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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 19 novembre 2024

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    la violenza sessuale sulle donne è purtroppo un tema di estrema attualità, considerato che, da dati rinvenibili dal sito del Ministero dell'interno, le violenze sessuali da gennaio a giugno 2024 sono state pari a 2.923, di cui il 91 per cento a danno di donne;

    molte sono le misure approvate nelle precedenti e anche nella XIX legislatura, da Governo e Parlamento, volte a promuovere e garantire con decisione politiche la parità di genere, incrementare l'occupazione femminile, sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    negli ultimi dieci anni è stata introdotta, attraverso molteplici disposizioni di legge, una normativa di settore con la finalità dell'eliminazione della violenza sulle donne;

    già a far data dalla direttiva europea sulle norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, emanata da parte degli organi dell'Unione europea 29/2012 UE (recepita con il decreto legislativo n. 212 del 2015), nonché dalla Convenzione di Istanbul, sono state delineati a livello internazionale gli impegni a carico degli Stati membri in ordine alla protezione delle persone offese, tra le quali, in particolare, le donne vittime di violenza di genere;

    in considerazione della spinta comunitaria e internazionale, in Italia sono state promulgate specifiche norme a tutela delle donne, come il cosiddetto codice rosso contenente una modifica delle norme e l'inasprimento delle pene previste nel diritto penale sostanziale e processuale penale a tutela di chiunque sia offeso da violenze, atti persecutori e maltrattamenti;

    di tal guisa è stata approvata la legge 24 novembre 2023, n. 168, recante «Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica» con la quale il Parlamento italiano è intervenuto per rafforzare le misure preventive e cautelari, nonché in materia processuale al fine di dare una maggiore tutela alle donne vittime di violenza domestica;

    ancora, per le medesime finalità, la legge 8 settembre 2023, n. 122, è intervenuta per esplicitare la revocazione dell'assegnazione delle indagini in caso di mancato rispetto dei termini per l'assunzione di informazioni dalla persona offesa nei reati di cui al codice rosso;

    la legge 9 febbraio 2023, n. 12, ha previsto l'istituzione di una Commissione bicamerale d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere con i seguenti compiti: svolgere indagini sulle reali dimensioni e cause del femminicidio e, più in generale, di ogni forma di violenza di genere; monitorare la concreta attuazione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nonché di ogni altro accordo sovranazionale e internazionale in materia e della legislazione nazionale ispirata agli stessi princìpi, con particolare riguardo al decreto-legge n. 93 del 2013 e alla legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso); accertare le possibili incongruità e carenze della normativa vigente in materia rispetto allo scopo di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti, al fine di una sua eventuale revisione (con specifico riferimento alla normativa penale concernente le molestie sessuali perpetrate in luoghi di lavoro), come pure a proseguire l'analisi degli episodi di femminicidio, verificatisi a partire dal 2016, per accertare se siano riscontrabili condizioni o comportamenti ricorrenti, valutabili sul piano statistico, allo scopo di orientare l'azione di prevenzione; accertare il livello di attenzione e la capacità di intervento delle autorità e delle amministrazioni pubbliche competenti a svolgere attività di prevenzione e di assistenza; verificare, come raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità, la realizzazione di progetti educativi nelle scuole; proporre soluzioni di carattere legislativo e amministrativo per realizzare adeguata prevenzione e contrasto ad ogni forma di violenza di genere nonché per tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti; valutare inoltre la necessità di redigere testi unici, al fine di implementare la coerenza e la completezza della regolamentazione in materia di violenza sulle donne; monitorare il lavoro svolto dai centri antiviolenza operanti sul territorio, ivi compresi i centri di riabilitazione per uomini maltrattanti, e l'effettiva applicazione da parte delle regioni del Piano antiviolenza e delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle vittime di violenza; verificare l'effettiva destinazione delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 93 del 2013 e dalle leggi di stabilità e di bilancio alle strutture che si occupano di violenza di genere e fare in modo che siano assicurati finanziamenti certi e stabili al fine di evitarne la chiusura;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio evidenzia come il legislatore «in costante raccordo con tutte le istituzioni e gli ordini professionali coinvolti, ha il dovere di rafforzare e mettere a sistema i modelli positivi emersi, come pure di implementare le misure normative vigenti al fine di garantire a tutti i soggetti coinvolti l'accesso agli strumenti processuali e la formazione necessaria per una corretta lettura e un efficace e tempestivo contrasto della violenza di genere e domestica»;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente violenza degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti, dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete, al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio, senza correlarla al tema della parità di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi che necessitano ancora di uno sforzo comune per essere pienamente raggiunti;

    i dati sopra riportati non forniscono, comunque, una rappresentazione totale del fenomeno, stante le difficoltà per molte vittime di violenze di attivarsi e di denunciare i fatti per la vergogna e per la paura di ritorsioni;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza, a valere sul dispositivo Next generation EU, rappresenta l'occasione anche per recuperare i ritardi che penalizzano storicamente il nostro Paese. Per essere efficace, strutturale e in linea con gli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali, la ripresa dell'Italia deve promuovere le pari opportunità, con particolare attenzione al mondo del lavoro: la mobilitazione delle energie femminili, così come dimostrato da numerosi studi internazionali, è fattore dirimente per una reale ripresa economica del Paese e, per questo motivo, occorre intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne, al fine di liberarne tutto il potenziale inespresso;

    nonostante la leggera flessione del numero dei femminicidi e l'aumento delle denunce dei reati di violenza domestica e di genere, sintomatici di una rinnovata fiducia nelle istituzioni, la violenza contro le donne in Italia rimane un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    alla già pesante condizione fisica e psicologica a cui è soggetta la persona vittima di una violenza sessuale, si aggiunge poi il pericolo della cosiddetta vittimizzazione secondaria della persona, sia nella fase processuale sia, più in generale, all'interno della società;

    la complessità relativa alle attuali dinamiche sociali, dovute anche alla diffusione dilagante dell'utilizzo di sostanze psicoattive, ha fatto recentemente emergere un fenomeno, forse meno conosciuto ma molto insidioso, correlato all'aggressione sessuale facilitata da droghe (Dfsa), dove la costrizione ad atti sessuali non consensuali sono favoriti dalla notevole riduzione o addirittura dalla completa perdita di coscienza, causate dalla somministrazione, occulta, dichiarata o anche mediante assunzione volontaria, di sostanze ad effetto neurodepressivo;

    alle sostanze illegali classiche (cosiddette droghe di abuso) si sono aggiunte, come «droghe da stupro», altre sostanze psicoattive fra cui anfetamine, metanfetamine, nonbenzodiazepine, γ-idrossibutirrato (Ghb), γ-butyrolactone (Gbl), che possono agire come depressori del sistema nervoso centrale;

    la lotta contro la droga così definita «da stupro», presenta delle insidiosità anche per la difficile rilevabilità biologica, in ragione dell'estrema velocità di metabolizzazione e smaltimento da parte dell'organismo umano, così da renderla difficilmente rilevabile nel tempo. Questo dato evidenzia l'importanza della celerità nella denuncia dell'accaduto e della previsione di strumenti diagnostici che siano in grado di rilevare le sostanze a distanza di tempo;

    di fronte a dichiarati episodi di violenza fisica, avvenuti in un tempo immediatamente precedente all'accesso al pronto soccorso, è molto importante infatti che l'intervento sanitario in emergenza tenga conto sia degli aspetti clinici che delle possibili successive implicazioni medico-legali e, quindi, appare di estrema rilevanza una corretta repertazione dei campioni/tracce biologiche e il mantenimento della catena di custodia nel caso di prelievo di matrici biologiche della vittima, rappresentando momenti cruciali al fine di assicurare elementi di prova fruibili in un successivo iter giudiziario;

    le linee guida indicano livelli minimi che possono essere implementati da protocolli in uso presso le singole aziende ospedaliere nell'ambito della loro competenza. Molte aziende sanitarie del territorio nazionale hanno infatti attivato un protocollo designato come «codice rosa»;

    al fine di garantire alle vittime di reato una tutela reale, è necessario adottare delle procedure e degli standard nazionali e/o internazionali che facilitino il rilevamento e l'identificazione delle sostanze anche non inserite oggi nelle tabelle delle «date rape drugs», la cui somministrazione può essere fatta comunque rientrare nella fattispecie della violenza sessuale facilitata dalla droga (Dfsa);

    si rinviene la necessità di realizzare un progetto diretto ad individuare una procedura operativa omogenea, utilizzando e armonizzando i protocolli operativi esistenti e già predisposti dalle singole strutture ospedaliere, con riguardo particolarmente ai casi di aggressione sessuale facilitata da sostanze psicoattive;

    la scuola rappresenta il luogo primario in cui si forma la personalità dei ragazzi, nel quale l'educazione alle pari opportunità e la valorizzazione delle differenze devono essere temi trasversali e fondativi, per favorire la crescita di cittadine e cittadini consapevoli e attivi in tutti i contesti di vita, nella società, nella famiglia e nel lavoro. Educare le nuove generazioni al rispetto in termini di linguaggio, espressioni, atteggiamenti è diventata un'emergenza sociale anche per contrastare gli episodi sempre più frequenti di violenza contro le donne;

    occorre che le istituzioni scolastiche, anche attraverso l'insegnamento dell'educazione civica, siano chiamate a promuovere il cambiamento dei modelli di comportamento socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di rimuovere i pregiudizi, i costumi e le tradizioni basate su una visione semplificata e rigida che attribuisce alle donne ruoli determinati, con riguardo sia all'attribuzione di caratteristiche psicologiche e comportamentali sia alla spartizione dei ruoli in ambito socio-professionale e familiare, in grado di alimentare, giustificare o motivare la discriminazione o la violenza di un genere sull'altro;

    dal punto di vista anche delle risorse impiegate, sono di rilievo gli interventi operati in sede di legge di bilancio per il 2024 (legge n. 213 del 2023) sul fondo per le pari opportunità, che prevedono, tra le altre cose, un finanziamento permanente, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024-2026 e a 6 milioni di euro a decorrere dal 2027 in favore del cosiddetto reddito di libertà per le donne vittime di violenza; l'incremento da 1 a 4 milioni di euro della quota del fondo riservata all'istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per il recupero degli uomini autori di violenza sulle donne; il rifinanziamento, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024-2026, delle risorse del fondo destinate alla realizzazione di centri antiviolenza nei confronti delle donne; l'incremento di 3 milioni di euro dal 2024 delle risorse del fondo al fine di rafforzare la prevenzione della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica, in particolare attraverso iniziative formative;

    a tutto ciò va aggiunta la disposizione prevista dal decreto-legge n. 48 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 2023, che ricomprende tra nuclei familiari in condizione di svantaggio beneficiari del reddito di inclusione, le donne vittime di violenza; questo, unito alla compatibilità con il nuovo reddito di libertà, rappresenta un aiuto concreto per spezzare il vincolo della dipendenza economica e consentire una concreta prospettiva di emancipazione della donna;

    sui congedi parentali, il Governo di centrodestra ha reso strutturale il beneficio dell'innalzamento dell'indennità di congedo parentale all'80 per cento per 3 mesi, anziché per i 2 previsti dalla precedente legge di bilancio per il 2024,

impegna il Governo:

1) a proseguire le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima: polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale socio-sanitario;

2) a valutare la possibilità di adottare iniziative normative per precludere la concessione, all'autore di condotte di violenza domestica e di genere, della misura cautelare del divieto di avvicinamento ove già condannato per il reato di evasione o di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede;

3) ad adottare opportune iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a garantire alle vittime di violenza di genere la conoscenza dello stato del procedimento penale a carico dell'autore, anche mediante la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex articolo 415-bis del codice di procedura penale;

4) a proseguire le iniziative del Ministero della giustizia sull'aggiornamento e pubblicazione dei dati del rapporto sull'applicazione del codice rosso;

5) a promuovere la specializzazione del personale delle forze dell'ordine in relazione alla raccolta delle notizie di reato attinenti a delitti di violenza di genere;

6) a prevedere e sostenere delle iniziative nell'ambito di campagne di sensibilizzazione avverso l'uso di sostanze stupefacenti, psicotrope o comunque sostanze atte ad alterare la coscienza, volte ad evidenziare altresì i pericoli insiti all'uso delle suddette sostanze con riguardo ad eventi di violenza sessuale;

7) a prevedere e sostenere iniziative formative e didattiche nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado volte a disincentivare l'uso degli stupefacenti, con un focus sulle droghe e sostanze che facilitano le violenze di natura sessuale;

8) ad adoperarsi per la predisposizione di un testo unico in materia di prevenzione e contrasto della violenza di genere, dando seguito alla raccomandazione contenuta nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, approvata all'unanimità nella seduta del 31 luglio 2024;

9) a proseguire nelle iniziative, anche di carattere normativo, improntate a un approccio paritario tra madre e padre relativamente all'accesso ai congedi parentali e a continuare a livello nazionale a sostenere campagne di informazione e sensibilizzazione vertenti sui benefìci dell'utilizzo dei congedi riservati ai padri e dell'accudimento paterno fin dai primi mesi di vita di figli e figlie;

10) a valutare iniziative anche di carattere normativo finalizzate all'introduzione dell'educazione alle pari opportunità femminili, nell'ambito dell'insegnamento dell'educazione civica, intesa quale processo di crescita educativa, culturale ed emotiva dei giovani in materia di rispetto, di non oggettificazione e di emancipazione delle donne, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione;

11) ad adottare le iniziative necessarie per l'istituzione di un tavolo tecnico permanente che elabori le procedure standard, le linee guida e le raccomandazioni per contrastare il fenomeno dilagante della diffusione delle cosiddette «droghe da stupro», che tenga conto della rapida introduzione di nuove tipologie di sostanze psicoattivo sul mercato, al fine di consentire l'individuazione delle tipologie di prelievi dei campioni biologici a seconda della tipologia di aggressione, nonché le modalità di prelievo sulle diverse matrici, e la conservazione del materiale biologico in catena di custodia;

12) ad adottare le iniziative necessarie per identificare in ciascuna regione dei precipui laboratori che si occupino di tossicologia forense di secondo livello e che implementino le strumentazioni necessarie alla determinazione delle sostanze d'abuso nelle matrici biologiche nei casi di vittime di violenza droga correlata;

13) a valutare l'opportunità di intraprendere iniziative volte a prevedere, in favore delle donne vittime di violenza inserite nei percorsi di protezione certificati dai servizi sociali del comune di riferimento, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio, il gratuito patrocinio in sede civile indipendentemente dal reddito, al pari di quanto attualmente previsto per gli orfani di femminicidio.
(1-00365) «Ravetto, Bisa, Matone, Molinari, Andreuzza, Angelucci, Bagnai, Barabotti, Bellomo, Benvenuto, Davide Bergamini, Billi, Bof, Bordonali, Bossi, Bruzzone, Candiani, Caparvi, Carloni, Carrà, Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Coin, Comaroli, Crippa, Dara, Di Mattina, Formentini, Frassini, Furgiuele, Giaccone, Giagoni, Giglio Vigna, Gusmeroli, Iezzi, Latini, Lazzarini, Loizzo, Maccanti, Marchetti, Miele, Montemagni, Morrone, Nisini, Ottaviani, Panizzut, Pierro, Pizzimenti, Pretto, Sasso, Stefani, Sudano, Toccalini, Ziello, Zinzi, Zoffili».


   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ha riaffermato il principio di uguaglianza tra donne e uomini (già enunciato agli articoli 2, 3 e 13 del previgente Trattato istitutivo della Comunità europea), inserendolo tra i valori (articolo 2 del Trattato sull'Unione europea) e tra gli obiettivi dell'Unione (articolo 3, paragrafo 3, Trattato sull'Unione europea); la dichiarazione n. 19 annessa ai Trattati ha affermato che l'Unione mirerà a lottare contro tutte le forme di violenza domestica, impegnando gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire e punire tali atti criminali e per sostenere e proteggere le donne che hanno subito violenza;

    in tale contesto un riferimento fondamentale continua a essere rappresentato dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cosiddetta Convenzione di Istanbul del 2011), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione, oltre a intervenire specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, quale fenomeno non concernente solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali altrettanto si applicano le medesime norme di tutela, specifica i seguenti obiettivi: proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire a eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica;

    l'8 marzo 2022, al fine di adottare delle misure più incisive in materia, la Commissione europea ha proposto una nuova direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, per garantire un livello minimo di protezione da tale forma di violenza all'interno di tutto il territorio europeo;

    il 6 febbraio 2024 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo sul testo della direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica;

    il 24 maggio 2024 è stata approvata in via definitiva e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea la direttiva (UE) n. 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 maggio 2024 sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica che gli Stati membri devono recepire nel diritto nazionale entro tre anni. Scopo dichiarato della direttiva è quello di «fornire un quadro giuridico generale in grado di prevenire e combattere efficacemente la violenza contro le donne e la violenza domestica in tutta l'Unione. A tal fine essa rafforza e introduce misure in relazione alla definizione dei reati e delle pene irrogabili, alla protezione delle vittime e all'accesso alla giustizia, all'assistenza alle vittime, ad una migliore raccolta di dati, alla prevenzione, al coordinamento e alla cooperazione» (considerando 1). Con tale intervento, l'Unione europea sostiene gli impegni internazionali assunti dagli Stati membri per combattere e prevenire la violenza contro le donne e la violenza domestica, in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e, ove pertinente, la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e la convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, firmata a Ginevra il 21 giugno 2019. La nuova direttiva prevede misure tese a prevenire la violenza contro le donne e la violenza domestica e definisce norme per la protezione delle donne che hanno subito tali reati; in particolare, il considerando 46 della direttiva prende in considerazione il monitoraggio elettronico, sottolineando come tale misura consenta, ove possibile, di assicurare il rispetto di ordini urgenti di allontanamento, ordinanze restrittive e ordini di protezione, di registrare prove di violazioni di tali misure e di potenziare la vigilanza sugli autori di reati. Ove disponibile, opportuno e pertinente, tenendo conto delle circostanze del caso e della natura giuridica del procedimento, il monitoraggio elettronico è destinato a garantire l'applicazione di ordini urgenti di allontanamento, ordinanze restrittive e ordini di protezione, informando le donne che hanno subito violenza sulle sue capacità e sui suoi limiti;

    in adempimento agli obblighi internazionali, già a partire dall'introduzione del reato di stalking nel 2009, l'Italia ha adottato numerosi provvedimenti atti a prevenire il fenomeno della violenza domestica;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. La Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata;

    a pochi mesi di distanza, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante misure contro la violenza di genere, ha per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e, dall'altro, con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha, poi, introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, patrocinio a spese dello Stato, dovere del giudice di fornire informazioni rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere che hanno subito violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    con la legge 11 gennaio 2018, n. 4, recante «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici», sono state novellate alcune norme del codice civile, di quello penale e di procedura penale, introducendo nuove tutele per gli orfani di crimini domestici, intesi come figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti, i quali siano divenuti orfani di un genitore a seguito di omicidio posto in essere in danno dello stesso genitore dal coniuge, anche separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, pure se l'unione civile è cessata, ovvero dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza;

    la legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»), denominata «codice rosso», contiene disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori disposizioni di carattere processuale; fra le novità in ambito procedurale, vi è l'introduzione del «doppio binario» per i reati considerati indice di violenza domestica, in relazione ai quali è stata prevista un'accelerazione per l'avvio del procedimento penale, con l'effetto della più celere eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime; inoltre, è stata modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico. Nello specifico, il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l'applicazione di misure di prevenzione; la legge ha, poi, introdotto quattro nuove fattispecie di reato: il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (sexting e revenge porn); il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (cosiddetto omicidio di identità); il reato di costrizione o induzione al matrimonio; il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;

    sul versante dei giudizi civili, il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 (cosiddetta riforma Cartabia), ha introdotto, nel codice di procedura civile, la sezione «Della violenza domestica o di genere», con l'obiettivo di scongiurare, nei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere, poste in essere da una parte nei confronti dell'altra o dei figli minori, fenomeni di vittimizzazione secondaria; la mancata attenzione al tema della vittimizzazione secondaria è stata oggetto di specifici rilievi mossi alle istituzioni italiane nel rapporto Grevio adottato il 15 novembre 2019 e pubblicato il 13 gennaio 2020 all'esito dell'attività del gruppo di esperti chiamato a verificare l'applicazione della Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 giugno 2013, n. 77. Per contrastare questa forma di violenza nell'ambito dei procedimenti disciplinati dal nuovo rito in materia di persone, minorenni e famiglie, è stata creata una sorta di «corsia preferenziale e differenziata» per tali giudizi, che dovranno avere una trattazione più rapida e connotata da specifiche modalità procedurali. In presenza di allegazioni di violenza o di abuso, il procedimento deve essere trattato secondo una disciplina processuale connotata da specialità, al fine di verificare, già dalle prime fasi processuali, se quanto allegato dalla parte sia o meno fondato. Particolare attenzione, poi, è dedicata allo svolgimento dell'udienza ove il rischio di vittimizzazione secondaria è altissimo: la vittima di violenza non può essere costretta ad essere presente in udienza con il presunto autore della violenza senza l'adozione di particolare cautele; non può essere tentata la conciliazione (considerata anche la posizione di subordinazione di una parte rispetto all'altra nelle relazioni contraddistinte da violenza); non è consentito il ricorso alla mediazione, vietata in presenza di violenza domestica, e sono previsti particolari accorgimenti per l'ascolto del minore;

    quanto alla materia penale, con il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (cosiddetta riforma Cartabia), sono stati esclusi, dall'ambito di operatività dell'articolo 131-bis del codice penale (non punibilità per particolare tenuità del fatto), i reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77 (i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 558-bis, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, comma 1, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, numero 1, e comma 2, 583, comma 2, 583-bis, 593-ter, 600-bis, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-undecies, 612-bis, 612-ter, nonché dall'articolo 19, comma 5, della legge 22 maggio 1978, n. 194);

    la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), in particolare il comma 149 dell'articolo 1, ha reso strutturale l'adozione, da parte del Governo, di un Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e ha delineato un sistema di governance composto da una cabina di regia interistituzionale e da un osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica. Nella medesima legge sono stati introdotti in modo strutturale i finanziamenti per l'attuazione di tale piano e quelli alla rete dei centri antiviolenza;

    la legge 9 febbraio 2023, n. 12, ha previsto l'istituzione di una Commissione bicamerale d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere con i seguenti compiti: svolgere indagini sulle reali dimensioni e cause del femminicidio e, più in generale, di ogni forma di violenza di genere; monitorare la concreta attuazione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nonché di ogni altro accordo sovranazionale e internazionale in materia e della legislazione nazionale ispirata agli stessi principi, con particolare riguardo al decreto-legge n. 93 del 2013 e alla legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso); accertare le possibili incongruità e carenze della normativa vigente in materia rispetto allo scopo di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti, al fine di una sua eventuale revisione (con specifico riferimento alla normativa penale concernente le molestie sessuali perpetrate in luoghi di lavoro), come pure a proseguire l'analisi degli episodi di femminicidio, verificatisi a partire dal 2016, per accertare se siano riscontrabili condizioni o comportamenti ricorrenti, valutabili sul piano statistico, allo scopo di orientare l'azione di prevenzione; accertare il livello di attenzione e la capacità di intervento delle autorità e delle amministrazioni pubbliche competenti a svolgere attività di prevenzione e di assistenza; verificare, come raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità, la realizzazione di progetti educativi nelle scuole; proporre soluzioni di carattere legislativo e amministrativo per realizzare adeguata prevenzione e contrasto ad ogni forma di violenza di genere, nonché per tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti; valutare, inoltre, la necessità di redigere testi unici, al fine di implementare la coerenza e la completezza della regolamentazione in materia di violenza sulle donne; monitorare il lavoro svolto dai centri antiviolenza operanti sul territorio, ivi compresi i centri di riabilitazione per uomini maltrattanti, e l'effettiva applicazione da parte delle regioni del Piano antiviolenza e delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle vittime di violenza; verificare l'effettiva destinazione delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 93 del 2013 e dalle leggi di stabilità e di bilancio alle strutture che si occupano di violenza di genere e fare in modo che siano assicurati finanziamenti certi e stabili al fine di evitarne la chiusura;

    la legge 8 settembre 2023, n. 122 (cosiddetto codice rosso rafforzato), ha attribuito ai procuratori della Repubblica e ai procuratori generali presso le corti d'appello un potere di vigilanza sul rispetto del termine entro cui devono essere assunte informazioni dalle donne che hanno subito violenza domestica e di genere, assicurando una più piena tutela e garantendo il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria superiore, nel caso di inerzia del pubblico ministero designato;

    nel mese di settembre del 2023, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha ribadito l'importanza di garantire una risposta rapida ed efficace da parte delle forze dell'ordine e del sistema giudiziario alle condotte riconducibili alla violenza di genere, manifestando, in relazione al nostro Paese, preoccupazione per i dati che riflettono una percentuale costante di procedimenti sulla violenza domestica e sessuale archiviati nella fase delle indagini preliminari, un uso limitato degli ordini di protezione e un tasso significativo della loro violazione;

    nella legge 24 novembre 2023, n. 168 («nuovo codice rosso»), che si pone in linea di continuità con tali interventi normativi, vi sono espressamente la violenza sulle donne, nelle sue molteplici declinazioni, fino al cosiddetto femminicidio, e la violenza domestica, concettualmente distinta dalla prima – anche se i due fenomeni sovente si sovrappongono – e forse più insidiosa, perché nel contesto delle «relazioni strette» le dinamiche di ambivalenza che talora innervano le condotte e la dipendenza affettiva, psicologica, spesso anche economica, della vittima dall'autore finiscono con l'indebolire la capacità reattiva della prima, rendendola particolarmente vulnerabile. Nello specifico, il legislatore ha introdotto nuove procedure e strumenti per la tutela delle donne che hanno subito violenza per consentire una preventiva ed efficace valutazione e gestione del rischio di letalità, di reiterazione e di recidiva. Si tratta di misure che, non solo, potenziano l'intervento delle forze dell'ordine nella delicatissima fase iniziale delle indagini – in cui, dati alla mano, le donne sono maggiormente esposte –, ma addirittura anticipano le tutele in funzione della maggior sicurezza delle persone potenzialmente esposte a pericolo. L'istituto dell'ammonimento del questore è stato opportunamente esteso ai «reati spia», nella nuova consapevolezza che quei reati, tradizionalmente considerati minori, nel contesto delle relazioni familiari ed affettive, assumono valenza sintomatica rispetto a situazioni di pericolo per l'integrità psico-fisica delle persone. Al fine di interrompere tempestivamente il cosiddetto «ciclo della violenza», sono state estese le misure di prevenzione (sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) ai soggetti semplicemente indiziati dei delitti più ricorrenti nella violenza contro le donne e nella violenza domestica. La velocità di intervento, fondamentale in relazione a questi fenomeni delittuosi, ha informato l'intero provvedimento, come confermato dalla trattazione prioritaria dei processi anche per i reati spia e dalla maggiore celerità nella trattazione degli affari in materia di violenza contro le donne e domestica anche nella fase cautelare. Quanto alle misure «precautelari», si è consentito l'arresto in flagranza differita superando così le difficoltà operative che l'arresto ha sino ad oggi incontrato con riferimento a reati, quali lo stalking e i maltrattamenti in famiglia, che, avendo natura abituale, devono comporsi di una pluralità di atti non sempre accertabili dalle forze dell'ordine in occasione del loro intervento. Sempre nell'ottica della prevenzione, cruciali sono le norme sul rafforzamento delle misure cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico. Ispirata dalla ratio di massimizzare la capacità difensiva del tracciamento di prossimità, la legge n. 168 del 2023 ha reso obbligatorio il controllo elettronico nel divieto di avvicinamento. La possibilità di assistere il divieto di avvicinamento con il dispositivo di controllo tecnico – cosiddetto braccialetto elettronico – ha corrisposto all'esigenza di accentuare la funzione protettiva della misura, che per i reati di genere si pone in termini peculiari. Il controllo elettronico è stato introdotto appunto per gli arresti domiciliari, con l'inserimento dell'articolo 275-bis del codice di procedura penale, ad opera dell'articolo 16, comma 2, del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 («Disposizioni urgenti per l'efficacia e l'efficienza dell'Amministrazione della giustizia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4. Il testo originario dell'articolo 275-bis rimetteva l'applicazione del controllo remoto al giudice («se lo ritiene necessario»), mentre il testo odierno, modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 («Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria»), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, sancisce una presunzione relativa di adeguatezza di tali procedure tecniche («salvo che [il giudice] le ritenga non necessarie»), sicché gli arresti domiciliari con controllo elettronico sono adesso la regola e quelli «semplici» l'eccezione (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 28 aprile-19 maggio 2016, n. 20769). Quale modalità esecutiva del divieto di avvicinamento, il controllo elettronico ha una funzione dedicata, che ne distingue la stessa operatività pratica. Invero, mentre negli arresti domiciliari il braccialetto è un presidio unidirezionale, che consente alle forze dell'ordine di monitorare un'eventuale evasione, nel divieto di avvicinamento esso è un presidio bidirezionale, che, in caso di avvicinamento vietato, allerta non solo le forze dell'ordine, ma anche la vittima, dotata di apposito ricettore. Il divieto di avvicinamento può essere sia un divieto «fisso», riferito a luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa – luoghi che occorre dunque indicare nell'ordinanza applicativa (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 29 aprile-28 ottobre 2021, n. 39005) –, sia un divieto «mobile», riferito proprio alla persona offesa, nel qual caso l'avvicinamento può dipendere anche dalla casualità degli spostamenti e la pertinente segnalazione si rivela vieppiù essenziale in funzione di allerta. All'indomani dell'entrata in vigore della legge n. 168 del 2023, la misura cautelare del divieto di avvicinamento può essere adottata per i seguenti reati: violazione degli obblighi di assistenza famigliare (articolo 570 del codice penale); abuso dei mezzi di correzione o di disciplina (articolo 571 del codice penale); maltrattamenti contro familiari e conviventi (articolo 572 del codice penale); tentato omicidio (articolo 575 del codice penale); lesioni personali, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate (articolo 582 del codice penale); deformazione mediante lesioni permanenti al viso (articolo 583-quinquies del codice penale); riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (articolo 600 del codice penale); prostituzione minorile (articolo 600-bis del codice penale); pornografia minorile (articolo 600-ter del codice penale); detenzione o acceso a materiale pornografico (articolo 600-quater del codice penale); tratta di persone (articolo 601 del codice penale); acquisto e alienazione di schiavi (articolo 602 del codice penale); violenza sessuale (articolo 609-bis del codice penale) anche aggravata (articolo 609-ter del codice penale); atti sessuali con minorenni (articolo 609-quater del codice penale); corruzione di minorenne (articolo 609-quinquies del codice penale); violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies del codice penale); minaccia aggravata (articolo 612, comma 2, del codice penale); atti persecutori (articolo 612-bis del codice penale). La misura coercitiva, per questi reati, deve essere sempre accompagnata dall'imposizione – in precedenza facoltativa – delle modalità di controllo a distanza con la contestuale prescrizione di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, dalla casa familiare o da determinati luoghi frequentati dalla persona offesa. Per effetto della riforma è inoltre ora previsto che, nei casi di allontanamento dalla casa familiare per condotte di violenza domestica e di genere, la misura possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280 del codice di procedura penale per l'applicazione delle misure cautelari; il giudice, poi, con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento, può applicare, anche congiuntamente, una misura più grave qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione delle modalità di controllo a distanza ovvero quando ne sia accertata, da parte dell'organo a ciò deputato, la non fattibilità tecnica;

    con sentenza 4 novembre 2024, n. 173, la Corte costituzionale ha reputato infondati i dubbi sulla legittimità della previsione di una distanza minima di 500 metri e dell'obbligo di applicazione alla misura cautelare del divieto di avvicinamento del braccialetto elettronico. Per la Corte costituzionale, tale dispositivo, di scarso peso, applicato alla caviglia dell'indagato e quindi normalmente invisibile ai terzi, non impedisce alla persona soggetta al divieto di avvicinamento di uscire dalla propria abitazione e soddisfare tutte le proprie necessità di vita, purché essa non oltrepassi il limite dei cinquecento metri dai luoghi specificamente interdetti o da quello in cui si trova la vittima del reato in relazione al quale il divieto stesso è stato disposto. La distanza indicata non appare in sé esorbitante e corrisponde alla funzione pratica del tracciamento di prossimità, che è quella di dare uno spazio di tempo sufficiente alla potenziale vittima di più gravi reati per trovare sicuro riparo e alle forze dell'ordine per intervenire in soccorso. Negli abitati più piccoli la distanza di cinquecento metri può rivelarsi stringente, ma, ove ciò si verifichi, all'indagato ne viene un aggravio che può ritenersi sopportabile, quello di recarsi nel centro più vicino per trovare i servizi di cui necessita, senza rischiare di invadere la zona di rispetto. A un sacrificio relativamente sostenibile per l'indagato si contrappone l'impellente necessità di salvaguardare l'incolumità della persona offesa, la cui stessa vita è messa a rischio dall'imponderabile e non rara progressione dal reato-spia (tipicamente lo stalking) al delitto di sangue. Oltre che non irragionevole, questo bilanciamento asseconda il criterio di priorità enunciato dall'articolo 52 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata e resa esecutiva con legge 27 giugno 2013, n. 77. Nel disciplinare le misure urgenti di allontanamento imposte dal giudice, inclusive del divieto di avvicinamento, la norma convenzionale stabilisce infatti che deve darsi «priorità alla sicurezza delle vittime o delle persone in pericolo». Il controllo elettronico nell'attuazione delle ordinanze restrittive e degli ordini di protezione è inoltre specificamente previsto dalla direttiva (UE) n. 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica (considerando 46). Se l'indagato consente a indossare il dispositivo e questo non può funzionare per motivi tecnici (quale il difetto della copertura di rete), il giudice non è tenuto a imporre una misura più grave del divieto di avvicinamento, ma deve rivalutare le esigenze cautelari della fattispecie concreta, potendo, all'esito della rivalutazione, in base ai criteri ordinari di adeguatezza e proporzionalità, scegliere non solo una misura più grave (in primis, il divieto od obbligo di dimora ex articolo 283 del codice di procedura penale), ma anche una misura più lieve (segnatamente, l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria ex articolo 282 del codice di procedura penale);

    l'aumento dei provvedimenti con i quali è stata disposta la misura cautelare del divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico (se ne contano circa 4.800) ha comportato il naturale incremento dei casi di malfunzionamento, per lo più «falsi allarmi», solitamente correlati alla mancanza di copertura di rete (non sono mancati casi, sporadici, in cui la mancata attivazione dell'allarme è dipesa da un errato uso del dispositivo da parte della persona offesa). Negli altri Paesi europei il numero dei braccialetti elettronici antistalking attivi è in numero assai più contenuto e ci si avvale di operatori esterni con il compito di filtrare le segnalazioni, avvisando la persona offesa e le forze dell'ordine solo in presenza di reali allarmi. In Francia, dal 2019, è attivo il cosiddetto bar, «bracelet anti-rapprochement». Si tratta di un dispositivo di sorveglianza elettronica mobile che consente: di geolocalizzare in tempo reale una persona da proteggere e una persona da sorvegliare (autore accertato o presunto) in un contesto di «violenza coniugale» in senso lato; di beneficiare di una zona di protezione, composta da una zona di pre-allerta («distance de pré-alerte») e di una zona di allerta. La zona di pre-allerta è il doppio della distanza di allarme: se l'uomo soggetto a misura supera il perimetro di «pre-alert», gli viene inviato un avviso e viene contattato dall'operatore addetto alla sorveglianza invitandolo ad allontanarsi. Se viene superata la distanza di allarme, il teleoperatore avverte la donna e le forze dell'ordine perché possano intervenire. Se la persona protetta si sente minacciata: può attivare il pulsante «sos» sulla sua unità mobile in qualsiasi momento (7 giorni su 7 e 24 ore su 24), così da essere contattata dal teleoperatore responsabile dei bar; può fare una richiesta di richiamo sulla sua unità mobile e, anche in questo caso, viene contattata dal teleoperatore responsabile dei bar e può inviare richieste di modifiche al magistrato incaricato della misura (Procureur/JAP/JAF). Nel 2023, i bar in uso erano 1.000. Oltre al bar, il sistema francese prevede anche un dispositivo telefonico di assistenza di protezione delle persone in grave pericolo, chiamato «tgd» («téléphone grave danger») che riguarda solo la vittima;

    la misura cautelare del divieto di avvicinamento, a differenza della misura cautelare degli arresti domiciliari – in relazione alla quale non possono essere, comunque, concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede, salvo che il giudice ritenga, sulla base di specifici elementi, che il fatto sia di lieve entità e che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con tale misura (articolo 284, comma 5-bis, del codice di procedura penale) –, può essere concessa anche a chi è stato condannato in precedenza per il reato di cui all'articolo 387-bis del codice penale (violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa); è opportuno valutare una modifica dell'articolo 282-ter del codice di procedura penale per rendere ostativa l'applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento all'autore di condotte di violenza domestica e di genere che, nei cinque anni precedenti, ha riportato condanna per il reato di cui all'articolo 387-bis del codice penale o 385 del codice penale, mercé l'introduzione di una presunzione di inadeguatezza di tale misura cautelare;

    il 31 luglio 2024 la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere ha approvato all'unanimità la relazione sulla ricognizione degli assetti normativi in materia di prevenzione e contrasto della violenza di genere per la redazione di un testo unico, al fine di restituire sistematicità al quadro normativo a tutela delle donne che hanno subito violenza, implementare la coerenza e la completezza della regolamentazione in materia e rendere più agevole la conoscenza dell'impianto legislativo predisposto dal nostro ordinamento. Come evidenziato dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nel parere n. 929 del 15 aprile 2016, «quello del testo unico compilativo è un importante strumento di qualità della regolamentazione (cosiddetta better regulation), sinora poco quando non per nulla utilizzato (non constano testi unici redatti ai sensi del citato articolo 17-bis), e che andrebbe, invece, debitamente valorizzato». Esigenza, questa, che si rende tanto più impellente quanto più ci si riferisca a materie particolarmente delicate, quale quella del contrasto alla violenza di genere, in cui è fondamentale garantire la pronta reperibilità e riconoscibilità delle norme vigenti e dei concreti strumenti messi a disposizione da parte dello Stato a favore della collettività. Alla luce dell'insieme delle disposizioni già introdotte negli ultimi anni in materia di violenza contro le donne, la predisposizione di un testo unico di carattere compilativo risponde ad un'esigenza di organicità e di effettività dell'ordinamento giuridico, al fine di consentire che le disposizioni vigenti possano trovare una sede comune utile sia per le donne, per rafforzarne la consapevolezza del valore della loro scelta di denuncia e di autodeterminazione, sia per gli addetti ai lavori chiamati ad assicurare la piena tutela della persona offesa, grazie ad un quadro più efficace nell'assicurare reale conoscibilità e quindi effettività delle norme;

    nel contrasto alla violenza sulle donne è inoltre emerso chiaramente negli anni, non ultimo dai lavori della Commissione femminicidio della XVIII legislatura, che, tra le priorità di intervento, vi è l'esigenza di una necessaria formazione e specializzazione di tutto il personale che interviene con donne e minori vittime di violenza, a partire da tutte le operatrici e gli operatori della giustizia;

    al fine di garantire che le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica siano immediatamente individuate e ricevano un'assistenza adeguata, è necessario che lo Stato garantisca, stanziando adeguate risorse finanziarie ed organizzative, che gli operatori, le operatrici e le professioniste e i professionisti che possono entrare in contatto con le vittime – polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, personale sanitario e socio-sanitario, insegnanti, polizia municipale, personale della pubblica amministrazione - siano coinvolti in un'apposita azione di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione, con natura obbligatoria, continua e permanente, al fine di mettere in atto una corretta gestione del fenomeno, nonché di permetterne una corretta lettura, necessaria a consentire un'efficace e tempestiva azione di contrasto e prevenzione ed evitare qualunque forma di sottovalutazione del rischio che corrono le donne, anche denuncianti, della violenza di genere e domestica, affinché anche le organizzazioni responsabili possano coordinare efficacemente le loro azioni, operando in sinergia con gli ordini professionali, con la Conferenza delle regioni, con l'Anci, Upi, Uncem, con la Conferenza dei rettori delle università italiane, con la Scuola nazionale dell'amministrazione, con il Formez Pa e con le associazioni attive nel contrasto al fenomeno e con i centri antiviolenza;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è, dunque, il sostegno economico alle donne che hanno subito violenza per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. Quella economica è la forma più subdola di violenza, finora non adeguatamente indagata nella sua portata pervasiva e di potenziamento dello squilibrio e delle disuguaglianze nel rapporto dell'uomo e della donna. In realtà, è una forma di violenza che ha già trovato riconoscimento proprio nella Convenzione di Istanbul. La tematica, peraltro, si sposa e si lega a quella della formazione: è necessario lavorare sulla consapevolezza femminile delle opportunità di riscatto e crescita, incoraggiando le donne a riconoscere e valorizzare le proprie potenzialità. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne rivestono un ruolo estremamente importante. La violenza economica affonda le proprie radici in un terreno di pregiudizi patriarcali e culto dei ruoli di genere che in una società equa, moderna e civile non possono essere tollerati. Partendo dalle singole realtà dei nuclei familiari, sono spesso e troppo radicati atti di costante controllo e monitoraggio del comportamento di una persona in termini di uso e distribuzione del denaro. In numerosissime famiglie è ancora invalsa l'abitudine di delegare il controllo e le decisioni economiche a colui che apporta l'unico o il maggior reddito rispetto a chi contribuisce con il lavoro domestico, la cura della casa, dei figli e degli anziani o con un lavoro meno redditizio. Gli uomini, nel delegare alle donne le mansioni nella vita privata e familiare, svolgono attività lavorativa a tempo pieno, ricavando un reddito maggiore che si traduce, nel lungo periodo, in una pensione più alta. Questa organizzazione dei ruoli, limitando la libertà, si traduce in una violenza economica che le donne, talvolta, faticano a riconoscere come vera e propria violenza, soprattutto allorché provengano da un contesto familiare e culturale in cui viene assunta quale fondamento del buon funzionamento della famiglia tradizionale. La violenza economica, non percepita o tollerata, con il passare del tempo impedisce alla vittima di reagire. La vittima economicamente e psicologicamente dipendente dall'uomo violento, non essendo autonoma ed essendo invece tagliata fuori dal mondo del lavoro, subisce passivamente le violenze non avendo altre prospettive. L'assenza di un'autonomia economica porta a un lento e graduale stato di sottomissione che costituisce un terreno fertile per il fiorire della violenza psicologica, verbale e fisica. La violenza economica non è solo la condotta del «capo famiglia» che nega ai componenti del nucleo familiare risorse economiche autonome, scoraggiando o impedendo un'attività lavorativa, un'entrata finanziaria personale, un proprio conto corrente, una propria carta di credito oppure quella che vieta di destinare le autonome risorse secondo la volontà del familiare, ma è anche il non fornire spiegazioni su documenti di cui si chiede la firma – o, peggio ancora, in cui si appone falsamente la firma – celandone i rischi debitori e le motivazioni. Alcune importanti misure sono state già introdotte dal legislatore: è il caso dell'istituzione del «reddito di libertà», introdotto nel 2020 e reso strutturale a partire dal 2024, un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne che hanno subito violenza e che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà. A decorrere dal 1° gennaio 2024, è stato poi istituito l'assegno di inclusione con l'obiettivo di contrastare la povertà, la fragilità e l'esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro. Si tratta di una misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, condizionata alla prova dei mezzi e all'adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa. Da tale percorso sono esonerati i componenti della famiglia inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere e le donne che hanno subito violenza, con o senza figli, prese in carico da centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni o dai servizi sociali nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere;

    in questo contesto, il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, che prevede il diritto a un congedo retribuito per le donne vittime di violenza di genere, rappresenta un'importante misura di sostegno, contribuendo a offrire un'opportunità di protezione e di ripresa per coloro che si trovano in situazioni di difficoltà;

    di estrema importanza sono per favorire l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza si sono anche introdotti sgravi contributivi: l'articolo 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, ha previsto che ai datori di lavoro privati che, nel triennio 2024-2026, assumeranno donne disoccupate vittime di violenza, al fine di favorirne il percorso di uscita dalla violenza attraverso il loro inserimento nel mercato del lavoro, è riconosciuto l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e contributi all'Inail, nella misura del 100 per cento, nel limite massimo di importo di 8.000 euro annui riparametrato e applicato su base mensile. In sede di prima applicazione, tale previsione si applica anche a favore delle donne vittime di violenza che hanno usufruito della predetta misura nell'anno 2023. Completa il quadro il microcredito di libertà, strumento finanziario innovativo introdotto dal 2020, per l'emancipazione economica delle donne che hanno subito violenza. L'indipendenza economica alle donne che hanno subito violenza di genere, tuttavia, deve essere assicurata agevolando l'inserimento – o il reinserimento – delle stesse nel mondo del lavoro e, al contempo, prevedendo il riconoscimento di un «beneficio fiscale» temporaneo che consenta loro di rendersi autonome nella delicatissima fase che segue alla denuncia e all'inizio del procedimento penale; autonomia che diventa ancora più importante quando sono presenti uno o più figli minori a carico della vittima. Tale risultato può essere raggiunto attraverso l'introduzione di una tassazione agevolata dei redditi prodotti dalle lavoratrici che hanno subito violenza di genere – beneficiarie di interventi di protezione che siano certificati dai servizi sociali, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio – con una percentuale di abbattimento dell'imponibile fiscale da aumentare in base al numero di figli minori a carico della lavoratrice. Il suddetto regime premiale beneficerebbe anche i datori di lavoro, in termini di minori oneri fiscali e contributivi a loro carico, in ragione della riduzione del cuneo fiscale, da aggiungersi agli sgravi contributivi già esistenti;

    la legge 5 marzo 2024, n. 21, ha inserito l'educazione finanziaria nell'ambito dell'insegnamento dell'educazione civica. In questo modo, in un'ottica interdisciplinare e trasversale, acquisiscono centralità nel percorso formativo scolastico la finanza, il risparmio e l'investimento, con l'obiettivo di rendere i ragazzi cittadini consapevoli e capaci di partecipare pienamente alla vita economica del Paese. Il Ministero dell'istruzione e del merito definirà le linee guida per lo studio dell'educazione finanziaria nelle scuole, d'intesa con la Banca d'Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione e sentite le associazioni rappresentative degli operatori e degli utenti bancari e finanziari. Inoltre, il Ministero dell'istruzione e del merito, la Banca d'Italia e la Consob sottoscriveranno appositi accordi per promuovere la cultura finanziaria, nel rispetto dell'autonomia scolastica. Occorre continuare questo percorso intrapreso all'interno degli istituti scolastici, prevedendo che l'insegnamento scolastico dell'educazione civica assuma come riferimento il tema dell'educazione al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne, quello dell'educazione finanziaria, l'autonomia economica del singolo familiare o convivente, con l'adozione di provvedimenti che incidano profondamente nella cultura delle nuove generazioni, attraverso un'azione positiva volta all'educazione affettiva e a sviluppare nella formazione degli studenti il rispetto dei principi di eguaglianza, pari opportunità e dignità nei rapporti di coppia. La scuola rappresenta l'ambiente privilegiato per lo sviluppo della consapevolezza di quanto sia importante raggiungere e mantenere un'autonomia economica, rompendo gli schemi della famiglia tradizionale, ed è il punto di riferimento prioritario attraverso cui far veicolare i messaggi chiave e avvicinare i futuri adulti al tema dell'indipendenza economica da assicurare al singolo nel nucleo familiare o nelle convivenze di fatto. Il principale obiettivo dell'educazione all'autonomia finanziaria è quello di attivare un processo virtuoso al fine di avere cittadini informati, attivi, responsabili e consapevoli che la libertà di scelta, in presenza di crisi familiari, presuppone un'indipendenza economica;

    il Piano nazionale antiviolenza, adottato per la prima volta nel 2015, rappresenta un elemento portante delle politiche di contrasto alla violenza sulle donne in Italia. Sin dalla sua prima attuazione, il Piano ha sviluppato un approccio strutturato e integrato, mirato non solo alla protezione delle vittime, ma anche alla prevenzione del fenomeno attraverso iniziative di sensibilizzazione e cultura della parità. Un ruolo cruciale in questa strategia è svolto dai centri antiviolenza e dalle case rifugio, che offrono supporto immediato e a lungo termine alle vittime, fornendo protezione, assistenza psicologica e legale, oltre a percorsi di reinserimento;

    si evidenzia, altresì, il contributo dei centri per uomini maltrattanti, strutture che mirano a far riflettere e rieducare gli autori di violenza, con l'obiettivo di prevenire la recidiva. Tali strumenti contribuiscono al contrasto alla violenza sulle donne in modo completo, supportando sia le vittime che intervenendo sugli autori, affinché si riduca il rischio di nuovi episodi di violenza;

    nonostante la leggera flessione del numero dei femminicidi e l'aumento delle denunce dei reati di violenza domestica e di genere, sintomatici di una rinnovata fiducia nelle istituzioni, la violenza contro le donne in Italia rimane un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    la violenza degli uomini sulle donne, alla cui base sono radicati misoginia, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali e culturali, rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale; questa particolare giornata fornisce un'occasione ai Governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di quella che è una vera e propria «emergenza strutturale»,

impegna il Governo:

1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica quali prioritarie nell'azione di Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee e internazionali di riferimento, al fine di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul anche in quelle parti oggetto di specifici rilievi mossi alle istituzioni italiane da organismi internazionali;

2) a dare piena attuazione alle misure in materia previste per legge, operando tempestivamente nell'adozione dei decreti attuativi previsti;

3) a potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione dell'applicazione della misura cautelare o di prevenzione con la prescrizione del sistema di controllo a distanza (cosiddetto braccialetto elettronico), mettendo in atto iniziative per risolvere le criticità che sono emerse nell'applicazione della misura cautelare o di prevenzione con la prescrizione del sistema di controllo a distanza;

4) a valutare la possibilità di adottare iniziative di carattere normativo per precludere la concessione, all'autore di condotte di violenza domestica e di genere, della misura cautelare del divieto di avvicinamento ove già condannato per il reato di evasione o di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede;

5) ad adoperarsi per la predisposizione di un testo unico in materia di prevenzione e contrasto della violenza di genere, dando attuazione alla raccomandazione contenuta nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, approvata all'unanimità nella seduta del 31 luglio 2024;

6) ad adottare iniziative volte a raccogliere sistematicamente, in applicazione della legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», dati e informazioni puntuali sul fenomeno, che permettano di intervenire tempestivamente e di adottare misure appropriate;

7) a favorire iniziative anche di carattere normativo per incentivare l'inserimento delle donne che hanno subito violenza nel mondo del lavoro, valutando altresì l'introduzione di una tassazione agevolata dei redditi prodotti dalle lavoratrici che hanno subito violenza di genere, beneficiarie con i loro figli di interventi di protezione che siano certificati dai servizi sociali, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio, con una percentuale di abbattimento dell'imponibile fiscale;

8) ad assumere iniziative per stanziare e investire adeguate risorse finanziarie ed organizzative finalizzate ad assicurare un'attività di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione, a carattere obbligatorio continuo e permanente, destinata agli operatori delle forze di polizia e della polizia municipale, ai magistrati, al personale del settore giudiziario, al personale sanitario e socio-sanitario, al personale della scuola di ogni ordine e grado e al personale della pubblica amministrazione, che può entrare in contatto con la vittima, per una corretta valutazione e gestione del fenomeno per un'efficace e tempestiva azione di contrasto della violenza di genere e domestica, anche in attuazione delle finalità di cui all'articolo 6 della legge 24 novembre 2023, n. 168;

9) ad adottare iniziative volte a prevedere e sostenere nell'ambito delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado l'adozione di progetti e percorsi strutturati di educazione alla parità, all'affettività e all'indipendenza economica;

10) ad adottare iniziative volte ad aumentare le risorse strutturali destinate ai centri antiviolenza e alle case rifugio, velocizzando e rendendo stabile il percorso dei finanziamenti stessi, e a dare piena attuazione al processo di monitoraggio previsto sull'utilizzazione delle risorse da parte delle regioni, potenziando la governance centrale del sistema, anche al fine di evitare disparità a livello territoriale;

11) ad adottare iniziative per incrementare ulteriormente le risorse destinate al fondo per le vittime di reati intenzionali violenti e il fondo per il sostegno agli orfani di crimini domestici e di reati di genere alle famiglie affidatarie, al fine di rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un femminicidio;

12) ad adottare iniziative volte a garantire adeguati stanziamenti finanziari per i centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere, ulteriori rispetto a quelli prioritari riservati ai centri antiviolenza;

13) ad adottare iniziative di carattere normativo volte a potenziare il reddito di libertà, incrementando le risorse e facilitando l'accesso a tale misura, al fine di offrire un concreto supporto economico alle donne vittime di violenza che intraprendono percorsi di autonomia e reinserimento sociale;

14) ad adottare iniziative volte a incrementare le risorse destinate al Piano nazionale antiviolenza, assicurando i fondi necessari per migliorare le azioni di prevenzione, protezione e supporto alle vittime, con particolare attenzione al sostegno dei centri antiviolenza, delle case rifugio e dei centri per uomini maltrattanti;

15) a valutare l'opportunità di adottare le necessarie e opportune iniziative di competenza per la formazione di un data base a livello regionale e nazionale, dove, nel rispetto della disciplina sul trattamento dei dati personali e dei dati giudiziari, vengano raccolti e conservati, per un adeguato lasso temporale, quelli di provenienza sanitaria e forense relativi ai casi di violenza sessuale;

16) ad adottare opportune iniziative di competenza volte a garantire alle vittime di violenza di genere la conoscenza dello stato del procedimento penale a carico dell'autore, valutando altresì anche la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex articolo 415 del codice di procedura penale;

17) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire che l'esame delle parti offese nella fase dibattimentale possa, previo consenso dell'interessata, essere documentato con mezzi di riproduzione audiovisiva non visibili;

18) ad adottare iniziative di competenza specifiche per contrastare la violenza on line, comprese le molestie on line e l'istigazione all'odio verso le donne;

19) a valutare la possibilità di attuare iniziative di competenza anche di carattere normativo per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare, valutando altresì la modifica del sistema attualmente vigente nel processo penale.
(1-00366) «Ghio, Bonetti, Zanella, Boschi, Ferrari, Forattini, Braga, Faraone, Ghirra, Piccolotti, Richetti, Andrea Rossi».


   La Camera,

   premesso che:

    giovedì 14 novembre 2024, la Corte costituzionale, nell'esaminare i ricorsi presentati da alcune regioni, ha sancito l'incostituzionalità di molteplici e rilevanti aspetti della legge 26 giugno 2024, n. 86, tutti peraltro puntualmente denunciati nel corso dell'esame parlamentare da tutte le opposizioni unitariamente;

    tra le incongruenze rilevate ve ne sono alcune particolarmente significative come quella riguardante la norma che prevede la possibilità di attribuire alle regioni intere materie o ambiti di materie;

    la Corte, infatti, ha chiarito che la devoluzione può riguardare solo specifiche funzioni legislative e amministrative e che la delega di funzioni debba comunque avvenire sulla base del rispetto del principio costituzionale di sussidiarietà e in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione;

    secondo il Collegio, l'articolo 116, terzo comma, della Costituzione (che disciplina l'attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia) deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana che, insieme al ruolo fondamentale delle regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, riconosce i principi dell'unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell'eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell'equilibrio di bilancio;

    tra i rilievi critici importanti va poi senz'altro segnalato quello sui Lep, per i quali la Corte ha ravvisato l'incostituzionalità della delega che, in quanto priva degli idonei criteri direttivi, ha finito per limitare l'esercizio del potere legislativo da parte del Parlamento;

    in tale contesto, del tutto discutibile appare l'opera sin qui svolta dall'attuale Clep, il Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che, in un quadro di indeterminatezza della delega legislativa, pare abbia autonomamente scelto, ai fini della determinazione dei fabbisogni standard criteri quali il clima, il costo della vita e gli aspetti socio-demografici della popolazione residente, criteri questi che, se mal declinati in assenza di puntuali indicazioni da parte del Parlamento, potrebbero portare a riconoscere ai cittadini diritti e opportunità fondamentali solo in funzione del luogo in cui si è nati;

    altrettanto significativo è il passaggio della Corte sulle cosiddette materie non Lep, specificando che i relativi trasferimenti non potranno comunque riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali;

    la Corte costituzionale ha altresì censurato anche la parte della legge che si pone in contrasto con i principi di capacità fiscale, perequazione e coesione di cui all'articolo 119 della Costituzione, realizzando una palese lesione del principio di eguaglianza, in senso formale e sostanziale sancito all'articolo 3 della Costituzione;

    dal comunicato della Corte è emerso dunque con evidenza, a giudizio dei firmatari del presente atto d'indirizzo, che questa legge non opera in funzione del bene comune e della tutela dei diritti garantiti dalla Costituzione né è funzionale a migliorare l'efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica nonché a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini,

impegna il Governo:

1) ad astenersi da qualsivoglia iniziativa, sotto il profilo legislativo e amministrativo e, in particolare, a non procedere alla stipula di alcuna intesa, ovvero a sospendere con immediatezza le eventuali intese siglate o in corso di negoziazione, volte a attribuire alle regioni forme particolari di autonomia differenziata sulla base della legge n. 86 del 2024;

2) a sospendere ogni attività del Comitato per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritti civili e sociali (CLEP) e a non tenere conto delle relazioni prodotte, in particolare in ordine alla procedura di determinazione dei LEP e dei criteri ad essa propedeutici, ivi individuati.

3) a mantenere, per quanto di competenza, i rapporti tra Governo e Parlamento nell'alveo della correttezza istituzionale, in particolare garantendo il rispetto dei principi e delle regole democratiche e scongiurando derive illiberali, fondate unicamente sui rapporti di forza.
(1-00367) «Francesco Silvestri, Braga, Zanella, Faraone, Magi, Richetti, Bonetti, Boschi, Alfonso Colucci, Sarracino, Bonafè, Zaratti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   AMENDOLA e SARRACINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale drammatica situazione di crisi idrica che sta interessando la Basilicata non è solo ed esclusivamente dovuta alla mancanza di precipitazioni atmosferiche;

   purtroppo, ad avviso degli interroganti, vi è anche una precisa responsabilità gestionale che investe direttamente il Governo centrale con il colpevole silenzio della regione Basilicata;

   il punto di maggiore crisi riguarda la diga della Camastra che serve Potenza città e 29 comuni che possono usufruire di acqua corrente per un numero sempre più limitato di ore con conseguenti disagi per i cittadini e le attività economiche;

   con interrogazione n. 5-01172 del 21 luglio 2023 il primo firmatario del presente atto aveva già avuto modo di segnalare il delicatissimo snodo burocratico che sarebbe sorto con la creazione di Acque del sud spa, interrogazione a cui non è mai pervenuta risposta;

   nell'ambito dei lavori di conversione del decreto-legge n. 44 del 2023, all'articolo 23, sono stati inseriti attraverso emendamenti tre commi, il 2-bis, 2-ter, 2-quater, che hanno previsto la costituzione, dal 1° gennaio 2024, di una nuova società denominata Acque del sud spa, a totale controllo pubblico tramite il Ministero dell'economia e delle finanze con capitale sociale pari a 5 milioni di euro;

   alla suddetta società sono state trasferite le funzioni del soppresso ente E.i.p.l.i.;

   la modifica normativa ha anche inciso sugli organi societari, stabilendone i criteri di nomina che hanno visto la maggioranza di centrodestra scegliere in un'ottica, ad avviso degli interroganti, assolutamente partitocratica l'avvocato Luigi Decollanz che era il coordinatore di FdI della città di Bari;

   in sede di conversione del decreto in questione, considerata la rilevanza dell'ente in oggetto che gestisce una risorsa preziosissima come l'acqua, è apparso subito evidente e ha sollevato le preoccupazioni degli interroganti il processo di centralizzazione che di fatto ha esautorato i territori, in particolare quelli su cui insistono le principali infrastrutture idriche e gli invasi di raccolta proprio a partire dalla Basilicata;

   gli interroganti hanno sollevato obiezioni anche rispetto alla non chiara mission della nuova società anche con riguardo a possibili coinvolgimenti di soggetti privati che andrebbero in contrasto con la manifesta volontà popolare del referendum sull'acqua svoltosi nel 2012;

   oggi 140 mila cittadini anche a causa di questa gestione disastrosa sono in difficoltà per la mancanza di acqua, mentre nulla cambia per la gestione di un ente, ad avviso degli interroganti, assolutamente fallimentare vista la prova dei fatti;

   comuni e cittadini sono anche preoccupati dalle soluzioni emergenziali che sono state adottate dal commissario straordinario per l'emergenza idrica, il presidente della regione Bardi, che ha stabilito il prelievo delle acque del Basento da convogliare presso l'invaso della Camastra;

   vi è la necessità di avere la massima trasparenza sulla qualità dell'acqua e sul processo di potabilizzazione, viste le condizioni di salute del fiume in questione, nonché di sapere come migliorare la capacità di invasamento della infrastruttura per il futuro;

   a oggi i cittadini non hanno a disposizione un chiaro processo di trasparenza il che alimenta ulteriori preoccupazioni per la salute –:

   se il Governo intenda rispondere, per quanto di competenza, rispetto alle sollevate criticità gestionali, se non intenda ammettere che il processo di ri-centralizzazione dell'acqua non abbia sortito paradossalmente una eterogenesi dei fini con una penalizzazione del territorio lucano, se non intenda altresì valutare una riconsiderazione rispetto alla società Acque del Sud vista anche la pessima performance manageriale e quali iniziative di competenza urgenti intenda assumere per assicurare ai cittadini serviti dalla diga della Camastra la massima trasparenza sulle soluzioni emergenziali adottate, in particolare per quel che concerne la qualità delle acque del fiume Basento e dell'acqua invasata presso la suddetta diga, nonché per gli altri invasi lucani, per evitare ulteriori criticità nel medio periodo.
(3-01573)


   SARRACINO, BRAGA, BONAFÈ, DE LUCA, MAURI, CUPERLO, FORNARO, UBALDO PAGANO e TONI RICCIARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   giovedì 14 novembre 2024, la Corte costituzionale, nell'esaminare i ricorsi presentati dalle regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, ha ravvisato l'incostituzionalità di molteplici e rilevanti aspetti della legge n. 86 del 2024 sull'autonomia differenziata, tutti peraltro puntualmente denunciati dai numerosi professori ed esperti auditi durante l'iter di approvazione della legge;

   tra le incongruenze rilevate ve ne sono alcune particolarmente significative, come quella che ha sanzionato la possibilità di delegare alle regioni intere materie, in luogo delle singole funzioni nonché la circostanza che la delega di funzioni debba comunque avvenire sulla base del rispetto del principio di sussidiarietà;

   altrettanto importante è l'intervento della Corte sui livelli essenziali delle prestazioni, per i quali la Corte ha rilevato l'incostituzionalità della delega legislativa con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento in quanto priva degli idonei criteri direttivi;

   più in generale la Corte ha chiarito che eventuali condizioni particolari di autonomia devono essere compatibili con la struttura della nostra forma di Stato che, accanto all'autonomia, impone di garantire l'unità della Repubblica, la solidarietà tra le regioni, l'eguaglianza e la garanzia dei diritti dei cittadini, e l'equilibrio di bilancio;

   in un'intervista al Corriere della Sera, il Ministro per gli affari regionali, Roberto Calderoli, ha minimizzato i rilievi di illegittimità, affermando che «la gran parte dei rilievi mossi possono essere agevolmente superati in fase di attuazione della legge» e ha ribadito che l'iter legislativo non subirà ritardi e che le intese con le regioni andranno avanti;

   tuttavia, la stessa Corte nel comunicato rilasciato il 14 novembre 2024 ha dichiarato che «spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall'accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei princìpi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge» –:

   se si intenda proseguire nella stipula delle intese, come dichiarato dal Ministro Calderoli e in violazione di quanto stabilito dalla Corte costituzionale, ovvero se non si ritenga opportuno disporre una moratoria delle intese fino a quando il Parlamento non sarà legittimamente intervenuto sui profili dichiarati incostituzionali.
(3-01574)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   ONORI e ROSATO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   tramite il blog Online della Commissione elettorale del Regno Unito si apprendono informazioni relative a significativi cambiamenti riguardanti il diritto di voto dei cittadini dell'Unione europea (Ue) in alcune tipologie di elezioni nel Regno Unito, a seguito della Brexit e dell'entrata in vigore dell'Elections Act;

   da maggio 2024, i cambiamenti si applicano a: elezioni locali, elezioni per sindaci e elezioni per l'Assemblea di Londra in Inghilterra; elezioni locali e dell'Assemblea in Irlanda del Nord;

   elezioni per il Commissario di polizia e crimine in Inghilterra e Galles;

   nel contesto, i cittadini dell'Unione europea possono registrarsi, votare o candidarsi solo se: sono cittadini di Danimarca, Lussemburgo, Polonia, Portogallo o Spagna e risiedono nel Regno Unito con permesso di soggiorno; sono cittadini di qualsiasi altro Paese dell'Unione europea che erano legalmente residenti nel Regno Unito entro il 31 dicembre 2020 e hanno mantenuto il loro status senza interruzione;

   i cittadini di Danimarca, Lussemburgo, Polonia, Portogallo o Spagna possono votare nel menzionato scenario di elezioni locali in ragione di specifici accordi bilaterali siglati tra Regno Unito e i rispettivi Paesi;

   nel Regno Unito, il fatto di aver diritto di voto alle elezioni locali contribuisce a fare punteggio in termini di credit score anche nel fondamentale contesto della candidatura per riuscire ad affittare un immobile;

   concretamente il credit score è un indicatore della capacità di gestire le finanze, utilizzato da istituti di credito e fornitori di servizi per valutare il rischio nel concedere prestiti o servizi finanziari. Viene calcolato dalle agenzie di riferimento del credito del Regno Unito, considerando vari fattori tra cui l'iscrizione al registro elettorale, che aiuta a confermare l'identità e l'indirizzo di residenza. Una mancata registrazione comporta un punteggio più basso. Un punteggio più alto può portare a migliori tassi di interesse e limiti di credito più elevati, e può venire utilizzato anche dai locatori per valutare potenziali inquilini –:

   se non si ritenga opportuno avviare urgentemente negoziati per siglare un'intesa bilaterale tra Italia e Regno Unito in materia di voto su modello di quelle menzionate, anche al fine di evitare, per quanto di competenza, una ingiusta penalizzazione degli italiani residenti nel Regno Unito.
(5-03129)


   DELLA VEDOVA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Parlamento iracheno si appresta, su spinta della maggioranza sciita conservatrice, a votare una proposta legislativa mirante ad abbassare l'età minima legale per chi intende contrarre matrimonio dagli attuali 18 anni a 15 anni per i maschi e 9 anni per le femmine, eliminando anche per le donne il diritto al divorzio, l'affidamento dei figli e l'eredità dei beni immobili;

   tale proposta, già approvata in prima lettura nell'agosto 2024, modificherebbe la storica legge n. 188 sullo status personale istituita nel 1959 che disciplina gli affari di famiglia, quali matrimonio, divorzio e affidamento dei figli, introducendo la facoltà per le coppie di optare, alla firma del contratto di matrimonio, per la legge civile laica oppure per le disposizioni basate sulla giurisprudenza islamica;

   l'introduzione di tale facoltà introduce la nozione che la corrente religiosa, e non la cittadinanza, determina quali diritti sono concessi agli iracheni nella loro sfera personale, rafforzando così le divisioni e il settarismo nella società e privando dell'istruzione le donne appartenenti alle correnti più conservatrici, esponendole nel contempo ad abusi sessuali e rischi per la salute –:

   tenuto conto che l'Iraq è attualmente sotto scrutinio in diversi organismi dell'Onu riguardo al rispetto delle convenzioni internazionali di cui è Stato parte, in particolare quelle riguardanti i diritti dell'infanzia e delle donne, quali iniziative di competenza intenda intraprendere a livello bilaterale e multilaterale affinché il tema dei matrimoni precoci e forzati sia affrontato con determinazione.
(5-03130)


   AMENDOLA, PROVENZANO, QUARTAPELLE PROCOPIO, PORTA e BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'inchiesta della procura di Roma riguardo la Sogei, società in house del Ministero dell'economia e delle finanze, ha portato all'arresto in flagranza del direttore generale della Sogei, Paolino Iori, e vede indagati 18 persone e 14 società, tra cui anche Andrea Stroppa, ritenuto, secondo quanto scrive la Gdf, il «referente di Elon Musk in Italia», destinatario di presunte informazioni riservate provenienti da riunioni ministeriali e in particolare riguardo l'appalto sul sistema satellitare Starlink creato dal tycoon statunitense;

   da notizie a mezzo stampa parrebbe che Stroppa abbia ricevuto quattro documenti «riservati» – uno del Ministero degli affari esteri e tre del Ministero della difesa – dall'ufficiale della Marina militare, Antonio Angelo Masala, a margine di una serie di riunioni in corso presso il VI Reparto sistemi dello Stato Maggiore di difesa sulla dotazione da parte del Governo italiano della tecnologia Starlink, la connessione satellitare esclusiva della società americana SpaceX;

   in cambio, l'ufficiale avrebbe ottenuto da Stroppa la promessa della stipula di alcuni contratti. Al riguardo, la Farnesina ha peraltro precisato che non si tratterebbe di un documento «riservato» secondo la classificazione di legge della documentazione «riservata» e «segreta»;

   dovrebbe trattarsi di un documento interno, un elenco di necessità espresse dal Ministero (il numero delle ambasciate e consolati) da collegare al sistema se eventualmente fosse andata avanti la procedura. I magistrati hanno disposto una serie di perquisizioni nel procedimento che punta a scandagliare diverse «procedure di appalto/affidamento in materia di informatica e telecomunicazioni, bandite da Sogei Spa, dal Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, dal Ministero della difesa e dallo Stato Maggiore della difesa»;

   il gruppo del Partito Democratico, aveva già chiesto chiarimenti al Governo riguardo agli sviluppi delle interlocuzioni con la società Starlink, anche alla luce delle controversie tra Tim e Starlink con riguardo alla condivisione di alcuni dati tecnici concernenti le connessioni ad internet satellitari, ritenuti dalla stessa Tim sensibili e rilevanti per la sicurezza delle comunicazioni –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato, nel rispetto della riservatezza e indipendenza dell'attività giudiziaria, anche riguardo a eventuali informazioni o documenti classificati che potrebbero essere stati oggetto di indebita trasmissione a soggetti non titolati e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per assicurare che la documentazione inerente alla sicurezza nazionale in essere al Ministero degli affari esteri, anche qualora non «classificata», non sia messa a disposizione di soggetti esterni alla pubblica amministrazione, soprattutto qualora portatori di interessi economici.
(5-03131)


   BILLI e COIN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   un servizio giornalistico trasmesso nella rubrica televisiva «Lo Stato delle Cose», curata da Massimo Giletti, in onda giorni addietro su RAI TV 3, ha attirato l'attenzione sull'operato dei patronati all'estero;

   se una convenzione dovesse essere finalizzata e giungesse a diventare realmente operativa venendo opportunamente finanziata, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si troverebbe a collaborare ulteriormente con i patronati su compiti e funzioni di sua stretta pertinenza, potenziando in questo modo il peso politico dei patronati o di eventuali enti, società od associazioni create a tal fine;

   a favore della stipula della convenzione si sono espressi parlamentari del PD sostenendo che i campi di una possibile collaborazione tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e patronati certo non mancano: dall'Aire al rilascio dei passaporti, dalle pratiche di cittadinanza a quelle per i visti, fino ad arrivare alle informazioni sulla fiscalità concorrente; per non parlare della nuova ed impegnativa sfida dei flussi di emigrazione e delle nuove mobilità, che inducono sia le strutture pubbliche che la rete dei patronati a innovare, arricchire e qualificare le loro funzioni per favorire l'insediamento, la mobilità e l'integrazione dei nuovi arrivati –:

   se e quali servizi forniti all'utenza il Ministro interrogato intenda esternalizzare dalla rete consolare in particolar modo a favore dei patronati.
(5-03132)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   GADDA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il settore vitivinicolo rappresenta un pilastro del made in Italy e contribuisce allo sviluppo e alla crescita dell'economia nazionale;

   il Sistema informativo agricolo nazionale (Sian) rappresenta un polo strategico in campo agricolo nonché un efficiente strumento di e-government grazie anche all'eterogeneità degli utenti e delle amministrazioni coinvolte;

   negli ultimi mesi si sono verificati numerosi e continui disservizi al Sian, che hanno riguardato in particolare l'interoperabilità con i registri vitivinicoli, strumenti indispensabili per le procedure legate all'imbottigliamento, alla commercializzazione del vino e alla certificazione dei vini a Denominazione di origine protetta, nonché le operazioni di vinificazione e pratiche enologiche tipiche di questo periodo;

   tali malfunzionamenti creano difficoltà per molte aziende nel rispettare le scadenze previste per la comunicazione dei dati al Ministero, con il rischio di sanzioni e ulteriori ritardi nella produzione;

   tali problematiche mettono in luce la necessità dell'interoperabilità dei dati tra tutti i diversi attori coinvolti, nonché di garantire l'operatività di un'infrastruttura informatica commisurata alla mole di dati che transitano tramite il Sian, al fine di permettere alle amministrazioni di avere a disposizione informazioni aggiornate rendendo più agevole l'accesso ai servizi della pubblica amministrazione. Una maggiore interoperabilità dei dati, supportata da standard condivisi e da sistemi digitali più efficienti, è fondamentale per ridurre le tempistiche e i margini di errore nelle procedure amministrative, migliorando così il rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione;

   ad oggi risulta incompiuta la disciplina prevista dall'articolo 59, comma 2, della legge 12 dicembre 2016, n. 238 relativa all'inserimento nel Sian di «tutte le dichiarazioni, informazioni, comunicazioni, autocertificazioni, registri, dati e relativi aggiornamenti che le imprese [...] sono tenute a fornire in adempimento della normativa vigente, compresa quella relativa alla produzione di vino biologico, nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti, anche privati, cui sono attribuite funzioni di interesse pubblico, compresi i laboratori di analisi, le strutture autorizzate al controllo dei vini Denominazione di origine protetta e Indicazione geografica protetta, i consorzi e le commissioni di degustazione dei vini a Dop, al fine di consentire alle imprese di effettuare le attività assentite» –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per affrontare le criticità del Sian esposte in premessa, nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali evitando disservizi che penalizzano il settore vitivinicolo, nonché per sospendere eventualmente le sanzioni per i ritardi non imputabili agli operatori e attivare con urgenza un tavolo di lavoro con Agea e le associazioni di categoria per identificare soluzioni tecniche e organizzative efficaci.
(5-03133)


   DAVIDE BERGAMINI, CARLONI, BRUZZONE e PIERRO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   le imprese del settore della pericoltura, in particolare in Emilia-Romagna, hanno dovuto affrontare enormi criticità, causate principalmente dalle avversità climatiche e dalla diffusione di fitopatie e di organismi nocivi estremamente aggressivi che, in alcune aree, hanno comportato addirittura l'azzeramento della produzione;

   la maculatura bruna è una patologia fungina causata dal microrganismo Stemphylium vesicarium. Le principali cause del fenomeno sono da ricercarsi negli andamenti climatici che stanno caratterizzando un territorio considerato, fino a pochi anni fa, altamente vocato per la coltivazione della pera con produzioni di elevata qualità e quantità. Gli eventi estremi che sempre più si verificano (gelate tardive, repentine ed elevate escursioni termiche, periodi siccitosi seguiti da intense precipitazioni) influiscono sulla epidemiologia di questa patologia oltre a rendere le piante più sensibili per le condizioni di maggiore stress fisiologico;

   un'emergenza fitosanitaria molto seria che non fa che aggravare la situazione dell'intera filiera produttiva frutticola emiliano-romagnola; una situazione fuori controllo che coinvolge migliaia di aziende emiliano-romagnole e alimenta preoccupazioni sulla tenuta di tutta la filiera;

   i danni provocati dalla maculatura bruna, che si aggirano intorno al 60 per cento della Produzione lorda vendibile non si limitano solo alla perdita di reddito delle singole imprese agricole, ma mettono a rischio anche la competitività del sistema produttivo, che non riesce a garantire al mercato le quantità e la qualità necessarie, con conseguenze pesantissime per le singole filiere e gli agricoltori;

   l'articolo 5 (interventi compensativi), del decreto legislativo n. 102 del 2004, al comma 4, prevede che «sono esclusi dalle agevolazioni previste al presente articolo i danni alle produzioni e alle strutture ammissibili all'assicurazione agevolata o per i quali è possibile aderire ai fondi di mutualizzazione»;

   nonostante la pera rientri tra le colture vegetali, previste nel «Piano di gestione del rischio», che possono essere assicurate anche dai danni da maculatura, fitopatie e infestazioni parassitarie, risulta all'interrogante che le compagnie assicurative non stipulano polizze per tali danni con l'impossibilità per le aziende del settore di poter accedere al risarcimento assicurativo –:

   se non intenda, al fine di poter dare un sostegno al comparto della pericoltura, messo in ginocchio dalla maculatura bruna, adottare iniziative normative volte a prevedere una deroga affinché le imprese agricole possano accedere agli interventi previsti per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva, di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 102 del 2004, anche se non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura del rischi derivanti dai danni dalla maculatura bruna.
(5-03134)


   VACCARI, FORATTINI, MARINO, ROMEO e ANDREA ROSSI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il settore della canapa industriale è composto da circa 3.000 aziende e oltre 10.000 operatori stabili, che generano un volume di affari che supera i 500 milioni di euro annui. Il settore si caratterizza per l'elevato impiego giovanile, anche imprenditoriale, e per la capacità di rivitalizzare aree rurali svantaggiate;

   la legge 2 dicembre 2016, n. 242 consente la coltivazione, con sementi certificate, delle varietà di canapa iscritte nel catalogo europeo delle varietà delle specie di piante agricole che hanno un tenore di Thc entro il limite dello 0,6 per cento, in quanto prive di efficacia drogante e pertanto sicure per qualsiasi utilizzo;

   l'articolo 18 del disegno di legge n. 1236 (cosiddetto disegno di legge Sicurezza pubblica) introdotto il divieto di ogni attività legata alle infiorescenze della canapa industriale, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché dei prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati, prevedendo l'applicazione delle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in materia di disciplina degli stupefacenti;

   il Governo ha evitato ogni confronto preventivo con le associazioni di categoria e di filiera introducendo una norma che non distingue neanche tra usi leciti e illeciti delle infiorescenze, evidenziando così un atteggiamento puramente ideologico e ingiustificato; il divieto avrà come unico effetto quello di distruggere il settore italiano della canapa industriale. Stando alla normativa europea ed anche alla giurisprudenza sulla materia (CGUE C-663/18), lo Stato non potrà vietare la libera circolazione delle merci provenienti dai Paesi Ue, con l'eventuale paradosso di veder rientrare nel mercato italiano, ad un costo maggiorato, la canapa prodotta dalle nostre aziende;

   i divieti dell'articolo 18, si inseriscono nel pieno della raccolta della canapa con enormi danni per gli imprenditori agricoli, non solo economici, ma anche penali considerata l'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e l'assenza di disposizioni sullo smaltimento degli stoccaggi, che costituirebbero tra l'altro rifiuto speciale;

   sarebbe, ad avviso degli interroganti necessario prevedere quantomeno di posticipare l'entrata in vigore dell'articolo 18 del disegno di legge Sicurezza pubblica –:

   quali urgenti iniziative si intendano adottare per gestire la crisi del settore della canapa industriale, avuto riguardo anche dei licenziamenti che inevitabilmente ne discenderanno e della necessità di riconvertire le 3.000 imprese impiegate nelle attività agricole, di trasformazione, distribuzione e rivendita delle infiorescenze della canapa industriale.
(5-03135)


   NEVI, PITTALIS, GATTA, CASTIGLIONE e ARRUZZOLO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono stati istituiti i contratti di filiera del sistema agricolo e agroalimentare stipulati dal Ministero dell'agricoltura con gli operatori delle filiere agroalimentari, riuniti con accordi preventivamente stipulati. Da un lato, gli operatori si impegnano a realizzare un «programma integrato a carattere interprofessionale». Dall'altro, il Ministero dell'agricoltura si impegna a sostenere la realizzazione del programma erogando sostegni;

   nell'aprile 2022 è stato pubblicato il V bando per i contratti di filiera del settore agroalimentare finanziato dal fondo degli investimenti complementari al Piano nazionale di ripresa e resilienza, con una disponibilità di 690 milioni di euro esclusivamente dedicati a tale fondo;

   la graduatoria definitiva, pubblicata il 15 novembre 2023, ha visto il finanziamento di 39 progetti a fronte dei 310 ammessi a finanziamento;

   a seguito della riprogrammazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, avvenuta a dicembre 2023, è stato riconosciuto un ulteriore finanziamento di oltre 2 miliardi di euro per i contratti di filiera agroalimentare, anche con lo scopo di permettere lo scorrimento della graduatoria del V bando;

   avverso tale graduatoria sono stati presentati oltre cinquanta ricorsi al Tribunale amministrativo regionale Lazio, in cui si rappresentano vizi della procedura. Sul sito del Ministero è pubblicata la documentazione relativa alle ordinanze cautelari emesse dal Tar Lazio in merito ai ricorsi sulla graduatoria dei progetti ammessi ai finanziamenti del PNRR per i contratti di filiera nel mondo agricolo;

   i finanziamenti vanno utilizzati entro la fine del 2026. Il Ministero ha avviato le interlocuzioni con la Commissione europea per l'adozione del decreto di avvio della misura. Dopo la pubblicazione della graduatoria, bisognerà aspettare le analisi di bancabilità: gli istituti di credito dovranno pronunciarsi sui singoli progetti ammessi al finanziamento per dire se sostenibili economicamente –:

   quale sia lo stato di attuazione del V bando dei programmi e dei progetti previsti dal fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza, destinato ai contratti di filiera nel settore agroalimentare.
(5-03136)


   CARAMIELLO, CHERCHI e SERGIO COSTA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il 14 novembre 2024 la Commissione europea ha inviato un parere motivato all'Italia per la violazione della Direttiva uccelli e del regolamento Reach a causa delle modifiche introdotte nella normativa italiana sulla caccia;

   la Commissione europea rileva per l'ennesima volta una palese violazione della Direttiva uccelli, laddove la legislazione italiana – in particolare attraverso modifica dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, ad opera della legge 29 dicembre 2022, n. 197 – conferisce il potere di autorizzare l'uccisione e la cattura di specie di animali selvatici anche in zone protette o di divieto e in periodo dell'anno ulteriori rispetto a quelli nei quali l'attività venatoria è consentita;

   allo stesso tempo la Commissione europea sottolinea la violazione delle disposizioni di cui al Regolamento europeo (CE) 1907/2006 (REACH), che si è dapprima determinata con l'emanazione di una circolare Mase e Masaf e successivamente con la modifica dell'articolo 31 della legge n. 157 del 1992, adottata con il decreto-legge n. 104 del 2023, convertito con modificazioni della legge n. 136 del 2023, articolo 11-ter, in cui, si bypassa il divieto di utilizzo delle, munizioni di piombo nelle e in prossimità delle zone umide;

   è bene ricordare che la Commissione europea ha inviato una lettera di messa in mora nel febbraio 2024 ma «sebbene l'Italia abbia modificato la legislazione nazionale, il piano previsto da questa legge contiene ancora disposizioni non in linea con la Direttiva Uccelli (...) l'Italia non ha ancora modificato la propria legislazione per conformarsi al regolamento Reach (...) la Commissione ha deciso di emettere un parere motivato all'Italia, che ha ora due mesi di tempo per rispondere e adottare le misure necessarie», in caso contrario, la Commissione potrebbe decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia europea;

   nel corso dell'esame del provvedimento cosiddetto «salvainfrazioni», il Governo ha infatti mancato l'occasione di risolvere tali procedure aperte, individuando soluzioni inefficaci e inidonee a consentire l'archiviazione delle procedure europee, non prevedendo di fatto alcun tipo di modifica nel merito delle disposizioni normative rispetto alle quali la Commissione europea ha ravvisato la violazione delle norme unionali –:

   come abbia intenzione di procedere, per quanto di competenza, di fronte all'ennesimo richiamo della Commissione europea in materia di tutela della fauna selvatica e per sanare quindi le procedure relative alla violazione della Direttiva uccelli e del regolamento europeo (CE) 1907 del 2006 (Reach), come modificato dal Regolamento (UE) 2021/57, al fine di tutelare la fauna selvatica nonché la salute umana e quella degli ecosistemi.
(5-03137)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta orale:


   ZANELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   una recente pubblicazione curata dai ricercatori dell'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) in collaborazione con il Radboud Radio Lab, Department of Astrophysics, Radboud University, Nijmegen, Olanda, la Isotech Ltd Environmental Research and Consultancy di Cipro, il Centro di geomorfologia integrata per il Mediterraneo e la città di Venezia sulla rivista «Rendiconti Lincei di Springer», analizza l'aumento del livello del mare nel Mediterraneo legato al cambiamento climatico, che sta avendo già effetti sulle pianure costiere basse, i delta fluviali, le lagune e le aree di bonifica;

   in particolare, per la laguna di Venezia, vengono posti in evidenza gli impatti attuali e futuri del cambiamento climatico e della subsidenza e l'importanza che riveste la consapevolezza degli stakeholder locali per affrontare la sfida dell'innalzamento del livello marino e degli eventi meteorologici estremi;

   il 2024 sarà ricordato come un anno da record di acqua alta con 79 casi di marea superiore agli 80 centimetri registrati solo nei primi quattro mesi dell'anno, record assoluto dal 1872, anno in cui si è iniziato a registrare i dati dell'acqua alta in maniera scientifica e continuativa;

   il comitato tecnico amministrativo che gestisce il Mose di Venezia avrebbe recentemente stabilito che il sistema di dighe mobili tra la laguna veneta e il mare Adriatico si alzerà quando la marea supererà i 110 centimetri, e non più i 120, considerando l'aumentata frequenza delle alte maree;

   all'innalzamento del livello del mare va aggiunto il fenomeno della subsidenza, cioè lo sprofondamento del suolo che nel caso di Venezia è dovuto principalmente allo svuotamento della falda acquifera, che in passato è stato fatto in maniera molto intensiva nella zona industriale di Marghera, fenomeno che ha fatto sì che tra il 1950 e il 1970 il suolo di Venezia si abbassasse di 12 centimetri;

   nonostante il Mose allontani la percezione dell'innalzamento del livello del mare in realtà questo continua ad avanzare e come previsto e già ampiamente annunciato dagli scienziati da anni, di questo passo, il sollevamento delle paratoie arriverà a essere così frequente da compromettere inesorabilmente il fragile ecosistema lagunare, nel quale è presente una concentrazione unica di biodiversità;

   l'impatto principale riguarda la morfologia lagunare e più in particolare le «barene», habitat protetti dalla direttiva 92/43/CEE «Habitat» che rappresentano il paesaggio tradizionale naturale della laguna di Venezia, che ha a causa della ridotta sedimentazione dovuta alle sempre più ricorrenti chiusure della laguna durante le alte maree rischiano la progressiva erosione;

   l'attivazione del Mose e la chiusura della laguna, inoltre, determina l'interruzione della continuità ecologica tra laguna e mare, determinando un grave pregiudizio per la biodiversità presente;

   in relazione alla presenza e all'alto valore ambientale degli habitat e delle specie animali e vegetali sopra richiamati, la Laguna di Venezia è individuata quasi interamente come Zona di protezione speciale (Zps - IT3250046 Laguna di Venezia) nell'ambito della Rete Natura 2000 dalla Commissione europea, istituita con la direttiva 92/43/CEE «Habitat"» con l'obiettivo di promuovere la tutela e la conservazione della diversità biologica presente nel territorio degli Stati membri –:

   se il Ministro interrogato risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il rispetto delle misure di tutela e conservazione sito specifiche per gli habitat e le specie animali e vegetali presenti nella laguna di Venezia e per conseguire un nuovo modello capace di mettere in sicurezza la città di Venezia, salvaguardando al contempo l'ecosistema naturale della più grande laguna costiera del bacino del Mediterraneo.
(3-01570)

Interrogazione a risposta scritta:


   EVI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   nel 2023 è diventato finalmente obbligatorio per i delegati accreditati alla Cop28 dichiarare chi rappresentano. Questo importantissimo dato, ottenuto grazie alle pressioni della società civile e in particolare alla campagna Kick big polluters out, ha rivelato la presenza di molti lobbisti dei combustibili fossili «in incognito»;

   prima di questo obbligo si stimava la presenza di 503 lobbisti (alla Cop26) e di 636 (alla Cop27), cifre che non si avvicinano minimamente a quella – non più stimata ma precisa – dell'ultima Cop. A Dubai infatti i lobbisti dei combustibili fossili registrati sono stati ben 2.456, superando in numero quasi tutte le singole delegazioni nazionali, e di gran lunga le delegazioni delle dieci nazioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici messe insieme (1.509);

   il nostro Governo non ha fatto eccezione, anzi: l'Italia, stando alle informazioni dell'United Nations Framework Convention on Climate Change, il principale «sponsor» delle mondo oil&gas italiane alla Cop28. Infatti, la maggior parte dei lobbisti italiani del fossile è stata accreditata dal Governo. Calcolando solo i rappresentanti di enti con interessi esclusivi o parziali nel mondo fossile: Eni, Snam, Saipem, Enel, A2A, Edison (limitandosi ai soggetti con interessi più evidenti), si contano 40 accrediti dal Governo su un totale di 47 lobbisti del fossile presenti. Le due organizzazioni col più alto numero di delegati accreditati dall'Italia sono Saipem (16 accrediti) ed Eni (14) i cui affari, legati alla sempre maggiore diffusione delle fonti fossili, vanno in direzione contraria agli obiettivi della Cop e a quelli che dovrebbero essere gli obiettivi del Governo italiano. Per avere un idea della dimensione: la delegazione governativa italiana all'ultima Cop (ovvero i delegati dei ministeri) è di 147 persone. In altre parole il numero di lobbisti fossili italiani presenti è quasi la metà di tutti i delegati incaricati di partecipare ai tavoli negoziali.

   La campagna «Clean the Cop! – Fuori le lobby fossili dalle Cop sul clima», promossa dall'Associazione A Sud, dal magazine EconomiaCircolare.com e dalla Fondazione Open Polis e successivamente sostenuta da numerose realtà civiche, ha l'obiettivo di chiedere l'esclusione dei lobbisti italiani dei combustibili fossili dalle Cop Onu sul clima, a partire da quelli accreditati direttamente dal Governo. Alla campagna si sono uniti diversi esponenti della comunità scientifica che hanno firmato in rete un appello al Governo –:

   non intenda rendere noti e spiegare con chiarezza i criteri con i quali concede accrediti governativi per partecipare alle negoziazioni internazionali sul clima;

   se non intenda cessare la concessione di accrediti per partecipare alle negoziazioni internazionali sul clima a rappresentanti di imprese coinvolte in attività di sfruttamento, lavorazione o distribuzione di carbone, petrolio e gas;

   se non intenda promuovere a livello internazionale e nazionale scelte in linea con le indicazioni della scienza, non con i piani industriali delle imprese petrolifere.
(4-03806)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCOTTO e FOSSI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il 16 novembre 2024 c'è stato lo sciopero degli addetti di Galleria dell'Accademia e Bargello (nonché Cappelle Medicee, Orsanmichele, Palazzo Davanzati);

   nei plessi facenti capo alla Galleria dell'Accademia si sta tentando a giudizio dell'interrogante una maldestra internalizzazione di alcuni servizi cosiddetti aggiuntivi, ma effettivamente essenziali come le biglietterie e l'accoglienza;

   questa operazione è stata sospesa momentaneamente, in via cautelare, dal Tar della Toscana;

   il tentativo non è stato accompagnato da garanzie certe per lavoratrici e lavoratori impiegati da oltre vent'anni; a questi le direzioni museali non hanno prospettato nulla di concreto;

   nel Polo museale fiorentino a giudizio dell'interrogante è in corso un tentativo di smembramento anche della forza sindacale rappresentata dai circa 300 operai della gestione dei servizi aggiuntivi in appalto di concessione;

   alla mobilitazione per la suddetta vicenda si somma infatti quella per la gara degli Uffizi (con Pitti e Boboli), per cui non è ancora chiaro cosa avverrà alle maestranze dopo l'aggiudicazione della gara e il definitivo responso del Tar;

   la gara è stata bandita oltre un anno fa ma da essa parrebbe che siano escluse circa 30 persone impiegate da anni nelle sorveglianze di sala a fianco dei dipendenti statali e della partecipata Ales spa;

   si apprende che di qui a poco quei servizi saranno assegnati tramite gara Consip (con criterio del massimo ribasso);

   non si sa che fine faranno quelle lavoratrici e quei lavoratori, si prefigura un proliferare di aziende intente nelle stesse mansioni all'interno di quei prestigiosi musei, che adotteranno quasi certamente contratti di lavoro molto diversi tra loro;

   ci sarà chi, accanto ai dipendenti statali, sarà pagato 6/7 euro lordi l'ora; chi circa 10 euro lordi l'ora, tutti per svolgere lo stesso servizio a giudizio dell'interrogante una situazione grottesca che evidenziano l'importanza dell'introduzione del salario minimo in questa fase storica;

   la sottovalutazione del lavoro, l'incertezza e l'improvvisazione delle scelte ministeriali, oltre a ledere i diritti del lavoro mettendo di fatto in discussione le attuali condizioni vigenti nel polo museale statale fiorentino per quanto riguarda i servizi aggiuntivi in concessione, rischiano palesemente di mettere a repentaglio la qualità del servizio –:

   per quale motivo, pochi mesi fa la direzione generale dei musei parlava di una internalizzazione delle maestranze in Ales spa per l'Accademia e oggi, per i servizi di sala di Pitti e Uffizi si sperimenta l'opzione gara Consip, in questo caso senza garantire clausola sociale agli attuali impiegati, del concessionario; in quale modo si intendano gestire i servizi aggiuntivi dalla Galleria dell'Accademia, Bargello e musei collegati e come si pensi di dare legittima continuità lavorativa alle maestranze; perché in musei che vantano così ingenti introiti si agisce per ridurre il costo di lavoratori essenziali, malgrado si aumentino le entrate con il valore delle prenotazioni portato totalmente nelle disponibilità dei musei e un maggiore aggio sui biglietti rivenduti dal concessionario; quali iniziative – per quanto di competenza – intenda intraprendere al fine di migliorare la gestione del patrimonio culturale nazionale, in questo caso qualcosa che vanta milioni di accessi l'anno e rilevanti entrate per le casse pubbliche.
(5-03138)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   FARAONE, GADDA, DEL BARBA, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da circa mille giorni l'Ucraina vive l'incubo quotidiano dell'invasione russa, che ha dato vita a un conflitto che ha avuto, e continua ad avere, ripercussioni devastanti sulla popolazione civile, sulle infrastrutture e sull'economia del Paese, configurandosi come una delle crisi internazionali più gravi degli ultimi decenni che ha attraversato l'Europa e ha stravolto la stabilità geopolitica globale, la sicurezza europea e l'economia mondiale;

   insieme all'Italia e agli altri alleati, gli Stati Uniti d'America, durante l'amministrazione del Presidente Joe Biden, hanno sostenuto fermamente la causa ucraina con ingenti aiuti militari, economici e umanitari, dimostrando un impegno deciso nella difesa della sovranità nazionale e nella condanna dell'aggressione russa. Tale approccio ha rafforzato l'unità degli alleati della Nato e dell'Unione europea, consolidando una linea comune di opposizione alla Russia;

   la recente elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Usa introduce nuove incertezze sul futuro del conflitto. Trump ha, infatti, più volte dichiarato la volontà di rivedere l'impegno americano nel sostegno all'Ucraina, muovendo forti critiche sull'entità degli aiuti militari e finanziari forniti a Kiev e sostenendo la necessità di un maggiore contributo europeo;

   il Presidente eletto, inoltre, ha manifestato l'intenzione di avviare negoziati diretti con la Russia per giungere rapidamente a una soluzione, suscitando interrogativi sulle possibili concessioni che potrebbero essere richieste a Kiev e ai suoi alleati occidentali;

   il 18 novembre 2024 il Presidente uscente Joe Biden ha autorizzato per la prima volta l'Ucraina a utilizzare i missili a lungo raggio di produzione statunitense (Atacms) all'interno del territorio russo;

   il giorno dopo il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che aggiorna la dottrina nucleare russa, consentendo l'uso di armi nucleari contro uno Stato non nucleare se questo è supportato da potenze nucleari. Il decreto è una chiara escalation nelle tensioni globali, nonché un segnale diretto agli alleati occidentali dell'Ucraina, tra cui l'Italia, che fin dall'inizio del conflitto hanno condannato con fermezza l'aggressione russa, fornendo aiuti economici, militari e umanitari all'Ucraina;

   le nuove dinamiche internazionali e i cambiamenti in corso nella politica americana portano forte incertezza circa la continuità del sostegno all'Ucraina, ma l'impegno dell'Italia deve rimanere costante e fermo nell'affermare i principi del diritto internazionale e la tutela dell'integrità territoriale e della sovranità ucraina –:

   se il Governo italiano confermerà il proprio impegno militare ed economico a sostegno dell'Ucraina e quale posizione intenda assumere in merito alla crescente minaccia di escalation nucleare, soprattutto alla luce della decisione statunitense di fornire missili a lungo raggio a Kiev.
(3-01565)

Interrogazione a risposta orale:


   AURIEMMA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in relazione al decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto «Rilancio») convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020 era stato previsto, in via eccezionale per l'anno 2020, il reclutamento di 60 marescialli in servizio permanente, di cui n. 30 dell'Esercito italiano, n. 15 della Marina militare e n. 15 dell'Aeronautica militare tramite concorso di cui al comma 1 dell'articolo 2197-ter decreto legislativo n. 66 del 2010 è riservato al personale in servizio appartenente ai ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente, anche in deroga ai vigenti limiti di età, in possesso di determinati requisiti: laurea per la professione sanitaria infermieristica e relativa abilitazione professionale e non aver riportato nell'ultimo biennio sanzioni disciplinari più gravi della consegna;

   nel corso dell'anno 2021, con l'articolo 30 del decreto-legge 73 del 2021, cosiddetto Sostegni-bis, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021 al comma 7 dell'articolo 30 si prevede la possibilità di bandire un ulteriore concorso nell'anno in questione per il reclutamento straordinario di marescialli in possesso di laurea per le professioni sanitarie e relativa abilitazione professionale, per i posti eventualmente non coperti con il concorso del 2020;

   sempre con il suddetto decreto, è stato previsto l'arruolamento temporaneo, a domanda, di 16 ufficiali medici e 7 sottufficiali infermieri (articolo 30, commi 7-bis e 7-ter);

   ad oggi, il concorso non è ancora giunto a conclusione, pur inserendo ulteriori proroghe fino all'anno 2021 e avanzando complessivamente ulteriori 6 posti;

   in occasione dell'approvazione del disegno di legge in materia di sicurezza pubblica approvato nel Consiglio dei ministri del 16 novembre 2023, il Ministro della difesa, On. Crosetto, con il comunicato stampa n. 135, ha annunciato la previsione di un concorso interno, da effettuare nel 2024, al fine di completare il processo di transito nei marescialli delle professioni sanitarie, di sergenti e volontari, già in servizio permanente, in possesso di titoli e abilitazioni previsti per legge;

   tuttavia, come segnalato dall'Usmia (Unità sindacale militari interforze associati) allo stesso Ministero della difesa in una nota dell'8 aprile 2024, il numero dei posti disponibili, di soli 6 unità avanzati dal precedente concorso, non sarebbe sufficiente a soddisfare l'esigenza delle 3 forze armate. Attualmente, risulterebbero in servizio circa 40 tra graduati e sergenti in possesso di titoli abilitanti, che operano da anni presso strutture sanitarie militari (Ospedale Celio, Infermerie) e non, e che vengono tutt'oggi o sono stati impiegati come Infermieri Tecnici Sanitari –:

   quale sia lo stato dell'arte e se il Ministro interrogato intenda portare a compimento il potenziamento del personale come previsto dall'articolo 9 lettera c) della legge 5 agosto 2022, n. 119, in cui si prevede un incremento organico, da realizzare compatibilmente con il conseguimento dei risparmi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2012, n. 244, non superiore a 10.000 unità, di volontari in ferma prefissata iniziale nonché di personale militare dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare ad alta specializzazione, in particolare medici, personale delle professioni sanitarie, tecnici di laboratorio, ingegneri, genieri, logisti dei trasporti e dei materiali, informatici e commissari, in servizio permanente, per corrispondere alle accresciute esigenze in circostanze di pubblica calamità e in situazioni di straordinaria necessità e urgenza, adottando la necessaria disciplina di adeguamento.
(3-01572)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ALFONSO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comando provinciale dei Carabinieri di Pescara è attualmente sistemato in un edificio che non assicura la massima funzionalità e fruibilità degli uffici, che da almeno 24 anni attendono di essere trasferiti in una sede idonea;

   la proposta di un nuovo comando provinciale dei carabinieri risale al lontano 2002, anno in cui venne individuata un'area dove insediare il comando, ma purtroppo trattandosi di un'area ricompresa in una zona vincolata a parco, si dovette azzerare la procedura;

   si optò quindi per modificarne l'ubicazione, realizzando caserma e alloggi nell'area dell'ex Monopolio di Stato in via Rigopiano, ed il comune di Pescara nel 2006 acquistò l'area, che nel 2008 iniziò il procedimento per cederla in usufrutto permanente senza oneri al Demanio ai fini della realizzazione del primo lotto del progetto, che comprendeva la realizzazione della palazzina destinata ad ospitare 16 alloggi dei carabinieri;

   nel 2017 il progetto venne rispolverato e ridimensionato nell'area dell'ex Monopolio di Stato in via Rigopiano;

   nel febbraio 2018, realizzata una parte degli alloggi destinati ai militari, la regione ottenne dall'Agenzia del demanio lo sblocco di un finanziamento di 5 milioni 824 mila euro, per consentire il completamento del compendio. I fondi stanziati dall'Agenzia del demanio comprendevano anche una somma, pari a poco meno di 600 mila euro per la progettazione della nuova caserma;

   nella fine del 2020, vennero annunciati lavori per il primo semestre 2021 poi mai iniziati;

   a distanza di quasi 20 anni gli alloggi non sono stati ancora completati e se da una parte non sono state poche le segnalazioni e le denunce di atti vandalici registrate, compresi furti di rame nel cantiere, dall'altra, per il progetto definitivo del nuovo comando provinciale dei carabinieri, è stato necessario recepire i nuovi disposti normativi e le nuove linee di indirizzo in materia di efficientamento energetico e di sostenibilità ambientale, condizioni che hanno costretto i progettisti ad una revisione dello stesso;

   da ultimo, nel mese di ottobre 2024, durante i ripetuti vertici interistituzionali con l'Arma ed il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche è emersa nuovamente la volontà di riprendere i lavori e la urgente necessità di reperire gli ultimi fondi necessari per poter costruire la sede del comando, ma certamente i lunghissimi tempi trascorsi inducono a sollecitare una maggiore attenzione da parte degli enti coinvolti, perché non è tollerabile che proprio l'Arma dei carabinieri, la più importante delle Forze armate che consente sicurezza percepita ed effettiva, non riesca ad avere a Pescara una collocazione idonea dei propri uffici del comando provinciale –:

   se e quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati affinché si sviluppi un'azione di coordinamento e di supporto reciproco tra gli enti interessati, ciascuno per quanto di competenza, per il reperimento dei fondi e per agevolare la rapida esecuzione delle iniziative e consentire nel più breve tempo possibile l'apertura della nuova sede del comando provinciale.
(4-03809)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


   FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CONGEDO, FILINI, MATERA, MATTEONI, MAULLU, OSNATO, TESTA e TREMONTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'11 novembre 2024 il Presidente del Consiglio dei ministri ha incontrato i rappresentanti delle maggiori sigle sindacali, che hanno lamentato una scarsa attenzione dell'Esecutivo per i lavoratori dipendenti;

   con il decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, il Governo ha previsto, per il solo periodo d'imposta 2024, l'accorpamento dei primi due scaglioni di reddito, portando l'aliquota dal 25 per cento al 23 per cento per i redditi fino a 28 mila euro e ha innalzato a 8.500 euro la soglia della no tax area per i lavoratori dipendenti;

   dette misure sono rese strutturali dal 2025. Per l'anno d'imposta 2024, la legge 30 dicembre 2023, n. 213, ha confermato il taglio del cuneo fiscale per la quota a carico dei lavoratori dipendenti, prevedendo una riduzione del 7 per cento dei contributi previdenziali per i redditi fino a 25 mila euro e del 6 per cento per i redditi fino a 35 mila euro;

   il Governo ha confermato la portata agevolativa della misura, rendendola strutturale ed estendendone la portata applicativa, innalzando a 40.000 euro il limite di reddito e stabilendone nuove modalità di fruizione;

   per i soggetti titolari di reddito d'impresa e di lavoro autonomo, per il solo periodo d'imposta 2024, il decreto legislativo n. 216 del 2023 ha introdotto una maggiore deduzione del costo del lavoro riguardante i nuovi assunti a tempo indeterminato;

   quanto previsto per il periodo d'imposta 2024 in tema di detassazione dei premi di risultato è stato confermato per il 2025, con l'imposizione al 5 per cento entro un importo di 3.000 euro, e la detassazione dei fringe benefit in capo al lavoratore dipendente, confermando l'innalzamento della soglia prevista per la non concorrenza al reddito da 258 euro a 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico e a 1.000 euro in tutti gli altri casi;

   infine il decreto-legge 14 novembre 2024, n. 167, contenente le modifiche sui requisiti per ottenere il «bonus Natale», l'indennità una tantum fino a 100 euro previsto dal decreto-legge «omnibus» per i lavoratori dipendenti, ha ampliato la platea dei beneficiari da poco più di 1 milione di beneficiari a più di 4 milioni e mezzo, eliminando il requisito del coniuge a carico –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire un quadro complessivo dei benefìci che il Governo ha previsto a favore dei lavoratori dipendenti per l'anno d'imposta in corso in confronto a quanto era previsto per il periodo d'imposta 2022.
(3-01561)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCERRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comma 665 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, riconosce un rimborso dell'imposta Irpef versata da coloro che sono stati danneggiati dagli eventi sismici verificatisi nel dicembre del 1990;

   tali rimborsi, liquidati nella misura del 9 per cento sono stati poi ridotti al 50 per cento (o addirittura negati) in virtù della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nel caso in cui a legislazione vigente non vi fossero sufficienti risorse. Tale disposizione è stata oggetto di impugnazione che si è risolta con una sentenza censoria della Corte di cassazione (Sentenza 17 febbraio 2023 n. 5087);

   tanti e diversi sono stati gli interventi normativi e gli atti di sindacato ispettivo presentati, anche da parte dell'interrogante, per poter assicurare ai beneficiari la liquidazione del beneficio. Tra queste norme, stato approvato un articolo, il 7-bis del decreto-legge 11 giugno 2024, n. 76, che ha previsto l'istituzione di un tavolo tecnico, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, a cui è stato affidato il compito di verificare lo stato di attuazione appunto delle disposizioni che riconoscono il rimborso delle imposte per i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, anche con riguardo al contenzioso in essere e a quello già concluso;

   il suddetto tavolo tecnico è stato composto da un rappresentante dell'Agenzia delle entrate, un rappresentante della città metropolitana di Catania, un rappresentante del libero consorzio comunale di Siracusa e un rappresentante del libero Consorzio comunale di Ragusa;

   allo stato attuale non sono ancora disponibili le conclusioni del lavoro svolto nell'ambito del suddetto tavolo tecnico e numerosi cittadini interessati dalla vicenda del sisma del 1990 nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa rimangono in attesa delle risposte in merito alle istanze di rimborso presentate ormai da diversi anni –:

   se il Ministro interrogato intenda rendere noti, e in che tempi, gli esiti del lavoro svolto presso il tavolo tecnico istituito al Ministero dell'economia e delle finanze per la verifica dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che prevedono il rimborso delle imposte per i soggetti colpiti dal sisma del dicembre 1990 nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa, nonché gli importi, le modalità e le tempistiche previste per i rimborsi dovuti.
(4-03812)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   SERRACCHIANI, DI BIASE, GIANASSI, SCARPA e LACARRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che Ivan Domenico Lauria, di Messina, tossicodipendente e invalido civile al 75 per cento con gravissimi problemi di salute, accertati anche dai consulenti d'ufficio nominati nel corso dei vari procedimenti, è morto nei giorni scorsi nel carcere di Catanzaro;

   avrebbe dovuto scontare diverse pene per un totale di 11 anni, 2 mesi e 21 giorni;

   secondo il certificato medico le cause sarebbero abuso di sostanze stupefacenti e arresto cardiaco, ma, come riporta Repubblica, il corpo del ragazzo presenta evidenti ematomi e ferite da taglio oltre che parti del corpo sanguinanti: la madre e i familiari sono andati a prenderlo per portarlo a Messina;

   risulterebbero moltissime le richieste – dal 2021 in poi – di avvicinamento in un carcere più vicino in cui la madre, nominata amministratrice di sostegno, avrebbe potuto più facilmente accudirlo, e consistente sarebbe anche il numero di richieste di collocazione in una struttura più adeguata alla cura delle patologie del ragazzo, che sarebbero state, tra l'altro, avallate e richieste anche dall'Asp di Trapani e dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria della casa circondariale di Trapani;

   il suo avvocato aveva presentato istanze per ottenere i domiciliari, o quanto meno l'avvicinamento alla madre a Messina, e la possibilità di ottenere cure psichiatriche, tutte richieste respinte, e adesso annuncia una denuncia volta ad appurare le modalità del decesso: di fatto, in realtà, il trasferimento è avvenuto, ma in strutture come Palermo, Rossano e Catanzaro sempre più distanti dalla madre –:

   se il Ministro interrogato non ritenga urgente adottare iniziative, per quanto di competenza, per contribuire a fare piena chiarezza sulla morte di Ivan Domenico Lauria nonché sulla cause che ad essa hanno condotto.
(4-03815)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta immediata:


   PELUFFO, DE MICHELI, DI SANZO, GNASSI, ORLANDO, GHIO, FERRARI, FORNARO e CASU. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il piano «Transizione 5.0» mette a disposizione delle imprese, nel biennio 2024-2025, 12,7 miliardi di euro per sostenere la transizione del sistema produttivo verso un modello di produzione efficiente sotto il profilo energetico, sostenibile e basato sulle fonti rinnovabili, attraverso un credito d'imposta destinato ai nuovi investimenti effettuati dalle imprese dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025 e riconosciuto a condizione che si realizzi una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3 per cento per la struttura produttiva o, in alternativa, di almeno il 5 per cento del processo interessato dall'investimento;

   nonostante l'esistenza di un modello virtuoso ed efficace da replicare quale «Industria 4.0», che, approvato da precedenti Governi con un forte contributo parlamentare, ha dimostrato di funzionare molto bene, consentendo alle imprese italiane di continuare ad investire nonostante le varie crisi degli ultimi anni, per «Transizione 5.0», a causa del ritardo nell'emanazione dei decreti attuativi e della complessità degli stessi, finora in tre mesi di operatività della misura sono stati prenotati crediti d'imposta solamente da 324 imprese per appena 99 milioni di euro, mentre sono molto numerose le segnalazioni di imprese riguardanti la difficoltà di interpretazione riferita all'ammissibilità alle agevolazioni dei progetti di innovazione, all'individuazione degli investimenti agevolabili, ai criteri per la determinazione del risparmio energetico conseguibile, ai requisiti degli impianti finalizzati all'autoproduzione destinata all'autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, alle indicazioni per il rispetto del principio del Dnsh, alle modalità di trasmissione e gestione delle comunicazioni previste nell'ambito della procedura di accesso al credito d'imposta e alla relativa documentazione da allegare; una procedura complessa e onerosa, che necessita 18 passaggi burocratici, tra prenotazione, avanzamento e comunicazione finale, corredati da una moltitudine di documenti e certificazioni da produrre. Inoltre, le tempistiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che fissano al 31 dicembre 2025 il termine per completare i progetti di investimento, sono particolarmente stringenti, mentre una misura strategica come «Transizione 5.0» dovrebbe avere, a giudizio degli interroganti, una vigenza almeno triennale;

   tutto il settore produttivo richiede interventi di semplificazione che consentano effettivamente il decollo della misura, soprattutto riguardo al meccanismo di prenotazione dei fondi e all'individuazione delle finestre di ammissibilità degli investimenti –:

   quali correttivi intenda adottare con urgenza il Governo per accelerare la transizione del sistema produttivo, assicurando la fruibilità per le imprese degli incentivi previsti da «Transizione 5.0».
(3-01562)


   GRIMALDI, ZANELLA, GHIRRA, BONELLI, BORRELLI, DORI, FRATOIANNI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione europea si è impegnata a diventare un'area a «impatto climatico zero» entro il 2050 e il settore dei trasporti rappresenta un quarto delle emissioni totali di gas serra;

   tuttavia, sia a livello dell'Unione europea che in Italia, molte case automobilistiche hanno preferito continuare a fare margini facili sull'endotermico, piuttosto che puntare sull'elettrico, con la conseguenza che i produttori coreani e cinesi stanno guadagnando un vantaggio competitivo con auto elettriche a prezzi inferiori;

   in questo quadro l'Italia risente delle scelte industriali di Stellantis: negli ultimi 17 anni la produzione di auto in Italia di Fiat-Fca-Stellantis si è ridotta di quasi il 70 per cento e delle 505 mila auto vendute in Italia meno della metà è stata prodotta in Italia. Negli ultimi anni diverse produzioni sono state spostate all'estero;

   a soffrire fortemente di questo lento disimpegno di Stellantis è anche tutto l'indotto che comprende settori importanti con migliaia di persone occupate;

   giova ricordare che l'11 ottobre 2024 in audizione in Parlamento, l'amministratore delegato Carlos Tavares non ha dato alcuna risposta soddisfacente sugli impegni da prendere e sul futuro di Stellantis e pochi giorni dopo il Presidente John Elkann decideva di non presentarsi in Parlamento, in quanto non aveva «nulla da aggiungere rispetto a quanto illustrato dall'amministratore delegato Carlos Tavares»;

   a fronte delle difficoltà del settore dell'automotive, il Governo ha ritenuto di inserire nel disegno di legge di bilancio, all'esame della Camera dei deputati, un taglio pesantissimo dell'80 per cento (4,6 miliardi di euro) per i prossimi 6 anni al «Fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore e per il riconoscimento di incentivi all'acquisto di veicoli non inquinanti», istituito con il decreto-legge n. 17 del 2022;

   è evidente che le politiche di sostegno al settore dell'automotive debbano essere vincolate all'impegno che le produzioni nei prossimi anni vengano riportate in Italia e che il sostegno pubblico al settore favorisca la produzione di modelli maggiormente accessibili alle fasce medio-basse dei cittadini –:

   quali iniziative intenda mettere in campo per conoscere i piani industriali di Stellantis al fine di favorire la produzione di modelli mass market, confermare i tempi della gigafactory di Termoli, garantire visibilità sui nuovi modelli, interrompere le delocalizzazioni e, al fine di poter accedere al pacchetto di supporto alla filiera produttiva automotive, sottoscrivendo precisi impegni, quali il reshoring dei modelli Fiat programmati in Serbia, Polonia e Marocco.
(3-01563)


   LUPI, CAVO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CARFAGNA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il censimento permanente delle imprese dell'Istat conferma il ruolo portante svolto dalle piccole e medie imprese nel tessuto produttivo italiano;

   la rilevazione 2023 ha interessato un campione di circa 280 mila imprese con 3 e più addetti e ha ribadito che più di tre quarti delle imprese, pari al 78,9 per cento del totale, sono microimprese, il 18,5 per cento sono imprese di piccole dimensioni e il 2,2 per cento di medie dimensioni;

   le piccole e medie imprese rappresentano una ricchezza anche per l'Unione europea: con quasi 21 milioni di imprese, costituiscono il 99,8 per cento del totale, generano oltre il 67 per cento dei posti di lavoro e sono protagoniste del benessere delle comunità locali e regionali;

   i dati Eurostat segnalano che tra il 2019 e oggi la Germania ha perso oltre il 9 per cento della sua produzione industriale, la Francia il 5 per cento e l'Italia il 3,5 per cento;

   l'indice Hcob Pmi del settore manifatturiero Eurozona registra da mesi una contrazione preoccupante, soprattutto a seguito della crisi profonda dell'industria tedesca, con ricadute significative sul tessuto produttivo italiano;

   in considerazione del valore delle piccole e medie imprese la Commissione europea ha proposto nel 2008 lo «Small business act», la principale iniziativa politica dell'Unione a favore delle piccole e medie imprese;

   sulla scia dello Small business act, nel 2011 il Parlamento italiano ha varato la legge 11 novembre 2011, n. 180, che ha definito lo statuto giuridico delle micro, piccole e medie imprese;

   tra i principi a cui è ispirato lo statuto delle imprese, si ricordano: la libertà di iniziativa economica e concorrenza; la semplificazione burocratica; la progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese; il diritto delle imprese all'accesso al credito informato, corretto e non vessatorio; misure di semplificazione amministrativa;

   l'articolo 18 dello statuto dispone che il Governo, su proposta del Ministro delle imprese e del made in Italy, sentita la Conferenza unificata, presenti annualmente alle Camere un disegno di legge per la tutela e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese volto a definire gli interventi in materia per l'anno successivo;

   in occasione di precedenti interrogazioni a risposta immediata, inclusa quella svolta il 3 luglio 2024 dal gruppo Noi Moderati, il Ministro interrogato aveva annunciato la presentazione imminente del primo disegno di legge annuale per le piccole e medie imprese, prevista sin dal 2011 e ad ora mai realizzata –:

   quale sia lo stato di avanzamento della predisposizione del disegno di legge previsto dallo statuto delle imprese.
(3-01564)

Interrogazione a risposta scritta:


   DARA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti locali della crisi produttiva e occupazionale che sta colpendo lo stabilimento Iveco di Suzzara, con impatti significativi anche sui lavoratori di Magirus, controllata di Iveco. A Suzzara, si prevede un calo produttivo da 79.000 a 68.000 unità di Daily per il 2024, con la mancata conferma di 200 contratti interinali. Le autorità locali e i sindacati esprimono preoccupazioni per le ricadute sociali, chiedendo garanzie sul mantenimento dell'occupazione e la gestione responsabile della transizione. Parallelamente, la cessione di Magirus al fondo tedesco Mutares ha sollevato ansie tra i 200 dipendenti bresciani, preoccupati per potenziali esuberi e cambiamenti contrattuali. La situazione si inserisce in un contesto più ampio di difficoltà del settore dei veicoli commerciali, aggravato dalla debolezza della domanda e dalle politiche industriali europee –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se, per quanto di competenza, abbia intrapreso o intenda intraprendere azioni volte a incrementare piani industriali di ripresa e rilancio del settore anche al fine di tutelare i posti di lavoro e il mantenimento degli stabilimenti presenti sul territorio nazionale.
(4-03813)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   GHIO e ORLANDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso, tramite una notizia apparsa su diversi quotidiani e confermata anche dall'Autorità portuale del Mar Ligure Occidentale, dell'abbassamento di uno dei quattro cassoni finora posati (su un totale di 105) nel cantiere di realizzazione della diga foranea del Porto di Genova;

   l'Autorità portuale ha definito il cedimento «in linea con le previsioni di progetto», anche in assenza della relazione sugli esiti dei campi prova, che sono test necessari per verificare che il metodo di consolidamento del fondale funzioni o per individuare eventuali azioni correttive;

   sempre da informazioni a mezzo stampa si apprende che i costi dell'opera continuano a subire notevoli variazioni, l'ultima delle quali riguarda una variazione al bilancio di previsione dell'Autorità portuale per il 2025, pari a 162 milioni di euro;

   tali test avrebbero dovuto essere eseguiti «nelle prime fasi di contratto e parallelamente alla fase di progettazione definitiva», ma, a progetto già avviato, risulterebbe che i test non siano neppure stati eseguiti;

   nel marzo 2024, alla facoltà di Ingegneria di Genova, è stata discussa una tesi di laurea sull'«Analisi dell'intervento di miglioramento eseguito sui campi prova», con relatore un collaboratore abituale dell'Autorità portuale e correlatore il responsabile dei servizi tecnici di «Pergenova», il colosso costruttore della diga. Tuttavia, tale tesi risulta non consultabile, in quanto attualmente oscurata a terzi –:

   se il Governo sia a conoscenza dell'effettuazione dei test «campi prova» per valutare l'assetto geologico dei fondali sui quali poggeranno i cassoni della diga e dei relativi risultati che potrebbero contenere importanti informazioni geologiche, tali da comportare un significativo incremento dei costi, che andrebbero a gravare sulle casse dello Stato;

   se il Governo sia a conoscenza dell'esistenza della tesi di laurea sopracitata, che sembrerebbe contenere dati relativi ai risultati dei test;

   come il Governo si stia muovendo per ottenere maggiore chiarezza su tutti i test e le prove eseguite, in modo da avere un quadro chiaro sulla situazione geologica dei fondali e di conseguenza su correttezza della fattibilità e del piano dei costi di una delle principali opere finanziate anche da fondi complementari al Pnrr.
(4-03808)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   GATTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Foggia e in tutta la sua provincia si sta assistendo ad una impressionante escalation di episodi di criminalità e di vandalismo, che minacciano la sicurezza dei cittadini e del territorio;

   recenti notizie di cronaca hanno riportato la vicenda di un cittadino – uno dei tanti – che, a poche ore dal ritiro di un'automobile appena acquistata, subiva il furto della stessa all'interno del parcheggio di un centro commerciale; a seguito dell'immediata denuncia, l'autovettura veniva rinvenuta a chilometri di distanza, e nella città di Cerignola, completamente vandalizzata;

   l'episodio sopracitato riflette la grave situazione che caratterizza il territorio di Foggia, risultata la provincia meno sicura della Puglia, davanti alla provincia di Barletta-Andria-Trani nella classifica annuale stilata dal quotidiano «Il Sole 24 Ore», relativa all'indice di criminalità nelle province italiane, sulla base delle denunce presentate per le diverse tipologie di reato nell'anno precedente, in rapporto alla popolazione residente. In particolare, in riferimento alle differenti categorie di reati, il foggiano è in seconda posizione nazionale per danneggiamento seguito da incendio, terzo per usura e quinto per omicidi colposi;

   la provincia di Foggia, come anche il Ministro interrogato ha constatato e dichiarato in occasione di una sua visita nel capoluogo pugliese, è funestata dalla presenza di una criminalità organizzata violenta, riconosciuta come emergenza nazionale;

   il perpetrarsi di episodi gravissimi, nonostante il lavoro di magistratura e forze dell'ordine, evidenzia la necessità, improcrastinabile, di intervenire urgentemente con strumenti di contrasto alla criminalità organizzata più incisivi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle circostanze riportate in premessa e quali misure iniziative di competenza urgenti ritenga opportuno adottare dirette a fronteggiare la crescita della criminalità nella città di Foggia e nella sua provincia, al fine di tutelare la sicurezza della cittadinanza e garantire la legalità sul territorio anche attraverso il potenziamento dei servizi, e dei relativi organici, di prevenzione e di controllo territoriale e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, attraverso l'operato delle forze dell'ordine nell'esercitare un'azione deterrente efficace e tempestiva nei confronti di una delinquenza sempre più aggressiva ed invasiva.
(4-03811)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   TENERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'entità dei fenomeni di violenza costituisce una delle più gravi piaghe della società contemporanea, che non registra arresti, nonostante i numerosi interventi di carattere preventivo e repressivo previsti dall'attuale legislazione in materia;

   i dati pubblicati l'11 novembre 2024 dal Ministero dell'interno rilevano come, nel periodo 1° gennaio-10 novembre 2024, si siano registrati in Italia 266 omicidi, con 97 vittime donne, di cui 83 uccise in ambito familiare/affettivo, e come, tra queste, 51 abbiano trovato la morte per mano del partner o dell'ex partner;

   al fine di estirpare questo odioso fenomeno, occorre anche supportare le donne vittime di violenza attraverso percorsi di inclusione sociale, da un lato fornendo supporti di natura economica, dall'altro favorendone l'inclusione lavorativa;

   nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza sulle donne e tutelare le vittime di questa piaga sociale;

   una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del prodotto interno lordo, con un impatto positivo che, secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia adottato e quali intenda adottare per incrementare l'inclusione sociale e lavorativa delle donne vittime di violenza, nonché per fornire alle stesse un sostegno anche di natura economica, al fine di assicurarne l'indipendenza e l'emancipazione da tali intollerabili fenomeni di persecuzione e crudeltà.
(3-01566)


   MARIANNA RICCIARDI, BARZOTTI, SPORTIELLO, AIELLO, QUARTINI, CAROTENUTO, DI LAURO e TUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   domenica 17 novembre 2024 si è celebrata l'ottava Giornata mondiale dei poveri e per tale ricorrenza la Caritas italiana ha pubblicato la ventottesima edizione del «Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia»;

   dal predetto rapporto emerge con rinnovata drammaticità come la povertà assoluta continua a essere crescente e come si stiano evolvendo allarmanti fenomeni di disagio sociale;

   il rapporto ci dice che la povertà assoluta in Italia interessa quasi 5,7 milioni di persone, quasi un decimo della popolazione, e che il lavoro povero e intermittente ormai dilaga a dismisura, con salari bassi e contratti atipici che impediscono una vita dignitosa;

   la percentuale di lavoratori poveri è all'8 per cento degli occupati, con salari minimi inadeguati a vivere con dignità, calati del 4,5 per cento rispetto alla media europea;

   i giovani e le famiglie con figli sono le fasce più vulnerabili; il disagio abitativo rappresenta un'emergenza, con famiglie senza casa e con affitti insostenibili addirittura per la classe media;

   dal 2015 a oggi le persone accompagnate dai servizi Caritas è cresciuto del 41,6 per cento; le povertà croniche e intermittenti aumentano dal 54,7 per cento al 59 per cento;

   l'Italia in povertà e che scende nella scala sociale non è più solo nel Sud del Paese ma cresce esponenzialmente anche nel Nord, un tempo considerato come la forza motrice del Paese;

   i dati della Caritas sono avallati anche dall'Istat, i cui dati dicono come una persona su dieci, il 9,7 per cento, vive in una condizione di povertà assoluta;

   dramma nel dramma sono i minori in povertà: record assoluto della vergogna;

   la povertà assoluta tra i minori arriva al 13,8 per cento, con 1 milione e 295 mila bambini poveri: un indigente su quattro è un minore, con livelli di spesa al di sotto della soglia di povertà;

   è evidente come i dati sopra riportati non siano più compatibili con politiche estemporanee fatte di bonus e premi e come la discesa repentina in povertà di un numero sempre maggiore di persone, addirittura di minori, richieda soluzioni strutturali indirizzate a far crescere i bambini e le bambine dignitosamente, ad un livello compatibile con la civiltà –:

   quali iniziative di carattere strutturale intenda porre in essere, per quanto di competenza, per ovviare nel più breve tempo possibile alla povertà dilagante nel Paese e togliere dalla povertà assoluta persone e minori soprattutto, misure che non siano però riconducibili alla provvisorietà ed esiguità della cosiddetta politica dei bonus.
(3-01567)


   D'ALESSIO, BONETTI, BENZONI e GRIPPO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'agevolazione cosiddetta «decontribuzione Sud» consiste in una riduzione dei contributi previdenziali per i datori di lavoro privato con riferimento ai rapporti di lavoro dipendente, in essere o da instaurare, e con sede di lavoro nelle regioni del Mezzogiorno;

   prevista con un décalage fino all'anno 2029 dalla legge di bilancio per il 2021, in realtà la misura non sarà più operativa dal 1° gennaio 2025 in quanto incompatibile con l'ordinario regime europeo in materia di aiuti di Stato, alla luce dell'imminente scadenza del quadro temporaneo in materia introdotto contestualmente all'emergenza pandemica;

   da diverso tempo si denuncia una disparità di trattamento che vede determinate categorie di datori di lavoro escluse dalla misura per inquadramenti errati della loro attività d'impresa;

   nelle ultime settimane, ad esempio, l'Inps sta richiedendo la decontribuzione agli agenti di assicurazione, i quali, in ottemperanza alla normativa, avevano applicato la decontribuzione in oggetto;

   sembrerebbe, in tal senso, che la problematica sia da addurre al codice Ateco di riferimento, con il Governo che in sede europea non si è impegnato a sufficienza per sottolineare il totale disallineamento tra gli agenti di assicurazione iscritti nella sezione pensionistica di «artigiani e commercianti» dell'Inps e le compagnie di assicurazione o gli istituti bancari;

   in aggiunta a tali criticità, a cui si è evidentemente scelto di non porre rimedio quando serviva, ultimamente si rincorrono voci secondo cui c'è il rischio che l'Inps si possa rivalere anche su artigiani, commercianti ed imprenditori perché sembrerebbe che l'Unione europea abbia bloccato circa 2 miliardi di euro a copertura dell'agevolazione –:

   se quanto descritto corrisponda al vero e quali iniziative di competenza intenda porre in essere al fine di risolvere l'evidente discriminazione nei confronti degli agenti di assicurazione e di tranquillizzare tutti i commercianti, artigiani e imprenditori del Mezzogiorno che hanno legittimamente usufruito dell'agevolazione prevista dal Governo.
(3-01568)


   NISINI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale conformazione del mercato del lavoro in Italia, che coinvolge un numero di occupati ormai stabilmente intorno ad una platea di 24 milioni di soggetti, è caratterizzata da numerosi fenomeni di interesse per imprese e lavoratori, legati, tra l'altro, a forme di welfare aziendale sempre più diffuse e richieste;

   tali prestazioni e servizi – erogati dall'azienda ai propri dipendenti per favorire il loro benessere personale, lavorativo e familiare – assumono diverse configurazioni a seconda delle rispettive finalità, coprendo aree di interesse che coinvolgono tanto finalità sociali e di conciliazione vita-lavoro, quanto aspetti retributivi;

   in tale contesto, è particolarmente diffuso l'utilizzo dei cosiddetti fringe benefits, ossia quell'insieme di misure di welfare retributivo che comprende, ad esempio, l'erogazione ai dipendenti di buoni carburante, buoni spesa e buoni acquisto, rivelatisi assai utili anche come forme di sostegno al potere d'acquisto durante la recente tendenza inflazionistica;

   l'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi), prevede che queste forme di welfare, se inferiori ad una determinata soglia, non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente e il valore in parola è stato negli anni rivisto numerose volte rispetto all'ordinaria soglia di 258,23 euro;

   la frequente ridefinizione della soglia di non concorrenza dei fringe benefits può rappresentare un elemento di incertezza per le imprese, le quali sarebbero forse incentivate nell'utilizzo degli stessi qualora la suddetta soglia fosse fissata con maggiore stabilità;

   l'utilizzo di strumenti come i fringe benefits potrebbe rappresentare un elemento utile anche per finalità ulteriori, ad esempio quale fattore incentivante per lo spostamento dei lavoratori, sovente frenati dall'accettare offerte di lavoro in aree geografiche diverse dalla propria zona di residenza anche a causa della necessità di sostenere rilevanti costi per la locazione di immobili –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare per proseguire il percorso di rilancio dei fringe benefits.
(3-01569)

Interrogazione a risposta orale:


   SCARPA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il 14 novembre 2024 la società Dfs Italia S.r.l. con sede nel sestiere Castello nel comune di Venezia, ha comunicato alla regione Veneto e alle organizzazioni sindacali la decisione di attivare la procedura di licenziamento collettivo di tutto il personale impiegato, corrispondente a 226 dipendenti, di cui 6 dirigenti, 17 quadri e 203 impiegati;

   Dfs Italia S.r.l. è una controllata del gruppo DFS Venture Singapore Limited, operante da diverso tempo nel settore del travel retail del lusso. È stata costituita nel 2013 ed è attiva dal 2016 nel settore della vendita al dettaglio di prodotti di lusso;

   tale società gestisce a Venezia il department store ubicato all'interno del Fondaco dei Tedeschi, immobile di grande valenza storica per la città;

   la decisione della società di terminare le proprie operazioni avrà ricadute anche sull'indotto a essa legato, andando a coinvolgere anche i lavoratori degli appalti, oltre a quelli direttamente interessati dalla procedura di licenziamento collettivo, per un numero complessivo che supera i 300 lavoratori;

   l'impatto di questa operazione sulla città di Venezia e in particolare sul suo centro storico desta, a parere dell'interrogante, fortissime preoccupazioni per le conseguenze in termini di condizioni di vita del personale licenziato, per la qualità del lavoro in un contesto territoriale già particolarmente contrassegnato da difficoltà e per un modello di sviluppo imprenditoriale che non si dà degli obiettivi di investimento di lungo termine ma che, dopo aver sfruttato il «brand Venezia», lascia la città con decisioni repentine e senza prospettiva –:

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati relativamente ai fatti citati in premessa, in particolare in riferimento alla richiesta al Governo da parte delle organizzazioni sindacali di istituire un tavolo con le parti, nell'interesse di tutta la città di Venezia, e in particolare degli oltre 300 lavoratori coinvolti.
(3-01571)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Samuel Tafciu e Sara e Aurora Esposito sono morti il 18 novembre 2024 nello scoppio di una fabbrica di fuochi artificiali abusiva a Ercolano, in provincia di Napoli;

   Sara e Aurora venivano da Marigliano, Tafciu era albanese e aveva 18 anni. Era diventato padre di una bambina da cinque mesi. Aurora aveva una figlia di 4 anni. Sara e Aurora erano due sorelle gemelle di 26 anni;

   fonti del Comune di Ercolano hanno fatto sapere ai mezzi di informazione che «Non sappiamo se l'attività fosse gestita dai proprietari o se avessero dato in fitto i locali». Fino a qualche mese fa era una casa occupata abusivamente da un anziano che era stato denunciato. Da luglio era stata liberata. «I proprietari erano venuti a viverci da poco. Mai saputo dei fuochi d'artificio. Stavo dormendo alle 15, ho sentito un boato, una fumata bianca e poi ho visto in aria i calcinacci», dice un vicino;

   secondo i carabinieri arrivati in via Patacca le vittime non erano dei professionisti, ma giovani messi a lavorare con materiale ad alto rischio in una casa-deposito allestita lo scorso fine settimana. Secondo i vicini era il loro primo giorno di lavoro e l'incidente si è verificato durante la pausa pranzo. Forse per un'ingente quantità di botti stoccati nella palazzina di un piano con garage;

   nessuna autorizzazione era stata quindi rilasciata. I loro ultimi istanti di vita sono ricostruiti indirettamente dalla suocera di Samuel. «Ci hanno chiamato i carabinieri – ricostruisce – dicendoci che era scoppiata la fabbrica di fuochi d'artificio dove si trovavano mio genero e le due ragazze che non conoscevo. Ci hanno avvisato i carabinieri. Mio genero mi aveva chiamato alle 13 dicendomi che stava mangiando un panino con le due ragazze e che non c'erano altre persone con loro. Era il primo giorno di lavoro per tutti e tre. Da quello che abbiamo capito – aggiunge la donna – la fabbrica è stata aperta tra venerdì e domenica e oggi era il primo giorno effettivo di lavoro. Non so chi la gestisca, so solo che stamattina sono andati a prenderlo all'esterno di un bar per accompagnarlo al lavoro»;

   «Una strage senza fine, una tragedia quotidiana a cui aggiunge la rabbia per la giovanissima età delle vittime e per il fatto che era al primo giorno di lavoro in una struttura abusiva. Non basta più il cordoglio e lo sdegno ma interventi concreti e urgenti in materia di sicurezza sul lavoro e anche sul fronte della legalità. Ormai l'elenco dei morti sul lavoro nella nostra regione è in continuo aumento». Così il segretario generale Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, ha commentato il crollo -:

   se non intendano i Ministri interrogati fornire, per quanto di competenza, elementi utili circa l'esatta dinamica dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti di competenza vogliano intraprendere per scongiurare ulteriori tragedie e per scovare ulteriori fabbriche abusive di fuochi di artificio che vengono allestite, come consuetudine, a ridosso delle feste natalizie.
(5-03128)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   Dfs Italia è controllata al 100 per cento da Dfs Venture Singapore Limited, a capo di un gruppo internazionale di imprese che opera da lungo tempo nel settore del travel retail del lusso;

   Dfs Italia, costituita nel 2013 ed attiva dal 2016 nel settore della vendita al dettaglio di prodotti di lusso, gestisce a Venezia il department store ubicato all'interno del Fondaco dei Tedeschi. L'edificio si affaccia sul Canal Grande e ha una strepitosa terrazza visitabile dai turisti da cui si può vedere il Ponte di Rialto;

   offre prodotti di gran lusso, in particolare moda, accessori, vini, gioielli e prodotti di bellezza su una superficie di settemila metri quadri, con una sessantina di boutique e oltre 750 brand;

   colpa delle crisi del settore, che ha indotto a una profonda ristrutturazione dell'impegno in Italia del gruppo Dfs, così 226 dipendenti rischiano il licenziamento entro il primo semestre del 2025, visto che il contratto d'affitto dell'immobile – di proprietà di un ramo della famiglia Benetton – scadrà a settembre del 2025, mentre boutiques e negozi rimarranno aperti solo per una parte del primo semestre;

   a tutti i lavoratori, esclusi i dirigenti, è applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro per le aziende del terziario della distribuzione e dei servizi;

   quello che sta accadendo al Fondaco dei Tedeschi è l'esempio plastico dell'economia e dell'indotto generato da un modello di turismo estrattivo, che danneggia la città e punta unicamente a drenare risorse;

   si accampa la scusa della crisi del lusso, ma è evidente a giudizio dell'interrogante che si tratta di un'operazione di immagine, un utilizzo del marchio Venezia per poi buttare via la città e i lavoratori quando non più indispensabili;

   non si può tollerare che l'intera area si trasformi nella capitale del lavoro povero e precario, dove anche solidi gruppi internazionali non sono in grado di garantire una progettualità di lungo termine come investimento sul territorio. Oltre al danno che riguarda drammaticamente le lavoratrici e i lavoratori coinvolti, dipendenti diretti e degli appalti che complessivamente sono circa 300, significa non essere in grado di valorizzare le competenze e le conoscenze che i dipendenti acquisiscono, favorendo un'economia in cui il lavoro è poco qualificato, perché della qualificazione delle lavoratrici e lavoratori non interessa a nessuno –:

   quali iniziative urgenti di competenza i Ministri interrogati intendano adottare al fine di preservare occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti, dipendenti diretti e degli appalti che complessivamente sono circa 300, valorizzando, d'intesa con le organizzazioni sindacali e le parti sociali, le competenze e le conoscenze che i dipendenti hanno acquisito nell'arco di questi anni;

   se non ritengano di aprire urgentemente un tavolo di lavoro con tutti i soggetti interessati sia nell'interesse della città di Venezia che sul futuro del Fondaco, anche per evitare che si ripetano gli stessi errori commessi con Dfs.
(4-03810)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i consultori, istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, sono servizi socio-sanitari integrati di base con competenze multidisciplinari e rappresentano un fondamentale e imprescindibile strumento per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della persona e della donna, più globalmente intesa e considerata nell'arco dell'intera vita, a tutela della salute dell'età evolutiva e dell'adolescenza e delle relazioni di coppia e familiari;

   già il 9 luglio 2024 l'interrogante aveva depositato un'interrogazione, ancora oggi senza risposta, sulla situazione dei consultori familiari nella regione Lazio e, in particolare, con riferimento alla situazione critica relativa al Municipio XIII di Roma, dove le associazioni di cittadini afferenti all'Azienda sanitaria locale Roma 1 avevano segnalato la chiusura di 2 consultori familiari collocati nell'ambito dei presidi sanitari del distretto 13 dell'Asl Rm 1;

   a seguito della predetta interrogazione e dei comunicati che ne sono conseguiti, la Asl di riferimento aveva tranquillizzato la cittadinanza annunciando che i consultori avrebbero riaperto a fine ottobre;

   si tratta dei consultori familiari «Tornabuoni» e «Silveri» che tuttavia, ancora oggi, non sono in grado di garantire tutte le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie previste dalla legge istitutiva, poiché privi dell'équipe professionale adeguata;

   in ordine alla parziale chiusura del consultorio Silveri, era stata altresì annunciata anche la ristrutturazione dei locali che non avrebbe consentito una riapertura a tempo pieno del consultorio;

   il Coordinamento delle assemblee delle donne e delle libere soggettività dei consultori del Lazio aveva allora fatto presente come la città di Roma fosse interessata da una significativa contrazione dei servizi consultoriali con la conseguenza che alla popolazione era negato il diritto all'accesso libero, gratuito e di prossimità al consultorio familiare;

   le generiche rassicurazioni della Asl Rm 1 sulla garanzia di tutti i servizi consultoriali e sulla prossima apertura dei consultori sono a tutt'oggi ancora disattese e il Municipio XIII di Roma, con circa 134 mila abitanti, al pari di numerose e rilevanti città del nostro Paese (Bolzano, Lecce, Bergamo, Salerno, Ferrara, e altro), continua a essere privo di due fondamentali presidi di salute pubblica;

   la popolazione esasperata ha organizzato l'ennesimo presidio di protesta per denunciare la sistematica opera di depotenziamento, aggressione e svuotamento dei consultori pubblici, quale conseguenze anche della sistemica negazione dei diritti di autodeterminazione, di libertà di scelta, della cura dei propri corpi, della salute sessuale e riproduttiva –:

   se vi siano ragioni ostative che impediscono al Ministro interrogato di rispondere prontamente all'atto di sindacato ispettivo che l'interrogante ha già presentato il 9 luglio 2024 sulla realtà consultoriale del territorio della regione Lazio;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per risolvere la grave situazione di deprivazione di presidi di salute pubblica che sta interessando il nostro Paese e garantire a tutti i cittadini l'accesso ai servizi di prossimità e alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie che i consultori devono poter garantire con un rapporto non inferiore ai 20 mila abitanti per ciascun presidio consultoriale.
(3-01575)

Interrogazioni a risposta scritta:


   EVI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   dai dati pubblicati nel piano di monitoraggio del Ministero della salute 2014-2021 emerge che la presenza di batteri multiresistenti nella filiera della carne di pollo risulta elevata rispetto alla media europea;

   emerge che la prevalenza di salmonelle (circa il 20 per cento) nei campioni prelevati da contenuti intestinali di polli è in crescita rispetto agli anni precedenti. Circa l'87 per cento degli isolati batterici presenta multiresistenza agli antibiotici e solo il 5 per cento è pienamente sensibile a tutti quelli testati;

   dal 2014, in Italia si registra una proporzione di Escherichia Coli produttore di Esbl/AmpC superiore alla media europea. I batteri produttori di Esbl, responsabili della resistenza a diversi antibiotici, costituiscono minaccia diretta per la salute umana. Nel 2020, quasi il 47 per cento degli isolati batterici di Escherichia Coli analizzati presentava multiresistenza agli antibiotici, fino a sette molecole diverse contemporaneamente;

   a giugno 2024 l'associazione EssereAnimali ha effettuato analisi sui campioni di carne di pollo acquistati presso punti vendita Lidl in Italia mostrando dati preoccupanti: il 46 per cento dei campioni analizzati era contaminato da batteri produttori di Esbl, il 33 per cento presentava ceppi multiresistenti a tre delle quattro classi di antibiotici testate. È fondamentale sottolineare che tutti questi campioni mostravano una resistenza totale a due classi di antibiotici considerati critici per la salute umana;

   la resistenza agli antibiotici è una delle dieci più gravi minacce per la salute umana a livello mondiale. Nel 2019, più di 1,2 milioni di persone nel mondo sono morte a causa di questo fenomeno, un numero che potrebbe salire fino a 10 milioni entro il 2050. Solo nell'UE nel 2020, oltre 35.000 persone sono decedute a causa dell'antibioticoresistenza. L'Italia registra uno dei dati peggiori con poco più di 11.000 morti all'anno, quasi un terzo dell'UE;

   una delle principali cause della diffusione dell'antibioticoresistenza è l'impiego di antibiotici negli allevamenti, specialmente in quelli intensivi, dove gli animali si ammalano frequentemente a causa delle condizioni di vita inadeguate. L'Italia si colloca ai primi posti della classifica, facendo registrare il terzo consumo più alto di antibiotici negli allevamenti tra i Paesi dell'UE;

   la carne che entra nelle case degli italiani rappresenta, pertanto, un potenziale rischio per la salute pubblica. Se la cottura della carne infatti può rendere inattivi i batteri, essi possono permanere su tutte quelle superfici della cucina e della persona che vengono a contatto con la carne cruda, diventando a loro volta potenziali vettori di trasmissione. È evidente come la corretta manipolazione degli alimenti non possa ricadere unicamente sulle spalle dei consumatori;

   il 14 ottobre 2024, inoltre, il quotidiano onlineIl Fatto Alimentare ha evidenziato come «oltre il 60 per cento dei polli negli allevamenti intensivi ha gravi e gravissime ustioni alle zampe. Sono dati ufficiali rilevati in decine di macelli situati in Lombardia ed Emilia-Romagna dai veterinari Ats» – dati conservati presso il Ministero della salute in quanto obbligatori per legge;

   questa ulteriore problematica è correlata all'affollamento e alle condizioni ambientali critiche degli allevamenti italiani di polli;

   le attuali pratiche di allevamento intensivo, caratterizzate da razze a rapido accrescimento, elevata densità, cattive condizioni ambientali e presenza di animali malati e feriti, creano un contesto favorevole alla proliferazione di batteri resistenti e a gravi problematiche di benessere animale –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per ridurre la presenza di batteri multiresistenti nella filiera della carne di pollo in Italia e migliorare le condizioni dei polli allevati rispettando gli standard di benessere animale, in linea con le raccomandazioni dello European chicken commitment e in particolare con la transizione a razze a lento accrescimento, pubblicando anche i dati relativi alle ustioni alle zampe.
(4-03807)


   GADDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025 è lo strumento di programmazione fondamentale per la riduzione e l'eliminazione del carico delle malattie infettive prevenibili tramite vaccinazione;

   tra gli obiettivi del piano vi è il raggiungimento delle coperture vaccinali tramite il rafforzamento di percorsi di prevenzione vaccinale, la promozione di interventi vaccinali nei gruppi di popolazione ad alto rischio per patologia, il miglioramento della sorveglianza delle malattie prevenibili da vaccino e il rafforzamento della comunicazione al fine della sensibilizzazione in ambito vaccinale;

   il Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie, in occasione della Settimana europea delle vaccinazioni del 21-27 aprile 2024, ha stimato che il numero di casi di patologie prevenibili tramite vaccinazioni è cresciuto in maniera allarmante nel 2023, confermando una tendenza in crescita anche nel 2024 in diversi Stati membri dell'Unione europea;

   la Società italiana di pediatria ha rinnovato l'invito alla vaccinazione dei più piccoli per tutte le malattie prevenibili con vaccino, segnalando in particolare che è in corso una recrudescenza di due di queste patologie, il morbillo e la pertosse;

   i dati relativi a dette patologie in Italia sono allarmanti: l'istituto superiore di sanità ha segnalato che nei primi nove mesi del 2024 sono stati notificati 897 casi di morbillo, con incidenza più elevata nella fascia di età 0-4 anni, e sono stati segnalati 43 casi di morbillo in bambini con meno di un anno;

   da gennaio a maggio 2024 si sono registrati 110 casi di pertosse, con oltre 15 ricoveri in terapia intensiva e tre neonati deceduti. Come sottolineato dai rappresentanti della Società italiana di malattie infettive tropicali, a margine del convegno «Health Innovation Show 2024» tenutosi l'11 e il 12 novembre 2024, i casi di pertosse sono in aumento soprattutto tra la popolazione non vaccinata, nonostante la possibilità di accedere alla vaccinazione già in gravidanza. La vaccinazione in questa fase permette al nascituro di avere la copertura dalla pertosse già nelle prime settimane di vita;

   all'inizio di ogni anno scolastico diventa fondamentale rendere effettivo il controllo delle vaccinazioni obbligatorie per i bambini che rischiano di essere contagiati e fungere da vettori di contagio per gli altri bambini, in particolare per i più fragili impossibilitati a vaccinarsi, a causa della mancata «immunità di gregge» dovuta alla carenza di copertura vaccinale nella popolazione –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per promuovere la vaccinazione a fini di prevenzione e quale sia lo stato dei controlli sulla copertura vaccinale delle fasce della popolazione a rischio, in particolare tra gli infanti.
(4-03814)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Richetti e altri n. 1-00250, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 febbraio 2024, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Del Barba, Gadda, Boldrini.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Richetti n. 1-00250, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 250 del 26 febbraio 2024.

   La Camera,

   premesso che:

    Vladimir Kara-Murza è un noto attivista e giornalista russo che ha dedicato la sua vita alla difesa dei diritti umani, collaborando con figure come Boris Nemtsov e Mikhail Khodorkovsky e sostenendo sanzioni mirate contro i responsabili di violazioni dei diritti umani in Russia;

    il 17 aprile 2023, Kara-Murza è stato condannato a 25 anni di carcere per presunti reati politici, inclusi quelli di «alto tradimento» e diffusione di informazioni false sulle Forze armate russe, a causa del suo impegno nel contestare l'invasione russa dell'ucraina e nel difendere i diritti umani;

    il tribunale di Mosca ha emesso la condanna sulla base di accuse che si ritengono infondate e politicamente motivate, tra cui la partecipazione a conferenze internazionali in cui Kara-Murza ha criticato l'aggressione russa in Ucraina, e la sua collaborazione con organizzazioni ritenute «indesiderabili»;

    le condizioni di salute di Kara-Murza, già precarie, si sono ulteriormente deteriorate durante la detenzione in carcere: oltre ad aver subìto due tentativi di avvelenamento su cui le autorità russe non hanno mai indagato, mostrando un chiaro disinteresse per la sua sicurezza e integrità fisica, la grave neuropatia ai piedi di cui soffre richiedeva cure mediche urgenti ma negate;

    il rispetto dei diritti umani è un principio fondamentale per la comunità internazionale e un pilastro della diplomazia italiana;

    l'eccezionale interesse da parte della comunità internazionale ha contribuito ad assicurare a Kara-Murza la scarcerazione lo scorso 1° agosto 2024, nell'ambito del più grande scambio di prigionieri dai tempi della Guerra Fredda;

    la concessione della cittadinanza italiana rappresenterebbe un gesto di sostegno nei confronti di un difensore dei diritti umani perseguitato ingiustamente e di generosità umana nei confronti di una persona che necessita di adeguate cure mediche, riflettendo in tal modo l'impegno dell'Italia nella tutela delle libertà e dei valori democratici, nonché dei preminenti valori umanitari che, nel caso di specie, attengono alla salvaguardia del bene primario del diritto alla vita;

    in particolare, richiamando i princìpi sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di cui l'Italia è Stato parte, il conferimento della cittadinanza italiana costituirebbe la realizzazione concreta dell'impegno del nostro Paese al riconoscimento dei diritti enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, con particolare riferimento al rispetto della dignità umana, del diritto alla vita, dell'integrità della persona, della proibizione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani e degradanti, e del diritto a un equo processo;

    il sostegno alla causa di Kara-Murza è parte di un impegno più ampio per promuovere, in ambito europeo ed internazionale, la democrazia e la libertà di espressione nella Federazione Russa e nel mondo, e per scongiurare, con questo, anche le interferenze russe nei processi decisionali dei Paesi democratici,

impegna il Governo:

1) ad avviare tempestivamente, mediante le competenti istituzioni, le necessarie verifiche al fine di poter conferire a Vladimir Kara-Murza la cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91;

2) a sostenere, anche presso i consessi europei ed internazionali, l'immediato rilascio di tutti i prigionieri di coscienza, i difensori dei diritti umani e gli attivisti politici ingiustamente o arbitrariamente detenuti;

3) a promuovere ogni iniziativa volta a garantire il rispetto dei diritti fondamentali alla libertà di espressione, di associazione e di manifestazione pacifica nella Federazione Russa;

4) a farsi promotore, in ambito europeo e internazionale, di iniziative volte, parallelamente alla tutela dei diritti civili e politici in Russia, a contrastare la diffusione di propaganda e disinformazione riconducibile a tentativi di ingerenza del regime russo nelle società dei Paesi democratici;

5) a facilitare il rilascio di visti e nulla osta al lavoro per i cittadini russi a rischio di persecuzione, prevedendo iniziative di competenza per l'estensione automatica dei visti già in essere;

6) a sviluppare un dialogo strutturato con l'opposizione democratica russa e la diaspora, istituendo un ufficio dedicato presso l'ambasciata italiana a Vilnius e promuovendo un programma di sostegno mirato alle organizzazioni attive con la diaspora russa in Europa;

7) a valutare l'efficacia dell'attuale sistema sanzionatorio dell'Unione europea in materia di diritti umani, promuovendo eventuali interventi per il suo potenziamento e miglioramento, alla luce del caso di Kara-Murza.
(1-00250) (Ulteriore nuova formulazione) «Richetti, Quartapelle Procopio, Della Vedova, Onori, Bonetti, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Pastorella, Rosato, Ruffino, Del Barba, Gadda, Boldrini».

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Boschi n. 1-00353, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 375 del 4 novembre 2024.

   La Camera,

   premesso che:

    nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 28 giugno 2024 è stata pubblicata la legge 26 giugno 2024, n. 86, recante «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione», approvata dopo un acceso iter parlamentare caratterizzato da un acceso dibattito;

    la legge citata si propone di favorire l'attuazione della cosiddetta autonomia differenziata, prevista all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonostante il dettato costituzionale, sul punto e alla luce di una lettura sistematica della Carta, appaia del tutto lineare circa le modalità, i presupposti e il procedimento da seguire per darvi attuazione;

    in questa prospettiva la suddetta legge appare preordinata unicamente a «decostituzionalizzare» il regionalismo differenziato utilizzando il pretesto della creazione di un contesto normativo primario al fine di cristallizzare un'interpretazione del tutto incoerente con l'impianto costituzionale, nel tentativo di uniformare il Paese a un regionalismo competitivo, del tutto antitetico e incoerente col modello solidaristico fatto proprio dalla Costituzione;

    una delle criticità più evidenti della nuova e recente disciplina dell'autonomia differenziata – chiaramente desumibile dal testo – concerne le procedure e motivazioni che possono giustificare le regioni a richiedere, e potenzialmente ad acquisire, ulteriori materie sulle quali esercitare il potere legislativo e amministrativo;

    l'articolo 2 della legge n. 86 del 2024 adotta un approccio asettico ed enumerativo che tace totalmente rispetto a criteri qualitativi atti a verificare che il trasferimento di competenze alle regioni risponda non solo al principio di sussidiarietà, ma che effettivamente il principio di prossimità nell'esercizio di funzioni metta gli enti regionali nelle condizioni di esercitare in modo migliore i servizi rispetto all'ente statale;

    il procedimento di approvazione delle intese fra Stato e regione disciplinato dal Governo, invece, prevedeva che lo schema di intesa preliminare – dopo l'espressione del parere della Conferenza unificata – fosse trasmesso alle Camere per l'esame da parte dei competenti organi parlamentari, che si sarebbero espressi con atti di indirizzo, relegando il Parlamento a una mera attività di controllo di un iter che di fatto lo spoglia delle proprie competenze e lo mortifica nelle sue prerogative;

    la poca incisività degli strumenti di indirizzo, infatti, non lascia alcun tipo di rassicurazione sulla possibilità da parte delle Camere di poter incidere sull'approvazione dell'intesa;

    a riguardo, dalla Corte costituzionale viene confermata un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'autonomia differenziata, chiarendo che la legge di approvazione dell'intesa non può considerarsi «meramente formale», ma presuppone un attento vaglio parlamentare e la possibilità, per le Camere, di intervenire sulla differenziazione stessa;

    tale impostazione ha portato la Corte costituzionale a censurare la «legge Calderoli», nella parte in cui dispone che le Camere vengano chiamate a esprimersi sull'accordo preliminare anziché sull'intesa vera e propria pur se l'accordo preliminare rappresenta un testo in via di definizione e ancora oggetto di negoziazione e che, in ogni caso, il vaglio su di esso avverrà senza contezza circa le procedure di quantificazione, le modalità e tempi di trasferimento delle risorse umane strumentali e finanziarie;

    l'incisività del Parlamento sui contenuti dell'intesa appare tanto più fondamentale laddove essa prevede le modalità, le procedure e i tempi per il trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie, nonché le modalità di finanziamento delle funzioni attribuite attraverso compartecipazioni al gettito;

    l'articolo 1 della legge n. 86 del 2024, tra le finalità delle disposizioni, prevede che il nuovo corpo normativo sia volto a definire i principi generali per l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sulle materie a legislazione concorrente e sulle materie a legislazione esclusiva relative alla giustizia (limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace), all'istruzione e alla tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali;

    nel comunicato del 14 novembre 2024, che precede la pubblicazione della sentenza, la Corte costituzionale ha affermato che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, non debba corrispondere all'esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla Costituzione e deve essere funzionale a migliorare l'efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini;

    da un punto di vista costituzionale, infatti, il processo di assegnazione delle materie «pur se garantito da maggioranze rafforzate» laddove attuato in maniera difforme rispetto a quanto indicato dalle opposizioni durante l'iter di approvazione della legge e, da ultimo, dalla Corte costituzionale, svuoterebbe di ogni portata ordinamentale il terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, realizzando, di fatto, un'anomala forma di abrogazione tacita di un comma della Costituzione, senza che sia rispettato il procedimento di revisione costituzionale previsto dall'articolo 138;

    l'ordinamento relativamente alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, e dunque relativamente all'attribuzione alle medesime dell'autonomia ben nota, attribuisce agli statuti valore di legge costituzionale e, conseguenzialmente, la loro modificabilità è soggetta a quanto disciplinato dall'articolo 138 della Costituzione con alcune peculiarità introdotte dalla legge costituzionale n. 2 del 2001, volte a garantire la partecipazione degli organi della regione nell'iter legislativo;

    la Corte costituzionale ha censurato anche la disciplina contenuta nella legge 26 giugno 2024, n. 86, nella parte in cui si pone in contrasto con i principi di capacità fiscale, perequazione e coesione di cui all'articolo 119 della Costituzione, realizzando una palese lesione del principio di eguaglianza, in senso formale e sostanziale, sancito all'articolo 3 della Costituzione;

    affidare alla sola negoziazione Stato-regione la definizione del quantum di risorse da trasferire, posto che le stesse impattano sulla finanza pubblica in generale e che principio cardine del parlamentarismo è il controllo e l'indirizzo nell'allocazione delle risorse finanziarie pubbliche, risulta una forzatura ordinamentale rispetto alla quale il Parlamento non risulta avere alcun margine di intervento;

    individuare, quali modalità di finanziamento delle nuove funzioni, le aliquote o compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturati nel corrispondente territorio regionale pone problemi sia sul piano dell'armonizzazione del sistema fiscale e tributario, sia sul piano perequativo rispetto alle regioni a minore capacità contributiva, incidendo sui principi fondamentali di cui all'articolo 5 («La Repubblica è una e indivisibile»), all'articolo 2 (in relazione ai doveri di solidarietà politica, economica e sociale) e all'articolo 119 (promozione dello sviluppo economico, coesione e solidarietà sociale) della Costituzione;

    nel testo della legge la mancanza di una definizione e quantificazione degli oneri differenziali, nonché di una valutazione approfondita delle relative implicazioni sul bilancio pubblico, rappresenta una forte lacuna legislativa a cui occorre porre rimedio;

    la Corte costituzionale ha sottolineato che la possibilità di modificare, tramite decreto interministeriale, le aliquote di compartecipazione al gettito dei tributi erariali destinate a finanziare le funzioni trasferite – qualora vi sia uno scostamento tra il fabbisogno di spesa e l'andamento del gettito – rischia di premiare le regioni inefficienti. Tali regioni, pur avendo ricevuto dallo Stato le risorse necessarie per l'esercizio delle funzioni trasferite, non sarebbero in grado di garantire con quelle risorse l'effettivo adempimento delle stesse funzioni;

    l'attuazione dell'autonomia differenziata per mezzo di tale legge pregiudica, dunque, le prospettive di coesione sociale e territoriale del Paese, introducendo elementi fortemente disgregativi anche sul piano dell'unità giuridica e amministrativa della Repubblica, con un chiaro impatto anche sul piano economico, dell'attrattività per gli investimenti e della crescita, anche solo in riferimento alle politiche infrastrutturali ed energetiche;

    il processo di attuazione dell'autonomia differenziata, così come delineato, rischia dunque di accentuare le disuguaglianze esistenti tra le regioni, compromettere il principio di uguaglianza sostanziale e generare ulteriori tensioni sociali;

    in tale prospettiva, l'idea di «rinviare» l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni e la definizione delle risorse necessarie alla differenziazione a un momento successivo rispetto alla sua realizzazione rischia di calare la sperequazione territoriale anche sul piano dei servizi di assistenza e sulle prestazioni sociali, le quali, invece, rappresentano il fondamento del patto sociale in una prospettiva solidaristica;

    inoltre, come autorevolmente affermato dalla Corte costituzionale, è incostituzionale il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento e il sostanziale svuotamento delle garanzie ex articolo 117 della Costituzione;

    nello stesso documento conclusivo del Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Clep) si evidenzia come le forme di finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, in questo contesto, verrebbero determinate sulla base di fabbisogni standard calibrati sul costo della vita e sulle caratteristiche dei diversi territori, di fatto sclerotizzando le disuguaglianze presenti all'interno della Repubblica;

    è da scongiurare in ogni modo che si possa procedere all'attuazione dell'autonomia differenziata senza la prioritaria definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, così come è indispensabile prevedere, sin da subito, meccanismi di perequazione che possano compensare la minore capacità fiscale di alcuni territori. La misurazione accurata di questi elementi è imprescindibile per:

     a) valutare l'impatto finanziario della differenziazione sul bilancio regionale, delle altre regioni e dello Stato;

     b) verificare l'adeguatezza delle risorse disponibili e i costi della differenziazione;

     c) definire eventuali interventi di integrazione tramite il fondo perequativo;

     d) ampliare l'elenco delle prestazioni da includere nei livelli essenziali delle prestazioni;

    la stessa previsione, contenuta all'articolo 5 della suddetta legge, di quote di compartecipazione al gettito di tributi erariali viene rimessa alle singole intese tra Stato e regione, in palese contrasto con il carattere esclusivo della competenza statale in materia di sistema tributario e contabile, di armonizzazione dei bilanci pubblici e di perequazione;

    la predetta disposizione, inoltre, è del tutto incoerente con il principio di equilibrio di bilancio e con il principio di sostenibilità del debito pubblico sancito agli articoli 81, 97 e 119 della Costituzione, così come il principio di tutela dell'equilibrio finanziario tra le regioni, sancito dall'articolo 9;

    anche su questo aspetto la Corte costituzionale ha chiarito che l'individuazione, tramite compartecipazioni al gettito di tributi erariali, delle risorse destinate alle funzioni trasferite dovrà avvenire non sulla base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard e criteri di efficienza, liberando risorse da mantenere in capo allo Stato per la copertura delle spese che, nonostante la devoluzione, restano comunque a carico dello stesso;

    la compressione del ruolo del Parlamento risulta ancora più evidente con riguardo alla cessazione dell'efficacia delle intese stipulate tra Stato e regioni;

    l'articolo 7, comma 1, della legge n. 86 del 2024 dispone che siano le intese – si ricorda non direttamente modificabili dal Parlamento – a prevedere i casi, i tempi e le modalità con cui lo Stato o la regione possano chiedere la cessazione delle stesse, prevedendo, altresì, una «clausola di salvaguardia» parlamentare mediante la quale le Camere, a maggioranza assoluta, possano disporre la cessazione integrale o parziale dell'intesa solo relativamente a motivate ragioni a tutela della coesione e della solidarietà sociale, conseguenti alla mancata osservanza, direttamente imputabile alla regione, dell'obbligo di garantire i livelli essenziali delle prestazioni;

    lasciar definire all'intesa i casi di cessazione dell'efficacia della differenziazione non risolve i dubbi in tema di revocabilità della stessa. Infatti, nel dettato dell'articolo 7 non è definito come potranno o dovranno risolversi eventuali distorsioni o criticità dovute alla differenziazione qualora queste non siano né codificate nell'intesa e né riconducibili alle motivate ragioni a tutela della coesione e della solidarietà sociale, conseguenti alla mancata osservanza, direttamente imputabile alla regione, dell'obbligo di garantire i livelli essenziali delle prestazioni, il cui rilievo appare tutt'altro che di semplice comprovazione;

    tale lacuna rischia di aprire a un vero e proprio contenzioso dinanzi alla Corte costituzionale, portando a uno scontro interistituzionale che rischia di sclerotizzare l'indubbia portata disgregativa della differenziazione;

    inoltre, permangono dubbi circa la modalità di attivazione del procedimento di modifica dell'intesa che può essere, secondo la lettera della norma, attivata dallo Stato (e quindi si presume anche da ogni singolo parlamentare), ma, essendo obbligatorio il procedimento di cui all'articolo 2, la decisione sulla modifica sarà rimessa esclusivamente al Governo. In ogni caso, laddove fosse quest'ultimo a voler dare corso a modifiche, sarà sempre necessario addivenire a un'intesa con la regione interessata, il che pone problemi laddove la modifica sia voluta dal Governo per criticità che egli rileva ma che la regione rivendica;

    in virtù di tali ultime argomentazioni permangono dubbi circa il rinnovo automatico dell'intesa. Fermo restando la possibilità dello Stato (e quindi si presume anche di ogni singolo parlamentare) di manifestare almeno dodici mesi prima della scadenza la volontà di non rinnovare l'intesa, non si comprende quale sia il ruolo del Parlamento nel procedimento;

    il tenore della norma (articolo 7) e la lettura sistematica dell'articolato fa presumere che al Parlamento non sia riservato alcun ruolo e che l'intesa sia rinnovata automaticamente senza che le Camere possano esprimersi neanche – come accade nel caso dei negoziati sull'intesa – con il poco incisivo strumento dei pareri;

    la tutela dei diritti civili e sociali, come sanciti dalla Costituzione, richiede un'azione coordinata e unitaria a livello nazionale, che non può essere compromessa da eccessive differenziazioni regionali;

    è fondamentale garantire che l'autonomia differenziata non si traduca in un aumento delle disuguaglianze tra le diverse aree del Paese, ma contribuisca piuttosto a ridurre il divario esistente e a promuovere lo sviluppo equilibrato di tutte le regioni,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte ad abrogare integralmente la legge 26 giugno 2024, n. 86, al fine di approntare una disciplina legislativa coerente con il dettato costituzionale e con l'inquadramento sistematico del regionalismo differenziato operato dalla Corte costituzionale, garantendo piena coerenza all'istituto rispetto ai principi fondamentali della Costituzione italiana;

2) ad astenersi dall'avviare o proseguire i negoziati relativamente alle materie non coperte dai livelli essenziali delle prestazioni prima di aver determinato i livelli essenziali delle prestazioni e la loro copertura perequativa;

3) ad adottare le necessarie iniziative di competenza volte ad individuare i criteri qualitativi che le regioni devono rispettare per il trasferimento di competenze;

4) a definire con chiarezza e precisione i livelli essenziali delle prestazioni, assicurando che siano garantiti su tutto il territorio nazionale e che non siano oggetto di riduzioni rispetto agli standard attuali, nonché a non subordinare la definizione a criteri (come quelli previsti nel documento del Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni) che comprometterebbero la compartecipazione unitaria delle regioni alla crescita del Paese e rischierebbero di accentuare ulteriormente le differenze già esistenti;

5) ad adottare iniziative di carattere normativo volte a individuare, nel prossimo provvedimento utile, le risorse necessarie per garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie devolvibili alle regioni ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché per quelle già di competenza delle regioni e dei comuni ai sensi della legge n. 142 del 2009 e, in assenza degli stanziamenti appena citati, ad astenersi dall'avviare o proseguire con le regioni i negoziati per l'assegnazione di ulteriori materie sulle quali esercitare il potere legislativo e amministrativo;

6) al fine di recuperare la centralità del Parlamento, ad adottare iniziative, per quanto di competenza e di carattere normativo, volte a introdurre un meccanismo di valutazione di impatto preventivo per ogni richiesta di trasferimento di funzioni, riguardante materie o ambiti di materie, anche non riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni, verso altre regioni o a livello nazionale;

7) a garantire la piena partecipazione di tutte le parti sociali, delle regioni e degli enti locali al processo decisionale, al fine di costruire un consenso ampio e condiviso sulle scelte da adottare;

8) ad adottare le necessarie iniziative di competenza volte a prevedere adeguati meccanismi di controllo e di valutazione dell'attuazione dell'autonomia differenziata, al fine di correggere eventuali disfunzioni e garantire che gli obiettivi prefissati vengano raggiunti.
(1-00353) (Nuova formulazione) «Boschi, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Giachetti, Gruppioni».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Francesco Silvestri n. 1-00309 del 16 luglio 2024;

   mozione Zaratti n. 1-00339 del 7 ottobre 2024;

   mozione Sarracino n. 1-00340 del 7 ottobre 2024;

   mozione Richetti n. 1-00350 del 21 ottobre 2024;

   mozione Boschi n. 1-00353 del 4 novembre 2024.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta orale Pittalis n. 3-01356 del 23 luglio 2024;

   interrogazione a risposta in Commissione Onori n. 5-02953 del 14 ottobre 2024;

   interrogazione a risposta in Commissione Amendola n. 5-02987 del 18 ottobre 2024;

   interpellanza Gadda n. 2-00465 del 28 ottobre 2024;

   interrogazione a risposta in Commissione Vaccari n. 5-03078 dell'8 novembre 2024.