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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 10 dicembre 2024

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 10 dicembre 2024.

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Calderone, Calovini, Cantone, Cappellacci, Carè, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, D'Alessio, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Fassino, Ferrante, Ferro, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lomuti, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Orlando, Orsini, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Calderone, Calovini, Cantone, Cappellacci, Carè, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, D'Alessio, Deidda, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Fassino, Ferrante, Ferro, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lomuti, Lucaselli, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Orlando, Orsini, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 9 dicembre 2024 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   CASTIGLIONE: «Istituzione del Parco nazionale dell'Etna» (2166);

   DORI e GHIRRA: «Modifiche al decreto legislativo 29 luglio 2015, n. 123, concernenti il divieto di utilizzo di articoli pirotecnici» (2167).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  Le seguenti proposte di legge sono state successivamente sottoscritte dal deputato Deidda:

   MOLLICONE ed altri: «Modifica al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e altre disposizioni concernenti la valorizzazione sussidiaria dei beni culturali e l'istituzione del circuito “Italia in scena”» (1521);

   FRIJIA ed altri: «Disposizioni in materia di portualità turistica» (1986);

   AMICH ed altri: «Delega al Governo per la disciplina, la realizzazione e lo sviluppo dei centri di elaborazione dati» (2091).

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali)

  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE PITTALIS: «Introduzione degli articoli 110-bis e 110-ter della Costituzione, in materia di autonomia e di esercizio della professione di avvocato, e modifica all'articolo 135, in materia di composizione della Corte costituzionale» (227) Parere della II Commissione;

  DI LAURO e CHERCHI: «Istituzione della Giornata nazionale dell'ecospiritualità» (1973) Parere delle Commissioni V, VII, VIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;

  CIANI: «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza» (1985) Parere delle Commissioni II, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, XII e XIV.

   II Commissione (Giustizia)

  VARCHI ed altri: «Disposizioni in materia di legittimo impedimento del difensore» (2053) Parere delle Commissioni I, V e XII.

   X Commissione (Attività produttive)

  BICCHIELLI ed altri: «Disposizioni in materia di riconoscimento del sistema italiano delle “pro loco”» (2044) Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti)

  CANDIANI ed altri: «Modifiche agli articoli 45 e 61 del testo unico dei servizi di media audiovisivi, di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, in materia di trasmissione di messaggi pubblicitari e di finanziamento del servizio pubblico generale radiofonico, televisivo e multimediale» (1938) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite X (Attività produttive) e XII (Affari sociali)

  ZUCCONI ed altri: «Disposizioni concernenti il riordino normativo, la promozione e lo sviluppo del settore termale» (2129) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 10 dicembre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio (ENASARCO), per l'esercizio 2022, cui sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 321).

  Questi documenti sono stati trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Richiesta di parere parlamentare
su proposta di nomina.

  Il Ministro della cultura, con lettera in data 5 dicembre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 18 novembre 1997, n. 426, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina di Gabriella Buontempo a presidente della Fondazione Centro sperimentale di cinematografia (57).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 30 dicembre 2024.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1272 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 17 OTTOBRE 2024, N. 153, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LA TUTELA AMBIENTALE DEL PAESE, LA RAZIONALIZZAZIONE DEI PROCEDIMENTI DI VALUTAZIONE E AUTORIZZAZIONE AMBIENTALE, LA PROMOZIONE DELL'ECONOMIA CIRCOLARE, L'ATTUAZIONE DI INTERVENTI IN MATERIA DI BONIFICHE DI SITI CONTAMINATI E DISSESTO IDROGEOLOGICO
(APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2164)

A.C. 2164 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    la rapida messa in sicurezza idraulica di tutto il corso del fiume Piave, dalle Alpi al mare Adriatico, è una questione nazionale;

    per la tutela dalle alluvioni nella sopraccitata area del Veneto Orientale con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 luglio 2016 il Governo pro tempore finanziò parte degli interventi per la messa in sicurezza idraulica del fiume Piave, ex nota DG MITE Sicurezza suolo e acqua del 13 febbraio 2020, n. 0010170, incaricando della progettazione la regione Veneto;

    la regione Veneto, con delibera 302/2021, ha previsto la realizzazione di casse di espansione nell'alveo del Piave, percorrendo negli anni la strada più invasiva con il restringimento degli argini del fiume ed un enorme sistema di casse di espansione, un bacino di 35 milioni di metri cubi cementificati su un'area di 555 ettari e con 13.5 chilometri di muri alti fino a 8 metri, nella zona di Grave di Ciano in provincia di Treviso, area di rilevante interesse storico, ad elevata biodiversità e tutelata da Rete Natura 2000 (ZPS IT 3240023 Grave del Piave e ZSC IT 3240030);

    si tratta di un progetto contrastato da cittadini, associazioni ambientaliste, comitati e sindaci di ogni parte politica e in riferimento al quale l'Amministrazione «rivierasca» di Crocetta del Montello presentò peraltro un ricorso contro la citata delibera della Giunta regionale del Veneto al Tribunale nazionale delle acque pubbliche;

    dopo tanto tergiversare da parte della regione Veneto, il Governo, al fine di accelerare la realizzazione delle opere di difesa idraulica delle Grave di Ciano, ha di recente individuato il Segretario generale dell'Autorità di Distretto delle Alpi orientali come commissario straordinario per l'espletamento delle attività di messa in sicurezza del citato fiume,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, per quanto di competenza, di autorizzare lungo tutta l'asta del fiume, non precludendo altre localizzazioni rispetto alle Grave di Ciano, le opere di messa in sicurezza idraulica del fiume Piave, anche alla luce degli sviluppi di ingegneria idraulica degli ultimi anni.
9/2164/1. Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto in esame reca diverse disposizioni procedimentali in materia di valutazioni e autorizzazioni ambientali;

    nei giorni scorsi il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha inviato ai comuni interessati una comunicazione riguardante l'avvio del procedimento di Valutazione ambientale strategica (Vas) della Proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) a ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi;

    tale procedura ha l'obiettivo di aggiornare la Cnai per rendere definitiva la mappa dei 51 siti potenzialmente idonei a ospitare i rifiuti radioattivi italiani;

    la Cnai è stata pubblicata a fine 2023, rimanendo ferma per quasi un anno, e ora si chiede alle amministrazioni comunali di inviare le osservazioni entro 30 giorni, ovvero entro il prossimo 26 dicembre;

    si tratta di un tema importantissimo che riguarda la sicurezza della salute e dell'ambiente delle comunità che risiedono nelle aree individuate, che richiede un approfondimento tecnico molto accurato e un coinvolgimento della popolazione che non può svolgersi in un tempo così breve e, per di più, durante il periodo delle festività natalizie nel quale le attività delle amministrazioni locali sono rallentate,

impegna il Governo

ad adottare le misure atte a posporre la data di invio delle osservazioni da parte dei comuni, al fine di consentire un coinvolgimento, un dialogo e una valutazione migliori da parte delle autonomie locali su una questione così rilevante che tocca la vita dei cittadini di quelle comunità.
9/2164/2. Fornaro, Braga, Gribaudo.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto in esame reca diverse disposizioni procedimentali in materia di valutazioni e autorizzazioni ambientali;

    nei giorni scorsi il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha inviato ai comuni interessati una comunicazione riguardante l'avvio del procedimento di Valutazione ambientale strategica (Vas) della Proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) a ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi;

    tale procedura ha l'obiettivo di aggiornare la Cnai per rendere definitiva la mappa dei 51 siti potenzialmente idonei a ospitare i rifiuti radioattivi italiani;

    la Cnai è stata pubblicata a fine 2023, rimanendo ferma per quasi un anno, e ora si chiede alle amministrazioni comunali di inviare le osservazioni entro 30 giorni, ovvero entro il prossimo 26 dicembre;

    si tratta di un tema importantissimo che riguarda la sicurezza della salute e dell'ambiente delle comunità che risiedono nelle aree individuate, che richiede un approfondimento tecnico molto accurato e un coinvolgimento della popolazione che non può svolgersi in un tempo così breve e, per di più, durante il periodo delle festività natalizie nel quale le attività delle amministrazioni locali sono rallentate,

impegna il Governo

ad adottare le misure atte ad estendere a 60 giorni la data di invio delle osservazioni da parte dei comuni, al fine di consentire un coinvolgimento, un dialogo e una valutazione migliori da parte delle autonomie locali su una questione così rilevante che tocca la vita dei cittadini di quelle comunità.
9/2164/2. (Testo modificato nel corso della seduta)Fornaro, Braga, Gribaudo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 3 del provvedimento in esame (Conversione in legge del decreto-legge 17 ottobre 2024, n. 153, recante disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell'economia circolare, l'attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico) presenta misure indifferibili per contrastare la crisi idrica;

    la Sicilia, anche a causa dei mutamenti climatici, è una delle regioni maggiormente colpite dalla siccità: un fenomeno aggravato da numerosi fattori: la perdita di acqua nelle tubature (il 51,6 per cento del totale secondo Istat), la carenza di dissalatori e la mancanza di invasi. A questo si aggiunge anche l'assenza di piani efficaci per la messa in sicurezza degli approvvigionamenti per le aree più a rischio;

    dall'autunno del 2023 la crisi idrica ha raggiunto in Sicilia livelli di guardia. A marzo 2024 la situazione è divenuta insostenibile con animali costretti a bere fango, laghi prosciugati, raccolti di grano e foraggio azzerati;

    da mesi in alcune province dell'isola l'acqua viene razionata e distribuita con le autobotti. Si tratta di una situazione che ha messo prima in ginocchio i settori agricolo, zootecnico e turistico ricettivo e che ora sta coinvolgendo una popolazione stimata ad oggi in oltre 1 milione di persone. Le maggiori criticità sono state registrate nelle province di Caltanissetta ed Enna;

    con Delibera del Consiglio dei Ministri del 6 maggio 2024 è stata approvata la «Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla situazione di grave deficit idrico in atto nel territorio della Regione Siciliana», contestualmente sono stati stanziati 20 milioni di euro;

    la crisi idrica si è aggravata nei mesi estivi ed autunnali mentre le risorse stanziate dal governo, giudicate per altro subito non sufficienti, non hanno prodotto fino ad oggi alcun beneficio reale;

    la costante carenza di acqua del lago Ancipa, principale fonte di approvvigionamento dei territori di Enna e di Caltanissetta, sta continuando a creare disagi insostenibili nella popolazione. Delegazioni dei sindaci dei territori interessati hanno manifestato nella sede della Protezione Civile di Palermo contro i piani di razionamento idrico divenuti ormai insopportabili per le attività umane ed economiche;

    nella mattina del 30 novembre i sindaci di cinque comuni dell'ennese che dipendono esclusivamente dall'invaso dell'Ancipa (Troina, Nicosia, Sperlinga, Gagliano Castelferrato e Cerami), hanno prima occupato i locali della diga e poi tentato di bloccare la condotta. Una protesta contro la decisione assunta della cabina di regia sull'emergenza idrica di ripristinare l'erogazione su Caltanissetta e San Cataldo, interrotta dal 15 novembre scorso in seguito alla notevole riduzione della capacità dell'invaso ormai quasi completamente a secco;

    appare incomprensibile la gestione dell'emergenza condotta dalla Regione Siciliana che ha in un primo momento ha sottovalutato colpevolmente la situazione e che oggi si riduce soltanto ad esprimere (secondo le parole del Governatore Renato Schifani) «solidarietà a quella parte di popolo siciliano che in questo momento sta vivendo estreme difficoltà»;

    è indubbio che la Regione Siciliana abbia inoltre gravissime colpe pregresse: al riguardo è opportuno ricordare le importanti responsabilità dell'ex presidente Musumeci che non è riuscito a far approvare nessuno dei 31 progetti presentati al Piano nazionale di ripresa e resilienza per l'ammodernamento irriguo della regione, perdendo di fatto un finanziamento di circa 400 milioni di euro;

    in questo contesto va poi aggiunto come le 27 opere prioritarie per la Sicilia, individuate dal Commissario straordinario nazionale per la siccità e per un investimento complessivo di 829 milioni di euro, non siano state ancora finanziate;

    occorrono quindi interventi e risorse urgenti per prevenire e contrastare con efficacia la crisi idrica della Sicilia ed in particolare nelle province di Enna e Caltanissetta;

    tali misure non possono prescindere dall'ammodernamento della rete idrica attuale per ridurre le perdite d'acqua, dalla realizzazione di nuovi invasi e dissalatori e da un maggiore coordinamento tra le istituzioni preposte regionali e nazionali. È altrettanto necessario prevedere ristori adeguati per le attività economiche che hanno subito gravi danni per colpa della cronica carenza di acqua,

impegna il Governo

a introdurre, per quanto di competenza, nel primo provvedimento utile – in relazione a quanto espresso in premessa e per prevenire e contrastare le gravissime conseguenze della crisi idrica che sta colpendo la Sicilia ed in particolare le province di Enna e Caltanissetta – i seguenti interventi predisponendo contestualmente le risorse necessarie:

  ammodernamento della rete idrica attuale per ridurre le perdite d'acqua;

  realizzazione di nuovi invasi e dissalatori nei territori maggiormente vulnerabili;

  stanziamento di ristori per le attività economiche che hanno subito gravi danni per colpa della cronica carenza di acqua;

  attivazione di un tavolo tecnico presso il Ministero per la Protezione civile e le politiche del mare per la individuazione delle misure urgenti da adottare, con il coinvolgimento del Commissario straordinario nazionale per l'adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica e del Presidente della Regione.
9/2164/3. Marino, Barbagallo, Iacono, Porta, Provenzano, Raffa, Carmina, Aiello.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 6 del decreto-legge in via di conversione prevede «Misure urgenti in materia di bonifiche»;

    la bonifica di un territorio, come noto, riguarda tutti quegli interventi e lavori che hanno come obiettivo la trasformazione di aree degradate o incolte in terreni produttivi dal punto di vista agricolo, industriale o edilizio e possono essere suddivise principalmente in due categorie: quelle di natura agraria, finalizzate cioè alla resa produttiva di aree incolte; e quelle di natura ambientale, volte invece alla rimozione o contenimento di contaminanti presenti nel suolo e nelle acque sotterranee;

    queste ultime sono frequentemente effettuate da privati cittadini che intervengono a loro spese per bonificare terreni di proprietà contaminati da fattori inquinanti;

    si tratta ovviamente di piccoli appezzamenti di terreno che prevedono per un'effettiva bonifica oneri e costi spesso elevati per i cittadini che operano non solo in favore proprio, ma anche di quello di tutta la comunità;

    questi interventi, infatti, rappresentano importanti occasioni di crescita e sviluppo per il territorio, con ricadute favorevoli per la valorizzazione dei territori e del passaggio naturale e urbano;

    per questo appare necessario che lo Stato intervenga per offrire un sostegno a chi voglia intraprendere iniziative del genere,

impegna il Governo

a prevedere nel primo provvedimento utile un contributo a fondo perduto a favore di privati, a parziale o totale ristoro delle spese sostenute per interventi di bonifica di terreni agricoli di piccole dimensioni.
9/2164/4. Girelli.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 6 del decreto-legge in via di conversione prevede «Misure urgenti in materia di bonifiche»;

    la bonifica di un territorio, come noto, riguarda tutti quegli interventi e lavori che hanno come obiettivo la trasformazione di aree degradate o incolte in terreni produttivi dal punto di vista agricolo, industriale o edilizio e possono essere suddivise principalmente in due categorie: quelle di natura agraria, finalizzate cioè alla resa produttiva di aree incolte; e quelle di natura ambientale, volte invece alla rimozione o contenimento di contaminanti presenti nel suolo e nelle acque sotterranee;

    queste ultime sono frequentemente effettuate da privati cittadini che intervengono a loro spese per bonificare terreni di proprietà contaminati da fattori inquinanti;

    si tratta ovviamente di piccoli appezzamenti di terreno che prevedono per un'effettiva bonifica oneri e costi spesso elevati per i cittadini che operano non solo in favore proprio, ma anche di quello di tutta la comunità;

    questi interventi, infatti, rappresentano importanti occasioni di crescita e sviluppo per il territorio, con ricadute favorevoli per la valorizzazione dei territori e del passaggio naturale e urbano;

    per questo appare necessario che lo Stato intervenga per offrire un sostegno a chi voglia intraprendere iniziative del genere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica e nel rispetto di «chi inquina paga», di prevedere un contributo a favore di privati, a parziale o totale ristoro delle spese sostenute per interventi di bonifica di terreni agricoli di piccole dimensioni.
9/2164/4. (Testo modificato nel corso della seduta)Girelli.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 2 del decreto in via di conversione prevede «Disposizioni urgenti per coniugare salvaguardia dell'ambiente e sicurezza degli approvvigionamenti»;

    i territori delle province di Rovigo, Ferrara e Ravenna sono stati interessati dallo sfruttamento di giacimenti metaniferi dal 1938 al 1964 e già dal 1950 si evidenziò il problema dell'abbassamento del suolo;

    i giacimenti gasiferi si trovavano tutti entro i termini dei depositi stratificati del Quaternario, che è praticamente tutto marino;

    tra il 1945 ed il 1949 la produzione del Polesine rappresentava circa il 40 per cento di tutta quella nazionale per quel che riguarda il gas. Primo effetto dell'estrazione delle acque metanifere fu, come detto, l'abbassamento del suolo che nel 1957 raggiunse in alcuni punti i 30 centimetri. Tra il 1951 e il 1980 il territorio deltizio si è abbassato di oltre un metro;

    una delle principali conseguenze di questo abbassamento, detto «subsidenza», furono le alluvioni, in quanto con il terreno si erano abbassati anche gli argini. L'alluvione del novembre del 1951 ha sommerso circa 100 mila ettari di terreno della provincia di Rovigo, rendendo inutilizzabili molte opere di bonifica e irrigazione;

    è stato dunque necessario intervenire in maniera massiccia e continuativa per evitare il ripetersi di tragedie come quella della grande alluvione del Polesine, che è ancora nella memoria di chi l'ha subita ma anche di chi è venuto dopo;

    il carattere permanente del danno procurato al territorio, che a causa della subsidenza è oggi mantenuto in sicurezza totalmente attraverso lo scolo meccanico, ossia tutta l'acqua delle precipitazioni deve essere pompata meccanicamente per essere allontanata e non ristagnare, comporta un gigantesco sforzo per mantenere efficienti le opere già realizzate, realizzarne di nuove, farle funzionare senza sprechi, utilizzare personale qualificato, sostenere le ingenti spese per energia elettrica;

    l'economia di questi territori, è sopravvissuta alle alluvioni, compresa quella del 1951, e ai danni causati dalla subsidenza. Oggi queste province sono a pieno titolo parte produttiva del Paese, nodo nevralgico delle infrastrutture di comunicazione del nord Italia, aree di interesse culturale e ambientale, sede del Parco del Delta del Po;

    l'efficiente infrastrutturazione idraulica risulta fondamentale per il mantenimento delle condizioni di sviluppo e per ulteriori passi in avanti, condizione imprescindibile per attrarre investimenti;

    le estrazioni metanifere dei primi decenni del secondo dopoguerra hanno contribuito a dare un grosso aiuto all'economia nazionale, che doveva assolutamente riprendersi e svilupparsi. Ma in quelle terre è rimasto un danno permanente, delle cui conseguenze giustamente lo Stato decise di farsi carico;

    dal 1957, con la legge n. 595 del 1957 fu lo Stato ad assumersi l'onere delle spese dei lavori di bonifica, sino al 1977. Successivamente varie leggi hanno attivato specifiche linee di finanziamento per consentire ai Consorzi di bonifica di attuare opere che permettessero di presidiare un territorio sempre più fragile;

    infine, la legge 27 dicembre 2017, n. 205 – Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2020 – all'articolo 1, comma 129, disponeva che «al fine di consentire la manutenzione straordinaria nonché l'adeguamento delle opere pubbliche di rilevanza nazionale necessarie alla protezione dal fenomeno della subsidenza. In particolare, nei territori del delta del Po e alla difesa dalle acque dei territori subsidenti compresi nelle province di Ferrara, Ravenna e Rovigo è istituito nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un fondo, con la dotazione di 2 milioni di euro per l'anno 2018 e di 4 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024, finalizzato all'adozione, d'intesa con le regioni interessate, di un programma di interventi e del relativo piano di riparto della spesa tra gli enti cui è affidata la gestione delle opere di protezione e gestione del fenomeno della subsidenza.»;

    la legge di Bilancio 2025 non ha previsto il rifinanziamento del Fondo sopra citato, nonostante i territori colpiti dal fenomeno della subsidenza, in particolare quello della provincia di Rovigo, sono, come ricordato, costantemente impegnati nella lotta contro gli effetti dell'abbassamento del territorio, dovendo provvedere a eliminare con mezzi meccanici l'acqua piovana alla quale deve essere impedito di ristagnare, mentre il territorio orientale deve costantemente essere difeso dal mare;

    appare, quindi, evidente la necessità di rifinanziare il Fondo per contrastare i danni causati dalla subsidenza, non lasciando soli gli enti locali del territorio,

impegna il Governo

a provvedere nel primo provvedimento utile al rifinanziamento del Fondo di cui al comma 129 dell'articolo 1 della legge 205 del 2017.
9/2164/5. Romeo.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare la possibilità di provvedere, compatibilmente con i saldi di bilancio, al rifinanziamento del Fondo di cui al comma 129 dell'articolo 1 della legge 205 del 2017.
9/2164/5. (Testo modificato nel corso della seduta)Romeo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9, del decreto-legge oggetto di conversione, contiene disposizioni volte a rendere più effettive la tutela del suolo e la lotta al dissesto idrogeologico attraverso la programmazione e il monitoraggio degli interventi che garantiscano l'interoperabilità tra le banche dati esistenti;

    il 22 ottobre scorso la Camera dei deputati ha votato favorevolmente la costituzione di una Commissione monocamerale d'inchiesta sul rischio idrogeologico e sismico del territorio italiano, sull'attuazione delle norme di prevenzione e sicurezza e sugli interventi di emergenza e di ricostruzione a seguito degli eventi calamitosi verificatisi dall'anno 2019;

    nelle «Linee guida per la valutazione del dissesto idrogeologico e la sua mitigazione attraverso misure e interventi in campo agricolo e forestale» pubblicate nel 2013 da ISPRA in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, si propongono indirizzi e metodologie che, sulla base dell'integrazione di banche dati territoriali dei comparti ambiente e agricoltura, hanno l'obiettivo di contrastare il degrado dei suoli e l'abbandono delle aree rurali e montane e contenere i fenomeni di dissesto, quali erosione e frane superficiali, e i costi ad essi associati;

    il fenomeno dell'abbandono delle attività agricole e in particolare dell'olivicoltura, con riferimento ad aziende agricole e privati cittadini è in costante crescita su tutto il territorio nazionale;

    per quanto riguarda l'olivicoltura molti esperti di settore hanno sottolineato l'importanza del ruolo ambientale di colture come gli oliveti tradizionali nelle aree collinari e montane, ove contribuiscono alla prevenzione del rischio idrogeologico e degli incendi, in contesti minacciati da spopolamento ove vi sono poche alternative colturali e l'abbandono dei terreni è diffuso;

    secondo una ricerca del centro studi del Consorzio nazionale di olivicoltori pubblicata a gennaio 2024, in Italia, l'abbandono di 500 mila ettari, su 1,1 milioni di ettari totali (un dato che si avvicina al 50 per cento), deve essere considerata vera e propria emergenza alla quale è necessario porre rimedio, non solo per aumentare la capacità produttiva nazionale e perseguire la finalità della sovranità alimentare, ma anche per consentire alla millenaria coltura dell'olivo di continuare a esplicare le diverse funzioni ambientali, territoriali, paesaggistiche, economiche e sociali;

    il recupero degli oliveti abbandonati assume un valore non solamente economico-produttivo ma anche sociale ed ambientale, ed incide su quegli aspetti legati al paesaggio rurale, al mantenimento della biodiversità olivicola, alla prevenzione del rischio idrogeologico e a quella degli incendi, alla mitigazione del cambiamento climatico, al turismo così come al più ampio tema della sostenibilità nelle sue accezioni ambientale, sociale ed economica;

    gli studi scientifici che rilevano ed evidenziano l'importanza dell'agricoltura storica caratterizzata dall'utilizzo di pratiche agricole e conoscenze tradizionali secolari sono numerosi;

    contrastare l'abbandono delle terre agricole e, in particolare, dei terreni destinati all'olivicoltura, equivale a rigenerare una cultura millenaria, una dimensione civile e di benessere economico e ambientale che ripensi la produzione agricola e la qualità della vita come occasione di ripresa e sviluppo del Paese;

    in generale, la normativa vigente in Italia sulle terre abbandonate è definita dalla legge n. 440 del 1978, che ha introdotto norme per l'utilizzo delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate. Si considerano abbandonati i terreni che non sono stati utilizzati per scopi agricoli per almeno due annate agrarie;

    la legge 28 luglio 2016 n. 154, recante «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale», ha istituito all'articolo 6 la Banca delle terre agricole presso l'ISMEA. La Banca ha l'obiettivo di costituire un inventario completo della domanda e dell'offerta dei terreni e delle aziende agricoli, che si rendono disponibili anche a seguito di abbandono dell'attività produttiva;

    l'articolo 5 della stessa legge ha delegato il Governo ad adottare il decreto legislativo n. 34 del 2018, recante «Testo unico in materia di foreste e filiere forestali» che, all'articolo 3, comma 2, lettera g), ha definito i terreni agricoli abbandonati, da intendersi come quei terreni agricoli sui quali non sia stata esercitata attività agricola da almeno tre anni, in base ai principi e alle definizioni di cui al regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 e relative disposizioni nazionali di attuazione, ad esclusione dei terreni sottoposti ai vincoli di destinazione d'uso;

    in attuazione dell'articolo 7, comma 11, del decreto legislativo n. 34 del 2018, e ai fini del ripristino delle attività agricole e pastorali preesistenti, della conservazione della biodiversità e della qualità del paesaggio, è stato adottato il decreto 12 agosto 2021 del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro della transizione ecologica. Il decreto definisce i criteri minimi nazionali per il riconoscimento dello stato di abbandono delle attività agropastorali;

    il decreto-legge n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge, 3 agosto del 2017, n. 123 contempla criteri in base ai quali considerare i terreni abbandonati o incolti nonché istituisce la Banca delle terre abbandonate o incolte;

    la filiera olivicola è stata la prima, a livello nazionale, a recepire la definizione per gli uliveti a rischio di abbandono, ai sensi del Regolamento UE 1220/2011. Il regolamento in questione è finalizzato a promuovere la sostenibilità del settore, come recepito nel decreto ministeriale n. 70574 del 12 febbraio 2021, volto a identificare gli uliveti ad alto valore ambientale e a rischio di abbandono come destinatari di specifiche misure di sostegno per migliorare il loro impatto ambientale;

    con l'approvazione della legge di bilancio 2020, il turismo dell'olio – o oleoturismo – entra nel quadro legislativo italiano e viene così equiparato all'enoturismo. Le disposizioni già previste dalla legge 27 dicembre 2017 n. 205 vengono quindi estese anche a questa pratica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di affiancare gli interventi previsti dagli articoli 8 e 9 con i seguenti:

  l'attivazione di un tavolo tecnico interministeriale esteso alle regioni, agli enti locali e alle principali associazioni nazionali di settore volto ad armonizzare e attualizzare la normativa nazionale vigente sulle terre abbandonate a partire dalla legge n. 440 del 1978, garantendo la migliore interoperabilità delle banche dati esistenti anche ai fini del contrasto al dissesto idrogeologico;

  l'introduzione di disposizioni volte a definire una attività di censimento specifica, introdurre agevolazioni fiscali per la regolarizzazione catastale, per l'acquisto o la presa in gestione di terreni agricoli abbandonati e la costituzione di cooperative di comunità e associazioni fondiarie nei comuni interessati;

  la promozione di norme, strumenti e iniziative di contrasto all'abbandono dell'olivicoltura tradizionale e multifunzionale, che includano anche il riconoscimento dell'olivicoltura storica ed eroica quale volano di opportunità tra dimensione sociale ed economico-produttiva in grado di attrarre una domanda turistica che mostra crescente interesse per il connubio fra storia, cultura, gastronomia ed ambiente.
9/2164/6. Bicchielli, Vaccari, Stefanazzi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, del decreto-legge oggetto di conversione, apportando le necessarie modificazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, contiene disposizioni in materia di valutazioni e autorizzazioni ambientali;

    il comma 2 dello stesso articolo 1 prevede che il proponente di progetti per la produzione energetica da fonti rinnovabili, in particolare da fonte fotovoltaica, solare termodinamica, a biomassa, a biogas, nonché di produzione di biometano, in sede di presentazione dell'istanza di VIA, alleghi alla stessa una dichiarazione sostitutiva ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la legittima disponibilità della superficie e, ove occorra, delle risorse necessarie per la costruzione e l'esercizio degli impianti relativi ai suddetti progetti;

    la disciplina delle fonti rinnovabili compare nel nostro ordinamento con la legge 9 gennaio 1991, n. 10, che reca «Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia» e qualifica le energie prodotte da fonti rinnovabili quali energie di «pubblico interesse e di pubblica utilità»;

    l'articolo 1, comma 4, della succitata legge n. 10 del 1991, dispone che «l'utilizzazione delle fonti di energia di cui al comma 3», tra le quali è compreso il vento, «è considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità e le opere relative sono equiparate alle opere dichiarate indifferibili ed urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche»;

    l'articolo 43, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 consente espressamente l'imposizione di servitù coattive in favore di «soggetti privati o pubblici titolari di concessioni, autorizzazioni o licenze o che svolgono, anche in base alla legge, servizi di interesse pubblico nei settori dei trasporti, telecomunicazioni, acqua ed energia»;

    la direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001, in materia di promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, ha trovato attuazione nel diritto interno con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e prevedeva che sul consumo lordo di elettricità, entro il 2010, il 25 per cento dovesse essere prodotta da fonti rinnovabili;

    in Italia, l'energia eolica è una delle tecnologie più mature e competitive in molte Regioni. Tuttavia, gli impianti eolici si sono sviluppati in modo disordinato sul territorio nonostante l'esistenza di strumenti giuridici attraverso i quali si auspicava un'individuazione dei bacini energetici territoriali. Tale disordine è collegato anche ai rapporti contrattuali e alle situazioni reali di godimento che si instaurano tra il proprietario del suolo, spesso un privato, sul quale le pale eoliche vengono installate e la società interessata a tale installazione;

    la legge regionale siciliana del 20 novembre 2015, n. 29 prevede che l'impresa proponente documenti la disponibilità delle aree interessate dall'impianto eolico attraverso atti negoziali di compravendita o locazione, o tramite provvedimenti di concessione o assegnazione del suolo nonché la limitata possibilità di ricorrere alla procedura espropriativa solo con riferimento alle aree interessate dalle opere connesse e la necessità di allegare o il titolo di proprietà, o un atto negoziale che costituisca fondamento del possesso o della detenzione dei terreni interessati dall'impianto eolico;

    con sentenza del 5 ottobre 2023, n. 648 il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha fornito importanti chiarimenti in merito al tema della disponibilità dei terreni necessaria per l'autorizzazione e costruzione di impianti eolici in Sicilia definendo che l'articolo 12 comma 4-bis del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, nella parte in cui prevede la possibilità di ricorrere alla procedura di esproprio in materia di energia eolica, non costituisce un principio fondamentale in materia di energie rinnovabili;

    il possibile investimento in energie rinnovabili programmato dal proprietario terriero o dalla società che ha acquisito la disponibilità del terreno per la realizzazione di un impianto fotovoltaico o agri-voltaico, potrebbe essere penalizzato a vantaggio di una terza società che, in assenza di alcun consenso della proprietà, ha ottenuto l'autorizzazione all'installazione di una pala eolica e l'attivazione della procedura di esproprio ed asservimento del terreno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare la coerenza delle disposizioni in materia di installazione di impianti eolici con il quadro normativo, anche europeo, vigente in materia e di estendere l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 2, del provvedimento in oggetto anche ai progetti di installazione di impianti eolici.
9/2164/7. Alessandro Colucci.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare la coerenza delle disposizioni in materia di installazione di impianti eolici con il quadro normativo, anche europeo, vigente in materia e di estendere l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 2, del provvedimento in oggetto anche ai progetti di installazione di impianti eolici.
9/2164/7. (Testo modificato nel corso della seduta)Alessandro Colucci.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge n. 153 del 2024 interviene sul tema delle emergenze, con particolare riguardo per la previsione di misure e risorse in ordine ad alcuni degli eccezionali eventi meteorologici che si sono succeduti negli ultimi anni nel nostro Paese;

    a partire dal 18 settembre 2024, la regione Marche è stata teatro di fenomeni meteorologici di straordinaria intensità, che hanno generato condizioni di grave pericolo per la sicurezza pubblica, obbligando molte famiglie ad abbandonare le proprie abitazioni;

    tali eventi hanno provocato straripamenti di corsi d'acqua, inondazioni, danni alle infrastrutture stradali, agli edifici pubblici e privati, nonché alla rete dei servizi essenziali, con conseguenze significative sul territorio;

    il 21 settembre 2024, il Consiglio dei Ministri ha deciso di proclamare lo stato di emergenza per i territori interessati, valido per 12 mesi, stanziando una somma iniziale di 4 milioni di euro, attingendo al Fondo per le emergenze nazionali, istituito dall'articolo 44, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 2018;

    il 14 Ottobre 2024, rispondendo a un'interrogazione in Consiglio Regionale Marche, l'Assessore Stefano Aguzzi con delega alla protezione civile dichiarava che i danni stimati, nella sola area dell'anconetano dove si sono concentrate in massima parte le ricadute degli eventi, ammontano a 51 milioni di euro, di cui 36 milioni per danni a infrastrutture pubbliche e 15 milioni per danni a cittadini e imprese;

    appare evidente come le risorse attualmente stanziate siano ampiamente insufficienti a garantire la copertura degli interventi necessari;

    è fondamentale agire con urgenza per assicurare risorse adeguate a cittadini, imprese ed enti locali dei territori colpiti, al fine di sanare i danni subiti e ripristinare rapidamente le normali condizioni di vita e operatività nelle comunità coinvolte,

impegna il Governo

a stanziare con il primo provvedimento utile le risorse indispensabili a garantire i risarcimenti e avviare la ricostruzione post-alluvione, in favore di tutti i territori della regione Marche colpiti dagli eventi calamitosi del 18 settembre 2024.
9/2164/8. Curti, Fede.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca, tra le altre, disposizioni su siti di interesse nazionale e misure urgenti in materia di bonifica;

    con una recente sentenza la Corte di giustizia dell'Unione europea ha confermato l'interpretazione giuridica sulla base della quale la Corte d'appello di Milano ha condannato la società LivaNova a versare al Ministero dell'ambiente circa 453 milioni di euro per le attività di bonifica dei tre Siti di interesse nazionale «Caffaro», di cui circa 250 milioni di euro per il Sin di Brescia, il cui disastroso inquinamento da diossine, Pcb e altre sostanze tossiche e cancerogene fu scoperto nel lontano agosto 2001;

    l'inquinamento della falda e i conseguenti danni al patrimonio privato dei cittadini bresciani hanno costituito un disastro ambientale senza precedenti per la città;

    molti di loro, infatti, per decenni non hanno potuto coltivare i propri campi né usufruire a pieno della propria proprietà privata pur continuando a pagare inesorabilmente tasse e imposte di varia natura;

    c'è, tuttavia, il serio rischio che i cittadini vittime di questo disastro non intercettino nemmeno una parte dei fondi stanziati per il risarcimento, quando invece gli orti, i campi e i giardini dei privati andrebbero inseriti nell'accordo di programma per la bonifica del Sin di Brescia, anche attraverso adeguati studi di fattibilità;

    anche considerazione dell'impegno che il comune di Brescia ha posto negli ultimi anni per bonificare e restituire alla cittadinanza, con proprie risorse, importanti aree pubbliche della città colpite dal disastro ambientale,

impegna il Governo:

   a prevedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la destinazione delle risorse menzionate verso tutte le aree effettivamente colpite e danneggiate dall'inquinamento causato dal disastro ambientale del Sin «Caffaro» di Brescia;

   a verificare, in raccordo con le amministrazioni locali, la quantificazione e le reali necessità di bonifica di ulteriori siti della zona che hanno subito danni correlati al disastro ambientale;

   a prevedere l'emanazione di un bando ad hoc per l'accesso ai ristori da parte dei privati cittadini i cui orti, giardini e campi hanno subito per oltre vent'anni i danni causati dall'inquinamento della falda e dei terreni.
9/2164/9. Benzoni.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca, tra le altre, disposizioni su siti di interesse nazionale e misure urgenti in materia di bonifica;

    con una recente sentenza la Corte di giustizia dell'Unione europea ha confermato l'interpretazione giuridica sulla base della quale la Corte d'appello di Milano ha condannato la società LivaNova a versare al Ministero dell'ambiente circa 453 milioni di euro per le attività di bonifica dei tre Siti di interesse nazionale «Caffaro», di cui circa 250 milioni di euro per il Sin di Brescia, il cui disastroso inquinamento da diossine, Pcb e altre sostanze tossiche e cancerogene fu scoperto nel lontano agosto 2001;

    l'inquinamento della falda e i conseguenti danni al patrimonio privato dei cittadini bresciani hanno costituito un disastro ambientale senza precedenti per la città;

    molti di loro, infatti, per decenni non hanno potuto coltivare i propri campi né usufruire a pieno della propria proprietà privata pur continuando a pagare inesorabilmente tasse e imposte di varia natura;

    c'è, tuttavia, il serio rischio che i cittadini vittime di questo disastro non intercettino nemmeno una parte dei fondi stanziati per il risarcimento, quando invece gli orti, i campi e i giardini dei privati andrebbero inseriti nell'accordo di programma per la bonifica del Sin di Brescia, anche attraverso adeguati studi di fattibilità;

    anche considerazione dell'impegno che il comune di Brescia ha posto negli ultimi anni per bonificare e restituire alla cittadinanza, con proprie risorse, importanti aree pubbliche della città colpite dal disastro ambientale,

impegna il Governo:

  a valutare la possibilità, anche all'esito del contenzioso ancora in atto, di:

   prevedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la destinazione delle risorse menzionate verso tutte le aree effettivamente colpite e danneggiate dall'inquinamento causato dal disastro ambientale del Sin «Caffaro» di Brescia;

   verificare, in raccordo con le amministrazioni locali, la quantificazione e le reali necessità di bonifica di ulteriori siti della zona che hanno subito danni correlati al disastro ambientale;

   prevedere l'emanazione di un bando ad hoc per l'accesso ai ristori da parte dei privati cittadini i cui orti, giardini e campi hanno subito per oltre vent'anni i danni causati dall'inquinamento della falda e dei terreni.
9/2164/9. (Testo modificato nel corso della seduta)Benzoni.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca, tra le altre, disposizioni di modifica alle discipline in materia di valutazioni e autorizzazioni ambientali, nonché misure sulla gestione degli imballaggi;

    le disposizioni introdotte possono comportare oneri finanziari significativi per le aziende, che potrebbero dover investire in nuove tecnologie o adeguamenti normativi;

    oltretutto, è lecito affermare che le disposizioni non affrontino adeguatamente le cause profonde dell'inquinamento e della degradazione ambientale, pur trattandosi di interventi normativi di natura urgente,

impegna il Governo

a intraprendere per il futuro, anche alla luce dell'attuale contesto di crisi economica e sociale, adeguati processi di consultazione estesi agli esperti e ai diversi stakeholder operanti a livello locale, regionale e nazionale prima di approvare modifiche e misure urgenti in materia ambientale, soprattutto nei casi in cui queste ultime comportino un aggravio di oneri, sia economici che burocratici, per le aziende e i cittadini.
9/2164/10. Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca, tra le altre, disposizioni di modifica alle discipline in materia di valutazioni e autorizzazioni ambientali, nonché misure urgenti in materia di bonifica;

    le disposizioni introdotte potrebbero non prevedere un adeguato coinvolgimento delle comunità locali nel processo di valutazione, portando a conflitti e resistenze nei confronti dei progetti;

    sarebbe, invece, fondamentale ascoltare le preoccupazioni e le opinioni delle persone che vivono nelle aree interessate dai provvedimenti al fine di raggiungere il più alto scopo di tutela dell'ambiente e degli interessi della cittadinanza,

impegna il Governo

a prevedere, in sede di attuazione del provvedimento in esame, l'introduzione di adeguati strumenti di coinvolgimento delle comunità locali nell'ambito delle operazioni di bonifica, di salvaguardia dell'ambiente e delle valutazioni e autorizzazioni ambientali.
9/2164/11. Bonetti, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca, tra le altre, misure urgenti in materia di bonifica;

    a tal proposito, il PNRR destina un finanziamento di 500 milioni di euro per la bonifica dei siti cosiddetti «organi», per riqualificarne entro il primo trimestre 2026 almeno il 70 per cento della superficie, anche al fine di ridurre l'occupazione del terreno e migliorare il risanamento urbano;

    tali risorse, per quanto importanti, non potranno garantire una copertura omogenea su tutto il territorio nazionale per tutti i siti orfani, né le difficoltà tecniche e logistiche potranno essere affrontate dagli enti locali, spesso sottodimensionati soprattutto a livello di organico,

impegna il Governo

a prevedere lo stanziamento, nel primo provvedimento utile, di ulteriori risorse vincolate alla bonifica di siti contaminati e al supporto tecnico per le amministrazioni locali coinvolte in tali operazioni.
9/2164/12. Onori, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in corso di conversione reca, tra le altre, misure urgenti in materia di bonifica;

    a tal proposito, il PNRR destina un finanziamento di 500 milioni di euro per la bonifica dei siti cosiddetti «organi», per riqualificarne entro il primo trimestre 2026 almeno il 70 per cento della superficie, anche al fine di ridurre l'occupazione del terreno e migliorare il risanamento urbano;

    tali risorse, per quanto importanti, non potranno garantire una copertura omogenea su tutto il territorio nazionale per tutti i siti orfani, né le difficoltà tecniche e logistiche potranno essere affrontate dagli enti locali, spesso sottodimensionati soprattutto a livello di organico,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di prevedere lo stanziamento, nel primo provvedimento utile, di ulteriori risorse vincolate alla bonifica di siti contaminati e al supporto tecnico per le amministrazioni locali coinvolte in tali operazioni.
9/2164/12. (Testo modificato nel corso della seduta)Onori, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    a partire da gennaio 2025, circa 357 milioni di persone in tutto il mondo vivranno in giurisdizioni con sistemi di deposito cauzionale (Deposit return system, Drs) per la raccolta e il riciclaggio di contenitori monouso per bevande;

    questi programmi richiedono ai consumatori di pagare un piccolo deposito al momento dell'acquisto, che viene rimborsato al momento della restituzione del contenitore vuoto a un punto di raccolta designato;

    questo processo consente ai contenitori per bevande di essere riciclati nella produzione di nuovi imballaggi per bevande; da tutte le evidenze accumulate nei Paesi ove il Drs è già operativo, si evince che il Drs minimizza la dispersione di bottiglie e lattine nel «littering» (i materiali dispersi su strade, parchi, spiagge e spazi pubblici in genere, i cui costi di rimozione e gestione sono a totale carico delle Amministrazioni Comunali, gravando non poco sui loro bilanci), riduce gli sprechi, aumenta la qualità della materia prima seconda e riduce al minimo la necessità di materiali vergini. Il Drs si sta dunque affermando come strumento-chiave per gli obiettivi di circolarità e per affrontare la crisi globale da scarsità delle risorse, e non a caso i network industriali in Europa, inclusi i produttori di plastica e di bevande, esprimono da tempo un convinto sostegno alla adozione generalizzata del Drs;

    l'Unione europea (Ue) è stata una forza trainante in questa tendenza globale, con diversi nuovi programmi introdotti negli ultimi anni. Sono già 16 gli Stati membri in cui il Drs è già operativo, nel Nord come nel Sud Europa, ed in Paesi con diversa connotazione demografica e geografica. Tra i più recenti, a novembre 2023, la Romania ha lanciato uno dei più grandi Drs nazionali centralizzati al mondo, seguito dall'Ungheria a gennaio 2024 e dalla Repubblica d'Irlanda un mese dopo. L'Austria si appresta a lanciare il suo sistema a partire dal 1 gennaio 2025 mentre la Polonia introdurrà il Drs il 1° ottobre 2025 (anche se recenti sviluppi suggeriscono che potrebbe esserci un ritardo). Guardando al futuro, sono previsti nuovi programmi Drs in Grecia (1° dicembre 2025) nella Repubblica Ceca (2026), in Portogallo (2026) e nelle quattro nazioni del Regno Unito (2027), mentre la Slovenia ha espresso l'intenzione di implementare i sistemi nel prossimo futuro;

    la Spagna a fine novembre 2024 ha annunciato l'introduzione del Drs nei prossimi 2 anni. Il caso spagnolo è particolarmente interessante per numerose somiglianze con il nostro Paese, a partire dalle strategie adottate sinora per conseguire gli obiettivi di intercettazione dei contenitori per bevande. Dalle ultime analisi lo stato spagnolo ha rilevato che i tassi di raccolta differenziata (Rd) delle bottiglie in PET sono molto inferiori a quanto dichiarato da Ecoembes, il loro Consorzio nazionale degli imballaggi, dati che confermano che la Spagna non riuscirà a conseguire gli obiettivi della Direttiva SUP, confermati nel Regolamento imballaggi, e che prevedono la raccolta differenziata del 90 per cento dei contenitori monouso di plastica. La situazione appare essere del tutto analoga a quella italiana;

    alla luce dei trend globali ed europei, delle previsioni del nuovo Regolamento europeo sugli imballaggi ed i rifiuti da imballaggio, che mette il Drs al centro delle strategie di circolarità per i contenitori per bevande, dell'analisi puntuale e trasparente dei dati di raccolta differenziata dei contenitori monouso per bevande come richiesto dalle nuove regole europee in base ai calcoli basati sul «riciclo effettivo» e non più ai rifiuti «avviati a riciclo», in considerazione dei benefici ambientali, climatici e di recupero e circolarità delle risorse,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte ad introdurre, entro due anni, su tutto il territorio nazionale, un sistema di deposito, restituzione e rimborso per i contenitori monouso in plastica (PET) e le lattine in alluminio per bevande.
9/2164/13. Evi.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative volte ad introdurre un sistema di deposito, restituzione e rimborso per i contenitori monouso in plastica (PET) e le lattine in alluminio per bevande.
9/2164/13. (Testo modificato nel corso della seduta)Evi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'assemblea reca la conversione in legge del decreto-legge 17 ottobre 2024, n. 153, recante «Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell'economia circolare, l'attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico»;

    l'articolo 10-bis, introdotto dal Senato, è finalizzato a rafforzare gli investimenti del Piano Mattei nei Paesi africani con l'obiettivo di coniugare le esigenze di sicurezza energetica con quelle della tutela ambientale, mediante lo sviluppo di infrastrutture sostenibili e la riduzione delle emissioni di gas serra;

    con il decreto-legge n. 161 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2024, il Governo ha adottato misure urgenti per definire la governance del cosiddetto «Piano Mattei», finalizzato a rafforzare la collaborazione tra l'Italia e gli Stati del Continente africano secondo la «formula» del fondatore di ENI Enrico Mattei, che punta a «coniugare l'esigenza italiana di rendere sostenibile la propria crescita con quella di coinvolgere le nazioni africane in un processo di sviluppo e progresso»;

    ai sensi dell'articolo 1 la collaborazione dell'Italia con i Paesi africani è attuata in conformità con il Piano strategico Mattei, di durata quadriennale e aggiornabile anche antecedentemente;

    dal punto di vista operativo, il Piano si declina attraverso progetti pilota in nove Nazioni: quattro del quadrante nord africano (Egitto, Tunisia, Marocco e Algeria) e cinque del quadrante subsahariano (Kenya, Etiopia, Mozambico, Repubblica del Congo e Costa d'Avorio);

    i pilastri principali sono quelli dell'istruzione, dell'agricoltura, della salute, dell'energia e dell'acqua, mentre la guida del progetto è affidata ad una apposita cabina di regia, presieduta dal Presidente del Consiglio, dal Ministro degli esteri, da tutti i ministri coinvolti nei progetti e dai dirigenti delle aziende pubbliche e delle istituzioni che collaborano al progetto;

    con riferimento alle risorse, il Governo ha fatto presente che il Piano Mattei potrà avvalersi di una pluralità di canali di finanziamento ai quali attingere per l'attuazione dei progetti;

    nello specifico nella sua prima fase il Piano Mattei potrà contare su una dotazione iniziale di 5 miliardi e 500 milioni di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie, di cui circa 3 miliardi reperiti dal Fondo Italiano per il clima e 2,5 miliardi dai fondi della Cooperazione allo sviluppo;

    tra le sei principali direttrici di intervento rientra il tema dell'istruzione/formazione, il quale punta a sviluppare nel Continente africano l'acquisizione di competenze, l'occupazione e l'indipendenza economica personale e familiare, con particolare attenzione ad un'istruzione tecnica in linea con i fabbisogni del mercato del lavoro locale, alla diffusione dell'e-learning e alla collaborazione con le imprese,

impegna il Governo

compatibilmente con le risorse già stanziate, ad adottare provvedimenti affinché le aziende a partecipazione pubblica destinino quota parte delle risorse in attività di formazione professionale dei giovani in Paesi africani, al fine di promuovere il diritto a restare attraverso attività lavorative in loco.
9/2164/14. Soumahoro, Quartapelle Procopio, Grimaldi, Simiani, Alifano, Carmina, Giachetti, Carotenuto, Amato, L'Abbate, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    l'utilizzo, nella fabbricazione di imballaggi, di materia prima seconda (MPS) ottenuta dalla raccolta differenziata permette di ridurre l'utilizzo di materie prime vergini e in molti casi emissioni di gas climalteranti e i consumi di energia necessaria al processo produttivo, contribuendo significativamente agli obiettivi di sostenibilità ambientale e al percorso verso una piena economia circolare;

    a titolo esemplificativo, nella filiera del vetro, favorire un sempre maggiore utilizzo di vetro da riciclo, tramite apposita modulazione del CAC, avrebbe numerosi vantaggi anche in termini di decarbonizzazione della produzione e favorirebbe la filiera nazionale che in questi anni si è dimostrata più virtuosa rispetto ai sistemi di altri paesi con un utilizzo elevate di percentuali di vetro riciclato, oltre che in rapporto ai paesi extra Unione europea in cui non esistono legislazioni ambientali comparabili;

    l'introduzione della possibilità di modulare il Contributo Ambientale CONAI sulla base del contenuto di materia prima seconda, lasciando in capo al sistema CONAI, e alla contrattazione con gli utilizzatori degli imballaggi, la definizione della modulazione in termini quantitativi, risponderebbe agli obiettivi di economia circolare;

    l'introduzione di una tale facoltà andrebbe a valorizzare quelle produzioni più virtuose, che fanno maggiore ricorso a materia prima seconda, rispetto a produzioni, anche estere, con una minore attenzione alle tematiche ambientali,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile a prevedere, nell'ambito dell'articolo 237 del Codice dell'Ambiente, la possibilità di modulare il contributo ambientale CONAI, pagato all'atto dell'immissione in consumo degli imballaggi, non solo in funzione della riciclabilità del materiale da imballaggio, ma anche in funzione del contenuto di Materia Prima Seconda (MPS) impiegata nello stesso.
9/2164/15. Sergio Costa, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    il dissesto idrogeologico rappresenta una delle principali emergenze ambientali in Italia, causando ogni anno ingenti danni economici, sociali e ambientali, con conseguenze spesso tragiche per le comunità coinvolte;

    l'Italia è tra i paesi europei più vulnerabili a frane, alluvioni e smottamenti, anche a causa di una gestione non sostenibile del territorio e di decenni di cementificazione incontrollata;

    il consumo di suolo continua a crescere a un ritmo preoccupante, compromettendo ecosistemi naturali, la capacità del terreno di assorbire acqua e contribuendo al degrado della qualità ambientale;

    in base ai dati forniti dal Sistema Nazionale per la protezione dell'Ambiente, nel recente rapporto «Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici», pubblicato a novembre 2024 emerge che:

     il consumo di suolo continua a trasformare il nostro territorio con velocità impressionante; nell'ultimo anno, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 72,5 km2, pari a circa 20 ettari al giorno; un incremento del suolo che, nonostante la sempre maggiore consapevolezza delle conseguenze sulla vulnerabilità del territorio agli eventi atmosferici estremi, si conferma al di sopra della media dell'ultimo decennio (2012-2022), pari a 68,7 km2 annuali;

     l'Italia, nell'ultimo anno, ha perso suolo al ritmo di 2,3 metri quadrati ogni secondo; una crescita delle superfici artificiali solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali, pari a poco più di 8 km2, dovuti al passaggio da suolo consumato a suolo non consumato (nella maggior parte dei casi grazie al recupero di aree di cantiere o di superfici che erano state già classificate come consumo di suolo reversibile e, solo in piccolissima parte, per azioni di deimpermeabilizzazione); un valore ancora del tutto insufficiente per raggiungere l'obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto, che, negli ultimi dodici mesi, è invece risultato pari a 64,4 km2 (17,6 ettari al giorno, più di 2 m2 al secondo i valori stimati al netto dei ripristini);

     l'impermeabilizzazione è cresciuta, complessivamente, di 26,2 km2, mentre la crescita netta delle superfici artificiali dell'ultimo anno equivale a una densità di consumo di suolo di 2,41 m2 per ogni ettaro di territorio italiano che scende a 2,14 m2/ha al netto dei ripristini; l'incremento percentuale del suolo consumato rispetto al 2022 è stato dello 0,34 per cento che scende allo 0,33 al netto della quota di ripristino;

     il suolo consumato copre il 7,16 per cento del territorio (7,26 per cento al netto della superficie dei corpi idrici permanenti) con valori in crescita continua; aggiungendo le altre coperture non considerate e le aree più piccole di 1.000 m2, il totale sale al 7,63 per cento del territorio nazionale;

     la relazione tra il consumo di suolo e le dinamiche della popolazione conferma che il legame tra la demografia e i processi di urbanizzazione e di infrastrutturazione non è diretto e si assiste a una crescita delle superfici artificiali anche in presenza di stabilizzazione, in molti casi di decrescita, della popolazione residente; anche a causa della flessione demografica, il suolo consumato pro capite aumenta ancora dal 2022 al 2023 di 1,3 m2/ab e di 17,5 m2/ab dal 2006; dal 2012 al 2018 il suolo consumato per abitante è aumentato di 6,6 m2/ab mentre nell'ultimo quinquennio di 10,9 m2/ab;

    la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, recante «strategia dell'UE per il suolo per il 2030. Suoli sani a vantaggio delle persone, degli alimenti, della natura e del clima» (Com/2021/699 final) prevede l'azzeramento netto del consumo di suolo al 2050;

    le politiche di «depaving» (rimozione di superfici asfaltate o impermeabili inutilizzate o sovradimensionate) e la riconversione di tali aree in superfici permeabili o verdi rappresentano strumenti efficaci per contrastare l'impermeabilizzazione del suolo e migliorare la resilienza ambientale;

    appare necessario adottare una visione strategica di lungo termine per la gestione sostenibile del territorio, integrando azioni per la prevenzione del dissesto idrogeologico, la riqualificazione ambientale e la protezione del suolo;

    gli strumenti di pianificazione urbanistica, insieme a politiche nazionali e locali, possono svolgere un ruolo chiave nel ridurre il rischio idrogeologico e favorire l'adattamento ai cambiamenti climatici;

    esperienze di successo a livello internazionale dimostrano come interventi di depaving e rigenerazione urbana possano ridurre significativamente il rischio di alluvioni urbane, migliorare la qualità dell'aria e aumentare il benessere delle comunità; tra le esperienze più rilevanti a livello europeo si citano le seguenti:

     Amsterdam, Paesi Bassi: il progetto «Amsterdam Rainproof» mira a migliorare la capacità della città di assorbire le piogge intense; con l'iniziativa «Tegelwippen» (letteralmente, «togliere le mattonelle»), i cittadini sono incentivati a rimuovere le lastre di cemento dai giardini per fare spazio a verde e terra, per contribuire alla riduzione dell'impermeabilizzazione;

     Anversa, Belgio: con il programma di depaving della città, i quartieri vengono «liberati» dall'asfalto per aggiungere superfici permeabili; la città ha intrapreso una vasta depavimentazione nelle scuole e negli spazi pubblici per migliorare la vivibilità e la sostenibilità;

     Berlino, Germania: il progetto «Kiezblocks» si concentra sulla creazione di quartieri a traffico limitato e sull'espansione delle aree verdi per ridurre l'asfalto nelle zone residenziali, promuovendo al contempo la mobilità ciclabile e pedonale;

     Lovanio, Belgio: con il progetto «ontharden», che interessa quartieri come Spaanse Kroon, in cui sono state rimosse ampie aree asfaltate, la città si impegna in grandi azioni di depaving; i piani previsti includono zone pedonali condivise da auto, ciclisti e pedoni, dando priorità alla natura;

     Parigi, Francia: il governo francese ha stanziato 500 milioni di euro per interventi di rinverdimento urbano, tra cui depaving e l'installazione di tetti e pareti verdi, migliorando così la resilienza delle città alle sempre più frequenti ondate di calore estive; un esempio notevole è un'ex area di parcheggio nella regione di Parigi, dove 45.000 metri quadrati di asfalto sono stati rimossi per far posto a un'area verde con avvallamenti per trattenere l'acqua,

impegna il Governo:

   a sviluppare e implementare un piano nazionale di prevenzione del dissesto idrogeologico, che preveda finanziamenti adeguati per il ripristino di aree a rischio, la manutenzione delle infrastrutture idrauliche e il monitoraggio continuo del territorio;

   a fermare il consumo di nuovo suolo attraverso una norma nazionale, incentivando il riuso e la riqualificazione delle aree già urbanizzate e degradate;

   a promuovere e finanziare interventi di depaving, destinati alla rimozione di superfici impermeabili non necessarie e alla creazione di aree verdi, parchi urbani, orti comunitari e infrastrutture verdi;

   a incentivare l'adozione di soluzioni nature-based (ad esempio la riforestazione, la creazione di aree umide, il ripristino di alvei fluviali naturali) per migliorare la gestione delle acque e ridurre il rischio idrogeologico;

   a sensibilizzare la popolazione sull'importanza di un uso sostenibile del suolo e sui benefici delle politiche di depaving e rigenerazione ambientale, attraverso campagne di informazione e percorsi partecipativi con le comunità locali;

   a promuovere una regia nazionale delle politiche territoriali, attraverso il coinvolgimento e la collaborazione delle regioni e degli enti locali per favorire una politica omogenea e coerente di governo del territorio, attraverso lo stop al consumo di suolo e la deimpermeabilizzazione, con l'obiettivo di mitigare il rischio idrogeologico.
9/2164/16. Iaria, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo, Evi.


   La Camera,

   premesso che:

    la gestione e l'uso sostenibile delle risorse idriche costituiscono una priorità strategica per il nostro Paese, chiamato ad affrontare sfide urgenti legate ai cambiamenti climatici, alla crescente riduzione della disponibilità idrica e alla necessità di infrastrutture moderne ed efficienti;

    l'acqua, risorsa essenziale per la vita, è al centro di un delicato equilibrio ambientale ed economico. L'Italia, caratterizzata da una distribuzione non uniforme delle risorse idriche, risulta particolarmente vulnerabile a fenomeni come siccità, desertificazione ed eventi meteorologici estremi;

    la pressione esercitata dalle attività umane, l'inquinamento, la gestione inefficiente e le significative perdite nelle reti idriche aggravano ulteriormente una situazione già critica, rendendo indispensabile un approccio innovativo e integrato per la gestione della risorsa idrica,

    l'adozione di politiche orientate all'economia circolare dell'acqua rappresenta un'opportunità strategica per garantire la resilienza del sistema idrico nazionale. Attraverso il riutilizzo delle risorse, la riduzione degli sprechi e il miglioramento dell'efficienza nei settori produttivi, agricoli e domestici, è possibile affrontare le sfide legate alla sostenibilità idrica;

    i Certificati blu rappresentano uno strumento innovativo concepito per incentivare interventi di risparmio idrico e riutilizzo dell'acqua nei settori produttivi e agricoli. Questo meccanismo premiale, ispirato ai modelli già in uso per il contenimento delle emissioni inquinanti (Emission Trading System – ETS) e per l'efficientamento energetico (certificati bianchi), consente di riconoscere e valorizzare gli interventi che portano a un'effettiva riduzione del consumo idrico e degli sprechi, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi europei di sostenibilità,

impegna il Governo

a promuovere l'adozione di un sistema nazionale di Certificati blu, destinato a incentivare il risparmio idrico e il riuso dell'acqua nei settori produttivi e agricoli, attraverso l'introduzione di meccanismi premiali per sostenere e valorizzare gli interventi di efficientamento e gestione sostenibile delle risorse idriche.
9/2164/17. L'Abbate, Ilaria Fontana, Morfino, Santillo.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare la possibilità di promuovere l'adozione di un sistema nazionale di Certificati blu, destinato a incentivare il risparmio idrico e il riuso dell'acqua nei settori produttivi e agricoli, attraverso l'introduzione di meccanismi premiali per sostenere e valorizzare gli interventi di efficientamento e gestione sostenibile delle risorse idriche.
9/2164/17. (Testo modificato nel corso della seduta)L'Abbate, Ilaria Fontana, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    la strategia europea per l'economia circolare e il piano d'azione per il tessile prevedono misure volte a ridurre l'impatto ambientale e sanitario del settore tessile;

    tra queste misure, l'introduzione di un regime di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) riveste un ruolo cruciale per incentivare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti tessili, in conformità con gli obiettivi del Green Deal europeo e nel rispetto della gerarchia dei rifiuti;

    a livello europeo, la Commissione Europea ha presentato una bozza di direttiva che include l'introduzione dell'EPR tessile in tutti i paesi membri, attualmente in fase di trilogo;

    a livello nazionale, il Ministero dell'ambiente ha già predisposto una bozza di decreto per l'implementazione dell'EPR tessile. Tuttavia, la mancanza di una norma specifica rende gravoso il rispetto dell'obbligo, in vigore dal 1° gennaio 2022 in Italia, di raccolta differenziata dei capi di abbigliamento e dei tessili;

   considerato che:

    l'introduzione della Responsabilità Estesa del Produttore potrebbe rappresentare un'opportunità per la filiera manifatturiera tessile italiana e per i produttori di capi finiti, contribuendo a evitare fenomeni di distorsione del mercato da parte di attori extra Unione europea, promuovendo al contempo standard qualitativi elevati e la tutela della salute umana;

    l'EPR tessile garantirebbe inoltre vantaggi sia in termini di tutela ambientale che di sostegno alla filiera produttiva nazionale, allineandosi con gli obiettivi del Green Deal europeo,

impegna il Governo

a introdurre, nel primo provvedimento utile, un regime di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) per il settore tessile, che disciplini: a) i requisiti e le misure per il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti tessili, in linea con gli obiettivi europei di economia circolare e con la gerarchia dei rifiuti; b) un sistema di restituzione dei prodotti tessili a fine vita e dei rifiuti derivanti da essi, garantendo la loro gestione sostenibile; c) la responsabilità finanziaria dei produttori per le attività connesse alla gestione dei rifiuti tessili.
9/2164/18. Ferrara, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera

impegna il Governo

a dare attuazione allo schema di Regolamento in fase di finalizzazione relativo all'EPR per il settore tessile.
9/2164/18. (Testo modificato nel corso della seduta)Ferrara, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 3 reca misure urgenti per la gestione della crisi idrica. Come enunciato nella relazione illustrativa le disposizioni in questione sono volte a prevenire l'avverarsi di eventi emergenziali anche mediante l'adozione di misure che garantiscano la messa a disposizione di un quadro conoscitivo sistematico per presidiare la realizzazione degli interventi in materia di difesa del suolo e di dissesto idrogeologico;

    le regioni del Sud e insulari stanno affrontando una gravissima crisi idrica e l'emergenza siccità, che perdura da mesi con effetti devastanti sugli ecosistemi, sull'agricoltura e sull'intera economia dei territori interessati;

    per la Regione Siciliana, il Consiglio dei ministri a maggio 2024 ha deliberato lo stato di emergenza per dodici mesi, in relazione alla situazione di deficit idrico in atto, stanziando 20 milioni di euro, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, destinati alla realizzazione di 138 interventi volti a favorire l'approvvigionamento idrico, tra i quali la costruzione di nuovi pozzi, il revamping e il ripristino di pozzi già esistenti, la costruzione di bypass e condotte di collegamento, il potenziamento dei sistemi di sollevamento e pompaggio. Inoltre, poco più di 2 milioni di euro, cofinanziati da stato e regione, risultano destinati all'acquisto di otto nuove autobotti e alla riparazione di altre 78 sparse sul territorio;

    appare di tutta evidenza l'esiguità delle risorse stanziate se solo di consideri che negli invasi siciliani mancano complessivamente circa 670 milioni di metri cubi d'acqua (-68 per cento). L'Osservatorio dell'Anbi sulle Risorse idriche stima un volume residuo di circa 187 milioni di metri cubi: di questi, solo poco più di 60 milioni sono utilizzabili. Nove su ventinove dighe siciliane sono vuote, dieci hanno meno di 1 milione di metri cubi utilizzabili e sette meno di 5 milioni; l'Autorità di bacino ha previsto che, salvo piogge straordinarie, tra novembre e gennaio le riserve idriche dell'isola si esauriranno completamente,

impegna il Governo:

   a procedere ad una sollecita riprogrammazione delle risorse economiche volte al finanziamento degli interventi infrastrutturali necessari a risolvere il grave fenomeno della siccità e della scarsità idrica della Sicilia, tenendo conto dei bilanci idrici aggiornati e della complessiva ricognizione dello stato delle infrastrutture, anche al fine di aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e ridurre le dispersioni della risorsa;

   ad attuare piani efficaci per la messa in sicurezza degli approvvigionamenti per le aree più a rischio.
9/2164/19. Morfino, Ilaria Fontana, L'Abbate, Santillo, Carmina, Aiello.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 3 reca misure urgenti per la gestione della crisi idrica;

    come noto, la Basilicata sta affrontando una crisi idrica senza precedenti, imputabile principalmente all'inadeguatezza delle infrastrutture idriche, aggravata da fattori climatici e gestionali, con gravi ripercussioni per l'economia agricola e per i cittadini, ai quali non viene garantito l'approvvigionamento idrico;

    pur essendo una delle regioni con maggiore ricchezza idrica, rifornendo gran parte del Mezzogiorno, la Basilicata non riesce a risolvere i problemi di approvvigionamento idrico che hanno reso necessario l'utilizzo delle acque del fiume Basento, noto per il suo stato di inquinamento, a causa dell'esaurimento delle risorse idriche del bacino Camastra;

    nonostante l'Italia sia il terzo Paese europeo per disponibilità di risorse idriche, le reti nazionali perdono il 40 per cento di acqua, percentuale che in Basilicata raggiunge il 65-70 per cento dell'acqua immessa, con sprechi economici e ambientali significativi, come testimoniato dai dati pubblicati di recente che indicano una perdita fino a 22 milioni di metri cubi d'acqua per ogni diga, e conseguenti costi di oltre 4 milioni di euro solo per la potabilizzazione;

    considerata l'importanza della risorsa idrica per garantire l'approvvigionamento idrico primario nel suo complesso e per tutti i settori economici, la realizzazione delle infrastrutture per il miglioramento dell'efficienza del sistema delle reti deve diventare una priorità per il nostro Paese,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa utile volta a rendere effettivo l'avanzamento delle progettazioni delle opere già pianificate ed inserite nel Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (PNIISSI) mediante un ulteriore stralcio di programmazione accompagnato dallo stanziamento di adeguate risorse economiche;

   ad attivarsi presso gli enti competenti affinché le misure emergenziali che si intendano assumere per porre rimedio alla carenza idrica e alle difficoltà di approvvigionamento primario siano accompagnate dall'attivazione di tavoli di confronto che coinvolgano le comunità interessate e i soggetti istituzionali e tecnici competenti.
9/2164/20. Lomuti, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo, Amendola.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e qualora ne ricorrano le condizioni, di assumere ogni iniziativa utile volta a rendere effettivo l'avanzamento delle progettazioni delle opere già pianificate ed inserite nel Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (PNIISSI) mediante un ulteriore stralcio di programmazione accompagnato dallo stanziamento di adeguate risorse economiche.
9/2164/20. (Testo modificato nel corso della seduta)Lomuti, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo, Amendola.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame è motivato dalla «straordinaria necessità e urgenza» di introdurre disposizioni volte a dare soluzione alle problematiche riscontrate in determinati settori attinenti alla tutela ambientale del Paese;

    come noto, i composti Pfas sono sostanze chimiche di origine antropica che hanno avuto enorme successo in molte produzioni industriali per le straordinarie caratteristiche chimico-fisiche;

    contestualmente alla loro diffusione esponenziale sono progressivamente emersi anche gli effetti dannosi che il rilascio di queste sostanze chimiche comporta per l'ambiente e per la salute umana. L'esposizione prolungata ai Pfas è stata, infatti, associata all'insorgenza di tumori, malattie metaboliche, infertilità maschile e interferenze con la salute riproduttiva delle donne;

    nel novembre 2023, lo Iarc – International Agency of Research on Cancer – ha stabilito l'innalzamento del livello di pericolosità di alcuni Pfas, i più noti, affermando la sicura cancerogenicità del Pfoa e la probabile cancerogenicità del Pfos, in continuità con i limiti sempre più restrittivi adottati da altre Agenzie internazionali ed europee;

    è chiara a tutti la pericolosità di queste sostanze per la salute umana e per l'ambiente, nonché il grado di difficoltà nel loro smaltimento, tanto elevato da bastare a conferire loro il soprannome di «forever chemicals»; tuttavia, continuano ad essere commerciate e presenti nei cicli di produzione e consumo senza che il consumatore finale abbia reale contezza del tipo di composto al quale viene quotidianamente esposto;

    appare urgente e non rinviabile l'esigenza di regolamentare in Italia tutte le sostanze perfluorurate, di ogni catena molecolare, nella direzione sia di un ulteriore abbassamento dei loro valori limite nelle acque a uso potabile sia della derivazione di valori limite di emissione di tutte le sostanze Pfas nell'ambiente per ogni singola matrice,

impegna il Governo:

   ad adottare immediate iniziative, anche di carattere normativo, volte a tutelare la salute dei cittadini attraverso l'ulteriore restrizione dei valori limite concernenti tutte le sostanze perfluoroalchiliche per le diverse matrici alle quali l'uomo è esposto, con l'obiettivo di pervenire alla definitiva eliminazione di tali sostanze pericolose;

   ad adottare iniziative di competenza volte ad introdurre il divieto di produzione e commercializzazione di prodotti e sostanze per cui siano già disponibili sostituti non-Pfas;

   a garantire maggiori e adeguate risorse in grado di assicurare l'attività di controllo e monitoraggio ambientale a tutela della salute pubblica.
9/2164/21. Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera

impegna il Governo:

   a valutare l'adozione di misure volte a tutelare la salute dei cittadini anche intervenendo sui valori limite concernenti tutte le sostanze perfluoroalchiliche per le diverse matrici alle quali l'uomo è esposto;

   a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di prevedere risorse in grado di assicurare l'attività di controllo e monitoraggio ambientale a tutela della salute pubblica.
9/2164/21. (Testo modificato nel corso della seduta)Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del provvedimento in esame, apporta una serie di modifiche alla normativa in materia di valutazione ambientale di cui alla parte seconda del cosiddetto Codice dell'ambiente;

    l'articolo 22, comma 3, lettera d), decreto legislativo n. 152 del 2006 (T.U. ambiente), prevede lo studio di impatto ambientale, predisposto dal proponente, deve contenere tra le informazioni obbligatorie «una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali»;

    mediante queste indicazioni è infatti possibile garantire che la valutazione d'impatto ambientale non si limiti a una generica verifica di natura tecnica, circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma al contrario garantisca una «complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili, compresa la stessa cosiddetta opzione-zero, il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita»;

    tali informazioni rivestono particolare importanza negli scenari che presentano rilevanti rischi connessi alla pericolosità dei fenomeni naturali, come le aree a rischio sismico caratterizzate dalla presenza di faglie attive e capaci;

    in tali contesti appare necessario che, prima dell'approvazione del progetto, si proceda ad un'analisi puntuale riferita ai profili ambientali ed economici delle alternative progettuali a minor impatto, in assenza delle quali e sulla base di «motivi imperativi di rilevante interesse pubblico» si possa giustificare la realizzazione del progetto,

impegna il Governo

ad intervenire con ogni iniziativa utile affinché l'approvazione di progetti che interessano aree a rischio sismico caratterizzate dalla presenza di faglie attive e capaci sia preceduta dalla valutazione, sotto il profilo tecnico, economico e ambientale, di tutte le alternative, anche a minor impatto, al fine di evitare interventi che causino sacrifici economici e ambientali superiori a quelli necessari al soddisfacimento dell'interesse sotteso all'iniziativa.
9/2164/22. Santillo, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento reca disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell'economia circolare, l'attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico;

    il decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica del 7 dicembre 2023, n. 414 (cosiddetto «decreto CACER»), ha definito le nuove modalità di concessione di incentivi, volti a promuovere la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di comunità energetiche rinnovabili, di gruppi di autoconsumatori e autoconsumatore a distanza, con l'obiettivo di installare nel 2027 almeno 5 gigawatt di nuova potenza, diffondendo la cultura della sensibilità e stimolando comuni, cittadini e Pmi ad essere protagonisti della transizione energetica;

    il decreto di cui sopra ha, altresì, definito i criteri e le modalità per la concessione dei contributi PNRR individuati nella missione 2, componente 2, investimento 1.2 (Promozione rinnovabili per le comunità energetiche e l'autoconsumo) che mette a disposizione 2,2 miliardi di euro fino al 30 giugno 2026 per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, accoppiati a sistemi di stoccaggio ed inseriti in configurazioni di autoconsumo collettivo e comunità delle energie rinnovabili per la realizzazione di una potenza complessiva pari almeno a 2 gigawatt ed una produzione indicativa di almeno 2.500 gigawatt/anno. Il beneficio è erogato sotto forma di contributo in conto capitale pari al 40 per cento del costo dell'investimento per impianti ubicati in comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti;

    la gestione dei meccanismi per il riconoscimento degli incentivi e la promozione delle configurazioni è in capo al Gestore dei servizi energetici (Gse);

    diversamente dalle aspettative, il meccanismo, seppur virtuoso, non riesce ad esprimere appieno il suo potenziale e a decollare a causa di una promozione incapace di raggiungere i cittadini e gli enti coinvolti, nonché di regole operative del Gestore dei servizi energetici per l'accesso all'autoconsumo diffuso e al contributo PNRR troppo articolate;

    nella sua replica all'interrogazione a risposta immediata in Commissione Attività produttive della Camera dei deputati del 5 novembre 2024, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha illustrato un primo bilancio sulle configurazioni. Per il Ministero il nuovo meccanismo in circa sei mesi ha raccolto 360 richieste con impianti in esercizio per 50 megawatt di potenza incentivabile, con 145 gruppi di autoconsumo collettivo e 47 Cer qualificate dal Gestore dei servizi energetici. Ulteriori 47 megawatt di potenza riguardano altre 500 richieste di contributo PNRR;

    un risultato assai lontano rispetto all'obiettivo complessivo di 5 gigawatt individuato del Ministero, di cui 2 gigawatt da realizzare nell'ambito delle risorse PNRR;

    diversi operatori del settore esprimono forti perplessità con riguardo alla complessità e alla farraginosità delle procedure introdotte con il portale Cacer del Gestore dei servizi energetici per gestire le pratiche. I soggetti che vogliono avviare l'iter ed inserire nel portale il progetto di una Cer sono soggetti a numerose richieste di chiarimento o di integrazione;

    a quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo il rallentamento delle procedure riguarda, ad esempio, anche il controllo sulla correttezza dello statuto che avviene ad ogni progetto caricato sul portale Gestore dei servizi energetici, con il rischio concreto che ogni singolo funzionario muova obiezioni su una parte diversa dello statuto. Sarebbe opportuno che il Gestore dei servizi energetici verifichi lo statuto di una Cer in sede di prima richiesta in modo da sapere sin da subito se è corretto o se ci sono delle imprecisioni da correggere: da questo momento in poi lo statuto deve essere accettato senza nessun tipo di ulteriore richiesta di modifica;

    quanto esposto rallenta anche la possibilità di accedere alle risorse del PNRR con il reale rischio che alla scadenza del meccanismo, fissata al 31 marzo 2025, le richieste pervenute siano molto inferiori ai 2,2 miliardi di euro messi a disposizione;

    se si vuole riuscire ad impiegare pienamente le risorse del PNRR è necessario intervenite avviando una massiccia campagna di informazione sulle opportunità delle configurazioni dell'autoconsumo collettivo, semplificare alcuni meccanismi tecnici delle regole operative del Gestore dei servizi energetici e introdurre un meccanismo capace di garantire il credito per privati e imprese che devono sostenere gli investimenti;

    in merito, nell'interrogazione sopra menzionata, il Ministero aveva anche risposto che stava «valutando la sussistenza di margini di intervento sulla disciplina al fine di incrementare la fruibilità delle misure di supporto» in modo da poter raggiungere il pieno utilizzo delle risorse stanziate dal PNRR;

    all'impegno del Ministero non si è dato ancora seguito nonostante manchino pochi mesi dalla scadenza del termine per l'accesso dei fondi del PNRR,

impegna il Governo:

   ad intraprendere una massiccia campagna di informazione tramite gli strumenti di comunicazione, in particolare quelli televisivi, per far conoscere i vantaggi diretti in bolletta per i consumatori, i benefici sociali, ambientali ed economici che la diffusione delle comunità energetiche e dell'autoconsumo collettivo comportano sui territori e le opportunità dell'impiego delle risorse del PNRR per la loro realizzazione;

   ad adottare opportune iniziative normative, per quanto di competenza, volte ad erogare entro i termini le risorse individuate nel PNRR, anche intervenendo sulla semplificazione delle procedure di assegnazione, prorogando il termine per l'erogazione degli incentivi, riconoscendo la massima misura per gli impianti residenziali ed eventualmente incrementando il contributo in conto capitale per gli impianti ubicati in comuni con popolazione inferiore a 20 mila abitanti;

   ad adottare iniziative per istituire un fondo per concedere finanziamenti a tasso agevolato ai soggetti pubblici e privati proprietari degli immobili, per la realizzazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile configurati in comunità energetiche e in autoconsumo collettivo ovvero ad estendere alle comunità energetiche rinnovabili l'accesso alle garanzie del fondo di «Garanzia green» di Sace, di cui al decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120.
9/2164/23. Cappelletti, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 2 del provvedimento in esame abroga le disposizioni che prevedono e disciplinano l'adozione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI) e interviene sul divieto di attività upstream in mare, riducendo da 12 a 9 miglia il perimetro costiero ed esterno alle aree marine e costiere protette entro il quale sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi;

    inoltre, viene riperimetrato l'ambito entro il quale le concessioni di coltivazione sono consentite in deroga al divieto delle attività upstream nell'Alto Adriatico e nelle aree marine protette, consentendo, ai fini della partecipazione alle procedure per l'approvvigionamento di lungo termine, il rilascio di concessioni di coltivazione nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po e il parallelo distante da quest'ultimo 15 chilometri a sud;

    la ripresa delle attività di estrazione del gas costituisce un'inversione di marcia rispetto all'obiettivo di decarbonizzazione del settore energetico necessario al contrasto del cambiamento climatico. In proposito, basti ricordare come la stessa Agenzia internazionale per l'energia (IEA) ha avvertito che il rispetto dell'Accordo di Parigi, con il contenimento il riscaldamento del clima a +1,5 °C, impone necessariamente di escludere l'avvio di nuovi giacimenti di gas (oltre che miniere di carbone e pozzi di petrolio) successivamente al 2021;

    tale decisione, infatti, nega apertamente quanto sostenuto negli anni da numerose evidenze scientifiche che dimostrano come l'unico modo per raggiungere l'obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050 sia ridurre immediatamente l'uso di combustibili fossili e sottolineano quanto le emissioni fuggitive di metano abbiano un elevato impatto climalterante, di oltre ottanta volte superiore a quello della CO2;

    la Strategia europea per la biodiversità per il 2030 persegue l'obiettivo di invertire l'attuale tendenza di degradazione degli ecosistemi e che prevede una serie di azioni non soltanto finalizzate all'estensione delle aree protette Natura 2000, ma anche ad una loro migliore conservazione e al relativo monitoraggio, affinché la superficie totale protetta raggiunga almeno il 30 per cento della superficie terrestre e marina;

    l'Italia sembra muoversi in direzione contraria rispetto ai citati obiettivi, come comprovano le procedure di infrazione avviate nel 2024 dalla Commissione europea riferite alla mancata attuazione della direttiva Habitat 92/43/CEE che si aggiungono alla procedura in corso contro l'Italia per la mancata designazione e attuazione dei siti Natura 2000;

    le criticità rilevate appaiono tanto più preoccupanti alla luce della disposizione in esame che contempla il rischio potenziale di produrre effetti pregiudizievoli per l'integrità di siti e aree marine protette collocate all'interno delle dodici miglia nautiche dalla costa, in relazione alla facoltà di effettuare trivellazioni di idrocarburi in un'ampia fascia marina fino ad oggi esclusa,

impegna il Governo

a monitorare l'impatto della disposizione normativa di cui in premessa e ad assumere ogni utile iniziativa, anche di carattere normativo, affinché la necessità di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici non pregiudichi gli obiettivi nazionali in materia di biodiversità e non si risolva nella compromissione dell'integrità delle aree marine protette e dei siti della rete europea Natura 2000, come individuate ai sensi della direttiva 92/43/CEE «Habitat» e della Direttiva 2009/147/CEE «Uccelli».
9/2164/24. Fede, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo.


   La Camera,

   premesso che:

    per End of Waste si intende il processo attraverso il quale un rifiuto cessa di essere tale, per mezzo di procedure di recupero, acquisendo lo status di prodotto. Tale concetto trova fondamento normativo all'interno dell'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 come da ultimo modificato dal decreto-legge n. 101 del 2019;

    la citata norma chiarisce che la procedura di recupero deve soddisfare dei criteri specifici da adottare nel rispetto delle condizioni indicate dalla direttiva 2008/98/CE, mentre ai sensi del comma 2, si prevede che in mancanza di criteri comunitari, si deve fare riferimento ai criteri adottati caso per caso con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, in base alle specifiche tipologie di rifiuto;

    allo stato dei fatti, la normativa applicabile risale ancora al decreto ministeriale 5 febbraio 1998 che, tuttavia, non risulta aggiornato ai materiali e ai processi innovativi attualmente utilizzati e in costante sviluppo;

    il perdurante ritardo nell'emanazione dei decreti sull'end of waste ha già determinato e continua a determinare un ingiustificato aggravio economico in diversi settori produttivi gravando le imprese del progressivo aumento degli oneri di smaltimento, con rilevanti conseguenze in termini di competitività;

    l'urgenza di adottare i decreto ministeriale ovvero la revisione dei provvedimenti esistenti relativi all'end of waste nei vari settori – con particolare riferimento al settore tessile, dei rifiuti da costruzione, delle terre di spazzamento stradale, delle plastiche miste, nonché delle pile e degli accumulatori – è stata altresì rilevata dal Cronoprogramma di attuazione delle misure della Strategia Nazionale per l'Economia circolare del dipartimento per lo sviluppo sostenibile del Dicastero dell'ambiente;

    le suddette priorità sono state ribadite anche con decreto del direttore generale preposto alla Direzione generale economia circolare 25 marzo 2024, n. 26 di programmazione delle attività per il 2024;

    i citati interventi in subiecta materia risultano necessari e urgenti al fine di favorire il processo di transizione verso un'economia circolare, nonché per conseguire il rispetto degli obiettivi prefissati dal Green Deal europeo e più recentemente ribaditi dal Piano dell'Ue denominato Fit for 55,

impegna il Governo,

a dare definitiva attuazione ai decreti ministeriali in materia di end of waste, a tutela delle imprese e alla luce degli impegni assunti a livello ambientale dall'Italia in sede comunitaria e internazionale.
9/2164/25. Pavanelli, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo, Furfaro, Di Sanzo.


   La Camera

impegna il Governo

a continuare con l'adozione dei decreti ministeriali in materia di end of waste, a tutela delle imprese e alla luce degli impegni assunti a livello ambientale dall'Italia in sede comunitaria e internazionale.
9/2164/25. (Testo modificato nel corso della seduta)Pavanelli, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Santillo, Furfaro, Di Sanzo.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge ha lo scopo di superare una serie di criticità nella normativa in materia ambientale;

    la Direttiva SUP, 2019/904/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, al fine di promuove approcci circolari che privilegiano prodotti e sistemi riutilizzabili sostenibili, ha previsto – tra l'altro – il divieto di commercializzazione di piatti, posate e altri prodotti monouso in plastica destinati al contatto con alimenti (quali cannucce e agitatori per bevande);

    la legislazione vigente ha recepito il divieto nell'ordinamento nazionale, senza tuttavia definire cosa si intenda per riutilizzabile, nonostante la legge di delegazione europea n. 53/2021 (articolo 22, comma 1, lettera b), conferisse al Governo il mandato di definirlo;

    tale lacuna normativa, oltre ad ingenerare confusione nei consumatori, sta gravemente minando la leale concorrenza nel mercato dei monouso, poiché continuano ad essere commercializzati prodotti in plastica tradizionale, con la mera aggiunta dell'indicazione «riutilizzabili» sulla confezione, in massima parte provenienti dall'estremo oriente;

    i dati disponibili confermano la necessità di introdurre urgentemente nell'ordinamento nazionale una definizione precisa di «riutilizzabile» in relazione ai citati prodotti;

    si ritiene improcrastinabile una disciplina delle caratteristiche tecniche dei piatti e posate di plastica riutilizzabili, atta a garantire un'adeguata resistenza meccanica e durezza del prodotto al fine di assicurare, nei molteplici utilizzi, il mantenimento effettivo della corretta funzionalità e prestazione dei manufatti, della resistenza alle sollecitazioni e alle abrasioni, nonché dei requisiti igienico-sanitari richiesti dal contatto con gli alimenti;

    la proposta rientrerebbe nel campo di applicazione della direttiva 2015/1535, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche (cosiddetta direttiva TRIS), e, pertanto, dovrebbe essere previamente notificata alla Commissione europea allo stadio di progetto, e solo successivamente alla conclusione della notifica TRIS, potrebbe essere adottata,

impegna il Governo

a formulare e inviare alla Commissione europea, per la valutazione di sua competenza, una proposta di regolamentazione tecnica di prodotti in plastica riutilizzabili, definendo le caratteristiche tecniche dei prodotti, in grado di garantire adeguata resistenza, in ragione del rapporto peso/dimensioni o peso/diametro per piatti in plastica e peso/lunghezza per le posate, cannucce di plastica e agitatori per bevande, sulla base dei prodotti effettivamente riutilizzabili già presenti sul mercato e prodotti da aziende nazionali di riferimento del settore.
9/2164/26. Zinzi.


   La Camera

impegna il Governo

a formulare e inviare alla Commissione europea, per la valutazione di sua competenza, una proposta di regolamentazione tecnica di prodotti in plastica riutilizzabili, definendo le caratteristiche tecniche dei prodotti, in grado di garantire adeguata resistenza, in ragione del rapporto peso/dimensioni o peso/diametro per piatti in plastica e peso/lunghezza per le posate, cannucce di plastica e agitatori per bevande, sulla base dei prodotti effettivamente riutilizzabili già presenti sul mercato e prodotti da aziende nazionali di riferimento del settore.
9/2164/26. (Testo modificato nel corso della seduta)Zinzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge ha lo scopo di superare una serie di criticità nella normativa in materia ambientale e, in particolare, l'articolo 5 contiene norme per il riutilizzo dei materiali provenienti da operazioni di dragaggio;

    le strutture portuali che insistono su sistemi costieri sabbiosi in cui è presente un attivo trasporto sedimentario lungo costa, determinano di norma, sul lato esterno del molo sopraflutto, importanti accumuli di sabbia che possono compromettere in vario modo lo stato di salute del sistema costiero e della sua economia; infatti, l'ammassamento della sabbia può portare alla riduzione delle profondità dei fondali delle imboccature portuali e tende ad innescare fenomeni erosivi sulla costa sottoflutto;

    d'altra parte, i sistemi costieri sabbiosi sostengono quasi ovunque in Italia un importante turismo-balneare e l'ampiezza degli arenili costituisce per i territori un bene collettivo ma anche una importante risorsa economica e lavorativa;

    pertanto, è evidente come la costruzione di una sinergia gestionale del sistema costiero finalizzata a ottimizzarne la prosperità, sia altamente desiderabile e possa costituire un importante obiettivo per il buon governo del Paese;

    il prelievo, mediante dragaggi periodici o strutture permanenti di bypass, di masse di sabbia dalle imboccature portuali e dai canali di accesso, costituisce una attività che le autorità portuali sono tenute a realizzare con periodicità per la sicurezza della navigazione;

    tuttavia, nonostante tale attività non si configuri in alcun modo alterativa delle caratteristiche ambientali, in quanto i sedimenti trasferiti con mezzi artificiali sarebbero comunque affluiti naturalmente ai siti di destino se la struttura portuale non fosse stata costruita, la normativa vigente, di cui al decreto ministeriale n. 173 del 2016 e relativo allegato tecnico, pone all'attività di dragaggio paletti molto restrittivi;

    attualmente, le autorizzazioni di ogni singolo intervento sono assoggettate ad un articolato iter amministrativo basato sulla verifica di compatibilità tra i sedimenti dei siti di prelievo e di quelli di conferimento, mediante documentazione delle caratteristiche granulometriche, dei parametri chimici dei sedimenti nonché di quelli biochimici e tossicologici; la possibilità di conferimento deve inoltre assicurare il rispetto di valori chimici di fondo naturali, definiti a scala nazionale, prevedendo, nel caso di valori locali naturali più elevati, che l'eventuale deroga sia ottenibile solo attraverso iter autorizzativi che vedono coinvolti: gli uffici tecnici regionali (genio civile) le agenzie regionali di controllo dell'ambiente (ARPA) ma anche gli organi tecnici di ISPRA, CNR e Istituto superiore di sanità;

    l'espletamento di tali iter richiede tempi lunghi spesso di anni, e, pertanto, alcune regioni hanno avviato l'approvazione di norme per disciplinare in autonomia temi che la normativa nazionale non permette di finalizzare con la auspicata celerità;

    gli operatori del settore non comprendono l'utilità dell'appesantimento dell'iter burocratico specie qualora si tratti di interventi ripetitivi nel tempo con esiti simili; per sistemi costieri che presentano periodicamente tali problematiche, sarebbe più razionale la presentazione di piani operativi pluriennali, ad esempio su cinque o dieci anni;

    occorre una revisione e semplificazione della normativa, per dare maggiore slancio ed efficacia alle attività operative, incoraggiando lo sviluppo delle sinergie tra autorità portuali e il sistema turistico-balneare;

    inoltre, in assenza di normative semplificate statali, le eventuali differenti discipline regionali, su tratti costieri di confine tra diverse regioni, potrebbero creare discriminazioni nelle valutazioni, inefficienza amministrativa in termini di lungaggini dell'iter autorizzativo e ricadute negative nella fase realizzativa dei ripascimenti;

    l'adozione da parte del Governo di norme che allentano gli adempimenti per riposizionarne le regole su standard efficaci ma anche ragionevoli di tutela dell'ambiente, potrebbe essere di immediato giovamento per numerosi territori, poiché costituirebbe un forte incentivo al mantenimento in equilibrio dei sistemi costieri, attraverso la fruttuosa collaborazione della doppia economia, portuale e turistico-balneare, anche mitigando le annose contrapposizioni tra operatori turistico-balneari e autorità portuali e contribuendo a creare un nuovo clima di collaborazione e sinergia;

    le problematiche in materia di dragaggio si presentano anche a ridosso delle dighe;

    alcune imprese italiane hanno già sviluppato tecnologie innovative per rendere sempre più economicamente sostenibili le attività di dragaggio a ridosso delle strutture portuali e delle dighe,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative per la regolamentazione delle attività di dragaggio e riutilizzo dei sedimenti accumulati all'esterno di aree portuali in coste sabbiose, in particolare qualora si tratti di operazioni periodiche e ripetitive nel tempo, limitando il numero delle analisi e concedendo alle stesse maggiore validità temporale e anche prevedendo la presentazione di piani operativi pluriennali, allo scopo di incoraggiare lo sviluppo delle sinergie tra autorità portuali e il sistema turistico-balneare;

   ad adottare iniziative di coordinamento per la gestione del dragaggio dei sedimenti a ridosso delle strutture portuali e delle dighe, indirizzate a trovare le migliori modalità, anche attraverso tecnologie innovative, per rendere gli interventi sempre più puntuali ed efficienti.
9/2164/27. Barabotti.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge ha lo scopo di superare una serie di criticità nella normativa in materia ambientale e, in particolare, l'articolo 5 contiene norme per il riutilizzo dei materiali provenienti da operazioni di dragaggio;

    le strutture portuali che insistono su sistemi costieri sabbiosi in cui è presente un attivo trasporto sedimentario lungo costa, determinano di norma, sul lato esterno del molo sopraflutto, importanti accumuli di sabbia che possono compromettere in vario modo lo stato di salute del sistema costiero e della sua economia; infatti, l'ammassamento della sabbia può portare alla riduzione delle profondità dei fondali delle imboccature portuali e tende ad innescare fenomeni erosivi sulla costa sottoflutto;

    d'altra parte, i sistemi costieri sabbiosi sostengono quasi ovunque in Italia un importante turismo-balneare e l'ampiezza degli arenili costituisce per i territori un bene collettivo ma anche una importante risorsa economica e lavorativa;

    pertanto, è evidente come la costruzione di una sinergia gestionale del sistema costiero finalizzata a ottimizzarne la prosperità, sia altamente desiderabile e possa costituire un importante obiettivo per il buon governo del Paese;

    il prelievo, mediante dragaggi periodici o strutture permanenti di bypass, di masse di sabbia dalle imboccature portuali e dai canali di accesso, costituisce una attività che le autorità portuali sono tenute a realizzare con periodicità per la sicurezza della navigazione;

    tuttavia, nonostante tale attività non si configuri in alcun modo alterativa delle caratteristiche ambientali, in quanto i sedimenti trasferiti con mezzi artificiali sarebbero comunque affluiti naturalmente ai siti di destino se la struttura portuale non fosse stata costruita, la normativa vigente, di cui al decreto ministeriale n. 173 del 2016 e relativo allegato tecnico, pone all'attività di dragaggio paletti molto restrittivi;

    attualmente, le autorizzazioni di ogni singolo intervento sono assoggettate ad un articolato iter amministrativo basato sulla verifica di compatibilità tra i sedimenti dei siti di prelievo e di quelli di conferimento, mediante documentazione delle caratteristiche granulometriche, dei parametri chimici dei sedimenti nonché di quelli biochimici e tossicologici; la possibilità di conferimento deve inoltre assicurare il rispetto di valori chimici di fondo naturali, definiti a scala nazionale, prevedendo, nel caso di valori locali naturali più elevati, che l'eventuale deroga sia ottenibile solo attraverso iter autorizzativi che vedono coinvolti: gli uffici tecnici regionali (genio civile) le agenzie regionali di controllo dell'ambiente (ARPA) ma anche gli organi tecnici di ISPRA, CNR e Istituto superiore di sanità;

    l'espletamento di tali iter richiede tempi lunghi spesso di anni, e, pertanto, alcune regioni hanno avviato l'approvazione di norme per disciplinare in autonomia temi che la normativa nazionale non permette di finalizzare con la auspicata celerità;

    gli operatori del settore non comprendono l'utilità dell'appesantimento dell'iter burocratico specie qualora si tratti di interventi ripetitivi nel tempo con esiti simili; per sistemi costieri che presentano periodicamente tali problematiche, sarebbe più razionale la presentazione di piani operativi pluriennali, ad esempio su cinque o dieci anni;

    occorre una revisione e semplificazione della normativa, per dare maggiore slancio ed efficacia alle attività operative, incoraggiando lo sviluppo delle sinergie tra autorità portuali e il sistema turistico-balneare;

    inoltre, in assenza di normative semplificate statali, le eventuali differenti discipline regionali, su tratti costieri di confine tra diverse regioni, potrebbero creare discriminazioni nelle valutazioni, inefficienza amministrativa in termini di lungaggini dell'iter autorizzativo e ricadute negative nella fase realizzativa dei ripascimenti;

    l'adozione da parte del Governo di norme che allentano gli adempimenti per riposizionarne le regole su standard efficaci ma anche ragionevoli di tutela dell'ambiente, potrebbe essere di immediato giovamento per numerosi territori, poiché costituirebbe un forte incentivo al mantenimento in equilibrio dei sistemi costieri, attraverso la fruttuosa collaborazione della doppia economia, portuale e turistico-balneare, anche mitigando le annose contrapposizioni tra operatori turistico-balneari e autorità portuali e contribuendo a creare un nuovo clima di collaborazione e sinergia;

    le problematiche in materia di dragaggio si presentano anche a ridosso delle dighe;

    alcune imprese italiane hanno già sviluppato tecnologie innovative per rendere sempre più economicamente sostenibili le attività di dragaggio a ridosso delle strutture portuali e delle dighe,

impegna il Governo:

   a rivedere i decreti ministeriali nn. 172 e 173 del 2016 in un'ottica di semplificazione del sistema dei dragaggi;

   a valutare di adottare ogni utile iniziativa di coordinamento per la gestione del dragaggio dei sedimenti a ridosso delle strutture portuali e delle dighe, indirizzata a trovare le migliori modalità, anche attraverso tecnologie innovative, per rendere gli interventi sempre più puntuali ed efficienti.
9/2164/27. (Testo modificato nel corso della seduta)Barabotti.


   La Camera,

   premesso che:

    nel provvedimento in esame «Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese» vi sono numerose norme relative alla efficienza ed alla transizione energetica;

    tra gli strumenti maggiormente efficaci per garantire l'efficienza e la transizione energetica verso le fonti pulite e rinnovabili va segnalato l'autoconsumo che consiste nella possibilità di consumare in loco l'energia elettrica prodotta dall'impianto fotovoltaico per far fronte ai propri fabbisogni energetici;

    tra le differenti modalità di autoconsumo vi è quella denominata «individuale a distanza»;

    la configurazione di autoconsumatore individuale a distanza rappresenta un'innovativa modalità di gestione dell'energia prodotta da fonti rinnovabili. Questo modello prevede che un solo cliente finale possa condividere l'energia generata dagli impianti rinnovabili situati in aree sotto la sua completa disponibilità per autoconsumarla virtualmente nei punti di prelievo di cui è titolare. Utilizzando la rete di distribuzione esistente, il processo di autoconsumo diviene quindi semplice ed efficiente;

    il Tiad (Testo integrato autoconsumo diffuso), unitamente all'interpretazione esposta da Arera nel Seminario svolto il 22 febbraio 2023, avevano creato la concreta aspettativa – da parte di utenti singoli, proprietari ovvero conduttori di più immobili dotati di distinti punti di prelievo intestati allo stesso soggetto e posti nella medesima «Zona di mercato» (stessa Regione) – di poter usufruire della norma a favore dell'autoconsumo individuale a distanza;

    tale aspettativa è stata però completamente annullata dalle Regole Operative applicate dal Gse per l'accesso al servizio per l'autoconsumo diffuso;

    il Gse ha stabilito infatti che i punti di connessione dei clienti finali e degli impianti di produzione appartenenti alle configurazioni previste, debbano ricadere nell'area sottesa alla medesima cabina primaria. Inoltre, le citate Regole Operative hanno imposto, per la configurazione di autoconsumatore individuale a distanza che utilizza la rete di distribuzione pubblica, la soddisfazione di ulteriori requisiti;

    tali limitazioni consentono conseguentemente rarissimi interventi e quindi rari benefici per l'ambiente e per il risparmio energetico;

    il consistente risparmio energetico sarebbe derivato infatti dalla possibilità di usufruire dell'autoconsumo individuale a distanza includendo nella categoria di consumatore individuale il singolo soggetto e le società appartenenti al medesimo gruppo societario contemporaneamente produttore e consumatore di energia nella stessa regione ed allacciato alla medesima rete;

    per avere risultati efficaci occorre potenziare la rete elettrica attuale per la distribuzione energetica con l'obiettivo di superare il limite della stessa cabina primaria e consentire l'utilizzo dell'autoconsumo individuale a distanza nella stessa «Zona di Mercato» (stessa Regione) per cui gli investimenti sulla rete devono consentire di contrastare efficacemente gli inevitabili squilibri di tensione nella rete almeno a livello regionale, tenendo conto che maggiore è l'area da riequilibrare minore è il costo per singola utenza;

    promuovendo la modalità di autoconsumo individuale a distanza (potenziando conseguentemente la rete elettrica di distribuzione) sarebbero numerosi i consumatori (sia del settore pubblico che di quello privato) che investirebbero nel fotovoltaico, con conseguenti benefici per l'ambiente e per la sostenibilità economica nazionale dei costi energetici;

    lo Stato investendo risorse pubbliche nazionali e comunitarie nell'adeguamento della rete di distribuzione, attività comunque indispensabile per il futuro, crea una forte incentivo, anche in assenza di supporto finanziario diretto, ai clienti privati ed alle società per investire sull'autoconsumo individuale a distanza, attraverso la riduzione degli oneri di sistema a carico dell'energia prodotta ed autoconsumata;

    lo Stato compenserebbe comunque l'eventuale minor incasso derivato dalla riduzione degli oneri di sistema con il maggior gettito fiscale per la tassazione ordinaria garantito dal giro d'affari prodotto dai nuovi investimenti,

impegna il Governo

ad incentivare, in relazione a quanto espresso in premessa ed al fine di promuovere concretamente l'efficienza e la transizione energetica, l'utilizzo per le imprese, per i cittadini e per la pubblica amministrazione della produzione e dell'autoconsumo individuale a distanza delle fonti rinnovabili.
9/2164/28. Simiani.


   La Camera

impegna il Governo

al fine di promuovere concretamente l'efficienza e la transizione energetica, a valutare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, l'adozione di incentivi per le imprese, per i cittadini e per la pubblica amministrazione alla produzione e all'autoconsumo individuale a distanza delle fonti rinnovabili.
9/2164/28. (Testo modificato nel corso della seduta)Simiani.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di gestione della crisi idrica. In particolare si introduce una nuova definizione di «acque affinate» che include, oltre alle acque urbane, le acque reflue domestiche e industriali, prevedendo che l'accrescimento artificiale dei corpi sotterranei possa essere effettuato impiegando anche questa tipologia di acque. Inoltre si amplia la definizione di servizio idrico integrato, ricomprendendovi anche il riuso delle acque reflue;

    il riutilizzo dell'acqua non rappresenta una novità, tuttavia le crescenti pressioni di origine antropica sulla risorsa idrica (incremento della popolazione, esigenze della produzione) e la generale maggiore attenzione ai temi della sostenibilità hanno accresciuto la valenza di questa risorsa;

    secondo uno degli ultimi rapporti della Commissione europea sullo stato di attuazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (91/271/CEE), solo Grecia, Regno Unito, Francia, Italia, Malta, Cipro, Spagna e Belgio ricorrono alle acque reflue trattate. In questo contesto l'UE ha sollecitato una transizione verso un'economia più circolare, che comporti il miglioramento delle strategie di gestione dell'acqua attraverso il riutilizzo delle acque reflue come mezzo per incrementare la disponibilità di acqua e alleviare la pressione sulla risorsa;

    il Regolamento 2020/741/UE ha inteso incentivare il riuso delle acque stabilendo criteri comuni e prescrizioni minime per tutti i paesi dell'Unione. Le possibilità di sviluppo di questo comparto sono significative se si considera che una analisi del Laboratorio REF su dati ARERA stima un utilizzo attuale delle acque reflue depurate nella misura del 4 per cento a fronte di un potenziale stimato pari al 20 per cento;

    in Italia piovono annualmente circa 300 miliardi di metri cubi di d'acqua, dei quali viene trattenuto solo l'11 per cento, mentre secondo alcuni studi l'obiettivo raggiungibile è del 40 per cento. Dal recente rapporto sul «Bilancio idrologico nazionale» dell'Ispra emerge che nel 2023 il contributo alla ricarica degli acquiferi in Italia è stato di 53 miliardi di metri cubi (corrispondente al 19 per cento delle precipitazioni), a fronte di una media annua del 22,7 per cento sul periodo 1951-2023. La quota di evapotraspirazione, a causa dei cambiamenti climatici, ha raggiunto il 59,4 per cento della precipitazione, mentre il deflusso si attesta attorno al 23 per cento;

    è di tutta evidenza che la risorsa acqua nel nostro Paese non è sufficientemente valorizzata. Le nostre tariffe idriche sono tra le più basse d'Europa e di conseguenza gli investimenti nella rete idrica sono al di sotto della media europea (63 euro per abitante a fronte di una media europea di 78 euro);

    i certificati bianchi sono titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi negli usi finali di energia attraverso interventi e progetti di incremento dell'efficienza energetica. Chiamati anche Titoli di Efficienza Energetica (TEE), i certificati bianchi sono il principale meccanismo di incentivazione dell'efficienza energetica nel settore industriale, delle infrastrutture a rete, dei servizi e dei trasporti, ma riguardano anche gli interventi realizzati nel settore civile e talune misure comportamentali;

    dal prossimo anno i certificati bianchi, potrebbero essere estesi al settore residenziale. Detti certificati entrerebbero in gioco negli interventi di ristrutturazione che rendono le abitazioni più efficienti dal punto di vista energetico, anche in sostituzione degli incentivi fiscali, in modo da ridurre l'impatto sulla finanza pubblica;

    l'introduzione di un meccanismo analogo nel settore idrico, incentiverebbe, senza costi per lo Stato, il risparmio della risorsa acqua, portando alla nascita di nuovi operatori di mercato in grado di assistere tecnicamente i soggetti interessati negli interventi di risparmio e nella collocazione dei titoli legati alle certificazioni di efficienza;

    sulla base delle stime di utilizzo della risorsa idrica da parte del solo settore industriale, pari a circa 3 miliardi di metri cubi annui, il possibile impatto del meccanismo proposto potrebbe portare a risparmi nell'ordine di 500 milioni di metri cubi annui,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere l'adozione in via sperimentale di un meccanismo similare a quello dei certificati bianchi sotto forma di titoli di certificazione di risparmio idrico e uso efficiente della risorsa acqua, con obiettivo di sostenere la riduzione dei consumi di acqua, in particolare nel settore industriale, al fine di consentire la remunerazione, mediante titoli scambiabili su mercati regolamentati e senza oneri per lo Stato, dei soggetti che raggiungano obiettivi di risparmio dell'acqua utilizzata nei processi produttivi.
9/2164/29. Mazzetti, Casasco.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di economia circolare, con particolare riferimento alle modalità di recupero e smaltimento dei rifiuti;

    il comparto igiene del PET in Italia registra un volume d'affari intorno a 1 miliardo di euro l'anno e sono molti anni che il settore evidenzia una crescita costante superiore al 5 per cento. Secondo l'ultimo rapporto Assalco Zoomark 2023 nelle case italiane vivono 8,8 milioni di cani (con un tasso di crescita numerica del 5 per cento l'anno) e 10,5 milioni di gatti, (+3,9 per cento l'anno). Cani e gatti sono gli animali che producono più rifiuti igienici;

    per quanto riguarda i gatti la Direttiva Europea 2000/532/CE e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 156 inquadrano le «lettiere degli animali domestici» come rifiuto organico riciclabile nell'umido a condizione che siano vegetali e compostabili certificate. In Italia, il consumo di lettiere ammonta a circa 360.000 tonnellate all'anno, ma solo il 7 per cento è rappresentato da lettiere vegetali. La completa sostituzione con lettiere vegetali potrebbe ridurre i rifiuti totali conferiti nelle nostre discariche come indifferenziati fino al 5,7 per cento;

    per i cani, ai sensi della direttiva del Ministero della salute 6 agosto 2013 n. 209, sussiste l'obbligo posto in capo ai proprietari di raccogliere i loro escrementi. Si tratta di raccogliere 6 miliardi di deiezioni l'anno, operazione che per lo più viene svolta utilizzando sacchetti di plastica di bassa qualità. Anche in questo caso i rifiuti che non possono essere riciclati, a causa del loro contenitore, e finiscono nell'indifferenziato;

    la normativa vigente già consente l'introduzione di obblighi che rendano compostabili i prodotti di consumo utilizzati per l'igiene del PET:

     il decreto legislativo 3 agosto 2017, n. 124, che recepisce la direttiva CE 2015/720, ha imposto dal 1° gennaio 2018 l'uso esclusivo di plastica biodegradabile e compostabile certificata per i sacchettini «ultraleggeri» da asporto di prodotti sfusi, in genere alimentari;

     il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 196 attua la direttiva (UE) 2019/904 cosiddetta SUP (Single Use Plastic) tramite la quale si vieta l'utilizzo di determinati prodotti in plastica monouso per i quali esistono alternative in commercio;

     il decreto del Ministro della transizione ecologica 23 giugno 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 5 agosto 2022, n. 182 detta i criteri ambientali minimi (CAM) per l'affidamento della fornitura di contenitori e sacchetti per la raccolta dei rifiuti urbani, tra i quali, tra i criteri premianti, quello relativo ai contenitori da asporto per la raccolta di deiezioni animali (4.3.16);

     la normativa UNI EN 13432:2002 «Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione», definisce le caratteristiche dei materiali biodegradabili e compostabili;

    l'Italia ha il grande vantaggio di avere già molte industrie che si occupano di bioplastiche e prodotti compostabili: estendere l'obbligo di materiale compostabili al settore del PET avrà sicuramente un riscontro positivo sul piano economico, imprenditoriale e ambientale;

    il ciclo dei rifiuti sarebbe sicuramente avvantaggiato grazie all'immissione di prodotti non inquinanti che possono essere differenziati anche nell'organico, come previsto nel decreto sui Criteri ambientali minimi,

impegna il Governo

in applicazione degli obiettivi dell'economia circolare, ad adottare le iniziative normative di competenza volte a estendere l'applicabilità della direttiva (UE) 2019/904 cosiddetta SUP (Single Use Plastic) ai prodotti monouso utilizzati per l'igiene degli animali domestici per favorirne la compostabilità e il loro corretto riciclaggio nella frazione umida, prevedendo altresì un congruo periodo transitorio per consentire alle aziende di produzione e commercializzazione di detti prodotti di adeguarsi ai nuovi obblighi.
9/2164/30. Nevi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di economia circolare, con particolare riferimento alle modalità di recupero e smaltimento dei rifiuti;

    il comparto igiene del PET in Italia registra un volume d'affari intorno a 1 miliardo di euro l'anno e sono molti anni che il settore evidenzia una crescita costante superiore al 5 per cento. Secondo l'ultimo rapporto Assalco Zoomark 2023 nelle case italiane vivono 8,8 milioni di cani (con un tasso di crescita numerica del 5 per cento l'anno) e 10,5 milioni di gatti, (+3,9 per cento l'anno). Cani e gatti sono gli animali che producono più rifiuti igienici;

    per quanto riguarda i gatti la Direttiva Europea 2000/532/CE e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 156 inquadrano le «lettiere degli animali domestici» come rifiuto organico riciclabile nell'umido a condizione che siano vegetali e compostabili certificate. In Italia, il consumo di lettiere ammonta a circa 360.000 tonnellate all'anno, ma solo il 7 per cento è rappresentato da lettiere vegetali. La completa sostituzione con lettiere vegetali potrebbe ridurre i rifiuti totali conferiti nelle nostre discariche come indifferenziati fino al 5,7 per cento;

    per i cani, ai sensi della direttiva del Ministero della salute 6 agosto 2013 n. 209, sussiste l'obbligo posto in capo ai proprietari di raccogliere i loro escrementi. Si tratta di raccogliere 6 miliardi di deiezioni l'anno, operazione che per lo più viene svolta utilizzando sacchetti di plastica di bassa qualità. Anche in questo caso i rifiuti che non possono essere riciclati, a causa del loro contenitore, e finiscono nell'indifferenziato;

    la normativa vigente già consente l'introduzione di obblighi che rendano compostabili i prodotti di consumo utilizzati per l'igiene del PET:

     il decreto legislativo 3 agosto 2017, n. 124, che recepisce la direttiva CE 2015/720, ha imposto dal 1° gennaio 2018 l'uso esclusivo di plastica biodegradabile e compostabile certificata per i sacchettini «ultraleggeri» da asporto di prodotti sfusi, in genere alimentari;

     il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 196 attua la direttiva (UE) 2019/904 cosiddetta SUP (Single Use Plastic) tramite la quale si vieta l'utilizzo di determinati prodotti in plastica monouso per i quali esistono alternative in commercio;

     il decreto del Ministro della transizione ecologica 23 giugno 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 5 agosto 2022, n. 182 detta i criteri ambientali minimi (CAM) per l'affidamento della fornitura di contenitori e sacchetti per la raccolta dei rifiuti urbani, tra i quali, tra i criteri premianti, quello relativo ai contenitori da asporto per la raccolta di deiezioni animali (4.3.16);

     la normativa UNI EN 13432:2002 «Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione», definisce le caratteristiche dei materiali biodegradabili e compostabili;

    l'Italia ha il grande vantaggio di avere già molte industrie che si occupano di bioplastiche e prodotti compostabili: estendere l'obbligo di materiale compostabili al settore del PET avrà sicuramente un riscontro positivo sul piano economico, imprenditoriale e ambientale;

    il ciclo dei rifiuti sarebbe sicuramente avvantaggiato grazie all'immissione di prodotti non inquinanti che possono essere differenziati anche nell'organico, come previsto nel decreto sui Criteri ambientali minimi,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con la normativa europea, in applicazione degli obiettivi dell'economia circolare, di adottare le iniziative normative di competenza volte a estendere l'applicabilità della direttiva (UE) 2019/904 cosiddetta SUP (Single Use Plastic) ai prodotti monouso utilizzati per l'igiene degli animali domestici per favorirne la compostabilità e il loro corretto riciclaggio nella frazione umida, prevedendo altresì un congruo periodo transitorio per consentire alle aziende di produzione e commercializzazione di detti prodotti di adeguarsi ai nuovi obblighi.
9/2164/30. (Testo modificato nel corso della seduta)Nevi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di economia circolare, con particolare riferimento alle modalità di recupero e smaltimento dei rifiuti;

    il decreto legislativo n. 116 del 2020 ha introdotto modifiche sul tema della micro-raccolta ovvero la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori, svolta con lo stesso automezzo, ovvero presso diverse unità locali dello stesso produttore;

    il nuovo articolo 193 comma 14 del decreto legislativo n. 152 del 2006, modificato dal decreto legislativo n. 116 del 2020, prevede che l'attività debba essere effettuata nel termine massimo di 48 ore, mentre, nel precedente articolo 193 si prevedeva una tempistica dei tempi di trasporto da eseguire «nel più breve tempo tecnicamente possibile»;

    con propria circolare la direzione generale del Ministero della transizione ecologica ha chiarito che il termine di 48 ore va considerato escludendo dal computo i giorni interdetti, ma includendo i tempi di riposo di guida (fermo) obbligatori nel rispetto delle norme sulla sicurezza dei lavoratori e sulla circolazione stradale;

    con riferimento ai rifiuti speciali, che richiedono particolari modalità di raccolta, trasporto e conferimento, il concetto di «prossimità» che si è voluto introdurre nella normativa, comporta che i trasportatori sacrifichino spazi di trasporto per privilegiare i tempi di percorrenza verso gli smaltitori finali, creando un grande dispendio di lavoro e l'aumento dei mezzi in circolazione in forza della riduzione dei trasporti con carico ottimale. In sostanza si genera un aumento dei costi che comporta una possibile anti-economicità della raccolta;

    per detti rifiuti, di fatto, nelle aree servibili nel raggio delle 48 ore rispetto all'impianto di smaltimento, si forma anche una esclusività che ha effetti tariffari, mentre il limite territoriale del servizio dovrebbe essere invece garantito solo dalle regole della concorrenza e quindi dalla convenienza di impresa;

    il decreto legislativo n. 116 del 2020 è rubricato «attuazione della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio». Nelle due direttive fa riferimento a criteri di efficienza e sicurezza della raccolta,

impegna il Governo

a valutare di affiancare agli interventi previsti dagli articoli 4 e 5 iniziative normative volte a modificare a modificare la previsione dell'articolo 193, comma 14 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 prevedendo che, a fronte di specifiche esigenze prospettate dagli operatori riferibili all'efficienza e alla riduzione dei costi di raccolta, l'ARERA possa concedere deroghe al limite di tempo di 48 ore, per aree geografiche o per settori, dettando altresì le prescrizioni necessarie a garantire l'assoluta sicurezza e tracciabilità della raccolta; ciò al fine di semplificare le operazioni di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti speciali.
9/2164/31. Boscaini, Squeri.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene disposizioni di incremento dell'utilizzo di energia da fonte rinnovabile;

    i combustibili sostenibili per l'aviazione – (Sustainable Aviation Fuel – SAF) rappresentano lo strumento per la decarbonizzazione del trasporto aereo. Il recente Regolamento n. 2405 del 18 ottobre 2023 (cosiddetto ReFuelUE Aviation) prevede a partire già dal 2025 che i carburanti per l'aviazione contengano quote minime di SAF;

    i SAF sono prodotti congiuntamente con l'Hydrotreated Vegetable Oil (HVO) attraverso un ulteriore trattamento dell'HVO stesso ma, sulla base delle specifiche internazionali ASTM D7566 e ASTM D1655 relative ai carburanti per l'alimentazione dei mezzi aerei, attualmente non possono ancora essere utilizzati in purezza;

    non comprendere l'accesso al contributo di cui al Fondo per la decarbonizzazione degli impianti destinati a tali carburanti sostenibili per l'aviazione penalizzerebbe la decarbonizzazione del trasporto aereo e rischierebbe di limitare lo sviluppo degli stessi impianti di produzione di HVO, oggetto dell'incentivo, dalla cui lavorazione vengono poi prodotti i SAF;

    la Direttiva RED III (Direttiva Ue 2023/2413 – testo consolidato con rifusione della Direttiva Ue 2018/2001) all'articolo 25, paragrafo 3, lettera c), consente agli Stati membri, nella definizione dell'obbligo di immissione in consumo di biocarburanti in capo ai fornitori di combustibile, di «distinguere tra diversi vettori energetici» ed eventualmente esentare dagli obblighi di immissione in consumo alcuni vettori;

    è necessaria recepire tempestivamente nel nostro ordinamento una delle principali revisioni della Fuel Quality Directive 98/70/CE (FQD) contenute nella recente Direttiva (UE) 2023/2413 (cosiddetta Direttiva RED III) per recepire la razionalizzazione dell'impianto normativo in materia di emissioni nel ciclo di vita dei carburanti, in quanto l'articolo 7-bis decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, impone un sistema di monitoraggio della riduzione delle emissioni ritenuto non più necessario dalla RED3 perché sostituito da un altro strumento di verifica della sostenibilità dei carburanti,

impegna il Governo:

   a valutare la necessità di esplicitare che l'accesso al contributo di cui al Fondo per la decarbonizzazione e per la riconversione verde delle raffinerie esistenti, ricomprenda anche i casi di riconversione totale o parziale di una raffineria tradizionale alla produzione dei SAF, pur se non utilizzati in purezza, in quanto non consentito dalle normative vigenti;

   ad aggiornare e rendere più flessibili gli obblighi a partire dall'inizio del 2025, modificando il decreto ministeriale adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 4 del decreto legislativo n. 199 del 2021, con le novità introdotte dalla Red III, distinguendo tra diversi vettori energetici ed eventualmente esentando dagli obblighi di immissione in consumo alcuni vettori;

   ad adottare le iniziative normative di competenza volte a introdurre tempestivamente nel nostro ordinamento la revisione della Fuel Quality Directive 98/70/CE (FQD) contenute nella recente Direttiva (Ue) 2023/2413 (cosiddetta Direttiva RED III) per recepire la razionalizzazione dell'impianto normativo in materia di emissioni nel ciclo di vita dei carburanti, sopprimendo contestualmente l'articolo 7-bis del decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66.
9/2164/32. Tassinari, Squeri, Casasco.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di economia circolare, con particolare riferimento alle modalità di recupero e smaltimento dei rifiuti;

    il tema della corretta gestione dei rifiuti radioattivi in Italia va affrontato strutturalmente: si tratta di una questione che non riguarda solo la riconsiderazione dell'opzione nucleare, ma l'evidenza che detti rifiuti provengono da molte attività con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, dalla sanità all'industria;

    al 31 dicembre 2023 (rapporto ISIN), i rifiuti radioattivi prodotti in Italia da attività istituzionali (medicina, ricerca, industria non energetica) e giacenti nei depositi temporanei di Sogin e Nucleco ammontano a circa 24.000 m³, a cui si aggiungono circa 300 m³ annui derivanti da attività istituzionali;

    dall'audizione del 9 ottobre 2024 presso la Camera dei deputati del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica (MASE) risulterebbe che la capacità dei depositi temporanei sia prossima alla saturazione. È quindi fondamentale adottare misure urgenti per garantire la gestione sicura dei rifiuti e prevenire il congestionamento degli spazi disponibili;

    una soluzione tecnologica percorribile per affrontare questa problematica è il trattamento termico tramite incenerimento. Sebbene in Italia non siano presenti impianti per il trattamento termico a causa delle normative vigenti, impianti operanti in altri Paesi, come Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Svezia, Slovacchia e Belgio, hanno dimostrato l'efficacia e la sicurezza di tale trattamento;

    il trattamento termico consente di ridurre significativamente il volume dei rifiuti, facilitandone la gestione in sicurezza. Le valutazioni fatte dall'ISIN in proposito chiariscono che solo il 20 per cento dell'attuale massa di rifiuti radioattivi non sia inceneribile;

    gli studi dimostrano che la soluzione tecnologica dell'incenerimento dei rifiuti radioattivi permetterebbe una gestione centralizzata, ottimizzata e a lungo termine del trattamento pre-smaltimento di rifiuti radioattivi, con vantaggi sia economici che operativi,

impegna il Governo

a individuare le modalità che consentano di adottare la soluzione dell'incenerimento dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia, favorendo, sotto il controllo del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, la stipula un Accordo di Acquisto di Capacità Produttiva (AACP) tra i soggetti detentori e gli impianti di trattamento termico di rifiuti radioattivi situati all'estero.
9/2164/33. Squeri, Casasco.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (VIA), per i progetti di competenza statale e per quelli di competenza regionale;

    la disposizione si è resa necessaria per individuare un ordine di priorità nell'esame delle richieste di valutazione, accresciutesi in maniere esponenziale in forza della transizione energetica in corso;

    in particolare gli organi regionali competenti in materia di valutazione ambientale saranno gravati nei prossimi anni di una notevole mole di lavoro;

    è necessario valorizzazione l'autonomia delle Regioni e delle province autonome accelerando le procedure autorizzatorie mediante ulteriori misure di semplificazione amministrativa, al fine di favorire, tramite una maggiore efficienza organizzativa, l'attuazione dei progetti di sviluppo turistico ed economico, volti a favorire lo sviluppo dei territori interessati,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di semplificare i contenuti dell'allegato IV della Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, contenente i progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, escludendo da tale valutazione quei progetti che siano privi di una significatività ambientale tale da giustificare la sottoposizione a screening di VIA.
9/2164/34. Pittalis.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (VIA), per i progetti di competenza statale e per quelli di competenza regionale;

    la disposizione si è resa necessaria per individuare un ordine di priorità nell'esame delle richieste di valutazione, accresciutesi in maniere esponenziale in forza della transizione energetica in corso;

    in particolare gli organi regionali competenti in materia di valutazione ambientale saranno gravati nei prossimi anni di una notevole mole di lavoro;

    è necessario valorizzazione l'autonomia delle Regioni e delle province autonome accelerando le procedure autorizzatorie mediante ulteriori misure di semplificazione amministrativa, al fine di favorire, tramite una maggiore efficienza organizzativa, l'attuazione dei progetti di sviluppo turistico ed economico, volti a favorire lo sviluppo dei territori interessati,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di semplificare i contenuti dell'allegato IV della Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, contenente i progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, secondo quanto indicato in premessa.
9/2164/34. (Testo modificato nel corso della seduta)Pittalis.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di economia circolare. I rottami ferrosi, materia prima essenziale per la siderurgia – comparto strategico dell'economia nazionale – rivestono un ruolo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di circolarità, decarbonizzazione e autonomia strategica;

    l'articolo 30 del decreto-legge n. 21 del 2022, con il fine di tutelare l'approvvigionamento di filiere produttive strategiche, ha individuato i rottami ferrosi tra le materie prime critiche considerate strategiche. La loro esportazione prevede pertanto l'obbligo di notifica da parte dei soggetti che intendono esportare, direttamente o indirettamente, fuori dall'Unione europea. Tali norme sono state rese via via sempre più stringenti, da ultimo con il decreto-legge 25 giugno 2024, n. 84, recante disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico;

    in sede di esame del suddetto decreto-legge è stato accolto l'ordine del giorno 9/1930-A/22, che ha impegnato il Governo a rafforzare la raccolta interna dei rottami metallici e il loro avvio al riutilizzo, in ossequio ai principi dell'economia circolare e a rafforzare i controlli sull'export, anche implementando i controlli fisici presso i depositi degli esportatori;

    i rottami ferrosi sono considerati altresì fattori produttivi di rilevanza strategica per l'interesse nazionale ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 dicembre 2020 n. 179, attuativo delle disposizioni del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, in materia di applicazione dei poteri speciali di intervento del Governo nei settori strategici (cosiddetto Golden power);

    nonostante le restrizioni introdotte non si è arrestato il trend europeo di esportazione netta dei rottami ferrosi verso Paesi terzi, passata da 11,7 milioni di tonnellate esportate nel 2016 a 18,9 milioni di tonnellate nell'ultimo anno, in particolare verso Paesi quali Turchia e India i quali poi riesportano i prodotti così realizzati nell'Unione europea e soprattutto in Italia, accrescendo le difficoltà del settore siderurgico nazionale,

impegna il Governo:

   a rafforzare ulteriormente i controlli sul corretto adempimento della procedura di notifica preventiva di cui al comma 2 dell'articolo 30 del citato decreto-legge n. 21 del 2022, monitorando la movimentazione di detti rottami per porto e per Regione e riferendone mensilmente al Tavolo permanente per il monitoraggio di cui al comma 3-bis dell'articolo 30 del citato decreto-legge n. 21 del 2022;

   nel caso i rottami siano costituiti da rifiuti, ad adottare le misure di competenza volte ad assicurare la verifica della presenza della documentazione che attesti il rispetto dei criteri di priorità e gerarchia del recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché della documentazione che attesti il rispetto degli obblighi di gestione ecologicamente corretta della spedizione ai sensi dell'articolo 49 del Regolamento (UE) 2006/1013;

   a valutare l'applicabilità degli strumenti a tutela dell'interesse nazionale per limitare l'export di rottami ferrosi.
9/2164/35. Casasco, Boscaini.


   La Camera

impegna il Governo:

   a rafforzare ulteriormente i controlli sul corretto adempimento della procedura di notifica preventiva di cui al comma 2 dell'articolo 30 del citato decreto-legge n. 21 del 2022, monitorando la movimentazione di detti rottami per porto e per Regione e riferendone mensilmente al Tavolo permanente per il monitoraggio di cui al comma 3-bis dell'articolo 30 del citato decreto-legge n. 21 del 2022;

   nel caso i rottami siano costituiti da rifiuti, ad adottare le misure di competenza volte ad assicurare la verifica della presenza della documentazione che attesti l'impossibilità di trattamento e recupero all'interno del territorio nazionale;

   a valutare l'applicabilità degli strumenti a tutela dell'interesse nazionale per limitare l'export di rottami ferrosi.
9/2164/35. (Testo modificato nel corso della seduta)Casasco, Boscaini.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9, comma 8, del provvedimento in esame prevede uno stanziamento di 10 milioni di euro per l'anno 2024, per la stipula di convenzioni con la Pubblica Amministrazione da parte del Commissario straordinario alla ricostruzione del territorio delle Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Marche, colpito da avverse condizioni meteorologiche a partire dal giorno 1° maggio 2023,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sostenere e incentivare gli investimenti a favore del settore ortofrutticolo per ricostruire e rinnovare le strutture, i mezzi, gli impianti ortofrutticoli in campo, attraverso procedure rapide e snelle che diano velocemente liquidità alle imprese danneggiate dagli eventi alluvionali.
9/2164/36. Vaccari, Forattini, Marino, Romeo, Andrea Rossi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 3 del provvedimento in esame apporta modificazioni alla parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006 estendendo tra l'altro i compiti del Commissario straordinario unico per la realizzazione degli interventi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque medesime;

    lo squilibrio climatico, la troppa o troppo poca acqua, ha generato zone fragili che oggi sono a rischio abbandono;

    occorre mettere in campo una strategia comune e integrata per tutelare un bene prezioso come l'acqua, salvaguardando al contempo agricoltura e territorio,

impegna il Governo

ad adottare misure necessarie a definire e avviare subito un nuovo Piano nazionale per la crescita dei grandi invasi da considerarsi integrati, e non alternativi, ai piccoli invasi favorendo gli investimenti e le infrastrutture necessarie al riuso agricolo.
9/2164/37. Forattini, Vaccari, Marino, Romeo, Andrea Rossi, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 3 del provvedimento in esame apporta modificazioni alla parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006 estendendo tra l'altro i compiti del Commissario straordinario unico per la realizzazione degli interventi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque medesime;

    lo squilibrio climatico, la troppa o troppo poca acqua, ha generato zone fragili che oggi sono a rischio abbandono;

    occorre mettere in campo una strategia comune e integrata per tutelare un bene prezioso come l'acqua, salvaguardando al contempo agricoltura e territorio,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di adottare misure per la crescita dei grandi invasi da considerarsi integrati, e non alternativi, ai piccoli invasi favorendo gli investimenti e le infrastrutture necessarie al riuso agricolo.
9/2164/37. (Testo modificato nel corso della seduta)Forattini, Vaccari, Marino, Romeo, Andrea Rossi, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge ha lo scopo di superare una serie di criticità nella normativa in materia ambientale;

    i dispositivi monouso in polpa di carta per la raccolta di fluidi organici rappresentano una soluzione tecnicamente avanzata e sostenibile per le strutture ospedaliere; la scelta di materiali biodegradabili, combinata con un efficiente sistema di smaltimento, garantisce sicurezza, praticità, economicità e rispetto dell'ambiente, in quanto si utilizzano materie prime di riciclo; tali aspetti tecnici rendono i dispositivi monouso cartacei una scelta eccellente per la gestione dei rifiuti organici ospedalieri, contribuendo ad un ambiente più pulito e sicuro;

    il disposto del comma 3 dell'articolo 107 del decreto legislativo n. 152 del 2006, attualmente in vigore recita: «Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previo accertamento dell'esistenza di un sistema di depurazione da parte dell'ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi. L'installazione delle apparecchiature è comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio.»;

    la natura dei prodotti monouso cartacei è del tutto simile a quella riscontrabile nella comune carta igienica e sicuramente assimilabile a rifiuti organici provenienti da scarti dell'alimentazione e, pertanto, appare del tutto ragionevole proporre una modifica all'articolo 107 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che include i rifiuti sanitari in polpa di carta biodegradabili provenienti dalle macchine dissipatrici, tra i rifiuti organici da versare in fognatura, previo accertamento dell'esistenza di un sistema di depurazione da parte dell'ente gestore del servizio idrico integrato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a modificare il disposto del comma 3 dell'articolo 107 del decreto legislativo n. 152 del 2006, includendo anche i rifiuti sanitari in polpa di carta biodegradabili provenienti dalle macchine dissipatrici, tra i rifiuti organici da versare in fognatura, previo accertamento dell'esistenza di un sistema di depurazione da parte dell'ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi.
9/2164/38. Latini.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 9, comma 7, proroga, fino al 31 dicembre 2024, lo stato di emergenza dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 27 novembre 2022, per gli eventi meteorologici verificatisi nel territorio dell'isola di Ischia a partire dal giorno 26 novembre 2022;

    l'isola di Ischia è stata duramente, e nuovamente, colpita dagli eventi meteorologici del 2022, dopo il sisma del 2017, e sono ancora in corso i numerosi e complessi interventi di messa in sicurezza idrogeologica e di riparazione, nonché di ricostruzione post-sisma;

    per la realizzazione di tali interventi è necessario il massimo coordinamento da parte del Commissario straordinario anche tenuto conto del Piano di ricostruzione dell'isola di Ischia, recentemente approvato dalla regione Campania, che delinea un processo di riordino urbanistico, di riqualificazione ambientale e paesaggistica per l'isola,

impegna il Governo

ad estendere, con il primo provvedimento utile, la proroga dello stato di emergenza nel territorio di Ischia per gli eventi meteorologici del novembre 2022 fino al 31 dicembre 2025, allo scopo di consentire la prosecuzione e il completamento di tutti gli interventi di rimozione del dissesto idrogeologico, riparazione, e ricostruzione, finalizzati al ripristino del tessuto abitativo e alla ripresa delle attività economiche.
9/2164/39. De Luca, Graziano, Borrelli, Speranza, Simiani, Ferrari.


   La Camera,

   premesso che:

    nel 2023 in territorio di Ferrandina un capannone industriale di un salottificio non più in uso a seguito del fallimento della società proprietaria è stato scoperto essere diventato il terminale di un traffico di rifiuti provenienti, con molta probabilità, da fuori regione;

    in questo capannone erano stati accumulati circa 16 mila metri cubi di rifiuti, presumibilmente durante il periodo del Covid senza che nessuno si accorgesse di nulla;

    il comune di Ferrandina ha affidato tempestivamente l'incarico a una ditta specializzata per comprendere la tipologia dell'immondizia;

    occorre un intervento urgente per evitare gravi conseguenze ambientali considerato che vi sono diversi fattori di rischio compreso il deterioramento o il crollo della copertura dello stabilimento visto che sul tetto sono state riscontrate diverse rotture;

    l'amministrazione comunale non può farsi carico di questo intervento che risulta molto impegnativo dal punto di vista economico e anche in relazione al fatto che la proprietà dell'immobile è fallita e quindi non è assolutamente chiaro in capo a chi debbano andare i costi di bonifica;

    l'assenza di una normativa nazionale che regolamenti chiaramente tali fattispecie non aiuta gli enti locali su cui si scaricano i costi e anche le naturali preoccupazioni sulla salute delle popolazioni amministrate;

    la Valbasento area su cui insiste suddetto immobile industriale è un sito SIN oggetto di interventi di bonifica per le lavorazioni legate alla chimica di base negli anni addietro;

    attualmente ci sono diverse situazioni critiche tra fabbriche abbandonate e problemi ambientali ancora non risolti come il caso Materit fabbrica nel passato impegnata nella produzione di amianto,

impegna il Governo

in attesa di una normativa nazionale che regolamenti tali situazioni, ad attivare con la regione Basilicata un tavolo specifico per la bonifica del sito in oggetto al fine di reperire le risorse necessarie per gli interventi di ambientalizzazione e messa in sicurezza nonché per accelerare gli interventi legati al Sin e non ancora conclusi a partire da quelli riguardanti la Materit e a presentare una relazione alle Camere entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento.
9/2164/40. Sarracino, Amendola, Graziano.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di attivare con la regione Basilicata un tavolo specifico per la bonifica del sito in oggetto al fine di reperire le risorse necessarie per gli interventi di ambientalizzazione e messa in sicurezza nonché per accelerare gli interventi legati al Sin e non ancora conclusi a partire da quelli riguardanti la Materit e a presentare una relazione alle Camere entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento.
9/2164/40. (Testo modificato nel corso della seduta)Sarracino, Amendola, Graziano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 2 del decreto in esame reca disposizioni urgenti per coniugare salvaguardia dell'ambiente e sicurezza degli approvvigionamenti. Tale articolo, in particolare, interviene sul divieto di attività upstream in mare, riducendo da 12 a 9 miglia il perimetro costiero ed esterno alle aree marine e costiere protette entro il quale sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi;

    si tratta dell'ennesima riscrittura della norma riguardante il rafforzamento della sicurezza energetica degli approvvigionamenti di gas naturale e la relativa flessibilità per consentire ulteriori trivellazioni per estrarre gas in deroga ai vincoli ambientali esistenti;

    si ricorda, che l'origine dei limiti ambientali deriva dalla necessità di salvaguardare l'area costiera da fenomeni di subsidenza e da contaminazioni degli ecosistemi e specie marine che caratterizzano le coste italiane e il Mediterraneo;

    l'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 152 del 2006, nel testo previgente alle modifiche introdotte dall'articolo 2, comma 4 del provvedimento in esame, vietava le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale e nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa, al fine di limitare l'applicazione delle misure di cui all'articolo 2 del decreto in esame esclusivamente alle procedure per l'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale dai titolari di concessioni di coltivazione di gas in essere o anche sospese, purché conformi al divieto previgente di cui all'articolo 6, comma 17, decreto legislativo n. 152 del 2006.
9/2164/41. Lacarra, Stefanazzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, originariamente di 12 articoli per un totale di 42 commi e a seguito dell'esame del Senato composto di 14 articoli per un totale di 52 commi, appare riconducibile, anche sulla base del preambolo, a 6 finalità, tutte relative alla più generale e trasversale materia della salvaguardia ambientale e in particolare: 1) semplificazione dei procedimenti di valutazione ambientale; 2) garanzia della certezza del quadro normativo per il settore della prospezione e coltivazione di idrocarburi; 3) introduzione di disposizioni per la sostenibilità del suolo e delle acque, volte a prevenire l'avverarsi di eventi emergenziali; 4) l'adozione di misure indifferibili per l'economia circolare; 5) provvedimenti in ordine alla semplificazione dei procedimenti di bonifica dei siti inquinati e al rafforzamento delle capacità amministrative; 6) assicurazione del rafforzamento delle capacità amministrative delle pubbliche amministrazioni operanti nei settori dell'ambiente e della sicurezza energetica;

    l'articolo 2 abroga (comma 1) le disposizioni che prevedono e disciplinano l'adozione del Piano per transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), annullato dal Tar Lazio con due sentenze del febbraio 2024 e al contempo dispone la possibilità di ulteriori proroghe (comma 3) delle concessioni di coltivazioni di idrocarburi, tenendo conto delle riserve e del potenziale minerario ancora da produrre e dei tempi necessari per completare la produzione delle riserve medesime fino alla durata di vita utile del giacimento, riducendo (comma 4) da 12 a 9 miglia il perimetro costiero entro il quale sono vietate le attività di ricerca, prospezione, nonché di coltivazione degli idrocarburi;

    la durata delle concessioni di coltivazione di idrocarburi, le cui proroghe possono essere concesse tenendo conto delle riserve e del potenziale minerario ancora da produrre e dei tempi necessari per completare la produzione delle riserve medesime fino alla durata di vita utile del giacimento, di fatto eccedono ogni limite temporale concordato in sede Europea e internazionale in merito agli obiettivi di decarbonizzazione;

    la principale ragione della riduzione di distanza dalla costa cui si potranno ora condurre le attività di ricerca, prospezione e coltivazione degli idrocarburi, come esplicitato nella relazione illustrativa del provvedimento, è lo sblocco di diverse concessioni fino ad ora in «stand-by» o comunque non autorizzate, in un'ottica di potenziamento dell'estrazione di gas fossile;

    continuare a tutelare gli interessi del settore estrattivo, così come determinato dalle disposizioni del provvedimento in esame, è in evidente contrasto sia con il principio costituzionale della tutela ambientale che con quello relativo agli interessi delle future generazioni, poiché costituisce un'inversione di indirizzo rispetto all'obiettivo di decarbonizzazione del settore energetico necessario al contrasto del cambiamento climatico, essendo l'attività di estrazione e utilizzo degli idrocarburi non compatibile con la riduzione del surriscaldamento globale nel limite di aumento +1,5 °C;

    tale politica energetica nega apertamente quanto sostenuto negli anni da numerose evidenze scientifiche che dimostrano come l'unico modo per raggiungere l'obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050 sia ridurre immediatamente l'uso di combustibili fossili e sottolineano quanto le emissioni fuggitive di metano abbiano un elevato impatto climalterante;

    la riduzione da 12 a 9 miglia del perimetro costiero entro il quale sono vietate le attività di ricerca, prospezione, nonché di coltivazione degli idrocarburi pone evidenti gravi pregiudizi per le aree marine e le caratteristiche ecologiche degli habitat naturali e le specie marine ivi tutelate, oltre ad effetti nella interazione terra-mare con gravi ricadute economiche sulle attività legate al settore della pesca, acquacoltura e del turismo;

    appare chiaro che le nuove disposizioni autorizzano decisioni suscettibili di cagionare impatti ambientali, territoriali ed economici negativi di lungo periodo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare, nel primo provvedimento utile, misure volte a modificare la disposizione di cui all'articolo 2, al fine di perseguire un generale ripensamento della politica energetica che tale norma rivela e garantire la ripresa del processo di decarbonizzazione del settore energetico, necessario al contrasto dei cambiamenti climatici, nonché di scongiurare ogni rischio di pregiudizi ambientali ed economici alle aree marine e costiere italiane.
9/2164/42. Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, originariamente di 12 articoli per un totale di 42 commi e a seguito dell'esame del Senato composto di 14 articoli per un totale di 52 commi, appare riconducibile, anche sulla base del preambolo, a 6 finalità, tutte relative alla più generale e trasversale materia della salvaguardia ambientale e in particolare: 1) semplificazione dei procedimenti di valutazione ambientale; 2) garanzia della certezza del quadro normativo per il settore della prospezione e coltivazione di idrocarburi; 3) introduzione di disposizioni per la sostenibilità del suolo e delle acque, volte a prevenire l'avverarsi di eventi emergenziali; 4) l'adozione di misure indifferibili per l'economia circolare; 5) provvedimenti in ordine alla semplificazione dei procedimenti di bonifica dei siti inquinati e al rafforzamento delle capacità amministrative; 6) assicurazione del rafforzamento delle capacità amministrative delle pubbliche amministrazioni operanti nei settori dell'ambiente e della sicurezza energetica;

    in considerazione della modifica costituzionale agli articoli 9 e 41 della Costituzione (legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1), con decreto interministeriale n. 36 del 25 gennaio 2024 dei Ministri dell'ambiente e della sicurezza energetica e per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa è stato previsto un riordino della materia ambientale;

    il su citato decreto n. 36 del 2024 ha previsto l'istituzione di una Commissione presso il Gabinetto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica che si è avvalsa anche di un gruppo di esperti, anche esterni all'amministrazione, che avrebbe dovuto elaborare entro il 30 settembre 2024 uno schema di legge delega ed entro il 30 giugno 2025 gli schemi di decreti legislativi;

    anche al fine di garantire partecipazione e dialogo con i portatori di interesse generale, ci si sarebbe aspettati anche per finalità di trasparenza e pubblicità dei lavori, la pubblicazione degli esiti dei lavori della Commissione da parte dei Ministeri o quantomeno una comunicazione di cessazione degli stessi, al 30 settembre 2024, sullo schema di legge delega;

    sull'impostazione del testo di riforma preme sottolineare il contesto ambientale e climatico nel quale si colloca la necessità di adeguare la normativa ambientale, il cui aggiornamento deve essere propedeutico a rafforzare il sistema delle tutele ambientali e degli ecosistemi e nella mitigazione e nell'adattamento al cambiamento climatico, anche in considerazione del fatto che alcune situazioni emergenziali appaiono sempre più di natura oramai sistemica;

    al contrario con il decreto in esame il Governo decide di agire attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza, in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonché nella valorizzazione dei beni ambientali, materia attribuita, dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle regioni, per la quale secondo interpretazioni costituzionalmente orientate, andrebbe acquisita intesa della Conferenza Stato-Regioni,

impegna il Governo

a rendere noto pubblicamente quanto prima il risultato dei lavori della Commissione presso il Gabinetto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica per l'elaborazione di uno schema di legge delega di riordino della normativa in materia ambientale.
9/2164/43. Dori, Bonelli, Borrelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, originariamente di 12 articoli per un totale di 42 commi e a seguito dell'esame del Senato composto di 14 articoli per un totale di 52 commi, appare riconducibile, anche sulla base del preambolo, a 6 finalità, tutte relative alla più generale e trasversale materia della salvaguardia ambientale e in particolare: 1) semplificazione dei procedimenti di valutazione ambientale; 2) garanzia della certezza del quadro normativo per il settore della prospezione e coltivazione di idrocarburi; 3) introduzione di disposizioni per la sostenibilità del suolo e delle acque, volte a prevenire l'avverarsi di eventi emergenziali; 4) l'adozione di misure indifferibili per l'economia circolare; 5) provvedimenti in ordine alla semplificazione dei procedimenti di bonifica dei siti inquinati e al rafforzamento delle capacità grave; amministrative; 6) assicurazione del rafforzamento delle capacità grave; amministrative delle pubbliche amministrazioni operanti nei settori dell'ambiente e della sicurezza energetica;

    l'articolo 10-bis, introdotto dal Senato, modifica alcune disposizioni relative agli investimenti nell'ambito del «Piano Mattei», rafforzando gli investimenti nei Paesi africani con l'obiettivo di coniugare, le esigenze di sicurezza energetica con quelle della tutela ambientale, mediante lo sviluppo di infrastrutture sostenibili e la riduzione delle emissioni di gas serra;

    secondo quanto più volte dichiarato dal Governo il Piano Mattei persegue la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati del continente africano, mediante la promozione di uno sviluppo comune, stabile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza;

    nella storia del continente Africano è ampiamente dimostrato come i modelli di sviluppo basati sullo sfruttamento delle risorse e in particolare dei combustibili fossili si sono tradotti perlopiù in ricchezza e profitti solo per le élites locali, aumentando i fenomeni di corruzione e alimentando regimi non democratici. Inoltre, la dipendenza da investimenti esteri per l'estrazione di risorse naturali ha aumentato l'instabilità e i conflitti, con gravi conseguenze a livello securitario e scarsa incidenza a livello di sviluppo economico reale. Un punto, questo, di grande importanza per un progetto di politica estera come il Piano Mattei, che dice di avere come obiettivo quello di garantire stabilità nel continente africano attraverso uno sviluppo economico sostenibile e di lungo periodo che possa rappresentare una soluzione anche ai fini della tutela della sicurezza in Europa, in primis agendo sull'incidenza dei flussi migratori. A tal fine, incoraggiare un processo di diversificazione dell'economia nei Paesi africani dipendenti dalle fonti fossili costituisce un passo nella giusta direzione – oltre che un aspetto positivo per le imprese italiane desiderose di posizionarsi sul mercato africano;

    in virtù dell'intenzione del Governo di avviare un nuovo partenariato basato su un rapporto paritario di condivisione e di partecipazione degli Stati africani alla determinazione del Piano, si ricorda che nella Dichiarazione di Nairobi, adottata in conclusione del Summit africano sul clima del settembre 2023, i leader di quaranta Paesi africani, rappresentati da 17 tra capi di Governo, ministri e parlamentari, hanno chiaramente espresso la volontà di mettere in atto un modello di sviluppo sostenibile basato sulla crescita verde e un'economia a basse emissioni, lontano dai modelli di sfruttamento estrattivi che ancora oggi caratterizzano una parte consistente delle relazioni tra Africa e resto del mondo. La dichiarazione cita esplicitamente l'impegno a mettere fine ai sussidi alle fonti fossili e chiede l'aiuto della comunità internazionale per realizzare l'obiettivo di sestuplicare la capacità rinnovabile installata nel continente africano entro il 2030. Nella dichiarazione è inoltre espressa la volontà di contribuire alla transizione attraverso lo sfruttamento sostenibile delle abbondanti materie prime critiche disponibili nel continente,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative di competenza volte a escludere le fonti fossili tra gli ambiti di intervento della cooperazione tra l'Italia e gli Stati del continente africano.
9/2164/44. Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti, Amendola.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, originariamente di 12 articoli per un totale di 42 commi e a seguito dell'esame del Senato composto di 14 articoli per un totale di 52 commi, appare riconducibile, anche sulla base del preambolo, a 6 finalità, tutte relative alla più generale e trasversale materia della salvaguardia ambientale e in particolare: 1) semplificazione dei procedimenti di valutazione ambientale; 2) garanzia della certezza del quadro normativo per il settore della prospezione e coltivazione di idrocarburi; 3) introduzione di disposizioni per la sostenibilità del suolo e delle acque, volte a prevenire l'avverarsi di eventi emergenziali; 4) l'adozione di misure indifferibili per l'economia circolare; 5) provvedimenti in ordine alla semplificazione dei procedimenti di bonifica dei siti inquinati e al rafforzamento delle capacità amministrative; 6) assicurazione del rafforzamento delle capacità amministrative delle pubbliche amministrazioni operanti nei settori dell'ambiente e della sicurezza energetica;

    l'articolo 1, comma 4, interviene sull'articolo 355 del decreto legislativo n. 66 del 2010 (Codice dell'ordinamento militare) – relativo alla valorizzazione ambientale degli immobili militari, che prevede la possibilità per il Ministero della difesa di affidare in concessione o in locazione, o utilizzare direttamente, in tutto o in parte, i siti militari, le infrastrutture e i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso o in dotazione all'Esercito italiano, alla Marina militare, all'Aeronautica militare e all'Arma dei carabinieri – con la finalità di installare impianti energetici, mantenendo ferma l'appartenenza al demanio dello Stato;

    lo stesso comma 4 precisa, con la lettera a), che, a tal fine, il Ministero della difesa può definire un programma di interventi per la transizione energetica dei siti, delle infrastrutture e dei beni del demanio militare a qualunque titolo in uso o in dotazione, dislocati sul territorio nazionale;

    l'aeroporto militare «Girolamo Moscardini» di Frosinone, attualmente sede del 72° Stormo dell'Aeronautica Militare e dell'annessa scuola di volo elicotteristica, ha al suo interno una area pianeggiante non edificata, pari a circa 90 ettari, adibita ad elisuperficie;

    secondo i piani resi noti dall'Aeronautica Militare, da ultimo nella persona del Gen. Silvano Frigerio a margine di una cerimonia svoltasi il 12 luglio 2023, entro il 2025 sarà completato il trasferimento a Viterbo delle funzioni attualmente attestate sull'aeroporto di Frosinone, che consiste in «un processo di dismissione che prevede la chiusura dell'aeroporto»;

    nel 2021, Legambiente ha lanciato la proposta di una riqualificazione del sito che prevede l'installazione di un parco fotovoltaico da 70 MW nell'attuale elisuperficie, presentando un rendering progettuale della proposta, che ha visto l'adesione di importanti stakeholder territoriali quali il Consorzio Industriale del Lazio, Unindustria Frosinone e la Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino;

    in risposta ad una lettera del Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani all'ex Ministro della difesa On. Guerini, il Capo di Gabinetto Gen. Antonio Conserva ha reso noto nell'agosto 2022 che l'aeroporto Moscardini è inserito tra i sedimi militari destinatari del piano per l'autoproduzione di elettricità da fonti rinnovabili che interesserà i compendi della Difesa dislocati sul territorio nazionale,

impegna il Governo

ad inserire nel programma di interventi per la transizione energetica dei siti, delle infrastrutture e dei beni del demanio militare definito dal Ministero della Difesa, l'aeroporto militare «Girolamo Moscardini» di Frosinone riqualificando il sito attraverso l'installazione di un parco fotovoltaico da 70 MW nell'attuale elisuperficie.
9/2164/45. Zaratti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, originariamente di 12 articoli per un totale di 42 commi e a seguito dell'esame del Senato composto di 14 articoli per un totale di 52 commi, appare riconducibile, anche sulla base del preambolo, a 6 finalità, tutte relative alla più generale e trasversale materia della salvaguardia ambientale e in particolare: 1) semplificazione dei procedimenti di valutazione ambientale; 2) garanzia della certezza del quadro normativo per il settore della prospezione e coltivazione di idrocarburi; 3) introduzione di disposizioni per la sostenibilità del suolo e delle acque, volte a prevenire l'avverarsi di eventi emergenziali; 4) l'adozione di misure indifferibili per l'economia circolare; 5) provvedimenti in ordine alla semplificazione dei procedimenti di bonifica dei siti inquinati e al rafforzamento delle capacità amministrative; 6) assicurazione del rafforzamento delle capacità amministrative delle pubbliche amministrazioni operanti nei settori dell'ambiente e della sicurezza energetica;

    l'articolo 1, comma 4, interviene sull'articolo 355 del decreto legislativo n. 66 del 2010 (Codice dell'ordinamento militare) – relativo alla valorizzazione ambientale degli immobili militari, che prevede la possibilità per il Ministero della difesa di affidare in concessione o in locazione, o utilizzare direttamente, in tutto o in parte, i siti militari, le infrastrutture e i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso o in dotazione all'Esercito italiano, alla Marina militare, all'Aeronautica militare e all'Arma dei carabinieri – con la finalità di installare impianti energetici, mantenendo ferma l'appartenenza al demanio dello Stato;

    lo stesso comma 4 precisa, con la lettera a), che, a tal fine, il Ministero della difesa può definire un programma di interventi per la transizione energetica dei siti, delle infrastrutture e dei beni del demanio militare a qualunque titolo in uso o in dotazione, dislocati sul territorio nazionale;

    l'aeroporto militare «Girolamo Moscardini» di Frosinone, attualmente sede del 72° Stormo dell'Aeronautica Militare e dell'annessa scuola di volo elicotteristica, ha al suo interno una area pianeggiante non edificata, pari a circa 90 ettari, adibita ad elisuperficie;

    secondo i piani resi noti dall'Aeronautica Militare, da ultimo nella persona del Gen. Silvano Frigerio a margine di una cerimonia svoltasi il 12 luglio 2023, entro il 2025 sarà completato il trasferimento a Viterbo delle funzioni attualmente attestate sull'aeroporto di Frosinone, che consiste in «un processo di dismissione che prevede la chiusura dell'aeroporto»;

    nel 2021, Legambiente ha lanciato la proposta di una riqualificazione del sito che prevede l'installazione di un parco fotovoltaico da 70 MW nell'attuale elisuperficie, presentando un rendering progettuale della proposta, che ha visto l'adesione di importanti stakeholder territoriali quali il Consorzio Industriale del Lazio, Unindustria Frosinone e la Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino;

    in risposta ad una lettera del Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani all'ex Ministro della difesa On. Guerini, il Capo di Gabinetto Gen. Antonio Conserva ha reso noto nell'agosto 2022 che l'aeroporto Moscardini è inserito tra i sedimi militari destinatari del piano per l'autoproduzione di elettricità da fonti rinnovabili che interesserà i compendi della Difesa dislocati sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire nel programma di interventi per la transizione energetica dei siti, delle infrastrutture e dei beni del demanio militare definito dal Ministero della Difesa, l'aeroporto militare «Girolamo Moscardini» di Frosinone riqualificando il sito attraverso l'installazione di un parco fotovoltaico da 70 MW nell'attuale elisuperficie.
9/2164/45. (Testo modificato nel corso della seduta)Zaratti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, originariamente di 12 articoli per un totale di 42 commi e a seguito dell'esame del Senato composto di 14 articoli per un totale di 52 commi, appare riconducibile, anche sulla base del preambolo, a 6 finalità, tutte relative alla più generale e trasversale materia della salvaguardia ambientale e in particolare: 1) semplificazione dei procedimenti di valutazione ambientale; 2) garanzia della certezza del quadro normativo per il settore della prospezione e coltivazione di idrocarburi; 3) introduzione di disposizioni per la sostenibilità del suolo e delle acque, volte a prevenire l'avverarsi di eventi emergenziali; 4) l'adozione di misure indifferibili per l'economia circolare; 5) provvedimenti in ordine alla semplificazione dei procedimenti di bonifica dei siti inquinati e al rafforzamento delle capacità amministrative; 6) assicurazione del rafforzamento delle capacità amministrative delle pubbliche amministrazioni operanti nei settori dell'ambiente e della sicurezza energetica;

    l'articolo 9, comma 8, prevede uno stanziamento di 10 milioni di euro per l'anno 2024, per la stipula di convenzioni con la Pubblica Amministrazione da parte del Commissario straordinario alla ricostruzione del territorio delle regioni Emilia-Romagna, Toscana e Marche, colpito da avverse condizioni meteorologiche a partire dal giorno 1° maggio 2023, modificando in più punti l'articolo 20-ter del decreto-legge n. 61 del 2023 che ha previsto una serie di interventi a favore del territorio delle province di Reggio-Emilia, di Modena, di Bologna, di Ferrara, di Ravenna e di Forlì- Cesena, colpite da avverse condizioni meteorologiche a partire dal giorno 1° maggio 2023;

    gli stessi territori colpiti dagli eventi alluvionali del maggio 2023 e dagli eventi sismici del 18 settembre 2023 sono stati danneggiati nuovamente dagli eventi alluvionali di settembre e ottobre 2024, in alcuni casi vanificando i lavori di ripristino finanziati con il decreto-legge n. 61 del 2023 e al fine di coordinare gli interventi di ripristino sui territori è auspicabile trattare le emergenze con la medesima base giuridica,

impegna il Governo

ad estendere, nel primo provvedimento utile, l'ambito applicativo delle disposizioni di cui agli articoli da 20-bis a 20-duodecies del decreto-legge 1° giugno 2023, n. 61, convertito con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2023, n. 100 alle attività di ricostruzione negli stessi territori della regione Emilia-Romagna interessati dagli eventi alluvionali per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con le delibere del Consiglio dei ministri del 21 settembre 2024 e del 29 ottobre 2024, nonché ai comuni della regione Emilia-Romagna interessati dagli eventi sismici del 18 settembre 2023 per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza con Delibera del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2023.
9/2164/46. Grimaldi, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti, Fornaro.


   La Camera

impegna il Governo

ad estendere l'ambito applicativo delle disposizioni di cui agli articoli da 20-bis a 20-duodecies del decreto-legge 1° giugno 2023, n. 61, convertito con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2023, n. 100 alle attività di ricostruzione negli stessi territori della regione Emilia-Romagna interessati dagli eventi alluvionali per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con le delibere del Consiglio dei ministri del 21 settembre 2024 e del 29 ottobre 2024, nonché ai comuni della regione Emilia-Romagna interessati dagli eventi sismici del 18 settembre 2023 per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza con Delibera del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2023.
9/2164/46. (Testo modificato nel corso della seduta)Grimaldi, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti, Fornaro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento, originariamente di 12 articoli per un totale di 42 commi e a seguito dell'esame del Senato composto di 14 articoli per un totale di 52 commi, appare riconducibile, anche sulla base del preambolo, a 6 finalità, tutte relative alla più generale e trasversale materia della salvaguardia ambientale e in particolare: 1) semplificazione dei procedimenti di valutazione ambientale; 2) garanzia della certezza del quadro normativo per il settore della prospezione e coltivazione di idrocarburi; 3) introduzione di disposizioni per la sostenibilità del suolo e delle acque, volte a prevenire l'avverarsi di eventi emergenziali; 4) l'adozione di misure indifferibili per l'economia circolare; 5) provvedimenti in ordine alla semplificazione dei procedimenti di bonifica dei siti inquinati e al rafforzamento delle capacità amministrative; 6) assicurazione del rafforzamento delle capacità amministrative delle pubbliche amministrazioni operanti nei settori dell'ambiente e della sicurezza energetica;

    l'articolo 6 prevede (al comma 1) misure di semplificazione e accelerazione per l'attuazione degli interventi previsti dal Piano d'azione per la riqualificazione dei siti orfani, volte a valorizzare il rapporto tra il proponente e l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) territorialmente competente, per consentire l'approvazione congiunta da parte dell'autorità competente dei risultati delle indagini di caratterizzazione, dell'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica, ove occorrente e del progetto degli interventi, estendendo (al comma 3) l'applicazione del procedimento che occorre seguire per determinare i valori di fondo relativi ai siti ove le concentrazioni rilevate superino le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) anche alle acque sotterranee e non solo al suolo e al sottosuolo;

    da diversi mesi la regione Basilicata sta affrontando una crisi idrica senza precedenti, che sta mettendo a dura prova 29 Comuni dello schema Basento-Camastra, tra cui il capoluogo di regione Potenza, per un totale di circa 140 mila persone costrette a fare i conti con drastiche riduzioni dell'erogazione di acqua, che in alcuni casi superano le 30 ore consecutive;

    il Presidente della regione Basilicata, Vito Bardi, nonché commissario straordinario per l'emergenza idrica, ha nelle ultime ore difeso la scelta, fortemente contestata dalle comunità locali, di far convogliare, dopo la potabilizzazione, l'acqua del fiume Basento nella diga del Camastra, che costituisce dal 1970 la principale fonte idrica della zona;

    con decreto ministeriale del 26 febbraio 2003, pubblicato sul S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 121 del 27 maggio 2003, è stata perimetrata l'Area industriale della Val Basento quale Sito di Interesse Nazionale (SIN) ai sensi della legge n. 179 del 2002, che necessita di bonifica urgente a causa dell'alto livello di contaminazione da scarichi industriali e chimici,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza per concludere con la massima urgenza le necessarie azioni di bonifica del SIN Area industriale della Val Basento e al contempo per affrontare con interventi di carattere strutturale la crisi idrica che investe i 29 comuni della Basilicata, garantendo la massima trasparenza nella gestione delle risorse idriche e contestualmente la salute pubblica dei cittadini.
9/2164/47. Borrelli, Bonelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti, Amendola, Simiani, Laus, Mattia.


   La Camera

impegna il Governo

a proseguire con le attività per concludere le necessarie azioni di bonifica del SIN Area industriale della Val Basento e al contempo valutando gli interventi di carattere strutturale, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, ad affrontare la crisi idrica che investe i 29 comuni della Basilicata.
9/2164/47. (Testo modificato nel corso della seduta)Borrelli, Bonelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti, Amendola, Simiani, Laus, Mattia.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 5 del decreto in esame prevede che il Commissario straordinario adotta il Programma per la gestione integrata e circolare dei materiali provenienti dalla realizzazione degli interventi relativi al tunnel sub-portuale e alla diga foranea di Genova, nonché, sulla base delle modifiche apportate nel corso dell'esame al Senato, dei materiali di dragaggio dei porti di La Spezia e Marina di Carrara, anche al fine di assicurare il contenimento dei relativi costi di smaltimento;

    al tal fine il decreto introduce una semplificazione amministrativa per le operazioni di recupero e di riutilizzo dei materiali di prossimità provenienti dalla realizzazione degli interventi relativi al tunnel sub-portuale e alla diga foranea di Genova previsti nel Programma, stabilendo che l'adozione del Programma sostituisce tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione degli interventi contenuti nel medesimo Programma;

    la diga foranea di Genova è la prima opera in Italia per entità di finanziamenti collegati al PNRR, che ne impone il completamento entro il 30 novembre 2026, data prevista per la consegna dell'opera;

    da articoli di stampa si apprende dei ritardi di realizzazione dei cassoni correlati alla diga di Genova e a difetti nella loro costruzione, con la conseguenza che, fino ad ora, dei 12 cassoni previsti nel 2024, ne sono stati posati solo 4,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile volta a garantire che il Consorzio PerGenova Breakwater, guidato da Webuild, che si è aggiudicato l'appalto per progetto definitivo, esecutivo ed esecuzione dei lavori della nuova diga foranea del porto di Genova, provveda ad inserire nel processo di lavorazione le migliorie tecniche necessarie ad evitare ritardi e difetti nella realizzazione del cassoni propedeutici al completamento dell'opera;

   a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa al fine di prevedere che l'adozione del Programma di gestione dei materiali derivanti dal dragaggio non sia sostitutivo delle autorizzazioni ambientali previste dalla normativa vigente.
9/2164/48. Ghio.


   La Camera,

   premesso che:

    il decreto in esame reca disposizioni riguardanti l'attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati;

    lo scorso 23 settembre è stata presa la decisione di creare un tavolo tecnico permanente che coordinerà le procedure di bonifica dell'area del SIN di Trento Nord. Tale decisione è stata presa dopo che la procura di Trento ha disposto il sequestro delle aree private del SIN per consentire agli enti competenti di realizzare interventi per evitare la diffusione degli inquinanti;

    il tavolo, al quale partecipano il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, il Commissariato del Governo, la Procura di Trento, la provincia e il comune di Trento, Ispra e Appa ha il compito di coordinare le procedure di bonifica dell'area del SIN di Trento nord, al fine di accelerarne la bonifica. In particolare, dovrà monitorare le procedure di bonifica, facilitare i rapporti tra gli enti competenti, agevolare il coordinamento e le sinergie, esaminare le questioni e facilitare l'adozione di posizioni condivise, proporre azioni correttive e adottare ogni iniziativa utile per bonificare il Sin;

    si ricorda che la questione della bonifica del SIN di Trento nord riguarda anche il progetto del bypass ferroviario di Trento, un'opera la cui progettazione e realizzazione è affidata ad RFI, il cui tragitto attraverserà anche l'area inquinata. La sua realizzazione deve quindi offrire le garanzie di tutela dell'ambiente e soprattutto della salute dei cittadini e costituire l'occasione per affrontare un tema, quello della bonifica di tali aree, importantissima per la sicurezza dei residenti tutti;

    è comune da parte delle amministrazioni locali, sia la provincia di Trento che il comune di Trento, la volontà di avviare un percorso per acquisire le cosiddette aree Sin, attualmente sotto sequestro dell'ex Sloi e Carbochimica, per poi procedere alla bonifica, una volta che i terreni saranno pubblici, con il contributo dello Stato;

    per fare uno studio tecnico giuridico di tale ipotesi di percorso serve rivedere la norma di cui all'articolo 1, comma 694, della legge di bilancio 2023 al fine di meglio chiarire che i progetti specialistici possono includere anche attività operative e spese connesse alla sicurezza quale intervento eventualmente sostitutivo ed in danno dei privati, poiché le predette aree ad oggi non includono quelle SIN, ma solo il sedime ferroviario;

    per gli interventi di progettazione ed esecuzione della campagna di sondaggi geognostici, volta ad individuare con precisione l'estensione e la profondità delle sostanze inquinanti presenti nelle aree ferroviarie e interessate dalla realizzazione della circonvallazione ferroviaria di Trento, inquinate da piombo, piombo tetraetile, idrocarburi policiclici aromatici e altri inquinanti, è infatti autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Le risorse possono essere utilizzate, anche per un intervento di progettazione di natura specialistica e per le relative attività connesse, finalizzato a individuare le modalità necessarie, sotto il profilo giuridico tecnico e operativo, per l'utilizzo pubblico delle medesime aree, previsto nei documenti di programmazione della provincia autonoma di Trento, unitamente alle necessarie forme di finanziamento,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di competenza volte a sostenere le attività del Tavolo di cui in premessa, affinché si possa accelerare la bonifica del SIN di Trento nord, prevedendo a tal fine anche iniziative per la predisposizione di valutazioni tecnico-giuridiche finalizzate all'eventuale acquisizione, a scopo di bonifica, da parte dell'Ente pubblico, delle Aree SIN Ex SLOI ed Ex Carbochimica.
9/2164/49. Ferrari, Cattoi, Urzì, De Bertoldi.


 
 
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