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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 30 ottobre 2024

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 30 ottobre 2024.

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Caiata, Calderone, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Grippo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Magi, Mangialavori, Maschio, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Caiata, Calderone, Cappellacci, Carloni, Cecchetti, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Grippo, Guerini, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Scerra, Schullian, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 29 ottobre 2024 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa delle deputate:

   ASCANI e BRAGA: «Istituzione dell'Autorità nazionale per l'intelligenza artificiale e le neurotecnologie» (2121).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   II Commissione (Giustizia):

  DONDI: «Modifica all'articolo 649 del codice penale, concernente il regime di procedibilità per i delitti contro il patrimonio commessi in danno di congiunti» (1991) Parere delle Commissioni I, V e XII.

   IX Commissione (Trasporti):

  DARA ed altri: «Modifica all'articolo 201 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, concernente le spese di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale» (1964) Parere delle Commissioni I, II e V.

Trasmissione dalla Presidenza
del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 25 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, concernenti l'esercizio di poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale nonché inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, l'estratto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2024, recante l'esercizio di poteri speciali, con condizioni, in relazione all'acquisizione da parte della società indiana Kalyani Strategic Systems Limited del 30 per cento della società Edgelab Srl (procedimento n. 309/2024).

  Questo documento è trasmesso alla IV Commissione (Difesa), alla IX Commissione (Trasporti) e alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di sentenze
della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:

  Sentenza n. 166 del 24 settembre – 22 ottobre 2024 (Doc. VII, n. 385),

   con la quale:

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 341-bis, del codice penale, come modificato dall'articolo 7, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53 (Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2019, n. 77, sollevate dal Tribunale ordinario di Trieste, sezione penale, in composizione monocratica, in riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione:

   alla II Commissione (Giustizia);

  Sentenza n. 167 del 24 settembre – 24 ottobre 2024 (Doc. VII, n. 386),

   con la quale:

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 26, commi 20, lettera a), e 21, della legge della regione Abruzzo 25 gennaio 2024, n. 4, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio di previsione finanziario 2024-2026 della regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2024)», promosse, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri:

   alla VIII Commissione (Ambiente);

  Sentenza n. 170 del 25 settembre – 29 ottobre 2024 (Doc. VII, n. 389),

   con la quale:

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 12 e 13, della legge della regione Sardegna 5 febbraio 2024, n. 1 (Disposizioni finanziarie in materia di promozione turistica, sanità e su varie materie), promosse, in riferimento agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, quest'ultimo relativamente ai principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica» recati dall'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nonché per mancanza di coordinamento con l'articolo 5, commi 12 e 13, della legge della regione Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023), dal Presidente del Consiglio dei ministri;

    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 12 e 13, della legge della regione Sardegna n. 1 del 2024, promossa, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, relativamente ai principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica» recati dall'articolo 15, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, dal Presidente del Consiglio dei ministri:

   alla XII Commissione (Affari sociali);

  Sentenza n. 171 del 24 settembre – 29 ottobre 2024 (Doc. VII, n. 390),

   con la quale:

    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), come sostituito dall'articolo 1, comma 715, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)», nella parte in cui prevede che «la medesima imposta è indeducibile ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive», sollevata, in riferimento all'articolo 41 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, sezione 2;

    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011, come sostituito dall'articolo 1, comma 715, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui prevede che «la medesima imposta è indeducibile ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive», sollevata, in riferimento all'articolo 53 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Reggio Emilia, sezione 1;

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), «nella parte in cui sancisce la totale indeducibilità dell'IMU dalla base imponibile dell'IRAP», sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Reggio Emilia, sezione 1;

    dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011, come sostituito dall'articolo 1, comma 715, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui prevede che «la medesima imposta è indeducibile ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive», sollevata, in riferimento all'articolo 53 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, sezione 2;

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011, come sostituito dall'articolo 1, comma 715, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui prevede che «la medesima imposta è indeducibile ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive», sollevate, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, sezione 2, e dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Reggio Emilia, sezione 1:

   alla VI Commissione (Finanze).

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:

  in data 28 ottobre 2024, Sentenza n. 168 del 25 settembre 2024 – 28 ottobre 2024 (Doc. VII, n. 387),

   con la quale:

   dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della regione Sardegna 5 febbraio 2024, n. 2 (Disposizioni in materia di istruzione):

   alla VII Commissione (Cultura);

  in data 29 ottobre 2024, Sentenza n. 169 del 24 settembre 2024 – 29 ottobre 2024 (Doc. VII, n. 388),

   con la quale:

   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 25, comma 2, della legge della Regione Siciliana 16 gennaio 2024, n. 1 (Legge di stabilità regionale 2024-2026);

   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 8 della legge della Regione Siciliana n. 1 del 2024, promosse, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 97, commi primo e secondo, della Costituzione, nonché all'articolo 14, comma 1, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana), dal Presidente del Consiglio dei ministri:

   alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministro
per i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettere in data 24 e 30 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, le osservazioni della Spagna in ordine al progetto di regola tecnica, di cui alla notifica 2024/0438/IT, relativa agli articoli 5, comma 1, lettera d), e 23 del disegno di legge recante disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale (atto Senato n. 1146).

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla VII Commissione (Cultura), alla IX Commissione (Trasporti), alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettere in data 24 e 30 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, il parere circostanziato della Repubblica di Malta in ordine al progetto di regole tecniche, di cui alla notifica 2024/0405/IT, relative al rapporto di concessione per l'esercizio e la raccolta dei giochi di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 25 marzo 2024, n. 41.

  Questo documento è trasmesso alla VI Commissione (Finanze) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR.

  Il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, con lettera in data 29 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, l'elenco delle procedure giurisdizionali e di precontenzioso con l'Unione europea, riferito al secondo trimestre del 2024 (Doc. LXXIII-bis, n. 8).

  Questo documento è trasmesso a tutte le Commissioni permanenti e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 29 ottobre 2024, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilitazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea per fornire assistenza alla Germania e all'Italia in relazione alle alluvioni verificatesi nel 2024 (COM(2024) 480 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 29 ottobre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:

  Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla valutazione finale del programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME) 2014-2020 (COM(2024) 425 final);

  Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo – Sintesi delle relazioni di attuazione annuali per i programmi operativi cofinanziati dal Fondo di aiuti europei agli indigenti nel 2022 (COM(2024) 457 final).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 16 SETTEMBRE 2024, N. 131, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER L'ATTUAZIONE DI OBBLIGHI DERIVANTI DA ATTI DELL'UNIONE EUROPEA E DA PROCEDURE DI INFRAZIONE E PRE-INFRAZIONE PENDENTI NEI CONFRONTI DELLO STATO ITALIANO (A.C. 2038-A)

A.C. 2038-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano;

    il disegno di legge di conversione, annunziato alla Camera nella seduta del 17 settembre, è stato assegnato, in sede referente, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze), ledendo, a parere dei firmatari dell'ordine del giorno, le prerogative e le competenze proprie della Commissione Politiche dell'Unione europea, della quale è stato previsto il solo parere in sede consultiva, in assenza del necessario approfondimento nella sede ritenuta propria dai presentatori;

    alla mancata assegnazione della Commissione Politiche dell'Unione europea in sede referente, si sommano altresì rilevanti perplessità – in carenza dei presupposti legittimanti – in merito alla ripetuta scelta del Governo di ricorrere alla decretazione d'urgenza per affrontare il nodo delle numerose procedure di infrazione pendenti a carico del nostro Paese;

    nel merito, si fa presente che contestualmente all'esame del provvedimento la Commissione europea, il 26 settembre 2024, ha comunicato di avere avviato la procedura di infrazione nei confronti di 26 Stati dell'Unione europea che non hanno ancora recepito integralmente le disposizioni introdotte dalla direttiva 2023/2413/Ue (cosiddetto Red III), relative alla semplificazione e accelerazione delle procedure autorizzative;

    la procedura riguarda anche lo Stato italiano che non ha recepito integralmente, entro il primo luglio 2024, le modifiche apportate alla direttiva 2018/2001, tra cui l'individuazione di limiti temporali per la concessione delle autorizzazioni, dovendo anche considerare «di interesse pubblico prevalente» i progetti di energia rinnovabile e le infrastrutture di collegamento alla rete elettrica;

    la Commissione ricorda nel comunicato che la direttiva 2023/2413 è entrata in vigore a novembre 2023 e deve essere recepita entro il 21 magio 2025. Il termine è però anticipato al 1° luglio 2024 per alcune disposizioni, tra le quali le misure volte a semplificare e accelerare le procedure di autorizzazione sia per i progetti di energia rinnovabile sia per quelli infrastrutturali necessari a integrare l'energia rinnovabile nel sistema elettrico;

    per superare la procedura europea di messa in mora, lo Stato italiano ha due mesi di tempo per rispondere e completare il recepimento delle norme;

    si rammenta che precedentemente la Commissione era già intervenuta sull'argomento con la raccomandazione 2024/1343/Ue a sostegno degli Stati per «il pieno e rapido recepimento della direttiva (Ue) 2023/2413 ... data l'urgenza di accelerare la diffusione dei progetti di energia rinnovabile». Nel testo della raccomandazione sono elencati, tra l'alto, una serie di orientamenti specifici sulla designazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili;

    sul mercato di riferimento, nel mese di ottobre, il prezzo medio del gas è aumentato raggiungendo i 40 euro/MWh. Nello stesso mese il prezzo unico nazionale dell'energia elettrica sul mercato del giorno prima è pari 116 euro/MWh. I livelli di prezzo indicati, più che raddoppiati rispetto a quelli raggiunti nel periodo pre-Covid sugli stessi mercati, sono classificati i più alti d'Europa, determinano aumenti dei costi di produzione delle imprese ed erodono il potere di acquisto dei consumatori domestici;

    il fattore che determina in Italia i livelli di prezzo più elevati rispetto a quelli di altri Paesi europei è il costo dei cicli combinati alimentati con il gas naturale. Il divario con i prezzi dell'energia degli altri Paesi continua ad essere consistente nonostante i dati forniti da Terna indicano che nei primi sei mesi del 2024 la domanda di energia elettrica è stata coperta dalle fonti energetiche rinnovabili per il 43,8 per cento, contro il 34,9 per cento dei primi sei mesi del 2023;

    nello stesso periodo la Spagna ha coperto quasi il 60 per cento della domanda elettrica. Secondo uno studio presentato nel settembre 2024 dal Banco de España, la penetrazione delle rinnovabili in Spagna ha raggiunto un livello tale da determinare una riduzione del 40 per cento dei prezzi dell'energia elettrica rispetto al valore che avrebbe raggiunto se la generazione di eolico e fotovoltaico fosse stata quella prodotta nel 2019 (circa il 30 per cento dei consumi è stato coperto dalle rinnovabili);

    tenuto presente che a fine 2024 la Spagna ha seguito la scelta energetica della Germania approvando un piano per l'abbandono graduale del nucleare entro il 2035 che attualmente ricopre il circa il 20 per cento del mix energetico nazionale;

    il territorio spagnolo sicuramente ha delle caratteristiche territoriali più idonee alla realizzazione degli impianti rinnovabili ma diversamente dalle scelte italiane hanno intrapreso decisioni politiche per la decarbonizzazione sicuramente più convincenti e prive di «stop and go» che invece da noi ostacolano la crescita delle rinnovabili, come il decreto aree idonee, il decreto-legge agricoltura, il testo unico sulle rinnovabili, tutti provvedimenti adottati da questo Governo;

    la crescita delle rinnovabili in Germania è allineata a quella spagnola. Nel primo semestre del 2024 ha raggiunto il record coprendo il 61,5 per cento dei consumi elettrici con le fonti rinnovabili. Lo scorso anno era al 53 per cento;

    al fine di ridurre i costi dell'energia elettrica e migliorare la sicurezza del Paese in Italia non si facilita lo sviluppo delle rinnovabili come la Spagna e la Germania: il Governo e la Confindustria italiana si sono mossi controcorrente riscoprendo il nucleare per ridurre i costi dell'energia, attraverso una tecnologia con prestazioni ben lungi dall'essere comprovate che potrebbero essere mature secondo i migliori auspici inseriti improvvidamente nel PNIEC entro il 2035;

    queste scelte politiche, aggravate dall'assenza di misure nella legge di bilancio 2025 per contrastare il caro energia a cittadini ed imprese, purtroppo non solo ritarderanno il processo di decarbonizzazione e d'innovazione dei settori produttivi ma comporteranno la perdita di competitività dei settori dell'industria e dei servizi;

    solo con il raggiungimento degli obbiettivi europei sulle rinnovabili e sull'efficienza energetica nel nostro Paese si potrà conseguire la riduzione dei costi delle bollette di energia elettrica a cittadini ed imprese rafforzando la sicurezza del sistema energetico,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza iniziative legislative di competenza volte a recepire integralmente le disposizioni introdotte dalla direttiva 2023/2413/Ue (cosiddetto Red III) al fine di favorire la produzione di energia rinnovabile e la conseguente riduzione dei costi dell'energia elettrica.
9/2038-A/1. Cappelletti.


   La Camera

impegna il Governo

ad adottare con urgenza iniziative legislative di competenza volte a recepire integralmente le disposizioni introdotte dalla direttiva 2023/2413/Ue (cosiddetto Red III) al fine di favorire la produzione di energia rinnovabile e la conseguente riduzione dei costi dell'energia elettrica.
9/2038-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Cappelletti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, avente ad oggetto disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano, dispone all'articolo 1, la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive e di quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte nel registro del CONI e da enti del Terzo settore;

    il suesposto articolo definisce inoltre, le nuove procedure di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive che dovranno essere espletate, successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, entro il 30 giugno 2027, prevedendo altresì i criteri di indennizzo per i concessionari uscenti nonché la disciplina per la definizione e l'aggiornamento delle misure unitarie dei canoni demaniali;

    nel caso specifico di rilascio della concessione a favore di un nuovo concessionario, il nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118, che detta disposizioni in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, prevede al comma 9, che il concessionario uscente ha diritto al riconoscimento di un indennizzo, posto a carico del concessionario subentrante, pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione, nonché pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un'equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni;

    il medesimo comma 9 stabilisce inoltre, che il valore degli investimenti effettuati e non ammortizzati e l'ammontare necessario a garantire un'equa remunerazione sono determinati con apposita perizia acquisita dall'ente concedente prima della pubblicazione del bando di gara, che deve essere rilasciata in forma asseverata con esplicita dichiarazione di responsabilità da parte di un professionista nominato dal medesimo ente concedente tra cinque nominativi indicati dal Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;

    al riguardo, i sottoscrittori del presente atto evidenziano che dalla formulazione letterale di tale ultima disposizione non risulta chiaro se ciascun ente concedente debba richiedere al Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, per ciascuna perizia, una rosa di cinque nominativi di professionisti nel cui ambito nominare l'incaricato, ovvero se sarà nominata un'unica rosa di cinque professionisti a livello nazionale, al cui interno ciascun ente concedente potrà scegliere il professionista chiamato ad asseverare le perizie per le procedure di concessione che saranno avviate;

    in relazione a quanto suesposto, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto, appare necessaria una precisione, al fine di rendere più esplicita l'applicazione della disposizione relativa all'apposita perizia, con particolare riferimento alla rosa dei commercialisti cui l'ente concedente deve richiedere al Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, al fine del rilascio della perizia asseverata,

impegna il Governo

a chiarire la portata normativa della disposizione in premessa riportata, al fine di precisare se i cinque nominativi indicati ai sensi del predetto comma 9 siano da riferirsi a ciascun ente concedente oppure a ciascuna procedura.
9/2038-A/2. Matera, Congedo, Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, avente ad oggetto disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano, dispone all'articolo 1, la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive e di quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte nel registro del CONI e da enti del Terzo settore;

    il suesposto articolo definisce inoltre, le nuove procedure di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive che dovranno essere espletate, successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, entro il 30 giugno 2027, prevedendo altresì i criteri di indennizzo per i concessionari uscenti nonché la disciplina per la definizione e l'aggiornamento delle misure unitarie dei canoni demaniali;

    nel caso specifico di rilascio della concessione a favore di un nuovo concessionario, il nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118, che detta disposizioni in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, prevede al comma 9, che il concessionario uscente ha diritto al riconoscimento di un indennizzo, posto a carico del concessionario subentrante, pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione, nonché pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un'equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni;

    il medesimo comma 9 stabilisce inoltre, che il valore degli investimenti effettuati e non ammortizzati e l'ammontare necessario a garantire un'equa remunerazione sono determinati con apposita perizia acquisita dall'ente concedente prima della pubblicazione del bando di gara, che deve essere rilasciata in forma asseverata con esplicita dichiarazione di responsabilità da parte di un professionista nominato dal medesimo ente concedente tra cinque nominativi indicati dal Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;

    al riguardo, i sottoscrittori del presente atto evidenziano che dalla formulazione letterale di tale ultima disposizione non risulta chiaro se ciascun ente concedente debba richiedere al Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, per ciascuna perizia, una rosa di cinque nominativi di professionisti nel cui ambito nominare l'incaricato, ovvero se sarà nominata un'unica rosa di cinque professionisti a livello nazionale, al cui interno ciascun ente concedente potrà scegliere il professionista chiamato ad asseverare le perizie per le procedure di concessione che saranno avviate;

    in relazione a quanto suesposto, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto, appare necessaria una precisione, al fine di rendere più esplicita l'applicazione della disposizione relativa all'apposita perizia, con particolare riferimento alla rosa dei commercialisti cui l'ente concedente deve richiedere al Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, al fine del rilascio della perizia asseverata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire la portata normativa della disposizione in premessa riportata, al fine di precisare se i cinque nominativi indicati ai sensi del predetto comma 9 siano da riferirsi a ciascun ente concedente oppure a ciascuna procedura.
9/2038-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta)Matera, Congedo, Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 14 reca una serie di misure volte a superare le procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia per quanto attiene alle misure di attuazione della direttiva europea in materia di qualità dell'aria;

    i combustibili sostenibili per l'aviazione – (Sustainable Aviation Fuel-SAF) rappresentano lo strumento per la decarbonizzazione del trasporto aereo. Il recente Regolamento n. 2405 del 18 ottobre 2023 (cosiddetto ReFuelUE Aviation) prevede a partire già dal 2025 che i carburanti per l'aviazione contengano quote minime di SAF. È una normativa che obbliga i fornitori di combustibili ad aumentare la percentuale di carburanti sostenibili per l'aviazione nel carburante, compresi i carburanti sintetici a basse emissioni di carbonio, con target crescenti;

    l'articolo 39 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, prevede che al fine di promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti, i fornitori di combustibili da fonte fossile siano obbligati a conseguire entro il 2030 una quota almeno pari al 16 per cento di fonti rinnovabili sul totale di carburanti immessi in consumo nell'anno di riferimento;

    la Direttiva RED III (Direttiva UE 2023/2413 – testo consolidato con rifusione della Direttiva UE 2018/2001) all'articolo 25, paragrafo 3, lettera c), consente agli Stati membri, nella definizione dell'obbligo di immissione in consumo di biocarburanti in capo ai fornitori di combustibile, di «distinguere tra diversi vettori energetici» ed eventualmente esentare dagli obblighi di immissione in consumo alcuni vettori;

    tra le soluzioni e i vettori energetici su cui l'Italia sta puntando per raggiungere la carbon neutrality al 2050 ci sono i biocarburanti HVO (è l'Hydrotreated Vegetable Oil). I SAF sono prodotti anche attraverso un ulteriore trattamento dell'HVO stesso ma, sulla base delle specifiche internazionali ASTM D7566 e ASTM D1655 relative ai carburanti per l'alimentazione dei mezzi aerei, attualmente non possono ancora essere utilizzati in purezza;

    non comprendere gli impianti destinati a tali carburanti sostenibili per l'aviazione penalizza la decarbonizzazione del trasporto aereo e rischia di limitare lo sviluppo degli stessi impianti di produzione di HVO. È necessario, infatti, conseguire la sostenibilità economica delle diverse soluzioni al fine di pervenire ad un prezzo finale del prodotto, che si avvicini al prezzo del carburante da fonte fossile,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di consentire l'accesso al contributo di cui al Fondo per la decarbonizzazione e per la riconversione verde delle raffinerie esistenti, anche ai casi di riconversione totale o parziale di una raffineria tradizionale alla produzione dei SAF, nei limiti di quanto consentito consentito dalle normative vigenti;

   ad adottare le iniziative normative di competenza volte a razionalizzare l'impianto normativo in materia di emissioni nel ciclo di vita dei carburanti, adeguando il decreto legislativo n. 199 del 2021 alla Direttiva RED III (Direttiva UE 2023/2413 – testo consolidato con rifusione della Direttiva UE 2018/2001) nella parte in cui consente agli Stati membri, nella definizione dell'obbligo di immissione in consumo di biocarburanti in capo ai fornitori di combustibile, di «distinguere tra diversi vettori energetici».
9/2038-A/3. Squeri.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 14 reca una serie di misure volte a superare le procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia per quanto attiene alle misure di attuazione della direttiva europea in materia di qualità dell'aria;

    i combustibili sostenibili per l'aviazione – (Sustainable Aviation Fuel-SAF) rappresentano lo strumento per la decarbonizzazione del trasporto aereo. Il recente Regolamento n. 2405 del 18 ottobre 2023 (cosiddetto ReFuelUE Aviation) prevede a partire già dal 2025 che i carburanti per l'aviazione contengano quote minime di SAF. È una normativa che obbliga i fornitori di combustibili ad aumentare la percentuale di carburanti sostenibili per l'aviazione nel carburante, compresi i carburanti sintetici a basse emissioni di carbonio, con target crescenti;

    l'articolo 39 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, prevede che al fine di promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti, i fornitori di combustibili da fonte fossile siano obbligati a conseguire entro il 2030 una quota almeno pari al 16 per cento di fonti rinnovabili sul totale di carburanti immessi in consumo nell'anno di riferimento;

    la Direttiva RED III (Direttiva UE 2023/2413 – testo consolidato con rifusione della Direttiva UE 2018/2001) all'articolo 25, paragrafo 3, lettera c), consente agli Stati membri, nella definizione dell'obbligo di immissione in consumo di biocarburanti in capo ai fornitori di combustibile, di «distinguere tra diversi vettori energetici» ed eventualmente esentare dagli obblighi di immissione in consumo alcuni vettori;

    tra le soluzioni e i vettori energetici su cui l'Italia sta puntando per raggiungere la carbon neutrality al 2050 ci sono i biocarburanti HVO (è l'Hydrotreated Vegetable Oil). I SAF sono prodotti anche attraverso un ulteriore trattamento dell'HVO stesso ma, sulla base delle specifiche internazionali ASTM D7566 e ASTM D1655 relative ai carburanti per l'alimentazione dei mezzi aerei, attualmente non possono ancora essere utilizzati in purezza;

    non comprendere gli impianti destinati a tali carburanti sostenibili per l'aviazione penalizza la decarbonizzazione del trasporto aereo e rischia di limitare lo sviluppo degli stessi impianti di produzione di HVO. È necessario, infatti, conseguire la sostenibilità economica delle diverse soluzioni al fine di pervenire ad un prezzo finale del prodotto, che si avvicini al prezzo del carburante da fonte fossile,

impegna il Governo

  compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica:

   a valutare la possibilità di consentire l'accesso al contributo di cui al Fondo per la decarbonizzazione e per la riconversione verde delle raffinerie esistenti, anche ai casi di riconversione totale o parziale di una raffineria tradizionale alla produzione dei SAF, nei limiti di quanto consentito consentito dalle normative vigenti;

   ad adottare le iniziative normative di competenza volte a razionalizzare l'impianto normativo in materia di emissioni nel ciclo di vita dei carburanti, adeguando il decreto legislativo n. 199 del 2021 alla Direttiva RED III (Direttiva UE 2023/2413 – testo consolidato con rifusione della Direttiva UE 2018/2001) nella parte in cui consente agli Stati membri, nella definizione dell'obbligo di immissione in consumo di biocarburanti in capo ai fornitori di combustibile, di «distinguere tra diversi vettori energetici».
9/2038-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta)Squeri.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 14 reca una serie di misure volte a superare le procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia per quanto attiene alle misure di attuazione della direttiva europea in materia di qualità dell'aria;

    in particolare si prevede che venga istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia con il compito di elaborare, entro il 31 dicembre 2024, un Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell'aria al fine di individuare ulteriori misure ed iniziative finalizzate ad assicurare l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 10 novembre 2020 (causa 644/18);

    sulla stessa materia è intervenuto il decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale, che prevedeva che le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna provvedessero, entro dodici mesi, ad aggiornare i rispettivi piani di qualità dell'aria, posticipando la limitazione strutturale della circolazione stradale, delle autovetture e dei veicoli commerciali di categoria N1, N2 e N3 ad alimentazione diesel di categoria «Euro 5», esclusivamente a far data dal 1° ottobre 2024;

    il 16 ottobre è stata approvata dalla Camera la mozione 1-00335, nella quale si esplicita che dal 2018 l'età media di tutti i tipi di veicoli è aumentata di circa un anno (secondo il Rapporto in Italia è di 12,5 anni, ma un'auto su cinque è una Euro 0-2, con almeno 18 anni di anzianità);

    poiché le politiche sin qui perseguite a livello europeo sul rinnovo del parco veicoli sembrano aver sortito l'effetto di aumentare le difficoltà per i cittadini a svecchiare il parco circolante, la mozione 1-00335 ha impegnato il Governo a valutare i risultati applicativi del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, riconsiderandone gli obiettivi e adottando le misure che si dovessero rendere necessarie per il suo aggiornamento;

    è necessario evitare che le limitazioni alla circolazione comportino disagi non sostenibili a carico dei cittadini e delle attività produttive;

    talune amministrazioni locali adottano politiche ingiustificatamente ostili al traffico privato ove si consideri che l'obiettivo non è la circolazione privata, ma impedire il superamento di valori limite di emissione,

impegna il Governo

a prevedere che tra i contenuti del Piano siano ricomprese azioni idonee a consentire la fluidità del traffico veicolare – in quanto misure utili a ridurre il superamento dei valori limite di emissioni inquinanti – quali la cantierizzazione di opere negli orari o nei periodi meno impattanti e tenuto conto dei pareri delle associazioni di cittadini e produttive delle aree coinvolte, la creazione di percorsi alternativi idonei, la sistematica applicazione dell'onda verde semaforica, l'adozione di modelli di percorrenza viaria non ostativi alla circolazione, quanto piuttosto volti ad abbreviare tempi e percorsi.
9/2038-A/4. Battilocchio.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 14 reca una serie di misure volte a superare le procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia per quanto attiene alle misure di attuazione della direttiva europea in materia di qualità dell'aria;

    in particolare si prevede che venga istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia con il compito di elaborare, entro il 31 dicembre 2024, un Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell'aria al fine di individuare ulteriori misure ed iniziative finalizzate ad assicurare l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 10 novembre 2020 (causa 644/18);

    sulla stessa materia è intervenuto il decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell'aria e limitazioni della circolazione stradale, che prevedeva che le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna provvedessero, entro dodici mesi, ad aggiornare i rispettivi piani di qualità dell'aria, posticipando la limitazione strutturale della circolazione stradale, delle autovetture e dei veicoli commerciali di categoria N1, N2 e N3 ad alimentazione diesel di categoria «Euro 5», esclusivamente a far data dal 1° ottobre 2024;

    il 16 ottobre è stata approvata dalla Camera la mozione 1-00335, nella quale si esplicita che dal 2018 l'età media di tutti i tipi di veicoli è aumentata di circa un anno (secondo il Rapporto in Italia è di 12,5 anni, ma un'auto su cinque è una Euro 0-2, con almeno 18 anni di anzianità);

    poiché le politiche sin qui perseguite a livello europeo sul rinnovo del parco veicoli sembrano aver sortito l'effetto di aumentare le difficoltà per i cittadini a svecchiare il parco circolante, la mozione 1-00335 ha impegnato il Governo a valutare i risultati applicativi del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, riconsiderandone gli obiettivi e adottando le misure che si dovessero rendere necessarie per il suo aggiornamento;

    è necessario evitare che le limitazioni alla circolazione comportino disagi non sostenibili a carico dei cittadini e delle attività produttive;

    talune amministrazioni locali adottano politiche ingiustificatamente ostili al traffico privato ove si consideri che l'obiettivo non è la circolazione privata, ma impedire il superamento di valori limite di emissione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, che tra i contenuti del Piano siano ricomprese azioni idonee a consentire la fluidità del traffico veicolare – in quanto misure utili a ridurre il superamento dei valori limite di emissioni inquinanti – quali la cantierizzazione di opere negli orari o nei periodi meno impattanti e tenuto conto dei pareri delle associazioni di cittadini e produttive delle aree coinvolte, la creazione di percorsi alternativi idonei, la sistematica applicazione dell'onda verde semaforica, l'adozione di modelli di percorrenza viaria non ostativi alla circolazione, quanto piuttosto volti ad abbreviare tempi e percorsi.
9/2038-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta)Battilocchio.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 del decreto-legge reca disposizioni in materia di obblighi di pubblicità dei centri dati, in attuazione della direttiva (UE) 2023/1791 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2023;

    in un mondo sempre più interconnesso, la presenza del digitale è ormai altamente pervasiva nei modelli di business dell'impresa, nelle attività delle Pubbliche amministrazioni e nella società. Ogni servizio digitale, dal più semplice al più complesso, è erogato da un centro elaborazione dati (data center) che ne abilita il funzionamento e la fruizione da parte dell'utente;

    il ruolo dei data center risulta, quindi, fondamentale per abilitare lo sviluppo delle filiere digitali italiane, per abilitare percorsi di trasformazione digitale di imprese e pubbliche amministrazioni e la fruizione di servizi performanti per le persone;

    negli ultimi decenni, l'Italia ha recuperato un importante gap infrastrutturale che la differenziava rispetto ad altri Paesi europei arrivando sino ad oggi, dove lo scenario data center italiano sta vivendo un momento di accelerazione senza precedenti. Secondo una ricerca condotta dall'Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano, il quale dal 2020 monitora l'andamento di tale filiera italiana, ventitré organizzazioni – di cui otto società estere nuove entranti sul mercato italiano – hanno annunciato l'apertura di ottantatré nuove infrastrutture nel periodo 2023-2025, la cui messa in produzione potrà portare sul territorio, in potenziale, fino a 15 miliardi di euro di investimento complessivo;

    dal punto di vista economico, il mercato interno dei data center, se stimolato da adeguati investimenti, potrà raggiungere dimensioni considerevoli. Si prevede, infatti, che tra il 2024 e il 2028 l'Italia attrarrà investimenti significativi per la costruzione e l'allestimento di nuovi data center, con uno scenario di base che prevede 7,8 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture digitali entro i prossimi tre anni;

    anche con la crescita dell'intelligenza artificiale, gli investimenti potrebbero raggiungere i 10,5 miliardi di euro, con un impatto totale stimato di circa 15 miliardi di euro, includendo anche spese per apparecchiature IT e costi operativi;

    lo stesso Ministro Urso ha annunciato di aver ricevuto notizie di possibili investimenti pari a 30 miliardi di euro nel settore dei data center;

    tuttavia, la mancanza di un inquadramento dell'infrastruttura data center e di una procedura autorizzativa chiara ha generato alcune difficoltà nell'interazione tra le imprese del settore e gli enti territoriali e nazionali, determinando rallentamenti significativi nella costruzione e nella messa in opera dei progetti e inficiando significativamente gli investimenti nel settore;

    ad oggi, non esiste un percorso regolamentare e approvativo specifico. Spesso, infatti, si genera scarsa conoscenza e comprensione del tema all'interno degli enti locali e territoriali, che ricoprono però un ruolo chiave nell'iter autorizzativo di un data center;

    inoltre, si considera essenziale un quadro normativo chiaro che inquadri il settore dei data center al fine di garantire una corretta attuazione della direttiva (UE) 2023/1791, articolo 12, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2023,

impegna il Governo

ad adottare le misure di propria competenza necessarie affinché l'ISTAT stabilisca, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, il codice ATECO riferito ai centri di elaborazione dati, al fine di addivenire ad una disciplina di carattere generale degli stessi nel rispetto dei princìpi costituzionali, dell'ordinamento dell'Unione europea e del diritto internazionale.
9/2038-A/5. Pastorella.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 16 del decreto-legge reca disposizioni in materia di obblighi di pubblicità dei centri dati, in attuazione della direttiva (UE) 2023/1791 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2023;

    in un mondo sempre più interconnesso, la presenza del digitale è ormai altamente pervasiva nei modelli di business dell'impresa, nelle attività delle Pubbliche amministrazioni e nella società. Ogni servizio digitale, dal più semplice al più complesso, è erogato da un centro elaborazione dati (data center) che ne abilita il funzionamento e la fruizione da parte dell'utente;

    il ruolo dei data center risulta, quindi, fondamentale per abilitare lo sviluppo delle filiere digitali italiane, per abilitare percorsi di trasformazione digitale di imprese e pubbliche amministrazioni e la fruizione di servizi performanti per le persone;

    negli ultimi decenni, l'Italia ha recuperato un importante gap infrastrutturale che la differenziava rispetto ad altri Paesi europei arrivando sino ad oggi, dove lo scenario data center italiano sta vivendo un momento di accelerazione senza precedenti. Secondo una ricerca condotta dall'Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano, il quale dal 2020 monitora l'andamento di tale filiera italiana, ventitré organizzazioni – di cui otto società estere nuove entranti sul mercato italiano – hanno annunciato l'apertura di ottantatré nuove infrastrutture nel periodo 2023-2025, la cui messa in produzione potrà portare sul territorio, in potenziale, fino a 15 miliardi di euro di investimento complessivo;

    dal punto di vista economico, il mercato interno dei data center, se stimolato da adeguati investimenti, potrà raggiungere dimensioni considerevoli. Si prevede, infatti, che tra il 2024 e il 2028 l'Italia attrarrà investimenti significativi per la costruzione e l'allestimento di nuovi data center, con uno scenario di base che prevede 7,8 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture digitali entro i prossimi tre anni;

    anche con la crescita dell'intelligenza artificiale, gli investimenti potrebbero raggiungere i 10,5 miliardi di euro, con un impatto totale stimato di circa 15 miliardi di euro, includendo anche spese per apparecchiature IT e costi operativi;

    lo stesso Ministro Urso ha annunciato di aver ricevuto notizie di possibili investimenti pari a 30 miliardi di euro nel settore dei data center,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, l'adozione di misure specifiche anche di carattere normativo per l'individuazione di uno specifico codice ATECO riferito ai criteri di elaborazione dati, al fine di addivenire ad una disciplina di carattere generale degli stessi nel rispetto dei princìpi costituzionali, dell'ordinamento dell'Unione europea e del diritto internazionale.
9/2038-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta)Pastorella.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 dispone la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive riguardanti: a) gestione di stabilimenti balneari; b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere; d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive; e) esercizi commerciali; f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione;

    definisce, inoltre, le nuove procedure di affidamento delle concessioni demaniali che dovranno essere espletate, successivamente all'entrata in vigore del decreto, entro il 30 giugno 2027, prevedendo altresì i criteri di indennizzo per i concessionari uscenti nonché la disciplina per la definizione e l'aggiornamento delle misure unitarie dei canoni demaniali;

    la normativa previgente ex articolo 3 della legge n. 118 del 2022 (legge sulla concorrenza 2021), come novellato dal decreto-legge n. 198 del 2022, nel prevedere un riordino complessivo delle norme relative alle concessioni demaniali, aveva disposto che continuassero ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2024, estendibile al 31 dicembre 2025 nei casi previsti dal comma 3, in cui per ragioni oggettive non fossero concluse le procedure selettive entro il 31 dicembre 2024;

    mentre la Commissione UE ritiene che, mantenendo proroghe indiscriminate ed ex legge delle attuali «concessioni balneari», l'Italia è venuta meno agli obblighi dell'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva Bolkestein), che prevede l'applicazione di procedure di selezione qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali;

    si dispone una durata della concessione «abnorme» fino a 20 anni, fermo restando l'obbligo per il concessionario subentrante di versare al concessionario uscente l'intero importo dell'indennizzo espressamente indicato nel bando di gara: un fardello che consolida un «quasi diritto di proprietà», ad un privato su un bene pubblico;

    si stabilisce che in caso di mancata adozione del decreto ministeriale, gli importi unitari dei canoni saranno automaticamente aumentati nella misura massima del 10 per cento; una vera e propria «strizzatina d'occhio» per la categoria dei balneari, come la paradossale misura del decreto MIT 17 dicembre 2023 che ha definito gli aggiornamenti, relativi all'anno 2024, di tali misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime, ed ha stabilito per il 2024 una addirittura una riduzione del 4,5 per cento;

    valga qui ricordare la vicenda della concessione demaniale del Twiga di Forte dei Marmi, intestata a «Gardenia di Galeotti Giuseppe & C.», che nel 2005 veniva pagata allo Stato 4.322 euro. Negli anni successivi Briatore e Santanchè sono subentrati nella gestione della spiaggia e hanno pagato alla società Gardenia 300.000 euro l'anno per l'affitto delle attività balneari turistiche. Nell'ottobre del 2018, Briatore, con la società «Mammamia Srl», ha acquistato per la cifra di 3.900.000 euro dalla società Gardenia il ramo d'azienda afferente l'esercizio di attività di discoteca e stabilimento balneare con annessi bar e punti ristoro, a cui fa capo la concessione demaniale che oggi viene pagata allo Stato 20 mila euro l'anno, a fronte di un fatturato di circa 10 milioni l'anno;

    lo Stato, dalle concessioni demaniali marittime, incassa solo 110 milioni di euro e con il riadeguamento dei canoni potrebbe incassare almeno 4 volte di più con un'evasione e mancati pagamenti al 45 per cento, a fronte di un fatturato pari a 8 miliardi di euro l'anno,

impegna il Governo:

   a garantire sulle aree demaniali marittime, lacuali e fluviali, al fine di un adeguato equilibrio tra modalità concessoria e la libera, generalizzata e gratuita fruizione, una quota non inferiore al cinquanta per cento della spiaggia ricompresa nel territorio di ogni singolo comune in zone di balneazione e la superficie da prendere in considerazione deve essere quella di media marea;

   nel rispetto delle autonomie locali, a far sì, che gli enti concessori possano prevedere anche in deroga una durata massima inferiore ai 20 anni;

   ad adottare le iniziative normative di competenza volte ad assicurare nelle nuove procedure concessorie la massima imparzialità e trasparenza, accordando priorità unicamente ai progetti che garantiscano la sostenibilità ambientale e sociale e la piena accessibilità, escludendo coloro che sono stati condannati per aver commesso abusi o altri illeciti legati alla gestione di beni del demanio;

   nel rispetto delle autonomie locali, a verificare gli effetti applicativi della disposizione recata al comma 11 del novellato articolo 4 al fine di far sì che gli enti concessori possano derogare all'aumento minimo del 10 per cento dei canoni concessori fino al 100 per cento;

   a garantire sempre e comunque nelle spiagge in concessione il libero e gratuito accesso a tutti ai fini della balneazione e per il raggiungimento della battigia;

   a far sì che le procedure di affidamento delle concessioni demaniali garantiscano, tra l'altro, il pieno rispetto della normativa vigente in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché il rispetto dell'applicazione di CCNL sottoscritti dalle organizzazioni più rappresentative il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'oggetto dell'appalto o concessione;

   ad adottare iniziative normative volte a stabilire che il numero massimo di lotti che possono essere aggiudicati al medesimo offerente, nella stessa regione, o per i quali il medesimo concorrente può partecipare non possa essere superiore a due concessioni;

   a garantire sempre e comunque nelle spiagge in concessione il libero e gratuito accesso a tutti ai fini della balneazione e per il raggiungimento della battigia.
9/2038-A/6. Bonelli, Dori, Borrelli, Zanella, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge in esame, contiene norme volte ad assicurare l'attuazione degli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e finalizzate a favorire la chiusura di 15 procedure d'infrazione e un caso Eu Pilot;

    giova ricordare che ad oggi, il numero delle procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti del nostro Paese è superiore alla media degli altri Stati membri dell'Unione europea: al 20 settembre 2024 risultano aperte, nei confronti dell'Italia, 72 procedure di infrazione, di cui 53 per violazione del diritto dell'Unione e 19 per mancato recepimento di direttive entro i termini previsti. La media europea delle procedure di infrazione pendenti si attesta a 56 per Stato membro; l'Italia si colloca in ventesima posizione;

    tra le numerose procedure di infrazione avviate nei confronti dell'Italia, troviamo la Procedura n. 2016/2013 ex articolo 258 del TFUE sulla «Protezione degli animali utilizzati a fini scientifici», in quanto la Commissione europea ritiene che la Direttiva 2010/63/UE, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, non sia stata correttamente trasposta nel nostro ordinamento e in particolare nel decreto legislativo n. 26 del 4 marzo 2014 attuativo della medesima direttiva 2010/63/UE;

    come l'articolo 2, parte 1 della suddetta Direttiva ha consentito ad ogni Stato membro UE di mantenere in vigore, al suo interno, norme nazionali che adottano provvedimenti di tutela, per gli animali più rigorosi di quelli previsti dalla Direttiva medesima,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative normative volte ad introdurre le necessarie modifiche e integrazioni al suddetto decreto legislativo n. 26 del 2014, volte:

    a) a prevedere – con riguardo alle procedure di anestesia nei confronti dell'animale stabilite dall'articolo 14 – che, cessati gli effetti dell'anestesia o quando questa non sia praticabile, tutti gli animali siano immediatamente sottoposti a un trattamento analgesico adeguato o ad un altro metodo appropriato per ridurre la percezione del dolore o della sofferenza, anche se detto trattamento analgesico può non essere compatibile con le finalità delle procedure previste dal medesimo decreto legislativo n. 26 del 2014;

    b) a stabilire che l'Organismo preposto al benessere degli animali, previsto dall'articolo 25 sia composto anche da un esperto in metodi alternativi esterno allo stabilimento e, nel caso si utilizzino cani o primati, anche da un etologo;

    c) a garantire – al fine di evitare duplicazioni di procedure come stabilito dall'articolo 36 – che il Ministro della salute raccolga e pubblichi i dati provenienti da altri Stati membri ottenuti da procedure riconosciute dall'UE, anche se sono progetti con esito negativo;

    d) a prevedere che le risorse complessive del fondo di rotazione stanziate dall'articolo 41, comma 2, lettera c), per promuovere lo sviluppo e la ricerca di approcci alternativi che non prevedono l'uso di animali o utilizzano un minor numero di animali o che comportano procedure meno dolorose, siano destinate per il 10 per cento alle regioni per il finanziamento di corsi di formazione ed aggiornamento per gli operatori degli stabilimenti autorizzati di allevamento o di fornitura, e per il 90 per cento a favore degli istituti zooprofilattici sperimentali, università pubbliche e centri di ricerca per l'attività di ricerca e sviluppo dei metodi sostitutivi;

    e) a prevedere che ogni stabilimento utilizzatore, al fine di attuare quanto previsto dall'articolo 37 in materia di approcci alternativi, sia tenuto ad investire almeno il 25 per cento delle risorse utilizzate per progetti che prevedono il ricorso ad animali, nello sviluppo e implementazione di modelli human-based che non prevedono l'utilizzo di animali o parti di essi;

    f) a modificare l'allegato III in materia di requisiti per gli stabilimenti e per la cura e la sistemazione degli animali, al fine di prevedere che i cani e i primati dispongano di recinti esterni.
9/2038-A/7. Zanella, Dori, Borrelli, Bonelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative normative volte ad introdurre le necessarie modifiche e integrazioni al suddetto decreto legislativo n. 26 del 2014, volte:

    a) a valutare l'opportunità di prevedere – con riguardo alle procedure di anestesia nei confronti dell'animale stabilite dall'articolo 14 – che, cessati gli effetti dell'anestesia o quando questa non sia praticabile, tutti gli animali siano immediatamente sottoposti a un trattamento analgesico adeguato o ad un altro metodo appropriato per ridurre la percezione del dolore o della sofferenza, anche se detto trattamento analgesico può non essere compatibile con le finalità delle procedure previste dal medesimo decreto legislativo n. 26 del 2014;

    b) a valutare l'opportunità di stabilire che l'Organismo preposto al benessere degli animali, previsto dall'articolo 25 sia composto anche da un esperto in metodi alternativi esterno allo stabilimento e, nel caso si utilizzino cani o primati, anche da un etologo;

    c) a valutare l'opportunità di verificare – al fine di evitare duplicazioni di procedure come stabilito dall'articolo 36 – che il Ministero della salute raccolga e pubblichi i dati provenienti da altri Stati membri ottenuti da procedure riconosciute dall'UE, anche se sono progetti con esito negativo;

    d) a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, che le risorse complessive del fondo di rotazione stanziate dall'articolo 41, comma 2, lettera c), per promuovere lo sviluppo e la ricerca di approcci alternativi che non prevedono l'uso di animali o utilizzano un minor numero di animali o che comportano procedure meno dolorose, siano destinate per il 10 per cento alle regioni per il finanziamento di corsi di formazione ed aggiornamento per gli operatori degli stabilimenti autorizzati di allevamento o di fornitura, e per il 90 per cento a favore degli istituti zooprofilattici sperimentali, università pubbliche e centri di ricerca per l'attività di ricerca e sviluppo dei metodi sostitutivi;

    e) a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, che ogni stabilimento utilizzatore, al fine di attuare quanto previsto dall'articolo 37 in materia di approcci alternativi, sia tenuto ad investire almeno il 25 per cento delle risorse utilizzate per progetti che prevedono il ricorso ad animali, nello sviluppo e implementazione di modelli human-based che non prevedono l'utilizzo di animali o parti di essi;

    f) a valutare l'opportunità di modificare l'allegato III in materia di requisiti per gli stabilimenti e per la cura e la sistemazione degli animali, al fine di prevedere che i cani e i primati non umani dispongano di recinti esterni.
9/2038-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta)Zanella, Dori, Borrelli, Bonelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto in esame nasce dalla necessità ed urgenza di introdurre disposizioni per l'attuazione di obblighi derivanti dall'Unione europea e da procedure di infrazione europea e pre-infrazioni pendenti nei confronti dello Stato italiano, con l'obiettivo di agevolare la chiusura di 16 infrazioni, 1 pre-infrazione e dare attuazione a 1 direttiva comunitaria;

    le misure introdotte dall'articolo 14 del provvedimento sono finalizzate al miglioramento della qualità dell'aria per il superamento delle procedure d'infrazione 2014/2147 – 2015/2043 – 2020/2299 tutt'ora in corso, per violazione della direttiva 2008/50/CE;

    al fine di accelerare il processo di adeguamento alle sentenze della Corte di giustizia UE 10 novembre 2020, nella causa C- 644/18, e maggio 2002, nella causa C-573/19, prevede l'avvio di due distinte iniziative volte al miglioramento della qualità dell'aria ed alla riduzione dell'inquinamento atmosferico. La prima iniziativa prevede l'istituzione di un programma di finanziamento da 500 milioni di euro, da destinare alla realizzazione di interventi di sostegno alla mobilità sostenibile nelle grandi aree urbane, mentre la seconda riguarda la costituzione di una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, che dovrà definire un piano nazionale di ulteriori interventi per il miglioramento della qualità dell'aria;

    tra le varie iniziative intraprese in passato dall'Italia per la risoluzione delle procedure d'infrazione si inserisce il protocollo «Aria Pulita» sottoscritto nell'ambito del Clean Air Dialogue a Torino il 4 giugno 2019, recante un Piano d'azione della durata di 24 mesi per il miglioramento della qualità dell'aria, tra le cui azioni erano previsti interventi per l'abbattimento delle emissioni di ammoniaca;

    la forte presenza di allevamenti intensivi di suini e pollame nel nostro paese, oltre a pregiudicare il benessere animale, è responsabile della produzione del 75 per cento delle emissioni di ammoniaca legata alle deiezioni e ai liquami prodotti da tali aziende, un gas nocivo per la salute umana e per l'ambiente, che concorre alla formazione del particolato secondario inorganico,

impegna il Governo

ad individuare nell'ambito del Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell'aria misure per l'abbandono del sistema degli allevamenti intensivi, incentivando misure di sostegno per la riconversione delle attività agricole e zootecniche verso un modello compatibile con la salute umana, la qualità dell'aria e il benessere animale.
9/2038-A/8. Dori, Borrelli, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti, Caramiello, Carotenuto, Quartini, Aiello, Pellegrini, Barzotti, Cherchi, Prestipino, Evi.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto in esame nasce dalla necessità ed urgenza di introdurre disposizioni per l'attuazione di obblighi derivanti dall'Unione europea e da procedure di infrazione europea e pre-infrazioni pendenti nei confronti dello Stato Italiano, con l'obiettivo di agevolare la chiusura di 16 infrazioni, 1 pre-infrazione e dare attuazione a 1 direttiva comunitaria;

    le misure introdotte dall'articolo 13 del provvedimento sono finalizzate al superamento della procedura d'infrazione n. 2023/2187 avviata dalla Commissione Europea in ragione della violazione da parte dell'Italia della direttiva 2009/147/CE (c.d. Direttiva Uccelli) relativa ad alcune disposizioni legislative in materia di caccia;

    in particolare con la Richiesta EU Pilot (2023)10419 la Commissione Europea ha chiesto alle autorità italiane informazioni dettagliate in merito alla modifica della legge n. 157 del 1992, ad opera dell'articolo 1, commi 447 e 448, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, che consente di adottare piani di abbattimento nei confronti di tutte le specie di fauna selvatica, peraltro eliminando il previgente principio di prioritario ricorso ai «metodi ecologici» e riducendo sensibilmente il ruolo di controllo scientifico di ISPRA, equiparando «di fatto» l'attività di controllo della fauna selvatica all'attività venatoria, in quanto esercitata da cacciatori, ovvero privati cittadini chiamati a svolgere un'attività che per natura deve essere esercitata dallo Stato e dalle sue articolazioni amministrative;

    le disposizioni introdotte all'articolo 13 non prevedono alcun tipo di modifica nel merito delle disposizioni normative rispetto alle quali la Commissione europea ha ravvisato la violazione delle norme unionali e nello specifico alla direttiva «Uccelli» (2009/147/CE) ma si sostanziano in un mero richiamo formale al rispetto della suddetta direttiva, né risultano idonee ad eliminare il rischio di incertezza applicativa, tanto nelle autorità di controllo, quanto nei cittadini,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare iniziative normative volte alla abrogazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 447 e 448, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, mediante le quali è stata novellata la legge n. 157 del 1992, anche con l'introduzione dell'articolo 19-ter (Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica).
9/2038-A/9. Borrelli, Dori, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti, Cherchi, Prestipino, Evi, Raffa, Caramiello, Torto.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano» sono presenti, all'articolo 1, norme «urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive»;

    in tale articolo sono previste disposizioni specifiche in caso di rilascio della concessione a favore di un nuovo concessionario;

    secondo queste norme il concessionario uscente ha diritto al riconoscimento di un indennizzo, a carico del concessionario subentrante, pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione, ivi compresi gli investimenti effettuati in conseguenza di eventi calamitosi debitamente dichiarati dalle autorità competenti ovvero in conseguenza di sopravvenuti obblighi di legge, al netto di ogni misura di aiuto o sovvenzione pubblica eventualmente percepita e non rimborsata, nonché pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un'equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni;

    per definire i criteri per calcolare tale equa remunerazione, il provvedimento in esame rinvia all'emanazione di un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

    tra i criteri di indennizzo sopracitati non è stato esplicitamente inserito il valore reddituale dell'impresa, nonostante tale parametro sia stato richiesto da enti territoriali (regione Toscana) ed anche dalle stesse imprese: un emendamento con queste finalità è stato infatti respinto in sede di esame nelle Commissioni competenti;

    il principio di «equa remunerazione degli investimenti» è acclarato dalla giurisprudenza europea e nazionale al fine di orientare la durata della concessione, ma non è pertinente, né equo, in sede di determinazione dell'indennizzo. È quindi necessario includere in tale determinazione il valore reddituale dell'impresa, affinché possa essere riconosciuto al concessionario uscente l'apporto che la propria capacità imprenditoriale è riuscita a conferire, quale valore aggiunto, ai beni oggetto di concessione,

impegna il Governo

ad inserire nel citato decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), previsto dal provvedimento in esame e relativo ai criteri per calcolare l'equa remunerazione degli investimenti, anche il valore reddituale dell'impresa, al fine di valorizzare e riconoscere al concessionario uscente l'apporto che la propria capacità imprenditoriale è riuscita a conferire, quale valore aggiunto, ai beni oggetto di concessione.
9/2038-A/10. Bonafè, Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    la Convenzione internazionale per la protezione delle piante (IPPC) della FAO ha introdotto nel 2002 lo standard ISPM-15 per regolamentare l'utilizzo di imballaggi in legno nel commercio internazionale, con l'obiettivo di limitare la diffusione di organismi nocivi alle foreste e all'ecosistema globale;

    l'Unione europea ha adottato lo standard ISPM-15 con la Direttiva 2004/102/CE, recepita in Italia con il decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali dell'11 gennaio 2005. Questo impone a produttori e venditori di imballaggi in legno l'obbligo di conformarsi alle misure di trattamento fitosanitario e certificazione;

    nonostante il rispetto delle normative ISPM-15, il trasporto di merci internazionali comporta rischi residui di diffusione di patogeni, con un aumento delle contestazioni internazionali a carico dei produttori di imballaggi;

    il produttore di imballaggi non ha attualmente una regolamentazione specifica per quanto riguarda la responsabilità civile per danni a terzi. Gli imballaggi in legno, destinati principalmente al trasporto internazionale, sono essenziali per facilitare il trasferimento delle merci, come stabilito dal decreto legislativo n. 152 del 2006. Si ritiene sia necessario valutare una normativa che limiti la responsabilità del produttore e del venditore di imballaggi, anche quando gli imballi sono conformi allo standard ISPM-15. Questa limitazione potrebbe incentivare la conformità agli standard, facilitare il commercio internazionale, migliorare l'accesso alle coperture assicurative, rendere equi i costi per il settore e ridurre il rischio di contenziosi;

    una tale normativa garantirebbe che i produttori di imballaggi non siano penalizzati da responsabilità eccessive, permettendo loro di investire in innovazione e sicurezza;

    gli imballaggi in legno rientrano nella definizione di «imballaggi per il trasporto» secondo il decreto legislativo n. 152 del 2006. Oltre ai produttori, anche le aziende di servizi logistici sono coinvolte nella filiera. È quindi auspicabile una regolamentazione che equipari la responsabilità dell'imballatore a quella del vettore, come previsto dal decreto legislativo n. 286 del 2005 per i danni causati nel trasporto, chiarendo che la responsabilità del vettore non sussiste in caso di operato corretto dell'imballatore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un intervento normativo sull'argomento di cui in premessa al fine di stabilire un limite di responsabilità civile per i produttori e venditori di imballaggi in legno, con lo scopo di tutelare le imprese da rischi eccessivi, promuovere la competitività e garantire l'accesso alle coperture assicurative.
9/2038-A/11. Andreuzza, Barabotti, Di Mattina, Gusmeroli, Toccalini.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano» sono presenti, all'articolo 1, norme «urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive»;

    tale articolo 1 dispone una proroga delle concessioni demaniali marittime fino al 30 settembre 2027;

    il consiglio comunale di Orbetello ha approvato recentemente una delibera per la trasformazione dell'approdo di Talamone in porto turistico;

    tale decisione ha subito allarmato la comunità locale dal momento che, a distanza di pochi chilometri, sono stati effettuati tentativi simili che non hanno generato concreto sviluppo: il porto di Cala Galera, nel comune di Monte Argentario, e quello di Marina di Grosseto;

    è inoltre emerso come questo progetto potrebbe danneggiare l'equilibrio socio-economico e ambientale di un territorio ricchissimo dal punto di vista naturalistico e consegnare le concessioni a grandi gruppi privati a discapito di associazioni e residenti locali;

    il locale «Comitato Salviamo Talamone», ha reso noto infatti che il Comune di Orbetello potrebbe affidare le 18 concessioni esistenti a pochi imprenditori privati, minando il lavoro delle associazioni e dei residenti che hanno contribuito a preservare l'autenticità e il valore del Parco della Maremma;

    il Consorzio il Molo di Talamone ha presentato ricorso presso il Tribunale amministrativo regionale della Toscana per fermare il progetto del Comune di Orbetello: la procedura avviata per la trasformazione dell'approdo di Talamone in porto turistico viola le norme nazionali e dell'Unione europea, «calpestando i principi – relativi alle procedure pubbliche – di informazione, partecipazione, contraddittorio, imparzialità, trasparenza, non discriminazione, concorrenza, par condicio e pubblicità»: riporta la motivazione del ricorso;

    nel corso del dibattito in commissione del provvedimento in esame sono stati presentati emendamenti bipartisan che includevano anche gli approdi ed i porti turistici nella proroga delle concessioni balneari ad oggi fissata al 30 settembre 2027;

    tali emendamenti sono stati respinti ma appare necessario, anche in relazione ad altri casi come quello di Talamone che potrebbero verificarsi in tutta Italia nei prossimi mesi, varare una norma apposita per includere anche gli approdi ed i porti turistici nella attuale proroga delle concessioni balneari,

impegna il Governo

nel prossimo provvedimento utile ed in relazione a quanto espresso in premessa, ad estendere anche agli approdi e ai porti turistici la proroga per le concessioni balneari ad oggi fissata al 30 settembre 2027.
9/2038-A/12. Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    nel corso dell'esame in sede referente è stato inserito il comma 1-bis dell'articolo 4 della legge n. 118 del 2022, che prevede che la nuova disciplina recata dal medesimo provvedimento non si applica agli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale relativi allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, qualora dette attività sportive siano svolte senza scopo di lucro dalle seguenti entità: federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche costituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021, e iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico, e comunque non economiche;

    come specificato dal Governo nel corso dell'esame in sede referente, il riferimento all'articolo 7, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 36 del 2021 si legge in combinato disposto con l'articolo 9, comma 1, del medesimo decreto legislativo, consentendo dunque alle federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche, l'esercizio di attività diverse da quelle principali, che abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali,

impegna il Governo

a garantire, per quanto di competenza, che l'applicazione del comma 1-bis dell'articolo 4, della legge n. 118 del 2022 sia conforme a quanto riportato in premessa.
9/2038-A/13.De Palma, Sala, Rubano, Lovecchio, Ciocchetti, Gebhard.


   La Camera,

   premesso che:

    gli strumenti per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea sono disciplinati dalla legge n. 234 del 2012, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione;

    il ricorso alla decretazione d'urgenza da parte del Governo per prevenire violazioni dell'ordinamento dell'Unione europea o per porvi rimedio è considerata nel nostro ordinamento un'ipotesi residuale rispetto ai canali principali e ordinari previsti a questo scopo dalla richiamata legge n. 234 del 2012, che prevede la presentazione periodica di due appositi disegni di legge, la legge di delegazione europea e la legge europea, di cui stabilisce in dettaglio il contenuto proprio e la procedura di predisposizione;

    l'emanazione di eventuali decreti-legge cosiddetti «salva infrazioni» deve inoltre essere motivata, in coerenza con l'articolo 77 della Costituzione, da una effettiva urgenza per l'adeguamento agli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, qualora non sia possibile provvedervi nei tempi che sarebbero presumibilmente richiesti dalla approvazione delle leggi europea e di delegazione europea;

    nel corso della XIX legislatura, l'Esecutivo in carica non ha mai presentato al Parlamento il disegno di legge europea, sostituendo a tale strumento normativo «ordinario» quello della decretazione d'urgenza per l'adeguamento agli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, pur in assenza dei necessari presupposti normativi previsti dalla richiamata legge n. 234 del 2012;

    la fase discendente di esame ed approvazione dei disegni di legge europea e di delegazione europea – con il contestuale esame della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione – rappresentano il momento per compiere, in sede parlamentare, una verifica complessiva dell'adempimento di tutti gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea da parte dell'Italia;

    in linea generale, il mancato pieno utilizzo del meccanismo legislativo previsto per la fase discendente di attuazione del diritto dell'Unione europea determina un peggioramento dello stato del contenzioso pendente nei riguardi dell'Italia, che oggi ha a suo carico un numero di procedure di infrazione superiore alla media degli altri Stati membri dell'Unione europea;

    il ricorso allo strumento del decreto-legge per affrontare il nodo delle numerose procedure di infrazione pendenti a carico del nostro Paese rappresenta dunque una scelta discutibile e di dubbia legittimità formale da parte dell'Esecutivo che contribuisce a comprimere le prerogative proprie del Parlamento e delle sue Commissioni permanenti,

impegna il Governo

a provvedere all'adeguamento periodico dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea attraverso gli strumenti ordinari previsti dalla citata legge n. 234 del 2012, ovvero la legge di delegazione europea e la legge europea, che sono stati introdotti nel nostro ordinamento proprio per assicurare il corretto e celere adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, nel pieno rispetto delle prerogative proprie del Parlamento e delle sue Commissioni permanenti.
9/2038-A/14. Scerra, Scutellà, Bruno, D'Orso, Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    il Governo interviene con il provvedimento in esame, facendo ricorso alla decretazione d'urgenza, per far fronte ad atti normativi dell'Ue, sentenze della Corte di giustizia dell'Ue e l'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia che comportano obblighi statali di adeguamento, per dare attuazione agli obblighi discendenti dall'ordinamento dell'Ue;

    preoccupa il numero di procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia: al 20 settembre 2024 risultavano aperte, a carico del nostro Paese, 72 procedure di infrazione, di cui 53 per violazione del diritto dell'Unione e 19 per mancato recepimento di direttive entro i termini previsti;

    il settore ambientale risulta essere quello cui si riferisce il maggior numero di procedure di infrazione e quello in relazione al quale è particolarmente critico l'esborso di denaro a titolo di sanzioni; il numero maggiore di infrazioni si registra proprio a carico del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica con 26 procedure (circa il 35 per cento del totale delle procedure aperte);

    basti pensare che, secondo il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal 2012 ad oggi sono stati già pagati 1 miliardo e 143 milioni di euro, di cui più del 70 per cento proprio per infrazioni in materia ambientale; tra le procedure aperte, solo per citarne alcune, figura la cattiva applicazione della direttiva quadro sui rifiuti, così come quella sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, il mancato recepimento della direttiva che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra, il mancato adempimento degli obblighi previsti dalla direttiva Habitat o la non conformità alla direttiva sul trattamento delle acque reflue; evidente è quindi l'importanza di una corretta trasposizione nell'ordinamento interno della normativa comunitaria, anche al fine di evitare gravose multe che ricadrebbero inevitabilmente sui cittadini;

    in questo senso, la decarbonizzazione rappresenta una grande opportunità di crescita non solo per l'economia italiana ma in generale per quella europea, nell'ottica del raggiungimento degli obiettivi del Green Deal in termini di riduzione delle CO2 e della neutralità climatica,

impegna il Governo

con riguardo alla gravità delle procedure pendenti in tema ambientale a carico del nostro Paese, a promuovere l'adozione di misure concrete per l'accelerazione verso gli obiettivi di impiego di energie rinnovabili ed efficienza energetica, mettendo in atto tutte le iniziative urgenti del caso per invertire la preoccupante tendenza che ci vede tra i Paesi europei al primo posto per numero di casi presso la Corte di giustizia europea in materia ambientale, al fine di scongiurare il rischio di sanzioni e il conseguente aggravio sulle casse dello Stato e sui cittadini.
9/2038-A/15. Scutellà, Bruno, Scerra, Ilaria Fontana, D'Orso, Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    gli strumenti per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea sono disciplinati dalla legge n. 234 del 2012, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione;

    in particolare, la fase discendente di esame ed approvazione dei disegni di legge europea e di delegazione europea – con il contestuale esame della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione – rappresentano il momento per compiere, in sede parlamentare, una verifica complessiva dell'adempimento di tutti gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea da parte dell'Italia;

    il provvedimento in esame è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze), con il solo parere in sede consultiva della XIV Commissione «Politiche dell'Unione europea»;

    la XIV Commissione, in base all'articolo 126 del Regolamento della Camera, «ha competenza generale sugli aspetti ordinamentali dell'attività e dei provvedimenti delle Comunità europee e dell'attuazione degli accordi comunitari»;

    ai sensi dell'articolo 126 del Regolamento, sono assegnati infatti alla Commissione XIV, per l'espressione del parere, i progetti di legge e gli schemi di atti normativi del Governo concernenti l'applicazione dei trattati istitutivi delle Comunità europee con le loro successive modificazioni e integrazioni, i progetti di legge e gli schemi di atti normativi del Governo relativi all'attuazione di norme comunitarie e, in generale, tutti i progetti di legge limitatamente ai profili di compatibilità con la normativa comunitaria,

impegna il Governo

a garantire il corretto e celere adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea facendo ricorso agli strumenti ordinari previsti dalla legge n. 234 del 2012 e a sostenere, nell'ambito delle procedure di collegamento tra il Governo e il Parlamento in materia di formazione e attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quanto di competenza, il dialogo politico e il coinvolgimento diretto del Parlamento.
9/2038-A/16.Bruno, Scerra, Scutellà, D'Orso, Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    gli strumenti per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea sono disciplinati dalla legge n. 234 del 2012, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione;

    in particolare, la fase discendente di esame ed approvazione dei disegni di legge europea e di delegazione europea – con il contestuale esame della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione – rappresentano il momento per compiere, in sede parlamentare, una verifica complessiva dell'adempimento di tutti gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea da parte dell'Italia;

    il provvedimento in esame è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze), con il solo parere in sede consultiva della XIV Commissione «Politiche dell'Unione europea»;

    la XIV Commissione, in base all'articolo 126 del Regolamento della Camera, «ha competenza generale sugli aspetti ordinamentali dell'attività e dei provvedimenti delle Comunità europee e dell'attuazione degli accordi comunitari»;

    ai sensi dell'articolo 126 del Regolamento, sono assegnati infatti alla Commissione XIV, per l'espressione del parere, i progetti di legge e gli schemi di atti normativi del Governo concernenti l'applicazione dei trattati istitutivi delle Comunità europee con le loro successive modificazioni e integrazioni, i progetti di legge e gli schemi di atti normativi del Governo relativi all'attuazione di norme comunitarie e, in generale, tutti i progetti di legge limitatamente ai profili di compatibilità con la normativa comunitaria,

impegna il Governo

ad utilizzare, al fine di assicurare l'adeguamento periodico dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea, tutti gli strumenti previsti dalla legge n. 234 del 2012 e a sostenere, nell'ambito delle procedure di collegamento tra il Governo e il Parlamento in materia di formazione e attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quanto di competenza, il dialogo politico e il coinvolgimento diretto del Parlamento.
9/2038-A/16.(Testo modificato nel corso della seduta)Bruno, Scerra, Scutellà, D'Orso, Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, concernente le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, non dirime né risolve la questione né chiude la procedura di infrazione, ma, ad avviso dei presentatori, si pone in contrasto con il diritto europeo e la giurisprudenza nazionale – il testo provvede, infatti, all'ennesima proroga automatica delle concessioni;

    la disciplina europea dispone che siano svolte delle gare al fine di assicurare la parità di trattamento degli operatori, senza alcun vantaggio diretto o indiretto per alcuno specifico operatore, prevedendo che si promuovano l'innovazione e la concorrenza leale, si preveda un'equa remunerazione degli investimenti effettuati e si scongiuri il rischio di monopolio;

    in ordine alle predette concessioni, vengono in rilievo aspetti che ineriscono alla natura delle superfici demaniali utilizzate e, conseguentemente, alla fruibilità delle stesse: stante la natura di concessione, vale a dire l'atto con cui la pubblica amministrazione, nel caso in parola, consente al concessionario l'uso di risorse o l'esercizio di attività (commerciali e lucrative) su aree di proprietà dei pubblici poteri, si ritiene opportuna la definizione di indirizzi generali e comuni che non pregiudichino, materialmente ed economicamente, il diritto dell'utenza all'accesso ad un bene demaniale e ai relativi servizi,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche normative, per la definizione di indirizzi volti a regolamentare le modalità di esercizio e gestione delle concessioni balneari, con riguardo alle superfici in concessione, sulle quali dimensionare i servizi balneari offerti – a titolo di esempio, si menzionano il numero di ombrelloni e la loro distanza minima – e a introdurre un tetto massimo, o comunque di una gradualità, in ordine al corrispettivo economico esigibile dagli utenti, a prescindere dai servizi offerti.
9/2038-A/17.Alifano, D'Orso, Fenu, Caso, Dell'Olio, Carotenuto, Auriemma, Fede, Pellegrini, Mari, Lomuti.


   La Camera,

   premesso che:

    il Governo interviene con il provvedimento in esame, facendo ricorso alla decretazione d'urgenza, per far fronte ad atti normativi dell'Unione europea, sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea o all'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia che comportano obblighi statali di adeguamento al fine di dare attuazione agli obblighi discendenti dall'ordinamento dell'Unione europea;

    preoccupa il numero di procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia: al 3 ottobre 2024 risultavano aperte, a carico del nostro Paese, 69 procedure di infrazione, di cui 50 per violazione del diritto dell'Unione e 19 per mancato recepimento di direttive;

    l'articolo 13 del provvedimento in esame è rubricato «disposizioni in materia di protezione della fauna selvatica» e punta a risolvere la procedura d'infrazione INFR(2023)2187 che riguarda in particolar modo la violazione della Direttiva Habitat e, soprattutto, della Direttiva Uccelli, laddove la legislazione italiana conferisce il potere di autorizzare l'uccisione e la cattura di specie di animali selvatici anche in zone protette e/o di divieto e in periodi dell'anno ulteriori rispetto a quelli nei quali l'attività venatoria è consentita; nonché – dopo una modifica introdotta in sede di esame in commissione – la violazione delle disposizioni di cui al Regolamento europeo (CE) 1907/2006 (Regolamento REACH), come modificato dal Regolamento (UE) 2021/57 che dispone il divieto di utilizzo delle munizioni di piombo nelle e in prossimità delle zone umide;

    è opportuno rammentare che la procedura d'infrazione di cui si discute, per quanto attiene alla prima parte, ha origine dalla modifica dell'art. 19 della legge n. 157 del 1992, ad opera dell'articolo 1, commi 447 e 448, della legge del 29 dicembre 2022, n. 197;

    in relazione alla violazione della Direttiva Habitat e della Direttiva Uccelli, l'articolo 13 del decreto-legge si limita ad aggiungere all'art. 19-ter della legge n. 157 del 1992 il comma 5-bis, nel quale, nelle more dell'applicazione della disposizione, si invoca il rispetto della disciplina di recepimento delle direttive succitate, la cui violazione costituisce il motivo principale della procedura d'infrazione avviata a riguardo nei confronti dell'Italia. Tuttavia, l'aggiunta del suddetto comma 5-bis, a dispetto della sua formulazione, non garantisce in alcun modo, ad avviso dei presentatori, il rispetto dei vincoli comunitari e, conseguentemente, non permette di superare la procedura d'infrazione aperta;

    la soluzione individuata risulta inefficace e inidonea a consentire l'archiviazione della procedura europea in quanto non prevede alcun tipo di modifica nel merito delle disposizioni normative rispetto alle quali la Commissione europea ha ravvisato la violazione delle norme unionali;

    per porre rimedio a tali criticità è necessario innanzitutto intervenire sull'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, la cui attuale versione è, a parere dei sottoscrittori, in contrasto con le disposizioni comunitarie poiché ha del tutto snaturato l'attività di controllo della fauna selvatica equiparandola, di fatto (e a differenza di quanto formalmente dichiarato nella novella normativa), all'attività venatoria, in quanto esercitata da cacciatori, ovvero privati cittadini chiamati a svolgere un'attività, il controllo della fauna, che per sua natura dev'essere esercitata dallo Stato e dalle sue articolazioni territoriali;

    la modifica ha inoltre eliminato ogni misura di prevenzione a garanzia del rispetto del preminente principio di tutela della fauna selvatica, consentendo di esercitare questa attività potenzialmente nei confronti di tutte le specie di fauna selvatica, anche nelle aree protette e nei periodi di divieto;

    questi elementi di criticità sono stati in un primo momento segnalati all'Italia con la procedura EU Pilot (2023)10419 nell'ambito della quale sono state sollevate specifiche questioni. Nonostante la concessione di una proroga, l'Italia non ha fornito risposte adeguate ed ha dichiarato che queste misure hanno l'obiettivo di contrastare la «proliferazione incontrollata» dei cinghiali ma, come evidenziato dalla missiva trasmessa dalla Commissione UE il 18 aprile 2023, la norma in esame consente di adottare piani di abbattimento nei confronti di tutte le specie di fauna selvatica, peraltro eliminando il previgente principio di prioritario ricorso ai cosiddetti «metodi ecologici», riducendo sensibilmente il ruolo di controllo scientifico di ISPRA, nonché quello di vigilanza dei Carabinieri;

    appare dunque evidente come le modifiche introdotte con il provvedimento in oggetto non forniscano alcuna soluzione rispetto alla non conformità con il diritto europeo come specificatamente evidenziata dalla Commissione europea, né siano idonee ad eliminare il rischio di incertezza applicativa, tanto nelle autorità di controllo, quanto nei cittadini;

    ritenuto, inoltre, che le modifiche introdotte dal provvedimento in esame confermano la violazione del diritto UE, nonché della Costituzione italiana (articoli 9, 32 e 41 della Costituzione), in quanto espongono interessi come la salute umana e la tutela della fauna selvatica a concreti rischi,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi della disciplina recata dall'articolo 13 e a sanare la procedura di infrazione INFR(2023)2187 che riguarda in particolar modo la violazione della Direttiva Habitat e, soprattutto, della Direttiva Uccelli, abrogando le disposizioni di modifica della legge 11 febbraio 1992 n. 157 ad opera dell'articolo 1, commi 447 e 448, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
9/2038-A/18.Caramiello, D'Orso, Fenu, Evi.


   La Camera,

   premesso che:

    il Governo interviene con il provvedimento in esame, facendo ricorso alla decretazione d'urgenza, per far fronte ad atti normativi dell'UE, sentenze della Corte di giustizia dell'UE o all'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia che comportano obblighi statali di adeguamento al fine di dare attuazione agli obblighi discendenti dall'ordinamento dell'Unione europea;

    preoccupa il numero di procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia: al 3 ottobre 2024 risultavano aperte, a carico del nostro Paese, 69 procedure di infrazione, di cui 50 per violazione del diritto dell'Unione e 19 per mancato recepimento di direttive;

    l'articolo 13 del provvedimento in esame è rubricato «disposizioni in materia di protezione della fauna selvatica» e punta a risolvere la procedura d'infrazione INFR(2023)2187 che riguarda in particolar modo la violazione della Direttiva Habitat e, soprattutto, della Direttiva Uccelli, laddove la legislazione italiana conferisce il potere di autorizzare l'uccisione e la cattura di specie di animali selvatici anche in zone protette e/o di divieto e in periodi dell'anno ulteriori rispetto a quelli nei quali l'attività venatoria è consentita; nonché – dopo una modifica introdotta in sede referente- la violazione delle disposizioni di cui al Regolamento europeo (CE) 1907/2006 (Regolamento REACH), come modificato dal Regolamento (UE) 2021/57 che dispone il divieto di utilizzo delle munizioni di piombo nelle e in prossimità delle zone umide;

    in particolare, la violazione del Regolamento REACH, segnalata inizialmente con la procedura EU Pilot (2023)10542, si è dapprima determinata con l'emanazione di una circolare interministeriale (MASE e MASAF) e successivamente con la modifica dell'articolo 31 della legge n. 157 del 1992, adottata con il decreto-legge n. 104 del 2023, convertito nella legge n. 136 del 2023, articolo 11-ter;

    tale norma si pone in contrasto con un Regolamento europeo che, è bene ricordare, è stato emanato per tutelare la salute umana, nonché quella degli ecosistemi che sono inscindibilmente legate (approccio One Health), disponendo una stringente regolamentazione nell'uso di sostanze chimiche dannose, come il piombo;

    le disposizioni introdotte, in sede referente, al fine di sanare la violazione del Regolamento REACH, appaiono blande e insufficienti, sia nel punto in cui si rafforzano le sanzioni, sia nel punto in cui si dispone l'individuazione, previa emanazione di un apposito decreto, di quelle stesse zone umide già individuate dal Regolamento suddetto;

    per quanto attiene agli strumenti sanzionatori, la modifica persevera nella previsione di una sola sanzione amministrativa, in luogo della sanzione penale già prevista dall'articolo 16 del decreto legislativo n. 133 del 2009 per la violazione delle disposizioni del regolamento «Reach»;

    si rileva a riguardo che in virtù del principio di cui al regolamento «Reach», le sanzioni stabilite dagli Stati membri devono essere appropriate, effettive, proporzionate e dissuasive in caso di mancata ottemperanza «poiché da essa possono derivare danni per la salute umana e per l'ambiente», ed è difficile sostenere che la sanzione amministrativa prevista possa soddisfare tali requisiti, soprattutto sul piano del potere dissuasivo in considerazione della scarsa capacità di vigilanza venatoria del territorio oggi esistente;

    rispetto alla identificazione cartografica delle zone umide, si ricorda che il Regolamento riporta una chiara definizione di «zona umida» che include anche le zone umide temporanee che verrebbero escluse da una identificazione cartografica a priori;

    le zone umide sono tra gli ambienti più produttivi al mondo. Conservano la diversità biologica e forniscono l'acqua e la produttività primaria da cui innumerevoli specie di piante e animali dipendono per la loro sopravvivenza, essi sostengono alte concentrazioni di specie di uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci e invertebrati. Le zone umide sono anche importanti depositi di materiale vegetale genetico;

    le zone umide d'importanza internazionale riconosciute per l'Italia sono ad oggi 57, distribuite in 15 regioni, per un totale di 73.982 ettari;

    sono stati recentemente emanati decreti ministeriali per l'istituzione di ulteriori 9 aree e, al momento, è in corso la procedura per il loro riconoscimento internazionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sanare effettivamente la procedura di infrazione INFR(2023)2187 nella parte relativa alla violazione del Regolamento europeo (CE) 1907/2006 (Regolamento REACH), come modificato dal Regolamento (UE) 2021/57 che dispone il divieto di utilizzo delle munizioni di piombo nelle e in prossimità delle zone umide, disponendo in particolare che, a differenza di quanto stabilito nell'articolo in esame, le zone umide nelle quali vige il divieto siano quelle individuate e definite dal Regolamento stesso, ciò al fine di tutelare la salute umana, nonché quella degli ecosistemi, nonché individuando un sistema sanzionatorio efficace improntato sulle caratteristiche di adeguatezza, efficacia e dissuasività.
9/2038-A/19. Sergio Costa, D'Orso, Fenu, Cherchi, Torto.


   La Camera,

   premesso che:

    il Governo interviene con il provvedimento in esame, facendo ricorso alla decretazione d'urgenza, per far fronte ad atti normativi dell'UE, sentenze della Corte di giustizia dell'UE o avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia che comportano obblighi statali di adeguamento al fine di dare attuazione agli obblighi discendenti dall'ordinamento dell'Unione europea;

    preoccupa il numero di procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia: al 3 ottobre 2024 risultavano aperte, a carico del nostro Paese, 69 procedure di infrazione, di cui 50 per violazione del diritto dell'Unione e 19 per mancato recepimento di direttive;

    la legge n. 172 del 2023, all'articolo 3, disciplina il divieto della denominazione di carne (uso di termini quali «hamburger» o «cotoletta») per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali; tale divieto non è ancora pienamente operativo in assenza dei decreti attuativi necessari a specificarne l'ambito applicativo;

    la normativa in questione ha suscitato forti perplessità e criticità all'interno del settore delle proteine vegetali, come evidenziato dalle osservazioni presentate da Union Food nell'ambito della procedura TRIS;

    il mercato delle proteine vegetali in Italia è in forte crescita e, a fronte del divieto introdotto dalla legge del 2023, le imprese lamentano in particolare l'impatto economico derivante dalla necessità di riprogettare le etichette e di smaltire il materiale promozionale esistente, nonché la potenziale confusione dei consumatori, i quali verrebbero privati di un'informazione essenziale per effettuare scelte consapevoli;

    il divieto di «meat sounding» appare superfluo rispetto agli strumenti già esistenti a tutela del patrimonio zootecnico nazionale, quali i disciplinari di produzione e l'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT);

    con la sentenza C-438/23 del 4 ottobre 2024, relativa ad un'analoga norma dello stato francese, la Corte di giustizia dell'Unione Europea, ha potuto appurare che tali divieti non sono compatibili con il diritto unionale vigente, decretando che «qualora non abbia adottato una denominazione legale [per un determinato alimento], uno Stato membro non può vietare l'uso di termini tradizionalmente associati ai prodotti di origine animale per designare un prodotto contenente proteine vegetali»;

    ad avviso dei firmatari del presente atto, è evidente che l'Italia, con l'adozione dell'articolo 3 della legge n. 172 del 2023, è incorsa in una violazione del principio di conformità del diritto nazionale a quello comunitario, inoltre la mancata attuazione della procedura TRIS prima dell'adozione della norma in questione rende quest'ultima potenzialmente soggetta a un giudizio di inapplicabilità da parte degli organi giurisdizionali nazionali;

    l'attività delle imprese del settore delle proteine vegetali è gravemente compromessa dall'incertezza normativa introdotta dalla legge n. 172 del 2023,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a sospendere immediatamente il divieto di cui all'articolo 3 alla legge n. 172 del 2023, misura necessaria per allinearsi alla recente sentenza della Corte di giustizia Europea nonché per scongiurare ogni inutile danno alle imprese, derivante da una norma viziata, inapplicabile ed in contrasto con il diritto dell'Unione europea.
9/2038-A/20. Cherchi, D'Orso, Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano;

    in particolare, l'articolo 14 prevede misure volte a superare le procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia per quanto attiene alle misure di attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa;

    come noto, sono pendenti nei confronti dell'Italia tre procedure di infrazione per cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE, due delle quali definite con sentenze della Corte di giustizia europea, del 2020 e del 2022, a causa del superamento, sistematico e continuato, dei valori limite applicabili alle concentrazioni di particelle PM10, PM2,5 e biossido di azoto e della mancata adozione di misure appropriate per garantirne il rispetto. Le zone interessate sono numerose e non coinvolgono solo le regioni dell'area padana ma anche del centro e sud d'Italia;

    i dati ISTAT mostrano un netto peggioramento della qualità dell'aria nei comuni capoluogo di provincia e nelle città metropolitane: nel 2022, rispetto all'anno precedente, si registra un incremento delle concentrazioni medie annue di PM2,5 in 56 dei 93 comuni capoluogo che hanno effettuato il monitoraggio (60 per cento) tramite 171 stazioni fisse di rilevamento. In peggioramento anche l'andamento del PM10 nei 100 capoluoghi con monitoraggio effettuato da 264 centraline, che registrano incrementi delle concentrazioni nel 75 per cento dei casi;

    tuttavia, il comma 2 del citato articolo 14 destina le risorse previste ad interventi proposti dai Comuni capoluogo di provincia aventi popolazione superiore a 50.000 residenti, dalle Città Metropolitane e dalle Aree Metropolitane, il territorio dei quali ricada in zone di superamento dei valori limite di qualità dell'aria;

    tale soglia, connessa ai volumi di traffico degli stessi Comuni e alla necessità di non frazionare eccessivamente le risorse messe a disposizione, potrebbe tuttavia rivelarsi eccessivamente riduttiva rispetto a Comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore ma che registrano parimenti forti criticità conseguenti alla presenza di plurimi fattori inquinanti,

    la stretta correlazione tra gli inquinanti atmosferici e gravi patologie, quali quelle cardio e cerebro-vascolari e polmonari, sono un dato ormai acquisito;

    il potenziamento delle infrastrutture verdi nei contesti urbani, caratterizzati da un elevato impatto umano e da rilevanti emissioni di composti di natura antropica, è ritenuto determinante e strategico per il risanamento della qualità dell'aria e per l'adattamento dei territori ai cambiamenti climatici;

    il Regolamento europeo sul «Ripristino della Natura» vincola gli Stati membri ad adottare apposite misure per garantire che non vi siano perdite nette di spazi verdi urbani e di copertura arborea, e con l'obiettivo di portare, entro il 2030, alla piantumazione di almeno tre miliardi di alberi in più di quelli già esistenti,

impegna il Governo

ad incrementare le risorse e le misure volte al finanziamento di progetti proposti dai comuni capoluogo di provincia e dalle città metropolitane interessati dal superamento dei valori limite di qualità dell'aria ambiente previsti dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 finalizzati all'incremento degli spazi verdi urbani e periurbani e alla piantumazione di nuovi alberi.
9/2038-A/21. Ilaria Fontana, D'Orso, Fenu.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di assumere ulteriori iniziative che possano consentire il finanziamento di progetti proposti dai comuni capoluogo di provincia e dalle città metropolitane interessati dal superamento dei valori limite di qualità dell'aria ambiente previsti dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, anche finalizzati all'incremento degli spazi verdi urbani e periurbani e alla piantumazione di nuovi alberi.
9/2038-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta)Ilaria Fontana, D'Orso, Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    gli strumenti per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea sono disciplinati dalla legge n. 234 del 2012, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione;

    il ricorso alla decretazione d'urgenza da parte del Governo per prevenire violazioni dell'ordinamento dell'Unione europea o per porvi rimedio è considerata nel nostro ordinamento un'ipotesi residuale rispetto ai canali principali e ordinari previsti a questo scopo dalla richiamata legge n. 234 del 2012, che prevede la presentazione periodica di due appositi disegni di legge, la legge di delegazione europea e la legge europea, di cui stabilisce in dettaglio il contenuto proprio e la procedura di predisposizione;

    l'emanazione di eventuali decreti legge cd. «salva infrazioni» deve inoltre essere motivata, in coerenza con l'articolo 77 della Costituzione, da una effettiva urgenza per l'adeguamento agli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, qualora non sia possibile provvedervi nei tempi che sarebbero presumibilmente richiesti dalla approvazione delle leggi europea e di delegazione europea;

    l'articolo 6 del decreto legislativo n. 144 del 2008, aggiornato dalla disciplina in esame, consente ai conducenti di camion e mezzi pesanti di acquisire documenti mancanti presso la centrale operativa durante un controllo stradale. Questa misura mira a ridurre le sanzioni dovute a errori tecnici o mancanza di documentazione non imputabile direttamente al conducente. Tuttavia, sono state mosse alcune critiche a questa modifica. In primo luogo, alcuni esperti del settore ritengono che questa disposizione potrebbe complicare il lavoro delle forze dell'ordine, rallentando i controlli su strada. Il tempo necessario per ottenere i documenti potrebbe infatti allungare le verifiche, riducendo l'efficacia dei controlli stessi e aumentando il rischio di abuso della normativa da parte di conducenti e aziende che potrebbero ritardare la produzione delle prove,

impegna il Governo

al fine di semplificare l'attività degli organi di polizia e garantire la certezza del diritto in capo ai conducenti di camion e mezzi pesanti, a prevedere un termine entro cui sia possibile per i soggetti di cui all'articolo 6 provvedere ad eventuali integrazioni.
9/2038-A/22. Iaria, D'Orso, Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    l'applicazione in Italia della direttiva europea CE 123/2006 (cosiddetta Bolkestein) ha generato nel corso dell'ultimo decennio un acceso dibattito che, relativamente alle concessioni balneari, ha riguardato quasi esclusivamente lo sfruttamento economico e commerciale delle nostre coste, focalizzando l'attenzione solo sulle regole del mercato e la concorrenza. Aspetto quest'ultimo sicuramente importante, visto il contributo del settore balneare alla nostra economia, ed inderogabile, così come stabilito dalle sentenze della Corte europea e del Consiglio di Stato;

    questa visione del bene demaniale come esclusivo strumento di creazione di valore economico ha però spianato la strada alla progressiva trasformazione dei litorali in superfici da sfruttare economicamente, a tutto vantaggio di molti concessionari privati, i quali, anche per gli importi irrisori dei canoni demaniali (sono circa 100 i milioni incamerati dallo Stato), in gran parte traggono dalle loro attività profitti sproporzionati (il giro d'affari annuale è stato stimato intorno ai 30 miliardi di euro), come evidenziato anche dalla Corte dei conti;

    nel corso degli anni si è assistito ad una silenziosa ma costante «privatizzazione» di fatto delle spiagge, i cui confini vengono spesso delimitati da muri, siepi, inferriate e cancelli;

    la peculiarità del bene in questione coinvolge anche altri aspetti, altrettanto importanti se non di più, legati alla pubblica fruizione collettiva delle spiagge e ai diritti costituzionali del cittadino, quali: la tutela della salute, dell'ambiente e del paesaggio;

    le aree costiere dovrebbero pertanto essere al centro di un ampio e approfondito confronto sul futuro del Paese che dovrebbe portare ad un grande progetto di innovazione e riqualificazione ambientale per tutelare e valorizzare i nostri litorali, tenendo conto dei cambiamenti climatici e dei fenomeni di erosione che mettono seriamente in pericolo il nostro patrimonio ambientale e paesaggistico;

    come emerge dal Rapporto Spiagge 2021 di Legambiente, in Italia continua a crescere il numero di spiagge in concessione, tanto che in molti Comuni è oramai impossibile trovare uno spazio dove poter liberamente e gratuitamente sdraiarsi a prendere il sole. Le concessioni balneari sono 12.166 dai dati dell'ultimo monitoraggio del Sistema informativo demanio marittimo (S.I.D.) (erano 10.812 in quello precedente del 2018) con un aumento del 12,5 per cento in 3 anni;

    complessivamente si può stimare che meno di metà delle spiagge del Paese sia liberamente accessibile e fruibile per fare un bagno anche perché non di rado le aree libere sono ubicate vicino a foci di alvei, canali e scarichi. In alcune Regioni troviamo dei veri e propri record, come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70 per cento delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. In alcuni Comuni si arriva addirittura a percentuali oltre il 90 per cento;

    in nessun Paese europeo esiste una situazione come quella che contraddistingue le nostre coste, caratterizzata dalla difficoltà di accedere e usufruire della spiaggia anche in ragione dell'assenza di indicazioni nazionali sui criteri di occupazione dei litorali in concessione, di incentivi a progetti attenti alla qualità ambientale, alla tutela della duna e della spiaggia, all'utilizzo di materiali naturali e di fonti rinnovabili, nonché riguardanti il diritto all'accessibilità per le persone disabili;

    esistono esempi virtuosi di imprenditori balneari che nella loro attività puntano sulla qualità dell'offerta, in una logica ambientale sempre più integrata e ambiziosa che guarda sia alle strutture che al rapporto con il territorio, utilizzando strutture leggere e facilmente amovibili che non intralciano la libera visuale del mare, garantendo possibilità di accesso alla spiaggia in qualunque periodo dell'anno e generando buona occupazione. Tali imprenditori, purtroppo ancora una minoranza, vanno premiati e incoraggiati;

    la direttiva Bolkestein prevede (articolo 12, comma 3) che gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di profili attinenti alla salute pubblica, agli obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, alla protezione dell'ambiente, alla salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario,

impegna il Governo:

   ad adottare misure per garantire in ogni comune, su tratti omogenei di costa balneabili, l'adeguato equilibrio tra spiagge in concessione e spiagge libere/libere attrezzate, prevedendo regole chiare e certe per garantire, per tutti, la completa e libera accessibilità al mare 24 ore al giorno in tutti i giorni dell'anno;

   a concedere maggiori premialità, nella definizione della disciplina delle procedure selettive di affidamento delle concessioni, ai progetti attenti alla qualità ambientale, alla tutela della duna e della spiaggia, all'utilizzo di materiali naturali e di fonti rinnovabili e all'utilizzo di strutture totalmente amovibili;

   ad aggiornare i canoni di concessione, prevedendo aumenti consistenti per le aree di maggior pregio naturalistico, paesaggistico e ad alta redditività;

   a riservare parte del gettito dei canoni di concessione ai comuni e creare un fondo nazionale per interventi di riqualificazione e valorizzazione ambientale dell'area costiera (manutenzione delle spiagge per combattere l'erosione costiera e per migliorare la libera fruibilità, demolizione di edifici abusivi, rinaturalizzazione, accessibilità pedonale e ciclabile, eccetera);

   a ripristinare la legalità laddove, senza permessi, sono state costruite strutture, sono state spianate dune per realizzare parcheggi, pavimentazioni per ristoranti, piscine, ecc.;

   a limitare al massimo il numero di concessioni che uno stesso titolare può detenere, per via diretta ed indiretta, in un singolo comune al fine di favorire quanto più possibile la partecipazione anche di piccole imprese e no profit;

   a prevedere la decadenza della concessione per gravi inadempienze nell'esercizio della stessa da parte dei titolari;

   ad adottare misure che prevedano l'obbligo di processi partecipativi nella definizione dei Piani Demaniali regionali e comunali, coinvolgendo le rappresentanze dei lavoratori, delle imprese e dei consumatori, incluse le associazioni portatrici di interessi generali in materia di ambiente, turismo e diritti civili;

   a garantire la totale ed assoluta trasparenza attraverso la pubblicazione on line dei dati concernenti l'oggetto e le caratteristiche delle concessioni e i relativi canoni, con indicazione degli importi dovuti e di quelli effettivamente versati.
9/2038-A/23. Caso, D'Orso, Fenu, Carotenuto, Dell'Olio, Auriemma.


   La Camera,

   premesso che:

    è quanto mai necessario introdurre misure volte a contrastare gli effetti climatici dei refrigeranti HFC utilizzati nella refrigerazione commerciale, diminuendone drasticamente il consumo alla fonte e favorendo l'uso di sistemi alternativi, moderni e più sostenibili, già ampiamente disponibili sul mercato;

    a seguito dell'attuazione del regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sui gas fluorurati, che ha introdotto misure per ridurre gradualmente il consumo di HFC dell'80 per cento entro il 2030, l'industria della refrigerazione commerciale ha completamente adattato le sue tecnologie e il suo portafoglio di prodotti privilegiando refrigeranti a base naturale, anidride carbonica e propano, attualmente utilizzati nel mercato nei sistemi di refrigerazione nuovi e privi di effetti serra diretti;

    a livello internazionale si è intervenuti attraverso l'Accordo di Parigi e il successivo emendamento di Kigali (emendamento al Protocollo di Montréal sulle sostanze che riducono lo stato dell'ozono), in vigore dal 2019, che richiedono di abbandonare gli HFC in favore dei refrigeranti naturali. Tuttavia, mentre nel resto dell'Europa le emissioni di gas serra da HFC stanno da anni progressivamente diminuendo, in Italia esse aumentano esponenzialmente a causa della manutenzione dei vecchi supermercati e ipermercati che utilizzano refrigeranti altamente impattanti sul clima e che disperdono nell'ambiente una significativa quantità di tali gas a causa delle perdite;

    oltre la metà delle emissioni nazionali di gas serra derivanti dai processi industriali è dovuta ai gas fluorurati, che sono aumentati del 387,5 per cento dal 1990, principalmente a causa del consumo degli HFC nella refrigerazione, nel condizionamento e negli aerosol farmaceutici. Questi gas sono stati corresponsabili nel passato della riduzione dello strato di ozono e sono oggi corresponsabili dell'acuirsi della crisi climatica;

    le procedure di infrazione aperte dalla Commissione Europea contro l'Italia (n. 2014/2147, 2015/2043 e 2020/2299) sottolineano l'urgenza di interventi decisi e mirati per la riduzione delle emissioni, pena il rischio di sanzioni da parte dell'UE;

    i tempi appaiono maturi, sia a livello politico che di mercato, per intervenire con un programma strutturale di riconversione (retrofit) degli impianti di refrigerazione commerciale più vecchi e altamente impattanti sul clima con impianti dotati di moderne tecnologie a refrigerante naturale e migliorata efficienza energetica;

    una possibile soluzione per ridurre le emissioni atmosferiche è promuovere la sostituzione di impianti di refrigerazione commerciale inquinanti (come quelli delle categorie R404A, R507A, R410A, R407C e R407F) con sistemi a minore impatto ambientale, come quelli a CO2 (R744) o propano (R290), in particolare introducendo uno strumento di incentivazione sotto forma di credito d'imposta per le imprese la cui attività prevalente è il commercio al dettaglio di prodotti alimentari e bevande,

impegna il Governo

ad adottare, nel primo provvedimento utile, le opportune iniziative volte a introdurre un credito d'imposta per le imprese di commercio alimentare al dettaglio, destinato alla sostituzione di impianti di refrigerazione a gas fluorurati con apparecchiature aventi minore impatto climatico, in modo da agevolare il percorso del Paese verso la neutralità carbonica, in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra fissati dall'Unione Europea per il 2030 e il 2050 nel quadro dell'European Green Deal (COM/2019/640 final).
9/2038-A/24. L'Abbate, D'Orso, Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    è quanto mai necessario introdurre misure volte a contrastare gli effetti climatici dei refrigeranti HFC utilizzati nella refrigerazione commerciale, diminuendone drasticamente il consumo alla fonte e favorendo l'uso di sistemi alternativi, moderni e più sostenibili, già ampiamente disponibili sul mercato;

    a seguito dell'attuazione del regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sui gas fluorurati, che ha introdotto misure per ridurre gradualmente il consumo di HFC dell'80 per cento entro il 2030, l'industria della refrigerazione commerciale ha completamente adattato le sue tecnologie e il suo portafoglio di prodotti privilegiando refrigeranti a base naturale, anidride carbonica e propano, attualmente utilizzati nel mercato nei sistemi di refrigerazione nuovi e privi di effetti serra diretti;

    oltre la metà delle emissioni nazionali di gas serra derivanti dai processi industriali è dovuta ai gas fluorurati, che sono aumentati del 387,5 per cento dal 1990, principalmente a causa del consumo degli HFC nella refrigerazione, nel condizionamento e negli aerosol farmaceutici. Questi gas sono stati corresponsabili nel passato della riduzione dello strato di ozono e sono oggi corresponsabili dell'acuirsi della crisi climatica;

    i tempi appaiono maturi, sia a livello politico che di mercato, per intervenire con un programma strutturale di riconversione (retrofit) degli impianti di refrigerazione commerciale più vecchi e altamente impattanti sul clima con impianti dotati di moderne tecnologie a refrigerante naturale e migliorata efficienza energetica;

    una possibile soluzione per ridurre le emissioni atmosferiche è promuovere la sostituzione di impianti di refrigerazione commerciale inquinanti (come quelli delle categorie R404A, R507A, R410A, R407C e R407F) con sistemi a minore impatto ambientale, come quelli a CO2 (R744) o propano (R290), in particolare introducendo uno strumento di incentivazione sotto forma di credito d'imposta per le imprese la cui attività prevalente è il commercio al dettaglio di prodotti alimentari e bevande,

impegna il Governo

ad adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, le opportune iniziative volte a introdurre un credito d'imposta per le imprese di commercio alimentare al dettaglio, destinato alla sostituzione di impianti di refrigerazione a gas fluorurati con apparecchiature aventi minore impatto climatico.
9/2038-A/24. (Testo modificato nel corso della seduta)L'Abbate, D'Orso, Fenu.


   La Camera,

   premesso che:

    la legge 1° dicembre 2023, n. 172, ha introdotto nel nostro ordinamento il divieto di produzione e commercializzazione della carne coltivata, ovvero il divieto di denominazione di carne – meat-sounding – per le alternative vegetali;

    le norme in oggetto sono viziate e potenzialmente inapplicabili in seguito ad una grave violazione della direttiva UE 2015/1525, perfezionatasi durante l'adozione della legge. Infatti, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (Unilever, 26.09.2000), poiché è stata sottoposta alla procedura europea TRIS il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la legge può essere dichiarata inapplicabile dai tribunali nazionali;

    in assenza dei decreti ministeriali ex articolo 3, comma 5 della stessa legge, il divieto di denominazione di carne per le alternative vegetali resta ad oggi inattuato;

    entrambi i divieti sono stati oggetto di forti critiche che ne hanno evidenziato sia i profili di danno per il settore economico, ovvero per la ricerca, sia la natura fondamentalmente non necessaria e non proporzionale delle restrizioni;

    in particolare, le aziende produttrici di alternative vegetali, anche tramite la procedura europea TRIS, hanno rivolto diverse critiche al divieto di denominazione, inducendo lo stesso Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ad annunciare una possibile rivalutazione della norma, di cui però, ad oggi, non si hanno notizie;

    il divieto di carne coltivata, invece, riguarda un bene non ancora presente sul mercato europeo, ovvero, senza alcun esame scientifico previo, si propone di proteggere il consumatore da un alimento a cui non è ancora esposto, il che si dimostra in palese contrasto con il principio di precauzione europeo, invocato dalla norma a giustificazione della stessa;

    durante le ultime settimane alcune importanti pronunce delle istituzioni europee hanno autorevolmente individuato i profili di criticità della legge n. 172 del 2023 dal punto di vista del diritto unionale;

    relativamente al divieto di meat-sounding, la Corte di giustizia europea, con la sentenza C-438/23 dello scorso 4 ottobre, relativa all'analogo divieto francese, ha decretato «qualora non abbia adottato una denominazione legale [per un determinato alimento], uno Stato membro non può vietare l'uso di termini tradizionalmente associati ai prodotti di origine animale per designare un prodotto contenente proteine vegetali»;

    all'articolo 3, comma 1, lettera a) la legge n. 172 del 2023 vieta, tra gli altri, espressamente quanto escluso dal giudice europeo, ossia «denominazioni usuali e descrittive riferite alla carne, ad una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne»;

    in materia di divieti di carne coltivata, infine, la Commissione europea, avendo avuto la possibilità di analizzare l'analoga proposta di legge ungherese in sede TRIS (notifica 2024/0394/HU), ha osservato che «[Il] divieto è [...] ingiustificato, in quanto potrebbe precludere la procedura di autorizzazione armonizzata per i nuovi alimenti a livello UE, che prevede una valutazione scientifica da parte dell'EFSA». Una pronuncia che avrebbe riguardato anche l'Italia, se il Governo non avesse impedito tale esame per mezzo della sopracitata violazione;

    i summenzionati pronunciamenti della Corte di giustizia dell'Unione europea e della Commissione europea espongono l'Italia a procedure di infrazione il cui costo evitabile ricadrebbe per intero sui cittadini contribuenti, circostanza, questa, che giustificherebbe pienamente da parte del Governo anche il ricorso alla decretazione d'urgenza,

impegna il Governo

a promuovere con urgenza un'iniziativa legislativa finalizzata all'abrogazione della legge n. 172 del 2023, in modo da ripristinare tempestivamente una situazione di rispetto e di certezza del diritto, scongiurando così sia l'aggravarsi dei problemi causati alla ricerca, agli attori economici e ai consumatori, sia ogni onere e ulteriore danno, anche di credibilità internazionale e di costi per il contribuente a seguito delle inevitabili procedure di infrazione, derivanti dal permanere nel nostro ordinamento di una legge viziata, non necessaria ed in contrasto con il diritto dell'Unione europea.
9/2038-A/25. Della Vedova, Magi, Evi, Caramiello.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 12, a fronte della procedura di infrazione 2014-4231, avviata dalla Commissione UE, apporta modifiche in materia di abuso nell'utilizzo di una successione di contratti o rapporti a tempo determinato nel pubblico impiego, incidendo sulla misura e sui criteri di liquidazione del danno risarcibile, patito dal lavoratore;

    in particolare, per espressa previsione della norma, la nuova disciplina sostituisce le disposizioni che regolano la responsabilità dei dirigenti che, per dolo o colpa grave, hanno operato in violazione delle condizioni che consentono l'assunzione del personale con contratti di lavoro flessibili all'interno delle p.a.;

    il fenomeno del precariato nella p.a. continua ad essere una questione non più eludibile;

    in molte regioni vi sono migliaia di unità impiegate con contratti a tempo determinato rinnovati annualmente nel settore della forestazione;

    si tratta di lavoratori e lavoratrici che offrono un contributo importante alla manutenzione del territorio sopperendo a carenze di organico delle p.a. senza però adeguato riconoscimento in termini di diritti e dal punto di vista retributivo in quanto le giornate effettuate;

    spesso si tratta di platee di lavoratori che pur svolgendo la stessa mansione ricadono in ambiti amministrativi diversi la cui unica costante è la precarietà,

impegna il Governo

in base all'articolo 12 del provvedimento in esame, ad attivare con tempestività e comunque non oltre il prossimo 31 dicembre 2024, con i sindacati e le regioni, un tavolo di confronto per avviare un processo di stabilizzazione del personale precario impegnato a vario titolo nelle attività e progetti di forestazione.
9/2038-A/26.Sarracino, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del disegno di legge in esame, al fine di consentire l'adeguamento dell'ordinamento alla decisione della Corte di giustizia 20 aprile 2023, in causa C-348/22 in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, reca modifiche alla legge 5 agosto 2022 n. 118, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021»;

    in particolare, apporta modificazioni all'articolo 3, rubricato «Disposizioni sull'efficacia delle concessioni demaniali e dei rapporti di gestione per finalità turistico-ricreative e sportive» e all'articolo 4, originariamente rubricato «Delega al Governo in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico – ricreative e sportive» della citata legge 5 agosto 2022 n. 118;

    il nuovo articolo 4, prevede che la procedura di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive, di cui all'articolo 01, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, debba svolgersi nel rispetto del diritto dell'Unione europea, dei principi di libertà di stabilimento, di pubblicità, di trasparenza, di massima partecipazione, di non discriminazione; di parità di trattamento, anche al fine di agevolare la partecipazione delle microimprese, delle piccole imprese e delle imprese giovanili;

    la concessione di aree demaniali per finalità turistico-ricreative e sportive è uno strumento strategico per promuovere lo sviluppo economico e valorizzare il patrimonio naturale del Paese, attraverso la realizzazione di servizi di qualità che possano attrarre turismo e migliorare la fruizione del territorio da parte dei residenti;

    le aree demaniali concesse, spesso contribuiscono in modo prevalente all'industria del turismo, ma esistono numerosi esempi virtuosi in cui le concessioni sono diventate anche un mezzo per offrire servizi di utilità pubblica alla collettività, come spazi per l'educazione ambientale, attività sportive accessibili o percorsi di inclusione sociale, specialmente nei contesti periferici e nelle aree interne;

    includere esplicitamente tra i criteri di affidamento delle concessioni demaniali un riferimento alle attività di interesse pubblico a favore della collettività permetterebbe di promuovere una gestione che favorisca progetti con ricadute positive non solo sul piano economico, ma anche su quello sociale, contribuendo allo sviluppo sostenibile e migliorando la qualità della vita delle comunità locali,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 4 della legge n. 118 del 2022, come sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera b) del disegno di legge in esame, al fine di adottare le iniziative legislative necessarie volte a riconoscere specifiche premialità per le proposte progettuali che prevedano la realizzazione di attività di interesse pubblico rivolte alla collettività nei bandi di gara per l'affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali.
9/2038-A/27.Faraone.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del disegno di legge in esame, al fine di consentire l'adeguamento dell'ordinamento alla decisione della Corte di giustizia 20 aprile 2023, in causa C-348/22 in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, reca modifiche alla legge 5 agosto 2022 n. 118, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021»;

    in particolare, apporta modificazioni all'articolo 3, rubricato «Disposizioni sull'efficacia delle concessioni demaniali e dei rapporti di gestione per finalità turistico-ricreative e sportive» e all'articolo 4, originariamente rubricato «Delega al Governo in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico – ricreative e sportive» della citata legge 5 agosto 2022 n. 118;

    il nuovo articolo 4, prevede che la procedura di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive, di cui all'articolo 01, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, debba svolgersi nel rispetto del diritto dell'Unione europea, dei principi di libertà di stabilimento, di pubblicità, di trasparenza, di massima partecipazione, di non discriminazione; di parità di trattamento, anche al fine di agevolare la partecipazione delle microimprese, delle piccole imprese e delle imprese giovanili;

    la concessione di aree demaniali per finalità turistico-ricreative e sportive è uno strumento strategico per promuovere lo sviluppo economico e valorizzare il patrimonio naturale del Paese, attraverso la realizzazione di servizi di qualità che possano attrarre turismo e migliorare la fruizione del territorio da parte dei residenti;

    le aree demaniali concesse, spesso contribuiscono in modo prevalente all'industria del turismo, ma esistono numerosi esempi virtuosi in cui le concessioni sono diventate anche un mezzo per offrire servizi di utilità pubblica alla collettività, come spazi per l'educazione ambientale, attività sportive accessibili o percorsi di inclusione sociale, specialmente nei contesti periferici e nelle aree interne;

    includere esplicitamente tra i criteri di affidamento delle concessioni demaniali un riferimento alle attività di interesse pubblico a favore della collettività permetterebbe di promuovere una gestione che favorisca progetti con ricadute positive non solo sul piano economico, ma anche su quello sociale, contribuendo allo sviluppo sostenibile e migliorando la qualità della vita delle comunità locali,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 4 della legge n. 118 del 2022, come sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera b) del disegno di legge in esame, al fine di valutare l'opportunità di adottare eventuali iniziative legislative volte a riconoscere specifiche premialità per le proposte progettuali che prevedano la realizzazione di attività di interesse pubblico rivolte alla collettività nei bandi di gara per l'affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali.
9/2038-A/27.(Testo modificato nel corso della seduta)Faraone.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 1, lettera b) del disegno di legge in esame, prevede, tra le altre cose, modificazioni all'articolo 4, della legge 5 agosto 2022 n. 118, «legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive»;

    tale articolo 4, stabilisce che la procedura di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive, di cui all'articolo 01, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, debba svolgersi nel rispetto del diritto dell'Unione europea, dei principi di libertà di stabilimento, di pubblicità, di trasparenza, di massima partecipazione, di non discriminazione e di parità di trattamento. In particolare, la norma intende agevolare la partecipazione di microimprese, piccole imprese e imprese giovanili;

    tuttavia, il criterio di aggiudicazione ai fini della valutazione delle offerte, previsto dal nuovo articolo 4, comma 6, lettera l), basato sul numero di concessioni già detenute dall'offerente non raggiunge l'obiettivo di assicurare la massima partecipazione e non garantisce una distribuzione equa delle concessioni ma, al contrario, favorisce fenomeni di concentrazione delle stesse tra pochi grandi operatori configurando il rischio di monopoli o oligopoli, dove poche grandi imprese controllerebbero il mercato delle concessioni;

    una siffatta statuizione, se non rivista, può risultare lesiva del principio di libera concorrenza, riducendo la possibilità di accesso per le micro, piccole e medie imprese (MPMI), e provocando effetti negativi sulla qualità e la varietà dei servizi offerti alla cittadinanza e ai turisti;

    le micro e piccole imprese rappresentano il 95 per cento del tessuto imprenditoriale italiano e svolgono un ruolo essenziale nella creazione di posti di lavoro locali e nella valorizzazione delle specificità territoriali. Limitare l'accesso alle concessioni da parte delle piccole realtà riduce non solo la competitività economica, ma priva i territori di iniziative che rispondono meglio ai bisogni e alle aspirazioni della comunità locale;

    uno studio della Commissione Europea sulla concorrenza nel settore turistico sottolinea come una pluralità di operatori economici favorisca non solo la qualità del servizio, ma anche l'innovazione e la sostenibilità, due elementi cruciali per il futuro del turismo in Italia, specialmente nelle aree marittime, lacuali e fluviali dove l'equilibrio tra attività economiche e tutela ambientale è particolarmente delicato;

    la tutela delle micro e piccole imprese nelle concessioni demaniali è inoltre coerente con gli obiettivi dell'Unione Europea in materia di sostegno alle PMI, come sancito nella Strategia per le PMI per un'Europa sostenibile e digitale, che riconosce il ruolo centrale delle piccole imprese nel creare un'economia resiliente e inclusiva, specialmente nei settori a contatto diretto con il pubblico;

    un regime di concessioni più equo che introduca un limite massimo di due concessioni per impresa contribuirebbe di fatto al rafforzamento delle economie locali e alla creazione di valore diffuso nel tempo, generando benefici per le comunità attraverso la creazione di posti di lavoro stabili e sostenibili e il sostegno a una concorrenza leale,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a modificare il criterio di aggiudicazione relativo al numero di concessioni che una singola impresa può detenere, in via diretta o indiretta, nell'ambito territoriale di riferimento dell'ente concedente, stabilendo un tetto massimo di due concessioni per ogni singola impresa.
9/2038-A/28.Del Barba.


   La Camera,

   premesso che:

    il demanio pubblico, sia marittimo che lacuale e fluviale, è una risorsa di alto valore per il Paese e il suo utilizzo dovrebbe garantire accesso e condizioni sostenibili soprattutto per enti che perseguono finalità sociali, di pubblica utilità e non lucrative, in modo da promuovere attività di interesse collettivo;

    il terzo settore e gli enti privati non commerciali – a norma dell'articolo 73 del decreto legislativo 22 dicembre 1986, n. 917, soggetti che non operano per fini di lucro e hanno come scopo l'utilità pubblica e sociale – contribuiscono significativamente al tessuto sociale italiano, svolgendo attività di assistenza, sport, cultura e inclusione, che rispondono ai bisogni delle comunità e collaborano frequentemente con le amministrazioni locali per garantire un impatto positivo e duraturo;

    i suddetti enti si sostentano principalmente attraverso donazioni, contributi pubblici, sponsorizzazioni e il lavoro volontario, reinvestendo integralmente le risorse ottenute per il beneficio collettivo e lo sviluppo delle comunità in cui operano. Tale caratteristica li rende particolarmente bisognosi di condizioni agevolate per poter continuare a svolgere la loro funzione di supporto alla collettività;

    risulta pertanto necessario permettere al terzo settore e agli enti privati non commerciali di avere un quadro stabile e favorevole per pianificare le proprie attività, liberando risorse da destinare alle finalità sociali e riducendo la necessità di ricorrere a continui rinnovi prevedendo una proroga delle concessioni demaniali fino al 31 dicembre 2033 nonché un il limite massimo di 500 euro per il canone demaniale, attraverso la modifica dell'articolo 100, comma 4, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 – che stabiliva un importo minimo non inferiore a euro 500 –, al fine di garantire condizioni economiche sostenibili per gli enti che operano senza scopo di lucro, consentendo loro di investire in servizi e attività sociali di cui beneficiano le comunità, migliorando la qualità della vita e promuovendo un'economia solidale e inclusiva,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a prorogare, previa autorizzazione della Commissione europea, le concessioni demaniali degli enti del terzo settore e degli enti privati non commerciali fino al 31 dicembre 2033 e introdurre il limite massimo di 500 euro per il canone annuale per il mantenimento della concessione.
9/2038-A/29.Gadda.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel corso della legislatura, qualora ne ricorrano le condizioni, l'introduzione di una misura normativa, d'intesa con la Commissione europea, volta ad escludere gli enti del terzo settore dall'ambito di applicazione della disciplina dettata dal nuovo articolo 4 indicato in premessa in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive.
9/2038-A/29.(Testo modificato nel corso della seduta)Gadda.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, avente ad oggetto disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano, all'articolo 1, modificato in sede referente, dispone la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive e di quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte nel registro del CONI e da enti del Terzo settore;

    nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto al nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118 un nuovo comma 1-bis, che esclude dall'ambito di applicazione della disciplina dettata dal suddetto articolo 1, gli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale relativi allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36;

    la deroga opera a condizione che le suddette attività siano svolte da: federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche costituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021, e iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico;

    è prevista poi, quale ulteriore condizione, che detti usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale possano essere considerati come attività non economiche in base al diritto dell'Unione europea;

    a giudizio del sottoscrittore del presente atto, all'interno della richiamata misura che ha inteso salvaguardare le attività dei circoli nautici e associazioni che operano a stretto contatto con il mare, (attività messe a forte rischio da una prima lettura della direttiva cosiddetta Bolkestein) risulta altrettanto necessario, tutelare anche le aree marine protette, che rappresentano notoriamente, un patrimonio naturalistico e ambientale fondamentale per il Paese che, come previsto dalla legge 6 dicembre n. 394 del 1991, si prefiggono peraltro l'obiettivo peculiare di conservare, preservare e valorizzare l'ambiente marino e costiero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel corso della legislatura, l'introduzione di una misura normativa, d'intesa con la Commissione europea, volta ad escludere le aree marine protette, dall'ambito di applicazione della disciplina dettata dal nuovo articolo 4 indicato in premessa in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive.
9/2038-A/30. Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, avente ad oggetto disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano, all'articolo 1, modificato in sede referente, dispone la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive e di quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte nel registro del CONI e da enti del Terzo settore;

    nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto al nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118 un nuovo comma 1-bis, che esclude dall'ambito di applicazione della disciplina dettata dal suddetto articolo 1, gli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale relativi allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36;

    la deroga opera a condizione che le suddette attività siano svolte da: federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche costituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021, e iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico;

    è prevista poi, quale ulteriore condizione, che detti usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale possano essere considerati come attività non economiche in base al diritto dell'Unione europea;

    a giudizio del sottoscrittore del presente atto, all'interno della richiamata misura che ha inteso salvaguardare le attività dei circoli nautici e associazioni che operano a stretto contatto con il mare, (attività messe a forte rischio da una prima lettura della direttiva cosiddetta Bolkestein) risulta altrettanto necessario, tutelare anche le aree marine protette, che rappresentano notoriamente, un patrimonio naturalistico e ambientale fondamentale per il Paese che, come previsto dalla legge 6 dicembre n. 394 del 1991, si prefiggono peraltro l'obiettivo peculiare di conservare, preservare e valorizzare l'ambiente marino e costiero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel corso della legislatura, qualora ne ricorrano le condizioni, l'introduzione di una misura normativa, d'intesa con la Commissione europea, volta ad escludere le aree marine protette, dall'ambito di applicazione della disciplina dettata dal nuovo articolo 4 indicato in premessa in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive.
9/2038-A/30. (Testo modificato nel corso della seduta)Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    è all'esame il decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131, recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano», volto ad agevolare la chiusura di 15 procedure d'infrazione e un caso Eu Pilot;

    al fine di agevolare la chiusura della procedura d'infrazione n. 2020/4118 e consentire l'adeguamento dell'ordinamento alla decisione della Corte di giustizia 20 aprile 2023, in causa C-348/22 in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive – l'articolo 1 del provvedimento in esame interviene, modificandola, sulla legge 5 agosto 2022, n. 118 («legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021»), disponendo la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni in questione, nonché definendo le caratteristiche della procedura di affidamento, prevedendo gli indennizzi per i concessionari uscenti e l'aggiornamento dei canoni demaniali;

    l'intervento normativo appare nel complesso largamente inadeguato allo scopo, non offrendo, nell'individuazione dei criteri di affidamento, un quadro regolatorio certo per le pubbliche amministrazioni e gli operatori, né una visione che sostenga il turismo, attraverso l'attrazione degli investimenti, e la riqualificazione delle coste;

    nel corso dell'esame in sede referente è stata introdotta una deroga che esclude dall'ambito di applicazione della suddetta disciplina gli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale relativi allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, l'organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, da svolgersi in via stabile e principale, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica;

    tale deroga opera a condizione che le suddette attività siano svolte da federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche costituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021, e iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico, nonché a condizione che gli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale possano essere considerati come attività non economiche in base al diritto dell'Unione europea,

impegna il Governo

a prevedere modalità idonee ad assicurare che la deroga relativa agli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale per le attività sportive operi effettivamente nei confronti di soggetti che abbiano finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico, e le cui attività siano considerate non economiche in base alle norme del diritto dell'Unione europea, e che tale deroga non costituisca invece uno strumento surrettizio per il mantenimento di privilegi da parte di qualsiasi ente o soggetto che non svolga attività senza fine di lucro o no profit.
9/2038-A/31. Gnassi, Gianassi, D'Alfonso, De Luca, Lacarra, Stefanazzi, Serracchiani, Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    è all'esame il decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131, recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano», volto ad agevolare la chiusura di 15 procedure d'infrazione e un caso Eu Pilot;

    al fine di agevolare la chiusura della procedura d'infrazione n. 2020/4118 e consentire l'adeguamento dell'ordinamento alla decisione della Corte di giustizia 20 aprile 2023, in causa C-348/22 in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive – l'articolo 1 del provvedimento in esame interviene, modificandola, sulla legge 5 agosto 2022, n. 118 («legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021»), disponendo la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni in questione, nonché definendo le caratteristiche della procedura di affidamento, prevedendo gli indennizzi per i concessionari uscenti e l'aggiornamento dei canoni demaniali;

    nel corso dell'esame in sede referente è stata introdotta una deroga che esclude dall'ambito di applicazione della suddetta disciplina gli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale relativi allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, l'organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, da svolgersi in via stabile e principale, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica;

    tale deroga opera a condizione che le suddette attività siano svolte da federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche costituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021, e iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico, nonché a condizione che gli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale possano essere considerati come attività non economiche in base al diritto dell'Unione europea,

impegna il Governo

a prevedere modalità idonee ad assicurare che la deroga relativa agli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale per le attività sportive operi effettivamente nei confronti di soggetti che abbiano finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico, e le cui attività siano considerate non economiche in base alle norme del diritto dell'Unione europea.
9/2038-A/31. (Testo modificato nel corso della seduta)Gnassi, Gianassi, D'Alfonso, De Luca, Lacarra, Stefanazzi, Serracchiani, Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano;

    la Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea per non aver posto fine all'uso eccessivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie nella scuola. Secondo la Commissione europea, l'Italia, in piena violazione delle previsioni contenute nella direttiva del Consiglio 1999/70/CE, non ha disposto norme necessarie per vietare la disparità di condizioni di lavoro e il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato successivi;

    nel dispositivo si legge che la retribuzione dei docenti a tempo determinato «non prevede una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio. Ciò costituisce una discriminazione rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato, che hanno invece diritto a tale progressione salariale»;

    procedura di infrazione che, però, non rappresenta affatto un fulmine a ciel sereno, ma solo l'ultimo passaggio di un'azione che la Commissione europea aveva avviato con l'invio di una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane, nel luglio 2019. Poi una seconda lettera nel dicembre 2020 e un'altra nell'aprile 2023;

    nelle scuole italiane ci sono 38.000 lavoratori ATA precari e 102.000 insegnanti di sostegno precari. Questo è ancora più grave se si pensa che ci sono molti posti vacanti e disponibili su cui non si sta procedendo alle assunzioni. Ed è addirittura paradossale se, a decorrere dall'anno scolastico 2025/2026, si proceda con un taglio secco di 5.660 docenti all'organico dell'autonomia e di 2.174 unità di personale ATA;

    sicuramente è un buon risultato essere riusciti a innalzare da 12 a 24 mesi il risarcimento per i precari storici non assunti: il limite massimo dei risarcimenti in caso di reiterazione dei contratti a termine (anche del personale scolastico), precedentemente fissato a 12 mensilità viene innalzato fino ad un massimo di 24 mensilità, avuto riguardo della gravità della violazione anche in rapporto al numero dei contratti succedutisi. Ma questo non è abbastanza;

    serve garantire stabilità ai lavoratori della scuola, ma anche continuità didattica agli studenti e alle loro famiglie,

impegna il Governo

a garantire una stabilità lavorativa a migliaia di insegnanti che, da lavoratori precari, permettono alla scuola di funzionare, procedendo all'immissione in ruolo, in primis utilizzando le graduatorie di tutti i precedenti concorsi, in tutti i posti vacanti e disponibili per i docenti.
9/2038-A/32. Piccolotti, Borrelli, Dori, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, avente ad oggetto disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano, all'articolo 1, modificato in sede referente, dispone la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive e di quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte nel registro del CONI e da enti del Terzo settore;

    nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto al nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118 un nuovo comma 1-bis, che esclude dall'ambito di applicazione della disciplina dettata dal suddetto articolo 1, gli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale relativi allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36;

    la deroga opera a condizione che le suddette attività siano svolte da: federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche costituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021, e iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico;

    a giudizio del sottoscrittore del presente atto, all'interno della richiamata misura che ha inteso salvaguardare le attività suesposte, risulta altrettanto necessario, tutelare gli Enti del Terzo Settore (ETS) ovvero le organizzazioni non commerciali o commerciali, che, perseguendo finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, si caratterizzano per lo svolgimento in esclusiva o in via principale di una o più attività di interesse generale e per l'assenza di scopo di lucro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel corso della legislatura, l'introduzione di una misura normativa, d'intesa con la Commissione europea, volta ad escludere gli enti del terzo settore dall'ambito di applicazione della disciplina dettata dal nuovo articolo 4 indicato in premessa in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive.
9/2038-A/33.Congedo, Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, avente ad oggetto disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano, all'articolo 1, modificato in sede referente, dispone la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive e di quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte nel registro del CONI e da enti del Terzo settore;

    nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto al nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118 un nuovo comma 1-bis, che esclude dall'ambito di applicazione della disciplina dettata dal suddetto articolo 1, gli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale relativi allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36;

    la deroga opera a condizione che le suddette attività siano svolte da: federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche costituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021, e iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico;

    a giudizio del sottoscrittore del presente atto, all'interno della richiamata misura che ha inteso salvaguardare le attività suesposte, risulta altrettanto necessario, tutelare gli Enti del Terzo Settore (ETS) ovvero le organizzazioni non commerciali o commerciali, che, perseguendo finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, si caratterizzano per lo svolgimento in esclusiva o in via principale di una o più attività di interesse generale e per l'assenza di scopo di lucro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel corso della legislatura, qualora ne ricorrano le condizioni, l'introduzione di una misura normativa, d'intesa con la Commissione europea, volta ad escludere gli enti del terzo settore dall'ambito di applicazione della disciplina dettata dal nuovo articolo 4 indicato in premessa in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive.
9/2038-A/33.(Testo modificato nel corso della seduta)Congedo, Testa.


   La Camera,

   premesso che:

    è all'esame il decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131, recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano», volto ad agevolare la chiusura di 15 procedure d'infrazione e un caso Eu Pilot, numero poi salito a seguito dell'esame in sede referente;

    la legge n. 234 del 2012 – che costituisce la disciplina quadro per la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa dell'Unione europea – prevede quale strumento ordinario per adempiere agli obblighi discendenti dall'Ue la presentazione di due appositi disegni di legge, la legge di delegazione europea e la legge europea. L'articolo 37 della medesima legge n. 234 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari europei può proporre al Consiglio dei ministri l'adozione dei provvedimenti, anche urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, soltanto ove essi siano «necessari a fronte di atti normativi dell'Unione europea o di sentenze della Corte di giustizia dell'Ue ovvero dell'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia che comportano obblighi statali di adeguamento, qualora il termine per provvedervi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge di delegazione europea o della legge europea relativa all'anno di riferimento»;

    soltanto una delle procedure di infrazione oggetto del provvedimento in esame è giunta ad uno stadio talmente avanzato da giustificare il ricorso ad un provvedimento di urgenza, mentre tutte le altre procedure di infrazione sono allo stadio di messa in mora o di parere motivato ai sensi dell'articolo 258 e avrebbero pertanto potuto trovare soluzione attraverso il ricorso allo strumento ordinario della legge europea;

    ciononostante, il Governo ha scelto di ricorrere alla decretazione di urgenza, in assenza dei presupposti indicati dall'articolo 77 della Costituzione, comprimendo di fatto l'esame e la discussione da parte del Parlamento, come peraltro accedeva già lo scorso anno con il decreto Salva Infrazioni, il decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 103,

impegna il Governo

ad avvalersi dello strumento ordinario previsto dalla legge n. 234 del 2012, quale il disegno di legge europea, per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e il superamento delle procedure di infrazione nei confronti dell'Italia o dei casi di pre-contenzioso, al fine di garantire il rispetto delle prerogative parlamentari, fatte salve necessità realmente urgenti.
9/2038-A/34. Madia.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca tra l'altro disposizioni in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive prevedendo la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni in essere e definendo le nuove procedure di affidamento che dovranno essere espletate, successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, entro il 30 giugno 2027, prevedendo altresì i criteri di indennizzo per i concessionari uscenti nonché la disciplina per la definizione e l'aggiornamento delle misure unitarie dei canoni demaniali;

    le proroghe susseguitesi nel tempo hanno di fatto danneggiato i concessionari, poiché l'assenza di una prospettiva di lungo termine impedisce alle imprese di avere forza economica, di ottenere finanziamenti bancari, di fare innovazione e migliorare la qualità dell'offerta turistica,

impegna il Governo

a chiarire che nell'ambito degli «enti concedenti» siano considerati anche quelli che possono essere di supporto allo svolgimento dei bandi di gara, allo scopo di garantire che gli stabilimenti balneari siano dati in concessione mediante strumenti contrattuali il più possibile adeguati.
9/2038-A/35. D'Alfonso.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca tra l'altro disposizioni in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive prevedendo la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni in essere e definendo le nuove procedure di affidamento che dovranno essere espletate, successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, entro il 30 giugno 2027, prevedendo altresì i criteri di indennizzo per i concessionari uscenti nonché la disciplina per la definizione e l'aggiornamento delle misure unitarie dei canoni demaniali;

    il livello di privatizzazione di fatto delle spiagge varia considerevolmente nel territorio ed appare particolarmente intenso proprio dove le dimensioni della domanda sociale sono tali da renderlo un bene relativamente scarso;

    il regime concessorio ha trasformato un bene collettivo in un bene di mercato orientato ad una domanda solvibile, di fatto producendo scarsità e razionandone così l'uso;

    l'ambiente e il paesaggio sono beni collettivi decisivi per la salute delle persone. L'accesso gratuito a tali beni riduce le diseguaglianze e fa parte del capitale vitale degli individui: una persona a basso reddito che possa soddisfare il proprio bisogno di ricreazione accedendo a una spiaggia – come a un parco o un sentiero di montagna (che, non casualmente, non sono a pagamento) – ha una vita migliore di una persona nelle medesime condizioni sociali di chi non gode di quell'accesso;

    gli orientamenti giurisprudenziali hanno in più occasioni rimarcato che la necessaria e incomprimibile destinazione dei beni pubblici del demanio costiero alla libera fruizione da parte della comunità e dei singoli trova fondamento nel combinato disposto degli articoli 2 e 42 della Costituzione e che il loro godimento «è funzionale a consentire il compiuto sviluppo della persona umana»,

impegna il Governo:

   a stabilire il numero di spiagge libere esistenti escludendo la possibilità che sia aumentata la quota di area demaniale affidata e da affidare in concessione e a renderne possibile l'incremento della quota di spiagge non soggette a concessione, nell'ambito territoriale di ciascun ente concedente;

   a riconoscere l'obbligo per i concessionari di garantire comunque l'accesso libero e gratuito alla battigia.
9/2038-A/36. Toni Ricciardi, De Luca.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive;

    nel territorio italiano si evidenziano massicci fenomeni erosivi in atto in taluni tratti delle coste sabbiose e in particolare, ma non solo, nelle coste dell'Alto Adriatico; a titolo esemplificativo, nel tratto sabbioso a destra della foce del fiume Tagliamento è stata rilevata un'erosione della profondità di circa 90 metri, maturata negli ultimi trent'anni e tuttora in atto;

    tali fenomeni erosivi pongono evidentemente a rischio la preservazione del bene naturale rappresentato dalle spiagge e interessano indistintamente sia spiagge concessionabili, sia spiagge libere, sovente costituenti habitat tutelati dalle direttive europee in materia ambientale;

    si reputa necessario contrastare per quanto possibile, con l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, tali fenomeni erosivi che, ove non contrastati, darebbero luogo alla perdita di elementi naturali identitari e all'impoverimento delle collettività di riferimento, con importanti ed esiziali ricadute economiche ed occupazionali negative sull'intero comparto del turismo balneare,

impegna il Governo:

   ad adottare, compatibilmente con il quadro di finanza pubblica e i vincoli di bilancio, specifiche iniziative di tipo tecnico-scientifico finalizzate all'accertamento dei fenomeni erosivi e delle relative cause, nonché all'individuazione delle misure idonee a contrastarli;

   a promuovere l'utilizzazione dei risultati di dette iniziative tecnico-scientifiche, anche tenuto conto delle peculiarità dei singoli territori e degli interventi necessari per preservare il bene naturale, ai fini della scelta della migliore modalità di conservazione e di uso del bene demaniale marittimo.
9/2038-A/37. Loperfido.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame all'articolo 1 reca misure in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive al fine di chiudere la procedura d'infrazione n. 2020/4118, novellando, tra gli altri, l'articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118;

    il suesposto articolo, adegua l'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea disponendo l'apertura alla concorrenza delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive nel rispetto e secondo le modalità e i criteri stabiliti dal nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118, recante, disposizioni in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive;

    al fine di consentire l'ordinata programmazione delle procedure di affidamento e il loro svolgimento nel rispetto del diritto dell'Unione europea il decreto in esame in corso di conversione, proroga l'efficacia delle concessioni scadute fino al 30 settembre 2027, non pregiudicando la validità delle procedure selettive deliberate anteriormente a tale data e stabilendo l'obbligo per le procedure già avviate, successivamente all'entrata in vigore del provvedimento in esame, del rispetto delle modalità e dei criteri di cui al nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118,

impegna il Governo

a promuovere le iniziative di competenza, in raccordo con gli enti locali, affinché non siano avviate nuove procedure concessorie nelle more dell'emanazione del decreto interministeriale di cui al comma 9, primo periodo, del novellato articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118 – legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021.
9/2038-A/38. Zucconi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame all'articolo 1 reca misure in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive al fine di chiudere la procedura d'infrazione n. 2020/4118, novellando, tra gli altri, l'articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118;

    il suesposto articolo, adegua l'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea disponendo l'apertura alla concorrenza delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive nel rispetto e secondo le modalità e i criteri stabiliti dal nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118, recante, disposizioni in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive;

    al fine di consentire l'ordinata programmazione delle procedure di affidamento e il loro svolgimento nel rispetto del diritto dell'Unione europea il decreto in esame in corso di conversione, proroga l'efficacia delle concessioni scadute fino al 30 settembre 2027, non pregiudicando la validità delle procedure selettive deliberate anteriormente a tale data e stabilendo l'obbligo per le procedure già avviate, successivamente all'entrata in vigore del provvedimento in esame, del rispetto delle modalità e dei criteri di cui al nuovo articolo 4 della legge 5 agosto 2022, n. 118,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere specifiche iniziative finalizzate ad assicurare un'uniforme applicazione della nuova disciplina contenuta nell'articolo 1 del decreto in esame da parte degli enti concedenti.
9/2038-A/38. (Testo modificato nel corso della seduta)Zucconi.


   La Camera,

   premesso che:

    è all'esame il decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131, recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano», volto ad agevolare la chiusura di 15 procedure d'infrazione e un caso Eu Pilot;

    al fine di agevolare la chiusura della procedura d'infrazione n. 2020/4118 e consentire l'adeguamento dell'ordinamento alla decisione della Corte di giustizia 20 aprile 2023, in causa C-348/22 in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive – l'articolo 1 del provvedimento in esame interviene, modificandola, sulla legge 5 agosto 2022 n. 118 («legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021»), disponendo la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni in questione, nonché definendo le caratteristiche della procedura di affidamento, prevedendo gli indennizzi per i concessionari uscenti e l'aggiornamento dei canoni demaniali;

    l'intervento normativo appare nel complesso largamente inadeguato allo scopo, non offrendo, nell'individuazione dei criteri di affidamento, un quadro regolatorio certo per le pubbliche amministrazioni e gli operatori, né una visione che sostenga il turismo, attraverso l'attrazione degli investimenti, e la riqualificazione delle coste;

    in particolare, si prevede che in caso di rilascio della concessione a favore di un nuovo concessionario, il concessionario uscente abbia diritto al riconoscimento di un indennizzo, a carico del concessionario subentrante, pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione, ivi compresi gli investimenti effettuati in conseguenza di eventi calamitosi debitamente dichiarati dalle autorità competenti ovvero in conseguenza di sopravvenuti obblighi di legge, al netto di ogni misura di aiuto o sovvenzione pubblica eventualmente percepita e non rimborsata, nonché pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un'equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di rivedere il meccanismo di indennizzo per il concessionario uscente, prevedendo che tale indennizzo sia pari al valore aziendale dell'impresa insistente su tale area, compreso l'avviamento, nonché al valore degli investimenti, materiali e immateriali, effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione.
9/2038-A/39.De Luca.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in oggetto, all'articolo 1, dispone una proroga delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, e all'articolo 14 contiene disposizioni finalizzate all'attuazione della direttiva europea in materia di qualità dell'aria;

    l'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili rappresenta un obiettivo strategico per ridurre la dipendenza energetica da fonti fossili e aumentare la competitività delle imprese italiane, in particolare quelle ad alto consumo energetico (cosiddetti settori energivori);

    il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) promuove la transizione verso un modello di sviluppo sostenibile e la decarbonizzazione del sistema produttivo nazionale;

    il contesto di crisi energetica internazionale, acuito dal conflitto tra Russia e Ucraina e dalle recenti tensioni in Medio Oriente, evidenzia la necessità di adottare misure urgenti per garantire stabilità nell'approvvigionamento energetico e la resilienza del settore industriale;

    il rinnovo delle concessioni di derivazione ad uso idroelettrico può rappresentare un'opportunità per promuovere l'autoproduzione energetica da parte delle imprese energivore, contribuendo alla riduzione dei costi energetici e alla tutela dei posti di lavoro;

    la Commissione europea ha accordato maggiore flessibilità agli Stati membri nella regolamentazione delle concessioni di derivazione d'acqua a scopo idroelettrico, compatibilmente con gli obiettivi di decarbonizzazione e sostenibilità ambientale;

    il presente ordine del giorno intende facilitare il rinnovo delle concessioni idroelettriche per le imprese energivore che rispondano a determinati requisiti di idoneità, promuovendo l'autoproduzione di energia e contribuendo alla stabilità economica e occupazionale di settori particolarmente esposti alle oscillazioni del mercato energetico;

    la qualifica di auto-produttore, come definita dall'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e l'iscrizione nell'elenco delle imprese energivore presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), sono criteri chiave per identificare le imprese beneficiarie della misura,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti idonei al rinnovo delle concessioni di derivazione ad uso idroelettrico per le imprese energivore, al fine di agevolare la loro autonoma capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili, tutelare il tessuto produttivo nazionale nel rispetto degli obiettivi di sostenibilità ambientale e decarbonizzazione previsti dal PNIEC, in linea con gli obblighi derivanti dal PNRR e dal diritto dell'Unione europea, favorendo la stabilizzazione dei costi operativi e la salvaguardia dei posti di lavoro.
9/2038-A/40. Ciocchetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano;

    l'articolo 1, recante disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive (Procedura di infrazione n. 2020/4118) modificato in sede referente, dispone la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico ricreative e sportive e di quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte nel registro del Coni e da enti del Terzo settore. In particolare, esso definisce le nuove procedure di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive che dovranno essere espletate, successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, entro il 30 giugno 2027, prevedendo altresì i criteri di indennizzo per i concessionari uscenti nonché la disciplina per la definizione e l'aggiornamento delle misure unitarie dei canoni demaniali;

    tale articolo si applica anche ai concessionari cd. pertinenziali, ossia a quei gestiscono immobili demaniali, costruzioni in muratura e perciò inamovibili, sebbene tale categoria differisca sotto molti punti di vista, a partire dai maggiori oneri manutentori fiscali e manutentori cui è sottoposta dalla legge;

    già con la legge n. 296 del 2007, l'introduzione indistinta dei canoni di mercato provocò una serie di fallimenti a causa di incrementi anche superiori al 1000 per cento rispetto a quelli applicati in precedenza alle concessioni pertinenziali;

    sebbene quelle norme furono poi abrogate, permangono forti disparità nel regime fiscale, che resta particolarmente penalizzante per i concessionari pertinenziali e che espone la categoria ad un rischio d'impresa oltremisura elevato;

    anche la disposizione modificativa dell'articolo 4, comma 9, della legge 5 agosto 2022, n. 118, in tema di indennizzi da riconoscere al concessionario uscente si rivela estremamente penalizzante per la categoria dei concessionari pertinenziali,

impegna il Governo:

   a provvedere all'introduzione di una disciplina specifica per le concessioni di pertinenze demaniali marittime che ne disponga la riorganizzazione del regime fiscale secondo i seguenti criteri:

    la previsione di meccanismi premiali, aliquote dedicate e nuovi parametri per la determinazione del canone concessorio, tenuto conto delle specificità della categoria, con particolare riguardo all'incidenza economica degli oneri manutentori;

    il riconoscimento di un equo indennizzo in favore del concessionario uscente, pari al valore degli investimenti effettuati negli ultimi dieci anni, ivi compresi quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria, tenendo comunque conto del conseguente accrescimento di valore del bene, della virtuosità di gestione e della storicità aziendale.
9/2038-A/41. Stefanazzi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto di segnalazione di Anac n. 4 del 6 settembre 2022 ricorda che la concessione demaniale marittima rientra nella categoria dei contratti attivi dell'amministrazione, esclusi dall'ambito di applicazione delle direttive europee in materia di contratti pubblici, così come dall'ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici;

    il Codice dei contratti, decreto legislativo n. 36 del 2023, indica il principio di atipicità e non esclusività delle forme di partenariato pubblico privato, consentendo all'Amministrazione di sviluppare schemi negoziali diversi, pur rispettando la regolamentazione pubblicistica contenuta nel libro IV;

    con la finanza di progetto gli operatori economici possono presentare agli enti concedenti proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori o servizi con la partecipazione finanziaria dei privati stessi al fine di realizzare operazioni che si concludono con l'affidamento di un contratto di concessione di lavori pubblici e/o servizi secondo lo schema della concessione di costruzione e gestione quale rapporto contrattuale che formalizza tutte le operazioni di finanza di progetto;

    nell'ambito della finanza di progetto esiste una tipologia di concessioni, cosiddetta mista per il caso che la concessione del bene demaniale si accompagni ad ulteriori obblighi, tali da qualificare il rapporto concessorio come misto, in quanto avente ad oggetto, allo stesso tempo, lo sfruttamento economico del bene pubblico, ma anche la prestazione di lavori e/o servizi di natura pubblica;

    l'articolo 180 comma 5 del decreto legislativo n. 36 del 2023 (Contratti misti di concessione), i contratti misti che contengono elementi delle concessioni di lavori e servizi, nonché elementi delle concessioni di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni, sono aggiudicati in conformità alla disciplina della parte del codice dedicato alle concessioni;

    anche in relazione alla concessione delle aree demaniali comprese nell'ambito portuale, Anac nel Piano nazionale anticorruzione 2017, ha ribadito l'applicazione del Codice dei contratti alle ipotesi di contratti misti di concessioni, laddove al contratto di concessione di bene pubblico acceda anche una concessione di lavori pubblici: limitatamente al caso in cui sia prevista l'esecuzione da parte del concessionario di lavori per la costruzione di opere destinate ad essere acquisite stabilmente al demanio (nazionale o comunale) o, comunque, al patrimonio delle AdSP, in modo tale che si configuri una vera e propria concessione di lavori, il codice dei contratti trova piena e completa applicazione;

    tale orientamento è ribadito nel considerando 15 della direttiva 23/2014/UE;

   ritenuto che:

    tale forma di partenariato pubblico/privato possa rivestire un ruolo di assoluta rilevanza nei processi di gestione e assegnazione delle concessioni demaniali ad uso turistico;

    sia necessario meglio specificare al comma 2 dell'articolo 4 della legge n. 118 del 2022, come novellato dall'articolo 1 del provvedimento in esame, che con l'espressione «istanza di parte» sono espressamente contemplate le ipotesi di contratti misti di concessioni, laddove al contratto di concessione di bene pubblico acceda anche una concessione di servizi o di lavori pubblici con contestuale piena applicazione del Codice dei contratti pubblici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di normare in senso permissivo la disciplina della finanza di progetto nell'ambito delle concessioni balneari e ad inserire, nel primo provvedimento utile, apposita previsione normativa che inserisca esplicitamente le ipotesi di contratti misti di concessioni di cui sopra, tra le istanze di parte di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge n. 118 del 2022, come novellato dal provvedimento in esame.
9/2038-A/42. Colombo.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative urgenti per rafforzare la sicurezza delle banche dati pubbliche contenenti dati sensibili, in relazione a recenti attacchi informatici – 3-01520

   FARAONE, GADDA, DEL BARBA, BOSCHI, BONIFAZI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:

   il Sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano, Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, e l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale diretta dal prefetto Bruno Frattasi sono le autorità principalmente responsabili per la sicurezza informatica italiana;

   dopo i recenti scandali in materia di spionaggio dei conti bancari operato da un ex dipendente di Intesa Sanpaolo e quello fatto emergere dalla procura di Perugia per il quale sono indagati il tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano e il magistrato Antonio Laudati, nella giornata di venerdì 25 ottobre 2024 la procura di Milano ha disposto gli arresti domiciliari per quattro persone e l'interdittiva personale per altre due nell'ambito di un'indagine coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Milano, volta a contrastare un sistema criminale che parrebbe abbia fatto illecitamente accesso oltre 52 mila volte ai sistemi d'indagine delle forze dell'ordine e avrebbe sottratto da banche dati pubbliche oltre 800 mila fascicoli utilizzati per il dossieraggio di semplici cittadini, imprenditori, professionisti e autorevoli esponenti delle istituzioni, tra i quali il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato della Repubblica e l'ex Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi;

   l'indagine ha portato al sequestro di alcune società che avrebbero creato un sistema per accedere illegalmente a dati sensibili dei diversi soggetti pubblici per vendere le informazioni – tra le quali tabulati telefonici, informazioni sulla localizzazione di cellulari, conti bancari – nonché intercettazioni e dati dei dispositivi per conto di soggetti che ne commissionavano la raccolta;

   tra gli oltre sessanta indagati vi sono il presidente di Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali e l'ex poliziotto Carmine Gallo, entrambi soci di Equalize srl, una delle società attualmente sotto sequestro che secondo la procura avrebbe avuto un ruolo centrale nel coordinamento del sistema di dossieraggio illecito. Dalle indagini parrebbe che la sicurezza del Ministero dell'interno sia stata fallata sia a causa dell'utilizzo di un trojan che a causa dell'aiuto di alcuni informatici coinvolti nella manutenzione dei sistemi del Ministero;

   le banche dati delle amministrazioni sono di primario interesse per la quantità e per la tipologia di dati che essi contengono e una violazione di tali dati è un atto che mette in pericolo sia il singolo individuo che lo Stato nel suo complesso –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo per rafforzare la sicurezza delle banche dati pubbliche, in particolare di quella del Ministero dell'interno, contenenti i dati sensibili degli italiani, al fine di escludere il ripetersi di simili avvenimenti sia in termini di controlli che di investimenti economici su cybersicurezza, anche prevedendo pene adeguate rispetto a chi acquisisce e pubblica materiale acquisito illecitamente.
(3-01520)


Chiarimenti in ordine alla modifica delle tariffe di accesso alle zone a traffico limitato, anche in vista del Giubileo della Chiesa cattolica – 3-01521

   FOTI, CIOCCHETTI, PERISSA, ANGELO ROSSI, CARAMANNA, COLOSIMO, FILINI, GIORDANO, KELANY, MILANI, MOLLICONE, RAMPELLI, ROSCANI, SBARDELLA, TRANCASSINI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI e RUSPANDINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 26 settembre 2024 il commissario straordinario del Governo per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025 ha emanato l'ordinanza rep. n. 2024/0000033, prot. RM/2024/0005220 ad oggetto – «Intervento n. 136 recante “Parcheggi bus turistici nelle zone periferiche della città” – Modifica del sistema tariffario dei permessi da rilasciare ai bus turistici per la circolazione sul territorio di Roma capitale, in occorrenza della Festività giubilare»;

   tale disposizione è stata assunta in forza dell'intervento classificato nell'allegato 1 n. 136, recante «Parcheggi bus turistici nelle zone periferiche della città», incluso nel Programma degli interventi approvato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 giugno 2023, e concerne l'attrezzaggio civile e tecnologico di aree di lunga sosta da riservare ai bus turistici, localizzate nelle zone periferiche di Roma, e si pone come obiettivo la delocalizzazione della sosta degli autobus privati, a servizio della domanda turistica, nei nodi di scambio periferici destinati allo scambio intermodale con il trasporto pubblico di linea;

   il commissario straordinario, nell'ordinanza, considera l'intervento «strettamente correlato alla regolazione della domanda di permessi di circolazione nella

città di Roma e non può prescindere, dunque, da una puntuale riorganizzazione del sistema delle tariffe per l'accesso dei bus turistici alla zona a traffico limitato cittadina, che renda competitiva e conveniente, per le società attive nell'ambito del trasporto di persone, la richiesta di permessi per la sosta nelle zone periferiche della città, riducendo, conseguentemente, la domanda di sosta nelle zone centrali»;

   l'articolo 7, comma 1, lettera 0a), del decreto-legge 16 giugno 2022, n. 68, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2022, ha modificato l'articolo 7 («Regolamentazione della circolazione nei centri abitati»), comma 9, del decreto legislativo n. 285 del 1992 (codice della strada) che regola la possibilità da parte dei comuni di prevedere interventi di delimitazione del traffico di aree e zone;

   la vigente normativa dispone che i comuni possono subordinare l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore, all'interno delle zone a traffico limitato, anche al pagamento di una somma. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono individuate le tipologie dei comuni che possono avvalersi di tale facoltà, le modalità di riscossione del pagamento, le categorie dei veicoli esentati, nonché i massimali delle tariffe;

   il commissario straordinario, pur citando nell'ordinanza del 26 settembre 2024 il modificato testo dell'articolo 7, comma 9, del codice della strada, specificando che ad oggi non è stato ancora emanato il decreto ministeriale, giunge alla conclusione di avere comunque la facoltà di modificare le tariffe, potestà che parrebbe invece essere esclusivamente ministeriale –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per fare definitivamente chiarezza in ordine alla titolarità del potere di modificare le tariffe di accesso alla zona a traffico limitato, anche in vista dell'ormai prossimo Giubileo della Chiesa cattolica.
(3-01521)


Iniziative normative volte al rafforzamento dei poteri di controllo del pubblico ministero in ordine all'attività di intercettazione di comunicazioni svolta dalla polizia giudiziaria, con particolare riguardo al contenuto rilevante ai fini delle indagini – 3-01522

   CALDERONE, PITTALIS, PATRIARCA e ENRICO COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   una delle fasi più delicate delle intercettazioni è quella dell'esecuzione delle operazioni che, come disposto dall'articolo 268 del codice di procedura penale, è nella totale disponibilità della polizia giudiziaria, che, di fatto, stabilisce se una conversazione è rilevante o non è rilevante: l'intervento del pubblico ministero è attualmente limitato a fornire indicazioni e a vigilare affinché siano rispettate le prescrizioni del comma 2 del citato articolo 268 del codice di rito: ovvero che nei verbali siano trascritti soltanto il contenuto rilevante ai fini delle indagini, anche a favore della persona sottoposta ad indagine, e che il contenuto di quelle non rilevanti non sia trascritto neppure sommariamente;

   stante la rilevanza costituzionale dei diritti necessariamente compressi dall'attività captativa e anche per garantire la speditezza e una maggiore efficienza dei procedimenti penali, evitando possibili travisamenti che si traducono, poi, in inutilizzabilità del materiale captato nell'ambito del processo, sarebbe opportuno prevedere un maggiore coinvolgimento del pubblico ministero che potrebbe in tal modo esercitare una funzione di controllo sull'operato della polizia giudiziaria della quale è dominus;

   prevedere che la polizia giudiziaria, prima di chiedere la proroga delle intercettazioni o al termine delle stesse, rediga una specifica informativa con la quale riferisce al pubblico ministero procedente il contenuto delle conversazioni ritenute non rilevanti, l'oggetto specifico degli argomenti e l'identità dei soggetti captati e il successivo controllo del magistrato requirente, il quale disponga la sola acquisizione dei contenuti ritenuti rilevanti, potrebbe essere la soluzione che soddisfi tanto l'esigenza di tutela dei diritti del cittadino indagato, quanto le fondamentali esigenze di speditezza ed efficienza dell'azione penale –:

   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in merito alla problematica descritta in premessa e se non intenda intraprendere, nel primo provvedimento utile, iniziative atte a prevedere un maggiore coinvolgimento e responsabilizzazione dell'autorità giudiziaria nella valutazione circa la rilevanza delle conversazioni captate in sede di intercettazioni.
(3-01522)


Iniziative normative per contrastare l'accesso illegale alle banche dati e la violazione del diritto alla riservatezza – 3-01523

   LUPI, BICCHIELLI, ALESSANDRO COLUCCI, BRAMBILLA, CAVO, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con il termine «dossieraggio» si fa riferimento ad una raccolta di informazioni riservate fatta su commissione, a fini ricattatori;

   alla fine dell'anno 2022 il Ministro Crosetto aveva presentato un esposto alla procura della Repubblica a seguito della pubblicazione sul quotidiano Domani di alcune informazioni strettamente personali ed indebitamente sottratte;

   a marzo 2024 la procura di Perugia ha avviato un'indagine ai danni di 16 soggetti, accusati di avere avuto accesso a informazioni riservate di politici e personaggi noti del mondo della politica e dell'imprenditoria;

   le indagini hanno portato alla luce oltre 230 mila accessi illegali a banche dati in meno di 4 anni;

   il 25 ottobre 2024 la procura di Milano ha disposto gli arresti domiciliari per 4 persone, nonché l'interdittiva personale per due soggetti, nell'ambito dell'indagine per associazione a delinquere finalizzata all'accesso abusivo ai sistemi informatici, con lo scopo di vendere le informazioni per spionaggio industriale e personale;

   secondo notizie di stampa emerge dalle inchieste della procura che i dati siano stati trafugati indebitamente attraverso accessi alle banche dati di numerosi enti tra cui: il Sistema di indagine, sistema presso il Ministero dell'interno dove afferiscono tutte le notizie relative all'attività delle forze di polizia, la banca dati dell'Inps, il sistema informatico dell'Agenzia delle entrate, l'Anagrafe nazionale della popolazione residente e il sistema informativo valutario;

   questi accessi fanno ipotizzare secondo gli inquirenti l'esistenza di banche dati illegali, parallele a quelle esistenti;

   secondo il rapporto annuale Yarix del 2023 l'Italia è tra i cinque Paesi al mondo più bersagliati dai virus;

   in particolare, si evidenzia come nel 2023 sia in crescita il fenomeno del cosiddetto «hacktivismo», ovvero dell'hackeraggio per motivi politici e ideologici contro obiettivi europei e italiani;

   da luglio 2024 è in vigore la legge 28 giugno 2024, n. 90, recante «Disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici» –:

   quali ulteriori iniziative di carattere normativo intenda assumere al fine di contrastare l'accesso illegale alle banche dati e la violazione della riservatezza e della privacy dei cittadini italiani.
(3-01523)


Intendimenti in ordine ad una revisione delle politiche del Governo in materia di intercettazioni e iniziative volte a potenziare le infrastrutture informatiche del Ministero in relazione ad attacchi esterni – 3-01524

   D'ORSO, ASCARI, CAFIERO DE RAHO, GIULIANO e SCUTELLÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da notizie di stampa, nei giorni scorsi, un hacker di 24 anni è stato arrestato con l'accusa di aver violato più volte i sistemi informatici del Ministero della giustizia e di altri importanti enti e società (tra cui Guardia di finanza, Tim e Telespazio), riuscendo ad acquisire anche fascicoli di indagine coperti da segreto investigativo;

   più di recente, è emersa da fonti di stampa l'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Milano su accessi illegali ad alcuni tra i più importanti archivi dello Stato, che ha portato agli arresti domiciliari di quattro persone e all'iscrizione di altre sessanta nel registro degli indagati: da quanto riportato, taluni sarebbero coinvolti direttamente nello spionaggio, altri avrebbero commissionato i servizi di spionaggio a Equalize, la principale azienda coinvolta nell'inchiesta;

   queste informazioni venivano raccolte illegalmente per essere vendute o utilizzate per influenzare decisioni politiche e aziendali;

   in totale sarebbero stati fatti 52.811 accessi abusivi al Sistema di indagine (Sdi), oltre a 108.805 accessi ad atti giudiziari e amministrativi. Tra questi anche un documento riservato dell'Aisi. L'accesso al Sistema di indagine sarebbe stato possibile in parte grazie alla complicità di alcuni operatori delle forze dell'ordine e in parte grazie a un attacco informatico;

   le indagini stanno dimostrando quanto siano vulnerabili e insicuri i sistemi di protezione di questi database e, in definitiva, quanto lo stesso Stato sia vulnerabile e insicuro di fronte alle minacce informatiche;

   come rilevato dagli stessi magistrati della direzione distrettuale antimafia di Milano, «un sistema così pervasivo rappresentava un pericolo per la democrazia del Paese», posto che questi database custodiscono informazioni riservate e dettagliate su chiunque: dati personali, giudiziari, previdenziali, fiscali;

   appare evidente come, mentre, da un lato, i sistemi criminali affinino sempre di più le tecniche di captazioni abusive, ponendo in grave pericolo la sicurezza del nostro Paese, dall'altro, il Governo in carica limiti l'utilizzo legittimo di strumenti quali intercettazioni e trojan, spuntando le armi alla magistratura –:

   alla luce delle suddette inchieste, se ritenga di proseguire nello smantellamento delle norme relative alle intercettazioni, al trojan, al sequestro degli smartphone o se invece non ritenga di rafforzare questi e altri strumenti e rendere le infrastrutture informatiche afferenti al Ministero della giustizia più impermeabili agli attacchi esterni, attraverso il potenziamento tecnologico e la dotazione di personale specializzato.
(3-01524)


Iniziative volte a prevedere una disciplina a tutela della categoria dei cosiddetti rider , con particolare riferimento a parametri minimi di sicurezza in caso di emergenze meteorologiche – 3-01525

   ONORI, D'ALESSIO, BONETTI, BENZONI, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Emilia-Romagna è stata recentemente colpita da un'ennesima violenta alluvione, che ha riguardato in modo estremamente intenso anche l'area metropolitana di Bologna;

   mentre le arterie urbane si trasformavano in fiumi di fango e acqua, i rider continuavano a trasportare cibo da una parte all'altra della città;

   secondo la giurisprudenza italiana, le piattaforme non possono obbligare il lavoratore a lavorare durante un evento meteorologico estremo: le tutele delle normative sulla sicurezza sul lavoro vanno applicate anche ai rider;

   da quanto si ha avuto modo di apprendere, le piattaforme avrebbero incentivato i rider a svolgere comunque le consegne, prevedendo una maggiorazione «di circa il 10 per cento». Molti lavoratori, spesso di nazionalità straniera ed economicamente fragili, non hanno potuto rinunciare alle consegne, perché insieme ad esse non solo avrebbero perso il compenso a cottimo, ma, in futuro, sarebbero stati anche svantaggiati dall'algoritmo che ripartisce le consegne;

   secondo i dati Arpae, sulla città di Bologna si sono registrate precipitazioni con cumulate da 160 a 180 millimetri e intensità orarie estreme;

   a titolo esemplificativo, sul sito dell'azienda Deliveroo si legge che per «maltempo» si intendono «le precipitazioni di pioggia di almeno 2 millimetri l'ora o la neve»;

   nonostante ciò, unitamente alle comunicazioni del sindaco bolognese affinché nessuno lasciasse la propria abitazione, le piattaforme non hanno sospeso le consegne, rendendosi, così, responsabili di mettere a rischio la sicurezza dei rider;

   il frequente verificarsi di questi episodi solleva importanti interrogativi su etica commerciale e responsabilità sociale. La sicurezza dei lavoratori necessita di essere al primo posto: i rider, costretti a mettere a rischio la propria incolumità pur di soddisfare le richieste di chi si trovava al riparo, hanno rappresentato una parte vulnerabile della forza lavoro, evidenziando le problematiche legate al lavoro precario e alla mancanza di tutele;

   il decreto legislativo n. 81 del 2015 ha istituito anche un osservatorio permanente presieduto dal Ministro interrogato e composto da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative. Tra le funzioni di tale osservatorio vi è anche quella di proporre revisioni alla normativa vigente in base all'evoluzione del mercato del lavoro e della dinamica sociale –:

   quali iniziative di competenza, anche nell'ambito del citato osservatorio, intenda adottare al fine di prevedere una disciplina adeguata di tutela della categoria dei rider, giungendo ad una definizione uniforme dei parametri minimi di sicurezza, soprattutto connessi alle sempre più frequenti emergenze meteorologiche.
(3-01525)


Iniziative per contrastare il fenomeno dei bassi salari con particolare riferimento ai lavoratori delle aziende appaltatrici, anche in relazione alla vicenda dei lavoratori di una ditta in appalto per il marchio Ferrero – 3-01526

   GRIMALDI, MARI, ZANELLA, BORRELLI, BONELLI, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dalla stampa, le lavoratrici della ditta in appalto per la Ferrero, addette al confezionamento, hanno scioperato contro i bassi salari percepiti, circa 6 euro netti all'ora;

   secondo fonti sindacali, il 90 per cento dei prodotti a marchio Ferrero viene confezionato, in appalto, da ditte esterne, per abbattere il costo della manodopera;

   tali ditte non applicano il contratto del settore agroalimentare, applicato ai dipendenti Ferrero, ma il contratto collettivo nazionale di lavoro «multiservizi»;

   vi è una significativa differenza retributiva tra un dipendente diretto e uno esterno, oltre alla possibilità per le aziende appaltatrici di godere di grande flessibilità, tradotta negli anni in part-time obbligatori e in un'organizzazione del lavoro che prevedeva alcuni mesi di sospensione della prestazione lavorativa;

   durante tali mesi, pur essendo formalmente assunte a tempo indeterminato, in ragione di un contratto a part-time ciclico, le lavoratrici erano trattate come dipendenti a tempo determinato, senza poter tuttavia accedere alla Naspi nei periodi di sospensione, ma solo alla misura sperimentale dell'indennità una tantum, del tutto inadeguata;

   la Ferrero, colosso dell'industria dolciaria mondiale, ha registrato nel 2023 17 miliardi di euro di ricavi e il suo amministratore delegato, Giovanni Ferrero, è l'uomo più ricco d'Italia e tra i più ricchi del mondo, con un patrimonio di 39,1 miliardi di euro;

   l'utilizzo di ditte esterne e cooperative di confezionamento è in aumento nella provincia di Cuneo e nella stessa Proteco è stato firmato un accordo che liberalizza l'utilizzo della somministrazione a copertura dei picchi lavorativi;

   gli addetti al confezionamento in provincia sono mediamente 1.200-1.300, ma nelle punte si arriva anche a 1.800, con un ricorso soprattutto alla stagionalità con contratti a tempo determinato e part-time verticali;

   la somministrazione risponde ai picchi estemporanei, ma in alcune aziende raggiunge il 20-30 per cento;

   molte vertenze e denunce attraversano il nostro Paese contro diffuse condizioni di lavoro basate su precarietà, bassi salari, sfruttamento e caporalato;

   la risposta: limitarsi alla conferma del cuneo fiscale, misura non strutturale che non determina un reale contrasto alle conseguenze del lavoro povero –:

   quali misure urgenti intenda promuovere per contrastare il fenomeno dei bassi salari, del lavoro sottopagato, dei part-time involontari e dell'applicazione di contratti collettivi nazionali di lavoro differenti, a parità di mansioni, prendendo in considerazione l'ipotesi di reintrodurre il principio di parità di trattamento tra dipendenti dell'appaltante e dipendenti dell'appaltatore, come suggerito anche nel documento del Cnel del 12 ottobre 2023.
(3-01526)


Chiarimenti in ordine a dichiarazioni relative ad asseriti obblighi per i medici derivanti dalla recente normativa in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero – 3-01527

   MAGI. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   in una recente trasmissione televisiva di approfondimento politico, la Ministra interrogata, commentando la legge che ha esteso la perseguibilità del reato di surrogazione di maternità ai fatti commessi all'estero da cittadini italiani, ha affermato che i medici sarebbero tenuti a segnalare alla procura i casi di sospetta violazione della suddetta legge;

   si tratta di dichiarazioni gravissime, inconsistenti dal punto di vista giuridico, a cui la comunità dei medici ha immediatamente reagito;

   il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, ha dichiarato che: «Il medico ha il dovere di curare: dovere che gli deriva dalla legge – in primis, la Costituzione – e dal codice deontologico, è confermato dalla giurisprudenza e prevale su ogni altro obbligo, facoltà o diritto. Che il medico sia esonerato dall'obbligo di denuncia nei confronti del proprio paziente lo si desume anche dall'articolo 365 del codice penale che esime il medico da tale obbligo quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale»;

   le parole della Ministra interrogata, peraltro, come ha prontamente denunciato l'Associazione Luca Coscioni, rivelano una preoccupante mancanza di conoscenza delle procedure e delle normative vigenti in tema di gravidanza per altri, ma in generale sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita, anzitutto perché un medico, pediatra, ginecologo o medico di cure primarie non è tenuto a sapere se i bambini sono nati da tecniche di procreazione medicalmente assistita, come ha ben spiegato il presidente della Federazione italiana medici pediatri, Antonio D'Avino, che ha dichiarato: «I bambini vanno assistiti e visitati in qualsiasi condizione. A noi non interessa l'etnia, la provenienza e la religione, a noi interessa la salute del piccolo. Quando entra un bambino nel nostro studio noi non sappiamo se è nato con la maternità surrogata, facciamo un'anamnesi per sapere come è andata la gravidanza ma questo non vuol dire che dobbiamo approfondire la “provenienza” del piccolo»;

   il Garante per la protezione dei dati personali, peraltro, è sempre stato molto chiaro sulla necessità di tutelare l'anonimato delle persone nate da tecniche di procreazione medicalmente assistita e ha stabilito che non possono essere istituiti registri speciali. Le persone nate tramite gestazione per altri sono riconosciute come nate da fecondazione omologa o eterologa e i dati relativi rimangono nei centri di procreazione medicalmente assistita con garanzia di anonimato –:

   se non ritenga, alla luce del codice penale, del codice deontologico e da quanto stabilito dal Garante per la protezione dei dati personali, di dover correggere le proprie affermazioni.
(3-01527)


Elementi e iniziative in merito all'assegnazione dei fondi stanziati per il cosiddetto reddito di libertà e per le politiche di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne – 3-01528

   FERRARI, FORATTINI, GHIO, BRAGA, SCHLEIN, BONAFÈ, BOLDRINI, DI BIASE, QUARTAPELLE PROCOPIO, MARINO, MALAVASI, IACONO, GRIBAUDO, MANZI, SERRACCHIANI, PRESTIPINO, ROGGIANI, EVI, GUERRA, BAKKALI, SCARPA, MADIA, ROMEO, CIANI, TONI RICCIARDI, CASU, FORNARO, DE LUCA, MORASSUT, DE MARIA, FURFARO, GIANASSI, GIRELLI, STUMPO e LACARRA. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   continua la strage di donne uccise dalla violenza maschile quasi ogni giorno nel nostro Paese;

   la legge di bilancio per il 2024, legge 30 dicembre del 2023, n. 213, con l'articolo 1, comma 187, al fine di incrementare la misura del reddito di libertà introdotto ai sensi dell'articolo 105-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, al fine di garantire l'effettiva indipendenza economica e l'emancipazione delle donne vittime di violenza, ha incrementato di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 e di 6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027 il fondo di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;

   la norma che stanzia maggiori risorse per il reddito di libertà è riconducibile all'approvazione di un emendamento delle opposizioni alla medesima legge, che ha stanziato 40 milioni di euro complessivi per il contrasto alla violenza contro le donne, così ripartiti: formazione degli operatori e operatrici che entrano in contatto con le donne vittime di violenza, reddito di libertà, rete dei centri antiviolenza, progetti rivolti a uomini maltrattanti, decontribuzione in caso di assunzione di donne che hanno subìto violenza, realizzazione di nuove case rifugio;

   nel complesso si tratta di misure volte a rafforzare le politiche di prevenzione e contrasto della violenza e il sostegno ai percorsi delle donne di fuoriuscita dalla violenza;

   ad oggi non risulterebbe ancora adottato il decreto di assegnazione delle risorse all'Inps destinate al cosiddetto «reddito di libertà», come denunciato già nell'agosto 2024 nell'Osservatorio antiviolenza;

   dai dati contenuti nel report presentato da Inps, dall'avvio della misura e fino al 31 maggio 2024 si evinceva come su 6.489 domande presentate agli sportelli comunali dalle donne vittime di violenza, solo 2.772 richieste siano state evase e hanno quindi ricevuto il sostegno economico, mentre al 31 maggio 2024 sono 3.026 le donne vittime di violenza che hanno chiesto questo sostegno economico ma non hanno ancora ricevuto risposta –:

   se non ritenga di dover fornire ogni utile elemento in merito all'effettiva, esatta ed omogenea assegnazione dei fondi stanziati destinati al reddito di libertà, alla formazione del personale della giustizia, delle forze di polizia e della polizia municipale, del personale sanitario e socio-sanitario e degli insegnanti, alla rete dei centri antiviolenza, a progetti rivolti a uomini maltrattanti, alla decontribuzione in caso di assunzione di donne che hanno subìto violenza, alla realizzazione di nuove case rifugio.
(3-01528)


Iniziative di competenza volte a salvaguardare l'istituto dell'assegno unico e universale in relazione alle contestazioni della Commissione europea – 3-01529

   RAVETTO, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   in data 25 luglio 2024 la Commissione europea ha deferito l'Italia dinanzi alla Corte di giustizia in relazione alla disciplina dell'assegno unico e universale per i figli a carico;

   il deferimento, ultimo atto della procedura di infrazione avviata nel febbraio 2023, riguarda, in particolare, i requisiti soggettivi individuati dalla normativa nazionale ai fini dell'accesso all'assegno unico e universale;

   la Commissione europea richiede al Governo italiano di cancellare completamente il requisito della residenza in Italia, attualmente fissato in «due anni anche non continuativi», di cancellare altresì il requisito alternativo della durata «almeno semestrale» del rapporto di lavoro e addirittura di riconoscere l'assegno unico anche per i figli residenti all'estero;

   secondo la Commissione europea il regime giuridico nazionale, peraltro definito durante il Governo Draghi, sarebbe discriminatorio e incompatibile con il diritto dell'Unione europea in materia di coordinamento della sicurezza sociale e di libera circolazione dei lavoratori;

   i requisiti in contestazione – non si sarebbe mai pensato di doverlo rammentare alla Commissione europea – sono, tuttavia, indispensabili per individuare con certezza i beneficiari dell'assegno unico e, quindi, per controllare il suo impatto sui conti dello Stato, nel rispetto degli stessi vincoli di bilancio che l'ordinamento comunitario ci impone di osservare;

   l'erogazione del beneficio a chiunque abbia un'occupazione solo occasionale nel nostro Paese e addirittura per i figli che continuano a risiedere all'estero metterebbe a rischio la sostenibilità della misura, anche in quanto lo strumento utilizzato ai fini del suo calcolo, l'Isee, è pressoché impossibile da rilevare con affidabilità in molti Paesi esteri;

   l'auspicio degli interroganti è che la Commissione europea possa tornare sui propri passi e consentire al Governo italiano di difendere uno strumento innovativo e importante per le famiglie, del quale è previsto tra l'altro il potenziamento nel disegno di legge di bilancio –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare per difendere lo strumento dell'assegno unico e universale dalle contestazioni della Commissione europea che ne mettono a rischio la sostenibilità.
(3-01529)