XIX LEGISLATURA
ATTI DI CONTROLLO
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazioni a risposta immediata:
DELLA VEDOVA e MAGI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
la legge 1° dicembre 2023, 172, ha introdotto nel nostro ordinamento il divieto di produzione e commercializzazione della carne coltivata e il divieto di denominazione meat-sounding per le alternative vegetali della carne;
in assenza dei decreti ministeriali ex articolo 3, comma 5, della stessa legge, il divieto di meat sounding per le alternative vegetali resta ad oggi inattuato;
entrambi i divieti sono stati oggetto di forti critiche che ne hanno evidenziato sia i profili di danno per il settore economico e per la ricerca, sia la natura fondamentalmente non necessaria e non proporzionale delle restrizioni, in contrasto con lo stesso principio di precauzione europeo invocato dalla norma a giustificazione della stessa, poiché si propone di proteggere il consumatore da un alimento a cui non è esposto;
la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza C-438/23 del 4 ottobre 2024, relativa ad analogo divieto francese di meat sounding, ha stabilito che «uno Stato membro non può vietare l'uso di termini tradizionalmente associati ai prodotti di origine animale per designare un prodotto contenente proteine vegetali»;
l'articolo 3 della legge n. 172 del 2023 è quindi, ad avviso degli interroganti, in contrasto con il diritto unionale, poiché vieta espressamente proprio quanto escluso dal giudice europeo, ossia: «denominazioni usuali e descrittive riferite alla carne, ad una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne»;
come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (Unilever, 26 settembre 2000), poiché è stata sottoposta alla procedura europea Tris il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, in violazione della direttiva UE 2015/1525, la legge n. 172 del 2023 può essere dichiarata inapplicabile dai tribunali nazionali anche qualora il Governo adottasse delle denominazioni legali per impedire l'uso di denominazioni usuali e descrittive dei prodotti contenenti proteine vegetali;
in materia di divieto di carne coltivata la Commissione europea, analizzando l'analoga proposta di legge ungherese in sede Tris (notifica 2024/0394/HU), ha osservato che «(Il) divieto è (...) ingiustificato, in quanto potrebbe precludere la procedura di autorizzazione armonizzata per i nuovi alimenti a livello di Unione europea, che prevede una valutazione scientifica da parte dell'Efsa»;
i menzionati pronunciamenti della Corte di giustizia dell'Unione europea e della Commissione europea espongono l'Italia al rischio di procedure di infrazione, il cui costo evitabile finirebbe per ricadere per intero sui cittadini contribuenti –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per ripristinare una situazione di rispetto e certezza del diritto, scongiurando ulteriori danni al comparto e ogni onere derivante dal permanere nel nostro ordinamento di una norma inapplicabile e in contrasto con il diritto europeo.
(3-01615)
CASTIGLIONE. – Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Per sapere – premesso che:
il pistacchio di Bronte è uno dei 578 prodotti a denominazione di origine protetta presenti in Italia ed è prodotto nell'areale limitrofo all'Etna dei comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla. Al Consorzio pistacchio verde di Bronte sono iscritti 636 produttori. La produzione si estende per tremila ettari;
nel 2023 la raccolta è stata stimata in circa trentamila quintali. Secondo i dati Istat del 2017 la raccolta giunse a trentaquattromila quintali di pistacchio, toccando il 90 per cento della produzione italiana e il 3 per cento di quella mondiale. La raccolta avviene ogni due anni;
il pistacchio di Bronte nasce nei terreni del vulcano inframmezzati da rocce laviche e questo genera un unicum sul piano della qualità e del gusto. È ritenuto tra i migliori del mondo e il più gustoso; intorno al pistacchio di Bronte sono nate imprese che producono pesto, creme e altri prodotti, in particolar modo per il settore dolciario. Quest'anno il business complessivo dell'oro verde di Bronte è già sui 90 milioni di euro;
il 30 novembre 2024, nella trasmissione «Mi manda Rai Tre», il conduttore e la giornalista hanno veicolato a giudizio dell'interrogante informazioni non veritiere su Bronte e sulla produzione di pistacchio;
la Rai non è nuova a indagini sul pistacchio di Bronte (Farwest: «Il giallo dei pistacchi di Bronte e il rischio truffa» del 19 gennaio 2024, Report del 21 novembre 2016), tutte correttamente concentrate sulla possibilità che siano poste in essere truffe tramite una denominazione di origine falsamente attribuita. In tali casi i produttori e il Consorzio devono ritenersi soggetti danneggiati;
ma nella trasmissione del 30 novembre 2024 è stato affermato che Bronte è una cittadina da meno di 1.000 abitanti (in realtà sono circa 20.000) dove «quasi non si produce più pistacchio». Tali affermazioni non solo risultano palesemente false, ma arrecano anche un grave danno all'immagine della comunità di Bronte e al prestigioso marchio –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro interrogato per tutelare il Dop Consorzio pistacchio verde di Bronte.
(3-01616)
GADDA, FARAONE, DEL BARBA, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. – Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Per sapere – premesso che:
i contratti di filiera rappresentano uno strumento fondamentale per promuovere innovazione e collaborazioni virtuose in grado di garantire equa remunerazione a tutti gli attori della filiera agricola e agroalimentare coinvolti;
nel 2022 è stato pubblicato il V bando dei contratti di filiera, con dotazione di 690 milioni di euro, in virtù del quale sono state presentate circa 300 domande;
la gestione del bando ha sollevato significative criticità procedurali, suscitando le proteste dei partecipanti, che hanno segnalato: incongruenze nei criteri di valutazione adottati per la compilazione della graduatoria provvisoria; limitazioni al diritto di accesso agli atti; una comunicazione inefficace da parte dell'amministrazione. In particolare, quest'ultima ha diffuso informalmente un documento, protocollato il 15 novembre 2023, contenente la graduatoria finale. Sebbene inizialmente la sua veridicità non fosse stata confermata, questa è stata ufficializzata il 12 gennaio 2024 con la pubblicazione sul sito ufficiale;
tali anomalie hanno portato alla presentazione di oltre sessanta ricorsi al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con i quali i ricorrenti hanno impugnato la graduatoria definitiva e l'atto di diniego di accesso agli atti;
a novembre 2024 il Consiglio di Stato ha accolto l'appello dei ricorrenti, annullando il rigetto del tribunale amministrativo regionale e imponendo al Ministero di garantire il pieno accesso agli atti relativi ai primi 39 contratti di filiera;
ad oggi, il tribunale amministrativo regionale non si è pronunciato sui ricorsi per l'annullamento della graduatoria finale perché è stata introdotta, nel mentre, una nuova misura (decreto direttoriale n. 0569071 del 28 ottobre 2024), finanziata con 2 miliardi di euro, con il quale il Governo permetterebbe lo scorrimento della graduatoria già esistente;
il nuovo provvedimento, però, modificando in modo sostanziale i criteri del bando originario ha, di fatto, solo reso inammissibili progettualità già approvate in virtù dei vecchi criteri;
Ismea, relativamente a quest'ultimo provvedimento, ha pubblicato il 6 dicembre 2024 le «Istruzioni operative» per l'applicazione del nuovo bando e nella stessa giornata ha inviato le Pec ad oltre 70 soggetti proponenti (tra la posizione 44 e 116 della graduatoria), concedendo 90 giorni di tempo per la presentazione delle proposte definitive;
da una lettura del documento e dei suoi allegati sembrerebbero confermate le criticità già rilevate nei due decreti precedenti circa i criteri di valutazione dei progetti, nonché i tempi di realizzazione –:
quali azioni intenda adottare il Ministro interrogato per garantire un pieno scorrimento della graduatoria del V bando dei contratti di filiera, così da garantire regole omogenee per tutte le aziende partecipanti e assicurare trasparenza e stabilità nel rispetto dei diritti delle imprese coinvolte.
(3-01617)
LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CARFAGNA, CAVO, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riconosce una competenza concorrente tra l'Unione e gli Stati membri nel settore dell'agricoltura;
sulla base del Trattato citato, i Parlamenti nazionali possono rivolgere ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione un parere motivato in merito alla conformità di un progetto di atto legislativo agricolo con il principio di sussidiarietà;
l'articolo 36 della Costituzione della Repubblica italiana recita: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»;
negli ultimi anni gli addetti del settore agricolo hanno manifestato in diversi Paesi dell'Unione europea il disagio dovuto al calo del numero di aziende attive nel settore, del margine del prezzo di vendita e delle retribuzioni del comparto;
l'anno in corso ha visto una grande mobilitazione di agricoltori, sollecitando nuove iniziative legislative nelle sedi nazionali ed europee in grado di sostenere adeguatamente il settore;
il Parlamento italiano non farà mancare il suo personale contributo sul tema in oggetto, anche a fronte delle sfide che il Paese affronta in molti settori riguardo la produttività, l'innovazione e la retribuzione del lavoro;
il 4 settembre 2024 la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato il rapporto finale del «Dialogo strategico per il futuro dell'agricoltura europea», avviato il 25 gennaio 2024 per individuare e affrontare le sfide e gli obiettivi del settore, tra cui un tenore di vita equo per gli agricoltori e le comunità rurali;
martedì 10 dicembre 2024 la Presidente von der Leyen ha annunciato la prossima presentazione di due iniziative legislative per tutelare il reddito degli agricoltori e il margine di prezzo dei prodotti agricoli, dichiarando che: «Gli agricoltori sono spesso l'anello più debole della catena e a volte non hanno altra scelta che vendere i prodotti al di sotto dei costi di produzione. (...) Gli agricoltori devono avere una posizione di contrattazione più forte nei confronti di chi fa i prezzi» –:
quali iniziative intenda assumere, in sede nazionale ed europea, per promuovere e sostenere progetti normativi favorevoli al rafforzamento del mercato unico e alla tutela degli agricoltori italiani, anche perseguendo l'aumento del margine di prezzo dei prodotti agricoli dell'Unione europea.
(3-01618)
BIGNAMI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CERRETO, CARETTA, ALMICI, CIABURRO, LA PORTA, LA SALANDRA, MALAGUTI, MARCHETTO ALIPRANDI e MATTIA. – Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Per sapere – premesso che:
nell'ambito delle misure relative al Piano nazionale di ripresa e resilienza di competenza del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, quella più importante in termini di dotazione finanziaria è sicuramente la misura M2C1 – Investimento 2.2 denominata «Parco Agrisolare», che dispone complessivamente di un budget pari a 2,35 miliardi di euro grazie alle risorse aggiuntive assegnate a novembre 2023 in sede di modifica del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
la misura finanzia, con contributi a fondo perduto, interventi che prevedono l'installazione di pannelli solari sui tetti dei fabbricati rurali da parte delle imprese agricole e agroindustriali, nonché l'installazione di accumulatori e dispositivi di ricarica;
il target, il cui raggiungimento è previsto per il 31 dicembre 2024, stabilisce che vengano individuati i beneficiari per l'intera dotazione finanziaria in modo da ultimare gli interventi entro il giugno 2026, installando una potenza da fonti rinnovabili di 1,3 gigawatt –:
quale sia lo stato di avanzamento della misura, tenuto conto sia della rilevanza di questa tipologia di investimenti per migliorare la sostenibilità e competitività del settore che dell'imminente scadenza del target fissato dalla Commissione europea.
(3-01619)
Interrogazione a risposta in Commissione:
VACCARI, FORATTINI, MARINO, ROMEO e ANDREA ROSSI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
i numeri raccolti ed elaborati dal Crea, con il supporto del consiglio dell'ordine dei dottori agronomi e forestali, relativi al mercato fondiario nazionale, confermano la tendenza in atto da anni: compravendite ferme e prezzi in aumento;
l'incertezza della situazione internazionale e l'estrema variabilità climatica hanno scoraggiato gli investitori. A crescere è solo la domanda di terreni vocati a produzioni di qualità. Situazione opposta per i terreni marginali, specie nelle aree interne, dove l'offerta non trova riscontro sul mercato e le opportunità offerte dalla nuova politica agricola comunale (Pac) non sembra aver offerto effetti visibili;
a fronte di una media nazionale di 28.800 euro, in termini assoluti i valori per ettaro continuano a presentare significative differenze a livello geografico, con il picco di 47 mila euro pagati mediamente per un ettaro nel nord-est, seguito dal nord-ovest con circa 37.400 euro e valori decisamente inferiori al centro (15.400 euro), sud (13.700 euro) e isole (8.900 euro). Gli acquirenti risultano in prevalenza imprenditori agricoli che intendono ampliare le superfici da coltivare. Sono presenti anche operatori extra agricoli alla ricerca di investimenti a basso rischio, mentre cresce l'interesse per l'acquisto legato alla realizzazione di attività extra agricole come la produzione di energie rinnovabili;
sempre secondo il rapporto di Crea, in questo scenario si conferma stabile il mercato degli affitti che ha raggiunto il 50 per cento della superficie agricola nazionale con 6,2 milioni di ettari;
l'invecchiamento degli addetti nel settore primario, insieme al troppo lento ricambio generazionale, rappresenta un problema comune a tutti i Paesi dell'unione europea, con aspetti di particolare gravità per l'Italia. Oggi le aziende agricole condotte in Italia da giovani agricoltori sono il 7,5 per cento, concorrono però al 15 per cento dell'economia del settore. L'età media dei capi azienda in agricoltura è pari ai 63 anni. L'esigenza di promuovere forze giovani nel mondo agricolo continua ad essere una delle priorità maggiormente significative del settore primario a livello regionale ma anche a livello nazionale;
per i giovani la Pac 2023-2027 individua un set di interventi nel primo e nel secondo pilastro. Il primo pilastro prevede un sostegno pari a circa 352 milioni di euro, mentre il secondo pilastro, relativo allo sviluppo rurale, prevede un aiuto pari a circa 734 milioni di euro;
a circa un anno dell'approvazione della legge 15 marzo 2024, n. 36, recante «Disposizioni per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo», non c'è ancora traccia dei decreti attuativi per utilizzare le scarse risorse messe a disposizione. L'Osservatorio nazionale per l'imprenditoria e il lavoro giovanile in agricoltura, istituito nel luglio 2024, non è stato mai convocato;
il 30 ottobre 2024 Ismea ha aperto il bando «Generazione terra». Il finanziamento è riservato ai giovani (under 41) già imprenditori agricoli per operazioni di ampliamento o consolidamento dell'attività e ai giovani startupper che intendono avviare un'iniziativa imprenditoriale in agricoltura. La somma complessiva stanziata è di 80 milioni di euro;
le nuove generazioni in agricoltura spesso si imbattono in un sistema creditizio che non concede mutui di durata superiore ai vent'anni e incontrano non pochi ostacoli burocratici e vincoli per accedere alla terra. Molti sono infatti costretti a iniziare con l'affitto o il comodato d'uso dei terreni –:
quale sia lo stato di attuazione della legge 15 marzo 2024, n. 36, nonché degli interventi a favore dei giovani previsti nella Pac 2023-2027 e di quelli relativi al bando «Generazione terra» e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per creare nuove opportunità imprenditoriali per le giovani generazioni, favorendo le condizioni di accesso alla terra e al credito.
(5-03225)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:
PELUFFO, DE MICHELI, DI SANZO, GNASSI e ORLANDO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
a dicembre 2023 il Governo ha deciso di non rinviare il passaggio al mercato libero, imposto da gennaio 2024 per le utenze gas e destinato a scattare a luglio 2024, appunto, per l'elettricità, ed ha disciplinato il passaggio graduale al mercato libero di nove milioni di utenze domestiche ancora sotto il mercato tutelato, asserendo che 4,5 milioni di famiglie «vulnerabili» over 75, disabili e famiglie in condizioni di disagio economico avrebbero continuato a usufruire di forniture di energia elettrica a prezzi calmierati garantiti dal servizio di maggior tutela;
oggi si assiste al fatto che la platea dei clienti vulnerabili, circa 3.400.000 persone che sono le più fragili nei mercati dell'energia, si trova nella situazione paradossale, dal 1° luglio 2024, di pagare di più dei clienti non vulnerabili, di quelli che non hanno bisogno di un intervento di sostegno, che erano nel mercato a maggior tutela e, non aderendo a proposte sul mercato libero, senza fare nulla, sono passati automaticamente al sistema a tutele graduali con un risparmio in bolletta di circa 130 euro all'anno. Una situazione iniqua e che vede gli utenti finora meno attivi sul mercato avere delle condizioni economiche migliori rispetto a quelli sul mercato libero e rispetto ai consumatori domestici vulnerabili rimasti in maggior tutela;
il Governo era a conoscenza di questa situazione fin dal marzo 2024, visto che la stessa Autorità aveva segnalato che dal primo luglio 2024 sarebbero state praticate, ai clienti vulnerabili rimasti nel mercato tutelato dell'elettricità, tariffe maggiori di quelli dei clienti che ne fossero usciti;
nel corso dell'esame del disegno di legge sulla concorrenza 2023 è stata introdotta la possibilità per i vulnerabili di passare al sistema a tutele graduali, un passaggio peraltro non automatico ma subordinato alla richiesta del cliente, un intervento che pur potendo migliorare la situazione esistente non risolve strutturalmente il problema, perché demanda all'Arera le modalità di intervento e perché il sistema a tutele graduali è temporaneo, dura 3 anni ed è completamente diverso rispetto alla maggior tutela, nasce da aste competitive su base certa ed espone i clienti da un lato ai ricorsi possibili degli altri operatori e, dall'altro, a che ci sia una rivalsa degli operatori sulla bolletta di chi ha scelto il mercato libero –:
se e come il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, in maniera strutturale per risolvere definitivamente il tema del sostegno ai clienti vulnerabili ed abbassare il costo dell'energia elettrica.
(5-03226)
PAVANELLI, APPENDINO, CAPPELLETTI e FERRARA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
nel settore della ricarica pubblica dei veicoli elettrici, l'energia rappresenta una spesa operativa significativa che gli operatori devono gestire, in particolare con un basso utilizzo dell'infrastruttura di ricarica;
per sostenere la transizione energetica e promuovere la decarbonizzazione dei trasporti, alcuni Paesi europei hanno applicato misure, per ridurre il costo totale dell'energia;
dallo studio commissionato da Motus-E e realizzato dalla società di consulenza Afry emerge che gli operatori delle colonnine di ricarica delle auto elettriche, in Italia, pagano, per l'acquisto dell'elettricità, tariffe fino a 7,5 volte più elevate rispetto ad altri Stati membri come Francia, Germania e Spagna;
nel dettaglio, nello studio è riportato che «la tariffa italiana è la più alta di tutte, soprattutto in media tensione dove gli oneri di sistema e generali rappresentano la gran parte di essa, mentre i termini in potenza generano la maggior parte dei costi nelle configurazioni in media tensione, soprattutto quando il fattore di utilizzo è basso»;
inoltre, l'Italia sarebbe il contesto più oneroso per gli operatori in tutte le cinque configurazioni di ricarica considerate e, segnatamente: i) Tipo 1, bassa tensione, punto di consegna (Pod) da 50 kilowatt, consumo 8.000 kilowattora/anno, fattore di utilizzo elettrico (Fue) dell'1,83 per cento; ii) Tipo 2, bassa tensione, Pod da 99 kilowatt, consumo 15.000 kilowattora/anno, Fue dell'1,73 per cento; iii) Tipo 3, media tensione, Pod da 250 kilowatt, consumo 37.000 kilowattora/anno, Fue dell'1,69 per cento; iv) Tipo 4, media tensione, Pod da 600 kilowatt, consumo 85.000 kilowattora/anno, Fue dell'1,62 per cento; v) Tipo 5, media tensione, Pod da 1.200 kilowatt, consumo 130.000 kilowattora/anno, Fue dell'1,24 per cento;
nella configurazione sub i), la tariffa italiana è pari a quella della Germania ma il doppio di quella spagnola e il triplo di quella francese. Nella configurazione sub ii) la tariffa italiana è raddoppiata rispetto a Spagna e Francia;
l'elevato costo dell'energia è uno dei fattori che frenano la diffusione di una rete di ricariche di veicoli –:
quali iniziative di competenza intenda assumere per ridurre il costo dell'energia per gli operatori delle colonnine di ricarica dei veicoli elettrici, anche al fine di rendere più efficace e rapida la diffusione dell'infrastruttura per la mobilità elettrica in tutto il territorio nazionale.
(5-03227)
GHIRRA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il 9 dicembre 2024, una fortissima esplosione ha interessato l'area deposito carburanti della raffineria Eni a Pratignone, frazione di Calenzano (Firenze);
il bilancio dell'incidente parla finora di quattro morti e quattordici feriti, di cui due ustionati gravi, e un disperso;
l'esplosione ha comportato il blocco del traffico ferroviario sulle linee interessate e la chiusura dell'autostrada in entrambe le direzioni dell'uscita di Calenzano dell'A1;
lo stabilimento Eni a Calenzano, è un deposito di 170.300 metri quadrati adibito alla ricezione, stoccaggio e spedizione di benzina, gasolio e petrolio. I prodotti arrivano nel deposito di Calenzano tramite due oleodotti collegati con la raffineria Eni di Livorno, per venire quindi stoccati in serbatoi in attesa dell'invio alle pensiline di carico delle autobotti;
secondo quanto riportato da La Nazione, il deposito esploso era già stato considerato ad «alto rischio» ed era sotto osservazione da anni. Si tratta di un deposito posizionato nelle immediate vicinanze del centro abitato, di un centro commerciale, di una piscina comunale, nonché di infrastrutture fondamentali per la viabilità regionale: ferrovia, Autostrada A1, la Firenze Mare, aeroporto di Peretola;
il citato stabilimento è tra quelli soggetti alla «Normativa Seveso» sulle aziende a rischio di incidente rilevante;
il rischio industriale da incidente rilevante è disciplinato in particolare dalla direttiva comunitaria chiamata «Seveso III», emanata a seguito dell'incidente del 1976, e recepita con il decreto legislativo n. 105 del 2015, che prevede, tra l'altro, il rafforzamento del sistema dei controlli e delle ispezioni, il rafforzamento delle misure necessarie a garantire maggiori informazioni al pubblico, nonché a permettere una più efficace partecipazione ai processi decisionali, in particolare nelle fasi di programmazione e realizzazione degli interventi nei siti in cui sono presenti stabilimenti a rischio di incidente rilevante, e altro –:
se lo stabilimento Eni operasse nel pieno rispetto della normativa sulle aziende a rischio di incidente rilevante, così come se nel rispetto della medesima normativa si siano effettuate nel tempo, per quanto di competenza, le previste ispezioni e controlli.
(5-03228)
Interrogazioni a risposta scritta:
BENZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
con il Pniec l'Italia ha avviato un ambizioso programma di installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili variabili, fotovoltaico ed eolico, che dovrebbe portare al 2030 la potenza eolica a 28,1 gigawatt (di cui 2,1 gigawatt in mare), a fronte dei 12,9 gigawatt installati al 31 ottobre 2024 e la potenza fotovoltaica a 80 gigawatt, a fronte dei 35,8 gigawatt installati alla stessa data;
nonostante l'accelerazione degli ultimi 2 anni, il ritmo di installazione per gli impianti eolici è stato di 0,6 gigawatt all'anno e quello degli impianti fotovoltaici di 5 gigawatt all'anno; pertanto, anche trascurando l'effetto di saturazione, dovuto alla progressiva riduzione delle aree disponibili, e ipotizzando di mantenere il ritmo degli ultimi 2 anni, la potenza eolica prevista dal Pniec al 2030 verrebbe raggiunta nel 2049 e quella fotovoltaica nel 2033;
in questo quadro, non è chiaro l'impatto che lo sviluppo di eolico e fotovoltaico avrà sulla sicurezza energetica del Paese, a causa della loro intermittenza, né quale aggravio comporterà sulle bollette delle imprese e delle famiglie italiane;
infatti sia Terna che Enel hanno annunciato piani di investimento per diversi miliardi all'anno per rafforzare le linee di trasmissione e distribuzione, data la natura distribuita sul territorio e fortemente localizzata al Sud e sulle isole del potenziale eolico e solare;
sempre Terna prevede l'installazione di una importante capacità di stoccaggio da realizzarsi tramite batterie ed altri sistemi; infatti al progressivo incremento della potenza installata la produzione avviene comunque nelle stesse ore per impianti dello stesso tipo, sommandosi a quella degli impianti già in esercizio, e lo stesso vale per l'assenza di produzione; ne deriva che, oltre una certa soglia di potenza installata, ogni ulteriore megawatt richieda l'installazione di diversi megawattora di sistemi di accumulo, per evitare che l'energia generata risulti inutilizzata;
sul sito Terna, nonostante il Pniec, del contributo dell'energia nucleare non si trova traccia e si legge ancora «rinnovabili e accumuli: la chiave per decarbonizzare il sistema elettrico»; non stupisce che Terna stimi che il fabbisogno di bilanciamento arriverà a 155 terawattora nel 2040, contro i 33 terawattora del 2019, con conseguente aumento dei costi;
in aggiunta ai costi di sistema già citati, nuovi incentivi sono stati deliberati per le comunità energetiche con il decreto cosiddetto Ferx e ulteriori assai ingenti sono stati annunciati con il decreto cosiddetto Fer2 dedicato le tecnologie «non mature», per alcune delle quali tuttavia sono previsti contingenti elevati, dell'ordine di alcuni gigawatt (in contraddizione con l'immaturità della tecnologia) e remunerazioni elevate (giustificate dalla stessa immaturità) con facile previsione di costi in bolletta dell'ordine di decine di miliardi di euro –:
se, in considerazione dei tempi richiesti dagli impianti di generazione a fonte rinnovabile, i quali, specie per l'energia eolica, sono sovrapponibili a quelli di entrata in servizio dei primi reattori nucleari previsti dal Pniec, e del fatto che la presenza di una quota di generazione nucleare renderà superflui alcuni degli interventi descritti, riducendo significativamente i costi di sistema, non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza volte a rivedere il percorso di decarbonizzazione del nostro Paese, accelerando l'introduzione dell'energia nucleare e attribuendo le funzioni di operatore di sistema, incluse le attività relative alla pianificazione e sviluppo della rete, al dispacciamento e alla gestione del mercato della capacità, a un soggetto terzo, indipendente e autonomo dal gestore della rete di trasmissione nazionale.
(4-03956)
SERGIO COSTA, ILARIA FONTANA, PAVANELLI, L'ABBATE, MORFINO, CARAMIELLO e CAPPELLETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il 3 gennaio 2024, il Ministro Pichetto Fratin aveva dichiarato che: «le misure approvate dal Governo che incentivano la produzione delle fonti rinnovabili e aumentano il gas metano consentiranno la riduzione dei prezzi dell'energia per famiglie e imprese»;
a quasi un anno da quella dichiarazione si è registrato un considerevole aumento dei prezzi energetici, con il Prezzo unico nazionale (Pun) passato da 92 euro per MWh ad oltre 130 euro per MWh e il gas da 32 euro al MWh ad oltre i 45 euro per MWh;
paradossalmente solo grazie all'innalzamento delle temperature medie invernali dovuto ai cambiamenti climatici – il cui costo per la collettività si sposta su altri ambiti (desertificazione, siccità, eventi calamitosi) – questo macroscopico errore di valutazione e pianificazione della politica energetica è passato sotto silenzio;
già in precedenza erano state fatte affermazioni molto ottimistiche sull'imminente raggiungimento, da parte dell'Italia, dell'«indipendenza energetica» (Cingolani, 2022), sostenendo anche che nel secondo semestre 2024 l'Italia sarebbe stata «totalmente indipendente dal gas russo» (Pichetto Fratin, maggio 2024), perché «l'Europa ha risorse per compensare il gas russo anche senza accordo sul transito dall'Ucraina» (amministratore delegato di Snam Venier, novembre 2024);
in controtendenza rispetto a questo diffuso atteggiamento ingiustificabilmente fiducioso, bisogna riconoscere la maggiore prudenza di Enel che, alla chiusura del bilancio 2023, aveva affermato che «il margine di riserva (differenza fra capacità di produzione e consumo) è al minimo storico e non aumenterà nei prossimi anni»;
ad aggravare il quadro per famiglie e imprese si è aggiunta la cessazione delle misure adottate all'inizio della crisi geopolitica del 2022, con un costo dell'energia per il consumatore finale di circa 120 euro per MWh, a cui si aggiungono circa altri 100 euro di oneri di sistema in bolletta;
a questo quadro preoccupante, che ha visto investire tempo e risorse preziosi su fonti energetiche che allontanano inesorabilmente il traguardo della completa decarbonizzazione, si aggiunge la scelta dell'opzione nucleare, con il ricorso ai mini reattori nucleari da affidare alla nuova società formata da Enel, Ansaldo e Leonardo, che ha già chiarito che «il percorso non sarà semplicissimo, tanto meno avrà effetti tangibili immediati»;
l'impatto che le bollette di dicembre, gennaio e febbraio avranno sulla produzione industriale sarà particolarmente gravoso e gli analisti stimano che i prezzi futuri di gas ed energia supereranno i 125 euro per MWh per tutto il 2025, con la possibile conseguenza di un ulteriore calo della produzione industriale che avrebbe un impatto economico fortemente negativo per l'Italia;
secondo le stime fornite oggi dalla coalizione «100 per cento Rinnovabili Network» il costo stimabile della generazione di energia da fonte nucleare – considerando i costi complessivi della costruzione, del funzionamento dell'impianto, dell'ammortamento del capitale, i costi operativi – è pari a 3,4 volte il costo della produzione di energia da fonti rinnovabili;
secondo quanto riportato da un recente rapporto della società di rating standard & Poor's, il costo overnight – ovvero il costo di costruzione escludendo gli oneri finanziari – per i nuovi reattori europei supera i 10 milioni di euro per megawatt; una cifra che, come evidenzia S&P, è «circa cinque volte superiore al più grande progetto di parco eolico offshore nei paesi dell'Ocse»;
la effettiva fattibilità economica di centrali di produzione di energia nucleare è talmente incerta da indurre S&P Global Ratings ad affermare che «nessuna utility europea può attualmente intraprendere tali progetti senza meccanismi sostenuti dal governo», trasferendo sulla collettività i costi economici, ambientali e sociali di una strategia energetica decisamente troppo onerosa –:
se il Ministro interrogato intenda fornire dati certi ed aggiornati, comprensivi dei costi di smaltimento delle scorie radioattive, sugli scenari di politica energetica che il Governo intende promuovere al 2030.
(4-03958)
ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il quinto incontro del Comitato intergovernativo di negoziazione (INC-5) per il trattato globale sulla plastica, tenutosi a Busan, ha registrato una presenza significativa di stakeholders afferenti alle imprese chimiche e delle fonti fossili, con un totale di 220 rappresentanti accreditati;
tale numero supera quello di delegazioni nazionali rilevanti, come quella della Repubblica di Corea (140 rappresentanti) e dell'Unione europea (191 membri), nonché il triplo rispetto alla Scientists' Coalition for An Effective Plastic Treaty;
secondo quanto pubblicato da diverse testate giornalistiche e denunciato anche dal Center for International Environmental Law (Ciel), oltre alla presenza di 220 lobbisti accreditati per l'industria chimica e delle fonti fossili, è stata registrata la presenza di 17 lobbisti all'interno delle delegazioni nazionali di diversi Paesi, configurando potenziali conflitti di interesse e compromettendo l'imparzialità dei processi decisionali;
il report del Ciel riferisce anche di attacchi verbali e sulla rete nei confronti di scienziati indipendenti e pressioni sulle delegazioni nazionali per favorire posizioni allineate agli interessi delle industrie;
il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica è coinvolto nei negoziati internazionali in materia ambientale e ha il compito di rappresentare e tutelare gli interessi pubblici;
la trasparenza e l'equità sono requisiti fondamentali per garantire che gli accordi internazionali vengano stipulati nell'interesse collettivo, senza indebite interferenze da parte di soggetti privati;
va considerata la necessità di garantire una partecipazione adeguata e significativa di scienziati indipendenti, organizzazioni della società civile e rappresentanti dei popoli indigeni, spesso esclusi o marginalizzati a causa di limitazioni finanziarie e logistiche –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa circa quanto accaduto in occasione del quinto incontro del Comitato intergovernativo di negoziazione per il trattato globale sulla plastica (INC-5);
quali iniziative di competenza siano state adottate per chiedere trasparenza nei negoziati internazionali sui trattati ambientali e per prevenire conflitti di interesse derivanti dalla presenza di lobbisti industriali.
(4-03959)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
nelle rispettive sedute dell'8 e del 14 maggio 2024, l'Assemblea della Camera e la 3a Commissione permanente (Affari esteri e difesa) del Senato hanno approvato la risoluzione sulla delibera del Consiglio dei ministri del 26 febbraio 2024 (relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2023, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2024), approvata dalle Commissioni, a conclusione dell'esame di deliberazioni del Governo ai sensi della legge quadro sulle missioni internazionali (articolo 3, comma 1, della legge 21 luglio 2016, n. 145);
nella relazione del Governo per ciascuna missione è allegata una scheda analitica con indicazione dell'area geografica di intervento, degli obiettivi della missione, della base giuridica di riferimento, della composizione numerica degli assetti da inviare, della durata programmata e del fabbisogno finanziario;
la scheda n. 26 del 2024 riguarda la proroga del potenziamento del dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale e orientale, rinominato «Mediterraneo Sicuro», che comprende la missione in supporto alla marina libica. La missione prevede la partecipazione massima, per il 2024, di 822 unità di personale e l'impiego di 8 unità aeree e 6 mezzi navali, di cui un'unità dedicata all'assistenza della Marina e della Guardia Costiera libica stanziata a Tripoli, per un fabbisogno finanziario previsto di euro 132.271.792 –:
di quali assetti nello specifico si tratti, a quale autorità siano stati affidati e quando sia previsto tale trasferimento.
(4-03960)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta immediata:
BAGNAI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
le piccole, medie e micro imprese, definite come quelle che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro, rappresentano a livello europeo il 99 per cento del totale delle imprese non finanziarie, che esprime quasi i due terzi degli occupati complessivi e poco più di metà del valore aggiunto. Il dato italiano non si discosta significativamente dalla media europea;
diverse associazioni di categoria, i rapporti sulla stabilità finanziaria della Banca d'Italia e l'ultimo rapporto annuale sulle piccole e medie imprese europee della Commissione europea hanno evidenziato lungo gli anni come il generale trend di riduzione del credito bancario in atto dall'autunno del 2022 (in Italia fra l'ottobre del 2022 e quello del 2024 il totale degli impieghi bancari verso famiglie e società non finanziarie è diminuito del 6,7 per cento) abbia particolarmente penalizzato il settore delle piccole e medie imprese;
parte di queste difficoltà possono spiegarsi con un contesto bancario caratterizzato da una sempre maggiore concentrazione (secondo la Banca centrale europea la quota di mercato dei primi cinque istituti bancari in Italia è passata dal 25,6 per cento nel 1999 al 48,7 per cento nel 2023) e da riforme che hanno snaturato il ruolo delle banche di territorio, in particolare del credito cooperativo, sottoponendole a obblighi di compliance esorbitanti e a limitazioni significative della possibilità di erogazione del credito;
in questo contesto di progressiva concentrazione del mercato e di progressivo snaturamento delle «community banks», che invece altri Paesi, fra cui la Germania e gli Usa, hanno ben preservato, diventa particolarmente significativo analizzare il ruolo dei grandi istituti bancari nel sostenere quel fondamentale elemento dell'ecosistema produttivo del Paese che sono le piccole e medie imprese –:
quali risultino essere le quote di mercato dei prestiti alle piccole e medie imprese, concessi dai primi dieci istituti italiani, e quali le percentuali sul totale dell'attivo dei medesimi prestiti, a livello nazionale e nel dettaglio regionale.
(3-01610)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata:
DI BIASE, BRAGA, SERRACCHIANI, GIANASSI, LACARRA, SCARPA, SARRACINO, PROVENZANO, ROGGIANI, PRESTIPINO, ORFINI, QUARTAPELLE PROCOPIO, VACCARI, FORNARO, STEFANAZZI, BERRUTO, MALAVASI, PORTA, LAI, DE LUCA, TABACCI, FORATTINI, EVI, CUPERLO, MEROLA, ROMEO, MAURI, GHIO, GUERRA, FERRARI e CASU. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 27 della Costituzione, che stabilisce i principi della responsabilità penale e della funzione rieducativa della pena, sancisce, con il comma terzo, che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d'umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
con la legge 26 luglio 1975, n. 354, l'impianto dell'ordinamento penitenziario ha posto i valori dell'umanità e della dignità alla base del trattamento;
sul canale YouTube del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è apparso un video promozionale del calendario del Corpo di polizia penitenziaria per l'anno 2025;
a giudizio degli interroganti il video, al pari degli scatti del calendario, ritrae scatti e momenti finalizzati a trasmettere una narrazione sul lavoro degli agenti della polizia penitenziaria tutta orientata alla repressione e all'aspetto punitivo; si vedono agenti in tenuta anti-sommossa, armati con pistole e altre armi da fuoco, intenti in esercitazioni per immobilizzare i detenuti;
nel comunicato stampa del Ministero di presentazione dell'iniziativa, «Il nuovo volto della polizia penitenziaria», si legge come il tema scelto per l'edizione 2025 del calendario della polizia penitenziaria sia quello della formazione e vi sono riportate dichiarazioni del Sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove, che ha evidenziato la specializzazione, non comune a nessun'altra polizia in Europa, di gestire le carceri «riuscendo nel delicato compito di miscelare continuamente l'uso legittimo della forza con il trattamento rieducativo dei detenuti», sebbene non vi sia traccia di quest'ultimo nelle immagini apparse in rete –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di scongiurare il rischio che l'immagine del lavoro quotidiano degli agenti della polizia penitenziaria sia tutta orientata all'aspetto repressivo e punitivo, come appare rappresentato nell'edizione del calendario 2025 promossa dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dimenticando la funzione costituzionalmente prevista per l'esecuzione della pena, che deve essere tesa, anche in termini di prevenzione della recidiva, all'aspetto rieducativo delle persone recluse e se non ritenga dunque, per queste ragioni, di valutare l'opportunità di ritirare il prodotto editoriale in oggetto.
(3-01612)
BENZONI, RICHETTI, BONETTI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
il fenomeno dei suicidi in carcere, sia da parte dei detenuti che da parte degli agenti di polizia penitenziaria, ha ormai raggiunto cronicamente una dimensione tragica;
i primi dovrebbero scontare la pena e le misure cautelari in un contesto di legittimità e sicurezza, evidentemente non garantito;
i secondi, invece, dovrebbero essere dotati di organico e strumenti adeguati per assolvere in modo efficace e dignitoso ai propri compiti, sia in termini di sicurezza che di mediazione e rieducazione;
il condizionale è d'obbligo, perché in realtà le carceri italiane sono dei veri e propri gironi infernali: ristrettezza degli spazi, condizioni di vita e di igiene pessime, esclusione dei detenuti dagli spazi comuni e dalle opportunità lavorative, organici di polizia sottodimensionati e costantemente sotto pressione sono le conseguenze di un totale immobilismo decisionale, a cui nemmeno il decantato decreto-legge «carceri» n. 92 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2024 riuscirà a porre rimedio;
i risultati sono davanti agli occhi di tutti: un nuovo «record» negativo di 86 detenuti e di quasi 10 agenti morti suicidi nel 2024, che nascondono le centinaia di tentativi e gli omicidi avvenuti all'interno degli istituti;
questa tragedia quotidiana non si può trasformare in un conflitto tra espiare la pena e offrire condizioni di vita dignitose. È la Costituzione che lo afferma: bisogna espiare la pena fino all'ultimo giorno, ma bisogna avere le condizioni per ripartire, per rifondare la propria vita quando si esce e questo oggi le carceri italiane non lo fanno, senza considerare che un terzo dei suicidi sono individui in attesa di giudizio;
la formazione e il lavoro rappresentano una speranza per i detenuti e una certezza statistica nell'evitare la reiterazione dei reati. Eppure, poco o nulla è stato fatto anche per garantire strutture e laboratori adeguati e per immaginare un sistema penitenziario nuovo e dignitoso, sia per chi deve scontare una pena sia per chi vi lavora –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di contrastare il sempre più grave fenomeno dei suicidi in carcere e porre davvero fine ad un'emergenza che rappresenta una vera e propria silenziosa strage di Stato, visto che è dalle condizioni delle carceri che si misura il grado di civiltà di un Paese.
(3-01613)
D'ORSO, ASCARI, CAFIERO DE RAHO e GIULIANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
come riportato da note fonti di stampa, mafiosi di primo rango, come Giovanni Formoso, Raffaele Galatolo e Paolo Alfano, hanno avuto di recente accesso alla semilibertà o al permesso premio, sebbene sottoposti al regime ostativo, per effetto della riforma introdotta con il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, cosiddetto «decreto rave», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 199 del 2022, che ha modificato il regime del cosiddetto carcere ostativo, voluta dal Governo Meloni;
come già eccepito dagli interroganti in più sedi, la citata novella ha di fatto reso più facile l'accesso ai benefici penitenziari per i mafiosi, anche per quelli che hanno scelto di non collaborare, disincentivando così la collaborazione con la giustizia e in sostanza premiando di conseguenza l'omertà;
il capo della procura antimafia di Palermo, Maurizio de Lucia, ha espresso preoccupazioni riguardo al ritorno in libertà di figure così influenti nel panorama mafioso, nella misura in cui possano riorganizzare le fila di Cosa nostra, permettendo a vecchi e nuovi boss di trovare spazi di manovra all'interno dell'organizzazione criminale;
le famiglie delle vittime di mafia temono, inoltre, che quanto sta accadendo possa riaprire ferite mai sanate e minacciare la sicurezza delle comunità;
appare opportuno monitorare la legge attualmente in vigore e fissare dei paletti più stringenti per la concessione dei benefici penitenziari ai soggetti mafiosi, affinché, nel rispetto del perimetro tracciato dalla Corte costituzionale, si tenga conto della peculiare natura dei reati di criminalità organizzata di stampo mafioso, nonché della rilevanza della collaborazione con la giustizia, salvaguardando l'impianto di base della normativa originaria, che si è rivelato negli anni uno strumento indispensabile per la lotta alle mafie;
sotto altro profilo, appare imprescindibile verificare se vi sia stata anche una mancanza di comunicazione e coordinamento tra i tribunali di sorveglianza e le procure antimafia, posto che – sembrerebbe – in diverse occasioni le procure non sarebbero state consultate prima della concessione di permessi premio –:
quali iniziative normative il Ministro interrogato intenda adottare perché siano arginate scarcerazioni di boss mafiosi di primo piano, quali quelle recenti segnalate in premessa, e sia impedito il ripetersi di casi come quelli sopra descritti, alla luce degli effetti applicativi derivanti dalla legge sull'ergastolo ostativo voluta dal Governo in carica, che di fatto avrebbe reso più facile l'accesso ai benefici penitenziari per i mafiosi, anche per quelli che hanno scelto di non collaborare, disincentivando così la collaborazione con la giustizia e in sostanza premiando l'omertà.
(3-01614)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazione a risposta in Commissione:
ASCANI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
da notizie a mezzo stampa si è appreso che Enel avrebbe annunciato la chiusura del posto di teleconduzione del nucleo idroelettrico di Terni, chiusura che sarebbe stata confermata in un incontro del 2 dicembre 2024 che l'azienda avrebbe avuto con le segreterie nazionali dei sindacati maggiormente rappresentativi;
tre anni fa, durante la fase di acquisizione dell'asset idroelettrico di Erg, nucleo di Terni, l'Enel aveva dichiarato non solo la volontà di mantenere il posto di teleconduzione di Terni, ma anche di voler potenziare il numero di impianti da gestire, preannunciando nuovi possibili investimenti;
tali notizie hanno dunque sollevato paure e preoccupazioni non solo per le ricadute occupazionali sui lavoratori e sulle loro famiglie, ma anche perché tale scelta rappresenterebbe un vero e proprio affronto al territorio, sia in termini politici che in termini di sicurezza idraulica, poiché gli impianti verrebbero privati della cabina di controllo locale;
in un comunicato reso il 4 dicembre del 2024, Enel Green Power avrebbe precisato che in tutta Italia gli impianti idroelettrici sono gestiti dall'azienda anche attraverso i «Posti di Teleconduzione», le cosiddette «Control Room» che, in sinergia con le unità idroelettriche presenti territorialmente nelle diverse aree regionali e interregionali, operano con compiti di telecontrollo e supervisione dei programmi di produzione a supporto delle attività operative che vengono svolte sul territorio;
nonostante Enel abbia precisato che «nessuna Unità operativa dell'Area Idroelettrica Centro Ovest dell'azienda, di cui fa parte anche il sistema idroelettrico umbro che mantiene la sua sede principale a Terni, sarà in alcun modo intaccata o ridotta in numeri o funzioni e che ognuna di esse, con i suoi team di colleghi e mezzi, continuerà ad assicurare la gestione in sicurezza delle opere idrauliche con efficienza e adeguate risorse», vi sono forti preoccupazioni perché è evidente che un eventuale passaggio alla teleconduzione in prospettiva comporterebbe comunque un grave dimensionamento del sistema idro-elettrico del territorio di Terni –:
quali iniziative urgenti intendano adottare affinché vi sia comunque il mantenimento del controllo degli impianti sul territorio di Terni, nonché sia assicurato il mantenimento dei livelli occupazionali attuali, il potenziamento del numero degli impianti e i preannunciati investimenti.
(5-03234)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
DI LAURO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
in questi ultimi mesi è in atto una conclamata crisi idrica senza precedenti che sta colpendo duramente le province campane di Avellino e Benevento, dove le interruzioni della fornitura idrica e le evidenti difficoltà nella gestione delle risorse idriche stanno mettendo a dura prova le comunità locali e il sistema produttivo, colpendo oltre 100 mila persone residenti in circa 32 comuni dell'area;
la gravità della situazione è resa ben chiara dalle richieste avanzate dai 32 sindaci di comuni irpini e sanniti di un confronto urgente con le autorità competenti per ottenere interventi immediati a garanzia della continuità del servizio idrico;
le principali cause non sono di tipo naturale: infatti, anche in un momento in cui le precipitazioni abbondano e la stagione calda e secca è già passata da tempo, è evidente che le cause siano di tipo strutturale: le infrastrutture sono particolarmente obsolete, gli invasi necessitano di urgenti e importanti attività di manutenzione; le perdite nella rete di distribuzione sono gravissime e numerosissime;
se non dovessero essere presi provvedimenti seri e rapidi, vi è un chiaro rischio di rendere questa situazione, già di per sé inaccettabile, ancora più grave quando arriverà la stagione estiva con una ulteriore riduzione delle precipitazioni;
non è quindi da escludere che l'emergenza idrica diventi anche di tipo igienico-sanitario oltre che economico-produttivo per tutte quelle attività che hanno vitale necessità di apporti consistenti e continui di acqua;
in questo quadro non si può prescindere dalla trasformazione del soggetto deputato alla gestione delle risorse idriche Acque del Sud s.p.a., subentrata all'Eipli (Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia) nel gennaio 2024;
questa nuova società potrà cedere fino al 30 per cento del proprio capitale sociale a privati e sembrerebbe che già le società Acquedotto Pugliese (Aqp) e Acea siano interessate; tutto ciò, ad avviso dell'interrogante, in spregio ai risultati referendari sull'acqua pubblica;
la summenzionata crisi idrica è dimostrazione che si tratta di un problema strutturale che richiede soluzioni rapide, impegnative e lungimiranti da parte dello Stato e dei preposti soggetti pubblici, mentre la privatizzazione rischierebbe solo di aggravare gli attuali disagi –:
se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se e quali iniziative di competenza intendano intraprendere al fine di porre fine alla crisi idrica attualmente in atto nelle province di Avellino e Benevento.
(3-01620)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:
ILARIA FONTANA, IARIA, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il ponte Preti, situato sulla strada statale 565 di Castellamonte, è un'infrastruttura di cruciale importanza per la mobilità nel territorio della Città Metropolitana di Torino, collegando diverse comunità e rappresentando una via essenziale per il traffico di persone e merci;
tale infrastruttura, risalente a decenni fa, è ormai inadeguata rispetto agli attuali volumi di traffico e presenta criticità in termini di funzionalità;
da tempo i cittadini, le amministrazioni locali e le imprese del territorio segnalano la necessità urgente di sostituire l'attuale struttura con un nuovo ponte adeguato agli standard di sicurezza e alle esigenze di mobilità;
nel 2019 sono stati ottenuti finanziamenti attraverso il cosiddetto «Decreto Ponti», che ha stanziato risorse per la progettazione e la realizzazione della variante del ponte;
il decreto-legge n. 89 del 29 giugno 2023 ha fissato al 31 dicembre 2024 il termine ultimo per l'appalto dei lavori relativi ai progetti finanziati, pena la decadenza dei fondi stanziati;
la Città metropolitana di Torino, incaricata della progettazione, ha dichiarato che non sarà in grado di rispettare tale scadenza a causa della complessità tecnica del progetto e delle tempistiche imposte;
la perdita dei finanziamenti rappresenterebbe un grave danno per il territorio, che verrebbe privato di un'infrastruttura fondamentale per la sicurezza stradale e lo sviluppo socioeconomico;
sono necessarie ulteriori risorse per accelerare la realizzazione di infrastrutture strategiche nel territorio della Città metropolitana di Torino, in particolare quelle legate alla sicurezza e all'efficienza del sistema viario;
la realizzazione del nuovo ponte Preti rappresenta un'opera strategica per la mobilità dell'intero territorio e per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini;
la mancanza di flessibilità nei termini fissati per l'appalto rischia di vanificare gli sforzi finora compiuti dalle amministrazioni locali e dai tecnici incaricati della progettazione;
la proroga dei termini consentirebbe di salvaguardare i fondi stanziati e garantire la realizzazione di un'infrastruttura essenziale per il territorio –:
al fine di realizzare la variante del ponte Preti, se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a prevedere una proroga dei termini per l'appalto dei lavori relativi al progetto, così da consentire il completamento delle procedure progettuali e l'avvio delle attività di cantiere, garantendo altresì, da parte del Ministero, il necessario supporto alle amministrazioni locali nella gestione delle criticità progettuali e burocratiche che in alcune circostanze impediscono il rispetto delle scadenze.
(5-03229)
SIMIANI e BARBAGALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con determinazione 24 ottobre 2024, n. 143, la Corte dei conti ha posto rilievi sulla gestione finanziaria dell'anno 2023 di Anas Spa, sottolineando che il bilancio della società relativo al 2023 si è chiuso con una perdita di 162,7 milioni di euro riconducibile principalmente alla svalutazione del valore della partecipazione detenuta nella società Stretto di Messina (SdM);
la Corte dei conti ha ribadito non compatibile con la disciplina vigente il criterio della valorizzazione «al costo» di società Stretto di Messina nel bilancio Anas 2022;
la non corretta valorizzazione era stata oggetto di specifico intervento della Corte dei conti la quale faceva rilevare come il progetto di bilancio 2022 ometteva l'analisi dei costi funzionali al riavvio dell'opera di collegamento stabile tra Sicilia e Calabria, esplicitamente richiesta dall'articolo 4, comma 6 e all'articolo 2, comma 8, n. 4 del decreto-legge n. 35 del 2023. Infatti, nonostante il medesimo decreto avesse introdotto il principio di rilevanza dei soli costi funzionali al riavvio della citata opera, il Cda di Anas ha approvato il progetto di bilancio 2022 che replicava la valorizzazione di società Stretto di Messina seguita negli anni precedenti con una quantificazione indistinta dei costi sostenuti da società Stretto di Messina;
le conseguenze sono state successivamente accertate dal perito indipendente nominato dal Ministero dell'economia e delle finanze che ha ritenuto non funzionali al riavvio dell'opera oltre 85 milioni di euro di costi sostenuti da società Stretto di Messina, con conseguente svalutazione delle azioni di società Stretto di Messina ed esigenza di ricapitalizzare il capitale sociale di società Stretto di Messina. La grave svalutazione ha avuto una ripercussione negativa per oltre 69 milioni sul bilancio Anas 2023;
considerato che Anas ha continuato a valorizzare la concessione confidando nella possibilità di estendere automaticamente la concessione dalla scadenza naturale 2032 fino al 2052, la Corte dei conti ha rilevato come la posizione societaria non trovi solidi riferimenti fattuali e giuridici. Invero, la disciplina evocata dalla società all'articolo 1, commi 1018 e 1019, della legge n. 296 del 2006 subordina la proroga della concessione al perfezionamento di una convenzione unica di cui non vi è allo stato, secondo la Corte dei conti, alcun percorso attuativo. Così pure la direttiva 2014/23/UE non consente la modifica della durata della concessione senza gara ad eccezione in cui avvenga in favore di società in house o di titolare un diritto speciale e/o esclusivo –:
come intenda intervenire, per quanto di competenza, rispetto ai rilievi sollevati dalla Corte dei conti di cui in premessa.
(5-03230)
MATTIA, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, IAIA, LAMPIS e FABRIZIO ROSSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
le infrastrutture strategiche in Italia sono in via di adeguamento agli aumentati e mutati bisogni nel tempo, grazie ai progetti destinati al miglioramento e alla loro realizzazione, ma rimane un persistente divario tra Nord e Sud del Paese;
la Basilicata è afflitta da un gap infrastrutturale determinando rilevanti penalizzazioni e mancate opportunità, sia in termini di competitività e sviluppo del sistema produttivo e socioeconomico, sia di integrazione ed inclusione armonica delle aree più interne;
la sfavorevole situazione infrastrutturale costituisce un ulteriore fattore negativo considerando il ruolo chiave che la Basilicata, per la propria posizione geografica, può esercitare nel Mezzogiorno quale «regione cerniera» rispetto alle principali direttrici di sviluppo che, con le regioni limitrofe, si articolano verso il bacino Mediterraneo e l'area balcanica;
le difficoltà legate all'accessibilità da e verso l'esterno e alla mobilità al suo interno limitano profondamente le concrete opportunità di sviluppo e la crescita delle diverse aree della regione e del sistema regionale meridionale nel suo complesso, penalizzando la competitività degli insediamenti produttivi esistenti e riducendone l'attrattività rispetto a nuove possibili iniziative economiche, sia endogene, che esogene, nonché la loro dinamica interazione nel più vasto bacino di interscambio economico nazionale ed estero;
la situazione di isolamento esistente, ancor più se riferita alla viabilità delle aree interne e dei comuni lucani non capoluogo, alimenta notevolmente i fenomeni di isolamento sociale, degrado della qualità della vita e il conseguente spopolamento dei territori per mancata diffusione delle opportunità di sviluppo e crescita economica, vanificando ogni sforzo concreto di coesione territoriale auspicato;
le infrastrutture, infatti, costituiscono un presupposto fondamentale per la coesione territoriale e l'inclusione sociale in un territorio, nel quale, secondo i dati della Mappa Aree Interne dell'Istat, ben un terzo dei comuni della Basilicata è considerato «ultraperiferico»;
la realizzazione di una rete stradale di interesse nazionale ed europeo può garantire la connettività con la più ampia rete Ten-T (Rete trans-Europea di trasporto) e con i sistemi logistici ad essa asserviti, ovvero, con i progetti di sviluppo della Zes unica del Mezzogiorno e delle ALI (Aree Logistiche Integrate);
le arterie stradali di interesse nazionale ed europeo presenti in Basilicata sono obsolescenti a causa dei notevoli ritardi accumulati nei decenni sugli interventi di efficientamento complessivo e messa in sicurezza delle principali arterie di collegamento stradale –:
quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare per dotare la Basilicata di nuove infrastrutture stradali strategiche, migliorando al contempo la viabilità interna lucana.
(5-03231)
RUFFINO e PASTORELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la strada statale 685 delle Tre Valli Umbre è il più importante e diretto collegamento tra l'Umbria e la città di Roma. Il progetto di ampliamento della SS 685 è parzialmente finanziato tramite i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e dovrà, quindi, essere completato entro il 2026, pena la decadenza delle risorse destinate;
notizie recentemente pubblicate su organi di stampa locale hanno riportato alcune problematiche relative alla correttezza degli espropri effettuati per l'ampliamento della suddetta strada statale in seguito a un ricorso presentato presso il commissariato agli usi civici delle regioni interessate. Questo fatto potrebbe imporre una revisione del progetto e, in attesa di una sentenza definitiva prevista per la metà del 2025, rischia di bloccare i lavori già cantierizzati e di rendere dubbio il rispetto della scadenza del 2026;
questo, chiaramente, arrecherebbe un possibile danno erariale per il ritardo o anche la perdita dei fondi stanziati;
il protrarsi dei lavori per la realizzazione del progetto, inoltre, stanno limitando fortemente l'accessibilità e la fluidità del traffico stradale. Questa situazione spinge numerosi utenti a utilizzare il valico della «Somma» come alternativa nonostante anche quest'ultimo sia attualmente soggetto a limitazioni della viabilità a causa di interventi di messa in sicurezza del territorio dal rischio frane; tale contesto è ulteriormente aggravato dalla recente chiusura totale della strada SS 685 nel mese di ottobre 2024 e dai lavori in corso per la costruzione di una nuova rotonda lungo la SS 3 Flaminia. Tutto ciò ha portato a un congestionamento significativo del traffico su gomma verso Roma;
la situazione è resa ancor più critica dall'assenza di un'alternativa ferroviaria adeguata visto il mancato completamento del raddoppio della linea Orte-Falconara. Nell'area di Spoleto-Foligno-Valnerina questa situazione interessa direttamente circa 250.000 cittadini, con un evidente isolamento per i pendolari e gravi disagi per il trasporto delle merci provenienti dal porto di Roma; in assenza di interventi adeguati, il progetto di ampliamento della SS 685 – inizialmente concepito nei primi anni 2000 e già soggetto a ripetuti rinvii – rischia di trasformarsi in un'opera incompiuta, con gravi disservizi per la popolazione e il tessuto produttivo locale, e di arrecare la perdita dei fondi PNRR destinati –:
quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire l'effettivo rispetto delle tempistiche per il completamento della SS 685 così da ultimare i lavori entro il 2026 per assicurare un collegamento adeguato tra l'area di Spoleto-Foligno-Valnerina e la città di Roma.
(5-03232)
BONELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con decreto-legge 31 marzo 2023 n. 35, convertito con legge 26 maggio 2023, n. 58, recante «Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria», è stato riavviato l'iter realizzativo del Ponte sullo Stretto di Messina, attraverso la prosecuzione del rapporto concessorio con la Società Stretto di Messina S.p.A. (di seguito SdM);
nel 2005 l'impresa Salini, ora Webuild S.p.A. si aggiudicò la gara per la realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria per un importo di 3,9 miliardi. Nel 2011 il costo del progetto è lievitato a 6,3 miliardi fino ad arrivare, l'anno dopo nel 2012, a 8,5 miliardi;
con riferimento ai costi per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina l'allegato infrastrutture del Documento di economia e finanza 2023 indicava la cifra complessiva di 14,6 miliardi, mentre con legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio per il 2024) all'articolo 1, commi 272 e 273, è stata autorizzata una spesa complessiva per l'opera pari a 11,6 miliardi;
da quanto si apprende da organi di stampa, l'Amministratore delegato della Società Stretto di Messina S.p.A., ing. Pietro Ciucci, ha recentemente parlato di un aggiornamento del costo dell'opera stimato in 13,5 miliardi, costo più che triplicato rispetto a quello della prima aggiudicazione e superiore il 50 per cento del costo aggiornato al 2012;
tale dato rende evidente come la scelta di far rivivere il rapporto concessionario con il soggetto aggiudicatario, mediante gli atti aggiuntivi ai contratti caducati di cui al comma 3 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 35 del 2023, risulta a giudizio dell'interrogante in violazione della disciplina eurounitaria in materia di appalti, in particolare riguardo alle disposizioni di cui all'articolo 72 della direttiva 2014/24/UE, peraltro richiamate al comma 5 dell'articolo 4 del medesimo decreto-legge –:
se nell'ambito delle funzioni di indirizzo, controllo, vigilanza tecnica e operativa sulla Società Stretto di Messina S.p.A. in ordine alle attività oggetto di concessione, previste dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 35 del 2023, il Ministro interrogato non ritenga di dover avviare una nuova gara per la scelta del nuovo contraente generale cui affidare la progettazione e l'esecuzione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, come prevede la normativa comunitaria in materia di appalti e nel caso a quanto ammonti la penale a carico della concessionaria in caso di mancata realizzazione dell'opera da parte del Consorzio Eurolink.
(5-03233)
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella mattina del 9 dicembre 2024 è stato effettuato lo sgombero della Casa Rossa Occupata, ex casa cantoniera dell'Anas sulla via Aurelia a Montignoso (Massa-Carrara), svariate camionette della polizia di Stato si sono radunate sul luogo con alcune decine di agenti, ruspe e operai al seguito;
l'azione era da tempo paventata ed è stata sollecitata e richiesta da esponenti nazionali e locali del centrodestra, nel nome del «ripristino della legalità» contro il «degrado», chiamando direttamente in causa il Ministero dell'interno e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che avrebbe avviato un'interlocuzione con Anas, proprietaria dell'immobile;
la realtà è tuttavia ben diversa rispetto a quanto descritto, già con atto del 17 ottobre 2024 l'interrogante aveva evidenziato come l'ex Casa Cantoniera di Montignoso sia in autogestione politica e sociale da 12 anni grazie agli attivisti e alle associazioni che fanno riferimento a Casa Rossa Occupata, una realtà nata dal recupero di un immobile che, dopo l'uscita dell'ultimo cantoniere, probabilmente Anas avrebbe messo sul mercato o lasciato in stato di abbandono;
si è trattato pertanto di una risposta al degrado e all'abbandono, nonché di un luogo di sperimentazione e incontro per centinaia di giovani e, soprattutto, di un'esperienza che non ha mai vissuto problematiche di convivenza né con il territorio né con le istituzioni locali;
fin da ottobre 2024, appresa la notizia della richiesta di notifica di sgombero da parte di Anas, Casa Rossa Occupata ha espresso totale disponibilità a sedersi a un tavolo per regolarizzare la situazione discutendone con la proprietà;
ancora, a novembre 2024, il sindaco di Montignoso ha nuovamente formalizzato una richiesta ad Anas per prendere in gestione il bene, ribadendo l'importanza di un dialogo con la stessa Anas e si era detto disposto a esplorare soluzioni condivise per evitare lo sgombero;
non vi era pertanto alcuna necessità di percorrere la strada dell'intervento della forza pubblica, al contrario l'interesse pubblico sarebbe stato quello del recupero e della gestione del bene e c'era il tempo per percorrere la strada dell'interesse collettivo e della trasformazione dell'esperienza in un bene comune;
lo sgombero – le cui motivazioni a parere dell'interrogante appaiono prettamente politiche – crea invece una lacerazione sociale nel territorio –:
quali iniziative di competenza intendano assumere affinché possa essere attivato un tavolo di confronto che veda coinvolti il comune di Montignoso e l'Anas per la definizione di un accordo tra tutti i soggetti interessati, così da preservare l'immobile quale luogo di socialità e aggregazione a disposizione di tutta la cittadinanza.
(4-03955)
GHIO e ROGGIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
attraverso la stampa si è appreso che, durante il periodo estivo 2025, partiranno i lavori di manutenzione straordinaria a un ponte ferroviario sul fiume Po sulla linea Milano-Genova;
in particolare, il cronoprogramma dei lavori prevede che durante il periodo 1° giugno-20 luglio 2025 (50 giorni) la circolazione sia su un solo binario e durante il periodo 21 luglio-29 agosto 2025 (40 giorni) l'interruzione completa;
a seguire nel periodo 30 agosto-28 settembre 2025 (30 giorni) è prevista la circolazione su un solo binario;
questo comporterà un cambio di tratta per i treni a lunga percorrenza, che infatti raggiungeranno Milano (dalla Liguria) passando per Piacenza, mentre per i treni a più corta percorrenza vi sarà uno stop alla stazione di Voghera, alla quale dovrebbero essere presenti i mezzi sostitutivi;
il periodo in questione comporterà problemi non solo ai turisti ma anche ai molti pendolari che quotidianamente si spostano con i treni dalla Liguria per raggiungere la propria sede di lavoro a Milano o nella provincia;
durante il periodo estivo il tratto di rete ferroviaria in questione è oggetto di forte utilizzo da parte di turisti che intendono raggiungere la riviera ligure per trascorrere periodi di vacanza;
il flusso turistico potrebbe optare per il raggiungimento della riviera tramite l'utilizzo di autoveicoli (congestionando ulteriormente strade e parcheggi) o optare per altre mete, causando in entrambi i casi un importante problematica per la Liguria –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se abbia predisposto, insieme a Trenitalia, un piano operativo che garantisca un sistema sostitutivo molto efficace, riducendo il più possibile al minimo i disagi per gli utenti e per l'intero settore del turismo.
(4-03957)
RIFORME ISTITUZIONALI E SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA
Interrogazione a risposta immediata:
ZARATTI, ZANELLA, BONELLI, FRATOIANNI, BORRELLI, DORI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI e PICCOLOTTI. – Al Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. – Per sapere – premesso che:
il Governo Meloni in questa legislatura ha avviato tre riforme: l'autonomia regionale differenziata (cara alla Lega), il premierato (caro a Fratelli d'Italia) e la riforma della magistratura (cara a Forza Italia);
la portata del progetto di cambiamento delle istituzioni è epocale; altri ci hanno provato sull'una o sull'altra materia, peraltro senza riuscirci, ma mai su tutte e tre insieme;
questo è il patto segreto tra le tre forze di Governo che apre la strada a ben tre referendum istituzionali: due obbligatori e confermativi (senza quorum) se le rispettive riforme costituzionali – come al momento appare più che probabile – non raggiungeranno i due terzi dei voti in Parlamento. L'altro, quello sull'autonomia regionale, è abrogativo e pertanto serve il raggiungimento del quorum;
è dunque perfettamente lecito chiedersi se il nostro sistema politico istituzionale, già messo alla prova da una conflittualità esasperata e permanente, possa reggere una sequenza di tre battaglie referendarie non su questo o quel provvedimento minore, ma sui fondamentali della Repubblica. Una delle quali, peraltro, si configurerebbe come un pericoloso derby nelle urne tra Nord e Sud mai visto prima in Italia;
sulla costituzionalità della legge n. 86 del 2024 si è già espressa la Corte costituzionale che, ritenendo illegittimi alcuni aspetti specifici della «riforma Calderoli», di fatto impone modifiche e ne limita l'applicazione in modo significativo per alcune sue parti;
la sentenza della Corte costituzionale ha palesato tutti i dubbi dei costituzionalisti sulla bontà di queste tre riforme, alcuni dei quali si sono spinti a critiche molto penetranti; il «cannoneggiamento» e il fuoco amico (Marcello Pera) era cominciato con un'intervista a Il Sole 24 ore ed è proseguito con il bis su la Repubblica. «Dubbi tecnici», li chiama Pera, che «forse aggravano» invece che risolvere il problema della stabilità, per finire con l'intervista di Urbani, il quale ha affermato che la destra «ha un problema di classe dirigente»;
nascosto sta il progetto della riforma elettorale, meno se ne parla meglio è, questo appare essere in sostanza il commento di vari esponenti della maggioranza, ma si prospetta ad avviso degli interroganti, insieme al premierato, una vera e propria «legge truffa», come quella che modificò la legge elettorale italiana del 1946 introducendo un premio di maggioranza consistente nell'assegnazione del 65 per cento dei seggi della Camera dei deputati alla lista o al gruppo di liste predefinite –:
in che modo il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, una legge elettorale che non comprometta una piena ed effettiva rappresentanza parlamentare e che non renda in sostanza il Parlamento un'istituzione servente rispetto alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
(3-01611)
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
BARZOTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in Italia si stima che le malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici), capiscano circa 250.000 persone, con un'incidenza in aumento negli ultimi decenni;
queste patologie, spesso diagnosticate tra i 15 e i 30 anni, possono manifestarsi anche in età pediatrica, con un incremento dei casi tra i bambini e gli adolescenti;
numerosi studi hanno evidenziato una significativa componente genetica e familiare, stimando ad esempio, che il rischio di essere affetti dalla medesima patologia per i parenti di primo grado è di circa dieci volte superiore rispetto alla popolazione generale;
le Mici aumentano il rischio di sviluppare complicanze gravi, tra cui il tumore del colon-retto, soprattutto se non adeguatamente trattate o monitorate; il carcinoma del colon-retto è tra i tumori più comuni in Italia;
nei casi di patologie gravi o non controllabili con le terapie farmacologiche, è necessario ricorrere a interventi chirurgici invasivi, tra cui la stomia, che comporta la deviazione chirurgica dell'intestino verso una stomia addominale esterna per la raccolta delle feci che può comportare anche incontinenza;
nonostante il grave impatto sulla salute fisica e mentale dei pazienti, che comporta importanti forme di disabilità non percepibili dall'esterno (cosiddette invisibili), ad oggi mancano dati ufficiali aggiornati sia su quanti interventi siano effettuati annualmente per il trattamento delle Mici sia sul numero di pazienti che hanno ottenuto il riconoscimento dell'invalidità civile a causa delle stesse;
la presenza di una stomia ed in generale il processo chirurgico di questo tipo di patologie ha un impatto enorme sulla qualità della vita dei pazienti, sia dal punto di vista fisico che psicologico, richiedendo supporto medico continuativo, assistenza infermieristica specifica e, spesso, un adattamento profondo della vita personale, sociale e lavorativa;
la diagnosi precoce e il monitoraggio continuo attraverso programmi di sorveglianza endoscopica possono ridurre significativamente la mortalità dovuta a queste patologie, ma l'accesso a tali programmi non è uniforme su tutto il territorio nazionale;
la ricerca sulle malattie infiammatorie croniche intestinali è fondamentale per migliorare le terapie e la qualità di vita dei pazienti; tuttavia, le informazioni sui fondi stanziati a livello nazionale per la ricerca e la gestione di queste patologie non sono facilmente accessibili –:
di quali elementi disponga in ordine al numero attuale di pazienti in Italia diagnosticati con tumore al colon-retto, morbo di Crohn e colite ulcerosa, suddivisi per regione e per fasce d'età, dettagliando altresì quanti pazienti, nel corso degli ultimi dieci anni, abbiano raggiunto una remissione clinica prolungata;
quali siano le percentuali medie di invalidità riconosciute;
quante risorse finanziarie siano state stanziate dal Ministero della salute negli ultimi cinque anni per la gestione, la ricerca e il trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali.
(4-03953)
ORRICO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
presso l'Ospedale civile dell'Annunziata di Cosenza è stato recentemente inaugurato il reparto di chirurgia toracica;
per come riferito da una nota stampa della Azienda Ospedaliera di Cosenza, segnalato da alcuni organi di stampa e per come denunciato all'interrogante da alcuni cittadini, quattro posti letto del reparto di chirurgia toracica saranno destinati ai cosiddetti pazienti «solventi», ovvero sia a coloro i quali hanno la facoltà, e la possibilità, di poter usufruire di prestazioni mediche interamente a pagamento;
con determinazione dirigenziale n. 1163 del 5 novembre 2024 dell'Azienda Sanitaria Annunziata-Mariano Santo-Santa Barbara veniva previsto l'acquisto di arredi per la «sezione solventi» del reparto di chirurgia toracica pari a 32.336 euro oltre Iva;
secondo il documento di riorganizzazione della rete ospedaliera varato dalla regione Calabria edito sul Burc n. 66 del 27 marzo 2024 i posti letto previsti per il reparto di chirurgia toracica risultano essere nove;
così stando le cose, una buona parte dei posti letto del reparto in questione sarebbe affidato ai degenti in grado di potere sostenere il costo delle cure mediche di un reparto considerato di eccellenza;
l'articolo 32 della Costituzione sancisce il diritto alla salute dei cittadini e garantisce cure gratuite ai più fragili, quindi anche a coloro che non hanno risorse economiche per poter far fronte alle prestazioni mediche del Servizio sanitario nazionale;
la sanità regionale calabrese è da quattordici anni posta dal Governo sotto regime di commissariamento –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato, anche alla luce del predetto commissariamento, per verificare se il numero dei posti letto del reparto di chirurgia toracica dell'Ospedale civile dell'Annunziata di Cosenza riservato ai pazienti «solventi» sia proporzionato rispetto a quelli totali dell'unita e se, pertanto, in questo modo venga garantito il rispetto dell'articolo 32 della Costituzione relativo al diritto alla salute dei cittadini.
(4-03954)
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta in Commissione Girelli e altri n. 5-03222, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2024, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Romeo.
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Pavanelli n. 4-03570 del 10 ottobre 2024;
interrogazione a risposta in Commissione Pastorella n. 5-03155 del 26 novembre 2024;
interrogazione a risposta in Commissione Iaria n. 5-03167 del 26 novembre 2024;
interrogazione a risposta orale Castiglione n. 3-01604 del 6 dicembre 2024;
interrogazione a risposta in Commissione Barbagallo n. 5-03224 del 9 dicembre 2024.