XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta del 15 maggio 2025.
Albano, Ascani, Bagnai, Baldino, Barbagallo, Barelli, Barzotti, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bicchielli, Bignami, Bisa, Bitonci, Bonetti, Boschi, Braga, Calderone, Calovini, Cappellacci, Carloni, Carrà, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Ciaburro, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, Deidda, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Ferro, Foti, Frassinetti, Freni, Gardini, Gava, Gebhard, Gemmato, Giglio Vigna, Giorgetti, Graziano, Gribaudo, Gruppioni, Guerini, Gusmeroli, Lacarra, Leo, Lollobrigida, Loperfido, Lucaselli, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Michelotti, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Pittalis, Pizzimenti, Prisco, Rampelli, Marianna Ricciardi, Riccardo Ricciardi, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rosato, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Siracusano, Speranza, Sportiello, Tajani, Trancassini, Traversi, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zanella, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 14 maggio 2025 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
TOCCALINI ed altri: «Disposizioni per favorire il primo impiego dei giovani in Italia e agevolare il rientro dei giovani lavoratori dall'estero» (2401).
Sarà stampata e distribuita.
Trasmissione dal Senato.
In data 15 maggio 2025 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 1432. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di cittadinanza» (approvato dal Senato) (2402).
Sarà stampato e distribuito.
Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 14 maggio 2025, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla gestione della migrazione nella Grecia continentale (COM(2025) 170 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea nel comitato di partenariato istituito dall'accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, per quanto riguarda la sostituzione dell'elenco di persone disposte e atte ad esercitare la funzione di arbitro (COM(2025) 199 final), corredata dal relativo allegato (COM(2025) 199 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) 2024/823, del 28 febbraio 2024, relativo a misure commerciali eccezionali applicabili ai paesi e territori che partecipano o sono legati al processo di stabilizzazione e di associazione (COM(2025) 229 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive).
Annunzio di sentenze della Corte
di giustizia dell'Unione europea.
Il Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso, in data 6 maggio 2025, le seguenti sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, relative a cause adottate a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un'autorità giurisdizionale italiana, che sono inviate, ai sensi dell'articolo 127-bis del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Sentenza della Corte (Prima sezione) del 10 aprile 2025, causa C-238/24, NR contro Ministero della difesa ed altri. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato. Politica estera e di sicurezza comune (PESC) – Decisione 2010/279/PESC – Missione di polizia dell'Unione europea in Afghanistan – Articolo 7, paragrafo 3 – Costi connessi con il personale distaccato – Indennità versate sia dall'Unione europea sia dallo Stato membro cui il membro del personale appartiene – Cumulo – Articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, ultima frase, del Trattato sull'Unione europea – Articolo 275, primo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea – Competenza della Corte a interpretare una disposizione di diritto dell'Unione relativa alla PESC (Doc. XIX, n. 65) – alla IV Commissione (Difesa);
Sentenza della Corte (Nona sezione) del 30 aprile 2025, causa C-370/24, AT contro CT. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunale ordinario di Lodi. Assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli – Direttiva 2009/103/CE – Articolo 13, paragrafo 2 – Sistema di risarcimento – Incidente stradale che coinvolge un veicolo rubato – Onere della prova riguardante la conoscenza, da parte della persona lesa, del furto di tale veicolo – Organismo incaricato del risarcimento – Normativa nazionale interpretata in modo da far gravare l'onere della prova sulla persona lesa – Obbligo di interpretazione conforme al diritto dell'Unione (Doc. XIX, n. 66) – alla VI Commissione (Finanze).
Comunicazione dell'avvio
di procedure d'infrazione.
Il Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, con lettera in data 13 maggio 2025, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, dell'avvio, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, della procedura d'infrazione n. 2025/4004, notificata in data 7 maggio 2025, avviata per violazione del diritto dell'Unione europea in relazione alla non conformità della legislazione italiana alla direttiva 2007/36/UE relativa all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate.
Questa comunicazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia), alla VI Commissione (Finanze) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.
Il Ministero dell'interno, con lettera in data 13 maggio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale di Castelfranci (Avellino).
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.
Trasmissione dalla regione
Emilia-Romagna.
Il Presidente della regione Emilia-Romagna, in qualità di commissario delegato titolare di contabilità speciale, con lettera in data 14 maggio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 27, comma 4, del codice della protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, il rendiconto, per il periodo dal 1° gennaio al 12 maggio 2025, relativo alla contabilità speciale n. 6110, concernente le attività connesse agli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nella regione Emilia-Romagna a partire dal mese di ottobre 2018, di cui alle ordinanze del capo del Dipartimento della protezione civile n. 558 del 2018, n. 840 del 2022, n. 1087 del 2024 e n. 1120 del 2024.
Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).
Comunicazione di nomine ministeriali.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 14 maggio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dei seguenti incarichi di livello dirigenziale generale, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:
alla dottoressa Tiziana Formichetti, l'incarico di direttore dell'Ufficio centrale di bilancio presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;
alla dottoressa Manuela Dagnino, l'incarico di direttore della Ragioneria territoriale dello Stato di Palermo, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Queste comunicazioni sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 28 MARZO 2025, N. 37, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER IL CONTRASTO DELL'IMMIGRAZIONE IRREGOLARE (A.C. 2329-A)
A.C. 2329-A – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame estende la possibilità di trasferire nei centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) situati in Albania anche i migranti già trattenuti nei CPR italiani, ampliando di fatto l'ambito operativo delle strutture realizzate in Albania sulla base del Protocollo Italia-Albania del 6 novembre 2023;
solo il 17 febbraio scorso durante una conferenza stampa la Premier Meloni annunciava una drastica riduzione degli sbarchi nel mediterraneo centrale e delle morti in mare, grazie al crollo delle partenze dalla Tunisia e dalla Libia, ed una riduzione complessiva degli ingressi irregolari. Ed infatti il cruscotto statistico del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno ci dice che dal 2023 ad oggi il numero dei migranti sbarcati in Italia è diminuito;
nonostante i dati indichino un effettivo calo della pressione migratoria, il Ministro dell'Interno, ha comunque annunciato l'apertura di cinque nuovi Centri di permanenza per i rimpatri (CPR) in Italia, che inevitabilmente prevedranno lo stanziamento di nuove risorse;
le criticità relative ai CPR sono purtroppo tante e note. La più rilevante, ai fini del presente decreto, è sicuramente quella relativa ai rimpatri che il nostro Paese riesce ad effettuare. I dati ci dicono che nel 2024, a fronte di 66.617 arrivi (dati provenienti dal Viminale), sono state presentate 27.975 richieste di rimpatrio (fonte Eurostat), di cui 14.645 nel secondo semestre. Di queste ultime, ne sono state accolte 2.445 (Eurostat), poco più del 16 per cento delle richieste e meno del 6 per cento degli arrivi;
alla luce di quanto sopra esposto, è lecito aspettarsi che il Governo piuttosto che investire ulteriori risorse per trasferire migranti già trattenuti nei CPR italiani in quello in Albania, – nonostante dichiari che l'operazione non comporterà nuovi stanziamenti di fondi – preveda di potenziare le strutture esistenti, che come ci riportano i dati e chiunque abbia visitato questo tipo di centri, presentano diversi limiti di efficacia sul fronte rimpatri e numerose violazioni dei diritti umani;
il paradosso di questo sistema risiede nel fatto che, dopo aver trasferito i migranti dal CPR italiano a quello albanese, gli stessi devono essere riportati in Italia per l'esecuzione effettiva del rimpatrio, con un dispendio di risorse e un'ulteriore complicazione delle procedure, senza alcun reale beneficio in termini di efficacia,
impegna il Governo:
a presentare alle Camere una relazione sui costi previsti per l'attuazione di tali trasferimenti e sull'effettiva efficacia della misura in termini di gestione dei flussi migratori e rispetto dei diritti fondamentali dei migranti;
a presentare alle Camere una relazione sulla capacità ricettiva e sul tasso di occupazione attuale dei CPR in Italia tale da giustificare la necessità di utilizzare un CPR situato in Albania, soprattutto in considerazione del costo dei trasferimenti necessari.
9/2329-A/1. Ciani, Ghirra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce modifiche significative alla disciplina del trattenimento degli stranieri presso i centri di permanenza per i rimpatri (CPR), ampliando le ipotesi e la durata del trattenimento;
l'articolo 17 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, di recepimento delle direttive 2013/32/UE e 2013/33/UE, prevede specifiche disposizioni in materia di accoglienza di persone portatrici di esigenze particolari, tra cui minori, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, vittime di torture, stupri o altri gravi atti di violenza psicologica, fisica o sessuale;
il trattenimento di tali soggetti in strutture come i CPR, spesso caratterizzate da condizioni di privazione della libertà personale e da carenze assistenziali, può ulteriormente compromettere le loro condizioni di salute fisica o psichica, oltre a porsi in contrasto con gli obblighi internazionali assunti dall'Italia in materia di diritti umani;
escludere le menzionate categorie da quelle interessate dai trattenimenti risponde a principi riconosciuti a livello internazionale di protezione umanitaria e rispetto della dignità della persona,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative normative per prevedere che siano in ogni caso esclusi dal trattenimento presso i centri di permanenza per i rimpatri le donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, gli individui vittime di torture, stupri o altri gravi atti di violenza, nonché le persone portatrici di esigenze particolari ai sensi del menzionato articolo 17 del decreto legislativo 142/2015.
9/2329-A/2. D'Alessio, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce modifiche significative alla disciplina del trattenimento degli stranieri presso i centri di permanenza per i rimpatri (CPR);
secondo quanto emerso da numerose inchieste giornalistiche e rapporti di organizzazioni indipendenti, negli anni è stato documentato un uso smodato di psicofarmaci nei CPR come forma impropria di contenimento del disagio psichico e della sofferenza mentale, in assenza di un'adeguata presa in carico sanitaria e psicologica da parte di professionisti del settore;
tali pratiche rappresentano senza dubbio una violazione della dignità umana e dei diritti fondamentali della persona, oltre a mettere a rischio la salute fisica e mentale dei trattenuti;
è essenziale che ogni struttura di trattenimento, tanto in Italia quanto all'estero, garantisca un'assistenza sanitaria qualificata, trasparente e rispettosa dei protocolli clinici, evitando trattamenti impropri o forzati,
impegna il Governo:
ad adottare le iniziative di competenza affinché in sede di attuazione delle disposizioni recate dal provvedimento in esame:
sia esclusa ogni forma di trattamento sanitario coercitivo o non giustificato da effettive necessità cliniche all'interno dei centri di permanenza per il rimpatrio, inclusi quelli previsti all'estero e sia garantito che il personale sanitario operante nei CPR sia adeguatamente formato, indipendente e soggetto a verifiche periodiche da parte delle autorità sanitarie pubbliche;
sia predisposto un sistema di monitoraggio trasparente sull'uso dei trattamenti farmacologici nei CPR, anche mediante la pubblicazione periodica di dati aggregati e ispezioni di organismi terzi, come il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personali,
siano promosse alternative più umane e individualizzate nella gestione del disagio psichico, rafforzando l'assistenza psicologica, la mediazione culturale e il supporto legale nei centri.
9/2329-A/3. Ruffino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1-bis del provvedimento in esame, introdotto in sede referente, estende al 2026 la facoltà di effettuare la localizzazione, la realizzazione, nonché l'ampliamento e il ripristino dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR), anche in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto del codice antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza dell'Unione europea;
il rispetto dei diritti fondamentali anche nell'ambito di tali centri è inderogabile. Se, con particolare riferimento ai CPR già presenti sul territorio nazionale, molto spesso inchieste e sentenze hanno sollevato questioni di rilevanza giuridica e costituzionale relativamente al rispetto dei diritti, l'attivazione di quest'ultimi al di fuori del territorio nazionale rende le medesime attività di controllo ancor più difficoltose;
trasparenza e tracciabilità nonché sistemi di monitoraggio costanti ed efficienti, rappresentano presupposti essenziali al fine di tutelare appieno le persone ivi trattenute non solo dal punto di vista dei diritti ma anche della dignità della persona,
impegna il Governo:
a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali delle persone trattenute nei centri di permanenza all'estero, assicurando un adeguato controllo da parte delle autorità giudiziarie italiane;
a prevedere meccanismi trasparenti e accessibili di monitoraggio delle condizioni di trattenimento e del rispetto delle garanzie procedurali nei centri situati fuori dal territorio nazionale, anche attraverso il pieno e continuo supporto nei confronti delle operazioni condotte dai vari organismi indipendenti e internazionali;
a riferire periodicamente al Parlamento in merito all'attuazione dell'accordo con l'Albania e agli effetti concreti delle misure adottate, anche in termini di costi sostenuti e risultati ottenuti in materia di rimpatri.
9/2329-A/4. Onori, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Assemblea prevede disposizioni in merito ai centri di permanenza per i rimpatri (luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione del provvedimento di espulsione);
è rilevante sottolineare come la formazione del cittadino extracomunitario sia uno strumento fondamentale, per lo stesso, per una partecipazione più attiva alla realtà socio economica e costituisca al contempo un elemento di inclusione sociale e professionale, attraverso il potenziamento di competenze che i cittadini extracomunitari potrebbero in seguito utilizzare anche nei loro Paesi di origine;
è importante quindi realizzare, anche nei centri di permanenza per i rimpatri, progetti formativi (come laboratori di formazione tecnica e professionale) per implementare le conoscenze specifiche per l'esercizio di una determinata attività che coinvolgano i cittadini immigrati extracomunitari, anche al fine di promuovere il loro rientro volontario nei Paesi di origine,
impegna il Governo
al fine di promuovere il rientro volontario nei Paesi di origine dei cittadini extracomunitari, a rivedere la politica migratoria, adottando ogni opportuna iniziativa volta a favorire la conversione dei centri di permanenza per i rimpatri in laboratori di formazione tecnica e professionale.
9/2329-A/5. Soumahoro.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in esame:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari, ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, al fine di assicurare la trasparenza nell'uso delle risorse pubbliche, a disporre l'incremento, da parte delle autorità responsabili, delle attività ispettive, di controllo e monitoraggio sulla gestione delle strutture di accoglienza, trattenimento e detenzione situate in Albania, in particolare in ordine all'erogazione dei servizi, al rispetto degli standard e dei criteri di gestione previsti dai capitolati e dalle disposizioni normative e regolamentari nazionali e unionali e a pubblicare le risultanze delle verifiche periodiche sul sito istituzionale internet del dicastero.
9/2329-A/6. Penza, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in esame:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il decreto-legge in titolo, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari, ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, a rendere semestralmente alle Camere una relazione sull'esecuzione del Protocollo e sull'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto, indicando il numero dei migranti ospitati nelle strutture in Albania e dei trasferimenti di stranieri dai centri di permanenza e rimpatrio situati nel territorio nazionale alla omologa struttura situata in Albania unitamente ai costi sostenuti per l'accoglienza, i trasferimenti, i trattenimenti e gli eventuali rimpatri, le risorse umane e materiali utilizzate, il numero dei rimpatri eseguiti nonché le spese di esecuzione degli accompagnamenti alla frontiera.
9/2329-A/7. Appendino, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza, Donno.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari, ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
a riconsiderare la prosecuzione e l'estensione all'anno 2026 delle norme relative a contratti ed appalti concernenti la realizzazione, ampliamento e ristrutturazione dei centri di permanenza e rimpatrio nella parte completamente derogatoria rispetto all'ordinamento giuridico vigente, considerando imprescindibili le esigenze di tutela della salute, dell'ambiente e della sicurezza nonché il rispetto del codice dei contratti pubblici e del codice dei beni culturali e del paesaggio, adottando a tal fine ogni misura utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, anche in occasione del prosieguo dell'esame del provvedimento, affinché trovino applicazione le tutele e le discipline ordinarie nei settori elencati.
9/2329-A/8. Santillo, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari, ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, a trasmettere alle Camere, con cadenza almeno semestrale a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in titolo, ai fini dell'eventuale esame da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, una relazione sul funzionamento del sistema di accoglienza, trattenimento e detenzione nel territorio nazionale, a tal fine ivi riportando i dati e i costi relativi alla ricezione e alla gestione delle strutture nonché i dati sui servizi resi e la loro adeguatezza, sull'entità e l'utilizzo delle risorse finanziarie, anche di eventuale assegnazione comunitaria.
9/2329-A/9. Auriemma, Alifano, Alfonso Colucci, Penza.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione, ad avviso dei firmatari sistematica, come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, affinché nella struttura destinata al trattenimento ai fini del rimpatrio, situata nelle aree del territorio albanese, sia istituito un presidio sanitario fisso in cui sia garantita la presenza di personale medico e sanitario, quest'ultimo per 24 ore al giorno, compresi i giorni festivi, a fini di accertamento e vigilanza sulle condizioni di salute, fisiche e mentali, e sulla necessità di assistenza delle persone ivi trattenute.
9/2329-A/10. Sportiello, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Di Lauro, Penza, Quartini, Marianna Ricciardi.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo:
ad adottare ogni misura utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, affinché il trasferimento di migranti ad altro centro di permanenza e rimpatrio, sito in territorio nazionale o nella struttura per il trattenimento a fini di rimpatrio situata in Albania, preveda una visita medica effettuata dal medico della ASL o dell'azienda ospedaliera competente per territorio, disposta dal Questore, anche in ore notturne, volta ad accertare lo stato di salute fisico e mentale dello straniero nonché eventuali profili di vulnerabilità, e a valutarne l'idoneità sanitaria al predetto trasferimento;
a prevedere, altresì, che la documentazione sanitaria di cui all'impegno precedente sia allegata al fascicolo dello straniero e sottoposta al giudice competente in sede di convalida del trasferimento ad altro centro di permanenza e rimpatrio, sia esso su suolo nazionale che in territorio albanese.
9/2329-A/11. Quartini, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Di Lauro, Penza, Marianna Ricciardi.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad adottare ogni misura utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, affinché il Prefetto di Roma garantisca costanti sopralluoghi e monitoraggi del centro di permanenza e rimpatrio sito in territorio albanese, a tutela delle persone ivi trattenute e verifichi, altresì, il trattamento ad essi corrisposto e l'adeguatezza dell'erogazione dei servizi e della loro effettività ad opera del relativo gestore.
9/2329-A/12. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
la stessa preoccupazione è rivolta alla sorte delle donne straniere vittime di abusi e violenze trattenute nei centri del territorio nazionale o che rischiano di essere trasferite nei centri di permanenza ai fini del rimpatrio situati in Albania,
impegna il Governo
a prevedere, in ordine ai trasferimenti dei migranti nei centri situati nel territorio nazionale o nella struttura a fini di rimpatrio collocata in Albania, che, per le donne vittime accertate di violenza siano disposti l'accoglienza e il trattenimento, anche ove a fini di rimpatrio, in via prioritaria, presso la rete dei centri di accoglienza antiviolenza nazionali.
9/2329-A/13. Morfino, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento ciò della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, al fine di prevedere, onde non pregiudicare la sostanziale uguaglianza con gli stranieri trattenuti nei centri di permanenza e rimpatrio siti nel territorio nazionale, che per gli stranieri trattenuti nelle omologhe strutture collocate nelle aree albanesi, sia riconosciuto e garantito il diritto di accesso dei familiari, dei ministri di culto accreditati presso la confessione religiosa di appartenenza su richiesta dello straniero, del personale della rappresentanza diplomatica o consolare del paese di origine, su richiesta dello straniero o dell'unità organizzativa dell'Ufficio Immigrazione presente nel centro, dei rappresentanti di enti di tutela dei migranti o dei richiedenti protezione internazionale con esperienza consolidata nel settore e associazioni di volontariato o cooperative di solidarietà sociale ammesse a svolgere attività di assistenza nonché del difensore dello straniero, o suoi ausiliari, previa esibizione di apposito mandato, prevedendo altresì che gli eventuali oneri finanziari derivanti siano posti a carico delle risorse per l'attuazione del Protocollo di cui all'articolo 6, della legge 21 febbraio 2024, n. 14.
9/2329-A/14. Marianna Ricciardi, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Di Lauro, Penza, Quartini, Sportiello.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo:
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad adottare ogni misura utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, anche nei confronti dei relativi gestori, a garantire che nelle strutture di accoglienza e trattenimento site in territorio albanese sia garantito il libero accesso dei parlamentari italiani ed europei, dei rappresentanti della stampa nazionale ed estera nonché degli operatori delle radiotelevisioni nazionali ed estere;
a garantire, altresì, che il gestore del centro di permanenza e rimpatrio situato al di fuori dei confini nazionali assicuri il servizio di spedizione e recapito quotidiano della corrispondenza epistolare e telefonica alle persone ivi trattenute.
9/2329-A/15. Iaria, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza, Cappelletti.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, al fine di assicurare adeguato sostegno psicologico all'interno della struttura adibita a centro di permanenza e rimpatrio ubicata sul suolo albanese, e ad attivare un monitoraggio costante, almeno quindicinale, della condizione di trattenimento e di erogazione dei servizi resi, anche sanitari, nella struttura medesima, prevedendo, altresì, che gli eventuali oneri finanziari derivanti siano posti a carico delle risorse per l'attuazione del Protocollo di cui all'articolo 6, della legge 21 febbraio 2024, n. 14.
9/2329-A/16. Di Lauro, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza, Quartini, Marianna Ricciardi, Sportiello.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad adottare ogni iniziativa utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, affinché lo straniero trattenuto nei centri di accoglienza e di trattenimento in territorio albanese sia soggetto a costanti screening sulle condizioni fisiche e psicologiche ai fini dell'accertamento dell'idoneità alla sua permanenza nel predetto centro e affinché al riscontro di elementi di fragilità, consegua la predisposizione delle misure per il rientro dello straniero in Italia.
9/2329-A/17. Ascari, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad adottare ogni iniziativa utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, affinché siano assicurate costanti visite e sopralluoghi del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale nei centri di accoglienza e trattenimento e nelle relative aree site in territorio albanese, unitamente ad una relazione periodica alle Camere in ordine alle risultanze, prevedendo, altresì, che gli eventuali oneri finanziari siano posti a carico delle risorse per l'attuazione del Protocollo di cui all'articolo 6, della legge 21 febbraio 2024, n. 14.
9/2329-A/18. L'Abbate, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad informare previamente il COPASIR in ordine ai programmi di interventi straordinari di cooperazione di polizia con l'Albania e con i Paesi terzi d'importanza prioritaria per le rotte migratorie nonché ai contratti o agli accordi, e ad ogni attività, anche propedeutica, concernente i contratti da essi derivati, anche con riguardo alla cessione di mezzi e materiali a qualunque titolo.
9/2329-A/19. Pellegrini, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
con sgomento e grave preoccupazione, i firmatari assistono al costante e imponente dispiego di energie e tempo per l'amministrazione pubblica, all'enorme dispendio di risorse finanziarie sulle spalle dei cittadini contribuenti per contrastare, senza risultati, gli sbarchi: una rappresentazione plastica e drammatica dello squilibrio nelle priorità del Governo in carica rispetto ai nodi critici del Paese e ai problemi reali dei cittadini e delle imprese;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e che tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, a trasmettere tempestivamente alle Camere, per il tramite di una relazione, le risultanze in ordine ai dati e alle risorse impegnate, anche di assegnazione europea, per la gestione dell'immigrazione e delle frontiere esterne nonché del funzionamento del sistema di accoglienza e delle misure, anche penali, assunte, in particolare, a tal fine riportando i dati relativi all'ubicazione, alla ricezione, alla gestione e alle procedure autorizzative inerenti ai centri di permanenza e rimpatrio di nuova realizzazione o ampliamento o ristrutturazione sul territorio nazionale nonché i dati sull'entità e l'utilizzo delle risorse finanziarie finalizzate alle misure per l'inclusione e l'integrazione degli stranieri.
9/2329-A/20. Torto, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in titolo:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
grave appare la possibilità che anche i minorenni stranieri non accompagnati siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
la gestione dell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati risulta, nell'ultimo anno, sempre più improntata su un'emergenzialità ingiustificata con provvedimenti legislativi lesivi dei diritti dei minori e rischiosi per loro anche da un punto psicofisico: tra questi, oltre a quanto già esposto, si consideri la nuova disciplina introdotta ai fini dell'accertamento dell'età dei migranti, attività oggetto di cautele assolute al livello di disciplina internazionale e di presunzione della minore età in caso di dubbio – unitamente ai migranti e ai detenuti, si è prodotta una vera e propria vessazione anche nei confronti dei minori stranieri;
a conferma di ciò, si ricorda che la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) in tre recenti sentenze ha condannato l'Italia in ragione delle modalità inadeguate di accoglienza e per il trattenimento illegittimo di minori non accompagnati in strutture per adulti,
impegna il Governo:
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad adottare ogni misura utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, affinché sia garantita l'esclusione degli stranieri minorenni e degli stranieri «ultrasedicenni» dall'ingresso o dal trasferimento verso le strutture di accoglienza o di trattenimento situate in Albania;
a cogliere l'occasione, anche nel corso del prosieguo dell'esame del provvedimento, per riconsiderare, alla luce di quanto esposto in premessa, la norma concernente l'equiparazione ai maggiorenni dei minori stranieri ultrasedicenni, che consente il loro trasferimento nei centri destinati agli adulti, al fine di espungerla dalla disciplina vigente.
9/2329-A/21. Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in esame:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con i diritti fondamentali e le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari, ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri,
impegna il Governo
anche in occasione del prosieguo dell'iter di esame del provvedimento in titolo, a riconsiderare le disposizioni concernenti i trasferimenti dei migranti nella struttura di permanenza e rimpatrio situata in Albania, alla luce di quanto rilevato in premessa, e, a tal fine, onde dare effettività alla volontà di estendere ai predetti trasferimenti gli articoli 14, 42 e 42-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 – resa solo in illustrazione del provvedimento in titolo e non trasposta in norma – ad adottare ogni iniziativa utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, affinché sia espressamente garantita la competenza e la tutela giurisdizionale sulle modalità di esecuzione del trasferimento degli stranieri ad altri centri, rispetto a quello di destinazione originaria, di permanenza e rimpatrio, in particolare in ordine alle motivazioni e all'adeguatezza della sua esecuzione, e del successivo trattenimento.
9/2329-A/22. Giuliano, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in esame:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il decreto-legge in titolo, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari, ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane –;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
la trasparenza costituisce uno dei caratteri fondamentali di uno Stato pienamente democratico e tali dati dovrebbero essere resi noti, anche in ordine alla piena e corretta attuazione del principio di trasparenza, reso livello essenziale delle prestazioni dell'azione amministrativa dalla legge anticorruzione c.d. «Severino»; i dati in parola, di cui al paragrafo precedente nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
a riconsiderare le modalità di vigilanza dell'Autorità nazionale anticorruzione sui contratti ed appalti concernenti le opere di realizzazione, ampliamento e ristrutturazione dei centri di permanenza e rimpatrio, alla luce di quanto esposto in premessa, adottando a tal fine ogni misura legislativa utile, anche in occasione del prosieguo dell'iter di esame del provvedimento, affinché la predetta vigilanza sia garantita nel rispetto della disciplina vigente con riferimento alle opere urgenti, ai sensi dell'articolo 222, comma 3, lettera g), del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36.
9/2329-A/23. Ilaria Fontana, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza, L'Abbate, Morfino, Santillo.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in esame:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il provvedimento in esame, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che, ad avviso dei firmatari, forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
non è chiaro quale sia il tema vero e di fondo, effetto-annuncio-propaganda a parte, che spinge la maggioranza di Governo ad escogitare sempre nuove forme ed istituti di punizione, ad avviso dei firmatari, ai limiti della tortura verso i migranti – e non solo, si aggiungano le ultime, imbarazzanti innovative ipotesi edilizie paventate, i «container», per il contenimento dei detenuti nelle carceri nostrane;
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo affinché nella struttura adibita a centro di permanenza e rimpatrio situata nelle aree del territorio albanese siano assicurati i servizi di assistenza sanitaria, sociale e psicologica nonché di mediazione linguistico-culturale e i servizi di informazione e orientamento legale ai fini dell'effettività dei diritti esercitabili e, con l'occasione, a ripristinarli in tutti i centri di accoglienza e trattenimento situati sul suolo nazionale.
9/2329-A/24. Caso, Alifano, Amato, Auriemma, Cherchi, Alfonso Colucci, Orrico, Penza, Fratoianni.
La Camera,
premesso che:
preme ai firmatari ribadire che, in ordine al provvedimento in esame:
esso appare adottato al (solo) fine di rendere utilizzabile, con un escamotage, per circa 40 migranti al momento e circa 140 a regime, almeno uno dei tre centri realizzati in Albania, fino ad ora rivelatisi inutili se pur oltremodo onerosi: in sostanza, il decreto-legge in titolo, l'ottavo nell'arco del biennio della legislatura in corso che rimaneggia compulsivamente la stessa materia – i flussi migratori – sancisce un fallimento; se sussiste (ancora) un'emergenza, come indicato nel preambolo, è evidente che tutte le iniziative adottate dal Governo in due anni e mezzo, lo scardinamento del sistema pubblico e diffuso di accoglienza e il continuo rimaneggiamento in peius della gestione dei flussi migratori, ai limiti della legittimità e in contrasto con i diritti umani e i principi del nostro ordinamento, non hanno reso i risultati sperati;
contrasta platealmente con le tutele garantite dalla nostra Costituzione e desta preoccupazione con riguardo al principio di proporzionalità e per il fatto che essa potrebbe esorbitare, nell'ottica pansecuritaria del Governo in carica, dallo straniero al cittadino, sbilanciandosi nel contemperamento, tipico dello Stato di diritto, dell'esigenza di tutela dell'ordine pubblico e di rispetto dei diritti fondamentali individuali;
il «modello» propagandato dal Governo utilizza i trasferimenti forzati e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di gestione dei flussi migratori, in una visione politica che forza e piega principi, rischia di creare ampie zone d'ombra e piena discrezionalità fino a sospendere diritti – come di recente messo in luce, ciò fa temere non solo per gli spazi di protezione giuridica e per il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone – oggi ai migranti, domani chissà – ma per la tenuta delle stesse istituzioni democratiche;
anche in questa occasione, non sono indicate – le norme tacciono completamente su questo punto – le procedure di rimpatrio dei migranti nei Paesi d'origine direttamente dall'Albania; le norme tacciono, altresì, sulle modalità dei trasferimenti dei migranti dai CPR sul territorio nazionale a quello albanese, per i quali non sono previsti criteri di «selezione» né motivazioni né autorizzazioni del giudice competente, in quanto rimessi alla piena discrezionalità dell'autorità amministrativa – che appare alla stregua di un trasferimento obbligato, forzato e casuale di drammatica memoria;
prevedere l'utilizzo di strutture di accoglienza e detenzione amministrativa al di fuori del territorio europeo è una iniziativa di dubbia legittimità e che non potrà che incrementare i contenziosi, allungare le procedure e le spese a carico dello Stato, acuendo le criticità e i costi, già abnormi, che il nostro Paese ha subìto e sostenuto fin dall'avvio del Protocollo con l'Albania – finora, il Protocollo «cuba» al minimo 800 milioni di euro e impiega centinaia di unità di personale delle forze di polizia ivi allocati, a guardia del vuoto, mentre sul territorio nazionale mancano le risorse per sostenere il crescente numero di famiglie in povertà assoluta e scarseggiano i presìdi di sicurezza a tutela della collettività;
grave appare la possibilità che anche i minorenni siano a rischio di permanenza nei CPR nazionali o di trasferimento nelle omologhe strutture su suolo Albanese, a causa della recente introduzione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie di maggiorenni, costituita dai minori stranieri non accompagnati che «appaiano essere» (come si leggeva nella relazione illustrativa del Governo) di «almeno 16 anni» e per i quali è stato disposto un trattamento al pari e insieme ai migranti adulti nei centri governativi e nelle strutture temporanee – gli stessi luoghi la cui capienza può essere raddoppiata e nei quali l'assistenza e i servizi sono ridotti all'osso (combinato disposto dell'art. 7 del decreto-legge n. 133/2023 e norme del decreto c.d. «Cutro»);
si rammenta che, secondo la direttiva europea, i rimpatri cui essa si applica e che si riconoscono giuridicamente come tali, possono avvenire soltanto dal territorio degli Stati membri;
preme ai firmatari rilevare che l'assenza di trasparenza in ordine all'attività del Governo per la gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne si va via via sempre più estendendo, dalla realizzazione dei CPR sul territorio nazionale, in deroga ad ogni disciplina diversa dalla legge penale, sottratti alla vigilanza ordinaria dell'ANAC, ai centri di detenzione costruiti in Albania, anche secretati per ragioni di sicurezza nazionale ed affidati al genio militare, l'esclusione dall'accesso civico, stabilito con decreto ministeriale del Ministro dell'interno fino alla recente disposizione che secreta in modo assoluto, tramite il cappello della sicurezza nazionale, contratti e appalti concernenti la gestione e il controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare, ed introduce anche una secretazione in deroga, esclusa dalla motivazione rafforzata e dal controllo della Corte dei conti disposte dalla disciplina vigente;
in proposito, i firmatari rammentano, altresì, che ai sensi della disciplina vigente, il Ministro dell'interno è chiamato a rendere alle Camere una relazione annuale, in attuazione dell'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto per fronteggiare l'immigrazione – l'ultima relazione trasmessa alle Camere riguarda l'anno 2021,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad adottare ogni misura utile, sotto il profilo amministrativo e legislativo, affinché le amministrazioni competenti per l'attuazione del decreto in titolo vigilino sulla struttura adibita a centro di permanenza e rimpatrio situata in Albania, in particolare in ordine alla gestione e all'erogazione dei servizi, affinché siano assicurate alle persone ivi trattenute le garanzie e le tutele previste e riconosciute dalla direttiva 2008/115/CE (c.d. «rimpatri»), in particolare in ordine al diritto alla difesa, alla tutela legale e alle informazioni sui diritti esercitabili.
9/2329-A/25. Carmina, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza, D'Orso, Dell'Olio.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge in esame estende la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture in Albania, oggetto del relativo Protocollo del novembre 2023, includendovi coloro i quali sono destinatari di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati, autorizza la cessione gratuita di due motovedette all'Albania, nell'ambito della procedura di trattenimento, consente il trasferimento dello straniero in altro centro senza necessità di nuova convalida e in caso di mancata convalida iniziale, consente l'adozione di un nuovo provvedimento entro 48 ore, durante le quali il richiedente può rimanere nel centro. Viene infine ampliato l'ambito applicativo della procedura accelerata alla frontiera o in zona di transito;
nel contesto dell'attuazione di tali misure, rivestono rilievo fondamentale anche le procedure amministrative relative all'ingresso regolare degli stranieri per motivi di lavoro subordinato, in quanto strumenti di prevenzione dell'irregolarità;
l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187, ha previsto che le domande di nulla osta al lavoro subordinato nell'ambito dei flussi annuali siano presentate, oltre che dai datori di lavoro, anche da associazioni datoriali, professionali e di categoria iscritte in appositi elenchi presso il Ministero del lavoro;
tra i soggetti istituzionalmente deputati all'assistenza dei lavoratori stranieri vi sono altresì gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dalla legge 30 marzo 2001, n. 152, che svolgono attività di supporto nella presentazione delle istanze e nell'orientamento giuridico e amministrativo in materia di immigrazione, lavoro e soggiorno;
l'estensione della legittimazione attiva ai patronati nell'ambito delle procedure di richiesta di nulla osta al lavoro per gli stranieri, in particolare durante le cosiddette procedure a sportello («click day»), potrebbe contribuire a migliorare l'efficienza del sistema, a ridurre il contenzioso e a prevenire fenomeni di irregolarità, favorendo al contempo il canale dell'ingresso regolare,
impegna il Governo
a rivedere le politiche per la gestione dei flussi migratori, accompagnando le misure volte al contrasto dell'immigrazione irregolare e al rafforzamento dell'azione di rimpatrio con interventi volti a favorire il canale dell'ingresso regolare degli stranieri, a tal fine adottando iniziative normative volte ad estendere la possibilità di presentare domande di nulla osta per lavoro subordinato anche agli istituti di patronato e di assistenza sociale di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, riconoscendone il ruolo di soggetti qualificati a tutela dei lavoratori e come presidio di legalità e regolarità nei flussi migratori di ingresso per motivi di lavoro.
9/2329-A/26. Gadda.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge in esame interviene in maniera estensiva sull'apparato normativo in materia di trattenimento amministrativo degli stranieri, introducendo significative deroghe alle garanzie previste dalla normativa vigente, in particolare dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dal decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 e dal decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
le modifiche introdotte, con particolare riferimento alla possibilità di trasferimenti tra centri di trattenimento senza nuova convalida del provvedimento, alla permanenza nei centri in caso di mancata convalida, all'estensione dei casi di applicazione della procedura accelerata alla frontiera e alla cessione di motovedette alla Repubblica di Albania, sollevano profili di criticità sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali, delle garanzie giurisdizionali e della coerenza costituzionale e sovranazionale della disciplina sull'immigrazione e sull'asilo;
l'effetto complessivo delle norme rischia di determinare un significativo arretramento delle garanzie giurisdizionali e della tutela dei diritti delle persone migranti, compromettendo i principi di proporzionalità, legalità e controllo giurisdizionale che informano l'intero ordinamento democratico,
impegna il Governo
ad adottare iniziative normative volte a garantire che eventuali modifiche alla disciplina del trattenimento e del rimpatrio degli stranieri siano oggetto di un autonomo e organico intervento normativo, rispettoso delle prerogative parlamentari e dei principi costituzionali e convenzionali in materia di libertà personale, diritto d'asilo e rispetto della dignità umana.
9/2329-A/27. Boschi.
La Camera,
premesso che:
L'articolo 1 del decreto-legge 28 marzo 2025, n. 37, recante disposizioni urgenti per il contrasto dell'immigrazione irregolare, interviene sulla legge n. 14/2024, recante «Ratifica ed esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno» estendendo, al comma 1, la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture in Albania, includendovi coloro i quali sono destinatari di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati;
il comma 2 del medesimo decreto-legge in esame, nell'ambito della procedura del trattenimento dello straniero, fa salva la facoltà di disporre il trasferimento dello stesso in altro centro, senza che venga meno il trattenimento adottato e che sia richiesta una nuova convalida;
la piena attuazione di tale previsione normativa implica l'attivazione di presidi giuridici e operativi che garantiscano la tutela effettiva dei diritti fondamentali della persona, in coerenza con i principi costituzionali e con gli obblighi internazionali assunti dall'Italia, in particolare quelli derivanti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
impegna il Governo
ad adottare iniziative normative volte ad assicurare, nell'attuazione del Protocollo Italia-Albania, il pieno accesso alla difesa legale tramite rimborsi adeguati per gli avvocati e gli interpreti che operano nelle aree estere previste dal Protocollo, garantire l'effettivo esercizio delle funzioni di controllo del Garante nazionale mediante l'assegnazione di risorse adeguate, richiamare esplicitamente il rispetto della legalità e dei diritti umani nell'attuazione degli obblighi derivanti dal Protocollo bilaterale e garantire l'applicazione, anche al di fuori del territorio nazionale, delle norme che assicurano il diritto di accesso alle strutture di trattenimento da parte delle autorità preposte alla vigilanza, tra cui parlamentari, magistrati di sorveglianza e garanti dei detenuti.
9/2329-A/28. Bonifazi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge amplia la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture realizzate in Albania in attuazione del Protocollo (Sito portuale di Shengjin – Struttura per l'arrivo dei migranti e Sito di Gjader – Struttura per il trattenimento dei migranti durante lo svolgimento delle procedure di verifica dei requisiti di permanenza in Italia e di procedure per il rimpatrio). In particolare, in virtù della modifica si prevede che possano essere condotte nelle strutture in riferimento anche le persone destinatarie di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (testo unico sull'immigrazione);
nell'ambito dell'attuazione del Protocollo, la disciplina vigente prevede all'articolo 3, comma 7, della legge 21 febbraio 2024, n. 14, una deroga generalizzata alla normativa sugli appalti pubblici, con potenziali criticità in termini di trasparenza, concorrenza, legalità e controllo sull'impiego delle risorse pubbliche,
impegna il Governo
ad adottare iniziative normative volte a ripristinare, nel prossimo provvedimento utile, nell'ambito dell'attuazione del Protocollo bilaterale, le ordinarie garanzie giuridiche previste dalla disciplina vigente in materia di contratti pubblici, assicurando la piena trasparenza e la legalità delle procedure amministrative e degli affidamenti connessi all'operatività delle strutture di trattenimento e dei servizi correlati.
9/2329-A/29. Del Barba.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge contiene disposizioni volte a rafforzare l'azione di rimpatrio e prevede, in attuazione del Protocollo sottoscritto a Roma il 6 novembre 2023 tra il Governo italiano e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania, la possibilità di trasferire cittadini stranieri in strutture ubicate nel territorio albanese, per finalità connesse al trattenimento e all'espulsione;
ad oggi, le strutture costruite in attuazione del Protocollo risultano sostanzialmente inutilizzate, in attesa della pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea, investita mediante rinvio pregiudiziale da parte del Tribunale di Roma, chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto da alcuni cittadini bengalesi avverso il diniego della protezione internazionale, con particolare riferimento all'interpretazione del concetto di «Paese sicuro» ai sensi della normativa europea vigente;
tale situazione comporta un dispendio di risorse pubbliche senza efficacia operativa, con la conseguente necessità di individuare una destinazione alternativa, giuridicamente fondata e concretamente realizzabile, che consenta di valorizzare gli investimenti effettuati;
in questo quadro, si ritiene opportuno destinare le strutture in oggetto all'esecuzione della pena o alla custodia cautelare dei cittadini albanesi, nel rispetto delle convenzioni internazionali vigenti in materia di trasferimento dei detenuti e di cooperazione giudiziaria,
impegna il Governo
ad adottare le misure necessarie volte a destinare le strutture realizzate nel territorio della Repubblica di Albania in attuazione del Protocollo bilaterale del 6 novembre 2023 all'esecuzione della pena e alla custodia cautelare di cittadini di nazionalità albanese, anche al fine di superare l'attuale condizione di inutilizzo e garantire il pieno rispetto dei principi di legalità, efficienza e tutela dei diritti fondamentali.
9/2329-A/30. Giachetti.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le Corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
il centro di Gjader, infatti, non sarà più ora utilizzato principalmente come luogo per la cd. procedura accelerata di frontiera, ed esclusivamente per persone soccorse in acque internazionali, come previsto nel protocollo originariamente firmato, ma verrà utilizzato come un qualsiasi altro Cpr che si trovi sul suolo italiano, potendovisi trasportare persone destinatarie di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati ai sensi dell'articolo 14 del testo unico immigrazione;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il Trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti trattenuti nel centro di Gjader, con particolare riferimento alle condizioni dei migranti provenienti dal Bangladesh.
9/2329-A/31. Berruto.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti trattenuti nel centro di Gjader, con particolare riferimento alle condizioni dei migranti provenienti dall'Algeria.
9/2329-A/32. De Luca.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti trattenuti nel centro di Gjader, con particolare riferimento alle condizioni dei migranti provenienti dal Nord Africa.
9/2329-A/33. Fornaro.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti trattenuti nel centro di Gjader, con particolare riferimento alle condizioni dei migranti provenienti dalla Libia.
9/2329-A/34. Sarracino.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti trattenuti nel centro di Gjader, con particolare riferimento alle condizioni dei migranti provenienti dalla Tunisia.
9/2329-A/35. Scotto.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti trattenuti nel centro di Gjader, con particolare riferimento alle condizioni dei migranti provenienti dall'Egitto.
9/2329-A/36. Boldrini.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti trattenuti nel centro di Gjader, con particolare riferimento alle condizioni dei migranti provenienti dal Marocco.
9/2329-A/37. Bakkali.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata su quante sono state e sul modo in cui sono state utilizzate le risorse sin qui impiegate.
9/2329-A/38. Bonafè, Simiani, Grimaldi.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata su quanti migranti, e di quale provenienza geografica, sono stati sin qui trattenuti nel centro di Gjader.
9/2329-A/39. Orfini.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti presso il centro di Gjader, e in particolare sul rispetto del diritto di difesa così come garantito dall'articolo 24 della Costituzione.
9/2329-A/40. Scarpa.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti presso il centro di Gjader, con particolare riferimento al rispetto dei diritti umani fondamentali così come tutelati dalle norme internazionali generali.
9/2329-A/41. Cuperlo.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
a presentare, entro sei mesi dalla conversione in legge del decreto-legge in esame, una relazione dettagliata sulle condizioni di trattenimento dei migranti presso il centro di Gjader, con particolare riferimento al rispetto dei diritti umani fondamentali così come tutelati dalle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia.
9/2329-A/42. Toni Ricciardi.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a garantire il pieno rispetto dei diritti umani fondamentali delle persone trattenute a Gjader, con particolare riferimento al diritto di conferire con i propri familiari.
9/2329-A/43. Di Biase.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a garantire il pieno rispetto dei diritti umani fondamentali delle persone trattenute a Gjader, con particolare riferimento al diritto di conferire con il proprio difensore sin dall'inizio della restrizione.
9/2329-A/44. Serracchiani.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a garantire il pieno rispetto dei diritti umani fondamentali delle persone trattenute a Gjader, con particolare riferimento al diritto alla salute.
9/2329-A/45. Malavasi, Marino, Prestipino, Laus.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a garantire il pieno rispetto dei diritti umani fondamentali delle persone trattenute a Gjader, con particolare riferimento al diritto alla salute mentale, laddove i sintomi non si siano manifestati al momento dell'invio in Albania.
9/2329-A/46. Lacarra.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile atta a garantire il pieno rispetto dei diritti umani fondamentali delle persone trattenute a Gjader, con particolare riferimento al diritto ad avere spazi adeguati così come riconosciuto anche dalla cd. Sentenza Torreggiani della Corte europea dei diritti dell'uomo per la violazione dell'articolo 3 della CEDU.
9/2329-A/47. Gianassi.
La Camera,
premesso che:
è all'esame dell'Assemblea il decreto-legge n. 37 del 2025 recante disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare;
il decreto-legge, in particolare, ha ampliato l'utilizzo del centro di Gjaderb – costruito dopo la firma del Protocollo bilaterale sottoscritto a novembre del 2023 tra il Governo italiano e quello albanese –, trasformandolo in un hub di rimpatrio per migranti la cui richiesta di asilo sia stata respinta e che siano soggetti a ordini di espulsione;
l'ampliamento dell'utilizzo del centro di Gjaderb è stato deciso quale conseguenza delle numerose polemiche che hanno investito il Governo per gli alti costi sostenuti dall'Italia per aprire e ristrutturare due centri in Albania, poi rimasti vuoti a seguito di numerosi contenziosi giudiziari con le corti d'appello nazionali e con la Corte di Giustizia europea;
le modifiche introdotte sollevano gravi dubbi anche rispetto alla violazione dell'articolo 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
l'effettività del diritto di difesa, infatti, sarà molto problematica per i trattenimenti in Albania, dove è difficile avere contatti con un avvocato, non è possibile effettuare colloqui in presenza con il difensore, e le modalità di esercizio di un diritto fondamentale garantito a tutti dalla nostra Costituzione sono affidate al responsabile di un centro di trattenimento amministrativo;
lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ravvisato potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, soprattutto per la parte che riguarda la gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come nel caso della detenzione automatica dei migranti e del rischio di una detenzione prolungata;
i centri realizzati in Albania, presentati come un modello per la gestione dei flussi migratori, sono rimasti per lo più vuoti e si sono rivelati in questi mesi solo come un'enorme spreco di risorse pubbliche, accompagnato dall'inutile impiego di forze dell'ordine che invece di essere utilmente impiegate per garantire la sicurezza nel nostro paese si sono trovati a scortare i migranti su e giù per il mare che divide l'Italia dall'Albania,
impegna il Governo
ad effettuare un monitoraggio con particolare riferimento a quante persone siano state sino ad oggi trattenute a Gjader e a quante di queste abbiano in precedenza attraversato un lager libico.
9/2329-A/48. Ghio.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in corso di conversione interviene, da un lato, sulla normativa riguardante i centri di permanenza per i rimpatri (CPR) situati in Albania e, dall'altro, sulle disposizioni, in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, relative alla localizzazione, alla realizzazione di nuovi CPR, nonché all'ampliamento e al ripristino dei centri già esistenti, ivi inclusi, quindi, quello su suolo italiano;
dalle ripetute notizie di stampa e dai numerosi report di autorevoli istituzioni e associazioni, si è appreso come le condizioni nei CPR situati in Italia siano preoccupanti;
è quantomai opportuno, dunque, che il Governo intervenga anche per il miglioramento delle condizioni delle persone che si trovano in tali strutture;
nello specifico, molteplici testimonianze realizzate da parte di organismi istituzionali, quali il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, di organizzazioni non governative come Amnesty International, il NAGA, ASGI, Antigone, nonché svariate inchieste giornalistiche, hanno testimoniato consistenti violazioni dei diritti umani all'interno del CPR di Via Corelli (Milano);
nel CPR di via Corelli, così come in molte altre strutture, è documentato l'abuso di psicofarmaci, che vengono somministrati senza o quasi alcun supporto diagnostico effettivo, come testimoniato dall'audizione dell'Associazione Altreconomia presso la Commissione consiliare Welfare del Comune di Milano in data 11 maggio 2023;
nella struttura di via Corelli, sono attualmente trattenute senza adeguato supporto medico e farmacologico numerosi individui, anche minorenni, spesso vittime di traumi violenti;
il Comune di Milano si è impegnato a chiedere, già nel dicembre 2018, la chiusura della struttura, al fine di riconvertirla in centro per le famiglie in emergenza abitativa o studentato,
impegna il Governo
ad adoperarsi con la massima urgenza affinché si giunga quanto prima alla chiusura della struttura di Via Corelli e al trasferimento degli ospiti in spazi più adeguati e dignitosi in attesa del rimpatrio.
9/2329-A/49. Pastorella.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in via di conversione prevede, tra l'altro, disposizioni urgenti ai fini del rafforzamento dell'azione di rimpatrio, anche per quel che riguarda le strutture in Albania, oggetto del relativo Protocollo del novembre 2023;
come noto, al momento in Albania esistono due centri per migranti, che risultano vuoti, presidiati da decine di agenti di polizia e dotati di centinaia di telecamere;
si tratta del sito portuale di Schengjin, una frazione del comune di Lezhe, allestito per identificare e accogliere i migranti soccorsi in mare, tassativamente maschi adulti e all'apparenza in buona salute, e di quello di Gjader, privo di servizi idrici e fognari, adibito a Centro di permanenza e rimpatrio con 880 posti per richiedenti asilo, 144 per migranti da espellere e 20 per il penitenziario;
il Governo ha già stanziato circa 300 milioni di euro per i centri in Albania nel biennio in corso e, secondo il protocollo firmato, la spesa totale prevista supererà i 726 milioni di euro in dieci anni, con un costo complessivo che potrebbe superare il miliardo;
nonostante ciò, i centri restano vuoti e, temendo di essere giustamente accusato di danno erariale, il Governo tenta di giustificare la spesa utilizzandoli, in maniera non prevista dal Protocollo del 2023 né dalle direttive europee, come centri di detenzione ed espulsione dei migranti irregolari;
il cambiamento di destinazione dimostra il fallimento anche in ordine all'obiettivo dichiarato di fungere da deterrente contro l'immigrazione clandestina;
inoltre, secondo notizie di stampa, per «esigenze di alloggiamento presso strutture alberghiere» delle forze di polizia impiegate nei servizi connessi al protocollo, per un anno a partire dal 28 maggio 2025, è stato recentemente diffuso un bando di gara da 8,9 milioni di euro;
siamo di fronte a costi esorbitanti con risultati nulli, anche tenendo conto del fatto che, nonostante l'impegno meritorio del Genio militare italiano, le strutture sopra citate sono state costruite in luoghi degradati e destinate a usurarsi in breve tempo, mentre continuano a restare di fatto vuote e inutilizzate;
è di tutta evidenza, quindi, che non esiste alcun «modello Albania» mentre ci si trova di fronte ad un vero e proprio monumento allo spreco dovuto alla volontà propagandistica del Governo,
impegna il Governo
a riconsiderare le politiche per la gestione dei flussi migratori, rivedendo gli effetti applicativi del provvedimento in esame e adottando tutte le iniziative necessarie per chiudere rapidamente i centri in Albania, recuperando così le risorse umane ed economiche necessarie per garantire effettivamente la sicurezza delle nostre città, con particolare attenzione per le periferie.
9/2329-A/50. Casu.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge stabilisce che potranno essere trasferiti in Albania non solo i migranti intercettati in acque internazionali durante operazioni di soccorso, ma anche tutti i cittadini stranieri destinatari di provvedimenti di trattenimento. Si aprono così le carceri albanesi ai migranti irregolari già presenti sul territorio italiano e destinati ai CPR in attesa di espulsione ed amplia notevolmente la portata dell'Accordo, prevedendo trasferimenti di cittadini stranieri già presenti in CPR italiani a quello di Gjader, senza necessità di ulteriore convalida giudiziaria;
il provvedimento istituisce un pericoloso meccanismo di delocalizzazione verso un Paese terzo, esterno all'Unione europea, prefigurando, di fatto, la costituzione di centri detentivi per stranieri in violazione anche delle norme legislative nazionali vigenti (decreti legislativi n. 286 del 1998, n. 251 del 2007 e n. 25 del 2008). Questo perché, ad avviso dei firmatari, lo straniero portato in Albania rispetto allo straniero sbarcato o «detenuto» nel CPR in Italia si troverebbe in una condizione di evidente discriminazione legale dovuta a motivi di condizione personale;
all'articolo 1, la lettera b-bis) del comma 1, introdotta in sede referente, inserisce il comma 7-bis all'articolo 3 della legge n. 14 del 2024, autorizzando per il 2025 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a cedere a titolo gratuito alla Repubblica di Albania due motovedette della classe 400 Cavallari in dotazione alla Guardia costiera. La cessione avviene con contestuale cancellazione delle motovedette dai registri inventariali e dai ruoli speciali del naviglio militare dello Stato;
l'articolo 2 prevede che dall'attuazione del decreto-legge in esame non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate vi provvedano nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente;
se da una parte si afferma la volontà di cedere a titolo gratuito per il 2025 due motovedette della classe 400 Cavallari in dotazione alla Guardia costiera, con contestuale cancellazione dai registri inventariali e dai ruoli speciali del naviglio militare dello Stato, dall'altro, con l'articolo 2 si prevede che dall'attuazione del decreto-legge non debbano derivare nuovi o maggiori oneri, eppure il costo cadauno delle motovedette classe 400 Cavallari si aggirerebbe intorno ai 3 milioni di euro,
impegna il Governo
ad adottare iniziative, anche normative, volte a rientrare in possesso delle due motovedette classe 400 Cavallari entro e non oltre il 1 gennaio 2026, provvedendo, con immediatezza, alla reimmatricolazione delle motovedette ai registri inventariali e dai ruoli speciali del naviglio militare dello Stato.
9/2329-A/51.Zaratti, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge stabilisce che potranno essere trasferiti in Albania non solo i migranti intercettati in acque internazionali durante operazioni di soccorso, ma anche tutti i cittadini stranieri destinatari di provvedimenti di trattenimento;
la lettera a) del comma 1, opera sull'articolo 3, comma 2, della legge sulla legge n. 14 del 2024, recante «Ratifica ed esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno», ampliando la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture in Albania attraverso due novelle;
si ricorda che, nella versione previgente, la disposizione oggetto della modifica consentiva di condurre nelle strutture in Albania realizzate in attuazione del Protocollo, esclusivamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all'esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell'Unione europea, anche a seguito di operazioni di soccorso;
non sembra affatto, che il diritto dell'Unione autorizzi in alcun modo la collocazione e la gestione da parte di un Paese UE di una propria struttura di trattenimento al di fuori del territorio UE;
il diritto UE non ha finora mai contemplato la possibilità che centri di trattenimento europei possano venire aperti a piacimento in giro per il mondo e prevede che il trattenimento per eseguire l'espulsione dal territorio di uno Stato membro dell'Unione può essere applicato solo come ultima ratio, se non «possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive» e «soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento» (articolo 15 par. 1), inteso, come sopra indicato, come il trasporto fisico fuori dal territorio UE. «Il trattenimento deve essere il più breve possibile, deve essere periodicamente riesaminato per valutare in concreto se ci sono le ragioni per proseguirlo e se non c'è alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi ...il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata» (articolo 15 par. 4);
si rammenta che gli stranieri trattenuti devono avere la possibilità «di entrare in contatto, a tempo debito, con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti» (articolo 16 par. 2) nonché con organizzazioni non governative di tutela, le quali «hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea» (articolo 16 par. 4). L'accesso a tali diritti deve essere effettivo, non può solamente essere sancito ma non essere concretamente esercitabile, come avverrebbe in caso di strutture ubicate al di fuori del territorio dello Stato membro dell'UE. Il familiare non può in concreto incontrare chi è trattenuto se il centro di detenzione si trova in zone remote o inaccessibili e sarebbe del tutto privo di ogni logica sostenere che l'Albania non presenta problemi perché in fondo è geograficamente vicina, giacché l'effettività dell'esercizio dei diritti garantiti ai trattenuti non è questione di chilometraggio. A ben guardare neppure le visite ispettive svolte da parlamentari e le stesse funzioni di monitoraggio e controllo svolte dal Garante nazionale per le persone private della libertà personale potrebbero essere svolte in modo efficace in strutture ubicate al di fuori del territorio nazionale. Nei centri di detenzione ubicati al di fuori degli Stati dell'Unione non risulta dunque possibile attuare il trattenimento dei trattenuti «nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali (considerando n. 17) e semmai ben si può ritenere che le persone che vi verrebbero rinchiuse assomiglierebbero ad ostaggi di un potere arbitrario»,
impegna il Governo
ad adottare tutte le iniziative utili volte a istituire presso i centri in Albania uno speciale ufficio di servizi del Garante nazionale dei diritti delle persone private delle libertà personali.
9/2329-A/52.Zanella, Zaratti, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
stando alla lettera dell'Accordo il trattenimento dovrebbe durare al massimo 28 giorni, allo scadere dei quali lo straniero deve essere rimpatriato, mentre la detenzione in un CPR può durare fino a 18 mesi, che l'Accordo si riferisca soltanto alle procedure di frontiera è confermato dalla Corte costituzionale albanese, la quale, nella sentenza n. 2 del 2024, ha sottolineato come nessun migrante potrà rimanere in Albania oltre i 28 giorni previsti dalla legislazione italiana;
il Governo, ad avviso dei firmatari, ha quindi ha modificato unilateralmente la portata del trattato, rischiando così una contestazione da parte albanese per violazione della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, che prevede l'esecuzione in buona fede degli accordi internazionali secondo il principio «Pacta sunt servanda»;
questa situazione non solo potrebbe creare tensioni diplomatiche con l'Albania, ma solleva interrogativi sulla legittimità costituzionale dell'operato governativo, considerando che l'articolo 117 della Costituzione impone il rispetto degli obblighi internazionali nell'esercizio della funzione legislativa;
il caso Albania ancora una volta si dimostra essere ad avviso dei firmatari un campo di sperimentazione per un approccio giuridico spregiudicato, governato dall'idea che il diritto internazionale e le garanzie costituzionali siano liberamente manipolabili per il raggiungimento dei fini governativi, a nulla importando lo strappo di regole maturate in lunghi e accurati processi democratici in contesti nazionali e internazionali;
il limite massimo di permanenza nei CPR è di 18 mesi. Il termine ordinario è di 3 mesi, prorogabile di altri 3 mesi. Ulteriori proroghe, fino al massimo di altri 12 mesi possono essere stabilite in determinati casi: se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi;
si ricorda che l'articolo 9, comma 1, del Protocollo Italia-Albania prevede che «Il periodo di permanenza dei migranti nel territorio della Repubblica d'Albania in attuazione del presente Protocollo, non può essere superiore al periodo massimo di trattenimento consentito dalla vigente normativa italiana. Le autorità italiane, al termine delle procedure eseguite in conformità alla normativa italiana, provvedono all'allontanamento dei migranti dal territorio albanese. Le spese relative a tali procedure sono totalmente sostenute dalla Parte italiana conformemente alle disposizioni del presente Protocollo»;
l'ipotesi di trattenimento in centri per il rimpatrio collocati fuori dal territorio nazionale non è allo stato presa in considerazione dalla vigente direttiva 2008/115/CE in materia di rimpatri;
la lettera a) del comma 1, dell'articolo 1, amplia la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture in Albania attraverso due novelle;
l'articolo 2 prevede che dall'attuazione del decreto-legge in esame non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate vi provvedano nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente,
impegna il Governo
ad adottare ogni opportuna iniziativa al fine di trasferire nei centri Albanesi i migranti nel solo caso di effettivo e accertato sovraffollamento dei centri di permanenza e rimpatrio situati nel territorio nazionale e comunque in ottemperanza del diritto dell'Unione europea e delle convenzioni internazionali.
9/2329-A/53.Mari, Zanella, Zaratti, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Ghirra, Grimaldi, Dori, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
il sistema di accoglienza dei migranti nel territorio italiano si articola in diverse fasi. La prima fase consiste nel soccorso e identificazione, nonché nella prima assistenza dei migranti, soprattutto nei luoghi di sbarco. Le procedure di soccorso e identificazione dei cittadini irregolarmente giunti nel territorio nazionale si svolgono presso i c.d. punti di crisi (hotspot), allestiti nei luoghi dello sbarco per consentire assistenza, screening sanitario, identificazione e fornire informazioni circa le modalità di richiesta della protezione internazionale o di partecipazione al programma di relocation;
le funzioni di prima assistenza sono assicurate nei centri governativi di accoglienza, dove avvengono anche l'identificazione dello straniero (ove non sia stato possibile completare le operazioni negli hotspot), la verbalizzazione e l'avvio della procedura di esame della domanda di asilo, l'accertamento delle condizioni di salute e la sussistenza di eventuali situazioni di vulnerabilità;
i centri di permanenza per il rimpatrio – CPR sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento, lo straniero è trattenuto, per il tempo strettamente necessario, presso il centro di permanenza per i rimpatri più vicino, tra quelli individuati;
il limite massimo di permanenza nei CPR è di 18 mesi. Il termine ordinario è di 3 mesi, prorogabile di altri 3 mesi. Ulteriori proroghe, fino al massimo di altri 12 mesi possono essere stabilite in determinati casi: se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi;
secondo la Corte costituzionale «il trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea e assistenza (oggi centri di permanenza per i rimpatri) è misura incidente sulla libertà personale, che non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell'articolo 13 della Costituzione». La Corte rileva che «il trattenimento è quantomeno da ricondurre alle altre restrizioni della libertà personale», di cui pure si fa menzione nell'articolo 13 della Costituzione;
la Corte, proseguendo nel ragionamento, ritiene si determini nel caso del trattenimento «quella mortificazione della dignità dell'uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all'altrui potere e che è indice sicuro dell'attinenza della misura alla sfera della libertà personale» (Corte cost. 105/2001 e, nello stesso senso anche le pronunce n. 127 del 2022 e n. 212 del 2023);
la lettera b) del comma 1, modificata in sede referente, interviene sul comma 4 dell'articolo 3 della legge n. 14 del 2024. Si ricorda che tale comma 4 equipara le strutture indicate nel Protocollo Italia-Albania alle corrispondenti strutture previste dalla normativa nazionale,
impegna il Governo:
ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a trasferire i migranti in Albania, salvo i minori non accompagnati, previo consenso dello straniero interessato dal trasferimento e convalida del giudice, entro le 48 ore successive, del provvedimento motivato di trasferimento disposto dal questore.
9/2329-A/54.Borrelli, Zanella, Zaratti, Bonelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Dori.
La Camera,
premesso che:
al fine di evitare un possibile danno erariale, la soluzione escogitata dal Governo è stata quella di cambiare, con il decreto-legge in esame, la natura dei centri albanesi;
si tratta di uno dei segnali più significativi dell'inconsistenza del Governo che, pur di non ammettere il colossale flop della sua politica migratoria è costretto a far funzionare a tutti i centri albanesi, tutto ciò mentre i centri nazionali per il rimpatrio sono pieni soltanto al 50 per cento della loro capienza: è una chiara scelta politica senza alcun interesse pubblico, a danno delle casse dello Stato;
la Presidente del Consiglio aveva dichiarato, in Parlamento, come i centri in Albania avessero una funzione deterrente, per contrastare il fenomeno dell'immigrazione irregolare. Oltre ad osservare quanto tali dichiarazioni rivelino una grave sottovalutazione delle motivazioni che spingono i migranti a tale viaggio, il decreto-legge in esame non presenta alcuna finalità di deterrenza, prevedendo un trattenimento di carattere punitivo e a favore di telecamere, ad imitazione di quanto fatto dal presidente Trump con migranti di paesi del centro America;
vi è poi la questione della detenzione penitenziaria nell'ambito del CPR da istituirsi in Albania allorché si debbano adottare misure cautelari personali e pene detentive in ottemperanza alle disposizioni di cui agli articoli 18 e 19 del decreto sicurezza, poiché verrebbe punito chiunque, all'interno di uno dei centri per migranti, «mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all'esecuzione degli ordini impartiti ovvero mediante tentativi di evasione, commessi in tre o più persone riunite, promuove, organizza o dirige una rivolta» con pene che possono arrivare fino a 8 anni;
si ricorda che l'articolo 9, comma 1, del Protocollo Italia-Albania prevede che «Il periodo di permanenza dei migranti nel territorio della Repubblica d'Albania in attuazione del presente Protocollo, non può essere superiore al periodo massimo di trattenimento consentito dalla vigente normativa italiana. Le autorità italiane, al termine delle procedure eseguite in conformità alla normativa italiana, provvedono all'allontanamento dei migranti dal territorio albanese. Le spese relative a tali procedure sono totalmente sostenute dalla Parte italiana conformemente alle disposizioni del presente Protocollo»;
l'ipotesi di trattenimento in centri per il rimpatrio collocati fuori dal territorio nazionale non è allo stato presa in considerazione dalla vigente direttiva 2008/115/CE in materia di rimpatri;
la lettera a) del comma 1, dell'articolo 1, amplia la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture in Albania attraverso due novelle,
impegna il Governo:
ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a trasferire i migranti in Albania, salvo le persone fragili e minori, previo consenso dello straniero interessato dal trasferimento e convalida del giudice, entro le 48 ore successive, del provvedimento motivato di trasferimento disposto dal questore e comunque in ottemperanza al diritto dell'Unione europea e alle convenzioni internazionali.
9/2329-A/55.Grimaldi, Borrelli, Zanella, Zaratti, Bonelli, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Dori.
La Camera,
premesso che:
i centri per migranti in Albania, soprattutto quelli stabiliti nell'ambito dell'accordo tra Italia e Albania, presentano una serie di problematiche legate alla loro validità giuridica, alla gestione dei rimpatri, e ai diritti dei migranti trattenuti e per evitare un possibile danno erariale, la soluzione escogitata dal Governo è stata quella di cambiare, con il decreto-legge in esame, la natura dei centri albanesi;
i centri costruiti dall'Italia in Albania di fatto non hanno mai funzionato, perché i tribunali italiani non hanno confermato il trattenimento delle persone richiedenti asilo che vi erano stati trasferiti per essere sottoposti alla procedura accelerata di asilo. Per questo, il 28 marzo, il Consiglio dei ministri ha approvato uno scarno decreto-legge per trasformare quei centri in CPR, nonostante le strutture di questo tipo in Italia siano mezze vuote: è una chiara scelta politica senza alcun interesse pubblico, a danno delle casse dello Stato;
si tratta di uno dei segnali più significativi dell'inconsistenza del Governo che, pur di non ammettere il colossale flop della sua politica migratoria è costretto a far funzionare a tutti i costi i centri albanesi;
il provvedimento in esame istituisce un pericoloso meccanismo di delocalizzazione verso un Paese terzo, esterno all'Unione europea, prefigurando, di fatto, la costituzione di centri detentivi per stranieri in violazione, ad avviso dei firmatari, anche delle norme legislative nazionali vigenti (decreti legislativi n. 286 del 1998, n. 251 del 2007 e n. 25 del 2008). Questo perché lo straniero portato in Albania rispetto allo straniero sbarcato o «detenuto» nel CPR in Italia si troverebbe in una condizione di evidente discriminazione legale dovuta a motivi di condizione personale;
il comma 2-bis dell'articolo 1, introdotto dalla I Commissione in sede referente, aggiunge all'articolo 6 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 il comma 2-bis. In particolare alla lettera a) si prevede la possibilità di adozione successiva del provvedimento di trattenimento, precedentemente non convalidato, per i richiedenti rimasti nei centri di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998 nel caso disciplinato dal comma 3 del decreto legislativo n. 142 del 2015, ovvero se vi sono fondati motivi per ritenere che la loro domanda sia stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione dell'espulsione o del respingimento;
si prevede, altresì, che il richiedente permanga nel centro fino alla decisione sulla convalida del provvedimento se questo è adottato immediatamente o, comunque, non oltre quarantotto ore dalla comunicazione della mancata convalida. La disposizione interviene, inoltre, sul comma 3 dell'articolo 6 introducendo un ulteriore periodo in virtù del quale la disciplina dettata dal primo periodo è estesa anche ai casi in cui i centri siano situati in zone di frontiera o di transito;
la lettera b) della citata disposizione esclude anche i richiedenti di cui ai commi 2-bis e 3 del citato decreto legislativo dall'applicazione dell'articolo 6-bis, comma 14. Di conseguenza tali soggetti non possono essere trattenuti al solo scopo di accertarne il diritto di entrare nel territorio dello Stato durante lo svolgimento della procedura accelerata di frontiera ai sensi dell'articolo 28-bis, comma 2-bis, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
il comma 2-ter, aggiunto nel corso dell'esame in sede referente, reca alcune modifiche al decreto legislativo n. 25 del 2008 (decreto procedure). In particolare, la lettera a), modificando l'articolo 28-bis, comma 2-bis, estende la possibilità di procedura accelerata per l'esame della domanda di protezione internazionale direttamente alla frontiera o nelle zone di transito. Nella versione attualmente in vigore tale procedura è limitata ai casi in cui la domanda di protezione internazionale è presentata da un richiedente direttamente alla frontiera o nelle zone di transito, dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli (articolo 28-bis, comma 2, lettera b), decreto legislativo n. 25 del 2008) o in cui la domanda di protezione internazionale è presentata direttamente alla frontiera o nelle zone di transito da un richiedente proveniente da un Paese designato di origine sicuro;
il decreto legislativo n. 25 del 2008 («decreto procedure») non contiene una definizione di «procedura accelerata», espressione con la quale pertanto si intende una procedura caratterizzata da termini ridotti, rispetto alla procedura generale o ordinaria, per l'adozione della decisione finale,
impegna il Governo:
ad ottemperare, con riferimento al trasferimento dello straniero in altro centro situato in uno Stato estero, alla normativa italiana, europea e alle convenzioni internazionali;
a garantire l'accesso agli avvocati, ai loro ausiliari, nonché alle organizzazioni internazionali e alle agenzie dell'Unione europea che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale.
9/2329-A/56.Ghirra, Borrelli, Zanella, Zaratti, Bonelli, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Dori.
La Camera,
premesso che:
stando alla lettera dell'Accordo il trattenimento dovrebbe durare al massimo 28 giorni, allo scadere dei quali lo straniero deve essere rimpatriato, mentre la detenzione in un CPR può durare fino a 18 mesi, che l'Accordo si riferisca soltanto alle procedure di frontiera è confermato dalla Corte costituzionale albanese, la quale, nella sentenza n. 2 del 2024, ha sottolineato come nessun migrante potrà rimanere in Albania oltre i 28 giorni previsti dalla legislazione italiana;
il Governo, quindi, ad avviso dei firmatari, ha modificato unilateralmente la portata del trattato, rischiando così una contestazione da parte albanese per violazione della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, che prevede l'esecuzione in buona fede degli accordi internazionali secondo il principio «Pacta sunt servanda»;
questa situazione non solo potrebbe creare tensioni diplomatiche con l'Albania, ma solleva interrogativi sulla legittimità costituzionale dell'operato governativo, considerando che l'articolo 117 della Costituzione impone il rispetto degli obblighi internazionali nell'esercizio della funzione legislativa;
il caso Albania ancora una volta si dimostra essere, ad avviso dei firmatari, un campo di sperimentazione per un approccio giuridico spregiudicato, governato dall'idea che il diritto internazionale e le garanzie costituzionali siano liberamente manipolabili per il raggiungimento dei fini governativi, a nulla importando lo strappo di regole maturate in lunghi e accurati processi democratici in contesti nazionali e internazionali;
il limite massimo di permanenza nei CPR è di 18 mesi. Il termine ordinario è di 3 mesi, prorogabile di altri 3 mesi. Ulteriori proroghe, fino al massimo di altri 12 mesi possono essere stabilite in determinati casi: se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi;
si ricorda che l'articolo 9, comma 1, del Protocollo Italia-Albania prevede che «Il periodo di permanenza dei migranti nel territorio della Repubblica d'Albania in attuazione del presente Protocollo, non può essere superiore al periodo massimo di trattenimento consentito dalla vigente normativa italiana. Le autorità italiane, al termine delle procedure eseguite in conformità alla normativa italiana, provvedono all'allontanamento dei migranti dal territorio albanese. Le spese relative a tali procedure sono totalmente sostenute dalla Parte italiana conformemente alle disposizioni del presente Protocollo»;
l'ipotesi di trattenimento in centri per il rimpatrio collocati fuori dal territorio nazionale non è allo stato presa in considerazione dalla vigente direttiva 2008/115/CE in materia di rimpatri;
la lettera a) del comma 1, dell'articolo 1, amplia la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture in Albania attraverso due novelle;
l'UNHCR ha sollecitato le autorità italiane a chiarire le modalità con cui saranno svolte le attività di registrazione delle domande di asilo e i colloqui della fase amministrativa della procedura di riconoscimento della protezione internazionale;
sebbene l'uso della modalità di colloquio a distanza può contribuire all'efficienza dei sistemi nazionali di asilo, i colloqui dovrebbero essere svolti in presenza ogni qualvolta ciò sia possibile, poiché il colloquio stesso e la possibilità per il richiedente di esprimersi al meglio sono aspetti fondamentali per garantire l'equità procedimentale;
i colloqui o le audizioni a distanza possono non essere adatti o appropriati per tutti gli individui, ad esempio quando esigenze specifiche, come quelle legate all'età, alla vista o all'udito, alla salute mentale o a traumi o fattori di altra natura impediscono una partecipazione efficace al colloquio;
l'articolo 1-bis, introdotto in sede referente, estende al 2026 la facoltà, per la localizzazione, la realizzazione, nonché l'ampliamento e il ripristino dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR), di derogare ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto del codice antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza dell'Unione europea;
la disposizione oggetto di modifica prevede, inoltre, che per le procedure relative all'ampliamento della rete nazionale dei CPR, l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) assicuri l'attività di vigilanza collaborativa di cui all'articolo 222, comma 3, lettera h), del codice dei contratti pubblici. L'intervento normativo proroga, pertanto, anche l'estensione temporale dell'efficacia di tale previsione,
impegna il Governo:
a garantire al richiedente e al suo legale rappresentante la possibilità di esercitare in modo significativo ed efficace il diritto all'assistenza e alla difesa legale, con specifico riferimento sia all'effettiva possibilità di scegliere il proprio rappresentante legale tra professionisti qualificati, sia alla necessità di stabilire un vero rapporto di fiducia con il proprio rappresentante legale;
a garantire l'accesso agli avvocati, ai loro ausiliari, nonché alle organizzazioni internazionali e alle agenzie dell'Unione europea che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale;
ad adottare le opportune iniziative volte ad assicurare all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) tutti gli strumenti utili e necessari affinché possa assicurare, in piena autonomia, l'attività di vigilanza così come disciplinata dal codice dei contratti pubblici durante tutto l'iter per la localizzazione, la realizzazione, nonché l'ampliamento e il ripristino dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR).
9/2329-A/57.Dori, Zanella, Zaratti, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame stabilisce che potranno essere trasferiti in Albania non solo i migranti intercettati in acque internazionali durante operazioni di soccorso, ma anche tutti i cittadini stranieri destinatari di provvedimenti di trattenimento. Si aprono così le «carceri» albanesi ai migranti irregolari già presenti sul territorio italiano e destinati ai CPR in attesa di espulsione e si amplia notevolmente la portata dell'Accordo, prevedendo trasferimenti di cittadini stranieri già presenti in CPR italiani a quello di Gjader, senza necessità di ulteriore convalida giudiziaria;
il provvedimento istituisce un pericoloso meccanismo di delocalizzazione verso un Paese terzo, esterno all'Unione Europea, prefigurando, di fatto, la costituzione di centri detentivi per stranieri in violazione anche delle norme legislative nazionali vigenti (decreti legislativi n. 286 del 1998, n. 251 del 2007 e n. 25 del 2008). Questo perché lo straniero portato in Albania rispetto allo straniero sbarcato o «detenuto» nel CPR in Italia si troverebbe in una condizione di evidente discriminazione legale dovuta a motivi di condizione personale;
la lettera a) del comma 1, opera sull'articolo 3, comma 2, della legge sulla legge n. 14 del 2024, recante «Ratifica ed esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno», ampliando la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture in Albania attraverso due novelle;
si ricorda che, nella versione previgente, la disposizione oggetto della modifica consentiva di condurre nelle strutture in Albania realizzate in attuazione del Protocollo, esclusivamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all'esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell'Unione europea, anche a seguito di operazioni di soccorso;
non sembra affatto, ad avviso dei firmatari, che il diritto dell'Unione autorizzi in alcun modo la collocazione e la gestione da parte di un Paese UE di una propria struttura di trattenimento al di fuori del territorio UE;
infine, la Corte europea dei diritti dell'uomo, così come la Corte di giustizia Ue, hanno precisato che non esiste una presunzione assoluta di sicurezza per nessuno, neanche per gli stati membri dell'Unione europea; l'Albania non è peraltro uno Stato membro UE,
impegna il Governo:
a porre in essere tutte le misure necessarie affinché sia istituito uno speciale ufficio di servizi di assistenza psicologica, che, attraverso l'impiego di personale qualificato, garantisca condizioni minime di serenità psicologica e psichica sia agli operatori che ai migranti;
a garantire l'accesso alle strutture delocalizzate in Albania ai parlamentari, ai rappresentati dell'UNHCR e delle ONG.
9/2329-A/58.Bonelli, Zaratti, Zanella, Fratoianni, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame stabilisce che potranno essere trasferiti in Albania non solo i migranti intercettati in acque internazionali durante operazioni di soccorso, ma anche tutti i cittadini stranieri destinatari di provvedimenti di trattenimento. Si aprono così le «carceri» albanesi ai migranti irregolari già presenti sul territorio italiano e destinati ai CPR in attesa di espulsione e si amplia notevolmente la portata dell'Accordo, prevedendo trasferimenti di cittadini stranieri già presenti in CPR italiani a quello di Gjader, senza necessità di ulteriore convalida giudiziaria;
il provvedimento istituisce un pericoloso meccanismo di delocalizzazione verso un Paese terzo, esterno all'Unione europea, prefigurando, di fatto, la costituzione di centri detentivi per stranieri in violazione anche delle norme legislative nazionali vigenti (decreti legislativi n. 286 del 1998, n. 251 del 2007 e n. 25 del 2008). Questo perché lo straniero portato in Albania rispetto allo straniero sbarcato o «detenuto» nel CPR in Italia si troverebbe in una condizione di evidente discriminazione legale dovuta a motivi di condizione personale;
la lettera a) del comma 1, opera sull'articolo 3, comma 2, della legge sulla legge n. 14 del 2024, recante «Ratifica ed esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno», ampliando la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture in Albania attraverso due novelle;
si ricorda che, nella versione previgente, la disposizione oggetto della modifica consentiva di condurre nelle strutture in Albania realizzate in attuazione del Protocollo, esclusivamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all'esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell'Unione europea, anche a seguito di operazioni di soccorso;
non sembra affatto, ad avviso dei firmatari, che il diritto dell'Unione autorizzi in alcun modo la collocazione e la gestione da parte di un Paese UE di una propria struttura di trattenimento al di fuori del territorio UE;
infine, la Corte europea dei diritti dell'uomo, così come la Corte di giustizia Ue, hanno precisato che non esiste una presunzione assoluta di sicurezza per nessuno, neanche per gli stati membri dell'Unione europea; l'Albania non lo è nemmeno,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative normative volte ad istituire anche presso le strutture delocalizzate in Albania uno speciale ufficio di servizi del Garante nazionale dei diritti delle persone private delle libertà personali, al fine di svolgere in piena autonomia le sue funzioni di monitoraggio come previsto dalla legislazione in materia;
a garantire l'accesso, in ogni momento, alle strutture delocalizzate in Albania ai parlamentari ed europarlamentari.
9/2329-A/59.Fratoianni, Bonelli, Zaratti, Zanella, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame stabilisce che potranno essere trasferiti in Albania non solo i migranti intercettati in acque internazionali durante operazioni di soccorso, ma anche tutti i cittadini stranieri destinatari di provvedimenti di trattenimento;
la lettera a) del comma 1, opera sull'articolo 3, comma 2, della legge sulla legge n. 14 del 2024, recante «Ratifica ed esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno», ampliando la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture in Albania attraverso due novelle;
si ricorda che, nella versione previgente, la disposizione oggetto della modifica consentiva di condurre nelle strutture in Albania realizzate in attuazione del Protocollo, esclusivamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all'esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell'Unione europea, anche a seguito di operazioni di soccorso;
non sembra affatto, che il diritto dell'Unione autorizzi in alcun modo la collocazione e la gestione da parte di un Paese UE di una propria struttura di trattenimento al di fuori del territorio UE;
il diritto UE non ha finora mai contemplato la possibilità che centri di trattenimento europei possano venire aperti a piacimento in giro per il mondo e prevede che il trattenimento per eseguire l'espulsione dal territorio di uno Stato membro dell'Unione può essere applicato solo come ultima ratio, se non possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive e soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento (articolo 15 par. 1 della direttiva 2008/115/CE), inteso, come sopra indicato, come il trasporto fisico fuori dal territorio UE. Il trattenimento deve essere il più breve possibile, deve essere periodicamente riesaminato per valutare in concreto se ci sono le ragioni per proseguirlo e se non c'è alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata (articolo 15 par. 4);
si rammenta che gli stranieri trattenuti devono avere la possibilità di entrare in contatto, a tempo debito, con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti (articolo 16 par. 2) nonché con organizzazioni non governative di tutela, le quali hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea (articolo 16 par. 4). L'accesso a tali diritti deve essere effettivo, non può solamente essere sancito ma non essere concretamente esercitabile, come avverrebbe in caso di strutture ubicate al di fuori del territorio dello Stato membro dell'UE. Il familiare non può in concreto incontrare chi è trattenuto se il centro di detenzione si trova in zone remote o inaccessibili e sarebbe del tutto privo di ogni logica sostenere che l'Albania non presenta problemi perché in fondo è geograficamente vicina, giacché l'effettività dell'esercizio dei diritti garantiti ai trattenuti non è questione di chilometraggio. A ben guardare neppure le visite ispettive svolte da parlamentari e le stesse funzioni di monitoraggio e controllo svolte dal Garante nazionale per le persone private della libertà personale potrebbero essere svolte in modo efficace in strutture ubicate al di fuori del territorio nazionale. Nei centri di detenzione ubicati al di fuori degli Stati dell'Unione non risulta dunque possibile attuare il trattenimento dei trattenuti nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali (considerando n. 17) e semmai ben si può ritenere che le persone che vi verrebbero rinchiuse assomiglierebbero ad ostaggi di un potere arbitrario;
l'articolo 1-bis, introdotto in sede referente, estende al 2026 la facoltà, per la localizzazione, la realizzazione, nonché l'ampliamento e il ripristino dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR), di derogare ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto del codice antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza dell'Unione europea;
la disposizione oggetto di modifica prevede, inoltre, che per le procedure relative all'ampliamento della rete nazionale dei CPR, l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) assicuri l'attività di vigilanza collaborativa di cui all'articolo 222, comma 3, lettera h), del codice dei contratti pubblici. L'intervento normativo proroga, pertanto, anche l'estensione temporale dell'efficacia di tale previsione,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative normative volte ad istituire presso i centri in Albania uno speciale ufficio di servizi del Garante nazionale dei diritti delle persone private delle libertà personali;
ad adottare le opportune iniziative di competenza volte a istituire preso i centri in Albania, per tutto il tempo necessario, un ufficio dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) affinché possa espletare, in collaborazione con le autorità pubbliche Albanesi, l'attività di vigilanza così come disciplinata dal codice dei contratti pubblici durante tutto l'iter per la localizzazione, la realizzazione, nonché l'ampliamento e il ripristino dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR).
9/2329-A/60.Piccolotti, Zanella, Zaratti, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari.