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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 5 dicembre 2024

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il XV Libro bianco sulle droghe è un rapporto indipendente che analizza gli effetti del testo unico sugli stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990), il sistema penale, i servizi, la salute delle persone che usano sostanze e alla società;

    la redazione del testo è promossa da numerosi soggetti: La società della ragione, Forum droghe, Antigone, Cgil, Cnca, Associazione Luca Coscioni, Arci, Lila e Legacoopsociali, con l'adesione di A buon diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd, Itanpud, Meglio legale ed Eumans;

    l'edizione del Libro bianco del 2024 ha rilevato una situazione drammatica in merito agli effetti della legislazione in materia di droghe: a 34 anni dal testo unico sulle droghe i dati purtroppo sono sempre i medesimi che sono stati confermati dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia anno 2024;

    gli effetti penali, in particolare dell'articolo 73, sono devastanti e confermano come la legge «Jervolino-Vassalli» continui a rappresentare il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri, tanto che in assenza di detenuti per articolo 73 o di quelli dichiarati «tossicodipendenti», non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario;

    su 40.661 ingressi nel 2023, ben 10.697 (il 26,3 per cento) erano dovuti alla violazione dell'articolo 73 della legge sulle droghe e 15.492 (il 38,1 per cento) erano le persone classificate come «tossicodipendenti»;

    i detenuti in carcere al 31 dicembre 2023 erano 60.166, di questi quasi 13.000 a causa del solo articolo 73 del testo unico, ovvero la detenzione a fini di spaccio; altri 6.575 erano detenuti in associazione con l'articolo 74, ossia associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope: poco meno di 1.000 erano detenuti esclusivamente per l'articolo 74 (il 34,1 per cento del totale);

    pur in leggera diminuzione, i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti «tossicodipendenti» restano molto alti: lo è il 38,1 per cento di coloro che entrano in carcere, mentre al 31 dicembre 2023 erano presenti nelle carceri italiane 17.405 detenuti tossicodipendenti, che rappresentano il 28,9 per cento del totale, una presenza record in termini assoluti (dal 2006 a oggi), alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone «tossicodipendenti» che, superati i due anni di pandemia, ha ripreso ad aumentare (+18,4 per cento rispetto al 2021);

    le segnalazioni ai prefetti per detenzione di sostanze per uso personale continuano a crescere implacabilmente, producendo più di tredicimila sanzioni l'anno, che per il 76 per cento si riferiscono a consumatori di cannabis, seguono a distanza cocaina al 16,7 per cento, ed eroina al 3,7 per cento; dal 1990 oltre un milione di persone sono state segnalate per possesso di derivati della cannabis per quanto riguarda le segnalazioni e le sanzioni amministrative per il consumo di droghe illegali dal 2020 in poi, il numero di persone segnalate si aggira intorno alle 40.000;

    il 38 per cento delle segnalazioni finisce con una sanzione amministrativa, in genere la sospensione della patente (o il divieto di conseguirla) o del passaporto;

    è da segnalare, in particolare, come la repressione continui ad abbattersi sui minori, in aumento rispetto al 2022 (anche se non sono a disposizione dati consolidati); i minori, in tale contesto, entrano in un percorso sanzionatorio stigmatizzante e, come afferma il Libro bianco, desacralizzante e controproducente: significativo il fatto che il 97,3 per cento dei minori sia segnalato per cannabis;

    al 2022 le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti per violazione dell'articolo 73 e 74 sono rispettivamente 180.621 e 46.003;

    appare irrilevante la vocazione «terapeutica» della segnalazione al prefetto: solo 327 persone sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento sociosanitario, mentre nel 2007 erano 3.008; tali numeri confermano la preponderanza della questione sociale legata al consumo e al piccolo spaccio di droghe;

    si riscontrano, quindi, continui e perduranti effetti insalubri e criminogeni della legislazione italiana sugli stupefacenti, che richiedono una completa inversione di impostazione, che porti all'esclusione della detenzione carceraria in relazione alla cannabis;

    ciò, a maggior ragione, dopo che il 15 settembre 2024 è stato emanato il decreto-legge cosiddetto «Caivano», convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 159 («misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile»);

    con tale provvedimento, il Governo ha aggravato la pena detentiva prevista per il delitto di cui all'articolo 73, comma 5, la cosiddetta «lieve entità», ora punibile con la reclusione da sei mesi a cinque anni e non più da sei mesi a quattro anni; a questa disposizione si aggiunge quella in itinere in Parlamento, che vede nell'ambito del disegno di legge «sicurezza» equiparare la cannabis light a quella con capacità drogante;

    al 31 dicembre 2023, nei tribunali erano 81.904 i procedimenti penali pendenti per violazioni dell'articolo 73, per un totale di 170.292 persone coinvolte, 4,7 per cento di queste minorenni;

    4.620 erano invece i procedimenti penali pendenti ex articolo 74, a carico di 45.285 persone, dati che rappresentano un insostenibile carico per le aule di giustizia italiane, che potrebbero ulteriormente aggravarsi nel 2024, a causa dei probabili effetti della citata legge n. 159 del 2023;

    appare netta e consolidata la sproporzione tra persone con procedimenti pendenti ex articolo 73 (il 79 per cento) ed ex articolo 74 (il 21 per cento) e rappresenta il segnale che il contrasto alle droghe si concentra sui cosiddetti «pesci piccoli», tanto che gli imputati e condannati ex articolo 74 sono spesso ben lontani dal rappresentare il vertice della piramide criminale che gestisce il traffico nazionale e internazionale di stupefacenti;

    l'International independent expert mechanism to advance racial justice and equality in the context of law enforcement promosso dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nel suo rapporto sull'Italia, a seguito della visita del maggio 2024, ha sottolineato come l'approccio punitivo dell'Italia all'applicazione della legge sulla droga sollevi notevoli preoccupazioni in materia di diritti umani e colpisca in modo sproporzionato gli africani e le persone di origine africana. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno rimarcato inoltre, come evidenziato da diversi casi individuali, che il profiling etnico è utilizzato nell'applicazione della legge sulle droghe e come le leggi restrittive sull'immigrazione abbiano aumentato la vulnerabilità dei migranti alle politiche di contrasto alla droga, costringendoli spesso alla clandestinità e a rivolgersi ai mercati illegali per sopravvivere, compreso il traffico di droga;

    il Comitato per i diritti economici e sociali dell'Onu, nella sua revisione sull'Italia del 2022, aveva già espresso «preoccupazione per l'approccio punitivo al consumo di droghe e per l'insufficiente disponibilità di programmi di riduzione e del danno» e raccomandato «che lo Stato riveda le politiche e le leggi sulle droghe per allinearle alle norme internazionali sui diritti umani e alle migliori pratiche, e che migliori la disponibilità, l'accessibilità e la qualità degli interventi di riduzione del danno»;

    l'Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite (Ohcr), nel suo rapporto sulle implicazioni delle politiche sulle droghe globali sui diritti umani, ha chiesto agli Stati membri di «adottare alternative alla criminalizzazione, alla "tolleranza zero" e all'eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell'uso; assumere il controllo dei mercati illegali delle droghe attraverso una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza»;

    la relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze 2024 afferma che alla cannabis è riconducibile il 40 per cento degli oltre 16 miliardi di euro del valore di mercato delle droghe illecite, pari a circa 6,5 miliardi;

    a livello internazionale, numerosi Stati hanno intrapreso la strada della legalizzazione della cannabis, negli Usa, 25 Stati federati hanno legalizzato la cannabis per tutti gli usi; oggi metà della popolazione statunitense vive in un regime legale per quanto riguarda la cannabis, un'industria che produce ricchezza e lavoro per quasi 450.000 lavoratori a tempo pieno; quanto paventato dal fronte proibizionista, dall'aumento del consumo giovanile a quello degli incidenti stradali, è smentito dai dati e dalle rilevazioni sui consumi, mentre nessuno Stato ha mai preso in considerazione di tornare indietro dalla legalizzazione della cannabis;

    in Canada la legalizzazione è avvenuta con il Canada cannabis survey del 2023 e i dati confermano il buon andamento del processo di sostituzione del mercato illegale. Il 73 per cento dei consumatori acquista usualmente la cannabis nel mercato legale, il 69 per cento esclusivamente dal mercato legale, a cui vanno aggiunti coloro che la coltivano in autonomia, il 6 per cento, il 15 per cento che la ottiene dal mercato sociale, da amici, parenti e conoscenti, e il 2 per cento da altre fonti non meglio precisate: solo un 3 per cento oggi in Canada si rivolge abitualmente al mercato illegale per le proprie necessità d'uso;

    in Sud Africa, il Presidente Cyril Ramaphosa ha firmato a fine maggio 2024 il Cannabis for private purposes bill, che depenalizza il possesso, la coltivazione e l'uso personale di cannabis; a seguito di questo provvedimento, la fedina penale di chiunque sia stato condannato per possesso o uso di cannabis, in violazione di una legge che criminalizza l'uso e il possesso di cannabis, dovrà essere cancellata automaticamente dal Criminal record centre del South African police service. La citata legge ha seguito una sentenza dell'Alta Corte sudafricana, che nel 2018 aveva stabilito che l'uso privato di cannabis da parte di adulti è un comportamento costituzionalmente protetto. Circa il 13 per cento degli arresti in Sud Africa era correlato a reati inerenti alla cannabis;

    anche in Europa si assiste a primi passi positivi in materia di depenalizzazione delle droghe; Malta e Lussemburgo hanno regolamentato per primi la coltivazione e l'uso personale di cannabis e Malta ha previsto anche la coltivazione associata nei Cannabis social club;

    dal 1° aprile 2024 in Germania è in vigore il primo pilastro di un progetto di riforma complessiva del regime legale della cannabis: in questa prima fase è depenalizzato il possesso di un massimo di 25 grammi di cannabis, 50 grammi a casa, è consentita la coltivazione privata di un massimo di tre piante di cannabis per uso personale e stabilito un quadro di riferimento per i Cannabis social club; essi potranno avere al massimo 500 membri ai quali potranno cedere 30 grammi al giorno e massimo 50 al mese (30 grammi al mese, con Thc massimo al 10 per cento, per i più giovani), inquadrati come enti non profit; i club saranno l'unico canale legale di distribuzione della cannabis, inoltre è prevista la cancellazione dei precedenti penali legati alle condotte ora legali;

    si assiste, quindi, a un processo generale e ineludibile di riforma delle politiche sulle droghe a livello globale e la strada antiproibizionista della depenalizzazione dell'uso delle droghe nasce proprio dal fallimento della repressione;

    da non trascurare il fatto che ai costi umani e sociali derivanti dal proibizionismo si aggiunge anche un costo economico; diversi studi di economisti sostengono la superiorità degli strumenti fiscali per contenere il consumo di droghe rispetto all'applicazione di una normativa proibizionista;

    in Italia il consumo di tabacchi e di alcolici è, infatti, contenuto e scoraggiato attraverso un'elevata tassazione e stringenti norme sulla loro distribuzione e uso, oltre che da campagne di informazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica che ne rafforzano il controllo sociale;

    uno studio condotto dal Professor Marco Rossi dell'Università La Sapienza di Roma ha stimato che le imposte che si potrebbero ricavare dalla vendita della cannabis, in modo legale e pubblico, qualora il mercato delle droghe fosse regolato come quello dei tabacchi, potrebbero essere di 5,5 miliardi di euro l'anno;

    per quanto riguarda le capacità terapeutiche della cannabis, l'uso va sostenuto e promosso garantendo una produzione che soddisfi le necessità dei pazienti, prevedendo la possibilità di produrre un quantitativo adeguato di cannabis a fini terapeutici, applicando anche le norme che prevedono l'apertura di bandi per la produzione da parte di soggetti privati;

    in definitiva, percorrere una politica antiproibizionista rappresenta una proposta concreta e praticabile con effetti positivi sul piano sociale, sanitario, di alleggerimento del carico di lavoro sui tribunali e riduzione del sovraffollamento delle carceri, nonché una dimostrabile efficienza sul piano fiscale e nel contrasto alle organizzazioni criminali,

impegna il Governo:

1) ad adottare apposite iniziative normative volte alla depenalizzazione e decriminalizzazione dei derivati dalla cannabis per uso personale e terapeutico;

2) a consentire, con apposite iniziative di carattere normativo, la regolamentazione legale della coltivazione della cannabis, definendo il numero di piante e di grammi del prodotto la cui detenzione per uso personale sia consentita, escludendo una ricaduta penale e l'eventualità di una sanzione amministrativa;

3) a promuovere un'iniziativa in sede di Unione europea al fine di rimuovere dalla Decisione quadro 2004/757/GAI la cannabis dalle disposizioni riguardanti la criminalizzazione delle droghe, consentendo la regolamentazione legale della produzione, della distribuzione e del consumo di cannabis, superando gli ostacoli alla piena legalizzazione;

4) ad adottare iniziative di competenza volte a favorire l'accesso alla cannabis terapeutica al fine di consentire ai pazienti che necessitano di trattamenti a base di tale sostanza di ottenere facilmente i prodotti prescritti, garantendo in tutte le regioni la copertura delle prescrizioni da parte del Servizio sanitario nazionale, come previsto dalle norme nazionali.
(1-00373) «Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    in Italia la politica industriale ha seguito nel corso del tempo i cambiamenti economici, sociali, tecnologici, istituzionali che hanno attraversato il nostro tessuto produttivo, caratterizzandosi fino ai primi anni ottanta del secolo scorso, per un approccio interventista, basato su un esplicito sostegno statale alle imprese considerate strategiche o a settori nascenti, in un periodo di rapida industrializzazione, un approccio che dalla metà degli anni ottanta, in un contesto internazionale contraddistinto dall'aumento degli scambi commerciali e dalla crescente liberalizzazione dei mercati, ha cambiato paradigma, con l'intervento pubblico che si è principalmente limitato a lasciare operare i meccanismi di mercato con l'obiettivo di sfruttare i guadagni dovuti alla specializzazione produttiva e al commercio, alla riduzione dei costi di transazione e all'efficiente riallocazione degli input tra settori e imprese, anche in connessione con la nascita del Mercato unico europeo;

    i fenomeni della globalizzazione e dell'innovazione/rivoluzione tecnologica, a partire dalla fine del secolo scorso hanno determinato in molte economie avanzate non solo indubbi miglioramenti nel benessere dei cittadini ma anche un aumento delle disuguaglianze, cui le politiche pubbliche sono chiamate a dare una risposta adeguata. Inoltre, gli effetti sempre più visibili del cambiamento climatico e il riemergere dell'instabilità geopolitica hanno portato a un rinnovato interesse per le politiche industriali nei paesi avanzati, con l'obiettivo di promuovere, oltre che l'innovazione e la crescita dei sistemi economici, anche la coesione, la sostenibilità e la resistenza agli shock: la sfida consiste nel favorire la doppia transizione digitale ed ecologica, nel diversificare e proteggere le catene di fornitura, in particolare di tecnologie avanzate, anche con misure volte a incoraggiare la reindustrializzazione e il reshoring delle attività del settore manifatturiero, cercando di preservare i benefici dell'integrazione dei mercati, particolarmente rilevanti per un'economia aperta agli scambi internazionali come quella italiana;

    come rilevato nell'indagine conoscitiva effettuata in X Commissione affari produttivi, nonostante le sue potenzialità, l'IA rimane ancora scarsamente utilizzata dalle imprese italiane, soprattutto se poste a confronto con i Paesi del Nord Europa, del Nord America e con la Cina: stando ai dati raccolti nel corso dell'indagine conoscitiva, infatti, il 61 per cento delle grandi imprese ha all'attivo almeno al livello di sperimentazione, un progetto di IA, ma il dato scende al 18 per cento tra le PMI. Posto che una delle ragioni della stagnazione economica dell'Italia, negli ultimi trent'anni almeno, è dovuta alla scarsa crescita della produttività, colmare il ritardo e sfruttare le potenzialità dell'intelligenza artificiale sono quindi ritenuti una straordinaria opportunità. Nel nostro Paese l'IA generativa potrebbe giocare un ruolo chiave anche per mantenere alto il livello di produttività e benessere in un contesto di generale invecchiamento della popolazione. Già oggi in circa 40 province in Italia il numero dei pensionati è maggiore del numero dei lavoratori ed entro il 2040 l'Italia perderà circa 3,7 milioni di occupati: un numero di lavoratori che, con gli attuali livelli di produttività, contribuiscono alla produzione di circa 267,8 miliardi di valore aggiunto. Di qui la prospettiva, anzi la necessità di impiegare le nuove tecnologie anche per mantenere invariato lo stesso livello di benessere economico. L'Italia non potrà capitalizzare le opportunità fornite dall'intelligenza artificiale senza un impegno attivo e proattivo. Senza di esso, rischieremmo di rimanere indietro nella gara internazionale. Per sfruttare i vantaggi dell'IA è indispensabile adottare un approccio strutturato che promuova la diffusione delle competenze digitali e l'adozione tecnologica nelle aziende, elementi le chiave per questo nuovo orizzonte. In particolare, promuovere la digitalizzazione delle imprese, soprattutto quelle di piccola e media entità, è vitale per facilitare l'implementazione di soluzioni basate sull'IA, migliorando così l'efficienza stesse. La velocità della sua diffusione e le potenzialità dei suoi utilizzi sono straordinari, e trovano applicazione attraverso lo sviluppo verticale nei differenti ecosistemi industriali europei e nel settore pubblico. Vanno però attentamente monitorati gli effetti che questa trasformazione tecnologica potrà avere soprattutto su settori costituiti in buona parte da PMI e da imprese artigiane, e sulle attività del settore terziario (dal commercio alla filiera del turismo) e delle professioni: dato il contesto, che è quello di una trasformazione del mercato, in corso da anni, determinata fondamentalmente dall'E-commerce e dalle Piattaforme Digitali, con una straordinaria concentrazione nelle mani di pochi colossi che hanno riscritto le regole del commercio e dei processi produttivi, è difficile immaginare che le imprese di piccola dimensione siano in grado di rispondere alla concorrenza di multinazionali in grado di investire enormi capitali in questo ambito. La risposta a questa inedita trasformazione deve essere sistemica, con politiche industriali comunitarie dirette a ridurre, in questo ambito, la concorrenza tra imprese europee per facilitare lo sviluppo di tecnologie continentali e ridurre i costi, realizzando un riequilibrio nello sviluppo tecnologico di A.I.;

    altro aspetto da monitorare è il rischio di una sostituzione di alcune attività lavorative ripetitive di media e bassa complessità e di un aumento delle diseguaglianze tra lavoratori che hanno dimestichezza con le nuove tecnologie e coloro che ne sono privi, ma – nel quadro macroeconomico – intere catene del valore e settori potrebbero essere diversamente localizzati. È evidente il pericolo che, in tutti i settori (da quello industriale al manifatturiero, per arrivare al commercio, al turismo e ai servizi), si verifichino una perdita di qualità, una compressione dei salari, una riduzione delle tutele, causate dalla subordinazione alle piattaforme digitali, che potranno determinare ritmi di lavoro, retribuzioni, continuità occupazionale. È dunque necessario stabilire regole e limiti alla loro pervasività;

    per ricostruire un efficace sistema di politiche industriali che sia in grado di affrontare le sfide delle due transizioni gemelle e del nuovo contesto geopolitico occorre in primo luogo partire dalla dimensione europea. La posta in gioco è, infatti, la leadership tecnologica che determinerà non solo gli equilibri geopolitici dei prossimi anni ma anche la capacità dei sistemi economici di gestire le sfide della digitalizzazione e della transizione verso la decarbonizzazione offrendo al tempo stesso risposte adeguate ai nuovi bisogni delle società avanzate. Un nuovo protagonismo dell'Europa appare la condizione minima per sostenere una industria europea in grado di competere nella nuova globalizzazione dominata dai giganti americani e cinesi. La costruzione di un nuovo sistema di regole e governance condivise rappresenta, inoltre, la barriera necessaria per evitare che la ripresa di politiche industriali nazionali rallentino il processo di integrazione dell'industria europea favorendo spinte sovraniste che oggi appaiono non solo inefficaci ma anche dannose;

    nella piena consapevolezza della necessità di aggiornare l'impostazione delle politiche comunitarie al nuovo contesto, in questi ultimi anni la Commissione europea ha fortemente rafforzato il quadro regolatorio e programmatico sui principali temi della politica industriale esprimendo una visione di medio lungo termine sui principali driver di trasformazione del sistema economico e sociale ma è rimasta molto debole sulla capacità reale di accompagnare e sostenere queste trasformazioni. Sul piano programmatico sono stati definiti obiettivi molto ambiziosi in materia di transizione digitale (digital compas), di transizione ambientale (fit for 55) cui si sono aggiunti gli obiettivi di autonomia strategica nella importazione di materie prima (row material act) e di sicurezza degli approvvigionamenti critici (chips act). La realizzazione di questi obiettivi richiede enormi investimenti in nuove tecnologie e, nel breve periodo, anche un potenziamento della capacità industriali in settori chiave come batterie, semiconduttori, impianti per le rinnovabili sistemi di Tlc abilitanti il 5g dove il livello di dipendenza dalle importazioni, in particolare dalla Cina, rischia di penalizzare prospettive di crescita e di occupazione;

    il Presidente Draghi, nell'ambito dello studio commissionato dalla Presidente Von Der Layen sulla competitività dell'industria europea, ha stimato un fabbisogno di investimenti per l'Unione europea intorno ai 500 miliardi di euro annui necessari per affrontare le due transazioni. Per finanziarli, serve un grande volume di risorse pubbliche e private, attraverso una governance economica che apra più spazi alle politiche nazionali di investimento, preveda strumenti comuni permanenti e un bilancio UE più ambizioso per indirizzare verso l'economia reale europea e la transizione equa, verde e digitale una quota maggiore dei 33 mila miliardi di euro di risparmi privati europei. Un analogo esercizio realizzato da uno studio RSE/Confindustria per l'Italia stima il fabbisogno di investimenti per la realizzazione del PNIEC nell'ordine di 1000 miliardi di euro nei prossimi 6 anni. In funzione di questi obiettivi è possibile di individuare i 4 pilastri della nuova politica industriale europea:

     rafforzamento della capacità produttiva europea nei settori strategici per la transizione ambientale ed energetica e sostegno alla adozione di tecnologie green nei settori più tradizionali;

     potenziamento della ricerca nei settori strategici per la transizione digitale con particolare attenzione agli sviluppi potenziali dell'intelligenza artificiale;

     riduzione della dipendenza strategica dell'Europa per l'approvvigionamento delle materie prime critiche e per alcune componenti industriali;

     creazione di una infrastruttura europea di ricerca e trasferimento tecnologico che aumenti il potenziale di crescita dell'industria continentale e stimoli la crescita di startup innovative;

    il tema delle risorse rappresenta naturalmente un nodo cruciale, anche in relazione alle politiche introdotte recentemente dagli USA attraverso il programma IRA e dalla Cina attraverso la strategia «made in Cina» ampliamento sovvenzionata con risorse statali: la risposta europea, in assenza di adeguati spazi di bilancio delle Commissione (ad oggi vale meno dell'1 per cento del PIL dei paesi aderenti rispetto al 25 per cento del bilancio federale americano), è stata affidata ad un allentamento delle regole sugli aiuti di Stato alimentando gli squilibri tra i diversi Paesi. Se si guarda agli aiuti di Stato autorizzati dalla Commissione europea da marzo 2022, nell'ambito del Quadro temporaneo di crisi, a gennaio 2023 il 53 per cento del totale degli aiuti è stato notificato dalla Germania, il 24 per cento dalla Francia e solo il 7 per cento dall'Italia, che ha spazi fiscali limitati: gli aiuti notificati dalla Germania e dalla Francia sono stati, rispettivamente, pari a 356 e 162 miliardi. Il sostegno al sistema produttivo autorizzato per l'Italia è stato più limitato e pari a 51 miliardi, riflettendo presumibilmente anche in questo caso la minore capacità fiscale del nostro Paese. Tale assetto evidenzia la necessità di costruire una capacità di risposta comune a partire da un potenziamento delle risorse a disposizione delle Commissione per il perseguimento degli obiettivi definiti nei diversi documenti programmatori e dalla creazione di un mercato unico finanziario che convogli il risparmio privato verso gli investimenti delle imprese;

    come indicato dal rapporto Letta, per promuovere una progressiva espansione dei finanziamenti pubblici dell'UE a sostegno di una strategia industriale europea in grado di contrastare gli strumenti di pesante sussidio recentemente adottati da altre potenze globali, è precondizione necessaria una mirata e rigorosa applicazione degli aiuti di Stato a livello nazionale onde evitare distorsioni della concorrenza e assicurare parità di condizioni all'interno del mercato unico;

    in questo contesto, l'Italia rimane la seconda potenza manifatturiera d'Europa, dopo la Germania. Nel 2023 la nostra industria manifatturiera ha generato un valore aggiunto di 328 miliardi, il 17,5 per cento del totale, e ha dato lavoro a 4 milioni di persone, il 15,3 per cento del totale. Sono numeri ridimensionati, rispetto a quelli del 2007, prima della grande crisi finanziaria. Ma sono superiori alla media europea;

    la vocazione manifatturiera dell'Italia è un patrimonio da difendere e sostenere, non ci sarà nessuna nuova stagione di sviluppo se l'Italia si arrenderà alla deindustrializzazione. Negli anni 90 abbiamo privatizzato gran parte delle aziende pubbliche e abbandonato le politiche industriali. È merito del centrosinistra averle riproposte, prima con Industria 2015 di Bersani e poi con Industria 4.0 di Epifani e Calenda, che ha prodotto risultati positivi nella parte relativa ai crediti d'imposta per l'acquisto dei macchinari innovativi ma che si è rivelata insufficiente rispetto ai cambiamenti necessari al nostro sistema per assumere leadership industriale e tecnologica sui settori del digitale;

    oggi siamo in una fase diversa: i salari fermi da trent'anni, la diffusione del lavoro povero e dequalificato, la stagnazione della produttività sono sintomi di un malessere profondo dell'economia. Parliamo di forza lavoro e imprenditoriale sempre più anziana e poco istruita; di un mercato dei capitali asfittico; di un capitalismo familiare troppo chiuso in sé stesso. Emergono i limiti del nostro modello di capitalismo, basato su milioni di microimprese che in molti casi arrancano, schiacciate dalla burocrazia e dalle difficoltà di accesso al credito, su quattro-cinque mila medie aziende competitive; su poche, pochissime grandi imprese, in gran parte a partecipazione pubblica: è tempo di migliorare questo modello, di rendere il sistema più dimensionato, resiliente, sostenibile;

    la produzione industriale italiana, dopo gli anni di forte crescita successivi alla pandemia è infatti in calo costante, a settembre scorso secondo ISTAT c'è stato il ventesimo calo consecutivo, un calo dello 0,4 per cento rispetto ad agosto, una riduzione di quattro punti su base annua che nei primi nove mesi del 2024 presenta un bilancio in rosso del 3,4 per cento. Il livello del Pil italiano è rimasto stazionario rispetto ai tre mesi precedenti, registrando un risultato peggiore rispetto ai principali partner europei. Nei primi otto mesi del 2024, le esportazioni in valore hanno registrato una riduzione dello 0,6 per cento in termini tendenziali, riflettendo in particolare l'andamento negativo delle vendite verso i mercati Ue;

    il riflesso delle difficoltà del sistema industriale italiano si ripercuote sul mondo del lavoro dove sarebbero oltre 120.000 i lavoratori a rischio, di cui 70.000 solo nell'Automotive, 25.459 nella siderurgia, 8.000 nell'energia (centrali a carbone e cicli combinati), 2.000 nel settore elettrico, 4.094 nella chimica di base, 3.473 nel settore del petrolchimico e in quello della raffinazione, 8.000 nelle telecomunicazioni, per non parlare delle gravi ricadute di tali crisi sulla filiera degli appalti;

    alla luce di questi dati negativi, riteniamo una scelta assurda e gravissima per l'industria e i lavoratori del settore Automotive, il drastico taglio, per un totale di 4,55 miliardi di euro di definanziamento, al «Fondo Automotive», che era stato istituito con lungimiranza dal governo Draghi con una dotazione di 700 milioni di euro per il 2022 e di un miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2030, per il sostegno e la promozione della transizione verde, della ricerca e degli investimenti nel settore Automotive, cui viene lasciata un finanziamento residuo complessivo di soli 1,2 miliardi di euro per il periodo 2025-2030, praticamente un azzeramento delle possibilità affrontare le sfide estremamente impegnative della transizione ecologica e digitale e della crescente competizione globale, che hanno invece bisogno di rilevanti politiche di sostegno;

    i prezzi delle materie prime, gli alti costi energetici, lo stop della locomotiva tedesca, la concorrenza a internazionale, il calo dei consumi interni, il calo degli investimenti pubblici e privati e i pochi investimenti in ricerca e sviluppo, le delocalizzazioni di stabilimenti o di produzioni di interi settori produttivi, sono principali fattori che incidono sui costi e sulla competitività della manifattura italiana e che stanno delineando un rischio deindustrializzazione stante la continua erosione della base produttiva: secondo Confindustria, la CIG ordinaria nella manifattura è aumentata di circa il 50 per cento rispetto ai primi tre trimestri dello scorso anno. Il PMI manifatturiero, che si era avvicinato alla soglia neutrale in estate è poi tornato a scendere in ottobre e la fiducia delle imprese manifatturiere è debole da circa un anno;

    le politiche industriali di cui abbiamo bisogno devono imparare dagli errori del passato ed essere orientate al futuro, all'innovazione, ai settori e alle tecnologie il cui sviluppo è ostacolato dai fallimenti di mercato. Devono essere strettamente connesse alla doppia transizione ecologica e digitale e favorire la creazione di lavoro di qualità, stabile e qualificato. E devono andare oltre la contrapposizione Stato-mercato novecentesca per ricercare una nuova complementarità tra intervento pubblico e iniziativa privata. Cambiare marcia vuol dire non limitarsi a dettare regole e tempi, ma costruire una vera politica industriale comune;

    è necessario che si intervenga principalmente su quattro versanti: in primis quello della Governance delle politiche industriali attraverso la creazione di un Ministero per lo sviluppo sostenibile, di un Forum permanente per le politiche industriali, con la trasformazione di Invitalia in un soggetto attuatore delle politiche industriali, con la creazione di una Agenzia che coordini le partecipazioni pubbliche e poi, sul fronte dell'economia digitale, attraverso la creazione di un Ministero dell'innovazione e dello sviluppo tecnologico, con la previsione di una Legge annuale per il Digitale e il potenziamento e il coordinamento del network dell'innovazione;

    il secondo sono gli incentivi pubblici, che vanno riorganizzati secondo criteri di selettività, condizionalità ambientali e sociali, con un orizzonte temporale almeno decennale e grande attenzione alla riduzione dei divari territoriali, a partire da quello tra centro-nord e Mezzogiorno: Gli studi condotti in Banca d'Italia sui risultati ottenuti da varie misure applicate nel nostro Paese presentano luci e ombre. Con riferimento al sostegno degli investimenti, le analisi empiriche disponibili indicano che gli incentivi automatici sono mediamente più efficaci di quelli assegnati a seguito di bandi competitivi. Le misure di incentivazione fiscale (attraverso crediti di imposta) agli investimenti delle imprese si sono rivelate molto efficaci per stimolare la crescita, l'ammodernamento del capitale produttivo e l'attività innovativa; esse però sono tendenzialmente contraddistinte da maggiori oneri per le finanze pubbliche e sono spesso caratterizzate da grandi difficoltà nel prevedere le adesioni alla misura e quindi monitorare per tempo la spesa relativa;

    il terzo punto riguarda il ruolo dello Stato nell'economia. Si tratta di superare la contrapposizione tra Stato e mercato che ha caratterizzato il dibattito del 900 per affermare la necessità di una nuova complementarità tra intervento pubblico ed iniziativa privata. Nel contesto economico internazionale, non sembra, infatti, sufficiente un aggiustamento «spontaneo» guidato dalle sole forze del mercato così come appaiono del tutto inadeguate politiche di carattere protezionistico tendenti a difendere l'attuale specializzazione dimensionale e produttiva. La più recente letteratura economica in materia di politica industriale ha teso ad evidenziare, attraverso una solida base empirica, come gli investimenti pubblici, se bene indirizzati, non spiazzino gli investimenti privati ma al contrario costituiscono un volano per la competitività. Per realizzare queste condizioni serve non solo uno Stato che privilegi investimenti di lungo periodo e alla spesa corrente, ma anche uno Stato che sia in grado di individuare grandi missioni paese su cui orientare i fondi pubblici e promuovere l'attività delle imprese. La individuazione delle missioni consente di connettere la politica industriale alla risoluzione delle grandi questioni sociali ed ambientali del pianeta restituendo alla scienza ed alle imprese il compito di soddisfare i nuovi fabbisogni delle società avanzate legate a mega trend globali: il cambiamento climatico, l'invecchiamento della popolazione, la qualità della vita e la concentrazione delle persone nei grandi centri urbani. Per affrontare la nuova fase occorre quindi ricostruire un sistema di governance, competenze e strumenti che sia in grado di ridefinire lo spazio per l'intervento pubblico nei settori strategici per la competitività garantendo selettività degli interventi e stabilità delle politiche. Quindi un ruolo dello Stato differente da come lo sta interpretando il Governo Meloni il cui programma di privatizzazioni è una scelta discutibile e totalmente slegata da qualunque visione industriale. Serve solo per fare cassa e va contrastato con forza. Bisogna andare in una direzione totalmente diversa, definendo una serie di missioni strategiche, razionalizzando il sistema delle partecipate e istituendo una Agenzia per coordinarle;

    il quarto e ultimo versante riguarda le risorse da mettere in campo. Quelle pubbliche, innanzitutto, indirizzando verso le nuove politiche industriali le risorse liberate dalla riduzione dai sussidi ambientalmente dannosi e dalla riorganizzazione degli incentivi per le imprese. Quelle private, mobilitando verso l'economia reale una parte dei 1.200 miliardi fermi sui conti correnti delle famiglie e una quota maggiore dei 300 miliardi gestiti da Fondi pensione, fondazioni di origine bancaria, casse privatizzate dei liberi professionisti. Come già ribadito va garantita però la selettività degli interventi riorganizzando il sistema di incentivazione pubblica per missioni in cui siano chiaramente identificati intersezioni con gli strumenti europei di politica industriale (aiuti di Stato, IPCEI, Horizon Europe), obiettivi, milestone e target da raggiungere, condizionandone l'erogazione all'impegno da parte delle imprese beneficiarie del rispetto di condizionalità orizzontali (valide per tutte le forme di incentivo) legate al rispetto dei contratti di lavoro, della condizioni di sicurezza del lavoro, del rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione e verticali legati al comportamento specifico che si intende sostenere (di natura settoriale, territoriale o tecnologica). Va introdotto altresì il tema della sostenibilità con l'introduzione del vincolo per le risorse pubbliche di sostenere progetti coerenti con la tassonomia europea sugli investimenti sostenibili e di valutazione della DNSH (Do No Significant Harm) e va sostenuta la compartecipazione dei finanziamenti pubblici alla ricerca al rischio di impresa, promuovendo l'utilizzo di modalità di rimborso progressivo delle risorse pubbliche investite (nelle forme tecniche delle royalty, del mantenimento della golden share dei diritti di proprietà industriale, dell'utilizzo di prestiti vincolati al reddito o al contenimento dei prezzi) laddove i progetti finanziati producano risultati positivi in termini di sviluppo di nuovi prodotti sul mercato;

    il rilancio delle politiche industriali, infine, deve naturalmente riguardare in primo luogo il Sud in un'ottica di rafforzamento e qualificazione delle politiche di coesione. Non si tratta solo di individuare meccanismi premianti per gli investimenti al Sud ma di costruire una strategia industriale in grado di valorizzare il ruolo del Mezzogiorno nell'ambito nelle nuove filiere di innovazione a partire da quelle legate alla green economy e alla transizione digitale. E deve tenere presente che la fase di attuazione ha storicamente rappresentato il principale fattore di debolezza del nostro sistema di politiche industriali e pertanto appare necessario investire su soggetti, competenze e strumenti che siano in grado di garantire la reale applicazione degli indirizzi di policy. L'esperienza dei Paesi più avanzati evidenzia come lo snodo cruciale sia rappresentato dalla qualificazione delle risorse umane che lavorano all'interno del perimetro pubblico composto da pubblica amministrazione e agenzie specializzate. Nel quadro di una rinnovata politica industriale un ruolo importante può essere svolto dalle aziende a partecipazione pubblica superando l'attuale frammentazione dei modelli di Governance,

impegna il Governo:

1) a farsi promotore, nel corso della nuova legislatura europea, di iniziative volte a mettere in campo ogni politica finalizzata a recuperare competitività, produttività e livelli di reddito dell'Unione europea, per garantire il benessere dei cittadini e il mantenimento del modello sociale europeo, mediante un maggior coordinamento delle politiche industriali, commerciali e fiscali, e la riduzione del divario di innovazione nei settori trainanti, intervenendo sul piano finanziario per rispondere al fabbisogno di investimenti, a tali fini favorire l'emissione di strumenti di debito comuni per progetti europei congiunti e riproponendo il fondo Sure, sperimentato durante la pandemia per sostenere l'occupazione, finalizzato ad un programma europeo di aggiornamento delle competenze dei lavoratori e di sostegno temporaneo al reddito per i lavoratori coinvolti nelle due transizioni;

2) a promuovere la partecipazione delle imprese italiane – anche le PMI – alla creazione delle nuove catene del valore europee promosse dalla Commissione nell'ambito degli IPCEI (Important projects of common european interest);

3) ad allineare la politica industriale italiana agli obiettivi europei, promuovendo una visione continentale che stimoli il rafforzamento e l'integrazione tra imprese transfrontaliere;

4) ad adottare iniziative volte a istituire un Fondo nazionale con una dotazione di almeno 5 miliardi annui fino al 2035 per accompagnare e sostenere l'industria manifatturiera nella trasformazione digitale e nella conversione ecologica, cercando di legare in modo sinergico le due transizioni a partire dai settori Hard to Abate e dell'Automotive;

5) a favorire la digitalizzazione e l'autonomia energetica delle PMI;

6) ad adottare iniziative volte a dare concreto sostegno al tessuto delle PMI, prevedendo agevolazioni per investimenti in Intelligenza artificiale, al fine di far crescere e maturare dei soggetti nazionali in grado di competere in un settore per definizione globalizzato, prevedendo altresì per PMI e start-up un accesso privilegiato alla futura rete delle «fabbriche di intelligenza artificiale», ecosistemi costruiti attorno ai supercomputer pubblici europei, cui verranno destinati talenti e risorse tecnologiche, beneficando di dati, algoritmi e di potenza di calcolo difficilmente reperibili altrove;

7) ad adottare iniziative volte a istituire un tavolo istituzionale con il coinvolgimento delle parti sociali per una valutazione generale del fenomeno dell'IA sul lavoro e sul suo impatto sulla trasformazione dei modelli organizzativi, sulle professioni, sulla formazione, su salario e durata della prestazione lavorativa, anche rispetto al ruolo della contrattazione collettiva;

8) ad adottare iniziative volte ad accrescere l'investimento nel capitale umano per recuperare il ritardo nelle competenze digitali attraverso un piano di azione che assicuri la formazione delle competenze per la transizione digitale ed ecologica, e promuova la crescita delle Startup e delle imprese che offrono servizi innovativi che utilizzano l'intelligenza artificiale;

9) a coordinare le imprese partecipate dallo Stato e definire missioni strategiche orientate a promuovere l'innovazione tecnologica e lo sviluppo inclusivo e sostenibile del Paese;

10) a sviluppare sinergie nei centri di innovazione e potenziare le strutture di trasferimento tecnologico nel Mezzogiorno;

11) ad adottare iniziative volte a potenziare una strumentazione di politica industriale sostenibile e resiliente che incentivi la cooperazione fra Stato e imprese nella realizzazione di progetti e nella produzione di beni comuni; sviluppare l'economia Green come una grande vocazione industriale per il Mezzogiorno;

12) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a riformare il quadro del sistema di incentivazione legandolo a quattro principi:

  a) selettività degli interventi: il sistema di incentivazione pubblica va riorganizzato per missioni in cui siano chiaramente identificati intersezioni con gli strumenti europei di politica industriale (aiuti di Stato, IPCEI, Horizon Europe), obiettivi, milestone e target da raggiungere;

  b) condizionalità: l'erogazione di risorse pubbliche, sia nella forma di agevolazione fiscale che nelle forme di grant o loan, deve essere condizionata all'impegno da parte delle imprese beneficiarie del rispetto di condizionalità orizzontali (valide per tutte le forme di incentivo) legate al rispetto dei contratti di lavoro, della condizioni di sicurezza del lavoro, del rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione e verticali legati al comportamento specifico che si intende sostenere (di natura settoriale, territoriale o tecnologica);

  c) sostenibilità: introduzione del vincolo per le risorse pubbliche di sostenere progetti coerenti con la tassonomia europea sugli investimenti sostenibili e di valutazione della DNSH (Do No Significant Harm);

  d) compartecipazione dei finanziamenti pubblici alla ricerca al rischio di impresa promuovendo l'utilizzo di modalità di rimborso progressivo delle risorse pubbliche investite (nelle forme tecniche delle royalty, del mantenimento della golden share dei diritti di proprietà industriale, dell'utilizzo di prestiti vincolati al reddito o al contenimento dei prezzi) laddove i progetti finanziati producano risultati positivi in termini di sviluppo di nuovi prodotti sul mercato.
(1-00374) «Orlando, Braga, Peluffo, De Micheli, Di Sanzo, Gnassi, Bonafè, Ciani, Ghio, Toni Ricciardi, De Luca, Ferrari, Morassut, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria».


   La Camera,

   premesso che:

    dopo oltre sei mesi dalla richiesta del procuratore Karim Khan, il 21 novembre 2024 la Camera preliminare della Corte penale internazionale (Cpi), ai sensi dell'articolo 58 dello Statuto di Roma, ha emesso i mandati di arresto per il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex Ministro della Difesa Yoav Gallant, per «crimini contro l'umanità e crimini di guerra», e Mohammed Deif, capo i delle Brigate al-Qassam, nella Striscia di Gaza;

    i giudici dell'Aja, nel motivare la decisione, affermano di aver trovato «motivi ragionevoli» per ritenere che Netanyahu e Gallant siano responsabili di crimini quali l'uso della fame come metodo di guerra e di «omicidio, persecuzione e altri atti disumani» allo scopo di rendere praticamente impossibile la sopravvivenza dei civili di Gaza. Secondo la Cpi, il Governo israeliano, avrebbe dolosamente privato i civili di beni essenziali, come cibo, acqua, medicine e carburante, in piena violazione del diritto umanitario internazionale, inoltre avrebbero imposto restrizioni tali da impedire il lavoro delle organizzazioni umanitarie e degli ospedali, costringendo i medici a operare feriti e a eseguire amputazioni senza anestesia, anche sui bambini;

    la Cpi ha accusato inoltre il Premier israeliano e l'ormai destituito Ministro della difesa, di aver autorizzato bombardamenti che hanno preso di mira deliberatamente la popolazione civile, causando morti e sofferenze atroci, senza risparmiare i bambini. Una barbarie atroce e ingiustificabile che dopo più di un anno di guerra ha causato oltre 44 mila morti accertati tra la popolazione palestinese;

    a seguito della pronuncia della Cpi il Ministro degli affari esteri, Antonio Tajani, ha rilasciato dichiarazioni palesemente antitetiche con il rispetto del diritto internazionale, volte a trovare degli appigli per non eseguire il mandato d'arresto, che è di fatto obbligatorio per gli Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma. Ha infatti dichiarato: «noi sosteniamo la Cpi ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione e come comportarci insieme su questa vicenda». Posizione ribadita in sede parlamentare, alla Camera dei deputati, durante lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata in Assemblea il 27 novembre 2024;

    nelle conclusioni del G7 dei Ministri degli affari esteri, tenutosi a Fiuggi il 25 e 26 novembre 2024, spicca l'assenza di riferimenti alla questione dei mandati d'arresto sopra citati, nonostante fosse stata auspicata la necessità di decidere una posizione comune in merito, in particolare dall'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell;

    secondo Borrell, non esistendo alternative circa l'obbligo di esecutività dei mandati di arresto si ravvisava la necessità di cristallizzare il rispetto dei vincoli derivanti dal diritto internazionale da parte degli Stati membri dell'Unione europea, anche al fine di distinguere nettamente la posizione dell'Unione europea da quella tenuta dagli Stati Uniti, che non riconoscono alcun valore alle decisioni della Cpi, in quanto non hanno mai aderito allo Statuto di Roma;

    l'Alto rappresentante, ha inoltre dichiarato, in merito all'obbligatorietà dei mandati d'arresto, che «non è qualcosa che si può scegliere: quando la Corte è andata contro Putin siamo rimasti in silenzio. Questo è un tipico esempio del "due pesi e due misure". Ho chiesto agli Stati membri dell'Unione europea di rispettare gli obblighi derivanti dalla decisione della Corte dell'Aia e dal diritto internazionale, che piacciano o meno». Borrell, infatti ha più volte ricordato che i provvedimenti della Cpi sono vincolanti per tutti gli Stati che hanno ratificato lo Statuto;

    il 27 novembre 2024 Israele e il movimento sciita libanese Hezbollah hanno concordato un cessate il fuoco di sessanta giorni. L'accordo, mediato dagli Stati Uniti, prevede che nella zona cuscinetto possano operare solo l'esercito regolare libanese e i caschi blu della missione Unfil, dove sono impegnati 1200 militari italiani. Gli Stati Uniti guidano il comitato internazionale di supervisione per monitorare eventuali violazioni della tregua, di cui è membro anche la Francia. Ad oggi la tregua appare piuttosto fragile e con evidenti violazioni da entrambe le parti;

    a seguito del raggiunto accordo, il presidente israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato di aver accettato la tregua «per tre motivi: bisogna concentrarsi sulla minaccia iraniana, rinnovare le forze e i rifornimenti di armi, separare i fronti e isolare Hamas». Dunque la tregua in Libano appare come una operazione concordata che permette ad Israele di continuare a perpetrare crimini di guerra e contro l'umanità a Gaza, peraltro con il tentativo di garantire l'immunità a Netanyahu. Appena dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco in Libano, infatti, il Ministro degli affari esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha dichiarato, interpretando un articolo dello Statuto, nello specifico l'articolo 98, Netanyahu e Gallant beneficerebbero di «un'immunità» che «dovrà essere presa in considerazione», a dispetto del mandato di arresto diramato nei suoi confronti dalla Corte penale internazionale;

    l'articolo 98 reca disposizioni in ordine alla cooperazione in relazione alla rinuncia dell'immunità e al consenso alla consegna, in particolare al paragrafo 1 prevede che «la Corte non può presentare una richiesta di consegna che costringerebbe lo Stato richiesto ad agire in modo incompatibile con gli obblighi che gli incombono in forza di accordi internazionali secondo i quali il consenso dello Stato d'invio è necessario per poter consegnare alla Corte una persona dipendente da detto Stato, a meno che la Corte non sia in grado di ottenere preliminarmente la cooperazione dello Stato d'invio ed il suo consenso alla consegna»;

    l'interpretazione francese risulta piuttosto forzata se valutata in combinato disposto con l'articolo 27, del medesimo Statuto, che stabilisce l'irrilevanza della qualifica dell'organo chiamato a rispondere di crimini internazionali. Inoltre, l'articolo 27, paragrafo 2, dispone che le immunità o norme procedurali speciali inerenti alla posizione ufficiale di una persona, sia secondo il diritto nazionale sia internazionale, non impediscono alla Corte di esercitare la sua giurisdizione su tale persona;

    l'articolo 27 rappresenta, dunque, una deroga alle forme di immunità riconosciute a livello consuetudinario, in quanto riconducibili a crimini internazionali;

    a conferma di quanto esposto, si ricorda il recente caso di deferimento della Mongolia, da parte della Camera preliminare della Corte penale internazionale, all'Assemblea degli Stati membri per il mancato arresto in territorio mongolo del Presidente russo, Vladimir Putin, per il quale è stato emesso un mandato di arresto internazionale dalla stessa Camera. Il mancato arresto ha di fatto impedito all'istituzione giudiziaria di esercitare le proprie funzioni e i propri poteri;

    nel motivare il deferimento, la Camera ha ribadito che l'immunità personale, compresa quella dei capi di Stato, non è impugnabile davanti alla Corte e non è prevista alcuna deroga. Gli Stati parte e quelli che accettano la giurisdizione della Corte hanno il dovere di arrestare e consegnare le persone soggette a mandato di arresto, indipendentemente dalla carica ufficiale o dalla nazionalità;

    ai sensi dell'articolo 86 dello Statuto di Roma, gli Stati parti hanno l'obbligo di cooperare pienamente con la Corte nelle inchieste ed azioni giudiziarie che la stessa svolge per reati di sua competenza;

    la Corte penale internazionale ha lo scopo di perseguire individui, siano essi esponenti di governo o privati cittadini, responsabili di gravi crimini di rilevanza internazionale come genocidio, crimini contro l'umanità, di aggressione e crimini di guerra;

    lo Statuto di Roma del 17 luglio del 1998, ha consolidato il processo di istituzionalizzazione di un sistema di giustizia penale internazionale in relazione a crimini che ledono i principi e i valori fondamentali della comunità degli Stati, tale è la portata della loro gravità;

    i 123 paesi che hanno aderito allo Statuto di Roma hanno l'obbligo di dare esecuzione ai provvedimenti della Corte, inclusi i mandati di arresto e le sentenze di condanna, ovunque nei loro territori;

    il 4 dicembre 2024, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione in cui viene convocata una conferenza di alto livello volta a promuovere una soluzione dei due Stati per il conflitto israelo-palestinese e a ribadire l'appello per una pace «globale, giusta e duratura» in Medio Oriente. Il testo, adottato con 157 voti a favore, otto contrari e sette astensioni, pone le basi per la celebrazione della «Conferenza internazionale di alto livello per la soluzione pacifica della questione palestinese e l'attuazione della soluzione dei due Stati», che si terrà dal 2 al 4 giugno 2025 a New York. Nella risoluzione si invita Israele a «cessare immediatamente e completamente ogni forma di violenza, compresi gli attacchi militari, le distruzioni e gli atti di terrore» e le «nuove attività di insediamento» nei territori palestinesi occupati, ad evacuare «tutti» i coloni e a porre fine alle «loro azioni illegali». Inoltre, ricorda che lo Stato ebraico, in quanto potenza occupante, deve rispettare gli obblighi descritti nel parere consultivo della Corte internazionale di giustizia,

impegna il Governo:

1) a rispettare l'obbligo di cooperazione con la Corte penale internazionale disposto dall'articolo 86 dello Statuto di Roma, a tal fine dando seguito ai mandati di arresto emessi nei confronti del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell'ex Ministro della Difesa Yoav Gallant e Mohammed Deif, capo delle Brigate al-Qassam, in caso di ingresso nel territorio italiano, allo scopo di affermare e rispettare i principi della giustizia penale internazionale e del diritto internazionale;

2) a profondere ogni sforzo a tutti i livelli, internazionale, europeo e bilaterale, al fine di giungere a un immediato «cessate il fuoco» permanente e duraturo nella Striscia di Gaza, a garanzia dell'incolumità della popolazione civile e al rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi;

3) alla luce della catastrofe umanitaria in corso ad adoperarsi con urgenza a tutti i livelli, internazionale, europeo e bilaterale, per assicurare nella Striscia di Gaza la fornitura di massicci aiuti umanitari via mare, terra ed aria, l'ingresso di personale sanitario e umanitario, a tal fine garantendo l'apertura permanente di adeguati corridoi umanitari, inclusi quelli marittimi e, al contempo, permettendo l'evacuazione dei civili più vulnerabili, tra cui i feriti in gravi condizioni, bambini e anziani;

4) a promuovere il riconoscimento dello Stato di Palestina nei confini del 1967 secondo le risoluzioni delle Nazioni Unite;

5) a farsi promotore di una forte iniziativa diplomatica sul Governo israeliano affinché rispetti il diritto internazionale umanitario e accetti la prospettiva del riavvio di un processo di pace basato sul principio «due popoli, due Stati»;

6) a sospendere urgentemente, ove in essere, le autorizzazioni di vendita di armi allo Stato di Israele concesse anteriormente alla dichiarazione dello stato di guerra dell'8 ottobre 2023, al fine di scongiurare che tali armamenti possano essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, nonché a sostenere e farsi promotore, a livello europeo con gli altri Stati membri, di opportune iniziative volte alla totale sospensione della vendita, della cessione e del trasferimento di armamenti allo Stato di Israele, nel rispetto della posizione comune (2008/944/PESC) sulle esportazioni di armi e del Trattato sul commercio di armi (ATT) dell'Onu, come richiesto dalla risoluzione approvata il 5 aprile 2024, dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nonché dell'acquisto di armamenti dal medesimo Stato di Israele;

7) a farsi promotore in sede europea della richiesta di adozione di sanzioni dirette nei confronti del governo israeliano di Netanyahu, nonché di sanzioni commerciali ed economiche nei confronti di Israele, anche tramite la sospensione dell'Accordo di associazione Unione europea-Israele, considerato il mancato rispetto reiterato dell'articolo 2 che regola le relazioni tra le parti fondandole sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, nonché considerata la decisione della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024 e i mandati d'arresto per Netanyahu e Gallant della Corte penale internazionale;

8) a farsi promotore in sede europea della previsione di sanzioni mirate contro i coloni israeliani estremisti in Cisgiordania, comprese le organizzazioni e le società ad essi connesse direttamente ed indirettamente, in forza dell'ostacolo che rappresentano nell'ambito di un auspicabile processo di pace nonché considerata la decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 19 luglio 2024, e le risoluzioni approvate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 settembre 2024 e il 4 dicembre 2024;

9) ad intraprendere opportune iniziative volte a garantire la sicurezza dei militari italiani impegnati nella operazione di peace-keeping Unfil anche alla luce dei recenti ed inaccettabili attacchi israeliani contro il contingente Onu.
(1-00375) «Riccardo Ricciardi, Francesco Silvestri, Baldino, Lomuti, Pellegrini, Ascari, Auriemma, Carotenuto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SARRACINO, FORNARO, UBALDO PAGANO, TONI RICCIARDI e DE LUCA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il 14 novembre 2024 la Corte costituzionale ha emesso un corposo comunicato nel quale sintetizzava i rilievi di costituzionalità che aveva ravvisato nella disamina della legge n. 86 del 2024 sulla cosiddetta autonomia differenziata;

   durante il dibattito parlamentare tenutosi alla Camera dei deputati il 19 novembre 2024, diverse forze politiche, tra cui gli interroganti, avevano sottolineato come l'opera sin qui svolta dall'attuale Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Clep) fosse del tutto illegittima, specie in un quadro di indeterminatezza della delega legislativa, che aveva portato il Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni alla scelta di criteri per la determinazione dei fabbisogni standard quali il clima, il costo della vita e gli aspetti sociodemografici della popolazione residente, che – in assenza di puntuali indicazioni da parte del Parlamento – avrebbero portato a riconoscere ai cittadini diritti e opportunità fondamentali solo in funzione del luogo in cui si è nati;

   tutte le forze di opposizione hanno chiesto in tale occasione l'immediata sospensione di ogni attività del Comitato per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritti civili e sociali e di non tenere conto delle relazioni prodotte, in particolare in ordine alla procedura di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei criteri ad essa propedeutici ivi individuati;

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni dal 14 novembre 2024 avrebbe invece continuato i suoi lavori con l'obiettivo di estendere la ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni alle materie non oggetto di differenziazione e a specificare il metodo per calcolare i fabbisogni finanziari, preparando un rapporto che il Comitato avrebbe discusso il 29 novembre 2024 e che si accingerebbe a divulgare in tempi record, fissando al 18 dicembre 2024 la data definitiva per il completamento dei lavori;

   con la sentenza n. 192 del 2024, pubblicata il 3 dicembre 2024, la Corte ha sancito l'illegittimità dell'articolo 1, comma 792, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023), che costituisce e determina i poteri del Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, facendo così venir meno ogni fondamento normativo della costituzione e dei poteri dello stesso Comitato;

   dalla pubblicazione della sentenza, quindi, questo organismo è senz'altro, in sostanza, da ritenersi estinto, mentre, con riferimento alle attività già svolte e ai documenti resi, la Corte ha affermato che essi sono da intendersi come «lavoro istruttorio e ricognitivo» –:

   quali iniziative urgenti intendano adottare per sancire, anche sul piano formale, l'avvenuta estinzione del Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e considerare l'illegittimità di ogni ulteriore attività dalla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024.
(5-03212)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI, MACCANTI, BOF, DARA e CENTEMERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dal 4 dicembre 2024 è possibile attivare il cosiddetto portafoglio digitale, nell'app Io. I primi documenti sono patente, tessera sanitaria e carta della disabilità, che così per la prima volta possono essere inseriti in versione digitale sul proprio smartphone con lo stesso valore dei documenti cartacei;

   il portafoglio digitale o It-Wallet come dianzi esposto è integrato nell'app Io. Si tratta di una iniziativa parte di un progetto più ampio, italiano ed europeo, per digitalizzare e semplificare l'accesso ai servizi pubblici e privati, facilitare la verifica dell'identità digitale e delle credenziali, consentire l'uso di documenti digitali al posto di quelli fisici;

   i documenti salvati nel portafoglio digitale hanno validità legale e possono essere utilizzati in specifiche situazioni, come ad esempio mostrare la patente di guida alle forze dell'ordine durante i controlli o agli imbarchi aeroportuali. È anche possibile accedere ai servizi del sistema sanitario nazionale con la tessera sanitaria. Come noto, i documenti digitali non sostituiscono completamente le versioni fisiche: è necessario avere anche le copie cartacee valide per poterli caricare sull'app;

   nel 2025 il portafoglio digitale permetterà l'accesso anche a servizi online e integrerà altri documenti come la carta d'identità, titoli di appartenenza ad albi professionali, certificati e attestazioni della pubblica amministrazione, documenti anagrafici, elettorali, scolastici. E potrà anche essere portatore di biglietti, tessere o abbonamenti vari;

   nel 2026, è prevista invece l'integrazione con il Eudi Wallet, il sistema di identificazione digitale europeo, così da poter usare il portafoglio digitale in tutta l'Europa;

   come noto, per quanto riguarda il fascicolo sanitario elettronico di un minore l'accesso al documento è consentito al genitore o a chi ne esercita la potestà genitoriale;

   a parere degli interroganti tali possibilità dovrebbero essere estese anche alle funzionalità del nuovo portafoglio digitale –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda porre in essere al fine di consentire ai genitori che esercitano la responsabilità genitoriale di figli minorenni di poter accedere al loro portafoglio digitale.
(4-03937)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FORMENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia ospita dal 1966 il Nato Defense College (Ndc), il collegio internazionale dei Paesi dell'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, frequentato da militari e da civili provenienti anche dai Paesi partner dell'alleanza;

   nel 2016, il Ndc ha celebrato il cinquantesimo anniversario della sua presenza a Roma, con l'intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella;

   nell'ambito della guida strategica emanata dal Consiglio Atlantico, il Ndc svolge attività di istruzione e di ricerca volte a favorire lo sviluppo di un pensiero critico e strategico ed a formare capacità di costruzione del consenso multinazionale;

   i corsi di studio del Ndc si articolano in diversi livelli a seconda del grado ovvero della posizione di carriera dei partecipanti, al fine di migliorare la comprensione reciproca dei problemi di sicurezza e degli interessi della capacità della Nato;

   è di grande interesse per la politica estera italiana avere a Roma la sede di un'istituzione formativa in cui confluiscono qualificate rappresentanze militari e diplomatiche di Paesi alleati e partner;

   i temi di studio trattati e i metodi praticati presso il Ndc potrebbero arricchire la cultura delle relazioni internazionali e della sicurezza diffusa in Italia;

   la delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della Nato ha visitato il Ndc nel mese di ottobre 2024 ed è stata ricevuta dal suo comandante, generale Max Nielsen –:

   quali iniziative il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale intenda promuovere al fine di rafforzare la collaborazione con il Ndc, avvalersi ulteriormente della sua funzione per la formazione dei diplomatici e inserirne la comunicazione nelle attività rientranti nella diplomazia pubblica.
(5-03214)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta scritta:


   BENZONI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la filiera del pomodoro costituisce un pilastro fondamentale dell'agroalimentare italiano, non solo in termini di rilevanza economica, ma anche come simbolo della qualità e dell'autenticità del made in Italy, valori che rappresentano un marchio di eccellenza riconosciuto in tutto il mondo;

   negli ultimi anni, i produttori italiani si sono trovati a fronteggiare una crescente pressione competitiva dovuta all'importazione di pomodoro concentrato dalla Cina, il cui prezzo molto inferiore è spesso reso possibile da costi di produzione non comparabili con quelli italiani, oltre che da standard qualitativi meno rigorosi;

   tale dinamica rischia di compromettere gravemente il tessuto produttivo nazionale, che si distingue per l'attenzione alla qualità, alla sostenibilità e alla tutela delle tradizioni, oltre a porre un problema di trasparenza verso i consumatori, sempre più attenti all'origine e alla genuinità dei prodotti;

   recentemente, il gruppo Mutti e l'Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali hanno sollevato con forza il tema della concorrenza sleale, denunciando come l'importazione massiva di pomodoro cinese non solo eroda le quote di mercato delle aziende italiane, ma metta anche a rischio la «dignità» del sistema produttivo nazionale;

   a complicare ulteriormente la situazione, un'inchiesta della Bbc ha rivelato che alcune aziende italiane, tra cui il gruppo Petti, avrebbero utilizzato pomodoro proveniente dalla regione cinese dello Xinjiang, nota per le sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti della minoranza uigura, ponendo una questione etica di grande rilevanza;

   stando a quanto dichiarato dallo stesso gruppo Petti, l'azienda livornese avrebbe sospeso i rapporti con uno dei fornitori coinvolti; tuttavia, persistono dubbi su eventuali connessioni con altri fornitori cinesi che potrebbero operare in condizioni analoghe, aggravando il rischio di compromettere ulteriormente la reputazione del made in Italy;

   la tutela del made in Italy, della sovranità alimentare e dei diritti umani rappresentano priorità strategiche per il nostro Paese e richiedono interventi decisi, sia a livello nazionale che europeo, per garantire la qualità e la trasparenza della filiera produttiva, proteggere i consumatori e valorizzare le eccellenze italiane –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di rafforzare i controlli sulle importazioni di prodotti agroalimentari, con particolare riferimento al pomodoro concentrato proveniente dalla Cina, e per verificare il rispetto degli standard qualitativi e delle norme di sicurezza alimentare lungo la filiera, dal produttore al consumatore, anche attingendo alle ultime tecnologie per le verifiche di tracciabilità, inclusa quella molecolare;

   se non intenda, in tale ambito, valutare di promuovere in sede europea misure per l'introduzione di dazi o altre forme di protezione commerciale sui prodotti agroalimentari che non rispettano i requisiti minimi di qualità o che risultino collegati a situazioni di violazioni dei diritti umani, nonché per supportare i produttori italiani di pomodoro nella loro capacità di competere sul mercato globale, preservando al contempo la qualità e l'etica del sistema produttivo nazionale.
(4-03935)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FURGIUELE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il recente via libera al progetto di Piano Stralcio di bacino del distretto idrografico dell'Appennino meridionale, per la mitigazione del rischio alluvioni in Calabria, sta suscitando forti perplessità tra gli amministratori del territorio del nord-est della Calabria;

   il piano, approvato dalla Conferenza istituzionale permanente (Cip) e basato su studi condotti in collaborazione con le Università della Calabria e Federico II di Napoli, introduce nuove mappe di pericolosità e rischio idraulico, interessando circa il 15 per cento del territorio regionale e quasi il 50 per cento del territorio della Sibaritide;

   nel territorio della Sibartide ed in modo particolare di Corigliano Rossano tale mappe riportano in gran parte del paese un livello di pericolosità che varia tra il P3 – alta pericolosità – e il P2 – media pericolosità – ciò significa che secondo queste carte elaborate dall'Autorità di Bacino in queste aree non si può più fare nulla, né strade, né ospedali, né attività di qualsiasi sviluppo che contemplino l'uso e il progresso di un territorio, quasi nemmeno le trasformazioni agricole;

   resta da capire se questo vincolo è stato veramente frutto di un nuovo studio idrogeologico, idraulico e morfologico del territorio preso atto che la base planimetrica su cui sono stati apposti i vincoli risultano particolarmente datate con rappresentazioni di zone che risultano totalmente diverse dalla realtà per mancato aggiornamento;

   basti pensare che in molte zone della città, ormai urbanizzate, dove sono già in atto o in fase di esecuzione opere di urbanizzazione primarie tra cui raccolte d'acqua, piani di lottizzazione e sistemazioni, dove non si sono mai percepiti eventi alluvionali significativi, ma soprattutto in aree dove fino al mese di novembre 2024 era possibile far progredire e crescere la città oggi ci si trova un vincolo idrologico, a giudizio dell'interrogante, eccessivamente restrittivo e quasi asfissiante che uccide lo sviluppo sociale ed economico di una città;

   persino costruendo il nuovo ospedale della Sibaritide (opera pubblica in capo alla regione Calabria) si trova in una situazione «border line», chiuso, stretto tra una rete di vincoli idrogeologici di pericolosità media e alta che ne impedirebbero attorno qualsiasi altro e nuovo sviluppo;

   l'apposizione di tali vincoli in aree e ambiti già urbanizzati, a parere dell'interrogante, alla fine non mette al sicuro coloro i quali hanno già realizzato opere e fabbricati e li abitano, ma penalizza esclusivamente coloro i quali, per motivazioni diverse, il più delle volte di carattere economico, hanno rinviato nel tempo l'esecuzione di un determinato progetto di sviluppo e oggi si trovano privati dell'esercizio dei diritti connessi alla proprietà di un bene, creando un enorme disparità con chi ha realizzato opere nel recente passato –:

   se il Ministro interrogato non intenda vigilare sull'approvazione definitiva e sull'attuazione del suddetto Piano Stralcio di bacino del distretto idrografico dell'Appennino meridionale anche adoperandosi, per quanto di competenza, per evitare limiti troppo stringenti per lo sviluppo dei territori interessati.
(4-03932)


   VINCI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la realizzazione di impianti energetici alternativi, in particolare ci si riferisce ai sistemi agrivoltaici, deve soggiacere agli interessi di carattere generale fra i quali quelli relativi alla tutela ambientale, paesaggistica, e di programmazione urbanistica, soprattutto al fine di scongiurare collocazioni selvagge e distruttive dei valori identitari del territorio. Tali principi sono stati meglio riaffermati dal T.a.r. Puglia, Lecce, Sez. III 9 febbraio 2023, n. 200;

   nel 2001 approvando il testo originario della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, si è considerato il fatto che la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili e le risorse di biodiversità dovessero essere entrambe salvaguardate dedicando un'attenzione particolare a settori esplicitamente designati per la tutela della biodiversità, dei paesaggi e degli specifici elementi naturali, tra cui i sistemi rurali di particolare valore storico, culturale e reputazionale;

   si è acceso un vivace dibattito, a volte eccessivo, a causa dell'installazione di ampie aree di pannelli fotovoltaici su superfici agricole coltivate, con la conseguenza, a giudizio dell'interrogante, di snaturare irrimediabilmente gli originari paesaggi rurali di interi territori anche quando gli impianti posseggono le caratteristiche di ammissibilità previste dalla normativa dedicata come nel caso degli impianti agrivoltaici, o agro-fotovoltaici, disciplinati dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 199 del 2021;

   le criticità si registrano specialmente nelle aree rurali tradizionali del nostro Paese appartenenti a piccoli comuni a grande vocazione agricola ed agroalimentare tipica e tradizionale;

   un caso attuale ed emblematico riguarda la proposta di realizzazione di un progetto agrivoltaico localizzato nel comune di Sant'Ilario d'Enza (Reggio Emilia) denominato «Progetto per la realizzazione e l'esercizio di un impianto agrivoltaico innovativo e delle opere connesse denominato "Giambattista", della potenza complessiva di 80,0072 Mwp». Le aree occupate dall'impianto dovrebbero essere dislocate su una superficie complessiva di circa 175,121 ettari lordi così suddivisa: 81,876 ettari – area adibita alla produzione di energia elettrica e all'attività agricola; 1,550 ettari – area adibita alla piantumazione delle piante di mitigazione visiva; 69,074 ettari – area adibita ad uso prettamente agricolo; 22,621 ettari – area composte da viabilità agricola, zone ripariali, alberatura e casola;

   la principale perplessità del progetto è relativa alla notevole estensione territoriale rispetto alla dimensione del comune di Sant'Ilario d'Enza che ha una superficie di 20,23 chilometri quadrati: l'impianto occuperebbe ben il 4 per cento dell'intero territorio comunale, senza tenere conto che nello stesso comune sono in via di realizzazione almeno altri due impianti fotovoltaici su aree agricole;

   si ricorda la necessità di garantire anche la tutela delle produzioni agroalimentari di pregio e tutelate, tipiche del contesto rurale del comune di Sant'Ilario d'Enza, notando che il progetto ricade all'interno dell'areale di produzione del formaggio Dop Parmigiano Reggiano con colture foraggere compatibili con il regolamento di alimentazione delle bovine, come riportato dal Disciplinare di produzione Dop Parmigiano Reggiano;

   il progetto citato è ancora in fase di esame e di valutazione anche con il coinvolgimento della Commissione tecnica PNRR-PNIEC nell'ambito del previsto procedimento di Via, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006 –:

   se ritengano opportuno e necessario, per quanto di competenza, valutare l'opportunità di effettuare un eventuale approfondimento relativo alla realizzazione dell'impianto agrivoltaico previsto nel comune di Sant'Ilario d'Enza (Reggio Emilia) di cui in premessa, al fine di individuare alternative progettuali in termini localizzativi e, soprattutto, dimensionali oltre che tecnologici, considerando con particolare attenzione il forte impatto paesaggistico causato dalla realizzazione dell'impianto fotovoltaico in un contesto paesistico di particolare valore come ambito agricolo di grande rilievo rurale nonché come struttura insediativa territoriale storica non urbana.
(4-03938)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   GHIRRA, LAI e FENU. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'isolamento geografico della Sardegna costituisce una condizione di svantaggio strutturale permanente, con forti impatti dal punto di vista economico e sociale che ne condiziona da sempre lo sviluppo;

   l'Istituto Bruno Leoni, in uno studio condotto nel 2020, ha stimato in circa 5.700 euro la perdita di Pil pro capite annuo per la Sardegna, che corrisponde a circa 9,4 miliardi di euro di minore prodotto annuo;

   le rivendicazioni della regione per una compensazione dei costi dell'insularità hanno trovato attenzione da parte del Governo nazionale con l'accordo di finanza pubblica del 7 novembre 2019, dove è stata prevista l'istituzione di un tavolo tecnico-politico per la definizione degli strumenti compensativi più idonei alla rimozione/mitigazione degli svantaggi patiti da chi vive e lavora nell'Isola;

   nelle more dell'attivazione del suddetto tavolo, l'accordo in materia di finanza pubblica del dicembre 2021 con il Governo, ha riconosciuto una prima compensazione finanziaria dei costi dell'insularità, assegnando alla Sardegna 66,6 milioni per l'anno 2021 e 100 milioni annui a decorrere dal 2022;

   queste somme ristorano solo in parte gli extra costi permanenti che i cittadini e le imprese sostengono a causa dell'insularità e vanno intese per l'amministrazione regionale come prima misura di un pacchetto di interventi per il riequilibrio dei divari esistenti (investimenti per la perequazione infrastrutturale, risorse finanziarie di parte corrente, fiscalità di vantaggio, e altro), che dovranno essere definiti all'esito dei lavori dell'apposito tavolo tecnico-politico;

   il tavolo, avviato nel mese di febbraio del 2022, si è riunito solo tre volte (le due successive riunioni si sono tenute l'8 e il 15 marzo 2022), nel corso delle quali l'attenzione è stata rivolta principalmente al tema del ritardo nella dotazione di infrastrutture della regione e delle politiche di perequazione necessarie ai sensi di quanto previsto al comma 1-bis dell'articolo 22 della legge n. 42 del 2009 (comma successivamente abrogato dall'articolo 11 del decreto-legge n. 60 del 2024);

   la prima fase dei lavori del tavolo si era conclusa nel maggio 2022 con il formale trasferimento, da parte dell'allora Sottosegretaria all'economia Sartore, ai Ministeri interessati (Ministero per il Sud e Ministero per gli affari regionali) del dossier prodotto relativo al gap infrastrutturale esistente e agli investimenti necessari a garantire alla Sardegna livelli essenziali di infrastrutturazione;

   come concordato, il tavolo avrebbe dovuto proseguire i suoi lavori con un'interlocuzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la regione Sardegna sul tema degli extra costi permanenti che i cittadini e le imprese sarde sostengono a causa della condizione di insularità, anche al fine di una quantificazione della spesa di parte corrente necessaria a compensare tali svantaggi, alcuni dei quali (segnatamente quelli nel settore dei trasporti) sono legati specificamente alla discontinuità territoriale della regione rispetto alla penisola e permarranno comunque anche dopo gli interventi di perequazione infrastrutturale;

   nonostante le sollecitazioni della regione per la ripresa dei lavori, anche a seguito dell'inserimento del principio di insularità in Costituzione, il tavolo insularità non è stato più riconvocato;

   anche la neopresidente della regione, Todde, ha recentemente scritto alla Presidente del Consiglio Meloni e ai Ministri competenti, Giorgetti e Calderoli, una lettera per chiedere la riapertura di un tavolo di confronto sui temi più urgenti, a partire dal dossier insularità;

   nel nuovo accordo di finanza pubblica tra il Governo e la regione Sardegna del 20 ottobre 2024 le parti hanno concordato di riconvocare il tavolo congiunto per la definizione delle misure compensative dei costi dell'insularità, in ottemperanza ai princìpi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 6 del 2019 –:

   per quando sia prevista la convocazione del tavolo tecnico-politico per la definizione degli strumenti compensativi più idonei alla rimozione/mitigazione degli svantaggi patiti da chi vive e lavora in Sardegna.
(4-03931)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta scritta:


   FASSINO, PELUFFO e SCARPA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la filiale italiana della società Dfs controllata da gruppo Lvmh, uno dei principali attori nel fashion a livello mondiale (include Vuitton, Loro Piana e decine di altre case di alta gamma), ha annunciato, a partire dal luglio 2025, la chiusura del centro commerciale Fondaco dei Tedeschi in Venezia;

   la annunciata chiusura investe il posto di lavoro di 226 dipendenti a cui aggiungere i lavoratori di appalti e settori indotti per un totale oltre 300 lavoratrici e lavoratori;

   il Fondaco dei Tedeschi ristrutturato nel 2016 è uno degli edifici storici di Venezia, risalendo la sua fondazione al 1200, meta costante di consistenti flussi turistici anche per il suo valore storico e la sua collocazione a pochi passi dal Ponte di Rialto;

   la cessazione di attività del Fondaco rappresenterebbe la perdita di competenze e professionalità essenziali per la qualità del settore commerciale veneziano –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per scongiurare una chiusura che metterebbe a rischio il posto di lavoro di oltre 300 lavoratrici e lavoratori e rappresenterebbe un impoverimento del comparto commerciale di alta gamma nel settore della moda e del fashion.
(4-03933)


   BALDELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   al fine di garantire la salvaguardia di livelli occupazionali e produzione industriale negli stabilimenti italiani di Indesit Company, l'interrogante – con atto di sindacato ispettivo n. 4-00927 presentato il 2 maggio 2023 nella seduta della Camera dei deputati n. 95 – aveva già interrogato il Ministero delle imprese e del made in Italy in merito alle sorti della suddetta società, anche a seguito del preannunciato accordo per la nascita di una newco costituita al 75 per cento dall'azienda turca Arcelik e al restante 25 per cento dalla multinazionale statunitense Whirlpool;

   in particolare, con la citata interrogazione – anche per la mancanza di chiarezza sulle strategie industriali di Arcelik – si era sottolineata la preoccupazione sulla sorte di centinaia di famiglie di lavoratori coinvolte;

   in risposta all'atto ispettivo citato il Ministero delle imprese e del made in Italy aveva dato riscontro, nell'allegato B della seduta della Camera dei deputati n. 218, riferendo, tra l'altro, che il Governo, consapevole del rischio per l'occupazione e la produzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° maggio 2023 – su proposta del Ministro delle imprese e del made in Italy – ha emanato il provvedimento per l'esercizio del golden power in relazione all'operazione notificata dalle società Ardutch, Beko Europe, Whirpool Emea Holdings, riguardante il conferimento del business Arcelik e del business Whirpool a Beko Europe;

   il provvedimento in questione ha posto prescrizioni specifiche a salvaguardia del patrimonio tecnologico, della produzione e dei livelli occupazionali degli stabilimenti coinvolti, in particolare di quelli di Cassinetta, Comunanza, Fabriano e Siena;

   è stato istituito un tavolo di crisi con il coinvolgimento di tutte le parti interessate, comprese le istituzioni locali;

   per alcuni stabilimenti italiani situati in aree di crisi industriale complessa (Cic), sono stati predisposti strumenti straordinari di incentivazione per favorire investimenti e riqualificazione della forza lavoro;

   nonostante le rassicurazioni fornite medio tempore da Beko Europe, quest'ultima ha recentemente annunciato un piano industriale che prevede 1.935 esuberi su tutto il territorio italiano, con gravi conseguenze per l'occupazione, il tessuto industriale e l'indotto;

   in particolare, nella regione Marche, i posti di lavoro che andranno persi saranno 750 e riguarderanno: la chiusura dello stabilimento di Comunanza (Ascoli Piceno), la chiusura del centro di ricerca e sviluppo di Fabriano (Ancona), significativi esuberi presso lo stabilimento di Melano (Ancona), gravi ripercussioni sull'indotto, che aggraveranno le critiche condizioni economiche e sociali di un territorio già fragile e che sta scontando la crisi del gruppo Merloni nonché la più recente crisi delle cartiere del gruppo Fedrigoni;

   la decisione di Beko viene motivata, dalla stessa società, con la presunta «insostenibilità economica nel lungo periodo», sollevando il sospetto di una strategia predatoria volta a sfruttare il know-how, il mercato e gli eventuali incentivi pubblici per poi dismettere gli impianti produttivi e abbandonare i lavoratori;

   la decisione peraltro irrompe dopo 12 anni di cassa integrazione per i lavoratori Whirlpool, nonché di risorse pubbliche investite dallo Stato per sostenere occupazione e rilancio delle aree colpite;

   il Governo, attraverso le dichiarazioni del Sottosegretario Fausta Bergamotto, ha già espresso la propria contrarietà al piano di Beko, ribadendo l'intenzione di esercitare il golden power qualora l'azienda non presenti soluzioni condivise e sostenibili;

   anche il Presidente della regione Marche, Francesco Acquaroli, si è espresso con fermezza, definendo il piano «irricevibile e insostenibile» –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per affrontare la grave crisi occupazionale e produttiva derivante dalle decisioni di Beko Europe e, come il golden power possa essere proficuamente esercitato per la salvaguardia dei lavoratori e della produzione.
(4-03936)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CURTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il 31 luglio 2024 è stato presentato il progetto per la ricostruzione del ponte Garibaldi sul fiume Misa a Senigallia, danneggiato dall'alluvione del 15 settembre 2022. Il progetto, in cui Anas è soggetto attuatore, prevede un ponte sopraelevato ad arco, accompagnato da rampe di accesso di dimensioni significative, che si inserisce, a parere dell'interrogante, in modo dissonante nel contesto del centro storico della città;

   le caratteristiche strutturali e dimensionali del nuovo ponte risultano oggettivamente fuori scala rispetto al patrimonio storico-architettonico circostante. Inoltre, l'elevazione del ponte e le rampe previste alterano in maniera irreversibile l'equilibrio visivo del paesaggio urbano, compromettendo la prospettiva storica lungo via Cavallotti e l'asse originario con Porta Mazzini. Il progetto, sempre a giudizio dell'interrogante, introduce inoltre un contrasto stridente tra il ponte moderno e i portici Ercolani, il Foro Annonario e gli edifici limitrofi, che rappresentano testimonianze architettoniche eccellenti della seconda metà del Settecento;

   sul piano della viabilità, è necessario rimarcare come il progetto comporterà ulteriori complessità: la chiusura al traffico di via Rossini, dal Lavatoio «Il Coppo» all'incrocio con via Montenero, aggraverà infatti il congestionamento cittadino, senza offrire soluzioni adeguate per mitigare il caos urbano che inevitabilmente ne deriverà;

   il progetto sembra trascurare il necessario equilibrio tra sicurezza infrastrutturale e tutela dell'immagine storica della città. Nonostante la priorità attribuita all'aspetto della sicurezza, esistono tecnologie e approcci culturali che consentirebbero di coniugare protezione del territorio e rispetto per il tessuto storico-architettonico. Appare dunque necessario affrontare la questione in modo articolato e multidisciplinare, considerando interventi a monte e alternative progettuali più congrue al contesto urbano;

   in data 13 agosto 2024 è stata promossa una petizione online sulla piattaforma Charge.org contro il progetto del nuovo ponte. La petizione, a cura di Italia Nostra (Sezione di Senigallia), Gruppo società ambiente (Gsa), Associazione Confluenze – Cultura, Ambiente e Società, Archeoclub d'Italia (sezione di Senigallia) e Amici della foce del fiume Cesano, ha riscosso un ampio consenso popolare, lambendo ad oggi la soglia delle 8.500 firme. Tale iniziativa testimonia la forte preoccupazione delle comunità locali e delle associazioni attive nella tutela del patrimonio culturale e ambientale, che si oppongono a una soluzione che nei fatti viene percepita come un'imposizione;

   non risulta infatti che l'Amministrazione comunale abbia promosso un adeguato confronto con la cittadinanza, né attraverso strumenti partecipativi come il referendum consultivo, previsto dallo statuto comunale, né mediante tavoli di lavoro con esperti e professionisti. Tale carenza di dialogo si traduce in una decisione calata dall'alto, non sostenuta da un dibattito pubblico che risulterebbe al contrario necessario al fine di esplorare soluzioni alternative –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare affinché il progetto del nuovo Ponte Garibaldi rispetti il contesto storico e architettonico della città di Senigallia, preservandone l'immagine e l'equilibrio paesaggistico, e affinché sia favorito un confronto pubblico, includendo il coinvolgimento diretto della cittadinanza, degli esperti del settore e delle autorità di tutela.
(5-03215)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta scritta:


   MADIA e MANZI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 luglio 2024 è stata emanata la circolare recante «Disposizioni in merito all'uso degli smartphone e del registro elettronico nel primo ciclo di istruzione — A.S. 2024-2025»;

   suddetta circolare fa seguito alla nota n. 107190 del 19 dicembre 2022, volta a regolare l'utilizzo degli smartphone e di analoghi dispositivi elettronici nelle istituzioni scolastiche, per fornire alle scuole dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione ulteriori indicazioni finalizzate a introdurre il divieto dell'uso degli smartphone per lo svolgimento delle attività educative e didattiche, in vista dell'avvio dell'anno scolastico 2024/2025;

   importanti studi internazionali hanno rilevato la diretta correlazione fra l'uso del cellulare in classe, anche a scopo educativo e didattico, e il livello degli apprendimenti degli alunni;

   come rilevato da una recente ricerca di Milano-Bicocca e Supsi sui dati Invalsi, l'uso intensivo e precoce degli smartphone nei minori non favorisce l'apprendimento, anzi, riduce le performance scolastiche di una parte consistente della popolazione studentesca;

   uno studio condotto da Pisa (Programme for International Student Assessment), che ha esaminato le competenze in matematica, lettura e scienze dei quindicenni a livello internazionale, ha rivelato dati preoccupanti per l'Italia. Nel nostro Paese, quasi il 38 per cento degli studenti ammette di essere distratto dal proprio cellulare durante le lezioni, mentre il 29 per cento si dice disturbato dall'uso che ne fanno i compagni. Questi numeri superano la media Ocse, attestata rispettivamente al 30 per cento e al 25 per cento;

   l'impatto di queste distrazioni si riflette direttamente sulle prestazioni accademiche. Gli studenti italiani che riescono a tenere sotto controllo l'uso del cellulare ottengono risultati in matematica superiori di 11 punti rispetto ai loro coetanei che ne fanno un uso maggiore. La differenza sale addirittura a 17 punti quando si considera l'effetto delle distrazioni causate dai compagni di classe;

   ulteriori studi rilevano come l'uso continuo, spesso senza limiti, degli smartphone fin dall'infanzia e nella preadolescenza incida negativamente sul naturale sviluppo cognitivo determinando, tra l'altro, perdita di concentrazione e di memoria, diminuzione della capacità dialettica, di spirito critico e di adattabilità;

   in tal senso, il Ministero interrogato ha inteso disporre il divieto di utilizzo in classe del telefono cellulare, anche a fini educativi e didattici, per gli alunni dalla scuola d'infanzia fino alla secondaria di primo grado, salvo i casi in cui lo stesso sia previsto dal Piano educativo individualizzato o dal Piano didattico personalizzato, come supporto rispettivamente agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento ovvero per documentate e oggettive condizioni personali;

   le istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione sono state, pertanto, chiamate ad aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa, anche prevedendo, nella scuola secondaria di primo grado, specifiche sanzioni disciplinari per gli alunni che dovessero contravvenire al divieto di utilizzo in classe dello smartphone –:

   se sia stato effettuato un monitoraggio di tale iniziativa e, in caso negativo, se non si intenda realizzarlo, dando diffusione degli esiti al fine di valutare l'impatto della regolamentazione dell'utilizzo di smartphone e dispositivi elettronici sugli apprendimenti e se non ritenga altresì necessario sostenere le scuole ad essere smart telephone free attraverso la realizzazione di spazi (armadietti) per depositarli.
(4-03934)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VACCARI, FORATTINI, MARINO, ROMEO, ANDREA ROSSI, SCOTTO e GUERRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo», sono state introdotte norme per garantire una maggiore efficacia all'azione di prevenzione e contrasto, prevedendo la repressione penale del caporalato e la tutela delle vittime e dei lavoratori agricoli;

   nonostante la suddetta norma e le diverse iniziative che in alcuni contesti le istituzioni hanno svolto per chiudere i «ghetti» e i campi per lo più controllati dalla criminalità organizzata, il lavoro irregolare in agricoltura continua a crescere esponenzialmente;

   come si legge nel VII Rapporto agromafie e caporalato dell'osservatorio «Placido Rizzotto» della Flai Cgil, il caporalato continua ad essere un fenomeno diffuso in tutta Italia, con tassi di irregolarità degli occupati che superano il 30 per cento. Un esercito di 200 mila irregolari sparsi tra le campagne di tutta Italia, dalla Calabria al Trentino-Alto Adige;

   dietro a quei numeri come denuncia il sindacato c'è di tutto: dagli invisibili senza permesso di soggiorno e senza contratto fino ai lavoratori che un contratto ce l'hanno ma che copre soltanto una minima parte delle ore effettivamente lavorate nei campi;

   su un totale di 3.529 controlli nel settore agricolo conclusi dall'ispettorato nazionale del lavoro lo scorso anno, le aziende irregolari sono risultate il 59 per cento. A fronte di un aumento del 140 per cento delle ispezioni nel 2023 gli arresti sono cresciuti dell'80 per cento e il numero dei reati e degli illeciti amministrativi del 153 per cento. In Basilicata sono stati contati oltre 109 mila lavoratori sottoposti a forme diverse di sfruttamento, di cui 5 mila irregolari residenti e circa 5-7 mila tra avventizi e pendolari. Nelle province di Trento e Bolzano si stimano più di 6 mila lavoratori irregolari, concentrato nell'agricoltura e nel settore della carne. In Piemonte oscillano tra gli 8 mila e i 10 mila. Sul territorio crotonese il numero è compreso tra gli 11 mila e i 12 mila, di cui 4-5 mila sono stranieri –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per un'applicazione completa della legge n. 199 del 2016;

   quali azioni specifiche si intendano rappresentare al tavolo per il caporalato in considerazione della perdurante gravità del fenomeno del lavoro sommerso in agricoltura, quali risultati il piano aggiornato per la lotta al lavoro sommerso abbia ottenuto, e se e in quali tempi intenda riferire in merito;

   quali urgenti iniziative intenda intraprendere per far promuovere l'adesione delle imprese alla rete del lavoro agricolo di qualità;

   se non ritenga di favorire ogni iniziativa utile volta a prevedere una programmazione dei flussi adeguata, anche attraverso quote aggiuntive dei lavoratori, che comunque tenga conto delle esigenze espresse anche dalle organizzazioni datoriali con riferimento al settore agricolo.
(5-03213)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta orale Scerra n. 3-01603, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 392 del 4 dicembre 2024.

   SCERRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da anni ormai pediatri e psichiatri italiani stanno evidenziando i rischi prodotti dall'utilizzo sempre più frequente di cellulari/smartphone e videogiochi da parte di minori di fascia di età sempre più giovane;

   l'uso smodato e precoce di queste apparecchiature, è dimostrato ormai dalla comunità scientifica, può portare a disturbi dell'apprendimento e di natura sanitaria, oltre a diventare veicolo di immagini e contenuti non adatti e comunque fuorvianti per un pubblico minorenne;

   gli effetti dell'uso ossessivo di tali dispositivi possono degenerare in una vera e propria patologia, quale la nomofobia, conosciuta anche come sindrome da disconnessione. Questa malattia sta ad indicare la cosiddetta dipendenza da smartphone, che colpisce un'ampia fetta di popolazione mondiale, di età differente, con specifici sintomi fisici ed emotivi. Tra questi ansia, perdita della concentrazione, riduzione della capacità di apprendimento, ritardi nello sviluppo del linguaggio, disturbi del sonno, alterazioni dell'umore, sino ad episodi di aggressività ingiustificata e minori relazioni sociali con i coetanei. Quelli citati sono solo alcuni degli effetti provocati sullo sviluppo psichico del bambino, a cui poi si aggiungono altri di natura sanitaria: quali problemi posturali legati all'eccessivo utilizzo di tali dispositivi, tremori, tachicardia, paura. L'esposizione a tablet e smartphone può interferire anche con l'udito e con la vista, causando a volte solo il disturbo di secchezza oculare, altre addirittura strabismo. Le onde radio possono penetrare in profondità all'interno del cervello, comportando per un soggetto ancora in fase di sviluppo conseguenze significative;

   a livello psicologico, altre conseguenze denunciate da esperti psicologi e sociologi sono la dipendenza paragonabile a quella del gioco d'azzardo e la depressione che, in alcuni casi, può portare addirittura a gestire stremi, come al suicidio;

   nel 2018 già la Società italiana di pediatria si era espressa con un documento ufficiale sull'uso dei media device (cellulare, smartphone, tablet, pc eccetera) nei bambini da 0 a 8 anni di età, diramando alcune linee guida e indicando come rapportarsi con i figli già in tenera età in merito. Le linee guida prevedono già delle regole di utilizzo, sancendone il divieto prima dei due anni;

   il tema, visto il quadro delineato, merita una grande attenzione dei decisori politici, proprio perché a rischio è la crescita serena delle nuove generazioni che rappresentano il futuro di questo Paese. In generale sembra che l'ingresso molto pervasivo nella vita dei giovani dei device e dei social in tutto il mondo occidentale, stando alle analisi diversi studiosi (tra cui lo psicologo J. Haidt, peraltro autore del libro «La generazione ansiosa») abbia generato una crescita di casi di disagio mentale;

   nell'ottica di affrontare la problematica nel modo più consapevole possibile, risulta fondamentale un approfondimento sui dati che caratterizzano il fenomeno. Nel particolare, sarebbe utile ottenere dall'Istituto superiore della sanità il numero di bambini e ragazzi che hanno riportato patologie psichiche e fisiche a causa dell'abuso dei dispositivi elettronici. Sarebbe dunque importante fare una ricognizione di tutti i casi clinici che il Servizio sanitario nazionale si è trovato a gestire, sia per poter fare una stima dei servizi da erogare a livello medico (e dei relativi costi), sia al fine di promuovere iniziative di prevenzione mirate per affrontare alla radice il problema. Un'azione di prevenzione che deve riguardare più ambiti, non solo sanitario, ma anche di regolamentazione del fenomeno. Sarebbero opportuni infatti interventi che vanno dalla promozione di forme di sensibilizzazione nelle scuole e di comunicazione istituzionale, a iniziative legislative, con l'introduzione di una disciplina più severa sull'età per l'accesso consentito a questi dispositivi e ai social, nonché di regole più stringenti verso chi gestisce le piattaforme digitali –:

   il Ministro interrogato non valuti opportuno, per i fini illustrati in premessa, richiedere all'istituto superiore della sanità una ricognizione sul numero di casi riguardanti i bambini dai 2 anni fino ai ragazzi di 16 anni che hanno presentato disturbi e patologie fisiche e psichiche collegate all'uso precoce e all'abuso di dispositivi elettronici e, allo stesso tempo, il numero dei ricoveri o degli interventi sanitari richiesti ai reparti di Neuropsichiatrie infantile e adolescenziali (NPIA) nella fascia di età fino ai 17 anni dal 2010 a 2024. In particolare, richiedere il numero di utenti per fascia di età, genere dei pazienti, tassi di prevalenza grezza e standardizzata per 100 residenti (0-17 anni), diagnosi.
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