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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 24 giugno 2025

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    dagli organi di informazione si viene a conoscenza di una moltitudine di visite, incontri e progetti sull'Islam che si svolgono nelle scuole o che dalle scuole sono organizzati;

    il Corriere della Sera del 19 maggio 2025 ha dato notizia di una visita «didattica» di alcune scuole elementari di Sesto San Giovanni ad un centro islamico, durante la quale ha preso la parola l'imam per una breve lezione caricata subito dopo sulla piattaforma social TikTok dallo stesso. I giovanissimi studenti sono stati accolti con le parole «Salam aleikum» che è stato chiesto loro di ripetere e nel video si ascolta distintamente l'imam spiegare che secondo il Corano i mussulmani devono difendersi, e lottare fino ad uccidere i propri nemici di fede diversa, giustificando così l'idea della guerra santa;

    grazie alla stampa, sempre a maggio, si è appreso di una lezione sull'Islam tenuta dal responsabile del centro islamico ovvero Imam della città alla quinta elementare della scuola di Santa Maria della Croce a Crema. Ne aveva dato per primo notizia Andrea Bergamaschini, capogruppo della Lega in consiglio comunale, apparentemente svolta nell'ambito di un progetto educativo finalizzato a promuovere il dialogo interculturale ma che ha scatenato un acceso confronto pubblico e politico, diventando un caso nazionale;

    ad aprile 2025 invece, alla ribalta delle cronache era arrivata l'iniziativa di Treviso: durante una visita nella moschea cittadina, alcuni bimbi di scuola dell'infanzia sono stati fatti inginocchiare per mimare la preghiera;

    a sentire i docenti promotori di questo tipo di iniziative, si tratterebbe di occasioni educative per favorire il rispetto e la conoscenza delle differenze, senza intenti di tipo confessionale o dogmatico, ma questi accadimenti lasciano paventare una strumentalizzazione politica degli spazi scolastici che si vuol celare dietro la libertà d'insegnamento;

    l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane è regolato dall'accordo tra la Santa Sede e lo Stato italiano, noto come «Accordo di Villa Madama» del 1984, che ha modificato il Concordato Lateranense del 1929, in base al quale lo Stato italiano riconosce la libertà di religione e garantisce l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, su base facoltativa;

    le famiglie degli studenti, all'inizio di ciascun anno scolastico possono scegliere di frequentare o meno il corso di religione cattolica impartito da insegnanti nominati dall'autorità ecclesiastica e approvati dallo Stato;

    l'articolo 8 della Costituzione che garantisce la libertà di culto e di manifestazione del proprio credo, dopo aver affermato che tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge e hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti purché non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano, stabilisce che i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. Ad oggi nessuna intesa è stata firmata e formalizzata tra lo Stato italiano e la religione islamica;

    la libertà di insegnamento è sancita dall'articolo 33 della Costituzione italiana, ma non può essere considerata assoluta in quanto devono essere rispettati alcuni limiti per garantire che l'insegnamento sia svolto in modo responsabile e rispettoso dei diritti e delle libertà altrui, in primis esso deve essere conforme alla Costituzione e alle leggi vigenti in Italia, non deve violare i diritti e le libertà altrui, come la libertà di religione, di pensiero e di espressione e non deve incitare all'odio e alla violenza contro persone o gruppi di persone; inoltre esso deve essere svolto in modo da rispettare la dignità e l'autonomia degli studenti, senza imporre loro idee o convinzioni ovvero deve essere svolto in modo imparziale e obiettivo, senza prendere posizione su questioni politiche o ideologiche giuste le disposizioni contenute agli articoli 3, 19 e 21 della Costituzione, all'articolo 1, commi 1 e 3 della legge 13 luglio 2015, n. 107, all'articolo 1 del decreto-legge n. 122 del 1993 convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 (Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa), e all'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu);

    la Sharia, la legge islamica che in alcuni paesi a maggioranza islamica è considerata legge dello Stato, è totalmente in contrasto con le leggi italiane e con i principi di rispetto ed uguaglianza ad esse sempre sottesi;

    se è vero che lo spazio scolastico deve restare autonomo, è altresì indubbio che in esso debbano essere rappresentate tutte le opinioni presenti nel dibattito pubblico, nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, senza cadere in eccessi demagogici di alcun tipo e che, laddove si organizzino attività rivolte agli studenti di scuola primaria e secondaria di primo grado si presti ancora più attenzione ai temi trattati e sia indispensabile acquisire preventivamente l'autorizzazione delle famiglie;

    diventa infatti urgente inserire disposizioni in materia di consenso informato preventivo delle famiglie in relazione ad attività scolastiche riguardanti temi sensibili quali possono essere la religione o la sessualità, con particolare riferimento al Patto educativo di corresponsabilità tra scuola, famiglia e studenti, alle attività extracurricolari e alle attività relative all'ampliamento dell'offerta formativa previste dal Piano triennale dell'offerta formativa;

    intento comune deve essere quello di rafforzare l'alleanza scuola-famiglia, affinché, nel rispetto del primato educativo della famiglia, della libertà di insegnamento dei docenti e dell'autonomia riconosciuta alle istituzioni scolastiche, tutte le componenti abbiano un ruolo strategico e siano parte attiva del processo formativo ed educativo;

    in mancanza di strumenti che agevolino l'assunzione di responsabilità e l'impegno di tutti i protagonisti della scuola – ciascuno secondo i propri ruoli e le proprie competenze – a condividere i contenuti e a rispettare i principi del patto educativo, a parere degli scriventi, la scuola resta al centro di un corposo tentativo di strumentalizzazione da parte di alcuni gruppi di pressione che vorrebbero superare il dibattito sociale, politico e istituzionale per indottrinare gli studenti con principi non riconosciuti dal nostro Stato, parlandone nelle aule e ottenendo così maggiore risonanza,

impegna il Governo

a intraprendere azioni affinché iniziative proposte nel senso indicato in premessa, dalle scuole non diventino occasione per propagandare ideologie in contrasto con il nostro ordinamento e per assicurare che tutte le attività proposte nelle scuole del Paese rispondano a criteri di oggettività e trasparenza, nonché che venga acquisita preliminarmente l'autorizzazione delle famiglie.
(7-00309) «Sasso».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    il tumore alla prostata, come riferisce il rapporto della Associazione Italiana di oncologia medica (Aiom) 2024 è la neoplasia più frequentemente diagnosticata tra gli uomini nel nostro Paese;

    si stima, infatti, che nel 2024 si siano registrati 40.190 casi. Negli ultimi dieci anni il tumore alla prostata è divenuto una delle neoplasie più frequentemente diagnosticate tra gli uomini nei Paesi occidentali;

    questi dati sono dovuti in larga parte alla diffusione dei metodi di diagnosi precoce, piuttosto che dall'aumento di fattori di rischio;

    il citato rapporto Aiom, inoltre, rileva che nel 2022 in Italia si siano registrati 8200 decessi per questo tipo di tumore, ma anche che il tasso di sopravvivenza netta a 5 anni sia pari al 91 per cento con una possibilità di ulteriore sopravvivenza di altri 4 anni dopo la prima diagnosi che sarebbe pari al 94 per cento;

    la diagnosi precoce è evidentemente lo strumento più importante per avere esisti positivi per le cure contro il tumore alla prostata;

    le nuove tecnologie consentono oggi certamente di cambiare il destino di moltissimi uomini colpiti dalla malattia;

    oltre a queste nuove tecnologie, però, sono necessarie tre azioni urgenti: diagnosi precoce, sorveglianza attiva e Prostate cancer unit, in italiano «Unità multidisciplinare del tumore della prostata», è il più efficace modello di cura e assistenza del paziente con neoplasia prostatica, basato sull'integrazione ed armonizzazione dell'operato di diverse figure professionali, specializzate in questa patologia, che accompagnano il paziente in tutto il percorso, dalla diagnosi al follow-up, secondo protocolli e linee guida internazionali;

    come detto, la diagnosi precoce migliora significativamente gli esiti del tumore alla prostata. Nel novembre 2024 la Lombardia ha lanciato il primo programma regionale di screening per il tumore alla prostata basato sul test PSA, rivolto inizialmente agli uomini di oltre 50 anni, con un'estensione progressiva sino al 69° anno di età;

    l'iniziativa si allinea alle raccomandazioni dell'Unione europea ed è certamente un passo importante, ma le disparità regionali che permangono e che tendono ad accentuarsi, evidenziano la necessità di uno screening a livello nazionale che garantisca l'accesso equo alle diagnosi precoci per tutti gli uomini, a prescindere dalla collocazione geografica o sociale delle persone;

    infatti, al momento le diseguaglianze geografiche e sociali aggravano il problema della diagnosi spesso tardiva che ha gravi conseguenze sulle possibilità di sopravvivenza della persona colpita dalla neoplasia, oltre che sulla qualità della vita e sulla possibilità di mantenere ruoli personali e professionali;

    secondo dati Istat le regioni del Nord dispongono di infrastrutture avanzate e diffuse, e di una maggiore concentrazione di specialisti e di centri diagnostici. Al contrario le regioni dei Sud come la Calabria e la Sicilia affrontano gravissime carenze. Solo per citare un esempio, in Calabria si hanno 0,8 urologi ogni 100 mila abitanti, rispetto ai 2,1 della Lombardia;

   inoltre, esistono, come sopra accennato, differenze inaccettabili dal punto di vista economico e sociale. Le persone con redditi più elevati, infatti, sono più propense a sottoporsi a screening regolari, mentre coloro che hanno difficoltà economiche sono costretti a rinunciare, come rileva uno studio della Fondazione GIMBE che evidenzia che il 30 per cento degli uomini con status socioeconomico più bassi ritardano o rinunciano agli screening e alle richieste di cure mediche;

    esistono, inoltre, ancora oggi barriere culturali e mancanza di consapevolezza che ostacolano le diagnosi precoci. Si evita di farsi visitare per paura e per stigma sociale, in particolare per quel che riguarda gli effetti collaterali del trattamento. È, dunque, necessario rafforzare la campagna di informazione sul tumore alla prostata, incoraggiando gli uomini a prendersi cura della propria salute;

    è anche importante la formazione sia per la prevenzione ma anche quando la malattia si sia manifestata, coinvolgendo in questo caso anche quello che viene definito «paziente esperto», e che può fornire informazioni essenziali divenendo parte integrante del percorso di cura,

impegna il Governo:

   a garantire, per quanto di competenza, un accesso equo ai programmi di screening, alle tecnologie terapeutiche innovative e a contesti di cura adeguati e di supporto;

   ad adottare iniziative di competenza volte a ridurre le disparità geografiche e le barriere economiche e sociali esistenti, sfruttando anche le reti sanitarie esistenti per favorire la creazione di unità mobili di screening nelle aree meno servite;

   ad assumere iniziative volte all'inserimento dello screening per il tumore alla prostata tra quelli inclusi nei livelli essenziali di assistenza, come previsto anche dal Cancer plan europeo;

   a rafforzare la consapevolezza e l'educazione delle persone nell'ottica della prevenzione, con campagne di informazione che consentano di superare paure e incertezze, nell'ottica dell'articolo 32 della Costituzione che prevede la tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;

   ad assumere iniziative di competenza volte a promuovere anche campagne di informazione specificatamente dedicate ai pazienti, in collaborazione con le regioni per migliorare la cultura sanitaria e favorire decisioni informate;

   a favorire l'utilizzazione delle nuove tecnologie, della telemedicina e degli strumenti di salute digitale per migliorare l'accesso alle cure, in particolare nelle aree più svantaggiate, come quelle interne e montane.
(7-00310) «Girelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   SERGIO COSTA, CASO, AMATO, ORRICO, PELLEGRINI e PAVANELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'intelligenza artificiale rappresenta una tecnologia strategica con potenzialità dirompenti in numerosi settori: sanità, istruzione, agricoltura, gestione delle risorse, occupazione, imprese, diplomazia e risposta umanitaria;

   l'uso dell'IA per scopi civili e pacifici può contribuire in modo determinante alla prevenzione dei conflitti, alla gestione delle crisi globali, alle sostenibilità sociali ed economiche, al monitoraggio ambientale e al rafforzamento della cooperazione internazionale, tuttavia il potenziale pacifico dell'IA rischia di essere oscurato da applicazioni militari e da un contesto geopolitico in cui la corsa alla supremazia tecnologica prevale su una visione etica e cooperativa;

   in ambito europeo, la strategia dell'Unione europea sull'IA e il programma Horizon Europe contemplano l'uso responsabile dell'IA, ma manca un asse esplicito dedicato alla formazione internazionale per lo sviluppo di IA orientate alla pace, alla sostenibilità e alla formazione ad essa correlata;

   diverse università, enti di ricerca e organismi multilaterali (Upeace, Unesco, Ocse, Onu ed altri) hanno lanciato appelli affinché l'IA venga regolata e potenziata come strumento per il benessere collettivo, ma serve una formazione globale inclusiva che coinvolga giovani ricercatori da ogni parte del mondo;

   l'assemblea generale delle Nazioni Unite, nell'autunno 2024 ha votato una risoluzione con 136 paesi a favore (tra cui Cina, Russia, e USA) in cui, si è deciso di aprire la Facoltà sull'intelligenza artificiale dell'università per la pace dell'Onu (Upeace) a Roma per la formazione internazionale sugli impatti delle Intelligenze Artificiali affidando al nostro Paese un ruolo centrale sullo sviluppo dei processi di formazione sull'innovazione digitale che l'Italia non può farsi sfuggire e deve supportare –:

   se intenda supportare, anche in sede europea e multilaterale, un'iniziativa congiunta per concretizzare e rafforzare la scelta dell'Assemblea generale dell'Onu di collocare in Italia la formazione accademica e scientifica internazionale sull'intelligenza artificiale, con focus, in particolare sull'etica dell'IA e sull'uso dell'IA per la prevenzione dei conflitti, per le trasformazioni economiche e sociali, per il cambiamento climatico e la cooperazione sanitaria, per il monitoraggio dei diritti umani e per una cultura della pace;

   se ritenga opportuno assumere iniziative di competenza volte a istituire, anche con il sostegno del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e del Ministero dell'università e della ricerca borse di studio dedicate a studenti e ricercatori provenienti da Paesi in via di sviluppo per frequentare corsi universitari in Italia su «AI for peace and development»;

   se il Governo intenda sostenere proposte di ricerca e innovazione anche nell'ambito del programma Horizon Europe o dei futuri bandi Digital europe program, destinando anche proprie risorse mirate alla creazione di tecnologie di IA non militari, trasparenti e orientate alla cooperazione globale;

   se intenda utilizzare la sede dell'Upeace, deliberata dall'Assemblea generale dell'Onu, come strumento di formazione nell'ambito delle iniziative verso i paesi del continente africano;

   se intenda assumere, nell'ambito delle sedi Onu, iniziative di competenza volte a promuovere una carta internazionale sull'uso dell'IA per la pace e la cooperazione, e per il finanziamento di programmi educativi transnazionali congiunti.
(3-02029)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZINZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la Repubblica Slovacca è uno degli Stati membri dell'Unione europea e della Nato con un sistema avanzato in ambito di energia nucleare, sia in termini di produzione che di gestione e trattamento dei rifiuti radioattivi;

   nel corso dell'ultimo decennio (2015-2025), la società di Stato slovacca Javys ha positivamente collaborato con l'Italia per il trattamento, in piena sicurezza e nel rispetto dei tempi, di rifiuti radioattivi derivanti sia da centrali nucleari italiane sia da attività di medicina nucleare, assicurando notevoli benefici in termini ambientali, logistici ed economici;

   in data 3 giugno 2025, durante un incontro a Roma tra il Primo ministro della Repubblica Slovacca e il Presidente del Consiglio dei ministri italiano, tali collaborazioni sono state richiamate come esempio virtuoso di cooperazione strategica fra due Stati membri dell'Unione europea;

   la società pubblica italiana Sogin s.p.a. ha recentemente pubblicato un bando di gara di valore superiore a 127 milioni di euro per il trattamento di rifiuti metallici radioattivi provenienti dal decommissioning di centrali italiane, tra cui quella del Garigliano;

   Javys, che ha le comprovate capacità e referenze tecniche per trattare tali materiali, ha formalmente richiesto alla Sogin una modifica dei tempi di esecuzione previsti dal bando, ritenuti irrealistici alla luce di precedenti progetti analoghi e delle esigenze operative legate al rimpatrio dei materiali trattati;

   tale richiesta è stata ulteriormente sostenuta da una nota verbale dell'ambasciata della Repubblica Slovacca a Roma, sollecitando un'adeguata estensione dei termini contrattuali;

   la posizione attuale di Sogin, che sembra rifiutare modifiche dei termini, appare incomprensibile e potrebbe essere in contrasto con i principi di buona amministrazione, concorrenza e massima partecipazione alle procedure pubbliche;

   si ricorda che, a partire dal 2022, il finanziamento delle attività di Sogin avviene tramite la fiscalità generale e non più tramite oneri in bolletta e che, pertanto, il contenimento dei costi rappresenta un preciso interesse pubblico al fine di evitare possibili danni erariali –:

   se sia a conoscenza della posizione assunta da Sogin in merito ad eventuali modifiche del bando in premessa e se tale posizione sia coerente con le direttive di indirizzo ricevute dai Ministeri competenti;

   quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza, al fine di garantire la massima partecipazione, efficienza e trasparenza nella procedura in oggetto, anche alla luce delle possibilità offerte dalla cooperazione internazionale con partner europei affidabili come la Repubblica Slovacca;

   se non ritengano opportuno adottare iniziative di competenza affinché Sogin valuti l'eventuale cancellazione, sospensione o revisione del bando in oggetto al fine di adeguarne i termini contrattuali a criteri più realistici, in modo da consentire una competizione effettiva e garantire il miglior risultato tecnico-economico per lo Stato italiano.
(4-05333)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   in materia di cittadinanza, il decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, convertito in legge dalla legge 15 maggio 2025, n. 72, ha introdotto nuovi limiti all'acquisto della cittadinanza italiana ex articolo 1 della legge n. 91 del 1992 secondo il principio del riconoscimento iure sanguinis, incidendo sulle modalità di registrazione dei figli di cittadini italiani nati all'estero;

   all'interrogante giungono segnalazioni da parte di cittadini residenti all'estero i quali riportano come alcune sedi consolari abbiano sospeso temporaneamente la registrazione delle nascite in attesa di indicazioni dal Ministero competente;

   tali aggiornamenti sono stati spesso trasmessi per via telefonica dal personale consolare, senza riscontro ufficiale sui siti istituzionali;

   si rileva, peraltro, una significativa disomogeneità tra le varie sedi: mentre alcune ambasciate e consolati forniscono istruzioni puntuali e facilmente accessibili per la registrazione delle nascite in conformità alle nuove disposizioni, altre risultano prive di comunicazioni aggiornate o rendono difficile reperire le informazioni necessarie;

   nel corso dell'esame parlamentare di conversione del citato decreto-legge n. 36 del 2025, convertito con modificazioni dalla legge n. 74 del 2025, inoltre, il Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno n. 9/02402/021 a prima firma dell'interrogante, che impegna l'Esecutivo a promuovere campagne informative rivolte specificamente ai soggetti di discendenza italiana nati all'estero, con l'obiettivo di illustrare in modo chiaro e aggiornato le nuove modalità di acquisizione della cittadinanza italiana, inclusi gli adempimenti amministrativi e le relative scadenze –:

   se il Governo intenda dare concreta attuazione all'impegno assunto con il citato ordine del giorno, assicurando che tutte le sedi consolari aggiornino in tempi rapidi, in modo organico e coerente, le informazioni disponibili sui propri siti istituzionali riguardo alle nuove modalità di trasmissione della cittadinanza italiana.
(2-00643) «Onori, Richetti».

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   sono giunte all'interrogante diverse segnalazioni di cittadini israeliani residenti in Italia che, a seguito dell'escalation del conflitto e della chiusura dello spazio aereo, si trovano impossibilitati a rientrare in Italia;

   in particolare, una dottoressa di pronto soccorso presso l'Asst ovest milanese residente in Italia dal 2011 era arrivata in Israele per una breve visita a carattere turistico e ora non riesce a tornare a Milano, alla sua vita e al suo lavoro;

   il Ministero del turismo israeliano, contattato dalla dottoressa, ha risposto che si occupa esclusivamente di turisti non israeliani, escludendo i cittadini israeliani anche se residenti all'estero e in visita temporanea;

   la dottoressa ha contattato anche l'Ambasciata italiana in Israele, che ha comunicato di non poter assisterla, non essendo cittadina italiana, pur essendo residente permanente e stabilmente radicata in Italia. A differenza dei cittadini non israeliani, che possono lasciare il Paese via terra verso Giordania o Egitto per poi proseguire in volo, alle persone di nazionalità israeliana è stato fortemente sconsigliato di intraprendere tali rotte, considerate ad alto rischio per motivi di sicurezza legati alla cittadinanza;

   oltre alla vicenda personale del caso in questione, va segnalato che come medico di pronto soccorso presso l'Asst ovest milanese, l'assenza prolungata della dottoressa compromette gravemente la capacità operativa del reparto e la continuità dell'assistenza ai pazienti, causando gravi disagi ai colleghi e ai pazienti;

   questa situazione rappresenta una grave violazione dei diritti fondamentali. Alla dottoressa è impedito di esercitare il suo diritto universale di lasciare un paese e fare ritorno al luogo di residenza abituale. Come stabilito dall'articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani (Onu, 1948) e dall'articolo 12 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (Iccpr, 1966), ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio;

   le politiche di evacuazione israeliane devono garantire che anche i cittadini israeliani residenti all'estero possano esercitare il diritto di rientrare nel loro paese di residenza. Il Governo italiano deve occuparsi, oltre che dei cittadini italiani presenti nelle aree di crisi, anche dei cittadini stranieri residenti nel nostro Paese che qui stabilmente vivono e lavorano e che qui vogliono tornare –:

   se sia a conoscenza di casi come quello descritto in premessa e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a permettere agli israeliani che in Italia vivono e lavorano stabilmente di rientrare nel proprio Paese di residenza.
(4-05326)

AFFARI EUROPEI, PNRR E POLITICHE DI COESIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CURTI e MANZI. — Al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione. — Per sapere – premesso che:

   nelle aree del cratere sismico del Centro Italia si registra crescente preoccupazione, alimentata da notizie stampa secondo le quali sarebbero in corso operazioni di definanziamento, riguardanti progetti strategici inseriti nel contratto istituzionale di sviluppo (Cis), uno strumento concepito per sostenere la rinascita economica e sociale dei territori colpiti dai terremoti del 2016 e 2017;

   il Cis, di cui all'articolo 1, comma 191, della legge n. 178 del 2020, integra le misure di ricostruzione materiale con investimenti mirati allo sviluppo locale, ed è stato alimentato attraverso un primo stanziamento, disposto con delibera Cipess n. 76 del 2021, pari a 100 milioni di euro a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027;

   ulteriori 59,9 milioni di euro sono stati successivamente assegnati tramite l'ordinanza del Commissario straordinario alla ricostruzione n. 122 del 2022, incrementando l'ammontare complessivo delle risorse a 159.932.000 euro. Di tale importo, 99,13 milioni – pari al 61,98 per cento del totale – sono stati destinati alla regione Marche, a conferma del fabbisogno di rilancio che emerge da quel territorio;

   nonostante l'impegno finanziario formalmente assunto, dai dati disponibili emerge che sono stati effettivamente spesi soltanto 8,5 milioni di euro, ovvero il 5,33 per cento delle risorse previste. Secondo indiscrezioni a tutt'oggi non smentite in via ufficiale, il Governo starebbe valutando di revocare tali fondi per dirottarli verso altri ambiti di intervento nazionale, quali il rafforzamento delle infrastrutture idriche e digitali, il sociale, la difesa e gli armamenti;

   un simile orientamento, qualora confermato, rischierebbe di vanificare anni di attesa e di progettazione da parte degli enti locali, pregiudicando in modo grave le prospettive di rilancio di aree già profondamente segnate da ritardi, spopolamento e diseguaglianze territoriali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle notizie relative al possibile definanziamento degli interventi previsti dal Cis sisma e quale sia lo stato di attuazione complessivo del contratto istituzionale di sviluppo per le aree del cratere, con particolare riferimento alla quota di 99,13 milioni destinata alla regione Marche.
(5-04145)

Interrogazione a risposta scritta:


   ORRICO. — Al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   la Missione 5, Componente 3, Investimento 1.3 del PNRR, denominata «Interventi socio-educativi strutturati per combattere la povertà educativa nel Mezzogiorno a sostegno del Terzo Settore», ha come finalità il sostegno al Terzo settore attraverso la promozione di progetti socioeducativi e culturali finalizzati a potenziare i servizi assistenziali di base ed a contrastare la povertà educativa, soprattutto nelle aree più fragili del Mezzogiorno;

   all'intervento è stato assegnato un importo complessivo di 220 milioni di euro e sinora sono stati approvati tre avvisi pubblici;

   per l'annualità 2022 è stato approvato l'avviso pubblico con decreto del direttore generale dell'Agenzia per la coesione territoriale n. 313 del 2021, il quale, con un importo pari a 50 milioni di euro, ha ammesso al finanziamento 220 progetti. Inoltre, con successivo decreto del direttore generale n. 414 del 2022 sono stati dichiarati ammissibili al finanziamento ulteriori 40 progetti, per un importo pari a 10 milioni di euro;

   per l'annualità 2023 è stato approvato l'avviso pubblico con decreto del direttore generale del direttore generale dell'Agenzia per la coesione territoriale n. 462 del 2022, il quale, con una dotazione finanziaria di 50 milioni di euro, ha ammesso al finanziamento 215 progetti;

   infine, l'avviso pubblico per l'annualità 2024 è stato approvato con decreto del direttore generale dell'Agenzia per la coesione territoriale n. 615 del 2023, con dotazione finanziaria di 50 milioni di euro;

   come si legge nella sesta relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR, attualmente sono pervenute 337 proposte progettuali, la cui istruttoria si sarebbe dovuta concludere ad aprile 2025, ma ad oggi è ancora in corso;

   infatti, come evidenziato dalla relazione sullo stato di attuazione del PNRR della Corte dei conti, resa disponibile a maggio 2025, l'avviso pubblico per l'annualità 2025 non è ancora stato pubblicato, in quanto sarebbe «in corso di valutazione (con la Commissione europea) da parte dell'Amministrazione l'effettiva necessità di procedere alla pubblicazione dell'Avviso relativo all'annualità 2025 ritenuto che, al fine di assicurare un'efficace realizzazione della misura in un'ottica di efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, potrebbe essere sufficiente una integrazione della dotazione finanziaria del precedente bando 2024 (inizialmente fissata in 50 milioni)»;

   tale ipotesi sarebbe confermata dall'allegato alla Proposta di revisione del PNRR presentata dall'Italia al Consiglio dell'Unione europea e pubblicata il 27 maggio 2025 dalla Commissione europea, il quale ora prevede, per il raggiungimento del target finale M5C3-9 (almeno 44.000 minori tra 0 e 17 anni che beneficiano di supporto educativo), un anticipo della scadenza a dicembre del 2025, invece dell'iniziale giugno 2026;

   tuttavia, questa riprogrammazione in corsa potrebbe creare dei problemi a tutte quelle associazioni del terzo settore che aspettavano legittimamente di poter presentare il proprio progetto con il bando di finanziamento per il 2025;

   inoltre, l'Avviso pubblico per l'annualità 2024 prevedeva la possibilità di chiudere lo sportello telematico al raggiungimento del 150 per cento delle risorse disponibili (75 milioni) e così è stato;

   pertanto, ammesso che tutti i 337 progetti presentati siano ammissibili al finanziamento, si potrebbe scorrere la graduatoria per un massimo di 25 milioni, lasciando fuori ulteriori risorse (25 milioni più 10 milioni non ancora impegnati) che potrebbero essere impegnate per finanziare ulteriori progetti tramite la pubblicazione di un avviso pubblico per l'annualità 2025 –:

   se i Ministri interrogati intendano chiarire come verranno utilizzate le risorse residue previste per l'annualità 2025, ma che ora saranno dirottate sul 2024, e se non ritengano che questo cambiamento possa pregiudicare le legittime aspettative delle organizzazioni del terzo settore e compromettere il finanziamento di proposte progettuali essenziali per contrastare la povertà educativa nelle aree più fragili del Paese.
(4-05343)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   CHERCHI, CARAMIELLO e SERGIO COSTA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la siccità rappresenta un grande problema per settori fondamentali come le attività agricole e l'allevamento. La scorsa estate è risultata una delle più problematiche degli ultimi anni in termini di approvvigionamento idrico e, a causa dei cambiamenti climatici, il trend non sembra essere in miglioramento per gli anni a venire;

   il nostro Paese sta affrontando una grave crisi con 12 regioni che presentano una significativa perdita di acqua potabile a causa di infrastrutture obsolete. Tra queste una delle più colpite è la Sardegna che affronta da decenni criticità ricorrenti legate alla scarsità della risorsa idrica disponibile e alla gestione sul piano infrastrutturale. La rete sarda ha una dispersione che supera il 50 per cento, con comuni dove si registrano picchi sino al 70 per cento;

   dal punto di vista agricolo, i numeri registrati in questi ultimi 10 anni nel territorio sardo mostrano, come spiega il Presidente di Coldiretti di Cagliari, Giorgio Demurtas, una perdita di circa 1.200 ettari di superficie agricola utilizzata;

   seconda una elaborazione di Coldiretti Cagliari su dati Adis-Istat, dopo un 2024 segnato dalla siccità e dalla riduzione drastica delle disponibilità idriche, anche il 2025 si prospetta preoccupante, con il rischio di perdere ancora 5 mila ettari di coltivazioni nel territorio, con un mancato reddito diretto di circa 26 milioni di euro per le imprese agricole;

   a ciò si aggiungono altri 10 milioni di euro di perdite legate al mancato valore dell'indotto, per un danno complessivo che potrebbe sfiorare i 40 milioni di euro solo nel 2025;

   nonostante l'apprezzabile lavoro svolto dalla giunta della regione Sardegna per l'approvazione delle assegnazioni 2025 – che prevedono poco più di 200 milioni di metri cubi (Mm3) per l'uso potabile, 22,6 Mm3 per il settore industriale e 415 Mm3 per l'irriguo – le attuali politiche statali di lotta alla siccità, appaiono insufficienti a garantire il godimento di un bene fondamentale come l'acqua –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per fare fronte alle descritte criticità derivanti dall'insufficienza delle risorse idriche ad usa irriguo per il comparto agricolo sardo, anche promuovendo l'istituzione di un tavolo tecnico regionale e una cabina di regia per avviare un piano straordinario, in collaborazione con le autorità locali, al fine di gestire l'emergenza e avviare il potenziamento delle infrastrutture irrigue, salvaguardando così, anche in futuro, la produzione e i lavoratori agricoli della regione.
(5-04128)


   DAVIDE BERGAMINI, CARLONI, MOLINARI, BRUZZONE e PIERRO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il prezzo del grano duro – materia prima dalla quale si ricava la pasta, piatto simbolo del made in Italy – è tornato ai livelli di 10 anni fa;

   il grano duro, nel giugno 2015, veniva quotato a 305-310 euro a tonnellata. Oggi, a distanza di 10 anni, il grano duro continua ad essere quotato a 305-310 a tonnellata, come sancito dalla rilevazione di mercoledì 28 maggio 2025, l'ultima della vecchia annata prima che venga quotato il grano della nuova campagna;

   a causa di queste quotazioni, che per molti agricoltori rendono la coltivazione del grano duro non più conveniente – in alcuni casi non coprono neanche i costi di produzione – nell'ultimo anno si è registrata una contrazione media delle superfici coltivate in Italia tra il 6 per cento e l'8 per cento, con punte fino al -10 per cento nel Sud e nelle Isole;

   le dinamiche per la formazione dei prezzi del grano duro sono fortemente condizionate, oltre che dalle condizioni climatiche, anche dalle importazioni da Paesi esteri che spesso non rispettano gli stessi standard delle produzioni interne determinando, quindi, evidenti fenomeni di concorrenza sleale;

   i dati Ismea ci dicono che nell'ultimo anno sono state importate oltre 614 mila tonnellate (circa un quarto del totale) dal Canada e 337 mila tonnellate dalla Turchia (più del 12 per cento) e 287 mila tonnellate dal Kazakistan (circa l'11 per cento);

   i cereali importati dall'estero in molti casi sono coltivati usando prodotti da anni vietati in Europa. Ad esempio, nella coltivazione del grano turco vengono usati fungicidi sospettati di avere effetti cancerogeni e tossici per le api, oppure come il glifosato, l'essiccante vietato in Italia in pre raccolta e usato anche sul grano canadese e su quello russo;

   a rischio, quindi, c'è la redditività degli imprenditori agricoli perché se i costi si manterranno ai livelli più dinamici ed elevati rispetto all'andamento, cedevole, delle quotazioni ne risentirà in maniera sostanziale il margine lordo delle coltivazioni e quindi la convenienza a investire nel grano duro –:

   quali azioni, per quanto di competenza, intenda adottare per salvaguardare la produzione nazionale di grano duro, al fine di trovare un equilibrio tra esigenze produttive e sicurezza alimentare, nonché per tutelare l'attività degli agricoltori italiani dalla concorrenza sleale affermando altresì, nelle opportune sedi, il rispetto del principio di reciprocità in quanto gli obblighi che vengono imposti ai produttori italiani devono valere anche per chi vuole vendere nel mercato europeo.
(5-04129)


   BORRELLI, BONELLI e ZANELLA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 13 del Tfue stabilisce che gli Stati membri tengono conto delle esigenze di benessere degli animali in quanto esseri senzienti;

   l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) riconoscono da tempo i pesci quali esseri senzienti, le normative europee stabiliscono misure anche per gli stabilimenti di acquacoltura, ma senza integrare in modo sistematico gli aspetti legati al benessere dei pesci;

   il regolamento CE n. 1099/2009 in materia di protezione degli animali durante l'abbattimento si applica solo parzialmente ai pesci;

   il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l'acquacoltura (Feampa) finanzia interventi per il miglioramento del benessere dei pesci, sostenendo investimenti in attrezzature per lo stordimento efficace e la formazione degli operatori. L'Efsa e la World organisation for animal health hanno riscontrato l'inadeguatezza dei sistemi di abbattimento più diffusi che causano una morte agonizzante per asfissia;

   l'Italia è uno dei Paesi più importanti in Unione europea per la produzione di trota, con una produzione nel 2023 pari a 34.143 tonnellate, seconda alla Francia;

   il 1° giugno 2025 la trasmissione «Report» ha realizzato un'inchiesta su un allevamento della Erede Rossi Silvio, azienda del settore della produzione di trote che detiene circa un terzo della produzione nazionale di questa specie;

   le immagini mostrano vasche con eccessive densità e prive di arricchimenti ambientali, pesci con infezioni fungine, animali morti o agonizzanti incastrati nelle reti protettive, contenitori non sigillati pieni di carcasse lasciati al sole con conseguenti rischi sanitari;

   sono stati ripresi, inoltre, maltrattamenti sugli animali e riscontrate pratiche di abbattimento non efficaci e pesci ancora agonizzanti dopo l'immersione nel ghiaccio;

   pratiche contrarie a benessere e biosicurezza che incidono sulla salute pubblica comportando un pericolo per i cittadini, rischiando di compromettere la buona reputazione dell'Italia in merito alla sicurezza alimentare;

   la Erede Rossi Silvio, risulta avere uno stretto legame con il Governo, considerata la presenza del proprietario Nicola Rossi ad Atreju ed i riconoscimenti ricevuti per la supposta qualità delle sue produzioni –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e se intenda adottare iniziative volte a promuovere, anche in sede europea, l'estensione delle norme sul benessere animale, comprese quelle relative allo stordimento premacellazione, ai pesci allevati, garantendo standard minimi obbligatori, nonché quali iniziative intenda intraprendere – anche sfruttando i finanziamenti dei fondi Feampa – per garantire una maggiore integrazione tra le politiche di biosicurezza e le misure di benessere animale nei siti di acquacoltura, in un'ottica di prevenzione sanitaria, sostenibilità e rispetto della sensibilità degli animali acquatici.
(5-04130)


   CASTIGLIONE e NEVI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   nonostante il decreto-legge n. 63 del 2024 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101 del 2024 (articolo 5) preveda un divieto di installazione di fotovoltaico a terra sui terreni agricoli e a fronte dell'evidenza che dei 16,5 milioni di ettari di territorio agricolo nazionale, circa 3,7 milioni sono incolti, si registra una significativa pressione sui terreni agricoli migliori da parte dei produttori di energia da fonte rinnovabile, evidentemente quelli estesi, pianeggianti e di più facile accesso;

   le segnalazioni continue che giungono dai territori fanno riferimento ad attività di esproprio per installazione di Fer o di opere di connessione, in aree agricole in attualità di coltivazione, ivi comprese le aree Dop o Doc o in possesso di altre forme di tutela, contestate dalle associazioni agricole e dagli agricoltori, che tuttavia nei loro ricorsi sono regolarmente soccombenti;

   il decreto legislativo n. 199 del 2021 sulla promozione dell'energia da fonti rinnovabili prevede che nella definizione di aree idonee si tenga conto «delle esigenze di tutela ... delle aree agricole» nonché il prioritario uso delle «superfici agricole non utilizzabili» (articolo 20, comma 3);

   il TU sulle rinnovabili (decreto legislativo n. 190 del 2024) prevede che in sede di ponderazione degli interessi, gli impianti sono considerati di interesse pubblico prevalente salvo prove evidenti che tali progetti abbiano effetti negativi sui settori tutelati, tra i quali quello agricolo (articolo 3, comma 1);

   a seguito della sentenza del Tar Lazio (9155/25) è in corso di revisione il decreto ministeriale del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024 sulle aree idonee per l'installazione delle Fer;

   in sede di adeguamento alla sentenza è presumibile che diventino automaticamente idonee le aree entro una distanza di 300 metri dai sedimi autostradali ed entro i 500 metri dagli impianti industriali, senza tener conto se dette aree siano in attualità di coltivazione;

   per quanto riguarda la distanza dagli impianti industriali si osserva che un cerchio con un raggio di 500 metri attorno a un qualunque capannone genera una superficie di circa 78 ettari;

   per quanto riguarda i sedimi autostradali, se anche solo 3.000 degli oltre 7.000 chilometri della nostra rete autostradale avessero spazio sufficiente ai propri lati, questo genererebbe un'area automaticamente idonea di 1.800 chilometri quadrati;

   la legge sulla caccia (n. 157 del 1992) definisce i terreni in attualità di coltivazione (articolo 15, comma 7). La legge n. 440 del 1978, stabilisce cosa debba intendersi per terreni incolti (articolo 2) –:

   se intenda assumere iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a prevedere forme di maggior tutela dei terreni agricoli in attualità di coltivazione.
(5-04131)


   FORATTINI, VACCARI, MARINO, ROMEO e ANDREA ROSSI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) il 28 gennaio 2025, in seguito alla prima riunione della task force sulla gestione del rischio annunciava l'avvio dei pagamenti del fondo catastrofale gestito da Agri-Cat sulla campagna 2023 per indennizzare le aziende agricole colpite da siccità, gelo e alluvioni;

   nel comunicato veniva annunciato un cronoprogramma serrato per i pagamenti relativi alle assicurazioni agricole: via libera alle domande 2024 per le polizze assicurative incentivate con procedura semplificata e precompilazione per avviare i pagamenti dal 28 febbraio 2025; sblocco dei pagamenti delle assicurazioni agevolate delle annate pregresse, in particolare per il 2023 – circa 50 milioni di euro entro 10 giorni; entro febbraio 2025 emissione dei decreti di pagamento per le assicurazioni agevolate per le produzioni vegetali, circa 150 milioni di euro per la campagna 2024; decreti di pagamento per le assicurazioni agevolate zootecnia e colture, per un ammontare di circa 10 milioni di euro, di cui 6 milioni per le colture e 4 milioni per la zootecnia tra cui anche gli avicoli; entro aprile 2025 erogazione di circa 8 milioni di assicurazioni agevolate zootecnia e di 3 milioni di euro relativi alle strutture di campagna, entrambe relative alla campagna 2023. Infine, nell'ambito delle assicurazioni agevolate per le produzioni vegetali, a partire dal mese di maggio fino al mese di dicembre 2025, Agea annunciava un'emissione mensile di decreti di pagamento del valore unitario di circa 2 milioni – per un totale di 16 milioni – a completamento e chiusura della campagna 2015-2022;

   il superamento di pendenze storiche e la determinazione nel consolidare livelli alti di efficienza ed efficacia per la gestione attuale dei pagamenti in agricoltura consentono la piena attuazione degli obiettivi della Pac attraverso un rapporto sempre più trasparente e affidabile tra l'Agenzia e i beneficiari degli interventi –:

   a quanto ammontino ad oggi i pagamenti erogati da Agea delle polizze assicurative agevolate contro i danni alle produzioni, strutture e infrastrutture, derivanti da avversità atmosferiche e calamità naturali e quanti pagamenti siano stati effettuati ad oggi per lo smaltimento delle campagne pregresse e la ripartizione degli stessi a livello regionale.
(5-04132)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   PANDOLFO, PELUFFO, DE MICHELI, DI SANZO e GNASSI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 181 del 2023 prevede lo sviluppo di nuova capacità di generazione di energia elettrica rinnovabile per i consumi delle aziende energivore, detta «energy release» con un periodo di anticipazione di 36 mesi, durante il quale il Gse cede l'energia – ad un corrispettivo fisso e stabilito – alle imprese energivore a fronte dell'obbligo da parte di queste imprese di realizzare impianti Fer restituendo, nei venti anni successivi, l'energia anticipata;

   la misura in oggetto è il solo reale intervento previsto ai fini del contenimento del prezzo dell'energia elettrica pagato dalle imprese energivore italiane che pagano mediamente prezzi superiori del 36 per cento rispetto alla Germania e del 79 per cento rispetto a Francia e Spagna; è stata attuata il 23 luglio 2024 con decreto ministeriale del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e successivamente con regole operative redatte dal Gse;

   a novembre 2024 il Gse ha pubblicato il bando, permettendo ai clienti finali energivori di presentare la manifestazione di interesse per l'assegnazione dell'energia elettrica il cui termine, dopo due proroghe, è stato fissato al 3 marzo 2025: sono state presentate 559 istante con 3.400 soggetti energivori, per un volume di energia elettrica richiesta superiore ai 70 terawattora;

   con l'energy release è prevista la realizzazione di nuova capacità rinnovabile per oltre 5 gigawatt di potenza; i risultati del bando, inizialmente attesi per aprile 2025, non sono ancora noti, creando un clima di crescente incertezza fra gli operatori, che avrebbero dovuto firmare i contratti di anticipazione entro il 30 maggio 2025, una incertezza aumentata dalla possibile modifica sostanziale della procedura competitiva per l'assegnazione degli euro/megawattora lato produttore;

   il 27 maggio 2025, la Presidente Meloni ha affrontato il tema del caro energia affermando che il Governo starebbe lavorando con la Commissione europea sull'energy release. Successivamente il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha affermato che la contrattazione con la Commissione europea è ultimata e che si sta aspettando una comfort letter per procedere con le assegnazioni;

   non si capisce perché siano state esperite delle procedure pubbliche in carenza dei necessari chiarimenti con la Commissione europea, visto che eventuali modifiche contrattuali potrebbero comportare danni e perdite per soggetti che abbiano già stipulato accordi per la restituzione dell'energia –:

   quali siano le iniziative di competenza poste in essere con la Commissione europea opportuno e se non ritenga opportuno coinvolgere gli operatori del settore nella definizione di eventuali soluzioni correttive per salvaguardare investimenti e accordi già avviati e la stessa credibilità e tenuta del meccanismo.
(5-04136)


   CAPPELLETTI, PAVANELLI, APPENDINO e FERRARA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 50 e successivi, della legge n. 207 del 30 dicembre 2024 (legge di bilancio 2025) ha prorogato, a fronte della presentazione di piani straordinari di investimento pluriennale da parte degli attuali concessionari del servizio, le concessioni per il servizio di distribuzione dell'energia elettrica;

   tale decisione, fortemente voluta dalla maggioranza parlamentare, è stata oggetto di rilievi sia dell'Agcm che dell'Arera con specifico riguardo ai profili di incompatibilità con i princìpi nazionali ed euro-unitari sulla concorrenza e la tutela dei consumatori, penalizzati, nel caso de quo, in modo discriminatorio dagli ulteriori maggiori costi in bolletta;

   in particolare, l'Antitrust ha evidenziato come la proroga delle concessioni ulteriore ai venti anni costituisca un rinvio temporale così prolungato da ostacolare i benefìci che la concorrenza per il mercato potrebbe apportare mediante gare ad evidenza pubblica, così ritardando la possibilità di maturare significativi vantaggi per il consumatore finale quali, inter alia, prezzi più contenuti in bolletta;

   l'Arera, anche in occasione della presentazione della relazione annuale tenutasi nei giorni scorsi, ha ribadito come il trasferimento degli oneri di rimodulazione legati al rinnovo delle concessioni di distribuzione dell'energia elettrica in bolletta, si ponga in contrasto con i principi generali di tariffazione basata sui costi efficienti del servizio e che, a tutela degli interessi di utenti e consumatori, risulti dunque opportuno minimizzare, se non annullare, l'impatto dei medesimi;

   nel caso di specie, pertanto, la modifica operata in legge di bilancio prevede esplicitamente non solo che si trasferisca in bolletta l'onere, ma anche che l'aumento della medesima finanzi gli introiti dei concessionari, autorizzati a rivalersi sugli utenti del sistema elettrico delle somme versate allo Stato;

   davanti alla platea degli industriali italiani, a fine maggio il Premier Meloni ha dichiarato che l'alto costo dell'energia è «la questione più urgente da affrontare» –:

   quali iniziative urgenti di competenza, in particolare di carattere normativo, intenda intraprendere per assicurare l'effettiva tutela degli interessi degli utenti finali, anche al fine di evitare un aggravio ulteriore delle bollette elettriche in un contesto geopolitico che vede una nuova impennata dei prezzi del petrolio e il conseguente rialzo dei costi delle commodities energetiche.
(5-04137)


   GHIRRA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la Sardegna è l'unica regione italiana fortemente dipendente dal carbone e dal petrolio, con una scarsissima presenza di gas naturale nel mix energetico. Infatti, la principale fonte di produzione energetica è di natura termoelettrica (78 per cento), costituita dal 42 per cento dal carbone, 49 per cento derivati del petrolio e 9 per cento da biomasse. Ciò comporta una elevata produzione di emissioni di CO2 che restano le più alte in Italia;

   la regione registra un notevole ritardo nelle politiche di decarbonizzazione, a causa dell'assenza di metano e della mancanza di politiche strutturate per la pianificazione e la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Questa situazione sta causando costi elevati e difficoltà per le utenze domestiche e industriali. In particolare, l'elevato costo dell'energia contribuisce ad aggravare la crisi che colpisce i poli industriali della regione, con particolare riferimento a quelli di Porto Torres e Portovesme, già da anni coinvolti in processi di destrutturazione produttiva e deindustrializzazione, con conseguenti criticità sul piano occupazionale e sociale;

   nell'interrogazione a risposta immediata tenutasi in Commissione X della Camera dei deputati il 28 maggio 2025 l'interrogante aveva chiesto conferme sull'eventuale confronto tra Governo e regione al fine della definizione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 108 del 2021, articolo 31, comma 3, e al decreto-legge n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni dalla legge n. 120 del 2020, articolo 60, comma 6, volto ad individuare opere e infrastrutture necessarie al phase out dell'utilizzo del carbone in Sardegna e alla decarbonizzazione dei settori industriali dell'isola, anche, in coerenza con gli obbiettivi fissati dal Pniec tesi ad assicurare ai cittadini sardi equità, sicurezza e continuità nelle forniture nonché a rilanciare la competitività delle imprese con costi energetici in linea con quelli del resto del Paese;

   la Vice-Ministra Gava Vannia nella risposta ha confermato l'interlocuzione del Governo con la regione Sardegna per la definizione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri teso all'individuazione delle infrastrutture necessarie alla transizione energetica dell'isola, ma non ha fornito alcun dettaglio circa le tempistiche di adozione;

   appare evidente come la situazione richieda risposte efficaci anche per evitare ulteriori ripercussioni sulla tenuta occupazionale della regione –:

   quali siano i tempi previsti per l'urgente adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui ai decreti-legge n. 76 del 2020 e n. 77 del 2021, considerando le attuali criticità che colpiscono cittadini e imprese, al fine, anche, di scongiurare ulteriori ripercussioni negative sulla stabilità occupazionale in Sardegna.
(5-04138)


   BENZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   a Taranto si sta discutendo della possibile installazione di un rigassificatore nel porto, in relazione al progetto di decarbonizzazione dell'ex Ilva. L'impianto, consistente in particolare una nave rigassificatrice, potrebbe essere fornito dalla compagnia azera Baku Steel. Il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, ha espresso apertura al progetto, ma ha sottolineato l'importanza di garantire che porti alla decarbonizzazione effettiva dell'ex acciaieria. Il Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha confermato l'interesse del Governo a procedere con l'installazione, ma ha anche ribadito la necessità di sviluppare le energie rinnovabili;

   il rigassificatore consisterebbe, come detto, in una nave galleggiante (o floating storage and regasification unit – Fsru) con una capacità di rigassificazione di circa 1 miliardo di metri cubi all'anno e sarebbe collegata agli impianti siderurgici tramite un nuovo gasdotto. Il progetto si inserisce nel contesto più ampio della riqualificazione dell'ex Ilva e della sua transizione verso una produzione più sostenibile;

   l'obiettivo principale dell'amministrazione straordinaria di Acciaierie d'Italia è la ricerca di un nuovo investitore interessato a rilevare lo stabilimento e il nuovo piano industriale andrà sottoposto alle autorità europee per ottenere l'annunciato sblocco del prestito-ponte di circa 320 milioni di euro –:

   quali siano gli intendimenti del Governo sull'installazione della nave rigassificatrice.
(5-04139)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZINZI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il Parco nazionale del Matese è stato istituito dalla lettera f-bis) dell'articolo 34, comma 1, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, aggiunta dall'articolo 1, comma 1116, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

   il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha avviato il procedimento di perimetrazione provvisoria di tale area protetta, comprendente territori delle regioni Campania e Molise, in un contesto di crescente opposizione da parte delle comunità locali, come documentato dalle proteste di agricoltori e allevatori e dalle delibere di numerosi comuni contrari alla proposta;

   come previsto dalla legge n. 394 del 1991 e dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 152 del 2006 Codice dell'ambiente, l'istituzione di un'area protetta richiede il coinvolgimento delle comunità locali attraverso strumenti di consultazione, principio che, secondo residenti e amministratori locali, risulta finora disatteso;

   molti sindaci hanno espresso disappunto per l'assenza di un dialogo strutturato con il Ministero e per l'imposizione unilaterale di scelte calate dall'alto; è stato denunciato come la proposta di perimetrazione abbia incluso, in modo arbitrario, comuni, per pochi ettari, senza coerenza ecologica o ambientale, accorpando territori eterogenei e privi di un'identità ambientale comune;

   emblematico è il caso del comune di Letino, centro abitato più alto del comprensorio matesino e cuore simbolico del Parco, che ha denunciato che la zonizzazione approvata da Ispra non sarebbe stata riportata nella cartografia allegata al decreto, generando un'incongruenza documentale grave;

   i sindaci, inoltre, denunciano la mancata condivisione delle norme di salvaguardia, e di aver avanzato proposte formali in sede di tavolo tecnico, mai recepite nella versione finale del provvedimento, precludendo così un percorso di co-progettazione istituzionale;

   tra le criticità si rilevano impatti economici, sociali e ambientali, nonché ulteriori limitazioni all'attività venatoria, in particolare in Campania, dove vaste porzioni di territorio risultano già sottratte alla caccia;

   parrebbe, inoltre, che la perimetrazione provvisoria non tenga conto della legge regionale della Campania n. 26 del 2012, il cui articolo 9 stabilisce un limite massimo del 30 per cento del territorio agro-silvo-pastorale che può essere precluso all'attività venatoria, incluse le aree protette;

   il Piano faunistico regionale venatorio, approvato nel settembre 2024, certifica che tale soglia è già superata nella regione Campania;

   la perimetrazione proposta sembrerebbe contrastare con tale limite e appare priva di motivazione tecnico-scientifica che giustifichi ulteriori restrizioni, in un contesto già fortemente gravato da vincoli;

   l'articolo 145 del decreto legislativo n. 42 del 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, impone il coordinamento tra pianificazione paesaggistica e strumenti urbanistici;

   la sentenza del Tar Lazio n. 18581 del 2024 ha ribadito la necessità di rispettare i vincoli territoriali, stabiliti dalla normativa regionale nella definizione delle aree protette;

   la sentenza del Consiglio di Stato n. 2106 del 2015 ha stabilito che i limiti percentuali previsti dalla normativa in materia di caccia rappresentano una soglia di protezione che deve essere valutata nel contesto della tutela ambientale;

   altre sentenze amministrative sottolineano che il superamento dei limiti imposti dalle leggi regionali può rappresentare una violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell'azione pubblica –:

   se il Ministro interrogato intenda ritirare la proposta di perimetrazione del Parco nazionale del Matese e gli atti connessi, e avviare un nuovo procedimento rispettoso del limite del 30 per cento previsto dalla legge regionale Campania n. 26 del 2012, recependo le osservazioni dei sindaci, garantendo la piena partecipazione degli stakeholder territoriali e valutando attentamente gli impatti socio-economici dell'istituendo Parco sulle comunità locali.
(4-05341)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI, ORFINI, BERRUTO, IACONO, BONAFÈ e GIANASSI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   la Fondazione teatro della Toscana potrebbe essere declassata e perdere il 20 per cento dei finanziamenti, in seguito, a quanto si apprende dai maggiori organi di stampa, alla nomina come direttore artistico di Stefano Massini, non accolta dal Ministro Giuli;

   il 19 giugno 2025 la commissione consultiva per il teatro, organismo del Ministero della cultura, avrebbe trasformato la Fondazione teatro della Toscana – che controlla anche La Pergola – da teatro nazionale a teatro della città. Un cambio nominale che avrà conseguenze sostanziali; infatti, perdere lo status significherebbe una riduzione del 20 per cento dei finanziamenti che coinvolgerebbe direttamente anche il Teatro Era di Pontedera, parte integrante della Fondazione e punto di riferimento culturale della Valdera;

   sono state già diverse le proteste contro tale possibile declassamento, tra le quali le dimissioni di tre membri della commissione consultiva del Ministero, unici componenti in rappresentanza degli enti locali, mentre gli altri quattro sono di nomina ministeriale;

   nel caso di declassamento ufficiale il Teatro della Toscana ha annunciato di volersi appellare al Tar o presentare domanda per il riconoscimento di teatro della città, fondamentale per ottenere i finanziamenti del Ministero che, comunque, in base alle tabelle, sarebbero minori di circa il 20 per cento rispetto agli attuali, di circa 400mila euro di tagli, troppo per una realtà già costretta al risparmio;

   non risultano precedenti di una fondazione teatrale nazionale declassata per motivi che nulla hanno a che vedere con la qualità artistica o la gestione culturale;

   questo provvedimento è certamente il più eclatante ma non il solo. E a giudizio degli interroganti mette in luce una preoccupante situazione di sostanziale continua prevaricazione istituzionale da parte del Ministero;

   a giudizio degli interroganti si tratta, infatti, dell'ennesimo atto che conferma la linea politica definita, già dall'inizio della legislatura, dall'esecutivo che dalla norma cosiddetta Fuortes, alla proposta sulla riorganizzazione del Ministero, all'intervento sulla governance del Centro sperimentale cinematografia, alla modifica dello statuto dei David di Donatello, alla nomina del direttore del Teatro di Roma, intende autonomia e sottoporre al controllo politico la cultura –:

   se il Ministro interrogato non intenda chiarire la vicenda suesposta ed esporre le ragioni che porterebbero al declassamento della Fondazione teatro della Toscana.
(5-04147)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIPPO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di stampa degli ultimi giorni quella delle dimissioni di tre commissari su sette della Commissione consultiva per il teatro, organismo del Ministero della cultura avente funzione valutativa dei progetti teatrali richiedenti contributi pubblici;

   le dimissioni di Angelo Pastore, Alberto Cassani e Carmelo Grassi sono avvenute, secondo quanto da loro stessi comunicato, come segno di protesta contro la decisione della maggioranza della Commissione di declassare la fondazione teatro della Toscana (comprensivo delle sale La Pergola, Rifredi ed Era) da teatro nazionale a teatro della città;

   in una lettera al Ministero, i tre dimissionari hanno riferito di aver «constatato l'impossibilità di costruire, all'interno della Commissione, un percorso condiviso ed equilibrato nella valutazione degli organismi teatrali richiedenti» e hanno definito pretestuose le ragioni con cui la maggioranza della Commissione ha inteso declassare il teatro la Pergola di Firenze;

   non essendovi ancora un verbale ufficiale della Commissione relativo alla riunione di venerdì 20 giugno, le ragioni del declassamento non sono affatto chiare e potrebbero avere avuto origine mesi fa in contrasti di matrice politica a seguito della nomina, quale direttore artistico, di Stefano Massini, secondo ricostruzioni di stampa, non gradito al Ministero della cultura e, in particolare, al sottosegretario Gianmarco Mazzi;

   Massini, noto scrittore e drammaturgo italiano con un'importante carriera internazionale alle spalle, ha vinto numerosi premi, tra cui nel 2022 il Tony award – il più importante premio americano per il teatro – e stava dando nuovo lustro al già prestigioso teatro La Pergola di Firenze. Sarebbe molto grave se fosse questa la ragione sottostante ad un declassamento dell'istituzione culturale nazionale;

   poiché alcuni esponenti della maggioranza di Governo hanno espressamente escluso che la motivazione sottostante al declassamento del Teatro La Pergola sia stata generata da un'«antipatia» politica nei confronti di Massini, ancora più grave sarebbe se la Commissione nel verbale della riunione, ancora sconosciuto, arrivasse a contestare senza reale fondamento la stessa gestione amministrativa del Teatro La Pergola per colpirne governance e autonomia;

   a parere dell'interrogante, quanto sta accadendo costituisce una situazione davvero anomala, forse mai avvenuta prima nella storia dei teatri italiani. La scelta del Ministero non solo offende la città di Firenze e la regione Toscana, ma danneggia soprattutto la Cultura italiana intera – che il Ministero dovrebbe promuovere come la nostra Costituzione prevede – privandola di uno dei suoi storici e più prestigiosi Teatri Nazionali;

   va sottolineato, inoltre, come la Commissione ministeriale – rimasta con quattro membri – potrà in teoria proseguire nei propri lavori, ma al contempo venendo ad essere passibile di un altissimo rischio di ricorsi alla giustizia amministrativa –:

   se non intenda fornire chiarimenti in merito a quanto descritto in premessa affinché i fatti avvenuti non portino al delinearsi di un modo di agire, da parte dei più alti vertici ministeriali, che a parere dell'interrogante assume un sapore di rappresaglia politica e mina l'autonomia e la credibilità delle istituzioni culturali del Paese;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di scongiurare il rischio che le ridotte dimensioni della Commissione consultiva per il teatro portino a una paralisi delle attività della stessa a causa dei probabili futuri ricorsi.
(4-05334)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   GHIRRA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si è appreso che il 14 giugno 2025, in Sardegna, durante una manifestazione antimilitarista contro le basi militari a Decimomannu (Cagliari), che ha visto scendere in strada circa un centinaio di attivisti provenienti da varie parti dell'Isola per recarsi nelle vicinanze dell'aeroporto militare di Decimomannu, obiettivo simbolico e concreto della protesta, le forze dell'ordine avrebbero utilizzato lacrimogeni per disperdere la folla nei pressi della base militare che, a contatto con l'erba secca, avrebbe innescato un incendio esteso, alimentato dal passaggio a bassa quota di un elicottero della Polizia;

   con questa tecnica, oltre ad aver aggravato l'incendio, si sarebbe sfruttata la spinta del rotore dell'elicottero per disorientare e disperdere i manifestanti;

   in particolare, a circa 300 metri dall'ingresso della base i manifestanti si sono inoltrati nei campi nel tentativo di avvicinarsi al perimetro esterno della base aerea ma a quel punto le forze dell'ordine avrebbero risposto con il lancio di una decina di lacrimogeni;

   secondo un comunicato diffuso dal Comitato A Foras, da anni in prima linea contro la presenza militare in Sardegna, «La polizia, ha tirato lacrimogeni contro il corteo» e, contemporaneamente «l'elicottero è stato usato come sfolla gente», scendendo «ad altezza uomo per fare vento». I membri del Comitato hanno spiegato che i lacrimogeni «hanno dato fuoco ai campi e il vento generato dall'elicottero ha contributo a far divampare l'incendio», che si è rivelato molto difficile da spegnere. Solo per una casualità non si registrano feriti gravi. «La leggerezza con cui hanno messo a rischio l'incolumità di tanti manifestanti ci dà solo la conferma di essere dalla parte giusta e di dover continuare a lottare», si legge nel comunicato. «Preparano guerre e genocidi in giro per il mondo e noi non dimenticheremo mai la gioia di veder sventolare la bandiera palestinese davanti a uno dei loro avamposti che brucia»;

   prima della manifestazione, sarebbe stata chiusa una strada di accesso al paese, e alcuni manifestanti denunciano di essere stati sottoposti a perquisizioni;

   in un video apparso sui canali che hanno promosso l'iniziativa antimilitarista si vede un elicottero delle forze dell'ordine volare a qualche metro da terra appena sopra le teste dei dimostranti, generando forti correnti d'aria che secondo i manifestanti sarebbero state rivolte a disperdere i presenti;

   se confermato, quanto accaduto rappresenterebbe un pericoloso precedente posto che secondo la normativa vigente, durante le manifestazioni, la polizia deve mantenere l'ordine senza l'uso della forza e privilegiando la de-escalation. In particolare, una manifestazione deve essere dispersa solo come ultima risorsa e in conformità ai principi di legalità, necessità e proporzionalità. La priorità deve essere data alla dispersione volontaria e l'uso della forza deve essere evitato;

   l'uso della forza deve sempre essere mantenuto al minimo necessario e il tipo di equipaggiamento utilizzato per disperdere una manifestazione deve essere attentamente considerato;

   la pratica della dispersione attraverso l'utilizzo di elicotteri a bassa quota in prossimità dei manifestanti è considerata pericolosa e il suo impiego risulta all'interrogante che sia vietato in Italia, salvo in casi di estrema necessità –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle vicende di cui in premessa e se ritengano che da parte delle forze dell'ordine vi siano state violazioni del Regolamento sul servizio aereo della pubblica sicurezza; se ritengano che nel corso delle operazioni sia stata garantita l'incolumità delle persone manifestanti e la sicurezza degli spazi, rispettati i principi di necessità e proporzionalità nell'uso della forza e se vi fosse un margine di prevedibilità circa il divampare dell'incendio; come intendano intervenire per garantire che le forze dell'ordine rispettino la libertà di manifestare nei limiti stabiliti dalla Carta Costituzionale.
(4-05331)

DISABILITÀ

Interrogazione a risposta immediata:


   FURFARO, CIANI, GIRELLI, MALAVASI, STUMPO, ASCANI, DI BIASE, GHIO, FERRARI, CASU, FORNARO e MANZI. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   ogni anno per la fine della scuola le più varie realtà (comuni, parrocchie, centri sportivi) organizzano centri estivi che sono per i minori un'importante occasione di socializzazione e svago, oltre che servizio necessario all'organizzazione del lavoro familiare;

   l'articolo. 30 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con la legge n. 18 del 2009, riconosce a tutte le persone con disabilità il diritto di partecipare, su base di eguaglianza, alle attività ricreative, anche mediante le misure e gli accomodamenti necessari;

   nonostante ciò, ogni anno si leggono casi di minori con disabilità esclusi dai centri estivi oppure ammessi dopo aver chiesto alle famiglie di pagare una retta superiore o l'imposizione di una frequenza ridotta;

   la sospensione delle attività scolastiche espone molti bambini e ragazzi al rischio di regressione e di perdita delle competenze acquisite durante l'anno, un fenomeno noto come summer learning loss, che risulta ancor più marcato nei minori fragili, per i quali la continuità educativa e relazionale assume un valore ancora più rilevante;

   ogni ente pubblico o privato che organizza dei centri estivi deve attivarsi, fin dal primo giorno, per garantire ai bambini e ai ragazzi con disabilità che intendono iscriversi l'assistenza di supporto di cui necessitano, senza delegare questo compito alla famiglia;

   è opportuno confermare l'importanza di sostenere in modo strutturale la valorizzazione e promozione di accordi fra comuni e associazioni, riconoscendo il ruolo del terzo settore nell'educazione non formale, rendendo strutturali i 150 milioni stanziati per la prima volta nel 2020;

   è necessario dare continuità a una misura fondamentale, sostenendo la comunità educante, recuperando collaborazione per offrire risposte efficaci alle emergenze, affiancando docenti e genitori nelle relazioni con gli studenti e potenziando le reti educative con enti locali, terzo settore e realtà attive nel settore;

   affinché gli enti pubblici e privati possano realmente assistere i bambini con disabilità all'interno dei centri estivi, è necessario che vi siano da parte dello Stato stanziamenti finanziari adeguati che certo non possono essere i 60 milioni previsti per il 2025 –:

   quali iniziative urgenti, anche di carattere finanziario, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia garantito, non solo sulla carta, ma anche nella realtà il diritto dei bambini e dei ragazzi con disabilità di poter partecipare, su una base di eguaglianza con gli altri bambini, ai centri estivi quale momento di crescita e di autonomia.
(3-02039)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   dal 2025 (legge n. 207 del 2024, articolo 1, comma 11) i contribuenti stranieri residenti in Italia non possono più beneficiare delle detrazioni per i familiari fiscalmente a carico residenti all'estero. La legge di bilancio per il 2025, infatti, disconosce ai contribuenti che non sono cittadini italiani, né cittadini comunitari, o dello Spazio economico europeo, la detrazione per i familiari a carico residenti all'estero;

   si delinea con questo intervento normativo un vero e proprio sistema differenziato per cui i cittadini italiani ed europei con familiari all'estero a carico potranno fruire delle detrazioni mentre le persone con cittadinanza extra Unione europea non potranno avere le detrazioni. Questo trattamento differenziale tuttavia sembra discriminatorio in quanto la normativa europea garantisce ai cittadini extra Unione europea titolari di permesso di lungo periodo (direttiva 109/2003/CE) e di permesso unico di lavoro (direttiva 98/2011/UE) la parità di trattamento con i cittadini italiani nelle agevolazioni fiscali come le detrazioni per carichi di famiglia;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea con due sentenze (causa C-303/19 e C-302/19) ha riconosciuto che uno Stato membro non può rifiutare o ridurre un beneficio di una prestazione di sicurezza sociale al soggiornante di lungo periodo o ai titolari di un permesso unico di lavoro per il motivo che i suoi familiari o taluni di essi risiedono non nel suo territorio, bensì in un Paese terzo;

   la differenza di trattamento tra cittadini italiani e stranieri ha dato luogo negli anni ad un notevole contenzioso ed alla fine i dubbi sul carattere discriminatorio della norma (concernente l'assegno al nucleo familiare caso analogo a quello relativo alla detrazione per familiari a carico) hanno indotto la Cassazione a sollevare questione pregiudiziale con riferimento alla sua compatibilità con il principio di parità di trattamento con i cittadini nazionali previsto per i cittadini stranieri titolari di un permesso unico di lavoro (direttiva 2011/98/UE). Parimenti la Corte di Cassazione ha sollevato questione pregiudiziale con riferimento alla norma sull'assegno al nucleo familiare (caso analogo a quello della detrazione per i familiari a carico) con il principio di parità di trattamento con i cittadini nazionali previsto per i cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno Unione europea per i soggiornanti di lungo periodo (direttiva 2003/109/UE);

   la Corte di giustizia ha riconosciuto che la diversità di trattamento prevista dalla normativa italiana è in contrasto sia con la direttiva 109/2003 che riguarda i soggiornanti di lungo periodo sia con la direttiva 2011/98 che riguarda i titolari di un permesso unico lavoro. Entrambe le direttive, riconosce la Corte, mirano a creare le condizioni uniformi minime nell'Unione a riconoscere che i cittadini dei paesi terzi contribuiscono all'economia dell'Unione con il loro lavoro e i loro versamenti contributivi di imposte e a fungere da garanzia per ridurre la concorrenza sleale tra cittadini di uno Stato membro e i cittadini di paesi terzi derivante dall'eventuale sfruttamento di questi ultimi e non consentono pertanto trattamenti differenziati;

   da ultimo è utile ricordare che la norma introdotta dalla legge di bilancio sul disconoscimento delle detrazioni fiscali per i familiari a carico residenti all'estero solleva interrogativi sulla compatibilità con i trattati contro le doppie imposizioni soprattutto in merito al principio di non discriminazione previsto dall'articolo 24 del modello Ocse. Questo principio vieta discriminazioni fiscali basate sulla nazionalità. In questo caso il limite alle detrazioni si fonda proprio su tale criterio con potenziali criticità legate alla disparità di trattamento. L'Italia ha infatti stipulato convenzioni fiscali con vari Stati che tutelano il diritto dei cittadini stranieri a godere di un regime fiscale equo rispetto ai cittadini italiani –:

   se non ritengano importante chiarire, alla luce delle considerazioni riportate in premessa, quali iniziative di carattere normativo il Governo intenda adottare per riconoscere, prima dell'avvio di possibili contenziosi, il ripristino della detrazione per i familiari residenti all'estero dei contribuenti stranieri.
(2-00644) «Soumahoro, Schullian».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   SOTTANELLI, BONETTI, BENZONI e D'ALESSIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 39 del 2024 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 67 del 2024 ha previsto un fondo di 35 milioni per l'anno 2025 per gli interventi di riqualificazione energetica e strutturale degli immobili danneggiati nei comuni colpiti da eventi sismici verificatisi dai 1° aprile 2009 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza;

   il comma 8-ter dell'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020 prevede che «Per gli interventi effettuati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici verificatisi a far data dal 1° aprile 2009 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, la detrazione per gli incentivi fiscali di cui ai commi 1-ter, 4-ter e 4-quater spetta, in tutti i casi disciplinati dal comma 8-bis, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025, nella misura del 110 per cento.»;

   si evince, dunque, che per gli edifici danneggiati da eventi sismici a partire dal 1° aprile 2009, ivi inclusi quelli facenti parte del cratere sisma «Emilia-Lombardia» del 2012, la disciplina riconosca un regime di favore estendendo l'applicazione dell'aliquota al 110 per cento a tutte le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025;

   tuttavia, con la risoluzione n. 8/E del 15 febbraio 2022 e con la successiva risposta n. 4/2024, l'Agenzia delle entrate ha stabilito che operi il requisito dell'inagibilità e che tale requisito debba perdurare ancora oggi, con la conseguenza che, qualora l'immobile, sia stato dichiarato agibile in esito agli interventi di ristrutturazione effettuati usufruendo del contributo ricostruzione, il medesimo non potrebbe godere della disciplina speciale di cui al comma 8-ter;

   tuttavia, la norma di riferimento non richiede affatto il requisito della inagibilità come circostanza perdurante al momento della richiesta;

   a giudizio degli interroganti le interpretazioni dell'Agenzia delle entrate contrastano, inoltre, con l'attuale chiaro intento di favor del legislatore, non trovando supporto normativo che supporti l'applicabilità di tali stringenti requisiti per l'estensione della disciplina a tutto il 2025. Non è, poi, giustificabile l'interpretazione per cui un immobile, pur se inagibile al momento dell'evento sismico, avendo in seguito riottenuto l'agibilità per effetto di lavori di riparazione, perda il diritto al beneficio per le spese sostenute entro il 2025 –:

   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato sulle problematiche esposte in premessa e se non intenda adottare iniziative di competenza, con la massima urgenza, affinché vengano superate le interpretazioni restrittive nei confronti di territori e di cittadini già enormemente danneggiati dai fenomeni sismici.
(5-04140)


   TABACCI, SERRACCHIANI, MEROLA, UBALDO PAGANO e STEFANAZZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   per ottemperare agli impegni con l'Antitrust europeo, in relazione all'autorizzazione al salvataggio con risorse pubbliche di Banca Mps, il Ministero ha iniziato da tempo a cedere le proprie azioni con procedure accelerate di collocamento, l'ultima delle quali avvenuta il 13 novembre 2024 con il collocamento del 15 per cento che ha ridotto la quota pubblica all'11,7 per cento;

   tale collocamento, gestito da Banca Akros, operatore diverso rispetto ai precedenti, appartenente al gruppo Banco Bpm, ha visto solo 4 compratori: l'immobiliarista Caltagirone ha acquistato il 3,6 per cento, Delfin, della famiglia Del Vecchio, il 3,5 per cento, Banco Bpm il 5 per cento, Anima, fondo partecipato da Caltagirone, Bpm e Ministero, 4 per cento;

   secondo il Financial Times del 16 dicembre 2024, anche Unicredit avrebbe voluto partecipare con un ordine del 10 per cento non accettato dalla Banca Akros;

   pertanto Banca Akros, appartenente al gruppo Banco Bpm, maggiore acquirente delle azioni Mps, avrebbe rifiutato la partecipazione di Unicredit, banca concorrente, che successivamente ha lanciato un'Ops sulla medesima Bpm;

   tale collocamento, secondo l'inchiesta dalla trasmissione Report del 1° giugno 2025, sarebbe, in realtà, finalizzato a consentire a Caltagirone e Delfin di tentare, tramite la posizione in Mps, una scalata a Mediobanca, lanciando una Ops e superando l'impossibilità per i suddetti, sprovvisti di licenza bancaria, di acquisire direttamente il controllo di una banca vigilata dalla Bce, ma l'obiettivo finale sarebbe, addirittura, il controllo di Generali;

   secondo la citata inchiesta, l'operazione sarebbe partita a settembre con una riunione organizzativa a Palazzo Chigi a cui avrebbero partecipato il sottosegretario Fazzolari e il Capo di Gabinetto Caputi, che deterrebbe partecipazioni in società del settore bancario, con evidente conflitto di interesse;

   il 18 aprile 2025 il Cdm ha deliberato di esercitare la golden power, imponendo specifiche prescrizioni a Unicredit in relazione all'Ops su Banco Bpm, attualmente al vaglio della Bce e della Banca d'Italia;

   questi fatti, se corrispondessero al vero, comprometterebbero a giudizio degli interroganti il pluralismo e il funzionamento del mercato bancario –:

   se siano stati valutati i rischi di un coinvolgimento dell'Esecutivo nelle vicende bancarie in atto, a giudizio degli interroganti in violazione del diritto italiano ed europeo, chiarendo anche le motivazioni sottese alla scelta di Banca Akros quale intermediario nel collocamento di titoli Mps, rendendo noto se sia effettivamente avvenuta la citata riunione a Palazzo Chigi e fornendo elementi, per quanto di competenza, volti ad escludere che tali modalità di collocamento abbiano di fatto favorito taluni investitori nella battaglia per il controllo di Generali.
(5-04141)


   CONGEDO, GAETANA RUSSO, FILINI, GIORDANO, MATERA, MATTEONI e TESTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto decreto FER 2 prevede agli articoli 3 e 9 misure incentivanti per la costruzione di impianti a fonti rinnovabili, al fine di facilitare il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal e REPowerEU per il 2030; tra questi, rientrano gli impianti di biogas con potenza nominale non superiore a 300 kW elettrici;

   i moderni impianti di micro biogas sono in grado di produrre energia elettrica e termica contribuendo al miglioramento della sostenibilità ambientale, energetica ed economica degli allevamenti, e l'energia elettrica generata dal biogas può essere utilizzata in autoconsumo dall'azienda, e/o immessa nella rete elettrica nazionale;

   oltre ai grandi impianti di biogas e a quelli di biometano, quindi, è importante promuovere l'utilizzo dei micro impianti di biogas, che hanno ricadute virtuose sulla comunità e producono vantaggi economici per le aziende agricole, con riduzione dei costi energetici, e valorizzazione degli scarti e dei reflui che vengono trasformati in risorsa, contribuendo a una gestione più sostenibile e benefici ambientali con riduzione delle emissioni di gas serra;

   in risposta ad un atto di sindacato ispettivo svolto alla Camera lo scorso 26 marzo 2025, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha dichiarato che una specifica clausola di salvaguardia, che consenta di modificare il valore degli incentivi, verrà presa a valle delle analisi svolte da GSE sui costi di produzione delle diverse fonti e taglie di potenza, ma che «le misure ascrivibili alla tipologia di quelle oggi in vigore per il fotovoltaico, circoscritte a specifiche fattispecie di soggetti e di interventi, con previsione di detrazioni fiscali, rientrano nelle competenze del Ministero dell'economia e delle finanze» –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, in modo speculare a quanto accade per gli impianti fotovoltaici, al fine di prevedere detrazioni fiscali per la realizzazione di impianti di biogas, nella percentuale che il Governo riterrà più congrua.
(5-04142)


   ALIFANO, GUBITOSA e RAFFA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i crediti d'imposta per interventi edilizi ammessi al superbonus 110% rappresentano uno strumento fondamentale per incentivare la riqualificazione del patrimonio immobiliare e il risparmio energetico nel nostro Paese;

   con riferimento ai crediti maturati entro il 31 dicembre 2023, fatte salve le diverse opzioni introdotte dal legislatore, le attuali disposizioni prevedono che tali crediti debbano essere smaltiti in quattro annualità, senza la possibilità di riportare la quota di credito non compensata all'anno successivo;

   si sta verificando una problematica di crescente rilevanza che vede i contribuenti, in caso di crediti contestati dall'Agenzia delle Entrate, trovarsi nell'impossibilità di fruire del credito anche qualora l'esito del contenzioso sia vittorioso per il contribuente. Ciò accade perché la sentenza favorevole interviene sovente l'anno successivo rispetto a quello di maturazione o di contestazione del credito, rendendo di fatto la quota di credito «scaduta» e non più utilizzabile negli anni successivi a quello di competenza;

   a quanto consta agli interroganti, in diverse circostanze, gli uffici periferici dell'Agenzia delle Entrate, tenuti all'esecuzione della sentenza, hanno rilevato che, allo stato attuale, non è prevista una procedura che consenta di acquisire e riabilitare tali crediti scaduti. Seppure visibili nel cassetto fiscale dei contribuente, il sistema non permetterebbe di sbloccare o rendere nuovamente disponibili crediti la cui scadenza annuale è già trascorsa, nonostante il riconoscimento del diritto del contribuente da parte di una sentenza pienamente esecutiva. In sostanza, mancherebbe un apposito codice di riferimento per consentire l'utilizzo del credito riabilitato con sentenza;

   tale situazione ingenera un grave pregiudizio economico per i cittadini e le imprese che, pur avendo visto riconosciuto il proprio diritto in sede giurisdizionale, si trovano di fatto privati della possibilità di usufruire di un credito legittimamente spettante, minando la fiducia nelle istituzioni e nel sistema fiscale;

   da considerare inoltre che, a seguito della riattivazione dei crediti in forza di sentenza favorevole, il contribuente potrebbe trovarsi in una situazione di incolpevole incapienza, dovendo smaltire più crediti negli anni successivi a quello di competenza –:

   se sia a conoscenza delle criticità esposte in premessa e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare per consentire la piena fruizione dei crediti, considerando anche la possibile sopravvenuta incapienza del contribuente.
(5-04143)


   CENTEMERO, BAGNAI, CANDIANI, CAVANDOLI, GUSMEROLI e DE BERTOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella maggior parte degli Stati membri dell'Unione europea è prevista la possibilità di applicare regimi speciali per le piccole imprese, che comprendono anche l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto, come previsto dalla direttiva n. 2006/112/CE (Titolo XII, capo 1), al fine di semplificare gli adempimenti fiscali per i soggetti passivi il cui volume d'affari annuo non superi una determinata soglia;

   tali soglie, definite dagli Stati membri previa autorizzazione del Consiglio, mirano a esonerare le microimprese da obblighi complessi e costosi legati all'Iva, pur lasciando la possibilità di optare per il regime ordinario e usufruire del diritto alla detrazione;

   l'Italia, già dal 2007, ha beneficiato di autorizzazioni a derogare alla direttiva Iva, dapprima per una soglia fissata a 30.000 euro, poi via via elevata fino ai 65.000 euro, attraverso successive decisioni del Consiglio n. 2008/737/CE, n. 2010/688/UE, n. 2013/678/UE, n. 2016/1988/UE e n. 2020/647/UE;

   con lettera del 29 novembre 2022, l'Italia ha chiesto alla Commissione europea di elevare a 85.000 euro la soglia del regime Iva agevolato per il periodo 1° gennaio 2023 - 31 dicembre 2024, mantenendo comunque la possibilità per le imprese di optare per il regime ordinario. La richiesta, coerente con la direttiva (UE) 2020/285 e con gli indirizzi europei contenuti nella Comunicazione della Commissione sullo «Small Business Act», è stata accolta dal Consiglio con la decisione n. 2023/664/UE del 21 marzo 2023, con l'obiettivo di ridurre adempimenti, costi amministrativi e oneri di conformità per le microimprese;

   tuttavia, nel periodo successivo all'autorizzazione concessa dal Consiglio il processo inflattivo è stato particolarmente tumultuoso sicché, in termini di valori reali, la soglia stabilita a 85.000 euro si è rivelata sempre più restrittiva e potenzialmente non più adeguata a garantire le finalità originarie;

   per tali ragioni, nella seduta n. 402 del 20 dicembre 2024, il Governo ha accolto favorevolmente l'ordine del giorno 9/02112-bis-A/222, assumendo l'impegno di presentare alla Commissione europea una nuova richiesta volta a elevare, per il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025, la soglia della misura vigente oltre gli 85.000 euro –:

   quale sia lo stato attuale dell'iter autorizzativo per la concessione all'Italia della deroga prevista dall'articolo 285 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto.
(5-04144)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPORTIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Molise è sottoposto a regime di commissariamento per la sanità dal 2009, a causa di un disavanzo economico nel settore;

   l'attuazione del Piano di rientro è demandata ad un commissario ad acta di nomina governativa, con il compito di vigilare e coordinare le azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di risanamento;

   in questo contesto di difficoltà strutturale è sempre più importante individuare soluzioni sostenibili che possano dare piena garanzia all'erogazione delle attività delle reti tempo dipendenti dell'emergenza e urgenza per le patologie neurologiche e cardiologiche;

   in una recente conferenza stampa istituzionale, il commissario ad acta e il subcommissario hanno pubblicamente dichiarato che l'attivazione delle attività di emergenza urgenza h24 per le patologie neurologiche presso l'Irccs Neuromed rappresenta una misura immediata e necessaria per garantire la presa in carico tempestiva dei casi gravi di ictus, in un contesto in cui il servizio pubblico non dispone attualmente di tutte le dotazioni necessarie;

   tale attivazione è stata configurata all'interno di un protocollo approvato con decreto del commissario ad acta n. 100 del 2025 come intervento integrativo in regime di transitorietà, in attesa del completamento del potenziamento strutturale e tecnologico dell'ospedale Cardarelli, per il quale risultano già avviati investimenti e acquisiti dispositivi volti alla riattivazione della radiologia interventistica e al rafforzamento della stroke unit pubblica;

   tale protocollo, pur richiamando finalità di sistema e di rete, non prevede espressamente un regime di transitorietà, non fa riferimento a una progressiva internalizzazione delle funzioni presso strutture pubbliche, non dà chiarezza su altri aspetti fondamentali tra cui: il rispetto della golden hour, i limiti di budget, l'aumento dei costi per l'esternalizzazione delle prestazioni e l'incidenza degli stessi sul debito sanitario;

   inoltre, in data 10 giugno 2025 il Consiglio regionale del Molise ha approvato a maggioranza una mozione che prevede di «eliminare un'unità di emodinamica in Molise, come richiesto più volte dai Ministeri affiancanti, in sede di riunioni di Tavolo Tecnico, garantendo la presenza di un solo servizio di Emodinamica a Campobasso così da favorire il rafforzamento delle Emodinamiche presso gli ospedali di Isernia e Termoli con l'utilizzo del personale già a disposizione del Servizio sanitario regionale e assicurando il rispetto della “golden hour” per le patologie tempo dipendenti sull'intero territorio regionale»; tale impegno comporterà la chiusura dell'emodinamica presso l'ospedale pubblico del Cardarelli di Campobasso che verrebbe integrato all'interno dell'emodinamica della struttura privata «Responsive research hospital»;

   un dato significativo emerge da un'analisi effettuata dal Gruppo italiano studi emodinamica (Gise), società scientifica componente della Fic (Federazione italiana cardiologia), che nel periodo 2019-2023 ha rilevato che le angioplastiche in corso di infarto effettuate presso il Cardarelli sono state 109 mentre presso il Responsible solo 9 –:

   se i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza delle circostanze su esposte;

   se il volume delle prestazioni erogate dalle singole emodinamiche presenti sul territorio regionale risultino coerenti con la garanzia delle prestazioni in emergenza che sono attualmente prevalentemente garantite dalla struttura pubblica del Cardarelli;

   se, nello specifico, sia possibile conoscere l'ammontare del costo aggiuntivo per l'acquisto, dall'IRCCS Neuromed, delle prestazioni h24 individuate dalla DCA 100/2025 e l'incidenza delle stesse sul piano di rientro sanitario del Molise;

   se, nelle more dell'attuazione della riorganizzazione, si intenda svolgere opera di vigilanza e controllo di modo che la struttura commissariale, la regione Molise e l'Azienda sanitaria regionale del Molise garantiscano la piena funzionalità dell'assistenza per le patologie emergenziali neurologiche e cardiologiche all'interno della regione Molise.
(4-05332)


   GIORGIANNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 192, ha modificato l'articolo 54 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), introducendo, a decorrere dal 1° gennaio 2025, una nuova disciplina fiscale dei rimborsi analitici di spese sostenute dai professionisti per conto del committente;

   secondo tale riforma, i rimborsi delle spese documentate e addebitate in modo analitico dal professionista al cliente non concorrono più alla formazione del reddito imponibile, e non sono più deducibili come costo, determinando dunque un effetto fiscalmente neutro, pur continuando ad essere imponibili ai fini Iva e al contributo integrativo dovuto alle casse private di previdenza e assistenza o alla gestione separata dell'Inps;

   la modifica è chiaramente riferita al regime ordinario di determinazione del reddito di lavoro autonomo, ma non contiene alcun esplicito rinvio all'articolo 1, comma 64, della legge n. 190 del 2014, che disciplina il regime forfetario;

   attualmente, per i contribuenti in regime forfetario, i rimborsi spese (ivi compresi quelli per vitto, alloggio, trasporti, e altro), anche se analitici e documentati, vengono trattati fiscalmente alla stregua di compensi professionali, concorrendo alla determinazione del reddito imponibile, al superamento della soglia dei ricavi o compensi per l'accesso o permanenza nel regime agevolato e al contributo integrativo dovuto alle casse private di previdenza e assistenza o alla gestione separata dell'Inps;

   tale inquadramento è stato confermato anche dalla risposta dell'Agenzia delle entrate n. 428 del 12 agosto 2022, nonché dalla prassi precedente (circ. n. 5/E del 2021 e circ. n. 58/E del 2001);

   tuttavia, l'assenza di un chiarimento normativo o interpretativo sull'estensione della nuova disciplina anche ai forfetari ha generato incertezze applicative tra professionisti e operatori fiscali, che non sanno se escludere i rimborsi analitici dai compensi dal 2025;

   la relazione tecnica al decreto legislativo n. 192 del 2024 non stima effetti finanziari derivanti dalla modifica, suggerendo che la platea dei contribuenti interessati resti limitata ai soli soggetti in regime ordinario, ma lasciando comunque aperti margini interpretativi –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza volte a chiarire formalmente e tempestivamente se la nuova disciplina fiscale dei rimborsi spese analitici, introdotta dal decreto legislativo n. 192 del 2024, trovi applicazione anche nei confronti dei contribuenti che adottano il regime forfetario di cui alla legge n. 190 del 2014, pur restando, tali rimborsi, imponibili ai fini previdenziali, ai sensi della normativa relativa al contributo integrativo dovuto alle casse private di previdenza e assistenza o alla gestione separata dell'Inps, e se ciò comporti la necessità di integrare i modelli dichiarativi con l'indicazione, a soli fini previdenziali, dell'importo dei rimborsi spese analitici;

   se intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative di carattere normativo volte ad estendere espressamente tale esclusione anche al regime forfetario, introducendo una modifica all'articolo 1, comma 64, della citata legge, al fine di assicurare equità di trattamento e certezza del diritto;

   se sia in programma, e con quali tempi, un intervento dell'Agenzia delle entrate volto a fornire interpretazioni ufficiali sul punto, eventualmente attraverso circolare esplicativa o risposta a interpello di carattere generale.
(4-05337)

FAMIGLIA, NATALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, il Ministro dell'istruzione e del merito, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   i centri estivi rappresentano una soluzione indispensabile per le famiglie, sono fondamentali per quei genitori che lavorano tutto il giorno e non hanno parenti o persone vicine che possano occuparsi dei figli durante le vacanze scolastiche, e sono molto utili allo stesso tempo ai ragazzi e alle ragazze come strumento di aggregazione, crescita e divertimento;

   per una famiglia l'estate può costare oltre 3.000 euro solo per i centri estivi, con tariffe che oscillano tra i 150 e i 250 euro settimanali per bambino, fino a toccare i 350 euro nelle metropoli;

   in comuni come ad esempio quello di Milano, per i centri estivi dedicati alla scuola primaria, tra 1'11 e il 20 giugno sono arrivate oltre 15.000 richieste su circa 10.600 posti disponibili, lasciando oltre 4.400 famiglie in lista d'attesa;

   oltre alle disponibilità, altro problema è rappresentato dalle tariffe che sono aumentate, e per chi non trova spazio in quelli pubblici, i costi di un centro estivo privato sono per molti proibitivi;

   a quanto consta agli interpellanti, oltre alla Lombardia, situazioni simili si sono registrate anche in altre regioni, come in Veneto e in Toscana;

   il sistema dei centri estivi pubblici nel nostro Paese è visto dagli esperti del settore come paradossale, in particolare perché da un lato si prevedono tariffe agevolate commisurate all'Isee, favorendo così l'accessibilità economica, ma dall'altro si introduce una dinamica altamente competitiva tra le famiglie attraverso il meccanismo del cosiddetto «click day»;

   l'esiguità dei posti disponibili, a fronte di una domanda molto elevata, trasforma l'accesso al servizio in una sorta di lotteria;

   già nel mese di aprile di quest'anno il pedagogista Daniele Novara aveva lanciato un campanello d'allarme sostenendo che: «in Italia le vacanze scolastiche sono tra le più lunghe d'Europa, e questo rappresenta un grosso problema per le famiglie che non possono permettersi di tenere i figli a casa per tre mesi»;

   costi proibitivi e mancanza di disponibilità hanno fatto ricadere il problema su molte donne che rinunciano al lavoro perché non sanno come fare;

   per l'Associazione genitori una soluzione potrebbe essere quella di tenere aperte strutture scolastiche tutto l'anno con personale adeguato;

   il Governo Meloni ha messo a disposizione uno stanziamento di 60 milioni di euro, cifra considerata ampiamente insufficiente e con tempistiche tardive, in particolare per quei comuni più piccoli che non hanno risorse per anticipare i costi –:

   quali iniziative urgenti di competenza intendano intraprendere i Ministri interpellati per garantire ai genitori lavoratori e lavoratrici l'accessibilità, sia in termini di costi che in termini di posti disponibili, ai centri estivi durante il periodo di chiusura dell'anno scolastico.
(2-00646) «D'Orso, Sportiello, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro».

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   BIGNAMI, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, VARCHI, BUONGUERRIERI, DONDI, LA SALANDRA, MASCHIO, PALOMBI, PELLICINI, PULCIANI, VINCI, URZÌ, DE CORATO, KELANY, MAIORANO, MICHELOTTI, MURA e SBARDELLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   i recenti noti fatti di cronaca, con l'iscrizione nel registro degli indagati per «omicidio colposo a seguito di eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi» di due agenti che hanno risposto al fuoco durante l'inseguimento di due rapinatori, impongono una riflessione sul tema delle garanzie giuridiche a tutela del personale delle forze dell'ordine e del generale principio della presunzione di innocenza;

   ad oggi, infatti, l'iscrizione immediata nel registro degli indagati è disciplinata dall'articolo 335 del codice di procedura penale che, recentemente modificata dalla «riforma Cartabia», stabilisce che il pubblico ministero deve «iscrivere immediatamente» nel registro delle notizie di reato ogni informazione ricevuta o acquisita che descriva un fatto «determinato e non inverosimile», riconducibile in via ipotetica a un reato;

   anche gli appartenenti alle forze dell'ordine sono soggetti a tale procedura, anche quando indagati per fatti commessi nell'esercizio delle proprie funzioni e anche in presenza di una causa di giustificazione, come lo stato di necessità o la legittima difesa;

   l'istituzione del registro degli indagati e delle informazioni di garanzia, da istituto nato come garanzia nei confronti di chi è destinatario dell'atto, a giudizio degli interroganti, si è trasformato negli anni in strumento di processo mediatico e questo vale a maggior ragione per le forze dell'ordine;

   sebbene l'iscrizione nel registro degli indagati non implichi che la persona sia colpevole e nonostante spesso le indagini si concludano con una richiesta di archiviazione, tale automatismo procedurale, infatti, espone l'agente coinvolto a una vera e propria gogna mediatica e, soprattutto, a un calvario giudiziario;

   il cosiddetto «decreto sicurezza», convertito, con modificazioni, dalla legge 9 giugno 2025, n. 90, ha introdotto significative disposizioni a tutela degli agenti delle forze dell'ordine coinvolti in procedimenti penali relativi ad atti compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni, come, ad esempio, il rimborso delle spese legali fino a 10 mila euro per ciascun grado di giudizio –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per definire un nuovo quadro giuridico che introduca, accanto alle previste tutele legali, una tutela procedimentale per gli agenti delle forze dell'ordine che agiscono nell'esercizio delle proprie funzioni.
(3-02033)


   BISA, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DE BERTOLDI, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dopo l'iscrizione nel registro degli indagati, come atto dovuto, dei due poliziotti che hanno sparato all'omicida del brigadiere Carlo Legrottaglie, ucciso durante un inseguimento nel brindisino, appare opportuna una nuova normativa per assicurare una «tutela processuale» per chi agisce «in stato di necessità». Una sorta di «filtro», che eviti l'apertura automatica di un'inchiesta penale con il cosiddetto atto dovuto, quando è evidente che un agente ha usato l'arma di ordinanza nell'esercizio delle sue funzioni;

   oggi l'iscrizione nel registro degli indagati avviene anche quando si è in presenza di una causa di giustificazione, come lo stato di necessità o la legittima difesa, e molto spesso il procedimento finisce con l'archiviazione;

   il gruppo della Lega non intende considerare uno «scudo penale», né tanto meno uno strumento di impunità, che non serve alle forze dell'ordine, ma uno strumento diverso, innovativo da aggiungere alla tutela legale per gli agenti che questo Governo ha già esteso con il «decreto sicurezza»: una tutela procedimentale, una procedura agevolata che consenta un accertamento dei fatti in un tempo definito, nel quale chi indaga possa stabilire se occorre l'iscrizione nel registro degli indagati o se si è in presenza di una causa di giustificazione tra quelle già previste dal codice penale;

   il gruppo della Lega ritiene fondamentale una garanzia da riconoscere ai membri delle forze dell'ordine: una fase prodromica del procedimento per garantire l'attività del pubblico ministero e allo stesso tempo la persona interessata, che anche in questa fase potrà nominare propri consulenti;

   si sente la necessità di predisporre un filtro o uno «screening» preventivo, che consenta di non mettere sullo stesso piano chi agisce per necessità nelle sue funzioni, come un agente di polizia o un carabiniere, e un ladro, un rapinatore o uno spacciatore –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, finalizzate ad una tutela procedimentale e alla conseguente modifica dell'automatismo nell'iscrizione del registro degli indagati, come atto dovuto, per gli agenti che agiscono nell'adempimento del dovere o in pericolo di vita.
(3-02034)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 29 maggio 2025 il Tribunale di Parma conclude con la piena assoluzione il processo contro imprenditori della cannabis light accusati di spaccio;

   moltissime le testate giornalistiche che si sono occupate della vicenda. Nel servizio curato da Maria Chiara Perri su rainews.it viene riferita la piena assoluzione nel processo di primo grado di Luca Marola «parmigiano pioniere del commercio di infiorescenze a basso contenuto di thc»; anche l'Ansa riporta la notizia con questo titolo: «Processo al "pioniere" della cannabis light, assoluzione a Parma. Imputato Marola: "Hanno distrutto un'azienda, sei anni surreali"».

   nell'articolo, l'Ansa ricostruisce così la vicenda: a fine luglio 2019 una vasta operazione condotta da carabinieri, polizia e guardia di finanza, su mandato della Procura di Parma, aveva colpito varie attività commerciali attive nel settore della «cannabis light». Nei negozi Easyjoint, riconducibili a Marola, erano stati sequestrati quasi 650 chili di infiorescenze. L'imprenditore è stato assolto oggi perché «il fatto non sussiste». In aula, per l'accusa, era presente il procuratore capo di Parma Alfonso d'Avino che ha chiesto una pena di 4 anni e 10 mesi e 55mila euro di multa. Marola, storico attivista radicale, commenta: «Hanno distrutto la principale azienda della cannabis light italiana, hanno distrutto due milioni di euro di magazzino, ho passato sei anni surreali»;

   quanto alle date e alla durata del procedimento che ha portato all'assoluzione, è bene ricordare che: l'inchiesta fu avviata nel dicembre 2018; il 27 luglio 2019 c'è stato il primo sequestro di magazzino (649 kg di canapa, 19 litri di olio di semi di canapa e CBD), il 20 maggio 2020 c'è stato il secondo sequestro, una decina di chili di cannabis light, sito internet, inibizione per sei mesi a Luca Marola ad amministrare qualsiasi società avente ad oggetto la canapa, cancellazione perpetua dell'oggetto sociale da parte della Camera di commercio;

   ad avviso dell'interrogante – all'esito della sentenza assolutoria di 1° grado e al netto della normativa successivamente e recentemente intervenuta con il decreto-legge n. 48 del 2025 cosiddetto sicurezza convertito con la legge 9 giugno 2025, n. 80 – la condotta imprenditoriale di Luca Marola (e degli altri coinvolti nella vicenda) è stata perfettamente aderente sia alla normativa italiana vigente all'epoca dei fatti, sia a quella europea, come è possibile leggere sul sito della Commissione europea al link https://agricolture.ec.europa.eu/farming/crop-productions-and-plant-based-products/hemp_it#legalbases;

   sempre ad avviso dell'interrogante, la piena assoluzione di Luca Marola mina alla radice la credibilità dell'inchiesta che ha gravemente danneggiato dal punto di vista economico e morale l'imprenditore parmigiano, oltre ad essere costata non poco ai contribuenti italiani –:

   quanto risulti sia costata l'inchiesta oggetto del presente atto di sindacato ispettivo riguardo ad agenti impiegati e loro compenso, intercettazioni e sbobinature, analisi dei prodotti, traduzioni, affitto di mezzi, eccetera e quale sia stato il costo del processo avviato nel 2022.
(4-05339)


   SERRACCHIANI, GIANASSI, DI BIASE, LACARRA e SCARPA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'avvocato Michele Passione si è dimesso dal suo incarico di legale del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;

   nell'annunciare le dimissioni l'avvocato Michele Passione, dopo oltre dieci anni di intensa attività svolta con dedizione, rigore e competenza, ha sottolineato che «la scelta è maturata dopo mesi di assenza di risposte e di mancanza di interlocuzione» con l'ufficio del Garante anche a seguito di invio di «relazioni e segnalazioni»;

   l'avvocato Passione ha denunciato la perdita di «sintonia» con l'attuale Collegio del Garante nominato dal Governo Meloni e «soprattutto il silenzio assordante che accompagna la scomparsa della relazione al Parlamento: lettere rimaste senza risposta, relazioni ignorate, nomine riassegnate all'insaputa del diretto interessato»;

   con un comunicato stampa il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, «precisa» che, in riferimento a recenti articoli di stampa, il Garante nazionale ha istituito, attraverso un avviso pubblico emanato dall'allora presidente professor Felice Maurizio D'Ettore, un Albo di avvocati finalizzato all'affidamento di incarichi retribuiti per consulenza, assistenza e patrocinio legale, che risponde – sic – «a criteri di competenza e prossimità territoriale, garantendo una presenza costante e organizzata nei procedimenti di rilievo nazionale e locale ove il Garante ravvisi, come in passato, le condizioni per il proprio intervento»;

   di questo Albo degli avvocati però sul sito non vi è traccia;

   l'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, prevede la sostituzione dei membri del Collegio in caso di «grave violazione dei doveri d'ufficio»;

   va considerato, inoltre, che la formulazione di raccomandazioni rappresenta il nucleo essenziale della funzione preventiva dell'autorità di garanzia, come previsto chiaramente dall'articolo 19 dell'Opcat «Optional Protocol to the convention against torture» Protocollo opzionale alla convenzione contro la tortura – e che tali raccomandazioni devono essere pubblicate sul sito con il rapporto sulle visite;

   gli unici rapporti che si trovano sul sito, riferibili al collegio in carica, sono tre su tre visite a CPR, tutti risalenti all'11 novembre 2024 –:

   se il Ministro interrogato non intenda, per quanto di competenza, adottare tutte le iniziative necessarie atte a chiarire con immediatezza perché il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale non provveda a pubblicare sul sito l'Albo di cui in premessa nonché le raccomandazioni alle pubbliche amministrazioni, e se non ritenga necessario, in particolare in considerazione della gravissima crisi del sistema penitenziario nel nostro Paese, adoperarsi affinché l'Autorità ottemperi all'obbligo di relazione al Parlamento, utile e necessario strumento per l'azione amministrativa del Dicastero e per il confronto con le Camere.
(4-05340)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   BARZOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo Ponte della Becca è inserito tra le 76 opere prioritarie individuate dal decreto ministeriale n. 1 del 2021, relativo alla messa in sicurezza dei ponti esistenti e alla realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli affetti da problemi strutturali di sicurezza nel bacino del Po;

   l'attuale Ponte della Becca, in evidente stato di degrado, fu originariamente progettato per un traffico molto limitato, compatibile con le esigenze di inizio Novecento (auto leggere e carri trainati da cavalli), mentre oggi si trova a sostenere un volume stimato di circa 18.000 veicoli al giorno;

   l'infrastruttura impatta direttamente su un'area che comprende 126 comuni e circa 360 000 abitanti, secondo dati di Confindustria Pavia del 2018;

   dal 2010 il ponte è interdetto al transito dei mezzi pesanti e oggetto di frequenti interventi di manutenzione e messa in sicurezza, che comportano spesso la chiusura totale al traffico anche per diversi giorni all'anno;

   la strada su cui insiste il ponte è oggi di competenza Anas e risulta necessario procedere alla costruzione di una nuova infrastruttura, per la quale è già stato finanziato il progetto preliminare; risulta altresì urgente prevedere l'inserimento di fondi relativi alle fasi successive nell'aggiornamento del Contratto di Programma Anas (CDP);

   nel corso dell'estate 2023, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha disposto alcune modifiche progettuali;

   in data 24 maggio 2025 si è svolta una riunione del Comitato Ponte Becca, comitato civico attivo dal 2017 che monitora semestralmente l'andamento delle attività legate alla progettazione e realizzazione del nuovo ponte;

   in tale occasione i cittadini attendevano aggiornamenti circa l'emanazione del bando per la progettazione esecutiva, atteso per l'inizio dell'estate, come annunciato a mezzo stampa in data 21 gennaio 2025;

   a quanto consta all'interrogante, alla riunione non ha partecipato alcun rappresentante del Governo o della maggioranza parlamentare e, in ogni caso, non è stata fornita alcuna informazione né aggiornamento in merito allo stato dell'opera –:

   quali urgenti aggiornamenti possa fornire il Ministro interrogato in merito alla realizzazione del nuovo Ponte della Becca, con particolare riferimento:

    a) allo stato di avanzamento della progettazione esecutiva;

    b) alla tempistica prevista per l'emanazione del relativo bando e se l'appalto sarà di tipo integrato;

    c) allo stanziamento di ulteriori risorse per la realizzazione del Ponte.
(4-05335)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   all'esito di un'indagine di polizia giudiziaria denominata «Assedio», il 3 luglio 2024, la direzione distrettuale antimafia di Roma, unitamente al comando provinciale dei Carabinieri di Latina, ha dato esecuzione all'ordinanza di misure cautelari nei confronti di venticinque persone, tra cui il Sindaco, ritenute, a vario titolo, collegate a un'associazione di tipo mafioso operante nel territorio laziale e, segnatamente, nella città di Aprilia;

   con deliberazione del Consiglio dei ministri, del 18 aprile 2025, su proposta del Ministro dell'interno, è stato disposto, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 267 del 2000 lo scioglimento del consiglio comunale di Aprilia in conseguenza ai fenomeni di infiltrazione e di condizionamento mafioso;

   con decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2025 la gestione del comune di Aprilia è stata affidata, per la durata di diciotto mesi, alla commissione straordinaria composta dalla dottoressa Vincenza Filippi – prefetto a riposo – dottoressa Enza Caporale – viceprefetto – e dottoressa Rita Guida – dirigente di II fascia area I;

   secondo la relazione a supporto della proposta di scioglimento avanzata dal Ministro interrogato: «(...) Il comune di Aprilia è inserito in un territorio interessato dalla presenza di cosche mafiose di matrice soprattutto calabrese che, nel tempo, vi si sono radicate, infiltrandone il tessuto sociale ed economico. Attualmente è egemone un sodalizio criminale che, come ricostruito dalla sopracitata indagine, nasce dalla perfetta sintonia delle cosche calabresi con la consorteria autoctona apriliana, ed è principalmente dedito: al traffico di stupefacenti; alle attività illecite di estorsione aggravata, rapina, lesioni e minaccia, finalizzate alla affermazione del sodalizio rispetto ad altre organizzazioni concorrenti; all'usura e all'esercizio abusivo dell'attività finanziaria ai danni di commercianti e imprenditori; alla detenzione e al porto di armi, occorrenti per la commissione dei reati-fine e per mantenere il controllo del territorio»;

   il 21 giugno 2025 almeno otto colpi di pistola sono stati esplosi contro un'attività commerciale in Località Campo di Carne, episodio preceduto da una lunga serie di analoghi atti criminali come quelli del 19 gennaio 2025 in Via Inghilterra, del 2 marzo 2025 in Via Belgio, del 12 e del 28 marzo 2025 ancora nel quartiere Toscanini, del 6 maggio 2025 in Via Guido Rossa e del 10 maggio 2025 in via del Carroceto –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per rafforzare i presidi di legalità e tutte le strutture di contrasto alla criminalità e al radicamento del fenomeno mafioso, per tutelare il tessuto sociale ed economico della comunità apriliana.
(3-02030)


   D'ATTIS, BELLOMO, CAROPPO, DALLA CHIESA, DE PALMA, GATTA e LOVECCHIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'escalation di episodi criminosi che negli ultimi mesi ha investito la Puglia, divenuta teatro di numerosi e gravissimi casi di violenza e di criminalità, mina la sicurezza dei cittadini e del territorio, destando molta preoccupazione in tutta la comunità;

   come riportato dalle cronache recenti, negli ultimi giorni si è assistito al susseguirsi di una serie di fatti sanguinosi (www.brindisireport.it del 13 giugno 2025, www.puglia24.it del 18 e 19 giugno 2025, www.quotidianodipuglia.it del 21 giugno 2025), tra cui spicca purtroppo l'omicidio del carabiniere Carlo Legrottaglie, ucciso nel corso di un conflitto a fuoco con un rapinatore nelle campagne del brindisino (www.avvenire.it del 12 giugno 2025);

   la situazione è resa ancora più grave dalla presenza della criminalità organizzata, radicata in diverse aree del territorio pugliese e da una situazione di degrado e marginalità che investe sia il centro che la periferia di molte città, contribuendo a creare un clima di impotenza e di allarme sociale;

   nell'ultimo «indice di criminalità» pubblicato da Il Sole 24 Ore, edizione 2024, in Puglia la provincia di Foggia precede le altre province pugliesi, posizionandosi al 23esimo posto con 23 mila denunce per i reati di ogni tipo, cui seguono la Barletta-Andria-Trani (39), Bari (43), Brindisi (71), Lecce (78) e Taranto (84);

   tale situazione indebolisce, da una parte, la percezione della sicurezza da parte dei cittadini e, dall'altra parte, lo sviluppo socio-economico del territorio, per cui si rende necessaria un'attività sempre più incisiva da parte delle forze dell'ordine che, nonostante gli sforzi compiuti e l'impegno e la dedizione quotidiani nel garantire la sicurezza e l'ordine pubblico, risulta essere insufficiente a garantire un presidio adeguato, soprattutto nelle aree più critiche, dove è necessario un rafforzamento della presenza sul territorio –:

   alla luce di quanto descritto in premessa, quali iniziative urgenti e tempestive di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di garantire, attraverso il reperimento di risorse adeguate, un maggiore impiego di operatori delle forze dell'ordine, sopperendo alla carenza di unità e mezzi che da tempo caratterizza l'intero comparto, a tutela della sicurezza del territorio e dei cittadini pugliesi.
(3-02031)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAURI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il Fondo di solidarietà comunale è il principale fondo per il finanziamento dei comuni, anche con finalità perequative. La sua dotazione annuale è definita per legge ed è alimentata con una quota del gettito dell'imposta municipale propria (Imu), di spettanza dei comuni stessi;

   con comunicato del 12 giugno 2025 i comuni sono stati informati che in data 3 giugno 2025 è stata effettuata una erogazione parziale della prima rata del Fondo di solidarietà comunale 2025 dovuta «a temporanee difficoltà di liquidità»;

   questa comunicazione appare allarmante sotto un duplice profilo. In primo luogo perché nella gestione dei bilanci i comuni devono poter fare affidamento sul tempestivo versamento di somme dovute anche per garantire il regolare svolgimento dei servizi ai cittadini, in secondo luogo perché il Ministero dell'interno esplicita di avere problemi di cassa;

   attraverso un comunicato, il Ministero dell'interno ha precisato che «i Comuni hanno ricevuto l'erogazione della prima rata nella misura del 64,32 per cento rispetto all'ordinaria del 66 per cento. La differenza residua, pari all'1,68 per cento – corrispondente a circa 71 milioni di euro – sarà liquidata a brevissimo, assicurando l'integrale trasferimento delle risorse spettanti ai Comuni» –:

   quali circostanze abbiano portato ad una carenza di liquidità tale da pregiudicare il versamento dell'intero importo della prima rata del Fondo di solidarietà comunale ai comuni ed entro quale data si intendono erogare le risorse residue.
(4-05327)


   ORFINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella mattina di sabato 24 maggio 2025, la rete civile Alarm Phone ha segnalato alle autorità competenti la presenza di due imbarcazioni di legno sovraffollate in pericolo nella Libyan search and rescue region (Srr), entrambe partite da Sabratha due notti prima e con a bordo oltre 100 persone ciascuna;

   solo una imbarcazione ha ricevuto assistenza, con il salvataggio di 128 persone da parte della Guardia Costiera italiana e il loro sbarco a Lampedusa il 25 maggio 2025;

   l'altra, in evidente stato di emergenza e nonostante il peggioramento del clima e gli allarmi inviati, non ha avuto un piano di soccorso;

   è stata avvistata dalla nave mercantile MV Bobic, che, senza mezzi di salvataggio adeguati e senza indicazioni, ha tentato un soccorso autonomo;

   durante queste operazioni, diverse persone sono cadute in mare, 3 risultano disperse, e solo 35 sopravvissuti sono stati recuperati;

   dopo ore di richieste di aiuto ignorate, i sopravvissuti da MV Bobic sono stati sbarcati in Libia, violando il diritto internazionale;

   altri sopravvissuti sono stati raccolti dalle navi MV Eco One e Ocean Viking;

   quest'ultima è stata destinata al porto Livorno, causando un ingiustificato ritardo per le persone in condizioni mediche precarie;

   organizzazioni come Alarm Phone e SOS MEDITERRANEE hanno fornito supporto remoto e documentato l'intera operazione, segnalando gravi violazioni delle norme internazionali in materia di diritti umani e diritto del mare;

   secondo la convenzione Sar e la convenzione Solas, i soccorsi in mare devono essere tempestivi e finalizzati allo sbarco in un luogo sicuro;

   la Libia non è considerata un porto sicuro dall'Onu e dall'Unione europea, e i respingimenti effettuati da navi mercantili violano tali norme –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra citati e quali ragioni abbiano portato all'assenza di un piano di soccorso per l'imbarcazione AP0555, e del coordinamento del Mrcc di Roma con il Jrcc libico e se intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare le responsabilità che hanno portato a un respingimento illegale in Libia;

   se il Governo intenda aprire un'indagine amministrativa per accertare responsabilità per la mancata assunzione del coordinamento Sar;

   se intendano fornire chiarimenti su quale sia stato il ruolo di Frontex e se ci siano stati rapporti ufficiali riguardo al caso AP0555 e spiegazioni sul motivo per cui il porto di Livorno è stato assegnato all'Ocean Viking, ignorando richieste di porti siciliani;

   se intendano rendere consultabili i «log di comunicazione» tra Mrcc Roma, Jrcc Libia e le navi coinvolte.
(4-05328)


   GRIPPO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da notizie di stampa, nella giornata del 22 giugno 2025 si è verificato un grave episodio di violenza all'interno del reparto di ortopedia dell'ospedale «Sandro Pertini», dove una violenta rissa tra gruppi rivali ha determinato l'aggressione non solo ai soggetti direttamente coinvolti, ma anche ai danni di personale medico e pazienti presenti nella struttura;

   i soggetti coinvolti nella rissa sarebbero riconducibili a bande organizzate, con modalità di azione coordinate e violente che hanno arrecato danni a persone e strutture sanitarie, determinando un clima di estremo allarme e compromettendo gravemente la continuità e la sicurezza delle attività assistenziali;

   episodi di analoga gravità erano già stati oggetto di un atto di sindacato ispettivo dell'interrogante (interrogazione n. 4-03256) concernente la necessità di rafforzare le misure di prevenzione e sicurezza presso i presidi ospedalieri, e in particolare presso l'ospedale Pertini di Roma, dove tra i mesi di dicembre 2023 e gennaio 2024 si verificarono tre aggressioni e il ferimento di un operatore sanitario. Si tratta, però, di un'interrogazione ad oggi priva di qualsivoglia riscontro ufficiale da parte dei Ministeri competenti;

   il ripetersi di simili episodi evidenzia una preoccupante recrudescenza del fenomeno delle aggressioni in ambito sanitario, che mette a rischio l'incolumità di medici, infermieri, operatori sanitari e pazienti, e mina la tenuta complessiva del servizio sanitario pubblico, particolarmente nei reparti di emergenza-urgenza;

   la presenza delle forze dell'ordine, come denunciato da diverso tempo, presso i reparti e i presidi ospedalieri è davvero insufficiente per garantire l'incolumità degli operatori, dei pazienti e dei familiari, nonché per disincentivare il ripetersi degli episodi violenti;

   peraltro, sono le vittime stesse – operatori e primari del servizio –, e non le Asl, ad essere costrette a sporgere denuncia, esponendosi quindi a possibili ritorsioni future;

   a parere dell'interrogante, in tale contesto, l'assenza di risposte istituzionali e di misure concrete appare inadeguata rispetto all'esigenza di tutela di un bene primario come la sicurezza in ambito sanitario, aggravata dalla continuità con cui tali episodi si ripetono, e dà una percezione crescente di impunità e mancanza di controllo da parte delle autorità pubbliche –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere per garantire presidi di sicurezza nelle strutture ospedaliere, anche valutando la realizzazione di un coordinamento interforze e l'adozione di protocolli specifici per la tutela del personale sanitario.
(4-05336)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   i decreti ministeriali n. 75 e n. 77 del 24 aprile 2025 per l'attivazione dei nuovi percorsi abilitanti all'insegnamento al posto di sostegno hanno introdotto una significativa innovazione nel sistema nazionale di formazione iniziale dei docenti, prevedendo l'affidamento di una parte rilevante di tali percorsi all'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), storicamente deputato alla ricerca e alla sperimentazione di modelli didattici innovativi, ma privo di una natura accademica in senso stretto;

   i suddetti decreti, nella sua impostazione generale, hanno ridotto il contingente di posti assegnati alle università italiane, che da oltre un decennio curano la formazione specialistica dei docenti di sostegno attraverso il tirocinio formativo attivo, con strutture consolidate, personale qualificato, segreterie organizzate, e una rete capillare di collaborazione con le scuole per il tirocinio diretto e indiretto;

   secondo quanto previsto dai decreti, i nuovi percorsi dovrebbero coinvolgere circa 30.000 aspiranti docenti con Indire che verrebbero avviati a percorsi formativi articolati in moduli da 36 - 40 o 48 Cfu, con finalità abilitante, da completare entro il 31 dicembre 2025, al fine di consentire il loro inserimento nelle graduatorie provinciali per le supplenze e, in alcuni casi, l'accesso a procedure concorsuali e assunzionali;

   ad oggi, tuttavia, non risulta pubblicata alcuna procedura ufficiale di avvio dei corsi da parte di Indire, né sono stati resi noti i bandi per l'ammissione, i calendari, le modalità di gestione didattica, né le disposizioni in merito alla certificazione dei Cfu, alla valutazione degli apprendimenti o all'organizzazione dei tirocini, generando un diffuso clima di incertezza tra i docenti interessati;

   a tale situazione si aggiunge un crescente malcontento da parte di decine di migliaia di docenti precari, in particolare coloro che confidavano nella possibilità di abilitarsi entro il 2025 per acquisire l'accesso alla prima fascia delle Gps o per partecipare alle future immissioni in ruolo, con il rischio ora concreto che tali opportunità vengano rinviate al 2026, compromettendo le aspettative legittime di migliaia di operatori del sistema scolastico;

   la delicata questione della formazione dei docenti di sostegno coinvolge, oltre agli operatori scolastici, anche famiglie e alunni con disabilità, per i quali la qualità della professionalità docente rappresenta un elemento essenziale del diritto all'istruzione e dell'effettiva inclusione scolastica;

   tale situazione rischia di produrre ritardi nell'attuazione dei percorsi, squilibri territoriali, disuguaglianze tra i candidati, contenziosi amministrativi, oltre a un impatto negativo sull'intero sistema educativo nazionale –:

   quali siano le ragioni che hanno portato all'affidamento prioritario a Indire della gestione dei percorsi abilitanti sul sostegno, in luogo delle università, e quali valutazioni di impatto siano state condotte in merito alla capacità operativa e logistica dell'istituto di sostenere tale carico;

   quali iniziative urgenti intenda adottare per assicurare che i percorsi vengano avviati in tempi compatibili con la conclusione entro il 2025, così da garantire l'accesso ai benefici previsti per i docenti frequentanti e, in particolare, il loro inserimento nella prima fascia delle Gps e l'eventuale accesso alle procedure assunzionali;

   se non ritenga necessario, alla luce delle criticità emerse, rivedere l'impianto attuativo dei decreti al fine di reintrodurre in maniera sostanziale il coinvolgimento delle università, promuovendo un modello integrato di formazione, che valorizzi le competenze di entrambi i soggetti istituzionali;

   se siano previste azioni specifiche per rafforzare l'infrastruttura organizzativa di Indire, sia in termini di risorse umane che di sedi operative, al fine di evitare disservizi e disuguaglianze nell'erogazione dei percorsi su base nazionale;

   se intenda avviare un monitoraggio sistematico e trasparente sull'andamento dell'attuazione del decreto ministeriale n. 583 del 2024, rendendo pubblici dati, scadenze e modalità operative, al fine di garantire la piena informazione ai docenti interessati e un presidio costante delle fasi attuative da parte del Parlamento e dell'opinione pubblica.
(4-05338)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   in Italia, è in corso da mesi un ampio riassetto del sistema finanziario che vede coinvolti alcuni tra i principali istituti di credito, con le Ops – tra le altre – di UniCredit su Banco Bpm e di Monte dei Paschi di Siena (Mps) su Mediobanca;

   pur trattandosi di società italiane, il 18 aprile 2025 il Consiglio dei ministri ha deliberato di esercitare, a tutela di interessi strategici per la sicurezza nazionale, i poteri speciali del golden power nella forma dell'imposizione di specifiche prescrizioni e sanzioni, in relazione all'Ops di UniCredit, apparentemente pretestuose, mentre lo stesso criterio non è stato applicato all'Ops del Monte dei Paschi;

   sono attualmente in corso le interlocuzioni tra la Commissione europea e l'Esecutivo italiano sulla richiesta di chiarimenti da parte di Bruxelles in merito alle condizioni imposte dal Governo per concedere il via libera all'offerta di acquisizione. In particolare, l'Unione europea avrebbe espresso perplessità sulla possibilità che l'acquisizione di una banca concorrente sul territorio nazionale possa configurarsi come un rischio per la sicurezza dello Stato, tale da giustificare l'applicazione del golden power, con conseguente rischio dell'apertura di una procedura di infrazione;

   nel corso dell'ultima privatizzazione del Mps, con una procedura anomala, il Governo ha deciso di cedere il 15 per cento della sua partecipazione nella banca scegliendo come garante Banca Akros, detenuta al 100 per cento da Bpm, che è uno dei quattro soggetti individuati come potenziali acquirenti: Bpm e Anima Sgr (che è oggetto di un'operazione di acquisto a opera della stessa Bpm) insieme al gruppo Caltagirone e la holding Delfin degli eredi Del Vecchio;

   questa opaca vicenda ha attirato l'attenzione della magistratura, con l'apertura da parte della Procura di Milano di un'inchiesta con al centro la cessione da parte del Mef del 15 per cento del Monte dei Paschi, attraverso la cosiddetta «accelerated book building» (Abb), con un'ipotesi di «concerto» tra Caltagirone, famiglia Del Vecchio e Banco Bpm nella spartizione del pacchetto Mps;

   gli ultimi sviluppi di tale «risiko bancario», avrebbe fatto emergere anche un coinvolgimento di alcune Casse previdenziali, come Enasarco, Enpam e Cassa forense, in operazioni di acquisto di pacchetti azionari di istituti bancari, quali Mps, Banco Bpm e Mediobanca proprio per favorire le scalate bancarie dei suddetti operatori, utilizzando i soldi dei propri iscritti per operazioni di concentrazione del potere finanziario che nulla hanno a che vedere con le pensioni dei suddetti professionisti;

   le casse in questione, vigilate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell'economia e delle finanze, hanno come mandato proprio quello di gestire e tutelare il risparmio previdenziale dei propri iscritti (agenti di commercio, medici e avvocati), ispirato a criteri di prudenza e trasparenza, solo in vista dell'erogazione delle future pensioni ai professionisti medesimi –:

   quali chiarimenti il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda fornire per far luce, nell'ambito della battaglia finanziaria che vede la cessione del 15 per cento di Mps da parte del Governo, sugli estremi del ruolo svolto e conseguente coinvolgimento delle casse di previdenza nelle recenti operazioni di acquisto di pacchetti azionari di istituti bancari, quali Mps, Banco Bpm e Mediobanca, con l'apparente intento, a giudizio degli interpellanti di favorire le scalate bancarie dei suddetti operatori in un'ottica di speculazione finanziaria, in evidente antitesi con le logiche di trasparenza e prudenza e che nulla ha a che vedere con la tutela dei lavoratori.
(2-00645) «Barzotti, Aiello, Carotenuto, Tucci, Alifano».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   MARI e GHIRRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il bando Inps «Home Care Premium» 2025-2028, rischia di compromettere la qualità e la continuità dei servizi domiciliari per persone non autosufficienti, nonché la tenuta occupazionale di un comparto del Terzo Settore, in quanto il bando esclude le imprese, in particolare, cooperative sociali, che hanno rappresentato un pilastro nella gestione ed erogazione di servizi, con personale qualificato e formato per rispondere ai bisogni delle famiglie, garantendo standard elevati di assistenza;

   a giudizio degli interroganti l'assegnazione diretta del servizio ai professionisti, senza il coinvolgimento delle strutture organizzative di riferimento, comporta le seguenti criticità:

    a) interruzione della continuità assistenziale per assenza del lavoratore per malattia o ferie, in quanto solo soggetti accreditati possono subentrare nella prestazione del servizio. Il bando esclude le cooperative da tale funzione di garanzia;

    b) impossibilità per le cooperative di garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro con rischio di mancato riconoscimento degli infortuni da parte dell'Inail;

    c) dequalificazione contrattuale, in quanto il sistema tariffario proposto indurrebbe pratiche di dumping, penalizzando chi applica regolarmente i Ccnl e favorendo operatori privi di adeguate tutele per i lavoratori;

    d) difficoltà nell'attivazione di coperture assicurative adeguate per i lavoratori e per gli utenti, in assenza di un soggetto titolare che assuma la responsabilità complessiva del servizio;

    e) esclusione di figure professionali efficaci già operative, come in Sardegna, dove l'assenza formale della figura dell'Osa ha portato all'impiego di operatori che hanno garantito servizi efficienti e soddisfacenti per l'utenza, con il rischio di generare l'interruzione dei servizi e la perdita di centinaia di posti di lavoro;

   il bando sembra non valorizzare gli investimenti fatti dalle cooperative per la formazione del personale e la certificazione delle competenze, né le misure finora adottate per l'individuazione e gestione dei profili di rischio nei luoghi di lavoro. Sulla rendicontazione, molte problematiche possono essere superate attraverso l'adozione obbligatoria, per tutti i soggetti della piattaforma Sicare, garantendo trasparenza, tracciabilità e semplificazione amministrativa;

   sarebbe opportuno adottare iniziative per la reintroduzione nei servizi integrativi, degli interventi domiciliari svolti da Oss, il ripristino dei servizi di sollievo e le strutture extra-domiciliari, i servizi di trasporto assistito e la fornitura di ausili tecnologici e funzionali, per rendere coerente l'attuazione concreta del progetto con i princìpi del bando Inps –:

   se non ritenga necessario procedere alla revisione del bando per riconoscere e valorizzare adeguatamente il ruolo delle imprese sociali, la tutela dei lavoratori, la tenuta occupazionale ed evitare il rischio di dumping nel comparto del terzo settore, anche al fine di garantire la qualità del servizio per persone non autosufficienti.
(5-04133)


   SOUMAHORO e STEGER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la riforma dello sport, introdotta con il decreto legislativo n. 36 del 2021, in vigore dal 1° luglio 2023, prevede una distinzione tra volontari e lavoratori sportivi. I lavoratori sportivi vengono pagati dalle associazioni sportive e possono avere un contratto di lavoro dipendente (subordinati) o un contratto co.co.co. (collaborazione coordinata e continuativa);

   da quella data i compensi percepiti non sono più ascrivibili ai redditi diversi (articolo 67 del Tuir) ma sono redditi da lavoro;

   la pensione con il sistema della quota (100, 102, 103) ma anche dei precoci, è incompatibile con ogni attività retribuita, (decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019) tranne che con quella del lavoro occasionale fino a 5.000 euro. La riforma dello sport vieta ai pensionati dei regimi pensionistici sopracitati, di eseguire l'attività di lavoratore sportivo se non in forma volontaria senza compenso;

   negli ultimi mesi l'Inps ha revocato il trattamento pensionistico, e chiesto la restituzione delle elevate somme percepite (a fronte di compensi irrisori);

   la Corte dei conti sezione Veneto con la pronuncia n. 19 del 2025 ha ritenuto che il pensionato (quota 100) possa assumere incarichi nella forma delle co.co.co. e percepire, sia la pensione anticipata, che il corrispettivo da lavoro sportivo entro la soglia di 5.000 euro, senza vedersi contestare la violazione del divieto di cumulo;

   nella sentenza della Corte risulta la compatibilità tra la pensione anticipata ed il compenso da lavoro sportivo;

   la Corte dei conti fa propria l'interpretazione resa dalla Corte costituzionale con la decisione n. 234 del 2022 che ammette la compatibilità del pensionamento «quota 100» per coloro che svolgono lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro l'anno, e la estende ai co.co.co. sportivi contenuti nella soglia di esenzione dei 5.000 euro annui perché non determina una «nuova immissione» nel mercato, e neanche una sovrapposizione del regime previdenziale del lavoro –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare iniziative di competenza volte a chiarire che l'attività per i co.co.co. sportivi sia possibile al di sotto dei 5 mila euro, come risulta dalla sentenza della Corte dei conti, e se non intenda, vista l'importanza sociale dell'attività svolta dai pensionati, assumere iniziative normative per estendere la soglia di 5.000 euro lordi annui prevista dagli articoli 14, comma 3, e 14.1, comma 3, del decreto-legge n. 4 del 2019, alla cifra di 10.000 euro lordi annui.
(5-04134)


   SCOTTO, SARRACINO, FOSSI, GRIBAUDO e LAUS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ogni evidenza scientifica fondata dimostra come i cambiamenti climatici stiano drammaticamente e strutturalmente mutando le condizioni di vita e di lavoro anche nel nostro Paese;

   solo pochi giorni fa, ad estate astronomica ancora non iniziata, si sono già registrate temperature vicine ai 40 gradi in molte località, determinando condizioni di particolare disagio e pericolo per molti lavoratori;

   per citare solo alcuni esempi, all'interno degli stabilimenti Stellantis di Piedimonte San Germano o di Pomigliano d'Arco ci sono state mobilitazioni e scioperi dei lavoratori per denunciare le difficili condizioni di lavoro a causa della temperatura interna ai capannoni ritenuta troppo alta;

   ancora più gravi sono le conseguenze per i lavoratori all'aperto, come quelli dell'agricoltura, dell'edilizia, della manutenzione stradale o i rider;

   negli anni passati sono stati adottati dei provvedimenti di urgenza per tutelare i lavoratori in caso di emergenza climatica, comprese quelle relative a straordinarie ondate di calore, in particolare attraverso la non applicazione dei limiti di durata previsti dalla normativa generale per i trattamenti ordinari di integrazione salariale e l'esenzione dal relativo contributo addizionale;

   a tutt'oggi, per l'anno in corso non è stato adottato alcun provvedimento, nonostante le cosiddette ondate di calore si siano già manifestate;

   la pur opportuna definizione tra associazioni sindacali e datoriali di linee guida e procedure concordate per l'attuazione delle previsioni di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori che sono esposti alle emergenze climatiche, non può considerarsi esaustiva per la soddisfacente regolamentazione del fenomeno;

   stante il dato consolidato di tali effetti climatici, non più riconducibili ad eventi straordinari, così come la consapevolezza che andranno sempre più accentuandosi nel corso dei prossimi anni, appare necessaria l'adozione di misure strutturali per regolare la materia –:

   se non intenda fornire chiarimenti sul ritardo nell'adozione di un provvedimento che tuteli in maniera strutturale e non più estemporanea la sicurezza dei lavoratori più esposti alle ondate di calore.
(5-04135)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOF. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   la crisi del settore automotive non accenna, purtroppo, a rientrare, nonostante le misure adottate dal Governo in carica con riguardo anche agli ammortizzatori sociali;

   l'ultima notizia, in ordine temporale, riguarda i 50 lavoratori in esubero, su un totale di 120 addetti, negli impianti di Oderzo e San Polo di Piave (Treviso);

   l'annuncio è stato dato da Likum, azienda degli stampi per il comparto automobilistico controllata dal fondo tedesco Accursia Capital, che ha portato ad otto ore di sciopero, il 12 giugno 2025, di un pacchetto di 24 ore di astensioni da lavoro;

   la situazione sembra essersi complicata dopo un susseguirsi di rinvii dell'incontro tra azienda e sindacato, che con quell'appuntamento speravano di ottenere risposte concrete e puntuali sul futuro dell'attività sul territorio e sulla salvaguardia dei posti di lavoro; ad oggi, infatti, per l'intero organico è già aperta la procedura di cassa integrazione ordinaria, che però è quasi al termine, rispettivamente a giugno e a luglio per i due stabilimenti –:

   se e quali iniziative di competenza intenda porre in essere a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici di cui in premessa.
(5-04146)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROGGIANI, CUPERLO, EVI, FORATTINI, GUERINI, PELUFFO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   la Peg Perego è una azienda italiana fondata ad Arcore (Monza Brianza) e rappresenta una storica realtà produttiva del settore della prima infanzia attiva fin dal 1949, conosciuta a livello internazionale e profondamente radicata nel tessuto economico e sociale del territorio;

   negli ultimi anni, la proprietà ha avviato una progressiva delocalizzazione delle attività produttive in Slovacchia, riducendo drasticamente l'operatività del sito di Arcore e ricorrendo ripetutamente agli ammortizzatori sociali;

   nel 2023 è stata chiusa definitivamente la linea produttiva interna, con un drastico ridimensionamento dell'organico e senza un piano industriale trasparente e condiviso con i lavoratori;

   in un comunicato stampa congiunto diffuso ad inizio giugno, i sindacati Fim Cisl e Fiom Cgil della Brianza hanno denunciato la scelta dell'azienda di tagliare ulteriori 90 posti di lavoro su 236 addetti, a causa dei dazi imposti sul mercato americano e dell'aumento della concorrenza cinese in Europa;

   le organizzazioni sindacali hanno più volte chiesto un confronto serio, senza ricevere risposte adeguate da parte dell'azienda, e nei giorni scorsi hanno lanciato un allarme pubblico sul rischio concreto di una dismissione definitiva del sito;

   la chiusura della Peg Perego rappresenterebbe l'ennesimo caso di abbandono industriale in Lombardia, con gravi conseguenze occupazionali e sociali, soprattutto in una fase in cui il rilancio del made in Italy dovrebbe partire proprio dalla valorizzazione dei marchi storici e delle competenze manifatturiere radicate nei territori –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione occupazionale e industriale della Peg Perego; quali iniziative urgenti intendano adottare per garantire la tutela dei lavoratori coinvolti e scongiurare la definitiva dismissione dello stabilimento; se non ritengano necessario attivare con urgenza un tavolo istituzionale con la proprietà, i rappresentanti sindacali, le istituzioni locali e regionali, finalizzato a garantire la continuità produttiva, la salvaguardia dell'occupazione e un possibile percorso di rilancio o riconversione industriale.
(4-05329)


   CANNATA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante la «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», rappresenta il principale riferimento normativo in materia di riconoscimento e tutela dei diritti delle persone con disabilità;

   l'articolo 3, comma 3, della suddetta legge stabilisce che si è in presenza di handicap in situazione di gravità «quando la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione»;

   tale condizione consente di accedere a una serie di benefici tra cui: permessi lavorativi retribuiti (ai sensi della legge 8 marzo 2000, n. 53, e del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151), congedi straordinari, agevolazioni fiscali e precedenze in graduatorie per servizi pubblici;

   in ambito oncologico, la prassi amministrativa, supportata anche da atti interpretativi dell'Inps, ha portato a un consolidato orientamento secondo cui il paziente sottoposto a trattamento chemioterapico ha diritto al riconoscimento temporaneo, ma automatico, dello stato di handicap grave, tenuto conto della compromissione fisica e psicologica legata al trattamento;

   tale previsione, spesso fondata su protocolli operativi delle commissioni mediche, garantisce una tutela rapida ed efficace nei confronti dei pazienti oncologici, facilitando l'accesso ai diritti lavorativi e assistenziali previsti dalla normativa vigente;

   nonostante gli effetti collaterali e le conseguenze cliniche della radioterapia possano essere, in molte circostanze, altrettanto debilitanti rispetto alla chemioterapia (in termini di spossatezza, nausea, difficoltà funzionali, dolore, infiammazioni, limitazioni motorie e impatto complessivo sulla qualità della vita), ad oggi non risulta un trattamento amministrativo paritario tra le due terapie;

   la mancanza di automatismi o indicazioni chiare sul riconoscimento dello stato di handicap grave per i pazienti oncologici sottoposti a radioterapia comporta una disparità di trattamento tra soggetti che si trovano in condizioni cliniche del tutto comparabili, dando luogo a diseguaglianze sostanziali nell'accesso alle tutele previste dalla legge n. 104 del 1992;

   numerose segnalazioni da parte di associazioni di pazienti oncologici, sindacati e professionisti nella sanità hanno evidenziato tale disomogeneità applicativa, auspicando l'adozione di linee guida nazionali o di un intervento normativo o amministrativo volto ad equiparare i trattamenti terapeutici in relazione ai loro effetti invalidanti;

   la stessa giurisprudenza amministrativa e costituzionale ha più volte ribadito il principio dell'effettività delle tutele per le persone con disabilità, e il dovere delle istituzioni di evitare trattamenti discriminatori anche sotto il profilo dell'accesso a benefici assistenziali –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tale prassi disomogenea e delle gravi ricadute in termini di disparità di trattamento tra pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia e quelli sottoposti a radioterapia;

   se intendano valutare iniziative di carattere normativo che formalizzino l'equiparazione degli effetti invalidanti delle terapie oncologiche maggiori, al fine di assicurare a tutti i pazienti oncologici, a parità di condizione clinica, un accesso equo e immediato ai benefici della legge n. 104 del 1992.
(4-05330)


   ASCARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) per il settore metalmeccanico risulta scaduto da diversi mesi e, ad oggi, nonostante i reiterati tentativi di mediazione, le trattative tra le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali (Federmeccanica-Assistal e Unionmeccanica-Confapi) non hanno portato a un'intesa concreta;

   nella giornata del 20 giugno 2025 si è svolto uno sciopero nazionale di otto ore, proclamato unitariamente da Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil, accompagnato da numerose manifestazioni in diverse città italiane, tra cui Bologna, Torino, Mestre, Bergamo e Napoli, per sollecitare il rinnovo del Ccnl;

   a Bologna si è registrata un'ampia partecipazione di lavoratori e lavoratrici, con un corteo di oltre 7.000 persone e il blocco di arterie stradali strategiche, come la tangenziale, a testimonianza dell'elevato livello di tensione e disagio nel comparto;

   il mancato rinnovo contrattuale compromette in modo significativo la tutela economica e normativa delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici, in un contesto segnato da un aumento generalizzato del costo della vita e da crescenti condizioni di precarietà;

   le rivendicazioni avanzate dalle organizzazioni sindacali riguardano non solo adeguamenti salariali dignitosi, ma anche temi fondamentali come la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, il contrasto alla precarietà, la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, la regolamentazione degli appalti e il rafforzamento dei diritti contrattuali;

   il settore metalmeccanico costituisce un asse portante del sistema produttivo nazionale e ogni elemento di instabilità contrattuale rischia di generare gravi ricadute occupazionali, sociali e industriali;

   la stessa Ministra del lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone il 28 marzo 2025 dichiarò che fosse «importante accompagnare le parti al rinnovo del contratto della metalmeccanica, perché è un contratto importante che riguarda settori strategici e che, soprattutto, porta con sé anche una riflessione su quello che è il futuro della metalmeccanica e della meccatronica nel nostro Paese» –:

   se la Ministra interrogata intenda affinché si riaprano con urgenza le trattative tra le parti sociali, sostenendo, con gli strumenti a disposizione del Governo, un percorso condiviso per il tempestivo rinnovo del contratto nazionale del settore metalmeccanico;

   quali iniziative urgenti di competenza la Ministra interrogata intenda promuovere affinché il nuovo contratto collettivo contempli aumenti salariali adeguati al caro vita, condizioni di lavoro eque, e strumenti efficaci per contrastare la precarietà diffusa nel comparto;

   se non ritenga necessario promuovere un tavolo istituzionale permanente di confronto tra le parti, volto a monitorare l'andamento del settore e prevenire situazioni di tensione sociale come quelle registrate in occasione dello sciopero del 20 giugno 2025;

   quali iniziative di competenza, anche di carattere economico o normativo, la Ministra interrogata intenda mettere in campo per favorire una contrattazione collettiva inclusiva, equa e partecipata, che salvaguardi la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori e garantisca al contempo la competitività del sistema industriale italiano.
(4-05342)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   BONIFAZI, DEL BARBA, FARAONE, GADDA e GIACHETTI. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:

   a febbraio 2025 un portavoce di WhatsApp, il servizio chat di Meta, ha reso noto che la società israeliana Paragon Solutions, per mesi, avrebbe utilizzato il proprio spyware Graphite su circa novanta cittadini italiani, tra cui giornalisti come il direttore di Fanpage Cancellato e attivisti per i diritti umani;

   il potente spyware ha consentito l'accesso indiscriminato a tutte le informazioni contenute negli smartphone dei soggetti spiati;

   il Governo ha reso noto di aver sospeso l'operatività di Graphite per i servizi di sicurezza della Repubblica, fino al necessario completamento delle indagini da parte del Copasir e dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale; versione smentita da Paragon che ha dichiarato di aver risolto il contratto unilateralmente per violazione degli obblighi di due diligence e verifica da parte delle autorità italiane;

   il Governo ha via via escluso il coinvolgimento della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di finanza nell'utilizzo del software, ritenendo in sostanza classificata l'informazione circa l'utilizzo del medesimo da parte della Polizia penitenziaria;

   successivamente si è appreso che vi sarebbero altri soggetti intercettati illegittimamente anche con tecnologie diverse da quella gestita da Paragon e, in particolare, tra le persone spiate vi sarebbero anche giornalisti e direttori di siti italiani di informazione, tra cui Roberto D'Agostino;

   la diffusione di un potente spyware che viola la libertà delle persone all'interno del territorio nazionale e, più in generale, l'uso illegittimo delle intercettazioni, anche in spregio alle leggi, rappresenta un fatto gravissimo, di cui l'opinione pubblica e il Parlamento sono venuti a conoscenza grazie a servizi privati (Meta), nella totale inerzia dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale –:

   se l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale avesse contezza dell'utilizzo di Graphite in Italia prima del febbraio 2025, più in generale se fosse a conoscenza di intercettazioni nei confronti di giornalisti e attivisti politici e quali siano i risultati delle indagini avviate sul punto dall'Agenzia.
(3-02032)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   MARATTIN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Fascicolo sanitario elettronico raccoglie la storia clinica di ogni paziente, rendendo disponibili le informazioni e i documenti prodotti dal Servizio sanitario nazionale da medici e operatori sanitari anche di strutture diverse (aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere, medici di famiglia, pediatri e altre) e da strutture sanitarie private;

   il fascicolo, è stato istituito con l'articolo 12 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;

   la consultazione è possibile se si è in possesso di una tessera sanitaria con chip (Ts-Cns) abilitata, di una carta d'identità elettronica italiana (Cie) o di un'utenza Spid. Il fascicolo è di base consultabile solo dall'interessato, in rispetto della sua privacy e in conformità alla normativa vigente, è possibile decidere quali dati rendere visibili e a chi;

   l'interrogante esprime pieno sostegno al processo di digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale, convinto che l'innovazione tecnologica debba essere al centro della modernizzazione dell'assistenza pubblica;

   si ritiene opportuno superare l'uso delle cosiddette «ricette rosse» cartacee, incentivando la dematerializzazione dei processi;

   in questo contesto, il Fascicolo sanitario elettronico rappresenta uno strumento potenzialmente strategico. Ma per realizzare tale visione è necessario garantire l'accessibilità anche per le fasce più fragili della popolazione, come anziani, soggetti con disabilità o cittadini con scarsa alfabetizzazione digitale;

   inoltre andrebbe verificato se l'attuale utilizzo del Fascicolo sanitario elettronico sia coerente con l'obiettivo strategico di ridurre le liste d'attesa;

   secondo la ricerca dalla Fondazione Gimbe solo il 41 per cento degli italiani ha espresso il consenso alla consultazione dei propri documenti sanitari da parte degli operatori del Servizio sanitario nazionale, con profonde disuguaglianze regionali (Emilia-Romagna all'89 per cento, Calabria e Molise all'1 per cento);

   solo il 18 per cento dei cittadini ha consultato il proprio Fascicolo sanitario elettronico tra giugno e agosto 2024, con ampie disparità regionali (dall'1 per cento in Sicilia e Marche al 50 per cento in Trentino);

   la disponibilità di servizi digitali tramite Fascicolo sanitario elettronico varia drasticamente tra le regioni: Lazio e Toscana superano il 60 per cento di copertura, mentre in Abruzzo e Calabria si attesta all'8 per cento –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per aumentare l'adesione al Fascicolo sanitario elettronico, soprattutto nelle regioni in cui la percentuale di consenso è minima, e se esista un piano per contrastare il divario digitale dei cittadini e garantire una uniformità nazionale al fine di assicurare equità e qualità dell'assistenza sanitaria su tutto il territorio.
(3-02035)


   RUFFINO, BENZONI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   fenomeno noto e preoccupante e che occupa sempre più spazio nella nostra società – ma non abbastanza nell'agenda politica – è quello riguardante i cosiddetti hikikomori, termine giapponese che definisce coloro che scelgono di ritirarsi dalla vita sociale per periodi di tempo significativi ed indefiniti – nella maggior parte dei casi rinchiudendosi nella propria abitazione –, escludendo così ogni forma di contatto con il mondo esterno fino a giungere ad una repulsione di esso, con conseguente pregiudizio al benessere delle persone coinvolte;

   in Giappone si stimano circa 500 mila casi, con alcuni sondaggi che addirittura allargherebbero il fenomeno ad oltre 1 milione di individui. In Italia, secondo Cnr e Iss, circa 50.000 adolescenti vivono forme di ritiro sociale grave, considerate in aumento tra il 2019 e il 2022, e presumibilmente il fenomeno potrebbe coinvolgere attualmente circa 70.000 individui;

   il fenomeno sembra essersi ormai consolidato strutturalmente, alimentato da fattori psicologici, relazionali e sociali;

   studi sottolineano come la pandemia abbia accelerato un processo già in atto, spostando gran parte delle interazioni umane nella dimensione virtuale: in particolare, l'iperconnessione ai social gioca un ruolo chiave nella compromissione dell'identità adolescenziale e nel deterioramento del benessere psicologico individuale contribuendo all'autoisolamento;

   a differenza di quanto era stato ipotizzato in passato, il ritiro sociale non è influenzato da variabili come sesso, regione di appartenenza, tipo di scuola frequentata o background socioeconomico della famiglia, ma riguarda tutte le fasce della popolazione;

   i principali fattori associati al ritiro sociale sono una scarsa qualità delle relazioni familiari, la bassa fiducia relazionale con l'esterno, le esperienze di bullismo e cyberbullismo, l'uso eccessivo di internet, la scarsa partecipazione ad attività sportive extrascolastiche e l'insoddisfazione per la propria immagine corporea, anche in conseguenza di quanto l'esposizione del corpo sia richiesta nella società contemporanea dei social;

   nel 2023 sono state approvate in Parlamento diverse mozioni relative al fenomeno hikikomori. Tuttavia, a distanza di quasi due anni e nonostante la crescita del fenomeno, il Governo non ha dato alcun seguito agli impegni assunti, tra cui numerosi di competenza del Ministro interrogato;

   è inderogabile far fronte a questa problematica adottando un serio piano di contrasto al disagio giovanile, con risorse adeguate, che parta dalle scuole e che si estenda ai territori, coinvolgendo istituzioni, società civile e figure specializzate –:

   quali iniziative di competenza intenda implementare per dare rapida attuazione agli impegni assunti quasi due anni fa, nonché per arginare e prevenire il fenomeno degli hikikomori.
(3-02036)


   QUARTINI, SPORTIELLO, MARIANNA RICCIARDI e DI LAURO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   Erika Monti, 49enne con atrofia muscolare, racconta: «Dovrei cambiare la batteria, ma costa tanto. Sono riuscita a riparare le ruote perché avevano il copertone rotto e mi servivano assolutamente. L'alternativa era non poter più uscire di casa»: questa è la denuncia riportata in un articolo de Il Fatto Quotidiano del 12 giugno 2025;

   dal 1° gennaio 2025, data in cui è entrato in vigore il nuovo nomenclatore tariffario dei nuovi livelli essenziali di assistenza, infatti, non sono più garantite le spese per riparazioni e sostituzioni degli ausili, finora coperte dalle aziende sanitarie locali; l'entrata in vigore del decreto ministeriale del Ministro della salute ha determinato la revoca del decreto ministeriale n. 332 del 1999 su tutto il territorio nazionale e il nuovo decreto non prevede più i codici relativi alle riparazioni e sostituzioni per gli ausili rientranti nel codice Iso 12.23 (carrozzine a motore elettrico);

   le famiglie sono pertanto costrette a sostenere costi che, nel caso di una batteria per carrozzina, possono superare i 600 euro, una cifra superiore a molti assegni di invalidità;

   sul fatto, come ormai è consuetudine, il Ministero della salute scarica ogni responsabilità sulle regioni, sostenendo che questa differenza consegue alla nuova modalità di erogazione degli ausili, che richiede alle regioni di espletare gare a evidenza pubblica e, pertanto, sono le regioni stesse a dover garantire la completa assistenza all'utente;

   il fatto è emerso solo all'attuazione del nuovo tariffario e sta riguardando tutto il territorio nazionale, creando uno sconcerto diffuso; il Presidente del Fish a riguardo ha affermato: «il silenzio delle istituzioni davanti a questo arretramento dei diritti è assordante. Si colpisce proprio chi ha meno voce per farsi sentire: le persone con disabilità grave, che da gennaio si trovano improvvisamente sole a fronteggiare costi insostenibili per continuare a muoversi, lavorare, vivere. Le carrozzine elettriche non sono optional, sono strumenti di cittadinanza. Il Ministero della salute ha il dovere di correggere immediatamente questa ingiustizia, prima che si trasformi in una condanna alla reclusione per migliaia di cittadini»;

   è inaccettabile fare cassa sui più fragili, sottraendo risorse per batterie e motori delle carrozzine elettriche, joystick e ruote, limitando gravemente la possibilità di muoversi di migliaia di persone non autosufficienti –:

   se intenda adottare iniziative di competenza con la necessaria urgenza per garantire che le riparazioni e sostituzioni per gli ausili rientranti nel codice Iso 12.23 (carrozzine a motore elettrico) siano a carico del Servizio sanitario nazionale e siano quindi garantiti gratuitamente alle persone che ne hanno bisogno.
(3-02037)


   LUPI, ROMANO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CARFAGNA, CAVO, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 32 della Costituzione dispone che: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti»;

   il Servizio sanitario nazionale italiano è riconosciuto a livello internazionale come un sistema pubblico universalistico, basato sul principio di uguaglianza e solidarietà;

   diversi organismi internazionali, come l'Organizzazione mondiale della sanità, ne apprezzano l'universalità e l'accesso equo alle cure;

   il Piano nazionale di governo delle liste d'attesa, sancisce il principio secondo cui le prestazioni sanitarie devono essere erogate entro tempi massimi, definiti per urgenza clinica;

   il piano citato stabilisce nello specifico delle classi di priorità che assegnano un tempo massimo entro cui la prestazione deve essere garantita, da un minimo di 72 ore per le prestazioni più urgenti ad un massimo di 100 giorni per le visite programmabili;

   si assiste a ritardi nelle liste d'attesa, indistintamente da Nord a Sud. In particolare, in base agli ultimi dati pubblicati dal Ministero della salute, l'attesa media per una visita specialistica ha superato i quattro mesi, mentre per esami diagnostici come risonanza magnetica e Tac può arrivare anche a dodici mesi. Per interventi chirurgici, in molte regioni, è necessario attendere oltre un anno;

   di fronte ai ritardi citati, molti cittadini scelgono il regime di solvenza. Secondo l'Istat il 35 per cento degli italiani ha pagato privatamente una visita per evitare lunghi tempi di attesa, mentre il 20 per cento ha rinunciato del tutto alle cure a causa dei costi elevati. Inoltre, il 40 per cento delle richieste di visite specialistiche viene fissato oltre i limiti previsti dai livelli essenziali di assistenza, rendendo vana qualsivoglia tipo di prevenzione;

   il problema si presenta anche per le visite di controllo oncologiche programmabili per le quali, secondo l'ultimo report dell'associazione Cittadinanzattiva, si registra un tempo di attesa di 450 giorni;

   come riportato dagli organi di stampa, il 27 febbraio 2025 un paziente ha ricevuto l'esito di un esame istologico dopo il suo decesso e dopo aver atteso quattro mesi dall'intervento chirurgico;

   dal 2025 il Fondo sanitario nazionale ha raggiunto quota 136,5 miliardi di euro e a una spesa pro capite di 2.317 euro, con un aumento di oltre 9 miliardi di euro in due anni –:

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di abbattere le liste d'attesa, con riguardo soprattutto alle visite di follow-up oncologiche.
(3-02038)

Interrogazione a risposta orale:


   CAPPELLETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'ospedale «San Luca» di Trecenta (Rovigo), situato nell'Alto Polesine, fu inaugurato nel 1997 quale polo unificato della sanità locale, destinato a servire un bacino di utenza comprendente 24 Comuni con un'elevata percentuale di popolazione anziana, riunendo i servizi precedentemente erogati dai presidi ospedalieri dismessi di Lendinara, Badia Polesine, Trecenta e Castelmassa;

   all'atto dell'inaugurazione, il presidio «San Luca» disponeva di 250 posti letto attivati, con una potenzialità di espansione fino a 350, rappresentando un punto di riferimento e un centro nevralgico per la sanità polesana;

   nel corso degli anni, l'ospedale ha subito un progressivo e costante depotenziamento, con la chiusura di reparti e servizi essenziali che ne avevano contraddistinto l'eccellenza, tra cui il punto nascite, le unità di ostetricia e ginecologia, chirurgia, lungodegenza e psichiatria;

   l'emergenza sanitaria da COVID-19 ha ulteriormente aggravato la situazione, portando alla riconfigurazione del Pronto soccorso in Punto di primo intervento;

   attualmente, il Punto di primo intervento opera con un solo medico dopo le ore 16, incaricato di gestire sia le urgenze del Servizio di urgenza ed emergenza medica (Suem) che gli accessi esterni, fungendo di fatto da mero punto di smistamento dei pazienti verso il Pronto soccorso dell'ospedale di Rovigo, già noto per essere in condizioni di sovraffollamento e criticità, come segnalato da lavoratori e organizzazioni sindacali;

   durante l'emergenza COVID-19, l'intero quarto piano dell'ospedale «San Luca», comprendente quattro reparti, è stato destinato all'accoglienza di pazienti COVID-19; di questi, tre reparti non sono stati più ripristinati e versano attualmente in stato di abbandono e degrado, con materiale sanitario dismesso, letti nuovi inutilizzati, e una situazione igienica compromessa da infestazioni di topi e perdite dal tetto, gestite in modo precario con contenitori di rifiuti pericolosi, senza alcun intervento di manutenzione;

   la cittadinanza, attraverso comitati e iniziative pubbliche, ha reiteratamente richiesto il mantenimento e il pieno ripristino dei servizi ospedalieri, e in particolare del Punto di pronto soccorso, considerato essenziale per la gestione delle emergenze territoriali e la tutela del diritto alla salute –:

   se sia a conoscenza di questo e di altri casi di infestazioni da topi negli ospedali del Veneto, quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza per risolvere e rispondere alle preoccupazioni espresse dalla cittadinanza e dai comitati locali riguardo al futuro dell'ospedale «San Luca», e perché venga garantito il diritto all'assistenza sanitaria di prossimità nell'Alto Polesine e quali iniziative di competenza urgenti intenda adottare per ripristinare il servizio di Pronto soccorso completo, garantendo la presenza di personale medico e sanitario adeguato 24 ore su 24;

   se non si ritenga opportuno assumere iniziative di competenza in relazione al danno conseguente all'abbandono e al degrado di tre reparti del quarto piano dell'ospedale «San Luca» e al conseguente danneggiamento delle strutture ed attrezzature in essi contenute.
(3-02040)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Steger n. 4-05069 del 23 maggio 2025;

   interrogazione a risposta scritta Bonelli n. 4-05169 del 10 giugno 2025;

   interrogazione a risposta scritta Marattin n. 4-05201 del 10 giugno 2025;

   interrogazione a risposta in Commissione Peluffo n. 5-04077 del 10 giugno 2025;

   interrogazione a risposta orale Quartini n. 3-02008 del 12 giugno 2025;

   interrogazione a risposta in Commissione Vaccari n. 5-04114 del 18 giugno 2025;

   interrogazione a risposta in Commissione Scotto n. 5-04126 del 23 giugno 2025;

   interrogazione a risposta in Commissione Barzotti n. 5-04127 del 23 giugno 2025.