti comunali.
9/1896-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta)Rosato, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del decreto in esame prevede un complesso di modifiche al Testo unico edilizia con la finalità di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso ove possibile, stabilire previsioni in materia di tolleranze in relazione alle piccole incongruenze tra il titolo edilizio e lo stato di fatto relative ad interventi realizzati prima dell'entrata in vigore della disposizione e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità;

    tale apprezzabile finalità di semplificazione appare passibile di compromettere la qualità degli ambienti interni, come testimonia lo stesso decreto, nel suo testo originale. Difatti, il medesimo articolo 1, nel modificare l'articolo 36-bis del TUE, apre alla possibilità che lo Sportello Unico possa condizionare il rilascio del permesso in sanatoria all'osservanza della inderogabile normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di salubrità dell'immobile;

    il requisito centrale della salubrità dell'immobile, secondo l'Healthy Buildings Barometer 2024 (HBB24), sviluppato dal Buildings Performance Institute Europe (BPIE), è determinato da elementi essenziali che determinano la qualità dell'ambiente interno di un edificio, quali l'illuminazione naturale e la ventilazione naturale. Secondo lo studio citato, un cittadino italiano su quattro trascorre le sue giornate in spazi chiusi che non rispettano i requisiti igienico-sanitari previsti dalle normative, soprattutto a causa della scarsa ventilazione naturale e di una insufficiente illuminazione naturale nelle loro abitazioni;

    i benefici effettivi di fattori quali ventilazione e illuminazione naturali sono stati ampiamente dimostrati nel corso degli anni, anche dal citato studio Healthy Buildings Barometer 2024 mediante case studies prodotti e analizzati nelle diverse Zone Climatiche d'Europa. Il miglioramento complessivo della salubrità degli ambienti interni comporta prima di tutto un aumento della salute mentale e fisica degli individui, oltre che un aumento della produttività negli ambienti di lavoro e di studio, con evidenti benefici di carattere economico e sociale come, ad esempio, gli stimati 17 miliardi di euro di potenziali risparmi per il sistema sanitario nazionale,

impegna il Governo

ad adottare, nel prossimo provvedimento utile, misure di semplificazione e incentivazione per il miglioramento della qualità degli ambienti interni, in particolare mediante l'installazione di nuove finestre e l'aumento dell'illuminazione naturale e zenitale di appartamenti, luoghi di studio e lavoro, strutture ospedaliere e sanitarie, nonché disposizioni di garanzia affinché le amministrazioni competenti possano richiedere l'adozione di misure volte a preservare la qualità e salubrità dell'ambiente interno, con particolare riferimento ai requisiti in premessa, anche in caso di permessi in sanatoria per lievi difformità.
9/1896-A/23. Benzoni.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del decreto in esame prevede un complesso di modifiche al Testo unico edilizia con la finalità di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso ove possibile, stabilire previsioni in materia di tolleranze in relazione alle piccole incongruenze tra il titolo edilizio e lo stato di fatto relative ad interventi realizzati prima dell'entrata in vigore della disposizione e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità;

    il requisito centrale della salubrità dell'immobile, secondo l'Healthy Buildings Barometer 2024 (HBB24), sviluppato dal Buildings Performance Institute Europe (BPIE), è determinato da elementi essenziali che determinano la qualità dell'ambiente interno di un edificio, quali l'illuminazione naturale e la ventilazione naturale. Secondo lo studio citato, un cittadino italiano su quattro trascorre le sue giornate in spazi chiusi che non rispettano i requisiti igienico-sanitari previsti dalle normative, soprattutto a causa della scarsa ventilazione naturale e di una insufficiente illuminazione naturale nelle loro abitazioni;

    i benefici effettivi di fattori quali ventilazione e illuminazione naturali sono stati ampiamente dimostrati nel corso degli anni, anche dal citato studio Healthy Buildings Barometer 2024 mediante case studies prodotti e analizzati nelle diverse Zone Climatiche d'Europa. Il miglioramento complessivo della salubrità degli ambienti interni comporta prima di tutto un aumento della salute mentale e fisica degli individui, oltre che un aumento della produttività negli ambienti di lavoro e di studio, con evidenti benefici di carattere economico e sociale come, ad esempio, gli stimati 17 miliardi di euro di potenziali risparmi per il sistema sanitario nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, nel prossimo provvedimento utile, misure di semplificazione e incentivazione per il miglioramento della qualità degli ambienti interni, in particolare mediante l'installazione di nuove finestre e l'aumento dell'illuminazione naturale e zenitale di appartamenti, luoghi di studio e lavoro, strutture ospedaliere e sanitarie, nonché disposizioni di garanzia affinché le amministrazioni competenti possano richiedere l'adozione di misure volte a preservare la qualità e salubrità dell'ambiente interno, con particolare riferimento ai requisiti in premessa, anche in caso di permessi in sanatoria per lievi difformità.
9/1896-A/23. (Testo modificato nel corso della seduta)Benzoni.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    la crescente domanda di alloggi per studenti di qualità e a prezzi calmierati, come emersa recentemente in seguito agli eventi nelle principali città del Paese, ha posto al centro del dibattito pubblico e politico il tema della loro carenza e la conseguente necessità di misure in grado di agevolarne l'offerta, anche intervenendo sulla dotazione di parcheggi pertinenziali;

    l'obbligo di applicazione della cosiddetta legge Tognoli risulta non adeguata a questa tipologia di interventi, a fronte dell'incongruità di una dotazione di parcheggi analoga a quella degli edifici residenziali, poiché le residenze universitarie si rivolgono a una popolazione inserita in contesti urbani usualmente dotati di reti di trasporto pubblico,

impegna il Governo

ad adottare iniziative di carattere normativo in favore delle residenze universitarie, nel primo provvedimento utile, volte a derogare alle previsioni dell'articolo 9 della legge 24 marzo 1989 n. 122 e dell'articolo 41-sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modifiche e integrazioni, ferma restando la facoltà delle regioni di individuare una dotazione minima funzionale alla tipologia di intervento, che tenga conto della presenza di servizi di trasporto pubblico.
9/1896-A/24. Alessandro Colucci, Lupi, Bicchielli, Brambilla, Cavo, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    la crescente domanda di alloggi per studenti di qualità e a prezzi calmierati, come emersa recentemente in seguito agli eventi nelle principali città del Paese, ha posto al centro del dibattito pubblico e politico il tema della loro carenza e la conseguente necessità di misure in grado di agevolarne l'offerta, anche intervenendo sulla dotazione di parcheggi pertinenziali;

    l'obbligo di applicazione della cosiddetta legge Tognoli risulta non adeguata a questa tipologia di interventi, a fronte dell'incongruità di una dotazione di parcheggi analoga a quella degli edifici residenziali, poiché le residenze universitarie si rivolgono a una popolazione inserita in contesti urbani usualmente dotati di reti di trasporto pubblico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, iniziative di carattere normativo in favore delle residenze universitarie, nel primo provvedimento utile, volte a derogare alle previsioni dell'articolo 9 della legge 24 marzo 1989 n. 122 e dell'articolo 41-sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modifiche e integrazioni, ferma restando la facoltà delle regioni di individuare una dotazione minima funzionale alla tipologia di intervento, che tenga conto della presenza di servizi di trasporto pubblico.
9/1896-A/24. (Testo modificato nel corso della seduta)Alessandro Colucci, Lupi, Bicchielli, Brambilla, Cavo, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    la condizione di incertezza normativa in corso a livello nazionale, con riguardo all'interpretazione delle norme in materia urbanistica, rende vulnerabili i procedimenti urbanistici e amministrativi in tutte le grandi città italiane, prima fra tutte la città di Milano;

    la situazione attuale richiede interventi volti a chiarire l'interpretazione della normativa, al fine di evitare il perdurare di uno stato di «stallo» che ha già prodotto danni al tessuto economico e sociale, anche a fronte della necessità per molti territori di proseguire o di inaugurare processi di rigenerazione urbana;

    l'articolo 3, comma 1, lettera d), terzo periodo del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 reca la definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia;

    l'articolo n. 41-quinquies, comma 6 della Legge 17 agosto 1942, n. 1150 e l'articolo 8 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 disciplinano l'adozione preventiva di piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata;

    i commi 1 e 1-bis dell'articolo n. 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 recano deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati, disponendo in particolare la facoltà per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di derogare al decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 in materia di «Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 765 del 1967.»,

impegna il Governo

ad adottare iniziative di carattere normativo, nel primo provvedimento utile, volte a fornire disposizioni di interpretazione autentica dei riferimenti normativi di cui in premessa, con riguardo in particolare agli interventi di demolizione e ricostruzione, di adozione preventiva di piano particolareggiato, nonché di facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano di derogare al decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, ovvero disposizioni che permettano agli strumenti urbanistici generali dei comuni di derogare o di non applicare una o più delle norme del citato decreto interministeriale, a condizione che tali disposizioni non incidano sulla competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative.
9/1896-A/25. Lupi, Barelli, Bicchielli, Brambilla, Cavo, Alessandro Colucci, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli, Battistoni, Cattaneo, Cortelazzo, Mazzetti, Mattia.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    la condizione di incertezza normativa in corso a livello nazionale, con riguardo all'interpretazione delle norme in materia urbanistica, rende vulnerabili i procedimenti urbanistici e amministrativi in tutte le grandi città italiane, prima fra tutte la città di Milano;

    la situazione attuale richiede interventi volti a chiarire l'interpretazione della normativa, al fine di evitare il perdurare di uno stato di «stallo» che ha già prodotto danni al tessuto economico e sociale, anche a fronte della necessità per molti territori di proseguire o di inaugurare processi di rigenerazione urbana;

    l'articolo 3, comma 1, lettera d), terzo periodo del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 reca la definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia;

    l'articolo n. 41-quinquies, comma 6 della Legge 17 agosto 1942, n. 1150 e l'articolo 8 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 disciplinano l'adozione preventiva di piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata;

    i commi 1 e 1-bis dell'articolo n. 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 recano deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati, disponendo in particolare la facoltà per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di derogare al decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 in materia di «Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 765 del 1967.»,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a risolvere le problematiche illustrate nelle premesse.
9/1896-A/25. (Testo modificato nel corso della seduta)Lupi, Barelli, Bicchielli, Brambilla, Cavo, Alessandro Colucci, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli, Battistoni, Cattaneo, Cortelazzo, Mazzetti, Zinzi, Benvenuto, Bof, Montemagni, Pizzimenti, Mattia.


   La Camera,

   premesso che:

    esistono numerosi immobili pur assistiti da permesso di costruire, già edificati o ancora in corso di costruzione con lavori sospesi, e che sono incorsi in problematiche di natura amministrativa relativi al procedimento di formazione del titolo;

    molto spesso la responsabilità per la eventuale presunta illegittimità è da individuare nella stessa pubblica amministrazione che ha rilasciato il permesso di costruire e per aver errato e/o omesso procedure amministrative non corrette, ovvero per aver dato una interpretazione alla normativa urbanistico-edilizia e paesaggistica rivelatasi errata solo successivamente;

    le conseguenze di errori procedurali e/o interpretativi, tuttavia, non possono essere addebitati al titolare del permesso di costruire che, molte volte, ha come unica colpa lo aver confidato nella pubblica amministrazione;

    la permanenza del vizio nel permesso di costruire non emendato, anche in assenza di uno specifico procedimento di annullamento, pone il titolare dell'immobile in una condizione di incertezza amministrativa sulla legittimità di quanto eseguito e, molte volte, anche nella condizione di impedimento a proseguire nel completamento delle opere sospese,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre una modifica all'articolo 38 del Testo unico edilizio in cui si prevede che in caso di intervento eseguito o in corso di esecuzione in conformità al permesso di costruire per il quale, pur sussistendo vizi di natura procedurale o di sopravvenuta diversa interpretazione alla disciplina urbanistico edilizia e paesaggistica vigente al momento del rilascio del titolo edilizio, il dirigente non abbia esercitato il potere di annullamento, decorso il termine previsto dall'articolo 21-nonies della Legge 241 del 1990, sia possibile procedere alla convalida del titolo.
9/1896-A/26. Patriarca.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE, senza, ad avviso della firmataria del presente atto, i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso della presentatrice, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

a chiarire che, in ogni caso, la legittimità dell'immobile per edifici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, prevede il preventivo titolo autorizzativo della Soprintendenza.
9/1896-A/27. Forattini.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE senza, ad avviso del firmatario del presente atto, i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso del presentatore, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

a chiarire, con gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione vigente, quali siano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari che non rilevano ai fini della dimostrazione dello stato legittimo ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 1-ter del TUE introdotto dal provvedimento in esame.
9/1896-A/28. Graziano.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE senza, ad avviso del firmatario del presente atto, i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso del presentatore, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

a metter in atto, per quanto di propria competenza, ogni azione utile a garantire il rispetto degli standard urbanistici definiti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, in relazione ai mutamenti di destinazione d'uso consentiti ai sensi del decreto-legge.
9/1896-A/29. Di Sanzo.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE senza, ad avviso del firmatario del presente atto, i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso del presentatore, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

a chiarire l'obbligo di richiesta dell'assenso da parte del comune per il cambiamento di destinazione d'uso nel caso di categoria turistico-ricettiva per gli immobili compresi nelle zone A) di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, ovvero nelle zone equipollenti come da normativa regionale.
9/1896-A/30. Gianassi.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE senza, ad avviso del firmatario del presente atto, i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso del presentatore, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in Commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

a chiarire che si applica la procedura di cui all'articolo 21, comma 4, del decreto-legge 22 gennaio 2004, n. 42 in caso di mutamento di destinazione d'uso su beni vincolati.
9/1896-A/31. Ubaldo Pagano.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE senza, ad avviso del firmatario del presente atto, i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso del presentatore, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in Commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

a mettere in atto, per quanto di competenza, ogni azione utile affinché sia garantita dagli enti preposti la salvaguardia degli esercizi di vicinato di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, che ricadono nei Centri commerciali naturali, come individuati dalle rispettive norme regionali.
9/1896-A/32. Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE senza, ad avviso della firmataria del presente atto, i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso della presentatrice, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in Commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

in relazione alle nuove disposizioni relative all'agibilità di cui all'articolo 24 TUE, a mettere in atto, per quanto di competenza, ogni azione utile affinché sia garantita dagli enti preposti alla concessione dell'agibilità, il minuzioso e costante controllo del rispetto della normativa vigente in relazione ai requisiti igienico-sanitari e al decoro delle situazioni proposte.
9/1896-A/33. Malavasi.


   La Camera

impegna il Governo

in relazione alle nuove disposizioni relative all'agibilità di cui all'articolo 24 TUE, a mettere in atto, per quanto di competenza, ogni azione utile affinché sia garantita dagli enti preposti alla concessione dell'agibilità, il minuzioso e costante controllo del rispetto della normativa vigente in relazione ai requisiti igienico-sanitari e al decoro delle situazioni proposte.
9/1896-A/33. (Testo modificato nel corso della seduta)Malavasi.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE senza, ad avviso del firmatario del presente atto, i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso del presentatore, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in Commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

in relazione all'applicazione di quanto disposto all'articolo 1, comma 1, lettera 0a) ad agire per quanto di propria competenza affinché vi sia un monitoraggio e controllo costante degli enti preposti al rispetto della normativa vigente in relazione al rispetto delle norme restanti sulla qualità dell'abitare.
9/1896-A/34. Ciani.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE senza, ad avviso del firmatario del presente atto, i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso del presentatore, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in Commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

a reperire e stanziare adeguate risorse, nel primo provvedimento utile, al fine di consentire il finanziamento degli investimenti in progetti di rigenerazione urbana nei comuni, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale.
9/1896-A/35. Morassut.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE, ad avviso del firmatario del presente atto, senza i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso del presentatore, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo sulla testa dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è stato precluso ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

ad adottare coerenti iniziative di competenza volte all'incremento dell'offerta di alloggi di edilizia residenziale pubblica, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e antisismica, che prevedano la riduzione delle emissioni climalteranti, l'utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia e sistemi di domotica, la rigenerazione urbana a consumo di suolo zero, mediante l'utilizzo di aree pubbliche dismesse e la demolizione e ricostruzione con aumento volumetrico di edifici esistenti di edilizia residenziale pubblica che hanno raggiunto il fine vita edilizio.
9/1896-A/36. Furfaro.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE, ad avviso della firmataria del presente atto senza i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso della presentatrice, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo sulla testa dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è stato precluso ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

ad adottare e promuovere politiche pubbliche organiche per la casa, sostenute da una legge quadro sull'edilizia residenziale pubblica e l'edilizia sociale e da adeguate risorse pluriennali, al fine di incrementare significativamente l'offerta di alloggi a canone sociali.
9/1896-A/37. Marino.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE, ad avviso della firmataria del presente atto, senza i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso della presentatrice, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo sulla testa dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è stato precluso ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

a promuovere il coordinamento dei livelli territoriali coinvolti (Stato, regioni, comuni) per rigenerare il patrimonio pubblico dismesso, i beni confiscati alla criminalità organizzata e le aree demaniali ormai privi delle funzioni originarie e, in alcuni casi, giunti ad uno stato di degrado o di abbandono, al fine di offrire soluzioni utili a fronteggiare l'emergenza abitativa.
9/1896-A/38. Manzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE, ad avviso del firmatario del presente atto senza i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso del presentatore, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo in luogo dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    infine vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è risultata preclusa ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

a chiarire, con gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione vigente, che per i requisiti prescritti dalla disciplina vigente al momento della realizzazione degli interventi di cui all'articolo 36-bis si intende il rispetto della normativa tecnica delle costruzioni e delle norme di sicurezza, antincendio e igienico sanitarie vigenti all'epoca della realizzazione dell'opera.
9/1896-A/39. Girelli, Santillo, Boldrini, Auriemma.


   La Camera,

   premesso che:

    con le modifiche apportate dal provvedimento in oggetto al Testo unico edilizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001), sarà sempre consentito il mutamento della destinazione d'uso della singola unità immobiliare senza opere, nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, anche tra le categorie funzionali residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale e commerciale, di una singola unità immobiliare in immobili ricompresi nelle zone A, B e C di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 (o equipollenti secondo le leggi regionali in materia), cioè nei centri storici, nelle zone edificate e in quelle parzialmente edificate dei comuni;

    tale facoltà viene riconosciuta, ad esclusione per le unità rurali, purché conforme alla forma di utilizzo dell'unità immobiliare prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell'immobile;

    già molte delle nostre città, in particolare quelle di pregio storico-artistico, sono state investite dal fenomeno della gentrificazione, ovvero – anche sotto la pressione del turismo di massa – di una profonda trasformazione urbanistica e funzionale a discapito delle classi inferiori, del tessuto sociale e della qualità della vita dei residenti;

    nel solo caso della città di Roma, già nel 2021, sulla più nota piattaforma di affitti brevi per turisti risultavano oltre 20 mila annunci per pernottare nella capitale, mentre al comune risultavano solo 8.600 attività ricettive extra-alberghiere;

    in molte realtà urbane, anche al di fuori del nostro Paese, si sono attivate iniziative sia delle amministrazioni sia della cittadinanza per porre un limite allo snaturamento del tessuto sociale e produttivo,

impegna il Governo

ad attivare gli opportuni strumenti di coordinamento con le amministrazioni comunali affinché sia monitorato anche attraverso il ricorso alle nuove tecnologie, l'applicazione delle nuove disposizioni in materia di cambio di destinazione d'uso, prevenendo e scongiurando l'ulteriore trasformazione del tessuto sociale, economico e produttivo delle nostre città di maggior pregio.
9/1896-A/40. Toni Ricciardi.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE, ad avviso della firmataria del presente atto, senza i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso della presentatrice, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo sulla testa dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    infine, nel corso dell'esame in sede referente è stata inserita la nuova lettera c-ter, che modifica l'articolo 31, comma 3, del TUE, introducendo la possibilità di prorogare il termine ordinario per la demolizione e il ripristino dei luoghi, pari a 90 giorni dall'ingiunzione. In particolare, viene previsto che il termine può essere prorogato con atto motivato del comune fino ad un massimo di 240 giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell'immobile all'epoca di adozione dell'ordinanza o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socioeconomico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è stato precluso ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo:

   a rafforzare con decisione il quadro normativo per quanto riguarda le ordinanze di demolizione nel primo provvedimento utile, in particolare prevedendo che per deliberare l'abbattimento dell'abuso sia sufficiente la sentenza in cui viene accertata in via definitiva l'esistenza del reato edilizio e di quello paesaggistico e prevedendo che le prefetture abbiano l'onere di intervenire con la demolizione dell'abuso in sostituzione dei comuni se, entro 18 mesi dall'ordinanza dell'abbattimento, l'intervento non sia stato ancora eseguito;

   nelle more a mettere in atto, quanto di propria competenza, per sostenere i comuni nell'assolvimento delle proprie funzioni in materia di demolizione di opere abusive, per una corretta applicazione della norma introdotta nel decreto-legge in commento.
9/1896-A/41. Braga.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge all'esame del Parlamento novella in maniera incisiva il TUE, ad avviso della firmataria senza i necessari e opportuni tempi di studio e valutazione delle singole misure adottate;

    si conferma, in linea generale, l'approvazione di una normativa avulsa da precise e doverose valutazioni circa l'impatto che le innovazioni approvate potrebbero comportare sul sistema giuridico che regola la materia in oggetto, sui rapporti tra cittadini ed istituzioni e sui diritti e sulle responsabilità che realizzano la convivenza sociale ed economica;

    è invece, ad avviso della presentatrice, il dominio dell'interesse di parte, del qui e ora, subito, dove la possibilità di rendere oro uno scantinato, un sottotetto, rischia di far dimenticare che accanto al legittimo interesse economico è fondamentale trovi posto anche l'interesse alle persone a cui quelle abitazioni, rese tali «per legge», sono destinate;

    il problema non è il caso particolare, ma la generalizzazione del fatto che possa essere considerato «normale» vivere secondo standard ridotti perché così indica il mercato che diventa norma di legge;

    ad un testo entrato in Parlamento con un profilo ben preciso e, anche se non condivisibile, in parte comprensibile, ne è stato sostituito un altro che rompe gli argini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, senza una riflessione, senza un tempo necessario per comprendere la direzione da prendere;

    il decreto-legge si è così trasformato in qualcosa di molto diverso dal provvedimento iniziale con l'inserimento di norme profondamente impattanti;

    si consente l'agibilità per locali aventi un'altezza minima interna fino al limite massimo di 2,40 metri e, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al limite massimo di 28 metri quadrati. Una scelta scellerata che aprirà la strada ad alloggi sempre meno vivibili e sempre più costosi che favorisce la rendita immobiliare ma non fa nulla per sostenere gli affitti, non vede l'emergenza abitativa, né la carenza di case per studenti che saranno i più penalizzati da questa pessima norma. Sul rispetto del requisito dell'adattabilità sono stati espressi molti dubbi in commissione VIII trattandosi di monolocali di 20 metri quadrati per singola persona o 28 metri quadrati per due persone comprensivi dei servizi igienici;

    prima dell'entrata in vigore del decreto-legge per ottenere una sanatoria edilizia, l'opera doveva essere conforme sia alla normativa vigente al momento della sua realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda. Con le modifiche approvate in commissione, non è più necessaria questa verifica non solo per le parziali difformità, come previsto dal testo iniziale del decreto-legge, ma nemmeno per le variazioni essenziali, cioè quelle che stravolgono completamente il progetto iniziale approvato e per il quale sarebbe necessario un nuovo titolo abilitativo. Di fatto sono sanate anche opere che prevedono aumenti consistenti di cubature, edifici totalmente diversi e che violano le norme vigenti in materia antisismica. Tutti interventi per i quali sarebbe necessario un nuovo permesso di costruire. Il provvedimento ha una portata devastante. Non si tratta solo di rispetto delle regole, ma anche di questioni che riguardano la sicurezza, il rispetto dell'ambiente e degli standard urbanistici e architettonici;

    il testo prevede inoltre la soppressione dell'articolo 32, comma 3, terzo periodo del TUE prevedendo il superamento della doppia conformità anche nel caso di immobili soggetti a vincolo;

    un emendamento della maggioranza approvato ha inoltre stabilito che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio di cui all'articolo 1117 del codice civile o nelle singole unità immobiliari. Quindi eventuali irregolarità nelle parti comuni non influenzano lo stato legittimo delle singole unità, e viceversa senza chiarire di quali difformità si tratti nel caso di quelle insistenti sulle abitazioni individuali;

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge n. 69 del 2024 ha apportato delle modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale;

    la misura è stata ulteriormente ampliata in commissione prevedendo una totale deregulation per i cambi di destinazione d'uso, con o senza opere. Senza obbligo di reperire gli standard per i servizi pubblici e la dotazione minima di parcheggi. Decidendo sulla testa dei comuni, a cui viene sottratta la possibilità di regolare con i propri strumenti di pianificazione persino il fenomeno degli affitti brevi che impatta sulla qualità della vita di tantissime aree urbane e centri storici;

    in definitiva sono state cancellate tutte le regole che disciplinano il cambio di destinazione d'uso e ciò potrebbe causare lo stravolgimento di interi quartieri e città;

    in relazione all'articolo 34-bis sulle tolleranze costruttive, rispetto all'impianto del decreto-legge, si dispone che la disciplina relativa alle tolleranze costruttive (ante 24 maggio 2024) si applica anche agli scostamenti rispetto alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari;

    inoltre in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, si prevede che il tecnico deve riferirsi nell'attestazione alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 2. Tale ultima specificazione, è volta a consentire all'amministrazione competente di prescrivere eventuali interventi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore vigente al momento della presentazione dell'attestazione;

    vengono espunte le previsioni che pongono in capo al tecnico abilitato gli adempimenti in ordine alla salvaguardia dei diritti dei terzi;

    modifiche di così ampia portata e di così profonde conseguenze avrebbero richiesto un confronto politico di ben altra profondità e complessità, anche per inquadrare le richieste nell'ambito di una riforma organica del TUE, mentre la strada scelta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata quella dell'urgenza del decreto-legge. Di fatto è stato precluso ogni possibilità di dibattito e confronto,

impegna il Governo

ad adottare iniziative di competenza volte a rifinanziare con risorse adeguate, nel primo provvedimento utile, il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e il Fondo per la morosità incolpevole per sostenere la locazione dei soggetti in condizioni di particolare difficoltà.
9/1896-A/42. Boldrini.


   La Camera,

   premesso che:

    la direttiva Case Green, (UE) 2024/1275, dopo l'approvazione definitiva del 12 aprile scorso, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l'8 maggio scorso ed è entrata in vigore il 28 maggio;

    gli obiettivi delineati dalla direttiva (UE) 2024/1275 sono «il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra provenienti dagli edifici all'interno dell'Unione europea per conseguire un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050»;

    la direttiva europea sulle case green è un passo importante dal punto di vista ambientale e sociale. L'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare può concretamente contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra: gli edifici risultano essere responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all'energia;

    il patrimonio immobiliare italiano, così come gli edifici degli altri Stati membri, ha a disposizione 26 anni per mettersi in regola e ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici fino ad arrivare alla neutralità climatica nel 2050;

    la direttiva Case Green impone di arrivare a un risparmio del 16 per cento dei consumi energetici degli edifici residenziali entro il 2030: secondo i dati Terna ed Enea questo obiettivo sarebbe già stato raggiunto grazie alle detrazioni edilizie in vigore dal 2020 (ed in particolare il Superbonus) che ha garantito un risparmio energetico totale di 9.050,04 gigawattora/anno;

    il Partito Democratico è già intervenuto in sede comunitaria per rendere il quadro normativo più elastico e meno vincolante ottenendo sensibili miglioramenti: significativa in questa direzione l'approvazione di un emendamento che vincola la Commissione Ue a presentare una relazione sullo stato dell'avanzamento della direttiva inserendo strumenti aggiuntivi, tra cui sufficienti risorse finanziarie, per facilitare la transizione e attenuare eventuali incidenze socioeconomiche negative;

    come già accennato le detrazioni fiscali edilizie hanno promosso in questi anni (oltre a rilanciare il Pil del Paese creando economia ed occupazione, mettere in sicurezza e riqualificare il patrimonio edilizio pubblico e privato) l'aumento del risparmio energetico e la riduzione delle emissioni nocive che sono obiettivi previsti dalla Direttiva Ue «Case Green»;

    entro il 2025 scadranno tutti gli incentivi edilizi: Superbonus, ristrutturazioni, Ecobonus, Sismabonus,

    tra le principali finalità del provvedimento in esame, come sottolineato dalla stessa relazione introduttiva, vi è quella di varare «misure specifiche finalizzate a rimuovere gli ostacoli – ricorrenti nella prassi – che determinano lo stallo delle compravendite a causa di irregolarità formali.»;

    appare evidente come la direttiva Case Green e la sua corretta applicazione avrà ripercussioni nelle compravendite degli immobili,

impegna il Governo

a prevedere incentivi edilizi efficaci per perseguire gli obiettivi della direttiva Case Green anche al fine di riqualificare il patrimonio edilizio pubblico e di non svalutare il patrimonio privato nazionale.
9/1896-A/43. Evi.


   La Camera,

   premesso che:

    la direttiva Case Green, (UE) 2024/1275, dopo l'approvazione definitiva del 12 aprile scorso, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l'8 maggio scorso ed è entrata in vigore il 28 maggio;

    gli obiettivi delineati dalla direttiva (UE) 2024/1275 sono «il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra provenienti dagli edifici all'interno dell'Unione europea per conseguire un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050»;

    la direttiva europea sulle case green è un passo importante dal punto di vista ambientale e sociale. L'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare può concretamente contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra: gli edifici risultano essere responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all'energia;

    il patrimonio immobiliare italiano, così come gli edifici degli altri Stati membri, ha a disposizione 26 anni per mettersi in regola e ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici fino ad arrivare alla neutralità climatica nel 2050;

    la direttiva Case Green impone di arrivare a un risparmio del 16 per cento dei consumi energetici degli edifici residenziali entro il 2030: secondo i dati Terna ed Enea questo obiettivo sarebbe già stato raggiunto grazie alle detrazioni edilizie in vigore dal 2020 (ed in particolare il Superbonus) che ha garantito un risparmio energetico totale di 9.050,04 gigawattora/anno;

    il Partito Democratico è già intervenuto in sede comunitaria per rendere il quadro normativo più elastico e meno vincolante ottenendo sensibili miglioramenti: significativa in questa direzione l'approvazione di un emendamento che vincola la Commissione Ue a presentare una relazione sullo stato dell'avanzamento della direttiva inserendo strumenti aggiuntivi, tra cui sufficienti risorse finanziarie, per facilitare la transizione e attenuare eventuali incidenze socioeconomiche negative;

    come già accennato le detrazioni fiscali edilizie hanno promosso in questi anni (oltre a rilanciare il Pil del Paese creando economia ed occupazione, mettere in sicurezza e riqualificare il patrimonio edilizio pubblico e privato) l'aumento del risparmio energetico e la riduzione delle emissioni nocive che sono obiettivi previsti dalla Direttiva Ue «Case Green»;

    entro il 2025 scadranno tutti gli incentivi edilizi: Superbonus, ristrutturazioni, Ecobonus, Sismabonus;

    tra le principali finalità del provvedimento in esame, come sottolineato dalla stessa relazione introduttiva, vi è quella di varare «misure specifiche finalizzate a rimuovere gli ostacoli – ricorrenti nella prassi – che determinano lo stallo delle compravendite a causa di irregolarità formali.»;

    appare evidente come la direttiva Case Green e la sua corretta applicazione avrà ripercussioni nelle compravendite degli immobili,

impegna il Governo

a prevedere idonei meccanismi di monitoraggio e valutazione delle misure e degli strumenti di pianificazione adottati in relazione agli obiettivi europei sul clima.
9/1896-A/44. Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    la principale finalità del provvedimento in esame, come sottolineato dalla stessa relazione introduttiva, è quella di varare «disposizioni di carattere urgente e di natura puntuale volte a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»;

    il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 e successive modificazioni e integrazioni «Testo unico delle leggi sanitarie» dispone all'articolo 338: I nuovi cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri esistenti nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge;

    esistono sul territorio nazionale moltissimi comuni, di piccola entità, il cui originario insediamento impedisce qualsiasi nuova edificazione, l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici e manufatti, nonché la realizzazione di infrastrutture viarie, a rete e tecnologiche, a causa del vincolo cimiteriale, anche se non sussistono più i limiti e le motivazioni di carattere sanitario che avevano ispirato il citato decreto regio;

    appare quindi necessario introdurre la possibilità, per l'ente comunale di riferimento, di prevedere deroghe a tale normativa, in particolare per quanto riguarda i piccoli centri marginali o le frazioni delle città, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale rilasciato ai fini igienico-sanitari,

impegna il Governo

anche al fine di soddisfare il fabbisogno abitativo, a modificare, per le motivazioni citate in premessa, l'articolo n. 338 del decreto regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, al fine di garantire agli enti comunali di riferimento, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale rilasciato ai fini igienico-sanitarie, la possibilità di deroghe agli attuali vincoli cimiteriali.
9/1896-A/45. Merola.


   La Camera,

   premesso che:

    la principale finalità del provvedimento in esame, come sottolineato dalla stessa relazione introduttiva, è quella di varare «disposizioni di carattere urgente e di natura puntuale volte a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»;

    in tutta Italia vengono eseguiti giornalmente numerosi sfratti per morosità: l'attuale crisi economica, occupazionale e sociale fa presagire che l'emergenza abitativa continuerà e peggiorerà nel prossimo anno;

    secondo gli ultimi dati stanno aumentano nel nostro Paese gli sfratti; un recente studio presentato dall'osservatorio «Salva la Tua Casa» su dati elaborati dalla Nomisma e forniti da Qbt – Reviva, sono a rischio sfratto per debito ben 170 mila famiglie;

    l'attuale livello degli affitti sul mercato privato della casa è infatti, per molte famiglie, insostenibile a causa della crescita dell'inflazione, della diffusione del lavoro precario con salari medio-bassi e dei livelli alti di disoccupazione;

    sono quindi necessarie politiche efficaci per garantire alle famiglie abitazioni dignitose;

    in attuazione di quanto previsto dall'articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 102 del 2013 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha istituito un fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli;

    tale fondo aveva l'obiettivo di sostenere le famiglie destinatarie di sfratto per morosità, con sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone di locazione a ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale;

    nella legge di bilancio per il 2023 tale fondo non è stato però rifinanziato nonostante le richieste di Anci, delle associazioni sindacali, di volontariato e degli inquilini;

    il contributo affitto e i fondi per la morosità incolpevole hanno costituito negli ultimi anni uno strumento fondamentale per alleviare il disagio abitativo, impedendo gli sfratti e di consentire ai nuclei familiari in difficoltà di trovare un'altra sistemazione abitativa;

    il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intervenendo nel corso del question time alla Camera dei deputati il 22 febbraio 2023 ha ribadito che il fondo per la morosità incolpevole non «basta più» aggiungendo però che non verrà rifinanziato e che verrà sostituito da un non meglio precisato piano di interventi;

    ad oggi però il Governo non ha assunto alcun provvedimento per evitare che vengano sfrattate numerose famiglie, fino ad oggi tutelate dal fondo per la morosità incolpevole;

    moltissime amministrazioni comunali di tutta Italia hanno approvato da tempo atti di indirizzo per sollecitare il Governo a promuovere politiche abitative efficaci e rapide e per rifinanziare il fondo per la morosità incolpevole,

impegna il Governo:

a stanziare, in relazione a quanto espresso in premessa e coerentemente con le finalità del provvedimento in esame, risorse adeguate per sostenere le famiglie in difficoltà che hanno problemi economici a pagare gli affitti e che rischiano di essere sfrattate dalla loro abitazione.
9/1896-A/46. Scotto.


   La Camera,

   premesso che:

    la principale finalità del provvedimento in esame, come sottolineato dalla stessa relazione introduttiva, è quella di varare «disposizioni di carattere urgente e di natura puntuale volte a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»;

    in Italia ci sono circa 10,7 milioni di abitazioni sfitte su 36 milioni censite, un numero che secondo l'Istat è destinato a crescere di fronte al calo di natalità. Tuttavia il disagio abitativo nel Paese è in continuo aumento: nel 2022 sono stati emessi 42.000 provvedimenti di sfratto e circa 150 famiglie ogni giorno continuano a perdere la casa, spesso senza che ci sia un intervento pubblico di presa in carico delle loro fragili condizioni economiche, sociali e sanitarie;

    ad essere più colpite, sono le 890.000 famiglie in affitto che vivono in una condizione di povertà assoluta, ovvero coloro che non possono sostenere spese minime quotidiane, a cui si aggiungono altre 650.000 nuclei con redditi bassi che sono in attesa di ricevere una casa popolare a canone sociale. Senza contare i quasi 240.000 studenti universitari, nella maggior parte dei casi fuori sede, in grave difficoltà a pagare l'affitto di una stanza;

    le case popolari in Italia rappresentano il 4 per cento dello stock abitativo totale: una percentuale ancora bassa rispetto al fabbisogno nazionale e allo scenario in vigore in altri Paesi dell'Unione europea;

    l'edilizia pubblica in Italia ha spesso scontato una certa marginalità, aggravata, tra il 1993 e il 2013, dalla politica di alienazione degli alloggi che ha portato alla perdita di oltre il 22 per cento del patrimonio;

    ad oggi, le indagini raccolte da Nomisma nel report «Dimensione del disagio abitativo pre e post emergenza COVID-19» parlano di 758 mila immobili, di cui 652 mila assegnati regolarmente. Eppure le domande di case popolari in attesa, senza prospettiva di assegnazione, sono 650 mila e Nomisma ha stimato che siano 1,2 milioni i nuclei familiari in affitto (fuori del sistema Erp) che vivono una condizione di «disagio economico acuto»;

    è quindi indifferibile l'approvazione di un «Piano nazionale di edilizia residenziale pubblica» rivolto:

     a) all'incremento dell'offerta di alloggi di edilizia residenziale pubblica, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e antisismica;

     b) alla riduzione delle emissioni climalteranti, utilizzando fonti rinnovabili per la produzione di energia e sistemi di domotica;

     c) alla rigenerazione urbana a consumo di suolo zero, mediante l'utilizzo di aree pubbliche dismesse e la demolizione e ricostruzione con aumento volumetrico di edifici esistenti di edilizia residenziale pubblica che hanno raggiunto il fine vita edilizio;

    il Piano nazionale di edilizia residenziale pubblica deve prevedere la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente o di costruzione di nuovi alloggi ed è articolato, sulla base di criteri oggettivi che tengano conto dell'effettivo disagio abitativo presente nelle diverse realtà territoriali, nei seguenti interventi:

     a) incremento del patrimonio abitativo di edilizia sociale con le risorse derivanti dall'alienazione di alloggi di edilizia pubblica in favore degli occupanti muniti di titolo legittimo, in particolare degli alloggi nei condomini misti;

     b) recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei comuni e degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, costituiti anche in forma societaria, e degli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità dei suddetti Istituti, sia mediante il ripristino di alloggi di risulta sia mediante la manutenzione straordinaria degli alloggi anche ai fini dell'adeguamento energetico, impiantistico, statico e del miglioramento sismico degli immobili;

     c) cessione dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unità abitative di proprietà pubblica da destinare alla locazione a canone agevolato;

     d) costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per l'acquisizione e la realizzazione di immobili per l'edilizia residenziale pubblica ovvero promozione di strumenti finanziari con la partecipazione di soggetti pubblici e privati, per la valorizzazione e l'incremento dell'offerta abitativa pubblica in locazione,

impegna il Governo

a varare un Piano nazionale di edilizia residenziale pubblica secondo le indicazioni e le finalità espresse in premessa, al fine di fornire un reale ed efficace riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo.
9/1896-A/47. Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    la principale finalità del provvedimento in esame, come sottolineato dalla stessa relazione introduttiva, è quella di varare «disposizioni di carattere urgente e di natura puntuale volte a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»;

    le recenti proteste degli studenti davanti alle università, che si susseguono, hanno fatto emergere, a partire dall'elevato importo degli affitti (cosiddetto caro affitti), l'enorme problema del costo degli studi e della necessità di implementare gli strumenti di welfare e i fondi per il diritto allo studio;

    il problema del caro affitti e della mancanza di alloggi per gli studenti rappresenta una vera e propria emergenza che «discrimina» una parte significativa della popolazione giovanile, impossibilitata per ragioni economiche, a mantenersi agli studi, in palese contrasto con quanto previsto dalla Costituzione;

    al fine di sostenere gli studenti fuori sede iscritti alle università statali, appartenenti a un nucleo familiare con un indice della situazione economica equivalente non superiore a 20.000 euro e che non usufruiscono di altri contributi pubblici per l'alloggio, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca è istituito un fondo con una dotazione di 15 milioni di euro per l'anno 2021, finalizzato a corrispondere un contributo per le spese di locazione abitativa sostenute dai medesimi studenti fuori sede residenti in luogo diverso rispetto a quello dove è ubicato l'immobile locato;

    con decreto direttoriale n. 2347 del 27 dicembre 2023 recante il «Riparto del fondo finalizzato a corrispondere un contributo per le spese di locazione abitativa sostenute da studenti fuori sede iscritti alle università statali – Anno 2023» il Direttore generale del Ministero dell'università e ricerca ha ripartito le risorse tra 60 università statali;

    nonostante l'urgenza della situazione legata all'incremento dei costi degli alloggi per studenti, il Governo Meloni ha reso strutturale il contributo affitto, stanziando soltanto 4 milioni di euro per il 2023 e aumentando l'importo a 6 milioni a decorrere dal 2024;

    secondo le ultime stime il Governo avrebbe quindi stanziato mediamente circa 24 euro al mese di contributo affitto, per una estrema minoranza di studenti fuorisede. Tale misura è stata corrisposta a 14 mila studenti, sugli 800 mila presenti nel nostro Paese, ovvero circa l'1,7 per cento dei fuorisede;

    appare evidente come sia necessario l'incremento di tali risorse per dare risposte efficaci, rapide e concrete alle difficoltà dei numerosi studenti fuori sede nel reperire una abitazione dignitosa,

impegna il Governo

al fine di sostenere gli studenti fuori sede iscritti alle università statali, a prevedere, in fase di approvazione del primo provvedimento utile, l'incremento del fondo di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.
9/1896-A/48. Ferrari.


   La Camera,

   premesso che:

    la principale finalità del provvedimento in esame, come sottolineato dalla stessa relazione introduttiva, è quella di varare «disposizioni di carattere urgente e di natura puntuale volte a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»;

    le recenti proteste degli studenti davanti alle università, che si susseguono, hanno fatto emergere, a partire dall'elevato importo degli affitti (cosiddetto caro affitti), l'enorme problema del costo degli studi e della necessità di implementare gli strumenti di welfare e i fondi per il diritto allo studio;

    il problema del caro affitti e della mancanza di alloggi per gli studenti rappresenta una vera e propria emergenza che «discrimina» una parte significativa della popolazione giovanile, impossibilitata per ragioni economiche, a mantenersi agli studi, in palese contrasto con quanto previsto dalla Costituzione;

    al fine di sostenere gli studenti fuori sede iscritti alle università statali, appartenenti a un nucleo familiare con un indice della situazione economica equivalente non superiore a 20.000 euro e che non usufruiscono di altri contributi pubblici per l'alloggio, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca è istituito un fondo con una dotazione di 15 milioni di euro per l'anno 2021, finalizzato a corrispondere un contributo per le spese di locazione abitativa sostenute dai medesimi studenti fuori sede residenti in luogo diverso rispetto a quello dove è ubicato l'immobile locato;

    con decreto direttoriale n. 2347 del 27 dicembre 2023 recante il «Riparto del fondo finalizzato a corrispondere un contributo per le spese di locazione abitativa sostenute da studenti fuori sede iscritti alle università statali – Anno 2023» il Direttore generale del Ministero dell'università e ricerca ha ripartito le risorse tra 60 università statali;

    appare evidente come sia necessario l'incremento di tali risorse per dare risposte efficaci, rapide e concrete alle difficoltà dei numerosi studenti fuori sede nel reperire una abitazione dignitosa,

impegna il Governo

al fine di sostenere gli studenti fuori sede iscritti alle università statali, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, a prevedere, in fase di approvazione del primo provvedimento utile, l'incremento del fondo di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.
9/1896-A/48. (Testo modificato nel corso della seduta)Ferrari.


   La Camera,

   premesso che:

    la direttiva Case Green, (UE) 2024/1275, dopo l'approvazione definitiva del 12 aprile scorso, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l'8 maggio scorso ed è entrata in vigore il 28 maggio;

    gli obiettivi delineati dalla direttiva (UE) 2024/1275 sono «il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra provenienti dagli edifici all'interno dell'Unione europea per conseguire un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050»;

    la direttiva europea sulle case green è un passo importante dal punto di vista ambientale e sociale. L'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare può concretamente contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra: gli edifici risultano essere responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all'energia;

    il patrimonio immobiliare italiano, così come gli edifici degli altri Stati membri, ha a disposizione 26 anni per mettersi in regola e ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici fino ad arrivare alla neutralità climatica nel 2050;

    la direttiva Case Green impone di arrivare a un risparmio del 16 per cento dei consumi energetici degli edifici residenziali entro il 2030: secondo i dati Terna ed Enea questo obiettivo sarebbe già stato raggiunto grazie alle detrazioni edilizie in vigore dal 2020 (ed in particolare il Superbonus) che ha garantito un risparmio energetico totale di 9.050,04 gigawattora/anno;

    il Partito Democratico è già intervenuto in sede comunitaria per rendere il quadro normativo più elastico e meno vincolante ottenendo sensibili miglioramenti: significativa in questa direzione l'approvazione di un emendamento che vincola la Commissione Ue a presentare una relazione sullo stato dell'avanzamento della direttiva inserendo strumenti aggiuntivi, tra cui sufficienti risorse finanziarie, per facilitare la transizione e attenuare eventuali incidenze socioeconomiche negative;

    come già accennato le detrazioni fiscali edilizie hanno promosso in questi anni (oltre a rilanciare il Pil del Paese creando economia ed occupazione, mettere in sicurezza e riqualificare il patrimonio edilizio pubblico e privato) l'aumento del risparmio energetico e la riduzione delle emissioni nocive che sono obiettivi previsti dalla Direttiva Ue «Case Green»;

    entro il 2025 scadranno tutti gli incentivi edilizi: Superbonus, ristrutturazioni, Ecobonus, Sismabonus;

    tra le principali finalità del provvedimento in esame, come sottolineato dalla stessa relazione introduttiva, vi è quella di varare «misure specifiche finalizzate a rimuovere gli ostacoli – ricorrenti nella prassi – che determinano lo stallo delle compravendite a causa di irregolarità formali.»;

    appare evidente come la direttiva Case Green e la sua corretta applicazione avrà ripercussioni nelle compravendite degli immobili,

impegna il Governo

a predisporre un piano nazionale di riqualificazione energetica degli edifici, coerentemente con gli obiettivi e le finalità della citata Direttiva Case Green, prevedendo incentivi e sussidi rivolti preferibilmente agli immobili con classe energetiche inferiori ed ai soggetti meno abbienti, favorendo la riduzione dei costi di intermediazione finanziaria e promuovendo mutui «green» agevolati a tassi ridotti.
9/1896-A/49. De Luca.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure di semplificazione in materia edilizia e urbanistica, volte a sanare talune difformità regolate dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;

    in particolare, l'articolo 1 prevede modifiche puntuali al citato testo unico dell'edilizia con la finalità, inter alia, di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso, stabilire nuovi parametri in materia di tolleranze costruttive e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità;

    come rilevato dall'ANAC in sede di audizione, il settore dell'edilizia e dell'urbanistica si presenta particolarmente esposto a rischi corruttivi, tanto da indurre il legislatore ad introdurre l'obbligo di rendere pubblici gli atti di governo del territorio e la documentazione relativa ai procedimenti che comportano la trasformazione urbanistica d'iniziativa privata o pubblica in variante o in attuazione degli strumenti urbanistici, ai sensi dell'articolo 39 del decreto legislativo n. 33 del 2013;

    a fronte delle dichiarate esigenze di semplificazione procedimentale, che si traducono in un regime di maggior favore per il privato, si ritiene pertanto opportuno introdurre, anche nell'ambito delle procedure di formazione dei titoli abilitativi edilizi, adeguate garanzie di trasparenza e prevenzione della corruzione, mediante l'utilizzo di strumenti digitali che agevolino la tracciabilità dei processi e delle decisioni adottate dalla pubblica amministrazione e l'accesso ai dati da parte dei cittadini;

    il ricorso alla piattaforma unica della trasparenza anche in materia edilizia e urbanistica consentirebbe di assolvere alle esigenze di semplificazione procedimentale e, contestualmente, all'efficacia delle funzioni di monitoraggio e controllo da parte degli uffici tecnici comunali, nonché alla riduzione degli oneri di trasparenza a carico delle stesse amministrazioni che avrebbero come riferimento per la pubblicazione delle informazioni un unico punto di accesso digitale,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative finalizzate a garantire la tracciabilità e la trasparenza dell'attività amministrativa nel settore dell'edilizia e dell'urbanistica mediante l'utilizzo di strumenti digitali integrati nella Piattaforma unica della trasparenza istituita presso l'ANAC.
9/1896-A/50. Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca misure di semplificazione in materia edilizia e urbanistica, volte a sanare talune difformità regolate dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;

    in particolare, come riportato nel preambolo al provvedimento, l'introduzione di disposizioni di semplificazione sarebbe funzionale, inter alia, a superare le incertezze interpretative, a favorire la regolarizzazione delle cosiddette «lievi difformità edilizie» e a consentire la riqualificazione e la valorizzazione economica degli immobili e delle unità immobiliari;

    con riferimento alle fattispecie abusive di minor gravità, viene introdotta una nuova sanatoria per le ipotesi di parziale difformità dal permesso di costruire e dalla segnalazione certificata di inizio attività che prevede il superamento del principio della cosiddetta doppia conformità urbanistico-edilizia, e l'introduzione del meccanismo del «silenzio assenso»;

    la formulazione della norma presenta ampi margini di incertezza in ordine alla riconduzione della singola fattispecie nell'ambito delle parziali difformità, piuttosto che delle variazioni essenziali;

    al riguardo si rileva, in primo luogo, che, nonostante il dichiarato intento chiarificatore e l'impatto delle nuove disposizioni sulla complessiva disciplina del testo unico dell'edilizia, il provvedimento in esame non intervenga sulla definizione di «disciplina edilizia» ai fini dell'accertamento di conformità, né si sofferma sulla definizione di «parziale difformità», lasciando intendere che tale categoria debba desumersi per via residuale e collocarsi tra i limiti delle «tolleranze costruttive» e i limiti delle «variazioni essenziali», per le quali, tuttavia, occorre fare riferimento alle differenti normative regionali, con il rischio che si creino diverse e contrastanti prassi applicative e che la medesima fattispecie abusiva possa accedere alla sanatoria senza la «doppia conformità» in alcuni contesti territoriali ovvero essere ritenuta una variazione essenziale, e dunque soggetta alla «doppia conformità», in altri;

    la rilevanza della nuova sanatoria introdotta con l'articolo 36-bis, avrebbe richiesto una definizione puntuale delle opere riconducibili alla parziale difformità, al fine di dirimere fin da subito le possibili interferenze con la categoria delle difformità essenziali e consentire un'applicazione coerente e uniforme su tutto il territorio nazionale, ridimensionando tale categoria rispetto a talune normative regionali che vi includono anche incrementi volumetrici consistenti;

    quanto sopra si rende ancor più necessario considerato che in Commissione referente è stato introdotto l'articolo 34-ter che disciplina «Casi particolare di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo»;

    il provvedimento in esame inoltre semplifica ulteriormente la disciplina relativa alla modalità e ai presupposti per attestare lo legittimo dell'immobile di cui all'articolo 9-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001;

    anche in questo caso sarebbe stato auspicabile un chiarimento in merito al rapporto tra agibilità e stato legittimo dell'immobile, considerato che non risulta ancora emanato il decreto ministeriale finalizzato a definire i requisiti in presenza dei quali può essere presentata la segnalazione certificata, ai fini dell'agibilità, per gli immobili legittimamente realizzati ma privi di agibilità, ai sensi dell'articolo 24, comma 7-bis del citato testo unico dell'edilizia,

impegna il Governo:

   ad adottare, con il primo provvedimento utile, le disposizioni necessarie a fornire una puntuale definizione delle ipotesi di parziale difformità al fine di consentire un'applicazione quanto più omogenea e uniforme sul territorio nazionale della disciplina sull'accertamento di conformità di cui all'articolo 36-bis del testo unico dell'edilizia;

   a dare attuazione alla previsione di cui all'articolo 24, comma 7-bis testo unico dell'edilizia con riferimento agli immobili legittimamente realizzati privi di agibilità.
9/1896-A/51. Iaria, Ilaria Fontana, Santillo, L'Abbate, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    tuttavia nonostante la relazione illustrativa che accompagna il decreto de quo poggi le sue fondamenta sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente», non emergono disposizioni ad hoc per incentivare la riqualificazione, anche energetica, degli edifici;

   tenuto conto che:

    secondo quanto previsto dalla direttiva Case Green, di recente approvazione, al fine di garantire una riduzione dell'energia primaria media utilizzata di almeno il 16 per cento entro il 2030 e di almeno il 20-22 per cento entro il 2035, la maggior parte delle ristrutturazioni dovranno riguardare il 43 per cento degli immobili meno efficienti dal punto di vista energetico. Gli edifici sono infatti responsabili, a livello Ue, di circa il 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate al consumo di energia;

    il patrimonio immobiliare italiano è tra i più datati dell'Unione europea, con oltre il 60 per cento degli edifici classificati nelle categorie energetiche più basse. Si stima, infatti, che gli edifici in classe F e G da ristrutturare con priorità saranno almeno 5 milioni;

    è pertanto necessario, per raggiungere gli obiettivi climatici dell'Unione europea e l'obiettivo di conseguire l'azzeramento del consumo di suolo netto, previsto dall'Agenda 2030, promuovere tempestive iniziative volte favorire interventi di ristrutturazione e riutilizzo del patrimonio immobiliare, nel pieno rispetto dei principi dell'economia circolare,

impegna il Governo

ad adottare urgenti iniziative, anche di carattere normativo, volte a dare esaustiva attuazione agli obiettivi e alle finalità disposte dal legislatore europeo in materia di efficientamento del patrimonio immobiliare e di sostenibilità ambientale, prevedendo un adeguato sostegno alle iniziative di riqualificazione del patrimonio immobiliare pubblico e privato.
9/1896-A/52. Cappelletti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

   tenuto conto che:

    secondo quanto previsto dalla direttiva Case Green, di recente approvazione, al fine di garantire una riduzione dell'energia primaria media utilizzata di almeno il 16 per cento entro il 2030 e di almeno il 20-22 per cento entro il 2035, la maggior parte delle ristrutturazioni dovranno riguardare il 43 per cento degli immobili meno efficienti dal punto di vista energetico. Gli edifici sono infatti responsabili, a livello Ue, di circa il 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate al consumo di energia;

    il patrimonio immobiliare italiano è tra i più datati dell'Unione europea, con oltre il 60 per cento degli edifici classificati nelle categorie energetiche più basse. Si stima, infatti, che gli edifici in classe F e G da ristrutturare con priorità saranno almeno 5 milioni;

    è pertanto necessario, per raggiungere gli obiettivi climatici dell'Unione europea e l'obiettivo di conseguire l'azzeramento del consumo di suolo netto, previsto dall'Agenda 2030, promuovere tempestive iniziative volte favorire interventi di ristrutturazione e riutilizzo del patrimonio immobiliare, nel pieno rispetto dei principi dell'economia circolare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di prevedere un riordino della disciplina sugli incentivi alla riqualificazione del patrimonio immobiliare, in un'ottica di semplificazione degli stessi e di adeguamento agli obiettivi fissati in sede UE.
9/1896-A/52. (Testo modificato nel corso della seduta)Cappelletti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    tuttavia nonostante il dichiarato intento del decreto-legge de quo di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente», non emergono disposizioni ad hoc per incentivare la riqualificazione, anche energetica, degli edifici;

   considerato che:

    nell'ambito del pacchetto di riforme Fit for 55, la direttiva Case Green (EPBD) mira a ridurre progressivamente le emissioni di CO2 del parco immobiliare europeo e raggiungere l'obiettivo della totale decarbonizzazione entro il 2050, attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio europeo e in linea con il principio «l'efficienza energetica al primo posto» previsto dalla direttiva (UE) 2023/1791;

    l'utilizzo di energia da fonti rinnovabili nel settore dell'edilizia costituisce una misura necessaria per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e la povertà energetica;

    un ruolo chiave è attribuito al Piano nazionale di ristrutturazione che ciascun Paese dovrà elaborare entro due anni dall'entrata in vigore della direttiva e che dovrà convergere ed essere coerente con il quadro delle misure in materia di efficienza energetica ed elettrificazione dei consumi definiti nell'ambito del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC);

    come rilevato dalla Commissione europea, i meccanismi finanziari, gli incentivi e la mobilitazione degli istituti finanziari per le ristrutturazioni energetiche degli edifici dovrebbero avere un ruolo centrale nei piani nazionali di ristrutturazione degli Stati membri,

impegna il Governo

ad adottare una strategia coerente con gli obiettivi europei sul clima e con la normativa europea sulla prestazione energetica degli edifici, prevedendo idonei meccanismi di monitoraggio e valutazione delle misure e degli strumenti di pianificazione adottati nonché adeguati mezzi di finanziamento per l'attuazione del Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici.
9/1896-A/53. Pavanelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

   considerato che:

    nell'ambito del pacchetto di riforme Fit for 55, la direttiva Case Green (EPBD) mira a ridurre progressivamente le emissioni di CO2 del parco immobiliare europeo e raggiungere l'obiettivo della totale decarbonizzazione entro il 2050, attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio europeo e in linea con il principio «l'efficienza energetica al primo posto» previsto dalla direttiva (UE) 2023/1791;

    l'utilizzo di energia da fonti rinnovabili nel settore dell'edilizia costituisce una misura necessaria per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e la povertà energetica;

    un ruolo chiave è attribuito al Piano nazionale di ristrutturazione che ciascun Paese dovrà elaborare entro due anni dall'entrata in vigore della direttiva e che dovrà convergere ed essere coerente con il quadro delle misure in materia di efficienza energetica ed elettrificazione dei consumi definiti nell'ambito del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC);

    come rilevato dalla Commissione europea, i meccanismi finanziari, gli incentivi e la mobilitazione degli istituti finanziari per le ristrutturazioni energetiche degli edifici dovrebbero avere un ruolo centrale nei piani nazionali di ristrutturazione degli Stati membri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di prevedere un riordino della disciplina sugli incentivi alla riqualificazione del patrimonio immobiliare, in un'ottica di semplificazione degli stessi e di adeguamento agli obiettivi fissati in sede UE.
9/1896-A/53. (Testo modificato nel corso della seduta)Pavanelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

   considerato che:

    la progettazione e la pianificazione delle città sono profondamente intrecciate con il diritto alla mobilità e l'accessibilità per tutti e giocano un ruolo cruciale nel determinare il nostro ambiente urbano. Un elemento che merita un'attenzione particolare è l'accessibilità non solo quale concetto di urbanistica, ma altresì quale requisito fondamentale per garantire un'effettiva inclusività e equità sociale nonché per assicurare che le infrastrutture e i servizi siano accessibili a ogni persona, indipendentemente dalle sue abilità;

    la pianificazione urbana accessibile non riguarda solo l'eliminazione delle barriere architettoniche, ma garantisce un accesso equo e universale a tutti i servizi urbani (trasporti pubblici, edifici pubblici, spazi verdi e attività culturali) attraverso il ricorso alla progettazione universale ovvero alla creazione di prodotti e ambienti utilizzabili da tutti senza la necessità di adattamenti o progettazioni specialistiche; alla tecnologia assistiva ovvero all'innovazione tecnologica volta all'utilizzo di applicazioni di navigazione per persone con disabilità o segnalazioni tattili per i non vedenti e infine alla mobilità urbana inclusiva,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative affinché le risorse derivanti dall'applicazione dell'articolo 31, comma 5, ultimo periodo, e dell'articolo 36-bis, comma 5, primo periodo, del TUE siano destinate alla realizzazione di opere di rigenerazione urbana in chiave inclusiva e sostenibile, di riqualificazione in ottica di accessibilità strutturale e percettiva di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione nonché per iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale progettate secondo i principi della progettazione universale, della tecnologia assistiva e della mobilità urbana inclusiva.
9/1896-A/54. Quartini.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni a tutela degli immobili per la salvaguardia del bene «casa»;

    con diversi provvedimenti adottati da inizio legislatura, il Governo ha fortemente ristretto l'ambito di applicazione dei bonus edilizi e degli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito;

    in particolare, sono stati interessati dai divieti anche gli interventi maggiormente meritevoli come quelli posti in essere dagli IACP, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa e da enti del Terzo settore;

    allo stesso modo, sono state limitate le agevolazioni per gli interventi realizzati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici;

    inoltre, si esclude l'applicabilità della disciplina della remissione in bonis nell'adempimento dell'obbligo di comunicazione previsto nell'esercizio dell'opzione per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura;

    come se non bastasse, con l'ultimo decreto-legge in materia, sono state introdotte restrizioni in merito alla possibilità di utilizzare sia i crediti in circolazione, soprattutto con riferimento alle banche, sia le detrazioni in capo ai cittadini, con una estensione obbligatoria a dieci anni delle rate;

   ritenuto che:

    è necessario preservare il legittimo affidamento dei cittadini e delle imprese in merito all'utilizzo dei bonus edilizi, non tanto con riferimento all'impostazione originaria degli strumenti (oramai da tempo superata dalle numerose modifiche intervenute) bensì quantomeno sulle deroghe che questo stesso Governo ha introdotto;

    è altresì necessario garantire la massima fruizione dei bonus edilizi, a partire dai contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come l'eliminazione delle barriere architettoniche, il miglioramento sismico e gli interventi posti in essere dagli enti del terzo settore,

impegna il Governo

a rivalutare gli effetti delle misure introdotte consentendo, come peraltro proposto da parlamentari della maggioranza che sostiene il Governo, di continuare a fruire delle deroghe al divieto di cessione e sconto di cui al decreto-legge n. 11 del 2023, almeno con riferimento alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2024.
9/1896-A/55. Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni a tutela degli immobili per la salvaguardia del bene «casa»;

    con diversi provvedimenti adottati da inizio legislatura, il Governo ha fortemente ristretto l'ambito di applicazione dei bonus edilizi e degli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito;

    in particolare, sono stati interessati dai divieti anche gli interventi maggiormente meritevoli come quelli posti in essere dagli IACP, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa e da enti del Terzo settore;

    allo stesso modo, sono state limitate le agevolazioni per gli interventi realizzati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici;

    inoltre, si esclude l'applicabilità della disciplina della remissione in bonis nell'adempimento dell'obbligo di comunicazione previsto nell'esercizio dell'opzione per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura;

    come se non bastasse, con l'ultimo decreto-legge in materia, sono state introdotte restrizioni in merito alla possibilità di utilizzare sia i crediti in circolazione, soprattutto con riferimento alle banche, sia le detrazioni in capo ai cittadini, con una estensione obbligatoria a dieci anni delle rate;

   ritenuto che:

    è necessario preservare il legittimo affidamento dei cittadini e delle imprese in merito all'utilizzo dei bonus edilizi, non tanto con riferimento all'impostazione originaria degli strumenti (oramai da tempo superata dalle numerose modifiche intervenute) bensì quantomeno sulle deroghe che questo stesso Governo ha introdotto;

    è altresì necessario garantire la massima fruizione dei bonus edilizi, a partire dai contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come l'eliminazione delle barriere architettoniche, il miglioramento sismico e gli interventi posti in essere dagli enti del terzo settore,

impegna il Governo

a introdurre misure finalizzate a preservare la massima fruizione dei bonus edilizi per i contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come l'eliminazione delle barriere architettoniche.
9/1896-A/56. Raffa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni a tutela degli immobili per la salvaguardia del bene «casa»;

    con diversi provvedimenti adottati da inizio legislatura, il Governo ha fortemente ristretto l'ambito di applicazione dei bonus edilizi e degli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito;

    in particolare, sono stati interessati dai divieti anche gli interventi maggiormente meritevoli come quelli posti in essere dagli IACP, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa e da enti del Terzo settore;

    allo stesso modo, sono state limitate le agevolazioni per gli interventi realizzati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici;

    inoltre, si esclude l'applicabilità della disciplina della remissione in bonis nell'adempimento dell'obbligo di comunicazione previsto nell'esercizio dell'opzione per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura;

    come se non bastasse, con l'ultimo decreto-legge in materia, sono state introdotte restrizioni in merito alla possibilità di utilizzare sia i crediti in circolazione, soprattutto con riferimento alle banche, sia le detrazioni in capo ai cittadini, con una estensione obbligatoria a dieci anni delle rate;

   ritenuto che:

    è necessario preservare il legittimo affidamento dei cittadini e delle imprese in merito all'utilizzo dei bonus edilizi, non tanto con riferimento all'impostazione originaria degli strumenti (oramai da tempo superata dalle numerose modifiche intervenute) bensì quantomeno sulle deroghe che questo stesso Governo ha introdotto;

    è altresì necessario garantire la massima fruizione dei bonus edilizi, a partire dai contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come l'eliminazione delle barriere architettoniche, il miglioramento sismico e gli interventi posti in essere dagli enti del terzo settore,

impegna il Governo

a introdurre misure finalizzate a preservare la massima fruizione dei bonus edilizi per i contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come il miglioramento sismico degli edifici.
9/1896-A/57. Lovecchio.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni a tutela degli immobili per la salvaguardia del bene «casa»;

    con diversi provvedimenti adottati da inizio legislatura, il Governo ha fortemente ristretto l'ambito di applicazione dei bonus edilizi e degli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito;

    in particolare, sono stati interessati dai divieti anche gli interventi maggiormente meritevoli come quelli posti in essere dagli IACP, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa e da enti del Terzo settore;

    allo stesso modo, sono state limitate le agevolazioni per gli interventi realizzati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici;

    inoltre, si esclude l'applicabilità della disciplina della remissione in bonis nell'adempimento dell'obbligo di comunicazione previsto nell'esercizio dell'opzione per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura;

    come se non bastasse, con l'ultimo decreto-legge in materia, sono state introdotte restrizioni in merito alla possibilità di utilizzare sia i crediti in circolazione, soprattutto con riferimento alle banche, sia le detrazioni in capo ai cittadini, con una estensione obbligatoria a dieci anni delle rate;

   ritenuto che:

    è necessario preservare il legittimo affidamento dei cittadini e delle imprese in merito all'utilizzo dei bonus edilizi, non tanto con riferimento all'impostazione originaria degli strumenti (oramai da tempo superata dalle numerose modifiche intervenute) bensì quantomeno sulle deroghe che questo stesso Governo ha introdotto;

    è altresì necessario garantire la massima fruizione dei bonus edilizi, a partire dai contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come l'eliminazione delle barriere architettoniche, il miglioramento sismico e gli interventi posti in essere dagli enti del terzo settore,

impegna il Governo

a introdurre misure finalizzate a preservare la massima fruizione dei bonus edilizi per i contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come gli interventi posti in essere dagli IACP, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa e da enti del Terzo settore.
9/1896-A/58. Torto.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni a tutela degli immobili per la salvaguardia del bene «casa»;

    con diversi provvedimenti adottati da inizio legislatura, il Governo ha fortemente ristretto l'ambito di applicazione dei bonus edilizi e degli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito;

    in particolare, sono stati interessati dai divieti anche gli interventi maggiormente meritevoli come quelli posti in essere dagli IACP, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa e da enti del Terzo settore;

    allo stesso modo, sono state limitate le agevolazioni per gli interventi realizzati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici;

    inoltre, si esclude l'applicabilità della disciplina della remissione in bonis nell'adempimento dell'obbligo di comunicazione previsto nell'esercizio dell'opzione per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura;

    come se non bastasse, con l'ultimo decreto-legge in materia, sono state introdotte restrizioni in merito alla possibilità di utilizzare sia i crediti in circolazione, soprattutto con riferimento alle banche, sia le detrazioni in capo ai cittadini, con una estensione obbligatoria a dieci anni delle rate;

   ritenuto che:

    è necessario preservare il legittimo affidamento dei cittadini e delle imprese in merito all'utilizzo dei bonus edilizi, non tanto con riferimento all'impostazione originaria degli strumenti (oramai da tempo superata dalle numerose modifiche intervenute) bensì quantomeno sulle deroghe che questo stesso Governo ha introdotto;

    è altresì necessario garantire la massima fruizione dei bonus edilizi, a partire dai contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come l'eliminazione delle barriere architettoniche, il miglioramento sismico e gli interventi posti in essere dagli enti del terzo settore,

impegna il Governo

ad assumere iniziative finalizzate a stabilizzare il meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura a partire dalle fasce di reddito medio basse in considerazione dell'impatto positivo registratosi in termini di accesso al beneficio da parte di tali categorie di contribuenti.
9/1896-A/59. Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni a tutela degli immobili per la salvaguardia del bene «casa»;

    con diversi provvedimenti adottati da inizio legislatura, il Governo ha fortemente ristretto l'ambito di applicazione dei bonus edilizi e degli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito;

    in particolare, sono stati interessati dai divieti anche gli interventi maggiormente meritevoli come quelli posti in essere dagli IACP, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa e da enti del Terzo settore;

    allo stesso modo, sono state limitate le agevolazioni per gli interventi realizzati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici;

    inoltre, si esclude l'applicabilità della disciplina della remissione in bonis nell'adempimento dell'obbligo di comunicazione previsto nell'esercizio dell'opzione per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura;

    come se non bastasse, con l'ultimo decreto-legge in materia, sono state introdotte restrizioni in merito alla possibilità di utilizzare sia i crediti in circolazione, soprattutto con riferimento alle banche, sia le detrazioni in capo ai cittadini, con una estensione obbligatoria a dieci anni delle rate;

   ritenuto che:

    è necessario preservare il legittimo affidamento dei cittadini e delle imprese in merito all'utilizzo dei bonus edilizi, non tanto con riferimento all'impostazione originaria degli strumenti (oramai da tempo superata dalle numerose modifiche intervenute) bensì quantomeno sulle deroghe che questo stesso Governo ha introdotto;

    è altresì necessario garantire la massima fruizione dei bonus edilizi, a partire dai contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come l'eliminazione delle barriere architettoniche, il miglioramento sismico e gli interventi posti in essere dagli enti del terzo settore,

impegna il Governo

ad individuare una programmazione strutturale degli incentivi che sia coerente con il perseguimento degli ambiziosi obiettivi europei al 2030, cogliendo l'opportunità di migliorare le prestazioni energetiche e sismiche del patrimonio edilizio italiano.
9/1896-A/60. Ferrara.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni a tutela degli immobili per la salvaguardia del bene «casa»;

    con diverse provvedimenti adottati da inizio legislatura, il Governo ha fortemente ristretto l'ambito di applicazione dei bonus edilizi e degli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito;

    in particolare, sono stati interessati dai divieti anche gli interventi maggiormente meritevoli come quelli posti in essere dagli IACP, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa e da enti del Terzo settore;

    allo stesso modo, sono state limitate le agevolazioni per gli interventi realizzati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici;

    inoltre, si esclude l'applicabilità della disciplina della remissione in bonis nell'adempimento dell'obbligo di comunicazione previsto nell'esercizio dell'opzione per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura;

    come se non bastasse, con l'ultimo decreto-legge in materia, sono state introdotte restrizioni in merito alla possibilità di utilizzare sia i crediti in circolazione, soprattutto con riferimento alle banche, sia le detrazioni in capo ai cittadini, con una estensione obbligatoria a dieci anni delle rate;

   ritenuto che:

    è necessario preservare il legittimo affidamento dei cittadini e delle imprese in merito all'utilizzo dei bonus edilizi, non tanto con riferimento all'impostazione originaria degli strumenti (oramai da tempo superata dalle numerose modifiche intervenute) bensì quantomeno sulle deroghe che questo stesso Governo ha introdotto;

    è altresì necessario garantire la massima fruizione dei bonus edilizi, a partire dai contribuenti più deboli, soprattutto con riferimento ad interventi maggiormente qualificati, come l'eliminazione delle barriere architettoniche, il miglioramento sismico e gli interventi posti in essere dagli enti del terzo settore,

impegna il Governo

a introdurre misure per favorire la circolazione dei crediti fiscali maturati anche attraverso il coinvolgimento di partecipate pubbliche e gli enti locali.
9/1896-A/61. Penza.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    come rilevato dal comunicato stampa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il decreto in esame semplifica le procedure vigenti introducendo, inter alia, il silenzio-assenso per la sanatoria delle piccole difformità. Un principio particolarmente rilevante che va nella direzione della massima semplificazione e che mira anche a decongestionare gli uffici tecnici comunali, attualmente sovraccarichi di pratiche edilizie;

   considerato che:

    come noto l'ufficio tecnico comunale è quella struttura atta allo svolgimento di alcuni servizi di pianificazione edilizia nel novero dei quali rientrano anche tutte le attività di vigilanza urbanistico-edilizia e di controllo nel territorio comunale;

    a fronte dell'introduzione ad opera del presente decreto-legge del citato silenzio-assenso per la sanatoria delle piccole difformità e delle tolleranze costruttive nonché di svariate semplificazioni procedimentali, risulta cruciale non solo intensificare le attività di vigilanza per l'accertamento della regolarità delle opere di natura edile soprattutto al fine di verificare la consistenza e la natura dei lavori svolti e a valutarne la conformità agli atti autorizzativi rilasciati dai competenti organi amministrativi (concessioni edilizie, autorizzazioni, e altro) ma occorre altresì potenziare le risorse umane per garantire effettività ed efficienza ai controlli sulle eventuali anomalie riguardanti l'utilizzazione del suolo e dell'edificato,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative per potenziare, anche individuando le risorse economiche necessarie, le risorse umane degli uffici tecnici comunali preposti agli adempimenti di vigilanza e di controllo di cui in premessa, al fine di assicurare un ordinato sviluppo del territorio secondo quanto previsto dagli strumenti urbanistici.
9/1896-A/62. Alfonso Colucci, Ilaria Fontana, Santillo, Fede.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    come rilevato dal comunicato stampa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il decreto in esame semplifica le procedure vigenti introducendo, inter alia, il silenzio-assenso per la sanatoria delle piccole difformità. Un principio particolarmente rilevante che va nella direzione della massima semplificazione e che mira anche a decongestionare gli uffici tecnici comunali, attualmente sovraccarichi di pratiche edilizie;

   considerato che:

    come noto l'ufficio tecnico comunale è quella struttura atta allo svolgimento di alcuni servizi di pianificazione edilizia nel novero dei quali rientrano anche tutte le attività di vigilanza urbanistico-edilizia e di controllo nel territorio comunale;

    a fronte dell'introduzione ad opera del presente decreto-legge del citato silenzio-assenso per la sanatoria delle piccole difformità e delle tolleranze costruttive nonché di svariate semplificazioni procedimentali, risulta cruciale non solo intensificare le attività di vigilanza per l'accertamento della regolarità delle opere di natura edile soprattutto al fine di verificare la consistenza e la natura dei lavori svolti e a valutarne la conformità agli atti autorizzativi rilasciati dai competenti organi amministrativi (concessioni edilizie, autorizzazioni, e altro) ma occorre altresì potenziare le risorse umane per garantire effettività ed efficienza ai controlli sulle eventuali anomalie riguardanti l'utilizzazione del suolo e dell'edificato,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad assumere le opportune iniziative per potenziare, anche individuando le risorse economiche necessarie, le risorse umane degli uffici tecnici comunali preposti agli adempimenti di vigilanza e di controllo di cui in premessa, al fine di assicurare un ordinato sviluppo del territorio secondo quanto previsto dagli strumenti urbanistici.
9/1896-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta)Alfonso Colucci, Ilaria Fontana, Santillo, Fede.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca misure di semplificazione in materia edilizia e urbanistica, volte a sanare talune difformità regolate dal decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380;

    come riportato nella relazione introduttiva, il provvedimento intende fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, supportando nel contempo gli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo;

   considerato che:

    a fronte di una domanda abitativa crescente e di una condizione di vulnerabilità e precarietà di molte famiglie (a fronte di 1,9 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta, oggi sono quasi un milione quelle che vivono in affitto, il 45,3 per cento del totale) l'offerta di edilizia pubblica nel nostro Paese è assolutamente insufficiente e non risponde a un fabbisogno abitativo stimato in oltre 600 mila unità immobiliari;

    il provvedimento in esame non contiene alcuna disposizione idonea a ridurre tale grave deficit strutturale e ad avviare i processi di rigenerazione del tessuto urbano. Piuttosto prevede meccanismi volti a sanare interventi edilizi che interessano interi edifici o unità abitative e a semplificare i mutamenti di destinazione d'uso con e senza opere, in deroga ai parametri posti a presidio della salubrità e vivibilità degli ambienti interni e dei contesti urbani, con l'effetto di favorire soluzioni abitative finalizzate ad incrementare la rendita immobiliare, riducendo la disponibilità di alloggi ad uso residenziale in locazione permanente e, dunque, aggravando la precarietà abitativa;

    nonostante la grave condizione di deprivazione abitativa richieda prioritariamente l'attuazione di una pianificazione strategica volta all'adeguamento dell'offerta di alloggi accessibili, nell'ultimo anno risultano stanziate risorse del tutto insufficienti,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile volta a porre fine alla grave situazione di emergenza abitativa mediante la definizione di una adeguata pianificazione strategica nazionale e lo stanziamento delle risorse a tal fine necessarie.
9/1896-A/63. Santillo, Pellegrini, D'Orso, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Carotenuto, Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (TUE), di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, anche con riferimento al tema del superamento delle barriere architettoniche;

   considerato che:

    l'articolo 9 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, recepita con la legge n. 18 del 2009, stabilisce che «al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, gli Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l'accesso all'ambiente fisico, ai trasporti, all'informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali»;

    tale nuovo paradigma dovrà rappresentare un cambiamento importante nel nostro attuale sistema incentrato non solo sui meri servizi ma sulle persone e conseguentemente sul soddisfacimento dei bisogni e del riconoscimento effettivo dei diritti;

    è quanto mai necessario rispondere ai bisogni delle persone disabili poiché tale capacità è uno degli indicatori principali di un Welfare moderno, maggiormente inclusivo, equo ed efficiente,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative anche di carattere normativo volte a prevedere che un terzo delle entrate, derivanti dall'applicazione dell'articolo 31, comma 5, ultimo periodo, e dell'articolo 36-bis, comma 5, primo periodo, del TUE, siano utilizzate per la realizzazione di opere e di interventi di rigenerazione urbana, specificando che siano in chiave inclusiva e sostenibile, e quindi non solo per le persone con disabilità motoria ma anche senso percettiva;

   a prevedere che l'applicazione dell'articolo 3, comma 1, del presente decreto-legge coordinato con l'articolo 34-bis TUE in materia di tolleranze costruttive ed esecutive, in correlazione con interventi di rilevanza paesaggistica, non comporti limitazioni d'accesso alle persone con disabilità di modo che si possano garantire pari diritti ed opportunità.
9/1896-A/64. L'Abbate.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    tuttavia nonostante la relazione illustrativa che accompagna il decreto de quo poggi le sue fondamenta sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente», non emergono disposizioni ad hoc per incentivare la riqualificazione, anche energetica, degli edifici;

   considerato che:

    il fenomeno della povertà energetica colpisce famiglie a basso reddito dotate di alloggi fatiscenti e inadeguati, perlopiù poco efficienti dal punto di vista energetico;

    sebbene i vantaggi derivanti dal combattere efficacemente il predetto fenomeno siano oramai noti, risulta necessario adottare nuove politiche pubbliche rivolte verso un unico disegno di rigenerazione che coniughi la componente di recupero e di riqualificazione edilizia con una proiezione sul contesto urbanistico/abitativo o territoriale di riferimento nelle sue plurime declinazioni di tipo ambientale, economico, culturale e sociale;

   tenuto conto che:

    i titoli di risparmio energetico (TEE) giocano da sempre un ruolo di primo piano nel finanziamento degli interventi di efficientamento energetico delle abitazioni. Si tratta di un regime obbligatorio di risparmio di energia primaria posto in capo ai cosiddetti soggetti obbligati (distributori di energia elettrica e gas naturale) con più di cinquantamila clienti. Ad altri soggetti (i cosiddetti soggetti volontari, come le ESCO o le società dotate di un esperto in gestione dell'energia certificato – EGE) si riconosce il diritto di ricevere la corrispondente quantità di cosiddetti «certificati bianchi» laddove scelgano di realizzare liberamente interventi di riduzione dei consumi negli usi finali di energia;

   riconosciuta la validità e l'efficacia dimostrata in questi anni dai TEE, in modo particolare sul settore domestico, risulta necessario, al fine di incentivare la realizzazione di interventi di risparmio energetico su soggetti in condizioni di «precarietà energetica», riorganizzare il meccanismo in questione introducendo, per i citati soggetti obbligati, un vincolo preciso che li orienti obbligatoriamente a intervenire per una quota parte del proprio obiettivo di risparmio energetico con interventi sulle abitazioni dei predetti soggetti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative affinché una quota pari almeno al cinque per cento dell'obiettivo annuale di risparmio energetico cui sono obbligati i soggetti di cui all'articolo 5 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 11 gennaio 2017, sia vincolata alla realizzazione di misure e interventi di risparmio energetico a beneficio degli immobili delle famiglie in condizione di povertà energetica, al fine di ridurre gli oneri a carico delle medesime nonché di garantire il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente senza oneri per la finanza pubblica.
9/1896-A/65. Sergio Costa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    tuttavia nonostante la relazione illustrativa che accompagna il decreto in esame poggi le sue fondamenta sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente», non emergono disposizioni ad hoc per incentivare l'adozione di strumenti in grado di monitorare e programmare gli interventi di prevenzione, messa in sicurezza e riqualificazione del patrimonio edilizio;

   considerato che:

    da anni le categorie tecniche più rappresentative del settore richiedono come necessaria l'introduzione del cosiddetto fascicolo del fabbricato quale carta di identità di un manufatto capace di consentire di individuare l'unità immobiliare sotto tutti gli aspetti, tra cui la legittimità edilizia-urbanistica, lo stato di fatto e di conservazione, il livello di sicurezza strutturale ed impiantistica, l'efficienza energetica, la manutenzione, la programmazione di tutti gli eventuali interventi necessari a mantenere efficiente l'immobile in tutte le sue componenti;

    il citato fascicolo, laddove contenente la descrizione dell'intero immobile sotto il profilo tecnico e amministrativo, ivi compresa la documentazione amministrativa che ne attesti lo stato legittimo ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 nonché le qualità tecnico-prestazionali e di sicurezza degli immobili privati, consentirebbe non solo di monitorare e programmare nel tempo gli interventi di riqualificazione energetica, miglioramento sismico, manutenzione e ristrutturazione edilizia ma altresì di ottenere il complesso delle informazioni relative allo stato di agibilità e di sicurezza dell'immobile sotto il profilo statico, dell'impiantistica, della manutenzione, dei materiali utilizzati, dei parametri di efficienza energetica, degli interventi che ne hanno modificato le caratteristiche tipologiche e costruttive e di quelli necessari a garantirne il corretto stato di manutenzione e sicurezza;

    inoltre, i comuni avrebbero a disposizione uno strumento utile ad avere un quadro completo delle reali condizioni e dello stato dei fabbricati presenti sul proprio territorio,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte ad introdurre nel nostro ordinamento il cosiddetto fascicolo del fabbricato che consenta di individuare le caratteristiche dell'immobile sotto il profilo tecnico e amministrativo, ivi compresa la documentazione amministrativa che ne attesti lo stato legittimo, e il complesso delle informazioni relative allo stato di agibilità e di sicurezza degli edifici idonee a individuare le qualità tecnico-prestazionali degli stessi nonché di programmare e monitorare nel tempo gli interventi necessari.
9/1896-A/66. Fede, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca misure di semplificazione in materia edilizia e urbanistica, volte a sanare talune difformità regolate dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;

    come riportato nella relazione introduttiva, il provvedimento intende fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo;

   considerato che:

    nel nostro Paese il tema della casa rappresenta un ambito di grande criticità per una buona parte della popolazione;

    il disagio abitativo è una condizione di malessere sociale legata alla qualità dell'alloggio – per la quale manca una definizione univoca nel nostro ordinamento giuridico – che riguarda, in Italia, circa 1,5 milioni di famiglie italiane (dati di Federcasa e della società Nomisma Spa);

    il disagio e l'emergenza abitativa affliggono sia ceti a reddito molto basso o nullo, per i quali gli alloggi di edilizia residenziale pubblica o sociale sono in numero insufficiente, sia gli individui o i nuclei familiari svantaggiati che hanno un reddito troppo alto per vedersi assegnare una «casa popolare» ma troppo basso per poter accedere alle locazioni del libero mercato;

    il non avere un alloggio e l'essere esclusi dalla possibilità di disporne sono tra le forme più estreme di povertà e di deprivazione. La «deprivazione abitativa» – uno degli indicatori utilizzati dall'Unione europea per calcolare il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale – in Italia riguarda il 5 per cento della popolazione, a fronte del 4 per cento medio dei Paesi europei;

    l'articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani afferma solennemente che «ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute ed il benessere proprio e della sua famiglia con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, alle cure mediche ed ai servizi sociali necessari (...)»;

    il diritto all'abitazione è espressamente previsto anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Carta sociale europea e, nel testo revisionato nel 1996, per garantirne l'effettivo esercizio, gli Stati firmatari «s'impegnano a prendere misure destinate», tra l'altro, «a favorire l'accesso ad un'abitazione di livello sufficiente», a «prevenire e ridurre lo status di “senza tetto” in vista di eliminarlo gradualmente» e a «rendere il costo dell'abitazione accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti»;

    in questo quadro si inserisce anche il Pilastro europeo dei diritti sociali, adottato dall'Unione europea nel 2017, nel quale vengono ribaditi alcuni dei diritti già presenti nell'acquis dell'Unione e aggiunti nuovi princìpi finalizzati ad affrontare le sfide derivanti dai cambiamenti sociali, tecnologici ed economici, e a garantire i «livelli minimi di inclusione e coesione sociale»;

    la Corte costituzionale con la sentenza n. 121 del 2010 ha precisato che la materia dell'edilizia residenziale pubblica, non espressamente contemplata dall'articolo 117 della Costituzione, «si estende su tre livelli normativi»: «il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale determinazione – che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione – si inserisce la fissazione di princìpi che valgano a garantire l'uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995. Il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia “Governo del territorio”, ai sensi del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, come precisato [...] da questa Corte con la sentenza n. 451 del 2006. Il terzo livello normativo, rientrante nel quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione, riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale» (sentenza n. 94 del 2007);

   considerato altresì che:

    appare necessario recuperare un ruolo «guida» dello Stato nella materia delle politiche abitative al fine di rendere effettivo il diritto sociale all'abitazione;

    una nuova lettura «forte» del diritto all'abitazione, inteso come posizione soggettiva avente un «contenuto essenziale», secondo l'accezione invalsa in ambito europeo, consentirebbe un radicale cambiamento di approccio delle tradizionali politiche abitative, anche nell'ottica di un welfare integrato, nel quale il contrasto della povertà abitativa possa rappresentare l'anello di irradiazione degli altri diritti fondamentali, da cui partire per sostenere e favorire l'accesso all'istruzione, alla formazione e all'occupazione,

impegna il Governo

a intraprendere ogni iniziativa utile finalizzata a rimuovere la grave condizione di deprivazione abitativa presente in Italia e ad agevolare il processo per il riconoscimento esplicito del diritto all'abitazione come diritto costituzionale, nonché per la sistematizzazione della materia delle politiche abitative nel riparto delle competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione secondo i princìpi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale.
9/1896-A/67. Pellegrini, Santillo, D'Orso, Ilaria Fontana, Orrico, Casu, Iaria, Carmina, Carotenuto, Amato, Braga, Bonafè, Ciani, Ghio, Toni Ricciardi, Fornaro, De Luca, Ferrari, Morassut, Roggiani, De Maria, Amendola, Ascani, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Boldrini, Carè, Cuperlo, Curti, D'Alfonso, De Micheli, Di Biase, Di Sanzo, Evi, Fassino, Forattini, Fossi, Furfaro, Gianassi, Girelli, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Guerini, Guerra, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Merola, Orfini, Orlando, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Prestipino, Provenzano, Quartapelle Procopio, Romeo, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Schlein, Scotto, Serracchiani, Simiani, Speranza, Stefanazzi, Stumpo, Tabacci, Vaccari.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    in particolare, come si evince dalla relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge de quo, l'urgenza delle disposizioni in esso contenute trovano il proprio fondamento sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»;

   considerato che:

    nell'ambito della tutela della parte debole nei rapporti contrattuali di diritto privato, a cominciare dal rapporto di locazione, si collocano due importanti strumenti utilizzati a livello nazionale per le politiche abitative, ovvero il fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431, e il fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, di cui alla legge 28 ottobre 2013, n. 124, gestito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Entrambi sono stati incrementati nel corso della XVIII legislatura, da ultimo ad opera del cosiddetto decreto «aiuti» (decreto-legge n. 50 del 2022) che ha assegnato al fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione una dotazione di 100 milioni di euro per il 2022;

    a partire dall'assegnazione delle somme, relative all'anno 2019 – consentendo alle regioni di poter riallocare sul fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione le risorse non utilizzate della dotazione del fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli – si è sostanzialmente prodotta un'unificazione delle risorse della dotazione dei due fondi con la precipua finalità di attuare misure uniche per la riduzione del disagio abitativo;

    negli anni, si è riscontrato che entrambi i predetti fondi hanno presentato delle criticità come si può rilevare, tra l'altro, dall'indagine effettuata dalla Corte dei conti sull'utilizzo degli stessi per il periodo dal 2014 al 2020 (deliberazione 3 agosto 2020, n. 9/2020/G);

    diverse sono le disfunzioni e le distorsioni che le due misure presentano e sulle quali la stessa Corte dei conti si è soffermata: il non corretto assolvimento delle procedure per il riparto delle risorse, che ha contribuito a un loro impiego non del tutto efficiente; la inadeguatezza di un'attività di monitoraggio circa la gestione dei fondi e lo stato di utilizzo delle risorse ripartite tra le regioni; il mancato o parziale trasferimento delle risorse agli enti locali; le difficoltà di accesso e di erogazione del contributo da parte dei cittadini, soprattutto con riferimento al fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli;

    nel raccogliere le citate raccomandazioni della Corte dei conti, appare quanto mai opportuno un profondo ripensamento delle modalità con le quali provvedere all'erogazione delle risorse economiche da mettere a disposizione di un settore, come quello in esame, che esprime un fabbisogno molto elevato,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito delle misure volte al contrasto del disagio abitativo, iniziative normative finalizzate:

  a) prevedere un aumento e una razionalizzazione delle risorse relative al fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e a quello per la morosità incolpevole, individuando modalità procedurali atte a rendere più agevole l'erogazione delle risorse nei confronti dei soggetti aventi diritto (prevedendo anche la possibilità di erogazione diretta in favore dei proprietari degli immobili dati in locazione) non solo con tempi contenuti e certi ma anche con criteri omogenei che assicurino, quanto più possibile, livelli essenziali e uniformi delle prestazioni;

  b) prevedere l'istituzione di un fondo nazionale di garanzia per la locazione di immobili abitativi in favore di alcune categorie di soggetti o nuclei familiari come, ad esempio, giovani coppie – intendendo per tali i nuclei familiari costituiti da coniugi, da conviventi more uxorio o da persone legate da unione civile –, genitori separati o divorziati con figli – minorenni, maggiorenni disabili o non economicamente indipendenti – al fine di consentire un più agevole accesso al mercato delle locazioni per tutti quei soggetti che non abbiano possibilità di fornire idonee garanzie in ordine alla propria solidità economica e futura solvibilità;

  c) definire incentivi fiscali per la rinegoziazione dei canoni di locazione ed una loro diminuzione per prevenire le difficoltà e criticità connesse alla morosità incolpevole.
9/1896-A/68. D'Orso, Santillo, Ilaria Fontana, Pellegrini, Orrico.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    in particolare, come si evince dalla relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge de quo, l'urgenza delle disposizioni in esso contenute trovano il proprio fondamento sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»;

   considerato che:

    in materia di politiche abitative, le due linee lungo le quali è intervenuto il legislatore italiano in questi anni si sono mostrate del tutto carenti e poco lungimiranti. La prima è quella rivolta all'incremento del numero delle abitazioni disponibili, tramite la realizzazione di un sistema di edilizia residenziale pubblica. Nonostante, a partire dalle misure volte all'attuazione del piano decennale di edilizia residenziale previsto dalla legge n. 457 del 1978, siano stati approvati numerosi provvedimenti normativi e disposti diversi stanziamenti per l'edilizia residenziale pubblica e convenzionata, la condizione di disagio abitativo non ha trovato una soluzione accettabile ed è destinata ad aggravarsi;

    il settore soffre, ancora oggi, di una cronica carenza di alloggi da destinare ai ceti meno abbienti o a categorie disagiate o fragili. A tale riguardo è necessario e urgente definire una programmazione nazionale pluriennale di contrasto all'emergenza abitativa, sostenuta da adeguate risorse economiche;

    quanto sopra presuppone una attenta ricognizione presso ogni regione dello stato di tutti gli interventi programmati, della corretta utilizzazione delle risorse con l'obiettivo di accelerare con ogni strumento possibile la realizzazione e/o il completamento degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ancora in corso, nonché di definire la programmazione in tempi certi di quelli da realizzare con le risorse che risulteranno ancora disponibili a seguito della ricognizione,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative di competenza finalizzate a dare attuazione alle misure previste nell'ambito della missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in modo da garantire il coordinamento degli investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale, con l'obiettivo di accompagnare all'edilizia residenziale pubblica la creazione di spazi e/o servizi culturali e socio-assistenziali in grado di migliorare l'inclusione e la qualità della vita dei cittadini destinatari di tali interventi.
9/1896-A/69. Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    in particolare, come si evince dalla relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge de quo, l'urgenza delle disposizioni in esso contenute trovano il proprio fondamento sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»;

   considerato che:

    in materia di politiche abitative, le due linee lungo le quali è intervenuto il legislatore italiano in questi anni si sono mostrate del tutto carenti e poco lungimiranti. La prima è quella rivolta all'incremento del numero delle abitazioni disponibili, tramite la realizzazione di un sistema di edilizia residenziale pubblica. Nonostante, a partire dalle misure volte all'attuazione del piano decennale di edilizia residenziale previsto dalla legge n. 457 del 1978, siano stati approvati numerosi provvedimenti normativi e disposti diversi stanziamenti per l'edilizia residenziale pubblica e convenzionata, la condizione di disagio abitativo non ha trovato una soluzione accettabile ed è destinata ad aggravarsi;

    il settore soffre, ancora oggi, di una cronica carenza di alloggi da destinare ai ceti meno abbienti o a categorie disagiate o fragili. A tale riguardo è necessario e urgente definire una programmazione nazionale pluriennale di contrasto all'emergenza abitativa, sostenuta da adeguate risorse economiche;

    quanto sopra presuppone una attenta ricognizione presso ogni regione dello stato di tutti gli interventi programmati, della corretta utilizzazione delle risorse con l'obiettivo di accelerare con ogni strumento possibile la realizzazione e/o il completamento degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ancora in corso, nonché di definire la programmazione in tempi certi di quelli da realizzare con le risorse che risulteranno ancora disponibili a seguito della ricognizione,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito degli interventi di pianificazione e programmazione delle politiche abitative, le iniziative di competenza, anche normative, finalizzate:

  a) ad effettuare una ricognizione delle risorse stanziate con le leggi in materia di edilizia residenziale pubblica, e rimaste ad oggi inutilizzate, accertando le cause dell'eventuale mancata utilizzazione, e ad assicurare il reimpiego immediato degli importi eventualmente residui per far fronte alla carenza di alloggi a canone sociale;

  b) a prevedere interventi sostitutivi, anche tramite la nomina di commissari ad acta, per tutti i programmi finalizzati all'edilizia sociale nei casi di conclamata inadempienza degli accordi di programma o delle intese da parte degli enti coinvolti, al fine di rimuovere le inerzie accertate e dare nuovo e risolutivo impulso ai procedimenti in corso per definirli o destinare le risorse ancora disponibili a nuovi programmi.
9/1896-A/70. Cantone.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    in particolare, dalla relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge de quo emerge come l'urgenza delle disposizioni in esso contenute trovino il proprio fondamento sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo»;

   considerato che:

    il provvedimento in esame è, inter alia, volto a superare le incertezze applicative che rendono problematica l'attività degli enti locali, di cittadini ed imprese, con particolare riferimento al «riutilizzo del patrimonio edilizio esistente al fine di contenere il consumo di suolo e favorire processi di rigenerazione urbana e riuso del suolo edificato»;

    nell'ambito delle politiche di sviluppo territoriale appare necessario prevedere appositi contributi e incentivi di carattere assistenziale e sociale volti ad invertire il declino infrastrutturale e demografico proprio dei piccoli borghi, soprattutto se situati nelle aree interne del nostro Paese, dove peraltro la popolazione è mediamente più anziana, al fine di favorirne il ripopolamento e contestualmente allentare la pressione antropica sui grandi centri urbani;

    in linea con la strategia nazionale per le aree interne, è necessario accompagnare tali misure con progetti che consentano di potenziare servizi e infrastrutture sociali di comunità e facilitare la realizzazione di contesti abitativi e residenziali dove siano disponibili o facilmente accessibili servizi sanitari di base e servizi di supporto alla vita quotidiana anche per le persone anziane,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte a prevedere appositi contributi e incentivi di carattere assistenziale e sociale volti a contrastare fenomeni di declino infrastrutturale e demografico propri dei piccoli borghi, soprattutto se situati nelle aree interne del nostro Paese, al fine di favorirne il ripopolamento e contestualmente allentare la pressione antropica anche sotto il profilo del fabbisogno abitativo sui grandi centri urbani.
9/1896-A/71. Alifano, Fornaro, De Maria.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    in particolare, dalla relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge de quo, si evince che l'urgenza delle disposizioni in esso contenute trovano il proprio fondamento sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»,

   considerato che:

    secondo gli studi di settore, il fabbisogno abitativo ammonta oggi a circa 500/600 mila alloggi e le risorse economiche periodicamente stanziate – attraverso il trasferimento di fondi ai comuni – non sono state allineate all'interno di una strategia sistematica e strutturata;

    inoltre, pur non essendo disponibili stime sedimentate sull'entità complessiva delle forme di disagio abitativo presenti in Italia, un interessante quadro informativo su alcune delle principali dimensioni della disuguaglianza abitativa in Italia è offerto dalla relazione presentata dal Gruppo di lavoro sulle politiche per la casa e l'emergenza abitativa, costituito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 124 del 6 luglio 2022;

    i dati presentati evidenziano e confermano che nel nostro Paese il tema della casa rappresenti un ambito di grande criticità per una buona parte della popolazione e che alcune condizioni sociali o di fragilità siano estremamente correlate alla possibilità di vivere in condizioni precarie, alle difficoltà di mantenere il proprio alloggio o alla capacità di superare una condizione di emergenza abitativa,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per definire una normativa quadro sull'edilizia residenziale pubblica e sociale che definisca i livelli essenziali del servizio abitativo, in linea con la normativa europea sul diritto all'abitazione inteso come posizione soggettiva avente un «contenuto essenziale».
9/1896-A/72. Lomuti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    in particolare, dalla relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge de quo, si evince che l'urgenza delle disposizioni in esso contenute trovano il proprio fondamento sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»,

   considerato che:

    secondo gli studi di settore, il fabbisogno abitativo ammonta oggi a circa 500/600 mila alloggi e le risorse economiche periodicamente stanziate – attraverso il trasferimento di fondi ai comuni – non sono state allineate all'interno di una strategia sistematica e strutturata;

    inoltre, pur non essendo disponibili stime sedimentate sull'entità complessiva delle forme di disagio abitativo presenti in Italia, un interessante quadro informativo su alcune delle principali dimensioni della disuguaglianza abitativa in Italia è offerto dalla relazione presentata dal Gruppo di lavoro sulle politiche per la casa e l'emergenza abitativa, costituito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 124 del 6 luglio 2022;

    i dati presentati evidenziano e confermano che nel nostro Paese il tema della casa rappresenti un ambito di grande criticità per una buona parte della popolazione e che alcune condizioni sociali o di fragilità siano estremamente correlate alla possibilità di vivere in condizioni precarie, alle difficoltà di mantenere il proprio alloggio o alla capacità di superare una condizione di emergenza abitativa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di adottare iniziative per definire una normativa quadro sull'edilizia residenziale pubblica e sociale, in linea con la normativa europea sul diritto all'abitazione inteso come posizione soggettiva avente un «contenuto essenziale».
9/1896-A/72. (Testo modificato nel corso della seduta)Lomuti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame introduce misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    in particolare, dalla relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge de quo, si evince che l'urgenza delle disposizioni in esso contenute trovano il proprio fondamento sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo»,

   considerato che:

    gli affitti, come noto, hanno raggiunto oramai costi proibitivi;

    i posti alloggio forniti dagli enti regionali per il diritto allo studio non sono sufficienti a soddisfare il fabbisogno abitativo per studenti e studentesse e il «caro affitti» comporta conseguenze non trascurabili sulla qualità della vita dei medesimi;

    inoltre la richiesta di alloggi notevolmente superiore alla disponibilità nella maggior parte delle città italiane, sta, da tempo, peggiorando lo squilibrio tra domanda e offerta al punto che l'accesso ad alloggi a prezzi accessibili è un problema sempre più urgente per gli studenti «fuori sede», legato all'aumento dei canoni di locazione e a una crisi abitativa senza precedenti, soprattutto nelle aree a forte vocazione universitaria e turistica;

    per dare un aiuto concreto agli studenti in difficoltà, il Movimento 5 Stelle aveva finanziato con legge di bilancio 2021, il Fondo annuale destinato alla copertura delle spese di locazione sostenute dagli studenti fuorisede, di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, con un contributo iniziale di 15 milioni; tale Fondo è stato rifinanziato nella legge di bilancio 2023 con appena 4 milioni di euro;

    recentemente durante l'esame, alla Camera, del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, il medesimo fondo è stato incrementato di 10,3 milioni di euro soltanto per l'anno 2024; appare subito evidente che tali cifre sono totalmente insufficienti a sostenere in maniera stabile il diritto allo studio, mentre sarebbe stato auspicabile un incremento più sostanzioso e soprattutto strutturale, come propone il Gruppo M5S,

impegna il Governo

ad adottare iniziative di competenza che vadano nella direzione di un blocco dei rincari degli affitti, di investimenti negli alloggi, dell'incremento dei fondi a sostegno degli studenti fuori sede.
9/1896-A/73. Caso.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure di semplificazione in materia edilizia e urbanistica, volte a sanare talune difformità regolate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 6 giugno 2001, n. 380;

    in particolare, l'articolo 1 prevede modifiche puntuali al citato testo unico dell'edilizia con la finalità, inter alia, di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso, stabilire nuovi parametri in materia di tolleranze costruttive e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità;

   considerato che:

    «chiarezza» e «trasparenza» sono le parole chiave che dovrebbero guidare l'azione del legislatore, mentre, il provvedimento in esame introduce un sostanzioso pacchetto di modifiche al T.U. in materia edilizia che per alcuni versi aumentano il livello di incertezza del quadro normativo complessivo,

    la definizione delle tipologie edilizie ha un valore centrale perché, oltre a condizionare i diversi regimi abilitativi, comporta l'onerosità o meno degli interventi e un diverso regime sanzionatorio degli abusi;

    l'articolo 3 del T.U. dell'Edilizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001) distingue tra tre diverse tipologie di interventi edilizi: gli «interventi di ristrutturazione edilizia», gli «interventi di nuova costruzione» e gli «interventi di ristrutturazione urbanistica». Sembrerebbe chiaro comprendere il confine tra «nuove costruzioni» e «ristrutturazioni», ma se si continua a leggere le definizioni si scoprono delle zone d'ombra che non aiutano né le istituzioni, né gli addetti ai lavori, né i cittadini: «nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali», la ristrutturazione può eccezionalmente prevedere anche incrementi di volumetria se si tratta di trasformazioni edilizie di rigenerazione urbana. È chiaro, allora, che al di là delle incerte definizioni predisposte dal legislatore è necessario fare una verifica caso per caso per accertare se l'intervento debba essere subordinato a permesso di costruire, in quanto «nuova costruzione», o viceversa a SCIA, in quanto semplice «ristrutturazione». In quest'ottica, molto dipenderà dalle capacità tecniche presenti nei Comuni e dalla sana visione politica dei suoi Amministratori;

    è fondamentale tenere in considerazione le ricadute economiche a beneficio degli enti locali: c'è una differenza sostanziale nella «monetizzazione» degli oneri di una ristrutturazione rispetto ad una nuova costruzione e le «mancate» o «minori» entrate si traducono, di fatto, in servizi più carenti per i cittadini, se non addirittura in servizi assenti o scadenti;

    l'importanza di adeguare il patrimonio immobiliare alle esigenze economiche e sociali in evoluzione non può avvenire a discapito dei servizi. È indubbio che una regolamentazione più flessibile possa incentivare la riqualificazione urbana e la valorizzazione degli immobili, contribuendo anche alla riduzione del degrado urbano, ma questo deve avvenire perseguendo l'obiettivo cardine di rendere le città a misura d'uomo, in grado di coniugare l'«abitare» con il «vivere»,

impegna il Governo,

a predisporre, nel rispetto delle competenze regionali in materia di Governo del territorio, una riforma coerente del T.U. dell'Edilizia che contempli definizioni e procedure chiare, tali da semplificare e garantire la massima trasparenza dell'attività dei professionisti tecnici e degli uffici comunali che operano negli ambiti di cui in premessa.
9/1896-A/74. Traversi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure di semplificazione in materia edilizia e urbanistica, volte a sanare talune difformità regolate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 6 giugno 2001, n. 380;

    in particolare, l'articolo 1 prevede modifiche puntuali al citato testo unico dell'edilizia con la finalità, inter alia, di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso, stabilire nuovi parametri in materia di tolleranze costruttive e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità,

   considerato che:

    nel corso dell'esame in sede referente sono state presentate numerose proposte emendative, ritirate prima della conclusione delle votazioni, volte a introdurre una procedura di sanatoria speciale e straordinaria idonea a consentire la regolarizzazione di interventi edilizi che interessano alcuni quartieri della città di Milano, oggetto di recenti indagini della Procura;

    secondo la Procura si tratterebbe di interventi di demolizione e ricostruzione eseguiti tramite una semplice segnalazione certificata di inizio attività che hanno comportato «plurime violazioni alla normativa urbanistica», una quantificazione sottostimata degli oneri di urbanizzazione e un illecito aumento delle cubature e delle superfici realizzabili senza la predisposizione, oltremodo, di una pianificazione urbanistica attuativa che prevedesse la realizzazione di opere aggiuntive per compensare gli standard dei residenti già insediati in zona;

    le citate proposte emendative intervengono sulla predetta casistica prevedendo che, in assenza di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata, gli interventi edilizi per i quali non sia già stata disposta la demolizione o riduzione in pristino con provvedimento definitivo si presumono conformi alla disciplina urbanistica, in tal modo fornendo una lettura opposta dell'articolo 41-quinquies, comma 6, della legge urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150, non coincidente con l'interpretazione ad oggi prevalente che conferma il divieto di realizzare interventi eccedenti i limiti quantitativi previsti dalla citata disposizione in assenza di un piano attuativo esteso all'intera zona, anche nelle ipotesi di ricostruzione di fabbricati da eseguire in zone già urbanizzate (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 giugno 1971, n. 511; id., 16 dicembre 1973, n. 881; id., 22 aprile 1977, n. 369),

impegna il Governo,

ad astenersi da iniziative normative che, nelle more di un complessivo riordino della materia, intervengono nella disciplina dell'edilizia e dell'urbanistica mediante disposizioni che hanno l'effetto di incidere su specifiche situazioni per le quali sono in corso indagini da parte delle Procura.
9/1896-A/75. Cafiero De Raho, Santillo, Barzotti, D'Orso, Grimaldi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    dalla relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge de quo emerge come l'urgenza delle disposizioni in esso contenute trovino il proprio fondamento sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo»;

    il provvedimento in esame è, inter alia, volto a superare le incertezze applicative che rendono problematica l'attività degli enti locali, di cittadini ed imprese, con particolare riferimento al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente al fine di contenere il consumo di suolo e favorire processi di rigenerazione urbana e riuso del suolo edificato;

    l'articolo 1, del provvedimento in esame prevede modifiche puntuali al citato testo unico dell'edilizia con la finalità, fra l'altro, di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso, stabilire nuovi parametri in materia di tolleranze costruttive e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità;

    al di là delle incerte definizioni predisposte dal legislatore è necessario fare una verifica caso per caso per accertare se l'intervento debba essere subordinato a permesso di costruire, in quanto «nuova costruzione», o viceversa a SCIA, in quanto semplice «ristrutturazione». In quest'ottica, molto dipenderà dalle capacità tecniche presenti nei Comuni e dalla sana visione politica dei suoi amministratori;

    è fondamentale tenere in considerazione le ricadute economiche a beneficio degli enti locali: c'è una differenza sostanziale nella «monetizzazione» degli oneri di una ristrutturazione rispetto ad una nuova costrizione e le «mancate» o «minori» entrate si traducono, di fatto, in servizi più carenti per i cittadini, se non addirittura in servizi assenti o scadenti;

    l'importanza di adeguare il patrimonio immobiliare alle esigenze economiche e sociali in evoluzione non può avvenire a discapito dei servizi. È indubbio che una regolamentazione più flessibile può incentivare la riqualificazione urbana e la valorizzazione degli immobili, contribuendo anche alla riduzione del degrado urbano, ma questo deve avvenire perseguendo l'obiettivo cardine di rendere le città a misura d'uomo, in grado di coniugare l'«abitare» con il «vivere»;

    come rilevato dal comunicato stampa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il decreto in esame semplifica le procedure vigenti introducendo, inter alia, il silenzio-assenso per la sanatoria delle piccole difformità. Un principio particolarmente rilevante che va nella direzione della massima semplificazione e che mira anche a decongestionare gli uffici tecnici comunali, attualmente sovraccarichi di pratiche edilizie;

    come noto l'ufficio tecnico comunale è quella struttura atta allo svolgimento di alcuni servizi di pianificazione edilizia nel novero dei quali rientrano anche tutte le attività di vigilanza urbanistico-edilizia e di controllo nel territorio comunale;

    a fronte dell'introduzione ad opera del presente decreto-legge del citato silenzio-assenso per la sanatoria delle piccole difformità e delle tolleranze costruttive nonché di svariate semplificazioni procedimentali, risulta cruciale non solo intensificare le attività di vigilanza per l'accertamento della regolarità delle opere di natura edile soprattutto al fine di verificare la consistenza e la natura dei lavori svolti e a valutarne la conformità agli atti autorizzativi rilasciati dai competenti organi amministrativi (concessioni edilizie, autorizzazioni e altro) ma occorre altresì potenziare le risorse umane per garantire effettività ed efficienza ai controlli sulle eventuali anomalie riguardanti l'utilizzazione del suolo e dell'edificato,

impegna il Governo

al fine di assicurare una ordinata, celere e corretta gestione delle pratiche edilizie, ad adottare, con urgenza, ogni misura idonea volta a potenziare le risorse umane degli uffici tecnici comunali preposti agli adempimenti di gestione, vigilanza e controllo, anche consentendo l'assunzione in deroga di personale tecnico e amministrativo, eventualmente a tempo determinato, con vincolo di scopo anche nei casi di Comuni in situazioni di dissesto e predissesto ovvero facendo valere e scorrere la graduatoria del cosiddetto «concorsone CUFA».
9/1896-A/76. Carmina, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;

    dalla relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge de quo emerge come l'urgenza delle disposizioni in esso contenute trovino il proprio fondamento sulla impellente necessità di «fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo»;

    il provvedimento in esame è, inter alia, volto a superare le incertezze applicative che rendono problematica l'attività degli enti locali, di cittadini ed imprese, con particolare riferimento al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente al fine di contenere il consumo di suolo e favorire processi di rigenerazione urbana e riuso del suolo edificato;

    l'articolo 1, del provvedimento in esame prevede modifiche puntuali al citato testo unico dell'edilizia con la finalità, fra l'altro, di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso, stabilire nuovi parametri in materia di tolleranze costruttive e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità;

    l'importanza di adeguare il patrimonio immobiliare alle esigenze economiche e sociali in evoluzione non può avvenire a discapito dei servizi. È indubbio che una regolamentazione più flessibile può incentivare la riqualificazione urbana e la valorizzazione degli immobili, contribuendo anche alla riduzione del degrado urbano, ma questo deve avvenire perseguendo l'obiettivo cardine di rendere le città a misura d'uomo, in grado di coniugare l'«abitare» con il «vivere»;

    come rilevato dal comunicato stampa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il decreto in esame semplifica le procedure vigenti introducendo, inter alia, il silenzio-assenso per la sanatoria delle piccole difformità. Un principio particolarmente rilevante che va nella direzione della massima semplificazione e che mira anche a decongestionare gli uffici tecnici comunali, attualmente sovraccarichi di pratiche edilizie;

    come noto l'ufficio tecnico comunale è quella struttura atta allo svolgimento di alcuni servizi di pianificazione edilizia nel novero dei quali rientrano anche tutte le attività di vigilanza urbanistico-edilizia e di controllo nel territorio comunale;

    a fronte dell'introduzione ad opera del presente decreto-legge del citato silenzio-assenso per la sanatoria delle piccole difformità e delle tolleranze costruttive nonché di svariate semplificazioni procedimentali, risulta cruciale non solo intensificare le attività di vigilanza per l'accertamento della regolarità delle opere di natura edile soprattutto al fine di verificare la consistenza e la natura dei lavori svolti e a valutarne la conformità agli atti autorizzativi rilasciati dai competenti organi amministrativi (concessioni edilizie, autorizzazioni e altro) ma occorre altresì potenziare le risorse umane per garantire effettività ed efficienza ai controlli sulle eventuali anomalie riguardanti l'utilizzazione del suolo e dell'edificato,

impegna il Governo

al fine di assicurare una ordinata, celere e corretta gestione delle pratiche edilizie, ad adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, con urgenza, ogni misura idonea volta a potenziare le risorse umane negli uffici tecnici comunali preposti agli adempimenti di gestione, vigilanza e controllo.
9/1896-A/76. (Testo modificato nel corso della seduta)Carmina, Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), apporta modifiche all'articolo 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, mediante l'inserimento di quattro nuovi commi finalizzati ad agevolare il mutamento di destinazione d'uso;

    in particolare, il nuovo comma 1-bis consente il cambio di destinazione d'uso della singola unità immobiliare senza opere all'interno della stessa categoria funzionale, nel rispetto delle normative di settore;

    il nuovo comma 1-ter liberalizza il mutamento di destinazione d'uso senza opere tra le categorie funzionali di cui al comma 1, lettera a), a-bis), b) e c) di una singola unità immobiliare ubicata presso immobili ricompresi in determinate zone urbanistiche;

    tale mutamento di destinazione d'uso, ai sensi del comma 1-quater, è sempre consentito per le singole unità immobiliari qualora lo stesso sia finalizzato alla forma di utilizzo dell'unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell'immobile;

    le predette disposizioni, tuttavia, fanno salva la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare – ai fini del cambio di destinazione d'uso – specifiche condizioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di presentare, nel primo provvedimento utile, norme di interpretazione per rendere certo il fatto che la legge statale prevalga su eventuali diverse e più restrittive previsioni normative contenute negli strumenti urbanistici comunali, in caso di mutamenti di destinazione d'uso di un immobile, posti all'interno di una stessa categoria funzionale, come previsto dal provvedimento in oggetto.
9/1896-A/77. Schiano di Visconti, Giovine.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 1, lettera c), apporta modifiche all'articolo 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, mediante l'inserimento di quattro nuovi commi finalizzati ad agevolare il mutamento di destinazione d'uso;

    in particolare, il nuovo comma 1-bis consente il cambio di destinazione d'uso della singola unità immobiliare senza opere all'interno della stessa categoria funzionale, nel rispetto delle normative di settore;

    il nuovo comma 1-ter liberalizza il mutamento di destinazione d'uso senza opere tra le categorie funzionali di cui al comma 1, lettera a), a-bis), b) e c) di una singola unità immobiliare ubicata presso immobili ricompresi in determinate zone urbanistiche;

    tale mutamento di destinazione d'uso, ai sensi del comma 1-quater, è sempre consentito per le singole unità immobiliari qualora lo stesso sia finalizzato alla forma di utilizzo dell'unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell'immobile;

    le predette disposizioni, tuttavia, fanno salva la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare – ai fini del cambio di destinazione d'uso – specifiche condizioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di presentare, nel primo provvedimento utile, norme di interpretazione per rendere certo il fatto che la legge statale prevalga su eventuali diverse e più restrittive previsioni normative contenute negli strumenti urbanistici comunali, in caso di mutamenti di destinazione d'uso di un immobile, posti all'interno di una stessa categoria funzionale, come previsto dal provvedimento in oggetto.
9/1896-A/77. (Testo modificato nel corso della seduta)Schiano di Visconti, Giovine.


   La Camera,

   premesso che:

    i Campi Flegrei, sono l'area compresa tra i comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e Napoli, e sono una delle più significative aree vulcaniche attive del mondo con costanti fenomeni di bradisismo che interessano una popolazione di oltre 500.000 abitanti;

    Il 5 ottobre 2023, il Consiglio dei Ministri ha approvato il primo decreto-legge Campi Flegrei (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 ottobre con la numerazione di decreto-legge 12 ottobre 2023, n. 140) che nel suo articolato prevede un'attività volta alla verifica della funzionalità delle infrastrutture di trasporto nonché l'elaborazione di un piano speditivo di emergenza dedicato al bradisismo;

    alla regione Campania, in raccordo con i comuni interessati, è stato assegnato dal citato decreto-legge il coordinamento delle attività di verifica e individuazione delle criticità da superare per assicurare la funzionalità delle infrastrutture di trasporto e degli altri servizi essenziali;

    con propria delibera (n. 7 del 10 gennaio 2024) la Giunta Regionale della Campania ha approvato le «Misure urgenti per la verifica della funzionalità delle infrastrutture di trasporto e degli altri servizi essenziali»;

    nella relazione allegata alla delibera, da pagina 30 e relativamente al porto di Pozzuoli, si legge che per «quanto concerne il sollevamento delle banchine, in seguito alle segnalazioni pervenute da parte dell'Ufficio circondariale marittimo di Pozzuoli, la DG Mobilità della regione Campania ha condotto – previa audizione delle compagnie di navigazione operanti in porto – una specifica campagna di indagini sulle banchine destinate al trasporto pubblico locale. È emerso che gli interventi possibili per l'abbassamento del piano di calpestio delle banchine destinate al trasporto pubblico locale, sono dell'ordine dei 15/20 centimetri. Detti interventi, oltre ad avere costi non trascurabili e riverberi significativi sull'operatività delle banchine e dunque sul transito marittimo, con interruzione parziale del servizio TPL, potrebbero risultare repentinamente vanificati dall'attuale andamento dei fenomeni di sollevamento della terraferma indotto dai fenomeni bradisismici in atto.»;

    l'articolo 11, comma 18, della legge 22 dicembre 1984, n. 887, ha affidato al Presidente della Giunta regionale della Campania, nella qualità di Commissario Straordinario, la realizzazione di un Programma finalizzato all'adeguamento del sistema di trasporto intermodale nelle zone interessate dal fenomeno bradisismico;

    tra gli interventi complementari del programma diversi insistono sul porto di Pozzuoli a testimonianza della centralità dell'opera per le vie di esodo;

    la recrudescenza degli episodi di bradisismo degli ultimi mesi ha provocato non solo ingenti danni alle infrastrutture ma ha ingenerato preoccupazioni sulle vie di esodo dei territori interessati;

    la regione Campania con la Delibera di Giunta n. 301 del 12 giugno 2024 ha previsto un «Intervento urgente di livellamento dei fondali del porto di Pozzuoli connesso alla evoluzione del fenomeno bradisismico in corso nei Campi Flegrei»;

    con l'atto si prevede «di programmare, nelle more della definizione dell'istruttoria attivata dal Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sulla ricognizione di cui all'articolo 5 del decreto-legge 12 ottobre 2023, n. 140, convertito con modificazioni in legge 7 dicembre 2023, n. 183, le risorse necessarie per l'esecuzione dei lavori urgenti di livellamento dei fondali per il porto di Pozzuoli, pari ad euro 1.015.000,00, allo scopo di fronteggiare nel breve termine l'emergenza bradisismica garantendo la sicurezza della navigazione nel bacino del porto di Pozzuoli»,

impegna il Governo

ad accelerare l'istruttoria del Dipartimento della Protezione Civile sulla ricognizione di cui all'articolo 5 del decreto-legge 12 ottobre 2023, n. 140 nonché di destinare ulteriori fondi per l'ammodernamento e l'adeguamento del porto del Comune di Pozzuoli risultando l'infrastruttura di vitale importanza per i piani di trasporto intermodale e di esodo della zona affetta da fenomeni di bradisismo, anche in funzione di una complessiva riqualificazione e valorizzazione degli immobili.
9/1896-A/78. De Monte, Gadda, Caso, De Luca, Simiani, Borrelli.


   La Camera,

   premesso che:

    i Campi Flegrei, sono l'area compresa tra i comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e Napoli, e sono una delle più significative aree vulcaniche attive del mondo con costanti fenomeni di bradisismo che interessano una popolazione di oltre 500.000 abitanti;

    Il 5 ottobre 2023, il Consiglio dei Ministri ha approvato il primo decreto-legge Campi Flegrei (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 ottobre con la numerazione di decreto-legge 12 ottobre 2023, n. 140) che nel suo articolato prevede un'attività volta alla verifica della funzionalità delle infrastrutture di trasporto nonché l'elaborazione di un piano speditivo di emergenza dedicato al bradisismo;

    alla regione Campania, in raccordo con i comuni interessati, è stato assegnato dal citato decreto-legge il coordinamento delle attività di verifica e individuazione delle criticità da superare per assicurare la funzionalità delle infrastrutture di trasporto e degli altri servizi essenziali;

    con propria delibera (n. 7 del 10 gennaio 2024) la Giunta Regionale della Campania ha approvato le «Misure urgenti per la verifica della funzionalità delle infrastrutture di trasporto e degli altri servizi essenziali»;

    nella relazione allegata alla delibera, da pagina 30 e relativamente al porto di Pozzuoli, si legge che per «quanto concerne il sollevamento delle banchine, in seguito alle segnalazioni pervenute da parte dell'Ufficio circondariale marittimo di Pozzuoli, la DG Mobilità della regione Campania ha condotto – previa audizione delle compagnie di navigazione operanti in porto – una specifica campagna di indagini sulle banchine destinate al trasporto pubblico locale. È emerso che gli interventi possibili per l'abbassamento del piano di calpestio delle banchine destinate al trasporto pubblico locale, sono dell'ordine dei 15/20 centimetri. Detti interventi, oltre ad avere costi non trascurabili e riverberi significativi sull'operatività delle banchine e dunque sul transito marittimo, con interruzione parziale del servizio TPL, potrebbero risultare repentinamente vanificati dall'attuale andamento dei fenomeni di sollevamento della terraferma indotto dai fenomeni bradisismici in atto.»;

    l'articolo 11, comma 18, della legge 22 dicembre 1984, n. 887, ha affidato al Presidente della Giunta regionale della Campania, nella qualità di Commissario Straordinario, la realizzazione di un Programma finalizzato all'adeguamento del sistema di trasporto intermodale nelle zone interessate dal fenomeno bradisismico;

    tra gli interventi complementari del programma diversi insistono sul porto di Pozzuoli a testimonianza della centralità dell'opera per le vie di esodo;

    la recrudescenza degli episodi di bradisismo degli ultimi mesi ha provocato non solo ingenti danni alle infrastrutture ma ha ingenerato preoccupazioni sulle vie di esodo dei territori interessati;

    la regione Campania con la Delibera di Giunta n. 301 del 12 giugno 2024 ha previsto un «Intervento urgente di livellamento dei fondali del porto di Pozzuoli connesso alla evoluzione del fenomeno bradisismico in corso nei Campi Flegrei»;

    con l'atto si prevede «di programmare, nelle more della definizione dell'istruttoria attivata dal Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sulla ricognizione di cui all'articolo 5 del decreto-legge 12 ottobre 2023, n. 140, convertito con modificazioni in legge 7 dicembre 2023, n. 183, le risorse necessarie per l'esecuzione dei lavori urgenti di livellamento dei fondali per il porto di Pozzuoli, pari ad euro 1.015.000,00, allo scopo di fronteggiare nel breve termine l'emergenza bradisismica garantendo la sicurezza della navigazione nel bacino del porto di Pozzuoli»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di destinare ulteriori fondi per l'ammodernamento e l'adeguamento del porto del Comune di Pozzuoli risultando l'infrastruttura di vitale importanza per i piani di trasporto intermodale e di esodo della zona affetta da fenomeni di bradisismo, anche in funzione di una complessiva riqualificazione e valorizzazione degli immobili.
9/1896-A/78. (Testo modificato nel corso della seduta)De Monte, Gadda, Caso, De Luca, Simiani, Borrelli.


   La Camera,

   premesso che:

    i Campi Flegrei, sono l'area compresa tra i comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e Napoli, e sono una delle più significative aree vulcaniche attive del mondo con costanti fenomeni di bradisismo che interessano una popolazione di oltre 500.000 abitanti;

    la recrudescenza degli episodi di bradisismo negli ultimi mesi ha provocato ingenti danni agli immobili ad uso residenziale di proprietà pubblica;

    il 5 ottobre 2023, il Consiglio dei Ministri ha approvato il primo decreto-legge Campi Flegrei (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 ottobre con la numerazione di decreto-legge 12 ottobre 2023, n. 140) che nel suo articolato dispone all'articolo 2, comma 1, che il Dipartimento della protezione civile coordini il concorso della regione Campania, della Città metropolitana di Napoli, dei comuni interessati e dei diversi centri di competenza, nella predisposizione ed attuazione di un Piano straordinario di analisi della vulnerabilità delle zone edificate direttamente interessate dal fenomeno bradisismico nell'area dei Campi Flegrei;

    il medesimo articolo 2, comma 1, dispone che il citato Piano straordinario sia finalizzato, tra le altre cose, a:

     (i) uno studio di microzonazione sismica;

     (ii) un'analisi della vulnerabilità sismica dell'edilizia pubblica;

     (iii) un programma di implementazione del monitoraggio sismico e delle strutture;

    una prima delimitazione speditiva della zona di intervento è stata approvata dalla Commissione Grandi Rischi di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 1 del 2018, nella seduta congiunta dei settori Sismico e Vulcanico del 3 novembre 2023;

    la perimetrazione di tale area di intervento, basata su parametri fisici e scientifici, è stata successivamente ridefinita e regolarizzata, anche in base ai confini amministrativi, da parte dei medesimi Comuni interessati e della Città metropolitana di Napoli, e include parte dei Comuni di Pozzuoli, Bacoli e Napoli (in particolare, con riferimento al Comune di Napoli, il Quartiere di Bagnoli all'interno della municipalità di Fuorigrotta-Bagnoli e porzione delle municipalità di Soccavo/Pianura e di Posillipo);

    nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 2024 è stato pubblicato il decreto-legge 2 luglio 2024, n. 91 che all'articolo 2 prevede la nomina di un commissario straordinario per l'attuazione degli interventi pubblici nell'area dei Campi Flegrei che assicuri la celere realizzazione degli interventi di riqualificazione sismica sugli edifici di proprietà pubblica esistenti nell'area oggetto di delimitazione speditiva;

    il medesimo decreto-legge all'articolo 3 dispone che gli interventi inseriti nei programmi sono dichiarati urgenti, indifferibili e di pubblica utilità e, ove occorra, costituiscono variante agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi di quanto previsto dal presente articolo;

    tali interventi prevedono (i) la riqualificazione sismica concernente gli edifici pubblici destinati ad uso scolastico o universitario, nonché quelli che ospitano minori, detenuti o persone con disabilità e (ii) gli interventi che la regione Campania qualifica con classe d'urgenza «molto elevata» o «elevata»;

    risulta, inoltre, necessario non creare disomogeneità di trattamento tra cittadini residenti in immobili ad uso residenziale di proprietà privata, i cittadini residenti in immobili ad uso residenziale di proprietà pubblica afferenti all'ACER (Agenzia Campana per l'edilizia residenziale) e i cittadini residenti negli oltre 5000 immobili ad uso residenziale di proprietà dei Comuni dei Campi Flegrei ma non ricadenti nella zona oggetto delimitazione speditiva;

    il Dipartimento della protezione civile ha acquisito da parte dei comuni le informazioni ad oggi disponibili sugli edifici di proprietà pubblica censiti all'interno della zona di intervento, in merito agli interventi e alle opere in corso o già attuati, nonché ai finanziamenti a valere sulle risorse pubbliche per tali finalità,

impegna il Governo

a prevedere appositi stanziamenti al fine di sostenere l'analisi della vulnerabilità sismica degli immobili di proprietà pubblica da condurre nel territorio oggetto della delimitazione speditiva richiamata in premessa nonché sugli oltre 5000 alloggi residenziali di proprietà comunale che sono fuori dalla perimetrazione bradisismica, subendone però gli effetti, così da consentire il pronto avvio delle operazioni di ammodernamento antisismico e mettere in sicurezza le comunità interessate.
9/1896-A/79. Gadda, Caso, Carotenuto, De Luca, Simiani, Berruto.


   La Camera,

   premesso che:

    i Campi Flegrei, sono l'area compresa tra i comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e Napoli, e sono una delle più significative aree vulcaniche attive del mondo con costanti fenomeni di bradisismo che interessano una popolazione di oltre 500.000 abitanti;

    la recrudescenza degli episodi di bradisismo negli ultimi mesi ha provocato ingenti danni agli immobili ad uso residenziale di proprietà pubblica;

    il 5 ottobre 2023, il Consiglio dei Ministri ha approvato il primo decreto-legge Campi Flegrei (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 ottobre con la numerazione di decreto-legge 12 ottobre 2023, n. 140) che nel suo articolato dispone all'articolo 2, comma 1, che il Dipartimento della protezione civile coordini il concorso della regione Campania, della Città metropolitana di Napoli, dei comuni interessati e dei diversi centri di competenza, nella predisposizione ed attuazione di un Piano straordinario di analisi della vulnerabilità delle zone edificate direttamente interessate dal fenomeno bradisismico nell'area dei Campi Flegrei;

    il medesimo articolo 2, comma 1, dispone che il citato Piano straordinario sia finalizzato, tra le altre cose, a:

     (i) uno studio di microzonazione sismica;

     (ii) un'analisi della vulnerabilità sismica dell'edilizia pubblica;

     (iii) un programma di implementazione del monitoraggio sismico e delle strutture;

    una prima delimitazione speditiva della zona di intervento è stata approvata dalla Commissione Grandi Rischi di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 1 del 2018, nella seduta congiunta dei settori Sismico e Vulcanico del 3 novembre 2023;

    la perimetrazione di tale area di intervento, basata su parametri fisici e scientifici, è stata successivamente ridefinita e regolarizzata, anche in base ai confini amministrativi, da parte dei medesimi Comuni interessati e della Città metropolitana di Napoli, e include parte dei Comuni di Pozzuoli, Bacoli e Napoli (in particolare, con riferimento al Comune di Napoli, il Quartiere di Bagnoli all'interno della municipalità di Fuorigrotta-Bagnoli e porzione delle municipalità di Soccavo/Pianura e di Posillipo);

    nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 2024 è stato pubblicato il decreto-legge 2 luglio 2024, n. 91 che all'articolo 2 prevede la nomina di un commissario straordinario per l'attuazione degli interventi pubblici nell'area dei Campi Flegrei che assicuri la celere realizzazione degli interventi di riqualificazione sismica sugli edifici di proprietà pubblica esistenti nell'area oggetto di delimitazione speditiva;

    il medesimo decreto-legge all'articolo 3 dispone che gli interventi inseriti nei programmi sono dichiarati urgenti, indifferibili e di pubblica utilità e, ove occorra, costituiscono variante agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi di quanto previsto dal presente articolo;

    tali interventi prevedono (i) la riqualificazione sismica concernente gli edifici pubblici destinati ad uso scolastico o universitario, nonché quelli che ospitano minori, detenuti o persone con disabilità e (ii) gli interventi che la regione Campania qualifica con classe d'urgenza «molto elevata» o «elevata»;

    risulta, inoltre, necessario non creare disomogeneità di trattamento tra cittadini residenti in immobili ad uso residenziale di proprietà privata, i cittadini residenti in immobili ad uso residenziale di proprietà pubblica afferenti all'ACER (Agenzia Campana per l'edilizia residenziale) e i cittadini residenti negli oltre 5000 immobili ad uso residenziale di proprietà dei Comuni dei Campi Flegrei ma non ricadenti nella zona oggetto delimitazione speditiva;

    il Dipartimento della protezione civile ha acquisito da parte dei comuni le informazioni ad oggi disponibili sugli edifici di proprietà pubblica censiti all'interno della zona di intervento, in merito agli interventi e alle opere in corso o già attuati, nonché ai finanziamenti a valere sulle risorse pubbliche per tali finalità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di prevedere appositi stanziamenti al fine di sostenere l'analisi della vulnerabilità sismica sugli oltre 5.000 alloggi residenziali di proprietà comunale che sono fuori dalla perimetrazione bradisismica.
9/1896-A/79. (Testo modificato nel corso della seduta)Gadda, Caso, Carotenuto, De Luca, Simiani, Berruto.


 
 
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