XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta
del 9 ottobre 2024.
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Borrelli, Braga, Brambilla, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Cesa, Cirielli, Colosimo, Congedo, Sergio Costa, De Palma, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Matera, Matteoni, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Testa, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zanella, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Cesa, Ciocchetti, Cirielli, Colosimo, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Girelli, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Loizzo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pellegrini, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Quartini, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schifone, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zanella, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 8 ottobre 2024 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
APPENDINO ed altri: «Disposizioni in materia di limiti massimi agli emolumenti attribuiti ai componenti di vertice degli organi di amministrazione e direzione delle imprese di grandi dimensioni nonché al numero e alla durata degli incarichi di amministrazione e controllo presso le medesime» (2075);
FARAONE: «Delega al Governo in materia di inserimento lavorativo delle persone con disabilità» (2076);
IARIA e AIELLO: «Modifica all'articolo 58 della legge 17 maggio 1999, n. 144, in materia di composizione del comitato amministratore della Gestione separata presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale, di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335» (2077);
ORRICO e CAROTENUTO: «Modifiche all'organizzazione della società RAI – Radiotelevisione italiana Spa e alla disciplina del finanziamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale» (2078);
GHIRRA ed altri: «Disposizioni per finanziare l'acquisto di libri da parte delle biblioteche, per la promozione della lettura e il sostegno della filiera libraria» (2079).
Saranno stampate e distribuite.
Annunzio di proposte
di inchiesta parlamentare.
In data 8 ottobre 2024 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa del deputato:
BONELLI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'impiego delle sostanze polifluoroalchiliche e perfluoroalchiliche nei processi produttivi e nei prodotti industriali e sui loro effetti sull'uomo e sull'ambiente» (Doc. XXII, n. 42).
Sarà stampata e distribuita.
Adesione di deputati a proposte di legge.
La proposta di legge CASU ed altri: «Disposizioni per il contrasto delle forme di dipendenza dal gioco d'azzardo lecito mediante l'applicazione delle tecniche di “spinta gentile”» (348) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Merola.
La proposta di legge CIABURRO ed altri: «Delega al Governo per il riordino, la semplificazione e l'armonizzazione della normativa in materia di transumanza, alpeggi e pascoli» (539) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Ambrosi.
La proposta di legge CIABURRO ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale della scrittura a mano» (758) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Ambrosi.
La proposta di legge MAIORANO ed altri: «Disposizioni per il riconoscimento e la promozione della clownterapia o terapia del sorriso» (846) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Ambrosi.
La proposta di legge VARCHI ed altri: «Modifica all'articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, in materia di sospensione feriale dei termini processuali» (863) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Comba.
La proposta di legge PADOVANI ed altri: «Introduzione dell'articolo 2-bis della legge 5 febbraio 1998, n. 22, in materia di tutela del decoro nell'esposizione delle bandiere della Repubblica italiana e dell'Unione europea» (1156) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Ambrosi.
La proposta di legge MOLLICONE ed altri: «Disposizioni per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari e per la valorizzazione del teatro sociale» (1382) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Comba.
La proposta di legge CANNATA ed altri: «Disposizioni concernenti la fornitura e l'impiego dei sistemi di intelligenza artificiale» (1444) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Ambrosi.
La proposta di legge VIETRI ed altri: «Modifiche alla legge 2 agosto 1999, n. 264, in materia di accesso ai corsi universitari di laurea in medicina e chirurgia» (1497) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Ambrosi.
La proposta di legge CARAMANNA ed altri: «Disposizioni in materia di prestazione di servizi ausiliari alla sicurezza» (1857) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Comba.
La proposta di legge ROSSO ed altri: «Misure a sostegno delle persone affette da alopecia indotta da cure chemioterapiche» (1889) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Morgante.
Assegnazione di un progetto di legge
a Commissione in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
I Commissione (Affari costituzionali)
BAKKALI ed altri: «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza» (2032) Parere delle Commissioni II, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Trasmissione dal Ministro
per i rapporti con il Parlamento.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 8 ottobre 2024, ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza unificata, nella seduta del 3 ottobre 2024, sul disegno di legge recante modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma (atto Camera n. 2034).
Questo parere è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).
Trasmissione dal Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 8 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione, predisposta dal Ministero dell'agricoltura, delle foreste e della sovranità alimentare, in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1026/2012 per quanto riguarda talune misure finalizzate alla conservazione degli stock ittici in relazione ai paesi che autorizzano una pesca non sostenibile (COM(2024) 407 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti.
Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).
Annunzio di progetti
di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 8 ottobre 2024, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio della delega conferita alla Commissione a norma del regolamento (UE) 2020/741 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 2020, recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell'acqua (regolamento sul riutilizzo dell'acqua) (COM(2024) 442 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea nel comitato misto istituito dalla convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee con riguardo alla modifica della decisione n. 1/2023 di tale comitato misto al fine di includere disposizioni transitorie in relazione alle modifiche della convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2025 (COM(2024) 443 final/2), corredata dal relativo allegato (COM(2024) 443 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 8 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Con la predetta comunicazione, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
Comunicazione della Commissione al Consiglio – Informazioni finanziarie sul Fondo europeo di sviluppo (FES): previsioni relative a impegni, pagamenti e contributi delle parti del Fondo europeo di sviluppo per il 2024, il 2025 e il 2026 e previsioni non vincolanti per gli anni 2027 e 2028 (COM(2024) 432 final);
Proposta di decisione del Consiglio relativa ai contributi finanziari che le parti del Fondo europeo di sviluppo devono versare per finanziare tale fondo, che specifica il massimale per il 2026, l'importo annuo per il 2025, l'importo della prima quota per il 2025 e una previsione indicativa non vincolante degli importi annui dei contributi previsti per gli anni 2027 e 2028 (COM(2024) 433 final);
Proposta di decisione del Consiglio relativa ai contributi finanziari che le parti del Fondo europeo di sviluppo devono versare a titolo di terza quota per il 2024 (COM(2024) 434 final);
Proposta di decisione del Consiglio relativa al rinnovo dell'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e l'Ucraina (COM(2024) 438 final);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla risoluzione dell'accordo volontario di partenariato tra l'Unione europea e la Repubblica del Camerun sull'applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell'Unione (COM(2024) 446 final).
Richiesta di parere parlamentare
su atti del Governo.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 8 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante conferimento di incarichi di Commissario straordinario per interventi concernenti infrastrutture ferroviarie (216).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 29 ottobre 2024. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 19 ottobre 2024.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
PIANO STRUTTURALE DI BILANCIO DI MEDIO TERMINE – ITALIA – 2025-2029 (DOC. CCXXXII, N. 1)
Doc. CCXXXII, n. 1 – Risoluzioni
RISOLUZIONI
La Camera,
premesso che:
il Piano strutturale di bilancio a medio termine (PSB), previsto dalla riforma della governance economica europea, deve definire il quadro di riferimento programmatico per la gestione della finanza pubblica e la realizzazione di investimenti e riforme, valido per un periodo quinquennale, pari alla durata della legislatura nazionale;
in un paese che continua a fronteggiare gli effetti congiunti di alcune grandi emergenze – una crisi economica e sociale, che ha determinato l'aumento di sacche di povertà e l'aggravarsi progressivo delle diseguaglianze; la crisi climatica, i cui effetti continuano a incidere pesantemente su ampie aree del territorio, in particolare sulle fasce di popolazione e sulle zone maggiormente vulnerabili; una crisi del sistema sanitario pubblico scatenata dalla pandemia e aggravata dalle scelte di sottofinanziamento del Governo Meloni, che hanno inasprito i divari sociali e colpito maggiormente chi si trovava in condizioni di fragilità – il PSB rappresentava una occasione per programmare la politica economica e di bilancio per i prossimi anni, definendo obiettivi, strumenti, risorse;
il Piano del Governo è, invece, fortemente carente, in quanto si limita a indicare il percorso del saldo primario strutturale e della spesa pubblica netta con cui si intende rispettare i vincoli imposti dalla nuova governance europea, e poco trasparente, con una insufficienza di informazioni anche peggiore di quella dei Documenti di programmazione già presentati dall'esecutivo Meloni. È inoltre privo di qualunque ambizione sulle politiche per la crescita, a partire dagli investimenti, per quanto riguarda sia quelli pubblici, sia quelli delle partecipate pubbliche, sia degli incentivi agli investimenti privati;
le previsioni del PIL tendenziale indicano un'economia debole, la cui crescita è costantemente inferiore all'1 per cento, ad eccezione del 2026 dove sarà di appena di un decimo di punto superiore, nonostante le previsioni siano state giudicate ottimistiche da tutti gli auditi e siano state validate dall'UPB assumendo sia la piena e tempestiva realizzazione del PNRR sia che non vi sia un deterioramento dello scenario internazionale;
lo scenario programmatico, che include l'impatto delle misure che il Governo vuole attuare, nel rispetto degli obiettivi concordati con la Commissione europea, offre una prospettiva appena più ottimistica: nel 2025 la crescita attesa del PIL, che il Governo spera di raggiungere con le misure della prossima legge di bilancio, è dell'1,2 per cento, dell'1,1 per cento nel 2026, mentre dal 2027 si tornerebbe sotto l'1 per cento, a conferma del corto respiro della politica economica del Governo;
ad aggravare il quadro previsionale vi è l'incerto apporto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e degli investimenti e delle riforme ivi previste, in un quadro di forte preoccupazione per i ritardi che si stanno cumulando nel suo stato di attuazione (nei primi nove mesi del 2024 sono stati spesi 9 miliardi rispetto ai 44 programmati per l'anno);
per quanto riguarda la finanza pubblica, gli obiettivi sul disavanzo sono ambiziosi, con una correzione molto rilevante: dal 3,8 per cento di quest'anno, si andrebbe sotto la soglia del 3 per cento già nel 2026, per scendere al 2,6 per cento nel 2027 e all'1,8 per cento nel 2029; corrispondentemente, in tutto il periodo il saldo primario mostrerebbe un surplus, senza tuttavia effetti significativi sul debito, in crescita fino al 2027 e in diminuzione negli anni successivi, ritornando nel 2029 al livello del 2023;
rimane del tutto indefinito attraverso quali misure di entrata e di spesa il Governo intenda intervenire per raggiungere tali obiettivi, come lamentato da tutti i soggetti auditi. Vengono fornite solo scarne indicazioni, che riguardano prevalentemente il solo prossimo anno, annullando quindi l'unico aspetto veramente innovativo della nuova governance europea che era quello di costringere i paesi a muoversi su un'ottica pluriennale, impostando politiche di lungo respiro, quantificabili nei loro costi e negli effetti attesi e che potessero poi essere oggetto di un trasparente processo di monitoraggio;
nel Piano si ribadisce l'intenzione di rifinanziare le misure in scadenza (cuneo fiscale, Irpef, contratti dei pubblici dipendenti, missioni di pace), di aumentare la spesa sanitaria e reperire nuove risorse per gli investimenti: un insieme di interventi aggiuntivi che, come afferma lo stesso documento, andrebbe «oltre i margini fiscali che emergono rispetto agli obiettivi definiti» e, pertanto, «nella manovra di bilancio saranno dunque necessarie misure ulteriori in termini di minori spese o di maggiori entrate»;
come evidenziato dalla Banca d'Italia, si tratta di un programma non esente da rischi, perché per finanziare parte della nuova manovra il Piano sfrutta il margine determinato dalle maggiori entrate attese per il 2024, con l'assunzione che siano permanenti e perché sarebbe sufficiente uno scenario macroeconomico lievemente meno favorevole per rendere pressoché impossibile conseguire l'obiettivo di indebitamento nel 2026;
il Piano non contiene nessuna indicazione né sulla dimensione del fabbisogno aggiuntivo né sulle modalità di copertura, né tantomeno circa le scadenze temporali degli obiettivi delle riforme e degli investimenti che consentirebbero l'allungamento del periodo di aggiustamento, né indicatori idonei al loro futuro monitoraggio, con una assoluta mancanza di trasparenza nei confronti del Parlamento e dei cittadini e l'assenza di un indirizzo di natura economica orientato allo sviluppo e delle imprese e al sostegno dei cittadini;
la programmazione di bilancio di medio periodo richiederebbe di evidenziare la strategia per conseguire gli obiettivi di consolidamento con indicazioni dettagliate riguardo alle dinamiche attese per i principali programmi di spesa e le fonti di entrata e al raccordo con l'attuazione degli investimenti e delle riforme;
ai deludenti risultati dei due anni di Governo e alle altrettanto deludenti previsioni di crescita concorrono le scelte poste al centro dell'azione dell'esecutivo, tra cui:
a) l'assenza di interventi di politica economica in grado di sostenere efficacemente l'economia italiana;
b) la mancata previsione di misure strutturalmente orientate al recupero del potere d'acquisto dei redditi fissi: sebbene l'inflazione sia in discesa, gli effetti continuano a trascinarsi sui consumi delle famiglie e sugli investimenti delle imprese;
c) una politica fiscale iniqua, frammentata e categoriale, senza alcun riferimento a un disegno complessivo e razionale, e una lunga sequenza di sanatorie e condoni fiscali, che hanno l'oggettivo effetto di legittimare l'evasione fiscale;
d) la rinuncia a una efficace azione di spending review in favore di una politica fatta di tagli che hanno colpito e continueranno a colpire ambiti essenziali e settori strategici con ricadute sui soggetti economicamente più deboli;
impegna il Governo:
1) in materia di Europa:
a) a promuovere, nel corso della nuova legislatura europea, una iniziativa politica finalizzata ad un ulteriore rafforzamento del processo di integrazione e una revisione della nuova governance economica, adottando regole di bilancio maggiormente favorevoli agli investimenti, al lavoro e alla coesione sociale;
b) a rendere permanenti i programmi comuni introdotti durante la pandemia (NGEU e SURE) per favorire gli ingenti investimenti pubblici e privati necessari per le transizioni ecologica e digitale e i beni pubblici europei e accompagnare e proteggere lavoratrici, lavoratori e imprese;
c) a varare un Industrial Act europeo e una revisione del regime degli aiuti di Stato per una vera politica industriale dell'Unione finalizzata al sostegno dei processi di innovazione e conversione del sistema produttivo europeo nella doppia transizione;
d) a rimettere al centro dell'agenda europea la creazione di una capacità fiscale comune; a completare e modernizzare il mercato interno; ad armonizzare il livello di tassazione infra-europeo secondo parametri di equità e di trasparenza;
2) in materia di sviluppo:
ad adottare una strategia finalizzata ad accelerare lo sviluppo inclusivo e sostenibile dell'economia, con particolare riferimento:
a) al mantenimento di un livello elevato di investimenti pubblici e privati:
1) attuando pienamente e rapidamente il PNRR, rispettando tutti gli obiettivi, le riforme da attuare e le scadenze temporali previste, recuperando la capacità di spesa per compensare i ritardi accumulati, e provvedendo a compensare in tempi brevi i Comuni che hanno anticipato i finanziamenti necessari alla realizzazione dei progetti;
2) sostenendo e rilanciando gli investimenti pubblici, con particolare riferimento a quelli per gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, e privati, sostenendo i processi di innovazione, trasferimento tecnologico e decarbonizzazione dell'economia;
b) alla creazione di un contesto maggiormente favorevole alla crescita della produttività e allo sviluppo, adottando riforme finalizzate al miglioramento e alla semplificazione del quadro regolamentare, ad una maggiore efficienza della Pubblica Amministrazione, all'accrescimento del grado di concorrenza nei servizi, al rilancio e allo sviluppo del mercato dei capitali, ad una maggiore attrattività dell'Italia nei confronti degli investimenti diretti dall'estero; favorendo gli investimenti pubblici e privati destinati alla rigenerazione e potenziamento della rete infrastrutturale; garantendo alle imprese e alle famiglie energia pulita e a costo contenuto;
c) a una riforma fiscale fortemente indirizzata a favorire lo sviluppo, riequilibrando il carico tributario a favore dei fattori produttivi; a garantire l'equità del prelievo, sia orizzontale, attraverso il progressivo superamento dei regimi speciali e categoriali che portano a carichi di imposta estremamente differenziati fra contribuenti che pure percepiscono lo stesso ammontare di reddito, sia verticale, attraverso la salvaguardia della progressività del prelievo, semplificando gli adempimenti e sviluppando un rapporto collaborativo tra l'amministrazione e i contribuenti, che non sia declinato come forma di tolleranza indiscriminata nei confronti di comportamenti di infedeltà fiscale, rafforzando l'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale con l'obiettivo di incrementare il tasso di adempimento spontaneo degli obblighi tributari e abbattere il tax gap e rendendo più efficiente il sistema di riscossione, rafforzandone l'efficacia anche in termini di deterrenza; a rendere il sistema fiscale maggiormente coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione, prevedendo adeguate misure compensative per le famiglie e le imprese più vulnerabili; a finanziare la citata riforma anche ricorrendo a una attenta revisione delle spese fiscali che non sia limitata a quelle di cui beneficiano i soggetti IRPEF ma vada a incidere su tutti i regimi agevolativi e speciali che aumentano l'iniquità e la complessità del sistema;
d) alla promozione di una politica industriale attraverso:
1) la creazione di un Fondo con una rilevante dotazione di risorse e un orizzonte temporale dal 2025 al 2035, per favorire l'innovazione tecnologica e la conversione ecologica dell'industria manifatturiera e la riqualificazione delle lavoratrici e dei lavoratori interessati, a partire dai settori hard to abate e automotive; la definizione di un piano e di incentivi per la formazione delle competenze per la transizione ecologica e digitale; la riorganizzazione delle misure di sostegno alle imprese, secondo criteri di selettività, stabilità temporale, condizionalità ambientali e sociali e maggiore accessibilità da parte delle PMI;
2) la definizione di missioni strategiche per le società a partecipazione pubblica, con particolare riferimento agli investimenti necessari per la transizione ecologica e digitale, la cancellazione del programma di privatizzazioni promosso dal Governo Meloni e la razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche in relazione agli obiettivi di politica industriale del Paese;
3) la riforma della governance delle politiche industriali, attraverso la creazione di un Ministero per lo sviluppo sostenibile (accorpando MIMIT e MASE), di un Ministero dell'innovazione e dello sviluppo Tecnologico, di un Forum permanente per le politiche industriali e di una Agenzia che coordini le partecipazioni pubbliche;
e) all'adozione di interventi per la transizione ecologica e il contrasto alla crisi climatica, in linea con le misure decise nell'ambito del Green New Deal europeo:
1) perseguendo il raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2030 e di neutralità climatica al 2050;
2) accrescendo la produzione di energia da fonti rinnovabili coerentemente con i target di decarbonizzazione, semplificando e accelerando le procedure di autorizzazione degli impianti; ad adottare tutte le misure necessarie per ridurre il costo dell'energia per le imprese e le famiglie, modificando la disciplina del mercato elettrico e rafforzando il ruolo dell'Acquirente Unico nel mercato libero dell'energia elettrica;
3) adottando misure per favorire la riqualificazione energetica e la messa in sicurezza sismica degli edifici, in linea con gli indirizzi europei, anche attraverso la previsione di incentivi a carattere strutturale, finanziariamente sostenibili e orientati prioritariamente alle famiglie a reddito medio e basso;
4) promuovendo la mobilità sostenibile e sostenendo l'innovazione e la riconversione del settore automotive;
5) riducendo progressivamente gli incentivi ai combustibili fossili e i sussidi ambientalmente dannosi e accompagnando necessariamente tale riduzione con il potenziamento delle risorse destinate al trasporto pubblico e adeguate misure compensative per le famiglie e le imprese più vulnerabili;
3) in materia di lavoro:
a) a favorire l'incremento del tasso di occupazione femminile, adottando misure dirette ad ampliare i congedi, incrementandone il trattamento economico e rendendone paritaria la fruizione da parte di entrambi i genitori, assicurando la realizzazione degli asili nido secondo quanto previsto dal PNRR del 2021 e garantendo un'adeguata dotazione di personale;
b) a promuovere l'approvazione di una nuova legge per le politiche migratorie e di accoglienza fondata sull'immigrazione legale con canali d'accesso legali, potenziamento dei corridoi umanitari, realizzazione di un grande piano nazionale per l'integrazione;
c) a sostenere il livello delle retribuzioni e il potere d'acquisto dei salari, sia attraverso una riduzione strutturale del cuneo fiscale gravante sul costo del lavoro, con priorità alla protezione delle fasce più deboli, sia attraverso una più equa distribuzione del carico tributario;
d) a introdurre un salario minimo legale, salvaguardando la centralità della contrattazione collettiva nazionale attraverso l'approvazione di una legge sulla rappresentanza e la drastica riduzione della catena degli appalti e subappalti, finalizzati alla compressione del costo del lavoro;
e) a promuovere le politiche attive del lavoro e di riduzione del precariato, con l'adozione di una normativa che riconduca gli istituti del lavoro a termine, della somministrazione, del part time e del lavoro stagionale alle loro genuine finalità, evitandone l'uso improprio anche attraverso il riconoscimento in capo ai lavoratori di diritti di precedenza all'assunzione e di strumenti di trasformazione automatici dei contratti in contratti a tempo indeterminato in caso di abusi;
f) ad avviare con le parti sociali la definizione di modalità sperimentali di riduzione dell'orario di lavoro a parità di retribuzione, con la finalità principale di favorire una redistribuzione dei benefici dell'innovazione tecnologica e favorire la conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro;
g) a rafforzare le misure per la sicurezza nei luoghi di lavoro e a contrastare con maggiore forza il lavoro sommerso, evitando il ricorso ad ogni forma di condono contributivo, e valutando l'estensione del DURC di congruità anche all'agricoltura;
h) a favorire l'evoluzione del sistema previdenziale mettendo al centro i lavoratori con carriere discontinue, donne e giovani, anche attraverso il riconoscimento di una pensione di garanzia che valorizzi i periodi di formazione e ricerca attiva di lavoro oltre a quelli dedicati alla cura, e chi svolge lavori gravosi;
i) ad adottare misure che, salvaguardando la centralità del pilastro previdenziale pubblico, favoriscano lo sviluppo della previdenza integrativa e accrescano gli investimenti nell'economia reale italiana degli investitori istituzionali;
j) a sostenere l'approvazione di una legge volta a favorire la partecipazione dei lavoratori alla governance d'impresa, con particolare attenzione ai temi delle scelte produttive, dell'organizzazione del lavoro e della trasparenza e tempestività delle informazioni, a partire dalla possibilità di conoscenza degli algoritmi che regolano i processi produttivi;
4) in materia di sanità, politiche sociali, riduzione delle disuguaglianze sociali e territoriali:
a) a incrementare il livello della spesa sanitaria al fine di raggiungere in un quinquennio una percentuale sul PIL non inferiore al 7,5 per cento allineandola alla media dell'Unione europea, al fine di assicurare l'aumento degli stipendi per le diverse categorie, adeguati finanziamenti dedicati ai servizi di prossimità (Case e Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali) e territoriali (investimenti in prevenzione, consultori, salute mentale e benessere psicologico) e di ridurre i divari territoriali (tra Nord e Sud ma anche tra aree urbane e aree interne);
b) a potenziare gli strumenti per i percorsi di vita indipendente delle persone con disabilità e non autosufficienti;
c) a estendere la platea dei beneficiari dell'assegno di inclusione in modo tale da fame una misura universale e a potenziare i servizi alla persona e i progetti di inclusione sociale e lavorativa;
d) a stanziare adeguate risorse per fronteggiare il grave e diffuso disagio abitativo, attraverso il rifinanziamento del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e del Fondo per la morosità incolpevole, e la predisposizione di un piano di edilizia residenziale;
e) a prevedere, in favore degli enti territoriali, risorse dirette a implementare il finanziamento per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e dei servizi in favore dei cittadini, soprattutto nel settore sanitario, sociale e del trasporto pubblico locale, ed evitare che l'applicazione delle nuove regole della governance economica europea – attraverso insostenibili ipotesi di trattenute sui trasferimenti, incremento dell'importo dei disavanzi da ripianare o obblighi di accantonamento – si traduca in una compressione della spesa per investimenti del comparto che renderebbe impossibile la piena realizzazione degli obiettivi del PNRR;
f) a rafforzare le politiche per la riduzione dei divari territoriali, con particolare riferimento al Mezzogiorno, che rischiano di diventare incolmabili a seguito dell'attuazione dell'autonomia differenziata; a potenziare le politiche per lo sviluppo sostenibile delle aree interne, dei territori montani e delle isole, a partire dagli investimenti per le infrastrutture, la cura del territorio, la presenza di servizi scolastici, sanitari e socio sanitari;
g) a definire e finanziare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) quali livelli inderogabili di quantità e qualità dei servizi pubblici da garantire su tutto il territorio nazionale, come sancito dall'articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione e dalla legge delega n. 42 del 2009, non solo nelle materie potenzialmente oggetto di devoluzione, ma anche nelle altre materie a partire dalle politiche sociali;
5) in materia di istruzione, università, ricerca e cultura:
ad assicurare livelli di spesa rispetto al PIL in linea con la media UE;
a) incrementando i finanziamenti per il rinnovo del contratto di lavoro;
b) aumentando gli investimenti nel settore 0-6 anni;
c) adottando misure di prevenzione dell'abbandono precoce dell'istruzione e della formazione;
d) riducendo il numero degli alunni per classe ed evitando la chiusura delle scuole nelle aree interne e montane;
e) garantendo il diritto allo studio scolastico e universitario;
f) adeguando fa dotazione finanziaria del FFO all'inflazione cumulata degli ultimi tre anni;
g) avviando un piano pluriennale di contenimento del precariato, favorendo il progressivo accesso a ruolo, in coerenza con le indicazioni della Carta europea dei ricercatori;
h) individuando misure per garantire l'innalzamento dell'obbligo di istruzione;
i) rafforzando i dottorati e la ricerca universitaria;
j) promuovendo un'opera di sensibilizzazione sull'importanza sociale della cultura e del patrimonio culturale e a sostenere il ruolo trainante del patrimonio storico e artistico del nostro Paese e delle elevate professionalità presenti nei relativi settori.
(6-00127) «Braga, Ubaldo Pagano, Bonafè, Ghio, Ciani, Toni Ricciardi, De Luca, Ferrari, Morassut, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria, Guerra, Lai, Mancini».
La Camera,
il Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine da una parte smentisce le dichiarazioni bellicose del Governo contro gli indirizzi del nuovo esecutivo europeo e contro le stesse regole del nuovo Patto di Stabilità e Crescita e dall'altra contraddice la gran parte delle promesse, con cui il Governo e la sua maggioranza hanno provato a consolidare il consenso raccolto alle elezioni politiche del 2022;
questo Piano, insomma, dimostra ancora una volta come gli slogan elettorali rimangano tali e non si concretizzino mai in azioni di Governo, generino senso di frustrazione tra i cittadini nei confronti della politica e producano come effetto l'allontanamento dalla vita pubblica e l'aumento dell'astensione;
dal documento presentato dal Governo emerge inoltre la mancanza di una visione di medio e lungo periodo per il nostro Paese, la cui crisi dipende principalmente dalla stagnazione della produttività e dall'assenza di una crescita a un ritmo costante e significativamente elevato da ormai oltre trent'anni: non viene indicata nessuna misura per risolvere questo problema in maniera strutturale, ma solo micro-interventi tesi ad alleviare gli effetti negativi nel frattempo prodottisi, senza affrontare le cause che li hanno determinati;
se gli obiettivi programmatici sul piano della finanza pubblica sono formalmente improntati a un rispetto scrupoloso della nuova disciplina di bilancio – con una riduzione del saldo strutturale superiore allo 0,5% medio annuo nell'arco temporale del piano, con una concentrazione maggiore nei primi due anni – rimane ancora indecifrabile il complesso degli strumenti con cui il Governo dovrà garantire il raggiungimento di questi traguardi e ci sono dubbi significativi sulla effettiva sostenibilità degli impegni assunti;
le polemiche recentemente suscitate dalle dichiarazioni del Ministro Giorgetti per una possibile manovra sul lato delle entrate ripropone il tema della trasparenza delle politiche fiscali, per l'abitudine ormai invalsa di propagandare la credenza, del tutto falsa, per cui gli aggravi possano essere concentrati solo su alcune categorie «privilegiate», senza produrre effetti sulla generalità dei contribuenti o dei consumatori;
il presupposto di politiche fiscali responsabili non è solo il perseguimento di obiettivi di gettito raggiungibili, ma anche la chiarezza in ordine alle possibili conseguenze degli strumenti utilizzati;
il quadro macroeconomico descritto da questo documento rimane molto problematico per il nostro Paese su tutti i principali indicatori e una serie di previsioni appaiono particolarmente ottimistiche, a partire dalle stime di crescita dell'1 per cento nel 2024 e del 1.2 per cento nel 2025, pure a fronte di un significativo aggiustamento di bilancio, con un deficit che dovrebbe passare dal 7,2 per cento del 2023 al 3,8 per cento del 2024 e al 3,3 per cento del 2025;
nel 2024 è prevista una inversione di tendenza sul piano finanziario, con il ritorno a un saldo primario positivo, che dovrebbe realizzarsi oltre che con un aumento delle entrate fiscali, dirette e soprattutto indirette, con un robusto taglio della spesa, dal 53.8 per cento al 50.4 per cento del Pil, essenzialmente realizzato, però, con una drastica riduzione dei trasferimenti in conto capitale e non della spesa corrente, dunque senza aggredire il maggiore elemento di fragilità, sia finanziaria che politica, del bilancio pubblico italiano;
l'orizzonte temporale del Piano su cui gli impegni assunti sono realmente vincolanti è quello che separa la legislatura dal proprio termine naturale e quindi è relativo proprio al triennio (2025-2027) in cui a garantire i saldi sono le previsioni più discutibili e ottimistiche;
particolarmente significativa della perdurante fragilità italiana è la dinamica del debito pubblico in rapporto al Pil, che continuerà a crescere fino al 2026, quando raggiungerà il 137,8 per cento per tornare finalmente a scendere fino al 134,9 per cento del 2029, a fronte di una spesa per interessi che continuerà invece a crescere raggiungendo il 4,2 per cento del Pil nel 2028 e nel 2029;
il problema di un debito abnorme non è solo legato alla sostenibilità dei conti pubblici, ma anche alla conseguente rigidità delle politiche di bilancio e all'impossibilità di ricorrere a stimoli fiscali significativi di fronte ad eventi o shock negativi;
in questa dinamica contano certamente le conseguenze del Superbonus 110 per cento che, secondo l'osservatorio dei Conti Pubblici, al netto del maggior gettito, ha complessivamente cumulato effetti per circa 91 miliardi sul debito pubblico, che continueranno a far sentire il proprio peso anche nei prossimi esercizi; nondimeno, è evidente che la dimensione e la tendenza espansiva del debito italiano in rapporto al Pil, anche fuori da periodi di emergenza, o a prescindere da scelte straordinariamente negative, come il Superbonus, riflette problemi strutturali, che hanno conseguenze sia sul numeratore che sul denominatore di questo rapporto;
l'Italia ha vissuto troppo a lungo prigioniera di una duplice illusione: da una parte quella di potere «fare crescita» attraverso la spesa e il deficit pubblico, dall'altra di potere invertire il processo di deterioramento dei conti pubblici confidando semplicemente in avanzi primari realizzati con un incremento della pressione fiscale, a prescindere dagli effetti che sia l'ammontare sia la scarsa qualità della spesa pubblica producevano sul sistema economico nazionale; entrambe queste illusioni hanno aggravato la tendenza al declino dell'Italia;
la verità è che per l'Italia sarà impossibile intervenire strutturalmente sull'equilibrio dei conti pubblici e sulla sostenibilità del debito, senza politiche capaci di rilanciare la competitività del Paese;
la stessa verità, come per altro ha spiegato chiaramente il Presidente Draghi nel recente Rapporto presentato alle istituzioni di Bruxelles, vale anche per gli altri Paesi membri e per l'Europa nel suo complesso, e implica riforme della governance economica e del sistema istituzionale dell'Unione europea profonde e incompatibili con un quadro di relazioni politiche interne puramente intergovernative;
il piano di riforme che accompagna il piano di bilancio e ne autorizza la proiezione settennale non sembrano completare, né aggiornare in modo significativo gli impegni assunti con il PNRR;
in particolare, sui due capitoli su cui l'Italia sta accumulando i più gravi ritardi e i più clamorosi deficit di efficienza e risultato – l'istruzione e la sanità – mancano serie indicazioni operative in termini di aumento e riqualificazione della spesa pubblica, considerando che lo status quo vede un oggettivo sottofinanziamento sia del sistema sanitario sia di quello di istruzione in rapporto alla media Ue;
in particolare, per quanto riguarda l'istruzione, secondo quanto riportato dai dati Eurostat più aggiornati la spesa complessiva è pari al 4,2 per cento del Pil contro una media europea del 4,8 per cento, e al 7,5 per cento della spesa pubblica contro una media europea del 9,5 per cento; a giustificare queste differenze, che si ampliano se si allarga lo sguardo all'istruzione universitaria, non sono solo ragioni demografiche visto che nel sistema scolastico italiano è significativamente inferiore alla media Ue anche la spesa pro capite;
mentre il Governo afferma nel Piano di aver contrastato il precariato scolastico – per cui l'Italia è stata deferita dalla Commissione alla Corte di giustizia dell'Unione europea – con il nuovo sistema di reclutamento, lo stesso sistema prevede che i docenti che risultano idonei ma non vincitori di un concorso non entrino in una graduatoria per le future assunzioni, ma debbano necessariamente partecipare a un nuovo concorso per essere assunti;
il Governo mira a sviluppare la conoscenza e le competenze necessarie per esportare l'eccellenza dell'imprenditoria italiana nel mondo grazie al Liceo del Made in Italy, un'introduzione che si è dimostrata un flop (come evidenziato dai dati sulle iscrizioni), e che ha avuto come effetto solamente rendere ancora più frammentato il sistema degli indirizzi di studio;
ad analoghe critiche si prestano le politiche e le prospettive in materia sanitaria, dove la spesa pubblica pro capite descrive una situazione altrettanto allarmante, con ben quindici Paesi europei che investono più del nostro; nell'impegnarsi a salvaguardare il livello della spesa sanitaria per gli anni successivi al 2026, attraverso le risorse necessarie a mantenere gli investimenti pubblici in rapporto al PIL al livello registrato durante il periodo di vigenza del PNRR, il Governo ammette di non avere tra le sue priorità l'incremento della spesa sanitaria per portarla al livello degli altri grandi Paesi europei: infatti, in questi anni la spesa sanitaria in rapporto al PIL è pari a circa il 6,3 per cento, un livello lontano non solo da quello di Paesi come Germania e Francia (dove si registrano valori superiori all'8 per cento), ma anche dai livelli raggiunti dalla stessa Italia durante il periodo pandemico, quando sono stati toccati valori pari a circa il 7,5 per cento;
per altro, in relazione al sistema sanitario il Governo non indica (non ritenendoli evidentemente prioritari) temi emergenziali come la riduzione delle liste di attesa, la carenza di personale, i problemi di sicurezza delle strutture e i rischi per l'incolumità degli operatori sanitari e la tragedia quotidiana che vivono pazienti, medici e infermieri nei pronto soccorso;
tra le riforme che il Governo si impegna a portare avanti in ambito sanitario, figura l'aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), aggiornamento che il Governo ha bloccato e differito a più riprese, per l'ultima volta ad aprile 2024, rinviandone l'entrata in vigore al 1° gennaio 2025,
impegna il Governo:
a rivalutare realisticamente le previsioni sulla crescita del Pil e conseguentemente sull'andamento dei conti pubblici nel triennio 2025-2027, ai fini del conseguimento degli obiettivi di riduzione del saldo strutturale di bilancio e conseguentemente del disavanzo e debito pubblico;
a riconsiderare la scelta di operare la correzione dei conti pubblici essenzialmente sul piano della spesa in conto capitale, privilegiando i tagli della spesa corrente;
ad operare in sede Ue per favorire la realizzazione degli obiettivi del Rapporto europeo per la competitività proposto dal Presidente Draghi, sostenendo le riforme o gli accordi istituzionali necessari alla sua implementazione pratica e perseguendo nella dimensione europea gli indirizzi indicati, per rafforzare gli impegni comuni in materia di energia, trasporti, tecnologie digitali e innovazione e difesa e sicurezza;
a integrare il programma di riforme da concordare con le istituzioni dell'Unione, nel quadro del Piano Strutturale di Bilancio di Medio Periodo 2025-2031, con l'impegno a un immediato riavvio del programma nucleare italiano, autorizzando la costruzione di impianti con le tecnologie oggi disponibili – il cosiddetto nucleare di terza generazione – che sono assolutamente affidabili sul piano della sicurezza e determinanti per garantire il fabbisogno energetico nazionale e ridurre le emissioni climalteranti;
a provvedere, a partire dalla prossima legge di bilancio, ad adottare interventi, sia finanziari che normativi, tali da assicurare la rapida convergenza della spesa pubblica in materia di istruzione e sanità ai livelli della media Ue e a destinare prioritariamente a questo obiettivo le risorse che si renderanno disponibili, a partire dal 2025, per la scadenza delle misure temporanee su aliquote Irpef e cuneo contributivo adottate per il 2024.
(6-00128) «Richetti, Bonetti, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Rosato, Ruffino».
La Camera,
premesso che:
la riforma della governance economica europea è entrata in vigore il 30 aprile 2024 con la pubblicazione di tre atti legislativi: il regolamento (UE) 1263/2024 (cosiddetto «braccio preventivo»), il regolamento (UE) 1264/2024 (cosiddetto «braccio correttivo») e la direttiva (UE) 2024/1265: la riforma modifica gli strumenti e le procedure della governance economica europea, introducendo un documento di programmazione pluriennale, presentato da ciascuno Stato membro e valido per un periodo analogo alla durata della legislatura nazionale, il Piano Strutturale di Bilancio;
il Piano Strutturale di Bilancio (da qui PSB) contiene un unico programma di investimenti e riforme, nonché il livello della spesa netta che dovrà essere osservato secondo un percorso di aggiustamento di bilancio, finalizzato a ridurre il rapporto debito/PIL in modo duraturo e a mantenere il rapporto deficit/PIL sotto il 3 per cento: il percorso di aggiustamento avrà una durata di 4 anni, ma potrà essere esteso fino a 7 anni, a fronte di investimenti ambiziosi secondo alcuni criteri;
lo scorso 30 settembre è stato annunciato il PSB di medio termine – Italia 2025-2029: dalle stime avanzate dal Governo, il Piano prevede che la traiettoria della spesa primaria netta nei prossimi 7 anni avrà un tasso di crescita medio vicino all'1,5 per cento, compatibile con il profilo stimato dalla Commissione. Nel dettaglio, i tassi di crescita della spesa primaria netta previsti sono: 1,3 per cento nel 2025; 1,6 per cento nel 2026; 1,9 per cento nel 2027; 1,7 per cento nel 2028; 1,5 per cento nel 2029; 1,1 per cento nel 2030 e 1,2 per cento nel 2031 con la specifica che il Governo si pone l'obiettivo di portare il rapporto deficit/Pil al 3,3 per cento nel 2025 e al 2,8 per cento nel 2026 al fine di consentire di uscire dalla procedura per deficit eccessivo;
le stime del PSB sono state validate dall'ufficio Parlamentare di Bilancio, il quale però ha precisato a più riprese che le previsioni del Governo risentono di un deciso ottimismo, posto che si collocano costantemente sull'estremo superiore delle stime del panel di riferimento adottato dall'organismo indipendente;
proprio lo scorso 4 ottobre, infatti, l'Istat ha rivisto le stime diffuse dal Governo il 23 settembre, segnalando che nei primi sei mesi dell'anno l'economia italiana ha acquisito una crescita del +0,4 per cento, quindi dello 0,2 per cento più bassa rispetto alle previsioni governative: tale revisione al ribasso sollecita dubbi e incognite circa la previsione di crescita all'1 per cento per il 2024, che pure il Governo ha inteso confermare nel PSB, gettando non poca incertezza sull'accuratezza delle stime fatte per gli anni successivi, su cui si fonda, in sostanza, la strategia di bilancio e il livello di deficit del Paese;
in materia di tassazione e gettito fiscale, nelle intenzioni del dicastero dell'economia e finanze si segnala la volontà di «potenziare l'adempimento collaborativo, a rendere strutturali gli obiettivi di rimodulazione delle aliquote IRPEF e gli effetti del cuneo fiscale e contributivo, nonché provvedere al riordino delle spese fiscali in un'ottica pluriennale»: tali intenti, tuttavia non sono accompagnati da una precisa indicazione delle fonti di finanziamento, che dunque vanno ricercate nella generica affermazione del Governo della volontà di adottare «misure ulteriori in termini di minori spese o di maggiori entrate»;
la prospettiva di aumentare ulteriormente la pressione fiscale del nostro Paese va esclusa categoricamente, così come appare impensabile operare tagli lineari in materia di spesa pubblica, posto che la stessa è preordinata quasi interamente al finanziamento dei diritti sociali (sanità, previdenza sociale, istruzione, sicurezza, giustizia), così come occorre scongiurare l'ipotesi accennata volontà del Governo, cioè di tassare ulteriormente (ed ex post!) i presunti extraprofitti di imprese (o settori di imprese) che vedrebbero altrimenti le proprie strategie aziendali e di investimento pregiudicate e penalizzate per il mero fatto di operare in comparti strategici o, comunque, particolarmente favoriti dalla attuale congiuntura di mercato;
il PSB, nella sezione sulla valorizzazione degli asset e del patrimonio pubblico, come l'intenzione del Governo di procedere a un imponente piano di dismissioni delle partecipazioni dello Stato, con cui l'Esecutivo stima di generare entrate complessive pari a 20 miliardi di euro (stima sconfessata da tutti i principali organismi finanziari internazionali) e, comunque, tali, da generare proventi pari ad almeno l'1 per cento del PIL nell'arco del triennio 2024-2026: nel PSB si afferma che attualmente il Governo è impegnato nella vendita di partecipazioni di rilievo in Banca Monte dei Paschi di Siena, Poste Italiane, ENI, e ITA Airways, cui si accompagna l'apertura alla crescita di partecipazioni private per Leonardo, senza tuttavia specificare quali sia la strategia dietro la cessione di quote di società a partecipazione pubblica: al di là dell'obiettivo di «fare cassa», infatti, il Governo non si è dimostrato capace di definire la strategia adottata per il piano di dismissioni, né il rapporto «costi-benefici» in relazione ai mancati introiti annuali derivanti dalle suddette partecipazioni rispetto ai maggiori costi sostenuti in termini di interessi sul debito pubblico sostenuti per la detenzione di quest'ultime, confermando una gestione dell'operazione del tutto approssimativa nel migliore dei casi – o comunque «proprietaria», nella parte in cui non consente al Parlamento di esercitare le proprie prerogative di indirizzo e controllo e affronta le partecipazioni pubbliche come entità di esclusiva interesse del Governo in carica, anziché della collettività;
il PSB prevede, inoltre, l'ampliamento dei servizi erogati dalle Agenzie fiscali per favorire la semplificazione dei rapporti con i contribuenti e la promozione della tax compliance a costo ridotto: in particolare, si specifica che per i contribuenti che aderiscono al regime di adempimento collaborativo, si prevedono diversi vantaggi tra i quali il potenziamento del contraddittorio preventivo; la riduzione delle sanzioni amministrative per i rischi fiscali per i quali sono state fornite informazioni; la riduzione dei termini di decadenza per l'attività di accertamento; l'esclusione, a certe condizioni, delle sanzioni penali per l'infedele dichiarazione. Sebbene la burocrazia fiscale – per le imprese e i cittadini – sia con ogni evidenza eccessiva – recando un ingente danno in termini di costi e investimenti – e sia sempre più urgente uniformare l'amministrazione fiscale a criteri di cooperazione e collaborazione fisco- contribuente, è necessario che il Governo non traduca i vantaggi annunciati nel PSB in condoni fiscali per i cittadini e imprese inadempienti, i cui costi vengono scaricati sui contribuenti in regola, come peraltro accaduto altresì con alcune misure in materia fiscale introdotto nel decreto-legge 9 agosto 2024;
l'annoso problema della complicata ed eccessiva burocrazia che affligge il sistema produttivo italiano e si pone come freno alla crescita economica del Paese, viene del tutto ignorato, non intuendo come una riforma volta alla semplificazione delle pratiche burocratiche consentirebbe di attrarre maggiori investimenti italiani e stranieri, producendo così un effetto positivo a «cascata» su tutto il mondo del lavoro, sbloccando investimenti e aumentando la ricchezza del nostro Paese;
altro comparto da cui il Governo sembra voler attingere per finanziare la propria «strategia di bilancio» è quello della previdenza sociale. Il PSB delinea il prolungamento dell'età lavorativa tramite incentivi alla permanenza nel mercato del lavoro, modifiche sui criteri di accesso al pensionamento e la revisione e superamento dell'obbligatorietà di ingresso in quiescenza dei dipendenti pubblici attraverso soluzioni che consentano un allungamento della vita lavorativa e il trattenimento da parte della PA delle risorse ad elevata competenza: nel PSB quindi non è prevista in alcun modo una revisione della cosiddetta «riforma Fornero» (articolo 24, decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201), bensì nelle intenzioni del Governo si fa strada una riforma del sistema pensionistico con la medesima ratio, aumentando l'età pensionabile dei lavoratori, in evidente contraddizione con le dichiarazioni elettorali della forze politiche della maggioranza di governo che da anni promettono di superare la suddetta riforma Fornero e ad abbassare l'età pensionistica;
nella previsione del riordino delle spese fiscali, inoltre, tra gli indicatori del PSB si prevede «l'allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina e/o politiche di riordino delle agevolazioni presenti in materia energetica»; se tale misura venisse attuata, saremmo di fronte a un clamoroso passo indietro della maggioranza di governo, la quale per anni ha sempre dichiarato l'intenzione di abolire l'aliquota sulle accise del diesel e benzina;
sull'eventuale aumento delle accise per il diesel, inoltre, l'Unione energie per la mobilità (Unem) ha diffuso una nota nella quale calcola il possibile impatto sulle famiglie nel caso in cui l'accisa sul diesel fosse allineata a quella della benzina, segnalando come l'eventuale esborso delle famiglie sarebbe di quasi 2 miliardi di euro, circa 70 euro l'anno per 26 milioni di famiglie: un costo gravoso e inaccettabile per le famiglie e cittadini, già alle prese con gli elevati costi dell'energia e degli alimenti che da due anni non paiono diminuire;
nella sezione relativa alle azioni di riforma e gli investimenti del PSB si sottolinea come «nei primi anni (2025 e 2026) l'attenzione sarà focalizzata sulla realizzazione delle iniziative incluse nel PNRR; diversamente, dal 2027 in poi, l'Italia proseguirà il cammino nella direzione intrapresa»: di fatto, appare, evidente come la crescita produttiva del nostro Paese, per il prossimi due anni, sarà dovuta esclusivamente al PNRR, che l'attuale Governo ha avuto il demerito di rivedere meramente al ribasso e per il quale, ormai, l'Esecutivo ha accumulato ritardi e rinvii che ne mettono a repentaglio l'effettiva attuazione, con evidenti ripercussioni sull'economia reale e sull'affidabilità del Paese in termini di credibilità e attrattività degli investimenti;
sul piano degli investimenti infrastrutturali il PSB rimane sostanzialmente vago e carente, nonostante i numerosi guasti e ritardi spesso di portata nazionale (come verificatosi, da ultimo, lo scorso 2 ottobre, dove «un chiodo» sarebbe stata la causa della paralisi dell'intero sistema ferroviario italiano). La fragilità e vulnerabilità del sistema infrastrutturale italiano emerso negli ultimi anni, impone una decisa operazione di interventi e ammodernamenti, nonché azioni immediate volte a garantire affidabilità alla circolazione ferroviaria e stradale Allo stesso modo, alla luce delle misure annunciate genericamente nel PSB in materia di investimenti infrastrutturali nelle ZES (dotazione di circa 564 milioni, 694 milioni includendo le risorse private) e per l'intermodalità e la logistica integrata, occorre rifuggire l'attuale approccio fatto proprio dall'Esecutivo, del tutto avulso da una qualsivoglia strategia di intervento che sia coerente con le esigenze del sistema-Paese, delineando un quadro di interventi preciso e coerente con le esigenze della produzione, con le vulnerabilità della rete infrastrutturale e con le prospettive di sviluppo economico di territori ad alto potenziale di crescita;
il nostro Paese nei prossimi anni è chiamato a un importante e radicale cambio di passo nel sistema di approvvigionamento dell'energia: sul punto, il PSB risulta essere un semplice «prolungamento» delle misure previste dal PNRR, confermando la poca lungimiranza dell'Esecutivo in materia di strategia negli investimenti nel settore dell'energia e delle connesse infrastrutture energetiche;
dal PSB emerge chiaramente la mancanza di volontà di garantire risorse economiche e strumentali al comparto della sicurezza e delle Forze dell'ordine: sebbene il Governo si dichiari «vicino» alle istanze dalle Forze dell'ordine, nei due anni di governo, e come confermato anche nel PSB, non pare intenzionato a risolvere le carenze di organico, i ritardi nei pagamenti degli straordinari e i tagli alle pensioni. In questo contesto i dati del ministero dell'interno certificano il forte incremento della criminalità degli ultimi due anni, causati anche dalle scarse risorse messe a disposizione: occorre garantire alle Forze dell'ordine e ai vigili del fuoco risorse umane e finanziarie adeguate, anche alla luce delle tensioni internazionali e dei possibili risvolti sul piano della sicurezza interna;
per quanto attiene all'istruzione il PSB ignora del tutto il tema della carenza di insegnanti, anche di sostegno, del precariato e della bassa retribuzione della categoria, così come manca di considerare la necessità di riprendere il percorso di ammodernamento e messa in sicurezza degli edifici scolastici;
sul piano della sanità rimane del tutto insoluto l'abbattimento delle liste d'attesa, come desta preoccupazione la mancata previsione, all'interno del PSB, di alcuna azione nei prossimi 5 anni volta ad implementare il sistema della prevenzione, sia destinando fondi al fine di definire un sistema maggiormente collaudato ed efficiente, che attraverso la miglioria degli strumenti necessari: su quest'ultimo punto, in particolare, organi di stampa riportano come un terzo dei macchinari diagnostici in Italia abbia più di 10 anni, soglia considerata dagli esperti determinante per la precisione e l'accuratezza dell'analisi, pertanto ravvisando come la corretta diagnosi di prevenzione, una volta su tre, sia relegata al caso e fortemente correlata alle disuguaglianze regionali in materia di sanità;
il PSB, pur segnalando la necessità di interventi volti al potenziamento del Servizio sanitario nazionale, non delinea alcuna strategia – se non, anche in tal caso, affidandosi alle misure del PNRR – su come attuarlo, non specificando in primo luogo in termini quantitativi i finanziamenti necessari per tale potenziamento e in secondo luogo su come reperirli: a tal proposito si rammenta come sarebbe potuto risultare decisivo accedere ai fondi previsti dal Pandemic Crisis Support nell'ambito del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), i quali avrebbero consentito investimenti una tantum per migliorare le dotazioni e le infrastrutture sanitarie, ponendo in essere interventi di edilizia ospedaliera volti alla manutenzione, alla modernizzazione ed all'adeguamento delle strutture, con un aumento in termini di posti letto, valorizzando altresì il personale sanitario;
il PSB ignora del tutto la fondamentale tematica della difesa del potere d'acquisto delle famiglie, che nei due anni del Governo Meloni ha visto qualche risposta solo ed esclusivamente a una platea estremamente circoscritta della popolazione, mentre il ceto medio – che contribuisce al finanziamento della spesa pubblica per il 75 per cento continua a vedersi ignorato e oberato di nuove imposte (o maggiorazioni di queste, anche solo indirette) per sostenere misure di corto respiro a beneficio di pochi, mentre l'inflazione e il carrello della spesa continua a erodere il valore reale del proprio stipendio;
del pari, il PSB ignora del tutto la necessità di sostenere i professionisti, gli artigiani e le piccole medie imprese quali componenti fondamentali del tessuto socio-economico-produttivo del Paese, che anzi rischiano diventare, nelle intenzioni del Governo, ancora una volta i soggetti privilegiati su cui caricare la maggiore pressione fiscale annunciata dall'Esecutivo, a totale detrimento dell'occupazione e della crescita;
il disinteresse verso famiglia, imprese e professionisti è evidente anche nella volontà di strutturale l'obbligo, introdotto dal Governo, di stipula – in determinate circostanze – di assicurazioni per i disastri causati da calamità naturali, introducendo nei fatti – seppur indirettamente – una nuova tassa per milioni di cittadini, invece che predisporre misure volte alla prevenzione e la sicurezza del territorio, come era previsto dalla Struttura di Missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture, cosiddetta «Italia Sicura», introdotta dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 maggio 2014, e abrogata successivamente senza alcuna ratio, che nel corso degli anni ha promosso piani di investimenti e semplificazioni in materia di dissesto idrogeologico, ottenendo ottimi risultati come lo sblocco di 2,2 miliardi (accumulati dal 2000 al 2014) e investiti in opere volte a rendere più sicure le infrastrutture italiane da eventuali calamità naturali;
nel PSB vengono totalmente sottovalutate le drammatiche conseguenze della siccità, che ormai da anni sta colpendo il nostro Paese, arrecando ingenti danni al sistema agricolo e produttivo del Paese: la già citata «Italia Sicura», aveva tra le proprie funzioni i compiti di mitigare i rischi derivanti dalle carenze idriche, destinate ad aggravarsi in considerazione delle elevate temperature e dall'incremento dei prelievi d'acqua a uso idropotabile e irriguo, quindi, provvedendo ad una manutenzione costante dei letti dei corsi d'acqua e degli invasi, insieme ad un continuo monitoraggio di corsi d'acqua, fiumi, laghi, ghiacciai e di tutte le acque interne e a investimenti concreti sugli impianti di desalinizzazione:
il PSB, pur riconoscendo l'esigenza di aumentare l'azione di rafforzamento della cybersicurezza e la spesa nel settore, non considera in alcun modo l'istituzione di un'Agenzia sulla disinformazione che possa contrastare l'implementazione di tecniche di guerra ibrida, fake news e deep fake che sempre più spesso si propongono di interferire con le libertà democratiche al fine di utilizzarle contro lo stesso metodo democratico;
il PSB ignora completamente le problematiche legate alla bassa remunerazione del lavoro e al tema dell'occupazione giovanile, dimostrando un vero e proprio disinteresse verso le nuove generazioni e il perseguimento di un sistema salariale che garantisca ai nostri giovani le stesse opportunità che avrebbero negli altri Paesi europei, anche al fine di contrastare la cosiddetta «fuga dei cervelli» e mettere le nuove generazioni in condizioni di poter progettare il proprio futuro lavorativo e privato in serenità, contribuendo inoltre alla crescita industriale e professionale del nostro Paese, anche in un'ottica di sostegno alla natalità. Pertanto sono necessarie misure come il «reddito di formazione», finalizzato a sostenere economicamente gli studenti meritevoli chiedendo a quest'ultimi come condizione di restare a lavorare in Italia, incentivando così le nuove generazioni a restare nel nostro Paese e contribuire al progresso della società;
anche le misure volte a contrastare la tendenza negativa della natalità sono rimesse all'implementazione delle misure previste dal PNRR, non delineando in alcun modo, all'interno del PSB, una visione politica e di futuro che possa fornire strumenti (quali aiuti per l'acquisto o l'affitto della casa, congedi parentali paritari, aumenti salariali e responsabilità delle aziende) e aiutare le famiglie che hanno un progetto comune di genitorialità;
per sostenere le nuove generazioni e renderli indipendenti è fondamentale fornire sostegno e incentivi sull'acquisto delle abitazioni. Sul punto appare sconcertante che all'interno del PSB non si faccia alcun cenno all'evidente problema abitativo che affligge il nostro Paese, il quale ritarda l'indipendenza delle nuove generazioni, costrette ad «appoggiarsi» al sostegno familiare: alla luce delle mancanze all'interno del PSB, è importante che le cosiddette agevolazioni «prima casa under 36», introdotte dal decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, vengano confermate e rese strutturali, fornendo così agevolazioni e aiuti alle giovani ragazze e ragazzi che intendono acquistare la loro prima casa;
non vi è alcun piano economico e finanziario finalizzato alla costruzione e il rifacimento degli alloggi popolari in tutto il Paese, nonostante sia urgente e necessario che nei prossimi anni si predisponga un «Piano Casa» volto a migliorare ed a implementare il numero degli alloggi popolari tramite specifiche misure di edilizia residenziale pubblica, fondamentali per mettere in sicurezza le abitazioni attualmente in uso e risolvere il problema abitativo;
il PSB, inoltre, in materia di politiche giovani, non presenta alcuna visione politica ed economica per la crescita culturale e sociale delle nuove generazioni, relegando anche in tal caso alcuni spunti di riforma al PNRR: sarebbe di fondamentale importanza reintrodurre la cosiddetta «18App», introdotta nella legge di stabilità 2016 e presa a modello da diversi Stati dell'unione europea, che ha consentito a tutti i neomaggiorenni – senza distinzioni sulla base del calcolo ISEE e/o il voto di maturità, come invece previsto dalle ultime modifiche del Governo in materia – la possibilità di accedere alle attività culturali, al fine di includere la più ampia diffusione della cultura tra i giovani maggiorenni italiani;
appare del tutto carente la definizione di politiche di inclusione delle persone con disabilità, le quali vengono spogliate di qualsiasi visione strategica, senza considerare la necessità di calare le stesse all'interno del mutato contesto sociale, che richiederebbe la previsione e il rafforzamento di percorsi di inclusione scolastica e lavorativa specifici, servizi per la non autosufficienza, nonché di accesso a prestazioni sociali secondo modelli disegnati sulle specifiche esigenze delle persone interessate;
il tema delle politiche di genere viene integralmente rimesso all'attuazione delle misure approvate con il PNRR nei luglio 2021, senza considerare che il percorso ivi avviato rappresentava solo l'inizio di una progressiva implementazione di normative volte a garantire la parità di genere sul piano retributivo e occupazionale, nonché la conciliazione lavoro-famiglia in un'ottica di genitorialità paritaria, favorendo il reinserimento lavorativo per le neomamme e contrastando la fuoriuscita dal mondo del lavoro in caso di maternità, prevedendo misure volte a garantire l'assenza di qualsiasi pregiudizio di sorta che possa inficiare la carriera e le prospettive di vita della donna lavoratrice;
il PSB mostra in maniera incontrovertibile come l'intenzione del Governo sia quella di tagliare la spesa pubblica, confermare e rafforzare la riforma Fornero, aumentare le entrate con nuove e maggiori imposte, dismettere le partecipazioni pubbliche e rinunciare a qualsivoglia strategia di politica industriale e infrastrutturale che possa conferire competitività al nostro Paese, puntando a una crescita del tutto inerziale e derivante dal PNRR, lasciando del tutto sullo sfondo il tema della tutela del potere d'acquisto delle famiglie e dei ceto medio, del sostegno ai professionisti e alle piccole e medie imprese, della crisi della natalità, dei giovani, dell'inclusione delle persone con disabilità, dell'istruzione e della cultura, col chiaro intento di acuire le diseguaglianze e non offrire risposta alcuna ai numerosi allarmi sociali che, a partire dall'incremento della criminalità (ad ogni livello), vedono i cittadini sempre più isolati e senza il sostegno di politiche di prospettiva nell'affrontare del presente e del domani,
impegna il Governo:
1) a rendere strutturali la rimodulazione delle aliquote IRPEF, il taglio al cuneo fiscale e contributivo, senza rimandare, di anno in anno, l'eventuale conferma degli stessi;
2) a rendere noti i dettagli del programma di dismissioni della partecipazioni pubbliche al fine di consentire al Parlamento e agli elettori di valutare le singole operazioni in termini di costi-benefici e rendere noti quali siano le reali entrate derivanti dalle cessioni, in ogni caso definendo e condividendo col Parlamento una strategia che non pregiudichi l'operatività di imprese fondamentali per crescita e sviluppo del Paese;
3) a escludere sin da subito l'aumento della pressione fiscale, diretta e indiretta, in particolare escludendo che i meccanismi di tax compliance diventino condoni, i cui costi successivamente verrebbero scaricati sui contribuenti, nonché escludere una tassazione sui cosiddetti «extraprofitti», scongiurando nuovi e maggiori oneri fiscali – diretti e indiretti a carico di professionisti, artigiani e imprese;
4) a promuovere una riforma strutturale volta a semplificare l'eccessiva burocrazia che ormai da anni sta bloccando la crescita produttiva ed economica del nostro Paese, respingendo investimenti (italiani e stranieri) e ponendosi come ostacolo quotidiano per le piccole e medie imprese e i lavoratori;
5) a rivedere le stime sulla crescita al fine di renderle maggiormente coerenti con le previsioni dei principali organismi finanziari internazionali;
6) a garantire che l'età pensionabile non venga innalzata e che i meccanismi di prolungamento dell'età lavorativa non si traducono in maggiori oneri a carico della collettività e siano scelti a discrezione del lavoratore senza che l'opzione per il pensionamento lo pregiudichi;
7) a escludere ogni aumento delle accise sui carburanti e finanziare il percorso di riduzione delle stesse più volte annunciato dal Governo durante la campagna elettorale;
8) a garantire che i tagli alla spesa pubblica annunciati dal Governo non inficino i livelli essenziali delle prestazioni e diritti sociali e, in ogni caso, che gli eventuali definanziamenti siano posti all'attenzione del Parlamento in via preventiva, tramite la trasmissione, da parte del Governo, di un'apposita relazione che indichi le voci di spesa ridotte, il loro finanziamento negli anni precedenti e il loro impatto su cittadini e imprese;
9) a definire una strategia di sviluppo infrastrutturale coerente con le esigenze del sistema-Paese e col tessuto economico-produttivo, garantendo il coinvolgimento del Parlamento e dei privati nella definizione di un piano di interventi urgenti volti a garantire l'operatività del sistema ferroviario, stradale, navale, aereo e intermodale dell'Italia, nonché ad assicurare la piena realizzazione delle relative prospettive di sviluppo;
10) a promuovere un piano economico e finanziario che sia volto ad implementare il sistema dell'approvvigionamento energetico e delle infrastrutture connesse, al fine di rendere il nostro Paese autonomo e combattere la crisi energetica che negli ultimi due anni ha colpito in modo deciso il sistema produttivo e le famiglie;
11) a garantire alle Forze dell'ordine e ai vigili del fuoco risorse umane e finanziarie adeguate, anche alla luce delle tensioni internazionali e dei possibili risvolti sul piano della sicurezza interna:
12) a istituire l'Agenzia sulla disinformazione e la sicurezza cognitiva – alla stregua di vari Paesi europei che si sono già dotati di simili enti e agenzie – in considerazione delle costanti e recenti minacce di natura ibrida da parte di Stati stranieri che rischiano di minare la sicurezza nazionale e che impongono una riorganizzazione del Sistema di informazione della nostra Repubblica, a tutela dell'esercizio delle libertà democratiche e dello stesso funzionamento della democrazia;
13) ad assicurare risorse sufficienti a superare precariato insegnanti, garantire insegnanti di sostegno, rafforzare gli organici dei docenti e personale ATA, aumentare i salari degli insegnanti, ammodernare e mettere in sicurezza edifici scolastici;
14) a finanziarie il sistema sanitario nazionale al fine di abbattere le liste d'attesa, implementare il sistema di prevenzione e ammodernare la strumentistica e l'edilizia ospedaliera, nonché a rafforzare gli organici del personale medico-sanitario, infermieristico e assistenziale, adeguando i relativi trattamenti economici alla luce della domanda di lavoro maturata all'estero per tale personale;
15) ad attivarsi in seno alle istituzioni europee al fine di promuovere la riapertura della linea di credito prevista dal MES sanitario, al fine di avviare un percorso, serio e concreto, di rafforzamento e modernizzazione del sistema sanitario nazionale;
16) a difendere il potere di acquisto delle famiglie e del ceto medio, superando il ricorso sistematico all'ISEE e a condizioni peculiari per riservare le poche misure di sostegno al reddito a un numero ridottissimo di famiglie;
17) a ripensare la strategia di contrasto alle calamità naturali, non aggiungendo – direttamente e indirettamente – alcun tipo di onere finanziario attraverso l'imposizione di obblighi assicurativi, bensì ricostituendo la struttura di missione «Italia Sicura», quale strumento indispensabile per prevenire e contrastare, con un approccio coordinato e concreto, il tema del dissesto idrogeologico e della siccità;
18) ad adottare misure volte a sostenere l'occupazione giovanile, favorire l'incremento della remuneratività di quest'ultimo e promuovere l'emancipazione attraverso politiche di supporto che consentano ai giovani di progettare il proprio futuro con serenità e prospettiva, anche in un'ottica di sostegno alla natalità
19) ad introdurre, in materia di politiche di lavoro giovanile, il cosiddetto «reddito di formazione» finalizzato a sostenere economicamente gli studenti meritevoli chiedendo a quest'ultimi come condizione di restare a lavorare in Italia, e le agevolazioni per rientro in Italia dei giovani lavoratori impatriati (cosiddetto rientro dei cervelli) introdotte a partire dall'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 147, successivamente dimezzate e rimodulate in minus dall'attuale governo con l'approvazione dei decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023;
20) a ripristinare e rendere strutturali le cosiddette agevolazioni «prima casa under 36»; introdotte dal decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, fornendo così agevolazioni e aiuti alle giovani ragazze e ragazzi che intendono acquistare la loro prima casa e rendersi indipendenti attraverso la detassazione degli acquisti;
21) a predisporre un «Piano Casa» volto a migliorare ed a implementare il numero degli alloggi popolari tramite specifiche misure di edilizia residenziale pubblica, fondamentali per mettere in sicurezza le abitazioni attualmente in uso e risolvere il problema abitativo che affligge il nostro Paese;
22) a reintrodurre la cosiddetta «18App» o «Bonus Cultura», che prevedeva un voucher di 500 euro per l'acquisto di «prodotti culturali» destinato alle giovani e ai giovani al raggiungimento del diciottesimo anno di età, erogato a tutti neomaggiorenni senza alcuna esclusione in base al calcolo ISEE e o il voto di maturità, come invece previsto dalle ultime modifiche del Governo in materia;
23) a finanziare politiche di inclusione delle persone con disabilità volte a rafforzare i percorsi di inclusione scolastica e lavorativa specifici, nonché di accesso a prestazioni sociali secondo modelli disegnati sulle specifiche esigenze delle persone interessate;
24) a prevedere e definire politiche di genere che possano garantire la parità di genere sul piano salariale e di accesso al lavoro, nonché la conciliazione lavoro-famiglia in un'ottica di genitorialità paritaria, favorendo il reinserimento lavorativo per le neomamme e contrastando la fuoriuscita dal mondo del lavoro in caso di maternità, prevedendo misure volte a garantire l'assenza di qualsiasi pregiudizio di sorta che possa inficiare la carriera e le prospettive di vita della donna lavoratrice.
(6-00129) «Faraone, Del Barba, Gadda, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».
La Camera,
premesso che:
la recente riforma delle regole economiche europee ha condotto a una profonda revisione del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) e dei requisiti dei bilanci degli Stati Membri dell'Unione europea. Nel detto contesto è stato introdotto il Piano Strutturale di Bilancio di medio termine (PSB) che definisce la programmazione economica e di bilancio su un orizzonte pluriennale. Il corrente anno è quindi il primo nel quale il documento di Economia e Finanza (DEF) presentato ogni anno ad aprile e caratterizzato da un orizzonte triennale (anche se, di fatto, annuale e con un aggiornamento a settembre tramite la Nota di Aggiornamento, NADEF) viene sostituito da un Piano Strutturale di Bilancio definito su un orizzonte pluriennale che nei fatti, è vincolante e irreversibile. Il PSB infatti, può essere modificato soltanto per un cambio di governo o nel caso di circostanze che rendano impossibile la sua attuazione: qualsiasi modifica, comunque, dovrà essere rinegoziata con la Commissione europea e approvata dal Consiglio;
l'aggiustamento di bilancio necessario per uscire dalla procedura di infrazione per disavanzo eccessivo (PDE) è impostato su un orizzonte di 4 anni con la possibilità di estenderlo fino a 7 anni. In quest'ultimo caso, per potersi avvalere dell'estensione temporale per riportare il deficit sotto al 3 per cento del PIL, è necessario presentare un pacchetto di riforme e di investimenti che si protraggono oltre il quinquennio del PSB (2025-2029) e arrivano, quindi, fino al 2031. Il Governo italiano ha presentato un pacchetto di riforme e dopo il 2026, anno in cui il Governo prevede l'uscita dalla PDE, sarà richiesta una riduzione media del debito pubblico di almeno un punto percentuale del PIL all'anno;
questo obbliga il nostro Paese a sette lunghi anni di consolidamento fiscale, durante i quali la sorveglianza europea sul bilancio si baserà su un unico e nuovo indicatore: la spesa netta. Nell'arco dei 7 anni di aggiustamento di bilancio, questo nuovo aggregato (definito come la spesa pubblica al netto degli interessi, degli elementi ciclici legati all'andamento della disoccupazione, delle spese finanziate da fondi europei e della quota di cofinanziamento nazionale, delle misure di bilancio temporanee o una tantum e le variazioni discrezionali dal lato delle entrate) potrà crescere in media soltanto dell'1,5 per cento all'anno. Questo obiettivo, che si può raggiungere tramite misure di contenimento delle uscite e/o con un aumento delle entrate, il Governo intende perseguirlo con una riduzione media del saldo primario strutturale dello 0,53 per cento annuo che si traduce in una diminuzione della spesa di 13 miliardi all'anno. Si tratta di un brutale ritorno delle politiche di austerità; di una ricetta già implementata in passato e che si è rivelata disastrosa perché comprime i salari, riduce l'occupazione, diminuisce il PIL e quindi, spinge in alto il rapporto debito pubblico/PIL, ottenendo così un risultato diametralmente opposto a quello atteso;
inoltre, il PSB, il cui impegno va ben oltre la durata dell'attuale legislatura è stato deciso dal Governo in maniera del tutto autoreferenziale, senza alcun coinvolgimento del Paese né un vero confronto con le Parti Sociali. I criteri di Maastricht, con i rapporti deficit/PIL e debito/PIL sono rimasti inalterati;
si è stabilito che il tasso di crescita annuo della spesa netta dipenda dal PIL potenziale – una variabile non osservabile, che va stimata e il cui metodo di stima è ritenuto poco robusto dalla letteratura economica;
dal testo del PSB emerge chiaramente che il Governo italiano abbia deciso per un netto taglio della spesa pubblica (sanità, scuola, welfare, contratti collettivi, pensioni, investimenti) anziché aumentare le entrate, andando a reperire le risorse necessarie attraverso la leva fiscale redistributiva, cioè facendo una vera lotta all'evasione, tassando i profitti e gli extraprofitti, istituendo una wealth tax sulle grandi ricchezze, all'interno di un quadro di maggiore progressività ed equità fiscale;
secondo la disciplina economica dell'Unione europea (UE) entrata in vigore di recente l'Italia è costretta ad imboccare un percorso di aggiustamento della finanza pubblica avendo chiuso l'anno 2023 con un deficit del 7,4 per cento del PIL – il più alto d'Europa – e un debito pubblico di oltre il 137 per cento del PIL, dati che l'hanno fatta scivolare nella Procedura di Disavanzo eccessivo e che impegnano il Governo a delineare necessariamente la linea strategica, gli obiettivi e le riforme strutturali da attuare contestualmente al fine di aumentare la crescita economica e ridurre la grave esposizione debitoria del Paese;
nel contesto del nuovo Patto di Stabilità i Paesi indebitati, come l'Italia, sono invitati a inviare alla Commissione europea (CE) i propri piani di spesa quadriennali, estendibili fino a sette anni in presenza di investimenti e riforme strutturali e che dovranno muoversi nel rispetto di un meccanismo di sorveglianza fondato su di una nuova regola di spesa al netto di interessi e stabilizzatori automatici – e dall'analisi di sostenibilità del debito (DSA) su cui si basa il nuovo sistema di regole fiscali;
il «Piano strutturale di bilancio di medio termine Italia 2025-2029» che il Governo si appresta ad inviare alla Commissione europea dopo il vaglio parlamentare richiede una profonda riflessione critica su vari fronti, soprattutto per quanto riguarda il sostegno al lavoro, l'equità sociale e la distribuzione delle risorse, la transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico;
sul fronte della riduzione del deficit e del debito pubblico, il Piano, per far fronte ai vincoli imposti dall'Unione europea, prevede una riduzione graduale dell'elevato stock di debito pubblico e del relativo onere per interessi unito ad un limitato incremento della spesa pubblica netta (che il Governo si è impegnato a non far crescere più dell'1,3 per cento nel 2025 e dell'1,6 per cento nel 2026) un approccio che potrebbe inibire la crescita economica e ridurre le risorse disponibili per le politiche sociali, a tutto scapito di settori chiave come sanità e istruzione, approfondendo le disuguaglianze e lasciando indietro le fasce più deboli della popolazione. Un approccio troppo austero e dall'impatto sociale negativo;
sul fronte fiscale il Piano prevede la riduzione strutturale del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti fino a 35.000 euro di reddito annuo, accorpando definitivamente le aliquote IRPEF in tre scaglioni, due misure apprezzabili ma insufficienti per ridurre in modo significativo le disuguaglianze economiche presenti nel Paese, che troverebbero una soluzione con una riforma fiscale più progressiva, in cui i grandi patrimoni e le imprese che generano profitti elevati siano chiamati a contribuire maggiormente al bilancio dello Stato, permettendo così di finanziare politiche redistributive e interventi a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione;
sul versante della lotta all'evasione fiscale, sebbene il Piano preveda un rafforzamento delle misure di contrasto, queste potrebbero risultare insufficienti senza un controllo più stringente delle grandi imprese e dei capitali finanziari in grado di garantire il recupero di risorse sottratte all'erario da destinare a politiche redistributive e di sostegno alla povertà;
sul versante del lavoro il Piano parte da una un'analisi dettagliata delle attuali condizioni del mercato del lavoro, affiancando a taluni dati, quali l'aumento del tasso di occupazione e del tasso di attività, la diminuzione del tasso di disoccupazione, la crescita dell'occupazione femminile, ad alcuni altri elementi di criticità quali il disallineamento fra la domanda e l'offerta, il perdurare dei gap giovanile e di genere rispetto alla media europea, l'incidenza percentuale dei contratti a tempo determinato di gran lunga superiore alla media europea, gli squilibri territoriali. Alla suddetta disamina fattuale il Piano fa seguire la previsione – non condivisibile – di scelte dichiarate come risolutive ed esaustive delle criticità che in realtà nel corso degli ultimi anni hanno contribuito a incrementare il bacino della precarietà e di rapporti di lavoro poveri, penalizzando ancora di più le prospettive delle donne e dei giovani e non risolvendo le disuguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud del Paese. Non ci sono stati neanche interventi specifici per rendere realmente accessibile il mondo del lavoro alle persone con disabilità e gli impegni del PNRR per contrastare un problema strutturale come quello del lavoro sommerso e dello sfruttamento lavorativo sono ancora largamente disattesi;
la risoluzione di queste problematiche non può prescindere da una reale inversione di tendenza, e dovrebbe rappresentare una priorità per il futuro del Paese e la direttrice da seguire per tradurre positivamente gli obiettivi che il Governo dichiara di voler perseguire;
prima di tutto è ormai indifferibile dare concreta attuazione all'articolo 36 della Costituzione laddove riconosce il diritto di vedersi corrisposta una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, attraverso l'introduzione di un salario minimo che garantisca condizioni di vita dignitose a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici: mentre nell'Unione europea 22 Paesi su 27 hanno stabilito un salario minimo mensile, in Italia il tema continua a non essere considerato prioritario dal Governo;
parallelamente, in luogo di interventi normativi che aumentano la precarietà, occorrerebbe contrastare realmente il lavoro povero e potenziare le misure dirette ad ampliare la partecipazione al mercato del lavoro e l'assunzione delle categorie sottorappresentate;
il Piano per contro conferma l'idea di politiche migratorie e un sistema di istruzione e formazione esclusivamente funzionali al mercato del lavoro e alla fornitura di manodopera formata in base alle necessità delle imprese, per le quali si immagina un ruolo di protagonismo nella progettazione ed erogazione della formazione stessa. Rispetto all'occupazione giovanile permangono rilevanti criticità legate alla durata troppo lunga della transizione dalla scuola al lavoro, all'uso improprio dei tirocini formativi e di orientamento extracurriculari, all'assenza di consolidati percorsi duali di formazione e lavoro, al basso utilizzo dell'apprendistato, alla elevata discontinuità lavorativa e alle forme di lavoro subordinato mascherate come autonomo;
le recenti tragedie sul lavoro ci insegnano che la sua «qualità» non si limita ad una questione di competenze o di condizioni fisiche, ma include anche il tema fondamentale della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, l'equilibrio tra vita lavorativa e personale, la percezione di equità e rispetto, e le opportunità di crescita e sviluppo professionale;
non vengono menzionati i temi della necessaria qualificazione anche della domanda di lavoro, polarizzata nella ricerca da una parte di alte professionalità, richieste e ben remunerate, e dall'altra di professioni meno qualificate, caratterizzate da bassi salari, scarsi diritti e tutele, precarietà e discontinuità lavorativa;
inoltre il Piano prevede sì l'introduzione di politiche attive per i lavoratori autonomi al fine di ridurre le disparità tra lavoratori dipendenti e autonomi, ma non vi è alcun abbozzo di progettazione delle politiche attive in funzione dei bisogni e delle caratteristiche di lavoratori e lavoratrici autonomi/e. Si ribadisce l'intento tanto caro a questo Governo di incentivare la natalità e supportare l'integrazione nel mercato del lavoro e la protezione sociale di un numero crescente di giovani e donne e persino «rendere più attrattiva la scelta genitoriale», «sostenere le pari opportunità nel mondo del lavoro e a migliorare l'equilibrio vita-lavoro» ma concretamente la declinazione dell'equilibrio vita-lavoro continua a basarsi su una inaccettabile cristallizzazione di antistorici ruoli femminili e maschili, oltre che di un unico modello di famiglia, sulla sottovalutazione della essenzialità di infrastrutture sociali e materiali di supporto (nidi, asili, trasporti, servizi) e sulla reiterata ripetizione di incentivazione alle assunzioni pressoché come unico strumento di intervento;
in ultimo, quanto alla lotta all'illegalità in ambito lavorativo, il Piano approccia al tema con grande superficialità, senza tener conto della pervasività del fenomeno in piena continuità con l'incoerenza tra le dichiarazioni del Governo e le scelte perseguite il Piano non contiene nulla in materia di estensione dei contratti a tempo indeterminato e aumentate tutele per i lavoratori precari;
per quanto riguarda poi l'occupazione femminile, il Piano include un insieme di misure tra cui la previsione fino al 2026 della riduzione del 100 per cento dei contributi a carico delle donne lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato, madri di 3 o più figli, iniziativa che in passato non ha avuto l'effetto di garantire un lavoro stabile. L'aumento della sola crescita economica non coniugata ad un robusto piano per la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti, potrebbe non tradursi in un miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori;
per quanto concerne la previdenza sociale, il Piano prevede un aumento della spesa per pensioni dal 15 per cento al 15,4 per cento del PIL tra il 2023 e il 2027. Questo dato induce a ritenere che il Governo sia tentato di introdurre nuovi tagli alla spesa, trattando le pensioni come una semplice voce di bilancio da ridurre. Nel dettaglio, sembrerebbe introdurre modifiche alla normativa vigente introducendo requisiti più stringenti per l'accesso alla pensione, prolungando di fatto l'accesso al pensionamento, prevedendo incentivi per prolungare la vita lavorativa come misura per garantire la sostenibilità del sistema. Il tema della permanenza nel mercato del lavoro è affrontato in modo superficiale e funzionale alla mera sostenibilità del sistema previdenziale, trascurando per esempio ogni aspetto legato a diversi bisogni in merito a salute e sicurezza, oltre che valutazione dei rischi, al diverso effetto sulla vita delle persone dei diversi lavori svolti nel corso della vita, alle dinamiche del confronto generazionale nei luoghi di lavoro, al passaggio bidirezionale di competenze, all'effetto della precarietà e discontinuità esistente nell'accesso e negli importi delle future pensioni. Peraltro, il Piano non contiene alcun riferimento a possibili soluzioni circa il grave problema del differimento del pagamento del Trattamento di Fine Servizio (TFS) e del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) che ha causato e continua a causare ai dipendenti pubblici pesanti perdite economiche, che possono arrivare a cifre che vanno dai 17 mila ai 41 mila euro. Il Governo, anche in questa sede, prosegue con l'ignorare i danni connessi alla pratica del differimento dei pagamenti e conferma quindi la volontà di fare cassa sulla previdenza e sulle pensioni, proseguendo il percorso avviato dal Governo nelle precedenti leggi di bilancio, senza alcuna risposta strutturale per ridare equità al sistema previdenziale, anche attraverso la costruzione di una pensione contributiva di garanzia per i giovani e le donne;
con riguardo agli investimenti pubblici il Piano ribadisce la centralità del PNRR anche se, secondo un'impostazione troppo conservativa, limita gli investimenti pubblici a ciò che è strettamente necessario per rispettare i vincoli di bilancio. In una fase caratterizzata da cambiamenti climatici e crescente frequenza di eventi estremi, e dallo sviluppo e dalla diffusione di innovazioni tecnologiche suscettibili di produrre inevitabilmente cambiamenti profondi nel mercato del lavoro, che comportano la necessità di accelerare la transizione ecologica e digitale, sarebbe fondamentale, in linea con una visione di giustizia sociale e ambientale, aumentare gli investimenti pubblici per affrontare le nuove sfide tecnologiche ed ambientali e sostenere la riconversione industriale, attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro verdi e lo sviluppo di infrastrutture sociali, ma, soprattutto, anche attraverso un allentamento dei vincoli di bilancio per permettere alla spesa pubblica di essere più espansiva e orientata al futuro;
secondo la Corte dei conti, per la quale nel Piano viene delineato un percorso impegnativo che comporterà nella imminente manovra economica scelte difficili riguardo allocazione delle risorse, il programma delineato dal Governo non è esente da rischi poiché in esso non rilevano le necessità crescenti derivanti da problemi strutturali, da andamenti dei costi, da una fase di moderazione dei ritmi produttivi diffusa, dal crescere di aree di sofferenza sociale, dall'emergere di nuove sfide economiche e produttive a cui si aggiungono esigenze poste da nuove criticità legate al contesto nazionale ed internazionale. La Corte inoltre critica l'approccio metodologico non comprendendo il motivo per il quale nel Piano, contrariamente a quanto tradizionalmente riscontrabile nei documenti di programmazione del passato, si rinuncia ad illustrare nella loro completezza gli andamenti della finanza pubblica tendenziali: in tal modo non si dà evidenza dell'andamento di breve e di lungo termine del rapporto debito/PIL in assenza di interventi correttivi né delle voci di dettaglio delle sue determinanti;
a preoccupare l'Istat è, invece, l'attuale fase di stato stazionario («steady state») con tassi di crescita abbastanza contenuti che stentano a dimostrare la situazione di un'economia che si sviluppa in forma consistente essendosi spente alcune cause che hanno generato, dopo la crisi da COVID-19, la spinta propulsiva: si dovrà pertanto attendere che ci siano altre forze che possano incrementare la crescita. Inoltre, obietta Banca d'Italia, per finanziare parte della nuova manovra il Governo intende sfruttare il margine determinato dalle maggiori entrate attese per il 2024 con l'assunzione implicita che esse siano interamente permanenti, una circostanza tutt'altro che garantita;
anche per l'UpB la realizzazione del Piano prevedendo un aggiustamento di bilancio impegnativo e prolungato nel tempo, «è soggetta ad elementi di incertezza e rischi di natura generale e sistemica derivanti dalla transizione demografica, dall'impatto dei cambiamenti climatici e della transizione energetica, nonché dall'incertezza geopolitica» che possono minare l'arduo obiettivo del Governo di riportare nel 2026 l'indebitamento netto al di sotto del 3 per cento del PIL;
i dati dell'ultimo decennio dimostrano inequivocabilmente che il comparto degli enti locali ha intrapreso da tempo la traiettoria di contenimento della spesa, richiesta dalla nuova governance europea già praticando, di fatto, ciò che viene richiesto all'Italia dall'Unione europea, spesa che sul totale della spesa pubblica è passata dall'8,2 per cento del 2011 al 6,5 per cento attuale e l'indebitamento dal 3 per cento all'1,5 per cento;
l'Anci, dal canto suo, paventa che un'ulteriore ipotesi di richiesta di contribuito ai comuni per il risanamento della finanza pubblica diventerebbe estremamente gravosa soprattutto per enti già in difficoltà, taglio già previsto fino al 2028 dalla manovra dell'ultimo anno, che ha comportato un restringimento del perimetro sulla spesa e un conseguente impoverimento della parte corrente dei bilanci dei comuni di circa 1 miliardo di euro complessivi che diventerebbe insostenibile per tantissimi enti. In definitiva, per l'Associazione, qualsiasi manovra di contenimento della spesa e delle risorse disponibili mette a rischio l'erogazione di servizi essenziali e può semmai essere concepita solo a livello di comparto e su un orizzonte pluriennale;
per l'UPI è da escludere qualunque ulteriore taglio alta spesa corrente delle Province, neppure surrettizio, come delineato nel Piano nel quale si prevedono contributi al Bilancio da parte di singoli enti con trattenuta diretta sui trasferimenti erariali piuttosto che l'obbligo, per gli enti in avanzo di bilancio, di accantonare un fondo di parte corrente da destinare negli esercizi successivi al finanziamento degli investimenti e all'estinzione anticipata del debito. Parimenti irricevibile è l'obbligo di incremento dell'importo del disavanzo da ripianare nell'esercizio per gli enti in disavanzo;
con riferimento alle misure per il welfare nel Piano si osserva una riduzione dell'incidenza sul PIL sia per la spesa sanitaria che per la spesa per prestazioni sociali, che già nel DEF 2024 era a livelli assolutamente insufficienti. La variazione per spesa sanitaria e sociale, nel prossimo triennio, si prevede sempre inferiore all'andamento del PIL nominale, delineando uno scenario molto preoccupante per la garanzia dei diritti;
il Piano prevede il mantenimento della spesa per la sanità pubblica senza contestualmente indicare significativi aumenti per affrontare le crescenti esigenze della popolazione, soprattutto in un Paese in cui l'invecchiamento demografico rappresenta una sfida cruciale, fatto salvo il dichiarato impegno del Governo a salvaguardare il livello della spesa sanitaria assicurandone una crescita superiore a quella dell'aggregato di spesa netta. Il Piano riporta che il potenziamento del Servizio sanitario nazionale e della rete di protezione e inclusione sociale è stato, negli ultimi anni, al centro dell'azione del Governo, inoltre afferma di voler perseguire il potenziamento di alcune delle misure per il sistema sanitario nazionale che si sono rivelate più impattanti, tra cui l'efficientamento delle reti di medicina generale, delle reti di prossimità, delle strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale (Case della Comunità, le Centrali Operative e degli Ospedali della Comunità), nonché della digitalizzazione dei Dipartimenti di emergenza e accettazione di I e II livello oltre che all'ammodernamento delle grandi apparecchiature sanitarie e di volersi nell'estensione degli investimenti sulla ricerca e per la formazione e lo sviluppo delle competenze tecniche, professionali digitali e manageriali del personale del sistema sanitario;
si tratta di mere enunciazioni. Non viene esplicitato nessun finanziamento pubblico aggiuntivo per attuare la riforma dell'assistenza territoriale e quella della non autosufficienza e la mancanza di dettagli operativi rispetto all'ipotesi di mettere in atto piani di assunzione di personale sanitario rischia di lasciare l'assunto nell'alveo dei buoni propositi;
a fronte dei suddetti condivisibili intenti, le misure previste dal Piano a sostegno della natalità e delle famiglie sono limitate e non sembrano sufficienti a contrastare efficacemente la crisi demografica. Diversamente, occorrerebbe un incremento sostanziale della spesa sanitaria, con investimenti nelle infrastrutture ospedaliere e nel personale medico, unito a politiche più ambiziose in grado di garantire un welfare universale e inclusivo;
benché si evidenzi rispetto al 2019 un deciso aumento di spesa sanitaria in termini nominali (in parte determinato dagli effetti dei rinnovi dei CCNL del personale sanitario e ovviamente condizionato dagli andamenti dell'inflazione), nel periodo 2023-2027 la spesa annuale, in rapporto al PIL, registra livelli inferiore a quelli del 2019, attestandosi, a partire dal 2026, sui valori del 2004. Ciò rappresenta un elemento di grave criticità, poiché già prima della pandemia la spesa sanitaria italiana si attestava ben al di sotto della media europea, scontando differenziali assolutamente rilevanti rispetto ai principali paesi europei, in primis la Germania;
inoltre la contrazione della spesa sanitaria determinata dalle politiche di austerità, ha provocato nel tempo una drastica riduzione delle capacità ricettive del nostro sistema sanitario che ha contribuito a determinare effetti devastanti durante la pandemia (fra il 2010 e il 2019 i posti letto disponibili nel nostro Paese sono diminuiti di 27.000 unità, attestandosi sui 316,3, ogni 100.000 abitanti, rispetto a una media UE di 531,9);
nel Piano è riportato che le politiche invariate comprendono anche le risorse necessarie al rinnovo dei contratti pubblici ed al finanziamento di misure per favorire la natalità e al rifinanziamento delle missioni di pace, ma non si comprende come la spesa per i primi possa essere garantita e compatibile con il preoccupante allargamento dei conflitti internazionali e con il recente impegno del Governo, anche in sede internazionale, di voler onorare il raggiungimento dell'obiettivo del 2 per cento del PIL in spesa militare;
la programmazione della spesa pubblica e del bilancio viene integrata con un piano di riforme e di investimenti pubblici che prevede l'adozione di ben 33 collegati alla manovra di bilancio per il 2025 i cui ambiti spazieranno dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie alla disciplina pensionistica, dal lavoro alla carriera dirigenziale nella PA, dal Codice sulla disabilità alla ripresa di energia nucleare e al mercato del gas, ma anche dagli interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà a quelle delle politiche abitative, dalle misure di riorganizzazione e potenziamento dell'assistenza territoriali del Ssn e dell'assistenza ospedaliera alla delega in materia di riordino delle professioni sanitarie: tutti provvedimenti per i quali, essendo prevista nell'iter parlamentare una corsia preferenziale che ne affievolisce, ad avviso dei firmatari del presente atto, anche il regime di controllo politico, andranno attentamente valutate efficacia e portata;
sebbene nelle premesse strategiche del Piano, il clima viene correttamente individuato come uno dei principali fattori di fondo destinati ad avere un impatto maggiore sulle decisioni di politica economica, riconoscendo la necessità di una strategia organica per poter sfruttare al massimo le opportunità offerte dalla transizione climatica, il Piano dimostra di non volersi misurare con il tema dell'implementazione, ma soprattutto del finanziamento, del Green Deal come opportunità di trasformazione e crescita per l'economia italiana;
il raggiungimento degli obiettivi climatici richiede all'Italia, come al resto dell'Unione europea, notevoli sforzi in termini di programmazione e investimento. Da quanto emerge dalle stime del Governo, la realizzazione degli obiettivi fissati nel PNIEC 2024 richiederà oltre 174 miliardi di investimenti aggiuntivi cumulati, tra il 2024 e il 2030, con un incremento del 27 per cento rispetto a quanto previsto nello scenario a legislazione vigente, risorse che secondo il Governo dovranno essere perlopiù assicurati dal settore privato, data l'impossibilità del settore pubblico di far fronte a un fabbisogno così elevato;
la transizione ecologica non può in nessun modo prescindere da un contributo significativo di investimenti ed incentivi pubblici, anche per indirizzare correttamente gli investimenti dei privati. Uno sforzo di finanza pubblica dell'ordine annuo del 4-5 per cento del PIL, centrato soprattutto sulla transizione energetica ed ecologica appare indispensabile se si vogliono raggiungere gli obiettivi climatici dell'Unione europea e per difendere il posizionamento dell'economia europea e italiana nel contesto competitivo mondiale;
nel declinare le azioni di riforma e gli investimenti, con riguardo agli obiettivi di transizione ecologica, energetica e di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, nel Piano emerge l'assenza di una chiara definizione dei criteri di valutazione della spesa pubblica nell'ottica degli obiettivi dichiarati di decarbonizzazione da cui deriva un errore di impostazione con una eccessiva stratificazione, frammentazione e di conseguenza contraddittorietà e inefficacia delle scelte, in alcuni casi rivolte a tecnologie in contrasto con la transizione e con gli obiettivi climatici. Indicativa, da questo punto di vista, la scarsa attenzione che il Piano riserva alle fonti di energia rinnovabile, sintetizzata in poche righe, a margine della descrizione del Piano Mattei che costituisce il cuore dell'impegno finanziario italiano nel settore energetico. Eppure le filiere industriali del fotovoltaico e dell'eolico hanno generato nel 2023 un volume d'affari di 10 miliardi, la maggioranza del quale a favore delle imprese italiane, con una proiezione del PIL in condizioni politiche favorevoli e non contrarie, fino al 2 per cento da qui al 2030. Il Piano in materia di energia invece cita 5 interventi prioritari, tra cui la cattura e lo stoccaggio della CO2 e il nuovo nucleare, cui si riconosce un ruolo centrale nella promozione della competitività del sistema industriale italiano, mentre continua ad affidarsi ancora a lungo al gas naturale per guidare la transizione, con il conseguente ulteriore aumento del costo dell'elettricità per cittadini ed imprese;
il Piano anticipa l'intenzione di promuovere l'efficienza energetica negli edifici residenziali attraverso l'introduzione di un meccanismo di certificati bianchi, che sembra più dettata dalla volontà di escludere dal bilancio dello Stato i costi dei programmi di incentivazione dell'efficienza energetica, dopo l'esperienza del Superbonus, che dall'intenzione di costruire un meccanismo efficiente di supporto della decarbonizzazione nelle abitazioni come strumento di implementazione della Direttiva EPBD, strumento che appare di difficile attuazione su singoli consumatori e si presuppone possa essere attuato a livello di utility per cui appare di dubbia efficacia ai fini del raggiungimento degli obiettivi della direttiva EPBD;
in un'ottica di programmazione, la costruzione dei meccanismi di attuazione di una direttiva così importante come l'EBPD, non può limitarsi a espellere dai conti pubblici gli oneri dei costi di ristrutturazione edilizia, ma deve, al contrario, attuare un riordino del sistema degli incentivi fiscali per avviare un grande piano di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, ancora responsabile del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas ad effetto serra;
riguardo al settore primario in un'ottica, invece, di interventi che non siano funzionali ad una sporadica parvenza di crescita ma che si dispieghino dal versante della duratura competitività delle imprese, in un orizzonte anche pluriennale, sarebbero valutate di grande utilità tutte le misure finalizzate alla tutela delle produzioni agroalimentari dalle calamità naturali e dalle malattie infettive, al sostegno della domanda interna di prodotti agroalimentari e all'efficientamento energetico aziendale ed al riassetto di taluni aspetti della disciplina della produzione e cessione delle «agroenergie»;
con riferimento alle politiche abitative il Piano si limita a dichiarare con parole generiche e che non recano alcun impegno concreto per i prossimi quattro anni, che il Governo, al fine di ridurre la povertà abitativa, si impegna a realizzare politiche di supporto ai soggetti vulnerabili con interventi come il social housing e misure per la realizzazione di alloggi per lavoratori e gli studenti fuori-sede nell'ambito del Piano Casa Italia, che potrebbe fare leva su strumenti di garanzia di carattere finanziario. Ulteriori interventi riguarderanno le opere di urbanizzazione nei comuni medio-piccoli, la valorizzazione degli immobili demaniali per adibirli a finalità abitative e l'erogazione di incentivi orientati al reperimento dell'alloggio, in caso di nuovi assunti. Alla riduzione del numero di persone esposte al rischio di povertà, concorrono, altresì, le misure per la riduzione della povertà energetica, incluse nel PNIEC;
per quel che è dato conoscere il Piano Casa-Italia prevede interventi pubblico-privato di social housing che non hanno nulla a che vedere con le centinaia di migliaia di famiglie nelle graduatorie, con le circa 40 mila che subiscono una sentenza di sfratto ogni anno e né con il milione che, seppur in affitto, percepisce il reddito da povertà assoluta;
il Piano non prevede, per i prossimi quattro anni, alcun investimento per politiche abitative pubbliche, eccetto 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2027 e 2028, così come non menziona alcun impegno nel rifinanziare i fondi contributo affitto e morosità incolpevole;
in Italia la mole di famiglie in precarietà abitativa e i milioni di lavoratori poveri richiederebbero una politica abitativa e strutturale di ben altra portata basata sul consumo di suolo zero, riutilizzando il vasto patrimonio pubblico e privato lasciato in degrado, costituito da circa 90.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica lasciati chiusi e non assegnati per mancanza di manutenzione;
anche il famoso tavolo per il piano casa presso il Ministero delle infrastrutture, che ha escluso tutti i sindacati inquilini ha prodotto finora solo la legalizzazione ad uso abitativo di mini appartamenti, dei veri loculi, che il Governo ha proposto come intervento per affrontare la cosiddetta emergenza abitativa;
il Piano assume la riforma della PA come priorità strategica di investimento per richiedere l'estensione del periodo di riferimento del percorso di rientro dal debito. Inoltre cita il nuovo ordinamento professionale come leva per attrarre nuove competenze, sebbene il Governo in carica non abbia stanziato risorse per finanziarlo, previsto la proroga dei termini per le procedure di riclassificazione del personale e né il superamento dei tetti del salario accessorio di cui all'articolo 23 comma 2 del decreto legislativo 75/2017, attraverso cui si potrebbe realmente dare gambe alla valorizzazione professionale del personale grazie all'attivazione del sistema degli incarichi di tipo professionale o gestionale/organizzativo;
di contro, il Governo continua a fare riferimento al merito come unica leva attraverso cui distribuire il poco che resta dei fondi per la contrattazione decentrata che peraltro, si vorrebbe pure attribuire con pagelline compilate dai dirigenti. Il Governo prevede poi l'inserimento dei giovani nell'amministrazione attraverso i nuovi strumenti a disposizione delle amministrazioni quali il contratto di apprendistato e il contratto di formazione-lavoro: modalità assolutamente inadatte che non tengono conto invece della vera emergenza, le retribuzioni troppo basse e gli incrementi previsti unilateralmente dal Governo insufficienti a compensare la perdita di potere d'acquisto del 16,5 per cento dell'ultimo triennio 2022-2024;
riguardo al tema della dirigenza, nel ribadire la necessità di estendere il ruolo unico anche all'area delle funzioni centrali, la prevista riforma dell'accesso ai ruoli dirigenziali non può non tenere conto della necessità di valorizzare adeguatamente l'esperienza del personale non dirigente che, spesso in sostituzione dell'attività propria dirigenziale, rischia di non poter accedere più alla riserva prevista del 30 per cento dei posti che devono essere messi a concorso per via dell'introduzione ex lege della nuova quarta area delle elevate professionalità, sostanzialmente ancora vuota, non finanziata e non utilizzata dalle amministrazioni;
le misure del Piano, indubbiamente fortemente condizionato dalle nuove regole di governance che impongono un cambio di paradigma nella politica economica europea e nazionale, infliggendo al nostro Paese un lungo ciclo di austerità quantificabile in circa 13 miliardi di euro di tagli per ciascuno dei prossimi sette anni, appaiono pertanto poco audaci nell'affrontare le disuguaglianze sociali e troppo orientate al rispetto dei vincoli di bilancio e dei desiderata imposti dall'Unione europea, a discapito di politiche espansive e redistributive necessarie per affrontare le sfide del futuro;
nonostante le nuove regole europee segnano un miglioramento rispetto al vecchio PSC in termini di gradualità dell'aggiustamento di bilancio, di anticiclicità, di orizzonte di programmazione e di integrazione tra le varie componenti della politica economica, con il Piano il Governo, messo di fronte al bivio, se tagliare la spesa o andare a prendere le risorse dove si generano, azionando la leva redistribuiva del fisco su profitti, extra-profitti, grandi ricchezze, rendite, lotta all'evasione e una vera progressività ed equità fiscale, ha scelto la prima strada: quella di un'austerità selettiva scaricata su lavoratori e pensionati che dopo aver subito un brutale impoverimento a causa dell'inflazione, continueranno ad essere colpiti da tagli a un welfare sempre meno pubblico, continuando, invece, a escogitare ogni strumento possibile per consentire ad altri di eludere la tassazione;
la crescita programmata dal Governo, la più elevata tra quelle dei principali previsori internazionali, è principalmente affidata al completamento nel biennio 2025-2026 dell'attuazione del PNRR obbiettivo difficilmente raggiungibile stando agli ultimi dati Regis rilevati il 1o ottobre 2024, secondo i quali finora sono stati spesi solo 9 miliardi di euro su 44 previsti nel 2024, cioè appena il 20 per cento del totale. Appare pertanto irrealistica la previsione riportata dal Piano che impegna il Governo a spendere per il 2025 e 2026 rispettivamente 58 e 48 miliardi di euro per ultimare l'attuazione del PNRR senza la quale sarà impossibile raggiungere i tassi di crescita indicati dal Governo;
tra i fattori che incidono negativamente sulla produttività delle imprese, oltre alla carenza di manodopera, il Piano individua la questione dimensionale evidenziando come le imprese più piccole, il micro, scontano un deficit di produttività rispetto a quello di altri Paesi europei. Gli stretti margini di manovra e le poche risorse disponibili non devono però distogliere la politica del Governo dall'obiettivo non più eludibile di rendere realmente competitivo il sistema produttivo italiano ed europeo mettendo le PMI industriali al centro delle politiche strategiche di sviluppo del continente, al fine di superare quei gap in termini di innovazione e produttività che esistono tra l'Europa e le altre potenze economiche, come Stati Uniti e Cina, e tra l'Italia e gli altri Paesi europei;
l'attuale congiuntura economica presenta diverse criticità sul fronte di importanti settori del nostro Made in Italy in un contesto caratterizzato da una persistente incertezza, su cui dominano il prolungamento dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente e la debolezza del commercio internazionale, con la conseguente frenata dell'attività delle imprese manifatturiere, che richiederebbero un segnale di particolare attenzione nell'ambito della prossima manovra finanziaria. In particolare, alcune aree della manifattura stanno soffrendo questo delicato momento di transizione come la moda e l'automotive, due settori che presentano un'alta vocazione artigiana, con una ingente presenza di imprese sia direttamente impegnate verso il cliente finale, sia impegnate nelle rispettive filiere;
sul fronte della conoscenza nel testo del Piano si esaminano gli effetti delle riforme del PNRR, che hanno parzialmente ridotto la dispersione scolastica. Il Piano riconosce la necessità di incentivare la mobilità territoriale dei docenti e migliorare il sistema di reclutamento nell'istruzione, con un particolare focus sul contrasto all'abuso dei contratti a tempo determinato, motivo per il quale l'Unione Europea ha avviato la procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, che oggi conta circa 250 mila precari tra personale docente e ATA;
per la prossima legge di bilancio, è essenziale un investimento significativo nell'istruzione per finanziare il rinnovo del contratto 2022-2024. Inoltre, va avviata una procedura straordinaria di stabilizzazione per il personale precario con oltre 36 mesi di servizio e garantita la parità economica tra personale stabile e precario. È cruciale potenziare la carta del docente, estendendola anche al personale precario e ATA per sostenere la formazione continua, e ripristinare il primo gradone stipendiale eliminato nel 2011;
le risorse stanziate dovrebbero inoltre mantenere inalterate le sedi scolastiche e gli organici del 2023/24, nonostante la denatalità, garantendo il corretto funzionamento delle scuole, sempre più complesse e bisognose di risorse aggiuntive. Infine, il bilancio prevede che le riforme del PNRR nell'istruzione avranno un impatto positivo sull'1,2 per cento del PIL entro il 2050. Tuttavia l'Italia investe nell'istruzione meno della media europea e questo divario dovrà essere colmato per valorizzare pienamente il potenziale educativo del Paese e, soprattutto, per sradicare in modo definitivo la piaga della precarietà che affligge ancora in larga parte il personale scolastico;
in merito all'Università, le risorse stanziate per il Fondo di finanziamento ordinario (FFO) del 2024 fermano la crescita registrata nel quinquennio 2019-2023. Diversamente da altri settori (come la scuola), l'impatto del Next Generation UE è stato qui particolarmente rilevante: l'intervento supera i 14 miliardi di euro, oltre l'80 per cento di tutti i fondi annui degli enti nel perimetro del MUR. Quest'impressione è fallace, non solo perché le risorse strutturali all'università si stanno nuovamente contraendo ma anche per le stesse scelte del PNRR. Nonostante i limiti strutturali dell'università italiana, si è scelto di concentrare le risorse dalla ricerca all'impresa: larga parte dei fondi sono andati a nuove strutture e progetti di ricerca (circa 8.7 miliardi), una parte direttamente alle imprese (1.4 miliardi) qualcosa ai dottorati (1.1 miliardi) e solo una quota ridotta a nuovi servizi per studenti (1,9 miliardi la metà su posti alloggio privati. Così si è prodotta una moltiplicazione insostenibile del personale precario: circa 12mila nuovi contratti a termine (più di 7 mila assegnisti e quasi 5000 RTDa) il 60 per cento in più dei numeri precedenti (15 mila assegnisti e 4mila RTDa). Un numero difficilmente riassorbibile senza risorse importanti. Allo stesso tempo vi è stato un incremento di iscritti presso le università telematiche;
si tratta indubbiamente di un Piano di medio termine, che pur raccogliendo la sfida (non banale) del raggiungimento di obiettivi ambiziosi (soprattutto quelli sul disavanzo che dal 7,2 per cento del PIL nel 2023 scenderebbe all'1,8 per cento per cento nel 2029) e vincolanti almeno fino al 2031, non chiarisce su quali voci di entrata e di spesa il Governo pensa di intervenire;
il Piano, infatti, ribadisce l'intenzione dell'Esecutivo di rifinanziare alcune misure in scadenza, come la riduzione del cuneo fiscale, l'accorpamento delle aliquote Irpef, l'aggiornamento dei contratti pubblici, il rifinanziamento delle missioni di pace, oltre alla volontà di incrementare la spesa sanitaria anche oltre 1'1,5 per cento del PIL, e reperire nuove risorse per gli investimenti, tutti interventi il cui costo supererebbe lo spazio fiscale che al saldo, nel 2027 è di oltre un punto di PIL (circa 24 miliardi). Di come soddisfare tale fabbisogno aggiuntivo di risorse non vi è traccia;
il Piano è pieno di buoni propositi, in particolare sulla parte relativa alle politiche per il futuro, ma curiosamente privo di stime e dati quantitativi che consentano di valutarlo in dettaglio. Tutta la sua impalcatura, infatti, si reggerebbe sulla previsione di avere sostanziali incrementi di entrate strutturali a legislazione vigente: qualora così non fosse, come nel caso di uno scenario macroeconomico lievemente meno favorevole, tutto il suo impianto sarebbe destinato ad impantanarsi nelle sabbie mobili,
impegna il Governo:
a rifinanziare un Servizio sanitario nazionale ormai sull'orlo dell'implosione attraverso incremento su base annua di una percentuale del prodotto interno lordo nominale per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029 fino a raggiungere una percentuale di finanziamento annuale non inferiore al 7 per cento del Prodotto interno lordo nominale tendenziale nell'anno 2027 e a decorrere dall'anno 2028 la stessa non può essere inferiore al 7,5 per cento del Prodotto interno lordo nominale tendenziale degli anni di riferimento;
a stanziare le necessarie risorse finanziarie per il rinnovo del contratto nazionale 2022-2024 del personale del Servizio sanitario nazionale e contestualmente definire con le organizzazioni sindacali la definizione dettagliata del fabbisogno di personale negli enti del Ssn;
a procedere ad una profonda revisione del sistema delle convenzioni nonché delle esternalizzazioni per destinare tali risorse al Ssn, al fine di garantire l'erogazione di prestazioni da parte del Servizio sanitario pubblico;
a definire un piano straordinario di assunzioni nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e negli enti locali al fine di fornire un supporto in grado di portare a termine tutti i programmi recati dal Pnrr;
ad avviare e completare le opportune iniziative volte a concludere il graduale percorso di stabilizzazione del personale precario degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale;
ad estendere l'assistenza e la terapia domiciliare in materia uniforme su tutto il territorio nazionale per i pazienti cronici e le persone affette da malattie rare;
ad adottare azioni necessarie a contrastare le tendenze demografiche in atto attraverso interventi di inserimento sociale e lavorativo, di sostegno alla genitorialità, alla disabilità e non autosufficienza;
ad adottare misure ed investimenti per la messa in sicurezza del territorio nelle aree a maggior rischio del Paese. A tal proposito, considerando che la spesa per contrastare i fenomeni di dissesto idrogeologico è triplicata negli ultimi 15 anni e che il costo medio dei danni per le catastrofi climatiche a carico dello Stato è di 3,3 miliardi l'anno, prevedere l'istituzione di un fondo ad hoc con dotazione pari a 100 milioni annui, a partire dal 2025 e fino al 2029;
ad avviare un grande piano di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, ancora responsabile del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas ad effetto serra, mediante un riordino del sistema degli incentivi fiscali, su base decennale, inversamente proporzionali agli indicatori di benessere economici dei possessori degli immobili con basse prestazioni energetiche;
ad implementare il Fondo Italiano per Clima con una dotazione di 3 miliardi l'anno a partire dal 2025 e fino al 2029 per accompagnare il tessuto sociale e produttivo del Paese nei processi di decarbonizzazione e per il perseguimento degli obbiettivi di neutralità climatica;
a ridurre progressivamente, fino al totale azzeramento entro il 2030, delle spese fiscali dannose per l'ambiente, a partire dall'identificazione dei SAD più significativi non solo nel gettito, ma negli effetti contraddittori che tali strumenti introducono nella transizione, rischiando di determinare un costo maggiore complessivo per il sistema;
ad istituire per gli anni 2025 e 2026 un contributo straordinario a carico dei soggetti che esercitano, nel territorio dello Stato, attività di vendita, produzione, importazione e commercializzazione di prodotti nei settori degli armamenti, bancario e assicurativo, nonché dei soggetti che esercitano l'attività di produzione ed estrazione di idrocarburi, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti che esercitano l'attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi;
ad adottare, con riferimento al settore primario, misure finalizzate alla tutela delle produzioni agroalimentari dalle calamità naturali e dalle malattie infettive, al sostegno della domanda interna di prodotti agroalimentari, all'acquisto di beni di prima necessità da parte dei soggetti più vulnerabili, all'efficientamento energetico aziendale ed al riassetto di taluni aspetti della disciplina della produzione e cessione delle «agroenergie» al contenimento della pressione fiscale e contributiva con l'esonero dall'obbligo di contribuzione per i giovani under 40 neo insediati in agricoltura, ad interventi infrastrutturali per la gestione dei «bene» acqua: a definire una riforma del sistema previdenziale che metta al centro le donne, i giovani, i lavori gravosi e che garantisca una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa;
ad introdurre la flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica;
a riconoscere sul fronte previdenziale il lavoro di cura, il lavoro delle donne e le condizioni delle categorie più fragili;
ad assumere le iniziative di competenza per l'aggiornamento e il conseguente allargamento della platea dei lavori usuranti;
a riconoscere, individuando adeguate risorse finanziarie, a coloro con una carriera lavorativa discontinua o con forte incidenza di lavoro part time o lavoro povero, una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, valorizzando, ai fini previdenziali, anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a questi un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale;
ad individuare le opportune risorse che consentano di garantire a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici la puntuale corresponsione del TFS (Trattamento di Fine Servizio) e TFR (Trattamento di Fine Rapporto);
a garantire ai redditi da pensione la piena tutela del potere d'acquisto, anche attraverso il rafforzamento della quattordicesima mensilità;
ad individuare adeguate risorse finanziarie che garantiscano la prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego a partire dal recupero della perdita di potere d'acquisto, a causa dell'inflazione, dei relativi trattamenti retributivi;
a confermare e rendere strutturale, dalla prossima legge di bilancio, il taglio del cosiddetto cuneo contributivo;
ad individuare congrui finanziamenti per sostenere l'istituzione di un meccanismo di indicizzazione di salari e pensioni per adeguarli al costo della vita e tutelarli dall'aumento incontrollato dei prezzi;
a definire un piano straordinario di assunzioni nel pubblico impiego, finalizzato al superamento del precariato e all'abuso dell'uso dei contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione;
a prevedere un congruo rifinanziamento a carattere triennale di lotta contro il «caporalato», al fine di potenziare le attività di formazione per ispettori e mediatori culturali, task force multidisciplinari, attività di informazione;
ad avviare con le parti sociali un percorso in tempi certi di definizione delle modalità per introdurre nel nostro ordinamento, una disciplina sperimentale dell'organizzazione del lavoro che consenta, a chi lo richiede, di ridurre l'orario di lavoro giornaliero e settimanale, a parità di retribuzione, anche in via sperimentale, tenuto conto che questa consentirebbe di adeguare la disciplina dell'orario di lavoro e le modalità di esecuzione del rapporto stesso alle nuove dinamiche sociali ed economiche nonché alle ricadute dirette e indirette dello sviluppo delle nuove tecnologie sulla produttività del lavoro, promuovendo al contempo occupazione e conciliazione dei tempi di vita e lavoro;
ad assumere le necessarie iniziative di carattere normativo e finanziarie per garantire l'attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall'articolo 36 della Costituzione, attraverso la fissazione di un salario minimo orario lordo di 9 euro;
a prevedere l'adozione di misure che assicurino, in ogni caso, il mantenimento dei diritti dei lavoratori, nonché garanzie occupazionali, nei casi di trasferimenti o cessioni di imprese o rami di esse;
a dotare le pubbliche amministrazioni delle risorse necessarie per procedere alle assunzioni necessarie attraverso lo scorrimento delle graduatorie di concorsi pubblici anche banditi da altre amministrazioni pubbliche fino a completamento delle dotazioni organiche o delle assunzioni previste nell'ambito dei rispettivi Piani integrati per l'attività e l'organizzazione (PIAO):
a prevedere risorse destinate al rafforzamento strutturale, dei servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro delle competenti aziende sanitarie locali, e al sostegno di una programmazione pluriennale di assunzioni nei dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali, nonché presso tutti gli organi di controllo e vigilanza per la salute e sicurezza sul lavoro;
ad individuare ulteriori risorse finalizzate all'assunzione a tempo indeterminato del personale ispettivo l'istituto nazionale del lavoro per ottemperare alla raccomandazione dell'Unione europea che indica la necessità di una dotazione ogni 10.000 imprese;
a prevedere ulteriori risorse (almeno 2.5 miliardi) per l'istruzione pubblica per perseguire attraverso gli istituti contrattuali la parità di trattamento tra personale precario e di ruolo, nonché l'erogazione di una specifica indennità risarcitoria dell'abuso dei contratti a termine dopo i 36 mesi;
a reintrodurre il doppio canale di reclutamento dei docenti (da graduatorie concorsuali e delle supplenze) per prevenire tale abuso nell'assunzione del personale scolastico e archiviare la procedura di infrazione 4232/14;
a reintegrare il finanziamento della carta docenti ed estenderne la copertura a tutto il personale Ata e docente anche precario in ragione della necessità di formazione continua;
a garantire il pagamento delle ore di formazione di tutto il personale secondo le norme contrattuali vigenti;
a reintrodurre il primo scatto di anzianità per i neo-assunti (fascia 3-8) incrementare la dotazione in organico di diritto riportando tutti i posti vacanti in organico di fatto:
a istituire in organico i posti legati alle nuove figure professionali del personale ATA;
a rinnovare i contratti scaduti del personale ATA e collaboratore scolastico PNRR e Agenda Sud;
a prevedere l'assunzione di tutti gli idonei e la rimozione dei vincoli sulla mobilità;
rendere realmente competitivo il sistema produttivo italiano ed europeo mettendo le PMI industriali al centro delle politiche strategiche di sviluppo del continente grazie ad una strategia italiana per la competitività connessa a quella europea che dia centralità all'industria manifatturiera e che valorizzi le indiscusse capacità sul piano dell'innovazione e di resilienza delle piccole e medie industrie puntando in maniera concreta su una transizione ecologica e digitale che sia realmente sostenibile, pragmatica e competitiva, ed anche grazie ad una riforma fiscale che una volta a regime, consenta alle PMI che soffrono di un'endemica sottocapitalizzazione di potersi patrimonializzare e rafforzare;
ad individuare nella prossima legge di bilancio congrue risorse finanziarie da destinare alle politiche abitative al fine di:
a) rifinanziare i fondi contributo affitto e morosità incolpevole quali unici argini all'aumento delle famiglie a rischio sfratto per morosità incolpevole;
b) finanziare il recupero dei 90.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà di comuni ed enti gestori di case popolari, oggi inutilizzati per mancate manutenzioni straordinarie;
c) dotare i comuni ad alta tensione abitativa di ulteriori alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale, senza ulteriore consumo di suolo tramite acquisto o recupero di immobili, già realizzati da almeno 5 anni, oggi lasciati nel degrado;
d) avviare un piano straordinario di efficientamento energetico nei circa 800.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica, spesso situati nelle periferie, anche sostenendo la creazione di comunità energetiche rinnovabili solidali;
e) promuovere una iniziativa legislativa finalizzata ad una modifica della legge n. 431 del 1998, riforma delle locazioni ad uso residenziale, per procedere alla soppressione del canale libero mercato e dei benefici fiscali ad esso collegato, al fine di definire affitti sostenibili e ridurre la pressione degli sfratti per morosità;
ad avviare una vera riforma della Pubblica Amministrazione attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni rappresentative delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici che preveda un aumento delle loro retribuzioni per restituire dignità al lavoro pubblico e recuperare il potere d'acquisto perso in questi anni ed il reclutamento di 1.200.000 unità al fine di mettere in sicurezza i servizi pubblici, contrastare le privatizzazioni e restituire il tempo a dipendenti sempre più costretti a dover rinunciare ai propri tempi di riposo per far funzionare la macchina amministrativa;
ad escludere gli enti locali e territoriali da nuove ulteriori restrizioni quantitative dei finanziamenti e dei limiti di spesa sulla parte corrente dei relativi bilanci.
(6-00130) «Grimaldi, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
la revisione del quadro della governance economica europea rappresenta una questione centrale nel dibattito europeo nonché un tema decisivo di politica economica per il nostro Paese in quanto, a seguito dell'approvazione, in via definitiva, della riforma del Patto di stabilità e crescita del 29 aprile 2024, la capacità di spesa e di investimento dell'Italia risulta connessa e strettamente condizionata per i prossimi anni all'entrata in vigore delle nuove regole, in uno scenario peraltro pesantemente influenzato dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali;
nonostante la riforma delle vecchie regole di governance economica fosse stata invocata per semplificare il quadro delle regole fiscali europee e rimuovere i difetti di «prociclicità» del vecchio impianto, che avevano finito per comprimere la spesa per investimenti durante i periodi di consolidamento fiscale, con l'entrata in vigore del nuovo quadro – giudicato peraltro da tutti gli osservatori peggiorativo rispetto alla proposta di compromesso iniziale della Commissione Ue – si rischia di fallire entrambi gli obiettivi, con il pericolo concreto per l'Italia di manovre correttive per gli anni a venire e tagli che colpiranno la spesa pubblica, in particolare quella destinata a sanità, istruzione, diritti, investimenti, imprese, infrastrutture e crescita;
considerato che:
complessivamente, i nuovi parametri di base contenuti nel Patto – in cui sono rimasti immutate le soglie di riferimento del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL e del 60 per cento nel rapporto debito/PIL – rischiano di spingere non solo l'Italia, ma l'intera Unione, in recessione, dal momento che comporteranno pesanti conseguenze sulla riduzione degli investimenti;
in ragione delle modifiche, ritenute peggiorative, apportate nel corso dei negoziati alla proposta di riforma che hanno dato seguito a regole più severe sul deficit e a un controllo più restrittivo sulla spesa pubblica degli Stati membri, il Movimento 5 Stelle, in sede parlamentare, a livello nazionale ed europeo, si è sempre espresso, coerentemente con gli indirizzi politici a più riprese manifestati, in maniera contraria alla suddetta proposta di riforma. La ferma contrarietà del Movimento 5 Stelle alla riforma è stata ribadita con il voto del 23 aprile u.s. in sede di ultima plenaria del Parlamento europeo prima delle elezioni europee, unica forza politica italiana ad essersi espressa contro nella votazione finale della proposta di regolamento sul «braccio preventivo» del Patto di Stabilità e sulle altre due proposte relative al regolamento sul «braccio correttivo» e alla direttiva sui quadri di bilancio nazionali;
si rinviene quindi la necessità di rinegoziare l'accordo al fine, da una parte, di evitare nuovi vincoli e tagli agli investimenti per l'Italia, e dall'altra di includervi, tra i fattori da considerarsi rilevanti, anche le spese in investimenti strategici — tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio. Solo così si potranno prevenire politiche di austerità, preservare la qualità e il livello di spesa pubblica, evitare pesanti tagli allo Stato sociale e sostenere una crescita inclusiva e sostenibile di medio e lungo termine;
in questo contesto, stante il fermo principio di non intraprendere una «corsa agli armamenti», si rende necessario un impegno rinnovato e più incisivo nelle sedi europee appropriate, affinché le spese destinate al settore sanitario siano scomputate dai vincoli imposti dal bilancio, al fine di riconoscere e promuovere tali spese come un investimento strategico. Un rafforzamento delle risorse dedicate alla sanità, con particolare attenzione alle attività di prevenzione, dovrebbe costituire una priorità assoluta per il Paese e per l'Europa;
ritenuto che:
il nuovo Piano strutturale di bilancio (PSB) stabilisce gli obiettivi vincolanti di finanza pubblica per ridurre il peso del debito, nonché le riforme e gli investimenti da realizzare per rispondere alle difficoltà strutturali del Paese e in un orizzonte temporale che va ben al di là della scadenza dell'attuale Governo e della legislatura in corso, si pone l'esigenza di garantire l'attuazione ed il rispetto degli impegni già assunti dal Governo in sede parlamentare, impegnandosi a presentare il Piano «in tempi congrui». A meno di una settimana di distanza dalla scadenza del termine previsto (come noto, il Governo dovrà inviare il testo a Bruxelles entro il 15 ottobre, avendo ottenuto una proroga rispetto alla data del 20 settembre), conclusasi forse una fase estiva lunga e «burrascosa» per le relazioni interne all'Esecutivo, si ritiene assolutamente insufficiente il tempo a disposizione del Parlamento per un opportuno esame del Piano strutturale di bilancio a medio termine;
considerato che:
il nuovo documento, Piano strutturale di bilancio, che segna la tappa di avvio della procedura di bilancio ridisegnata (parzialmente per ora) dalla riforma della governance economica della Ue – più di 150 pagine articolate in tre grandi capitoli cui si aggiungono appendici e tavole – fotografa le dinamiche della finanza pubblica, indica gli spazi fiscali per le prossime manovre e dettaglia i piani di riforme necessari per allungare da quattro a sette anni il periodo di aggiustamento;
contrariamente a quanto previsto nel documento di economia e finanza (DEF) del 2023, il debito pubblico italiano si è attestato al 134,8 per cento rispetto ad una previsione del 137,3 per cento. In altri termini, il debito generato durante il Covid, necessario per aiutare le persone che non lavoravano, è stato riassorbito dal sistema grazie all'aumento del PIL. Ma presto le lancette del debito torneranno a salire in modo deciso, e dovrebbero portarsi al 137,1 per cento nel 2025 e al 138,3 per cento nel 2026. Il rapporto debito/Pil, dunque, solo dal 2027 inizierà un percorso di discesa, in linea con le nuove regole che prevedono che si riduca, in media, di 1 punto percentuale di PIL successivamente all'uscita dalla procedura per deficit eccessivi;
la Commissione Ue, nell'esame del nuovo Piano di bilancio strutturale, si concentrerà sul deficit: il disavanzo si ferma quest'anno al 3,8 per cento del Pil, molto più giù del 4,3 per cento messo a preventivo dal Def, grazie alla vivacità delle entrate (ancora effetto delle politiche del Governo Conte in epoca Covid), per poi planare al 3,2 per cento nel 2025 e al 2,7 per cento nel 2026;
l'architettura poggia su un obiettivo di crescita medio vicino all'1,5 per cento, nel periodo 2025-2031, compatibile con il profilo stimato dalla Commissione e che quindi garantirebbe una correzione media annua del saldo primario strutturale di 0,62 punti percentuali del PIL (0,6 p.p. se si considera solo la correzione lineare ottenuta dalla DSA). L'aggiustamento in termini strutturali segue poi un profilo crescente: nei primi tre anni la correzione richiesta è pari a 0,6 punti percentuali del PIL mentre, a partire dal 2028 e fino al 2030, la correzione risulta leggermente più alta (0,67 nel 2028, per poi ridursi fino a 0,64 punti percentuali del PIL nel 2030);
i tassi di crescita teorici sono pari rispettivamente a: 2,2 per cento nel 2025, 2,0 per cento nel 2026, 1,6 per cento nel 2027, 1,7 per cento nel 2028, 1,5 per cento nel 2029, 1,1 per cento nel 2030 e 1,2 per cento nel 2031. Questo percorso di spesa condurrebbe a un tasso di crescita medio di 1,9 per cento nel periodo di aggiustamento 2025-2031, un livello superiore a quello della traiettoria di riferimento della Commissione pari a 1,5 per cento. La differenza maggiore si osserverebbe, in particolare, per il 2025 ed è spiegata principalmente dalla maggiore crescita del deflatore del PIL, prevista in questo Piano rispetto alla previsione di aprile della Commissione;
il Governo ha quindi rivisto al ribasso la stima di quest'anno del deficit in termini di PIL dal 4,3 per cento indicata nel Def di aprile al 3,8 per cento e ha confermato l'obiettivo di ridurre l'indebitamento a meno del 3 per cento del PIL nel 2026. Tale obiettivo è incorporato nell'elaborazione della traiettoria di spesa netta del Piano, che lungo il periodo 2025-2031 prevede un tasso di crescita pari in media a quello calcolato dalla Commissione, ma differisce in termini di valori puntuali nei diversi anni;
per quel che riguarda l'andamento del PIL il Governo ha confermato la stima di crescita del DEF per il 2024, pari a l'1 per cento, mentre la crescita del PIL nominale è stata leggermente rivista al ribasso;
per gli anni successivi il PSB prevede una crescita inferiore rispetto a quella prevista dal DEF 2024: 0,9 per cento nel 2025 (1,2 per cento DEF), 1,1 per cento nel 2026 (invariato), 0,7 per cento nel 2027 (0,9 per cento DEF), 0,8 per cento nel 2028 e dello 0,7 per cento nel 2029;
tenuto conto che:
a partire dai dati del PIL, l'intera struttura del Piano rischia di poggiarsi su basi assai poco solide e su previsioni fuorvianti. Prova ne sono i preoccupanti dati che l'Istat ha fornito lo scorso 4 ottobre, a seguito della revisione generale dei conti nazionali operata il 23 settembre, che ha comportato una modifica delle stime trimestrali del Prodotto Interno Lordo per il 2024;
il nuovo profilo delle serie trimestrali relativamente alla prima parte del 2024 ha rilevato la minore crescita attribuita agli ultimi trimestri del 2023, comportando una correzione verso il basso della crescita acquisita per l'anno in corso, ora pari allo 0,4% (contro lo 0,6 per cento precedente). Questi dati evidenziano, dunque, che la stima di crescita del PIL a l'1 per cento per l'anno 2024 è già da ora da ritenersi irraggiungibile. Lo stesso Ministero dell'Economia si è trovato costretto ad ammettere che «anche tenendo conto dell'impatto favorevole dei giorni lavorati, una stima realistica di variazione del PIL al momento oscilla tra 0,8 e 0,9 per cento» (Nota Settimanale Dipartimento del Tesoro, 4 ottobre 2024);
a «suggellare» il rallentamento del PIL sono stati i rappresentanti di Bankitalia, in sede di audizione del PSB, confermando che la revisione dei conti economici trimestrali pubblicata dall'Istat, non inclusa nel quadro, comporterà una correzione meccanica al ribasso di due decimi di punto percentuale della stima per l'anno in corso;
tali rilevazioni smentiscono, dunque, le dichiarazioni del Ministro Giorgetti che, solo pochi giorni prima (pur ammettendo le criticità derivanti dalla situazione complessiva internazionale che «inevitabilmente condizionerà l'economia a livello mondiale e l'economia del nostro Paese») aveva dichiarato «realistico» l'obiettivo dell'1 per cento del PIL per il 2024, e destano forti perplessità sulla solidità e attendibilità del Piano nella sua interezza;
le preoccupazioni relative all'attendibilità dei dati macroeconomici pubblicati dall'Esecutivo sono acuite dalla nota con cui l'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) ha reso noto l'esito dell'esame delle previsioni contenute nel Piano. Infatti, il 25 settembre l'UPB, pur validando il Piano, si è espresso molto cautamente, sottolineando che le previsioni del Governo si collocano nella fascia superiore delle stime accettabili del panel. Inoltre, la validazione delle stime è condizionata al consolidamento di due fattori chiave: l'effettiva e tempestiva realizzazione dei progetti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e la stabilità dello scenario internazionale, senza ulteriori deterioramenti delle condizioni geopolitiche (PSB). L'UPB ha ribadito che, se tali condizioni non venissero rispettate, le prospettive di crescita potrebbero rapidamente deteriorarsi, rendendo difficoltosa la realizzazione degli obiettivi di bilancio;
rilevato che:
con la crescente instabilità del quadro geopolitico internazionale, che vede in costante espansione le aree di crisi, soprattutto nel Medio Oriente, e la irrisolta difficoltà di attuazione delle riforme legate al PNRR, le prospettive di crescita per il resto del 2024 e per gli anni successivi rischiano davvero di essere drammaticamente ridimensionate dall'evolversi degli eventi;
in particolare, occorre ribadire la centralità che riveste per l'Italia la corretta, rapida ed efficace attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e la sua importanza per la crescita economica e strutturale del nostro Paese. Lo stesso Governo ne ammette il fondamentale contributo, avendo scelto di distribuire l'aggiustamento della finanza pubblica su sette anni (anziché quattro), a fronte di un impegno a proseguire il percorso di riforme e investimenti previsto dal PNRR;
considerato che:
su questo tema, purtroppo, l'allarme è crescente. Basti considerare il fatto che a breve il Ministro Raffaele Fitto si sposterà in Europa nella veste di Commissario UE e che la Presidente del Consiglio dovrà riassegnare le deleghe in materia di PNRR, con conseguente accumulo di (nuovi) ritardi e (nuove) incertezze dell'azione politica e amministrativa, già evidente in queste settimane, che indebolirà ulteriormente il processo attuativo del Piano soggetto già a gravi disagi;
inoltre, stando agli ultimi dati REGIS, rilevati il 1° ottobre, finora sono stati spesi solo 9 miliardi su 44 previsti nel 2024 per il PNRR, cioè il 20 per cento del totale (mentre per il 2025 e 2026 si dovranno spendere rispettivamente 58 e 48 miliardi) e che finora il PNRR ha generato solo 1/3 della crescita attesa rispetto alle stime iniziali, preso atto che il PSB valuta l'impatto degli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza pari allo 0,7 per cento del PIL nel 2024, in confronto alle stime di un anno fa che attestavano un impatto pari al 2,2 per cento;
lo stesso PSB evidenzia alcune lacune del PNRR, legate alla complessità della governance multilivello, che ha richiesto uno sforzo significativo per coordinare le diverse amministrazioni locali e nazionali, e alla difficoltà nel completare tutte le 618 misure e riforme del piano entro i tempi stabiliti. Parte di questi ostacoli derivano dalla debole efficacia di capacità amministrativa, in particolare nella Pubblica Amministrazione, che soffre di un deficit di competenze e di personale anziano e ancora troppo poco aggiornato e dalla scarsa e lenta incisività che tuttora condiziona il processo di digitalizzazione, elemento cruciale per diverse missioni del PNRR. A tali problematiche si deve aggiungere la consapevolezza che le riforme per migliorare l'efficienza degli appalti pubblici e della concorrenza, necessari per favorire un ambiente imprenditoriale dinamico, procedono a rilento;
preso atto che:
la lettura del PSB desta preoccupazione anche sul fronte dell'assenza di risorse specifiche per gli investimenti e sugli effetti negativi che una progressiva riduzione dell'incidenza primaria della spesa primaria sul PIL, e di una minore spesa per i contributi agli investimenti (per effetto del ridimensionamento dei bonus edilizi), rischia di determinare in materia di investimenti e sulla crescita del Paese;
anche Bankitalia si è dimostrata perplessa rispetto alla mancanza di dettagli sufficienti per la valutazione complessiva degli interventi prospettati nel PSB, in particolare sulla legge quadro sulle Pmi e sulle misure volte al potenziamento dei mercati dei capitali;
sul tema del contenimento della spesa è opportuno ribadire l'allarme lanciato dai rappresentanti dell'ANCI, in sede di audizione sul PSB, che hanno posto sul fatto che qualsiasi manovra di contenimento della spesa e delle risorse disponibili mette a rischio l'erogazione di servizi essenziali e può semmai essere concepita solo a livello di comparto e su un orizzonte pluriennale;
gli investimenti pubblici, sostenuti dal PNRR, sono destinati a rallentare dopo il 2026, con una previsione di una leggera contrazione dal 2027. Questo calo degli investimenti potrebbe frenare il contributo alla crescita, soprattutto in settori chiave come infrastrutture e innovazione;
gli ultimi dati Istat sul fonte della produzione industriale dovrebbero far riflettere il Governo su questo punto: nel luglio 2024 si è riscontrata la diciottesima frenata consecutiva mensile. Si tratta di un trend che sta assumendo dimensioni drammatiche. Dalla seconda metà del 2022, quando è iniziata la fase discendente successiva al rimbalzo post pandemia, la produzione industriale è scesa del 6,7 per cento e le prospettive non paiono confortanti, dal momento che l'ISTAT tiene a precisare, nella sua nota sull'andamento dell'economia diffusa, che «la fase di discesa dell'indice della produzione industriale non sembra ancora conclusa»;
anche il pacchetto Transizione 5.0, ereditato dal Governo Conte che lo ha reso uno degli strumenti più efficaci degli ultimi anni in materia di innovazione e crescita strutturale del comparto produttivo, stenta a decollare a causa dei ritardi del Ministero delle imprese e del made in Italy nell'emanazione dei provvedimenti attuativi. Attualmente è difficile prevedere l'impatto che tali misure avranno sulla competitività delle imprese e se davvero potranno contribuire in modo così incisivo alle previsioni di crescita del Governo. Su questo punto il PSB non fornisce alcuna indicazione sull'eventuale intenzione del Governo di destinare risorse nazionali a un Piano nazionale di sostegno agli investimenti oltre l'orizzonte temporale del PNRR;
valutato che:
insufficienti all'interno del Piano sono da considerarsi anche le misure per lo sviluppo del Mezzogiorno, che dovrebbero rappresentare una priorità nell'agenda politica nazionale: a quasi un anno dalla sua istituzione, la Zona economica speciale è passata dall'essere un'opportunità preziosa per il Mezzogiorno a politica fallimentare, senza venire accompagnata da riforme strutturali più ampie mirate a migliorare il contesto economico e istituzionale; restano ancora irrisolti i nodi sul preciso ammontare del vantaggio fiscale per le imprese conseguente alla istituzione della ZES unica, cui si aggiunge l'incompatibilità, confermata di recente anche dall'Agenzia delle entrate, tra il credito d'imposta per la ZES con quello per investimenti in beni nuovi strumentali o con il credito d'imposta transizione 5.0;
all'allargamento delle ZES unica su un territorio di oltre 120 mila chilometri quadrati e fortemente eterogeneo come quello del Sud d'Italia non è di fatto seguito un corrispettivo aumento delle risorse disponibili tale da determinare un effettivo impulso allo sviluppo e alla crescita per il Mezzogiorno, ma al contrario, si sta assistendo all'introduzione di elementi di debolezza che ne depotenziano le reali capacità attrattive per gli investimenti;
considerato che:
andrà attentamente monitorata l'attività del Governo, prospettata nel PSB, relativa alla razionalizzazione e semplificazione delle aree di imposizione fiscale e al riordino delle spese fiscali (tax expenditures) in determinati ambiti di tassazione, come l'allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina e/o politiche di riordino delle agevolazioni presenti in materia energetica;
in ambito di agevolazioni, giova sottolineare quanto riportato dalla Corte dei conti in sede di audizione relativa al provvedimento in esame. Nello specifico, la Corte, prendendo spunto dai non pochi passaggi in cui lo stesso Piano prevede un allargamento o una conferma degli incentivi, afferma che «l'obiettivo della riduzione dei regimi agevolativi e della semplificazione del sistema sembra dunque mancare di una visione complessiva»;
al tempo stesso, occorre continuare a verificare che il processo di decarbonizzazione del sistema economico ed industriale persegua in modo efficace la progressiva eliminazione dei sussidi dannosi all'ambiente (con eccezione del gasolio agricolo, vista la peculiarità del settore) mediante la tempestiva definizione di appositi indicatori per gli investimenti ecosostenibili, destinando le relative risorse all'incentivazione di processi produttivi e di consumo con minore impatto ambientale e a misure compensative per le famiglie e le imprese interessate da tali processi;
riscontrato che:
specifica attenzione deve essere dedicata alle misure finalizzate al lavoro e all'occupazione. In questo ambito, il PNRR attualmente ci consegna uno dei dati più sensibili: le riforme delle politiche attive del mercato del lavoro hanno raggiunto, a oggi, solo il 43 per cento dei traguardi e obiettivi prefissati. Si tratta della percentuale più bassa di tutti gli interventi PNRR. Ciò significa che il cronoprogramma prevede un numero proporzionalmente molto elevato (57 per cento) di obiettivi e traguardi da raggiungere negli anni finali del Piano, con tutte le incognite e i dubbi che possono giustificatamente sorgere rispetto al successo di tali strategiche misure;
a queste considerazioni deve aggiungersi il fatto che il Programma Garanzia per l'Occupabilità dei Lavoratori (GOL) – il cui obiettivo è qualificare 2,7 milioni di persone entro il 2026 – ha finora avuto un impatto inferiore alle aspettative, contribuendo solo marginalmente alla riduzione della disoccupazione e all'incremento delle competenze professionali. Inoltre, il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro è ancora molto basso (circa il 56 per cento nel 2023, ben al di sotto della media europea), indicando che permangono forti ostacoli all'inclusione e all'uguaglianza di genere nel settore lavorativo;
un altro tema di grande rilievo è costituito dalla necessità di introdurre il salario minimo nel nostro Paese. In Italia, infatti, manca una normativa nazionale che fissi un salario minimo legale, nonostante un acceso dibattito in sede parlamentare e a livello sociale. Al 2023, circa 3 milioni di lavoratori percepiscono una retribuzione inferiore a 9 euro l'ora. La proposta del salario minimo è una delle misure che potrebbe contrastare fenomeni di povertà lavorativa e garantire una maggiore equità nelle retribuzioni. Purtroppo, il Governo si è opposto con fermezza alle proposte presentate in sede parlamentare dal M5S;
l'attività parlamentare della maggioranza in tema di Lavoro e Occupazione ha sollevato ulteriori preoccupazioni recentemente, poiché sembra intenzionata a indebolire le tutele dei lavoratori attraverso la modifica di alcune norme a loro salvaguardia. A titolo esemplificativo si evidenziano le modifiche apportate alla Camera dei deputati sul cosiddetto «Collegato Lavoro», in tema di «dimissioni in bianco»;
constatato che:
il settore Sanitario deve continuare a costituire uno degli asset strategici del nostro Paese e le previsioni contenute a tal riguardo nel PSB paiono del tutto insufficienti a garantire adeguata tutela dei soggetti più fragili e opportuno sostegno a tutti gli operatori coinvolti;
resta imprescindibile assicurare la sostenibilità economica e sociale del Servizio Sanitario Nazionale attraverso un organico programma di investimenti e adeguamenti economici finalizzato a valorizzare in termini professionali ed economici i professionisti sanitari;
a tal fine devono essere destinate maggiori risorse per programmare nuove assunzioni e per ridurre le liste d'attesa per le prestazioni specialistiche, assicurando in tal modo maggiore efficienza delle prestazioni erogate dalla sanità pubblica (contrastando la fuga dei medici dal SSN e rendendo attrattivo il lavoro pubblico);
tenuto conto che:
con particolare riferimento al settore giustizia, nel PSB, il Governo dichiara di voler continuare nello sforzo avviato con il PNRR, potenziando gli investimenti nell'edilizia giudiziaria i cui interventi saranno estesi, in particolare, al settore penitenziario, in vista di un miglioramento delle condizioni delle carceri, la riduzione del tasso di affollamento e l'efficientamento economico;
si stigmatizza in questa sede l'improprio uso del diritto penale, non orientato alla tutela e protezione di beni giuridici costituzionalmente rilevanti e meritevoli di protezione, quanto, piuttosto, ispirato a logiche repressive e securitarie. A tacer d'altro, si considerino le disposizioni di recente introduzione mediante il disegno di legge in materia di sicurezza urbana (A.C. 1660-A), che rischiano di portare al collasso dello Stato di diritto, – da un lato – per effetto del ricorso alla minaccia penale come primaria, in attuazione di una sorta di «pan-penalismo» e «pan-carcerizzazione», che incrementa invece il sovraffollamento carcerario e – dall'altro, a causa della mancanza nel suddetto provvedimento – così come in altri – di politiche sociali essenziali per prevenire e depotenziare la criminalità urbana e di risorse economiche all'uopo destinate, tradendo di fatto la dichiarata volontà della maggioranza in carica di risolvere anche l'annoso problema del sovraffollamento carcerario;
tuttavia, non può non rilevarsi come, non solo il decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, non abbia previsto lo stanziamento di risorse adeguate per fronteggiare il grave fenomeno del sovraffollamento e delle pessime condizioni in cui versano gli istituti di pena. Né, tantomeno, si è preoccupato di destinare fondi specifici per rafforzare il capitale umano che opera in un settore tanto determinante ai fini del recupero del condannato e del suo reinserimento all'interno della società;
vi è più: l'articolo 1 della legge di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante «Ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)» ha abrogato talune norme del decreto-legge n. 59 del 2021 che destinavano risorse aggiuntive del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2027 al finanziamento di investimenti per Interventi infrastrutturali per evitare il sovraffollamento carcerario;
desta preoccupazione, dunque, la circostanza che, nonostante gli impegni assunti dal Governo in carica nel Piano in esame, il richiamato provvedimento abbia previsto l'abrogazione di norme relative agli strumenti per gestire l'emergenza carceraria, proprio in un momento storico in cui l'attuale situazione dei suicidi in carcere è fuori controllo: il quadro presenta criticità non solo per il numero dei suicidi dei detenuti, ma anche per chi ci lavora. Solo dall'inizio del 2024 si registrano già 69 suicidi. Tale numero dimostra quanto sia importante e indispensabile affrontare l'emergenza carceri immediatamente, in modo strutturale e attraverso scelte pragmatiche e, che in mancanza di queste, tale numero sarà destinato solo ad aumentare;
rilevato che:
quanto al settore dell'educazione, nel PSB, come nei provvedimenti sino ad ora approvati da questo Governo (filiera formativa e liceo del Made in Italy), emerge forte e chiara l'esigenza di subordinare i desideri educativi e professionali delle giovani generazioni, reinterpretando compiti e funzioni dell'intero sistema scolastico, subordinandone le finalità educative e i relativi processi di insegnamento ai bisogni contingenti provenienti esclusivamente dal mondo produttivo, generando un'interdipendenza tra il mondo della scuola e il grado di sviluppo del mercato del lavoro e favorendo altresì il privato a discapito del sistema pubblico d'istruzione;
i settori della conoscenza rappresentano il volano per il progresso di una società e, di conseguenza, investire sulla scuola, università ricerca e cultura, dovrebbe essere la priorità di ogni governo, tuttavia, in Italia ciò non accade e dal Piano all'esame, rileva immediatamente che, in un quadro economico oltremodo preoccupante, i settori della conoscenza sono quasi del tutto ignorati; è dunque evidente che il Governo non si dimostra disponibile ad adottare politiche che concentrino risorse aggiuntive sul settore della conoscenza, individuando fonti di finanziamento reperibili nell'immediato, anche operando una selezione delle priorità e delle urgenze di sviluppo;
il Piano non fa alcun cenno ai diversi aspetti del settore culturale e che, inoltre, risultano assenti previsioni di sostegno allo spettacolo, al cinema, alla tutela dei beni culturali, alla promozione della lettura, all'arte e alla musica;
alla luce delle considerazioni esposte in premessa e del mutato quadro delle regole della governance economica europea, appare quindi oltremodo necessario che i prossimi provvedimenti di natura economica siano improntati alla luce delle seguenti misure,
impegna il Governo:
1) in materia di rinnovata governance economica europea:
a) ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, finalizzata alla più celere costituzione del gruppo di lavoro di cui al considerando 21 del Regolamento (UE) 2024/1263 e a riferire e coinvolgere le competenti Commissioni parlamentari, anche al fine di migliorare la stima del PIL potenziale, in particolare utilizzando metodi alternativi, sì da liberare risorse per politiche fiscali espansive che, già a partire dal prossimo ciclo di bilancio, consentano comunque di approdare ad una riduzione del deficit del 3 per cento nel tempo, nonché ad una traiettoria stabilmente discendente del debito nel medio periodo;
b) ad intraprendere altresì ogni iniziativa utile, in sede europea, finalizzata a rinegoziare l'accordo, al fine, da una parte, di evitare nuovi vincoli e tagli agli investimenti per l'Italia, e dall'altra, di includervi, tra i fattori da considerarsi rilevanti, anche le spese in investimenti strategici – tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio;
c) ad intraprendere inoltre tutte le opportune iniziative volte ad adattare alla nuova architettura della politica di bilancio europea, nella prospettiva di una rinnovata governance UE ispirata ai criteri anzidetti, gli elementi di successo dell'esperienza del dispositivo di ripresa e resilienza, trasformando il programma NGEU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo;
d) a dare piena e rapida attuazione al PNRR, rispettando tutti gli obiettivi, le riforme da attuare e le scadenze temporali previste, recuperando la capacità di spesa per compensare i ritardi accumulati; a informare costantemente il Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR e sugli eventuali aggiornamenti dello stesso, sostenendo anche, a tal fine e nelle opportune sedi istituzionali, l'iniziativa parlamentare inerente all'istituzione di una commissione per l'indirizzo, la vigilanza e il controllo dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dei Piano nazionale degli investimenti complementari al Pnrr;
2) in materia di salute e politiche sociali:
a) a garantire una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza (LEA) e soddisfare in modo più efficace le esigenze di pianificazione e di organizzazione nel rispetto dei princìpi di equità, di solidarietà e di universalismo, a prevedere che l'incidenza della spesa sanitaria sul PIL sia in linea con i Paesi del G7 e che non sia, comunque, inferiore alla media europea;
b) a superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, introducendo indicatori ambientali, socio-economici e culturali nonché l'indice di deprivazione economica che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie e sottraendo la salute da qualsiasi progetto volto a conferire ulteriori forme di autonomia alle realtà regionali;
c) a desistere da ogni ulteriore rinvio nell'erogazione effettiva dei LEA conseguente alla mancata adozione del nomenclatore tariffario;
d) a procedere ad un'azione strutturale di incremento delle risorse umane da destinare al funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale, rimuovendo il testo di spesa per le assunzioni a tempo indeterminato, finanziando ulteriormente i cicli di specializzazione;
e) a potenziare l'organico dei consultori, assicurando la presenza di personale non obiettore di coscienza, anche al fine di garantire un accesso sicuro alle procedure per l'interruzione volontaria di gravidanza;
f) a riordinare gli strumenti per la sanità integrativa e i fondi sanitari con l'unico obiettivo di salvaguardare la sanità pubblica e i presidi sociali pubblici, assicurando che la sanità integrativa e i fondi sanitari intervengano solo ed esclusivamente sulle prestazioni sanitarie e sociali non incluse nei LEA o nei LEP, assicurando in ogni caso trasparenza, risoluzione di ogni conflitto d'interesse nella gestione di fondi e polizze sanitarie ed eliminando ogni forma di beneficio fiscale a soluzioni che, anche indirettamente (es. banche e assicurazioni), comportino lucri o speculazione;
g) a desistere da ogni proposta che contempli il finanziamento dell'assistenza territoriale e dell'edilizia sanitaria ricorrendo a strumenti finanziari e al partenariato pubblico-privato;
h) a potenziare gli strumenti per i percorsi di vita indipendente delle persone con disabilità e non autosufficienti, dando piena attuazione alla legge delega in tema di disabilità; a valorizzare l'invecchiamento attivo; a garantire e potenziare le tutele per i caregiver e a prevedere misure volte al cosiddetto silver cohousing, al fine di creare condizioni di vita migliori per gli anziani;
i) a rafforzare l'assegno unico, prima misura universalistica e progressiva a tutela e a sostegno della natalità, della genitorialità e delle famiglie, aumentando gli importi previsti, ampliando la platea dei beneficiari e rafforzando le clausole di salvaguardia; a introdurre una tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito, al fine di incrementare il tasso di occupazione femminile; ad adottare misure dirette ad ampliare i congedi parentali, incrementandone il trattamento economico e la fruibilità da parte di entrambi i genitori; a rafforzare l'indennità di maternità e di paternità, rendendo gli istituti paritari e remunerati al 100 per cento; ad assicurare la realizzazione degli asili nido, come previsto dal PNRR, e il loro buon funzionamento attraverso un'adeguata dotazione di personale, con l'obiettivo di aumentare l'offerta di lavoro, dare impulso all'occupazione femminile, far emergere il lavoro nero e favorire il reinserimento nel mondo del lavoro dopo il congedo di maternità obbligatorio;
j) ad adottare le iniziative necessarie a risolvere le numerose problematiche di carattere sociale, rafforzando le misure per affrontare la povertà alimentare e per ridurre il tasso di persone a rischio di povertà o esclusione sociale che resta ancora superiore alla media dell'Unione europea;
3) in materia di istruzione e cultura:
a) a reperire adeguate risorse da destinare alla scuola pubblica e portare gli investimenti in istruzione, educazione e formazione al 5 per cento del PIL come il resto d'Europa, al fine di restituire peso e valore all'istruzione scolastica;
b) ad incrementare adeguatamente i finanziamenti al fine di valorizzare economicamente tutto il personale di scuola, università e ricerca; a reperire le risorse necessarie per la piena attuazione del Piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni; a procedere a contrastare l'eccessivo affollamento delle classi e la povertà educativa, diminuendo il numero degli alunni per classe e garantendo la formazione delle classi nei territori disagiati, montani, nelle piccole isole, nelle aree interne; ad intervenire, con azioni forti e immediate, per sostenere le famiglie, in estrema difficoltà nell'acquisto dei libri e materiali scolastici e garantire il diritto allo studio in modo uniforme su tutto il territorio nazionale; a istituire il beneficio della dote educativa da destinare a tutte le alunne e alunni, studentesse e studenti del primo e secondo ciclo di istruzione; ad adottare misure volte a rivedere la disposizione inerente il dimensionamento scolastico; ad intraprendere, con urgenza, iniziative volte a ripristinare le risorse per il fondo per il finanziamento ordinario delle università statali, al fine di consentire la stipula dei nuovi contratti di ricerca, sostenere il piano straordinario di reclutamento programmato per ampliare gli organici delle università;
4) in materia di difesa:
a) ad adottare le opportune iniziative volte a una graduale diminuzione delle spese per i sistemi di armamento, anche attraverso l'introduzione di un contributo solidaristico sui c.d. extraprofitti netti conseguiti dalle aziende del settore dell'industria della difesa a seguito del mutato contesto geopolitico internazionale;
5) in materia di lavoro;
a) a ripristinare il Reddito di cittadinanza, prevedendo il rafforzamento e la riorganizzazione delle politiche pubbliche volte a contrastare la povertà e l'esclusione sociale, potenziando la componente di servizi alla persona e l'attivazione di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa per l'effettivo superamento della condizione di povertà;
b) a dare piena e tempestiva attuazione, con la massima sollecitudine, ai principi e alle finalità della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, così come agli indirizzi espressi dalla Corte di cassazione, introducendo anche nel nostro ordinamento il riconoscimento ai lavoratori e alle lavoratrici di ciascun settore economico di un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, assicurando in ogni caso livelli retributivi in grado di garantire una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, anche attraverso l'introduzione del salario minimo legale, corrispondente a un trattamento economico minimo orario non inferiore a 9 euro, aggiornato annualmente per tenere conto, in particolare, dell'aumento della produttività e dell'inflazione;
c) per quanto di competenza e con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, a definire una disciplina normativa di sostegno per la regolamentazione della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che restituisca certezza nelle relazioni industriali e superi la proliferazione di sigle di comodo, così come la moltiplicazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da organizzazioni che non hanno alcuna rappresentatività reale, in particolare valorizzando i contratti collettivi «leader», ossia quelli siglati dai soggetti comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale che presentino maggiore connessione, in senso qualitativo, all'attività produttiva del luogo di lavoro, nonché definendo specifici criteri atti a misurare il grado di rappresentatività sia delle organizzazioni sindacali che datoriali e tenendo in debita considerazione i criteri autoprodotti dall'ordinamento intersindacale negli accordi interconfederali stipulati dalle confederazioni maggiormente rappresentative;
d) a favorire, per quanto di competenza, l'adozione di misure volte a promuovere la sperimentazione della riduzione dell'orario lavorativo a parità di salario;
e) ad avviare un concreto e tempestivo confronto con le parti sociali realmente rappresentative, volto a definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, anche attraverso la realizzazione di un piano straordinario pluriennale per il lavoro, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà e l'incremento della partecipazione al lavoro, con particolare riguardo alle donne e ai giovani, così come al Mezzogiorno e alle aree interne e coerente con la transizione e conversione ecologica;
f) a rafforzare le politiche attive del lavoro, anche attraverso il potenziamento del fondo nuove competenze; a contrastare le crescenti disparità generazionali, di genere e territoriali, in particolare con interventi volti a favorire l'inserimento lavorativo dei giovani e delle donne; ad assicurare la lotta al lavoro sommerso; a contrastare il precariato, rafforzando gli incentivi volti a favorire le assunzioni a tempo indeterminato, nonché collegando strettamente le tipologie contrattuali a tempo determinato a specifiche causali; ad abolire gli stage extra curriculari in forma gratuita;
g) a favorire l'evoluzione del sistema previdenziale mettendo al centro le donne, i giovani e chi svolge lavori gravosi, prevedendo l'aggiornamento e l'ampliamento della platea dei lavori usuranti, garantendo una prospettiva pensionistica sostenibile e dignitosa;
h) al fine di contrastare gli effetti negativi delle tensioni inflazionistiche, nel pieno ed effettivo rispetto del principio costituzionale di adeguatezza dei trattamenti previdenziali, ad adottare altresì le necessarie iniziative volte ad aumentare le pensioni minime, anche attraverso la riduzione delle imposte sulle pensioni più basse;
i) a completare il sistema di tutele in favore dei lavoratori autonomi, avviato con l'introduzione dell'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, attraverso l'estensione delle misure già previste per i lavoratori dipendenti;
j) ad adottare, in linea con le esperienze più avanzate in Europa, le opportune misure per assicurare l'estensione in termini di durata, nonché di copertura del congedo di paternità obbligatorio, prevedendo altresì che il congedo di maternità e il congedo di paternità godano di una copertura retributiva pari al 100 per cento, in modo da ridurre il disincentivo economico all'utilizzo dei congedi parentali per i padri;
k) ad avviare un serio confronto con le parti sociali realmente rappresentative volto a definire una nuova strategia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, da implementare annualmente favorendo il pieno coinvolgimento del Parlamento, assicurando, nelle more, l'adozione di immediate misure volte ad affrontare le principali criticità, quali l'equiparazione delle tutele disposte nella disciplina degli appalti pubblici anche agli appalti tra privati, nonché l'eliminazione degli appalti a cascata e delle gare al massimo ribasso;
l) a riconsiderare ogni ipotesi di privatizzazione in atto di aziende controllate e/o partecipate dallo Stato, che, oltre a rappresentare la perdita di asset strategici per il Paese, spesso determinano, come accaduto in passato, fenomeni di precarizzazione del lavoro e riduzione dei livelli occupazionali;
m) a ripristinare il lavoro agile quantomeno in favore dei lavoratori fragili per rendere pieno e garantito il diritto al lavoro.
6) in materia di politiche abitative e incentivi edilizi:
a) a stanziare adeguate risorse per fronteggiare il grave e diffuso disagio abitativo, attraverso la revisione e il rifinanziamento del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e del Fondo per la morosità incolpevole, nonché a prevedere misure di sostegno per far fronte alla maggiore spesa conseguente all'aumento dei tassi di interesse sui mutui in favore di coloro che versano in situazione di obiettiva difficoltà, e a incrementare l'offerta di alloggi a canone di locazione sociale mediante interventi di recupero e riqualificazione del patrimonio esistente nell'ambito di una adeguata programmazione nazionale pluriennale;
7) in materia di rafforzamento della sicurezza e controllo del territorio:
a) ad incrementare le risorse umane ed economiche anche sotto il profilo stipendiale del comparto sicurezza anche al fine di potenziare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, connessi, in particolare, alle accresciute esigenze di contrasto della criminalità organizzata e del terrorismo internazionale, anche tramite, con particolare riguardo ai Comuni, all'incremento delle risorse del Fondo nazionale per la sicurezza urbana;
b) a istituire un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno volto a sostenere iniziative in materia di sicurezza urbana da parte dei comuni, con particolare riguardo ad assunzioni di ulteriore personale di Polizia municipale, al potenziamento delle sale operative nonché all'installazione e al potenziamento dei sistemi di videosorveglianza, anche alla luce del prossimo Giubileo della Chiesa Cattolica, al fine di migliorare gli attuali standard di sicurezza presso la città di Roma;
8) in materia di giustizia:
a) a potenziare gli strumenti di contrasto alle mafie già esistenti, a salvaguardare e rafforzare il regime speciale di cui all'articolo 41-bis Ord. Pen.;
b) a investire nella lotta alla corruzione, in particolare attraverso l'adozione di misure volte a garantire maggiore trasparenza e controllo dei fondi del PNRR; a ripristinare le fattispecie penali che costituiscono capisaldi nella lotta alla anticorruzione, tra cui l'abuso d'ufficio e il traffico di influenze illecite, nonché ad intraprendere tutte le necessarie iniziative, nelle opportune sedi istituzionali nazionali ed europee, volte ad una rapida approvazione della proposta di direttiva UE 2023/0135 (COD) in materia di lotta contro la corruzione;
c) a proseguire nella politica di contrasto alle agromafie ed ecomafie, tutelando il diritto alla salute attraverso un efficace sistema di repressione delle attività della criminalità organizzata e dei reati ambientali in generale;
d) ad intervenire con gli investimenti necessari per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza sulle donne anche garantendo la continuità dei finanziamenti alle attività e al funzionamento dei centri e delle reti antiviolenza territoriali;
e) a potenziare l'organico del Corpo di Polizia Penitenziaria, al fine di rendere maggiormente efficienti gli istituti penitenziari e garantire migliori condizioni di lavoro al personale addetto alla sicurezza all'interno delle carceri; a prevedere risorse aggiuntive per l'assunzione straordinaria di personale nei ruoli di funzionario giuridico-pedagogico e di funzionario mediatore culturale considerando, altresì il ruolo fondamentale che questi ultimi rivestono all'interno dell'ordinamento ai fini del reinserimento in società dei ristretti; nonché ad assumere, con procedura concorsuale, nuovi magistrati per pone rimedio alla gravissima carenza di personale;
f) ad assumere iniziative specifiche per contrastare il grave sovraffollamento carcerario, ponendo un freno al dilagante e preoccupante fenomeno dei suicidi dei detenuti, anche attraverso la promozione e il sostegno di tutte le attività trattamentali, con particolare riguardo alle attività teatrali negli istituti penitenziari, di percorsi formativi e culturali che favoriscano l'acquisizione di nuove competenze nell'ambito dei diversi mestieri;
g) a stanziare ulteriori risorse per consentire l'ampliamento della pianta organica della magistratura ordinaria di 1000 unità, al fine di avvicinare il rapporto magistrati-cittadini, dagli attuali 11 ogni 100.000 abitanti, alla media europea di 22;
h) in riferimento ad interventi in materia di edilizia giudiziaria, a riqualificare e potenziare il patrimonio immobiliare dell'amministrazione della giustizia in chiave ecologica e digitale, che si tratti di area facilmente accessibile e dotata di servizi e ambienti da adibire a nidi per l'infanzia, nell'attuazione delle politiche volte alla conciliazione tra vita familiare e professionale, con ricadute positive in termini di incremento dell'occupazione femminile e di effettività della parità nell'accesso alle professioni caratterizzanti il comparto giustizia;
i) ad incrementare le risorse destinate alle attività di intercettazione, astenendosi da qualsivoglia intervento – anche normativo – volto a restringerne l'utilizzo o da depotenziarne l'efficacia come strumento di ricerca della prova determinante per l'attività investigativa ed indispensabile per contrastare le forme più insidiose di criminalità organizzata e dei fatti di corruzione, i cui effetti finali ricadono sull'utente, ovvero il cittadino;
9) in materia di coesione territoriale, cooperazione e sviluppo:
a) a rafforzare le politiche per la riduzione dei divari territoriali, con particolare riferimento al Mezzogiorno, alle aree interne, ai territori montani e alle isole, nonché a prevedere, in favore degli enti territoriali, risorse dirette a contenere l'aumento dei prezzi dell'energia anche mediante l'utilizzo di flessibilità di bilancio, nonché a implementare il finanziamento per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e servizi in favore dei cittadini;
10) in ordine all'attuazione della c.d. «autonomia differenziata»:
a) in attuazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione, ad astenersi dall'avviare il negoziato previsto dall'articolo 2 della legge n. 86 del 2024 nonché dal procedere, ai sensi dell'articolo 11 comma 1, della legge in parola, in ordine alle richieste di attribuzione di materie o ambiti di materie e delle relative funzioni fino alla determinazione e al conseguente finanziamento dei LEP di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), unitamente alle modalità di verifica e controllo della loro parità di accesso, erogazione ed uniformità su tutto il territorio nazionale;
b) a predisporre, reperendo le risorse finanziarie utili, a tal fine bilanciando l'attuazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione e il rispetto degli equilibri di bilancio di cui all'articolo 81 della Costituzione, l'istituzione di un fondo perequativo a garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e dei relativi costi e fabbisogni standard, per le regioni che non richiedano ulteriori forme e condizioni di autonomia ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;
11) in materia di politica fiscale:
a) ad avviare un percorso di progressiva e sostanziale riduzione della pressione fiscale effettiva al fine di preservare il potere di acquisto delle famiglie, a partire dai redditi medio bassi, e la capacità di investimento per le imprese, nonché incentivare l'offerta di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro, con particolare riferimento ai giovani e alle donne, ai percettori di misure di sostegno al reddito, garantendo la piena ed effettiva progressività del sistema tributario e la tassazione dell'effettiva capacità contributiva espressa dal contribuente, perseguendo al contempo la massima repressione dei fenomeni di evasione fiscale e la stabilizzazione del gettito fiscale, anche attraverso la rinuncia a qualsivoglia forma di misure di sanatoria, ed al fine di consacrare la «lealtà e la liceità» a principi fondanti il sistema tributario e unici presupposti per l'accesso a misure di semplificazione e il riconoscimento di premialità;
b) a perseguire e incrementare una politica fiscale volta a contenere gli effetti distorsivi conseguenti a eventi straordinari di carattere economico o emergenziale, tali da alterare significativamente l'equilibrio economico tra domanda e offerta ai danni del consumatore e a vantaggio degli operatori economici, soprattutto in termini di maggiore profitto, anche attraverso la previsione di forme di prelievo, a carattere solidaristico, sul margine di profitto inatteso e non connesso al rischio di impresa, destinando il maggior gettito conseguito a misure per il contenimento degli effetti negativi dell'aumento dei prezzi dei servizi offerti e a vantaggio del consumatore;
12) in materia di trasporti:
a) a sostenere un robusto programma di incentivazione all'uso del trasporto pubblico nonché a sostenere l'attraversamento dinamico dello stretto di Messina migliorando la viabilità sulle due sponde e investendo sul naviglio, definanziando contestualmente il progetto di attraversamento stabile per mezzo del ponte, posto che nella legge di bilancio 2024 l'opera è stata quantificata con un indebitamento per lo Stato di 13 miliardi fino al 2032 e che nelle more dell'iter si era annunciata la riduzione dell'onere attraverso la partecipazione a bandi europei nonché attraverso finanziamenti di altri enti pubblici e privati di cui, tuttavia non si ha ancora certezza;
13) in materia di Green New Deal e transizione ecologica:
a) a corredare i principali documenti di programmazione economica, come il Piano Strutturale di Bilancio, con adeguate valutazioni di impatto delle misure rispetto agli obiettivi clima ed energia in un quadro temporale pluriennale;
b) a rafforzare le politiche e le misure per la transizione ecologica, il contrasto alla crisi climatica ed il raggiungimento degli obiettivi di clima ed energia, in linea con le misure decise nell'ambito del Green New Deal europeo;
c) a perseguire, senza indugi, il raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2030 e di neutralità climatica al 2050, attraverso il pieno superamento della dipendenza del Paese da importazioni di combustibili fossili e l'incremento degli investimenti nelle fonti rinnovabili, accelerando il recepimento nell'ordinamento nazionale delle direttive Red III e «Case green» allo scopo di introdurre adeguate misure per aumentare l'efficienza energetica e la sicurezza sismica degli edifici, prestando particolare attenzione alla riqualificazione degli edifici con prestazioni energetiche basse, ivi compresi gli edifici pubblici, in linea con gli indirizzi europei, anche attraverso la previsione di misure a carattere strutturale e finanziariamente sostenibili, e ad affrontare la questione dei crediti fiscali incagliati;
d) a orientare la strategia nazionale per l'indipendenza energetica verso un ulteriore potenziamento della produzione di energia da fonti rinnovabili, tenendo conto del ruolo dell'energia nucleare nel mix energetico nazionale, considerata l'incompatibilità di tale tecnologia con le tempistiche e gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, a confermare la volontà popolare espressa in ben due esiti referendari;
e) a garantire la messa in sicurezza, la completa bonifica e il ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale dove sono attualmente collocati i rifiuti radioattivi, considerato che, a tutt'oggi, non è ancora stata data soluzione al problema del deposito unico dei rifiuti radioattivi;
f) ad adottare misure volte a sviluppare una fiscalità favorevole alla transizione verso la decarbonizzazione del sistema economico ed industriale, che persegua in modo efficace la progressiva eliminazione dei sussidi dannosi all'ambiente e la tempestiva definizione di appositi indicatori per gli investimenti ecosostenibili, destinando le relative risorse all'incentivazione di processi produttivi e di consumo con minore impatto ambientale nonché all'adozione di misure compensative per le famiglie e le imprese più vulnerabili;
g) ad adottare idonee misure per promuovere iniziative di concreto sostegno alla risoluzione delle varie crisi aziendali afferenti al settore automobilistico nazionale;
h) a finanziare gli interventi di riqualificazione dei corpi idrici naturali e del reticolo minore e a istituire un fondo per la sostituzione e manutenzione degli acquedotti, rimodulando il fondo complementare del PNRR;
i) a recepire le misure previste dalle strategie per la «Biodiversità 2030», «Firm farm to fork» e «Suolo» nell'ambito del Green New Deal UE e riprese dalla recente «Nature restoration law»;
j) a individuare strategie ed obiettivi di implementazione dell'economia circolare mediante l'adozione di pratiche gestionali finalizzate alla riduzione della produzione di rifiuti, alla raccolta differenziata, alla tariffazione puntuale e alla promozione di filiere produttive volte al riuso, al riciclo, alla riparabilità e alla compostabilità, escludendo il ricorso a soluzioni impiantistiche basate sull'incenerimento dei rifiuti e allo smaltimento in discarica in quanto pratiche idonee a incidere negativamente sulla qualità dell'aria e dei suoli;
k) al fine di rispondere alle sfide inerenti la salvaguardia del clima e la riduzione dell'inquinamento atmosferico, e in linea con quanto previsto dalla Country-specific Recommendation CSR 3.6, a potenziare la mobilità sostenibile mediante l'elettrificazione del parco veicolare per il trasporto pubblico e privato e la relativa impiantistica di ricarica, anche indirizzando le politiche di mobilità urbana su un consistente spostamento dal trasporto privato motorizzato alle altre forme di mobilità (trasporto pubblico, sharing, bicicletta, mobilità leggera), nonché a rilanciare il settore della logistica cosiddetto «green» prevedendo un piano di evoluzione del sistema anche attraverso strumenti di governance dedicati all'incentivazione del trasporto intermodale – in considerazione di quanto già previsto con i contributi al trasporto combinato strada-mare (marebonus) e strada-rotaia (ferrobonus) –, alla digitalizzazione e all'automazione, per garantire la sostenibilità del settore e la sua compartecipazione agli obiettivi del Green New Deal europeo;
l) a dare tempestiva attuazione alla strategia nazionale per la biodiversità in linea con gli obiettivi di ripristino degli ecosistemi danneggiati e con gli impegni internazionali dell'Unione europea in materia di clima e di biodiversità e a stanziare ulteriori risorse da destinare all'attuazione delle misure di ripristino della natura, quali la rinaturalizzazione, il reimpianto di alberi e il rinverdimento dei contesti urbani ed extraurbani;
14) in materia di energia:
a) ad adottare le opportune iniziative volte a ripristinare nel breve periodo misure atte a mitigare i costi fissi presenti in bolletta, dando priorità alla protezione delle fasce più deboli e alle imprese più esposte al rischio di oscillazione dei prezzi delle commodity energetiche;
b) ad adottare iniziative volte a ristabilire con urgenza, nei rispettivi mercati del gas naturale e dell'energia elettrica, un equilibrio a favore dei consumatori per preservare i clienti finali da ulteriori abusi; ad intraprendere idonee iniziative normative volte a contrastare, in modo nuovo e più incisivo, il fenomeno del telemarketing e del teleselling aggressivo considerati i risultati non completamente soddisfacenti prodotti dal registro pubblico delle opposizioni nonché a rendere più efficaci e funzionali le periodiche campagne di comunicazione istituzionale a carattere pubblicitario in relazione al definitivo superamento del regime di maggior tutela, anche fornendo, nell'ambito delle stesse, una panoramica di tutti gli strumenti e gli incentivi disponibili per la realizzazione di interventi rivolti alla decarbonizzazione e alla transizione ecologica, alla riduzione e all'efficientamento dei consumi di energia, alla produzione di energia rinnovabile, anche mediante configurazioni di autoconsumo individuale e collettivo e la costituzione di comunità energetiche rinnovabili;
15) in materia di crescita economica, digitalizzazione e innovazione:
a) a sostenere e rilanciare gli investimenti pubblici e le politiche dell'innovazione per favorire la crescita economica, la digitalizzazione, l'industrializzazione equa, responsabile e sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro; a sostenere le imprese riattivando il Piano Transizione 4.0 rendendolo maggiormente fruibile dalle micro, piccole e medie imprese, rafforzando gli incentivi fiscali, con particolare riferimento a quelli per gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, formazione del personale, attuando e potenziando i progetti del PNRR a sostegno della ricerca e dell'innovazione, a partire dal potenziamento della ricerca di base e applicata, sostenendo i processi di innovazione e trasferimento tecnologico, sviluppando le politiche industriali per i settori di punta, nonché preservando in ogni caso, anche nell'ambito del nuovo piano Transizione 5.0 per gli investimenti finalizzati alla transizione ecologica ed energetica, il pieno automatismo degli incentivi e la più ampia diffusione tra le imprese;
b) ad intraprendere tutte le necessarie iniziative finalizzate ad assicurare all'interno della ZES unica adeguate risorse per la copertura nonché per la proroga – almeno su base triennale – della durata della concessione dei benefici fiscali del credito di imposta previsto a favore delle imprese del Mezzogiorno, così come un quadro regolamentare stabili e certi nel tempo, al fine di permettere al tessuto imprenditoriale di programmare con maggiore certezza i propri investimenti;
16) in relazione alla politica agricola:
a) a garantire maggiore attenzione al settore primario e maggiore sostegno nel percorso verso la transizione ecologica alla quale il comparto è chiamato, senza dover rinunciare alla propria redditività, attraverso: interventi concreti volti ad incrementare le risorse destinate all'agricoltura a garanzia di un vero sostegno alle imprese; il potenziamento, non solo attraverso il recente stanziamento di risorse del PNRR, dei contratti di filiera mettendo in atto politiche volte a rafforzare il ruolo degli agricoltori all'interno della catena che va dal produttore al consumatore; l'attuazione di misure volte ad attuare politiche che valorizzino e potenzino il ruolo delle giovani generazioni e delle donne che decidono di investire in agricoltura poiché il ricambio generazionale è fondamentale sia per la competitività di lungo periodo della nostra agricoltura, sia per il percorso di transizione ecologica a cui il settore è chiamato; il rafforzamento del contrasto ad ogni forma di pratica commerciale sleale che tocca la filiera agroalimentare, sia per i canali classici che nelle vendite online, e allo stesso tempo attraverso il potenziamento del lavoro degli enti preposti sui costi di produzione dei prodotti agricoli tenendo conto del ciclo delle colture, della loro collocazione geografica, della destinazione finale dei prodotti, delle caratteristiche territoriali e organolettiche, delle tecniche di produzione medie ordinarie e del differente costo della manodopera negli areali produttivi, stimato sulla base dei dati forniti annualmente dai singoli Stati dell'Unione europea; il potenziamento della ricerca in agricoltura, che è uno strumento fondamentale poiché l'innovazione è un tassello imprescindibile per il settore e anch'essa è parte integrante del percorso verso la transizione ecologica agricola; l'incremento concreto delle politiche di sostegno agli interventi inerenti alla gestione del rischio, supportando in particolare quelli relativi alla prevenzione.
(6-00131) «Francesco Silvestri, Torto, Alfonso Colucci, D'Orso, Riccardo Ricciardi, Pellegrini, Fenu, Caso, Ilaria Fontana, Iaria, Pavanelli, Barzotti, Quartini, Caramiello, Scutellà».
La Camera,
premesso che:
il Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 (Piano), di cui al Capo IV del Regolamento (UE) 2024/1263, definisce l'andamento della spesa netta, il nuovo indicatore di riferimento sottoposto a sorveglianza nell'ambito della governance economica europea;
il Piano delinea anche le linee strategiche relative alle riforme e agli investimenti che il Governo intende realizzare nell'orizzonte di riferimento, in particolare quelle funzionali a estendere a sette anni il periodo di aggiustamento dei saldi di finanza pubblica;
la presentazione del nuovo documento di programmazione avviene in un contesto globale che attraversa una fase di profonda e rapida evoluzione, guidata da fattori come i cambiamenti climatici, lo sviluppo di innovazioni tecnologiche in rapida diffusione, i fenomeni di frammentazione geoeconomica che inducono riconfigurazioni nelle catene del valore, le evoluzioni demografiche sfavorevoli ai paesi sviluppati che hanno avviato una tendenza verso un sistema multipolare;
l'esito di tali tendenze non è ancora chiaro ed è lecito aspettarsi che il quadro continui a essere caratterizzato da un cospicuo grado di incertezza, che potrebbe dar luogo anche all'emergere di nuove situazioni di crisi;
il Piano rivede, secondo principi di cautela e prudenza, le previsioni economiche e di finanza pubblica per l'anno in corso e per l'orizzonte di riferimento, tenendo conto delle informazioni disponibili sull'andamento del quadro macroeconomico e dei più recenti dati di contabilità nazionale;
le recenti revisioni delle stime trimestrali e annuali da parte dell'Istat hanno fortemente incrementato il livello del PIL del 2023 sia in termini reali sia nominali. Di conseguenza, anche i livelli del PIL previsti per il 2024 e i prossimi anni sono nettamente più elevati di quanto prefigurato nel DEF. Tuttavia, la più recente revisione del profilo trimestrale di crescita nel 2023 operata dall'Istat comporta un minore effetto di trascinamento sui dati 2024 e, di conseguenza, rischi al ribasso per la previsione di crescita annuale del PIL contenuta nel Piano, pari all'1,0 per cento;
le nuove stime presentate nel Piano rivedono al ribasso la previsione di crescita tendenziale del PIL in termini reali del 2025, che dall'1,2 per cento dello scorso DEF passa allo 0,9 per cento. Resta invece sostanzialmente invariata, rispetto al DEF, la proiezione tendenziale di crescita reale del PIL per il 2026, all'1,1 per cento, mentre quella per il 2027 risulta più bassa di circa due decimi di punto percentuale rispetto al DEF, passando dallo 0,9 per cento allo 0,7 per cento;
le previsioni macroeconomiche tendenziali per il periodo 2024-2029 sono state validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio con nota del 25 settembre 2024, al termine delle interlocuzioni previste dal Protocollo di intesa UPB-MEF del 13 maggio 2022;
in base ai più recenti dati di contabilità nazionale, il rapporto tra indebitamento netto e PIL del 2023 è risultato invariato rispetto a quello riportato nel DEF dello scorso aprile (7,2 per cento), per effetto di revisioni al rialzo di entità comparabile sia del numeratore, sia del denominatore;
la previsione del deficit tendenziale in rapporto al PIL è pari al 3,8 per cento per l'anno in corso, in netta riduzione rispetto al dato consuntivo del 2023 per effetto, in larga parte, di un profilo delle entrate più vivace delle attese e, in misura minore, di una riduzione più marcata delle spese;
le previsioni tendenziali relative agli anni successivi stimano un deficit pari al 2,9 per cento nel 2025, al 2,1 per cento nel 2026 e all'1,5 per cento nel 2027;
partendo dalla previsione di indebitamento netto tendenziale per il 2024, la traiettoria di spesa netta programmatica mostra un profilo di crescita pari all'1,3 per cento nel 2025, all'1,6 per cento nel 2026, all'1,9 per cento nel 2027, all'1,7 per cento nel 2028, all'1,5 per cento nel 2029, all'1,1 per cento nel 2030 e all'1,2 per cento nel 2031;
tale percorso di spesa condurrebbe a un tasso di crescita medio dell'1,5 per cento nel periodo di aggiustamento 2025-2031, un livello in linea con quello della traiettoria di riferimento della Commissione europea;
tenuto conto del percorso di spesa netta, il livello programmatico di indebitamento netto in rapporto al PIL è fissato al 3,3 per cento nel 2025, al 2,8 per cento nel 2026, al 2,6 per cento nel 2027, al 2,3 per cento nel 2028 e all'1,8 per cento nel 2029;
lo spazio di bilancio risultante tra gli andamenti del saldo nominale primario coerente con la traiettoria di spesa netta e quello a legislazione vigente è finalizzato al finanziamento delle cosiddette politiche invariate e delle nuove misure che il Governo intende adottare nel periodo di riferimento;
per effetto delle misure che saranno adottate con la legge di bilancio, il tasso di crescita del PIL reale è stimato all'1,2 per cento nel 2025, tre decimi di punto percentuale più alto della stima tendenziale, all'1,1 per cento nel 2026 e allo 0,8 per cento nel 2027, un decimo di punto percentuale in più rispetto all'andamento tendenziale;
le previsioni macroeconomiche programmatiche del Piano sono state validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio con nota del 7 ottobre 2024;
gli obiettivi di deficit, coerenti con la traiettoria programmatica di spesa netta, corrisponderanno a un andamento migliorativo del saldo primario che, stimato in avanzo su tutto il periodo di riferimento, passerà dallo 0,6 per cento nel 2025, all'1,1 per cento nel 2026, all'1,5 per cento nel 2027, all'1,9 per cento nel 2028 e al 2,4 per cento nel 2029;
nello scenario programmatico il rapporto tra il debito e il PIL passerebbe dal 135,8 per cento del 2024 al 137,8 per cento del 2026, un andamento in linea con quanto previsto nel DEF ma su livelli significativamente inferiori rispetto alle stime dello scorso aprile;
accanto alla programmazione della finanza pubblica, il Piano definisce un insieme di riforme e investimenti pubblici che riguarderanno, in particolare, il settore della giustizia, l'amministrazione fiscale, la gestione responsabile della spesa pubblica, il supporto alle imprese e la promozione della concorrenza e la Pubblica Amministrazione, ivi inclusi i servizi di cura per la prima infanzia;
le misure che si andranno ad adottare in tali ambiti sono finalizzate a migliorare la qualità delle istituzioni e dell'ambiente imprenditoriale, nonché a superare alcune delle criticità strutturali della nostra economia;
le riforme che interesseranno il comparto degli enti territoriali dovranno comprendere anche un'analisi della sostenibilità del debito nel medio lungo periodo, in coerenza con la nuova governance europea, ed essere affiancate da interventi relativi all'ordinamento e alla struttura delle province;
le riforme per promuovere la crescita dovranno favorire e tutelare, in particolare, lo sviluppo delle piccole e medie imprese;
è necessario, inoltre, prevedere misure volte a intensificare le iniziative nazionali e le intese internazionali volte a garantire una equa tassazione delle cosiddette big tech, colossi del web, verificando l'andamento della global minimum tax e le ulteriori iniziative da assumere,
impegna il Governo:
1) a conseguire la traiettoria di spesa netta programmatica nel periodo di riferimento indicato nel Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029;
2) a individuare nel disegno di legge del bilancio di previsione, in attesa della revisione della normativa contabile nazionale, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario, coerenti con il tasso di crescita della spesa netta delle amministrazioni pubbliche indicato nel Piano;
3) ad adottare le riforme e gli investimenti pubblici negli ambiti indicati nel Piano;
4) a prevedere, con la manovra di bilancio:
a) interventi che rendano strutturali gli effetti del taglio al cuneo fiscale sul lavoro e l'accorpamento delle aliquote IRPEF su tre scaglioni già in vigore per l'anno in corso;
b) iniziative a sostegno delle famiglie, con particolare riguardo a quelle numerose, e della genitorialità, anche con misure volte a supportare gli istituti per la conciliazione dei tempi lavorativi con le esigenze familiari;
c) risorse per proseguire con il percorso avviato di rinnovo dei contratti del pubblico impiego;
d) individuare fondi per sostenere la spesa sanitaria e mantenere gli investimenti pubblici in rapporto al PIL al livello registrato durante il periodo di vigenza del PNRR;
5) a considerare collegati alla manovra di finanza pubblica, oltre a quelli già indicati nel Documento, i seguenti disegni di legge:
a) disposizioni in materia di magistratura onoraria del contingente ad esaurimento (A.C. 1950);
b) disposizioni in materia di economia dello spazio (A.C. 2026);
c) misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione e deleghe al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto in determinate materie (A.S. 1192);
d) modifiche alla legge 21 luglio 2016, n. 145, recante disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali (A.C. 2049);
e) misure in materia di tecnologie innovative.
(6-00132) «Lucaselli, Comaroli, Pella, Romano».
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Iniziative normative volte a rivedere il cosiddetto interrogatorio preventivo alla luce delle criticità emerse da recenti notizie di stampa – 3-01472
D'ORSO, ASCARI, CAFIERO DE RAHO e GIULIANO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
il 25 agosto 2024 è entrata in vigore la legge n. 114, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare», cosiddetta riforma Nordio;
oltre all'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio, previsto dall'articolo 323 del codice penale, e al depotenziamento della fattispecie di cui all'articolo 346-bis del codice penale, relativa al traffico di influenze illecite, la riforma in commento ha anche disposto, in tema di misure cautelari, l'obbligatorietà dell'interrogatorio preventivo, che deve essere documentato integralmente mediante riproduzione audiovisiva o fonografica;
diverse fonti di stampa hanno di recente raccontato degli effetti della riforma Nordio rispetto a taluni casi processuali, che destano particolare preoccupazione agli interroganti, in quanto ben potrebbero tradursi in ipotesi di «mala-giustizia», sia in termini di grave compromissione delle indagini, che di tutela e sicurezza dei testimoni, esposti a potenziali ritorsioni dai soggetti denunciati;
segnatamente, tra le maggiori criticità emerse, vi è proprio «l'interrogatorio preventivo», introdotto dalla novella citata, che, consentendo all'indagato di essere avvisato dal giudice per le indagini preliminari prima di un eventuale arresto – quando la richiesta del pubblico ministero sia fondata solo sul pericolo di reiterazione del reato – si sta traducendo, di fatto, nella possibilità per il medesimo non solo di avere accesso preventivo agli atti di indagine (e non già alla mera ordinanza cautelare) – con ciò accedendo direttamente ai nomi e alle informazioni relative ai testimoni – ma addirittura di avere il tempo per un'eventuale fuga e per la cancellazione di prove rilevanti, posto che il legislatore ha omesso, tra l'altro, di prevedere un termine entro il quale il giudice per le indagini preliminari debba disporre l'ordinanza cautelare;
non possono non segnalarsi in questa sede il caso di un teste costretto a scappare e a trasferirsi in un'altra città, poiché la banda di pusher che aveva denunciato ne ha scoperto il nome ed è andata a minacciarlo nei pressi della sua casa; nonché il caso che ha coinvolto la procura di Perugia, dove un pubblico ufficiale accusato di corruzione, per il quale era stato chiesto l'arresto, è stato interrogato dal giudice per le indagini preliminari, ma non è stato arrestato dopo ben 11 giorni –:
quali iniziative normative intenda adottare il Ministro interrogato per scongiurare il ripetersi di casi come quelli descritti in premessa, ponendo fine alle conseguenze a giudizio degli interroganti nefaste derivanti dalla recente novella approvata in materia di giustizia.
(3-01472)
Iniziative diplomatiche volte a garantire la sicurezza dei giornalisti italiani all'estero, con particolare riferimento alla vicenda dei giornalisti Rai incriminati in Russia – 3-01473
FARAONE, GADDA, DEL BARBA, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
un tribunale della regione di Kursk ha chiesto per i giornalisti Stefania Battistini e Simone Traini l'estradizione in Russia, ordinando la detenzione «dal momento in cui verranno arrestati in territorio russo o dal momento in cui verranno estradati»;
i nostri connazionali sono accusati di aver attraversato illegalmente il confine dall'Ucraina mentre facevano reportage nella regione di Kursk, territorio in parte occupato dalle forze ucraine, e di aver viaggiato a bordo di un veicolo delle forze armate ucraine fino alla città di Soudja;
per le condotte contestate in contumacia, i nostri connazionali rischierebbero fino a cinque anni di reclusione;
a settembre 2024 il Ministro interrogato ha fatto sapere di aver convocato l'ambasciatore russo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per discutere della decisione di Mosca di inserire Battistini e Traini nell'elenco delle persone ricercate;
le rassicurazioni del Ministro interrogato non sono bastate a proteggere i nostri connazionali dalle conseguenze di quanto il loro lavoro comporta;
la vicenda costituisce una grave compressione del diritto di stampa e richiede una forte e incisiva presenza diplomatica da parte del Governo;
è necessario che il Ministro interrogato assuma una posizione chiara davanti a tale decisione che colpisce il diritto di stampa e il servizio pubblico e punisce gravemente due cittadini italiani che hanno svolto con coraggio e nel modo più professionale possibile il loro lavoro, realizzando giornalismo di frontiera;
si auspica altresì che la Rai, in quanto datore di lavoro, non si esima dal fornire adeguata protezione ai propri dipendenti;
l'Italia non può essere oggetto di intimidazioni da parte di un Paese come la Russia che in questi anni ha ripetutamente compresso la libera informazione –:
quale posizione intenda assumere il Governo nelle sedi diplomatiche opportune relativamente al caso riportato in premessa, nonché quali iniziative di competenza intenda assumere in raccordo con il concessionario fornitore del servizio pubblico televisivo e radiofonico (Rai), affinché sia dato il giusto supporto ai giornalisti e siano difesi il diritto di stampa e l'incolumità dei giornalisti italiani all'estero.
(3-01473)
Intendimenti in ordine alla conferma del divieto di estrazione mineraria nelle aree protette e nei siti rete Natura 2000, con particolare riguardo al Parco del Beigua – 3-01474
PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2024, n. 115, reca disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse. In Liguria è presente un importante giacimento di titanio situato all'interno del Parco naturale regionale del Beigua, area protetta di estrema rilevanza locale e nazionale inserita nella Rete globale dei geoparchi dell'Unesco;
in suddetta area è radicalmente vietata ogni attività di sfruttamento ed estrazione mineraria, così come aveva ribadito il Ministro della transizione ecologica il 24 marzo 2021, in occasione della discussione dell'atto 3-02128 dell'interrogante. L'ipotesi di una miniera di titanio nel Parco del Beigua, inestimabile per biodiversità, valori ecologici, geologici e paesaggistici, sarebbe un disastro ambientale;
nel corso della XIX legislatura, l'interrogante aveva presentato un emendamento in sede di conversione del decreto-legge n. 84 del 2024. La proposta di modifica specificava che le disposizioni del decreto non si sarebbero applicate alle aree protette nazionali e regionali, istituite ai sensi della legge quadro sulle aree protette, e ai siti della Rete Natura 2000;
il Governo ha espresso parere contrario e il 25 luglio 2024 la Sottosegretaria Bergamotto ha così motivato la decisione: «la valutazione operata dal Governo ha condotto alla non necessarietà della specificazione contenuta nell'emendamento in questione in quanto la raccolta di materie prime critiche di interesse strategico all'interno delle menzionate aree protette è già esclusa dal regolamento europeo», confermando l'esclusione dei prelievi nei parchi protetti;
l'interrogante, ritirato l'emendamento, ha presentato un ordine del giorno, discusso il 30 luglio 2024, che, rafforzativo del concetto, facendo proprie le citate parole della Sottosegretaria Bergamotto, impegnava il Governo a garantire che le aree protette istituite nei parchi nazionali e regionali fossero escluse dall'ambito di applicazione del decreto-legge n. 84 del 2024. Proposta respinta, poiché, come dichiarato dalla Sottosegretaria Bergamotto, «il regolamento dell'Unione europea prevede già tutte le modalità di contemperamento delle esigenze strategiche di estrazione e trasformazione con quelle di tutela ambientale, all'interno dei siti di Natura 2000» –:
se intenda confermare le parole della Sottosegretaria di Stato per le imprese e il made in Italy, ribadendo che, anche a seguito dell'introduzione delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 84 del 2024, sia vietata qualsiasi attività di estrazione mineraria nelle aree protette nazionali e regionali istituite ai sensi della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991 e ai siti della Rete Natura 2000, istituiti ai sensi della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE, ivi incluso il Parco del Beigua.
(3-01474)
Iniziative di competenza volte a promuovere un confronto con gli operatori del settore in relazione alla riorganizzazione del mercato della distribuzione del gas – 3-01475
RUFFINO, BONETTI, BENZONI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l'attuale configurazione del settore della distribuzione del gas naturale (decreto legislativo n. 164 del 2000 e normazione derivata) contempla l'istituzione di 172 ambiti territoriali minimi, con l'obiettivo di favorire economie di scala e salvaguardare la concorrenza. Tuttavia, ad oggi, quanto previsto è rimasto in gran parte inattuato a causa della complessità delle procedure e del basso interesse manifestato dagli enti locali. Finora, infatti, sono state aggiudicate solo nove gare, mentre una ventina sono state avviate, ma non ancora completate;
le gare dovrebbero premiare i partecipanti non solo per l'offerta economica migliore, ma anche per la capacità di aumentare la capillarità delle reti, al fine di incentivare una maggiore concorrenza e favorire la presenza di operatori più forti e capaci di gestire i mutamenti industriali e tecnologici;
la domanda di gas è destinata a mutare, in particolare con un ruolo crescente per i gas rinnovabili, circostanza che condurrà ad un diverso modo di operare dei distributori gas con la capacità di gestire flussi bidirezionali. Le gare, pertanto, dovrebbero valorizzare le offerte che migliorino la qualità delle reti, puntando su efficienza energetica, performance ambientali e tecnologia. Nel 2023 lo stesso Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha messo in consultazione una proposta di nuovo decreto ministeriale relativo ai criteri di gara, ma il decreto non risulta ad oggi pubblicato;
per le criticità già menzionate, da diversi anni il dibattito ruota intorno all'esigenza di ridurre il numero degli operatori della distribuzione del gas, al fine sia di stimolare una concorrenza più efficace in sede di gare per l'assegnazione del servizio, sia per avere, per via delle aggregazioni, operatori sul mercato maggiormente in grado di gestire il mutato contesto industriale e tecnologico del settore;
tale paventata riduzione del numero di operatori della distribuzione gas porterebbe ad un nuovo assetto delle gare che eliminerebbe qualsiasi reale possibilità di competizione negli ambiti territoriali minimi, creando una barriera economico-finanziaria alla partecipazione e azzerando la concorrenza;
parallelamente, nella prospettiva di tale riduzione, le aggregazioni tra operatori consentirebbero quantomeno di avere nuovi attori in grado di gestire il processo di transizione energetica del Paese;
un ridisegno del mercato, perciò, relativo alla dimensione degli ambiti territoriali minimi, deve essere preceduto da un'attenta valutazione volta a trovare il giusto equilibrio tra la ricerca di un'efficienza industriale minima e la garanzia di una sufficiente partecipazione degli operatori alle gare –:
se non ritenga di adottare iniziative di competenza volte a promuovere un confronto con gli stakeholder, nell'ottica di favorire un necessario ridisegno del mercato attraverso misure di incentivazione delle aggregazioni e nel rispetto delle dinamiche concorrenziali, dell'ambiente e della vita dei cittadini.
(3-01475)
Iniziative in materia di politica energetica volte ad attrarre investimenti nel settore delle fonti rinnovabili, con particolare riguardo alla vicenda della Senec di Brindisi – 3-01476
D'ATTIS e CAROPPO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
Senec Italia aveva programmato nel 2022 l'apertura nell'area industriale di Brindisi di una fabbrica per la produzione di celle e moduli fotovoltaici da 300 lavoratori diretti e 1 giga di capacità prodotta, per un investimento complessivo di 200 milioni di euro;
da articoli di stampa sembra che il percorso di investimento della Senec si sia interrotto bruscamente. Le incertezze normative degli ultimi mesi e le modifiche ai bonus edilizi hanno provocato un mutamento delle condizioni di mercato, con un importante calo della domanda di impianti fotovoltaici, a tal punto da far considerare l'investimento in territorio pugliese non più remunerativo;
l'attrazione di investimenti nel settore delle rinnovabili risulta fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima;
al fine di creare una filiera in Italia che consenta la transizione ambientale e il contrasto alle dipendenze da Paesi terzi, occorre un quadro normativo stabile insieme ad una pianificazione di incentivi a medio termine che garantirebbero maggiori certezze agli investitori, altrimenti pronti a dirottare gli investimenti su progetti ritenuti maggiormente affidabili –:
quali siano le iniziative di politica energetica in materia di fonti rinnovabili che il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica intende adottare, al fine di garantire un quadro stabile e duraturo per gli investitori.
(3-01476)
Intendimenti in ordine alla ripresa della produzione di energia nucleare in Italia – 3-01477
LUPI, ALESSANDRO COLUCCI, CAVO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la ripresa della generazione di energia elettrica per via nucleare in Italia può essere oggi considerata una possibilità reale, così come si va sempre più diffondendo la consapevolezza che tecnologie nucleari di nuova generazione potranno giocare un ruolo rilevante per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione verso la neutralità climatica, nonché per garantire sicurezza degli approvvigionamenti a costi competitivi;
diverse forze politiche hanno promosso recentemente iniziative legislative volte a riavviare la produzione di energia nucleare nel nostro Paese;
il 27 settembre 2024 il Consiglio dei ministri ha approvato il «Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029», introdotto con la riforma del Patto di stabilità e crescita approvata dall'Unione europea nel mese di aprile 2024;
il Piano costituisce il documento con cui il Governo descrive il percorso che intende intraprendere nei cinque anni successivi al fine di rientrare nei parametri stabiliti dall'Unione europea, con riferimento in particolare al criterio della spesa netta;
il documento citato presenta indicazioni rilevanti sulla politica di bilancio e informazioni sulle riforme e sugli investimenti che il Paese intende realizzare e che concorrono alla stabilità dei conti pubblici e alla crescita del Paese;
le misure incluse nel Piano approvato dal Governo comprendono anche l'indicazione di un disegno di legge recante delega per introdurre un quadro legislativo di riferimento per accogliere la proposta di ripresa della produzione di energia nucleare in Italia a partire dal 2030, anche in linea con l'orientamento del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima;
l'intervento normativo, sempre secondo il Piano, costituirà la cornice per la produzione di energia nucleare «abilitando le necessarie infrastrutture, potenziando le risorse umane, promuovendo partenariati pubblico-privati nell'ambito dell'intero sistema nucleare, incentivando accordi internazionali e creando un quadro finanziario stabile e sostenibile in grado di promuovere investimenti privati in un settore particolarmente capital intensive, quale quello del nucleare» –:
quali siano le risorse e le tempistiche di adozione delle iniziative normative volte all'avvio dei progetti di ricerca e sviluppo industriale, in grado di validare le più rilevanti scelte progettuali e tecnologiche.
(3-01477)
Iniziative urgenti in ordine all'immissione in ruolo e alla stabilizzazione del personale docente e amministrativo del comparto scuola – 3-01478
PICCOLOTTI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI e ZARATTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
la Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea per non aver posto fine all'uso eccessivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie nella scuola. Secondo la Commissione europea, l'Italia, in piena violazione delle previsioni contenute nella direttiva del Consiglio 1999/70/CE, non ha disposto norme necessarie per vietare la disparità di condizioni di lavoro e il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato successivi;
nel dispositivo si legge che la retribuzione dei docenti a tempo determinato «non prevede una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio. Ciò costituisce una discriminazione rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato, che hanno invece diritto a tale progressione salariale»;
procedura di infrazione che, però, non rappresenta affatto un fulmine a ciel sereno, ma solo l'ultimo passaggio di un'azione che la Commissione europea aveva avviato con l'invio di una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane, nel luglio 2019. Poi una seconda lettera nel dicembre 2020 e un'altra nell'aprile 2023;
secondo il rapporto Education at a glance 2024, che analizza le condizioni del settore dell'istruzione in tutto il mondo, l'Italia investe poco nella scuola: i docenti italiani in media sono i più anziani, con il 53 per cento di insegnanti che ha oltre 50 anni rispetto al 37 per cento della media Ocse. Attualmente, i docenti over 50 nell'istruzione primaria sono il 57 per cento, nella scuola secondaria inferiore sono il 48 per cento, mentre nella scuola secondaria superiore sono il 54 per cento. Inoltre, l'Italia destina il 4,0 per cento del suo prodotto interno lordo alla spesa pubblica a sostegno degli istituti di istruzione, dal livello primario a quello terziario (incluso il settore ricerca e sviluppo), contro il 4,9 per cento della media dei Paesi Ocse;
un ulteriore dato di analisi riguarda le retribuzioni: l'Ocse confronta gli stipendi annuali, secondo un parametro di conversione che tiene conto del potere d'acquisto reale. Meno degli italiani guadagnano solo estoni, ungheresi, polacchi, greci, slovacchi, lettoni e croati. L'Italia è il fanalino di coda del G7 e dei Paesi con prodotti interni lordi comparabili –:
se non intenda intervenire con urgenza, procedendo all'immissione in ruolo, in primis utilizzando le graduatorie di tutti i precedenti concorsi, in tutti i posti vacanti e disponibili per i docenti, facendo lo stesso per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario e stabilizzando gli insegnanti di sostegno per dare prospettive certe a chi oggi, da lavoratore precario, permette alla scuola di funzionare.
(3-01478)
Iniziative in ordine al reclutamento e alla stabilizzazione dei docenti, anche in relazione al recente deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea – 3-01479
MANZI, GHIO, BERRUTO, IACONO, ORFINI, FERRARI, FORNARO e CASU. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
l'avvio dell'anno scolastico 2024/2025, su oltre 63.000 posti vacanti disponibili, ha registrato solo 45.124 immissioni in ruolo di insegnanti della scuola d'infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado, lasciando scoperte quasi 19.000 cattedre; a questi numeri vanno aggiunte poi le decine di migliaia di posti precari legati, soprattutto, al sostegno;
secondo i dati pubblicati dalle riviste di settore il numero dei precari della scuola ammonterebbe a 250 mila docenti, fenomeno non omogeneo sul territorio. Stando ai numeri forniti dall'Ufficio scolastico ligure e riportati dai quotidiani nazionali – a titolo esemplificativo – più di un insegnante su tre ha un incarico di supplenza annuale; 703 posti sono destinati al sostegno in ogni ordine e grado, a fronte, invece, delle immissioni di ruolo autorizzate di soltanto 1.299 assunzioni a tempo indeterminato, che hanno coperto appena il 63 per cento dei posti complessivi;
circa 103.000 dei 250.000 docenti precari sono specializzati nel sostegno, un settore che richiede particolare attenzione e competenza;
come è noto, il ruolo dei docenti di sostegno è fondamentale per garantire un'educazione inclusiva e di qualità a tutti gli studenti, compresi quelli con disabilità, che, al pari di ogni studente, hanno il diritto allo studio e alla continuità didattica;
anche in seguito alle diverse proteste da parte dei precari, in 4 mila solo in Liguria, è di questi giorni la decisione della Commissione europea di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea per non aver posto fine all'uso eccessivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie nella scuola;
l'Italia, afferma la Commissione europea, «non ha adottato le norme necessarie per vietare la discriminazione in merito alle condizioni di lavoro e l'uso abusivo di successivi contratti a tempo determinato». Inoltre, la legislazione sullo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche, che «non prevede una progressione salariale basata sui precedenti periodi di servizio», costituisce «una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato» –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di reclutare un maggior numero di insegnanti e affrontare le problematiche conseguenti al deferimento dell'Italia a causa del precariato, garantendo una stabilità lavorativa a migliaia di insegnanti e, al contempo, a tutti gli studenti, con particolare riguardo agli studenti con disabilità, il diritto allo studio e la continuità didattica.
(3-01479)
Chiarimenti in ordine ai dati relativi alle supplenze per l'anno scolastico 2024-2025 – 3-01480
SASSO, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
diversi organi di stampa, oltre che talune associazioni sindacali, hanno evidenziato numerose criticità legate all'avvio dell'anno scolastico 2024/2025, asserendo che la scuola italiana continua a versare in una grave condizione;
tale condizione sarebbe determinata, puntualmente, dall'annoso problema del precariato storico che ha ricadute significative non solo sulle aspettative lavorative dei docenti, ma più in generale sul sistema educativo di istruzione;
la questione non è certamente nuova; infatti, il tema del precariato ha sempre alimentato dibattiti e critiche. Quest'anno, da quanto si apprende dagli organi di stampa, è stato stimato addirittura il record di circa 250 mila insegnanti a tempo determinato. Il problema del precariato sembrerebbe particolarmente grave per gli insegnanti di sostegno;
si tratta di dati che, se confermati, dimostrerebbero una realtà preoccupante che richiederebbe un intervento decisivo per ricondurre il fenomeno a dimensioni accettabili e fisiologiche, nonché per rivedere il sistema di reclutamento;
in verità, chi conosce la realtà scolastica, e la vive quotidianamente, ha la percezione che le cose stiano in modo diverso e che i dati sopra descritti non corrispondano al vero –:
quali siano i dati relativi alle supplenze per l'anno scolastico 2024/2025, al fine di fare chiarezza sui numeri che continuano a circolare e che rischiano di screditare l'operato di questo Governo.
(3-01480)
Iniziative per la prevenzione e il contrasto delle violenze nei confronti delle Forze dell'ordine, anche in relazione agli incidenti verificatisi in occasione delle recenti manifestazioni a favore della Palestina – 3-01481
FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, URZÌ, DE CORATO, KELANY, MICHELOTTI, MURA, SBARDELLA e PERISSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in occasione del 7 ottobre 2024, data nella quale si è ricordato il primo anniversario della brutale aggressione di Hamas ai civili israeliani in alcuni villaggi del Sud del Paese, costata la vita a millequattrocento persone e nell'ambito della quale sono stati sequestrati oltre duecentocinquanta ostaggi, le città di Roma e Torino sono state teatro di due grandi manifestazioni pro-Palestina;
entrambi non autorizzati, i cortei – che hanno attraversato le diverse zone delle due città – si sono trasformati ben presto in una vera e propria guerriglia urbana, con bombe carta e pali della segnaletica divelti in strada usati per sfondare il cordone delle forze dell'ordine;
durante le manifestazioni, infatti, alcuni gruppi di violenti, tra cui militerebbero in larga parte frequentatori abituali dei centri sociali ed esponenti della sinistra extraparlamentare, sono avanzati in prima fila scagliandosi contro gli agenti;
durante gli scontri verificatisi a Roma, in particolare, sono almeno trentaquattro gli agenti delle forze dell'ordine rimasti feriti, di cui venti della Polizia di Stato e quattro della Guardia di finanza, mentre a Torino il bilancio dei feriti è di tre agenti, due del reparto mobile e uno della polizia scientifica, i quali, a causa delle lesioni riportate a seguito del lancio di bombe carta, sono stati trasportati in ospedale;
ancora una volta il ruolo delle forze dell'ordine è risultato fondamentale per garantire la sicurezza e l'ordine pubblico ed è inaccettabile che queste siano puntualmente bersaglio di atti di violenza perpetrati da soggetti che con intenzionalità trasformano manifestazioni, che dovrebbero essere pacifiche, in violenti scontri fisici e verbali –:
quali iniziative intenda assumere per potenziare le attività di prevenzione e contrasto rispetto ai gruppi antagonisti protagonisti delle violenze e al fine di tutelare l'incolumità degli agenti delle forze dell'ordine dalle aggressioni subite durante le operazioni di servizio.
(3-01481)
PROPOSTA DI LEGGE: CHIESA ED ALTRI: RICONOSCIMENTO DEL RELITTO DEL REGIO SOMMERGIBILE «SCIRÈ» QUALE SACRARIO MILITARE SUBACQUEO (A.C. 1744)
A.C. 1744 – Parere della I Commissione
PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
NULLA OSTA
sugli emendamenti contenuti nel fascicolo.
A.C. 1744 – Parere della V Commissione
PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
NULLA OSTA
sugli emendamenti contenuti nel fascicolo.
A.C. 1744 – Articolo 1
ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI
Art. 1.
(Riconoscimento del relitto del regio sommergibile «Scirè» come sacrario militare subacqueo)
1. Il relitto del regio sommergibile «Scirè», affondato il 10 agosto 1942 nella baia di Haifa nel territorio dello Stato di Israele, è riconosciuto come sacrario militare subacqueo.
PROPOSTE EMENDATIVE
ART. 1.
(Riconoscimento del relitto del regio sommergibile «Scirè» come sacrario militare subacqueo)
Al comma 1, premettere le parole: Al fine di onorare i militari italiani che hanno perso la vita nel sommergibile «Scirè», rendendo loro omaggio e non dimenticando le responsabilità del regime fascista e della monarchia che hanno trascinato l'intera comunità nazionale in una guerra di aggressione al fianco della Germania nazista,.
1.1. De Maria, Graziano, Giachetti, Rosato, Fornaro.
Al comma 1, premettere le parole: Al fine di onorare i militari italiani che persero la vita nell'affondamento del sommergibile Scirè, rendendo loro omaggio quali vittime della guerra scatenata dal regime fascista e dalla monarchia che trascinarono l'intera comunità nazionale in un conflitto mondiale di aggressione al fianco della Germania nazista,.
1.100. Pellegrini, Baldino, Lomuti.
Al comma 1, premettere le parole: Al fine di onorare i militari italiani che hanno perso la vita nel sommergibile «Scirè», rendendo loro omaggio,.
Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere in fine, le parole: , ferme restando le gravi responsabilità del regime fascista e della monarchia che trascinarono l'intera comunità nazionale in una guerra di aggressione al fianco della Germania nazista.
1.101. Zanella.