Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 23 gennaio 2025

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,

   premesso che:

    i lavoratori che svolgono un lavoro che comporta notevoli rischi per sé stessi o per terzi possono essere sottoposti, anche per ragionevole dubbio, ad accertamenti sanitari periodici di verifica; nei casi previsti dalla normativa vigente la sorveglianza sanitaria è altresì finalizzata alla verifica di assenza di assunzione di sostanze stupefacenti e di condizioni di alcol dipendenza;

    le statistiche registrano un aumento generalizzato del consumo di alcol e stupefacenti che ha conseguenze inevitabili anche sui luoghi di lavoro, anche quando il consumo avviene altrove;

    il tasso di positività agli screening obbligatori di alcol e droga sui luoghi di lavoro è aumentato del 10 per cento negli ultimi cinque anni; il tasso di positività è più alto tra i giovani lavoratori e tra i lavoratori che svolgono lavori pericolosi; secondo l'Istituto superiore di sanità, nel 2020, il 29,2 per cento degli italiani di 18 anni e più ha bevuto alcol in modo dannoso, rispetto al 23,4 per cento del 2019; questo aumento è stato maggiore tra i giovani, con un incremento del 25 per cento tra i 18 e i 24 anni e del 20 per cento tra i 25 e i 34 anni, i dati dell'Istituto superiore di sanità sono confermati da un recente studio dell'università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha rilevato che il 35 per cento degli italiani ha bevuto alcol in modo dannoso durante la pandemia;

    secondo i dati del Dipartimento per i trasporti terrestri, nel 2021 sono state ritirate in Italia 1.259.508 patenti di guida, in aumento del 10,4 per cento rispetto al 2020. Il motivo più comune per il ritiro della patente è la guida in stato di ebbrezza (36,7 per cento);

    secondo i dati del Ministero della salute, nel 2021 sono state accolte in Italia 23.206 persone in centri di disintossicazione e comunità per tossicodipendenti, in aumento del 10 per cento rispetto al 2020. Di queste, 16.605 erano uomini e 6.601 erano donne: l'età media dei pazienti era di 34 anni, persone in età lavorativa;

    l'articolo 15 della legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati (legge n. 125 del 2001) dispone che nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della sanità, è fatto divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche;

    per le finalità del predetto articolo i controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro possono essere effettuati esclusivamente dal medico competente ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero dai medici del lavoro dei servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro con funzioni di vigilanza competenti per territorio delle aziende unità sanitarie locali;

    ai lavoratori affetti da patologie alcolcorrelate che intendano accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi di cui all'articolo 9, comma 1, della legge n. 125 del 2001, si applicano le tutele previste all'articolo 124 del testo unico sugli stupefacenti con diritto alla conservazione del posto;

    l'articolo 125 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope) ha previsto l'adozione di un decreto volto ad individuare le mansioni che comportano rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute dei terzi, allo scopo di sottoporre gli appartenenti alle categorie di lavoratori destinati a tali mansioni ad accertamento di assenza di tossicodipendenza prima dell'assunzione in servizio, e successivamente ad accertamenti periodici, nonché volto a determinare la periodicità degli accertamenti e le relative modalità;

    il decreto del Ministro della sanità 12 luglio 1990, n. 186 ha quindi provveduto alla determinazione delle procedure diagnostiche e medico-legali per accertare l'uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope, delle metodiche per quantificare l'assunzione abituale nelle 24 ore e dei limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere;

    l'Intesa Stato-regioni del 16 marzo 2006. In materia di individuazione delle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, intesa stipulata ai sensi del predetto articolo 15 della legge 30 marzo 2001, n. 125, indica quali sono le attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi, per le quali si fa divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche;

    l'Intesa del 2006 individua l'elenco delle «Attività lavorative ad elevato rischio infortuni», raggruppandole in:

     a) attività per le quali è richiesto un certificato di abilitazione per l'espletamento di taluni lavori pericolosi:

     b) dirigenti e preposti al controllo dei processi produttivi e alla sorveglianza dei sistemi di sicurezza negli impianti a rischio di incidenti rilevanti;

     c) sovrintendenza ai lavori;

     d) mansioni sanitarie svolte in strutture pubbliche e private in qualità di: medico specialista in anestesia e rianimazione; medico specialista in chirurgia; medico ed infermiere di bordo; medico, comunque preposto ad attività diagnostiche e terapeutiche; infermiere; operatore socio-sanitario; ostetrica caposala e ferrista;

     e) vigilatrice di infanzia o infermiere pediatrico e puericultrice, addetto ai nidi materni e ai reparti per neonati e immaturi; mansioni sociali e socio-sanitarie svolte in strutture pubbliche e private;

     f) attività di insegnamento nelle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado;

     g) mansioni comportanti l'obbligo della dotazione del porto d'armi, ivi comprese le attività di guardia particolare e giurata;

     h) mansioni inerenti talune attività di trasporto;

     i) addetto e responsabile della produzione, confezionamento, detenzione, trasporto e vendita di esplosivi;

     l) lavoratori addetti ai comparti della edilizia e delle costruzioni e tutte le mansioni che prevedono attività in quota, oltre i due metri di altezza;

     m) capiforno e conduttori addetti ai forni di fusione;

     n) tecnici di manutenzione degli impianti nucleari;

     o) operatori e addetti a sostanze potenzialmente esplosive e infiammabili, settore idrocarburi;

     p) tutte le mansioni che si svolgono in cave e miniere;

    con la successiva intesa della Conferenza unificata del 30 ottobre 2007, in materia di accertamenti di assenza di tossicodipendenza sono stati declinati:

     a) le mansioni, oltre a quelle inerenti attività di trasporto, che comportano rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute proprie e di terzi, anche in riferimento ad un'assunzione solo sporadica di sostanze stupefacenti, prevedendo per esse la sorveglianza sanitaria obbligatoria;

     b) gli accertamenti sanitari per accertare l'assenza di assunzione di sostanze stupefacenti (visita medica, esami complementari tossicologici) e gli accertamenti sanitari preventivi di screening e periodici, demandando al medico del lavoro il compito di verificare l'assenza di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti sottoponendo il lavoratore a specifici test di screening in grado di evidenziarne l'assunzione, secondo le modalità definite nella medesima intesa;

    a seguito degli accertamenti drug test, il lavoratore risultato positivo ai test, è sospeso temporaneamente dal servizio e inviato da parte del medico competente al Sert dell'Asl e qualora gli ulteriori accertamenti effettuati dal Sert evidenzino uno stato di tossicodipendenza, il lavoratore interessato dovrà sottoporsi ad un percorso di recupero, che renda possibile un successivo inserimento nell'attività lavorativa;

    nel caso in cui il lavoratore non si sottoponga, senza giustificato motivo, all'accertamento il datore di lavoro è tenuto a farlo cessare dall'espletamento delle mansioni comprese nell'elenco di cui all'Allegato I dell'Intesa del 2007, fino a che non venga accertata l'assenza di tossicodipendenza; la sospensione non comporta automaticamente la risoluzione del rapporto di lavoro e il lavoratore può essere adibito a mansioni diverse; gli accertamenti di assenza di tossicodipendenza sono effettuati nel rispetto della dignità e della libertà della persona e il lavoratore di cui sia accertata la tossicodipendenza ha diritto di chiedere la ripetizione dell'accertamento;

    le procedure devono essere effettuate in modo tale da garantire la privacy, il rispetto e la dignità della persona sottoposta ad accertamento e non devono in alcun modo rappresentare strumenti persecutori lesivi della libertà individuale o tesi ad allontanare arbitrariamente la persona dalla sua attività lavorativa;

    i princìpi generali a cui ispirare e su cui strutturare le procedure operative dovranno essere dettati da un indirizzo di cautela conservativa nell'interesse della sicurezza del singolo e della collettività, che prevedano la non idoneità di tali lavoratori allo svolgimento di mansioni a rischio nel caso in cui usino sostanze stupefacenti e/o psicotrope, indipendentemente dalla presenza o meno di dipendenza; le procedure non possono fare distinzione tra uso occasionale, uso regolare o presenza di dipendenza al fine di attivare la sospensione cautelativa;

    i professionisti sanitari, soprattutto coloro che operano nei dipartimenti di emergenza-urgenza e nei pronto soccorso, svolgono un compito fortemente a rischio che richiede la massima lucidità e attenzione, aggravato da un contesto professionale disagiato a causa della carenza dei professionisti e di turni massacranti e con le ben note aggressioni e violenze che finiscono per determinare un fortissimo stress nei professionisti medesimi;

    tuttavia, l'elencazione delle attività sottoposte alla verifica di assenza di alcol e di droga delle due Intese sopra richiamate non è coincidente: più in particolare nell'intesa relativa alle droghe non risulta essere presente l'attività del personale sanitario e socio-sanitario;

    l'Allegato I del provvedimento del 16 marzo 2006 della Conferenza Stato-regioni dispone infatti che per talune attività è prevista solo la verifica di assenza di condizioni di alcol-dipendenza, mentre l'Allegato I del provvedimento del 30 ottobre 2007 della Conferenza unificata, prevede la verifica dell'assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti;

    è vero tuttavia, che gli articoli 17 e 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008 (cosiddetto Testo unico sicurezza sul lavoro), sopperiscono aria predetta antinomia, prevedono che il datore di lavoro valuti tutti i rischi per la sicurezza e la salute potenzialmente presenti sul luogo di lavoro e pertanto sono inclusi anche gli eventuali rischi aggiuntivi derivanti da errate abitudini personali dei lavoratori, quali l'assunzione di alcol e/o sostanze stupefacenti;

    l'articolo 41 (commi 2 e 4) del medesimo Testo unico sulla sicurezza sul lavoro elenca le visite mediche comprendenti la sorveglianza sanitaria, effettuata dal medico competente, specificando che le visite comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente e «nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento», le predette visite sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti; chiaramente, tra i casi previsti dall'ordinamento, sono incluse tutte le attività identificate, rispettivamente, dai provvedimenti sopra descritti del 2006 e del 2007 della Conferenza Stato-regioni;

    il comma 4-bis dello stesso articolo 41, ha previsto poi che entro il 31 dicembre 2009 si sarebbero dovute rivisitare, con accordo in Conferenza Stato-regioni da adottare previa consultazione delle parti sociali, le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e dell'alcoldipendenza; tuttavia, come confermato dall'Inail, allo stato attuale detta rivisitazione non è stata ancora fatta;

    i lavoratori destinatari dei summenzionati accertamenti sono obbligati, secondo il comma 2 dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 81 del 2008 a sottoporvisi, senza necessità di consenso e se un lavoratore si rifiuta, lo stesso non può essere adibito a una mansione a rischio, con conseguente inidoneità alla mansione, che può comportare adibizione ad altra mansione non a rischio o, se ciò non è possibile, allontanamento dal lavoro;

    il complesso delle disposizioni sull'abuso di alcol e droga in ambiente lavorativo necessita dunque di essere rivisto e armonizzato, per eliminare le criticità emerse nell'attuazione delle norme e soprattutto per risolvere alcune disarmonie delle norme medesime, com'è ad esempio la non chiara previsione della sottoposizione ai test e screening sull'abuso di sostanze psicotrope e stupefacenti anche al personale sanitario, com'è invece previsto per l'abuso di alcol;

    anche sull'assunzione di farmaci dovrebbero essere effettuati i necessari chiarimenti, identificando con maggiore precisione quali siano le sostanze psicotrope e stupefacenti, contemplando i casi in cui i lavoratori assumano sostanze per uso terapeutico;

    occorre implementare le azioni volte a rafforzare la consapevolezza dei lavoratori, rafforzando la formazione nell'autovalutazione, nella nocività delle sostanze, nella capacità di conoscere le regole e di capire i segnali e cosa fare quando un lavoratore o un collega mostra o ammetta di avere un problema di abuso di sostanze;

    occorre investire sul benessere organizzativo, soprattutto per quegli ambienti lavorativi, com'è anche il Servizio sanitario nazionale, i cui lavoratori a causa di turni massacranti e di carenza di personale sono sottoposti ad uno stress psicofisico rilevante,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative, anche normative, volte a rivedere il complesso delle disposizioni sull'abuso di alcol e droga in ambito sanitario al fine di:

  a) eliminare le criticità emerse nell'attuazione delle norme e risolvere alcune disarmonie delle norme medesime, com'è ad esempio la non chiara previsione della sottoposizione ai test e screening sull'abuso di sostanze psicotrope anche al personale sanitario e socio-sanitario, com'è invece previsto per l'abuso di alcol;

  b) effettuare gli opportuni chiarimenti sull'assunzione di farmaci, identificando con maggiore precisione quali siano le sostanze psicotrope escludendo con chiarezza i casi in cui gli operatori sanitari assumano sostanze per uso terapeutico;

  c) implementare le azioni volte a rafforzare il benessere organizzativo e la consapevolezza degli operatori sanitari, la formazione nell'autovalutazione, nella nocività delle sostanze, nella capacità di conoscere le regole e di capire i segnali e cosa fare quando un operatore sanitario mostra o ammetta di avere un problema di abuso di sostanze.
(7-00273) «Quartini, Marianna Ricciardi, Sportiello, Di Lauro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BAKKALI, GRAZIANO, STUMPO, GIRELLI, LAI, SERRACCHIANI, BARBAGALLO, FURFARO, GHIO, SCARPA, FERRARI, ROGGIANI e GUERRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia giornalistica italiana (Agi) è una delle più antiche ed importanti del nostro Paese nel campo dell'informazione;

   fondata nel 1950, ha come editore dal 1965 Eni, attualmente partecipata dello Stato tramite Cassa depositi e prestiti;

   nel corso l'Agenzia ha sempre avuto riconoscimenti per quel che riguarda indipendenza, neutralità, imparzialità, oltre che per la tempestività dei processi editoria;

   la situazione, però, nell'ultimo periodo è diventata sempre più difficile stante la generale crisi dell'informazione nel nostro Paese;

   ad inizio 2024 si è temuta l'acquisizione di Agi da parte di un soggetto privato, Antonio Angelucci uno degli uomini più potenti della sanità privata laziale grazie alle sue cliniche private, proprietario di un polo editoriale con i principali quotidiani della destra italiana;

   quanto sopra esposto aveva creato grande preoccupazione tra i giornalisti e nella pubblica opinione per un evidente conflitto d'interessi che avrebbe potuto mettere a rischio proprio le qualità migliori dell'Agi, sopra ricordate;

   a quanto sembra, l'acquisizione sopra ricordata non dovrebbe realizzarsi, ma questo non ha risolto i problemi di Agi;

   risulta, infatti, che tra isopensioni – strumento che consente ai lavoratori interessati da eccedenze di personale di andare in pensione con 7 anni di anticipo – e dimissioni di personale si stiano verificando molte uscite che indeboliscono la struttura dell'Agenzia, mentre non è chiaro se e quando vi saranno nuovi ingressi di personale dipendente;

   si registra, inoltre, un pesante calo dei compensi dei collaboratori, scesi ormai del 33 per cento, passando da 15 a 10 euro al pezzo;

   inoltre, è stato deciso un taglio drastico del numero di notizie locali, con la conseguenza di ulteriori decurtazioni di stipendio per molti giornalisti, che si sono visti ridurre i compensi da una media di 1200/1300 euro al mese ad una di circa 4/500;

   il quadro sopra esposto mette di fatto a rischio la sopravvivenza di quella che è, come detto, una delle più importanti agenzie di stampa del nostro Paese –:

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere nel tempo più rapido possibile la Presidente del Consiglio e il Ministro interrogato per evitare che Agi fallisca, con un danno gravissimo anche per la libertà di stampa del nostro Paese o che venga acquisita da soggetti in evidente conflitto d'interessi.
(5-03415)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   GHIO, PANDOLFO, PASTORINO, FURFARO, SCOTTO, BAKKALI, FERRARI, BOLDRINI e SCARPA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'organizzazione umanitaria genovese Music for Peace è attiva da anni sia a livello territoriale, in Italia, sia in contesti internazionali, occupandosi di interventi umanitari di vario genere, tra cui la distribuzione di aiuti alimentari e medicinali. L'impegno costante di questa organizzazione le ha permesso di consolidare un'esperienza significativa nel gestire situazioni di emergenza umanitaria, operando con un approccio diretto e concreto;

   ad oggi, l'organizzazione ha portato a termine oltre trenta missioni umanitarie in 10 Paesi del mondo, tra cui Bosnia, Kosovo, Afghanistan e Ucraina, oltre a numerosi interventi sul territorio nazionale italiano. Questo lungo percorso testimonia la capacità di Music for Peace di rispondere prontamente alle crisi internazionali con risorse proprie e un'organizzazione efficiente;

   durante le missioni, Music for Peace si occupa in prima linea di distribuire i generi di prima necessità direttamente ai beneficiari. Questo approccio si traduce in una consegna capillare ed efficace: casa per casa, tenda per tenda, ospedale per ospedale. La metodologia adottata dall'organizzazione garantisce che gli aiuti arrivino esattamente dove necessario, senza dispersioni o ritardi;

   tra le missioni organizzate dall'associazione si ricordano, ad esempio, quelle svolte in Bosnia Erzegovina nel 1994, in Kosovo nel 1998, in Afghanistan nel 2002, e in Kurdistan nel 2003, 2004 e 2015. Più recentemente, Music for Peace è intervenuta in Ucraina nel 2022 e ha realizzato numerose missioni in Palestina, con interventi documentati negli anni 2004, 2009, 2011, 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2020, 2023 e 2024;

   ad aprile 2024 l'organizzazione è riuscita a consegnare ben 40 tonnellate di aiuti alimentari nella Striscia di Gaza. Questa operazione è stata portata a termine nonostante le numerose difficoltà incontrate, tra cui il contesto di forte tensione politica e logistica. Tale risultato dimostra la determinazione e la capacità di Music for Peace di superare ostacoli significativi per fornire supporto a popolazioni in difficoltà;

   a seguito dell'atteso cessate il fuoco, giunto pochi giorni fa nel conflitto in Medio Oriente, l'organizzazione ha comunicato la sua immediata disponibilità a riprendere le attività di consegna degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Questa volontà sottolinea la prontezza dell'associazione a intervenire per far fronte alle urgenti necessità della popolazione locale, colpita duramente dagli eventi recenti;

   l'organizzazione ha inoltre più volte manifestato la richiesta di ottenere le necessarie autorizzazioni per procedere con la consegna degli aiuti a Gaza, ribadendo la sua volontà di collaborare con le autorità competenti per accelerare i tempi e garantire un accesso sicuro ai territori interessati;

   il Ministro Tajani ha più volte dichiarato di voler dare seguito al piano di aiuti nel Medio Oriente, operando direttamente sul campo. Ha inoltre assicurato controlli importanti per garantire che la distribuzione finale degli aiuti avvenga in modo trasparente ed efficace, nel rispetto delle esigenze della popolazione locale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle disponibilità, delle competenze e delle risorse già pronte, come quelle messe in campo dall'organizzazione Music for Peace, e se intenda considerare tali risorse nell'ambito delle iniziative e valutazioni di sua competenza per evitare perdite di ulteriore tempo prezioso nella consegna degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.
(4-04157)

AFFARI EUROPEI, PNRR E POLITICHE DI COESIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANELLA. — Al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   sussiste il rischio di perdere 17.400 posti nella realizzazione degli asili nido, rispetto all'obiettivo di 150.480 nuovi posti complessivi previsti dal PNRR, già rimodulati al ribasso rispetto al target iniziale di 264.480 unità in seguito alla revisione di fine 2023, finanziati nel complesso con 4,57 miliardi di euro, dei quali 3,24 del PNRR;

   secondo lo studio dell'ufficio parlamentare di bilancio, basato sui dati della piattaforma ReGiS aggiornati al 9 dicembre 2024, si registrano evidenti criticità nella realizzazione dell'intervento nonostante la centralità che hanno i servizi per i più piccoli hanno nel contenere il calo demografico, nel diminuire i divari fra territori e favorire la parità di genere nonché l'occupazione femminile;

   a causa delle gravi carenze strutturali è stato necessario ripetere più volte le procedure di assegnazione dei fondi, tali difficoltà si sono riflettesse sullo stato di avanzamento dei 3.199 progetti censiti;

   ad ora sono fermi al 25,2 per cento di spesa delle risorse messe in campo. Secondo il cronoprogramma finanziario, risultano effettivamente utilizzati solo 816,7 milioni dei 3,24 miliardi delle risorse del PNRR, di queste 1,7 miliardi avrebbero dovuto essere spese entro il 2024, mentre i rimanenti 2,4 miliardi di euro dovranno ricadere dunque nel prossimo biennio, oggi nonostante che la quasi totalità degli interventi avviati nel 2020 o nel 2021 sia nella fase esecutiva, solo circa il 3 per cento dei progetti risulta concluso;

   nel dettaglio delle singole macro aree si è evidenziato un andamento differente nelle fasi di avanzamento dei progetti. Nel Centro Italia e nel Settentrione si segnala una leggera prevalenza di progetti in esecuzione, rispettivamente 72,7 e 70,9 per cento, rispetto al Mezzogiorno, 69 per cento. Nel Nord si registra la quota maggiore di progetti, 18 per cento nella fase conclusiva. Restano le incertezze sul conseguimento dell'obiettivo PNRR sia in termini quantitativi che temporali del giugno 2026;

   l'Ufficio parlamentare di bilancio ha elaborato quattro scenari. In quello più favorevole, la distanza dall'obiettivo dei 150 mila posti sarebbe marginale, circa 500 posti, fino a salire a circa 26 mila posti in quello meno favorevole. Nella stima che introduce le minori correzioni rispetto ai dati dichiarati, lo scarto, come anticipato, sarebbe pari a circa 17.400 posti;

   lo studio rileva che nel complesso la piena realizzazione degli interventi finanziati dall'Europa riguardo la realizzazione degli asili nido, ridurrebbe i divari tra le regioni meridionali e quelle del Centro-Nord ma, nonostante il cambio di strategia nell'assegnazione dei fondi, aumenterebbe le disuguaglianze nell'offerta di questi servizi pubblici all'interno delle regioni stesse. In particolare l'81,4 per cento dei territori che non aveva alcun asilo continuerebbe a non averlo –:

   quali siano i dati aggiornati in relazione alla realizzazione degli asili nido derivanti dai programmi del PNRR;

   se non ritengano che vi sia il serio rischio che si riscontrino criticità nel rispettare l'attuazione degli obiettivi del PNRR in materia di asili nido entro il giugno 2026;

   quali iniziative intendano assumere sia rispetto alla piena attuazione del programma PNRR in materia di realizzazione degli asili nido, ma anche rispetto al fatto che come segnalato dall'ufficio parlamentare bilancio nell'81,4 per cento dei territori continuerebbero a non avere alcun asilo nido, fatto che con tutta evidenza pone in essere il mantenimento di disuguaglianze territoriali inaccettabili.
(4-04154)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANELLA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'altro ieri a Domagnano, contrada di San Marino, si è sfiorata l'ennesima tragedia: durante una battuta al cinghiale, svoltasi in località San Michele e Ranco, un colpo ravvicinato di fucile calibro 12 con palla unica, partito da una postazione fissa, ha mandato in frantumi il vetro di una finestra in via Umano da Sterpeto, finendo nel muro nel salotto di una abitazione;

   grande spavento per la padrona di casa, ha rischiato l'infarto, che al momento dello sparo – erano le 11.40 – si trovava seduta sul divano. Sul posto è intervenuta la Guardia di Rocca, che ha eseguito i necessari rilievi del caso, fotografato i danni e raccolto le dichiarazioni della signora. Di certo i residenti non dimenticheranno facilmente la brutta esperienza;

   successivamente, è intervenuta anche la guardia ecologica, che avrebbe sequestrato i fucili utilizzati nella battuta. Gli agenti hanno anche ascoltato i cacciatori presenti per ricostruire la dinamica dell'accaduto;

   durante la battuta di caccia, organizzata dall'ufficio gestione risorse ambientali e agricole, in collaborazione con la Federazione sammarinese della caccia, sono stati abbattuti 27 cinghiali anche in aree normalmente soggette a divieto di caccia, con il solo scopo di contenere la popolazione di cinghiale;

   la stagione venatoria 2024-2025 rischia di passare alla storia come una delle stagioni di caccia più funestate da «incidenti», spesso mortali, non solo a danno dei cacciatori, ma anche di tutti gli altri cittadini che frequentano i boschi, come i cercatori di funghi, i raccoglitori di castagne, gli escursionisti, gli sportivi;

   l'ultima tragedia è avvenuta nell'hinterland di Cagliari, dove due cacciatori di 28 e 27 anni sono stati trovati privi di vita durante la notte dai carabinieri in località Mela Murgia a Quartucciu. All'origine del decesso, secondo i primi accertamenti dei carabinieri, ci sarebbe un incidente di caccia: uno dei giovani avrebbe sparato accidentalmente alla nuca del secondo e, successivamente, si sarebbe tolto la vita utilizzando il fucile da caccia di proprietà dell'amico, unico titolare del porto d'armi. I due giovani, Giacomo Desogus, 28 anni, e Matthias Steri, 27, erano grandi amici;

   numeri che si sommano, nell'indifferenza politica, come denunciato dalla Rete dei santuari di Animali liberi e da altre associazioni, visto che il Ministro dell'agricoltura vorrebbe addirittura utilizzare, oltre ai cacciatori, l'esercito contro i cinghiali e adottare sanzioni contro le attività di disturbo alla caccia: ricordiamo solo che scorsa stagione venatoria ha registrato 12 morti e 56 feriti –:

   se non ritengano, anche in considerazione delle premesse, di adottare iniziative di competenza, anche normative, per vietare tutte le battute di caccia in prossimità di abitazioni e di aree residenziali, al fine di salvaguardare e tutelare la tranquillità e l'incolumità dei cittadini già messa a rischio da altri fattori;

   se il Ministro dell'agricoltura non ritenga di dover adottare iniziative di competenza per rivedere e vietare l'utilizzo di metodi cruenti per il controllo della popolazione di cinghiali e della fauna selvatica, utilizzando soluzioni sostenibili, rispettose dell'ambiente e della sicurezza dei cittadini, magari coinvolgendo sia l'Ispra sia le associazioni ambientaliste iscritte nel registro degli enti del terzo settore.
(4-04153)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, per sapere – premesso che:

   i Pfas sono sostanze perfluoro alchiliche impiegate per rendere impermeabili carta, stoffe e stoviglie; sono presenti nel teflon per le pentole, negli involucri alimentari, si trovano praticamente ovunque. Le stesse sostanze hanno anche un'importanza strategica per l'industria militare e farmaceutica;

   la comunità scientifica nazionale e internazionale sostiene, da tempo, che l'esposizione a questa tipologia di contaminanti presenti nell'aria, nell'acqua, nel cibo e nel suolo può avere effetti tossici sulla salute umana e che la salvaguardia della qualità dell'ambiente in cui si vive, consente di ridurre i fattori di rischio per la salute umana. Si tratta di composti che, pur avendo scarsa tossicità acuta e cronica, come specificato dall'Irsa (Istituto di ricerca sulle acque), hanno effetti principalmente di natura sub letale, comportandosi da interferenti endocrini del metabolismo dei grassi, causando rischi per la catena alimentare e avendo sospetta azione estrogenica e cancerogena e che dotati di elevata persistenza nell'ambiente possono essere trasportati per lunghe distanze dalla matrice acqua, con pesanti impatti anche sulle altre matrici ambientali. Recentemente l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale sanità ha classificato una di queste molecole, il Pfoa come cancerogeno certo e il Pfos come possibile cancerogeno;

   l'indagine indipendente denominata «Acque Senza Veleni» tenuta dall'associazione ambientalista Greenpeace Italia ha portato a conoscenza che i Pfas sono presenti nel 79 per cento dei campioni di acqua potabile analizzati nell'ambito del territorio nazionale. Per l'Associazione milioni di persone nel nostro Paese hanno ricevuto nelle loro case acqua contaminata da alcuni Pfas classificati come cancerogeni, la cui presenza è considerata inaccettabile in molte nazioni. Le molecole più diffuse sono risultate, nell'ordine, il cancerogeno Pfoa (nel 47 per cento dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta Tfa (in 104 campioni, il 40 per cento del totale, presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno Pfos (in 58 campioni, il 22 per cento del totale);

   secondo l'indagine, livelli elevati si registrano in Lombardia (ad esempio in quasi tutti i campioni prelevati a Milano) e in numerosi comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell'alessandrino, ma anche Bussoleno in Valle di Susa), del Veneto (anche in comuni fuori dall'area rossa già nota per essere tra le più contaminate d'Europa, come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell'Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria;

   purtroppo, nonostante l'Italia ospiti alcuni dei più gravi casi di contaminazione dell'intero continente europeo (in parti del Veneto le del Piemonte) attualmente i controlli sui Pfas nelle acque potabili sono per lo più assenti o limitati a poche aree geografiche. Dal 2026 produrranno effetti ulteriori disposizioni della direttiva europea 2020/2184, come previsto dal decreto legislativo n. 18 del 2023 di recepimento, che impone dei limiti normativi. I parametri di legge fissati a livello comunitario sono però stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche (ad esempio quelle diffuse dall'Efsa tant'è che recentemente l'Agenzia europea per l'ambiente (Eea) ha dichiarato che i limiti in via di adozione rischiano di essere inadeguati a proteggere la salute umana. Per questo numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e la regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi;

   nonostante le gravi conseguenze che si sono già manifestate in alcuni territori come il Veneto e ciò che è stato accertato sulla correlazione tra l'impiego dei Pfas e le cause dei danni alla salute, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, il Governo continua ad ignorare questa emergenza, senza intraprendere iniziative per proteggere adeguatamente la salute pubblica e l'ambiente o per sostituirne l'utilizzo dei Pfas con alternative più sicure e già disponibili nella quasi totalità dei settori industriali –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intende intraprendere al fine di mettere al bando l'uso e la produzione di tutti i Pfas nonché promuovere alternative già disponibili.
(2-00519) «Cappelletti, Ilaria Fontana, Auriemma».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   L'ABBATE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 gennaio 2021, la Sogin s.p.a. (Società gestione impianti nucleari) ha pubblicato la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), individuando 67 zone ritenute idonee alla realizzazione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi e il parco tecnologico, destinati allo stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività;

   successivamente, il 13 dicembre 2023, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato l'elenco aggiornato delle aree idonee, ridotte a 51 sulla base delle osservazioni emerse durante la consultazione pubblica e il seminario nazionale, approvate dall'ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin);

   tra le 51 aree individuate, alcune ricadono nel territorio murgiano, che include il Parco nazionale dell'Alta Murgia e il Parco naturale terre delle gravine, contesti di elevato valore naturalistico, paesaggistico e culturale;

   in particolare, tra le 51 aree individuate, 17 sono localizzate tra Puglia e Basilicata, incluse quattro zone che comprendono il triangolo delle Murge tra Bari, Matera e Taranto (Gravina, Altamura, Matera, Laterza);

   il Parco nazionale dell'Alta Murgia è stato ufficialmente proclamato Geoparco mondiale Unesco il 9 settembre 2024 durante il Consiglio mondiale dei geoparchi Unesco tenutosi a Non Nuoc Cao Bang, in Vietnam. Questo riconoscimento sottolinea l'importanza del territorio dell'Alta Murgia, che si estende tra Puglia e Basilicata, per il suo patrimonio geologico, naturale e culturale;

   il territorio murgiano è caratterizzato da un'economia basata su produzioni agroalimentari di qualità, con numerosi prodotti a denominazione controllata e protetta, nonché un turismo sostenibile, che trae valore dal patrimonio culturale e ambientale dell'area;

   la proposta di individuazione di aree idonee nel territorio murgiano ha sollevato numerose perplessità e una ferma opposizione da parte delle comunità locali, degli enti territoriali e di numerosi stakeholder;

   le comunità locali, sostenute da ampie consultazioni e da una posizione unanime del Consiglio comunale di Laterza, hanno espresso una ferma opposizione all'idea che il loro territorio possa ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi, ritenendo questa ipotesi incompatibile con il valore ambientale, paesaggistico e culturale del territorio, che già riveste una rilevanza internazionale;

   la normativa vigente prevede che la realizzazione del deposito nazionale sia subordinata alla Valutazione ambientale strategica (Vas), volta a garantire la compatibilità del progetto con il contesto ambientale e socioeconomico dei territori coinvolti;

   permane la necessità di chiarire i criteri adottati nella selezione delle aree e le modalità con cui sono state recepite le osservazioni espresse durante il processo di consultazione –:

   se il Ministro interrogato intenda avviare un'interlocuzione con la Sogin s.p.a. al fine di adottare soluzioni alternative o escludere definitivamente il territorio delle Murge, in particolare i comuni di Altamura, Matera e Laterza, dall'individuazione come sito per il deposito nazionale di rifiuti radioattivi, in considerazione del forte dissenso espresso dalle comunità locali e del valore ambientale e culturale di queste aree;

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare per garantire la tutela delle peculiarità ambientali, paesaggistiche e produttive delle aree individuate, con particolare riferimento al Parco nazionale dell'Alta Murgia, recentemente proclamato Geoparco mondiale Unesco e al Parco naturale terre delle gravine.
(5-03413)

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   a Colere (Bergamo) e Lizzola (Bergamo) sono presenti due stazioni sciistiche che distano tra loro circa 8 chilometri e hanno un'altitudine compresa fra i 1500 e 2200 metri;

   il 24 luglio 2024 la Rsi srl, società che gestisce gli impianti di risalita di Colere e detenuta al 100 per cento dalla società Valle Decia srl, ha presentato e depositato un progetto di collegamento e unione delle due stazioni presso i comuni coinvolti;

   il progetto prevede la creazione di un traforo lungo circa 500 metri nel monte Pizzo di Petto, che fa da spartiacque alle due località, per la costruzione di quattro impianti di risalita e una funicolare, lo spianamento fino a 40 metri di larghezza di tre pendii integri per tre nuove piste da discesa, la realizzazione di un bacino artificiale dalla portata di 60-80 mila metri cubi alle pendici nord-est del Monte Ferrante e l'innevamento artificiale lungo tutti i nuovi tracciati. L'inaugurazione è prevista per la fine del 2026;

   l'altitudine del nuovo comprensorio resterebbe limitata (da 1.000 a poco più di 2.000 metri di quota), mentre i chilometri complessivi di piste rimarrebbero invariati. Un progetto analogo era già stato presentato e bocciato nel 2008;

   tutta l'area interessata dal progetto rientra nella Zona speciale di conservazione (Zsc) Val Sedornia-Valzurio-Pizzo della Presolana, un Sito Rete Natura 2000 all'interno del Parco regionale delle Orobie bergamasche, e distruggerebbe un ecosistema delicato, impattando in modo massivo su flora e fauna. Inoltre, il terreno carsico della zona è naturalmente incompatibile con la creazione di bacini di raccolta, che richiederebbero isolamento con materiali plastici destinati a diventare inquinamento da macro e microplastiche;

   nella relazione geomorfologica e nivologica, allegata dalla stessa Rsi, i geologi indicano un possibile rischio valanghe in più punti: nella parte superiore della pista da ricavare in Val Sedornia, nella parte superiore di quella della Val Conchetta, nonché per i due sbocchi del traforo;

   la spesa stimata e di 70 milioni di euro, di cui 50 di fondi pubblici, con circa il 36 per cento d'incremento previsto. Inoltre, è ormai noto che le stazioni sciistiche debbano contare sempre più spesso su soldi pubblici per rimanere in funzione; negli ultimi 10 anni sono stati stanziati oltre 60 milioni di euro solo per le stazioni bergamasche. Secondo la Banca d'Italia non conviene fare nuovi investimenti nello sci alpino sotto i 2 mila metri di quota;

   le proiezioni a 50 anni prevedono il 40 per cento di giorni di neve in meno e un innalzamento di 500 metri della copertura nevosa stagionale, causando una crisi notevole sotto i 2000 metri e rendendo imprescindibile l'innevamento artificiale, il quale ha costi di circa 40/50mila euro a stagione per 1 chilometro di pista;

   il progetto ha incontrato le resistenze del Cai di Valle di Scalve e Lovere, OrobieVive, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness Lombardia, lo scrittore ed esperto di montagna Luca Rota, e della cittadinanza di entrambi i comuni, portando alla creazione del comitato TerreAlt(r)e, che ha lanciato una petizione con la richiesta di abbandonare il progetto e investire nella diversificazione turistica, economica e sociale delle valli. La petizione a oggi conta 8.400 firme;

   il progetto non può essere avviato senza l'approvazione di regione Lombardia e la successiva indizione di una conferenza dei servizi –:

   quali iniziative di competenza, il Ministro interrogato, intenda adottare affinché sia scongiurato lo sviluppo di un progetto estremamente dannoso per l'ambiente e gli ecosistemi, oltre a uno sperpero di risorse pubbliche.
(4-04151)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AMENDOLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 20 dicembre 2024 è stato approvato un ordine del giorno il n. 9/2112-bis-A/30 a prima firma dell'interrogante che in merito alla emergenza idrica della Basilicata impegnava il Governo ad assumere una serie di impegni;

   in particolare il Governo, accogliendolo con riformulazione, si è impegnato a «valutare l'opportunità di adottare urgenti iniziative, anche normative, per prevedere la sospensione, fino al termine dell'emergenza, del pagamento dei tributi locali, delle rate di mutuo, delle bollette, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, nonché di adottare iniziative volte a prevedere la concessione di finanziamenti agevolati per la ripresa dei pagamenti al termine del periodo di sospensione»;

   suddetto atto di indirizzo ha, inoltre, impegnato l'Esecutivo a «valutare l'opportunità di prevedere forme di indennizzo per attività economiche commerciali e industriali, nonché per le associazioni sportive danneggiate da questa emergenza»;

   il perdurare dell'emergenza idrica fino a tutto il periodo natalizio ha creato disagi e disservizi alle utenze domestiche e anche a quelle di imprese e attività commerciali condizionate dall'orario di erogazione dell'acqua corrente;

   l'atto di indirizzo si è reso necessario per consentire a Governo e regione Basilicata di individuare strumenti e risorse necessarie a tale obiettivo;

   è trascorso ormai un mese dall'accoglimento del richiamato atto di indirizzo accolto dal Governo –:

   quali opportune e tempestive iniziative intenda assumere il Governo coerentemente agli impegni assunti al fine di procedere a ristorare cittadini e operatori economici in merito ai disservizi e ai disagi affrontati nel corso della emergenza idrica che hanno provocato costi economici e sociali.
(5-03412)


   ASCANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 95, ha istituito la zona franca urbana (di seguito «Zfu») per i comuni del Centro Italia colpiti dagli eventi sismici verificatisi nei territori delle regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, in data 24 agosto 2016, 26 e 30 ottobre 2016 e 18 gennaio 2017;

   in particolare, il citato articolo 46, comma 2, ha previsto, a favore delle imprese dei territori colpiti dal sisma, l'esonero dai contributi previdenziali e assistenziali, limitatamente a determinati periodi l'imposta e nei limiti delle risorse stanziate;

   con risposta a un interpello che chiedeva quale debba essere il corretto trattamento fiscale dell'agevolazione di cui al citato articolo 46, ai fini dell'applicazione della previsione di cui all'articolo 47 , del decreto-legge numero 189 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge 229 del 2016 – che statuisce che la percezione da parte di chi ha subito danni per gli eventi sismici verificatisi a partire dal 24 agosto 2016 nel centro Italia, di contributi, indennizzi e risarcimenti connessi all'evento sismico, di qualsiasi natura e indipendentemente dalle modalità di fruizione e di contabilizzazione, quindi, in genere di somme, o comunque di componenti positivi di reddito, non concorrono alla formazione della base imponibile – l'Agenzia delle entrate ha ritenuto che le due fattispecie siano diverse;

   in particolare, l'Agenzia ha ribadito che le due norme disciplinano situazioni diverse: l'una il trattamento fiscale dei risarcimenti, l'altra un esonero dal pagamento di imposte e contributi previdenziali e pertanto deve sottostare alle regole della fiscalità generale. Ne consegue che le compensazioni effettuate a scomputo dei contributi previdenziali rappresentano, già sul piano contabile, una sopravvenienza attiva, in quanto si tratta dell'avvenuta insussistenza del debito verso l'ente previdenziale e pertanto che non si determina alcun effetto sull'ammontare originario degli oneri rilevati in bilancio a titolo di contributi verso l'INPS;

   tale interpretazione sta mettendo in difficoltà le imprese, già duramente colpite dagli eventi sismici del 2016, che in questi giorni stanno ricevendo gli avvisi, e che rischiano ora di dover pagare per le agevolazioni ricevute, finalizzate proprio a garantire la ripresa economica –:

   quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare affinché l'interpretazione delle norme di cui in premessa non determini la sottrazione di risorse vitali per la ripresa delle imprese dei territori colpiti dal sisma, compromettendone la capacità di superare la crisi.
(5-03414)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   SOUMAHORO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 21 gennaio 2025, l'Italia ha rilasciato il capo della polizia giudiziaria libica, Njeim Osama Elmasry Habish, noto anche come Almasri, dopo che era stato arrestato su mandato della Corte penale internazionale per crimini di guerra. Almasri, a seguito all'ordinanza di scarcerazione, è arrivato all'aeroporto di Tripoli con un volo di Stato dell'aeronautica militare, dove è stato accolto con calorosi festeggiamenti;

   il 18 gennaio 2025 Almasri si trovava in Germania dove si è presentato ad un autonoleggio per chiedere se poteva riconsegnare a Fiumicino l'auto che avrebbe preso a noleggio;

   lo stesso giorno la Corte penale internazionale ha spiccato un mandato d'arresto nei suoi confronti e un funzionario della Corte ha preso contatto con un funzionario di sicurezza dell'ambasciata italiana nei Paesi Bassi per comunicargli che Almasri sarebbe entrato in Italia, dove è stato poi arrestato dalla Digos di Torino la stessa sera;

   lo Statuto della Corte penale internazionale prevede che lo Stato che riceve la richiesta di arresto «prende immediatamente provvedimenti per fare arrestare la persona» e, in base a quanto previsto dalla legge n. 237 del 2012 si prevede la ricezione degli atti da parte del Ministro della giustizia (articolo 2), che deve poi trasmetterli alla procura generale presso la Corte d'appello (articolo 11), che chiede alla stessa Corte l'applicazione della misura cautelare;

   nel caso specifico risulta dall'ordinanza della Corte di appello che il Ministro della giustizia è stato interessato dalla procura di Roma «in data 20 gennaio, immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino, e che, ad oggi, non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito»;

   il Ministero della giustizia emetterà una nota alle 15.55 del 21 gennaio 2025: «considerato il complesso carteggio, il Ministro sta valutando la trasmissione formale della richiesta della CPI al Procuratore generale di Roma». Tuttavia, nessuna comunicazione veniva inviata alla Procura, che nel silenzio chiede alla Corte di appello il rilascio. Tutto mentre il Falcon 900 dell'aeronautica, che riporterà Almasri in Libia, era già partito da Roma alle 10.14 del mattino e atterrato a Torino un'ora dopo, alle 11.13;

   alla luce dell'ordinanza citata e considerato che il reato di tortura è presente anche in Italia, Almasri avrebbe potuto essere arrestato un'altra volta ma invece è arrivato un immediato provvedimento di espulsione da parte del Ministero dell'interno;

   Almasri è a capo di una importante milizia, nonché capo della polizia giudiziaria del Governo che controlla Tripoli e comandante della polizia nella famigerata prigione di Mitiga;

   il Governo italiano ha ottimi rapporti con le milizie libiche e col Governo di Tripoli, con cui dal 2017 è attivo un protocollo per fermare, a giudizio dell'interrogante anche con la violenza, le partenze dei migranti che provano ad arrivare in Italia via mare;

   ad opinione dell'interrogante quanto accaduto è estremamente grave e frutto di una serie di irregolarità procedurali e forzature contrarie anche alla prassi –:

   se i Ministri interrogati siano in grado di chiarire l'esatta catena degli eventi che ha portato al rimpatrio in Libia di Almasri;

   se intendano chiarire, per quanto di competenza, per quale ragione non ci siano state comunicazioni tra Ministero della giustizia e Procura di Roma e in base a quale procedura sia stata concessa l'espulsione nei tempi record e non sia proceduto invece a nuovo arresto;

   perché il Falcon 900 sia decollato da Roma alle 10 del mattino, prima dell'emissione dell'ordinanza e se il Ministro della giustizia ne fosse al corrente;

   per quale motivo il Ministro della giustizia abbia dichiarato di essere impegnato a «valutare» le carte se, a quanto pare, il rimpatrio era già stato deciso;

   se ci siano state interlocuzioni con le autorità libiche.
(3-01687)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LA PORTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Prato, negli ultimi mesi, è stato oggetto di numerose segnalazioni riguardanti eventi anomali sia da un punto di vista giudiziario che non;

   oltre alla grottesca paralisi del sistema elettrico causato dal rosicchiamento di alcuni cavi ad opera di un topo che ha comportato il blocco dell'attività giudiziaria e la perdita di alcuni dati relativi a intercettazioni, meritano particolare attenzione due filoni processuali legati alla malavita organizzata cinese: uno denominato «China Truck» e l'altro avente a oggetto reati tributari in ambito di presunte fronti in forniture tessili;

   se sul primo filone citato vi sono già stati atti di sindacato ispettivo per la particolare lentezza nello svolgimento del processo che vede, tra i molti capi di imputazione, quello di associazione a delinquere di stampo mafioso, il secondo procedimento è altrettanto meritevole di approfondimento;

   questo, infatti, prende le mosse da un'indagine della Procura di Prato del 2012 che citò a giudizio 37 imprenditori cinesi ed uno italiano, imputati a vario titolo di reati di associazione a delinquere, contrabbando, induzione di falso nel pubblico ufficiale e una serie di violazioni tributarie nel commercio di tessuti;

   la prima udienza preliminare risale al 2018 ma il dibattimento non è mai iniziato dinnanzi al tribunale collegiale, essendosi l'attività limitata alla nomina di un perito per le trascrizioni e oltre dieci udienze solo per sanare le numerose eccezioni sulle notifiche ai cittadini extracomunitari;

   il dibattimento, per via delle numerose eccezioni preliminari, non solo non si è mai aperto ma, essendo venuta meno l'aggravante della transnazionalità, è stato superato il termine prescrizionale, finendo con un non doversi procedere;

   pur rispettando la guarentigia della prescrizione e la presunzione di non colpevolezza sino al passaggio in giudicato della sentenza, il capo di imputazione aveva rilevato anche un'importante sottrazione di denari all'Erario che a causa dell'impossibilità di arrivare alla celebrazione del processo, non verranno mai recuperati;

   si ricordano la norma cosiddetta contro le partite Iva «apri e chiudi» a salvaguardia dell'Erario contro le operazioni fraudolente, nonché i provvedimenti di recente adozione con cui venivano aumentati il numero dei dipendenti del tribunale di sette unità e stanziati investimenti per l'ammodernamento del distretto giudiziario di Prato; provvedimenti strutturali per ribadire la volontà di un impegno concreto al fianco della cittadinanza e della giustizia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se il Ministro interrogato intenda valutare se, alla luce dell'estinzione per prescrizione del procedimento per associazione a delinquere, sussistano i presupposti per adottare ulteriori e più incisive iniziative ispettive in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-04152)


   CASU, GIANASSI, DI BIASE, LACARRA, SCARPA e SERRACCHIANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 5 gennaio 2025 una delegazione del Partito Democratico, composta dai parlamentari D'Elia, Sensi e Casu si è recata presso l'Istituto Penale per i Minorenni «Casal del Marmo», a Roma, dove ha riscontrato notevoli criticità;

   come riportato dagli organi di stampa, l'11 gennaio 2025 alcuni detenuti avrebbero aggredito tre agenti della Polizia penitenziaria;

   si tratta di episodi sempre più frequenti, dovuti anche alle condizioni di disagio in cui si trovano a vivere i ristretti nell'istituto, presenti in numero superiore alla capienza massima fissata a 57 unità;

   a ciò si aggiunga il fatto che il personale della polizia penitenziaria assegnato è di circa il 50 per cento inferiore rispetto alla pianta organica, la dotazione organica complessiva per i diciassette Istituti panali per i minorenni del Paese, come riportato nel provvedimento del Capo del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del 29 maggio 2024, è fissata complessivamente a 897 unità, di cui manca però la disponibilità effettiva;

   al contempo, l'importo dei fondi previsti dalla legge di bilancio sul capitolo relativo alle «Spese per l'attuazione dei provvedimenti penali emessi dall'autorità giudiziaria», la principale fonte di finanziamento per i progetti educativi e trattamentali negli Istituti penali per i minorenni, è diminuito;

   dai precedenti 42.881.583 euro per ciascun anno del triennio 2022-2024, si è passati agli attuali 42.280.000 euro, taglio che va, inoltre, analizzato alla luce dell'apertura prevista di quattro nuovi Istituti nel corso del 2025, che si concretizza in una ulteriore diminuzione dello stanziamento a fronte di un potenziale aumento della platea dei beneficiari e comunque alla sua distribuzione su più sedi detentive inoltre nel capitolo relativo alle «Spese di ogni genere riguardanti la rieducazione dei detenuti», di ogni riferimento alla retribuzione degli ospiti che siano impegnati in attività lavorative, il che genera la paradossale impossibilità di retribuire i ristretti negli Istituti penali per i minorenni che prestano attività lavorativa, laddove invece per gli adulti l'articolo 22 della legge 26 luglio 1975, n. 354, fissa espressamente la remunerazione in misura pari a quella prevista per le singole figure dai contratti collettivi nazionali, ridotta di un terzo;

   il sistema penitenziario del nostro Paese vive una gravissima crisi, aggravata ed esasperata dalla politica panpenalistica del Governo, il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria, il record di 89 suicidi nel solo 2024, rischiano seriamente di mettere in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

   le riduzioni di spesa operano nel quadro di una manovra di finanza pubblica che non prevede alcuna misura relativa al comparto penitenziario, con colpevole noncuranza delle sorti della giustizia minorile ormai al collasso, a causa degli effetti combinati di tagli e del cosiddetto «decreto Caivano»;

   la linea securitaria tracciata dal Governo tesa a deumanizzare la figura del detenuto senza prevedere alcun ricorso agli istituti riabilitativi, incide negativamente anche sulle condizioni di lavoro della Polizia penitenziaria, costringendo il personale a vivere e lavorare in contesti drammatici che hanno già procurato diversi suicidi tra gli stessi agenti –:

   quali iniziative intenda intraprendere allo scopo di sanare le gravi deficienze organizzative, organiche e di equipaggiamento che ostacolano il corretto funzionamento del sistema penitenziario minorile e specificamente a garantire il personale di polizia necessario ad assicurare la sicurezza e lo svolgimento delle attività rieducative nell'Istituto di Roma, al fine di ricondurre l'esecuzione della pena all'interno degli Istituti penali per i minorenni al livello della sua tradizione di eccellenza, nel pieno rispetto dei principi costituzionali volti al recupero e reinserimento sociale della condannata o del condannato.
(4-04155)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AMENDOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'audizione svolta dal dottor Vito Bardi, presidente della regione Basilicata nonché commissario per l'emergenza idrica per il territorio regionale, in data 21 gennaio 2025 dinanzi le commissioni parlamentari bilancio e ambiente della Camera dei deputati per l'esame del decreto-legge n. 208 del 2024, sono state rilasciate una serie di dichiarazioni a giudizio dell'interrogante che necessitano di un approfondimento tecnico istituzionale;

   in merito ad interventi da realizzare per evitare che l'emergenza idrica, che per mesi ha attanagliato il capoluogo di regione Potenza e altri 29 comuni del bacino del Camastra, si ripresenti, il presidente Bardi ha illustrato misure definite, come riportato anche a mezzo stampa, «fondamentali per garantire la sicurezza, l'efficienza e la resilienza del sistema idrico» per un importo totale di 36,3 milioni di euro facendo riferimento al provveditorato alle opere pubbliche;

   suddetti interventi interesserebbero diverse strutture del sistema idrico lucano, già esistenti o da realizzare;

   tra gli interventi citati ha fatto riferimento alla stabilizzazione della presa dal fiume Basento, con un investimento stimato di 4 milioni di euro per realizzare una presa stabile nel punto attualmente occupato dalla struttura provvisoria;

   ha fatto riferimento ad un non meglio precisato piano per ridurre le perdite idriche nelle reti di distribuzione, per la digitalizzazione delle reti e la sostituzione di tratti ammalorati;

   ha fatto anche riferimento al collegamento della diga di Acerenza con il potabilizzatore di Masseria Romaniello e la realizzazione di nuovi pozzi nell'area del Lago del Pantano di Pignola;

   la necessità, dopo l'emergenza superata solo grazie alle precipitazioni di «madre natura», quella di avere certezze rispetto agli interventi e uscire dalla nebulosità degli annunci –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli interventi annunciati e riportati in premessa e se e quali risorse il Governo nazionale intenda destinare, e quali iniziative normative intenda assumere per il superamento del deficit infrastrutturale idrico della regione Basilicata al fine di scongiurare il ripetersi di criticità come quelle di questi mesi.
(5-03411)


   CANTONE, FEDE e TRAVERSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   Enav S.p.A. è un'azienda pubblica italiana sotto forma di società per azioni, che opera come fornitore in esclusiva di servizi alla navigazione aerea civile nello spazio aereo di competenza italiana;

   rappresenta il service provider italiano per i servizi alla navigazione aerea civile, tra maggiori in Europa per l'eccellenza nelle performance operative. Conta oltre 4000 persone nel gruppo e gestisce il traffico aereo dalle 45 torri italiane e dei 4 centri di controllo d'area, operando sul profilo della sicurezza e valutando anche le rotte maggiormente sostenibili;

   la società è autorizzata a selezionare, formare e aggiornare i diversi profili professionali che operano nei servizi per il controllo del traffico aereo civile;

   la società ha recentemente pubblicato la ricerca di profili professionali da inserire come controllori del traffico aereo. I requisiti minimi pubblicati riguardano: la data di nascita che non può essere precedente al 1° gennaio 1997; avere il diploma di istruzione secondaria di secondo grado; conoscenza della lingua inglese nonché di quella italiana;

   la prima previsione, quella riguardante i requisiti anagrafici, di fatto esclude nuovamente i nati tra il 1990 e il 1994 (che erano già stati esclusi, per quanto noto all'interrogante, nel precedente concorso);

   ci sarebbe inoltre un accordo tra Aeronautica Militare ed Enav che non consentirebbe ai controllori di volo di transitare nel comparto civile, mentre altre categorie, quali manutentori o piloti, ad esempio, avrebbero addirittura delle corsie preferenziali –:

   se si possano chiarire le ragioni dell'accordo esposto in premessa, se non si ritenga di adottare iniziative di competenza affinché siano evitate discriminazioni per i controllori di volo nati tra il 1990 e il 1994 e si riconosca loro la possibilità effettiva di passare dal comparto militare a quello civile.
(5-03416)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIPPO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   il concorso ordinario 2020 ha individuato numerosi docenti idonei, i quali sono stati immessi in ruolo con decorrenza giuridica a partire da settembre 2024 e decorrenza economica da settembre 2025;

   tali docenti, pur non avendo ancora assunto servizio, risultano già vincolati ad una provincia assegnata, spesso distante dalla propria residenza, senza possibilità di richiedere una mobilità intra-regionale prima dell'effettivo ingresso in servizio;

   la situazione è ulteriormente complicata da rinunce tardive da parte di altri colleghi e dall'assenza di una fase che consenta di dichiarare la rinuncia al ruolo prima della procedura di mobilità, come evidenziato per le nomine avvenute dopo il 31 agosto 2024;

   la rigidità dell'attuale normativa di mobilità rischia di creare disparità tra i docenti, oltre a compromettere la continuità didattica e comportare un aggravio organizzativo per l'amministrazione scolastica;

   è ragionevole, pertanto, ritenere che una maggiore flessibilità nella fase di mobilità, limitata almeno al contesto regionale, consentirebbe una migliore allocazione delle risorse, riducendo il disagio per i docenti e le loro famiglie e garantendo una distribuzione più efficiente del personale;

   inoltre, si apprende che un tavolo tecnico del Ministero starebbe redigendo l'ordinanza sulla mobilità per il prossimo triennio: quanto rappresentato potrebbe, in tal caso, trovare in essa la sede opportuna per un intervento tempestivo finalizzato all'introduzione di apposite disposizioni normative che tengano conto di questa situazione eccezionale –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per consentire ai docenti idonei del concorso ordinario 2020 che non abbiano ancora assunto servizio di accedere alla mobilità intra-regionale prima dell'inizio del prossimo anno scolastico, tenendo conto delle effettive disponibilità di posti nelle province;

   se non ritenga opportuno prevedere, per i docenti nominati dopo il 31 agosto 2024, la possibilità di esprimere una preferenza rispetto alla sede prima dell'applicazione del vincolo triennale;

   quali iniziative intenda mettere in campo per garantire una maggiore flessibilità nella gestione delle nomine e delle assegnazioni, al fine di assicurare equità, continuità didattica e un utilizzo più razionale delle risorse del personale scolastico in futuro.
(4-04156)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   «L'ospedale dei Bianchi e il Punto Nascita di Corleone non si toccano!», è l'appello congiunto del Comitato civico «Voglio nascere e curarmi a Corleone» costituito dalle sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil e dai sindaci di 16 comuni per sollecitare il potenziamento di personale sanitario nei reparti e nei servizi, soprattutto personale pediatrico e cardiologico;

   accade, come riferito anche dalle sigle sindacali, che i neonati vengono trasportati all'ospedale Ingrassia perché a Corleone mancano i pediatri, così come mancano cardiologi, radiologi e ginecologi;

   è ormai da diverso tempo che incombe sui cittadini di un bacino enorme di 16 comuni la minaccia del ridimensionamento dell'ospedale di Corleone e della chiusura del punto nascita e la mobilitazione in difesa dell'ospedale si sta facendo sentire in maniera sempre più forte, coinvolgendo tutti i sindaci del comprensorio, i rappresentanti dell'Azienda sanitaria provinciale, dei sindacati e del su citato comitato civico;

   la carenza di medici e la conseguente chiusura di servizi è un problema che riguarda l'intero Paese ma in alcuni territori del nostro Paese questo significa, ancora più che altrove, mettere in grave pericolo la salute delle persone ed in questo caso delle partorienti del comprensorio di Corleone che dovranno quindi rivolgersi ai punti nascita di Palermo distanti anche oltre 80 chilometri, ad oltre un'ora di tragitto su strade le cui condizioni manutentive sono disastrose e con collegamenti pubblici problematici, con tutti i rischi connessi legati al parto urgente o a rischio;

   Corleone e i comuni limitrofi si trovano in una zona montana e disagiata e questo è uno dei motivi per cui i bandi dell'Asp, finalizzati a coprire le carenze di personale, sono andati a vuoto;

   l'Accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010, recante «Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo», ha definito gli elementi tecnico-organizzativi per il miglioramento della qualità, appropriatezza e sicurezza del percorso nascita;

   con successivo provvedimento, adottato con il decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70, sono stati definiti gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza ospedaliera, per garantire livelli di assistenza adeguati alle migliori tecniche, al fine di garantire il diritto costituzionale alla salute;

   il successivo decreto ministeriale dell'11 novembre 2015 ha introdotto la possibilità di derogare ai predetti standard «in condizioni orograficamente difficili»;

   in sostanza, sui punti nascita e sui presidi sanitari, un ragionamento completamente diverso deve essere fatto per i piccoli ospedali in aree particolarmente disagiate come possono essere le aree di montagna e le isole; in queste situazioni, le condizioni climatiche e i tempi di percorrenza tra la residenza della donna in stato di gravidanza e un grosso punto nascita di riferimento possono compromettere la sicurezza molto di più dell'espletare il parto in un piccolo ospedale di montagna o insulare;

   in virtù della citata normativa nazionale al punto nascita di Corleone era già stata riconosciuta una deroga ministeriale come punto nascita in zona disagiata e pertanto il suo funzionamento va concretamente garantito attraverso risorse finanziarie adeguate, necessarie a garantire tutte le professionalità necessarie –:

   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza volte a garantire che nelle zone disagiate del nostro territorio nazionale, com'è il caso di Corleone e dei comuni del comprensorio, siano presenti tutti i presidi sanitari necessari a garantire il diritto alla salute tutelato dall'articolo 32 della Costituzione;

   se non ritenga di dover adottare iniziative di competenza volte a garantire, anche attraverso appositi incentivi al personale medico e sanitario, le risorse umane necessarie al corretto ed appropriato funzionamento dei punti nascita che hanno ottenuto una deroga ministeriale come punto nascita in zona disagiata.
(2-00518) «Morfino, D'Orso, Aiello, Carmina, Quartini, Sportiello, Marianna Ricciardi, Di Lauro».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DAVIDE BERGAMINI, CARLONI e PIERRO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il settore dei Kiwi in Italia è in espansione, sia in termini di produzione che di consumi ed esportazioni, posizionandosi al quinto posto tra le colture di frutta fresca, preceduto da uva, mele, arance e pesche;

   l'impatto negativo dei cambiamenti climatici crea sfide sempre più gravose alla produzione, in particolare per quanto riguarda la resa produttiva media e alla diffusione di fitopatologie;

   la corretta ripresa vegetativa primaverile di diverse colture è regolata, principalmente, dal soddisfacimento del fabbisogno di freddo. Il parziale o mancato soddisfacimento di questo fabbisogno non consente a molte piante arboree con riposo invernale di esprimere il loro massimo potenziale varietale sia qualitativo sia produttivo; negli ultimi quattro anni, si è assistito ad una perdita di circa 100 ore di freddo ogni anno;

   una persistente rilevazione di un basso cumulo di ore di freddo, nel caso del Kiwi, comporta lunghe fioriture che oltre a imporre un alto numero di trattamenti fitosanitari, portano ad una diminuzione della qualità del frutto nonché ad un calo medio della resa produttiva che a livello nazionale si attesta a circa il 37,5 per cento per il kiwi giallo e al 43 per cento per il kiwi verde, con un danno stimato per il comparto agricolo – produzione e lavorazione – di circa 180 milioni di euro l'anno;

   fra i prodotti che hanno proprietà regolatrici della crescita di diverse piante, come kiwi, ciliegie, uva e mele, si registra «l'idrogeno cianammide», conosciuto a livello commerciale come Dormex, in quanto è in grado di stimolare chimicamente il germogliamento dimostrandosi altamente efficace anche negli inverni più miti;

   l'idrogeno cianammide come prodotto fitosanitario era stato autorizzato nel 2000 su actinidia (kiwi), vite, albicocco e ciliegio, al fine di interrompere la dormienza delle piante e accelerare la fine del riposo vegetativo; nel 2008 l'idrogeno cianammide, però, viene ritirato a livello nazionale;

   negli anni dal 2021 al 2024 il Ministero della salute non ha ritenuto necessario approvare le richieste di uso in deroga dell'idrogeno cianammide, ritenendo di applicare un approccio cautelativo a tutela della salute pubblica, con particolare riferimento agli operatori;

   negli stessi anni, però la Grecia – nostro principale competitor UE su kiwi, uva da tavola e drupacee – ha concesso la deroga all'impiego del Dormex per il settore dei kiwi, proprio in virtù degli effetti dei cambiamenti climatici e dell'innalzamento delle temperature sulle ore di freddo, riconoscendone l'utilizzo come necessario ed efficace strumento di controllo, sicuro per gli agricoltori greci, erodendo così quote di mercato ai nostri produttori;

   negli ultimi 4 anni sono stati condotti diversi studi volti a valutare l'uso di prodotti alternativi al Dormex, rilevando un'affidabilità meno costante e risultando più vulnerabili alla variabilità climatica;

   studi presi in considerazione dall'EPA hanno evidenziato come i livelli di esposizione degli operatori risultano trascurabili se accompagnati da un uso corretto dei Dpi e cabine chiuse;

   a parere dell'interrogante, se regolamentato adeguatamente, l'utilizzo del Dormex rappresenterebbe uno strumento sicuro ed efficace per far fronte agli impatti negativi dei cambiamenti climatici sulla produzione agricola –:

   se non ritengano, per quanto di competenza, necessario prevedere iniziative volte a una deroga (secondo l'articolo 53 del regolamento CE 1107/2009) all'impiego del Dormex in campo aperto e in serra a livello nazionale per le colture fruttifere interessate, mettendo in atto tutte le misure mitigative volte a garantire la sicurezza umana e ambientale, al fine di evitare una crisi generale che colpirebbe non solo le aziende agricole, bensì anche i consumatori e l'approvvigionamento alimentare.
(5-03410)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ORRICO, AMATO e CASO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'università per stranieri «Dante Alighieri» è un'università privata legalmente riconosciuta, istituita con decreto ministeriale del 17 ottobre 2007, con sede in Reggio Calabria;

   è una delle tre università del Paese, insieme all'università per stranieri di Perugia e l'università per Stranieri di Siena, dedicate allo studio della lingua e della cultura italiana per cittadini stranieri in Italia;

   l'ateneo, che nasce da un consorzio che aveva coinvolto soggetti istituzionali e privati, ha svolto un ruolo importante nella promozione della lingua e della cultura italiana attirando studenti di provenienza internazionale e contribuendo al prestigio culturale della città di Reggio Calabria;

   l'istituzione, negli ultimi anni, ha affrontato una crisi significativa, con importanti ripercussioni non solo sulla didattica e sulla gestione quanto sulla governance della stessa;

   ad oggi, dopo un lungo periodo di incertezza si vive, infatti, una situazione paradossale poiché si hanno due soggetti antagonisti, l'attuale consiglio di amministrazione della «Dante Alighieri» da un lato ed un nuovo consorzio promotore con soci istituzionali dall'altra, che ambiscono alla governance dell'ateneo determinando controversie legali e amministrative;

   a riprova di tali controversie il consiglio di amministrazione dell'ateneo aveva, nominato un nuovo rettore nella persona del professore Fulvio Gismondi ed emanato un nuovo statuto nel quale veniva modificato il nome dell'università che perdeva il riferimento alla città di Reggio Calabria ed approvava l'ingresso di un socio privato legato al mercato delle università telematiche, nonostante, come si evince da organi di stampa, una nota del 25 novembre 2024 in cui il Ministero dell'università e della ricerca avrebbe chiesto di sospendere la nomina del rettore fino alla conclusione di un'istruttoria avviata per approfondire la legittimità del consiglio di amministrazione ed un'altra del 4 dicembre 2024 in cui chiedeva ulteriori documenti per verificare la legittimità del consiglio di amministrazione a deliberare sulla modifica statutaria;

   il Ministero dell'università e della ricerca ha chiarito con una ulteriore nota che la recente modifica allo statuto dell'università per stranieri «Dante Alighieri» di Reggio Calabria, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 20 dicembre 2024, è priva di effetti poiché l'approvazione di tale atto non ha completato l'iter di controllo richiesto dalla normativa vigente;

   la crisi dell'ateneo ha portato ad un calo delle iscrizioni, la perdita di rilevanza internazionale, la condizione di instabilità del personale amministrativo –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, nell'ambito dei poteri di cui all'articolo 6, commi 9 e 10 della legge n. 168 del 1989, considerata la necessità che sia rivolto il conflitto amministrativo in essere all'università per stranieri «Dante Alighieri», in modo da garantire una governance stabile ed efficace, che sia preservata la funzione strategica e sia rilanciata l'attività didattica.
(5-03417)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Lupi n. 1-00228, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 dicembre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bicchielli, Brambilla, Carfagna, Cavo, Alessandro Colucci, Pisano, Romano, Semenzato, Tirelli.

Ritiro di una firma da una interrogazione.

  Interrogazione a risposta scritta Casu e altri n. 4-04133, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 gennaio 2025 è stata ritirata la firma del deputato Morassut.