XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta dell'8 ottobre 2024.
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 7 ottobre 2024 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE APPENDINO ed altri: «Modifica all'articolo 48 della Costituzione in materia di attribuzione del diritto di voto ai cittadini che hanno compiuto il sedicesimo anno di età» (2074).
Sarà stampata e distribuita.
Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali)
SOUMAHORO: «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di acquisto della cittadinanza» (1828) Parere delle Commissioni II, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VI Commissione (Finanze)
CONSIGLIO REGIONALE DELL'EMILIA-ROMAGNA: «Fiscalità incentivante per le aree montane appenniniche svantaggiate» (1926) Parere delle Commissioni I, II, V, VII, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Trasmissione dalla Corte dei conti.
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 7 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), per l'esercizio 2023, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 294).
Questi documenti sono trasmessi alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 8 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM), per l'esercizio 2022, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 295).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).
Trasmissione dal Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 4 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1075, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, dell'articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e dell'articolo 1, comma 25, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, la relazione concernente lo stato di avanzamento degli interventi di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti finanziati con le risorse del fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, del fondo di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e del fondo di cui all'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, aggiornata al 30 settembre 2024 (Doc. XL, n. 7).
Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti).
Trasmissione dal Ministro
per i rapporti con il Parlamento.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 7 ottobre 2024, ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza unificata, nella seduta del 3 ottobre 2024, sul disegno di legge recante conversione in legge del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, recante disposizioni urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico (atto Senato n. 1222, Atto Camera n. 2066).
Questo parere è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).
Annunzio di progetti di
atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 7 ottobre 2024, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'attuazione della comunicazione «Mettere al primo posto le persone, garantire una crescita sostenibile e inclusiva, liberare il potenziale delle regioni ultraperiferiche dell'Unione europea» (COM(2024) 435 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
Proposta di decisione del Consiglio relativa al rinnovo dell'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e l'Ucraina (COM(2024) 438 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea nelle riunioni dei partecipanti all'accordo OCSE sui crediti all'esportazione che beneficiano di sostegno pubblico in merito alle prescrizioni sul pagamento in acconto e sul sostegno pubblico massimo (COM(2024) 440 final), corredata dal relativo allegato (COM(2024) 440 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2023/1115 per quanto riguarda le disposizioni relative alla data di applicazione (COM(2024) 452 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XIII (Agricoltura). Questa proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 7 ottobre 2024.
Richiesta di parere parlamentare
su proposta di nomina.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 3 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del dottor Riccardo Turrini Vita a presidente del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (54).
Queste richieste sono assegnate, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla II Commissione (Giustizia), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 28 ottobre 2024.
Richiesta di parere parlamentare
su atti del Governo.
Il Ministro della difesa, con lettera in data 4 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 04/2024, denominato «Esigenze della Difesa in materia di contrasto alla minaccia Indirect Fire», relativo all'acquisizione di sistemi di difesa aerea a cortissima portata contro minacce Rocket, Artillery and Mortar per le unità di artiglieria controaerei dell'Esercito (215).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 17 novembre 2024. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 28 ottobre 2024.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
INTERROGAZIONI
Elementi ed iniziative in ordine alla carenza di personale, alla riduzione del sovraffollamento carcerario e al rinnovo dei finanziamenti per i progetti relativi agli uomini maltrattanti nella casa circondariale di Santo Spirito a Siena – 3-01469
A)
BOLDRINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nel corso di una visita dell'interrogante alla casa circondariale di Santo Spirito a Siena, svoltasi il 6 aprile 2024, è stata riscontrata la presenza, in forma particolarmente acuta, di problemi comuni a moltissime se non a tutte le carceri italiane: sovraffollamento, carenza di personale amministrativo e di polizia penitenziaria, ristrettezza degli spazi per la socialità;
inoltre, dal mese di agosto 2023 non c'è la presenza fissa di un magistrato di sorveglianza e questo rende più difficile il riconoscimento concreto dei diritti dei detenuti a usufruire dei benefìci previsti dalla legislazione italiana;
questa situazione impatta negativamente sulla qualità dei servizi e delle prestazioni, nonostante l'impegno ammirevole del personale amministrativo, della polizia penitenziaria e dei volontari;
si segnala, inoltre, che dal 2024 non sono stati rinnovati i finanziamenti per i percorsi psicologici previsti per gli uomini maltrattanti –:
quali siano le ragioni che impediscono l'assunzione di nuovo personale amministrativo e di polizia penitenziaria, come si intenda affrontare e risolvere l'annoso problema del sovraffollamento che per il carcere di Siena è dato dalla presenza di 74 detenuti rispetto ai 58 previsti e se non si intenda rinnovare i finanziamenti per i progetti relativi agli uomini maltrattanti.
(3-01469)
Iniziative in ordine all'integrazione e all'aggiornamento del «Portale Servizi Telematici – Azione di Classe/Class Action» – 3-01470
B)
D'ORSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
dal 19 maggio 2021 è possibile iscrivere nei registri giudiziali civili i procedimenti collettivi di cui all'articolo 840-bis del codice di procedura civile e seguenti (cosiddetta class action), introdotti dalla legge 12 aprile 2019, n. 31;
sul portale dei servizi telematici (Pst) del Ministero è possibile consultare le azioni collettive iscritte nei registri e depositare le domande di adesione;
attualmente il portale ospita sia le azioni di classe ex articolo 840-bis e seguenti del codice di procedura civile, sia le azioni rappresentative ex articolo 140-ter e seguenti del codice del consumo;
le voci attualmente presenti sono: fascicolo (contenente gli atti processuali di parte e dell'organo giurisdizionale), oggetto, resistente, ufficio giudiziario, funzioni;
la consultazione del portale risulta poco agevole in quanto i procedimenti non sono inseriti in ordine cronologico e soprattutto per ciascun procedimento iscritto non viene indicata la natura dell'azione, di classe o rappresentativa, inibitoria o risarcitoria;
molti fascicoli, inoltre, non contengono gli atti processuali;
alcuni avvocati hanno riferito che diverse azioni di classe non sono mai state caricate sul portale –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga, al fine di migliorare l'efficienza, l'accessibilità, la fruibilità e la consultazione dello strumento «Portale Servizi Telematici – Azione di Classe / Class Action», di attivarsi tramite gli uffici ministeriali competenti, al fine di apportare i suddetti necessari correttivi alla configurazione del portale, integrandola altresì con l'indicazione della fase in cui si trova il procedimento, provvedendo a monitorare e vigilare affinché i dati e la documentazione inseriti siano completi e costantemente aggiornati.
(3-01470)
DISEGNO DI LEGGE: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LAVORO (TESTO RISULTANTE DALLO STRALCIO, DISPOSTO DAL PRESIDENTE DELLA CAMERA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 123-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO, E COMUNICATO ALL'ASSEMBLEA IL 28 NOVEMBRE 2023, DEGLI ARTICOLI 10, 11 E 13 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1532) (A.C. 1532-BIS-A)
A.C. 1532-bis-A – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il presente disegno di legge sarebbe finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, del rafforzamento delle capacità operative dei servizi sociali degli enti territoriali nonché degli ammortizzatori sociali;
il 12 luglio 2024 le organizzazioni sindacali Filcams Cgil Firenze, Uiltucs Toscana e Rsu Opera Laboratori Fiorentini, hanno comunicato che – tramite provvedimento del direttore generale Musei presso il Ministero della cultura Massimo Osanna nonché direttore ad interim di Accademia e Bargello – la concessione (per i servizi di biglietteria, accoglienza a sorveglianza per il Museo del Bargello e afferenti, nonché della Galleria dell'Accademia) risulta revocata e il sistema di bigliettazione passerà dal prossimo primo novembre, per intero, sulla piattaforma «Ad Arte», e anche i servizi di controllo accessi e accoglienza non saranno più gestiti da Opera Laboratori Fiorentini;
le organizzazioni sindacali hanno stigmatizzato il mancato coinvolgimento nel radicale cambiamento organizzativo nella gestione di alcuni servizi dei suddetti musei perché non risulta chiaro quali siano le intenzioni della direzione dei musei circa la concreta sorte delle centinaia di lavoratrici e dei lavoratori impiegati;
a quanto risulta ai firmatari del presente atto, le rassicurazioni verbali dello scorso luglio non hanno trovato conferme concrete negli incontri svolti al ministero della cultura. Il passaggio dei lavoratori di Opera impiegati all'Accademia, al Bargello e alle Cappelle Medicee, alla società Ales dal prossimo primo novembre non è stato ancora definito così come non è stato chiarito il mantenimento degli attuali livelli occupazionali;
sarebbe a rischio il posto di lavoro per circa 200 dipendenti; si tratta di professionalità formate e altamente qualificate, che vantano esperienze decennali ed hanno contribuito ai continui record di visitatori del Polo Museale fiorentino;
a seguito di tali incertezze l'assemblea dai lavoratori di Opera Laboratori ha proclamato lo stato di agitazione e l'apertura della mobilitazione generale. Dopo l'annuncio della mobilitazione la Direzione del Polo Museale fiorentino ha comunicato a mezzo stampa di essere pienamente disponibile ad un confronto con i sindacati,
impegna il Governo
a garantire che tutti i livelli occupazionali e le professionalità presenti ad oggi in Opera Laboratori e impiegati nel Polo museale fiorentino siano confermati e salvaguardati anche nel caso della revoca, disposta a partire dal 1° novembre prossimo, per i servizi di biglietteria, accoglienza a sorveglianza per il Museo del Bargello, le Cappelle Medicee e la Galleria dell'Accademia.
9/1532-bis-A/1. Gianassi, Scotto, Fossi, Bonafè.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge reca diversi interventi in materia previdenziale e contributiva, di tutela e sicurezza dei luoghi di lavoro, ammortizzatori sociali e rapporti di lavoro, con specifico riguardo ai contratti a termine e di somministrazione;
proprio in materia contrattualistica, si ricorda la tipologia del contratto di espansione, definito di natura gestionale, quale strumento per incentivare il ricambio generazionale nelle aziende e la riqualificazione del personale;
tale contratto è stato introdotto nel nostro ordinamento dall'articolo 26-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, novellando l'articolo 41 del decreto legislativo n. 148 del 2015, originariamente per il biennio 2019-2020, poi prorogato dalla legge n. 178 del 2020 per il solo anno 2021 e poi dall'articolo 1, comma 215, della legge n. 234 del 2021 sino al 31 dicembre 2023 con l'obiettivo di estendere il perimetro delle aziende interessate;
il contratto inizialmente ha riguardato le imprese con oltre 1.000 unità, poi previsto, con le modifiche di cui alle citate leggi n. 178 del 2020 e n. 234 del 2021, anche per i datori di lavoro che impieghino almeno 500 lavoratori (250 lavoratori nel caso di accompagnamento alla pensione); dal 26 maggio 2021 i predetti requisiti dimensionali sono stati, peraltro, abbassati a 100 unità lavorative e dal 1° gennaio 2022 ulteriormente ridotti a 50 unità lavorative, ampliandone così l'utilizzo anche alle aziende medio-piccole;
l'obiettivo di tale strumento era appunto favorire i processi di riconversione e di ristrutturazione aziendali, consentendo, previo accordo tra azienda e sindacati, di mandare in pensione su base volontaria i lavoratori che si trovavano a meno di 5 anni dall'uscita dal lavoro,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, in occasione della prossima manovra finanziaria, di prorogare l'istituto di cui in premessa anche per il prossimo triennio.
9/1532-bis-A/2. Nisini.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge reca diversi interventi in materia previdenziale e contributiva, di tutela e sicurezza dei luoghi di lavoro, ammortizzatori sociali e rapporti di lavoro, con specifico riguardo ai contratti a termine e di somministrazione;
proprio in materia contrattualistica, si ricorda la tipologia del contratto di espansione, definito di natura gestionale, quale strumento per incentivare il ricambio generazionale nelle aziende e la riqualificazione del personale;
tale contratto è stato introdotto nel nostro ordinamento dall'articolo 26-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, novellando l'articolo 41 del decreto legislativo n. 148 del 2015, originariamente per il biennio 2019-2020, poi prorogato dalla legge n. 178 del 2020 per il solo anno 2021 e poi dall'articolo 1, comma 215, della legge n. 234 del 2021 sino al 31 dicembre 2023 con l'obiettivo di estendere il perimetro delle aziende interessate;
il contratto inizialmente ha riguardato le imprese con oltre 1.000 unità, poi previsto, con le modifiche di cui alle citate leggi n. 178 del 2020 e n. 234 del 2021, anche per i datori di lavoro che impieghino almeno 500 lavoratori (250 lavoratori nel caso di accompagnamento alla pensione); dal 26 maggio 2021 i predetti requisiti dimensionali sono stati, peraltro, abbassati a 100 unità lavorative e dal 1° gennaio 2022 ulteriormente ridotti a 50 unità lavorative, ampliandone così l'utilizzo anche alle aziende medio-piccole;
l'obiettivo di tale strumento era appunto favorire i processi di riconversione e di ristrutturazione aziendali, consentendo, previo accordo tra azienda e sindacati, di mandare in pensione su base volontaria i lavoratori che si trovavano a meno di 5 anni dall'uscita dal lavoro,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, di prorogare l'istituto di cui in premessa anche per il prossimo triennio.
9/1532-bis-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta)Nisini.
La Camera
impegna il Governo
al fine di promuovere la stabilizzazione dei rapporti di lavoro nel settore agricolo, per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato di lavoratori effettuate a decorre dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2025, a prevedere, nel primo provvedimento utile, il riconoscimento ai datori di lavoro agricolo l'esonero della contribuzione previdenziale e assistenziale a loro carico nella misura del 100 per cento per un periodo massimo di trentasei mesi, nel limite di importo pari a 6.000 euro annui.
9/1532-bis-A/3. Gnassi, Vaccari, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge reca diversi interventi in materia di rapporti di lavoro, tutela e sicurezza dei luoghi di lavoro e ammortizzatori sociali, e reca ulteriori disposizioni tra cui, all'articolo 32, alcune volte a potenziare il ruolo dei centri per la famiglia, anche con riguardo alle misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
in proposito, un tema particolare è quello dei congedi per la malattia del figlio/a;
stante la vigente disciplina, (articolo 47 e 48 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151), fino al compimento del terzo anno del figlio/a entrambi i genitori possono alternativamente astenersi dal lavoro per la malattia del minore, senza limiti temporali. Dai tre agli otto anni, ciascun genitore ha diritto a 5 giorni lavorativi ogni anno per le malattie del figlio/a. Il ricovero ospedaliero del figlio/a interrompe, su richiesta, l'eventuale fruizione delle ferie da parte del genitore;
per quanto concerne il trattamento previdenziale, sussiste una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati: nel settore privato, infatti, i congedi non sono retribuiti e, sia per quelli fino a tre anni del figlio/a, che per i 5 giorni annui previsti dai tre agli otto anni, le assenze dal lavoro sono coperte da contribuzione figurativa; nel settore pubblico, invece, solo i 5 giorni ogni anno a disposizione di ciascun genitore dai tre agli otto anni sono senza retribuzione e con la copertura contributiva, al pari del privato, mentre fino al terzo anno del figlio/a, è previsto il diritto a trenta giorni regolarmente retribuiti per anno per le malattie del bambino/a, con relativa contribuzione obbligatoria;
purtroppo i dati ISTAT confermano la denatalità anche nel 2023, registrando 3.500 nascite in meno nel semestre gennaio-giugno rispetto allo stesso periodo del 2002 e questo Governo si è già impegnato ad inserire nella prossima manovra di bilancio misure di contrasto al fenomeno,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di intervenire, nell'ambito delle misure a sostegno della famiglia e della natalità, per ridurre la disparità tra genitori dipendenti pubblici e privati ai fini delle assenze per malattia dei figli minori di 3 anni, anche attraverso forme di incentivi alla contrattazione collettiva.
9/1532-bis-A/4. Montemagni.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge reca diversi interventi in materia di rapporti di lavoro, tutela e sicurezza dei luoghi di lavoro e ammortizzatori sociali, e reca ulteriori disposizioni tra cui, all'articolo 32, alcune volte a potenziare il ruolo dei centri per la famiglia, anche con riguardo alle misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
in proposito, un tema particolare è quello dei congedi per la malattia del figlio/a;
stante la vigente disciplina, (articolo 47 e 48 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151), fino al compimento del terzo anno del figlio/a entrambi i genitori possono alternativamente astenersi dal lavoro per la malattia del minore, senza limiti temporali. Dai tre agli otto anni, ciascun genitore ha diritto a 5 giorni lavorativi ogni anno per le malattie del figlio/a. Il ricovero ospedaliero del figlio/a interrompe, su richiesta, l'eventuale fruizione delle ferie da parte del genitore;
per quanto concerne il trattamento previdenziale, sussiste una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati: nel settore privato, infatti, i congedi non sono retribuiti e, sia per quelli fino a tre anni del figlio/a, che per i 5 giorni annui previsti dai tre agli otto anni, le assenze dal lavoro sono coperte da contribuzione figurativa; nel settore pubblico, invece, solo i 5 giorni ogni anno a disposizione di ciascun genitore dai tre agli otto anni sono senza retribuzione e con la copertura contributiva, al pari del privato, mentre fino al terzo anno del figlio/a, è previsto il diritto a trenta giorni regolarmente retribuiti per anno per le malattie del bambino/a, con relativa contribuzione obbligatoria;
purtroppo i dati ISTAT confermano la denatalità anche nel 2023, registrando 3.500 nascite in meno nel semestre gennaio-giugno rispetto allo stesso periodo del 2002 e questo Governo si è già impegnato ad inserire nella prossima manovra di bilancio misure di contrasto al fenomeno,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di intervenire, nell'ambito delle misure a sostegno della famiglia e della natalità, affinché i genitori dipendenti pubblici e privati abbiano la stessa disciplina con riguardo alle assenze per malattia dei figli minori di 3 anni.
9/1532-bis-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta)Montemagni.
La Camera,
premesso che:
la prestazione occasionale è una forma di collaborazione flessibile che si colloca a metà strada tra il lavoro autonomo e il lavoro subordinato. Si tratta di un tipo di impiego non continuativo, mirato a rispondere a esigenze lavorative sporadiche e saltuarie;
il contratto di prestazione occasionale è rivolto a diverse categorie di utilizzatori, inclusi privati, professionisti, enti non profit e piccole imprese. Questo tipo di contratto consente di acquisire prestazioni di lavoro con modalità semplificate e, questo, rappresenta un'importante lotta al lavoro sommerso;
la prestazione occasionale è regolata dall'articolo 54-bis del decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 21 giugno 2017, successivamente modificata dalla legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197) e dal decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, nella legge 3 luglio 2023, n. 85;
in particolare, la legge di bilancio 2023 ha elevato da cinque a dieci mila euro nel corso di un anno civile il limite massimo di compensi che possono essere corrisposti da ciascun utilizzatore per prestazioni occasionali, con riferimento alla totalità dei prestatori. Resta, invece, fermo a 5 mila euro il compenso massimo che può essere percepito da ciascun prestatore nel corso dell'anno civile;
l'innalzamento del limite attualmente previsto per il prestatore può rappresentare un'opportunità per favorire ulteriormente l'emersione del lavoro nero,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nell'ambito dei contratti di prestazione occasionale, di elevare il compenso massimo che può essere percepito da ciascun prestatore nel corso dell'anno civile.
9/1532-bis-A/5. Cattoi, Ambrosi.
La Camera,
premesso che:
la prestazione occasionale è una forma di collaborazione flessibile che si colloca a metà strada tra il lavoro autonomo e il lavoro subordinato. Si tratta di un tipo di impiego non continuativo, mirato a rispondere a esigenze lavorative sporadiche e saltuarie;
il contratto di prestazione occasionale è rivolto a diverse categorie di utilizzatori, inclusi privati, professionisti, enti non profit e piccole imprese. Questo tipo di contratto consente di acquisire prestazioni di lavoro con modalità semplificate e, questo, rappresenta un'importante lotta al lavoro sommerso;
la prestazione occasionale è regolata dall'articolo 54-bis del decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 21 giugno 2017, successivamente modificata dalla legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197) e dal decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, nella legge 3 luglio 2023, n. 85;
in particolare, la legge di bilancio 2023 ha elevato da cinque a dieci mila euro nel corso di un anno civile il limite massimo di compensi che possono essere corrisposti da ciascun utilizzatore per prestazioni occasionali, con riferimento alla totalità dei prestatori. Resta, invece, fermo a 5 mila euro il compenso massimo che può essere percepito da ciascun prestatore nel corso dell'anno civile;
l'innalzamento del limite attualmente previsto per il prestatore può rappresentare un'opportunità per favorire ulteriormente l'emersione del lavoro nero,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nell'ambito dei contratti di prestazione occasionale, di rivedere la misura del compenso massimo che può essere percepito da ciascun prestatore nel corso dell'anno civile.
9/1532-bis-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta)Cattoi, Ambrosi.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge reca diversi interventi in materia di rapporti di lavoro, ammortizzatori sociali, tutela e sicurezza dei luoghi di lavoro;
in tema di lavoro, quello domestico, con particolare riguardo all'assistenza ad anziani e persone non autosufficienti, presenta profili critici in termini di fabbisogno;
secondo i dati dell'Osservatorio sul potenziale del lavoro domestico realizzato dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, nel 2022 l'Italia ha registrato un totale di 894 mila lavoratori domestici, tra cui 429 mila badanti e 465 mila colf, l'85 per cento delle famiglie dovrebbe ridurre l'impegno lavorativo senza una baby-sitter, e solo un lavoratore su dieci rientra nel decreto Flussi;
è da ipotizzare un fabbisogno crescente di queste tipologie di lavoratori, anche in considerazione di fenomeni quali invecchiamento della popolazione e allungamento delle prospettive di vita;
secondo il Rapporto 2024 Family (Net) Work per soddisfare il reale fabbisogno delle famiglie servirebbero quasi il doppio delle quote previste per l'anno 2025 (18.626 rispetto alle 9,500 previste);
ad appesantire il quadro è anche lo strumento del click day, che rappresenta una vera e propria «lotteria» e, ogni volta, conferma tutti i suoi limiti, in primis quelli dal punto di vista informatico,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di superare il click day per il lavoro domestico e/o prevedere delle specifiche quote di ingresso flussi per questa tipologia di lavoratori, riservate in base al reale fabbisogno delle famiglie.
9/1532-bis-A/6. Giaccone.
La Camera,
premesso che:
l'ISCRO, l'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa prevista per i lavoratori auto-nomi, introdotta in via sperimentale dall'articolo 1, comma 386, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, è stata resa una misura strutturale dall'articolo 1, commi 142-150, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024);
tale misura, infatti, era stata prevista per un periodo limitato, coprendo solo il triennio dal 2021 al 2023, ma con l'adozione della nuova manovra finanziaria, è stato deciso di rendere questo strumento permanente a partire dal 2024;
la finalità principale dello strumento ISCRO è quella di garantire una continuità del reddito per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata INPS; tuttavia, non rappresenta soltanto un supporto economico temporaneo, ma include anche un'importante componente assicurativa, dato che il meccanismo è alimentato attraverso i contributi versati dai potenziali beneficiari;
l'ISCRO risulta, pertanto, una misura fondamentale per offrire una rete di sicurezza economica, proteggendo i professionisti autonomi da eventuali cali improvvisi di fatturato e cercando di stabilizzare la loro situazione finanziaria anche in tempi di difficoltà, come quelli vissuti durante la pandemia;
considerato infine che:
al fine di adempiere al suo obiettivo di proteggere in modo efficace una categoria spesso vulnerabile a oscillazioni di mercato e crisi globali, come quella causata dalla pandemia di COVID-19, risulta fondamentale adottare alcune migliorie per rendere tale strumento ancora più accessibile e incisivo; e che l'ISCRO risulta di difficile applicazione e utilizzo specialmente tra i lavoratori più giovani, in quanto, ad oggi, servono ben tre anni per accedervi,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di rendere lo strumento dell'ISCRO più accessibile, adottando iniziative normative volte a riconoscere tale indennità ai soggetti titolari di partita IVA attiva da almeno due anni, e non tre, alla data di presentazione della domanda di accesso allo strumento, nonché più efficace, incrementando la percentuale della media dei redditi da lavoro autonomo dichiarati, di cui alla legge 30 dicembre 2023, n. 13.
9/1532-bis-A/7. Battilocchio, Tenerini, Tassinari.
La Camera,
premesso che:
delle 4,4 milioni di imprese che costituiscono il tessuto imprenditoriale italiano, il 95 per cento è rappresentato dal comparto microimprese, ossia realtà con meno di 10 addetti. Seguono le piccole medie imprese (PMI), che hanno tra i 10 ed i 249 addetti e pesano il 4,9 per cento sul totale, ed infine le grandi con oltre 250 addetti, che valgono il residuale 0,1 per cento (dati 2023);
la presenza di microimprese in Italia è più spiccata rispetto alla media europea (93 per cento). Inoltre, solo lo 0,09 per cento delle imprese italiane supera i 250 addetti, contro lo 0,14 per cento francese, lo 0,19 per cento europeo, e addirittura lo 0,48 per cento tedesco;
la distribuzione degli occupati, tra i diversi comparti, riflette la distribuzione dimensionale di imprese, con una maggior quota di occupati nelle fasce di imprese più piccole. In Italia, le imprese sotto i 10 addetti cubano infatti il 45 per cento degli occupati;
da un'analisi del Cerved del 2023 emerge una situazione di complessità nel comparto delle piccole e medie imprese. Dopo un 2022 caratterizzato da poche chiusure e fatturati in crescita (+6,1 per cento soprattutto per effetto delle piccole imprese), nel 2023, i dati sulla demografia d'impresa e le abitudini di pagamento hanno messo in evidenza situazioni di difficoltà. Non nascono nuove imprese (-2,3 per cento su base annua), con una contrazione particolarmente significativa di srl semplificate (-7,9 per cento). Al contrario, per la prima volta dal 2019, aumentano le imprese che chiudono i battenti (+33,3 per cento), con un aumento del 25,2 per cento per i fallimenti e del 36 per cento per le liquidazioni in bonis, soprattutto nel manifatturiero (+50,6 per cento fallimenti, +55,4 per cento liquidazioni);
a trainare verso questa nuova rotta hanno contribuito alcuni fattori esogeni come: l'inflazione, la politica dei tassi di interesse delle BCE e i conflitti (non più solo quello in Ucraina, ma anche il fronte in Medio Oriente);
parecchie le difficoltà riscontrate sul fronte del cambio generazionale, specialmente in ambito artigiano dove più alto è il rischio di collassare sotto i colpi di una globalizzazione sempre più marcata e di una serie di rigidità dei mercati finanziari che rendono difficile l'accesso al credito;
parlare di workers buyout significa approcciarsi ad una diversa forma di imprenditorialità, attraverso il percorso di acquisto di una società, realizzato dai dipendenti dell'impresa stessa. Il meccanismo ha origine sin dagli anni 80, quando proprio per facilitare la costituzione di nuove cooperative fu promulgata la legge Marcora;
negli ultimi tredici anni (2011-2023) le operazioni di workers buyout hanno consentito il salvataggio di 93 imprese, in larga prevalenza manifatturiere ed industriali, distribuite in tutte le regioni del Paese, garantendo continuità occupazionale a ben 2.111 addetti;
tale meccanismo consente la nascita di un nuovo soggetto cooperativo, che prende vita a seguito di una fallimento, o nei casi di confisca di un'attività alla criminalità organizzata oppure a seguito di semplice cambio generazionale, causato da differenti interessi e dinamiche familiari;
tale fattispecie del genere andrebbe incentivata, al fine di evitare la fuoriuscita dal mercato di una serie di aziende spesso virtuose, di piccole e medie dimensioni e la conseguente perdita non soltanto di posti di lavoro ma anche del patrimonio storico di un'azienda, di esperienze, di risorse e di competenze maturate del tempo;
a tal fine sarebbe auspicabile predisporre incentivi che facilitino la nascita di workers buyout, supportando le società cooperative costituite da lavoratori provenienti da aziende in crisi (c.d. operazioni di «workers buyout») e da aziende i cui titolari intendano trasferire la titolarità dell'impresa ai lavoratori medesimi al fine di garantire il passaggio generazionale, in continuità con quanto previsto dalla legge 27 febbraio 1985, n. 49 (cosiddetta «Legge Marcora») che, come su accennato, disciplina il fenomeno;
in particolare, al fine di creare condizioni di sviluppo stabile e duraturo di tali iniziative e, dunque, contribuire all'incremento dei livelli occupazionali e alla continuità di impresa, si dovrebbe sostenere tali imprese nella fase di loro avviamento, per sua natura la più critica in quanto tesa a garantire continuità alla nuova impresa e generare nuove occasioni di sviluppo e di occupazione;
occorrerebbe garantire un sostegno nella fase di start-up di tali tipologie di imprese, che trova la sua giustificazione nella necessità di assicurare sostenibilità economico-finanziaria a piani aziendali finalizzati al superamento delle condizioni produttive e gestionali che hanno causato la crisi e la cessazione dell'attività delle imprese precedenti e non rappresenta un aiuto di stato ai sensi della disciplina UE;
in tale direzione, del resto, la Raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea c (C/2023/1344) del 27 novembre 2023 sullo sviluppo delle condizioni quadro dell'economia sociale, che sollecita gli Stati membri ad assicurare «un quadro favorevole ai trasferimenti di imprese ai lavoratori dipendenti per costituire cooperative di lavoratori e altre forme giuridiche pertinenti dell'economia sociale ed evitare la perdita di posti di lavoro e salvaguardare l'attività economica»,
impegna il Governo
ad individuare, al fine di promuovere interventi diretti a salvaguardare l'occupazione e assicurare la continuità all'esercizio delle attività imprenditoriali, nei confronti delle società cooperative costituite dai lavoratori ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 27 febbraio 1985, n. 49, comprese le cooperative costituite ai sensi dell'articolo 23, comma 3-quater, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, per un periodo transitorio, meccanismi volti all'esonero, totale o parziale, dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).
9/1532-bis-A/8. Tenerini, Battilocchio, Tassinari.
La Camera,
premesso che:
delle 4,4 milioni di imprese che costituiscono il tessuto imprenditoriale italiano, il 95 per cento è rappresentato dal comparto microimprese, ossia realtà con meno di 10 addetti. Seguono le piccole medie imprese (PMI), che hanno tra i 10 ed i 249 addetti e pesano il 4,9 per cento sul totale, ed infine le grandi con oltre 250 addetti, che valgono il residuale 0,1 per cento (dati 2023);
la presenza di microimprese in Italia è più spiccata rispetto alla media europea (93 per cento). Inoltre, solo lo 0,09 per cento delle imprese italiane supera i 250 addetti, contro lo 0,14 per cento francese, lo 0,19 per cento europeo, e addirittura lo 0,48 per cento tedesco;
la distribuzione degli occupati, tra i diversi comparti, riflette la distribuzione dimensionale di imprese, con una maggior quota di occupati nelle fasce di imprese più piccole. In Italia, le imprese sotto i 10 addetti cubano infatti il 45 per cento degli occupati;
da un'analisi del Cerved del 2023 emerge una situazione di complessità nel comparto delle piccole e medie imprese. Dopo un 2022 caratterizzato da poche chiusure e fatturati in crescita (+6,1 per cento soprattutto per effetto delle piccole imprese), nel 2023, i dati sulla demografia d'impresa e le abitudini di pagamento hanno messo in evidenza situazioni di difficoltà. Non nascono nuove imprese (-2,3 per cento su base annua), con una contrazione particolarmente significativa di srl semplificate (-7,9 per cento). Al contrario, per la prima volta dal 2019, aumentano le imprese che chiudono i battenti (+33,3 per cento), con un aumento del 25,2 per cento per i fallimenti e del 36 per cento per le liquidazioni in bonis, soprattutto nel manifatturiero (+50,6 per cento fallimenti, +55,4 per cento liquidazioni);
a trainare verso questa nuova rotta hanno contribuito alcuni fattori esogeni come: l'inflazione, la politica dei tassi di interesse delle BCE e i conflitti (non più solo quello in Ucraina, ma anche il fronte in Medio Oriente);
parecchie le difficoltà riscontrate sul fronte del cambio generazionale, specialmente in ambito artigiano dove più alto è il rischio di collassare sotto i colpi di una globalizzazione sempre più marcata e di una serie di rigidità dei mercati finanziari che rendono difficile l'accesso al credito;
parlare di workers buyout significa approcciarsi ad una diversa forma di imprenditorialità, attraverso il percorso di acquisto di una società, realizzato dai dipendenti dell'impresa stessa. Il meccanismo ha origine sin dagli anni 80, quando proprio per facilitare la costituzione di nuove cooperative fu promulgata la legge Marcora;
negli ultimi tredici anni (2011-2023) le operazioni di workers buyout hanno consentito il salvataggio di 93 imprese, in larga prevalenza manifatturiere ed industriali, distribuite in tutte le regioni del Paese, garantendo continuità occupazionale a ben 2.111 addetti;
tale meccanismo consente la nascita di un nuovo soggetto cooperativo, che prende vita a seguito di una fallimento, o nei casi di confisca di un'attività alla criminalità organizzata oppure a seguito di semplice cambio generazionale, causato da differenti interessi e dinamiche familiari;
tale fattispecie del genere andrebbe incentivata, al fine di evitare la fuoriuscita dal mercato di una serie di aziende spesso virtuose, di piccole e medie dimensioni e la conseguente perdita non soltanto di posti di lavoro ma anche del patrimonio storico di un'azienda, di esperienze, di risorse e di competenze maturate del tempo;
a tal fine sarebbe auspicabile predisporre incentivi che facilitino la nascita di workers buyout, supportando le società cooperative costituite da lavoratori provenienti da aziende in crisi (c.d. operazioni di «workers buyout») e da aziende i cui titolari intendano trasferire la titolarità dell'impresa ai lavoratori medesimi al fine di garantire il passaggio generazionale, in continuità con quanto previsto dalla legge 27 febbraio 1985, n. 49 (cosiddetta «Legge Marcora») che, come su accennato, disciplina il fenomeno;
in particolare, al fine di creare condizioni di sviluppo stabile e duraturo di tali iniziative e, dunque, contribuire all'incremento dei livelli occupazionali e alla continuità di impresa, si dovrebbe sostenere tali imprese nella fase di loro avviamento, per sua natura la più critica in quanto tesa a garantire continuità alla nuova impresa e generare nuove occasioni di sviluppo e di occupazione;
occorrerebbe garantire un sostegno nella fase di start-up di tali tipologie di imprese, che trova la sua giustificazione nella necessità di assicurare sostenibilità economico-finanziaria a piani aziendali finalizzati al superamento delle condizioni produttive e gestionali che hanno causato la crisi e la cessazione dell'attività delle imprese precedenti e non rappresenta un aiuto di stato ai sensi della disciplina UE;
in tale direzione, del resto, la Raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea c (C/2023/1344) del 27 novembre 2023 sullo sviluppo delle condizioni quadro dell'economia sociale, che sollecita gli Stati membri ad assicurare «un quadro favorevole ai trasferimenti di imprese ai lavoratori dipendenti per costituire cooperative di lavoratori e altre forme giuridiche pertinenti dell'economia sociale ed evitare la perdita di posti di lavoro e salvaguardare l'attività economica»,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, di introdurre interventi diretti a salvaguardare l'occupazione e assicurare la continuità all'esercizio delle attività imprenditoriali, nei confronti delle società cooperative costituite dai lavoratori ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 27 febbraio 1985, n. 49, comprese le cooperative costituite ai sensi dell'articolo 23, comma 3-quater, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, per un periodo transitorio, meccanismi volti all'esonero, totale o parziale, dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).
9/1532-bis-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta)Tenerini, Battilocchio, Tassinari.
La Camera,
premesso che:
la legge 3 dicembre 1999, n. 493 (Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici), promuove iniziative dirette a tutelare la sicurezza e la salute attraverso la prevenzione delle cause di nocività e degli infortuni negli ambienti di civile abitazione e l'istituzione di una forma assicurativa contro il rischio infortunistico derivante dal lavoro svolto in ambito;
la norma ha istituito una assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici, al fine di tutelare contro il rischio di invalidità permanente le persone che svolgono attività di lavoro domestico e non sono iscritte ad altre forme obbligatorie di previdenza;
tale assicurazione tutela il lavoro svolto in via non occasionale, gratuitamente e senza vincolo di subordinazione, finalizzato alle cure della propria famiglia e dell'ambiente in cui si dimora. Tale forma viene equiparata, per il suo valore sociale ed economico, alle altre forme di lavoro;
sono tenuti al pagamento del premio tutti coloro (uomini e donne) che hanno un'età compresa tra i 18 e i 67 anni e svolgono in modo abituale, esclusivo e gratuito l'attività di cura della casa e del nucleo familiare;
il premio dell'assicurazione ha un costo annuale di 24,00 euro, non frazionabile su base mensile ed è deducibile ai fini fiscali;
tale premio è a carico dello Stato per le persone che possiedono un reddito personale complessivo lordo fino a 4.648,11 euro l'anno e fanno parte di un nucleo familiare il cui reddito complessivo lordo non supera i 9.296,22 euro l'anno;
ad oggi sono pochissimi gli aventi diritto che si avvalgono di questa possibilità dal momento che ammontano allo 0,188 per cento per l'anno 2023 ed allo 0,183 per cento per l'anno 2024, presumibilmente perché la misura non è adeguatamente comunicata e, quindi conosciuta, dalla platea degli aventi diritto;
la medesima legge, all'articolo 12, tuttavia, stanzia per tale scopo un importo che è attualmente pari a 12.541.253 annui;
l'articolo 10 al comma 4, prevede inoltre che le eventuali eccedenze di gestione del Fondo autonomo speciale istituito per l'assicurazione medesima, al netto degli accantonamenti al fondo di riserva, possano essere destinate al miglioramento delle prestazioni agli assicurati e all'ultimo periodo che Annualmente, su proposta del Comitato amministratore del Fondo, sono destinate delle risorse, nel rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Fondo medesimo, per la realizzazione, a cura dell'INAIL, di campagne informative a livello nazionale finalizzate alla prevenzione degli infortuni negli ambienti di civile abitazione,
impegna il Governo
a rendere strutturale il finanziamento di progetti di formazione e di iniziative informative, volti a far conoscere ad una più ampia platea possibile lo strumento dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici, gratuita per le famiglie meno abbienti, a prescindere dalle eventuali eccedenze del Fondo, nell'ambito delle risorse già previste dalla copertura finanziaria di cui all'articolo 12 della legge in questione.
9/1532-bis-A/9. Tassinari, Tenerini, Battilocchio.
La Camera,
premesso che:
la legge 3 dicembre 1999, n. 493 (Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici), promuove iniziative dirette a tutelare la sicurezza e la salute attraverso la prevenzione delle cause di nocività e degli infortuni negli ambienti di civile abitazione e l'istituzione di una forma assicurativa contro il rischio infortunistico derivante dal lavoro svolto in ambito;
la norma ha istituito una assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici, al fine di tutelare contro il rischio di invalidità permanente le persone che svolgono attività di lavoro domestico e non sono iscritte ad altre forme obbligatorie di previdenza;
tale assicurazione tutela il lavoro svolto in via non occasionale, gratuitamente e senza vincolo di subordinazione, finalizzato alle cure della propria famiglia e dell'ambiente in cui si dimora. Tale forma viene equiparata, per il suo valore sociale ed economico, alle altre forme di lavoro;
sono tenuti al pagamento del premio tutti coloro (uomini e donne) che hanno un'età compresa tra i 18 e i 67 anni e svolgono in modo abituale, esclusivo e gratuito l'attività di cura della casa e del nucleo familiare;
il premio dell'assicurazione ha un costo annuale di 24,00 euro, non frazionabile su base mensile ed è deducibile ai fini fiscali;
tale premio è a carico dello Stato per le persone che possiedono un reddito personale complessivo lordo fino a 4.648,11 euro l'anno e fanno parte di un nucleo familiare il cui reddito complessivo lordo non supera i 9.296,22 euro l'anno;
ad oggi sono pochissimi gli aventi diritto che si avvalgono di questa possibilità dal momento che ammontano allo 0,188 per cento per l'anno 2023 ed allo 0,183 per cento per l'anno 2024, presumibilmente perché la misura non è adeguatamente comunicata e, quindi conosciuta, dalla platea degli aventi diritto;
la medesima legge, all'articolo 12, tuttavia, stanzia per tale scopo un importo che è attualmente pari a 12.541.253 annui;
l'articolo 10 al comma 4, prevede inoltre che le eventuali eccedenze di gestione del Fondo autonomo speciale istituito per l'assicurazione medesima, al netto degli accantonamenti al fondo di riserva, possano essere destinate al miglioramento delle prestazioni agli assicurati e all'ultimo periodo che Annualmente, su proposta del Comitato amministratore del Fondo, sono destinate delle risorse, nel rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Fondo medesimo, per la realizzazione, a cura dell'INAIL, di campagne informative a livello nazionale finalizzate alla prevenzione degli infortuni negli ambienti di civile abitazione,
impegna il Governo
a valutare la possibilità, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, di rendere strutturale il finanziamento di progetti di formazione e di iniziative informative, volti a far conoscere ad una più ampia platea possibile lo strumento dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici, gratuita per le famiglie meno abbienti, a prescindere dalle eventuali eccedenze del Fondo, nell'ambito delle risorse già previste dalla copertura finanziaria di cui all'articolo 12 della legge in questione.
9/1532-bis-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta)Tassinari, Tenerini, Battilocchio.
La Camera,
premesso che,
il provvedimento in esame, che dovrebbe, da rubrica, adottare disposizioni in materia di lavoro, nulla dispone a sostegno dei lavoratori del pubblico impiego al fine di far fronte alle esigenze dei tanti comparti;
tra i comparti registriamo l'assenza di interventi a sostegno del settore scolastico;
un aspetto che richiederebbe un confronto, è quello relativo al costo di partecipazione al corso di formazione, da non attribuire interamente ai corsisti;
in fase di conversione del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, il gruppo Pd ha proposto di introdurre, relativamente al costo dei percorsi di formazione abilitanti, una norma volta a sottoporre la contribuzione al regime della no tax area, riprendendo un principio già previsto per i corsi di studio,
impegna il Governo
in ordine ai costi dei percorsi di formazione abilitanti a prevedere, per quanto di competenza, in sede di predisposizione del prossimo disegno di legge di bilancio, una norma volta a sottoporre la relativa contribuzione a regime della no tax area, riprendendo un principio già previsto per i corsi di studio.
9/1532-bis-A/10. Ascani, Manzi, Orfini, Berruto, Iacono.
La Camera,
premesso che:
i recenti dati forniti dell'Istat registrano che tra gli under 35, il 54,2 per cento ha svolto, almeno una volta nella vita, un lavoro a nero; il 61,5 per cento ha accettato un lavoro sottopagato e mentre cresce l'occupazione negli under 55, tra i 24 e i 35 anni è un meno 0,6 per cento, tra i 15 e i 24 anni è un meno 0,5 per cento; di questi under 35, il 43 per cento guadagna meno di mille euro al mese. Il tasso di occupazione giovanile generale ci parla del 34,7 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 35 anni occupati, mentre nel resto dell'Unione europea è il 50 per cento e l'80 per cento degli under 30 ha un contratto somministrato, stagionale o intermittente;
nel settore sportivo risultano urgenti interventi volti a sostenere i lavoratori;
per il settore il provvedimento in esame non prevede alcuna misura a far fronte alle esigenze del comparto;
l'associazionismo sportivo, rappresentato per lo più da piccole società, oltre a svolgere una funzione sociale, permettendo ai giovani di dedicarsi ad un'attività sportiva e di maturare quelle attitudini, non solo fisiche ma anche umane, educative e di aggregazione, svolge un importante ruolo imprenditoriale con alto tasso occupazionale;
occorre immaginare una redistribuzione a favore delle società sportive anche in virtù di un rinnovato gettito fiscale,
impegna il Governo
al fine di garantire i principi di tutela dei lavoratori e la piena attuazione della riforma del lavoro sportivo, a reperire – in vista dell'approvazione della prossima legge di bilancio – risorse aggiuntive necessarie a ridurre l'impatto del costo del lavoro che le associazioni sportive sono costrette, con fatica, a sostenere per la piena attuazione della riforma del lavoro sportivo.
9/1532-bis-A/11. Berruto, Manzi, Orfini, Iacono, Ruffino.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, di adottare misure volte a dare piena attuazione alla riforma del lavoro sportivo.
9/1532-bis-A/11. (Testo modificato nel corso della seduta)Berruto, Manzi, Orfini, Iacono, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 31 del provvedimento in esame, introduce i nuovi commi 784-quinquies, 784-sexies e 784-septies nell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019);
in particolare dispone l'istituzione presso il Ministero dell'istruzione e del merito dell'Albo delle buone pratiche dei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento, nel quale sono raccolte le buone pratiche adottate dalle istituzioni scolastiche, al fine «di condividere e diffondere soluzioni organizzative ed esperienze di eccellenza»; prevede l'istituzione presso il Ministero dell'istruzione e del merito dell'Osservatorio nazionale per i percorsi per le competenze trasversali con compiti di sostegno delle attività di monitoraggio e di valutazione dei medesimi percorsi, e demanda a un decreto del Ministero dell'istruzione e del merito la definizione della composizione, delle modalità di funzionamento e della durata in carica dei componenti dell'Osservatorio nazionale per i percorsi per le competenze trasversali;
l'esperienza dell'alternanza scuola-lavoro prima e dei PCTO poi, ha evidenziato negli anni numerose criticità e proprio sul piano della sicurezza, troppe volte si è assistito a tragedie che si sarebbero potute evitare se la normativa sui luoghi di lavoro fosse stata adeguatamente applicata e rispettata;
è fondamentale impedire che si ripetano fatti dolorosi e inaccettabili come le morti dei giovani;
le richieste emerse dai vari confronti con gli studenti, impongono una maggiore attenzione su come funziona l'alternanza scuola-lavoro nel nostro Paese,
impegna il Governo
al fine di garantire un maggiore studio della sicurezza e del rispetto delle tutele e dell'efficacia dei tirocini, a tenere traccia degli infortuni, a raccogliere i dati sui tirocini e a tenere conto delle strutture che garantiscono la sicurezza richiesta, ad introdurre un osservatorio nazionale composto anche dalle rappresentanze dei sindacati studenteschi riconosciuti e dalle consulte scolastiche.
9/1532-bis-A/12. Iacono, Manzi, Berruto, Orfini.
La Camera,
premesso che,
i recenti dati forniti dell'Istat registrano che tra gli under 35, il 54,2 per cento ha svolto, almeno una volta nella vita, un lavoro a nero; il 61,5 per cento ha accettato un lavoro sottopagato e mentre cresce l'occupazione negli under 55, tra i 24 e i 35 anni è un meno 0,6 per cento, tra i 15 e i 24 anni è un meno 0,5 per cento; di questi under 35, il 43 per cento guadagna meno di mille euro al mese. Il tasso di occupazione giovanile generale ci parla del 34,7 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 35 anni occupati, mentre nel resto dell'Unione europea è il 50 per cento e l'80 per cento degli under 30 ha un contratto somministrato, stagionale o intermittente;
nel settore dello spettacolo operano migliaia di lavoratori con contratti atipici, inevitabilmente intermittenti e con poche tutele;
per il settore della cultura e in particolare dello spettacolo, il provvedimento in esame non prevede alcuna misure a far fronte alle esigenze del comparto;
nella passata legislatura, dopo un lungo confronto con le lavoratrici e i lavoratori del settore dello spettacolo è stata approvata la riforma del welfare per il settore dello spettacolo dal vivo e introdotta, come perno di un nuovo sistema di previdenza, l'indennità di discontinuità che riconosce le specificità di un lavoro che è per sua natura discontinuo;
il lavoro svolto in tali settori è prevalentemente contraddistinto da modalità contrattuali atipiche e intermittenti, e da una diffusa discontinuità dell'impiego che spesso degenera in precariato;
risulta urgente, come evidenziano le tante proposte emendative e gli atti di sindacato ispettivo depositati, reperire risorse adeguate a sostegno di un welfare per il settore dello spettacolo dal vivo,
impegna il Governo
al fine di tutelare i lavoratori dello spettacolo nei periodi di inattività, a reperire – in vista dell'approvazione della prossima legge di bilancio – risorse adeguate a sostegno di azioni concrete di welfare per il settore dello spettacolo dal vivo.
9/1532-bis-A/13. Orfini, Manzi, Iacono, Berruto.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, di implementare strumenti di sostegno a favore dei lavoratori del settore dello spettacolo dal vivo.
9/1532-bis-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta)Orfini, Manzi, Iacono, Berruto.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, che dovrebbe, da rubrica, adottare disposizioni in materia di lavoro, nulla dispone a sostegno dei lavoratori del pubblico impiego al fine di far fronte alle esigenze dei tanti comparti;
tra i comparti registriamo l'assenza di interventi a sostegno del settore scolastico;
in fase di discussione non è stato preso in considerazione la proposta volta ad assicurare regolarità e certezza nel pagamento degli stipendi ai supplenti brevi e saltuari;
recentemente tali ritardi hanno raggiunto livelli inaccettabili, apprendiamo di migliaia di precari della scuola che avrebbero riscosso solo a gennaio 2024 le rate di settembre, ottobre, novembre, dicembre e 13a mensilità 2023;
oltre ad essere una questione finanziaria, si tratta di una questione di rispetto e dignità per i docenti che svolgono un ruolo cruciale nella formazione delle future generazioni;
sono numerose le denunce, le segnalazioni e i solleciti al Ministero competente volti a risolvere questa grave situazione di insolvenza da parte dell'amministrazione centrale nei confronti dei lavoratori precari della scuola e a garantire la regolarità nel pagamento degli stipendi;
risulta urgente l'avvio di azioni, anche legislative, volte a porre fine a tale discriminazione proprio nei confronti di quei lavoratori e di quelle lavoratrici che più degli altri hanno bisogno della retribuzione, non potendo godere di una continuità del contratto;
la spesa per le supplenze brevi e saltuarie dovrebbe essere considerata alla stregua di partita di spesa fissa, come già avviene nel caso degli stipendi del personale supplente in maternità (articolo 2, comma 5, decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176),
impegna il Governo
ad adottare iniziative volte a garantire ai docenti precari, lavoratori che più degli altri hanno bisogno della retribuzione, non potendo godere di una continuità del contratto, l'erogazione degli stipendi dovuti con tempismo e celerità.
9/1532-bis-A/14. Manzi, Orfini, Iacono, Berruto.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2087 del codice civile impone al datore di lavoro l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie per tutelare la salute e la sicurezza fisica e psicologica del lavoratore, nonché la sua dignità professionale. La norma pone in capo al datore di lavoro un obbligo di protezione ampio, volto a prevenire infortuni e malattie professionali, e garantisce che in caso di contenzioso l'onere della prova ricada sul datore stesso, il quale deve dimostrare di aver adempiuto ai propri obblighi di protezione;
tale disposizione, tuttavia, attualmente si applica solo ai lavoratori subordinati, lasciando i lavoratori autonomi soggetti a un regime di tutela meno favorevole, disciplinato dall'articolo 2043 del codice civile il quale impone al lavoratore autonomo di dimostrare non solo il danno subito, ma anche il nesso causale tra il comportamento del committente e il danno stesso, e di provare la colpa o il dolo del committente. Ciò rende più difficile per i lavoratori autonomi ottenere risarcimenti in sede giudiziaria rispetto ai lavoratori subordinati;
estendere le tutele dell'articolo 2087 del codice civile ai lavoratori autonomi non solo garantirebbe loro un più equo accesso alla giustizia, permettendo di ridurre l'onere della prova che attualmente grava in misura eccessiva sul lavoratore, ma riconoscerebbe anche il diritto alla salute e alla dignità come principi cardine, indipendentemente dal tipo di rapporto contrattuale;
l'estensione retroattiva di tali tutele anche ai rapporti di lavoro autonomo già conclusi negli ultimi cinque anni garantirebbe una protezione efficace anche per quei lavoratori autonomi che abbiano subito un danno in passato, ma che, a causa dell'attuale regime probatorio meno favorevole, non sono riusciti a ottenere giustizia,
impegna il Governo
ad adottare iniziative normative volte a estendere l'ambito di applicazione dell'articolo 2087 del codice civile ai lavoratori autonomi, prevedendo l'obbligo per i committenti di garantire la salute fisica e psicologica, la sicurezza e la dignità dei lavoratori autonomi, analogamente a quanto previsto per i lavoratori subordinati, e prevedendo un'inversione dell'onere della prova a favore del lavoratore in caso di contenzioso giudiziale anche retroattivamente ai rapporti di lavoro autonomo conclusi negli ultimi cinque anni.
9/1532-bis-A/15. Faraone, Gadda, De Monte, Giachetti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 25 del disegno di legge reca disposizioni concernenti la notificazione delle controversie in materia contributiva;
considerata la complessità del sistema vigente di impugnazione delle ordinanze-ingiunzione in materia di violazioni degli obblighi dei datori di lavoro e delle relative sanzioni civili per l'inadempimento di tali obblighi;
posto che l'impugnazione degli accertamenti porta ad azionare più cause conseguenti agli stessi fatti contestati con una proliferazione di cause giudiziarie che potrebbero essere concentrate in un unico giudizio,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a prevedere una disciplina di riordino del sistema delle impugnazioni di atti di accertamento redatti in sede ispettiva per violazioni degli obblighi dei datori di lavoro e delle sanzioni comminate a seguito per i medesimi fatti da enti diversi, prevedendo altresì la possibilità di definizione transattiva della controversia in corso di causa a fronte di una attività conciliativa del giudice.
9/1532-bis-A/16. Coppo, Ambrosi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il Ministro del lavoro ha emanato, in data 11 ottobre 2022, il decreto ministeriale n. 171 del 2022 recate l'istituzione del Repertorio nazionale degli organismi paritetici;
il citato decreto ministeriale disciplina i criteri identificativi per l'iscrizione nel Repertorio identificandone quattro. I tre criteri definiti ai numeri i), ii) e iii) dell'articolo 2, comma 2, lettera b) sono i tradizionali indicatori di rappresentatività in uso da decenni da tutti gli organismi dello Stato;
il criterio di cui al numero iv) del medesimo articolo e comma, invece, introduce un inedito criterio e specificatamente «i maggiori indici pubblici percentuali del numero dei lavoratori cui viene applicato il CCNL dalle aziende del sistema di riferimento dell'organismo paritetico, ove disponibili»;
preso atto che il nuovo criterio ha generato difficoltà applicative ed interpretative da parte degli uffici competenti del Ministero del lavoro, difficoltà che si sono trasformate in oggettive discriminazioni tra soggetti accettati ed esclusi dall'iscrizione al Repertorio;
a titolo esemplificativo si citano le questioni più macroscopiche:
1. la dizione «ove disponibili» ha generato una discriminazione tra chi ha presentato domanda tra marzo 2023 e giugno 2023, poiché i dati sull'utilizzo dei CCNL è stata resa disponibile solo dalla fine del mese di giugno, sebbene peraltro i dati fossero già disponibili precedentemente; ciò ha comportato l'accettazione di domande a favore di soggetti che non avevano il requisito di cui al punto iv), mentre per la stessa ragione sono stati respinte domande successive;
2. vi sono settori (agricoltura, colf e badanti, soccorso stradale etc.) per i quali permangono non disponibili i dati sui CCNL, generando una discriminazione tra chi opera negli altri settori, e deve quindi soggiacere al criterio iv), e chi invece può eluderlo per assenza del dato;
3. la norma è lacunosa perché non definisce né la soglia di rappresentanza dell'indice né il perimetro della comparazione. Anche questo provoca difficoltà interpretative e discriminazioni:
1. un CCNL applicato a 5.000 lavoratori è irrilevante nel macrosettore del terziario che occupa 4 milioni di addetti ed è invece rilevante in altri macrosettori più piccoli;
2. un CCNL largamente egemone o addirittura esclusivo in un microsettore (si pensi al CCNL restauratori applicato dal 60 per cento delle aziende del comparto) risulta irrilevante se comparato con il macrosettore dell'edilizia nel quale è inserito;
3. in macrosettori molto vasti anche CCNL importanti rischiano di essere considerati irrilevanti. Si pensi, solo per fare un esempio, che il CCNL dell'industria turistica sottoscritto da Confindustria ed applicato ad oltre 30.000 lavoratori, oggettivamente rappresentativo, se comparato nel suo macrosettore rappresenta un indice pari allo 0,6 per cento;
4. in ogni caso la mancanza nella norma di una soglia sopra la quale un CCNL può essere considerato rappresentativo, porta ad una discrezionalità che non può che generare discriminazioni e contenzioso giudiziario;
considerato che, il provvedimento in discussione incide in modo rilevante su ambiti molto delicati e sensibili quali la rappresentanza, la democrazia sindacale e il corretto svolgimento delle attività connesse alla formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro,
impegna il Governo
ad intervenire nelle modalità consentite dalla normativa vigente, affinché il citato criterio iv), di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b), del decreto ministeriale n. 171 del 2022, venga modificato ovvero interpretato come non vincolante al fine di evitare le disfunzioni sopra indicate.
9/1532-bis-A/17. Pastorino.
La Camera,
premesso che:
il Ministro del lavoro ha emanato, in data 11 ottobre 2022, il decreto ministeriale n. 171 del 2022 recate l'istituzione del Repertorio nazionale degli organismi paritetici;
il citato decreto ministeriale disciplina i criteri identificativi per l'iscrizione nel Repertorio identificandone quattro. I tre criteri definiti ai numeri i), ii) e iii) dell'articolo 2, comma 2, lettera b) sono i tradizionali indicatori di rappresentatività in uso da decenni da tutti gli organismi dello Stato;
il criterio di cui al numero iv) del medesimo articolo e comma, invece, introduce un inedito criterio e specificatamente «i maggiori indici pubblici percentuali del numero dei lavoratori cui viene applicato il CCNL dalle aziende del sistema di riferimento dell'organismo paritetico, ove disponibili»;
preso atto che il nuovo criterio ha generato difficoltà applicative ed interpretative da parte degli uffici competenti del Ministero del lavoro, difficoltà che si sono trasformate in oggettive discriminazioni tra soggetti accettati ed esclusi dall'iscrizione al Repertorio;
a titolo esemplificativo si citano le questioni più macroscopiche:
1. la dizione «ove disponibili» ha generato una discriminazione tra chi ha presentato domanda tra marzo 2023 e giugno 2023, poiché i dati sull'utilizzo dei CCNL è stata resa disponibile solo dalla fine del mese di giugno, sebbene peraltro i dati fossero già disponibili precedentemente; ciò ha comportato l'accettazione di domande a favore di soggetti che non avevano il requisito di cui al punto iv), mentre per la stessa ragione sono stati respinte domande successive;
2. vi sono settori (agricoltura, colf e badanti, soccorso stradale etc.) per i quali permangono non disponibili i dati sui CCNL, generando una discriminazione tra chi opera negli altri settori, e deve quindi soggiacere al criterio iv), e chi invece può eluderlo per assenza del dato;
3. la norma è lacunosa perché non definisce né la soglia di rappresentanza dell'indice né il perimetro della comparazione. Anche questo provoca difficoltà interpretative e discriminazioni:
1. un CCNL applicato a 5.000 lavoratori è irrilevante nel macrosettore del terziario che occupa 4 milioni di addetti ed è invece rilevante in altri macrosettori più piccoli;
2. un CCNL largamente egemone o addirittura esclusivo in un microsettore (si pensi al CCNL restauratori applicato dal 60 per cento delle aziende del comparto) risulta irrilevante se comparato con il macrosettore dell'edilizia nel quale è inserito;
3. in macrosettori molto vasti anche CCNL importanti rischiano di essere considerati irrilevanti. Si pensi, solo per fare un esempio, che il CCNL dell'industria turistica sottoscritto da Confindustria ed applicato ad oltre 30.000 lavoratori, oggettivamente rappresentativo, se comparato nel suo macrosettore rappresenta un indice pari allo 0,6 per cento;
4. in ogni caso la mancanza nella norma di una soglia sopra la quale un CCNL può essere considerato rappresentativo, porta ad una discrezionalità che non può che generare discriminazioni e contenzioso giudiziario;
considerato che, il provvedimento in discussione incide in modo rilevante su ambiti molto delicati e sensibili quali la rappresentanza, la democrazia sindacale e il corretto svolgimento delle attività connesse alla formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di intervenire nelle modalità consentite dalla normativa vigente, al fine di fornire un'interpretazione uniforme del criterio iv), di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b), del decreto ministeriale n. 171 del 2022.
9/1532-bis-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta)Pastorino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di lavoro e a sostegno dei lavoratori e nello specifico deroghe ai limiti quantitativi relativi all'utilizzo della somministrazione a tempo determinato di lavoratori;
l'articolo 103 comma 23 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, prevedeva la possibilità per il Ministero dell'interno di dotarsi di personale a tempo determinato in somministrazione «per consentire una più rapida definizione delle procedure (...)», il Ministero dell'interno è autorizzato ad utilizzare per un periodo non superiore a mesi sei, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, nel limite massimo di spesa di 30.000.000 di euro per il 2020, da ripartire nelle sedi di servizio interessate nelle procedure di regolarizzazione, in deroga ai limiti di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
il contratto iniziale prevedeva l'assunzione di:
n. 800 lavoratori per gli Uffici Territoriali del governo – Prefetture, con agenzia per il lavoro MANPOWER SPA (di cui solo 717 hanno preso effettivamente servizio);
n. 400 Lavoratori per le Questure, con agenzia per il lavoro GI GROUP;
n. 177 suddivisi tra Commissioni territoriali, Questure IV sezione, Commissione nazionale per il diritto d'asilo (progetto EMAS, attraverso l'agenzia per il lavoro GiGroup);
le istanze di emersione da lavoro irregolare per lavoratori extracomunitari presentate sono state circa 230.000 con una forte concentrazione nei grandi capoluoghi (Roma, Milano, Napoli).
La data della presa in servizio dei lavoratori è stata differente:
dal 20 marzo al 21 settembre 2021 per le Prefetture;
dal 14 giugno al 12 ottobre 2021 per le Questure.
A ridosso delle suddette scadenze e per effetto dello stato d'emergenza nazionale legato al COVID-19, così come dichiarato nel decreto-legge n. 105 del 2021 convertito nella legge n. 126 del 2021, è stata ottenuta una prima proroga fino al 31 dicembre 2021, permettendo, su richiesta delle OO.SS., l'allineamento delle scadenze dei due appalti, arrivando così ad un'ulteriore proroga fino a marzo 2022;
terminato lo stato di emergenza legato alla pandemia, il Consiglio dei Ministri, a causa del conflitto bellico in Ucraina scoppiato nel febbraio 2022, ha adottato lo stato di emergenza con il decreto-legge n. 21 del 2022, in particolare per l'articolo 33 comma 2 il quale, per far fronte alle maggiori esigenze in materia di immigrazione e per contrastare gli effetti economici ed umanitari della crisi ucraina, ha autorizzato il Ministero dell'interno «ad utilizzare fino al 31 dicembre 2022 prestazioni di lavoro con contratto a termine, di cui all'art. 103, comma 23, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77»;
l'articolo 683 della legge 196 del 29 dicembre 2022, (legge di bilancio per l'anno 2023) ha previsto che «per consentire una più rapida definizione delle procedure di cui agli articoli 42, 43 e 44 del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, (...)», il Ministero dell'interno è autorizzato a utilizzare per l'anno 2023, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, in deroga ai limiti di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
il 14 febbraio 2023, è stata indetta una nuova manifestazione di interesse a partecipare alla procedura negoziata in n. 2 lotti funzionali per l'individuazione di una agenzia di somministrazione di lavoro, cui affidare il servizio di somministrazione di lavoro a tempo determinato volta all'assunzione di:
n. 580 lavoratori in somministrazione presso gli uffici territoriali del Governo – prefetture;
n. 540 lavoratori in somministrazione presso le Questure;
la legge di bilancio 2023, ha stanziato fondi per un contratto in somministrazione di 7 mesi (con possibilità di proroga di ulteriori 6, su richiesta dell'amministrazione);
dal 22 febbraio 2024 hanno preso servizio presso le Questure di tutta Italia i 550 lavoratori, mentre la presa in servizio nelle prefetture è stata il 10 marzo 2024;
ad oggi, risulta che entrambi i Dipartimenti interessati del Dicastero abbiano sottoscritto la proroga dell'accordo quadro fino al 31 dicembre 2024 con le agenzie vincitrici,
impegna il Governo
a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di bilancio e con i vincoli di finanza pubblica, di porre in essere ogni iniziativa necessaria volta alla stabilizzazione dei lavoratori in somministrazione presso il Ministero dell'interno di cui in premessa o, a valutarne una ulteriore proroga.
9/1532-bis-A/18. Congedo, Ambrosi.
La Camera,
premesso che
il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di lavoro;
l'articolo 299 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, prevede che le posizioni di garanzia relative ai soggetti datore di lavoro, dirigente e preposto gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti;
l'obbligo di individuazione del preposto è stato inserito nel decreto legislativo 81/2008 dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215. Secondo le disposizioni di legge, in particolare, il datore di lavoro è tenuto a individuare il dirigente per la sicurezza in funzione delle «attribuzioni e competenze ad essi conferite»;
dall'esperienza pratica è emerso che, durante i momenti formativi, le riunioni periodiche, gli incontri con le direzioni aziendali, molto spesso vi sia confusione nell'individuazione delle figure di dirigente per la sicurezza e preposto: «formatori» che si trovano ai corsi per preposti e discenti che si «scoprono» dirigenti per la sicurezza, a seguito del momento formativo e del coinvolgimento in aula, in riferimento all'esercizio di fatto di poteri direttivi;
tale stato di cose provoca un'idea distorta del proprio ruolo nell'ambito dell'organizzazione, a svantaggio, quindi, dell'intera filiera di obblighi e sorveglianza definita dal decreto legislativo 81/2008,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a modificare il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 al fine di garantire chiarezza dei ruoli aziendali, anche rispetto a quelli di fatto esercitati investitura/incarico.
9/1532-bis-A/19. Cerreto, Ambrosi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di lavoro;
in ambito di lavoro portuale, l'articolo 10, commi da 3-septies a 3-decies, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 (legge 25 febbraio 2022, n. 15) consentiva alle Autorità di sistema portuale di finanziarie misure di incentivazione al pensionamento anticipato per i lavoratori dipendenti appartenenti alle imprese titolari di autorizzazioni o di concessioni portuali ovvero dipendenti di terminal portuali;
in particolare, il fondo per l'attuazione di misure di incentivazione al pensionamento anticipato per i lavoratori viene finanziato con quota pari all'1 per cento delle entrate delle AdSP derivanti dal gettito delle tasse sulle merci sbarcate e imbarcate;
nonostante aziende e AdSP abbiano provveduto ad accantonare le risorse necessarie ad alimentare il Fondo, lo stesso, ad oggi, non sarebbe attivo e la misura mai stata attuata per la mancata adozione del decreto interministeriale previsto per legge;
il mancato avvio del fondo di prepensionamento rischia di complicare ulteriormente il percorso per il rinnovo del contratto nazionale dei porti;
è importante che il tema del lavoro in ambito portuale riassuma la sua centralità, soprattutto in una fase come quella che stiamo vivendo che non offre certezze sul futuro e dove stanno avanzando nuove sfide per la salvaguardia della competitività del sistema portuale nazionale;
in tema di competitività e sicurezza sui luoghi di lavoro in ambito portuale un ulteriore aspetto di rilievo coinvolge il riconoscimento di alcune mansioni, accomunati da fattori quali lavoro notturno, lavoro in quota, esposizione a temperature alte e basse e stress per i ritmi, tra i lavori usuranti, sia per il riconoscimento in sé sia per dare una spinta decisiva a incrementare il ricambio generazionale tramite i pre-pensionamenti,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa di competenza necessaria a rendere pienamente operativo il Fondo per l'attuazione di misure di incentivazione al pensionamento anticipato per i lavoratori portuali di cui ai commi da 3-septies a 3-decies dell'articolo 10 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 (legge 25 febbraio 2022, n. 15);
a valutare l'opportunità di inserire alcune mansioni professionali, quali quelle dei conducenti di veicoli pesanti utilizzati nella movimentazione e traslazione dei carichi nell'ambito delle operazioni portuali del gruista dell'addetto a rizzaggio e derizzaggio e del polivalente, tra i lavori usuranti ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67.
9/1532-bis-A/20. Frijia, Deidda, Ambrosi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il precariato in Basilicata è un fenomeno diffuso e spesso interessa anche ambiti afferenti alla P.A.;
da tempo gli ex percettori di mobilità in deroga sono rientrati nel cosiddetto progetto SAAAP (Servizi Agro- Ambientali Aree produttive);
sono unità, oltre 1000, contrattualizzate a tempo determinato, alle dipendenze del Consorzio di Bonifica di Basilicata impiegate nelle attività di manutenzione delle aree a servizio di attività industriali, artigianali, commerciali, turistico culturali; manutenzione della viabilità in generale, con priorità alle strade a servizio delle predette attività; manutenzione del verde urbano e del patrimonio pubblico di particolare interesse naturalistico-ambientale;
si tratta di progetti finanziati attraverso la quota parte spettante alla Regione delle royalties del petrolio;
lavoratori e lavoratrici che offrono un contributo importante alla manutenzione del territorio sopperendo a carenze di organico delle pubbliche amministrazioni senza però adeguato riconoscimento in termini di diritti e dal punto di vista retributivo;
accanto a questa platea ve ne sono altre legate alla forestazione e altre che rientrano nella platea del reddito minimo d'inserimento (Rmi) e dei destinatari del tirocinio di inclusione sociale (Tis);
questi ultimi due bacini riguardano circa 1800 unità in parte impiegate nelle pubbliche amministrazioni, in parte nella forestazione da tempo in protesta in quanto chiedono una stabilizzazione e di uscire da un precariato che non riconosce loro neppure i contributi previdenziali;
il Governo nazionale per i TIS della regione Calabria, attraverso interventi legislativi d'urgenza, ha previsto l'attivazione di procedure di stabilizzazione per circa 4000 unità;
la forestazione rappresenta una voce importante per la manutenzione di un territorio fragile come quello lucano;
le soluzioni prospettate dalla regione Basilicata non escono dalla logica della precarietà e di un lavoro non riconosciuto nei suoi diritti,
impegna il Governo
nell'ambito delle misure di contrasto alle forme di precariato, ad attivare immediatamente un tavolo di confronto con la regione Basilicata e le organizzazioni sindacali per procedere alla individuazione di un percorso normativo e finanziario, a partire anche dalla prossima legge di bilancio, finalizzato alla stabilizzazione delle platee SAAAP, RMI e TIS.
9/1532-bis-A/21. Amendola, Sarracino, Lomuti.
La Camera,
premesso che:
il precariato in Basilicata è un fenomeno diffuso e spesso interessa anche ambiti afferenti alla P.A.;
da tempo gli ex percettori di mobilità in deroga sono rientrati nel cosiddetto progetto SAAAP (Servizi Agro- Ambientali Aree produttive);
sono unità, oltre 1000, contrattualizzate a tempo determinato, alle dipendenze del Consorzio di Bonifica di Basilicata impiegate nelle attività di manutenzione delle aree a servizio di attività industriali, artigianali, commerciali, turistico culturali; manutenzione della viabilità in generale, con priorità alle strade a servizio delle predette attività; manutenzione del verde urbano e del patrimonio pubblico di particolare interesse naturalistico-ambientale;
si tratta di progetti finanziati attraverso la quota parte spettante alla Regione delle royalties del petrolio;
lavoratori e lavoratrici che offrono un contributo importante alla manutenzione del territorio sopperendo a carenze di organico delle pubbliche amministrazioni senza però adeguato riconoscimento in termini di diritti e dal punto di vista retributivo;
accanto a questa platea ve ne sono altre legate alla forestazione e altre che rientrano nella platea del reddito minimo d'inserimento (Rmi) e dei destinatari del tirocinio di inclusione sociale (Tis);
questi ultimi due bacini riguardano circa 1800 unità in parte impiegate nelle pubbliche amministrazioni, in parte nella forestazione da tempo in protesta in quanto chiedono una stabilizzazione e di uscire da un precariato che non riconosce loro neppure i contributi previdenziali;
il Governo nazionale per i TIS della regione Calabria, attraverso interventi legislativi d'urgenza, ha previsto l'attivazione di procedure di stabilizzazione per circa 4000 unità;
la forestazione rappresenta una voce importante per la manutenzione di un territorio fragile come quello lucano;
le soluzioni prospettate dalla regione Basilicata non escono dalla logica della precarietà e di un lavoro non riconosciuto nei suoi diritti,
impegna il Governo
nell'ambito delle misure di contrasto alle forme di precariato, a valutare l'opportunità di attivare un tavolo di confronto con la regione Basilicata e le organizzazioni sindacali per procedere alla individuazione di un percorso finalizzato alla stabilizzazione delle platee SAAAP, RMI e TIS.
9/1532-bis-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta)Amendola, Sarracino, Lomuti.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge reca diversi interventi in materia previdenziale e contributiva, di tutela e sicurezza dei luoghi di lavoro, ammortizzatori sociali e rapporti di lavoro, con specifico riguardo agli articoli dal 23 al 29;
si ricorda, in proposito, la sussistenza di un dubbio applicativo in merito alla normativa sull'incompatibilità dell'iscrizione alla gestione separata Inps lavoratori autonomi degli incaricati alla vendita diretta a domicilio con qualunque altro obbligo contributivo integrativo;
i venditori porta a porta sono iscritti alla Gestione Separata se operano con contratto di lavoro autonomo; dal punto di vista previdenziale si applicano, dunque, le norme previste per i lavoratori con contratto di co.co.co. e, ai sensi della legge 8 agosto 1995, n. 335, per i venditori porta a porta non è previsto il requisito dell'abitualità e continuità. Perciò, fino al 2003 i lavoratori sono stati iscritti anche per prestazioni occasionali e per qualsiasi importo, mentre dal 2004 vige una soglia di esenzione della base imponibile pari a 5.000 euro annui;
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, all'articolo 18, comma 12, ha chiarito che i soggetti obbligatoriamente iscritti alla gestione separata Inps 2 sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti previdenziali di diritto privato (di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996), e al successivo comma 13, con specifico riferimento all'ENASARCO, compreso tra gli enti di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994, ha confermato la natura integrativa della relativa copertura contributiva rispetto a quella istituita dalla legge 22 luglio 1966, n. 613, per gli esercenti attività commerciali, come previsto dall'articolo 2 della legge 2 febbraio 1973, n. 12;
anche la Corte di cassazione, con tre diverse sentenze (n. 1082/2018, n. 16565/2020 e n. 30852/2021) ha sentenziato che l'attività dell'incaricato alle vendite a domicilio è differente da quella di agente di commercio; distinzione ribadita dal Ministero del lavoro e della Previdenza sociale – direzione generale per l'attività ispettiva, in risposta all'interpello 16/2007 promosso dall'Associazione Vendite Dirette Servizio Consumatori (AVEDISCO),
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di procedere con atto di propria competenza, anche a carattere normativo, ad un'interpretazione autentica volta a chiarire l'incompatibilità, per la categoria degli incaricati di vendite dirette a domicilio, dell'iscrizione alla Gestione separata Inps2 e, al contempo, dell'obbligo di contribuzione integrativa all'Enasarco.
9/1532-bis-A/22. Cavandoli, Giaccone.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento, tra l'altro, ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
sebbene l'esame del provvedimento sia iniziato a dicembre dello scorso anno, sul tema è intervenuto poi il Governo con il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, che, una volta approvata la proposta di revisione del PNRR da parte del Consiglio Ecofin, ha introdotto alcune disposizioni di contrasto agli incidenti sul lavoro ed il rafforzamento di relativi strumenti di prevenzione;
ad avviso dei firmatari del presente atto, la scelta operata dal Governo ha confermato quella di esautorare il Parlamento: anziché affrontare il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nei tempi e nei modi previsti per un cosiddetto collegato lavoro – quindi anche piuttosto brevi rispetto ad un iter legis ordinario –, si è preferito agire attraverso la decretazione d'urgenza ex articolo 77 della Costituzione ed i suoi noti ristretti limiti ai fini della conversione, negando il pieno coinvolgimento del titolare del potere legislativo;
la novella di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), del provvedimento in esame, abroga esplicitamente alcune norme, sostanziali e sanzionatorie, relative agli obblighi inerenti alle tessere personali di riconoscimento – corredate di fotografia e relative ai lavoratori sia dipendenti sia autonomi – nei cantieri edili;
l'abrogazione è disposta con riferimento a tutte le attività svolte in regime di appalto o subappalto, a prescindere dalla sussistenza o meno di un cantiere edile;
considerato che l'attività nei cantieri edili può esser svolta non in regime di appalto né di subappalto (come nel caso di un'impresa che proceda in proprio a edificazioni, al fine, per esempio, di successivi contratti di vendita o di locazione), ipotesi che la novella abrogativa sembrerebbe escludere dall'applicazione degli obblighi in esame, la norma rischia di sopprimere un presidio sul lavoro fondamentale in un settore, come quello edile, così esposto ai problemi di sicurezza sul lavoro;
l'articolo 10 introduce una nuova fattispecie di esenzione dal computo dei limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori: in particolare, si escludono i casi in cui la somministrazione a tempo determinato riguardi lavoratori il cui contratto di lavoro con il soggetto somministratore sia a tempo indeterminato;
in altre parole, l'articolo liberalizza, escludendo dai limiti percentuali contrattuali o di legge (30 per cento come sommatoria tra contratti termine e somministrati a tempo determinato), il contratto di somministrazione a tempo indeterminato con missione a termine. La modifica è in linea con quanto già previsto nelle precedenti modifiche che avevano stabilito, all'articolo 31 comma 1 del decreto legislativo del 15 giugno 2015, n. 81, l'esenzione dai limiti quantitativi per la somministrazione a tempo indeterminato (ex staff leasing) dei soggetti svantaggiati;
con riferimento alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, fondamentale è il presidio nel settore edile e nei casi di cosiddette false cooperative nonché di somministrazione abusiva di manodopera,
impegna il Governo
ad implementare l'organico tecnico di tutti gli enti preposti alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e ai controlli in tema di rispetto delle misure di sicurezza e di lavoro regolare, in particolare con riguardo al sistema degli appalti, subappalti e cooperative «spurie».
9/1532-bis-A/23. Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
con riguardo alla questione femminile, secondo i dati ISTAT, il divario nel tasso di occupazione rispetto all'Unione europea supera i 12 punti percentuali. Anche secondo il rapporto pubblicato solo il 10 settembre scorso dall'Ocse, dal titolo Education at a glance 2024, sebbene ragazze e donne continuino ad eccellere in ambito scolastico e nei tassi di completamento degli studi, questi successi non si riflettono in pari opportunità lavorative: per esempio, le donne tra i 25 e i 34 anni senza diploma di scuola secondaria superiore hanno un tasso di occupazione del 47 per cento, ben 25 punti percentuali inferiore a quello dei loro coetanei maschi. Anche tra le donne con una qualifica terziaria, il divario persiste: l'84 per cento di loro è occupato, rispetto al 90 per cento degli uomini con lo stesso livello di istruzione;
sulla differenza di genere nessun altro Paese dell'Ocse evidenzia un divario così marcato: le donne laureate in Italia guadagnano solo il 58 per cento dello stipendio dei loro colleghi maschi. Questa disparità è particolarmente significativa se confrontata con la media degli altri Paesi – dove le donne percepiscono in media il 17 per cento in meno rispetto agli uomini – e deriva da «fattori complessi che includono la segregazione occupazionale, pregiudizi nelle pratiche di assunzione, e opportunità diseguali di fare carriera», si legge nel rapporto. Le donne hanno meno probabilità degli uomini di ottenere una promozione, o di ricevere un grosso aumento di stipendio quando cambiano lavoro;
in aggiunta, gli stop alla carriera legati alla nascita di un figlio – e alla successiva necessità di avere maggiore flessibilità, anche a costo di uno stipendio più ridotto – continuano a colpire più le donne degli uomini. Senza contare che si parla solo di chi ha un lavoro a tempo pieno, e non del lavoro part-time, determinato, di collaborazione occasionale o a partita Iva: in questi casi, vale quanto già sottolineato rispetto al «falso» incremento dell'occupazione e alla mancanza di investimenti per la crescita effettiva del PIL e del sistema Paese;
secondo il rapporto annuale ISTAT, se in quasi tutti i Paesi europei nella fascia di età compresa fra 30 e 40 anni – fascia potenzialmente più coinvolta da scelte di genitorialità –, si apre un gap tra l'occupazione femminile e quella maschile che poi si ricompone più avanti, in Italia questo gap non si richiude più: in altri termini, nel nostro Paese, il problema vero non è sostenere le famiglie con incentivi alla natalità – scelta che deve rimanere nella sfera personale –, quanto aiutare i diversi nuclei a conciliare vita personale e professionale;
considerato che:
in questa prospettiva, secondo i dati Eurostat (pubblicati nel rapporto annuale Employment and activity by sex and age a dicembre 2023), in Italia, una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità, mentre stando all'osservazione del mercato del lavoro nel 2011 e nel 2022, come riporta INAPP nel recente rapporto Plus 2023, si conferma che l'evento della maternità presenta caratteristiche rispetto all'occupazione femminile ricorrenti addirittura a distanza di un decennio. Tale ultimo aspetto riveste una particolare rilevanza in quanto indice della difficoltà per le donne di conciliare esigenze di vita con l'attività lavorativa. Difficoltà a loro volta fortemente connesse allo sbilanciamento nel care burden familiare che costituisce un persistente fattore critico per i livelli di occupazione femminile, con particolare riguardo anche alle sue declinazioni in attività domestiche, come emerge dal lavoro pionieristico del premio Nobel per l'Economia 2023 Claudia Goldin;
secondo il rapporto ISTAT Sdgs 2023, infatti, ad oggi la distribuzione del carico di lavoro per le cure familiari tra uomini e donne non migliora, mentre i dati ufficiali non sono in grado di descrivere la realtà dell'assistenza domiciliare e del lavoro domestico, a causa degli alti livelli di quello che la Commissione europea definisce «lavoro sommerso», o che comunemente chiamiamo pagamento in nero per i servizi di assistenza diretta e indiretta. Come si legge in una dichiarazione delle parti sociali di marzo 2022, «in base all'ultima indagine dell'Eurobarometro sull'argomento, è stato calcolato che circa il 34 per cento di tutto il lavoro sommerso svolto nell'Unione europea nel 2019 è relativo al settore dei servizi per la persona e la famiglia. Stime recenti rivelano che, tra i 9,5 milioni di lavoratori e lavoratrici domestiche presenti in Europa, almeno 3,1 milioni svolgono lavoro sommerso»;
per quanto attiene l'Italia, come emerge chiaramente dai dati dell'osservatorio Domina, nel relativo quinto rapporto annuale 2024, l'occupazione femminile (che tradizionalmente si avvantaggia di più della collaborazione domestica) è più elevata proprio dove ci sono più lavoratori domestici: il report rileva infatti che oltre il 21 per cento del «Pil del lavoro domestico» italiano è prodotto in Lombardia e circa il 45 per cento nel Lazio, in Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana, ovvero nelle aree dove il tasso di occupazione femminile è più elevato e quello di disoccupazione è più basso;
se per le donne esiste ancora una difficoltà nel conciliare le responsabilità familiari e quelle lavorative, il processo di evoluzione normativa in materia è stato caratterizzato da un significativo ritardo rispetto ad altri Paesi europei che hanno disciplinato il congedo paterno obbligatorio ben oltre i dieci giorni di congedo paterno previsti nel nostro Paese dal 2021: in Francia e Spagna i padri possono usufruire, rispettivamente, di quattro e di sedici settimane di congedo, mentre già nel 1974, prima al mondo, la Svezia sostituiva il congedo di maternità con quello parentale e oggi prevede cinquantadue settimane di congedo da ripartire con il partner, mentre la Norvegia assegna ai neogenitori ben quarantasei settimane di congedo;
la conciliazione tra lavoro e genitorialità è nel nostro Paese ancora estremamente difficoltosa e la percezione sociale di un aumentato sostegno pubblico alla genitorialità, sul piano dei congedi, appare ancora debole: il sondaggio di opinione condotto da We Word in collaborazione con IPSOS, tra il febbraio e il marzo 2022 su un campione di 1.000 genitori di bambini/e under 18, ha rivelato che solo un genitore su cinque sa che attualmente il congedo di paternità ha una durata di 10 giorni, mentre i dati dell'Istat riferiti al 2022 indicano che il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari a 55,5 per cento rispetto a quello delle donne della stessa età senza figli che è del 76,6 per cento. In altre parole, i dati restituiscono una fotografia dell'Italia come Paese in cui il potenziamento degli istituti del congedo genitoriale realizzato nell'ultimo decennio, con particolare riferimento a quello paterno, non è stato ancora in grado di sostenere adeguatamente il binomio genitorialità/lavoro, in cui il livello di informazione sui congedi genitoriali è ancora scarso, ma dove pure si rileva una emergente disponibilità dei giovani padri a condividere la cura filiale,
impegna il Governo:
a prevedere, già a partire dal prossimo disegno di legge di bilancio, lo stanziamento di specifiche risorse economiche destinate ad estendere il sistema di tutela delle lavoratrici, sia del comparto autonomo che subordinato, modificando il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e in particolare prevedendo:
1) l'ampliamento da cinque a sei mesi del congedo obbligatorio di maternità;
2) l'introduzione di un identico congedo obbligatorio di paternità;
3) la fruibilità congiunta e contestuale dei congedi obbligatori dei genitori;
4) l'introduzione di un identico congedo obbligatorio per entrambi i genitori anche nel caso di adozione o affidamento ovvero nei casi rientranti nella gestione separata;
5) l'estensione del trattamento in tutti i casi sopracitati fino alla copertura di una indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione.
9/1532-bis-A/24. Sportiello, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci, L'Abbate.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
in base ai dati elaborati dall'Ocse, risulta che l'Italia, subito dopo Grecia ed Estonia, è il Paese dell'area Euro dove si lavorano più ore alla settimana ossia 33, tre ore in più rispetto alla media di 30 ore, e addirittura 7 ore in più rispetto alla Germania. L'orario è infatti già attualmente ridotto ai minimi termini in Germania: 26 ore a settimana. A seguire, Olanda (28 ore) e Lussemburgo, Austria e Francia (tutte con 29 ore di lavoro settimanali), In perfetta media – con 30 ore di lavoro settimanali – sono Finlandia e Belgio;
ad oggi, alcuni contratti aziendali, in Italia e non solo, stanno già prevedendo di articolare la prestazione lavorativa su soli 4 giorni settimanali: è una prassi ancora limitata, ma che si rispecchia nella tendenza a lasciare più tempo per sé, nel rispetto della conciliazione vita/lavoro e soprattutto nella consapevolezza di condivisione di progetti e valorizzazione di risultati per il benessere delle persone per cui responsabilità, fiducia e organizzazione sono riconosciute, al pari della paga oraria, come valori economici e professionali della prestazione lavorativa stessa;
se durante e dopo la pandemia da COVID-19 si è reso evidente, col maggiore ricorso a forme di lavoro agile, che sincronicità e compresenza siano elementi non sempre essenziali alla prestazione lavorativa, allo stesso tempo nuovi sistemi organizzativi e tecnologici stanno consentendo guadagni di produttività e riduzione della fatica del lavoro, nonché l'indubbia possibilità di rimodulare gli orari della prestazione di lavoratori e lavoratrici. Questo è il dato che emerge da studi comparati della disciplina sull'orario di lavoro nei diversi Paesi, alla base di sperimentazioni o innovazioni legislative in Spagna, Belgio, Gran Bretagna, Giappone, solo per citare alcune esperienze;
considerato che:
riconoscere le tendenze in atto significa considerare che viviamo e lavoriamo in un ambiente di lavoro estremamente competitivo e impegnativo, in cui i carichi e le aspettative sono sempre in crescita, in ogni settore. La riduzione della settimana lavorativa e un fine settimana più lungo possono influire positivamente sulla salute mentale e fisica dei lavoratori, facendo diminuire i casi di burnout o altre malattie lavoro correlate, nonché migliorare l'equilibrio tra vita professionale e privata, contribuendo così a ridurre la pressione e lo stress che spesso accompagnano i lavoratori dipendenti quando si recano al lavoro, con conseguente incremento della motivazione e della dedizione della forza lavoro;
inoltre, secondo uno studio condotto nel 2012 dalla Henley Business School, grazie alla settimana lavorativa di 4 giorni, i lavoratori dipendenti percorrerebbero circa 560 milioni di miglia (900 milioni di chilometri) in meno ogni settimana. È chiaro infatti che, laddove non sia possibile l'adozione di modalità agili di lavoro, la riduzione dell'orario normale fino a 4 giorni a settimana anziché 5, costituirebbe per moltissimi lavoratori dipendenti un valido aiuto al risparmio sui costi del carburante e del pendolarismo, oltreché un miglioramento della relativa carbon footprint (l'esperimento giapponese, portato avanti da Microsoft del 2019 e già citato, ad esempio, ha consentito di diminuire i costi dell'energia elettrica di quasi un quarto);
il tema di una riduzione oraria di lavoro a parità di retribuzione merita altresì una considerazione specifica in prospettiva di genere. La Premio Nobel per l'economia 2023, Claudia Goldin, ha sottolineato come la migrazione del lavoro delle donne da settori un tempo ritenuti «femminili» verso realtà produttive a forte caratterizzazione maschile abbia generato una disparità retributiva in ragione del tempo dedicato al lavoro. Il maggior attaccamento degli uomini alla realtà produttiva, soprattutto nel settore legale e finanziario «senza orario», penalizza, sul piano economico, le donne che rinunciano a ore lavorate per dedicarsi alla dimensione familiare. Questo atteggiamento produce diversi riflessi negativi: incide sui tassi di natalità per via dell'aumento dei costi e dei rischi legati alla crescita della prole per le donne; indebolisce il potere contrattuale delle donne che, diversamente, hanno scelto di dedicarsi ai minori, soprattutto in caso di separazione;
spostando l'attenzione sul tempo di lavoro, sul cambiamento nella cultura aziendale, sul rovesciamento del paradigma che contrappone tempo di lavoro e tempo di vita, è necessario favorire una innovativa e diversa organizzazione oraria del tempo lavoro, che tenga conto dell'evoluzione della dimensione familiare, spesso disgregata e monogenitoriale, nonché delle relazioni affettive che, anche laddove potenzialmente paritarie, inducono a scelte condizionate da ciò che Goldin ha definito «lavoro avido» (greedy work). Quando i salari sono connessi essenzialmente al tempo impiegato al lavoro, la rinuncia di entrambi i genitori produrrebbe un impoverimento generale sul piano economico. Di conseguenza, si tendono a reiterare comportamenti sociali diffusi che consentono al mercato di rimanere efficiente: sarà, pertanto, la donna lavoratrice a rinunciare a un maggior numero di ore di lavoro. Quando ciò non accade, come ad esempio per le lavoratrici più istruite ad alta professionalità, la redistribuzione dei compiti familiari replica lo schema di genere, riversando su altre donne a basso salario i compiti di cura,
impegna il Governo
ferma restando la regolamentazione disposta per opera di contratti collettivi di lavoro nazionali e di secondo livello, aziendali e integrativi, stipulati dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nonché dalle loro articolazioni territoriali o aziendali, a prevedere, già a partire dal prossimo disegno di legge di bilancio, lo stanziamento di specifiche risorse economiche destinate alla promozione di forme incentivanti la riduzione oraria del lavoro a parità di retribuzione.
9/1532-bis-A/25. Carotenuto, Conte, Aiello, Barzotti, Tucci, L'Abbate.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
l'articolo 32 – inserito in sede referente – reca una modifica nella formulazione delle destinazioni del Fondo per le politiche della famiglia, stabilite dall'articolo 1, comma 1250, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni;
la nuova formulazione comprende una previsione a sé stante di una destinazione per interventi volti a potenziare il ruolo dei centri per la famiglia;
sebbene la novella faccia riferimento alla finalità di rafforzare le funzioni di supporto e di informazione alle famiglie svolte dai centri per la famiglia, anche con riferimento alle misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, la destinazione di risorse ai centri della famiglia come ora prevista dalla modifica introdotta ad opera di un emendamento della Relatrice, di fatto rischia di depotenziare la valorizzazione del ruolo dei consultori familiari, invero sino ad oggi previsto dalla norma vigente;
inoltre, mentre nel caso del potenziamento degli interventi sociali in favore delle famiglie da parte dei consultori continua a prevedersi la necessità di realizzare una intesa da parte del Ministro per la famiglia, unitamente al Ministro della salute, in sede di Conferenza unificata, avente ad oggetto i criteri e le modalità per la riorganizzazione dei consultori (articolo 1, comma 1250, lettera e)), la stessa disposizione non è più stabilita nel caso dei centri per la famiglia, ora disciplinati alla lettera e-bis) del comma 1250 dell'articolo 1 della citata legge n. 296 del 2006,
impegna il Governo
a monitorare l'attuazione della disposizione richiamata e a riferirne gli esiti alle Camere, entro 12 mesi dall'entrata in vigore del presente provvedimento, in particolare depositando una relazione che dia conto del diverso finanziamento, in termini quantitativi e qualitativi, degli interventi a carico del Fondo per le politiche della famiglia, da parte dei consultori e dei centri per la famiglia.
9/1532-bis-A/26. Quartini, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento, tra l'altro, ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
l'attuale situazione dei suicidi in carcere desta notevole preoccupazione: il quadro presenta criticità non solo per il numero dei suicidi dei detenuti, ma anche per chi ci lavora;
solo dall'inizio del 2024 si registrano già 47 suicidi, più di uno ogni due giorni e mezzo. Tale numero dimostra quanto sia importante e indispensabile affrontare l'emergenza carceri immediatamente, in modo strutturale e attraverso scelte pragmatiche e, che in mancanza di queste, sarà destinato solo ad aumentare;
tra le possibili spiegazioni di questo aumento vi sono il peggioramento delle condizioni di vita nelle carceri, dovuto al sovraffollamento cronico, alla carenza di personale e di servizi, alla diffusione di malattie e droghe;
purtroppo è recente la notizia di cronaca che ha visto un agente della polizia penitenziaria impiegata presso il carcere di Palermo, porre fine alla sua vita, mentre era in servizio, sparandosi nel posto di sentinella sul muro di cinta dell'istituto;
è il settimo poliziotto suicida dall'inizio dell'anno;
questo ennesimo suicidio pone di nuovo con urgenza l'attenzione sulla necessità di interventi concreti per il supporto psicologico e il miglioramento delle condizioni lavorative degli agenti di Polizia Penitenziaria;
è fondamentale che si instauri un sistema di supporto adeguato per affrontare lo stress e le difficoltà che quotidianamente gli agenti affrontano nel loro delicato ruolo,
impegna il Governo
a intervenire, con il primo provvedimento utile, per destinare specifiche risorse all'introduzione in via strutturale del servizio di supporto psicologico per gli agenti di polizia penitenziaria.
9/1532-bis-A/27. Ascari, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci, D'Orso.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di proseguire l'approfondimento della tematica relativa al supporto psicologico per gli agenti di polizia penitenziaria, considerando le più idonee modalità di intervento.
9/1532-bis-A/27. (Testo modificato nel corso della seduta)Ascari, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci, D'Orso.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento, tra l'altro, ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
è notizia di questi giorni una diffusa recrudescenza delle aggressioni rivolte ai professionisti sanitari; in particolare hanno colpito l'opinione pubblica le aggressioni avvenute nel policlinico di Foggia, una delle quali registrata in un video che riprendeva i sanitari del policlinico asserragliati dietro la porta di una stanza per respingere una aggressione da parte di circa cinquanta parenti di una ragazza deceduta nell'ospedale;
la crescita esponenziale e preoccupante di episodi di violenza nei confronti di chi lavora nelle strutture sanitarie ha portato le istituzioni ad intervenire con una legge dedicata, la legge del 14 agosto 2020, n. 113 avente ad oggetto «Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni», approvata durante il Governo Conte I;
la legge citata ha istituito l'Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e socio-sanitarie, organismo deputato, tra l'altro, ad elaborare una relazione annuale;
come evincibile dalle prime relazioni annuali (relative all'anno 2022 e 2023) del predetto organismo, il problema della sicurezza degli operatori è multifattoriale e deve essere affrontato con un approccio sistematico che coinvolga diversi livelli: legislativo/istituzionale, culturale (verso cittadini e professionisti), gestionale/organizzativo;
in riferimento all'ambito organizzativo, i principali fattori determinanti sono correlati alla carenza di personale e all'eccessivo tempo di attesa nell'erogazione delle prestazioni, ritenuti oggi una delle principali cause dei disservizi in sanità e dei possibili conseguenti episodi di aggressione;
anche la pandemia ha generato un particolare e grave incremento delle aggressioni e violenze verso gli operatori sanitari, aggravando l'atteggiamento ed il comportamento negativo e aggressivo da parte dei pazienti e dei loro familiari verso gli operatori e verso le strutture sanitarie; tale escalation è stata accompagnata e alimentata dal cosiddetto pensiero «no-vax» inteso come pensiero generalizzato su taluni temi di salute che si pone in posizione contraria all'indirizzo consolidato nella comunità scientifica e alle decisioni assunte dalle istituzioni sanitarie nazionali o internazionali;
nelle predette relazioni è stata diffusamente sottolineata «l'importanza della formazione (ECM e non) mirata al potenziamento delle competenze degli operatori stessi, nel riconoscimento dei comportamenti a rischio, ponendo in atto metodiche di de-escalation anche nella comunicazione»;
occorre intervenire sul benessere organizzativo, migliorare l'ambiente di lavoro, a partire dal comfort e della sicurezza degli spazi dedicati alle attese per pazienti, familiari e care-giver, per arrivare anche all'utilizzo di strumenti rapidi di richiesta di aiuto durante l'aggressione, con efficaci e rapide interazioni con le forze dell'ordine;
è indispensabile un rafforzamento delle strutture sanitarie del territorio, implementare gli organici dei professionisti sanitari e assicurare stipendi che siano in media con quelli degli altri paesi europei, per contenere le aggressioni ed anche il crescente fenomeno dell'abbandono del servizio sanitario pubblico da parte dei professionisti sanitari;
nelle strutture sanitarie, in particolar modo nei pronto soccorso, al fianco del personale deputato alla sicurezza, occorre prevedere la presenza di una figura professionale, adeguatamente formata, deputata a gestire tensioni e conflitti nelle aree dell'emergenza o in quelle particolarmente critiche;
non correlare il crescente fenomeno delle aggressioni con la crisi sistemica del Servizio Sanitario e ricondurre ogni soluzione esclusivamente a misure di ordine pubblico diventa un peccato capitale laddove si finisce per esonerare il Governo da assumere le necessarie misure per soddisfare i bisogni sanitari del Paese che mostra sempre di più segnali di inaccettabile e pericolosa esasperazione,
impegna il Governo:
a prevedere che nelle strutture di pronto soccorso ovvero nelle strutture sanitarie particolarmente esposte alle aggressioni o agli eventi di violenza nei confronti degli operatori, sia assicurata la presenza di personale, adeguatamente formato, specificatamente deputato a gestire tensioni e conflitti tra gli operatori e i pazienti e/o i familiari;
ad implementare gli organici dei professionisti sanitari nelle strutture sanitarie dell'emergenza, particolarmente esposte alle aggressioni nei confronti degli operatori, con lo scopo di ridurre le liste di attesa ed erogare le prestazioni sanitarie in tempi ragionevoli;
a potenziare le competenze degli operatori della salute, nel riconoscimento dei comportamenti a rischio e nella capacità di mettere in atto metodiche di de-escalation anche nella comunicazione.
9/1532-bis-A/28. Marianna Ricciardi, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci, L'Abbate, Scutellà, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
sempre maggiore attenzione merita, in particolare, la categoria delle Guardie Particolari Giurate (G.P.G. o più semplicemente Guardie Giurate): circa 40.000 persone, eredi di quelli che impropriamente vengono definiti «metronotte», divisi oggi in società che hanno meno di 10 unità, a quelle che ne hanno più di 200;
secondo il parere del Consiglio di Stato 1247/2008, le guardie giurate sono dedite ad «attività che per l'incidenza e la qualità delle prestazioni nonché per l'alto grado di pericolo e di specializzazione operativa erano originariamente riservati alla forza pubblica e sono stati progressivamente affidati o consentiti agli istituti di vigilanza e alle guardie particolari, in virtù di specifiche previsioni normative»;
secondo il decreto ministeriale n. 154 del 2009, le Guardie Giurate sono considerate la «sicurezza sussidiaria» (ovvero cosiddetta «sicurezza complementare» fino al 2008, ex articolo 256-bis, comma 2, del regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), cioè possono sostituire nei compiti di sicurezza le forze di polizia, fino a che non siano richieste «pubbliche potestà»;
più specificatamente, le guardie giurate sono addette, ai sensi degli articoli 133 e 134 TULPS, «alla vigilanza o custodia delle proprietà mobiliari od immobiliari», che, secondo il decreto ministeriale n. 269 del 2010, si sostanziano in vigilanza ispettiva, fissa, antirapina, antitaccheggio, telesorveglianza, tele-vigilanza, intervento su allarmi, scorta valori, trasporto valori, deposito e custodia valori;
con il decreto ministeriale n. 85 del 1999 sono state aggiunte delle funzioni, relativamente ai controlli di sicurezza affidabili in concessione (ai privati) negli aeroporti, ma è con il decreto ministeriale n. 154, tuttavia, che i compiti delle G.P.G. sono stati estesi in maniera davvero ampia, in ambito portuale, ferroviario e dei trasporti in concessione;
in sostanza, se si volessero definire i compiti attuali delle Guardie Giurate, si dovrebbe affermare che le stesse, generalmente, sono «addette, alla vigilanza dei beni mobili e immobili del proprio datore di lavoro (articolo 133 TULPS) o altrui (articolo 134 TULPS) e a tutte quelle altre attività di sicurezza, in cui non sono richieste pubbliche potestà» così come ricordato dai decreti ministeriali n. 85 del 1999 e n. 154 del 2009;
la legge 6 giugno 2008, n. 101, ha poi modificato l'articolo 138 del TULPS e le Guardie Particolari Giurate, al di là del comune orientamento giurisprudenziale precedente, sono, a tutti gli effetti, considerate «incaricati di pubblico servizio» ove, ex articolo 358 del codice penale «per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale»;
conseguentemente, le G.P.G. non hanno poteri di polizia giudiziaria ma, al tempo stesso, appartengono di fatto al «settore della prevenzione dei reati» al punto che, ad esempio, al pari di tutti gli altri incaricati di pubblico servizio, ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale, hanno obbligo di presentare denuncia per quei reati procedibili d'ufficio di cui sono venuti a conoscenza a causa o nell'esercizio del loro servizio. L'obbligo di denuncia è tra l'altro inserito anche nel decreto ministeriale n. 269 del 2010, le cui previsioni riguardano sia i reati procedibili d'ufficio, che «ogni altra informazione degna di particolare attenzione per l'ordine e la sicurezza pubblica»: trattasi quindi di «notizie di polizia» tra l'Autorità di Pubblica Sicurezza e la vigilanza privata che in qualche modo descrive una collaborazione per il mantenimento della sicurezza pubblica;
a conferma di ciò, si consideri che al fine di adempiere i suoi compiti (mantenimento dell'ordine pubblico, sicurezza dei cittadini, loro incolumità e tutela della proprietà; cura dell'osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali di Stato, province e comuni, nonché delle ordinanze delle autorità; soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni; bonaria composizione dei dissidi privati – ex articolo 1 TULPS), l'Autorità di Pubblica Sicurezza si avvale perlopiù di appartenenti alle forze di polizia che, a loro volta, si radicano nel territorio anche con la collaborazione degli Istituti di Vigilanza, così come previsto dall'articolo 139 del TULPS per il quale «gli uffici di vigilanza e di investigazione privata sono tenuti a prestare la loro opera a richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza»;
è evidente dunque come le Guardie Particolari Giurate non rivestano alcuna qualifica di Pubblica Sicurezza e tuttavia rappresentino una «riserva» da cui l'Autorità potrebbe attingere in ogni momento. In questa visione e non certo in una deminutio capitis delle G.P.G., anche in considerazione della loro professionalità e competenze, deve essere considerato il proseguimento della previsione di cui all'articolo 139 TULPS per cui «i loro agenti (le G.P.G.) sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria»;
le Guardie Particolari Giurate si trovano quotidianamente esposte ai pericoli di più varia natura e a un rischio variabile in relazione al servizio, senza, ad esempio, avere un'adeguata formazione né una copertura legale efficace a fronte di eventuali aggressioni. Sono, infatti, all'ordine del giorno della cronaca giudiziaria, le violenze poste in essere contro gli operatori fiduciari e le G.P.G. le quali, pur ricadendo nei dispositivi di cui agli articoli 336 del codice penale (violenza a pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) e 337 del codice penale (resistenza a pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio), non tutelano adeguatamente gli operatori, i quali di sovente, sono chiamati a difendersi contro querele avanzate dai privati,
impegna il Governo
a adottare iniziative, anche di carattere normativo, al fine di rivedere la qualificazione giuridica delle Guardie Particolari Giurate, assicurando una formazione effettiva e adeguata a ruolo e funzioni.
9/1532-bis-A/29. Tucci, Aiello, Barzotti, Carotenuto.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
l'erogazione dell'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO), di cui all'articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2023 n. 213, in favore dei lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata INPS in possesso di determinati requisiti, è stata istituita in via sperimentale per il triennio 2021-2023 dalla legge di bilancio 2021 (articolo 1, commi 386-400, legge n. 178 del 2020) e riconosciuta a regime, a partire dal 1° gennaio 2024, con la legge di bilancio 2024 (articolo 1, commi 142-155, legge n. 213 del 2023);
l'ISCRO si rivolge ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata che esercitano attività di lavoro autonomo come professione abituale (articolo 2, comma 26, legge n. 335 del 1995);
l'indennità viene erogata per sei mensilità in misura pari al 25 per cento, su base semestrale, dell'ultimo reddito, con un massimo di 800 euro e un minimo di 250 euro mensili. Si può richiedere una volta nel triennio;
l'erogazione dell'indennità deve essere accompagnata dalla partecipazione a percorsi di aggiornamento professionale che rispondano ai criteri di mantenimento e aggiornamento delle conoscenze, abilità e competenze possedute dal beneficiario per adeguarsi ai mutamenti del mercato di riferimento; nonché di incremento del livello di conoscenze, abilità e competenze spendibili nel contesto lavorativo di riferimento e in coerenza con il fabbisogno individuale;
anche alla luce del rapporto annuale INPS, l'ISCRO rappresenta l'unico ammortizzatore sociale per i lavoratori autonomi,
impegna il Governo
a porre in essere ogni iniziativa utile volta a garantire un sistema di diritti e di welfare moderno per i lavoratori e le lavoratrici autonomi, anzitutto estendendo la tutela della continuità del reddito citata in premessa.
9/1532-bis-A/30. Francesco Silvestri, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
è stato approvato l'emendamento 1.8 della relatrice, interamente soppressivo dell'articolo 1, il cui contenuto s'intende riprodotto dall'articolo 2-quater del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101;
ad avviso dei firmatari del presente atto, la scelta operata dal Governo e dalla maggioranza parlamentare conferma la marginalizzazione del Parlamento: anziché affrontare il tema del caporalato nei tempi e nei modi previsti per un cosiddetto collegato lavoro – quindi anche piuttosto brevi rispetto ad un iter legis ordinario –, si è preferito agire attraverso la decretazione d'urgenza ex articolo 77 della Costituzione ed i suoi noti ristretti limiti temporali ai fini della conversione;
non è stato quindi nemmeno tentato un avvio di confronto in vista dell'individuazione di effettive misure di contrasto, con ciò mancando l'occasione dell'esame del provvedimento in titolo per entrare seriamente nel merito della questione attraverso misure concrete;
il fenomeno del lavoro nero e del caporalato rappresentano sicuramente la più cruenta criticità del mondo del lavoro agricolo, ma non certo l'unica. Dal punto di vista empirico, è stimato un alto tasso di infortuni nel comparto agricoltura: in particolare le denunce di infortunio coincidono con oltre 120 decessi in media l'anno legati alla mancanza o all'usura dei più basilari sistemi di sicurezza;
sin dal 1992, l'articolo 111 del Codice della strada ha previsto sanzioni amministrative per la mancata revisione dei mezzi agricoli. Tuttavia, nonostante un decreto interministeriale del 20 maggio 2015 tra il Ministero dei trasporti e il Ministero dell'agricoltura, la revisione dei suddetti mezzi non è ancora attiva. Questo è dovuto alla mancanza di norme attuative, che devono essere redatte in collaborazione tra il Ministero dei trasporti, il Ministero dell'agricoltura e l'INAIL;
sarebbe opportuna una promozione per la rottamazione di macchine agricole obsolete o inutilizzate stabilendo una definizione degli obiettivi e dei criteri di rottamazione,
impegna il Governo
a promuovere misure agevolative per le imprese agricole che rottamano macchine, ancora in uso, immatricolate prima del 1997, ciò al fine, oltre di garantire innovazione nel settore, anche di assicurare una maggiore sicurezza sul lavoro e sulla strada.
9/1532-bis-A/31. Caramiello, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci, Vaccari, D'Alessio.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento, tra l'altro, ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
sebbene l'esame del provvedimento sia iniziata a dicembre dello scorso anno, sul tema è intervenuto poi il Governo con il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, che, una volta approvata la proposta di revisione del PNRR da parte del Consiglio ECOFIN, ha introdotto alcune disposizioni di contrasto agli incidenti sul lavoro ed il rafforzamento di relativi strumenti di prevenzione;
ad avviso dei firmatari del presente atto, la scelta operata dal Governo ha confermato quella di esautorare il Parlamento: anziché affrontare il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nei tempi e nei modi previsti per un c.d. collegato lavoro – quindi anche piuttosto brevi rispetto ad un iter legis ordinario –, si è preferito agire attraverso la decretazione d'urgenza ex articolo 77 della Costituzione ed i suoi noti ristretti limiti ai fini della conversione, negando il pieno coinvolgimento del titolare del potere legislativo;
la novella di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), del provvedimento in esame, abroga esplicitamente alcune norme, sostanziali e sanzionatorie, relative agli obblighi inerenti alle tessere personali di riconoscimento – corredate di fotografia e relative ai lavoratori sia dipendenti sia autonomi – nei cantieri edili;
l'abrogazione è disposta, come osservano le relazioni illustrativa e tecnica del disegno di legge, in considerazione del fatto che la disciplina è stata successivamente definita, rispetto alle norme ora oggetto di abrogazione esplicita, dal citato decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, con riferimento a tutte le attività svolte in regime di appalto o subappalto, a prescindere dalla sussistenza o meno di un cantiere edile;
queste ultime disposizioni, conformemente a quelle ora oggetto di abrogazione esplicita, richiedono che i datori di lavoro muniscano i lavoratori dipendenti delle suddette tessere personali di riconoscimento e che i medesimi lavoratori, nonché i lavoratori autonomi, tengano esposte tali tessere sul luogo di lavoro;
considerato però che l'attività nei cantieri edili può esser svolta non in regime di appalto né di subappalto (come nel caso di un'impresa che proceda in proprio a edificazioni, al fine, per esempio, di successivi contratti di vendita o di locazione), ipotesi che la novella abrogativa sembrerebbe escludere dall'applicazione degli obblighi in esame, la norma rischia di sopprimere un presidio sul lavoro fondamentale in un settore, come quello edile, così esposto ai problemi di sicurezza sul lavoro,
impegna il Governo
a monitorare l'attuazione del combinato disposto delle norme richiamate e a riferirne gli esiti alle Camere entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente provvedimento.
9/1532-bis-A/32. Santillo, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
è stato approvato l'emendamento 1.8 della relatrice, interamente soppressivo dell'articolo 1, il cui contenuto s'intende riprodotto dall'articolo 2-quater del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101;
ad avviso dei firmatari del presente atto, la scelta operata dal Governo e dalla maggioranza parlamentare conferma la marginalizzazione del Parlamento: anziché affrontare il tema del caporalato nei tempi e nei modi previsti per un cosiddetto collegato lavoro – quindi anche piuttosto brevi rispetto ad un iter legis ordinario –, si è preferito agire attraverso la decretazione d'urgenza ex articolo 77 della Costituzione ed i suoi noti ristretti limiti temporali ai fini della conversione;
non è stato quindi nemmeno tentato un avvio di confronto in vista dell'individuazione di effettive misure di contrasto, con ciò mancando l'occasione dell'esame del provvedimento in titolo per entrare seriamente nel merito della questione attraverso misure concrete;
il fenomeno del lavoro nero e del caporalato rappresentano sicuramente la più cruenta – ma non certo l'unica – criticità del mondo del lavoro agricolo: esso presenta caratteristiche e peculiarità particolari che lo rendono ad oggi complicato da regolamentare e spesso poco attrattivo, in particolare, per la mancanza di garanzia dell'applicazione di contratti collettivi regolari – che non possono essere sostituiti da misure occasionali, ancorché di breve durata –, essendo la stagionalità una delle caratteristiche predominanti del lavoro nei campi;
la scarsa attrattiva per il mondo agricolo è legata all'assenza di regolarità unita al basso reddito – la retribuzione media in agricoltura, da contratto, sarebbe di 60 euro al giorno per 6 ore e 30 minuti; tra i mille e 1.300 euro mensili –, nonché alle condizioni deprimenti e spesso svilenti che allontanano, chi può permetterselo, da questa scelta;
nonostante ciò, negli ultimi anni, sono stati proprio i giovani a riscoprire il lavoro della terra, investendo in agricoltura e comprendendone la possibile spinta redditizia;
il lavoro agricolo necessita della certezza nell'applicazione dei contratti, della certezza nella retribuzione, nonché dello studio di un sistema efficace e trasparente di incontro tra domanda e offerta che possa anche essere anche un ostacolo al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro;
la normativa vigente prevede indici di coerenza o congruità delle retribuzioni dei lavoratori agricoli, che però non vengono adeguatamente applicati ed è pertanto necessaria una nuova strategia in materia di tutela del lavoro e della sicurezza sul lavoro in agricoltura, valutando l'ipotesi, previa interlocuzione con le parti sociali, di estendere al settore agricolo il documento unico di regolarità contributiva (DURC) – che attesta contestualmente la regolarità di un'impresa nei pagamenti e negli adempimenti previsti dalla normativa vigente nei confronti di INPS, di INAIL,
impegna il Governo:
a avviare un percorso di riforma del lavoro in agricoltura, trovando le modalità di superare il modello delle 150 o 180 giornate che, per le sue caratteristiche avalla il lavoro irregolare, non solo nell'ambito degli immigrati;
a esaminare le ragioni della mancata applicazione della normativa vigente in materia di congruità delle retribuzioni dei lavoratori agricoli e, di conseguenza, valutare l'opportunità di estendere il DURC di congruità, oggi attivo nel settore dell'edilizia, anche al settore agricolo.
9/1532-bis-A/33. Fenu, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento, tra l'altro, ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
sebbene l'esame del provvedimento sia iniziato a dicembre dello scorso anno, sul tema è intervenuto poi il Governo con il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, che, una volta approvata la proposta di revisione del PNRR da parte del Consiglio Ecofin, ha introdotto alcune disposizioni di contrasto agli incidenti sul lavoro ed il rafforzamento di relativi strumenti di prevenzione;
ad avviso dei firmatari del presente atto, la scelta operata dal Governo ha confermato quella di esautorare il Parlamento: anziché affrontare il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nei tempi e nei modi previsti per un c.d. collegato lavoro – quindi anche piuttosto brevi rispetto ad un iter legis ordinario –, si è preferito agire attraverso la decretazione d'urgenza ex articolo 77 Cost. ed i suoi noti ristretti limiti ai fini della conversione, negando il pieno coinvolgimento del titolare del potere legislativo;
le misure adottate costituivano pressoché tutte, eccetto l'intervento sulla qualificazione delle imprese con la definizione della cosiddetta «patente a crediti», – attuazione delle azioni normative individuate nel Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso 2023-2025, la cui adozione è una specifica condizionalità del PNRR;
se a ciò si aggiunge che quanto previsto dal provvedimento in esame in materia di salute e sicurezza attiene a pochi chiarimenti, si evidenzia, ad avviso dei sottoscrittori, la generale assenza di una strategia nazionale di prevenzione e protezione per tutti i settori produttivi, a partire dalla piena attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, da un sistema di vigilanza efficace, da interventi concreti sulla formazione e contro lo sfruttamento del lavoro,
impegna il Governo
a porre in essere le condizioni per la definizione di un piano organico di interventi volti concretamente ed efficacemente al contrasto della irregolarità, precarietà e povertà del lavoro dipendente, alla promozione della cultura della sicurezza, alla creazione della parità di diritti per ricomporre le frammentazioni nel mercato del lavoro, in particolare coinvolgendo le forze economiche e sociali sia nella fase di definizione che di valutazione sulle proposte normative, nonché valorizzando il ruolo del Parlamento nell'ambito di un iter legis ordinario.
9/1532-bis-A/34. Baldino, Aiello, Barzotti, Caramiello, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento, tra l'altro, ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
sebbene l'esame del provvedimento sia iniziata a dicembre dello scorso anno, sul tema è intervenuto poi il Governo con il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, che, una volta approvata la proposta di revisione del PNRR da parte del Consiglio Ecofin, ha introdotto alcune disposizioni di contrasto agli incidenti sul lavoro ed il rafforzamento di relativi strumenti di prevenzione;
ad avviso dei firmatari del presente atto, la scelta operata dal Governo ha confermato quella di esautorare il Parlamento: anziché affrontare il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nei tempi e nei modi previsti per un cosiddetto collegato lavoro – quindi anche piuttosto brevi rispetto ad un iter legis ordinario –, si è preferito agire attraverso la decretazione d'urgenza ex articolo 77 della Costituzione ed i suoi noti ristretti limiti ai fini della conversione, negando il pieno coinvolgimento del titolare del potere legislativo;
le misure adottate concernevano, tra l'altro, il cosiddetto sistema della patente a punti la cui disciplina non appare idonea a garantire efficacemente la sicurezza dei lavoratori, non essendo oltretutto prevista una Procura nazionale per i reati contro la sicurezza sul lavoro che intervenga in modo sistematico;
la disciplina non convince per una ulteriore lunga serie di motivazioni: l'efficacia della norma è limitata al solo settore edile, mentre appare evidente come invece il tema della qualificazione delle imprese debba riguardare l'insieme dei settori economici e dei soggetti che operano nel sistema degli appalti pubblici e privati;
inoltre, poiché si ritiene necessario – per tutti gli appalti di lavori, opere e servizi – estendere le regole degli appalti pubblici agli appalti nei settori privati, si noti che servirebbe altresì introdurre ulteriori strumenti di controllo quali il cartellino identificativo per l'ingresso nei cantieri;
sul punto invece si sta facendo un passo indietro: all'articolo 2, comma 1, lettera f), del cosiddetto collegato lavoro si abrogano esplicitamente alcune norme, sostanziali e sanzionatorie, relative agli obblighi inerenti alle tessere personali di riconoscimento – corredate di fotografia e relative ai lavoratori sia dipendenti sia autonomi – nei cantieri edili,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di intraprendere le opportune iniziative di carattere normativo volte ad una ulteriore e più approfondita riflessione circa i temi della salute e sicurezza sul lavoro, in particolare, anche convocando uno specifico tavolo di confronto con le parti sociali.
9/1532-bis-A/35. Auriemma, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
sul mercato del lavoro, nonostante generali miglioramenti rispetto al biennio precedente, la ripresa mostra una persistenza dei gap di genere, riservando alla componente femminile una posizione subalterna. Secondo dati Eurostat (pubblicati nel rapporto annuale Employment and activity by sex and age a dicembre 2023), in Italia, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni al IV trimestre 2022 è stato pari al 55 per cento, mentre la media Unione europea è stata pari al 69,3 per cento. Da tali dati emerge la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia, il cui tasso di occupazione risulta essere quello più basso tra gli Stati Unione europea, di circa 14 punti percentuali al di sotto della media Unione europea a fine 2022;
a ciò si aggiunga che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità. Tale ultimo aspetto riveste una particolare rilevanza in quanto indice della difficoltà per le donne di conciliare esigenze di vita con l'attività lavorativa. La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà, il 52 per cento, da esigenze di conciliazione e per il 19 per cento da considerazioni economiche. In generale, il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5 per cento, divario che aumenta in presenza di figli ed arriva al 34 per cento in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni (dati dal «Rapporto plus 2022» di INAPP);
anche secondo il Rapporto ISTAT SDGs 2023, la distribuzione del carico di lavoro per le cure familiari tra uomini e donne non migliora. Nel 2022, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari a 55,5 per cento (+1,6 p. p. rispetto al 2021), mentre quello delle donne della stessa età senza figli è del 76,6 per cento (+2,7 p.p. rispetto al 2021). La differenza occupazionale tra lo status di madre e non madre è molto bassa in presenza di un livello di istruzione più elevato, con un valore dell'indicatore pari a 91,5 per cento,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, volta a consentire il riconoscimento e l'acquisizione di un valore economico del lavoro di cura e domestico, cruciale per la partecipazione femminile al mercato del lavoro e per una maggiore conciliazione vita-lavoro, in particolare adottando un serio piano di sostegno all'occupazione in questo settore, suscettibile di determinarne una maggiore produttività ed una conseguente riduzione dell'area sommersa.
9/1532-bis-A/36. L'Abbate, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
promuovere una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco e la dignità dell'essere umano è fondamentale. Tale assunto si fonda sul fatto che, da un lato, il lavoro è uno dei luoghi privilegiati dove la persona ha l'opportunità di svilupparsi in modo completo e che, da un altro lato, quello che accade nel luogo di lavoro ha, spesso, ripercussioni sull'ambiente familiare e sociale della persona stessa;
l'Italia, con la legge 15 gennaio 2021, n. 4, ha autorizzato la ratifica della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108a sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione;
la Convenzione riconosce «il diritto di tutti ad un mondo del lavoro libero dalla violenza e dalle molestie, ivi compresi la violenza e le molestie di genere», e che questi fenomeni sono incompatibili con lo sviluppo di imprese sostenibili e hanno «un impatto negativo sull'organizzazione del lavoro, sui rapporti nei luoghi di lavoro, sulla partecipazione dei lavoratori, sulla reputazione delle imprese e sulla produttività»;
nell'ambito della violenza sul luogo di lavoro trovano la loro collocazione, oltre alle molestie, anche fenomeni come il mobbing e lo straining che, nonostante l'ormai consolidato riconoscimento a livello fattuale e giurisprudenziale, non hanno ancora un'espressa regolamentazione a livello nazionale. In merito, è d'uopo segnalare che la dottrina e la giurisprudenza appaiono concordi nel ritenere che le vessazioni materiali e psicologiche derivanti dai fenomeni di mobbing o di bossing all'interno dell'azienda sono riconducibili a una violazione dell'obbligo di sicurezza e di protezione dei dipendenti sancito dall'articolo 2087 del codice civile. Si tratta di un'interpretazione evolutiva della norma, che fa discendere l'obbligo contrattuale imposto al datore di lavoro direttamente dal primo e dal secondo comma dell'articolo 41 della Costituzione e che si basa sul principio secondo cui la libertà di iniziativa economica privata nell'esercizio di impresa incontra un forte limite nell'obbligo di non recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità della persona;
nonostante tale interpretazione estensiva, preziosa nella sua applicazione pratica, si ritiene che fenomeni tanto difficili da identificare e da denunciare siano meritevoli di essere portati all'attenzione anche a livello normativo;
per garantire un ambiente di lavoro di qualità e a misura di salubrità le imprese sono chiamate ad adottare una cultura aziendale orientata alla prevenzione di questi fenomeni, sensibilizzando, educando e formando dirigenti e dipendenti, oltre a istituire strutture e procedure per affrontare e ridurre le conseguenze di questi comportamenti sui lavoratori;
occorre che le organizzazioni aziendali, anche pubbliche, mettano in atto attività tangibili per la prevenzione e il contrasto ai fenomeni di mobbing e straining nei luoghi di lavoro, dando seguito anche alla normativa già esistente in materia, incluso le parti di interesse contenute nel Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, decreto legislativo n. 81 del 2008, il quale prevede all'articolo 28, tra l'altro che la valutazione dei rischi «deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato»;
diverse sentenze, anche della Suprema Corte hanno ribadito la centralità di questo tema e la necessità di adoperarsi in ambito lavorativo al fine di prevenire e contrastare questi fenomeni ai sensi della normativa vigente,
impegna il Governo:
ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo e con la dovuta urgenza, finalizzata alla prevenzione di comportamenti che possano direttamente o indirettamente determinare l'insorgere di stati di disagio o di danno psichico a carico dei lavoratori;
ad intervenire a livello definitorio e legislativo allo scopo di precisare che alcune condotte che avvengono sul luogo di lavoro sono da considerare «atti vessatori e generatori di stress», nonché a prevedere strumenti informativi, formativi e preventivi per contrastare il fenomeno.
9/1532-bis-A/37. Di Lauro, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
l'articolo 10 introduce una nuova fattispecie di esenzione dal computo dei limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori: in particolare, si escludono i casi in cui la somministrazione a tempo determinato riguardi lavoratori il cui contratto di lavoro con il soggetto somministratore sia a tempo indeterminato;
in altre parole, l'articolo liberalizza, escludendo dai limiti percentuali contrattuali o di legge (30 per cento come sommatoria tra contratti termine e somministrati a tempo determinato), il contratto di somministrazione a tempo indeterminato con missione a termine. La modifica è in linea con quanto già previsto nelle precedenti modifiche che avevano stabilito, all'articolo 31 comma 1 del decreto legislativo. 15 giugno 2015, n. 81, l'esenzione dai limiti quantitativi per la somministrazione a tempo indeterminato (ex staff leasing) dei soggetti svantaggiati. Il combinato disposto delle disposizioni richiamate in materia di somministrazione lavoro determina quindi che, per legge, un'impresa potrebbe teoricamente operare interamente con la somministrazione lavoro a tempo determinato e a tempo indeterminato;
l'intervento potrebbe quindi «incentivare i datori di lavoro ad offrire un'occupazione», come riportato nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, eppure confligge con la realtà dei contratti di somministrazione a tempo indeterminato, in cui i diritti di recesso legati alla natura commerciale dell'intesa tra somministratore e utilizzatore prevalgono e aggirano costantemente i diritti che al lavoratore spetterebbero per la fattispecie indeterminata del contratto,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa, al fine di intraprendere le opportune iniziative di carattere normativo volte al superamento delle forme contrattuali precarie, al contrasto alla povertà lavorativa, al potenziamento di diritti e tutele per l'accesso al lavoro stabile, di modo che la crescita dell'occupazione sia anche crescita della qualità del lavoro.
9/1532-bis-A/38. Carmina, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
l'articolo 19 dispone che l'assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre determinati termini comporta la risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore e che a tale fattispecie non si applica la disciplina vigente in materia di dimissioni telematiche;
in altre parole, la disposizione in commento prevede la risoluzione del rapporto di lavoro, imputabile a volontà del lavoratore, nei casi in cui la sua assenza ingiustificata si protragga oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a cinque giorni;
sebbene venga altresì disposto che in tali casi non si applica la procedura relativa alle dimissioni telematiche disciplinata all'articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, in base al quale, al di fuori di determinate ipotesi, le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli e trasmessi al datore di lavoro e alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, la norma rischia di mettere seriamente in pericolo l'attuazione effettiva di un meccanismo che invece sinora ha garantito lavoratori e soprattutto lavoratrici contro il fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco;
rischio che, oltre a compromettere l'inclusione del lavoratore o della lavoratrice nel mercato del lavoro, evidentemente determinerebbe anche il relativo mancato godimento della fruizione della indennità di disoccupazione NASpI che, nel caso di specie, la normativa non riconoscerebbe stante le dimissioni volontarie non derivanti da giusta causa;
in condizioni di fragilità lavorativa, un simile corto circuito potrebbe in un certo qual modo comportare il mancato riconoscimento dello stesso diritto al lavoro;
se poi il rischio è letto da una prospettiva di genere, si fa ancora più concreto. Infatti, nonostante l'occupazione femminile sia un fattore che sostiene in modo decisivo la famiglia e le nascite, come ha scritto il Presidente della Repubblica nel messaggio che ha inviato solo lo scorso 16 settembre al convegno il «Tempo delle donne»: «Ancor oggi nel lavoro femminile sono presenti ostacoli, rallentamenti e disparità, per l'accesso, nella retribuzione, nella progressione di carriera, negli incarichi di vertice». A tali fenomeni se ne aggiungono altri, come quello delle c.d. dimissioni in bianco,
impegna il Governo
a monitorare l'attuazione del combinato disposto delle norme richiamate e a riferirne gli esiti nelle competenti Commissioni parlamentari entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente provvedimento.
9/1532-bis-A/39. Appendino, Aiello, Barzotti, Caramiello, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento, tra l'altro, ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
è in fase di discussione al tavolo ministeriale l'imminente rinnovo del contratto integrativo relativo a diversi profili del comparto giustizia;
diverse sono le figure professionali coinvolte che hanno denunciato l'intenzione del Governo di adottare soluzioni che comporterebbero un loro serio e ingiustificato demansionamento: tra questi, i cancellieri esperti e i direttori di giustizia, i quali ultimi sono già scesi in piazza per protestare e hanno scioperato il 20 settembre scorso;
ciò rappresenta un momento cruciale per l'adeguamento dei trattamenti economici del personale della giustizia, attraverso l'adozione di criteri chiari e trasparenti per la progressione di carriera, che tengano conto delle competenze acquisite e dell'esperienza maturata nel profilo di appartenenza e sappiano valorizzarle,
impegna il Governo
a intervenire per un'adeguata ed aggiornata mappatura dei fabbisogni relativi ad ogni profilo del comparto giustizia, nonché a destinare già con la prossima legge di bilancio risorse specifiche e congrue per un giusto riconoscimento professionale e retributivo di ogni profilo, anche consentendo progressioni economiche, posizioni organizzative, condizioni lavorative migliori, al fine ultimo di un complessivo efficientamento del comparto interessato, anche al fine di evitare la sempre più frequente migrazione di preziose risorse umane verso comparti ministeriali che meglio ne valorizzino competenze ed esperienze.
9/1532-bis-A/40. Alifano, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci, D'Orso.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
il lavoro è uno degli ambiti in cui i divari di genere sono più visibili. Molto spesso le donne incontrano maggiori difficoltà a trovare un impiego e a coprire ruoli di prestigio e responsabilità. Secondo le stime contenute nella recente ricerca di Banca d'Italia: «Le donne, il lavoro e la crescita economica», in Italia solo poco più di una donna su due ha un lavoro, con un tasso di occupazione femminile del 51,1 per cento, ben al di sotto della media europea del 65 per cento;
anche in virtù di quanto già riportato in merito alla difficile conciliazione di vita e lavoro, le donne più svantaggiate sono quelle con figli, al contrario dei padri che riportano un tasso di occupazione più elevato. Preoccupante è in questo senso il dato evidenziato con riferimento alla cosiddetta child penalty sui redditi da lavoro nel nostro Paese: tra le madri occupate, a 15 anni dalla nascita dei figli, la retribuzione annua è circa la metà rispetto a quella delle donne senza figli;
il differenziale tra retribuzioni, che si amplifica se si considera il divario retributivo complessivo di genere, determina ripercussioni a lungo termine sulla qualità della vita delle donne, le espone a un maggiore rischio di povertà e perpetua il divario retributivo pensionistico (gender pension gap), che è addirittura pari al 29 per cento nell'Unione europea;
secondo il rapporto annuale dell'Inps pubblicato a settembre 2023, in media i pensionati percepiscono un importo mensile lordo superiore di oltre il 36 per cento a quello incassato dalle coetanee e la differenza sfiora il 38 per cento se si fa riferimento «solo» alle pensioni e alle indennità erogate dall'Istituto. Per quanto poi attiene al settore pubblico, mentre i dipendenti fuori servizio per raggiunti limiti di età incassano 2.423,91 euro, le dipendenti di 1.831,97 (media lorda mese);
il citato rapporto Inps certifica quello che milioni di lavoratrici e lavoratori già sanno ossia che i fattori che creano e mantengono il divario di genere – in ambito lavorativo, nelle carriere, nelle retribuzioni, nei ruoli apicali – si riflettono anche nelle pensioni, con le donne svantaggiate, in eterna rincorsa dei coetanei, superati unicamente per le pensioni di reversibilità (legate ai redditi dei mariti defunti);
sempre dai dati Inps si evidenzia un'altra differenza tra donne e uomini in relazione allo spostamento in avanti degli anni che bisogna avere per poter accedere alla pensione. L'età media per il collocamento a riposo è cresciuta per tutti: per gli uomini è passata da 62 anni nel 2012 a 64,2 nel 2014, per le donne è aumentata più lentamente, ma è arrivata a superare di cinque mesi quella dei coetanei: da 62,3 anni nel 2012 a 64,7 nel 2022. La ragione sta nella già richiamata discontinuità delle carriere femminili, che comporta ritardi nel raggiungimento dei requisiti contributivi per la pensione anticipata;
da ultimo, la cosiddetta Opzione donna ha sì consentito a molte donne di uscire prima dal mercato del lavoro, ma per le lavoratrici che hanno aderito a questa modalità il prezzo è stato la massiccia decurtazione dell'importo percepito: l'assegno medio è stato del 40 per cento più basso rispetto alla media di tutte le pensioni anticipate. Tale differenza sarebbe in parte riconducibile al ricalcolo contributivo, ma anche in parte alla minore contribuzione rispetto alle pensioni anticipate, oltre al fatto che la propensione a utilizzare l'opzione è maggiore tra le lavoratrici nelle classi di reddito più basse e quindi con minore contribuzione,
impegna il Governo:
a prevedere, già a partire dal prossimo disegno di legge di bilancio, lo stanziamento di specifiche risorse economiche destinate a ridurre il gap pensionistico, attraverso:
a) il ripristino, nel prossimo provvedimento utile, della disciplina sull'uscita pensionistica per il tramite della cosiddetta «Opzione donna» alle regole vigenti sino al 31 dicembre 2022;
b) l'adozione di ulteriori misure suscettibili di affrontare in modo più incisivo e risolutivo le condizioni che sono alla base della penalizzazione femminile in campo previdenziale ovverosia la disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro, con particolare riguardo ai bassi livelli contributivi e alle interruzioni di contribuzione per maternità e lavoro di cura.
9/1532-bis-A/41. Morfino, L'Abbate, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento, tra l'altro, ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
l'articolo 6 modifica la disciplina vigente in materia di compatibilità dei trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale con lo svolgimento di attività lavorativa, sia subordinata che autonoma, e di obbligo di comunicazione da parte del lavoratore dello svolgimento della suddetta attività lavorativa;
l'atto in esame tuttavia difetta di introdurre norme relative al compenso dei lavoratori autonomi ed in particolare delle prestazioni professionali rese nei confronti delle pubbliche amministrazioni e di specifiche categorie di imprese, allo scopo di rafforzare la tutela del lavoro autonomo e delle libere professioni;
a seguito dell'entrata in vigore del provvedimento in materia di equo compenso, con la legge 21 aprile 2023, n. 49, permangono talune criticità che stanno compromettendo la corretta applicazione del provvedimento, con l'effetto di indebolirne la portata di tutela concreta dei professionisti, i quali hanno salutato con favore l'approvazione della legge e ne chiedono un'applicazione effettiva ed efficace;
pertanto, appare opportuno intervenire in primo luogo per stabilire che la normativa si applica a tutti gli incarichi conferiti successivamente alla data di entrata in vigore della legge, pur se rientranti in una convenzione sottoscritta antecedentemente;
inoltre, attualmente restano ingiustificatamente esclusi dall'applicazione della normativa alcuni contraenti forti come le società di riscossione e le società di cartolarizzazione dei crediti;
occorre, inoltre, ampliare l'ambito applicativo della disciplina dell'equo compenso, estendendo la tutela anche ai meri domiciliatari, che talvolta sono costretti a loro volta ad accettare incarichi da altri avvocati a condizioni inique e non dignitose;
si consideri, ancora, come numerose siano le pratiche elusive, specie in campo assicurativo e bancario, consistenti nell'affidamento a studi professionali di ampi «pacchetti» di pratiche e servizi che vengono poi «smistati» e distribuiti a domiciliatari con pattuizioni in deroga e violazione dei parametri ministeriali,
impegna il Governo
a intervenire, con il primo provvedimento utile, per apportare i correttivi di cui in premessa alla legge n. 49 del 21 aprile 2023 in materia di equo compenso, per rafforzare ed estendere la tutela del professionista ed impedirne un'applicazione restrittiva e non corretta.
9/1532-bis-A/42. D'Orso, Barzotti, Aiello, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge reca diversi interventi in materia previdenziale e contributiva, di tutela e sicurezza dei luoghi di lavoro, ammortizzatori sociali e rapporti di lavoro, e talune disposizioni di interpretazioni autentica;
proprio in materia di rapporti di lavoro e di necessità di chiarimenti della normativa vigente si rappresenta che, nell'ultimo biennio, le aziende associate AVEDISCO hanno registrato un incremento dei controlli da parte degli Agenti della Guardia di Finanza, i quali contestano agli incaricati alla vendita l'applicazione del regime fiscale alle cosiddette vendite indirette, andando contro ad una interpretazione incontestata per oltre quindici anni;
nello specifico, si sono moltiplicate sull'intero territorio azioni di verifica e accertamento che stanno portando ad una disqualificazione della tipica attività dell'incaricato alle vendite con riferimento alla componente provvigionale indiretta e a mettere in discussione l'applicazione della tassazione a titolo di imposta;
durante il periodo pandemico si è registrato un incremento – tuttora in continua crescita – nell'utilizzo di social media e strumenti digitali per l'attività effettuata dagli incaricati alle vendite; sarebbe quindi oltremodo necessario chiarire come i soggetti incaricati alle vendite a domicilio di cui agli articoli 19 e 20 del decreto legislativo n. 114 del 1998, che promuovono direttamente ed indirettamente la raccolta di ordinativi presso consumatori privati, possono interagire con il consumatore finale anche avvalendosi di strumenti digitali e/o di collaboratori della medesima struttura di vendita, pur nel rispetto del divieto di vendite piramidali di cui all'articolo 5, della legge n. 173 del 2005;
parimenti, sarebbe altresì opportuno confermare, sempre mediante norma di interpretazione autentica, che agli incaricati alle vendite di cui alla citata legge n. 173 del 2005 continua ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 25-bis, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in materia di ritenuta sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, sia che l'attività è esercitata direttamente sia che venga svolta indirettamente,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di intervenire, con atto di propria competenza, anche a carattere normativo, volto ad un'interpretazione autentica che confermi la corretta riconducibilità dei compensi provvigionali maturati indirettamente nell'ambito della tipica attività dell'incaricato alle vendite di cui alla legge n. 173 del 2005.
9/1532-bis-A/43. Gusmeroli, Cavandoli.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge reca diversi interventi in materia previdenziale e contributiva, di tutela e sicurezza dei luoghi di lavoro, ammortizzatori sociali e rapporti di lavoro, e talune disposizioni di interpretazioni autentica;
proprio in materia di rapporti di lavoro e di necessità di chiarimenti della normativa vigente si rappresenta che, nell'ultimo biennio, le aziende associate AVEDISCO hanno registrato un incremento dei controlli da parte degli Agenti della Guardia di Finanza, i quali contestano agli incaricati alla vendita l'applicazione del regime fiscale alle cosiddette vendite indirette, andando contro ad una interpretazione incontestata per oltre quindici anni;
nello specifico, si sono moltiplicate sull'intero territorio azioni di verifica e accertamento che stanno portando ad una disqualificazione della tipica attività dell'incaricato alle vendite con riferimento alla componente provvigionale indiretta e a mettere in discussione l'applicazione della tassazione a titolo di imposta;
durante il periodo pandemico si è registrato un incremento – tuttora in continua crescita – nell'utilizzo di social media e strumenti digitali per l'attività effettuata dagli incaricati alle vendite; sarebbe quindi oltremodo necessario chiarire come i soggetti incaricati alle vendite a domicilio di cui agli articoli 19 e 20 del decreto legislativo n. 114 del 1998, che promuovono direttamente ed indirettamente la raccolta di ordinativi presso consumatori privati, possono interagire con il consumatore finale anche avvalendosi di strumenti digitali e/o di collaboratori della medesima struttura di vendita, pur nel rispetto del divieto di vendite piramidali di cui all'articolo 5, della legge n. 173 del 2005;
parimenti, sarebbe altresì opportuno confermare, sempre mediante norma di interpretazione autentica, che agli incaricati alle vendite di cui alla citata legge n. 173 del 2005 continua ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 25-bis, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in materia di ritenuta sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, sia che l'attività è esercitata direttamente sia che venga svolta indirettamente,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di intervenire, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, con atto di propria competenza, anche a carattere normativo, per un'interpretazione autentica che confermi la corretta riconducibilità dei compensi provvigionali maturati indirettamente nell'ambito della tipica attività dell'incaricato alle vendite di cui alla legge n. 173 del 2005.
9/1532-bis-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta)Gusmeroli, Cavandoli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
in Italia il fenomeno dei working poor (lavoratori il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà relativa, dovuto anche al lavoro a tempo parziale, pur essendo regolarmente occupati) è in crescita, così come, secondo quanto riferito dal rapporto Eurostat «In-work poverty in the EU» del 16 marzo 2018, è in crescita la distanza che li separa dal resto dei lavoratori;
nel nostro Paese, l'11,7 per cento dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali: dato questo ben al di sopra della media dell'Unione europea, che si attesta al 9,6 per cento. Ciò che allarma di più è l'aumento record, oltre il 23 per cento, registrato tra il 2015 e il 2016. A ciò si aggiungono i dati sulle prospettive di vita: stando ai dati attuali (fonte Censis) ben 5,7 milioni di giovani (tra i quali i precari, i cosiddetti neet, i working poor e quelli in «lavoro gabbia») rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà;
secondo i più recenti dati ISTAT, il reddito da lavoro ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico. Nel rapporto annuale si spiega infatti che, tra il 2014 e il 2023, l'incidenza di povertà assoluta individuale tra gli occupati ha avuto un incremento di 2,7 punti percentuali, passando dal 4,9 per cento nel 2014 al 7,6 per cento nel 2023;
sempre secondo i dati pubblicati da Istat nel rapporto annuale 2024, il tasso di occupazione in Italia è al 62 per cento, ossia 8 otto punti sotto la media europea. Inoltre, vantiamo un primato anche nel numero di inattivi, donne e giovani senza lavoro, part-time involontario, retribuzioni basse, scarsa produttività, lavoro povero, sommerso e lavoro autonomo, da vent'anni sacca fantasma di precarietà;
nel triste primato italiano si concretizza quella che Istat chiama «doppia vulnerabilità»: contratti di collaborazione o a tempo determinato e anche a part-time. Questa parte dei lavoratori italiani è quella con i più bassi salari, sia orari che annuali, dal 30 al 60 per cento in meno degli altri: è la sacca del lavoro povero – quella che sarebbe in parte beneficiata dal salario minimo;
in Italia purtroppo la flexsecurity è diventata precarietà cronica, senza sicurezza: non è stato dato più valore al lavoro e, pertanto, si è scivolati nella competizione globale col dumping salariale, spesso diventando fornitori di lavoro a basso costo;
un lavoratore povero non ha certezze, non riesce ad accumulare risparmi, ha bassi consumi. Questo si traduce in bassi stimoli per le imprese a innovare. E genera ricadute negative, per esempio, sulla fertilità, perché induce le donne a rimandare la gravidanza e quindi avere un minor numero di figli o addirittura non riuscire più ad averne. Al tempo stesso accentua le disuguaglianze di reddito e di tenore di vita,
impegna il Governo
a introdurre, già a partire dal prossimo disegno di legge di bilancio, ferma restando l'applicazione generalizzata del contratto collettivo nazionale di lavoro e a ulteriore garanzia del riconoscimento di una giusta retribuzione, una soglia minima salariale inderogabile, pari a 9 euro all'ora, per tutelare in modo particolare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro, nei quali il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali è più debole, in particolare prevedendo che la soglia si applichi soltanto alle clausole relative ai cosiddetti «minimi», lasciando al contratto collettivo la regolazione delle altre voci retributive.
9/1532-bis-A/44. Conte, Fratoianni, Richetti, Schlein, Bonelli, Magi, Evi, Francesco Silvestri, Zanella, Sottanelli, Braga, Guerra, Barzotti, Mari, D'Alessio, Scotto, Aiello, Carotenuto, Fossi, Gribaudo, Laus, Sarracino, Tucci, Grimaldi, Serracchiani, Orlando.
La Camera,
premesso che:
l'articolo dall'articolo 2-quater del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101, al fine dello sviluppo della strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato, nonché di favorire l'evoluzione qualitativa del lavoro agricolo e di incrementare le capacità di analisi, monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di sfruttamento dei lavoratori nell'agricoltura, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha istituito il Sistema informativo per la lotta al caporalato nell'agricoltura;
pur essendo evidente che il settore agricolo è particolarmente esposto allo sfruttamento della manodopera, appaiono comunque necessarie azioni generalizzate di contrasto al lavoro sommerso e contro lo sfruttamento lavorativo e il caporalato in coerenza con la legge n. 199 del 2016, azioni di contrasto estese anche ad altri settori che evidenziano una forte esposizione al fenomeno quali, ad esempio, il settore della logistica e della distribuzione commerciale;
procedere alla estensione del Sistema informativo per la lotta al caporalato nell'agricoltura a tutti gli altri settori in condizione di forte esposizione al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento lavorativo, ai sensi della legge 29 ottobre 2016, n. 199, sarebbe un segnale importante e darebbe ancora più impulso al contrasto allo sfruttamento,
impegna il Governo
ad estendere il Sistema informativo per la lotta al caporalato oggi limitato al settore dell'agricoltura, a tutti i settori produttivi che vedono una forte esposizione al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento della manodopera.
9/1532-bis-A/45. Mari, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo dall'articolo 2-quater del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101, al fine dello sviluppo della strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato, nonché di favorire l'evoluzione qualitativa del lavoro agricolo e di incrementare le capacità di analisi, monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di sfruttamento dei lavoratori nell'agricoltura, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha istituito il Sistema informativo per la lotta al caporalato nell'agricoltura;
pur essendo evidente che il settore agricolo è particolarmente esposto allo sfruttamento della manodopera, appaiono comunque necessarie azioni generalizzate di contrasto al lavoro sommerso e contro lo sfruttamento lavorativo e il caporalato in coerenza con la legge n. 199 del 2016, azioni di contrasto estese anche ad altri settori che evidenziano una forte esposizione al fenomeno quali, ad esempio, il settore della logistica e della distribuzione commerciale;
procedere alla estensione del Sistema informativo per la lotta al caporalato nell'agricoltura a tutti gli altri settori in condizione di forte esposizione al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento lavorativo, ai sensi della legge 29 ottobre 2016, n. 199, sarebbe un segnale importante e darebbe ancora più impulso al contrasto allo sfruttamento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di estendere il Sistema informativo per la lotta al caporalato oggi limitato al settore dell'agricoltura, a tutti i settori produttivi che vedono una forte esposizione al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento della manodopera.
9/1532-bis-A/45. (Testo modificato nel corso della seduta)Mari, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del disegno di legge in esame reca modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in particolare tra le modifiche all'articolo 65 del citato decreto legislativo si prevede che in deroga alle disposizioni di cui al comma 1, è consentito l'uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei quando le lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettati i requisiti di cui all'allegato IV, in quanto applicabili, e le idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima;
la modifica legislativa recata dal disegno di legge in esame potrebbe determinare una situazione di totale confusione derivante dal fatto che mentre la competenza sugli adempimenti degli articoli 63 e 67 rimarrebbe in capo alle ASL, quella sull'articolo 65 passerebbe in capo all'INL;
questo, inoltre, farebbe venire meno la gestione unitaria del processo autorizzativo, che riguarda i complessi profili di igiene e sanità pubblica, urbanistici e di salute e sicurezza sul lavoro, oggi possibile perché svolta all'interno dello stesso Dipartimento di prevenzione della ASL;
si deve tenere conto che in relazione alla salute e alla sicurezza del lavoro l'autorizzazione comporta soprattutto una valutazione delle condizioni igieniche e ambientali che possono danneggiare la salute dei lavoratori: condizioni microclimatiche e benessere termico, condizioni illuminotecniche e conseguenze sull'affaticamento visivo, benessere psicofisico determinato dalla permanenza in condizioni anomale rispetto ai normali ambienti di lavoro e di vita, esposizioni a sostanze ambientali pericolose, tutti elementi che richiedono competenze sia igienistiche e sanitarie,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di prevedere per quanto di competenza nel primo provvedimento utile, il ritorno ad una gestione unitaria degli adempimenti relativi agli articoli 63, 65 e 67, che riguardano aspetti di igiene e sanità pubblica, urbanistici e di salute e sicurezza sul lavoro che non possono non avere una valutazione unitaria.
9/1532-bis-A/46. Zaratti, Mari, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
Il fondo di sostegno per i familiari delle vittime degli infortuni sul lavoro è stato istituito, con la legge Finanziaria 2007, presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con l'obiettivo di fornire un supporto economico ai familiari superstiti dei lavoratori assicurati e non, vittime di infortuni sul lavoro;
il decreto del Ministro del lavoro del 19 novembre 2008 ha regolamentato il suddetto fondo, definendo la tipologia di benefici concedibili, i requisiti e le modalità di accesso, come meglio specificato nella congiunta circolare n. 5/2009 del Ministero del lavoro;
con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 12 aprile 2024, n. 62, è stato determinato, per l'esercizio finanziario 2024, l'importo delle prestazioni del Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, per gli eventi verificatesi tra il primo gennaio 2024 e il 31 dicembre 2024;
le risorse per il finanziamento del Fondo nel 2024, previste dalla legge di bilancio 2024, corrispondono esattamente a quanto stanziato nel 2023 e sono pari a 10.479.421 euro a tale stanziamento si deve aggiungere l'avanzo di gestione per il periodo 2007-2019, come comunicato dall'INAIL, pari a 1.888.465 euro;
nel 2023 il Governo tagliato i fondi per le famiglie delle vittime sul lavoro ed il sussidio ha avuto un range dai 4.000 euro e fino a 14.500 euro, invece nel 2022 il minimo era di 6.000 euro e il massimo di 22.400 euro; un taglio rispetto al 2022, determinato con il decreto n. 75 del 18 maggio 2023;
nel 2024, a seconda dei componenti del nucleo famigliare, il sussidio, con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 12 aprile 2024, n. 62, ha visto un aumento, che andava tre i 10.265,35 ai 28.817,17;
questo andamento ondivago delle risorse non è certo un segnale di attenzione verso le famiglie che subiscono la gravissima perdita di un famigliare morto sul lavoro,
impegna il Governo
ad incrementare adeguatamente, sin dal prossimo disegno di legge di Bilancio, le risorse del Fondo di sostegno per i familiari vittime degli infortuni sul lavoro.
9/1532-bis-A/47. Ghirra, Mari, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 32 del disegno di legge reca disposizioni finalizzate al potenziamento del ruolo dei centri per la famiglia, mentre al contrario sarebbe necessario la valorizzazione e il potenziamento dei consultori;
i consultori oggi versano in una condizione di profonda criticità: sono pochi, privi di risorse economiche e del personale necessario, come già confermato dai dati dell'ultima Relazione al Parlamento sull'attuazione della legge n. 194 del 1978 del Ministero della Salute e dall'indagine condotta addirittura cinque anni fa, negli anni 2018-2019 dall'Istituto Superiore di Sanità. Una relazione che già proponeva di arginare il progressivo e diffuso depauperamento delle sedi e delle équipe dei consultori familiari;
nel 2021 a livello nazionale risultano 1.871 consultori familiari pubblici, dunque, ce ne sono 1.078 in meno rispetto ai 2.949 necessari a garantire il livello standard di un consultorio ogni 20 mila abitanti che viene garantito in sole tre Regioni: Valle d'Aosta, Emilia-Romagna e Umbria, in media c'è un consultorio ogni 32 mila abitanti con differenze tra le regioni: si passa da un bacino di 12 mila abitanti in Valle d'Aosta a 49 mila in provincia di Trento, a 48 mila in Molise fino a 66 mila abitanti in Lombardia;
profonde sono anche le differenze nelle équipe, tanto che quelle complete sono presenti in 921 consultori, ovvero un'équipe completa ogni due consultori e nel 75,4 per cento dei consultori ci sono équipe o singoli professionisti operanti in più sedi;
per garantire il rispetto degli standard indicati per l'équipe consultoriale è necessario incrementare gli organici di: ginecologi, ostetriche, per gli psicologi, assistenti sociali;
solo 6 Regioni dispongono di fondi dedicati ad attività consultoriali. In 11 Regioni tutte le prestazioni vengono erogate gratuitamente. In 8 sono gratuite solo le prestazioni di alcuni ambiti assistenziali come ad esempio il percorso nascita. Alcune regioni prevedono un ticket per accedere alle prestazioni;
l'81 per cento dei consultori offrono servizi nell'area coppia, famiglia e giovani e gli argomenti più trattati sono la contraccezione, la sessualità e la salute riproduttiva, le infezioni/malattie sessualmente trasmissibili e il disagio relazionale;
su 1.438 consultori che dichiarano di svolgere attività sul tema della contraccezione, 510 (pari al 35,5 per cento del totale) offrono gratuitamente i contraccettivi: il 9,9 per cento a tutti, il 6,1 per cento a utenza a basso reddito, il 4,7 per cento solo ai giovani, il 14,7 per cento a destinatari individuati con una combinazione di diversi criteri. Il 77,7 per cento dei consultori offre attività rivolte alle donne in menopausa e post menopausa;
è necessario restituire ai Consultori il loro ruolo centrale di presidio della salute pubblica, nel percorso di vita dalla nascita all'invecchiamento. I consultori devono prendere in carico la persona, nonché accogliere e riconoscere i bisogni di salute e di cure in un'ottica di genere, consapevoli che l'approccio di genere nelle politiche della salute è indispensabile da parte di tutti i servizi del welfare,
impegna il Governo:
previa verifica degli effetti applicativi delle disposizioni recate dall'articolo 32, a:
predisporre un piano straordinario di investimenti sui consultori pubblici, per garantire un loro pieno potenziamento dal punto di vista infrastrutturale e del personale, per garantire tutte le funzioni e attività che per legge sono ad essi attribuite;
sviluppare le funzioni dei consultori e la loro diffusione raggiungendo lo standard nazionale di 1 consultorio ogni 20 mila abitanti, come previsto dalle norme vigenti con un'Intesa in Conferenza Unificata per stabilirne tempi e modalità;
inserire nel Fondo sanitario nazionale un finanziamento aggiuntivo e vincolato per i consultori per tutte le Regioni.
9/1532-bis-A/48. Zanella, Mari, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Piccolotti, Zaratti, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 16 dispone l'incremento delle risorse destinate alle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative;
il supporto per la formazione e il lavoro, istituito dal decreto-legge n. 48 del 2023 e convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 2023, è una misura di attivazione al lavoro, mediante la partecipazione a progetti di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale, orientamento, accompagnamento al lavoro e politiche attive del lavoro;
la citata legge ha definito le attività a cui i destinatari del supporto per la formazione e il lavoro possono aderire per ricevere l'indennità. In particolare, il cittadino che vorrà attivarsi e possiede i requisiti per accedere alla misura potrà partecipare ad alcune prestazioni remunerate indicate dal decreto ministeriale n. 4 del 2018, oltre che al Servizio civile universale;
i servizi di accompagnamento a lavoro sono servizi erogati sia dai centri per l'impiego che da agenzie private per il lavoro accreditate, con lo scopo di supportare la persona nella ricerca di un'opportunità di lavoro tra quelle disponibili, anche attraverso laboratori di ricerca attiva;
il piano di potenziamento annunciato nel 2019 e rilanciato con il PNRR è lontano dall'essere pienamente attuato e non è adeguato a rispondere alla carenza di personale provocata da anni di blocco delle assunzioni e del turn over;
è necessario rafforzare i Cpi nella loro funzione di attivazione lavorativa per chi è in cerca di occupazione e di collaborazione con i Comuni per i percorsi di inclusione per le persone più fragili e più distanti dal mercato del lavoro, tenuto conto che il piano di potenziamento è ancora fermo al 50 per cento delle assunzioni;
il Governo ha adottato misure, dal decreto lavoro alle disposizioni contenute nel decreto coesione, che, ad avviso dei firmatari del presente atto, segnalano la volontà di favorire i servizi per il lavoro privati con la progressiva marginalizzazione del servizio pubblico e la «svalorizzazione» delle lavoratrici e dei lavoratori che operano nei Centri per l'Impiego;
ora con l'articolo 16 del disegno di legge in esame si incrementano le risorse destinata ai privati gestori di attività formative,
impegna il Governo:
per quanto di competenza, a dare piena attuazione al piano straordinario di assunzioni per potenziare gli organici e garantire la qualità del servizio pubblico e i percorsi di inclusione;
ad incrementare le risorse per il rinnovo del CCNL dei lavoratori dei CPI per valorizzare economicamente lavoratrici e lavoratori dei Centri per l'Impiego;
ad assumere le iniziative necessarie ad una effettiva interoperabilità delle banche dati che devono essere condivise e adeguate per consentire alle lavoratrici e ai lavoratori in cerca di occupazione di accedere a tutte le informazioni e agli addetti ai Cpi di svolgere adeguatamente la propria attività.
9/1532-bis-A/49. Piccolotti, Mari, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame estende le possibilità di lavoro a somministrazione con una previsione di deroghe così estese, con una serie di elementi soggettivi uniti alla sottrazione della somministrazione a termine da tutti i vincoli normativi generali sulla materia, che, in combinato con recenti interventi normativi, costituisce di fatto un serbatoio di attivazioni contrattuali su cui scaricare tutte le flessibilità e discontinuità altrimenti non praticabili, sottraendo alla contrattazione collettiva l'autorità di normare, per comparto e azienda, forme di flessibilità lavorativa equilibrate e tutelate;
occorrerebbe piuttosto bilanciare a livello normativo la oggettiva condizione di lavoratori e lavoratrici in somministrazione, a termine o a tempo indeterminato, articolando un diritto alla stabilizzazione, attraverso, ad esempio, la previsione di un diritto di precedenza;
il numero di lavoratori interessati da lavori in staff leasing o somministrazione è rilevante: nel primo trimestre 2023 il numero di lavoratori in somministrazione è stato pari a 577.571 occupati, di cui oltre 136 mila (il 23,6 per cento del totale) a tempo indeterminato. Di questi 117.410 (20,3 per cento) avevano un contratto di agenzia di tipo staff leasing;
Il 33,6 per cento (194.298) dei lavoratori occupati con contratto di somministrazione rientra nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni e rappresenta il gruppo più numeroso. Rispetto al primo trimestre la classe dei lavoratori più anziani, di età compresa tra 55 e 74 anni, è cresciuta del 2,4 per cento con poco più di mille occupati in più;
il Nord è l'area con la maggior concentrazione di lavoratori in somministrazione, nel primo trimestre 2023 il numero occupati è pari al 69,2 per cento (399.906) del totale;
circa la metà (49,2 per cento) dei lavoratori in somministrazione è attiva nel settore dell'industria, che rappresenta il settore trainante, seguito da quello dei servizi con il 30,7 per cento;
oltre la metà dei lavoratori in somministrazione (52,3 per cento) è occupata tra gli artigiani, operai specializzati o nelle professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi o ancora nelle professioni esecutive nel lavoro d'ufficio e nelle professioni tecniche o scientifiche. La restante quota è rappresentata da figure meno specializzate, come i conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili nonché conducenti di veicoli (21,7 per cento) e professioni non qualificate (26 per cento);
nel primo trimestre 2023 il numero di lavoratori con almeno un giorno contrattualizzato nella forma della somministrazione è stato pari a 577.571. Di questi lavoratori il 23,6 per cento aveva un contratto a tempo indeterminato o di tipo staff leasing (20,3 per cento) o con missioni a termine (3,3 per cento). Il 74,9 per cento dei lavoratori in somministrazione aveva un contratto a tempo determinato, mentre l'1,5 per cento uno di apprendistato;
il decreto-legge n. 48 del 2023 (legge n. 85 del 2023) ha introdotto importanti novità alla disciplina della somministrazione di lavoro, modificando il testo del primo comma dell'articolo 31 del decreto legislativo n. 81 del 2015. La novità più rilevante è data senza dubbio dalla possibilità di ricorrere allo staff leasing (somministrazione a tempo indeterminato), senza alcun limite, per i giovani fino a 24 anni e gli over 50;
ad avviso dei firmatari del presente atto, non è più ammissibile che il Governo propagandi un aumento dell'occupazione se questa si basa sostanzialmente su lavoro somministrato comunque precarizzato e mal pagato, ed anzi ne proponga, come con l'articolo 10, l'ulteriore estensione,
impegna il Governo:
ad abbandonare il sostegno all'offerta di lavoro precarizzato o a somministrazione;
ad inviare alle Camere una relazione con i dati aggiornati sul numero di lavoratori interessati da contratti di lavoro, staff leasing e più in generale precario, nonché sulle retribuzioni di tali contratti suddivisi per settore.
9/1532-bis-A/50. Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo n. 151 del 2001, all'articolo 54, comma 1, dispone che le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino;
durante il periodo di gravidanza ai sensi dell'articolo 55 comma 1, la lavoratrice può presentare dimissioni volontarie, che danno diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento;
l'articolo 62 del decreto legislativo n. 151 del 2001 al comma 1 dispone che le lavoratrici ed i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari hanno diritto al congedo di maternità e di paternità e dispone che, per le suddette categorie di lavoratori, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3, 16, 17, 22, comma 3 e 6, compreso il relativo trattamento economico e normativo;
il mancato richiamo anche articoli 54 e 55 del decreto legislativo n. 151 del 2001 fa sì che non trovino applicazione per le lavoratrici ed i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, nonostante nel merito si sia anche espressa la Corte di Cassazione, con sentenza 17433 del 2015, determinando una inaccettabile discriminazione attraverso il rigetto delle domande di accesso alla NASPI, ed in alcuni casi la richiesta di restituzione delle somme inizialmente riconosciute a tale titolo,
impegna il Governo
al fine di affrontare la evidente discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori domestici, ad adottare, per quanto di sua competenza, le opportune iniziative normative allo scopo di novellare l'articolo 62 del decreto legislativo 151 del 2001 per includervi il richiamo agli articoli 54 e 55 del medesimo decreto legislativo.
9/1532-bis-A/51. Borrelli, Mari, Zanella, Bonelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce norme di semplificazione e regolazione in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, nonché degli ammortizzatori sociali;
l'articolo 11 reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di attività stagionali;
con l'interpretazione autentica recata dall'articolo 11 vengono fatte rientrare nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, le attività per fare fronte a intensificazioni dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell'articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015;
la modifica appare finalizzata al superamento della sentenza della Cassazione n. 9243 del 2023. Una sentenza che aveva dichiarato legittima la conversione dei contratti in contratti a tempo indeterminato, laddove la contrattazione collettiva non avesse tipizzato le attività che si ritengono stagionali, evidenziando come l'attività stagionale debba essere aggiuntiva rispetto a quella normalmente svolta e debba implicare un collegamento con l'attività lavorativa che vi corrisponde, quindi rientrano nel concetto di attività stagionale solo «quelle attività preordinate e organizzate per un limitato periodo stagionale», escludendo quelle realtà aziendali che raggiungono in una determinata stagione picchi di produttività, dovuti ad esigenze di mercato;
l'interpretazione autentica recata dall'articolo 11 del disegno di legge in esame opera il risultato di aggirare la decisione della Corte, aprendo, all'uso dei contratti stagionali e alle deroghe ad essi connesse rispetto alla norma generale dei contratti a termine, anche alla vasta e complessa casistica delle intensificazioni di attività produttiva e cicli stagionali;
in un contesto che vede scarsa certezza nei rinnovi contrattuali e la presenza di contratti pirata sarà difficile per le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative nella delimitazione alla casistica della intensificazione delle attività produttive,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di rivedere, nel primo provvedimento utile successivo a quello in esame, l'interpretazione autentica recata dall'articolo 11 in quanto non ottempera a quanto previsto dalla sentenza della Cassazione n. 9243 del 2023, che non indicava l'ulteriore estensione dei contratti stagionali anche alle intensificazioni delle attività produttiva.
9/1532-bis-A/52. Dori, Mari, Zanella, Bonelli, Borrelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il nostro mercato del lavoro appare ancora «intrappolato nella precarietà» dei nuovi contratti attivati nel 2021, sette su dieci sono a tempo determinato, il part time involontario coinvolge l'11,3 per cento dei lavoratori (contro una media Ocse del 3,2 per cento) e solo il 35-40 per cento dei lavoratori atipici passa nell'arco di tre anni ad impieghi stabili;
anziché affrontare questi nodi che pregiudicano la condizione dei lavoratori e che indeboliscono il nostro sistema economico e che sono state già aggravate con i precedenti interventi, con il provvedimento in oggetto, si ampliano le maglie dell'utilizzo del lavoro somministrato, così come quelle per l'applicazione dei contratti stagionali o quelli cosiddetti misti;
tutte misure con le quali si aumentano gli spazi della precarietà per tanti lavoratori, in particolare giovani e donne, soprattutto nel Mezzogiorno;
al contrario, per una ripresa equa e stabile nel nostro Paese, sarebbe necessario un vero e proprio «nuovo contratto sociale», che sul fronte del lavoro veda al centro una serrata lotta alla precarietà e allo sfruttamento, limitando il ricorso a tutte quelle formule contrattuali che minano il concetto di buona e stabile occupazione,
impegna il Governo
ad avviare un concreto e tempestivo confronto con le parti sociali realmente rappresentative volto a definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà attraverso una vera e propria bonifica normativa, l'incremento della partecipazione al lavoro, con particolare riguardo per le donne e i giovani, così come per il Mezzogiorno e per le aree interne.
9/1532-bis-A/53. Scarpa, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
anche per quanto attiene il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, diverse disposizioni contenute nel presente provvedimento segnano un arretramento della tutela dei lavoratori quali, ad esempio, le disposizioni che rivedono le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei o quelle che dispongono l'obbligo del tesserino personale di riconoscimento nei cantieri edili, solo in caso di appalto e subappalto – una soluzione che, come evidenzia lo stesso Servizio Studi, nulla disporrebbe nel caso di un'impresa che proceda in proprio a tutte le fasi dell'edificazione;
il tema della sicurezza sul lavoro ha assunto connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce dei dati INAIL in base ai quali nei primi mesi del 2024, si è registrato un aumento delle morti rispetto allo scorso anno;
pertanto, appare necessario procedere al potenziamento delle attività di vigilanza e prevenzione sull'intero territorio nazionale con regole chiare ed efficaci;
un efficiente sistema di prevenzione e controllo è elemento essenziale anche ai fini della diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro, che assicuri irrinunciabili effetti positivi sulla condizione di lavoro per migliaia e migliaia di lavoratori, nonché la riduzione di gravissimi costi sociali ed economici per l'intera collettività;
in tale prospettiva, appare anacronistica e preoccupante l'ipotesi che la disciplina sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro possa vedere una sua disarticolazione e differenziazione su base territoriale, in ragione della applicazione dei principi previsti nella proposta in materia di autonomia differenziata;
i lavoratori e le imprese non possono trovarsi, in prossimo futuro, di fronte a una pluralità di discipline su una materia tanto delicata e tecnicamente complessa a seconda se opereranno in un territorio regionale diverso rispetto a quello di riferimento;
si rischia di compromettere la certezza e la stessa appropriata conoscibilità della disciplina sulla sicurezza sul lavoro, aumentando i pericoli per l'incolumità dei nostri lavoratori,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile al fine di scongiurare che la disciplina in materia di sicurezza del lavoro possa essere disarticolata sul piano territoriale, mettendo a rischio la condizione dei lavoratori e complicando la gestione di tale delicata attività da parte delle imprese.
9/1532-bis-A/54. Cuperlo, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Fornaro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
anche per quanto attiene il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, diverse disposizioni contenute nel presente provvedimento segnano un arretramento della tutela dei lavoratori quali, ad esempio, le disposizioni che rivedono le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei o quelle che dispongono l'obbligo del tesserino personale di riconoscimento nei cantieri edili, solo in caso di appalto e subappalto – una soluzione che, come evidenzia lo stesso Servizio Studi, nulla disporrebbe nel caso di un'impresa che proceda in proprio a tutte le fasi dell'edificazione;
il tema della sicurezza sul lavoro ha assunto connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce dei dati INAIL in base ai quali nei primi mesi del 2024, si è registrato un aumento delle morti rispetto allo scorso anno;
il nuovo sistema di qualificazione delle imprese, attualmente valido solo per quelle del settore edile, prevede un meccanismo di decurtazione dei crediti iniziali in corrispondenza dell'accertamento di violazioni delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro o di incidenti occorsi durante lo svolgimento delle attività lavorative;
come noto, secondo le disposizioni adottate con il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 e con il successivo decreto attuativo, l'eventuale recupero dei crediti decurtati può avvenire grazie alla mera frequentazione di corsi di formazione;
per la credibilità del nuovo strumento della patente a crediti è indispensabile che non solo le sanzioni siano proporzionate e puntuali, ma anche che le procedure per il recupero dei crediti eventualmente decurtati siano attendibili e verificabili, in linea con i rilievi effettuati dagli ispettori pubblici;
anche sotto tale profilo, appare necessario un proficuo coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro, comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile al fine di rivedere le norme in materia di disciplina delle modalità di recupero dei crediti decurtati, prevedendo non solo la semplice partecipazione a corsi formativi, ma anche il superamento di una prova finale di verifica.
9/1532-bis-A/55. D'Alfonso, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Iacono.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
anche per quanto attiene il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, diverse disposizioni contenute nel presente provvedimento segnano un arretramento della tutela dei lavoratori quali, ad esempio, le disposizioni che rivedono le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei o quelle che dispongono l'obbligo del tesserino personale di riconoscimento nei cantieri edili, solo in caso di appalto e subappalto – una soluzione che, come evidenzia lo stesso Servizio Studi, nulla disporrebbe nel caso di un'impresa che proceda in proprio a tutte le fasi dell'edificazione;
il tema della sicurezza sul lavoro ha assunto connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce dei dati INAIL in base ai quali nei primi mesi del 2024, si è registrato un aumento delle morti rispetto allo scorso anno;
come noto, la novità introdotta con nuovo sistema di qualificazione delle imprese, vincolante per il solo settore edile a decorrere dal prossimo 1° ottobre, potrà «essere estesa ad altri ambiti di attività individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative»;
è di tutta evidenza come, anche in ragione della tragedia nella centrale idroelettrica di Bargi, va assicurato il massimo livello di qualificazione della sicurezza delle imprese impegnate in attività lavorative che possano comportare rischi diretti e indiretti per la sicurezza e la salute dei lavoratori, in qualunque settore operino;
gli indici di sinistrosità dei diversi settori di produzione dovrà rappresentare il criterio guida per la progressiva estensione del meccanismo di certificazione delle imprese a crediti, anche nei settori diversi dall'edilizia, secondo un crono-programma congruo e progressivo,
impegna il Governo
ad avviare un sistematico confronto con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale al fine di definire un crono-programma di estensione del meccanismo di certificazione della sicurezza delle imprese anche per i settori diversi dall'edilizia, dandone tempestiva comunicazione alle Camere.
9/1532-bis-A/56. De Maria, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera
impegna il Governo
a proseguire il confronto con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, al fine di valutare l'eventuale estensione del meccanismo di certificazione della sicurezza per le imprese anche per i settori diversi dall'edilizia.
9/1532-bis-A/56. (Testo modificato nel corso della seduta)De Maria, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
il nostro mercato del lavoro appare ancora «intrappolato nella precarietà» dei nuovi contratti attivati nel 2021, sette su dieci erano a tempo determinato, il part time involontario coinvolge l'11,3 per cento dei lavoratori (contro una media Ocse del 3,2 per cento) e solo il 35-40 per cento dei lavoratori atipici passa nell'arco di tre anni ad impieghi stabili;
anziché intervenire su tali limiti strutturali del nostro mercato del lavoro che tanto incidono sulla qualità della vita di tanti lavoratori e sulla stessa produttività di interi comparti economici, con il provvedimento in oggetto si interviene per ampliare, quasi a dismisura, l'utilizzo dei contratti di somministrazione;
con diversi interventi normativi, molti dei quali introdotti in sede referente, sono stati introdotte due nuove fattispecie di esenzione dal computo dei limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori, si escludono alcune fattispecie di contratti a tempo determinato stipulati tra agenzie di somministrazione e lavoratori dall'ambito di applicazione delle cosiddette causali o, ancora, si sopprime una disciplina transitoria, relativa – nell'ambito della disciplina della somministrazione di lavoro – alla durata complessiva delle missioni a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore;
con il complesso di tali interventi, si potrà arrivare a situazioni in cui in una impresa si potranno impiegare esclusivamente lavoratori somministrati. Una soluzione che rappresenta una reale minaccia per il rafforzamento della buona e stabile occupazione rappresentata dai contratti a tempo indeterminato;
misure di tale portata necessiterebbero di un'attenta verifica e coinvolgimento preliminare delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile al fine di assicurare un puntuale e tempestivo monitoraggio degli effetti derivanti dall'introduzione delle nuove disposizioni in materia di contratti somministrazione al fine di verificarne la diffusione nei diversi settori economici e territori, con particolare riferimento alla condizione dei giovani lavoratori e delle lavoratrici.
9/1532-bis-A/57. Romeo, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
il nostro mercato del lavoro appare ancora «intrappolato nella precarietà» dei nuovi contratti attivati nel 2021, sette su dieci erano a tempo determinato, il part time involontario coinvolge l'11,3 per cento dei lavoratori (contro una media Ocse del 3,2 per cento) e solo il 35-40 per cento dei lavoratori atipici passa nell'arco di tre anni ad impieghi stabili;
anziché intervenire su tali limiti strutturali del nostro mercato del lavoro che tanto incidono sulla qualità della vita di tanti lavoratori e sulla stessa produttività di interi comparti economici, con il provvedimento in oggetto si interviene per introdurre deroghe al divieto di applicazione del regime forfetario previsto per le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro;
in particolare, si prevede che, a talune condizioni, si estenda l'applicazione del regime fiscale forfettario anche alle persone fisiche iscritte ad albi e/o repertori professionali, nonché alle persone fisiche esercenti attività di lavoro autonomo;
con tale disposizione si annulla la vigente clausola ostativa all'accesso al regime forfetario, oggi applicabile a redditi fino a euro 85.000, estendendone l'applicabilità a tutti i lavoratori e lavoratrici autonomi, sia iscritti ad albi/registri sia non iscritti, attraverso due istituti – quali gli accordi di prossimità e la certificazione dei contratti – in una evidente direzione di riduzione delle tutele di lavoratrici e lavoratori con contratti misti;
di fatto, si annulla la clausola che rappresenta uno strumento di contrasto al ricorso al lavoro autonomo non genuino;
misure che rischiano di innescare pericolosi processi di «incentivazione» fiscale per lo snaturamento dei rapporti di lavoro, limitandone il sistema delle tutele, così come delle prospettive previdenziali future dei lavoratori in questione;
misure di tale portata necessiterebbero di un'attenta verifica e coinvolgimento preliminare delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile al fine di assicurare un puntuale e tempestivo monitoraggio degli effetti derivanti dall'introduzione delle nuove disposizioni in materia di contratti misti, al fine di verificarne la diffusione nei diversi settori economici e territori, con particolare riferimento alla condizione dei giovani lavoratori e delle lavoratrici.
9/1532-bis-A/58. Lacarra, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Gianassi, Serracchiani.
La Camera,
premesso che:
ben lontano dagli annunci di esponenti dell'attuale maggioranza che ipotizzavano misure legislative finalizzate a scongiurare il ritorno alla «legge Fornero», le norme in materia previdenziale sin qui approvate dal Governo in carica si caratterizzano, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, per l'irrilevanza sostanziale delle soluzioni prospettate per assicurare forme di flessibilità di uscita pensionistica, nonché per i tagli che vengono applicati agli assegni di milioni di pensionati che si vedranno decurtare gli adeguamenti all'inflazione;
in questa operazione di tagli alla spesa pensionistica, si distinguono le misure che modificano l'istituto di «opzione donna». Una misura che, introdotta dall'allora Ministro Maroni con l'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004, è sempre stata prorogata da tutti i Governi che si sono succeduti, a decorrere da quella data;
con l'ultima legge di bilancio si è operata, addirittura, un'ulteriore restrizione dei requisiti per l'accesso ad «opzione donna» rispetto a quanto disposto per il 2023, tanto che dalla stessa relazione tecnica evidenziò che la platea delle potenziali beneficiarie scende ulteriormente a 2.200 lavoratrici rispetto alle 2.900 già previste dalla prima legge di bilancio del Governo delle destre, contro le 17.000 ipotizzate sino al 31 dicembre 2022;
di fatto, su «opzione donna» si è operata una manovra per fare cassa sulla condizione delle lavoratrici che aspirano a poter accedere alla pensione, seppure con l'applicazione del metodo contributivo per tutto l'arco della vita lavorativa;
dopo le tante dichiarazioni di voler rivedere le suddette norme per ripristinare l'originaria disciplina di «opzione donna», nei tanti provvedimenti di urgenza sin qui varati dall'Esecutivo, non si è trovato il modo per una misura di giustizia sociale quale l'abrogazione delle citate norme che, di fatto, hanno reso quasi «irrilevante» tale possibilità di uscita pensionistica per le lavoratrici,
impegna il Governo
ad adottare, sin dalla prossima manovra di bilancio, le opportune iniziative volte a ripristinare l'istituto di «opzione donna» nei termini previgenti la legge di bilancio 2023.
9/1532-bis-A/59. Ferrari, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Bonafè.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che, ad avviso dei firmatari del presente atto, tende a diminuire le tutele per i lavoratori, soprattutto per le categorie più fragili come i giovani e le donne;
le nostre lavoratrici devono, spesso, fare i conti con un lavorio precari, discontinui e sottopagati, condizioni che precostituiscono una prospettiva pensionistica di povertà, a fronte della quale le misure adottate dal Governo non solo non rappresentano una opportunità reale, ma addirittura ne peggiorano il quadro. Basti pensare alla pressoché eliminazione di «opzione donna» o all'introduzione di «quota 103» con l'applicazione integrale del calcolo contributivo, che non costituisce alcuna concreta opportunità di uscita anticipata per le donne;
tra i fattori che maggiormente incidono sulla condizione delle lavoratrici vi è senz'altro la difficoltà di riuscire a conciliare i carichi familiari con l'impegno lavorativo, non solo in termini di sovrapposizione temporale;
un onere, quello dei carichi familiari, che troppo spesso grava ancora quasi totalmente sulle donne e che aumenta esponenzialmente con la nascita dei figli;
appare non più procrastinabile una revisione del nostro sistema previdenziale, volta ad offrire il dovuto riconoscimento per i carichi familiari assolti dalle donne lavoratrici, prevedendo una corrispondente riduzione del requisito anagrafico per l'accesso alla pensione di vecchiaia per le lavoratrici madri in ragione di un anno per ciascun figlio, fino a un massimo di tre anni,
impegna il Governo
ad adottare, sin dalla prossima manovra di bilancio, le opportune modifiche normative volte a riconoscere i carichi familiari per le lavoratrici madri ai fini previdenziali, nei termini di cui in premessa.
9/1532-bis-A/60. Di Biase, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che, ad avviso dei firmatari del presente atto, tende a diminuire le tutele per i lavoratori, soprattutto per le categorie più fragili come i giovani e le donne e in settori dove le condizioni economiche e normative già offrono meno garanzie;
i dati Istat evidenziano una crescita dell'occupazione, tuttavia, come già evidenziato dal governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, «Troppi, non solo tra i giovani, non hanno un'occupazione regolare o, pur avendola, non si vedono riconosciute condizioni contrattuali adeguate. In molti casi il lavoro a termine si associa a condizioni di precarietà molto prolungate: la quota di giovani ancora precaria dopo cinque anni resta al 20 per cento»;
in tale prospettiva, le norme che con il cosiddetto decreto 1° maggio hanno ampliano gli spazi della precarietà, con particolare riguardo nella disciplina dei contratti a termine, hanno reso ancor più precaria la condizione di oltre 3 milioni di lavoratori nel nostro Paese;
in particolare andrebbe prestata una specifica attenzione al fenomeno dei contratti a tempo determinato di brevissima durata. Una tipologia contrattuale che esaspera la precarietà lavorativa ed esistenziale dei lavoratori coinvolti e che, mediamente coinvolge almeno il 30 per cento dei contratti a termine stipulati ogni anno;
compito delle istituzioni dovrebbe essere quello di vigilare attentamente, prevenire e scoraggiare un uso improprio di tali contratti di brevissima durata;
ai sensi dell'articolo 2, comma 28, della legge 28 giugno 2012, n. 92 è previsto per i contratti a tempo determinato il pagamento di un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all'1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Contributo addizionale che è aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione;
tuttavia, la suddetta disposizione non opera alcuna distinzione in ragione della durata dei relativi contratti a tempo determinato, di fatto, non scoraggiando tali prassi,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa, sin dal prossimo provvedimento utile, volta alla revisione della citata disposizione che dispone un contributo addizionale sui contratti a termine, introducendo aliquote aggiuntive per i contratti di breve e brevissima durata.
9/1532-bis-A/61. Lai, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
anziché affrontare i nodi che condizionano il nostro sistema economico e, soprattutto a fronte delle sfide dell'innovazione tecnologica e della transizione ecologica, ad avviso dei firmatari del presente atto, il provvedimento in oggetto sembra proiettato a riproporre vecchie ricette, attraverso una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che tende a diminuire le tutele per i lavoratori, soprattutto per le categorie più fragili come i giovani e le donne e in settori dove le condizioni economiche e normative già offrono meno garanzie;
al contrario il nostro mercato del lavoro avrebbe bisogno di una visione al passo con i tempi, in grado di innescare processi di modernizzazione delle nostre imprese e di valorizzazione delle competenze e delle professionalità di tanti lavoratori che faticano a trovare un'occupazione adeguata;
tra i fattori che maggiormente incidono sulla competitività delle nostre imprese vi è, senz'altro, la scarsa attitudine a valorizzare il cosiddetto capitale umano, ossia l'insieme delle competenze, delle doti e dei titoli di studio dei lavoratori;
da questo punto di vista, il nostro Paese sconta il negativo dato dalla bassa percentuale di cittadini in possesso di un titolo di studio terziario. La quota dei laureati tra gli occupati dipendenti si ferma al 25 per cento, contro il 46 per cento della Francia, il 48 per cento della Spagna, e il 39 per cento della media europea;
andando ad analizzare il rapporto tra il numero di lavoratori laureati e le caratteristiche dimensionali delle imprese si evidenzia che, secondo il Rapporto Nazionale Sisprint 2021, nelle imprese con più di 250 addetti, la percentuale dei laureati sul totale degli addetti era pari al 25 per cento, nelle imprese della classe 50-249 l'incidenza era pari al 17 per cento, nelle imprese della classe 10-49 addetti l'incidenza scendeva al 10 per cento e nelle imprese fino a 9 addetti scendeva addirittura all'8 per cento;
nel recente passato, l'unico intervento normativo volto a promuovere l'inserimento lavorativo nel tessuto delle nostre imprese di laureati ha riguardato, per un periodo comunque circoscritto, solo le eccellenze, ovvero i giovani che avessero conseguito la massima votazione di 110 e lode, con una media ponderata di almeno 108/110 entro la durata legale del corso di studi o giovani in possesso di dottorato di ricerca. Una misura che era rivolta indistintamente a tutte le tipologie dimensionali di impresa e che non sembra abbia prodotto significativi risultati sul piano del potenziamento dell'incidenza del numero dei laureati sul totale degli occupati nel nostro sistema economico;
nel frattempo, diversi studi – da ultimo, l'indagine realizzata da Ipsos per la Fondazione Raffaele Barletta – attestano che più di un terzo dei giovani sarebbe disponibile a trasferirsi all'estero alla ricerca di migliori condizioni di lavoro,
impegna il Governo
ad adottare, sin dalla prossima manovra di bilancio, specifiche misure di incentivazione volte a favorire l'inserimento di lavoratori laureati nelle nostre piccole e medie imprese.
9/1532-bis-A/62. Di Sanzo, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che, ad avviso dei firmatari del presente atto, tende a diminuire le tutele per i lavoratori, soprattutto per le categorie più fragili come i giovani e le donne e in settori dove le condizioni economiche e normative già offrono meno garanzie;
uno dei fattori che maggiormente condizionano l'adeguatezza delle retribuzioni, soprattutto alla luce dell'impennata dei prezzi al consumo degli ultimi due anni, è rappresentato dal mancato rinnovo dei contratti collettivi che, in alcuni casi, risultano scaduti da molti anni;
nel documento «Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia» approvato dal CNEL, è stato rilevato come uno dei fattori che maggiormente ha penalizzato il potere di acquisto delle retribuzioni è rappresentato dal ritardo nei rinnovi contrattuali, che si protrae anche per anni;
attualmente più del 50 per cento dei lavoratori ha il contratto scaduto;
al riguardo, il CNEL raccomanda l'adozione di «iniziative concrete per il superamento di questa criticità che, soprattutto in un momento di forte dinamica inflazionistica, contribuisce a intaccare profondamente le retribuzioni dei lavoratori»;
una questione che era già ampiamente nota e che è stata oggetto di diverse mobilitazioni dei lavoratori, senza che il Governo abbia mai intrapreso azioni mirate a indurre le parti sociali a sbloccare la situazione, particolarmente acuto in specifici settori;
secondo il CNEL, nel 2022, sui 955 contratti collettivi allora vigenti, ne risultavano scaduti ben 591, pari a 6,8 milioni di lavoratori;
il prolungato mancato rinnovo dei contratti costituisce un'ingiustificabile forma di squilibrio nella distribuzione della ricchezza prodotta, a tutto svantaggio dei lavoratori, soprattutto in una fase di forte pressione sui prezzi, mancando per di più ogni forma di adeguamento di salari e stipendi all'inflazione;
nel progetto di legge in materia di «Deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e informazione», con il quale si è bocciata la proposta delle opposizioni di introdurre il salario minimo legale, si è prevista l'introduzione di «strumenti di incentivazione a sostegno del rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro entro i termini previsti dalle parti sociali o di quelli già scaduti, che comportino altresì il riconoscimento, anche a favore dei lavoratori, di incentivi volti a bilanciare e, ove possibile, a compensare la riduzione del potere di acquisto degli stessi». Una formulazione che non appare idonea a cogliere in pieno le stesse sollecitazioni del CNEL al riguardo;
infatti, da un lato, non distingue tra contratti ancora in essere e quelli già scaduti – anche da molti anni –, mettendo sullo stesso piano situazioni tanto differenti per la condizione dei lavoratori, dall'altro, non prevede alcun meccanismo cogente per indurre le parti a rinnovare i nuovi contratti entro termini fisiologici,
impegna il Governo
a predisporre, per quanto di competenza, specifiche misure volte a prevedere una indispensabile differenziazione tra contratti ancora in vigore e contratti già scaduti, disponendo opportune misure di premialità qualora il rinnovo intervenga entro la scadenza o entro termini strettamente fisiologici e giustificati e di penalizzazione nel caso il rinnovo si protragga oltre i suddetti termini.
9/1532-bis-A/63. Fornaro, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto affronta solo incidentalmente e con misure di limitata portata il tema del potenziamento strutturale degli organici delle pubbliche amministrazioni;
dopo diversi provvedimenti che hanno comportato limitati incrementi degli organici di solo alcune amministrazioni, ma non hanno dato il segnale di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali e di un conseguenziale disegno organico di nuove assunzioni, in linea con le sfide che attendono il Paese;
il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
come rilevato dallo stesso PNRR, nell'ultimo decennio l'evoluzione della spesa pubblica per la parte relativa al personale, con il blocco del turn over, ha generato una significativa riduzione del numero dei dipendenti pubblici nel nostro Paese, con un'incidenza sull'occupazione totale largamente inferiore rispetto alla media dei Paesi OCSE e con un'età media di 50 anni, con solo il 4,2 per cento di età inferiore ai 30 anni. Un fattore questo che ha contribuito a determinare un crescente disallineamento tra l'insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo disegnato per le nuove generazioni;
entro il 2026 circa 300 mila lavoratori del settore pubblico andranno in quiescenza, numero che è destinato a salire a circa 700 mila unità entro il 2030, provocando una ulteriore grave depauperamento della pubblica amministrazione;
inoltre, il comparto del pubblico impiego corre il rischio di disperdere molte delle professionalità esistenti, causa la condizione di precarietà in cui vive ancora una percentuale consistente di tutto il personale, con l'eccessivo ricorso ai contratti a tempo determinato. Una prassi che, oltre a pregiudicare le legittime aspettative di un lavoro stabile per i dipendenti pubblici interessati, non consente un'organizzazione efficiente delle stesse amministrazioni e non favorisce processi virtuosi di qualificazione ed aggiornamento professionale e che è stata oggetto di uno specifico intervento censorio della Commissione europea ha intimato all'Italia di prevenire l'abuso di contratti a tempo determinato e ad evitare condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico,
impegna il Governo:
ad adottare, già a partire dalla prossima manovra di bilancio, ogni iniziativa utile finalizzata a finanziare un piano straordinario di assunzioni nelle pubbliche amministrazioni centrali e territoriali, in grado di adeguare gli organici di dette amministrazioni, in linea con gli standard dei principali Paesi europei e con le esigenze di modernizzazione dei rapporti tra le diverse articolazioni della Repubblica e i cittadini e il sistema delle imprese;
ad adottare ogni iniziativa utile al fine di proseguire e rafforzare, con la massima sollecitudine, il processo di stabilizzazione anche dei lavoratori precari delle pubbliche amministrazioni centrali, così come disposto ai sensi del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, anche al fine di scongiurare possibili sanzioni a livello comunitario.
9/1532-bis-A/64. Toni Ricciardi, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
anziché affrontare i nodi che condizionano il nostro sistema economico e, soprattutto a fronte delle sfide dell'innovazione tecnologica e della transizione ecologica, il provvedimento in oggetto, ad avviso dei firmatari del presente atto, sembra proiettato a riproporre vecchie ricette, attraverso una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che tende a diminuire le tutele per i lavoratori, soprattutto per le categorie più fragili come i giovani e le donne e in settori dove le condizioni economiche e normative già offrono meno garanzie;
al contrario il nostro mercato del lavoro avrebbe bisogno di una visione al passo con i tempi, in grado di innescare processi di modernizzazione delle nostre imprese e di valorizzazione delle competenze e delle professionalità di tanti lavoratori che faticano a trovare un'occupazione adeguata;
i profondi cambiamenti sociali e tecnologici che stanno caratterizzando i primi due decenni del nuovo millennio pongono opportunità e sfide sinora inedite sul piano delle relazioni umane, così come su quello dei modelli organizzativi delle attività produttive;
tra queste sfide si pone senz'altro il tema di una diversa organizzazione dei tempi di lavoro, a parità di salario. Una questione su cui si stanno cimentando in diverse economie avanzate, con interessanti esperienze pionieristiche anche nel nostro Paese;
tra questi si segnala il caso del Regno Unito dove 61 aziende hanno sperimentato l'orario ridotto a parità di stipendio, prevedendo una riduzione oraria a 32 ore settimanali per ciascun dipendente, da distribuire su quattro giorni lavorativi. Una sperimentazione di sei mesi che sembra abbia offerto indicazioni più che positive se 38 imprese hanno deciso di estendere la sperimentazione e altre 18 hanno adottato la settimana corta come soluzione permanente. Le esperienze illustrate non solo hanno registrato esiti positivi sul piano dei fatturati e della produttività, ma hanno anche evidenziato, secondo i dati del Boston College che ha analizzato la sperimentazione, come circa il 39 per cento dei dipendenti abbia dichiarato di essersi sentito meno stressato e abbia usufruito di meno giorni di malattia rispetto al passato. Risultati che appaiono in linea con l'analogo studio della University of South Australia, secondo cui il weekend lungo, e quindi più tempo libero, può avere effetti benefici sulla salute dei lavoratori;
in Portogallo, dal 5 giugno 2023 è stato avviato un progetto pilota per la settimana lavorativa di quattro giorni, in corso di sperimentazione in 46 aziende che complessivamente occupano 20.000 lavoratori;
anche in Italia alcuni contratti aziendali si stanno spingendo in avanti, prevedendo di articolare la prestazione lavorativa su soli quattro giorni: una prassi ancora limitata, ma che si rispecchia nella tendenza in atto,
impegna il Governo
a favorire, per quanto di propria competenza, l'adozione di misure di sostegno della contrattazione collettiva, sottoscritta dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, finalizzati definire nuovi processi organizzativi del lavoro che comportino una riduzione dell'orario a parità di retribuzione.
9/1532-bis-A/65. Braga, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
anziché affrontare i nodi che condizionano il nostro sistema economico e, soprattutto a fronte delle sfide dell'innovazione tecnologica e della transizione ecologica, il provvedimento in oggetto, ad avviso dei firmatari del presente atto, sembra proiettato a riproporre vecchie ricette, attraverso una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che tende a diminuire le tutele per i lavoratori, soprattutto per le categorie più fragili come i giovani e le donne e in settori dove le condizioni economiche e normative già offrono meno garanzie;
tra le sfide di cui non si tiene conto vi è senz'altro l'impatto delle nuove tecnologie sull'organizzazione di imprese e nei rapporti di lavoro, caratterizzato sempre più dalla pervasività delle comunicazioni telematiche, senza limiti di tempo e di luogo;
il riconoscimento di un reale diritto alla disconnessione, nell'ambito di un rapporto di lavoro, è un'esigenza sempre più attuale che unisce tutte le generazioni e tutte le tipologie di lavoratori, ormai accomunate da una diffusa condizione di sostanziale precarietà esistenziale e lavorativa;
nel corso degli ultimi anni, anche a seguito dell'evento traumatico della pandemia di COVID-19 e grazie alla diffusione delle nuove tecnologie, l'organizzazione del lavoro ha subìto trasformazioni radicali che hanno inciso non solo sui processi produttivi, ma sugli stessi modelli di vita di platee sempre più vaste di lavoratori. Si è prodotta una sostanziale smaterializzazione dei concetti di luogo e di tempo per l'esecuzione di molte prestazioni lavorative;
un processo che, se da un lato ha comportato una migliore gestione del tempo di lavoro, dall'altro rischia di provocare una dilatazione dello stesso, dando luogo ad un problema di armonizzazione tra la vita privata e la vita professionale, così da sovrapporre sempre più frequentemente i due ambiti;
tali processi hanno dunque reso evidente la necessità di trovare un giusto equilibrio tra le nuove opportunità offerte dall'innovazione tecnologica e il rispetto della sfera privata del lavoratore, in riferimento al controllo del proprio tempo libero, prevenendo così i rischi di stress e disturbi legati al lavoro;
nel nostro ordinamento, il diritto alla disconnessione è stato previsto e disciplinato per la prima volta con la legge 22 maggio 2017, n. 81, con riferimento alla sola prestazione lavorativa in modalità agile,
impegna il Governo
a favorire, per quanto di propria competenza, l'adozione di misure volte a disciplinare il diritto alla disconnessione del lavoratore, quale diritto a non ricevere comunicazioni dal datore di lavoro o dal personale investito di compiti direttivi al di fuori dell'orario ordinario di lavoro previsto dal contratto di lavoro applicato.
9/1532-bis-A/66. Mauri, Ascani, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di interventi volti a favorire, per quanto di propria competenza, l'adozione di misure volte a disciplinare il diritto della disconnessione del lavoratore.
9/1532-bis-A/66. (Testo modificato nel corso della seduta)Mauri, Ascani, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, come parzialmente modificato dall'articolo 24, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e dalla legge di bilancio 2017, hanno dato il dovuto riconoscimento, anche ai fini previdenziali, per i cosiddetti «lavori usuranti», ovvero quelli per i quali è richiesto un impegno fisico o psicofisico particolarmente intenso e continuativo correlato a fattori che non possono essere prevenuti da misure idonee;
la determinazione dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico non possa non tener conto delle diverse condizioni in cui si esercita la prestazione lavorativa e delle caratteristiche fisico-materiali della medesima prestazione, predisponendo apposite forme di tutela per i lavoratori impegnati, per periodi prolungati, in dette mansioni, con la previsione di condizioni agevolate rispetto a quelle previste per la generalità dei lavoratori dipendenti;
le peculiari condizioni che complessivamente caratterizzano la tipologia di prestazione lavorativa in ambito portuale, con riferimento a specifiche mansioni quali quelle di gruista (operatore polivalente di mezzi meccanici di sollevamento e/o traino, ivi compreso le gru di banchina), di addetto a rizzaggio e derizzaggio e di operatore portuale polivalente, dovrebbero comportare il naturale riconoscimento di attività usurante;
infatti, dette lavorazioni si caratterizzano per la compresenza di diversi fattori, prolungati nel tempo, che sottopongono il lavoratore a condizioni di stress psico-fisico quali: il lavoro notturno, il lavoro in quota, l'ambiente climatico ove si svolge l'attività, con l'esposizione a temperature alte e basse e ritmi pressanti,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, già a partire dalla prossima manovra di bilancio, le opportune misure volte a riconoscere le prestazioni portuali di cui in premessa come attività usuranti ai fini previdenziali.
9/1532-bis-A/67. Ghio, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Orlando, Guerra.
La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15 è stato istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il Fondo per l'attuazione di misure di incentivazione al pensionamento anticipato per i lavoratori dipendenti da imprese titolari di autorizzazioni o di concessioni portuali;
la medesima norma prevede che, a decorrere dal 2022, le Autorità di sistema portuale destinino, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, una quota pari all'1 per cento delle entrate proprie derivanti dal gettito delle tasse sulle merci sbarcate e imbarcate al finanziamento di misure di incentivazione per il pensionamento anticipato dei lavoratori portuali;
tale norma prevede altresì che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le parti stipulanti il contratto collettivo nazionale dei lavoratori dei porti e la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale siano stabilite le modalità di attuazione della norma istitutiva del fondo e il suo funzionamento;
in virtù di verbali di intesa e dell'accordo già siglato dalle parti sociali sottoscrittrici del CCNL dei lavoratori dei porti, le aziende hanno già pagato per gli esercizi passati 130 euro per ogni lavorare impiegato, mentre dall'inizio del 2023, anche ogni lavoratore sta pagando i 65 euro annuali previsti per alimentare il fondo;
i profondi processi di riorganizzazione produttiva che stanno investendo il settore delle attività portuali, così come l'età media dei lavoratori dei porti, rendono evidente la necessità di favorire l'attuazione dei processi di rinnovamento generazionale, favorendo l'esodo pensionistico del personale più prossimo all'età pensionabile,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile al fine di dare attuazione alle disposizioni richiamate in premessa, rendendo finalmente operativo il Fondo per l'incentivazione al pensionamento anticipato dei lavoratori e consentire ai lavoratori che ne abbiano i requisiti di poter accedere alle prestazioni previste.
9/1532-bis-A/68. Orlando, Ghio, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di intervenire con iniziative utili al fine di rendere operativo il fondo della incentivazione al pensionamento anticipato dei lavoratori e consentire ai lavoratori che ne abbiano i requisiti di poter accedere alle prestazioni previste.
9/1532-bis-A/68. (Testo modificato nel corso della seduta)Orlando, Ghio, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 6, del decreto-legge 23 settembre 1937, n. 1918, l'indennità per inabilità temporanea assoluta da malattia fondamentale è la prestazione economica erogata ai componenti degli equipaggi assicurati nel caso di malattia che si manifesta durante l'imbarco impedendo la prosecuzione della navigazione;
sino alla data di entrata in vigore della scorsa legge di bilancio, quindi per oltre 85 anni, la misura della prestazione è stata pari al 75 per cento della retribuzione corrisposta all'assistito dal proprio datore di lavoro, mentre dal 1° gennaio di quest'anno la percentuale è stata ridimensionata al 60 per cento della retribuzione media globale giornaliera percepita dal lavoratore nel mese precedente a quello in cui si è verificato l'evento morboso;
ad avviso dei firmatari del presente atto, con tale decurtazione il Governo ha ritenuto opportuno fare cassa sulla condizione dei lavoratori marittimi malati. Ne è testimonianza la stessa relazione tecnica alla legge di bilancio che evidenzia, con l'entrata in vigore delle nuove regole, risparmi di spesa che variano dagli 86 milioni di euro al netto degli effetti fiscali nell'anno 2024, agli oltre 112 milioni nel 2033;
una misura che è stata contestata da tutte le organizzazioni sindacali del settore, in quanto rappresenta una ingiustificata penalizzazione che va a complicare ulteriormente una situazione già di per sé difficile, anche a causa dei ritardi cronici nella liquidazione delle pratiche,
impegna il Governo
a convocare le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori marittimi comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, al fine di revocare la misura in questione già a partire dalla prossima manovra di bilancio.
9/1532-bis-A/69. Barbagallo, Scotto, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Guerra.
La Camera,
premesso che:
la situazione del settore automotive sta diventando sempre più critica a livello europeo e nel nostro paese appare sempre più concreto il rischio cessazione della produzione: in assenza di una netta inversione di direzione, rischia di essere complessivamente compromessa la prospettiva industriale e occupazionale;
l'industria automobilistica europea si trova nel mezzo del percorso verso la transizione all'elettrico e necessita di scelte strategiche molto importanti da parte dei decisori politici, a partire dalla Commissione europea, che devono includere l'individuazione di risorse per un pacchetto straordinario di misure di sostegno che accompagnino i cambiamenti tecnologici ed un contestuale piano di garanzia occupazionale, che preveda il blocco dei licenziamenti ed appositi ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro;
il quadro della situazione degli impianti italiani desta molta preoccupazione se si tiene conto che lo stabilimento torinese di Mirafiori, un tempo la fabbrica madre dell'ex Fiat, è chiuso dal 13 settembre e rimarrà chiuso almeno fino al 12 ottobre. Anche negli altri stabilimenti italiani del gruppo, come Pomigliano d'Arco e Cassino, si fa sempre più ricorso alla cassa integrazione per sopperire ai bassi ritmi di produzione, mentre a Termoli la costruzione della gigafactory, che avrebbe dovuto rilanciare il tessuto industriale della zona, è stata rimandata a data da destinarsi;
alla luce di tali evidenze, unitariamente Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uil metalmeccanici hanno indetto uno sciopero di otto ore dell'intero settore automotive per il prossimo 18 ottobre, per sollecitare Governo e dirigenza Stellantis per una immediata inversione di rotta finalizzata a predisporre mirate politiche industriali da parte del governo e impegni industriali seri e coraggiosi da parte di Stellantis e delle aziende della componentistica;
è indispensabile che il piano industriale a partire da Stellantis dovrà prevedere l'utilizzo di tutti gli impianti e l'occupazione con missioni e modelli in tutti i plant e investimenti sugli Enti Centrali,
impegna il Governo:
ad adottare tutte le iniziative di competenza al fine di sostenere l'occupazione nel settore dell'industria automobilistica e, in particolare:
ad adoperarsi per favorire il rapido superamento delle situazioni di crisi industriale emerse nel corso degli ultimi mesi nella filiera dell'automotive, al fine di evitare licenziamenti di addetti e la delocalizzazione di importanti aziende operanti nel settore e ad affrontare, per tempo, con adeguati strumenti e risorse, le situazioni di potenziale crisi che stanno per emergere e che rischiano di avere pesanti ricadute occupazionali nei territori coinvolti, in particolare nella filiera della componentistica tradizionale;
ad adoperarsi, per quanto di competenza, affinché Stellantis mantenga in Italia non solo la produzione ma anche i settori della progettazione, dal momento che il design italiano è riconosciuto come elemento di grande valore in tutto il mondo e la gestione della supply chain, tutti settori che dall'avvento di Stellantis sono stati fortemente ridimensionati in termini di personalità e competenze a favore degli omologhi enti francesi ex PSA, condizionando le misure, finanziarie e regolatorie, in favore di Stellantis all'assunzione e al rispetto da parte della società di precisi impegni in termini produttivi e occupazionali.
9/1532-bis-A/70. Peluffo, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
in materia di rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni, in particolare, il provvedimento in esame interviene per i profili riguardanti la stabilizzazione dei rapporti di lavoro dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità e in materia di indennità per i dipendenti degli Uffici stampa delle regioni;
nell'ordinamento italiano vige il principio di non discriminazione tra lavoratori assunti con diverse tipologie contrattuali. In particolare, soprattutto per le tipologie di lavoro precarie e part time, è sancito che un lavoratore non deve ricevere, per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello;
tale principio, applicabile al settore del lavoro privato, non può non essere rispettato anche per il lavoro alla dipendenza di amministrazioni pubbliche, a maggior ragione se si tratta di lavoratori con le medesime tipologie contrattuali e a parità di mansioni svolte;
accade invece che lavoratori assunti a seguito dello scorrimento di graduatorie ancora vigenti, abbiano un trattamento economico differente rispetto ai vincitori del medesimo concorso, assunti però in periodi temporali differenti;
si fa riferimento, in particolare, all'assunzione degli idonei della graduatoria del concorso per la copertura di 2293 posti di personale non dirigenziale di area seconda, fascia retributiva F2 nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'interno, del Ministero della cultura e dell'Avvocatura dello Stato, per procedere all'assunzione di personale mediante assegnazione degli idonei non vincitori del predetto concorso;
molto sinteticamente, quello che accade, è che l'Aran, con un semplice parere, quindi giuridicamente non vincolante per le amministrazioni che lo hanno richiesto, non riconosce l'applicabilità del differenziale stipendiale, ovvero delle quote di retribuzione di cui all'articolo 52, comma 4, lettera a) del Ccnl 2019-2021, corrispondenti alla differenza tra gli stipendi tabellari previsti per ciascuna fascia retributiva o posizione economica dei precedenti ordinamenti e quelli contrattualmente definiti per le nuove aree;
l'Aran ha infatti riconosciuto l'applicabilità del predetto articolo 52 solamente per quelle procedure concorsuali la cui autorizzazione a far scorrere la graduatoria sia intervenuta prima del 1° novembre 2022, data di vigenza del nuovo ordinamento professionale, di fatto «azzerando» le caratteristiche giuridico-economiche dei bandi e riportando i titolari dello scorrimento alla posizione iniziale dell'area di riferimento anche laddove era previsto un ingresso in fasce economiche superiori;
molti di questi lavoratori hanno quindi sottoscritto contratti che, al pari dei vincitori del medesimo concorso, prevedevano inizialmente lo stesso trattamento economico, salvo poi, vedersi tagliare, ab origine, e direttamente in busta paga, senza alcuna modifica contrattuale, la quota di stipendio che percepiscono gli assunti la cui autorizzazione all'assunzione è avvenuta prima del 1° novembre 2022;
nessuna comunicazione è stata fatta ai lavoratori su una possibile modifica del contratto individuale, tenuto anche conto della ormai superata natura pubblicistica del contratto che attribuisce alla pubblica amministrazione le prerogative di un datore di lavoro privato, con la conseguenza che le modifiche su contratti in vigore avvengono attraverso atti di natura negoziale e non amministrativa;
considerata la lentezza delle procedure di assunzione, i neoassunti da scorrimento della citata graduatoria si trovano quindi nella paradossale situazione di avere stipendi più bassi rispetto agli assunti la cui autorizzazione all'assunzione è avvenuta prima del 1° novembre 2022, pur avendo partecipato al medesimo concorso, per la stessa figura professionale ed avendo sottoscritto, in molti casi, contratti di lavoro che prevedevano espressamente il riconoscimento del differenziale stipendiale,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile al fine di garantire, nell'ambito dei rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione, la piena applicazione del principio di non discriminazione nel trattamento economico tra lavoratori assunti a seguito delle medesime procedure concorsuali.
9/1532-bis-A/71. Casu, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare misure utili a garantire, nell'ambito dei rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione, la piena applicazione del principio di non discriminazione nel trattamento economico tra lavoratori assunti a seguito delle medesime procedure concorsuali.
9/1532-bis-A/71. (Testo modificato nel corso della seduta)Casu, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
le delocalizzazioni delle imprese rappresentano attualmente una delle maggiori problematiche relative alla salvaguardia ed alla promozione dei posti di lavoro;
Istat ed Eurostat hanno infatti certificato che nel periodo più recente esaminato, tra 2018 e il 2020, 594 aziende italiane con più di 50 addetti hanno delocalizzato;
nello specifico il Rapporto sulle imprese 2021 l'Istat ha certificato che tra le imprese con più di 250 lavoratori il 14,6 per cento ha scelto di delocalizzare, dato che scende al 7 per cento per quelle che impiegano da 50 a 249 addetti, fino al 2 per cento delle piccole imprese. Delle aziende che delocalizzano, il 40 per cento si dirige all'interno dell'Unione europea;
secondo il database Erm (Enterprise Risk Management), da gennaio 2002 a marzo 2022 in Italia si sono verificati 53 casi di delocalizzazione con oltre 12.500 licenziamenti, quasi interamente nel settore manifatturiero, a fronte di nessun posto di lavoro guadagnato;
per quanto riguarda il solo settore dell'automotive la delocalizzazione ha prodotto la perdita di oltre 7.000 posti di lavoro dal 2021 a oggi;
in molti casi le delocalizzazioni hanno portato a licenziamenti immediati, unilaterali, lesivi dei diritti dei lavoratori. Emblematico, ad esempio, è il caso dei 422 operai della sede toscana della Gkn Driveline annunciato dalla multinazionale londinese il 9 luglio 2021 con una email e senza alcun confronto preventivo, in violazione dell'accordo siglato nel 2020 con le rappresentanze sindacali; in questi ultimi anni sono state introdotte norme specifiche per evitare che i processi di delocalizzazione nascondano specifiche strategie produttive perseguite soprattutto da alcune multinazionali straniere le quali, spesso, decidono di aprire un'attività in Italia per il tempo necessario ad usufruire di alcune agevolazioni per poi, dopo breve tempo, chiudere lo stabilimento con pesanti ricadute sul tessuto occupazionale e produttivo;
il presente disegno di legge sarebbe finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, del rafforzamento delle capacità operative dei servizi sociali degli enti territoriali nonché degli ammortizzatori sociali;
nonostante tale provvedimento voglia quindi incentivare e salvaguardare il lavoro non sono presenti però norme specifiche legate al contrasto delle localizzazioni e la promozione di processi virtuosi di ristrutturazione o riconversione industriale;
emendamenti tematici con tali finalità sono stati presentati nel corso della discussione del provvedimento nelle Commissioni competenti ma nessuna proposta è stata approvata;
in questo contesto va segnalato come sia stata presentata nel mese di febbraio 2023 una proposta di legge similare («Modifiche alla disciplina in materia di contrasto della delocalizzazione delle attività produttive, per la salvaguardia della continuità aziendale e dell'occupazione dei lavoratori» – AC 900) il cui iter non è stato ancora iniziato;
il governo si è sempre dichiarato favorevole a norme che contrastassero le delocalizzazioni; in particolare lo stesso Presidente del Consiglio ha ripetuto, nell'aula di Montecitorio e rispondendo ad un question time sulla crisi di Stellantis, come sia necessario difendere l'interesse italiano e scoraggiare le delocalizzazioni,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile volta ad introdurre ulteriori norme ed in particolare quelle relative alle proposte normative esposte in premessa, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali attuali, contrastando con efficacia le delocalizzazioni e promuovendo processi virtuosi di ristrutturazione o riconversione industriale.
9/1532-bis-A/72. Fossi, Scotto, Gribaudo, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il presente disegno di legge sarebbe finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, del rafforzamento delle capacità operative dei servizi sociali degli enti territoriali nonché degli ammortizzatori sociali;
il settore moda rappresenta uno dei comparti di maggior importanza del paese, rivolto soprattutto all'esportazione in tutti i continenti e alla promozione del Made in Italy;
dopo gli anni della pandemia il settore ha saputo reagire, ma l'incerto e conflittuale contesto internazionale ha prodotto pesanti ricadute sui fatturati delle imprese del comparto;
le associazioni di categoria hanno segnalato da mesi queste criticità, che riguardano, in particolare, la pelletteria, ma anche il calzaturiero e il tessile, evidenziando come la moda non abbia potuto usufruire di misure a sostegno o contributi specifici come quelli messi in campo per altri settori in crisi;
particolarmente colpito è il settore della moda in Toscana che impiega infatti circa 130 mila persone: la maggior parte nei segmenti produttivi (tessile, abbigliamento, conceria, calzature, pelletteria, accessori, gioielleria), compresa la produzione di macchinari, un 10 per cento nel terziario (commercio all'ingrosso e intermediazione);
la crisi riguarda prodotti progettati e commissionate dalle grandi imprese sia italiane che multinazionali, che vengono successivamente realizzate da artigiani di altissima specializzazione (aziende contoterziste);
sono quindi direttamente coinvolte migliaia di imprese e decine ed in particolar modo nei distretti di Firenze e Scandicci per la produzione e nel distretto di Santa Croce sull'Arno (Pisa) per la conceria;
la crisi nelle ultime settimane si sta allargando: ha interessati infatti anche la zona del Monte Amiata, dove la pelletteria rappresenta un volano decisivo per l'economia e l'occupazione locale: le imprese del territorio hanno infatti richiesto la cassa integrazione per 320 dipendenti;
i numeri sull'aumento della cassa integrazione nel primo semestre 2024 sono spaventosi: 135.000 ore per il settore tessile (sui 63.000 totali del 2023); 400.000 ore per i settori pelli, cuoio, calzatura (sui 63.000 totali del 2023); 52.000 ore dei settori vestiario-abbigliamento (sui 33.000 in media del 2023);
attualmente, secondo le associazioni di categoria, nei distretti della Toscana chiudono mediamente quasi due aziende a settimana con gravissime ripercussioni per i livelli occupazionali territoriali: i lavoratori a rischio in Toscana sarebbero oltre 8 mila;
per cercare di porre un argine al problema, il presidente della Toscana Eugenio Giani e l'assessora regionale Alessandra Nardini (sollecitati anche dagli enti locali interessati) hanno inviato due missive al governo per chiedere l'attivazione di ammortizzatori sociali specifici. Tali richieste sono state avanzate anche da Confindustria;
il 6 agosto 2024 si è tenuto al Ministero delle imprese e del made in Italy il tavolo istituzionale del settore moda ma ad oggi, nonostante le promesse del Ministro Urso non sono state varate misure specifiche;
il 17 settembre rispondendo alla interrogazione a Montecitorio numero 3/01412, il Sottosegretario di Stato per le imprese e il made in Italy Massimo Bitonci ha affermato che «sono state avviate interlocuzioni con il Ministero del lavoro per venire incontro alle realtà in difficoltà. Alle imprese manifatturiere con più di 15 dipendenti viene data la possibilità di utilizzare a pieno le risorse per la cassa integrazione ordinaria (con poi possibile estensione a regime straordinario); mentre per quelle con meno di 15 dipendenti, lo strumento utilizzato sarà erogato da un fondo gestito dalle associazioni artigiane che assicura una copertura di sei mesi»;
tali promesse sono state ribadite nel corso dell'incontro al Ministero del lavoro del 18 settembre scorso con le regioni sulla Crisi del settore moda;
dopo quasi un anno di crisi è comunque necessario ribadire che nessuna misura concreta è stata varata e rimandare oltre potrebbe causare una tendenza irreversibile,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile volta ad introdurre rapidamente norme e risorse specifiche che consentano a tutte le imprese toscane in difficoltà del settore moda (sia quelle con oltre 15 dipendenti, sia quelle con meno di 15 dipendenti) di poter attivare gli ammortizzatori sociali straordinari per tutto il tempo necessario a superare la crisi in atto, al fine di garantire gli attuali livelli occupazionali, salvaguardare le professionalità acquisite e sostenere un comparto fondamentale per il Made in Italy.
9/1532-bis-A/73. Bonafè, Fossi, Scotto, Gianassi, Di Sanzo, Simiani, Furfaro, Boldrini.
La Camera,
premesso che:
il presente disegno di legge sarebbe finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione che incidono in materia di lavoro e politiche sociali, con particolare riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della disciplina dei contratti di lavoro, dell'adempimento degli obblighi contributivi, del rafforzamento delle capacità operative dei servizi sociali degli enti territoriali nonché degli ammortizzatori sociali;
lo stabilimento chimico Venator di Scarlino (Grosseto) in attività dal 1972 e con un fatturato annuale di 300 milioni, produce e distribuisce prodotti chimici che comprendono un'ampia gamma di pigmenti colorati e additivi, ed è l'unico produttore di biossido di titanio (TiO2) in Italia;
il suddetto polo chimico rappresenta un tassello fondamentale e irrinunciabile per l'economia regionale, in quando presidio industriale che garantisce occupazione stabile e di qualità in un territorio ancora economicamente debole e vulnerabile a causa dei processi di deindustrializzazione subiti nel corso degli ultimi decenni;
dallo scorso dicembre 2022 la Venator è entrata in crisi, a seguito del calo di richiesta mondiale di TiO2 e a causa della concorrenza delle aziende produttrici dei paesi asiatici;
attualmente è attiva la Cassa integrazione straordinaria a zero ore, che coinvolge circa 230 lavoratori, e che è stata prorogata fino al 31 gennaio 2025;
in questo contesto va segnalato come Commissione Ue, nel mese di novembre 2023, abbia deciso di avviare una procedura di verifica relativa a possibili pratiche di dumping commerciale praticate da produttori cinesi. I produttori di biossido di titanio cinesi infatti starebbero vendendo alle industrie europee biossido di titanio ad un prezzo inferiore rispetto a quello normale di vendita (in generale quello praticato nel proprio mercato domestico). Tale pratica configurerebbe un dumping commerciale che danneggia i produttori europei di biossido;
la Commissione europea ha successivamente adottato il 10 luglio 2024 il regolamento di esecuzione 2024/1923 con cui si applicano dazi provvisori (6 mesi) variabili dal 14 al 40 per cento sul Biossido di Titanio importato in UE dalla Cina;
l'applicazione dei dazi antidumping comporterà un verosimile aumento forzoso dei prezzi dei prodotti cinesi con significativa se non totale erosione della competitività del prezzo applicato rispetto ai produttori europei; è pertanto lecito attendersi una contrazione della domanda per i prodotti importati ed un conseguente recupero delle quote di mercato da parte dei produttori europei che possono soddisfare il 90 per cento della domanda interna Ue;
rimane comunque difficoltoso prevedere le tempistiche di questa ripresa della domanda che dipende soprattutto dalle scorte incamerate dei clienti dei prodotti importati dalla Cina. È ragionevole, infatti, supporre un aumento degli stock fatto dai suddetti clienti dal momento che la decisione della Commissione Europea di intraprendere l'indagine risale a novembre 2023 ed il primo regolamento di attuazione varato nel giugno 2024,
impegna il Governo
a considerare la possibilità di garantire un'estensione della Cassa integrazione straordinaria per i lavoratori dello stabilimento chimico Venator di Scarlino almeno fino ad una reale ed efficace azione dei dazi antidumping, a tal fine impegnandosi, per quanto di competenza, a fare quanto possibile rispetto all'estensione dei dazi UE sul Biossido di Titanio importato dalla Cina rendendola valida per un periodo di almeno 5 anni per garantire una ripresa sostenibile del mercato per i produttori europei di Biossido di Titanio
9/1532-bis-A/74. Simiani, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera
impegna il Governo
a valutare, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, forme di intervento a tutela dei lavoratori dello stabilimento chimico Venator di Scarlino.
9/1532-bis-A/74. (Testo modificato nel corso della seduta)Simiani, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
la situazione degli agenti e rappresentanti di commercio che hanno svolto l'attività promozionale per un numero di anni insufficiente a percepire una prestazione pensionistica da parte della Fondazione Enasarco costituisce uno dei problemi che ancora non hanno trovato una soluzione che riesca a contemperare le legittime aspettative degli interessati e la necessità di non appesantire eccessivamente la gestione del fondo di previdenza;
come confermato da una sentenza della Corte costituzionale si sancisce che «la trasformazione degli Enti previdenziali da pubblici a privati ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell'attività istituzionale di previdenza ed assistenza, ancorché la predetta trasformazione abbia comportato una modifica degli strumenti di gestione e una differente qualificazione giuridica dei soggetti»;
l'Ente Nazionale di Assistenza per gli Agenti e i Rappresentanti di Commercio (Enasarco) è stato istituito con lo scopo di gestire la previdenza e l'assistenza integrativa obbligatoria per la categoria degli agenti di commercio, i quali devono versare contributi previdenziali per ottenere una pensione;
un rilevante numero di contribuenti iscritti all'ente, stimati in circa 700.000, appartiene alla categoria dei cosiddetti silenti, ovvero coloro che non hanno raggiunto i requisiti minimi di contribuzione per ottenere una pensione;
la situazione dei silenti Enasarco è ulteriormente aggravata dal fatto che molti di essi versano oggi in condizioni di indigenza; la mancata possibilità di accedere a prestazioni pensionistiche o ad altre forme di tutela previdenziale si riflette in un significativo peggioramento delle loro condizioni socio-economiche;
nonostante Enasarco abbia introdotto uno strumento di rendita contributiva per dare un'uscita a quei lavoratori che non raggiungono la pensione minima, tale misura è prevista solo per gli agenti iscritti a partire dal 1° gennaio 2012; gli agenti iscritti precedentemente non hanno diritto a questo tipo di prestazione, creando una disparità tra i lavoratori più giovani e quelli più anziani, che restano esclusi da qualunque forma di compensazione o tutela economica;
un ulteriore ostacolo è rappresentato dall'impossibilità per i silenti Enasarco di cumulare i contributi versati all'ente con quelli accreditati presso altre casse previdenziali, come l'INPS; né il cumulo né la totalizzazione dei contributi sono infatti consentiti, nonostante queste opzioni siano accessibili in altri regimi previdenziali; la Cassazione ha confermato che i contributi versati presso Enasarco non possono essere totalizzati con quelli dell'INPS, poiché le due gestioni coprono eventi assicurativi diversi, lasciando molti lavoratori senza possibilità di valorizzare quanto versato;
al fine di non compromettere la sostenibilità finanziaria dell'ente e al contempo fornire un supporto previdenziale ai contribuenti silenti Enasarco, soggetti che non possono beneficiare né del cumulo né della totalizzazione dei contributi con altre casse previdenziali, né possono aspirare all'ottenimento della pensione non avendo raggiunto il minimo contributivo, appare indispensabile prevedere un piano di attuazione progressiva delle misure necessarie atte a risolvere tale problematica; considerato che molte rivendicazioni economiche dei silenti sono in molti casi prescritte, e i versamenti effettuati non possono più essere recuperati,
impegna il Governo
a individuare una soluzione che consenta ai contribuenti definiti silenti iscritti alla Fondazione Enasarco di accedere a una rendita contributiva, avviando un confronto con la Fondazione stessa per stabilire una forma di compartecipazione alla progressiva erogazione di tali rendite.
9/1532-bis-A/75. Furfaro, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera
impegna il Governo
a sollecitare un confronto con la Fondazione Enasarco per valutare iniziative utili a raggiungere una soluzione in merito ai lavoratori silenti.
9/1532-bis-A/75. (Testo modificato nel corso della seduta)Furfaro, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 27 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo Unico sull'Immigrazione), rubricato «Ingresso per lavoro in casi particolari» al comma 1, lettera h) include i «lavoratori marittimi occupati nella misura e con le modalità stabilite nel regolamento di attuazione», tra i lavoratori per i quali l'ingresso è ammesso al di fuori della disciplina delle quote (cosiddetto «flussi»);
inoltre, il comma 1-septies dell'articolo 27 prevede: che «i lavoratori marittimi chiamati per l'imbarco su navi, anche battenti bandiera di uno Stato non appartenente all'Unione europea, ormeggiate in porti italiani sono autorizzati a svolgere attività lavorativa a bordo, previa acquisizione del visto di ingresso per lavoro per il periodo necessario allo svolgimento della medesima attività lavorativa e comunque non superiore ad un anno»; ai fini dell'acquisizione del visto di ingresso «non è richiesto il nulla osta al lavoro», bensì si applicano le disposizioni del Testo Unico sull'Immigrazione e del relativo regolamento di attuazione «concernenti il soggiorno di marittimi stranieri chiamati per l'imbarco su navi italiane da crociera»;
le disposizioni attuative del Testo Unico Immigrazione e la prassi amministrativa in materia non fanno riferimento espresso anche ai marittimi destinati all'imbarco su navi da pesca, e che risulta opportuno escludere qualsiasi dubbio sulla riconduzione degli stessi nell'ambito dell'articolo 27, comma 1, lettera h) e comma 1-septies;
risulta, pertanto, opportuno introdurre un chiarimento rispetto alla definizione di lavoratore marittimo, ai fini dell'applicabilità di quanto disposto dall'articolo 27, e che tale necessità rappresenterebbe un segnale di semplificazione fondamentale per il settore,
proprio in ragione del carattere speciale del lavoro marittimo rispetto agli altri settori, anche sotto il profilo del collocamento, l'imbarco dei marittimi stranieri su navi da pesca richiede una previa autorizzazione della Capitaneria di Porto, rilasciata all'esito di un apposito procedimento che include la verifica dell'indisponibilità di marittimi italiani (decreto ministeriale del 10 giugno 1998 di «Delega per le autorizzazioni all'imbarco ai sensi dell'articolo 318 del codice della navigazione su navi da pesca»), così sostituendo le procedure di controllo previste per i lavoratori subordinati di altri settori
il chiarimento in parola ha natura meramente interpretativa e chiarificatrice, volto a chiarire che anche ai lavoratori operanti nel settore della pesca si applica una disciplina speciale di ingresso (per mezzo del visto per lavoro subordinato marittimo) e che, pertanto, non comporta maggiori oneri per lo Stato,
impegna il Governo
a valutare l'ipotesi di adottare ogni iniziativa utile ad estendere, anche in via interpretativa, l'applicazione delle disposizioni in materia di esclusione dei lavoratori imbarcati sulle navi mercantili dalle quote indicate dal decreto flussi, anche ai lavoratori che operano sulle navi adibite alla pesca marittima.
9/1532-bis-A/76. Forattini, Vaccari, Marino, Romeo, Andrea Rossi, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Soumahoro.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 63 del 2024, convertito con modificazioni dalla legge n. 101/2024, ha previsto a creazione di una task force in grado di utilizzare le informazioni e le banche dati disponibili tra le differenti amministrazioni per creare un nuovo Sistema informativo per la lotta al caporalato. A questa nuova struttura si va ad aggiungere anche la creazione di una nuova banca dati sugli appalti in agricoltura. Lo scambio funzionale di dati tra enti dovrebbe incrementare le capacità di analisi, monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di sfruttamento dei lavoratori nell'agricoltura, rendendo maggiormente performante l'azione di contrasto a tale gravissima piaga sociale;
le misure previste nel decreto agricoltura non incidono su questa drammatica emergenza: le risorse economiche attualmente a disposizione sono insufficienti e non strutturali; non c'è un reale incremento del personale da destinare alle ispezioni per contrastare questa autentica piaga; non è stato ancora illustrato il reale funzionamento del sistema informativo e dell'incrocio delle banche dati per far emergere il sommerso e non è ancora stato deciso quali siano le caratteristiche che le imprese devono avere per potersi iscrivere all'elenco di chi può fare appalti nel mondo agricolo;
il reiterarsi di drammatici episodi di sfruttamento e di caporalato in agricoltura, se da un lato segnala una rinnovata sensibilità e attenzione su tale fenomeno da parte degli organi inquirenti dall'altro richiama la necessità di una vera e propria strategia per il contrasto del lavoro nero e del grave sfruttamento volta ad assicurare la tutela dei diritti dei lavoratori, garantendone anche un'adeguata copertura previdenziale, così come delle imprese sane, nonché la lotta alla criminalità organizzata che prospera su tale sfruttamento;
oltre all'emersione dell'illegalità con l'intensificazione dei controlli e l'inasprimento dell'apparato sanzionatorio, la battaglia contro il caporalato e lo sfruttamento passa anche attraverso il superamento delle leggi che regolamentano l'immigrazione nel nostro Paese ed approcciano il tema in termini esclusivamente securitari;
la definizione di appropriati indici di congruità lavorativa evidenziano la palese incongruenza dei livelli produttivi realizzati da alcune realtà produttive rispetto al numero dei lavoratori denunciati;
appare evidente che l'impianto legislativo attuale necessiti, per essere efficace, di appositi finanziamenti per promuovere una completa applicazione delle norme presenti,
impegna il Governo
a stanziare appositi finanziamenti al fine di promuovere il raggiungimento degli obiettivi e le finalità previste dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199, destinando tali risorse:
a) all'implementazione delle banche dati e l'incrocio dei relativi dati;
b) al potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, quale strumento fondamentale di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura, attraverso l'istituzione e il finanziamento di apposite sezioni territoriali;
c) all'adozione di appropriati indici di congruità dell'incidenza della manodopera, relativi alle specifiche attività agricole nei diversi territori del Paese.
d) al rafforzamento del Piano di interventi per l'accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali prevedendo in particolare convenzioni per l'introduzione del servizio di trasporto gratuito, l'attivazione di presidi medico-sanitari mobili, la disponibilità di immobili demaniali o confiscati alla mafia quale presidi in caso di necessità di gestione delle esigenze e delle emergenze connesse all'accoglienza, il potenziamento delle attività di tutela e informazione ai lavoratori; l'istituzione di corsi di lingua italiana per i lavoratori stranieri.
9/1532-bis-A/77. Bakkali, Vaccari, Scotto, Forattini, Marino, Romeo, Andrea Rossi, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
la Mozarc-Bellco, una delle aziende più importanti del distretto biomedicale modenese, vuole chiudere la parte produttiva dello stabilimento di Mirandola, conservando solo la ricerca e sviluppo. A rischio ci sono 300 dipendenti. Bellco occupa oltre 500 persone a Mirandola. Con la procedura anti-delocalizzazione Mozarc Medical punta a trovare un possibile acquirente che rilevi lo stabilimento di Mirandola. Se non sarà così, scatterà la procedura di licenziamento collettivo;
in seguito ai lavori del tavolo di crisi convocato al Ministero delle imprese e del made in Italy con l'azienda, i rappresentanti del Governo hanno ribadito la necessità di promuovere un progetto di rilancio di alta qualità del ramo oggetto di vendita che dovrà tenere conto dei livelli occupazionali ed essere coerente con la specializzazione produttiva di uno degli stabilimenti considerati tra i più importanti del settore in Europa;
occorre un percorso chiaro, con tempistiche precise affinché non si disperdano le competenze dei lavoratori e il valore aziendale oggi riconosciuto dal mercato,
impegna il Governo
ad assumere iniziative rapide e concrete al fine di favorire e sostenere concretamente una reindustrializzazione del Polo Mozarc di Mirandola che garantisca continuità produttiva e ne salvaguardi l'occupazione.
9/1532-bis-A/78. Vaccari, Guerra, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino.
La Camera
impegna il Governo
a valutare, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, l'opportunità di adottare iniziative a salvaguardia dell'occupazione del Polo Mozarc di Mirandola.
9/1532-bis-A/78.(Testo modificato nel corso della seduta)Vaccari, Guerra, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino.
La Camera,
premesso che:
lo storico marchio automobilistico Maserati sta attraversando un periodo di forte crisi, nell'ultimo periodo si è registrato un perdurante calo di vendite, determinato dai diversi fattori internazionali, dalla forte concorrenza asiatica e anche dalla mancata produzione di nuovi modelli capaci di dominare il mercato;
Maserati nei primi sei mesi dell'anno ha perso il 58 per cento delle vendite e il 52 per cento dei ricavi. Stellantis non sta investendo adeguatamente nel suo futuro come dimostra la situazione dell'Innovation lab e la conseguente perdita di competenze;
Modena ha perso buona parte della ricerca e sviluppo che Stellantis svolgeva, ha già perso un numero rilevante di tecnici e di lavoratori che da inizio anno hanno lavorato poco più di 2 mesi, e che non vedono certezze per il futuro;
le organizzazioni sindacali stanno chiedendo da tempo la necessità che si apra un confronto con il Governo che affronti in maniera sistemica e sinergica la complessa fase che l'intero settore, componentistica compresa, sta affrontando, per rilanciare le produzioni salvaguardando sia l'odierna occupazione, ma anche quella futura,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, iniziative volte a sostenere e proporre un piano industriale di rilancio del Marchio Maserati, sostenendo i necessari investimenti in ricerca e sviluppo, a garanzia dei livelli occupazionali.
9/1532-bis-A/79. Guerra, Vaccari, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino.
La Camera
impegna il Governo
a valutare, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, l'opportunità di adottare iniziative a salvaguardia dell'occupazione dei lavoratori del marchio Maserati.
9/1532-bis-A/79.(Testo modificato nel corso della seduta)Guerra, Vaccari, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino.
La Camera,
premesso che:
l'Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO) è stata istituita in via sperimentale per il triennio 2021-2023 dall'articolo 1, commi da 386 a 400 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021);
l'ISCRO è destinata ai soggetti iscritti alla Gestione separata INPS che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo;
attualmente, tra i requisiti per accedere all'ISCRO, è richiesto di essere titolari di Partita IVA da almeno tre anni alla data della domanda e questo continua a renderne difficile l'applicazione e l'utilizzo, specialmente per i più giovani;
il comma 153 dell'articolo 1 della legge 29 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024) ha previsto il rifinanziamento dell'ISCRO per l'anno 2024, con allargamento dei requisiti reddituali, prevedendo che essa fosse riconosciuta nel limite di spesa di 16 milioni di euro per il 2024, 20,4 milioni di euro per il 2025, 20,8 milioni di euro per il 2026, 21,2 milioni di euro per il 2027, 21,6 milioni di euro per il 2028, 21,7 milioni di euro per il 2029, 22,1 milioni di euro per il 2030, 22,5 milioni di euro per il 2031, 23 milioni di euro per il 2032 e 23,4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2033;
per il finanziamento di questo plafond si è provveduto, al comma 154 della stessa legge, ad incrementare la quota di contribuzione aggiuntiva della Gestione Separata INPS fino allo 0,51 per cento;
dall'ultimo Rapporto Annuale INPS (XXIII, pubblicato nel settembre 2024) risulta che i percettori di Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO) erogata dall'INPS sono ammontati, nel 2021 nel 2022 e nel 2023 rispettivamente circa 3.800, 903 e 310, con una spesa di circa 15 milioni di euro nel primo anno, poi 3,6 milioni e 1,3 milioni nei due successivi;
lo scarso numero di indennità liquidate induce a pensare che, anche nel 2024 e nonostante l'allargamento del requisito reddituale da 8.145 a 12.000 euro, le risorse stanziate attraverso l'incremento della contribuzione non saranno interamente utilizzate per erogare l'ISCRO a fronte, nei fatti, di un aumento della contribuzione, e questa sarebbe una grave ingiustizia perché parliamo di alcuni tra i lavoratori più fragili,
impegna il Governo
a effettuare una valutazione in corso d'anno sull'utilizzo di questo strumento per valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a modificare già nel 2025 i requisiti di accesso all'Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO), riducendo il periodo minimo di attività di lavoro autonomo richiesto per l'accesso alla misura, al fine di estendere il sostegno a una più ampia platea di lavoratori autonomi in difficoltà economica e a modulare ad incremento l'importo dell'indennità nel caso si dimostri che il plafond sia stato sottoutilizzato anche nel 2024.
9/1532-bis-A/80. Gribaudo, Scotto, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Quartapelle Procopio.
La Camera
impegna il Governo
a effettuare una valutazione in corso d'anno sull'utilizzo dell'ISCRO per valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a modificare i requisiti di accesso, riducendo il periodo minimo di attività di lavoro autonomo richiesto, al fine di estendere il sostegno a una più ampia platea di lavoratori autonomi e a modulare l'incremento dell'importo dell'indennità.
9/1532-bis-A/80. (Testo modificato nel corso della seduta)Gribaudo, Scotto, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Quartapelle Procopio.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
anche per quanto attiene il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, diverse disposizioni contenute nel presente provvedimento segnano un arretramento della tutela dei lavoratori quali, ad esempio, le disposizioni che rivedono le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei o quelle che dispongono l'obbligo del tesserino personale di riconoscimento nei cantieri edili, solo in caso di appalto e subappalto – una soluzione che, come evidenzia lo stesso Servizio Studi, nulla disporrebbe nel caso di un'impresa che proceda in proprio a tutte le fasi dell'edificazione;
il tema della sicurezza sul lavoro ha assunto connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, di Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;
tali valori, oltre alle indicazioni che emergono dal sistema dei controlli dal quale emerge che circa 8 imprese su 10 risultano in condizioni di irregolarità, nonché il drammatico e costante dato di circa tre decessi al giorno, evidenziano la necessità di uno straordinario investimento sul tema della sicurezza sul lavoro e per il potenziamento delle attività di prevenzione e ispezione, che assicurino irrinunciabili effetti positivi sulla condizione di lavoro per migliaia e migliaia di lavoratori, nonché la riduzione di gravissimi costi sociali ed economici per l'intera collettività;
appare necessario procedere al potenziamento delle attività di vigilanza e prevenzione sull'intero territorio nazionale svolte dai diversi enti operanti i tale ambiti, con particolare riguardo per le strutture e il personale dell'INL;
a tale riguardo appare necessario approntate le opportune risorse per assicurare la prosecuzione delle iniziative di reclutamento straordinario e a tempo indeterminato dei tecnici dell'INL;
un efficiente sistema di prevenzione e controllo è elemento essenziale anche ai fini della diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro,
impegna il Governo
a prevedere, sin dai prossimi provvedimenti utili, le opportune misure finalizzate ad assicurare un significativo incremento del personale impegnato nelle attività di vigilanza e prevenzione dell'INL.
9/1532-bis-A/81. Evi, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
anche per quanto attiene il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, diverse disposizioni contenute nel presente provvedimento segnano un arretramento della tutela dei lavoratori quali, ad esempio, le disposizioni che rivedono le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei o quelle che dispongono l'obbligo del tesserino personale di riconoscimento nei cantieri edili, solo in caso di appalto e subappalto – una soluzione che, come evidenzia lo stesso Servizio Studi, nulla disporrebbe nel caso di un'impresa che proceda in proprio a tutte le fasi dell'edificazione;
il tema della sicurezza sul lavoro ha assunto connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, di Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;
appare necessario procedere al potenziamento delle attività di vigilanza e prevenzione sull'intero territorio nazionale e di rafforzare i servizi erogati per la salute e la sicurezza negli ambienti e nei luoghi di lavoro dai Dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, derogando agli ordinari limiti assunzionali, per il reclutamento straordinario e a tempo indeterminato di dirigenti medici, dirigenti delle professioni sanitarie, dirigenti ingegneri, dirigenti chimici, tecnici della prevenzione negli ambienti e nei luoghi di lavoro, assistenti sanitari, fisici, architetti, psicologi, laureati in scienze giuridiche, nonché di personale amministrativo;
un efficiente sistema di prevenzione e controllo è elemento essenziale anche ai fini della diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro,
impegna il Governo
a prevedere, sin dai prossimi provvedimenti utili, le opportune misure finalizzate ad assicurare un significativo incremento del personale impegnato nelle attività di vigilanza e prevenzione e nei servizi erogati per la salute e la sicurezza negli ambienti e nei luoghi di lavoro dai Dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali.
9/1532-bis-A/82. Malavasi, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
come recentemente ricordato dal Presidente dell'INPS, in occasione della presentazione Rapporto annuale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) – il XXIII, nel mercato del lavoro italiano la condizione della donna sconta ancora molte penalizzazioni che compromettono le loro legittime aspettative e che impoveriscono complessivamente il nostro sistema economico e sociale;
secondo quanto emerge anche dal rapporto della Banca d'Italia che illustra i risultati del progetto «Le donne, il lavoro e la crescita economica», le lavoratrici italiane percepiscono mediamente retribuzioni più basse dell'11 per cento rispetto ai colleghi uomini, un dato che risulta ancora più ampio all'ingresso nel mercato del lavoro: il 16 per cento tra i diplomati, il 13 per cento tra i laureati;
l'Italia, è ultima in Europa per occupazione femminile, pari solo al 51,1 per cento, che risulta inferiore di oltre 18 punti percentuali rispetto agli uomini, nella fascia d'età tra i 15 e i 64 anni;
anche la maternità continua a rappresentare un fattore penalizzante, tanto che nei due anni successivi alla nascita del primo figlio le madri occupate hanno una probabilità quasi doppia rispetto alle donne senza figli, di non avere più un impiego e, a quindici anni dal parto, le loro retribuzioni medie sono circa la metà, rispetto alle loro colleghe senza figli;
(considerando le madri che continuano a lavorare). Un dato che era già stato messo in evidenza da precedenti studi ripresi dalla stessa Bankitalia, che lega esplicitamente questo enorme divario alla carenza di servizi;
inoltre, per le lavoratrici sono molto più diffusi i rapporti di lavoro di tipo temporaneo, così come quelli part time, non sempre volontario;
le loro carriere risultano particolarmente lente e discontinue e anche la loro maggiore presenza nelle società quotate «non ha indotto significativi cambiamenti nella composizione dei vertici delle società sottoposte alla normativa sulle quote di genere»;
è di tutta evidenza come le iniziative normative sin qui adottate, alcune anche molto lodevoli, abbiano inciso in maniera molto marginale su tali dati;
ovviamente non possono giovare le norme che ampliano la precarietà del lavoro, condizione che vede maggiormente coinvolte proprio le donne, insieme ai giovani;
quella che sinora è mancata nell'opera riformatrice è stato un disegno organico e di costante attenzione alle esigenze delle donne, nel quale si potesse individuare una strategia coerente e sistematica di superamento, o meglio di rimozione, degli ostacoli che condizionano le potenzialità delle donne nella società, nel lavoro, nelle istituzioni;
per superare la suddetta azione frammentaria e carsica di innovazione ordinamentale e amministrativa sin qui registrata, il Partito Democratico ha depositato, anche in questa legislatura, una specifica proposta di legge volta ad istituire la legge annuale per la parità di genere e la valorizzazione del ruolo delle donne nella società e nelle istituzioni. Una legge che, in analogia con quanto previsto dal nostro ordinamento per il mercato e la concorrenza, attivi un'apposita sessione parlamentare dedicata al perseguimento di migliori standard di parità di genere e alla valorizzazione del ruolo delle donne nella società e nelle istituzioni,
impegna il Governo
tenuto conto di quanto illustrato in premessa in merito alle condizioni del mercato del lavoro, ad adoperarsi, per quanto di competenza, per favorire un rapido e condiviso esame della citata iniziativa parlamentare, finalizzata alla istituzione della legge annuale per la parità di genere e la valorizzazione del ruolo delle donne nella società e nelle istituzioni.
9/1532-bis-A/83. Marino, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
la sfida dei mercati internazionali, nell'era della rivoluzione tecnologica e della transizione ecologica, non può più essere affrontata puntando sulle basse retribuzioni e bassi livelli di produttività, pena il rischio della marginalità e di squilibri sociali drammatici;
tali sfide non possono essere affrontate con soluzioni anacronistiche e decontestualizzate dal livello globale;
la stessa dimensione nazionale rischia di non essere più adeguata per assicurare una reale capacità competitiva per il nostro sistema produttivo e per il mantenimento di adeguati livelli occupazionali in grado di assicurare una vita dignitosa e di sostenere un sistema di welfare al passo con le sempre nuove esigenze della popolazione;
il nostro sistema della contrattazione collettiva prevede che la contrattazione collettiva integrativa si svolga sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono;
ogni iniziativa volta a superare tale equilibrio rischierebbe di rappresentare un surrettizio e antistorico scivolamento verso il modello delle gabbie salariali che furono oggetto di uno specifico un accordo tra le parti sociali nel 1945, definitivamente archiviato nel 1972 e che aveva determinato quel fenomeno che fu opportunamente definito «La giungla retributiva»;
non può essere disatteso il principio del riconoscimento della identica retribuzione per la medesima prestazione lavorativa;
nello stesso documento approvato dal CNEL, il 12 ottobre 2023, si evidenzia che già «Marcate differenze si riscontrano infine con riferimento all'area geografica analizzata e questo è un aspetto di particolare delicatezza e rilevanza rispetto a quanti prospettano oggi interventi normativi sul salario minimo differenziati su base territoriale»;
già ora, la media dei salari riconosciuti nel Mezzogiorno è più bassa di circa 20 punti percentuali rispetto a quelli del nord ovest e di 15 punti rispetto al nord est;
il 65 per cento degli accordi relativi alla contrattazione di secondo livello è stipulato al nord, contro il 30 per cento del centro e solo il 5 per cento del Sud e Isole;
la difficoltà di accedere a servizi pubblici e privati, presidi sanitari, trasporti, attività culturali e di intrattenimento penalizzano le realtà del Mezzogiorno;
tutto ciò va considerato anche in relazione al disegno di legge sulla autonomia differenziata che è attualmente all'esame del Parlamento,
impegna il Governo
ad adottare, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, le iniziative di competenza volte ad assicurare la massima garanzia della contrattazione collettiva nazionale, scongiurando ogni forma di discriminazione retributiva territoriale, nonché a favorire la contrattazione di secondo livello, nei limiti e secondo le modalità indicate dalla contrattazione nazionale, in tutte le realtà territoriali e settoriali in cui ancora stenta ad essere praticata, con particolare riguardo alle regioni del Mezzogiorno.
9/1532-bis-A/84. Sarracino, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Guerra.
La Camera,
premesso che:
in data 20 settembre 2024, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stato convocato un incontro per la seconda fase delle procedure di licenziamento collettivo che coinvolgono 2.300 lavoratori del gruppo Alitalia, come da comunicazione del Ministero riportata nel registro ufficiale;
in data 25 settembre 2024 è stata approvata dal Ministero del lavoro la scelta di estendere di due mesi, fino al 31 dicembre 2024, la cassa integrazione straordinaria, una soluzione temporanea che posticipa un problema che andrebbe affrontato a livello strutturale;
la crisi di Alitalia, che ha portato alla sua amministrazione straordinaria e alla conseguente frammentazione dell'azienda in diverse entità (ITA Airways, Swissport, Atitech), continua a minacciare migliaia di posti di lavoro, senza che siano fornite dallo Stato adeguate garanzie di ricollocazione e di tutela per i lavoratori coinvolti;
il settore del trasporto aereo in Italia è un pilastro strategico per l'economia nazionale e, pertanto, richiede un piano di rilancio che tuteli i lavoratori che da anni vivono in condizioni di incertezza lavorativa ed economica,
impegna il Governo
a intervenire con tutti gli strumenti disponibili per scongiurare i licenziamenti previsti, promuovendo un percorso condiviso tra le parti sociali e le aziende coinvolte al fine di individuare soluzioni che preservano i posti di lavoro e garantiscano un futuro dignitoso ai lavoratori del gruppo Alitalia.
9/1532-bis-A/85. Roggiani, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, di proseguire nella propria azione a tutela dei lavoratori Alitalia.
9/1532-bis-A/85. (Testo modificato nel corso della seduta)Roggiani, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
dopo il cosiddetto decreto-legge 1° maggio dello scorso anno, con il quale sono state introdotte misure peggiorative che hanno portato, di fatto, alla liberalizzazione dei contratti a termine e ad un ingiustificato ampliamento dell'utilizzo dei contratti di prestazione occasionale, nonché alla cancellazione del reddito di cittadinanza e alla sua sostituzione con uno strumento che, alla prova dei fatti, si è rivelato del tutto inefficace;
dopo il decreto PNRR, con il quale sono state introdotte misure contraddittorie o del tutto simboliche in materia di sicurezza sul lavoro, come la patente a crediti per il solo settore dell'edilizia;
anche in occasione dell'esame del provvedimento in oggetto – un disegno di legge collegato alla manovra di bilancio – con un iter parlamentare tormentato e confuso, con il quale si propone di introdurre una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori, anche sotto il profilo della sicurezza nei luoghi di lavoro, la Ministra del lavoro e delle politiche sociali non ha ritenuto opportuno, utile e doveroso partecipare ai lavori parlamentari, confrontandosi con le forze politiche e i rappresentanti dei cittadini nella sede propria del Parlamento;
questa reiterata volontà di non confrontarsi in Parlamento compromette la possibilità di individuare le soluzioni più opportune per una moderna disciplina mondo del lavoro, in grado di affrontate le sfide in atto della transizione tecnologica ed ecologica;
di fatto, le scelte in materia previdenziale sono rimesse agli indirizzi e ai vincoli indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze;
per questi motivi, sarebbe necessario assicurare la partecipazione della Ministra del lavoro e delle politiche sociali ai prossimi lavori parlamentari, ogni qualvolta si dovranno affrontare importanti questioni afferenti le competenze di detto dicastero,
impegna il Governo
a fornire indirizzi più coerenti e coordinati nell'ambito delle politiche del lavoro, tenendo conto delle esigenze del mondo del lavoro, in una prospettiva che non si limiti a ratificare i vincoli di spesa ma affronti seriamente le questioni legate alle tutele dei lavoratori anche sotto il profilo della sicurezza nei luoghi di lavoro.
9/1532-bis-A/86. Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il colosso internazionale Unilever ha iniziato un piano di significativa riduzione del personale che prevede un taglio di 3.200 unità in Europa e 7.500 in tutto il mondo;
nel nostro Paese, gli effetti di tale programma prevedono una riduzione di 143 in Italia posti di lavoro, tutti concentrati nella sede di Roma, pari a un terzo degli occupati;
l'azienda ha motivato la decisione di avviare la procedura di licenziamento in ragione di una non meglio precisata complessità dello scenario socio-economico a livello europeo e la crescente competizione sui mercati locali ed internazionali;
nell'ambito di tale processo di riorganizzazione aziendale e di business, nella scorsa primavera il gruppo ha deciso di separare il settore ice-cream dal resto delle produzioni. Una scelta che secondo diversi analisti preluderebbe alla vendita da tale branca produttiva che, nel nostro Paese, coinvolge un marchio come Algida;
complessivamente gli occupati del gruppo ammontano a 3.500 nelle diverse sedi italiane di Milano, Roma, Casalpusterlengo, Caivano, Mappano e Pozzilli;
il gruppo Unilever occupa complessivamente 128.000 unità in tutto il mondo e nel 2023 ha registrato un giro di affari pari a 60 miliardi di euro. Nel primo semestre 2024, gli utili sono stati pari a 4 miliardi di euro, con un incremento del 3,5 per cento rispetto all'analogo periodo del 2023;
dallo scorso 19 marzo, quando è stato annunciato il piano di tagli occupazionali, le quotazioni del gruppo hanno guadagnato il 30 per cento;
a fronte dell'annuncio dei suddetti tagli occupazionali nella sede romana, al momento non risultano iniziative delle istituzioni per scongiurare tale prospettiva,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile al fine di convocare un apposito tavolo di trattativa finalizzata a salvaguardare i livelli occupazionali nel nostro Paese del gruppo Unilever.
9/1532-bis-A/87. Morassut, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Mancini, Prestipino, Casu, Madia, Di Biase.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di convocare un tavolo di trattativa per la salvaguardia dei livelli occupazionali del gruppo Unilever.
9/1532-bis-A/87. (Testo modificato nel corso della seduta)Morassut, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Mancini, Prestipino, Casu, Madia, Di Biase.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6 del provvedimento in esame modifica la disciplina vigente in materia di compatibilità dei trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale con lo svolgimento di attività lavorativa, sia subordinata che autonoma, mentre l'articolo 8 interviene in materia di fondi di solidarietà bilaterali;
nel testo è presente una misura (articolo 23) volta a favorire il regolare versamento contributivo e a sostenere le imprese nel pagamento dei contributi;
il tema del recupero del pregresso contributivo e, allo stesso tempo, della salvaguardia della liquidità delle imprese, soprattutto riferibili alla difficile fase pandemica, rappresenta un obiettivo che va perseguito con i mezzi più idonei;
parallelamente vanno adottate tutte le misure per accertare e recuperare le somme impropriamente percepite dalle imprese durante la fase pandemica, come ad esempio quelle riferibili alla Cassa Covid-19. Un obiettivo che, in più occasioni, è stato confermato dal Governo;
in occasione della seduta n. 128 della Camera dei deputati, di mercoledì 28 giugno 2023, è stato approvato, con parere favorevole, l'ordine del giorno 9/1238/10,
impegna il Governo
a relazionare al Parlamento in merito all'andamento delle operazioni di recupero dei contributi per la Cassa Covid-19, impropriamente percepiti dalle imprese, così come indicato ai sensi del citato ordine del giorno 9/1238/10.
9/1532-bis-A/88. Stumpo, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
il tema della sicurezza sul lavoro ha assunto connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, di Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce del dato diffuso dall'INAIL in base al quale nei primi due mesi del 2024, si è registrato un aumento del 19 per cento delle morti rispetto all'analogo periodo dello scorso anno;
anche per quanto attiene il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, diverse disposizioni contenute nel presente provvedimento segnano un arretramento della tutela dei lavoratori quali, ad esempio, le disposizioni che rivedono le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei o quelle che dispongono l'obbligo del tesserino personale di riconoscimento nei cantieri edili, solo in caso di appalto e subappalto – una soluzione che, come evidenzia lo stesso Servizio Studi – nulla disporrebbe nel caso di un'impresa che proceda in proprio a tutte le fasi dell'edificazione;
rispetto a tali tematiche, soprattutto per le sue ricadute nel settore dell'edilizia, la soluzione della patente a crediti rappresenta solo una parziale e incongruente risposta;
la complessità organizzativa di alcuni settori produttivi quali l'edilizia, con la compresenza di una pluralità di imprese che operano contemporaneamente nei stessi ambienti e spazi, presuppone soluzioni innovative che possano sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie;
a tal fine, come sollecitato da più parti, dovrebbero introdursi nuovi strumenti quali l'istituzione di un documento di regolarità lavorativa, quale condizione per l'accesso e lo svolgimento delle attività lavorative all'interno dei cantieri edili, dei cantieri navali, degli impianti e delle aree dedicate alle attività del settore della logistica e in tutte le strutture dove, in regime di appalto e subappalto, operano lavoratori dipendenti di imprese tra loro non controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, prevedendone la possibile estensione ad altri settori;
uno strumento con il quale poter accertare, da parte di chi ha la responsabilità della gestione complessiva dell'esecuzione del lavoro, i dati anagrafici e biometrici del lavoratore; la residenza e l'eventuale domicilio; i titoli di studio; gli eventuali titoli abilitativi o professionali conseguiti; i dati professionali; i dati del datore di lavoro; la qualifica riconosciuta nel rapporto di lavoro; l'attestazione della regolarità contributiva e l'anzianità lavorativa; il contratto di riferimento applicato; l'attestazione di regolarità della permanenza del lavoratore, nel caso si tratti di cittadino di Stato non appartenente all'Unione europea;
una soluzione che contribuirebbe a contrastare il fenomeno del lavoro irregolare, l'evasione contributiva e i rischi per la sicurezza dei lavoratori, in tali ambiti lavorativi,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina richiamata in premessa, al fine di favorire, per quanto di propria competenza, l'adozione delle opportune misure, anche di carattere legislativo, volte ad introdurre l'obbligo dell'utilizzo di uno strumento identificativo, con le caratteristiche di cui in premessa, nei luoghi produttivi dove operano contemporaneamente maestranze dipendenti da diverse imprese.
9/1532-bis-A/89. Serracchiani, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
un profilo che non trova risposta nel presente provvedimento riguarda la peculiare condizione normativa che interessa il lavoro domestico e che determina una ingiustificata discriminazione per le lavoratrici e i lavoratori appartenenti a tale categoria, ai fini dell'accesso ai trattamenti di disoccupazione;
detto mancato riconoscimento è conseguenza del mancato coordinamento di alcune disposizioni;
in particolare, il decreto legislativo n. 151 del 2001, all'articolo 54, comma 1, dispone che le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino;
durante tale periodo, ai sensi dell'articolo 55 comma 1, la lavoratrice può presentare dimissioni volontarie, che danno diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. L'articolo 62 del decreto legislativo n. 151 del 2001, denominato «lavoro domestico», al comma 1 dispone che le lavoratrici ed i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari hanno diritto al congedo di maternità e di paternità;
tuttavia, il medesimo disposto normativo prevede che, per le suddette categorie di lavoratori, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3, 16, 17, 22, comma 3 e 6, ivi compreso il relativo trattamento economico e normativo. Il mancato richiamo anche articoli 54 e 55 del decreto legislativo n. 151 del 2001 fa sì che non trovino applicazione le corrispondenti tutele per le lavoratrici ed i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari (nonostante nel merito si sia anche espressa la Corte di cassazione, con sentenza 17433 del 2015), determinando una inaccettabile discriminazione attraverso il rigetto delle domande di accesso alla NASPI, ed in alcuni casi la richiesta di restituzione delle somme inizialmente riconosciute a tale titolo,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, già in occasione del prossimo disegno di legge di bilancio, le opportune modifiche normative che superino tale ingiustificata discriminazione nei confronti dei lavoratori domestici.
9/1532-bis-A/90. Madia, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
un profilo che non trova risposta nel presente provvedimento riguarda la peculiare condizione che si è venuta a determinare con le disposizioni che hanno introdotte le cosiddette quote «100», «102» e «103»;
infatti, ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, l'uscita pensionistica anticipata, usufruendo delle suddette quote, non consente di cumulare i trattamenti pensionistici «fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.»;
l'applicazione che l'INPS ha dato di tale disposizione ha prodotto la conseguenza che, in caso di svolgimento di attività lavorative prima della maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, al lavoratore viene sospeso per intero la corresponsione del trattamento pensionistico e viene richiesta la restituzione delle somme già percepite;
un effetto che si produce anche a fronte di guadagni di limitata entità e per prestazioni lavorative di brevissima durata;
la normativa in questione, per quanto rispondente a una sua logica, non può produrre effetti tanto paradossali e, molto più opportunamente si sarebbe dovuto disporre che, in caso di svolgimento di attività lavorative, la conseguente incompatibilità avrebbe dovuto comportare una corrispondente riduzione del trattamento pensionistico;
nelle more di una siffatta revisione normativa, appare indispensabile intervenire al fine di limitare le conseguenze economiche sui lavoratori in questione, almeno riconoscendo agli stessi una congrua rateizzazione delle somme percepite in violazione della citata disposizione,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, sin dal prossimo disegno di legge di bilancio, le opportune misure finalizzate a rivedere la citata normativa nei termini di cui in premessa e, nelle more, adottare almeno gli opportuni atti al fine di dilazionare la restituzione delle somme dei trattamenti pensionistici corrisposti e non dovuti.
9/1532-bis-A/91. Ciani, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra, Serracchiani.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
un profilo che non trova risposta nel presente provvedimento riguarda la necessità di intervenire affinché le posizioni contributive di tutte le lavoratrici e lavoratori pubblici, possano garantire la piena copertura contributiva per tutti i periodi di lavoro effettivamente svolti, a prescindere dalla gestione previdenziale alla quale si è stati iscritti;
come noto, l'aggiornamento delle posizioni contributive dei pubblici dipendenti, nonostante lo sforzo compiuto in questi anni dall'Inps, continua a essere un forte elemento di criticità, sulla quale sarebbe necessaria una maggiore attività, per garantire la copertura contributiva a tutti i lavoratori interessati;
diventa pertanto fondamentale poter disporre della medesima copertura contributiva per tutte le lavoratrici e i lavoratori pubblici, anche per coloro che sono iscritti alla gestione CPI e iscritti alle gestioni pubbliche dipendenti da datori di lavoro privati,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, sin dal prossimo disegno di legge di bilancio, gli opportuni interventi volti ad assicurare le condizioni affinché le posizioni contributive di tutte le lavoratrici e lavoratori pubblici, possano garantire la piena copertura contributiva per tutti i periodi di lavoro effettivamente svolti, a prescindere dalla gestione previdenziale alla quale si è stati iscritti.
9/1532-bis-A/92. Ubaldo Pagano, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
un profilo che non trova risposta nel presente provvedimento riguarda la necessità di prorogare almeno per il biennio 2024 e 2025 la vigenza di un importante strumento che ha consentito la gestione di situazioni di riorganizzazione produttiva e di salvaguardia dell'occupazione come i contratti di espansione;
con tale strumento, nel biennio 2022-2023, si è favorita la riorganizzazione delle imprese con processi di esodo anticipato, affiancati da interventi di formazione e riqualificazione dei lavoratori, agevolando il turn-over generazionale e il potenziamento delle competenze,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, già in occasione della prossima manovra di bilancio, le opportune misure volte a prorogare le disposizioni in materia di contratti di espansione.
9/1532-bis-A/93. De Micheli, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nei limiti dei vincoli di finanza pubblica, di prorogare l'istituto dei contratti di espansione anche per il prossimo triennio.
9/1532-bis-A/93. (Testo modificato nel corso della seduta)De Micheli, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il modo, ad avviso dei firmatari del presente atto, traumatico con cui il Governo in carica ha posto fine ai meccanismi di erogazione del cosiddetto superbonus del 110 per cento sta avendo rilevanti ripercussioni sul settore edile, con molte imprese in grande difficoltà;
occorre fare in modo che le imprese del settore abbiano la possibilità di accedere ai meccanismi di tutela salariale con i relativi obblighi contributivi applicandoli anche ai lavoratori delle predette imprese in distacco presso altra impresa del medesimo settore;
questo consentirebbe di avere una gestione più ordinata e calibrata delle integrazioni salariali a sostegno dei lavoratori;
si tratterebbe di una misura di buonsenso che estende la possibilità di esercitare un diritto di tutela nell'accesso alle integrazioni salariali in un settore in difficoltà che vede il moltiplicarsi di situazioni a rischio,
impegna il Governo
ad attivare un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali e datoriali del settore edile per prevedere che anche questi lavoratori possano essere destinatari dei trattamenti di integrazione salariale ordinaria richiesti dall'azienda in distacco per eventi oggettivamente non evitabili.
9/1532-bis-A/94. Curti, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 prevede che ai dipendenti delle imprese che siano sospesi dal lavoro o effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto è corrisposta l'integrazione salariale ordinaria anche nei casi di situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;
questo articolo è direttamente collegato all'articolo 10 sulla copertura delle integrazioni salariali in determinati ambiti dettagliati nel richiamato articolo;
la rilevanza che assume l'articolo 11 lettera a) del decreto legislativo 148/2015 è sempre crescente anche in relazione agli oggettivi mutamenti climatici basti pensare alle difficoltà che stanno vivendo in queste ore le imprese ricadenti nei territori di Emilia-Romagna e Toscana colpiti a eventi alluvionali;
in considerazione di ciò serve velocizzare i meccanismi di riconoscimento della integrazione agli aventi diritto,
impegna il Governo
a prevedere nell'ambito di uno dei prossimi provvedimenti d'urgenza a sostegno di territori colpiti da eventi calamitosi l'estensione della copertura di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 148 del 2015, a prescindere dalla prevedibilità delle intemperie naturali e dall'eventuale emissione di verbali di sospensione del cantiere.
9/1532-bis-A/95. Merola, Scotto, Gribaudo, Fossi, Laus, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in oggetto presenta una pluralità di misure, non sempre coordinate tra loro e con un impianto di fondo che in larga parte tende a diminuire le tutele per i lavoratori;
anche per quanto attiene il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, diverse disposizioni contenute nel presente provvedimento appaiono problematiche come, ad esempio, le disposizioni che rivedono le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei o quelle che dispongono l'obbligo del tesserino personale di riconoscimento nei cantieri edili, solo in caso di appalto e subappalto – una soluzione che, come evidenzia lo stesso Servizio Studi, nulla disporrebbe nel caso di un'impresa che proceda in proprio a tutte le fasi dell'edificazione;
il tema della sicurezza sul lavoro ha assunto connotati sempre più drammaticamente urgenti, dopo le stragi di Brandizzo, Firenze e di Bargi sul lago di Suviana, oltre allo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali, anche alla luce dei dati INAIL in base ai quali nei primi mesi del 2024, si è registrato un aumento delle morti rispetto allo scorso anno;
in particolare, la questione dell'identificazione dei lavoratori anche nei cantieri edili dove non si procede all'affidamento di parti delle lavorazioni in appalto o subappalto assume profili di primarie rilevanza, tenuto conto dell'esigenza di assicurare la presenza solo di personale qualificato e regolarmente inquadrato negli organici dell'impresa;
la complessità delle lavorazioni edili necessarie per l'edificazione di interi fabbricati destinati direttamente alla vendita o all'affitto, con la presenza contemporanea anche di decine di lavoratori non può conciliarsi con misure che impropriamente abbassano le garanzie in materia di accertamento dell'identità e, conseguentemente, della sicurezza individuale e collettiva,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare, per quanto di competenza, ogni misura utile affinché sia rivista la disposizione in questione e sia assicurata la piena e immediata conoscibilità dei lavoratori presenti nei cantieri edili, anche nei casi in cui l'impresa non ricorra all'appalto e al subappalto.
9/1532-bis-A/96. Laus, Scotto, Gribaudo, Fossi, Sarracino, Guerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di lavoro e a tutela dei lavoratori e nello specifico misure inerenti i trattamenti di integrazione salariale;
il sistema scolastico pubblico si regge anche sul lavoro di tantissimi docenti purtroppo precari che svolgono le proprie mansioni con dedizione e professionalità, nonostante le difficoltà e l'incertezza nelle quali operano, nell'interesse del bene comune e per garantire il diritto all'istruzione dei più giovani;
tali docenti sono dipendenti della pubblica amministrazione, seppure a tempo determinato, e come tali hanno diritto al trattamento di fine servizio di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, che prevede che alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati (...) l'ente erogatore provvede decorsi ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro (...) e alla corresponsione agli aventi diritto l'ente provvede entro i successivi tre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi;
di fatto l'effettiva corresponsione avviene anche a 15 mesi dalla fine del servizio se non ancora più tardi;
purtroppo per molti precari il trattamento di fine servizio può diventare una entrata economica essenziale in attesa di trovare ulteriore collocazione lavorativa, ma tale esigenza in taluni casi si scontra ovviamente con i tempi previsti dalla norma sopra richiamata;
è importante, quindi, innanzitutto un costante monitoraggio del rispetto dei tempi di effettiva erogazione, che, peraltro, risponderebbe a esigenze di economia anche per le finanze pubbliche;
è importante che l'Inps provveda alla effettiva erogazione delle somme dovute a titolo di trattamento di fine rapporto in tempi celeri, soprattutto per quei lavoratori privi di forme di stabilizzazione o ancora in cerca di successivo impiego,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di porre in essere ogni iniziativa necessaria atta a determinare la riduzione dei tempi effettivi di erogazione del trattamento di fine rapporto in favore del personale docente precario da parte dell'Inps, al fine di tutelare questa particolare categoria di lavoratori.
9/1532-bis-A/97. Zurzolo, Caretta, Ciaburro.