XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
il contesto geopolitico sta diventando progressivamente più instabile e complesso: ai conflitti armati in corso si aggiunge la decisione unilaterale dell'Amministrazione Trump di abbandonare la tradizionale politica atlantica e il ruolo di leadership degli Stati Uniti nella difesa dei principi di libertà e democrazia a livello globale;
la stessa guerra commerciale, con l'imposizione di «dazi reciproci» che colpiscono indistintamente e stanno mettendo in crisi la finanza e l'economia globale, è un elemento della strategia di chiusura nazionalista, isolazionista e protezionista della nuova Amministrazione americana;
gli annunci e le promesse del Presidente Trump di una tregua o di un cessate il fuoco in Ucraina non hanno, ad oggi, prodotto alcun risultato concreto, dal momento che i bombardamenti russi, anche deliberatamente contro obiettivi civili, si sono intensificati negli ultimi giorni;
l'Unione europea è chiamata, oggi più che mai, a svolgere un ruolo centrale nella gestione del conflitto in Ucraina e nella definizione di un accordo di pace giusto, duraturo e non violabile;
il piano ReArm Europe (ridenominato ReArm Europe – Readiness 2030), presentato dalla Commissione europea, mira a rafforzare gli investimenti e la produzione nel settore della difesa, sia nelle sue componenti tradizionali che in quelle più innovative e tecnologicamente avanzate;
ricorre sempre più spesso – nel dibattito pubblico, nelle piazze e in Parlamento – l'uso strumentale dell'idea di una difesa comune futura, utilizzata retoricamente per opporsi – nell'immediato – al piano di difesa europeo proposto dalla Commissione europea: al contrario, la necessaria e urgente iniziativa di preparazione, difesa e deterrenza dell'Unione europea, oggi necessariamente operate dai singoli Stati, va considerata un importante passo nella direzione di una difesa comune,
impegna il Governo:
1) a continuare a sostenere la resistenza ucraina contro l'aggressione russa, nel quadro degli sforzi dell'Unione europea, e a promuovere un impegno europeo, anche nei negoziati in corso, volto a conseguire una pace giusta, duratura e inviolabile, frutto del consenso e del contributo negoziale imprescindibile del Governo di Kyiv;
2) a sostenere il piano ReArm Europe (ora ReArm Europe – Readiness 2030), attivandosi nelle sedi opportune affinché le risorse messe in campo siano orientate fin da subito alla realizzazione di una difesa comune europea, da realizzarsi definendone al più presto l'architettura istituzionale, in particolare secondo strumenti di politica estera comune che in primo luogo superino il potere di veto dei singoli Paesi membri.
(1-00427) «Della Vedova, Magi, Schullian».
La Camera,
premesso che:
il 4 marzo 2025 la Commissione europea ha predisposto il piano «ReArm Europe», concernente misure per consentire agli Stati membri di adottare politiche industriali volte ad incrementare le spese difensive e militare, con l'obiettivo di implementare la produzione di armamenti dei singoli Stati membri: la proposta del suddetto piano è diretta conseguenza del più volte annunciato disimpegno economico, militare e logistico dell'attuale Amministrazione americana rispetto all'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (Nato), l'alleanza militare intergovernativa che per decenni ha garantito la protezione militare del continente europeo, sempre più esposta alle minacce espansionistiche della Federazione russa;
nel dettaglio il piano «ReArm Europe» prevede l'introduzione di una clausola di salvaguardia volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di indebitamento per l'aumento delle spese militari senza violare il Patto di stabilità e crescita, evitando quindi di incorrere in procedure di infrazione da parte della Commissione europea: la citata deroga varrà per un massimo di 650 miliardi di euro complessivi per un periodo di quattro anni, che dovrebbero consentire ai Paesi membri di aumentare la loro spesa militare fino all'1,5 per cento in più del proprio prodotto interno lordo rispetto ad ora;
lo stesso Piano prevede, inoltre, l'istituzione di un fondo da 150 miliardi di euro messo a disposizione per i singoli Stati membri, dal quale potranno ottenere prestiti per finanziare le proprie spese militari;
il 6 marzo 2025 il Consiglio europeo, durante la riunione straordinaria, ha approvato in via informale la proposta della Commissione, di fatto un piano da 800 miliardi di euro per consentire quindi ai Paesi membri di aumentare le proprie spese militari, con l'obiettivo di implementare la produzione di assetti tattici e strategici;
alla luce della «Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2025 sul libro bianco sul futuro della difesa europea (2025/2565(RSP))», l'Unione europea si è impegnata a garantire la propria sicurezza, rafforzare i suoi partenariati con attori che condividono gli stessi principi e ridurre nettamente la sua dipendenza da Paesi terzi, garantendo una distribuzione dei finanziamenti per la difesa equilibrata dal punto di vista geografico nel prossimo quadro finanziario pluriennale;
la stessa risoluzione sottolinea la necessità di elaborare piani di emergenza per la cooperazione economica con i partner più stretti in caso di guerra, per garantire un sostegno reciproco in caso di crisi di sicurezza su vasta scala che li coinvolgano direttamente, e dovrebbe approfondire i dialoghi economici in tempo di guerra con i partner europei e globali, per fornire una segnalazione tempestiva delle minacce gravi, ibride e informatiche e migliorare la pianificazione del sostegno reciproco, la protezione delle infrastrutture critiche e la sicurezza marittima;
il 18 marzo 2025, nelle Commissioni 4ª (Politiche dell'Unione europea), 5ª (Programmazione economica, bilancio) e 9ª (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare) del Senato della Repubblica e V (Bilancio, tesoro e programmazione), X (Attività produttive, commercio e turismo) e XIV (Politiche dell'Unione europea) della Camera dei deputati, si è assistito all'audizione del Presidente Mario Draghi sul Rapporto futuro competitività europea. Durante l'audizione, in materia di difesa, il Presidente Draghi ha sostenuto come sia necessario definire una catena di comando di livello superiore, che coordini eserciti eterogenei di lingua, metodi, armamenti e che sia in grado di distaccarsi dalle priorità nazionali, operando come sistema di difesa continentale: inoltre, è stato sottolineato come sia necessario favorire le sinergie industriali europee verso lo sviluppo di piattaforme militari comuni (aerei, navi, mezzi terresti, satelliti) che consentano l'interoperabilità e riducano la dispersione e le attuali sovrapposizioni nelle produzioni degli Stati membri;
il Parlamento europeo, il 2 aprile 2025, ha approvato la risoluzione sull'attuazione delle politiche di sicurezza e di difesa comune europea, invitando la Commissione europea ad «aumentare il debito comune per far sì che l'Unione disponga della capacità di bilancio necessaria per contrarre prestiti in situazioni eccezionali e di crisi», tenendo conto «dell'esperienza e degli insegnamenti tratti da NextGenerationEU, vista la necessità pressante di rafforzare la sicurezza e la difesa per proteggere i cittadini dell'Unione europea e ripristinare la deterrenza e sostenere gli alleati, innanzitutto l'Ucraina, il Parlamento europeo sottolinea che l'onere di tale azioni deve essere condiviso equamente»;
il raccordo e il coordinamento delle politiche estere e di difesa, anche attraverso il rafforzamento dell'azione esterna dell'Unione europea nel suo complesso, rappresenta un presupposto indefettibile per il perseguimento di tali finalità;
risulta, inoltre, indispensabile provvedere alla creazione di un esercito unico europeo e di un mercato unico europeo della difesa in grado di scongiurare duplicazioni nei processi produttivi europei e garantire una più efficiente razionalizzazione delle spese militari degli Stati membri, anche attraverso un coordinamento degli acquisti di singoli Stati, investendo sul piano della ricerca e dello sviluppo, quale strumento fondamentale per la promozione dello sviluppo tecnologico altresì nel settore civile;
risulta improcrastinabile la creazione di un sistema industriale e tecnologico della difesa europea (Edtib) che sia più integrato e competitivo e che favorisca appalti comuni, ricerca e sviluppo congiunti, un maggiore sostegno alle piccole e medie imprese e la riduzione della dipendenza dalle filiere che sono critiche e che aumentano il gradiente di instabilità;
occorre riaffermare la condivisione dei valori atlantici e gli storici legami politici, economici e sociali con il Regno Unito, difendendo nel contempo gli interessi degli Stati dell'Unione europea e del mercato interno;
in questa prospettiva, occorre anche sollecitare il rafforzamento della bussola strategica europea per il rafforzamento della sicurezza e della difesa dell'Unione europea, prevedendo anche un comando unico accentrato quale base di elaborazione di una difesa comune;
obiettivi ambiziosi, come la creazione di un esercito unico europeo e di un mercato unico della difesa, richiedono necessariamente una riforma dei trattati istitutivi volti a superare l'unanimità in materia di politica estera e di difesa (Pesc/Psdc) e rafforzare la governance europea, inclusa l'ipotesi di riavviare il percorso della Comunità europea di difesa;
il finanziamento di tale sforzo industriale non può però gravare unicamente sui bilanci nazionali, con il rischio di diminuire ulteriormente le risorse finanziarie per le prestazioni sociali, i servizi e il welfare, ma richiede strumenti finanziari europei che siano innovativi e destinati all'obiettivo di cui si discute;
in materia di difesa, inoltre, deve essere assunto quale criterio fondamentale per le prossime politiche europee la correlazione tra investimenti in difesa e in cultura, prevedendo che gli aumenti delle spese militari devono essere in ugual misura previsti anche in ricerca, istruzione e attività culturali (secondo il modello «un euro per un euro»): a tal proposito risulterebbe di estrema efficacia la adozione di una 18App europea, ossia di un bonus di 500 euro da spendere in cultura destinato a tutti i neo 18enni, introdotta nella legge di stabilità per il 2016 nel nostro Paese, da estendere a tutti i neo-maggiorenni europei, anche al fine di far emergere le comuni radici culturali europee,
impegna il Governo:
1) a promuovere attivamente in sede europea l'attuazione del piano «ReArm Europe» e a sostenere l'adozione di una strategia industriale europea della difesa ambiziosa, che favorisca l'integrazione, l'innovazione, la competitività e la riduzione delle dipendenze, anche attraverso un massiccio ricorso agli appalti comuni e al potenziamento di strumenti in essere;
2) a promuovere, in sede europea, una governance europea che coordini eserciti eterogenei per lingua, metodi, armamenti e che sia in grado di distaccarsi dalle priorità nazionali, operando come sistema di difesa continentale, come indicato dal Presidente Draghi durante l'audizione in Parlamento il 18 marzo 2025;
3) a sollecitare l'elaborazione di una politica industriale di difesa europea comune agli Stati membri, con strumenti di finanziamento comuni volti a non intaccare in alcun modo le risorse e l'erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali e il sistema di welfare, nonché a favorire la creazione di un sistema industriale e tecnologico della difesa europea maggiormente integrato e competitivo, in grado di favorire appalti comuni, ricerca e sviluppo congiunti, nonché a salvaguardare le piccole e medie imprese e a ridurre la dipendenza dalle filiere nei settori critici;
4) a favorire le sinergie industriali europee verso lo sviluppo di piattaforme militari comuni (aerei, navi, mezzi terresti, satelliti) che consentano l'interoperabilità e riducano la dispersione e le attuali sovrapposizioni nelle produzioni degli Stati membri; in particolare, in attesa della modifica dei trattati e in attesa dell'esercito comune, occorre adottare iniziative che favoriscano il processo di integrazione dei modelli di acquisizione e concertazione degli asset strategici, favorendo le sinergie tra gli Stati membri e realizzando accordi di spesa comune volti a rendere più efficiente e incrementare il coordinamento possibile anche a livello tecnologico;
5) a favorire in sede europea la modifica dei trattati al fine di superare il diritto di veto in materia di politica estera, così da consentire all'Unione europea di affrontare in maniera unitaria e coordinata le sfide globali e il nuovo scenario internazionale;
6) a promuovere, in connessione con gli obiettivi poc'anzi segnalati, la realizzazione di un'Unione europea che superi il meccanismo dell'unanimità, laddove sia previsto, nonché a favorire il funzionamento istituzionale europeo secondo il modello degli Stati Uniti d'Europa, con l'elezione diretta del Presidente della Commissione europea e il rafforzamento delle prerogative del Parlamento europeo;
7) a favorire in sede europea dialoghi con gli Stati membri al fine di favorire un'azione finalizzata all'integrazione europea in materia di industria difensiva tramite la condivisione di finanziamenti, dati e progetti, in considerazione del fatto che le azioni solitarie dei singoli Stati in materia di industria militare risulterebbero prive di successo ed estremamente dispendiose;
8) a favorire, per quanto di competenza, l'iter parlamentare volto alla ratifica e all'esecuzione degli accordi per la Comunità europea di difesa, firmati a Parigi il 27 maggio 1952, al fine di avviare quanto prima il percorso di costituzione dell'esercito unico europeo quale elemento indispensabile per la definizione di una strategia europea nello scenario globale;
9) a garantire che le politiche nazionali ed europee per la difesa si integrino con le strategie per la competitività industriale e la resilienza economica dell'Unione europea, sostenendo la creazione di campioni europei in settori strategici, in linea con le indicazioni del Rapporto Draghi.
(1-00428) «Boschi, Bonifazi, Del Barba, Faraone, Gadda, Giachetti, Gruppioni».
La Camera,
premesso che:
i Piani nazionali di ripresa e resilienza sono i programmi di riforme e investimenti per il periodo 2021-2026 che gli Stati membri definiscono per accedere ai fondi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and resilience facility), nel quadro di Next generation EU (Ngeu);
il Piano nazionale di ripresa e resilienza dell'Italia è stato approvato a livello europeo il 13 luglio 2021, con decisione di esecuzione del Consiglio dell'Unione europea. La decisione di esecuzione contiene un allegato con cui vengono definiti, in relazione a ciascun investimento e riforma, precisi obiettivi e traguardi (milestone e target), cadenzati temporalmente, al cui conseguimento è vincolata l'assegnazione delle risorse, che è, a sua volta, articolata in dieci rate entro il 30 giugno 2026;
il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano prevedeva, nella sua originaria formulazione, 132 investimenti e 59 riforme, cui corrispondevano 191,5 miliardi di euro finanziati dall'Unione europea attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, suddivisi tra 68,9 miliardi di euro di sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi di euro di prestiti, da impiegare nel periodo 2021-2026 attraverso l'attuazione del Piano;
in data 8 dicembre 2023 è stata approvata la proposta italiana di revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
a seguito della revisione, il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano prevede: una dotazione finanziaria incrementata a 194,4 miliardi di euro, di cui 122,6 miliardi di euro in prestiti e 71,8 miliardi di euro in sovvenzioni; investimenti aggiuntivi per 25 miliardi di euro (di cui 11 miliardi afferenti ai nuovi interventi del capitolo REPowerEU e 14 miliardi derivanti dall'ampliamento di investimenti già previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza); sette missioni, di cui una relativa al capitolo REPowerEU, che prevedono 66 riforme (sette in più rispetto al piano originario) e 150 investimenti, diretti a promuovere la competitività e la resilienza dell'Italia, nonché la transizione verde e digitale; un numero complessivo di milestone e target pari a 617 (a fronte delle 527 originarie);
allo stato attuale risulterebbero spesi circa il 21 per cento dei prestiti e il 52 per cento di sovvenzioni;
il 23 dicembre 2024 la Commissione europea ha versato all'Italia la sesta rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza pari a 8,7 miliardi di euro e il 30 dicembre 2024 l'Italia, primo Paese europeo, ha inviato alla Commissione europea la richiesta di pagamento della settima rata, pari a 18,3 miliardi di euro. In termini di milestone e target, con la richiesta di pagamento della settima rata, l'Italia ha dimostrato di aver conseguito il 54 per cento degli obiettivi previsti dal Piano, ovvero 337 obiettivi su 621. I restanti 284 obiettivi sono, infatti, collegate alle ultime tre rate del Piano;
il pagamento della settima rata costituirà, ancora una volta, la prova tangibile dell'impegno profuso dal Governo nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, consolidando ulteriormente il primato dell'Italia in termini di rate incassate, di obiettivi raggiunti e di importo ricevuto che supererà i 140 miliardi di euro, corrispondente a oltre il 72 per cento della dotazione complessiva del Piano;
nonostante si continui a leggere di ritardi nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, la Commissione europea, fino ad oggi, ha ritenuto raggiunti tutti gli obiettivi e i traguardi rendicontati dal nostro Paese, come attestato dall'erogazione delle risorse collegate alle rate oggetto di richieste di pagamento; ciò a conferma dell'efficacia dell'azione del Governo e delle iniziative dallo stesso assunte, fin dalla data del suo insediamento, per assicurare il tempestivo raggiungimento delle milestone e dei target previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;
per effetto delle revisioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza proposte dal Governo e condivise con la Commissione europea, è stato possibile, in coerenza con le indicazioni del Parlamento e in attuazione degli orientamenti in materia della Commissione europea, correggere alcuni errori materiali, apportare alcune modifiche fisiologiche a fronte di circostanze oggettive ed imprevedibili e proseguire nella piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che vede l'Italia al primo posto in Europa per numero di obiettivi conseguiti e di rate richieste, per investimenti realizzati e per importo complessivo ricevuto;
avuto riguardo all'attuale scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza e agli obiettivi collegati alle ultime tre rate, è indispensabile proseguire nell'attività di monitoraggio e di confronto costante con le amministrazioni titolari delle misure in ordine allo stato di attuazione e all'andamento dei singoli investimenti per individuare, per tempo, le eventuali criticità e le possibili soluzioni; al contempo, è necessario continuare nel dialogo e nell'attività di confronto con la Commissione europea, che ha caratterizzato l'operato del Governo fin dal suo insediamento, al fine di superare le eventuali criticità, con l'obiettivo di assicurare la piena realizzazione degli investimenti programmati nel rispetto delle condizionalità e delle scadenze previste, anche mediante un'ulteriore revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza ove ritenuto necessario;
è indispensabile che il Governo assicuri un'adeguata informazione del Parlamento in ordine allo stato di attuazione e all'andamento dei singoli investimenti, anche mediante l'invio della relazione periodica prevista dall'articolo 2, comma 2, lettera e), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, con l'evidenziazione dei risultati conseguiti relativamente all'asse strategico dell'inclusione sociale, che individua come priorità la parità di genere, la parità generazionale, il riequilibrio territoriale e il rilancio del Sud;
è parimenti indispensabile che il Governo assicuri un adeguato coinvolgimento del Parlamento in ordine ai contenuti di un'eventuale nuova proposta di aggiornamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza diretta a mantenere inalterate la portata e l'impatto del Piano medesimo e ad assicurare un impiego razionale, efficiente ed efficace delle risorse ad esso assegnate,
impegna il Governo:
1) a proseguire nell'attività di attuazione delle riforme e degli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, assumendo tutte le iniziative ritenute necessarie al fine di assicurare il tempestivo raggiungimento entro il 2026 delle milestone e dei target;
2) a proseguire nell'attività di informazione del Parlamento in ordine allo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e alle eventuali problematiche di tipo attuativo, nonché ad assicurare, per quanto di competenza, un adeguato coinvolgimento delle Camere con riguardo alla nuova proposta di aggiornamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ove effettivamente necessaria;
3) ad assicurare che la proposta di aggiornamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ove realmente necessaria, sia coerente con le finalità e le condizionalità, anche temporali, stabilite dai regolamenti europei, garantendo al contempo l'attuazione delle riforme previste e il raggiungimento degli obiettivi trasversali, quali la parità di genere, il miglioramento delle competenze e delle prospettive occupazionali dei giovani, il riequilibrio territoriale e lo sviluppo del Mezzogiorno, assicurando, a tal fine, per quanto di competenza, l'attuazione della clausola che destina almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente alle regioni del Meridione;
4) a proseguire nell'azione diretta a garantire un utilizzo sinergico, più razionale ed efficiente delle risorse europee e nazionali destinate alla realizzazione degli investimenti pubblici, con particolare riguardo al rafforzamento dell'autonomia energetica, al sostegno alle attività produttive, alla transizione clean e digitale, in linea con la nuova strategia annunciata dalla Commissione europea, nonché all'attuazione delle politiche di coesione.
(1-00429) «Lucaselli, Candiani, Pella, Romano, Mantovani, Comaroli, Pisano, Cannata, Giglio Vigna, Cannizzaro, Giorgianni, Bagnai, D'Attis, Mascaretti, Barabotti, Mangialavori, Rampelli, Cattoi, Angelo Rossi, Frassini, Trancassini, Ottaviani, Tremaglia, Ambrosi, Di Maggio, Donzelli, Gabellone, Giordano, Rotondi, Rachele Silvestri».
La Camera,
premesso che:
l'Unione europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next generation EU (Ngeu), un programma di portata e ambizione inedite che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale, migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori, conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale, e che segna un cambiamento radicale sia per la modalità di messa a terra e di attuazione dei relativi progetti e sia per l'entità di risorse messe in campo pari a 750 miliardi di euro, di cui oltre la metà (390 miliardi) costituita da sovvenzioni a fondo perduto;
per un Paese come l'Italia, che deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all'esclusione sociale e alle disuguaglianze, il Next generation EU può essere l'occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo attraverso la rimozione di quegli ostacoli che negli ultimi decenni ne hanno bloccato la crescita;
l'Italia è la principale beneficiaria, in valore assoluto, dei due strumenti del Next generation EU: il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) e il Pacchetto di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d'Europa (React-EU);
il solo Dispositivo per la ripresa e la resilienza garantisce risorse totali (ossia per tutti i Paesi dell'Unione europea) per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi costituiscono sovvenzioni a fondo perduto. L'Italia intende utilizzare appieno la propria eccezionale dote finanziaria riservatale dall'Unione europea, stimata in 122,6 miliardi di euro, dietro la presentazione di un pacchetto di investimenti e riforme denominato Piano nazionale di ripresa e resilienza;
il Piano nazionale di ripresa e resilienza, in quanto parte di una più ampia e ambiziosa strategia, può, pertanto, rappresentare una straordinaria occasione per l'Italia, una sorta di «tornante storico» per rispondere ai problemi che la attanagliano, in primis una crisi economica e sociale aggravata dalla pandemia globale, affrontando le grandi trasformazioni determinate dalle transizioni digitale e verde, colmando i persistenti e marcati divari territoriali, recuperando le fratture sociali che minano i rapporti civili, riducendo le disuguaglianze e, soprattutto, rispondendo alla principale emergenza del Paese: la diffusione di tipologie contrattuali di lavoro meno tutelate, precarie e atipiche che interessano quote elevate di donne, giovani e stranieri;
per garantire il corretto andamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Governo ha messo in piedi una complessa struttura di governance per monitorare l'attuazione dei progetti e la dinamica della spesa, il cui compito consiste, a seconda dei casi, nel fornire linee di indirizzo, risolvere i conflitti politico-istituzionali, monitorare l'andamento dei progetti e superare eventuali stalli ed elementi di criticità che possano compromettere il rispetto delle scadenze, una condizione essenziale, dirimente ed imprescindibile affinché l'Italia si aggiudichi effettivamente le risorse previste per la realizzazione del Piano;
la suddetta governance prevede che per la concreta attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza non è sufficiente la sola ed esclusiva azione del Governo, ma anche quella degli enti territoriali (tra cui regioni, province e comuni) individuati, in solido, quali soggetti attuatori del Piano che possono, nel caso in cui non operino correttamente o comunque non rispettino le tappe del cronoprogramma, essere soppiantati dai poteri sostitutivi del Governo (che nel frattempo sono stati progressivamente accentrati e rafforzati), attraverso i quali può attribuire a un altro organo l'esecuzione dei progetti;
nonostante l'esistenza di tale apparato, quella dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano continua a rappresentare una corsa contro il tempo che accresce gli interrogativi e legittima timori e perplessità circa la capacità di rispettare le scadenze e portare a compimento tutti gli investimenti entro la deadline fissata al 30 giugno 2026. Numerose relazioni ed analisi curate da soggetti istituzionali a ciò preposti (Corte dei conti, Ufficio parlamentare di bilancio ed altri) testimoniano, infatti, come, a fronte di progressi formali, con riferimento a numerosi e fondamentali obiettivi lo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano registra ritardi significativi nella spesa che non legittimano l'inspiegabile ottimismo del Governo rispetto alla capacità di spesa dei prossimi sedici mesi;
le vere criticità del Piano nazionale di ripresa e resilienza risiedono anche nella poca trasparenza e nello scarso coinvolgimento della società civile: la situazione – paradossale per un Piano performance-based – sconta la mancanza di un sistema strutturato per la verifica dello stato di avanzamento di milestone e target. A fronte di qualche dato percentuale sulla spesa complessiva, si registra, in particolare, la carenza di informazioni essenziali circa l'efficacia e la qualità dei singoli esborsi che rendono alquanto opaco il processo attuativo;
con la sesta Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, presentata il 31 marzo 2025, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo il Governo continua a rivendicare, con toni trionfalistici, risultati che poco hanno a che vedere con la sua azione politica e la sua fallimentare gestione del Piano, tra cui il primato che il nostro Paese occuperebbe nella realizzazione in termini di obiettivi raggiunti, di risorse complessivamente ricevute e di richieste di pagamento formalizzate. Inoltre, il documento metterebbe in evidenza che l'Italia ha ricevuto finora dalla Commissione europea l'importo economico più rilevante, pari a 122 miliardi di euro in termini assoluti e al 63 per cento della dotazione complessiva del Piano, a fronte di 337 traguardi già dichiarati raggiunti su 621 totali e progetti attivati che cumulano il 92 per cento delle risorse disponibili, un'affermazione, quest'ultima, palesemente fuorviante visto che il nostro Paese, pur essendo primo in termini assoluti per numero di obiettivi e traguardi raggiunti, non lo è in termini percentuali, avendo negoziato un numero di milestone e target più elevato rispetto agli altri Paesi membri;
il documento precisa, inoltre, che il Governo, il 30 dicembre 2024 ha avanzato alla Commissione europea la richiesta di pagamento della settima rata, del valore di 18 miliardi e 300 milioni di euro, la più impegnativa tra quelle rendicontate finora, legata al raggiungimento di 67 obiettivi (32 target e 35 milestone), con la cui riscossione l'avanzamento finanziario del Piano dovrebbe superare quota 140 miliardi di euro, corrispondente a oltre il 72 per cento del finanziamento complessivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
altro primato riguarderebbe il ritmo di implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, che sembra essere superiore a quello di altri Paesi europei, essendo il più importante in termini di risorse totali: 194,4 miliardi di euro, seguito da quello spagnolo (163), polacco (60) e francese (42), una condizione che dovrebbe costituire una sfida notevole perché aumenta la pressione sulla struttura amministrativa per la messa a terra dei progetti;
il confronto internazionale restituirebbe il dato che l'Italia si colloca tra i paesi dove il Piano sta procedendo più celermente, in relazione agli accordi stabiliti con la Commissione europea: il 43 per cento dei traguardi e obiettivi sarebbero stati raggiunti, rispetto al 28 per cento medio dei Paesi i cui piani hanno un valore di almeno 5 miliardi di euro; il 64 per cento delle risorse sarebbero già state erogate all'Italia dall'Europa, un valore ben sopra al 48 per cento della media europea, anche se occorre tener presente che, con l'approssimarsi della scadenza del Piano, quei Paesi che hanno ricevuto un importo più limitato di risorse potrebbero rapidamente colmare il vantaggio maturato fino ad oggi dal Piano italiano;
di contro, sotto l'aspetto sostanziale l'avanzamento finanziario a fine 2024 indica pagamenti effettivi per 63,9 miliardi di euro, cioè appena 18,3 miliardi di euro sopra i livelli di fine 2023, pertanto resterebbero da riconoscere in soli due anni 130,5 miliardi di euro, dunque, al ritmo di 65 miliardi di euro l'anno e di 5,5 miliardi di euro al mese: un'accelerazione nella spesa per investimenti (che, tra l'altro, riguardano asili, scuole, ospedali, residenze universitarie, dissesto idrogeologico, linee ferroviarie nel Mezzogiorno e alta velocità) difficile da immaginare rispetto alla capacità di spesa mostrata nell'ultimo biennio, che potrebbe indurre il Governo a rinunciare, in sede di prossima richiesta rimodulazione del Piano già avanzata alla Commissione europea, a qualche finanziamento;
per sua stessa ammissione, secondo il Governo, delle risorse stanziate finora per la missione 7 «Repower EU» è stato speso l'1,45 per cento, per la missione 6 «Salute» il 18 per cento, per la missione 5 «Inclusione e coesione» il 18,6 per cento, tutti dati certificati anche dalla Ragioneria generale dello Stato e che sembrerebbero voler indurre il Ministro dell'economia e finanze a chiedere alla Commissione europea la proroga al 2027 della scadenza del Piano;
un'ulteriore ammissione indiretta di ritardi e difficoltà di completa attuazione del Piano da parte del Governo è anche la proposta di rimodulazione del Piano avanzata alla Commissione europea. Per rispettare il cronoprogramma stabilito, l'Italia deve infatti completare, con la riscossione delle ultime tre rate, 284 traguardi e obiettivi nei prossimi tre semestri, di cui 177 da conseguire nell'ultimo semestre che avrà scadenza il 30 giugno 2026;
i dati riportati dalla sesta Relazione, pur se hanno squarciato parte di quel velo di opacità che ammanta l'iter attuativo del Piano, rivelano che sempre sul fronte dell'avanzamento finanziario si addensano, in realtà, ulteriori nubi ben evidenziate anche con l'ultima Relazione al Parlamento dalla Corte dei conti, secondo la quale il livello attuale di spesa è pari ad un terzo di quello programmato. Inoltre, nonostante il raggiungimento degli obiettivi qualitativi e quantitativi, stabiliti a livello nazionale e concordati a livello europeo, sia in linea con le previsioni, permangono alcune criticità che richiedono attenzione costante e interventi mirati, soprattutto in vista della scadenza del Piano. La magistratura contabile ha, inoltre, rimarcato che i dati della piattaforma Regis mostrano un rinvio di spese programmate per il biennio 2023-2024 pari a circa 2,4 miliardi di euro, con un conseguente incremento della spesa di 1,2 miliardi nel 2025 e 680 milioni nel 2026, e come la carenza di personale negli uffici di rendicontazione e controllo abbia avuto quale conseguenza un rallentamento nelle verifiche di spesa;
la Corte dei conti ha, inoltre, puntato il dito sul mancato regolare aggiornamento dei dati sulla piattaforma Regis da parte di alcune amministrazioni coinvolte anche a causa di frequenti disallineamenti tra dati interni e ufficiali, una circostanza che rappresenta un ulteriore elemento di criticità, soprattutto alla luce della normativa volta a rafforzare le responsabilità nella gestione degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
secondo un'analisi della Fondazione «Openpolis», basata sui dati riportati nell'ultima «Relazione semestrale sullo stato di attuazione del Pnrr al Parlamento» della Corte dei conti, i progetti più ritardatari sul fronte della spesa riguardano: la transizione ecologica, con solo l'8 per cento dei fondi spesi a fronte dell'85 per cento delle riforme attuate, la cultura e il turismo, per cui è stato speso l'11 per cento dei fondi a fronte di riforme completate, e la salute, con una spesa del 14 per cento dei fondi a fronte di tutte le riforme completate. Seguono, nella fallimentare classifica, i progetti per la digitalizzazione, con le riforme completate ma la spesa ferma al 22 per cento, e quelli per istruzione e ricerca, per cui è stato speso il 26 per cento dei fondi a fronte del 94 per cento di riforme completate. A trainare, invece, la classifica sarebbero i progetti destinati alle infrastrutture, per cui è stato speso il 46 per cento dei fondi, e quelli destinati alle imprese, con il 47 per cento;
dalla consultazione della banca dati Regis (sistema gestionale unico del Piano nazionale di ripresa e resilienza) emerge che, al 31 dicembre 2024, risultano spesi 62,2 miliardi di euro (appena il 32 per cento delle risorse complessive). Le misure per le quali risulta la maggiore spesa, in termini assoluti, sono il rafforzamento dell'ecobonus per l'efficienza energetica (14 miliardi di euro), il credito d'imposta per i beni strumentali 4.0 (8,8 miliardi di euro), la linea di collegamento ad alta velocità Brescia-Verona-Vicenza-Padova (3 miliardi di euro). La missione 2 («Rivoluzione verde e transizione ecologica») risulta, invece, quella in cui residuano le maggiori risorse da spendere (circa 36 miliardi di euro), nonostante rappresenti uno dei pilastri del progetto Next generation EU e direttrice imprescindibile dello sviluppo futuro;
sin dalle prime previsioni ufficiali, si è assistito ad uno slittamento in avanti della pianificazione annuale di spesa, spesso motivato dalla necessità di tempistiche più lunghe per avviare i progetti, rinvio che oggi potrebbe essere considerato come un vero e proprio ritardo nell'utilizzo delle risorse, una preoccupazione, tra l'altro, che sembra essere compatibile con le stime contenute nell'ultimo Piano strutturale di bilancio dove l'impatto annuale del Piano nazionale di ripresa e resilienza sul prodotto interno lordo registra una percentuale di crescita aggiuntiva per il 2024 di appena 0,1 per cento, rispetto allo 0,9 per cento indicato nel documento di economia e finanza del mese di aprile 2024;
i probabili ritardi hanno un'implicazione ovvia, ossia quella di rinviare l'impatto sulla crescita del prodotto interno lordo, poiché, spostando la pianificazione delle risorse, si spostano gli effetti sul prodotto interno lordo. Infatti, le stime di impatto del Piano sui primi anni di implementazione sono state abbassate dal Governo di pari passo con la revisione della distribuzione temporale della spesa per anno, anch'essa sistematicamente spostata in avanti. Finché si è potuto rinviare le spese agli anni futuri, l'impatto finale del Piano nazionale di ripresa e resilienza è rimasto, per una questione puramente automatica, elevato, ragion per cui nel Piano strutturale di bilancio la stima di impatto cumulato al 2026, nell'ipotesi di efficienza alta, è stata rivista leggermente al rialzo (+0,3 per cento) rispetto all'ultimo documento di economia e finanza di aprile 2024, passando dal 3,4 per cento al 3,7 per cento;
il suddetto rinvio, a due anni dalla conclusione del Piano, può costituire un problema poiché i punti percentuali di crescita aggiuntiva «spariti» dal 2024 sono stati quasi completamente attribuiti all'ultimo anno, il 2026, tanto che la stima di impatto del Piano nazionale di ripresa e resilienza sul prodotto interno lordo 2026 è raddoppiata, da 0,8 per cento a 1,6 per cento. Tuttavia, una stima di crescita aggiuntiva così ampia fa sorgere molte perplessità, poiché prendendola alla lettera e immaginando che al 2026 lo scenario senza l'impatto del Piano nazionale di ripresa e resilienza sia allineato con la crescita media annua pre-pandemia (+0,5 per cento), con un calcolo molto approssimativo ci si dovrebbe aspettare una crescita del prodotto interno lordo oltre il 2 per cento, per quanto, come pure riportato in audizione da Banca d'Italia, si tratti di «prospettive circondate da incertezza straordinaria, su cui gravano forti rischi al ribasso»: una stima che confligge con quella dei maggiori previsori nazionali e internazionali che prevedono una crescita nel 2026 intorno all'1 per cento e non paiono, quindi, scontare uno scenario di impatto del Piano così ampio;
il ritmo di implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano sembra essere superiore a quello di altri Paesi europei essendo il più importante in termini di risorse totali: 194,4 miliardi di euro, seguito da quello spagnolo (163), polacco (60) e francese (42), una condizione che dovrebbe costituire una sfida notevole perché aumenta la pressione sulla struttura amministrativa per la messa a terra dei progetti;
il confronto internazionale restituirebbe il dato che l'Italia si colloca tra i paesi dove il Piano sta procedendo più celermente, in relazione agli accordi stabiliti con la Commissione europea: il 43 per cento dei traguardi e obiettivi sarebbero stati raggiunti, rispetto al 28 per cento medio dei Paesi i cui piani hanno un valore di almeno 5 miliardi di euro; il 64 per cento delle risorse sarebbero già state erogate all'Italia dall'Europa, un valore ben sopra al 48 per cento della media europea, anche se occorre tener presente che, con l'approssimarsi della scadenza del Piano, quei Paesi che hanno ricevuto un importo più limitato di risorse potrebbero rapidamente colmare il vantaggio maturato fino ad oggi dal Piano italiano;
sul fronte delle politiche sulla casa volte ad incidere sul problema della tensione e del disagio abitativo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina all'edilizia residenziale pubblica e a quella sociale risorse per 2,8 miliardi di euro, rientranti prevalentemente nel Piano innovativo per la qualità dell'abitare (PINQuA), ai quali aggiungere, in parte, la dotazione pari a 2 miliardi di euro del Piano nazionale complementare «Sicuro, verde e sociale». Tali misure, che puntano soprattutto alla riqualificazione e alla manutenzione, più che a un incremento dello stock mediante nuove costruzioni, evidenziano difficoltà realizzative nel caso di molti progetti: quelli rientranti nel Piano innovativo per la qualità dell'abitare, che rappresenta la misura più strettamente connessa alla questione abitativa, per oltre un terzo presentano ritardi rispetto alla relativa programmazione temporale; inoltre, circa l'80 per cento di questi ritardi si concentra nelle fasi precedenti l'avvio dei lavori, denotando una serie di criticità nei procedimenti autorizzativi;
riguardo all'efficientamento energetico degli edifici, che rappresenta uno dei principali obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, da realizzare, in particolare, attraverso le risorse per il finanziamento del cosiddetto superbonus 110 per cento, dai dati ancora parziali pubblicati dall'Enea, è possibile stimare che gli obiettivi della misura, in termini di risparmio energetico e di emissioni di anidride carbonica, siano stati ampiamente superati. Tuttavia, un'analisi costi-benefici, fatta sia a livello aggregato che a livello di singola tipologia di intervento incentivato, restituisce un tempo di ritorno dell'investimento del superbonus abbastanza elevato (circa 35 anni), non coerente con l'orizzonte di vita utile degli interventi incentivati;
riguardo alle infrastrutture energetiche il Piano nazionale di ripresa e resilienza dedica otto misure volte a sostenerne l'ammodernamento attraverso uno stanziamento pari a 5,5 miliardi di euro, misure delle quali risulta attivata la ripartizione per 53 progetti, che segnano un grado di avvicinamento ai target assegnati pari al 5,7 per cento: un valore ancora molto basso, anche considerata la concentrazione della fase esecutiva dei progetti nel biennio 2025-2026;
anche la transizione ecologica ricopre un ruolo importante all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che attraverso la missione 2 («Agricoltura sostenibile ed economia circolare; Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile; Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici; Tutela del territorio e della risorsa idrica») punta alla completa neutralità climatica e allo sviluppo ambientale sostenibile per mitigare le minacce di eventi naturali ed alla quale destina almeno il 37 per cento dei fondi a disposizione, ma dei quali circa il 92 per cento, risultano, a tutt'oggi, già impegnati per il suddetto superbonus 110 per cento;
a tre anni dall'avvio del Piano nazionale di ripresa e resilienza e a circa 16 mesi dalla sua scadenza lo stato di attuazione della missione «Salute» (M6) è allarmante, con troppi progetti che procedono a rilento, con ritardi nell'esecuzione dei lavori o ancora fermi alla fase di progettazione. Riguardo alle case della comunità risultano finanziati progetti per 1.416 strutture, per un valore complessivo di 2,8 miliardi di euro. Dei progetti monitorati risultano completati e collaudati solo 25 (1,8 per cento del totale), mentre sono 885 i progetti che presentano un ritardo almeno in uno step (62,6 per cento). A dicembre 2024 risultano effettuati pagamenti per soli 261 milioni di euro (pari al 9,2 per cento), ossia per meno di un decimo dei fondi disponibili. I ritardi maggiori nell'esecuzione dei lavori si registrano in Molise, dove tutti i progetti presentano ritardi nell'inizio lavori, Sardegna (con ritardi nel 93,9 per cento dei progetti), Calabria (86,9 per cento) e Campania (78,4 per cento). Le regioni, invece, che registrano meno ritardi sono il Friuli-Venezia Giulia (4,3 per cento), l'Emilia-Romagna (5,9 per cento) e Veneto (6,4 per cento). Nessun ritardo nei lavori delle strutture della Valle d'Aosta;
non meno critica risulta la situazione degli ospedali di comunità, le strutture sanitarie a prevalente gestione infermieristica, fondamentali per garantire le cure intermedie e la continuità assistenziale dopo le dimissioni del paziente. Nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono stati finanziati progetti per 427 strutture, per un valore complessivo di 1,3 miliardi di euro, dei quali ne risultano completati e collaudati solo 10 (2,3 per cento del totale), mentre 264 progetti presentano almeno una fase in ritardo (61,8 per cento);
il declino demografico sta interessando molti Paesi sviluppati, tra cui l'Italia; pertanto, il potenziamento dei servizi per l'infanzia, come politica di contrasto alla crisi della natalità, ha assunto una centralità crescente all'interno dell'agenda politica europea e nazionale. A tal proposito anche il Piano per gli asili nido e le scuole dell'infanzia costituisce parte integrante del Piano nazionale di ripresa e resilienza, avendo individuato nei servizi educativi 0-6 anni una priorità strategica, contribuendo agli obiettivi 4 (istruzione) e 5 (parità di genere) dell'Agenda 2030, oltre che all'obiettivo 7 (energia pulita) tramite la riqualificazione degli edifici ed al quale destina 3,24 miliardi di euro per la realizzazione di 150.480 nuovi posti per il potenziamento dell'offerta delle scuole dell'infanzia e degli asili nido, della cui attuazione sono incaricati i comuni, ma il cui stato di avanzamento dei progetti segnala difficoltà che potrebbero non essere recuperate entro giugno 2026: nessun progetto, infatti, risulta nella fase iniziale di programmazione, mentre 81 progetti (per un valore di 82,6 milioni di euro) del Nuovo piano asili nido sono ancora in fase di progettazione. Circa 2.240 progetti (per 3,1 miliardi di euro) sono in esecuzione, di cui il 92 per cento (2,9 miliardi di euro) in corso di realizzazione. Altri 420 progetti (426,7 milioni di euro) sono nella fase conclusiva, ma solo 88 risultano completati. Infine, per altri 440 progetti (372,5 milioni di euro), tutti relativi al Nuovo piano asili nido, mancano del tutto informazioni aggiornate;
anche in base a quanto riportato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, particolari ed evidenti disparità tra le varie macro-aree del Paese emergono in maniera più evidente laddove si considerano la quota di progetti già arrivati a conclusione e la capacità di fare bandi e di assegnare gli appalti. La quota di progetti già conclusi è, infatti, bassa dappertutto, anche se nelle regioni del Nord Italia è quasi doppia, evidenziando le maggiori difficoltà che le regioni meridionali incontrano nell'indire le gare e assegnare i lavori. Secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio tali disparità sarebbero attribuibili in parte a storiche difficoltà del Mezzogiorno nella preparazione e nello svolgimento delle gare, soprattutto da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni, ed in parte all'estrema frammentazione del Piano e all'elevata numerosità di piccoli progetti, i cui soggetti attuatori, di natura privata o mista (scuole, associazioni, imprese, consorzi, singole partite Iva o ragioni sociali ed altri), oltre ad essere dispersi sul territorio, dimostrano una limitata esperienza di gestione delle gare. Se, da un lato, sembrerebbe una chiara scelta pensata per consentire un maggiore coinvolgimento delle comunità territoriali, dall'altro l'Ufficio parlamentare di bilancio individua proprio in questa scelta uno dei motivi dei ritardi accumulati finora, anche in termini di trasmissione dei dati riguardanti l'assegnazione dei lavori e di monitoraggio sul loro avanzamento. Per questo sarebbe necessario intervenire a sostegno dei soggetti attuatori più in difficoltà, anche per evitare che il divario tra Nord e Sud del Paese e tra aree all'interno delle singole regioni si acuisca ancor di più, divario che il Piano nazionale di ripresa e resilienza punta, tra le condizionalità trasversali, a ridurre;
tra le misure meno performanti, inoltre, ne spiccano tre per dimensione: la componente C1-«Politiche attive del mercato del lavoro» (M5C1), per la quale era prevista una spesa di 2,6 miliardi di euro entro il 2024, ma al 31 ottobre 2024 ne erano stati spesi soltanto il 7 per cento; la componente C1-«Sostegno al sistema di produzione per la transizione ecologica, le tecnologie a zero emissioni nette e la competitività e la resilienza delle catene di approvvigionamento strategiche:» e M2C1 «Contratti di filiera in agricoltura», per i quali erano previsti circa 2 miliardi di euro di spesa ciascuno, ma per i quali al 31 ottobre 2024 non risultava alcuna spesa effettuata;
inoltre, anche per le 126 misure con importo inferiore ai 500 milioni di euro e bassi livelli di spesa sono presenti ritardi di realizzazione: su 13,5 miliardi di euro previsti ne sono stati spesi solo 2,6, cioè appena il 19 per cento;
l'Italia, come gli altri Stati membri dell'Unione europea, dovranno individuare entro giugno 2025 i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza che rischiano di non essere completati entro agosto 2026. Tale revisione di medio termine, pilotata dalla Commissione europea, oltre alla modifica dei progetti a rischio, implicherebbe anche la possibilità, come recentemente chiarito dal Vicepresidente esecutivo della Commissione europea con deleghe alla coesione e alle riforme Raffaele Fitto, di aumentare le spese per la competitività, per la produzione industriale nel settore della difesa, per il miglioramento della mobilità militare, per gli alloggi, per la resilienza idrica e per la transizione energetica, attraverso l'eventuale ricorso ai fondi destinati alla politica di coesione, lasciando, pertanto, ciascun Paese membro libero se avvalersene o meno;
l'eventuale ricorso da parte del Governo italiano ai fondi europei rischierebbe di trasformarli in una forma di finanziamento diretto e indiretto alle lobby militari e in uno strumento al servizio dell'industria della difesa e della militarizzazione dell'economia europea,
impegna il Governo:
1) a escludere categoricamente la possibilità per l'Italia di dirottare i fondi per le politiche di coesione verso la spesa per la difesa, l'industria bellica e la mobilità militare;
2) ad adottare iniziative di competenza volte a completare entro il 30 giugno 2026, senza la richiesta di ulteriori proroghe e/o rimodulazioni, le opere previste dal Piano, con particolare riferimento a quelle relative alle case e agli ospedali di comunità, agli asili nido, alle residenze universitarie, agli interventi contro il dissesto idrogeologico e alle linee ferroviarie nel Mezzogiorno;
3) ad adottare iniziative di competenza volte a rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello subnazionale, per realizzare gli impegni del Piano;
4) ad esercitare da parte dei rispettivi Ministeri un maggiore impulso sui soggetti attuatori, esercitando il ruolo di coordinamento, monitoraggio, rendicontazione e controllo, assumendo una maggiore responsabilità attraverso un monitoraggio costante e continuativo dei dati di avanzamento fisico, procedurale e finanziario delle misure di propria competenza, esercitando il costante controllo dell'avanzamento dei relativi obiettivi intermedi e finali, nonché della trasmissione e validazione dei dati finanziari e di realizzazione fisica e procedurale dei singoli progetti;
5) ad affrontare i gravi ritardi riportati in premessa, che stanno caratterizzando e inficiando la piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, attraverso un'attenta analisi e il superamento di tutti quei fattori che, oltre a determinarli, rischiano di compromettere la capacità di spesa delle risorse disponibili e l'efficacia e la tempestività delle misure in esso previste, quali:
a) la complessità burocratico-amministrativa insita nelle procedure documentali per l'approvazione e la gestione dei progetti, nonché la scarsa flessibilità e tempestività nei processi decisionali;
b) la mancanza di coordinamento tra i diversi livelli di governo e le difficoltà nella selezione e nel reclutamento del personale necessario per l'implementazione dei progetti;
c) le difficoltà delle singole amministrazioni nell'attuazione dei progetti e nella loro rendicontazione a causa della mancanza di personale qualificato;
d) la mancanza di una corretta pianificazione e di un sistema di monitoraggio e di valutazione continuo, che richiedano la raccolta e l'analisi di grandi quantità di dati su aree tematiche eterogenee e trasversali, al fine di garantire l'efficacia e l'efficienza del Piano e l'ottenimento dei risultati attesi;
e) le potenziali resistenze e conflitti di interesse tra le diverse istituzioni e gli attori chiave coinvolti nell'attuazione del Piano e che concorrono all'ottenimento delle diverse somme finanziarie messe a disposizione;
f) la mancanza di una piena trasparenza e responsabilità nella gestione delle risorse, nonché di un miglior coordinamento tra i diversi attori coinvolti, al fine di garantire un maggiore controllo civico;
g) la mancanza di una capacità di spesa effettiva;
h) le debolezze strutturali e organiche delle amministrazioni, sia centrali che locali, causate da decenni di mancato reclutamento, sia numerico che qualitativo, che continuano a influire pesantemente sul ritmo di attuazione del Piano;
i) i ritardi nell'implementazione della piattaforma Regis e i disallineamenti contabili tra i sistemi di gestione.
(1-00430) «Ghirra, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
il contesto internazionale attuale richiede un rafforzamento della capacità di difesa e deterrenza dell'Italia e dei suoi alleati, nell'ambito di un sistema multilaterale fondato sul rispetto del diritto internazionale e della sovranità degli Stati;
la partecipazione dell'Italia alle alleanze internazionali, con particolare riferimento all'Alleanza Atlantica (Nato), costituisce un pilastro della politica estera e di sicurezza nazionale e impegna il nostro Paese al rispetto degli obblighi derivanti, anche in termini di investimenti e sviluppo di capacità;
in base agli impegni assunti a partire dal summit Nato svoltosi in Galles nel settembre 2014, poi confermati a Varsavia nel 2016 con il cosiddetto Defence investment pledge (Dip) e ulteriormente ribaditi nei successivi summit del 2018 (Bruxelles), del 2019 (Londra), 2021 (nuovamente Bruxelles), 2022 (Madrid), 2023 (Vilnius) e 2024 (Washington), ciascuna nazione alleata avrebbe dovuto raggiungere entro il 2024 tre obiettivi, i cosiddetti «3C» (cash, capabilities, contributions): almeno il 2 per cento delle spese per la difesa rispetto al prodotto interno lordo; 20 per cento della quota del budget della difesa da destinare agli investimenti; un contributo a missioni, operazioni ed altre attività;
il conflitto in Ucraina continua a rappresentare una grave minaccia alla sicurezza e alla stabilità del continente europeo, con conseguenze dirette anche sugli equilibri globali e sulla sicurezza nazionale italiana;
l'Italia, in linea con gli indirizzi espressi dal Parlamento, ha finora contribuito attivamente al sostegno della resistenza ucraina, fornendo assistenza militare, umanitaria e diplomatica;
appare prioritario continuare a sostenere ogni sforzo, a livello internazionale, volto al raggiungimento di una tregua e alla successiva definizione di un accordo di pace stabile e duraturo;
al prossimo vertice Nato previsto all'Aja nel giugno 2025 sarà presumibilmente presentata da parte del Segretario generale una nuova proposta sulla percentuale di spesa per la difesa, che dovrebbe superare l'attuale soglia minima del 2 per cento del prodotto interno lordo;
nelle conclusioni della riunione straordinaria del 6 marzo 2025, il Consiglio europeo aveva accolto con favore l'intenzione della Commissione europea di formulare una raccomandazione per l'attivazione della clausola di salvaguardia nazionale prevista dal Patto di stabilità e crescita, al fine di agevolare un aumento della spesa per la difesa a livello nazionale e di aprire uno spazio di spesa aggiuntiva potenziale di 650 miliardi di euro nell'intera Unione europea, lasciando alle singole nazioni le decisioni sull'incremento da destinare;
il Consiglio europeo aveva, altresì, preso favorevolmente atto della proposta della Commissione europea relativa a un nuovo strumento – denominato Safe (Security action for Europe) – finalizzato a fornire agli Stati membri un importo fino a 150 miliardi di euro, in supporto al consolidamento industriale del comparto difesa e sicurezza,
impegna il Governo:
1) a proseguire nell'opera di rafforzamento delle capacità di difesa e sicurezza nazionale al fine di garantire, alla luce delle minacce attuali e nel quadro della discussione in atto in ambito europeo in ordine alla difesa europea, la piena efficacia dello strumento militare, secondo i compiti stabiliti dall'ordinamento, a salvaguardia delle libere istituzioni, della democrazia, dell'integrità e della sicurezza dei cittadini e del territorio nazionale, come presupposto per l'esercizio universale dei diritti fondamentali;
2) a confermare gli impegni assunti dall'Italia negli ultimi dieci anni, nelle alleanze internazionali di cui fa parte, in particolare in ambito Nato, rispettando i requisiti di investimento e di sviluppo delle capacità necessarie a garantire all'Alleanza una postura credibile e una reale deterrenza;
3) a continuare, nel rispetto degli indirizzi del Parlamento, a sostenere l'Ucraina per tutto il tempo necessario, fermo restando l'auspicio di una rapida conclusione dei negoziati di pace;
4) a operare, in ogni sede internazionale e con ogni strumento diplomatico, affinché si giunga nel più breve tempo possibile a un cessate il fuoco e a una pace duratura sul territorio ucraino;
5) a ribadire la necessità che ogni eventuale tregua includa, sin dalla fase iniziale, la protezione delle infrastrutture civili ucraine, non soltanto quelle energetiche, ma soprattutto scuole, ospedali e città;
6) a favorire, successivamente alla tregua e alla firma di un accordo di pace tra la Federazione russa e l'Ucraina, la costituzione di una forza multinazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite, subordinata a una deliberazione del Consiglio di sicurezza, al fine di garantire un processo di pace stabile, condiviso ed irreversibile.
(1-00431) «Calovini, Billi, Orsini, Bicchielli, Chiesa, Zoffili, Bagnasco, Carfagna, Tremonti, Formentini, Rossello, Ciaburro, Carrà, De Monte, Caiata, Coin, Battilocchio, Comba, Cecchetti, Di Giuseppe, Crippa, Loperfido, Giglio Vigna, Maullu, Malagola, Mura, Padovani, Polo, Vinci».
Risoluzioni in Commissione:
La IV Commissione,
premesso che:
il tema della cyberdefence ha assunto crescente rilevanza in Italia, come anche nel resto del mondo, a causa dei numerosi e continui attacchi informatici rivolti a soggetti sia privati sia pubblici;
la cyberdefence si sostanzia in uno spettro di competenze dello Stato di natura prettamente militare, da inquadrare in una più ampia strategia nazionale per la sicurezza cibernetica, la cui architettura si è andata componendo grazie a una serie di interventi normativi;
lo spazio cibernetico rappresenta infatti un nuovo fondamentale ambito d'azione, riconosciuto quale vero e proprio dominio militare, unitamente agli altri domini cosiddetti «classici» (mare, terra e aria), come implicitamente previsto anche dall'articolo 88 del codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010); esso costituisce, perciò, un ulteriore terreno di battaglia e di competizione economica e geopolitica di importanza strategica per il Paese;
il carattere ibrido e trasversale che contraddistingue le minacce cibernetiche, la crescente interconnessione dei sistemi informatici e l'alto tasso tecnologico, anche digitale e informatico, che caratterizza i moderni sistemi d'arma hanno posto la necessità di ampliare la difesa cibernetica anche ad altri domini, un tempo considerati «protetti» in quanto remoti e inaccessibili (space e underwater). L'espansione delle infrastrutture spaziali e sottomarine introduce infatti nuove sfide per la cybersecurity, poiché satelliti, stazioni spaziali e reti critiche, come cavi sottomarini e gasdotti, diventano potenziali obiettivi di attacchi informatici. Garantire la sicurezza di questi sistemi è fondamentale non solo per assicurare la continuità delle comunicazioni globali, della navigazione e dell'osservazione terrestre, ma anche per proteggere infrastrutture strategiche – tra cui quelle energetiche e della difesa – da minacce sempre più sofisticate e penetranti;
in questo contesto, peraltro, l'evoluzione della cybersecurity risulta sempre più legata allo sviluppo di tecnologie emergenti come l'intelligenza artificiale e la computazione quantistica: tali innovazioni offrono infatti opportunità significative per migliorare la protezione delle infrastrutture digitali, ma pongono anche nuove sfide che devono essere affrontate con un approccio strategico e integrato;
il decreto legislativo 4 settembre 2024, n. 138 – che recepisce la direttiva NIS2 (UE) 2022/2555 e abroga il precedente decreto legislativo 65 del 2018 – rappresenta un ulteriore passo in avanti nel percorso che mira ad aumentare la sicurezza delle reti nonché a fronteggiare efficacemente le minacce informatiche. Esso rafforza la protezione delle infrastrutture critiche, assegnando specifici obblighi agli enti pubblici e privati per migliorare la resilienza cibernetica;
negli ultimi anni, il Ministero della difesa ha già avviato importanti programmi di cyber security per proteggere le proprie reti e garantire l'integrità delle informazioni, anche con riferimento underwater cyber, basti pensare alle progettualità correlate con i bandi del Polo nazionale della dimensione subacquea di La Spezia. Contestualmente, le forze armate italiane hanno implementato protocolli di sicurezza avanzati e formano il proprio personale attraverso corsi specializzati in cyber warfare. Tuttavia, per ottenere una vera e propria cultura della cyber-sicurezza, tali competenze devono essere diffuse con puntualità e costanza, soprattutto a favore di quegli attori fondamentali che svolgono un servizio a difesa dello Stato;
in tale ottica, gli istituti di formazione militare e gli enti deputati all'addestramento, in linea con le direttive internazionali e nazionali sulla cyber security, devono assumere un ruolo di primo piano, consapevoli dei rischi e delle misure di difesa in ambito digitale;
in questo contesto, un profilo di particolare rilievo è rappresentato dalla formazione nel campo della difesa cibernetica, anche al fine di rafforzare la diffusione di una cultura cibernetica nelle nuove generazioni. L'introduzione di un programma strutturato di cyber defence, che comprenda l'insegnamento delle basi della sicurezza informatica, la protezione dei dati personali e la gestione responsabile delle tecnologie, costituirebbe un investimento per il futuro della nostra nazione, partendo proprio dalla formazione del personale delle forze armate;
investire sulla formazione di personale altamente qualificato nel settore cyber rappresenta dunque una priorità strategica per il Paese; per questo motivo risulta necessario intensificare gli sforzi – anche mediante un incremento delle risorse e degli investimenti – al fine di sviluppare programmi di studio mirati, con corsi specializzati in cyber defence, crittografia avanzata, intelligenza artificiale applicata alla sicurezza informatica e gestione delle crisi cyber;
nell'era digitale, la rapida evoluzione delle minacce cibernetiche impone inoltre un costante aggiornamento dei programmi formativi militari, rendendo la sicurezza informatica non solo una disciplina tecnica, ma un tema trasversale che deve permeare l'intera formazione;
impegna il Governo:
ad assumere le opportune iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a promuovere, presso la generalità degli istituti e delle scuole di formazione militare, l'inserimento di corsi di formazione e di attività di insegnamento della materia «cyber defence e sicurezza informatica», intrinsecamente caratterizzata da estrema dinamicità e rapida evoluzione, ponendo anche particolare attenzione ai domini space e underwater.
(7-00293) «Minardo, Rosato, Mulè, Chiesa, Bagnasco, Bicchielli, Saccani Jotti, Polo, Graziano, Carè, Ciaburro, Carrà, Fassino, Pellegrini».
La XIII Commissione,
premesso che:
l'Italia, con 8,2 milioni di tonnellate di cibo sprecato, è terza in Europa dietro Germania (10,8 milioni di tonnellate) e Francia (9,5 milioni di tonnellate) per quantità di spreco alimentare. Il cibo sprecato e perso è costato in media a ogni italiano 372 euro per un totale di quasi 22 miliardi, come rilevano il centro studi Divulga e il focus «Spreco e fame 2025» pubblicato in occasione della 12esima giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare – che ricorre il 5 febbraio 2025 – su elaborazione di dati Eurostat aggiornati al 2022, Fao-Ocse (2021-2023) e Fao-Onu;
tali numeri sono soggetti a proiezioni peggiorative nell'immediato futuro: entro il 2033 i dati su sprechi e perdite alimentari potrebbero subire una perdita aggiuntiva di cibo quantificabile in 230 milioni di tonnellate in più rispetto al periodo attuale;
in base a queste rilevazioni, il 76 per cento delle perdite economiche per lo spreco di cibo, pari a 15,8 miliardi, si genera in famiglia tra le mura domestiche, mentre il restante 24 per cento si suddivide tra commercio e distribuzione (8 per cento pari a 1,7 miliardi), ristorazione (6 per cento pari a 1,3 miliardi), produzione primaria (6 per cento per un ammontare complessivo di 1,1 miliardi) e industria alimentare (5 per cento pari a 965 milioni), altri 4 miliardi vengono sprecati nell'ambito della distribuzione, seconda voce più importante nella classifica degli sprechi;
le eccedenze produttive si generano principalmente nei seguenti casi: quando la produzione è superiore alla domanda; a causa degli standard estetici: molti prodotti, pur essendo perfettamente commestibili, vengono scartati perché non soddisfano determinati criteri imposti dal mercato, per esempio in termini di pezzatura; inefficienze nei raccolti dovute per esempio a causa di tecniche agricole inadeguate, condizioni climatiche avverse o attacchi parassitari; soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, carenza di tecnologie adeguate per la conservazione e il trasporto delle derrate agricole; agricoltura e l'allevamento, inoltre, consumano suolo che potrebbe essere altrimenti lasciato allo stato naturale: ciò significa che viene meno lo stoccaggio di CO2 da parte delle piante e, contestualmente, aumentano le emissioni di anidride carbonica (a causa dei macchinari agricoli), protossido di azoto (a causa dei fertilizzanti azotati) e metano (a causa di mucche e gli altri ruminanti). Al tempo stesso, si consuma acqua: solo per citare due dati, all'agricoltura è destinato quasi il 70 per cento dell'acqua dolce disponibile a livello globale e un chilo di carne di manzo ha un'impronta idrica complessiva di oltre 15 mila litri;
stando al programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, food loss e food waste contribuiscono all'8-10 per cento delle emissioni globali di gas serra, quasi il quintuplo rispetto al settore dell'aviazione;
lo spreco alimentare è un paradosso in un mondo in cui – lo dicono i dati ufficiali del rapporto Sofi 2024 delle Nazioni Unite – nel 2023 circa 733 milioni di persone hanno sofferto la fame. La proporzione è di una su undici a livello globale e una su cinque in Africa. Sempre nel 2023, 864 milioni di persone si sono trovate in uno stato di insicurezza alimentare severa: ciò significa che sono rimaste digiune per uno o più giorni per mancanza di risorse. Conteggiando anche quelle in uno stato di insicurezza alimentare moderata, cioè costrette a sacrificare la quantità o la qualità del cibo, si arriva a 2,33 miliardi di persone su un totale di 8 miliardi;
in questo contesto, si segnala che nel nostro Paese, nel 2023 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,2 milioni di famiglie (8,4 per cento sul totale delle famiglie residenti, valore stabile rispetto al 2022) e quasi 5,7 milioni di individui (9,7 per cento sul totale degli individui residenti, come nell'anno precedente);
in Italia un primo passo verso il superamento di economia lineare e sprechi è rappresentato dalla legge 19 agosto 2016, n. 166, entrata in vigore il 14 settembre 2016. Questa norma mira a ridurre lo spreco lungo l'intera filiera agroalimentare, promuovendo il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari per fini di solidarietà sociale, tuttavia necessita di una collaborazione più ampia tra enti pubblici, privati e cittadini, nonché ulteriori misure normative per garantire un'efficace implementazione e il raggiungimento di obiettivi più ambiziosi,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative normative volte a introdurre, per quanto di propria competenza, vincoli per le imprese che producono, trasformano e distribuiscono/commercializzano cibo, come il divieto di distruzione delle eccedenze alimentari ancora commestibili, e al contempo promuovere l'uso di tali eccedenze per la produzione di compost, anche incentivando nuove tecnologie per la gestione dei rifiuti alimentari;
ad adottare iniziative volte a introdurre target misurabili, quale la riduzione del 50 per cento dello spreco alimentare entro il 2030, per migliorare il controllo e l'efficacia della normativa attualmente in vigore;
a promuovere campagne di sensibilizzazione su larga scala per educare consumatori e imprese impegnate nella commercializzazione e somministrazione del cibo su pratiche sostenibili;
ad adottare iniziative volte a fornire supporto alle infrastrutture locali, anche, ove possibile, attraverso la creazione di specifici programmi di finanziamento per le organizzazioni che gestiscono la redistribuzione alimentare, migliorando la logistica e le capacità di stoccaggio;
a promuovere, per quanto di competenza, iniziative per contrastare l'obsolescenza programmata dei prodotti, nonché volte a favorire un miglioramento della catena produttiva, anche attraverso la promozione di una gestione più efficiente delle risorse fin dalla fase di progettazione dei prodotti;
a garantire, attraverso un continuo dialogo con il mondo produttivo, una maggiore trasparenza, assicurando ai consumatori informazioni sulla qualità, la provenienza e sulle caratteristiche ambientali di prodotti e imballaggi.
(7-00294) «Caramiello».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta scritta:
DELLA VEDOVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
intervenendo da remoto al congresso della Lega, Elon Musk ha detto: «Vediamo un aumento enorme nel numero di attacchi in Italia e in Europa, i media cercano di ridurre l'importanza di questi attacchi, ma questi attacchi, che sono terroristici, l'uccisione di persone è sempre più frequente e alla fine vedremo uccisioni di massa in Europa, dei massacri veri e propri. Questa è la tendenza (...) Questo porterà a un vero e proprio massacro in Europa. I vostri amici, le vostre famiglie, i vostri figli saranno tutti a rischio, i numeri parlano chiaro»;
il segretario della Lega, nonché Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana, Matteo Salvini, che interloquiva con Elon Musk durante il suo intervento, ha annuito di fronte a queste affermazioni dicendo «purtroppo sì»;
Elon Musk, è attualmente un membro molto influente dell'amministrazione degli Stati Uniti, molto vicino al presidente Trump, oltre che un imprenditore che controlla aziende chiave in settori strategici dei media e delle telecomunicazioni satellitari a livello globale;
attualmente non risulta che le dichiarazioni di Musk a proposito di una tendenza all'aumento di attacchi a tappeto di matrice terroristica e uccisioni di massa in Italia e in Europa sia stata smentita, né dal Presidente del Consiglio, né dai Vicepresidenti del Consiglio, né dal Ministro dell'interno, né dall'Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica –:
se, nel caso in cui i dati citati da un importante membro dell'Amministrazione Usa durante il congresso di un partito politico italiano risultino infondati, non ritengano di doverli categoricamente e pubblicamente smentire, chiarendo invece all'opinione pubblica quale sia il trend reale sui crimini violenti e di massa di stampo terroristico in Italia e in Europa.
(4-04787)
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazioni a risposta immediata:
VACCARI, FORATTINI, MARINO, ROMEO, ANDREA ROSSI, GHIO, FERRARI, CASU e FORNARO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
il Presidente degli Usa Trump ha annunciato l'imposizione di dazi del 20 per cento sui beni importati, provenienti dall'Unione europea;
gli Stati Uniti sono il terzo Paese di destinazione delle merci italiane: negli ultimi dieci anni, le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti sono aumentate progressivamente, raggiungendo nel 2023 un valore di 67,3 miliardi di euro;
un'ampia quota delle eccellenze agroalimentari italiane viene esportata nel mercato statunitense. Tra i principali prodotti di esportazione negli Stati Uniti, circa la metà è rappresentata, nell'ordine, da: vino (2 miliardi di euro), olio (quasi 1 miliardo di euro), pasta (1 miliardo di euro) e formaggi (550 milioni di euro). L'export agroalimentare italiano nell'ultimo decennio è aumentato a livello globale da 28 a 70 miliardi di euro. Una barriera protezionistica così pesante negli Usa rappresenta un pericoloso stop a questo trend positivo e avrebbe ripercussioni anche sugli altri mercati, che potrebbero essere inflazionati da merci originariamente destinate al mercato americano. Questa disputa commerciale vedrà, inoltre, sullo sfondo il concreto pericolo del proliferare dell'italian sounding;
il comparto agroalimentare italiano sta già affrontando notevoli sfide, dai crescenti costi di produzione alle pressioni legate al clima. Questi nuovi dazi aggiungeranno ulteriore incertezza e tensione finanziaria al settore, aumenteranno i prezzi e indeboliranno la resilienza delle aziende agricole, colpendo sia i produttori che i consumatori;
le istituzioni italiane devono attivarsi immediatamente in sede europea, rafforzando la coesione tra gli Stati per contrastare questo contraccolpo, adottando tutte le misure necessarie a tutelare le esportazioni dei prodotti colpiti da questi dazi ingiustificati e per l'Italia assai penalizzanti, esplorando anche la possibilità di indirizzare l'export anche verso altri mercati internazionali;
secondo alcune anticipazioni di stampa il Governo intende proporre una revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza al fine di liberare 10 miliardi di euro di risorse da destinare alle imprese sotto forma di incentivi –:
quali e quante risorse intenda stanziare per affrontare le difficoltà economiche che rischiano di travolgere nei prossimi mesi migliaia di imprese e migliaia di lavoratori dell'intero comparto agroalimentare, tra i più colpiti dalla crisi dei dazi.
(3-01893)
BOSCHI, GADDA, DEL BARBA, FARAONE, BONIFAZI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
mercoledì 2 aprile 2025 il Presidente degli Stati Uniti Trump ha imposto dazi all'ingresso alle merci straniere negli Usa;
i dazi imposti da Trump colpiscono in maniera differenziata la maggioranza dei Paesi, con differenti intensità, e si attestano al 20 per cento per l'Unione europea e i suoi Stati membri;
risulta improcrastinabile l'adozione di azioni volte ad alleviare l'impatto dei dazi sui prodotti italiani;
i dazi pregiudicano l'export e la bilancia commerciale del Paese, nonché produttori e imprese che si vedranno sottrarre quote di mercato da aziende che non risentono della medesima sovraimposizione;
il valore delle esportazioni italiane negli Usa è pari a 67 miliardi di euro, mentre quello delle importazioni dagli Usa è pari a 24 miliardi di euro, con un saldo positivo pari a 43 miliardi di euro annui;
gli Usa rappresentano il secondo Paese di destinazione dell'export agroalimentare. Nel 2024 le esportazioni agroalimentari italiane sono state di 7,8 miliardi di euro, pari a circa un decimo di tutte le esportazioni del comparto;
le più recenti stime attestano che il mancato export verso gli Usa rappresenta una riduzione di fatturato del 10 per cento e del 30 per cento dei volumi dell'export agroalimentare, equivalente a un ammontare di mancate entrate tra i 700 e gli 800 milioni di euro annui;
l'impatto territorialmente concentrato dei dazi rappresenta un rischio concreto per l'intera filiera: solo il settore del vino, che nel 2024 ha portato al sistema Paese 1,2 miliardi di euro grazie alle esportazioni negli Usa, vede il 48 per cento dei bianchi esportati prodotti in Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia;
i prodotti caseari certificati arriveranno ad un'imposizione del 35-40 per cento, considerando i dazi già presenti su tali prodotti, alimentando ulteriormente pratiche dannose per l'economia italiana come l'italian sounding dei prodotti non italiani;
diverse imprese del made in Italy, infatti, hanno già avanzato serie preoccupazioni dopo l'introduzione di dazi americani sui prodotti di eccellenza italiana, come vino, basilico, olio, formaggi e pasta: i dazi del 20 per cento sui prodotti italiani provocheranno, di fatto, conseguenze che ricadranno in modo drammatico sui fatturati delle imprese italiane e sull'occupazione del Paese –:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia adottato o intenda adottare anche nell'ambito dell'Unione europea, in sinergia con gli altri Stati membri, per compensare l'impatto negativo dei dazi sulla filiera agroalimentare.
(3-01894)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
dal comunicato stampa della So.g.i.n. (Società gestione impianti nucleari per Azioni) del 3 aprile 2025, titolato «Gian Luca Artizzu, AD di Sogin: pronti a condurre i nuovi impianti nucleari», si apprende che l'amministratore delegato, Gian Luca Artizzu, è intervenuto nella tavola rotonda: «La filiera italiana sul nucleare, nuovi modelli di business per la produzione di energia dall'atomo» ricordato che «Noi siamo l'unica azienda in Italia “Collaborating Centre” della IAEA, e siamo pronti a fare la nostra parte, mettendo a disposizione del paese le nostre competenze nella conduzione di impianti, che saranno subito fruibili nel momento in cui si tornerà al nucleare». Più volte, attraverso diverse dichiarazioni, l'amministratore delegato di So.g.i.n. si è espresso per il coinvolgimento della società nel piano di costruzione di nuovi impianti nucleari promosso dal Governo;
la So.g.i.n., è una società costituita da Enel S.p.A., il 31 maggio 1999, in ottemperanza a quanto previsto dal decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, «Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica»;
a parere degli interroganti, le posizioni espresse pubblicamente dall'amministratore delegato non rispettano ciò che è previsto all'articolo 4 dello statuto sociale della So.g.i.n. stessa in quanto stabilisce che «la società ha per oggetto l'esercizio delle attività relative allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, allo smantellamento degli impianti di produzione del combustibile nucleare e degli impianti di ricerca del ciclo del combustibile nucleare, nonché delle attività relative alla chiusura del ciclo del combustibile e delle attività connesse e conseguenti. La società provvede alla messa in sicurezza e allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, alla disattivazione degli impianti a fine vita, al mantenimento in sicurezza degli stessi, fino al rilascio del sito per altri usi, alla realizzazione ed all'esercizio del parco tecnologico e del deposito nazionale, comprendente anche il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, nonché a svolgere le attività connesse e conseguenti. La società svolge la propria attività nel rispetto degli indirizzi formulati dal ministero dello sviluppo economico.»;
il legislatore ha voluto attribuire alla So.g.i.n. solamente lo scopo di smantellare in sicurezza i vecchi centri nucleari presenti sul territorio italiano e non di partecipare in qualsiasi forma al rilancio della produzione di energia nucleare di cui non ha neanche le competenze;
rispetto alle attività di decommissioning nucleare è utile ricordare che l'attuale mandato della Sogin, che è subentrato all'organo commissariale 2022-23, venne individuato dal Governo pro tempore per accelerare le attività societarie in ritardo, da anni. Diversamente dallo scopo preminente dell'incarico, l'ultimo piano a vita intera della So.g.i.n. contiene purtroppo un aumento dei tempi e dei costi per il raggiungimento del cosiddetto prato verde (ossia, la fine delle attività di decommissioning con restituzione dei siti alla collettività);
nel 2013 le stime della So.g.i.n. prevedevano una spesa di 6,6 miliardi, poi quantificata in 7,2 miliardi nel 2017 e salita ancora a 7,8 nel 2020. Il nuovo piano prevede un ulteriore aumento dei costi pari a 11,38 miliardi, 3,58 miliardi, circa il 50 per cento in più rispetto alle previsioni del 2020. Il raggiungimento del «prato verde» stimato nel 2020 al 2041 sale di oltre 10 anni e viene nuovamente previsto al 2052. Slittano di 10 anni anche i tempi dell'entrata in esercizio del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi che viene prevista al 2039;
i ritardi delle attività della So.g.i.n. comportano un incremento delle esposizioni ai pericoli e ai rischi delle popolazioni residenti nei pressi dei centri nucleari. Ciò dimostra sul campo le difficoltà che comporta la gestione del nucleare per garantire la sicurezza dei cittadini e agli elevati costi che sono pagati dalla collettività –:
quali iniziative di competenza si intenda intraprendere per accelerare le attività di decommissioning in capo alla So.g.i.n. e se non intenda verificare che l'operato dei vertici della So.g.i.n. sia svolto nel rispetto del mandato previsto dalle leggi.
(2-00586) «Cappelletti, Pavanelli, Ilaria Fontana».
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:
MAZZETTI, CORTELAZZO e TASSINARI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
i recenti fenomeni alluvionali che hanno interessato la Toscana e l'Appennino tosco-emiliano hanno provocato una frana lungo la scarpata della strada che conduce a Palazzuolo sul Senio (Firenze), riportando alla luce una discarica di rifiuti urbani e speciali degli anni '70 del secolo scorso;
con la frana, gli strati deboli, costituiti dai rifiuti, si sono riversati nel Rio Rovigo e sono stati trascinati a valle fino a Valsalva (Castel del Rio, Emilia-Romagna) nonostante le reti piazzate in alveo per contenerne la discesa;
il bacino imbrifero del Rio Rovigo copre un'area di circa 14 chilometri quadrati e quella del torrente Veccione circa 17 chilometri quadrati. Tali aree costituiscono le fonti di approvvigionamento idrico sia della Toscana che dell'Emilia-Romagna. Negli anni '70, con l'assenso del comune di Palazzuolo fu realizzata dall'Asnu, la municipalizzata del comune di Firenze, una discarica di rifiuti urbani e speciali;
dalle fonti parlamentari dell'epoca (interrogazione Vespignani n. 4-016088 del 12 febbraio 1971), si apprende che lo sversamento di rifiuti (all'epoca indistinti) fu di circa 60.000 tonnellate, con lo scarico di circa 300 tonnellate al giorno, eseguito ai bordi della carreggiata stradale. L'interrimento dei vari strati non fu eseguito e per carenza di materiale di ricoprimento e per mancanza di agibilità delle macchine destinate a eseguire il necessario stipamento;
l'interrogazione precisa che la Carta geologica d'Italia rappresentava la fragilità dei luoghi costituiti da marne, con strati arenacei alternati, di struttura debole e con inclinazione diretta verso il displuvio del Rovigo. Dunque già all'epoca erano ben chiari i rischi dell'operazione condotta dalla Asnu, senza peraltro un censimento dei luoghi di sversamento;
lo scenario che si presenta in una delle zone naturalistiche più apprezzate dell'Appennino tosco-emiliano è quello di un ambiente solo apparentemente incontaminato, sfregiato da uno scempio che potrebbe essere un potenziale disastro ambientale;
le indagini avviate dai Carabinieri forestali e i sopralluoghi dei geologi stanno valutando i danni e controllando anche gli altri siti citati nell'interrogazione parlamentare sopra segnalata, per verificare se vi siano ulteriori rischi di sversamento –:
quali iniziative si intendano avviare per affrontare il disastro ambientale illustrato in premessa e se non si ritenga opportuno avviare con urgenza una procedura specifica che consenta la bonifica delle aree interessate, in considerazione del loro alto valore ambientale e del ruolo svolto dagli imbriferi coinvolti nell'approvvigionamento idrico delle pianure sottostanti.
(5-03847)
ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la ex Winchester di Anagni, industria storica della Valle del Fiume Sacco dedicata alla produzione di munizioni, dismessa nei primi anni 2000 e recuperata in seguito dalla Simmel Difesa, è attualmente gestita da Knds Ammo Italy S.p.A., multinazionale franco-tedesca che produce munizioni di medio e grosso calibro, con vendite in più di 50 Paesi e una leadership riconosciuta nel settore delle munizioni navali;
la citata multinazionale intende riconvertire la produzione dell'industria Anagnina, a oggi, come riportato dal «PortaleSeveso» dell'Ispra, in fase di demilitarizzazione e oggetto di richiesta di rimozione dall'elenco degli impianti a rischio incidente rilevante (Rir) di cui al decreto legislativo n. 105 del 2015;
da notizie di stampa su quotidiani nazionali si apprende che il procedimento di demilitarizzazione in corso da diversi anni potrebbe essere interrotto per convertire il sito a produzione di nitrogelatina, un esplosivo derivato dalla nitroglicerina che, come si legge nel documento per l'istanza di valutazione ambientale presentato alla regione Lazio, verrebbe in seguito trasferito nell'altro sito della Knds a Colleferro dove vengono prodotte polveri per l'artiglieria di varie formulazioni;
il progetto di riconversione presentato sarebbe finanziato con 40 milioni di euro provenienti dai fondi stanziati per l'attuazione del regolamento Asap, voluto dall'Ue per rafforzare e accelerare le capacità dell'industria europea nel comparto delle munizioni e dei missili, al fine di inviare materiali d'armamento all'Ucraina;
la popolazione del territorio interessato dal progetto descritto ha accolto la notizia con disappunto, considerati i rischi ambientali e il maggiore inquinamento della zona, nonché per la mancata attività informativa da parte della Knds del progetto presentato;
nell'area in oggetto insiste il Sito di interesse nazionale (Sin) ai fini di bonifica del Bacino del Fiume Sacco –:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di escludere potenziali pericoli per l'ambiente e l'incolumità delle persone, in base alle specificità delle attività proposte dal gestore negli stabilimenti di cui in premessa e alle informazioni acquisite, intenda porre in essere le necessarie iniziative di verifica e controllo volte ad accertare che sia pienamente rispettata la normativa in materia di prevenzione dei rischi di incidente rilevante e di valutazione ambientale e che la nuova produzione sia compatibile con il completamento degli interventi di bonifica e messa in sicurezza del Sin Bacino del Fiume Sacco.
(5-03848)
SIMIANI, GHIO e PANDOLFO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il 30 dicembre 2021 è stato sottoscritto l'accordo di programma per il miglioramento della qualità dell'aria nella regione Liguria, integrato successivamente dall'allora Ministero della transizione ecologica e dalla regione Liguria con una nuova sottoscrizione avvenuta il 24 agosto 2022. Questo accordo ha l'obiettivo di coordinare le azioni necessarie per il miglioramento della qualità dell'aria nella regione, con un focus particolare sulle misure da adottare per ridurre l'inquinamento atmosferico e migliorare la salute pubblica;
il 23 settembre 2022 è stato sottoscritto il decreto direttoriale n. 243, che ha sancito l'esecutività dell'accordo di programma, stabilendo in modo formale l'avvio di misure per affrontare le problematiche ambientali legate alla qualità dell'aria e imponendo l'adozione congiunta di azioni tra il Ministero interrogato e la regione Liguria per garantire risultati concreti. Si tratta di un passo importante per l'attuazione degli impegni presi tra le parti, con l'obiettivo di ridurre le concentrazioni di inquinanti atmosferici, tra cui particolato fine (Pm10) e biossido di azoto (NO2);
la strategia nazionale di supporto alle azioni di contrasto all'inquinamento atmosferico include, tra le altre cose, la stipula di accordi di programma con le regioni, al fine di garantire un coordinamento efficace e l'attuazione di misure concrete per la tutela dell'ambiente e la salute pubblica;
il contributo previsto dal Ministero interrogato per la regione Liguria, in base agli accordi stipulati, dovrebbe ammontare a 25,3 milioni di euro, una somma destinata a sostenere azioni delle aziende di trasporto pubblico locale, per migliorare la qualità dell'aria e favorire la transizione verso un sistema di trasporto pubblico più sostenibile ed ecologico;
l'Azienda mobilità e trasporti di Genova ha chiuso il bilancio 2023, l'ultimo consultabile, basando il suo equilibrio finanziario anche su un credito di 12,5 milioni di euro vantato nei confronti del comune di Genova, legato ad un finanziamento da parte del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica alla regione Liguria, il cui iter amministrativo non risulta concluso –:
se il trasferimento di questi fondi statali alla regione Liguria, destinati a sostenere il trasporto pubblico locale per migliorare la qualità dell'aria, sia stato effettivamente effettuato, precisando la data in cui è avvenuto il trasferimento, l'importo esatto corrisposto e per quali misure è stato concesso, in modo da garantire la trasparenza e il corretto utilizzo di tali risorse.
(5-03849)
IAIA, MATTIA, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, CAIATA, LAMPIS e FABRIZIO ROSSI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il piano di gestione rifiuti urbani della Puglia è stato modificato l'11 febbraio 2025;
quello originario, perfettibile, prevedeva l'apertura di nuovi impianti nelle città di Brindisi, Trani, Conversano, Cerignola, Deliceto, mai avviati;
la giunta, modificando il piano, ha rigettato soluzioni strutturali, preferendo la rimessa in esercizio dell'impianto di Corigliano d'Otranto e aumentando le volumetrie delle discariche di Burgesi d'Ugento, Deliceto, Manduria, trasferendovi centinaia di migliaia di metri cubi di rifiuti. Un provvedimento che ha innescato comprensibili proteste in tutta la Puglia;
la commissione regionale ambiente ha audito l'assessora all'ambiente Triggiani che ha ribadito la volontà politica di non aprire i nuovi impianti necessari, preferendo sovraccaricare quelli già esistenti nonostante le conseguenze oggettive negative inevitabilmente provocate. Si segnalano, in particolare, Burgesi d'Ugento e Corigliano d'Otranto, distanti tra loro solo trenta chilometri, pericolosamente vicini alla falda acquifera che fornisce l'80 per cento dell'acqua consumata nella provincia di Lecce;
Burgesi d'Ugento, dopo trent'anni, è stato chiuso per saturazione a fine 2021. La giunta ha deciso la riapertura conferendovi ulteriori centonovantamila metri cubi di spazzatura. Corigliano d'Otranto, mai entrato in attività, aprirà nonostante i rischi per l'ambiente certificati dal Cnr;
in commissione sono state proposte misure di buon senso per superare l'eterna emergenza, alternative a quella della giunta Emiliano, ovvero realizzare piccoli impianti pubblici per ogni Aro e termovalorizzatori di ultima generazione per trasformare i rifiuti in risorsa realizzando il ciclo integrato dei rifiuti;
l'obiettivo appare irrealizzabile perché manca la chiusura del ciclo ovvero la capacità di recuperare i materiali nel processo di gestione dei rifiuti creando un circuito chiuso per riutilizzare i materiali stessi;
si ritiene che la giunta regionale dovrebbe invece adottare misure coerenti con il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti (Pngr), strumento strategico di indirizzo per le regioni che stabilisce macro-obiettivi, criteri e linee strategiche che le regioni devono seguire per l'elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti, poiché il Pngr è un pilastro strategico attuativo della Strategia nazionale per l'economia circolare –:
quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare valutando, in raccordo con le amministrazioni territoriali interessate, gli impatti ambientali del progetto di ampliamento delle discariche citate e quelli derivanti dalla mancata realizzazione della chiusura del ciclo dei rifiuti prevista dal Pngr relativamente agli impianti «minimi», considerati strumento necessario finalizzato al superamento dei gap di trattamento nelle aree ancora deficitarie, condizione oggettiva in cui versa la regione Puglia.
(5-03850)
Interrogazione a risposta scritta:
GHIRRA, ZANELLA, BONELLI, FRATOIANNI, BORRELLI, DORI, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
da notizie di stampa si è appreso del progetto della Knds Ammo Italy, multinazionale franco-tedesca leader europeo nella difesa terrestre e navale, per riconvertire alla produzione di esplosivi l'ex stabilimento Winchester sito ad Anagni, nel Lazio;
finora destinato alla «demilitarizzazione» – cioè al disassemblaggio e recupero di materiali bellici – il sito potrebbe diventare, a partire dalla primavera 2026, un polo produttivo di nitrogelatina, sostanza base per i propellenti di missili e bombe. Il progetto, ora in fase di valutazione da parte della regione Lazio, prevede la costruzione di 11 nuovi capannoni su un'area di circa 2500 metri quadri situata all'interno del Sin (Sito di interesse nazionale) del Bacino del Fiume Sacco;
la decisione della Knds arriverebbe sulla scia dell'approvazione dell'Asap (Act to support ammunition production), il piano europeo varato nel 2023 per potenziare la produzione di munizioni dopo l'inizio della guerra in Ucraina. L'obiettivo è finanziare e potenziare le aziende che producono armamenti, riducendo i tempi di consegna e migliorando la capacità industriale. L'Ue ha stanziato circa 500 milioni di euro per il progetto, con la possibilità di ulteriori fondi. Nello specifico, la Commissione europea ha selezionato una trentina di progetti per sostenere l'industria europea nell'aumento della produzione delle polveri;
un'opportunità che il gruppo franco-tedesco, già presente a Colleferro con un altro stabilimento, ha scelto di cogliere progettando di riconvertire per questo fine la storica area industriale di Anagni, sita tra l'autostrada e la via Casilina, nel polmone verde della Valle del Sacco;
a sentire i proponenti, sulla carta l'iniziativa prometterebbe benefici economici e occupazionali per il territorio, ma suscita forti perplessità e preoccupazioni sul piano ambientale e della sicurezza: gli stabilimenti sorgono infatti vicino a zone abitate e ad aree agricole, alimentando timori per un uso intensivo di risorse idriche e per l'impatto potenziale sulle falde acquifere e sull'ecosistema locale;
a parere dell'interrogante, le ripercussioni in termini di danno alla salute degli abitanti del territorio potrebbero essere rilevanti e difficilmente arginabili. Infatti il sito di Anagni, oggi gestito da Knds Ammo Italy, si trova a pochi passi dall'autogrill «La Macchia», ben nascosto alla vista in mezzo a campi e boschi, un territorio che meriterebbe interventi di bonifica e di valorizzazione naturalistica, non certo un'ulteriore industrializzazione legata alla produzione di materiali esplosivi. Il nuovo piano produttivo, infatti, rischia di aggravare una situazione già critica, considerando la presenza di sette industrie a rischio incidente rilevante nei dintorni e la vicinanza a centri abitati, scuole e infrastrutture strategiche come l'Autostrada A1;
pure se più stabile della nitroglicerina, anche la nitrogelatina ha un potenziale devastante, è infatti un esplosivo potentissimo con una velocità di 7 chilometri e mezzo al secondo. La produzione avverrebbe in un'area boschiva, un territorio tra i più inquinati d'Italia, che dal 2005 è stato dichiarato sito di interesse nazionale e oggetto di bonifica. I primi caseggiati sorgono a 600 metri dalla fabbrica e l'autostrada è posta a circa 430 metri, l'autogrill a soli 350 metri –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e come intenda attivarsi, per quanto di competenza, per preservare il territorio di Anagni dalle ripercussioni dell'attuazione di un progetto, come quello descritto, che, se approvato, comporterebbe concreti rischi per la sicurezza e la salute della popolazione e un altissimo rischio di danno ambientale.
(4-04783)
CULTURA
Interrogazione a risposta in Commissione:
ORFINI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Frosinone e Latina, ha avviato, ai sensi dell'articolo 136 comma 1 lettere c) e d) e 141 del decreto legislativo n. 42 del 2004, una proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area denominata «Campagna Romana», già pubblicata all'albo pretorio del comune di Aprilia a partire dal 5 agosto 2024;
in data 1° febbraio 2025, a seguito della cessazione degli effetti di cui all'articolo 146 comma 1, allo scadere dei termini di 180 giorni per le aree e gli immobili oggetto della proposta dichiarazione, è intervenuto un grave pregiudizio al paesaggio tutelato in cui incorre il territorio del comune di Aprilia, anche alla luce di un concomitante procedimento di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 27-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 sull'intervento di «Proposta di sito in località Sant'Apollonia, comune di Aprilia, localizzazione e realizzazione di un deposito definitivo di rifiuti atto a garantire l'autosufficienza dell'ATO di Latina», in località Sant'Apollonia (Società proponente: Frales S.r.l. Società agricola), tramite il provvedimento autorizzatorio unico regionale ai sensi dell'articolo 27-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, di cui è in corso la relativa conferenza di servizio prevista nel comma 7, localizzato in un'area che risultava sin dal 5 agosto 20024 in contrasto con la previsione di tutela paesaggistica della «Proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area denominata "La Campagna Romana"»;
la Direzione generale archeologica belle arti e paesaggio – Servizio V del Ministero della cultura, nella nota prot. n. MIC DG-ABAP_SERV V|14/03/2025|0009174-P con cui è intervenuta, per quanto di competenza, nel procedimento già precedentemente descritto e denominato «Campagna Romana», dava atto dell'inadempienza da parte della Soprintendenza territoriale, la quale ha omesso di comunicare al Ministero quanto di sua competenza al fine di consentire agli uffici centrali di completare la conclusione delle varie procedure amministrative anche «attraverso il coinvolgimento, rispettivamente, del Comitato Tecnico Scientifico e della Co.Re.Pa.Cu.»; la Soprintendenza proponente ha trasmesso con significativo e ingiustificato ritardo lo stato del procedimento in essere agli uffici del segretariato regionale e alla direzione generale competente, cui spetta agire in via d'urgenza per garantire la piena e finale attuazione della proposta di dichiarazione che, come dettagliato dall'articolo 141 del codice dei beni culturali, è di competenza del soprintendente mentre spetta agli uffici centrali del Ministero (comma 2); l'adozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico;
è il Ministero, dunque, che prescindendo dalle articolazioni territoriali, allo stato risulta inadempiente ai sensi di legge;
il comma 5 del citato articolo 141 del codice dei beni culturali si riferisce esclusivamente alla cessazione degli effetti stabiliti dall'articolo 146, cioè al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, e non comporta automaticamente la decadenza della proposta di dichiarazione che ha ampiamente sviluppato l'iter amministrativo previsto dalla legge e pertanto risulta necessario non arrecare danno al territorio e vanificare l'iniziativa tuttora in essere causata da una ingiustificata inerzia che ha dato luogo a effetti lesivi del patrimonio da tutelare –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra citati, quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire la tutela del paesaggio contenuta nella proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area denominata «Campagna Romana», se abbia valutato il ricorso ai poteri previsti dall'articolo 150 del decreto legislativo n. 42 del 2004 disponendo l'inibizione di ogni intervento capace di recare pregiudizio al paesaggio e se intenda provvedere, entro il termine di 90 giorni, termine fissato per la cessazione degli effetti di tale inibizione, l'adozione definitiva della dichiarazione di notevole interesse pubblico.
(5-03838)
FAMIGLIA, NATALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
l'articolo 105-bis del decreto-legge n. 34 del 2020 ha introdotto il reddito di libertà quale misura volta a garantire l'effettiva indipendenza economica e l'emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà, incrementando a tal fine il fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità;
le risorse per il reddito di libertà sono ripartite sulla base della popolazione femminile di età compresa tra i 18 e i 67 anni secondo criteri definiti con uno o più decreti dell'autorità politica delegata per le pari opportunità; le risorse attribuite a ciascuna regione possono essere incrementate dalle medesime regioni con proprie risorse trasferite direttamente all'Inps;
per l'operatività della misura è stato adottato con estremo ritardo il decreto 2 dicembre 2024 che ha definito i criteri per la ripartizione dei 10 milioni di euro stanziati per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026;
il reddito di libertà consiste in un contributo economico (attualmente fino a 500 euro mensili per un massimo di 12 mensilità) finalizzato a sostenere prioritariamente le spese per assicurare l'autonomia abitativa e la riacquisizione dell'autonomia personale, nonché il percorso scolastico e formativo dei/delle figli/figlie minori e non è incompatibile con altri strumenti di sostegno come l'assegno di inclusione;
più in particolare, destinatarie del contributo sono le donne vittime di violenza, con o senza figli, seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza e per accedere al contributo il rappresentante legale del centro antiviolenza, che ha preso in carico la donna, deve attestare il percorso di emancipazione e autonomia intrapreso e il servizio sociale professionale di riferimento deve attestare lo stato di bisogno legato alla situazione straordinaria o urgente; la domanda per il reddito di libertà viene presentata dalle donne interessate, per il tramite del comune di riferimento e i comuni, a seguito della presentazione della domanda provvedono a inviare la domanda all'Inps per l'accoglimento delle domande nei limiti delle risorse disponibili per la regione di riferimento dell'interessata;
secondo quanto previsto nel decreto attuativo, l'Inps fornisce con cadenza almeno trimestrale alla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per le pari opportunità, al Ministero dell'economia e delle finanze – ragioneria generale dello Stato e alle regioni i dati statistici sulle domande presentate e sulle prestazioni erogate divise per regione e ogni altra informazione utile ai fini del monitoraggio della misura;
un'indagine della giornalista Federica Pennelli, pubblicata a più riprese sull'organo di informazione Domani, ha consentito di stilare una vera e propria mappa del reddito di libertà dalla quale emergono le seguenti rilevanti informazioni:
la misura è stata integrata con propri finanziamenti solo da 4 regioni su 21 e si è rivelata ancora troppo esigua oltreché erogata con eccessivo ritardo;
le regioni che hanno incrementato il budget, finora, sono Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta; a queste si aggiunge la regione Sardegna, che ancor prima dell'inserimento nella manovra finanziaria aveva già previsto una misura analoga; nella regione Marche in cui, secondo gli ultimi dati, per il quarto anno consecutivo crescono le richieste di aiuto ai centri antiviolenza, la maggioranza del consiglio regionale non ha votato a favore del reddito di libertà regionale;
le regioni che stanziano fondi regionali per supplire a quelli esigui dello Stato, hanno avuto il merito di ampliare la platea delle donne che possono accedere al reddito di libertà e le testimonianze delle associazioni coinvolte sottolineano come le risorse nazionali non sarebbero state in alcun modo sufficienti a coprire le necessità di tutte coloro che avevano i requisiti per accedere alla misura;
il decreto attuativo emanato con ritardo non ha permesso l'erogazione del contributo per tutto l'anno 2024, senza alcun recupero automatico delle domande già presentate nel 2024: chi aveva già presentato la domanda avrà un diritto di precedenza a patto che ripresenti la domanda entro 45 giorni dalla pubblicazione del decreto attuativo;
il complesso iter burocratico per accedere ai contributi, che prevede il doppio passaggio al centro antiviolenza per fare la richiesta, poi ai comuni e poi all'Inps crea un rallentamento nell'accesso al contributo;
i dati Inps sulle domande di reddito di libertà, accolte o meno, «sono molto parziali perché mancano i dati relativi al numero complessivo delle domande presentate» –:
se intendano fornire e rendere pubblici i dati nazionali e regionali relativi a coloro che hanno fatto domanda di accesso alla misura del reddito di libertà, a coloro che ne sono stati esclusi e a coloro che hanno effettivamente usufruito del contributo e per quale importo, fin dall'anno della sua istituzione;
se e come intendano recuperare i fondi relativi all'anno 2024;
se intendano adottare iniziative volte a incrementare, nel primo provvedimento utile, i contributi relativi al reddito di libertà.
(2-00585) «Sportiello».
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata:
PITTALIS, BELLOMO, CALDERONE e ENRICO COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il testo unico di cui al decreto legislativo n. 235 del 2012 («legge Severino») ha introdotto nell'ordinamento alcune importanti disposizioni anticorruzione, intervenendo sulla materia dell'incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze di condanna;
le disposizioni contenute nel testo unico presentano, peraltro, evidenti aspetti di disomogeneità: mentre per le cariche di deputato, senatore e membro del Parlamento europeo prevede l'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo come conseguenza di una condanna definitiva e, in caso di condanna sopravvenuta, la decadenza dall'incarico stesso, le disposizioni di cui agli articoli 8 e 11 del testo unico prevedono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive, dunque a seguito di provvedimenti suscettibili di cambiamento nel corso dell'iter processuale;
sovente l'azione penale si risolve in provvedimenti assolutori e di proscioglimento, per cui tali disposizioni, oltre a porsi in contrasto con il principio di garanzia di cui all'articolo 27 della Costituzione, recano altresì, quale unica conseguenza, un grave ed irreparabile danno per la vita delle comunità coinvolte, che rimangono prive dei propri amministratori e, dunque, senza guida, e un parimenti grave nocumento per le figure degli stessi pubblici amministratori coinvolti, la cui vita politica e personale viene irreversibilmente travolta e segnata –:
quali siano gli intendimenti del Governo in ordine a quanto descritto in premessa e se intenda adottare iniziative in merito.
(3-01887)
LOIZZO, MATONE, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DE BERTOLDI, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, MACCANTI, MARCHETTI, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Luca, 4 anni, affidato fin dal primo mese di vita ad una famiglia composta da due genitori con altri tre figli, è stato dato in adozione, dal tribunale dei minori di Milano, a una nuova famiglia;
il tribunale ha deciso per questo bambino una famiglia adottiva diversa da quella affidataria che lo ha accolto quattro anni fa, quando lui era solo un neonato, e questo bambino è stato separato dalla famiglia affidataria in sole 24 ore, bruscamente e senza motivazione per tale urgenza, nonostante questa avesse manifestato la propria disponibilità ad adottarlo, abbia seguito l'iter per l'adozione e abbia ricevuto l'idoneità dagli uffici competenti;
non si può interrompere bruscamente il legame con figure che, per anni, sono state di fondamentale importanza per il minore, poiché ciò causerà un trauma da abbandono (già certificato da pediatri, neuropsichiatra e pedagogista) che, evidentemente, non contribuirà al suo benessere e alla sua crescita equilibrata;
l'affido «ponte» è uno strumento fondamentale, ma, perché funzioni al meglio, è cruciale rispettare i tempi. Farlo durare a lungo, qualunque possa essere la motivazione, fa sì che il distacco affettivo possa diventare veramente difficile e inaccettabile per il benessere del bambino;
eclatante il fatto che in questa vicenda non vi sia stata alcuna preparazione né del bambino, né della coppia di genitori affidatari al distacco e che il distacco sia avvenuto in 24 ore, creando un lutto inenarrabile al minore;
come può essere possibile che una «esecuzione forzata» possa essere fatta a scapito di un minore, qualunque errore abbiano commesso i genitori affidatari nella conduzione della vicenda;
a parere degli interroganti, nella decisione di separare Luca dalla sua famiglia affidataria non si è in alcun modo tenuto conto dell'insorgere di un trauma che doveva essere prevenuto e che ora va superato, riaffidando, nel più breve tempo possibile, il bambino alla famiglia che lo ha cresciuto –:
quali urgenti e necessarie iniziative, per quanto di competenza, a fini di verifica e revisione della pur sempre valida normativa di riferimento, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di prevenire e contrastare episodi analoghi per tutelare il superiore interesse dei minori e prevedere nella considerazione dell'esperienza pregressa una procedura più «snella» dell'idoneità all'adozione per gli affidatari, considerando che essi sono già conosciuti dal tribunale per i minorenni e dai servizi stessi.
(3-01888)
MAGI e DELLA VEDOVA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in un precedente atto di sindacato ispettivo del 27 marzo 2024, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo aveva richiesto delucidazioni in merito agli intendimenti del Ministro interrogato sull'applicazione della sentenza n. 10 del 2024 della Corte costituzionale in tema di godimento del diritto all'affettività delle persone detenute, che si associa a ulteriori sentenze dei tribunali di sorveglianza aventi ad oggetto il medesimo tema;
i giudici costituzionali avevano riconosciuto che la possibilità per la persona detenuta di continuare a mantenere, durante l'esecuzione della pena, rapporti affettivi anche a carattere sessuale fosse «esigenza reale e fortemente avvertita» e corrispondente a diritto soggettivo da riconoscersi ad ogni detenuto, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge sull'ordinamento penitenziario;
in sede di risposta, il Ministro interrogato ha riconosciuto che il diritto all'affettività delle persone detenute «è sancito (...) dall'etica, dal buonsenso e, da un punto di vista del diritto positivo, dalla sentenza» citata e ha informato il Parlamento che presso il Ministero era stato istituito un gruppo di lavoro composto, tra gli altri, dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, dai membri del Consiglio nazionale forense e del Consiglio nazionale degli psicologi;
in sede di conversione del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia, gli interroganti avevano presentato l'ordine del giorno n. 9/02002/056;
durante la seduta della Camera dei deputati del 7 agosto 2024, il Governo aveva riformulato tale ordine del giorno modificando l'impegno come segue: «impegna il Governo, per garantire ai detenuti e agli internati il diritto a una vita affettiva, di valutare l'opportunità di interventi normativi che, nel garantire tale diritto, contengano pure prescrizioni necessarie a garantire il rispetto di ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina ovvero, riguardo all'imputato, ragioni giudiziarie, secondo quanto deciso dalla Corte costituzionale da ultimo con sentenza n. 10 del 2024». Riformulazione accettata dal presentatore e approvata dall'Assemblea;
l'11 marzo 2025, durante l'incontro tra i Garanti regionali delle persone private della libertà personale e il Ministro interrogato, sono state fornite rassicurazioni sull'operato del gruppo di lavoro, nonché è stata preannunciata una circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria avente ad oggetto proprio le indicazioni per garantire il godimento di tale diritto –:
se, dopo un anno il gruppo di lavoro multidisciplinare abbia raggiunto dei risultati e quali essi siano, anche in virtù dell'impegno assunto dal Ministro interrogato con l'atto di indirizzo citato in premessa.
(3-01889)
Interrogazione a risposta scritta:
DORI e BORRELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
gli uffici giudiziari di Napoli Nord, ad Aversa, sono da tempo oggetto di gravi criticità, in particolare legate alla mancanza di personale amministrativo;
con decreto n. 125 del 19 dicembre 2024 il presidente del tribunale di Napoli ha riorganizzato il personale dell'ufficio del giudice di pace di Napoli Nord, imponendo altresì la sospensione di ogni attività di cancelleria che non avesse carattere d'urgenza, in quanto, a fronte di 14 unità in pianta organica, la sezione disponeva solamente di due direttori, un funzionario, due assistenti giudiziari e un operatore, tutti deputati alla gestione di 37447 processi pendenti per la sezione civile e 216 per la sezione penale;
nel marzo 2025 l'organico si è ridotto ulteriormente, contando la presenza di un direttore, due assistenti, un operatore e nessun cancelliere, portando pertanto, con decreto n. 26 del 7 marzo 2025, alla sospensione in via emergenziale ogni attività non direttamente connessa alla fase di iscrizione dei procedimenti e della celebrazione delle udienze;
il 18 marzo 2025, a causa della mancanza totale di personale amministrativo, il presidente del tribunale di Napoli con decreto n. 31 ha disposto la chiusura con decorrenza immediata dell'ufficio del giudice di Pace a Napoli Nord fino «all'adozione dei provvedimenti necessari che ne consentano la riapertura»;
la gravissima situazione ha subito mobilitato il consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli, il quale ha presentato un ricorso al Tar ed ha proclamato una giornata di astensione dalle udienze per il giorno 3 aprile 2025, lanciando un appello per l'adozione di provvedimenti urgenti finalizzati a garantire il funzionamento della giustizia, in quanto «è intollerabile che si chiudano presidi giudiziari per mancanza di personale, è il fallimento dello Stato di diritto, del Governo e di chi amministra l'ufficio giudiziario»;
anche l'organismo congressuale forense ha emanato un comunicato stampa in cui dichiara: «Una decisione che rappresenta un grave passo indietro nella gestione della giustizia nel territorio, uno smantellamento ingiustificabile che compromette i diritti dei cittadini e l'esercizio della professione forense», invocando l'intervento immediato del Ministero della giustizia;
il Movimento Forense ha espresso la propria vicinanza ai colleghi, i quali «in un momento già di per sé difficile, con questo provvedimento dovranno fronteggiare un ulteriore insormontabile ostacolo per l'esercizio della professione e la tutela dei diritti dei propri assistiti e confida che il Ministro intervenga risolvendo alla radice la problematica e ripristinando il corso della giustizia»;
a seguito delle numerose proteste, il presidente del tribunale ha riaperto la sezione, la quale tuttavia risulta improduttiva in quanto l'organico è rimasto immutato;
in data 10 aprile 2025 si terrà una manifestazione indetta dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli Nord, al fine di porre l'attenzione sulla persistenza della problematica e sollecitare interventi risolutivi da parte del Governo;
è inaccettabile che i cittadini, primi fruitori del servizio giustizia, si vedano negata la possibilità di accedere ad un servizio fondamentale ed è altresì intollerabile che gli impiegati amministrativi debbano farsi carico di una mole di lavoro superiore alla propria possibilità, nonché spesso inadeguata alla propria competenza;
è necessario ripristinare il prima possibile la produttività dell'ufficio del giudice di pace di Napoli Nord, adottando misure che tutelino sia il personale che la cittadinanza –:
quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda attuare per risolvere con urgenza le criticità evidenziate in merito all'ufficio del giudice di pace di Napoli Nord e, in particolare, alle gravi scoperture di organico.
(4-04782)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazioni a risposta immediata:
BIGNAMI, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CARAMANNA, COLOMBO, COMBA, GIOVINE, MAERNA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI e ZUCCONI, MICHELOTTI e BENVENUTI GOSTOLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
il 9 gennaio 2023 viene costituita, in Olanda, la società Beko Europe B.V., divenuta operativa nel marzo 2024 a seguito dei pareri positivi delle antitrust dell'Unione europea e del Regno Unito;
il gruppo Beko in Europa conta 10 centri produttivi, 4 sedi direzionali, numerose sedi commerciali e occupa oltre 9.000 lavoratori, costituendo, così, il maggiore produttore europeo di elettrodomestici;
in particolare, in Italia, Beko possiede sette stabilimenti e conta 4.400 occupati così dislocati: a Cassinetta di Biandronno (Varese) con 2.100 dipendenti, a Milano con 420 dipendenti, a Comunanza (Ascoli Piceno) con 330 dipendenti, a Melano (Ancona) con 510 dipendenti, a Fabriano (Ancona) con 510 dipendenti, a Siena con 300 dipendenti, a Carinaro (Caserta) con 230 dipendenti;
le attività svolte dalla suddetta società hanno da sempre rappresentato una realtà strategica per l'Italia;
presso il Ministero delle imprese e del made in Italy è stato istituito un tavolo, con la partecipazione dei sindacati di categoria, per l'esame e la discussione del piano industriale presentato da Beko;
il 20 novembre 2024, durante il suddetto tavolo con i rappresentanti italiani di Beko Europe e i sindacati, l'azienda ha ufficializzato la chiusura entro il 31 dicembre 2025 dei siti di Comunanza e Siena, il ridimensionamento dello stabilimento Cassinetta (prevedendo la riduzione da 5 a 3 linee produttive), nonché la chiusura della divisione ricerca e sviluppo di Fabriano, con tagli anche in altri siti e uffici italiani, per un totale di 1.935 licenziamenti su 4.440 occupati. Tale piano è stato respinto da Governo e sindacati;
successivamente, il 30 gennaio 2025 Beko ha aggiornato il piano industriale apportando modifiche e prevedendo, in particolare, un aumento degli investimenti a 300 milioni di euro, nonché la disponibilità a rivedere altri aspetti dello stesso piano industriale;
le organizzazioni sindacali si sono dichiarate disponibili ad avviare un confronto a condizione che non vengano aperte procedure di licenziamento;
il confronto con Beko si colloca all'interno di una cornice che prevede la continuità produttiva di tutti gli stabilimenti italiani del gruppo, anche tramite processi di reindustrializzazione, in grado, come nel caso del sito di Siena, di tutelare i livelli occupazionali –:
quali strumenti e iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di garantire la prosecuzione dell'attività produttiva e la tutela dei livelli occupazionali di Beko, anche nelle more di una reindustrializzazione, laddove necessaria.
(3-01890)
ONORI, BONETTI, BENZONI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
l'impatto negativo dei nuovi dazi del 20 per cento introdotti dagli Stati Uniti verso l'Unione europea colpisce non solo il settore agroalimentare italiano, ma anche quello manifatturiero, penalizzando le esportazioni italiane, aumentando i costi per le imprese e riducendo la competitività del made in Italy su uno dei mercati di riferimento globale;
in questo contesto, la possibilità di aprire nuovi mercati di sbocco risulta essenziale per il futuro dell'economia industriale italiana, in particolare per le filiere ad alto valore aggiunto e per le piccole e medie imprese che operano come fornitori integrati nelle catene del valore internazionali;
le resistenze dimostrate in passato, anche da forze politiche oggi al Governo, verso gli accordi commerciali internazionali appaiono oggi anacronistiche, alla luce della necessità di garantire maggiore resilienza e competitività al tessuto produttivo attraverso la diversificazione dei mercati;
basti ricordare come l'Accordo economico e commerciale globale Unione europea-Canada (Ceta), pur operando in via provvisoria, abbia già prodotto un aumento degli scambi commerciali tra l'Unione europea e il Canada pari al 66 per cento, confermando gli effetti positivi degli accordi di libero scambio ben negoziati;
l'accordo di libero scambio Unione europea-Mercosur, firmato nel dicembre 2024 dopo oltre vent'anni di negoziati, punta a creare una delle più vaste aree di libero scambio al mondo, coinvolgendo circa 700 milioni di persone e un prodotto interno lordo aggregato di 20.000 miliardi di dollari;
l'intesa prevede, tra l'altro, la liberalizzazione del 90 per cento delle importazioni di beni industriali da parte del Mercosur nell'arco di dieci anni, la rimozione di barriere non tariffarie e il riconoscimento di circa 350 indicazioni geografiche europee;
secondo uno studio del Centro Rossi-Doria, l'accordo genererebbe un aumento del commercio complessivo per l'Unione europea pari a circa 60 miliardi di dollari, con un contributo italiano pari all'11 per cento e un incremento dell'export italiano di oltre 3 miliardi di dollari;
altri partner europei, come la Spagna, hanno già espresso sostegno alla ratifica dell'accordo con il Mercosur, sottolineando come la credibilità dell'Unione e la competitività dell'economia europea passino anche dalla capacità di concludere e attuare tali intese –:
quali iniziative intenda porre in essere al fine di tutelare le imprese italiane in relazione ai dazi statunitensi e per aprire e facilitare l'esportazione verso altri mercati internazionali, anche attraverso il sostegno alla ratifica dell'accordo Unione europea-Mercosur.
(3-01891)
GRIMALDI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
la mattina del 7 aprile 2025, a seguito dell'imposizione dei dazi statunitensi, le borse europee e asiatiche sono partite in caduta libera;
da alcuni giorni il Governo italiano si muove in acque agitate per fronteggiare le pesanti ripercussioni sulla bilancia commerciale italiana di tale politica protezionistica avviata dall'amministrazione americana;
l'approccio che al momento sembra prevalere, corroborato dalle pubbliche dichiarazioni di alcuni suoi componenti, è quello di rafforzare gli scambi commerciali dell'Italia con il resto del mondo, porgendo un occhio di riguardo nei confronti degli Stati Uniti, da tempo prezioso partner commerciale, improntando con questi una strategia transattiva basata, anche sotto il profilo degli acquisti, di negoziati per lo scambio di gas liquido e armamenti;
la suddetta strategia, chiaramente esplicitata a pagina 3 del «Piano d'azione per l'export italiano», documento pubblicato, a cura del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il 26 marzo 2025 (ossia ben sette giorni prima dell'ufficialità dei dazi americani), sarebbe giustificata dall'esigenza di rafforzare ulteriormente i rapporti economici con gli Stati Uniti in un'ottica di riequilibrio del surplus della bilancia commerciale attualmente del valore di 38,8 miliardi di euro;
il documento prosegue sostenendo anche che dazi americani elevati verso altre aree del mondo potrebbero aprire spazi competitivi per il made in Italy e che il Governo sarebbe impegnato ad accelerare la penetrazione delle esportazioni italiane in mercati ad alto potenziale di Paesi emergenti, tralasciando quindi, volutamente, qualsiasi riferimento alle opportunità che potrebbe offrire il progetto cosiddetto «Via della seta»;
nell'estate del 2024 la Presidente del Consiglio dei ministri Meloni ha siglato un Piano d'azione per il rafforzamento del partenariato strategico globale Cina-Italia (2024-2027), il cui obiettivo prioritario resta quello del riequilibrio delle relazioni economiche, in termini di scambi commerciali e flussi d'investimento tra i due mercati;
in tale contesto anche il progetto «Rearm Europe», pensato prima dell'annuncio di Trump sui dazi, per rafforzare la capacità produttiva dell'Unione europea in settori chiave come la metallurgia avanzata e l'innovazione tecnologica a duplice uso, sottraendo, peraltro, risorse a investimenti vitali, si trova a dover affrontare una sfida cruciale: mantenere la competitività industriale in un contesto in cui la crescita di questi comparti potrebbe essere frenata dall'aumento dei costi delle materie prime imposto dai dazi –:
come pensi di difendere il made in Italy avendo recentemente proposto l'immediata sospensione delle regole del Green deal, evidentemente, nell'ottica del Governo, ree di aver portato al collasso l'automotive, settore più colpito dai dazi americani.
(3-01892)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:
RAIMONDO, MATERA, AMICH, BALDELLI, CANGIANO, FRIJIA, LONGI, RUSPANDINI e GAETANA RUSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
Trenitalia offre un servizio che permette di far viaggiare i minorenni non accompagnati – di età compresa fra i 7 e i 17 anni – assistiti da personale dedicato, appartenente a una società esterna;
tale servizio può essere richiesto esclusivamente su alcuni treni Frecciarossa e Frecciargento in Business/1a classe, per alcune tratte da e per le stazioni di Roma Termini, Roma Tiburtina, Firenze SMN, Bologna Centrale, Milano Centrale, Napoli Centrale, Padova, Torino Porta Nuova, Venezia Santa Lucia, Venezia Mestre, Verona Porta Nuova, Bari Centrale e Salerno;
la maggior parte delle compagnie aeree, al contrario, offre già da anni questo genere di servizio per una fascia d'età che va, in media, dai 5 ai 14 anni – fino ai 17 anni in alcuni casi –, senza limitazione di tratta alcuna;
di questo genere di servizio usufruiscono, ad esempio, le famiglie che hanno necessità di far viaggiare i propri figli, soprattutto nei periodi estivi, verso i familiari residenti in altre regioni per trascorrere le vacanze, ma anche le coppie separate per permettere ai ragazzi di trascorrere del tempo con il genitore non affidatario o i trasfertisti, affinché i minori possano raggiungere i genitori impossibilitati a rientrare nel luogo di residenza;
gli ultimi dati Istat aggiornati al 2022 hanno rilevato che in Italia sarebbero state poco meno di 90 mila le separazioni concesse, con un coinvolgimento di circa 69 mila figli minorenni, dunque una platea molto ampia di giovani che potrebbero rientrare nella categoria di cui in premessa;
la mobilità giovanile, inoltre, è aumentata per una propensione agli spostamenti (anche su lunghe tratte) da parte delle famiglie, cresciuta notevolmente negli ultimi anni –:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda valutare la possibilità che il servizio di assistenza ai minori di Trenitalia sia esteso su tutta la rete nazionale, quanto meno ai treni a lunga percorrenza, a prescindere dalle stazioni di arrivo e partenza, al pari di quanto avviene già per le compagnie aeree nazionali e internazionali.
(5-03842)
CATTANEO e CAROPPO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il progetto dell'Afa – Autostrada ferroviaria alpina – sulla tratta Orbassano-Aiton, nasce nel 2001 attraverso accordi bilaterali dei governi italiano e francese, per trovare soluzioni alternative di trasporto più sicure attraverso il valico alpino del Frejus, soprattutto per le merci pericolose;
l'Afa ha sempre mantenuto un elevato traffico attraverso la linea ferroviaria storica del valico del Frejus e rappresenta il principale servizio ferroviario per le merci (in questi anni sono stati trasportati oltre 500.000 semi-rimorchi che hanno consentito, dall'inizio, il trasferimento da gomma a ferro di oltre 1.667 milioni di tonnellate/km di merce, giunti a oltre 2.382 milioni, considerando anche i mezzi trasportati, con un risparmio di costi esterni in questo ventennio stimabile in oltre 419 milioni di euro, a fronte di contributi ricevuti dai due Ministeri di Italia e Francia per 195,7 milioni di euro a copertura dei costi operativi), in attesa della realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino Lione;
il 27 agosto 2023 la frana caduta a Saint André in Maurienne ha determinato la chiusura della linea ferroviaria e la sospensione del servizio di autostrada ferroviaria;
la riapertura della linea, il 31 marzo 2025, evidenzia l'importanza di ripristinare il servizio di trasporto merci intermodale, soprattutto per riportare le merci pericolose, che rappresentano una quota rilevante dei veicoli trasportati, dalla strada alla ferrovia;
i trasportatori stanno sollecitando tale riapertura per poter riprendere le attività, secondo la normativa del trasporto intermodale che consente una maggiore efficienza del 10 per cento e minori rischi (e costi) connessi al transito delle merci pericolose al traforo autostradale del Frejus;
nel periodo di interruzione gli operatori del trasporto e le imprese produttive del nord ovest hanno subìto ingenti danni economici non avendo alternative di trasporto mentre vi sono operatori economici che si occupano delle attività terminalistiche in Italia – terminal Orbassano (ed in Francia – terminal Aiton) costretti ad utilizzare gli ammortizzatori sociali per la maggior parte delle maestranze da settembre 2023 e che ormai hanno esaurito le 52 settimane previste dalla normativa;
in mancanza di una rapida riapertura del servizio i suddetti operatori saranno costretti a licenziare le maestranze, con ricadute negative in termini occupazionali e la dispersione di professionalità e competenze qualificate –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere relativamente alla riattivazione del servizio di autostrada ferroviaria alpina citato in premessa, anche al fine di salvaguardare tutte le categorie interessate.
(5-03843)
IARIA, FEDE e TRAVERSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il trasporto pubblico locale (Tpl) rappresenta un'infrastruttura strategica per la mobilità sostenibile, la coesione sociale e la transizione ecologica delle nostre città;
negli ultimi anni, molti enti locali hanno avviato percorsi di rinnovo del parco mezzi, puntando su autobus elettrici, ibridi o a idrogeno, e su tecnologie più efficienti e meno impattanti;
la filiera produttiva dei mezzi Tpl, così come quella delle infrastrutture di ricarica, dipende in larga parte da componenti e tecnologie importate, in particolare batterie, semiconduttori, sistemi elettronici e materie prime critiche (litio, rame, cobalto);
negli ultimi mesi gli Stati Uniti d'America hanno intensificato una politica di dazi e barriere commerciali verso la Cina e altri Paesi terzi, in particolare nei settori dell'automotive elettrico, delle batterie e dei pannelli solari;
tali scelte, seppure mirate a sostenere la produzione interna americana, hanno effetti a catena sulla catena del valore globale, con ripercussioni potenziali anche per l'Unione europea e, indirettamente, per l'Italia;
l'Unione europea stessa ha recentemente avviato un'indagine anti-sussidi contro i produttori cinesi di veicoli elettrici, che potrebbe sfociare in dazi o altre misure correttive;
una maggiore frammentazione dei mercati globali, unitamente a dazi o restrizioni commerciali, rischia di tradursi in un aumento dei costi per l'acquisto e la manutenzione dei mezzi di trasporto pubblico da parte degli enti locali italiani, con effetti negativi sul bilanci pubblici e sulla qualità del servizio;
al momento non risultano pubblicamente disponibili valutazioni ufficiali dell'impatto che queste dinamiche internazionali possono avere, in particolare sul settore del trasporto pubblico locale italiano –:
se il Governo sia a conoscenza delle potenziali ricadute economiche sui costi del Tpl derivanti dai dazi statunitensi e dalle conseguenti tensioni commerciali internazionali.
(5-03844)
PASTORELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il ponte sul Po di Bressana Bottarone è una struttura strategica su cui insiste la linea ferroviaria Milano-Genova e la strada provinciale 35 «dei Giovi»;
al fine di ammodernare e velocizzare i collegamenti ferroviario e stradale Milano-Genova, Rete ferroviaria italiana realizzerà interventi di manutenzione straordinaria e di potenziamento infrastrutturale del ponte, finanziati dal PNRR, nell'ambito del più ampio intervento di upgrade infrastrutturale e tecnologico per la velocizzazione dei collegamenti tra Milano e Genova;
il 5 marzo 2025 si è tenuta una riunione del tavolo interistituzionale della viabilità provinciale, presieduto dalla prefetta Francesca De Carlini, con la commissaria straordinaria di Rete ferroviaria italiana per l'opera Chiara De Gregorio, il presidente della provincia Giovanni Palli, i sindaci dei comuni interessati, oltre ai rappresentanti delle forze dell'ordine, di Areu, di Anas e delle società delle autostrade A7 Milano Serravalle e Itp A21. Dalla suddetta riunione è emerso che il cantiere aprirà ufficialmente il 1° giugno 2025 e proseguirà fino al 28 settembre 2025;
durante il periodo dei lavori, la circolazione ferroviaria sulla tratta Pavia-Voghera subirà variazioni significative, tra cui la circolazione alternata su binario unico e, in alcuni periodi, la sospensione temporanea del servizio con attivazione di servizi sostitutivi su gomma, che allungheranno di molto i tempi di percorrenza. Anche la viabilità stradale sul ponte sarà probabilmente ridotta a una sola corsia di marcia, con modalità di gestione del flusso veicolare ancora da definire;
inoltre, i lavori ancora in corso per il quadruplicamento della tratta Tortona-Voghera, uniti alla sospensione della circolazione sopra menzionata, rallentano anche la messa in funzione del cosiddetto «Terzo Valico dei Giovi»;
non è chiaro, peraltro, se le operazioni descritte in premessa siano state concordate previo coinvolgimento dei rappresentanti dei pendolari;
pur riconoscendo l'importanza di tali interventi di manutenzione e potenziamento dell'infrastruttura in questione, è inevitabile sottolineare che tali limitazioni avranno un impatto significativo su migliaia di pendolari che quotidianamente si spostano dall'Oltrepò Pavese a Milano per motivi di lavoro, studio o altre necessità;
sembra, quindi, fondamentale garantire soluzioni di viabilità efficaci per assicurare il diritto alla mobilità dei cittadini e ridurre al minimo i disagi durante il periodo dei lavori –:
quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la continuità dei collegamenti tra l'Oltrepò Pavese e Milano durante i lavori sul ponte sul Po di Bressana Bottarone, ivi inclusi il potenziamento del trasporto pubblico, un'efficace gestione del traffico stradale e un'adeguata informazione ai cittadini.
(5-03845)
MORASSUT e BARBAGALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 20 maggio 2016, a Roma, fu siglato un memorandum d'intesa tra il Municipio di Samotracia (Repubblica Ellenica) e il Municipio di Roma I, denominato Atto di amicizia nel segno di Enea con l'obiettivo di realizzare un gemellaggio sulla base dei forti legami storico-culturali esistenti, come si evince dalle citazioni dello storico Lucio Cassio Emina (II secolo a.C.) secondo il quale il culto degli Dei Penati romani proviene proprio dall'isola greca di Samotracia, che da allora occupa un posto di rilievo nel mito delle origini di Roma legate alla figura di Enea, esule da Troia, nobile antenato di Romolo;
si sono succeduti, nel tempo, soggiorni e scambi culturali sotto l'egida dell'Eacea – l'Agenzia esecutiva per l'istruzione della Commissione europea;
da ultimo, il liceo generale di Samotracia, in pieno accordo col liceo Tasso di Roma, ha ricambiato un soggiorno di studio, con Erasmus, dal 28 marzo al 4 aprile 2025;
desiderio dei ragazzi greci e dei loro insegnanti era di visitare, con l'occasione, anche Firenze sabato 29 marzo 2025, il giorno dopo il loro arrivo a Roma;
a quanto consta agli interroganti il 23 marzo 2025 è stata presentata richiesta all'Ufficio Gruppi Frecciarossa di Trenitalia a cui malgrado ripetuti solleciti non è stata data risposta alcuna in tempo utile, e l'inaccettabile negligenza di Trenitalia ha determinato che i professori e studenti greci si siano dovuti sobbarcare l'onere di una estenuante operazione di acquisto presso la biglietteria di Roma-Termini, protrattasi fino alle ore 21.05 di venerdì 28 marzo, al termine di un lunghissimo viaggio iniziato a Samotracia la mattina presto del 27 marzo;
a quanto consta agli interroganti, oltre al danno patito per l'estenuante trafila e per il maggior prezzo pagato di 1.750,00 euro anziché di 1.571,40 euro previsti nel giorno della richiesta di quotazione, si è aggiunta anche la beffa della risposta evasiva di Trenitalia, il 4 aprile 2025, cioè 12 giorni dopo la richiesta di quotazione e ben 7 giorni dopo la data prevista per il viaggio Roma-Firenze – di non aver potuto evadere la pratica a causa dell'elevato numero di richieste, invitando per le prossime quotazioni a scrivere almeno 30 giorni prima, cosa non espressamente indicata nella modulistica –:
se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di sanzionare ed evitare il ripetersi di simili spiacevoli e disdicevoli comportamenti da parte della principale società pubblica ferroviaria.
(5-03846)
INTERNO
Interrogazione a risposta scritta:
CALDERONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella città di Barcellona di Pozzo di Grotto (Messina) si sta assistendo ad una impressionante escalation di episodi di criminalità e di vandalismo, che minacciano la sicurezza dei cittadini e del territorio;
recenti notizie di cronaca riportano il clima di violenza e tensione che ormai da diverso tempo si respira nel cuore della città, nell'area che circonda il parco La Rosa e si estende fino a piazza Alfano, centro della movida frequentato soprattutto da giovani, diventato teatro di episodi di teppismo, danneggiamenti e risse anche tra i vari gruppi di stranieri che stazionano in queste aree;
si è di fronte ad una vera e propria emergenza sociale che desta molta preoccupazione non soltanto per i residenti ma anche per coloro che dalle località vicine si recano a Barcellona Pozzo di Gotto per trascorrere la serata, tutti a rischio di imbattersi improvvisamente in situazioni di pericolo;
il perpetrarsi di tali episodi, nonostante il lavoro di magistratura e forze dell'ordine, evidenzia la necessità, improcrastinabile, di intervenire urgentemente con strumenti di contrasto a questi gravi fenomeni di degrado e criminalità –:
quali iniziative di competenza, alla luce di quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di fronteggiare la crescita di violenza e criminalità nella città di Barcellona Pozzo di Gotto e di tutelare la sicurezza della cittadinanza e garantire la legalità sul territorio, anche attraverso il potenziamento dei servizi, e dei relativi organici, di prevenzione e di controllo territoriale e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, attraverso l'operato delle forze dell'ordine nell'esercitare un'azione deterrente efficace e tempestiva verso una delinquenza sempre più aggressiva ed invasiva.
(4-04785)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazione a risposta orale:
PELLICINI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
nella giornata di lunedì 7 aprile 2025 si è tenuto un convegno a Luino presso palazzo Verbania, organizzato dall'istituto superiore Città di Luino Carlo Volontà per i propri alunni in occasione degli ottant'anni del 25 aprile;
nel corso dell'incontro, i ragazzi hanno potuto ascoltare, in un primo tempo, l'intervento del professor Antonio Maria Orecchia, docente dell'università degli Studi dell'Insubria e storico molto apprezzato, il quale ha trattato temi di particolare interesse su «gli anni di piombo», la «prima Repubblica», la «strategia della tensione» e altro ancora;
era presente al convegno anche la presidente dell'Anpi di Varese Ester Maria De Tomasi, evidentemente per portare la testimonianza della lotta partigiana per la Liberazione;
nella seconda parte dell'incontro, un giovane studente dell'Istituto Carlo Volontè ha chiesto e ottenuto la parola, affermando che, dal suo punto di vista, vi erano state più resistenze, «tra le quali quella di stampo comunista che mirava a sostituire una dittatura con un'altra dittatura»;
a quel punto, la presidente di Anpi Varese, interrompendo il giovane studente, lo ha apostrofato con la seguente frase: «vorrei prenderti a sberle», lasciando tutto nello sconcerto;
il giovane studente, tra l'altro consigliere comunale del comune di Rancio Valcuvia e vice presidente provinciale di Gioventù Nazionale, non ha replicato ulteriormente, dimostrando senso di responsabilità e rispetto per l'istituzione scolastica;
non contenta, invece, la stessa presidente di Anpi ha dichiarato in un momento successivo sulla stampa che questo ragazzo «ora vuol fare la vittima» aggiungendo «davanti a una persona che rappresenta ideologicamente quelli che hanno voluto le camere a gas e i forni crematori un cittadino qualunque, finito il convegno, può dire e fare quello che vuole, non offendendo chiaramente il diritto altrui»;
considerata la gravità e la violenza delle suddette affermazioni, la stampa nazionale ha dato ampio spazio alla vicenda –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e quali iniziative, per quanto di competenza, vorrà assumere affinché sia garantito a tutti gli studenti delle nostre scuole il diritto di esprimere, nel rispetto delle idee altrui, il loro pensiero critico.
(3-01896)
Interrogazione a risposta scritta:
DEBORAH BERGAMINI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
la presenza di una scuola nel territorio di un piccolo comune rappresenta un fondamentale presidio educativo e culturale che agisce anche come contrasto al fenomeno dello spopolamento;
i più recenti dati Istat confermano la costante contrazione del numero di nascite e del tasso di fecondità il che determina gravi conseguenze negative nei piccoli comuni, tra cui assume grande rilevanza il rischio di chiusura dei plessi scolastici per la mancata formazione delle prime classi della scuola primaria o secondaria di primo grado;
la normativa vigente in materia di formazione delle classi non tiene conto del range di nascite sul territorio nazionale e non considera, tra le possibili eccezioni al rispetto dei criteri del numero minimo previsto per la formazione della sezione, la situazione in cui versano alcuni piccoli comuni, comuni montani, comuni delle piccole isole o delle aree interne;
la chiusura della scuola primaria in un piccolo comune comporta, a ricasco, la perdita anche della scuola secondaria di primo grado presente, con conseguente sfaldamento del legame con il territorio e con la comunità che sono il valore aggiunto alla vita nei piccoli centri;
per quanto riguarda, in particolare, il comune di Castiglion Fibocchi, data la composizione della popolazione, si assisterà alla mancata formazione della prima classe di scuola primaria che comporterà difficoltà e disagi per le famiglie residenti nel comune e nelle aree circostanti che dovranno portare i figli a scuola ad Arezzo, allontanandoli in tal modo dalla realtà di paese, dagli amici e dalla realtà del piccolo centro nel quale si muovono con modalità completamente diverse da quelle della realtà cittadina;
si aggiunga a questo che le difficoltà logistiche nella gestione dei figli spinge le famiglie ad allontanarsi dalla realtà del piccolo comune in cui vengono meno i servizi;
per contrastare questa tendenza il comune di Castiglion Fibocchi ha avviato una politica di sostegno alle famiglie e un processo di statalizzazione della scuola dell'infanzia, da sempre presente sul territorio in forma privata parificata, per alleggerire la spesa delle famiglie e garantire a tutti un'istruzione pubblica;
il rischio di non poter garantire il servizio scolastico non permette al comune di investire in progetti a lungo termine che riguardano la scuola;
il comune di Castiglion Fibocchi ha un polo scolastico all'avanguardia, collegato dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria di primo grado, con palestra recentemente rinnovata e ristrutturata, la biblioteca, un campo da calcetto utilizzato dagli studenti per svolgere attività fisica all'esterno, aule dotate di lavagne Lim e touch screen, aula di informatica e un progetto di madrelingua inglese gratuito dalla prima classe primaria alla terza classe secondaria;
alla realtà scolastica partecipano anche le associazioni del territorio donando materiale, attrezzature tecnologiche, partecipando a progetti di didattica e di attività extrascolastica, che costituiscono un aiuto alla formazione di ciascun studente secondo l'età –:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per salvaguardare la sopravvivenza delle scuole dei piccoli comuni, dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree interne, per i quali perdere la scuola vuole dire perdere il cuore della comunità, anche prevedendo iniziative normative volte a valorizzare i percorsi scolastici locali che costituiscono risorse indispensabili per ogni comunità ed evitare, così, la centralizzazione dell'istruzione nei grandi centri che provocherebbe, inoltre, la formazione delle cosiddette classi pollaio.
(4-04784)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:
TUCCI, BARZOTTI, AIELLO e CAROTENUTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 4 marzo 2025 la Presidente del Consiglio ha dichiarato: «secondo i dati diffusi oggi dall'Istat, a gennaio 2025 il numero di occupati in Italia ha raggiunto quota 24 milioni 222mila. Il tasso di occupazione cresce al 62,8 per cento. Su base annua, l'occupazione aumenta del 2,2 per cento con 513mila occupati in più»;
la sintesi sommaria nasconde tuttavia taluni elementi che emergono dalla completa lettura dei dati Istat: l'aumento dell'occupazione (+0,6 per cento, pari a +145 mila unità) riguarda tutte le classi d'età ad eccezione dei 35-49enni il cui numero di occupati diminuisce; per i 25-34enni il numero di disoccupati cresce; aumentano le persone in cerca di lavoro (+1,4 per cento pari a +22 mila unità); a gennaio 2025, il numero di occupati supera quello di gennaio 2024 del 2,2 per cento (+513 mila unità), tuttavia l'aumento non riguarda i 15-24enni e i 35-49enni che diminuiscono;
viene sottaciuto quanto e quale tipologia di occupazione sia stata attivata dal PNRR; eppure secondo lo studio «L'occupazione attivata dal PNRR e le sue caratteristiche» della Banca d'Italia, proprio l'attuazione del PNRR, nel 2024, avrebbe attivato una domanda di lavoro compresa tra l'1,7 e il 2,1 per cento dell'occupazione;
nello scenario della Banca d'Italia: «Nel complesso l'occupazione generata dai nuovi fondi RRF nell'anno di maggior spesa, il 2024, è stimata in circa 300.000 persone (1,7 per cento dell'occupazione alle dipendenze del 2019), il 77 per cento della quale nel settore privato. L'attivazione che verrebbe generata dal totale dei nuovi fondi PNRR nell'anno di picco (2025) sarebbe pari a 375.000 (2,1 per cento), di cui il 79 per cento nel settore privato.»;
analoghe stime sono evincibili dal report sulle «Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2024-2028)», realizzato da Unioncamere, secondo cui il solo utilizzo dei fondi del PNRR attiverebbe nel complesso circa 970 mila occupati;
non vi è dubbio dunque che sulle stime occupazionali incide la piena realizzazione dei progetti del PNRR; seppure i dati rilevano che i fondi PNRR già spesi sono solo il 30 per cento delle risorse assegnate, il fatto che il settore più avanzato è quello dell'impresa e del lavoro con il 47,3 per cento e delle infrastrutture (46,1 per cento sono la prova provata della riconducibilità dei segnali di miglioramento dei dati occupazionali alle risorse del PNRR –:
se intenda fornire, o in alternativa confermare, avvalendosi della collaborazione degli organismi statistici, i dati precisi correlati all'occupazione attivata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(5-03839)
SCOTTO, GUERINI, FOSSI, GRIBAUDO, LAUS e SARRACINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la Flexotecnica fondata nel 1979 e con inizio produttivo nel 1980 è specializzata nella costruzione di macchine rotative per la stampa flessografica;
l'azienda ha rapidamente guadagnato una solida reputazione nel settore, esportando l'85 per cento della produzione all'estero, con mercati principali in Oriente e negli Stati Uniti;
nel 2013, è stata acquisita dalla tedesca Koenig & Bauer AG, leader mondiale nella produzione di macchine da stampa, con l'obiettivo di espandere la propria presenza nel settore del packaging flessibile;
attualmente la Flexotecnica la cui sede operativa è a Tavazzano in provincia di Lodi, sviluppa, assembla, vende e fornisce assistenza per moderne rotative flessografiche CI utilizzate per la stampa su carta, plastica e altri materiali da imballaggio flessibili;
dal 2021 sono emerse una serie di difficoltà finanziarie che hanno portato la società dapprima a richiedere l'accesso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi dovuta alla cessazione di attività e da ultimo nel gennaio 2025, ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per 24 dipendenti su circa 48 occupati, a causa di una grave crisi di bilancio;
nel corso del confronto con le organizzazioni sindacali per la gestione degli esuberi, l'azienda ha avanzato una serie di proposte ritenute inaccettabili dalla platea dei lavoratori;
le offerte risulterebbero essere state un incentivo all'uscita pari a due settimane di salario per ogni anno lavorato e la possibilità di ricollocazione per quattro lavoratori in Germania presso la sede principale;
a seguito del rifiuto da parte sindacale di accettare tali drastiche soluzioni, l'azienda ha deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo –:
quali tempestive e opportune iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di pervenire alla sospensione delle procedure di licenziamento avviate, individuando gli opportuni strumenti per la tutela dei lavoratori durante la fase di ristrutturazione aziendale, in vista della definizione di un nuovo piano industriale che garantisca la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali della sede di Tavazzano.
(5-03840)
MARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'Istat ha pubblicato il dato sulla speranza di vita a 65 anni, base per decidere l'adeguamento dell'età pensionabile nel 2027 e il Governo ha annunciato, il decreto sull'eventuale aumento dell'età per la vecchiaia e dei contributi necessari per la pensione anticipata;
dopo il calo della speranza di vita a 65 anni, registrato con la pandemia da Covid ha avuto luogo una «crescita importante» di tale parametro che potrebbe determinare nel 2027 lo scatto dell'aumento dell'età per la pensione;
conseguentemente lavoratrici e lavoratori che hanno aderito negli ultimi anni a misure di uscita anticipata, per effetto dell'adeguamento automatico dei requisiti pensionistici alla speranza di vita, rischiano di ritrovarsi, dal 1° gennaio 2027, senza reddito e senza pensione, in un limbo sociale inaccettabile, così come si applicherebbe a coloro che sono usciti dalle aziende attraverso accordi di isopensione, con scivoli fino a sette anni, espansione e solidarietà, prevedendo di raggiungere i vecchi requisiti per la pensione;
in molti casi, tali soggetti non solo avranno un problema di reddito per tre mesi, ma saranno obbligati a versare contributi volontari per maturare il diritto alla pensione, pur non avendo più un'occupazione, né fonti di reddito certe;
a tale platea vanno aggiunti tutti quei lavoratori che, attraverso contratti individuali o forme di incentivo all'esodo, hanno interrotto il proprio rapporto di lavoro e che non rientrano in alcuna tutela specifica (ad esempio, i lavoratori postali);
si evidenzia, inoltre, che coloro che stanno uscendo dal lavoro nel 2025, con forme di prepensionamento o scivoli aziendali, rischiano lo stesso destino di incertezza, a causa del possibile slittamento del traguardo pensionistico previsto per il 2027;
la Ragioneria generale dello Stato ha aggiornato le proiezioni demografiche di lungo periodo, confermando l'incremento di tre mesi a decorrere dal 2027;
il sistema di adeguamento automatico dei requisiti pensionistici all'aspettativa di vita, così come previsto dall'ordinamento italiano, è unico in Europa per rigidità e impatto sociale;
ogni volta che aumenta la speranza di vita, si allontana il diritto alla pensione, ma si riduce anche l'importo della pensione attesa, attraverso l'abbassamento dei coefficienti di trasformazione –:
se non intenda adottare iniziative specifiche per tutelare i lavoratori già fuori dal mercato del lavoro che rischiano di restare senza reddito e senza pensione, nonché rivedere complessivamente il sistema di calcolo dei requisiti pensionistici e dei coefficienti di trasformazione, al fine di garantire maggiore equità e sostenibilità sociale.
(5-03841)
RAPPORTI CON IL PARLAMENTO
Interrogazione a risposta immediata:
LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CARFAGNA, CAVO, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi mesi più volte è stato evocato il ricorso allo strumento del segreto di Stato con riferimento a diverse vicende che hanno provocato un acceso dibattito in Parlamento;
il Governo ha sistematicamente rifiutato l'idea di ricorrervi, ritenendo che fosse doveroso non occultare tutto quanto fosse nella sua conoscenza;
se ne è spesso parlato impropriamente del tema citato, generando confusione tra informazioni cosiddette riservate e/o classificate e lo stesso segreto di Stato –:
quale comportamento abbia tenuto il Governo in questi primi due anni e mezzo di legislatura rispetto ai tanti segreti di Stato apposti o confermati dai precedenti Governi, anche specificando quali iniziative abbia assunto sempre il Governo con riferimento all'adozione di questo istituto di protezione delle informazioni.
(3-01886)
SALUTE
Interrogazione a risposta immediata:
QUARTINI, SPORTIELLO, DI LAURO e MARIANNA RICCIARDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il 7 aprile 2025 si è celebrata la Giornata mondiale della salute, istituita 75 anni fa dall'Organizzazione mondiale della sanità, per promuovere la salute e il benessere della popolazione;
il nostro sistema sanitario nazionale è sempre più in affanno e sono sempre più ampie le fasce della popolazione che non riescono più ad accedere alle cure a causa delle interminabili liste di attesa e del progressivo indebolimento del servizio sanitario pubblico a favore del privato;
come denuncia «Medicina democratica», quasi mezzo milione di persone, di cui 100 mila minori, non sono in grado di pagarsi da sole i farmaci di cui hanno bisogno e sono costretti a scegliere se mangiare o curarsi. Si tratta di un dato in crescita dell'8,43 per cento rispetto al 2024. Sono 4,4 milioni le famiglie che hanno cercato di ridurre la spesa per visite mediche e accertamenti preventivi o che hanno rinviato o rinunciato alle cure necessarie (16,8 per cento del totale, circa 10 milioni di persone);
il Presidente della Repubblica, in relazione alla predetta Giornata, ha sottolineato che il diritto alla salute è una conquista della nostra civiltà e che la pandemia ci ha ricordato che la salute globale è un bene vulnerabile e per questo motivo è cruciale investire nei sistemi sanitari;
anche Papa Francesco, sottolineando la sua gratitudine verso medici, infermieri e operatori sanitari, ha espresso l'auspicio di un maggior investimento delle risorse necessarie per cure e ricerca, in modo da garantire cure a tutti – fragili e indigenti compresi, senza lasciare indietro nessuno – e assicurare condizioni di lavoro dignitose al personale sanitario, autentica colonna portante del Servizio sanitario nazionale;
a giudizio degli interroganti la volontà scellerata di dirottare le risorse del nostro Paese, incluse quelle faticosamente ottenute con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per le spese militari e per un folle riarmo, mette gravemente e doppiamente a rischio il diritto alla salute di tutta la popolazione, sia in ordine alla sottrazione di risorse destinate alla salute e al welfare, sia in ordine alla crescente esposizione ad una pericolosa guerra che potrebbe assumere confini ed esiti inimmaginabili –:
se intenda opporsi, per quanto di competenza, al pericoloso dirottamento di risorse dalla salute e dal welfare del nostro Paese a quello delle armi e della guerra.
(3-01895)
Interrogazione a risposta scritta:
GHIRRA, PICCOLOTTI e GRIMALDI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
da notizie di stampa si è appreso che il Governo Meloni si appresterebbe a istituire un «registro della disforia», destinato a raccogliere i dati non solo dei minori in trattamento con bloccanti della pubertà, ma anche delle persone adulte che accedono a terapie ormonali;
a parlarne apertamente, in una dichiarazione che suona come un'anticipazione di ciò che verrà formalizzato nei prossimi mesi, è Gian Vincenzo Zuccotti, ordinario di pediatria all'università statale di Milano ma soprattutto membro del tavolo tecnico interministeriale promosso dal Ministero per la salute e dal Ministero per le pari opportunità e la famiglia. Il tavolo è stato creato nel maggio del 2024 con lo scopo di lavorare a «protocolli e linee guida per l'accesso ai percorsi di affermazione di genere delle giovani persone trans e non binarie». Entro fine aprile 2025 dovrebbe arrivare la relazione conclusiva con le proposte di modifica della normativa e dei protocolli vigenti;
nel dettaglio, un articolo apparso sul quotidiano il Giornale riporta un virgolettato dell'esperto del Governo che conferma l'intenzione di introdurre un sistema di controllo centralizzato dei percorsi di affermazione di genere nella loro interezza: «Il registro sarà molto utile per verificare le prescrizioni e il percorso, un monitoraggio necessario»;
stando a quanto riportato, tutti i centri sanitari – cinque pubblici e oltre ottanta privati – dovranno trasmettere i dati relativi all'utilizzo della triptorelina nei percorsi di sospensione puberale per minori con varianza di genere, così come quelli relativi alla somministrazione di ormoni per gli adulti. Il principio guida, sarebbe quello di «misurare le conseguenze delle terapie sul lungo periodo» e uniformare le autorizzazioni delle strutture sanitarie. In tal modo ad avviso degli interroganti, il registro nazionale si configurerebbe non come un semplice strumento di raccolta dati, ma come una banca centrale della varianza di genere, con tutti i rischi che questo comporta in termini di privacy, stigma e accessibilità alle cure;
un'altra novità in procinto di essere approvata riguarderebbe l'obbligatorietà, per le persone adulte, di almeno cinque visite psichiatriche prima di accedere alla terapia ormonale. Un vincolo che, a parere degli interroganti, sembra rispondere più alla volontà di rallentare e di fatto ostacolare i percorsi di affermazione di genere, che a una reale esigenza di cura;
dal 2018 l'incongruenza di genere non è più classificata come malattia mentale dall'Oms e dunque a parere degli interroganti l'imposizione di valutazioni psichiatriche multiple appare come una restaurazione travestita da aggiornamento scientifico, una strategia che rischia di sancire, a livello normativo, una nuova stagione di medicalizzazione forzata;
al di là del lessico apparentemente neutro utilizzato, sembra evidente agli interroganti il rischio di una imposizione di un controllo istituzionale su percorsi che, fino a oggi, avevano faticosamente cercato di emanciparsi dalla patologizzazione;
il tavolo tecnico, che ha coinvolto 29 professionisti tra endocrinologi, psichiatri e ginecologi, si è mosso fino a oggi in assenza di qualsiasi rappresentanza delle persone trans –:
se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, confermino la volontà di istituire un registro con le caratteristiche delineate in premessa e se realmente intendano introdurre per gli adulti che intraprendono un percorso di transizione, l'obbligatorietà di un percorso psichiatrico costituito da 5 visite;
se intendano introdurre altre modifiche al protocollo vigente e quali siano;
infine, in questo contesto, come intendano tutelare i diritti fondamentali delle persone che intraprendono un percorso di affermazione di genere.
(4-04786)
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Richetti e altri n. 1-00423, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2025, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marattin.
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta in Commissione Casu e altri n. 5-03494, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 febbraio 2025, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Curti.
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Ghio n. 5-03633 del 26 febbraio 2025;
interrogazione a risposta in Commissione Guerini n. 5-03724 del 17 marzo 2025;
interrogazione a risposta in Commissione Pastorella n. 5-03761 del 19 marzo 2025;
interrogazione a risposta orale Mazzetti n. 3-01855 del 28 marzo 2025;
interrogazione a risposta in Commissione Iaia n. 5-03802 del 28 marzo 2025.