Camera dei deputati

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 16 dicembre 2024

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la pubblicazione delle nuove stime di crescita, curata dall'Ocse, ridimensiona i dati di crescita finora forniti dalla Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell'economia e delle finanze. L'Ocse prevede che il prodotto interno lordo dell'Italia nel 2025 si fermerà allo 0,5 per cento, la metà dell'ottimistica previsione dell'1 per cento fissato dal Governo nel suo Piano strutturale di bilancio. Secondo le nuove stime il prodotto interno lordo del nostro Paese dovrebbe attestarsi allo 0,9 per cento nel 2025 (il Ministero dell'economia e delle finanze prevede l'1,2 per cento) e all'1,2 per cento nel 2026. L'Italia è sotto la media dell'Eurozona che registra +0,8 per cento nel 2024 e +1,3 per cento nel 2025;

    il prodotto interno lordo italiano nel terzo trimestre del 2024 è rimasto stabile rispetto ai tre mesi precedenti in una situazione di sostanziale stagnazione, in controtendenza rispetto ai principali partner europei e alla media dell'area euro, che hanno registrato una leggera crescita. L'Istat ha altresì evidenziato che la crescita dell'economia italiana è stata inferiore alla media dell'area euro ed è, tra le economie europee, quella con le peggiori performance;

    lo stato dell'industria italiana è in evidente difficoltà. Si è di fronte a 20 mesi consecutivi di calo della produzione industriale;

    a contribuire a deprimere la produzione industriale, si aggiunge una riduzione del potere di acquisto degli stipendi e un conseguente inevitabile calo della domanda di beni e servizi. Nulla è stato fatto in termini di iniziative volte a sostenere retribuzioni e pensioni, ormai fermi da anni con drammatica perdita del potere di acquisto, con conseguente impoverimento di una fetta sempre più grande di pensionati e di lavoratori;

    le spese per consumo delle famiglie sono diminuite in termini reali ed è aumentata la distanza tra le famiglie più e meno abbienti. Questo aumento della sofferenza economica si è riflessa nel contemporaneo peggioramento degli indicatori di povertà assoluta;

    secondo l'Istituto di statistica, a settembre 2024 la produzione industriale in Italia ha registrato una significativa flessione annua del 4 per cento, attribuibile in gran parte ai settori della fabbricazione di mezzi di trasporto e dell'abbigliamento, con cali rispettivamente del 15,4 per cento e del 10,7 per cento. Questo andamento negativo rappresenta un segnale preoccupante per l'economia italiana;

    da novembre 2022 ad agosto 2024 il fatturato manifatturiero è sceso dell'8 per cento; la domanda interna ristagna, mentre ad agosto 2024 le esportazioni hanno perso il 6,7 per cento in valore e il 10,7 per cento in volume sull'anno precedente. La precarietà, il lavoro nero e il sommerso colpiscono 6 milioni di lavoratori, mentre l'evasione fiscale e contributiva è a quota 82,4 miliardi di euro;

    sono tanti i comparti in situazione di crisi che vedono produzioni in calo e di conseguenza livelli occupazionali a rischio: dall'automotive al tessile, dalla siderurgia alle telecomunicazioni, dalla moda alla termomeccanica, agli elettrodomestici;

    l'insieme delle attività manifatturiere, dal tessile (-10 per cento) all'automotive (-9,2 per cento), dalla metallurgia (-3,7 per cento) alla fabbricazione di macchinari e attrezzature (-4,2 per cento), indicano in maniera preoccupante un Paese in forte affanno e prossimo alla recessione;

    uno degli indicatori per misurare lo stato di salute dell'industria del nostro Paese e delle garanzie occupazionali è il numero e la rilevanza dei tavoli di crisi aperti al Ministero delle imprese e del made in Italy;

    questi tavoli rappresentano un'occasione per affrontare le problematiche connesse alle crisi, dalle riorganizzazioni aziendali alla tutela dei lavoratori, e per promuovere un confronto costruttivo tra i rappresentanti dei lavoratori e quelli dell'azienda;

    attualmente si contano 35 vertenze, per un totale di oltre 30 mila lavoratori coinvolti, a cui si aggiungono 22 casi monitorati e che riguardano circa 15 mila lavoratori di aziende non in crisi ma che rientrano in settori in difficoltà. Dall'ex Ilva a Portovesme, da Conbipel alla Jabil, da Beko ad Almaviva contact. Crisi industriali vecchie e nuove segnate da chiusure, riduzioni occupazionali e processi di delocalizzazione che vedono coinvolto il nostro intero Paese, da Sud a Nord;

    come ricorda la Cgil, questi dati sono peraltro sottostimati in quanto bisogna considerare oltre 120 mila lavoratori a rischio a causa delle trasformazioni, di cui 70 mila solo nell'automotive, oltre 25 mila nella siderurgia, 8 mila nell'energia, 2 mila nel settore elettrico, più di 4 mila nella chimica di base, 3.500 nel settore del petrolchimico e della raffinazione, 8 mila nelle telecomunicazioni;

    l'ultimo report della Fim Cisl, relativo al primo semestre del 2024, aveva segnalato un allarme crescente sulla situazione del settore metalmeccanico, dove peraltro nelle settimane scorse si è interrotta la trattativa per il rinnovo del contratto;

    il taglio agli investimenti pubblici di questo Governo, a cominciare dalle stesse risorse per supportare la transizione verde dell'automotive, rappresentano inevitabilmente un freno alla stessa possibilità di mettere in campo politiche industriali in grado di affrontare la transizione ambientale, energetica e digitale;

    per quanto riguarda il settore dell'automotive, è il settore industriale che, sebbene in forte difficoltà e in parte attualmente ridimensionato, risulta ancora centrale per il prodotto interno lordo del Paese ed è ancora oggi il principale settore manifatturiero italiano, che conta oltre 270 mila addetti diretti, con un fatturato di oltre 100 miliardi di euro;

    sempre più preoccupante e drammatica è la crisi di produzione in cui versa il gruppo Stellantis;

    paradigmatiche della perdurante fortissima crisi produttiva della Stellantis sono state le dimissioni del 1° dicembre 2024 dell'amministratore delegato Carlos Tavares, accettate dal consiglio di amministrazione. È necessario che il nuovo management garantisca una forte e totale discontinuità rispetto al passato sugli impegni occupazionali e produttivi;

    a soffrire fortemente di questo lento disimpegno di Stellantis è anche tutto l'indotto che comprende settori importanti con migliaia di persone occupate;

    si ricorda che il gruppo Stellantis, prima Fca e prima ancora Fiat, ha beneficiato, nel corso della sua lunga storia, di una notevole quantità di aiuti di Stato. Si stima che, partendo dai contratti di programma siglati con il Cipe tra il 1990 e il 2019, ammonti a 4 miliardi di euro il complesso dei contributi pubblici ricevuti, a fronte di poco più di 10 miliardi di euro di investimenti dichiarati. Risorse pubbliche assegnate ad una società che nel 2023 ha realizzato un utile netto di 18,6 miliardi di euro, in crescita dell'11 per cento rispetto al 2022. Nel 2020, in piena pandemia Fca ha ricevuto 6,3 miliardi di euro di prestito coperto da garanzia pubblica. Sul registro nazionale di aiuti di Stato da ottobre 2016 a gennaio 2024 risultano versati prima a Fca poi a Stellantis aiuti per 100 milioni di euro, tra i quali rientrano i 7 milioni di euro di incentivi per il rinnovo macchinari con «Industria 4.0» e ai quali va aggiunta la cassa integrazione pari a 446 milioni di euro ricevuta fra il 2014 e il 2020, importo lievitato a 984 milioni di euro tra il 2023 e l'aprile del 2024. Nonostante ciò, negli ultimi 17 anni, tra il 2007 ed il 2024, il gruppo ha visto ridurre la produzione di auto quasi del 70 per cento;

    quando è nata, i dipendenti di Stellantis erano 52.700. A dicembre 2023 erano scesi a 42.500 unità. Nel corso del 2023 altre 3.000 uscite;

    il personale dei sei stabilimenti di Stellantis è diminuito del 25 per cento in soli quattro anni e il mancato utilizzo della capacità produttiva degli stabilimenti ha avuto un costo anche per lo Stato italiano: dal 2014 al 2020, Fca ha ricevuto contributi per gli ammortizzatori per 446 milioni di euro (di cui 263 a carico dell'azienda). Dal 2021 al maggio 2024 la spesa per la cassa è salita a 984 milioni di euro (di cui 280 a carico dell'azienda e oltre 700 milioni a carico dell'Inps). In totale, quindi, prima Fca e poi Stellantis sono state supportate con ammortizzatori per poco meno di un miliardo di euro. In questo momento la cassa integrazione è presente in tutti gli stabilimenti. Per 250 lavoratori di Mirafiori il limite della cassa sarà raggiunta a fine dicembre 2024. Secondo la Fim Cisl, in Stellantis la cassa si esaurirà per 12 mila lavoratori nei diversi stabilimenti. Stessa cosa per altri 12 mila nell'indotto diretto;

    il suddetto scenario dimostra come, a fronte di ingenti contributi pubblici, il Governo non sia riuscito a vincolare Stellantis a impegni precisi sulla produzione e sull'occupazione nel nostro Paese e il continuo ricorso dell'azienda ad una politica remunerativa degli organi di vertice come quella adottata fino ad oggi dovrebbe ritenersi incompatibile con ulteriori forme di sovvenzioni statale;

    la contrazione di Stellantis, con il calo costante della produzione conseguente anche al suo sostanziale sempre maggiore disimpegno, sta determinando inevitabilmente anche la crisi dell'indotto del settore con relative chiusure e ridimensionamenti di molte aziende e imprese, con tutto quello che comporta in termini di rischio di tenuta degli stessi livelli occupazionali;

    ultimo in ordine di tempo è il licenziamento collettivo alla Trasnova di 97 lavoratori impiegati negli stabilimenti Stellantis di Pomigliano d'Arco, Mirafiori, Piedimonte San Germano e Melfi ritenuti esuberi per le esigenze produttive dell'azienda a causa della «volontà di Stellantis di cessare tutti i contratti in essere» dal 31 dicembre 2024;

    in questo contesto davvero inaccettabile è la decisione del Governo di tagliare dallo stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy del disegno di legge di bilancio per il 2025, ora all'esame della Camera dei deputati, circa 4,5 miliardi di euro – circa l'80 per cento – della dotazione complessiva del Fondo istituito con il decreto-legge n. 17 del 2022, espressamente finalizzato a «favorire la transizione verde, la ricerca, gli investimenti nella filiera del settore automotive finalizzati all'insediamento, alla riconversione e alla riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili, in linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l'ambiente e di sviluppo digitale, nonché per la concessione di incentivi all'acquisto di veicoli non inquinanti e per favorire il recupero e il riciclaggio dei materiali»;

    nel citato Fondo c'è attualmente un miliardo di euro l'anno fino al 2030, che ora, se il Parlamento non provvederà a ripristinare le risorse, viene pesantemente decurtato: nel 2025 restano 450 milioni di euro, poi 200 milioni di euro l'anno. Lo Stato risparmia 3,7 miliardi di euro nei prossimi cinque anni e 4,5 miliardi di euro fino al 2030;

    è evidente che si è di fronte ad un taglio insostenibile, che significa voler affossare uno strumento finanziario decisivo, pensato per favorire la transizione verde del settore automotive;

    al settore della difesa, in compenso, il disegno di legge di bilancio per il 2025 propone 34 miliardi di euro in più, 2,5 l'anno fino al 2039;

    sempre a proposito delle politiche industriali e sempre con riguardo al testo del disegno di legge di bilancio, all'esame del Parlamento, vale la pena sottolineare la riduzione della missione «Energia e diversificazione delle fonti energetiche» di circa 200 milioni di euro, ossia il 14,5 per cento rispetto alle previsioni assestate del 2024. Di questo taglio 150 milioni di euro riguardano il «Fondo per la transizione energetica nel settore industriale» finalizzato all'erogazione di contributi per l'installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli (-100 milioni di euro) e all'erogazione del contributo straordinario ai titolari di bonus sociale elettrico;

    inoltre, si propone un taglio di oltre 2 miliardi di euro relativo al programma 11.8 «Incentivi alle imprese per interventi di sostegno», nonché la riduzione del programma 11.7 «Incentivazione del sistema produttivo» (-2,1 miliardi di euro), dove, tra le altre cose, diminuiscono gli stanziamenti del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (-1 miliardo di euro);

    è evidente che il modello di sviluppo e le strategie industriali devono essere sempre di più in grado di consentire la trasformazione delle grandi imprese e dei grandi comparti produttivi, per favorire, anche attraverso mirati incentivi e sostegni pubblici, l'innovazione del sistema delle imprese italiano e la transizione verde ed energetica nel pieno rispetto degli impegni e degli obiettivi ambientali concordati e decisi in ambito internazionale e dell'Unione europea;

    le decisioni assunte in questi ultimi anni dall'Unione europea, a cominciare dal «Green deal europeo» nel dicembre 2019, riguardo alla transizione verde e alla relativa politica energetica, sono finalizzate alla decarbonizzazione del sistema energetico dell'Unione europea, attraverso una nuova politica industriale e con una forte accelerazione, in particolare, su rinnovabili ed efficienza energetica di edifici, industria e mobilità;

    la green economy rappresenta un nuovo modello di sviluppo economico e industriale ambientalmente sostenibili e nuove e maggiori opportunità competitive ed occupazionali in tutti i comparti di attività, con l'obiettivo di una trasformazione di carattere strutturale della stessa economia e della produzione attraverso lo sviluppo dei suoi settori strategici (energie rinnovabili ed efficienza energetica, agricoltura sostenibile e di qualità, gestione dei rifiuti ed efficienza dei materiali, mobilità sostenibile ed altro);

    gli importanti obiettivi ambientali stabiliti e concordati in sede di Unione europea e nell'ambito delle Conferenze Onu sul clima, per il definitivo superamento delle fonti fossili, impongono un cambio sostanziale di paradigma delle attuali politiche industriali e produttive. Questo comporta inevitabilmente mettere in campo politiche pubbliche in termini di investimenti e di potenziamento di una fiscalità di vantaggio, in grado di sostenere realmente la transizione verde chiesta al settore industriale e produttivo;

    è necessario potenziare il sostegno pubblico a processi, prodotti e servizi realmente sostenibili (ambientalmente, economicamente e socialmente), applicando il principio della neutralità tecnologica nel definire le politiche e nel promuovere lo sviluppo delle diverse tecnologie che devono costituire l'insieme di soluzioni per il raggiungimento dei target climatici europei al 2030 e al 2050;

    un ruolo importante di sostegno alle imprese e al loro export è attualmente assegnato alla Sace s.p.a., società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e specializzata nel settore assicurativo-finanziario. L'azienda è attiva nell'export credit, nell'assicurazione dei crediti, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring;

    con la legge di bilancio per il 2024 (legge n. 213 del 2023) Sace s.p.a. è stata autorizzata a rilasciare, fino al 2029, garanzie connesse a investimenti nei settori delle infrastrutture, dei servizi pubblici locali, dell'industria e ai processi di transizione verso un'economia pulita e circolare e la mobilità sostenibile, l'adattamento ai cambiamenti climatici, la sostenibilità e la resilienza ambientale o climatica e l'innovazione industriale, tecnologica e digitale delle imprese;

    in realtà, in questi anni la Sace ha supportato e sostenuto con aiuti l'industria fossile: fra il 2016 e il 2022 ha concesso l'importante cifra di 15,1 miliardi di euro di garanzie a progetti di petrolio e gas;

    è evidente che quest'attività di supporto a piani di investimento che continuano a vedere «protagoniste» le fonti fossili non ha alcuna coerenza con gli impegni ambientali assunti in sede di Unione europea;

    è quindi necessario che la Sace dia il suo contributo per favorire la transizione energetica e le politiche di decarbonizzazione del sistema energetico, attraverso il suo sostegno a operazioni nel settore delle fonti rinnovabili e delle energie alternative, escludendo il suo supporto a quei progetti e investimenti, anche all'estero, che riguardano direttamente o indirettamente i combustibili fossili e le fonti energetiche climalteranti;

    la produzione industriale deve operare sempre di più nel rispetto degli indicatori di benessere equo e sostenibile, sostenendo la transizione verso modelli improntati a criteri di sostenibilità ecologica e sociale, e a tal fine sono necessari interventi volti a favorire la semplificazione delle procedure e l'incentivazione economica di modelli produttivi sostenibili;

    è necessario un ruolo pubblico in grado di varare un piano d'azione per il clima quale strumento di pianificazione e programmazione nazionale a lungo termine in grado di integrare e supportare la politica industriale, economica e climatica, per definire il contributo dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi in materia stabiliti dall'attuale normativa dell'Unione europea;

    un ruolo importante nell'individuazione delle risorse pubbliche da destinare alla transizione verde e per sostenere nuove filiere industriali sostenibili, uscendo da pratiche inquinanti o energivore, deve certamente essere svolto dalla progressiva riduzione ed eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi;

    la politica industriale e le scelte di politica economica devono, inoltre, avere un ruolo centrale nel contribuire a ridurre i forti squilibri territoriali che caratterizzano il nostro Paese;

    va ridata centralità al Mezzogiorno, sempre più escluso dai grandi processi produttivi e sempre più marginale rispetto alle scelte industriali di questo Governo;

    l'ultimo rapporto Svimez 2024 evidenzia chiaramente che, terminata la fase di spinta post-Covid e gli effetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Sud nei prossimi due anni vedrà allargarsi ulteriormente la forbice del prodotto interno lordo (+0,8 per cento, a fronte dell'1,1 per cento del Centro-Nord), con una riduzione del salario reale (-5,7 per cento) addirittura più alta che nel resto del Paese;

    come se non bastasse, il Governo ha deciso che una grossa fetta, pari a 6,2 miliardi di euro, delle risorse complessive messe a disposizione del Mezzogiorno dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, per le aree più svantaggiate, venga sottratta alle regioni Calabria e Sicilia, per essere destinata al finanziamento dell'assurdo progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina;

    la mancanza di occasioni e l'assenza di un serio piano industriale e di una programmazione di investimenti pubblici rischia di produrre un impoverimento industriale insostenibile nelle regioni e nelle aree più povere del Paese, da dove si emigra come negli anni del dopoguerra;

    una delle regioni del Mezzogiorno più colpite dalla mancanza di serie politiche industriali è certamente la Sardegna, interessata da processi di destrutturazione produttiva e deindustrializzazione, con pesanti conseguenze sulle condizioni di vita delle comunità;

    tra questi spicca per la gravità della situazione il Sulcis-Iglesiente, dove negli anni hanno subìto tragiche vicende di destrutturazione diversi impianti privati e a partecipazione e controllo pubblico come EurAllumina spa, Otefal Sail spa, Portovesme srl, Alcoa, Rockwool Italia spa, Carbosulcis spa;

    per quanto riguarda la Portovesme srl, si rammenta che è l'unica azienda produttrice di zinco e piombo primario in Italia, che opera in Sardegna negli stabilimenti di San Gavino e Portoscuso, dove occupa oltre 1.000 lavoratori, tra diretti e indiretti. La proprietà ha intenzione di fermare la linea di produzione dello zinco primario, provocando di fatto il blocco dello stabilimento di Portoscuso, con tutto quello che ne consegue anche in termini di rischi concreti per i lavoratori impiegati e l'indotto;

    una seria e lungimirante politica industriale deve essere in grado di favorire e guidare i processi di reindustrializzazione e di sostegno alla produzione, in particolare del Mezzogiorno e dei territori più svantaggiati e a forte rischio di desertificazione industriale,

impegna il Governo:

1) a definire un'efficace strategia industriale e di sviluppo finalizzata a ridurre le forti disparità tra le diverse aree e regioni del nostro Paese e contrastare l'impoverimento produttivo e industriale del Mezzogiorno;

2) a garantire il pieno e costante coinvolgimento delle organizzazioni sindacali al fine di aggiornare tavoli di discussione e di concertazione, anche a garanzia di tutti i lavoratori impiegati nel sistema produttivo-industriale;

3) ad adottare le opportune iniziative normative e di politica industriale volte ad introdurre misure efficaci per contrastare e disincentivare la pratica della delocalizzazione delle attività produttive;

4) a porre in essere tutte le iniziative necessarie a contrastare l'impoverimento in atto di una fascia sempre più ampia di lavoratori, anche conseguente alla riduzione del potere di acquisto del loro reddito per il mancato adeguamento al crescente costo della vita;

5) a programmare politiche industriali per i settori manifatturieri e per i servizi, al fine di garantire gli investimenti necessari a difesa dell'occupazione e di contrasto alla precarietà;

6) con riguardo al settore dell'automotive, a mettere in atto tutte le iniziative volte a conoscere i piani industriali di Stellantis al fine di favorire la produzione di modelli mass market, confermare i tempi della gigafactory di Termoli, garantire visibilità sui nuovi modelli, interrompere le delocalizzazioni, impegnando l'azienda attraverso la sottoscrizione di precisi impegni, tra i quali il reshoring dei modelli Fiat programmati in Serbia, Polonia e Marocco, quali condizioni necessarie per poter accedere al pacchetto di supporto alla filiera produttiva automotive;

7) ad adottare iniziative volte a sostenere, anche attraverso la partecipazione pubblica, quelle imprese che si distinguono per produzioni ecosostenibili, innovative e di qualità;

8) ad adottare tutte le iniziative volte a incentivare una produzione industriale che operi nel rispetto degli indicatori di benessere equo e sostenibile, sostenendo la transizione verso modelli improntati a criteri di sostenibilità ecologica e sociale attraverso la semplificazione delle procedure;

9) a predisporre un piano d'azione per il clima quale strumento di pianificazione e programmazione nazionale a lungo termine in grado di integrare e supportare la politica industriale, economica e climatica, per definire il contributo dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi in materia stabiliti dalla normativa vigente dell'Unione europea;

10) ad adottare iniziative volte a prevedere uno specifico maggiore sostegno per quei settori produttivi che, per le specifiche caratteristiche produttive, hanno oggettive evidenti difficoltà ad abbattere le emissioni di anidride carbonica e a riconvertirsi, con conseguenze negative in termini economici e occupazionali;

11) ad adottare iniziative volte a individuare, come parziale copertura del maggiore impegno pubblico necessario a finanziare politiche industriali coerenti con la transizione verde, una riduzione delle risorse, recentemente incrementate, assegnate al settore della difesa;

12) a rivedere la decisione di fare dell'Italia un hub del gas per trasformarla al contrario in un Paese leader nella produzione di rinnovabili, di sistemi di accumulo, nell'efficienza tecnologica, nella ricerca e innovazione tecnologica;

13) ad adottare iniziative di competenza volte a rivedere le funzioni svolte dalla Sace s.p.a. al sostegno di operazioni del settore delle fonti rinnovabili e delle energie pulite, escludendo il finanziamento e il supporto a progetti e investimenti anche esteri che riguardano direttamente o indirettamente i combustibili fossili e le fonti energetiche climalteranti.
(1-00378) «Ghirra, Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Mari, Piccolotti, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    la gestione e l'uso sostenibile delle risorse idriche costituiscono una priorità strategica per il nostro Paese, che si trova ad affrontare sfide crescenti legate ai cambiamenti climatici, alla progressiva riduzione della disponibilità idrica e alla necessità di infrastrutture più moderne ed efficienti;

    l'acqua, risorsa indispensabile per la vita, è al centro di un delicato equilibrio ambientale ed economico. L'Italia, caratterizzata da una distribuzione non uniforme delle risorse idriche, è particolarmente vulnerabile a fenomeni come siccità, desertificazione ed eventi meteorologici estremi;

    la pressione antropica, l'inquinamento, le perdite della rete idrica e la gestione inefficiente contribuiscono a peggiorare una situazione già critica, rendendo indispensabile un approccio innovativo e integrato alla gestione delle risorse idriche;

    l'adozione di politiche che promuovano l'economia circolare dell'acqua rappresenta un'occasione unica per garantire la resilienza del sistema idrico nazionale, favorendo il riutilizzo delle risorse, la riduzione degli sprechi e il miglioramento dell'efficienza in tutti i settori produttivi, agricoli e domestici;

    i certificati blu, concepiti per incentivare interventi di risparmio idrico e riutilizzo dell'acqua nei settori produttivi e agricoli, rappresentano uno strumento innovativo per promuovere l'efficienza nell'uso della risorsa idrica e ridurre gli sprechi, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi europei di sostenibilità;

    l'introduzione del sistema di etichettatura ambientale dell'impronta idrica (water footprint) è essenziale per sensibilizzare i consumatori sull'impatto ambientale dei prodotti e favorire scelte informate e sostenibili, oltre che per integrare la sostenibilità idrica nei criteri di acquisto pubblico e privato;

    il blue deal italiano, con l'istituzione di un fondo dedicato alla manutenzione e al potenziamento delle infrastrutture idriche, alla raccolta delle acque meteoriche e allo sviluppo di tecnologie innovative, costituisce un'opportunità strategica per affrontare in maniera sistemica la crisi idrica e sostenere la transizione verso un modello di gestione integrata delle risorse idriche;

    un fondo per la gestione del drenaggio urbano delle acque piovane è uno strumento essenziale per migliorare la resilienza delle aree urbane agli effetti dei cambiamenti climatici, riducendo i rischi di allagamenti e promuovendo la diffusione di infrastrutture verdi, come giardini rain garden e tetti verdi, e sistemi di drenaggio naturale;

    la promozione di una maggiore consapevolezza pubblica sull'importanza della gestione sostenibile delle risorse idriche, attraverso campagne di sensibilizzazione e percorsi educativi, è un passaggio chiave per favorire il cambiamento culturale necessario a rendere l'uso consapevole dell'acqua una priorità condivisa da cittadini e istituzioni;

    la necessità di monitorare costantemente l'efficacia delle misure adottate, garantendo un coordinamento interministeriale per la gestione integrata delle risorse idriche, è fondamentale per assicurare il raggiungimento degli obiettivi nazionali ed europei di sostenibilità e ottimizzare gli interventi futuri;

    la direttiva quadro acque 2000/60/CE e le recenti raccomandazioni della Commissione europea richiedono agli Stati membri di adottare misure che assicurino il recupero dei costi del servizio idrico, comprensivi degli oneri finanziari, ambientali e legati alla risorsa, e che incentivino l'uso razionale e sostenibile dell'acqua;

    il sistema idrico nazionale necessita di investimenti significativi per il rafforzamento delle infrastrutture, la diffusione di tecnologie innovative e la promozione di comportamenti virtuosi da parte di cittadini, imprese e amministrazioni pubbliche;

    la crisi idrica rappresenta non solo un problema ambientale, ma anche economico e sociale, con un impatto diretto sulla sicurezza alimentare, sull'approvvigionamento energetico e sulla qualità della vita delle generazioni presenti e future;

    il cambiamento climatico aggrava la scarsità delle risorse idriche e l'intensità degli eventi estremi, come alluvioni e siccità, rendendo necessaria una gestione adattiva e resiliente;

    l'Italia presenta una delle reti idriche meno efficienti d'Europa, con perdite che in alcune regioni superano il 40 per cento del totale dell'acqua immessa in rete, rendendo urgente un piano organico di manutenzione e ammodernamento delle infrastrutture;

    l'agricoltura, settore tra i più dipendenti dalla risorsa idrica, deve essere sostenuta nell'adozione di pratiche innovative e tecnologie per l'irrigazione efficiente, fondamentali per conciliare produttività e sostenibilità;

    la diffusione di un approccio basato sull'economia circolare dell'acqua può generare benefici economici, sociali e ambientali, contribuendo alla creazione di posti di lavoro green, alla protezione degli ecosistemi e al miglioramento della competitività delle imprese italiane;

    le risorse idriche devono essere gestite in maniera integrata, con il coinvolgimento di tutti i livelli di governo e con la partecipazione attiva dei cittadini, promuovendo una cultura della sostenibilità e un uso consapevole dell'acqua;

    le tecnologie digitali, i sistemi di monitoraggio avanzati e l'adozione di strumenti economici, come i certificati e i crediti d'imposta, rappresentano leve strategiche per ridurre gli sprechi e ottimizzare l'uso della risorsa;

    le infrastrutture verdi, come i sistemi di drenaggio naturale e le soluzioni basate sulla natura, possono rappresentare una risposta efficace e sostenibile per migliorare la gestione delle acque piovane e rafforzare la resilienza delle aree urbane agli impatti dei cambiamenti climatici,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, in ordine ai costi del servizio idrico e agli incentivi per il risparmio idrico in agricoltura, mediante l'introduzione, entro il 31 dicembre 2025, di linee guida nazionali per stabilire criteri omogenei per il calcolo del contributo irriguo, tenendo conto dei consumi effettivi o, ove necessario, di stime puntuali per reti irrigue non monitorabili, al fine di incentivare un uso efficiente della risorsa idrica e disincentivare gli sprechi;

2) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire che i costi del servizio idrico riflettano in maniera trasparente la reale entità dei prelievi idrici, coprendo i costi finanziari, ambientali e della risorsa, per favorire una gestione sostenibile;

3) ad adottare iniziative normative volte ad istituire un fondo gestito dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) per avviare l'adozione di un sistema di certificati blu, finalizzato a incentivare il risparmio idrico e il riuso dell'acqua nei settori produttivi e agricoli, attraverso l'introduzione di meccanismi premiali a favore degli interventi di efficientamento;

4) ad adottare iniziative normative volte ad istituire un fondo «blue deal italiano», con risorse destinate alla manutenzione, ammodernamento e rifacimento delle infrastrutture idriche, al fine di ridurre le perdite e garantire una distribuzione efficiente; sostenere progetti di raccolta e stoccaggio delle acque piovane, inclusa le costruzione di invasi e infrastrutture per il recupero delle acque meteoriche; e promuovere attività di ricerca e sviluppo tecnologico per favorire l'innovazione e l'efficienza nelle gestione delle risorse idriche;

5) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre un credito d'imposta per le gestione sostenibile delle risorse idriche e l'etichettatura dell'impronta idrica («water footprint»), implementando un sistema di etichettature ambientale per indicare l'impronta idrica dei prodotti, con l'obiettivo di sensibilizzare i consumatori e promuovere scelte sostenibili;

6) ad adottare iniziative di competenza volte a includere l'impronta idrica nei criteri ambientali minimi (Cam) per gli acquisti pubblici, al fine di monitorare e ridurre gli impatti idrici delle forniture;

7) ad adottare iniziative normative volte ad istituire un fondo per le Gestione del drenaggio urbano delle acque piovane, destinato e finanziare progetti di infrastrutture verdi, come giardini «rain garden», tetti verdi e sistemi di drenaggio naturale, nonché l'ammodernamento delle reti di drenaggio urbano esistenti per migliorare l'efficienza e ridurre i rischi di allagamenti;

8) a promuovere una maggiore consapevolezza pubblica sull'importanza delle gestione sostenibile delle risorse idriche, attraverso campagne di sensibilizzazione e percorsi educativi;

9) a monitorare costantemente l'efficacia delle misure adottate, garantendo un coordinamento interministeriale per la gestione integrata delle risorse idriche, in linee con gli obiettivi nazionali ed europei di sostenibilità.
(1-00379) «L'Abbate, Sergio Costa, Ilaria Fontana, Morfino, Santillo, Fede, Carmina, Dell'Olio, Orrico, Ascari, Donno, Baldino, Alifano, Cappelletti, Alfonso Colucci, Ferrara, Appendino, Cherchi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   come riporta il quotidiano Domani tra il neofascista Roberto Fiore e il capo del movimento Pro-Vita, Toni Brandi, esiste da tempo una relazione finanziaria solida e prolungata basata su diverse compravendite immobiliari;

   nel 2012, mentre ProVita veniva costituita, Brandi avrebbe dato 160mila euro a Fiore per comprare quattro suoi immobili a Bari, Latina, Padova e Treviso. Acquisti effettuati «nell'ottica di un investimento immobiliare» di tipo personale, assicura Brandi, ribadendo l'inesistenza di «legame tra l'Associazione Pro-Vita & Famiglia e alcun partito politico, tantomeno con Forza Nuova»;

   gli immobili comprati da Brandi con modalità particolari: pagando da un conto della banca svizzera Ubs, con anni di anticipo rispetto al rogito. Due stranezze che si aggiungono a un'altra: dopo l'acquisto, alcuni immobili sarebbero rimasti nelle disponibilità di Forza Nuova, che li ha usati come sedi del partito;

   il 12 ottobre 2009 i coniugi Fiore vendono ai Brandi un appartamento per 500mila euro, ma l'immobile resta, però, sede di Forza Nuova, residenza di Fiore e della sua unica società italiana, la Immobiliare Brighton;

   il 26 giugno 2018, Brandi avrebbe venduto l'appartamento di via Cadlolo a Roma a poco più della metà di quanto l'aveva pagato, appena 320mila euro, registrando una minusvalenza di 180mila euro;

   tra il 2009 e il 2012 Brandi avrebbe dato a Fiore circa 660mila euro. Oltre ad aver incassato tutti questi soldi, in parte provenienti dalla Svizzera, Fiore avrebbe continuato a usare gli immobili come sedi di Forza Nuova;

   Fiore, protagonista dell'assalto fascista alla Cgil, ha trascorso all'estero buona parte della sua vita. Nel settembre del 1980, dopo un mese dalla strage alla stazione di Bologna, a 21 anni, scappa a Londra. Le sentenze finora hanno individuato come responsabili Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva), Paolo Bellini (secondo grado) e Gilberto Cavallini (secondo grado). Tutti estremisti dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar), Avanguardia nazionale e Terza Posizione;

   Fiore, inizialmente ricercato dalle autorità insieme ad altri esponenti di Terza posizione – sigla di estrema destra di cui era leader – è stato prosciolto per l'attentato di Bologna, mentre è stato condannato per banda armata e associazione sovversiva. Avrebbe dovuto scontare cinque anni e mezzo di reclusione in Italia. Non ne ha scontato nessuno: nel 1999 è tornato in Italia da uomo libero grazie alla prescrizione. Recentemente è stato arrestato, processato e condannato a oltre otto anni di carcere per l'assalto squadrista alla Cgil di Roma;

   in Inghilterra Fiore si è costruito una fortuna nello stesso settore in cui opera Brandi: l'accoglienza turistica degli studenti. Nel corso dei processi, Fiore viene accusato da Mambro e Fioravanti di essersi sostenuto la latitanza grazie alla cassa di Terza posizione, che era formata dai proventi delle rapine dei nuclei operativi di Terza posizione. Mambro e Fioravanti sentono la necessità di indicare quella come la pista per l'individuazione della prima fortuna di Fiore perché all'interno di quei nuclei operativi realizzarono delle rapine anche elementi dei Nar;

   ProVita e Forza Nuova sarebbero legati dal trust «Saint Michael The Archangel», da cui ProVita ha ricevuto diverse donazioni negli ultimi anni;

   dalla metà degli anni Novanta nelle casse di questo e di un altro trust sono transitate centinaia di migliaia di sterline. Soldi entrati come donazioni anonime e finiti spesso, sotto forma di finanziamenti caritatevoli, a società italiane possedute dalla famiglia del segretario di Forza Nuova o da suoi soci;

   inoltre, tra il 2013-14, il trust dedicato a San Michele Arcangelo ha donato 430 sterline a ProVita per pubblicare un magazine cattolico pro-vita. L'anno seguente, con la stessa motivazione, il trust ha regalato alla onlus 730 sterline. A colpire non è l'entità dei bonifici, minuscola, ma il fatto che a gestire il trust (come fiduciario) in quegli anni ci fosse Beniamino Iannace, candidato di Forza Nuova, socio in affari di Fiore e iniziale editore del mensile «Notizie ProVita»;

   atti giudiziari mostrerebbero conversazioni in cui dirigenti di Forza Nuova descriverebbero Brandi come un finanziatore del partito;

   a giudizio dell'interpellante ProVita gode di una notevole influenza nel Governo Meloni, condividendo molte delle posizioni sui diritti civili con partiti come Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia, tant'è che avrebbe contribuito a «licenziare» Francesco Spano dal Ministero della cultura;

   inoltre, Massimo Gandolfini, portavoce del Family Day, lavora attualmente per il Dipartimento per le Politiche Antidroga, guidato dal sottosegretario Alfredo Mantovano;

   a giudizio dell'interpellante è indubbio un forte legame tra la onlus ProVita ed esponenti in carica del Governo, al fine di contrastare le politiche sui diritti civili e di genere –:

   se e quali rapporti vi siano tra alcuni esponenti del Governo e l'associazione Pro-Vita;

   alla luce delle premesse, quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per assicurare che le politiche pubbliche in materia di diritti civili e di genere non siano influenzate da organizzazioni con legami con movimenti estremisti neofascisti, alla luce dei valori democratici e costituzionali.
(2-00495) «Bonelli».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BAKKALI, BERRUTO, BOLDRINI, CASU, CIANI, DI BIASE, EVI, FASSINO, FERRARI, FORATTINI, FORNARO, FURFARO, GHIO, GIRELLI, GNASSI, GRIBAUDO, IACONO, LACARRA, LAI, MALAVASI, MAURI, MEROLA, MORASSUT, ORFINI, PELUFFO, PORTA, QUARTAPELLE PROCOPIO, ROGGIANI, ANDREA ROSSI, SCARPA, SCOTTO, SERRACCHIANI e VACCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa riferiscono della conclusione positiva della pratica di cittadinanza della cittadinanza italiana per il Presidente argentino Milei, con una procedura, che, sempre secondo la stampa, sarebbe stata avviata dal Governo italiano, con una esclusiva procedura «fast-track»;

   come noto, la procedura normale per la riacquisizione della cittadinanza da parte di un discendente di un cittadino italiano emigrato all'estero è, di norma, molto complessa, ed è formalizzata dalla legge n. 91 del 1992 e dalla circolare n. K.28.1 dell'8 aprile 1991 del Ministero dell'interno;

   l'autorità competente ad effettuare l'accertamento è determinata in base al luogo di residenza: per i residenti all'estero è l'ufficio consolare territorialmente competente, ma può essere richiesta anche direttamente in Italia, con istanza da presentare al Sindaco del comune di residenza;

   è necessario, come evidenziato dal sito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, accertare che la discendenza abbia inizio da un avo italiano (non ci sono limiti di generazioni), che il cittadino italiano abbia mantenuto la cittadinanza sino alla nascita del discendente. La mancata naturalizzazione o la data di un'eventuale naturalizzazione dell'avo deve essere comprovata mediante attestazione rilasciata dalla competente Autorità straniera;

   deve essere, inoltre, comprovata la discendenza dall'avo italiano mediante gli atti di stato civile di nascita e di matrimonio; detti atti devono essere in regola con la legalizzazione, se richiesta, e muniti di traduzione ufficiale. Si fa presente che la trasmissione della cittadinanza italiana può avvenire anche per via materna solo per i figli nati dopo il 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione;

   il richiedente deve, inoltre, attestare che né l'istante né gli ascendenti hanno mai rinunciato alla cittadinanza italiana interrompendo la catena di trasmissione della cittadinanza, mediante appositi certificati rilasciati dalle competenti autorità diplomatico consolari italiane;

   in generale, tocca al richiedente l'onere di presentare la richiesta, corredata dalla documentazione, regolare e completa, volta a dimostrare gli aspetti sopra elencati. L'istanza deve essere presentata all'ufficio consolare nell'ambito della cui circoscrizione risiede lo straniero originario italiano;

   come detto, e come si è appena evidenziato, si tratta di una procedura complessa che, a quanto sembra sempre dalle fonti di stampa, sarebbe stata svolta con sorprendente velocità nel caso del Presidente argentino –:

   se intendano, ciascuno per quanto di competenza, chiarire quali siano state le procedure utilizzate per la concessione della cittadinanza al Presidente argentino, in che tempi sia stata svolta la procedura sopra ricordata, e quando il Presidente Milei abbia fatto richiesta della cittadinanza italiana.
(5-03264)


   SIMIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il Gruppo Sae pubblica numerosi quotidiani in tutta Italia: Il Tirreno, La Nuova Sardegna, la Nuova Ferrara, Gazzetta di Modena e Gazzetta di Reggio;

   il Gruppo Sae ha aperto da tempo la procedura per il trasferimento di ramo d'azienda nelle nuove società costituite, tra le quali Sae Servizi, prevedendo, per tutti i lavoratori poligrafici lo spostamento del luogo di lavoro in Sardegna dal mese di gennaio 2025;

   questa procedura unilaterale sancisce quindi l'immediato trasferimento dei 35 poligrafici impiegati attualmente a Livorno in Sardegna. La scelta aziendale non ha lasciato spazio a ulteriori valutazioni o soluzioni alternative meno impattanti sulla vita dei lavoratori coinvolti;

   le associazioni sindacali hanno subito sottolineato come «dietro questo movimento possa celarsi una sorta di licenziamento mascherato, dal momento che il lavoro da remoto ha consentito, e potrebbe consentire ancora ai poligrafici del Tirreno, di poter lavorare, da Livorno, per stampare tutte le testate del Gruppo»;

   il comitato di redazione (cdr) e l'assemblea dei redattori del Tirreno, per protestare contro questa imposizione, hanno indetto una giornata di sciopero il 9 novembre 2024. Nonostante lo sciopero il giornale è stato comunque editato e stampato in tipografie esterne: una scelta dell'editore, stigmatizzata anche dalla Federazione nazionale della Stampa italiana e dell'Associazione Stampa Toscana, che si configura come un grave attacco ai diritti dei lavoratori come appunto il diritto allo sciopero, sancito dalla nostra Costituzione;

   appare evidente, al di là delle scelte editoriali della proprietà, che costringere decine di addetti a cambiare luogo di lavoro, senza concertazione e non tenendo conto delle singole necessità e dei carichi familiari (per evitare di essere licenziati), calpesti i diritti fondamentali e la dignità delle persone –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intendano assumere, per quanto di competenza, affinché le legittime scelte editoriali della Gruppo Sae non penalizzino i lavoratori coinvolti e garantiscano realmente il diritto allo sciopero sancito dalla Costituzione.
(5-03267)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUONGUERRIERI, FILINI, CIANCITTO, TREMAGLIA e PULCIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha previsto la nomina del Commissario straordinario per l'attuazione del coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 marzo 2020 il dott. Arcuri Domenico veniva nominato Commissario straordinario per l'attuazione del coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19;

   il citato articolo 122 attribuiva al Commissario straordinario il compito di attuare e sovrintendere ogni intervento utile a fronteggiare l'emergenza sanitaria, organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l'emergenza stessa, o comunque necessario in relazione alle misure adottate per contrastarla, nonché programmando e organizzando ogni attività connessa, individuando e indirizzando il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie, individuando i fabbisogni, e procedendo all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale;

   durante i 26 mesi di pandemia sono state impiegate ingenti risorse per il contrasto del COVID-19. Il governo Conte bis è ricorso per cinque volte allo scostamento di bilancio: 4 volte nel 2020 per un 3 aumento complessivo del deficit di quell'anno di 108 miliardi di euro e una volta nel gennaio del 2021, per altri 32 miliardi di euro. In tutto, quindi, 140 miliardi;

   nel medesimo periodo sono stati indetti bandi per l'acquisto di beni e servizi per il contrasto del Covid per circa 25 miliardi di euro di cui oltre il 90 per cento attribuiti con dei bandi assegnati attraverso procedure semplificate, facilitate dal regime di emergenza, per oltre 22 miliardi di euro;

   a distanza di anni, residuano molteplici dubbi sulla gestione della pandemia, in particolare sull'utilizzo delle ingenti risorse stanziate, così come confermato anche dalla recente sentenza del tribunale di Roma, pubblicata in data 7 novembre 2024, con cui la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero della salute sono stati condannati al pagamento, in favore della società JC Elettronics Italia Srl, della somma di euro 203.012.065,34 oltre interessi di mora, rivalutazione monetaria, spese legali e spese di Ctu per l'illegittima risoluzione di contratti di fornitura stipulati nel 2020 avvenuta ad opera della struttura commissariale di Arcuri in danno alla predetta società;

   oltre al danno economico emerge un quadro molto più ampio e preoccupante secondo cui l'illegittima risoluzione sarebbe stata attuata per favorire un circuito esclusivo, quello di Vincenzo Tommasi e Mario Benotti (oggi scomparso) ovvero i due mediatori della maxicommessa da 800 milioni di mascherine pagate 1,2 miliardi di euro, in base al quale poi la struttura commissariale non avrebbe esercitato lo stesso scrupoloso controllo effettuato nei riguardi della JC Elettronics Italia Srl anche nei confronti degli acquisti delle mascherine effettuate con la mediazione del giornalista RAI Mario Benotti, che avrebbero, invece, presentato delle criticità, e sempre in base al quale inoltre sarebbero stati aperti procedimenti penali a carico di Arcuri e procedimenti presso la Corte dei conti di cui non si conosce il definitivo esito;

   i fatti emersi dalle cronache per la sentenza evidenziano un modus operandi illegittimo che ben potrebbe essere stato ripetuto in altri acquisti di beni e servizi in tempo di pandemia e che potrebbe essere fonte non solo di ulteriore danno erariale in capo allo Stato ma anche di responsabilità civili e penali in capo agli eventuali autori che, se esistenti, devono essere indagate e fatte emergere nell'interesse dell'intera comunità –:

   quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, anche di carattere ispettivo, al fine di verificare le procedure adottate negli acquisti di beni e servizi effettuati durante la gestione della pandemia, anche in relazione a possibili ulteriori effetti dovuti a eventuali procedimenti giudiziari a carico dell'allora Commissario straordinario o comunque riguardanti la struttura commissariale;

   se si intenda valutare la possibilità di agire in rivalsa per il recupero delle somme che, eventualmente, verranno corrisposte in forza della sentenza richiamata in premessa, nei confronti del responsabile del danno arrecato.
(4-03994)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARZOTTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia ha da sempre promosso la cooperazione culturale e accademica con i Paesi terzi, in particolare attraverso l'attrazione di studenti internazionali nelle università italiane;

   un numero significativo di studenti iraniani ha presentato domanda per ottenere un visto di studio per frequentare corsi accademici e post-laurea in Italia;

   recentemente è emerso che oltre 1000 studenti iraniani si trovano in una situazione di stallo, non riuscendo a ottenere un appuntamento presso l'Ambasciata italiana a Teheran per il rilascio del visto di ingresso;

   tale situazione sarebbe dovuta a problemi connessi con la gestione esternalizzata delle prenotazioni degli appuntamenti, il che solleva interrogativi circa l'efficacia, la trasparenza e l'affidabilità del sistema utilizzato;

   il protrarsi dei ritardi mette seriamente a rischio il diritto allo studio di centinaia di giovani che hanno già ottenuto l'ammissione presso università italiane, con possibili ricadute negative sull'immagine del sistema accademico italiano e sulla reputazione dell'Italia come destinazione educativa;

   la situazione appare particolarmente grave, poiché molti degli studenti interessati rischiano di perdere l'anno accademico e di vedere vanificati mesi di preparazione, studio della lingua italiana e investimenti finanziari –:

   se sia a conoscenza della problematica e quali iniziative urgenti intenda adottare per garantire l'accesso agli appuntamenti per gli studenti iraniani in attesa del visto, al fine di consentire loro di iniziare l'anno accademico nei tempi previsti.
(5-03245)

Interrogazione a risposta scritta:


   GHIRRA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha appreso che le confederazioni Cgil e Uil e le categorie dei lavoratori pubblici Fp Cgil, Uil Fpl e Uil Pa, in data 6 dicembre 2024. hanno scritto una lettera all'ambasciatore italiano in Turchia per informarlo circa numerosi arresti avvenuti nelle prime ore del 26 novembre 2024 ad opera della polizia turca, nei confronti di numerosi dirigenti sindacali fra cui Remzi Çalişkan, presidente di Genel-İş e vicepresidente della confederazione turca Disk, il quale risulterebbe essere ancora in stato di arresto e Kemal Göksoy, presidente della federazione di Mersin di Genel-İş;

   nella lettera citata verrebbe evidenziato come questi arresti siano stati effettuati illegalmente, nella totale mancanza di rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali;

   inoltre, al momento non ne sarebbero state ancora rese note le motivazioni e agli avvocati dei dirigenti sindacali, prontamente intervenuti, sarebbe stato negato l'accesso ai fascicoli processuali;

   risulta inoltre che il Comitato esecutivo del sindacato Genel-İş abbia condannato queste azioni, esprimendo preoccupazione rispetto all'allontanamento della Turchia dai principi della democrazia e dello stato di diritto;

   in ultimo, anche la confederazione Kesk, anch'essa affiliata alla Confederazione europea dei sindacati, avrebbe informato i sindacati nazionali italiani che anche alcuni propri dirigenti sarebbero stati presi in custodia nella stessa notte del 26 novembre 2024;

   quanto accaduto appare essere particolarmente grave laddove si consideri che Remzi, che ha partecipato al congresso del sindacato europeo dei servizi pubblici Epsu, tenutosi a Bucarest a giugno 2024 e anche alla riunione del Comitato esecutivo di Epsu tenutasi a Bruxelles il 20 novembre 2024, avrebbe in entrambe queste importanti occasioni incentrato i propri interventi sui diritti dei lavoratori e chiesto giustizia sociale per le lavoratrici e i lavoratori in Turchia, evidenziando l'esigenza di difendere la democrazia, la giustizia e l'uguaglianza nel proprio Paese;

   risulta altresì che oltre ai sindacalisti, sarebbero stati arrestati anche alcuni giornalisti membri dell'Unione turca dei giornalisti, affiliata alla Federazione internazionale dei giornalisti;

   il Comitato esecutivo della federazione sindacale globale dei servizi pubblici PSI, riunitosi il 3-4 dicembre 2024, avrebbe in detta occasione, condannato tutti i citati arresti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda in oggetto e se non intenda farsi portavoce della preoccupazione manifestata dalle organizzazioni sindacali italiane per le sorti dei colleghi sindacalisti turchi.
(4-03979)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta scritta:


   GIAGONI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il pecorino romano Dop è uno dei simboli della tradizione agroalimentare della Sardegna;

   un gruppo di «Pastori senza bandiere», Copagri Sardegna, Confagricoltura, Cia-Agricoltori, Legacoop e il «movimento della rivolta del latte» (come si apprende anche da fonti di stampa), in questi giorni si sono mobilitati per salvaguardare e ribadire quanto previsto nel disciplinare di produzione, finalizzato a garantire la qualità e il legame del formaggio col territorio, attraverso la volontà di destinare il latte delle razze autoctone alla produzione del pecorino romano;

   il disciplinare in questione, approvato nel 2021 con voto unanime dall'assemblea del consorzio per la tutela del pecorino romano e avallato poi dal Ministero dell'agricoltura, tra le varie prescrizioni, «stabilisce la lista delle razze ammesse alla produzione del latte destinato alla Dop: la Razza Sarda, compresa la sub popolazione Nera di Arbus e le altre attualmente presenti negli storici areali produttivi del Lazio e della provincia di Grosseto». E «consente agli allevatori una riconversione volontaria nei sette anni successivi dei propri allevamenti nel caso in cui siano presenti razze estranee a quelle indicate»;

   le modifiche al disciplinare, che il Ministero interrogato ha in parte già approvato evidenziando alcuni rilievi, sono state sottoposte in seconda battuta all'assemblea del consorzio per decretare il via libera all'intero pacchetto di modifiche, da inviare nuovamente al Ministero;

   tra queste modifiche, nella recente assemblea del consorzio di tutela, è stato inserito il punto già trattato sulle razze e, a fronte di questa decisione, i pastori annunciano battaglia affinché «vengano rispettate le volontà che il Consorzio in collaborazione con la Regione Sardegna e col Ministero avevano raggiunto a suo tempo, in quanto ora si sta lasciando spazio alla possibilità di utilizzare latte proveniente anche da razze esotiche adatte all'allevamento intensivo»;

   sarebbe utile proporre un tavolo tecnico permanente interistituzionale pubblico-privato per l'intero comparto ovino che coinvolga, tra l'altro, i Ministeri e le tre regioni coinvolte (Sardegna, Lazio e Toscana) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione sopra evidenziata del pecorino romano Dop in merito allo «scontro sulle razze autoctone» e quali iniziative di competenza intenda eventualmente attuare per evitare che venga snaturato il prodotto e compromessa l'immagine del pecorino romano, simbolo delle eccellenze sarde sui mercati nazionali e internazionali.
(4-03992)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazioni a risposta orale:


   BONELLI, ZARATTI e GRIMALDI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da organi di stampa nella «Relazione sulla gestione del gruppo Sogin per l'esercizio 2023» si prevede che i rifiuti radioattivi derivanti dall'attività di riprocessamento all'estero del combustibile nucleare irraggiato proveniente dalle centrali nucleari italiane dismesse ritorneranno in Italia per essere stoccati «temporaneamente» presso il sito del deposito Avogadro di Saluggia (Vercelli);

   nel concreto, si tratta di 17 cask alti più di 6 metri con un diametro di 2 metri e mezzo, ciascuno con una radioattività di oltre 100 milioni di miliardi di Becquerel; 4 si trovano nel centro nucleare inglese di Sellafield e 13 nel centro nucleare francese di La Hague;

   il deposito Avogadro, struttura privata la cui proprietà fa capo a Stellantis che un tempo ospitava il primo reattore di ricerca nucleare Avogadro RS-1 di Sorin realizzato in Italia, oggi è un deposito di materiali radioattivi che Sogin ha in affitto da Stellantis;

   la collocazione di questo deposito è tutt'altro che sicura e razionale, trovandosi a 700 metri dal corso del fiume Dora Baltea e a 1400 metri a monte dei pozzi del più esteso acquedotto del Piemonte (acquedotto del Monferrato), che rifornisce più di cento comuni;

   l'infelice collocazione ha fatto sì che, in passato, varie esondazioni della Dora Baltea abbiano procurato diversi problemi di allagamento del sito, come efficacemente mostrato dalla trasmissione «Report – Radioattività di Stato» del 19 novembre 2000;

   il comune di Saluggia, nel piano regolatore vigente propone «la completa denuclearizzazione del sito Avogadro, la bonifica e la riqualificazione delle aree e l'eventuale riconversione a uso industriale degli immobili o la loro demolizione», e prescrive «a denuclearizzazione del sito», mentre Isin (l'autorità di controllo sul nucleare), a proposito della struttura del vecchio deposito Avogadro, scrive nella ultima versione aggiornata al 31 dicembre 2023, che «... resta comunque ferma la necessità di procedere al programmato allontanamento del combustibile considerata la vetustà della struttura stessa»;

   nonostante tutto ciò Sogin ha deciso di riportare in Italia le scorie radioattive derivanti dal riprocessamento delle barre di combustibile utilizzate in passato nelle centrali nucleari del Garigliano, di Latina, di Caorso e di Trino, quando il «Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi», nel testo consolidato a seguito del procedimento di valutazione ambientale strategica concluso con il decreto n. 340 del 10 dicembre 2018, fra gli obiettivi del piano prevede «Obiettivo 6. Immagazzinare, a titolo provvisorio di lunga durata, nel Deposito Nazionale i rifiuti radioattivi ad alta attività e il combustibile esaurito, provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari... e, durante il periodo transitorio di permanenza dei rifiuti radioattivi ad alta attività nel Deposito nazionale, individuare la più idonea soluzione di smaltimento degli stessi in un deposito geologico, tenendo conto anche delle opportunità offerte nel quadro dei possibili accordi internazionali che potranno concretizzarsi nel corso del suddetto periodo»;

   stante questa incomprensibile e pericolosa previsione di Sogin, le associazioni ambientaliste del territorio hanno immediatamente chiesto l'urgente convocazione del tavolo regionale di trasparenza e partecipazione sul nucleare, previsto con cadenza almeno annuale dalla legge regionale del Piemonte n. 5 del 2010 –:

   se il Ministro interrogato risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per escludere qualsiasi ipotesi di collocamento anche temporaneo di rifiuti radioattivi derivanti dall'attività di riprocessamento all'estero del combustibile nucleare irraggiato proveniente dalle centrali nucleari italiane dismesse, presso il sito del deposito Avogadro di Saluggia (Vercelli) del tutto inidoneo a tale scopo.
(3-01621)


   SIMIANI e VACCARI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in data 14 ottobre 2024 è stato firmato dal direttore generale della Direzione tutela della biodiversità e del mare del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica il decreto di nomina dei rappresentanti del comitato di gestione e del tavolo di consultazione della strategia nazionale biodiversità 2030;

   le designazioni e le nomine sono avvenute sulla base dell'articolo 3 del decreto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica n. 252 del 3 agosto 2023;

   dalla lettura dei due decreti appare evidente che risultano escluse esperienze qualificate e competenze settoriali che più di altre si sono distinte per missione e per attività nell'azione di salvaguardia e di promozione della biodiversità in forza anche alle norme e ai riconoscimenti statali, tra queste organizzazioni di riferimento per tutela dell'ambiente come Legambiente e Lipu, riconosciute dal Ministero dell'ambiente come associazioni di interesse ambientale, e associazioni storiche come Federcaccia ed Arcicaccia riconosciute in forza della legge n. 157 del 1992 ed impegnate nella gestione degli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini ai fini della buona gestione territoriale e faunistica insieme alle organizzazioni professionali agricole e alle associazioni di protezione ambientale;

   la legge n. 157 del 1992 riconosce alle associazioni venatorie, citandole, di cui Federcaccia ed Arcicaccia e alle associazioni di protezione ambientale, di cui Legambiente e Lipu, compiti gestionali ed attuativi degli obiettivi normativi a tutela dell'ambiente e a salvaguardia della fauna nel territorio agrosilvopastorale del nostro Paese –:

   quali siano i criteri che hanno portato alla definizione delle rappresentanze nel comitato di gestione e del tavolo di consultazione della strategia nazionale biodiversità 2030, sia per quanto riguarda le organizzazioni incluse, e sia per quanto attiene quelle escluse a partire dalle associazioni richiamate in premessa;

   se non intenda adottare iniziative normative volte a prevedere, a fronte di un ulteriore approfondimento, la modifica dei due decreti per ripristinare una situazione di equilibrio e di corretta rappresentanza anche per qualificare ulteriormente il lavoro del comitato stesso, al quale, se così non fosse, verrebbe di fatto preclusa la presenza di competenze di assoluto valore, per ragioni diverse da quelle di merito, tecniche e scientifiche.
(3-01624)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GHIRRA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica Pichetto Fratin, in coerenza con i suoi convincimenti, ha recentemente dichiarato che «il Paese è maturo per tornare alla produzione di energia nucleare». Giova comunque ricordare che ancora oggi l'81 per cento degli italiani è contrario al nucleare, secondo un'indagine Ipsos realizzata per Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club;

   il Governo ha da tempo annunciato la presentazione di un disegno di legge per favorire il ritorno del nucleare nel nostro Paese;

   tutto questo mentre da troppi anni, l'Italia non ha ancora individuato il parco tecnologico e il deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi provenienti dall'attività di decommissioning delle centrali nucleari italiane spente a seguito del referendum del 1987 e 2011, e dalle attività industriali e sanitarie prodotti in Italia;

   solo prendendo in considerazione i costi, l'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare S.p.A. in audizione alle Commissioni riunite VIII e X della Camera il 3 ottobre 2024, ha chiarito che per la sola attività di sviluppo legata agli small modular reactors ad acqua (Smr), i costi stimati a carico solo dell'Ansaldo sono di circa 700 milioni esclusa la realizzazione del primo impianto;

   peraltro, nel tavolo convocato il 5 dicembre 2024 sulla crisi della Portovesme S.r.l. in Sardegna, l'unica azienda produttrice di zinco e piombo primario in Italia che ha deciso di fermare la linea di produzione dello zinco primario, a quanto consta all'interrogante, il Ministero delle imprese e del made in Italy avrebbe prospettato l'utilizzo del small modular reactors, senza chiarire quali siano e a carico di chi saranno i futuri oneri del suo utilizzo;

   va sottolineato che gli small modular reactors dovrebbero essere disponibili per i primi anni del prossimo decennio, i reattori di quarta generazione nel 2040, e dal 2050 si potrebbe mettere in campo la fusione. Ovviamente, gli small modular reactors sono ancora solo in fase di progettazione;

   l'enfasi data agli small modular reactors (Smr) si basa sul fatto che è possibile farli in fabbrica, come in una catena di montaggio, soluzione che potrebbe portare ad una riduzione dei costi. Il problema è che per ottenere questo risultato bisognerebbe costruire decine, centinaia di reattori. In sostanza, l'economicità di questi impianti si avrebbe solo con una catena di produzione alimentata da una domanda elevata. Questo rappresenta uno dei problemi, ossia che per ancora una decina di anni non si avranno prototipi funzionanti per capire quali saranno i reali costi;

   in pratica quando questi reattori saranno costruiti, il contributo delle rinnovabili sarà tra l'80 per cento e il 100 per cento di elettricità verde;

   il rischio è che la crescita delle rinnovabili possa venire frenata proprio per garantire uno spazio futuro al nucleare –:

   quali siano le stime dei futuri costi del riavvio del nucleare comprensivi delle attività di sviluppo e di realizzazione impianti a carico del settore pubblico e dei cittadini, anche considerando che il contributo del nucleare alla transizione energetica è di fatto nullo, visti i tempi richiesti dagli accordi internazionali e in sede di Unione europea e agli obiettivi «Net Zero 2050».
(5-03244)


   ANDREA ROSSI e MALAVASI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la transizione energetica rappresenta una priorità strategica per l'Italia e per l'Unione europea, con l'obiettivo di raggiungere entro il 2030 un incremento significativo della capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili, tra cui il fotovoltaico e l'agrivoltaico, per ridurre le emissioni di gas serra e contrastare i cambiamenti climatici;

   la pianificazione e l'attuazione di progetti di impianti fotovoltaici e agrivoltaici devono tenere conto della sostenibilità complessiva, includendo non solo la dimensione energetica, ma anche quella ambientale, sociale ed economica, per evitare squilibri e danni irreversibili al territorio;

   nel comune di Santuario d'Enza (Reggio Emilia), in località Calerne, sono in corso di progettazione interventi per l'installazione di impianti fotovoltaici e agrivoltaici che interesseranno complessivamente 100 ettari di terreno agricolo, pari a circa il 5 per cento dell'intero territorio comunale e il 7 per cento di quello agricolo;

   la realizzazione di tali impianti, come evidenziato dall'amministrazione comunale e dalla comunità locale, pone numerosi problemi, tra i quali la sottrazione di superfici agricole produttive, effetti paesaggistici, mancato coinvolgimento delle istituzioni locali, in quanto, nonostante l'impatto rilevante, i Comuni non hanno potere decisionale diretto nella scelta delle aree interessate, che avviene esclusivamente sulla base di accordi tra soggetti privati e sulla base di norme nazionali;

   recentemente è stato approvato dal Mase di concerto con il Mic e il Masaf un decreto che impegna le regioni a individuare, entro 180 giorni, le aree idonee e non idonee alla realizzazione di impianti fotovoltaici e agrivoltaici, ma tale strumento non si applica retroattivamente ai progetti già avviati, come quello di Sant'Ilario d'Enza;

   l'assenza di una chiara pianificazione nazionale e regionale sulla localizzazione degli impianti fotovoltaici e agrivoltaici rischia di generare conflitti tra le esigenze di produzione energetica e quelle di tutela del territorio, generando incertezza e potenziali disparità tra le comunità locali;

   il consumo di suolo agricolo per impianti fotovoltaici rappresenta un rischio per l'autonomia alimentare e per la biodiversità, minacciando la qualità dei prodotti locali e il reddito delle aziende agricole, soprattutto quelle medio-piccole, che devono essere sostenute nella loro attività anziché incentivate a vendere i terreni;

   la transizione energetica deve essere equilibrata e inclusiva, evitando di aggravare i conflitti tra le diverse istanze territoriali e promuovendo soluzioni che garantiscano una reale e verificabile integrazione tra produzione energetica e agricoltura –:

   quali iniziative di competenza intendano adottare per garantire che, nelle more della definizione delle aree idonee e non idonee da parte delle regioni, gli interventi con procedimenti amministrativi già avviati, come quello di Sant'Ilario d'Enza, prevedano un coinvolgimento attivo delle amministrazioni locali e delle comunità interessate e se ritenga necessario prevedere, per i progetti di grandi dimensioni non ancora autorizzati o realizzati, una pianificazione chiara e condivisa degli stessi;

   quali iniziative di competenza intendano adottare per promuovere un utilizzo del fotovoltaico e dell'agrivoltaico realmente sostenibile, che preveda l'uso prioritario di aree marginali, tetti di edifici e superfici già urbanizzate, minimizzando il consumo di suolo agricolo di pregio e se intendano adottare norme che garantiscano ai comuni un ruolo nella localizzazione di impianti di energia rinnovabile, assicurando una maggiore equità nella distribuzione dei benefici e dei costi di tali interventi;

   quali siano i criteri e le modalità di compensazione dovute ai comuni in cui vengono installati impianti agri e fotovoltaici dovendosi evidenziare a parere dell'interrogante come, allo stato attuale, non vi sia trasparenza né uniformità nell'applicazione delle normative, che consentono a società esterne di approfittare di incentivi statali e produrre energia che poi venderanno al miglior offerente – spesso anche all'estero – senza lasciare ai territori e alle comunità che subiscono l'impatto di questi impianti alcun beneficio, né economico né energetico.
(5-03250)


   SCOTTO, SIMIANI, FOSSI, FURFARO, DI SANZO, BOLDRINI, BONAFÈ e GIANASSI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con 5 morti e 27 feriti, di cui 9 in gravi condizioni, la strage nell'impianto Eni di Calenzano è solo l'ultima, la quinta strage sul lavoro che si è consumata nel nostro Paese nell'ultimo anno;

   in base alle prime risultanze delle indagini, così come dichiarato dagli stessi magistrati, ci troveremmo di fronte «alla chiara inosservanza delle rigide procedure previste» e a condotte scellerate;

   valutazioni confermate dalle prime testimonianze dei superstiti e dei camionisti che per anni hanno svolto le attività di rifornimento delle autocisterne in tale impianto;

   secondo tali testimonianze, da molto tempo – forse anni –, in concomitanza con le procedure ordinarie di rifornimento venivano svolti lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, e, in diverse circostanze, si erano già registrate fughe di gas dalle valvole di recupero;

   anche in occasione della tragedia del 9 dicembre 2024, come emergerebbe anche dalle immagini delle telecamere di sorveglianza all'interno del deposito, si sarebbe sprigionata una grossa fuga di gas in corrispondenza della pensilina di rifornimento poco prima dell'esplosione;

   a quanto si apprende dagli organi di informazione, diverse segnalazioni erano state inviate agli enti competenti relativamente allo stato della sicurezza all'interno dell'impianto di Calenzano;

   quest'ultimo incidente, anche se con un bilancio ben più drammatico, presenta molte somiglianze con quelli della raffineria Eni di Livorno del novembre 2021, della raffineria di Falconara Marittima (Ancona) del 2018 e della raffineria di Sannazzaro dei Burgondi (Pavia) del settembre 2019;

   in Italia gli impianti soggetti alla normativa «Seveso» sono ben 974, di cui 54 in Toscana, e l'impianto Eni è tra quelli a maggior rilevanza per il tipo e la quantità di sostanze infiammabili gestite –:

   a quando risalgano e a quale tipologia siano riconducibili le ultime ispezioni effettuate dagli organi competenti all'interno dell'impianto Eni di Calenzano;

   quali siano state le risultanze di tali ispezioni e le conseguenti misure di messa in sicurezza dell'impianto;

   quali immediate iniziative, anche di indirizzo, il Governo intenda assumere al fine di definire una strategia di controlli negli impianti di tale natura presenti su tutto il territorio nazionale, al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori e delle popolazioni residenti nelle vicinanze di attività ad alta pericolosità.
(5-03256)


   BRUZZONE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica n. 252 del 3 agosto 2024 è stata approvata la Strategia nazionale per la biodiversità che delinea una visione di futuro e di sviluppo incentrata sulla necessità di invertire a livello globale l'attuale tendenza alla perdita di biodiversità e al collasso degli ecosistemi e si colloca nell'ambito degli impegni assunti dall'Italia con la ratifica della Convenzione sulla diversità biologica (Cbd, Rio de Janeiro 1992) avvenuta con la legge n. 124 del 14 febbraio 1994;

   il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, con decreto del direttore generale della direzione generale tutela della biodiversità e del mare, ad ottobre 2024, ha proceduto alla nomina dei rappresentanti del comitato di gestione e del tavolo di consultazione della Strategia nazionale biodiversità 2030; le designazioni dei rappresentanti da parte delle associazioni che compongono il tavolo di consultazione della Strategia nazionale biodiversità 2030 sono avvenute in base all'articolo 3 del suddetto decreto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica n. 252 del 3 agosto 2023;

   ad un comitato di gestione «istituzionale» formato da rappresentanti di Governo e regioni, si affianca, quindi, un «tavolo di consultazione» in cui sono stati nominati diversi rappresentanti delle più svariate categorie che vanno dall'animal-ambientalisti agli agricoltori, commercianti, artigiani, industriali, cooperative, commercianti e altro;

   a questo «tavolo di consultazione», però, non sono stati nominati i rappresentati delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale del mondo venatorio i quali, quindi, non siederanno tra gli stakeholder che saranno consultati in materia di conservazione dell'ambiente e della biodiversità;

   le associazioni venatorie maggiormente rappresentative a livello nazionale sono particolarmente interessate ed attente agli attuali sviluppi delle politiche nazionali e comunitarie in materia agroambientale, in quanto la caccia è sicuramente compatibile con i valori di tutela e salvaguardia del territorio e della natura in genere e al contempo offre il proprio contributo attivo nelle azioni di programmazione e di politica ambientale;

   le associazioni venatorie sono anche impegnate nello sviluppo di progetti ed iniziative per la valorizzazione del territorio agro-forestale a fini faunistici e che effettuano in collaborazione con il mondo agricolo ed anche con la partecipazione ai direttivi di istituti, ai sensi della legge n. 157 del 1993 inoltre, svolgono indagini e ricerche sulle principali specie faunistiche in declino e promuovono iniziative di tutela e miglioramento agroambientale;

   a quanto consta all'interrogante i rappresentanti dei cacciatori sono normalmente coinvolti nei tavoli di discussione delle varie misure agroambientali nel resto della Comunità europea;

   sarebbe auspicabile se non necessario a giudizio all'interrogante che le associazioni venatorie potessero partecipare al summenzionato tavolo in quanto hanno anche l'interesse di riqualificare e responsabilizzare sempre più la figura del cacciatore nella nostra società –:

   se non intenda inserire una rappresentanza delle associazioni venatorie nell'elenco dei rappresentanti del tavolo di consultazione, al fine di poter aggiungere quel quid in più di conoscenze e competenze che andranno ad integrare quelle già previste per qualificare al meglio il lavoro che andranno a svolgere il comitato di gestione e il tavolo di consultazione.
(5-03266)

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTINI, SERGIO COSTA, RICCARDO RICCIARDI, ILARIA FONTANA e L'ABBATE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella mattina di lunedì 9 dicembre 2024, un'esplosione di sostanze combustibili avvenuta nell'area di carico del deposito di carburanti Eni s.p.a. di Calenzano, Firenze, ha provocato 5 morti e 26 feriti; secondo una prima ricostruzione della procura di Prato, sarebbe avvenuta una fuoriuscita di carburante nella parte anteriore della pensilina di carico «in qualche modo dovuto alla chiara inosservanza delle rigide procedure previste», riferisce il procuratore Tescaroli;

   il deposito di Calenzano è sottoposto agli obblighi di cui al decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, in applicazione della Direttiva 2012/18/UE (cosiddetto «Seveso III»), in quanto classificato come «stabilimento di soglia superiore» in relazione al rischio che si verifichi un «incidente rilevante», cioè un evento quale un incendio, un'esplosione o un rilascio di sostanze tossiche, di grande entità che si verifica durante un'attività industriale e che può portare a un pericolo grave, immediato o differito per la salute umana o l'ambiente, all'interno o all'esterno dello stabilimento da cui ha avuto origine;

   tali obblighi comprendono quello di stilare un rapporto di sicurezza da aggiornare almeno ogni 5 anni, o ogniqualvolta avvengano modifiche con aggravio di rischio o incidenti rilevanti, e il sistema di gestione della sicurezza da riesaminare e, se del caso, aggiornare ogni 2 anni oppure in caso di modifica che comporti un aggravio del rischio;

   l'inventario degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante (Rir), coordinato da Mase ed Ispra, contiene l'elenco degli stabilimenti notificati ai sensi del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, e, per ciascun stabilimento, le informazioni al pubblico sulla natura del rischio e sulle misure da adottare in caso di emergenza;

   le ispezioni degli stabilimenti Rir sono svolte al fine di consentire un esame pianificato e sistematico dei sistemi tecnici, organizzativi e di gestione applicati nello stabilimento e sono pianificate, programmate ed effettuate sulla base di criteri e modalità definiti; per gli stabilimenti di soglia superiore il piano delle ispezioni viene predisposto a livello nazionale dal Ministero dell'interno in collaborazione con Ispra e quindi declinato dal Comitato tecnico regionale (Ctr);

   in Toscana, dal 2015, Arpat ha eseguito i controlli, con frequenza almeno triennale, insieme ad Inail e vigili del fuoco, sulla base del Programma annuale delle ispezioni predisposto dal Ministero dell'interno, che si è avvalso del Comitato tecnico regionale dei vigili del fuoco della Toscana;

   come già denunciato da medicinademocratica.org un anno fa, risultano pesanti incongruenze nei report delle ispezioni, avvenute nel 2017, 2020 e 2023, elemento di per sé sufficiente per promuovere un approfondimento sulle modalità di attuazione della normativa vigente in materia di prevenzione e controllo dei rischi di incidente rilevante;

   dalla relativa tabella Arpat, infatti, si evince chiaramente che nel 2017 gli ispettori avessero richiesto interventi di miglioramento del sito in 4 diversi ambiti, nel 2020 il numero degli interventi ritenuti necessari era sempre 4, ma in ambiti parzialmente diversi; già da questa osservazione è facile capire come non tutte le criticità rilevate nel 2017 fossero state risolte a distanza di tre anni; l'incongruenza, però, nasce dal report dell'ispezione del 2023, il quale, con la meraviglia degli addetti ai lavori, richiedeva zero interventi all'impianto pur in assenza di adeguati interventi negli anni precedenti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza i ministri interrogati intendano intraprendere al fine di far luce su una vicenda così drammatica e garantire un sistema di controlli sufficientemente affidabile tale da scongiurare l'eventualità di ulteriori eventi di tale gravità.
(4-03985)

CULTURA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GNASSI, MANZI e BAKKALI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge del 1° giugno 2023 n. 61, al fine di finanziare e avviare gli interventi di tutela e ricostruzione del patrimonio culturale, danneggiato in conseguenza degli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023, ha previsto l'incremento di 1 euro del costo del biglietto di ingresso negli istituti e luoghi della cultura di appartenenza statale dal 15 giugno al 15 settembre 2023;

   il medesimo decreto stabiliva ancora al comma 3 dello stesso articolo 14 che: «la maggiorazione [...] è riassegnata con appositi decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, al Fondo di cui al comma 2» e al comma 4 ancora stabiliva che: «con decreto del Ministero della cultura di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i criteri di determinazione, le modalità di assegnazione e le procedure di erogazione delle risorse»;

   con decreto del Ministro della cultura di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 26 aprile 2024, n. 154 è stato disposto che «con successivo decreto del Ministero della cultura [...] sono individuati, nei limiti delle disponibilità delle risorse presenti sul Fondo, gli interventi oggetto di finanziamento»;

   nello stesso decreto si definiscono le finalità degli interventi a cui le risorse del Fondo sono destinate suddividendoli in: interventi di tutela e ricostruzione; attività di supporto tecnico e amministrativo; sostegno ai settori dello spettacolo dal vivo e delle attività delle sale cinematografiche;

   con decreto del Ministro della cultura del 4 settembre 2024, n. 268 è stato assegnato l'importo complessivo del Fondo per la tutela del patrimonio culturale nelle aree colpite dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023 alla Direzione generale archivi, apparentemente per un unico intervento di riqualificazione: ex Caserma Monti-Convento di Santa Maria della Ripa, da destinare a sede dell'Archivio di Stato di Forlì per un importo di euro 9.560.34,00;

   con il medesimo decreto di cui sopra sono stati assegnati allo stesso intervento di riqualificazione anche le risorse presenti su un altro capitolo di bilancio «Fondo per la tutela del patrimonio, le attività di supporto e gli interventi di sostegno nelle aree colpite dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023» per un ulteriore importo di euro 3.183.324,00;

   non si ha attualmente evidenza di altri interventi finanziati attraverso tale Fondo;

   l'aumento del costo del biglietto di ingresso degli istituti culturali e luoghi della cultura può essere considerata una auto-tassazione con finalità prestabilita a cui hanno contribuito anche le popolazioni alluvionate; infatti, i territori colpiti contano numerosi istituti culturali statali che hanno aderito all'iniziativa, ma soprattutto presentano ingentissimi danni al proprio patrimonio culturale;

   sarebbe pertanto importante poter dare contezza ai cittadini di tali territori di come tali fondi siano stati distribuiti e utilizzati;

   considerata la situazione specifica della città di Faenza, che tra gli istituti culturali che hanno subito ingenti danni vede la Biblioteca comunale Manfrediana, il Museo Tramonti e altre realtà culturali private, nonché le precedenti comunicazioni inviate anche all'attenzione del Ministro della cultura e rimaste senza riscontro;

   nonostante siano stati danneggiati molti istituti culturali presenti in tutto il territorio dell'Emilia-Romagna risulterebbe, invece, finanziato un solo intervento di riqualificazione della caserma di Forlì –:

   se il Ministro interrogato intenda rendere noto quanti ingressi siano stati effettuati con la maggiorazione di cui al decreto-legge n. 62 del 2023, quale sia l'ammontare complessivo raccolto ai fini di cui al medesimo decreto e con quale modalità di calcolo siano state assegnate le risorse;

   se il Ministro interrogato stia, altresì, valutando la possibilità di adottare iniziative volte a finanziare ulteriori interventi sul patrimonio culturale dei territori colpiti dall'alluvione di maggio 2023, quale la città di Faenza, dove gli istituti culturali hanno subito ingenti danni e per i quali non risulta alcun contributo per interventi di riqualificazione.
(5-03252)


   SPERANZA, AMENDOLA e MANZI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   dallo schema di decreto ministeriale recante l'elenco delle proposte istitutive e di finanziamento dei comitati nazionali e di edizioni nazionali per l'anno 2024 risulta – come da proposta della Consulta dei comitati nazionali e di edizioni nazionali – di non procedere al rifinanziamento del comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Rocco Scotellaro in quanto già «sufficientemente finanziato e celebrato»;

   dall'anno 2022, come da proposta progettuale al Ministero della cultura, con decreto ministeriale del 7 febbraio 2023, risulta istituito il comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Rocco Scotellaro, il piano programmatico triennale (2023-2025) risulta caratterizzato da un percorso celebrativo di alto respiro scientifico-culturale volto, tra l'altro, ad un'accurata e rigorosa ridelineazione del profilo di vita e complessivo operato, adeguatamente contestualizzati, di Rocco Scotellaro quale intellettuale della modernità, in cammino, tra i protagonisti di prima fila del suo tempo, verso tempi ed orizzonti nuovi;

   l'ampio ed articolato interesse sviluppatosi su e intorno a Scotellaro ed alla sua produzione, già dopo la morte del giovane intellettuale trentenne attivamente impegnato in campo politico-istituzionale e socio-culturale, ha prevalentemente riguardato la dimensione poetica, peraltro con alcune marginali attenzioni per il complessivo contesto dei suoi tempi, anche per i cruciali anni compresi tra la crisi del regime fascista e i primi anni della costruzione dello Stato democratico e repubblicano, al centro, proprio in questi giorni, di un rilevante Convegno nazionale di studio da parte del comitato nazionale «Rocco Scotellaro», che nel corso di ormai circa due anni (2023-2024) ha realizzato, come da iniziale programma, una meritoria serie di iniziative d'ambito scientifico-culturale;

   venir meno, ora, da parte del Ministero della cultura, al sostegno finanziario al comitato Nazionale «Rocco Scotellaro» proprio nella tappa conclusiva dell'accurato e rigoroso percorso celebrativo triennale di un giovane intellettuale di prima fila, tenacemente impegnato sul campo in direzione di nuove, positive, prospettive socio-economiche e culturali non solo per il Mezzogiorno d'Italia, risulterebbe inspiegabile, pur a fronte dei persistenti gravi tagli generali in atto, da parte del Governo nazionale, al comparto cultura;

   dovrebbe, invece, essere normale obiettivo istituzionale continuare ad essere compartecipi, come Ministero della cultura, anche con sostegno finanziario, del percorso di attività scientifico culturali del comitato nazionale per il terzo anno (2025), che, come da piano attuativo presentato, risulterà caratterizzante, per iniziative e pubblicazioni, in direzione della delineazione di aspetti, idee-forze, visione generale e locale a base del portato di cultura e pratica politico-istituzionale e socioeconomica del giovane intellettuale della modernità, Rocco Scotellaro, che è stato tra i protagonisti più significativi nel concorso alla costruzione dell'Italia democratica e repubblicana –:

   se il Ministro interrogato non ritenga, per le motivazioni esposte in premessa, di rifinanziare anche per il terzo anno (2025) il comitato nazionale «Rocco Scotellaro» e riconoscere il merito qualitativo del percorso finora svolto e già programmato per il terzo anno della complessiva proposta istitutiva del comitato stesso.
(5-03254)

Interrogazione a risposta scritta:


   GHIO, ORLANDO, MANZI e PASTORINO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto appreso, anche dalla stampa, l'Archivio di Stato di Genova dovrebbe essere declassato, perdendo la propria autonomia amministrativa, con l'accorpamento alla Soprintendenza ai beni culturali;

   secondo il decreto ministeriale n. 270 del 5 settembre 2024 recante «Articolazione degli uffici dirigenziali e degli istituti dotati di autonomia speciale di livello non generale del Ministero della cultura», si delineano modifiche sostanziali all'organizzazione degli Archivi di Stato, delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche e del rapporto con la Direzione generale Archivi;

   si prevede, infatti, di portare gran parte degli Archivi di Stato (quelli costituenti uffici dirigenziali di livello non generale) ad essere articolazioni delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche, annullando, così, 150 anni di organizzazione archivistica e andando in contrasto con il dettato del codice dei beni culturali e del paesaggio rispetto ai compiti assegnati agli Archivi di Stato e delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche;

   ciò significherebbe anche perdere autonomia tecnico-scientifica, richiamata dall'articolo 7 del citato decreto ministeriale;

   l'Archivio di Genova contiene documenti storici di inestimabile valore come, ad esempio, il testamento con cui Nicolò Paganini il 27 aprile 1837 donò il proprio violino alla città di Genova, il più antico registro notarile esistente, risalente al 1154, alcuni documenti originali bizantini del XII secolo (unico archivio al mondo a possederli);

   l'Archivio, considerato uno dei più importanti in Europa, rappresenta una realtà molto importante e solida per la città di Genova, offrendo iniziative varie durante tutto l'anno, molte delle quali proposte anche alle scuole;

   l'Archivio è frequentato da studiosi che arrivano da ogni parte del mondo e d'Italia, anche se gli orari di apertura risultano essere insufficienti, limitando così le possibilità di un archivio di tale valore e sarebbe necessario un investimento strutturale in supporto al personale dell'Archivio, attualmente fortemente sottodimensionato rispetto alle necessità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione, ereditata dal precedente Ministro, e se intenda intervenire per revocare il provvedimento di declassamento in maniera da garantire all'Archivio di Genova di mantenere l'impostazione del percorso di lavoro avviato con valore e riconoscimento presso la comunità scientifica e nel Paese, da molti anni, garantendone autonomia e se intenda potenziare organici e dotazioni economiche.
(4-03983)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   considerato che il 19 agosto 2024 è stato il settantesimo anniversario della scomparsa di Alcide De Gasperi, figura centrale della storia italiana e dell'integrazione europea, la Fondazione De Gasperi ha promosso un programma commemorativo denominato «Anno Degasperiano», in collaborazione con la Struttura di Missione per gli Anniversari Nazionali della Presidenza del Consiglio del ministri. Il programma prevede iniziative di grande rilievo, tra cui convegni, mostre, pubblicazioni e attività formative, tese a valorizzare l'eredità politica e civile di De Gasperi;

   si rileva che l'importanza di questa ricorrenza è stata riconosciuta anche da numerosi enti e organismi istituzionali, tra cui Roma Capitale, i cui consiglieri hanno approvato una mozione per invitare il sindaco, a sostenere la proposta di intitolare ad Alcide De Gasperi il Palazzo dei Congressi dell'EUR, attualmente in fase di restauro;

   la Fondazione De Gasperi ha espresso la propria piena disponibilità a collaborare e a sostenere ogni iniziativa utile al raggiungimento di questo importante obiettivo, che risulterebbe particolarmente significativo per rendere omaggio a uno dei protagonisti principali della ricostruzione e rinascita del nostro Paese nel secondo dopoguerra;

   si evidenzia altresì che il presidente dell'Eur s.p.a., dottor Enrico Gasbarra, ha sottolineato, in precedenti occasioni, che l'intitolazione del Palazzo dei Congressi richiede una valutazione e una decisione formale da parte dei soci della società, in particolare del Ministero dell'economia, che detiene un ruolo preminente nella compagine societaria –:

   alla luce del profondo debito di riconoscenza che i cittadini italiani nutrono nei confronti di Alcide De Gasperi se intenda valutare, in qualità di rappresentante principale dei soci di Eur s.p.a., la proposta di intitolare il Palazzo del Congressi dell'EUR ad Alcide De Gasperi, quale riconoscimento del suo contributo storico alla ricostruzione del Paese e alla nascita dell'Unione europea.
(2-00496) «Ciocchetti, Ambrosi, De Bertoldi, Di Giuseppe, Patriarca, Colombo, Mancini, Bonetti, Gardini, Ciancitto, Rubano, Girelli, La Salandra, Rotondi, Zinzi, Mulè, Zurzolo, Cesa, Malagola, D'Alfonso, Rosso, Ciaburro, Ciani, Bicchielli, Zucconi, Caiata, Iaia, Gabellone, Caroppo, Maullu, Boschi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE PALMA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo assetto territoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli si compone di 13 direzioni territoriali, articolate in strutture dirigenziali di livello non generale, costituite da 20 uffici antifrode, 11 uffici «Servizi generali», 11 uffici tecnici, 2 uffici «Tecnico e Servizi generali», 11 uffici laboratorio e 72 uffici locali ADM;

   al fine di armonizzare il processo di riorganizzazione delle Unità attivate sul territorio si è adottata una procedura di «pesatura» definitiva, fondata sulla metodologia Hay che si basa su tre principali driver di valutazione: competenza, problem solving e finalità;

   per stabilire la complessità organizzativa sono utilizzati i seguenti indicatori: personale complessivamente assegnato, aggiornato con la scopertura media a livello nazionale, negli UADM (P-uadm); strutture gestite in termini di numero di unità organizzative sul territorio (UO); complessità connessa alla presenza valichi (Val) di porti e aeroporti in termini di movimentazione merci nel triennio 2021-2023 (Port). Per la dimensione economica è utilizzato l'indicatore gettito erariale annuale totale del triennio 2021-2023, riconducibile a ciascun Uadm (E);

   l'applicazione della metodologia Hay, sulla base della combinazione dei valori per ciascun driver e sotto criteri, determina un punteggio complessivo che individua la fascia di posizione per ogni Struttura;

   questa metodologia ha comportato un depotenziamento della direzione territoriale della Puglia, in particolare modo per gli uffici identificati con Uadm 3-4-5, ovvero gli uffici di Taranto-Brindisi, declassati a IV fascia e Lecce passato a V fascia e in relazione alla «graduazione» e «pesatura» definitiva di posizioni dirigenziali generali e non generali nell'ambito della riorganizzazione territoriale;

   tali decisioni appaiono sinceramente incomprensibili rispetto alle potenzialità delle attività dogane e monopoli del territorio in aggiunta alle indiscutibili attività in essere e in fieri dei porti sia per traffico passeggeri che per merci;

   inoltre, non sarebbe stata valutata l'importanza a livello nazionale delle strutture industriali situate in quei territori; a Taranto infatti si trova una delle raffinerie più importanti in Italia così come a Lecce con la distilleria. Entrambe determinano entrate doganali equiparabili a quelle di grandi industrie nazionali che giustificherebbero questa classificazione per la direzione territoriale della Puglia e non si comprende il motivo per il quale lo stesso gettito non venga considerato a livello locale –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per quanto di competenza, in merito alle decisioni assunte dai vertici dell'Agenzia delle dogane e monopoli, che hanno determinato un ingiustificato depotenziamento degli uffici dogane e monopoli della Puglia, e in particolare degli uffici di Taranto, Brindisi e Lecce, con conseguente grande e grave penalizzazione per il territorio circostante.
(5-03251)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   la dignità umana e la sicurezza negli istituti penitenziari rappresentano aspetti essenziali per la salvaguardia dei diritti civili e della giustizia in una società moderna e avanzata. La mancata osservanza di tali elementi essenziali, non solo degrada la persona, ma sminuisce l'integrità della nostra giustizia penale e, per estensione, il tessuto morale della nostra società;

   la casa circondariale di Viterbo, come emerso anche dalla visita ispettiva degli interpellanti del 9 dicembre 2024, si trova in uno stato di crisi profonda, con condizioni che di fatto compromettono i principi di giustizia e riabilitazione della pena e minacciano anche la sicurezza e il benessere di chi vi è rinchiuso nonché di chi vi lavora;

   le cifre attuali parlano chiaro e riflettono una realtà allarmante: 716 detenuti ospitati in una struttura con una capacità regolamentare di soli 440 posti (415 oggi effettivamente disponibili), con un tasso di sovraffollamento che sfiora il 70 per cento e una dotazione di personale di polizia penitenziaria che ammonta a soli 164 agenti effettivi rispetto ai 330 previsti in organico;

   di fronte a queste criticità, emergono alcuni gravi problemi strutturali e condizioni di detenzione inadeguate. In data 9 dicembre 2024, circa 43 detenuti risultavano alloggiati in stanze fatiscenti, inadeguatamente trasformate in celle, in alcuni casi senza riscaldamento, e senza servizi igienici, obbligando i detenuti a condizioni che degradano la dignità umana e violano le leggi internazionali sui diritti dei detenuti;

   consta altresì agli interpellanti che vi siano stati ripetuti tentativi di spingere l'amministrazione penitenziaria a farsi carico di ulteriori detenuti nella casa circondariale, alzando da 2 a 3 il numero dei detenuti nelle celle in aperta violazione delle regole che impongono spazi minimi per detenuto e rendendo ancor più drammatico il tasso di sovraffollamento;

   la funzionalità delle infrastrutture di sicurezza, come le telecamere di videosorveglianza, è compromessa. Molte di queste risultano infatti spente o non funzionanti, esponendo detenuti e personale a una serie di rischi significativi che potrebbero limitare la capacità di un intervento rapido in situazioni di crisi rendendo più difficile prevenire o rispondere a episodi di violenza o altre emergenze;

   la persistenza di queste condizioni non solo è un fallimento dal punto di vista della garanzia dei diritti umani fondamentali delle persone private della libertà, ma erode anche la capacità dell'istituzione di adempiere alla sua funzione riabilitativa e di mantenere la sicurezza, e diventerebbe esplosiva se venissero destinati ulteriori detenuti a quella casa circondariale;

   di fronte a tale situazione, la necessità di un intervento immediato e incisivo da parte delle istituzioni competenti diventa imperativa –:

   se siano stati pianificati interventi specifici dal Ministro interrogato per affrontare con urgenza ed efficacia le problematiche evidenziate in premessa del sovraffollamento e della carenza di personale di polizia penitenziaria nella casa circondariale di Viterbo e se sia previsto il trasferimento di detenuti verso istituti meno congestionati o l'adozione di misure per prevenire ulteriori invii di detenuti a questa struttura già sovraccarica.
(2-00494) «Boschi, Giachetti».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCARPA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero della giustizia, in data 20 novembre 2024, ha comunicato l'introduzione, a partire dal 25 novembre, di nuovi schemi Xsd (Xml Schema Definition), ovvero gli schemi informatici con cui vengono identificate, definite e organizzate le informazioni esterne che gli studi legali inviano al database del Ministero, prevedendo una serie di modifiche significative per il deposito telematico degli atti;

   questo aggiornamento ha creato una serie di disagi per tutti gli utenti coinvolti, a causa dello scarso preavviso con cui è stato introdotto, che non ha permesso alle software house di implementare e testare le modifiche necessarie ai sistemi informativi. Tali modifiche richiederebbero infatti una fase di testing appropriata per evitare malfunzionamenti, rallentamenti o blocchi nell'operatività quotidiana dei tribunali e degli studi legali;

   questa situazione è aggravata dall'assenza di ambienti di test aggiornati, che impedisce alle software house di verificare le modifiche in anticipo, aggravando ulteriormente le difficoltà per tutti gli operatori;

   la mancanza di un coordinamento adeguato e di tempistiche congrue per gli aggiornamenti digitali ministeriali rischia di compromettere il processo di digitalizzazione della giustizia, con gravi ripercussioni sull'efficienza del servizio pubblico e sull'attività dei professionisti, oltre che sull'attività di assistenza delle software house –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei disagi per tribunali e avvocati derivanti dall'implementazione dei nuovi schemi Xsd e quali iniziative immediate intenda intraprendere per evitare malfunzionamenti del sistema di deposito telematico e per garantire una collaborazione strutturata e più efficace tra il Ministero e le software house;

   se ritenga opportuno istituire con urgenza un tavolo tecnico con i rappresentanti delle software house, delle professioni legali e altri stakeholder per affrontare le attuali criticità e pianificare una strategia condivisa per la digitalizzazione della giustizia;

   quali iniziative siano in corso per migliorare l'efficienza e la resilienza del processo telematico civile e penale, anche attraverso un maggiore dialogo tecnico e operativo con le parti interessate.
(5-03258)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARMINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da quanto appreso da notizie di stampa pubblicate online in data 20 novembre 2024, venticinque poliziotti penitenziari del carcere Pietro Cerulli di Trapani (su quarantasei totali indagati) sono stati accusati a vario titolo e in concorso per aver torturato e abusato della propria autorità nei confronti di alcuni detenuti e, pertanto, sottoposti inizialmente a misure cautelari (11 arresti domiciliari) e interdittive (14 sospensioni dal pubblico ufficio). Le prime sono state successivamente modificate dal Tribunale del riesame di Palermo che ha annullato l'ordinanza cautelare relativa all'accusa di tortura e riclassificato i fatti contestati nel reato meno grave di percosse con conseguente sostituzione degli arresti domiciliari con la sospensione dall'esercizio di pubblici uffici per un anno;

   con riferimento all'indagine in corso, i dispositivi di videosorveglianza, installati nell'ambito delle indagini condotte dal nucleo investigativo regionale di Palermo a partire dal settembre 2021 e scaturite da alcune denunce provenienti dai detenuti del penitenziario trapanese, avrebbero registrato violenze reiterate da parte di agenti nei confronti di detenuti;

   più nel dettaglio, si tratterebbe di circa venti casi scoperti, tutti avvenuti nel cosiddetto «reparto blu» nel quale venivano condotti i detenuti in isolamento con problemi psichiatrici o psicologici nei confronti dei quali alcuni avrebbero perpetrato violenze fisiche, abusi e atti vessatori;

   la situazione emersa con riferimento al carcere di Trapani non rappresenta un caso isolato. In passato episodi di tortura, maltrattamenti e pestaggi a danno dei detenuti si sono verificati in altri istituti penitenziari italiani;

   come affermato dallo stesso procuratore di Trapani, Gabriele Paci, nel carcere di Trapani sussisteva uno stato di degrado e una situazione di stress generale anche per gli agenti di polizia penitenziaria, condizione quest'ultima che se non può in alcun modo legittimare alcuna forma di violenza o abuso, non può continuare ad essere ignorata;

   l'atavica carenza di personale di polizia penitenziaria costringe gli agenti impiegati nella maggior parte degli istituti penitenziari italiani a turni particolarmente gravosi. Tra il 2023 e il 2024 risulta aumentato da 1,6 a 1,8 il numero di detenuti per agente. In alcuni contesti tale dato è particolarmente drammatico con un sottorganico che arriva a contare fino a 197 unità in meno. Inoltre, la perdurante assenza di investimenti in interventi di edilizia e miglioramento delle strutture penitenziarie hanno generato, negli anni, ambienti di lavoro e condizioni di ospitalità spesso inadeguate a livello igienico-sanitario –:

   se sia a conoscenza di ulteriori informazioni relative ai gravissimi fatti accaduti nel carcere Pietro Cerulli di Trapani;

   quali iniziative per quanto di competenza, intenda adottare in ordine ad eventuali corresponsabilità e atteggiamenti conniventi che abbiano favorito o tollerato il ricorso a forme di violenza o abusi nei confronti dei detenuti e quali sanzioni disciplinari intenda promuovere nei confronti dei responsabili;

   se non condivida l'esigenza di incrementare i controlli negli istituti penitenziari italiani al fine di verificare che la pena assuma un carattere rieducativo del condannato in coerenza con quanto disposto dall'articolo 27 della Costituzione;

   se non ritenga di dovere urgentemente attivare un piano straordinario di assunzioni nell'ambito del Corpo di polizia penitenziaria e interventi edilizi strutturali volti a garantire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie delle strutture penitenziarie al fine di rendere più tollerabili le condizioni di lavoro degli agenti penitenziari e ridurre il forte carico di stress cui gli stessi sono costantemente sottoposti.
(4-03980)


   BRAGA e DI BIASE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la casa circondariale «Il Bassone» di Como ha raggiunto ormai il limite del collasso. Il tasso di sovraffollamento ha toccato il 200 per cento, ciò significa che la popolazione carceraria è il doppio rispetto a quella che l'istituto penitenziario è in grado di contenere. Su una capienza massima di circa 195 posti oggi sono circa 440 i detenuti presenti: 390 uomini accolti nella sezione maschile, 40 donne in quella femminile e circa 12 nella sezione separata dei transgender. Circa il 70 per cento dei detenuti è di nazionalità straniera;

   secondo l'aggiornamento mensile diffuso dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, la casa circondariale di Como è una delle strutture carcerarie più affollate d'Italia. Con un tasso di sovraffollamento dell'1,92 è al quarto posto peggiore in assoluto a livello nazionale dopo i carceri di Brescia (2,1), Grosseto (2,0) e Foggia (1,93);

   nel mese di aprile 2024 il «Bassone» è purtroppo entrata a far parte dell'elenco delle carceri con almeno un suicidio, un detenuto di origini palestinesi di 32 anni che quest'anno si è tolto la vita inalando gas da una bomboletta da campeggio. Altri casi di tentato suicidio, circa 22, sono stati scongiurati dall'intervento della polizia penitenziaria. Non sono inoltre mancati episodi di detenuti saliti sul tetto per protestare contro le condizioni invivibili, di continue aggressioni al personale penitenziario e del verificarsi di momenti di alta tensione ormai all'ordine del giorno come dimostra il rogo appiccato ad agosto 2024 in infermeria;

   nel carcere comasco si registra un grave problema di carenza di organico della polizia penitenziaria, soprattutto nella sezione maschile che, secondo la pianta organica già stimata al ribasso, mancherebbe di almeno 20 unità. Tutto ciò è causa di conseguenze importanti sull'attività lavorativa e di gestione della struttura, con agenti sottoposti a turni massacranti e momenti di crisi di difficile tenuta;

   come recentemente evidenziato dall'Unione sindacati di polizia penitenziaria il carcere del «Bassone» accoglie detenuti che presentano problematiche psichiatriche in arrivo anche da Lecco, Varese e Sondrio. Nell'infermeria è infatti attivo un servizio sanitario 24 ore su 24 che tuttavia andrebbe rafforzato con la creazione di spazi dedicati ai molti detenuti che soffrono di disagio psicologico, disturbi della personalità o addirittura di problemi psichiatrici –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle condizioni in cui versa la casa circondariale di Como e quali iniziative urgenti intenda intraprendere per decongestionare il sovraffollamento dell'istituto e per destinare adeguate risorse finanziarie, organizzative e di personale che permettano di intervenire su una situazione di grave crisi che non garantisce adeguate condizioni dignitose né ai detenuti né al personale penitenziario.
(4-03981)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   SERRACCHIANI, MANZI, SIMIANI, BARBAGALLO e CASU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della cultura, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   con decreto n. 448 del 16 novembre 2021, del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, è stato finanziato il progetto relativo alla cabinovia metropolitana Trieste-Porto vecchio-Carso;

   nell'ottobre del 2022 la competente soprintendenza ha espresso parere negativo alla richiesta di adeguamento al piano paesaggistico regionale della variante al piano regolatore generale comunale di livello c;

   il suddetto parere è stato inviato alla conferenza di servizi evidenziando le numerose criticità sia in relazione all'impatto dell'intervento nelle aree sottoposte a tutela sia per la compatibilità del progetto rispetto ai numerosi provvedimenti di tutela diretta e indiretta e le relative prescrizioni riguardanti l'area;

   a seguito della richiesta, da parte del comune di Trieste, di un ulteriore parere la Soprintendenza ha rilasciato, nel novembre 2022, parere positivo con prescrizioni;

   nello specifico – in sede di conferenza di servizi per il progetto di fattibilità tecnica ed economica integrato ai fini dell'affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione dei lavori del parco lineare verde di archeologia industriale – la soprintendenza nel parere ha evidenziato l'esistenza di numerose criticità sul progetto di cabinovia in particolare nel tratto del Porto vecchio;

   nell'aprile del 2023 la soprintendenza speciale PNRR, insediata presso il Ministero della cultura, nell'ambito della consultazione Vas al Piano regolatore generale del comune denominato «Accesso nord: mobilità sistematica e turistica», ha rilasciato parere non favorevole al progetto in commento confermando, di fatto, lo stesso parere formulato dalla soprintendenza;

   con verbale n. 10 del 18 settembre 2023 i comitati tecnico-scientifici della Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio del Ministero della cultura esprimevano numerose e rilevanti perplessità relative al progetto auspicandone una revisione;

   la cabinovia e le sue stazioni risultano inserite nella Variante al Piano regolatore del Porto Vecchio già nel 2021, ma nell'eventualità di una conferenza dei servizi sull'esecutivo, il parere del Ministero della cultura avrà un peso comunque determinante considerando i tanti vincoli storici e architettonici cui è sottoposto lo scalo ed evidenziati dalla soprintendenza in fase preliminare: tra le prescrizioni c'è in particolare la richieste di scartare le stazioni inizialmente disegnate da Fuksas e adeguare il posizionamento dei piloni al fronte degli edifici;

   non è stato possibile finanziare l'opera mediante risorse PNRR, come era intenzione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in quanto «non soddisfa i criteri di biodiversità» richiesti da Bruxelles per accedere ai fondi PNRR;

   di recente, in occasione dell'evento «L'Italia dei sì», svoltosi a Trieste per illustrare le opere strategiche e i cantieri aperti in tutto il Paese e in particolare i progetti infrastrutturali per il Friuli Venezia Giulia, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha dichiarato di aver trovato la disponibilità di nuovi fondi nazionali per sopperire alla perdita di quelli PNRR e che sarà possibile la realizzazione della Cabinovia triestina –:

   a quali risorse il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti faccia riferimento per la realizzazione della cabinovia metropolitana Trieste-Porto vecchio-Carso e nello specifico dove verranno reperite, quale sarà il loro ammontare e quale il timing per la realizzazione dell'opera;

   in che modo si intenda tener conto delle prescrizioni della soprintendenza per rendere l'opera della cabinovia un progetto sostenibile per il territorio.
(3-01622)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   BARBAGALLO, SIMIANI, BAKKALI, CASU, GHIO, MORASSUT e STEFANAZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 17 settembre 2024, n. 133, ha profondamente modificato il decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146 concernente il regolamento di attuazione dell'articolo 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, recante il codice della nautica da diporto con implicazioni di estrema rilevanza sia per quel che riguarda gli aspetti connessi alla sicurezza sia per gli effetti sul comparto produttivo nazionale;

   in particolare, per le dotazioni di sicurezza, l'articolo 54 del citato regolamento è stato modificato in una modalità che non garantisce la stessa sicurezza rispetto alla normativa previgente poiché consente l'utilizzo di zattere costiere anche per la navigazione d'altura e supera l'obbligo di equipaggiamento con zattera di salvataggio autogonfiabile, per le navigazioni dalle 6 alle 12 miglia, sostituendola con un battello pneumatico munito di marcatura CE;

   si prevede anche per le imbarcazioni pneumatiche in categoria A, B, C, l'esenzione dall'obbligo di zattera gonfiabile per navigazione entro le 12 miglia se munite del kit di sopravvivenza;

   la scelta di eliminare la zattera di altura appare agli interroganti errata e pericolosa poiché, oltre ad avere dotazioni importanti per il soccorso, sono provviste di tenda di protezione dal sole e dalla pioggia per resistere alla violenza delle onde e della pioggia con minore rischio di essere sbalzati in mare o di morire di ipotermia, insolazione e disidratazione;

   diversamente, una zattera costiera è sprovvista di tenda ed ha una dotazione di sopravvivenza minima;

   il tempo trascorso in mare aperto in condizioni meteo marine avverse o sotto il sole cocente è tra le condizioni più paurose e pericolose in cui ci si possa trovare. La sopravvivenza cala drasticamente se il soggetto è anziano, cagionevole e per i bambini;

   l'Italia vanta una produzione di zattere di salvataggio di altissima qualità come riconosciuto da tutti gli addetti ai lavori e l'attuazione di tale norma crea anche un incredibile svantaggio economico ed occupazionale per il settore produttivo;

   appare oltremodo anacronistico che si preveda una tale riduzione degli standard di sicurezza quando, contemporaneamente, la norma di riferimento europea per gli standard delle zattere denominata ISO9650, ha previsto un innalzamento dello standard tecnico delle zattere per evitare che dispositivi tecnicamente inappropriati possano essere commercializzati –:

   se sia intenzione del Ministro interrogato intervenire con urgenza per ripristinare l'uso della zattera di altura per la navigazione oltre le 12 miglia e l'obbligo di dotazione dello strumento di salvataggio in tutte le imbarcazioni, garantendo standard di sicurezza elevati a tutela della vita umana.
(5-03259)


   PASTORELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la tratta T3 della linea C della metropolitana di Roma (San Giovanni-Colosseo), il cui completamento era previsto per la fine del 2024, ha visto posticipata l'apertura al pubblico al 15 settembre 2025;

   i ritardi non sembrano imputabili solo alla recente approvazione della variante «Clivo di Acilio e sistemazioni esterne della stazione Colosseo» ma, come riportato da alcuni organi di informazione, anche al cambio di nome della stazione «Fori Imperiali» in «Colosseo», che avrebbe reso necessario un «ricalibramento del programma informatico di gestione delle vetture»;

   tale cambio di denominazione ha comportato una spesa di 859.271 euro, come dichiarato dalla commissaria di Governo per la linea C e per i nuovi tram di Roma, Maria Lucia Conti;

   l'importo riportato di 859.271 euro sembra ingente per una modifica che, pur richiedendo un aggiornamento tecnologico, riguarda la sola variazione del nome della stazione su sistemi informatici e segnaletica;

   il rispetto dei costi e dei tempi di realizzazione della tratta, il cui completamento è già stato rimandato, è cruciale per migliorare l'infrastruttura e i trasporti della Capitale e per assicurare un servizio adeguato a cittadini e turisti;

   ad avviso dell'interrogante, è opportuno che il Ministero monitori e assicuri una gestione finanziaria efficiente e trasparente dei lavori in corso, affinché i fondi pubblici siano spesi in modo trasparente e giustificabile, evitando eventuali sprechi –:

   considerato il commissariamento governativo dell'opera, quali siano le ragioni tecniche tali da giustificare il costo di 859.271 euro per la sola modifica del software di gestione a seguito del cambio di denominazione della stazione da «Fori Imperiali» a «Colosseo», come sia stata ripartita tale spesa e, in particolare, quali siano le specifiche voci di spesa per aggiornamenti informatici, segnaletica, comunicazioni e altre eventuali componenti.
(5-03260)


   IARIA, SCUTELLÀ, FEDE, TRAVERSI e CANTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la ferrovia Jonica è una linea ferroviaria italiana che collega Taranto a Reggio Calabria attraverso la costa ionica di Puglia, Basilicata e Calabria. L'opera è stata suddivisa in numerosi lotti;

   gli interventi complessivi consistono nella realizzazione di circa 112 chilometri di elettrificazione della tratta Sibari-Crotone, mediante la realizzazione di 8 sottostazioni elettriche e la posa del sistema per la trazione elettrica ferroviaria, e nella realizzazione di circa 58 chilometri di elettrificazione dell'esistente tratta Crotone-Catanzaro Lido, mediante la realizzazione di 3 sottostazioni elettriche e la posa del sistema per la trazione elettrica ferroviaria, completando in tal modo i lavori propedeutici di allestimento dei pali già in corso di esecuzione lungo la linea a partire dal 2018;

   l'elettrificazione è ritenuta uno dei lavori più importanti per la rete, contribuirà a uniformare le caratteristiche prestazionali della rete ferroviaria calabrese in termini di sistemi di trazione consentendo l'utilizzo dei nuovi treni elettrici;

   con l'atto di sindacato ispettivo (5-02249) dello scorso aprile, si prendeva atto della notizia secondo cui Rete ferroviaria italiana (Rfi) avesse assegnato dei lavori di elettrificazione della tratta Sibari-Crotone. Progetto, del valore di circa 37,5 milioni di euro parzialmente finanziato con risorse del PNRR;

   è inoltre notizia recente (nota Rfi del 6 dicembre 2024) che starebbero «entrando nel vivo i lavori per l'elettrificazione della dorsale ionica» e che sarebbero stati «consegnati» nei giorni scorsi i lavori di elettrificazione delle tratte Sibari-Crotone e Crotone-Catanzaro Lido;

   tuttavia dai dati che si trovano sul portale Silos (Intervento: Adeguamento e velocizzazione linea ferroviaria jonica) e il portale Regis, risultano definanziati alcuni interventi tra cui secondo quanto noto all'interrogante, il finanziamento di sottopassi e interventi tecnologici tra cui la messa in sicurezza di passaggi a livello, opere altrettanto fondamentali per permettere che vi sia una linea ferroviaria veloce e sicura che attraversa la tratta citata –:

   con quali tempi e quali risorse si sia previsto di finanziare l'adeguamento e velocizzazione della linea ferroviaria jonica, tratta Sibari-Crotone, alla luce dei dati registrati sui portali suddetti, affinché sia assicurata una linea veloce, sicura e ambientalmente sostenibile.
(5-03261)


   MACCANTI, PRETTO, FURGIUELE, DARA e MARCHETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i portabici sono definiti strutture leggere e amovibili che non modificano in modo significativo la massa a vuoto del veicolo e possono, quindi, essere montati sia tramite appositi punti di aggancio previsti dal costruttore del veicolo, sia sul gancio di traino a sfera;

   al fine di migliorare la sicurezza sulle strade, la circolare n. 25981 del 6 settembre 2023 e la successiva circolare di chiarimento numero 30187 del 12 ottobre 2023 hanno stabilito parametri e dimensioni molto stringenti sui portabici, che rendono pressoché impossibile il loro utilizzo su molti modelli di veicoli, tenuto conto della larghezza degli stessi e della lunghezza di molte biciclette;

   inoltre, in caso di ostruzione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva, le circolari hanno disposto l'obbligo di installazione di dispositivi supplementari, l'aggiornamento del documento unico di circolazione del veicolo con l'annotazione del tipo di portabici utilizzato e l'obbligo di visita e prova da parte degli Uffici della Motorizzazione Civile, sovraccaricandone ulteriormente l'attività;

   il gruppo degli interroganti ha, per primo, posto la questione all'ordine del giorno del dibattito politico, presentando, prima, gli atti di sindacato ispettivo n. 5/01946 e 5/02741 e da ultimo, in data 5 novembre 2024, l'atto di sindacato ispettivo 3-01537;

   in risposta a tale ultimo atto, il Ministro interrogato ha comunicato l'intenzione di provvedere alla revisione delle suddette circolari e all'emanazione di un decreto interministeriale per semplificare gli oneri burocratici attualmente previsti nonché chiarire le direttive sul limite di sagoma e sul funzionamento delle luci posteriori dell'auto quando si utilizza il portabici;

   al momento tali atti non risultano adottati e la situazione d'incertezza, che si è creata rispetto alla disciplina attualmente in vigore, sta comportando molti disagi per i cittadini e gli operatori del settore, data anche l'incombenza delle festività natalizie –:

   se intenda fornire chiarimenti sulla disciplina relativa all'utilizzo del portabici attualmente in vigore e quali siano le tempistiche previste per l'adozione degli atti citati in premessa.
(5-03262)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PROVENZANO, BARBAGALLO, IACONO, MARINO e PORTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Città metropolitana di Palermo ad oggi non è riuscita ad effettuare alcun intervento degno di nota in merito a due fondamentali arterie di collegamento e che riguardano la SP2 e SP4 che necessitano di un livello di gestione e manutenzione molto più qualificata;

   le suddette infrastrutture interessano un bacino di popolazione di oltre 200 mila siciliani;

   la SP4 e la SP2 sono le uniche strade che permettono di mettere in collegamento le zone interne con la fascia costiera, in particolare con l'aeroporto Giovanni Falcone e l'aeroporto di Trapani, i porti della Costa Nord occidentale Castellammare del Golfo, Balestrate, Terrasini, con gli uffici decentrati dello Stato e in particolare con tre strutture ospedaliere di Alcamo, Corleone e Partinico, e anche con sedi di importanti plessi scolastici delle medie secondarie superiori;

   la SP5 invece rappresenta una strada molto importante per il turismo ambientale e naturalistico che da Altofonte mette in collegamento Piana degli Albanesi fino al bivio della SS 118 dove insistono due laghi e l'area naturalistica del bosco di Ficuzza;

   i comitati civici nati spontaneamente nel territorio della valle dello Jato chiedono lo stanziamento di adeguate risorse per la messa in sicurezza delle vie di comunicazione provinciali senza però avere risposte;

   con la chiusura di altre due strade provinciali, la SP20 e la SP34 e, qualora dovesse materializzarsi anche la chiusura della SS624, si verrebbe a determinare la paralisi di tutto il comprensorio della intera valle dello Jato e della valle del Belice;

   un collasso socioeconomico non sostenibile per le popolazioni locali che si vedrebbero messe a rischio anche per la raggiungibilità delle strutture ospedaliere –:

   se il Governo risulti essere a conoscenza delle criticità riportate in premessa e quali tempestive iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di convocare un tavolo istituzionale con Regione Siciliana e con la Città Metropolitana di Palermo per i necessari interventi di messa in sicurezza e ripristino funzionale della SS624 e delle strade provinciali SP20, SP34, SP2, SP4, SP5 e per il passaggio immediato delle competenze sulla SP4 e SP2 dalla Città Metropolitana all'Anas.
(5-03247)


   BERRUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 85 del 29 maggio 2024 detta disposizioni concernenti i criteri generali per l'ordinamento del sistema di formazione dell'assistente bagnanti e determina la tipologia delle abilitazioni rilasciate per garantire la salute dei bagnanti, la sicurezza delle attività balneari lungo i litorali marittimi, lacustri, fluviali e nelle piscine e valorizzare il carattere altamente specialistico che comporta l'attività dei soggetti abilitati al salvamento;

   il suddetto decreto prevede, tra le altre cose, la figura dell'allenatore di nuoto per salvamento di secondo o terzo livello (Snaq), figura professionale fondamentale per l'addestramento di un soccorritore acquatico, tanto da essere l'unica prevista (articolo 4, comma 3, lettera d));

   l'allenatore di nuoto per salvamento di secondo e terzo livello può essere preparato e certificato solo dalla Federazione italiana nuoto, in qualità di unica federazione riconosciuta dal Coni. Per cui, chi intende formare gli assistenti bagnanti, nella sostanza potrebbe solo organizzare il corso, in quanto ad addestrare il futuro assistente bagnanti è di fatto la Fin con il suo allenatore di nuoto per salvamento da lei stessa preparato, certificato e tesserato;

   come segnalato dal settore, il suddetto decreto, invece di favorire e incoraggiare l'accesso di più soggetti associativi autorizzati alla formazione del personale addetto al salvataggio in acqua, coerentemente con quanto previsto dalla direttiva europea sui servizi (2006/123/CE, nota come «direttiva Bolkestein»), nella sua applicazione dà vita di fatto ad un monopolio a favore della Federazione italiana nuoto (Fin), penalizzando le altre due storiche associazioni, la Società nazionale di salvamento (Sns) e la Federazione italiana salvamento acquatico (Fisa);

   la figura professionale del bagnino di salvataggio/assistente bagnante si sta evolvendo nella direzione della salvaguardia della vita umana unitamente alla salvaguardia del suo contesto ovvero con una formazione anche di carattere marino costiero;

   la figura professionale del bagnino di salvataggio/assistente bagnante è sempre più impegnata nella prevenzione degli incidenti dunque la sua formazione dovrebbe essere incentrata di più se non prevalentemente nel concorrere al «sistema della sicurezza» nella balneazione;

   la figura dell'allenatore a giudizio dell'interrogante è incompatibile con l'addestramento degli assistenti bagnanti, in quanto, la figura dell'allenatore, come previsto dai disciplinari Coni, si occupa esclusivamente di preparare gli atleti per le competizioni sportive;

   il precedente decreto ministeriale n. 206 del 2016 poneva le basi per l'accesso all'attività formativa rispondente ai princìpi di non discriminazione e proporzionalità, nel rispetto del divieto di porre limitazioni e, nel caso di regimi autorizzatori, porre condizioni «trasparenti, oggettive, non discriminatorie, giustificate da esigenze imperative di interesse generale, nonché necessarie e proporzionate al perseguimento di tali esigenze» (così recita la direttiva 2006/123/CE). Di contro, l'entrata in vigore del regolamento citato determinerebbe un notevole passo indietro rispetto agli obiettivi della libera concorrenza e della già citata direttiva Bolkestein –:

   quali iniziative di competenza i ministri interrogati intendano assumere al fine di rendere coerente l'applicazione del decreto ministeriale n. 85 del 29 maggio 2024 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 149 del 27 giugno 2024) con quanto previsto dalla legislazione europea in materia di concorrenza e tutela del libero mercato, rimuovendo tutte le limitazioni presenti nel citato decreto ministeriale che favoriscono il monopolio a vantaggio di un'unica organizzazione ed impediscono di promuovere opportunità di crescita per tutti i soggetti autorizzati, penalizzando la qualità del servizio.
(5-03253)


   BARZOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   regione Lombardia è attraversata da importanti reti trans-europee (TEN-T) di cui il corridoio europeo «_Reno-Alpi_», che collega Rotterdam a Genova, ricopre un ruolo nevralgico per l'intero asset commerciale europeo e coincide con la dorsale ferroviaria Milano/Genova interessata da interventi infrastrutturali di significativa rilevanza quali «il terzo valico» e il quadruplicamento ferroviario;

   come riportato dalla stampa locale, nella prossima estate 2025 è prevista un'importante interruzione della linea ferroviaria Milano/Genova nella zona di Bressana, che coinvolgerà il ponte ferroviario sul Po per lavori di potenziamento della linea elettrica;

   tale interruzione lascerà migliaia di pendolari senza treni per un periodo di oltre 40 giorni e, per ulteriori 80 giorni circa, si prevede la disponibilità di un solo binario a circolazione alternata;

   gli enti locali e le associazioni di pendolari, come il Mimoal (Mortara-Milano-Alessandria), hanno espresso preoccupazioni circa l'insufficienza dei servizi sostitutivi di trasporto e il rischio di un collasso del sistema di trasporto pubblico locale;

   il sistema ferroviario in Lombardia è da anni oggetto di pesanti critiche per disservizi ricorrenti, tra cui ritardi cronici, nonostante il costante taglio del numero di corse e il contestuale graduale aumento del costo del servizio a carico dell'utenza;

   secondo i dati pubblicati da associazioni di consumatori e rapporti istituzionali, la Lombardia, pur essendo una delle regioni con il maggior numero di pendolari, soffre di una carenza strutturale di investimenti adeguati per il trasporto ferroviario;

   le tratte regionali come la Mortara-Milano e la Alessandria-Pavia, già gravate da problemi infrastrutturali, risultano tra le peggiori per puntualità e affidabilità, con un tasso di ritardi e cancellazioni superiore alla media nazionale;

   l'interruzione della linea a Bressana non farà altro che aggravare una situazione già disastrosa per l'intera provincia di Pavia e le province limitrofe quali Alessandria e Genova, penalizzando ulteriormente i pendolari che dipendono dal treno per i loro spostamenti quotidiani;

   il consiglio regionale ha votato all'unanimità nel 2020 la risoluzione n. 42 che impegnava la Giunta a convocare un tavolo di programma con le parti interessate (a cominciare da regione, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Rfi) per il prolungamento della tangenziale di Pavia tra San Martino Siccomario e Bressana comprendendo la realizzazione del nuovo ponte ferroviario e stradale sul Po a Bressana –:

   se sia a conoscenza di quanti siano stati e in quali date si siano svolti gli incontri convocati da regione Lombardia relativamente al tavolo di Programma menzionato in premessa riferito alla risoluzione n. 42 del 2020 e quali siano state le iniziative di competenza messe in atto dal Ministero, Anas ed Rfi al fine di progettare e realizzare questa nevralgica infrastruttura, nonché se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia rivalutata l'attività preannunciata da regione Lombardia ai tavoli di quadrante sud e alla conferenza regionale Tpl relativa alla sciagurata decisione di voler bloccare il traffico ferroviario del corridoio europeo Reno-Alpi, ingenerando incalcolabili danni e disservizi a migliaia di viaggiatori, in collegamento con i lavori di potenziamento infrastrutturale del ponte sul Po di Bressana.
(5-03265)

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta è un'arteria che collega Montecchio Maggiore (VI) a Spresiano (TV), interconnettendosi con le autostrade A4, A31 e A27. L'asse stradale si sviluppa nel contesto del Corridoio Europeo Mediterraneo (ex Corridoio n. 5) e ha una lunghezza complessiva di 162 chilometro, di cui 94 di viabilità principale e 68 di viabilità secondaria;

   la sua realizzazione ha avuto un iter lungo e complesso, iniziato con l'inserimento del potenziamento dell'itinerario pedemontano Montebello-Valico di Priabona-Malo-Thiene-Bassano-Montebelluna-Ponte della Priula nel Piano regionale dei trasporti della regione Veneto, con provvedimento del consiglio regionale n. 1047 del 23 febbraio 1990, pensato originariamente come autostrada;

   con legge n. 388 del 23 dicembre 2000 è stata prevista la possibilità di realizzare la pedemontana come superstrada;

   nel 2002 la società Superstrada Pedemontana Veneta Spa presenta un progetto per la realizzazione dell'opera e, in data 24 ottobre 2003, viene firmata un'intesa tra il Governo e la regione, affidando la sua progettazione, realizzazione e gestione a Superstrada Pedemontana Veneta S.p.A. (SPV S.p.A.), una società interamente privata che ha a sua volta affidato la costruzione dell'opera, nonché la gestione tecnica e operativa, alla società torinese SIS S.c.p.A.;

   l'inizio effettivo dei lavori di posa è avvenuto nel novembre 2011, con termine previsto, a seguito di varie rimodulazioni e varianti al progetto definitivo, al 2020;

   nel 2016 viene sottoscritto tra la regione Veneto e la SPV S.p.A. un contratto di concessione, regolato dal terzo atto convenzionale, che trasferisce alla gestione ordinaria della regione tutte le competenze inerenti la realizzazione dell'opera a partire dal 1o gennaio 2017. Il concessionario cede inoltre i diritti derivanti dai pedaggi, in cambio di un canone annuo di occupazione della durata di 39 anni, a partire dall'entrata in funzione della stessa, da corrispondere alla SIS S.c.p.A. Il canone segue il principio della progressività, arrivando alla cifra massima di 435 milioni di euro nel 38esimo anno, per un totale complessivo di 12 miliardi di euro;

   con delibera di giunta n. 474 del 6 aprile 2017 la regione Veneto ha contratto con Cassa depositi e prestiti un mutuo di euro 300.000.000,00 per il completamento della superstrada;

   l'opera è stata completata il 3 maggio 2024, con quattro anni di ritardo rispetto a quanto precedentemente previsto, e ha avuto un costo complessivo di 2,2 miliardi di euro, di cui circa 1,3 investiti da imprese private, 615 milioni di contributo statale e 300 milioni dalla regione Veneto;

   il canone da corrispondere per l'anno 2024 è pari a 154 milioni di euro e, secondo quanto appreso da fonti di stampa, i pedaggi della superstrada non sono sufficienti al pagamento della cifra, lasciando un disavanzo di 114 milioni nel bilancio regionale;

   secondo fonti di stampa il Ministro interrogato avrebbe ipotizzato di voler far confluire i debiti di Pedemontana Veneta nei bilanci di Anas e dello Stato;

   a giudizio dell'interrogante è evidente che la superstrada Pedemontana Veneta, opera fortemente voluta dalla regione Veneto e che ha già richiesto onerosi contributi pubblici, sia destinata a creare un grosso debito nelle casse regionali e che la soluzione non possa essere quella di passare il debito al bilancio statale –:

   se il Ministro interrogato intenda farsi promotore, per quanto di competenza, di un'interlocuzione tra superstrada Pedemontana Veneta S.p.a, SIS S.c.p.A. e regione Veneto, al fine di evitare che l'inadeguatezza della gestione della vicenda palesata a livello regionale possa finire per gravare sui bilanci statali e quindi a danno di tutti i cittadini italiani.
(4-03989)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   LAI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge 6 ottobre 2017, n. 158, reca «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni» e, in particolare, l'articolo 3, comma 6, ai sensi del quale il Presidente del Consiglio dei ministri con proprio decreto individua «i progetti da finanziare sulla base del Piano di cui al comma 2 e dei suoi successivi aggiornamenti, assicurando, per quanto possibile, un'equilibrata ripartizione delle risorse a livello regionale e priorità al finanziamento degli interventi proposti da comuni istituiti a seguito di fusione o appartenenti a unioni di comuni»;

   il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, ripartisce le risorse del fondo di cui al comma 1 del medesimo articolo 3 della legge 6 ottobre 2017, n. 158;

   con il decreto del Ministro dell'interno 10 agosto 2020 adottato ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della predetta legge n. 158 del 2017, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sentito l'Istat, sono stati definiti i parametri occorrenti per la determinazione delle tipologie dei comuni che possono beneficiare dei contributi del «Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni» di cui all'articolo 3 della medesima legge n. 158 del 2017;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 luglio 2021 adottato ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 6 ottobre n. 158 del 2017, sono stati individuati i «piccoli comuni» che rientrano nelle tipologie di cui all'articolo 1, comma 2, della medesima legge, secondo i parametri definiti con il predetto decreto del Ministro dell'interno del 10 agosto 2020;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2022, adottato ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della precitata legge 6 ottobre 2017, n. 158, è stato predisposto il «Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni», adottato all'esito dell'intesa in sede Conferenza Unificata del 2 dicembre 2021, repertorio n. 196/CU;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 agosto 2024 – Piano nazionale per riqualificazione dei piccoli comuni – è stata approvata la graduatoria degli enti ammessi al finanziamento e l'elenco degli enti esclusi;

   la graduatoria di cui sopra ricomprende: a) nr. 1.179 progetti ritenuti ammissibili e finanziabili, ordinati secondo le modalità previste dall'articolo 7, commi 4 e 5, del bando e individuati in base al nome dell'ente proponente e al Cup, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2022, fermi restando i limiti di capienza e il più efficiente impiego delle risorse disponibili; b) nr. 1.459 progetti non ammessi alla procedura ed elencati in ordine alfabetico in base al nome dell'ente proponente;

   pubblicata la graduatoria risulta all'interrogante che alcuni comuni, i cui progetti sono risultati ammissibili e finanziabili, non hanno ricevuto dal Ministero alcuna comunicazione ufficiale in ordine all'assegnazione dei contributi e tantomeno alle procedure e alla tempistica di erogazione;

   i piccoli comuni hanno la necessità di avere certezze sulle loro disponibilità economiche anche al fine di programmare le loro attività a chiusura dell'anno solare e alla vigilia di una nuova annualità amministrativa –:

   se il Ministro interrogato abbia consapevolezza del ritardo accumulato vista la firma del decreto in data 2 agosto 2024, e se intenda adottare iniziative volte ad accelerare le procedure per arrivare rapidamente alla erogazione del contributo, anche al fine di dare piena operatività ai progetti ritenuti ammissibili e finanziabili.
(3-01623)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIANASSI e MAURI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le forze di polizia hanno da tempo individuato nella «tecnologia digitale mobile criptata con standard Te.T.Ra.», i requisiti e le prestazioni occorrenti all'ottimale realizzazione e tempestivo completamento di una «rete di comunicazione» sull'intero territorio nazionale, funzionale per tutte le forze di polizia in termini di copertura capillare, comunicazione voce «mission critical», resilienza e disponibilità dei servizi di «tipo multimediale». Tale rete di comunicazione è già operativa nelle regioni Lazio, Sicilia, Puglia, Piemonte, Sardegna, Campania, Calabria, Basilicata e Molise;

   nel mese di luglio la legge n. 95 del 2024 ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge n. 60 del 2024 che, all'articolo 35-bis, ha disciplinato il completamento e la continuità di funzionamento della rete nazionale standard Te.T.Ra. sull'intero territorio nazionale ed autorizzato il Ministero dell'interno, in attuazione del protocollo d'intesa del 24 febbraio 2003, a procedere alla realizzazione di un piano di interventi per perseguire il citato completamento. La norma ha anche stabilito il finanziamento della prioritaria copertura delle aree territoriali interessate dai XXV Giochi olimpici invernali Milano Cortina 2026;

   al fine di proseguire e finalizzare il piano di interventi di completamento nazionale della rete Te.T.Ra. in conformità con quanto disposto dalla suddetta norma, sono necessari a giudizio dell'interrogante circa 527 milioni di euro nel triennio 2025-2028;

   ad oggi tali risorse non sono state ancora stanziate: tale mancanza di finanziamenti impedisce l'uniformazione tra le comunicazioni operative delle forze di polizia allo standard Te.T.Ra. su tutto il territorio nazionale, causando conseguentemente evidenti problematiche per garantire sicurezza ed ordine pubblico –:

   per quali motivi non siano stati ancora finanziati gli interventi riportati in premessa relativi al completamento nazionale della rete Te.T.Ra. di cui alla legge n. 95 del 2024, e quando tali risorse verranno stanziate.
(5-03246)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIPPO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   circa 1.200 lavoratori sono attualmente impegnati in missione presso le strutture periferiche del Ministero dell'interno, contribuendo in modo significativo al funzionamento degli sportelli unici per l'immigrazione, all'intera area immigrazione e ad altre attività della pubblica amministrazione;

   tali lavoratori hanno maturato una notevole esperienza nel settore dell'immigrazione, avendo prestato servizio in regime di somministrazione dal mese di aprile 2021 al dicembre 2022, o avendo già collaborato presso le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale o in progetti quali il Fondo asilo migrazione e integrazione;

   attualmente i contratti di lavoro di questi operatori sono stati stipulati con scadenza al 31 dicembre 2024, con possibilità di proroga fino al 10 aprile 2025, in virtù di un accordo quadro siglato tra il Ministero dell'interno e le agenzie per il lavoro «Adecco» e «Randstad», anch'esso prossimo alla scadenza;

   l'imminente cessazione di tali contratti coinciderà con l'inizio del cosiddetto «click day» previsto dal decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, convertito in legge con modificazioni, dalla legge n. 187 del 2024, con il rischio di ripercussioni negative sull'efficienza e sulla qualità delle attività amministrative connesse alla gestione delle pratiche di immigrazione;

   il contributo di questi lavoratori si è dimostrato fondamentale per garantire l'efficienza e gli elevati standard qualitativi delle attività amministrative nel settore immigrazione. Pertanto, la cessazione dei suddetti contratti comporterà significativi rallentamenti operativi e maggiori difficoltà nella gestione delle pratiche, in un contesto già caratterizzato da un'elevata complessità;

   garantire la continuità lavorativa e valorizzare le competenze acquisite da questi operatori rappresenta un obiettivo cruciale, non solo per mantenere operative le strutture nelle quali svolgono servizio ma anche per conferire dignità all'impegno professionale degli stessi –:

   quali iniziative intenda adottare per garantire la continuità occupazionale di questi lavoratori, valorizzando le competenze acquisite e il contributo significativo che hanno dato all'amministrazione e per preservare l'efficienza delle strutture periferiche del Ministero.
(4-03982)


   DEL BARBA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° maggio 2023, i comuni di piccole dimensioni hanno diritto all'erogazione di un contributo specifico per la nomina dei segretari comunali, a condizione che la nomina avvenga entro 120 giorni dalla pubblicazione della graduatoria;

   molti comuni hanno incontrato difficoltà nel rispettare tale termine a causa della scarsa disponibilità di candidati idonei;

   a gennaio 2025 è prevista la pubblicazione di una nuova graduatoria dei segretari comunali, la quale potrebbe finalmente offrire ai comuni la possibilità di nominare i segretari necessari per la corretta amministrazione delle funzioni comunali;

   la mancata possibilità di utilizzare i fondi entro i termini prestabiliti non solo pregiudica la gestione amministrativa efficiente ed efficace dei piccoli comuni, ma li priva anche di risorse cruciali per il mantenimento di standard amministrativi adeguati, soprattutto in un contesto di crescenti responsabilità amministrative e burocratiche;

   l'estensione dell'uso dei fondi residui per il 2025 e 2026 ai comuni che non sono riusciti a nominare un segretario comunale nei termini previsti potrebbe contribuire significativamente a riconoscere sostenere le sfide che i piccoli comuni affrontano nel mantenere una governance efficace e responsabile –:

   se sia nelle intenzioni dei Ministri interrogati estendere l'uso dei fondi residui per il 2025 e 2026 a quei comuni che, pur avendo dimostrato la volontà e la necessità di nominare un segretario, si sono trovati impossibilitati a farlo nei termini stabiliti;

   se sia altresì nelle intenzioni dei Ministri interrogati consentire l'utilizzo del contributo già erogato ma non utilizzato dagli stessi comuni a valere sull'ultimo trimestre del 2023 e per l'anno 2024.
(4-03988)


   STEFANAZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   alcuni giorni fa, come riportato da organi di stampa, un uomo pregiudicato di 56 anni di Melissano (Lecce) è stato arrestato con l'accusa di estorsione e tentata estorsione aggravate dal metodo mafioso;

   l'uomo, come ricostruito dalle indagini dell'Arma dei Carabinieri, era solito pretendere denaro da imprenditori e commercianti del posto dichiarandosi vicino alle organizzazioni criminali della zona e consumare o fare acquisti in bar, ristoranti e negozi melissanesi senza pagare;

   le richieste estorsive hanno interessato anche il sindaco di Melissano, avvicinato dal cinquantaseienne nel luglio scorso con la richiesta di 500 euro «per le famiglie dei carcerati» e, secondo quanto appreso da articoli di stampa, con la pretesa «di voler acquisire, tramite l'imposizione del “pizzo”, il controllo degli eventi culturali organizzati dal Comune e da associazioni del luogo, compresa la festa patronale di Sant'Antonio»;

   solo grazie alla denuncia del sindaco, sporta subito dopo il suddetto episodio, gli investigatori hanno potuto aprire un'indagine, ottenere prova delle condotte criminali e trarre in arresto il pregiudicato;

   tale caso si aggiunge alle centinaia di episodi di violenza, intimidazione, minaccia verificatesi nell'area del Salento negli ultimi anni. Un'escalation senza soluzione di continuità che induce a credere che sia in atto una rapida riemersione del fenomeno mafioso;

   il sottoscritto interrogante ha già rivolto al Ministro interrogato diverse interrogazioni parlamentari per comprendere se e quanto il Ministero dell'interno sia consapevole della recrudescenza di organizzazioni di stampo mafioso nel Salento, per chiedere la convocazione di un incontro territoriale con rappresentati istituzionali e prefetture e se siano state intraprese iniziative per contrastare tali attività criminali –:

   se fosse al corrente dei fatti riportati in premessa;

   se e quali iniziative, alla luce dei gravi episodi occorsi negli ultimi anni, intenda intraprendere al fine di contrastare la recrudescenza di attività criminali di stampo mafioso.
(4-03991)


   ASCARI e FERRARA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si è appreso che nel febbraio del 2023, attraverso l'operazione Black Steel, i carabinieri del gruppo di tutela ambientale e transizione ecologica di Milano hanno sgominato un mega traffico di rifiuti metallici e un conseguente enorme riciclaggio tra l'Italia e la Germania. Un enorme quantitativo di rottami e rifiuti ferrosi speciali anche pericolosi per oltre 165 mila tonnellate, sarebbe stato «ripulito» grazie alle società riconducibili a Rullo Maurizio, 65 anni di Locri. I militari hanno eseguito 18 misure cautelari e calcolato che il giro di fatture false superava i 90 milioni di euro;

   Rullo Maurizio, per un periodo, è stato amministratore della società New Equipe Ltd (Company number 06378512) con sede a Bristol in Galles (Regno Unito). Tra gli amministratori della società che si sono succeduti nel tempo si distinguono:

    Micheli Fabrizio, commercialista originario di Lona Lases, comune collocato nel distretto del porfido trentino ed epicentro della vicenda giudiziaria Perfido inerente alle infiltrazioni 'ndranghetiste nell'economia e nelle istituzioni locali;

    Marini Tiziano, già condannato per bancarotta fraudolenta per il fallimento nel 2010 della ditta Eurotrama, la ditta di trasporti con sede ad Arco (Trento) di cui lo stesso era il titolare e i cui debiti si aggiravano attorno ai 10 milioni di euro e per cui la Guardia di Finanza aveva ipotizzato un'evasione fiscale di 6 milioni di euro;

    Adamo Gasparetto, imprenditore milanese che sarebbe stato minacciato dalle cosche della 'ndrangheta dell'hinterland milanese e che nell'aprile 2012 sarebbe sparito a causa delle minacce ricevute dopo essere stato avvicinato da due persone armate che l'avevano minacciato di morte;

   come evidenziato anche da Legambiente nel 2024, «i traffici illegali di rifiuti sono, sempre di più, una delle attività privilegiate dalla criminalità ambientale, anche a livello internazionale. Lo dimostrano i risultati di inchieste importanti, come l'operazione Black Steel»;

   è quanto emerge anche dal contributo del Comando Carabinieri per la tutela ambientale e la sicurezza energetica e da quello dell'Agenzia delle dogane, pubblicati nel Rapporto Ecomafia 2023. In particolare, secondo l'analisi elaborata dal Comando tutela ambientale nel secondo capitolo del Rapporto, la decisione di intraprendere un commercio di rifiuti all'estero se da una parte è una scelta economicamente vantaggiosa (poiché i costi di smaltimento vengono abbattuti), dall'altra rappresenta una delle soluzioni migliori per eludere i controlli sulla filiera del riciclo;

   l'operazione condotta dal gruppo tutela ambientale e transizione ecologica di Milano e il coinvolgimento mette in rilievo la necessità di rafforzare gli strumenti per prevenire e contrastare il fenomeno del traffico illecito di rifiuti, anche in considerazione dei forti vantaggi che lo stesso presenta per la criminalità organizzata, così come sembra emergere anche nel caso in esame –:

   di quali elementi dispongano in ordine ai fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intendano adottare per rafforzare gli strumenti volti a contrastare il fenomeno del traffico illecito dei rifiuti.
(4-03993)


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Israele, la legislazione prevede l'obbligo di prestare servizio militare per tutti i cittadini, maschi e femmine, e coloro che si rifiutano, per ragioni di coscienza o di altro tipo, possono essere considerati renitenti alla leva;

   gli obiettori di coscienza all'esercito israeliano che si rifiutano di prestare servizio militare rischiano persecuzioni e detenzioni, il che può configurarsi come una violazione dei loro diritti fondamentali;

   la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, all'articolo 1A, riconosce il diritto all'asilo per chiunque sia perseguitato per motivi di opinione politica o appartenenza a gruppi sociali particolari, potendo includere obiettori e disertori militari che rifiutano il servizio per ragioni di coscienza;

   il Patto internazionale sui diritti civili e politici (Iccpr) adottato dall'Onu nel 1966 ed in vigore dal 1976 e accolto in Italia con legge n. 881 del 25 ottobre 1977, riconosce il diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare che è inerente al diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione, garantito dall'articolo 18, inderogabile anche in un momento di emergenza pubblica, come stabilito dall'articolo 4;

   l'Italia, in qualità di Stato firmatario della Convenzione e del Patto, ha l'obbligo di garantire protezione e assistenza ai richiedenti asilo che temono persecuzioni nel loro Paese d'origine, come anche disposto dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, in attuazione delle direttive europee –:

   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati per garantire che gli obiettori o disertori israeliani, che abbandonino il proprio Paese per rifiutare il servizio militare obbligatorio per motivi di coscienza, per non essere complici della politica di pulizia etnica e apartheid verso i palestinesi, possano ottenere adeguata protezione internazionale in Italia, in linea con le normative nazionali e internazionali in materia di diritti umani;

   se non ritengano opportuno adottare iniziative, anche di carattere normativo, come il nostro Paese fece per gli obiettori e disertori delle Repubbliche della ex Jugoslavia, con il decreto-legge n. 350 del 1992 (convertito con modificazioni dalla legge n. 390 del 1992) articolo 2, comma 2-bis, per accogliere le richieste di asilo di tali individui tenendo conto delle particolari ragioni di coscienza e delle possibili persecuzioni a cui sono soggetti;

   quali azioni di coordinamento siano previste tra le autorità italiane e le organizzazioni internazionali per assicurare una protezione efficace a questi richiedenti asilo.
(4-03996)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARMINA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 ottobre 2024 con un comunicato pubblicato sul sito istituzionale del Ministero dell'istruzione e del merito, è stato annunciato l'avvio del progetto di sperimentazione dell'Intelligenza Artificiale nelle scuole secondarie di I e II grado;

   il piano ha una durata di due anni e coinvolge quindici classi tra seconde medie e prime e quarte superiori degli istituti del Lazio, della Lombardia, della Toscana e della Calabria;

   la valutazione finale del progetto è stata affidata all'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione che avrà anche il compito, nel corso della sperimentazione, di raccogliere dati anonimizzati per monitorare l'andamento del progetto pilota stesso;

   secondo quanto affermato dal dicastero interrogato, gli assistenti virtuali equipaggiati con sistemi di intelligenza artificiale possono fornire un supporto su misura agli studenti in modo da adattare le attività didattiche in base alle loro esigenze individuali e ai loro progressi;

   non sono chiare le ragioni che hanno determinato l'avvio di una sperimentazione limitata a un così esiguo numero di classi, né perché non siano state coinvolte classi appartenenti a tutte le regioni;

   alcune aree delle regioni insulari, e in particolare le isole minori ivi presenti, sono tutt'oggi caratterizzate da un elevato livello di divario digitale causato dalla limitata capacità delle reti. Tale condizione rischia di riverberarsi anche sulla qualità dell'offerta formativa e della diffusione delle competenze digitali –:

   quali siano i motivi posti alla base della scelta di limitare la sperimentazione soltanto a un numero esiguo di classi appartenenti a sole quattro regioni;

   se non ritenga di dovere adottare iniziative per estendere anche ad altre regioni, in particolare quelle insulari, il progetto di sperimentazione dell'Intelligenza Artificiale nelle scuole.
(4-03984)


   GHIO, MANZI e FURFARO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   il Piano educativo individualizzato (Pei) dovrebbe promuovere l'inclusione degli studenti con disabilità e garantire a ciascuno tutto il necessario per partecipare appieno alla vita scolastica e realizzare il proprio potenziale;

   il decreto interministeriale n. 1182 del 2020 definisce il modello unico per il Pei, le linee guida e l'assegnazione delle misure di sostegno. Il decreto ministeriale n. 153 del 2023 modifica il lavoro del Gruppo di lavoro operativo per l'inclusione (Glo), le azioni, i modelli, le linee guida;

   in alcune scuole del Paese, tra cui una decina di scuole liguri, è partita una sperimentazione che prevede la digitalizzazione del Pei attraverso l'utilizzo della piattaforma Sidi del Ministero dell'istruzione e del merito;

   l'algoritmo in questione, quindi, valuterà quattro dimensioni degli allievi: quella relazionale, della comunicazione e del linguaggio, dell'autonomia e della dimensione cognitiva;

   il numero delle ore di sostegno assegnate dipenderà dall'entità delle difficoltà in base all'ambiente scolastico; quindi, l'algoritmo rischia di ridurre le ore di sostegno per gli studenti, in base a un semplice miglioramento di ambientamento dell'allievo disabile, con una riduzione che può andare dal 30 al 50 per cento. Questo può significare una diminuzione di circa 6 ore sulle 20 complessive o, nel caso di disabilità lievi, le ore di sostegno (attualmente comprese tra 0 e 4 ore) potrebbero azzerarsi;

   l'algoritmo non tiene assolutamente in considerazione quelle che sono le situazioni personali, che possono variare da caso a caso, e nemmeno il contesto sociale;

   le famiglie dei bambini con disabilità hanno espresso una grande preoccupazione in merito, perché questa situazione comprometterebbe fortemente il diritto all'istruzione inclusiva sancito dalla legge;

   in Liguria sono 8600 gli alunni iscritti nelle scuole del territorio e solo 2900 i docenti in organico di diritto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questo possibile effetto discriminatorio derivante dall'uso dell'algoritmo e quali iniziative intenda assumere per evitare che ci siano dei risvolti fortemente negativi per gli alunni che hanno necessità di sostegno e per le loro famiglie.
(4-03990)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOSSI, SCOTTO, FURFARO, SIMIANI, BONAFÈ, GIANASSI, BOLDRINI e DI SANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 103, comma 24, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2020, sono stati stanziati 170 milioni di euro per l'anno 2020 e 340 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2021, per il finanziamento dell'assistenza sanitaria a favore dei lavoratori stranieri irregolari il cui rapporto di lavoro sia emerso tramite la procedura prevista dalla suddetta norma;

   lo stesso articolo dispone poi che, con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, i relativi importi siano ripartiti tra le regioni in relazione al numero dei lavoratori extracomunitari emersi ai sensi del medesimo articolo;

   ad oggi, a fronte delle risorse stanziate a valere sul fabbisogno sanitario nazionale per il quinquennio 2020-2024, pari a complessivi 1,530 miliardi, risulta però che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia assegnato alle regioni soltanto il 60 per cento delle risorse spettanti. Il 40 per cento delle risorse stanziate, pari a 609,2 milioni di euro, non sono state infatti ancora assegnate. Nello specifico:

    40 milioni sono relativi agli anni 2020 e 2021;

    115,3 milioni sono relativi all'anno 2022;

    113,9 milioni sono relativi all'anno 2023;

    340 milioni, ossia l'intero finanziamento, sono relativi all'anno 2024;

   questi incomprensibili ritardi, nonostante le risorse siano state già da tempo stanziate ed i parametri disposti dalla legge sulla presenza di lavoratori stranieri già accertati, stanno creando gravi difficoltà alle regioni, già peraltro colpite dai tagli del Governo al Sistema sanitario nazionale;

   i dati della Fondazione Gimbe hanno messo a nudo l'impatto reale delle politiche del Governo sulla sanità pubblica: l'incremento reale dei fondi destinati al settore per il 2025 sarà di soli 1,3 miliardi di euro, ben lontano dai 3,5 miliardi annunciati. Questo divario a giudizio dell'interrogante costringerà le regioni a fare i conti con tagli a servizi essenziali o ad aumentare le tasse, colpendo duramente i cittadini e mettendo a rischio la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale;

   i finanziamenti relativi al decreto-legge n. 34 del 2020, seppur residuali rispetto alle necessità, assumono quindi una rilevanza significativa al fine di assicurare il concorso all'equilibrio dei bilanci sanitari dell'esercizio per l'anno 2024 e garantire conseguentemente le prestazioni sanitarie ai cittadini –:

   quando verranno assegnate le risorse citate in premessa, previste dall'articolo 103, comma 24, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2020, relative agli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024.
(5-03249)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Federazione nazionale maestri del lavoro raggruppa tutti coloro che sono stati insigniti della prestigiosa «Stella al merito del lavoro» che comporta il titolo di «Maestro del Lavoro». Tale decorazione è conferita con decreto del Presidente della Repubblica Italiana su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

   la federazione non ha fini di lucro ed opera per il raggiungimento di scopi umanitari e sociali, in particolare in ambito scolastico per la crescita morale, tecnico-professionale e la formazione dei giovani allo scopo di favorirne l'inserimento lavorativo. È inoltre impegnata nel contrasto alla dispersione scolastica e al bullismo, nella diffusione della cultura del lavoro, dello studio, della legalità, della sicurezza, dell'etica del lavoro e del volontariato, oltre a svolgere ulteriori attività solidaristiche soprattutto a difesa dei più fragili;

   realtà come la federazione vanno sostenute per investire nel futuro del nostro Paese, attraverso la valorizzazione del lavoro e delle competenze, il trasferimento delle conoscenze ed il sostegno alle nuove generazioni, la promozione della cultura del lavoro, della solidarietà e della sostenibilità;

   al riguardo, la legge n. 143 del 5 febbraio 1992, rubricata «Nuove norme per la concessione della “Stella al merito del lavoro”, all'articolo 11, comma 2, prevede il riconoscimento di “un contributo annuo di 500 milioni di lire alla federazione dei maestri del lavoro d'Italia per far fronte alle spese inerenti alle sue attività statutarie, che riguardano l'assistenza ai giovani per facilitarne l'ingresso nel mondo del lavoro e la collaborazione volontaristica con gli enti preposti alla difesa civile, alla protezione delle opere d'arte, all'azione ecologica, all'assistenza agli handicappati ed agli anziani non più autosufficienti”»;

   il contributo è stato tuttavia erogato inizialmente per gli anni 1992, 1993, 1994. Successivamente, con legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), il Ministero del lavoro ha ristabilito a favore della federazione il ripristino dell'erogazione per gli anni 2003, 2004, 2005, per l'importo di euro 260.000 euro annui. Nel febbraio 2004, la Tesoreria dello Stato ha erogato alla federazione solo la prima tranche del contributo; fino a quando, a seguito del processo di decentramento delle competenze Stato/regioni, la sentenza della Corte costituzionale n. 423 del 2004 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 1 del 5 gennaio 2005) ha determinato la sospensione del contributo. E negli anni successivi, a nulla sono servite le iniziative intraprese dalla federazione per il riconoscimento dello stesso a livello regionale;

   la federazione, in modo evidente, è stata pregiudicata considerando che il contributo economico riconosciutogli per legge annualmente, a sostegno di rilevanti e specifiche attività di interesse sociale, è stato onorato solo per qualche anno e in modo discontinuo, fino alla sua definitiva sospensione –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per il ripristino di un contributo statale alla federazione, a fronte dell'attività meritoria che svolge a beneficio della collettività come esposto in premessa.
(5-03255)


   GIRELLI e PELUFFO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   Stanadyne spa opera presso il sito di Castenedolo dal 1970 nel settore automotive, producendo iniettori diesel per motori endotermici;

   il complesso industriale è formato da sette stabilimenti dislocati in varie parti del mondo. Il sito di Castenedolo è l'unico in Italia e ha un fatturato totale di 240 milioni e 12 milioni;

   lo stabilimento di Castenedolo produce uno dei componenti «iniettori» che costituiscono parte del prodotto finito assemblato presso l'omologo sito indiano e distribuito ai vari grandi costruttori di motori endotermici (CNH Torino, JD, Kohler), oltre a componenti «polverizzatori» customizzati per clienti di dimensioni più piccoli per i quali il fermo dello stabilimento di Castenedolo, costituisce un ulteriore elemento di forte preoccupazione per il tessuto industriale del territorio bresciano;

   Stanadyne spa, è da molti anni di proprietà di fondi finanziari, che si sono susseguiti mantenendo comunque sempre una vocazione a carattere industriale;

   a febbraio del 2024 gli addetti risultanti al momento della sottoscrizione del contratto di solidarietà erano 104, numero che è sceso di recente a circa 95 unità lavorative;

   si tenga conto che nel 2023 negli USA viene aperta la procedura «chapter 11», da cui scaturisce l'acquisizione da parte del fondo finanziario Cerberus, con capitale sociale di 65 miliardi di dollari;

   ad aprile 2024 Cerberus nomina amministratore delegato Angelo Rodolfi e il suo staff facenti capo alla società 3X Capital, con il compito di verificare la situazione economico finanziaria aziendale;

   il nuovo amministratore delegato ha dichiarato più volte ai tavoli sindacali la volontà di proseguire l'attività, evidenziando che le verifiche effettuate non avevano evidenziato nessuna sofferenza economica o criticità, e sottolineando che fino a quel momento l'azienda era stata molto ben gestita e che non aveva alcuna forma di debito;

   il 4 dicembre 2024, però, l'amministratore delegato ha comunicato la decisione, presa nel precedente mese di novembre da Consiglio di amministrazione, di mettere in liquidazione la società, operazione che prevede la nomina dello stesso amministratore delegato alla carica di liquidatore e un esercizio provvisorio per un periodo di circa 6 mesi lavorativi;

   è bene sottolineare che il contratto di solidarietà, sottoscritto tra organizzazioni sindacali e azienda in data 24 febbraio 2024 e regolarmente autorizzato dal Ministero del lavoro, ha come principio fondante la tutela dell'occupazione attraverso la riduzione generalizzata dell'orario di lavoro con il fine ultimo di non effettuare licenziamenti;

   il citato contratto di solidarietà è previsto sino a febbraio 2025 e ha un valore pari a circa 1.500.000 euro, ed è evidente che la scelta della liquidazione confligge con lo spirito e lo scopo del contratto di solidarietà, mettendo in discussione quanto percepito dall'INPS –:

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere, o abbiano già intrapreso i Ministri interrogati per tutelare l'occupazione dei lavoratori della Stanadyne spa e nel contempo salvaguardare la produzione italiana di importanti componenti del settore automotive.
(5-03257)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   sta suscitando una certa apprensione l'appello, attraverso gli organi di informazione, della figlia di Giuseppe Marenga, un docente universitario a La Sapienza e medico chirurgo d'urgenza del Policlinico Umberto I di Roma, che ha aperto un crowdfunding per sostenere le cure del padre;

   secondo quanto riferito al quotidiano Il Corriere della Sera dal professore medesimo «Due anni fa mi è stato diagnosticato un cancro alla prostata metastatico. Dopo cicli di chemioterapia, radioterapia e un intervento chirurgico, la malattia è progredita. L'ultima speranza per fermarne l'evoluzione risiede nella terapia radiometabolica con Lutezio-177 Psma, un farmaco approvato dall'Ue, dall'Ema e dall'Aifa. Ma in Italia ancora non è completato l'iter del costo e rimborso da parte del Ssn. Questo farmaco rimane di fatto inaccessibile per molti pazienti. Il trattamento è disponibile solo attraverso trial clinici (gratuiti, che sono sperimentazioni su un farmaco non sperimentale) oppure con costi proibitivi che devono essere anticipati interamente (oltre 130.000 euro per sei sedute). E nel contempo i tempi di attesa per l'approvvigionamento del farmaco da parte degli ospedali possono arrivare a 4-5 settimane. Un tempo insostenibile per pazienti come me»;

   per questo, spiega il prof. Marenga, ha deciso «di avviare la terapia in Austria, a Innsbruck, dove i costi sono più bassi (15.000 euro per seduta) e il trattamento verrà iniziato con urgenza il 16 dicembre. Per coprire le spese abbiamo aperto un crowdfunding (www.gofundme.com). È l'unica soluzione per me che non posso aspettare neppure un giorno. Il problema più grande resta l'accesso a un farmaco approvato ma trattato come “sperimentale”. Sono un uomo che ha dedicato la sua vita alla sanità pubblica, sostenendo il diritto universale alla cura, e oggi mi vedo costretto a chiedere aiuto per accedere a un trattamento che mi spetterebbe di diritto»;

   come ulteriormente specificato dalla figlia del professore, attraverso un'email inviata ai parlamentari, «Mio padre è in gravi condizioni a causa di un'estensione metastatica pressoché completa a livello scheletrico, linfonodale ed epatico. Per fermare la successiva fatale evoluzione del male è stato consigliato dall'oncologia A del Policlinico Umberto I di Roma e dalla Medicina Nucleare dell'ospedale S. Orsola di Bologna una terapia a base di Lutezio-177 Psma che non è coperta dal Sistema Sanitario Nazionale e ha dei costi proibitivi, almeno a Bologna, di Euro 132.000. Oltre che un tempo di attesa, dopo il pagamento dell'intera cifra, di 4-5 settimane perché la Novartis la consegni all'ospedale. Visto il caso di estrema urgenza di mio padre, come anche il Prof. Fanti ha sostenuto, 4-5 settimane sono troppe e non è possibile attendere. Alternativa in Italia a questa opzione, sarebbe entrare in un trial clinico, che però faccio presente che fare una sperimentazione su un farmaco approvato dalla Commissione europea, dall'Ema e registrato dall'Aifa è antietico. Si rende noto che a Bologna la sperimentazione è stata conclusa con dei risultati significativi (positivi). Ma tralasciando l'aspetto etico-scientifico, Giuseppe anche in quest'ultima opzione non può aspettare i tempi di attesa di un trial clinico. Oltre che entrare a far parte di uno studio sperimentale significherebbe non avere certezza di essere nel gruppo che riceve il farmaco o nel gruppo di controllo che riceve placebo, su un farmaco che è approvato»;

   la figlia del professore ha rappresentato altresì come la necessità di recarsi in tempi brevi a Innsbruck per la terapia sopra menzionata non è compatibile con i tempi di attesa da parte dell'Asl Roma 3 e del Distretto 11 per il riconoscimento dell'assistenza sanitaria transfrontaliera, un diritto sancito dalla Direttiva 2011/24/UE, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 38 del 2014, e fondato sull'articolo 56 del Tfue; tale riconoscimento consentirebbe di accedere alle cure salvavita all'estero con un supporto finanziario dell'Asl sui viaggi e sui costi delle terapie;

   per le predette ragioni e le rilevanti risorse necessarie alla cura, che hanno inevitabilmente messo in crisi il bilancio familiare, la figlia ha fatto presente che «la nostra famiglia avrebbe le risorse economiche ma per pratiche e tempistiche burocratiche non può accedervi» e quindi «insieme a degli studenti di mio padre ho creato un crowdfunding. Questa raccolta fondi sta movimentando l'opinione pubblica riguardo all'inaccessibilità di questa terapia, Lutezio-177 Psma per i malati oncologici» –:

   se e come intenda intervenire riguardo alle problematiche esposte in premessa, in particolare per potenziare l'accessibilità alla terapia a base di Lutezio-177 Psma, per i malati oncologici e accelerare i tempi del riconoscimento dell'assistenza sanitaria transfrontaliera;

   se, nel caso di specie e per analoghi casi che attualmente si trovino nella medesima situazione, siano percorribili soluzioni, anche promuovendo ogni iniziativa di competenza, anche attraverso il necessario raccordo con le regioni coinvolte, volte ad assicurare, nel più breve tempo possibile, le necessarie cure con oneri a carico dei bilanci delle regioni medesime.
(2-00497) «Quartini, Amato».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MALAVASI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i disturbi dello spettro autistico sono un insieme eterogeneo di disturbi del neuro-sviluppo caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione e nell'interazione sociale in molteplici contesti e pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti, ripetitivi in cui sono incluse le alterazioni sensoriali;

   con la legge 18 agosto 2015, 134, l'autismo è stato inserito tra i livelli essenziali di assistenza: la normativa stabilisce che l'istituto superiore di sanità debba procedere all'aggiornamento delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita sulla base delle evidenze scientifiche più avanzate, sia a livello nazionale che internazionale, e detta politiche regionali in materia;

   purtroppo, rispetto all'aggiornamento delle linee guida c'è stata solo una parziale attuazione: mancano servizi dedicati agli adulti (tranne che in poche realtà regionali) e quelli esistenti sono il frutto di iniziative di singoli, piuttosto che di una specifica programmazione;

   la legge 18 agosto 2015, 134, a dieci hanno dalla sua approvazione, mostra – dunque – una situazione molto disomogenea e ciò significa che i pazienti e i loro familiari non hanno gli stessi diritti nelle diverse regioni;

   eppure, in Italia le diagnosi di disturbi dello spettro autistico sono aumentate di circa 10 volte in 40 anni e secondo le stime dell'Angsa, Associazione nazionale genitori persone con autismo, riguardano almeno 600 mila persone di ogni fascia d'età;

   l'aumento delle diagnosi di autismo è confermato anche dai dati dell'istituto superiore della sanità secondo cui ogni anno in Italia si registrano circa 5 mila nuovi casi, in media 14 al giorno;

   secondo il Centers for Disease Control and Prevention, negli ultimi anni il rapporto è passato da 1 su 77 bambini a 1 ogni 36 bambini (dato internazionale però non condiviso da tutta la comunità scientifica);

   alla luce di quanto esposto occorre dare una risposta ulteriore alle persone con disturbi dello spettro autistico e alle loro famiglie e poiché i disturbi dello spettro autistico sono una condizione stabile nel tempo e ne consegue che gli approcci terapeutici, abilitativi e riabilitativi dovrebbero coprire l'intero arco della vita della persona;

   purtroppo, nella presa in carico si registrano diverse criticità: la grave carenza di servizi, progettualità e programmazione comporta, troppo spesso, un carico psicologico ed economico esorbitante per le famiglie e il rischio della perdita dell'autonomia e di abilità faticosamente raggiunte;

   inoltre, la mancanza di idonei interventi psicoeducativi produce, spesso, un abuso di interventi farmacologici;

   a tutt'oggi mancano risposte appropriate e tempestive sia per i bambini che per gli adulti, senza contare i diversi livelli di gravità dei disturbi, ognuno dei quali necessita di risposte individualizzate e la realizzazione di un sistema integrato di servizi sanitari, socio-sanitari, socioassistenziali, sociali ed educativi;

   in tal senso fra l'altro, è stato depositato l'atto Senato n. 1289, recante «Disposizioni in materia di disturbi dello spettro autistico e misure a tutela e a sostegno delle persone con disturbi dello spettro autistico e dei loro familiari» che si basa su un approccio integrato, occupandosi di vari aspetti, dalla diagnosi precoce con la sorveglianza evolutiva 0-36 mesi in capo ai pediatri, alla presa in carico dei pazienti attraverso la formazione di équipe multifunzionali guidate da case manager, al supporto anche psicologico ai familiari e ai caregiver, alle attività ludico-ricreative e all'inserimento lavorativo. Introduce protocolli diagnostici, terapeutici, riabilitativi ed educativi –:

   se non ritenga di adottare iniziative affinché siano aggiornate le linee guida previste dalla legge 18 agosto 2015, 134, sulla base delle evidenze scientifiche più avanzate, sia a livello nazionale che internazionale;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per procedere, inoltre, a una complessiva revisione della materia che si basi su un approccio integrato in grado di dare una risposta complessiva ai pazienti e alle famiglie.
(5-03248)


   FURFARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 5 dicembre 2024 durante una conferenza stampa della lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), svoltasi presso una sala del Ministero della salute, tra gli inviati era presente l'astrologo Rino Liuzzi, alias Jupiter, che ha sentenziato «sugli influssi della Luna e di Giove sul nostro corpo» e sulla necessità di «essere in equilibrio con l'universo»;

   a fronte di tale presenza l'Associazione Luca Coscioni, insieme a molte scienziate e scienziati, non solo ha espresso il proprio sconcerto e la propria preoccupazione per quanto accaduto ma ha anche inviato una lettera aperta al Ministro della salute, Orazio Schillaci, per chiedere di chiarire pubblicamente la posizione del Ministero rispetto a quanto accaduto e di adottare misure per garantire che in futuro le istituzioni non diventino veicolo di messaggi antiscientifici;

   «L'astrologia è priva di basi scientifiche e non ha (o non dovrebbe avere) alcuna legittimità in un contesto dedicato alla salute. Non è la prima volta e non sarà l'ultima, ma il rischio di considerare pratiche antiscientifiche come affidabili o al più innocue è reale. Ognuno è libero di farsi leggere le carte e i fondi del caffè o di affidarsi agli astri, ma certo non in un ambito istituzionale», si legge nella lettera aperta rivolta al Ministro della salute dall'Associazione Luca Coscioni e sottoscritta da 51 personalità del mondo della ricerca, della scienza e della politica, tra cui Michele De Luca, Silvio Garattini, Roberto Defez e tanti altri;

   «È inammissibile che questa ridicola baggianata trovi spazio in un contesto istituzionale, addirittura in una sala del Ministero della salute. È necessario che le istituzioni, e specialmente quelle dedicate alla salute e alla ricerca, riacquistino autorevolezza e ribadiscano il ruolo centrale della scienza nella lotta contro le malattie e la necessità del rigore del metodo scientifico, unico strumento per affrontare malattie vecchie e nuove», si scrive sempre nella lettera;

   a una settimana dall'evento, non è arrivata nessuna risposta di chiarimento circa la presenza dell'astrologo «Jupiter» né dal Dicastero di Schillaci né dalla Lega italiana per la lotta contro i tumori –:

   quali siano le conoscenze scientifiche in materia di lotta contro i tumori dell'astrologo Jupiter che lo hanno portato ad essere invitato e a svolgere il compito di moderatore a tale conferenza;

   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso non solo spiegare ma anche scusarsi con tutti i malati di tumore di tale avventata scelta.
(5-03263)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ONORI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dalla fine di ottobre 2024, nella provincia di Kwango, situata nel sud-ovest della Repubblica Democratica del Congo, è stata segnalata la comparsa di una malattia non ancora identificata, caratterizzata da sintomi simil-influenzali quali febbre alta, mal di testa, tosse e anemia;

   secondo le autorità locali, l'epidemia ha causato, in un breve lasso di tempo, un numero significativo di decessi, prevalentemente tra donne e bambini;

   l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha inviato un team di esperti nella regione colpita per raccogliere campioni e condurre analisi di laboratorio al fine di identificare l'agente patogeno responsabile. Alcuni pazienti affetti dalla malattia hanno mostrato risultati positivi alla malaria, suggerendo la possibile presenza di co-infezioni o di più patologie concomitanti;

   in Italia sono stati segnalati casi sospetti di persone rientrate dalla Repubblica Democratica del Congo con sintomi compatibili, successivamente ricoverate e sottoposte a test diagnostici;

   la globalizzazione e l'intensificazione dei flussi migratori e commerciali aumentano il rischio di diffusione internazionale di malattie infettive emergenti e risulta, pertanto, fondamentale garantire un efficace sorveglianza epidemiologica e adottare misure preventive tempestive per proteggere la salute pubblica nazionale;

   a tal proposito, si segnala come il nuovo Piano pandemico 2024-2028, annunciato ad inizio 2024, è ancora gravemente ed inspiegabilmente fermo –:

   quali iniziative siano state intraprese, o siano allo studio, per consentire l'identificazione precoce e la gestione clinica di eventuali casi sospetti sul territorio nazionale, anche per mezzo della definizione di apposite linee guida destinate agli operatori sanitari;

   quali siano le modalità di coordinamento con le organizzazioni internazionali, come l'Oms, e con le autorità sanitarie di altri Paesi, per monitorare l'evoluzione dell'epidemia e aggiornare le strategie di risposta in base alle nuove evidenze scientifiche, e se sia stata prevista un'apposita allocazione di risorse per garantire che il sistema sanitario nazionale sia in grado di affrontare potenziali emergenze sanitarie derivanti dalla malattia emergente;

   quando verrà emanato il nuovo Piano pandemico 2024-2028.
(4-03986)


   BOSCAINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   venerdì 6 dicembre 2024 si è verificato, nel pronto soccorso di Borgo Trento, a Verona, l'ennesimo episodio di violenza contro il personale sanitario e i pazienti presenti;

   come noto a tutti ormai, non si tratta di un episodio isolato. Gli episodi di violenza nei pronto soccorso sono in aumento, specialmente nelle ore notturne e durante i fine settimana, quando l'afflusso di pazienti e le tensioni raggiungono livelli più critici;

   le cause di questi episodi sono da ricercare anche nella difficoltà che sta attraversando il Sistema sanitario nazionale – tra le prime la carenza di personale sanitario e la lunghezza delle liste d'attesa – che non riesce a rispondere alla domanda di salute e di assistenza da parte dei cittadini;

   si determina, in tal modo, la necessità di rispondere a due tipi di esigenze. Da una parte, quella dei cittadini di una sanità efficiente ed efficace e, dall'altra, quella degli operatori sanitari che chiedono sia garantita la loro incolumità all'interno dei presidi sanitari;

   appare evidente la necessità di destinare personale dedicato alla sicurezza nei pronto soccorso, in grado di intervenire in caso di emergenza, il che richiede maggiori risorse finanziarie da destinare a sistemi di prevenzione e protezione;

   l'incertezza in merito alla propria sicurezza fisica comporta che gli operatori sanitari sono sottoposti ad uno stato di stress costante e a traumi psicologici con conseguenze sulla capacità dei pronto soccorso di rispondere alle emergenze sanitarie e sullo stato d'animo del personale sanitario, conseguenze che rischiano di allontanare detto personale da un settore già in forte difficoltà;

   per contrastare il fenomeno, oltre alle misure già assunte dal Governo, servirebbe prevedere in tempi brevi l'implementazione di piani di sicurezza specifici, il potenziamento del numero di operatori sanitari e addetti alla sicurezza, l'istituzione di sportelli di supporto psicologico efficaci per le vittime di aggressioni –:

   quali ulteriori iniziative intendano assumere i Ministri interrogati al fine di garantire l'incolumità degli operatori sanitari, soprattutto nei presidi di pronto soccorso e di medicina d'urgenza, considerato soprattutto che i pronto soccorso sono un punto di riferimento imprescindibile per i cittadini e un pilastro fondamentale del sistema sanitario.
(4-03987)


   RUBANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la situazione del presidio ospedaliero di Sant'Agata dei Goti è stata più volte evidenziata dall'interrogante al fine di sensibilizzare il Ministro sulla necessità di intervenire al fine di garantire ai cittadini la regolare erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie ad essi dovuti e l'adeguata risposta alla richiesta di cure e assistenza, soprattutto in relazione all'efficienza dei servizi di emergenza-urgenza e di pronto soccorso;

   sul problema del presidio ospedaliero Sant'Alfonso Maria De' Liguori e sull'orario ridotto di apertura del pronto soccorso si è svolto, l'11 dicembre 2024, un incontro tra rappresentanti della regione Campania, dell'Azienda ospedaliera San Pio (al quale il presidio ospedaliero di Sant'Agata dei Goti è accorpato), dell'Asl Benevento e dell'Irccs G. Pascale, oltre che rappresentanti dei comuni di Sant'Agata dei Goti, Limatola, Dugenta, Moiano e Bucciano; all'incontro ha partecipato anche una rappresentanza del movimento civico per l'ospedale;

   il movimento civico per l'ospedale ha rappresentato il profondo disagio della comunità e l'esigenza del territorio di avere un pronto soccorso attivo per 24 ore e una struttura pienamente funzionante per ribadire il diritto alla salute che può essere garantita solo dalla piena operatività del presidio ospedaliero;

   è stata anche evidenziata la difficile situazione del personale medico per cui Sant'Agata non costituisce una scelta interessante: inoltre, tutte le risorse, in termini di personale, vengono impiegate su Benevento;

   il movimento civico e il sindaco di Sant'Agata De' Goti hanno chiesto interventi di rilancio del presidio ospedaliero al fine di rendere attrattiva la struttura, per poi procedere alla pubblicazione di nuovi bandi per il reclutamento del personale;

   il presidente della regione Campania, nel far presente che il 17 dicembre 2024 si svolgerà un tavolo tecnico con il Ministero della salute sul piano di rientro sanitario della regione, ha richiesto ai vertici dell'Istituto Pascale di implementare i servizi sul presidio di Sant'Agata, impegnando fondi già disponibili;

   nell'incontro su citato si è registrata una forte reticenza da parte della dirigenza del San Pio –:

   se e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, in vista dell'incontro del tavolo tecnico del 17 dicembre 2024, per verificare e valutare la coerenza degli standard qualitativi e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera di cui al decreto ministeriale n. 70 del 2015, in vista di un potenziamento del presidio ospedaliero di Sant'Agata dei Goti, nel quadro dell'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per assicurare alla comunità e al territorio il diritto alla salute e all'assistenza sanitaria.
(4-03995)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Urzì n. 4-03978, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2024, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Di Maggio, Varchi, Comba.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Simiani n. 5-03068 del 6 novembre 2024;

   interrogazione a risposta in Commissione Pastorella n. 5-03168 del 26 novembre 2024.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 giugno 2024 alcuni quotidiani veneti hanno dato ampio risalto a una vicenda dai contorni inquietanti. Vicenda nell'ambito della quale sarebbero maturati gravi reati come truffa e bancarotta afferenti a una imponente operazione immobiliare prevista a Jesolo nel Veneziano mai concretizzatasi peraltro: le indagini sul caso di specie però sarebbero state insabbiate da un paio di pubblici ministeri in servizio presso la Procura della Repubblica di Vicenza, sempre sulla base di quanto riportato da fonti giornalistiche;

   tali accuse sarebbero riscontrabili peraltro in una serie di denunce indirizzate all'autorità giudiziaria dal trevigiano Fabio Trombini, parte offesa nel procedimento incardinato presso la procura della città palladiana;

   ancora, le doglianze dell'ingegner Trombini sarebbero state dettagliatamente sunteggiate in una memoria scritta indirizzata al procuratore capo di Vicenza Lino Giorgio Bruno datata 10 aprile 2024 mentre la denunzia-querela a carico dei pubblici ministeri Claudia Brunino e Alessia Grenna porterebbe la data del 23 aprile 2024;

   la vicenda giudiziaria scaturisce anche da alcune pronunce emesse nell'ambito della procedura di omologazione del concordato preventivo cui è stata ammessa la società che doveva occuparsi della realizzazione della suddetta operazione immobiliare, a seguito del decreto di omologazione emesso da un giudice della sezione fallimentare del Tribunale di Vicenza, nonché nell'ambito della procedura di esecuzione pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Venezia, avente a oggetto il pignoramento a tutela dei creditori, tra i quali rientrerebbe anche l'ingegner Trombini, per un credito di ammontare pari a 1,5 milioni di euro;

   la vicenda nel suo complesso appare grave, ove vi fosse riscontro delle notizie riportate dai quotidiani veneti in merito alle indagini – di cui il creditore querelante denuncia un insabbiamento – sulla vicenda immobiliare a Jesolo, e in particolare andrebbe chiarito il comportamento tenuto dai pubblici ministeri Claudia Brunino e Alessia Grenna della Procura della Repubblica di Vicenza che, unitamente alla condotta tenuta dai magistrati dei tribunali di Vicenza e Venezia, avrebbe di fatto pregiudicato gli interessi dei creditori coinvolti nella vicenda, in particolare del denunciante al quale – ad avviso dell'interrogante – non sarebbe stato pienamente garantito il diritto di azione in giudizio per far valere i suoi diritti –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda esposta in premessa e se intenda adottare iniziative al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di una ispezione ministeriale anche in considerazione della necessità di salvaguardare il pieno rispetto del diritto ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti.
(4-02996)

  Risposta. – Con l'atto di sindacato ispettivo in esame vengono formulati quesiti su una vicenda giudiziaria afferente ad «una imponente operazione immobiliare prevista a Jesolo [...] mai concretizzatasi» da cui è scaturito un procedimento penale per reati di truffa e bancarotta.
  Secondo quanto riportato dall'interrogante, le indagini conseguentemente avviate dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Vicenza sarebbero state «insabbiate da un paio di pubblici ministeri» di quell'ufficio.
  Il testo dell'atto di sindacato ispettivo si sofferma, inoltre, anche sulla procedura di omologazione del concordato preventivo riguardante una delle società coinvolte nell'operazione e su una non meglio descritta procedura esecutiva intrapresa da alcuni creditori, entrambe incardinate presso il tribunale di Vicenza, formulando ulteriori quesiti in ordine alla loro regolarità.
  Sulla vicenda giudiziaria il Ministero ha disposto gli opportuni accertamenti dai quali è emerso quanto segue.
  Quanto al versante civilistico, la relazione del presidente del tribunale di Vicenza dà atto dell'avvenuta instaurazione della sola procedura di concordato preventivo citata dall'interrogante, evidenziando che dai relativi atti non emergono irregolarità di sorta. A conferma di ciò valga rimarcare che il provvedimento adottato a chiusura di detta procedura non è stato oggetto di gravame.
  Sul versante penalistico, dalla relazione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza è emerso che, dopo un supplemento di indagini ordinato dal giudice per le indagini preliminari a seguito di una prima richiesta di archiviazione, il pubblico ministero subentrato nella titolarità del fascicolo in seguito a tale prima fase ha presentato nuova richiesta di archiviazione avverso la quale è stata proposta opposizione, ancora
sub iudice.
  Ebbene, chiarito preliminarmente che ogni valutazione in ordine alla completezza e sufficienza degli elementi raccolti nel corso delle indagini in funzione dell'esercizio dell'azione penale e alle conseguenti iniziative processuali da assumere afferiscono al merito dell'attività requirente, come noto non sindacabile sotto il profilo disciplinare in virtù della clausola di salvaguardia sancita dall'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 109 del 2006, pare opportuno in ogni caso osservare che, allo stato, la vicenda non risulta ancora definita, rientrando tra le prerogative del giudice per le indagini preliminari quella di ordinare – ricorrendone i presupposti – l'imputazione coatta.
  Il prosieguo del procedimento sarà dunque doverosamente attenzionato e, laddove dovessero emergere condotte suscettibili di rilievo disciplinare imputabili ai magistrati coinvolti nella vicenda, saranno senz'altro assunte le opportune iniziative nell'esercizio dei poteri riconosciuti dalla legge.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ASCARI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in alcuni comandi dell'Arma dei Carabinieri della provincia di Modena è stata segnalata una gestione dello straordinario che parrebbe caratterizzata da una notevole mancanza di chiarezza e da evidenti squilibri. Si segnala, in particolare, un eccessivo ricorso a tale istituto a favore di una ristretta aliquota del personale;

   l'istituto del lavoro straordinario, introdotto con legge n. 231 del 1990, è concepito per rispondere a specifiche necessità operative, ovvero per soddisfare esigenze che non possono essere gestite durante il normale orario di lavoro;

   questo istituto non dovrebbe essere usato come strumento ordinario di programmazione del lavoro, ma dovrebbe essere assegnato solo per reali e straordinarie esigenze di servizio;

   numerose circolari del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri hanno ribadito che il lavoro straordinario deve avere carattere di eccezionalità e non può essere utilizzato in modo routinario;

   attualmente, vi sarebbero casi in cui una limitata quota di personale usufruirebbe sistematicamente del monte ore straordinario del reparto, a scapito di una distribuzione equa e rotazionale delle ore straordinarie tra tutti i dipendenti;

   questa gestione potrebbe causare danni economici a coloro che sono esclusi dall'assegnazione delle ore straordinarie e potrebbe favorire alcuni privilegiati. Inoltre, tale prassi potrebbe influenzare negativamente la valutazione del personale, poiché gli ufficiali preposti potrebbero considerare meno produttivi coloro che non beneficiano di ore straordinarie e più produttivi quelli che ne usufruiscono regolarmente;

   in tal senso, il Tribunale di Padova, con sentenza 8 marzo 2024 n. 171, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno da stress lavorativo causato da un eccesso di lavoro straordinario, evidenziando l'importanza della tutela della salute psicofisica dei lavoratori e il rispetto delle normative vigenti;

   la corretta gestione del lavoro straordinario è fondamentale per garantire l'equità, la trasparenza e il benessere psicofisico del personale, pertanto si rende necessaria una verifica sulla gestione delle ore straordinarie nei comandi della provincia di Modena e, eventualmente, l'adozione di misure correttive per garantire una distribuzione equa e rotazionale del lavoro straordinario –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche segnalate relativamente alla gestione del lavoro straordinario nei comandi dell'Arma dei Carabinieri della provincia di Modena;

   quali misure intenda adottare per verificare la corretta gestione delle ore straordinarie in tali Comandi e per assicurare che la distribuzione delle ore straordinarie avvenga in modo equo e rotazionale, nel rispetto delle normative vigenti e delle esigenze operativa;

   se non ritenga opportuno emanare nuove direttive o rafforzare quelle esistenti per garantire che l'assegnazione del lavoro straordinario risponda effettivamente a criteri di eccezionalità e non diventi uno strumento di favoritismo o di gestione ordinaria del lavoro.
(4-03076)

  Risposta. — Con riferimento alle problematiche segnalate dall'interrogante sulla gestione del lavoro straordinario nei comandi dell'Arma dei Carabinieri della provincia di Modena, si rende noto che l'analisi amministrativo-contabile relativa al 1° semestre 2024 non ha evidenziato criticità, in quanto è emerso che:

   il 9 per cento dei militari ha prestato un numero di ore di straordinario superiore alla media del reparto. Al riguardo, si evidenzia che si tratta di personale che ricopre ruoli di comando o che svolge funzioni istituzionali prioritarie, tra cui figurano comandanti di stazione, marescialli con funzioni vicarie dei comandanti di stazione, nonché ufficiali/agenti di P.G. assegnati a mansioni investigative ovvero impiegati presso comandi che assicurano l'unico presidio di polizia a competenza generale sul territorio;

   il 21,5 per cento ha svolto un numero di ore di straordinario molto inferiore (oltre il 50 per cento) rispetto alla stessa media, in ragione di vari fattori (per esempio svolgimento di corsi, situazioni sanitarie, pendolarismo, necessità personali o familiari), tenuti in debita considerazione, dai rispettivi comandanti.

  Si soggiunge che, nel corso delle visite e delle ispezioni effettuate dalla scala gerarchica, nessun militare ha rappresentato problematiche relative alla gestione dello straordinario, né sono emerse situazioni di stress a esso correlate.
Il Ministro della difesa: Guido Crosetto.


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Moussa Sangare, attualmente arrestato per l'omicidio di Sharon Verzeni, aveva confessato il crimine e precedentemente era stato denunciato per ben tre volte da sua madre e sua sorella per maltrattamenti e violenza domestica, l'ultima delle quali avvenuta a maggio 2024;

   le denunce presentate dalla famiglia di Sangare comprendevano anche minacce di morte rivolte alla sorella, con l'uso di un coltello, evidenziando un grave e reiterato comportamento pericoloso;

   nella casa occupata in cui viveva Moussa Sangare, i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato un cartone-sagoma con sembianze umane, utilizzato come tiro al bersaglio di coltelli, segnale evidente di un atteggiamento gravemente disturbato;

   nonostante i chiari e ripetuti segnali di pericolosità sociale, Sangare è rimasto libero di muoversi, lasciando la sua famiglia priva di un'adeguata protezione da parte delle istituzioni;

   questo ennesimo tragico evento dimostra un fallimento del sistema di prevenzione della violenza domestica e della protezione delle vittime, nonché una grave omissione nella gestione di un soggetto potenzialmente pericoloso –:

   di quali elementi dispongano sui fatti sopra esposti e se risulti, per quanto di competenza, quali siano stati i motivi per i quali non sia intervenuta l'adozione di misure preventive nei confronti di Moussa Sangare, nonostante le numerose denunce e gli evidenti segnali di pericolosità sociale;

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative di competenza, anche a carattere normativo, volte a una revisione delle procedure di gestione delle denunce di violenza domestica, affinché episodi simili non si ripetano e venga garantita una maggiore protezione alle persone vulnerabili, nonché a realizzare un intervento tempestivo nei confronti di soggetti pericolosi.
(4-03388)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si prende spunto dalla vicenda della morte di Sharon Verzeni, vittima di un «feroce» e «insensato» omicidio, per porre l'accento sul funzionamento degli strumenti del «codice rosso» a tutela delle vittime vulnerabili di reati di maltrattamenti e di violenza domestica.
  Il Ministero per avere contezza dei procedimenti che si sono susseguiti a carico dell'imputato, ha interpellato la competente autorità giudiziaria di Bergamo che, in data 27 settembre 2024, ha trasmesso apposita relazione a firma del Procuratore della Repubblica della quale si riportano alcuni stralci ostensibili, con esclusione degli elementi riferiti a procedimenti ancora in fase di indagini.
  «In data 1° febbraio 2024 veniva iscritto il procedimento penale n. 1262/24 mod. 2...(...)
ex articolo 572 del codice penale e assegnato all'interno del gruppo di lavoro specializzato.
  Il Pubblico Ministero titolare, valutate le risultanze d'indagine, in data 26 febbraio 2024 avanzava richiesta di archiviazione che veniva notificata il 19 giugno 2024 alle persone offese, le quali non presentavano opposizione.
  In data 13 maggio 2024 veniva iscritto nel registro delle notizie di reato nei confronti di Sangare Moussa un altro procedimento penale per il reato di cui all'articolo 572 del codice penale assegnato al gruppo di lavoro specializzato (...)»
  «In considerazione dei titoli di reato configurabili (lesioni intrafamiliari e maltrattamenti), i Carabinieri intervenuti, attenendosi alla previsione di cui all'articolo 347 comma 3 del codice di procedura penale, alle ore 23.30 dell'8 maggio 2024, comunicavano oralmente e senza ritardo quanto accaduto al Pubblico Ministero reperibile per il turno esterno, il quale disponeva:

   l'escussione della persona offesa in modo completo entro 3 giorni come previsto dall'articolo 362 comma 1-ter del codice di procedura penale;

   la trattazione urgente della comunicazione notizia di reato trattandosi di episodio riconducibile alla disciplina normativa riconducibile alla materia del “codice rosso”;

   la trasmissione per iscritto della comunicazione notizia di reato in via d'urgenza nella giornata del 9 maggio 2024.

  In data 9 maggio 2024 la comunicazione di notizia di reato, già comunicata oralmente, veniva trasmessa in forma scritta tramite portale alla Procura di Bergamo, completa della denuncia-querela presentata in data 9 maggio 2024...»
  In data 10 maggio 2024, in esecuzione della delega impartita dal Pubblico Ministero, la persona offesa veniva inoltre sentita a sommarie informazioni nel rispetto del termine di tre giorni
ex articolo 362 comma 1-ter del codice di procedura penale.
  Da tali dichiarazioni emergeva un quadro di maltrattamenti (...).
  Al fine di valutare l'eventuale sussistenza dei presupposti di applicazione delle misure cautelari entro il termine di 30 giorni dall'iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato, come previsto dall'articolo 362-
bis del codice di procedura penale, il Pubblico Ministero accertava se fossero accaduti ulteriori fatti rilevanti e se la persona sottoposta ad indagini fosse ancora convivente con le persone offese.
  A tal fine il Pubblico Ministero intratteneva contatti telefonici sia con gli operanti della Stazione dei Carabinieri di Capriate San Gervasio sia con il (...) difensore di fiducia nominato dalla persona offesa e apprendeva da entrambe le fonti che, dal 9 maggio 2024, non vi era più stato alcun tipo di contatto tra indagato e persone offese (madre e sorella) in quanto l'indagato si era allontanato definitivamente dall'abitazione.
  In data 22 maggio 2024 il difensore della persona offesa informava il P.M., per mezzo di una comunicazione scritta inviata per posta elettronica, di avere nuovamente incontrato la persona offesa, la quale gli aveva confermato che dal 9 maggio 2024 il fratello (...) si era allontanato dall'abitazione senza più farvi ritorno, se non in un'occasione per chiedere del cibo, e che non era in possesso delle chiavi dell'abitazione, risultando di fatto irreperibile (...)
  In considerazione dell'acquisizione di tali nuovi elementi di conoscenza, significativi in merito alle circostanze della relazione tra l'autore del reato e le persone offese, il Pubblico Ministero,(...) valutava che non vi fossero i presupposti per richiedere misure cautelari, concordando con la difesa anche sul fatto che era auspicabile intervenire parallelamente sul piano sanitario con il coinvolgimento dei servizi sociali e che la situazione sarebbe stata rivalutata in caso di sopravvenuta reperibilità dell'indagato e qualora avesse posto in essere altre condotte moleste.
  In sintesi, il Pubblico Ministero riteneva di non richiedere misure cautelari difettando l'attualità delle esigenze cautelari.
  Come sopra detto, la misura dell'allontanamento dalla casa familiare non era più attuale e attuabile essendosi l'indagato spontaneamente allontanato.
  Quanto alla misura del divieto di avvicinamento, che ora prevede la necessaria applicazione del cosiddetto braccialetto elettronico dinamico, è stata parimenti considerata l'attuale impossibilità di applicazione della misura in assenza dell'indagato e il fatto che l'applicazione del dispositivo comporta un sacrificio anche per la persona offesa, che deve acconsentire e collaborare all'applicazione sulla sua persona venendo limitati e controllati i suoi movimenti.
  Si evidenzia inoltre che l'indagato era incensurato e che dagli atti era emerso come il possibile pericolo di reiterazione riguardasse esclusivamente condotte poste in essere durante la convivenza/coabitazione (cessata, come sopra detto), non risultando ulteriori fatti violenti sintomatici di una pericolosità sociale che si fosse manifestata al di fuori del contesto familiare...
  In data 26 giugno 2024 il Pubblico Ministero emetteva avviso conclusioni indagini contestando... il reato di maltrattamenti nei confronti della propria madre ...e della sorella (...).
  Ulteriori contributi informativi sono stati richiesti al Ministero dell'interno, al fine di reperire elementi precisi anche sull'operato della polizia giudiziaria delegata al compimento delle indagini.
  Dalla relazione pervenuta, in data 30 settembre 2024, dalla Prefettura di Bergamo si evince che il personale della stazione Carabinieri di Capriate San Gervasio procedeva, attenendosi alla vigente disciplina, ad effettuare una serie di ulteriori accertamenti. In particolare:

   richiedeva una relazione sullo stato di salute mentale dell'indagato al medico di famiglia che riferiva di non avere mai avuto contatti con il nucleo familiare;

   richiedeva alla banca dati «Aria S.p.A.» eventuali accessi del nucleo familiare presso strutture sanitarie, che forniva risposta negativa;

   acquisiva le annotazioni di Polizia giudiziaria degli interventi effettuati dalle stazioni Carabinieri già intervenute;

   informava il Sindaco di Suisio e gli assistenti sociali per la valutazione su provvedimenti da assumere nei confronti dell'indagato e del nucleo familiare.

  Risulta, inoltre, che gli operanti di polizia giudiziaria, sempre in ossequio alla normativa in materia di «codice rosso» provvedevano, tra l'altro, a:

   consegnare alle vittime una locandina riportante i recapiti telefonici dei centri antiviolenza presenti sul territorio della provincia di Bergamo;

   escutere a sommarie informazioni testimoniali tutte le persone indicate dalle vittime;

   richiedere alla banca dati regionale «Aria S.p.A» eventuali accessi presso strutture sanitarie da parte della madre e della sorella dell'indagato, fornendo risposta negativa;

   accertare se l'indagato detenesse o meno armi e l'eventuale sussistenza di titoli di polizia che ne potessero giustificare il possesso.

  Orbene, dall'esame congiunto delle relazioni fornite e al netto delle valutazioni operate, nel caso concreto, dall'autorità giudiziaria procedente, emerge che sia l'Ufficio di Procura che la polizia giudiziaria delegata si siano scrupolosamente attenute alla normativa in materia di maltrattamenti e violenza domestica.
  Ciò premesso, deve evidenziarsi, sul piano generale della normativa riguardante il cosiddetto «codice rosso» che il Ministero della giustizia è da sempre impegnato concretamente nella predisposizione di piani di miglioramento delle disposizioni normative sui maltrattamenti e sulle violenze domestiche sia in un'ottica preventiva, adoperandosi per rendere pienamente efficaci i centri per uomini maltrattanti, per la prevenzione della recidiva, sia nel fornire alle vittime idonei strumenti di protezione e supporto, prevedendo la massima accelerazione delle procedure di gestione delle denunce di violenza domestica.
  Si ricorda che nella seduta del 14 settembre 2022 della Conferenza Stato Regioni è stata raggiunta l'intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano relativamente ai requisiti minimi dei Centri per uomini autori di violenza (CUAV).
  Il testo approvato è stato definito seguendo le indicazioni del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, predisposto secondo un percorso ampio e partecipato dalle istituzioni nelle diverse articolazioni territoriali e tenendo altresì conto delle indicazioni della Convenzione di Istanbul e delle raccomandazioni del GREVIO.
  L'obiettivo principale dei CUAV, come premesso, è quello di prevenire e interrompere la violenza, anche al fine di evitare la recidiva. In tale direzione, i CUAV sono chiamati ad attivare programmi integrati rivolti ai soggetti autori di violenza, incoraggiandoli ad adottare comportamenti non violenti, avendo sempre riguardo, così come previsto dall'articolo 16 della Convenzione di Istanbul, ad assicurare priorità alla sicurezza e ai diritti umani delle vittime, in stretto raccordo con i servizi specializzati di sostegno.
  È stato inoltre previsto di attivare una linea di intervento volta al monitoraggio dell'Intesa e alla valutazione dell'impatto derivante dall'implementazione dei programmi di recupero, anche nell'ottica della revisione dei requisiti prevista dall'Intesa stessa.
  In tal senso, la relazione del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) del maggio 2024 (rapporto di ricerca contenente i risultati della seconda indagine nazionale sui CUAV) fornisce elementi conoscitivi utili a dar conto dell'evoluzione della presenza e delle caratteristiche dei programmi di recupero, nella prospettiva di far luce sul tema dell'efficacia del trattamento, al centro di una richiesta di «rendicontazione» derivante dal ruolo che questi attori sono chiamati a svolgere ai fini della prevenzione e del contrasto alla violenza contro le donne.
  Inoltre, al fine di rafforzare il ruolo dei Centri nel sistema di protezione delle vittime, si evidenzia come il Governo sia attualmente impegnato nei lavori finalizzati alla stesura del decreto del Ministro della giustizia e l'autorità politica delegata per le pari opportunità (di cui all'articolo 18 della legge 168 del 2023) – in cui saranno stabiliti i criteri e le modalità per il riconoscimento e l'accreditamento degli enti e delle associazioni abilitati a organizzare percorsi di recupero destinati agli autori dei reati di violenza contro le donne e di violenza domestica – nonché nell'elaborazione di linee guida da adottare per lo svolgimento dell'attività dei medesimi enti e associazioni.
  Con specifico riferimento alla valutazione del rischio di recidiva di soggetti potenzialmente pericolosi, come noto, gli standard europei sottolineano l'importanza di realizzare un'accurata valutazione del rischio, finalizzata a monitorare l'
escalation della violenza e i rischi per la sicurezza delle vittime, e al riguardo i centri per uomini autori di violenza assumono un ruolo fondamentale.
  Un'adeguata valutazione del rischio di recidiva costituisce uno strumento fondamentale per la prevenzione della stessa e, in tale ambito, numerose sono le azioni positive del Governo, fortemente impegnato su più fronti.
  In primo luogo, risulta preminente la formazione degli operatori, che a vario titolo entrano in contatto con le donne vittime di violenza, che deve inevitabilmente tener conto del cambiamento culturale e passare per la rieducazione degli uomini autori di violenza.
  A tale fine il Ministero della giustizia, in occasione del contributo annuale alla redazione delle Linee programmatiche della Scuola superiore della magistratura, ha proposto di ampliare le sessioni formative sul tema della violenza di genere, valorizzando il profilo della condivisione di questi momenti con tutti gli operatori della giustizia che, a vario titolo, entrano in contatto con la vittima di violenza.
  E poiché la formazione deve abbracciare anche la fase del trattamento penitenziario, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, oltre ai percorsi formativi già attivati, ha avviato la necessaria interlocuzione con la Scuola di perfezionamento delle Forze di polizia del Ministero dell'interno per fruire di specifici moduli formativi.
  Ancora, nel quadro delle azioni positive intraprese in favore delle vittime di reato, evidenzio l'iniziativa finalizzata a creare il prototipo di un sito
web dedicato (Portale di informazione istituzionale in materia di protezione delle vittime di reato) nell'ambito del tavolo di coordinamento per la creazione di una rete integrata di servizi di assistenza alle vittime di reato, costituito per lo sviluppo di una apposita rete integrata di servizi, al fine della migliore sostenibilità ed efficienza degli interventi assistenziali e della fruibilità immediata dei servizi medesimi.
  Il Portale intende offrire alla vittima di reato un riferimento rapido per le situazioni di emergenza, percorsi chiari e puntuali sull'attuale sistema di assistenza operante in Italia e schede di informazione chiare e agilmente comprensibili, per migliorare la consapevolezza dei propri diritti e individuare le modalità più adeguate di accesso alla giustizia e ai servizi correlati.
  Infine, con la legge 24 novembre 2023, n. 168, recante «Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica», sono state già introdotte nuove e più incisive misure per rendere più efficace la protezione preventiva e ampliare la tutela delle vittime della violenza di genere.
  Ricordo che rimpianto di tale intervento normativo è frutto di una scelta di coerenza con il quadro normativo sovranazionale, in particolare con la Convenzione di Istanbul, e con le diverse pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo, che hanno evidenziato la necessità di intensificare, a livello statale, le misure positive di protezione.
  Tra le misure più rilevanti si evidenziano:

   l'estensione dell'ambito di applicazione della disciplina della misura di prevenzione dell'ammonimento del questore, sia d'ufficio che su richiesta della persona offesa, includendovi i cosiddetti reati-spia commessi nel contesto delle relazioni familiari e affettive, per i quali peraltro viene prevista la procedibilità d'ufficio;

   l'ampliamento dell'ambito di applicazione degli obblighi informativi nei confronti delle vittime di violenza – a carico delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche –, nonché delle misure a sostegno delle vittime di violenza domestica o sessuale;

   l'estensione dell'applicabilità delle misure di prevenzione personali, previste dal Codice Antimafia, anche ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati, prevedendo, per la misura della sorveglianza speciale, l'applicazione con modalità di controllo elettroniche (cosiddetto braccialetto), ferme restando la necessità del consenso dell'interessato e la verifica della fattibilità tecnica;

   al fine di velocizzare i processi, anche nella fase cautelare, l'estensione del novero delle fattispecie per le quali è assicurata trattazione prioritaria, includendovi diversi reati che si consumano in ambito familiare o in danno di familiari;

   l'obbligo (e non più la mera facoltà), per il Procuratore della Repubblica, di individuare uno o più procuratori aggiunti o uno o più magistrati addetti all'ufficio per la cura degli affari in materia di violenza contro le donne e domestica, al fine di soddisfare l'esigenza di formazione specialistica, anche del personale della magistratura, operante in questo delicato settore;

   l'introduzione di termini stringenti per la richiesta (per il pubblico ministero 30 giorni dall'iscrizione dell'indagato nell'apposito registro) e l'applicazione (per il giudice 20 giorni dal deposito dell'istanza) di misure cautelari;

   l'estensione dell'applicabilità delle sanzioni penali previste per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile;

   l'introduzione dell'arresto in flagranza differita per chi, entro le 48 ore dal fatto, sarà inequivocabilmente individuato quale autore di una delle condotte di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di maltrattamenti in famiglia e di atti persecutori;

   l'estensione dell'applicabilità della misura cautelare della custodia in carcere nel caso di manomissione dei cosiddetti braccialetti elettronici nonché l'applicabilità della misura dell'allontanamento dalla casa familiare anche al tentato omicidio e alla deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso;

   l'aggravamento degli obblighi a carico del condannato per accedere alla sospensione condizionale della pena, subordinandola alla partecipazione con esito favorevole a specifici percorsi di recupero;

   la semplificazione del meccanismo, in favore delle vittime o dei loro eredi, che vengano a trovarsi in uno stato di bisogno in conseguenza dei gravi reati previsti dalla legge n. 122 del 2016, per il conseguimento di una provvisionale a titolo di ristoro anticipato.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 29 agosto 2024, Saddiki, un cittadino marocchino di 54 anni detenuto presso il carcere di Reggio Emilia, è stato trovato morto nella sua cella, apparentemente a seguito di suicidio per impiccagione. La versione ufficiale fornita dalle autorità carcerarie sostiene che Saddiki si sia tolto la vita utilizzando una maglietta, legata alle grate della finestra della cella. Tuttavia, tale ricostruzione è fortemente contestata dai familiari del defunto, i quali ritengono improbabile che una persona della sua statura (circa 1.90-2 metri) possa aver eseguito tale gesto in quel modo;

   nei giorni precedenti alla sua morte, Saddiki aveva comunicato ai familiari di essere sereno e di contare i giorni che lo separavano dal ritorno in libertà, previsto tra Natale e Capodanno, seppure in regime di arresti domiciliari;

   la famiglia ha espresso dubbi sull'ipotesi del suicidio, chiedendo che la Procura faccia piena luce sui fatti, anche mediante l'acquisizione e la valutazione delle registrazioni della videosorveglianza interna al carcere –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e di quali informazioni disponga in merito alla morte di Saddiki nel carcere di Reggio Emilia;

   se siano state disposte indagini interne o ispezioni per verificare la correttezza delle procedure seguite dagli agenti penitenziari al momento del ritrovamento del corpo;

   se risulti che l'Istituto carcerario abbia trasmesso alle autorità competenti le registrazioni delle telecamere di videosorveglianza interne al carcere;

   quali iniziative di competenza anche di carattere normativo intenda adottare il Ministro interrogato per assicurare che da episodi del genere scaturiscano tutti gli approfondimenti necessari e che le famiglie delle persone detenute abbiano piena fiducia nella trasparenza e nella giustizia del sistema carcerario.
(4-03389)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, riferito al suicidio per impiccagione del detenuto Saddiki, cittadino marocchino di 54 anni, nel carcere di Reggio Emilia, si rappresenta quanto segue.
  Dalle notizie rese dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, opportunamente interessato, l'evento critico riguarda il detenuto Saddiki Abdeljalil, di nazionalità marocchina, ristretto presso il quarto reparto sud a trattamento intensificato della Casa circondariale di Reggio Emilia.
  Il detenuto Saddiki ha fatto ingresso presso gli istituti penali di Reggio Emilia il 6 ottobre 2022, serbando, nel tempo, una condotta scevra da sanzioni disciplinari e connotata da modalità relazionali adeguate.
  Lo stesso svolgeva la mansione di cuciniere e il 14 giugno 2024 aveva iniziato il corso professionale di ristorazione, che stava frequentando con serietà.
  Nel 2023 aveva conseguito la licenza media inferiore e stava partecipando al laboratorio teatrale. Il detenuto svolgeva colloqui ordinari con la moglie, l'ultimo dei quali risulta essere stato effettuato il 28 agosto 2024, il giorno prima dell'evento.
  Sennonché, alle ore 20:55 circa del 29 agosto 2024, all'atto della somministrazione della terapia da parte dell'infermiere di turno, l'agente addetto alla vigilanza della sezione, giunto dinanzi alla camera di pernottamento ove era ubicato il detenuto Saddiki, notava che la camera era buia e, chiamato il detenuto, non riceveva risposta.
  L'agente, pertanto, dopo aver illuminato la camera, accortosi che il detenuto era in piedi a ridosso della finestra, coperto da un telo bianco, provvedeva a richiedere l'intervento del preposto che, giunto sul posto, all'apertura della camera, constatava che il Saddiki aveva messo in atto un gesto anticonservativo mediante impiccamento alle sbarre della finestra per mezzo di una maglia.
  L'infermiere provvedeva subito a tagliare il cappio con una forbice e a eseguire le prime manovre di soccorso. Nel frattempo, arrivava il medico di turno che ne constatava il decesso alle ore 21:15.
  Alle ore 23:20, faceva ingresso in istituto la Croce Verde che, su disposizione del pubblico ministero di turno, provvedeva al ritiro della salma e al trasporto presso la camera mortuaria del cimitero di Coviolo; la camera di pernottamento veniva sottoposta a sequestro e si procedeva all'acquisizione dei video delle telecamere di videosorveglianza della sezione.
  Del decesso del detenuto la direzione dava comunicazione, per le vie brevi, alla consorte dello stesso.
  Come confermato dalla competente articolazione ministeriale, del tragico evento risulta pienamente investita l'autorità giudiziaria che ha prontamente dato corso alle indagini.
  Con nota del 24 settembre 2024, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia ha trasmesso la relazione che, per completezza di esposizione, si riporta integralmente di seguito.
  [...] si comunica che a seguito del decesso di SADDIKI Abdeljalil, [...] avvenuto il 29 agosto scorso all'interno degli I.I.P.P. di Reggio Emilia è stato aperto il procedimento n. [...] per il delitto previsto dall'art. 580 c.p., [...].
  L'Ufficio, nell'immediatezza dell'acquisizione della notizia del fatto, ha delegato il NIR dell'Amministrazione Penitenziaria all'acquisizione delle registrazioni delle telecamere del sistema di videosorveglianza interna all'istituto, attualmente sottoposte ad analitico esame.
  Questo l'evento critico, il dato drammatico dei suicidi all'interno del mondo carcerario obbliga chi porta responsabilità di Governo a interrogarsi, ogni volta, sulle cause più profonde di tale gesto e ad adoperarsi per prevenire il ripetersi di eventi tragici, che rappresentano al contempo un dolore privato e un fallimento pubblico.
  Per tale ragione, uno dei fronti su cui il Ministero della giustizia è maggiormente impegnato è quello del potenziamento della rete di assistenza psicologica con progetti di monitoraggio in corso da tempo. Prosegue inoltre l'opera di reclutamento di adeguato personale specializzato per rispondere alle crescenti esigenze riscontrate tra la popolazione carceraria.
  Per la prima volta, si rileva con soddisfazione, è stata integralmente coperta la pianta organica dei funzionari giuridico-pedagogici, di circa 1.100 unità.
  Per psicologi e psichiatri, il trasferimento della medicina penitenziaria al Servizio sanitario nazionale richiede ora la collaborazione con gli organi sanitari regionali e territoriali per l'erogazione dell'assistenza sanitaria presso gli istituti di pena. È in questo contesto che il Ministero sta costantemente interloquendo con la Conferenza Stato-Regioni, proprio per assicurare un tempestivo confronto sui temi dell'assistenza sanitaria, finalizzato all'attuazione di tutte le iniziative possibili a beneficio della popolazione carceraria.
  Anche sulla dotazione di risorse finanziarie, il Ministero è intervenuto con determinazione: per il 2024 le risorse a bilancio per i servizi di assistenza psicologica saranno di circa 14 milioni di euro, quasi il triplo dell'anno scorso.
  Al fine di realizzare una serie di interventi operativi atti non solo a ripristinare, bensì a incrementare ulteriormente l'assistenza psicologica negli istituti a livello nazionale, si è proceduto, dunque, alla presentazione alla Cassa delle ammende di due appositi progetti, già approvati.
  Il primo, denominato «Integrando Mediazione 2024», per l'importo di euro 1.000.000,00, al fine di incrementare l'assunzione di mediatori culturali; il secondo, denominato «Integrando Osservazione 2024», per l'importo di euro 4.000.000,00, per l'incremento delle assunzioni di esperti ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario.

  Inoltre, su richiesta dello scrivente, il Ministero della giustizia ha procurato un'integrazione di risorse pari a euro 5.000.000,00 sul bilancio, relativamente al capitolo di spesa 1766 p.g. 2, pertinente, per l'appunto, all'osservazione psicologica.
  Pertanto, le risorse messe a disposizione per il corrente esercizio finanziario sono state più che triplicate rispetto al 2023 (nel totale euro 14.491.406,00, a fronte di euro 4.491.406,00), al fine di fornire un valido supporto anche e soprattutto nell'ottica della prevenzione del rischio suicidario negli istituti penitenziari.
  Parallelamente all'attenzione mostrata dall'Amministrazione penitenziaria per il potenziamento del servizio psicologico prestato da professionalità esperte, in aderenza alle linee programmatiche per l'anno in corso, altrettanta priorità è stata data al lavoro. A tal riguardo, si segnalano le continue e costanti interlocuzioni istituzionali volte a realizzare progettualità di sviluppo e potenziamento di tale ambito.
  In particolare, l'avvio del PN 2021-2027, ovvero il Piano di utilizzo dei finanziamenti in attuazione della Convenzione stipulata il 31 maggio 2024 tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero della Giustizia, volto a favorire l'inclusione socio-lavorativa delle persone sottoposte a misura penale, anche tramite la riqualificazione degli spazi da adibire a laboratori produttivi e di formazione professionale.
  Sono, inoltre, in corso ulteriori iniziative interistituzionali volte ad attuare gli accordi e i protocolli d'intesa siglati con grandi gruppi industriali, al fine di realizzare percorsi formativi specifici volti all'inserimento lavorativo esterno.
  L'obiettivo primario che si intende perseguire è l'incremento del numero di detenuti occupati e l'acquisizione di competenze professionali che possano migliorare la gestione del tempo detentivo e favorire il reinserimento sociale.
  Inoltre, con nota 15 febbraio 2024 indirizzata all'Ispettore generale dei cappellani penitenziari, nell'ottica di attivare tutte le misure preventive atte ad arginare il fenomeno suicidario in carcere, è stata rafforzata la collaborazione e l'intervento dei cappellani, dei volontari e delle religiose che quotidianamente svolgono la propria missione a contatto con i detenuti, affinché, accompagnati da quella spiccata sensibilità che connota il loro approccio, sappiano cogliere con il dialogo, l'incontro e la preghiera, i segnali di malessere e disagio dei reclusi, segnalandoli tempestivamente.
  Nell'ambito delle azioni di prevenzione del fenomeno dei suicidi, si è inoltre immaginato di valutare l'uso di particolari tecnologie. Per questo motivo, è stata avviata una interlocuzione con l'Agenzia per l'Italia digitale (AGID), per valutare lo studio delle potenzialità della tecnologia applicata alla prevenzione dei suicidi negli istituti penitenziari, in modo da facilitare agli operatori un intervento preventivo e rapido nei casi in cui emergessero delle condizioni di
alert su intenti autolesivi o autoconservativi.
  Considerata la delicatezza dell'argomento e la necessaria natura multidisciplinare del problema, si è proceduto a formare un apposito Tavolo tecnico.
  Si evidenzia, inoltre, che la Direzione generale dei detenuti e del trattamento monitora costantemente la presenza dei piani locali e regionali di prevenzione del suicidio attraverso la consultazione dell'applicativo informatico 12 «presidi sanitari negli istituti penitenziari», a disposizione di questa Amministrazione, alimentato dalle stesse Direzioni penitenziarie.
  Si è dato, inoltre, un grande impulso alla diffusione e all'implementazione degli osservatori regionali permanenti sulla sanità penitenziaria e all'istituzione dei tavoli locali permanenti, attraverso l'attività congiunta delle direzioni di ciascun istituto penitenziario e delle competenti Aziende sanitarie locali.
  Da ultimo, atteso l'incremento dei fenomeni suicidari in ambito detentivo durante l'anno in corso, con nota 29 luglio 2024, sono state individuate ulteriori strategie preventive, sensibilizzando le articolazioni competenti a una revisione dei Piani locali di prevenzione, prevedendo la convocazione dello staff multidisciplinare nell'immediatezza di un gesto di autonocumento o di un tentativo di suicidio.
  Sul piano delle infrastrutture presso cui si svolge la vita in carcere, che accomuna tristemente popolazione detenuta e personale della polizia penitenziaria, la scelta del Governo è stata netta e strategica: la figura di un Commissario straordinario, appena introdotta, avrà il compito di attuare in tempi rapidissimi il piano nazionale di interventi per l'aumento del numero dei posti detentivi e per realizzare i nuovi alloggi destinati al personale di polizia penitenziaria.
  Il programma edilizio sarà imponente e andrà realizzato speditamente.
  Per contrastare l'emergenza del sovraffollamento, connesso pur'esso al fenomeno dei suicidi, il Governo Meloni, con il provvedimento di recente approvazione, ha favorito il ricorso alle misure alternative alla detenzione, prevedendo la limitazione della carcerazione preventiva, il trasferimento di minori e tossicodipendenti in comunità, l'istituzione di un elenco delle strutture residenziali idonee all'accoglienza e al reinserimento sociale di coloro non sono in possesso di un domicilio idoneo, la semplificazione della procedura per la concessione della liberazione anticipata, la possibilità di comunicare in termini più elastici e maggiori con le famiglie.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ASCARI, MORFINO, PAVANELLI, APPENDINO, FERRARA, IARIA, CANTONE, ILARIA FONTANA, BALDINO, L'ABBATE, ALFONSO COLUCCI, CAPPELLETTI, DONNO, CARMINA, FENU, FEDE, ALIFANO, RAFFA, LOMUTI e DELL'OLIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il processo penale contro Filippo Turetta ha visto l'esclusione delle associazioni femministe e di tutela dei diritti delle donne, che avevano richiesto di costituirsi parte civile;

   questa esclusione è stata motivata dalla procura, suscitando preoccupazioni su una possibile interpretazione restrittiva delle norme che regolano l'ammissione delle parti civili;

   il movimento femminista sin dagli anni Settanta ha alimentato la pratica della partecipazione delle donne ai processi penali che riguardavano altre donne, sia per manifestare solidarietà sia per esercitare un controllo pubblico sul trattamento riservato alle donne nelle aule di giustizia;

   questa pratica si è evoluta, grazie alla riforma del codice processuale penale, nella costituzione di parte civile delle associazioni femministe e di difesa dei diritti delle donne, come Differenza Donna, contribuendo a modificare la cultura giuridica e garantendo che nei processi penali relativi alla violenza di genere e al femminicidio fosse considerata l'esperienza delle donne, con un impatto rilevante per l'accertamento delle dinamiche criminali legate a tali fenomeni;

   tale prassi ha aperto la strada alla partecipazione di altre associazioni che operano in ambiti sociali di rilievo, dalla lotta alla mafia alla tutela dell'ambiente, che hanno potuto prendere parte ai processi penali;

   la Convenzione di Istanbul, ratificata dall'Italia nel 2013, impone agli Stati firmatari di garantire che la violenza di genere sia adeguatamente considerata nei procedimenti penali;

   tuttavia, l'esclusione delle associazioni femminili, motivata formalisticamente a fronte del riconoscimento unanime delle stesse presso altri uffici giudiziari italiani, potrebbe contravvenire agli obblighi internazionali della Convenzione di Istanbul;

   tale esclusione solleva dubbi sulla possibilità che non venga pienamente riconosciuto il contributo delle associazioni femministe nel garantire una visione completa della violenza di genere nei processi penali, rischiando di ridurre la tutela dei diritti delle donne vittime di violenza –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro, interrogato eventualmente anche promuovendo una consultazione pubblica con le associazioni e le parti che più hanno contezza delle prassi finora applicate, perché sia garantito il rispetto degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Istanbul nei processi relativi alla violenza di genere;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative volte a promuovere una revisione delle normative vigenti per assicurare che le associazioni femministe e di tutela dei diritti delle donne possano partecipare attivamente ai processi penali, in qualità di parte civile, come forma di tutela collettiva;

   quali iniziative di competenza siano state previste per garantire che i diritti delle vittime di violenza di genere siano pienamente rispettati e considerati nell'ambito dei procedimenti penali, evitando che vi siano lacune o pregiudizi istituzionali che limitino il riconoscimento della complessità del fenomeno.
(4-03538)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante, traendo spunto dall'esclusione delle associazioni di tutela dei diritti delle donne, costituitesi parte civile, dal processo penale contro Filippo Turetta, solleva specifici quesiti in ordine ad iniziative, anche normative, volte ad assicurare che le associazioni di tutela dei diritti delle donne possano partecipare attivamente ai processi penali, in qualità di parte civile, come forma di tutela collettiva, si rappresenta quanto segue.
  Sulla specifica vicenda giudiziaria, con nota del 31 ottobre 2024, il presidente della Corte di appello di Venezia, opportunamente interpellato dalla competente articolazione ministeriale, ha trasmesso copia dell'ordinanza adottata all'udienza del 23 settembre 2024 dalla Corte di assise di Venezia, ove sono evidenziate le specifiche ragioni addotte a motivazione della pronuncia.
  Invero, dalla lettura delle motivazioni dell'ordinanza emerge che l'esclusione delle associazioni rappresentative degli interessi lesi dal reato nonché degli enti territoriali, costituitisi parte civile, è stata determinata sia dalla ritenuta carenza dei requisiti formali che deve contenere la dichiarazione di costituzione di parte civile, indicati a pena di inammissibilità, dall'articolo 78 del codice di procedura penale, sia, per alcuni di essi, dalla carenza di legittimazione
ad causam a costituirsi parte civile.
  Queste le motivazioni della esclusione della parte civile dal processo, di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria investita del processo, nell'esercizio della propria funzione giurisdizionale, si osserva che il nostro sistema processuale penale consente pacificamente la costituzione di parte civile dei cosiddetti enti esponenziali, anche non riconosciuti, nonché degli enti territoriali, rappresentativi di interessi lesi dal reato, che avanzino,
iure proprio, la pretesa risarcitoria.
  In particolare, il danno patrimoniale o non patrimoniale, che tali enti assumono di aver subito per effetto del reato, deve essere conseguenza immediata e diretta del reato e deve consistere nell'offesa all'interesse perseguito dall'ente e posto nello Statuto quale ragione istituzionale della propria esistenza ed azione concreta, con la conseguenza che ogni attentato a tale interesse si configura come lesione di un diritto soggettivo inerente la personalità o identità dell'ente.
  Ciò in quanto il danneggiato – cui ai sensi degli articoli 185 del codice penale e 74 del codice di procedura penale spetta il risarcimento e che si può, ma non si deve necessariamente, identificare con il soggetto passivo del reato in senso stretto – è chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all'azione o all'omissione del soggetto attivo del reato.
  La legittimazione all'azione civile nel processo penale, al pari della legittimazione ad agire nel processo civile, va ovviamente verificata alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dalla parte a fondamento dell'azione, in relazione al rapporto sostanziale dedotto in giudizio.
  È possibile, infatti, eccepire l'inammissibilità della costituzione di parte civile per la carenza di
legitimatio ad causam ogniqualvolta risulti che il soggetto intenzionato ad esercitare l'azione civile nel processo penale non sia in realtà qualificabile come danneggiato dal reato per cui si procede.
  Come pure la sanzione dell'inammissibilità è prevista in caso di carenza di
legitimatio ad litem o di difetto dei requisiti formali dell'atto di costituzione o di inosservanza del prescritto termine di decadenza o per intervenuta sentenza di merito in sede civile.
  Inoltre, al di fuori delle ipotesi tassativamente disciplinate dall'articolo 74 del codice di procedura penale per la costituzione di parte civile e appena descritte e, in particolare, di un danno
iure proprio, gli enti e le associazioni portatori di interessi superindividuali di particolare rilievo sociale possono intervenire nel processo penale non quali parti civili ma, a sostegno dell'accusa, ai sensi e nelle forme dell'articolo 91 dello stesso codice con poteri identici a quelli della persona offesa al cui consenso è subordinato l'esercizio dell'intervento stesso.
  In definitiva, gli strumenti offerti dal sistema processuale penale alle associazioni, ivi comprese quelle che hanno come finalità statutarie la tutela dei diritti delle donne, per perseguire i nobili obiettivi anche all'interno del processo penale, rappresentano un rafforzato presidio posto a salvaguardia degli interessi superindividuali nonché a tutela degli enti medesimi.
  La tutela di tali enti, infatti, rappresenta e consente una sorta di garantismo «sociale» nell'ambito del quale il processo non è più solo salvaguardia dell'individuo ma anche delle associazioni, riconosciute e non, che reclamano un accesso alla giustizia per la tutela dei propri interessi.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   BALDELLI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 28 settembre 2024, l'Università Roma Tre ha programmato un evento dal titolo «Laboratorio per bambini trans e gender creative»;

   nella locandina con cui si è pubblicizzato l'evento si poteva leggere, tra l'altro: «un progetto di ricerca con strumenti ludico-creativo per ascoltare e accogliere le storie di bambin* e ragazz* (dai 5 ai 14 anni) condotto da ricercator* della comunità e da un'insegnante montessoriana»;

   a seguito delle forti critiche e proteste che l'iniziativa ha suscitato nell'opinione pubblica, il laboratorio, come appreso dalla stampa, si sarebbe tenuto in forma riservata presso il dipartimento di scienze della formazione della medesima università;

   l'evento ha ottenuto l'approvazione del Comitato etico dell'università e sembra essere stato finanziato con fondi pubblici;

   sono apparse dichiarazioni del rettore dell'università secondo cui il laboratorio servirebbe a «far progredire la comprensione e la consapevolezza delle diversità di genere» dei bimbi e a far «aumentare il loro riconoscimento sociale» –:

   se risulti quali siano le fonti di finanziamento del progetto «Laboratorio per bambini trans e gender creative»;

   nel caso si abbia riscontro della loro natura pubblica, quanti fondi pubblici siano stati allocati dalla università citata in premessa per la realizzazione del ridetto progetto e se le finalità dello stesso siano rispondenti ai criteri del bando pubblico;

   qualora non vi sia rispondenza con il bando pubblico, quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministero interrogato;

   più in generale, quali e quanti siano i fondi pubblici di provenienza ministeriale utilizzati dall'università citata in premessa per attività legate a bandi inerenti a temi sulla identità sessuale e la questione di genere.
(4-03553)

  Risposta. — Con riguardo ai quesiti posti dall'interrogante, si precisa che il Ministero dell'università e della ricerca ha provveduto a richiedere all'università di Roma Tre elementi utili di risposta in merito alla questione rappresentata.
  Nella nota di riscontro, l'università ha evidenziato che il cosiddetto «Laboratorio per bambini
trans e gender creative», tenutosi lo scorso 28 settembre presso Roma Tre, rappresenta una delle fasi del progetto di ricerca denominato: «Listening To Transgender and Gender-Diverse Children: Counteract Gender-based Violence through Agency and Empowerment/In ascolto dei/lle bambini/e transgender e gender-diverse: contrasto alla violenza alle minoranze di genere attraverso il riconoscimento della loro agency e il loro empowerment». Secondo quanto riportato dall'Ateneo, il progetto di ricerca consiste in «uno studio scientifico di natura qualitativa volto a indagare il vissuto emotivo e sociale di bambini/e e ragazzi/e con espressioni e/o identità di genere non normativa, riconosciute dall'organizzazione Mondiale della Sanità».
  Il rettore dell'università ha specificato che tale progetto di ricerca, e di conseguenza il laboratorio, non hanno ricevuto alcun finanziamento né dal Ministero dell'università e della ricerca, né dallo stesso ateneo, né hanno avuto accesso ad altre risorse a valere sui fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
  In particolare, trattandosi solo di una fase di studio, il laboratorio non costituisce un corso o un insegnamento. Come comunicato, si tratta di una iniziativa «che non prevede in alcun modo attività finalizzate a influenzare i minori su questioni legate al genere. Come in molte altre ricerche, gli strumenti per raccogliere le storie e i vissuti personali, in ragione dell'età delle persone coinvolte, sono di carattere ludico-ricreativo. Inoltre, le attività proposte durante rincontro non fanno riferimento diretto all'espressione di genere dei bambini e delle bambine».
  Come evidenziato dal rettore, il progetto avviato dall'università, in collaborazione con altre sedi universitarie, è stato approvato dalla commissione etica dell'ateneo, che ha verificato che i partecipanti alla ricerca siano tutelati e che siano rispettati i criteri di correttezza scientifica.
  A seguito di un ulteriore approfondimento, il rettore, per le vie brevi, ha inoltre riferito che tra il personale coinvolto in tale iniziativa risulta esserci una ricercatrice, alla quale è stato riconosciuto un finanziamento nell'ambito del programma Prin 2022-Pnrr, destinato al finanziamento di progetti di ricerca pubblica di base. Quest'ultimo progetto di ricerca – che riguarda il linguaggio di odio online nella vita quotidiana degli adolescenti – non prevede la realizzazione di alcun laboratorio, compreso quello citato nella presente interrogazione. Esso risulta, pertanto, totalmente estraneo al progetto finanziato.
  Ciò è confermato anche dalla natura e tipologia di ricerca finanziata a valere sui bandi Prin, ossia bandi di ricerca fondamentale. Viceversa il laboratorio in questione costituisce un esempio di ricerca applicata, che non rientra tra le finalità e le tipologie di attività di ricerca previste nei bandi Prin.
  Nella consapevolezza che le Università sono il luogo primario per la libera ricerca e la formazione, e che gli Atenei godono di autonomia didattica e scientifica, il Ministero dell'università e della ricerca, nell'ambito delle proprie competenze, continuerà a vigilare sulla congruità e la corrispondenza tra le finalità dei bandi di concorso per le attività di ricerca e i rispettivi progetti di studio, garantendo una corretta gestione e utilizzo delle risorse pubbliche stanziate per l'organizzazione di percorsi formativi idonei, basati esclusivamente su teorie di comprovata rilevanza scientifica.
  

Il Ministro dell'università e della ricerca: Anna Maria Bernini.


   BICCHIELLI, CAVO e PITTALIS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come si evince dagli articoli apparsi sul quotidiano Libero del 13 luglio 2024 dal titolo Il dossier illecito che ha preceduto l'indagine e il quotidiano Il Tempo dal titolo La passione di Striano per i leader di Noi Moderati e Nordio smonta l'indagine, vi sono numerosi collegamenti tra l'inchiesta che a Genova ha interessato anche il presidente Giovanni Toti e il procedimento penale pendente a Perugia in merito ai cosiddetti «dossieraggi» presso la Procura nazionale antimafia che vede coinvolto anche l'ufficiale di polizia giudiziaria Pasquale Striano;

   l'ex presidente della regione Liguria, Toti è stato fra le persone oggetto di «spionaggio» asseritamente illecito da parte dell'ufficiale della Guardia di Finanza Pasquale Striano;

   nonostante mandanti e finalità di tale attività di dossieraggio siano oggetto di accertamenti ancora in corso, è emerso nell'ambito delle indagini condotte dalla procura della Repubblica di Perugia che il giornalista del quotidiano Domani, Giovanni Tizian, avrebbe chiesto allo Striano informazioni sull'ex presidente Toti, e che a tale richiesta sarebbero seguiti accessi abusivi alle banche dati di cui in data 8 novembre 2021 come risulta dall'invito per la presentazione di persona sottoposta alle indagini n. 2313/2023 R.G. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia;

   a tali accessi illegali a dati sensibili a più riprese hanno fatto seguito, nei giorni successivi, articoli di stampa sul quotidiano Domani tutti a firma del giornalista Giovanni Tizian;

   nel dettaglio: 22 novembre 2021 «Inchiesta su chi paga l'ascesa di Toti», 23 novembre 2021 «Toti e i soldi dell'armatore grandi affari per chi paga i comitati del presidente», 24 novembre 2021 «A Toti soldi dagli armatori del porto tra loro anche i soci di Fincantieri», 25 novembre 2021 «Soldi a Toti dall'azienda legata ad Esselunga: i sospetti dell'antiriciclaggio sull'affare», 26 novembre 2021 «Nomine, soldi e spese dai comitati di Toti ai conti del Presidente»;

   in particolare tali articoli, pubblicati tre anni prima dell'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell'ex presidente Toti, ricalcavano sostanzialmente i medesimi contenuti dell'inchiesta genovese nell'ambito della quale l'ordinanza sarebbe stata emessa;

   nel medesimo periodo, inoltre, gli stessi temi erano oggetto di campagne politiche e mediatiche portate avanti dalle forze di opposizione del consiglio regionale Ligure, e in particolare dal candidato presidente avversario, Ferruccio Sansa, il quale in data 24 novembre 2021, in contemporanea agli articoli pubblicati dal Domani, ed agli accessi illegali di Striano, firmava sullo stesso quotidiano, come capo dell'opposizione, un intervento dal titolo «La Liguria è il modello disastroso della nuova politica» contenente contestazioni analoghe a quelle che tre anni dopo, nel maggio 2024, sarebbero state mosse dalla procura della Repubblica di Genova nei confronti dell'ex Presidente Toti;

   da quanto emerso in merito all'inchiesta in corso a Perugia sui dossieraggi nella Direzione nazionale antimafia, diverse attività illecite di Striano, temporalmente coincidenti con la genesi dell'inchiesta della Procura di Genova, sarebbero scaturite dal suggerimento o suggestione di ignoti informatori;

   nel corso della trasmissione televisiva «Omnibus» su «La7» del 20 luglio 2024 un autorevole deputato di AVS ha affermato: «Il nostro Ferruccio Sansa, il nostro consigliere regionale, è stato colui che ha anticipato tutto ciò poi che è venuto fuori dall'inchiesta» –:

   se il Ministro interrogato abbia avviato o intenda avviare iniziative ispettive in relazione alle fughe di notizie che hanno contrassegnato le attività giudiziarie di cui in premessa, quali eventualmente ne siano gli esiti – posto che si auspica siano da escludere eventuali collegamenti, anche indiretti, tra le vicende oggetto di indagine a Perugia e la genesi del procedimento genovese.
(4-03351)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, preliminarmente si rappresenta che, in relazione alla vicenda nello stesso tratteggiata dei cosiddetti «dossieraggi» presso la Procura nazionale antimafia, è aperto un procedimento penale dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, tuttora pendente nella fase delle indagini preliminari, con conseguente operatività del segreto investigativo.
  Per l'effetto, il Ministero non ha contezza delle fughe di notizie, citate dall'interrogante, né dei rapporti tra l'ufficiale della Guardia di finanza Striano e i giornalisti del quotidiano
Domani, né di eventuali collegamenti, anche indiretti, tra le vicende oggetto di indagine a Perugia e la genesi del procedimento genovese che ha visto coinvolto l'ex Presidente della regione Liguria, Giovanni Toti.
  Nondimeno, la vicenda continuerà ad essere adeguatamente monitorata e, laddove dovessero emergere condotte suscettibili di rilievo disciplinare imputabili a magistrati, saranno esercitate le prerogative istituzionali riconosciute dalla legge.
  Ciò posto, appare doveroso rammentare in questa sede come l'attuale disciplina posta a tutela del segreto istruttorio non può subire deroghe dal diritto di cronaca se non nei limiti in cui il legislatore lo consente.
  Le modifiche da ultimo introdotte dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, cosiddetta «legge Nordio», hanno proprio lo scopo di rafforzare la tutela dei soggetti, anche estranei al procedimento penale, rispetto alla circolazione delle informazioni acquisite all'interno del procedimento stesso.
  Il Governo continuerà incessantemente a tutelare e, al contempo, ad assicurare il giusto bilanciamento dei valori costituzionali della libertà e segretezza di ogni forma di comunicazione, della libertà di espressione e di informazione, essenziali per il funzionamento della democrazia.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   CASO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° agosto 2024, il Ministero dell'istruzione e del merito ha pubblicato la valutazione dei titoli culturali, di servizio e professionali della procedura di reclutamento riservata di dirigenti scolastici, decreto ministeriale 8 giugno 2023, n. 107;

   immediatamente dopo la pubblicazione ad avviso dell'interrogante è emersa in tutta la sua gravità la plateale distonia della valutazione dei punteggi tra la prova sostenuta espressa in decimi e i titoli che sono rimasti calcolati in trentesimi così come previsto nella tabella A allegata al decreto ministeriale n. 138 del 2017;

   per potere estrinsecare l'assurdità di questa valutazione occorre ricostruire brevemente la vicenda che prende le mosse dal concorso dirigenti scolastici 2017 di cui il concorso riservato 2024 ne rappresenta la coda. Infatti, nel concorso 2017 i punteggi erano così attribuiti: fino a 100 punti per la prova scritta, fino a 100 punti per la prova orale e fino a 30 punti per i titoli. Quindi chiaramente i titoli pesavano 30/230 anche in seguito alle disposizioni generali inerenti ai concorsi pubblici contenute nell'articolo 8, decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 82 del 2023, si precisa inequivocabilmente che la valutazione dei titoli non può determinare un punteggio superiore a 1/3 della valutazione complessiva;

   in contrasto con quanto disposto in via ordinamentale, invece, il concorso riservato dirigenti scolastici 2024 ha preso tutta un'altra piega. Intanto l'unica prova a cui sono stati sottoposti i candidati è stata valutata in decimi creando già una discrasia con il concorso del 2017 ed inoltre, corre l'obbligo ribadire, i titoli rimangono valutati in trentesimi, quindi valgono 3 volte la prova, scritta o orale, sostenuta in luogo dei princìpi generali dell'ordinamento che impone che la valutazione dei titoli eventuale sia massimo di un terzo;

   sarebbe facile da parte dell'Amministrazione ribadire che si è dato seguito a quanto previsto nel bando che fa riferimento alla tabella dei titoli del concorso 2017 ma questa sarebbe una lettura strumentale e finalizzata a dimostrare la correttezza della procedura, dimenticando però che il riferimento è solamente formale e riferito alla tipologia dei titoli valutabili e non al valore dei titoli che sarebbero dovuti «pesare» tanto quanto nel concorso del 2017 e, se si vuole, anche nel nuovo concorso ordinario 2023 oltre che, come già detto, nelle regole generali dell'ordinamento;

   risulta all'interrogante, inoltre, che l'Amministrazione abbia chiesto parere anche all'Avvocatura di Stato che ha indicato come necessaria la riparametrazione del punteggio dei titoli. Sembrerebbe quindi quantomeno bizzarro che l'Amministrazione non tenga in debita considerazione neanche il parere del suddetto autorevole organo che dovrebbe poi difendere l'azione dell'amministrazione in un eventuale, ma più che probabile, contenzioso. A giudizio dell'interrogante, la stranezza della procedura potrebbe portare a pensare che si voglia agevolare nella graduatoria definitiva chi ha superato solo sufficientemente l'unica prova concorsuale ma che possiede un cospicuo punteggio nei titoli pervenendo, però, ad un illogica, immotivata oltre che ingiusta disparità di trattamento –:

   se il Ministro interrogato non ritenga urgente adottare iniziative di competenza per intervenire al fine di rivedere la valutazione dei titoli del concorso riservato di cui al decreto ministeriale 8 giugno 2023, n. 107 procedendo alla riparametrazione in maniera proporzionale al concorso ordinario dirigenti scolastici 2017 tale da non falsare la graduatoria dando, altresì, seguito a quanto previsto nell'ordinamento in materia di concorsi pubblici secondo cui la valutazione dei titoli non può determinare un punteggio superiore a 1/3 della valutazione complessiva, correggendo dunque l'attuale impostazione secondo cui i titoli valgono 3 volte la prova sostenuta.
(4-03289)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si rappresenta che l'Amministrazione, nell'ambito della procedura di reclutamento riservata di dirigenti scolastici di cui al decreto ministeriale 8 giugno 2023, n. 107 ha pubblicato lo scorso agosto in via provvisoria la valutazione dei titoli culturali, di servizio e professionali dichiarati in domanda dai candidati che hanno superato la prova di accesso al corso intensivo di formazione e che hanno sostenuto la prova finale del medesimo corso.
  A seguito di tale pubblicazione, è stata aperta, nei successivi cinque giorni, la fase degli eventuali reclami dei candidati avverso i punteggi ottenuti, al fine di consolidare celermente il punteggio dei titoli e adottare la graduatoria definitiva per procedere alle immissioni in ruolo dei dirigenti scolastici di nuova nomina in tempo utile al corretto avvio dell'anno scolastico.
  Terminata tale fase, con decreto ministeriale n. 2187 del 9 agosto 2024 è stata approvata la graduatoria generale nazionale della procedura di reclutamento riservata di dirigenti scolastici.
  Si precisa che per la definizione della graduatoria, si è tenuto conto dell'articolo 5, comma 11-
sexies, del decreto-legge n. 198 del 2022 secondo il quale la partecipazione al corso intensivo di formazione è stata consentita ai candidati con un punteggio pari ad almeno 6/10.
  In applicazione di detto disposto, l'articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale n. 107 del 2023 ha previsto che superano la prova i candidati che conseguono un punteggio complessivo pari o superiore a 60/100 specificando altresì che il punteggio ottenuto dai candidati alla prova di accesso al corso intensivo di formazione deve essere convertito su base decimale, mantenendo la frazione decimale eventualmente conseguita dal candidato.
  L'articolo 11 del medesimo decreto ha, inoltre, stabilito che, per quanto non previsto dallo stesso decreto, valgono le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994. Quest'ultimo, in particolare, all'articolo 8, comma 2, prevede che per i titoli non può essere attribuito un punteggio complessivo superiore a 10/30 o equivalente. Pertanto, si è proceduto, in ossequio alle citate disposizioni normative valevoli per tutti i concorsi della Pubblica amministrazione, alla conversione su base decimale del punteggio attribuito ai titoli in conformità al punteggio della prova di cui al citato articolo 5, comma 11-
sexies del decreto-legge n. 198 del 2022.
  La graduatoria, quindi, è stata redatta ai sensi dell'articolo 9 del più volte richiamato decreto ministeriale n. 107 del 2023, sommando il punteggio su base decimale della prova, fino ad un massimo di 10 punti, ed il punteggio su base decimale – e non in trentesimi, come erroneamente riportato dall'interrogante – dei titoli, fino ad un massimo di 3 punti.
  In ultimo, si ricorda che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione quarta
quater, nella camera di consiglio dell'8 ottobre 2024, si è espresso favorevolmente nei confronti del Ministero dell'istruzione e del merito confermando la bontà della predetta ricostruzione giuridica.
  Il Giudice amministrativo ha infatti revocato, in continuità con quanto deciso alla precedente udienza del 5 settembre 2024, i provvedimenti presidenziali di sospensione cautelare della graduatoria, emessi ad agosto.
  Sono stati fatti salvi, quindi, gli atti sulla base dei quali il Ministero ha provveduto ad attribuire i punteggi per i titoli dei candidati inclusi nella graduatoria: il TAR, dando pienamente ragione all'operato del Ministero dell'istruzione e del merito ha, inoltre, condiviso l'intento dell'amministrazione di ridurre il ricorso all'istituto delle reggenze, che produce inevitabili e gravose ricadute sulle procedure organizzative e gestionali delle stesse scuole.
  Infine, si informa che proprio il 18 ottobre 2024, subito dopo la pubblicazione delle motivazioni dei provvedimenti giurisdizionali favorevoli all'Amministrazione, sono state date indicazioni agli uffici scolastici regionali al fine di provvedere celermente alle nomine in ruolo dei vincitori del concorso in parola.

Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.


   CASO, AMATO e ORRICO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione e del merito ha introdotto per l'anno scolastico 2024-25 i nuovi criteri di pesatura delle istituzioni scolastiche, un sistema di classificazione che determina la complessità di gestione degli istituti e, di conseguenza, lo stipendio dei dirigenti scolastici;

   i nuovi criteri dovrebbero riflettere la complessità delle scuole basandosi su vari fattori, tra cui il numero di studenti e il contesto socio-economico, tuttavia, da parte del sindacato dirigenti scuola, si osserva paradossalmente un risultato, in molti casi, contrario alle premesse: scuole situate in contesti difficili, a rischio dispersione, con carenze di risorse strutturali risultano collocate nella fascia più bassa di classificazione;

   il nuovo sistema di classificazione ha infatti portato a una riduzione generale del numero di scuole nelle fasce più alte;

   la reazione dei dirigenti scolastici è stata immediata e fortemente critica, in quanto molti di loro si sono visti improvvisamente declassati e con una significativa riduzione dello stipendio fino a 500 euro lordi, senza una chiara spiegazione dei motivi;

   i dirigenti scolastici hanno anche criticato la mancanza di trasparenza nel processo decisionale. Molti lamentano di non aver ricevuto spiegazioni chiare sui nuovi criteri e di essere stati informati solo a decisioni già prese;

   sempre a detta del sindacato: «Ad alimentare le preoccupazioni della categoria sono stati anche i decreti emessi che in solo 48 ore, hanno proceduto a ben quattro rettifiche dei provvedimenti pubblicati aumentando il convincimento che ancora molti errori si celano nelle pieghe delle decisioni ministeriali»;

   alla legittima richiesta di chiarimenti, il Ministero dell'istruzione e del merito ha risposto respingendo le accuse di approssimazione nella definizione dei punteggi e delle fasce di complessità, spiegando che le rettifiche successive riguardano solo un numero limitato di scuole; inoltre, il Ministero assicura che non ci sono stati tagli agli stipendi dei dirigenti scolastici in quanto una clausola di salvaguardia garantisce che nessun dirigente subisca una riduzione stipendiale nel caso in cui la sua scuola passi a una fascia inferiore;

   nonostante le rassicurazioni del Ministro, le testimonianze dei dirigenti che si sono visti decurtare lo stipendio sono molteplici e con esse i numerosi errori di valutazione e continuano a restare inascoltate le istanze di maggiore trasparenza –:

   se a fronte dell'adozione di un metodo frettoloso e approssimativo, che ha portato a dei punteggi parziali e ad errori, non ritenga opportuno procedere all'annullamento dei nuovi criteri di pesatura e ad ascoltare le istanze di maggiore coinvolgimento e trasparenza in tutte le fasi procedimentali di definizione degli stessi.
(4-03462)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame si precisa preliminarmente che l'adozione dei nuovi criteri per la pesatura delle istituzioni scolastiche è il risultato di un lungo e approfondito processo di analisi e di confronto con i sindacati. Tali criteri sono stati sviluppati con l'obiettivo di armonizzare la complessità delle scuole italiane e di tener conto delle diverse realtà presenti nel territorio, anche ai fini della definizione delle fasce retributive dei dirigenti scolastici.
  Tra le principali novità figura l'introduzione dell'indicatore dello stato economico, sociale e culturale (ESCS), che consentirà di considerare in modo più accurato le condizioni economiche, sociali e culturali degli studenti iscritti in ciascuna scuola. Questo indicatore, insieme ad altri nuovi criteri, contribuirà a una classificazione più precisa della complessità delle istituzioni scolastiche.
  Contrariamente a quanto affermato dall'onorevole interrogante, nonostante l'adozione di questi nuovi criteri, la percentuale di scuole in ciascuna fascia di complessità subisce variazioni marginali. Per l'anno scolastico 2024-2025, le scuole in fascia A rappresenteranno il 22 per cento del totale, pari a 1.671 istituzioni, rispetto alle attuali 1.760. Le scuole in fascia B saranno 4.934, contro le precedenti 5.160, e quelle in fascia C saranno 994, a fronte delle attuali 1.169.
  Alla luce di queste minime variazioni, il Ministero ha creato un sistema più equo e rappresentativo delle reali condizioni delle scuole. A tal proposito si ricorda che il Ministero ha avuto modo di chiarire come la definizione dei provvedimenti relativi alla determinazione dei punteggi e delle fasce di complessità si sia svolta con la massima trasparenza, senza alcun errore o mancanza di chiarezza. Le successive e puntuali rettifiche, dovute a casi particolari (come le scuole dimensionate e quelle di nuova istituzione), hanno riguardato un numero limitato di istituti.
  Il Ministero ha inoltre assicurato che non vi è stato alcun taglio agli stipendi dei dirigenti scolastici, poiché la clausola di salvaguardia prevista dal Contratto collettivo nazionale integrativo – Area istruzione e ricerca (Dirigenza scolastica), del 1° agosto 2023, garantisce che nessun dirigente subirà una riduzione stipendiale nel caso in cui la scuola passi a una fascia inferiore.
  Inoltre, il Ministero ha precisato che la retribuzione di risultato non sarà collegata alla fascia di pesatura, ma dipenderà esclusivamente dai risultati ottenuti dal dirigente scolastico. A tal proposito, si segnala che, ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 71 del 2024, convertito con modificazioni dalla legge n. 106 del 2024, dal 2024-2025 è in vigore un nuovo sistema di valutazione dei dirigenti scolastici basato su obiettivi concreti e sui risultati effettivamente raggiunti.
  A conferma dell'impegno del Ministero nella valorizzazione del lavoro dei dirigenti scolastici, si ricorda che, lo scorso agosto, è stato sottoscritto in via definitiva il nuovo contratto per i dirigenti scolastici. Questo prevede aumenti salariali di 260 euro mensili, finanziati con risorse ordinarie, di cui 195 euro destinati alla componente fissa della retribuzione (stipendio tabellare e posizione fissa), e introduce significativi incrementi del / fondo nazionale unico per la retribuzione di posizione e di risultato.
  Infine, si rassicura che il Ministero si impegna a monitorare gli effetti dei nuovi criteri e a mantenere un dialogo costruttivo con i sindacati, al fine di migliorare costantemente l'attribuzione delle fasce alle istituzioni scolastiche negli anni a venire.
  

Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.


   CASO, AMATO e MORFINO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   il primo concorso previsto dal PNRR e finalizzato al reclutamento del personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado, indetto con decreto del direttore generale n. 2575 del 6 dicembre 2023, ha registrato numerosi ritardi a causa della mancanza di commissari e ha messo a forte rischio la buona riuscita delle procedure di immissione in ruolo entro il termine ordinario del 31 agosto 2024;

   per ovviare a ciò, durante la conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2024, è stata inserita una disposizione che ha previsto, per il solo anno scolastico 2024/2025, la possibilità di completare le procedure di immissione in ruolo entro il 31 dicembre 2024, attingendo dalle graduatorie di merito pubblicate anche dopo il 31 agosto, ma entro e non oltre il 10 dicembre 2024;

   l'articolo 14-bis, comma 3, ha, inoltre, previsto che i posti destinati ai vincitori del concorso PNRR e resi indisponibili per le nomine dalle graduatorie provinciali per le supplenze siano assegnati sulla base delle graduatorie di istituto e coperti mediante contratti a tempo determinato con clausola risolutiva «sino ad avente diritto», ovvero in attesa di assegnarli al vincitore di concorso che ha diritto, ai sensi della graduatoria di merito, ad ottenere quel posto;

   la scorsa settimana gli uffici scolastici regionali di Lombardia e Veneto, hanno iniziato a pubblicare le prime graduatorie di merito e ad avviare le procedure per la scelta della provincia e della sede, ma non tutti i vincitori hanno ricevuto la mail per compiere tali scelte, ad avviso degli interroganti a causa di un'interpretazione divergente da parte dell'ufficio scolastico regionale della disposizione inserita all'interno del decreto-legge n. 71 del 2024;

   infatti, coloro che si trovavano assunti su cattedre con contratti «sino ad avente diritto» sono stati direttamente confermati su quel posto, senza possibilità di partecipare alle fasi ordinarie di scelta della provincia e della sede;

   questa modalità ha creato da subito forti disagi e mosso numerose critiche, in quanto non solo molti docenti hanno potuto scegliere un numero limitato di sedi rispetto ai posti inizialmente messi a bando, ma coloro che avevano scelto di ottenere una supplenza temporanea lontana da casa si sono ritrovati confermati su quel posto, senza la legittima possibilità di scegliere in base al punteggio ottenuto in graduatoria;

   il problema, ad avviso degli interroganti, nasce dall'errata interpretazione della «cattedra vacante» di chi ottiene una supplenza fino al 31 agosto e, risultato vincitore sulla medesima classe di concorso e regione, viene confermato ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 3, rispetto ai posti «accantonati», che non sono vacanti, ma spettano di diritto al vincitore del concorso in base al punteggio ottenuto nella graduatoria di merito –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché venga ristabilita la meritocrazia dei concorsi pubblici e vengano rispettate le graduatorie di merito finalizzate all'assunzione in ruolo dei docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado.
(4-03646)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si evidenzia, preliminarmente, che l'articolo 14-bis, comma 3, del decreto-legge n. 71 del 2024 ha previsto esclusivamente per l'anno scolastico 2024/2025 la possibilità di utilizzare entro il 31 dicembre 2024 le graduatorie concorsuali approvate dopo il 31 agosto ed entro il 10 dicembre, al fine del raggiungimento degli obiettivi assunzionali previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
  I vincitori dei concorsi scelgono la sede definitiva tra i posti vacanti residuati a seguito delle assunzioni a tempo indeterminato effettuate entro il 31 agosto 2024 e resi indisponibili prima delle nomine a tempo determinato di cui all'articolo 4, commi 1 e 2, della legge 3 maggio 1999, n. 124, in numero pari a quello dei posti banditi nei concorsi.
  La norma prevede, altresì, che i docenti eventualmente beneficiari per l'anno scolastico 2024/2025 di un contratto a tempo determinato su posto vacante nella medesima regione e classe di concorso per la quale sono risultati vincitori, sono confermati su tale posto e che nelle more dell'espletamento delle procedure assunzionali i posti vacanti resi indisponibili sono coperti mediante contratti a tempo determinato, sino alla nomina dell'avente diritto, assegnati sulla base delle graduatorie di istituto.
  La norma richiamata, dunque, prevede inequivocabilmente la conferma per gli aspiranti, utilmente collocati nelle graduatorie di merito dei concorsi di cui ai decreti direttoriali nn. 2575 e 2576 del 2023, al ricorrere delle seguenti condizioni: essere in possesso di un contratto a tempo determinato; essere in servizio su posto vacante.
  Entrambe le condizioni sono soddisfatte sia nel caso di una supplenza su posto vacante e disponibile (supplenza annuale, quindi fino al 31 agosto 2025) sia nel caso di una supplenza su posto vacante accantonato appositamente ai fini dell'assunzione dei vincitori di concorso della procedura in questione (supplenza fino a nomina avente diritto e, comunque, con termine al 31 dicembre 2024).
  Con l'occasione, giova evidenziare che la
ratio della norma è la salvaguardia della continuità didattica a beneficio degli studenti. Pertanto, sarebbe irragionevole applicare la norma di cui si discute soltanto nei confronti dei soggetti che sono in servizio su posti vacanti non destinati alle procedure concorsuali e non anche nei confronti dei destinatari di contratti stipulati per la copertura dei posti appositamente accantonati.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.


   CAVANDOLI e FORMENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 7 e 8 settembre 2014 venivano brutalmente assassinate nella casa in cui vivevano, presso la parrocchia di Kamenge nel Burundi, le tre suore Bernardetta Boggian, Lucia Pulici e Olga Raschietti, appartenenti alla Congregazione delle Missionarie di Maria (cosiddette Saveriane) aventi casa generalizia a Parma;

   le tre religiose, nonostante l'età avanzata, avevano deciso di restare in Burundi per continuare ad essere d'aiuto alle popolazioni locali, in un'area notoriamente caratterizzata da situazioni di povertà e continui conflitti;

   il triplice omicidio ha da subito evidenziato aspetti particolarmente anomali, sia perché perpetrato ai danni di donne anziane e consacrate e quindi solitamente rispettate dalla popolazione, sia per le efferate modalità con cui è stato eseguito, nonostante la presenza nei dintorni di forze della polizia burundese;

   le indagini delle autorità locali hanno individuato e imprigionato un presunto colpevole per il quale, 7, secondo diverse opinioni, non vi sarebbero però sufficienti elementi di prova;

   il contesto e le modalità con cui la strage è avvenuta fanno ritenere improbabile un'azione solitaria e sarebbe quindi auspicabile accertare l'esistenza di altre responsabilità, sia a livello di mandanti che di autori dei tre delitti, nonché il loro movente;

   alla richiesta di giustizia per le tre religiose si è associato anche il vescovo di Parma, Sua Eccellenza Enrico Solmi –:

   quali iniziative di competenza il Governo ritenga possibile ed opportuno assumere per ottenere che le indagini relative al brutale assassinio delle tre suore saveriane Bernardetta Boggian, Lucia Pulici e Olga Raschietti non siano interrotte prematuramente e proseguano in modo tale da far piena luce sulla vicenda e di assicurare alla giustizia i responsabili del triplice omicidio.
(4-03528)

  Risposta. — Nel settembre 2014, l'unità di crisi della Farnesina in stretto raccordo con l'ambasciata d'Italia a Kampala – competente anche per il Burundi – e con il console onorario d'Italia a Bujumbura ha seguito il caso dell'omicidio a Kamenge di Bernardetta Boggian, Lucia Pulici e Olga Raschietti, tre religiose italiane.
  Fin da subito l'ambasciata ed il console onorario hanno preso contatti con le competenti autorità locali per approfondire i contorni della tragica vicenda.
  Due giorni dopo la brutale uccisione delle tre suore, le autorità burundesi arrestarono il signor Christian Claude Butoyi, unico sospettato in quanto stava tentando di rivendere un telefonino di proprietà di una delle vittime.
  Il signor Butoyi confessò il delitto, adducendo come motivazione il fatto che il convento costruito dalle suore fosse stato edificato su un terreno di sua proprietà. Venne successivamente incarcerato, senza processo, presso il carcere di Mbimba a Bujumbura, ove resta attualmente in stato di detenzione.
  Per un breve periodo venne trasferito presso una clinica psichiatrica ma, non essendogli stata riconosciuta alcuna condizione mentale grave, venne riportato presso il centro di detenzione.
  Nel 2021 il Presidente del Burundi ha concesso l'amnistia presidenziale a circa 5000 detenuti, tra i quali non figurava il signor Butoyi.
  In via ufficiosa, si era appreso che si sarebbe dovuto tenere un processo formale a suo carico nei mesi scorsi, ma tale passaggio non pare essere avvenuto.
  Di recente l'ambasciata ha chiesto per i canali ufficiali alle autorità burundesi un aggiornamento sulle azioni intraprese e chiarimenti urgenti sullo stato delle indagini e sulle misure adottate per assicurare i responsabili alla giustizia.
  A 10 anni dall'episodio, il Burundi ospita regolarmente volontari italiani, in gran parte di matrice cattolica. Nei primi 9 mesi del 2024 sono transitati nel paese oltre 250 volontari, molti di età compresa tra i 18 e i 25 anni.
  Come da indicazioni presenti sul sito istituzionale «Viaggiare Sicuri», ai connazionali presenti nel Paese la Farnesina consiglia di mantenere un comportamento improntato alla massima prudenza, di evitare gli spostamenti non necessari, di tenersi costantemente aggiornati circa gli sviluppi del contesto politico e di sicurezza, evitando – ove possibile – assembramenti e luoghi di manifestazioni politiche.
  In conclusione, desidero confermare l'impegno della Farnesina a monitorare attentamente ogni possibile sviluppo sulla vicenda delle tre religiose e più in generale sulle questioni di sicurezza in Burundi, mantenendo una stretta collaborazione con la preziosa rete dei missionari italiani e garantendo tutta l'assistenza necessaria ai connazionali presenti nel Paese.

Il Sottosegretario di Stato degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   CECCHETTI, CAVANDOLI, ZOFFILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   le sezioni del Tiro a segno nazionale sono il luogo preposto a svolgere l'attività di tiro sia con pistole che con carabine, ad aria o a fuoco, istituite per legge per soddisfare la richiesta di addestramento all'uso delle armi da parte di tutti coloro che svolgono servizio armato presso enti pubblici o privati (guardie giurate-vigili urbani), o per coloro i quali richiedono una licenza di porto d'armi nonché per svolgere attività sportiva sia di carattere ludico che agonistico;

   la maggior parte di tali attività sorge sul terreno del demanio militare pertanto, quando si tratta di rinnovare il certificato di agibilità delle strutture, interviene il reparto infrastrutture competente per territorio del Ministero della difesa;

   da anni il mondo sportivo chiede che tale incombenza ricada fra le prerogative dell'Unione italiana tiro a segno, come accade per le strutture di qualsiasi altro tipo che si rapportano alla federazione sportiva di riferimento e, da ultima, la legge quadro n. 86 del 31 agosto 2019 aveva delegato il Governo, fra le altre cose, anche a dare piena attuazione al passaggio di competenze in materia di agibilità delle strutture territoriali dell'Esercito all'Unione italiana tiro a segno;

   purtroppo tale delega è rimasta ad oggi inattuata e si assiste alla chiusura di numerosissime sezioni nell'area nord-ovest dell'Italia proprio a causa del mancato rinnovo dell'agibilità delle strutture;

   appare singolare che solo in quest'area del Paese ci sia una concentrazione così elevata di mancati rinnovi, come se all'improvviso strutture che avevano sempre superato tutte le verifiche e sono state manutenute come da norme vigenti abbiano lacune tali da causare l'inagibilità dell'impianto nel suo complesso;

   giova sottolineare che non risulta che, nel frattempo, siano stati modificati i requisiti contenuti nelle direttive tecniche di riferimento;

   tale situazione pregiudica gravemente i tanti «soci obbligati» residenti nel nord-ovest, ovvero le guardie giurate e gli appartenenti alle forze di polizia locali che non possono più sottoporsi all'allenamento annuale previsto dalla normativa oltre che i tiratori agonisti impossibilitati a prepararsi adeguatamente per le competizioni nazionali ed internazionali –:

   quali iniziative il Governo intende adottare per dare attuazione a quanto già previsto dalla legge n. 86 del 2019;

   quali iniziative di competenza il Ministro della difesa intenda adottare per verificare le eventuali responsabilità per il diniego dell'agibilità di un così elevato numero di strutture in una ben determinata area geografica del Paese.
(4-02789)

  Risposta. — Ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 90, del 2010, articolo 61, commi 2 e 4: «Le sezioni tiro a segno nazionale (Tsn) [...]. Svolgono attività di tiro a segno con coordinamento e vigilanza dell'Unione italiana tiro a segno (Uits), nonché sotto il controllo dei Ministeri della difesa e dell'interno, per i profili di rispettiva competenza concernenti la realizzazione e tenuta degli impianti di tiro [...] e relative agibilità, nonché compiti di pubblica sicurezza connessi all'uso delle armi [...].» In sintesi, il Ministero della difesa provvede a rilasciare l'agibilità, limitatamente agli impianti di tiro, non solo sui poligoni del demanio militare ma su tutti i poligoni delle sezioni Tsn affiliate alla Uits.
  Nell'ambito della ripartizione delle competenze attribuite al Ministero della difesa nel rilascio delle agibilità si è stabilito che i reparti infrastrutture dell'Esercito intervengano per il rilascio e rinnovo delle agibilità dei soli poligoni «chiusi a cielo aperto» ai sensi della direttiva tecnica D.T./P2 ed. 2006. Tali agibilità hanno durata quinquennale alla scadenza della quale, la Sezione Tsn interessata avvia le attività propedeutiche al rinnovo dell'agibilità interessando il reparto infrastrutture dell'Esercito competente.
  In particolare, nell'area del nord-ovest dell'Italia sono presenti 194
stand a cielo aperto su circa 540 esistenti nell'intero territorio nazionale ossia il 36 per cento del totale. Al riguardo, è da rilevare che se in termini statistici non si apprezza un'anomalia di inagibilità rispetto al resto d'Italia, in termini numerici assoluti l'impatto è più importante. Ciò premesso, nel corso del rinnovo delle agibilità, si provvede a verificare che siano state mantenute inalterate le condizioni di sicurezza degli impianti. Pertanto, ci si accerta che tutte le parti soggette ad usura siano ancora performanti e che gli stand di tiro non abbiano subìto modifiche. In tal senso è vigente una direttiva tecnica, ben nota alle sezioni Tsn, che disciplina le modalità di esecuzione dei rinnovi delle agibilità (D.T./P.2 ed. 2006).
  Ad oggi dei 194
stand insistenti nell'area nord-ovest del Paese, la cui competenza di revisione è in capo al 1° reparto infrastrutture dell'Esercito, 40 di essi non hanno ricevuto l'agibilità per un mancato rispetto delle norme contenute nella suindicata direttiva tecnica.
  Per meglio delineare quanto occorso nel citato mancato rinnovo, è opportuno evidenziare che alcune sezioni di tiro a segno hanno eseguito interventi strutturali sugli
stand di tiro non preventivamente concordati con l'A.D. nonostante l'esplicita prescrizione riportata non solo nella D.T./P2 ma, per i poligoni sul demanio militare, anche nella norma di cui al decreto legislativo n. 66, del 2010, articolo 250, commi 1 e 2, ai sensi della quale l'esecuzione tecnica dei lavori relativi all'impianto, sistemazione e manutenzione dei campi e impianti di tiro a segno è affidata alla vigilanza del Ministero della difesa.
  Un elenco indicativo e non esaustivo delle ulteriori principali non conformità riscontrate è il seguente:

   mancata manutenzione di alcuni componenti del poligono soggetti ad usura (ad esempio parapalle - intendendo con tale termine tutte le strutture destinate alla captazione delle ogive ivi compreso il muro di chiusura. Pertanto un'usura di tali strutture potrebbe comportare rischi per l'incolumità del tiratore per ritorno dell'ogiva ovvero fuoriuscita dell'ogiva dallo stand di tiro con conseguente rischio verso le aree circostanti il poligono);

   mancato funzionamento di impianti tecnici (sistemi di allarme, rimozione fumi, ventilazione, e altro);

   sostituzione di alcuni elementi balistici privi del requisito dell'imperforabilità e dell'anti-rimbalzo, situazione che può generare la fuoriuscita di proiettili eventualmente esplosi durante spari accidentali.

  Alle citate non conformità alla direttiva tecnica si aggiungono altresì varie violazioni riguardanti la sicurezza nei luoghi di lavoro ai sensi del decreto legislativo n. 81, del 2008 (fra le quali l'assenza di estintori e mancanza del documento di valutazione dei rischi), sicurezza che tende a sensibilizzarsi in maniera crescente nel tempo sia per tener conto delle continue innovazioni tecnologiche dei materiali volte a tutelare maggiormente la pubblica incolumità e sia per la crescente attenzione alla tutela/sicurezza del personale.
  Peraltro, occorre rilevare che le, sezioni Tsn che non hanno ricevuto l'agibilità in sede di primo sopralluogo e che si sono adoperate per risolvere le problematiche riscontrate (vds. le sezioni di Strigno e Casalmaggiore), sono state successivamente rese agibili ed è opportuno precisare che la Difesa, nell'ottica di approfondire le problematiche che hanno reso inagibili le aree di tiro in parola, ha condotto dei sopralluoghi straordinari congiunti anche con rappresentanti dell'Uits presso alcune aree di tiro le cui inagibilità risultavano maggiormente critiche e nel corso dei quali sono state confermate le criticità precedentemente rilevate dal 1° Reparto Infrastrutture dell'Esercito.
  Infine, anche alla luce dei suggerimenti pervenuti dall'Uits, sono in corso approfondimenti per eventuali modifiche normative.

Il Ministro della difesa: Guido Crosetto.


   CUPERLO e BRAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in merito alla vicenda del ricercatore italiano Giulio Regeni, ucciso al Cairo nel febbraio del 2016 e per cui sono imputati quattro alti ufficiali degli apparati di sicurezza egiziani il cui processo è attualmente pendente presso la Corte di assise di Roma, il 2 giugno 2024 la trasmissione «Report» ha mandato in onda su RaiTre un'inchiesta dal titolo «Verità nascoste per Giulio Regeni» a firma del giornalista Daniele Autieri, nella quale ricostruiva il ruolo di alcuni appartenenti ai servizi segreti italiani, nella fattispecie Agenzia informazioni e sicurezza esterna, nei giorni che hanno anticipato il ritrovamento del corpo del nostro concittadino;

   oltre a ricostruire le visite al Cairo dei vertici dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna, quella del generale Giovanni Caravelli (allora numero due e oggi direttore dell'Aise) il 27 gennaio 2016, e quella di Alberto Manenti (allora direttore dell'Aise) il 3 febbraio 2016, il programma di inchiesta ha riportato la testimonianza a volto coperto di un diplomatico all'epoca in servizio presso l'Ambasciata d'Italia al Cairo;

   nell'intervista il testimone rivela che alcuni agenti dell'Aise avrebbero ottenuto informazioni dirette da membri del Governo egiziano per il tramite di una intermediaria, una civile italiana di nome Zena Spinelli;

   secondo la ricostruzione del giornalista, Spinelli sarebbe stata in contatto con Ayman Rashed, allora assistente del Ministro della giustizia egiziano, e lo stesso Rashed il 29 gennaio 2016 – a quattro giorni dalla scomparsa — le avrebbe confermato che «Regeni era ancora vivo, ma che non era nelle loro mani». La notizia, secondo «Report» sarebbe stata riportata al professor Gennaro Gervasio e agli agenti del nostro controspionaggio insieme ad altre informazioni di interesse primario;

   nel servizio di Report, peraltro, una fonte non anonima (ma a volto coperto) ha dichiarato che uomini dell'Aise avrebbero visto Giulio nei giorni precedenti il ritrovamento del corpo (non specificando se lo avrebbero visto ancora vivo o già deceduto); tra l'altro, come riportato, l'Aise avrebbe avuto l'informazione del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni la mattina del 3 febbraio 2016, quasi 12 ore prima rispetto a quanto riportato dalla versione ufficiale del Governo italiano, ribadita in più occasioni anche dall'ambasciatore d'Italia al Cairo, Maurizio Massari e dalla ex Ministra Guidi –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati e se quelle informazioni raccolte da agenti dell'Aise al tempo fossero state condivise con l'autorità politica delegata ai sensi della legge n. 124 del 2007, e nel caso come siano state utilizzate;

   se il Governo intenda fornire informazioni in merito all'eventuale conoscenza dei vertici dell'Aise e del Dis di quanto narrato da «Report» e se la riconsegna del cadavere di Giulio Regeni sia stata un evento casuale, oppure il frutto di un accordo tra agenzie di intelligence o tra Governi.
(4-03713)

  Risposta. — L'interrogazione riguarda un servizio trasmesso il 2 giugno 2024 dal programma televisivo «Report» a proposito di un possibile coinvolgimento delle agenzie di intelligence italiane nella vicenda del ricercatore italiano Giulio Regeni, ucciso a Il Cairo nel febbraio del 2016.
  Al riguardo, si informa che il dispositivo estero dell'agenzia a Il Cairo veniva attivato immediatamente dopo la notizia della scomparsa del giovane, il 25 gennaio sera, dall'ambasciatore italiano. Di tale ricostruzione temporale è stata data conferma nel corso dell'udienza del 24 ottobre 2024 del procedimento penale n. 52239/2018 Rgnr, durante la quale sono stati sentiti il Direttore di Aise, Giovanni Caravelli, e il direttore dell'agenzia
pro tempore, Alberto Manenti. Sul punto risultano convergenti anche le dichiarazioni rilasciate, nell'ambito del citato procedimento penale, dall'autorità delegata dell'epoca, on. Marco Minniti, e dal Presidente del Consiglio dei ministri dell'epoca, Senatore Matteo Renzi. Pari riscontro si trova, altresì, nell'ambito della relazione conclusiva della commissione parlamentare d'inchiesta sulla vicenda.
  Circa le visite a Il Cairo cui si riferisce l'interpellante (27 gennaio 2016 del vice direttore
pro tempore Giovanni Caravelli e 3 febbraio 2016 dell'allora direttore Alberto Manenti), si trattava di eventi rientranti nella pianificazione degli incontri bilaterali di vertice, antecedente alla data della scomparsa del connazionale. Come emerso in dibattimento, tali incontri divennero occasione per sviluppare una pressione sui servizi egiziani, finalizzata ad ottenere collaborazione e notizie sulla sorte di Regeni.
  Invece, quanto riferito pubblicamente dal testimone intervistato a volto coperto – presentato come un «diplomatico all'epoca in servizio presso l'ambasciata d'Italia a Il Cairo» – ovvero che «alcuni agenti di Aise avrebbero ottenuto informazioni dirette da membri del Governo egiziano per il tramite di una intermediaria, una civile italiana di nome Zena Spinelli» trova corrispondenza nelle dichiarazioni, acquisite agli atti del dibattimento, rilasciate alla Polizia Giudiziaria dal responsabile economico commerciale dell'Ambasciata Italiana a Il Cairo dell'epoca, Pietro Tombaccini, nei giorni successivi al ritrovamento del cadavere di Giulio Regeni.
  L'attività informativa sviluppata nell'immediatezza degli eventi dal capo centro Aise nella capitale egiziana, finalizzata ad acquisire ogni notizia utile sulle sorti del connazionale, ha incluso l'attivazione di canali istituzionali e soggetti ben radicati nel tessuto sociale della capitale egiziana, tra cui Zena Spinelli, conosciuta per le sue relazioni nel mondo politico ed imprenditoriale locale e frequentatrice dell'Ambasciata d'Italia al Cairo in quanto, all'epoca, rappresentante di un'importante azienda nazionale. Zena Spinelli era cittadina italiana responsabile, all'epoca dei fatti, delle pubbliche relazioni per Italcementi a Il Cairo. Queste informazioni sono state riferite dai direttori di Aise Giovanni Caravelli e Alberto Manenti (
pro tempore) nell'udienza del 24 ottobre 2024 nell'ambito del giudizio penale prima menzionato.
  L'affermazione secondo cui «uomini di Aise avrebbero visto Giulio nei giorni precedenti il ritrovamento del corpo» (non specificando se lo avrebbero visto ancora vivo o già deceduto) non trova riscontro in atti ed è stata smentita dal direttore dell'agenzia nel corso dell'escussione testimoniale del 24 ottobre 2024.
  Il rinvenimento del corpo del giovane ricercatore, come dichiarato dal Direttore di Aise
pro tempore, Alberto Manenti, in sede di escussione testimoniale del 24 ottobre 2024, veniva comunicato dal capo centro dell'agenzia la sera del 3 febbraio 2016. Nella relazione conclusiva della commissione parlamentare d'inchiesta viene indicato: «(...) È stato altresì verificato che la notizia del rinvenimento del corpo di Regeni è giunta prima all'ambasciata che al centro Aise, nonostante che fosse in corso nelle stesse ore una visita a Il Cairo del direttore di quell'agenzia il quale poco prima era nuovamente e decisamente intervenuto sui suoi interlocutori sollecitando la rapida soluzione del caso. (...) In quei momenti anche il responsabile dell'intelligence italiana a Il Cairo venne avvisato dall'ambasciata del doloroso rinvenimento e aggiornò il direttore di Aise che a sua volta interagì immediatamente e direttamente – intorno alle ore 20.00 – con il direttore del General intelligence service (Gis) per chiedere conferma del fatto che si trattasse di Regeni».
  Nel servizio di «
Report» del 5 maggio 2024 veniva riferito che la presenza del direttore di Aise, Giovanni Caravelli, a Il Cairo il 27 gennaio 2016 avrebbe dato impulso all'informazione alla famiglia della scomparsa del ricercatore italiano. Tale affermazione è stata smentita nel corso dell'esame testimoniale reso dall'ex Ministro degli affari esteri, Paolo Gentiloni, e dal suo Capo di Gabinetto dell'epoca, oggi direttore generale del Dis Elisabetta Belloni, la quale dichiarava che, in accordo con l'Ambasciatore Massari, fu deciso di informare la famiglia. Le dichiarazioni testimoniali dell'Ambasciatrice Elisabetta Belloni e dell'ex Ministro degli affari esteri, Paolo Gentiloni, venivano acquisite in sede giudiziaria rispettivamente il 24 settembre ed il 10 ottobre 2024.
  La medesima trasmissione riporta di una consultazione da parte di Aise delle banche dati delle Forze di polizia per la ricerca nominativa «Giulio Regeni», in data 29 gennaio 2016. Tale circostanza, confermata in sede di esame testimoniale dei direttori dell'agenzia del 24 ottobre 2024, era finalizzata ad acquisire elementi informativi su Regeni, fino ad allora sconosciuto agli atti. Sempre secondo «
Report», inoltre, Aise avrebbe proposto di assicurare supporto psicologico alla famiglia, lasciando emergere la suggestione di una vicinanza finalizzata ad acquisire notizie dai familiari. In realtà, si trattava semplicemente di un'offerta di aiuto per il quale l'agenzia aveva (e ha) personale adeguato, in un momento di evidente e comprensibile tensione emotiva dei congiunti; essa comunque non è mai stata posta in essere.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Alfredo Mantovano.


   DORI. — Al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Tavernola Bergamasca, sul Monte Saresano, sin dagli inizi del Novecento si svolge un'intensa attività estrattiva di marna da cemento;

   nonostante nel corso dei decenni sul Monte Saresano si siano verificate numerose frane, l'attività estrattiva è tutt'oggi attiva;

   nel febbraio del 2021 una massa franosa di oltre 2 milioni di metri cubi ha iniziato a cedere verso il lago di Iseo in modo significativo, creando crepe ben visibili e movimenti importanti rilevati dagli strumenti di monitoraggio, quantificabili da 5 a 20 millimetri al giorno;

   il fronte instabile potrebbe cedere improvvisamente, con più possibili punti di rottura, provocando il collasso del materiale roccioso, una parte del quale si riverserebbe nel lago d'Iseo;

   come mostrato da uno studio del 2021 dell'università Alma Mater di Bologna, tale riversamento avrebbe conseguenze devastanti, generando anche un'onda anomala che potrebbe raggiungere i sette metri di altezza, coinvolgendo in pochi minuti tutte le zone rivierasche;

   i comuni che si affacciano sul lago d'Iseo vivono pertanto in una situazione di pericolo causato dalla frana del Monte Saresano;

   il 13 febbraio 2024 è stato attivato in Lombardia il sistema IT-Alert per alcune tipologie di emergenza;

   il servizio pubblico IT-Alert è stato creato per favorire l'informazione tempestiva alle persone presenti nell'area interessata da una grave emergenza o da un evento catastrofico imminente;

   all'inizio di aprile 2024 i Sindaci di Tavernola Bergamasca, Monte Isola e Marone hanno chiesto all'Unità Organizzativa Protezione Civile di regione Lombardia «di inserire, tra gli allertamenti attivi anche quello legato all'emergenza della frana del Monte Saresano»;

   il 12 aprile 2024 la regione Lombardia rispondeva che «il fenomeno franoso in oggetto non rientra nei casi d'uso previsti per l'attivazione del sistema di allarme pubblico IT-Alert e contemplati dalle Indicazioni Operative, adottate dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile con decreto del 19 gennaio 2024» affermando inoltre che «si ritiene siano più utili e significativi sistemi di allertamento locali, gestiti direttamente dalle Amministrazioni del territorio»;

   regione Lombardia conferma l'allertamento a carico delle amministrazioni comunali, ben consapevole dell'ampiezza del territorio coinvolto nella frana e nonostante le considerazioni contenute nei piani di emergenza comunali;

   nel piano di emergenza di Tavernola Bergamasca, redatto dal medesimo ingegnere per tutti i paesi rivieraschi della sponda bergamasca, si dispone che all'ingresso nella soglia di «allarme frana» venga attuata la «diffusione tramite sistema alert system di messaggio vocale preregistrato “allarme” a tutti i numeri di cellulare delle persone censite ed a tutti i numeri di telefono fissi del Comune». E, più avanti si legge anche che «sebbene la normativa in materia preveda che l'informazione alla popolazione debba avvenire da parte dei singoli sindaci appena ricevuta la comunicazione del passaggio alla fase di allarme da parte della sala operativa della regione Lombardia, si ritiene che la tematica in oggetto, stante la sua complessità, necessiti di un'attivazione unica per tutti i comuni al fine di evitare fraintendimenti e disallineamenti temporali tra gli stessi»;

   con il secondo capoverso del dispositivo della risoluzione n. 8-00119, approvata in Commissioni riunite IV e VIII della Camera dei deputati il 26 maggio 2021, l'interrogante aveva chiesto ed ottenuto che il Governo si impegnasse «ad adottare iniziative di competenza affinché siano resi disponibili alle autorità locali idonei strumenti di segnalazione sonora, al fine di avvisare tempestivamente e simultaneamente in caso di evacuazione tutta la popolazione coinvolta, secondo quanto previsto dai piani di emergenza intercomunali» –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative di competenza volte a fornire ai comuni interessati sistemi di avviso puntuali ed adeguati per allertare la popolazione in maniera tempestiva e, in ogni caso, se intendono riconsiderare gli eventi emergenziali nel sistema IT-Alert per includere l'emergenza, di cui in premessa, al fine di garantire la sicurezza e l'incolumità degli abitanti dei comuni interessati.
(4-02712)

  Risposta. — Sulla scorta degli elementi pervenuti, si rappresenta quanto segue.
  Il dipartimento della protezione civile è a conoscenza della situazione evidenziata dalla interrogazione in oggetto e, nella fase immediatamente successiva agli eventi dei primi mesi del 2021, lo stesso ha supportato, nell'ambito delle proprie competenze, l'attività degli enti preposti, con lo scopo di favorire il processo di pianificazione di protezione civile, la cui predisposizione e conseguente attuazione costituiscono funzioni attribuite ai comuni, anche nelle forme associative e di cooperazione.
  Ciò precisato, si osserva in via preliminare, in merito all'operatività del sistema IT-Alert oggetto dell'interrogazione, che la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 ottobre 2020, recante «Allertamento e Sistema di allarme pubblico IT-Alert in riferimento alle attività di protezione civile», ha disposto, per l'avvio del sistema di allarme pubblico IT-Alert, la progressiva sperimentazione mediante utilizzo del sistema in casi reali o in esercitazioni per 36 mesi dalla data di entrata in vigore della medesima direttiva (periodo esteso fino al 13 febbraio 2024 ai sensi della direttiva del Ministro per la protezione civile e le politiche del mare del 7 febbraio 2023), in relazione ai casi di gravi emergenze e catastrofi imminenti o in corso, concernenti i rischi elencati al paragrafo 4.1, ossia: maremoto generato da un sisma; collasso di una grande diga; attività vulcanica relativamente al Vesuvio, ai Campi Flegrei, a Vulcano e a Stromboli; incidenti nucleari o situazione di emergenza radiologica; incidenti rilevanti in stabilimenti soggetti al decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105; precipitazioni intense.
  Ulteriormente, la medesima direttiva ha disposto, per tali tipologie di rischi, la predisposizione e l'adozione, nel periodo di sperimentazione, di indicazioni operative volte a prevedere, per ciascuno degli scenari di rischio, gli obiettivi, le modalità di invio, i soggetti responsabili dell'invio dei messaggi, l'area da allertare, la tracciabilità e i contenuti del «messaggio IT-Alert». Sul punto, il dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della conferenza unificata nella seduta dell'11 gennaio 2024, ha adottato, con decreto del capo dipartimento n. 148 del 19 gennaio 2024, le indicazioni operative riguardanti i seguenti rischi: maremoto generato da un sisma; collasso di una grande diga; attività vulcanica relativamente al Vesuvio, ai Campi Flegrei, a Vulcano e a Stromboli; incidenti nucleari o situazione di emergenza radiologica; incidenti rilevanti in stabilimenti soggetti al decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105.
  Di talché, alla luce degli esiti della sperimentazione svolta, nonché alla luce del parere espresso dalla commissione per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi nella seduta del 19 gennaio 2024, la conferenza unificata, nella seduta dell'8 febbraio 2024, ha sancito l'intesa in ordine all'entrata in operatività del sistema per alcune tipologie di rischi e alla proroga della sperimentazione, per un ulteriore anno, per le altre tipologie.
  Per l'esattezza, con decorrenza dal 13 febbraio 2024, il sistema IT-Alert è passato in operatività per i seguenti rischi: collasso di una grande diga; attività vulcanica relativamente al Vesuvio, ai Campi Flegrei e a Vulcano; incidenti nucleari o situazione di emergenza radiologica; incidenti rilevanti in stabilimenti soggetti al decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105. Diversamente, la sperimentazione prosegue, fino al 12 febbraio 2025, per i seguenti rischi, onde poter effettuare gli ulteriori approfondimenti finalizzati al successivo passaggio in operatività: maremoto generato da un sisma; attività vulcanica con riferimento al solo rischio vulcanico dello Stromboli; precipitazioni intense.
  Venendo ad affrontare lo specifico quesito posto dall'interrogante, si segnala, in particolare, che i comuni di Tavernola Bergamasca (BG), di Marone (BS) e di Monte Isola (BS) hanno chiesto alla regione Lombardia l'attivazione del sistema di allarme pubblico IT-Alert per il fenomeno franoso oggetto dell'interrogazione. La regione Lombardia, con nota dell'11 aprile 2024, nel riscontrare la richiesta dei predetti enti locali, ha rappresentato (anche al dipartimento della protezione civile e alle prefetture di Bergamo e di Brescia) che il fenomeno del Monte Saresano, per sua natura, non ha uno sviluppo rapidissimo verso l'evento del collasso della frana (come osservato nel 2021) e le soglie individuate, come riportate nelle pianificazioni di protezione civile, consentono l'evacuazione della popolazione alcune ore prima dell'eventuale collasso della frana.
  Pertanto, l'eventuale invio di una notifica IT-Alert al superamento della soglia di allarme potrebbe generare confusione e panico, in quanto i destinatari della notifica si aspetterebbero il collasso immediato della frana e le conseguenti onde anomale sul lago, mentre – alla luce dei recenti studi che stimano che intercorrano ragionevolmente almeno trentasei ore tra la fase di allarme ed il possibile collasso della frana – vi sarebbero ore sufficienti per gestire l'evacuazione della popolazione interessata. In ragione di ciò, la regione Lombardia ha evidenziato di ritenere che siano più utili e significativi i sistemi di allertamento locali, gestiti direttamente dalle amministrazioni presenti sul territorio.
  Al riguardo, pur non escludendosi che in futuro il sistema di allarme pubblico in parola possa avere ulteriori sviluppi e trovare applicazioni in specifici contesti per rischi anche diversi da quelli attualmente previsti, preme segnalare che la gestione della situazione connessa alla frana di Tavernola Bergamasca, posta in essere da regione Lombardia con le amministrazioni locali competenti, già oggi prevede un sistema di allarme locale che viene diramato mediante l'attivazione di sirene acustiche. Secondo quanto noto al dipartimento della protezione civile, l'allarme è collegato a un sistema di monitoraggio integrato che prevede diverse fasi di attivazione, in funzione del superamento di valori soglia indicatori dell'evoluzione dei movimenti della frana del Monte Saresano. Risulta, inoltre, che ad oggi dovrebbe essere stato attivato anche un sistema che contatta una lista predefinita di numeri telefonici.
  Infine, sempre sulla base delle informazioni a disposizione del dipartimento della protezione civile, la medesima regione Lombardia ha finanziato e coordinato gli enti locali per l'aggiornamento delle pianificazioni di protezione civile e l'implementazione di sistemi di allertamento locale, sulla base dello scenario di rischio che gli studi tecnici nel loro complesso hanno prefigurato; e nel processo di aggiornamento risultano essersi attivate, per svolgere il ruolo di competenza, anche le prefetture di Bergamo e di Brescia e le rispettive province.

Il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare: Nello Musumeci.


   DORI e ZANELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Chico Forti, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Dale Pike del 15 febbraio del 1998, è rimasto in carcere in Florida per 24 anni;

   il 18 maggio 2024 è rientrato in Italia, a Pratica di Mare, a bordo di un Falcon dell'Aeronautica militare, dove ha incontrato, tra gli altri, la premier Giorgia Meloni;

   Chico Forti è stato trasferito in Italia «per scontare lì il resto della sua pena»;

   solo pochi giorni dopo il suo arrivo nel penitenziario veronese già si parlava di un possibile trattamento privilegiato a vantaggio di Chico Forti rispetto agli altri reclusi;

   come riportato il 5 luglio 2024 da fonti di stampa, un detenuto del carcere di Montorio avrebbe riferito che Forti gli avrebbe chiesto di contattare esponenti della 'ndrangheta per mettere a tacere Marco Travaglio, Selvaggia Lucarelli e una terza persona. Richiesta ora oggetto di un'indagine della Procura di Verona, lo riporta il Corriere della Sera e il Fatto. «Confermo l'indagine, abbiamo già avvertito le istituzioni e sentito tutti i possibili protagonisti», ha detto al quotidiano il procuratore di Verona Raffaele Tito;

   della vicenda sono stati informati il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, la Prefettura di Verona, il Tribunale di sorveglianza e la Dda di Torino. La richiesta potrebbe essere scattata perché il 19 maggio 2024, al rientro di Forti in Italia, il «Fatto Quotidiano», giornale diretto da Travaglio e per cui scrive Lucarelli, ha titolato un articolo dedicato a Forti «Benvenuto assassino»;

   Aldo Di Giacomo, segretario del sindacato polizia penitenziaria, ricorda che: «sulla vicenda Forti, dal primo momento, ho detto quello che pensavo parlando di giustizia italiana a due pesi e due misure e di ingiustificato trattamento preferenziale e di riguardo. Per Forti c'è una sentenza di condanna emessa da un organo giudiziario di un Paese occidentale e democratico che va rispettata e quindi la pena va espiata come accade per tutte le persone condannate dai tribunali italiani senza privilegi che di fatto provocano solo situazioni di tensione, rivolte, e aggressioni agli agenti penitenziari. Noi chiediamo solo il rispetto dei detenuti senza distinzione e discriminazione tenendo conto che nelle nostre carceri c'è un sovraffollamento vicino al 130 per cento della capienza» –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti esposti in premessa circa le condizioni e l'agibilità della detenzione concesse Chico Forti e se intendano adottare, per quanto di competenza iniziative volte a garantire a tutti i detenuti trattamenti univoci.
(4-03103)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale i deputati interroganti sollevano specifici quesiti in ordine ad una notizia trapelata da fonti di stampa, secondo cui il detenuto Enrico Forti, allo stato ristretto presso la casa circondariale di Verona «Montorio», avrebbe chiesto ad altro detenuto di contattare esponenti della 'Ndrangheta per mettere a tacere Marco Travaglio, Selvaggia Lucarelli e una terza persona, si rappresenta quanto segue.
  Con nota del 12 luglio 2024, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Verona, opportunamente interessato dalla competente articolazione ministeriale, ha trasmesso la relazione che, per completezza di esposizione, si riporta integralmente di seguito.
  «[...] È semplicemente accaduto che un detenuto [...] ha riferito al sacerdote Vinci Carlo (garante dei diritti delle persone private della libertà personale) che il sig. Enrico Forti avrebbe chiesto a lui e/o ai suoi sodali di far tacere il giornalista Marco Travaglio, la giornalista Selvaggia Lucarelli ed una terza persona (non si è mai capito chi fosse). Il detenuto [...] voleva in qualche maniera avvertire – riservatamente – il direttore Travaglio, affinché questi potesse prendere contro misure.
  Don Carlo Vinci, persona di elevata affidabilità e serietà, si premurava di lì a poco di avvertire il Travaglio, e quest'ultimo – che non avevo mai conosciuto – a sua volta poco dopo mi telefonava raccontandomi la vicenda e manifestando giusta preoccupazione.
  Immediatamente facevo svolgere una indagine, avvalendomi del Nucleo investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Verona, [...]. Ne veniva fuori un quadro sostanzialmente confermativo, ma di difficile interpretazione, che comunque sentivo necessario far prontamente conoscere a quelle istituzioni che si occupano di sicurezza inviando così copia integrale degli atti redatti nella occasione. [...]».
  Inoltre, dalle informazioni rese dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, emerge che il detenuto Enrico Forti non ha goduto né gode di alcun «trattamento preferenziale», come asserito dagli interroganti richiamando le dichiarazioni di un sindacalista della polizia penitenziaria.
  Per fugare ogni dubbio, si rappresenta che il detenuto Enrico Forti faceva ingresso presso la casa circondariale di Verona «Montorio» il 19 maggio 2024, proveniente dalla casa circondariale di Roma Rebibbia Nuovo Complesso, a seguito di provvedimento di trasferimento disposto dalla competente direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
  Il Forti, estradato dagli Stati Uniti, è definitivo, con condanna all'ergastolo, per violazione dell'articolo 575 del codice penale, in virtù di ordine di esecuzione pena emesso dalla procura generale presso la Corte d'appello di Trento.
  All'atto dell'ingresso in istituto, il ristretto è stato allocato presso la sezione infermeria ove vi sono le camere di pernottamento riservate ai nuovi giunti; allo stato, è in camera di pernottamento con altri due detenuti.
  Nei suoi confronti, trattandosi di detenuto con posizione giuridica di «definitivo», è stata avviata l'attività di osservazione della personalità
ex articolo 13 dell'ordinamento penitenziario da parte dell'area trattamentale.
  Il 22 maggio 2024, il Forti ha fruito di un permesso di necessità della durata di quattro ore, concessogli dal magistrato di sorveglianza di Verona per andare a trovare la madre di 96 anni, che non incontrava dal 2008.
  Il ristretto è stato autorizzato, ai sensi dell'articolo 18 dell'ordinamento penitenziario, ad avere colloqui visivi e telefonici con i familiari, i difensori e terze persone, secondo i criteri previsti dalla normativa vigente, alla stregua di quanto previsto per la restante popolazione detenuta.
  In definitiva, il detenuto Forti fruisce dei diritti garantiti e previsti dall'ordinamento penitenziario al pari di tutti gli altri detenuti.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 aprile 2024 è stato bandito il concorso pubblico, per titoli e prova scritta, per il reclutamento a tempo determinato di 3.946 unità di personale non dirigenziale dell'Area funzionale terza, fascia economica F1, con il profilo di Addetto all'Ufficio per il processo da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia;

   con provvedimento del 27 giugno 2024 è stato reso pubblico il numero di partecipanti risultanti idonei per distretti territoriali, nonché la graduatoria dei vincitori;

   i partecipanti risultati idonei non vincitori ad oggi non conoscono ancora la loro posizione, in quanto la graduatoria integrale non è stata ancora pubblicata e non è stato ancora reso noto se vi sarà o meno l'opportunità per altri comparti della Pubblica Amministrazione di attingere dalla medesima graduatoria;

   coloro che hanno partecipato al concorso da mesi sono in attesa di sapere se avranno altre opportunità date dalla conseguita idoneità, ed è opportuno dare una pronta risposta alle loro incertezze –:

   se il Ministro interrogato intenda provvedere al più presto alla pubblicazione delle graduatorie integrali e se intenda provvedere allo scorrimento integrale della medesima graduatoria di idonei non vincitori.
(4-03544)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, il deputato interrogante, sollevando specifici quesiti riguardo la graduatoria di concorso per il reclutamento di personale con profilo di addetto all'ufficio per il processo, chiede di sapere se il Ministro interrogato «intenda procedere al più presto alla pubblicazione delle graduatorie integrali e se intenda provvedere allo scorrimento integrale della medesima graduatoria di idonei non vincitori».
  In apertura si rimarca che, il bando di concorso per 3.946 unità di personale non dirigenziale nel ruolo di addetto all'ufficio per il processo, è stato indetto dalla commissione interministeriale RIPAM, incardinata presso il dipartimento della funzione pubblica – Presidenza del Consiglio dei ministri, che si avvale nell'espletamento delle procedure concorsuali, di Formez PA, associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato,
in house alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Le unità reclutate mediante la procedura di selezione di personale non dirigenziale nel ruolo di addetto all'ufficio per il processo sono state assegnate al Ministero della giustizia al termine della procedura concorsuale e, quindi, a seguito della formulazione da parte della commissione esaminatrice e della approvazione da parte dell'ente banditore, della graduatoria definitiva.
  Pertanto l'
iter concorsuale ha coinvolto esclusivamente la commissione RIPAM e l'associazione Formez PA a cui risultano imputabili gli atti della procedura.
  Questo Dicastero, al quale i vincitori e gli idonei utilmente collocati sono destinati a instaurare unicamente un rapporto di lavoro, non ha poteri di azione sulla richiesta di pubblicazione integrale delle graduatorie.
  Riguardo lo scorrimento delle graduatorie si segnala che il Ministero della giustizia vi procede sulla base dell'analisi dei dati concernenti il rapporto tra le eventuali criticità registrate dai singoli uffici giudiziari nell'abbattimento dell'arretrato e digitalizzazione del processo e il numero di unità di personale in servizio assunte per tali scopi, per coprire i posti che nel frattempo dovessero rendersi vacanti a seguito delle dimissioni degli immessi in servizio.
  Tale valutazione risulta funzionale all'elaborazione delle statistiche sull'andamento dell'intera struttura dell'ufficio per il processo in relazione al raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza al quale le assunzioni di queste figure professionali sono funzionali.
  L'ultimo scorrimento della graduatoria del concorso per 3.946 addetti all'ufficio per il processo è avvenuto il 21 e il 28 giugno 2024.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha previsto l'istituzione dell'ufficio per il processo presso la Corte di cassazione, le corti d'appello e i tribunali ordinari;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha individuato nell'ufficio per il processo la struttura organizzativa deputata a «offrire un concreto ausilio alla giurisdizione così da poter determinare un rapido miglioramento della performance degli uffici giudiziari per sostenere il sistema nell'obiettivo dell'abbattimento dell'arretrato e ridurre la durata dei procedimenti civili e penali»;

   per dare attuazione al Pnrr è emersa la necessità di potenziare lo staff del magistrato con professionalità in grado di collaborare in tutte le attività connesse alla giurisdizione, quali la ricerca, lo studio, la gestione del ruolo e la preparazione di schede e bozze di provvedimenti. Tali figure professionali sono state individuate nei funzionari addetti all'ufficio per il processo;

   a seguito di concorsi pubblici per titoli ed esami, gli stessi sono stati reclutati e assunti dal Ministero della giustizia, a partire dal mese di febbraio 2022, a tempo determinato sino al 30 giugno 2026;

   con decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 151, si è definitivamente istituzionalizzato l'ufficio per il processo come struttura permanente, che dovrà quindi dotarsi di apposito personale a tempo indeterminato, tra cui funzionari addetti all'ufficio per il processo;

   con l'articolo 22 del decreto-legge n. 19 del 2024, convertito con modificazioni dalla legge 29 aprile 2024, n. 56 è stato introdotto l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 80 del 2021, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, il quale stabilisce che «dal 1° luglio 2026 il Ministero della giustizia è autorizzato a stabilizzare nei propri ruoli i dipendenti assunti a tempo determinato (...) che hanno lavorato per almeno ventiquattro mesi continuativi nella qualifica ricoperta e risultano in servizio alla data del 30 giugno 2026, previa selezione comparativa sulla base dei distretti territoriali e degli uffici centrali, nei limiti delle facoltà assunzionali maturate e disponibili a legislazione vigente e dei posti disponibili in organico, con possibilità di scorrimento fra i distretti.»;

   a oggi non è chiaro cosa si intenda con «selezione comparativa» e quale sia la concreta modalità con cui la stessa avvenga, ponendo il personale nelle condizioni di mettere in dubbio il reale ottenimento di un contratto a tempo indeterminato a partire dal 1° luglio 2026 e inducendo molti funzionari addetti all'ufficio per il processo a dimettersi per ricoprire ulteriori impieghi anche in situazioni, per loro, meno vantaggiose;

   si rende necessario evitare uno spreco di personale dotato di elevate professionalità e competenze giuridiche e tecniche, che lo stesso Ministero ha provveduto a formare dall'inizio, nonché un aggravio per le casse dello Stato qualora si dovesse ricorrere a una ulteriore procedura concorsuale (alla scadenza dei contratti a termine dei funzionari attualmente in servizio) per il reclutamento di nuovo personale da assegnare all'ufficio per il processo –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per addivenire alla stabilizzazione dei contratti degli addetti presso l'ufficio per il processo attualmente in servizio, al fine di valorizzare la loro professionalità acquisita e rendere il sistema giustizia più efficiente in termini quantitativi e qualitativi.
(4-03566)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, il deputato interrogante traendo spunto dall'istituzione dell'ufficio per il processo presso la Corte di cassazione, le corti d'appello e i tribunali ordinari, chiede di sapere quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare «per addivenire alla stabilizzazione dei contratti degli addetti presso l'ufficio per il processo attualmente in servizio, al fine di valorizzare la loro professionalità acquisita e rendere il sistema giustizia più efficiente in termini quantitativi e qualitativi».
  In apertura si rimarca che, nell'ambito delle procedure di assunzione per i Tribunali, il piano straordinario di reclutamento di personale a tempo determinato per la realizzazione delle linee progettuali del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è stato svolto, per l'Amministrazione giudiziaria, con i seguenti bandi di concorso:

   concorso per il reclutamento di n. 8.171 unità di personale non dirigenziale dell'area funzionale terza, fascia economica F1, con il profilo di addetto all'ufficio per il processo da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia;

   concorso pubblico, per titoli ed esami, su base distrettuale, per il reclutamento a tempo determinato di n. 79 unità di personale non dirigenziale dell'area funzionale terza, fascia economica F1, con il profilo di addetto all'ufficio per il processo, da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia, presso gli uffici giudiziari del distretto di corte di appello di Trento e sezione distaccata di Bolzano;

   concorsi pubblici, per titoli ed esami, su base distrettuale, per il reclutamento complessivo di n. 5.410 unità di personale con profili professionali tecnici, di area funzionale II e III, a supporto dell'ufficio per il processo, da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia;

   concorso per titoli ed esami, su base distrettuale, per il reclutamento a tempo determinato di 3.946 unità di personale non dirigenziale dell'area funzionari, con il profilo di addetto all'ufficio per il processo, da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia.

  Attualmente le unità presenti negli uffici giudiziari assunte da concorsi realizzati con fondi PNRR sono 11.879 e la cifra è destinata ad aumentare in occasione delle prossime assunzioni da scorrimento delle graduatorie.
  Per dare continuità al personale in servizio, garantendo contestualmente l'efficienza nell'allocazione delle risorse per l'ufficio per il processo, il Ministero della giustizia ha prorogato al 30 giugno 2026, ove fosse prevista una scadenza differente, la durata del contratto di lavoro già sottoscritto da tutto il personale assunto a mezzo di procedure concorsuali autorizzate nell'ambito dei progetti con fondi PNRR.
  Quanto alla stabilizzazione degli addetti all'ufficio per il processo si rimarca che il decreto-legge n. 19 del 2 marzo 2024, all'articolo 22, autorizza il Ministero della giustizia, a decorrere dal 1° luglio 2026, a stabilizzare nei propri ruoli i dipendenti assunti a tempo determinato ai sensi dell'articolo 11, comma 1, primo periodo e dell'articolo 13, che abbiano lavorato per almeno ventiquattro mesi continuativi nella qualifica ricoperta e risultano in servizio alla data del 30 giugno 2026.
  A tal proposito si evidenzia che la proroga dei contratti di lavoro in vigore e l'impegno a portare a termine il reclutamento di 3.946 nuovi addetti all'ufficio per il processo entro giugno 2024, rappresentano impegni volti a mettere il personale assunto nella posizione di possedere il requisito minimo già previsto dalla legge per la stabilizzazione (servizio protratto per ventiquattro mesi).
  La stabilizzazione è soggetta, secondo le disposizioni normative che la autorizzano, a vincoli ben precisi: essa è subordinata, infatti, ad una «selezione comparativa sulla base dei distretti territoriali e degli uffici centrali, nei limiti delle facoltà assunzionali maturate e disponibili a legislazione vigente e dei posti disponibili in organico, con possibilità di scorrimento fra i distretti».
  Si evidenzia anche che attualmente il profilo degli addetti all'ufficio per il processo non è contemplato nelle piante organiche dell'amministrazione giudiziaria; tuttavia, è in corso un'attività volta a dare piena operatività a tale figura professionale, tramite gli aumenti di dotazione organica riconosciuti finanziariamente (1.947 unità per l'area III - articolo 13-
bis del decreto-legge n. 75 del 2023), nonché attraverso i lavori e gli incontri finalizzati all'adozione del nuovo contratto collettivo integrativo relativo al personale dell'amministrazione della giustizia.
  Si segnala infine che, per migliorare l'efficienza del sistema giudiziario, è prevista, nel piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, la stabilizzazione di 6.000 unità di personale con compiti equivalenti a quelli previsti nell'investimento M1C1 1.8 del PNRR, ovvero l'assunzione a tempo indeterminato nei ruoli del Ministero della giustizia delle risorse che dal 2021 sono state impiegate sia come personale dell'ufficio del processo sia come personale tecnico amministrativo.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   FURGIUELE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sabato 13 luglio 2024, a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, divampava un grosso incendio nel deposito di Poly2Oil – un impianto di conferimento per la raccolta differenziata che raccoglie rifiuti e imballaggi – che si è protratto per diversi giorni e i cui fumi hanno interessato la Piana di Gioia Tauro su di un'area di cinquemila metri quadri;

   data la natura dell'enorme quantità di materiale plastico andato a fuoco, è ragionevole ritenere che vi sia stato lo sversamento nel terreno e nell'aria di sostanze tossiche e pericolose – come diossine, particolati e idrocarburi policiclici aromatici – che potrebbero pesantemente minacciare la salute dei cittadini di Palmi e dell'intera area pianigiana, densamente urbanizzata e caratterizzata da estese coltivazioni di ulivi ed orti, ma anche causare enormi danni ambientali;

   al fine di garantire una sicura ed efficace gestione della situazione, a giudizio dell'interrogante, il sindaco del comune di Palmi, in qualità di ufficiale di Governo, avrebbe potuto adottare con atto motivato, ai sensi dell'articolo 54 del Testo unico degli enti locali, «provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana»;

   ciononostante, nessun provvedimento ufficiale tempestivo e precauzionale a tutela della salute dei cittadini e dell'incolumità pubblica veniva adottato dal comune di Palmi, al contrario di quanto avveniva in alcuni comuni limitrofi coinvolti dallo sversamento dei fumi;

   la prima comunicazione alla comunità di Palmi perveniva, infatti, con un post sulla pagina Facebook del comune di Palmi alle 22.41 di sabato 13 luglio 2024, così come le successive rilasciate sempre a mezzo social, con le quali consigli generici invitavano i cittadini «limitare i movimenti», «evitare di avvicinarsi nella maniera più assoluta alla zona dello stabilimento», «adottare ogni cautela per evitare l'inalazione dei fumi» e «se indispensabile spostarsi, portare con sé le mascherine almeno di classe FFP2», con l'impegno del comune di Palmi di seguire «l'evolversi della situazione», nonostante lo stesso comune, in un post Facebook di lunedì 15 luglio 2024, dichiarasse di essere «di fronte ad un evento di portata eccezionale che sta creando enormi disagi a Palmi ed alle altre città dell'area»;

   l'articolo 12 del Codice della Protezione civile stabilisce che il comune, nel proprio ambito, agisca per prevenire i rischi, attivare e dirigere i primi soccorsi alla popolazione e gli interventi urgenti per fronteggiare le emergenze a livello comunale e che la direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri concernente «Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze» del 3 dicembre 2008 definisce come necessaria, per la prima risposta all'emergenza l'attivazione di un centro operativo comunale con le diverse componenti operanti nel contesto locale;

   l'attenzione delle autorità comunali competenti sull'incendio è stata quindi manifestata solo informalmente, con pubblicazioni a mezzo social apparse inopportune alla cittadinanza;

   nondimeno, all'ordine del giorno del Consiglio comunale indetto dopo il verificarsi del suddetto incendio, fissato al 21 luglio 2024, non vi è alcun riferimento all'incendio né ad eventuali operazioni da porre in atto per affrontare efficacemente gli ulteriori sviluppi negativi ad esso legati –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare affinché in casi come quello esposto in premessa siano tempestivamente presi tutti i provvedimenti, previsti dalla normativa vigente, al fine di garantire una migliore gestione degli eventi calamitosi, salvaguardare la salute dei cittadini, preservare l'incolumità pubblica, e contenere, nel breve, medio e lungo termine, il vasto danno ambientale causato dall'evento calamitoso descritto in premessa.
(4-03185)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il 13 luglio 2024, presso l'impianto di smaltimento di rifiuti Poly2Oil, sito nel territorio del comune di Palmi, divampava un incendio di materiale plastico, protrattosi per diversi giorni, le cui operazioni di spegnimento e bonifica si sono concluse il successivo 20 luglio.
  La prefettura di Reggio Calabria ha coordinato le predette operazioni, unitamente alle Istituzioni interessate e in continuo e diretto contatto con il dipartimento regionale della protezione civile.
  La stessa prefettura, il 18 luglio, ha convocato una riunione con i diversi enti interessati finalizzata ad un esame congiunto dello scenario determinatosi a seguito del rogo.
  Nel corso dell'incontro è emersa la necessità di tener informata costantemente la cittadinanza sull'evolversi della situazione in parola.
  I rappresentanti dell'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Calabria durante la predetta riunione hanno riferito di aver effettuato un continuo monitoraggio della qualità dell'aria, mediante campionatori dislocati sui comuni di Palmi, Gioia Tauro, Rosamo, Polistena e Laureana di Borrello, dai quali non è stato evidenziato un apprezzabile aumento dei parametri relativi a sostanze nocive escludendo, pertanto, possibili rischi per la popolazione.
  Anche l'azienda sanitaria provinciale, durante la predetta riunione, non ha manifestato particolari rischi per la salute umana.
  Il sindaco di Palmi, appositamente interessato tramite la prefettura in merito alle iniziative adottate dal comune, ha riferito che a seguito dello scoppio dell'incendio, è stata prontamente attivata la protezione civile locale. Lo stesso primo cittadino si è recato personalmente sul luogo interessato per seguire gli interventi in sinergia con il comandante della polizia locale, referente operativo comunale.
  Secondo quanto riferito, i cittadini, tempestivamente avvisati attraverso tre comunicati e sei
post pubblicati sulla pagina istituzionale dell'ente presente sul social network «Facebook», sono stati invitati ad utilizzare ogni forma di cautela anche al fine di evitare l'inalazione dei fumi profusi: limitare i movimenti, indossare le mascherine, evitare di avvicinarsi alla zona dello stabilimento per far lavorare le squadre di soccorso, chiudere precauzionalmente gli infissi delle proprie abitazioni, lavare accuratamente frutta e ortaggi raccolti nelle zone interessate.
  Inoltre, le comunicazioni ufficiali della protezione civile locale sono state veicolate ai cittadini tramite l'applicazione «
Librarisk».
  Con particolare riferimento, invece, all'eventuale adozione di ordinanze contingibili e urgenti, il Sindaco ha sottolineato che, pur trattandosi di un evento emergenziale, non è stata ravvisata la sussistenza dei presupposti per la loro emanazione ai sensi degli articoli 50 e 54 del T.u.e.l., atteso che i fumi diffusi dall'incendio hanno interessato marginalmente il territorio comunale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Wanda Ferro.


   GHIRRA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'interno, al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati pubblicati dall'Ispra, nel 2023 in Italia sono andati bruciati negli incendi che divampano durante la stagione estiva oltre 59 mila ettari, oltre 9 mila dei quali di foreste; in Sardegna ogni anno bruciano decine di migliaia di ettari di boschi e foreste: nel 2021, anno record, addirittura 21 mila, con 3.231 roghi (il 51 per cento in più rispetto alla media del periodo), di cui 1.438 con estensione superiore ai mille metri quadri (il 45 per cento del totale), più di 6.200 ettari di bosco e 9.800 di pascolo percorsi dalle fiamme; questi dati fanno ritenere la regione sarda sempre particolarmente a rischio a causa di specifiche condizioni paesaggistiche e meteorologiche: tra maggio e settembre 2023 sono stati necessari ben 321 interventi degli elicotteri della flotta regionale e ben 48 del «Centro Operativo Aereo Unificato», tramite Canadair;

   in questo contesto la Giunta regionale, con deliberazione del 30 aprile 2024, ha approvato l'ultimo Piano regionale antincendi;

   tuttavia si è appreso da recenti notizie di stampa locale che le forze in campo nel contrasto agli incendi sarebbero ridotte all'osso: in particolare sembrerebbe che la flotta di Canadair, essenziale per poter abbreviare i tempi di intervento in caso di incendio, messa a disposizione delle forze dell'ordine impegnate nel contrasto agli incendi tramite il citato «Centro Operativo Aereo Unificato», si sarebbe assottigliata fino a diventare del tutto esigua tanto da non poter garantire la necessaria copertura del territorio e allo stesso tempo sarebbe in atto una fortissima riduzione delle squadre di personale in campo sul territorio con funzioni preventive e di intervento;

   sembrerebbe inoltre che, nell'ambito del bando regionale per la gestione della campagna antincendi per l'estate 2024, siano andate deserte le prime tre gare; per l'ultima, scaduta il 6 maggio 2024, non sarebbe addirittura arrivata nessuna offerta: nessuna società del settore avrebbe accettato le condizioni della regione;

   la Sardegna avrà così a disposizione solo 5 mezzi aerei invece di 14; alla base del rifiuto a partecipare ci sarebbe il fatto che chi ha gestito il servizio fino all'anno scorso non abbia trovato remunerativo il bando: nonostante sia stato aumentato il contributo per ogni ora di volo, non viene comunque coperto l'incremento del prezzo del carburante; in più nello stesso periodo anche Lombardia e Sicilia avevano indetto i loro appalti e chi ha potuto ha fatto rotta verso quelle regioni;

   considerato che dai dati del Sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi (Effis) – sezione del servizio di gestione delle emergenze (Ems) del programma Ue Copernicus emergono dati preoccupanti circa le previsioni di allerta per i prossimi mesi estivi in Sardegna: la temperatura media globale degli ultimi 12 mesi da maggio 2023 ad aprile 2024 è stata la più alta mai registrata, di 0,73 °C sopra la media del trentennio 1991-2020 e di 1,61 °C sopra la media dell'epoca pre-industriale 1850-1900 e il mese di aprile del 2024 è stato globalmente il più caldo mai registrato, con una temperatura media dell'aria in superficie di 15,03 gradi, 0,67 °C sopra la media di aprile del trentennio di riferimento 1991-2020 e 0,14 °C sopra il record precedente dell'aprile 2016; si tratta dell'11esimo mese consecutivo che risulta il più caldo mai registrato –:

   quali iniziative i Ministri interrogati abbiano in previsione di adottare per preparare adeguatamente la campagna antincendio da affrontare in estate, prevenire o ridurre al minimo i danni provocati dagli incendi boschivi, che rappresentano ormai da anni una emergenza nazionale;

   se ritengano adeguata l'attuale dotazione di personale e mezzi dislocati sul territorio sardo e se non ritengano opportuno un loro corrispondente tempestivo potenziamento.
(4-02775)

  Risposta. — Sulla scorta degli elementi pervenuti, si rappresenta quanto segue.
  La legge 21 novembre 2000, n. 353, recante la «legge quadro in materia di incendi boschivi», assegna apposita competenza in materia di lotta agli incendi boschivi (AIB) alle regioni e alle province autonome che, attraverso il «Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi», assicurano il coordinamento delle proprie strutture antincendio con quelle statali e quelle eventualmente provenienti dalle altre regioni, e gestiscono con una operatività di tipo continuativo le sale operative unificate permanenti nei periodi a rischio.
  Le regioni medesime, attraverso accordi di programma, possono anche avvalersi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nelle attività di lotta attiva e formazione antincendio boschivo. La collaborazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco con le regioni in materia di AIB viene declinata in maniera diversa a seconda dell'entità degli incendi, dell'organizzazione, del contesto socio-economico del territorio regionale. Con particolare riferimento alla regione Sardegna, la convenzione tra la direzione regionale dei vigili del fuoco per la Sardegna e la regione autonoma della Sardegna per la campagna antincendio boschiva 2024, ha previsto un dispositivo analogo alla precedente stagione boschiva con il potenziamento delle squadre a terra dei vigili del fuoco.
  In ogni caso, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre agli impegni assunti per effetto degli accordi con le regioni, assicura il proprio dispositivo di mobilitazione nazionale con moduli di intervento specifici per il settore AIB. Inoltre, i 6.000 operatori del dispositivo ordinario giornaliero del Corpo intervengono, ove necessario, in supporto ai sistemi AIB regionali nonché su tutti gli incendi di vegetazione non boschivi. Lo stesso Corpo ha messo a disposizione del dipartimento della protezione civile per l'impiego nella campagna estiva antincendio boschiva 2024, n. 15 velivoli Canadair CL415 (per brevità Canadair), n. 5 elicotteri S-64F, n. 2 elicotteri AB412. Inoltre, sono stati destinati all'attività AIB, seppur in modalità non esclusiva, gli elicotteri AB412 e AW139 presso 10 dei 15 reparti volo sul territorio nazionale.
  Per regione Sardegna, in particolare, è stato confermato, da parte del Corpo dei vigili del fuoco, lo stesso schieramento di Canadair dello scorso anno. Peraltro, a seguito delle mie indicazioni operative per la campagna estiva AIB 2024, è stato previsto un allungamento del periodo di permanenza dei Canadair sull'isola fino al 15 ottobre.
  Sempre in relazione alle attività di competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, deve essere richiamato il progetto «Presidi rurali», volto a garantire una più diffusa presenza in prossimità delle aree più boscate per assicurare una maggiore tempestività degli interventi. Nell'ambito del progetto, sono stati anche attivati i presidi di Villagrande Strisaili (NU) dal 2022 e Santa Teresa di Gallura (SS) (già) dall'estate 2023.
  Per quanto concerne la lotta attiva, l'articolo 7 della predetta legge quadro affida al dipartimento della protezione civile la responsabilità di garantire, attraverso il centro operativo aereo unificato (COAU), il coordinamento del concorso della flotta aerea dello Stato. Tale concorso viene svolto come attività di supporto nelle operazioni di spegnimento che le regioni svolgono con l'impiego di risorse terrestri e di velivoli che compongono le flotte regionali.
  Deve altresì evidenziarsi che il comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 120 del 2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 155 del 2021, regola il «Piano nazionale di coordinamento per l'aggiornamento tecnologico e l'accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi». Nel dettaglio, il dipartimento della protezione civile provvede alle attività di ricognizione e valutazione avvalendosi di un comitato tecnico le cui finalità attengono, principalmente, alla ricognizione e alla valutazione delle misure urgenti per il rafforzamento del coordinamento, l'aggiornamento tecnologico e l'accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, nonché alla lettura sinottica delle diverse pianificazioni regionali.
  Proprio per la realizzazione del predetto Piano nazionale, il comma 473 dell'articolo 1 della legge di bilancio 30 dicembre 2021, n. 234, ha istituito un apposito fondo da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della protezione civile con una dotazione finanziaria di 40.000.000 di euro per l'anno 2022, 50.000.000 di euro per l'anno 2023 e 60.000.000 di euro per l'anno 2024, di cui 20.000.000 di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 destinati alle regioni.
  In ultimo, si rappresenta che ogni anno, prima dell'inizio della campagna AIB, vengono organizzate riunioni plenarie, a cui partecipano le amministrazioni statali, le regioni e le province autonome che devono fronteggiare in modo sinergico il fenomeno degli incendi boschivi, al fine di mitigarne gli effetti sul territorio e sulle comunità, nonché attuare in via preventiva ogni possibile azione atta a prevenire questi fenomeni. Durante lo svolgimento della campagna AIB, infine, le amministrazioni competenti partecipano, con cadenza settimanale, alle riunioni della cabina di regia, coordinata dal dipartimento della protezione civile, istituita per monitorare costantemente l'andamento della campagna stessa e per concordare e mettere in atto le azioni necessarie al potenziamento della lotta attiva.
  Si precisa, inoltre, che in data 7 maggio 2024, è stata adottata apposita direttiva, a mia firma, recante «Attività antincendio boschivo per la stagione estiva 2024. Individuazione dei tempi di svolgimento e raccomandazioni per un più efficace contrasto agli incendi boschivi, in zone di interfaccia urbano rurale e ai rischi conseguenti», nonché, in data 13 giugno 2024, sono state emanate le «Indicazioni operative in tema di concorso della flotta aerea dello Stato nella lotta attiva agli incendi boschivi».
  Infine, si segnala che, alla luce dell'esigenza di assicurare la massima efficacia di intervento, nella campagna AIB estiva 2024, nella regione Sardegna sono stati rischierati sulla base di Olbia, nel periodo di maggiore impegno, sino ad un massimo di 3 elicotteri Canadair su una consistenza totale di 15 velivoli. Inoltre, sono stati schierati n. 1 elicottero AB-412 dell'Esercito Italiano sulla base di Cagliari-Elmas e n. 1 elicottero HH-139 dell'aeronautica militare sulla base di Decimomannu. In caso di eventi eccezionali ovvero emergenziali e di alto rischio incendi possono intervenire i Canadair rischierati sulle basi di Genova, Ciampino, Napoli-Capodichino, Lamezia Terme e Trapani.

Il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare: Nello Musumeci.


   GRIMALDI e FRATOIANNI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'escalation del conflitto in Medio Oriente, in particolare in Libano, sta generando una situazione di grave rischio per la sicurezza delle persone presenti sul territorio;

   i bombardamenti contro le milizie di Hezbollah e l'annunciata operazione di terra mettono a rischio la popolazione civile libanese e i nostri connazionali presenti nel Paese;

   da quanto risulta, numerosi cittadini italiani, fra cui alcuni piemontesi, si trovano attualmente in Libano per motivi di lavoro, studio o familiari e stanno incontrando serie difficoltà nel rientrare in Italia a causa della crescente instabilità;

   il Ministro degli esteri Antonio Tajani ha recentemente invitato gli italiani a lasciare il Libano utilizzando i voli commerciali ancora operativi, a causa dell'aggravarsi della situazione, esortando inoltre a non recarsi nel sud del Paese per il rischio di escalation bellica ma, al momento, sembra escluso l'impiego di voli speciali per permettere ai cittadini italiani di lasciare il Libano in sicurezza e far rientro in Italia;

   il 30 settembre 2024, il quotidiano La Stampa ha riportato la testimonianza di Nour, giovane cittadina italiana e piemontese che da giorni sta tentando di fuggire dal Libano;

   il racconto di Nour è la testimonianza di chi sta vivendo il terrore di restare in una terra dilaniata ogni ora di più dalla guerra, giunta in Libano con la famiglia a metà settembre per visitare dei parenti, non è riuscita a prendere il volo di rientro programmato per domenica 29 settembre 2024 perché i raid di Israele si erano così intensificati che il volo è stato cancellato;

   lunedì 23 settembre 2024, a causa dei diversi bombardamenti nella zona da Nabatieh, Nour e i familiari sono dovuti fuggire verso Beirut, impiegando quasi venti ore per giungere a destinazione dal momento che il panico generale ha fatto riversare migliaia di auto in strada in un esodo fuori controllo;

   nelle prime quattro ore circa di viaggio sono rimasti fermi nello stesso punto per gli intensi bombardamenti vicino alla strada, fermi in trappola, senza sapere cosa sarebbe potuto succedere di lì a poco;

   arrivati a Beirut sono subito dovuti scappare di nuovo perché il quartiere accanto a quello in cui si trovavano è stato bombardato e si sono spostati nel quartiere di Tripoli, arrivando la sera del 24 settembre 2024, riuscendo a trovare una casa in affitto per una settimana;

   nel frattempo, il volo di rientro della Turkish Airlines, tratta Beirut-lstanbul-Torino è stato cancellato e hanno acquistato a prezzi altissimi un altro volo per mercoledì 2 ottobre 2024, con il dubbio che anche quel volo possa essere cancellato;

   la storia della famiglia di Nour, potrebbe essere simile a quella di tanti altri connazionali che si trovano in Libano in questi giorni, impossibilitati a rientrare in Italia;

   ad avviso dell'interrogante è necessaria una intensa attività di monitoraggio e sostegno da parte delle strutture della Farnesina, affinché venga fornita la possibilità ai nostri connazionali di poter lasciare il Libano in tutta sicurezza, anche attraverso l'impiego di voli speciali, nonché vigilare sui costi dei voli commerciali ancora operativi affinché non raggiungano costi inaccessibili –:

   quali urgenti iniziative abbiano assunto o intendano assumere, ciascuno per il proprio ambito di competenza, per garantire assistenza e supporto logistico ai cittadini italiani presenti in Libano, con particolare riferimento a quelli che stanno incontrando serie difficoltà nel rientro in Italia, al fine di permettere loro di lasciare il Libano in sicurezza, anche attraverso l'impiego di voli speciali e interventi diretti a monitorare e calmierare i costi dei voli commerciali ancora operativi dal Libano per evitare che raggiungano costi elevati e proibitivi.
(4-03511)

  Risposta. — A fronte dell'intensificarsi della crisi in Medio Oriente, il Governo italiano, anche in qualità di Presidente del G7, si sta adoperando a ogni livello per la pace, per il dialogo e per la tutela dei connazionali nella regione e dei nostri militari in Libano.
  Il 18 ottobre il Presidente del Consiglio Meloni si è recata a Beirut dove ha incontrato il Primo Ministro Najib Mikati e il Presidente del Parlamento Nabih Berri, con cui si è confrontata sulla situazione nel Paese e nella regione e sugli sforzi in corso per giungere a un cessate il fuoco.
  La nostra prima preoccupazione, come ricordato nelle scorse settimane in Parlamento dal Ministro Tajani, è la sicurezza dei connazionali.
  Fin dalle prime avvisaglie di allargamento della crisi al Libano, la Farnesina, attraverso l'Unità di crisi e l'ambasciata d'Italia a Beirut, ha attivato un sistema capillare di monitoraggio e contatto per i circa 3.200 connazionali, in larghissima parte doppi cittadini residenti stabilmente nel Paese.
  Alla luce della mantenuta operatività dell'aeroporto Rafiq Hariri di Beirut, già a partire dall'estate, la Farnesina ha invitato i connazionali a lasciare il Paese con i voli commerciali disponibili.
  A inizio ottobre ci siamo attivati per venire incontro alle richieste dei connazionali che hanno manifestato l'esigenza di lasciare il Libano in ragione del peggioramento del quadro di sicurezza. Su impulso del Ministro Tajani, abbiamo predisposto il 3 e il 9 ottobre due voli commerciali straordinari per l'Italia, che hanno consentito il rientro in sicurezza di 334 persone, tra cittadini italiani, europei e libanesi.
  L'operazione ha riguardato il 10 per cento circa dei connazionali registrati in Libano. Sebbene tutti siano stati contattati, la maggior parte ha preferito non lasciare il Paese.
  Tra i passeggeri figurano anche 37 rifugiati siriani, accolti nel contesto dei corridoi umanitari promossi dalla Comunità di Sant'Egidio, dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e Tavola valdese, in accordo con i Ministeri dell'interno e degli esteri e delle cooperazione internazionale.
  La nostra ambasciata a Beirut, in stretto raccordo con la Farnesina, continuerà a seguire la situazione con la massima attenzione per fornire costanti aggiornamenti di sicurezza e ogni possibile assistenza ai connazionali ancora presenti.
  

Il Sottosegretario di Stato degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   IACONO, MARINO, FERRARI, GHIO e FORATTINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ha destato molto scalpore e anche una certa indignazione nella opinione pubblica la sentenza della Corte di cassazione che ha annullato con rinvio limitatamente alla valutazione delle attenuanti generiche (in sostanza, per stress da Covid) la condanna all'ergastolo nei confronti dell'autore del femminicidio di Lorena Quaranta avvenuto nel 2020 in provincia di Messina;

   le motivazioni della sentenza che autorizzano ad un giudizio bis che potrebbe portare anche ad una riduzione della pena non possono non indurre ad una riflessione lo stesso Legislatore;

   emerge un preoccupante clima culturale che ha trovato traduzione in una sentenza;

   questo ci ricorda quanto sia importante non solo l'impianto normativo ma anche il retroterra culturale che vi è nel nostro Paese;

   la legge 24 novembre 2023, n. 168 concernente disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, all'articolo 6, comma 2, prevede che: «Nella definizione delle linee programmatiche sulla formazione proposte annualmente dal Ministro della giustizia alla Scuola superiore della magistratura, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, sono inserite iniziative formative specifiche in materia di contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica» –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda assumere per far sì che il richiamato articolo di legge trovi piena attuazione e per fornire al Parlamento ogni utile elemento in merito, considerata la complessità e delicatezza della materia e la necessità di avere un sistema giudiziario adeguatamente formato nel pieno rispetto della ratio della legge.
(4-03706)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti, traendo spunto dal caso della nota pronuncia con cui la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la condanna all'ergastolo nei confronti dell'autore del femminicidio di Lorena Quaranta, consumato nel 2020 nella provincia di Messina, hanno espresso timori rispetto al clima culturale che può aver fatto da retroterra all'adozione di quella decisione.
  Hanno, dunque, chiesto al Ministro della giustizia quali iniziative intenda assumere per dare piena attuazione al disposto di cui all'articolo 6 comma 2 della legge 24 novembre 2023, n. 168, recante le disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, e, più in generale, per assicurare un'adeguata formazione degli attori del sistema giudiziario.
  Al fine di fornire risposta al quesito posto il Ministero si è prontamente attivato per svolgere gli opportuni accertamenti, acquisendo una relazione predisposta dal consigliere designato della Sezione Corte di assise di appello presso la Corte d'appello di Reggio Calabria, alla quale il procedimento è stato rinviato.
  Da tale relazione si evince che, fermo restando che la responsabilità dell'imputato per il femminicidio di Lorena Quaranta è stata definitivamente accertata, al giudice del rinvio è stato rimesso di vagliare, nuovamente, il solo profilo afferente alla riconoscibilità delle attenuanti generiche.
  Secondo il Giudice di legittimità, infatti, la decisione del giudice d'appello di negare dette attenuanti generiche sarebbe affetta da aporie e contraddizioni, rendendo il caso meritevole – sotto tale profilo – di attenta rivalutazione.
  Ciò detto, trattandosi di vicenda ancora
sub judice, il doveroso rispetto per l'autonomia e l'indipendenza dell'Autorità giudiziaria procedente impedisce di entrare funditus nel merito della decisione. Sullo stato del giudizio di rinvio è possibile riferire però che esso è in corso di svolgimento, con udienza fissata al 28 novembre 2024 per le eventuali repliche della Procura Generale alle conclusioni già rassegnate e conseguente decisione.
  Venendo al quesito specifico posto dagli interroganti, va
in primis rimarcato il costante impegno del Governo tutto nel contrasto all'odioso fenomeno della violenza di genere, tradottosi nell'adozione, sin dal suo insediamento, di iniziative di varia natura, nella consapevolezza che l'adeguatezza della risposta da parte dello Stato non passa solo attraverso il potenziamento degli strumenti di repressione.
  È una battaglia innanzitutto culturale, che impone di intervenire su più livelli per sensibilizzare l'opinione pubblica nella comprensione del fenomeno e nella trasformazione di schemi ed atteggiamenti che finora hanno gravemente nuociuto agli equilibri della società civile.
  Ancora. Occorre agire sulla formazione degli operatori di tutte le Istituzioni coinvolte, ivi compresi quelli del sistema giudiziario. Il principio del giusto processo, sancito dalla Carta costituzionale, non esprime infatti soltanto un'esigenza di qualità, accuratezza e tempestività della decisione, ma veicola anche l'aspettativa che l'offesa già arrecata da altri non si protragga ulteriormente, attivando pericolosi meccanismi di vittimizzazione secondaria.
  A tal fine è fondamentale il monitoraggio costante del fenomeno, in funzione dell'apprezzamento dell'efficacia dell'azione giudiziaria e della conseguente selezione delle migliori modalità organizzative adottate dagli uffici (cosiddette
best practices). Il confronto tra le diverse esperienze consente, infatti, di cogliere a pieno la capacità degli strumenti offerti dalla normativa nel contrastare il fenomeno, contribuendo poi ad innalzare la competenza e la preparazione dei magistrati, che nei diversi ruoli vengono a contatto con simili vicende.
  È per questa ragione che già lo scorso anno il tema della lotta alla violenza di genere aveva trovato un proprio spazio dedicato nell'ambito delle linee programmatiche sulla formazione proposte dal Ministro alla Scuola superiore della magistratura. Adeguato rilievo è stato, dunque,
a fortiori riservato all'argomento nelle ultime linee guida, che sono le prime adottate dopo l'entrata in vigore della legge 24 novembre 2023, n. 168, con cui è stato reso obbligatorio l'inserimento di iniziative formative specifiche in materia di contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza domestica.
  Con tale legge, di iniziativa governativa, si è inteso infatti intervenire più efficacemente su alcune delle misure già introdotte in passato per fronteggiare il fenomeno (cosiddetto Codice Rosso) in chiave, innanzitutto, di prevenzione delle azioni criminose. Si pensi, a titolo esemplificativo, all'ampliamento dell'ambito di applicabilità delle misure cautelari, custodiali e non, con essa introdotto.
  E, dunque, l'implementazione degli strumenti di contrasto alla violenza di genere e domestica realizzata con tale strumento normativo ha reso quantomai necessario anche un rinvigorimento dell'attività formativa svolta in questo ambito, nella prospettiva di garantire un'effettiva ed efficace applicazione del sempre più articolato apparato normativo vigente.
  In tale contesto si è inserita, poi, anche l'azione dell’«Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica», istituito nell'ottobre 2022 presso il Ministero della giustizia con lo scopo di creare un'interlocuzione costante con gli uffici giudiziari per monitorare il fenomeno attraverso, per l'appunto, la raccolta di buone prassi, l'estrazione dei dati giudiziari e statistici di interesse e l'elaborazione di soluzioni tecniche e normative per implementare il sistema di tutele già esistente.
  L'Osservatorio, attraverso i suoi sette sottogruppi è, dunque, impegnato su più fronti nella promozione di quell'intervento sinergico ed incisivo che il fenomeno richiede, attraverso il coinvolgimento di professionalità appartenenti ad ambiti diversi, non solo riconducibili al mondo giudiziario ma anche a quello accademico e dell'informazione.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   LA SALANDRA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   si segnala una vicenda che presenta per l'interrogante di palesi illegittimità che sta interessando la composizione della giunta comunale guidata dal sindaco, dottor Francesco Bonito, a Cerignola, in provincia di Foggia;

   in data 29 aprile 2024 Rossella Bruno ha rassegnato le sue dimissioni dalla carica di assessore dalla giunta comunale;

   da quel giorno il primo cittadino non ha provveduto a riequilibrare i rapporti di genere all'interno dell'Esecutivo, in palese violazione dell'articolo 1, comma 137, legge n. 56 del 2014, il quale prevede espressamente che «Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico»;

   dopo le dimissioni dell'assessore Rossella Bruno, pertanto, la giunta siede con 5 uomini e 2 donne a cui va aggiunto il sindaco Francesco Bonito. Non si garantisce il 40 per cento di quota di genere ed ogni determinazione dell'Esecutivo cittadino potrebbe avere profili di illegittimità;

   in data 8 maggio 2024 il sindaco ha rilasciato un comunicato del seguente tenore: «con la segretaria generale dell'Ente, abbiamo valutato i potenziali effetti del temporaneo mancato rispetto della norma sulla parità di genere relativamente alla composizione della Giunta comunale e ci siamo assunti la responsabilità di non bloccare il buon governo della città in applicazione del principio della continuità amministrativa. Siamo convinti che la legittimità delle delibere non sia in discussione; in ogni caso, il riequilibrio di genere all'interno della Giunta sarà presto ristabilito, eliminando così eventuali motivi di contenzioso», dal quale si evince un'interpretazione del tutto personale;

   su richiesta dei segretari cittadini di Fratelli d'Italia (Gianvito Casarella) e di Forza Italia (Carlo Dercole), in data il 9 maggio 2024 la consigliera di parità della regione Puglia, dottoressa Lella Ruccia, inviava una missiva nella quale intimava all'amministrazione di procedere al ripristino della quota rosa prevista per legge (che ad oggi si attesta al 28 per cento), smentendo, nei fatti, l'impostazione della pubblica amministrazione sul tema, precisando che: «Né vale invocare presunte questioni di continuità di azione amministrativa atteso che la legge si riferisce alla corretta composizione dell'organo di giunta e non alle eventuali funzionalità»;

   ad oggi, nonostante la palese violazione della norma succitata che rende la stessa giunta «strutturalmente» illegittima, la stessa continua a produrre atti che all'interrogante si appalesano illegittimi con potenziale pericolo per il corretto e buon governo della cosa pubblica;

   il mancato ripristino della quota di genere non trova alcuna oggettiva giustificazione se non in contrasti di natura strettamente politica tra le varie forze di maggioranza, tali da rendere problematica la scelta di un nuovo elemento che pur ripristinerebbe l'osservanza delle quote di genere;

   di tale situazione, il 16 maggio 2024 è stato anche informato, da parte del capogruppo consiliare di Fratelli d'Italia, l'avvocato Nicola Netti, il prefetto di Foggia, dottor Maurizio Valiante: nessuna risposta sin qui è prevenuta al capogruppo consiliare che il 24 giugno 2024 ha invano reiterato la richiesta di intervento prefettizio –:

   se si condivida l'interpretazione della normativa data dal sindaco di Cerignola, Francesco Bonito e risultante dal comunicato richiamato in premessa, o se in alternativa si ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia ripristinata una composizione della giunta comunale rispettosa della disciplina sulla quota di genere, anche al fine di evitare irregolarità nello svolgimento dell'azione amministrativa.
(4-03090)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Lo scorso 16 maggio 2024, un consigliere comunale di minoranza del comune di Cerignola, ha segnalato al prefetto di Foggia che, a seguito delle avvenute dimissioni dell'assessore Rossella Bruno avvenute il precedente 29 aprile, il sindaco, sebbene sollecitato, non aveva ancora provveduto al ripristino del
quorum di genere in seno alla giunta comunale.
  Si assicura che il prefetto di Foggia ha seguito sin da subito e con particolare attenzione lo sviluppo della vicenda e, sebbene il vigente ordinamento non riconosce in capo all'amministrazione dell'interno poteri di controllo sugli atti degli enti locali, ha intrapreso una interlocuzione con il primo cittadino nell'ambito della prevista attività di collaborazione che viene svolta costantemente dalla prefettura nei rapporti con gli amministratori locali.
  Il sindaco, il successivo 21 maggio, ha riferito al prefetto di avere «in corso consultazioni politiche con i gruppi che sostengono la maggioranza consiliare per la integrazione della giunta stessa, integrazione che verrà realizzata con la designazione di un assessore di sesso femminile.»
  Con nota del 28 maggio il prefetto ha chiesto al sindaco di essere informato con sollecitudine in merito alle iniziative adottate ai fini del ripristino del
quorum delle quote di genere in senso conforme alla normativa vigente, continuando ad interloquire per le vie brevi, al fine di ottenere elementi aggiornati sull'esito delle richiamate attività consultive con la maggioranza consiliare.
  Tuttavia, in considerazione del mancato riscontro da parte del sindaco, lo scorso 8 luglio, il prefetto ha nuovamente investito formalmente il primo cittadino della questione in parola, rimarcando in tale occasione che, come già evidenziato dal Consiglio di Stato (vedi Sezione V, n. 406 del 2016 e successivo parere n. 1933 del 26 luglio 2018), la prescrizione normativa di cui all'articolo 1, comma 137 della legge n. 56 del 2014 «... costituisce attuazione del... principio costituzionale di cui all'articolo 51 della costituzione, secondo cui “la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne” e deve essere interpretata nel senso che, fermo restando l'obbligo di garantire sempre, anche nei comuni più piccoli, la rappresentanza di entrambi i sessi, laddove la popolazione superi una certa soglia, tale vincolo è stabilito normativamente nella misura del 40 per cento» e che, peraltro, il medesimo Consesso ha precisato (sentenza Consiglio di Stato Sezione V, n. 4626 del 2015) che tutti gli atti adottati nella vigenza dell'articolo 1, comma 137 citato, trovano in esso «un ineludibile parametro di legittimità», con la conseguenza che un'interpretazione che riferisse l'applicazione alle sole nomine assessorili effettuate all'indomani delle elezioni e non anche quelle adottate in corso di consiliatura consentirebbe un facile aggiramento della suddetta normativa.
  Nella medesima nota prefettizia è stato comunque rilevato che, conformemente a quanto osservato dal Tar Puglia, con sentenza n. 13 dell'8 gennaio 2020, «il rispetto del principio di parità tra uomo e donna non può in alcun modo determinare un'interruzione dell'esercizio delle funzioni politico-amministrative», con la possibilità che tale principio possa essere derogato nel caso in cui sussista un'effettiva impossibilità di assicurare la presenza di entrambi i generi nella compagine di giunta, purché la ridetta impossibilità sia adeguatamente provata.
  Pertanto, in ragione delle suesposte considerazioni e fatte salve valutazioni sulla legittimità degli atti
medio tempore adottati, che eventualmente potranno essere fatte valere nelle sedi competenti da parte di chi ne ha legittimazione ed interesse, è stato reiterato l'invito al sindaco di informare prontamente la prefettura sulle iniziative adottate per l'integrazione della composizione dell'organo giuntale, in senso conforme alle indicazioni normative ed ermeneutiche sopra richiamate.
  A seguito di quest'ulteriore intervento, il 23 luglio, il comune di Cerignola nel comunicare alla prefettura le intervenute dimissioni di un altro consigliere, ha trasmesso copia dei decreti di nomina di due nuovi assessori con i quali è stato ripristinato il
quorum di genere in seno alla giunta municipale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Wanda Ferro.


   LACARRA, SERRACCHIANI e GRAZIANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   gli assistenti giudiziari, circa 8.000, forniscono un contributo indispensabile per il funzionamento della macchina giudiziaria ma, nonostante l'impegno profuso, anche per colmare carenze di organico, non hanno mai ottenuto una progressione giuridica, riconosciuta invece ad altre professionalità;

   malgrado negli ultimi anni il Ministero della giustizia abbia espletato molte procedure concorsuali, per lo più con modalità semplificate, in nessuna è stata prevista una riserva per gli assistenti giudiziari;

   a fine 2020 il Ministero ha bandito un concorso per cancellieri esperti (Area II F3) senza prima procedere alla riqualificazione del personale interno;

   gli assistenti giudiziari assunti nel '96, già F4, partecipando alla selezione, avrebbero stipulato un contratto di lavoro ex novo, con fascia economica (F3) inferiore e perdita in busta paga di circa 200 euro lordi mensili;

   il possesso di particolari titoli, preselettivi, ha precluso la possibilità di partecipare agli assistenti giudiziari assunti nel 2018, favorendo avvocati e vice procuratore onorario;

   tale implicito sbarramento, unitamente alla saturazione dei profili superiori, ha bloccato gli assistenti giudiziari nel profilo di appartenenza;

   per esperienza e identità delle mansioni, gli assistenti giudiziari si adoperano per formare cancellieri esperti e altre qualifiche superiori neoassunte;

   da ciò che si apprende i cancellieri esperti, assunti solo da tre anni, stanno promuovendo iniziative per il passaggio all'area terza, con la conseguenza che gli assistenti giudiziari, sebbene molto più esperti, sarebbero definitivamente confinati in area seconda, malgrado i due profili abbiano requisiti di accesso e specificità identici;

   il Ccnl del 29 luglio 2010 prevede la flessibilità tra profili all'interno delle aree. L'accordo sottoscritto il 26 aprile 2017 (recepito dal decreto ministeriale 9 novembre 2017) stabilisce «La promozione e la progressiva attuazione del sistema di flessibilità tra profili all'interno delle aree» precisando all'articolo 2 che, relativamente al profilo del cancelliere, ridenominato «cancelliere esperto», «potranno confluire gli assistenti giudiziari con più di 7 anni di servizio nella relativa qualifica» mediante procedure selettive che si sarebbero dovute espletare entro il 30 giugno 2017, mantenendo la fascia economica e la medesima sede di servizio, anche in posizione soprannumeraria rispetto alla pianta organica, fino al completo riassorbimento;

   il Ccnl – Comparto Ministeri, anno 2019/2021, anche in applicazione dell'articolo 52, comma 1-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevede la disciplina (articoli 17 e 18) del passaggio in terza area, alla pari delle altre pubbliche amministrazioni, anche degli assistenti giudiziari e lo stesso Ministero della giustizia, nell'ambito del nuovo ordinamento professionale, oggetto di imminente contrattazione, propone l'unificazione dei due profili;

   il passaggio dei cancellieri esperti all'area terza, con la conseguente esclusione degli assistenti giudiziari, provocherebbe una grave disparità di trattamento e sarebbe pregiudizievole per una categoria di lavoratori che, nell'ottica di una progressione professionale ed economica, si ritroverebbe a svolgere una mansione depotenziata, disallineata con la propria professionalità, spesso pari o anche superiore a quella dei cancellieri esperti;

   la mancanza di prospettive di progressione professionale sta provocando un esodo degli assistenti giudiziari assunti negli ultimi anni verso occupazioni più remunerative, anche all'esterno della pubblica amministrazione;

   gli assistenti giudiziari rivendicano il diritto di ottenere un riconoscimento giuridico delle loro funzioni che rispetti e valorizzi le loro professionalità e chiedono, con un riconoscimento formale delle capacità e assunzioni di responsabilità, il passaggio in terza area –:

   se intenda intraprendere iniziative volte all'unificazione delle figure dell'assistente giudiziario e del cancelliere esperto in linea con il nuovo sistema di classificazione del Ccnl 2019-2021, all'attuazione dell'accordo del 26 aprile 2017 e al passaggio in terza area degli assistenti giudiziari come previsto dal Ccnl – Comparto Ministeri, mediante criteri chiari e trasparenti per la progressione di carriera, tenuto conto delle competenze acquisite e dell'esperienza maturata nel profilo di appartenenza.
(4-03596)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo gli interroganti, traendo spunto dalle attuali caratteristiche del profilo amministrativo degli assistenti giudiziari, avanzano specifici quesiti in ordine all'inquadramento professionale loro spettante sulla base del contratto collettivo nazionale.
  In apertura si rimarca che la dibattuta questione degli inquadramenti professionali ha rivestito peculiare importanza nell'azione amministrativa di questo Dicastero.
  Ben consapevole dell'importanza del contributo apportato dalla figura dell'assistente giudiziario il Ministero della giustizia, per il tramite della competente articolazione, ha cercato, difatti, fin dall'instaurazione del tavolo di contrattazione, di assicurare il giusto riconoscimento al valore aggiunto offerto da detto personale.
  Venendo alla specifica questione sollevata dagli interroganti si evidenzia quanto segue.
  La contrattazione integrativa in corso fa riferimento a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale del lavoro funzioni centrali 2019-2021, tuttora vigente, il quale delinea un nuovo ordinamento di classificazione del personale, enucleando le quattro aree organizzative che corrispondono ad altrettanti differenti livelli di conoscenze e competenze professionali.
  L'articolo 18 del medesimo CCNL, al comma 2, impone la trasposizione automatica delle figure professionali dell'area II nella nuova area assistenti.
  La figura dell'assistente giudiziario ha trovato dunque, sin dal precedente contratto integrativo, la sua collocazione nell'area II e, quindi, così come previsto dal nuovo CCNL, nella nuova area assistenti.
  Tale collocazione si pone in linea con le più generali previsioni del comparto funzioni centrali, la cui seconda area ricomprende il profilo dell'assistente, generalmente inteso.
  È lo stesso CCNL a prevedere inoltre, che in sede di contrattazione integrativa, vengano individuate, all'interno di ciascuna area, le apposite «famiglie professionali», le quali delineano ambiti professionali omogenei, corrispondenti alla fungibilità delle mansioni ed esigibilità delle stesse, in cui confluiranno necessariamente più profili professionali.
  Si segnala che, in sede di contrattazione integrativa, sono al vaglio ipotesi di accordo che, qualora dovessero incontrare il necessario, quanto opportuno consenso delle parti sindacali, potrebbero condurre alla procedura comparativa prevista dall'articolo 52, comma 1-
bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, come recepito dall'articolo 18 CCNL, che al comma 6 così recita: «In applicazione dell'articolo 52, comma 1-bis, penultimo periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001, al fine di tener conto dell'esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall'amministrazione di appartenenza, in fase di prima applicazione del nuovo ordinamento professionale e comunque entro il termine del 31 dicembre 2024, la progressione tra le aree ha luogo con procedure valutative cui sono ammessi i dipendenti in servizio in possesso dei requisiti indicati nella allegata tabella 3 di corrispondenza».
  In tal modo i dipendenti non in possesso del titolo di studio previsto per l'accesso all'area dall'esterno con almeno 10 anni di esperienza e i dipendenti con il titolo di studio previsto per l'accesso all'area funzionari con almeno 5 anni di esperienza maturata, potrebbero beneficiare del passaggio di area.
  Si sottolinea in definitiva il costante impegno profuso da questo Dicastero per la valorizzazione professionale del personale amministrativo tutto, anche attraverso la costruzione di percorsi di carriera mirati che riconoscano la competenza e l'esperienza maturata nel rispetto del quadro normativo di riferimento e secondo una corretta impostazione delle relazioni sindacali.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   LUPI e BICCHIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la procura di Napoli ha aperto un fascicolo per accertare le responsabilità e le cause del crollo del manto stradale avvenuto il 21 febbraio 2024, in via Morghen, a Napoli;

   i primi interventi che dovevano essere messi in opera erano quelli utili a garantire la sicurezza della strada, del palazzo interessato e del sistema di fognatura e tubazione, ma tali interventi sono stati inefficaci e soprattutto dettati da un cronoprogramma lento e non confacente all'urgenza e alla necessità, né tantomeno sono stati utilizzati adeguati mezzi e risorse per scongiurare ulteriori pericoli;

   si è riscontrato, inoltre, che durante i primi accertamenti le autorità preposte non abbiano previsto alcun sostegno né a tutela dei cittadini sfollati, né al fine di sostenere le spese di pulizia dai detriti depositati nei locali commerciali da mettere in sicurezza. La mancanza di un sostegno ha portato i cittadini di via Morghen ad autotassarsi per sostenere i primi e necessari interventi;

   il 9 marzo 2024, data in cui era stata diramata una allerta meteo dalla Protezione civile, si è avuto un nuovo cedimento del sistema fognario che ha comportato un nuovo allagamento ed ha portato nuovamente al crollo del manto stradale;

   come riportato dal quotidiano Repubblica in data 9 marzo 2024, si è assistito ad un vero e proprio fiume di fango che ha inondato via Morghen e via Solimena accentuando la voragine già esistente;

   questo nuovo accadimento ha vanificato tutti gli sforzi, economici e fisici, fatti finora da parte dei privati, aggravando lo stato di sicurezza della strada;

   il perdurare di questa situazione risulta dannoso non solo dal punto di vista della sicurezza, ma comporta anche ingenti perdite economiche agli esercizi commerciali presenti sulla via, nonché il perdurare del peggioramento della situazione del traffico che risulta raddoppiato e rende difficile la viabilità e la vivibilità della zona;

   la situazione è resa ancora più grave dagli avvenimenti disastrosi che stanno interessando il sottosuolo, soprattutto in merito al lento e progressivo sprofondamento della collina vomerese che starebbe subendo un abbassamento compreso nell'intervallo tra i 5 ed i 7 millimetri l'anno;

   si tratta di avvenimenti che rendono necessari interventi di messa in sicurezza del manto stradale con materiali che resistano ad eventuali e future calamità;

   dopo numerosi studi si è riscontrato che possono sussistere, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 1 del 2 gennaio 2018, le condizioni per attivare la richiesta dello stato di emergenza, anche con la finalità di avviare le procedure per il finanziamento di interventi a favore della popolazione e del territorio, attraverso l'emanazione di provvedimenti anche in deroga all'ordinamento vigente;

   va ribadita la necessità di garantire lo stato di sicurezza e vivibilità ai cittadini napoletani ed in particolare in quelli residenti in Via Morghen –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione, quali iniziative intenda intraprendere al fine di valutare la dichiarazione dello stato di emergenza e se intenda adottare le iniziative di competenza per far emergere le responsabilità politiche ed amministrative.
(4-02493)

  Risposta. — Sulla scorta degli elementi pervenuti, si rappresenta quanto segue.
  A far data dal 21 febbraio 2024, giorno in cui si è verificato il crollo della sede stradale in Napoli, via Morghen oggetto di interrogazione, l'azienda speciale ABC ha collaborato con gli enti e le autorità preposte per ricostruire le reti idriche e fognarie danneggiate nel corso di tale evento e per provvedere anche al ripristino del solido stradale. Si è proceduto, altresì, ad effettuare la completa sostituzione anche del collettore fognario e della tubazione idrica su via Bonito, a partire dall'incrocio con via Morghen e per un tratto di circa 100 metri, con termine dei lavori al 12 luglio 2024, in cui è stata comunicata la riapertura della viabilità.
  Ciò premesso, si rileva che, ai sensi della normativa vigente in materia, il dipartimento della protezione civile interviene nelle gestioni emergenziali solo a seguito di specifica e dettagliata richiesta da parte della regione interessata, al verificarsi di calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo, nell'ipotesi in cui le stesse, in ragione della loro intensità ed estensione debbano, con immediatezza di intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari.
  Pertanto, lo stato di emergenza nazionale può essere dichiarato solo quando una determinata situazione richieda l'adozione di misure che superano le capacità operative e finanziarie degli enti competenti in via ordinaria. A fronte di tale quadro normativo, non avendo la regione Campania, nel caso di specie, allo stato, trasmesso alcuna richiesta di deliberazione dello stato di emergenza, non si dispone degli elementi necessari per la verifica della sussistenza, nella fattispecie in rassegna, dei presupposti per un intervento con mezzi e poteri straordinari.
  Tanto evidenziato, preme rappresentare come l'episodio riguardante la voragine apertasi il 21 febbraio 2024 in via Morghen sia stato segnalato al dipartimento della protezione civile anche dalla prefettura di Napoli con nota del 5 marzo 2024, relativa alla necessità di un intervento rispetto ai recenti episodi di dissesto idrogeologico e di sprofondamento che hanno interessato la città di Napoli.
  Il dipartimento ha, quindi, dato riscontro alla prefettura di Napoli (e, per conoscenza, al gabinetto del Ministro dell'interno, al presidente della regione Campania e al sindaco del comune di Napoli) in data 4 aprile 2024, sottolineando che gli articoli 6, 11 e 12 del decreto legislativo n. 1 del 2018 (Codice di protezione civile) attribuiscono ai sindaci e ai presidenti delle regioni, in qualità di autorità territoriali di protezione civile, specifiche funzioni in materia e l'articolo 7, comma 1, lettere
a) e b), del medesimo codice definisce la gestione degli eventi emergenziali in capo ai singoli enti e alle regioni e province autonome. Inoltre, si è rammentato come l'articolo 9 dello stesso codice attribuisca specifici compiti al prefetto, nei limiti della competenza territoriale del medesimo, in occasione di eventi emergenziali – anche di livello regionale – ovvero nella loro imminenza o nel caso in cui il verificarsi di tali eventi sia preannunciato.
  Per ciò che attiene, poi, in particolare, alla problematica connessa ai fenomeni di sprofondamento, i quali interessano l'abitato della città di Napoli, anche in ragione della natura geologica dei terreni che la caratterizzano, si è ravvisata – all'interno della medesima nota dipartimentale di riscontro – la necessità di effettuare opportuni approfondimenti tecnici ed indagini, al fine di individuare adeguati interventi risolutivi, evidenziandosi che, ai sensi della vigente normativa, anche di rango costituzionale, ogni iniziativa volta alla gestione del territorio è attribuita alla competenza degli enti e delle amministrazioni territoriali, i quali, pertanto, valuteranno le condizioni di rischio residuo delle aree segnalate, con particolare riferimento all'evoluzione dei dissesti idrogeologici di sprofondamento rilevati, nonché alla programmazione e all'attuazione degli interventi strutturali e non strutturali ritenuti necessari per la mitigazione delle condizioni di pericolosità e per la salvaguardia della pubblica e privata incolumità, anche mediante opportune forme di intesa, raccordo e cooperazione.
  Conseguentemente, con specifico riferimento alle attività di prevenzione afferenti alla protezione civile, il sindaco del comune di Napoli, nelle more dei suddetti approfondimenti e degli interventi strutturali eventualmente ritenuti necessari, è stato invitato a garantire un efficace funzionamento dell'azione di protezione civile a livello locale, così come disposto dall'articolo 12 del citato decreto legislativo n. 1 del 2018 e, in particolare, a vigilare le aree in rassegna, soprattutto in occasione di eventi meteorologici intensi, a predisporre o ad aggiornare, laddove non già effettuato, il Piano comunale di protezione civile il quale, ancorché in forma speditiva, sulla base dei messaggi emessi nell'ambito del sistema di allertamento nazionale, deve sempre stabilire le azioni da porre in essere per fronteggiare efficacemente gli eventi, previsti o in atto, attraverso le attività di presidio territoriale e l'attivazione di misure di salvaguardia e di informazione alla popolazione.
  Pertanto, il dipartimento della protezione civile ha segnalato la necessità che le amministrazioni territoriali e gli altri soggetti ordinariamente competenti intraprendano tempestivamente ogni iniziativa utile a tutela della pubblica e privata incolumità, già rientrando, a legislazione vigente, nella facoltà dei soggetti a vario titolo responsabili, l'eventuale adozione di misure di somma urgenza, ove ne ricorrano i presupposti.
  In relazione all'accertamento delle responsabilità, emerge, infine, che dei fatti oggetto dell'interrogazione risulta pienamente investita l'autorità giudiziaria, il cui scrutinio e la valutazione giuridica restano alla stessa demandati.

Il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare: Nello Musumeci.


   MALAGUTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito dell'iniziativa nazionale dell'Osservatorio carcere dell'Unione camere penali per un monitoraggio delle condizioni di vita dei detenuti, intitolata «Ristretti in agosto», l'interrogante ha partecipato anche a una visita alla casa circondariale di Ferrara;

   tale struttura, che conta 391 unità di detenuti a fronte di una capienza di 244, e 157 unità di personale a fronte di 216 previsti, con la mancanza di un vicecomandante dal 2015, come molte altre strutture nel nostro Paese, sconta una serie di criticità nelle condizioni di vita dei detenuti e in quelle di lavoro della polizia penitenziaria, che sono l'eredità di decenni di sostanziale inattività nella gestione degli edifici carcerari nazionali;

   il decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia, recentemente convertito in legge dal Parlamento, prevede l'assunzione di mille nuovi agenti e venti dirigenti nei prossimi due anni, una nuova indennità di specificità organizzativa e la nomina di un commissario speciale per l'edilizia carceraria;

   nel corso della visita alla casa circondariale di Ferrara, con gli avvocati della Camera penale, incontrando gli agenti di polizia penitenziaria e i detenuti, è emersa una serie di suggerimenti e indicazioni utili in particolare per il nuovo commissario delegato all'edilizia carceraria;

   il rapporto agenti-detenuti, ad esempio, non è un indicatore esaustivo per valutare il personale necessario alla gestione di una struttura, perché alcuni reparti speciali, come quello dei collaboratori di giustizia, dei sottoposti al 41-bis, del reparto in isolamento, richiedono l'impiego di un numero di agenti molto superiore in percentuale al numero di detenuti, rispetto alle necessità dei reparti di detenuti comuni;

   per questo sarebbe utile accomunare certi «reparti speciali» solo in alcune strutture, che non tolgano troppi agenti ai reparti di detenuti comuni, numericamente più consistenti ma anche più semplici da gestire e che quindi richiedono meno personale penitenziario;

   molti detenuti chiedono di poter lavorare o proseguire studi interrotti, non solo universitari, ma anche delle scuole primarie. Considerando le limitate risorse di bilancio, si potrebbe pensare anche all'impiego di insegnanti volontari, che eventualmente volessero dare la disponibilità, riconoscendo loro la maturazione di punteggi utili per i concorsi pubblici;

   va considerato che il primo fine delle strutture carcerarie è il recupero e reintegro in società dei detenuti, anche con l'apprendimento di lavori e professionalità che possano offrire opportunità lavorative una volta scontata la pena, e che anche solo per passare ore all'aria aperta diversi carcerati chiedono di poter lavorare. Sarebbe quindi utile individuare eventuali nuove strutture carcerarie o dotare, ove possibile, quelle già esistenti di «colonie agricole» e laboratori di pertinenza del carcere stesso, che offrano ai detenuti tali opportunità –:

   se si vogliano tenere in considerazione, anche tramite il nuovo commissario all'edilizia carceraria le sollecitazioni e i suggerimenti raccolti nel corso della visita alla casa circondariale di Ferrara e nell'ambito dell'iniziativa delle Camere penali;

   in previsione del reclutamento dei nuovi mille agenti e 20 dirigenti previsti dal cosiddetto decreto-legge Carceri nei prossimi 2 anni, se si intenda considerare l'invio di un vicecomandante e di alcuni agenti presso la casa circondariale di Ferrara, gestita con grande disponibilità e professionalità dagli attuali dirigenti e agenti pur nella riscontrata carenza di organici.
(4-03357)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale il deputato interrogante solleva specifici quesiti in ordine ad asseriti aspetti di criticità della casa circondariale di Ferrara, con particolare riguardo «alle condizioni di vita dei detenuti e a quelle di lavoro della polizia penitenziaria, che sono l'eredità di decenni di sostanziale inattività nella gestione degli edifici carcerari nazionali», si rappresenta quanto segue.
  L'attenzione al sistema carcerario è tra le priorità di questo Dicastero e del Governo: è nostro dovere perseguire un modello di carcere che assicuri un'esecuzione della pena certa e, al contempo, mai lesiva della dignità umana, un modello di carcere vivibile, sia per chi vi è recluso sia per chi ci lavora.
  Queste due direttrici hanno orientato l'azione del Governo Meloni che, con il decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, cosiddetto «Carcere sicuro», ha dato risposte straordinarie ed energiche all'emergenza del sovraffollamento ma anche soluzioni adeguate, proporzionali e lungimiranti ai problemi strutturali, trascinati da anni, del sistema penitenziario.
  Sul piano delle infrastrutture la scelta del Governo, di fatti, è stata netta e strategica: la figura di un commissario straordinario, appena introdotta, ha il compito di attuare in tempi rapidissimi il piano nazionale di interventi per l'aumento del numero dei posti detentivi e per realizzare i nuovi alloggi destinati al personale di polizia penitenziaria.
  Con specifico riferimento alla casa circondariale di Ferrara è prevista, nell'ambito degli interventi di cui al Pnrr, la realizzazione di un nuovo padiglione, originariamente concepito per poter ospitare 120 detenuti, poi ridotto a 80 detenuti, proprio al fine di conferire alla struttura una maggiore vocazione trattamentale.
  Il modello edilizio di tale padiglione, elaborato dalla «commissione per l'architettura penitenziaria» istituita presso il Gabinetto del Ministro della giustizia con decreto 12 gennaio 2021, è stato concepito e sviluppato avendo quale direttrice gli indirizzi tracciati dal tavolo n. 1 degli stati generali dell'esecuzione penale «Spazio della pena: architettura e carcere», sulla base dei più moderni criteri europei di edilizia penitenziaria, nonché prevedendo soluzioni innovative rispetto ai canoni tradizionali di settore, perché pensato come «architettura per la riabilitazione sociale», ovvero come modello di sviluppo architettonico che, attraverso una diversa concezione e articolazione degli spazi e degli ambienti collocati in un contesto più vicino all'immagine di un quartiere che a un carcere, possa favorire il passaggio da un trattamento penitenziario di tipo «infantilizzante» a uno che induca e sviluppi, invece, un'attitudine «responsabilizzante», mirata alla riabilitazione alla vita civile.
  Proprio in virtù delle predette caratteristiche, è stato anche definito padiglione «ad alta vocazione trattamentale». Tutte le aree previste al piano terra della struttura, interne ed esterne (circa 2.300 mq complessivi), sono destinate, infatti, ad attività trattamentali per gli ospiti, tra cui, anche la coltivazione di prodotti agricoli (orti, serre, e altro) nelle zone all'aperto.
  Tale intervento renderà sicuramente più vivibile l'istituto ferrarese che, alla data del 17 settembre 2024, rileva la presenza di n. 392 detenuti – a fronte di una previsione regolamentare pari a complessivi n. 244 posti disponibili (con un indice percentuale di affollamento pari al 60,66 per cento) – ognuno dei quali, ad ogni buon conto, risulta avere a disposizione uno spazio di vivibilità superiore ai 3 mq, in linea con le recenti pronunce della CEDU.
  Infatti, l'articolazione della casa circondariale di Ferrara è in linea con le direttive della circolare 18 luglio 2022, n. 3693/6143, recante: «Circuito media sicurezza — Direttive per il rilancio del regime penitenziario e del trattamento penitenziario», con la quale si è inteso superare il dualismo fra custodia aperta e custodia chiusa facendo, invece, riferimento alle previsioni che regolano il trattamento individualizzato di cui all'articolo 13 dell'ordinamento penitenziario e la necessaria suddivisione delle persone detenute all'interno degli istituti, sia sul piano giuridico (articolo 14 dell'ordinamento penitenziario) sia su quello trattamentale (articoli 30 e 31 R.E.).
  Nel rispetto della predetta regolamentazione e con riferimento specifico alla gestione del circuito alta sicurezza, collaboratori di giustizia o al regime 41-bis, si è reputato necessario che la definizione dei circuiti sia orientata a caratterizzare gli istituti penitenziari in ragione della tipologia detentiva ospitata, come prospettato dal deputato interrogante, privilegiando l'accorpamento in strutture uniformi delle diverse tipologie di persone detenute, così da consentire una omogenea gestione, evitando il rischio che la molteplicità dei circuiti e dei modelli organizzativi possa determinare l'inattività di molte persone detenute e una stasi nella capacità progettuale da parte di chi ha la responsabilità dell'istituto.
  Alla luce di quanto previsto dalla predetta circolare l'istituto è articolato come segue.
  Vi è una sezione prima accoglienza, che consta di otto camere a custodia ordinaria ove vi sono allocati, allo stato, 8 detenuti; due sono le sezioni circondariali ordinarie (1a e 2a sezione), in cui sono allocati, allo stato, n. 100 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare pari a n. 52 posti. La terza sezione è circondariale a trattamento intensificato e vi sono allocati, allo stato, n. 50 detenuti a fronte di n. 26 posti regolamentari disponibili. La 5a e la 6a sezione sono sezioni reclusione a trattamento intensificato; vi è, poi, una sezione protetti – promiscua a trattamento intensificato ove vi sono allocati n. 41 detenuti, a fronte di n. 26 posti regolamentari disponibili. Vi è, infine, una sezione
ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, comma primo – composta da tre camere e destinata a quei detenuti che abbiano un comportamento tale da richiedere particolari cautele anche per la tutela della restante popolazione detenuta da possibili aggressioni o sopraffazioni – e una sezione isolamento ex articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 che consta di quattro camere.
  Per quel che concerne l'istruzione e, in particolare, la proposta dell'interrogante di prevedere l'intervento di insegnanti «volontari», si rappresenta che l'intervento del volontariato per attività di sostegno allo studio e/o tutoraggio per la preparazione degli esami è già una realtà esistente, la quale, in ogni caso, non può e non deve sostituirsi ai corsi di istruzione con valore legale assicurati dal Ministero dell'istruzione e del merito attraverso i Centri provinciali per l'istruzione degli adulti (Cpia) e gli istituti di istruzione secondaria superiore, con i quali è stato affermato un modello didattico maggiormente idoneo a rendere effettivo il diritto allo studio costituzionalmente garantito anche per le persone in esecuzione pena.
  Per quanto concerne la Casa circondariale di Ferrara, nell'anno scolastico 2022/2023 si sono svolti un corso di «primo livello – primo periodo didattico» con n. 13 iscritti, due corsi di «primo livello – secondo periodo didattico» con n. 23 iscritti, un corso di alfabetizzazione con n. 9 iscritti e un corso di «secondo livello – Istituto professionale settore dei servizi» con n. 8 iscritti.
  Ciò in linea con il Protocollo d'intesa tra il Ministero della giustizia e il Ministero dell'istruzione e del merito, rinnovato il 23 novembre 2023, con la finalità di attuare un «Programma speciale per l'istruzione e la formazione negli istituti penitenziari e nei servizi minorili della giustizia».
  La cifra innovativa del nuovo sistema è, infatti, la valorizzazione del patrimonio culturale e professionale della persona, mediante la ricostruzione della storia individuale e il riconoscimento delle competenze/conoscenze acquisite, attraverso un'organizzazione dei corsi scolastici tale da consentire la personalizzazione dell'
iter formativo in base a un patto formativo individuale.
  Il patto definisce il percorso di studio personalizzato (PSP) relativo al periodo didattico frequentato dal soggetto adulto e viene definito all'esito del percorso di riconoscimento dei crediti, articolato nelle tre fasi di identificazione, valutazione e attestazione, a esso viene allegato il certificato di riconoscimento dei crediti per la personalizzazione del percorso.
  Questa visione diversificata e flessibile dell'intervento formativo in ambito penitenziario, si configura come l'approccio più adeguato alla costruzione di un nuovo modello didattico che sia in grado di consentire, ai soggetti in esecuzione pena, di riappropriarsi di un ruolo attivo e consapevole nella società.
  Infine, con riferimento alla dotazione organica del reparto di polizia penitenziaria della casa circondariale di Ferrara, alla data del 16 settembre 2024, il personale attualmente in servizio ammonta a n. 173 unità (forza operativa), registrando, pertanto, una carenza di n. 43 unità, suddivise tra i vari ruoli, rispetto all'organico previsto.
  In particolare, le carenze maggiori si rilevano nei ruoli dei funzionari (- 3 unità), degli ispettori (-3 unità) e dei sovrintendenti (-23 unità); di contro, il ruolo degli agenti/assistenti risulta in esubero di n. 3 unità.
  Le carenze di organico del corpo di polizia penitenziaria saranno colmate dalle procedure concorsuali pubbliche in atto, indette, in particolare, per l'assunzione di n. 120 (poi elevati a 132) allievi commissari e per l'assunzione di n. 411 (378 uomini e 33 donne) allievi vice ispettori.
  Per i rispettivi ruoli, i vincitori di concorso hanno iniziato a frequentare i rispettivi corsi di formazione al termine dei quali, presumibilmente nei mesi di maggio e giugno 2025, assumeranno servizio negli istituti e servizi penitenziari. Al riguardo, si aggiunge, altresì, che l'articolo 3 del cosiddetto decreto carceri, ha previsto l'assunzione di ulteriori unità mediante scorrimento della graduatoria degli idonei non vincitori del concorso per allievi commissari e per allievi vice ispettori.
  Inoltre, il 22 luglio 2024 ha avuto inizio il 184° corso di formazione, della durata di sei mesi, per n. 1.386 unità (958 uomini e 428 donne) allievi agenti che assumeranno servizio presumibilmente nel mese di febbraio 2025. Anche in questo caso il cosiddetto decreto carceri ha previsto l'assunzione straordinaria di ulteriori n. 1.000 agenti di polizia penitenziaria (500 per l'anno 2025 e 500 per l'anno 2026) che si aggiungono a quelle già autorizzate in precedenza dall'articolo 1, comma 864, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025», che ha previsto l'assunzione straordinaria dal 2023 al 2026 di n. 250 agenti per anno, per un totale di n. 1000 unità.
  Sono in corso anche procedure interne per la nomina di 60 vicecommissario della carriera dei funzionari e di 293 (262 uomini; 31 donne) vice sovrintendente.
  Con riferimento invece al posto di funzione dirigenziale, allo stato vacante, presso la Casa circondariale di Ferrara, il citato posto di funzione è stato inserito nella procedura di interpello di cui al bando del 31 luglio 2024, attualmente in corso di definizione.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   MALAVASI. — Al Ministro per le disabilità, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come segnalato in una lettera aperta indirizzata da Anffas – Associazione nazionale di famiglie e persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, ai Ministri interrogati nel dicembre 2022 che, nonostante i solleciti del marzo e settembre 2023, attende ancora riscontro, si vanno consolidando prassi relative all'attuazione della legge n. 6 del 2004 sull'amministrazione di sostegno, nonché analoghe problematiche per i tutori nominati in forza di provvedimenti di interdizione ed inabilitazione, che sono fonte di preoccupazione per le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo e i loro familiari;

   numerose sono, infatti, le segnalazioni rispetto all'orientamento che taluni tribunali sembrano avere nel preferire nella nomina ad amministratore di sostegno o tutore non un familiare o una persona che abbia realmente a cuore il benessere della persona amministrata bensì dei tecnici (avvocati e commercialisti, tra l'altro retribuiti), sindaci o amministratori pubblici, tradendo la ratio della legge e penalizzando la stessa persona con disabilità che, invece di essere supportata nelle sue necessità e vedere amministrati correttamente i suoi beni in stretta relazione, anche dal punto di vista affettivo, con il suo amministratore – vede la nomina di un perfetto estraneo che poco o nulla ha a che vedere con la sua qualità di vita, tra l'altro sostenendone i relativi costi;

   si tratta di figure che spesso neppure conoscono le persone di cui si dovranno prendere cura e carico o che si limitano alla sola amministrazione dei loro beni;

   non di rado i familiari si sentono dire dai giudici che data la complessità degli atti (come il rendiconto delle spese) gli stessi non sono idonei a ricoprire tale incarico e ciò ad avviso dell'interrogante lascia emergere un forte pregiudizio ed è fonte di reale discriminazione a danno delle persone con disabilità;

   nella lettera, inoltre, si segnala che il Tribunale di Bologna fa ricadere sulle stesse persone con disabilità i costi di consulenza esterna incaricata della verifica della rendicontazione presentata da tutori e/o amministratori di sostegno: una procedura, questa, che sembra basarsi su un protocollo sottoscritto tra il Tribunale di Bologna e l'Ordine dei commercialisti del febbraio 2022 che prevede, appunto, che il giudice faccia controllare i rendiconti da un commercialista scelto dalla lista degli abilitati presente nel sopracitato protocollo;

   si ritiene grave far ricadere sulle persone con disabilità un costo dovuto a un procedimento interno all'amministrazione del tribunale e che, pertanto, dovrebbe essere a carico dell'amministrazione stessa;

   appare, dunque, urgente la riforma della legge n. 6 del 2004 con cui è stata introdotta nel nostro ordinamento la misura di protezione dell'amministrazione di sostegno, così come già richiesto dallo stesso Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità nelle sue Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell'Italia del 2016, in cui viene esplicitamente indicata la raccomandazione di «abrogare tutte le leggi che permettono la sostituzione nella presa di decisioni da parte dei tutori legali, compreso il meccanismo dell'amministratore di sostegno» di emanare e attuare provvedimenti per il sostegno alla presa di decisioni, compresa la formazione dei professionisti che operano nei sistemi giudiziario, sanitario e sociale –:

   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se non ritenga di adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, affinché i Tribunali sottoscrivano protocolli con le associazioni di categoria che potranno formare ed assistere gli amministratori di sostegno di estrazione familiare non solo sugli aspetti rendicontativi ma anche sulle modalità con le quali, nell'esclusivo interesse delle persone con disabilità oggetto di amministrazione di sostegno, operare al meglio e affinché si proceda alla semplificazione degli adempimenti connessi alle procedure di nomina ma, soprattutto, ai complessi meccanismi rendicontativi e si chiarisca che – nell'eventualità della richiesta di un giudice di avvalersi del supporto di un professionista esterno al proprio ufficio – i costi della consulenza non vadano a ricadere sulle persone con disabilità.
(4-03175)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante richiama la prassi, che si sarebbe ormai consolidata presso taluni uffici giudiziari, di preferire, per la nomina ad amministratore di sostegno o tutore, professionisti estranei alla cerchia dei familiari dell'interessato. Cita, inoltre, il protocollo di intesa sottoscritto dal tribunale di Bologna con il locale ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, esprimendo il timore che tali iniziative possano generare ulteriori oneri per i beneficiari delle procedure, connessi alla scelta degli uffici giudiziari di affidare l'attività di verifica della rendicontazione ad un ausiliario esterno, con effetti depauperanti per il diretto interessato.
  Formula, dunque, quesiti specifici sull'argomento, chiedendo in particolare quali iniziative, anche di carattere normativo, siano state immaginate per semplificare gli adempimenti cui detti rappresentanti sono tenuti e per sollevare dall'onere di eventuali ulteriori costi di consulenza i beneficiari di tali misure.
  In proposito è possibile innanzitutto riferire che dalla relazione trasmessa dal presidente del tribunale di Bologna è emerso che è proprio per la consapevolezza dell'assoluta centralità della funzione di verifica e controllo della delicata attività di rendicontazione cui sono tenuti i rappresentanti delle persone prive di autonomia, unita alla difficoltà di farvi fronte in modo adeguato per l'elevato numero di procedure aperte, che in quell'ufficio giudiziario si è assunta l'iniziativa di realizzare tali protocolli.
  In questo modo – riferisce il presidente del tribunale di Bologna – è stato possibile portare alla luce casi di
mala gestio, provvedendosi, conseguentemente, alla sostituzione del rappresentante dell'incapace. Al contempo è stata realizzata una tendenziale standardizzazione dei costi derivanti dai compensi corrisposti agli ausiliari nominati per tali verifiche, così da contenerne la misura in modo proporzionato all'entità dei patrimoni dei beneficiari e prevedendo comunque una soglia patrimoniale minima al di sotto della quale l'attività di revisione prestata dai professionisti è resa pro bono.
  Tanto premesso sulla specifica iniziativa, il quesito tocca un tema più generale che è di grande attualità: quello del riordino e della semplificazione della disciplina relativa gli istituti per la protezione delle persone prive, in tutto o in parte, di autonomia.
  I dati statistici di cui dispone il Dicastero danno conto di un numero complessivo di procedure di amministrazione di sostegno pendenti pari, su scala nazionale, a 331.288. Trattasi di un numero che ha subìto un'impennata notevole, con un incremento di più del 50 per cento soltanto negli ultimi dieci anni, se si considera che le pendenze nel 2014 erano appena superiori a 180.000. Il
trend di crescita delle nuove sopravvenienze è inoltre costante, e appare ormai assorbire sempre più altri istituti di più antica storia giuridica, quali l'interdizione e l'inabilitazione, che nella prassi giudiziaria sono in corso di superamento in favore dell'amministrazione di sostegno.
  La rilevanza del fenomeno e delle questioni connesse non sono sfuggite al Governo Meloni, come dimostra l'approvazione lo scorso 4 giugno da parte del Consiglio dei ministri di uno schema di disegno di legge recante, tra l'altro, deleghe al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto degli istituti cui l'interrogazione si riferisce. Il provvedimento ha già iniziato il suo
iter parlamentare ed è attualmente all'esame del Senato in Commissione affari costituzionali. Parallelamente pendono in Parlamento altri disegni e progetti di legge su questioni analoghe.
  Tra i princìpi e i criteri direttivi specifici vi è quello del riordino e della semplificazione degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, nell'ottica del loro superamento in favore dell'amministrazione di sostegno, fenomeno già ampiamente evidenziato dalle statistiche sopra citate relative ai procedimenti giurisdizionali pendenti.
  Peraltro, tale proposito risulta del tutto coerente con il senso delle raccomandazioni emesse dal Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità nel settembre 2016, con cui tale organismo chiedeva l'adozione di provvedimenti tesi ad «abrogare tutte le leggi che permettono la sostituzione nella presa di decisioni da parte dei tutori legali» e ad «attuare provvedimenti per il sostegno alla presa di decisioni». L'amministrazione di sostegno è infatti – come noto – la misura di protezione più duttile, in quanto capace di essere modellata e calibrata in base alle particolari esigenze dell'interessato, comprimendone il meno possibile la capacità.
  L'altra importante finalità indicata nel citato disegno di legge attiene alla semplificazione degli adempimenti cui sono tenuti gli amministratori e serve a rispondere ad una reale e concreta esigenza – cui anche l'interrogante mostra di fare riferimento – di maggior agilità dell'incarico ogni volta che il ruolo sia rivestito – come spesso accade – da persone prive di specifiche competenze professionali, in quanto scelte dall'autorità giudiziaria, nell'esercizio della discrezionalità che le compete, proprio per il ruolo di
cargiver familiare da queste già ricoperto, laddove con tale nozione si fa riferimento, in base alla definizione della legge n. 205, del 2017, a coloro che assistono familiari non autosufficienti a causa di malattia, infermità o disabilità.
  Quanto alla riferita diffusa prassi degli uffici giudiziari di ricorrere alla nomina di un professionista estraneo al circuito familiare dell'interessato, occorre osservare che sovente tale scelta costituisce l'unica soluzione davvero rispondente agli interessi del beneficiario della misura ogni volta che siano riscontrate situazioni di accesa conflittualità intra-familiare, come spesso accade quando l'interessato sia titolare di un patrimonio cospicuo.
  Come chiarito dalla Corte di cassazione, infatti, la
ratio che sta alla base della disciplina dettata dall'articolo 408 del codice civile in punto di «scelta dell'amministratore di sostegno» è quella di garantire che in tale scelta il giudice segua, quale criterio fondamentale, quello della cura personae. La Suprema corte osserva, a conforto, che «Tale criterio assicura a chi deve decidere una ampia facoltà di valutazione su quale sia il miglior soggetto da scegliere come amministratore per assicurare al massimo la cura degli interessi della beneficiaria. Alla luce di ciò non può che conseguire che l'elenco delle persone indicate dall'articolo 408 del codice civile come quelle sulle quali dovrebbe, ove possibile, ricadere la scelta del giudice, non contiene alcun criterio preferenziale in ordine di elencazione [...]. Ciò del resto trova conferma nell'articolo 408 del codice civile, ultimo comma, laddove viene data al giudice tutelare la facoltà di scegliere, ove ricorrano gravi motivi, anche una persona diversa da quelle indicate dall'articolo 408, comma 1, il che sta necessariamente a significare che l'indicazione delle persone predette non riveste un ordine preferenziale né un carattere esclusivo» (cfr. Cassazione civile, Sezione 1, Sentenza n. 19596 del 26 settembre 2011).
  Ciò detto, pare opportuno concludere segnalando che è proprio nella consapevolezza dell'estrema importanza del tema toccato che, nelle more della discussione e dell'auspicata approvazione del disegno di legge citato, è stato tempestivamente costituito un tavolo tecnico interministeriale per la redazione di un codice della disabilità cui partecipano anche rappresentanti del Ministero della giustizia, oltre che di altri Ministeri, docenti ed esperti; in quella sede potranno essere valutati gli accorgimenti possibili per venire incontro anche all'esigenza rappresentata nell'interrogazione.
  Il Governo, quindi, condivide senz'altro l'opportunità di intervenire sulla materia al fine di razionalizzarne la disciplina, semplificando le incombenze gravanti sui rappresentanti dei beneficiari di quelle misure di protezione, ferma restando – si intende – l'indefettibile necessità di salvaguardare la funzione di controllo e supervisione cui l'autorità giudiziaria è tenuta a garanzia, prima di tutto, degli interessi del beneficiario stesso.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   MALAVASI, MANZI e MEROLA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con interrogazione n. 4-03095, l'interrogante chiedeva ai Ministri interrogati come si intenda garantire a tutti i piccoli comuni montani che ne facciano richiesta l'accesso ai fondi previsti dal decreto ministeriale n. 79 del 30 aprile 2024 adottato dal Ministero dell'istruzione e del merito di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze;

   inoltre, chiedeva, in caso ciò non fosse possibile, quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano realizzare per implementare i servizi per l'infanzia nei piccoli comuni montani e delle aree interne a garanzia del diritto di ogni bambino a beneficiare di tali servizi;

   il nuovo «Piano asili nido» contenuto nel decreto ministeriale summenzionato esclude di fatto dai finanziamenti i piccoli comuni montani e delle aree interne: i criteri minimi per l'assegnazione dei contributi sono, infatti, parametrati sulla popolazione residente nella fascia d'età 0-2 anni di almeno 60 bambini e sulla copertura del servizio di asilo nido nella stessa fascia d'età inferiore al 33 per cento;

   da ciò consegue che i piccoli comuni montani e delle aree interne con pochi abitanti non figurano nel lungo elenco di quelli finanziati dal Ministero dell'istruzione e del merito;

   nella risposta il Ministro ha segnalato «come il decreto interministeriale 30 aprile 2024, quanto l'avviso pubblico citato, prevedono espressamente la possibilità per i piccoli comuni di partecipare e aderire congiuntamente», aggiungendo che «d'altra parte, la costruzione di nuovi asili in comuni molto piccoli in cui non vi è una significativa popolazione nella fascia 0-2 anni si giustifica solo se vi è un servizio congiunto, cosa che consente anche l'effettivo utilizzo delle strutture e una maggiore efficacia e convenienza del servizio che potrà essere gestito in modo aggregato tra comuni limitrofi dello stesso territorio»;

   gli asili nido, affinché siano fruibili dalle famiglie i cui genitori lavorano anche a distanza dalle loro residenze, debbono essere facilmente raggiungibili per l'affidamento diretto e quotidiano dei loro figli. In montagna le distanze fra i comuni sono solitamente di diversi chilometri, per cui è necessario avere gli asili nido o micronidi vicini alla residenza;

   tuttavia, posto che, qualora le condizioni geografiche ed orografiche lo consentano, ben venga l'aggregazione tra i comuni, si evidenzia come il numero dei comuni da aggregare per il raggiungimento dei parametri minimi richiesti dal decreto sia tale da rendere assai difficile un servizio congiunto tra i piccoli comuni di montagna, proprio dove è indispensabile garantire un servizio realmente fruibile;

   a parere degli interroganti l'aggregazione non può costituire condizione vincolante e, di fatto, per come è scritta nel decreto ministeriale, diventare condizione ostativa;

   le stesse dinamiche di base per gli accordi di aggregazione fra i comuni risultano spesso difficoltose e necessitano di tempi ben più lunghi delle due settimane concesse dall'avviso pubblico del 15 maggio 2024 che ha fissato la scadenza per la presentazione delle domande al 30 maggio 2025;

   si ribadisce come la disponibilità (e la necessaria fruibilità in termini di distanze e spostamenti) di posti negli asili nido nei piccoli comuni montani sia un investimento strategico e costituisce la base per la permanenza delle giovani famiglie in questi territori;

   per la montagna e le aree interne la presenza di servizi, a partire da quelli per la prima infanzia, sono una condizione indispensabile per contrastare lo spopolamento, visto che per ogni bambino che trova spazio in un nido ci sono almeno 3 persone che vi rimangono a vivere –:

   quante aggregazioni di piccoli comuni abbiano aderito all'avviso pubblico nei tempi previsti;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per mettere i piccoli comuni di montagna in condizione di assicurare l'accesso a tutti i bambini dall'età di 8 mesi in poi, creando le condizioni affinché le giovani famiglie possano continuare a vivere nel proprio comune senza doversi trasferire.
(4-03342)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si ritiene doveroso evidenziare che è stata sempre prestata la massima attenzione a tutti i comuni, incluse le aree interne e montane, in tutti i bandi del PNRR e nelle azioni del Ministero dell'istruzione e del merito.
  Ciò premesso, si sottolinea che il nuovo Piano asili, con una dotazione di 734 milioni di euro, si inserisce in continuità con i bandi del PNRR dedicati all'edilizia scolastica e alla creazione di nuovi posti per asili nido nella fascia di età 0-2 anni.
  Come noto, la normativa nazionale e le varie disposizioni regolamentari regionali stabiliscono dei parametri minimi e massimi per la costruzione di nuove scuole e asili. Tali parametri prevedono, di regola, un minimo di 20 posti e un massimo di 60. Il PNRR ha rispettato tali parametri, consentendo la possibilità di costruire nuove strutture laddove vi siano almeno 20 nuovi posti disponibili.
  In questo contesto, per garantire la partecipazione dei piccoli comuni montani o delle aree interne, l'avviso pubblico del 15 maggio 2024, insieme al decreto interministeriale del 30 aprile 2024, ha preservato la possibilità per i piccoli comuni di partecipare all'avviso associandosi tra di loro, senza dover necessariamente essere organizzati in Unioni montane, Comunità montane o Unioni di comuni, ma semplicemente attraverso una lettera d'intenti.
  I piccoli comuni che hanno partecipato all'avviso si sono quindi presentati insieme a comuni limitrofi, producendo una semplice dichiarazione da parte dei sindaci con l'intenzione di attivare e ottimizzare il servizio in modalità congiunta. Per questi comuni era prevista una riserva di risorse pari al 10 per cento del finanziamento complessivo, cioè oltre 73 milioni di euro.
  L'avviso pubblico permetteva inoltre a tutti i comuni, inclusi quelli piccoli e montani, di presentare, anche individualmente, un proprio progetto per la realizzazione di asili nido, concorrendo così al finanziamento per interventi di nuova costruzione, ampliamento o riconversione di edifici pubblici non già destinati a questo scopo.
  Pertanto, il bando garantiva la partecipazione di tutti, senza esclusioni, nel rispetto della normativa nazionale e regionale di riferimento sulla creazione dei nuovi posti.
  A tal proposito, si precisa che tutti i bandi del PNRR includono criteri specifici e punteggi premiali per favorire la partecipazione dei comuni montani, isolani o delle aree interne, a dimostrazione della grande attenzione dedicata a queste realtà.
  Infine, si ricorda che il Ministero ha pubblicato, lo scorso giugno, le graduatorie relative al bando per il nuovo Piano per gli asili nido, che ha finanziato 838 interventi (che si aggiungono ai 2.228 interventi precedentemente autorizzati e tuttora in corso di esecuzione) per un totale di 845 comuni beneficiari, tutti quelli che hanno aderito alla procedura.
  Particolare attenzione è stata riservata alle regioni del Mezzogiorno, alle quali andrà il 64,7 per cento delle risorse, avendo riconosciuto in queste aree un maggiore divario nella copertura del servizio 0-2 anni.
  Grazie al Piano, e a un considerevole investimento nazionale, saranno, dunque, attivati oltre 31.600 nuovi posti negli asili nido di 845 comuni.

Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.


   MARI, GRIMALDI e PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato su L'Espresso si apprende delle offese, urla, battute sessiste e omofobe, abusi di potere, vessazioni e minacce che il direttore della scuola di specializzazione in chirurgia plastica dell'università di Salerno, Carmine Alfano, rivolge sistematicamente ai giovani medici specializzandi;

   ciò che emerge in particolare è l'accanimento del professor Alfano nei confronti degli omosessuali con insulti che rappresentano solo la punta dell'iceberg di un atteggiamento che spesso si traduce in offese e urla nei confronti degli specializzandi, quotidianamente vessati e minacciati con appellativi offensivi ed esclamazioni volgari, in un ambiente di lavoro diventato tossico e umiliante;

   il professor Alfano abuserebbe in modo grave del suo potere minacciando gli specializzandi di sospendere le ferie a cui hanno diritto o impedendo loro l'accesso alla sala operatoria;

   l'Associazione liberi specializzandi ha anche segnalato alcune anomalie rispetto ai numeri di sala operatoria che sarebbero insufficienti a formare appieno un chirurgo plastico;

   secondo l'Associazione, la scuola, che conta 18 specializzandi, 6 per ciascuno dei 3 anni di corso, avrebbe ottenuto l'accreditamento dichiarando volumi di attività non idonei e disallineati dai dati Agenas, a fronte dei 162 ricoveri ordinari e dei 146 day hospital rilevati dall'ente pubblico, infatti, la scuola ne dichiarerebbe più del doppio: 630 ricoveri;

   sul fronte degli interventi chirurgici, per essere accreditata una struttura dovrebbe fare almeno 420 interventi (di cui 50 di alta chirurgia), ma all'Agenas ne risulterebbero 372 effettuati a Salerno, anche se gli interventi dichiarati dal reparto sarebbero 689;

   secondo la ricostruzione fatta dagli specializzandi, il direttore della scuola nel novembre 2023 avrebbe obbligato gli stessi a rimanere confinati in una stanza per 10 ore consecutive, impedendo loro di prendere servizio e di svolgere le attività di reparto e ambulatorio e di accedere alla sala operatoria;

   se confermata, tale circostanza rappresenterebbe un grave abuso di potere nonché un chiaro caso di mobbing e demansionamento;

   gli atteggiamenti tenuti dal direttore della scuola di specializzazione ostacolano gravemente la formazione professionale degli specializzandi, causano significativi danni morali e psicologici, generano un clima di frustrazione e demotivazione mettendo in luce una gestione autoritaria della scuola, con ripercussioni dannose sulla crescita professionale dei giovani medici;

   infine, in occasione della sua candidatura a sindaco di Torre Annunziata, il professor Carmine Alfano avrebbe chiesto ad alcuni specializzandi di aiutarlo nell'organizzazione della campagna elettorale, sottraendoli anche al loro lavoro e facendoli sostituire da altri colleghi;

   il controllo della qualità delle scuole di specializzazione è di competenza dell'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica, che ha il compito di determinare gli standard per l'accreditamento delle strutture universitarie e ospedaliere per le singole specialità, determinare e verificare i requisiti di idoneità della rete formativa e delle singole strutture che la compongono, effettuare il monitoraggio dei risultati della formazione e definire i criteri e le modalità per assicurare la qualità della formazione, in conformità alle indicazioni dell'Unione europea;

   tra l'altro i componenti dell'Osservatorio hanno cessato il loro mandato a novembre 2023 e i nuovi componenti sono stati nominati dai Ministri interrogati a distanza di 7 mesi, tanto che si sono insediati soltanto il 18 giugno 2024 –:

   quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare affinché in raccordo con il rettore dell'Università di Salerno e l'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica, si intervenga in relazione a quanto denunciato dall'Associazione liberi specializzandi sia rispetto ai comportamenti tenuti dal direttore della scuola di specializzazione in chirurgia plastica all'Università di Salerno richiamati in premessa sia in relazione alla verifica del raggiungimento degli standard per l'accreditamento da parte della stessa scuola;

   per quali ragioni l'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica, organo deputato al controllo della qualità, sia rimasto vacante per quasi 7 mesi.
(4-03013)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si rappresenta quanto segue.
  In premessa, si evidenzia che al Ministero dell'università e della ricerca non è pervenuta alcun genere di segnalazione in ordine alla Scuola di specializzazione in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica dell'Università degli studi di Salerno, nemmeno dai rappresentanti dei medici in formazione specialistica nominati in seno all'Onfss (l'Osservatorio nazionale della formazione sanitaria specialistica).
  Tale organo, attraverso il confronto di tutte le componenti in esso rappresentate – tra le quali questo Ministero, il Ministero della salute nonché, come ricordato, i rappresentanti dei medici in formazione specialistica –, ha il compito di analizzare tempestivamente le segnalazioni pervenute ed eventualmente di adottare i provvedimenti del caso, nel perimetro di propria competenza, con il fine di garantire e assicurare la migliore qualità della formazione specialistica.
  In merito all'articolo de «
L'Espresso», citato dall'interrogante, si evidenzia che la vicenda riportata in tale notizia di stampa, relativa ai presunti comportamenti inappropriati del prof. Carmine Alfano, coordinatore della Scuola di specializzazione di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica dell'Università di Salerno, nei confronti di alcuni giovani medici specializzandi nell'ambito dello svolgimento delle attività didattiche, è stato oggetto di discussione nella seduta di insediamento dell'Onfss tenutasi lo scorso 18 giugno 2024. Per un ulteriore approfondimento e per formulare all'Onfss una proposta sulla tipologia di azioni eventualmente da promuovere, la questione è stata inoltre sottoposta alla sottocommissione di area chirurgica (all'interno della quale vi è garantita la presenza anche del rappresentante degli specializzandi della relativa area).
  Al contempo, questo Dicastero, unitamente al presidente dell'Onfss, ha provveduto a richiedere all'Università di Salerno ogni utile elemento conoscitivo in merito alla vicenda esposta. Nella nota di riscontro, il rettore dell'Università ha reso noto che è stata nominata un'apposita commissione incaricata della complessiva disamina della questione, a cui è stato demandato l'onere di redigere una relazione istruttoria.
  Pur nelle more delle attività istruttorie, l'Università, attesa la rilevanza dei fatti in discussione, ha ritenuto di procedere a formulare una contestazione di addebito disciplinare nei confronti del prof. Alfano che, pertanto, è stato cautelativamente sospeso dalle funzioni di coordinatore della Scuola di specializzazione.
  In data 25 giugno 2024, la commissione istruttoria ha trasmesso le proprie risultanze dalle quali è emerso che i comportamenti posti in essere dal prof. Carmine Alfano si profilano gravemente lesivi dell'onorabilità degli specializzandi, dell'immagine e del prestigio dell'Università degli studi di Salerno, nonché posti in essere in violazione del codice etico e di comportamento dello stesso ateneo. Considerato ciò, con ulteriore decreto del rettore, la sospensione cautelare, già disposta nei confronti del professore, è stata estesa all'intera attività di servizio tra il docente e l'Ateneo e per la completa durata del procedimento disciplinare, che è tutt'ora in corso di svolgimento.
  Parallelamente all'azione disciplinare, l'Università ha segnalato i fatti alla competente Procura della Repubblica che ha riscontrato la segnalazione richiedendo, nell'ambito di accertamenti preprocedimentali finalizzati ad individuare una eventuale notizia di reato, copia degli atti del procedimento disciplinare in corso di svolgimento.
  L'Onfss, nella riunione plenaria dello scorso 3 luglio, preso atto di tutti i provvedimenti puntualmente descritti e tempestivamente adottati dall'Ateneo in merito alla situazione esposta, ha, pertanto, ritenuto di attendere doverosamente il decorso procedurale degli stessi, in attesa dello sviluppo e degli esiti, rinviando a nuovi aggiornamenti.
  In conclusione, il Ministero dell'università e della ricerca ribadisce il suo impegno per tutelare la formazione specialistica, vigilando sul livello qualitativo delle Scuole di specializzazione, e la dignità dei medici specializzandi, contrastando, all'interno del mondo universitario, ogni forma di discriminazione e violenza, sia fisica che verbale.

Il Ministro dell'università e della ricerca: Anna Maria Bernini.


   MICHELOTTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il cittadino Ivan M., separato legalmente dalla cittadina armena Lusine M. (che ha acquisito cittadinanza italiana per matrimonio nel 2016), ha denunciato sin dal 20 settembre 2018 la sottrazione del figlio. M. A.;

   la sentenza di separazione del tribunale di Siena (sentenza n. 992 del 2019 pubblicata il 5 ottobre 2019, RG n. 3879/2018) passata in giudicato il 2 marzo 2020, ha deciso il collocamento del minore a Siena presso il padre in affidamento esclusivo, con visite protette alla madre. Il riconoscimento in Armenia della sentenza è stato rigettato dai tribunali;

   in Armenia, rifiutato il riconoscimento della sentenza italiana, con svariati procedimenti senza garantire il pieno rispetto dei diritti del signor M. e del figlio ad un processo equo nel contraddittorio, si è a giudizio dell'interrogante arbitrariamente deciso di limitare le visite del padre al figlio a poche ore in Armenia e di quantificare a carico del padre un mantenimento svincolato da dati reddituali e patrimoniali;

   le brevi frequentazioni ammesse sono ormai unilateralmente vietate dalla madre e la pendenza di un provvedimento di condanna a corrispondere un mantenimento con la possibilità di subire azioni per il fatto di entrare in Armenia, come accaduto, impediscono de facto al signor M. di avere un rapporto con il figlio ed a quest'ultimo il diritto alla bi-genitorialità;

   Ivan M. aveva immediatamente attivato, per vie legali, la richiesta del rispetto e dell'applicazione della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sulla sottrazione internazionale di minori, sottoscritta anche dall'Armenia, che ad avviso dell'interrogante è incorsa in diverse e ripetute violazioni della normativa internazionale e dei diritti fondamentali dell'uomo, tra le quali: visite psicologiche mirate e segrete e di parte sul minore all'epoca di anni 4 ma fatte passare come fossero fatte d'ufficio e quindi indipendenti e super partes, mancata comunicazione per due anni dell'esito della procedura di rimpatrio e solo dopo due anni comunicazione in lingua armena e poi in inglese ma non in italiano;

   dopo meno di un mese dalla sottrazione e al contempo inaudita altera parte e senza motivi, è stato deciso che il minore non potrà lasciare l'Armenia fino al compimento dei diciotto anni in assenza del solo consenso materno, viceversa con suddetta cittadinanza armena, senza mai chiedere autorizzazione al padre, il bambino lascia regolarmente l'Armenia per viaggi in Russia (in agosto 2024 in coincidenza del suo decimo compleanno anche senza la madre), in Egitto, in Georgia;

   il padre continua a proporre compromessi sempre respinti;

   il caso M. è solo uno dei casi, della situazione inaccettabile nella quale versano molti genitori, cittadini italiani, di bambini sottratti da coniuge straniero, con inaccettabili violazioni della legge e di sentenze italiane –:

   se i Ministri interrogati, a conoscenza della situazione descritta intendano intraprendere iniziative politico-diplomatiche per permettere al signor M. di essere padre e di incontrare il figlio senza rischiare la propria incolumità e libertà, garantire il diritto del minore alla bi-genitorialità, il rispetto delle sentenze italiane, favorendo il più possibile la frequentazione tra padre e figlio in Armenia e in Italia e perseguendo un accordo che vada nel vero superiore interesse del minore italiano ad avere un padre ed una madre.
(4-03521)

  Risposta. — Il minore A.M., cittadino italo armeno, è nato a Jerevan il 5 agosto 2014 dal matrimonio del connazionale Ivan M. con la cittadina armena, naturalizzata italiana, Lusine M., celebrato il 3 ottobre 2013 presso l'ambasciata d'Italia a Jerevan.
  Nel dicembre 2015 il nucleo familiare decise di lasciare l'Armenia e stabilirsi in Italia, a Siena. Nel settembre 2018, in occasione di una vacanza nel proprio paese di origine, la signora M. decise di trattenere con sé il figlio, non facendo più rientro in Italia.
  Il 26 settembre 2019, nell'ambito del giudizio di separazione coniugale, il tribunale di Siena ha disposto l'affido esclusivo del minore al padre e ordinato alla moglie, la signora Luisine M., di corrispondere un assegno di mantenimento per il figlio. La successiva azione giudiziaria promossa in Armenia dal nostro connazionale per ottenere il riconoscimento e l'esecuzione del sopracitato provvedimento, ha avuto esito sfavorevole.
  Il signor Ivan. M. ha quindi presentato alle autorità armene – per il tramite dell'autorità centrale italiana – un'istanza cautelare di rimpatrio coattivo del minore ai sensi della Convenzione de L'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. L'autorità centrale italiana, nell'esercizio dei compiti di supporto cui era tenuta, ha tempestivamente adempiuto, nell'interesse del connazionale rimasto vittima di detta sottrazione, a tutte le incombenze sollecitatorie e orientative utili a farne valere le ragioni, le quali sono rimaste tuttavia disattese. Il procedimento di fronte ai competenti tribunali armeni, infatti, si è concluso nel maggio 2020 con il rigetto del ricorso con decisione irrevocabile della Corte di Cassazione armena.
  Con successivo provvedimento del 6 novembre 2020, il tribunale di Jerevan, adito dalla signora Lousine M., ha pronunciato il divorzio e ha imposto al signor Ivan M. di provvedere al pagamento degli alimenti. Contestualmente, il tribunale ha affidato il minore alla madre. Il signor Ivan M. ha sempre contestato la legittimità di tale decisione, ritenendo di doversi attenere unicamente alla citata pronuncia del tribunale di Siena. Il suo ricorso presso la Cassazione armena è stato rigettato e la sentenza del tribunale di Jerevan è divenuta esecutiva.
  Secondo i legali che lo assistono in loco, la mancata osservanza degli obblighi alimentari esporrebbe il connazionale al concreto rischio di conseguenze penali, qualora si recasse in Armenia. Quanto al diritto di visita, le competenti autorità giudiziarie armene hanno riconosciuto al signor Ivan M. il diritto di mantenere contatti in forma di videochiamata e di incontrare il figlio quattro volte a settimana, ma solo in loco. Nei confronti del bambino è in vigore un divieto di espatrio, qualora non sia accompagnato dalla madre.
  Alla nostra ambasciata d'Italia a Jerevan risulta che gli incontri tra padre e figlio si siano svolti regolarmente in occasione dei passati soggiorni del connazionale in Armenia, benché l'ultimo abbia avuto luogo nell'agosto 2021.
  Il signor Ivan M. ha sottoposto alla ex moglie una bozza di accordo per ridefinire l'affidamento e l'esercizio del diritto di visita, nonché regolarizzare gli aspetti economici del divorzio, previa rinuncia all'azione penale nei rispettivi paesi. La trattativa fra i legali delle parti, cui spetta trovare una soluzione equa e condivisa, risulta essere tuttora in corso, ma non ha registrato sviluppi sensibili.
  L'ambasciata a Jerevan, in stretto raccordo con questo Ministero, continua a seguire da vicino il caso, mantenendo i contatti con le parti e i rispettivi legali di fiducia, adoperandosi nel superiore interesse del bambino, per favorire un rapporto per quanto possibile conciliatorio tra il signor Ivan M. e la signora Lusine M.. In occasione dell'ultima visita consolare al bambino, il 16 novembre 2024, l'ambasciata ha nuovamente colto l'occasione per raccomandare alla signora Louisine M. di favorire i contatti padre-figlio e di addivenire ad un accordo.
  Si evidenzia nuovamente che la competenza per addivenire ad un accordo transattivo spetta comunque ai legali delle parti e che la mancata osservanza degli obblighi alimentari da parte del signor Ivan M., oltre ad avere conseguenze penali in Armenia, potrebbe compromettere anche la titolarità della responsabilità genitoriale.

Il Sottosegretario di Stato degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   MIELE, SASSO e LATINI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il medico penitenziario è quel professionista che lavora nelle carceri e, in media, è chiamato quotidianamente ad occuparsi delle visite mediche di almeno 250 pazienti detenuti oltre che a garantire l'igiene della persona fisica, l'igiene ambientale, la medicina legale, la certificazione della compatibilità della persona con il regime penitenziario, verificare la situazione sanitaria fisica e psichica del detenuto, occuparsi di medicina del lavoro, provvedere all'acquisto di farmaci e sostanze stupefacenti, coordinare i servizi dei medici di guardia e dei medici specialisti;

   dal 2008 la materia della salute in carcere è passata a carico delle regioni, delle ASL e dei servizi territoriali, tuttavia, la medicina penitenziaria non è ancora contestualizzata da un punto di vista disciplinare e operativo e non esiste una specializzazione dedicata nel percorso di studio in medicina;

   ne consegue che il medico che si trova a lavorare in carcere non è stato adeguatamente formato per intervenire in situazioni ambientali molto distanti dalla quotidianità, non ha ricevuto alcuna formazione accademica e sensibilizzazione sui profili etici e sociali della professione medica in regime di detenzione e assai spesso di dipendenza;

   ad oggi le condizioni di lavoro dei medici chiamati ad operare nelle carceri sono talmente precarie che tale impiego non ha alcuna attrattività, quindi numerosissime sono le rinunce con conseguente esponenziale carenza di personale;

   dimostrazione evidente dell'inadeguatezza del sistema di medicina penitenziaria è il drammatico numero di suicidi nelle carceri italiane che nel 2022 ha raggiunto il picco più alto della storia carceraria recente con 84 episodi, più di uno a settimana;

   per modificare questa condizione è indispensabile avviare la formazione di professionisti in grado di operare nell'ambito della complessa realtà carceraria con competenza, motivazione e capacità innovativa, che alle conoscenze necessarie sugli aspetti sanitari, sia clinici sia di prevenzione, associ princìpi di management dell'istituzione carceraria e studio dei contesti giudiziari e sociali –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda adottare iniziative per istituire un nuovo corso di specializzazione in medicina e sanità penitenziaria, intesa come branca di studio, ricerca e didattica teorico pratica.
(4-00971)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si rappresenta quanto segue.
  In premessa, si sottolinea che le scuole di specializzazione fanno parte del sistema della formazione
post lauream ed hanno l'obiettivo di istruire gli studenti per lo svolgimento di funzioni altamente qualificate in particolari settori professionali, ai sensi del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 22 ottobre 2004, n. 270 (Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509). Queste scuole, infatti, forniscono conoscenze e abilità per esercitare particolari professioni e, al termine del percorso formativo, rilasciano un diploma di specializzazione nel settore prescelto.
  Le scuole di specializzazione si distinguono in diverse aree: l'area sanitaria – ad accesso riservato ai medici e ad accesso riservato a soggetti in possesso di titolo di studio diverso dalla laurea magistrale in medicina e chirurgia (cosiddetti «non medici») –, l'area veterinaria, l'area dei beni culturali, l'area psicologica e l'area delle professioni legali.
  L'accesso dei medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria è a numero programmato. Per essere ammessi ad una tale scuola di specializzazione occorre essere in possesso di un titolo di laurea in medicina e chirurgia, con obbligo di conseguire l'abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo entro la data di inizio delle attività didattiche, e superare un concorso nazionale di ammissione per titoli ed esame bandito annualmente dal Ministero dell'università e della ricerca.
  Per essere ammessi alle scuole di specializzazione per le professioni legali – utili soprattutto per l'accesso alle professioni di magistrato, avvocato e notaio – è necessario superare un pubblico concorso annuale che si svolge a livello locale presso gli Atenei. Al concorso sono ammessi coloro i quali hanno conseguito il diploma di laurea (DL) in giurisprudenza o la laurea specialistica (LS) o magistrale (LM) in giurisprudenza. Il bando di concorso viene emanato con un decreto del Ministero dell'università e della ricerca di concerto con il Ministero della giustizia, previa programmazione dei posti a livello nazionale. Tali scuole sono disciplinate dal decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della giustizia del 21 dicembre 1999, n. 537 e successive modificazioni.
  L'accesso alle scuole di specializzazione di area sanitaria per i «non medici» e a quelle di area veterinaria, dei beni culturali e psicologica è, invece, gestito a livello locale dai singoli Atenei, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 10 marzo 1982, n. 162.
  In merito all'istituzione di un nuovo corso di specializzazione in medicina e sanità penitenziaria, si evidenzia che, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto ministeriale n. 270 del 2004 un nuovo corso di specializzazione «può essere istituito esclusivamente in applicazione di specifiche norme di legge o di direttive dell'Unione europea».
  Qualora dunque venga riconosciuta dal Parlamento la necessità di istituire questa scuola di specializzazione, finalizzata a formare i medici penitenziari, il Ministero dell'università e della ricerca si impegna, con il supporto del Ministero della salute, competente in materia di professioni sanitarie, e del Ministero della giustizia, competente nel settore penitenziario, ad avviare l'istruttoria dedicata all'approvazione di un nuovo ordinamento didattico nazionale.
  Considerato ciò, il Ministero, che mi onoro di rappresentare, ribadisce il suo intento di rafforzare la formazione
post lauream per indirizzare i talenti migliori, che hanno una vocazione per l'attività medica, verso i più elevati e prestigiosi percorsi professionali, riconoscendo inoltre la validità di ogni strumento utile per la tutela del benessere e il miglioramento delle condizioni di salute e igiene della popolazione carceraria, nonché per la valorizzazione del personale impiegato all'interno degli istituti penitenziari.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Anna Maria Bernini.


   PITTALIS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Nuoro sta vivendo una situazione di emergenza senza precedenti: l'intera attività giudiziaria di tale ufficio rischia la paralisi;

   ciò in ragione della gravissima scopertura d'organico che vive un ufficio, centrale per il regolare svolgimento delle attività giurisdizionali, ovvero l'ufficio notificazioni, esenzioni e protesti: negli ultimi cinque anni, infatti, questo servizio ha perso otto funzionari, giungendo a una scopertura di circa l'87 per cento; tale situazione non consente di garantire la puntualità nell'atto della notifica dei processi civili e penali e Poste italiane, società legittimata alla notifica degli atti giudiziari, non riesce a sopperire al problema, così che saltano, per omessa notifica, circa un centinaio di udienze alla settimana, con rinvii di almeno quattro mesi;

   secondo quanto segnalato dal presidente del tribunale di Nuoro, a settembre, quando termineranno le applicazioni disposte dalla Corte d'appello a far da tampone a questa situazione emergenziale e resteranno due funzionari, esclusa la dirigente, si potrebbe determinare lo stallo totale della giustizia civile e penale del nuorese;

   è evidente che tale situazione assurge a vera e propria emergenza pubblica, determinando una generalizzata compressione del diritto dei cittadini e degli utenti tutti ad accedere al servizio giustizia;

   la gravità e pervasività del problema, ha suscitato l'attenzione tanto del locale Consiglio dell'ordine degli avvocati, quanto del prefetto e delle massime autorità giudiziarie locali – procuratore della Repubblica e presidente del tribunale di Nuoro – che il 12 aprile 2024 hanno tenuto un incontro, esprimendo il timore che il grave disagio sociale possa avere ripercussione sull'ordine pubblico;

   è evidente come per fronteggiare una simile situazione non siano sufficienti soluzioni provvisorie che non eviterebbero il prossimo collasso della giustizia nel nuorese, bensì interventi strutturali e sistematici, a partire da un rigoroso controllo su eventuali trasferimenti e/o comandi e/o distacchi senza che sia preventivamente garantita la piena funzionalità dell'ufficio per le notifiche presso il tribunale di Nuoro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle ragioni che hanno portato alla situazione di paralisi dell'attività dell'ufficio per le notificazioni del tribunale di Nuoro, rimasto attualmente con una scopertura di circa l'87 per cento, e, nell'immediato, se e quali misure intenda adottare per risolvere sollecitamente le problematiche descritte in premessa, al fine di garantire l'effettività della tutela dei diritti dei cittadini, delle imprese e delle amministrazioni del nuorese.
(4-02668)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, viene messa in risalto la grave scopertura nell'organico del personale amministrativo dell'ufficio Nep presso il tribunale di Nuoro.
  Preliminarmente, si evidenzia che il dato relativo all'attuale scopertura media nazionale del personale amministrativo si attesta al 27,01 per cento sulla base dei posti coperti (pianta organica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 aprile 2022 n. 54). Il dato, inoltre, non tiene conto delle 8.612 presenze di personale a tempo determinato (addetti all'ufficio per il processo e di personale a supporto Upp assunti nel corso degli anni 2021-2024).
  Quanto alle specifiche iniziative intraprese per far fronte alla scopertura, corre l'obbligo di evidenziare l'imponente attività di reclutamento che questa Amministrazione ha da tempo avviato a livello nazionale e che la vede tutt'oggi quotidianamente impegnata nell'esecuzione dei relativi incombenti.
  In particolare, tale impegno ha consentito – a partire dall'anno 2020 – l'assunzione di circa 10.321 risorse nell'intero territorio nazionale.
  Oltretutto, ulteriori e cospicui innesti di personale sono stati realizzati grazie alle risorse stanziate dal «Piano di Ripresa e Resilienza», diretto a migliorare le prestazioni degli uffici giudiziari e a potenziare la struttura «Ufficio per il Processo». L'obiettivo perseguito è l'abbattimento dell'arretrato e la riduzione della durata dei procedimenti, dando altresì supporto ai giudici nell'attuazione della transizione digitale della giustizia.
  Ora, preme osservare che per quanto si tratti di risorse a tempo determinato, l'obiettivo auspicato è quello di riuscire a raggiungere – in tale arco temporale – una
performance degli uffici giudiziari tale da consentire una più ottimale gestione dei carichi di lavoro anche per il futuro. Il tutto conformemente alla volontà di agevolare e rendere sostenibili quelle attività che, ad oggi, sono già garantite dalla partecipazione attiva del personale incardinato.
  Di conseguenza, alle succitate 10.321 assunzioni andrebbero, in realtà, aggiunte anche le 12.764 unità relative al profilo di addetto all'ufficio per il processo e Personale a supporto dell'Upp che, fino ad ora, hanno preso servizio presso gli uffici di merito, giungendo così ad un totale di circa 23.085 assunzioni (il dato non tiene conto delle eventuali successive dimissioni del personale assunto).
  Passando alla disamina del caso di specie, relativamente alla situazione presente all'ufficio Nep di Nuoro: a fronte di una dotazione di 23 unità, prestano servizio 10 risorse, facendo registrare una scopertura del 57 per cento (fonte Sup). Il dato tiene conto della presenza per distacco da altro ufficio di 1 assistente giudiziario e dell'assenza per distacco presso altro ufficio di 1 assistente giudiziario.
  Quanto alle specifiche vacanze registrate nei vari profili, esse interesserebbero le seguenti figure professionali: assistente giudiziario (1 vacanza su 7 posti), Funzionario Unep (6 vacanze su 10 posti). Il profilo del cancelliere risulta totalmente scoperto.
  Non si registrano reclutamenti di personale nell'arco temporale 2020-2024.
  In merito alla procedura di interpello ordinario nazionale, si evidenzia che risulta in uscita dall'ufficio 1 funzionario Unep con proroga possesso al 2 settembre 2025.
  Si segnala che dal piano triennale dei fabbisogni 2024-2026, emerge chiaramente la volontà di sopperire quanto più possibile alle carenze nel fabbisogno di personale.
  Non solo, la previsione di procedure volte alla stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato per non disperdere le competenze acquisite o di valorizzarle in occasione di nuove procedure concorsuali nonché la previsione, in deroga alla normativa vigente, della validità delle graduatorie dei concorsi svolti in periodo pandemico, consente di meglio finalizzare l'attività di reclutamento, affinché nulla dell'impegno svolto rischi di essere vanificato.
  Numerose sono le attività di reclutamento già programmate nell'arco temporale che va dal 2024 al 2026: infatti, secondo il piano triennale dei fabbisogni del personale 2024-2026, includendo i vari profili di funzionario, funzionario tecnico, dell'area assistenti, assistenti contabili, assistenti informatici e tecnici, oltre che dirigenti di II fascia, attraverso procedure concorsuali o di scorrimento delle graduatorie in corso di validità, è previsto un numero totale di assunzioni pari a 11.659 unità.
  Si riportano, inoltre, più specificatamente di seguito anche le assunzioni previste e programmate nel corso dell'anno 2024:

   Per l'area assistenti: le unità di personale amministrativo da assumere nell'anno in corso risultano le seguenti:

    2.200 unità di assistenti giudiziari (scorrimento graduatorie) di cui 4 unità saranno destinate agli uffici del circondario di Nuoro;

    136 unità di assistenti tecnico-geometra;

    1.000 unità di conducenti;

    28 unità di conducenti e motoscafisti per la regione Veneto;

    108 unità di assistenti amministrativi contabili;

    136 unità di assistenti tecnici.

   Per quanto riguarda l'area dei funzionari, le unità da assumere, per l'area di riferimento, nel corrente anno risultano le seguenti:

    50 unità di direttori, area funzionari;

    19 unità di funzionari contabili, area funzionari;

    23 unità di funzionari statistici, area funzionari;

    30 unità di funzionari informatici, area funzionari;

    47 unità di funzionario tecnico-edile, area funzionari;

    919 unità funzionari giudiziari, area funzionari.

  Si evidenzia, inoltre, che al fine di fronteggiare le ulteriori e immediate criticità che nel frattempo dovessero sopravvenire, dovute al pensionamento di unità di personale, ovvero ad altre situazioni soggettive di carattere temporaneo e contingente (maternità, malattia eccetera), l'organico dell'ufficio interessato potrà essere implementato, facendo ricorso all'istituto della mobilità temporanea del personale, previsto dall'articolo 20 dell'accordo sulla mobilità interna del personale, sottoscritto in data 15 luglio 2020.
  Tra le possibili, ulteriori iniziative, si segnala, inoltre, per il futuro, l'eventuale disponibilità a procedere alla sottoscrizione di accordi quadro con le regioni interessate, aventi ad oggetto anche forme di collaborazione in tema di selezione e reclutamento di personale, attraverso il possibile perfezionamento di procedure concorsuali uniche per i reciproci coincidenti fabbisogni e/o il convenzionamento per l'utilizzo reciproco delle graduatorie in relazione ai concorsi direttamente espletati dal Ministero della giustizia e dalle regioni.
  Concludendo è evidente come, seppure nei limiti dei margini di manovra consentiti, si stia cercando di attuare, con ogni strumento possibile, tutte le misure strategiche per un più strutturale rinvigorimento degli uffici giudiziari dislocati sul territorio, ivi compreso il circondario di Nuoro.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   PITTALIS. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   con decreto direttoriale n. 498 del 21 aprile 2020, come modificato dal decreto n. 325 del 5 novembre 2021, è stato indetto il concorso ordinario infanzia e primaria per la copertura dei posti disponibili per le annualità 2021/2022 – 2022/2023;

   le relative graduatorie di merito, in Sardegna, sono state pubblicate con un anno di ritardo così da comportare, per coloro che avendo superato entrambe le prove sono risultati idonei, il rischio di non poter essere assunti a tempo indeterminato perché a causa del citato ritardo, non hanno potuto usufruire del secondo anno di validità della graduatoria e sono poi stati sorpassati da coloro che sono inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e nelle graduatorie di merito dei concorsi successivi – trovandosi così in coda ai vincitori dei nuovi concorsi;

   l'articolo 59 del decreto-legge n. 73 del 2021, al comma 10, convertito con modificazioni nella legge n. 106 del 2021, prevede l'indizione, con frequenza annuale, di concorsi ordinari per il personale docente per la scuola dell'infanzia, primaria e secondaria per i posti comuni e di sostegno;

   ai sensi di quanto previsto all'articolo 47, comma 11, del decreto-legge n. 36 del 2022 convertito con modificazioni nella legge n. 79 del 2022 le graduatorie di merito, stilate al termine delle procedure concorsuali, sono prorogate ad esaurimento ma, a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, sono utilizzate nei limiti delle facoltà assunzionali residuali rispetto alle immissioni in ruolo necessarie al raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR;

   nel caso specifico della Sardegna si parla di circa 90 docenti in attesa di immissione in ruolo –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover verificare quali siano state le ragioni del ritardo della pubblicazione, in Sardegna, delle graduatorie relative al concorso citato in premessa e quali misure intenda adottare al fine di rassicurare i docenti sardi che hanno partecipato al concorso 2020 e sono risultati idonei che, in seguito ad un ritardo causato dall'inefficienza dell'Ufficio scolastico regionale, si trovano a rischiare di non essere mai immessi nel ruolo docente anche prevedendo l'utilizzo delle graduatorie già esistenti fino a esaurimento prima di effettuare le assunzioni dai concorsi banditi successivamente all'anno scolastico 2023/2024.
(4-03507)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, il competente Ufficio scolastico regionale per la Sardegna, corrispondendo alla richiesta del Ministero di fornire elementi, ha comunicato quanto di seguito si riporta.
  Preliminarmente, l'USR ha evidenziato che provvederà all'assunzione dei candidati idonei della procedura in argomento, sui posti comuni della scuola primaria, nel corso degli ultimi mesi del corrente anno, con decorrenza economica dal 1° settembre 2025, così come previsto dalla normativa vigente in materia. Il numero complessivo di assunzioni che verrà disposto, salvo rinuncia dei destinatari della proposta di nomina, sarà pari a n. 105 unità, determinando l'esaurimento della relativa graduatoria di merito.
  Tanto premesso, quanto alle ragioni che hanno determinato la pubblicazione della graduatoria di merito in ritardo e, quindi, in tempo non utile per le operazioni di nomina in ruolo per l'anno scolastico 2022/2023, l'USR ha individuato una serie di fattori che possono essere sintetizzati come di seguito:

   modifiche alla composizione della commissione giudicatrice, determinate dalle frequenti dimissioni dei relativi componenti e dalla contestuale difficoltà di reperimento di ulteriori commissari;

   inapplicabilità degli istituti dell'esonero e del semi-esonero ai componenti della commissione giudicatrice, a causa della quale gli stessi hanno dovuto proseguire nelle attività professionali di competenza in qualità di dirigenti scolastici, docenti e personale amministrativo nelle scuole di servizio e contemporaneamente svolgere le proprie funzioni in ambito concorsuale;

   numero elevato dei candidati ammessi alle prove orali;

   istanze dei candidati relative al differimento delle prove concorsuali orali che hanno indotto la commissione giudicatrice a disporre numerose prove suppletive;

   struttura della procedura concorsuale, che oltre alla valutazione delle prove concorsuali prevede una fase di valutazione dei titoli ai fini della stesura della graduatoria di merito. Al riguardo si evidenzia che la graduatoria di merito era composta complessivamente da n. 483 candidati.

  Infine, l'USR ha rappresentato che anche qualora la graduatoria di merito della procedura concorsuale in argomento fosse stata pubblicata in tempo utile per le operazioni di nomina in ruolo per l'anno scolastico 2022/2023, la problematica inerente alla presenza degli idonei si sarebbe comunque verificata negli anni scolastici successivi, a causa della compresenza della graduatoria di merito del concorso indetto nel 2018 la quale, alla luce della normativa vigente, non avrebbe comunque consentito l'esaurimento della graduatoria di merito del concorso indetto nel 2020 in occasione delle operazioni di reclutamento per l'anno scolastico 2023/2024.
Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'inizio della guerra di aggressione su larga scala della Russia contro l'Ucraina, l'attivista umanitaria russa 27enne Nadezhda Rossinskaya ha fondato Army of Beauties, un movimento di volontariato femminile che ha aiutato i rifugiati ucraini e consegnato aiuti umanitari ai civili nei territori conquistati da Mosca;

   tra i suoi risultati, i media riportano che il suo movimento abbia contribuito agli sforzi per localizzare e rimpatriare migliaia di bambini ucraini deportati dall'Ucraina dalle forze russe – questione oggetto di un'indagine della Corte penale internazionale (Cpi) contro il leader del Cremlino Vladimir Putin;

   a gennaio 2024, Nadezhda Rossinskaya è rientrata in Russia. A febbraio 2024, è stata accusata di «attività dirette contro la sicurezza dello Stato» e detenuta in custodia cautelare. Successivamente, è stata ulteriormente accusata di «assistenza ad attività terroristiche», reato che comporta una pena detentiva di almeno 15 anni –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo italiano per tutelare la libertà e i diritti umani di Nadezhda Rossinskaya e per sollecitare le autorità russe a ritirare le accuse contro di lei;

   se il Governo italiano intenda esprimere il proprio sostegno all'indagine della Corte penale internazionale contro Vladimir Putin per la deportazione illegale di bambini ucraini in Russia e quali iniziative di competenza intenda intraprendere in tale ambito.
(4-03189)

  Risposta. — La situazione dei diritti umani in Russia resta al centro dell'attenzione del Governo. La Farnesina in particolare, soprattutto in ambito multilaterale, a partire dal Consiglio diritti umani delle Nazioni unite, ha sostenuto molteplici iniziative per esercitare pressione sulle autorità russe affinché rispettino gli obblighi internazionali in materia di diritti umani, tra cui la libertà di espressione e associazione.
  Da ultimo, nell'ambito della 57esima sessione del consiglio diritti umani, l'Italia ha co-presentato una risoluzione sulla situazione dei diritti umani nella federazione russa. Il testo riporta anche la nostra forte preoccupazione rispetto al fenomeno degli arresti arbitrari di massa, in particolare quelli degli attivisti e difensori dei diritti umani. La risoluzione è stata adottata il 10 ottobre scorso, con un numero di voti favorevoli superiore agli anni passati. L'Italia ha svolto mirati passi di sensibilizzazione per facilitare l'adozione della risoluzione. Sempre nel corso della 57esima sessione, l'Italia ha effettuato un proprio intervento nazionale nel quale ha anche denunciato la repressione delle libertà di opinione, espressione e associazione in Russia.
  L'Ambasciata d'Italia a Mosca segue da vicino diversi casi giudiziari che coinvolgono i prigionieri politici nel Paese, partecipando alle udienze in segno di solidarietà e di sostegno, previo accordo con gli avvocati difensori dei detenuti.
  L'Ambasciata, in stretto raccordo con la delegazione dell'Unione europea e le ambasciate degli altri Stati membri a Mosca, segue anche il caso di Nadezhda Rossinskaya, su cui sono in corso approfondimenti per verificare lo stato del procedimento a suo carico e i relativi margini di intervento o monitoraggio da parte delle rappresentanze diplomatiche
in loco.
  La situazione dei minori ucraini deportati in Russia è costantemente al centro dell'azione del Governo.
  L'Italia è membro attivo della coalizione internazionale per il rientro dei minori ucraini sottratti dalle autorità russe.
  Il comunicato finale adottato dai
leader G7 a conclusione del vertice di Borgo Egnazia del 13-15 giugno ha citato esplicitamente l'esigenza di rimpatriare in sicurezza tutti i bambini ucraini che la Federazione russa ha illegalmente trasferito o deportato. Lo stesso concetto è presente anche nella dichiarazione del Ministro Tajani del 23 settembre in qualità di Presidente della riunione dei Ministri degli esteri del G7 alla settimana di alto livello dell'assemblea generale delle Nazioni unite.
  All'indomani dell'invasione russa, l'Italia ha aderito all'iniziativa di 43 Stati parte dello statuto di Roma di sottoporre la situazione in Ucraina al procuratore della corte penale internazionale, chiedendogli di avviare un'indagine sulla possibile commissione di crimini internazionali. Questo ha permesso di accelerare il procedimento.
  Il 17 marzo 2023 la seconda camera preliminare della Cpi presieduta dal giudice italiano Rosario Aitala, ha emesso un mandato di arresto contro il presidente Putin e la commissaria russa per i diritti dei bambini Lvova-Belova per i crimini di guerra di deportazione e di trasferimento illegali di persone, in particolare riguardanti minori ucraini dai territori occupati verso la Federazione russa.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale continua a seguire con attenzione questi temi, in stretto coordinamento con i
partner dell'Unione europea e con gli altri Paesi alleati, nel solco della nostra azione per la tutela e promozione a livello globale dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   ROSATO e ONORI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il processo sommario, l'incarcerazione e la morte conseguente alle dure condizioni di detenzione dell'oppositore russo Aleksej Naval'nyj hanno rappresentato l'episodio più eclatante della repressione in atto da parte delle autorità russe e dal presidente Vladimir Putin;

   come ricordato nella risoluzione del Parlamento europeo 2024/2665, le modifiche costituzionali introdotte negli ultimi anni nonché il clima di intimidazione nei confronti degli oppositori politici e della stampa libera, hanno trasformato quello russo in un regime autoritario, e che l'Unione europea non riconosce la validità delle ultime elezioni presidenziali del 2024;

   risultano numerosi gli episodi di repressione nel Paese, negli ultimi mesi si ricorda anche la condanna del giornalista americano del Wall Street Journal Evan Gershkovich a 16 anni di carcere per presunto reato di spionaggio e l'ordine di arresto emesso da un tribunale di Mosca nei confronti di Yulia Navalnaya, vedova di Naval'nyj;

   destano preoccupazione anche le recenti notizie che riguardano altri cittadini russi che a vario titolo hanno espresso il proprio dissenso al regime russo e si ritrovano detenuti per reati d'opinione o presunti reati più gravi;

   all'interrogante risulta che nelle ultime ore il dissidente Daniil Krinari sarebbe stato portato via dal centro di detenzione preventiva dove era incarcerato, verso una destinazione sconosciuta, così come sarebbe avvenuto precedentemente per il politico Ilya Yashin e l'attivista Kevin Lik;

   Daniil Krinari sarebbe diventato il settimo prigioniero politico a scomparire dal carcere negli ultimi due giorni;

   nelle stesse ore sarebbero scomparsi alcuni ex dirigenti del movimento di cui Naval'nyj era leader, Lilia Chanysheva e Kseniya Fadeeva, nonché l'artista Sasha Skochilenko – peraltro affetta da problemi di salute – e il difensore dei diritti umani Oleg Orlov;

   alla luce dei numerosi precedenti di morti sospette ai danni di oppositori russi, la scomparsa o trasferimento in un luogo sconosciuto di questi cittadini che hanno espresso dissenso rispetto al regime di Vladimir Putin, desta grande preoccupazione;

   il nostro Paese non può restare indifferente alle continue violenze e alla repressione in atto in Russia, ribadendo in ogni sede internazionale la propria forte condanna dell'Italia per questo regime antidemocratico –:

   se il Ministro interrogato intenda attivarsi nelle sedi internazionali per chiedere alle autorità russe notizie su questi prigionieri politici;

   se il Ministro interrogato, nel ribadire la ferma condanna dell'Italia per ogni forma di repressione del dissenso e della libertà di stampa, possa verificare nelle sedi internazionali la sussistenza delle condizioni per un sostegno agli oppositori politici ingiustamente detenuti o privati della libertà in Russia.
(4-03266)

  Risposta. — La tragica vicenda di Alexey Navalny è stata costantemente al centro dell'azione del Governo e in particolare del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, che ha fermamente condannato il ruolo delle autorità russe nella sua ingiusta detenzione e nel suo decesso, esortandole a chiarirne in maniera trasparente le circostanze e le responsabilità.
  Il Governo italiano ha prontamente espresso ferma condanna per il grave episodio, anche in veste di presidenza del G7. Durante il primo incontro informale dei Ministri degli affari esteri del G7 di quest'anno, tenutosi il 17 aprile scorso a margine della conferenza sulla sicurezza di Monaco, i Ministri del G7 manifestarono profonda indignazione per la morte di Navalny, ingiustamente condannato per le sue legittime attività politiche, rivolgendo altresì un appello alle autorità russe affinché chiarissero le circostanze della sua morte e ponessero fine all'inaccettabile repressione del dissenso politico, alla sistematica violazione della libertà di espressione e alla restrizione indebita dei diritti civili nel Paese. Analoghe esortazioni sono state rivolte dai
leader del G7 nel febbraio 2024 e in occasione della successiva riunione ministeriale esteri, svoltasi a Capri il 19 aprile scorso.
  Il Vice Presidente e Ministro Tajani ha inoltre evidenziato la chiara posizione del Governo anche personalmente, incontrando la vedova di Alexey Navalny, Julia Navalnaya, a margine della riunione del consiglio affari esteri dell'Unione europea svoltasi nei giorni immediatamente successivi al decesso del dissidente.
  L'ambasciatore russo a Roma fu convocato presso la Farnesina, per veicolare con fermezza le nostre posizioni, mentre a Mosca l'allora incaricato d'affari dell'ambasciata d'Italia si univa ai
partner e alla società civile russa partecipando alle esequie di Navalny.
  L'Ambasciata d'Italia nella federazione russa continua a seguire attentamente diversi casi giudiziari che coinvolgono i prigionieri politici nel Paese, partecipando alle udienze in segno di solidarietà e di sostegno, previo accordo con gli avvocati difensori dei detenuti.
  Nel frattempo, abbiamo registrato l'importante scambio di detenuti avvenuto in territorio turco a inizio agosto tra alcuni
partner occidentali e la Russia, in cui sono stati infine liberati anche attivisti per i diritti umani e membri dei media, tra cui spiccano i citati dissidenti Yashin e Orlov, il noto attivista Vladimir Kara-Murza e l'artista Aleksandra Skochilenko, nonché il giornalista del Wall Street Journal, Evan Gershkovich.
  In termini più generali, il Governo italiano continua a seguire con forte preoccupazione l'evoluzione politica interna alla federazione russa, che ha assunto evidenti tratti di stampo autoritario che si manifestano in tutta la loro evidenza nel numero sempre più alto di prigionieri politici nel Paese, in particolare a partire dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina nel 2022. Particolare preoccupazione desta l'introduzione delle fattispecie di reato di «pubbliche azioni mirate a screditare l'esercito russo» e di «diffusione pubblica di false informazioni a proposito delle forze armate russe», punibili rispettivamente con la pena della reclusione fino a 7 e 15 anni, nonché l'applicazione sistematica delle disposizioni legislative volte a ridurre i margini di azione della società civile, tra cui la cosiddetta legge sugli «agenti stranieri» e a quella sulle «organizzazioni indesiderabili».
  Sono numerose le iniziative sostenute dall'Italia in ambito multilaterale, in particolar modo in seno alle Nazioni unite, al fine di esercitare pressione sulle autorità russe affinché rispettino i loro obblighi internazionali in materia di diritti umani, tra cui la libertà di espressione e associazione e la stessa libertà personale.
  In occasione della Revisione periodica universale (Upr) del novembre 2023 — esercizio di monitoraggio periodico e paritario, attraverso il quale è esaminata la situazione dei diritti umani in tutti i Paesi delle Nazioni unite nel quadro del Consiglio diritti umani (Cdu) – l'Italia ha elaborato numerose raccomandazioni alla federazione russa. In particolare, è stato raccomandato di porre fine a tutti gli atti di tortura, sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziali e detenzioni arbitrarie e di rilasciare tutte le persone detenute per aver esercitato i loro diritti alla libertà di espressione o di associazione. L'Italia ha inoltre raccomandato di garantire la libertà di espressione, nonché di garantire il rispetto dello stato di diritto e tutelare i diritti dei detenuti.
  Nel corso della 57esima sessione del Consiglio diritti umani (9 settembre-11 ottobre 2024), l'Italia ha co-presentato una risoluzione sulla situazione dei diritti umani nella federazione russa. Il testo riporta anche la nostra forte preoccupazione rispetto al fenomeno degli arresti arbitrari di massa, in particolare quella degli attivisti e difensori dei diritti umani. Questa risoluzione è stata adottata il 10 ottobre scorso con un numero di voti favorevoli superiori agli anni passati.
  Inoltre, l'Italia è Paese Membro della «
Media Freedom Coalition», iniziativa di un gruppo di Stati attivi nell'ambito della tutela della libertà di stampa e dei giornalisti. Nel luglio 2024 la Media Freedom Coalition ha promosso una dichiarazione congiunta di condanna rispetto alla detenzione arbitraria e al procedimento giudiziario intentato in Russia contro il già citato Evan Gershkovich, reporter statunitense della testata New York Times.
  In linea con il tradizionale impegno assunto dall'Italia contro il fenomeno della repressione dell'attivismo politico all'interno della federazione russa, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale continuerà a seguire con attenzione le vicende dei prigionieri politici nel Paese, in stretto coordinamento con i
partner dell'Unione europea e con gli altri Paesi alleati.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   RUBANO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   al corso-concorso indetto con ddg n. 1259 del 2017 per il reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali, con successive modifiche normative, sono stati ammessi i partecipanti al concorse n. 1259/2017 che abbiano sostenuto almeno la prova scritta e a condizione che, al 28 febbraio 2023: a) abbiano proposto ricorso entro i termini di legge e abbiano pendente un contenzioso giurisdizionale per mancato superamento della prova scritta del predetto concorso; b) abbiano proposto ricorso entro i termini di legge e abbiano pendente un contenzioso giurisdizionale per mancato superamento della prova orale del predetto concorso ovvero abbiano superato la prova scritta e la prova orale dopo essere stati ammessi a seguito di un provvedimento giurisdizionale cautelare, se successivamente caducato;

   il decreto ministeriale n. 107 del 2023 ha disciplinato la modalità di partecipazione al corso intensivo di formazione cui possono accedere i candidati che hanno conseguito un punteggio pari o superiore a sei decimi;

   i candidati che sostengono la prova finale del corso sono inseriti in un elenco graduato sulla base del punteggio ottenuto nella prova di accesso su citata e dei titoli valutabili ai sensi della tabella A allegata al decreto ministeriale n. 138 del 2017 posseduti alla data del 29 dicembre 2017 e dei titoli di precedenza; i candidati che hanno superato la prova finale, che vengono inseriti in coda alla graduatoria di merito, denunciano criticità nella predisposizione della graduatoria finale;

   in particolare, la questione riguarda la modalità di calcolo del punteggio da attribuire ai titoli, che varrebbero fino a 30 punti, rispetto alla valutazione della prova scritta o orale sostenuta che, essendo valutate in decimi, varrebbero fino ad un massimo di 10 punti;

   l'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, che reca regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi, al comma 2, dispone che nella formazione del punteggio finale ai titoli non può essere attribuito un punteggio complessivo superiore a un terzo;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 272 del 2004 che reca regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente, all'articolo 3, comma 2-bis, dispone che il valore complessivo dei titoli non può superare il quaranta per cento della votazione finale del candidato –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover verificare, per quanto di competenza, la correttezza delle procedure del corso-concorso di cui in premessa al fine anche di evitare ulteriori contenziosi e chiudere una vicenda che si trascina da anni.
(4-03308)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si rappresenta che l'Amministrazione, nell'ambito della procedura di reclutamento riservata di dirigenti scolastici di cui al decreto ministeriale 8 giugno 2023, n. 107 ha pubblicato lo scorso agosto in via provvisoria la valutazione dei titoli culturali, di servizio e professionali dichiarati in domanda dai candidati che hanno superato la prova di accesso al corso intensivo di formazione e che hanno sostenuto la prova finale del medesimo corso.
  A seguito di tale pubblicazione, è stata aperta, nei successivi cinque giorni, la fase degli eventuali reclami dei candidati avverso i punteggi ottenuti, al fine di consolidare celermente il punteggio dei titoli e adottare la graduatoria definitiva per procedere alle immissioni in ruolo dei dirigenti scolastici di nuova nomina in tempo utile al corretto avvio dell'anno scolastico.
  Terminata tale fase, con decreto ministeriale n. 2187 del 9 agosto scorso è stata approvata la graduatoria generale nazionale della procedura di reclutamento riservata di dirigenti scolastici.
  Si precisa che per la definizione della graduatoria, si è tenuto conto dell'articolo 5, comma 11-
sexies, del decreto-legge n. 198 del 2022 secondo il quale la partecipazione al corso intensivo di formazione è stata consentita ai candidati con un punteggio pari ad almeno 6/10.
  In applicazione di detto disposto, l'articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale n. 107 del 2023 ha previsto che superano la prova i candidati che conseguono un punteggio complessivo pari o superiore a 60/100 specificando altresì che il punteggio ottenuto dai candidati alla prova di accesso al corso intensivo di formazione deve essere convertito su base decimale, mantenendo la frazione decimale eventualmente conseguita dal candidato.
  L'articolo 11 del medesimo decreto ha, inoltre, stabilito che, per quanto non previsto dallo stesso decreto, valgono le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994. Quest'ultimo, in particolare, all'articolo 8, comma 2, prevede che per i titoli non può essere attribuito un punteggio complessivo superiore a 10/30 o equivalente. Pertanto, si è proceduto, in ossequio alle citate disposizioni normative valevoli per tutti i concorsi della Pubblica amministrazione, alla conversione su base decimale del punteggio attribuito ai titoli in conformità al punteggio della prova di cui al citato articolo 5, comma 11-
sexies del decreto-legge n. 198 del 2022.
  La graduatoria, quindi, è stata redatta ai sensi dell'articolo 9 del più volte richiamato decreto ministeriale n. 107 del 2023, sommando il punteggio su base decimale della prova, fino ad un massimo di 10 punti, ed il punteggio su base decimale – e non in trentesimi, come erroneamente riportato dall'onorevole interrogante – dei titoli, fino ad un massimo di 3 punti.
  In ultimo, si ricorda che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione quarta
quater, nella camera di consiglio dell'8 ottobre 2024, si è espresso favorevolmente nei confronti del Ministero dell'istruzione e del merito confermando la bontà della predetta ricostruzione giuridica.
  Il Giudice amministrativo ha infatti revocato, in continuità con quanto deciso alla precedente udienza del 5 settembre 2024, i provvedimenti presidenziali di sospensione cautelare della graduatoria, emessi ad agosto.
  Sono stati fatti salvi, quindi, gli atti sulla base dei quali il Ministero ha provveduto ad attribuire i punteggi per i titoli dei candidati inclusi nella graduatoria: il TAR, dando pienamente ragione all'operato del Ministero dell'istruzione e del merito ha, inoltre, condiviso l'intento dell'amministrazione di ridurre il ricorso all'istituto delle reggenze, che produce inevitabili e gravose ricadute sulle procedure organizzative e gestionali delle stesse scuole.
  Infine, si informa che proprio il 18 ottobre 2024, subito dopo la pubblicazione delle motivazioni dei provvedimenti giurisdizionali favorevoli all'Amministrazione, sono state date indicazioni agli uffici scolastici regionali al fine di provvedere celermente alle nomine in ruolo dei vincitori del concorso in parola.

Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.


   RUBANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza sul lavoro, specialmente in ambienti ad alto rischio biologico, è regolata da normative specifiche, tra cui la direttiva 2000/54/CE e il decreto legislativo n. 81 del 2008, che stabiliscono i requisiti per i dispositivi di protezione individuale (Dpi);

   la circolare n. 15 del 27 giugno 2012 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro, rappresenta l'ultimo documento ufficiale riguardante l'uso dei Dpi per la protezione delle vie respiratorie da agenti biologici aerodispersi. Tale circolare specifica che i Dpi devono essere dotati di certificazione CE di Tipo emessa da un organismo notificato, conforme alla Direttiva 89/686/CEE e basata sulla norma europea armonizzata EN 149, per garantire la protezione da agenti biologici del gruppo 2 e 3;

   in diversi atti parlamentari e documenti Inail viene espressa l'importanza di aggiornare le direttive sui Dpi per includere dispositivi di ultima generazione che offrano una maggiore protezione;

   vari documenti sottolineano inoltre la necessità di dispositivi con capacità filtrante avanzata, ergonomia migliorata e materiali più resistenti e sicuri. In particolare, sono stati indicati i seguenti requisiti:

    a) maschere Ffp3 con valvola di espirazione per facilitare la respirazione;

    b) filtri conformi alla norma EN 149:2001;

    c) i Dpi di cui sopra (filtri e mascherine) devono avere ottenuto, da ente notificato, la certificazione per la protezione delle vie respiratorie da agenti biologici del gruppo 3;

    d) Dpi ergonomici che migliorino il comfort e la vestibilità durante l'uso prolungato;

    e) utilizzo di materiali avanzati che offrano maggiore tutela e sicurezza;

   nonostante la mancanza di una circolare aggiornata a livello nazionale, a quanto consta all'interpellante, il Ministero della salute, nello specifico i Nas, ha provveduto autonomamente all'acquisto di Dpi di ultima generazione più sicuri e performanti per garantire il massimo della sicurezza offerta dai Dpi di ultima generazione. Questi dispositivi includono semimascherine Ffp3 certificate sia in conformità alla norma EN 149:2001, sia certificate per la protezione da agenti biologici, Dpi avanzati per la protezione del personale sanitario contro agenti biologici pericolosi. Questi Dpi offrono una maggiore capacità di filtrazione, migliorata vestibilità e comfort per l'uso prolungato;

   la pandemia di COVID-19 ha evidenziato l'importanza dell'uso dei Dpi per il contenimento del contagio. Durante il picco della pandemia, l'uso diffuso di mascherine, guanti, visiere e altri Dpi ha giocato un ruolo fondamentale nella protezione degli operatori sanitari e della popolazione generale. Secondo i dati forniti dall'Istituto superiore di sanità (Iss), l'uso appropriato dei Dpi ha contribuito significativamente alla riduzione del tasso di contagio tra gli operatori sanitari. Per esempio, uno studio dell'Iss ha dimostrato che l'uso di mascherine Ffp2 e Ffp3 ha ridotto il rischio di infezione tra il personale sanitario ed i pazienti;

   recentemente, si è osservato un aumento dei casi di COVID-19 in Italia. Secondo l'ultimo bollettino del Ministero della salute, nella settimana del 20-26 giugno 2024, i casi sono aumentati del 25 per cento, con un totale di oltre 2.600 nuovi contagi. L'indice di trasmissibilità Rt è attualmente a 1,15, indicando una crescita epidemica. Anche se l'occupazione dei posti letto in terapia intensiva e area medica rimane stabile, l'aumento dei casi richiede una maggiore attenzione e prevenzione. È da considerarsi anche il registrarsi di un aumento dei casi di altre malattie infettive, anche nuove, che richiedono l'uso di Dpi di ultima generazione, al passo con l'andamento evolutivo degli agenti patogeni –:

   per quale motivo la circolare del Ministero del lavoro sui dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie da agenti biologici non sia stata aggiornata alla luce delle nuove normative e delle evidenze scientifiche disponibili;

   quando siano previsti la revisione e l'aggiornamento ufficiale della circolare in questione, considerando l'importanza cruciale dei Dpi nella protezione dei lavoratori esposti ad agenti biologici ad alto rischio;

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per garantire una protezione adeguata e tempestiva ai lavoratori esposti ad agenti biologici, anche in considerazione delle lezioni apprese durante la recente pandemia.
(4-03609)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, si sottolinea che il tema rientra nell'ambito di quello, più ampio, della sicurezza sui luoghi di lavoro e riveste particolare rilevanza per il Governo, come testimoniano i numerosi interventi normativi in materia.
  Al riguardo, si segnala che sulla
Gazzetta Ufficiale dello scorso 26 settembre 2024 è stato pubblicato il decreto legislativo n. 135 del 2024 recante «Attuazione della direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2022, che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro». Il decreto in questione ha apportato modifiche al testo unico sulla sicurezza ed esteso la protezione dei lavoratori alle sostanze tossiche per la riproduzione.
  Con riferimento al tema oggetto dell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si premette che la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 15 del 27 giugno 2012 fu adottata allo scopo di fornire i chiarimenti in materia di dispositivi individuali di protezione (DPI), corrispondenti ad esigenze di tutela e rischi noti a quel tempo.
  Tale circolare prevede, in particolare, che risultano «idonei per la protezione da agenti biologici sia i dispositivi di protezione delle vie respiratorie provvisti di certificazione CE di cui al Capitolo II della Direttiva 89/686/CEE, che attesti la protezione da agenti biologici dei gruppi 2 e 3 così come definiti nella Direttiva 2000154/ CE, sia quelli provvisti di certificazione CE di cui al Capitolo II della Direttiva 89/686/ CEE, basata sulla norma europea armonizzata EN 149».
  Sebbene il contenuto della circolare resti valido, è opportuno precisare che, attualmente, i requisiti di sicurezza previsti per la progettazione, la fabbricazione e la commercializzazione dei DPI, sono previsti dal Regolamento UE 2016/425, che ha abrogato la Direttiva 89/686/CEE.
  I DPI devono soddisfare i requisiti essenziali elencati nell'allegato II di quel Regolamento e solo in tal caso possono ritenersi conformi a legge.
  In ogni caso, la normativa vigente, sia quella in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, sia quella relativa alla sicurezza del «prodotto», individua chiaramente le competenze dei soggetti responsabili e gli obblighi gravanti su ciascuno di essi, per garantire la sicurezza degli utilizzatori.
  È opportuno evidenziare che il datore di lavoro, ai sensi del testo unico sulla sicurezza sul lavoro, è tenuto ad effettuare la valutazione dei rischi e a elaborare il relativo documento di valutazione dei rischi, che deve contenere l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione poste in essere e i dispositivi di protezione individuali adottati a seguito della valutazione.
  Si condivide l'osservazione dell'interrogante circa la necessità di garantire la massima sicurezza tecnologicamente possibile a tutela della salute dei lavoratori anche mediante la scelta dei dispositivi più performanti. Tale principio, d'altra parte, è già sancito dal decreto legislativo n. 81 del 2008 che, all'articolo 18, punto 1, comma
z), afferma espressamente che tra gli obblighi del datore di lavoro vi è quello di «aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione».
  Con specifico riguardo ai facciali filtranti, al netto della necessità che siano indossati dal lavoratore in modo corretto e che, quindi, siano perfettamente aderenti sul volto, si segnala che in Italia la norma UNI 11719:2018 disciplina i criteri di scelta, uso e manutenzione degli apparecchi di protezione delle vie respiratorie ed è indirizzata ai datori di lavoro, su cui ricade la responsabilità della scelta e della gestione dei DPI e prescrive che sia effettuata una prova di adattabilità del facciale prescelto sui singoli operatori tenuti ad impiegarla, al fine di valutare il grado di adattabilità della semimaschera al viso.
  Si evidenzia, infine, che l'UNI e cioè l'ente di normazione italiano, ha reso disponibile gratuitamente sul proprio sito web il
white paper «Criteri di scelta ed uso dei DPI» in cui sono riportati i riferimenti aggiornati ai documenti rilevanti a tale scopo, che la Sottocommissione di esperti UNI «Disposizione di protezione individuale» cura periodicamente.
  Si conclude rappresentando che, in ogni caso, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha intenzione di avviare un'istruttoria tecnica, congiuntamente con il Ministero della salute e il Ministero delle imprese e del
made in Italy, per l'adozione del decreto interministeriale di cui all'articolo 79, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008, tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio che incidono sulla scelta dei dispositivi di protezione individuale nonché delle circostanze in presenza delle quali si rende necessario l'impiego dei dispositivi di protezione individuale.
  

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Claudio Durigon.


   SERRACCHIANI e BARBAGALLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nello scorso 2010 il Ministero della giustizia sottoscrisse una convenzione con la Regione Siciliana per la costruzione di nuovi quattro istituti penitenziari, Mistretta, Sciacca, Catania e Marsala;

   per l'istituto penitenziario di Mistretta vi era la previsione di 450 posti per detenuti e il relativo stanziamento finanziario;

   la questione della costruzione del nuovo carcere di Mistretta risale ormai al lontano 1981, quando, su richiesta del Ministero dei lavori pubblici fu messa gratuitamente a disposizione una vasta area di proprietà comunale, giudicata idonea dall'apposita commissione tecnica ministeriale;

   ad oggi, però, nonostante la gravissima emergenza che grava sul sistema carcerario, dovuta anche al sovraffollamento e che ha portato il Governo anche alla istituzione e alla nomina di un commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria, il nuovo istituto penitenziario di Mistretta è comunque di là da venire, nonostante il comune continui a dare la disponibilità gratuita di un'area di oltre 100.000 metri quadrati, priva di dominanze, a suo tempo scelta e giudicata idonea dal Ministero;

   inoltre l'amministrazione ha programmato la realizzazione di un grande invaso, in grado di garantire un illimitato approvvigionamento idrico alla struttura ed al centro abitato, l'area è stata sottoposta ad apposito studio geologico; il comune di Mistretta è baricentrico rispetto alle città di Messina, Palermo, Enna e Caltanissetta;

   non è più procrastinabile da parte del Governo, al fine di affrontare la crisi del sistema dell'esecuzione della pena, nonché per rispettare gli impegni per il PNRR, provvedere alla costruzione, progettazione, ristrutturazione degli istituti volti a definire impianti compositivi e funzionali in grado di qualificare le unità residenziali e gli spazi per lavoro, studio, socializzazione, colloqui, in attuazione della funzione rieducativa della pena ex articolo 27 della Costituzione, nonché studiare e proporre soluzioni operative per adeguare gli spazi detentivi, aumentarne la vivibilità e la qualità, rendendoli realmente funzionali al percorso di riabilitazione dei detenuti anche per la prevenzione della recidiva –:

   se i Ministri interrogati non ritengano urgente adottare le iniziative necessarie a giungere finalmente alla realizzazione del nuovo istituto penitenziario di Mistretta, che potrebbe anche eventualmente essere adibito all'alta sicurezza, il che alleggerirebbe la pressione nelle carceri circondariali della Sicilia, realizzando il decongestionamento e la riduzione del sovraffollamento carcerario.
(4-03543)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si sollevano specifici quesiti in ordine allo stato dell'arte relativo alla realizzazione del nuovo penitenziario di Mistretta. A tal riguardo, i relativi aggiornamenti sono stati richiesti alla competente direzione generale per la gestione dei beni, dei servizi del Dap.
  L'ipotesi realizzativa del nuovo istituto penitenziario di Mistretta risulta contemplata nell'ambito del cosiddetto «Piano carceri» approvato il 24 giugno 2010 dal relativo comitato di indirizzo e controllo.
  Da quanto si evince dall'esame dei documenti in atti, inerenti al carteggio intercorso tra il Ministero della giustizia e l'allora commissario delegato
ex Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 marzo 2010, n. 3861, il piano degli interventi per la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie e di adeguamento e potenziamento di quelle esistenti (cosiddetto «Piano carceri») prevedeva la programmazione dell'impiego di risorse finanziarie per 675 milioni di euro finalizzate alla costruzione di 11 nuovi istituti penitenziari (per complessivi 4.750 posti) – tra i quali anche quello di Mistretta – nonché 20 nuovi padiglioni, in ampliamento di istituti esistenti (per 4.400 posti), per un totale complessivo di 9.150 nuovi posti detentivi.
  Si evidenzia che il 20 giugno 2011 venne deliberato, dal comitato di indirizzo e controllo, l'inserimento dell'intervento di rifunzionalizzazione del nuovo penitenziario di Reggio Calabria – Arghillà (per 150 posti detentivi) – a valere sulle risorse assegnate per 21,5 milioni di euro dalla delibera del comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) del 21 luglio 2009 (capitolo 7473 P.G.1 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit).
  Inoltre, a seguito dei successivi tagli effettuati dal Cipe nella riunione del 20 gennaio 2012 con delibera Cipe 20 gennaio 2012, n. 6, pari a 227,8 milioni di euro, si rese necessaria la rimodulazione e la riprogrammazione del quadro esigenziale da parte dell'amministrazione penitenziaria.
  Nella conseguente rimodulazione, approvata dal comitato di indirizzo e di controllo il 31 gennaio 2012, venne espunto, tra gli altri, anche il nuovo istituto penitenziario di Mistretta.
  Tale determinazione, presa anche in base alle indicazioni fornite dall'amministrazione penitenziaria, fu assunta valutando l'opportunità di realizzare i nuovi istituti e padiglioni in una logica progettuale diversa, che contemplasse sia le localizzazioni a costi contenuti, sia la possibilità, principalmente per i nuovi padiglioni, di sfruttare economie di scala in termini di utilizzo di servizi comuni già esistenti, al fine di consentire maggiore celerità alla fase di realizzazione delle opere e, conseguentemente, assicurare una più rapida capacità d'impiego da parte dell'amministrazione usuaria (Dap), oltre che conseguire un'ottimizzazione dell'impiego di risorse umane occorrenti per la relativa gestione.
  Allo stato, sempre con riferimento all'ipotesi realizzativa di un nuovo istituto penitenziario nell'ambito comunale di Mistretta (si ricorda con popolazione <4.500 abitanti) – nel premettere che anche il tribunale di Mistretta è stato soppresso con decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, in ragione delle limitate esigenze del relativo circondario — si segnala, altresì, che la proposta pervenuta dal Sindaco di Mistretta, in merito all'eventuale disponibilità di un'area di sedime, è stata già rimessa all'attenzione del nuovo commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria (nominato
ex articolo 4-bis del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, convertito con modifiche dalla legge 8 agosto 2024, n. 112), nell'ambito del vasto programma di edilizia penitenziaria che sta interessando l'intero Paese.
  Per completezza, deve evidenziarsi anche che, in merito all'attuale capacità ricettiva del circondario del provveditorato regionale per la Sicilia, nel 2016 si è proceduto alla trasformazione dell'ex Opg di Barcellona Pozzo di Gotto in casa circondariale, recuperando posti detentivi; che, con il cosiddetto «Piano carceri» sono stati attivati, tra il 2016 e il 2017, n. 3 nuovi padiglioni da n. 200 posti ciascuno presso gli istituti di Trapani, Siracusa e Caltagirone e che non appena superate le problematiche causate dai rallentamenti dell'appalto del nuovo padiglione in costruzione presso la Casa circondariale di Agrigento, si potrà procedere all'affidamento dei lavori di completamento e, quindi, disporre di ulteriori 150 posti detentivi.
  In ultimo, in base alla nota pervenuta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in data 11 ottobre 2024, si fa presente che il comitato misto paritetico giustizia/Mit; nella riunione in data 24 settembre 2024, ha preso atto della nomina del Commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria, ai sensi dell'articolo 4-
bis del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, convertito in legge 8 agosto 2024, n. 112, il quale dovrà redigere, entro centoventi giorni dalla nomina, un programma dettagliato degli interventi necessari, specificandone i tempi e le modalità di realizzazione, dando così avvio alla messa a regime del sistema carcerario nazionale.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   SERRACCHIANI, DI BIASE, GIANASSI e LACARRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la gravissima crisi che sta attraversando il sistema penitenziario sta ostacolando le finalità rieducative e risocializzanti della pena detentiva di cui all'articolo 27 della Costituzione;

   occorre ricordare, in questa prospettiva, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria così come nei tribunali e negli uffici di sorveglianza (che in conseguenza stentano a provvedere con la dovuta tempestività sulle istanze dei detenuti) e la generale scarsità di risorse economiche, indispensabili per offrire a tutte le persone detenute l'opportunità di svolgere attività psicoeducative, riabilitative, lavorative, di formazione professionale e di studio;

   si rischia di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

   anche il Comitato esecutivo del Coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza ha posto in evidenza un'ulteriore criticità che deriva dalla persistente mancata attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 2024, depositata il 26 gennaio 2024 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 2024, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 3, della legge n. 354 del 1975 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) «nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell'unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del comportamento della persona detenuta in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina, né, riguardo all'imputato, ragioni giudiziarie.»;

   tale omissione, come efficacemente evidenziato dalla stessa Corte, comporta la persistente assenza di colloqui affettivi intimi della persona detenuta con il partner, contribuendo ad ostacolare le finalità rieducative e risocializzanti della pena: «l'impossibilità per il detenuto di esprimere una normale affettività con il partner si traduce in un vulnus alla persona nell'ambito familiare e, più ampiamente, in un pregiudizio per la stessa nelle relazioni nelle quali si svolge la sua personalità, esposte pertanto ad un progressivo impoverimento, e in ultimo al rischio della disgregazione. Da questo punto di vista si evidenzia la violazione dell'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, in quanto una pena che impedisce al condannato di esercitare l'affettività nei colloqui con i familiari rischia di rivelarsi inidonea alla finalità rieducativa. [...] Il perseguimento di questo obiettivo [della risocializzazione] risulta anzi gravemente ostacolato dall'indebolimento delle relazioni affettive, che può arrivare finanche alla dissoluzione delle stesse, giacché frustrate dalla protratta impossibilità di coltivarle nell'intimità di incontri riservati, con quell'esito di desertificazione affettiva che è l'esatto opposto della risocializzazione»;

   risulta che il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto, nel corso degli ultimi mesi, l'attivazione di un tavolo di lavoro per acquisire dati e informazioni ritenuti necessari e preliminari all'adozione di norme regolamentari tese a dare attuazione alla sentenza. Tuttavia, pur considerate le prevedibili difficoltà nel dare attuazione alla sentenza, va ricordato che la stessa Corte costituzionale, consapevole dello «sforzo organizzativo che sarà necessario per adeguare ad una nuova esigenza relazionale strutture già gravate da persistenti problemi di sovraffollamento», ha suggerito una gradualità esecutiva, fornendo importanti criteri che dovranno guidare la progressiva attuazione della nuova modalità di svolgimento dei colloqui, per la quale, come chiarito dalla sentenza, non è necessaria l'adozione di una normativa di rango primario –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare le necessarie immediate misure di competenza volte a dare piena esecuzione alla decisione della Consulta.
(4-03685)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto gli interroganti, richiamata la nota pronuncia della Corte costituzionale n. 10 del 2024 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell'unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del comportamento della persona detenuta in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina, né, riguardo all'imputato, ragioni giudiziarie, chiedono al Ministro della giustizia se non ritenga necessario «adottare le necessarie immediate misure di competenza volte a dare piena esecuzione alla decisione della Consulta».
  Ebbene, questo Dicastero il 28 marzo 2024 ha istituito a questo fine un apposito gruppo di studio multidisciplinare con il compito di elaborare una proposta coerente con il sistema vigente, anche in considerazione delle diversità strutturali che connotano gli istituti penitenziari sul territorio nazionale. Di esso fanno parte, oltre a rappresentanti dell'amministrazione, anche accademici e professionisti esperti dei vari settori interessati dall'intervento.
  La diversa estrazione professionale e disciplinare di ciascuno di essi consentirà infatti di affrontare la problematica da vari punti di vista e di trovare, dunque, una soluzione capace di rispondere alle diverse istanze, bilanciando in modo adeguato ed opportuno i differenti interessi in gioco.
  Tre sono stati i profili sui quali l'attività del gruppo si è principalmente concentrata: lo studio e l'individuazione delle strutture da adibire alle «zone colloqui», l'individuazione dei soggetti ammessi alla fruizione dei colloqui e, infine, l'adozione di strategie di azione capaci di garantire la sicurezza prima, durante e dopo lo svolgimento dei colloqui.
  L'obiettivo è quello di muoversi entro il perimetro tracciato dalla consulta, ferma restando la possibilità per il Legislatore di «disciplinare la materia stabilendo termini e condizioni diversi da quelli enunciati» nella sentenza della Corte, «purché idonei a garantire l'esercizio dell'affettività dei detenuti».
  La Corte, infatti, nelle conclusioni ha evidenziato che «È altresì opportuno valorizzare qui il contributo che a un'ordinata attuazione dell'odierna decisione può dare — almeno nelle more dell'intervento del legislatore — l'amministrazione della giustizia, in tutte le sue articolazioni, centrali e periferiche, non esclusi i direttori dei singoli istituti. Venendo meno con questa decisione l'inderogabilità del controllo visivo sugli incontri, può ipotizzarsi la creazione all'interno degli istituti penitenziari – laddove le condizioni materiali della singola struttura lo consentano, e con la gradualità eventualmente necessaria – di appositi spazi riservati ai colloqui intimi tra la persona detenuta e quella ad essa affettivamente legata. In questa prospettiva, l'azione combinata del legislatore, della magistratura di sorveglianza e dell'amministrazione penitenziaria, ciascuno per le rispettive competenze, potrà accompagnare una tappa importante del percorso di inveramento del volto costituzionale della pena».
  Occorre dunque agire e lavorare in modo che non si determinino disparità di trattamento tra detenuti di diversi istituti penitenziari, ma senza mai prescindere da una specifica disciplina sui limiti all'esercizio del diritto all'affettività e sulle modalità di controllo e vigilanza preventiva che devono, in ogni caso, essere garantite in funzione di incomprimibili ragioni di sicurezza.
  In questo senso si è d'altronde espressa la stessa Corte laddove, nella pronuncia in discussione, ha precisato che «la rimozione del controllo a vista del personale di custodia, funzionale a consentire lo svolgimento del colloquio nell'intimità necessaria all'espressione dell'affettività, può dunque essere negata quando, tenuto conto del comportamento del detenuto in carcere, ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina, ovvero anche, riguardo all'imputato, motivi di carattere giudiziario».
  È stato dunque effettuato un minuzioso monitoraggio, a livello nazionale inteso a verificare la sussistenza, all'interno delle strutture penitenziarie del territorio, di spazi adeguati e funzionali a garantire le condizioni più favorevoli alla piena espressione di detto diritto all'affettività, in termini di dignità e riservatezza dei detenuti.
  In collaborazione con il dipartimento di architettura dell'università di Napoli Federico II, si è lavorato poi per verificare le potenzialità di spazi inutilizzati o sottoutilizzati, fino alla sperimentazione progettuale su spazi ad oggi mancanti.
  Il gruppo di studio si è occupato inoltre di determinare durata, frequenza e modalità con cui detti colloqui riservati possono svolgersi, in quanto profilo chiaramente incidente sul numero degli spazi ritenuti idonei, che andrà garantito in misura adeguata a rendere davvero effettivo quel diritto.
  Quanto all'individuazione dei soggetti fruitori dei colloqui riservati, sono state elaborate proposte per la determinazione dei limiti oggetti e soggettivi per accedere agli stessi, quali:

   cause di esclusione soggettive ai colloqui senza controllo visivo;

   esiti dell'istruttoria svolta ai fini dell'accertamento delle «ragioni di sicurezza» o di «mantenimento dell'ordine e della disciplina» ostative all'autorizzazione al colloquio senza controllo visivo;

   valutazioni di irregolarità della condotta detentiva;

   motivazione del provvedimento per l'autorizzazione al colloquio senza controllo visivo;

   criteri di priorità per i detenuti che non fruiscono di permessi premio né di provvedimenti di ammissione al lavoro esterno né semiliberi, nel caso sia prevista nel programma di trattamento la possibilità di rientrare in famiglia.

  Restano ovviamente esclusi da tale genere di colloqui, come del resto già chiarito dalla pronuncia della Corte, i detenuti sottoposti a regimi detentivi speciali ex articolo 41-bis o sottoposti a sorveglianza particolare ex articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario o sottoposti a sorveglianza particolare ex articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario.
  Il gruppo di studio si è occupato, infine, anche di affrontare le problematiche afferenti alle esigenze operative e di organico, nonché quelle formative per il personale di Polizia penitenziaria e per tutte le figure che operano all'interno degli istituti di pena.
  Le attività del gruppo di studio appena sintetizzate sono, dunque, il segno tangibile dell'atteggiamento propositivo assunto dal Dicastero all'indomani della pronuncia della Consulta, la cui attuazione richiederà un adeguamento, anche strutturale, del sistema carcerario, che dovrà conciliarsi con l'incomprimibile esigenza di salvaguardare le condizioni di sicurezza all'interno degli istituti di pena.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   SIMIANI, GRAZIANO, PORTA, AMENDOLA, GIANASSI e SERRACCHIANI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato dal Il Fatto Quotidiano risulta che il sindacato dei carabinieri, Unarma, avrebbe chiesto al Governo di smentire il retroscena sullo scambio tra i condannati per l'omicidio di Mario Cerciello Rega e Chico Forti, che avrebbe previsto la possibilità che i primi lasciassero l'Italia per andare a scontare la pena negli Stati Uniti, in cambio del percorso opposto compiuto recentemente dall'uomo condannato per l'assassinio di Dale Pike;

   «I due assassini del vicebrigadiere Cerciello Rega hanno ricevuto uno sconto di pena. In particolare, Gabriel Christian Natale Hjorth potrà scontare gli arresti domiciliari in una casa a Fregene e non possiamo escludere, in un futuro prossimo, il trasferimento in Usa e la liberazione dei due assassini. Non vogliamo credere che il rientro in Italia di Chico Forti, considerato un truffatore e un omicida negli Stati Uniti, sia stato barattato, per oscure convenienze politiche con il sangue versato da un servitore dello Stato», si legge in una nota di Unarma, l'Associazione Sindacale Carabinieri;

   il sindacato ricorda inoltre che «già nel 2019 un articolo di stampa ipotizzava in tempi non sospetti uno scambio di prigionieri, suggerendo che i due studenti americani avrebbero potuto scontare la loro pena negli Stati Uniti in cambio del rientro in Italia di Chico Forti, condannato all'ergastolo per omicidio negli Stati Uniti. Chiediamo al Governo di fare chiarezza su questa vicenda e di smentire qualsiasi ipotesi di scambio di prigionieri che possa macchiare la memoria di un valoroso servitore dello Stato. Non fateci vergognare di essere uomini dello Stato. La giustizia deve prevalere e l'assassinio del vicebrigadiere Cerciello Rega non deve essere dimenticato né sminuito» –:

   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno ed urgente compiere i passi necessari a smentire categoricamente tale ipotesi, che rischia altrimenti di minare profondamente la credibilità del Governo nella sua azione di cooperazione giudiziaria con Stati esteri.
(4-03259)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale i deputati interroganti chiedono di «smentire» un'ipotesi contenuta in una nota diffusa a mezzo stampa di Unarma, l'associazione sindacale carabinieri, circa un asserito «scambio tra i condannati per l'omicidio di Mario Cerciello Rega e Chico Forti», si rappresenta quanto segue.
  Dalla consultazione degli atti a disposizione della direzione generale degli affari internazionali e della cooperazione giudiziaria risulta che, in data 18 maggio 2024, Enrico Forti (detto Chico), a seguito di richiesta dallo stesso formulata e approvata dagli Stati Uniti d'America e dallo Stato della Florida, come da nota del
Department of justice degli Stati Uniti d'America pervenuta al Ministero della giustizia il 13 marzo 2024, ha fatto rientro in Italia, per scontare in territorio italiano la pena dell'ergastolo (sentence of life in prison), inflitta con sentenza penale irrevocabile emessa in data 20 giugno 2000 dalla Court of the eleveth judicial circuit of Dade county Florida, riconosciuta dalla corte di appello di Trento con sentenza del 17 aprile 2024, irrevocabile in data 22 aprile 2024.
  Quanto invece alla vicenda giudiziaria di Lee Elder Finnegan e Gabriel Christian Natale Hjorth, che li ha visti imputati per i delitti di tentata estorsione aggravata, concorso in omicidio pluriaggravato, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali aggravate e porto abusivo di oggetto atto ad offendere, in data 5 maggio 2021, la corte di assise di Roma ha condannato entrambi alla pena dell'ergastolo, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili con una provvisionale immediatamente esecutiva di 150.000 euro al Ministero della difesa e al Ministero dell'interno.
  In data 17 marzo 2022, la Corte di assise di appello di Roma ha riformato la predetta sentenza, rideterminando la pena di Natale Hjorth e Lee Elder Finnegan, rispettivamente a 22 e 24 anni di reclusione.
  In data 15 marzo 2023, la Corte di cassazione ha annullato la pronuncia in relazione ad alcuni capi di imputazione – per Elder Finnegann limitatamente alle circostanze aggravanti contestate per il delitto di omicidio e al delitto di resistenza a pubblico ufficiale, per Natale Hjorth limitatamente al concorso del delitto di omicidio – rinviando la causa per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Roma.
  Il 3 luglio 2024, la Corte di assise di appello di Roma ha rideterminato la pena di Elder Finnegann in 15 anni e due mesi di reclusione, assolvendolo dal reato di resistenza a pubblico ufficiale, nonché quella di Natale Hjorth in 11 anni e 4 mesi di reclusione, nonché 800 euro di multa, confermando le statuizioni civili.
  In data 5 luglio 2024, in accoglimento dell'istanza presentata dai difensori, la Corte di assise di appello di Roma ha altresì disposto, per Natale Hjorth, la detenzione domiciliare presso l'abitazione della nonna a Fregene.
  Le due procedure sono chiaramente distinte e autonome: l'una di cooperazione giudiziaria, che ha visto, per la sua natura, il coinvolgimento di autorità statali e giudiziarie, l'altra un mero procedimento penale che ha visto la celebrazione dei tre gradi di giudizio innanzi l'autorità giudiziaria nazionale di volta in volta competente.
  Esse non presentano alcun elemento di collegamento, nemmeno cronologico, che possa avvalorare quanto ipotizzato nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   SOUMAHORO. — Al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica — Per sapere – premesso che:

   l'Italia centro-meridionale e insulare è stata interessata da incendi boschivi che hanno determinato gravi problematiche ai territori e situazioni di pericolo per l'incolumità delle persone;

   in particolare diversi sono stati nel mese di ottobre 2023 gli incendi che hanno interessato la regione Sicilia. In particolare nelle zone di Villafranca Tirrena e Gioiosa Marea si sono registrati i danni più gravi con 13 persone evacuate. Molti i problemi anche relativi alla viabilità delle strade tra cui quella della statale 113 nei pressi di Capo Calavà;

   nel comune di Villafranca Tirrena alcuni focolai, per l'intensificazione delle raffiche di vento, hanno ripreso a divampare sopra il Parco degli ulivi in prossimità di Calvaruso;

   danni per milioni di euro per le attività imprenditoriali, ingenti danni alla colture, impianti elettrici, telefonici ed idrici. Sono le conseguenze degli incendi del territorio di Gioiosa Marea. Anche il comprensorio dei Nebrodi è stato «assediato» dagli incendi che hanno tenuto impegnato per ore le squadre di soccorso del comune di Caronia. Fiamme altissime hanno «divorato» ettari di macchia mediterranea. A favorire la propagazione dell'incendio la fitta vegetazione che caratterizza la zona, ma anche l'incuria di alcune aree, piene di sterpaglie ed erba incolta;

   anche le città di Patti ed Oliveri sono state interessate da incendi boschivi; secondo dati di Legambiente sul territorio messinese gli ettari bruciati sono superiori a tremila di cui 1.200 solo tra Patti e Oliveri. È da sottolineare la mancanza di personale stabile del corpo forestale quale organo addetto all'attività di prevenzione e gestione incendi boschivi e soprattutto l'inadeguatezza dei mezzi che risultano in numero esiguo e sono vetusti;

   gli incendi avvengono per cause diverse come la depressione economica e l'incuria (moltissimi tra l'altro sono gli incendi di matrice dolosa) ed espongono sempre di più l'Isola, ma anche tutto il Sud d'Italia, a rischi rilevando criticità sotto il profilo preventivo. È quindi evidente la necessità di intervenire con una gestione efficace ed efficiente del fenomeno anche per tutelare l'incolumità delle persone residenti;

   gli incendi infatti determinano un'emergenza ambientale ed economica spesso drammatica. Infatti ettari di boschi e campi coltivati sono stati «divorati» dalle fiamme con una strage di fauna selvatica e perdita di raccolti. Gravi sono anche i danni economici con aziende agricole che hanno visto immobili ed attrezzature distrutti;

   è fondamentale un'opera di prevenzione e repressione degli incendi mediante il potenziamento di organico dei vigili del fuoco e delle forze di polizia che operano sul territorio, per prevenire e contrastare eventuali atti criminosi che possano determinare gravi problemi per la collettività permettendo così di valutare al meglio l'eventuale natura dolosa, della maggior parte dei roghi;

   è altresì necessario destinare adeguate risorse economiche alle regioni concentrandole su quelle i cui territori presentano maggiori fattori di rischio e sulle attività di previsione e prevenzione con particolare riferimento all'addestramento professionale del personale da impiegare;

   occorrono anche sistemi tecnologici di sorveglianza per riuscire ad individuare i piromani;

   indubbiamente è da riconoscere l'opera importante e fondamentale che svolgono i vigili del fuoco che sono impegnati costantemente in operazioni difficili per tutelare l'incolumità delle persone –:

   se non ritengano i Ministri interrogati necessario adottare iniziative di competenza per potenziare l'organico del corpo forestale e delle forze di polizia che sono impegnate nelle attività di prevenzione e repressione degli incendi boschivi;

   se non ritengano altresì fondamentale adottare iniziative di competenza volte a destinare adeguate risorse economiche alle regioni concentrandole su quelle i cui territori presentano maggiori fattori di rischio.
(4-02165)

  Risposta. — Sulla scorta degli elementi pervenuti, si rappresenta quanto segue.
  La legge 21 novembre 2000, n. 353, «legge quadro in materia di incendi boschivi», assegna apposita competenza in materia di lotta agli incendi boschivi (AIB) alle regioni e alle province autonome che, attraverso il «Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi», assicurano il coordinamento delle proprie strutture antincendio con quelle statali ed eventualmente provenienti dalle altre regioni, e gestiscono con una operatività di tipo continuativo nei periodi a rischio le sale operative unificate permanenti. Le regioni medesime, attraverso accordi di programma, possono anche avvalersi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nelle attività di lotta attiva e formazione antincendio boschivo, mentre allo Stato è riservata la gestione della flotta aerea nazionale antincendio.
  Una eventuale riorganizzazione del sistema di lotta agli incendi boschivi non può non tenere in debita considerazione le competenze regionali in materia: la collaborazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco con le regioni in materia di AIB viene declinata in maniera diversa a seconda dell'entità degli incendi, dell'organizzazione, del contesto socio-economico del territorio regionale.
  Con particolare riferimento alla Regione Siciliana, il supporto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è regolato da apposita convenzione, rinnovata annualmente, che prevede la partecipazione di squadre di vigili del fuoco alle attività di spegnimento, una ridotta partecipazione di direttori delle operazioni di spegnimento e la presenza nella sala operativa regionale e in quella provinciale di operatori dei vigili del fuoco.
  In ogni caso, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre agli impegni assunti per effetto degli accordi con le regioni, mantiene sempre attivo il proprio dispositivo di mobilitazione nazionale con moduli di intervento specifici per il settore AIB, composti giornalmente da circa 1.000 vigili del fuoco che possono intervenire tempestivamente su tutto il territorio italiano in caso di eventi calamitosi. Inoltre, i 6000 operatori del dispositivo ordinario giornaliero del Corpo intervengono, ove necessario, in supporto ai sistemi AIB regionali nonché su tutti gli incendi di vegetazione non boschivi.
  Sempre in relazione alle attività di competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, deve essere richiamato il progetto «Presidi rurali», volto a garantire una più diffusa presenza in prossimità delle aree più boscate per assicurare una maggiore tempestività degli interventi nei periodi a maggiore rischio, con personale specificamente addestrato ed attrezzato e con buona conoscenza del territorio. Nell'ambito del progetto, sono stati anche attivati i presidi di Montemaggiore Belsito (PA) dal 2022 e Cammarata (AG) già dall'estate 2023, su una previsione di 31 presidi rurali totali nell'arco di un triennio.
  Deve altresì evidenziarsi che il comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 120 del 2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 155 del 2021, regola il «Piano nazionale di coordinamento per l'aggiornamento tecnologico e l'accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi», redatto sulla base degli esiti delle attività di ricognizione e valutazione di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 1.
  Per la realizzazione di tale piano nazionale, il comma 473 dell'articolo 1 della legge di bilancio 30 dicembre 2021, n. 234, ha istituito un apposito fondo da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della protezione civile con una dotazione finanziaria di 40 milioni di euro per l'anno 2022, 50 milioni di euro per l'anno 2023 e 60 milioni di euro per l'anno 2024, di cui 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 destinati alle regioni.
  Conseguentemente, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2022 si è provveduto al riparto delle risorse suddette per l'annualità 2022. Successivamente, nel giugno e nell'agosto 2023 sono state trasferite le risorse così ripartite nella misura del 90 per cento dell'importo assegnato come anticipazione. Alla Regione Siciliana, sono state assegnate risorse per euro 1.025.153,11, rispetto alla somma ripartita pari ad euro 1.139.059,01. Per l'anno 2022 non risulta ancora pervenuta dalla Regione Siciliana la relazione finale di completamento degli interventi e di realizzazione finanziaria degli stessi necessaria per poter procedere al trasferimento del saldo pari al 10 per cento delle risorse assegnate, ammontante ad euro 113.905,90. Quanto al riparto per l'annualità 2023, il relativo decreto di riparto è stato registrato dagli organi di controllo e si provvederà al trasferimento del 90 per cento dell'importo assegnato non appena perverrà il piano di impiego delle risorse complessivamente attribuite (che per la Regione Siciliana ammontano ad euro 1.139.059,01). Con riferimento, infine, alla ripartizione delle risorse previste per l'annualità 2024, la tabella di ripartizione trasmessa dalla commissione di protezione civile con nota del 22 agosto 2024 prevede l'assegnazione alla Regione Siciliana, anche per l'annualità 2024, di euro 1.139.059,01. All'esito dell'acquisizione del quadro complessivo dei fabbisogni, inclusivo anche delle esigenze delle amministrazioni centrali interessate, si procederà ad avviare l'
iter di adozione del decreto.
  In ultimo, si rappresenta che ogni anno, prima dell'inizio della campagna AIB, vengono organizzate riunioni plenarie, a cui partecipano le amministrazioni statali, le regioni e le province autonome che devono fronteggiare in modo sinergico il fenomeno degli incendi boschivi, al fine di mitigarne gli effetti sul territorio e sulle comunità, nonché attuare in via preventiva ogni possibile azione atta a prevenire questi fenomeni. Durante lo svolgimento della campagna AIB, infine, le amministrazioni competenti partecipano, con cadenza settimanale, alle riunioni della cabina di regia, coordinata dal dipartimento della protezione civile, istituita per monitorare costantemente l'andamento della campagna stessa e per concordare e mettere in atto le azioni necessarie al potenziamento della lotta attiva.
  Si precisa, inoltre, che in data 7 maggio 2024, è stata adottata apposita direttiva, a mia firma, recante «Attività antincendio boschivo per la stagione estiva 2024. Individuazione dei tempi di svolgimento e raccomandazioni per un più efficace contrasto agli incendi boschivi, in zone di interfaccia urbano rurale e ai rischi conseguenti», nonché, in data 13 giugno 2024, sono state emanate le «Indicazioni operative in tema di concorso della flotta aerea dello Stato nella lotta attiva agli incendi boschivi».

Il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare: Nello Musumeci.


   SOUMAHORO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 17 settembre 2024 un uomo di cinquant'anni, arrestato lo scorso 25 agosto, per la prima volta in carcere, si è tolto la vita nel carcere di Regina Coeli;

   l'ennesimo suicidio è il terzo a Regina Coeli dall'inizio dell'anno e sempre nella stessa sezione, la VII;

   il sovraffollamento è certamente la causa principale di questa terribile sequenza di suicidi (a Regina Coeli ci sono attualmente 1168 detenuti per 626 posti regolamentari effettivamente disponibili;

   gli ultimi dati forniti dal Garante nazionale, riportano una situazione drammatica con un aumento del 19 per cento dei suicidi tra i detenuti dall'inizio dell'anno rispetto al 2023, e un indice di sovraffollamento del 131,77 per cento su scala nazionale;

   la VII sezione, da diverso tempo è al centro delle polemiche per le condizioni di vita disumane che i detenuti vivono al suo interno. Una sezione tristemente conosciuta per la sua durezza, il sovraffollamento e la carenza di servizi essenziali, che oggi da molte parti si chiede di chiudere, a partire dal Garante dei detenuti Stefano Anastasia;

   una situazione che il Garante descrive in questo modo: «nello stesso tempo una sezione di ingresso, di transito, disciplinare, di isolamento sanitario e chi più ne ha più ne metta. Per una ragione o per l'altra, quasi tutti i detenuti sono incompatibili con quasi tutti gli altri, e quindi sono costretti in cella tutto il giorno, salvo quell'oretta che riescono ad andare a turno in un cubicolo scoperto che chiamano aria, manco fossero al 41-bis»;

   Anastasia ha parlato di un luogo dove vi erano stanze completamente prive di «suppellettili, con una branda ancora parzialmente carbonizzata da un precedente incendio, la finestra che è stata forzata per poterla aprire, il bagno senza porta e così via. Solo ieri mattina, e solo sul lato destro della sezione, è partito il riscaldamento, dopo settimane di freddo che non può essere temperato neanche dall'acqua calda, che nelle stanze non c'è. Ci sono le coperte, certo, ma non sempre le consegne sono tempestive e più di un detenuto mi ha riferito di aver passato almeno una notte all'addiaccio, senza coperta, spesso senza lenzuola e senza cuscino. In settima sezione finanche il tavolo e le sedie sono un miraggio: i detenuti siedono e mangiano per terra o sul letto. Quelli più fortunati, che hanno avuto delle celle con armadietti in dotazione, li rimuovono e li mettono a terra, per sedersi, mangiare o giocare a carta con i coinquilini»;

   il carcere di Regina Coeli è quindi uno dei più sovraffollati d'Italia, con il 184 per cento di detenuti in più rispetto alla capienza. Le condizioni di detenzione, così come ho potuto appurare personalmente durante una visita ispettiva, in particolare nella sezione VII, sono disumane per cui occorrerebbe un intervento drastico e risolutivo –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare atti urgenti di competenza finalizzate alla immediata chiusura della sezione VII del carcere di Regina Coeli.
(4-03437)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale il deputato interrogante, traendo spunto dal suicidio di un detenuto occorso di recente presso la casa circondariale di Roma Regina Coeli, solleva specifici quesiti in ordine all'elevato tasso di affollamento dell'istituto nonché relativamente ad asseriti aspetti di criticità strutturale della sezione VII dell'istituto, della quale auspica la chiusura, si rappresenta quanto segue.
  Sullo specifico evento critico, dalla documentazione trasmessa dalla direzione della casa circondariale di Roma
Regina Coeli, risulta che il 17 settembre 2024, verso le ore 6:35, il personale di Polizia penitenziaria addetto al reparto «prima accoglienza» veniva richiamato dalle urla dei compagni di stanza del detenuto D.V.S., poiché quest'ultimo aveva posto in essere un gesto anticonservativo, tramite impiccamento.
  L'operatore, entrato all'interno della camera di pernottamento, constatava che il detenuto era seduto a terra, accanto al wc; provvedeva, dunque, ad allertare immediatamente sia la Sorveglianza generale, sia il personale sanitario che, giunto in reparto, iniziava le manovre rianimatorie. Attesa la gravità della situazione, interveniva anche il personale del 118, che, tuttavia, ne constatava il decesso.
  Dalla relazione del comandante di reparto risulta che il detenuto D.V.S. abbia lasciato un biglietto con l'indicazione di un numero di telefono da rintracciare e il nominativo di riferimento, che si è poi appreso essere quello del fratello. Nel compiere il gesto estremo, sembrerebbe abbia utilizzato un pezzo di stoffa a mo’ di cappio scorsoio, l'abbia appeso al manipolo del water dove si sedeva e si lasciava andare trovando la morte. Così, infatti, veniva trovato dal compagno di stanza che, assieme ad altro detenuto occupante la medesima camera, provvedeva a sciogliere il cappio e ad allertare il personale.
  Dell'evento venivano avvisati l'avvocato e il pubblico ministero di turno, il quale disponeva l'intervento del medico legale. A incombenze ultimate, il pubblico ministero disponeva il trasporto della salma presso l'istituto di medicina legale al Verano, a disposizione dell'autorità giudiziaria.
  Per completezza, si evidenzia che il detenuto D.V.S. è stato tratto in arresto il 25 agosto 2024 dal personale del comando stazione Carabinieri Alessandrino di Roma, a seguito di ordinanza di aggravamento della misura cautelare emessa il 23 agosto 2024 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, per il reato di cui all'articolo 572 del codice penale.
  Dalla relazione del Direttore emerge che il ristretto, all'atto dell'ingresso, era stato sottoposto a provvedimento di grande sorveglianza da parte del medico di guardia, provvedimento confermato anche dallo specialista psichiatra due giorni dopo, anche se il detenuto si era rifiutato di recarsi a visita. Lo stesso, nel corso della carcerazione, non ha effettuato né colloqui visivi, né colloqui telefonici.
  Questo lo specifico evento critico, non si può non sottolineare come il Governo Meloni, con il decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, cosiddetto «Carcere sicuro», abbia dato risposte straordinarie ed energiche all'emergenza del sovraffollamento ma anche soluzioni adeguate, proporzionali e lungimiranti ai problemi strutturali, trascinati da anni, del sistema penitenziario.
  Tra le misure più significative, ci si limita a richiamare l'imponente opera di investimento per il reclutamento del personale degli istituti penitenziari e l'istituzione del commissario straordinario per le carceri, che avrà il compito di attuare in tempi rapidissimi il piano nazionale di interventi per l'aumento del numero dei posti detentivi e per realizzare i nuovi alloggi destinati al personale di polizia penitenziaria.
  Di queste misure si potrà presto giovare anche la casa circondariale di casa circondariale di Roma
Regina Coeli.
  Invero, dalle notizie acquisite presso il Dap, i dati riferiti all'organico della casa circondariale di Roma
Regina Coeli evidenziano che, a fronte di un organico previsto di 480 unità, la forza presente è pari, allo stato, a n. 350 unità, inferiore, dunque, rispetto a quella prevista, di complessive n. 130 unità.
  In particolare, le carenze si rilevano nel ruolo dei funzionari pari a -1 unità, nel ruolo degli ispettori pari a -6 unità, nel ruolo dei sovrintendenti pari a -3 unità. Di contro, il ruolo agenti/assistenti risulta in esubero di 1 unità.
  Come ribadito in altre occasioni, il Ministero, a differenza del passato, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turnover del personale:

   il 5 maggio scorso ha preso avvio il corso di formazione per la qualifica iniziale di vice ispettore relativo al concorso per 411 posti (378 uomini e 33 donne);

   il ruolo di agenti/assistenti è stato incrementato di n. 22 unità (18 del ruolo maschile e 4 del ruolo femminile); inoltre, il 22 luglio scorso ha preso avvio il 184° corso di formazione di allievi agenti, all'esito del quale si terrà conto delle rilevate carenze.

  Quanto all'area trattamentale, la pianta organica relativa ai funzionari giuridici pedagogici risulta pienamente soddisfatta, con 11 presenze effettive su una previsione organica di 11 unità.
  Con riferimento poi alle presenze detentive, presso la casa circondariale di Roma
Regina Coeli, alla data del 14 novembre 2024, sono presenti un totale di n. 1.124 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare pari a complessivi n. 628 posti disponibili, con un rapporto presenti/posti regolamentari disponibili pari al 198,59 per cento, purtroppo la più alta del distretto. Ciò nonostante, non si registrano violazioni dei parametri minimi stabiliti dalla Corte Edu in quanto i detenuti si trovano in spazi compresi tra i 3 e i 4 metriquadri.
  Ad ogni buon conto, sono stati adottati di recente dalla direzione generale dei detenuti e del trattamento provvedimenti deflattivi
extra distretto dalla casa circondariale di Regina Coeli verso gli istituti penitenziari di Viterbo, Chieti, Frosinone, Cassino e Pescara.
  Con particolare riguardo alla VII sezione, dalla disamina degli applicativi in uso, la stessa risulta articolata sia nella sezione 1a accoglienza (36 camere di pernottamento poste al piano terra e al 1° piano) sia nella sezione circondariale
ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 (22 camere poste al 2° piano).
  La sezione, per la tipologia di detenuti che dovrebbero essere ivi ospitati, è a «regime chiuso»; nell'ambito della stessa, i detenuti escono dalle stanze solo per fruire delle ore di permanenza all'aperto e per le consentite attività trattamentali.
  Le camere poste al secondo piano della sezione VII sono dotate di doccia in camera, in vano separato; gli altri due piani, non ancora interessati da lavori di ristrutturazione e adeguamento alla normativa vigente, hanno i servizi igienici in camera e le docce comuni al piano.
  Allo stato, si riscontra un elevato numero di detenuti ristretti in tutte le stanze che costituiscono la VII sezione, ma non sono ravvisate violazioni dell'articolo 3 della C.e.d.u.
  Il progressivo aumento della popolazione detenuta registrato negli ultimi anni ha provocato difficoltà organizzative e ritardi nell'approvvigionamento delle lenzuola e degli altri effetti letterecci, che spesso non sono sufficienti a soddisfare le esigenze dell'intera popolazione detenuta. La direzione dell'istituto ha richiesto e sollecitato più volte la cessione gratuita di lenzuola da parte di altri istituti penitenziari, ma la fornitura risulta nel numero sempre insufficiente; quest'anno si è ottenuta la cessione gratuita di 1.000 lenzuola e si è in attesa di acquistarne nei prossimi giorni altre 500 in cessione dalla casa di reclusione di Massa. Si è cercato di ovviare al problema anche autorizzando l'ingresso in istituto di biancheria da letto dai familiari in occasione del colloquio, per consentire un più frequente ricambio.
  Nella settima sezione, proprio per la sua peculiarità, caratterizzata dalla permanenza nella stessa di diverse tipologie di detenuti, molti dei quali con problemi di incompatibilità e divieti di incontro, la fruizione dei passeggi avviene in maniera scaglionata, per garantire a tutti i detenuti presenti almeno due ore al giorno di permanenza all'aria nei cortili passeggio.
  I detenuti ospitati nella sezione, in particolare quelli con fragilità e problematiche sanitarie, i giovani adulti e gli stranieri con difficoltà di integrazione, vengono assiduamente monitorati dagli operatori dell'area trattamentale, dagli esperti psicologi, dai volontari e dai mediatori culturali, oltre che dai professionisti dell'area sanitaria per i casi di loro interesse.
  Periodicamente, viene avanzata richiesta di trasferimento di un congruo numero di detenuti definitivi; tuttavia, tali richieste non sempre possono essere accolte e i numeri delle presenze rimangono alti.
  Nonostante la carenza di spazi, le limitate dimensioni di quelli esistenti, il numero elevatissimo di detenuti presenti, presso l'istituto si svolgono, grazie alla collaborazione di soggetti istituzionali e volontariato, numerose attività trattamentali, rivolte a tutta la popolazione detenuta.
  A causa della consistente presenza di detenuti che connota l'istituto, spesso si rende necessario ubicare nella sezione VII altre tipologie di detenuti, per i quali non è possibile una diversa sistemazione, come ad esempio i soggetti precauzionali che hanno manifestato incompatibilità nel locale reparto protetti (sezione VIII) o in altre sezioni dell'istituto, soggetti transessuali o omosessuali, arrestati appartenenti a circuiti diversi dalla media sicurezza (ad esempio alta sicurezza), di cui questa sede non è dotata; ciò, genera una commistione di ristretti con caratteristiche diverse nell'ambito dell'unica sezione dell'istituto «a regime chiuso», in cui può essere garantita la separazione ed eventuali divieti di incontro. Ed accade sovente che i nuovi giunti vi sostino per lunghi periodi, non essendoci posti disponibili nei reparti ordinari.
  Sempre a causa del sovraffollamento, si è costretti a ubicare i detenuti anche nelle sale di socialità nel locale destinato alle attività trattamentali. Pertanto, le attività trattamentali presso la VII sezione sono state predisposte tenendo conto della tipologia di detenuti afferenti alla stessa e degli spazi utili da destinare alle attività. Gli interventi trattamentali sono incentrati principalmente sulle attività che riguardano il sostegno dei detenuti provenienti dalla libertà o trasferiti da altri istituti e per quei detenuti che continuano a permanere, per i motivi sopra accennati, nella sezione.
  In considerazione della mancanza di spazi idonei allo svolgimento di attività trattamentali di gruppo, al fine di sostenere i detenuti nel delicato momento di passaggio in ingresso dalla libertà, sono state comunque rafforzate tutte le attività e gli interventi di sostegno individuale da parte dei diversi operatori afferenti all'area trattamentale.
  Dopo il colloquio di primo ingresso, effettuato dal funzionario giuridico pedagogico, vengono attivati gli interventi del funzionario mediatore culturale e degli esperti mediatori culturali per i detenuti stranieri, nonché degli esperti psicologi
ex articolo 80, laddove si ravvisino elementi di criticità (ad esempio detenuti alla prima detenzione, giovani adulti, detenuti per reati di particolare rilevanza eccetera).
  Negli interventi, gli operatori dell'area sono coadiuvati e affiancati, oltre che dal cappellano e dai ministri di culto, anche dalle diverse associazioni di volontariato che operano in istituto, in particolare l'associazione Vo.Re.Co. e la Comunità di S. Egidio, che offrono sostegno materiale e morale ai detenuti.
  Un ulteriore importante punto di riferimento per i detenuti della sezione è, altresì, lo sportello settimanale di informazione legale «Diritti in Carcere», tenuto da volontari dell'associazione Antigone, in collaborazione con la facoltà di giurisprudenza dell'università Roma Tre.
  I volontari operano principalmente su segnalazione dell'area educativa, offrendo assistenza gratuita su questioni giuridiche (questioni sul lavoro, sull'esecuzione penale, su diritto dell'immigrazione eccetera).
  In effetti, le precarie condizioni di detenzione dell'istituto di Roma
Regina Coeli derivano dall'antichità dell'edificio e dalla sua collocazione in pieno centro città, da cui deriva l'impossibilità di costruire nuovi spazi e apportare significative ristrutturazioni in alcune sezioni, anche a causa dei vincoli dettati dalla soprintendenza.
  Da tali caratteristiche, scaturiscono anche i problemi legati all'esiguità degli spazi, con particolare riferimento alla presenza di passeggi piccoli e spogli, all'assenza di ambienti interni o esterni destinati ad attività sportive, all'assenza di spazi destinati a culti diversi da quello cattolico.
  Ciò nonostante, questo Governo si è seriamente impegnato ad attuare in tempi rapidissimi il piano nazionale di interventi di edilizia penitenziaria, affinché l'esecuzione della pena avvenga con modalità rispettose della dignità umana, in luoghi sicuri, come scolpito dall'articolo 27 della nostra Carta costituzionale.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   STEFANAZZI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge 22 febbraio 2000, n. 28, reca disposizioni in materia di parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica;

   tra i princìpi cardine della legge ci sono quelli dell'imparzialità ed equità di accesso all'informazione e alla comunicazione politica che le emittenti radiotelevisive devono assicurare a tutti i soggetti politici, intendendosi per «comunicazione politica radiotelevisiva» (ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della suddetta legge), «la diffusione sui mezzi radiotelevisivi di programmi contenenti opinioni e valutazioni politiche»;

   l'articolo 2, comma 3, inoltre, specifica che la parità di condizioni nell'esposizione di opinioni e posizioni politiche è assicurata anche nelle tribune politiche, nei dibattiti, nelle tavole rotonde, nelle presentazioni in contraddittorio di programmi politici, nei confronti, nelle interviste e in ogni altra trasmissione nella quale assuma carattere rilevante l'esposizione di opinioni e valutazioni politiche;

   all'articolo 11-quater, comma 1, si ribadisce che «le emittenti radiofoniche e televisive locali devono garantire il pluralismo, attraverso la parità di trattamento, l'obiettività, l'imparzialità e l'equità nella trasmissione sia di programmi di informazione, nel rispetto della libertà di informazione, sia di programmi di comunicazione politica»;

   tra gli altri, il Codice di autoregolamentazione in materia di attuazione del principio del pluralismo regola i messaggi politici autogestiti a pagamento, intesi, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d), come «ogni messaggio recante l'esposizione di un programma o di una opinione politica»;

   in data 18 giugno 2024, sull'emittente locale pugliese Telerama è andata in onda – tra le ore 21:00 e le ore 23:00 – la registrazione integrale di una intervista, avvenuta domenica 16 giugno 2024, tra la candidata sindaca al comune di Lecce, Adriana Poli Bortone, già senatrice, e i giornalisti di quattro testate, locali e nazionali;

   in sovrimpressione, per la durata della trasmissione, è apparsa la scritta «spazio politico autogestito a pagamento», senza, peraltro, che fosse indicato il soggetto politico committente, contrariamente a quanto previsto dall'articolo 6, comma 10, del citato Codice;

   tale spazio è stato più volte intervallato da altri spazi autogestiti a pagamento di brevissima durata, tutti riferibili alla medesima candidata;

   a quanto consta all'interrogante, i giornalisti che hanno partecipato all'iniziativa non sono stati preventivamente informati del fatto che l'incontro sarebbe stato trasmesso in tv come «spazio autogestito a pagamento»;

   appare evidente, a giudizio dell'interrogante, che sia stato utilizzato lo strumento dello «spazio autogestito a pagamento» come escamotage per consentire alla candidata in questione di occupare uno spazio televisivo molto ampio, in contrasto con i citati princìpi di imparzialità, parità di accesso, pluralismo ed equità di trattamento;

   sebbene, infatti, le norme che regolano lo «spazio autogestito a pagamento» non rechino indicazione sui limiti di durata, è pacifico ritenere che, analogamente a quanto esplicitamente previsto per i «messaggi politici autogestiti a titolo gratuito» (di cui all'articolo 4, comma 3, della legge richiamata), tali spazi debbano essere ragionevolmente limitati nella durata, come peraltro chiarito nella delibera AgCom n. 94/18/CONS, laddove si afferma relativamente alla durata che essa «non può essere indefinita ma deve essere strettamente funzionale allo scopo perseguito vale a dire limitata all'esposizione di un programma o di una opinione politica»;

   la lunghissima durata della trasmissione, infine, suscita forti dubbi in ordine ai termini economici pattuiti tra l'emittente e il committente –:

   se non si intendano adottare iniziative normative affinché vi sia un regime più stringente volto ad evitare tassativamente che trasmissioni come quella citata in premessa siano ingannevolmente ricondotte alla fattispecie dei messaggi politici autogestiti a pagamento con tutti gli effetti sopra evidenziati.
(4-03018)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame in materia di messaggi politici a pagamento trasmessi su emittenti private.
  In estrema sintesi, in data 18 giugno 2024, sull'emittente locale pugliese Telerama è andata in onda – tra le ore 21 e le ore 23 – la registrazione integrale di una intervista, avvenuta domenica 16 giugno 2024, tra la candidata sindaca al comune di Lecce, Adriana Poli Bortone, già senatrice, e i giornalisti di quattro testate, locali e nazionali; in sovrimpressione, per la durata della trasmissione, è apparsa la scritta «spazio politico autogestito a pagamento», senza, peraltro, che fosse indicato il soggetto politico committente, contrariamente a quanto previsto dall'articolo 6, comma 10, del citalo Codice; tale spazio è stato più volte intervallato da altri spazi autogestiti a pagamento di brevissima durata, tutti riferibili alla medesima candidata: a quanto consta all'interrogante, i giornalisti che hanno partecipato all'iniziativa non sono stati preventivamente informati del fatto che l'incontro sarebbe stato trasmesso in tv come «spazio autogestito a pagamento».
  A parere dell'interrogante appare evidente che sia stato utilizzato lo strumento dello «spazio autogestito a pagamento» come
escamotage per consentire alla candidata in questione di occupare uno spazio televisivo molto ampio, in contrasto con i citati princìpi di imparzialità, parità di accesso, pluralismo ed equità di trattamento.
  In considerazione di quanto esposto, l'interrogante chiede «quali iniziative di propria competenza il Governo intenda adottare affinché vi sia un regime più stringente volto ad evitare tassativamente che trasmissioni come quella citata in premessa siano ingannevolmente ricondotte alla fattispecie dei messaggi politici autogestiti a pagamento».
  Al riguardo si osserva quanto segue.
  Preliminarmente si evidenzia che la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica è disciplinata dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28 (come successivamente modificata dalla legge del 6 novembre 2003, n. 313, che ha introdotto il capo II proprio riferito alle emittenti locali) e dal decreto del Ministro delle comunicazioni dell'8 aprile 2004 recante codice di autoregolamentazione in materia di attuazione del principio del pluralismo, sottoscritto dalle organizzazioni rappresentative delle emittenti radiofoniche e televisive locali.
  Più precisamente, l'articolo 11-
quater, comma 3, della legge n. 28, del 2000, aggiunto dalla legge n. 313, del 2003) prevede che alle emittenti locali che intendano trasmettere messaggi autogestiti a titolo gratuito continuano ad applicarsi le disposizioni della legge n. 28, del 2000 (articolo 4, commi 3 e 5) ed affida al codice di autoregolamentazione la disciplina delle condizioni economiche di accesso ai messaggi autogestiti a pagamento, tenendo conto della normativa in materia di spese elettorali ammesse per ciascun candidato e secondo un principio di comprovata parità di costo tra gli stessi candidati.
  Il codice di autoregolamentazione di cui al succitato decreto 8 aprile 2004 definisce i messaggi politici autogestiti a pagamento (articolo 2, lettera
d)) come «ogni messaggio recante l'esposizione di un programma o di una opinione politica», distinguendo se «realizzato ai sensi dei successivi articoli 6 (Messaggi politici autogestiti a pagamento in periodo elettorale o referendario) e 7» (Messaggi politici autogestiti a pagamento in periodo non elettorale o non referendario).
  La normativa sopra richiamata consente altresì di istruire i casi di sospetta violazione e di adottare tempestivamente sanzioni quando la violazione è acclarata.
  Di conseguenza, il caso segnalato con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto ha potuto essere istruito e definito tempestivamente da parte degli organi e autorità preposte a tutela delle comunicazioni e del pluralismo dell'informazione.
  Si è, anzitutto, attivato il comitato regionale per le comunicazioni della Puglia, il quale – a seguito della segnalazione del 19 giugno 2024, a firma dell'avvocato Francesco Calabro in nome e per conto dell'associazione «Lecce Città Pubblica», a sostegno della candidatura del dottor Carlo Maria Salvemini candidato sindaco – ha trasmesso le conclusioni istruttorie all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), chiedendo «l'adozione di provvedimenti sanzionatori» sulla base della ritenuta violazione in materia di messaggi autogestiti a pagamento.
  L'Agcom – con delibera n. 331/24/Cons ordine nei confronti della società T. A. Format s.r.l. (fornitore di servizi di media audiovisivi per la diffusione in ambito locale «Telerama») – ha confermato la violazione delle norme in questione, e in particolare degli articoli 3 e 11-
quater della legge n. 28 del 2000 e dell'articolo 2, comma 1, lettera d) del codice di autoregolamentazione, ordinando all'emittente di «trasmettere, entro tre giorni dalla notifica del presente atto e per i quindici giorni successivi, un messaggio in cui si dia atto dell'avvenuta violazione delle disposizioni in materia di par condicio per aver trasmesso, durante il turno di ballottaggio nelle elezioni comunali dell'8 e 9 giugno 2024 nel comune di Lecce, lo Speciale del 18 giugno 2024, dal titolo “Elezioni Amministrative 2024: Spazio politico Autogestito a pagamento”, interrotto da due brevi messaggi autogestiti a pagamento del candidato Sindaco Sen. Adriana Poli Bortone, in violazione della normativa vigente in materia di parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie per la comunicazione politica».
  In particolare, con la succitata delibera n. 331/24/Cons, l'autorità ha rilevato che fattispecie in questione non è riconducibile ai messaggi politici autogestiti a pagamento come disciplinati dal Codice di autoregolamentazione e dalla delibera dell'autorità n. 122/24/Cons, sotto il profilo della eccessiva durata, in quanto, sebbene la legge non fissi un limite massimo, questa comunque non può essere indefinita ma deve essere strettamente funzionale allo scopo perseguito vale a dire limitata alla «esposizione di un programma o di una opinione politica».
  Nella medesima delibera è stato evidenziato che proprio le concrete modalità di realizzazione, la discussione di temi a valenza politica e il confronto con il candidato sindaco alla presenza di quattro giornalisti e del conduttore, sembrano piuttosto configurare gli elementi tipici del programma di informazione nel quale è vietato «fornire, anche in forma indiretta, indicazioni o preferenze di voto in trasmissioni radiotelevisive diverse da quelle di comunicazione politica e dai messaggi politici autogestiti» (articolo 4, comma terzo, Codice di autoregolamentazione).
  Tale delibera è stata notificata in data 13 settembre e l'autorità ne verifica l'avvenuta ottemperanza, in mancanza della quale può attivare il procedimento sanzionatorio pecuniario ai sensi dell'articolo 1, comma 31, della legge istitutiva n. 249, del 1997 e dell'articolo 11-
quinquies, terzo comma.
  Tanto si doveva in risposta all'atto di sindacato ispettivo in oggetto.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Alberto Barachini.


   VINCI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   a partire dall'armistizio dell'8 settembre 1943 e negli anni a seguire, come anche analizzato dai lavori di approfondimento realizzati dal progetto di giornalismo professionale di interesse pubblico «Gli Stati Generali», l'Italia centrale, in particolare l'Emilia-Romagna, è stata interessata da centinaia di omicidi a sfondo politico (circa 30.000 uccisioni) i cui autori sono stati, per la gran parte, ex partigiani delle formazioni Garibaldi simpatizzanti o iscritti al partito comunista;

   in Emilia, nel cosiddetto «triangolo della morte», locuzione attraverso la quale si indica la zona in cui tra il settembre del 1943 e il 1949 si registrarono tali fatti, parrebbe, inoltre, che le vittime dei rastrellamenti non furono solo esponenti del regime fascista o simpatizzanti delle destre estreme, ma anche esponenti o simpatizzanti dei cosiddetti partiti moderati;

   diverse sono state le indagini giudiziarie avviate per accertare i fatti criminosi allora avvenuti, molte delle quali si sono dimostrate di notevole complessità e non sempre si sono concluse positivamente, anche perché spesso ostacolate dall'assenza di collaborazione da parte di chi poteva offrire elementi utili a fare giustizia;

   solo il 29 agosto del 1990, Otello Montanari, un dirigente comunista, già comandante partigiano e deputato del partito, ruppe il clima di omertà dichiarando che bisognava distinguere fra «omicidi politici», commessi durante la stagione della resistenza, ed «esecuzioni sommarie» e che quanto era accaduto nel «Triangolo» si inscriveva proprio in questa seconda categoria, essendo caratterizzato da uccisioni indiscriminate di avversari politici ed oppositori;

   sul «Resto del Carlino» del 1° settembre 2024 è stato pubblicato un articolo riguardante la vicenda della signora Ada Bizzarri, una donna di 86 anni, che chiede risposte alla magistratura sugli esiti di un accertamento della propria impronta genetica richiesto dalla procura di Reggio Emilia nell'ambito dei fatti connessi alla tragica storia dei «Morti del Cavòn» di fine aprile 1945 a Campagnola Emilia, nella bassa reggiana. Nei dintorni del piccolo comune scomparvero nel nulla trenta-quaranta persone molto probabilmente trucidate, ma non tutte ritrovate;

   il 7 marzo 1991 furono rinvenuti resti umani in una fossa comune scavata nella cava di argilla del «Cavòn» e furono ricomposti 19 scheletri appartenenti a quei giorni atroci dove imperversava di fatto una guerra civile dopo il conflitto mondiale, ma solo a nove di questi si riuscì a dare un'identità. Gli altri dieci sono ancora oggi degli scomparsi e tra questi, forse, anche i genitori della signora Ada Bizzarri che all'età di sei anni rimase orfana insieme al fratello Orazio;

   nei ritrovamenti del 1991 del Cavòn emerse un femore lunghissimo che la signora Bizzarri, allora chiamata per i riconoscimenti, si disse sicura fossero del padre che era alto due metri, mentre della madre riconobbe il golfino grigio, un anello e le scarpe che lei indossava da piccola per giocare. Mancando però la certezza scientifica della loro identità, nessuno dei due genitori della signora Bizzarri vennero riconosciuti;

   nel 2009 la procura di Reggio Emilia fece trasferire i predetti resti a Parma affidandoli ai Ris per analizzarli con le tecniche dell'impronta genetica e dare così un'identità agli scomparsi. In tale circostanza, inoltre, i carabinieri prelevarono anche un campione di dna alla signora Bizzarri ai fini delle attività di identificazione biometrica, la quale tuttavia da allora non ha più avuto informazioni al riguardo –:

   se siano a conoscenza dei fatti richiamati in premessa ed in particolare se possano fornire informazioni, per quanto di competenza, in ordine all'identificazione dei resti dei corpi delle persone rinvenute nel 1991 nella fossa del Cavòn di Campagnola Emilia, segnatamente per i possibili genitori della signora Ada Bizzarri.
(4-03376)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame riferito alla tragica storia dei «morti del Cavòn» di fine aprile 1945 a Campagnola Emilia e, in particolare, alla vicenda di Ada Bizzarri, di 86 anni, riportata dal quotidiano «Il Resto del Carlino» il 1° settembre 2024, si rappresenta quanto segue.
  Con nota del 1° ottobre scorso, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia, opportunamente interpellato dalla competente articolazione ministeriale, ha trasmesso la relazione che, per completezza di esposizione, si riporta integralmente di seguito.
  «Con riferimento alla nota indicata in oggetto, si comunica che a seguito dell'intervista di Ada BIZZARRI, apparsa sul quotidiano “Resto del Carlino” dell'1 settembre scorso, lo scrivente Ufficio ha proceduto a ricercare tutta la documentazione custodita in archivio in relazione al rinvenimento di resti scheletrici effettuato in data 9 marzo 1991 in territorio del Comune di Campagnola Emilia. Da una prima verifica condotta sul fascicolo processuale [...] mod. 44 a carico di Ignoti è emerso che sono stati recuperati i resti scheletrici di 19 persone, 15 delle quali con certezza di sesso maschile, 3 di sesso non determinabile sulla base degli elementi rinvenuti, ed una di sesso femminile. L'analisi medico-legale dei suddetti reperti scheletrici, unitamente ad altri oggetti ed effetti personali rinvenuti sul luogo dello scavo, hanno consentito nel 1991 agli specialisti dell'istituto di Medicina Legale di Modena di pervenire all'identificazione certa di 8 persone e, sia pure con diversi elementi di dubbio, alla possibile identificazione di altre 2 persone, mentre le restanti 8 unità scheletriche non hanno avuto una identificazione. Nel 2009 i Carabinieri di Campagnola Emilia hanno depositato a quelli del RIS di Parma 10 cassette contenenti resti scheletrici per lo svolgimento della caratterizzazione genetica, in precedenza non effettuata, all'esito della quale sono state accertate altre tre compatibilità. Su tutti i reperti rinvenuti, l'ufficio ha delegato ulteriori approfondimenti – allo stato in corso – al fine di pervenire ad esiti certi.».
  Questa la vicenda di cui è pienamente investita l'autorità giudiziaria e ancora in corso, il Ministero della difesa rappresenta, inoltre, che i resti mortali, oggetto del ritrovamento, nel 1991, nel comune di Campagnola Emilia (RE), e allo stato identificati, non risultano attribuibili a caduti in guerra o per eventi bellici nell'accezione più ampia del contesto, come emerge dagli elementi evidenziati dall'ufficio per la tutela della cultura e della memoria della difesa (UTCMD), ente deputato, ai sensi dell'articolo 267 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, cosiddetto «Codice dell'ordinamento Militare», a provvedere al recupero e alla sistemazione dignitosa e definitiva dei resti mortali dei nostri caduti di guerra deceduti in Italia e all'estero.
  In effetti, le vittime risultano essere civili e comuni cittadini uccisi indiscriminatamente da altri cittadini di diversa ideologia politica e non da eserciti o milizie nemici per fatti di guerra e/o di rappresaglia.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ZARATTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 3 del 2019 al comma 14 prevede testualmente che «hanno l'obbligo di pubblicare, nel proprio sito internet ovvero, per le liste di cui al citato primo periodo del comma 11, nel sito internet del partito o del movimento politico sotto il cui contrassegno si sono presentate nella competizione elettorale, il curriculum vitae di ciascun candidato, fornito dal candidato medesimo, e il relativo certificato del casellario giudiziale di cui all'articolo 24 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, rilasciato non oltre novanta giorni prima della data fissata per l'elezione. I rappresentanti legali dei partiti e dei movimenti politici nonché delle liste di cui al citato primo periodo del comma 11, o persone da loro delegate, possono richiedere, anche mediante posta elettronica certificata, i certificati del casellario giudiziale dei candidati, compreso il candidato alla carica di sindaco, per i quali sussiste l'obbligo di pubblicazione ai sensi del primo periodo del presente comma, previo consenso e su delega dell'interessato, da sottoscrivere all'atto dell'accettazione della candidatura.»;

   la norma in questione, in spregio al principio consolidato che prevede la gratuità e l'esenzione dai bolli per tutta la documentazione necessaria al procedimento elettorale, prevede esclusivamente che le imposte ed ogni altra spesa siano ridotti alla metà, ma a condizione che il candidato firmi una dichiarazione in cui attesti la sua candidatura. Ma questa dichiarazione non è presente nella piattaforma della prenotazione online dei certificati, che prevede anche la possibilità di delegare una persona al ritiro del certificato, di fatto obbligando il candidato a rinunciare allo «sconto» o a recarsi personalmente a ritirare il certificato in questione, mentre dovrebbe essere impegnato nella campagna elettorale;

   accade non di rado che i candidati si vedano consegnare dalle cancellerie dei tribunali un certificato «elettorale del casellario giudiziale», apparentemente identico al certificato «penale», con l'unica differenza appunto nella dizione «elettorale». L'impercettibile differenza può, e di fatto ha, tratto in inganno numerosi candidati e liste, le quali però, si sono viste recapitare una formale contestazione dalla commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, alla quale potrebbe far seguito una sanzione. Sorge il dubbio che, se gli stessi funzionari dei tribunali non hanno chiaro quale certificato debbano consegnare, non si può pretendere che i cittadini possano conoscere le impercettibili differenze tra un certificato e l'altro. La confusione nelle cancellerie dei tribunali sono verificabili anche sui siti internet delle varie cancellerie una per tutte la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Urbino verificabile dal sito della procura dove è evidente la confusione tra i due diversi certificati;

   né ha risolto la questione la modifica apportata dal decreto-legge n. 77 del 2021, che ha introdotto la possibilità per il rappresentante legale del partito di ottenere il certificato penale, ma solo con la delega del candidato la modifica è stata evidentemente superflua, considerando che era già possibile delegare un'altra persona al ritiro del certificato penale, lasciando l'evidente fattispecie di inesigibilità della condotta, e la limitazione del diritto di iniziativa politica –:

   se non ritengano opportuno adottare iniziative normative volte a eliminare il certificato «elettorale del casellario giudiziale» che tanti equivoci produce, o quanto meno se non ritengano opportuno istruire gli uffici periferici delle cancellerie sul fatto che il certificato necessario per la trasparenza delle elezioni è quello ex articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002 e non ex articolo 29, come ritiene per esempio la Procura di Urbino.
(4-03650)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame con il quale l'interrogante avanza specifici quesiti in ordine ad asserite criticità riscontrate dai candidati alle elezioni per il rilascio del certificato del casellario giudiziale, si rappresenta quanto segue.
  Con la legge 9 gennaio 2019, n. 3 «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici» è stato innovato il quadro normativo in presenza di elezioni amministrative con l'obiettivo di garantire la trasparenza di partiti e movimenti politici.
  In particolare, in occasione di qualsiasi consultazione elettorale, i partiti e i movimenti politici sono tenuti a pubblicare sul proprio sito istituzionale il curriculum vitae dei candidati e il relativo certificato del casellario giudiziale.
  Successivamente, il decreto-legge n. 77 del 2021, comunemente detto «Decreto Semplificazioni
bis», convertito con la legge 29 luglio 2021, n. 108, ha introdotto, tra l'altro, modifiche alla legge 9 gennaio 2019 n. 3, in materia di procedimenti elettorali attraverso la diffusione delle comunicazioni digitali con le pubbliche amministrazioni.
  Il nuovo testo normativo ha fornito chiarimenti in merito al certificato penale, che deve essere prodotto dai candidati in presenza di elezioni politiche, specificando che «... i partiti e i movimenti politici hanno l'obbligo di pubblicare, nel proprio sito internet, ovvero, per le liste di cui al citato primo periodo del comma 11, nel sito internet del partito o del movimento politico sotto il cui contrassegno si sono presentate nella competizione elettorale, il
curriculum vitae di ciascun candidato, fornito dal candidato medesimo, e il relativo certificato del casellario giudiziale di cui all'articolo 24 del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, rilasciato non oltre novanta giorni prima della data fissata per l'elezione ...».
  Si rimarca che vi è una differenza sostanziale tra il contenuto del certificato richiesto ai sensi dell'articolo 24 del t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti e quello richiesto ai sensi dell'articolo 29 del t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti.
  Il certificato
ex articolo 24 del t.u. (certificato del casellario giudiziale richiesto dall'interessato) è un certificato generale che contiene le indicazioni sui provvedimenti in materia penale, civile, amministrativa e, per il cittadino italiano, anche l'attestazione della sussistenza o meno di iscrizioni nel casellario giudiziale europeo.
  Il certificato del casellario giudiziale per ragioni di elettorato
ex articolo 29 del t.u. (certificato del casellario giudiziale per ragioni di elettorato), invece, riporta solo le iscrizioni esistenti nel casellario giudiziale che incidono sul diritto elettorale, ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1967 e successive modificazioni, contenute nel t.u. delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali.
  Assolve ad una funzione fondamentale per l'aggiornamento delle liste elettorali, richiesto e costantemente utilizzato dai comuni; esso, inoltre, può essere richiesto da ciascun cittadino per una verifica del proprio diritto elettorale che può essere condizionato o addirittura escluso in presenza di iscrizioni pregiudizievoli (ad esempio, nel caso di condanna con pena accessoria all'interdizione dai pubblici uffici o nel caso di applicazione di misure di sicurezza, se non oggetto di revoca).
  In occasione delle consultazioni elettorali, i candidati alle elezioni devono chiedere esclusivamente il certificato di cui all'articolo 24 del t.u. cui è applicata la riduzione della metà degli importi di bollo e diritti, in conformità con l'attuale normativa.
  Si specifica che l'esenzione del bollo e dei diritti pari a metà dell'importo è selezionabile solamente per i certificati richiesti
ex articolo 24 del t.u. e non anche per quelli ex articolo 29 del t.u.
  Dalle informazioni acquisite tramite la competente articolazione ministeriale (D.a.g.) non risulta che siano pervenute al Ministero della giustizia richieste di chiarimenti da parte degli uffici giudiziari in ordine al rilascio del certificato del casellario giudiziale.
  Venendo alla specifica segnalazione riportata dall'interrogante si fa presente che il sito della procura della Repubblica di Urbino, contiene il modulo di autocertificazione che fa espresso riferimento al certificato penale e non al certificato elettorale.
  Per completezza infine si fa presente che il Ministero della giustizia tramite la Direzione generale dei sistemi informativi ha avviato un progetto, attualmente in fase di implementazione, per la digitalizzazione dei certificati suddetti, che consentirà a tutti i cittadini di gestire in totale autonomia l'estrazione dei certificati senza necessità di rivolgersi all'ufficio locale.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.