XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
le norme contenute nella legge 26 giugno 2024, n. 86, «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione», sono, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, in palese contrasto con il dettato costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 33, 34, 53, 70, 116, 117, 119 della Costituzione;
il 12 novembre 2024 sarà una data cruciale per la discussione sulla legittimità costituzionale della legge, che riguarda l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario. La Corte costituzionale esaminerà i ricorsi presentati da Puglia, Toscana, Sardegna e Campania. Il 26 settembre 2024 sono state presentate 1.300.000 firme che chiedono il referendum abrogativo; in questo contesto avviare le negoziazioni tra alcune regioni e lo Stato per l'eventuale trasferimento di competenze è sbagliato e irrispettoso della democrazia. Se la Corte costituzionale accogliesse i ricorsi, la legge n. 86 del 2024 decadrebbe; se invece fossero respinti, la legge rimarrebbe valida e si dovrebbe celebrare il referendum che potrebbe tenersi nel 2025. È evidente che le forzature delle regioni governate dalla destra potrebbero essere motivate dalla volontà di influenzare il giudizio della Corte costituzionale che si appresta a giudicare e dal tentativo di mettere tutti davanti al fatto compiuto;
intanto, la conseguenza più immediata sarà la cristallizzazione delle differenze esistenti fra i territori, in aperto e evidente contrasto con quanto stabilito dall'articolo 5 della Costituzione, laddove è stabilito che la Repubblica è «una e indivisibile», dall'articolo 3 della Costituzione, che prescrive il principio di eguaglianza e che impone allo Stato il compito fondamentale di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»;
l'oggettiva ripercussione dell'entrata in vigore della riforma consentirà alle regioni più ricche di trattenere più poteri e risorse per garantire i loro cittadini, mentre i territori più fragili, segnatamente quelli del Mezzogiorno e delle aree periferiche o interne e insulari, avranno maggiori difficoltà per riassorbire le diseguaglianze e raggiungere i livelli di sviluppo e di benessere sociale della parte del Paese più ricca;
si accrescono quindi le diseguaglianze e divari territoriali potenzialmente irreversibili, si apre la strada alle diseguaglianze nei diritti fondamentali su base territoriale, unico discrimine sarà la residenza delle persone;
trattasi di una torsione dell'interpretazione della Costituzione pericolosa e inaccettabile, che potrebbe condurre ad una fase di instabilità e di pericolose tensioni tra le diverse aree del Paese, che, nella peggiore delle ipotesi, porterebbe mettere in discussione la stessa unità nazionale;
il percorso attivato di definizione formale dei livelli essenziali delle prestazioni e il lavoro – lodevole – del nominato Comitato per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni rischiano di rimanere solo un'esercitazione virtuale, in mancanza delle risorse necessarie per la loro concreta attuazione;
il principio di unità e indivisibilità della Repubblica risulta, nel disegno costituzionale, strettamente connesso con gli altri principi costituzionali e, in particolare, con i principi fondamentali, a partire dall'articolo 1 della Costituzione, che consacra l'assetto democratico della Repubblica, basato sull'appartenenza della sovranità al popolo (Corte costituzionale, sentenza n. 256 del 1989), che si identifica tramite la partecipazione delle autonomie sociali, politiche e territoriali alla vita politica, economica e sociale del Paese e la condivisione di quella che è stata definita, in dottrina, la «sostanza costituzionale dell'unità», intesa come «unità nel nome di valori omnicondivisi»;
in questo senso, l'unità nazionale non può prescindere dai compiti che i successivi articoli 2, 3, 4 della Costituzione assegnano alla Repubblica: la garanzia dei diritti inviolabili e l'assolvimento dei doveri inderogabili di solidarietà, la rimozione degli ostacoli all'eguaglianza sostanziale di tutti i cittadini. In evidente contraddizione a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo con questi principi, la legge n. 86 del 2024 prevede un novero di materie delegabili che esorbita dai confini segnati dai principi costituzionali sopra menzionati: la sanità, la scuola, l'università e la ricerca, i beni culturali, l'ambiente e gli ecosistemi, l'organizzazione della giustizia di pace, le politiche attive del lavoro, i trasporti, porti e aeroporti, protezione civile, il governo del territorio, il trattamento dei rifiuti, la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia, il sostegno alle attività produttive, la riorganizzazione degli enti locali, e altro;
è evidente come il passaggio alle regioni finirà per tradursi in un inevitabile aggravamento del divario sociale e territoriale, con una lesione diretta dei principi di eguaglianza, solidarietà e democrazia sostanziale. Sul punto la letteratura scientifica e la reportistica di agenzie indipendenti e associazioni di categoria (Banca d'Italia, sindacati, Confindustria e altri) è copiosa e dettagliatissima, eppure non è stata tenuta in alcuna considerazione da parte della maggioranza che esprime il Governo in carica, così come in alcuna considerazione è stata tenuta la giurisprudenza della Corte costituzionale sull'applicazione uniforme dei diritti fondamentali;
come da più parti osservato, l'articolo 116, comma 3, non dà alcuna indicazione circa le ragioni che debbano supportare la richiesta di nuove competenze e/o il quantum di autonomia possibile e, anzi, la formula è tale da non escludere che ogni singola regione possa richiedere la maggiore autonomia per tutte le materie elencate, tant'è che, nonostante alcune astratte opinioni dottrinali prefiguranti l'inammissibilità di richieste per più materie, tutte le regioni finora attivatesi hanno dimostrato la volontà di ottenere quanta più autonomia possibile, né appaiono efficaci le limitazioni previsti all'articolo 2 della legge, poiché demandate esclusivamente alle valutazioni del Presidente pro tempore del Consiglio dei ministri;
in particolare, la procedura individuata dall'articolo 2 per l'approvazione delle intese è serrata nei tempi e non coinvolge in modo adeguato né la Conferenza unificata, cui si chiede solo il parere, né il Parlamento, sede della sovranità popolare, cui si demanda la sola facoltà di esprimere un atto di indirizzo non vincolante sugli schemi preliminari di intesa;
il Parlamento potrà solamente respingere o approvare, senza alcuna possibilità di intervenire su punti di merito specifici, l'accordo raggiunto tra Governo e singola regione. Si lascia così che sia ridefinita l'attribuzione di competenze legislative, amministrative e regolamentari, riscrivendo nei fatti parte dell'articolo 117 della Costituzione;
la procedura definita dall'articolo 3 della legge 26 giugno 2024, n. 86, non restituisce dignità al Parlamento, ma gli sottrae le proprie nonché specifiche prerogative, stabilite chiaramente dal dettato dell'articolo 70 della Costituzione, che al Parlamento, e non al Governo, attribuisce prioritariamente la funzione legislativa. La previsione che a determinare i livelli essenziali delle prestazioni sia un decreto legislativo di iniziativa governativa, lungi dallo sconfessare l'intento di sottrarre spazi e compiti al Parlamento, conferma invece il proposito di spostare l'asse del potere legislativo, fermamente ancorato al Parlamento – a Costituzione vigente – verso un'illegittima attribuzione al Governo del potere legislativo;
riguardo al tema delle risorse economiche con cui far fronte ai nuovi compiti, ovvero residui fiscali e trasferimenti in base alla spesa storica, valga il riferimento alla sentenza n. 275 del 2016 della Corte costituzionale, la quale sancisce che deve essere «la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione». Innanzitutto è lo Stato, con il suo bilancio, chiamato a soddisfare i diritti inviolabili dei cittadini, qualunque sia il territorio in cui essi vivono e lavorano;
il riferimento alla spesa, come criterio di ripartizione delle risorse, denuncia e conferma le profonde differenze già esistenti – si va da una spesa pro capite di 19 mila euro in Lombardia ai 13.700 euro in Campania – rendendo evidente la palese illegittimità del criterio prospettato, che, lungi dal promuovere la coesione sociale e territoriale, finirebbe per aggravarne le differenze. Si ignora il fatto che i diritti sono non il frutto di concessioni graziose di chi più ha nei confronti di coloro che versano in differenti condizioni economiche e sociali, ma il necessario corredo della cittadinanza e, ancora, che non sono le regioni ma i cittadini a pagare le tasse in ragione della loro capacità contributiva e non del luogo di residenza, sicché una norma così concepita finisce per violare per ciò solo gli articoli 2 e 53 Costituzione, a tenore dei quali la solidarietà economica e tributaria opera a livello nazionale, non regionale;
così oggi ci si trova di fronte a tre tipologie differenti di autonomia: quella delle regioni che la domandano (e la ottengono), quella delle regioni a statuto speciale e quella prevista della competenza concorrente di cui all'articolo 117, terzo comma, con l'effetto di un'inarrestabile frammentazione della disciplina normativa, con le ovvie conseguenze in termini di inflazione normativa e di incertezza del diritto (si pensi a materie come il governo del territorio), maggiori costi per le imprese e i cittadini (si pensi alla disciplina di porti, aeroporti, autostrade e altro), inefficacia delle politiche pubbliche (si pensi alle materie che coinvolgono necessariamente lo Stato nazionale, quando non addirittura gli organismi sovranazionali: dall'energia all'ambiente e, più in generale, a tutte quelle che essendo toccate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dalle priorità con lo stesso variamente dichiarate – transizione verde, trasformazione digitale, crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, coesione sociale e territoriale, salute e resilienza economica, sociale e istituzionale, politiche per le nuove generazioni, l'infanzia e i giovani – esigono, al contrario, la capacità di formulare e implementare politiche nazionali forti e non compatibili con le richieste di ulteriore disgregazione);
evidente la necessità di pre-determinare i livelli essenziali delle prestazioni, prima di attribuire alle regioni le risorse necessarie per sostenere le loro nuove competenze. Al di là delle evidenti difficoltà per molte delle regioni interessate di assicurare l'effettiva erogazione delle prestazioni, che la prima parte della Costituzione pretende non essenziali o minime, ma uguali per tutti i cittadini, a prescindere dal luogo di nascita o di residenza, si evidenzia che, mentre l'articolo 117 della Costituzione attribuisce la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, per tutti i diritti sociali e civili, «alla competenza legislativa dello Stato», nella legge n. 86 del 2024 si prevede una procedura accelerata che si conclude con l'approvazione di un decreto legislativo;
così il ruolo attribuito al Parlamento risulta del tutto marginale, sia in merito alla definizione delle intese con le singole regioni sia in relazione alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni così come previsto dalla legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022, articolo 1, commi 791-801), con una procedura amministrativa che si ritiene sia del tutto incompatibile con la riserva di legge che la Costituzione stabilisce in materia;
inoltre, per quanto concerne la procedura per definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, non è prevista alcuna predeterminazione politica degli obiettivi di uguaglianza sostanziale e, soprattutto, non sono previste adeguate procedute vincolate di stanziamento delle risorse aggiuntive necessarie per garantirli. I livelli essenziali delle prestazioni definiti in questo modo non costituiranno l'insieme dei servizi e degli interventi pubblici necessari ad assicurare – in maniera omogenea e uniforme – i diritti sulla base dei bisogni e a prescindere dalla capacità fiscale di un territorio, ma, come detto, determineranno una cristallizzazione – se non un incremento – delle disuguaglianze in essere;
un sistema così congegnato – per di più a risorse date e senza spesa aggiuntiva – sarà un moltiplicatore dei divari territoriali e produrrà una riduzione del perimetro pubblico proprio nei territori e negli ambiti in cui è maggiormente decisiva la funzione redistributiva dello Stato;
un sistema di autonomia differenziata compatibile con l'attuale assetto costituzionale e istituzionale dovrebbe invece subordinare le «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» al vincolo del rispetto dei principi fondamentali e delle norme generali nazionali inderogabili ed esplicitare le materie insuscettibili di qualsiasi differenziazione;
si ritiene particolarmente grave che fra le materie oggetto di devoluzione non sia stata esclusa l'istruzione: questo potrebbe radicalmente mutare il quadro, in peggio, della scuola italiana e quindi del nostro Paese, poiché attraverso le intese regionali si prevede che si possa giungere perfino a far diventare «le norme generali sull'istruzione» – oggi legislazione esclusiva dello Stato – oggetto di legislazione concorrente. Non solo, ma, ancora, le leggi regionali potrebbero disciplinare l'istituzione di ruoli del personale della scuola, la sua consistenza organica, la stipulazione di contratti collettivi regionali, con gravi e devastanti conseguenze sulla tenuta delle finalità nazionali dell'ordinamento scolastico, sul contratto collettivo nazionale e trattamento economico di docenti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario e dirigenti scolastici, sulla mobilità territoriale, sulla valenza di concorsi per il reclutamento a sbarramento regionale. Inoltre, la stessa autonomia scolastica costituzionalmente riconosciuta rischia di essere pregiudicata e collocata in ambito subalterno rispetto alle nuove funzioni e poteri regionali e locali;
chiare ed evidenti le conseguenze negative che deriverebbero all'ordinamento scolastico, finalizzato in primo luogo all'esercizio del diritto all'istruzione degli alunni e alla libertà dell'insegnamento, fondamenti intangibili su cui si costruisce la cittadinanza, la libertà e l'unità del nostro popolo e della nostra comunità;
il tutto in aperto e evidente contrasto con gli articoli 33 e 34 della Costituzione, che stabiliscono le caratteristiche basilari del sistema scolastico e che alle prescrizioni derivanti da tali articoli si attribuisce «valenza necessariamente generale ed unitaria che identifica un ambito di competenza esclusivamente statale», rappresentando «la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra coloro che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale)» (Corte costituzionale, sentenza 24 giugno 2009, n. 200);
se è chiaro che la missione principale della scuola è la costruzione della cittadinanza, la condivisione di valori e il senso di appartenenza, che fondano la convivenza democratica, è altresì pacifico che questo ruolo del sistema di istruzione statale verrà inevitabilmente pregiudicato da una scelta regionalistica e territorialistica;
già oggi le regioni godono di ampie funzioni amministrative: sulla programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, sulla programmazione della rete scolastica, sulla suddivisione del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa, sulla determinazione del calendario scolastico, sui contributi alle scuole non statali, sulle iniziative e sulle attività di promozione relative all'ambito delle funzioni attribuite. Oltre queste competenze non si può e non si deve andare. Il diritto all'apprendimento dell'alunno, le finalità dell'istruzione ancorate all'esercizio della cittadinanza italiana sono diritti dell'individuo/persona/lavoratore-lavoratrice che devono essere esercitati e garantiti in ogni luogo del nostro Paese, esigibili a prescindere dai confini territoriali;
una scelta ponderata e consapevole del Governo avrebbe quantomeno suggerito, nell'ambito della gradualità del processo, di escludere dal possibile riconoscimento di ulteriori e particolari forme di autonomia alle regioni le materie di legislazione esclusiva statale, tra cui le norme generali sull'istruzione e la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali e alcune delle materie di legislazione concorrente, per le quali un'ulteriore devoluzione comporterà un rischio di disarticolazione di diritti fondamentali delle persone e dello sviluppo economico unitario del Paese, come la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, il governo del territorio, le grandi reti di trasporto e navigazione, fino alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali;
l'integrazione delle fonti rinnovabili nel sistema energetico nazionale è impossibile senza unità e coordinamento nella pianificazione e nello sviluppo delle infrastrutture necessarie per la loro produzione e per la loro distribuzione, nonché per un'uniformità del processo autorizzativo su tutto il territorio nazionale. La notevole differenza di disponibilità finanziarie tra regioni, che si accentuerà con l'autonomia differenziata a causa della compartecipazione dei gettiti fiscali molto diversi tra regione e regione, creerà ulteriori ostacoli al loro coerente sviluppo, anche in settori strategici come le politiche in materia di energia, di reti di trasporto, di governo del territorio, di tutela dell'ambiente, di contrasto all'impatto dei cambiamenti climatici e di riduzione delle emissioni climalteranti, anche declinate attraverso una miriade di regolamentazioni autorizzative degli impianti produttivi e delle infrastrutture necessarie ad affrontare la sfida della transizione ecologica, energetica e produttiva, in un contesto in cui molte di queste materie sono delegate alla competenza sovranazionale dell'Unione europea;
si ricorda che, sotto il profilo dei controlli ambientali, l'esigenza di assicurare omogeneità ed efficacia all'esercizio dell'azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell'ambiente, a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica, ha reso necessario l'istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali al quale è stata altresì demandata la funzione di attuare i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali, che rappresentano i livelli qualitativi e quantitativi di attività che devono essere garantite in modo omogeneo a livello nazionale;
giustizia energetica e giustizia ambientale devono procedere parallelamente per poter garantire un benessere equo, diffuso, duraturo e condiviso a livello nazionale. Soltanto un cambiamento radicale del tessuto produttivo, con particolare riguardo all'eliminazione dei combustibili fossili dalla produzione di energia e dai processi produttivi, pianificato e progettato a livello nazionale, in sintonia con l'Unione europea e nel rispetto degli accordi internazionali siglati, può mitigare gli effetti della crisi e consentire la giusta resilienza del sistema produttivo italiano;
stando così le cose, la Repubblica si potrebbe ritrovare un corpus normativo frammentato tra regioni ordinarie ad autonomia differenziata, regioni ordinarie ad autonomia non differenziata e regioni a statuto speciale per tutte o ciascuna di tali materie. Ne risulterebbe un mosaico incomprensibile e ingestibile che nulla ha a che vedere con l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;
l'autonomia differenziata espone l'intero Paese ai rischi di un indebolimento della capacità competitiva per effetto di una frammentazione insostenibile delle politiche pubbliche;
inoltre, la legge non assicura che siano al contempo determinati e debitamente finanziati, quindi concretamente attuabili, tutti i livelli essenziali delle prestazioni attinenti all'esercizio di diritti civili e sociali ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;
particolare incertezza avvolge il futuro di materie, quali: la tutela dell'ambiente e dei beni culturali, la tutela e la sicurezza del lavoro, l'istruzione, la tutela della salute, le reti di trasporto, energetiche e della comunicazione, il commercio e le professioni, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. In tutti questi campi, come anche in altri, non è chiaro quale possa essere il ruolo futuro del Parlamento e del Governo, quindi dello Stato, che dovrebbe invece poterne mantenere il controllo e la regia a garanzia di tutti i cittadini su tutto il territorio;
i criteri di accesso delle singole regioni alle competenze differenziate, per ciascuna materia o ambito di materia, andrebbero delineati per via legislativa e sulla base di valutazioni qualificate e analisi adeguate, concedendole purché la modifica dell'attuale riparto di competenze sia motivato dall'interesse nazionale;
una sonora bocciatura all'autonomia differenziata è arrivata anche dalla Commissione europea che nei rilievi di cui al Country report del 2023 ha sollevato numerosi dubbi in merito ai presunti rischi che l'autonomia differenziata porterebbe provocare in termini di aumento delle disparità e tenuta dei conti pubblici, nonché sulla capacità dei livelli essenziali delle prestazioni di compensare gli squilibri territoriali per l'incapienza dei necessari stanziamenti;
inoltre, è la Corte dei conti a ribadire che il conseguimento dell'autonomia differenziata debba essere inserito all'interno di un quadro di riferimento unitario e cooperativo e, se da una parte rimanda alla necessaria definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, dall'altra rinvia alla necessità di realizzare una completa perequazione infrastrutturale, necessaria non solo per colmare le carenze di molte regioni, in particolare del Sud, ma anche all'interno delle regioni più sviluppate, dove talvolta convivono situazioni di marginalità;
il divario tra Nord e Sud e quello all'interno dei diversi territori, di cui all'articolo 119 della Costituzione, dovrebbero essere rimossi, invece per effetto del regionalismo differenziato essi tendono, se possibile, ad inasprirsi, in violazione del principio perequativo di cui all'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e quindi dell'articolo 117 della Costituzione;
è stato posto in luce da numerosi costituzionalisti che «l'adozione, da parte della legge costituzionale n. 3 del 2001, del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, in base alla quale “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possono essere attribuite ad altre regioni”, non può essere interpretata in forma espansiva, al di là della sfera dei meri poteri amministrativi, quasi che non vi siano limiti residuati a tutela della potestà legislativa statale, poiché nell'articolo 117 della Costituzione troviamo tuttora vigenti le disposizioni costituzionali che prevedono che il legislatore statale dispone del potere di disciplinare le materie di competenza esclusiva (secondo comma) e di stabilire i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente (terzo comma, ultimo periodo) e analogamente prevedono gli Statuti speciali»;
si segnala che la Corte costituzionale, con sentenza n. 274 del 2003, ha osservato che la novella costituzionale introdotta con la riforma del Titolo V, pur introducendo la pari dignità «orizzontale» tra le componenti territoriali della Repubblica, non comporta una totale equiparazione dello Stato alle altre componenti, in quanto lo stesso continua ad essere investito di peculiari funzioni non altrimenti esercitabili; come rilevato anche dalla Corte dei conti, «prendendo in considerazione il tema delle conseguenze del trasferimento delle ulteriori competenze sulle funzioni dello Stato, nella prospettiva dell'unità e indivisibilità della Repubblica e alla luce dei criteri individuati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 274 del 2003, appare dubbio che nelle funzioni devolute non residui in capo allo Stato un margine di intervento, sia pure nel rispetto del principio di leale collaborazione; infatti, non deve venir meno un momento di coordinamento e di sintesi degli interessi generali del Paese»;
infine, i contesti di crisi nazionale e internazionale più recenti stanno dimostrando che un potere centrale incisivo, in termini di coordinamento e operatività, è indispensabile, mentre la frammentazione indebolirebbe l'Italia di fronte ai suoi competitori internazionali,
impegna il Governo:
1) a interrompere senza indugio ogni interlocuzione con le regioni Veneto e Lombardia, almeno fino alla prevista sentenza della Corte costituzionale, valutandone comunque gli eventuali effetti applicativi, o comunque fino allo svolgimento del referendum abrogativo;
2) a non dar nessun seguito a intese tra Stato e regione, finché non sarà disponibile il Fondo perequativo, così come previsto dall'articolo 119, terzo comma, della Costituzione;
3) ad adottare iniziative volte a garantire il rispetto, nelle eventuali future intese tra Stato e regioni, delle disposizioni degli articoli 9 e 41 della Costituzione, laddove si prevede che la Repubblica tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche nell'interesse delle future generazioni, considerato che gli ecosistemi non conoscono confini amministrativi, e a rivalersi dell'onere finanziario sostenuto nei confronti delle regioni che dovessero subire una procedura d'infrazione;
4) ad adottare iniziative volte a garantire comunque un programma nazionale pluriennale di investimenti, che integri le risorse vigenti, e finalizzato a garantire la continuità territoriale e la riduzione dei forti squilibri infrastrutturali nelle regioni del Mezzogiorno e delle isole in cui i servizi di trasporto ferroviario e pubblico sono drammaticamente carenti;
5) nell'ambito dei negoziati relativi a eventuali future intese tra Stato e regioni, ad adottare iniziative di competenza volte a limitare il più possibile i contenuti riguardanti la materia del diritto alla salute, materia che deve mantenere una dimensione nazionale, affinché il Ministero della salute assuma il vero ruolo centrale, evitando che la dimensione locale diventi quella primaria, perché sono forti i rischi per l'integrazione sociale e l'unità del Paese se i cittadini non condividono gli stessi principi di giustizia sociale in un ambito rilevante come quello della salute;
6) a prevedere nel prossimo disegno di legge di bilancio risorse economiche sufficienti per allineare la spesa sanitaria almeno con gli altri Paesi dell'Unione europea, garantendo un accesso alle cure veramente equo e universale in ogni parte del Paese;
7) ad aggiornare il cronoprogramma del Piano nazionale di ripresa e resilienza relativo ai milestone M1C1-119 e M1C1-120, al fine di garantire il completamento della riforma del quadro fiscale subnazionale e la piena attuazione dei meccanismi perequativi per province e regioni, prevedendo l'istituzione presso il Ministero dell'economia e delle finanze di un fondo alimentato annualmente dalla differenza tra la quota di gettito fiscale di compartecipazione maturato in ciascuna regione e il costo complessivo dei fabbisogni standard dalla stessa sostenuto, al fine di compensare il minor gettito di compartecipazione maturato in quei territori a minore capacità fiscale pro capite che avrebbero maggiori difficoltà ad accedere alle funzioni aggiuntive;
8) a prevedere, nel prossimo provvedimento legislativo utile, una più precisa definizione del modello di finanziamento dell'autonomia differenziata verso cui orientare il sistema, accompagnata da adeguati presidi al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica tra i diversi livelli di Governo e di assicurare una piena condivisione degli obiettivi programmatici, l'uniformità nelle metodologie per la revisione dei fabbisogni e meccanismi per assicurare il contributo delle regioni ad autonomia differenziata in caso di esigenze eccezionali di finanza pubblica;
9) nell'ambito dei negoziati di future intese tra Stato e regioni, ad adottare iniziative di competenza volte a circoscrivere al massimo i contenuti riguardanti la materia dell'istruzione;
10) ad evitare nelle future intese eventuali asimmetricità tra le diverse regioni che possano in futuro intaccare l'eguaglianza di diritti civili dei cittadini che deve restare uniforme in tutto il Paese;
11) ad evitare che l'accesso alle procedure concorsuali del personale amministrativo, di tutti gli uffici giudiziari, con particolare riferimento alla giustizia di pace, sia frammentato e regionalizzato, poiché l'amministrazione della giustizia, nel nostro Paese, rappresenta un settore importante e delicato che ha bisogno di personale con un'adeguata, appropriata e omogenea formazione in tutto il territorio;
12) ferme restando le prerogative parlamentari, a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge n. 86 del 2024 e ad adottare iniziative di competenza volte a rivederla al fine di escludere la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»;
13) a prevedere, nel primo provvedimento utile, che il richiamo all'insularità, nell'ambito del rispetto dei princìpi di unità giuridica ed economica, di coesione economica, sociale e territoriale sia esteso anche ai territori transfrontalieri e di montagna, in quanto caratterizzati da gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, in coerenza con quanto stabilito dai citati articoli 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dal secondo comma dell'articolo 44 della Costituzione;
14) a prevedere il ripristino, nel primo provvedimento utile, della dotazione del «Fondo perequativo infrastrutturale»;
15) nell'ambito dei negoziati relativi a future intese tra Stato e regioni, ad affrontare con la massima prudenza le materie riguardanti i livelli essenziali delle prestazioni, limitando il negoziato stesso esclusivamente a specifiche competenze o funzioni;
16) a prevedere analisi di impatto preventive per qualsiasi formalizzazione di intesa su ulteriori forme di autonomia differenziata sulle materie non riguardanti i livelli essenziali delle prestazioni;
17) ad adottare iniziative anche di carattere normativo volte a prevedere l'attribuzione delle prerogative di valutazione degli oneri finanziari derivanti dalle intese di ulteriori forme di autonomia differenziata, nonché di ricognizione dell'allineamento tra i fabbisogni di spesa già definiti e l'andamento del gettito dei tributi compartecipati per il finanziamento delle medesime funzioni, ad un organismo tecnico unico in luogo della molteplicità di commissioni paritetiche bilaterali, in modo tale da evitare, altresì, che con l'andare del tempo si arrivi a diminuzioni delle prestazioni non trasferite e ad inasprimenti del prelievo fiscale per preservare gli equilibri di bilancio;
18) ad adottare iniziative anche di carattere normativo volte a prevedere che gli schemi di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 3, comma 7, della legge n. 86 del 2024 siano corredati, all'atto della relativa trasmissione alle Camere ai fini dell'acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, di una relazione tecnica redatta in conformità a quanto previsto dall'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
19) a non avviare negoziati su atti di iniziativa delle regioni e a non procedere nel confronto congiunto sugli atti di iniziativa sui quali tale confronto sia stato già avviato prima dell'entrata in vigore della legge n. 86 del 2024, fino alla definizione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni secondo quanto indicato nelle premesse;
20) a valutare l'adozione delle opportune iniziative, anche normative, volte a prevedere, prima di procedere alla stipula di intese che prevedano l'attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sulle materie escluse dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, la predisposizione di un'analisi di impatto della regolamentazione che tenga conto della valutazione degli effetti delle ipotesi di intervento normativo e regolamentare regionale, nonché di atti amministrativi generali, di programmazione o pianificazione, ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, anche mediante comparazione di opzioni alternative, tenendo conto della necessità di assicurare il corretto funzionamento concorrenziale del mercato, la tutela delle libertà individuali e la tenuta dei principi generali dell'ordinamento, da presentare alle Camere per l'esame secondo i rispettivi regolamenti;
21) a dare attuazione alla legge n. 86 del 2024 in rigorosa conformità agli effetti inderogabili del combinato disposto degli articoli 116 e 117 della Costituzione, in particolare intervenendo a limitare correttamente l'oggetto del negoziato, qualora le regioni richiedano il trasferimento di intere materie o di tutte le funzioni concernenti le materie richiamate dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;
22) al fine di salvaguardare i principi fondamentali e l'unitarietà del Servizio sanitario nazionale, a incrementare le risorse disponibili, finanziarie e professionali, per il funzionamento e il potenziamento del Servizio sanitario nazionale su tutto il territorio nazionale, nel rispetto dei principi di equità, di solidarietà e di universalismo, al fine di allineare progressivamente il livello della spesa sanitaria alla media dell'Unione europea, garantendo risorse adeguate a tutti i nuovi livelli essenziali di assistenza, riducendo gli attuali divari territoriali tra Nord e Sud nell'offerta dei servizi e delle prestazioni, nonché le interminabili liste d'attesa che costringono i cittadini a ricorrere al privato, contrastando la «frattura strutturale» Nord-Sud, che comprometterà l'uguaglianza dei cittadini nell'esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute;
23) ad adottare iniziative volte a destinare maggiori risorse a Roma capitale, tenuto conto del suo ruolo e delle sue funzioni, al pari della considerazione che altri Paesi europei hanno verso le loro capitali;
24) ad adottare iniziative di carattere normativo volte a istituire, reperendo le risorse finanziarie utili, a tal fine bilanciando l'attuazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione e il rispetto degli equilibri di bilancio di cui all'articolo 81 della Costituzione, preliminarmente all'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 3 della legge n. 86 del 2024 per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e dei relativi costi e fabbisogni standard, di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante da ripartire, nel rispetto dei costi standard associati ai livelli essenziali delle prestazioni, in piena collaborazione con le regioni e gli enti locali;
25) ad adottare iniziative anche di carattere normativo volte ad istituire un tavolo di confronto tecnico-politico, cui partecipano, unitamente al Ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr, i rappresentanti dei Ministeri competenti e interessati, dell'Anci, dell'Upi, della Conferenza delle regioni e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, della Corte dei conti, del Consiglio di Stato, della Banca d'Italia, della Ragioneria generale dello Stato e dell'Ufficio parlamentare di bilancio e di tutti gli altri organismi pubblici competenti nelle specifiche funzioni, al fine di individuare le modalità di attuazione degli articoli 117, secondo comma, lettera m), e 119, quinto comma, della Costituzione, con riferimento alle materie o ambiti di materie non coinvolti nell'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione e riguardanti la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per i servizi di competenza degli enti territoriali;
26) ad adottare iniziative di competenza volte ad assicurare l'omogeneità ed efficacia dell'esercizio dell'azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell'ambiente, a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica, attraverso il Sistema nazionale delle agenzie ambientali al quale è stata altresì demandata la funzione di attuare i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali.
(1-00339) «Zaratti, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti».
La Camera,
premesso che:
nel giugno 2024, dopo un accesissimo dibattito parlamentare, è stata approvata la legge n. 86 del 2024, che ha introdotto «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione»;
tale legge, come è noto, è diventata oggetto di una proposta di referendum per la quale sono state raccolte più di un milione di firme in appena tre mesi, trattandosi di una legge che pregiudica la coesione sociale del nostro Paese, introduce veri e propri elementi di rottura dell'unità nazionale – laddove, per esempio, permette che in Italia potranno essere adottate fino a venti politiche energetiche differenti, una per ciascuna regione, o laddove, per esempio, consente che ciascuna regione possa promuovere programmi e concorsi differenti per le scuole o retribuire in modo diverso i propri docenti – e costringerà sempre più italiani ad emigrare al Nord per curarsi, allungando le già lunghe liste d'attesa, o i nostri giovani ad abbandonare le aree interne, con un aggravamento della spesa pubblica annuale, secondo alcune stime pubblicate sullo stesso sito del Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud, pari a circa 19.000 euro per ciascun cittadino del Nord, e a circa 14.000 euro per ciascun cittadino del Sud;
tra gli elementi particolarmente problematici della legge n. 86 del 2024 va senz'altro rilevata la separazione tra le materie «lep» e le materie «non lep», che risulta sbagliata sia sotto il profilo procedurale – perché di fatto raddoppierà per ciascuna regione il numero di intese, con un conseguente aggravio sia per il Governo che per il Parlamento – sia sotto il profilo sostanziale, non consentendo la separazione tra materie «lep» e «non lep» una valutazione complessiva e coerente sia sul piano politico che su quello tecnico, con particolare riferimento all'attribuzione del personale e delle risorse finanziarie, di ognuna delle funzioni per le quali ciascuna regione potrà chiedere l'esercizio di un'autonomia differenziata;
è del tutto controproducente prevedere, come la legge n. 86 del 2024 fa, che ciascuna regione possa avanzare la richiesta per l'attribuzione di funzioni inerenti a materie «non lep», anche prima della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, e farlo con riferimento a funzioni che permetterebbero, ad esempio, alle singole regioni di sponsorizzare e firmare i propri contratti di export o di promozione per conto proprio, autorizzando una competizione nociva, come nel caso della promozione all'estero di un vino di una regione ai danni di quello di un'altra, così dimenticando che il marchio da esportare all'estero non è quello delle singole regioni, ma quello del made in Italy, al quale il Governo in carica ha dedicato persino un Ministero;
sarebbe stato assi più opportuno, come sistematicamente richiesto durante i lavori parlamentari che hanno condotto all'approvazione della legge n. 86 del 2024, una previa definizione di tutti i livelli essenziali delle prestazioni e del relativo finanziamento, assistito dalle necessarie misure perequative, e, solo successivamente, un esame complessivo per ciascuna regione di tutte le richieste, sia su materie «lep» che «non lep», inerenti una maggior autonomia;
il 25 settembre 2024 si è riunito il Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Clep), presieduto dal professor Sabino Cassese, per esaminare il documento elaborato dalla Sottocommissione dei dodici, che ha il compito di elaborare i criteri in base ai quali la Commissione tecnica determinerà poi i valori dei fabbisogni standard; tale organo, nominato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, è presieduto da Elena D'Orlando, una giurista in passato facente parte della delegazione scelta da Zaia proprio per «trattare» per conto del Veneto i margini di autonomia nella negoziazione con il Governo sulle materie da attribuire alla regione per l'esercizio di un'autonomia differenziata;
in questo documento, secondo quanto riportato dalla stampa e in alcuni atti di controllo al Senato, sarebbe previsto che i fabbisogni standard andrebbero determinati sulla «base delle caratteristiche dei diversi territori, del clima, del costo della vita e degli aspetti sociodemografici della popolazione residente», una scelta questa che rischia di consolidare e aumentare le differenze già esistenti nell'offerta dei servizi; con riferimento poi a criteri, come quello del «costo della vita», tale scelta determinerebbe un'inevitabile differenziazione degli stessi fabbisogni e, di conseguenza, dei livelli essenziali delle prestazioni nell'ambito del territorio nazionale e, soprattutto, nel Mezzogiorno e nelle aree interne del Paese;
determinare i fabbisogni standard sulla base di criteri quali il clima, il costo della vita e gli aspetti sociodemografici della popolazione residente significa, in settori come, ad esempio, quello dell'istruzione, comporterà che in futuro un insegnante del Mezzogiorno o di un'area interna potrebbe essere pagato meno del collega di una città metropolitana, così determinando un surrettizio e antistorico scivolamento verso il modello delle gabbie salariali, che furono oggetto di uno specifico accordo tra le parti sociali nel 1945, definitivamente archiviato nel 1972 e che aveva determinato quel fenomeno che fu opportunamente definito «La giungla retributiva», poiché disattendeva il principio del riconoscimento dell'identica retribuzione per la medesima prestazione lavorativa;
la subordinazione della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni ai suddetti criteri si pone in evidente contrasto anche con quanto stabilito dalla stessa legge 26 giugno 2024, n. 86, che, all'articolo 1, stabilisce che i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ivi compresi quelli connessi alle funzioni fondamentali degli enti locali, «devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale» e che, all'articolo 4, comma 1, in merito al trasferimento delle funzioni da effettuarsi soltanto dopo la determinazione dei medesimi livelli essenziali delle prestazioni e dei relativi costi e fabbisogni standard, prevede, in modo esplicito, che detto trasferimento può realizzarsi solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie volte «ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull'intero territorio nazionale, ivi comprese le Regioni che non hanno sottoscritto le intese, al fine di scongiurare disparità di trattamento tra Regioni (...)»;
una volta definiti i livelli essenziali delle prestazioni, occorrerebbe consentire al Parlamento di fare una valutazione complessiva delle risorse che sono necessarie per finanziare tali livelli essenziali delle prestazioni e decidere di conseguenza, nel rispetto della Costituzione, priorità e grado della loro attuazione;
del resto, già in sede di esame del disegno di legge da parte del Parlamento, diversi illustri costituzionalisti auditi sollevarono, in merito alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni – come prevista dal testo – rilievi di incostituzionalità poiché il metodo previsto avrebbe comportato il rischio (allora e la certezza adesso) di cristallizzare le differenze territoriali esistenti;
accanto al tema della corretta definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, vi è quello delle risorse necessarie a garantirli su tutto il territorio nazionale, risorse delle quali al momento non si è ravvisata traccia;
anzi, la legge n. 86 del 2024, così come le disposizioni dell'articolo 1, comma 793, lettera d), della legge di bilancio per il 2023, hanno subordinato la stessa determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni agli stanziamenti di bilancio disponibili a legislazione vigente o a quelli resi disponibili dalle leggi di bilancio, così subordinando la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali – che l'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione prevede debbano essere garantiti su tutto il territorio nazionale – ad un criterio squisitamente economico;
l'articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede che ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possano essere attribuite ad altre regioni solo nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119 della Costituzione: tale articolo pone infatti una norma cardine dell'ordinamento per l'attuazione di un regionalismo solidale, ricavabile dalla previsione della perequazione rivolta ai territori con minore capacità fiscale; sempre l'articolo 119, al quinto comma, stabilisce che lo Stato deve destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, al fine di rimuovere gli squilibri economici e sociali e favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona; con la legge di bilancio per il 2024 il Governo ha peraltro definanziato l'esistente Fondo perequativo infrastrutturale;
come sottolineato da numerosi professori durante le audizioni, la legge n. 86 del 2024, al contrario, passa dalla concezione di un regionalismo solidale e cooperativo a declinazioni meramente competitive dello stesso: con specifico riferimento al finanziamento delle funzioni che dovrebbero essere trasferite, infatti, il disegno di legge in esame prevede una clausola di invarianza finanziaria all'articolo 9, comma 1, dove viene espressamente stabilito che «dall'applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»; la stessa clausola di neutralità finanziaria tuttavia pare poi smentita da un inciso dello stesso articolo 4, comma 1, in cui si dice che eventuali «maggiori oneri a carico della finanza pubblica» potranno condizionare il trasferimento delle funzioni allo stanziamento delle risorse necessarie, sicché si apre una prospettiva di grande confusione, che mette a rischio la stessa tenuta del sistema di finanza pubblica italiano;
particolarmente problematica sotto il profilo costituzionale è poi la previsione dell'articolo 5 del provvedimento laddove prevede che quote di compartecipazione al gettito di tributi erariali vengano definite nelle intese, senza dettare però alcun criterio sull'ammontare di queste quote di compartecipazione ai tributi erariali che dovranno essere garantite dalle regioni differenziate e che serviranno a finanziare le funzioni ad esse affidate;
l'affidamento alla negoziazione tra Stato e regioni di scelte tributarie, potenzialmente decisive sul bilancio dello Stato, appare un'opzione non solo rischiosa e irragionevole, ma anche lesiva degli articoli 3 e 81 della Costituzione;
la previsione dell'articolo 5, comma 2, appare poi del tutto incoerente con quella del successivo articolo 9, comma 3, laddove prevede che «le intese, in ogni caso, non possono pregiudicare l'entità e la proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni», una clausola di salvaguardia questa irrealizzabile senza una previa determinazione della quota di compartecipazione al gettito erariale che dovrà essere corrisposta dalle singole regioni differenziate,
impegna il Governo:
1) ad attuare una moratoria delle intese in atto, astenendosi dall'avviare o proseguire qualunque negoziato inerente alle materie «non lep», prima di aver determinato i livelli essenziali delle prestazioni relativi alle materie già di competenza delle regioni e dei comuni ai sensi delle legge n. 42 del 2009 e per i quali è stato assunto un impegno ad adempiere entro il 2026 nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prima che siano stati comunque definiti i livelli essenziali delle prestazioni da attuarsi su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, con la conseguente individuazione delle risorse che ne rende possibile il finanziamento;
2) al fine di assicurare l'unità giuridica, economica e sociale della Repubblica e di non compromettere in ogni caso l'attuazione uniforme dei livelli essenziali delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, a non subordinare la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni a criteri che penalizzerebbero le regioni e le aree più povere del Paese, a conferma di una visione che – in contrasto con la Costituzione e con lo stesso Titolo V – certifica i divari territoriali, non garantendo a tutti i cittadini, ovunque risiedano, il pieno godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali, come avverrebbe nel caso del parametro sul «costo della vita» o come nel caso del criterio della spesa storica, che riflette e consolida le disuguaglianze territoriali esistenti;
3) ad adottare iniziative anche di carattere normativo a prevedere che ogni possibile trasferimento di funzioni, sia nelle materie «lep» che in quelle «non lep», sia accompagnato dall'adozione di idonee misure perequative, così come previsto dall'articolo 119 della Costituzione, per sostenere le regioni con minore capacità fiscale;
4) ad adottare ogni iniziativa utile di carattere normativo, fin dal prossimo disegno di legge di bilancio, volta a reperire tutte le risorse necessarie ad assicurare l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni non solo relativamente alle materie devolvibili alle regioni ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, ma prima ancora nelle materie già di competenza delle regioni e dei comuni ai sensi della legge n. 142 del 2009, anche istituendo un fondo perequativo a garanzia della loro attuazione e dei relativi costi e fabbisogni standard per tutelare quelle regioni che non intendano richiedere ulteriori forme e condizioni di autonomia, nonché a rifinanziare già dal prossimo disegno di legge di bilancio il fondo perequativo infrastrutturale;
5) a promuovere, per quanto di competenza, un adeguato coinvolgimento del Parlamento non solo in tutte le fasi di negoziazione delle intese, ma anche nella delicata valutazione complessiva delle risorse che saranno necessarie per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni, nel rispetto della Costituzione e in considerazione delle priorità che debbono essere perseguite e del grado della loro attuazione;
6) a presentare entro sei mesi una relazione dettagliata alle Camere sull'impatto che il trasferimento di funzioni «lep» e «non lep» può determinare non solo sulle altre regioni, ma anche sulla coesione sociale e sull'unità economica, giuridica e sociale di tutto il territorio nazionale, anche al fine di scongiurare ogni possibile effetto distorsivo nell'efficacia e nella coerenza dell'azione, anche europea ed internazionale, del nostro Paese.
(1-00340) «Sarracino, Bonafè, Schlein, Braga, Cuperlo, Fornaro, Mauri, Ubaldo Pagano, Guerra, De Luca, Toni Ricciardi, Casu».
La Camera,
premesso che:
la parità di genere in tutte le sue forme è un principio cardine garantito dalla Costituzione italiana all'articolo 3, che sancisce il principio di eguaglianza, all'articolo 51, che dispone eguale accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive e in base al quale la Repubblica promuove le pari opportunità tra donne e uomini, all'articolo 37, che dispone che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni spettanti al lavoratore, e all'articolo 117, settimo comma, che prevede, tra l'altro, che le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale;
la reale attuazione di tali fondamentali principi della vita democratica è un processo continuo che richiede leggi specifiche e politiche pubbliche lungimiranti. È per questo che il Governo Meloni, dal suo insediamento, ha messo in atto molteplici iniziative per promuovere la parità di genere e contrastare ogni forma di discriminazione e disuguaglianza;
decontribuzione per mamme lavoratrici (cosiddetto bonus mamme), promozione del codice di autodisciplina per le imprese per favorire l'occupazione delle donne, certificazione della parità di genere per le imprese, sgravi contributivi per l'assunzione di donne disoccupate vittime di violenza, incremento del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese dedicato alle imprese femminili, incentivi per l'assunzione a tempo determinato e a tempo indeterminato di donne in condizioni di svantaggio: sono tutti provvedimenti adottati dall'attuale Esecutivo che testimoniano il forte impegno a sostegno delle donne anche nell'ambito del mondo del lavoro;
tale impegno ha generato risultati concreti certificati dall'Istat. Al riguardo, i dati divulgati dall'istituto attestano che, rispetto al 2019, l'occupazione femminile ha registrato, nel 2023, una crescita dell'1,6 per cento, con un trend ancora più positivo emerso nel 2024, segnando rispetto al 2022, un incremento del 2,4 per cento. Al riguardo, all'inizio del 2024 il numero delle occupate ha raggiunto i 10 milioni 95 mila, il tasso di occupazione ha fatto un ulteriore balzo in avanti, arrivando a quota 53 per cento, mentre quello di disoccupazione scende all'8,2 per cento. Anche i recenti dati di luglio 2024 attestano un generale aumento degli occupati, con una crescita per le donne di 56 mila unità;
l'aumento dell'occupazionale femminile ha riguardato principalmente le fasce d'età più adulte, in particolare le 55-64enni, che hanno registrato un incremento di 284 mila occupate (+15,1 per cento) tra il 2019 e il 2023. In tale fascia d'età si registra il maggiore incremento del tasso di occupazione, passato dal 43,9 per cento del terzo trimestre 2019 al 48,6 per cento del terzo trimestre 2023. Ma anche tra le giovani si riscontrano dinamiche positive: tra le 25-34enni, l'occupazione aumenta del 2,4 per cento tra il 2019 e il 2023, mentre tra le under 25 la crescita è del 6,6 per cento. Tra le prime, il tasso di occupazione passa dal 54,3 per cento al 57,8 per cento;
questo scenario mostra un quadro in evoluzione, con progressi significativi ma anche sfide ancora aperte e ostacoli da superare per garantire una piena parità di genere nel mondo del lavoro, che merita un impegno costante da parte di tutte le istituzioni, delle imprese e della società civile;
garantire la parità di genere delle donne nel mondo del lavoro è strettamente correlato anche all'adozione di misure di contrasto alla violenza di genere. Tale fenomeno in tutte le sue forme rappresenta uno dei principali ostacoli alla realizzazione delle donne, poiché le costringe a non lavorare o lasciare il lavoro, privandole dell'indipendenza economica e delle opportunità di carriera;
sul punto, tra le novità legislative introdotte si evidenzia la legge n. 168 del 2023 che ha apportato modifiche ai codici penale, di procedura penale, delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e ad alcune leggi speciali in materia di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne; in materia penale è intervenuta anche la legge n. 122 del 2023 che mira a rendere più stringente l'obbligo introdotto per i delitti di violenza domestica o di genere dalla legge n. 69 del 2019 (cosidetto codice rosso), di assumere informazioni dalla persona offesa nel termine di tre giorni;
inoltre, il Governo ha esteso la misura dell'assegno di inclusione, introdotta dal cosiddetto «decreto-legge lavoro» (decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85), anche alle donne vittime di violenza. Uno strumento che consente loro di essere autonome economicamente e, soprattutto, ne facilita il reinserimento all'interno della vita sociale e lavorativa;
dal punto di vista anche delle risorse impiegate, sono di rilievo gli interventi operati in sede di legge di bilancio per il 2024 (legge n. 213 del 2023) sul fondo per le pari opportunità, che prevedono, tra le altre cose, un finanziamento permanente, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024-2026 e a 6 milioni di euro a decorrere dal 2027 in favore del cosiddetto reddito di libertà per le donne vittime di violenza; l'incremento da 1 a 4 milioni di euro della quota del fondo riservata all'istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per il recupero degli uomini autori di violenza di genere; il rifinanziamento, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024-2026, delle risorse del fondo destinate alla realizzazione di centri antiviolenza nei confronti delle donne; l'incremento di 3 milioni di euro dal 2024 delle risorse del fondo al fine di rafforzare la prevenzione della violenza nei confronti delle donne e delle violenza domestica, in particolare attraverso iniziative formative;
la parità di genere è altresì un principio cardine del Piano nazionale di ripresa e resilienza, rappresentando una delle tre priorità trasversali in termini di inclusione sociale, unitamente a giovani e Mezzogiorno. Concretamente, si promuove una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, attraverso:
a) interventi diretti di sostegno all'occupazione e all'imprenditorialità femminile;
b) interventi indiretti o abilitanti, rivolti soprattutto al potenziamento dei servizi educativi per i bambini e di alcuni servizi sociali, che il Piano nazionale di ripresa e resilienza ritiene potrebbero incoraggiare un aumento dell'occupazione femminile;
tra le azioni di riforma del Piano nazionale di ripresa e resilienza, vi è il Programma garanzia occupabilità lavoratori (Gol), che pone al centro i soggetti più fragili del mercato del lavoro, in particolare le donne. Il sistema di presa in carico del Programma garanzia occupabilità lavoratori, focalizzato su orientamento e formazione, offre alle donne disoccupate o in transizione occupazionale percorsi personalizzati per favorire il loro reinserimento lavorativo. Attraverso un accompagnamento mirato, il Programma garanzia occupabilità lavoratori promuove l'incremento di posti di lavoro femminili di qualità, in linea con le competenze e le aspirazioni delle donne coinvolte. Questo approccio contribuisce non solo a ridurre il divario di genere sul mercato del lavoro, ma anche a valorizzare il potenziale delle donne e a favorire una crescita economica più inclusiva;
ed ancora, sulla stessa linea di interventi si pone la riclassificazione delle spese del bilancio dello Stato con riferimento alla spesa che promuove la parità di genere, secondo la previsione della riforma 1.13 del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dell'articolo 51-bis del decreto-legge n. 13 del 2023 (cosiddetto «decreto-legge Pnrr-ter»), che appunto stabilisce che a decorrere dall'anno 2023 il Ministro dell'economia e delle finanze trasmetta alle Camere, entro trenta giorni dalla presentazione del disegno di legge di bilancio, appositi allegati conoscitivi nei quali, per il triennio di riferimento del disegno di legge di bilancio è data evidenza delle spese relative alla promozione della parità di genere attraverso le politiche pubbliche;
più di recente, con il decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 luglio 2024, n. 95 (cosiddetto «decreto-legge coesione»), il Governo ha introdotto un'ulteriore misura utile a favorire le pari opportunità nel mercato del lavoro per le lavoratrici svantaggiate, anche nell'ambito della zona economica speciale per il Mezzogiorno – zes unica. Con il cosiddetto bonus donne, difatti, è previsto un esonero contributivo del 100 per cento a favore dei datori di lavoro che nel periodo dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025 assumono a tempo indeterminato donne di qualsiasi età prive di un impiego;
in materia pensionistica, la legge di bilancio annuale per il 2024 ha prorogato per il 2024 la cosiddetta opzione donna, misura sperimentale che consente di accedere al trattamento pensionistico in anticipo alle lavoratrici che maturino entro il 31 dicembre 2023 un'anzianità contributiva pari almeno a 35 anni, un'età anagrafica di almeno 61 anni, ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di due anni, e siano in possesso di determinati requisiti e condizioni: caregiver, invalide civili in misura pari o superiore al 74 per cento e chi è stata licenziata o è dipendente in imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale;
inoltre, il Governo Meloni si è reso parte attiva in merito alla promozione delle discipline Stem (science, technology, engineering, mathematics), intervenendo con la promozione di iniziative volte a combattere lo stereotipo della presunta scarsa attitudine delle studentesse verso dette discipline, che ha prodotto in passato un divario di genere in questi ambiti, sia interno al percorso di studi che nelle scelte di orientamento prima e professionali poi;
nello specifico il Dipartimento per le pari opportunità ha avviato, anche in collaborazione con il Ministero dell'università e della ricerca, iniziative volte a promuovere le pari opportunità e a contrastare gli stereotipi di genere nei percorsi scolastici, contribuendo a rimuovere gli ostacoli di tipo culturale, sensibilizzando docenti e studenti e valorizzando il talento delle studentesse e degli studenti negli ambiti scientifici e tecnologici;
uno strumento fondamentale, da ampliare e rinnovare nelle strategie per migliorare la parità di genere, a livello aziendale e settoriale, deve essere individuato senz'altro nella contrattazione collettiva e, dunque, nel potere negoziale che hanno i sindacati per supportare la partecipazione di qualità delle donne al mondo del lavoro e colmare le disparità di trattamento. Da questo punto di vista, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo gli stessi sindacati dovrebbero rafforzare la presenza delle donne nelle loro organizzazioni, per attuare una maggiore uguaglianza;
è essenziale innovare le relazioni industriali, promuovere modelli organizzativi flessibili che conciliano lavoro e vita privata, investire in formazione e sviluppo professionale; in questo modo, le aziende e il sistema economico nel suo complesso potranno beneficiare appieno delle competenze e del potenziale delle donne. Attraverso accordi di buone pratiche sulla parità di genere, la contrattazione collettiva può valorizzare il contesto sociale e le esigenze di lavoratrici e lavoratori, contribuendo a costruire un futuro del lavoro più equo ed inclusivo,
impegna il Governo:
1) a porre in essere iniziative e progetti finalizzati alla diffusione della cultura dell'uguaglianza, dell'equità e dell'indipendenza economica nelle scuole, nei luoghi di lavoro e in ogni ambito della società civile, anche al fine di responsabilizzare le aziende e l'intera comunità in modo che sia sentito, a livello collettivo, l'impegno di superare ogni divario affinché la parità di genere sia riconosciuta come uno di quei valori primari che devono guidare le politiche delle aziende italiane;
2) ad adottare iniziative affinché nell'ambito della contrattazione collettiva, di primo e secondo livello, siano favorite iniziative a sostegno della parità di genere, dell'inclusione e del superamento di ogni discriminazione, anche e soprattutto incentivando la negoziazione di accordi che promuovano la trasparenza salariale e l'equità retributiva;
3) a sostenere e potenziare ulteriormente l'offerta di servizi per l'infanzia e per la cura degli anziani e delle persone fragili, rendendoli accessibili e di qualità;
4) ad adottare iniziative di competenza volte a promuovere flessibilità lavorativa e lavoro agile per favorire la conciliazione tra vita professionale e familiare;
5) ad adottare iniziative normative volte a riconoscere agevolazioni tributarie alle donne vittime di violenza di genere o domestica certificata, da incrementare in presenza di figli minori conviventi;
6) ad avviare iniziative di competenza volte a garantire la realizzazione concreta di percorsi di formazione continua che favoriscano l'aggiornamento delle competenze delle donne e la loro adattabilità ai cambiamenti del mercato del lavoro;
7) a proseguire le iniziative di competenza volte a garantire la realizzazione concreta di percorsi stabili di orientamento post-scolastico che coinvolgano i discenti, istituzioni pubbliche e operatori privati, per favorire la conoscenza delle discipline Stem, sensibilizzando docenti e studenti e valorizzando il talento delle studentesse e degli studenti negli ambiti scientifici e tecnologici;
8) ad adottare iniziative normative volte a ridurre il divario pensionistico di genere, anche adottando provvedimenti che favoriscano attraverso campagne informative e misure incentivanti l'adesione a forme di previdenza complementare;
9) a proseguire nelle iniziative anche di carattere normativo improntate a un approccio paritario tra madre e padre relativamente all'accesso ai congedi parentali;
10) a proseguire le iniziative già adottate a sostegno del lavoro e delle imprese femminili, descritte in premessa, e a valutare le modalità di estensione del cosiddetto bonus mamme anche alle lavoratrici autonome;
11) ad adottare le necessarie iniziative volte a potenziare e rendere maggiormente operativo il Fondo impresa femminile, l'incentivo nazionale che sostiene la nascita e il consolidamento delle imprese guidate da donne, promosso dal Ministero delle imprese e del made in Italy;
12) ad adottare iniziative volte a integrare i benefici già riconosciuti alle imprese che ottengono la certificazione della parità di genere di cui alla legge 5 novembre 2021, n. 162, prevedendo forme agevolate di accesso al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
(1-00341) «Rizzetto, Ravetto, Tenerini, Semenzato, Schifone, Giaccone, Polidori, Coppo, Nisini, Tassinari, Giovine, Caparvi, Battilocchio, Malagola, Loizzo, Mascaretti, Giagoni, Volpi, Lazzarini, Zurzolo, Panizzut, Matone».
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Costituzione definisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, impegnando la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana;
l'articolo 37 della Costituzione introduce la parità retributiva tra donna e uomo come principio costituzionale, stabilendo che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore;
l'articolo 51 della Costituzione, che costituisce specificazione e conferma del principio di cui all'articolo 3, risponde che tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge, e che a tal fine la Repubblica debba promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini;
la democrazia paritaria disegnata dalla Costituzione non si è tuttavia ancora realizzata, anche a causa di un prevalente approccio culturale che, contravvenendo al dettato costituzionale, alimenta una discriminazione di fatto delle donne, sia nel contesto lavorativo che sociale in senso lato, con il conseguente effetto anche di depotenziare gli strumenti previsti dall'ordinamento a tutela della parità di genere;
nel percorso di costruzione della nostra democrazia, anche se con un passo più lento rispetto a quello della maggior parte degli altri Paesi europei, il complesso processo di trasformazione socio-culturale a cui è andato incontro il nostro Paese ha coinvolto attivamente le donne, una trasformazione che ha toccato vari ambiti, tra i quali il mercato occupazionale, il mondo dell'università e della ricerca, il mondo aziendale e societario;
nonostante l'abbattimento di numerose barriere formali e l'adozione da parte del legislatore di alcuni strumenti in favore dell'uguaglianza, sono note le difficoltà che ancora incontrano le donne nella loro quotidianità, trovandosi a dover contrastare stereotipi e meccanismi che le vedono svantaggiate e penalizzate rispetto alle persone di sesso maschile;
quello ancora in corso nel nostro Paese è un cammino lento, sicuramente intralciato da ostacoli tali da non consentire un'indipendenza e realizzazione femminile piena e pari a quella maschile;
il legislatore, negli ultimi decenni e soprattutto negli anni più recenti, ha compiuto diversi e importanti progressi, adottando nuove misure volte a migliorare la condizione delle donne; tuttavia, i dati indicano la necessità di fare ulteriori passi nella consapevolezza riconosciuta trasversalmente che senza una compiuta parità di genere non vi possa essere alcuna crescita economica e, anzi, come essa rappresenti un vero motore di sviluppo;
come ha avuto modo di affermare il Presidente Draghi: «la mobilitazione delle energie femminili e un non solo simbolico riconoscimento della funzione e del talento delle donne sono essenziali per la costruzione del futuro della nostra nazione»;
la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, documento programmatico adottato in coerenza con la Strategia per la parità di genere 2020-2025 della Commissione europea a marzo 2020, e previsto come strumento strutturale dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, definisce un sistema di azioni e politiche integrate per contrastare le molteplici dimensioni delle discriminazioni di genere, ponendosi l'obiettivo di raggiungere entro il 2026 l'incremento di cinque punti nella classifica dell'Indice sull'uguaglianza di genere elaborato che attualmente vede l'Italia al 13esimo posto nella classifica dei Paesi dell'Unione europea;
secondo le ultime statistiche relative al 2023, il punteggio attribuito all'Italia in questo indice di uguaglianza è pari a 68,2, che, sebbene segni un miglioramento di 3,2 punti rispetto al 2020, risulta essere ancora molto basso specialmente nel settore del lavoro, in relazione al quale il miglioramento risulta più contenuto, attestando l'indice a 62,7 punti;
nonostante negli ultimi anni si sia verificato un recupero dell'occupazione femminile, anche come contraccolpo al collo registrato nel periodo pandemico, il tasso di occupazione delle donne risulta ancora bene lontano dalla media europea e anzi si attesta, secondo i dati Eurostat, come il dato più basso tra i Paesi dell'Unione europea;
a dieci anni dall'entrata della legge 12 luglio 2011, n. 120 (cosiddetta legge Golfo-Mosca), la quota di donne componenti dei consigli di amministrazione delle società quotate o a partecipazione pubblica è passata dal 6 per cento al 43 per cento, a testimonianza che l'introduzione della legislazione sulle quote ha prodotto un risultato importante;
il risultato ottenuto dalla legge di cui al capoverso precedente, purtroppo, non si è tradotto in uno sviluppo parallelo della presenza delle donne nelle posizioni di vertice esecutivo, come pure nelle posizioni apicali nel settore privato, dove la percentuale delle donne quadro o dirigenti è passato dal 14 per cento del 2012 al 21 per cento del 2022;
nel dettaglio del mercato del lavoro, le donne risultano essere meno presenti nei settori produttivi risultanti più remunerativi, concentrandosi invece in settori a basso valore aggiunto, in organizzazioni di piccole e piccolissime dimensioni o in organizzazioni di grandi dimensioni, ma occupando figure professionali medio-basse, o in settori caratterizzati da bassi salari e limitate opportunità di carriera;
questo avviene nonostante nei percorsi di laurea di primo e secondo livello le donne rappresentino stabilmente oltre la metà della popolazione studentesca – sono il 53 per cento degli iscritti ai corsi di laurea e il 57 per cento dei totali dei laureati – e si laureino con performance migliori dei colleghi maschi: il 63 per cento si laurea in corso, contro il 58 per cento degli uomini; 104,2 voto medio di laurea, contro il voto medio 102,4 degli uomini;
nonostante la Carta europea dei diritti dell'uomo sancisca, all'articolo 23, che la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione, il divario retributivo di genere in Europa si attesta, secondo gli ultimi dati di Eurostat al 12,7 per cento, mentre l'Italia – stando al Global gender gap report del 2024 – con un punteggio pari a 0,703 su 1, si posiziona all'87esimo posto a livello globale, perdendo otto posizioni rispetto al 2023, e al 37esimo posto in Europa, davanti solo a Ungheria, Repubblica ceca e Turchia;
il raggiungimento dell'uguaglianza di genere è uno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibili individuati dall'Organizzazione delle Nazioni Unite e impegna gli Stati, entro il 2030, a garantire alle donne la piena ed effettiva partecipazione e pari opportunità di leadership a tutti i livelli del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica;
parimenti, il Piano nazionale di ripresa e resilienza individua, come uno degli obiettivi trasversali alle missioni che compongono il Piano, il superamento delle disparità di genere;
sul principio di uguaglianza di genere nel mercato del lavoro, l'Unione europea è intervenuta più volte, anche negli anni più recenti, in particolare con la direttiva (UE) 2023/970 del 10 maggio 2023 sulla parità salariale, da recepire entro il 2026, secondo la quale le aziende devono rendere facilmente accessibili i criteri utilizzati per determinare le retribuzioni, i livelli di retribuzione e la progressione economica, comunicando altresì alle autorità competenti informazioni dettagliate sul divario retributivo di genere, e con la direttiva (UE) 2024/1500 del 14 maggio 2024 sugli organismi per la parità di trattamento e pari opportunità tra donne e uomini in materia di occupazione e impiego, con l'obiettivo di consolidarne la loro indipendenza;
sul piano nazionale, per favorire una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e per contribuire a contrastare il divario salariale, il legislatore è intervenuto, soprattutto negli anni più recenti, con alcuni strumenti particolarmente virtuosi, tra cui in particolare i seguenti due;
il primo è rappresentato dalla legge delega 7 maggio 2022, n. 32, per il sostegno e la valorizzazione della famiglia (cosiddetto Family act), che prevede anche la definizione di norme per una redistribuzione del carico familiare e per migliorare la conciliazione dei tempi casa-lavoro, la riforma dei congedi parentali, ivi compreso il congedo obbligatorio di paternità in una logica di piena condivisione tra donne e uomini dei carichi di cura familiari e genitoriali;
il secondo riguarda, invece, la legge 5 novembre 2021, n. 162, in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, che ha introdotto la certificazione della parità di genere per le imprese a cui è stata data attuazione con il decreto ministeriale della Ministra per le pari opportunità e la famiglia del 29 aprile 2022, introducendo la prassi Uni 125/2022 e l'attuazione di un progetto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, con un risultato di notevole riscontro da parte delle imprese (ad oggi più di 2.700 certificate), prevedendo sconti contributivi e vantaggi negli appalti pubblici;
nonostante l'innovativo contenuto normativo e un sostegno parlamentare trasversale, la legge delega per il sostegno e la valorizzazione della famiglia non ha trovato attuazione nella presente legislatura, mentre la certificazione della parità di genere ha rappresentato da subito un valido strumento di riduzione delle disparità di genere in ambito imprenditoriale, incentivando fiscalmente e negli appalti pubblici l'adozione di policy adeguate a ridurre il divario di genere;
sulla base dei riscontri positivi avuti si ritiene opportuno implementare prossimamente lo strumento della certificazione della parità di genere con l'innalzamento della soglia massima di esonero contributivo per le aziende in possesso di tale certificazione e condizionare per le aziende più grandi l'accesso agli appalti pubblici e ai finanziamenti statali al possesso di tale certificazione, introducendo altresì per le imprese che superano un elevato numero di dipendenti un obbligo a dotarsi di questa certificazione e a redigere annualmente un rapporto sulla rappresentanza di genere;
nel Piano nazionale di ripresa e resilienza il Governo Draghi ha voluto introdurre come obiettivo trasversale la parità di genere, prevedendo un effetto positivo sull'occupazione femminile, attraverso misure specifiche e una linea trasversale di vincolo di assunzione di donne nei progetti di attuazione del Piano stesso;
l'assegno unico universale è stato costruito prevedendo un supporto per le donne lavoratrici con un effetto già rilevabile come evidenziato da uno studio di Banca d'Italia del marzo 2023, mentre la costruzione dell'Isee e misure anche recentemente introdotte dal Governo, che tendono a premiare situazioni familiari in cui uno dei due coniugi sia a carico dell'altro, di fatto favoriscono la fuoriuscita dal mondo del lavoro delle donne;
alla luce delle misure introdotte dal legislatore italiano ed europeo e della condizione ancora non soddisfacente in materia di pari trattamento tra uomo e donna, in particolare nel mercato del lavoro, si ravvisa la necessità di riaffermare l'impegno delle istituzioni a dare piena attuazione alla legislazione sulla parità di genere e ad implementare gli strumenti che si sono dimostrati efficaci, anche mediante un rifinanziamento di alcune misure e di un'attenta attività di monitoraggio e rendiconto dei traguardi raggiunti,
impegna il Governo:
1) a dare piena attuazione alla Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, prevedendo altresì che l'autorità politica delegata alle pari opportunità ne illustri al Parlamento lo stato di attuazione;
2) ad intraprendere tutte le iniziative di competenza per il raggiungimento dell'obiettivo individuato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza circa il superamento delle disparità di genere, prevedendo altresì una rendicontazione semestrale al Parlamento sullo stato di attuazione delle missioni alla luce di questo traguardo;
3) ad attuare senza diminuzione degli obiettivi le misure specifiche che sono state individuate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza come di incentivo al lavoro femminile, tra cui il sostegno all'imprenditoria femminile, la rimozione del gap di competenze nelle materie Stem tra ragazze e ragazzi, l'implementazione del tempo pieno nelle scuole, la costruzione di asili nido per arrivare alla copertura del 50 per cento di posti per la fascia di età dei bambini 0-3;
4) ad adottare iniziative anche di carattere normativo volte a rafforzare l'assegno unico universale nella componente di maggiorazione prevista per la casistica in cui lavorino entrambi i genitori e a rivedere più in generale la normativa Isee per evitare che siano penalizzati i nuclei in cui lavorano entrambi i genitori per quanto riguarda le prestazioni sociali;
5) ad adottare le necessarie iniziative tese a dare rapida e piena attuazione alla direttiva (UE) 2023/970 del 10 maggio 2023 volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne, anche ai sensi dell'articolo 9 della legge 21 febbraio 2024, n. 15;
6) ad implementare attraverso apposite iniziative anche di carattere normativo lo strumento della certificazione della parità di genere, anche prevedendo l'innalzamento della soglia massima di esonero contributivo o condizionando l'accesso agli appalti pubblici e ai finanziamenti statali per le grandi aziende al possesso di tale certificazione.
(1-00342) «Bonetti, Richetti, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Rosato, Ruffino».
La Camera,
premesso che:
i dati dell'ultimo rapporto «I numeri del cancro in Italia 2023» a cura dell'Associazione italiana oncologia medica (Aiom) hanno confermato nuovamente che il tumore alla mammella è la neoplasia più frequente nella popolazione femminile e rappresenta ben un terzo delle malattie tumorali che colpiscono le donne;
secondo lo stesso rapporto, ad oggi in Italia sono 834.200 le donne viventi dopo una diagnosi di tumore al seno. Le diagnosi nel 2023 sono state oltre 55 mila: un numero, secondo le previsioni, destinato ad aumentare dello 0,2 per cento ogni anno nel prossimo ventennio;
vengono nuovamente confermati anche i dati sulla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi (pari all'88 per cento) e sulla probabilità di vivere ulteriori 4 anni condizionata ad aver superato il primo anno dopo la diagnosi (91 per cento);
pur con miglioramenti nei dati sulla mortalità – grazie alla ricerca sulle terapie e alle nuove tecnologie diagnostiche – il tumore al seno continua a essere la principale causa di morte in varie fasce d'età. Prima dei 50 anni, rappresenta il 28 per cento delle morti oncologiche, il 21 per cento tra i 50 e i 69 anni e il 14 per cento oltre i 70 anni. In particolare, va sottolineato come una percentuale importante di donne colpite da questo tumore è presente tra coloro con un'età inferiore ai 40 anni: più di 11 mila nuove pazienti ogni anno. Si tratta, chiaramente, di persone nel pieno della propria attività e realizzazione sia professionale che familiare;
negli ultimi anni, inoltre, si è registrato un incremento di diagnosi anche fra le donne con età superiore ai 74 anni;
attualmente, lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni e si esegue con una mammografia ogni 2 anni. In alcune regioni si sta sperimentando l'efficacia dell'esame in una fascia d'età più ampia, quella compresa tra i 45 e i 74 anni, mentre altre regioni ancora stanno prevedendo lo screening alle donne tra i 45 e i 49 anni con cadenza annuale;
alla luce di ciò, risulta chiaro come numerosissime donne rimangano escluse dai programmi di screening. L'aumento dei casi in età giovanile, peraltro, pone la necessità e l'urgenza di ampliare sensibilmente la platea di donne da sottoporre gratuitamente allo screening mammografico, abbassando l'età minima di inizio dei programmi di prevenzione secondaria. Nelle giovani, poi, il cancro al seno si presenta in forme più aggressive, comportando delle implicazioni differenti, quali il maggior rischio di recidiva, un disagio emotivo e psicologico superiore e possibili influenze sulla fertilità;
è urgente, pertanto, rivedere e adattare quanto prima le misure di prevenzione, sia primaria che secondaria, oltre a considerare quali siano le indagini preventive più appropriate, al fine di favorire una diagnosi precoce e aumentare le possibilità di guarigione a prescindere dalla fascia d'età;
il rapporto del 2024 dell'Istituto superiore di sanità «Tumori della mammella e del colon-retto: differenze regionali per mortalità, screening oncologici e mobilità sanitaria» ha recentemente evidenziato dei dati allarmanti in alcune aree italiane. Nelle regioni del Sud si perdono più anni di vita per i tumori della mammella e i tassi di mortalità, che storicamente sono sempre stati inferiori rispetto al Nord, ora sono paragonabili. Tra le cause c'è anche il minore ricorso agli screening: nelle aree dove si partecipa meno a questa forma di prevenzione, oltre ad avere una maggiore mortalità, c'è anche un più alto indice di pazienti costretti a spostarsi per potersi operare. Viene poi rilevato come in Italia la mortalità per tumore della mammella dal 2001 al 2021 si sia ridotta del 16 per cento, ma con ritmi diversi nelle diverse aree del Paese: al Sud la riduzione di mortalità è stata inferiore rispetto a quanto osservato nel Nord (-6 per cento contro -21 per cento). In alcune regioni del Sud, quali Calabria, Molise e Basilicata, si osservano, nel periodo in analisi, addirittura dei piccoli incrementi di mortalità, rispettivamente pari al 9, 6 e 0,8 per cento;
inoltre, la copertura totale dello screening mammografico disegna un chiaro gradiente Nord-Sud a sfavore delle regioni meridionali. La copertura da screening organizzato – basato su un invito attivo alla popolazione target da parte delle regioni, con l'offerta di percorsi di screening definiti e gratuiti – è infatti più elevata al Nord (65 per cento), minore al Centro (54 per cento) e decisamente più bassa al Sud e nelle Isole (36 per cento). Il ricorso allo screening mammografico su iniziativa spontanea è meno frequente al Nord (16 per cento), ma maggiore al Centro (23 per cento) e nel Sud-Isole (21 per cento). Uno sguardo ai dati regionali non solo mostra un'Italia tagliata in due con dati significativamente peggiori più si guardi verso il Meridione, ma anche che laddove l'offerta di programmi organizzati è scarsa, la popolazione fa maggiore ricorso allo screening spontaneo;
i dati sugli screening mostrano inoltre significative differenze per determinanti sociali. Le donne socialmente più svantaggiate, per basso titolo di studio o difficoltà economiche, si sottopongono meno delle altre allo screening per tumore della mammella: 79 per cento delle donne laureate contro 52 per cento delle donne con al più la licenza elementare; 75 per cento delle donne senza difficoltà economiche contro 59 per cento delle donne che riferiscono di arrivare alla fine del mese con molta difficoltà. Lo screening organizzato, riducendo queste differenze, necessita di essere rafforzato e ampliato;
la scarsa adesione agli screening gratuiti è quindi una seria problematica da affrontare anche dal punto di vista culturale;
l'avvio di campagne di comunicazione e prevenzione rivolte alla popolazione – in ogni regione e raggiungendo ogni possibile gruppo sociale di appartenenza – anche attraverso i servizi di informazione radiofonica e televisiva, finalizzate a sensibilizzare la collettività sull'importanza della diagnosi tempestiva per contrastare il tumore della mammella è imprescindibile;
con l'imminente inizio del cosiddetto «mese rosa», ossia il mese d'ottobre di ogni anno che sin dal 1992 è dedicato alla sensibilizzazione sul cancro al seno e che vede la partecipazione di operatori sanitari, istituzioni, organizzazioni di volontariato e associazioni, è ancor più determinante incrementare la sensibilizzazione di un sempre maggior numero di donne sull'importanza della prevenzione del cancro al seno e della diagnosi precoce;
per quanto concerne i fattori di rischio, sui quali agisce la prevenzione primaria – tralasciando quelli di derivazione genetica o familiare sui quali non c'è margine di intervento – molti di questi potrebbero rivestire un minor peso ai fini dell'insorgenza del tumore alla mammella se ci fosse maggiore sensibilizzazione. Infatti, obesità, consumo di alcol, inattività fisica, fumo e cattive abitudini alimentari, ad esempio, incidono fortemente sul fenomeno;
il potenziamento della prevenzione e la riorganizzazione della spesa, dando priorità alla diagnosi precoce, sono importanti anche al fine di evitare una crescita esponenziale dei costi sociali ed economici che il tumore comporta. La Lega italiana per la lotta contro i tumori ha calcolato che il costo sociale complessivo pro capite di questa patologia ammonterebbe a ben 28.500 euro, di cui «solo» 15.500 sostenuti dal sistema sanitario nazionale. Il resto è suddiviso tra gli 8.700 euro che figurano come riduzione del reddito che una donna lavoratrice affetta da tumore alla mammella è costretta a subire e i 3.300 euro di costi diretti sanitari, ovvero visite specialistiche, esami radiologici e di laboratorio, fisioterapia, farmaci, eventuale ricovero a pagamento, intervento di chirurgia ricostruttiva, presidi sanitari e altro ancora. Un ulteriore migliaio di euro circa è destinato invece alle trasferte e ai costi indiretti dovuti alla gestione della vita familiare e all'assistenza;
alla luce del fatto che l'aspettativa di vita – e l'età media – sono in costante ascesa, il conseguente costo per la sanità pubblica è destinato ad aumentare sensibilmente. Pertanto, è fondamentale prevedere misure specifiche come contenere l'insorgere della malattia e ridurre il tasso di mortalità, potenziando la prevenzione sia primaria che secondaria,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative di competenza volte:
a) ad assicurare l'uniformità territoriale e la cadenza annuale dello screening mammografico per le donne nella fascia d'età compresa tra 40 e 75 anni;
b) a prevedere e garantire lo screening mammografico per le donne ad alto rischio per ragioni di familiarità o di mutazioni genetiche, garantendo altresì ad esse l'accesso prioritario ad eventuali ulteriori indagini specialistiche;
c) a prevedere la dotazione presso tutte le strutture ospedaliere di tutte le strumentazioni e le tecnologie disponibili atte a sviluppare una migliore capacità diagnostica, anche per le più piccole anomalie;
d) ad implementare, in collaborazione con le regioni, l'utilizzo di strumenti elettronici e digitali per rendere più tempestive le comunicazioni da inviare alle donne interessate dalla campagna di screening;
e) a garantire la presenza, quantomeno nelle strutture sanitarie oncologiche, di figure professionali per il supporto psicologico delle donne che si sottopongono al lungo e doloroso percorso di cura conseguente al tumore al seno;
f) a promuovere campagne informative e di sensibilizzazione contro il tumore al seno che coinvolgano le regioni, le scuole e le università pubbliche per incrementare la consapevolezza della prevenzione, della diagnosi precoce e dei corretti stili di vita nelle donne più giovani;
g) a definire un più ampio piano strategico per il contrasto ai principali fattori di rischio associati anche al tumore al seno, con l'obiettivo di promuovere stili di vita più corretti e di informare sui diversi fattori di rischio evitabili, quali fumo, consumo di bevande alcoliche, inattività fisica e cattive abitudini alimentari.
(1-00343) «Bonetti, Grippo, Onori, Pastorella, Ruffino, Richetti, Benzoni, D'Alessio, Sottanelli, Rosato».
La Camera,
premesso che:
la prevenzione oncologica rappresenta una priorità essenziale sia nella strategia europea per la lotta al cancro, in cui si stima che quasi il 40 per cento dei casi di cancro può essere prevenuto attraverso azioni efficaci, sia a livello nazionale, come indicato nel Piano oncologico nazionale e più volte ribadito dal Governo;
durante l'evento tecnico che si è tenuto a Genova, l'11 e il 12 luglio 2024, in vista del prossimo G7 salute, si è posta in rilevanza l'assoluta importanza della prevenzione, sottolineando come in Italia tali pratiche assistenziali assorbano solo il 5 per cento delle risorse del fondo sanitario, evidenziando, in conclusione, come sia necessario aumentare tale percentuale per il potenziamento delle attività degli screening, a partire da quelli oncologici. Le medesime conclusioni sono state ribadite anche pochi giorni fa nel corso dell'evento «Nuovo sistema di garanzia: risultati 2022 e sviluppi futuri»;
i dati del report «I numeri del cancro in Italia 2023» confermano che il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nelle donne, nelle quali circa un tumore maligno ogni tre è un tumore mammario e 834.200 donne convivono oggi con questa patologia, di cui circa 55.900 casi diagnosticati nel 2023. Negli ultimi decenni si è registrato un costante aumento di diagnosi che ha consentito una significativa riduzione della mortalità;
giova ricordare che il tumore alla mammella affligge sempre di più le fasce più giovani, colpendo le donne proprio nel periodo più produttivo da un punto di vista privato e professionale. Secondo uno studio americano (pubblicato sulla rivista scientifica «Jama network open»), il tasso di incidenza tra i più giovani sembra cresciuto del 3 per cento ogni anno nell'ultimo ventennio. Una giovane donna, inoltre, ha maggiore probabilità di ricevere una diagnosi di tumore al seno aggressivo e in fase avanzata;
attualmente il servizio sanitario nazionale offre tre programmi di screening organizzato per la prevenzione dei tumori del seno, del collo dell'utero e del colon-retto, previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 («Definizione dei livelli essenziali di assistenza»), nonché dal successivo aggiornamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 («Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502»);
lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si esegue attraverso la mammografia, un esame radiologico della mammella, che consente di identificare precocemente i tumori del seno, in quanto è in grado di individuare i noduli, anche di piccole dimensioni, non ancora percepibili al tatto;
le linee guida europee indicano come sia ottimale procedere anche per le fasce di età 45-49 anni e 70-74 anni per aumentare la diagnosi e prevenire ulteriori costi a carico del sistema sanitario nazionale. Del pari, anche la legge 23 dicembre 2000, n. 388, all'articolo 85, comma 4, aveva ammesso che lo screening gratuito a livello nazionale per la diagnosi precoce del tumore mammario fosse prevedibile per le donne di età compresa tra i 45 e i 69 anni, da eseguire con una mammografia ogni 2 anni, così come il Piano nazionale della prevenzione 2020-2025;
nonostante ciò, il programma di screening mammario nazionale si rivolge, ogni due anni secondo le linee guida per la prevenzione oncologica del Ministero della salute, solo alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni;
diverse regioni hanno deciso già da tempo di estendere la fascia di età a cui è consentito lo screening gratuito in linea con le indicazioni europee, tra cui: Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana, Basilicata e Valle d'Aosta;
queste esperienze, seppur virtuose, si basano sull'iniziativa di singole regioni e rischiano di generare diseguaglianze inaccettabili fondate sulla provenienza territoriale delle cittadine, mettendo in discussione la possibilità di accedere egualmente a screening significativi per il loro potenziale percorso di cura. Si tratta di una «volatilità» regionale che dovrebbe essere sanata, estendendo il programma di screening nazionale equamente alla fascia di età 45-74 anni per tutte le regioni, offrendo l'opportunità di una diagnosi precoce e dunque di maggior successo della cura al maggior numero di donne;
l'estensione dello screening promossa da alcune regioni è stata possibile, inoltre, grazie a risorse regionali: tale aspetto limita in particolare regioni più in difficoltà, come quelle già sottoposte a piano di rientro o a commissariamento, a replicare l'estensione, rischiando così di consolidare inaccettabili diseguaglianze sanitarie con particolare riguardo all'accesso alla prevenzione. Per questa ragione l'estensione a livello nazionale e la garanzia di risorse adeguate per tutte le regioni è cruciale per garantire livelli omogenei in linea con i principi fondanti dell'universalismo e con l'equità del sistema sanitario nazionale;
vi sono ulteriori aspetti limitanti nella gestione e accesso agli screening che meritano interventi strutturali, paralleli e funzionali all'estensione delle fasce di età. Il primo è l'adesione che ad oggi risulta inferiore al 50 per cento, come evidenziato nel report dell'Osservatorio nazionale screening dal titolo «Lo screening mammografico» e confermato dalla relazione 2022 «Monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza attraverso il nuovo sistema di garanzia», con un'ampia variabilità regionale. La mancata adesione spesso è imputata a sistemi di invio delle comunicazioni obsoleti, con l'invio di una lettera cartacea presso l'abitazione spesso non controllata regolarmente dalle cittadine, che andrebbero aggiornati rispetto alle evoluzioni digitali e tecnologiche oggi a disposizione;
nei giorni scorsi, in sede parlamentare, è stata approvata la legge di conversione del decreto-legge 7 giugno 2024, n. 73 («decreto liste d'attesa»), la quale all'interno dell'articolato non prevede alcun tipo di nuova risorsa finanziaria che possa fornire strumenti e soluzioni rispetto all'impellente problema delle liste d'attesa del Servizio sanitario nazionale, nelle quali ricadono anche le visite di prevenzione oncologica;
l'articolo 6 del decreto-legge n. 73 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 107 del 2024, tuttavia, prevede che il Ministero della salute dovrà elaborare entro 60 giorni un piano d'azione per il rafforzamento della capacità di erogazione dei servizi sanitari e l'incremento dell'utilizzo dei servizi sanitari e sociosanitari sul territorio, tra i quali anche i punti per gli screening oncologici;
il piano andrà a valere sulle risorse del Programma nazionale equità della salute 2021-2027, programma «plurifondo» che interviene nelle 7 regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) del Paese per rafforzare i servizi sanitari e rendere più equo l'accesso e che tra le aree di intervento prevede proprio «maggiore copertura degli screening oncologici»;
il piano dovrà prevedere anche iniziative volte al rafforzamento dei punti per gli screening oncologici, quali lo sviluppo di metodologie e strumenti per l'integrazione e l'aggiornamento continuo delle liste anagrafiche degli inviti ai test di screening per individuare e includere anche la popolazione in condizione di vulnerabilità socio-economica e la sperimentazione di modelli organizzativi per il miglioramento dell'organizzazione dei servizi stessi;
anche la carenza di personale che da anni affligge il sistema sanitario nazionale, come ravvisato anche durante il dibattito parlamentare in sede di conversione del suddetto decreto-legge, determina un minore livello di efficienza nello sviluppo dello screening organizzato e dei successivi passaggi per comunicarne l'esito che coinvolge diverse figure mediche, criticità che potrebbero diminuire grazie all'utilizzo di nuovi strumenti tecnologici di lettura delle diagnosi. Da un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica «The Lancet», basato su dati raccolti su oltre 80.000 donne svedesi, risulta che l'avanzamento tecnologico nell'ambito dell'intelligenza artificiale può apportare un fondamentale contributo nel migliorare l'affidabilità nella lettura delle mammografie, in particolare nella valutazione della necessità di eventuali ulteriori controlli, con impatti potenziali in termini di efficientamento delle liste di attesa. È indubbio che l'intelligenza artificiale stia acquisendo sempre più un ruolo strategico anche in ambito sanitario, ragion per cui anche le strutture del Servizio sanitario nazionale potrebbero beneficiare di un utile supporto, laddove prevedessero l'utilizzo di tali tecnologie con impatti sull'accesso agli screening, ma anche sulle liste di attesa;
il ruolo degli enti del terzo settore, congiuntamente alle istituzioni pubbliche, nella promozione di campagne di prevenzione oncologica e nella presa in carico delle donne affette da cancro al seno, sia nell'ambito del supporto psicologico che in quello materiale, riveste un'importanza cruciale che occorre valorizzare e rafforzare attraverso percorsi strutturati e compartecipati,
impegna il Governo:
1) ad adottare tutte le iniziative di competenza volte ad assicurare l'estensione del programma nazionale di prevenzione secondaria per il tumore al seno, come la mammografia, alla fascia di popolazione compresa tra 45 e 74 anni, così come previsto dal Piano nazionale della prevenzione 2020-2025;
2) a implementare campagne informative mirate al miglioramento dell'adesione ai programmi di screening mammario già esistenti per ridurre le differenze regionali, migliorando l'aderenza alle terapie adiuvanti per ridurre i rischi di recidiva o metastasi e il tasso di mortalità per questa tipologia di tumore;
3) ad adottare entro il termine previsto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 73 del 2024 il piano d'azione contenente tra le aree di intervento il rafforzamento dei punti per gli screening oncologici a valere sul Programma nazionale equità della salute 2021-2027, includendo specifici interventi volti a rafforzare e promuovere l'adesione ai programmi di screening per il tumore alla mammella;
4) a valutare la possibilità di implementare sul territorio nazionale modalità sperimentali di supporto alla lettura delle mammografie tramite strumenti di intelligenza artificiale, promuovendo il ruolo della tecnologia informatica nell'ambito degli screening del tumore al seno;
5) ad adottare iniziative di sostegno agli enti del terzo settore, così da rafforzare il ruolo strategico che ricoprono nel supporto alle attività di prevenzione, assistenza psicologica e materiale per le donne affette da tumore, promuovendo, al fine di migliorare l'integrazione dei servizi offerti e potenziare le reti di sostegno, una maggiore sinergia tra istituzioni pubbliche e terzo settore, fondata su una logica di co-progettazione e co-programmazione.
(1-00344) «Boschi, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Giachetti, Gruppioni».
ATTI DI CONTROLLO
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FORMENTINI, LOIZZO, BILLI, COIN e CRIPPA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
sulla rielezione di Nicolas Maduro alla Presidenza del Venezuela, avvenuta il 28 luglio 2014, grava il sospetto di gravi irregolarità e brogli massicci, che hanno indotto parte importante della popolazione a scendere in piazza per protestare;
nel corso delle dimostrazioni svoltesi successivamente alla pubblicazione dei risultati che confermavano Maduro ai vertici dello Stato venezuelano, un cittadino di origine italiana, Americo De Grazia, è stato tratto in arresto dalle autorità locali;
l'arresto di De Grazia ha destato scalpore in Italia, determinando la decisione del Ministro Antonio Tajani di costituire una task force alla Farnesina incaricata di monitorare l'evoluzione della vicenda;
anche la Presidenza del Consiglio dei ministri si è attivata nella stessa direzione, circostanza che permette di ritenere viva l'attenzione delle nostre istituzioni nei confronti della sorte di De Grazia;
ciò nonostante, la sua detenzione continua;
ad arresti sono andati incontro anche altri cittadini italo-venezuelani schierati con l'opposizione a Maduro, forse addirittura più di cento, e di alcuni altri non si sono più avute notizie –:
di quali informazioni disponga il Governo a proposito della sorte degli italo-venezuelani arrestati per motivi politici dopo la rielezione del presidente Maduro e quali iniziative di competenza si ritenga possibile ed opportuno assumere per ottenere il rilascio di Americo De Grazia.
(5-02918)
BOLDRINI, AMENDOLA, PROVENZANO, PORTA e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il 26 settembre 2024, presso il Comitato permanente sui diritti umani nel mondo della III Commissione Affari Esteri, si è svolta l'audizione di rappresentanti di Medici Senza frontiere in cui sono stati illustrati i contenuti del rapporto A war on people: Il costo umano del conflitto e della violenza in Sudan, che descrive le terribili violenze perpetrate dalle parti in conflitto sulla popolazione civile in oltre un anno di guerra, violenze che hanno determinato anche un drammatico deterioramento della situazione umanitaria;
dal 15 aprile 2023 le Forze armate sudanesi (Saf, l'esercito nazionale) e le Forze di supporto rapido (Rs, paramilitari) combattono una guerra civile senza esclusione di colpi;
si tratta di raggruppamenti inizialmente alleati nel golpe che nel 2021 aveva interrotto la transizione alla democrazia, dopo la caduta del regime di Omar al Bashir, e che successivamente hanno ingaggiato una cruenta lotta per il potere;
il direttore generale dell'organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato che sedici mesi di guerra hanno causato più di ventimila morti;
secondo l'ufficio Onu per gli affari umanitari (Ocha), più di un terzo dei 45 milioni di cittadini sudanesi è a rischio carestia e si stima che nel corso del 2024 ben 4,9 milioni di bambini sotto i cinque anni e donne in gravidanza saranno gravemente malnutriti; mancano ripari, servizi di base, acqua e cibo; l'insufficienza dei servizi igienici e la promiscuità aumentano esponenzialmente il rischio di diffusione di malattie infettive;
in base all'ultimo rapporto della missione internazionale indipendente delle Nazioni Unite per il Sudan, pubblicato il 5 settembre 2024, il conflitto in corso ha provocato lo sfollamento di quasi 8 milioni di persone e costretto altri 2 milioni di sudanesi a fuggire nei Paesi confinanti;
la Missione Onu considera che vi siano fondati motivi per ritenere che le Forze armate sudanesi (Saf) abbiano commesso crimini di guerra, in particolare omicidi, mutilazioni, trattamenti crudeli e torture. Le Forze di supporto rapido (Rsf) sarebbero responsabili anche di stupri, reclutamento di bambini di età inferiore ai 15 anni, attacchi contro la popolazione civile e contro soggetti coinvolti nell'assistenza umanitaria;
è dunque indispensabile – ad avviso dell'organismo dell'Onu – che la Comunità internazionale promuova azioni più incisive per raggiungere un cessate-il-fuoco – presupposto essenziale per riprendere la fornitura di assistenza umanitaria – e garantisca il rispetto dell'embargo sulle armi in vigore nel Darfur ai sensi della risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1556 del 2004;
occorre inoltre sostenere con forza, anche dal punto di vista finanziario, gli sforzi delle comunità che ospitano gli sfollati in Repubblica Centrafricana, Ciad, Egitto, Etiopia, Kenya, Sudan del Sud e Uganda, giacché il Piano di risposta umanitaria dell'Onu per il 2024, che aveva fissato un fabbisogno di 2,7 miliardi di dollari, a fine agosto risultava finanziato solo per il 41 per cento (pari a 1,1 miliardi di dollari);
nonostante questa situazione di estremo allarme che riguarda milioni di persone, quella in corso in Sudan continua a essere una «guerra dimenticata», assente sui mezzi di informazione e ignorata dalla comunità internazionale;
il Governo italiano, fin dal suo insediamento, ha dichiarato di voler porre l'Africa al centro della sua politica estera ma il dramma che vivono i sudanesi non viene neanche citato nelle dichiarazioni ufficiali ed è ignorato nei seppure scarni e generici contenuti di quello che è stato chiamato «Piano Mattei» –:
quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, anche in qualità di Presidente di turno del G7 e nei consessi europei e internazionali, per ottenere il cessate il fuoco in Sudan e per consentire che giungano a una popolazione stremata gli aiuti umanitari di cui ha disperatamente bisogno.
(5-02925)
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazione a risposta scritta:
MANZI e VACCARI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in alcune città italiane (Udine, Modena, Forlì, Cesena, Ravenna, Civitanova Marche) si sono verificati casi di tossinfezione alimentare all'interno di scuole primarie coinvolte nel progetto ministeriale «Frutta e verdura nelle scuole» che si ripete ormai da alcuni anni e prevede l'invio di alimenti alle scuole aderenti, in maniera slegata rispetto al servizio di mensa scolastica;
il progetto prevedeva la consegna di vaschette da mezzo chilo di pomodorini freschi da distribuire ai bambini per la merenda;
in ogni città si contano all'incirca una ventina di persone colpite da tossinfezione, leggermente diversa dall'intossicazione: si tratta di reazioni avverse dovute alla combinazione di batteri patogeni e alle tossine rilasciate, con sintomi quali vomito e mal di pancia;
dal 2024, come si legge sul sito della regione Emilia-Romagna: «Il progetto si realizza, non più attraverso appalti a imprese attive nella distribuzione, ma con un modello che si rivolge direttamente al settore primario. Saranno infatti i produttori ortofrutticoli, le loro associazioni, cooperative o consorzi a presentare i progetti per promuovere il consumo di frutta e verdura fra gli alunni nelle scuole primarie. Si tratta di contributi a fondo perduto fino al 90 per cento delle spese di fornitura e distribuzione di prodotti ortofrutticoli agli alunni degli istituti scolastici primari, nonché azioni educative di accompagnamento tra cui corsi di degustazione, attività ludico-ricreative, visite a fattorie e azioni informative sull'agricoltura, sulle sane abitudini alimentari e sulle filiere»;
il progetto, afferente al Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, è stato sospeso in via cautelativa mentre, contestualmente, partiva la richiesta, a livello regionale, di sospendere il consumo del prodotto coinvolto fino alla conclusione degli accertamenti analitici, dei campioni di pomodorini già prelevati dall'autorità locale competente, e che dovrebbero arrivare nei prossimi giorni;
la sospensione è avvenuta con l'emanazione del decreto direttoriale n. 208933 del 10 maggio 2024 in cui si recita: «Le sospensioni di cui al comma 1 sono disposte in attesa della valutazione delle misure adottate per garantire la qualità, idoneità e conformità dei prodotti distribuiti dai soggetti “O.P. Kiwi Sole soc. coop. agr.” e “R.T.I. Gusto e sapori in natura” in fase di esecuzione dei progetti presentati, a tutela della salute dei bambini» –:
quale sia l'esito degli accertamenti in corso, quali siano le ragioni per cui è stato modificato il modello di distribuzione nelle scuole e come si intenda tutelare la salute degli alunni, garantendo la puntuale verifica della qualità, idoneità e conformità dei prodotti alimentari distribuiti nelle scuole.
(4-03539)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta orale:
ZANELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il comune di Padova, in collaborazione con i comuni di Vigonza e Rubano da oltre un anno ha dato il via alla realizzazione del Progetto della nuova linea tramviaria SIR2 Busa di Vigonza-Rubano, che prevede un percorso complessivo di 17,5 km, inserito nel Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums) del comune di Padova, quale sviluppo del Sistema intermedio a rete SIR1-SIR3;
il progetto rientra nella Missione 2 «Rivoluzione verde e transizione ecologica» del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR);
l'esecuzione della linea tramviaria avrebbe comportato un metodico abbattimento di centinaia di alberi prevalentemente di alto fusto in avanzato stato vegetativo, che si trovano lungo il tracciato del progetto, abbattimento effettuato anche in pieno periodo di nidificazione e riproduzione della fauna selvatica;
in alcuni casi si tratta di piante secolari, come i platani e i tigli lungo la SR11 Mestrina, che anticamente formavano un unico filare lungo l'importantissima e antica arteria di collegamento tra Padova e Vicenza;
il taglio degli alberi, degli arbusti e della vegetazione non deve pregiudicare l'attività di nidificazione e riproduzione della fauna selvatica, né interferire con i periodi di migrazione delle specie faunistiche ai sensi della direttiva 2009/147/CEE «Uccelli»;
al di là dell'indubbio valore paesaggistico, il patrimonio arboreo cittadino conserva un indiscusso valore ecosistemico e di adattamento delle aree urbane ai ricorrenti effetti della crisi climatica in atto, mitigando le temperature e riducendo il cosiddetto effetto «isola di calore»;
secondo quanto denunciato da decine di associazioni ambientaliste, comitati e gruppi di cittadine del territorio il comune nel progetto iniziale aveva riconosciuto l'importanza di salvaguardare il patrimonio arboreo presente lungo le direttrici della nuova linea del tram, salvo poi cambiare idea e nel progetto esecutivo considerare di scarso pregio gli alberi, disponendone l'abbattimento;
la legge 14 gennaio 2013, n. 10 «Norme per lo sviluppo degli spazi urbani» all'articolo 7, comma 4 dispone: «Salvo che il fatto costituisca reato, per l'abbattimento o il danneggiamento di alberi monumentali si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 100.000. Sono fatti salvi gli abbattimenti, le modifiche della chioma e dell'apparato radicale effettuati per casi motivati e improcrastinabili, dietro specifica autorizzazione comunale, previo parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato.»;
gli articoli 2, 18 e 19 del regolamento (UE) n. 2021/241, stabiliscono che tutte le misure dei Piani nazionali devono soddisfare il principio di «non arrecare danno significativo agli ambienti naturali», vincolo che si traduce in una valutazione della Commissione europea di conformità degli interventi al principio del «Do No Significant Harm» (DNSH), con riferimento al sistema di tassonomia delle attività ecosostenibili indicato all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 2020/852 –:
se i Ministri interrogati risultino a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se per il taglio degli alberi lungo il tracciato della tramvia SIR2 Busa di Vigonza-Rubano siano stati valutati i danni ambientali anche ai fini della tutela delle specie faunistiche ai sensi della direttiva 2009/147/CE sulla tutela della avifauna, se risulti che sia stato acquisito il preventivo parere obbligatorio e vincolante del corpo forestale dello Stato e quali iniziative di competenza intendono adottare per garantire il pieno principio di «non arrecare danni significativi» (DNSH, «do no significant harm») all'ambiente e conseguentemente quali azioni intendano assumere perché siano poste in essere tutte le procedure necessarie per valutare soluzioni alternative del tracciato a salvaguardia del patrimonio forestale ancora presente.
(3-01471)
CULTURA
Interrogazione a risposta in Commissione:
GRIMALDI e PICCOLOTTI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
gli interroganti sono costretti a tornare per l'ennesima volta sulla situazione del Centro sperimentale di cinematografia e sulla sua gestione;
infatti, dopo aver inserito nell'organigramma del Csc il suo produttore teatrale, Angelo Tumminelli, con un contratto di tre anni a 105 mila euro annui e che si spinge in un ruolo dominante che va ben oltre il suo incarico di relazioni istituzionali;
dopo aver deciso di non rinnovare il contratto di 17 persone che da due anni lavoravano alla digitalizzazione del patrimonio culturale, soprattutto cinematografico;
dopo aver licenziato il dirigente della Cineteca Nazionale, Stefano Iachetti, per aver suggerito nelle opportune sedi di assumere i collaboratori ed essersi limitato ad una fase informale e interlocutoria per poter attivare nuovi contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
dopo aver stipulato onerosi contratti di collaborazione per consulenze legali e di consulenza per la rimodulazione dei progetti PNRR, nonostante sia previsto il supporto legale gratuito dell'Avvocatura dello Stato e nonostante il precedente PNRR era stato elaborato esclusivamente da risorse interne;
dopo aver stipulato un contratto oneroso con la propria moglie per un intervento durante l'evento «La diaspora degli artisti in guerra»;
dopo aver affidato a Dario Viganò l'incarico di direttore editoriale, ruolo in passato mai ricoperto da un collaboratore esterno;
si apprende ora da fonti di stampa che il Presidente Sergio Castellitto avrebbe assunto dal 3 giugno al 31 dicembre 2024 un autista, contratto non ancora presente – incomprensibilmente – sul portale trasparenza della fondazione. Tutto questo, dopo aver tentato di occultare l'incendio divampato in uno dei cellari della Cineteca Nazionale nel giugno 2024 e dopo aver effettuato durante il recente Festival del Cinema di Venezia un soggiorno dispendioso «con la propria famiglia» a spese della Fondazione;
è davvero surreale a giudizio degli interroganti che la dirigenza del Csc appaia sui giornali esclusivamente per una gestione poco attenta del centro ed economicamente scellerata. Gli interroganti pensano sia arrivato il momento che il Ministero competente intervenga per spiegare cosa sta accadendo e chiarire se l'attuale presidenza non debba rispondere del suo operato –:
se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga opportuno intervenire, per quanto di competenza, per salvaguardare una istituzione culturale quale il Centro sperimentale di cinematografia da continue polemiche e scelte poco opportune dell'attuale dirigenza.
(5-02920)
Interrogazione a risposta scritta:
MANZI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
a fine 2022 il giornalista Gabriele Simongini, de «Il Tempo» aveva ottenuto dall'allora neo-Ministro l'incarico di curare la grande mostra sul futurismo «Il tempo del Futurismo 1909-2024» presso la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma;
da quanto si apprende dalle riviste di settore, Simongini avrebbe designato per l'organizzazione della mostra un co-curatore, Alberto Dambruoso, nonché un comitato scientifico che comprende alcuni tra i maggiori conoscitori in Italia e all'estero dell'arte futurista, convocati mediante comunicazione ufficiale di Massimo Osanna, direttore generale Musei del Ministero;
a pochi mesi dall'avvio della mostra, Gabriele Simongini viene tecnicamente esautorato da un comitato organizzatore che, per questioni di budget, sembrerebbe aver avviato una serie di tagli, dimezzandone le opere e i testi di catalogo, ma senza consultare né il curatore né il comitato scientifico;
da un addetto ai lavori si apprende che il più importante collezionista italiano di arte futurista, a cui era stato richiesto il rilevante prestito di 50 opere, si sarebbe ritrovato con una richiesta ridotta a sole due opere;
i componenti del comitato scientifico, dopo quasi un anno di grande impegno organizzativo, inviano tramite Pec una richiesta di sollecitazioni circa le fasi organizzative della mostra al direttore generale Musei del Ministero, il quale avrebbe risposto che «(...) non risulta che sia stata formalizzata la nomina dei componenti del Comitato scientifico» «vi ho dato l'incarico e avete accettato, ma non risulta sia stato mai formalizzato (...)»;
Massimo Duranti, tra i massimi esperti di aeropittura, conferma a mezzo stampa di essere stato, in quanto membro del comitato scientifico, esautorato dal proprio ruolo e manifesta il proprio dissenso sulle scelte organizzative: «(...) Mancano opere essenziali del Futurismo, a partire da alcuni importanti pezzi di Boccioni. Abbondano invece quelle di altri protagonisti, tipo 55 opere di Balla o 25 o più di De Pero, spesso ripetitive e non tutte essenziali. Il budget è soltanto una scusa: se vai a prendere due quadri a un collezionista che te ne voleva dare dieci gli oneri di trasporto sono gli stessi (...)»;
i membri del comitato scientifico sembrerebbero intenzionati ad avviare un'azione legale;
al momento l'apertura al pubblico della mostra sembrerebbe slittare dal 28 ottobre al 2 dicembre 2024 –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti – in ogni caso – se intenda avviare ugualmente la mostra, tenendo conto del lavoro già svolto dal comitato scientifico, nonostante i rilievi e le profonde modifiche che sono state apportate in queste settimane.
(4-03542)
ECONOMIA E FINANZE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
con un comunicato del 2 ottobre 2024 la campagna contro i rischi del gioco d'azzardo «Mettiamoci in gioco» e la Consulta nazionale antiusura San Giovanni Paolo II hanno espresso profonda preoccupazione per i dati sulla diffusione del gioco d'azzardo nel nostro Paese resi noti dal sottosegretario all'economia Federico Freni;
come dichiarato dal sottosegretario, la raccolta riferita al periodo 1o gennaio-31 luglio 2024 ammonta a 90 miliardi di euro; in proiezione, dunque, quest'anno si andrà molto sopra gli oltre 147 miliardi di euro raccolti nel 2023, che già erano un record assoluto; nel corso del 2023 l'ammontare dei soldi impegnati dagli italiani per l'acquisto di beni di largo consumo (cibo, prodotti per l'igiene, e altri) è stata di 134 miliardi di euro (fonte Barometro dei consumi di NIQ);
tra il 2004 e il 2023 la raccolta complessiva nel settore azzardo è stata di circa 1.617 miliardi di euro, un valore che è pressoché pari al valore del Pil italiano del 2021;
si tratta di numeri impressionanti, che ancora una volta confermano la crescente gravità di un fenomeno che non sembra conoscere crisi o battute d'arresto, producendo gravissimi danni sanitari, sociali ed economici per le persone e le famiglie che ne sono vittima e per il Paese intero che ne paga i conseguenti costi;
il sottosegretario Freni ha affermato che i sette miliardi di euro che l'erario incassa per il 2024 di fatto a giudizio dell'interpellante come imposte sul gioco rappresentano «una risorsa fondamentale per l'economia», confermando come questo Governo non si faccia nessuno scrupolo nel fare cassa sui danni di salute, economici e sociali arrecati ai cittadini, con oneri conseguenti per lo Stato che sicuramente superano gli introiti che lo stato incasserebbe se i cittadini e le famiglie investissero i proprio soldi in consumi più salutari e meno dannosi;
la narrazione secondo cui la crescita costante del settore azzardo è «attribuibile anche alla significativa emersione del gioco illegale, che è stato assorbito dal circuito legale», sostenuta anche da questo Governo, è priva di ogni evidenza scientifica e anzi è stato più volte dimostrato, secondo quanto affermano «Mettiamoci in gioco» e la Consulta nazionale antiusura, «che l'aumento del gioco legale non intacca o, addirittura, favorisce il gioco illegale»;
«Siamo stanchi nell'apprendere, ancora una volta, che l'azione politica ha sostanzialmente abdicato al proprio ruolo, che è la tutela della salute dei cittadini», dichiara don Armando Zappolini della campagna «Mettiamoci in gioco». «La risposta del Ministero dell'economia, purtroppo, enfatizza i risultati relativi alla crescita di un mercato che, al contrario, sta contribuendo ad acuire una povertà sempre più diffusa. Quasi fosse un vanto vivere in un paese nel quale, nel 2023, sono stati venduti più di 4.000 gratta e vinci al minuto, 24 ore su 24: se il trend dei volumi di denaro veicolati in giochi e scommesse venisse confermato, a fine 2024 i miliardi di euro giocati si attesterebbero attorno ai 160, con un incremento dell'8,8 per cento rispetto all'anno precedente e con una cronica e abnorme sproporzione tra i soldi giocati e quelli che vanno all'erario. Non regge più la scusa accampata per anni che senza il gettito dei giochi non si chiudono i bilanci dello stato: gli spazi per reperire le risorse ci sono eccome, ma da quanto si apprende dai media sul fisco il Governo predilige la mansuetudine tributaria alla giustizia fiscale. Da parroco a fianco dei poveri mi chiedo come questa classe politica, salvo alcune eccezioni, non si renda conto di essere complice della diffusione di un fenomeno così aggressivo da produrre gravi problemi personali e familiari per sempre più persone.»;
il gioco e le scommesse non possono rappresentare la crescita e lo sviluppo di un Paese ma, al contrario, ne segnano tristemente il decadimento e la regressione;
il 2024 reca l'ennesimo record di consumo di azzardo e pertanto sarà anche l'anno in cui nuovi giovani rimarranno intrappolati nella drammatica spirale dell'azzardo anche a causa di modalità di accesso al gioco, soprattutto online, sempre più agevole –:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano mettere in campo, con la necessaria urgenza, per convertire in altri e più produttivi e salutari settori questa economia deleteria che genera per le famiglie gravissimi problemi di salute e sociali e per lo Stato rilevanti oneri sanitari e sociali conseguenti alla necessità di salvaguardare le persone affette da disturbo da gioco d'azzardo e le famiglie travolte da gravi problemi di sovraindebitamento, usura e povertà.
(2-00446) «Quartini».
Interrogazione a risposta in Commissione:
CENTEMERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
ai sensi dell'articolo 18, comma 4, del decreto legislativo n. 125 del 2024, recante l'attuazione della direttiva (UE) 2022/2464 «Csrd», riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità, gli iscritti al registro dei revisori legali dei conti entro la data del 1° gennaio 2026 sono considerati, nel rispetto di specifici requisiti, abilitati e possono rilasciare le attestazioni di conformità della rendicontazione di sostenibilità;
tale abilitazione avviene sulla base di una domanda redatta secondo le indicazioni definite con decreto adottato dal Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, sentita la Consob, con le modalità di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 39 del 2010, ed entro centocinquanta giorni dalla domanda il Ministero dell'economia e delle finanze provvede all'annotazione dell'abilitazione nel registro, assicurandone la pubblicità;
la norma summenzionata intende agevolare la fase transitoria e consente la prosecuzione di incarichi pregressi conferiti ai sensi del decreto legislativo n. 254 del 2016 sino alla scadenza concordata;
vi sono enti di interesse pubblico – società quotate, banche e assicurazioni – tenuti, già dall'esercizio 2024, a sottoporre ad attestazione la rendicontazione di sostenibilità;
per l'esercizio 2024, quindi, con specifico riferimento agli adempimenti sussistenti in capo ai soggetti già sottoposti a «Csrd», emerge l'esigenza di abilitare i revisori legali al rilascio dell'attestazione della rendicontazione di sostenibilità di tali enti di interesse pubblico;
in considerazione delle tempistiche verosimili di adozione della complessiva normativa e dell'iter previsto per la richiesta di abilitazione, il suddetto termine di centocinquanta giorni potrebbe risultare de facto inconciliabile per abilitare i revisori legali a svolgere le attività di rendicontazione ed emettere la relativa relazione per l'esercizio 2024: ad oggi, l'iter di abilitazione sembrerebbe destinato a concludersi non prima di febbraio 2025, in prossimità o addirittura successivamente alla data di emissione delle relazioni di attestazione della rendicontazione di sostenibilità per l'esercizio 2024 –:
se e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire l'abilitazione dei revisori legali dei conti in tempo utile per lo svolgimento degli incarichi di attestazione di sostenibilità e 1'emissione della relazione relativi all'esercizio 2024.
(5-02921)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta orale:
BOLDRINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nel corso di una visita dell'interrogante alla casa circondariale di Santo Spirito a Siena, svoltasi il 6 aprile 2024, è stata riscontrata la presenza, in forma particolarmente acuta, di problemi comuni a moltissime se non a tutte le carceri italiane: sovraffollamento, carenza di personale amministrativo e di polizia penitenziaria, ristrettezza degli spazi per la socialità;
inoltre dal mese di agosto 2023 non c'è la presenza fissa di un magistrato di sorveglianza e questo rende più difficile il riconoscimento concreto dei diritti dei detenuti a usufruire dei benefìci previsti dalla legislazione italiana;
questa situazione impatta negativamente sulla qualità dei servizi e delle prestazioni nonostante l'impegno ammirevole del personale amministrativo, della polizia penitenziaria e dei volontari;
si segnala inoltre che dal 2024 non sono stati rinnovati i finanziamenti per i percorsi psicologici previsti per gli uomini maltrattanti –:
quali siano le ragioni che impediscono l'assunzione di nuovo personale amministrativo e di polizia penitenziaria e come si intenda affrontare e risolvere l'annoso problema del sovraffollamento che per il carcere di Siena è dato dalla presenza di 74 detenuti rispetto ai 58 previsti e se non si intenda rinnovare i finanziamenti per i progetti relativi agli uomini maltrattanti.
(3-01469)
D'ORSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
dal 19 maggio 2021 è possibile iscrivere nei registri giudiziali civili i procedimenti collettivi di cui all'articolo 840-bis del codice di procedura civile e seguenti (c.d. class action), introdotti dalla legge 12 aprile 2019, n. 31;
sul portale dei servizi telematici (Pst) del Ministero è possibile consultare le azioni collettive iscritte nei registri e depositare le domande di adesione;
attualmente, il portale ospita sia le azioni di classe ex articoli 840-bis e seguenti del codice di procedura civile, sia le azioni rappresentative ex articoli 140-ter e seguenti del codice del consumo;
le voci attualmente presenti sono: fascicolo (contenente gli atti processuali di parte e dell'organo giurisdizionale), oggetto, resistente, ufficio giudiziario, funzioni;
la consultazione del portale risulta poco agevole in quanto i procedimenti non sono inseriti in ordine cronologico e soprattutto per ciascun procedimento iscritto non viene indicata la natura dell'azione, di classe o rappresentativa, inibitoria o risarcitoria;
molti fascicoli, inoltre, non contengono gli atti processuali;
alcuni avvocati hanno riferito che diverse azioni di classe non sono mai state caricate sul portale –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga, al fine di migliorare l'efficienza, l'accessibilità, la fruibilità e la consultazione dello strumento «Portale Servizi Telematici – Azione di Classe / Class Action», di attivarsi tramite gli uffici ministeriali competenti, al fine di apportare i suddetti necessari correttivi alla configurazione del portale, integrandola altresì con l'indicazione della fase in cui si trova il procedimento, provvedendo a monitorare e vigilare affinché i dati e la documentazione inseriti siano completi e costantemente aggiornati.
(3-01470)
Interrogazione a risposta in Commissione:
GIANASSI, SERRACCHIANI, LACARRA, DI BIASE e SCARPA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il carcere di Sollicciano di Firenze presenta gravi e perduranti criticità a causa di carenza di organico, sovraffollamento e fatiscenze strutturali;
secondo i dati dell'associazione «Antigone» l'istituto mostra, in gran parte delle sezioni, croniche carenze dal punto di vista edilizio (infiltrazioni, cedimenti strutturali, umidità, crepe e intonaco cadente), in molte celle piove, fa freddo, mancano le luci e anche i sanitari hanno spesso problemi di funzionamento;
secondo quanto recentemente emerso, molti detenuti hanno problematiche di sofferenza psicologica e/o di fragilità psichiatrica e/o di tossicodipendenza. Vengono inoltre denunciati percorsi terapeutici non adeguati;
quanto alle questioni edilizie, alcuni lavori di ristrutturazione del carcere da parte del Ministero, iniziati negli anni scorsi, sono però fermi dal mese di gennaio 2023;
le numerose criticità si sono rese evidenti anche nel mese di luglio 2024 nella loro drammaticità con il suicidio di un detenuto di 20 anni. A seguito del tragico gesto si è verificata una protesta che ha coinvolto circa ottanta detenuti;
questo episodio si somma ai numerosi tentati suicidi, atti di autolesionismo e aggressioni agli agenti di polizia verificati negli ultimi mesi e che mostrano le evidenti sofferenze della struttura;
le criticità irrisolte continuano a creare problemi: è denunciato oggi sui giornali che il 3 ottobre 2024 le infiltrazioni d'acqua hanno allagato i corridoi, le celle e la sala colloqui costringendo gli agenti della polizia penitenziaria ad indossare gli impermeabili all'interno dell'edificio ed i detenuti ad indossare le scarpe anche all'interno delle loro stanze; si tratta di episodi destinati a ripetersi nel corso della stagione invernale qualora non venissero fatti gli interventi strutturali necessari;
le condizioni fatiscenti del carcere sono state riconosciute anche da sentenze della magistratura che hanno accertato la violazione dei diritti fondamentali dell'uomo di cui alla Convenzione europea per la tutela dei diritti umani e le libertà fondamentali;
sono quindi necessari ed urgenti stanziamenti straordinari al fine di rendere la struttura dignitosa per detenuti, polizia penitenziaria e i lavoratori e le lavoratrici del carcere;
le interrogazioni tematiche depositate da mesi sono senza risposta, come l'interrogazione a risposta in Commissione 5-01973 del 7 febbraio 2024 e gli atti di indirizzo sono stati respinti in Assemblea (ordine del giorno 9/01937-A/068 del 29 luglio 2024 e ordine del giorno 9/02002/027 del 6 agosto 2024) –:
per quali motivi non sia ancora intervenuto, nonostante le criticità e gli episodi illustrati in premessa, per risolvere tempestivamente le gravissime problematiche presenti nel carcere di Sollicciano ed in particolare per garantire una struttura dignitosa per il personale e per i detenuti presenti.
(5-02923)
Interrogazioni a risposta scritta:
SERRACCHIANI e BARBAGALLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nello scorso 2010 il Ministero della giustizia sottoscrisse una convenzione con la Regione Siciliana per la costruzione di nuovi quattro istituti penitenziari, Mistretta, Sciacca, Catania e Marsala;
per l'istituto penitenziario di Mistretta vi era la previsione di 450 posti per detenuti e il relativo stanziamento finanziario;
la questione della costruzione del nuovo carcere di Mistretta risale ormai al lontano 1981, quando, su richiesta del Ministero dei lavori pubblici fu messa gratuitamente a disposizione una vasta area di proprietà comunale, giudicata idonea dall'apposita commissione tecnica ministeriale;
ad oggi, però, nonostante la gravissima emergenza che grava sul sistema carcerario, dovuta anche al sovraffollamento e che ha portato il Governo anche alla istituzione e alla nomina di un commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria, il nuovo istituto penitenziario di Mistretta è comunque di là da venire, nonostante il comune continui a dare la disponibilità gratuita di un'area di oltre 100.000 metri quadrati, priva di dominanze, a suo tempo scelta e giudicata idonea dal Ministero;
inoltre l'amministrazione ha programmato la realizzazione di un grande invaso, in grado di garantire un illimitato approvvigionamento idrico alla struttura ed al centro abitato, l'area è stata sottoposta ad apposito studio geologico; il comune di Mistretta è baricentrico rispetto alle città di Messina, Palermo, Enna e Caltanissetta;
non è più procrastinabile da parte del Governo, al fine di affrontare la crisi del sistema dell'esecuzione della pena, nonché per rispettare gli impegni per il PNRR, provvedere alla costruzione, progettazione, ristrutturazione degli istituti volti a definire impianti compositivi e funzionali in grado di qualificare le unità residenziali e gli spazi per lavoro, studio, socializzazione, colloqui, in attuazione della funzione rieducativa della pena ex articolo 27 della Costituzione, nonché studiare e proporre soluzioni operative per adeguare gli spazi detentivi, aumentarne la vivibilità e la qualità, rendendoli realmente funzionali al percorso di riabilitazione dei detenuti anche per la prevenzione della recidiva –:
se i Ministri interrogati non ritengano urgente adottare le iniziative necessarie a giungere finalmente alla realizzazione del nuovo istituto penitenziario di Mistretta, che potrebbe anche eventualmente essere adibito all'alta sicurezza, il che alleggerirebbe la pressione nelle carceri circondariali della Sicilia, realizzando il decongestionamento e la riduzione del sovraffollamento carcerario.
(4-03543)
DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in data 5 aprile 2024 è stato bandito il concorso pubblico, per titoli e prova scritta, per il reclutamento a tempo determinato di 3.946 unità di personale non dirigenziale dell'Area funzionale terza, fascia economica F1, con il profilo di Addetto all'Ufficio per il processo da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia;
con provvedimento del 27 giugno 2024 è stato reso pubblico il numero di partecipanti risultanti idonei per distretti territoriali, nonché la graduatoria dei vincitori;
i partecipanti risultati idonei non vincitori ad oggi non conoscono ancora la loro posizione, in quanto la graduatoria integrale non è stata ancora pubblicata e non è stato ancora reso noto se vi sarà o meno l'opportunità per altri comparti della Pubblica Amministrazione di attingere dalla medesima graduatoria;
coloro che hanno partecipato al concorso da mesi sono in attesa di sapere se avranno altre opportunità date dalla conseguita idoneità, ed è opportuno dare una pronta risposta alle loro incertezze –:
se il Ministro interrogato intenda provvedere al più presto alla pubblicazione delle graduatorie integrali e se intenda provvedere allo scorrimento integrale della medesima graduatoria di idonei non vincitori.
(4-03544)
ASCARI, AIELLO, MORFINO, PAVANELLI, APPENDINO, FERRARA, IARIA, RICCARDO RICCIARDI, L'ABBATE, BOLDRINI, PENZA, ALFONSO COLUCCI, AURIEMMA, BRUNO, CARAMIELLO, TUCCI, ORRICO, CHERCHI, CASO, MARIANNA RICCIARDI, QUARTINI, D'ORSO, SERRACCHIANI, BONAFÈ, FORATTINI, GIRELLI, GUERRA, DORI e MALAVASI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la Corte d'appello di Milano, in una recente sentenza, ha confermato l'assoluzione di un sindacalista accusato di violenza sessuale su una hostess, motivando tale decisione con l'assenza dei requisiti di «violenza, minaccia o abuso di autorità», come richiesto dall'articolo 609-bis del codice penale, per la configurazione del reato di violenza sessuale:
nelle motivazioni, la Corte ha ritenuto che la durata temporale di circa 20-30 secondi, durante la quale si sono verificati toccamenti non consensuali, non abbia costituito una situazione di impossibilità assoluta di reazione da parte della persona offesa;
tale decisione ha destato stupore nell'opinione pubblica, in quanto sembra sostenere che la durata temporale della condotta potrebbe escludere la sussistenza di una violenza sessuale, nonostante la vittima abbia dichiarato di essersi trovata in una condizione di impossibilità a sottrarsi;
è essenziale, nell'ambito del contrasto alla violenza sessuale e alla tutela delle vittime, che l'interpretazione del concetto di violenza sia coerente e non si basi esclusivamente su parametri temporali, ma tenga conto della situazione di oggettiva sopraffazione e della difficoltà della vittima a reagire e del consenso;
risulta necessario garantire una maggiore chiarezza e compiutezza legislativa per evitare vuoti di tutela che potrebbero indebolire la protezione delle vittime di violenza sessuale e compromettere la loro fiducia nella giustizia –:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno sostenere, per quanto di competenza, le proposte già all'esame della Camera volte alla modifica della normativa per chiarire i criteri di valutazione del consenso e della coercizione nei casi di violenza e per aggiornarla alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali;
se e quali iniziative normative siano previste per migliorare la formazione dei magistrati e degli operatori della giustizia su temi relativi alla violenza sessuale, con particolare attenzione alla tutela delle vittime e alla corretta interpretazione del concetto di violenza in relazione alla durata.
(4-03545)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
nella giornata di mercoledì 2 ottobre 2024 un grave guasto alla linea ferroviaria ha comportato un blocco pressoché totale alla circolazione dei treni;
in particolare, secondo fonti di stampa, circa centosessanta treni dell'alta velocità sarebbero stati coinvolti, ottanta di questi soppressi e il resto arrivati a destinazione con una media di tre ore di ritardo;
in tutta Italia almeno quaranta intercity non sono mai partiti, lo stesso è successo a 150 regionali, con disagi pesantissimi soprattutto nel Lazio;
la causa del grave guasto sarebbe da imputare a un danno alla centralina di Roma, tra le stazioni di Termini e Tiburtina. Senza centralina, è stato quindi impossibile gestire la circolazione dei treni: gli impianti di segnalamento e distanziamento hanno smesso di dialogare con le stazioni. Lo snodo di Roma, centrale per la rete italiana, è diventato «cieco» e per ragioni di sicurezza i treni – tutti: alta velocità, intercity, regionali – che da lì partono o transitano sono stati bloccati. Alcuni sono stati dirottati nelle stazioni più vicine, altri non si sono mossi dal binario;
durante la giornata, il Ministro interrogato così come i vertici di Trenitalia e Rfi hanno spiegato che il grave guasto sarebbe dipeso da un errore umano di un operaio di una ditta in appalto che avrebbe, poco dopo la mezzanotte, con un chiodo, provocato la rottura di un cavo elettrico, annunciando la sospensione del contratto con la ditta incaricata;
ad opinione dell'interrogante quanto accaduto non può essere scaricato solo sull'errore umano di una singola persona ma è invece frutto della situazione drammatica in cui versa il nostro Paese, e le ferrovie in particolare, un insieme di errori umani, approssimazioni e sistemi che non funzionano in maniera sistematica e non hanno quindi funzionato anche nel caso specifico;
secondo alcune fonti qualificate riportate dalla stampa «evidentemente non era stato fornito agli addetti il piano di posa dei cavi», ma soprattutto a non funzionare è stato tutto il sistema di sicurezza. Ci si chiede come sia possibile che dopo un così grave incidente i tecnici che avrebbero dovuto riparare il guasto siano intervenuti solo alle 6.30 del mattino. Ci si chiede, inoltre, come mai non esista un sistema di sicurezza in una centralina così importante, grazie a cui, in caso di guasti o incidenti come quello accaduto l'altra notte, i sistemi continuino a funzionare;
una volta tranciato il cavo, senza che alcun sistema di emergenza si fosse attivato, la centralina invece ha continuato a funzionare grazie alle batterie di continuità, come previsto. Il problema è che avevano circa tre ore di autonomia e così alle 6.20 tutto si è spento;
tutto ciò, ad opinione dell'interrogante è di una gravità inaudita poiché i sistemi di sicurezza prevedono che, quando partono i gruppi di continuità, venga inviato un segnale di allarme alla centrale operativa, in modo che i tecnici possano intervenire prontamente;
la sfortuna e l'errore umano, come evocati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, quindi non c'entrano nulla. Anche perché secondo l'Autorità di regolazione dei trasporti nella sua ultima Relazione al Parlamento del 18 settembre 2024: «Ogni anno si contano circa 10.000 interruzioni di linea». Diecimila in un anno vuol dire che, ogni giorno, ci sono oltre 27 interruzioni di linea in Italia e la durata di queste interruzioni si allunga, in termini di ore. «Nel primo semestre 2022» si sono prolungate per 17.913 ore; nel primo semestre 2023 per 19.978 ore; e «nel primo semestre 2024 per ben 22.904 ore»;
per l'Autorità, con riferimento alla manutenzione occorre «un significativo cambio di rotta gestionale e industriale» per evitare «il collasso di singole modalità» e garantire «competitività e vivibilità al Paese» e poi bisogna urgentemente intervenire sul terreno dell'usura della rete facendo rispettare i limiti che servono appunto per preservare la rete da una pressione, da un'usura eccessiva. Limiti che l'Autorità considera superati in «11 accordi quadro», nove per il trasporto regionale di passeggeri e due per il trasporto merci;
in questo quadro complesso e critico, si inserisce il sovraffollamento della rete ad alta velocità del Paese. Oggi ci sono centosessantaquattro treni che corrono veloci sulla tratta tra Milano e Roma. Sono molti di più di quelli che troviamo lungo le principali tratte europee: in Spagna lungo la Madrid-Barcellona sono 90; in Francia tra Parigi e Lione, sessanta; in Germania da Berlino e Monaco, 38. Il numero di centosessantaquattro è poi destinato a salire nei prossimi anni con l'avvio di un ulteriore operatore sul mercato, la Snfc –:
quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare il Ministro interpellato per far fronte alle gravi criticità espresse in premessa, in particolare sul tema della manutenzione, dell'eccessivo utilizzo della rete, sui sistemi di sicurezza e affinché si riducano i guasti che comportano quotidianamente ritardi e cancellazioni che si ripercuotono inevitabilmente sui cittadini.
(2-00448) «Soumahoro».
Interrogazione a risposta in Commissione:
DEL BARBA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 13 settembre 2024 si è verificato un preoccupante distacco di materiale all'interno di una galleria della strada statale 36 (SS 36) nel tratto Lecco-Colico direzione Lecco interrompendo il traffico veicolare per diverse ore e causando notevoli disagi alla circolazione senza fortunatamente coinvolgere automobilisti di passaggio;
la strada statale 36 (SS 36) è di cruciale importanza per i collegamenti tra la città di Milano, Lecco e la Valtellina, costituendo la principale via di accesso alle località turistiche e sciistiche dell'arco alpino, nonché una delle infrastrutture fondamentali per la mobilità legata ai Giochi Olimpici invernali di Milano-Cortina 2026;
questo distacco va peraltro a sommarsi a numerose altre fragilità e situazioni di pericolo che hanno comportato diverse chiusure negli ultimi anni nel tratto da Lecco a Colico che conduce alla provincia di Sondrio affiancando l'intero Lago di Como tra cui la più critica e di difficile risoluzione è indubbiamente quella rappresentata dalla galleria del Monte Piazzo;
tale galleria negli ultimi anni è stata oggetto di diversi episodi di cedimento e chiusura temporanea, evidenziando criticità strutturali non risolte e comportando gravi problemi di sicurezza per gli utenti e il traffico stradale in un tratto strategico;
attualmente lungo l'intera tratta citata sono in corso lavori proprio nelle gallerie con restringimenti e chiusure di carreggiata che lasciano intravedere pareti ammalorate anche in gallerie di più recente costruzione;
alla luce dei numerosi episodi di cedimenti strutturali o di distacchi di materiale, si ritiene necessario verificare lo stato di avanzamento degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su tali arterie, nonché l'adeguatezza delle risorse destinate alla loro messa in sicurezza al fine di garantire e salvaguardare la sicurezza quotidiana dei cittadini, dei turisti e degli operatori commerciali che usufruiscono di tali infrastrutture e anche il regolare svolgimento delle Olimpiadi invernali 2026 –:
se il Ministro interrogato intenda fornire dettagli sullo stato di avanzamento delle opere di miglioramento della strada statale 36 e della strada statale 38 dello Stelvio e se tali opere garantiranno la capacità di gestire l'aumento del traffico previsto durante i Giochi Olimpici;
se alla luce dei recenti distacchi di materiale siano stati effettuati controlli approfonditi sulle gallerie e controlli strutturali sui ponti presenti lungo il percorso e siano garantiti monitoraggi del materiale ammalorato per possibili infiltrazioni nonché valutati percorsi alternativi qualora episodi analoghi dovessero di nuovo verificarsi, soprattutto se in concomitanza con gli eventi sportivi imminenti e lo sperabile indotto turistico richiamato dagli stessi;
se il Governo intenda adottare iniziative volte a incrementare le risorse finanziarie già destinate alla messa in sicurezza delle strade statali 36 e 38 e procedere con un monitoraggio costante delle infrastrutture stradali coinvolte, garantendo che siano adeguatamente preparate e in condizioni ottimali per il regolare svolgimento dei Giochi Olimpici invernali 2026.
(5-02924)
Interrogazione a risposta scritta:
GRIMALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da un articolo de l'Unità del 2 ottobre 2024 si apprende che Alarmphone, in una lettera aperta inviata al Centro di comando delle capitanerie di porto (Mrcc) di Italia e Malta, a Frontex e all'Unhcr, ha denunciato che l'Imrcc (Italian Maritime Rescue Coordination Center) di Roma era a conoscenza di un gommone con decine di persone alla deriva in acque internazionali a nord della Libia ben quattro giorni prima rispetto a quando è stato casualmente intercettato dalla nave Ocean Viking delle Ong Sos Mediterranée, che è riuscita a trarre in salvo soltanto 25 degli 85 migranti originariamente a bordo, mentre gli altri, tra cui un bambino di due anni e 4 donne sono morti di sete, di fame e di stenti, nell'attesa dei soccorsi;
le autorità italiane, infatti, così come quelle di Malta, sarebbero state informate del naufragio, dalla stessa Alarmphone, almeno dalla sera dell'8 marzo 2024 non avrebbero avviato nessuna operazione di ricerca e salvataggio, nonostante avessero l'obbligo e la responsabilità di monitorare l'evento, accertarsi che altre autorità intervenissero in soccorso dei naufraghi e lanciare una operazione di salvataggio;
soltanto la mattina del 13 marzo 2024 il gommone, con ormai solo 25 persone a bordo, è stato avvistato dalla Ocean Viking che si stava dirigendo verso un'altra imbarcazione segnalata poco prima da Sea Bird 2, l'aereo della Ong Sea Watch;
i sopravvissuti hanno raccontato ai soccorritori della Ocean Viking di aver visto, in quei giorni, elicotteri e droni sorvolare la zona e di aver incrociato piccole e grandi imbarcazioni senza che nessuno si fermasse a prestare soccorso e nel frattempo la gente a bordo moriva e i corpi venivano gettati in acqua, qualcuno si gettava in mare abbandonandosi in balia delle onde;
secondo i tracciati potrebbe trattarsi di un elicottero e di due navi della piattaforma petrolifera Bouri oil che, contattata da Alarmphone, ha negato;
la posizione ricevuta da Alarmphone, quella trasmessa dall'Imrcc di Roma e quella del salvataggio fatto dalla Ocean Viking sono tutte in un'area di 15 miglia nautiche e i dati del tracciamento voli dell'aereo Eagle 1 di Frontex che, come risulta da molti casi, segnala le imbarcazioni dei naufraghi alle autorità libiche che intervengono per catturare i migranti e riportarli nei centri di detenzione in Libia, dimostrano che ha sorvolato quella stessa area molto spesso tra il 9 e l'11 marzo 2024, dunque è molto alta la probabilità che Frontex abbia avvistato quel gommone e nessuno è a conoscenza di quali iniziative abbia assunto a seguito di quell'avvistamento;
sempre secondo Alarmphone anche la nave Life support era in zona e avrebbe potuto partecipare ad un'operazione di ricerca se fosse stata informata dall'Mrcc di Roma;
ad avviso dell'interrogante tale inazione dei centri di ricerca dei Paesi Ue e dell'Agenzia Frontex è volta a delegare esclusivamente e di fatto alle autorità libiche gli interventi sulle imbarcazioni con migranti a bordo ma, tali interventi, anche alla luce della recente giurisprudenza, non possono configurarsi come salvataggi, non essendo la Libia un porto sicuro e per le condizioni inumane dei centri di detenzione –:
se i Ministri interrogati intendano chiarire quali iniziative siano state intraprese a seguito dell'avvistamento del gommone alla deriva di cui in premessa e perché la Guardia Costiera italiana abbia lanciato un Inmarsat solo 24 ore dopo aver ricevuto la segnalazione e come mai non sia stata lanciata un'operazione di ricerca e soccorso tempestiva che avrebbe potuto evitare la morte di 60 naufraghi;
quali iniziative di competenza intendano assumere per evitare che i ritardi nell'avvio delle operazioni di ricerca e salvataggio facilitino, di fatto, operazioni in mare da parte delle autorità libiche che sono in completo contrasto con il diritto internazionale.
(4-03550)
INTERNO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
SIMIANI, MANZI, ORFINI e MAURI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il regime di semplificazione degli spettacoli dal vivo è regolamentato dall'articolo 38-bis del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020 e successive modificazioni;
il dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ha emanato la circolare numero 15015 del 7 maggio 2024 di chiarimento sulla tematica delle semplificazioni per l'autorizzazione degli spettacoli dal vivo in deroga al Tulps attualmente valide fino al 31 dicembre 2024 per gli spettacoli dal vivo fino a 2000 spettatori;
tale circolare, nello specifico, riguarda il regime ordinario e semplificato per le attività di pubblico spettacolo, indica i casi di elusione e specifica con quali condizioni debba essere applicato tale regime semplificato autorizzativo con Scia. Infine, fornisce alcune raccomandazioni di sicurezza in vista della stagione estiva;
tra i beneficiari di tali semplificazioni è stato escluso il settore dello spettacolo viaggiante, nonostante la tipologia di eventi coinvolti, per durata temporale e frequenza di visitatori, siano conformi ai parametri fissati dalla medesima normativa;
a quanto consta all'interrogante, le associazioni dello spettacolo viaggiante hanno chiesto, anche con missive ufficiali al competente dipartimento del Ministero dell'interno, di essere ricomprese tra i beneficiari della circolare numero 15015 del 7 maggio 2024. A tale richiesta non è ad oggi pervenuta alcuna risposta;
la categoria degli esercenti dello spettacolo viaggiante in Italia conta circa 7500 imprese ed è radicata sul territorio e nelle tradizioni del Paese. Essa comprende: le attività spettacolari, i trattenimenti e le attrazioni allestiti a mezzo di attrezzature mobili, all'aperto o al chiuso, e i parchi permanenti, cioè le giostre, i luna park, i circhi;
lo spettacolo viaggiante, con le sue immagini, tradizioni ed evocazioni artistiche, rappresenta una declinazione significativa del patrimonio culturale italiano e internazionale;
con l'articolo 1 della legge n. 337 del 1968 lo Stato riconosce da tempo la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante;
appare opportuno ed urgente, anche al fine di sostenere un intero comparto che è ad oggi ingiustamente penalizzato, garantire anche allo spettacolo viaggiante di usufruire delle semplificazioni ad oggi vigenti per gli spettacoli dal vivo ricompresi nella citata circolare n. 15015 del 7 maggio 2024 –:
se non ritenga necessario, in relazione a quanto espresso in premessa, inserire lo spettacolo viaggiante tra i beneficiari del regime di semplificazione degli spettacoli dal vivo, regolamentato dall'articolo 38-bis del decreto-legge n. 76 del 2020 (convertito con modificazioni dalla legge n. 120 del 2020, integrando conseguentemente la circolare n. 15015 del 7 maggio 2024.
(5-02919)
IEZZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:
ad un anno di distanza dalle disastrose alluvioni del maggio 2023, nel mese di settembre 2024 si è ripetuto l'incubo per gli abitanti della Romagna; i fiumi sono usciti ancora dagli argini, prima in collina e poi in pianura, le strade sono franate, vaste aree sono finite allagate;
purtroppo, a giudizio dell'interrogante le cause non sono dovute solo ai fenomeni meteorologici estremi ma anche alla mancanza di interventi, negligenza e atteggiamenti passivi, da parte delle autorità preposte alla tutela e garanzia della pubblica incolumità;
è il caso del fiume Sillaro che è esondato, allagando vaste aree del territorio, tra Pianta, nel comune di Castel Guelfo, e Bettola, nel comune di Dozza;
nel comune di Castel Guelfo, in particolare, nonostante le indicazioni dei consiglieri comunali sulla necessità di abbattere alcuni alberi che hanno creato ostruzioni e allagamenti nel maggio 2023, il sindaco non è intervenuto per la messa in sicurezza del territorio;
questa volta sono bastati 100 millimetri di pioggia per creare l'alluvione; in foto e video riportati in internet sono evidenti i cumuli di tronchi, che su più parti del corso idrico hanno creato dighe insormontabili, provocando deviazioni d'acqua e allagamenti in campagna e negli abitati;
i cittadini, impotenti, hanno assistito nei giorni scorsi ad uno scarico di responsabilità tra l'amministrazione comunale e quella regionale; il sindaco di Castel Guelfo, in un comunicato ha evidenziato che aveva messo a conoscenza alla regione Emilia-Romagna della grave situazione riscontrata nell'alveo del fiume Sillaro e della necessità di intervento; tuttavia, si legge nel comunicato, che i lavori di somma urgenza sono stati avviati solo il 19 settembre 2024, in piena emergenza, per ripulire strade e tombini, e, in seguito a solleciti alla regione, solo dopo i secondi eventi catastrofici dei giorni scorsi, giovedì 26 settembre 2024, sono stati presi contatti con i responsabili tecnici per l'assetto idraulico dell'agenzia regionale;
nella cittadinanza di Castel Guelfo regna la tensione e la rabbia per quanto è successo; a due settimane dall'alluvione, l'acqua, che aveva allagato vaste aree della periferia e del centro abitato, ha lasciato uno strato di fango ancora umido; tanti cittadini che avevano preso il mutuo per rifare la propria casa nel 2023 ora si trovano obbligati a doverlo richiedere;
è sotto gli occhi di tutti che questa seconda alluvione, sugli stessi territori e per le medesime cause, si poteva evitare; il sindaco, sulla base degli articoli 50 e 54 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, avrebbe potuto intervenire per garantire la pubblica incolumità e ripulire in tempo utile l'alveo del fiume Sillaro dagli alberi e ostruzioni –:
se, per quanto di competenza, intendano far luce su quanto esposto in premessa e sulle relative responsabilità.
(5-02922)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMALDI e MARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
da un articolo pubblicato su il Fatto Quotidiano del 4 ottobre 2024 si apprende dello sciopero con presidio, tenutosi davanti la sede della Ferrero ad Alba, delle lavoratrici delle ditte che lavorano in appalto per la Ferrero e che si occupano del confezionamento dei cioccolatini prodotti dalla multinazionale agroalimentare, come Ovetti Kinder, Mon Chéri e Raffaello;
le lavoratrici hanno scioperato per protestare contro i bassi salari che percepiscono, pari a circa cinque euro netti all'ora, meno del costo di una scatola di cioccolatini al prezzo di mercato; secondo il sindacato Usb, il 90 per cento dei prodotti a marchio Ferrero viene confezionato, in appalto, da ditte esterne e l'unica spiegazione alla base di tale scelta può essere quella legata all'abbattimento del costo della manodopera, dal momento che tali ditte esterne non applicano il contratto del settore agroalimentare ma quello multiservizi, a differenza dei lavoratori assunti direttamente dalla Ferrero;
la differenza tra un dipendente della stessa Ferrero e uno assunto da una ditta esterna è pari a circa 400 euro lordi mensili, oltre alla possibilità per le aziende appaltatrici di godere di una flessibilità abnorme che il contratto collettivo nazionale non prevede, flessibilità che si è tradotta negli anni in part-time obbligatori e da un'organizzazione del lavoro che prevedeva anche alcuni mesi di sospensione della prestazione lavorativa, durante i quali, pur risultando assunte a tempo pieno e indeterminato, le lavoratrici non percepivano alcuna retribuzione, come se fossero lavoratrici «a chiamata», pur non essendolo formalmente;
Giovanni Ferrero è l'uomo più ricco d'Italia, con un patrimonio, secondo Forbes, da 43,8 miliardi, è al quarto posto tra gli uomini più ricchi d'Europa e ventiseiesimo a livello mondiale, è alla guida di un colosso dell'industria dolciaria mondiale che ha concluso il 2023 con un record di ricavi di 17 miliardi;
Giovanni Ferrero da sempre è considerato come il simbolo del capitalismo illuminato e legato al territorio, capace di offrire un buon welfare aziendale, consistenti premi di produzione e stipendi più che dignitosi ai suoi dipendenti, ma evidentemente, non si preoccupa altrettanto delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori delle cooperative alle quali affida il confezionamento;
in media i dipendenti delle ditte esterne guadagnano meno di mille euro al mese, alcuni mesi 700 euro, altri 1.200;
ad avviso dell'interrogante siamo di fronte all'ennesima esternalizzazione per ridurre il costo del lavoro, che viene sottopagato da anni, e all'ennesimo appalto al ribasso che permette a una multinazionale di disinteressarsi delle condizioni di chi confeziona i suoi prodotti;
non appare in linea con la fama di imprenditore illuminato e della posizione di cui gode Giovanni Ferrero avvalersi di quello che, sempre a giudizio dell'interrogante, è lavoro povero, sfruttato e sottopagato ed è giunto il momento, nei confronti delle lavoratrici delle ditte a cui affida gli appalti per servizi che dovrebbero essere internalizzati, che restituisca a quelle stesse lavoratrici la dignità che meritano, annullando ogni disparità di trattamento rispetto ai dipendenti diretti;
il Governo, che continua a rifiutare qualsiasi confronto sull'introduzione di misure di contrasto ai bassi salari e al lavoro povero, che attraverso la maggioranza parlamentare che lo sostiene ha bocciato la proposta di legge sull'introduzione del salario minimo presentata in Parlamento e che recentemente ha aperto al sostanziale far west dei contratti di somministrazione, ha il dovere di dare delle risposte certe alle lavoratrici che hanno scioperato ad Alba e a quei milioni di lavoratori e lavoratrici che percepiscono salari troppo bassi –:
quali misure urgenti, anche di carattere normativo, intenda promuovere per affrontare e contrastare il fenomeno dei bassi salari, del lavoro sottopagato, dei part time involontari e dell'applicazione di contratti collettivi nazionali di lavoro differenti a parità di mansioni.
(4-03551)
GHIRRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
com'è noto il segmento dei call center, che riguarda nel nostro Paese decine di migliaia di lavoratori, affronta da anni una crisi, che specie con riguardo al settore cosiddetto out-sourcing, ha assunto contorni drammatici a causa della frammentarietà della normativa di settore e a una insufficiente regolamentazione che preveda per tutti committenti il rispetto del Codice degli appalti, la previsione di tariffe minime dignitose, strumenti efficaci contro le delocalizzazioni selvagge;
da notizie di stampa si è appreso di una richiesta unitaria avanzata il 4 ottobre dalle Segreterie nazionali di Slc-Cgil Fistel-Cisl Uil-Com-Uil, le quali, in relazione al peggioramento delle condizioni nel complesso per il settore Crm/Bpo, sollecitano la convocazione con urgenza del tavolo di crisi per il comparto del call center in out-sourcing;
nel comunicato diffuso dal sindacato unitario emerge come, date le criticità presenti nel comparto da anni, sia ormai chiaro che si tratti di una crisi strutturale di sistema e che pertanto occorra affrontare la situazione complessiva di crisi in modo organico e in un tavolo unitario, essendosi rivelata poco risolutiva la pratica di attivare tavoli di crisi dedicati a ogni singola vertenza;
il comunicato sindacale evidenzia come il comparto Crm-Bpo, ormai da anni, sopravviva ai margini del settore, affrontando continue riduzioni sul costo del lavoro a causa di una competizione incentrata esclusivamente sulla riduzione delle tariffe. Una guerra dichiarata «scellerata», di gare al massimo ribasso che, troppo spesso, vede coinvolte anche committenze dello Stato, e che continua a minare la tenuta complessiva di un comparto e l'occupazione dei circa 40 mila addetti;
a una crisi di sistema servono risposte strutturali attraverso interventi normativi che favoriscano la messa in sicurezza dell'intero settore;
di tali misure e strumenti si sarebbe discusso nel corso dell'ultima seduta del tavolo di crisi svoltosi durante il mese di marzo 2024, che si sarebbe concluso con l'impegno preso dai due Ministeri interrogati, di rendere il contratto delle telecomunicazioni, il contratto di riferimento per l'intero settore Crm-Bpo, ma in seguito al quale non risultano essere seguiti né confronti, né interventi consequenziali;
la situazione secondo i Sindacati risulta essere peggiorata, pertanto risulta essere improcrastinabile una nuova convocazione per l'avvio di un confronto costruttivo che porti a soluzioni concrete –:
se non ritengano opportuno intervenire prontamente acconsentendo alla richiesta avanzata dal sindacato unitario e convocare un tavolo di crisi unitario per il comparto del call center in out-sourcing.
(4-03552)
SALUTE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste per sapere – premesso che:
la peste suina africana (Psa) è una malattia virale infettiva che colpisce i suini domestici e quelli selvatici;
la malattia ha conseguenze gravi sulla redditività delle imprese a causa dalla drastica riduzione della produzione imputabile al tasso di mortalità che può raggiungere il 100 per cento per gli animali infetti, del blocco dell'export e difficoltà nelle movimentazioni, oltre a fenomeni speculativi;
nel gennaio 2022 l'istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e Marche (Izsum) ha confermato il primo caso di Psa in Italia continentale, in provincia di Alessandria e successivamente in Lazio, Campania e Calabria;
desta particolare preoccupazione l'evolversi della situazione in Lombardia, regione che produce circa il 50 per cento di suini nazionali e dove si trovano circa il 50 per cento dei focolai. Dopo i primi riscontri di positività alla Psa nel 2023 in provincia di Pavia, nel 2024 la regione è stata coinvolta da un'altra epidemia di Psa che da luglio a settembre ha interessato 20 allevamenti ubicati nelle province di Pavia, Milano e Lodi e ha subito l'abbattimento di circa 70.000 suini;
le attività di gestione sanitaria dei focolai e di sorveglianza rafforzata negli allevamenti suinicoli e nel settore del selvatico affidate ai dipartimenti veterinari delle regioni, determinano un importante impegno di risorse umane ed economiche;
l'individuazione di focolai determina restrizioni e dinamiche di protezione territoriale che hanno impatti diretti e indiretti sugli allevamenti;
attualmente, in Lombardia, sono presenti nelle zone soggette a restrizioni circa 500.000 suini la cui movimentazione verso il macello e verso altri allevamenti è soggetta a pesanti misure di carattere sanitario che determinano importanti risvolti economici;
la scarsità di macelli/trasformatori designati sta creando forti spinte speculative dovute ad un doppio fenomeno: da un lato, le strutture non hanno una richiesta così elevata di carne prodotta in zona soggetta a restrizioni e, dall'altro, gli allevamenti a ciclo chiuso continuano a produrre suini con il rischio di sovraffollamento;
l'avanzamento dei contagi verso ulteriori zone ad alta vocazione per la produzione suinicola rende necessario un cambio radicale delle politiche di contenimento della fauna selvatica – significativo vettore di contagio – che fino ad ora hanno mostrato palesi limiti;
per arginare ed eradicare le epizoozie animali occorrono piani pandemici che considerino ogni aspetto dell'azione di sanità pubblica veterinaria;
non è ragionevole, ad esempio, che per incenerire carcasse di suini infetti si debbano spostare le carcasse virulente in altre regioni per mancanza di inceneritori accessibili nei pressi della maggiore concentrazione di allevamenti;
nelle regioni a maggior vocazione zootecnica si registra, inoltre, una forte carenza di organico nei servizi veterinari e ritardi nel pagamento degli straordinari;
la Psa è una minaccia concreta ed attuale per un settore che conta un fatturato aggregato di 15 miliardi di euro, 2.1 miliardi di export e impiega 100.000 addetti nonché vanta diversi marchi di eccellenza e a denominazione;
gli ultimi contributi alle aziende suinicole a ristoro dei danni subiti a causa della Psa sono stati disposti dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste con il n. 707009 del 29 dicembre 2023 e coprono le perdite subite fino al 30 novembre del 2023;
risulta non più procrastinabile prevedere misure più efficaci di nazionale, nonché a sostenere la filiera e i suoi impiegati integrazione straordinaria in via automatica per i lavoratori contenimento del virus sul territorio prevedendo ad esempio la cassa delle aziende colpite dalla Psa, la moratoria dei mutui accesi per l'esercizio d'impresa, nonché indennizzi per le perdite economiche derivanti dall'abbattimento degli animali e dal blocco delle movimentazioni dei suinetti –:
se il Governo intenda dichiarare lo stato di emergenza nazionale per gestire in maniera univoca la Psa anche con il supporto logistico della infrastruttura della protezione civile;
se il Governo intenda adottare iniziative volte a intensificare il contenimento della specie cinghiale, nonché se intenda approfondire le dinamiche di contagio così da comprendere quali siano le cause del manifestarsi estivo dei focolai;
se il Governo, vista la recrudescenza nella diffusione di zoonosi gravi come Psa o lingua blu, intenda adottare iniziative volte a predisporre un piano pandemico veterinario per superare le gestioni commissariali e avere modelli stabili di prevenzione, gestione e campagne vaccinali;
se il Governo intenda adottare iniziative volte a supportare in termini di risorse umane ed economiche regioni e servizi veterinari, al fine di rendere sostenibili le attività di gestione e sorveglianza della Psa;
se il Governo intenda adottare iniziative volte a strumenti per indennizzare i danni subiti dalle aziende successivamente al 1° dicembre 2023;
se il Governo intenda adottare iniziative volte a normative volte a promuovere sgravi fiscali e contributivi per le aziende della filiera zootecnica colpite da Psa, con particolare riferimento a quelle ricadenti da mesi in zone soggette a restrizione;
se il Governo intenda adottare iniziative volte a prevedere la Cassa Integrazione straordinaria in via automatica per i lavoratori delle aziende colpite dalla Psa;
se il Governo intenda adottare iniziative volte a prevedere la moratoria dei mutui, senza il vincolo del calo del fatturato 2023 del 20 per cento rispetto al fatturato 2022, così da non peggiorare il rapporto creditizio aziendale come «forborne»;
se il Governo intenda emanare linee guida e check list che indichino con precisione alle aziende opere e interventi da realizzare per omogeneizzare e semplificare eventuali controlli;
se il Governo in raccordo con le regioni e le organizzazioni di rappresentanza, intenda organizzare piani strutturati di biosicurezza così da scongiurare il rischio di allargamento dei focolai nelle zone dove non si è ancora riscontrata la presenza di Psa;
se il Governo intenda adottare iniziative volte a stanziare risorse per le regioni, con priorità per quelle con focolai attivi, al fine di incentivare la realizzazione di centri di sosta e di lavorazione delle carcasse di selvaggina così da ridurre al minimo le possibilità di contatto tra le diverse metapopolazioni;
se il Governo considerata la gravità della situazione intenda adottare iniziative volte a vietare temporaneamente gli allevamenti ad utilizzo domestico;
se il Governo intenda regolamentare e incentivare l'applicazione dei Piani regionali di interventi urgenti (Priu) nelle aree parco regionali, nonché destinare alle Regioni risorse necessarie alla riduzione del numero di cinghiali chiarendo definitivamente la mancata necessità della valutazione d'incidenza per l'esercizio delle attività di selecontrollo come previsto dal decreto-legge n. 63 del 2024;
se il Governo intenda adottare iniziative anche di carattere normativo volte a semplificare l'attività di macellazione nelle zone soggette a restrizione e in quelle limitrofe, e attivarsi per comprimere l'onda speculativa che sta travolgendo il settore.
(2-00447) «Gadda, Faraone».
Interrogazione a risposta in Commissione:
SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la legge 10 agosto 2000, n. 251, «Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione di ostetrica» si colloca nel quadro di una rilevante produzione normativa finalizzata alla crescita e all'evoluzione formativa e professionale delle professioni sanitarie;
con il decreto legislativo n. 502 del 1992 ci fu la trasformazione dei percorsi formativi delle professioni sanitarie i cui corsi divennero universitari fino al conseguimento delle attuali lauree triennali e magistrali, con la conseguente declinazione dei profili professionali delle numerose professioni sanitarie non mediche che lavorano quotidianamente nel nostro Servizio sanitario nazionale;
unitamente alla legge n. 42 del 1999, che ha abolito i cosiddetti mansionari, la legge n. 251 del 2000 ha definitivamente cancellato il concetto di ausiliarietà delle professioni sanitarie le cui competenze sono determinate dai profili professionali, dai percorsi formativi e dai codici deontologici;
più nel dettaglio, la legge n. 251 del 2000 conosciuta come la legge sulla dirigenza delle professioni sanitarie, ha in qualche maniera suggellato l'evoluzione delle professioni sanitarie, attribuendo a ciascuna di esse una piena autonomia e un campo di attività più evoluto, diretto alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva (articolo 1, comma 1, legge n. 251 del 2000);
la legge n. 251 del 2000 attribuisce espressamente allo Stato e alle regioni il compito di promuovere, nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni sanitarie al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale, all'integrazione dell'organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell'unione europea;
la legge n. 251 del 2000 prevede poi che al fine di migliorare l'assistenza e per la qualificazione delle risorse le aziende sanitarie possono istituire il servizio dell'assistenza infermieristica ed ostetrica e il servizio sociale professionale e possono attribuire l'incarico di dirigente del medesimo servizio. Si demanda poi ad uno specifico atto d'indirizzo l'emanazione delle direttive per la definizione, nell'ambito del contratto collettivo nazionale, dell'area della dirigenza dei ruoli sanitario, amministrativo, tecnico e professionale del Servizio sanitario nazionale, del trattamento economico dei dirigenti nonché delle modalità di conferimento, revoca e verifica dell'incarico;
le aziende sanitarie possono conferire incarichi di dirigente per le professioni sanitarie di cui alla legge 26 febbraio 1999, n. 42, e per la professione di assistente sociale, nelle regioni nelle quali sono emanate norme per l'attribuzione della funzione di direzione relativa alle attività della specifica area professionale;
a distanza di ventiquattro anni dall'approvazione della legge n. 251 del 2000 quanto sopra rappresentato non è stato attuato in maniera uniforme in tutte le regioni; in alcune manca infatti l'attuazione del servizio sociale professionale, in altre le professioni sanitarie delle aree tecniche, della riabilitazione e della prevenzione non hanno ancora dirigenti espressioni della propria area, sinora garantita solo all'area delle professioni infermieristiche ed ostetrica –:
quali siano le regioni che hanno attuato appieno la legge n. 251 del 2000, individuando i servizi autonomi con responsabilità dirigenziale per tutte le aree delle professioni sanitarie e sociali del comparto e istituendo una dirigenza delle professioni sanitarie per ciascuna delle aree disciplinari individuate dalla predetta legge;
quali iniziative di competenza intenda porre in essere per l'individuazione di servizi autonomi con responsabilità dirigenziale per tutte le aree delle professioni sanitarie e sociali del comparto e l'istituzione di una dirigenza delle professioni sanitarie per ciascuna delle aree disciplinari individuate dalla legge n. 251 del 2000.
(5-02917)
Interrogazioni a risposta scritta:
BENZONI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
Sanitaservice Taranto è una società partecipata della Asl di Taranto, la cui attività si inserisce nell'ambito dei servizi di supporto alle strutture sanitarie, e svolge un ruolo essenziale nel garantire la funzionalità dei presidi ospedalieri e la qualità dei servizi offerti ai cittadini;
la graduatoria relativa agli idonei del concorso per il reclutamento di ausiliari e addetti alle pulizie presso Sanitaservice Taranto è attualmente attiva e prorogabile fino al 2027 senza la necessità di attingere a fondi economici straordinari del bilancio regionale o aziendale;
la prossima apertura del nuovo presidio ospedaliero «San Cataldo» a Taranto, prevista per agosto/settembre 2025, richiede l'inserimento di almeno 200 unità di personale tra ausiliari e pulitori, al fine di garantire un adeguato livello di servizio e assicurare che la struttura operi a pieno regime fin dalla sua apertura;
la proroga della graduatoria del concorso citato rappresenterebbe un'opportunità concreta e immediata per rispondere alle necessità di personale, evitando di ricorrere a lavori straordinari per gli attuali dipendenti o a nuove procedure concorsuali, che potrebbero ritardare l'efficienza operativa del nuovo ospedale;
è stato già richiesto formalmente, sia dagli idonei del concorso che dalle parti sindacali, di procedere alla proroga della suddetta graduatoria, con l'attivazione delle necessarie procedure da parte della regione Puglia e della Asl di Taranto: questo permetterebbe di evitare il prolungamento di situazioni di precarietà lavorativa, consentendo un inserimento stabile e programmato di nuove unità di personale qualificato, a beneficio dell'intera comunità locale;
la scadenza del bando concorsuale è fissata al 18 ottobre 2024 e la mancata proroga rischia di compromettere il diritto al lavoro degli idonei, nonché la capacità delle strutture sanitarie tarantine di rispondere adeguatamente alle esigenze di personale;
l'equità sociale deve essere un principio fondante nelle scelte di politica sanitaria e lavorativa, e gli idonei del concorso Sanitaservice Taranto, che hanno già superato le prove concorsuali, devono essere tenuti in considerazione nella pianificazione del potenziamento della forza lavoro in ambito sanitario, soprattutto in un territorio come quello ionico, che soffre da tempo di carenze strutturali e di personale –:
quali iniziative di competenza intendano adottare, anche in raccordo con la regione Puglia, in relazione alle problematiche esposte in premessa, a fronte dell'urgente necessità di rafforzare il comparto sanitario jonico, anche attraverso un apposito incremento delle unità di ausiliari e pulitori, così da favorire una gestione efficiente e tempestiva del relativo fabbisogno di personale.
(4-03540)
CARAMIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
oltre 5.000 cittadini siciliani, tra cui molti operatori sanitari, hanno effettuato una raccolta firme per denunciare le gravi problematiche del sistema sanitario nel Tirreno, in particolare a Lipari, Milazzo e Barcellona: le lunghe liste di attesa per visite ed esami specialistici sono in costante aumento, costringendo molti cittadini a ricorrere a soluzioni private;
il pronto soccorso (p.s.) di Milazzo affronta carenze strutturali e di personale, con circa 150 accessi giornalieri, molti dei quali bypassano i medici di base;
nel 2023, in quei territori, il numero di indigenti è aumentato da circa 2.500 a 3.500, con conseguenze dirette sulla salute e sulla rinuncia alle cure: a Milazzo operano due ambulatori sanitari, gestiti da volontari presso due Parrocchie, ma questo non è sufficiente;
la gestione inefficiente del p.s. di Milazzo è aggravata dalla chiusura di quello presso il presidio ospedaliero di Barcellona Pozzo di Gotto e dalla mancanza di un p.s. pediatrico e ginecologico H24; questa situazione contribuisce al sovraffollamento di pazienti, con un impatto negativo sull'appropriatezza dell'assistenza, in particolare per i codici rossi;
i dati forniti dalle associazioni professionali segnalano che nel 2023, su 945 posti disponibili per la specializzazione in medicina d'emergenza-urgenza, solo 224 sono stati coperti, con un tasso di assunzione del 24 per cento; la crisi di risorse umane è ulteriormente complicata dal fenomeno delle esternalizzazioni che non solo gravano pesantemente sul bilancio delle aziende sanitarie, ma influiscono anche negativamente sul benessere organizzativo e sulla appropriatezza delle cure;
i dati dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) rivelano che dal 2019 al 2023 l'utilizzo di medici a gettone ha comportato una spesa di 1,7 miliardi di euro, sollevando interrogativi sull'efficacia ed economicità di tale strategia e sull'uso delle risorse pubbliche;
la continua migrazione sanitaria verso il centro e il nord Italia per ricevere cure mediche evidenzia come si tratti di una crisi sistemica che richiede un intervento immediato e coordinato da parte dello Stato: la regione Sicilia spende per la mobilità sanitaria dei propri cittadini circa 300 milioni di euro annui;
quanto sopra rappresentato si riscontra anche presso la maggior parte dei presidi sanitari delle isole minori italiane, come ad esempio Ischia e Lipari, dove andrebbe quindi potenziato il personale, incrementandone anche gli stipendi in relazione all'insularità, e dove andrebbero riattivati i reparti e i presidi sanitari soppressi;
ad avviso dell'interrogante è necessaria una ristrutturazione del sistema sanitario che contempli non solo l'adeguamento delle strutture, ma anche un efficace e straordinario piano di reclutamento e formazione del personale sanitario, attraverso un importante impegno collettivo volto a garantire un'assistenza sanitaria adeguata e accessibile a tutti i cittadini, nel rispetto della dignità e del diritto costituzionale alla salute –:
se e attraverso quali misure, anche di carattere normativo, intenda:
1) riconoscere al personale operante nei pronto soccorso e nell'emergenza territoriale le indennità e i benefici previsti per i lavori usuranti;
2) incrementare il salario per gli operatori sanitari che lavorano presso le isole minori;
3) impiegare i medici con specializzazioni equipollenti o affini nei pronto soccorso, in modalità full time o part time, al fine di garantire un servizio più efficiente;
4) inserire gli specializzandi, già iscritti almeno al terzo anno delle scuole di specializzazione, nelle dotazioni organiche dei pronto soccorso e dei reparti ospedalieri, con i relativi benefici economici, per migliorare l'assistenza sanitaria;
se e quali iniziative di competenza intenda adottare per far fronte alle gravi criticità dei plessi ospedalieri in Sicilia e nelle isole minori per garantire in condizioni di uguaglianza il diritto alla salute dei cittadini.
(4-03547)
EVI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
il 23 settembre 2024 la giornalista Giulia Innocenzi ha denunciato ai Carabinieri forestali di Parma le condizioni di due allevamenti in Emilia-Romagna in piena zona di restrizione per la peste suina africana;
come riportato il 4 ottobre 2024 su diverse testate giornalistiche, tra cui il Corriere della Sera, dalle immagini realizzate all'interno e all'esterno degli allevamenti si vedono: «Topi che scorrazzano sul dorso di maiali ancora vivi, condizioni igieniche precarie, sovraffollamento, animali morti all'interno ma anche all'esterno, lasciati in balia dei selvatici. Il livello di sovraffollamento accertato è oltre ogni limite. Molti suinetti sono stipati anche nei corridoi, perché i recinti sono eccessivamente pieni. A causa di questo alcune scrofe hanno partorito nella zona gestazione, quella in cui vivono prima del parto e dello svezzamento, con maialini ancora vivi incastrati nella griglia del pavimento inadatto e che moriranno di lì a poco. I recinti sono pieni di carcasse dei cuccioli e le scrofe, nonostante abbiano partorito da giorni, hanno ancora la placenta che non è stata rimossa. Alcuni dei suinetti morti giacciono abbandonati sulla benna di una ruspa, all'esterno, alla mercé di altri animali, con tutti i rischi che questo comporta per la biosicurezza»;
gli allevamenti in zona di restrizione per la Psa dovrebbero essere interessati al mantenimento di condizioni igieniche e di biosicurezza all'interno e all'esterno dei loro ambienti, dal momento che tra i possibili vettori ci sono non solamente i cinghiali ma anche insetti, roditori e volatili. Inoltre, condizioni di igiene precaria all'interno e all'esterno degli allevamenti, possono attirare animali di diverse specie, contribuendo ad aumentare il rischio di diffusione della Psa –:
se siano a conoscenza dei fatti qui esposti e quali iniziative di competenza, di controllo e sorveglianza, siano state adottate per monitorare lo stato degli allevamenti oggetto della denuncia operanti tra l'altro in zona a rischio di peste suina africana;
se non ritengano di dover dispiegare ogni iniziativa, anche per tramite del commissario straordinario alla peste suina africana, per attuare controlli e verificare puntualmente tutti gli allevamenti nelle zone di restrizione per escludere si tratti di una condizione diffusa e sistematica;
come intendano, per quanto di competenza, prevenire la contaminazione ambientale e limitare il rischio di trasmissione del virus Psa da carcasse esposte all'aria aperta;
se risultino individuate responsabilità in merito alla gestione scorretta degli allevamenti in condizioni di emergenza sanitaria e, in tal caso, quali iniziative di competenza siano state intraprese.
(4-03548)
MANZI, CURTI, FURFARO, CIANI, GIRELLI, MALAVASI e STUMPO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
nel territorio del comune di Fano, in provincia di Pesaro-Urbino è in corso da tempo un maxi focolaio di dengue con 102 casi confermati e 10 probabili anche se fino ad ora non sono stati registrati casi gravi e non si sono verificati decessi;
al 3 ottobre 2024, secondo il bollettino fornito dalla regione le persone ricoverate, non in condizioni gravi, risultano essere 6, di cui 2 casi accertati e 4 sospetti di infezione;
secondo i dati forniti dalla regione Marche «il primo caso ha avuto l'inizio della sintomatologia il 15 agosto e l'ultimo caso il 25 settembre. La curva di incidenza, che mostra l'andamento dei casi nel tempo, evidenzia una tendenza in chiaro decremento, con un picco di casi rilevati, sempre come inizio della sintomatologia, tra il 14 ed il 17 settembre. Dal 23 settembre soltanto una persona ha avuto la diagnosi di dengue. L'aumento dei casi rilevati nei giorni scorsi è dovuto ad un allungamento dei tempi di diagnosi, in particolare per quelli diagnosticati a Roma presso l'istituto Superiore di Sanità. Ma come esordio dei sintomi si riferiscono ai giorni precedenti»;
tutte le attività messe in campo sono state avviate in stretta collaborazione tra i servizi di prevenzione umana e veterinari ed è stato potenziato il sistema di sorveglianza, sensibilizzando i medici ospedalieri e territoriali, medici di medicina generale e pediatri per l'individuazione di pazienti con criteri clinici compatibili con infezione da virus dengue;
la dengue è una malattia di origine virale causata da quattro virus molto simili tra loro e viene trasmessa attraverso la puntura di una zanzara che abbia in precedenza già punto una persona già infettata dal virus;
dunque, non vi è diretta trasmissione tra esseri umani anche se l'uomo risulta essere il principale ospite del virus che circola nel sangue della persona infetta per un periodo che può variare dai due ai sette giorni;
la dengue è conosciuta da circa due secoli ed è presente in molte zone del mondo, ma negli ultimi decenni, a causa di cambiamenti climatici favorevoli allo sviluppo delle zanzare patogene, si è estesa anche nell'emisfero Nord, in particolare in Europa, dove sino a poco tempo fa era praticamente inesistente;
principale vettore è la cosiddetta «zanzara tigre», ma la sua presenza, in aumento, è comunque ancora piuttosto bassa rispetto alla diffusione;
nonostante la regione Marche rassicuri «che la situazione è sotto controllo» e nel territorio sono state messe in atto tutte le misure di sanità pubblica previste in questi casi, come da indicazioni del Piano nazionale arbovirosi e della circolare del Ministero della salute per i casi confermati con esposizione autoctona, quindi senza storie di viaggi all'estero in zone endemiche, gli esperti raccomandano un intervento tempestivo per contenere il focolaio e impedirne l'ulteriore diffusione anche in considerazione del fatto che dal 9 all'11 ottobre 2024 ad Ancona si svolgerà la riunione ministeriale G7 salute con la presenza dei Ministri e delle relative delegazioni dei diversi Paesi –:
alla luce dei fatti esposti quali iniziative di competenza nel rispetto delle competenze regionali in materia sanitaria il Ministro della salute intenda adottare al fine di debellare quanto prima tale focolaio, anche in ragione dell'imminente riunione ministeriale del G7 salute;
se non ritengano urgente e doveroso mettere in campo tutte le iniziative di competenza, anche in ambito ambientale, per contrastare la diffusione della zanzara tigre, pericoloso vettore del virus, dovuta agli innegabili cambiamenti climatici in atto e che stanno rendendo favorevole alla diffusione del virus ampie zone del territorio italiano.
(4-03549)
SPORT E GIOVANI
Interrogazione a risposta scritta:
BORRELLI e ZANELLA. — Al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:
in data 6 luglio 2022 è stata sottoscritta una convenzione tra Sport e salute s.p.a. e il Ministero per lo sport e i giovani, per il tramite del Dipartimento per lo Sport, «per la promozione dell'attività sportiva di base sui territori, attraverso il sostegno alla ripresa e al rilancio del sistema sportivo, per l'incremento dell'attività fisica e sportiva, l'inclusione e lo sviluppo sociale»;
in data 24 gennaio 2023 Sport e salute s.p.a. ha pubblicato un avviso pubblico rivolto ai comuni per la promozione di nuovi modelli di pratica sportiva all'aperto per l'utilizzo di aree verdi comunali denominato «Sport di Tutti – Parchi»;
il comune di Quarto (Napoli), in data 23 marzo 2023, successivamente all'approvazione dell'intervento con deliberazione della giunta comunale n. 30 del 21 marzo 2023, ha presentato la propria candidatura, in particolare per il modello progettuale «large» per un importo massimo di 35.000,00 euro, cofinanziato nella misura del 50 per cento oltre Iva, da Sport e salute s.p.a. e del 50 per cento oltre Iva dal comune di Quarto;
la proposta di intervento del comune di Quarto, all'esito della valutazione effettuata da una apposita Commissione secondo i criteri di selezione indicati nell'avviso, è stata ammessa al contributo come da graduatoria pubblicata sul sito istituzionale di Sport e salute s.p.a.;
in seguito a una richiesta di Sport e salute assunta con protocollo n. 32377 in data 13 settembre 2023, è stata trasmessa dal comune di Quarto con nota prot. 33917 del 26 settembre 2023 formale conferma di adesione al progetto «Sport di tutti – Parchi», per l'installazione di nuove aree attrezzate in cofinanziamento tra comune e Sport e salute;
in data 6 dicembre 2023 con prot. 43822 Sport e salute s.p.a. ha trasmesso al comune di Quarto la convenzione da firmare digitalmente;
in data 31 gennaio 2024 con prot. 3559 il comune di Quarto ha trasmesso a Sport e salute la convenzione firmata digitalmente;
in data 21 marzo 2024, protocollo n. 0009983/2024 Sport e salute ha trasmesso al comune di Quarto la convenzione controfirmata digitalmente, comunicando tra l'altro «Cogliamo l'occasione per informarvi che è in corso di pubblicazione la procedura di gara per l'individuazione del soggetto economico che si occuperà della fornitura e della posa in opera delle attrezzature sportive, con il quale sarete messi in contatto all'esito dell'aggiudicazione, così da dare avvio alle conseguenti attività esecutive, nei modi e nei termini riportati in Convenzione»;
dal 21 marzo 2024 il comune di Quarto non ha più avuto formali comunicazioni da Sport e salute, né risulta pubblicata la procedura di gara di cui al protocollo n. 0009983/2024, mentre sulla pagina web dedicata al progetto «Sport di tutti – Parchi» sono pubblicate le date di inaugurazione delle nuove aree pubbliche in diversi comuni –:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali azioni di competenza intenda mettere in campo al fine di sbloccare una situazione in evidente stallo per dare risposte rapide al comune di Quarto e ai suoi cittadini.
(4-03541)
UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
GHIO e MANZI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
attraverso lo strumento del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) delle università statali e dei consorzi universitari vengono attribuiti annualmente i fondi destinati alla copertura delle spese istituzionali, tra cui i costi del personale e di funzionamento;
il Fondo di finanziamento ordinario rappresenta una fondamentale del sostegno statale alle università italiane;
il fondo per l'anno 2024 risulta essere pari a 9,03 miliardi di euro, ridotto di circa 173 milioni di euro rispetto all'anno precedente, il che comporta una riduzione così suddivisa: la quota premiale del Fondo Ffo cala del 4 per cento, la quota base si riduce del 9,18 per cento, la quota storica crolla del 19,25 per cento e la quota perequativa si abbassa del 9,33 per cento;
attraverso la stampa si è appreso di una forte preoccupazione da parte della maggior parte degli atenei italiani, in particolare l'ateneo di Genova che subisce un netto taglio delle entrate da parte del Fondo per un totale di circa 6 milioni di euro;
l'ateneo di Genova rappresenta dal 1481 una realtà solida in tutta la regione Liguria, non solo per l'area metropolitana di Genova ma conta anche molte realtà distribuite in aree lontane dal capoluogo ligure, tra cui Imperia, Savona e La Spezia;
l'Università di Genova conta infatti oltre 36.000 iscritti, di cui più di 3.000 sono studenti internazionali, con più di 5.000 laureati all'anno; i ricercatori sono oltre 4.300, di cui più di 1.200 docenti e oltre 800 specializzandi;
il taglio consistente del fondo ha generato grande preoccupazione nell'Ateneo, perché se fosse confermato anche nel 2025, comporterebbe la necessità di scelte di contenimento delle spese per attività e personale –:
se nella prossima legge di bilancio si intendano adottare iniziative di competenza volte a riportare il valore complessivo del Fondo di finanziamento ordinario ai valori del 2023.
(4-03546)
BALDELLI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il 28 settembre 2024, l'Università Roma Tre ha programmato un evento dal titolo «Laboratorio per bambini trans e gender creative»;
nella locandina con cui si è pubblicizzato l'evento si poteva leggere, tra l'altro: «un progetto di ricerca con strumenti ludico-creativo per ascoltare e accogliere le storie di bambin* e ragazz* (dai 5 ai 14 anni) condotto da ricercator* della comunità e da un'insegnante montessoriana»;
a seguito delle forti critiche e proteste che l'iniziativa ha suscitato nell'opinione pubblica, il laboratorio, come appreso dalla stampa, si sarebbe tenuto in forma riservata presso il dipartimento di scienze della formazione della medesima università;
l'evento ha ottenuto l'approvazione del Comitato etico dell'università e sembra essere stato finanziato con fondi pubblici;
sono apparse dichiarazioni del rettore dell'università secondo cui il laboratorio servirebbe a «far progredire la comprensione e la consapevolezza delle diversità di genere» dei bimbi e a far «aumentare il loro riconoscimento sociale» –:
se risulti quali siano le fonti di finanziamento del progetto «Laboratorio per bambini trans e gender creative»;
nel caso si abbia riscontro della loro natura pubblica, quanti fondi pubblici siano stati allocati dalla università citata in premessa per la realizzazione del ridetto progetto e se le finalità dello stesso siano rispondenti ai criteri del bando pubblico;
qualora non vi sia rispondenza con il bando pubblico, quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministero interrogato;
più in generale, quali e quanti siano i fondi pubblici di provenienza ministeriale utilizzati dall'università citata in premessa per attività legate a bandi inerenti a temi sulla identità sessuale e la questione di genere.
(4-03553)
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Francesco Silvestri n. 1-00309, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 326 del 16 luglio 2024.
La Camera,
premesso che:
è stata promulgata la legge 26 giugno 2024, n. 86, recante «Disposizioni per l'attuazione dall'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione», dopo un iter parlamentare caratterizzato da un acceso dibattito;
essa introduce nell'ordinamento la cosiddetta «autonomia differenziata», la quale, come concepita, rappresenta un'interpretazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo comporta una grave distorsione volta ad alterare profondamente l'equilibrio tra i soggetti di cui all'articolo 114 della Costituzione e che si pone in contrasto con i principi di capacità fiscale, perequazione e coesione di cui all'articolo 119 della Costituzione. Espunge di fatto la categoria «legislazione concorrente» dall'articolo 117, terzo comma, annulla la differenza tra regioni a statuto ordinario differenziato e regioni a statuto speciale, assimilando le due fattispecie, lede il principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione, e, ad onta delle pur lodevoli finalità e dei richiami ad alcuni dei principi fondamentali del nostro ordinamento di cui all'articolo 1, comma 1, in assenza di correttivi determinerà la frantumazione dell'unità giuridica ed economica della Repubblica;
l'ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinato dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione degli stessi. Gli statuti – che hanno forma di legge costituzionale – stabiliscono ambiti e limiti della autonomia, le singole competenze legislative e amministrative e l'ordinamento finanziario di ciascuna regione. Gli statuti speciali possono attualmente essere modificati secondo la procedura di cui all'articolo 138 della Costituzione per l'approvazione delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali con alcune peculiarità introdotte dalla legge Costituzionale n. 2 del 2001, volte a garantirle la partecipazione degli organi della regione nell'iter legislativo. In tale contesto, la legge n. 86 del 2024 dispone l'applicabilità alle regioni a statuto speciale dell'intero provvedimento attuativo dell'autonomia differenziata. In tal modo esse vedrebbero, di fatto, annullate le ragioni della loro «specialità» – culturali, geografiche, economiche e sociali – riconosciute dalla Costituzione. Surrettiziamente, dunque, attraverso la norma ordinaria in questione, a parere dei firmatari del presente atto, si annienta la tutela formale e sostanziale che la Costituzione assegna alle regioni a statuto speciale, violando anche la procedura di cui all'articolo 138 della Costituzione. In altri termini si consente l'attribuzione di materie e funzioni alle regioni a statuto speciale con la legislazione ordinaria, in luogo della procedura costituzionale effettivamente prevista dalla Carta;
la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale – nella loro individuazione, nel loro finanziamento, nella loro erogazione e nella fruizione da parte dei cittadini – nella legge n. 86 del 2024, così come nelle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 793, lettera c), della legge di bilancio per il 2023 da essa richiamate, è subordinata agli stanziamenti di bilancio disponibili a legislazione vigente o a quelli resi disponibili dalle leggi di bilancio, con ciò subordinando la primaria connotazione sociale e il principio fondamentale di uguaglianza della nostra Carta costituzionale al criterio economico, subordinando l'articolo 3 della Costituzione all'articolo 81, in assenza di qualunque bilanciamento e secondo un ordine di priorità completamente rovesciato rispetto alle pronunce della Corte costituzionale in merito. Si consideri, inoltre che l'articolo 9, comma 1, della legge sull'autonomia differenziata dispone che: «Dall'applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
si sottolinea, in proposito, che i diritti e i principi costituzionali costituiscono un insieme vivente che interagisce e nessuno di essi può avere, in astratto, una posizione di supremazia gerarchica e, vieppiù, che la Corte costituzionale ha sancito (sentenza n. 275 del 2016), con riguardo al rapporto tra principio dell'equilibrio del bilancio e tutela dei diritti costituzionali, che «è la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»;
l'attribuzione di una o più materie, nella loro interezza, concretizza un ulteriore vulnus della legge, in quanto – in palese contrasto con la suddivisione delle competenze legislative operata dall'articolo 117 della Costituzione, commi secondo e terzo – l'articolo 116, terzo comma, non può essere «interpretato» nel senso adottato dalla legge, a pena della sua legittimità costituzionale né può l'attribuzione di autonomia ai sensi del medesimo articolo, come autorevolmente sostenuto, essere interpretata in forma espansiva, quasi che non vi siano limiti residuati a tutela della potestà legislativa statale: nell'articolo 117 della Costituzione sono tuttora vigenti le disposizioni costituzionali che prevedono che il legislatore statale dispone del potere di disciplinare le materie di competenza esclusiva (secondo comma) e di stabilire i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente (terzo comma, ultimo periodo) e analogamente prevedono gli statuti speciali;
la norma reca un impianto segnato da nodi politico-tecnici rilevanti, tuttora irrisolti, mentre, al contrario, cittadini ed imprese necessitano di un quadro normativo certo per programmare le proprie scelte nell'attività che svolgono, tenuto conto della delicatezza e del vasto ambito di tematiche che il testo va ad investire;
l'attuazione dell'autonomia regionale non può prescindere dal rispetto della coesione sociale del Paese ed anzi la solidarietà e l'unità dei diritti fondamentali esigibili dovrebbero essere preliminari a qualsiasi passaggio ulteriore;
ci si avvia, in modo azzardato, a dare attuazione ad un processo potenzialmente di amplissima portata senza certezza alcuna del quadro ordinamentale e procedurale che lo accompagnerà non soltanto nella cruciale fase negoziale ed istruttoria, ma anche in quella strettamente applicativa – incertezza consistente nella mancanza di un quadro articolato e preciso di tutte le risposte legislative, finanziarie ed amministrative da utilizzare in base alle possibili variabili nelle ricadute concrete del meccanismo una volta avviato e che si ripercuoterebbe su scala pluriennale;
sin dalla fase iniziale – costituito dallo stesso processo di valutazione delle richieste di attribuzione di autonomia differenziata – appare logico che dette richieste vengano subordinate alla preventiva valutazione dell'impatto sulla redistribuzione tra cittadini in termini fiscali e di servizi e, soprattutto, di diritti, prevedendo l'intervento dello Stato in caso di necessità per interesse nazionale e di regole comuni volte a prevenire differenziazioni normative sul territorio disfunzionali per la solidarietà tra territori e la coesione socioeconomica nazionale;
sarebbe, altresì, opportuno definire le regole della istruttoria preventiva su ciascuna funzione e materia, cui conformare le istanze delle regioni interessate a richiedere l'autonomia, le regole di trasparenza e rendicontazione, le procedure obbligatorie di verifica della spesa e delle prestazioni erogate da tutte le regioni, a tal fine raccordandosi costantemente con la Corte dei conti, il Consiglio di Stato, la Banca d'Italia, la Ragioneria generale dello Stato e l'Ufficio parlamentare di bilancio, nonché con tutti gli altri organismi pubblici competenti nelle specifiche funzioni;
ad avviso dei firmatari del presente atto ciò vale, parallelamente, anche per la procedura di richieste di attribuzione di materie o ambiti di materie e delle relative funzioni non associate ai livelli essenziali delle prestazioni, che dovrebbe comunque considerare parametri di efficienza, equità, solidarietà e coesione socioeconomica nell'ambito di tutto il territorio nazionale, nel rispetto del principio fondamentale di non discriminazione nel godimento dei diritti e dei servizi relativi, apparentemente affermati, ma poi privati di un concreto presidio legislativo di tutela;
non soltanto la fase negoziale ma la stessa possibilità di richiesta di attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia manca del presupposto di una dimostrata o dimostrabile assenza di effetti negativi sia per la regione richiedente che per le altre regioni e per il libero esercizio dei diritti sociali e civili ed economici dei cittadini e delle imprese su tutto il territorio nazionale;
le carenze della disciplina generale, dai criteri di valutazione ex ante alle modalità di intervento ex post pongono rischi concreti in caso di future problematiche. Il divario tra Nord e Sud e quello all'interno dei diversi territori, di cui l'articolo 119 della Costituzione per effetto del regionalismo differenziato così delineato tende, se possibile, ad inasprirsi, in violazione anche del principio perequativo di cui all'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e quindi dell'articolo 117 della Costituzione;
sul tema si è espresso in prima persona il Governatore della Banca d'Italia in una lettera inviata al presidente del Comitato Lep, con cui mette in guardia sui rischi per il bilancio pubblico o per prestazioni collegate ai livelli essenziali delle prestazioni formulate in termini troppo generici, in buona parte riconducibili a mere petizioni di principio, il cui contenuto pratico rimane a suo avviso in larga parte indeterminato;
in proposito, si segnala, altresì, che non sono previsti momenti di valutazione ex ante o ex post delle conseguenze delle attribuzioni, in quanto l'autonomia differenziata potrebbe portare a configurazioni molto diverse fra loro e, dunque, ad uno scenario fortemente frammentato, con funzioni differenti e livelli essenziali delle prestazioni differenti e peso finanziario differente: il caos derivante dalla possibilità che in ciascuna delle 23 materie oggetto di devoluzione si possa determinare una attività legislativa e amministrativa differenziata in ciascuna delle 20 regioni impatterà anche in ordine all'attrattività, già piuttosto bassa, del Paese da parte degli investitori esteri;
l'autonomia cosiddetta differenziata come delineata appare anacronistica, anche considerati i contesti di crisi nazionale ed internazionale più recenti che hanno evidenziato l'importanza del potere centrale e di una cornice normativa unitaria, in termini di coordinamento ed operatività, se si considerano le diverse materie oggetto di devolution, dall'energia ai trasporti, dalla politica industriale alle grandi reti di trasporto dell'energia alla ricerca, appare assai difficile rendere tali devoluzioni compatibili con il piano di ammodernamento del Paese richiesto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, come pure con l'esigenza di un Piano energetico nazionale volto a migliorare il mix energetico e a ridurre la dipendenza nazionale da pochi Paesi esportatori e contestualmente contribuire agli obiettivi europei in materia di decarbonizzazione e ambiente;
i contesti di crisi nazionale e internazionale più recenti hanno infatti dimostrato che un potere centrale incisivo in termini di coordinamento ed operatività serve tanto quanto una cornice normativa unitaria e che la frammentazione indebolisce l'Italia di fronte ai suoi competitori internazionali perché polverizza i centri decisionali e le responsabilità;
l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione non può che essere subordinata alla definizione di una cornice legislativa statale che determini tutti i livelli essenziali delle prestazioni, per i quali deve essere assicurato lo stanziamento di risorse necessario a garantirne l'uniforme attuazione in concreto, nonché alla definizione dei principi fondamentali per tutte quelle materie di legislazione esclusiva statale e di legislazione concorrente che necessitano di coordinamento e controllo statale, a tutela degli interessi nazionali e del «sistema paese», cui, in ogni caso, nessuna istituzione territoriale dovrebbe poter derogare;
i firmatari del presente atto di indirizzo ne hanno già deprecato l'avventatezza a fronte del rischio per gli interessi nazionali e per la tenuta economica del «sistema paese», ma è oltremodo preoccupante che siano rappresentanti del Governo e della maggioranza parlamentare a lanciare ripetuti allarmi e richieste di riflessione in ordine all'attuazione dell'autonomia differenziata, così fortemente voluta e peraltro in vigore – esempio ne sono proprio le dichiarazioni in ordine al commercio con l'estero (settore che rappresenta il 40 per cento del prodotto interno lordo) riportate dagli organi della stampa, che i firmatari del presente atto condividono per averle già ampiamente segnalate: l'autonomia nel commercio con l'estero creerebbe pericolose asimmetrie di natura legislativa e amministrativa che darebbero origine a caos nei rapporti dello Stato italiano con il resto del mondo, è sbagliato affidare l'export ad ogni regione e non ha senso che ogni regione possa sponsorizzare e firmare i propri contratti di export e di promozione per conto proprio, è necessario che sia il Ministro competente per il Paese a garantire il marchio del made in Italy, in quanto non siamo di fronte a repubbliche indipendenti in competizione;
non è chiaro quale possa essere il ruolo futuro del Parlamento e del Governo, quindi dello Stato, che dovrebbe invece poterne mantenere il controllo e la regia a garanzia di tutti i cittadini su tutto il territorio;
la Commissione europea, nei rilievi di cui al Country Report del 2024 ha sollevato numerosi dubbi in merito ai presunti rischi che l'autonomia differenziata potrebbe provocare in termini di aumento delle disparità e tenuta dei conti pubblici, nonché sulla capacità dei Lep di compensare gli squilibri territoriali per l'incapienza dei necessari stanziamenti;
la Corte dei conti ha ribadito che il conseguimento dell'autonomia differenziata debba essere inserito all'interno di un quadro di riferimento unitario e cooperativo che, da una parte, rimandi alla necessaria definizione e al necessario finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, dall'altra rinvii alla necessità di una completa perequazione infrastrutturale, necessaria non isolo per colmare le carenze di molte regioni, in particolare del Sud, ma anche all'interno delle regioni più sviluppate, dove talvolta convivono situazioni di marginalità – questione che neppure il decreto-legge cosiddetto «coesione» n. 60 del 2024, convertito con modificazioni dalla legge 4 luglio 2024, n. 95, ha risolto e realizzato;
in conclusione, si deve rilevare con preoccupazione che il sistema concepito, declinato in maniera dettagliata solo in alcuni suoi aspetti, appare privo di un quadro normativo di misure altrettanto puntuali da adottare in caso di malfunzionamento dello stesso;
la legge, peraltro, non assicura che siano contestualmente determinati e debitamente finanziati, quindi concretamente attuabili tutti i livelli essenziali delle prestazioni attinenti all'esercizio di diritti civili e sociali ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e, al contempo, consente l'avvio, anche immediato, delle intese che non concernono materie o ambiti di materie connesse ai livelli essenziali delle prestazioni;
in ordine alla procedura volta alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, il Governo ha nominato una Commissione ad hoc, presieduta da Sabino Cassese; in proposito, si rammenta che il 24 settembre 2024, dagli organi della stampa, si è appreso di un documento circolato e discusso in seno alla Commissione, redatto da dodici esperti, volto a fissare i criteri e le modalità di calcolo con cui quantificare i costi dei livelli essenziali delle prestazioni: tra i criteri individuati, risulterebbe esservi quello della «territorialità», inteso come l'insieme delle caratteristiche dei diversi territori, tra i quali spicca, prepotentemente, il costo della vita – questione che appare preoccupante, a fronte dei forti divari sul territorio nazionale, inaccettabile, in quanto la modalità prescelta rischia di perpetuarli ed aggravarli e, a giudizio dei firmatari del presente atto, illegittima, in quanto tesa a «proporzionare» l'esercizio di diritti garantiti dalla Costituzione e a differenziarlo sulla base del luogo di residenza;
il 25 settembre 2024, nel corso di un'audizione alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, con il fine di sedare le polemiche innescate dalle notizie in ordine alle modalità di calcolo dei livelli essenziali delle prestazioni, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie avrebbe chiarito la procedura per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei relativi costi standard, ribadendo che «la definizione dei livelli essenziali dei costi e fabbisogni standard è il punto più alto della politica» e questa avverrà «attraverso un atto di rango primario, ancorché una delega con successivo decreto legislativo, non attraverso organismi tecnici»;
occorre chiarire, in primis, cosa intenda il Ministro con «decisione politica» e soprattutto a quale organo «politico» si riferisca, dal momento che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo:
a) è il Parlamento, organo elettivo e di rappresentanza politica, che tutela l'interesse nazionale, ma la legge attuativa dell'autonomia cosiddetta differenziata ha inquinato (ulteriormente) il sistema ordinamentale aggravando lo squilibrio nei rapporti tra Governo e Parlamento, marginalizzato e spogliato delle sue prerogative, dell'esercizio delle sue funzioni e limitato nella sua potestà legislativa non solo nelle fasi deliberative delle intese, anche nelle fasi informative e conoscitive;
b) è contestualmente – e deprecabilmente – in vigore nel nostro ordinamento una procedura di individuazione e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni disciplinata in due provvedimenti diversi, i quali dispongono modalità attuative distinte e contrarie con riguardo proprio alla «decisione finale» – l'una, con i commi da 791 a 801 della legge di bilancio n. 197 del 2022, che la rimette, con una procedura completamente ed esclusivamente endogovernativa, all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e l'altra, recata dalla legge n. 86 del 2024, che la rimette all'emanazione di uno o più decreti legislativi, il cui iter coinvolge a più riprese il Parlamento – in proposito, merita sottolineare che è la stessa legge n. 86 del 2024 a disporre espressamente l'applicazione della procedura recata dai predetti commi della legge di bilancio per il 2023, «nelle more dell'entrata in vigore dei decreti legislativi che essa stessa ha introdotto e previsto ai fini della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni» – «more» che possono protrarsi fino al 13 luglio 2026 – e che, in sostanza, il Governo potrebbe decidere di applicare, indistintamente e alternativamente, una qualsiasi delle due procedure vigenti, a parer suo;
acuisce il complesso delle problematiche e dei rischi anzidetti l'accelerazione impressa all'iter applicativo dell'autonomia differenziata, con la richiesta da parte delle regioni Veneto, Lombardia, Liguria e Piemonte di avviare le interlocuzioni con il Governo,
impegna il Governo:
1) al fine di salvaguardare gli obiettivi della rimozione degli squilibri economici e sociali tra le diverse aree del Paese e in attuazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione, ad astenersi dall'avviare il negoziato previsto dall'articolo 2 della legge n. 86 del 2024 nonché dal procedere, ai sensi dell'articolo 11 comma 1, della legge in parola, in ordine alle richieste di attribuzione di materie o ambiti di materie e delle relative funzioni fino alla determinazione e al conseguente finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), unitamente alle modalità di verifica e controllo della loro parità di accesso, erogazione ed uniformità su tutto il territorio nazionale;
2) onde non pregiudicare l'unità giuridica, economica e sociale della Repubblica e al fine di scongiurare lacune o incertezze applicative, ad adottare iniziative volte a prevedere che il trasferimento delle funzioni avvenga successivamente o contestualmente all'adozione di misure organiche di perequazione di cui all'articolo 119 della Costituzione per i territori con minori capacità fiscale e siano previsti efficaci e tempestivi poteri sostitutivi da attivare per prevenire o far cessare fenomeni di disuguaglianza, inefficienza e problematiche rilevate dalla fase di monitoraggio, compresa la revisione e correzione delle intese in corso di attuazione;
3) ad adottare iniziative volte a predisporre, reperendo le risorse finanziarie utili, a tal fine bilanciando l'attuazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione e il rispetto degli equilibri di bilancio di cui all'articolo 81 della Costituzione, preliminarmente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, l'istituzione di un fondo perequativo a garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e dei relativi costi e fabbisogni standard, per le regioni che non richiedano ulteriori forme e condizioni di autonomia ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;
4) ad adottare iniziative volte a elaborare e a fornire alle Camere una valutazione dell'impatto derivante dalla richiesta di trasferimento delle funzioni concernenti materie o ambiti di materie, anche non riferibili ai livelli essenziali delle prestazioni, sulle altre regioni e, in generale, sul territorio nazionale, anche in ordine alla tutela della potestà legislativa statale di cui alle vigenti disposizioni di cui all'articolo 117 della Costituzione, considerando di agire, per quanto di competenza, per l'istruttoria e la predetta valutazione di impatto, in raccordo con la Corte dei conti, il Consiglio di Stato, la Banca d'Italia, la Ragioneria generale dello Stato e l'Ufficio parlamentare di bilancio e con tutti gli altri organismi pubblici competenti nelle specifiche funzioni;
5) in ordine all'attribuzione di autonomia nelle materie e nelle relative funzioni concernenti la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, il governo del territorio, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia, ad avvalersi delle precauzioni di cui agli articoli 2 comma 2, secondo periodo, 3, comma 5, ultimo periodo e 7, comma 1, ultimo periodo della legge n. 86 del 2024 ai fini del mantenimento dell'unitarietà di indirizzo delle politiche pubbliche prioritarie nonché degli strumenti giuridici disposti dal nostro ordinamento a tutela dell'interesse nazionale, dell'unità giuridica e socio-economica della Repubblica e dei principi fondamentali della Costituzione, in modo da garantire il rispetto dei principi di coesione sociale e territoriale, la indispensabile omogeneità nelle predette materie e funzioni socialmente ed economicamente strategiche, mantenere una cornice normativa unitaria onde scongiurare effetti distorsivi, deleteri rispetto ai competitori internazionali e nei contesti di crisi, promuovere univoche, coerenti e lungimiranti pratiche ambientalmente sostenibili, onde ridurre progressivamente l'impatto del cambiamento climatico, a tal fine valutando l'opportunità di escludere l'attribuzione di autonomia nelle predette materie qualora oggetto di procedure di infrazione e pre-infrazione europee pendenti nei confronti del nostro Paese;
6) ad assicurare la trasparenza in ogni fase della procedura istruttoria volta alla determinazione, alla quantificazione e al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni da parte della commissione di cui alla premessa, attraverso la pubblicazione sul sito del Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie e la trasmissione alle Camere dei documenti e di ogni altro elemento utile, anche da parte delle amministrazioni pubbliche coinvolte e competenti, ai fini della sua comprensione e della sua valutazione complessiva, alla luce del principio di trasparenza richiamato dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 86 del 2024 e in attuazione del principio di trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto anche dall'articolo 1 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33;
7) a voler riconsiderare la devoluzione, come disposta ai sensi della legge n. 86 del 2024, di materie o loro ambiti che incidono sugli interessi nazionali e sulla tenuta economico-sociale del Sistema Paese, con riguardo, in particolare, al settore dell'import e dell'export nonché ai settori più significativi per il prodotto interno lordo nazionale e quelli più esposti in ordine alla concorrenza, alla competitività, alla sostenibilità energetica, agli scambi e agli accordi di natura internazionale e che necessitano di unitarietà delle politiche pubbliche, di principi fondamentali nonché di una cornice normativa univoca, in termini di coordinamento ed operatività, anche a fini di salvaguardia delle opportunità delle nostre imprese;
8) a provvedere e a vigilare affinché l'attuazione della cosiddetta autonomia differenziata di cui alla legge n. 86 del 2024 non pregiudichi le ragioni culturali, geografiche, economiche e sociali a fondamento della specialità garantita e tutelata dalla Costituzione, ai sensi dell'articolo 116, primo comma, delle regioni a statuto speciale.
(1-00309) (Nuova formulazione) «Francesco Silvestri, Alfonso Colucci, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Fenu, Alifano, Penza, Aiello, Amato, Appendino, Ascari, Barzotti, Bruno, Cafiero De Raho, Cantone, Caramiello, Carmina, Carotenuto, Caso, Cherchi, Conte, Sergio Costa, Dell'Olio, Di Lauro, Donno, D'Orso, Fede, Ferrara, Ilaria Fontana, Giuliano, Gubitosa, Iaria, L'Abbate, Lomuti, Lovecchio, Morfino, Orrico, Pavanelli, Pellegrini, Quartini, Raffa, Marianna Ricciardi, Riccardo Ricciardi, Scerra, Scutellà, Sportiello, Torto, Traversi, Tucci».
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Boldrini n. 5-02271 del 12 aprile 2024 in interrogazione a risposta orale n. 3-01469;
interrogazione a risposta in Commissione Manzi e Vaccari n. 5-02375 del 15 maggio 2024 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03539;
interrogazione a risposta in Commissione D'Orso n. 5-02624 del 12 luglio 2024 in interrogazione a risposta orale n. 3-01470.
ERRATA CORRIGE
Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato della mozione Polidori e altri n. 1-00204 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 357 del 1° ottobre 2024. Alla pagina 10104, prima colonna, alla riga quarantaquattresima, deve leggersi: «sul rischio di tumore l'obesità, l'abuso», e non come stampato e alla pagina 10105, prima colonna, dalla riga trentasettesima alla riga trentottesima, deve leggersi: «sedentarietà, sovrappeso), influenze culturali e sociali (abuso di alcol, fumo, cure», e non come stampato.