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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 11 febbraio 2025

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta dell'11 febbraio 2025.

  Albano, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Caiata, Calderone, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, D'Alessio, Deidda, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pellegrini, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Marianna Ricciardi, Riccardo Ricciardi, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Siracusano, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Caiata, Calderone, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, D'Alessio, Deidda, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pellegrini, Pichetto Fratin, Polidori, Prisco, Rampelli, Marianna Ricciardi, Riccardo Ricciardi, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 10 febbraio 2025 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   VACCARI ed altri: «Disposizioni per la tutela dell'agricoltura eroica» (2233);

   MALAVASI ed altri: «Disposizioni per la prevenzione, la diagnosi e la cura della talassemia, dell'anemia falciforme, delle emoglobinopatie e delle alterazioni rare dei globuli rossi» (2234).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati
a proposte di legge.

  La proposta di legge EVI ed altri: «Disposizioni in materia di riconversione del settore zootecnico per la progressiva transizione agroecologica degli allevamenti intensivi» (1760) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Scarpa.

  La proposta di legge DEIDDA ed altri: «Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, in materia di sanzioni per illeciti contro la regolarità e la sicurezza della circolazione ferroviaria» (2168) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Padovani.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):

  LUPI ed altri: «Istituzione della festa nazionale di San Francesco d'Assisi» (2097) Parere delle Commissioni V, VII, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   V Commissione (Bilancio e Tesoro):

  CALDERONE ed altri: «Disposizioni per la rimozione degli svantaggi derivanti dall'insularità, la considerazione del fattore insulare nella produzione normativa e il riconoscimento della peculiarità delle isole minori, in attuazione dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione» (2173) Parere delle Commissioni I, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Assegnazione di proposta di inchiesta parlamentare a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XII (Affari sociali):

  ZANELLA: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'impiego delle sostanze polifluoroalchiliche e perfluoroalchiliche nei processi produttivi e nei prodotti industriali e agroalimentari nonché sugli effetti da esse prodotti sull'uomo e sull'ambiente» (Doc. XXII, n. 37) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V e X.

Annunzio di sentenze
della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria la seguente sentenza che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, è inviata alla II Commissione (Giustizia), nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  sentenza n. 9 del 14 gennaio-6 febbraio 2025 (Doc. VII, n. 432), con la quale:

   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 605, sesto comma, del codice penale, aggiunto dall'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari), sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 76 della Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Grosseto.

  Il Presidente della Corte costituzionale, con lettere in data 7 febbraio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:

  sentenza n. 10 del 20 gennaio-7 febbraio 2025 (Doc. VII, n. 433), con la quale:

   dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 26 giugno 2024, n. 86 (Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione), come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024, richiesta dichiarata conforme a legge, con ordinanza pronunciata il 12 dicembre 2024, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione:

   alla I Commissione (Affari costituzionali):

  sentenza n. 11 del 20 gennaio-7 febbraio 2025 (Doc. VII, n. 434), con la quale:

   dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole «adottato da cittadino italiano» e «successivamente alla adozione», e lettera f), della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), dichiarata legittima dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 12 dicembre 2024:

   alla I Commissione (Affari costituzionali);

  sentenza n. 12 del 20 gennaio-7 febbraio 2025 (Doc. VII, n. 435), con la quale:

   dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), come modificato: dal decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 (Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2018, n. 96; dalla sentenza della Corte costituzionale n. 194 del 2018; dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021); dal decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155); dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali), convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40; dalla sentenza della Corte costituzionale n. 150 del 2020; dal decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118 (Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia), convertito, con modificazioni, nella legge 21 ottobre 2021, n. 147; dal decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante «Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)», convertito, con modificazioni, nella legge 29 giugno 2022, n. 79; dalle sentenze della Corte costituzionale n. 22 e n. 128 del 2024; richiesta dichiarata conforme a legge con ordinanza del 12 dicembre 2024, pronunciata dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione:

   alla XI Commissione (Lavoro):

  sentenza n. 13 del 20 gennaio 2024-7 febbraio 2025 (Doc. VII, n. 436), con la quale:

   dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), come sostituito dall'articolo 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti individuali), limitatamente alle parole: «compreso tra un», alle parole «ed un massimo di 6» e alle parole «La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro», richiesta dichiarata conforme a legge dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 12 dicembre 2024:

   alla XI Commissione (Lavoro):

  sentenza n. 14 del 20 gennaio-7 febbraio 2025 (Doc. VII, n. 437), con la quale:

   dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183), limitatamente alle seguenti parti:

    articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole «non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque», alle parole «in presenza di almeno una delle seguenti condizioni», alle parole «in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti»; e alle lettere «b-bis)»;

    articolo 19, comma 1-bis, limitatamente alle parole «di durata superiore a dodici mesi» e alle parole «dalla data di superamento del termine di dodici mesi»;

    articolo 19, comma 4, limitatamente alle parole «, in caso di rinnovo,» e alle parole «solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi»;

    articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole «liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,»;

    richiesta dichiarata conforme a legge, con ordinanza pronunciata il 12 dicembre 2024, dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione:

   alla XI Commissione (Lavoro):

  sentenza n. 15 del 20 gennaio-7 febbraio 2025 (Doc. VII, n. 438), con la quale:

   dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), limitatamente alle parole «Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.», dichiarata conforme a legge dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione:

   alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali):

  La Corte Costituzionale, in data 10 febbraio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia della seguente sentenza che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, è inviata alla II Commissione (Giustizia), nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  sentenza n. 16 dell'11 dicembre 2024-10 febbraio 2025 (Doc. VII, n. 439), con la quale:

   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4, secondo comma, della legge 8 luglio 1980, n. 319 (Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria) nella parte in cui, per le vacazioni successive alla prima, dispone la liquidazione di un onorario inferiore a quello stabilito per la prima vacazione;

   dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 50, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, sezione prima penale, in composizione monocratica:

   alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente del Collegio del controllo concomitante presso la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 5 febbraio 2025, ha trasmesso la deliberazione n. 4/2025 del 4 febbraio 2025, con la quale il Collegio stesso ha approvato il quadro programmatico per il 2025.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 11 febbraio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione Museo nazionale della scienza e della tecnologia «Leonardo da Vinci», per l'esercizio 2023, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 343).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 10 febbraio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione, predisposta dal Ministero dell'interno, in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a una deroga temporanea a talune disposizioni del regolamento (UE) 2017/2226 e del regolamento (UE) 2016/399 per quanto riguarda l'entrata in funzione graduale del sistema di ingressi/uscite (COM(2024) 567 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti.

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di risoluzioni
del Parlamento europeo.

  Il Parlamento europeo, in data 7 febbraio 2025, ha trasmesso le seguenti risoluzioni, approvate nella tornata dal 20 al 23 gennaio 2025, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), nonché, per il parere, e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica di Serbia relativo alle attività operative svolte dall'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera nella Repubblica di Serbia (Doc. XII n. 578);

   Risoluzione sulla necessità di intervenire contro la continua oppressione e le elezioni farsa in Bielorussia (Doc. XII n. 579);

   Risoluzione sulla disinformazione e la falsificazione della storia da parte della Russia per giustificare la sua guerra di aggressione contro l'Ucraina (Doc. XII n. 580).

Trasmissione dalla Regione Marche.

  Il Presidente della Regione Marche, in qualità di commissario delegato titolare di contabilità speciale, con lettera in data 5 febbraio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 27, comma 4, del codice della protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, il rendiconto, per l'anno 2024, relativo alla contabilità speciale n. 6190, concernente l'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, di cui alle ordinanze del capo del Dipartimento della protezione civile n. 630 del 2020 e n. 639 del 2020.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dalla Regione
Emilia-Romagna.

  Il Presidente della Regione Emilia-Romagna, in qualità di commissario delegato titolare di contabilità speciale, con lettere pervenute in data 7 e 10 febbraio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 27, comma 4, del codice della protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, i rendiconti, per l'anno 2024, relativi:

   alla contabilità speciale n. 5757, concernente le attività connesse agli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito la Regione Emilia-Romagna nel periodo compreso tra il 31 ottobre e il 12 novembre 2012, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2013;

   alla contabilità speciale n. 6110, concernente le attività connesse agli eccezionali eventi metereologici verificatisi nella Regione Emilia-Romagna a partire dal mese di ottobre 2018, di cui alle ordinanze del capo del Dipartimento della protezione civile n. 558 del 2018, n. 840 del 2022 e n. 1087 del 2024.

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI

Iniziative volte a incrementare il fondo per il cosiddetto bonus psicologico, al fine di garantirne l'erogazione a tutti gli aventi diritto – n. 3-00772

A)

   DORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   pochi giorni fa, durante la trasmissione televisiva condotta da Fabio Fazio «Che tempo che fa», Fedez ha lanciato un appello alle istituzioni affinché si facciano carico di una vera e propria emergenza sociale, quella della salute mentale, in particolare delle giovani generazioni;

   secondo l'Organizzazione mondiale della sanità il suicidio è la seconda causa di morte fra adolescenti e giovani;

   secondo il rapporto Unicef 2022 in Europa 9 milioni di giovani, tra i 10 e i 19 anni, convivono con un disturbo legato alla salute mentale e ogni anno 1.200 bambini e adolescenti, fra i 10 e i 19 anni, pongono fine alla propria giovane vita;

   secondo i dati Istat in Italia sono due milioni i giovani che hanno problemi di salute mentale;

   sempre secondo l'Istat, nel 2021 in Italia sono 220 mila i ragazzi tra i 14 e i 19 anni insoddisfatti della propria vita e in una condizione di scarso benessere psicologico;

   gli atti di autolesionismo fra i giovanissimi hanno raggiunto livelli estremamente preoccupanti;

   l'Istituto superiore di sanità afferma che servirebbe uno psicologo ogni mille abitanti, mentre in Italia sono meno di tre ogni 100.000 abitanti;

   l'Agenzia italiana del farmaco ricorda che, tra i 20 farmaci più prescritti in Italia coperti dal sistema sanitario nazionale, ben 6 sono antidepressivi o ansiolitici;

   nonostante questi dati allarmanti, nonostante l'indignazione dell'opinione pubblica, nonostante la richiesta di aiuto delle famiglie che vivono giornalmente un grave disagio, lo stanziamento previsto con la legge di bilancio per il 2023 è insufficiente;

   il 6 settembre 2023 la Camera dei deputati ha approvato in un testo unificato in prima lettura la proposta di legge a prima firma dell'interrogante recante «Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo», che ha previsto, tra le altre cose, un servizio di sostegno psicologico per gli studenti e un servizio di coordinamento pedagogico;

   anche moltissimi studenti universitari stanno vivendo situazioni di disagio o di malessere, in particolare legate al percorso accademico. Da diversi anni le rappresentanze studentesche universitarie di tutta Italia lamentano la mancanza in molti atenei di un adeguato sportello di assistenza e ascolto: in molti casi il servizio risulta attivo solo pochi giorni a settimana e previa necessaria richiesta di appuntamento via e-mail;

   nel 2021 sono state quasi 6.000 le richieste d'aiuto arrivate a Telefono amico Italia da persone attraversate dal pensiero del suicidio o preoccupate per il possibile suicidio di un proprio caro. Le richieste sono cresciute del 55 per cento rispetto al 2020 e sono quasi quadruplicate rispetto al 2019, prima della pandemia. Il 28 per cento delle richieste d'aiuto è di under 26;

   il «bonus psicologo» è un sussidio per i privati cittadini istituito con il cosiddetto «decreto milleproroghe» del 30 dicembre 2021, convertito in legge nel febbraio 2022, inizialmente previsto per il solo 2022 con un importo di 25 milioni di euro;

   la legge di bilancio per il 2023 ha invece reso strutturale il bonus psicologico, ma con un importo di soli 5 milioni di euro per l'anno 2023 e poi di 8 milioni di euro a partire dall'anno 2024;

   nel report annuale Inps si legge che per il 2022 «su circa 395 mila domande, il 99 per cento rispondevano ai requisiti di ammissibilità, ma ne sono state finanziate solo circa 41.600, che rappresentano il 10,5 per cento delle richieste» –:

   se i Ministri interrogati intendano, con ulteriori iniziative di competenza, incrementare notevolmente il fondo per il bonus psicologico al fine di consentirne l'accesso a tutti coloro che, avendone i requisiti, ne facciano richiesta.
(3-00772)


Iniziative volte a differire l'obbligo di deposito telematico dei documenti nel processo penale, nelle more dell'adeguata operatività della infrastruttura digitale dedicata – n. 3-01721

B)

   D'ORSO e ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° gennaio 2025 il deposito telematico nel settore penale è diventato obbligatorio per un'ampia fascia di documenti;

   dai primi giorni, però, l'applicativo utilizzato dal Ministero della giustizia «App» ha dimostrato la sua inadeguatezza tecnica, già ampiamente denunciata dagli addetti ai lavori;

   il malfunzionamento del sistema ha costretto i presidenti di diversi tribunali a sospenderne l'uso già al primo giorno di ripresa delle udienze;

   i problemi non sono solo legati al sistema di trasmissione in sovraccarico, ma anche a quello di ricezione;

   l'avvocatura, prevedendo possibili problemi, aveva chiesto il rinvio dell'entrata in vigore della normativa con un periodo di cosiddetto «doppio binario», che avrebbe consentito di comprenderne i punti deboli, adottando i correttivi senza ledere i diritti dei cittadini;

   risulta necessaria e sotto gli occhi di tutti la necessità di rimodulare i tempi di attuazione del processo penale telematico, secondo scadenze che tengano conto dell'effettivo avanzamento dei sistemi telematici e della preparazione professionale impartita al personale di cancelleria, e fare in modo che siano garantiti di conseguenza il buon andamento della giustizia e il diritto di difesa –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative volte a differire l'obbligatorietà dei depositi telematici, fintantoché l'infrastruttura digitale del Ministero non risulti adeguata ed efficiente.
(3-01721)


PROPOSTA DI LEGGE: RIZZETTO ED ALTRI: MODIFICA ALL'ARTICOLO 3 DELLA LEGGE 20 AGOSTO 2019, N. 92, CONCERNENTE L'INTRODUZIONE DELLE CONOSCENZE DI BASE IN MATERIA DI SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO NELL'AMBITO DELL'INSEGNAMENTO DELL'EDUCAZIONE CIVICA (APPROVATA DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO) (A.C. 630-B)

A.C. 630-B – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Introduzione delle conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito delle linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica)

  1. All'articolo 3, comma 1, della legge 20 agosto 2019, n. 92, dopo la lettera h-bis) è aggiunta la seguente:

   «h-ter) conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro».

A.C. 630-B – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    l'insegnamento dell'educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado è caratterizzato da una crescente mole di contenuti e tematiche da affrontare, che spesso conducono a un apprendimento frammentario o superficiale delle materie trattate;

    le attuali linee guida prevedono una molteplicità di argomenti da trattare in un monte ore limitato, creando difficoltà oggettive nella programmazione didattica e nell'approfondimento adeguato delle tematiche;

    numerosi docenti segnalano criticità nell'organizzazione dell'insegnamento, nella valutazione degli apprendimenti e nella gestione del tempo a disposizione;

    si registrano disparità nell'implementazione del programma tra i diversi istituti scolastici, con conseguente disomogeneità nella preparazione degli studenti;

    la proposta di legge in fase di approvazione prevede l'inclusione nelle linee guida dell'educazione civica anche della materia della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

    la conoscenza delle norme sulla sicurezza e sulla tutela della salute rappresenta un elemento fondamentale per la formazione dei futuri lavoratori;

    gli istituti scolastici costituiscono essi stessi luoghi di lavoro nei quali gli studenti trascorrono gran parte del loro tempo e dove possono apprendere concretamente l'importanza delle norme sulla sicurezza,

impegna il Governo

al fine di dare piena attuazione al provvedimento in esame, ad incrementare le dotazioni finanziarie del Ministero dell'istruzione e del merito specificamente destinate a progetti formativi sulla salute e sicurezza, con particolare attenzione a:

   sviluppare programmi di formazione pratica ed esperienziale sulla sicurezza all'interno degli edifici scolastici;

   implementare progetti che permettano agli studenti di comprendere e applicare le norme di sicurezza nel loro ambiente quotidiano di studio;

   creare un collegamento efficace tra l'apprendimento delle norme di sicurezza in ambito scolastico e la loro futura applicazione nei luoghi di lavoro;

   garantire una formazione specifica dei docenti sulle tematiche della sicurezza e della salute negli ambienti di lavoro.
9/630-B/1. Gribaudo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'insegnamento dell'educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado è caratterizzato da una crescente mole di contenuti e tematiche da affrontare, che spesso conducono a un apprendimento frammentario o superficiale delle materie trattate;

    le attuali linee guida prevedono una molteplicità di argomenti da trattare in un monte ore limitato, creando difficoltà oggettive nella programmazione didattica e nell'approfondimento adeguato delle tematiche;

    la proposta di legge in fase di approvazione prevede l'inclusione nelle linee guida dell'educazione civica anche della materia della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

    la conoscenza delle norme sulla sicurezza e sulla tutela della salute rappresenta un elemento fondamentale per la formazione dei futuri lavoratori;

    gli istituti scolastici costituiscono essi stessi luoghi di lavoro nei quali gli studenti trascorrono gran parte del loro tempo e dove possono apprendere concretamente l'importanza delle norme sulla sicurezza,

impegna il Governo

al fine di dare piena attuazione al provvedimento in esame, a proseguire nelle attività già intraprese in tema di valorizzazione dell'insegnamento trasversale dell'educazione civica, con particolare attenzione a:

   sviluppare programmi di formazione pratica ed esperienziale sulla sicurezza all'interno degli edifici scolastici;

   implementare progetti che permettano agli studenti di comprendere e applicare le norme di sicurezza nel loro ambiente quotidiano di studio;

   creare un collegamento efficace tra l'apprendimento delle norme di sicurezza in ambito scolastico e la loro futura applicazione nei luoghi di lavoro;

   garantire una formazione specifica dei docenti sulle tematiche della sicurezza e della salute negli ambienti di lavoro.
9/630-B/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Gribaudo.


   La Camera,

   premesso che:

    all'articolo 2 il provvedimento in esame aggiunge all'elenco di tematiche proprie dell'insegnamento dell'educazione civica la lettera h-ter) all'articolo 3, comma 1, della legge n. 92 del 2019 relativa alle «conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro»,

impegna il Governo

ad adottare un'iniziativa con la medesima finalità del provvedimento in esame, volta a garantire la conoscenza della cultura del lavoro e della prevenzione in materia di sicurezza sul lavoro nelle attività di formazione professionale nelle carceri.
9/630-B/2. Soumahoro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, approvato dalla Camera dei deputati in prima lettura e successivamente approvato, con modificazioni, dal Senato, intende garantire la diffusione nelle istituzioni scolastiche delle conoscenze di base del diritto del lavoro e in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, anche attraverso le testimonianze di vittime di infortuni sul lavoro, per contribuire a formare cittadini consapevoli dei diritti, dei doveri e delle tutele del lavoratore;

    le predette finalità sono raggiunte tramite l'introduzione, operata all'articolo 2 del provvedimento all'esame, delle conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito delle linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica;

    in sostanza, novellando l'articolo 3 della legge n. 92 del 2019, si conferisce al Ministro dell'istruzione e del merito il compito di definire, con proprio decreto, tali linee guida, indicando in particolare l'elenco delle tematiche in riferimento alle quali sono fissati i traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi di apprendimento propri dell'insegnamento dell'educazione civica;

    la disposizione in esame aggiunge all'elenco di tematiche proprie dell'insegnamento dell'educazione civica la lettera h-ter), relativa alle «conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro»;

    l'articolo 35 della Costituzione, ha lo scopo di tutelare il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, riconoscendo, in sostanza, una specifica protezione al lavoratore, che è la parte debole del rapporto di lavoro in quanto ha minore potere contrattuale e, come evidenziato anche dagli originari proponenti della norma in esame, è inconcepibile che i cittadini entrino nel mondo del lavoro, molto spesso, privi delle conoscenze minime che concernono la disciplina del rapporto di lavoro e i diritti e i doveri a esso connessi, in primis quelle attinenti alla tutela della salute del lavoratore e alla sicurezza delle condizioni di lavoro; le «morti bianche» rappresentano la componente più odiosa e insopportabile del mondo del lavoro e i dati continuano ad essere sempre più impietosi anche nell'anno appena iniziato;

    è di queste ore la drammatica notizia di un'inchiesta sul bracciante indiano di 46 anni che ormai da circa due settimane è ricoverato in gravi condizioni nel reparto di Terapia intensiva coronarica dell'ospedale Santa Maria Goretti di Latina; il quarantaseienne è arrivato nel nosocomio pontino per una grave cardiopatia, ma durante gli accertamenti è emerso che gli arti inferiori, un braccio, il naso e la milza erano interessati da una vasculite autoimmune, provocata probabilmente dalla reazione del sistema immunitario all'esposizione a pesticidi o diserbanti senza le dovute precauzioni previste per legge, sembrerebbe per addirittura tre giorni; il bracciante ha perso entrambe le gambe e i medici gli hanno potuto salvare solamente il braccio; sulla vicenda stanno indagando le forze dell'ordine per cercare di individuare l'azienda agricola per cui ha lavorato;

    queste sono le conseguenze della mancata conoscenza e cultura sulla sicurezza nel lavoro che dovrebbe essere estesa non solo ai giovani che frequentano le nostre istituzioni scolastiche ma anche a tutte le popolazioni che provengono da altri paesi e che lavorano nel nostro territorio;

    queste sono soprattutto le conseguenze dell'odioso reclutamento illegale dei braccianti extracomunitari e di un caporalato illegale che nega i diritti di chi lavora e che si fonda sulla mentalità diffusa, quella dello sfruttamento, che è innanzitutto «un problema culturale» di imprenditori agricoli e lavoratori,

impegna il Governo

nell'ambito delle linee guida indicate in premessa, ad assicurare che nell'insegnamento dell'educazione civica, come integrato nel provvedimento all'esame, sia garantita la conoscenza relativa al grave fenomeno del reclutamento illegale dei braccianti extracomunitari e del caporalato illegale che nega i diritti di chi lavora e gli strumenti utili per contrastarlo, eliminando lo stigma culturale che lega lo sfruttamento alla condizione di immigrazione.
9/630-B/3. Barzotti, Carotenuto, Aiello, Tucci.


MOZIONI BRAGA ED ALTRI N. 1-00374, PAVANELLI ED ALTRI N. 1-00376, GHIRRA ED ALTRI N. 1-00378, FARAONE ED ALTRI N. 1-00380, CARAMANNA, GUSMEROLI, CASASCO, CAVO ED ALTRI N. 1-00385 E BENZONI ED ALTRI N. 1-00391 IN MATERIA DI POLITICHE INDUSTRIALI

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    1) in Italia la politica industriale ha seguito nel corso del tempo i cambiamenti economici, sociali, tecnologici, istituzionali che hanno attraversato il nostro tessuto produttivo, caratterizzandosi fino ai primi anni ottanta del secolo scorso per un approccio interventista, basato su un esplicito sostegno statale alle imprese considerate strategiche o a settori nascenti, in un periodo di rapida industrializzazione, un approccio che dalla metà degli anni ottanta, in un contesto internazionale contraddistinto dall'aumento degli scambi commerciali e dalla crescente liberalizzazione dei mercati, ha cambiato paradigma, con l'intervento pubblico che si è principalmente limitato a lasciare operare i meccanismi di mercato con l'obiettivo di sfruttare i guadagni dovuti alla specializzazione produttiva e al commercio, alla riduzione dei costi di transazione e all'efficiente riallocazione degli input tra settori e imprese, anche in connessione con la nascita del mercato unico europeo;

    2) i fenomeni della globalizzazione e dell'innovazione/rivoluzione tecnologica, a partire dalla fine del secolo scorso hanno determinato in molte economie avanzate non solo indubbi miglioramenti nel benessere dei cittadini ma anche un aumento delle disuguaglianze, cui le politiche pubbliche sono chiamate a dare una risposta adeguata. Inoltre, gli effetti sempre più visibili del cambiamento climatico e il riemergere dell'instabilità geopolitica hanno portato a un rinnovato interesse per le politiche industriali nei paesi avanzati, con l'obiettivo di promuovere, oltre che l'innovazione e la crescita dei sistemi economici, anche la coesione, la sostenibilità e la resistenza agli shock: la sfida consiste nel favorire la doppia transizione digitale ed ecologica, nel diversificare e proteggere le catene di fornitura, in particolare di tecnologie avanzate, anche con misure volte a incoraggiare la reindustrializzazione e il reshoring delle attività del settore manifatturiero, cercando di preservare i benefici dell'integrazione dei mercati, particolarmente rilevanti per un'economia aperta agli scambi internazionali come quella italiana;

    3) come rilevato nell'indagine conoscitiva effettuata nella X commissione (attività produttive, commercio e turismo), nonostante le sue potenzialità, l'intelligenza artificiale rimane ancora scarsamente utilizzata dalle imprese italiane, soprattutto se poste a confronto con i Paesi del Nord Europa, del Nord America e con la Cina: stando ai dati raccolti nel corso dell'indagine conoscitiva, infatti, il 61 per cento delle grandi imprese ha all'attivo almeno al livello di sperimentazione, un progetto di IA, ma il dato scende al 18 per cento tra le Pmi. Posto che una delle ragioni della stagnazione economica dell'Italia, negli ultimi trent'anni almeno, è dovuta alla scarsa crescita della produttività, colmare il ritardo e sfruttare le potenzialità dell'intelligenza artificiale sono quindi ritenuti una straordinaria opportunità. Nel nostro Paese l'intelligenza artificiale generativa potrebbe giocare un ruolo chiave anche per mantenere alto il livello di produttività e benessere in un contesto di generale invecchiamento della popolazione. Già oggi in circa 40 province in Italia il numero dei pensionati è maggiore del numero dei lavoratori ed entro il 2040 l'Italia perderà circa 3,7 milioni di occupati: un numero di lavoratori che, con gli attuali livelli di produttività, contribuiscono alla produzione di circa 267,8 miliardi di valore aggiunto. Di qui la prospettiva, anzi la necessità di impiegare le nuove tecnologie anche per mantenere invariato lo stesso livello di benessere economico. L'Italia non potrà capitalizzare le opportunità fornite dall'intelligenza artificiale senza un impegno attivo e proattivo. Senza di esso, rischieremmo di rimanere indietro nella gara internazionale. Per sfruttare i vantaggi dell'intelligenza artificiale è indispensabile adottare un approccio strutturato che promuova la diffusione delle competenze digitali e l'adozione tecnologica nelle aziende, elementi chiave per questo nuovo orizzonte. In particolare, promuovere la digitalizzazione delle imprese, soprattutto quelle di piccola e media entità, è vitale per facilitare l'implementazione di soluzioni basate sull'IA, migliorando così l'efficienza stesse. La velocità della sua diffusione e le potenzialità dei suoi utilizzi sono straordinari, e trovano applicazione attraverso lo sviluppo verticale nei differenti ecosistemi industriali europei e nel settore pubblico. Vanno però attentamente monitorati gli effetti che questa trasformazione tecnologica potrà avere soprattutto su settori costituiti in buona parte da Pmi e da imprese artigiane, e sulle attività del settore terziario (dal commercio alla filiera del turismo) e delle professioni: dato il contesto, che è quello di una trasformazione del mercato, in corso da anni, determinata fondamentalmente dall'e-commerce e dalle piattaforme digitali, con una straordinaria concentrazione nelle mani di pochi colossi che hanno riscritto le regole del commercio e dei processi produttivi, è difficile immaginare che le imprese di piccola dimensione siano in grado di rispondere alla concorrenza di multinazionali in grado di investire enormi capitali in questo ambito. La risposta a questa inedita trasformazione deve essere sistemica, con politiche industriali comunitarie dirette a ridurre, in questo ambito, la concorrenza tra imprese europee per facilitare lo sviluppo di tecnologie continentali e ridurre i costi, realizzando un riequilibrio nello sviluppo tecnologico dell'intelligenza artificiale. Altro aspetto da monitorare è il rischio di una sostituzione di alcune attività lavorative ripetitive di media e bassa complessità e di un aumento delle diseguaglianze tra lavoratori che hanno dimestichezza con le nuove tecnologie e coloro che ne sono privi, ma – nel quadro macroeconomico – intere catene del valore e settori potrebbero essere diversamente localizzati. È evidente il pericolo che, in tutti i settori (da quello industriale al manifatturiero, per arrivare al commercio, al turismo e ai servizi), si verifichino una perdita di qualità, una compressione dei salari, una riduzione delle tutele, causate dalla subordinazione alle piattaforme digitali, che potranno determinare ritmi di lavoro, retribuzioni, continuità occupazionale. È dunque necessario stabilire regole e limiti alla loro pervasività;

    4) per ricostruire un efficace sistema di politiche industriali che sia in grado di affrontare le sfide delle due transizioni gemelle e del nuovo contesto geopolitico occorre in primo luogo partire dalla dimensione europea. La posta in gioco è, infatti, la leadership tecnologica che determinerà non solo gli equilibri geopolitici dei prossimi anni ma anche la capacità dei sistemi economici di gestire le sfide della digitalizzazione e della transizione verso la decarbonizzazione offrendo al tempo stesso risposte adeguate ai nuovi bisogni delle società avanzate. Un nuovo protagonismo dell'Europa appare la condizione minima per sostenere una industria europea in grado di competere nella nuova globalizzazione dominata dai giganti americani e cinesi. La costruzione di un nuovo sistema di regole e governance condivise rappresenta, inoltre, la barriera necessaria per evitare che la ripresa di politiche industriali nazionali rallentino il processo di integrazione dell'industria europea favorendo spinte sovraniste che oggi appaiono non solo inefficaci ma anche dannose;

    5) nella piena consapevolezza della necessità di aggiornare l'impostazione delle politiche comunitarie al nuovo contesto, in questi ultimi anni la Commissione europea ha fortemente rafforzato il quadro regolatorio e programmatico sui principali temi della politica industriale esprimendo una visione di medio lungo termine sui principali driver di trasformazione del sistema economico e sociale ma è rimasta molto debole sulla capacità reale di accompagnare e sostenere queste trasformazioni. Sul piano programmatico sono stati definiti obiettivi molto ambiziosi in materia di transizione digitale (digital compass), di transizione ambientale (fit for 55) cui si sono aggiunti gli obiettivi di autonomia strategica nella importazione di materie prima (raw material act) e di sicurezza degli approvvigionamenti critici (chips act). La realizzazione di questi obiettivi richiede enormi investimenti in nuove tecnologie e, nel breve periodo, anche un potenziamento della capacità industriali in settori chiave come batterie, semiconduttori, impianti per le rinnovabili, sistemi di telecomunicazioni abilitanti il 5g, dove il livello di dipendenza dalle importazioni, in particolare dalla Cina, rischia di penalizzare prospettive di crescita e di occupazione;

    6) il Presidente Draghi, nell'ambito dello studio commissionato dalla Presidente Von Der Layen sulla competitività dell'industria europea, ha stimato un fabbisogno di investimenti per l'Unione europea intorno ai 500 miliardi di euro annui necessari per affrontare le due transizioni. Per finanziarli, serve un grande volume di risorse pubbliche e private, attraverso una governance economica che apra più spazi alle politiche nazionali di investimento, preveda strumenti comuni permanenti e un bilancio dell'Unione europea più ambizioso per indirizzare verso l'economia reale europea e la transizione equa, verde e digitale una quota maggiore dei 33 mila miliardi di euro di risparmi privati europei. Un analogo esercizio realizzato da uno studio Rse/Confindustria per l'Italia stima il fabbisogno di investimenti per la realizzazione del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima nell'ordine di 1000 miliardi di euro nei prossimi 6 anni. In funzione di questi obiettivi è possibile di individuare i 4 pilastri della nuova politica industriale europea:

     a) rafforzamento della capacità produttiva europea nei settori strategici per la transizione ambientale ed energetica e sostegno alla adozione di tecnologie green nei settori più tradizionali;

     b) potenziamento della ricerca nei settori strategici per la transizione digitale con particolare attenzione agli sviluppi potenziali dell'intelligenza artificiale;

     c) riduzione della dipendenza strategica dell'Europa per l'approvvigionamento delle materie prime critiche e per alcune componenti industriali;

     d) creazione di una infrastruttura europea di ricerca e trasferimento tecnologico che aumenti il potenziale di crescita dell'industria continentale e stimoli la crescita di startup innovative;

    7) il tema delle risorse rappresenta naturalmente un nodo cruciale, anche in relazione alle politiche introdotte recentemente dagli Usa, attraverso il programma Inflation reduction act, e dalla Cina, attraverso la strategia «made in China» ampliamente sovvenzionata con risorse statali: la risposta europea, in assenza di adeguati spazi di bilancio delle Commissione (ad oggi vale meno dell'1 per cento del Pil dei paesi aderenti rispetto al 25 per cento del bilancio federale americano), è stata affidata ad un allentamento delle regole sugli aiuti di stato alimentando gli squilibri tra i diversi paesi. Se si guarda agli aiuti di stato autorizzati dalla Commissione europea da marzo 2022, nell'ambito del quadro temporaneo di crisi, a gennaio 2023 il 53 per cento del totale degli aiuti è stato notificato dalla Germania, il 24 per cento dalla Francia e solo il 7 per cento dall'Italia, che ha spazi fiscali limitati: gli aiuti notificati dalla Germania e dalla Francia sono stati, rispettivamente, pari a 356 e 162 miliardi di euro. Il sostegno al sistema produttivo autorizzato per l'Italia è stato più limitato e pari a 51 miliardi di euro, riflettendo presumibilmente anche in questo caso la minore capacità fiscale del nostro paese. Tale assetto evidenzia la necessità di costruire una capacità di risposta comune a partire da un potenziamento delle risorse a disposizione della Commissione, per il perseguimento degli obiettivi definiti nei diversi documenti programmatori, e dalla creazione di un mercato unico finanziario che convogli il risparmio privato verso gli investimenti delle imprese;

    8) come indicato dal «Rapporto Letta», per promuovere una progressiva espansione dei finanziamenti pubblici dell'Unione europea a sostegno di una strategia industriale europea in grado di contrastare gli strumenti di pesante sussidio recentemente adottati da altre potenze globali, è precondizione necessaria una mirata e rigorosa applicazione degli aiuti di stato a livello nazionale onde evitare distorsioni della concorrenza e assicurare parità di condizioni all'interno del mercato unico;

    9) in questo contesto, l'Italia rimane la seconda potenza manifatturiera d'Europa, dopo la Germania. Nel 2023 la nostra industria manifatturiera ha generato un valore aggiunto di 328 miliardi di euro, il 17,5 per cento del totale, e ha dato lavoro a 4 milioni di persone, il 15,3 per cento del totale. Sono numeri ridimensionati, rispetto a quelli del 2007, prima della grande crisi finanziaria. Ma sono superiori alla media europea;

    10) la vocazione manifatturiera dell'Italia è un patrimonio da difendere e sostenere, non ci sarà nessuna nuova stagione di sviluppo se l'Italia si arrenderà alla deindustrializzazione. Negli anni '90 sono state privatizzate gran parte delle aziende pubbliche e abbandonate le politiche industriali. È merito del centrosinistra averle riproposte, prima con Industria 2015 di Bersani e poi con Industria 4.0 di Epifani e Calenda, che ha prodotto risultati positivi nella parte relativa ai crediti d'imposta per l'acquisto dei macchinari innovativi ma che si è rivelata insufficiente rispetto ai cambiamenti necessari al nostro sistema per assumere leadership industriale e tecnologica sui settori del digitale;

    11) oggi si è in una fase diversa: i salari fermi da trent'anni, la diffusione del lavoro povero e dequalificato, la stagnazione della produttività sono sintomi di un malessere profondo dell'economia. Si parla di una forza lavoro e imprenditoriale sempre più anziana e poco istruita; di un mercato dei capitali asfittico; di un capitalismo familiare troppo chiuso in sé stesso. Emergono i limiti del nostro modello di capitalismo, basato su milioni di microimprese che in molti casi arrancano, schiacciate dalla burocrazia e dalle difficoltà di accesso al credito, su quattro/cinque mila medie aziende competitive; su poche, pochissime grandi imprese, in gran parte a partecipazione pubblica: è tempo di migliorare questo modello, di rendere il sistema più dimensionato, resiliente, sostenibile;

    12) la produzione industriale italiana, dopo gli anni di forte crescita successivi alla pandemia è infatti in calo costante, a settembre 2024 secondo Istat c'è stato il ventesimo calo consecutivo, un calo dello 0,4 per cento rispetto ad agosto 2024, una riduzione di quattro punti su base annua che nei primi nove mesi del 2024 presenta un bilancio in rosso del 3,4 per cento. Il livello del Pil italiano è rimasto stazionario rispetto ai tre mesi precedenti, registrando un risultato peggiore rispetto ai principali partner europei. Nei primi otto mesi del 2024, le esportazioni in valore hanno registrato una riduzione dello 0,6 per cento in termini tendenziali, riflettendo in particolare l'andamento negativo delle vendite verso i mercati dell'Unione europea;

    13) il riflesso delle difficoltà del sistema industriale italiano si ripercuote sul mondo del lavoro dove sarebbero oltre 120.000 i lavoratori a rischio, di cui 70.000 solo nell'automotive, 25.459 nella siderurgia, 8000 nell'energia (centrali a carbone e cicli combinati), 2000 nel settore elettrico, 4094 nella chimica di base, 3473 nel settore del petrolchimico e in quello della raffinazione, 8000 nelle telecomunicazioni, per non parlare delle gravi ricadute di tali crisi sulla filiera degli appalti;

    14) alla luce di questi dati negativi, si ritiene una scelta assurda e gravissima per l'industria e i lavoratori del settore automotive, il drastico taglio, per un totale di 4,55 miliardi di euro di definanziamento, al «Fondo automotive», che era stato istituito con lungimiranza dal Governo Draghi con una dotazione di 700 milioni di euro per il 2022 e di un miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2030, per il sostegno e la promozione della transizione verde, della ricerca e degli investimenti nel settore automotive, cui viene lasciato un finanziamento residuo complessivo di soli 1,2 miliardi di euro per il periodo 2025-2030, praticamente un azzeramento delle possibilità affrontare le sfide estremamente impegnative della transizione ecologica e digitale e della crescente competizione globale, che hanno invece bisogno di rilevanti politiche di sostegno;

    15) i prezzi delle materie prime, gli alti costi energetici, lo stop della locomotiva tedesca, la concorrenza internazionale, il calo dei consumi interni, il calo degli investimenti pubblici e privati e i pochi investimenti in ricerca e sviluppo, le delocalizzazioni di stabilimenti o di produzioni di interi settori produttivi, sono principali fattori che incidono sui costi e sulla competitività della manifattura italiana e che stanno delineando un rischio deindustrializzazione stante la continua erosione della base produttiva: secondo Confindustria, la cig ordinaria nella manifattura è aumentata di circa il 50 per cento rispetto ai primi tre trimestri dello scorso anno. Il Pmi (Purchasing managers index) manifatturiero, che si era avvicinato alla soglia neutrale in estate è poi tornato a scendere in ottobre e la fiducia delle imprese manifatturiere è debole da circa un anno;

    16) le politiche industriali di cui abbiamo bisogno devono imparare dagli errori del passato ed essere orientate al futuro, all'innovazione, ai settori e alle tecnologie il cui sviluppo è ostacolato dai fallimenti di mercato. Devono essere strettamente connesse alla doppia transizione ecologica e digitale e favorire la creazione di lavoro di qualità, stabile e qualificato. E devono andare oltre la contrapposizione Stato-mercato novecentesca per ricercare una nuova complementarità tra intervento pubblico e iniziativa privata. Cambiare marcia vuol dire non limitarsi a dettare regole e tempi, ma costruire una vera politica industriale comune;

    17) è necessario che si intervenga principalmente su quattro versanti: in primis quello della governance delle politiche industriali attraverso la creazione di un Ministero per lo sviluppo sostenibile, di un Forum permanente per le politiche industriali, con la trasformazione di Invitalia in un soggetto attuatore delle politiche industriali, con la creazione di una agenzia che coordini le partecipazioni pubbliche e poi, sul fronte dell'economia digitale, attraverso la creazione di un Ministero dell'innovazione e dello sviluppo tecnologico, con la previsione di una legge annuale per il digitale e il potenziamento e il coordinamento del network dell'innovazione;

    18) il secondo sono gli incentivi pubblici, che vanno riorganizzati secondo criteri di selettività, condizionalità ambientali e sociali, con un orizzonte temporale almeno decennale e grande attenzione alla riduzione dei divari territoriali, a partire da quello tra Centro-Nord e Mezzogiorno: gli studi condotti in Banca d'Italia sui risultati ottenuti da varie misure applicate nel nostro paese presentano luci e ombre. Con riferimento al sostegno degli investimenti, le analisi empiriche disponibili indicano che gli incentivi automatici sono mediamente più efficaci di quelli assegnati a seguito di bandi competitivi. Le misure di incentivazione fiscale (attraverso crediti di imposta) agli investimenti delle imprese si sono rivelate molto efficaci per stimolare la crescita, l'ammodernamento del capitale produttivo e l'attività innovativa; esse però sono tendenzialmente contraddistinte da maggiori oneri per le finanze pubbliche e sono spesso caratterizzate da grandi difficoltà nel prevedere le adesioni alla misura e quindi monitorare per tempo la spesa relativa;

    19) il terzo punto riguarda il ruolo dello Stato nell'economia. Si tratta di superare la contrapposizione tra Stato e mercato che ha caratterizzato il dibattito del '900 per affermare la necessità di una nuova complementarità tra intervento pubblico ed iniziativa privata. Nel contesto economico internazionale, non sembra, infatti, sufficiente un aggiustamento «spontaneo» guidato dalle sole forze del mercato così come appaiono del tutto inadeguate le politiche di carattere protezionistico tendenti a difendere l'attuale specializzazione dimensionale e produttiva. La più recente letteratura economica in materia di politica industriale ha teso ad evidenziare, attraverso una solida base empirica, come gli investimenti pubblici, se bene indirizzati, non spiazzino gli investimenti privati ma al contrario costituiscano un volano per la competitività. Per realizzare queste condizioni serve non solo uno Stato che privilegi investimenti di lungo periodo alla spesa corrente, ma anche uno Stato che sia in grado di individuare grandi missioni paese su cui orientare i fondi pubblici e promuovere l'attività delle imprese. L'individuazione delle missioni consente di connettere la politica industriale alla risoluzione delle grandi questioni sociali ed ambientali del pianeta restituendo alla scienza ed alle imprese il compito di soddisfare i nuovi fabbisogni delle società avanzate legate a mega trend globali: il cambiamento climatico, l'invecchiamento della popolazione, la qualità della vita e la concentrazione delle persone nei grandi centri urbani. Per affrontare la nuova fase occorre quindi ricostruire un sistema di governance, competenze e strumenti che sia in grado di ridefinire lo spazio per l'intervento pubblico nei settori strategici per la competitività garantendo selettività degli interventi e stabilità delle politiche. Quindi un ruolo dello Stato differente da come lo sta interpretando il Governo Meloni, il cui programma di privatizzazioni è una scelta discutibile e totalmente slegata da qualunque visione industriale. Serve solo per fare cassa e va contrastato con forza. Bisogna andare in una direzione totalmente diversa, definendo una serie di missioni strategiche, razionalizzando il sistema delle partecipate e istituendo una agenzia per coordinarle;

    20) il quarto e ultimo versante riguarda le risorse da mettere in campo. Quelle pubbliche, innanzitutto, indirizzando verso le nuove politiche industriali le risorse liberate dalla riduzione dai sussidi ambientalmente dannosi e dalla riorganizzazione degli incentivi per le imprese. Quelle private, mobilitando verso l'economia reale una parte dei 1200 miliardi di euro fermi sui conti correnti delle famiglie e una quota maggiore dei 300 miliardi di euro gestiti da fondi pensione, fondazioni di origine bancaria, casse privatizzate dei liberi professionisti. Come già ribadito, va garantita però la selettività degli interventi riorganizzando il sistema di incentivazione pubblica per missioni in cui siano chiaramente identificati intersezioni con gli strumenti europei di politica industriale (aiuti di stato, Ipcei – importanti progetti di comune interesse europeo, Horizon Europe), obiettivi, milestone e target da raggiungere, condizionandone l'erogazione all'impegno da parte delle imprese beneficiarie del rispetto di condizionalità orizzontali (valide per tutte le forme di incentivo), legate al rispetto dei contratti di lavoro, della condizioni di sicurezza del lavoro, del rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione, e verticali legati al comportamento specifico che si intende sostenere (di natura settoriale, territoriale o tecnologica). Va introdotto altresì il tema della sostenibilità con l'introduzione del vincolo per le risorse pubbliche di sostenere progetti coerenti con la tassonomia europea sugli investimenti sostenibili e di valutazione della Dnsh (Do no significant harm) e va sostenuta la compartecipazione dei finanziamenti pubblici alla ricerca al rischio di impresa, promuovendo l'utilizzo di modalità di rimborso progressivo delle risorse pubbliche investite (nelle forme tecniche delle royalties, del mantenimento della golden share dei diritti di proprietà industriale, dell'utilizzo di prestiti vincolati al reddito o al contenimento dei prezzi) laddove i progetti finanziati producano risultati positivi in termini di sviluppo di nuovi prodotti sul mercato;

    21) il rilancio delle politiche industriali, infine, deve naturalmente riguardare in primo luogo il Sud in un'ottica di rafforzamento e qualificazione delle politiche di coesione. Non si tratta solo di individuare meccanismi premianti per gli investimenti al Sud ma di costruire una strategia industriale in grado di valorizzare il ruolo del Mezzogiorno nell'ambito nelle nuove filiere di innovazione a partire da quelle legate alla green economy e alla transizione digitale. E deve tenere presente che la fase di attuazione ha storicamente rappresentato il principale fattore di debolezza del nostro sistema di politiche industriali e pertanto appare necessario investire su soggetti, competenze e strumenti che siano in grado di garantire la reale applicazione degli indirizzi di policy. L'esperienza dei paesi più avanzati evidenzia come lo snodo cruciale sia rappresentato dalla qualificazione delle risorse umane che lavorano all'interno del perimetro pubblico composto da pubblica amministrazione e agenzie specializzate. Nel quadro di una rinnovata politica industriale un ruolo importante può essere svolto dalle aziende a partecipazione pubblica superando l'attuale frammentazione dei modelli di governance,

impegna il Governo:

1) a farsi promotore, nel corso della nuova legislatura europea, di iniziative volte a mettere in campo ogni politica finalizzata a recuperare competitività, produttività e livelli di reddito dell'Unione europea, per garantire il benessere dei cittadini e il mantenimento del modello sociale europeo, mediante un maggior coordinamento delle politiche industriali, commerciali e fiscali, e la riduzione del divario di innovazione nei settori trainanti, intervenendo sul piano finanziario per rispondere al fabbisogno di investimenti, a tali fini favorire l'emissione di strumenti di debito comuni per progetti europei congiunti e riproponendo il fondo Sure, sperimentato durante la pandemia per sostenere l'occupazione, finalizzato ad un programma europeo di aggiornamento delle competenze dei lavoratori e di sostegno temporaneo al reddito per i lavoratori coinvolti nelle due transizioni;

2) a promuovere la partecipazione delle imprese italiane – anche le Pmi – alla creazione delle nuove catene del valore europee promosse dalla Commissione nell'ambito degli Ipcei (Important projects of common european interest);

3) ad allineare la politica industriale italiana agli obiettivi europei, promuovendo una visione continentale che stimoli il rafforzamento e l'integrazione tra imprese transfrontaliere;

4) ad adottare iniziative volte ad istituire un Fondo nazionale con una dotazione di almeno 5 miliardi di euro annui fino al 2035 per accompagnare e sostenere l'industria manifatturiera nella trasformazione digitale e nella conversione ecologica, cercando di legare in modo sinergico le due transizioni a partire dai settori hard to abate e dell'automotive;

5) a favorire la digitalizzazione e l'autonomia energetica delle Pmi;

6) ad adottare iniziative volte a dare concreto sostegno al tessuto delle Pmi, prevedendo agevolazioni per investimenti in intelligenza artificiale, al fine di far crescere e maturare dei soggetti nazionali in grado di competere in un settore per definizione globalizzato, prevedendo altresì per Pmi e start-up un accesso privilegiato alla futura rete delle «fabbriche di intelligenza artificiale», ecosistemi costruiti attorno ai supercomputer pubblici europei, cui verranno destinati talenti e risorse tecnologiche, beneficando di dati, algoritmi e di potenza di calcolo difficilmente reperibili altrove;

7) ad adottare iniziative volte ad istituire un tavolo istituzionale con il coinvolgimento delle parti sociali per una valutazione generale del fenomeno dell'intelligenza artificiale sul lavoro e sul suo impatto sulla trasformazione dei modelli organizzativi, sulle professioni, sulla formazione, su salario e durata della prestazione lavorativa, anche rispetto al ruolo della contrattazione collettiva;

8) ad adottare iniziative volte ad accrescere l'investimento nel capitale umano per recuperare il ritardo nelle competenze digitali attraverso un piano di azione che assicuri la formazione delle competenze per la transizione digitale ed ecologica, e promuova la crescita delle startup e delle imprese che offrono servizi innovativi che utilizzano l'intelligenza artificiale;

9) a coordinare le imprese partecipate dallo Stato e definire missioni strategiche orientate a promuovere l'innovazione tecnologica e lo sviluppo inclusivo e sostenibile del Paese;

10) a sviluppare sinergie nei centri di innovazione e potenziare le strutture di trasferimento tecnologico nel Mezzogiorno;

11) ad adottare iniziative volte a potenziare una strumentazione di politica industriale sostenibile e resiliente che incentivi la cooperazione fra Stato e imprese nella realizzazione di progetti e nella produzione di beni comuni;

12) a sviluppare l'economia green come una grande vocazione industriale per il Mezzogiorno;

13) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a riformare il quadro del sistema di incentivazione legandolo a quattro principi:

  a) selettività degli interventi: il sistema di incentivazione pubblica va riorganizzato per missioni in cui siano chiaramente identificati intersezioni con gli strumenti europei di politica industriale (aiuti di stato, Ipcei – Importanti progetti di comune interesse europeo, Horizon Europe), obiettivi, milestone e target da raggiungere;

  b) condizionalità: l'erogazione di risorse pubbliche, sia nella forma di agevolazione fiscale che nelle forme di grant o loan, deve essere condizionata all'impegno da parte delle imprese beneficiarie del rispetto di condizionalità orizzontali (valide per tutte le forme di incentivo) legate al rispetto dei contratti di lavoro, della condizioni di sicurezza del lavoro, del rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione e verticali legati al comportamento specifico che si intende sostenere (di natura settoriale, territoriale o tecnologica);

  c) sostenibilità: introduzione del vincolo per le risorse pubbliche di sostenere progetti coerenti con la tassonomia europea sugli investimenti sostenibili e di valutazione della Dnsh (Do no significant harm);

  d) compartecipazione dei finanziamenti pubblici alla ricerca al rischio di impresa promuovendo l'utilizzo di modalità di rimborso progressivo delle risorse pubbliche investite (nelle forme tecniche delle royalties, del mantenimento della golden share dei diritti di proprietà industriale, dell'utilizzo di prestiti vincolati al reddito o al contenimento dei prezzi) laddove i progetti finanziati producano risultati positivi in termini di sviluppo di nuovi prodotti sul mercato.
(1-00374) «Braga, Peluffo, De Micheli, Di Sanzo, Gnassi, Bonafè, Ciani, Ghio, Toni Ricciardi, De Luca, Ferrari, Morassut, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria, Pandolfo».


   La Camera

impegna il Governo:

1) a promuovere la partecipazione delle imprese italiane – anche le Pmi – alla creazione delle nuove catene del valore europee promosse dalla Commissione nell'ambito degli Ipcei (Important projects of common european interest);

2) ad allineare la politica industriale italiana agli obiettivi europei, promuovendo una visione continentale che stimoli il rafforzamento e l'integrazione tra imprese transfrontaliere;

3) a favorire la digitalizzazione e l'autonomia energetica delle Pmi;

4) ad adottare iniziative volte a dare concreto sostegno al tessuto delle Pmi, prevedendo agevolazioni per investimenti in intelligenza artificiale, al fine di far crescere e maturare dei soggetti nazionali in grado di competere in un settore per definizione globalizzato, prevedendo altresì per Pmi e start-up un accesso privilegiato alla futura rete delle «fabbriche di intelligenza artificiale», ecosistemi costruiti attorno ai supercomputer pubblici europei, cui verranno destinati talenti e risorse tecnologiche, beneficando di dati, algoritmi e di potenza di calcolo difficilmente reperibili altrove;

5) a coordinare le imprese partecipate dallo Stato e definire missioni strategiche orientate a promuovere l'innovazione tecnologica e lo sviluppo inclusivo e sostenibile del Paese;

6) a sviluppare sinergie nei centri di innovazione e potenziare le strutture di trasferimento tecnologico nel Mezzogiorno;

7) ad adottare iniziative volte a potenziare una strumentazione di politica industriale sostenibile e resiliente che incentivi la cooperazione fra Stato e imprese nella realizzazione di progetti e nella produzione di beni comuni;

8) a sviluppare l'economia green come una grande vocazione industriale per il Mezzogiorno.
(1-00374)(Testo modificato nel corso della seduta) «Braga, Peluffo, De Micheli, Di Sanzo, Gnassi, Bonafè, Ciani, Ghio, Toni Ricciardi, De Luca, Ferrari, Morassut, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria, Pandolfo».


   La Camera,

   premesso che:

    1) il nostro Paese retrocede sul fronte della produzione industriale e del prodotto interno lordo. I dati Istat evidenziano il calo per la produzione industriale per il ventesimo mese consecutivo e una crescita stagnante del Pil, – con risultati sotto la media europea – e fotografano uno stato dell'arte già denunciato a più riprese da quasi tutte le organizzazioni sindacali;

    2) in particolare, i dati forniti dall'Istat mostrano a settembre 2024 come la produzione industriale italiana registri una diminuzione dello 0,4 per cento rispetto ad agosto, confermando il trend negativo che persiste ormai da mesi. L'indice destagionalizzato mostra una contrazione su base annua del 4 per cento, in linea con la stagnazione che sta caratterizzando il settore produttivo italiano;

    3) la narrazione di un Paese in crescita, che ha riconquistato un forte ruolo europeo e internazionale e che ha invertito la tendenza, non è credibile. Dietro i dati sull'occupazione esaltati da questo Governo si nascondono precarietà e part-time involontari, diminuzioni delle ore lavorative, ricorso continuo alla cassa integrazione ordinaria, un macroscopico problema salariale e di capacità economica delle famiglie, sempre più in difficoltà; la totale assenza di politiche industriali capaci di rendere competitive le nostre imprese;

    4) lo scopo principale della politica industriale risiede nella creazione di un ambiente favorevole all'industria in grado di stimolare l'innovazione, aumentare la produttività, creare posti di lavoro e promuovere la crescita economica sostenibile;

    5) l'industria rappresenta il settore economico di riferimento del tessuto economico italiano. Le attuali difficoltà nel mantenimento e nello sviluppo dei livelli produttivi di questo comparto rendono necessari interventi di politica industriale volti all'eliminazione delle diseconomie strutturali, legate a normative nazionali, che contribuiscono alla perdita di competitività del nostro Paese;

    6) le piccole e medie imprese, volano del sistema produttivo italiano, negli anni passati hanno potuto contare su assetti distributivi e su politiche di espansione determinate da interventi sui redditi e a favore della piena occupazione che ne hanno favorito anche la persistenza sul mercato interno;

    7) attualmente le criticità maggiori riscontrate riguardano proprio il mercato domestico, in cui risultano evidenti le debolezze del sistema produttivo, imputabili, inter alia, ad un sistema fiscale sbilanciato su imprese e famiglie, gravi ritardi infrastrutturali, la presenza invasiva della burocrazia, la stretta al credito da parte di banche, il pessimo funzionamento dei servizi, le poche risorse destinate alla ricerca e sviluppo, la presenza di forti squilibri tra il Nord e il Sud del Paese unita agli scarsi incentivi allo sviluppo della green economy;

    8) è necessario che siano ripristinate le condizioni affinché le realtà industriali di maggior peso e vocazione internazionale, insieme alle piccole e medie imprese allocate nei settori strategici e in altri comparti possano svilupparsi in termini di innovazione nel prodotto e nei sistemi produttivi;

    9) esistono ampi margini per lo sviluppo di comparti trascurati e suscettibili di forte innovazione quali, ad esempio, quello della produzione automobilistica legata ai motori a zero impatto ambientale, ad altissimo valore aggiunto che andrebbe preso in considerazione nel contesto di una pianificazione industriale mai realizzata e attuata nel nostro Paese;

    10) a partire da dicembre 2022 il Consiglio europeo ha sottolineato l'importanza di una politica industriale europea ambiziosa per adeguare l'economia alle transizioni verde e digitale per ridurre le dipendenze strategiche. A tal fine, la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo «Un piano industriale del Green Deal per l'era a zero emissioni nette» al fine di accelerare la trasformazione a zero emissioni nette dell'industria e porre l'Europa sulla strada verso la neutralità climatica con l'obiettivo di rendere le sue industrie più competitive a livello mondiale e ad aumentarne l'autonomia e la resilienza ed affidare al settore industriale la guida del cambiamento, dell'innovazione e della crescita nelle transizioni verde e digitale nonché e ridurre le dipendenze strategiche;

    11) con l'adozione, nel maggio 2024, del regolamento sull'industria a zero emissioni nette, il Consiglio ha inteso accelerare i progressi verso gli obiettivi 2030 dell'Unione europea per l'energia e il clima e la transizione verso la neutralità climatica rafforzando, al contempo, la competitività dell'industria europea attraverso la creazione di posti di lavoro di qualità ed aumentare indipendente dal punto di vista energetico;

    12) in un contesto di importanti cambiamenti tecnologici, economici e geopolitici, l'Europa ha bisogno di un'industria competitiva che abbia una solida base manifatturiera per stimolare l'innovazione, la produttività, la creazione di posti di lavoro, la sostenibilità e la crescita nei settori chiave della transizione verde e digitale indicati dal quadro programmatico e regolatorio di lungo termine dell'Unione europea;

    13) l'elezione di Donald Trump e l'ombra di una nuova svolta protezionistica degli Stati Uniti mettono a serio rischio la sopravvivenza di molte imprese nazionali e di diversi comparti produttivi (ad esempio macchinari, autoveicoli e prodotti chimici) – già alle prese con una situazione difficile a livello congiunturale e strutturale;

    14) gli Stati Uniti costituiscono il secondo mercato di sbocco per il made in Italy e, per alcuni settori in particolare, gli Usa restano un Paese-chiave a livello di export. Un problema per il nostro Paese il cui sistema industriale negli ultimi anni è stato tenuto in piedi dalla domanda di beni e servizi dei due partner commerciali storici, Francia e Germania che, specie nell'attuale momento storico, si trovano in crisi;

    15) secondo le stime di Goldman Sachs, riportate da Euronews, un dazio del 10 per cento sull'import Usa dall'Europa farebbe calare il Pil dell'Eurozona dell'1 per cento. Proiezioni ancora più plumbee stimano che le misure di Trump rallenterebbero la crescita europea dell'1,5 per cento entro il 2028, spingendo il Vecchio Continente verso una spirale recessiva;

    16) alla predetta situazione si aggiungono i prezzi alti delle materie prime utilizzate da vari settori manifatturieri, prezzi che penalizzano fortemente la competitività delle nostre imprese, non solo nei settori più energivori. Nell'ottobre del 2024 il prezzo del gas in Europa è arrivato a 40 euro/mwh, un balzo del +57 per cento dai 26 euro di febbraio 2024: ciò agisce al rialzo sui prezzi dell'elettricità pagati dalle imprese italiane e sulla competitività delle medesime rispetto ad altre economie;

    17) il 2025 sarà un anno cruciale per l'industria nazionale, considerato il rallentamento economico, le crisi geopolitiche in atto e gli alti costi dell'energia che continuano a gravare su famiglie e imprese. I conflitti in Ucraina e Medio Oriente aumentano l'incertezza, frenano gli investimenti e aggravano la situazione di molti settori strategici. Sfida non facile, considerata la forte crisi del manifatturiero, dell'automotive (che quest'anno fermerà la produzione sotto al 50 per cento dell'obiettivo di un milione di autoveicoli rilanciato a più riprese dal Governo) e della siderurgia (in uno scenario dell'acciaio in cui dall'Ilva di Taranto a Piombino le incertezze dominano);

    18) con particolare riferimento al settore dell'automotive, secondo recenti dati Anfia, la produzione di autovetture è crollata del 35,5 per cento nei primi sette mesi dell'anno e del 54,7 per cento nel mese di luglio 2024. Sono inoltre slittati anche gli investimenti da parte di Stellantis nella gigafactory di batterie di Termoli anche a seguito del dirottamento su altri progetti da parte del Ministero delle imprese e del made in Italy dei 250 milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza che vi erano stati destinati. Si tratta di un comparto produttivo nel quale si sta producendo il 29 per cento in meno che nel 2023, è cresciuto significativamente l'utilizzo degli ammortizzatori sociali, l'indotto sta vivendo una crisi senza segnali di inversione a causa delle scelte strategiche di Stellantis di spostare la catena di fornitura in paesi con minor costo del lavoro e si prosegue nello spezzettamento del gruppo, con l'annunciato spin off di Comau ad un fondo di investimento;

    19) anche il settore siderurgico nazionale in generale e la questione ex Ilva, in particolare, risultano privi di un piano industriale di prospettiva. Eppure, il mantenimento della produzione di acciaio primario nel processo di decarbonizzazione rappresenta un impegno importante per lo sviluppo dell'economia nazionale. L'Italia è il secondo produttore d'acciaio in Europa e l'11° al mondo: nel 2019 nel nostro Paese sono state prodotte 23,2 Mt di acciaio. L'82 per cento di questo è acciaio da riciclo, prodotto cioè fondendo prevalentemente rottami ferrosi nei forni elettrici ad arco, insieme ad aggiunte di ghisa e spugna di ferro. Il restante 18 per cento è acciaio primario, prodotto con ciclo integrale a partire dai minerali ferrosi presso lo stabilimento Acciaierie d'Italia di Taranto;

    20) il rapido progresso dell'intelligenza artificiale (IA) sta cambiando lo scenario imprenditoriale. Si tratta di una tecnologia trasformativa che ha il potenziale per rivoluzionare i settori industriali e di accompagnare le imprese nella doppia transizione, ma che, al contempo, ancora manca di finanziamenti pubblici adeguati in grado di sostenere il tessuto imprenditoriale e renderlo più reattivo all'innovazione, nonché di competenze specifiche da parte delle stesse piccole e medie imprese per comprenderne l'impatto e le potenzialità nell'immediato futuro;

    21) a legislazione vigente, il 2025 sarà anche l'anno in cui terminano misure fondamentali quali Transizione 4.0, Transizione 5.0, l'accesso ai crediti d'imposta per l'attività di innovazione tecnologica (sia nella versione base sia nella versione maggiorata per tecnologie 4.0 e per la transizione energetica) e quelle di design e ideazione estetica nonché Decontribuzione Sud, misure che favoriscono le imprese nazionali attraverso la previsione di un insieme di misure organiche e complementari in grado di sostenere gli investimenti e lo sviluppo tecnologico del tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato in prevalenza da realtà produttive piccole e medie;

    22) le predette misure, come confermano i dati dell'Osservatorio Mecspe, hanno avuto un impatto significativo sulla crescita delle aziende sotto il profilo della trasformazione digitale (31 per cento), della ricerca e sviluppo (14 per cento), della formazione (26 per cento) e della sostenibilità (14 per cento) consentendo un miglioramento della produttività aziendale (44 per cento), della strumentazione tecnologica (35 per cento) e delle condizioni di lavoro generali (25 per cento);

    23) a parere dell'interrogante, il timido disegno di legge di bilancio 2025, approvato dal Consiglio dei Ministri e attualmente in esame presso la Camera, prevede poco o nulla, nel biennio 2026-2027, in materia di investimenti capaci di consentire alle imprese di avere un orizzonte programmatico, limitandosi a concentrare le scarse risorse disponibili sulla realizzazione di specifici progetti infrastrutturali, primo fra tutti il Ponte sullo Stretto di Messina, e solo residuali misure di sostegno agli investimenti di portata generale, fatta eccezione per la conferma della legge Sabatini per gli acquisti o per il leasing di beni strumentali; i cosiddetti contratti di sviluppo gestiti da Invitalia per i grandi investimenti soprattutto al Sud e infine i cosiddetti accordi per l'innovazione, ovvero i contributi diretti per i progetti di ricerca industriale;

    24) l'attuale Governo non è andato oltre le solite dichiarazioni generali, prevedendo generiche «misure di sostegno alle micro e piccole imprese nel rinnovamento dei loro processi produttivi», anche per favorire la diffusione delle tecnologie avanzate. Intenti che, de facto, non hanno visto concreta realizzazione. Prova ne è il summenzionato calo della produzione industriale, quale segno evidente dell'assenza di politiche industriali capaci di dare respiro e rilancio alle imprese tramite investimenti urgenti per modernizzazione, la transizione ecologica e digitale dei processi produttivi e un piano nazionale che sappia valorizzare i settori strategici produttivi attraverso cui le piccole e medie imprese possono guadagnare competitività sui mercati internazionali;

    25) le transizioni digitale ed ecologica costituiscono dei driver di sviluppo che impattano su una molteplicità di interessi generali i quali richiedono una visione d'insieme per il sistema industriale italiano, fatto di imprese anche piccole e medie (Pmi). Ciò implica non solo «programmare» l'innovazione ma anche fare scelte mirate e consapevoli rispetto a dinamiche che toccano la società e l'ambiente nel loro complesso e che esigono una nuova governance nazionale basata su un efficace coordinamento, suscettibile di consentire il dialogo tra i diversi livelli di governo del territorio nelle sedi istituzionali deputate, e al contempo una sintesi dei diversi interessi;

    26) l'offerta industriale dovrà avere un ruolo fondamentale, non tanto e non solo per le prestazioni ambientali dei suoi impianti, quanto per il mutamento qualitativo della produzione che, condizionato dalla domanda green, influenzerà la struttura produttiva nel suo insieme. Il sistema produttivo e industriale è influenzato da una correlazione positiva tra diminuzione della Co2 da un lato, e aumento degli investimenti in ricerca-sviluppo, nonché innovazione tecnologia dall'altro: è, pertanto, anzitutto strategico «aggredire» i settori più inquinanti, responsabili del 75 per cento delle emissioni di Co2 delle attività industriali, a loro volta responsabili di circa il 20 per cento delle emissioni totali, ma capaci di produrre solo l'11 per cento del valore aggiunto e il 9 per cento degli occupati del comparto industriale. Il percorso di transizione energetica e digitale in questi settori è, infatti, elemento essenziale alla loro stessa futura capacità di competizione nel mercato globalizzato;

    27) sarà fondamentale promuovere e rafforzare strumenti quali i power purchase agreements (Ppa) per garantire le imprese dalla volatilità dei prezzi dell'energia e minimizzare gli oneri in bolletta;

    28) coerentemente con il processo di transizione ecologica in atto, occorre puntare poi sull'idrogeno da fonti rinnovabili il cui utilizzo, commisurato alla sua funzione di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, è da prevedersi solo nei settori «hard to abate» (siderurgia, raffinazione del petrolio, chimica, cemento, vetro e cartiere) e non in quelli dove l'elettrificazione è già ora la soluzione più idonea e conveniente. A tal fine, è fondamentale dare vita ad una filiera nazionale di tecnologie connesse alla sua produzione (elettrolizzatori, celle a combustibile e componenti ancillari al processo produttivo);

    29) per ridurre in modo significativo la dipendenza energetica dalle importazioni di energia di combustibili fossili, l'approvvigionamento energetico dovrà essere orientato verso un cambiamento strutturale nel mix delle fonti energetiche a favore di un sempre più diffuso aumento di nuova capacità rinnovabile e di un incremento di produzione elettrica da fonti energetiche rinnovabili. Una maggiore diffusione di energie rinnovabili e un maggiore ricorso a forme di autoconsumo collettivo e alla costituzione di comunità energetiche rinnovabili, oltre a contribuire alla decarbonizzazione dell'approvvigionamento energetico, determinano prezzi accessibili per le piccole e medie imprese e i consumatori domestici;

    30) con specifico riguardo al settore automotive, settore italiano con il più elevato numero di eccellenze nella produzione di autoveicoli di alta gamma e commerciali e relativa componentistica, sarà necessario sviluppare un piano industriale serio e di lungo periodo per accompagnare la riconversione dell'intera filiera, ivi inclusa la riconversione, la riqualificazione e lo sviluppo delle competenze dei lavoratori del comparto, ponendo tuttavia la dovuta attenzione, sia sotto il profilo industriale che occupazionale, alla risoluzione delle crisi aziendali in atto per scongiurare un effetto critico moltiplicatore anche sulle aziende dei servizi e della componentistica,

impegna il Governo:

1) a non intraprendere iniziative tese a consentire nuovamente lo sfruttamento e l'impiego dell'energia nucleare con le tecnologie attualmente disponibili, incapaci di abbattere i costi energetici per le imprese e di renderle competitive nel breve-medio periodo e ad adottare opportune iniziative per un piano di investimenti volto ad incrementare i finanziamenti pubblici per le realtà imprenditoriali che investono nella ricerca scientifica in materia di efficienza energetica, di fonti rinnovabili, di trasmissione, distribuzione e stoccaggio dell'energia elettrica, destinando la gran parte dei fondi disponibili alla ricerca nei predetti campi, da considerare predominanti e con vantaggi maggiori su scala temporale, per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 e 2050 e la riduzione dei costi energetici del tessuto industriale;

2) al fine di massimizzare il consumo locale di energia e condividere l'energia prodotta tra imprese, enti locali e cittadini, ad adottare iniziative, anche normative, volte a rimuovere le barriere territoriali, legislative e regolatorie che ancora ostacolano una adeguata diffusione delle comunità energetiche rinnovabili, semplificando al contempo alcuni meccanismi tecnici delle regole operative del Gestore dei servizi energetici e valutando l'introduzione di misure capaci di garantire il credito per le piccole e medie imprese che devono sostenere gli investimenti;

3) ad adottare iniziative normative volte a modificare il Piano «Transizione 4.0» prevedendo:

  a) la maggiorazione del credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali (materiali ed immateriali) e contestualmente l'incremento delle relative aliquote;

  b) la modifica dell'elenco dei beni agevolabili al fine di adeguarlo, se necessario, alle più avanzate tecnologie;

  c) l'introduzione della cessione del credito verso banche per i soli crediti beni strumentali, trattandosi di investimenti certificati e verificabili;

  d) l'incremento delle aliquote dei crediti in ricerca e sviluppo, innovazione, design e ideazione estetica, innovazione green nonché l'innalzamento del 20 per cento dell'aliquota per le attività di ricerca e sviluppo nell'ambito della Zes unica;

  e) l'istituzione di un fondo per la formazione in nuove tecnologie teso a favorire l'acquisizione o a consolidare le competenze nelle tecnologie rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale del personale dipendente delle imprese con l'obiettivo di rispondere all'esigenza di queste ultime di ammodernamento dei processi produttivi;

4) ad adottare iniziative normative volte a differire il termine per il completamento degli investimenti del Piano «Transizione 5.0» nonché a semplificare la fruibilità per le imprese degli incentivi previsti dal predetto meccanismo al fine di accelerarne la transizione, di stabilizzare i segnali di crescita dell'economia e scongiurare la frenata degli investimenti;

5) a valorizzare il potenziale sistemico delle imprese partecipate dallo Stato, anche attraverso l'introduzione di un nuovo modello di governance, che favorisca il dialogo su temi comuni (energia, digitale, tecnologie ingegneristiche, logistica e trasporti) per il coordinamento dei piani industriali e l'adozione di nuove iniziative;

6) a favorire interventi che facilitino le reti di impresa ed i processi di aggregazione, in particolare nelle filiere proiettate sui mercati esteri, anche attraverso una riforma del cosiddetto bonus aggregazioni;

7) ad adottare iniziative normative volte a ripristinare l'aiuto alla crescita economica (Ace) con agevolazione al 15 per cento per sostenere la crescita economica e la patrimonializzazione delle imprese;

8) ad adottare iniziative normative volte ad estendere il bonus ristrutturazioni edilizie per rilanciare un settore strategico per la crescita del Paese;

9) ad adottare iniziative di competenza volte ad allineare le tariffe di energia agli altri Paesi europei, in modo da favorire sia gli utenti domestici che le imprese;

10) a costituire un Osservatorio sulle applicazioni dell'intelligenza artificiale per le Pmi che promuova, in collaborazione sinergica, l'elaborazione di protocolli, progetti di ricerca e linee guida riguardanti le applicazioni dell'IA in ambito produttivo e che favorisca l'utilizzo dell'intelligenza artificiale suggerendo azioni adottabili dalle start-up e dalle Pmi per adeguare i propri sistemi alle tecniche di machine learning di intelligenza artificiale;

11) a farsi promotore, in sede unionale, delle opportune iniziative, anche normative, volte all'istituzione di un Fondo europeo per il sostegno al settore dell'automotive e per la competitività dell'industria europea – con un modello di finanziamento basato sull'emissione di debito comune da parte dell'Unione europea, ispirato al fondo Sure – in luogo della creazione di un fondo da 500 miliardi di euro destinato alla difesa e al riarmo militare con conseguente escalation sul fronte bellico, quale misura strategica e temporanea finalizzata a salvaguardare l'industria automobilistica europea e i relativi livelli occupazionali, in un contesto sempre più competitivo, a tutela del modello economico-sociale dell'Unione europea, nonché a garanzia della competitività europea e della transizione tecnologica e digitale, in un'ottica di sviluppo sostenibile;

12) ad adottare iniziative volte a ripristinare con urgenza la dotazione del fondo automotive, notevolmente definanziato delle risorse destinate al rilancio in chiave green del settore;

13) a definire appositi piani per una «transizione giusta» e una maggiore competitività, nel medio e lungo periodo, dei lavoratori del settore automobilistico, garantendo continuità occupazionale e produttiva attraverso misure di sostegno per il comparto e i dipendenti, di concerto con le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, con le parti sociali, le istituzioni interessate e i sindacati, nonché ad adoperarsi per la risoluzione delle varie crisi aziendali, ivi incluse quelle afferenti il settore della componentistica, mediante un serio e lungimirante piano industriale volto ad un rilancio del settore nel processo di transizione verso la produzione di nuovi mezzi di trasporto a zero emissioni, anche mediante l'introduzione di investimenti strategici e di lungo periodo volti alla realizzazione di nuove piattaforme produttive di modelli cosiddetti small, di nuovi modelli nonché di investimenti in ricerca e sviluppo;

14) a condizionare la concessione di ulteriori contributi, prestiti o investimenti al mantenimento della produzione di nuovi modelli sul territorio nazionale e alla difesa dei livelli occupazionali e produttivi;

15) a promuovere interventi di riqualificazione produttiva e diversificazione industriale, mediante la progressiva decarbonizzazione del processo produttivo dell'acciaio, incentivando la realizzazione di forni elettrici alimentati con idrogeno verde da installare presso gli impianti siderurgici nazionali;

16) a favorire e sostenere, con particolare riferimento alle filiere a valle della produzione di acciaio primario, partnership industriali garantite dallo Stato con strumenti quali, inter alia, i contratti per differenza, al fine di abbattere i costi di acquisto dell'acciaio verde e renderlo competitivo rispetto a quello prodotto da altiforni a carbone;

17) ad adottare iniziative volte ad incentivare la produzione e l'utilizzo di idrogeno da fonti rinnovabili solo per settori specifici per i quali l'elettrificazione sia tecnicamente difficile o altamente inefficiente e per i quali il ricorso a questo vettore sia la soluzione economicamente ed ambientalmente più efficace (ad esempio settori «hard-to-abate» e trasporti pesanti) nonché a prevedere aiuti agli investimenti e stimolare la domanda di acciaio «verde», facendo leva sugli appalti pubblici e incoraggiando un medesimo comportamento anche nel settore privato;

18) ad implementare misure volte a incentivare tecnologie per la produzione e lo stoccaggio dell'idrogeno prodotto da fonti rinnovabili;

19) a promuovere interventi volti allo sviluppo di una politica industriale aerospaziale che rafforzi il ruolo strategico dell'Italia e del suo tessuto produttivo, anche nell'ambito spaziale europeo, nonché ad astenersi da qualsivoglia iniziativa, sotto il profilo normativo e amministrativo, volta ad affidare asset strategici – rappresentati dalla rete infrastrutturale dei trasporti e delle telecomunicazioni e relativi servizi – a soggetti privati stranieri, al fine di assicurare il corretto funzionamento e l'assetto concorrenziale del mercato interno delle telecomunicazioni e garantire la costante tutela dell'interesse nazionale, costituito anche dalla protezione dei dati quale bene strategico non negoziabile.
(1-00376)(Nuova formulazione) «Pavanelli, Appendino, Cappelletti, Ferrara, Ilaria Fontana, L'Abbate».


   La Camera,

   premesso che:

    1) la pubblicazione delle nuove stime di crescita, curata dall'Ocse, ridimensiona i dati di crescita finora forniti dalla Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell'economia e delle finanze. L'Ocse prevede che il prodotto interno lordo dell'Italia nel 20254 si fermerà allo 0,5 per cento, la metà dell'ottimistica previsione dell'1 per cento fissato dal Governo nel suo Piano strutturale di bilancio. Secondo le nuove stime il prodotto interno lordo del nostro Paese dovrebbe attestarsi allo 0,9 per cento nel 2025 (il Ministero dell'economia e delle finanze prevede l'1,2 per cento) e all'1,2 per cento nel 2026. L'Italia è sotto la media dell'Eurozona che registra +0,8 per cento nel 2024 e +1,3 per cento nel 2025;

    2) il prodotto interno lordo italiano nel terzo trimestre del 2024 è rimasto stabile rispetto ai tre mesi precedenti in una situazione di sostanziale stagnazione, in controtendenza rispetto ai principali partner europei e alla media dell'area euro, che hanno registrato una leggera crescita. L'Istat ha altresì evidenziato che la crescita dell'economia italiana è stata inferiore alla media dell'area euro ed è, tra le economie europee, quella con le peggiori performance;

    3) lo stato dell'industria italiana è in evidente difficoltà. Si è di fronte a 20 mesi consecutivi di calo della produzione industriale;

    4) a contribuire a deprimere la produzione industriale, si aggiunge una riduzione del potere di acquisto degli stipendi e un conseguente inevitabile calo della domanda di beni e servizi. Nulla è stato fatto in termini di iniziative volte a sostenere retribuzioni e pensioni, ormai fermi da anni con drammatica perdita del potere di acquisto, con conseguente impoverimento di una fetta sempre più grande di pensionati e di lavoratori;

    5) le spese per consumo delle famiglie sono diminuite in termini reali ed è aumentata la distanza tra le famiglie più e meno abbienti. Questo aumento della sofferenza economica si è riflessa nel contemporaneo peggioramento degli indicatori di povertà assoluta;

    6) secondo l'Istituto di statistica, a settembre 2024 la produzione industriale in Italia ha registrato una significativa flessione annua del 4 per cento, attribuibile in gran parte ai settori della fabbricazione di mezzi di trasporto e dell'abbigliamento, con cali rispettivamente del 15,4 per cento e del 10,7 per cento. Questo andamento negativo rappresenta un segnale preoccupante per l'economia italiana;

    7) da novembre 2022 ad agosto 2024 il fatturato manifatturiero è sceso dell'8 per cento; la domanda interna ristagna, mentre ad agosto 2024 le esportazioni hanno perso il 6,7 per cento in valore e il 10,7 per cento in volume sull'anno precedente. La precarietà, il lavoro nero e il sommerso colpiscono 6 milioni di lavoratori, mentre l'evasione fiscale e contributiva è a quota 82,4 miliardi di euro;

    8) sono tanti i comparti in situazione di crisi che vedono produzioni in calo e di conseguenza livelli occupazionali a rischio: dall'automotive al tessile, dalla siderurgia alle telecomunicazioni, dalla moda alla termomeccanica, agli elettrodomestici;

    9) l'insieme delle attività manifatturiere, dal tessile (-10 per cento) all'automotive (-9,2 per cento), dalla metallurgia (-3,7 per cento) alla fabbricazione di macchinari e attrezzature (-4,2 per cento), indicano in maniera preoccupante un Paese in forte affanno e prossimo alla recessione;

    10) uno degli indicatori per misurare lo stato di salute dell'industria del nostro Paese e delle garanzie occupazionali è il numero e la rilevanza dei tavoli di crisi aperti al Ministero delle imprese e del made in Italy;

    11) questi tavoli rappresentano un'occasione per affrontare le problematiche connesse alle crisi, dalle riorganizzazioni aziendali alla tutela dei lavoratori, e per promuovere un confronto costruttivo tra i rappresentanti dei lavoratori e quelli dell'azienda;

    12) attualmente si contano 35 vertenze, per un totale di oltre 30 mila lavoratori coinvolti, a cui si aggiungono 22 casi monitorati e che riguardano circa 15 mila lavoratori di aziende non in crisi ma che rientrano in settori in difficoltà. Dall'ex Ilva a Portovesme, da Conbipel alla Jabil, da Beko ad Almaviva contact. Crisi industriali vecchie e nuove segnate da chiusure, riduzioni occupazionali e processi di delocalizzazione che vedono coinvolto il nostro intero Paese, da Sud a Nord;

    13) come ricorda la Cgil, questi dati sono peraltro sottostimati in quanto bisogna considerare oltre 120 mila lavoratori a rischio a causa delle trasformazioni, di cui 70 mila solo nell'automotive, oltre 25 mila nella siderurgia, 8 mila nell'energia, 2 mila nel settore elettrico, più di 4 mila nella chimica di base, 3.500 nel settore del petrolchimico e della raffinazione, 8 mila nelle telecomunicazioni;

    14) l'ultimo report della Fim Cisl, relativo al primo semestre del 2024, aveva segnalato un allarme crescente sulla situazione del settore metalmeccanico, dove peraltro nelle settimane scorse si è interrotta la trattativa per il rinnovo del contratto;

    15) il taglio agli investimenti pubblici di questo Governo, a cominciare dalle stesse risorse per supportare la transizione verde dell'automotive, rappresentano inevitabilmente un freno alla stessa possibilità di mettere in campo politiche industriali in grado di affrontare la transizione ambientale, energetica e digitale;

    16) per quanto riguarda il settore dell'automotive, è il settore industriale che, sebbene in forte difficoltà e in parte attualmente ridimensionato, risulta ancora centrale per il prodotto interno lordo del Paese ed è ancora oggi il principale settore manifatturiero italiano, che conta oltre 270 mila addetti diretti, con un fatturato di oltre 100 miliardi di euro;

    17) sempre più preoccupante e drammatica è la crisi di produzione in cui versa il gruppo Stellantis;

    18) paradigmatiche della perdurante fortissima crisi produttiva della Stellantis sono state le dimissioni del 1° dicembre 2024 dell'amministratore delegato Carlos Tavares, accettate dal consiglio di amministrazione. È necessario che il nuovo management garantisca una forte e totale discontinuità rispetto al passato sugli impegni occupazionali e produttivi;

    19) a soffrire fortemente di questo lento disimpegno di Stellantis è anche tutto l'indotto che comprende settori importanti con migliaia di persone occupate;

    20) si ricorda che il gruppo Stellantis, prima Fca e prima ancora Fiat, ha beneficiato, nel corso della sua lunga storia, di una notevole quantità di aiuti di Stato. Si stima che, partendo dai contratti di programma siglati con il Cipe tra il 1990 e il 2019, ammonti a 4 miliardi di euro il complesso dei contributi pubblici ricevuti, a fronte di poco più di 10 miliardi di euro di investimenti dichiarati. Risorse pubbliche assegnate ad una società che nel 2023 ha realizzato un utile netto di 18,6 miliardi di euro, in crescita dell'11 per cento rispetto al 2022. Nel 2020, in piena pandemia Fca ha ricevuto 6,3 miliardi di euro di prestito coperto da garanzia pubblica. Sul registro nazionale di aiuti di Stato da ottobre 2016 a gennaio 2024 risultano versati prima a Fca poi a Stellantis aiuti per 100 milioni di euro, tra i quali rientrano i 7 milioni di euro di incentivi per il rinnovo macchinari con «Industria 4.0» e ai quali va aggiunta la cassa integrazione pari a 446 milioni di euro ricevuta fra il 2014 e il 2020, importo lievitato a 984 milioni di euro tra il 2023 e l'aprile del 2024. Nonostante ciò, negli ultimi 17 anni, tra il 2007 ed il 2024, il gruppo ha visto ridurre la produzione di auto quasi del 70 per cento;

    21) quando è nata, i dipendenti di Stellantis erano 52.700. A dicembre 2023 erano scesi a 42.500 unità. Nel corso del 2023 altre 3.000 uscite;

    22) il personale dei sei stabilimenti di Stellantis è diminuito del 25 per cento in soli quattro anni e il mancato utilizzo della capacità produttiva degli stabilimenti ha avuto un costo anche per lo Stato italiano: dal 2014 al 2020, Fca ha ricevuto contributi per gli ammortizzatori per 446 milioni di euro (di cui 263 a carico dell'azienda). Dal 2021 al maggio 2024 la spesa per la cassa è salita a 984 milioni di euro(di cui 280 a carico dell'azienda e oltre 700 milioni a carico dell'Inps). In totale, quindi, prima Fca e poi Stellantis sono state supportate con ammortizzatori per poco meno di un miliardo di euro. In questo momento la cassa integrazione è presente in tutti gli stabilimenti. Per 250 lavoratori di Mirafiori il limite della cassa sarà raggiunta a fine dicembre 2024. Secondo la Fim Cisl, in Stellantis la cassa si esaurirà per 12 mila lavoratori nei diversi stabilimenti. Stessa cosa per altri 12 mila nell'indotto diretto;

    23) il suddetto scenario dimostra come, a fronte di ingenti contributi pubblici, il Governo non sia riuscito a vincolare Stellantis a impegni precisi sulla produzione e sull'occupazione nel nostro Paese e il continuo ricorso dell'azienda ad una politica remunerativa degli organi di vertice come quella adottata fino ad oggi dovrebbe ritenersi incompatibile con ulteriori forme di sovvenzioni statale;

    24) la contrazione di Stellantis, con il calo costante della produzione conseguente anche al suo sostanziale sempre maggiore disimpegno, sta determinando inevitabilmente anche la crisi dell'indotto del settore con relative chiusure e ridimensionamenti di molte aziende e imprese, con tutto quello che comporta in termini di rischio di tenuta degli stessi livelli occupazionali;

    25) ultimo in ordine di tempo è il licenziamento collettivo alla Trasnova di 97 lavoratori impiegati negli stabilimenti Stellantis di Pomigliano d'Arco, Mirafiori, Piedimonte San Germano e Melfi ritenuti esuberi per le esigenze produttive dell'azienda a causa della «volontà di Stellantis di cessare tutti i contratti in essere» dal 31 dicembre 2024;

    26) in questo contesto davvero inaccettabile è la decisione del Governo di tagliare dallo stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy del disegno di legge di bilancio per il 2025, ora all'esame della Camera dei deputati, circa 4,5 miliardi di euro – circa l'80 per cento – della dotazione complessiva del Fondo istituito con il decreto-legge n. 17 del 2022, espressamente finalizzato a «favorire la transizione verde, la ricerca, gli investimenti nella filiera del settore automotive finalizzati all'insediamento, alla riconversione e alla riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili, in linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l'ambiente e di sviluppo digitale, nonché per la concessione di incentivi all'acquisto di veicoli non inquinanti e per favorire il recupero e il riciclaggio dei materiali»;

    27) nel citato Fondo c'è attualmente un miliardo di euro l'anno fino al 2030, che ora, se il Parlamento non provvederà a ripristinare le risorse, viene pesantemente decurtato: nel 2025 restano 450 milioni di euro, poi 200 milioni di euro l'anno. Lo Stato risparmia 3,7 miliardi di euro nei prossimi cinque anni e 4,5 miliardi di euro fino al 2030;

    28) è evidente che si è di fronte ad un taglio insostenibile, che significa voler affossare uno strumento finanziario decisivo, pensato per favorire la transizione verde del settore dell'automotive;

    29) al settore della difesa, in compenso, il disegno di legge di bilancio per il 2025 propone 34 miliardi di euro in più, 2,5 l'anno fino al 2039;

    30) sempre a proposito delle politiche industriali e sempre con riguardo al testo del disegno di legge di bilancio, all'esame del Parlamento, vale la pena sottolineare la riduzione della missione «Energia e diversificazione delle fonti energetiche» di circa 200 milioni di euro, ossia il 14,5 per cento rispetto alle previsioni assestate del 2024. Di questo taglio 150 milioni di euro riguardano il «Fondo per la transizione energetica nel settore industriale» finalizzato all'erogazione di contributi per l'installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli (-100 milioni di euro) e all'erogazione del contributo straordinario ai titolari di bonus sociale elettrico;

    31) inoltre, si propone un taglio di oltre 2 miliardi di euro relativo al programma 11.8 «Incentivi alle imprese per interventi di sostegno», nonché la riduzione del programma 11.7 «Incentivazione del sistema produttivo» (-2,1 miliardi di euro), dove, tra le altre cose, diminuiscono gli stanziamenti del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (-1 miliardo di euro);

    32) è evidente che il modello di sviluppo e le strategie industriali devono essere sempre di più in grado di consentire la trasformazione delle grandi imprese e dei grandi comparti produttivi, per favorire, anche attraverso mirati incentivi e sostegni pubblici, l'innovazione del sistema delle imprese italiano e la transizione verde ed energetica nel pieno rispetto degli impegni e degli obiettivi ambientali concordati e decisi in ambito internazionale e dell'Unione europea;

    33) le decisioni assunte in questi ultimi anni dall'Unione europea, a cominciare dal «Green deal europeo» nel dicembre 2019, riguardo alla transizione verde e alla relativa politica energetica, sono finalizzate alla decarbonizzazione del sistema energetico dell'Unione europea, attraverso una nuova politica industriale e con una forte accelerazione, in particolare, su rinnovabili ed efficienza energetica di edifici, industria e mobilità;

    34) la green economy rappresenta un nuovo modello di sviluppo economico e industriale ambientalmente sostenibili e nuove e maggiori opportunità competitive ed occupazionali in tutti i comparti di attività, con l'obiettivo di una trasformazione di carattere strutturale della stessa economia e della produzione attraverso lo sviluppo dei suoi settori strategici (energie rinnovabili ed efficienza energetica, agricoltura sostenibile e di qualità, gestione dei rifiuti ed efficienza dei materiali, mobilità sostenibile ed altro);

    35) gli importanti obiettivi ambientali stabiliti e concordati in sede di Unione europea e nell'ambito delle Conferenze Onu sul clima, per il definitivo superamento delle fonti fossili, impongono un cambio sostanziale di paradigma delle attuali politiche industriali e produttive. Questo comporta inevitabilmente mettere in campo politiche pubbliche in termini di investimenti e di potenziamento di una fiscalità di vantaggio, in grado di sostenere realmente la transizione verde chiesta al settore industriale e produttivo;

    36) è necessario potenziare il sostegno pubblico a processi, prodotti e servizi realmente sostenibili (ambientalmente, economicamente e socialmente), applicando il principio della neutralità tecnologica nel definire le politiche e nel promuovere lo sviluppo delle diverse tecnologie che devono costituire l'insieme di soluzioni per il raggiungimento dei target climatici europei al 2030 e al 2050;

    37) un ruolo importante di sostegno alle imprese e al loro export è attualmente assegnato alla Sace s.p.a., società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e specializzata nel settore assicurativo-finanziario. L'azienda è attiva nell'export credit, nell'assicurazione dei crediti, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring;

    38) con la legge di bilancio per il 2024 (legge n. 213 del 2023) Sace s.p.a. è stata autorizzata a rilasciare, fino al 2029, garanzie connesse a investimenti nei settori delle infrastrutture, dei servizi pubblici locali, dell'industria e ai processi di transizione verso un'economia pulita e circolare e la mobilità sostenibile, l'adattamento ai cambiamenti climatici, la sostenibilità e la resilienza ambientale o climatica e l'innovazione industriale, tecnologica e digitale delle imprese;

    39) in realtà, in questi anni la Sace ha supportato e sostenuto con aiuti l'industria fossile: fra il 2016 e il 2022 ha concesso l'importante cifra di 15,1 miliardi di euro di garanzie a progetti di petrolio e gas;

    40) è evidente che quest'attività di supporto a piani di investimento che continuano a vedere «protagoniste» le fonti fossili non ha alcuna coerenza con gli impegni ambientali assunti in sede di Unione europea;

    41) è quindi necessario che la Sace dia il suo contributo per favorire la transizione energetica e le politiche di decarbonizzazione del sistema energetico, attraverso il suo sostegno a operazioni nel settore delle fonti rinnovabili e delle energie alternative, escludendo il suo supporto a quei progetti e investimenti, anche all'estero, che riguardano direttamente o indirettamente i combustibili fossili e le fonti energetiche climalteranti;

    42) la produzione industriale deve operare sempre di più nel rispetto degli indicatori di benessere equo e sostenibile, sostenendo la transizione verso modelli improntati a criteri di sostenibilità ecologica e sociale, e a tal fine sono necessari interventi volti a favorire la semplificazione delle procedure e l'incentivazione economica di modelli produttivi sostenibili;

    43) è necessario un ruolo pubblico in grado di varare un piano d'azione per il clima quale strumento di pianificazione e programmazione nazionale a lungo termine in grado di integrare e supportare la politica industriale, economica e climatica, per definire il contributo dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi in materia stabiliti dall'attuale normativa dell'Unione europea;

    44) un ruolo importante nell'individuazione delle risorse pubbliche da destinare alla transizione verde e per sostenere nuove filiere industriali sostenibili, uscendo da pratiche inquinanti o energivore, deve certamente essere svolto dalla progressiva riduzione ed eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi;

    45) la politica industriale e le scelte di politica economica devono, inoltre, avere un ruolo centrale nel contribuire a ridurre i forti squilibri territoriali che caratterizzano il nostro Paese;

    46) va ridata centralità al Mezzogiorno, sempre più escluso dai grandi processi produttivi e sempre più marginale rispetto alle scelte industriali di questo Governo;

    47) l'ultimo rapporto Svimez 2024 evidenzia chiaramente che, terminata la fase di spinta post-Covid e gli effetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Sud nei prossimi due anni vedrà allargarsi ulteriormente la forbice del prodotto interno lordo (+0,8 per cento, a fronte dell'1,1 per cento del Centro-Nord), con una riduzione del salario reale (-5,7 per cento) addirittura più alta che nel resto del Paese;

    48) come se non bastasse, il Governo ha deciso che una grossa fetta, pari a 6,2 miliardi di euro, delle risorse complessive messe a disposizione del Mezzogiorno dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, per le aree più svantaggiate, venga sottratta alle regioni Calabria e Sicilia, per essere destinata al finanziamento dell'assurdo progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina;

    49) la mancanza di occasioni e l'assenza di un serio piano industriale e di una programmazione di investimenti pubblici rischia di produrre un impoverimento industriale insostenibile nelle regioni e nelle aree più povere del Paese, da dove si emigra come negli anni del dopoguerra;

    50) una delle regioni del Mezzogiorno più colpite dalla mancanza di serie politiche industriali è certamente la Sardegna, interessata da processi di destrutturazione produttiva e deindustrializzazione, con pesanti conseguenze sulle condizioni di vita delle comunità;

    51) tra questi spicca per la gravità della situazione il Sulcis-Iglesiente, dove negli anni hanno subito tragiche vicende di destrutturazione diversi impianti privati e a partecipazione e controllo pubblico come EurAllumina spa, Otefal Sail spa, Portovesme srl, Alcoa, Rockwool Italia spa, Carbosulcis spa;

    52) per quanto riguarda la Portovesme srl, si rammenta che è l'unica azienda produttrice di zinco e piombo primario in Italia, che opera in Sardegna negli stabilimenti di San Gavino e Portoscuso, dove occupa oltre 1.000 lavoratori, tra diretti e indiretti. La proprietà ha intenzione di fermare la linea di produzione dello zinco primario, provocando di fatto il blocco dello stabilimento di Portoscuso, con tutto quello che ne consegue anche in termini di rischi concreti per i lavoratori impiegati e l'indotto;

    53) una seria e lungimirante politica industriale deve essere in grado di favorire e guidare i processi di reindustrializzazione e di sostegno alla produzione, in particolare del Mezzogiorno e dei territori più svantaggiati e a forte rischio di desertificazione industriale,

impegna il Governo:

1) a definire un'efficace strategia industriale e di sviluppo finalizzata a ridurre le forti disparità tra le diverse aree e regioni del nostro Paese e contrastare l'impoverimento produttivo e industriale del Mezzogiorno;

2) a garantire il pieno e costante coinvolgimento delle organizzazioni sindacali al fine di aggiornare tavoli di discussione e di concertazione, anche a garanzia di tutti i lavoratori impiegati nel sistema produttivo-industriale;

3) ad adottare le opportune iniziative normative e di politica industriale volte ad introdurre misure efficaci per contrastare e disincentivare la pratica della delocalizzazione delle attività produttive;

4) a porre in essere tutte le iniziative necessarie a contrastare l'impoverimento in atto di una fascia sempre più ampia di lavoratori, anche conseguente alla riduzione del potere di acquisto del loro reddito per il mancato adeguamento al crescente costo della vita;

5) a programmare politiche industriali per i settori manifatturieri e per i servizi, al fine di garantire gli investimenti necessari a difesa dell'occupazione e di contrasto alla precarietà;

6) con riguardo al settore dell'automotive, a mettere in atto tutte le iniziative volte a conoscere i piani industriali di Stellantis al fine di favorire la produzione di modelli mass market, confermare i tempi della gigafactory di Termoli, garantire visibilità sui nuovi modelli, interrompere le delocalizzazioni, impegnando l'azienda attraverso la sottoscrizione di precisi impegni, tra i quali il reshoring dei modelli Fiat programmati in Serbia, Polonia e Marocco, quali condizioni necessarie per poter accedere al pacchetto di supporto alla filiera produttiva automotive;

7) ad adottare iniziative volte a sostenere, anche attraverso la partecipazione pubblica, quelle imprese che si distinguono per produzioni ecosostenibili, innovative e di qualità;

8) ad adottare tutte le iniziative volte a incentivare una produzione industriale che operi nel rispetto degli indicatori di benessere equo e sostenibile, sostenendo la transizione verso modelli improntati a criteri di sostenibilità ecologica e sociale attraverso la semplificazione delle procedure;

9) a predisporre un piano d'azione per il clima quale strumento di pianificazione e programmazione nazionale a lungo termine in grado di integrare e supportare la politica industriale, economica e climatica, per definire il contributo dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi in materia stabiliti dalla normativa vigente dell'Unione europea;

10) ad adottare iniziative volte a prevedere uno specifico maggiore sostegno per quei settori produttivi che, per le specifiche caratteristiche produttive, hanno oggettive evidenti difficoltà ad abbattere le emissioni di anidride carbonica e a riconvertirsi, con conseguenze negative in termini economici e occupazionali;

11) ad adottare iniziative volte a individuare, come parziale copertura del maggiore impegno pubblico necessario a finanziare politiche industriali coerenti con la transizione verde, una riduzione delle risorse, recentemente incrementate, assegnate al settore della difesa;

12) a rivedere la decisione di fare dell'Italia un hub del gas per trasformarla al contrario in un Paese leader nella produzione di rinnovabili, di sistemi di accumulo, nell'efficienza tecnologica, nella ricerca e innovazione tecnologica;

13) ad adottare iniziative di competenza volte a rivedere le funzioni svolte dalla Sace s.p.a. al sostegno di operazioni del settore delle fonti rinnovabili e delle energie pulite, escludendo il finanziamento e il supporto a progetti e investimenti anche esteri che riguardano direttamente o indirettamente i combustibili fossili e le fonti energetiche climalteranti.
(1-00378) «Ghirra, Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Mari, Piccolotti, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    1) negli ultimi anni il settore industriale italiano si è trovato ad affrontare una combinazione di sfide senza precedenti, che hanno messo a dura prova la resilienza delle imprese e il loro contributo all'economia nazionale. Secondo l'Istat, nel 2023 la produzione industriale ha subìto una diminuzione del 3,1 per cento rispetto all'anno precedente, un dato preoccupante che segna un'inversione di tendenza rispetto alla crescita sostenuta osservata negli anni precedenti, in particolare nei comparti legati alla manifattura e alla meccanica avanzata. Questo calo non è solo un indicatore congiunturale, ma un segnale strutturale di un rallentamento che si sta consolidando. A settembre 2024, il settore ha infatti registrato una diminuzione del 4 per cento su base annua, rappresentando il calo più marcato degli ultimi dodici mesi e confermando un trend negativo che si protrae ormai da venti mesi consecutivi. Parallelamente, le prospettive di crescita economica per il Paese sono state recentemente riviste al ribasso: l'Istat ha aggiornato le stime per il 2024, indicando un aumento del Pil pari allo 0,5 per cento, significativamente inferiore rispetto all'iniziale previsione governativa dell'1 per cento;

    2) l'industria, che rappresenta circa il 25 per cento del Pil nazionale, si è trovata ad affrontare non solo un rallentamento degli ordini interni ed esterni, ma anche un contesto caratterizzato da costi energetici elevati, pressioni normative e una competizione globale sempre più serrata. I prezzi del gas e dell'elettricità in Italia restano tra i più alti in Europa, penalizzando la competitività delle imprese rispetto ai partner europei come Francia e Germania, e ai mercati extraeuropei come gli Stati Uniti. Questo gap ha inciso particolarmente sui settori ad alta intensità energetica, come il metalmeccanico, il chimico e il tessile, che hanno visto ridursi i margini di profitto e la capacità di investimento;

    3) l'incertezza economica, amplificata dalla combinazione di fattori interni ed esterni come l'aumento dell'inflazione, la volatilità dei mercati e le tensioni geopolitiche, ha indotto molte aziende italiane a rinviare o ridimensionare gli investimenti in innovazione e tecnologia, elementi fondamentali per rimanere competitivi nei mercati globali ma che sono spesso tra i primi ad essere sacrificati in contesti di difficoltà economica, poiché richiedono risorse significative e garantiscono ritorni a medio-lungo termine, in contrasto con l'esigenza di molte imprese di far fronte a problemi immediati di liquidità;

    4) la scarsa accessibilità al credito, aggravata dall'aumento dei tassi di interesse e dalla crescente prudenza degli istituti finanziari, rappresenta un ulteriore ostacolo. Le piccole e medie imprese (Pmi), che costituiscono il 92 per cento del tessuto produttivo nazionale, sono spesso le più colpite da questa dinamica. La loro difficoltà a ottenere finanziamenti a condizioni favorevoli limita non solo la possibilità di investire in nuove tecnologie, ma anche quella di sostenere la normale operatività, rallentando il rinnovamento delle linee produttive e la transizione digitale. La mancanza di incentivi mirati e stabili contribuisce a consolidare questa tendenza. Sebbene esistano strumenti come il credito d'imposta per ricerca e sviluppo o i finanziamenti nell'ambito del Piano Transizione 4.0, molte aziende segnalano problemi di complessità burocratica e incertezza normativa, che disincentivano l'uso di tali agevolazioni. La continua revisione di politiche industriali emergenziali e la mancanza di un quadro strategico di lungo periodo amplificano questa instabilità;

    5) il settore industriale italiano sta affrontando una sfida strutturale legata alla cronica carenza di investimenti in ricerca e sviluppo (R&S), un fattore cruciale per mantenere competitività nei mercati globali e affrontare le trasformazioni tecnologiche. Nel 2022, l'Italia ha dedicato solo l'1,5 per cento del proprio Pil a ricerca e sviluppo, una cifra significativamente inferiore rispetto alla media dell'Unione europea, che si attesta al 2,2 per cento (fonte: Eurostat). Questa discrepanza diventa ancora più evidente se confrontata con Paesi leader come Germania e Svezia, che investono rispettivamente il 3,1 per cento e il 3,4 per cento del Pil in ricerca e sviluppo. Anche l'adozione delle tecnologie digitali, essenziale per il passaggio all'industria 4.0, rimane insufficiente. Secondo il Digital economy and society index (Desi), solo il 25 per cento delle Pmi italiane ha implementato soluzioni legate all'Industria 4.0, come automazione avanzata, intelligenza artificiale, big data e Internet of Things, rispetto al 33 per cento della media europea. Tale condizione non solo penalizza le imprese italiane nei confronti di concorrenti stranieri, ma compromette anche la loro capacità di adattarsi alle nuove dinamiche del mercato, come l'evoluzione delle richieste dei consumatori e le sfide della sostenibilità ambientale;

    6) tra le politiche più rilevanti degli ultimi anni, il Piano Industria 4.0, avviato dal Governo Renzi nel 2016 e poi sostituito nel 2021 dal Piano Transizione 4.0, ha rappresentato un'importante svolta per il sistema produttivo italiano. Con l'introduzione di strumenti innovativi come iper-ammortamenti, super-ammortamenti e il credito d'imposta per la ricerca e sviluppo, il piano è riuscito a rilanciare gli investimenti, all'epoca completamente fermi, e a promuovere una profonda trasformazione culturale, ponendo al centro l'innovazione e la digitalizzazione come motori di competitività e crescita. Tali progressi sono stati tuttavia depotenziati da successivi correttivi che hanno portato il Paese a posizionarsi al di sotto della media europea in termini di adozione tecnologica;

    7) la transizione digitale, trainata da tecnologie emergenti come l'intelligenza artificiale (IA), rappresenta una sfida e al tempo stesso un'opportunità per il sistema produttivo italiano. L'intelligenza artificiale, in particolare, sta trasformando profondamente i processi produttivi, le modalità organizzative del lavoro e le competenze richieste. Sul fronte energetico, l'adozione massiccia dell'intelligenza artificiale, sia nei settori industriali che nei servizi, richiede infrastrutture tecnologiche avanzate come data center, calcolo ad alte prestazioni e sistemi distribuiti, che comportano un incremento significativo del fabbisogno energetico. Secondo stime internazionali, i data center e i processi di calcolo avanzati legati all'intelligenza artificiale rappresenteranno entro il 2030 circa il 10 per cento del consumo globale di energia. In un Paese come l'Italia, già caratterizzato da costi energetici elevati e una forte dipendenza dalle importazioni, questa sfida richiede un rafforzamento della capacità produttiva di energia sostenibile;

    8) riguardo poi, alla cybersecurity, le risorse sono poche e polverizzate tra diversi strumenti, il credito di imposta Transizione 4.0, con percentuali che variano tra il 10 e il 15 per cento, la «Nuova Sabatini», ma solo con la concessione di una quota degli interessi su un finanziamento, la «Digital Transformation» di Invitalia e il Piano Transizione 5.0, i cui crediti d'imposta, però, riguardano solo indirettamente anche gli investimenti in cybersecurity. Sarebbe indispensabile individuare una specifica linea di finanziamento o di agevolazione che sia dedicata in modo esclusivo ad investimenti sulla cybersecurity, soprattutto nell'ottica dello sviluppo digitale delle nostre imprese;

    9) il sistema di scambio di quote di emissione (Ets) dell'Unione europea, combinato con il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam), sta imponendo costi sempre maggiori alle imprese europee. L'Ets prevede una riduzione del 62 per cento delle emissioni consentite entro il 2030 rispetto al 2005, portando a un aumento significativo dei costi per le imprese. Dal 2021, i prezzi delle quote di emissione sono cresciuti del 42 per cento, penalizzando in particolare settori come acciaio, alluminio e cemento, dove i costi in Europa sono già molto più alti rispetto a quelli dei mercati di esportazione. L'introduzione del Cbam dal 2026, che applicherà una tassa sul carbonio alle importazioni di prodotti ad alta intensità di emissioni, potrebbe aggravare ulteriormente la situazione. Questo meccanismo colpisce beni semilavorati come acciaio, cemento e fertilizzanti, che rappresentano una quota significativa del deficit commerciale extra-UE dell'Italia, pari a 5 miliardi di euro. Poiché le imprese europee competono in contesti dove il carbonio ha un prezzo inferiore o nullo, come negli Stati Uniti o in Cina, rischiano di perdere competitività. Inoltre, il Cbam comporterà un aumento degli oneri amministrativi, soprattutto per le piccole e medie imprese, già penalizzate dalla complessità di calcolo delle emissioni e dalla mancanza di standard univoci. Questi fattori, uniti alla possibilità di elusione del sistema, rischiano di frenare ulteriormente gli investimenti industriali in Europa;

    10) sebbene tali strumenti siano fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi climatici dell'Unione europea, le loro implicazioni economiche rischiano di penalizzare severamente i settori produttivi ad alta intensità energetica, che rappresentano una componente cruciale del valore aggiunto manifatturiero. Per tali ragioni è indispensabile adottare una strategia integrata che contempli misure di compensazione economica per i settori più esposti, incentivi per l'adozione di tecnologie di riduzione delle emissioni, e una semplificazione del quadro normativo per ridurre gli oneri amministrativi. Parallelamente, è fondamentale investire nel potenziamento delle infrastrutture per l'energia verde, nell'efficienza energetica e nello sviluppo di tecnologie innovative come l'idrogeno verde, al fine di abbattere i costi energetici e ridurre la dipendenza dalle fonti fossili;

    11) l'attuale configurazione del mercato elettrico in Europa, che lega il prezzo dell'elettricità a quello del gas naturale, sta creando significative inefficienze e distorsioni. Questo meccanismo, basato sulla cosiddetta «price coupling», fa sì che il prezzo dell'elettricità venga determinato dall'impianto di generazione marginale, tipicamente alimentato a gas. Tale sistema ha portato, soprattutto in periodi di crisi energetica e volatilità dei prezzi del gas, a un aumento sproporzionato dei costi dell'elettricità, penalizzando famiglie e imprese. Una riforma del mercato elettrico che separi il prezzo dell'elettricità da quello del gas consentirebbe di valorizzare maggiormente le fonti rinnovabili, il cui costo di produzione è significativamente più basso e meno soggetto a fluttuazioni. Attraverso un modello basato su contratti a lungo termine per differenza (Contracts for Difference – CfD) o su meccanismi di prezzi differenziati, sarebbe possibile stabilire prezzi più stabili e prevedibili per l'elettricità, incentivando ulteriormente la transizione energetica. Un approccio di tale portata, oltre a migliorare la competitività delle imprese italiane sul mercato internazionale, fornirebbe una maggiore protezione contro le crisi energetiche future;

    12) nel lungo periodo, il nucleare di nuova generazione potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel garantire un mix energetico sostenibile, sicuro e competitivo. Le tecnologie avanzate, come i reattori modulari di piccola taglia (SMR – Small modular reactors) e i reattori di IV generazione, offrono prospettive interessanti per una produzione di energia nucleare più sicura, flessibile e sostenibile. Questi impianti, progettati per ridurre al minimo il rischio di incidenti e per ottimizzare la gestione dei rifiuti radioattivi, potrebbero integrare le rinnovabili, garantendo una produzione stabile e continua di energia, fondamentale per un sistema industriale avanzato. La combinazione di una riforma del mercato elettrico e l'introduzione graduale del nucleare avanzato potrebbe rappresentare una soluzione strategica per ridurre i costi energetici, migliorare la competitività del sistema produttivo e accelerare il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici dell'Italia imposti dal Green Deal europeo che prevedono di ridurre le emissioni del 55 per cento entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050;

    13) tra le criticità strutturali che rischiano di compromettere il potenziale di crescita e competitività del settore industriale nazionale, la carenza di figure professionali rappresenta una delle sfide più urgenti per il nostro Paese, alimentata da diversi fattori demografici e strutturali. Già prima della pandemia, le imprese italiane riscontravano difficoltà nel reperire personale per circa il 26 per cento delle assunzioni previste (pari a 1,2 milioni di posizioni). Nel 2023, questa quota è salita oltre il 45 per cento, interessando quasi 2,5 milioni di opportunità lavorative, segnalando un aggravamento della situazione. A contribuire a questa criticità sono elementi come un disallineamento nella formazione che inficia domanda e offerta di lavoro, la bassa mobilità interna, la forte sperequazione territoriale tra domanda e offerta di lavoro, la fuga di talenti all'estero e l'insufficienza di lavoratori provenienti da Paesi extra-UE, che insieme amplificano il divario tra domanda e offerta di lavoro;

    14) secondo le proiezioni demografiche dell'Istat, tra il 2024 e il 2028 la popolazione residente in Italia subirà una riduzione di 1,5 milioni di unità a causa del saldo naturale negativo. Sebbene sia previsto un saldo migratorio positivo di circa 1,2 milioni di persone, questo non sarà sufficiente a compensare il calo della popolazione in età lavorativa, stimata in diminuzione di 850 mila unità. A parità di tasso di occupazione, ciò comporterebbe una riduzione dell'offerta di lavoro di circa 520 mila unità nei prossimi cinque anni. Il fabbisogno di lavoratori, anche in uno scenario di modesta crescita economica cumulativa del 4,9 per cento tra il 2024 e il 2028, richiederebbe un incremento occupazionale di almeno 815 mila unità. Di conseguenza, il divario tra domanda e offerta di lavoro potrebbe ampliarsi fino a 1,3 milioni di unità entro il 2028;

    15) questa carenza si manifesta in modo diverso a livello territoriale: nel Nord Italia, il mismatch tra domanda e offerta di lavoro sarà relativamente contenuto, al Centro, pur rimanendo sotto la media nazionale, il problema sarà comunque significativo, nel Mezzogiorno, la situazione risulterà più grave, aggravando ulteriormente i divari economici e sociali già esistenti. Compensare questa carenza esclusivamente attraverso l'aumento del tasso di occupazione appare irrealistico. Per colmare il divario di lavoratori, il tasso di occupazione dovrebbe crescere di almeno 3,7 punti percentuali, un obiettivo difficilmente raggiungibile nell'arco di un quinquennio. Anche assumendo un aumento più contenuto di 2 punti percentuali, che rappresenta un traguardo più realistico, mancherebbero comunque circa 610 mila lavoratori;

    16) sul piano delle competenze, inoltre, la transizione digitale, accelerata dall'adozione di tecnologie emergenti come l'Intelligenza artificiale (IA), richiede lavoratori dotati di abilità altamente specializzate, come lo sviluppo di algoritmi, l'analisi dei dati e la gestione dei sistemi di automazione avanzata. L'Italia si colloca tra gli ultimi in Europa per competenze digitali (Desi 2023), segnalando un grave deficit nella capacità di formare e aggiornare la forza lavoro alle nuove esigenze del mercato. La carenza di competenze digitali e tecnologiche rischia di ampliare ulteriormente il divario tra domanda e offerta di lavoro, ostacolando la piena integrazione delle tecnologie IA nel sistema produttivo. Anche dal punto di vista organizzativo l'integrazione dell'intelligenza artificiale nei processi aziendali richiede un ripensamento dei modelli di lavoro al fine di tutelare l'occupazione ed evitare di esacerbare la polarizzazione tra lavori altamente qualificati e lavoratori meno richiesti. La riqualificazione professionale insieme ad una maggiore flessibilità del lavoro, strumenti già ampiamente previsti dal Jobs Act, introdotto dalla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che ha segnato un punto di svolta nella regolamentazione del mercato del lavoro italiano contribuendo in modo efficace, tra le altre cose, al potenziamento delle politiche attive del lavoro e promuovendo l'occupabilità dei lavoratori, può costituire, a tal proposito, una base normativa rilevante per garantire una transizione equa in un mercato del lavoro in rapida evoluzione;

    17) parallelamente, il tema della partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese rappresenta un elemento cruciale per rafforzare la competitività e la sostenibilità aziendale, in un contesto di crescenti sfide globali. Esperienze europee consolidate, come il modello di cogestione tedesco (Mitbestimmung), dimostrano chiaramente i benefìci di tale approccio. In Germania, le imprese con oltre 2.000 dipendenti sono obbligate a includere rappresentanti dei lavoratori nei consigli di sorveglianza aziendali, consentendo ai lavoratori di partecipare attivamente alla definizione delle strategie aziendali e promuovendo un equilibrio tra gli interessi dei dipendenti, dei dirigenti e degli azionisti. Il coinvolgimento dei lavoratori nei processi decisionali stimola una maggiore condivisione degli obiettivi aziendali, riducendo i conflitti interni e favorendo un clima di collaborazione anche in situazioni di crisi, in quanto la presenza dei lavoratori nelle governance favorisce decisioni più equilibrate e lungimiranti, minimizzando i rischi per l'occupazione e la stabilità aziendale;

    18) entrando nel merito degli specifici comparti produttivi, i settori strategici del «Made in Italy», come il manifatturiero avanzato, ma anche l'automotive, e l'agroalimentare stanno affrontando crescenti pressioni derivanti dalla concorrenza globale e dalla necessità di adattarsi alla transizione ecologica e digitale. In particolare, il settore automobilistico, sta affrontando un crollo drammatico: la produzione è tornata ai livelli del 2013 e, a luglio 2024, ha registrato un calo del 26,1 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, con una contrazione complessiva della produzione industriale pari a -3,8 per cento. Il comparto specifico dei veicoli ha subìto un calo ancora più drastico (-34,7 per cento). Ad aggravare tale drammatica situazione si aggiunge l'imminente definanziamento del Fondo automotive previsto nella manovra di bilancio, che rischia di compromettere irrimediabilmente non solo l'innovazione tecnologica e la sostenibilità del settore, ma anche i livelli occupazionali e l'intero indotto del settore;

    19) in termini generali l'industria automobilistica europea nel suo complesso sta affrontando una fase di trasformazione radicale, guidata dalla transizione verso la mobilità elettrica, dalle sfide legate alla sostenibilità ambientale e dalle nuove dinamiche di mercato globali, caratterizzate da una crescente competizione con i produttori asiatici e statunitensi. Un elemento che amplifica le difficoltà del settore è rappresentato dalle inutili duplicazioni dei processi produttivi tra i vari attori dell'industria europea. Tale frammentazione, spesso legata a logiche nazionali anziché comunitarie, limita le economie di scala e rallenta la capacità delle imprese europee di innovare e competere sui mercati internazionali. La moltiplicazione di piattaforme, tecnologie e strategie di sviluppo crea inefficienze che si riflettono sia sui costi di produzione sia sulla rapidità di adattamento alle nuove richieste del mercato, come l'accelerazione verso i veicoli elettrici e autonomi;

    20) con specifico riferimento al settore dell'agroalimentare, che contribuisce in modo significativo al Pil e alle esportazioni del Paese, i cambiamenti climatici come la siccità prolungata, le ondate di calore estremo, le precipitazioni improvvise e violente, nonché l'innalzamento delle temperature medie, stanno già mostrando impatti tangibili sulla produttività agricola e sulla qualità delle produzioni tipiche. L'aumento della frequenza e della durata delle siccità, mette a rischio il 50 per cento della produzione agricola. La scarsità di risorse idriche colpisce in particolare colture pregiate come viti, ulivi e cereali, elementi centrali per prodotti iconici come il vino e l'olio extravergine d'oliva. Per far fronte agli effetti del cambiamento climatico, le aziende agricole sono costrette a investire in tecnologie di irrigazione, protezione delle colture e adattamento infrastrutturale, con un aumento significativo dei costi;

    21) l'interdipendenza delle filiere produttive europee, che è stata a lungo una forza per la competitività e l'efficienza del mercato unico, si è rivelata anche una fonte di vulnerabilità di fronte a crisi globali come la pandemia da COVID-19, la guerra in Ucraina e le crescenti tensioni commerciali tra le grandi potenze economiche. In questo contesto, il rischio di misure protezionistiche, come l'imposizione di dazi differenziati, rappresenta una minaccia concreta alla coesione e alla stabilità economica dell'Unione europea. Un esempio significativo è stato fornito dall'amministrazione statunitense durante la prima presidenza Trump, che ha adottato politiche di dazi mirati, colpendo settori simbolo del made in Italy come olio, vino e formaggi. Tali misure non solo hanno penalizzato le esportazioni italiane verso mercati chiave, ma hanno anche alimentato una concorrenza interna all'Unione europea, esacerbando le disparità economiche tra gli Stati membri e mettendo a rischio il principio di solidarietà europea;

    22) anche il settore della moda, eccellenza del made in Italy nel mondo e pilastro dell'economia nazionale, sta subendo una grave crisi. Sebbene nel 2023 i volumi commerciali del comparto abbiano registrato volumi intorno ai 102 miliardi di euro, le stime previsionali per il 2024 indicano una contrazione dei ricavi e testimoniano una crisi del settore. La crisi non riguarda esclusivamente le aziende operanti direttamente nel settore ma colpisce a cascata anche l'indotto, includendo settori complementari come scatolifici, logistica e artigianato subfornitore. La contrazione per il 2024 è compresa tra il 3,5 e il 4 per cento e il settore potrebbe attestarsi su ricavi al di sotto dei 100 miliardi di euro, indicando valori mai così bassi dall'era pre-pandemica. Ad essere maggiormente colpito è uno dei segmenti chiave come l'abbigliamento che registra cali ancora più marcati, con una diminuzione dell'8 per cento. La perdita di posti di lavoro e la chiusura di importanti imprese rischiano di compromettere non solo l'economia di intere comunità territoriali, ma anche la trasmissione di competenze distintive che costituiscono il cuore del made in Italy,

impegna il Governo:

1) a sostenere la resilienza del settore industriale adottando iniziative volte a istituire un Fondo nazionale che accompagni almeno fino al 2030 l'industria manifatturiera nella trasformazione digitale ed ecologica al fine di stimolare gli investimenti delle imprese in innovazione, tecnologie avanzate e decarbonizzazione, migliorando la loro capacità di competere sui mercati globali e di fronteggiare le attuali pressioni normative e concorrenziali;

2) a definire una strategia di politica industriale rinnovata, chiara, lungimirante e condivisa con il Parlamento al fine di stabilire priorità settoriali, individuando ambiti strategici come energie rinnovabili, automotive sostenibile, manifatturiero avanzato e moda, in cui concentrare gli investimenti e promuovendo la sinergia tra istituzioni e imprese in un dialogo costante con il mondo produttivo, accademico e sindacale;

3) ad adottare iniziative volte ad accrescere l'investimento nel capitale umano per recuperare il ritardo nelle competenze digitali attraverso un piano di azioni che assicuri la formazione delle competenze per la transizione digitale ed ecologica e promuova la crescita delle Start-up e delle imprese che offrono servizi innovativi che utilizzano l'intelligenza artificiale;

4) ad adottare iniziative volte a facilitare l'accesso a finanziamenti a condizioni agevolate per le Pmi, riducendo gli oneri burocratici e potenziando l'utilizzo degli strumenti previsti dal Piano Transizione 4.0, incentivando al contempo la semplificazione normativa per l'accesso agli strumenti di credito d'imposta per ricerca e sviluppo;

5) a rafforzare il sostegno alle Pmi per l'adozione di tecnologie avanzate come l'automazione, l'intelligenza artificiale e l'Internet of Things;

6) a promuovere la transizione 5.0 con un focus particolare sulle Pmi relativamente all'accesso ai finanziamenti e al relativo carico burocratico, alle tecnologie e alle competenze necessarie per intraprendere o migliorare il loro percorso di digitalizzazione e sostenibilità, anche nell'ambito delle applicazioni dell'intelligenza artificiale alla sicurezza sul lavoro;

7) ad adottare iniziative volte a prevedere specifici canali di finanziamento dedicati alla cybersecurity delle imprese, individuando misure a basso carico di burocraticità e disposizioni che consentano anche una adeguata formazione del personale in materia di digitalizzazione e sicurezza nelle procedure digitali;

8) a sostenere le imprese ad alta intensità energetica implementando meccanismi di compensazione economica per i settori più esposti al sistema Ets e al Cbam, riducendo i costi aggiuntivi legati alla transizione ecologica;

9) a potenziare gli investimenti nelle infrastrutture per l'energia verde e parallelamente sostenere la combinazione di una riforma del mercato elettrico attraverso la separazione del prezzo dell'elettricità da quello del gas, incentivando l'adozione di contratti a lungo termine per valorizzare le fonti rinnovabili, e l'introduzione graduale del nucleare avanzato al fine di ridurre i costi energetici, migliorare la competitività del sistema produttivo e accelerare il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici del Green Deal europeo;

10) ad adottare iniziative volte a introdurre strumenti innovativi come il reddito di formazione, al fine di consentire ai giovani e ai disoccupati di accedere a percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale, sostenendoli economicamente durante la formazione, e anche per colmare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, favorendo l'acquisizione delle competenze richieste dal mercato;

11) a prevedere percorsi di formazione continua e aggiornamento del personale che ne consentano la continua e costante riqualificazione nell'ambito della progressiva applicazione dell'Intelligenza artificiale e dei percorsi di digitalizzazione nelle aziende;

12) ad adottare iniziative volte ad ampliare il contingente di ingressi di lavoratori stranieri regolari, superando la logica del click day e identificando modalità e tempistiche coerenti con le necessità delle diverse filiere produttive al fine di evitare che la carenza di forza lavoro rischi di diventare un freno insormontabile per la crescita economica del Paese;

13) ad adottare politiche fiscali che promuovano la resilienza delle imprese e una redistribuzione equa dei benefìci economici, al fine di rafforzare il tessuto produttivo nazionale e il legame tra produttività e benessere economico dei lavoratori, con particolare riferimento a forme di detassazione degli utili reinvestiti nell'impresa e a favore dei lavoratori finalizzate al riconoscimento di trattamenti economici accessori integrativi anche nelle forme di tredicesime, quattordicesime, quindicesime e straordinari, integralmente detassati per i lavoratori e che non concorrano alla formazione del reddito degli stessi nonché di valorizzare processi di reinvestimento e distribuzione degli utili ancorché in forma indiretta dei lavoratori;

14) ad adottare iniziative volte a definire un quadro normativo organico che promuova la partecipazione diretta dei lavoratori alla governance delle imprese;

15) ad adottare iniziative normative volte a prevedere specifici incentivi, anche sotto forma di agevolazioni fiscali e contributive per favorire la partecipazione dei lavoratori al capitale delle imprese in crisi, con lo scopo di garantire la continuità produttiva aziendale;

16) a rilanciare le politiche industriali nel Mezzogiorno attraverso interventi strutturali e mirati, volti a ridurre i divari territoriali e a promuovere un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo. In particolare, è necessario adottare una strategia integrata che coinvolga istituzioni, imprese e comunità locali, con un forte coordinamento a livello nazionale ed europeo al fine di rendere il Mezzogiorno un hub strategico per il commercio mediterraneo e promuovere la creazione di cluster industriali innovativi in aree strategiche del Sud, puntando nella produzione di energie rinnovabili;

17) a farsi promotore, in Europa, di iniziative volte a sviluppare una strategia europea coordinata per il rilancio del settore automotive, superando la frammentazione attuale e favorendo la creazione di un «campione europeo» per integrare filiere produttive, ridurre la frammentazione e accelerare l'innovazione tecnologica. Tale modello, già adottato con successo in altri settori strategici come quello aerospaziale (con Airbus), potrebbe garantire di sfruttare le economie di scala, riducendo i costi di sviluppo e produzione e aumentando la capacità di competere con i giganti asiatici e americani;

18) a promuovere una strategia industriale integrata per la gestione e la protezione del settore agroalimentare attraverso investimenti diretti e indiretti, rafforzando le infrastrutture idriche, migliorando la resilienza delle aziende agricole e incentivando la collaborazione tra settore pubblico, bancario e assicurativo per una gestione sostenibile dei rischi climatici;

19) ad adottare iniziative volte a sostenere le aziende del comparto moda e il relativo indotto attraverso sgravi fiscali per chi rileva partecipazioni di minoranza in Pmi in crisi, a condizione di mantenere i livelli occupazionali, la creazione di una certificazione per il controllo della catena produttiva delle aziende di moda, l'aumento della soglia di detassazione dei fringe benefit e l'incremento del fondo per la promozione del made in Italy;

20) ad adottare iniziative volte a sostenere e incentivare specifici programmi di internazionalizzazione per le imprese, in particolare per i settori del food e della moda, rendendo più agevoli le procedure di accesso ai prestiti erogati dalla Società italiana per le imprese all'estero, garantendo una reale semplificazione per l'accesso ai nuovi mercati e incentivando, anche fuori dai confini nazionali, le attività di promozione dell'eccellenza delle produzioni del made in Italy, anche nell'ottica di salvaguardarne e incrementarne l'occupazione.
(1-00380) «Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».


   La Camera

impegna il Governo:

1) a definire una strategia di politica industriale rinnovata, chiara, lungimirante e condivisa con il Parlamento al fine di stabilire priorità settoriali, individuando ambiti strategici come energie rinnovabili, automotive sostenibile, manifatturiero avanzato e moda, in cui concentrare gli investimenti e promuovendo la sinergia tra istituzioni e imprese in un dialogo costante con il mondo produttivo, accademico e sindacale;

2) ad adottare iniziative volte a facilitare l'accesso a finanziamenti a condizioni agevolate per le Pmi, riducendo gli oneri burocratici e potenziando, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, l'utilizzo degli strumenti previsti dal Piano Transizione 4.0;

3) a rafforzare il sostegno alle Pmi per l'adozione di tecnologie avanzate come l'automazione, l'intelligenza artificiale e l'Internet of Things;

4) ad adottare ogni iniziativa utile a ridurre i costi energetici, migliorare la competitività del sistema produttivo e accelerare il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici del Green Deal europeo;

5) ad adottare iniziative volte a introdurre strumenti innovativi, al fine di consentire ai giovani e ai disoccupati di accedere a percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale, anche sostenendoli economicamente durante la formazione, e anche per colmare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, favorendo l'acquisizione delle competenze richieste dal mercato;

6) a prevedere percorsi di formazione continua e aggiornamento del personale che ne consentano la continua e costante riqualificazione nell'ambito della progressiva applicazione dell'Intelligenza artificiale e dei percorsi di digitalizzazione nelle aziende;

7) ad adottare iniziative volte a sostenere le aziende del comparto moda e il relativo indotto attraverso misure che favoriscano l'aggregazione alle piccole imprese della filiera.
(1-00380)(Testo modificato nel corso della seduta) «Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».


   La Camera,

   premesso che:

    1) l'industria europea sta attraversando una fase di crisi, come dimostrato dalla contrazione del 12,3 per cento rispetto ai livelli 2019 della produzione industriale in Germania. Nello stesso periodo, anche in Italia si osserva una riduzione, sia pure più contenuta e pari al 6,2 per cento;

    2) come gli altri Paesi europei, anche l'Italia sta affrontando grandi sfide legate alle crisi geopolitiche determinate dai conflitti bellici aperti, che hanno determinato difficoltà nell'approvvigionamento di materie prime e un aumento rilevante dei costi energetici e, dunque, in ultima analisi, un aumento generalizzato dei costi di produzione;

    3) a questo si aggiungono le dinamiche in evoluzione nei rapporti di forza e nei rapporti economici tra grandi potenze e la concorrenza crescente da parte di produttori extra-Unione europea, soprattutto quelli cinesi;

    4) a livello nazionale, l'Italia ha avviato una strategia mirata a consolidare e rafforzare il suo ruolo di nazione industriale, ponendo il settore manifatturiero come pilastro centrale del sistema economico. L'obiettivo è rilanciare la competitività e l'innovazione, non solo all'interno dei confini nazionali, ma anche riaffermare il prestigio dell'industria italiana a livello internazionale;

    5) in questo contesto, il Governo ha già avviato iniziative strategiche mirate a garantire l'approvvigionamento e una gestione efficace delle materie prime critiche, nonché per porre sotto controllo più severo l'export di dette materie, ampliando l'elenco dei metalli oggetto di controllo e rafforzando i controlli sui punti di uscita. L'obiettivo principale è ridurre la dipendenza dall'estero, rafforzando al contempo le capacità industriali e tecnologiche del Paese. È quindi cruciale proseguire e intensificare l'attuazione di specifiche politiche volte a rendere l'Italia un polo sempre più attrattivo per gli investimenti stranieri e a favorire il rientro delle aziende italiane che hanno delocalizzato. Questi interventi sono indispensabili per creare un ambiente economico competitivo e stimolare la crescita e lo sviluppo del tessuto produttivo nazionale;

    6) in particolare, è stata di forte impulso l'attuazione delle zone economiche speciali e delle zone logistiche semplificate, riconoscendole come strumenti fondamentali per rilanciare l'economia e promuovere lo sviluppo infrastrutturale in aree strategiche del Paese. Grazie infatti ai regimi fiscali agevolati e a una significativa semplificazione delle procedure amministrative, si possono creare delle condizioni particolarmente favorevoli agli investimenti, stimolando la crescita delle imprese locali e attirando capitali esteri, con un impatto positivo sull'occupazione e sulla competitività del territorio;

    7) negli ultimi due anni è stata poi avviata un'azione per sviluppare l'industria italiana valorizzando il made in Italy, i suoi caratteri distintivi e identitari, nonché i suoi punti di forza, mirando a colmare le debolezze del nostro modello industriale e creando dei campioni nazionali competitivi nel contesto globale, guardando inoltre all'attrazione di investimenti, anche dall'estero, in settori strategici;

    8) la politica industriale in Italia dovrà essere indirizzata a consolidare e potenziare le misure già avviate dal Governo, al fine di sostenere le imprese nella duplice transizione digitale e green e aiutarle a mantenere la competitività anche di fronte ai nuovi scenari globali;

    9) in termini di transizione digitale, le imprese italiane devono recuperare il divario con i competitor più avanzati, soprattutto per quello che riguarda le applicazioni dell'intelligenza artificiale e dei sistemi hi-tech nell'intero ciclo produttivo;

    10) in termini di transizione green, le imprese italiane devono accelerare il loro percorso verso la decarbonizzazione, interpretando la decarbonizzazione stessa come leva di rinascita industriale e competitività;

    11) in questa linea si pone il «Libro verde per una nuova strategia di politica industriale per l'Italia», elaborato dal Ministero delle imprese e del made in Italy e sottoposto a consultazione pubblica. La consultazione consentirà di raccogliere contributi dai principali attori economici del Paese e si tradurrà nel successivo Libro bianco sulla politica industriale italiana;

    12) la strategia industriale italiana prende le mosse e incorpora le misure finora messe in campo per il sostegno al rilancio industriale, a partire dal Piano «Transizione 5.0», basato sui princìpi della trasversalità e della neutralità tecnologica, unico piano in Europa a sostegno della transizione digitale e ambientale, nonché della riqualificazione delle competenze;

    13) è importante considerare anche l'impatto positivo delle misure fiscali adottate finora dal Governo, che non solo hanno stimolato la crescita economica, ma hanno anche rafforzato la nostra capacità produttiva. Tra le misure più significative, il taglio del cuneo fiscale, che ha ridotto il costo del lavoro per le aziende e aumentato il reddito netto dei lavoratori. Contestualmente, sono state introdotte misure come la riduzione dell'aliquota Ires per le aziende che decidono di reinvestire i propri utili. Questo specifico incentivo mira proprio a supportare l'espansione della capacità produttiva, l'innovazione tecnologica e la creazione di nuovi posti di lavoro. Si tratta di una misura che promuove un modello di crescita sostenibile e responsabile, contribuendo al rafforzamento delle imprese e al consolidamento dell'intero sistema economico nazionale;

    14) occorre, pertanto, potenziare ulteriormente le misure fiscali orientate a semplificare gli adempimenti e ridurre i costi per le aziende, in modo da rendere il sistema fiscale più equo e favorire una maggiore competitività per l'intero Paese;

    15) la nuova politica industriale italiana dovrà essere coordinata con la strategia che andrà delineandosi a livello europeo;

    16) inoltre, la nuova politica industriale italiana dovrà dedicare particolare attenzione ai settori trainanti dell'economia nazionale che stanno affrontando sfide impegnative, tra i quali l'industria metalmeccanica, in particolare i settori automotive e la produzione e la trasformazione metallurgica, acciaio, chimico, tessile e moda, già oggetto di tavoli di lavoro presso il Ministero delle imprese e del made in Italy;

    17) in particolare, la crisi del settore automotive è strettamente collegata con la situazione dell'azienda Stellantis e con le scelte operate dai suoi vertici, compreso l'amministratore delegato dimissionario, che non ha mantenuto l'impegno assunto con il Governo di aumentare gradualmente la produzione in Italia fino a giungere nel 2030 a un milione di veicoli prodotti in Italia. Al contrario, le scelte aziendali sono andate in direzione del disinvestimento e la quota nel mercato italiano di Stellantis nei primi undici mesi 2024 si è addirittura ridotta passando al 29,6 per cento dal 32,7 per cento dello stesso periodo del 2023;

    18) in occasione del tavolo Stellantis tenutosi il 17 dicembre 2024 presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, il primo dopo le dimissioni di Carlos Tavares, a seguito di un intenso confronto con i vertici del gruppo, il Governo ha ottenuto una modifica sostanziale del piano industriale con un quadro chiaro degli investimenti che saranno realizzati nei singoli stabilimenti italiani, nonché un impegno da parte di Stellantis a salvaguardare i livelli occupazionali e a tutelare la filiera italiana;

    19) una svolta tanto più significativa se confrontata con le decisioni di altri grandi gruppi europei, quali Volkswagen e Mercedes, che hanno annunciato significativi tagli degli investimenti, riduzione di organico e chiusure di stabilimenti;

    20) la competitività dell'industria italiana è influenzata dall'aumento dei costi dell'energia e dall'incertezza sul futuro dell'approvvigionamento, in attesa che si concretizzi il percorso di indipendenza energetica dell'Europa. Gli alti costi dell'energia registratisi in questi ultimi mesi stanno mettendo in discussione l'attuale modello di mercato elettrico in Europa;

    21) a fronte di ingenti immissioni di risorse pubbliche in favore delle imprese, sia negli Usa che in Cina, la Commissione europea ha adottato una politica di transizione verso la sostenibilità ambientale disaccoppiata dalla politica industriale e dalle esigenze delle imprese;

    22) per invertire questa tendenza, l'Italia si è fatta promotrice in Europa di due non paper, uno sull'automotive e l'altro con un maggiore impatto sui settori siderurgico, chimico e in generale sui settori energivori per modificare il meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (Cbam), estendendolo anche ai prodotti finiti importati fabbricati nei loro Paesi di origine con materie prime ad alto impatto emissivo, e le normative Ets,

impegna il Governo:

1) a esito della consultazione pubblica, a elaborare il Libro bianco sulla politica industriale italiana, contenente un piano strategico di rilancio dell'industria nazionale che sia fondato sui principi della trasversalità e della neutralità tecnologica;

2) ad adottare iniziative volte a sostenere le imprese italiane nella duplice transizione digitale e green, bilanciando le istanze produttive con quelle ambientali e promuovendo un approccio propositivo a queste sfide, che veda:

  a) gli investimenti nell'intelligenza artificiale e nei sistemi hi tech come chiave perché le imprese italiane siano competitive a livello globale;

  b) le nuove tecnologie digitali come strumento per agevolare il percorso di decarbonizzazione;

  c) gli investimenti per la transizione green come leva di rinascita industriale e competitività;

  d) gli investimenti in ricerca e sviluppo come necessità per rafforzare la capacità di reggere il confronto con i competitor internazionali;

3) ad adottare iniziative per potenziare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, gli incentivi alla formazione continua sulla duplice transizione digitale e green;

4) ad adottare iniziative per potenziare, migliorare ed estendere, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, il sistema nazionale degli incentivi alle imprese, valorizzando le esperienze dei Piani «Transizione» 4.0 e 5.0 e migliorando gli aspetti su cui le imprese hanno trovato difficoltà;

5) a elaborare un piano per la promozione e produzione in Italia di energia sostenibile, investendo su un mix di fonti energetiche, previa approfondita valutazione sulle tempistiche, la sicurezza, la sostenibilità e l'economicità delle diverse fonti, ivi comprese le nuove tecnologie nucleari sostenibili in corso di sviluppo; e, a tal fine, a promuovere la ricerca sulle tecnologie nucleari di nuova generazione anche attraverso un incremento degli investimenti di ricerca e sviluppo nel settore;

6) a proseguire l'attività fin qui condotta in Italia per assicurare una politica europea in grado di conciliare gli obiettivi della sostenibilità ambientale con quelli della sostenibilità economica e sociale;

7) a farsi promotore, in sede europea, di un'iniziativa per l'estensione della Cbam ai prodotti finiti importati e fabbricati nei Paesi di origine con materie prime ad alto impatto emissivo di anidride carbonica e per la riduzione degli adempimenti Cbam posti a carico delle piccole e medie imprese;

8) a proseguire con la strategia di rafforzamento patrimoniale delle imprese, già in corso con la riduzione dell'imposizione fiscale per i redditi d'impresa (Ires), anche attraverso misure di sostegno e incentivi al consolidamento delle filiere industriali per il tramite di fusioni e/o acquisizioni tra imprese;

9) a garantire che i fondi pubblici di garanzia del credito sostengano il fabbisogno di liquidità del sistema industriale;

10) a proseguire con gli incentivi alle assunzioni attraverso la decontribuzione, adottando iniziative volte a introdurre strumenti mirati per agevolare ed incentivare il rientro dei giovani più meritevoli nel tessuto economico industriale italiano;

11) a farsi promotore in sede europea di una specifica iniziativa volta all'adozione di un sistema nel quale il prezzo dell'energia elettrica sia disaccoppiato da quello del gas.
(1-00385) «Caramanna, Gusmeroli, Casasco, Cavo, Antoniozzi, Andreuzza, Squeri, Colombo, Barabotti, Polidori, Comba, Di Mattina, Giovine, Toccalini, Maerna, Pietrella, Schiano di Visconti, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    1) secondo i dati Istat, la produzione industriale italiana è in calo da sei trimestri consecutivi, esattamente da aprile 2023 a settembre 2024;

    2) ad ottobre 2024, la produzione industriale è rimasta stagnante rispetto al mese precedente, mentre confronto tra gli ultimi tre mesi e i tre mesi precedenti si è registrato un calo dello 0,7 per cento e, infine, per quanto riguarda i dati più di lungo periodo, da gennaio 2023 a ottobre 2024 l'indice della produzione industriale è diminuito di 5,6 punti percentuali;

    3) la situazione di crisi è stata evidenziata anche dal Codacons, il cui presidente ha sottolineato quanto sia allarmante la situazione se si analizza l'andamento dei beni di consumo, per i quali si registrano pesanti cali congiunturali e tendenziali, che risentono in modo evidente dello stallo dei consumi da parte delle famiglie, con la spesa degli italiani che non riparte ed effetti negativi diretti su commercio e industria e sui conti nazionali;

    4) i settori che risultano particolarmente penalizzati sono abbigliamento e automotive, la cui produzione tra luglio 2023 e luglio 2024 è calata rispettivamente del 18 per cento e del 35 per cento;

    5) la crisi della produttività italiana si lega con quella della stagnazione dei salari reali: l'Italia è l'unico Paese Ocse, insieme a Grecia e Giappone, in cui il salario reale è diminuito rispetto al 2000;

    6) rispetto al periodo pre-pandemico, l'Italia è il Paese tra le maggiori economie dell'area Ocse che tuttora registra il calo più significativo dei salari (-6,9 per cento);

    7) secondo l'ultimo report Ocse di metà 2023, la crescita dei salari reali dovrebbe rimanere contenuta nei due anni successivi: si prevede che i salari nominali in Italia aumenteranno del 2,7 per cento nel 2024 e del 2,5 per cento nel 2025;

    8) il problema della produttività riguarda in maniera ancora più marcata il Mezzogiorno: secondo l'ultimo rapporto Svimez, la produttività per singolo addetto nelle regioni del Sud Italia è sempre inferiore alla media nazionale, con differenziali compresi tra il -12,6 per cento e il -50,4 per cento a seconda dei settori;

    9) negli ultimi dieci anni, le retribuzioni reali nel Mezzogiorno sono diminuite dell'8 per cento in più rispetto al resto d'Italia, con divari ancora maggiori rispetto a Francia Spagna e Germania, dove i salari reali, a differenza del nostro Paese, sono in crescita;

    10) a luglio 2024, le imprese operanti nel Sud Italia che avevano chiesto l'accesso al credito d'imposta previsto dalla Zes unica hanno visto assegnato dall'Agenzia delle entrate un credito pari al 17,7 per cento dell'importo richiesto, a causa della mancanza di coperture, dimostrando che 1,8 miliardi di euro stanziati dal Governo non erano assolutamente sufficienti a coprire le richieste delle imprese;

    11) la legge di bilancio 2025 ha stanziato per questo strumento 2,2 miliardi di euro, una cifra di poco superiore a quanto stanziato nel 2024 e che, considerando i dati dell'anno precedente, è facilmente prevedibile che non sarà sufficiente, essendo ben lontana dai circa 10 miliardi di euro che sarebbero stati necessari nel 2024 per assegnare alle imprese i crediti d'imposta dovuti con l'attuale quadro regolatorio;

    12) l'automotive attraversa una crisi ormai strutturale nonché particolarmente significativa ed allarmante: nel 1992 l'Italia era tra i primi Paesi al mondo per autovetture prodotte, mentre, secondo i più recenti dati Anfia, ad ottobre 2024 erano state prodotte solo 272 mila autovetture, il 41,5 per cento in meno dei primi dieci mesi del 2023, con una previsione sulla produzione annuale complessiva inferiore alle 350 mila unità, meno della metà rispetto ai dati del 2019;

    13) il settore delle auto sta attraversando un periodo difficile in tutta l'Unione europea: se nel 2008 in Europa si produceva un terzo delle auto realizzate nel mondo, oggi sono appena un quinto, e questa fetta di mercato è stata in gran parte conquistata dalla Cina, che è passata da una quota mondiale pari al 4 per cento nel 2008 al 32 per cento nel 2023;

    14) in Italia la crisi del settore automotive è strettamente legata alla crisi di Fca-Stellantis, che, dopo aver raggiunto il picco di produzione nel 2017, pari a circa 1 milione di veicoli, ha visto progressivamente diminuire la produzione, un trend ancora in atto che porterà quest'anno a produrre circa 500 mila veicoli, una cifra ben lontana dalle promesse del gruppo, il quale aveva annunciato come obiettivo la produzione di un milione di veicoli;

    15) per fronteggiare la crisi di questo settore, che riveste un ruolo cruciale per l'industria del Paese, il Governo Draghi aveva istituito, con decreto-legge 17 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 34 del 2022, un fondo automotive con una dotazione di 700 milioni di euro per l'anno 2022 e 1 miliardo di euro annui dal 2023 al 2030. Tali risorse sarebbero dovute essere destinate a favorire la transizione verde, la ricerca e gli investimenti nella filiera del settore automotive finalizzati all'insediamento, alla riconversione e alla riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili, in linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l'ambiente e di sviluppo digitale;

    16) il Governo Meloni, nella legge di bilancio 2025, ha scelto di definanziare pesantemente questo fondo, prevedendo una dotazione assolutamente insufficiente per sostenere e rilanciare un settore strategico in Italia come quello dell'automotive, scelta che rischia di penalizzare gravemente la transizione verde e digitale del settore, riducendo le opportunità di innovazione e competitività delle imprese italiane in un contesto internazionale sempre più sfidante, minando la possibilità di sostenere investimenti strategici con impatti negativi sull'occupazione, sulla filiera produttiva e sulla capacità del Paese di rispettare gli obiettivi climatici ed economici europei;

    17) i prezzi medi dell'energia elettrica in Italia nel 2024 sono stati i più alti dell'Unione europea, pari al doppio della Francia (con tanto nucleare), il 70 per cento in più della Spagna (con una bella quota nucleare) e il 30 per cento in più della Germania (senza nucleare e con tanto carbone): questa situazione deriva dal nostro un mix elettrico, che dipende largamente dal prezzo del gas, cresciuto per la necessaria rinuncia alle importazioni dalla Russia, e l'incremento previsto per la quota solare ed eolica, con le elevate remunerazioni indicati nei decreti governativi, non consentirà apprezzabili riduzioni del prezzo medio dell'energia elettrica in borsa, mentre invece aumenteranno i costi in bolletta dovuti a incentivi, accumuli, reti e bilanciamenti;

    18) gli elevati costi di generazione domestica sono la ragione per cui nel 2024 l'Italia ha stabilito il record di sempre di importazioni dall'estero, con 52 TWh, pari al 17 per cento del fabbisogno nazionale, che conferma il nostro Paese al primo posto per l'import;

    19) le emissioni di CO2 dell'Italia nel settore elettrico sono più di otto volte superiori a quelle della Francia, il che evidenzia ulteriormente l'urgenza di ripensare la nostra strategia energetica: gli scenari energetici indicano chiaramente che è indispensabile accelerare tutte le procedure necessarie a riportare il nucleare della migliore tecnologia disponibile nel mix elettrico italiano, con la quota ottimale di nucleare e rinnovabili, in modo che il prezzo in bolletta sia il minimo possibile, riducendo anche l'impatto sul territorio e sul consumo di suolo;

    20) tuttavia sono anche urgenti misure nell'immediato per ridurre il prezzo dell'energia elettrica in particolare per le imprese e rilanciare la competitività del sistema produttivo nazionale;

    21) il Piano Transizione 5.0 approvato quest'anno dal Governo nell'ottica di incentivare gli investimenti che prevedono una riduzione del consumo energetici, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, non sta funzionando: la fruizione dei benefici non è automatica, essendo subordinata a complesse procedure amministrative, tra cui l'attesa di comunicazioni ufficiali e certificazioni sia ex ante che ex post, con un conseguente aumento delle tempistiche e degli oneri a carico delle imprese;

    22) inoltre, il credito d'imposta è cumulabile solo in alcuni casi, con esclusione di misure strategiche come il Piano Transizione 4.0 e gli incentivi per investimenti nella Zes unica, limitando l'efficacia degli interventi;

    23) sono previste, infine, soglie minime di risparmio energetico che escludono dalla misura investimenti potenzialmente utili e molti settori strategici, tra cui quelli legati all'economia circolare e alle industrie ad alta intensità energetica;

    24) le politiche industriali italiane non possono non tenere conto del processo di introduzione dell'intelligenza artificiale nei sistemi di lavoro e dell'organizzazione aziendale;

    25) l'Unione europea è già intervenuta sul tema con l'approvazione del regolamento (UE) 2024/1689, un quadro regolatorio molto dettagliato che pone una serie di regole e limiti sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale, con un approccio basato sul limitare il rischio piuttosto che mettere in luce le potenzialità di questo strumento;

    26) se è vero che si tratta del primo quadro giuridico globale in assoluto sull'IA a livello mondiale, e che certamente anche questo aspetto dovrà essere regolamentato, criteri troppo stringenti come quelli adottati a livello comunitario rischiano di lasciare indietro i Paesi europei rispetto agli Stati Uniti e alla Cina in un ambito che rappresenta il futuro più di ogni altro, e dove l'Unione europea rischia di sviluppare nuove dipendenze strategiche da Paesi terzi;

    27) il settore siderurgico italiano conta circa 31 mila lavoratori e, con 21.600 milioni di tonnellate di acciaio, è il secondo produttore europeo dopo la Germania;

    28) secondo il Rapporto Sostenibilità di Federacciai, l'Italia è il primo mercato Ue per produzione di acciaio da forno elettrico e il primo Paese del G7 in termini di produzione pro-capite: più dell'85 per cento dell'acciaio italiano è prodotto da forno elettrico riciclando il rottame;

    29) il raggiungimento della neutralità climatica a livello Ue entro il 2050 passa per una serie di obiettivi intermedi, tra cui rendere la produzione di acciaio totalmente green entro il 2030;

    30) secondo l'Ufficio studi di Siderweb, il riciclo dei metalli, e in particolare dell'acciaio, consente di risparmiare il 74 per cento dell'energia, il 90 per cento delle materie prime vergini e il 40 per cento di acqua nel processo di produzione siderurgica;

    31) l'acciaio prodotto nel forno elettrico riciclando rottame ha un impatto ambientale molto minore rispetto alla produzione in altoforno anche per quanto riguarda le emissioni di anidride carbonica: circa 400 kg di CO2/tacc contro 2.000 kg di CO2/tacc;

    32) nonostante l'importanza rivestita dal rottame dell'acciaio nel favorire un minor inquinamento delle industrie siderurgiche, questi materiali non rientrano nel novero dei materiali strategici, e sono dunque in gran parte esportati verso Paesi extra-UE, come la Turchia, che acquista circa il 60 per cento delle venti milioni di tonnellate che ogni anno l'Unione europea vende all'estero;

    33) l'obiettivo dell'Unione europea e di tutti i Paesi membri della neutralità climatica porterà ad un aumento della domanda di rottame e ad una probabile diminuzione della qualità, dato che ci sarà meno rottame al primo riciclo (e quindi di buona qualità) e più rottame già riciclato (quindi di minore qualità);

    34) in Italia, ogni anno vengono utilizzati dalle acciaierie circa 20 milioni di tonnellate di rottame per produrre acciaio, ma solo 14 milioni di tonnellate sono rottami italiani, mentre la parte restante viene importata, nonostante il nostro Paese abbia esportato 700 mila tonnellate di questo materiale nell'ultimo anno, una cifra in costante aumento nel corso degli ultimi anni,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di carattere normativo volte a introdurre l'istituto del salario minimo anche in Italia per tutelare, nel contesto delle politiche industriali, il potere d'acquisto dei lavoratori e assicurare il loro diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato, anche in attuazione dell'articolo 36 della Costituzione;

2) a potenziare gli strumenti messi in campo in favore del Mezzogiorno, come il credito d'imposta previsto dalla Zes unica, stanziando i fondi necessari a coprire tutte le richieste delle imprese operanti nel Mezzogiorno d'Italia che rispettano i requisiti per accedere a questo strumento;

3) a promuovere, a livello europeo, una sospensione delle sanzioni per il mancato rispetto dei target previsti per la riduzione della CO2 del settore automotive per l'anno 2025, attivando la procedura d'emergenza prevista dall'articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

4) a proporre l'adozione di un Temporary framework per l'automotive a livello europeo, che ripristini gli aiuti previsti dal Temporary framework adottato durante la pandemia da COVID-19 per gli aiuti sotto forma di aiuti de minimis, garanzie statali sui prestiti e tassi di interesse agevolati per prestiti;

5) a prevedere che l'erogazione di bonus, benefici e altre misure di vantaggio volte a favorire la produzione e vendita di autoveicoli elettrici e il passaggio alla mobilità elettrica, siano condizionate e vincolate a una percentuale minima di componentistica che deve essere prodotta nel mercato italiano ed europeo (come già sperimentato in altri Paesi dell'Unione europea, cosiddetto local content);

6) a reintrodurre il principio del «prezzo equo» per l'energia elettrica, stabilizzando il meccanismo basato sull'articolo 15-bis del decreto Sostegni-ter n. 4 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, che consenta al Gestore dei servizi energetici di prelevare energia prodotta da impianti rinnovabili facendo riferimento non al prezzo di borsa ma a un «prezzo equo» (dell'ordine di 60 euro/MWh) e cederla, tramite contratti pluriennali, a consumatori industriali in settori energivori o esposti alla concorrenza internazionale;

7) ad incrementare la quota dei proventi dalle aste Ets destinati alle imprese energivore, lavorando per includere settori strategici come l'automotive, attraverso richieste giustificate alla Commissione Europea;

8) a liberalizzare l'installazione di impianti fotovoltaici su coperture per autoconsumo, semplificando le normative per favorire l'installazione da parte delle imprese;

9) a farsi promotore, nelle opportune sedi europee, di una modifica del quadro regolatorio comunitario relativo all'intelligenza artificiale, per passare da un approccio basato sul rischio ad uno basato sulle opportunità di questo nuovo strumento, per non perdere ulteriore terreno nello sviluppo di questa nuova tecnologia rispetto a Stati Uniti e Cina;

10) a promuovere nelle opportune sedi europee l'inserimento del rottame dell'acciaio nella lista dei materiali strategici, per incentivarne il riciclo internamente all'Unione europea e favorire il processo verso la transizione ecologica del settore siderurgico;

11) a favorire il riciclo del 100 per cento del rottame dell'acciaio prodotto in Italia nella produzione siderurgica italiana, riducendo al minimo la quota di export di questo materiale, anche rivedendo la direttiva sui veicoli a fine vita per aumentare il riciclo di rottami provenienti dal parco auto europeo.
(1-00391) «Benzoni, Richetti, Bonetti, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Rosato, Ruffino».


   La Camera

impegna il Governo

1) a promuovere nelle opportune sedi europee l'inserimento del rottame dell'acciaio nella lista dei materiali strategici, per incentivarne il riciclo internamente all'Unione europea e favorire il processo verso la transizione ecologica del settore siderurgico.
(1-00391)(Testo modificato nel corso della seduta) «Benzoni, Richetti, Bonetti, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Rosato, Ruffino».