XIX LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 488 di venerdì 30 maggio 2025
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI
La seduta comincia alle 9,35.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ROBERTO GIACHETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 28 maggio 2025, proseguita nella giornata del 29 maggio 2025.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 85, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Discussione del disegno di legge: S. 1258 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2024 (Approvato dal Senato) (A.C. 2280).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2280: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2024.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2280)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Mantovani. Prego, onorevole.
LUCREZIA MARIA BENEDETTA MANTOVANI, Relatrice. Grazie, Presidente. Colleghi deputati, la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) affronta, per la seconda volta nel corso della legislatura corrente, l'esame parlamentare del disegno di legge di delegazione europea che rappresenta, insieme al disegno di legge europea, uno dei due strumenti normativi predisposti dalla legge n. 234 del 2012 al fine di adeguare periodicamente l'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea, intervenendo nell'ambito della cosiddetta fase discendente di attuazione nell'ordinamento nazionale degli atti normativi adottati dall'Unione europea. La legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, ha infatti sostituito la legge comunitaria annuale con i due strumenti sopra richiamati.
L'articolo 30, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, specifica il contenuto tipico della legge di delegazione europea, prevedendo che con tale provvedimento venga conferita al Governo la delega legislativa per dare attuazione alle direttive europee e alle decisioni quadro, nonché agli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei.
Per un'ordinata trattazione dei contenuti normativi del provvedimento, d'accordo con l'altro relatore, l'onorevole Candiani, mi soffermerò sulle disposizioni generali per il recepimento e l'attuazione degli atti dell'Unione europea, Capo 1, articoli 1, 2 e 3, e su quelle recanti deleghe al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale ai regolamenti europei, Capo 3, articoli dal 18 al 29, mentre il collega tratterà delle disposizioni recanti deleghe al Governo per il recepimento delle direttive europee, Capo 2, articoli dal 4 al 17. Rinvio per gli ulteriori approfondimenti al dossier di documentazione predisposto dagli uffici.
Il disegno di legge di delegazione europea per il 2024, a seguito delle modifiche apportate dal Senato in prima lettura, consta di 29 articoli divisi in tre Capi contenenti princìpi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega relativa a 18 direttive, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale a 19 regolamenti europei.
Ai sensi dell'articolo 29, comma 7, della legge del 24 dicembre 2012, n. 234, il disegno di legge di delegazione europea deve essere corredato di una relazione illustrativa aggiornata al 31 dicembre dell'anno precedente, nella quale il Governo, in occasione della presentazione del disegno di legge, dà conto di una serie di informazioni utili alla valutazione del processo di recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea.
La relazione illustrativa riferisce, altresì, sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione, dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea relativa alle eventuali inadempienze e violazioni da parte della Repubblica italiana di obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea. Al riguardo, nella relazione illustrativa, il Governo evidenzia che il numero delle procedure di infrazione a carico dell'Italia attualmente pendenti ammontano a 63, di cui 49 per violazione del diritto dell'Unione e 14 per mancato recepimento di direttive. La relazione rende noto, altresì, che sulla base delle comunicazioni pervenute dagli enti territoriali, per mezzo della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, ed effettuate tenendo conto della nota tecnica condivisa tra la segreteria della Conferenza e il Dipartimento per le politiche europee sull'applicazione degli articoli 29, commi 3 e 7, e 40, comma 2, della legge n. 234 del 2012, nessuna regione nel corso del 2023 ha dovuto recepire le direttive dell'Unione europea nelle materie di propria competenza.
Venendo all'illustrazione dei contenuti del Capo 1, recante disposizioni generali per il recepimento e l'attuazione degli atti dell'Unione europea, l'articolo 1, al comma 1, reca la delega al Governo per l'adozione dei decreti legislativi di attuazione e di recepimento degli atti normativi dell'Unione europea, indicati nell'articolato del provvedimento in esame, nonché per l'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A. L'allegato A elenca le direttive da recepire con decreto legislativo senza la necessità di introdurre ulteriori criteri e principi direttivi rispetto a quelli già recati dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012. A seguito dell'esame in sede referente, le direttive che figurano in tale elenco sono 21, a fronte delle 15 previste originariamente. Per quanto attiene ai termini e alle procedure, ai principi e ai criteri direttivi della delega, il comma 1 in esame rinvia alle disposizioni previste dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012.
Va ricordato che l'articolo 31 della legge n. 234 del 2012 prevede che la delega debba essere esercitata entro quattro mesi antecedenti alla scadenza del recepimento di ciascuna direttiva. Tuttavia, qualora il termine sia già scaduto o scada entro i tre mesi successivi all'entrata in vigore della legge, la delega dovrà essere esercitata entro un termine di tre mesi. In assenza di un termine di recepimento nella direttiva, il termine per l'esercizio della delega è fissato a dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di delegazione.
L'articolo 32 della legge n. 234 del 2012, detta invece i principi e i criteri generali della delega, tra i quali figurano anche quelli della semplificazione dei procedimenti, del coordinamento con le discipline vigenti, del divieto di gold plating, del divieto di trattamento più sfavorevole dei cittadini italiani rispetto a quelli degli altri Stati dell'Unione e della previsione di sanzioni penali solo per la tutela di interessi costituzionalmente protetti.
Il comma 2 dell'articolo 1 della legge di delegazione in esame prevede che gli schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, mentre il comma 3 dispone che eventuali spese non contemplate dalla legislazione vigente che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi attuativi esclusivamente nei limiti necessari per l'adempimento degli obblighi di attuazione dei medesimi provvedimenti.
Se la copertura degli oneri derivanti da tali spese, eventualmente previste nei decreti legislativi attuativi, nonché delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle deleghe, non può essere assicurata con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012.
Il comma 3 prevede, inoltre, che in caso di incapienza del Fondo per il recepimento della normativa europea, i decreti legislativi attuativi delle direttive dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica.
L'articolo 2 conferisce al Governo una delega della durata di diciotto mesi per l'emanazione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da precetti europei per le quali non siano già previste sanzioni nell'ordinamento nazionale. Può trattarsi di direttive attuate in via regolamentare o amministrativa, ossia con fonti non primarie inidonee a istituire sanzioni penali, o di regolamenti dell'Unione europea.
Si rammenta che gli atti legislativi dell'Unione europea non introducono né disciplinano, di norma, sanzioni, rimandando invece agli ordinamenti nazionali in virtù della netta diversità dei sistemi giuridici nazionali. I regolamenti e le direttive lasciano quindi agli Stati membri di regolare le conseguenze della loro inosservanza.
La disposizione è analoga a quella contenuta nelle leggi di delegazione europea relative agli anni precedenti. Essa risponde all'esigenza di prevedere, con fonte normativa interna di rango primario - atta ad introdurre norme di natura penale o amministrativa nell'ordinamento nazionale - l'eventuale disciplina sanzionatoria necessaria all'attuazione di direttive in via regolamentare o amministrativa.
La medesima esigenza si riscontra anche per l'eventuale introduzione di sanzioni in caso di violazione delle disposizioni previste dai regolamenti dell'Unione europea che, come è noto, sono direttamente applicabili nel sistema giuridico nazionale senza necessitare di legge di recepimento.
La finalità dell'articolo è dunque quella di consentire al Governo, salve le normative penali esistenti, di istituire sanzioni volte a punire le infrazioni commesse in violazione delle norme stabilite dai regolamenti europei, assicurando così il rispetto degli atti regolamentari o amministrativi attraverso i quali tali disposizioni vengono integrate nell'ordinamento interno.
L'articolo 3, introdotto dal Senato, prevede l'istituzione, presso il Ministero della Salute, di un tavolo tecnico a fini ricognitivi, avente ad oggetto la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 3 marzo del 2022, nella causa C-590/20, sulla questione della spettanza e sulla decorrenza di una adeguata remunerazione.
PRESIDENTE. Ha un minuto, onorevole. Poi c'è l'altro relatore. Avete dieci minuti a testa, quindi potete dividervi i compiti con l'onorevole Candiani, però, ovviamente, non può prendere i tempi dell'onorevole Candiani. Ovviamente, se lei chiede di essere autorizzata a consegnare il resto, io la autorizzerò ben volentieri. Comunque, un minuto, prego.
LUCREZIA MARIA BENEDETTA MANTOVANI, Relatrice. Va bene, allora, se posso, consegno il resto della relazione e lascio la parola all'onorevole Candiani per l'illustrazione dei contenuti riguardanti il Capo 2 del disegno di legge.
PRESIDENTE. Deputata Mantovani, ovviamente è autorizzata alla consegna della relazione. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Candiani.
STEFANO CANDIANI, Relatore. Grazie, Presidente. Apprezzerà anche l'economia dei tempi dei relatori a cui mi conformerò. Quindi, continuo dando un senso al resto del provvedimento per la parte suddivisa con l'altra relatrice.
Passando, quindi, ai contenuti del Capo II, che ha ad oggetto le deleghe al Governo per il recepimento delle direttive europee, segnalo che l'articolo 4 reca i principi e i criteri direttivi di delega al Governo per il recepimento della direttiva (UE) 2023/2225 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023, relativa ai contratti di credito ai consumatori, la cosiddetta Second Consumer Credit Directive. L'articolo 5 reca ulteriori principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni di violazione delle misure restrittive dell'Unione europea, riguardo il riciclaggio mediante diritto penale.
L'articolo 6 elenca i principi e i criteri direttivi che il Governo è tenuto ad osservare nel recepimento della direttiva che riguarda i contratti di servizi finanziari conclusi a distanza.
L'articolo 7 detta criteri specifici per il recepimento della direttiva recante norme per l'armonizzazione sulla designazione degli stabilimenti designati e sulla nomina di rappresentanti legali ai fini dell'acquisizione di prove elettroniche nei procedimenti penali.
L'articolo 8 individua i criteri direttivi specifici per l'attuazione della direttiva riguardo i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, compreso il riordino della disciplina nazionale relativa ai pannelli fotovoltaici a fine vita.
L'articolo 10 prevede una serie di principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva che riguarda le emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) e della direttiva relativa alle discariche di rifiuti.
L'articolo 11 riguarda, invece, il miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali.
Andando ancora in sintesi, l'articolo 12, Presidente, reca una serie di principi e criteri direttivi da seguire nell'esercizio della delega per il recepimento della direttiva relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, stabilendo inoltre che i decreti delegati sono adottati, previo parere della Conferenza unificata. Viene prevista l'usuale clausola di invarianza finanziaria.
L'articolo 13 delega il Governo ad adeguare l'ordinamento nazionale ad una serie di regolamenti e a recepire una serie di direttive dell'Unione europea in materia di mercati pubblici dei capitali; strutture con azioni a voto plurimo nelle società che chiedono l'ammissione alla negoziazione delle loro azioni in un sistema multilaterale di negoziazione; rischio di concentrazione derivante da esposizioni verso controparti centrali e rischio di controparte nelle operazioni di derivati compensate a livello centrale.
L'articolo 14 riguarda principi direttivi per il recepimento delle direttive relative ai meccanismi che gli Stati membri devono introdurre per prevenire l'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio e finanziamento di terrorismo.
L'articolo 15 reca una serie di principi e criteri direttivi specifici che il Governo dovrà osservare in materia di fondi propri e passività ammissibili.
L'articolo 16 elenca i principi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva concernente i poteri di vigilanza, le sanzioni, le succursali di Paesi terzi, nonché i rischi ambientali sociali e di governance e ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale rispetto ai requisiti previsti per il rischio di credito, il rischio di aggiustamento della valutazione di credito, il rischio operativo, il rischio di mercato e l'output floor.
L'articolo 17 - e mi avvio alla conclusione, Presidente -, modificato dal Senato, enuclea i principi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva che istituisce la Carta europea della disabilità, che si configura quale prova della condizione di disabilità riconosciuta o del diritto ai servizi specifici sulla base di una disabilità, e il contrassegno europeo di parcheggio per le persone con disabilità volto a promuovere la libera circolazione.
Con gli uffici della Commissione e con la Commissione stessa abbiamo ottenuto un lavoro molto attento al contenuto della direttiva, al contenuto della normativa e auspichiamo naturalmente un percorso celere nell'Aula della Camera dei deputati per giungere velocemente a un quadro normativo che impedisca l'insorgere di ulteriori di contenziosi legati ai ritardi nel recepimento delle direttive.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo: rinuncia.
È iscritta a parlare la deputata Prestipino. Ne ha facoltà.
PATRIZIA PRESTIPINO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Buongiorno Ministro, colleghi e colleghe. La legge di delegazione europea, insieme alla legge europea, è uno dei due strumenti legislativi ordinari previsti dalla legge n. 234 del 24 dicembre 2012, per il periodico adeguamento della legislazione italiana all'ordinamento dell'Unione europea. In particolare, la legge di delegazione reca le deleghe necessarie al Governo per recepire le direttive ed altri atti legislativi europei e per dare attuazione a eventuali disposizioni non direttamente applicabili contenute in regolamenti europei.
Il disegno di legge di delegazione europea dovrebbe essere presentato entro il 28 febbraio di ogni anno, tuttavia, anche in questa occasione, il Governo ha presentato in ritardo il provvedimento annuale, cioè soltanto il 3 ottobre del 2024.
Quanto all'altro strumento, la legge europea che, invece, contiene norme di diretta attuazione, soprattutto per porre rimedio ai casi di non corretto recepimento della normativa europea, il Governo sembra averlo ormai di fatto sostituito con i cosiddetti decreti salva infrazioni, impedendo così la dovuta approfondita valutazione da parte del Parlamento. A questo, ormai, siamo abituati.
Il disegno di legge di delegazione europea del 2024 con i suoi 29 articoli, come è stato detto, reca principi e criteri specifici per l'esercizio della delega relativa a 20 direttive, nonché per l'adeguamento della normativa nazionale a 21 regolamenti europei. L'annesso allegato A elenca 21 direttive da recepire senza ulteriori principi e criteri direttivi. Si tratta di un provvedimento complesso, molto variegato, che incide su un ampio ventaglio di materie: dalla giustizia all'ambiente, al lavoro, ai diritti sociali, alla salute, alla tutela del consumatore, al mercato interno, alla finanza, tutti argomenti e temi che bruciano sulla pelle delle persone e dei cittadini.
Si provvede al recepimento di direttive o all'adeguamento a regolamenti, ad esempio, sulla tutela penale dell'ambiente in senso ampio, che include la biodiversità e il benessere animale; sulla violenza contro le donne; sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; sulle emissioni industriali e le discariche; sull'efficienza energetica e sulle fonti rinnovabili; sulla deforestazione, la sostenibilità delle filiere dei prodotti interessati; sul lavoro tramite piattaforme digitali; sui lavoratori dei Paesi terzi; sulla disabilità; sulla qualità dell'aria; sul benessere degli animali utilizzati a fini scientifici; sulla sicurezza di prodotti e sulle etichettature; sulla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali, sul greenwashing, sulla protezione dei consumatori nei servizi finanziari online; sui mercati dei capitali; sulla gestione delle crisi e sulla vigilanza bancaria e rischio finanziario; infine, sul riciclaggio e il finanziamento del terrorismo.
L'esame del presente provvedimento in sede referente da parte della XIV Commissione e in sede consultiva da parte di tutte le altre Commissioni non ha comportato, in ogni caso, l'approvazione di ulteriori modifiche rispetto al testo già approvato dal Senato. Sono stati bocciati infatti - lasciatemi dire, con disappunto - tutti gli emendamenti tra i quali quelli presentati dal mio gruppo, il gruppo del Partito Democratico, nell'intento di migliorare un provvedimento che, per sua natura, dovrebbe, invece, appartenere a tutti e non a una sola parte.
Ad esempio, è stato bocciato un emendamento del gruppo PD finalizzato a inserire, tra le direttive da recepire, quelle contro le cosiddette querele temerarie, che rappresentano uno degli strumenti attraverso i quali si tiene sotto scacco l'informazione libera e corretta, fondamentale, in un sistema veramente democratico, proprio per la tenuta democratica del Paese.
Così come sono stati bocciati tutti i nostri emendamenti volti ad assicurare il corretto recepimento dell'importante direttiva sul miglioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme digitali, ormai estremamente numerosi, garantendo così la privacy e la protezione dei dati personali, le tutele previdenziali vigenti - senza che siano apportate surrettizie riduzioni -, nonché la trasparenza e la tutela della salute nella gestione automatizzata del personale.
Sorte analoga hanno trovato altri nostri emendamenti a favore delle PMI, con la semplificazione e la proporzionalità degli oneri sia in materia di sicurezza dei prodotti di consumo, sia di etichettatura e tracciabilità degli apparecchi elettrici ed elettronici, sia di riciclo dei materiali, nonché quelli per assicurare il corretto e adeguato recepimento della direttiva sui RAEE, di quella sulle emissioni industriali e sulle discariche dei rifiuti, sull'efficienza energetica, sulla promozione dell'energia da fonti rinnovabili e, infine, sul greenwashing.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata De Monte. Ne ha facoltà.
ISABELLA DE MONTE (FI-PPE). Grazie, Presidente. Signor Ministro, colleghi e colleghe, come noto, stiamo trattando della legge di delegazione europea, ma è anche un po' un momento di riflessione quello che dobbiamo fare - l'abbiamo sentito poco fa nell'intervento della collega - su un aspetto: quello che riguarda la tempistica. Però, vorrei anche dire che, in realtà, soprattutto negli anni recenti, abbiamo avuto un'accelerazione in questo senso, tant'è vero che vi è stato un andamento, anche positivo, nella risoluzione delle procedure di infrazione.
Comunque è vero: è un provvedimento che arriva, qui, oggi, tra virgolette, “blindato”, ma, al tempo stesso, dobbiamo dire che comunque dobbiamo rispettare dei termini vincolanti che sono previsti dall'ordinamento europeo. Quindi, siamo qui, appunto, ad evidenziare che c'è un recepimento di 20 direttive, di 21 regolamenti e che stiamo risolvendo 9 procedure d'infrazione. Credo che questi siano dati positivi che dobbiamo sottolineare.
È vero che, anche prossimamente, ci sarà la nuova legge di delegazione europea per il 2025 che avremo, qui, in prima lettura. Quindi, ci sarà tutta la possibilità certamente di entrare anche nel merito, di fare un'istruttoria più approfondita rispetto a questa lettura. Dopodiché, dobbiamo anche fare, come dicevo, alcune considerazioni più di carattere generale. Perché, in vista di questa formulazione, vorrei esprimere anche quanto dipenda da noi come attuatori dei principi dell'Unione europea, dalla nostra appartenenza all'Unione europea, in riferimento, appunto, all'aspetto dei disegni di legge europea e di delegazione europea.
Abbiamo una differenza perché, mentre il Senato, dal 2003, ha previsto nel proprio Regolamento l'applicazione della procedura ordinaria in sede referente, qui, continuiamo purtroppo ad applicare una procedura estremamente farraginosa, obsoleta, del tutto inadeguata rispetto all'obiettivo primario, che è quello di garantire il tempestivo adempimento degli obblighi normativi e giurisprudenziali europei. Per cui, se dobbiamo dirla tutta, forse una lente di ingrandimento, piuttosto che al Governo, dovremmo metterla qui, proprio alla Camera. Infatti, la Commissione politiche dell'Unione europea non ha una competenza referente piena, in quanto è tenuta ad approvare gli emendamenti adottati dalla Commissione di settore, a meno che non risultino palesemente estranei al contenuto proprio della legge oppure palesemente contrari all'ordinamento dell'Unione europea. Quindi, si può avere, astrattamente, anche un conflitto tra gli organi parlamentari.
Analogamente, gli emendamenti presentati direttamente presso la XIV Commissione devono essere sottoposti al parere vincolante di una o più Commissioni di settore, che possono persino divergere e, quindi, in questo senso, avere incertezze.
Per questa ragione, noi dovremmo valutare un nuovo modello che - ribadisco - deve essere più adatto rispetto all'obiettivo di assicurare la fluidità e celerità nell'approvazione degli strumenti di conformazione dell'ordinamento interno a quello europeo.
Quindi, grazie al Presidente, all'Ufficio di Presidenza e a tutti i componenti, abbiamo proprio sottoposto una proposta di modifica regolamentare, sottoscritta, appunto, da tutti. Per questa ragione, dovremmo apportare quelle innovazioni che consentano una procedura referente ordinaria per l'esame dei disegni di legge europea e di delegazione europea, nonché anche di altri provvedimenti che hanno come oggetto specifico l'adeguamento dell'ordinamento interno a quello unionale, come, ad esempio, i decreti-legge Salva-infrazioni.
Aggiungo che questo strumento nasce dalla necessità di accelerare i tempi che oggi i Regolamenti parlamentari non ci consentono; invece, proprio questi ultimi provvedimenti, ai quali si è fatto ricorso due volte in questa legislatura, sono un'inevitabile reazione all'inadeguatezza e farraginosità delle procedure in esame, che sono previste attualmente alla Camera.
E poi vengo a una seconda riflessione che riguarda, invece, la forma e la natura delle norme europee da recepire e attuare negli ordinamenti nazionali. Perché le tendenze emerse nelle due ultime legislature europee mostrano come tre quarti degli atti legislativi dell'Unione abbiano natura di regolamento e non richiedano, appunto, un recepimento a livello nazionale, come nel caso delle direttive. Quindi, molto spesso arriviamo al legislatore nazionale con questo mandato di mera definizione di procedure di attuazione e identificazione di autorità competenti ad applicare la normativa europea, senza alcun margine nel merito delle scelte legislative operate a livello europeo.
E su questa tendenza, più volte, ci siamo confrontati anche in Commissione con pronunce molto argomentate.
Credo tuttavia che il ricorso preferenziale al Regolamento - che sembra peraltro confermato anche da questi primi mesi della legislatura europea in corso - ci imponga di essere consapevoli della necessità crescente di intervenire nella fase di formazione della normativa europea, quando cioè è ancora possibile per i Parlamenti nazionali influenzare le scelte regolative di fondo.
In altri termini, colleghi, se vogliamo che le istanze del nostro ordinamento, del nostro sistema Paese, vengano prese adeguatamente in considerazione dalle istituzioni dell'Unione europea, dobbiamo attivarci prima ancora che le proposte legislative vengano presentate e far valere le nostre posizioni, in stretto accordo ovviamente con il Governo.
La nostra Commissione, in questa legislatura, ha esercitato sempre più questo ruolo, avvalendosi soprattutto del controllo di sussidiarietà sui progetti in atti legislativi. Però, è necessario che anche le Commissioni di settore inseriscano, in modo regolare e sistematico, le principali iniziative politiche e legislative dell'Unione europea nella loro agenda. Questo per “plasmare” le scelte europee in una fase precoce. È quanto sta avvenendo, ad esempio, con l'esame del Piano industria pulita e di quello sull'automotive.
Questi sono elementi di riflessione che ho voluto introdurre in questa discussione generale e nel dibattito di quest'Aula, perché siamo ancora in una fase di legislatura italiana in cui possiamo cambiare quello che non va, quello che riteniamo non essere ancora efficace ed incisivo.
Quindi, per noi, è molto importante che ci sia il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali rispetto alla formazione della normativa europea.
Per cui ritengo che, anziché focalizzarci sui ruoli del Governo, dovremmo prima pensare a quello che noi meglio possiamo fare nel nostro ruolo che è quello parlamentare, qui, alla Camera, utilizzando forse meglio i nostri strumenti che sono quelli dei Regolamenti parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bruno. Ne ha facoltà.
RAFFAELE BRUNO (M5S). Grazie, Presidente. La legge di delegazione è uno strumento di straordinaria importanza per garantire l'attuazione della normativa europea e la partecipazione dell'Italia al processo di integrazione europea. La legge di delegazione e la legge europea hanno attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
Un aspetto cruciale di questo processo di integrazione è il rispetto dei termini di presentazione del provvedimento nonché dell'esercizio delle deleghe, che deve essere allineato con i tempi fissati dalle direttive. È un requisito fondamentale per evitare l'apertura di procedure di infrazione e garantire che il nostro ordinamento rispetti le scadenze delle direttive europee, dando così tempo all'amministrazione di prepararsi adeguatamente. Lo scorso 13 luglio il Governo ha presentato alle Camere, con un ritardo di oltre cinque mesi, la legge di delegazione europea 2024.
Il ritardo da parte del Governo nella presentazione del disegno di legge di delegazione ha inciso inevitabilmente anche sull'allungamento dei tempi dell'esame parlamentare, con la conseguente approvazione della legge di delegazione 2024 a metà anno 2025, nonché lo slittamento anche della presentazione del disegno di legge di delegazione per l'anno in corso, di cui non abbiamo ancora notizia, determinando in tal modo un ritardo a cascata nell'approvazione di questi provvedimenti, la cui presentazione è prevista, obbligatoriamente, a cadenza annuale proprio per la loro rilevanza.
Si ricorda, inoltre, che l'ordinamento prevede anche la possibilità di presentare un disegno di legge biennale, quindi in questo caso 2024-2025, in caso di ritardi, facoltà però di cui il Governo non si è avvalso.
A questo ingiustificabile ritardo si aggiunge la totale chiusura, da parte del Governo, nella fase emendativa del provvedimento in Commissione, in sede referente, presso la Commissione XIV alla Camera, con il conseguente svilimento delle prerogative parlamentari proprie della Commissione politiche dell'Unione europea e la mortificazione dello stesso Parlamento, che, di fatto, in seconda lettura è stato totalmente estromesso dall'iter legislativo di quello che ricordo essere un disegno di legge.
Nessuno degli emendamenti presentati dall'opposizione è stato approvato e il Governo si è limitato a dare parere contrario a tutti gli emendamenti senza nemmeno entrare nel merito degli stessi.
Tale atteggiamento dell'Esecutivo e della maggioranza di Governo non fa altro che svuotare e screditare ancora una volta il ruolo del Parlamento anche nell'esame di un disegno di legge in cui il dialogo politico e il contributo parlamentare sarebbero quanto mai prioritari e da preservare.
Illustrerò adesso alcune delle numerose proposte che il MoVimento 5 Stelle ha presentato per migliorare il testo.
Particolare attenzione è stata posta dal mio gruppo ai temi socio-ambientali ed economici.
Per quanto riguarda la direttiva sui digital workers, abbiamo presentato delle proposte emendative per assicurare che il corretto e integrale recepimento di questa direttiva avvenga nel rispetto del pilastro europeo dei diritti sociali.
Abbiamo inserito un riferimento esplicito al divieto di licenziamento sulla base di una decisione assunta da un algoritmo o da un sistema decisionale automatizzato, a garanzia di una piena ed effettiva tutela dei diritti dei lavoratori.
Abbiamo proposto, poi, quale requisito fondamentale, l'accesso dei lavoratori a condizioni di vita e di lavoro dignitose.
Abbiamo poi ritenuto di inserire, nel corpo del provvedimento, la direttiva sulla protezione dei lavoratori contro i rischi da esposizione all'amianto, attualmente in allegato, per dettare criteri specifici di delega ed evitare, così, una delega in bianco al Governo su un tema così delicato.
I criteri da noi proposti sono: la previsione di obblighi del datore di lavoro anche in materia di formazione e informazione sui valori limiti di esposizione professionale, al fine di garantire la riduzione al minimo dei rischi; adeguare la definizione di amianto contenuta nella normativa vigente alle definizioni contenute nella direttiva; aggiornare l'attuale sistema di sorveglianza e prevenzione sanitaria, nonché la metodologia di misurazione per l'amianto; introdurre misure di efficientamento del monitoraggio e della classificazione delle malattie amianto-correlate, anche tramite il rafforzamento dei centri operativi regionali; tenere conto delle differenze di genere relativamente all'esposizione all'amianto e completare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, gli interventi di mappatura delle zone di territorio nazionale interessate dalla presenza di amianto; promuovere periodiche campagne di informazione e di sensibilizzazione sui rischi per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto.
Abbiamo poi presentato un emendamento per ampliare lo spettro dei requisiti di accessibilità della Carta europea per la disabilità e del contrassegno per il parcheggio europeo, precisando che le procedure di sostituzione dei contrassegni di parcheggio per le persone con disabilità devono avvenire riducendo al massimo gli eventuali pesi burocratici.
Abbiamo poi proposto l'inserimento, con un emendamento a mia firma, di criteri aggiuntivi di delega per il recepimento della direttiva sugli organismi per la parità di trattamento, evitando in tal senso di conferire una delega in bianco al Governo per la sua attuazione. In particolare, i criteri aggiuntivi prevedono: la corretta e integrale applicazione della direttiva; il rafforzamento dei poteri degli organismi preposti al perseguimento della parità; adeguati e stabili sistemi di finanziamento su base pluriennale.
Con un ulteriore emendamento abbiamo proposto l'inserimento della delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio e per la definizione di uno schema nazionale di deposito cauzionale su bottiglie in PET e lattine per bevande, allo scopo di massimizzarne il riciclo, ai fini della produzione di nuovi contenitori per bevande.
Con un ulteriore emendamento, abbiamo proposto dei criteri per il recepimento della direttiva sui quadri di bilancio degli Stati membri, facente parte del pacchetto di riforma della nuova governance economica di recente approvazione. Con l'emendamento si vuole censurare l'azione del Governo, che non solo ha concluso una riforma altamente negativa per le finanze dell'Italia, ma si è altresì limitato a recepirne il contenuto con una sorta di delega in bianco che lascia fuori gli organi parlamentari.
In conclusione, rinnovo a tutte e a tutti il mio appello a considerare la collaborazione e la partecipazione massima di tutti i parlamentari un valore inestimabile e ogni volta che la si comprime o la si limita, come è accaduto per l'esame di questa legge, si fa un grave torto non solo all'intero Parlamento, ma a tutta la cittadinanza.
PRESIDENTE. Saluto studenti, studentesse e docenti dell'Istituto comprensivo statale “Commenda” di Brindisi, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare il deputato Giordano. Ne ha facoltà.
ANTONIO GIORDANO (FDI). Grazie, Presidente. Grazie colleghe e colleghi, grazie ai membri del Governo e grazie a voi che ci state ascoltando. Questa di oggi è una riunione molto tecnica, nella quale i parlamentari discutono dettagli, molte volte, anche procedurali.
Signor Presidente, mi girerò un po' anche dall'altra parte, perché abbiamo il piacere di avere loro e, forse, è più giusto dedicare questa seduta anche a loro. Quindi, lavoriamo su degli aspetti procedurali. Dietro il lavoro che stiamo facendo oggi, anche se vedete un'Aula semivuota, c'è un grandissimo lavoro che è stato fatto nelle Commissioni, ci sono qui seduti al tavolo l'onorevole Mantovani e l'onorevole Candiani, che hanno svolto il lavoro di accostamento e redazione di questo documento (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE), che ovviamente tiene conto di migliaia, migliaia, migliaia e migliaia di pagine di lavoro, che è stato fatto prima a Bruxelles, poi è stato portato qui da noi e, nello stesso momento, viene lavorato da tutti i Parlamenti europei. Dopo questa fase, andremo nella discussione dell'Aula, nella quale affronteremo i temi un po' più politici e dove ci confronteremo con l'opposizione, che, giustamente, pungolerà e stimolerà il Governo e la maggioranza a fare bene e meglio, e la maggioranza ragionerà sui motivi per i quali sono state prese determinate decisioni.
Questa che stiamo affrontando si chiama legge di delegazione europea. Che cos'è la legge di delegazione europea? È quel provvedimento che viene preso a livello degli Stati nazionali, con cui si rendono efficaci tutte quelle iniziative normative che sono state impostate normalmente a Bruxelles, dove, come ripeto, c'è stato già un grande lavoro, c'è stata la Commissione che ha lavorato, oltre a tanti, tanti uffici.
Si tratta di un procedimento che è sempre faticoso e tende ad essere sempre un pochettino in ritardo, perché noi ci stiamo confrontando con un'Europa che è un grande regolatore, ma che molto spesso non riesce a valutare correttamente quello che poi succede nell'applicazione nazionale. E quindi storicamente la legge di delegazione europea è sempre stata in ritardo. Intanto perché, normalmente, già arrivano una serie di informazioni con un grande ritardo, ma poi perché c'è da capire come possano venire applicate in Italia, anche perché una delle cose che questa maggioranza lamenta spesso è la mancanza di quella che viene chiamata la valutazione di impatto. Cioè, l'Unione europea, nel legiferare, dovrebbe capire quali sono gli impatti sulle singole nazioni. Basti pensare a quando fu fatta la normativa delle case green, dove sostanzialmente si fece un ragionamento che era perfetto per le case della Danimarca, ma quando poi lo andavi a portare ai borghi italiani, dovevi ragionare sulle infrastrutture e le altre ricchezze del nostro territorio, che non si adattavano a quel tipo di normativa, e ovviamente abbiamo avuto una grande difficoltà.
Grazie a Dio questo Governo sta progressivamente - come ha già ricordato, ultimamente, il Ministro Foti e come era successo prima con il Ministro Fitto - riallineando questo processo che, essendo un processo strutturalmente in ritardo, è sempre molto faticoso da mettere a regime. Ma, ovviamente, noi siamo in Europa perché siamo convinti di stare in Europa, anche se siamo convinti che questa è un'Europa che dovremmo un pochettino snellire.
Uno dei nostri esempi tipici è che noi abbiamo un sistema europeo che si preoccupa di come devono essere fatti i nostri forni per la pizza, piuttosto che di come devono essere lunghe le zucchine che vengono prodotte, e molte volte poi tira fuori delle normative che impattano così profondamente nei nostri sistemi che poi si è sempre in ritardo nel rincorrerli. Sappiamo, come maggioranza che ispira il Governo, che è nostro compito cercare di essere all'altezza della situazione, anche perché, purtroppo, la prima conseguenza sono le sanzioni e poi, in generale, un rischio di credibilità internazionale, che non vogliamo in nessuna maniera mettere in campo. Abbiamo consapevolezza che dobbiamo diventare sempre più centrali nella produzione europea. La collega De Monte ha fatto un ragionamento molto chiaro: noi veniamo a sapere di avvenimenti normativi quando sono praticamente già finiti, quindi abbiamo bisogno di anticipare questo processo.
È evidente che il ragionamento non può essere solamente quantitativo - quante sono le norme che dobbiamo applicare, su quante siamo in orario, su quanto siamo in ritardo -, ma deve essere anche di tipo qualitativo. Se avete avuto la possibilità, sentendo i telegiornali, leggendo i giornali, di apprezzare la credibilità che questa maggioranza e questo Governo stanno avendo in ambito europeo, avrete avuto probabilmente la sensazione di come stiamo andando avanti.
Ancora grazie ai colleghi Mantovani e Candiani perché in questa legge di delegazione europea affrontiamo anche tante materie importanti. Parliamo, per esempio, di politiche in materia ambientale: si è intervenuti e si interviene sulla qualità dell'aria con misure di semplificazione, governance più efficaci e gestione delle politiche locali contro l'inquinamento atmosferico. Ovviamente, il miglioramento della qualità dell'aria non rappresenta solo un obiettivo ambientale, ma è un fattore diretto di tutela della nostra salute, di noi tutti. Inoltre, c'è l'attuazione di direttive sul ripristino degli ecosistemi naturali e sulla salvaguardia della biodiversità, in un momento in cui i cambiamenti climatici e la pressione della popolazione umana nei territori è sempre più pressante.
Di rilievo anche l'articolo 10, che parla di criteri direttivi per recepire la direttiva sulle emissioni industriali e la gestione delle discariche dei rifiuti, contrasto alla deforestazione che si deve, però, accompagnare a modelli produttivi sostenibili. Noi dobbiamo lavorare sull'incremento delle foreste e sulla riduzione della deforestazione, ma non possiamo distruggere tutto in un momento e costringere le nostre aziende ad adattamenti che possono essere stressanti e provocare mancanza di competitività, che si traduce poi in perdita di posti di lavoro, in perdita di prodotto, prodotti che, invece di produrli noi in casa nostra con le nostre caratteristiche di qualità, dobbiamo andare a produrre all'estero. Quindi, tutti questi processi vanno fatti con molta attenzione. Ricordiamo che il recepimento di queste norme non può essere una mera adesione ai parametri fissati da Bruxelles, ma è un impegno coerente con la traiettoria internazionale dell'Italia sulla sostenibilità, economia circolare e mitigazione del cambiamento climatico.
Mi soffermo ora sulle disposizioni che includono il recepimento di direttive cruciali contro la tratta degli esseri umani e la violenza di genere, che distruggono la dignità delle nostre persone e il principio dello Stato di diritto, in particolare per quanto riguarda il concetto della tutela delle vittime, promuovendo la parità, il rispetto e la non discriminazione. Nel solco di questa visione inclusiva si inserisce il recepimento della direttiva sulla Carta europea della disabilità e sul contrassegno europeo di parcheggio. Questi strumenti dovranno favorire la libera circolazione, l'accesso ai servizi e l'inclusione attiva.
Importantissimo è poi il recepimento della direttiva europea sulle condizioni di lavoro nelle piattaforme digitali, per una definizione contrattuale chiara, trasparente ed equa, inclusa la regolamentazione degli algoritmi nel rispetto dei diritti individuali. L'obiettivo è una maggiore tutela transfrontaliera e uno sviluppo sostenibile del lavoro digitale, in linea con i valori sociali dell'Unione europea. È un ambito di lavoro che riguarderà molti dei nostri giovani.
Signor Presidente, nel ringraziare ancora il Ministro Foti, tutti gli uffici della Commissione che hanno collaborato a testa bassa sul recupero di questi ritardi, che, ripeto, sono ormai strutturali - poi bisognerà capire strutturalmente come risolverli -, e ringraziando ancora una volta il presidente Giglio Vigna, ringrazio tutti voi (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 2280)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Mantovani. Si intende che vi abbia rinunciato. Ha facoltà di replicare il relatore Candiani. Ha rinunciato. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Sì? Vuol dire che replica? Prego, pensavo fosse un: “ripeta pure la frase di rito”. Prego, Ministro.
TOMMASO FOTI, Ministro per gli Affari europei, il PNRR e le politiche di coesione. No, signora Presidente, non ripeto la frase di rito, anche perché ritengo che sono state poste delle questioni che siano meritevoli di una risposta da parte mia, essendovi stato un dibattito per il quale ringrazio, ovviamente, i due relatori, l'onorevole Mantovani e l'onorevole Candiani. Ringrazio anche tutti gli intervenuti e, da ultimo, il collega Giordano, che ha tracciato un po' alcune delle direttive e dei regolamenti che vengono oggi messi a terra e che quindi possono avere una funzionalità enorme nel collegamento tra quelle che sono le normative europee e quelle che sono le normative italiane.
Debbo dire, in termini di ritardo - l'ha sottolineato l'onorevole Prestipino, l'ha sottolineato l'onorevole Bruno -, vedete, questo è un po' un procedimento che diventa fatale: oggi sono già in ritardo rispetto alla presentazione della legge di delegazione 2025, ma mi chiedo se potevo presentare una legge di delegazione 2025 essendo in esame quella del 2024. Oltretutto, come sapete, in un principio di alternanza Camera-Senato proprio quest'anno è di turno la Camera per quanto riguarda la legge di delegazione 2025.
Non a caso quando mi è stato chiesto ieri di posticipare l'approvazione di questa legge, dal calendario prevista per il 10 giugno, ho fatto presente - poi non so quale sia stata la soluzione - che lo ritenevo del tutto inadeguato, perché se andiamo oltre certi termini poi diventa difficile poter esaminare i provvedimenti nei tempi idonei. L'ideale sarebbe arrivare all'approvazione della legge del 2025 entro il 28 febbraio, in modo tale da poter poi presentare correttamente il disegno di legge a valere sul 2026. D'altra parte non entro nelle valutazioni che faceva l'onorevole De Monte, potrei dire che le condividevo da capogruppo, da Ministro non posso sicuramente entrare nell'ambito di quella che è la procedura che la Camera ha per regolamento e per scelta. Però è indubbio che, se si vuole fare un ragionamento di produttività e di confronti più validi e meno sotto la mannaia del tempo, occorre, secondo me, che vi siano le possibilità tecniche per poter agire in tal senso.
Quindi, sotto questo profilo, voglio anche dire che è vero che in questo ramo del Parlamento sono stati espressi pareri negativi su tutti gli emendamenti; altrettanto vero è che se noi avessimo la possibilità di presentare in tempi adeguati la legge di delegazione 2025 questo ramo del Parlamento potrebbe contribuire in prima lettura in modo significativo a eventualmente implementare quello che sarà il disegno di legge che il Governo consegnerà alla Camera.
In tal senso, voglio anche far presente che, storicamente, sia la legge di delegazione ma, ancora prima, la legge comunitaria hanno sempre visto un ampio consenso sull'approvazione delle norme di riferimento, perché non si tratta tanto e molto spesso di scelte squisitamente politiche ma di poter adeguare il nostro ordinamento ai principi della legislazione europea. Debbo anche dire che, sotto questo profilo, è vero che vi è una fase ascendente e vi è una fase discendente nell'esame e nella struttura della normativa europea. È chiaro che la fase ascendente è quella strategicamente più importante perché è quella dove si può intervenire e che può essere oggetto e fase di trattativa.
La fase discendente è una fase dove sicuramente vi sono più difficoltà a poter intervenire con modifiche direi sostanziali sul punto. Quindi, sotto questo profilo, io dico che l'impegno da parte del Governo c'è - e vi chiedo anche di poter collaborare in tal senso, nel momento in cui il provvedimento sarà stato assegnato alla Camera e alla Commissione competente, sicuramente potremo discutere di tutti gli emendamenti che verranno presentati -, lo posso assicurare senza alcun pregiudizio di ordine politico o ideologico.
Aggiungo che effettivamente noi abbiamo due leggi importanti: sia quella di delegazione europea sia la legge europea. Ecco, sotto questo profilo, anche in questo caso, non è solo una questione di dare seguito ad adempimenti di legge; si tratta delle due leggi importanti che investono una materia che, spesso e volentieri, è sottovalutata, ma che diventa determinante, anche perché voi sapete che, poi, a livello costituzionale, è prevista la prevalenza della norma europea rispetto alla norma eventualmente nazionale. Quindi, diventa fondamentale non solo per evitare procedure di infrazione, che tra l'altro costano e costano pesantemente al nostro Paese, ma anche per evitare che tout court la legislazione italiana sia saltata a piè pari in quanto non ha recepito quelle che potevano essere direttive e regolamenti europei.
Voglio infine però fare anche un riferimento - è vero che non riguarda quest'Aula e di questo non posso altro che dispiacermene, essendo membro anche di quest'Aula - non solo quantitativo ma anche qualitativo. È entrato in Parlamento, ha iniziato l'esame in Parlamento, esattamente al Senato, nel mese di ottobre del 2024, un disegno di legge che era composto di 16 articoli. Usciamo con una legge che sarà composta di 29 articoli. È entrato un provvedimento che aveva 5 direttive; esce un provvedimento che ha esattamente 16 direttive. L'allegato A aveva 15 direttive: va a 25 direttive. I regolamenti previsti erano 9: vanno a 21.
Mi pare che vi sia stata, sia attraverso il contributo parlamentare, sia attraverso il contributo dei relatori, sia attraverso anche emendamenti del Governo, un'implementazione tale da poter, in tempo reale, adeguarsi anche ad alcune direttive o estendere il provvedimento ad alcune direttive che originariamente non facevano parte del disegno di legge e che, alla fine del percorso parlamentare, invece, faranno parte a tutti gli effetti di quella che è la legge di delegazione per il 2024.
Quindi, quando complessivamente possiamo dire che verranno recepite 41 direttive europee e 21 regolamenti troveranno fase di attuazione, penso che si possa dire che un passo significativo è stato compiuto. Verranno compiuti altri passi. Voi sapete che, anche sotto il profilo della risoluzione di alcune procedure di infrazione, vi è la massima attenzione. È chiaro che poi le procedure di infrazione si abbassano, ma non si esauriranno mai perché, una volta che ne hai risolte dieci, se ne aprono mediamente altre sette o otto. Però, ci sono il tentativo e l'impegno per ridurre un'esposizione notevole da parte dell'Italia sotto questo profilo e, dall'altra parte, anche per cercare di essere in una media dei maggiori Paesi europei per quanto riguarda le procedure d'infrazione. E quindi, sotto questo profilo, debbo dire che i pareri del Governo non potranno cambiare rispetto a quelli che sono stati espressi in Commissione nei giorni scorsi. Aggiungo, però, che sulla legge di delegazione del 2025 vi sarà piena apertura per la Camera dei deputati perché, soprattutto in sede di prima lettura, verranno esaminati - come ho già detto - tutti gli emendamenti senza alcun pregiudizio ideologico. Grazie comunque a tutti coloro che sono intervenuti, anche per le osservazioni che hanno fatto e che sono state comunque politicamente significative ed esposte in modo garbato, il che non può essere che apprezzato (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo Via Soriso, plesso Papa Wojtyla, di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della proposta di legge: Squeri ed altri: Istituzione della Giornata della ristorazione (A.C. 1672-A).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1672-A: Istituzione della Giornata della ristorazione.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1672-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Luca Squeri.
LUCA SQUERI , Relatore. Grazie, Presidente. Oggi avviamo in Aula l'esame sulla proposta di legge volta all'istituzione della Giornata della ristorazione. Il lavoro è stato terminato alla X Commissione come commissione referente nell'ottobre scorso. Evidenzio, prima di entrare nel merito degli articoli che compongono questa proposta di legge, che questa iniziativa va sull'onda di una manifestazione che ha visto, come primo evento nel mese di aprile del 2023 sotto il patrocinio di diversi Ministeri (il Ministero dell'Agricoltura, il Ministero delle Imprese e del made in Italy, il Ministero degli Affari esteri e il Ministero del Turismo) il conferimento, da parte del Presidente della Repubblica, di una medaglia proprio per suggellare l'importanza di un simile evento. Ecco che, su quest'onda, proponiamo questa legge per istituzionalizzare l'evento. L'istituzione di una Giornata della ristorazione si propone quindi - come dicevo - di dare continuità a questa valorizzazione.
La legge si compone di quattro articoli. L'articolo 1 dispone che la Repubblica riconosce il terzo sabato del mese di maggio quale Giornata della ristorazione. La finalità enunciata dalla norma è quella di valorizzare e rafforzare il ruolo della ristorazione italiana nelle diverse forme e tipologie che la caratterizzano, perseguendo valori quali la relazione, la condivisione, il convivio e la comunità.
La norma pone i seguenti principi ispiratori: l'inclusione e la sostenibilità ambientale, economica e sociale; la qualificazione dell'offerta attraverso la promozione delle tradizioni gastronomiche e l'utilizzo di prodotti agroalimentari sostenibili e di qualità; la sicurezza e la legalità, attraverso il rispetto delle regole e l'adozione dei comportamenti atti a favorire la salubrità alimentare, la tracciabilità e la trasparenza, nonché il contrasto a comportamenti idonei a ledere la dignità del settore; la promozione di un sistema alimentare più equo, sano e rispettoso del lavoro e dell'ecosistema; la promozione dell'immagine della ristorazione, valorizzando la tradizione gastronomica italiana nella sua qualità di eccellenza rinomata a livello internazionale. Tra l'altro, si prevede che la Giornata sia un evento diffuso, coinvolgendo non solo gli esercizi presenti in Italia ma anche all'estero.
L'articolo 2 individua le iniziative per la celebrazione della Giornata della ristorazione. In particolare, prevede che il Ministero delle Imprese e del made in Italy promuova, in occasione di tale Giornata, un'iniziativa di approfondimento dedicata alle finalità e ai princìpi già indicati nell'articolo 1. Per ogni ricorrenza annuale della Giornata viene individuato un tema simbolico della ristorazione associato alle iniziative e manifestazioni previste per celebrare la Giornata.
È previsto, inoltre, che in occasione dell'iniziativa vengano conferite 10 medaglie a imprenditori del settore della ristorazione che si siano distinti in alcuni ambiti determinati.
Infine, si prevede che le istituzioni territoriali possano promuovere e sostenere, in occasione della Giornata, specifiche iniziative, manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri, momenti comuni. L'obiettivo di tali iniziative è indicato nella celebrazione della ristorazione, favorendo, in particolare, attività e iniziative volte a valorizzare la sostenibilità, l'innovazione, la sicurezza, la legalità e l'immagine della filiera della ristorazione. Peraltro, si consente alle istituzioni pubbliche, anche in coordinamento con le associazioni interessate, la promozione nelle scuole di iniziative didattiche, percorsi di studio ed eventi volti a valorizzare il ruolo della ristorazione.
L'articolo 3 reca disposizioni in materia di informazione radiofonica e televisiva, prevedendo che la società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, secondo le disposizioni previste, possa dedicare adeguati spazi ai temi connessi alla Giornata della ristorazione.
Infine, l'articolo 4 tratta le disposizioni finanziarie.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva di farlo in un secondo momento.
È iscritto a parlare il deputato Battilocchio. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Nel gennaio di quest'anno il CREA ha diffuso i dati sullo sviluppo del sistema agroalimentare italiano nel suo complesso: agricoltura, industria alimentare, distribuzione e ristorazione. Questa filiera si è confermata come un settore cardine della nostra economia, con un fatturato attorno ai 676 miliardi di euro nel 2023, pari al 15 per cento del fatturato globale dell'economia nazionale, grazie alle buone performance di tutte le sue componenti, ma, in particolare, dei servizi di ristorazione cresciuti del 12 per cento. In questo quadro, la sola ristorazione rappresenta circa 43,5 miliardi di euro di valore aggiunto e occupa 1,2 milioni di addetti.
Come è noto, quello che distingue l'agroalimentare italiano è la qualità del prodotto ma, allo stesso tempo, il nostro Paese è in cima alle classifiche mondiali per quel che riguarda la qualità del cibo fornito nei servizi di ristorazione.
Uno dei più popolari portali web internazionali dedicati al food, TasteAtlas, a gennaio di quest'anno ha pubblicato la lista delle 100 città in cui si mangia meglio al mondo. Le valutazioni sono state stilate partendo da 477.287 recensioni verificate di 15.478 piatti e prodotti locali. Ebbene, le prime quattro classificate di questa lista mondiale sono quattro città italiane: Napoli, Milano, Bologna e Firenze, con Roma e Torino nella “top ten” e altre sei città italiane tra le prime 50. Un riconoscimento internazionale che qualifica non solo la qualità del cibo, ma anche delle preparazioni e del servizio.
Dobbiamo registrare anche il boom del turismo cosiddetto enogastronomico, in cui l'Italia è leader mondiale. L'impatto del settore enogastronomico è valutato vicino ai 30 miliardi di euro nel 2022, divisi tra turisti italiani e stranieri, che, sempre più spesso, scelgono l'Italia come meta delle ferie per i primati a tavola. Quindi, la tavola rappresenta oggettivamente una straordinaria leva di promozione. Tra l'altro, al settore della ristorazione il Piano strategico per il turismo, approvato nel luglio 2023 dal Governo, dedica particolare attenzione. Voglio qui sottolineare un elemento di questo Piano, che proietta la ristorazione italiana nel futuro del turismo internazionale e nazionale: si tratta delle azioni da intraprendere sotto l'aspetto dell'attrattività e della fidelizzazione. Il turista, oggi, è sempre più interessato all'enogastronomia e motivato al viaggio dalla voglia di vivere esperienze dedicate.
Aggiungo che, in questa fase, la ristorazione italiana ha completamente recuperato i livelli pre-pandemia. Nel 2020-2022, purtroppo, la crisi - come sappiamo - ha falcidiato molte imprese del settore. Voglio ricordare che, grazie all'iniziativa di Forza Italia, nel 2021-2022 è stata introdotta una disposizione per la liberalizzazione dei dehors all'esterno dei locali di ristorazione, che è stata prorogata fino a fine 2025, diventando una misura importante ed efficace di contrasto alla pandemia e anche un nuovo elemento di aggregazione sociale. L'introduzione di questa disposizione ha avuto un successo tale da cambiare le modalità di consumo dei pasti degli italiani e dei tanti turisti stranieri, che ora si svolgono preferibilmente all'aperto, in questi spazi attrezzati, anche d'inverno.
Dunque, il provvedimento che oggi discutiamo rappresenta solo l'ultimo anello di una catena di atti tramite i quali il centrodestra e Forza Italia hanno sempre manifestato vicinanza, attenzione e solidarietà al mondo della ristorazione. Altri ne verranno, come la creazione di circuiti e tutta una serie di altre iniziative. Quindi, in questo quadro complessivo, in questa cornice, il provvedimento in esame può sembrare un elemento marginale, ma occorre sottolineare che esso prende origine da una manifestazione, la Giornata della ristorazione per la cultura dell'ospitalità italiana, promossa il 28 aprile 2023 dalla Federazione italiana pubblici esercizi della Confcommercio, che ha avuto un grande successo. La manifestazione, tra l'altro, si ispira alla Carta dei valori della ristorazione italiana adottata nel 2021, nella quale gli operatori di settore descrivono i princìpi dell'arte dell'ospitalità italiana e individuano le possibili linee di sviluppo.
Il relatore ha illustrato il contenuto degli articoli, però io vorrei sottolineare, in conclusione, che la Giornata della ristorazione rappresenta anche uno sguardo rivolto al futuro, un momento di riflessione e di celebrazione che non si limita soltanto allo specifico settore, ma che ha una portata generale, sia economica, che sociale, che culturale. Un momento capace di stimolare la discussione sulle iniziative da adottare per favorire la crescita imprenditoriale di un settore che ha un impatto significativo sullo stile di vita del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Antoniozzi. Ne ha facoltà.
ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). Grazie, Presidente. Prima di iniziare, io volevo sollevare il collega Squeri dall'obbligo e dalla cortesia di esser presente, perché so che ha un treno fra pochi minuti, quindi se lo ritiene necessario, insomma, non c'è problema…
PRESIDENTE. Mi dispiace, collega, ma non si può. Il relatore deve star qui per tutto il seguito della discussione, quindi…
ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). Mi spiace, allora…
PRESIDENTE. … lei può solo abbreviare il suo intervento, se vuole, ma altro non si può fare.
ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). …cercherò di andare rapidissimo. Abbiamo già ascoltato che questa proposta di legge nasce da una manifestazione, da un'occasione importante, che ha coinvolto Ministeri e l'attenzione di tutto il Paese, promossa dalla Confcommercio, ottenendo anche la medaglia del Presidente della Repubblica. In quella occasione, il dato più significativo che si è prodotto è che, a contorno di quella manifestazione, vi sono state centinaia di manifestazioni di sostegno in tutta Italia e non solo, anche in molti Paesi, Quindi, da quella occasione, in contiguità con quell'esperienza, nasce l'istituzione e la proposta di legge per istituire una Giornata della ristorazione per celebrare il ruolo di questo comparto, sotto il profilo economico e non solo, anche sotto il profilo identitario per i diversi territori italiani.
Guardando Wikipedia, la ristorazione è considerata un settore commerciale. Sicuramente lo è, ma direi che è molto di più. La ristorazione è la storia di una comunità, è la cultura di un popolo e le abitudini che cambiano nel tempo: pensiamo solamente a quanti passi avanti ha fatto la ristorazione in questi ultimi decenni. Nasce come occasione di nicchia e poi si espande: pensiamo alle abitudini modificate - si mangiava in famiglia - abbinate alla modifica del mondo del lavoro, del mondo della scuola; pensiamo all'orario unico nelle scuole, pensiamo all'orario prolungato nelle scuole e all'orario di lavoro che si è modificato.
Quindi, la ristorazione diventa un fatto di costume, ma deve abituarsi a nuovi modi di essere, deve quindi progredire, deve seguire anche l'innovazione. Pensiamo solamente all'esperienza del periodo della pandemia, quando si è consolidata la ristorazione a domicilio che era qualcosa che non esisteva.
Dico questo per dire quanti passi avanti questo comparto deve fare, quanta consuetudine deve adeguare, quanta professionalità deve mettere in campo per seguire le evoluzioni che nella società, nei decenni, sono rapidissime. Pensiamo alle recenti applicazioni dell'intelligenza artificiale alla ristorazione: per esempio, nel 2019, ricercatori del MIT di Boston hanno realizzato Spyce, il primo ristorante al mondo con cucina completamente automatizzata.
Ecco, dico questo per dire che questo comparto coinvolge e avvolge tutta la società e per l'Italia è - visti i numeri già declamati - forse il comparto guida del nostro Paese. Intorno alla ristorazione l'Italia, nel mondo, ha determinato una presenza di eccellenza e che sicuramente non ha pari con altri Paesi. Ecco perché abbiamo ritenuto che l'istituzione di questa Giornata non è soltanto un rituale, ma è un modo per essere presenti in un mondo in grande evoluzione che coinvolge milioni e milioni di cittadini e coinvolge milioni di lavoratori, quindi con numeri e cifre da capogiro.
Quindi, credo che questa Giornata della ristorazione, ogni anno, potrà rappresentare un momento non solo di manifestazione, ma anche un momento di ricerca, un momento di attenzione, un momento di crescita in questo comparto che riteniamo tra i più significativi e importanti del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 1672-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Squeri: si intende che vi abbia rinunciato.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo: si intende che vi abbia rinunciato.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: S. 1445 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 aprile 2025, n. 45, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'avvio dell'anno scolastico 2025/2026 (Approvato dal Senato) (A.C. 2420).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2420: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 aprile 2025, n. 45, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'avvio dell'anno scolastico 2025/2026.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2420)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Rossano Sasso.
ROSSANO SASSO , Relatore. Grazie, Presidente. Siamo oggi ad esaminare il disegno di legge di conversione con modificazioni del decreto-legge n. 45, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'avvio dell'anno scolastico 2025/2026. Di seguito una disamina degli articoli.
L'articolo 1 reca misure relative all'attuazione della riforma 1.1 della Missione 4, in materia di istituti tecnici. In particolare, si prevede che alla definizione degli indirizzi, delle articolazioni e dei corrispondenti quadri orari e dei risultati di apprendimento dei nuovi percorsi di istruzione tecnica si provveda non più tramite l'adozione di un decreto ministeriale, ma sulla base del profilo educativo culturale e professionale dello studente, del curricolo e nei limiti del monte orario di cui agli Allegati al decreto-legge in esame.
L'articolo 1-bis, introdotto al Senato e composto da quattro commi, in particolare, introduce due nuovi istituti contrattuali relativi alla fase pre-ruolo della carriera accademica, inserendo gli articoli 22-bis e 22-ter nella legge n. 240 del 2010, volti, rispettivamente, a disciplinare gli incarichi post-doc e gli incarichi di ricerca.
Gli incarichi post-doc sono attivati da università ed enti pubblici di ricerca ai fini dello svolgimento di attività di ricerca, nonché di collaborazione alle attività didattiche e di terza missione. Tali contratti hanno durata almeno annuale e possono essere prorogati fino a una durata complessiva di tre anni. Gli incarichi di ricerca, attivabili dalle stesse istituzioni sopracitate, sono invece finalizzati all'introduzione alla ricerca e all'innovazione sotto la supervisione di un tutor e sono riservati ai giovani studiosi che sono in possesso di titolo di laurea magistrale o a ciclo unico da non più di sei anni e di un curriculum idoneo all'assistenza allo svolgimento di attività di ricerca.
L'articolo 2 prevede cinque novelle alla disciplina vigente in materia di reclutamento e assunzione in servizio del personale docente. In particolare, al comma 1, si consente l'integrazione della graduatoria di merito dei concorsi PNRR con i candidati idonei, fino al 30 per cento dei posti banditi. Le graduatorie in questione sono utilizzate secondo un ordine di priorità temporale ed in via prioritaria rispetto a quelle dei concorsi precedenti al PNRR.
L'articolo 2-bis, introdotto al Senato, dispone, per ciascuno degli anni 2025-2026, l'incremento di 6 milioni di euro del Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e risultato relativo al personale dell'area V della dirigenza.
L'articolo 3 prevede che il Ministero dell'Istruzione e del merito provveda all'emanazione di un nuovo bando e allo scorrimento delle graduatorie scaturite dei bandi già indetti, per il conseguimento degli obiettivi previsti dal PNRR in materia di asili nido e di scuole dell'infanzia, dedicando a tal fine una somma complessiva di oltre 819 milioni di euro. Il comma 2-bis del medesimo articolo 3 differisce al 31 luglio 2025 il termine entro il quale i comuni beneficiari dei contributi previsti per le cosiddette piccole opere devono provvedere all'inserimento, all'interno del sistema di monitoraggio e di rendicontazione, degli identificativi di progetto (CUP) per ciascuna annualità riferita al periodo 2020-2024.
L'articolo 3-ter, introdotto al Senato, interviene sulla normativa di attuazione dell'intervento del PNRR in materia di sviluppo delle competenze digitali nelle scuole di ogni ordine e grado.
L'articolo 3-quater modifica la disciplina in materia di semplificazione degli interventi di edilizia scolastica a sostegno degli enti locali, in attuazione del PNRR.
L'articolo 4 detta disposizioni urgenti per l'attuazione della riforma delle guide turistiche. Al comma 1 viene autorizzata, al fine di far fronte alle spese relative all'esame di abilitazione dell'esercizio di guida turistica, una spesa di 1.431.000 euro per l'anno 2025, mentre per l'anno 2026 di 862.720 euro e di 1.005.000 euro per l'anno 2027.
L'articolo 6 incrementa di un milione di euro, per l'anno 2025, e di 3 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2026 e 2027, la dotazione dello stanziamento per la fornitura, gratuita o semigratuita, dei libri di testo a favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico in possesso dei requisiti richiesti. Il comma 1-bis modifica i requisiti per l'erogazione del contributo per le spese di locazione abitativa sostenute dagli studenti universitari fuori sede. Il comma 1-ter del medesimo articolo incrementa di 9,5 milioni di euro per il 2025 il fondo predetto, recando la clausola di copertura dei relativi oneri.
L'articolo 7 estende fino agli anni scolastici 2025/2026 e 2026/2027 la possibilità di conferire in via straordinaria incarichi temporanei per l'erogazione del servizio educativo nelle scuole dell'infanzia paritarie.
L'articolo 8 prevede che risorse pari a un milione di euro, per l'esercizio finanziario 2025, iscritte sul Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, siano utilizzate per la definizione di percorsi di formazione e informazione destinati ai docenti per la prevenzione dell'uso di sostanze stupefacenti, delle dipendenze comportamentali e del disagio giovanile.
L'articolo 9 modifica la disciplina del concorso pubblico per i funzionari da destinare agli uffici scolastici regionali.
L'articolo 10, al comma 1, rinnova anche per l'anno 2025 l'autorizzazione di spesa, già prevista per il 2024, e pari ad un milione di euro annui, per l'ampliamento dell'offerta formativa connessa ai processi di internazionalizzazione degli ITS Academy, disposta nell'ambito del Piano Mattei.
L'articolo 11 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo. Si intende che si riservi di farlo in un secondo momento.
È iscritta a parlare la deputata Prestipino. Ne ha facoltà.
PATRIZIA PRESTIPINO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Benvenuta alla Sottosegretaria Frassinetti. Allora, è arrivato in quest'Aula - è stato detto - un decreto-legge tanto atteso, che però, lasciatemi dire, disattende ogni aspettativa e pecca di lungimiranza. Un decreto che ridisegna, sì, pezzi essenziali del mondo dell'istruzione, ma senza tener conto delle reali esigenze di questo Paese. Guardate, lo dico con amarezza, essendo io stessa una docente ed essendo stata nella scorsa legislatura, insieme alla collega Frassinetti e al collega Sasso, proprio membro della Commissione istruzione. Però lasciatemi partire dagli istituti tecnici, perché proprio lì si misura la capacità di un Paese di unire sapere e saper fare.
L'articolo 26-bis, comma 1, stabilisce che, a decorrere dall'anno scolastico 2026-2027, il numero complessivo delle classi della scuola secondaria di secondo grado non può essere superiore a quello delle classi presenti nell'anno scolastico 2023-2024. In sostanza, con un colpo di penna, si cristallizza il presente e si impedisce a quartieri in espansione, aree industriali in trasformazione e filiere high-tech emergenti di aprire nuove sezioni. Non è programmazione questa, è un freno di emergenza tirato in maniera esagerata. Ecco, quindi, un taglio non supportato da alcuna analisi sociale e economica e che non tiene conto dei fabbisogni futuri, delle distinzioni tra territori, della dispersione scolastica, che negli istituti tecnici ancora, parlo della dispersione scolastica, arriva al 15 per cento; un taglio che penalizza materie come italiano, matematica, storia, comprimendo contenuti disciplinari fondamentali con il rischio di produrre diplomati meno preparati. Innovazione, sviluppo ed inclusione avrebbero dovuto essere i tratti distintivi di questo decreto. Invece, così come afferma la Fondazione Agnelli in un recente report, i ritardi del Piano scuola 4.0 e le incertezze sui Patti educativi 4.0 stanno già pesando sulla realizzazione dei laboratori e sulla formazione dei nostri docenti.
Le regioni, in Conferenza, hanno chiesto di rivedere proprio questa norma, perché priva di risorse aggiuntive e rischiosa per i territori interni, come abbiamo già detto. Ma siamo proprio sicuri che questa sia la via per rilanciare la filiera tecnico-professionale, quando l'Europa e lo stesso PNRR ci chiede l'esatto contrario, cioè di investire su laboratori, orientamento, connessioni con le imprese?
Passo alla ricerca universitaria, l'altro polmone di un Paese che vuole essere competitivo. Con l'articolo 1-bis arrivano gli incarichi post-doc e di ricerca di durata massima triennale. La spesa complessiva, però, non può superare il costo medio degli assegni di ricerca degli ultimi 3 anni; tali contratti non generano diritti in ordine all'accesso ai ruoli. In pratica, chi oggi è precario vedrà soltanto cambiare l'intestazione del contratto, non la certezza del futuro.
Lo scorso 12 maggio migliaia di ricercatori hanno scioperato con lo slogan “la ricerca è un lavoro”, denunciando che il 42 per cento del personale accademico è già precario. Una settimana dopo, davanti a Palazzo Madama, nuovi dottori di ricerca hanno protestato contro contratti “bis”, privi di coperture per malattia e per paternità. Noi stessi, come Partito Democratico, abbiamo ricevuto ed ascoltato tantissime delegazioni di precari. Eppure, di fronte a questa mobilitazione, il Governo risponde con un meccanismo che proroga l'incertezza fino al 2026, senza un percorso di tenure track nazionale, senza un piano di reclutamento stabile e, soprattutto, senza un investimento strutturale. Nessun lavoro subordinato, come richiesto in tutta Europa, ma si reintroducono invece figure sottopagate, senza tutele, che erano state invece cancellate durante il Governo Draghi.
Diciamolo chiaramente: ogni giovane scienziato che lasciamo andare fuori dal nostro Paese, se non addirittura in Paesi che hanno introdotto la tenure track obbligatoria in 6 anni, come la Germania e la Spagna, è un pezzo di produttività che esportiamo a costo zero. L'Istat lo quantifica con una perdita di capitale umano, che ci costa fino a 14 miliardi di euro l'anno. Stabilizzare il talento, colleghe e colleghi, non è un lusso, è leva di crescita. Ogni euro speso in ricercatori stabili ne genera 4 in progetti europei competitivi. Insomma, il risultato di questo decreto è l'ennesima proroga del precariato accademico, mentre altri Paesi UE, dalla Spagna, con la riforma Castells, alla Germania, con la tenure track professor, investono sul reclutamento stabile dei giovani ricercatori.
E vengo ai docenti, che mi stanno particolarmente cari, anche per il mio ruolo. Il decreto rivendica l'obiettivo PNRR di 70.000 assunzioni, ma, per centrarlo, servirebbe che le graduatorie scorressero in tempo record. Il testo alza al 30 per cento la quota di donne che potranno essere chiamate oltre i posti banditi e istituisce, dal 2026 al 2027, un elenco regionale da utilizzare in caso di esaurimento delle graduatorie ordinate. Ma, come ricorda la relazione, per accelerare bisogna addirittura cambiare la regola di arrotondamento delle frazioni di posto, portandola da “per difetto” a “per eccesso”. Ora, se bastasse un artifizio aritmetico, staremmo tutti tranquilli e a posto. Purtroppo la realtà è ben diversa: 230.000 insegnanti lavorano già con contratti a termine e il Nord Italia fatica ancora a coprire le cattedre STEM, sulle quali, come Partito Democratico, ci siamo tanto impegnati nella scorsa legislatura, perché sappiamo l'importanza che hanno queste materie sulla formazione dei nostri ragazzi, dei futuri docenti e dei futuri cittadini e lavoratori. In questo scenario, imporre 30 CFU a carico dei candidati e bandire concorsi a raffica rischia di diventare un percorso a ostacoli, che premia la resistenza più che il merito. Inoltre, nulla si dice riguardo a percorsi di formazione, retribuzione e tutela delle supplenze brevi, che è un'altra piaga della nostra scuola.
Il Parlamento non può limitarsi a prendere atto di questi nodi, deve scioglierli. Ecco perché, nelle Commissioni, abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere: fondi per i laboratori negli istituti tecnici; la rimozione del tetto alle classi, sostituito da un indicatore flessibile legato a indicatori di dispersione e demografia; un'abilitazione gratuita che porti in cattedra, con dignità, chi le prove le supera. Sono proposte respinte senza discussione, senza batter ciglio, ma per noi sono sempre lì, sul tavolo. Fuori da quest'Aula, nei laboratori informatici con computer obsoleti, se non addirittura privi di tante cose, nei laboratori di chimica con le piastre scollegate, negli atenei dove la parola ricercatore è sinonimo di eterno stagista, questo decreto, ancora una volta, lede la dignità di chi studia, insegna e fa ricerca. La scuola e la ricerca - e lo sappiamo tutti - non sono capitoli di spesa da comprimere; al contrario, da espandere in continuazione.
Una riforma che non mette risorse è destinata a restare lettera morta; una riforma che blocca le classi, precarizza i cervelli e costringe i docenti a una corsa a ostacoli non rende l'Italia più moderna, colleghi, la rende soltanto più ingiusta e più arretrata; più ingiusta per gli studenti, per i ricercatori e per gli insegnanti che già domani mattina torneranno a scuola con la passione di sempre e con la fatica di troppo sulle spalle. A loro dobbiamo risposte concrete, non tetti rigidi, non contratti usa e getta, non selezioni infinite e davvero estenuanti. Per questo, oggi, con senso di responsabilità e con la passione di chi ha dimostrato e ha dedicato la propria vita all'educazione, prendo la parola per dire fermamente “no” a questo decreto, e non sarà il Partito Democratico a perdere, ma l'Italia di domani (Applausi della deputata Serracchiani).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Roscani. Ne ha facoltà.
FABIO ROSCANI (FDI). Grazie, Presidente, Sottosegretaria Frassinetti. Il provvedimento in esame oggi, di cui discutiamo le linee generali, è un provvedimento che, ovviamente, contiene importantissime misure per la crescita della nostra Nazione, per il ruolo e il futuro della formazione. È un provvedimento che si articola in due Capi. Nel Capo I vi sono le disposizioni urgenti per l'attuazione del PNRR e nel Capo II vi sono le misure urgenti in materia di istruzione e merito per l'avvio dell'anno scolastico 2025-2026.
È un provvedimento che mira a garantire il raggiungimento degli obiettivi della riforma prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Riforma 1.1 della Missione 4 “Istruzione e ricerca”) e riguardante il riordino degli istituti tecnici. Basta dire che la riforma degli istituti tecnici e professionali giunge, quindi, a compimento con l'introduzione di un nuovo assetto ordinamentale, sensibile alle trasformazioni economiche e sociali nel nostro Paese. Un intervento che consolida in maniera forte il legame tra la scuola e il territorio e promuove l'innovazione e l'internazionalizzazione, in relazione con un altro grande progetto del Governo italiano, quale il Piano Mattei, rafforzando la continuità con i percorsi dell'istruzione terziaria e tecnologica.
A partire dall'anno scolastico 2026-2027, al fine di garantire l'invarianza finanziaria, il numero complessivo delle classi attivate negli istituti tecnici sarà definita mediante decreto interministeriale MIM e MEF. Il provvedimento contiene disposizioni urgenti per l'attuazione della riforma del sistema di reclutamento dei docenti, prevista dal PNRR, con l'obiettivo di ridurre il ricorso ai contratti a tempo determinato e favorire l'immissione in ruolo di coloro che hanno completato il nuovo percorso formativo e superato il concorso nazionale. È un provvedimento che introduce, poi, due importanti misure a favore dei dirigenti scolastici: un incremento del Fondo unico nazionale, pari a 12 milioni di euro in due anni e, per l'anno scolastico 2025-2026, una mobilità straordinaria che consente di coprire fino al 100 per cento dei posti vacanti su base regionale, fatta salva la quota riservata al concorso in atto, offrendo così maggiori opportunità a chi è in servizio da anni.
Si stanziano, inoltre, 820 milioni di euro per l'attuazione del Piano asili nido, che è stato già avviato dal Ministero, destinato ai comuni con livelli di copertura del servizio inferiori alla media nazionale del 33 per cento nella fascia 0-2 anni, per garantire una maggiore equità territoriale e sostenere la conciliazione tra i tempi di vita e lavoro.
Si prevede, inoltre, un incremento delle risorse destinate alla fornitura gratuita o semigratuita dei libri di testo per gli studenti in difficoltà economica e si proroga l'utilizzo delle graduatorie comunali per le supplenze nelle scuole dell'infanzia paritarie. Insomma, un provvedimento che davvero contiene tantissime misure per la formazione, la scuola, i giovani, i docenti.
Un provvedimento che, come sostenuto anche nell'illustrazione dell'articolato del relatore, introduce, nel corso dell'esame del Senato, modifiche urgenti alla normativa sulla carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione dei docenti, una carta che può essere utilizzata anche per l'acquisto di prodotti di editoria audiovisivi. Nuovi criteri per l'assegnazione e l'importo della carta saranno definiti con decreto MIM-MEF e si applicheranno a partire dall'anno scolastico 2025-2026.
Un provvedimento che introduce misure volte a contrastare il fenomeno dei cosiddetti “diplomifici”, stabilendo che in ciascuna scuola paritaria non possa essere attivata più di una classe terminale collaterale per indirizzo di studio. L'attivazione di tale classe è subordinata alla notifica del provvedimento di autorizzazione da parte dell'ufficio scolastico competente.
Un decreto, quindi, che va nella direzione giusta. Un decreto che consente, ancora una volta, di continuare un lavoro straordinario che il Governo italiano sta facendo per ridare centralità al ruolo della scuola, alla formazione dei nostri giovani, alla capacità di coniugare la formazione con il mondo del lavoro. Un decreto che si è arricchito, anche in sede di conversione al Senato, con misure scaturite da un profondo e proficuo confronto anche con ANCI, volto a favorire l'attuazione degli interventi di edilizia scolastica attraverso l'utilizzo dei ribassi d'asta e la semplificazione di varie procedure, tra cui quella in tema di varianti, agevolando gli interventi in materia di DNSH e incrementando il Fondo di 20 milioni di euro, in due anni, per le esigenze straordinarie sempre in tema di edilizia scolastica.
Infine, un emendamento proposto dal Ministero dell'Istruzione e del merito riconosce, già per quest'anno scolastico, la carta del docente - come dicevo prima - e anche i supplementi su posto vacante e disponibile. Credere nella scuola significa - come abbiamo sostenuto sempre - credere nel futuro e dare speranza alle giovani generazioni. Un futuro che riusciremo a costruire se i nostri giovani saranno messi nelle condizioni di realizzarsi, di sentirsi parte integrante e attiva di una comunità viva, convinta e capace di realizzare i sogni dei più giovani.
Un decreto che, grazie a questo Governo, mette, ancora una volta, finalmente in campo misure concrete per dare un'adeguata centralità al ruolo della formazione nel nostro Paese (Applausi del deputato Pulciani).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Carmina. Ne ha facoltà.
IDA CARMINA (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo sul tema della scuola, dell'avvio dell'anno scolastico e delle rimodulazioni del PNRR in questo provvedimento che noi possiamo chiamare “Giano bifronte”, perché, a fronte di misure che complessivamente possiamo ritenere positive ed accettare, viceversa, ci sono da contrappeso delle questioni che le depotenziano e che noi riteniamo irrisolte.
Per quel che riguarda i nodi fondamentali di questo provvedimento, cominciamo con la riforma degli istituti tecnici, presentata con grande enfasi come risolutiva: un'accelerazione della filiera tecnico-professionale. In realtà, rimane in grave ritardo e con una grande incertezza, perché con questo regolamento di delegificazione, che aveva attribuito a successivi decreti la dipanazione di questa riforma, c'è stato, invece, sostanzialmente, uno stallo. E nella perdurante mancata emanazione del regolamento previsto dalla riforma, se ne rinvia sine die l'adozione, confermando, al contempo, una portata potenzialmente permanente, a decorrere dall'anno scolastico 2026-2027, del decreto ministeriale adottato in sua vece.
Tuttavia, secondo quanto emerge dagli allegati, rimane la questione che questi ultimi non individuino direttamente indirizzi, articolazione dei corrispondenti quadri orari dei nuovi percorsi di formazione tecnica, il curriculum sulla base dei quali devono essere ancora identificati gli indirizzi e le articolazioni, nonché il monte orario nei limiti del quale dovranno essere definiti i quadri orari. Pertanto, diversamente da quanto sostenuto nella relazione illustrativa dell'Esecutivo, la norma introdotta con il decreto si configura come ancora non immediatamente autoapplicativa.
Ciò determina una grandissima incertezza, tanto che si rinvia ulteriormente la riforma perché, a meno che non si voglia lasciare poi alle singole istituzioni scolastiche, attribuendo un grado di autonomia vastissimo, la definizione di ciò che non è stato ancora elaborato a livello ministeriale, regna soltanto una grande confusione. E affinché la riforma sia possibile da applicare - non da quest'anno, vado ancora dal prossimo - dovranno intervenire ulteriori disposizioni che si spera siano adottate entro la fine del 2025, allorché i ragazzi dovranno scegliere la tipologia di scuola.
Naturalmente, per noi rimangono delle perplessità legate alla mancanza di investimenti, soprattutto nelle parti laboratoriali e ciò determina, fra l'altro, un'ulteriore discriminazione dal punto di vista geografico fra scuole del Nord e scuole del Sud. Scuole del Nord che hanno accesso ai finanziamenti delle varie imprese del territorio, mentre nel Sud, specialmente per esempio in Sicilia, laddove c'è un contesto molto povero dal punto di vista economico, si rischia ulteriormente di approfondire queste discriminazioni nella formazione.
Poi, l'altro nodo fondamentale è quello delle nuove figure contrattuali per i ricercatori. Quello della ricerca, lo sappiamo tutti, è un nodo fondamentale nel nostro Paese, a cui non riusciamo a dare soluzione. La vera questione sarebbe quella di trattenere i ricercatori nel nostro territorio, piuttosto che facilitare quasi la loro emigrazione.
Invece, non si fa altro che introdurre nuove figure contrattuali delle quali non c'è assolutamente bisogno perché sono già molteplici le figure, creando così anche confusione e una giungla di incarichi post-laurea e di ricerca. Durante l'esame al Senato sono state introdotte due nuove figure: gli incarichi di ricerca e gli incarichi post-doc, figure delle quali non c'era assoluto bisogno, perché, con il contratto di ricerca, introdotto in precedenza, si era infatti trovata la quadra su un rapporto di lavoro pienamente subordinato, biennale, rinnovabile una sola volta e prorogabile di un ulteriore anno, con progetti specifici di ricerca, la cui retribuzione era però regolata dal contratto nazionale di lavoro del personale del comparto istruzione e ricerca, quindi definendo chiaramente questo contratto di lavoro, questo rapporto di lavoro dei ricercatori e non lasciandoli in questo limbo, in questo magma indistinto di figure particolari. Invece, ora si torna indietro, dando anche agli atenei la possibilità di definire le retribuzioni. Noi, siamo assolutamente contrari a questa giungla contrattuale, anche con riferimento alle retribuzioni che, quindi, non si capirà a cosa faranno riferimento, essendo lasciati proprio alla discrezionalità degli atenei. Perché i ricercatori possano veramente tornare in Italia hanno bisogno di sicurezza, certezze e di adeguato sostegno economico da uno Stato che punta veramente su di loro.
L'altra questione di fondo è quella del reclutamento dei docenti. Abbiamo detto più volte che il Governo reiteratamente ha commesso errori che ora gravano sul futuro degli aspiranti docenti che stanno lottando, sia psicologicamente che economicamente, per poter conseguire l'abilitazione prevista e superare i concorsi che si stanno accavallando perché non si riescono a terminare in tempo. L'anno scorso è stato un disastro: graduatorie in ritardo, percorsi abilitanti in ritardo, percorsi abilitanti per i vincitori di concorso avviati talmente in ritardo da far rischiare il posto agli stessi vincitori che devono ancora conseguire l'abilitazione a causa dei ritardi dell'avvio dei corsi di abilitazione. E questa confusione, purtroppo, è stata creata dai Ministri Bernini e Valditara. Ci sono stati tanti problemi che il Governo ha dovuto risolvere in corso d'opera e con affanno, che hanno creato a cascata ulteriori problemi e che il Governo ha riproposto in questo decreto; faccio riferimento al secondo concorso PNRR, che è in ritardo e non si farà in tempo ad assumere i vincitori entro la fine di quest'anno e l'avvio del prossimo anno scolastico, il 1° settembre.
Il Governo ha deciso di rispondere ora su determinate questioni da noi proposte, ma quando, ormai, era troppo tardi. Quella di far firmare il contratto a tempo indeterminato, una volta conseguita l'abilitazione e, di conseguenza, far partire da subito l'anno di prova, è una soluzione che è stata proposta in questo decreto per coloro che si ritroveranno in questa situazione a dicembre di quest'anno, ma nulla è stato disposto per coloro che hanno sofferto di questa situazione o per i vincitori del concorso PNRR che non hanno ancora ottenuto l'abilitazione. Abbiamo depositato tanti emendamenti al riguardo, ma sono stati tutti respinti.
Per non parlare poi del problema degli idonei. Si tratta di un intervento positivo - e che noi accogliamo -, ma ce n'è un altro - appunto, bifronte - che stigmatizziamo. Finalmente, è stata data la possibilità agli idonei del concorso straordinario del 2020 di poter essere assunti trasformando la graduatoria ad esaurimento. Lo stesso trattamento, però, non è stato riservato agli idonei dei concorsi PNRR, che verranno integrati nella graduatoria soltanto nel limite del 30 per cento. Noi riteniamo che, invece, vada disposto lo scorrimento della graduatoria ad esaurimento anche per loro, naturalmente, però, tenendo conto dell'ordine cronologico dei concorsi per evitare di creare discriminazioni fra docenti.
C'è poi la questione del Piano asili nido: noi siamo favorevoli alla implementazione dei fondi per il Piano asili nido, ma non al fatto che queste risorse vengano dragate da altri fondi relativi ad altre misure altrettanto importanti, direi essenziali, come il tempo pieno nelle scuole, che è essenziale rispetto alla grave povertà educativa che si riscontra soprattutto in certe zone del Paese, laddove le famiglie sono deboli, fragili, anche socialmente ed economicamente, e c'è la necessità che l'agenzia educativa scuola offra un supporto idoneo ed adeguato. Su questo noi invitiamo il Governo a trovare altre fonti, anche del bilancio dello Stato, per poter sopperire e valorizzare il Piano asili nido, senza però azzerare il Fondo per il tempo pieno, che è essenziale soprattutto nelle periferie urbane e nelle zone povere del nostro Paese.
Ci sono, poi, varie questioni che riguardano contratti e così via, ma per non dilungarmi parlo soltanto del Fondo alloggi fuori sede. Noi non condividiamo assolutamente il fatto che, da un lato si incrementino i fondi e, dall'altro, però, si pongano dei limiti restrittivi alla possibilità di accesso a questi stessi fondi agli alunni che hanno bisogno di queste misure, considerata la gravissima situazione dal punto di vista degli affitti, soprattutto degli studenti fuori sede.
In particolare, rigettiamo il criterio che questi fondi debbano essere assegnati a chi frequenti università statali che non abbiano la capacità residenziale, perché anche questi bandi e queste possibilità di accesso a borse di studio, che consentano di sostenere il costo degli affitti, vanno estesi anche a chi frequenta università statali che, comunque, hanno un apparato da questo punto di vista, proprio perché sull'università e sulla ricerca si costruiscono le basi del futuro del nostro Paese e non si può essere avari da questo punto di vista.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Piccolotti. Ne ha facoltà.
ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). Presidente, in questi giorni è uscita una nota dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica di Milano, che sottolinea la discrasia fra le previsioni relative al gettito tributario del 2024 del Governo, quelle indicate nei Documenti di finanza del 2023, e la realtà. L'Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica di Milano ci dice che il Governo ha incassato 53 miliardi in più, derivanti da entrate fiscali, rispetto a quanto aveva previsto proprio per il 2024. È un articolo che si interroga sulle ragioni di questo massiccio aumento del gettito, ma io qui lo cito semplicemente perché è un articolo che ci aiuta a comprendere che non c'è un tema di scarsità e irreperibilità di risorse finanziarie da investire nel settore dell'istruzione e della ricerca, ma c'è una precisa volontà politica di tagliare, ridurre e comprimere gli investimenti del nostro Paese in questo settore.
Ecco, il decreto che discutiamo oggi è probabilmente la cartina al tornasole, da tanti punti di vista, di questa volontà politica di disinvestimento e, in qualche modo, contiene una serie di norme che hanno l'unico obiettivo di produrre dei risparmi e di accompagnare questa produzione di risparmio attraverso strumenti normativi che consentano alle scuole e, soprattutto, agli atenei universitari di cercare di fare quello che fanno attualmente con meno risorse.
In particolare, fa impressione la norma che è stata inserita al Senato sul limite delle classi. Si dice, in questo provvedimento, che il numero di classi che si possono attivare nel 2024-2025 in tutta la scuola secondaria superiore italiana non può superare in nessun modo quello delle classi che erano attivate nel 2023-2024.
Ecco, Presidente, noi riteniamo che questa norma sia rivelatrice di un'indifferenza profonda che questo Governo sta dimostrando nei confronti dei problemi delle giovani generazioni, degli studenti e delle studentesse italiane.
Vengo dalla cena di classe, ieri sera, della scuola di mio figlio - ha 12 anni, fa la prima media, nella sua classe ci sono 25 ragazzi, alcuni con disabilità - e vi assicuro che la totalità dei genitori seduti a quel tavolo chiedeva e auspicava la riduzione del numero degli studenti per classe. Cioè, di fronte a un dibattito sulle condizioni in cui facevano e fanno scuola i loro figli e i docenti dei loro figli, l'assoluta totalità di quei genitori diceva: il problema è che sono troppi. Sono troppi. Diventa difficile fare una didattica di qualità in classi così numerose; è impossibile fare l'individualizzazione dei percorsi; è impossibile avere una scuola che si prenda cura di ognuno e ognuna quando le classi sono “pollaio”, come diciamo fin dai tempi della riforma Gelmini, sempre del centrodestra, che ingenerò questo meccanismo, da questo punto di vista, dannoso.
Perché dico questo? Perché ad aggravare questa previsione - già di per sé abbastanza assurda - c'è il dato della natalità di cui discutiamo ogni giorno. Sappiamo tutti, ormai, che il numero dei bambini e degli studenti è in continua diminuzione e, quindi, senza fare troppi sforzi intellettuali, possiamo comprendere che, a parità di risorse investite nell'istruzione, in quanto, diciamo, a monte assoluto, si potrebbero mettere in condizione gli insegnanti di fare meglio il proprio lavoro, di avere maggiore cura della didattica, riducendo il numero di alunni per classe.
Non servirebbero nemmeno risorse ulteriori perché, se va scendendo il numero degli studenti, è facile immaginare che si possa lasciare la spesa invariata, riducendo progressivamente il numero di studenti per classe.
Eppure, nonostante questa semplice realtà sia sotto gli occhi di tutti, questo Governo fa il contrario: dice che le classi non possono crescere; ignora questo problema e mette in campo elementi di riforma che vanno addirittura a peggiorare il curricolo scolastico degli istituti tecnici e professionali, prima tagliando un anno di scuola. Come se, in questo Paese, con la situazione sociale e psicologica che c'è tra le giovani generazioni e anche con i dati che abbiamo sull'occupazione giovanile, fosse, diciamo, ragionevole ipotizzare di togliere un anno di scuola agli studenti; tra l'altro, quelli che hanno manifestato probabilmente maggiori criticità nell'arco del loro percorso, cioè quelli che sono negli istituti tecnici e professionali.
Quindi, da un lato, si taglia un anno di scuola per tagliare i docenti - in finanziaria si tagliano 5.000 posti di ruolo per i docenti - e, poi, si comincia anche a operare con l'accetta sul terreno delle cosiddette materie di cultura generale. Si riducono le ore di italiano, di matematica e di storia, nonostante tutti i dati e tutte le rilevazioni sugli apprendimenti ci dicano esattamente che i nostri studenti hanno problemi a raggiungere i livelli minimi in italiano e in matematica, cioè nelle due materie portanti della cultura generale degli studenti e delle studentesse.
Che ratio c'è in tutto questo? Sottosegretaria, io glielo chiedo veramente con una certa franchezza: che ratio c'è in tutto questo? Quando al Ministero vi arrivano i dati che dicono che gli studenti italiani in larga parte non raggiungono i risultati in italiano e matematica, voi ci presentate un provvedimento che taglia le ore di italiano e di matematica.
Questo vuol dire che considerate irrilevante se, all'uscita dal percorso della scuola dell'obbligo, gli studenti italiani sappiano l'italiano e la matematica. State confessando di ritenerlo irrilevante.
Questo non è accettabile, perché la scuola, anche quando è dentro un percorso dell'istituto tecnico e professionale, la scuola dell'obbligo non ha l'obiettivo, come avete scritto in un altro provvedimento, di addestrare al lavoro, ma ha l'obiettivo di formare la personalità degli studenti e delle studentesse, di far crescere la persona umana nel suo complesso e, quindi, anche la profondità della sua cultura generale.
Quindi, Sottosegretaria, noi questo provvedimento non solo non lo possiamo accettare, ma lo dobbiamo contrastare con grande forza, perché abbiamo un'idea del tutto opposta delle finalità e delle modalità con cui va organizzata la scuola pubblica.
Aggiungo altre piccole note, abbastanza inquietanti, che vanno in questo filone.
La prima: voi anticipate la possibilità di partecipare ai PCTO, cioè sostanzialmente all'alternanza scuola-lavoro. Non vi è bastato vedere la quantità inquietante di incidenti, persino alcuni mortali, che ci sono stati durante l'alternanza scuola-lavoro per i ragazzi più grandi. Non è bastato. Adesso, è necessario anche mandare in imprese, in fabbriche - luoghi dove ci sono macchinari pericolosi, luoghi dove muoiono 3 lavoratori al giorno in questo Paese - dei ragazzi di 14 o 15 anni.
Credo che, anche su questo, dobbiate una risposta. Tagliate l'italiano, tagliate la matematica e, intanto, li mandate a fare alternanza scuola-lavoro in luoghi che spesso non sono sicuri.
È un paradigma dello sfruttamento lavorativo applicato alla scuola dell'obbligo, che ne cambia la natura e le finalità.
E ancora, il precariato dei docenti nella scuola italiana è un altro gigantesco problema.
Noi sappiamo - credo che dovremmo condividere questo punto, viste le grandi e strepitose battaglie del centrodestra, quando era all'opposizione e non al Governo, contro il precariato nel mondo dell'insegnamento della scuola - che precariato è uguale a riduzione della qualità; precariato è uguale a discontinuità scolastica; precariato è uguale a umiliazione; bassi stipendi sono uguali a basso ruolo sociale; quindi sostanzialmente è un meccanismo per cui i migliori, quelli che vi piace sempre citare quando parlate di meritocrazia, finiranno per fuggire da questo mondo perché, se riesci a trovare un altro lavoro, magari ben pagato, pagato adeguatamente, rispetto al fatto che appunto sei un laureato altamente specializzato, lo cerchi un luogo migliore, no?
Ecco, voi siete arrivati al punto di impedire che coloro che hanno superato i concorsi del PNRR, possano vedere la graduatoria, visto che l'hanno superato, addirittura ci sono state manifestazioni davanti agli uffici scolastici regionali, perché la graduatoria è stata negata e impedite, per l'appunto, che quelle graduatorie diventino a scorrimento e che quindi sia stato sufficiente fare un concorso, perché dovete obbligarli a farne diversi e intanto continuare a produrre precarietà su precarietà, con cattedre per supplenze che l'anno scorso sono arrivate alla cifra di 250.000 docenti, una cifra mostruosa che continuerà ad aumentare e sulla cui riduzione non state facendo alcun provvedimento.
Quindi siamo in un contesto in cui si maltrattano gli studenti e si maltrattano anche gli insegnanti. Contemporaneamente li obbligate anche a fare delle abilitazioni che sono molto costose. Ma io non mi soffermerei soltanto sul punto delle risorse necessarie a svolgerle, ma anche sul fatto che, guarda caso, in alcune regioni è impossibile fare l'abilitazione presso le università pubbliche e questi docenti sono obbligati, se vogliono farla nei tempi, a rivolgersi alle università telematiche. Altro grande attore di tutti i vostri provvedimenti su istruzione e ricerca, che agisce nell'ombra, nella forma della lobby del finanziamento ai partiti che poi devono prendere queste decisioni, all'unico fine di sviluppare un mercato - un mercato dei titoli - che voi state facendo crescere sulle abilitazioni e anche sui titoli di laurea normali.
Vengo all'ultimo punto che per noi è davvero uno scandalo e poi chiudo e mi soffermo sulla vicenda dei ricercatori e delle ricercatrici delle università italiane e degli enti di ricerca.
Qui tocchiamo vette forse mai toccate prima nel senso che, nella scorsa legislatura, in modo molto trasversale, un Governo che noi non appoggiavamo - quindi non posso essere tacciata di voler rivangare glorie che non abbiamo - ebbene, il Governo Draghi decise, finalmente, di cercare di allineare l'Italia agli altri Paesi europei stabilendo diritti e tutele previdenziali per chi svolge il lavoro di ricerca e costruendo una formulazione del contratto di ricerca che, appunto, garantiva dal punto di vista contrattuale questi diritti e queste tutele.
Un grande passo avanti e, come tutti i passi avanti, fondato anche sull'idea che fosse necessario, alla finanziaria seguente, comunque finanziare questi diritti e queste tutele perché è evidente che se si riconoscono i contributi pensionistici a chi fa il lavoro di ricerca poi si devono stanziare le risorse per pagarli.
Grande giubilo nella comunità dei ricercatori e delle ricercatrici; arriviamo a questo provvedimento che era sulla scuola e al Senato, con un blitz, senza discutere con le opposizioni, né col mondo dei ricercatori che, da anni e da mesi, si mobilitano in Italia, voi inserite l'emendamento Occhiuto con il quale fate rientrare dalla finestra ciò che nella scorsa legislatura era uscito, cioè fate rientrare due figure contrattuali precarie, prive di tutele e diritti, malpagate che serviranno alle università di questo Paese per gestire i tagli che nel frattempo la Ministra ha impostato, in finanziaria, in una serie di altri provvedimenti che si aggirano intorno ai 700 milioni di euro e che cresceranno nei prossimi anni.
Quindi siamo al Governo promotore della precarietà, cioè, laddove la precarietà era stata limitata e, in qualche modo, compressa, il Governo riapre la porta alle figure precarie.
Allora, Sottosegretaria, mi sono andata a leggere il programma di Fratelli d'Italia per le elezioni politiche e in questo programma di Fratelli d'Italia c'era scritto che voi avreste dovuto rilanciare la figura del ricercatore.
Ora io le chiedo qual è questo rilancio? Li state lanciando, perché di questo si tratta, fuori dall'Italia. Perché quando a 35.000 precari - perché questi sono i numeri - e a 40.000 dottorandi, quindi siamo intorno alle 75.000 persone, si dice che lo Stato italiano non è in grado né di garantire postazioni utili all'assorbimento di tutti - ma nemmeno probabilmente all'assorbimento di un terzo di questi numeri - e contemporaneamente, che non è in grado di pagare loro i contributi, la malattia e la maternità e infine che lo Stato garantisce loro uno stipendio molto più basso rispetto a quello che garantiscono gli atenei nel resto d'Europa, tutto questo equivale ad un invito a comprare un biglietto aereo per andarsene dall'Italia.
E quindi non ci si può stupire se poi i dati sull'emigrazione - che è il vero problema di questo Paese - segnalano che, in un solo anno, l'anno scorso, c'è stato un record (più 36 per cento di emigrazione), perché questa operazione si chiama smontaggio della ricerca pubblica italiana, umiliazione del lavoro di ricerca. L'ultima cosa che le chiedo: cosa c'entra questo con la meritocrazia e il merito che avete persino scritto nel nome dei vostri Ministeri?
Sa perché glielo chiedo? Perché quei 75.000 di cui stiamo parlando sono, in assoluto, i più meritevoli tra gli studenti italiani, sono quelli più bravi, che continuano il loro percorso proprio perché sono i più bravi.
Allora lei ci deve spiegare, visto che quelli che non sono bravi li trattate come ho detto prima nel provvedimento sulla scuola, togliendogli la cultura generale e mandandoli a fare alternanza lavoro a 14 anni, quelli che sono molto bravi li trattate così, togliendogli i contributi pensionistici, la maternità e la malattia e dandogli bassi salari, oltretutto iper precari, mi deve dire qual è la ratio.
Sa qual è la ratio? Ce n'è una sola: che la cultura, l'istruzione e la ricerca per voi sono un problema politico, sono un ostacolo al dispiegarsi del vostro progetto di controllo sociale e politico e questo francamente è inaccettabile.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 2420)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, il deputato Sasso. Si intende che vi abbia rinunciato.
Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo. Si intende che vi abbia rinunciato.
Poiché l'ordine del giorno prevede che si possa passare al seguito dell'esame non prima delle ore 12, sospendo la seduta fino a tale ora.
La seduta è sospesa. Riprenderà alle ore 12.
La seduta, sospesa alle 11,50, è ripresa alle 12.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 2420)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).
(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2420)
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, senatore Luca Ciriani. Ne ha facoltà.
LUCA CIRIANI, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, a nome del Governo e autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 2420, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato della Repubblica.
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Secondo quanto stabilito nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, la votazione per appello nominale sulla questione di fiducia posta sull'articolo unico del disegno di legge n. 2420 nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, avrà luogo nella seduta di martedì 3 giugno, a partire dalle ore 13, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 11,20.
Successivamente, a partire dalle ore 14,30 e con prosecuzione notturna, avranno luogo le successive fasi di esame del provvedimento, sino alla sua conclusione.
Estraggo a sorte il nominativo del deputato dal quale avrà inizio la chiama.
(Segue sorteggio).
La chiama avrà inizio dal deputato Di Giuseppe.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, il deputato Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, signora Presidente. Non intervengo per un richiamo al Regolamento, come da precedente ormai consolidato, ma voglio intervenire sull'ordine dei lavori, signora Presidente, per richiamare lei e la Presidenza della Camera. Non voglio qui citare le parole che il Ministro Ciriani, da capogruppo, al Senato, utilizzava quando i Governi a cui lui si opponeva ponevano la questione di fiducia, usando parole terribili, né le altrettanto terribili parole che la Presidente Meloni utilizzava dai banchi dell'opposizione, quando i Governi e le maggioranze ponevano la questione di fiducia.
Ma, signora Presidente, credo che qui ormai siamo di fronte a un abuso di fiducia e di decreti, che sempre più si trasforma in un sopruso nei confronti del Parlamento. Vedete, sono intervenuto, credo, 17 volte in questo frangente. Nei mesi precedenti, avevo tralasciato di intervenire, anche perché - come il Ministro Ciriani sa -, forse solo per ragioni contingenti, il numero di fiducie mensili era calato.
Ma oggi, a maggior ragione, dopo quello accaduto ieri e l'altro ieri, cioè la posizione di fiducia sull'ennesimo decreto - credo che siano 100; forse, il Ministro Ciriani ha un conteggio più preciso del mio -, di fronte all'ennesima fiducia su un decreto che aveva la caratteristica di essere un decreto utilizzato per far morire un disegno di legge parlamentare, che stava seguendo l'iter, giustamente, in materia penale (Ministro, mi avrebbe insegnato, dai banchi dell'opposizione: in materia penale, di quell'ampiezza, si fanno le leggi, non si fanno i decreti; fiducia e decreto fatti unicamente per superare le difficoltà all'interno della maggioranza in Senato), questo diventa un sopruso rispetto al Parlamento. Questo abuso di decreti e fiducie diventa un sopruso nei confronti del Parlamento.
Mi spiace che, nel caso specifico di questo disegno di legge trasformato in decreto, approvato con la fiducia, né il Presidente della Camera né il Presidente del Senato abbiano ritenuto - come, a mio avviso, avrebbero dovuto fare - di sollevare ben più che un'obiezione nei confronti del Governo. Perché chi presiede la Camera e il Senato rappresenta la Camera e il Senato, non rappresenta la maggioranza che l'ha espresso, che è anche maggioranza di Governo.
Vede - e chiudo, signora Presidente -, il Governo Meloni ha messo 91 fiducie in 31 mesi, che è un record assoluto. Il Governo Berlusconi - l'ultimo Governo Berlusconi che, andando nelle ultime quattro legislature, è un record assoluto - aveva messo 46 fiducie in 44 mesi e già erano tantissime. Era il Governo in cui la Presidente Meloni era Ministra, perché la Presidente Meloni era già stata Vicepresidente della Camera, ha fatto il Ministro nell'ultimo Governo Berlusconi e, in quel Governo Berlusconi, in 44 mesi, si misero 46 fiducie. Ora siamo a 91 fiducie in 31 mesi.
Vede, spero che questo decreto PNRR, Ministro Ciriani, porti da qualche parte, perché stiamo andando contro l'iceberg. Certamente, state guidando il Transatlantico voi, però, contro l'iceberg, certamente - e chiudo, signora Presidente -, anche per ragioni strutturali, chi le nega; ma siccome voi siete arrivati, siete lì da tre anni, avete voluto cambiare tutto, rifare tutto, rifare la governance, avete scelto un Ministro che poi è andato a Bruxelles e avete dato il cerino in mano al Ministro Foti, credo che la responsabilità, se andiamo contro l'iceberg, cioè se andiamo a sbattere con il PNRR, ormai è tutta vostra. Quindi, a prescindere anche dal decreto e dalla fiducia sul PNRR - chiudo, signora Presidente -, invito la Presidenza della Camera a reagire a questo abuso di fiducie e di decreti, che è palesemente un sopruso. Che poi lo faccia un Governo nella pienezza, che io gli riconosco, delle sue potenzialità politiche - al Governo ci siete arrivati con tutta la prosopopea del primo Governo eletto -, bene, ma se fate peggio perfino dei Governi tecnici, a cosa serve? Forse a fare la vera riforma istituzionale? Il premierato non andrà da nessuna parte e voi, nei fatti, avete esautorato completamente il Parlamento. Non è più, la nostra, una Repubblica parlamentare…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). … e a questo i Presidenti delle Camere, a mio avviso, devono reagire.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti, le studentesse e i docenti dell'Istituto Comprensivo statale “3° Ceschelli” di San Giuseppe Vesuviano, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Martedì 3 giugno 2025 - Ore 11,20:
1. Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1445 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 aprile 2025, n. 45, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'avvio dell'anno scolastico 2025/2026 (Approvato dal Senato). (C. 2420)
Relatore: SASSO.
2. Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 21 maggio 2025, n. 73, recante misure urgenti per garantire la continuità nella realizzazione di infrastrutture strategiche e nella gestione di contratti pubblici, il corretto funzionamento del sistema di trasporti ferroviari e su strada, l'ordinata gestione del demanio portuale e marittimo, nonché l'attuazione di indifferibili adempimenti connessi al Piano nazionale di ripresa e resilienza e alla partecipazione all'Unione europea in materia di infrastrutture e trasporti. (C. 2416)
La seduta termina alle 12,10.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: LUCREZIA MARIA BENEDETTA MANTOVANI E STEFANO CANDIANI (Relatori - Relazione - A.C. 2280)
Gentile Presidente, colleghi deputati, la XIV Commissione (Politiche dell'Unione) affronta, per la seconda volta nel corso della legislatura corrente, l'esame parlamentare del disegno di legge di delegazione europea che rappresenta, insieme al disegno di legge europea, uno dei due strumenti normativi predisposti dalla legge n. 234 del 2012 al fine di adeguare periodicamente l'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea, intervenendo nell'ambito della cosiddetta “fase discendente” di attuazione, nell'ordinamento nazionale, degli atti normativi adottati dall'Unione europea.
La legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, ha infatti sostituito la legge comunitaria annuale con i due strumenti sopra richiamati.
L'articolo 30, comma 2, della legge 234 del 2012 specifica il contenuto tipico della legge di delegazione europea, prevedendo che con tale provvedimento venga conferita al Governo la delega legislativa per dare attuazione alle direttive europee e alle decisioni quadro, nonché agli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei.
Per un'ordinata trattazione dei contenuti normativi del provvedimento, d'accordo con l'altro relatore, on. Candiani, mi soffermerò sulle disposizioni generali per il recepimento e l'attuazione degli atti dell'UE (Capo I, articoli 1, 2 e 3) e su quelle recanti deleghe al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale a regolamenti europei (Capo III, articoli 18-29), mentre il collega tratterà delle disposizioni recanti deleghe al Governo per il recepimento di direttive europee (Capo II, articoli 4-17).
Rinvio per gli ulteriori approfondimenti al dossier di documentazione predisposto dagli Uffici.
Il disegno di legge di delegazione europea per il 2024, a seguito delle modifiche apportate dal Senato in prima lettura, consta di 29 articoli, divisi in tre Capi, contenenti principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega relativa a 18 direttive, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale a 19 regolamenti europei.
Ai sensi dell'articolo 29, comma 7, della legge n. 234 del 2012, il disegno di legge di delegazione europea dev'essere corredato di una relazione illustrativa, aggiornata al 31 dicembre dell'anno precedente, nella quale il Governo, in occasione della presentazione del disegno di legge, dà conto di una serie di informazioni utili alla valutazione del processo di recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea.
La relazione illustrativa riferisce, altresì, sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea e sullo stato delle eventuali procedure d'infrazione, dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea relativa alle eventuali inadempienze e violazioni da parte della Repubblica italiana di obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea.
Al riguardo, nella relazione illustrativa il Governo evidenzia che il numero delle procedure d'infrazione a carico dell'Italia attualmente pendenti ammontano a 63, di cui 49 per violazione del diritto dell'Unione e 14 per mancato recepimento di direttive.
La relazione rende noto altresì che, sulla base delle comunicazioni, pervenute dagli enti territoriali per mezzo della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome ed effettuate tenendo conto della nota tecnica condivisa tra la Segreteria della Conferenza e il Dipartimento per le politiche europee sull'applicazione degli articoli 29, commi 3 e 7, e 40, comma 2, della legge n. 234 del 2012, nessuna regione, nel corso del 2023, ha dovuto recepire le direttive dell'Unione europea nelle materie di propria competenza.
Venendo all'illustrazione dei contenuti del Capo I, recante disposizioni generali per il recepimento e l'attuazione degli atti dell'Unione europea, l'articolo 1, al comma 1 reca la delega al Governo per l'adozione dei decreti legislativi di attuazione e di recepimento degli atti normativi dell'Unione europea indicati nell'articolato del provvedimento in esame, nonché per l'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A.
L'allegato A elenca le direttive da recepire con decreto legislativo senza la necessità di introdurre ulteriori criteri e principi direttivi rispetto a quelli già recati dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012. A seguito dell'esame in sede referente, le direttive che figurano in tale elenco sono 21, a fronte delle 15 previste originariamente.
Per quanto attiene ai termini, alle procedure, ai princìpi ed ai criteri direttivi della delega, il comma 1 in esame rinvia alle disposizioni previste dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012.
Va ricordato che l'articolo 31 della legge 234 prevede che la delega debba essere esercitata entro quattro mesi antecedenti alla scadenza del recepimento di ciascuna direttiva. Tuttavia, qualora il termine sia già scaduto o scada entro i tre mesi successivi all'entrata in vigore della legge, la delega dovrà essere esercitata entro un termine di tre mesi. In assenza di un termine di recepimento nella direttiva, il termine per l'esercizio della delega è fissato a dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di delegazione. Inoltre, il comma 3 consente una proroga di tre mesi qualora lo schema di decreto delegato venga presentato in prossimità della scadenza, al fine di consentire comunque alle Commissioni parlamentari di esprimere il prescritto parere, da rendere entro 40 giorni.
L'articolo 32 della legge 234 detta invece i principi e criteri generali della delega, tra i quali figurano anche quelli della semplificazione dei procedimenti, del coordinamento con le discipline vigenti, del divieto di gold plating (vincoli o oneri aggiuntivi rispetto a quanto richiesto dalla norma europea), del divieto di trattamento più sfavorevole dei cittadini italiani rispetto a quelli degli altri Stati dell'Unione e della previsione di sanzioni penali solo per la tutela di interessi costituzionalmente protetti.
Il comma 2 dell'articolo 1 della legge di delegazione in esame prevede che gli schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, mentre il comma 3 dispone che eventuali spese non contemplate dalla legislazione vigente che non riguardino l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possano essere previste nei decreti legislativi attuativi esclusivamente nei limiti necessari per l'adempimento degli obblighi di attuazione dei medesimi provvedimenti. Se la copertura degli oneri derivati da tali spese eventualmente previste nei decreti legislativi attuativi, nonché dalle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle deleghe non può essere assicurata con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge n. 234/2012.
Il comma 3 prevede inoltre che, in caso d'incapienza del Fondo per il recepimento della normativa europea, i decreti legislativi attuativi delle direttive dai quali derivino nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196).
L'articolo 2 conferisce al Governo una delega della durata di diciotto mesi per l'emanazione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da precetti europei per le quali non siano già previste sanzioni nell'ordinamento nazionale. Può trattarsi di direttive attuate in via regolamentare o amministrativa, ossia con fonti non primarie inidonee a istituire sanzioni penali, o di regolamenti dell'Unione europea.
Si rammenta che gli atti legislativi dell'Unione europea non introducono né disciplinano, di norma, sanzioni, rimandando invece agli ordinamenti nazionali, in virtù della netta diversità dei sistemi giuridici nazionali. I regolamenti e le direttive lasciano quindi agli Stati membri di regolare le conseguenze della loro inosservanza.
La disposizione è analoga a quella contenuta nelle leggi di delegazione europea relative agli anni precedenti. Essa risponde all'esigenza di prevedere con fonte normativa interna di rango primario - atta ad introdurre norme di natura penale o amministrativa nell'ordinamento nazionale - l'eventuale disciplina sanzionatoria necessaria all'attuazione di direttive in via regolamentare o amministrativa.
La medesima esigenza si riscontra anche per l'eventuale introduzione di sanzioni in caso di violazione delle disposizioni previste dai regolamenti dell'Unione europea, che, come noto, sono direttamente applicabili nel sistema giuridico nazionale senza necessitare di leggi di recepimento.
La finalità dell'articolo è dunque quella di consentire al Governo, salve le normative penali esistenti, di istituire sanzioni volte a punire le infrazioni commesse in violazione delle norme stabilite dai regolamenti europei, assicurando così il rispetto degli atti regolamentari o amministrativi attraverso i quali tali disposizioni vengono integrate nell'ordinamento interno.
L'articolo 3, introdotto dal Senato, prevede l'istituzione presso il Ministero della Salute di un tavolo tecnico a fini ricognitivi avente ad oggetto la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 3 marzo 2022, nella causa C-590/20, sulla questione della spettanza e sulla decorrenza di un'adeguata remunerazione per i medici specializzandi, composto da un rappresentante del Ministero della Salute, un rappresentante del Ministero dell'Economia e delle finanze, e un rappresentante del Ministero dell'Università e della ricerca. Il documento conclusivo dei lavori del tavolo tecnico è inviato alle Camere, per la successiva assegnazione alle competenti Commissioni parlamentari, entro il termine di trenta giorni dalla conclusione dei lavori.
Venendo alle disposizioni del Capo III, recante deleghe al Governo per l'attuazione di regolamenti europei, l'articolo 18 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo, al fine di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento 2024/1991, per il ripristino degli ecosistemi degradati europei e per contribuire al raggiungimento degli obiettivi in materia di clima e biodiversità, migliorando anche la sicurezza alimentare.
L'articolo 19 reca la delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2023/1543, relativo agli ordini europei di produzione e di conservazione delle prove elettroniche nei procedimenti penali.
L'articolo 20 delega il Governo ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, uno o più decreti legislativi al fine di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni di due regolamenti europei relativi all'attività di trasportatore su strada: il regolamento (CE) n. 1071/2009 e il regolamento (UE) 2020/1055, prevedendo, oltre ai principi e criteri direttivi generali, due criteri specifici di delega. Essi sono relativi alla garanzia della corretta applicazione dei regolamenti citati e al coordinamento con le disposizioni vigenti, nonché alla semplificazione delle procedure amministrative.
L'articolo 21 delega il Governo ad adeguare la normativa nazionale al regolamento (UE) 2023/2631 in materia di obbligazioni verdi nazionali e sull'informativa volontaria per le obbligazioni commercializzate come obbligazioni eco-sostenibili e per le obbligazioni legate alla sostenibilità.
L'articolo 22 delega il Governo ad adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2023/2859 e del regolamento (UE) 2023/2869, nonché della direttiva (UE) 2023/2864, in materia di punto di accesso unico europeo, indicando una serie di principi e criteri direttivi specifici che dovranno essere seguiti nell'esercizio della delega, accanto a quelli generici.
L'articolo 23 conferisce al Governo una delega per l'adozione di uno o più decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, al fine di adeguare l'ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2023/2845, avente ad oggetto la disciplina di regolamento, la prestazione di servizi transfrontalieri, la cooperazione in materia di vigilanza, la prestazione di servizi accessori di tipo bancario e i requisiti per i depositari centrali di titoli di Paesi terzi.
L'articolo 24 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per adeguare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2023/988 relativo alla sicurezza generale dei prodotti. Nell'esercizio della delega, il Governo è tenuto ad osservare una serie di criteri specifici, tra cui apportare modifiche e integrazioni al Codice del consumo, garantire la coerenza con il quadro normativo unionale in materia di vigilanza del mercato, aggiornare il sistema sanzionatorio per la violazione di disposizioni in materia di sicurezza, individuare i soggetti responsabili della catena di fornitura nell'ipotesi di prodotti forniti online, prevedere una disciplina transitoria per assicurare la commerciabilità dei prodotti già immessi sul mercato e riassegnazione delle somme incassate attraverso sanzioni da destinare al potenziamento della vigilanza sul mercato.
L'articolo 25 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2023/2411, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali. Oltre ad osservare i principi e criteri direttivi generali, nell'esercizio della delega il Governo è tenuto a seguire una serie di principi e criteri direttivi specifici di carattere sostanziale, procedurale e sanzionatorio.
L'articolo 26 pone al Governo princìpi e criteri direttivi specifici da osservare in sede di esercizio della delega per adeguare l'ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2023/1115 (European Deforestation-free products Regulation – EUDR), che mira a ridurre il contributo dell'Unione europea alla deforestazione e al degrado forestale a livello globale, proteggendo così la biodiversità e mitigando i cambiamenti climatici. Nell'esercizio delle delega, il Governo dovrà seguire i seguenti principi e criteri direttivi: individuare il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste quale autorità nazionale competente per l'applicazione del regolamento; definire le modalità di cooperazione con le autorità doganali per i controlli da svolgere in fase di importazione e di esportazione; definire i servizi di assistenza tecnica agli operatori e le modalità di affidamento degli stessi anche a soggetti privati; prevedere sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive commisurate al danno ambientale e al valore delle materie prime o dei prodotti interessati; prevedere misure provvisorie per i casi in cui i prodotti interessati, oggetto di indagine, siano messi a disposizione sul mercato o esportati, nonché di violazioni sanabili; tenere conto del principio del minor aggravio sul soggetto controllato, e prevedere la definizione di un elenco di strumenti di verifica e controllo; individuare misure correttive adeguate e proporzionate per i casi di non conformità; individuare le opportune forme e sedi di coordinamento tra i soggetti istituzionali che devono collaborare ai fini dell'attuazione del regolamento; prevedere l'adeguamento della struttura organizzativa del MASAF; prevedere che, in presenza di casi di non conformità, l'autorità competente possa porre a carico degli operatori o dei commercianti la totalità dei costi sostenuti per l'attività di controllo delle loro attività; individuare una o più autorità competenti ad accertare le violazioni degli obblighi a carico dell'operatore e del commerciante; prevedere misure per proteggere l'identità delle persone fisiche o giuridiche che presentano segnalazioni comprovate o che effettuano indagini; disporre la conservazione del registro nazionale degli operatori che commercializzano legno e prodotti derivati.
L'articolo 27 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per garantire l'adeguamento alle disposizioni e ai compiti specifici imposti dal regolamento (UE) 2022/1616 della Commissione, del 15 settembre 2022, relativo ai materiali e agli oggetti di materia plastica riciclata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e per la determinazione delle tariffe previste per le attività di controllo ufficiale di materiali ed oggetti destinati al contatto con gli alimenti (MOCA) di cui al regolamento UE 2017/625. In particolare, tale delega legislativa è volta a semplificare le procedure previste a livello europeo in materia di autorizzazione degli stabilimenti di riciclo, al fine di migliorare la qualità, l'efficienza e la trasparenza delle procedure legate agli impianti di riciclo.
L'articolo 28 reca i principi e criteri direttivi che il Governo deve seguire nell'esercizio della delega per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento delegato della Commissione (UE) 2022/1644, che integra il regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio con prescrizioni specifiche per l'esecuzione dei controlli ufficiali nel settore della sicurezza alimentare e dei mangimi, nonché al regolamento di esecuzione della Commissione (UE) 2022/1646, del 23 settembre 2022, relativo alle modalità pratiche uniformi di esecuzione dei controlli ufficiali per quanto riguarda l'uso di sostanze farmacologicamente attive autorizzate come medicinali veterinari o come additivi per mangimi, e dei loro residui, e l'uso di sostanze farmacologicamente attive vietate o non autorizzate e dei loro residui, al contenuto specifico dei piani di controllo nazionali pluriennali e alle modalità specifiche per l'elaborazione degli stessi.
Infine, l'articolo 29 introduce una serie di principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega conferita al Governo ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento 2023/1542, relativo alle batterie e ai rifiuti di batterie. Viene inoltre stabilito che l'adozione dei decreti legislativi sia effettuata previa acquisizione del parere della Conferenza unificata.
Passando ai contenuti del Capo II, che ha ad oggetto le deleghe al Governo per il recepimento di direttive europee, segnalo che l'articolo 4 reca i principi e i criteri direttivi della delega al Governo per il recepimento della direttiva (UE) 2023/2225 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023, relativa ai contratti di credito ai consumatori, cosiddetta Second Consumer Credit Directive, o CCD2.
L'articolo 5 reca ulteriori principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2024/1226, relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell'Unione che modifica la direttiva (UE) 2018/1673 sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale.
L'articolo 6 elenca i principi e i criteri direttivi che il Governo è tenuto ad osservare nel recepimento della direttiva (UE) 2023/2673, che semplifica la normativa esistente in materia di contratti di servizi finanziari conclusi a distanza, aumentando la protezione dei consumatori e creando condizioni di parità per i servizi finanziari conclusi online, via telefono o mediante altre forme di marketing a distanza.
L'articolo 7 detta criteri specifici per il recepimento della direttiva (UE) 2023/1544, recante norme armonizzate sulla designazione di stabilimenti designati e sulla nomina di rappresentanti legali ai fini dell'acquisizione di prove elettroniche nei procedimenti penali.
L'articolo 8 individua i criteri direttivi specifici per l'attuazione della direttiva (UE) 2024/884 in materia di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), compreso il riordino della disciplina nazionale relativa ai pannelli fotovoltaici a fine vita. Viene altresì previsto che i decreti legislativi, emanati sulla base della delega in questione, sono adottati previa acquisizione del parere della Conferenza unificata.
Specifici principi e criteri direttivi vengono inoltre stabiliti dall'articolo 9 per il recepimento della direttiva (UE) 2024/1203 sulla tutela penale ambientale.
L'articolo 10, prevede una serie di principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2024/1785, che modifica la direttiva 2010/75/ UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento), e la direttiva 1999/31/CE del Consiglio, relativa alle discariche di rifiuti.
L'articolo 11 attiene invece all'individuazione dei principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega al Governo per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2831, relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali. Tali principi e criteri direttivi si aggiungono a quelli generali posti dall'articolo 32 della legge 234 del 2012, con riferimento all'esercizio di deleghe per il recepimento di direttive dell'Unione europea. La medesima direttiva si pone l'obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro e la protezione dei dati personali per le persone che operano attraverso piattaforme digitali. Essa mira a garantire una corretta definizione della loro situazione contrattuale, promuovendo la trasparenza, l'equità, la sicurezza e la responsabilità nella gestione algoritmica del lavoro tramite queste piattaforme. Inoltre, si propone di migliorare la trasparenza nel lavoro svolto mediante le suddette piattaforme digitali, anche in contesti transfrontalieri, e di favorire la crescita sostenibile di tali piattaforme all'interno dell'Unione europea. Il termine fissato per l'adozione di questa direttiva è il 2 dicembre 2026. L'articolo 29, paragrafo 4, della direttiva prevede che, a determinate condizioni, il recepimento possa essere affidato dallo Stato membro alle parti sociali.
L'articolo 12 reca una serie di principi e criteri direttivi da seguire nell'esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, stabilendo inoltre che i decreti delegati sono adottati previo parere della Conferenza unificata, e viene prevista l'usuale clausola di invarianza finanziaria.
L'articolo 13 delega il Governo ad adeguare l'ordinamento nazionale ad una serie di regolamenti e a recepire una serie di direttive dell'Ue in materia di: mercati pubblici dei capitali; strutture con azioni a voto plurimo nelle società che chiedono l'ammissione alla negoziazione delle loro azioni in un sistema multilaterale di negoziazione; rischio di concentrazione derivante da esposizioni verso controparti centrali e rischio di controparte nelle operazioni in derivati compensate a livello centrale; mercati degli strumenti finanziari, nonché miglioramento della trasparenza dei dati, eliminazione degli ostacoli all'emergere di sistemi consolidati, ottimizzazione degli obblighi di negoziazione e divieto di ricevere pagamenti per il flusso degli ordini; accordi di delega, gestione del rischio di liquidità, segnalazioni ai fini della vigilanza, fornitura di servizi di custodia e depositario e concessione di prestiti da parte di fondi alternativi; proporzionalità e qualità della vigilanza, relazioni e misure di garanzia a lungo termine, strumenti macroprudenziali, rischi di sostenibilità e vigilanza di gruppo e transfrontaliera.
L'articolo 14, modificato dal Senato, individua principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2024/1640 relativa ai meccanismi che gli Stati membri devono introdurre per prevenire l'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, nonché per l'adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2024/1624 relativo alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, e del regolamento (UE) 2024/1620 che istituisce l'Autorità per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.
L'articolo 15 reca una serie di princìpi e criteri direttivi specifici che il Governo dovrà osservare nell'attuare la direttiva (UE) 2024/1174, in materia di fondi propri e passività ammissibili.
L'articolo 16 elenca i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2024/1619 recante modifiche alla direttiva (UE) 2013/36 concernente i poteri di vigilanza, le sanzioni, le succursali di Paesi terzi, nonché i rischi ambientali, sociali e di governance, e ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2024/1623, che novella il regolamento (UE) n. 575/2013 in materia di requisiti per il rischio di credito, il rischio di aggiustamento della valutazione del credito, il rischio operativo, il rischio di mercato e l'output floor.
L'articolo 17, modificato dal Senato, enuclea i principi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2841 che istituisce la Carta europea della disabilità, che si configura quale prova della condizione di disabilità riconosciuta o del diritto a servizi specifici sulla base di una disabilità, e il contrassegno europeo di parcheggio per le persone con disabilità, volto a promuoverne la libera circolazione.
In conclusione, rinviando per gli ulteriori approfondimenti al dossier di documentazione predisposto dagli Uffici, desidero esprimere l'auspicio, condiviso dalla collega Mantovani, che si giunga presto all'approvazione del provvedimento. Questo permetterebbe di garantire tempestivamente l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al quadro normativo europeo, con particolare attenzione alla definizione e, soprattutto, alla prevenzione di contenziosi legati ai ritardi nel recepimento delle direttive.