XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
il 13 ottobre 2015 la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura la proposta di legge di riforma della cittadinanza, cosiddetta ius culturae, con un voto trasversale di 310 favorevoli, 66 contrari e 83 astenuti. Si è trattato di una pagina di storia, anche perché quel voto era stato lungamente atteso dalla politica e da centinaia di migliaia di giovani nuovi italiani nel nostro Paese;
quel testo non è diventato legge dello Stato perché non venne approvato in tempo dal Senato della Repubblica nella XVII legislatura (atto Senato n. 2092). A distanza di oltre sette anni da quel tentativo, è giunto il momento di riproporre il tema nel dibattito politico, ma – e questa è una condizione ineludibile – allo stesso tempo è necessario fermare lo scontro ideologico;
quella per la cittadinanza ai nuovi italiani non deve tradursi in una battaglia identitaria di una parte politica, ma deve costituire una delle urgenze che il Parlamento nella sua interezza deve affrontare; sul tema della cittadinanza di chi nasce e/o cresce nel nostro Paese bisogna collaborare per trovare una sintesi che risolva finalmente questo vulnus giuridico;
com'è noto, nell'ordinamento, la cittadinanza italiana – che è disciplinata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91 – si acquisisce iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani. Non rileva ai fini del diritto alla cittadinanza l'essere nati o cresciuti nel territorio nazionale e l'unica ipotesi di acquisto della cittadinanza iure soli riguarda il caso in cui si nasca in Italia da genitori apolidi o da genitori ignoti o che non possono trasmettere la propria cittadinanza al figlio secondo la legge dello Stato di provenienza;
la legge attuale consente allo straniero nato in Italia di acquisire la cittadinanza italiana solamente al compimento della maggiore età e a condizione che abbia soggiornato legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento dei diciotto anni nel territorio nazionale e dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana;
sebbene il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 362, che disciplina i procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana, abbia disposto come termine di conclusione del procedimento due anni dalla presentazione dell'istanza, l'orientamento della giurisprudenza ormai consolidato ha sempre ritenuto tale termine a carattere non perentorio. Recentemente, peraltro, questo termine è stato modificato dal decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173, e aumentato a tre anni dalla presentazione dell'istanza. Tuttavia, i procedimenti per l'acquisto della cittadinanza italiana si concludono in tempi ben più lunghi di quelli fissati dalla legge e verosimilmente in quattro anni circa, a fronte di una complessa istruttoria finalizzata a verificare il sussistere di molteplici indici, non ultimo quello concernente il reddito;
a fronte di questo quadro, appare evidente la discriminazione subita da centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi nati e cresciuti nel nostro Paese che non sono riconosciuti come cittadini dallo Stato, nonostante facciano di fatto pienamente parte della comunità nazionale. Si tratta di circa 800.000 giovani, espressione della cosiddetta «seconda generazione», che sono pienamente integrati nella società, che non si considerano stranieri e che sentono l'Italia come il loro unico Paese, ma ai quali manca il riconoscimento giuridico della cittadinanza. Una generazione dimenticata dallo Stato, complice un quadro normativo non al passo con i cambiamenti sociali intervenuti negli anni. Una generazione vulnerabile e vitale per il nostro futuro, alla luce della diminuzione delle nascite che si registra costantemente nel nostro Paese;
va ricordato che la Convenzione sui diritti del fanciullo, approvata a New York il 20 novembre 1989, e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, impegna anche il nostro Stato ad adottare «tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori». Non si può ritenere rispettato questo enunciato di fronte al quadro normativo attuale;
nell'anno scolastico 2022/2023, negli istituti scolastici pubblici al primo anno della scuola primaria (elementari) era straniero circa uno studente su sette (14,7 per cento); al primo anno della secondaria inferiore (medie) uno su otto (13,1 per cento); al primo anno della secondaria superiore, uno su nove (11,5 per cento). Questi studenti stranieri, mediamente in due casi su tre, erano nati in Italia; in tre casi su quattro se si considera la sola scuola primaria;
con l'attuale trend di crescita, nel giro di qualche anno quattro studenti stranieri su cinque tra quanti entreranno nella scuola primaria saranno nati in Italia e, come tutti i nati in Italia, saranno in possesso delle competenze linguistiche di base in lingua italiana;
negli ultimi anni si è discusso ripetutamente sull'opportunità, ovvero sulla necessità, di riconoscere la cittadinanza italiana ai minori stranieri che seguono l'intero percorso di istruzione e formazione in Italia;
il principio dello ius scholae è stato considerato da molti un fattore e una garanzia sufficiente di integrazione culturale e civile per giovani che sono anagraficamente stranieri, ma che hanno passato tutta o la gran parte della propria vita in Italia;
malgrado una polarizzazione politica e ideologica molto forte sui temi dell'immigrazione, il consenso dell'opinione pubblica, confermato da rilevazioni demoscopiche, sulla ragionevolezza di un riconoscimento della cittadinanza italiana ai minori stranieri nati e formatisi in Italia si è andato affermando in modo oggettivamente bipartisan;
le opinioni divergono in genere circa i modi e i tempi di questo riconoscimento, ma certamente non sulla necessità di abbreviare i termini per l'acquisto della cittadinanza dei nati in Italia da genitori stranieri, che oggi possono richiederla solo a diciotto anni, quando abbiano risieduto legalmente senza interruzioni sul territorio nazionale fino al raggiungimento della maggiore età;
allo stesso modo, prevedere una soluzione basata sullo ius soli per quei minori nati in Italia da genitori stranieri regolarmente residenti in Italia e in possesso di un permesso di soggiorno permanente o di un permesso di soggiorno dell'Unione europea di lungo periodo;
secondo, poi, l'articolo 14 della legge n. 91 del 1992, i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza. L'acquisto, quindi, avviene automaticamente alla sola condizione della convivenza e sempre che si tratti di un soggetto minorenne secondo l'ordinamento italiano;
la condizione di convivenza, però, appare sicuramente un ostacolo al riconoscimento del diritto di acquisizione della cittadinanza per tutti coloro i quali, per qualsiasi motivo, non convivano con il genitore naturalizzato italiano;
infine, va ricordata la situazione del riconoscimento della cittadinanza italiana per naturalizzazione a favore degli individui giunti in Italia da minori: questi ultimi, infatti, rischiano di non ottenere la cittadinanza qualora divengano maggiorenni durante l'iter che riguarda i propri genitori, vedendosi costretti, dunque, a presentare una propria istanza individuale nonostante l'approdo in Italia in giovane età,
impegna il Governo:
1) ad adottare con la massima priorità tutte le iniziative normative di competenza al fine di:
a) riconoscere la cittadinanza italiana per i minori nati nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, dei quali almeno uno sia in possesso del diritto di soggiorno permanente o del permesso di soggiorno dell'Unione europea di lungo periodo;
b) riconoscere la cittadinanza italiana per i minori nati in Italia o che vi abbiano fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età qualora abbiano frequentato regolarmente un percorso formativo per almeno cinque anni nel territorio nazionale;
c) riconoscere la cittadinanza italiana per «naturalizzazione» ai minori che abbiano fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età, che siano legalmente residenti sul territorio nazionale per almeno sei anni e che abbiano frequentato regolarmente un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo;
d) rivedere le condizioni di acquisizione della cittadinanza da parte dei figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, da un lato sostituendo l'attuale condizionalità di convivenza del minore con il genitore naturalizzato con la non decadenza del genitore dalla responsabilità genitoriale e, dall'altro, tutelando quegli individui che diventano maggiorenni durante l'iter di naturalizzazione dei propri genitori;
e) prevedere, in via transitoria, che le nuove fattispecie di acquisto della cittadinanza si applichino anche agli individui, di età inferiore a venti anni, che abbiano maturato i requisiti prima della loro entrata in vigore;
f) semplificare i procedimenti amministrativi relativi all'acquisizione della cittadinanza italiana, indicando tempi improrogabili che l'amministrazione deve rispettare e prevedendo che, in caso di superamento di tali termini, la domanda di acquisizione della cittadinanza sia considerata accolta;
g) prevedere l'esenzione dal pagamento del contributo attualmente previsto per le istanze e le pratiche relative all'acquisizione della cittadinanza concernenti i minori;
h) riconoscere a tutti i minori nati in Italia, ovvero arrivati in Italia entro il compimento del diciottesimo anno di età, il diritto di accesso alla pratica sportiva e garantendo loro, per quanto di competenza, la possibilità di essere tesserati presso le federazioni sportive nazionali.
(1-00324) «Richetti, Rosato, Bonetti, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Ruffino».
La Camera,
premesso che:
con l'inizio del nuovo anno scolastico, le famiglie si vedono costrette ad affrontare la spesa per libri di testo, corredo scolastico (zaini, materiale di cancelleria, quaderni e altro), trasporti e mensa;
la distribuzione gratuita dei libri di testo a tutti gli alunni delle scuole elementari (scuola primaria), da parte dei comuni, indipendentemente dal reddito familiare, è stata introdotta dalla legge n. 719 del 1964 e viene tuttora applicata, malgrado l'obbligo di istruzione sia stato innalzato nel 1962 a 8 anni, includendo i 3 anni della scuola media, e nel 2006 a 10 anni, includendo i primi 2 anni dell'istruzione secondaria di II grado;
dal 1998 (legge n. 448) la gratuità totale o parziale dei libri di testo è stata finanziata per l'importo di 200 miliardi di lire – divenuti 103,3 milioni di euro con l'introduzione della nuova moneta – e rifinanziata negli anni successivi con lo stesso importo fino al 2020. Nel 2021 (legge n. 178 del 2020) la cifra fu portata a 133 milioni di euro, confermati negli anni successivi, con una previsione fino al 2026;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 320 del 1999 indicò in 30 milioni di lire (corrispondenti a 15.493,71 euro, ma che al cambio attuale corrispondono a ben 24.743,45 euro) il reddito annuale massimo del nucleo familiare necessario per l'accesso al beneficio e da allora tale cifra è rimasta invariata;
l'Istat ha rilevato che nel 2023 1,3 milioni di minori appartenevano a famiglie in povertà assoluta, dato sostanzialmente stabile rispetto al 2022 e distribuito diversamente tra Nord, Centro e Sud;
nel 2023 hanno fruito gratuitamente della fornitura dei libri di testo 2.219.151 alunni della scuola primaria, il che, calcolando il costo medio annuale di 39 euro, porta la spesa complessiva a circa 85 milioni di euro, i quali, detratti dai 133 milioni stanziati, lasciano un residuo di 48 milioni di euro, con i quali si dovrebbero fornire i necessari sussidi agli alunni della scuola secondaria di primo e secondo grado, appartenenti a famiglie a basso reddito;
nel 2023, dei 4.152.491 mila studenti di scuola media e superiore, solo 589.196, appartenenti a famiglie con un reddito inferiore a 15.493,71 euro, hanno ricevuto un sussidio;
le risorse per l'acquisto dei libri di testo e del materiale scolastico vengono assegnate dal Ministero dell'istruzione e del merito alle regioni, che poi le erogano agli interessati tramite i comuni. Le regioni integrano i fondi statali con risorse proprie, in misura anche assai differente nelle varie realtà territoriali, così come sono differenti, per importi e requisiti, le regole di accesso ai voucher, con conseguenti disuguaglianze gravi nella fruizione del diritto allo studio da parte degli studenti;
in molte regioni, peraltro, si segnalano ritardi nell'erogazione delle risorse agli interessati, dovuti alle complessità burocratiche dei passaggi dal Ministero dell'istruzione e del merito alle regioni e da queste ai comuni;
l'Anci ha più volte segnalato come il costo dei libri della scuola primaria sia in gran parte a carico dei comuni, essendo insufficiente il contributo statale;
buona parte delle case editrici, poi, ogni anno cambiano codici Isbn, aggiungendo o togliendo immagini, modificando la prefazione, qualche riga di testo, il numero di pagine o gli esercizi applicativi, pur mantenendo pressoché invariato il contenuto, ma impedendo il riuso dei volumi, che invece per molte famiglie potrebbe portare a un risparmio del 30-40 per cento;
su questo il Codacons ha annunciato di aver avviato una denuncia in procura per truffa, accompagnata dalla richiesta di sequestro di tutti i libri scolastici presentati come «nuovi», al fine di «controllare/monitorare/verificare/ispezionare se all'interno del testo presentato come “nuova edizione” vi sia un aggiornamento scientifico e/o didattico ovvero un differimento superiore alla soglia del 20 per cento, così come disciplinato dal codice di autoregolamentazione del settore editoriale educativo, rispetto alla “vecchia” edizione»;
sul costo dei libri incide moltissimo la foliazione, che in Italia è ormai fuori controllo, per cui vengono realizzati libri con centinaia di pagine, solo in parte utilizzate, ma che comunque appesantiscono gli zaini e favoriscono una didattica trasmissiva;
secondo i dati dell'Osservatorio nazionale Federconsumatori, nel 2024 per ogni alunno si spenderanno mediamente 647,00 euro per il corredo scolastico (+6,6 per cento rispetto al 2023) e 591,44 euro per i libri (+18 per cento rispetto al 2023), cui occorre aggiungere i costi per personal computer e dispositivi vari,
impegna il Governo:
1) ad adottare con la massima priorità le iniziative di competenza, in particolare di carattere normativo, volte a:
a) estendere alla scuola primaria il meccanismo che collega la gratuità al reddito familiare, destinando i risparmi così creati ai successivi ordini di scuola;
b) innalzare l'attuale soglia Isee che dà diritto al contributo per le spese scolastiche (libri, corredo scolastico, trasporti, mensa), tenendo conto dell'inflazione e dei dati Istat sulla povertà assoluta e relativa delle famiglie;
c) portare ad almeno a 300 milioni di euro la cifra attualmente destinata al capitolo 2043 del Ministero dell'istruzione e del merito, in modo tale da avvicinare l'investimento dell'Italia in istruzione a quello dei principali Paesi europei;
d) prevedere la detraibilità fiscale del costo dei libri e degli altri materiali scolastici, con incidenza percentuale parametrata al reddito familiare;
e) regolamentare la produzione di libri di testo, affinché essi siano:
1) annuali e non più triennali o quinquennali, con gli evidenti vantaggi che questo comporterebbe in termini di riuso e di peso;
2) validi per almeno 3 anni, impedendo i cosiddetti «finti aggiornamenti», e con eventuali integrazioni da apportare attraverso fascicoli di aggiornamento in luogo di un'intera ristampa, al fine di garantire un forte risparmio non soltanto per le famiglie, ma anche in termini di impronta ecologica, con la diminuzione dei consumi di carta e dell'utilizzo di inchiostri e altri materiali ad elevato impatto ambientale;
f) formare e incentivare gli insegnanti all'autoproduzione di materiali didattici digitali;
g) sensibilizzare il personale docente e dirigente delle scuole affinché siano messe in pratica iniziative di riuso, condivisione e passaggio dei testi tra le classi successive, adottando, laddove possibile, testi comuni per le diverse sezioni e creando al proprio interno biblioteche solidali che mettano a disposizione gratuitamente i libri e il corredo scolastico per le famiglie in maggiore difficoltà;
h) sostenere e diffondere, in collaborazione con regioni e comuni, il comodato d'uso dei libri di testo e l'arricchimento delle biblioteche scolastiche;
i) stabilire criteri condivisi con le regioni, affinché il diritto all'istruzione non sia condizionato dal territorio di residenza, sia per entità del contributo che per tempistiche di erogazione dello stesso.
(1-00325) «Grippo, Richetti, Bonetti, Benzoni, D'Alessio, Sottanelli, Onori, Pastorella, Rosato, Ruffino».
La Camera,
premesso che:
nel 1947, in un intervento all'Assemblea costituente, Teresa Mattei, affermò: «È nostro convincimento (...) che nessuno sviluppo democratico, nessun progresso sostanziale si produce nella vita di un popolo se esso non sia accompagnato da una piena emancipazione femminile; e per emancipazione noi non intendiamo già solamente togliere barriere al libero sviluppo di singole personalità femminili, ma intendiamo un effettivo progresso e una concreta liberazione per tutte le masse femminili e non solamente nel campo giuridico, ma non meno ancora nella vita economica, sociale e politica del Paese»;
a oltre 70 anni da questo intervento, il Presidente della Repubblica nel messaggio che ha inviato, il 16 settembre 2024 al convegno il «Tempo delle donne» ha, tra l'altro, affermato «Nei rapporti di lavoro occorre rispettare i diritti di parità e di eguaglianza, previsti dalla nostra Costituzione. Ancor oggi nel lavoro femminile sono presenti ostacoli, rallentamenti e disparità, per l'accesso, nella retribuzione, nella progressione di carriera, negli incarichi di vertice. Le barriere possono alzarsi fino a giungere a inaccettabili e odiose discriminazioni: licenziamenti, dimissioni in bianco, pressioni indebite, persino forme di stalking e di violenza, fisica o psicologica», e proseguendo ha esortato alla rimozione degli «ostacoli che rendono difficile la conciliazione tra occupazione e cura della famiglia. Il lavoro non allontana la donna dalla maternità. È vero il contrario: l'occupazione femminile è un fattore che sostiene in modo decisivo la famiglia e le nascite.»;
l'uguaglianza di opportunità sociali e giuridiche tra i generi, oltre ad essere un diritto fondamentale di rango costituzionale, è un principio cardine dell'Unione europea, riconosciuto dal Trattato di Roma del 1957 e dalla Carta dei diritti fondamentali, nonché un principio chiave del pilastro mondiale dei diritti sociali;
il mancato raggiungimento dell'uguaglianza tra le donne e gli uomini in ogni settore della vita sociale è anche drammaticamente rappresentato dal persistere di comportamenti di violenza, fisica e/o psicologica nei confronti delle donne, che rappresenta solo la punta dell'iceberg di un fenomeno culturale, molto più ampio, legato al fenomeno millenario della misoginia, nonostante i passi in avanti che, indubbiamente, le legislazioni di alcuni Paesi hanno compiuto negli ultimi anni per contrastare la violenza di genere;
nell'Unione europea nessuno Stato membro ha ancora raggiunto la piena uguaglianza e i progressi rimangono lenti e insufficienti, sia in Europa che a livello globale, e l'Italia è lontana dall'obiettivo;
i progressi sono lenti e i divari di genere persistono nel mondo del lavoro e a livello di retribuzioni, assistenza e pensioni; nelle posizioni dirigenziali e nella partecipazione alla vita politica e istituzionale, benché, a livello globale, il raggiungimento dell'uguaglianza per le donne e per le ragazze rappresenti uno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030;
la centralità delle questioni relative al superamento delle «disparità di genere» viene ribadita anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per rilanciare lo sviluppo nazionale in seguito alla pandemia. Il Piano, infatti, la individua come una delle tre priorità trasversali perseguite in tutte le missioni che compongono il Piano. L'intero Piano dovrà inoltre essere valutato in un'ottica di gender mainstreaming;
il principio della parità retributiva per uno stesso lavoro, o per uno di pari valore, è sancito dai Trattati europei e il Trattato di Lisbona del 2009 non solo ha riaffermato il principio di uguaglianza tra donne e uomini, anche in ambito lavorativo, ma lo ha inserito tra i valori fondanti dell'Unione;
il principio di uguaglianza e la lotta contro la violenza maschile sulle donne sono sostenuti da numerosi atti di legislazione ordinaria e applicati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea;
la proposta di direttiva della Commissione sulla trasparenza retributiva, adottata il 4 marzo 2021, e approvata il 30 marzo 2023 dal Parlamento europeo, introduce misure volte a garantire la parità di retribuzione tra donne e uomini nell'Unione europea per uno stesso lavoro; le nuove norme possono garantire una maggiore trasparenza e un'applicazione efficace del principio della parità retributiva tra donne e uomini e possono migliorare l'accesso alla giustizia per le vittime di discriminazione retributiva, gli Stati membri dovranno prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per i datori di lavoro che non rispettano tali regole; per la prima volta, sono stati inclusi nell'ambito di applicazione delle nuove norme la discriminazione intersezionale e i diritti delle persone non binarie;
la direttiva (UE) 2023/970 approvata il 10 maggio 2023 prevede che, a partire da giugno 2026, le aziende debbano rendere facilmente accessibili i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica. Inoltre, dovranno obbligatoriamente condividere con i candidati la retribuzione prima dell'assunzione. L'obiettivo primario è quello di garantire la parità salariale per le persone che svolgono le stesse mansioni;
con la successiva direttiva UE 2024/1500 del 14 maggio 2024 il legislatore europeo ha affrontato il tema della parità di genere in materia di occupazione e impiego, dettando norme orientate a migliorare e a rafforzare il funzionamento degli organismi per la parità (già previsti dalle direttive 2006/54/CE e 2010/41/UE), con l'obiettivo di consolidare l'indipendenza dei già menzionati organismi, i quali devono essere liberi da influenze esterne, non dovendo accettare istruzioni dal Governo o da enti pubblici o privati, attribuendo, altresì, a tale organismi rilevanti funzioni;
anche a livello di legislazione nazionale sono state introdotte e si sono succedute norme dirette a contrastare e a rimuovere gli ostacoli di fatto che impediscono la realizzazione delle pari opportunità;
pur a fronte di una crescente sensibilità delle politiche europee e nazionali e di una aumentata attenzione al fenomeno da parte delle Istituzioni, il divario di genere nel mondo del lavoro risulta essere ancora oggi per il nostro Paese uno dei fattori di disparità maggiormente persistenti;
la costante inferiorizzazione delle donne è una condizione legata a un retaggio storico, culturale e giuridico che ha origini molto antiche. Gli avvenimenti storici dimostrano, seppur con parentesi positive, il forte divario lavorativo, prima, e salariale, poi, tra uomo e donna; le donne, infatti, vivono costantemente penalizzazioni sul lavoro nel momento in cui diventano madri. Il connubio tra un vetusto modello patriarcale e il sistema neoliberista reintroduce il vecchio «Male breadwinner», che si può tradurre così: «è l'uomo che deve portare il pane a casa». In una prospettiva globale, il World economic forum, che ogni anno pubblica il World gender gap report sulla base di un'attenta analisi che copre circa 146 Paesi (Italia inclusa), ha messo in luce come la disparità di genere tra uomo e donna nel mercato del lavoro riversi ancora in una situazione di stallo con margini residuali di crescita;
l'11 giugno 2024 il World economic forum ha pubblicato la nuova edizione del Global gender gap report aggiornata al 2024: secondo la nuova classifica nel 2024 l'Italia ha registrato un Global gender gap index score pari a 0,703, in leggero calo rispetto al 2023 (-0,002). Questo calo ha causato all'Italia una perdita di otto posizioni in classifica, finendo all'ottantasettesimo posto su 146 Paesi monitorati; anche nel 2023 l'Italia era scesa in graduatoria, perdendo 16 posizioni e piazzandosi al posto numero 79;
il Rapporto annuale 2023 dell'Istat evidenzia come avere un figlio in Italia comporti una probabile esclusione della donna dal mercato del lavoro. Nella maggioranza delle coppie, in cui spesso accade che è più istruita del partner, la donna o non lavora o viene intesa come percettrice secondaria. Questo riflette la disuguaglianza di genere presente nel mercato del lavoro e, a sua volta, la disparità dei compiti lavoro-famiglia; d'altra parte, in Italia emerge chiaramente dalle statistiche la diversa distribuzione del carico di lavoro familiare all'interno della coppia: nell'indagine sugli aspetti di vita quotidiana condotta da Istat, il tempo dedicato alla cura della casa e della famiglia è ben maggiore per le donne (15,4 per cento) rispetto agli uomini (6 per cento). Nel momento in cui, però, la donna riesce a entrare nel mercato del lavoro, con principali difficoltà nei ruoli C-suite (ruoli dirigenziali), diviene vittima di un particolare fenomeno qualificato come gender pay gap, ossia un divario retributivo di genere, in cui a parità di mansioni o quantità/qualità del lavoro prestato, l'uomo percepisce comunque una retribuzione più elevata;
focalizzando l'analisi sulle donne che partecipano al mercato del lavoro, la condizione di disuguaglianza si manifesta sia nei livelli retributivi, sia nella ridotta presenza ai ruoli apicali. Il «gender pay gap» a livello italiano è del -10,7 per cento, secondo le elaborazioni di Odm Hr Consulting – Gi Group holding su dati dell'Osservatorio sul lavoro dipendente dell'Inps per gli anni 2019-2022, pari a un gap che va dai circa 3.000 euro a oltre 16.000 euro in meno a seconda dell'inquadramento (in termini di retribuzione fissa annua lorda). Il gender pay gap, che si era ridotto fra il 2017 e il 2019, ha poi ripreso a crescere raggiungendo e superando il 10 per cento nel 2022. Il trend di aumento del divario si è stabilizzato attestandosi in chiusura 2023 su una media del 10,7 per cento. Guardando ai singoli inquadramenti, il divario percentuale, e anche in termini di valore assoluto, più ampio tra retribuzione fissa media di uomini e donne si riscontra nell'inquadramento dirigenti. Inoltre, negli ultimi anni le donne sono sempre più protagoniste di rapporti di lavoro non-standard, ossia rapporti caratterizzati da una ridotta continuità nel tempo e/o da una bassa intensità lavorativa (sempre come da dati Istat);
secondo il gender equality index (indice sull'uguaglianza di genere) dell'Unione europea 2022 pubblicato dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (Eige), se si continua al ritmo attuale, la parità di genere all'interno dell'Unione europea diventerà realtà solo tra 60 anni. A livello globale, l'uguaglianza di genere è lontana su certi indici anche di 300 anni, come ha sottolineato il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres all'Uncsw nel marzo 2023;
nel dettaglio, il citato rapporto annuale sintetizza la parità di genere dei 27 Stati membri dell'Unione europea in un unico dato che rappresenta la combinazione delle performance tracciate tramite 31 indicatori che compongono sei dimensioni: lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere e salute. Nell'ultima edizione relativa al 2023, emerge come l'Italia si collochi al tredicesimo posto della classifica, con 68,2 punti su 100, sotto la media europea che si attesta a 70 punti. Fra gli indicatori, i peggiori riguardano proprio il lavoro: l'Italia è infatti ultima in Europa per quanto riguarda la parità di genere nel mondo del lavoro, con un punteggio di 63,2 (la media europea è di 71,76) e un livello di partecipazione femminile al lavoro tra i più bassi (68,1 contro 81,3);
nell'ambito lavorativo, le donne in Italia sono ancora molto sottorappresentate, specialmente nei campi dell'energia e dei trasporti. Nel 2022, solo il 26 per cento dei professionisti nel settore energetico italiano erano donne. Analogamente, le donne costituivano solo il 20 per cento del personale nel settore dei trasporti;
i dati Eurostat riferiti al 2023 mostrano che in Italia c'è un tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni pari al 51,1 per cento, sotto la media europea che si attesta al 64,9 per cento, ma soprattutto con un gap di 18,1 punti percentuali rispetto agli uomini, il cui tasso di occupazione è pari al 69,2 per cento. Sopra la media dell'Unione europea del 30 per cento, invece, il tasso di inattività femminile che per l'Italia è al 43,6 per cento. Il quadro si completa con i dati Inps sul lavoro dipendente. I lavoratori a tempo determinato e indeterminato sono per il 71 per cento uomini e solo il 29 per cento donne. Divario che si amplia per i dirigenti (solo 21 per cento di donne) ed è invece lievemente inferiore per quadri e impiegati, confermando quindi non solo una maggiore difficoltà di ingresso delle donne nel mondo del lavoro, ma anche la persistenza del cosiddetto soffitto di cristallo; il divario nei livelli occupazionali maschile e femminile in Italia è uno dei più elevati nell'Unione europea e tra le lavoratrici, quasi 1,9 milioni di donne sono costrette al part-time involontario, contro 849 mila uomini nelle stesse condizioni; l'occupazione femminile è particolarmente bassa nel Mezzogiorno (32,2 per cento) e nelle isole (33,2 per cento): un dato significativo, perché tra le cinque regioni europee con i valori più bassi di occupazione femminile, quattro sono proprio nel Sud Italia;
si osserva poi un peggioramento del gap di genere in presenza di figli, a favore della componente maschile. Nel 2022 il tasso di occupazione dei genitori (25-64 anni) con un figlio varia dall'82 per cento per gli uomini al 58,1 per cento per le donne e il divario si amplifica con un numero superiore di figli. Questo vuol dire che, anche a causa di un'adeguata presenza di servizi per la conciliazione vita-lavoro, in una coppia sono più spesso le donne a uscire dal mercato del lavoro per dedicarsi alla cura dei figli, mentre l'uomo si concentra sulla carriera professionale; le donne godono infatti di minore flessibilità rispetto agli uomini, in particolare le lavoratrici laureate. Queste disuguaglianze sono in larga parte il riflesso della «specializzazione» di genere tra lavoro retribuito e non retribuito, in virtù del quale le donne più frequentemente accettano retribuzioni inferiori a fronte di vantaggi in termini di flessibilità e orari;
all'interno dei consigli di amministrazione la presenza di donne è cresciuta arrivando al 43 per cento, ma meno del 5 per cento di queste ricopre ruoli esecutivi e solo il 2 per cento la carica di amministratrice delegata. Dopo la legge Golfo-Mosca, che ha portato a un aumento della presenza femminile all'interno dei consigli di amministrazione; un'ulteriore spinta viene data dalla certificazione della parità di genere (UNI/PdR 125:2022), ossia un'attestazione a valore nazionale di validità triennale che le imprese possono richiedere su base volontaria e che viene loro riconosciuta a condizione che dimostrino di aver fatto proprio il paradigma della «parità di genere» nella loro cultura, strategia e piani di azione al fine di ridurre al proprio interno le disuguaglianze uomo-donna. Anche dal punto di vista imprenditoriale la componente femminile è arretrata: la quota di donne imprenditrici rappresenta nel 2021 il 30 per cento dell'ammontare complessivo; la situazione è migliore tra le libere professioniste (37,4 per cento, mentre è più bassa l'incidenza in caso di società di capitale (26 per cento);
un altro elemento che influisce sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro è l'indirizzo disciplinare scelto. È noto, infatti, che alcuni stereotipi di genere influiscono sul percorso formativo scelto dalle donne che, ad esempio, si orientano verso gli indirizzi Stem (science, technology, engineering e mathematics) in misura ben più contenuta degli uomini. Nell'anno accademico 2022-23, le ragazze rappresentano solo il 37 per cento degli iscritti ai corsi di laurea in discipline Stem, con differenze ancora più evidenti nei percorsi Ict (information and communication technologies) 16 per cento donne a fronte di un 84 per cento uomini;
i dati più recenti mostrano che in Italia i lavoratori di genere maschile sono meno istruiti rispetto alle donne: secondo dati Istat, in Italia nel 2021 le donne laureate sono pari al 57,2 per cento in netto vantaggio rispetto alla controparte maschile. Nonostante questo, uno degli ambiti in cui il divario di genere è più evidente rimane il gender pay gap, ossia le disparità salariali, proprio la finanza e le professioni Stem sono i settori nei quali si evidenziano i gap salariali maggiori a favore degli uomini, con una retribuzione oraria per i dipendenti maschili superiore ai 2 euro all'ora che arriva a 5 euro nei servizi finanziari;
a corroborare queste evidenze contribuisce anche il Gender policies report 2022, la pubblicazione dell'Inapp (Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche) che ogni anno monitora le differenze di genere nel mondo del lavoro. Le statistiche evidenziano che il divario uomo-donna resta immutato nel tempo e sempre sbilanciato sulla componente maschile, perché la partecipazione femminile è ancora oggi ostaggio di criticità strutturali: occupazione ridotta, prevalentemente precaria, part time e in settori a bassa remuneratività o poco strategici; dunque, la situazione femminile, pur migliorata in termini assoluti, peggiora in termini relativi;
è facilmente intuibile come la delineata discriminazione di genere nel mondo del lavoro abbia importanti conseguenze nel settore previdenziale: il divario di genere a livello occupazionale e retributivo, che si accumula nell'arco di una vita, conduce infatti a un divario pensionistico ancor più accentuato e, di conseguenza, comporta per le donne in età avanzata un maggior rischio di povertà rispetto agli uomini;
le carriere delle donne sono più brevi, principalmente a causa del loro ruolo e degli impegni familiari: la maternità e la cura dei minori, dei familiari anziani, malati o disabili e di altre persone a carico, rappresentano un lavoro supplementare o talvolta a tempo pieno, gratuito, quasi esclusivamente delle donne, e ciò ha un impatto enorme sulla loro capacità di accumulare una pensione completa;
per questo con l'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, era stata introdotta una misura denominata «opzione donna» che consentiva alle donne di accedere all'assegno pensionistico con requisiti anagrafici più favorevoli rispetto a quelli in vigore, optando per il sistema di calcolo contributivo dell'intero trattamento pensionistico, senza ulteriori penalizzazioni. La misura, rivelatasi del tutto insufficiente negli anni e non risolutiva del problema del divario previdenziale di genere, di recente è stata ulteriormente ridimensionata attraverso la legge di bilancio per il 2023 (articolo 1, comma 292, della legge 29 dicembre 2022, n. 197);
i dati 2022 dell'Osservatorio Inps evidenziano come le pensioni delle donne valgano circa il 30 per cento in meno rispetto a quelle degli uomini: per questi ultimi l'assegno medio è di 1.381 euro, per le donne la media è di 976 euro. In generale, gli uomini percepiscono pensioni mediamente più elevate rispetto alle donne, arrivando a essere quasi il doppio (+81,5 per cento) nel Settentrione per la categoria vecchiaia;
l'analisi dei dati evidenzia la generale inadeguatezza degli strumenti normativi finora ideati dal legislatore, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi prefissati in tema di uguaglianza di genere e nello specifico diretti a ridurre il «gender pay gap», i quali, pur avendo prodotto in taluni miglioramenti anche consistenti, si rilevano nel complesso ancora insufficienti per condurre al radicale e definitivo superamento del problema;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo si registra un netto e deciso cambio di rotta da parte dell'attuale Governo, volto a indirizzare il Paese in direzione opposta rispetto a quella auspicabile del riconoscimento dell'autodeterminazione delle donne, della parità di genere e del superamento delle discriminazioni nel mondo del lavoro: l'orientamento, sorretto da un'idea arcaica e sorpassata di famiglia e genitorialità, parrebbe essere quello di relegare il genere femminile ai tradizioni ruoli di cura e assistenza familiare, in tutto con l'obiettivo di incentivare la natalità, dichiarato obiettivo prioritario del Governo Meloni;
la strategia del Governo Meloni per i firmatari del presente atto è fallimentare, come dimostra il tasso di occupazione femminile in Italia, che secondo gli ultimi dati Eurostat, è il più basso tra gli Stati europei, attestandosi 14 punti sotto la media. Come rivela peraltro un dossier pubblicato dal Servizio studi della Camera dei deputati, nel quarto trimestre del 2022, il divario tra popolazione maschile e femminile è piuttosto ampio sia dal punto di vista occupazionale – sono 9,5 milioni le donne occupate mentre gli uomini sono 13 milioni – sia retributivo. Il dato che parla di risicato aumento del tasso di occupazione femminile va quindi contestualizzato: non riporta i numeri di quante sono costrette a un part-time per poter conciliare il lavoro e la famiglia: nella fascia di età compresa tra i 25 e i 54 anni, con un figlio minore il tasso di occupazione per le donne (madri) si ferma al 63 per cento contro il 90,4 per cento di quello degli uomini (padri); con due figli minori, poi, l'occupazione femminile scende addirittura al 56,1 per cento, mentre crescono i padri che lavorano (90,8 per cento), con un divario che arriva a ben 34 punti percentuali;
il cosiddetto «bonus mamme» previsto dalla legge di bilancio per il 2024 è una misura selettiva: l'esenzione dei contributi previdenziali spetta infatti solo a determinate categorie di donne, ovvero madri lavoratrici dipendenti, con un contratto a tempo indeterminato, con tre o più figli (con al massimo 18 anni di età), una quota molto ridotta;
parimenti inadeguata la misura del «bonus asilo nido» per le famiglie con un reddito Isee fino a 40 mila euro, che hanno almeno un figlio con meno di 10 anni di età e che ne hanno un altro dal 1° gennaio 2024, soprattutto a fronte del taglio dei fondi europei del PNRR destinati alla creazione dei servizi di educazione e cura a favore della prima infanzia: tagli previsti dalla revisione proposta dalla maggioranza e approvata dalla Commissione europea il 24 novembre 2023, che consistono nella riduzione da 264.480 a 150.480 dei nuovi posti da creare, riducendo lo stanziamento previsto da 4,6 miliardi di euro a 3,2 miliardi di euro. Il tutto in pieno contrasto con l'obiettivo dell'Unione europea al 2030 di 45 posti al nido ogni 100 bambini, considerando che nel Mezzogiorno del Paese attualmente i posti disponibili sono solo 16 su 100 bambini;
a riprova di quello che ai firmatari del presente atto appare il generale orientamento oscurantista e misogino del Governo, oltre le recentissime posizioni esternate in occasione della stesura del documento conclusivo del G7 tenutosi in Puglia il 13-14 e 15 giugno 2024 in tema di diritto di aborto, anche il recente voto contrario delle forze di maggioranza alla direttiva sulla trasparenza salariale votata dal Parlamento europeo. Voto contrario, quest'ultimo, in evidente contrasto con quanto affermato in data 28 giugno 2023 dalla Viceministra del lavoro e delle politiche sociali Bellucci, nell'ambito della discussione alla Camera dei deputati della legge 3 luglio 2023, n. 85, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 48 del 2023, recante «Misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro», con riguardo all'ordine del giorno n. 9/1238/113 a prima firma Ghirra. In tale sede la Viceministra dichiarava il parere non contrario del Governo alla direttiva europea n. 2021-0050 dell'11 aprile 2023 sulla trasparenza retributiva e negava il parere favorevole all'ordine del giorno citato nel punto in cui chiedeva l'estensione delle nuove norme alle aziende con meno di 100 dipendenti, sulla base del fatto che la direttiva non fosse stata ancora approvata definitivamente;
realizzare l'uguaglianza di genere e migliorare le condizioni di vita delle donne sono obiettivi fondamentali dell'Agenda 2030 e requisiti imprescindibili per la costruzione di una società realmente giusta e sostenibile. Secondo i dati World economic forum 2023, l'inclusione delle donne nelle aziende sarebbe in grado di aumentare il prodotto interno lordo mondiale fino al 35 per cento. Il sopracitato rapporto Boston consulting group evidenzia, inoltre, come nel 2022 le aziende con almeno il 30 per cento di dirigenti donne abbiano registrato un aumento del 15 per cento della redditività,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative normative per promuovere con urgenza una generale riforma diretta a introdurre l'assoluto divieto di discriminazione di genere in materia salariale, in attuazione delle direttiva sulla trasparenza salariale, con la previsione di adeguate sanzioni in caso di violazione del divieto;
2) a promuovere ogni iniziativa di competenza per incentivare la stabile e qualificata occupazione femminile, al contempo riducendo i disincentivi al lavoro attualmente esistenti per le donne;
3) a promuovere un piano straordinario per l'occupazione femminile e politiche, anche promuovendo il reinserimento professionale delle donne che hanno lasciato il lavoro da più tempo, nonché misure efficaci per il sostegno alle imprese femminili;
4) a dare concreta applicazione alla Convenzione ILO 190 «contrasto alle molestie, molestie sessuali e violenze sul posto di lavoro», ratificata dall'Italia e ancora introdotta nella normativa nazionale, e nello specifico ad adottare iniziative normative volte a introdurre il reato di molestie nei luoghi di lavoro, con la previsione di adeguate sanzioni penali a carico dei responsabili e l'obbligo per le aziende di prevedere specifici protocolli preventivi del fenomeno;
5) a promuovere le opportune iniziative finalizzate a sostenere la domanda e l'offerta di lavoro delle donne, rafforzando la disponibilità di servizi di cura per l'infanzia, per gli anziani e i familiari disabili, individuando, altresì, nuovi e adeguati stanziamenti diretti allo sviluppo di servizi di qualità per infanzia, anziani e disabili e misure per favorire una redistribuzione dei carichi di lavoro familiare all'interno della stessa, prevedendo, tra l'altro, investimenti straordinari e strutturali per il sistema pubblico integrato di educazione e istruzione per la fascia 0-6 anni, garantendo l'obiettivo del PNRR del 33 per cento di servizi, individuato oltre 20 anni fa dalla Strategia di Lisbona, per fare della fascia 0-3 anni non più un servizio a domanda individuale ma un diritto universale;
6) ad adottare iniziative normative volte a ridurre il divario pensionistico di genere attraverso l'introduzione di nuovi e più efficaci strumenti e/o meccanismi previdenziali;
7) a promuovere campagne e progetti comunicativi e formativi sul rispetto dell'uguaglianza, declinato in rapporto alla cogenitorialità e alla condivisione dei compiti di cura nelle famiglie;
8) ad adottare iniziative normative volte a introdurre un congedo di genitorialità paritario di 6 mesi a genitore, introducendo un congedo di paternità di sei mesi per un periodo continuativo, con indennità al 100 per cento, di cui tre obbligatori e tre facoltativi, per usufruirne nell'arco dei primi dodici mesi di vita del bambino.
(1-00326) «Ghirra, Zanella, Piccolotti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Zaratti».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta orale:
ZANELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
con deliberazione n. 51 del 12 settembre 2023 il consiglio comunale di Venezia ha adottato il «regolamento per l'istituzione e la disciplina del contributo di accesso, con o senza vettore, alla Città Antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna», ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 1129, della legge n. 145 del 30 dicembre 2018;
si tratta di una misura complementare alla regolazione dei flussi turistici nell'ambito territoriale di riferimento, che ha imposto ai visitatori occasionali un contributo d'accesso pari a 5 euro, in alcune specifiche giornate comprese nel periodo dal 25 aprile 2024 al 14 luglio 2024;
durante la sperimentazione, il comune di Venezia avrebbe incassato circa 2,2 milioni di euro grazie al contributo di accesso pagato da poco meno di 440.000 turisti (a bilancio erano previsti 700 mila euro) in 29 giorni di sperimentazione, con una media di oltre 15 mila paganti al giorno. Tuttavia, la misura non è riuscita a ridurre significativamente i flussi turistici, come nelle esplicite intenzioni del provvedimento, essendo più di 1,5 milioni le persone che hanno visitato Venezia nel periodo di sperimentazione, un numero paragonabile agli anni precedenti alla pandemia;
da quanto si apprende da organi di stampa, nonostante i risultati contrastanti, l'amministrazione comunale di Venezia sta valutando di rendere permanente nel 2025 il sistema di contributo turistico elevandolo a 10 euro;
il regolamento appare sorretto da ragioni di opportunità, legate all'esigenza di «fare cassa», piuttosto che da motivi di sicurezza, considerato che, all'articolo 6, è prevista la possibilità che la Giunta comunale, nella determinazione del contributo, individui a sua discrezione: soglie giornaliere di presenze, anche in maniera differenziata nel corso dell'anno e/o per categorie di esenzione, nonché singoli giorni o periodi dell'anno nei quali applicare il contributo di accesso o una diversa misura dello stesso;
se l'intenzione originaria dell'amministrazione comunale era quella di gestire in maniera sostenibile, con una misura solo sperimentale, flussi turistici eccezionali e straordinari, al fine di proteggere il patrimonio architettonico della città lagunare e garantire, al contempo, vivibilità e tranquillità ai residenti, ad avviso dell'interrogante sarebbe stata necessaria l'adozione di un'ordinanza contingibile ed urgente, giacché il nostro ordinamento, per motivi legati alla sicurezza, contempla tale strumento giuridico per imporre, con adeguata motivazione, restrizioni eccezionali e limitate nel tempo limitative della libertà di circolazione;
la libertà di circolazione è diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione, visto che l'articolo 16 stabilisce che ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salve le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza, per cui le ipotesi di restringimento del diritto di circolazione e soggiorno possono, configurarsi esclusivamente per mezzo di una legge, fonte di rango primario e il fondamento positivo di una possibile compressione di tale diritto deve essere rinvenuto nella legge formale ordinaria emanata dal Parlamento oppure in un atto avente di forza di legge;
l'articolo 138 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Tuel), dispone che «In applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unità dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità» –:
se i Ministri interrogati non ritengano, anche in considerazione delle questioni poste in premessa, di adottare tutte le iniziative di competenza per verificare se ricorrano le condizioni per l'avvio delle procedure stabilite dall'articolo 138 del Tuel.
(3-01430)
GNASSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
desta molta preoccupazione la notizia apparsa su diversi organi di informazione relativa alla apertura di indagini da parte di Anac e Corte dei conti, organismi indipendenti di controllo, rispetto alle attività di promozione dell'Enit;
la trasformazione dell'Enit in una società per azioni ha portato ad un mutamento degli obiettivi e anche delle strategie di promozione turistica fortemente condizionato dal Governo e con un utilizzo molto discrezionale delle significative risorse, circa 30 milioni di euro all'anno, erogate proprio dall'ente di promozione;
già in sede di riforma, anche in considerazione della procedura adottata dal Governo, erano stati sollevati dubbi e contrarietà proprio in merito alla trasparenza dei criteri di assegnazione delle risorse pubbliche destinate agli eventi;
i riflettori accesi dalle iniziative degli organismi di controllo evidenziano come le preoccupazioni espresse dall'interrogante e dal gruppo parlamentare di appartenenza non fossero infondate e necessitino di un chiarimento anche in sede parlamentare;
il turismo rappresenta in termini di risorse e occupazione una delle voci trainanti della nostra economia anche in relazione alla sua incidenza sul Pil;
la notizia in questione costituisce una ulteriore criticità per la gestione di un Dicastero importantissimo come quello per il turismo –:
quali opportune e immediate iniziative il Governo intenda assumere per chiarire le attività svolte dall'Enit in relazione alla trasparenza delle procedure adottate per l'assegnazione di risorse pubbliche e se non intenda procedere ad un ripensamento rispetto ad una riforma di un ente strategico che sarebbe chiamato a sostenere la promozione turistica del Paese e non a dispensare risorse in maniera eccessivamente discrezionale.
(3-01431)
Interrogazione a risposta scritta:
MARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 23 settembre 2024 il Governo ha convocato due incontri: uno con i sindacati, l'altro con le associazioni imprenditoriali, in materia di sistema di ingresso di lavoratori extra comunitari, dato che quello in essere dimostra la sua inadeguatezza, prevedendo un numero di ingressi insufficiente a rispondere alle necessità richieste dalle imprese;
il decreto flussi non solo ha previsto un numero insufficiente di ingressi ma ha sostenuto una distribuzione dei lavoratori non congrua e attuando una procedura farraginosa con tempi non correlati alle necessità;
secondo gli organi di stampa il Governo starebbe ipotizzando il superamento del meccanismo del click day, del resto chiesto da più parti, passando ad una riorganizzazione degli ingressi per quote regionali o territoriali, collegato a più efficaci controlli sulle imprese e finalizzato all'effettiva assunzione da parte delle imprese;
le ipotesi avanzate dal Governo non corrispondono alle richieste delle organizzazioni sindacali e categoriali a partire dalla abolizione delle quote per le conversioni dei permessi stagionali in contratti a tempo determinato e indeterminato, così come chiedono di avere maggiore possibilità di controllo anche allo scopo di sollecitare i consolati;
attualmente sono previsti 452.000 ingressi di lavoratori tra il 2023 e il 2025, ma il 60 per cento di questi sono lavoratori impegnati nei lavori stagionali in agricoltura e turismo. Unioncamere stima un fabbisogno di 640.000 lavoratori fino al 2028, ma tali ingressi non risolvono le necessità dovute al calo demografico, in quanto le maggiori criticità lavorative nei prossimi anni interesseranno quelli che oggi vedono minore presenza di lavoratori stranieri: l'istruzione, la sanità, la pubblica amministrazione. Ciò significa che si dovrà necessariamente fare ricorso a una manodopera qualificata;
a parere dell'interrogante, desta preoccupazione l'ipotesi, ventilata da fonti del Governo vicine al dossier, di procedere ad ingressi con distribuzione regionale o territoriali, in quanto questo potrebbe creare un impedimento alla circolazione di lavoratori che entrati per le necessità lavorative in una regione, possano in seguito lavorare in altra regione. Sembrerebbe una forma di autonomia differenziata applicata ai flussi di lavoratori –:
se, rispetto alle anticipazioni degli organi di informazione, il Governo possa fornire ulteriori e precise indicazioni sulle proposte con le quali intende affrontare le criticità relative alla insufficienza delle entrate in Italia di lavoratori extra comunitari e in particole se non abbia intenzione di chiarire cosa intende per flussi regionali e territoriali.
(4-03430)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta scritta:
PAVANELLI e FERRARA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
Acciai speciali Terni s.p.a., acquistata da Arvedi in data 31 gennaio 2022, è attualmente uno dei quattro principali produttori europei di laminati piani di acciaio inossidabile, con una produzione di circa 1 milione di tonnellate e l'impiego di 2.300 dipendenti;
da un'eventuale crisi aziendale scaturirebbero rilevanti conseguenze economico-occupazionali, non solo per la comunità ternana e per la regione Umbria, ma per l'intera area dell'Italia centrale;
in data 9 settembre 2024 la direzione aziendale di Arvedi-Ast ha annunciato lo stop di uno dei due forni elettrici dell'acciaieria provocata dal «perdurare degli alti costi energetici che non consentono all'azienda di essere competitiva nei confronti delle crescenti importazioni dall'Asia a prezzi stracciati»;
si tratta della prima occasione in cui l'area a caldo di Acciai speciali Terni s.p.a. viene fermata per gli elevati costi dell'energia e non per motivi meramente produttivi. La temporanea sospensione comporterà l'attivazione di una settimana di cassa integrazione;
la società lamenta di avere subito un costo dell'energia, nel semestre 1° gennaio-31 luglio 2024, di 97 euro per megawattora a fronte di 21 euro della Francia, 32 euro della Germania, 35 euro della Finlandia e dei 62 euro della Spagna;
tale sperequazione si traduce in un evidente deficit concorrenziale con i competitor europei chiamati a sostenere costi fissi ben inferiori;
in riscontro all'atto di sindacato ispettivo dell'11 settembre 2024, il Ministro delle imprese e del made in Italy ha affermato che il costo sostanzialmente più elevato dell'energia rispetto agli altri Stati membri è dovuto principalmente dal fatto che gli altri Paesi utilizzano l'energia nucleare che, dunque, a parere del medesimo Ministro, rappresenta «l'unica soluzione strutturale al costo dell'energia in Italia» e che, pertanto, il Governo intende procedere con celerità in questa direzione –:
se sia o meno condivisa anche dal Ministro interrogato l'intenzione di favorire, per quanto di competenza, la riapertura delle centrali nucleari in Italia e, in particolare, nel territorio umbro, specificando quali siano i tempi e modi di intervento, essendo questa l'unica soluzione ritenuta utile dall'attuale Esecutivo per fronteggiare l'elevato costo dell'energia.
(4-03426)
CULTURA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
AMATO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
l'8 giugno 2024, a seguito di un maxi-incendio avvenuto nella Cineteca nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia, a Cinecittà, centinaia di pellicole storiche di grande valore sono andate perdute, tra film, documentari e cinegiornali;
il rogo è stato oggetto di numerosi interrogativi e ha fatto discutere la gestione della vicenda da parte del Presidente del Centro sperimentale di cinematografia, Sergio Castellitto, in quanto, ad oggi, non si ha contezza di quanti e quali titoli siano andati perduti nell'incendio, né di eventuali iniziative intraprese per prevenire il rischio di nuovi pericoli;
inoltre, sotto la sua direzione, non sono stati rinnovati 17 contratti di tecnici che lavoravano alla digitalizzazione del patrimonio culturale e il dirigente di lunga carriera che aveva cercato di difendere il posto di lavoro dei diciassette dipendenti, Stefano Iachetti, è stato licenziato «per giusta causa»;
tuttavia, il licenziamento ed i mancati rinnovi non sembrerebbero causati da un problema economico, in quanto, secondo quanto consta all'interrogante, Castellitto avrebbe speso circa cinquecentomila euro in consulenze, tra le quali spiccano anche 4 mila euro di compenso per la moglie, Margaret Mazzantini, reclutata dal marito per il convegno «La diaspora degli artisti in guerra»;
oltre all'evidente problematica relativa al conflitto d'interesse, non si comprende la necessità di attivare i quattro contratti da 139.000 euro per l'«esecuzione del servizio di assistenza legale stragiudiziale, a consumo», in quanto il Csc ha la facoltà di avvalersi a titolo gratuito dell'Avvocatura dello Stato;
infine, la permanenza a Venezia di Castellitto sarebbe costata al Centro sperimentale di Cinematografia circa 90 mila euro, in quanto il presidente ha deciso di soggiornare, a spese del Csc in una villa di lusso –:
quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda intraprendere per verificare la trasparenza e la reale necessità delle consulenze suindicate, al fine di accertare l'economicità e l'efficienza dell'utilizzo delle risorse pubbliche in questione ed evitare una gestione inefficiente, anche a causa di potenziali conflitti di interesse.
(5-02817)
ASCANI. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
con decreto SG n. 497 del 12 maggio 2023 è stato approvato l'avviso pubblico per il sostegno di iniziative imprenditoriali realizzate nei comuni assegnatari di risorse per l'attuazione di progetti locali di rigenerazione culturale e sociale dei piccoli borghi storici nell'ambito del PNRR, Missione 1 – Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, Component 3 – Cultura 4.0 (M1C3). Misura 2 «Rigenerazione di piccoli siti culturali, patrimonio culturale, religioso e rurale», Investimento 2.1: «Attrattività dei borghi storici», Linea B. Progetti locali di rigenerazione culturale e sociale dei piccoli borghi storici, finanziato dall'Unione europea – NextGenerationEU;
tale avviso, rivolto al sostegno delle imprese insediate nei borghi, prevede che le imprese assegnatarie del contributo possano richiedere l'erogazione di una prima quota di agevolazione a titolo di anticipazione, nella misura non superiore al 10 per cento del totale del contributo concesso, entro 30 giorni dalla sottoscrizione del provvedimento di concessione, previa presentazione di idonea fideiussione bancaria o polizza assicurativa a favore del soggetto gestore, di pari importo;
il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, all'articolo 11, comma 1, fissa al 30 per cento la misura delle anticipazioni erogabili in favore dei soggetti attuatori del PNRR;
con circolare n. 21 del 13 maggio 2024 del Ministro dell'economia e delle finanze sono state fornite indicazioni operative per l'attivazione delle anticipazioni ai sensi del decreto n. 19 del 2024 (anticipazioni al 30 per cento). In particolare, la citata circolare precisa che la disposizione del decreto «è finalizzata ad assicurare la liquidità necessaria a consentire la tempestiva attuazione degli interventi del PNRR, prevedendo che l'anticipazione sia, in via ordinaria, pari al 30 per cento dell'importo del finanziamento PNRR assegnato alla misura e, di conseguenza, al singolo investimento finanziato dalla misura.»;
il decreto 18 maggio 2024 di assegnazione delle risorse richiama nelle premesse la circolare n. 21 del Ministero dell'economia e finanze all'articolo 1, comma 2, prevede che: «Le risorse assegnate sono erogate dal Soggetto gestore, Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa – Invitalia S.p.A., a titolo di anticipazione, pagamenti intermedi e saldo, secondo quanto previsto nell'avviso pubblico nonché secondo quanto riportato nei provvedimenti nazionali attuativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (decreto-legge, 2 marzo 2024, n. 19) e in ciascuno dei provvedimenti recanti le modalità di attuazione degli investimenti (circolare del Ministero dell'economia e delle finanze 13 maggio 2024, n. 2)». Tale decreto richiama quindi, espressamente, la disciplina relativa alla possibilità di richiedere il 30 per cento dell'importo del finanziamento a titolo di anticipazione;
tuttavia, le FAQ pubblicate da Invitalia per le imprese assegnatarie, aggiornate al 4 settembre 2024, prevedono che: «L'anticipo del 10% delle agevolazioni può essere richiesto entro 30 giorni dalla PEC di accettazione del Provvedimento di concessione»;
risulta all'interrogante che numerose imprese stanno avendo difficoltà ad ottenere la fideiussione bancaria sul 30 per cento del totale del finanziamento complessivo chiesto a titolo di anticipazione a causa di dubbi interpretativi relativi alla corretta applicazione della percentuale di anticipo che è possibile richiedere –:
se si intenda confermare l'applicazione agli interventi dell'avviso pubblico di cui in premessa di quanto previsto dal decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 in merito alla possibilità di richiedere il 30 per cento del contributo assegnato a titolo di anticipazione, conformemente alla finalità di tale disposizione volta a potenziare tale strumento per far fronte alle esigenze di liquidità più volte manifestate dai soggetti attuatori per assicurare la tempestiva esecuzione degli interventi PNRR.
(5-02819)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
GRIMALDI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
dal 6 all'8 settembre 2024 si è tenuto a Cernobbio, a Villa d'Este, il tradizionale workshop dello Studio Ambrosetti su: «Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive»;
lo Studio di consulenza aziendale Ambrosetti è una istituzione privata che, ogni anno dal 1975, nella prima settimana di settembre, organizza un forum internazionale di discussione su temi principalmente economici presso Villa d'Este nel comune di Cernobbio rivolto a Capi di Stato, Ministri, premi Nobel ed economisti;
la mattina dell'8 settembre 2024 a favore dell'evento dello Studio Ambrosetti si sarebbe dovuto esibire, sul Lago di Como, lo stormo delle Frecce Tricolore;
a causa del maltempo, la prevista esibizione è stata annullata, ma nei giorni precedenti l'8 settembre 2024 le Frecce Tricolore hanno comunque svolto delle prove di volo che hanno presumibilmente comportato lo stanziamento e l'utilizzo di risorse pubbliche;
ad avviso dell'interrogante sarebbe necessario approfondire se l'utilizzo di tali risorse pubbliche per un'esibizione della pattuglia acrobatica nell'ambito di una manifestazione di un'istituzione privata sia compatibile con la normativa vigente nonché conoscere chi ha deciso e autorizzato l'esibizione in oggetto;
occorre sottolineare inoltre che nel programma della Pattuglia acrobatica nazionale pubblicato sul sito dell'Aeronautica militare non risulta nessun evento programmato per l'8 settembre 2024 sul Lago di Como, così come non è possibile rintracciare tale appuntamento neanche negli articoli di stampa online che nel periodo febbraio-marzo 2024 davano notizia del calendario degli airshow e sorvoli delle Frecce Tricolore per 2024 –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se sia a conoscenza dell'ammontare delle spese sostenute per la prevista esibizione delle Frecce Tricolore sul Lago di Como;
se intenda verificare quale atto amministrativo e di quale ente abbia autorizzato le prove e l'esibizione delle Frecce Tricolore e se non intenda approfondire se sia compatibile con la normativa vigente l'utilizzo di risorse pubbliche per un'esibizione della pattuglia acrobatica nell'ambito di una manifestazione di un'istituzione privata.
(4-03429)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FENU e TORTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il nuovo quadro di governance economica europea prevede una programmazione pluriennale delle politiche fiscali e di bilancio, vincolate all'andamento dell'indicatore della spesa primaria netta nazionale, e un monitoraggio annuale;
la programmazione pluriennale avviene mediante l'adozione di un Piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine (Piano strutturale di bilancio), che ciascuno Stato membro presenta alle istituzioni europee per definire la politica di bilancio e le politiche fiscali – in termini di «riforme» e «investimenti» – per un periodo di quattro o cinque anni (a seconda della durata della legislatura);
il nuovo documento di programmazione pluriennale conterrà l'indicazione del percorso di aggiustamento di bilancio;
in particolare, il percorso di aggiustamento di bilancio è definito sulla base della traiettoria di riferimento, trasmessa dalla Commissione europea a tutti gli Stati membri con un rapporto debito/PIL superiore al 60 per cento o un deficit superiore al 3 per cento del Pil;
il Piano strutturale di bilancio è sottoposto all'approvazione del Consiglio dell'unione europea;
nel corso dell'indagine conoscitiva delle Commissioni riunite bilancio di Camera e Senato sulle prospettive di riforma delle procedure di programmazione economica e finanziaria e di bilancio, in relazione alla riforma della governance economica europea, alcuni economisti e ricercatori universitari hanno evidenziato che le nuove regole fiscali europee offrono la possibilità di rivedere il metodo di calcolo del Pil potenziale; la principale critica mossa alle attuali metodologie di calcolo riguardano il ruolo della disoccupazione «non inflazionistica», misurata dal Nawru («non-accelerating wage inflation rate of unemployment», «tasso di disoccupazione che non accelera l'inflazione salariale»);
si sostiene, infatti, che il Nawru risenta fortemente delle fluttuazioni cicliche e della disoccupazione effettiva, e che pertanto non sia un parametro affidabile per catturare la disoccupazione «strutturale»;
sovrastimare il Nawru significa sottostimare il Pil potenziale e, di conseguenza, produrre effetti distorsivi sulle politiche economiche, come, ad esempio, limitare l'adozione di politiche fiscali espansive o addirittura imporre politiche di austerità nelle fasi di recessione, facendo venir meno il carattere anti-ciclico della politica fiscale;
una revisione della stima del Nawru, adottando un valore più stabile e meno dipendente dalle variazioni congiunturali, potrebbe ridurre la stima del deficit strutturale dello 0,6 per cento del Pil, liberando oltre 12 miliardi di euro di risorse per la prossima manovra di bilancio;
tale opportunità di revisione del Pil potenziale, prevista dal nuovo regolamento UE, potrebbe contribuire a una più ampia e corretta analisi della sostenibilità del debito pubblico, permettendo l'attuazione di politiche fiscali espansive per rilanciare l'economia italiana;
una politica espansiva, sostenuta da una spesa primaria in crescita e da un moltiplicatore fiscale pari all'unità, potrebbe portare a una riduzione del rapporto debito/Pil nel lungo termine, nel pieno rispetto delle regole europee, favorendo al contempo una crescita economica sostenibile –:
se siano condivise le preoccupazioni in premessa sollevate dagli esperti nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma delle procedure di programmazione economica e finanziaria e di bilancio, in relazione alla riforma della governance economica europea;
se intenda sfruttare l'opportunità offerta dal nuovo regolamento UE per proporre una revisione del metodo di calcolo del Nawru, al fine di migliorare la stima del Pil potenziale e liberare risorse per politiche fiscali espansive;
se vi siano state interlocuzioni con la Commissione europea per promuovere l'adozione di metodi di stima più stabili e scientificamente più robusti del Pil potenziale e del Nawru, per consentire una maggiore flessibilità nella gestione del bilancio;
quali iniziative intenda adottare per sfruttare i margini di bilancio aggiuntivi derivanti da una revisione del Pil potenziale, al fine di favorire politiche economiche espansive che possano incentivare gli investimenti e la crescita economica, evitando un nuovo ciclo di austerità.
(5-02815)
AMATO, CASO e ORRICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
a giugno 2024, con una lettera indirizzata al consiglio d'amministrazione, Nicola Maccanico annuncia le dimissioni, al termine del mandato triennale, dalla carica di amministratore delegato e direttore generale di Cinecittà s.p.a., società pubblica controllata al cento per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, ma i cui diritti di azionista sono affidati al Ministero della cultura;
successivamente, l'11 settembre 2024 viene annunciata la nomina di Maccanico a Ceo di Freemantle Italia, il colosso privato della produzione tv che in questi anni è stato uno dei principali clienti di Cinecittà s.p.a. e l'unico con il quale la società abbia sottoscritto un accordo per l'utilizzo «continuativo» degli studios romani; tuttavia, ad agosto 2024, il quotidiano Domani annunciava la scoperta di una nota di credito di tre milioni di euro, risalente alla fine del 2023, per la società Freemantle, la quale, alla chiusura del bilancio del 2023, non era stata resa nota dall'ex amministratore delegato Maccanico, in quanto non risultano comunicazioni al consiglio di amministrazione; tale nota di credito potrebbe portare ad un ribaltamento del risultato economico della società, che ufficialmente chiudeva con un utile di un milione e trecentomila euro, comportando una perdita compresa tra i settecentomila euro e il milione di euro e creando non pochi problemi al nuovo consiglio di amministrazione, nominato a luglio 2024;
da un articolo de Il Fatto Quotidiano, del 12 settembre 2024, si evince come l'intero rapporto finanziario con il colosso britannico sia attualmente sotto la lente d'ingrandimento del nuovo consiglio di amministrazione, poiché, da un lato, Freemantle assicura che in questi due anni e mezzo «la società ha versato nelle casse di Cinecittà 50 milioni di euro, assicurando un fatturato costante», mentre a Cinecittà sospettano che l'accordo, siglato nel 2022, non sia stato del tutto redditizio;
oltre al problema economico, la nuova nomina pone una tematica di compatibilità, in quanto l'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 prevede che «i dipendenti che negli ultimi tre anni hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi, attività lavorative o professionali presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri» –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere, anche a seguito dell'esito dell'istruttoria interna avviata all'interno della società Cinecittà s.p.a. al fine di preservare i principi di trasparenza e di efficienza nella gestione del denaro pubblico.
(5-02816)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazione a risposta in Commissione:
ORLANDO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la Technisub è una azienda con sede a Genova, fondata nel 1962, e costituisce un brand storico per quel che concerne le attrezzature subacquee;
ad oggi dal punto di vista societario risulta ancora controllata dalla francese Aqualung ed occupa circa 45 dipendenti;
la scorsa primavera il gruppo francese ha comunicato alle organizzazioni sindacali e al territorio, nonostante si tratti di un impianto in attivo dal punto di vista economico e finanziario, di voler abbandonare il sito genovese per trasferire la produzione presso un impianto nel Regno Unito di proprietà della controllata Apeks;
va considerato il numero dei dipendenti che non ha reso possibile bloccarne la delocalizzazione ai sensi della normativa introdotta dal Governo Draghi;
risulta essere naufragata anche la trattativa con un gruppo del sud-est asiatico operante anch'esso nel settore della subacquea che avrebbe potuto rilevare l'impianto ligure;
a seguito di questa ultima notizia le organizzazioni sindacali hanno indetto uno sciopero e attivato una mobilitazione per scongiurare la chiusura dell'impianto –:
quali tempestive iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, al fine di individuare eventuali altre soluzioni industriali che consentano alla Technisub di continuare ad avere la propria produzione a Genova e di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali.
(5-02818)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
TRAVERSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
da notizie stampa si apprende di continui disagi e ritardi dei treni lungo le nostre linee ferroviarie, problematica che ha assunto una cronicità e una portata strutturale estremamente preoccupante lungo tutto il territorio nazionale;
pesanti disagi e interruzioni hanno compromesso per ore e in alcuni casi giorni, tratti interi delle reti dorsali, e addirittura in alcuni casi a seguito di incidenti c'è stato il sequestro dei binari e dei treni coinvolti;
si ricordano, ad esempio, l'incidente ferroviario occorso ad un treno merci il 9 luglio 2024 avvenuto a Centola-Palinuro-Marina di Camerota (linea Paola-Salerno), l'incidente di un treno merci avvenuto l'11 luglio 2024 a Parma (linea Milano-Bologna), l'inconveniente al treno merci tra San Donà di Piave e Roncade (linea Trieste-Venezia) avvenuto il 18 luglio 2024 adibito al trasporto di auto, il cui «spezzamento» del treno ha generato anche la perdita di alcune auto lungo la linea ferroviaria, l'inconveniente tecnico grave avvenuto alla E404 di testa dell'Etr500 del Freccia Rossa 8811 presso la stazione di Montemarciano avvenuto giovedì 18 luglio 2024, il grave guasto a Firenze Rovezzano nella mattina del 19 luglio 2024 compromesso per l'intera giornata il sistema AV Nazionale ed il traffico Regionale Toscano, l'incidente di Centola-Palinuro-Marina di Camerota ha addirittura visto in questi giorni la totale chiusura della linea Salerno-Paola dal 22 al 26 luglio 2024 con la parziale soppressione e autosostituzione di tutti i treni (InterCity, Freccia Rossa, Freccia Argento, Italo, Regionali e Merci). Mentre per gli InterCity Notte è stata decisa la totale soppressione senza alcuna previsione di autosostituzione, e si è limitati ad invitare i passeggeri a riorganizzare il proprio viaggio prevedendo il solo rimborso del biglietto di viaggio. Questo incidente ha di fatto isolato totalmente la Sicilia, causando l'interruzione di Pubblico servizio in un periodo cruciale per le mobilità dei vacanzieri che hanno scelto il Sud come meta di vacanze estive;
molteplici guasti hanno messo duramente in crisi anche la dorsale AV Torino-Salerno;
si ricorda che il contratto di servizio attualmente in vigore è stato firmato il 19 gennaio 2017, in assegnazione diretta con durata decennale, per tutta la durata dell'orario ferroviario 2026; che il Dipartimento del tesoro detiene il 100 per cento delle quote azionarie del Gruppo Ferrovie dello Stato; che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti regolamenta gli investimenti tramite il Contratto di Programma MIT-RFI; che Ansfisa regolamenta gli aspetti relativi la sicurezza in materia di infrastrutture ed esercizio della Rete Ferroviaria, stradale e autostradale;
il MoVimento 5 Stelle ha più volte segnalato le anomalie, i guasti e i disservizi occorsi a treni InterCity giorno e notte regolati dal contratto di servizio con diversi atti di sindacato ispettivo, alcuni dei quali ancora in attesa di risposta –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della drammatica situazione palesata in premessa, che di fatto sta causando dei disagi enormi sia al sistema trasportistico dei mezzi che a quello dei passeggeri;
se il Ministro interrogato non ritenga doveroso avviare delle concrete azioni che possano far fronte alle gravissime criticità della infrastruttura ferroviaria italiana e quali saranno tali provvedimenti e in quale tempistica si pensi di poter intervenire.
(3-01428)
Interrogazione a risposta in Commissione:
GHIO e ORLANDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la procura di Genova ha avviato un'inchiesta su diversi filoni tra i quali quello riguardante l'adozione di alcune pratiche da parte della Autorità di sistema portuale di Genova che vede il coinvolgimento di numerosi indagati accusati di corruzione e finanziamento illecito, tra i quali vi sono l'ex presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, l'ex presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale, Paolo Emilio Signorini e per abuso d'ufficio l'allora commissario Paolo Piacenza, oltre agli imprenditori portuali;
ad inizio giugno 2024 il viceministro Rixi ha annunciato l'invio, da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di una commissione ministeriale ispettiva, formata da tre componenti di comprovata esperienza, con il compito di svolgere, a fini amministrativi, una attività ispettiva tecnica sulle procedure di rilascio degli atti di concessione demaniale, preannunciando un percorso di lavoro in tempi rapidi per non pregiudicare le scadenze delle opere in corso;
nei giorni scorsi Giovanni Toti ha deciso di patteggiare la pena per corruzione impropria e finanziamento illecito con un accordo con la procura che prevede una pena di due anni e un mese da scontare con 1500 ore di lavori di pubblica utilità. Anche P.E. Signorini ha presentato richiesta di patteggiamento della pena;
ad avviso degli interroganti, il patteggiamento, se da un lato evidenzia la concretezza del quadro accusatorio, dall'altro è una vicenda di carattere penale e non rende legittimi gli atti amministrativi legati alle accuse, i quali potrebbero stare al vaglio della giustizia amministrativa per lungo tempo, di fatto bloccando le attività del porto di Genova;
è dunque necessario definire con urgenza quali atti e procedure siano legittimi e quali, invece, viziati da illegittimità per evitare una paralisi delle attività del porto che avrebbe ripercussioni devastanti sull'economia e la tenuta dell'occupazione della regione Liguria –:
quali siano le risultanze dell'attività ispettiva della commissione ministeriale, in particolare in merito alla regolarità dell'iter di approvazione delle pratiche di concessione connesse all'impianto accusatorio dell'indagine della procura di Genova;
se siano previste tempistiche rapide di conclusione dei lavori della commissione, in modo da non paralizzare l'attività della portualità ligure;
se, nel frattempo, il Ministro interrogato non ritenga, per quanto di competenza, anche alla luce dei poteri di indirizzo e vigilanza nei confronti delle autorità portuali, che, a seguito delle numerose pagine circostanziate nell'indagine della procura e a seguito del patteggiamento di Toti e di Signorini, le pratiche connesse all'indagine e, in particolare quella relativa a Calata Concenter e al rinnovo trentennale della concessione del Terminal Rinfuse a favore di Spinelli, non debbano essere annullate dall'Adsp in autotutela, in modo da rendere la pianificazione e le attività portuali rapidamente e completamente operative.
(5-02814)
INTERNO
Interrogazione a risposta in Commissione:
PRESTIPINO, MARINO, DI BIASE, CASU, CUPERLO, SCOTTO, ROGGIANI, QUARTAPELLE PROCOPIO, D'ALFONSO, FURFARO, GIRELLI, BOLDRINI, FERRARI, IACONO, LAI, SERRACCHIANI, STEFANAZZI, ORFINI, PORTA, GHIO, BERRUTO, MADIA, DI SANZO, GIANASSI, SIMIANI, ROMEO, MALAVASI, GRAZIANO, FORATTINI, PROVENZANO, CURTI e CARÈ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
si apprende da notizie di stampa «La Repubblica – Roma – del 16 settembre 2024» che Valentino Valentini e Simona Boccuti, presidente dell'associazione Il Popolo delle Mamme, nota per aver animato le piazze sin dal 2016 per contrastare l'obbligo vaccinale nelle scuole inserito con la legge Lorenzin, dopo aver pubblicato sui social foto mentre festeggiano, all'interno della cripta Mussolini a Predappio, il compleanno del Duce, sarebbero in procinto di aprire un centro socio culturale nel quartiere Laurentino 38, prima sezione del «movimento popolare nazionalista», così lo definiscono, Rinascita Nazionale;
l'inaugurazione dovrebbe avvenire il 29 settembre 2024, in via Filippo Tommaso Marinetti, in un giardino dell'Ater;
la sezione di Rinascita Nazionale – si legge sempre nell'articolo – sarà intitolata a Franco Gagliardi, che, a meno che non si tratti di omonimia, è il nome di un naziskin arrestato negli anni '90 per l'assassinio di un uomo del Bangladesh;
la Costituzione della Repubblica italiana, fondata sui valori della resistenza al nazifascismo, permette la libera espressione del pensiero anche ai nostalgici del ventennio fascista, ma tale libertà trova un limite nelle norme poste a fondamento del divieto della ricostituzione del disciolto partito fascista e dell'apologia del fascismo;
si ritiene infatti che la celebrazione pubblica di eventi, simboli, atteggiamenti e comportamenti del fascismo possa costituire apologia del fascismo ai sensi della legge n. 645 del 1952 che, all'articolo 4, persegue chi «esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche»;
il reato di apologia del fascismo, di cui all'articolo 4 della legge n. 645 del 1952, è posto a tutela dell'integrità dell'ordinamento democratico e costituzionale;
tale legge è infatti attuativa della XII disposizione transitoria e finale (primo comma) della Costituzione che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista;
come da giurisprudenza consolidata, la XII disposizione transitoria e finale non si riferisce solo agli atti finali e conclusivi della riorganizzazione del partito fascista, ma a tutti quei fatti che possono costituire un apprezzabile pericolo del prodursi di tale evento –:
quali siano gli elementi informativi di cui disponga, anche con riguardo a potenziali profili di rischio per l'ordine pubblico, in merito all'annunciata apertura del circolo di Rinascita Nazionale di cui in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire la piena attuazione della XII disposizione transitoria e finale (primo comma) della Costituzione che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
(5-02820)
Interrogazioni a risposta scritta:
MARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da diversi anni il comitato «Tuteliamo la Costiera» continua a sostenere la propria contrarietà alla realizzazione di due grandi opere che interesseranno il comune di Maiori, in provincia di Salerno: il depuratore consortile e il tunnel Minori-Maiori, considerati dal comitato promotore dannosi e fortemente impattanti per il territorio, l'ambiente e il paesaggio della costiera amalfitana;
recentemente è stato costituito il Comitato promotore dei referendum comunali che ha avanzato all'amministrazione comunale di Maiori la richiesta di indizione di due referendum per consentire alla popolazione di potersi esprimere sui due menzionati progetti di interesse generale della comunità;
il comune di Maiori, nella persona del sindaco, ha assunto un atteggiamento ostruzionistico rispetto a questa iniziativa nel tentativo di eludere la possibilità che il referendum si possa svolgere;
la richiesta di referendum è un diritto sancito dallo statuto del comune, nonché dalla legge, che il sindaco ha il dovere di rispettare;
da quanto si apprende, il sindaco non avrebbe convocato, entro i termini previsti, la commissione per il referendum, prevista dallo statuto, che ha il compito di valutare l'ammissibilità dei quesiti, anche proponendo eventuali modifiche ai quesiti referendari, in collaborazione con il comitato promotore, al fine di assicurarne la conformità allo statuto e garantire lo svolgimento del referendum, in linea con il principio di massima partecipazione democratica sancito dallo stesso statuto. Tale ritardo potrebbe bloccare l'intero processo;
il referendum abrogativo proposto dal comitato referendario appare pienamente legittimo visto che lo statuto comunale di Maiori, aggiornato nel 1999 in conformità con le leggi all'epoca vigenti, prevede chiaramente la possibilità di indire un referendum abrogativo;
tuttavia, il regolamento comunale sui referendum adottato nel 1996 sulla base dello statuto e della normativa sempre dell'epoca, non includeva la possibilità di referendum abrogativi, ma solo consultivi;
questa discrepanza tra lo statuto modificato e vigente e il regolamento viene utilizzata dal sindaco, ad avviso dell'interrogante in modo strumentale, per mettere in discussione l'iniziativa referendaria e ignorare le procedure per la convocazione del referendum;
ad avviso dell'interrogante è evidente che il comune debba aggiornare il regolamento per adeguarlo allo statuto e alla normativa più recente, ma ciò non può pregiudicare la richiesta attualmente in corso, dal momento che lo statuto in vigore prevede la possibilità di indire referendum abrogativi;
lo stesso Tuel sostiene esplicitamente l'utilizzo del referendum come strumento di democrazia diretta;
la Carta europea dell'autonomia locale, ratificata dall'Italia, riconosce ai cittadini il diritto di partecipare direttamente alle decisioni che riguardano il proprio territorio per cui l'iniziativa referendaria appare incoraggiata anche da principi nazionali e sovranazionali;
secondo il comitato promotore, le opere pubbliche che il comune ha deciso di realizzare, come il depuratore nel Demanio e la galleria Minori-Maiori, avranno conseguenze irreparabili sull'ambiente e appare necessario che si possa offrire ai cittadini e alle cittadine maioresi di potersi esprimere a favore o contro la loro realizzazione;
ad avviso dell'interrogante il comune ha l'obbligo di favorire la partecipazione popolare e di procedere con il referendum come previsto dalle norme;
i referendum comunali sono strumenti fondamentali per la partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica e negarli significa privare la popolazione della possibilità di esprimersi su questioni di interesse collettivo e ogni tentativo di impedire questa partecipazione si oppone ai principi della democrazia diretta, alimentando sfiducia e allontanamento dei cittadini e delle cittadine dalla politica –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se risulti una qualche attivazione del prefetto di Salerno in ordine agli stessi e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare al fine di favorire e valorizzare gli strumenti di democrazia diretta e di partecipazione dei cittadini alla vita politica delle istituzioni.
(4-03434)
ZANELLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
quello di Sharon Verzeni è stato un omicidio tanto feroce quanto insensato, senza un movente, senza un perché: «era al posto sbagliato nel momento sbagliato» ha commentato con amarezza la procuratrice aggiunta di Bergamo Maria Cristina Rota dopo il fermo di Moussa Sangare suo assassino reo confesso;
Moussa Sangare, anche lui era al posto sbagliato nel momento sbagliato? Era stato denunciato tre volte dalla famiglia per maltrattamenti e per aver minacciato la madre e la sorella;
la prima denuncia risale al 2023, l'ultima a maggio del 2024: danneggiamenti, violenza domestica, maltrattamenti, ma nessuno ha fatto nulla, nessuno ha preso provvedimenti conseguenti, «hanno detto che doveva essere lui a presentarsi volontariamente» – affermano sia la sorella dell'omicida che il suo avvocato – «e non l'ha fatto»;
il presunto omicida, aveva manifestato profondi disagi già nel 2019 dal suo ritorno dall'estero, dove aveva fatto uso di droghe sintetiche, droghe capaci di alterare il sistema neurochimico del cervello e generare cambiamenti dell'umore, manifestazioni di malattie mentali come depressione e schizofrenia;
Moussa, dopo il rientro a Suisio nel febbraio 2020, era diventato particolarmente violento con la sorella e la madre, le manifestazioni di disagio e di violenza peggiorano rapidamente e la famiglia si rivolge agli assistenti sociali e al sindaco;
il 10 luglio 2023 dà fuoco alla cucina di casa, i vigili del fuoco devono intervenire per spegnere le fiamme. È la prima denuncia per danneggiamento. La seconda è di novembre 2023, quando il giovane copre di insulti Awa e la madre, e minaccia di ucciderle;
poi il 9 maggio 2024 l'episodio più drammatico, anche per sinistre analogie con il delitto, ha preso a pugni la sorella l'ha minacciata con il coltello e solo l'intervento della madre ha scongiurato il peggio. Vengono chiamati i carabinieri. La procura interviene: viene attivato il codice rosso e si valuta, con il legale delle due donne, un provvedimento di allontanamento;
Moussa si eclissa, per ricomparire una ventina di giorni dopo quando si installa al piano terra nello stabile di via San Giuliani, nei locali liberati da un extracomunitario. Madre e sorella lo sentono e lo vedono all'interno e avvisano il comune dell'occupazione abusiva;
segnalazioni, denunce, l'allarme ripetuto e inascoltato. «Soprattutto – dice l'avvocato Comi – sono mancati un accertamento sanitario e poi, eventualmente, un Tso, il trattamento sanitario obbligatorio». «Ogni fatto grave – è la conclusione sconsolata di Awa – è stato denunciato, anche se mai avrei immaginato che potesse arrivare a questo, a uccidere qualcuno»;
dopo l'emergenza COVID-19 sta diventando un copione noto: adolescenti, ragazzi, uomini che manifestano palesemente di avere dei disturbi mentali, famiglie in difficoltà nel tentativo di capire come fare a rapportarsi con familiari con crisi nervose, crisi psicotiche, minacce e violenze fisiche;
la richiesta di aiuto alle istituzioni, alle strutture sanitarie, alle forze dell'ordine, si infrange di frequente contro le impossibilità burocratiche, spesso oggettive, contro la sottovalutazione del problema, contro la disattenzione nei confronti della malattia mentale –:
se i Ministri interrogati non ritengano, per quanto di competenza, di acquisire ogni utile elemento in ordine al funzionamento degli strumenti connessi al «codice rosso» e al seguito dato ai protocolli previsti per i casi di denuncia per violenze e, maltrattamenti, anche al fine di promuovere eventuali iniziative di carattere normativo volte ad incrementarne l'efficacia;
se il Ministro della salute non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a potenziare strutture e servizi territoriali che hanno il compito di farsi carico della domanda legata alla cura, all'assistenza e alla tutela della salute mentale delle persone che mostrano gravi e violenti disagi.
(4-03435)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazione a risposta orale:
PROVENZANO, BARBAGALLO, IACONO, MARINO e PORTA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
la quarta missione del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede di aumentare significativamente l'offerta di posti negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia;
con decreto interministeriale n. 79 del 30 aprile 2024 il Ministero dell'istruzione e del merito ha autorizzato un nuovo piano asili nido che stanzia 734,9 milioni di euro finalizzati alla realizzazione di nuovi posti presso gli asili nido per bambini nella fascia di età compresa tra 0 e 2 anni;
in base ai requisiti di detto decreto il comune di Caltanissetta dovrebbe attivare 108 nuovi posti nido;
ad oggi, in base ai dati anagrafici, presso il comune di Caltanissetta risiedono 784 bambini con età inferiore ai tre anni;
a Caltanissetta, in base agli attuali posti disponibili, solo poco meno del 18 per cento dei bambini in suddetta fascia di età ha possibilità di accedere al servizio del nido, collocandola purtroppo ad uno degli ultimi posti in Italia nella graduatoria nazionale relativa alle politiche per l'infanzia;
il 13 giugno 2024 il Ministero dell'istruzione e del merito ha pubblicato le graduatorie dei comuni che, avendo presentato appositi progetti, riceveranno finanziamenti per l'ampliamento dell'offerta di posti negli asili nido e tra essi il comune di Caltanissetta non risulta tra i beneficiari;
come accaduto in diverse amministrazioni locali, infatti, anche nella città di Caltanissetta la scelta di non partecipare al bando di finanziamento di cui al decreto interministeriale n. 79 del 30 aprile 2024 per la crescita dei posti nido è stata motivata dalla carenza delle risorse necessarie a fronteggiare i costi ordinari di gestione del servizio;
la gran parte delle spese di gestione del servizio sono infatti fronteggiate accedendo a risorse incerte ed indeterminate ricavabili da programmi straordinari di finanziamento (Pac Infanzia, Fondo di cui al decreto legislativo 65 del 13 aprile 2017, Fondo di solidarietà comunale – Obiettivi di servizio), che per il loro carattere non strutturale impediscono una programmazione di lungo periodo da parte delle amministrazioni locali;
tale situazione risulta ulteriormente aggravata dal venir meno dei Pac infanzia;
anche l'Anci Sicilia ha recentemente sollecitato la riprogrammazione dei fondi Pac-Pnscia per ripristinare i finanziamenti previsti per servizi di cura dell'infanzia, con particolare riferimento alla possibilità di consentire una maggiore presenza dei minori negli asili nido nelle regioni convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia);
il servizio asili nido è importantissimo per i bambini nel loro percorso di crescita e di inserimento sociale nonché come supporto alle politiche per l'occupazione femminile aiutando le mamme nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
bisogna non perdere nessuna occasione di finanziamento per la implementazione di un servizio per l'infanzia imprescindibile soprattutto in aree con un gap così rilevante come quella in oggetto –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per verificare quali sono stati i fattori che hanno precluso alla città di Caltanissetta, nonché a tante altre amministrazioni, di implementare tale servizio colmando il gap esistente, e per incrementare e riprogrammare i fondi Pac-Pnscia, al fine di consentire una maggiore certezza e stabilità delle risorse nella erogazione del suddetto servizio per l'infanzia.
(3-01429)
Interrogazioni a risposta scritta:
PICCOLOTTI e GRIMALDI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
il Ministero dell'istruzione e del merito ha deciso di limitare il contingente per le assunzioni di personale docente a tempo indeterminato a soli 45.124 unità rispetto agli oltre 64.156 posti liberi e vacanti presenti in organico;
stante la suddetta riduzione dei posti destinati alle assunzioni a tempo indeterminato, molti docenti precari risultati idonei ai concorsi ordinari banditi nel 2020 non verranno immessi in ruolo, in quanto, nel disporre l'integrazione delle graduatorie 2020 con gli idonei non vincitori, il Ministero dell'istruzione e del merito ha altresì disposto che la nomina avverrà dopo l'assunzione dei vincitori del concorso PNRR bandito nel 2023, che a sua volta presenta ulteriori criticità dal momento che, i candidati idonei non vincitori, pur avendo superato le prove del primo concorso PNRR 2023/2024, si trovano attualmente privi di abilitazione, di riconoscimento dell'idoneità e senza alcuna concreta prospettiva di immissione in ruolo, salvo l'eventualità di dover sostenere nuovamente il medesimo concorso per una seconda volta;
ad avviso dell'interrogante tale situazione comporterà gravi e irreparabili pregiudizi sia nei confronti di coloro che, avendo superato il concorso ordinario del 2020, avevano la legittima aspettativa di essere assunti all'inizio del corrente anno scolastico, sia nei confronti di coloro che hanno superato i concorsi successivi banditi dalla stessa amministrazione;
è evidente che anche per la scuola pubblica tutto ciò rappresenta un danno, sia per l'inevitabile aumento del numero dei contenziosi sia perché dal momento che i posti rimarranno comunque vacanti, gli stessi saranno assegnati previa stipula di contratti a tempo determinato e quindi senza garantire agli studenti alcuna continuità didattica;
visto il numero elevato di cattedre vacanti, appare del tutto incomprensibile la decisione del Ministro interrogato di contingentare i posti disponibili, riservandone una parte per i futuri vincitori del concorso PNRR, ancora in corso, con il paradosso che, proprio quei fondi europei, destinati a contrastare il precariato finiranno per alimentarlo precludendo il diritto alla stabilizzazione di coloro che sono risultati idonei ai concorsi banditi e svolti precedentemente;
è assurdo, ad avviso degli interroganti, che vengano aumentati i canali di assunzione e contemporaneamente diminuiti i posti, che vengono accantonati per future procedure concorsuali –:
quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda promuovere per garantire l'assunzione di tutti gli idonei inseriti nella graduatoria di merito dei concorsi ordinari 2020 così da consentire loro di poter essere immessi in ruolo già dal corrente anno scolastico senza dover attendere l'assunzione dei vincitori del concorso PNRR bandito nel 2023, così da poter ridurre il precariato nella scuola, garantire continuità didattica agli studenti ed evitare evidenti discriminazioni;
quali iniziative di competenza intenda adottare nei confronti dei candidati che, pur avendo superato le prove del primo concorso PNRR 2023/2024, si trovano attualmente privi di abilitazione, di riconoscimento dell'idoneità e senza alcuna concreta prospettiva di immissione in ruolo, salva l'eventualità di dover sostenere nuovamente il medesimo concorso per una seconda volta.
(4-03427)
PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il Coordinamento nazionale dei corsi di laurea in scienze della formazione primaria, in data 16 settembre 2024, ha inviato una comunicazione al Ministero dell'istruzione e del merito, al Ministero dell'università e della ricerca, al Ministero dell'economia e delle finanze e per conoscenza alle Commissioni parlamentari cultura di Camera e Senato, al Consiglio superiore della pubblica istruzione e all'Anvur, nella quale fa presente che alla luce dell'ancora assente decreto che indica per l'anno accademico 2024-25 il contingente nazionale ripartito per regione dei tutor da distaccare presso le università per garantire il funzionamento dei corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria (LM85-bis), si trova costretto a sospendere tutte le attività di tirocinio previste all'interno del corso di laurea a causa della mancanza dei tutor che, ai sensi del decreto ministeriale n. 249 del 2010, svolgono le seguenti attività: l'erogazione delle attività di tirocinio indiretto, la verbalizzazione degli esiti delle attività di tirocinio degli anni accademici 2023-24 e 2024-25 con conseguente chiusura delle relative annualità, i contatti con le scuole accoglienti e l'attivazione e monitoraggio delle esperienze di tirocinio per l'anno accademico 2024-25;
dalla suddetta comunicazione del Coordinamento nazionale dei corsi di laurea in scienze della formazione primaria si apprende che rischiano di essere sospese non solo le attività strettamente connesse al tirocinio, ma anche le tante altre attività del corso di laurea nelle quali è previsto il coinvolgimento dei tutor, come le sessioni di tesi di laurea che saranno revocate in quanto la normativa prevede che la commissione giudicatrice sia composta anche da due tutor;
si sottolinea che in alcune sedi le sessioni sono calendarizzate già a partire dal mese di settembre 2024 e dunque in esse non sarà possibile far conseguire la laurea agli studenti per irregolarità nella composizione della commissione;
la sospensione delle attività di tirocinio non minerà solo la qualità della formazione erogata, ma rallenterà – e in alcune situazioni bloccherà – l'iter e la conclusione dei corsi di laurea, nonché la formazione dei futuri insegnanti di scuola dell'infanzia e primaria;
senza il suddetto decreto, infatti, i tutor di tirocinio sono rientrati in servizio presso le loro scuole e conseguentemente le funzioni loro assegnate dal decreto ministeriale n. 249 del 2010 rimangono inadempiute, rendendo il corso di laurea formalmente irregolare –:
se quanto comunicato e denunciato dal Coordinamento nazionale dei corsi di laurea in scienze della formazione primaria risponda al vero e, in tal caso, quali siano le motivazioni per cui si è accumulato tale ritardo nell'emanazione del decreto interministeriale richiamato in premessa e se i Ministri interrogati non intendano, per quanto di competenza, procedere urgentemente all'emanazione del decreto interministeriale che indica per l'anno accademico 2024-25 il contingente nazionale ripartito per regione dei tutor da distaccare presso le università, così da poter garantire il pieno e regolare funzionamento dei corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria (LM85-bis).
(4-03428)
GRIMALDI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
alla vigilia dell'inizio dell'anno scolastico, numerosi insegnanti precari piemontesi hanno contestato la gestione delle graduatorie per l'assegnazione delle cattedre effettuata dagli Uffici scolastici regionali, ormai da qualche anno, tramite algoritmo e chiedono chiarimenti per quelli che secondo loro sono dei veri e propri errori di sistema;
non è il primo anno che l'assegnazione delle cattedre ai docenti precari effettuata tramite algoritmo genera incongruenze nell'assegnazione delle supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche, con conseguenti polemiche e malcontenti tra gli insegnanti che ne contestano l'utilizzo e il malfunzionamento poiché genererebbe disparità tra i docenti e minore trasparenza nelle assegnazioni rispetto a quando le stesse venivano effettuate in presenza;
tale sistema automatizzato, così come programmato «non torna indietro» e anche quest'anno ha «lasciato a casa» migliaia di docenti che lavorano da anni come supplenti, con esperienza e che pertanto hanno raggiunto un buon punteggio;
tutto ciò perché un docente, quando compila la domanda scegliendo le 150 scuole, svolge quest'azione «alla cieca», senza che siano state pubblicate le disponibilità dei posti e la tipologia di cattedra. Quando l'algoritmo arriva al candidato, se quest'ultimo non ha inserito quella scuola, l'algoritmo «salta il docente», non lo prende più in considerazione e, passando direttamente al candidato successivo, considera il primo automaticamente come rinunciatario all'incarico, escludendolo da successive convocazioni e classi di concorso che il candidato ha inserito;
anche quando i dati inseriti dagli insegnanti risultano corretti, capita che il sistema assegni cattedre a parecchi chilometri dalla residenza pur essendo presenti posti disponibili in un raggio di gran lunga inferiore, non tenendo conto dell'ordine di preferenze espresse dagli insegnanti;
tutto ciò, oltre a causare danni materiali e professionali agli insegnanti che possono pure ritrovarsi senza cattedra anche quando ne avrebbero diritto, penalizza la continuità scolastica arrecando un danno anche a studenti e famiglie;
l'algoritmo, non essendo in grado di fare coincidere le richieste degli insegnanti con le disponibilità delle scuole che cercano supplenti, creerebbe situazioni in cui rimangono posti vacanti nonostante ci sia chi aveva richiesto di essere assegnato a una scuola nelle vicinanze e, non calcolando bene i punteggi a causa della mancanza dei dati completi, alcuni docenti si sono visti superare in graduatoria da chi ne avrebbe meno diritto;
quest'anno, a Torino, le nomine sarebbero giunte la sera del 31 agosto 2024 rendendo impossibile, per chi avrebbe dovuto trasferirsi in 24 ore a centinaia di chilometri da casa, la presa in servizio il 2 settembre, risultando così rinunciatari;
il secondo bollettino di nomine è stato pubblicato quasi alla mezzanotte del 7 settembre 2024 con presa di servizio il 9 settembre 2024 l'algoritmo non ha preso più in considerazione i docenti «saltati» con punteggio elevato ed è passato ai successivi, con punteggi nettamente più bassi e conferendo nomine presso scuole più vicine e comode da raggiungere;
le suddette criticità sono state denunciate sia in Piemonte che in diverse regioni –:
quali urgenti iniziative intenda assumere per verificare il corretto funzionamento dell'algoritmo utilizzato dagli uffici scolastici regionali per l'assegnazione delle cattedre ai docenti precari e se risultano fondate le criticità sollevate dagli stessi insegnanti;
quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire maggiore trasparenza nell'assegnazione degli incarichi da parte degli uffici scolastici regionali e se si ipotizzi il ritorno alle assegnazioni in presenza o, almeno, che venga modificata la struttura dell'algoritmo utilizzato per l'assegnazione delle cattedre in modo che possa sempre ripartire dai candidati con il punteggio più alto e, qualora vengano rilevati errori nella compilazione della domanda, possa essere offerta al candidato la possibilità di porre integrazioni e correzioni senza essere automaticamente considerato rinunciatario, anche per garantire la migliore continuità possibile per il bene degli studenti.
(4-03433)
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
D'ALESSIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la carenza di personale medico specializzato, in particolare di ortopedici, è una problematica che sta compromettendo il funzionamento di molte strutture sanitarie nella regione Campania, mettendo a rischio la qualità e l'accesso alle cure da parte dei cittadini;
la scuola di specializzazione in ortopedia e traumatologia dell'ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno è uno dei principali poli formativi e assistenziali della regione, ma non ha, ricevuto il rinnovo per il triennio accademico 2024-2027;
la mancata riattivazione della scuola rappresenta una gravissima limitazione alla formazione di nuovi ortopedici, specialmente in un contesto territoriale già caratterizzato da carenze strutturali e da un elevato fabbisogno di professionisti qualificati;
la carenza di ortopedici sta già comportando la chiusura di reparti e la riduzione dei servizi in vari ospedali della regione, con gravi ripercussioni sull'assistenza sanitaria locale;
è fondamentale garantire una programmazione adeguata delle specializzazioni mediche per far fronte alle esigenze dei territori e assicurare la continuità e l'efficacia delle cure ospedaliere –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare per la riattivazione della scuola di specializzazione in ortopedia a Salerno e, più in generale, per risolvere la carenza di ortopedici nella regione Campania così da assicurare la copertura delle esigenze sanitarie dei cittadini.
(4-03425)
LUPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la disforia di genere è definita come una condizione di intensa e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso anatomico;
la triptorelina, utilizzata soprattutto per la cura del tumore alla prostata e anche per la cura della disforia di genere, è un farmaco che ferma lo sviluppo della pubertà bloccando la produzione degli ormoni agendo sul sistema endocrino;
l'articolo 2 della determina dell'Agenzia italiana del farmaco del 25 febbraio 2019 stabilisce che il farmaco triptorelina «è erogabile a totale carico del Servizio sanitario nazionale per l'impiego in casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l'identità di genere (disforia di genere), con diagnosi confermata da una équipe multidisciplinare e specialistica e in cui l'assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva»;
secondo i dati forniti dalla Regione Toscana alla stampa, all'Azienda ospedaliero universitaria Careggi nel 2023 è stato somministrato il farmaco triptorelina a giovani di età media pari a 15 anni, ma che numerosi pazienti avevano un'età di appena 11 anni;
a seguito dell'ispezione condotta dal Ministero della salute all'Azienda ospedaliero universitaria Careggi su cartelle cliniche a campione di pazienti minorenni sottoposti a terapie per la cura della disforia di genere, il 24 gennaio 2024 il capo della segreteria tecnica del Ministro interrogato ha dichiarato all'Ansa che la relazione degli esperti sarebbe stata consegnata al Ministro entro 15 giorni;
la suddetta relazione è stata resa disponibile solamente ad aprile 2024;
le criticità emerse dall'indagine riguardano in particolare il percorso di presa in carico e gestione dei pazienti in età evolutiva con disforia di genere anche per quanto concerne l'utilizzo della terapia farmacologica con triptorelina;
l'ispezione ha rilevato, altresì, l'errato recepimento della citata determina Aifa ed ulteriori criticità anche di carattere organizzativo sul ruolo del neuropsichiatra infantile nell'ambito del percorso di presa in carico e gestione del paziente, con particolare riguardo al sostegno psicologico che dovrebbe essere fornito ai minori prima che inizino il trattamento;
a marzo 2024 il Sistema sanitario inglese Nhs ha stabilito che la triptorelina non sarà più prescritta ai bambini e ragazzi coinvolti nel trattamento sulla disforia di genere in quanto non vi sono prove sufficienti a sostegno della sicurezza ed efficacia clinica del farmaco;
a seguito dell'ispezione, la procura di Firenze ha avviato una indagine sull'ospedale Careggi;
occorre tutelare il diritto dei bambini alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, come indicato nell'articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali orientamenti intenda esprimere in merito alla problematica esposta.
(4-03431)
CAVO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
«Hikikomori» è un termine giapponese che significa letteralmente «stare in disparte». Tale espressione entrata a far parte del linguaggio comune per riferirsi alle persone che scelgono di sottrarsi alla vita sociale per periodi di tempo significativi ed indefiniti (nella maggior parte dei casi rinchiudendosi nella propria abitazione), escludendo così ogni forma di contatto con il mondo esterno fino a giungere ad una repulsione di esso, con conseguente pregiudizio del benessere delle persone coinvolte;
si tratta di un fenomeno internazionale in crescente espansione consistente in un disagio adattivo sociale che interessa prevalentemente la popolazione giovanile;
in data 18 ottobre 2023 la Camera dei deputati ha approvato la mozione n. 1-00160 a prima firma dell'onorevole Augusta Montaruli, sottoscritta anche dall'interrogante, avente ad oggetto specificatamente il fenomeno sociale di cui sopra, che si ritiene, secondo le stime dell'Associazione Hikikomori Italia, interessi almeno settantamila persone nel nostro Paese;
tra gli impegni di tale mozione, oggetto di approvazione, finalizzati a porre in essere specifiche misure per sensibilizzare, prevenire, arginare e debellare tale realtà che affligge una parte così elevata della popolazione italiana, in particolar modo le fasce anagrafiche più giovani, il Governo si è impegnato «ad attivare presso i Ministeri competenti specifici progetti» e «a promuovere, nei limiti delle risorse disponibili, d'intesa con le regioni, l'istituzione e il rafforzamento dei centri di consulenza giovanili nell'ambito dei distretti delle aziende sanitarie, al fine di sviluppare un sistema integrato e coordinato per la tutela della salute e del benessere dei giovani e degli adolescenti»;
si ritiene fondamentale un approccio nazionale a tale fenomeno sociale che si fondi al contempo sul principio di sussidiarietà, coinvolgendo le istituzioni e associazioni territoriali e fornendo loro, da parte del livello statale centrale, gli strumenti necessari per porre in essere le misure più idonee a garantire un'efficiente risposta di prossimità –:
quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di dar seguito agli impegni della sopracitata mozione approvata dalla Camera dei deputati, con particolare riguardo all'impegno che prevede il coinvolgimento delle regioni, per supportare i territori nell'assicurare le risposte più efficaci possibili.
(4-03432)
Apposizione di firme ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Foti n. 3-01426, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 settembre 2024, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Buonguerrieri, Malagola.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Faraone n. 1-00319, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 347 del 16 settembre 2024.
La Camera,
premesso che:
la Costituzione all'articolo 34 dispone che la scuola è aperta a tutti, nonché che la Repubblica rende effettivo il diritto allo studio con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso;
la scuola, offrendo agli studenti la possibilità di accedere alla conoscenza e di sviluppare le proprie potenzialità, educa i giovani a diventare cittadini consapevoli e responsabili, in grado di partecipare attivamente alla vita democratica e di contribuire al benessere della comunità;
è tra i banchi di scuola che i giovani si abituano al concetto di comunità, interfacciandosi tra persone non legate da un comune affetto, come nel caso della famiglia, o da uno specifico interesse;
il diritto allo studio, oltre ad essere costituzionalmente garantito, garantisce una funzione sociale che favorisce la crescita personale dell'individuo e la sua emancipazione, educando lo studente all'inclusione e a farsi comunità, indipendentemente dalle condizioni personali, sociali ed economiche;
l'accesso all'istruzione, quale strumento di diretta attuazione dell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione e strumento di rimozione degli ostacoli alla partecipazione sociale, rappresenta un passaggio fondamentale per la costruzione del progresso della comunità nazionale e, pertanto, non può tollerare compressioni di sorta: garantire l'inclusività degli studenti con disabilità e il recupero di quelli in situazioni familiari disagiate rappresentano vere e proprie priorità del sistema scolastico, meritando un approccio strutturato e consolidato e non, dunque, azioni estemporanee e asistematiche;
nell'imminenza dell'avvio dell'anno scolastico, come ogni anno, grava però sulle famiglie il costo dell'acquisto del materiale didattico e dei libri di testo;
nel panorama economico attuale, le voci del bilancio pubblico destinate al sistema scolastico risultano insufficienti e pongono l'Italia tra i Paesi europei che dedicano meno risorse all'istruzione;
l'ultimo rapporto Ocse sull'educazione mette in evidenza come il nostro Paese investe il 4,0 per cento del suo prodotto interno lordo nell'istruzione, a fronte del 4,9 per cento della media Ocse;
i dati raccolti dall'Osservatorio nazionale Federconsumatori nel 2024, tanto per le modalità di acquisto tradizionale che per quella sui canali on line, mettono in luce un aumento medio dei costi per il corredo scolastico, al netto dei libri di testo, di circa il 6,6 per cento rispetto all'anno precedente, attestandosi a 647 euro per studente;
lo stesso Osservatorio sottolinea come la spesa media per i libri di testo e due dizionari è aumentata del 18 per cento rispetto al 2023, attestandosi a 591,44 euro;
le situazioni più complesse si registrano tra le prime classi dei diversi ordini scolastici. Se per le scuole primarie l'esborso è mitigato dalla gratuità dei libri di testo, lo stesso non può dirsi per le scuole secondarie;
la famiglia di uno studente di prima media è chiamata a spendere mediamente per i libri di testo più 2 dizionari 461,81 euro; a tali spese vanno aggiunti 647,00 euro per il corredo scolastico e i ricambi durante l'intero anno, per un totale di 1.108,81 euro;
un ragazzo chiamato a frequentare il primo anno di liceo classico spenderà per i libri di testo più 4 dizionari 715,30 euro (in aumento del 3 per cento rispetto al 2023) e 647,00 euro per il corredo scolastico e i ricambi, per un totale di ben 1.362,30 euro;
è fuor di dubbio che tali aumenti incontrollati intaccano il diritto allo studio e gravano totalmente sulle famiglie che già negli ultimi anni – come si legge dall'Employment outlook annuale dell'Ocse – hanno pagato aspramente la crisi causata da Covid e inflazione (con annessi stipendi stagnanti) e hanno subito una riduzione dei salari reali del 6,9 per cento rispetto al 2019;
in tale quadro si inseriscono criticità ormai «strutturali», quali la carenza di docenti di sostegno, la vetustà dei plessi scolastici ed evidenti disomogeneità territoriali, con particolare riferimento alle aree interne e insulari;
l'effettività del diritto allo studio è subordinata anche all'erogazione di contributi da parte delle singole regioni, nell'ambito della loro competenza in materia di istruzione, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Tale situazione determina una disomogeneità territoriale nell'accesso ai servizi e alle provvidenze collegate al diritto allo studio, con particolari criticità rilevate nelle regioni meridionali, dove le risorse destinate a sostenere le famiglie per l'acquisto di libri di testo e materiale didattico, nonché per i servizi di trasporto e mensa scolastica, risultano spesso inferiori rispetto ad altre aree del Paese, creando un'ingiustificata disparità di trattamento e compromettendo il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;
il processo di autonomia differenziata, previsto dalla legge 26 giugno 2024, n. 86, rischia di accentuare ulteriormente le disuguaglianze territoriali nell'erogazione dei servizi scolastici, aggravando il divario tra le regioni più ricche e quelle economicamente svantaggiate, minando così il principio di uguaglianza sostanziale costituzionalmente garantito;
a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo il definanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, il cui obiettivo è assicurare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i diritti civili e sociali fondamentali, ha contribuito a ridurre le risorse destinate al sistema scolastico, in particolare nelle aree più svantaggiate del Paese, compromettendo il diritto all'istruzione e accrescendo le diseguaglianze territoriali,
impegna il Governo:
1) ad adottare senza indugio le iniziative necessarie per sostenere le famiglie nell'acquisto dei libri scolastici e del materiale necessario per affrontare l'avvio dell'anno scolastico;
2) ad adottare iniziative volte a reclutare un numero congruo di docenti di sostegno, così da limitare il continuo cambio di personale e garantire un'offerta formativa adeguata alle esigenze degli studenti con disabilità;
3) ad adottare iniziative volte non solo a rendere effettivo il dettato dell'articolo 34 della Costituzione, ma anche ad uniformare il diritto d'accesso agli studi tra le studentesse e gli studenti di ogni regione così da affrontare l'abbandono scolastico, con particolare riferimento alle regioni meridionali, alle aree interne e periferiche del Paese;
4) ad adottare misure volte a potenziare i servizi mensa e i sistemi di trasporto, nonché la fornitura dei libri di testo, con particolare riferimento ai nuclei familiari a basso reddito e alle persone con disabilità così da rendere effettivo l'accesso al diritto allo studio e un sistema scolastico più inclusivo;
5) ad adottare iniziative volte al contrasto della povertà alimentare a scuola istituendo un fondo, da destinare agli studenti della scuola primaria facenti parte di nuclei familiari a basso reddito che non riescano a provvedere al pagamento delle rette previste, per la fruizione del servizio di ristorazione scolastica.
(1-00319) (Nuova formulazione) «Faraone, Gadda, De Monte, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Lupi n. 2-00334 del 27 febbraio 2024;
interpellanza urgente Lupi n. 2-00345 del 11 marzo 2024;
interrogazione a risposta scritta Piccolotti n. 4-03382 del 11 settembre 2024.