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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 6 agosto 2024

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 6 agosto 2024.

  Albano, Ascani, Bagnai, Baldino, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Caiata, Cappellacci, Carfagna, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cesa, Cirielli, Alessandro Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Deidda, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Letta, Lollobrigida, Lucaselli, Lupi, Magi, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Siracusano, Sportiello, Stefani, Tajani, Trancassini, Traversi, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  Le seguenti proposte di legge sono state successivamente sottoscritte dal deputato Iaia:

   CIOCCHETTI ed altri: «Modifica del comma 255 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e altre disposizioni nonché delega al Governo per il riconoscimento e la tutela della figura del caregiver familiare» (1690);

   CIOCCHETTI ed altri: «Disposizioni in materia di rigenerazione urbana e modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380» (1812).

Modifica del titolo di proposte di legge.

  La proposta di legge n. 1990, d'iniziativa della deputata Matera, ha assunto il seguente titolo: «Modifiche agli articoli 2 della legge 4 luglio 1959, n. 463, e 2 della legge 22 luglio 1966, n. 613, in materia di assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti nei riguardi dei familiari coadiuvanti dell'imprenditore».

Trasmissione dal Ministero dell'università e della ricerca.

  Il Ministero dell'università e della ricerca ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 31 luglio 2024, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell'articolo 33, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro della giustizia.

  Il Ministro della giustizia, con lettera in data 6 agosto 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 79 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, la prima relazione sullo stato dell'esecuzione delle pene pecuniarie, riferita all'anno 2023 (Doc. CCXXXI, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Annunzio di progetti
di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 5 agosto 2024, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Corte dei conti – Relazione annuale all'autorità di discarico sugli audit interni effettuati nel 2023 (COM(2024) 249 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione di documenti connessi
ad atti dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 5 agosto 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, commi 3 e 6, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, relazioni predisposte dalla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, riferite al periodo dal 15 al 31 luglio 2024.

  Questi documenti sono trasmessi alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) e alle Commissioni competenti per materia.

Annunzio di risoluzioni e raccomandazioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

  L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha trasmesso le seguenti raccomandazioni e risoluzioni, approvate dall'Assemblea stessa nel corso della riunione della Commissione permanente, svoltasi a Parigi il 7 marzo 2024, nel corso della seconda parte della Sessione ordinaria 2024, svoltasi a Strasburgo dal 15 al 19 aprile 2024, nel corso della riunione della Commissione permanente, svoltasi a Vilnius il 24 maggio 2024, e nel corso della terza parte della Sessione ordinaria 2024, svoltasi dal 24 al 28 giugno 2024, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni permanenti nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:

   Raccomandazione n. 2270 – Il diritto alla libertà di informazione: assicurare l'accesso ai documenti storici (Doc. XII-bis, n. 113) – alla VII Commissione (Cultura);

   Risoluzione n. 2535 – Il diritto alla libertà di informazione: assicurare l'accesso ai documenti storici (Doc. XII-bis, n. 114) – alla VII Commissione (Cultura);

   Risoluzione n. 2536 – Situazioni di lavoro precario e irregolare di lavoratori stagionali e domestici migranti (Doc. XII-bis, n. 115) – alla XI Commissione (Lavoro);

   Raccomandazione n. 2271 – Sostegno alla ricostruzione dell'Ucraina (Doc. XII-bis, n. 116) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Raccomandazione n. 2272 – Realizzare il diritto umano a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile attraverso il processo di Reykjavik (Doc. XII-bis, n. 117) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   Raccomandazione n. 2273 – Verso strategie del Consiglio d'Europa per mari e oceani sani al fine di contrastare la crisi climatica (Doc. XII-bis, n. 118) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   Raccomandazione n. 2274 – La protezione dei minori dalla violenza online (Doc. XII-bis, n. 119) – alla IX Commissione (Trasporti);

   Risoluzione n. 2537 – Relazione tra maggioranza parlamentare e opposizione in una democrazia (Doc. XII-bis, n. 120) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione n. 2538 – Promuovere il Codice di buona condotta riveduto sui referendum (Doc. XII-bis, n. 121) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione n. 2539 – Sostegno alla ricostruzione dell'Ucraina (Doc. XII-bis, n. 122) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2540 – La morte di Alexei Navalny e la necessità di contrastare il regime totalitario di Vladimir Putin e la sua guerra alla democrazia (Doc. XII-bis, n. 123) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2541 – La detenzione arbitraria di Vladimir Kara-Murza e la persecuzione sistematica dei manifestanti contro la guerra nella Federazione Russa e in Bielorussia (Doc. XII-bis, n. 124) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2542 – Sanzioni contro le persone che figurano nella «lista Kara-Murza» (Doc. XII-bis, n. 125) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione n. 2543 – Libertà di espressione e libertà di riunione delle persone LGBTI in Europa (Doc. XII-bis, n. 126) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione n. 2544 – Il rispetto degli obblighi e degli impegni da parte dell'Albania (Doc. XII-bis, n. 127) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione n. 2545 – Realizzare il diritto umano a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile attraverso il processo di Reykjavik (Doc. XII-bis, n. 128) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   Risoluzione n. 2546 – Verso strategie del Consiglio d'Europa per mari e oceani sani al fine di contrastare la crisi climatica (Doc. XII-bis, n. 129) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   Risoluzione n. 2547 – La protezione dei minori dalla violenza online (Doc. XII-bis, n. 130) – alla IX Commissione (Trasporti);

   Raccomandazione n. 2275 – Porre fine alla detenzione delle persone «socialmente disadattate» (Doc. XII-bis, n. 131) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);

   Raccomandazione n. 2276 – Minori nel mondo del lavoro: eliminare il lavoro minorile nocivo (Doc. XII-bis, n. 132) – alla XI Commissione (Lavoro);

   Raccomandazione n. 2277 – Patrimonio culturale e cambiamento climatico (Doc. XII-bis, n. 133) – alla VII Commissione (Cultura);

   Raccomandazione n. 2278 – Istruzione di qualità per i bambini con bisogni educativi speciali: le sfide della pandemia, della guerra e della digitalizzazione (Doc. XII-bis, n. 134) – alla VII Commissione (Cultura);

   Risoluzione n. 2548 – Minori nel mondo del lavoro: eliminare il lavoro minorile nocivo (Doc. XII-bis, n. 135) – alla XI Commissione (Lavoro);

   Risoluzione n. 2549 – Patrimonio culturale e cambiamento climatico (Doc. XII-bis, n. 136) – alla VII Commissione (Cultura);

   Risoluzione n. 2550 – Istruzione di qualità per i bambini con bisogni educativi speciali: le sfide della pandemia, della guerra e della digitalizzazione (Doc. XII-bis, n. 137) – alla VII Commissione (Cultura);

   Raccomandazione n. 2279 – Aspetti giuridici e violazione dei diritti umani legati all'aggressione della Federazione Russa contro l'Ucraina (Doc. XII-bis, n. 138) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Raccomandazione n. 2280 – Combattere la cancellazione dell'identità culturale in tempo di guerra e di pace (Doc. XII-bis, n. 139) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Raccomandazione n. 2281 – Processi riparativi e di riconciliazione per superare i conflitti passati e costruire un futuro comune di pace – la questione delle misure riparatorie giuste ed eque (Doc. XII-bis, n. 140) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2551 – Modifica di alcune disposizioni del Regolamento dell'Assemblea (Doc. XII-bis, n. 141) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2552 – Rafforzare la democrazia attraverso processi partecipativi e deliberativi (Doc. XII-bis, n. 142) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione n. 2553 – Rafforzamento della prospettiva giovanile nel lavoro dell'Assemblea parlamentare (Doc. XII-bis, n. 143) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2554 – Proteggere le donne che difendono i diritti umani in Europa (Doc. XII-bis, n. 144) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione n. 2555 – Garantire procedure di asilo conformi ai diritti umani (Doc. XII-bis, n. 145) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione n. 2556 – Aspetti giuridici e violazione dei diritti umani legati all'aggressione della Federazione Russa contro l'Ucraina (Doc. XII-bis, n. 146) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2557 – Il ruolo delle sanzioni nel contrasto alla guerra di aggressione della Federazione Russa contro l'Ucraina (Doc. XII-bis, n. 147) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2558 – Combattere la cancellazione dell'identità culturale in tempo di guerra e di pace (gennaio – dicembre 2023) (Doc. XII-bis, n. 148) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2559 – Processi riparativi e di riconciliazione per superare i conflitti passati e costruire un futuro comune di pace – la questione delle misure riparatorie giuste ed eque (Doc. XII-bis, n. 149) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2560 – Il rispetto degli obblighi e degli impegni da parte dell'Armenia (Doc. XII-bis, n. 150) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2561 – Sfide per la democrazia in Georgia (Doc. XII-bis, n. 151) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2562 – Un appello urgente all'Europa e ai suoi partner: immaginare soluzioni politiche immediate e a lungo termine a sostegno dei profughi e degli sfollati ucraini (Doc. XII-bis, n. 152) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

   Risoluzione n. 2558 – Risoluzione 2563 – Appello per la restituzione di Varosia ai suoi legittimi abitanti (Doc. XII-bis, n. 153) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2564 – Post-conflitto: disinnescare le bombe ad orologeria per un ritorno sicuro delle popolazioni sfollate (Doc. XII-bis, n. 154) – alla III Commissione (Affari esteri);

   Risoluzione n. 2565 – Salvaguardare i diritti umani per le generazioni future (Doc. XII-bis, n. 155) – alla I Commissione (Affari costituzionali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1183 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 4 LUGLIO 2024, N. 92, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA PENITENZIARIA, DI GIUSTIZIA CIVILE E PENALE E DI PERSONALE DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2002)

A.C. 2002 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    la situazione delle carceri del nostro Paese ha ormai raggiunto, e superato, ogni livello di guardia;

    le condizioni di vita delle persone detenute è, infatti, intollerabile per un Paese democratico quale è il nostro, laddove la pena deve essere volta al recupero della persona condannata e non alla sua distruzione fisica e morale, non dimenticando che tra i detenuti si trova una larga parte di persone che sono da considerarsi innocenti non essendovi stata una condanna definitiva;

    la lettera aperta dei detenuti del carcere di Brescia, ad esempio, apre uno spaccato di vita di un penitenziario che non si può che definire tragica;

    in generale, i dati parlano chiaro: infatti, al 30 giugno 2024, scrive la Onlus Antigone nel suo ultimo report, presentato ad inizio luglio, erano presenti nelle nostre carceri 61.480 detenuti in 51.234 posti detentivi regolamentari. Le donne erano 2.682, il 4,4 per cento dei presenti, mentre gli stranieri erano 19.213, il 31,3 per cento. Il tasso di affollamento ufficiale medio del 120 per cento. Come sappiamo però la capienza regolamentare, su cui è calcolato il tasso di affollamento ufficiale, non tiene conto dei posti non disponibili, che al 17 giugno 2024 erano in totale 4.123 e di conseguenza il tasso di affollamento reale del nostro sistema penitenziario è ormai del 130,6 per cento. Se si guarda ai posti effettivamente disponibili sono ormai 56 gli istituti in cui il tasso di affollamento è superiore al 150 per cento e ben 8 quelli in cui è superiore al 190 per cento. Si tratta di Milano San Vittore maschile (227,3), Brescia Canton Monbello (207,1), Foggia (199,7), Taranto (194,4), Potenza (192,3), Busto Arsizio (192,1), Como (191,6) e Milano San Vittore femminile (190,7);

    in questa situazione il numero dei suicidi cresce di giorno in giorno. Dall'inizio del 2024 al mese di luglio se ne sono già registrati 58 (nove nel solo mese appena trascorso), mentre le proteste che avvengono ormai quasi quotidianamente. Alla fine del mese di luglio il numero era salito a 62;

    si tratta di numeri che evidenziano con tragica chiarezza la situazione e che richiedono anche un'attenzione particolare per la salute mentale di coloro che sono detenuti;

    le condizioni di vita dei detenuti sono oltre ogni possibile sopportazione, e terribile è anche la situazione degli agenti della polizia penitenziaria, che sono costretti a condividere ogni giorno un inferno di violenza che abbrutisce, stante anche la mancanza di personale;

    non risultano disponibili dati ufficiali e pubblici riguardo al numero di suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria, ma il fenomeno esiste ed è grave. A quel che risulta, sono sei gli agenti di polizia penitenziaria che si sono uccisi dall'inizio del 2024;

    gli esperti ritengono che l'alto tasso di suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria (i sindacati di polizia osservano che l'incidenza di suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria è assai più alta che nel resto della popolazione), sia fortemente influenzato dalle pessime condizioni degli istituti carcerari italiani;

    inoltre, gli agenti sono costretti anche a turni di 24 ore ininterrotte, a causa anche dell'inadeguatezza dell'organico; sempre secondo il citato Rapporto Antigone, infatti, nelle carceri sono presenti 31.068 agenti, il 16 per cento in meno di quanti dovrebbero essere. In media ci sono 1,96 detenuti per ogni agente, a fronte degli 1,5 che sarebbero previsti. La situazione è particolarmente problematica in Lombardia, dove ci sono 2,5 detenuti per agente, e nel Lazio, con un rapporto di 2,2;

    dunque detenuti ed agenti della polizia penitenziaria si trovano a vivere una condizione psicologica pesantissima, e che richiede interventi specifici;

    infatti, la salute mentale in carcere rappresenta un'area particolarmente critica nell'ambito della tutela della salute generale delle persone condannate al carcere;

    essa è, in particolare, per quel che riguarda i detenuti insidiata dalla sofferenza legata allo stato di costrizione e di dipendenza totale del detenuto per qualsiasi necessità della vita quotidiana. Dall'incompatibilità fra il carcere e la salute mentale discende l'indicazione che la presa in carico delle persone con disturbo psichiatrico debba avvenire di regola al di fuori del carcere, nel territorio;

    la cura psichiatrica in carcere dovrebbe essere limitata alle persone con disturbi minori, oppure al ristretto numero di coloro per cui non sia possibile applicare un'alternativa alla carcerazione a fine terapeutico. Va inoltre ricordato che la salvaguardia della salute mentale non coincide con l'assistenza psichiatrica, per quanto importante essa sia: l'invito è a predisporre un ambiente sufficientemente adeguato a mantenere l'equilibrio psichico delle persone detenute e a non aggravare lo stato di chi già soffre di disturbi, assicurando in primo luogo condizioni dignitose di detenzione e il rispetto dei diritti umani fondamentali;

    sul punto, il provvedimento in esame non appare efficace e necessità di ulteriori interventi correttivi,

impegna il Governo:

   ad agire, per quanto di sua competenza, per affrontare in tempi rapidi il gravissimo problema della salute mentale delle persone detenute, intervenendo per ridurre il sovraffollamento carcerario e per favorire il reinserimento dei detenuti nella società;

   ad intervenire per rafforzare, in maniera efficace ed efficiente e non con provvedimenti di facciata, il personale presente nelle carceri, integrandone anche il trattamento economico e supportando, per quanto di competenza, tutte le iniziative volte a migliorarne le condizioni di vita e di lavoro.
9/2002/1. Girelli.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso della firmataria del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però, ad avviso della firmataria del presente atto, migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    le proposte emendative sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    ad avviso della presentatrice, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito dell'iniziativa nazionale del Partito Democratico sull'emergenza carceri «Bisogna aver visto», che prevede sopralluoghi negli istituti penitenziari di tutte le regioni la firmataria del presente atto ha effettuato una visita ispettiva, insieme ai Consiglieri regionali De Bertolini e Repetto, alla Casa circondariale di Bolzano; si tratta di una struttura che si trova in città, risalente a fine 1800 e che non si può che definire fatiscente, e che attualmente soffre di una evidente situazione di sovraffollamento, con 125 detenuti presenti a fronte di una capienza regolamentare di 88;

    inoltre il sottodimensionamento del personale, in particolare quello educativo e la scarsità di progetti esterni rendono la vita in questo carcere ancor più difficile: la grave carenza di organico della polizia penitenziaria costringe il personale a lavorare in una situazione costantemente insostenibile e rischiosa. Si ritrovano infatti ad operare sotto enorme pressione in 59 unità di personale mentre dovrebbero essere 79;

    tale complessivo stato di cose genera una costante condizione di potenziale rischio, che rende al contempo ancora più apprezzabile lo sforzo professionale del personale di ogni ruolo, che riesce a mantenere un clima relazionale attivo e a fare di quel luogo uno dei pochi a non registrare episodi di suicidio;

    inoltre si è appreso dalla stampa che, dopo anni di annunci e trattative tra provincia di Bolzano e Ministero della giustizia per la costruzione di un nuovo istituto a Bolzano, il progetto, molto avanzato in partnership pubblico-privato, sia stato dismesso dal Ministero, che ha invece deciso di realizzare un nuovo carcere vicino a Pordenone;

    anche nella Casa circondariale di Trento la situazione è allarmante: ci sono circa 360 persone su una capienza originaria di 240, con criticità legate al sovraccarico rispetto al Tribunale di sorveglianza competente, e riguardo alla carenza di organico, con particolare riferimento all'area educativa ma non solo,

impegna il Governo

a predisporre ulteriori misure immediate al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, per sollevare queste due strutture dal sovraffollamento, nonché a destinare alla Casa circondariale di Bolzano e alla Casa circondariale di Trento adeguate risorse finanziarie, organizzative e di personale necessarie a colmare le gravi carenze di organico e restituire così dignità sia al personale sia alle persone detenute, supportando meglio anche l'area educativa, nonché a stanziare certe ed adeguate risorse finanziarie per la costruzione del nuovo istituto di Bolzano, considerato che l'attuale struttura è del tutto invivibile sia per gli operatori che per le persone detenute.
9/2002/2. Ferrari.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso della presentatrice, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    le proposte emendative sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    ad avviso della presentatrice, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito della campagna lanciata dal PD nazionale dedicata specificatamente alle carceri italiane «Bisogna aver visto», si stanno svolgendo visite, cercando di raggiungerne quanti più possibile, gli istituti di pena per adulti e per minorenni del Paese;

    in seguito ad una visita effettuata il 22 aprile 2024 presso la Casa circondariale «Il Bassone» di Como, abbiamo ancora una volta potuto verificare gli effetti sulla popolazione detenuta e sui lavoratori delle gravi condizioni di sovraffollamento, di carenza di personale della polizia penitenziaria, della pressante necessità di rafforzare l'assistenza sanitaria, psicologica e sociale per i detenuti;

    si parla di circa 420 detenuti su una capienza di 226 posti, con un'età media molto bassa, con una sezione femminile per 45 detenute e alcune detenute transgender, una condizione difficile da gestire per la stessa amministrazione penitenziaria, per il personale costretto spesso a turni massacranti, oltre che per le stesse persone costrette a condividere celle molto piccole in 2 o 3 persone,

impegna il Governo

ad assumere ulteriori iniziative al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, garantendo a tutti gli istituti penitenziari un adeguato approvvigionamento idrico, disponibile e proporzionato alle presenze e agli spazi di ogni istituto, intervenendo anche con procedure straordinarie per immissioni di personale che permettano di intervenire in base alle le condizioni di salute, allo stato di gravidanza, all'età, alla presenza di patologie psichiatriche, a ad altre forme di fragilità, anche provvedendo a forme e strumenti volti ad una climatizzazione degli ambienti accettabile per delle minime condizioni di lavoro del personale e detentive, ricorrendo a forme di maggiore incentivazione per il personale in virtù delle eccezionali condizioni di lavoro, nonché ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, nonché a destinare alla Casa circondariale «Il Bassone» di Como adeguate risorse finanziarie, organizzative e di personale che permettano di intervenire immediatamente su una situazione di crisi che non garantisce adeguate condizioni dignitose né ai detenuti né al personale.
9/2002/3. Braga.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del presentatore, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 48.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però, ad avviso del firmatario del presente atto, migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema – alcune, quelle sulla polizia penitenziaria e quelle sul Commissario straordinario per citarne alcune – entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il Gruppo PD sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    le proposte emendative sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    ad avviso del firmatario, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito dell'iniziativa nazionale del Partito Democratico sull'emergenza carceri «Bisogna aver visto», che prevede sopralluoghi negli istituti penitenziari di tutte le regioni abbiamo fatto visita alla Casa Circondariale di Napoli – Poggioreale: 2060 detenuti ad allora, 22 aprile 2024, quando la casa circondariale ne può ospitare al massimo 1500; due i padiglioni chiusi per ristrutturazione e, dunque, le condizioni di promiscuità sono ancora più evidenti e drammatiche;

    una sovraffollamento vergognoso che si salda con la presenza di tantissime persone detenute per ragioni psichiatriche. Sono 200 con problemi di salute mentale, di cui 80 psicotici, alcuni dei quali dovrebbero essere già fuori da tempo perché destinati a centri di riabilitazione,

impegna il Governo

a predisporre ulteriori misure immediate al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, garantendo a tutti gli istituti penitenziari un adeguato approvvigionamento idrico, disponibile e proporzionato alle presenze e agli spazi di ogni istituto, intervenendo anche con procedure straordinarie per immissioni di personale che permettano di intervenire in base alle le condizioni di salute, allo stato di gravidanza, all'età, alla presenza di patologie psichiatriche, a ad altre forme di fragilità, anche provvedendo a forme e strumenti volti ad una climatizzazione degli ambienti accettabile per delle minime condizioni di lavoro del personale e detentive, ricorrendo a forme di maggiore incentivazione per il personale in virtù delle eccezionali condizioni di lavoro, nonché ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, nonché, al fine di sanare per la grave situazione in cui versa la visita alla Casa Circondariale di Napoli – Poggioreale, al fine di colmare le gravissime carenze di organico a destinare adeguate risorse finanziarie, organizzative e di personale necessarie ad affrontare il sovraffollamento e a restituire così dignità sia alle persone detenute sia al personale.
9/2002/4. Scotto.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del firmatario del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però, ad avviso del firmatario migliorarne significativamente l'efficacia;

    nell'ambito della campagna lanciata dal PD nazionale dedicata specificatamente alle carceri italiane «Bisogna aver visto», si stanno svolgendo visite, cercando di raggiungerne quanti più possibile, degli istituti di pena per adulti e per minorenni del Paese, è stata effettuata una visita ispettiva presso l'Istituto penale per minorenni di Bologna «Pietro Siciliani» di Bologna;

    si tratta di un IPM che, dopo aver fronteggiato la fase più acuta dell'emergenza sanitaria da COVID-19 tra febbraio e settembre 2020, si presentava fino a fine 2021 con un clima collaborativo e funzionale tra utenti minori e giovani adulti, agenti di polizia penitenziaria, funzionari dell'area educativa, Comando e Direzione, nonché con una vasta offerta scolastico-formativa e di attività educative e laboratori, promozione delle relazioni interpersonali e dell'uso degli spazi comuni, valorizzazione della finalità educativa della pena tramite progetti individualizzati e supporto sociale e psicologico;

    adesso però, come riporta anche il personale, l'operatività dell'IPM di Bologna continua ad essere gravemente condizionata da una condizione di sovraffollamento e da gravi carenze che si ripercuotono sulle attività educative dei minori, costantemente a rischio di sospensione e con inevitabili conseguenze sia sul piano della progressione trattamentale che della gestione complessiva dell'Istituto e finanche sulle possibili problematiche di ordine e sicurezza che potrebbero determinarsi in esito ad una condizione di prolungata inattività dei giovani detenuti;

    le criticità evidenziate ad oggi producono altresì effetti negativi anche sul personale dell'Area Sicurezza;

    le condizioni di sicurezza sono costantemente a rischio di compromissione anche nella gestione delle sempre più numerose attività di traduzione e piantonamento nonché di vigilanza presso il CPA – centro di prima accoglienza – ove si registrano ingressi continui e numerosi, in relazione ai quali l'attuale contingente in forza non riesce a far fronte nonostante venga coinvolto tutto il personale in servizio;

    non si può non rilevare l'impegno profuso in prima persona dai Direttori dei Servizi e di tutto il personale, nonché i considerevoli finanziamenti erogati dalla regione Emilia-Romagna per i progetti previsti dal mese di settembre per le prossime due annualità, quali quelli di oltre 650 mila euro erogati al fine di dare continuità allo sportello polifunzionale per i detenuti dell'IPM, oltre a diversi corsi di formazione e relativi tirocini,

impegna il Governo

a predisporre ulteriori misure al fine di pianificare un adeguato approvvigionamento da parte degli istituti penitenziari delle necessarie risorse per fronteggiare le emergenze attraverso un adeguato approvvigionamento idrico, disponibile e proporzionato alle presenze e agli spazi di ogni istituto, intervenendo anche con procedure straordinarie per immissioni di personale che permettano di intervenire in base alle le condizioni di salute, allo stato di gravidanza, all'età, alla presenza di patologie psichiatriche, ad altre forme di fragilità, anche provvedendo a forme e strumenti volti ad una climatizzazione degli ambienti accettabile per delle minime condizioni di lavoro del personale e detentive, ricorrendo a forme di maggiore incentivazione per il personale in virtù di eccezionali condizioni di lavoro, nonché ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, nonché a colmare la carenza organica dell'IPM di Bologna, con riferimento al personale di polizia penitenziaria e personale amministrativo a quello deputato al trattamento, al fine di scongiurare il rischio di un ridimensionamento delle attività trattamentali e per la sicurezza complessiva, nonché la perdita dei fondi regionali.
9/2002/5. Merola.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei presentatori, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 48.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però, ad avviso dei firmatari del presente atto, migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema – alcune, quelle sulla polizia penitenziaria e quelle sul Commissario straordinario per citarne alcune – entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    le proposte emendative sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    ad avviso dei firmatari del presente atto, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    da una visita effettuata presso la Casa circondariale di Sanremo nella giornata del 22 aprile 2024, si è potuta constatare una situazione critica, condizione che conferma la situazione di allarme in cui versano purtroppo le carceri italiane e quelle liguri, come documentato anche dall'ultimo rapporto del Garante dei detenuti per la Liguria;

    quello di Sanremo è un istituto che soffre a causa del sovraffollamento – si parla di 270 detenuti per 250 posti disponibili – e di una grave carenza di personale, in particolare di polizia penitenziaria, con 160 effettivi a fronte dei 210 necessari e previsti;

    in tutta la regione, inoltre, delle 936 unità previste dal decreto ministeriale del 12 giugno 2023, come denunciano i sindacati, «la forza attualmente operativa è di 755 unità, e tra i nuovi agenti che saranno destinati in Liguria alla conclusione del 182° e 183° corso sono solamente 31, una goccia nel mare anche rispetto agli ultimi pensionamenti»;

    come per molte strutture penitenziarie italiane anche a Sanremo mancano i fondi e il supporto per i progetti per il reinserimento lavorativo dei detenuti che a fatica il personale, costretto a turni massacranti per colmare le carenze e garantire un servizio, cerca di portare avanti al meglio;

    il sovraffollamento in Liguria appare addirittura più pesante rispetto alla media nazionale: 130 per cento contro il 120 per cento nazionale a fronte di una capienza regolamentare di 1100 posti letto nelle carceri regionali, ad oggi si superano le 1400 presenze e la regione sconta anche una grave difficoltà nell'offerta lavorativa complessiva per detenuti ed internati,

impegna il Governo

a predisporre ulteriori misure immediate al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, garantendo a tutti gli istituti penitenziari un adeguato approvvigionamento idrico, disponibile e proporzionato alle presenze e agli spazi di ogni istituto, intervenendo anche con procedure straordinarie per immissioni di personale che permettano di intervenire in base alle le condizioni di salute, allo stato di gravidanza, all'età, alla presenza di patologie psichiatriche, a ad altre forme di fragilità, anche provvedendo a forme e strumenti volti ad una climatizzazione degli ambienti accettabile per delle minime condizioni di lavoro del personale e detentive, ricorrendo a forme di maggiore incentivazione per il personale in virtù delle eccezionali condizioni di lavoro, nonché ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, al fine di colmare le gravissime carenze di organico che affliggono le carceri italiane e in particolare quelle liguri, destinando alla Casa circondariale di Sanremo adeguate risorse finanziarie, organizzative e di personale necessarie a colmare le gravi carenze di organico e restituire così dignità sia al personale sia alle persone detenute, nonché se non ritenga urgente predisporre adeguati investimenti al fine di garantire il sostegno a pene alternative e ai progetti per l'inserimento nel mondo del lavoro dei detenuti e per garantire il diritto alla salute dei detenuti e degli internati e un'adeguata prevenzione dei suicidi.
9/2002/6. Ghio, Orlando.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei presentatori, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    le proposte emendative sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    è riconosciuto che l'attività teatrale in carcere si configura oggi come una pratica formativa non tradizionale, che aiuta la riscoperta delle capacità e delle sensibilità personali, al fine di rendere il carcere non solo un istituto di pena ma anche un istituto di cultura, cioè un luogo dove le contraddizioni e le energie in esso presenti vengano valorizzate e trasformate in senso costruttivo e propositivo e non solo in senso contenitivo;

    il valore dell'esperienza teatrale sia negli istituti per adulti sia negli istituti di pena minorili è riconosciuto quale fondamentale strumento pedagogico e terapeutico essenziale per il trattamento dei detenuti minori, per favorire, nell'ambito dell'esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità, la responsabilizzazione, l'educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l'inclusione sociale, nonché a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive di cui al decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121;

    nella Relazione finale, il Tavolo 9 – Istruzione, cultura e sport degli Stati Generali dell'Esecuzione Penale, si rammentava che il teatro, così come tutte le attività rieducative, sono strettamente connesse alla progettualità di trattamento della singola struttura penitenziaria,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, a stanziare adeguate risorse per finanziare le attività teatrali all'interno del trattamento destinato ai detenuti, con particolare attenzione ai detenuti minori ristretti negli IPM, a verificare che le condizioni di detenzione e di restrizione dei minori, che dovrebbero rappresentare l'eccezione e non certo la regola, rispettino la loro specificità, come la socialità, l'istruzione, la formazione e il diritto alla salute, sia mentale sia nonché ad adottare con sollecitudine, sin dal primo provvedimento utile, le iniziative di competenza sia finanziarie sia organizzative necessarie a ripristinare l'agibilità del teatro dell'Istituto penale per minorenni di Nisida.
9/2002/7. Sarracino, Serracchiani, Scotto.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso della presentatrice, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il Gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    le proposte emendative sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare, il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, ha chiesto inoltre investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto infine di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    ad avviso dei firmatari del presente atto, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito della campagna lanciata dal PD nazionale dedicata specificatamente alle carceri italiane «Bisogna aver visto», si stanno svolgendo visite, cercando di raggiungerne quanti più possibile, negli istituti di pena per adulti e per minorenni del Paese;

    emblematica dello stato di vero e proprio abbandono in cui versano molti istituti di pena è la situazione che riguarda la Casa circondariale di Livorno;

    c'è una grave carenza di personale che riguarda tutti i comparti: l'area contabile, attualmente scoperta al 70 per cento, quella tecnico-amministrativa che conta una sola persona sulle quattro previste, e la polizia penitenziaria per la quale le 19 nuove unità annunciate non sono atte a risolvere questa carenza giacché il personale si divide tra la sede di Livorno, l'isola di Gorgona e la Base Navale;

    è previsto per il mese di ottobre 2024 il collaudo di due nuovi padiglioni che prevedibilmente darà esito negativo sia dal punto di vista della sicurezza dal rischio di evasione sia per la totale assenza di ambienti trattamentali;

    privi di ambienti trattamentali sono anche i vecchi padiglioni poiché l'area a questo adibita (con teatro, biblioteca e sale) è chiusa dal 2009, totalmente inagibile e non oggetto di progettazione;

    i due padiglioni della media sicurezza necessitano di totale ristrutturazione per problematiche impiantistiche e infiltrazioni d'acqua che hanno reso alcune stanze inagibili e comunque prive di docce, così come inagibili risultano una parte delle stanze detentive nel padiglione dei semiliberi e articolo 21 dell'ordinamento penitenziario;

    il polo scolastico dell'alta sicurezza vede l'agibilità di una sola aula su quattro a fronte di un fabbisogno di almeno sei;

    due stanze della direzione sono state chiuse dopo una verifica dei Vigili del Fuoco, la facciata ha una rete di caduta antimateriale, il padiglione presenta diverse crepe sui pavimenti e i servizi igienici non sono in numero sufficiente e sono da ristrutturare;

    la mensa del grattacielo della caserma agenti, che si trovava al pianoterra, è chiusa dal dicembre 2023, e l'unico piano funzionante della struttura è quello dove si trova il bar essendo inagibili tutti i piani superiori, quindi la Casa circondariale non ha una caserma agenti ma poche stanze per loro in una palazzina attigua al grattacielo;

    assolutamente insufficiente il sistema di videosorveglianza, in un carcere dal quale anche recentemente, nel giugno 2024, si è verificata un'evasione,

impegna il Governo

ad assumere iniziative urgenti e a stanziare risorse adeguate, in relazione a quanto espresso in premessa, per risolvere le citate, evidenti e perduranti, criticità della Casa circondariale di Livorno.
9/2002/8. Boldrini.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge reca misure in tema di ordinamento penitenziario;

    l'esperienza e la prassi hanno evidenziato dei ritardi ingiustificati, anche di diversi mesi, nell'applicazione della legge 199 del 26 novembre 2010, vanificandone in tal modo la finalità;

    infatti, la misura prevede che l'esecuzione della pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente residuo di maggiore pena, possa essere eseguita presso l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza e, quindi, ha tra le finalità quella di consentire l'espiazione della parte finale della pena fuori dall'Istituto penitenziario. Nonostante ciò essa risulta scarsamente utilizzata, anche a causa della farraginosità del procedimento poiché è previsto che la richiesta di concessione provenga dal detenuto e dal suo difensore e che sia acquisita previamente l'osservazione presso l'Istituto medesimo;

    appare, pertanto, opportuno che si novelli la disciplina in oggetto facendo in modo che sia incentivata l'applicazione effettiva di questa norma poiché costituisce una risorsa importante per lo Stato anche alla luce del sovraffollamento carcerario. La novella, ad avviso del proponente il presente atto di indirizzo politico, potrebbe utilmente intervenire sull'articolo 1, comma 4, della legge n. 199 del 26 novembre 2010, prevedendo nel terzo periodo la dizione: in ogni caso, la direzione dell'istituto penitenziario, d'ufficio, trenta giorni prima della maturazione del limite di pena, di cui al primo comma e indipendentemente dalla conclusione dell'osservazione scientifica della personalità, trasmette al magistrato di sorveglianza l'elenco dei nominativi dei detenuti interessati, corredato del verbale di accertamento della idoneità del domicilio oppure, se il condannato è sottoposto ad un programma di recupero o intende sottoporsi ad esso, della documentazione, di cui all'art. 94, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché della documentazione riguardante eventuali infrazioni disciplinari commesse;

    per questa ragione, così come previsto per la misura della liberazione anticipata ex articolo 54 dell'ordinamento penitenziario, il procedimento andrebbe attivato d'ufficio, responsabilmente, e con congruo anticipo, dal Magistrato di sorveglianza, indipendentemente dalla richiesta del detenuto o del suo difensore che, di fatto, si sono trasformate nell'unica modalità di impulso della procedura, causando, come detto, forti ritardi;

    per tali motivi occorre quindi una nuova formulazione rafforzata mediante la quale si possa superare la prassi attualmente invalsa e consistente nell'attesa della conclusione dell'osservazione, come se si trattasse di una sperimentazione in esternato, anziché di una prosecuzione della detenzione in forma domiciliare,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a novellare la legge 199 del 26 novembre 2010 nel senso indicato in premessa.
9/2002/9. Iaia, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti;

    da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il Gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    le proposte emendative sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare, il Gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto infine di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    particolare attenzione meriterebbe in questo contesto la giustizia minorile, strategica, questa sì, per il futuro che intendiamo costruire per le nuove generazioni;

    il VII Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile e gli Istituti penali per minorenni ci dice che, all'inizio del 2024 erano circa 500 i detenuti nelle carceri minorili italiane: da oltre dieci anni che non si raggiungeva una simile cifra, e che gli ingressi negli IPM, Istituti penali minorili, sono in netto aumento; se sono stati 835 nel 2021, ne abbiamo avuti 1.143 nel 2023, la cifra più alta almeno negli ultimi quindici anni; inoltre i ragazzi in IPM in misura cautelare erano 340 nel gennaio 2024, mentre erano 243 un anno prima; «si tratta dunque – denuncia il rapporto – di un effetto evidente degli effetti del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123 recante "misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale", noto come decreto Caivano; la crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare. Altro effetto del decreto è la notevole crescita degli ingressi in IPM per violazione della legge sugli stupefacenti, con un aumento del 37,4 per cento in un solo anno. La presenza negli IPM oggi è fatta soprattutto di ragazzi e ragazze minorenni. La fascia più rappresentata è quella dei 16 e 17 anni, ed in totale i minorenni sono in larga maggioranza, quasi il 60 per cento dei presenti. Due anni fa la situazione era esattamente invertita. L'aumentata possibilità introdotta dal decreto Caivano di trasferire i ragazzi maggiorenni dagli IPM alle carceri per adulti sta facendo vedere i propri effetti, con danni enormi sul futuro dei ragazzi»;

    durante i lavori che ne hanno preceduto l'approvazione il gruppo PD ha denunciato come il combinato disposto tra le norme proposte dal Governo con il decreto Caivano e le modifiche introdotte al Senato avrebbe determinato un grave impatto sui penitenziari minorili, nonché portato ad un aumento notevole dei detenuti negli istituti penitenziari minorili in strutture già al limite della capienza, indebolendo gravemente proprio quel modello italiano con un basso livello di reclusione dei minori (nel 2022, a fronte di circa quattordicimila arresti, erano meno di quattrocento i giovanissimi presenti negli istituti penali per minorenni) che è guardato con grande interesse nel resto del mondo, in quanto particolarmente sensibile all'istanza di reinserimento sociale del minore, in linea con l'articolo 27 della Costituzione e con il legame – da esso consacrato – tra rieducazione e umanità della pena;

    è dunque necessario e urgente perseguire un migliore funzionamento delle strutture penitenziarie per minorenni, da considerare sempre e comunque come extrema ratio della giustizia minorile, degli Uffici di servizio sociale per minorenni, degli Istituti penali per minorenni, dei Centri di prima accoglienza, delle Comunità, dei Centri diurni polifunzionali, per assicurare l'ottimale svolgimento delle attività trattamentali, formative e rieducative previste, ma soprattutto è fondamentale riportare il sistema dell'esecuzione penale minorile alla sua unica e fondamentale funzione e natura, e cioè quella rieducativa, volta al recupero e alla formazione, riportando al centro la probation e il sistema delle misure alternative alla detenzione;

    ed è infatti significativamente aumentato il numero dei minori e ragazzi detenuti negli istituti penali per minorenni (IPM); il cosiddetto decreto Caivano ha infatti introdotto misure che stanno producendo, e lo continueranno a fare, effetti distruttivi sul sistema della giustizia minorile, sia in termini di aumento del ricorso alla detenzione che di qualità dei percorsi di recupero per il giovane autore di delitto;

    ad esempio l'estensione delle possibilità di applicazione dell'accompagnamento a seguito di flagranza e della custodia cautelare in carcere stravolge l'impianto del codice di procedura penale minorile del 1988 e sta già determinando un'impennata degli ingressi negli IPM;

    secondo i dati del rapporto Antigone, al 15 gennaio 2024 i ragazzi – minorenni e giovani adulti detenuti nei 17 istituti penali per minorenni in Italia erano 496, di cui 254 stranieri e 13 donne;

    gli under 18 reclusi negli istituti penali per minorenni sono il 57,7 per cento dei presenti (il rapporto ricorda che in tali strutture possono esserci anche i ragazzi, tra i 18 e i 25 anni, che hanno commesso il reato da minorenni e hanno raggiunto la maggiore età successivamente). La fascia di età più rappresentata è quella dei 16 e 17 anni;

    i disordini e le rivolte negli IPM non fanno che dimostrare plasticamente il fallimento delle scelte e delle politiche di questo Governo che colpisce bambini, minori e donne incinte,

impegna il Governo

a predisporre, nell'ambito delle sue proprie prerogative, tutte le misure, sia di carattere finanziario sia relative all'organizzazione e al reclutamento e alla formazione del personale alle stesse preposte, rendendo sempre possibile il trattamento e riportando al centro il sistema della probation minorile e delle misure alternative al carcere, potenziando gli Uffici di servizio sociale per minorenni, i Centri di prima accoglienza, le case e i centri di Comunità, i Centri diurni polifunzionali, al fine di assicurare l'ottimale svolgimento delle attività trattamentali, formative e rieducative.
9/2002/10. Di Biase, Gianassi, Serracchiani, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    la necessità avvertita dal Governo di istituire un Commissario straordinario per l'edilizia carceraria testimonia e certifica un'inadeguatezza dell'efficacia dell'azione della struttura amministrativa a ciò deputata e della guida politica attuale,

impegna il Governo

anche fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva, ad istituire, presso il Ministero delle infrastrutture un Fondo per edilizia penitenziaria volto alla predisposizione di progetti volti a definire e proporre modelli di architettura penitenziaria coerenti con l'idea di rieducazione, in sinergia con il Ministero della giustizia, anche tramite forme di collaborazione con Università, Fondazioni e Istituti di ricerca, Ordini professionali, Enti locali, Associazioni, esperti, finalizzato al raggiungimento di una dignità architettonica degli spazi dell'esecuzione penale, tramite anche il coinvolgimento delle competenze tecniche interne alla stessa Amministrazione coinvolta, elaborare interventi puntuali di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture esistenti nonché di riorganizzazione degli spazi degli istituti carcerari anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interni e la formazione professionale dei detenuti in funzione di una loro partecipazione diretta ai lavori di manutenzione ordinari, elaborare criteri per la progettazione/ristrutturazione degli istituti volti a definire impianti compositivi e funzionali in grado di qualificare le unità residenziali e gli spazi per lavoro, studio, socializzazione, colloqui ed espressione degli affetti e delle diverse fedi religiose, in rapporto all'attuazione di percorsi di responsabilizzazione, autonomia e partecipazione dei detenuti e prevenzione della radicalizzazione e attuazione della funzione rieducativa della pena ex articolo 27 della Costituzione, nonché a studiare e proporre soluzioni operative per adeguare gli spazi detentivi, aumentarne la vivibilità e la qualità, rendendoli realmente funzionali al percorso di riabilitazione dei detenuti nonché ad orientare le scelte in materia di edilizia penitenziaria, al potenziamento delle strutture a sostegno dell'esecuzione penale esterna, ridefinizione progettuale delle colonie penali, degli istituti a sicurezza attenuata, delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, delle strutture di detenzione femminile e delle strutture e comunità per detenute madri.
9/2002/11. Forattini, Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento di Conversione in legge del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, reca misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia;

    durante l'esame del provvedimento, inoltre, è stato inserito un articolo 4-bis che consente la nomina di un Commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria al fine di far fronte alla grave situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari. Il Commissario, infatti, nel limite delle risorse disponibili, ha il compito di compiere tutti gli atti necessari per la realizzazione di nuove infrastrutture penitenziarie nonché delle opere di riqualificazione e ristrutturazione delle strutture esistenti, al fine di aumentarne la capienza e di garantire una migliore condizione di vita dei detenuti;

    la Casa Circondariale di Varese, vetusto istituto penitenziario realizzato nel 1893 situato nel centro cittadino, nel 2001 è stato dichiarato dal Ministero della giustizia «istituto da dismettere» in attesa della costruzione di un nuovo carcere da realizzarsi in zone periferiche rispetto all'agglomerato urbano;

    in questi venti e più anni, la nuova struttura non è stata costruita, con la conseguenza ulteriore che il vecchio «Miogni», essendo stato identificato quale struttura da dismettere, pur rimanendo in regolare esercizio, non ha beneficiato di risorse per i necessari interventi di ristrutturazione;

    nell'ultimo periodo, grazie al positivo e concreto impegno del Provveditorato lombardo, sono stati promossi progetti significativi per il rifacimento del muro di cinta, ormai pericolante, per l'acquisizione di una palazzina adiacente, di proprietà del Comune di Varese, da destinarsi ad alloggi ed uffici della polizia penitenziaria, nonché per dotare le celle al primo e al secondo piano dell'edificio di docce, considerato che, ad oggi, soltanto le celle al piano primo ne sono dotate;

    lo spostamento degli alloggi e degli uffici della polizia giudiziaria in un'altra palazzina, oltre a migliorare considerevolmente le condizioni del personale in servizio, consentirebbe di poter destinare le aree lasciate libere nell'edificio principale a spazi per le attività rieducative per i detenuti, nonché di realizzare ulteriori e più moderne camere di detenzione;

    risulta necessario, inoltre, rimarcare il senso del dovere e la professionalità della polizia penitenziaria in servizio presso l'istituto penitenziario, che gestisce una popolazione carceraria costituita per oltre il 50 per cento da stranieri, molti dei quali tratti in arresto per attività criminali relative al cosiddetto «spaccio nei boschi», fenomeno che da qualche anno sta affliggendo il Varesotto,

impegna il Governo

nei limiti di finanza pubblica, a proseguire le opere di ristrutturazione della Casa Circondariale di Varese, al fine di migliorare le condizioni generali delle persone ivi detenute e le condizioni di lavoro del personale della polizia penitenziaria.
9/2002/12. Pellicini, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso della firmataria del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    le proposte emendative sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare, il Gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    l'istruzione in carcere costituisce uno dei momenti significativi del percorso formativo del detenuto; in coerenza con le previsioni costituzionali, l'articolo 1 dell'ordinamento penitenziario del 1975 (legge 26 luglio 1975, n. 354) prevede che «il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona. Esso è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a sesso, identità di genere, orientamento sessuale, razza, nazionalità, condizioni economiche e sociali, opinioni politiche e credenze religiose, e si conforma a modelli che favoriscono l'autonomia, la responsabilità, la socializzazione e l'integrazione» inoltre «il trattamento tende, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale ed è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni degli interessati», fornendo le basi per l'accesso ai successivi gradi dell'istruzione, alla formazione professionale, o ad un inserimento lavorativo, assolutamente indispensabili sia per la piena attuazione dei principi costituzionali di cui all'articolo 27 della Costituzione, sia per l'abbattimento della recidiva,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, a garantire, stanziando le necessarie ed adeguate risorse finanziarie ed organizzative, il diritto all'accesso ad un'adeguata istruzione di ogni ordine e grado e formazione, che fornisca le basi per un accesso a tutti i gradi, ivi compresa la formazione universitaria, per i detenuti e gli internati di tutti gli istituti destinati all'esecuzione della pena.
9/2002/13. Manzi.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del firmatario del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    è riconosciuto che l'attività teatrale in carcere si configura oggi come una pratica formativa non tradizionale, che aiuta la riscoperta delle capacità e delle sensibilità personali, al fine di rendere il carcere non solo un istituto di pena ma anche un istituto di cultura, cioè un luogo dove le contraddizioni e le energie in esso presenti vengano valorizzate e trasformate in senso costruttivo e propositivo e non solo in senso contenitivo;

    ormai da molti anni, grazie alla continuità di alcune sue esperienze e alla qualità artistica delle sue opere e dei suoi interpreti, il teatro in carcere è entrato a far parte integrante della storia del teatro civile italiano; le attività culturali rappresentano un'importante risorsa per il trattamento rieducativo; ricerche internazionali hanno infatti dimostrato l'esistenza di un legame tra la partecipazione a iniziative artistiche e impatti positivi sulla giustizia penale;

    il valore dell'esperienza teatrale sia negli istituti per adulti sia negli istituti di pena minorili è riconosciuto quale fondamentale strumento pedagogico e terapeutico essenziale per il trattamento dei detenuti minori, per favorire, nell'ambito dell'esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità, la responsabilizzazione, l'educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l'inclusione sociale, nonché a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive di cui al decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121;

    nella Relazione finale, il Tavolo 9 – Istruzione, cultura e sport degli Stati Generali dell'Esecuzione Penale, si rammentava che il teatro, così come tutte le attività rieducative, sono strettamente connesse alla progettualità di trattamento della singola struttura penitenziaria,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a stanziare adeguate risorse organizzative e finanziarie da destinare alle attività teatrali all'interno del trattamento destinato ai detenuti, ad ottimizzare gli spazi da dedicare ad attività teatrali e, più generalmente culturali, ad aggiornare con continuità tale censimento attraverso l'utilizzo degli applicativi informatici, a prevedere spazi per le attività culturali e teatrali nell'insieme degli standard che vengono adottati per la definizione della progettazione di nuovi Istituti o la consistente riconfigurazione di quelli esistenti, a semplificare le procedure di accesso alle rappresentazioni teatrali da parte del pubblico esterno e ampliare consistente la possibilità di rappresentazioni teatrali all'esterno da parte delle compagnie interne, ad attuare pienamente gli accordi sulle biblioteche penitenziarie, inserendo queste nella rete delle biblioteche del territorio, e fornire loro un pieno riconoscimento da parte del Ministero della giustizia, in concerto con il Ministero della cultura, nonché, nello specifico, ad adottare con sollecitudine, sin dal primo provvedimento utile, le iniziative di competenza sia finanziarie sia organizzative necessarie a ripristinare l'agibilità del teatro dell'Istituto penale per minorenni di Nisida.
9/2002/14. Orfini.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il Gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza — e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora,

impegna il Governo

a riconoscere, nell'ambito delle sue proprie prerogative, al personale medico specialistico e al personale sanitario che fornisce un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, svolge compiti di prevenzione, cura e riabilitazione a favore di soggetti affetti da problematiche psichiatriche in esecuzione penale, attraverso i competenti dipartimenti e servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, presso gli istituti penitenziari per adulti e nelle strutture minorili, presso le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui alla legge n. 81, del 2014, e presso gli Uffici di esecuzione penale esterna, un ulteriore trattamento accessorio della retribuzione a titolo di indennità già previsto, correlato e proporzionato alle particolari condizioni di lavoro, e a tal fine stanziare maggiori risorse rispetto a quelle già previste, nonché ad adottare le necessarie misure, sia finanziarie sia organizzative, necessarie al fine di realizzare nuove residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui al decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81.
9/2002/15. Ciani, Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca la «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia», già approvato dal Senato;

    nell'ultimo anno la popolazione detenuta è cresciuta di circa 4 mila unità, 3.955 detenuti, dai 57.525 del 30 giugno 2023 ai 61.480 al 30 giugno 2024, portando a un tasso di affollamento del 120 per cento sulla capienza regolamentare e del 129,3 per cento sulla capienza regolamentare effettivamente disponibile. L'Italia non registrava un pari numero di detenuti dal gennaio 2014, all'indomani della sentenza-pilota della Corte europea dei diritti umani nel caso Torregiani e altri contro Italia, quando l'Italia fu messa sotto monitoraggio da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa;

    ad avviso dei firmatari, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne, considerato che, negli istituti per minori, su 496 posti ufficialmente disponibili, al 30 giugno risultavano presenti 529 minori;

    al pari, secondo gli ultimi dati pubblicati dal Ministero della giustizia, al 30 giugno 2024 nei sette Istituti a Custodia Attenuata per detenute Madri (ICAM) si registrano 23 detenute, di cui 11 in stato di gravidanza con 26 figli minori al seguito;

    con la legge di bilancio 2020, articolo 1, commi 322 e 323, per la prima volta è stata incentivata la rete delle case famiglia e di altre strutture residenziali territoriali, finanziando il sistema dell'accoglienza con un Fondo di 1.5 milioni di euro per tre anni, da ripartire tra le Regioni;

    con l'istituzione del Fondo si è inteso promuovere l'esperienza delle strutture di accoglienza esterne come luoghi più idonei alla corretta socializzazione dei minori rispetto agli Istituti a custodia attenuata (ICAM);

    il decreto-legge in conversione non contiene alcuna norma in tema,

impegna il Governo

ad incrementare di almeno 10 milioni di euro annui, con il prossimo provvedimento utile in materia di giustizia, il fondo per le case famiglia protette al fine di contribuire alla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori nonché al fine di incrementare l'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia.
9/2002/16. Lacarra, Serracchiani, Di Biase, Gianassi, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il Gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a prevedere lo stanziamento di adeguate risorse, anche prevedendo l'istituzione di un apposito Fondo per il reinserimento socio-lavorativo e l'inclusione economica delle persone sottoposte a provvedimenti dell'autorità giudiziaria limitativi o privativi della libertà personale, da destinare a programmi di reinserimento consistenti nell'attivazione di percorsi di inclusione lavorativa, di istruzione e di formazione-lavoro, anche prevedendo indennità a favore dei soggetti che li intraprendono, nonché a programmi di assistenza alle persone sottoposte a provvedimenti limitativi o privativi della libertà personale emanati dall'Autorità Giudiziaria, e alle loro famiglie, contenenti, in particolare, iniziative educative, culturali, ricreative e sportive, di reinserimento sociale dei soggetti tossicodipendenti, assuntori abituali di sostanze stupefacenti o psicotrope o alcoliche, e dei soggetti con disagio psichico, seguiti dai servizi socio-sanitari pubblici e privati accreditati, di percorsi sanitari territoriali correlati ai programmi di inclusione.
9/2002/17. Bakkali, Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare, il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    è necessario garantire, anche durante le situazioni climatiche estreme quali quelle relative alle ondate di calore previste e che si verificano prevalentemente nei mesi estivi, il compiuto svolgimento delle specifiche attribuzioni demandate all'amministrazione penitenziaria in materia di esecuzione penale nel rispetto dei principi costituzionali, assicurare il trattamento, il raggiungimento degli obiettivi di efficientamento e innovazione in coerenza con le linee progettuali del Piano nazionale di ripresa e resilienza, la prevenzione della recidiva, la prevenzione dei suicidi, nonché al fine di garantire la sicurezza e incrementare l'efficienza e le condizioni detentive, di salute e lavorative per tutti gli istituti penitenziari sia per adulti sia per minori e la riduzione del sovraffollamento, il Ministero della giustizia – Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, al fine di assicurare il funzionamento omogeneo degli istituti penitenziari sull'intero territorio nazionale, e di far sì che ogni istituto abbia garantito il proprio dirigente in via esclusiva, anche al fine di prevenire, nel contesto carcerario, fenomeni derivanti dalla condizione di marginalità sociale dei detenuti, a prevedere che il Ministero della giustizia – Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e in deroga alla vigente dotazione organica, possa assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato almeno 90 nuovi dirigenti di istituto penitenziario, di livello dirigenziale non generale.
9/2002/18. Guerra, Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare, il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza COVID-19 e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito delle sue proprie prerogative, ad incrementare adeguatamente le risorse destinate al compenso per lavoro straordinario del personale della polizia penitenziaria.
9/2002/19. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    durante l'emergenza sanitaria, per ridurre il sovraffollamento carcerario, con il decreto-legge n. 18 del 2020 erano state adottate alcune misure straordinarie, volte ad incrementare l'esecuzione della pena detentiva fuori dal carcere presso il domicilio. In particolare, com'è noto, sono state previste licenze e permessi straordinari per i detenuti in regime di semilibertà e per quelli non ammessi al lavoro esterno. È stata inoltre prevista la detenzione domiciliare per i detenuti che devono scontare una pena residua non superiore ai diciotto mesi;

    dal giorno della loro introduzione, non risulta che tali misure abbiano prodotto alcun allarme sociale o che vi siano stati casi di revoca per condotte illecite da parte dei detenuti che ne hanno beneficiato. Se è così, se si tratta di misure che hanno dato buona prova di sé, ci appare evidente la necessità di renderle strutturali;

    il Governo Meloni non ha mai accolto le proposte di proroga, né tantomeno la nostra richiesta volta a renderle strutturali, con il risultato i detenuti ammessi alla semilibertà e che rientravano nelle condizioni citate e previste dalla legge, semiliberi sono tornati a dormire in carcere ad anni di distanza dall'ultima volta: una brutale interruzione del percorso di integrazione e reinserimento sociale che si stavano faticosamente costruendo; si tratta di persone che, negli ultimi due anni e mezzo, hanno saputo ripagare la fiducia che le istituzioni hanno riposto in loro, rispettando le prescrizioni che gli erano state imposte e non tornando a commettere altri reati; sappiamo che le misure alternative sono efficaci e che solo una percentuale irrilevante viene revocata per la commissione di un nuovo reato;

    va ricordato che il contenimento del tasso di recidiva è strettamente collegato al percorso trattamentale che viene offerto ai detenuti, in attuazione dell'articolo 27 della Costituzione, e che il medesimo permette di ridurre l'illegalità e quindi di aumentare la sicurezza, a beneficio di tutta la collettività,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a predisporre tutte le misure necessarie, finanziarie e tecniche, affinché vengano rese strutturali le buone prassi sperimentate con esiti più che positivi durante l'emergenza da COVID-19, con particolare riferimento alle misure adottate con il decreto-legge n. 18 del 2020, volte ad incrementare l'esecuzione della pena detentiva fuori dal carcere presso il domicilio, sin dal prossimo provvedimento utile o con un apposito provvedimento.
9/2002/20. Cuperlo, Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del firmatario del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il Gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare il Gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    ad avviso del firmatario, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito della campagna lanciata dal PD nazionale dedicata specificatamente alle carceri italiane «Bisogna aver visto», si stanno svolgendo visite, cercando di raggiungerne quanti più possibile, negli istituti di pena per adulti e per minorenni del Paese,

impegna il Governo

a predisporre ulteriori misure immediate al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, garantendo a tutti gli istituti penitenziari un adeguato approvvigionamento idrico, disponibile e proporzionato alle presenze e agli spazi di ogni istituto, intervenendo anche con procedure straordinarie per immissioni di personale che permettano di intervenire in base alle le condizioni di salute, allo stato di gravidanza, all'età, alla presenza di patologie psichiatriche, a ad altre forme di fragilità, anche provvedendo a forme e strumenti volti ad una climatizzazione degli ambienti accettabile per delle minime condizioni di lavoro del personale e detentive, ricorrendo a forme di maggiore incentivazione per il personale in virtù delle eccezionali condizioni di lavoro, nonché ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, nonché a destinare all'istituto penitenziario di Bellizzi Irpino ad Avellino – dove mancanza di acqua nelle celle ha rappresentato addirittura l'innesco di una violenta rissa nella quale, sulla base di quanto riportato dagli organi di informazione si sarebbero fronteggiati due gruppi di detenuti, tenuti a fatica dagli operatori di polizia penitenziaria – in cronica grave carenza di organico.
9/2002/21. Toni Ricciardi.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    ad avviso dei firmatari, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    da una visita effettuata presso la Casa circondariale di Marassi è emersa una situazione di difficoltà dovuta sia al sovraffollamento della struttura che a una carenza nell'organico della polizia penitenziaria;

    il sovraffollamento del carcere è superiore alla media nazionale con oltre 700 detenuti rispetto ai 530 posti previsti e, come già evidenziato, si riscontra una carenza nell'organico che obbliga gli agenti di polizia penitenziaria a turni più impegnativi;

    il sovraffollamento in Liguria appare addirittura più pesante rispetto alla media nazionale: 130 per cento contro il 120 per cento nazionale a fronte di una capienza regolamentare di 1100 posti letto nelle carceri regionali, ad oggi si superano le 1400 presenze e la regione sconta anche una grave difficoltà nell'offerta lavorativa complessiva per detenuti ed internati,

impegna il Governo

a predisporre ulteriori misure immediate al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, garantendo a tutti gli istituti penitenziari un adeguato approvvigionamento idrico, disponibile e proporzionato alle presenze e agli spazi di ogni istituto, intervenendo anche con procedure straordinarie per immissioni di personale che permettano di intervenire in base alle le condizioni di salute, allo stato di gravidanza, all'età, alla presenza di patologie psichiatriche, a ad altre forme di fragilità, anche provvedendo a forme e strumenti volti ad una climatizzazione degli ambienti accettabile per delle minime condizioni di lavoro del personale e detentive, ricorrendo a forme di maggiore incentivazione per il personale in virtù delle eccezionali condizioni di lavoro, nonché ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, al fine di colmare le gravissime carenze di organico che affliggono le carceri italiane e in particolare quelle liguri, destinando alla Casa circondariale di Marassi e alle carceri liguri adeguate risorse finanziarie, organizzative e di personale necessarie a colmare le gravi carenze di organico e restituire così dignità sia al personale sia alle persone detenute, nonché se non ritenga urgente predisporre adeguati investimenti al fine di garantire il sostegno a pene alternative e ai progetti per l'inserimento nel mondo del lavoro dei detenuti e per garantire il diritto alla salute dei detenuti e degli internati e un'adeguata prevenzione dei suicidi.
9/2002/22. Orlando, Ghio.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del firmatario del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 48.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema – alcune, quelle sulla Polizia penitenziaria e quelle sul Commissario straordinario per citarne alcune – entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo le attività, culturali, ricreative e sportive sono inserite dalla legge n. 354 del 1974 sull'ordinamento penitenziario tra i principali elementi del trattamento (articolo 15) assieme ad istruzione, lavoro, religione, contatti con il mondo esterno e con i familiari; la norma raggruppa tre aree contigue, ma differenti: la cultura come occasione di crescita personale e come esperienza di apprendimento e conoscenza, lo sport quale strumento finalizzato a promuovere il benessere e l'integrità psico-fisica, l'acquisizione di abilità motorie e l'abbattimento delle tensioni indotte dalla detenzione, le attività ricreative come occasioni di socializzazione e di espressione della creatività e delle abilità personali;

    l'attività sportiva rappresenta, nell'ambito del trattamento, un cardine fondamentale ai fini dell'attuazione dell'articolo 27 della Costituzione e della prevenzione della recidiva inoltre, da più fonti risulta una proporzione inversa tra suicidi e carceri dove è possibile organizzare attività sportiva,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative predisporre misure immediate al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, garantendo sempre la possibilità per i detenuti ed internati di accedere alle attività sportive, evitando che per creare nuovi spazi per la detenzione vengano pregiudicati per primi i campi sportivi.
9/2002/23. Berruto.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del firmatario del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    l'articolo 10 reca novelle alla disciplina relativa alla avocazione delle indagini preliminari da parte del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e al procedimento di sorveglianza;

    è necessario dotare lo stato democratico di quante più possibili risorse, sia di tipo finanziario sia di tipo organizzativo e strumentale necessario a contrastare le mafie;

    il Governo, a parte l'aumento sacrosanto delle risorse alla DNA previsto nella legge di bilancio, e l'approvazione di un emendamento del gruppo PD, con risorse che riteniamo comunque insufficienti, che ha destinato risorse al Fondo per gli amministratori locali minacciati, non solo è completamente assente, ma sa solo respingere ogni proposta, costruttiva e ragionevole: ci riferiamo, ad esempio, a quella di aumentare le risorse per la DIA (Direzione Investigativa Antimafia), in virtù della sua particolare strategicità nell'ambito dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, e, per la sua straordinaria attualità, dell'aspetto relativo alla forza economico-finanziaria della criminalità organizzata, e, dunque, all'aggressione agli ingenti patrimoni illecitamente accumulati e alla confisca e alla restituzione alla utilità collettiva dei beni afferenti ai suddetti patrimoni, nonché al contrasto della penetrazione nel tessuto economico, imprenditoriale e istituzionale, con effetti distorsivi della libera concorrenza;

    la DIA è stata fortemente voluta da Falcone, per centralizzare e specializzare le indagini sulla criminalità organizzata di stampo mafioso, ed è diventata negli anni lo strumento con il quale meglio si realizza l'intento di Pio La Torre di privare le mafie della loro forza economica e, al medesimo fine, il gruppo PD ha proposto e sottolineato la necessità di misure per il potenziamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità anche al fine di promuovere, snellire e velocizzare le procedure di assegnazione dei beni confiscati, garantendo la piena accessibilità delle informazioni sui beni sequestrati e confiscati, promuovendo l'inserimento della valorizzazione pubblica e sociale dei beni confiscati nei documenti di programmazione economica e di coesione territoriale, nonché per assicurare un migliore monitoraggio dell'utilizzo dei beni destinati, anche provvisoriamente, da parte dei soggetti destinatari, garantire l'efficienza della gestione successiva alla gestione e la garanzia occupazionale, nella aspirazione, concreta, di coniugare al meglio legalità, sviluppo, occupazione, sostenibilità,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, ad incrementare le risorse finanziarie e l'organico per la DIA (Direzione Investigativa Antimafia), in virtù della sua particolare strategicità nell'ambito dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, e, per la sua particolare attualità, dell'aspetto relativo alla forza economico-finanziaria della criminalità organizzata, e, dunque, all'aggressione agli ingenti patrimoni illecitamente accumulati e alla confisca e alla restituzione alla utilità collettiva dei beni afferenti ai suddetti patrimoni, a monitorare sistematicamente i meccanismi di sviluppo e attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di vigilare sulla impermeabilità alle infiltrazioni, a vigilare sulle modalità di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali, anche al fine di individuare e adattare modelli e modalità idonee a preservare dai condizionamenti mafiosi il sistema degli appalti e dei contratti pubblici disciplinato dal codice dei contratti pubblici, e la realizzazione delle opere pubbliche, nonché ad adottare misure per il potenziamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
9/2002/24. Provenzano.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del firmatario, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    il Gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    la necessità avvertita dal Governo di istituire un Commissario straordinario per l'edilizia carceraria testimonia e certifica un'inadeguatezza dell'efficacia dell'azione della struttura amministrativa a ciò deputata e della guida politica attuale;

    la situazione carceraria in Basilicata presenta enormi criticità presso gli istituti penitenziari presenti in regione;

    da tempo le organizzazioni sindacali territoriali segnalano alle istituzioni competenti un sottodimensionamento in termini di organici della polizia penitenziaria che rende insicuro il lavoro degli agenti e degli operatori;

    in diverse circostanze si sono verificati episodi di tensione tra agenti e detenuti nonché atti di autolesionismo da parte dei detenuti stessi,

impegna il Governo

a rispondere alle richieste di incremento del personale in servizio presso le strutture penitenziarie di Basilicata con una assegnazione congrua in grado di adeguare le piante organiche previste nonché a potenziare il personale di supporto a partire da psicologi, mediatori culturali e personale medico che è largamente insufficiente.
9/2002/25. Amendola.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del presentatore, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    la necessità avvertita dal Governo di istituire un Commissario straordinario per l'edilizia carceraria testimonia e certifica un'inadeguatezza dell'efficacia dell'azione della struttura amministrativa a ciò deputata e della guida politica attuale;

    in Puglia il tasso di sovraffollamento delle carceri supera persino il dato nazionale, attestandosi al di sopra del 50 per cento;

    presso la Casa Circondariale di Taranto, si contano circa 938 detenuti con un rapporto agenti/detenuti di appena il 0,28, il più basso a livello nazionale che in media è il 0,54;

    come denunciato in più occasioni dalle parti sociali, tale grave carenza di personale, ad avviso del presentatore, minaccia la sicurezza dell'istituto e viola i diritti dei detenuti e del personale di Polizia Penitenziaria;

    per di più, le condizioni strutturali dell'edificio sono pessime e le carenze igienico-sanitarie risultano tali da costituire un pericolo per la salute dei detenuti,

impegna il Governo

a provvedere urgentemente allo stanziamento di sufficienti risorse per l'assunzione di nuove unità di personale penitenziario da destinare alla casa circondariale di Taranto, nonché per la realizzazione degli interventi edili necessari a garantire condizioni igienico-sanitarie salubri all'interno del medesimo istituto.
9/2002/26. Ubaldo Pagano.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare, il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    ad avviso del firmatari, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito della campagna lanciata dal PD nazionale dedicata specificatamente alle carceri italiane «Bisogna aver visto», stiamo visitando, cercando di raggiungerne quanti più possibile, gli istituti di pena per adulti e per minorenni del Paese;

    il carcere di Sollicciano (Firenze) presenta gravi criticità per carenze di organico e dal punto di vista strutturale;

    secondo i dati dell'associazione «Antigone» l'istituto mostra, in gran parte delle sezioni, croniche carenze dal punto di vista edilizio (infiltrazioni, cedimenti strutturali, umidità, crepe e intonaco cadente) e in molte celle piove, fa freddo, mancano le luci e anche i sanitari hanno spesso problemi di funzionamento. Si evidenzia inoltre che all'interno delle sezioni gli spazi comuni sono costituiti esclusivamente dai passeggi e non ci sono sale di socialità. La percentuale della popolazione non italiana reclusa è molto alta ma viene segnalata la presenza di un solo mediatore culturale;

    secondo quanto recentemente emerso molti detenuti hanno problematiche di sofferenza psicologica e/o di fragilità psichiatrica e/o di tossicodipendenza e necessitano percorsi terapeutici adeguati;

    alcuni lavori di ristrutturazione del carcere, iniziati negli anni scorsi, sono però fermi dal mese di gennaio 2023;

    le numerose criticità del carcere si sono evidenziate recentemente nella loro drammaticità con il suicidio di un detenuto di 20 anni che si è tolto la vita il 4 luglio scorso e che avrebbe dovuto finire di scontare la pena nel novembre 2025. A seguito del tragico gesto si è verificata una protesta che ha coinvolto circa ottanta detenuti;

    questo episodio si somma ai numerosi tentati suicidi, atti di autolesionismo e aggressioni agli agenti di polizia verificati negli ultimi mesi e che mostrano le evidenti sofferenze della struttura;

    le condizioni fatiscenti del carcere sono state riconosciute anche da sentenze della magistratura: l'amministrazione penitenziaria è stata condannata a risarcire con 675 mila euro i familiari di una donna morta del 2014 per overdose, mentre ad un detenuto sono stati disposti quaranta giorni di sconto sulla pena e 3.840 euro come di risarcimento del danno per essere stato recluso per 880 giorni in una cella del carcere senza i requisiti minimi imposti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo;

    sono quindi necessari stanziamenti straordinari al fine di rendere la struttura dignitosa per detenuti e polizia penitenziaria;

    nei mesi scorsi sono stati presentati numerosi emendamenti (ai provvedimenti discussi dalla Camera) per garantire interventi e risorse straordinarie al carcere di Sollicciano sempre respinti sia nelle Commissioni, sia dall'Aula;

    la stessa Commissione ispettiva del Dap ha nei giorni scorso sottolineato la «necessità di un intervento straordinario per ristrutturare il penitenziario che le ultime ispezioni hanno definito molto fatiscente, ma anche in uno stato di incuria e abbandono»;

    nonostante ciò il governo e la maggioranza, in data 29 luglio 2024, hanno respinto un ordine del giorno (numero 9/1937-A/68) che lo impegnava «e far fronte all'emergenza determinata dal progressivo sovraffollamento della medesima struttura carceraria, a stanziare 20 milioni di euro per l'anno 2024, prevedendo misure semplificate per realizzare gli interventi di riqualificazione»,

impegna il Governo

al fine di risolvere le gravissime criticità infrastrutturali della Casa circondariale di Sollicciano, ed in relazione alla citata nota della Commissione Ispettiva del Dap, nonché al fine di far fronte all'emergenza determinata dal progressivo sovraffollamento della medesima struttura carceraria, a stanziare 20 milioni di euro per l'anno 2024, prevedendo misure semplificate per realizzare gli interventi di riqualificazione.
9/2002/27. Fossi, Gianassi.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare, il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    ad avviso dei firmatari, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito della campagna lanciata dal PD nazionale dedicata specificatamente alle carceri italiane «Bisogna aver visto», stiamo visitando, cercando di raggiungerne quanti più possibile, gli istituti di pena per adulti e per minorenni del Paese;

    un importante quotidiano sardo ha riportato, nella giornata di lunedì 29 luglio 2024, notizie circa l'ipotesi di chiusura del carcere San Daniele di Lanusei. Tali notizie si rincorrono ormai da diversi mesi attraverso le denunce di alcuni sindacati della polizia penitenziaria;

    le stesse notizie di stampa riportano il prossimo arrivo di detenuti minorenni presso la struttura, nonostante la stessa non sia idonea ad accoglierli. Il Dipartimento per la giustizia minorile avrebbe categoricamente affermato l'inidoneità dell'istituto di Lanusei per l'accoglienza di minori tanto da rendere incomprensibile una tale scelta se non come percorso verso la successiva chiusura,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziative di competenza volta a far sì che non si proceda al trasferimento di detenuti minori, considerata l'inidoneità e la totale assenza di strutture rieducative dell'istituto penitenziario di Lanusei, e a stanziare adeguate risorse per ridurre il sovraffollamento, il rafforzamento del personale di servizio e per realizzare gli interventi di manutenzione e di ristrutturazione dell'istituto penitenziario.
9/2002/28. Lai, Gianassi, Serracchiani.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    ad avviso del firmatari del presente atto, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito della campagna lanciata dal PD nazionale dedicata specificatamente alle carceri italiane «Bisogna aver visto», stiamo visitando, cercando di raggiungerne quanti più possibile, gli istituti di pena per adulti e per minorenni del Paese;

    a Modena, nel carcere di Sant'Anna, i dati testimoniano il sovraffollamento, con una presenza di persone detenute che è oltre il 50 per cento in più della capienza massima, con 535 unità su 382 posti di capienza, dei quali 370 in detenzione definitiva, con un aumento di 100 unità in più solo nell'ultimo anno per effetto, ad avviso dei presentatori, dei provvedimenti del Governo e della saturazione di altre carceri della regione;

    a fronte di questo numero, a Modena ci sono 40 agenti di polizia penitenziaria in meno della pianta organica prevista, 217 rispetto ai 257 che dovrebbero esserci, ovvero un agente ogni 50 persone o 75 agenti per turno,

impegna il Governo

al fine di risolvere le gravissime criticità infrastrutturali della Casa circondariale di Modena, a stanziare adeguate risorse prevedendo misure per ridurre il sovraffollamento, il rafforzamento del personale di servizio e per realizzare gli interventi di manutenzione e di ristrutturazione dell'istituto penitenziario.
9/2002/29. Vaccari, Guerra.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento che rende ancora più insopportabile per i detenuti e i lavoratori del carcere la situazione;

    il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di trattamenti finalizzati al recupero, la carenza delle figure professionali necessarie per le attività di legge, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria sono purtroppo gravi, cronici e conclamati;

    ad avviso del presentatore, vengono così pregiudicati diritti fondamentali e viene compromessa la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene; tutto ciò, oltre a comprimere diritti fondamentali, nuoce anche alle esigenze di sicurezza collettiva della società;

    il decreto del Governo è insufficiente e non affronta le criticità del sistema;

    da quando sono entrate in vigore le nuove norme non si sono infatti registrate inversioni di tendenza, non si sono arrestati suicidi, rivolte, proteste nelle carceri, il sovraffollamento rimane insopportabile, l'emergenza del caldo non è affrontata e addirittura scarseggia l'acqua;

    nel provvedimento, inoltre, è stato inserito un reato, il cosiddetto peculato per distrazione, l'esigenza della cui previsione certamente non ha nulla a che vedere con la gestione della complessità del sistema carcerario;

    tale inserimento è avvenuto infatti in via d'urgenza e pochi giorni prima della definitiva abrogazione del reato di abuso di ufficio da parte del parlamento;

    successivamente con emendamento del governo è stata ulteriormente estesa la fattispecie del peculato per distrazione con l'inserimento del peculato per distrazione per violazione degli interessi finanziari dell'Unione;

    tale scelta emergenziale, avvenuta addirittura con due diversi e urgenti interventi del governo, la cui necessità mai era stata in precedenza evidenziata dal Governo medesimo, è prova di quanto in molti avevano sostenuto sulle conseguenze negative derivanti dall'abrogazione dell'abuso di ufficio che lascia privi di attenzione penale fatti portatori di disvalore sociale, quale l'abuso di potere del funzionario pubblico, che deliberatamente viola obblighi di legge per discriminare un cittadino o per avvantaggiarne ingiustamente altri, e creando tali lacune determina questioni di incompatibilità con il diritto sovraordinato dell'Unione;

    peraltro, il ministro Nordio aveva giustificato la scelta di cancellare il reato di abuso di potere del funzionario pubblico contro i cittadini in ragione delle esigenze di tutela dei sindaci dalla cosiddetto «paura della firma»;

    tuttavia, con la nuova formulazione del reato di abuso di ufficio bis, che il governo ha definito «peculato per distrazione», introduce nel codice penale il nuovo delitto contro la pubblica amministrazione di indebita destinazione di denaro o cose mobili, il Ministro Nordio e il Governo hanno re-introdotto una sanzione penale a carico di quelli amministratori pubblici che gestiscono risorse pubbliche e per l'appunto tali sono gli amministratori locali;

    in sostanza, Nordio aveva dichiarato che era necessario abrogare l'abuso di ufficio per «rassicurare» i sindaci ed ha finito per cancellare l'abuso di ufficio per alcune categorie di funzionari pubblici ma non per gli amministratori locali quando esercitano poteri di spesa pubblica;

    tuttavia, occorre ancora una volta evidenziare che le incertezze nel sistema delle responsabilità penali, che oggi esistono, derivano dalla disciplina arcaica del Tuel e in particolare dalla disciplina degli articoli 50, 57 e 109 che differentemente da quanto da decenni è stabilito dall'ordinamento giuridico nazionale, ossia che la funzione di indirizzo politico spetta agli amministratori locali e la funzione di gestione con conseguente responsabilità tecnica spetta ai dirigenti dell'ente, finiscono ancora oggi per attribuire agli amministratori locali responsabilità anche per eventuali violazioni tecniche derivante dall'azione del comparto amministrativo, unico responsabile della gestione; molte pronunce hanno infatti ricondotto la responsabilità degli amministratori, ed in particolare dei sindaci, entro la fattispecie del cosiddetto reato omissivo improprio ex articolo 40, secondo comma, anche dunque in caso di contestazione di violazione da parte dell'Ente delle regole tecniche il cui rigoroso rispetto però la legge attribuisce al corpo amministrativo titolare del potere gestionale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:

   prevedere nel codice penale il reato di abuso di potere del pubblico funzionario che viola volontariamente un obbligo di legge al fine di discriminare o punire ingiustamente un cittadino o di avvantaggiarne ingiustamente un altro

   modificare il TUEL agli articoli 50, 54, 107 del Tuel in materia di competenze degli amministratori locali, al fine di prevedere che il sindaco, il presidente della Provincia e gli amministratori locali siano gli organi responsabili dell'indirizzo politico e a ribadire che i dirigenti delle amministrazioni locali siano i responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa in virtù del potere gestionale loro assegnato dalla legge.
9/2002/30. Gianassi.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del presentatore, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 48.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    ad avviso del firmatario, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito della campagna lanciata dal PD nazionale dedicata specificatamente alle carceri italiane «Bisogna aver visto», stiamo visitando, cercando di raggiungerne quanti più possibile, gli istituti di pena per adulti e per minorenni del Paese;

    nella Casa Circondariale di Prato «La Dogaia» solo nel 2024 si sono verificati 3 suicidi ogni anno si registrano circa 200 casi di autolesionismo;

    le rivolte ormai frequenti, le gravissime carenze di organico, la mancanza di una Direzione e di un comando di Polizia penitenziaria esclusiva, rendono la Dogaia, come del resto, molte altre carceri italiane, una delle polveriere pronte ad esplodere in qualsiasi momento,

impegna il Governo

per quanto di competenza, a predisporre ulteriori misure immediate al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, garantendo a tutti gli istituti penitenziari un adeguato approvvigionamento idrico, disponibile e proporzionato alle presenze e agli spazi di ogni istituto, intervenendo anche con procedure straordinarie per immissioni di personale che permettano di intervenire in base alle le condizioni di salute, allo stato di gravidanza, all'età, alla presenza di patologie psichiatriche, a ad altre forme di fragilità, anche provvedendo a forme e strumenti volti ad una climatizzazione degli ambienti accettabile per delle minime condizioni di lavoro del personale e detentive, ricorrendo a forme di maggiore incentivazione per il personale in virtù delle eccezionali condizioni di lavoro, nonché ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, nonché a destinare alla Casa Circondariale di Prato «La Dogaia» adeguate risorse finanziarie, organizzative e di personale che permettano di intervenire immediatamente su una situazione di crisi che non garantisce adeguate condizioni dignitose né ai detenuti né al personale.
9/2002/31. Furfaro.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il Gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    il Gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative al fine di supportare l'azione di abbattimento dell'arretrato civile e delle pendenze civili e penali e la celere definizione dei procedimenti giudiziari, per l'attuazione delle riforme, per l'abbattimento della recidiva e per la piena attuazione dei principi costituzionali, quale quello di cui all'articolo 27 della Costituzione, a prevedere il reclutamento di non meno di 500 nuovi magistrati, da destinare in misura congrua alla sorveglianza, eventualmente anche tramite lo scorrimento di graduatorie in corso di validità all'entrata in vigore della legge in esame.
9/2002/32. De Luca, Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso dei firmatari, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il Gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    il Gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima Legge di bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, ad agire assicurando la piena operatività degli uffici territoriali del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, aumentandone la dotazione organica e potenziando gli organici dei funzionari della professionalità giuridico pedagogica, di servizio sociale, psicologi e di mediatore culturale.
9/2002/33. Malavasi, Di Biase, Serracchiani, Gianassi, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del firmatario del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 7 agenti di Polizia Penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare il Gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    ad avviso del firmatario, le criticità che il mondo carcerario si trova a vivere si intrecciano in modo inquietante e preoccupante con la politica panpenalistica seguita dal Governo che ha finito con l'appesantire ulteriormente le strutture carcerarie, comportando un aumento esponenziale della popolazione carceraria, anche minorenne;

    nell'ambito della campagna lanciata dal PD nazionale dedicata specificatamente alle carceri italiane «Bisogna aver visto», stiamo visitando, cercando di raggiungerne quanti più possibile, gli istituti di pena per adulti e per minorenni del Paese;

    in provincia di Grosseto sono presenti due carceri (uno nel capoluogo, uno a Massa Marittima) che presentano da anni gravi e perduranti criticità sia per carenza di organico, sia dal punto di vista strutturale e logistico;

    il penitenziario di Grosseto ospita 27 detenuti a fronte di 15 posti e dispone di 34 agenti a fronte dei 37 previsti. Il carcere ha un tasso di affollamento tra i più alti d'Italia mentre metà dei detenuti sono stranieri;

    secondo il report dell'Associazione Antigone mancano nel penitenziario di Grosseto locali per la socialità. Esiste un unico spazio aperto, privo di riparo, rendendo di fatto impraticabile la permanenza all'aperto nei caldi mesi estivi o nelle giornate di pioggia. Non ci sono spazi per le lavorazioni, né zone esclusivamente dedicate alle specifiche attività. Le uniche due piccole aule disponibili hanno una funzione polivalente e sono a turno utilizzate per i corsi scolastici e varie attività;

    nel mese di gennaio 2024 è stato siglato il protocollo per realizzare il nuovo polo penitenziario di Grosseto in periferia grazie al trasferimento dall'Agenzia del demanio al Ministero della giustizia di un'ampia porzione dell'ex caserma Rotilio Barbetti, originariamente in uso al Ministero della difesa;

    la struttura è stata finanziata con le risorse del PNRR ed è quindi necessario portare a termine i lavori nei tempi stabiliti;

    per quanto riguarda la casa circondariale di Massa Marittima va segnalato come sia in sotto organico di 8 unità di polizia penitenziaria, mentre per l'associazione Antigone pesa notevolmente la chiusura e l'inagibilità – ormai croniche – dell'ampio spazio originariamente destinato alla palestra, dal 2006 chiuso per via del terreno umido e acquitrinoso tipico della zona paludosa su cui sorge l'edificio. Tale spazio dall'enorme potenzialità di fatto priva l'istituto di un ampio locale, che potrebbe essere adibito a palestra, ma anche sfruttato per innumerevoli altre attività;

    sia per quanto riguarda la struttura di Grosseto che quella di Massa Marittima è stato da tempo rimarcata anche la necessità di garantire la salute dei detenuti anche attraverso la telemedicina,

impegna il Governo

ad assumere iniziative urgenti e stanziare risorse adeguate al fine di risolvere le criticità esposte in premessa, presenti nelle carceri di Grosseto e Massa Marittima ed in particolare per garantire una dotazione idonea di agenti di polizia penitenziaria e strutture dignitose per i detenuti presenti.
9/2002/34. Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia, ad avviso del firmatario del presente atto, di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il Gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    in particolare, il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    la necessità avvertita dal Governo di istituire un Commissario straordinario per l'edilizia carceraria testimonia e certifica un'inadeguatezza dell'efficacia dell'azione della struttura amministrativa a ciò deputata e della guida politica attuale;

    nella Casa circondariale «Borgo San Nicola» di Lecce sono risultate gravi problematiche di salubrità degli ambienti e un generale stato di preoccupante ammaloramento di gran parte della struttura carceraria;

    tali allarmanti criticità sono pienamente confermate dall'esito di alcuni sopralluoghi effettuati di recente dalla ASL di Lecce, al fine di verificare i requisiti igienico-sanitari della struttura;

    a fronte di una capienza regolamentare dell'istituto pari a 798 unità, attualmente sono presenti più di 1400 detenuti, determinando una situazione di grave sovraffollamento degli spazi;

    la struttura presenta nel suo complesso molteplici e rilevanti criticità, sia negli ambienti destinati al personale, sia in quelli adibiti alla custodia e alla cura dei detenuti;

    le condizioni, per tanti aspetti indegne, in cui versa la Casa circondariale di Lecce non sono dissimili da quelle di altri istituti penitenziari italiani, soprattutto nel Mezzogiorno, che hanno già rappresentato motivo di condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo;

    lo stato di degrado che interessa molti di questi luoghi, infatti, costituisce un pericolo per la sicurezza e la salute dei detenuti e dello stesso personale penitenziario;

    tutto quanto rappresentato assume maggiore gravità quando in tali strutture, come accade a Lecce, sono ospitate detenute madri con figli minori a carico,

impegna il Governo

a intraprendere iniziative per verificare lo stato di salubrità e gli standard di sicurezza della casa circondariale di Lecce e porre urgentemente in essere, sulla base di tali verifiche, un piano di interventi di adeguamento, ammodernamento e manutenzione degli edifici.
9/2002/35. Stefanazzi.


   La Camera,

   premesso che:

    la casa circondariale «Miogni» a Varese, è stata dichiarata dismessa nel 2001 ma, ancora oggi, detiene circa il doppio di detenuti, rispetto ai 53 posti come da regolamento;

    l'edificio carcerario ha tagliato il traguardo dei 131 anni, risalendo la costruzione al 1893;

    solo nel 2017 i bagni delle camere del piano terra sono stati dotati di acqua calda e docce, permanendo il resto della struttura in un oggettivo stato di vetustà, che rende ancor più pesante sia la carcerazione che il compito di vigilanza affidato alla polizia penitenziaria;

    spazi adeguati e nuovi sono necessari sia per la dignità di chi è recluso, sia per quella di chi vi lavora. Spazi adeguati sono necessari per poter svolgere attività di studio, di insegnamento e di formazione, ma anche per lo svago, lo sport e per le cosiddette e attività dipartimentali, che aumentano le possibilità per i carcerati di trovare un lavoro al termine della reclusione;

    tutto ciò premesso,

impegna il Governo

a predisporre uno studio di fattibilità aggiornato per valutare tutte le opportunità di delocalizzazione del carcere «Miogni» di Varese, in una nuova sede.
9/2002/36. Candiani.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria;

    ad avviso del presentatore si rischia di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024, come detto, già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri morti avvenute per cause diverse;

    sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo, invece, ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    poiché abbiamo sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso abbiamo proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    abbiamo proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già esiste nel nostro ordinamento, ma che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti;

    inoltre, abbiamo proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, abbiamo chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora;

    la necessità avvertita dal Governo di istituire un Commissario straordinario per l'edilizia carceraria testimonia e certifica un'inadeguatezza dell'efficacia dell'azione della struttura amministrativa a ciò deputata e della guida politica attuale;

    si ricorda che il 22 aprile 2024 una delegazione di parlamentari del Partito democratico ha visitato il carcere di Regina Coeli a Roma, verificando che la struttura registra un tasso di sovraffollamento che sfiora il 182 per cento, ospitando 1.133 detenuti per 628 posti regolamentari effettivamente disponibili, quasi il doppio della capienza ufficiale;

    si è di fronte a un sistema carcerario che non sembra riuscire a garantire il divieto costituzionale di trattamenti contrari al senso di umanità e l'obbligo di un'esecuzione penale orientata alla rieducazione del condannato, a partire dal cronico sovraffollamento, che negli ultimi mesi è andato crescendo secondo una linea di tendenza che potrebbe rendere ingestibili gran parte degli istituti penitenziari nei prossimi mesi;

    i progetti per far fronte al sovraffollamento penitenziario attraverso l'ampliamento della capacità del sistema sono di là da venire e comunque insufficienti a riportare nel breve periodo nella norma le condizioni di detenzione nelle carceri italiane,

impegna il Governo

a predisporre ulteriori misure immediate al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, garantendo a tutti gli istituti penitenziari un adeguato approvvigionamento idrico, disponibile e proporzionato alle presenze e agli spazi di ogni istituto, intervenendo anche con procedure straordinarie per immissioni di personale che permettano di intervenire in base alle le condizioni di salute, allo stato di gravidanza, all'età, alla presenza di patologie psichiatriche, a ad altre forme di fragilità, anche provvedendo a forme e strumenti volti ad una climatizzazione degli ambienti accettabile per delle minime condizioni di lavoro del personale e detentive, ricorrendo a forme di maggiore incentivazione per il personale in virtù delle eccezionali condizioni di lavoro, nonché ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, nonché a destinare alla Casa circondariale di Roma Regina Coeli adeguate risorse finanziarie, organizzative e di personale che permettano di intervenire immediatamente su una situazione di crisi che non garantisce adeguate condizioni dignitose né ai detenuti né al personale.
9/2002/37. Casu.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia penitenziaria, al fine di conciliare la certezza della pena con l'umanizzazione del trattamento;

    l'articolo 4-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, prevede la nomina di un Commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria, che resterà in carica fino al 31 dicembre 2025, individuato tra soggetti esperti nella gestione di attività complesse e nella programmazione di interventi di natura straordinaria;

    al commissario straordinario spetterà il compito di realizzare nuove infrastrutture penitenziarie nonché tutte le opere necessarie alla riqualificazione e ristrutturazione delle strutture esistenti, al fine di aumentarne la capienza e di garantire una migliore condizione di vita dei detenuti;

    il varo di un piano straordinario per le carceri, come risposta strutturale al sovraffollamento penitenziario, deve necessariamente passare da una iniziativa complessiva sull'edilizia penitenziaria e, più specificamente, sul rapporto tra giustizia, pena, architettura e città;

    in particolare, uno dei primi temi da affrontare riguarda la localizzazione delle aree per i nuovi istituti, spesso connesso con quello della dismissione delle vecchie strutture situate nei centri cittadini e la loro sostituzione con nuovi complessi da costruire in siti più esterni rispetto alla città, al fine di contemperare le esigenze di sicurezza interna con quelle, altrettanto importanti, di limitazione del contenuto afflittivo degli spazi carcerari, con una rinnovata attenzione per le attività trattamentali, didattiche, culturali, ricreative e sportive, affermando una dignità complessiva della struttura carceraria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche nell'ambito dell'attuazione del programma affidato al Commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria di cui all'articolo 4-bis del decreto-legge in esame, di concerto con l'amministrazione penitenziaria e gli enti locali coinvolti, di dismettere le strutture carcerarie che insistono nei centri cittadini come, a titolo esemplificativo e non esaustivo, l'Ucciardone di Palermo, Regina Coeli di Roma, San Vittore di Milano e prevedere con le economie realizzate la costruzione di nuovi padiglioni o nuovi complessi fuori dai centri abitati.
9/2002/38. Varchi, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    il medesimo, inoltre, interviene per la straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, per una razionalizzazione di alcuni benefici, di alcune regole di trattamento applicabili ai detenuti e per la semplificazione dell'accesso ai benefici;

    manca, tuttavia, nel provvedimento in esame qualsivoglia previsione a favore della stabilizzazione e del rafforzamento del personale addetto agli uffici per il processo, nella specie nei Tribunali di sorveglianza;

    l'articolo 22, comma 1, lettera a), del disegno di legge di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante «Ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)» interviene sull'articolo 11 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 (convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2013, n. 113), in materia di addetti all'ufficio per il processo (UPP), che è volto a realizzare quanto specificamente previsto nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) ed in particolare a favorire la piena operatività delle strutture dell'ufficio per il processo, sia nell'ambito della giustizia ordinaria che in quello della giustizia amministrativa;

    appare utile rammentare che l'articolo 11 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113 ha introdotto misure specifiche per gli addetti all'ufficio per il processo, prevedendo, al fine di supportare le linee di progetto ricomprese nel PNRR e, in particolare, per favorire la piena operatività delle loro strutture organizzative e assicurare la celere definizione dei procedimenti giudiziari in deroga a quanto previsto;

    è fondamentale intervenire per garantire la prosecuzione della durata dei contratti degli addetti agli uffici già in essere, considerando lo straordinario contributo fornito da questi ultimi all'amministrazione della giustizia ordinaria e amministrativa;

    la funzionalità e l'efficienza degli uffici per il processo rappresentano certamente un aspetto di quell'emancipazione del processo richiesta dal PNRR, messa in campo per affrontare lo storico problema dell'arretrato e dell'eccessiva durata dei processi;

    tra gli ambiziosi obiettivi ed i gravosi impegni che l'Italia si è assunta per la giustizia con il PNRR, invero, vi è la riduzione dei tempi del 40 per cento nel settore civile e del 25 per cento nel penale, eliminando il 90 per cento dell'arretrato. Non si può prescindere, pertanto, dal rafforzamento del personale degli uffici giudiziari che affianca l'operato dei magistrati, in ottica di efficientamento dell'intero sistema giustizia;

    in particolare, nel settore dell'esecuzione penale, è di tutta evidenza come manchi il personale amministrativo adeguato a sostenere il carico di lavoro che è destinato a gravare, così, sui magistrati di sorveglianza. A tal riguardo, si tenga conto che l'articolo 1 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 151 ha espressamente previsto che, oltre che presso i tribunali ordinari e le corti di appello, anche presso i tribunali di sorveglianza siano costituiti uno o più uffici per il processo, che operano secondo le disposizioni previste per l'ufficio per il processo penale presso i tribunali ordinari, in quanto compatibili;

    stando a quanto riportato dai magistrati di sorveglianza e dagli operatori del settore, tale norma risulta ad oggi ancora non attuata, e la stessa coordinatrice dei magistrati di sorveglianza ha dichiarato di recente che il motivo per cui gli stessi non riescono a garantire una loro presenza maggiore nelle carceri – al fine di mettere in pratica ciò che prescrive la legge sull'ordinamento penitenziario, ovvero l'individualizzazione della pena – così da aiutare a scongiurare il ripetersi di casi di suicidi, deriverebbe anche dalla circostanza che sono troppo oberati da lavori di tipo burocratico, che dovrebbero, invece, essere svolti da personale amministrativo;

    occorre garantire la presenza e la stabilizzazione degli addetti agli uffici per il processo anche presso i Tribunali di sorveglianza, di modo da alleggerire il carico di lavoro dei magistrati, consentendo, così a questi ultimi, di occuparsi maggiormente delle condizioni dei detenuti e di dare tempestiva risposta alle loro istanze in relazione alla concessione dei benefici penitenziari,

impegna il Governo

a rendere effettiva e strutturale la destinazione degli addetti agli uffici per il processo anche ai Tribunali di sorveglianza.
9/2002/39. Barzotti, D'Orso, Cafiero De Raho, Ascari, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    il medesimo, inoltre, interviene per rispondere alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, per una razionalizzazione di alcuni benefici, di alcune regole di trattamento applicabili ai detenuti e per la semplificazione dell'accesso ai benefici;

    nel corso dell'esame in sede referente sono state introdotte disposizioni in materia di misure di sicurezza da eseguirsi presso strutture sanitarie (REMS);

    in particolare, all'articolo 10, il comma 1-bis si introduce un nuovo articolo 658-bis nel codice di procedura penale, che disciplina l'ipotesi in cui debba essere eseguita una misura di sicurezza «in una casa di cura e di custodia» oppure «in un manicomio giudiziario», ovvero, gli istituti definitivamente superati a seguito di disposizioni di legge intervenute tra il 2011 e il 2014 e sostituiti dalle strutture residenziali sanitarie per l'esecuzione della misura di sicurezza (REMS);

    il nuovo articolo 658-bis codice penale stabilisce che quando debba essere eseguita una delle suddette misure di sicurezza ordinata con sentenza, il pubblico ministero presso il giudice competente (individuato ai sensi dell'articolo 665 codice di procedura penale) chiede, senza ritardo e comunque entro cinque giorni, al magistrato di sorveglianza la fissazione dell'udienza in vista degli accertamenti prescritti dall'articolo 679 del codice medesimo;

    per quel che riguarda le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, si consideri preliminarmente come, secondo quanto riportato testualmente il sito del Ministero della giustizia, le REMS hanno sostituito gli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) aboliti nel 2013 e chiusi definitivamente il 31 marzo 2015, anche se l'internamento nelle nuove strutture ha carattere transitorio ed eccezionale in quanto applicabile «solo nei casi in cui sono acquisiti elementi dai quali risulti che è la sola misura idonea ad assicurare cure adeguate ed a fare fronte alla pericolosità sociale dell'infermo o seminfermo di mente»;

    la gestione della residenza e delle sue attività è di esclusiva competenza della Sanità, mentre le attività di sicurezza e di vigilanza esterna nonché l'accompagnamento dei pazienti in ospedali o ad altre sedi sono svolte, tramite specifico accordo, d'intesa con le prefetture. Con l'autorità prefettizia vanno concordati anche gli interventi delle forze dell'ordine competenti per territorio, nelle situazioni di emergenza e di sicurezza;

    tuttavia ad oggi, le strutture sanitarie destinate a ospitare pazienti che soffrono di disturbi psichiatrici o di personalità che potenzialmente li rendono pericolosi per sé stessi o per gli altri, sono poche rispetto alle esigenze reali e, spesso, i soggetti in oggetto risultano detenuti negli istituti penitenziari, mettendo a rischio l'incolumità propria ed anche del personale, delle forze dell'ordine e degli altri detenuti;

    circa il 15 per cento della popolazione carceraria è affetta da turbe psichiche che rendono incompatibile la loro detenzione;

    i fondi previsti per gli psicologi e gli psichiatri sono totalmente insufficienti e non permettono, in media e non in tutti gli istituti, più di un'ora a settimana di terapia,

impegna il Governo

al fine di rafforzare le funzioni terapeutico-riabilitative e socio-riabilitative in favore di soggetti affetti da patologie psichiatriche, a prevedere, con il primo provvedimento utile, lo stanziamento di ulteriori risorse per implementare la capienza e il numero delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, così da scongiurare il rischio che i soggetti che, necessitando di supporto psichiatrico, siano invece destinati a scontare la pena all'interno di non idonei istituti penitenziari, compiano gesti estremi, mettendo in pericolo altresì l'incolumità del personale penitenziario.
9/2002/40. Quartini, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    il medesimo, inoltre, interviene per rispondere alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, per una razionalizzazione di alcuni benefici, di alcune regole di trattamento applicabili ai detenuti e per la semplificazione dell'accesso ai benefici, anche al fine di porre rimedio al preoccupante e dilagante fenomeno dei suicidi in carcere da parte dei detenuti;

    l'attuale situazione dei suicidi in carcere desta notevole preoccupazione: il quadro presenta criticità non solo per il numero dei suicidi dei detenuti, ma anche per chi ci lavora;

    solo dall'inizio del 2024 si registrano già 61 suicidi, più di uno ogni due giorni e mezzo. Tale numero dimostra quanto sia importante e indispensabile affrontare l'emergenza carceri immediatamente, in modo strutturale e attraverso scelte pragmatiche e, che in mancanza di queste, sarà destinato solo ad aumentare;

    tra le possibili spiegazioni di questo aumento vi sono il peggioramento delle condizioni di vita nelle carceri, dovuto al sovraffollamento cronico, alla carenza di personale e di servizi, alla diffusione di malattie e droghe;

    uno dei fondamentali principi del nostro ordinamento penale risiede nel principio rieducativo della pena sancito all'articolo 27 comma 3, della Costituzione, secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato;

    la legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario, stabilisce, a sua volta, che il trattamento penitenziario dei condannati e degli internati ha carattere rieducativo e che tende, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale, anche attraverso attività sperimentali mirate a promuovere e a diffondere metodologie nuove nel contesto nazionale, prevedendo, altresì, che la comunità locale partecipi all'azione rieducativa svolta nei confronti degli stessi;

    si consideri che lo stesso ordinamento penitenziario (articoli 74-77 legge n. 254 del 1975) prevede già uno strumento che è rimasto, tuttavia, inattuato. Da quasi 50 anni, invero, è in vigore una norma per favorire il reinserimento dei detenuti e per sostenere le vittime di gravi reati, attraverso la previsione di un apposito organismo, il Consiglio di aiuto sociale, istituito in ogni Tribunale, e costituito da rappresentanti di istituzioni, Chiesa e volontariato. Tali Consigli sono presieduti dal presidente del locale tribunale, e composti da funzionari ministeriali, medici, rappresentanti di categorie professionali, con il compito di facilitare il reinserimento sociale dei detenuti. Lo stesso ministro Nordio ha ammesso che tali Consigli non sono mai stati attivati;

    sarebbero opportuni interventi strutturali per gestire l'emergenza carceraria dilagante: occorre garantire una disponibilità maggiore di attività, che siano lavorative, formative, culturali, così come occorre prevedere il trasferimento in strutture dedicate di tutte quelle persone che non sarebbero dovute entrare in contatto con l'ambiente carcerario sin dall'inizio, a partire dai tossicodipendenti e dai malati psichiatrici,

impegna il Governo

a intervenire, anche a livello normativo, per garantire la piena attuazione degli articoli 74- 77 della legge sull'ordinamento penitenziario che ha istituito il cosiddetto Consiglio di aiuto sociale, al fine di favorire concretamente il recupero e il reinserimento sociale dei detenuti, nel pieno rispetto del principio di rieducazione della pena sancito dalla nostra Costituzione.
9/2002/41. Giuliano, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    il medesimo, inoltre, interviene per rispondere alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, per una razionalizzazione di alcuni benefici, di alcune regole di trattamento applicabili ai detenuti e per la semplificazione dell'accesso ai benefici, anche al fine di porre rimedio al preoccupante e dilagante fenomeno dei suicidi in carcere da parte dei detenuti;

    il nostro Paese sta attraversando una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dall'ondata di caldo e dal sovraffollamento degli istituti penitenziari, che si sta trasformando in una vera e propria emergenza umanitaria, con un drammatico record di suicidi registrato nei primi sei mesi del 2024;

    le misure recate dal provvedimento in esame non paiono sufficienti a invertire la tendenza e a migliorare le condizioni di vita all'interno degli istituti penitenziari italiani. Come denunciato da Antigone, una delle più autorevoli associazioni che si occupa dei diritti dei detenuti, sarebbe stato necessario prevedere misure più incisive per contribuire a un miglioramento della qualità della vita penitenziaria;

    sarebbe stato necessario prevedere misure concrete per l'aumento di figure-chiave all'interno delle carceri come educatori, mediatori, operatori sociali e personale sanitario, per valorizzare i processi di reinserimento sociale e di rieducazione della pena, in conformità con quanto previsto all'articolo 27 del dettato costituzionale;

    tra le attività finalizzate al reinserimento sociale dei detenuti un ruolo significativo per il recupero sociale e psicologico dei soggetti ristretti appare l'attività sportiva, che rientra certamente nel novero delle attività trattamentali;

    è di recente sottoscrizione un protocollo di intesa tra i ministeri della giustizia, dello sport, e della cultura per iniziative comuni volte a incentivare l'attività motoria e sportiva e promuovere uno stile di vita attivo nella quotidianità carceraria;

    tuttavia, il progetto sarà attuato senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, pertanto senza la destinazione all'uopo di specifiche ed adeguate risorse,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche di carattere normativo volte a garantire – attraverso adeguate e strutturali forme di finanziamento – la promozione e il sostegno di tutte le attività trattamentali, con particolare riguardo alle attività sportive, promuovendo la destinazione di ulteriori risorse finalizzate alla stipula di protocolli e convenzioni con soggetti pubblici e privati per favorire lo sport.
9/2002/42. Amato, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    l'articolo 1 del provvedimento in esame autorizza l'assunzione di 1.000 agenti di polizia penitenziaria, nella misura di 500 unità nel 2025 e 500 unità nel 2026;

    in particolare, il comma 1 del richiamato articolo autorizza l'assunzione straordinaria di un contingente massimo di 1.000 unità di agenti del Corpo della polizia penitenziaria, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e nel limite della dotazione organica, nonché del limite massimo di spesa di cui ai successivi commi 2 e 3;

    l'assunzione straordinaria è autorizzata per un numero massimo di 500 unità per ciascuno degli anni 2025 e 2026 e non prima del 1° ottobre di ogni anno e avviene nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 703 del codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) in materia di concorsi per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

    l'articolo 2 incrementa la dotazione organica del personale dirigenziale penitenziario di 20 unità di dirigente penitenziario, autorizzando a tal fine il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria a bandire apposite procedure concorsuali e a procedere allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già banditi;

    le assunzioni previste dal provvedimento in esame non appaiono sufficienti per far fronte alla situazione del personale di Polizia penitenziaria, che presenta gravissime carenze, a cui occorre fare fronte con investimenti massivi, considerando, altresì le gravi ripercussioni da ciò derivanti, sia in termini di condizioni di impiego dei lavoratori, che di sicurezza all'interno degli istituti penitenziari;

    secondo i dati riportati nelle schede trasparenza del Ministero aggiornate al 2024, manca il 16 per cento delle unità previste in pianta organica. In totale il personale effettivamente presente è pari a 31.068. Il rapporto detenuti agente attuale è pari ad 1,96 detenuti per ogni agente, a fronte di una previsione di 1,5. Tra le regioni italiane questo rapporto varia fra l'1,2 e il 2,5 detenuti per ogni agente e suggerisce una distribuzione disomogenea del personale. Le regioni che hanno in media un rapporto più elevato di detenuti per agente sono la Lombardia, il Lazio e la Puglia, con rispettivamente 2,5, 2,4 e 2,2 detenuti; presentano la situazione contraria il Molise e il Friuli, con un numero di detenuti per agente pari a 1,3 e 1,4;

    la legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, alla lettera g) contempla, tra i tanti, anche il coinvolgimento degli uffici per l'esecuzione penale esterna, al fine di consentire l'applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel giudizio di cognizione;

    occorre incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, al fine di incidere positivamente sui livelli di sicurezza, operatività e di efficienza degli istituti penitenziari e di incrementare le attività di controllo dell'esecuzione penale esterna,

impegna il Governo

a potenziare l'organico del Corpo di Polizia penitenziaria, attraverso un piano straordinario di assunzione, per arrivare a coprire la gravissima carenza di organico di circa 10.000 unità, anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, al fine di rendere maggiormente efficienti gli istituti penitenziari e garantire migliori condizioni di lavoro al personale addetto alla sicurezza all'interno delle carceri.
9/2002/43. Auriemma, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame risponde, tra gli altri, anche alla straordinaria necessità e urgenza di definire, anche in relazione agli obblighi eurounitari, il reato di indebita destinazione di beni ad opera del pubblico agente;

    l'articolo 9, invero, modificato nel corso dell'esame in sede referente, introduce nel codice penale il nuovo delitto contro la pubblica amministrazione di indebita destinazione di denaro o cose mobili, attraverso il nuovo articolo 314-bis e modifica altresì il decreto legislativo n. 231 del 2001, in materia di responsabilità delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, includendo il delitto di indebita destinazione di denaro o cose mobili nel novero dei delitti per i quali è comminata una sanzione pecuniaria nei confronti dell'ente;

    l'introduzione del nuovo reato è collegata alle vicende normative e agli orientamenti giurisprudenziali che hanno interessato la figura del peculato per distrazione, previsto dall'articolo 314 nel testo vigente prima della riforma dei reati contro la pubblica amministrazione di cui alla legge n. 86 del 1990;

    tale nuova fattispecie appare, tuttavia, agli scriventi un maldestro tentativo di sopperire in parte ai preoccupanti effetti derivanti dall'abrogazione del reato di abuso d'ufficio, e al depotenziamento della fattispecie di traffico di influenze illecite, intervenute a seguito della recente approvazione definitiva del cosiddetto disegno di legge Nordio;

    le due modifiche alle fattispecie che rientrano nell'alveo dei reati corruttivi, rappresentano un grave passo indietro rispetto alle modifiche introdotte dalla legge cosiddetta Spazzacorrotti (n. 3 del 2019), grazie alla quale il nostro Paese aveva ottenuto il plauso dal GRECO per l'avvenuto allineamento agli standard imposti dalla Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo;

    si ricorda che il reato di traffico di influenze illecite di cui all'articolo 346-bis del codice penale è stato inserito nel codice dalla cosiddetta «Legge Severino» (legge n. 190 del 2012). Si ricorda, a tale proposito, che il citato intervento legislativo richiamava quanto previsto sia dall'articolo 18 Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (cosiddetta Convenzione di Merida), sia dall'articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo;

    come già rilevato dagli scriventi, tale scelta legislativa è apparsa dunque in assoluta controtendenza rispetto alla direzione tracciata dall'Unione europea in materia di presidi anticorruttivi: appare utile ricordare in tale sede, inoltre, che il 3 maggio 2023 la Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva COM(2023)234 sulla lotta contro la corruzione. La proposta aggiorna il quadro giuridico dell'Unione europea in materia di lotta contro la corruzione, vincolando gli Stati membri all'adozione di norme di armonizzazione minima delle fattispecie di reato riconducibili alla corruzione e delle relative sanzioni, nonché di misure per la prevenzione del fenomeno corruttivo e di strumenti per rafforzare la cooperazione nelle relative attività di contrasto;

    inoltre, nell'ultimo Report sullo Stato di diritto, la Commissione europea ha segnalato come la riduzione dell'ambito di applicazione del reato di traffico di influenze illecite dovrebbero essere controbilanciate da norme più rigorose in materia di lobbying;

    invero, la criminalizzazione dell'abuso d'ufficio e del traffico di influenze illecite è prevista dalle convenzioni internazionali sulla corruzione ed è quindi uno strumento essenziale per le autorità di contrasto e le procure ai fini della lotta contro la corruzione;

    i portatori di interessi hanno osservato al riguardo che l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio potrebbe comportare una diminuzione dei livelli di rilevamento e investigazione della frode e della corruzione; del pari, la riduzione dell'ambito di applicazione del reato di traffico di influenze illecite dovrebbe essere controbilanciata da norme più rigorose in materia di lobbying;

    da quanto rilevato nel richiamato Report, non si registrano ulteriori progressi nell'adozione di norme complessive sul lobbying e nell'istituzione di un'impronta legislativa;

    già la Relazione sullo Stato di diritto 2023 raccomandava all'Italia di «adottare norme complessive [...] e regolamentare il lobbying istituendo un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi, compresa un'impronta legislativa», ma non sono stati compiuti ulteriori progressi per attuare la raccomandazione formulata negli scorsi anni;

    è attualmente in corso di esame in Commissione Affari Costituzionali della Camera la proposta di legge (a firma Silvestri) che disciplina le attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi (A.C. 308), la cui adozione si ritiene necessaria e non più differibile al fine di colmare un grave vuoto normativo;

    dall'analisi condotta dall'associazione Transparency International-Italia nello studio «Lobbying e democrazia». La rappresentanza degli interessi in Italia emerge infatti uno scenario sconfortante, che classifica il nostro Paese tra i peggiori in Europa, con un punteggio di 20 su 100. Lo studio condotto porta infatti a concludere che il livello di accesso dei cittadini alle informazioni sulle attività di lobbying («trasparenza») raggiunge uno scarso 11 per cento; la valutazione degli standard e dei codici di comportamento dei lobbisti e dei decisori pubblici («integrità») arriva al 27 per cento; infine l'equità di accesso e partecipazione al processo decisionale («parità nelle condizioni di accesso») ottiene solo 22 punti su 100. È evidente pertanto che l'adozione di una normativa capace di colmare questo vuoto è necessaria e doverosa per ristabilire adeguati livelli di trasparenza e di partecipazione alle decisioni pubbliche;

    regolamentare l'attività di rappresentanza di interessi particolari risponde a una duplice esigenza: da un lato, orientare la formazione della decisione del legislatore alla tutela della concorrenza, conformandola ai princìpi di pubblicità, trasparenza e partecipazione democratica e migliorando la qualità della regolazione; dall'altro, fornire un efficace strumento per la prevenzione e la lotta alla corruzione e per evitare e combattere i conflitti di interesse e il traffico illecito di influenze, assicurando il diritto-dovere, costituzionalmente garantito, della partecipazione della società civile ai processi decisionali;

    la mancanza di regolamentazione delle attività di lobbying è percepita come una delle principali carenze nel sistema di integrità nazionale;

    come rilevato anche nel Report, l'esigenza di norme complessive sulle attività di lobbying, comprendenti una definizione precisa della figura del rappresentante di interessi, è cresciuta alla luce delle modifiche proposte dell'ambito di applicazione del reato di traffico di influenze illecite,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, a favorire e sostenere le iniziative parlamentari in esame in materia di rappresentanza di interessi, in quanto strettamente connesse al rafforzamento dei presidi di prevenzione anticorruzione, al fine di dotare il nostro Paese di una normativa adeguata, in linea con le esortazioni avanzate dagli organi europei.
9/2002/44. Scutellà, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 11 del provvedimento in esame prevede l'esclusione della possibilità di sequestrare o pignorare le riserve valutarie estere depositate presso la Banca d'Italia;

    la relazione illustrativa si limita ad indicare la ragione dell'intervento nell'eliminazione delle incertezze interpretative in relazione alle procedure esecutive nei confronti degli Stati esteri nonché nell'impedimento del sorgere di contenziosi tali da riverberarsi sui rapporti tra l'Italia e gli Stati esteri;

    la relazione tecnica nulla aggiunge in merito;

    sia l'analisi tecnico-normativa (ATN) sia l'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), le quali sarebbero stati elementi utilissimi ai fini della valutazione dell'impatto che la normativa ha sull'ordinamento, sono state trasmesse con grave ritardo;

    non è pertanto agevole, ad avviso dei presentatori, comprendere la ratio di una previsione di tal genere, né, tanto meno, gli effetti che potrebbero derivarne in materia di politica monetaria e valutaria, specie in rapporto agli altri Paesi stranieri,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti derivanti dalla norma in esame, al fine di escludere che dalla stessa possano derivare effetti pregiudizievoli all'economia del nostro Paese.
9/2002/45. Fenu, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    l'articolo 1 del provvedimento in esame autorizza l'assunzione di 1.000 agenti di polizia penitenziaria, nella misura di 500 unità nel 2025 e 500 unità nel 2026;

    in particolare, il comma 1 del richiamato articolo autorizza l'assunzione straordinaria di un contingente massimo di 1.000 unità di agenti del Corpo della polizia penitenziaria, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e nel limite della dotazione organica, nonché del limite massimo di spesa di cui ai successivi commi 2 e 3;

    l'assunzione straordinaria è autorizzata per un numero massimo di 500 unità per ciascuno degli anni 2025 e 2026 e non prima del 1° ottobre di ogni anno e avviene nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 703 del codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) in materia di concorsi per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

    l'articolo 2 incrementa la dotazione organica del personale dirigenziale penitenziario di 20 unità di dirigente penitenziario, autorizzando a tal fine il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria a bandire apposite procedure concorsuali e a procedere allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già banditi;

    l'atto in esame, tuttavia, difetta di qualsivoglia previsione a favore del personale medico specialistico e sanitario che opera all'interno degli istituti penitenziari;

    considerate le particolari condizioni di lavoro in cui operano gli stessi, offrendo un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, con compiti di prevenzione, cura e riabilitazione a favore di soggetti affetti da problematiche psichiatriche in esecuzione penale, presso gli istituti penitenziari per adulti e nelle strutture minorili e presso le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.);

    circa il 15 per cento della popolazione carceraria è affetta da turbe psichiche che rendono incompatibile la loro detenzione;

    i fondi previsti per gli psicologi e gli psichiatri sono totalmente insufficienti e non permettono, in media e non in tutti gli istituti, più di un'ora a settimana di terapia;

    solo dall'inizio del 2024 si registrano già 61 suicidi, più di uno ogni due giorni e mezzo. Tale numero dimostra quanto sia importante e indispensabile affrontare l'emergenza carceri immediatamente, in modo strutturale e attraverso scelte pragmatiche e, che in mancanza di queste, sarà destinato solo ad aumentare;

    l'attuale situazione dei suicidi in carcere desta notevole preoccupazione: il quadro presenta criticità non solo per il numero dei suicidi dei detenuti, ma anche per chi ci lavora,

impegna il Governo

a destinare, con il primo provvedimento utile, incentivi economici a favore del personale medico specialistico e al personale sanitario che fornisce un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, che svolge compiti di prevenzione, cura e riabilitazione a favore di soggetti affetti da problematiche psichiatriche in esecuzione penale, attraverso i competenti dipartimenti e servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, presso gli istituti penitenziari per adulti e nelle strutture minorili, presso le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui alla legge 30 maggio 2014, n. 81, e presso gli uffici di esecuzione penale esterna, attraverso specifici emolumenti giustificati dalle particolari condizioni di lavoro.
9/2002/46. Marianna Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    il medesimo, inoltre, interviene per rispondere alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, per una razionalizzazione di alcuni benefici, di alcune regole di trattamento applicabili ai detenuti e per la semplificazione dell'accesso ai benefici;

    in particolare, l'articolo 8 dell'atto in esame introduce disposizioni in materia di strutture residenziali per l'accoglienza e il reinserimento sociale dei detenuti, istituendo presso il Ministero della giustizia un elenco delle strutture residenziali idonee all'accoglienza e al reinserimento sociale;

    per l'iscrizione nell'elenco le strutture residenziali devono garantire, oltre a una idonea accoglienza residenziale, lo svolgimento di servizi di assistenza, di riqualificazione professionale e reinserimento socio-lavorativo dei soggetti residenti, compresi quelli con problematiche derivanti da dipendenza o disagio psichico, che non richiedono il trattamento in apposite strutture riabilitative;

    a seguito delle modifiche apportate nel corso dell'esame presso il Senato, è stato aggiunto il comma 6-bis, che mira ad ampliare le possibilità di accesso ai detenuti tossicodipendenti presso comunità terapeutiche pubbliche o private accreditate;

    il comma 2 prevede che con decreto del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, siano definite la disciplina relativa alla formazione e all'aggiornamento dell'elenco di cui al comma 1, le modalità di esercizio dell'attività di vigilanza sullo stesso e le caratteristiche e i requisiti di qualità dei servizi necessari per l'iscrizione nell'elenco. Con il medesimo decreto sono, altresì, stabilite le modalità di recupero delle spese per la permanenza nelle strutture di cui al comma 1, nonché i presupposti soggettivi e di reddito per l'accesso alle suddette strutture dei detenuti, che non sono in possesso di un domicilio idoneo e sono in condizioni socio-economiche non sufficienti per provvedere al proprio sostentamento, al fine di garantire il rispetto del limite di spesa di cui al comma 6;

    il comma 3 prevede che, ai fini dell'iscrizione nel suddetto elenco, le strutture residenziali garantiscano, oltre ad una idonea accoglienza residenziale, lo svolgimento di servizi di assistenza, di riqualificazione professionale e reinserimento socio-lavorativo dei soggetti residenti, compresi quelli con problematiche derivanti da dipendenza o disagio psichico, che non richiedono il trattamento in apposite strutture riabilitative;

    tuttavia, non appare evidente quale sia nello specifico la esatta platea di detenuti che andrebbe ospitata presso queste strutture residenziali con riguardo all'entità della pena comminata o ancora da espiare, con riguardo ad eventuali esclusioni per tipologia di reato o di regime carcerario, con riguardo allo stato di avanzamento nel percorso rieducativo,

impegna il Governo

a prevedere, con il primo provvedimento utile, la esatta descrizione della platea di detenuti che sarà possibile destinare alle strutture residenziali.
9/2002/47. Cafiero De Raho, D'Orso, Ascari, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    il medesimo, inoltre, interviene per rispondere alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, per una razionalizzazione di alcuni benefici, di alcune regole di trattamento applicabili ai detenuti e per la semplificazione dell'accesso ai benefici;

    l'articolo 4-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, prevede la nomina di un Commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria, che resta in carica fino al 31 dicembre 2025. In particolare, per far fronte alla grave situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari, il comma 1, prevede la nomina di un Commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria, disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

    la medesima procedura trova applicazione anche nel caso di revoca. La disposizione prevede infatti che l'incarico di commissario straordinario possa essere revocato, anche in conseguenza di gravi inadempienze occorse nello svolgimento delle funzioni commissariali. Il commissario deve essere individuato tra soggetti esperti nella gestione di attività complesse e nella programmazione di interventi di natura straordinaria, dotati di specifica professionalità e competenza gestionale per l'incarico da svolgere;

    al commissario straordinario è riconosciuto un compenso, da determinarsi con il medesimo decreto di nomina, in misura non superiore a quella indicata all'articolo 15, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (conv. legge n. 111 del 2011);

    ai sensi del comma 2 il commissario straordinario, sentiti il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e il capo del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità e nel limite delle risorse disponibili, compie tutti gli atti necessari per la realizzazione di nuove infrastrutture penitenziarie nonché delle opere di riqualificazione e ristrutturazione delle strutture esistenti, al fine di aumentarne la capienza e di garantire una migliore condizione di vita dei detenuti;

    il comma 6 prevede che il commissario straordinario resti in carica sino al 31 dicembre 2025 ed entro il 30 giugno 2025 il Commissario trasmetta ai Ministri della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro dell'economia e delle finanze una relazione sullo stato di attuazione del programma degli interventi in materia carceraria ed entro novanta giorni dalla data di cessazione dall'incarico trasmette ai medesimi Ministri una relazione finale sull'attività compiuta e sulle risorse impiegate;

    tuttavia, sarebbe stato opportuno prevedere nel provvedimento un riferimento alla trasmissione alle Camere delle medesime relazioni,

impegna il Governo

a intervenire con il primo provvedimento utile affinché sia garantito, nell'ambito del compimento del programma di intervento portato a termine dal Commissario straordinario, un diretto coinvolgimento delle Camere.
9/2002/48. Alfonso Colucci, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    il medesimo, inoltre, interviene per rispondere alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, per una razionalizzazione di alcuni benefici, di alcune regole di trattamento applicabili ai detenuti e per la semplificazione dell'accesso ai benefici, anche al fine di porre rimedio al preoccupante e dilagante fenomeno dei suicidi in carcere da parte dei detenuti;

    l'attuale situazione dei suicidi in carcere desta notevole preoccupazione: il quadro presenta criticità non solo per il numero dei suicidi dei detenuti, ma anche per chi ci lavora;

    solo dall'inizio del 2024 si registrano già 47 suicidi, più di uno ogni due giorni e mezzo. Tale numero dimostra quanto sia importante e indispensabile affrontare l'emergenza carceri immediatamente, in modo strutturale e attraverso scelte pragmatiche e, che in mancanza di queste, sarà destinato solo ad aumentare;

    tra le possibili spiegazioni di questo aumento vi sono il peggioramento delle condizioni di vita nelle carceri, dovuto al sovraffollamento cronico, alla carenza di personale e di servizi, alla diffusione di malattie e droghe;

    purtroppo è recente la notizia di cronaca che ha visto un agente della polizia penitenziaria impiegata presso il carcere di Palermo, porre fine alla sua vita, mentre era in servizio, sparandosi nel posto di sentinella sul muro di cinta dell'istituto;

    è il settimo poliziotto suicida dall'inizio dell'anno;

    questo ennesimo suicidio pone di nuovo con urgenza l'attenzione sulla necessità di interventi concreti per il supporto psicologico e il miglioramento delle condizioni lavorative degli agenti di Polizia Penitenziaria;

    è fondamentale che si instauri un sistema di supporto adeguato per affrontare lo stress e le difficoltà che quotidianamente gli agenti affrontano nel loro delicato ruolo,

impegna il Governo

a intervenire, con il primo provvedimento utile, per destinare specifiche risorse all'introduzione in via strutturale del servizio di supporto psicologico per gli agenti di polizia penitenziaria.
9/2002/49. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    il medesimo, inoltre, interviene per la straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, per una razionalizzazione di alcuni benefici, di alcune regole di trattamento applicabili ai detenuti e per la semplificazione dell'accesso ai benefici;

    manca, tuttavia, nel provvedimento in esame qualsivoglia previsione a favore dei Tribunali di sorveglianza;

    l'articolo 1 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 151, ha espressamente previsto che, oltre che presso i tribunali ordinari e le corti di appello, anche presso i tribunali di sorveglianza siano costituiti uno o più uffici per il processo, che operano secondo le disposizioni previste per l'ufficio per il processo penale presso i tribunali ordinari, in quanto compatibili;

    stando a quanto riportato dai magistrati di sorveglianza e dagli operatori del settore, tale norma risulta ad oggi ancora non attuata, e la stessa coordinatrice dei magistrati di sorveglianza ha dichiarato di recente che il motivo per cui gli stessi non riescono a garantire una loro presenza maggiore nelle carceri – al fine di mettere in pratica ciò che prescrive la legge sull'ordinamento penitenziario, ovvero l'individualizzazione della pena – così da aiutare a scongiurare il ripetersi di casi di suicidi, deriverebbe anche dalla circostanza che sono troppo oberati da lavori di tipo burocratico, che dovrebbero, invece, essere svolti da personale amministrativo;

    occorre supportare il grave carico di lavoro dei magistrati di Sorveglianza, così a questi ultimi, di occuparsi maggiormente delle condizioni dei detenuti e scongiurare il rischio del ripetersi di ulteriori ipotesi di suicidi,

impegna il Governo

ad adoperarsi, per quanto di competenza e ferme restando le specifiche prerogative del CSM in materia, affinché si consenta in via temporanea ed urgente, l'applicazione o la supplenza di magistrati degli uffici ordinari a quelli di sorveglianza, per far fronte al gravissimo arretrato che pregiudica la possibilità di accoglimento tempestivo delle istanze per la concessione dei benefici penitenziari in favore dei detenuti.
9/2002/50. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto in esame contiene disposizioni in materia penitenziaria, tra cui alcune misure relative a strutture residenziali per l'accoglienza e il reinserimento sociale dei detenuti;

    il nostro Paese sta attraversando una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dall'ondata di caldo e dal sovraffollamento degli istituti penitenziari, che si sta trasformando in una vera e propria emergenza umanitaria, con un drammatico record di suicidi registrato nei primi sei mesi del 2024;

    le misure recate dal provvedimento in esame non paiono sufficienti a invertire la tendenza e a migliorare le condizioni di vita all'interno degli istituti penitenziari italiani. Come denunciato da Antigone, una delle più autorevoli associazioni che si occupa dei diritti dei detenuti, sarebbe stato necessario prevedere misure più incisive contribuire a un miglioramento della qualità della vita penitenziaria;

    accanto all'assunzione di nuove unità del Corpo di Polizia penitenziaria, sarebbe stato necessario prevedere misure concrete per l'aumento di figure-chiave all'interno delle carceri come educatori, mediatori, operatori sociali e personale sanitario, per valorizzare i processi di reinserimento sociale e di rieducazione della pena, in conformità con quanto previsto all'articolo 27 del dettato costituzionale;

    tra queste figure-chiave si inserisce anche quella dell'operatore di teatro sociale, che si occupa di soggetti vulnerabili nei contesti dove opera, tra cui le carceri, con finalità culturali, civili, artistiche e di benessere psico-sociale;

    il teatro in carcere, praticato in Italia da decenni, svolge infatti una preziosa funzione sociale – che si accompagna a quella artistica – e ha un impatto estremamente positivo nel trattamento delle persone detenute, a cominciare dalla riduzione della recidiva tra i detenuti coinvolti in laboratori teatrali;

    ciò nonostante, la pratica dei laboratori teatrali all'interno degli istituti non è stata mai oggetto di un solido inquadramento normativo, perciò spesso i laboratori sono affidati a volontari, o a professionisti coinvolti in modo discontinuo a seconda della volontà dei direttori d'istituto, e della loro possibilità di reperire e investire risorse;

    ad oggi è ancora in attesa di calendarizzazione la proposta di legge a prima firma Bruno «Disposizioni per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari», anche nota come PDL «teatro in ogni carcere», che prevede l'istituzione di un Osservatorio permanente sulle attività teatrali nelle carceri, l'individuazione di uno spazio dedicato a laboratori artistici in ogni Istituto, e la promozione e il sostegno di attività laboratoriali orientati alla rieducazione, alla socialità e al trattamento attraverso un fondo dedicato,

impegna il Governo

anche al fine di contribuire al conseguimento di effetti positivi anche in termini di riduzione della recidiva, in attuazione della funzione rieducativa della pena ex articolo 27 della Costituzione, a istituire, presso il Ministero della giustizia, un fondo dedicato alla promozione e al sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari, finalizzato alla predisposizione di progetti coerenti con l'idea di rieducazione, anche tramite forme di collaborazione con università, fondazioni e istituti di ricerca, ordini professionali, enti locali, associazioni, esperti, tramite anche l'elaborazione di interventi sulle strutture esistenti, la riorganizzazione degli spazi degli istituti carcerari; e l'individuazione di uno spazio dedicato a laboratori artistici in ogni Istituto.
9/2002/51. Bruno, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, al fine di incidere sui livelli di sicurezza, operatività ed efficienza degli istituti penitenziari e di incrementare maggiormente le attività di controllo dell'esecuzione penale esterna, autorizza l'assunzione di n. 1.000 unità di agenti del Corpo di Polizia penitenziaria;

    tale assunzione straordinaria è prevista nel limite della dotazione organica;

    tra il 2023 e il 2024 è aumentato il numero di detenuti per agente: da 1,6 a 1,8 detenuti per agente, a fronte di una previsione di 1,5. In alcuni contesti tale dato è particolarmente drammatico come a Rieti dove si registra un numero di 3,9 detenuti per agente ed è indicativo di gravi carenze di personale, come nel caso dell'istituto Antona Montacuto dove si contano 197 unità in meno;

    il carcere è un'organizzazione complessa, al cui interno operano varie professionalità la cui presenza in numero adeguato incide significativamente sulla capacità dell'istituto di adempiere al ruolo rieducativo della pena assegnato dall'articolo 27 della Costituzione, migliorando, dunque, le condizioni nelle quali i detenuti scontano la pena stessa;

    la categoria maggiormente sotto organico, ad oggi, è quella del personale amministrativo. Le schede trasparenza del Ministero aggiornate al 2024 mostrano una differenza tra funzionari amministrativi previsti ed effettivi pari al 20,87 per cento,

impegna il Governo

ad avviare un piano straordinario di assunzioni destinato a risolvere definitivamente l'atavica carenza di personale di Polizia penitenziaria, nonché delle altre figure operanti all'interno degli istituti penitenziari, quali educatori, personale amministrativo e personale sanitario.
9/2002/52. Pavanelli, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame risponde, tra gli altri, alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per l'incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile, ai fini del miglior funzionamento degli istituti di pena, nonché disposizioni in materia di personale amministrativo;

    l'articolo 1 del provvedimento in esame autorizza l'assunzione di 1.000 agenti di polizia penitenziaria, nella misura di 500 unità nel 2025 e 500 unità nel 2026;

    in particolare, il comma 1 del richiamato articolo autorizza l'assunzione straordinaria di un contingente massimo di 1.000 unità di agenti del Corpo della polizia penitenziaria, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e nel limite della dotazione organica, nonché del limite massimo di spesa di cui ai successivi commi 2 e 3;

    l'assunzione straordinaria è autorizzata per un numero massimo di 500 unità per ciascuno degli anni 2025 e 2026 e non prima del 1° ottobre di ogni anno e avviene nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 703 del codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) in materia di concorsi per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

    le assunzioni previste dal provvedimento in esame non appaiono sufficienti per far fronte alla situazione del personale di Polizia penitenziaria, che presenta gravissime carenze, a cui occorre fare fronte con investimenti massivi, considerando, altresì le gravi ripercussioni da ciò derivanti, sia in termini di condizioni di impiego dei lavoratori, che di sicurezza all'interno degli istituti penitenziari;

    secondo i dati riportati nelle schede trasparenza del Ministero aggiornate al 2024, manca il 16 per cento delle unità previste in pianta organica. In totale il personale effettivamente presente è pari a 31.068. Il rapporto detenuti agente attuale è pari ad 1,96 detenuti per ogni agente, a fronte di una previsione di 1,5. Tra le regioni italiane questo rapporto varia fra l'1,2 e il 2,5 detenuti per ogni agente e suggerisce una distribuzione disomogenea del personale. Le regioni che hanno in media un rapporto più elevato di detenuti per agente sono la Lombardia, il Lazio e la Puglia, con rispettivamente 2,5, 2,4 e 2,2 detenuti; presentano la situazione contraria il Molise e il Friuli, con un numero di detenuti per agente pari a 1,3 e 1,4;

    secondo quanto riportato dalle fonti di stampa, lo scorso 1° agosto si è consumata una nuova rivolta nel carcere minorile Ferrante Aporti di Torino, nel tentativo dei detenuti di prendere il controllo dell'istituto. La protesta, durata tutta la notte e che ha visto coinvolti 52 detenuti, si è conclusa solo nel pomeriggio del 2 agosto;

    nelle stesse ore, nel carcere Lorusso e Cutugno, a seguito di una violenta rissa tra detenuti stranieri, un agente della polizia penitenziaria è stato minacciato con una lama affilata puntata alla gola per ottenere le chiavi dei cancelli della sezione;

    tra i motivi della protesta all'interno del carcere minorile vi sarebbe il sovraffollamento ormai cronico della struttura: il Ferrante Aporti avrebbe una capienza di 46 persone, ma da mesi, ormai, si è sempre ben oltre la soglia dei 50 detenuti;

    da tempo l'Osapp aveva denunciato situazioni d'invivibilità totale, con almeno una decina di minorenni costretti a dormire per terra, in quanto non vi sono più letti disponibili;

    nel carcere Lorusso e Cutugno nel corso del 2023 il numero dei detenuti non è mai sceso sotto i 1400 – su una capienza di 1095 posti – e ci sono stati 5 suicidi e 57 tentativi di suicidio;

    occorre intervenire per incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, specie nelle situazioni caratterizzate da particolari criticità, al fine di incidere positivamente sui livelli di sicurezza, operatività e di efficienza degli istituti penitenziari e di incrementare le attività di controllo,

impegna il Governo

a intervenire a tutti i livelli, anche normativo, per impedire che si verifichino nuovamente situazioni simili a quelle che hanno riguardato le carceri di Torino, ponendo rimedio alla grave problematica del sovraffollamento carcerario, nonché stanziando ulteriori risorse per l'assunzione straordinaria di personale di polizia penitenziaria.
9/2002/53. Appendino, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto in conversione reca numerose disposizioni atte a rafforzare l'operato degli appartenenti al Corpo della Polizia penitenziaria anche tramite il riconoscimento di una indennità annua lorda, aggiuntiva rispetto agli attuali istituti retributivi, al personale del Comparto funzioni centrali appartenente ai ruoli del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, in servizio presso gli istituti penitenziari per adulti e presso gli istituti penali per i minorenni;

    una visione funzionale dell'intero sistema penale si basa sull'esigenza della circolarità degli interventi e, a tale proposito, non possono essere ignorate le gravi carenze di organico di cui soffre il Ministero della giustizia: nello specifico, l'attività del personale amministrativo di quel Dicastero, a fronte dell'inevitabile surplus di lavoro conseguente alla scarsità di risorse umane vede bloccate tutte quelle indennità la cui attribuzione non avviene in maniera generalizzata e per prestazioni che rientrano nella mansione del dipendente, bensì in casi particolari in cui la prestazione comporta un particolare aggravio, disagio, rischio o responsabilità quale presupposto indispensabile per l'attribuzione dell'emolumento;

    da tale situazione consegue il diffuso fenomeno della rinuncia al posto di lavoro da parte dei vincitori di concorso o del successivo transito ad altra pubblica amministrazione che offre condizioni economiche nettamente più allettanti, cosa che aggrava ulteriormente la capacità del Ministero di erogare un efficiente servizio al sistema paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare il Fondo risorse decentrate del personale contrattualizzato non dirigente del Ministero della giustizia, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, al fine di incentivare le attività del personale contrattualizzato.
9/2002/54. De Palma, Calderone.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea reca la «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    nelle carceri italiane, dall'inizio dell'anno, si sono registrati 64 suicidi. Un numero elevatissimo, in netta crescita rispetto agli anni precedenti. L'emergenza suicidi poi si sovrappone a quella del sovraffollamento. Secondo gli ultimi dati, aggiornati al 12 giugno scorso, attualmente i detenuti sono 61.468 a fronte di 47.076 posti regolarmente disponibili, rispetto alla capienza regolamentare di 51.221. Il sovraffollamento effettivo è pari al 130,77 per cento;

    ulteriormente problematica è la situazione del corpo della polizia penitenziaria, dove si registrano dall'inizio dell'anno 7 suicidi tra gli appartenenti al Corpo. Per esempio, a Rebibbia, su 1.700 detenuti, sarebbero necessari 700 agenti di custodia, ma ne sono presenti solo 400. Questa carenza di personale aggrava ulteriormente le condizioni di detenzione e di lavoro all'interno delle carceri,

impegna il Governo:

   a promuovere interventi e servizi di mediazione linguistico e culturale negli istituiti penitenziari al fine di garantire la presenza di mediatori linguistici e culturali qualificati in ogni istituto penitenziario e facilitare la comunicazione tra il personale penitenziario e i detenuti di origine straniera, aiutando a risolvere eventuali incomprensioni e conflitti derivanti da barriere linguistiche e culturali;

   a potenziare la copertura organica del personale penitenziario in particolare nei profili professionali degli educatori, degli assistenti sociali, degli psicologi e degli operatori amministrativi, al fine di garantire assicurare un adeguato supporto educativo, formativo, psicologico alla popolazione detenuta, nonché per garantire per un efficiente funzionamento amministrativo degli istituti penitenziari;

   a implementare programmi di formazione continua per tutto il personale penitenziario, al fine di aggiornare le competenze e le conoscenze necessarie per affrontare le sfide specifiche dell'ambiente carcerario e migliorare le condizioni lavorative, includendo misure di supporto psicologico e programmi per garantire un ambiente di lavoro sano e sostenibile;

   a favorire interventi specifici per la popolazione detenuta femminile, sviluppando e attuando interventi mirati che tengano conto delle specifiche esigenze della popolazione detenuta femminile in ambito formativo, di supporto familiare e psicologico e di sostegno alla maternità, e prevedendo inoltre il potenziamento dei servizi sanitari all'interno degli istituti penitenziari femminili, con un'attenzione particolare alla salute e alla cura delle malattie specifiche delle donne, inclusi programmi di screening per il cancro al seno e alla cervice, e un accesso agevolato a ginecologi e ostetrici;

   a sostenere interventi specifici per la popolazione detenuta minorile, al fine di: garantire l'accesso a un'istruzione di qualità per tutti i minori detenuti, offrire supporto psicologico per aiutare i minori a gestire le difficoltà emotive e psicologiche derivanti dalla detenzione, implementare programmi specifici per il reinserimento sociale e lavorativo, favorire il mantenimento dei legami familiari attraverso programmi di supporto genitoriale e la creazione di spazi adeguati per gli incontri familiari;

   a promuovere attività ricreative e sportive che possano contribuire al benessere fisico-fisico e mentale;

   a garantire uno sportello di assistenza per le pratiche amministrative e fiscali per la popolazione detenuta.
9/2002/55. Soumahoro.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, approvato con modificazioni dal Senato (A.S. 1183), dispone la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia;

    la Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 10 del 2024, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge sull'ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell'unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del suo comportamento in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina, né, riguardo all'imputato, ragioni giudiziarie;

    «L'ordinamento giuridico» – ha affermato la Corte nella nota stampa del 26 gennaio scorso relativa alla sentenza sopracitata – «tutela le relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono, riconoscendo ai soggetti legati dalle relazioni medesime la libertà di vivere pienamente il sentimento di affetto che ne costituisce l'essenza. Lo stato di detenzione può incidere sui termini e sulle modalità di esercizio di questa libertà, ma non può annullarla in radice, con una previsione astratta e generalizzata, insensibile alle condizioni individuali della persona detenuta e alle specifiche prospettive del suo rientro in società»;

    l'irragionevole compressione della dignità della persona causata dall'impossibilità, per le persone detenute, di godere del diritto di vivere pienamente il sentimento di affetto, nonché l'ostacolo che ne deriva alla finalità rieducativa della pena, per la Corte costituzionale determina una violazione degli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione;

    larga maggioranza degli ordinamenti europei riconosce ai detenuti spazi di espressione dell'affettività intramuraria, inclusa la sessualità. Si ricordano, ad esempio, i «parlatori familiari» e le «unità di vita familiare», locali appositamente concepiti nei quali il codice penitenziario francese prevede possano svolgersi visite di familiari adulti, di durata più o meno estesa, senza sorveglianza continua e diretta. Con funzione analoga si segnalano le «comunicazioni intime» disciplinate dal regolamento penitenziario spagnolo, nonché le «visite di lunga durata» ammesse dalla legislazione penitenziaria di molti Länder tedeschi;

    in risposta a una interrogazione a risposta immediata presentata in assemblea in data 27 marzo 2024 (n. 3-01101), in cui il firmatario del presenta atto chiedeva al Ministro della giustizia quali disposizioni avesse dato, a seguito della sentenza n. 10 del 2024 della Corte costituzionale, alle articolazioni dell'amministrazione per rendere pienamente e direttamente esercitabile il diritto all'affettività, tenendo conto delle numerose richieste già avanzate dai detenuti in diversi istituti, il Ministro Nordio affermava che si tratta di un diritto «sancito dall'etica, dal buonsenso e, da un punto di vista del diritto positivo, dalla sentenza della Corte costituzionale» citata;

    nelle medesima risposta di cui sopra il Ministro Nordio informava la Camera dell'avvenuta istituzione di un gruppo di lavoro multidisciplinare che includeva personale del Ministero della giustizia, del Garante nazionale per i detenuti, della magistratura di sorveglianza, nonché del Consiglio nazionale forense e del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, aggiungendo che avrebbero dovuto essere rapidamente creati appositi spazi all'interno degli istituti penitenziari, e che il Ministero stava già iniziando a farlo,

impegna il Governo

a garantire ai detenuti e agli internati, nel più breve tempo possibile, in tutti gli istituti penitenziari, il diritto a una visita al mese della durata minima di sei ore con le persone autorizzate ai colloqui, in apposite unità abitative appositamente attrezzate all'interno degli istituti penitenziari senza controlli visivi e auditivi, se necessario anche assumendo iniziative legislative e intervenendo sulla legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché ad apportare le modifiche necessarie al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230.
9/2002/56. Magi, Della Vedova.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, approvato con modificazioni dal Senato (A.S. 1183), dispone la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia;

    la tragica situazione delle carceri italiane, nelle quali si registra – in base ai dati del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale – un indice di sovraffollamento che in media sfiora il 130 per cento, con punte superiori al 230 per cento, non è più tollerabile;

    stando ai dati pubblicati dall'Associazione Antigone nel XX Rapporto sulle condizioni di detenzione, al 31 marzo 2024 le persone detenute erano complessivamente 61.049, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti, quindi con 13500 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare;

    nel corso del 2022 è stato registrato il record di 85 suicidi accertati, nel 2023 sono stati 70 e nei primi sette mesi del 2024 già quasi 60;

    il numero dei professionisti che operano all'interno degli istituti penitenziari, in particolare degli educatori, è nettamente inferiore a quello previsto dalla pianta organica. In media, infatti, sono circa 60 i detenuti a carico di ciascun educatore. Nel caso di Regina Coeli – in base ai dati di Antigone pubblicati ad aprile 2024 – vi era un solo educatore in servizio per ben 163 detenuti;

    in queste condizioni, come risulta considerando anche il tasso di recidiva, che – calcolato sulla base dei dati del DAP – è pari al 60 per cento, risulta impossibile, nei fatti, che all'interno delle carceri sia perseguito il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena previsto dall'articolo 27 della Costituzione;

    in merito alla grave situazione delle carceri italiane si è di recente espresso anche il Presidente della Repubblica Mattarella, che ha sollecitato immediati interventi urgenti volti al rispetto dei valori costituzionali;

    in base ai dati del DAP, aggiornati al 30 giugno 2024, risulta che circa 8.000 detenuti stiano espiando una pena detentiva, anche residua, inferiore ai 12 mesi. Si tratta di poco meno del 20 per cento del totale, e non può che presumersi che si tratti di soggetti caratterizzati da un livello pericolosità sociale estremamente ridotto, essendo imminente il loro ritorno in libertà,

impegna il Governo

a istituire, sentiti i comuni interessati, strutture alternative al carcere denominate: «Case di reinserimento sociale», di dimensioni limitate, con capienza compresa tra cinque e quindici persone, destinate ad accogliere tutti i soggetti che debbono espiare una pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, che siano dirette dal sindaco del comune competente o da un soggetto da esso delegato, e caratterizzate da programmi di reinserimento sociale espressamente finalizzati alla ricollocazione sociale del reo, che includano lavori di pubblica utilità, progetti con la partecipazione di educatori, psicologi e assistenti sociali nonché attività cogestite con enti del Terzo settore.
9/2002/57. Della Vedova, Magi.


   La Camera,

   premesso che:

    la situazione delle carceri italiane è caratterizzata da una grave carenza di personale, che riguarda sia gli agenti di polizia penitenziaria, che gli educatori e il personale addetto alla sorveglianza;

    attualmente, il numero di personale penitenziario previsto è nettamente insufficiente rispetto al numero di detenuti. Secondo i dati riportati nelle schede trasparenza del Ministero aggiornate al 2024, manca il 16 per cento delle unità previste in pianta organica e il rapporto detenuti-agente attuale è pari ad 1,96 detenuti per ogni agente, a fronte di una previsione di 1,5. Tra le regioni italiane, poi, questo rapporto varia fra l'1,2 e il 2,5 detenuti per ogni agente e suggerisce una distribuzione disomogenea del personale sul territorio;

    le carenze di personale determinano difficoltà nella gestione degli istituti penitenziari: gli agenti di polizia penitenziaria sono spesso costretti a turni di lavoro massacranti, in condizioni di stress elevato, con conseguenze negative sulla loro salute e sulla capacità di garantire la sicurezza e l'ordine all'interno degli istituti;

    tale situazione, inevitabilmente, compromette le attività di rieducazione e reinserimento sociale dei detenuti, rendendo più difficile il percorso di recupero e di riabilitazione degli stessi a cui la pena è finalizzata;

    inoltre, la carenza di personale comporta un ulteriore difficoltà nella gestione delle rivolte carcerarie e delle situazioni di emergenza, delineandosi spesso situazioni che rappresentano rischi elevati sia per i detenuti che per gli agenti. Le cronache recenti hanno, di fatto, riportato numerosi episodi di violenza e tensione all'interno delle carceri, spesso imputabili alla mancanza di un numero adeguato di personale di sorveglianza,

impegna il Governo

a predisporre ulteriori piani di assunzione straordinaria rispetto a quelli previsti dal testo in esame, al fine di aumentare il numero di agenti di polizia penitenziaria, di educatori e del personale addetto alla sorveglianza, in modo tale da raggiungere un rapporto detenuti-agente conforme agli standard internazionali e da garantire la sicurezza all'interno delle carceri, migliorare le condizioni lavorative degli agenti e creare le condizioni per migliorare l'offerta di attività di rieducazione e reinserimento sociale dei detenuti.
9/2002/58. Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    gli articoli 2-quater e 2-quinquies del provvedimento in esame recano disposizioni in materia di personale sanitario convenzionato con il Servizio sanitario nazionale operante all'interno degli istituti penitenziari;

    ognuno di questi istituti è dotato di un servizio medico e di un servizio farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati. Dispongono, inoltre, dell'opera di almeno uno specialista in psichiatria. Così stabilisce la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull'ordinamento penitenziario, la quale all'articolo 11 dispone in merito all'operatività del Servizio sanitario all'interno degli istituti penitenziari e degli istituti penali per minorenni;

    nelle carceri, la diffusa presenza di disagi psichici rimane una delle problematiche più spesso segnalata nei report che monitorano tali istituti. Secondo l'Osservatorio Antigone, nel corso di quest'anno, il 12 per cento delle persone detenute (quasi 6.000 persone) ha ricevuto una diagnosi psichiatrica grave (l'anno precedente era il 10 per cento);

    considerando che nella maggior parte degli Istituti di pena italiani è prevista la presenza di un solo consulente psichiatra, al massimo due negli istituti di grosse dimensioni, è evidente come tali figure non possano essere in grado di strutturare una frequenza settimanale d'incontro – presupposto essenziale della psicoterapia – a favore di tutti i detenuti che presentano disturbi psichici;

    in questo modo, in molti istituti, lo psichiatra finisce per assumere un ruolo assai riduttivo, ossia quello di supporto psicofarmacologico per azioni di semplice contenimento. Spesso, quindi, si assiste ad una divisione dei compiti, in base alla quale lo psichiatra svolge le visite specialistiche e gli interventi di urgenza, limitandosi alla prescrizione degli psicofarmaci e segnalando invece allo psicologo la necessità di una relazione psicoterapica;

    ad oggi, dunque, la mancanza di medici specialisti continua a rappresentare una piaga irrisolta, che riverbera in modo negativo i suoi effetti anche sulla complessiva attività di amministrazione degli istituti;

    a causa dell'esiguo numero dei professionisti incaricati, difficilmente potrà essere svolto ed assicurato un reale e proficuo percorso terapeutico alla popolazione carceraria poiché, incontrando i detenuti con rara frequenza e per un lasso di tempo ristretto, i disagi non potranno che aumentare ed acuirsi;

    l'allarmante tasso di suicidi nelle carceri dovrebbe essere un campanello d'allarme anche per l'implementazione di interventi concreti ai fini del riconoscimento del diritto alla salute, intendendo quest'ultima come «stato di benessere fisico, mentale e sociale complesso», così come definita dall'Organizzazione mondiale della sanità,

impegna il Governo

a provvedere, con la massima priorità, affinché sia garantito un efficiente e continuativo supporto psichiatrico e psicologico ai detenuti e agli internati degli istituti penitenziari attraverso lo stanziamento delle necessarie risorse economiche e il reperimento di un adeguato numero di personale medico specializzato.
9/2002/59. Onori.


   La Camera,

   premesso che:

    le carceri italiane si trovano in una condizione di grave emergenza, caratterizzata da sovraffollamento, carenze strutturali e inadeguate condizioni di vita per i detenuti. Tale contesto richiede un intervento immediato e risolutivo da parte del legislatore per garantire il rispetto dei diritti umani e delle norme internazionali in materia di detenzione;

    le ultime rilevazioni statistiche del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale evidenziano un quadro preoccupante delle condizioni carcerarie in Italia, con un tasso di affollamento che supera il 130 per cento e con numerose strutture non conformi agli standard minimi di sicurezza e salubrità;

    in particolare, il carcere di Brescia «Nerio Fischione» è da tempo al centro di numerose segnalazioni e denunce. Lo stesso Garante dei detenuti ha più volte messo in luce le gravi criticità della struttura, che risulta fatiscente e inadatta ad ospitare i detenuti in condizioni dignitose. Le carenze riguardano sia gli aspetti strutturali che quelli igienico-sanitari, rendendo urgente un intervento di chiusura e sostituzione della stessa;

    nell'ambito di un più ampio Piano di edilizia penitenziaria, è stato previsto lo stanziamento di 38,8 milioni di euro per l'ampliamento del carcere di Verziano – per un totale di 200 nuovi posti – con l'obiettivo di consentire il trasferimento di una parte dei detenuti del «Nerio Fischione». Si tratterebbe di una soluzione che permetterebbe non solo di migliorare le condizioni di detenzione, ma anche di alleggerire il sovraffollamento delle altre carceri del territorio lombardo;

    tale progetto, però, ha previsto tale ampliamento sacrificando tutti gli spazi esterni dello stesso carcere di Verziano, con una compromissione certa delle condizioni di vivibilità che lo rendono, attualmente, un'eccellenza;

    il provvedimento in esame rappresenta un'occasione cruciale per affrontare tali problematiche e destinare le risorse necessarie per la costruzione del nuovo carcere a Brescia,

impegna il Governo

a definire quanto prima un piano di approvazione del progetto di ampliamento del carcere di Verziano, in accordo con le istituzioni locali, sia comune che provincia, – anche valutando soluzioni di ampliamento esterno all'attuale struttura – garantendo, da un lato, il mantenimento dei più alti livelli di vivibilità e di sicurezza per i detenuti e per il personale di sicurezza e, dall'altro, prevedendo un numero adeguato di posti tale da permettere la definitiva chiusura del carcere di Brescia «Nerio Fischione» – contraddistinto da condizioni ormai inadeguate – e la soluzione al sovraffollamento carcerario della regione.
9/2002/60. Benzoni.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni in materia di semplificazione della liberazione anticipata;

    in tale ambito, risulta necessario, nonché fondamentale, adottare misure finalizzate a sostenere l'attività dei Tribunali e degli Uffici di sorveglianza affinché questi possano operare in modo celere, puntuale ed efficiente nella concessione o revoca dei benefici penitenziari, ove previsti;

    altro punto critico risulta il momento della fase di celebrazione delle udienze avanti ai suddetti Tribunali, dove vi è la necessità di impiegare numerosi agenti del Corpo di Polizia penitenziaria per le traduzioni dei detenuti avanti all'autorità giudiziaria;

    tuttavia, tale personale potrebbe essere utilizzato in modo più efficiente all'interno degli istituti penitenziari nelle attività di sorveglianza, andando così a garantire maggiore sicurezza e legalità all'interno delle carceri;

    a tal fine, per le criticità sopra esposte, risulta necessario incrementare il sistema delle udienze in via telematica, aumentando gli spazi in cui questi vengono celebrati, unitamente ad un potenziamento dei sistemi informatici necessari,

impegna il Governo

ad aumentare il numero delle sale in cui celebrare le udienze in via telematica, dotando gli istituti penitenziari sprovvisti dei sistemi informatici e di videoconferenza necessari.
9/2002/61. Donzelli, Kelany, Montaruli, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia penitenziaria, al fine di conciliare la certezza della pena con l'umanizzazione del trattamento;

    come noto, il livello di sovraffollamento raggiunto nelle carceri italiane è ormai ai livelli di guardia. Il numero esorbitante di detenuti e le conseguenti condizioni di vita di essi rientrano tra le cause dei suicidi in cella, che sappiamo essere un numero elevatissimo, indice di un malessere diffuso;

    secondo gli ultimi dati, in 56 istituti penitenziari il tasso di affollamento è superiore al 150 per cento; oltre a questa condizione di sovraffollamento, il 2024 sta registrando anche un record di suicidi tra le mura degli istituti penitenziari: si contano 56 suicidi nelle carceri italiane, senza contare i casi di due detenuti che sono morti rifiutando di alimentarsi, a cui si aggiungono sei agenti della polizia penitenziaria, suicidi anche loro dall'inizio dell'anno;

    un carcere sovraffollato è un luogo dove anche gli operatori fanno più fatica a lavorare, dove l'attenzione per le fragilità di molte persone detenute non riescono ad essere intercettate o seguite come meriterebbero;

    l'insufficiente numero di figure professionali idonee a seguire i detenuti a rischio suicidario comporta la difficoltà di mettere in atto tempestivamente azioni di prevenzione e cura;

    secondo Mario Sellini, del sindacato degli psicologi, la stessa riforma Cartabia «sta creando difficoltà per quanto riguarda i compiti ed in qualche caso, le prescrizioni dei Tribunali. Difficoltà e conflitti con le norme che regolano il consenso informato, le prescrizioni di interventi sanitari che richiedono, obbligatoriamente, il consenso formale ma non solo»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di potenziare il personale che si occupa della rieducazione e del benessere psicologico dei detenuti e della popolazione carceraria tutta, dotando i presidi sanitari nelle carceri di professionisti della salute mentale.
9/2002/62. Lancellotta, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    con il provvedimento in oggetto, il Governo Meloni si impegna ad aumentare considerevolmente il personale di Polizia penitenziaria tramite l'assunzione, secondo quanto previsto dall'articolo 1, di 1000 nuovi agenti, al fine di ovviare le numerose criticità presenti all'interno degli istituti penitenziari dovuti alla carenza di organico;

    tale previsione impone la necessità di accelerare l'attività di formazione e addestramento dei futuri agenti, alla quale si aggiunge la concreta esigenza di procedere alla riqualificazione del personale già in servizio mediante corsi di formazione permanente;

    tuttavia, gli spazi attualmente disponibili risultano insufficienti, con il rischio di vanificare gli sforzi del Governo volti al concreto miglioramento delle condizioni lavorative del personale penitenziario e all'incremento della legalità e della sicurezza all'interno degli istituti di pena, rendendo così imperativa l'acquisizione, o la realizzazione, di nuove strutture dedicate all'attività di formazione,

impegna il Governo

ad assumere iniziative finalizzate all'acquisizione o alla realizzazione di nuove strutture volte alla formazione del personale di Polizia penitenziaria futuro o già in servizio.
9/2002/63. Ciaburro, Montaruli, Caretta.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, reca misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia;

    il sovraffollamento del carcere di Canton Mombello (Brescia), è un dato strutturale, contro il quale non si è mai fatto veramente nulla di risolutivo. Si tratta di un edificio fatiscente, vecchio di 110 anni, che non può strutturalmente garantire il doppio dei detenuti rispetto a quelli che potrebbe contenere;

    sono meno di 200 i posti ufficiali e quasi 400 i detenuti reali, con una percentuale di sovraffollamento del 218 per cento;

    alla cerimonia del Ventaglio al Quirinale, il Presidente della Repubblica ha citato la lettera ricevuta nei giorni scorsi dai detenuti di Canton Mombello ed ha attenzionato le condizioni «indecorose per un paese civile» nel carcere di Brescia;

    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero della giustizia hanno stanziato fondi per procedere con il piano di allargamento del carcere di Verziano, con un investimento di 38.8 milioni di euro, per la costruzione di un nuovo padiglione;

    l'impegno delle istituzioni va rivolto allo sblocco del cantiere di Verziano, indispensabile per poter dichiarare finalmente conclusa la stagione di Canton Mombello,

impegna il Governo

a interloquire, in tempi stretti, col comune di Brescia affinché si addivenga alla cessione delle aree adiacenti al carcere di Verziano per procedere alla realizzazione di un nuovo progetto che veda un maggiore ampliamento del carcere di Verziano, per arrivare alla dismissione del carcere di Canton Mombello.
9/2002/64. Bordonali.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 autorizza l'assunzione di 1.000 agenti di polizia penitenziaria, nella misura di 500 unità nel 2025 e 500 unità nel 2026;

    nella notte tra il 1° ed il 2 agosto è avvenuta una rivolta nel carcere minorile Ferrante Aporti di Torino. La sommossa è cominciata verso le 20 di giovedì ed è proseguita fino alle prime ore di venerdì mattina. Diversi agenti della polizia penitenziaria sono stati aggrediti e alcuni detenuti hanno anche provato a evadere, ma sono stati bloccati;

    alla fine della rivolta sei agenti e 12 detenuti sono rimasti feriti e portati in ospedale con sintomi di intossicazione per i fumi provocati dagli incendi appiccati;

    la procura di Torino sta indagando anche sull'ipotesi che la rivolta nel carcere minorile «Ferrante Aporti» sia collegata a un'altra di minore entità avvenuta quasi in contemporanea nella casa circondariale «Lorusso e Cutugno» di Torino. L'ipotesi degli investigatori è che i detenuti di quest'ultima struttura si siano coordinati con quelli del «Ferrante Aporti»: sarebbe stato un diversivo per attirare un maggior numero di agenti nel «Lorusso e Cutugno» e facilitare possibili evasioni dal carcere minorile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare eventuali iniziative di potenziamento della dotazione di personale per gli istituti penitenziari, anche al fine di assicurare una congrua dotazione organica di agenti di Polizia penitenziaria all'interno delle strutture circondariali del Comune di Torino.
9/2002/65. Maccanti, Benvenuto.


   La Camera,

   premesso che:

    siamo in presenza di una gravissima crisi del sistema penitenziario, esasperata dalla ondata di caldo che sta colpendo il Paese, evento, purtroppo, del tutto prevedibile, ma che rende ancora più insopportabile per chi è detenuto, ma anche per chi in carcere lavora, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria; si rischia ad avviso dei firmatari del presente atto di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

    il decreto del Governo per l'emergenza negli istituti di pena che stiamo esaminando era molto atteso, e noi stessi ne giustificavamo pienamente le ragioni di urgenza; purtroppo però le misure adottate si stanno rivelando gravemente insufficienti: da quando sono in vigore non si sono infatti arrestati né i suicidi né le rivolte e le proteste nelle carceri né si è aggredito il sovraffollamento o affrontata l'emergenza caldo, che sta rendendo gli istituti luoghi disumani in cui scarseggia addirittura l'acqua;

    in questi ultimi due anni, la popolazione carceraria è progressivamente aumentata da 54.000 a oltre 61.500 detenuti, facendo esplodere l'indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani che hanno una capienza regolamentare di 47.000 posti; da quando si registrano sistematicamente e con accuratezza i dati, cioè da trentacinque anni, non ci sono mai stati così tanti suicidi in carcere come quest'anno: 61 suicidi alla data del 31 luglio sono già più della media annua di questi trentacinque anni, 21 in più dell'anno peggiore ad oggi;

    dall'inizio del 2024 già 61 persone hanno deciso di togliersi la vita sotto la custodia dello Stato; a questo tragico bilancio si debbono aggiungere 6 agenti di Polizia penitenziaria e altri deceduti per altre cause; sono poi aumentati gli atti di autolesionismo, le colluttazioni, le rivolte, le aggressioni alla Polizia penitenziaria;

    quello che ci troviamo invece ad esaminare è un decreto tardivo e talmente scarno e inadeguato che persino il Governo e la maggioranza si sono sentiti in dovere di tentare di correggere il tiro, producendo un diluvio di emendamenti che ne hanno aumentato la dimensione, senza però migliorarne significativamente l'efficacia;

    si tratta di misure che non incidono in alcun modo sulla situazione di grave emergenza che sta attraversando il sistema, alcune entreranno in vigore e acquisteranno concretezza tra anni;

    il gruppo PD ha sempre dimostrato l'intenzione di collaborare a trovare soluzioni su un tema come questo pienamente condiviso e ha proposto ipotesi emendative per migliorare il provvedimento, sulla scorta dei tanti suggerimenti, che ci sono venuti dai garanti dei detenuti, dai magistrati di sorveglianza, dagli agenti di Polizia penitenziaria, dai dirigenti degli istituti penitenziari, dai professori universitari, dai magistrati;

    le proposte emendative sono state tutte inesorabilmente respinte e neanche mai veramente discusse;

    il gruppo PD ha proposto di ripristinare alcune misure che erano state sperimentate con successo e senza controindicazioni durante l'emergenza Covid e che avevano permesso, in quelle circostanze, di allentare la tensione nelle carceri, come l'aumento dei permessi e delle licenze premio, l'incremento significativo del numero di telefonate, l'introduzione delle videochiamate, l'allentamento dei rientri per i semiliberi, un miglioramento del meccanismo risarcitorio dello sconto di pena dovuto alle condizioni degradanti, che già c'è nel nostro ordinamento e che non riesce a funzionare perché i tribunali di sorveglianza non sono in grado di dare risposte in tempo utile alle istanze dei detenuti, ha proposto, con varie formule, anche un aumento del numero dei giorni per la liberazione anticipata, per i detenuti che abbiano aderito con successo ai programmi di trattamento e di rieducazione, un incremento delle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, chiesto investimenti e reclutamento, ordinario e straordinario, sul personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità – tagliati pesantemente dal Governo sin dalla prima legge di Bilancio di questa maggioranza – e non solo, e dunque magistrati, direttori, polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ha chiesto di investire sulle salute, fisica e mentale, nel rispetto dell'articolo 27 della Costituzione e nel rispetto della dignità di chi in carcere è detenuto e di chi lavora,

impegna il Governo

a predisporre, nell'ambito delle sue proprie prerogative, misure immediate al fine di fronteggiare quella che si sta trasformando in una vera e propria emergenza nel sistema dell'esecuzione della pena, garantendo un adeguato approvvigionamento idrico, disponibile e proporzionato alle presenze e agli spazi di ogni istituto, intervenendo anche con procedure straordinarie per immissioni di personale che permetta di intervenire in base alle condizioni di salute, allo stato di gravidanza, all'età, alla presenza di patologie psichiatriche, ad altre forme di fragilità, anche provvedendo a forme e strumenti volti ad una climatizzazione degli ambienti accettabile per delle minime condizioni di lavoro del personale e detentive, di incentivazione per il personale in virtù delle eccezionali condizioni di lavoro, nonché ricorrendo a misure immediatamente decongestionanti quali le misure alternative al carcere e l'aumento della detrazione della pena ai fini della liberazione anticipata, a garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, aumentando il personale e portando a termine i concorsi già banditi, anche per l'abbattimento della recidiva e per la piena attuazione dei principi costituzionali, quale quello di cui all'articolo 27 della Costituzione, ad adottare misure immediate in favore del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità al fine di provvedere alla manutenzione e all'ottimizzazione delle strutture residenziali disponibili all'accoglienza di minorenni e giovani adulti di età inferiore ai 26 anni, sottoposti a provvedimento penale dell'Autorità giudiziaria minorile, nonché, nell'ambito delle sue proprie prerogative, a stanziare adeguate risorse finanziarie e organizzative, necessarie al fine di realizzare nuove residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui al decreto-legge 31 marzo 2014. n. 52, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81, in modo da garantirne la distribuzione omogenea su tutto il territorio nazionale.
9/2002/66. Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    da anni la Nazione ha un numero di direttori di istituti penitenziari inferiori al numero degli istituti penitenziari stessi;

    ciò comporta il fatto che in alcuni casi le stesse persone fisiche debbano dirigere diversi istituti penitenziari, conseguentemente alcuni istituti penitenziari attendono per lungo tempo l'assegnazione in via definitiva di un direttore;

    le incombenze fondamentali a cui devono provvedere sono numerose e importanti, stabilendo priorità in ogni struttura, firmando documenti degli uffici giudiziari, Asl, Ministero della giustizia, collaborando con il magistrato di sorveglianza o con l'ufficio matricola per gestire il più rapidamente possibile le uscite e gli accessi dei detenuti. Una parte importante è rappresentata dalle riunioni con i gruppi interdisciplinari, con il personale del carcere, con le cooperative e i volontari che gestiscono le attività. Poi ci sono le emergenze, i ricoveri, gli incontri con le strutture esterne;

    con senso di responsabilità istituzionale e grande attenzione al tema, lo stesso Ministro ha dichiarato che «Non si possono lasciare le carceri senza un direttore a tempo pieno» perché il direttore è la figura centrale per ciò che accade negli istituti penitenziari;

    dall'istituto più piccolo e periferico fino al penitenziario di massima sicurezza è il direttore a creare le opportunità di reintegrazione, ad attivare le possibilità di lavoro. Eppure numerosi istituti di pena italiani sono senza direttore o hanno un direttore provvisorio già incaricato in altri istituti, di fatto dovendo svolgere la propria funzione «part time»;

    nel 2020 è stato bandito un concorso pubblico per 45 posti, poi elevati a 57, di Dirigente di istituto penitenziario di livello non generale. Successivamente, nel settembre 2023 i posti sono stati incrementati per scorrimento di ulteriori 51 unità, nel giugno del 2024 c'è stato un altro scorrimento di ulteriori 12 unità e, infine, nel provvedimento in esame si prevede un incremento di venti unità della dotazione organica del personale dirigenziale penitenziario. A tal fine il Ministero della giustizia, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, è autorizzato a bandire, nel biennio 2024-2025, procedure concorsuali pubbliche e ad assumere a tempo indeterminato, anche mediante scorrimento delle graduatorie dei concorsi già banditi un corrispondente contingente fino ad un massimo di venti unità di personale dirigenziale penitenziario in aggiunta alle vigenti ordinarie facoltà assunzionali dell'amministrazione penitenziaria. Si precisa che nel corso dell'esame in Senato è stato previsto che che le suddette procedure concorsuali siano espletate con le medesime modalità, semplificate rispetto alla normativa di riferimento, previste dal decreto direttoriale del 5 maggio 2020. Infatti, a tal fine, è autorizzato lo scorrimento della graduatoria del concorso pubblico per esami per l'accesso alla carriera dirigenziale penitenziaria di cui al decreto direttoriale 5 maggio 2020, anche in deroga al piano dei fabbisogni vigenti alla data di entrata in vigore del decreto sottoposto al nostro esame;

    la previsione di un nuovo concorso con procedure semplificate finalizzato all'aumento della dotazione organica di ulteriori 20 unità appare meritorio e necessario proprio al fine di dotare ogni istituto penitenziario di un direttore effettivo esclusivamente dedicato, al fine di superare le criticità descritte in premessa, quindi per garantire appieno l'idoneità degli istituti penitenziari allo svolgimento delle fondamentali funzione di sicurezza e di rieducazione previste dall'ordinamento giuridico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare i provvedimenti di competenza per realizzare un'ulteriore razionalizzazione delle procedure che consentano di velocizzare l'assegnazione dei vincitori del concorso di Dirigente di istituto penitenziario, per garantire in ogni istituto la presenza di un dirigente titolare effettivo.
9/2002/67. Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    l'articolo 15 della legge 26 luglio 1975, n. 354 stabilisce che «Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attività educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dell'autorità giudiziaria, a svolgere attività lavorativa di formazione professionale, possibilmente di loro scelta»,

impegna il Governo

in ottemperanza al dettato costituzionale, ad assicurare la piena attuazione della normativa vigente, dell'ordinamento e dei regolamenti penitenziari, soprattutto in materia di misure alternative interne o esterne al carcere.
9/2002/68. Lupi.


   La Camera,

   premesso che:

    gli istituti penali minorili (IPM) sono strutture in cui sono detenute persone tra i 14 e i 18 anni, ma che possono ospitare anche giovani adulti fino ai 25 anni se il reato per cui sono in carcere è stato commesso prima del raggiungimento della maggiore età;

    secondo i dati forniti dal rapporto «Ragazzi dentro 2024» dell'associazione Antigone, nel gennaio 2024 nei 17 istituti penali per minorenni del nostro Paese erano detenuti 496 i ragazzi, tra minori e giovani adulti, di cui 13 donne (il 2,6 per cento del totale) e 254, ovvero più della metà, stranieri;

    l'istituto con più presenze era il Beccaria di Milano, con 69 ragazzi, quelli con meno erano Quartucciu in Sardegna, con 8 ragazzi presenti, e Pontremoli in Toscana, unico IPM interamente femminile d'Italia, con 8 ragazze;

    la presenza negli IPM oggi è composta soprattutto da ragazzi e ragazze minorenni (circa il 57,5 per cento). La fascia più rappresentata è quella dei 16 e 17 anni. Al 15 gennaio 2023 i minorenni erano il 50,1 per cento, in crescita rispetto agli anni passati;

    dal 2007 al 2020 il numero dei ragazzi che ogni anno entravano in IPM è andato calando in modo pressoché costante. Con la fine della pandemia questa tendenza si è invertita, e lo ha fatto con un tasso di crescita repentino. Nel 2023, per il secondo anno di fila, le presenze negli IPM italiani sono state in crescita, superando le presenze medie registrate tra il 2016 ed il 2018;

    la maggior parte delle persone detenute in IPM sono ancora in attesa di sentenza definitiva. Si tratta del 68,5 per cento del totale dei presenti e addirittura del 88,8 per cento dei minorenni e del 75,6 per cento degli stranieri. Si tratta di un dato senza paragoni rispetto a quanto avviene nelle carceri per adulti, dove le persone senza una condanna definitiva sono attorno al 30 per cento (già molto alto rispetto alla media europea). Inoltre, la crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare;

    confrontando i delitti a carico delle persone entrate in IPM nel corso del 2022 con quelle entrate nel 2023, la crescita maggiore è quella registrata appunto per le violazioni della legge sugli stupefacenti, che sono aumentate del 37,4 per cento in un solo anno;

    solo il 31 per cento dei reclusi esce dall'IPM dopo aver finito di scontare la propria pena, mentre tra chi finisce di scontare la pena al di fuori del carcere, il 38 per cento lo fa in detenzione domiciliare e il 27 per cento in affidamento in prova al servizio sociale. Dati che stanno variando nel tempo e dimostrano che sempre più persone hanno accesso a pene sostitutive (-5 per cento in 2 anni);

    in diversi istituti negli ultimi mesi si sono verificati episodi di proteste e rivolte dei giovani detenuti, da ultimo nel carcere minorile «Ferrante Aporti» di Torino, la cui motivazione principale sembra essere il problema del sovraffollamento delle strutture e condizioni di detenzione precarie;

    un altro episodio significativo si è verificato lo scorso aprile nel carcere minorile Beccaria di Milano, dove 13 agenti di polizia penitenziaria sono stati arrestati con l'accusa di aver commesso violenze e maltrattamenti nei confronti dei detenuti. Le indagini, condotte dalla procura di Milano a partire dalle segnalazioni presentate dalle madri dei detenuti, dalle psicologhe in servizio nel carcere e dal Garante dei diritti dei detenuti per il comune di Milano, avrebbero portato alla luce situazioni tali relativamente alle quali la giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano Stefania Donadeo ha scritto che all'interno del carcere ci sarebbe un «sistema consolidato di violenze reiterate, vessazioni, punizioni corporali, umiliazioni e pestaggi di gruppo» compiuti dagli agenti ai danni dei detenuti minorenni;

    negli ultimi anni è poi emerso un altro motivo di preoccupazione: la crescita nel consumo di psicofarmaci da parte delle persone detenute. La rivista Altreconomia ha pubblicato lo scorso maggio un'inchiesta che dimostra come, per esempio, al Beccaria di Milano la spesa in psicofarmaci sia aumentata almeno del 219 per cento tra il 2020 e il 2022, nonostante – secondo il rapporto dell'associazione Antigone uscito nel gennaio del 2024 – nella struttura solo cinque o sei ragazzi presentassero «una diagnosi psichiatrica certificata». A fronte di un numero così modesto, l'incremento della spesa in psicofarmaci non sembra avere una spiegazione unicamente terapeutica;

    da quanto esposto, emerge in modo chiaro come il sistema detentivo per persone minorenni in Italia non sia affatto idoneo ad ospitare persone detenute garantendo loro delle condizioni dignitose o a garantire il reintegro degli stessi detenuti nella società al termine della pena. La situazione si aggrava se si tiene conto che si tratta di persone minorenni, detenute in una fase complessa della vita, con necessità di maggiore attenzione e situazioni di partenza più fragili rispetto ai detenuti adulti,

impegna il Governo

ad attuare con la massima urgenza tutte le misure necessarie per riformare il sistema detentivo minorile, al fine di risolvere, in primo luogo, il problema di sovraffollamento delle strutture, e, in secondo luogo, di garantire condizioni di detenzione dignitose oltre allo svolgimento di tutte le attività che favoriscano il raggiungimento dello scopo riabilitativo della pena e il reinserimento in società dei più giovani.
9/2002/69. Pastorella.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 27, comma 3, della Costituzione statuisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato;

    secondo i dati del report realizzato per il CNEL da Censis e The European HouseAmbrosetti, basati sulle informazioni del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) e della Conferenza nazionale dei delegati dei rettori per i poli universitari penitenziari della CRUI, al 31 marzo 2024 il numero di detenuti presenti negli istituti penitenziari italiani è pari a 61.049;

    una delle principali problematiche del sistema carcerario italiano è la difficoltà nel prevenire la recidiva e favorire il reinserimento dei detenuti nella società. Attualmente, sei condannati su dieci hanno già avuto esperienze di detenzione. La media dei reati per uomo detenuto è di 2,4, mentre per le donne è di 1,9;

    la ricerca ha ampiamente dimostrato una relazione tra lo status lavorativo di un individuo e le sue possibilità di commettere un crimine. L'instabilità lavorativa e l'elevata disoccupazione sono legate a tassi di arresto più elevati. A livello individuale, la disoccupazione non è solo un fattore di rischio per l'attività criminale, ma influisce anche sull'identità individuale e sull'autostima;

    su 18.654 detenuti che hanno avuto la possibilità di un inserimento professionale, solo il 2 per cento è tornato a commettere reati, contro una media nazionale che sfiora il 70 per cento. Questo dimostra l'efficacia del lavoro come strumento di reintegrazione e sicurezza sociale;

    in Italia, il 33 per cento dei detenuti è coinvolto in attività lavorative (19.153 nel 2023), ma solo l'1 per cento è impiegato presso imprese private e il 4 per cento presso cooperative sociali, in attività di concreta risocializzazione. L'85 per cento dei detenuti lavora, invece, alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria, spesso solo per poche ore al giorno o al mese, senza possibilità di continuare a lavorare una volta scontata la pena. Inoltre, le iniziative esistenti sono spesso isolate e non integrate in un sistema coerente e coordinato;

    la legge n. 193 del 2000 (cosiddetta «Smuraglia») e i successivi decreti attuativi hanno introdotto alcuni incentivi fiscali ed economici per favorire l'assunzione di persone detenute da parte di imprese private. Infatti, le imprese che assumono detenuti o internati all'interno degli istituti penitenziari o lavoranti all'esterno ai sensi dell'articolo 21 dell'ordinamento penitenziario, possono ottenere un credito d'imposta di 520 euro mensili per ogni lavoratore assunto, mentre le imprese che assumono semiliberi possono ottenere un credito d'imposta di 300 euro mensili per ogni lavoratore assunto. Allo stesso tempo, le quote a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori relative alle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale dovute ai detenuti o internati assunti all'interno degli istituti penitenziari da imprese private e cooperative o ammessi al lavoro all'esterno sono ridotte del 95 per cento;

    al fine di favorire il mantenimento dell'impiego lavorativo anche successivamente al termine della pena, entrambi i suddetti incentivi proseguono per i diciotto mesi successivi alla cessazione dello stato detentivo per i detenuti e internati che abbiano beneficiato della semilibertà o del lavoro esterno e per i ventiquattro mesi successivi alla cessazione dello stato detentivo nel caso di detenuti e internati che non abbiano beneficiato della semilibertà o del lavoro all'esterno;

    gli stessi sgravi si applicano alle imprese che svolgono attività di formazione nei confronti di detenuti o internati, a condizione che al periodo di formazione segua l'immediata assunzione per un tempo minimo corrispondente al triplo del periodo di formazione per il quale l'impresa ha fruito dello sgravio;

    peraltro, secondo il report citato, si stima che la mancata offerta di opportunità lavorative per i detenuti privi lo Stato di un potenziale incremento del PIL fino a 480 milioni di euro,

impegna il Governo

a prevedere l'implementazione di ulteriori strumenti incentivanti per l'assunzione di persone provenienti dalla detenzione, in particolare prolungando gli incentivi previsti alla cessazione dello stato detentivo, attualmente pari a 18 mesi per i detenuti ed internati che hanno beneficiato della semilibertà o del lavoro esterno e a 24 mesi per quelli che non hanno beneficiato della semilibertà o del lavoro all'esterno, valutandone il prolungamento rispettivamente a 30 e 36 mesi, e potenziando le politiche di integrazione nel mercato del lavoro che accompagnino le persone nel percorso di reinserimento nella società al termine della pena.
9/2002/70. D'Alessio, Pastorella.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 autorizza l'assunzione di 1.000 agenti di polizia penitenziaria, nella misura di 500 unità nel 2025 e 500 unità nel 2026;

    il tasso di affollamento della casa circondariale di Ferrara a luglio 2023 era del 145,5 per cento, ospitando 355 detenuti a fronte di una capienza di 244;

    la tabella complessiva mostra un trend di crescita con i detenuti che a fine febbraio 2024 è quantificabile in 405 presenti. Il tasso di affollamento è superiore a quello medio della regione che si calcola nel 120 per cento e anche di quello nazionale (117 per cento);

    al sovraffollamento dei detenuti corrisponde un corpo di polizia penitenziaria sotto organico di 170 agenti invece dei 212 previsti;

    la dotazione di personale è così articolata: il personale amministrativo risulta di 184 unità per tutti i ruoli, di cui 20 distaccati presso altre sedi di servizio e a vario titolo, ragion per cui la forza presente si assesta in complessive 164 unità. Di queste, 29 unità appartenenti al ruolo dei sottufficiali fanno da contraltare alle 135 unità nella qualifica degli Agenti/Assistenti (tra cui rientra un appartenente alle fiamme azzurre che non presta servizio operativo). A questi dati vanno ulteriormente scomputati n. 1 unità trasferita presso Cc di Rovigo ma ancora in carico a alla Cc di Ferrara per aspettativa di maternità, n. 6 unità in aspettativa speciale senza rientro in servizio, n. 1 unità distaccata presso la Cc di Caltanissetta, n. 1 unità trasferita da giugno presso la Cc di Taranto, n. 1 unità congedata per passaggio ad altra amministrazione, n. 2 unità a disposizione della CMO e prossime alla quiescenza, n. 1 unità assente per corso di formazione presso la scuola di formazione di Sulmona, n. 1 unità in distacco presso la Cc di Rovigo, con la forza presente che diventa pari a 120 unità, rispetto alle 147 previste. Pertanto, allo stato attuale, l'istituto estense deve garantire i compiti istituzionali con una carenza di -27 unità. A Ferrara, su 132 unità del ruolo agenti/assistenti (120 uomini + 12 donne) in forza operativa, bisogna sottrarre n. 11 in forza al Nucleo Traduzioni e Piantonamenti, n. 1 in forza al gruppo sportivo, n. 2 in aspettativa speciale perché sta partecipando al corso di formazione in Polizia di Stato e a fine corso verrà considerato dimissionario, n. 2 unità dimissionarie a brevissimo per passaggio ad altre amministrazioni pubbliche, n. 2 unità già con provvedimento di trasferimento in altri istituti, n. 2 unità poste in quiescenza entro l'anno, n. 2 unità in lunga degenza senza alcuna speranza di rientro in servizio e n. 2 unità impiegate presso l'Area Segreteria per sopperire alla carenza dei ruoli civili dell'Amministrazione penitenziaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare eventuali iniziative di potenziamento della dotazione di personale per gli istituti penitenziari, anche al fine di assicurare una congrua dotazione organica di agenti di Polizia penitenziaria all'interno delle strutture circondariali del Comune di Ferrara.
9/2002/71. Davide Bergamini.


   La Camera,

   premesso che:

    il superamento, nel nostro ordinamento, degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle case di cura e di custodia, originariamente previsti dal codice penale quali strutture per l'esecuzione di misure di sicurezza per le persone affette, rispettivamente, da vizio di mente totale o parziale, è previsto dall'articolo 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81;

    la nuova disciplina ha introdotto il sistema delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) quali strutture sanitarie destinate ad accogliere le persone affette da disturbi mentali che hanno commesso reati e per le quali la magistratura ha disposto una misura di sicurezza detentiva;

    l'assegnazione alle REMS resta, pertanto, una misura di sicurezza, disposta dal giudice penale non solo a scopo terapeutico ma anche per contenere la pericolosità sociale di una persona che ha commesso un reato;

    con la sentenza 27 gennaio 2022, n. 22, la Corte costituzionale ha rilevato che la vigente normativa in materia di REMS presenta diversi profili di criticità, che il legislatore deve eliminare al più presto;

    dall'istruttoria disposta dalla Corte costituzionale è emerso, in particolare, che sono tra 670 e 750 le persone attualmente in lista d'attesa per l'assegnazione ad una REMS, che i tempi medi di attesa sono di circa dieci mesi e che molte di queste persone – ritenute socialmente pericolose dal giudice – hanno commesso gravi reati, anche violenti;

    tale condizione pone a rischio le potenziali vittime di aggressioni che il soggetto affetto da patologie psichiche potrebbe nuovamente realizzare e lede il diritto alla salute del malato, il quale non riceve i trattamenti necessari per aiutarlo a superare la propria patologia e a reinserirsi gradualmente nella società;

    la Corte costituzionale ha, altresì, segnalato che la totale estromissione del Ministro della giustizia da ogni competenza in materia di REMS – e dunque in materia di esecuzione di misure di sicurezza disposte dal giudice penale – non è compatibile con la natura ancipite della misura di sicurezza da eseguirsi nelle REMS e con l'articolo 110 della Costituzione, che assegna al Guardasigilli la responsabilità dell'organizzazione e del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia;

    la medesima Corte ha tuttavia ritenuto di non poter dichiarare illegittima la normativa in questione, perché da una simile pronuncia deriverebbe «l'integrale caducazione del sistema delle REMS, che costituisce il risultato di un faticoso ma ineludibile processo di superamento dei vecchi OPG», con la conseguenza di «un intollerabile vuoto di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti»,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa utile affinché venga avviata, entro il 31 dicembre 2024, una complessiva riforma di sistema che, in aderenza ai principi individuati nella pronuncia della Corte costituzionale 27 gennaio 2022, n. 22, assicuri:

    un'adeguata base legislativa alla nuova modalità di esecuzione della misura di sicurezza, volta a disciplinarne anche i modi e i tempi al fine di garantire, in ossequio al principio di proporzionalità, di appropriatezza e di gradualità, la sua adeguatezza all'effettivo bisogno assistenziale del destinatario, tenendo altresì conto delle esigenze di contenimento della sua pericolosità sociale e di sicurezza della collettività e degli operatori sanitari;

    la realizzazione e il buon funzionamento, sull'intero territorio nazionale, di REMS, anche differenziate in ragione delle diverse esigenze assistenziali e di sicurezza riferibili ai destinatari della misura di sicurezza, in misura idonea a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo e altrettanto urgente potenziamento delle strutture sul territorio in grado di garantire interventi alternativi adeguati alle necessità di cura e a quelle, altrettanto imprescindibili, di tutela della collettività e di sicurezza degli operatori sanitari interessati;

    forme di idoneo coinvolgimento del Ministro della giustizia nell'attività di coordinamento e monitoraggio del funzionamento delle REMS esistenti e degli altri strumenti di tutela della salute mentale degli autori di reato, nonché nella programmazione del relativo fabbisogno finanziario.
9/2002/72. Foti, Molinari, Barelli, Lupi.


   La Camera,

   premesso che:

    diverse inchieste hanno rivelato come in numerose carceri italiane l'ingresso di sostanze stupefacenti – oltre che di telefonini e armi – sia sempre più frequente nonché una delle maggiori cause dell'aumento della tossicodipendenza tra la popolazione carceraria e della creazione di veri e propri business interni agli istituti tra la popolazione carceraria;

    per evitare che dentro le carceri italiane si diffonda uno spaccio sempre più capillare e drammatico, stante anche l'alto numero di tossicodipendenti tra i detenuti, il contributo delle unità cinofile del Corpo di Polizia penitenziaria è fondamentale nel contrasto e nel rinvenimento di ogni attività illecita;

    la grave carenza di unità antidroga, composte da conduttore e cane, determina una loro rotazione e dislocazione negli istituti penitenziari eccessivamente sporadica e non permette di contrastare realmente il fenomeno,

impegna il Governo

a prevedere un incremento, nel primo provvedimento utile, delle risorse del personale delle unità cinofile antidroga a disposizione degli istituti penitenziari, al fine di apportare un evidente beneficio in termini di prevenzione e repressione dell'introduzione di sostanze stupefacenti negli istituti penitenziari.
9/2002/73. Richetti, Benzoni.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in conversione reca numerose misure per garantire l'efficienza del sistema carcerario ed assicurare al contempo condizioni di vita umane e sicurezza all'interno degli Istituti di pena;

    il carcere di Lanusei è attualmente una casa circondariale maschile, costruita in un ex convento del XVIII secolo, e i suoi spazi, per evidenti problemi strutturali sono pochi e ristretti;

    recentemente è arrivata la notizia della volontà del (Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria di destinare tale penitenziario ad istituto per minorenni, nonostante la commissione inviata dallo stesso Dipartimento abbia categoricamente indicato Lanusei come «non idoneo per i minori sotto tutti i punti di vista»;

    tale determinazione, ove perseguita, comporterebbe, di fatto, la chiusura dell'istituto, per la sua improbabile riconversione ad istituto per minori, privando la zona di un fondamentale presidio di legalità;

    ciò nonostante, l'annuncio del Capo del Dipartimento della Giustizia minorile Antonio Sangermano e del sottosegretario alla giustizia Andrea Ostellari che durante l'ultima riunione con i rappresentanti sindacali nazionali avevano scongiurato l'invio di detenuti minori per l'inidoneità della struttura,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune misure atte a mantenere l'attuale destinazione della Casa Circondariale di Lanusei destinazione, valutando altresì l'opportunità di inserirlo nella programmazione dell'edilizia carcerari per i necessari interventi di manutenzione.
9/2002/74. Pittalis.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    l'articolo 5 del decreto-legge, modificato nel corso dell'esame presso il Senato, reca novelle alla disciplina del procedimento di applicazione della liberazione anticipata, intervenendo sia sul codice di procedura penale sia sulle disposizioni dell'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), al fine di semplificare il procedimento di riconoscimento del beneficio;

    la disposizione introduce altresì una disciplina specifica, in materia di detenzione domiciliare, applicabile ai condannati ultrasettantenni e a coloro che si trovano agli arresti domiciliari per gravissimi motivi di salute;

    il carcere non è l'unica forma di esecuzione di una pena e non dovrebbe essere neanche la principale. È questo il messaggio che negli ultimi anni il Consiglio d'Europa ha inviato agli stati membri, in particolare attraverso varie raccomandazioni volte a promuovere l'uso di misure alternative al carcere (su tutte, si veda la Raccomandazione R(2010)1 del Comitato dei ministri agli Stati membri sulle regole in materia di probation), approvata il 20 gennaio 2010);

    in tale cornice, molti paesi europei hanno approvato norme e riforme volte ad incrementare il ricorso alle alternative alla detenzione. Nel caso italiano, un forte input è arrivato anche dalla Corte EDU attraverso la sentenza Torreggiani del 2013, in risposta alla quale il Governo italiano è intervenuto con una serie di misure per riportare le condizioni detentive entro parametri di legalità, anche attraverso un potenziamento delle misure alternative;

    in particolare, la legge 94 del 9 agosto 2013 ha rimosso alcuni ostacoli nell'accesso alla detenzione domiciliare e alla semi-libertà per i recidivi (introdotti dalla ex-Cirielli nel 2005) e ha ridotto la possibilità di applicare la custodia cautelare, mentre la legge 67 del 28 aprile 2014 ha istituito la messa alla prova, ossia la possibilità di richiedere la sospensione del procedimento penale per reati considerati di minore gravità;

    l'Ordinamento penitenziario individua tre tipi di misure alternative: l'affidamento in prova al servizio sociale, la semi-libertà, la detenzione domiciliare,

impegna il Governo

a riordinare le misure alternative alla detenzione, con lo scopo di incentivare il ricorso alle stesse.
9/2002/75. Grimaldi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    l'articolo 8 istituisce presso il Ministero della giustizia un elenco delle strutture residenziali idonee all'accoglienza e al reinserimento sociale. Per l'iscrizione nell'elenco le strutture residenziali devono garantire, oltre a una idonea accoglienza residenziale, lo svolgimento di servizi di assistenza, di riqualificazione professionale e reinserimento socio-lavorativo dei soggetti residenti, compresi quelli con problematiche derivanti da dipendenza o disagio psichico, che non richiedono il trattamento in apposite strutture riabilitative;

    a seguito delle modifiche apportate nel corso dell'esame presso il Senato, è stato aggiunto il comma 6-bis, che mira ad ampliare le possibilità di accesso ai detenuti tossicodipendenti presso comunità terapeutiche pubbliche o private accreditate;

    nel nostro Paese la condizione di fondo della reclusione continua a manifestare profonde criticità, a partire dal livello di sovraffollamento, in ragione del quale l'Italia è stata ripetutamente condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che proibisce la tortura e i trattamenti inumani o degradanti;

    la condizione attuale del sistema penitenziario, tuttavia, in ragione della strutturale situazione di sovraffollamento, non consente l'attuazione degli scopi costituzionali della pena né di quanto la normativa penitenziaria stabilisce al fine di un concreto reinserimento del condannato nella società;

    sarebbe opportuno, ove la ridotta pericolosità sociale del reo sia tale da consentirlo, scontare la detenzione all'interno di specifiche strutture appositamente istituite e di dimensioni ridotte, dove siano ammessi i condannati ad una pena non superiore a dodici mesi, e caratterizzate da programmi di trattamento espressamente finalizzati alla ricollocazione sociale del condannato, comprendenti lavori di pubblica utilità e progetti che coinvolgano figure di educatori, psicologi e assistenti sociali nonché attività cogestite con enti del Terzo settore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte, ove la ridotta pericolosità sociale del reo sia tale da consentirlo, a far scontare la detenzione all'interno di specifiche strutture appositamente istituite e di dimensioni ridotte.
9/2002/76. Zanella.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    l'articolo 2-quater, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, prevede che i medici in rapporto di convenzionamento con il Servizio sanitario nazionale operanti all'interno degli istituti penitenziari, fermo restando il servizio minimo di assistenza negli istituti penitenziari definito dagli accordi collettivi nazionali, possono svolgere, fino al completamento delle 38 ore settimanali, altro incarico orario nell'ambito e nell'interesse del Servizio sanitario nazionale;

    il decreto-legge in esame interviene su un tema centrale, come la necessità di intervenire sulle condizioni di vita dei detenuti, condizione di vita sia attestata dal drammatico aumento del numero dei suicidi in carcere, dati allarmanti per i quali il capo del DAP ha ammesso di non avere spiegazioni plausibili;

    secondo le rilevazioni e le verifiche effettuate, le persone detenute che dall'inizio dell'anno e fino al 5 agosto 2024 che si sono suicidate in carcere sono addirittura 63, sono tredici in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. A questi vanno aggiunti gli otto suicidi nel 2024 degli agenti penitenziari: il carcere è un campo di battaglia dove perdono tutti;

    ad avviso del presentatore, non sono le carceri ad essere poche, ma sono i detenuti ad essere troppi e la soluzione non può essere quella di agire per aumentare i posti per detenuti, ma deve essere quella di istituire, regolamentare e realizzare nuovi luoghi ove si affrontino i problemi del disagio sociale,

impegna il Governo

a implementare, con adeguate risorse finanziarie e di personale specializzato, le linee guida di intervento continuo in materia di prevenzione delle condotte suicidarie delle persone detenute predisposte dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, sulla base del piano nazionale in materia.
9/2002/77. Bonelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    il decreto-legge in esame interviene su un tema centrale, la cui urgenza è stata riconosciuta anche dal dottor Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, nel corso dell'audizione svolta in Commissione Giustizia nel mese di febbraio;

    all'articolo 10 nel corso dell'esame presso il Senato sono state introdotte disposizioni in materia di misure di sicurezza da eseguirsi presso strutture sanitarie (REMS);

    in diversi istituti penitenziari sono operativi i Centri diurni rivolti a persone in situazioni di fragilità finanziati da Casse delle Ammende ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2017, n. 102, finalizzati: a) creare spazi osservativi e riabilitativi preliminari per consentire l'avvio di percorsi individualizzati, integrando efficacemente i diversi interventi effettuati dagli attori che a vario titolo operano all'interno degli Istituti penali; b) intercettare precocemente i soggetti in situazioni di fragilità, individuando i loro bisogni a livello concreto, psicologico, relazionale ed esperienziale idoneo al recupero delle energie residue e alla valorizzazione delle risorse personali; c) realizzare interventi risocializzanti e riabilitativi ad integrazione delle attività trattamentali e terapeutiche già in essere; d) intervenire sulla dimensione emotiva e relazionale dei partecipanti alle attività, utilizzando il gruppo come spazio protetto di condivisione e scambio di esperienze connotate positivamente, al fine di riattivare le competenze relazionali e di base necessarie per accedere a percorsi di inclusione sociale con un ruolo attivo; e) facilitare l'accesso alle attività trattamentali e alle risorse riabilitative già presenti in Istituto, agendo sulla rete di supporto tra pari nelle sezioni che vedono una maggior incidenza di problematiche psichiatriche e di particolari condizioni di fragilità; f) favorire l'accesso alle misure alternative e costruire percorsi che accompagnino le persone con problematiche sanitarie per le quali non è indicata la permanenza in istituto, potenziando la rete di opportunità del territorio e seguendole nell'attuazione del progetto individualizzato di reinserimento; g) rafforzare e migliorare la capacità del sistema di definire interventi personalizzati in grado di offrire una risposta proporzionata all'intensità del bisogno identificato, superando le logiche settoriali; h) realizzare le opportunità di accesso ai percorsi di accoglienza abitativa temporanea funzionali all'acquisizione di una autonomia sostenibile, attraverso una strategia integrata che affianchi l'intervento di «accoglienza temporanea» a interventi specialistici mirati,

impegna il Governo

a implementare i cosiddetti «Centri diurni» interni agli istituti penitenziari.
9/2002/78. Fratoianni.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    il decreto-legge in esame interviene su un tema centrale, la cui urgenza è stata riconosciuta anche dal dottor Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel corso dell'audizione svolta in Commissione giustizia nel mese di febbraio;

    secondo i dati ufficiali al 31 dicembre 2023, negli istituti penitenziari in Italia, si sono registrati 158 morti, di cui 69 suicidi e 88 per altre cause. Al 5 agosto 2024 si sono registrati 158 morti, 63 suicidi e 95 per altre cause;

    l'autopsia è obbligatoria in casi di morte improvvisa, sospetta o violenta, nonché in situazioni in cui non è chiara la causa del decesso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre l'obbligatorietà dell'autopsia in caso di morte avvenuta in carcere o altra struttura detentiva.
9/2002/79. Ghirra.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    l'articolo 7 (Esclusione dell'accesso ai programmi di giustizia riparativa per i detenuti sottoposti al regime del 41-bis ordinamento penitenziario) preclude l'accesso ai programmi di giustizia riparativa ai detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario;

    la norma modifica l'articolo 41-bis, comma 2-quater, della legge n. 354 del 1975, sull'ordinamento penitenziario (O.P.). Il comma 1, lettera a), reca una modifica di carattere formale alla lettera f) del comma 2-quater (conseguente alla introduzione della lettera f-bis). La lettera b) introduce la nuova lettera f-bis) nel citato comma 2-quater integrando l'elenco delle misure connesse alla sospensione dell'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall'ordinamento penitenziario;

    la giustizia riparativa rappresenta un modello fondato sull'ascolto e sul riconoscimento dell'altro, introducendo un innovativo approccio nel campo del diritto penale, volto a promuovere una risoluzione del conflitto che sia benefica per tutte le parti coinvolte nel processo penale;

    tale modello mira a facilitare il riconoscimento delle responsabilità attraverso un percorso condiviso che coinvolge l'autore del reato, la vittima e, talvolta, la comunità. La vittima e l'autore del fatto penalmente rilevante, infatti, partecipano attivamente, se entrambi vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni provocate dal fatto mediante l'aiuto di un mediatore, terzo e imparziale;

    il decreto legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022, in attuazione della legge delega 27 settembre 2021 n. 134, introduce nel nostro ordinamento una «disciplina organica» della giustizia riparativa, consentendo così di adempiere alla direttiva 2012/29/UE;

    la disciplina contribuisce a individuare gli standard di formazione degli operatori di giustizia riparativa e di erogazione dei programmi di giustizia riparativa;

    all'articolo 43 sono elencati i principi generali che governano la giustizia riparativa e gli obiettivi verso cui tende, tra gli altri: la partecipazione attiva e volontaria; l'equa considerazione dell'interesse della vittima e della persona indicata come autore dell'offesa, il coinvolgimento della comunità; il consenso alla partecipazione; la riservatezza che, da un lato, è la condizione indispensabile per assicurare la genuinità dei percorsi riparativi e, dall'altro, rende compatibile l'esperimento di un programma anche nella fase della cognizione, facendo salva in primo luogo la presunzione di innocenza che, unita alla inutilizzabilità, assicura la genuina acquisizione della prova sia nella fase delle indagini che nella fase del processo; l'indipendenza dei mediatori e la loro ecquiprossimità rispetto ai partecipanti;

    l'articolo 63 del predetto decreto legislativo prevede inoltre che «i Centri per la giustizia riparativa» siano istituiti presso gli enti locali e che «per ciascun distretto di Corte di appello è istituita la Conferenza locale per la giustizia riparativa»,

impegna il Governo:

   a rendere operativi al più presto i centri per la giustizia riparativa presso gli enti locali così come previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2022, al fine di avviare il percorso e le modalità di approccio alla pena nel nostro Paese, per avere una giustizia che miri alla riabilitazione e all'educazione della persona, anziché alla mera punizione;

   ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie affinché le disposizioni di cui al Titolo IV del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 trovino al più presto completa e immediata attuazione.
9/2002/80. Dori.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    il provvedimento all'esame dell'aula interviene su un tema, quello del sistema penitenziario italiano che registra una situazione preoccupante: carceri fatiscenti, sovraffollamento e condizioni degradate di vita per detenuti e personale;

    tra le misure contenute nel decreto-legge manca qualsiasi riferimento alla recente sentenza della Corte costituzionale n. 10/24. Questione di legittimità costituzionale sollevata dal Magistrato di Sorveglianza di Spoleto all'articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non prevede che alla persona detenuta sia consentito, quando non ostino ragioni di sicurezza, di svolgere colloqui intimi, anche a carattere sessuale, con la persona convivente non detenuta, senza che sia imposto il controllo a vista da parte del personale di custodia, per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, commi 1 e 4, 27, comma 3, 29, 30, 31, 32 e 117, comma 1, della Costituzione, quest'ultimo in rapporto agli art. 3 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

    con sentenza n. 10 del 2024, la Corte ha ritenuto la questione fondata e ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354 nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa, nei termini di cui in motivazione, a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell'unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del comportamento della persona detenuta in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina, né, riguardo all'imputato, ragioni giudiziarie;

    «L'ordinamento giuridico» – ha affermato la Corte – «tutela le relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono, riconoscendo ai soggetti legati dalle relazioni medesime la libertà di vivere pienamente il sentimento di affetto che ne costituisce l'essenza. Lo stato di detenzione può incidere sui termini e sulle modalità di esercizio di questa libertà, ma non può annullarla in radice, con una previsione astratta e generalizzata, insensibile alle condizioni individuali della persona detenuta e alle specifiche prospettive del suo rientro in società»;

    la norma censurata, nel prescrivere in modo inderogabile il controllo a vista sui colloqui del detenuto e della detenuta, gli impedisce di fatto di esprimere l'affettività con le persone a lui o lei stabilmente legate, anche quando ciò non sia giustificato da ragioni di sicurezza;

    la Corte ha pertanto riscontrato la violazione degli articoli 3 e 27, terzo comma, costituzionale per la irragionevole compressione della dignità della persona causata dalla norma in scrutinio e per l'ostacolo che ne deriva alla finalità rieducativa della pena;

    una larga maggioranza degli ordinamenti europei riconosce ormai ai detenuti e alle detenute spazi di espressione dell'affettività intramuraria, inclusa la sessualità, la Corte ha ritenuto altresì violato l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'articolo 8 CEDU, per il difetto di proporzionalità di un divieto radicale di manifestazione dell'affettività «entro le mura»;

    infine, la Corte ha precisato che, in coerenza con l'oggetto del giudizio principale, la sentenza non concerne il regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario, né i detenuti, né le detenute sottoposti/e alla sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-bis della stessa legge;

    del resto, a riprova del fatto che l'affettività e la sessualità intra muraria debbano essere considerati un diritto e non solo un desiderio legittimo, basta uscire dalla piccola realtà italiana. Albania, Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Norvegia, Olanda, Spagna, Svezia, Svizzera, taluni Paesi dell'Europa dell'est – solo per rimanere in ambito continentale – sono tra gli Stati ove è prevista la possibilità di avere in carcere relazioni affettive e di usufruire di appositi spazi penitenziari all'interno dei quali, sottratti al controllo visivo del personale di custodia, il detenuto o la detenuta possono trascorrere diverse ore anche in compagnia del proprio partner. Ciò garantisce la possibilità di riprendere familiarità, o di mantenerla, e di esprimere la propria sfera più intima con l'altra persona,

impegna il Governo:

   a dare seguito alla recente sentenza della Corte costituzionale n. 10/24, affinché i detenuti e le detenute siano ammessi ad avere, quando non ostino ragioni di sicurezza o di opportunità, una visita al mese con le persone autorizzate ai colloqui, al fine di poter avere colloqui affettivi o intimi, anche a carattere sessuale, senza che sia imposto il controllo a vista o da remoto da parte del personale di custodia;

   ad incrementare il numero dei colloqui telefonici e/o videochiamate.
9/2002/81. Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    l'articolo 10-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, prevede la possibilità per il condannato, qualora non sia in grado di offrire valide occasioni di reinserimento esterno tramite attività di lavoro autonomo o dipendente, di essere ammesso, in sostituzione, ad un idoneo servizio di volontariato oppure ad attività di pubblica utilità, senza remunerazione;

    con decreto del Ministro della giustizia 5 dicembre 2012, è stato stabilito il contenuto della «Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati» prevista dal Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà;

    presso alcuni istituti penitenziari, al fine di ottemperare alle disposizioni della Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati, sono presenti i cosiddetti «Sportelli per i Diritti dei detenuti» per l'informazione e l'orientamento delle persone detenute sui loro diritti, con particolare riferimento alle tematiche di competenza del Garante, quali le condizioni di vita di vita in carcere, l'assistenza sanitaria, l'istruzione scolastica e universitaria, la formazione professionale, l'orientamento e l'inserimento lavorativo, l'accesso ai benefici e alle misure alternative alla detenzione e il sostegno al reinserimento sociale a fine pena,

impegna il Governo

a istituire presso ciascuna struttura detentiva uno «Sportello per i Diritti dei detenuti» al fine di offrire loro, anche secondo i principi contenuti nella «Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati», informazioni gratuite per questioni legate all'esecuzione della pena e a problematiche derivanti dallo stato di detenzione.
9/2002/82. Piccolotti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    l'articolo 9, modificato nel corso dell'esame presso il Senato, introduce nel codice penale il nuovo delitto contro la pubblica amministrazione di indebita destinazione di denaro o cose mobili e modifica altresì il decreto legislativo n. 231 del 2001, in materia di responsabilità delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, includendo il delitto di indebita destinazione di denaro o cose mobili nel novero dei delitti per i quali è comminata una sanzione pecuniaria nei confronti dell'ente;

    la politica messa in campo dal Governo presieduto da Giorgia Meloni, senza contare le nuove pene e delitti previsti nel cosiddetto decreto sicurezza all'esame delle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, al 31 dicembre 2023, ha segnato un'epoca di intensa attività legislativa nel campo penale: ha introdotto 15 nuovi reati inasprendo le pene per altri già esistenti;

    tale politica ha aggravato ulteriormente la situazione delle strutture carcerarie, in considerazione dell'aumento della popolazione carceraria, anche minorenne;

    ad avviso del firmatario del presente atto, l'esecutivo ha così voluto marcare la sua natura repressiva, ma solo verso alcuni reati (ad esempio contro le proteste degli attivisti per il clima), dimenticando che i social negli ultimi anni hanno cambiato il modo in cui le mafie si raccontano: i boss oggi non si nascondono ma ostentano il loro potere, ostentano le auto e i gioielli, ostentano case lussuose. I social sono diventati uno strumento di propaganda. Siamo passati dai racconti di mafia ai racconti della mafia. Hanno imparato dai cartelli dei Narcos. Nessun intermediario, solo autonarrazione. Twitter è diventata la loro agenzia di stampa, Instagram il loro magazine, Facebook la loro TV generalista e TikTok il loro reality show. I rampolli dei boss sono gli influencer della mafia e hanno una loro colonna sonora, la musica trap;

    Facebook diventa un'attestazione pubblica del proprio essere, un marchio inciso direttamente sulla pelle, così come si mostra il brand stampato sulla maglietta, allo steso modo i ragazzi di un clan del rione Sanità esibiscono sul petto la scritta «LOVE» dove la prima lettera è una pistola, la seconda una granata, la terza un rasoio divaricato, la quarta un kalashnikov,

impegna il Governo

a ripensare l'indirizzo generale in materia di giustizia finora seguito, che affianca l'introduzione di nuove e inutili fattispecie di reato a inefficaci politiche deflattive della popolazione carceraria, intervenendo invece mediante l'introduzione di puntuali e limitate fattispecie di reato volte a reprimere fenomeni di particolare allarme sociale, prevedendo, ad esempio, misure specifiche nei confronti di coloro che pubblicamente, durante manifestazioni, trasmissioni pubbliche o attraverso strumenti informatici, telematici o mediante l'utilizzo di social network fanno propaganda, celebrano o lodano fatti o atti delittuosi commessi da una associazione criminale o di un gruppo avente le caratteristiche e le finalità indicate nell'articolo 416 e 416-bis codice penale.
9/2002/83. Borrelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula reca «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia»;

    durante le audizioni il responsabile del DAP ha evidenziato come la consistenza della popolazione carceraria rappresenti un trend in costante aumento e come le problematiche connesse a tale fenomeno non possano essere superate attraverso la creazione di nuovi posti negli istituti penitenziari che, anche se realizzati, sarebbero del tutto insufficienti;

    l'articolo 8 istituisce presso il Ministero della giustizia un elenco delle strutture residenziali idonee all'accoglienza e al reinserimento sociale;

    visto il sovraffollamento negli istituti penitenziari sarebbe opportuno prevedere il rinvio dell'esecuzione della pena per le condannate incinte o madri di figli di età inferiore a tre anni, disponendo che le medesime scontino la pena, qualora non venga disposto il rinvio, presso apposite case rifugio a custodia attenuata per detenute madri;

    questo sarebbe in linea sia con quanto previsto dalle Regole penitenziarie europee sia con le Regole delle Nazioni Unite relative al trattamento delle donne detenute e alle misure non detentive per le donne autrici di reato, altrimenti conosciute come «Regole di Bangkok». La Regola 64 afferma chiaramente che «Le pene non detentive per le donne incinte e per le donne con figli a carico devono essere preferite laddove possibile» e viene richiamato l'interesse superiore del bambino rispetto all'esercizio del potere punitivo che può essere eseguito anche con modalità differenti;

    tra l'altro, le statistiche sulle detenute madri elaborate dal Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria (aggiornate al 31 gennaio 2024) confermano, poi, che il numero di detenute madri al momento sono 20 in tutto il territorio nazionale;

    le case famiglia protette sono previste dalla legge n. 62 del 21 aprile 2011, per l'accoglienza sul territorio di madri provenienti dalla detenzione con figli minori conviventi;

    nel tempo, l'Amministrazione penitenziaria ha stipulato due convenzioni relative all'attivazione di case famiglia ai sensi dell'articolo 4 legge n. 62 del 2011: la «Casa di Leda», con sede in Roma, ed una seconda struttura con sede in Milano, nata dalla collaborazione tra il Provveditorato regionale della Lombardia e l'Associazione «Ciao»;

    entrambe le strutture, che sono attive, hanno la capacità ricettiva di 6 adulti ed 8 minori;

    nonostante si tratti di strutture estranee al circuito penitenziario, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha fortemente contribuito alla realizzazione di entrambe le case famiglia, ritenendo d'interesse prioritario consentire a madri svantaggiate, sprovviste di riferimenti alloggiativi e materiali, l'accesso a misure alternative extra detentive,

impegna il Governo

a prevedere una diffusione capillare delle case famiglie protette come la casa di Leda nel caso di madre detenuta incinta o con prole di età inferiore a anni tre con lei convivente.
9/2002/84. Mari.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame all'articolo 6 reca disposizioni che prevedono l'adozione di un regolamento per la definizione di una disciplina che incrementi il numero dei colloqui telefonici settimanali e mensili delle persone detenute e che nelle more dell'adozione del suddetto decreto, possano essere comunque autorizzati colloqui telefonici oltre i limiti previsti dalle disposizioni vigenti, risulta comunque non risolutivo del problema non più rimandabile dell'isolamento emotivo dei detenuti;

    la legge sull'Ordinamento penitenziario prevede all'articolo 1, comma 2 che «il trattamento tende, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale ed è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni degli interessati» e all'art. 28 che «Particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»;

    la Raccomandazione R (2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle Regole penitenziarie europee all'articolo 24 dispone che «i detenuti devono essere autorizzati a comunicare il più frequentemente possibile – per lettera, telefono o altri mezzi di comunicazione – con la famiglia, con terze persone e con i rappresentanti di organismi esterni, e a ricevere visite da dette persone»;

    i princìpi sopra appena richiamati risultano consolidati nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (si vedano, in particolare, le sentenze Olsson v. Sweden, Messina v. Italy, Van der Ven v. the Netherlands);

    l'articolo 39 del Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, riconosce alle persone detenute di effettuare una telefonata a settimana della durata massima di 10 minuti e, ai detenuti per i reati gravi di cui all'articolo 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario, un massimo di due colloqui telefonici al mese;

    durante la pandemia il Parlamento aveva riconosciuto alle direzioni degli istituti penitenziari la possibilità di autorizzare colloqui telefonici giornalieri, in particolare al fine di agevolare la comunicazione con figli minori, figli maggiorenni con gravi disabilità, coniuge, partner di unione civile, convivente stabile o altra persona con legame affettivo significativo, con effetti positivi sul benessere psicologico sia del detenuto che di costoro;

    nonostante la circolare del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, n. 3696/6146 del 26 settembre 2022, abbia confermato l'ampia discrezionalità degli istituti per l'autorizzazione di colloqui telefonici straordinari, su tutto il territorio nazionale si registra una sostanziale ritrosia degli stessi ad autorizzare questi ultimi, mantenendo fermo il limite di una chiamata a settimana;

    la circolare del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria n. 3696/6146 del 26 settembre 2022, inoltre, ha reso strutturale – dopo la sperimentazione effettuata in fase pandemica – la possibilità per i detenuti di comunicare anche attraverso videochiamate, ma in tutti gli istituti penitenziari tale strumento risente di un utilizzo sporadico e quasi premiale;

    nella casa circondariale di Busto Arsizio, ad esempio, il cappellano Don David Maria Riboldi ha avviato una campagna di sensibilizzazione («Una telefonata può salvare la vita») volta a evidenziare gli effetti negativi e potenzialmente drammatici che derivano dal quotidiano senso di isolamento che vivono i detenuti, dimostrando che il contatto telefonico – o tramite videochiamata – con i propri cari riduce drasticamente l'attitudine all'autolesionismo, migliora il benessere psicofisico del detenuto e vivifica i legami familiari e affettivi, contribuendo a migliorare le prospettive di vita del detenuto stesso;

    il rafforzamento di tale strumento rappresenta una priorità ineludibile alla luce della funzione sociale della pena e del drammatico incremento di suicidi (64) che gli istituti carcerari stanno registrando nell'anno in corso,

impegna il Governo

ad accompagnare l'adozione del regolamento di cui all'articolo 6 del provvedimento in esame con la previsione di misure idonee ad ampliare il numero dei contatti telefonici esterni dei detenuti e a favorire anche l'utilizzo delle videochiamate, sottraendo ogni discrezionalità agli istituti interessati e riconoscendo il diritto alla comunicazione dei detenuti quale corollario del diritto all'affettività affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 10 del 2024.
9/2002/85. Gadda.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure per l'assunzione di personale che presti servizio, a vario titolo, presso le strutture penitenziarie italiane;

    nel 2024 si è registrato un drammatico aumento dei suicidi in carcere: ad oggi sono 64 i detenuti che si sono tolti la vita all'interno degli istituti, cioè quasi la totalità dei suicidi in carcere registrati in tutto l'anno 2023 (70);

    tale dato drammatico si accompagna al numero di suicidi della polizia penitenziaria: secondo i dati disponibili, dal 2014 a oggi ben 59 agenti si sono tolti la vita, spesso per via delle forti condizioni di stress dovute a condizioni di lavoro che vedono gli istituti in stato di sovraffollamento e il corpo di polizia penitenziaria sottodimensionato di circa il 16 per cento rispetto alle esigenze carcerarie;

    tali dati confermano l'insufficienza e l'inadeguatezza del nostro sistema carcerario che, anziché garantire la funzione rieducativa del detenuto e condizioni di sicurezza, vede la polizia penitenziaria e i detenuti assoggettati a condizioni di stress psicologico drammatiche;

    è indispensabile garantire l'adozione di misure di rapida implementazione, come garantire la presenza di psicologi specializzati all'interno degli istituti, al fine di assicurare ogni supporto psicologico necessario a salvaguardare il benessere mentale e psicofisico della popolazione carceraria,

impegna il Governo

a prevedere, nel primo provvedimento utile, l'assunzione straordinaria di nuovi psicologi penitenziari a decorrere dall'anno 2024, al fine di consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale volto a favorire il reinserimento sociale e la prevenzione della recidiva delle persone detenute, nonché l'adeguato supporto psicologico agli agenti penitenziari.
9/2002/86. Faraone.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure per il rafforzamento delle strutture carcerarie attraverso la nomina di un commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria;

    le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui al decreto-legge 31 marzo 2014. n. 52, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81, sono strutture per l'accoglienza delle persone affette da disturbi mentali a cui viene applicata la misura di sicurezza detentiva del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o l'assegnazione a casa di cura e custodia;

    la gestione di tali strutture e delle attività svolte al loro interno è di competenza sanitaria, mentre le attività di sicurezza e di vigilanza esterna nonché l'accompagnamento dei pazienti in ospedali o ad altre sedi sono svolte, tramite specifico accordo, d'intesa con le prefetture;

    secondo l'ultimo Rapporto del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, a giugno 2023 i ricoverati nelle R.E.M.S. erano 632, mentre le persone in attesa di farvi ingresso erano 675. Di queste ultime 42 erano detenute illegittimamente in carcere, vista la sentenza del 24 gennaio 2022 della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha sancito che la mancata esecuzione del provvedimento applicativo della R.E.M.S. e la conseguente indebita protrazione della sua detenzione in carcere determini una violazione del divieto di sottoposizione a pene o trattamenti inumani o degradanti sancito dall'articolo 3 della Carta europea dei diritti dell'uomo, nonché del diritto alla libertà e alla sicurezza consacrato dal successivo articolo 5;

    al 31 ottobre scorso gli internati erano 654, dei quali 344 definitivi e 310 provvisori, mentre in lista d'attesa rimanevano 796 persone, di cui 492 provvisori e 304 definitivi;

    considerando la necessità di ampliare tali strutture al fine di accogliere tutte le persone private della libertà che vi hanno diritto all'accesso,

impegna il Governo

a incrementare per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 di ulteriori 20 milioni di euro, la spesa al fine di realizzare nuove residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui al decreto-legge 31 marzo 2014. n. 52, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81.
9/2002/87. Marattin.


   La Camera,

   premesso che:

    le case famiglia protette sono previste dalla legge n. 62 del 21 aprile 2011;

    con la legge 27 dicembre 2019, n. 160, articolo 1, commi 322 e 323, per la prima volta è stata incentivata la rete delle case famiglia e di altre strutture residenziali territoriali, finanziando il sistema dell'accoglienza con un Fondo di 1.5 milioni di euro per tre anni, da ripartire tra le Regioni;

    con l'istituzione del suddetto Fondo si è inteso promuovere l'esperienza delle strutture di accoglienza esterne come luoghi più idonei alla corretta socializzazione dei minori, in quanto, rispetto agli Istituti a custodia attenuata (ICAM), sono veri appartamenti in cui la madre può stare con il bambino attualmente in Italia sono attive solo due case famiglie protette (a Roma e Milano);

    le case famiglie protette sono gestite da associazioni che si finanziano principalmente con donazioni e raccolte fondi, in quanto il finanziamento pubblico per il loro funzionamento è stato limitato nel tempo, limitatamente alla ripartizione tra le Regioni delle risorse 2023 del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 322, legge 30 dicembre 2020, n. 178;

    nonostante si tratti di strutture estranee al circuito penitenziario, la realizzazione delle case famiglia risulta d'interesse prioritario, in quanto consente a madri svantaggiate, sprovviste di riferimenti alloggiativi e materiali, l'accesso a misure alternative extra detentive;

    la collocazione delle madri e dei minori all'interno degli ICAM deve rappresentare un'ipotesi ultima e residuale, posti gli effetti negativi che detti ambienti – per quanto «protetti» – recano sulla crescita dei minori;

    occorre adottare interventi legislativi volti a migliorare la condizione delle detenute madri così da renderle attivamente partecipi nell'educazione e nella crescita della prole consentendo così per i minori uno sviluppo adeguato e senza alcun tipo di limitazioni a causa della condizione detentiva della madre,

impegna il Governo

a incrementare di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 il Fondo per le case famiglia protette, al fine di contribuire alla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori nonché al fine di incrementare l'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia.
9/2002/88. Boschi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure per il rafforzamento delle strutture penitenziarie attraverso la nomina di un commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria;

    la legge attualmente in vigore prevede per le madri recluse con figli minori la detenzione negli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (ICAM) o nelle sezioni nido delle carceri o in case famiglie protette;

    tutti gli studi sociologici, psicologici, nonché le ricerche empiriche, segnalano in modo inequivocabile che l'ambiente carcerario, considerando sezioni nido e ICAM, è assolutamente inconciliabile con la crescita e lo sviluppo sano e naturale di un bambino, costretto a vivere i primi anni della sua vita in un contesto di quasi totale deprivazione affettiva, relazionale, e sensoriale;

    gli psicologi hanno dimostrato che esiste la «sindrome da prigionia»: i bambini detenuti possono sviluppare difficoltà nel gestire le emozioni e senso di inadeguatezza, di sfiducia, di inferiorità, che si accompagna a un tardivo progresso linguistico e motorio, causato dalla ripetitività dei gesti, dalla ristrettezza degli spazi di gioco e dalla mancanza di stimoli;

    in questo contesto e vista la carenza di case famiglie protette e i ritardi nella realizzazione di una rete di strutture adeguate occorre intervenire senza indugio sugli ICAM al fine di garantire ambienti idonei allo sviluppo e alla crescita dei minori,

impegna il Governo:

   a stanziare risorse per il rafforzamento e l'adeguamento degli ICAM al fine di salvaguardare le prioritarie esigenze di crescita e sviluppo dei minori e non pregiudicare le esigenze di maternità in ragione delle esigenze di esecuzione penale;

   a garantire, in attesa di rafforzare la rete di case famiglia protette, la presenza di ICAM su tutto il territorio nazionale, al fine di scongiurare altre forme di detenzione maggiormente coercitive che rischiano di pregiudicare irrimediabilmente le esigenze pedagogiche del minore.
9/2002/89. De Monte.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure per il rafforzamento delle strutture penitenziarie attraverso la nomina di un commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria;

    l'associazione Antigone, nel dossier pubblicato a fine 2023 sulla situazione delle carceri italiane, segnala che sulle 76 strutture penitenziarie visitate il 31,4 per cento delle carceri è stato costruito prima del 1950, la maggior parte di questi addirittura prima del 1900; nel 10,5 per cento le celle non presentavano sistemi di riscaldamento; nel 60,5 per cento non era garantita l'acqua calda per tutto il giorno e in ogni periodo dell'anno; nel 53,9 per cento degli istituti visitati c'erano celle senza doccia (benché il termine ultimo per dotare ogni cella di doccia fosse stato posto a settembre 2005); nel 34,2 per cento degli istituti visitati non vi erano spazi per lavorazioni; nel 25 per cento non c'è una palestra, o non è funzionante; nel 22,4 per cento non c'è un campo sportivo, o non è funzionante;

    la situazione edilizia delle strutture penitenziarie italiane è totalmente inaccettabile, come segnalato e denunciato ormai da anni dai detenuti stessi e gli agenti di polizia penitenziaria: a causa sia della mancanza di spazi personali per i detenuti che di luoghi all'interno degli istituti penitenziari predisposti allo svolgimento di attività, volte all'interno alla rieducazione del detenuto, il percorso di reinserimento del condannato all'interno della società viene compromesso se non annullato, ledendo così in modo grave i principio stabilito dall'articolo 27, comma 3 della Costituzione;

    appare quindi fondamentale e urgente l'istituzione di un Fondo finalizzato ad interventi riguardanti l'edilizia penitenziaria, che non si limiti solo a realizzare nuovi istituti penitenziari e alloggi di servizio per la polizia penitenziaria, ad ampliare le strutture penitenziarie esistenti, a mettere in sicurezza e ristrutturare gli attuali edifici, ma che sia volto anche alla realizzazione di spazi e attività all'interno degli istituti che siano funzionali alla rieducazione e la formazione professionale dei detenuti,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a istituire un Fondo straordinario per l'edilizia penitenziaria al fine di realizzare nuovi istituti, alloggi di servizio per la polizia penitenziaria, ampliare e ammodernare le strutture penitenziarie esistenti, nonché gli spazi e attività all'interno degli istituti che siano funzionali alla rieducazione e la formazione professionale dei detenuti nell'ottica del reinserimento sociale e lavorativo.
9/2002/90. Del Barba.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure per il rafforzamento delle strutture penitenziarie attraverso la nomina di un commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria;

    dall'entrata in vigore il decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, il numero dei minorenni detenuti negli Istituti per minori (Ipm) ha subito un deciso incremento nel 2024 i minorenni detenuti, solo nel mese di aprile risultano essere 571, mentre la media dal 2020 al 2022 è stata tra i 320 e i 350 reclusi;

    come evidenziato dall'associazione Antigone, l'aumento di detenuti minorenni dalla fine del 2022 alla fine del 2023 è stato del 30 per cento, risultando i minori e giovani adulti in carcere circa il 3,8 per cento del totale dei detenuti;

    dai dati emerge sulle recidive si evince fortemente come specie per i più giovani sia necessario attuare una reale rieducazione detentiva così da scongiurare un'ulteriore privazione delle libertà in età adulta,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a istituire un fondo nello stato di previsione del Ministero della giustizia con una dotazione iniziale pari a 90 milioni di euro per l'anno 2024 e 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, per interventi straordinari finalizzati a realizzare istituti penali per minorenni coerenti con la finalità rieducativa della pena, con le esigenze di formazione e di studio, nonché di crescita personale anche attraverso spazi funzionali all'esercizio di attività sportive e di laboratorio professionalizzante, adeguando gli IPM alla funzione sociale della pena.
9/2002/91. Bonifazi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea prevede misure per l'assunzione di personale che presti servizio, a vario titolo, presso le strutture penitenziarie italiane;

    al fine di garantire la funzione rieducativa prevista ai sensi della Carta costituzionale è necessario rafforzare il ruolo dell'educazione scolastica all'interno degli istituti detentivi, in quanto l'educazione del detenuto ricopre un ruolo centrale nel reinserimento in società del reo e, prima ancora, per la sua emancipazione sociale;

    le istituzioni scolastiche, universitarie e formative contribuiscono alla realizzazione di tale finalità con progetti concreti, permettendo quindi di fatto il reinserimento sociale e la funzione rieducativa della pena;

    il CNEL e il Ministero della giustizia, nell'ambito del progetto «Recidiva zero. Studio, formazione e lavoro in carcere», hanno constatato che il 68.7 per cento dei detenuti torna a delinquere, mentre i dati cambiano drasticamente se si considerano i detenuti che hanno svolto percorsi di formazione o di lavoro in carcere per i quali il tasso di recidiva scende al 2 per cento;

    l'insegnamento appare ancor più fondamentale se si considera il ruolo gli insegnanti sono chiamati a svolgere nelle carceri, a maggior ragione considerando il calo nella recidività per gli individui che intraprendono percorsi educativi all'interno degli istituti di detenzione,

impegna il Governo

a istituire un'apposita sezione nell'ambito del fondo per il miglioramento dell'offerta formativa, con uno stanziamento nel limite di spesa di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, volto a garantire il reinserimento sociale e la funzione rieducativa della pena, ai fini dell'attribuzione di una specifica indennità in favore di ciascun docente assunto a tempo determinato o indeterminato e assegnato alla docenza nei confronti degli individui privati della libertà.
9/2002/92. Gruppioni.


   La Camera,

   premesso che:

    gli Uepe (Uffici di esecuzione penale esterna) rappresentano un'articolazione del Ministero della Giustizia e sono deputati alla presa in carico delle persone sottoposte a misure esterne all'Istituto penale;

    risulta centrale per gli UEPE la figura dell'assistente sociale, che insieme alla Polizia Penitenziaria, agli esperti psicologi, ai criminologi e agli educatori, collabora alla concreta riuscita della funzione rieducativa della pena;

    i compiti ad essi attribuiti sono indicati dall'articolo 72 della legge 26 luglio 1975 n. 354 e dalle altre leggi in materia di esecuzione penale e si esplicano in quattro aree di intervento:

     1) attività di indagine sulla situazione individuale e socio – familiare nei confronti dei soggetti che chiedono di essere ammessi alle misure alternative alla detenzione e alla messa alla prova;

     2) attività di elaborazione e verifica dei programmi trattamentali nelle misure e sanzioni di comunità;

     3) svolgimento delle inchieste per l'applicazione, modifica, proroga o revoca delle misure di sicurezza, su richiesta della magistratura di sorveglianza;

     4) esecuzione del lavoro di pubblica utilità e delle sanzioni sostitutive della detenzione;

     5) attività di consulenza agli istituti penitenziari per favorire il buon esito del trattamento penitenziario;

    la finalità rieducativa della pena è il principio cardine su cui si fonda il nostro ordinamento penitenziario ed essa risulta ancora più efficace quando il personale con competenze e professionalità multidisciplinari lavora in maniera integrata al fine di favorire la risocializzazione e l'educazione nei detenuti,

impegna il Governo

a prevedere, per il triennio 2024-2026, un nuovo piano assunzionale finalizzato al reclutamento di 500 unità di personale della professionalità giuridico pedagogica, di servizio sociale e mediatore culturale.
9/2002/93. Giachetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia penitenziaria;

    nei giorni scorsi si sono verificati gravi episodi di rivolte nelle carceri di tutta Italia, sono già una decina i casi nelle ultime settimane, pericolosi per i detenuti e il personale addetto alla vigilanza ed alla sicurezza nonché per la cittadinanza che vive nelle zone limitrofe;

    le rivolte vedrebbero una organizzazione presumibilmente unitaria. In particolare gli eventi di Torino, con un coordinamento della rivolta del carcere minorile Ferrante Aporti con i detenuti della casa circondariale Lorusso Cotugno. Numerose sarebbero le testimonianze relative a una unitaria organizzazione finalizzata anche all'evasione;

    la cronaca riporta detenuti, adulti, minori o giovani adulti trovati ubriachi, sotto effetto di stupefacenti in possesso di strumenti di comunicazione quali cellulari il cui accesso è vietato nelle strutture;

    un così alto numero di casi di accesso di tali strumenti nelle strutture carcerarie in Italia fa presupporre la necessità di modificare e intensificare i criteri e i sistemi di controllo;

    la Polizia penitenziaria riporta inoltre che a leggere le denunce: spiccano killer minorenni che lanciano segnali di sfida a mezzo TikTok, boss che rinsaldano le fila del proprio clan attraverso gallerie di reel, ma anche challenge che si consumano da un penitenziario all'altro. L'utilizzo dei cellulari oltre che dei social network determinano un salto di qualità delle rivolte rendendole ancor più pericolose oltre che strumento di coordinamento,

impegna il Governo

ad attuare iniziative finalizzate a intensificare i controlli nelle carceri con particolare attenzione all'ingresso di strumenti di comunicazione, oltre che droghe e alcol, nonché a farsi promotore con ogni utile iniziativa presso i social network finalizzata ad oscurare ogni immagine trasmessa dai luoghi di detenzione.
9/2002/94. Montaruli, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    nelle carceri italiani è presente un'alta percentuale di detenuti in custodia cautelare;

    dal 1992 ad oggi si sono registrati oltre 30 mila casi di ingiusta detenzione di fronte ai quali lo Stato ha pagato a titolo di riparazione la somma di oltre 874 milioni di euro;

    l'esigenza cautelare di cui all'art. 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale prevede una prognosi di reiterazione del reato che solo la misura del carcere o dei domiciliari può scongiurare;

    tale esigenza cautelare deve tuttavia conciliarsi con il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza, che assume maggior forza laddove ci si trovi ad operare la prognosi su un soggetto incensurato;

    in altre parole, qualcuno la cui responsabilità non è ancora stata accertata, che sia dunque sospetto ma goda della presunzione di non colpevolezza e non abbia mai subito condanne, subisce una misura cautelare sulla previsione che possa reiterare un reato non ancora accertato. Un sospetto basato su un sospetto: sospetto di reiterazione del reato nei confronti di chi è solo sospettato di aver commesso quel reato, ma non è ancora stato dichiarato colpevole – anzi è presunto innocente – né lo è stato in passato;

    occorre un puntuale bilanciamento tra presunzione di innocenza e garanzie di sicurezza, che consentano il sacrificio della libertà personale con custodia cautelare per pericolo di reiterazione nei confronti di incensurati solo in caso di reati di grave allarme sociale e di reati che compromettano la sicurezza pubblica o privata o l'incolumità delle persone,

impegna il Governo

anche tenuto conto degli effetti che l'applicazione delle misure di custodia cautelare può produrre sulla consistenza della popolazione carceraria, a valutare un intervento normativo finalizzato ad una rimodulazione delle norme sulla custodia cautelare, con particolare riferimento alle esigenze cautelari di cui all'art. 274, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale, finalizzato ad un puntuale bilanciamento tra presunzione di innocenza e garanzie di sicurezza, disponendo il sacrificio della libertà personale attraverso la custodia cautelare per pericolo di reiterazione nei confronti di incensurati solo per reati di grave allarme sociale e per reati che mettono a rischio la sicurezza pubblica o privata o l'incolumità delle persone.
9/2002/95. Enrico Costa, Benzoni.


   La Camera,

   premesso che:

    la custodia cautelare in Italia può essere disposta solo in presenza di gravi indizi di colpevolezza e specifiche esigenze cautelari, quali il pericolo di reiterazione del reato, il pericolo di fuga e l'inquinamento probatorio;

    recenti eventi, come il caso del Governatore della Liguria Giovanni Toti, hanno evidenziato criticità nell'applicazione delle misure cautelari, in particolare per quanto riguarda la reiterazione del reato, spesso presunta automaticamente per i pubblici amministratori in carica;

    l'argomentazione secondo cui la posizione di un amministratore pubblico implica automaticamente un rischio di reiterazione del reato rischia di compromettere l'equità del sistema giudiziario, violando i princìpi di presunzione d'innocenza e libertà personale;

    tale automatismo può portare a dimissioni forzate degli amministratori pubblici per evitare la custodia cautelare, interpretate spesso come un'ammissione di colpevolezza e influenzando negativamente la volontà popolare espressa tramite il voto democratico;

    la recente revoca degli arresti domiciliari per Giovanni Toti da parte del giudice per l'udienza preliminare ha ulteriormente dimostrato la necessità di una riflessione approfondita e non ideologica sull'istituto della custodia cautelare,

impegna il Governo:

   anche tenuto conto degli effetti che l'applicazione delle misure di custodia cautelare può produrre sulla consistenza della popolazione carceraria:

   a rivedere e riformare la normativa sulla custodia cautelare, in particolare per quanto riguarda la reiterazione del reato per i pubblici amministratori, al fine di evitare automatismi e garantire l'applicazione di misure cautelari solo in presenza di effettive e comprovate esigenze;

   a stabilire criteri più stringenti e specifici per la valutazione del rischio di reiterazione del reato, evitando presunzioni automatiche basate esclusivamente sulla posizione di amministratore pubblico;

   a garantire che la custodia cautelare rimanga una misura eccezionale, applicata con estrema cautela e solo quando strettamente necessaria, rispettando i princìpi di presunzione d'innocenza e libertà personale.
9/2002/96. Calderone.


   La Camera,

   premesso che:

    la custodia cautelare in Italia può essere disposta solo in presenza di gravi indizi di colpevolezza e specifiche esigenze cautelari, quali il pericolo di reiterazione del reato, il pericolo di fuga e l'inquinamento probatorio;

    recenti eventi, come il caso del Governatore della Liguria Giovanni Toti, hanno evidenziato criticità nell'applicazione delle misure cautelari, in particolare per quanto riguarda la reiterazione del reato, spesso presunta automaticamente per i pubblici amministratori in carica;

    l'argomentazione secondo cui la posizione di un amministratore pubblico implica automaticamente un rischio di reiterazione del reato rischia di compromettere l'equità del sistema giudiziario, violando i princìpi di presunzione d'innocenza e libertà personale;

    tale automatismo può portare a dimissioni forzate degli amministratori pubblici per evitare la custodia cautelare, interpretate spesso come un'ammissione di colpevolezza e influenzando negativamente la volontà popolare espressa tramite il voto democratico;

    la recente revoca degli arresti domiciliari per Giovanni Toti da parte del giudice per l'udienza preliminare ha ulteriormente dimostrato la necessità di una riflessione approfondita e non ideologica sull'istituto della custodia cautelare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative al fine di intervenire sull'eccessivo utilizzo delle misure cautelari, anche in conformità al quesito referendario promosso, al fine di arginare l'abuso delle misure di custodia cautelare, anche in considerazione degli effetti che tale applicazione produce sulla consistenza della popolazione carceraria.
9/2002/97. Bellomo.