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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 8 luglio 2025

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta dell'8 luglio 2025.

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Billi, Bitonci, Bonetti, Boschi, Braga, Brambilla, Calderone, Calovini, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, D'Alessio, Deidda, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Ferrante, Ferro, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Michelotti, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Onori, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Riccardo Ricciardi, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Siracusano, Sportiello, Tajani, Trancassini, Tremonti, Varchi, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

Assegnazione di progetti di legge a
Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali)

  CIANI: «Disciplina dell'attività di rappresentanza di interessi particolari nei processi decisionali delle istituzioni pubbliche» (2283) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, X, XI e XIV;

  S. 1452. – MALAN ed altri: «Disposizioni in materia di composizione di giunte e consigli regionali e di incompatibilità» (approvata dal Senato) (2500) Parere della Commissione V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VIII Commissione (Ambiente)

  CURTI ed altri: «Disposizioni e delega al Governo in materia di concessione di benefìci in favore dei familiari delle vittime di calamità naturali» (2323) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;

  MASCARETTI ed altri: «Disposizioni concernenti il controllo della qualità dell'aria nelle zone sotterranee delle ferrovie metropolitane» (2395) Parere delle Commissioni I, V, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali)

  CIOCCHETTI: «Istituzione della figura professionale del consulente alla pari per le persone con disabilità» (2353) Parere delle Commissioni I, V, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Società italiana per l'organizzazione internazionale (SIOI), per l'esercizio 2023, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 408).

  Questi documenti sono trasmessi alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), per l'esercizio 2023, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 409).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 8 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei veterinari (ENPAV), per l'esercizio 2023, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 410).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 8 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente di previdenza e assistenza pluricategoriale (EPAP), per l'esercizio 2023, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 411).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 8 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti (INARCASSA), per l'esercizio 2023, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 412).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 8 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti (CIPAG), per l'esercizio 2023, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 413).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso decreti ministeriali recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 1° e 2 luglio 2025, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell'articolo 620-bis del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

  Questi decreti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 4 luglio 2025, ha trasmesso la seguente relazione concernente il seguito dato dal Governo agli indirizzi definiti dalle Camere in merito a progetti di atti dell'Unione europea o ad atti preordinati alla formulazione degli stessi:

   relazione, predisposta dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, concernente il seguito del documento della 9a Commissione (Industria) del Senato (atto Senato Doc. XVIII, n. 19) in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013, (UE) 2021/2115 e (UE) n. 251/2014 per quanto riguarda alcune norme di mercato e misure di sostegno settoriale nel settore dei prodotti vitivinicoli e dei prodotti vitivinicoli aromatizzati (COM(2025) 137 final).

  Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 3 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione, predisposta dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2023/1542 per quanto riguarda gli obblighi degli operatori economici in materia di strategie relative al dovere di diligenza per le batterie (COM(2025) 258 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti.

  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti
di atti dell'Unione europea.

  La Procura europea ha trasmesso la relazione annuale sull'attività della Procura stessa, riferita all'anno 2024, che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla II Commissione (Giustizia), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  La Commissione europea, in data 3, 4 e 7 luglio 2025, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Relazione sulla politica di concorrenza 2024 (COM(2025) 181 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);

   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione sui progressi compiuti in materia di mezzi di risposta del meccanismo unionale di protezione civile (COM(2025) 286 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);

   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui disegni e modelli dell'Unione europea (codificazione) (COM(2025) 353 final), corredata dai relativi allegati (COM(2025) 353 final – Annexes 1 to 3), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);

   Proposta di decisione del Consiglio relativa all'approvazione da parte dell'Unione della modifica dell'articolo 36 dell'accordo internazionale del 2015 sull'olio d'oliva e le olive da tavola (COM(2025) 358 final), corredata dal relativo allegato (COM(2025) 358 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio ai fini dell'adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti (revisione mirata della direttiva quadro sui rifiuti) (COM(2025) 388 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);

   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Relazione annuale 2024: diciannovesima relazione annuale sull'attuazione dell'assistenza dell'Unione europea ai sensi del regolamento (CE) n. 389/2006 del Consiglio, del 27 febbraio 2006, che istituisce uno strumento di sostegno finanziario per promuovere lo sviluppo economico della comunità turco-cipriota (COM(2025) 352 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   Relazione della Commissione al Consiglio – Ventunesima relazione sull'attuazione del regolamento (CE) n. 866/2004 del Consiglio, del 29 aprile 2004, e sulla situazione derivante dalla sua applicazione nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2024 (COM(2025) 355 final), corredata dal relativo allegato (COM(2025) 355 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di Consiglio di associazione istituito dall'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Moldova, dall'altra, per quanto riguarda l'ulteriore apertura del mercato in relazione al settore del roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili e la modifica dell'allegato XXVIII-B (Norme applicabili ai servizi di telecomunicazione) di tale accordo di associazione (COM(2025) 361 final), corredata dal relativo allegato (COM(2025) 361 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo – Relazione sull'applicazione della direttiva 2011/77/UE che modifica la direttiva 2006/116/CE concernente la durata della protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (COM(2025) 364 final), che è assegnata in sede primaria alla VII Commissione (Cultura);

   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Riesame dell'attuazione delle politiche ambientali 2025 – Attuazione delle politiche ambientali per la prosperità e la sicurezza (COM(2025) 420 final), corredata dal relativo allegato (COM(2025) 420 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);

   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del consiglio recate modifica del regolamento (UE) 2021/1119 che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica (COM(2025) 524 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente). Questa proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 7 luglio 2025;

   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'abbandono graduale delle importazioni di gas naturale russo e al miglioramento del monitoraggio delle potenziali dipendenze energetiche e recante modifica del regolamento (UE) 2017/1938 (COM(2025) 828 final), corredata dai relativi allegati (COM(2025) 828 final – Annexes 1 to 3), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 3 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:

   Proposta di decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo in Austria (COM(2025) 345 final);

   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) 2016/679, (UE) 2016/1036, (UE) 2016/1037, (UE) 2017/1129, (UE) 2023/1542 e (UE) 2024/573 per quanto riguarda l'estensione alle piccole imprese a media capitalizzazione di determinate misure di attenuazione disponibili per le piccole e medie imprese e ulteriori misure di semplificazione (COM(2025) 501 final);

   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2014/65/UE e (UE) 2022/2557 per quanto riguarda l'estensione alle piccole imprese a media capitalizzazione di determinate misure di attenuazione disponibili per le piccole e medie imprese e ulteriori misure di semplificazione (COM(2025) 502 final);

   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Omnibus sulla prontezza alla difesa (COM(2025) 820 final);

   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accelerazione del rilascio delle autorizzazioni per i progetti per la prontezza alla difesa (COM(2025) 821 final);

   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (CE) n. 1907/2006, (CE) n. 1272/2008, (UE) n. 528/2012, (UE) 2019/1021 e (UE) 2021/697 per quanto riguarda la prontezza alla difesa e l'agevolazione degli investimenti nella difesa e delle condizioni per l'industria della difesa (COM(2025) 822 final);

   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2009/43/CE e 2009/81/CE per quanto riguarda la semplificazione dei trasferimenti intra-UE di prodotti per la difesa e la semplificazione degli appalti nel settore della sicurezza e della difesa (COM(2025) 823 final).

Trasmissione dall'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione.

  La Presidente dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, con lettera in data 2 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 22 e 36 della legge 25 maggio 1970, n. 352, un esemplare del verbale delle operazioni relative ai referendum popolari abrogativi svoltisi l'8 e 9 giugno 2025.

  Questo documento è depositato presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente.

  Il Presidente dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, con lettera in data 2 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201, la relazione sul rispetto delle prescrizioni stabilite dalla disciplina del settore dei rifiuti per la definizione del perimetro degli ambiti territoriali e per la costituzione degli enti di governo dell'ambito, riferita al primo semestre 2025 (Doc. CCXXX, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dalla Regione Veneto.

  Il Presidente del Consiglio regionale del Veneto, con lettera in data 7 luglio 2025, ha trasmesso una risoluzione, approvata dal medesimo Consiglio il 1° luglio 2025, volta a chiedere al Governo di valutare un adeguamento del tetto di deducibilità fiscale per i veicoli degli agenti di commercio.

  Questo documento è trasmesso alla VI Commissione (Finanze).

  Il Presidente del Consiglio regionale del Veneto, con lettera in data 7 luglio 2025, ha trasmesso una risoluzione, approvata dal medesimo Consiglio il 1° luglio 2025, volta a chiedere al Governo iniziative per l'immediato cessate il fuoco in Ucraina.

  Questo documento è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 4 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento alla dottoressa Manuela Nenna, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di funzione dirigenziale di livello generale di direttore della Direzione IV – Rapporti finanziari internazionali, nell'ambito del Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 4 e 7 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4 e 10 del medesimo articolo 19, dei seguenti incarichi di livello dirigenziale generale, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:

   alla dottoressa Claudia Colaiacomo, l'incarico di consulenza, studio e ricerca, nell'ambito del Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi;

   alla dottoressa Luisa D'Arcano, l'incarico di direttore dell'Ufficio centrale del bilancio presso il Ministero del turismo, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

  Queste comunicazioni sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Richieste di parere parlamentare
su proposte di nomina.

  Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 3 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina dell'ingegnere Raffaele Latrofa a presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centro-settentrionale (95).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 28 luglio 2025.

  Il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, con lettera in data 4 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina di Paolo Seitone a presidente del Consorzio del Ticino (96).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 28 luglio 2025.

Richiesta di parere parlamentare
su atti del Governo.

  Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 7 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante conferimento dell'incarico di Commissario straordinario per la realizzazione di alcuni interventi infrastrutturali in Sicilia e Calabria (277).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 28 luglio 2025. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 18 luglio 2025.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1054 – DISPOSIZIONI PER IL RICONOSCIMENTO E LA PROMOZIONE DELLE ZONE MONTANE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2126-A) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: GIRELLI ED ALTRI; TASSINARI ED ALTRI (A.C. 699-1059)

A.C. 2126-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    le montagne hanno nel nostro Paese un valore simbolico importante. Vi si radicò la Resistenza durante la Seconda guerra mondiale e da lì nacquero i primi movimenti di liberazione, per tanti sono ancora memoria collettiva indelebile;

    ancora oggi vivere in montagna è una scelta di vita che per tanti si trasforma in sacrificio, però nessuno vuole abbandonare la montagna per scelta, ma troppo spesso le persone sono costrette a farlo per necessità perché mancano, o sono carenti, i servizi di prima necessità. Così assistiamo inermi alla crisi climatica che sta colpendo duramente le zone montane, che rappresentano ecosistemi fragili ma fondamentali per la biodiversità, la regolazione idrica e la cultura dei territori;

    di fronte a questa emergenza è fondamentale pensare a strategie integrate che tutelino l'ambiente montano e, allo stesso tempo, ne promuovano lo sviluppo sostenibile, sociale ed economico capace di fermare lo spopolamento in corso che in molti definiscono: l'inverno demografico;

    nel tempo la montagna ha conquistato notorietà e rispetto anche per la natura che conserva, che nella gran parte coincide con parchi e riserve naturali, ed è divenuta un attrattore di flussi turistici. Ma la montagna deve liberarsi dall'idea, vecchia e devastante, di continuare a spendere risorse per infrastrutture e impianti scioviari fallimentari perché i cambiamenti climatici e la riduzione delle precipitazioni nevose renderanno sempre più difficile far coincidere la neve sulle piste e le vacanze degli italiani;

    deve affrancarsi dal modello turistico in voga, che considera la presenza degli impianti di risalita come l'unica possibilità turistica per questi territori, con il rischio che passi l'idea che senza neve sulle montagne il turismo montano muore;

    l'articolo 15 prevede la possibilità di destinare una quota del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane a interventi di carattere straordinario, da attuare da parte delle regioni, anche in coerenza con le misure previste dal decreto-legge n. 39 del 2023, per la prevenzione e la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e per far fronte alle criticità relative alla disponibilità di risorse idriche nelle zone montane. Il comma 1 specifica che gli interventi di carattere straordinario previsti dall'articolo 15 sono finalizzati a prevenire e mitigare gli effetti del cambiamento climatico e far fronte alle criticità relative alla disponibilità di risorse idriche nelle zone montane attraverso una serie di interventi da attuare da parte delle regioni;

    l'articolo 22 individua le finalità del Capo V, stabilendo, al comma 1, che le disposizioni in esso contenute hanno il fine di favorire lo sviluppo economico e sociale, il turismo, l'occupazione e il ripopolamento delle zone montane,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, specifiche iniziative, anche normative, affinché non vengano realizzati nuovi impianti sciistici che, in assenza di neve naturale, necessitano solo di neve artificiale, con grande dispendio di acqua e con effetti negativi sui cambiamenti climatici in corso.
9/2126-A/1. Dori, Grimaldi, Zanella, Bonelli, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    le montagne hanno nel nostro Paese un valore simbolico importante. Vi si radicò la Resistenza durante la Seconda guerra mondiale e da lì nacquero i primi movimenti di liberazione, per tanti sono ancora memoria collettiva indelebile;

    l'articolo 15 prevede la possibilità di destinare una quota del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane a interventi di carattere straordinario, da attuare da parte delle regioni, anche in coerenza con le misure previste dal decreto-legge n. 39 del 2023, per la prevenzione e la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e per far fronte alle criticità relative alla disponibilità di risorse idriche nelle zone montane. Il comma 1 specifica che gli interventi di carattere straordinario previsti dall'articolo 15 sono finalizzati a prevenire e mitigare gli effetti del cambiamento climatico e far fronte alle criticità relative alla disponibilità di risorse idriche nelle zone montane attraverso una serie di interventi da attuare da parte delle regioni. È prevista la previa intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell'adozione del decreto ministeriale che ripartisce le risorse del Fondo di cui all'articolo 4 che possono essere destinate a interventi di carattere straordinario nelle attività di monitoraggio dei ghiacciai e dei bacini idrici;

    stando ai modelli matematici di studio, se non si faranno passi avanti nel contrasto alla crisi climatica entro fine secolo avremo perso, il 94 per cento della superficie dei ghiacciai italiani, che si ridurrà dagli attuali 379,1 km quadrati ad appena 22,8 km quadrati, cioè un ottavo della superficie di Milano: questo resterà dei ghiacciai italiani. Di fatto una macchia grande come il solo municipio 9 del capoluogo lombardo che va da Niguarda a Garibaldi. Un'area che si gira a piedi in meno di mezza giornata. E non sarà neppure ben distribuita: secondo le stime a quel punto saranno rimasti solo 75 ghiacciai, ovviamente di dimensioni molto ridotte, e nessuno in Veneto e Friuli-Venezia Giulia;

    lo dimostrano i dati elaborati dal docente Daniel Farinotti, Professore di Glaciologia del Politecnico di Zurigo (Laboratory of Hydraulics, Hydrology and Glaciology, ETH Zürich) e parte dell'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL di Sion (Svizzera), che ha lavorato con il supporto del ricercatore Lander Van Tricht e di Davide Fugazza (Università degli Studi di Milano);

    i risultati di questo studio, «Ghiacciai italiani addio», derivano da modelli messi a punto per prevedere l'evoluzione dei ghiacciai dal 2000 al 2100. Per ogni ghiacciaio o corpo glaciale preso in considerazione, i ricercatori hanno stimato superficie e volume (compreso l'equivalente in acqua) per ogni anno dal 2000 fino al 2100, ricostruendo l'andamento negli anni passati e calcolando come dei mutamenti del clima più o meno intensi potrebbero influire sul destino dei nostri ghiacciai. Gli scenari presi in considerazione sono due: a) un futuro in cui il riscaldamento globale si aggrava a causa della crescente dipendenza dai combustibili fossili; b) un futuro in cui vengono rispettati gli Accordi di Parigi e dunque il rialzo delle temperature viene mantenuto al di sotto dei 1,5 °C;

    in uno scenario negativo, ovvero in cui le emissioni globali legate ai combustibili fossili dovessero peggiorare il cambiamento climatico, le prospettive sono drammatiche: nel 2050 dovremo dire addio al 48,5 per cento della superficie attualmente coperta dai ghiacci sulle Alpi italiane e nel 2100 perderemo il 94 per cento della superficie ghiacciata;

    sulle Alpi, moltissimi ghiacciai spariranno completamente e anche i più imponenti perderanno terreno. I dati dicono che, ad esempio, nel 2050 i ghiacciai dell'Adamello e del Forni in Lombardia avranno perso ciascuno all'incirca il 40 per cento della loro superficie. Nel 2100 saranno vicini all'estinzione, con una superficie inferiore a 1 km2. In Friuli-Venezia Giulia, dove già oggi i ghiacciai non esistono quasi più, nel 2050 saranno del tutto scomparsi. Il Veneto li perderà tra il 2075 e il 2100,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa di competenza affinché si chiarisca che le attività di gestione e manutenzione, previste all'articolo 15 possono avvenire solo a fronte di una fase di monitoraggio e studio dei ghiacciai e dei bacini idrici;

   a creare un sistema di monitoraggio del rischio criosferico, favorendo la condivisione di esperienze maturate a livello locale, regionale e degli enti di ricerca, promuovendo la riduzione degli impatti sulla criosfera, sull'uso del suolo e delle risorse idriche;

   istituire una rete multidisciplinare di competenze da condividere, con l'obiettivo di costituire una Governance Europea dei Ghiacciai (EGG);

   valorizzare gli strumenti e le politiche internazionali per la mitigazione e l'adattamento alla crisi climatica nelle aree glaciali europee;

   collaborare con università, centri di ricerca e scuole per sensibilizzare e accrescere la consapevolezza di cittadini e istituzioni, sviluppando percorsi formativi finalizzati a creare nuove professionalità nel campo della mitigazione e dell'adattamento ai cambiamenti climatici.
9/2126-A/2. Bonelli, Grimaldi, Zanella, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    le montagne hanno nel nostro Paese un valore simbolico importante. Vi si radicò la Resistenza durante la Seconda guerra mondiale e da lì nacquero i primi movimenti di liberazione, per tanti sono ancora memoria collettiva indelebile;

    c'è bisogno di aiuti e investimenti per il mantenimento del paesaggio e degli alpeggi tradizionali, il ripristino dei pascoli abbandonati e dei prati stabili per favorire l'allevamento brado e la transumanza, per favorire la gestione forestale sostenibile delle risorse e delle filiere boschive;

    è necessario promuovere un turismo sostenibile a basso impatto ambientale che valorizzi i prodotti e le tradizioni locali. Bisogna tutelare e ripristinare gli ecosistemi perché la crisi climatica aumenta il rischio di frane, alluvioni e incendi e pertanto occorrono progetti di riforestazione e gestione sostenibile delle foreste, ripristino dei prati alpini e dei pascoli naturali, interventi per conservare la biodiversità, con incentivi per pratiche agroecologiche incentivando le comunità energetiche locali per l'autosufficienza, sostegno ai giovani agricoltori e alle filiere locali, valorizzando i prodotti tipici;

    per promuovere davvero le zone montane, bisogna renderle vivibili migliorando l'accesso alla sanità, alla scuola e alla rete internet e promuovere il lavoro a distanza e le attività digitali;

    l'articolo 6 introduce due forme di riconoscimento del servizio prestato dagli esercenti professioni sanitarie e dagli operatori sociosanitari presso strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche o private accreditate, ubicate nei comuni montani destinatari delle misure di sostegno previste dal provvedimento: l'attribuzione di un punteggio doppio nella valutazione dei titoli di carriera ai fini della partecipazione alle procedure concorsuali presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale (SSN), per ciascun anno di attività presso le predette strutture; la previsione di una valorizzazione nell'ambito dei contratti collettivi nazionali di settore per l'assunzione di incarichi nell'ambito delle aziende e degli enti del SSN;

    il comma 2 concede – a decorrere dal 2025 – un credito d'imposta, in misura pari al minor importo tra il 60 per cento del canone annuo di locazione dell'immobile e l'ammontare di 2.500 euro, a favore di coloro che prestano servizio in strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali di montagna o vi effettuano il servizio di medico del ruolo unico di assistenza primaria, pediatra di libera scelta, specialista ambulatoriale interno, veterinario e altra professionalità sanitaria ambulatoriale convenzionata con il Servizio sanitario nazionale e prendono in locazione un immobile ad uso abitativo per fini di servizio,

impegna il Governo

a migliorare i servizi erogati alle persone che abitano in montagna richiamando i livelli minimi essenziali di prestazione del servizio di assistenza sanitaria e di politiche sociali affinché sia garantita la sicurezza dell'assistenza sanitaria e sociale e la dotazione di servizi e strutture obbligatorie per tutte le zone montane con un'ambulanza medica per ogni comune, un presidio ospedaliero e di pronto soccorso per ogni comunità, un servizio di elisoccorso e un sistema integrato dei servizi socio-sanitari per ogni valle.
9/2126-A/3. Zanella, Grimaldi.


   La Camera,

   premesso che:

    le montagne hanno nel nostro Paese un valore simbolico importante. Vi si radicò la Resistenza durante la Seconda guerra mondiale e da lì nacquero i primi movimenti di liberazione, per tanti sono ancora memoria collettiva indelebile;

    partire dalla consapevolezza delle crisi a cui sono sottoposti gli ecosistemi montani (climatica, ambientale e demografica) potrebbe aiutare a superare le incertezze ed orientare le scelte, anche legislative, necessarie a contrastare il degrado delle terre alte;

    sappiamo che per affrontare le crisi sono indispensabili efficaci politiche pubbliche di riequilibrio territoriale e non spot periodici di attenzione generati da allarmi o tragedie: la montagna dovrà essere sempre più considerata come una risorsa strategica del Paese, perché è ricca di materie prime rinnovabili che generano servizi ecosistemici (acqua, foreste, energia, biodiversità, eccetera) da portare a valore;

    la montagna è stata troppe volte mal assistita, e molto spesso le risorse disponibili non sono servite a invertire la curva dello spopolamento e dell'abbandono dei paesi e delle malghe;

    hanno spesso creato illusioni di sviluppo basato sulle infrastrutture turistiche che, nel giro di pochi decenni, sono diventate cattedrali nel deserto. Nonostante tanti punti di forza, alla montagna non viene ancora riconosciuta l'importante funzione di presidio territoriale che svolge (interessa il 60 per cento del territorio nazionale e circa 4 mila comuni);

    molto probabilmente per la sua marginalità economica ed elettorale (la popolazione residente non supera i 13 milioni di abitati). Servono strategie condivise ma in maniera orizzontale, e non ricette trasferite da verticalizzazioni elaborate alla scrivania che poi non trovano interpreti adeguati nei territori perché, nel frattempo che si decide e si finanziano i progetti, le persone e le loro competenze sono andate via;

    nei piccoli comuni montani bisogna favorire il «neo popolamento» di persone che decidono di trasferirsi in luoghi più salubri e vivibili, e di nuovi italiani che vogliono investire e scommettere nell'accoglienza delle piccole comunità locali, dove c'è bisogno di lavoratori, di assistenti alla persona e di bambini che rianimano luoghi troppo silenziosi;

    all'articolo 3 – strategia per la montagna italiana – è indefinito un vero programma che tenga conto alla Strategia dei cambiamenti climatici e delle conseguenze sul patrimonio di biodiversità dei territori alpini, degli Appennini e delle politiche di sistema per le aree naturali protette di cui alla legge n. 394 del 1991;

    l'articolo 4 prevede un fondo per lo sviluppo delle montagne italiane molto limitato e settoriale,

impegna il Governo:

   a un riconoscimento unitario allo spazio appenninico in tema di strategia e programmazione nazionale, anche al fine di promuovere gli Appennini tra le reti europee di cooperazione territoriale della montagna così da superare il vulnus «dell'altra montagna italiana», ancora oggi priva di un indirizzo unitario nazionale e senza un riconoscimento europeo;

   a dotare il Fondo (FOSMIT) di una significativa e adeguata capacità di spesa commisurata alle ambizioni che si pone la norma in questione e in grado di realizzare effettivamente la Strategia per la montagna italiana, identificando precise risorse per politiche perequative dei diversi contesti alpini e appenninici.
9/2126-A/4. Borrelli, Grimaldi, Zanella.


   La Camera,

   premesso che:

    le montagne hanno nel nostro Paese un valore simbolico importante. Vi si radicò la Resistenza durante la Seconda guerra mondiale e da lì nacquero i primi movimenti di liberazione, per tanti sono ancora memoria collettiva indelebile;

    tutto possibile se puntiamo sull'integrazione e forniamo servizi essenziali alle comunità (sanità, educazione, qualità ambientale e trasporti) oltre a favorire il lavoro e la produzione di beni e prodotti di qualità attraverso misure di sostegno per le imprese locali: spesso microimprese che non hanno il tempo per gestire la burocrazia cervellotica dei bandi e dei grandi progetti;

    le zone montane possono diventare laboratori di resilienza climatica, ma serve un impegno concreto da parte delle istituzioni, della società civile e dei cittadini;

    ad avviso dei firmatari del presente atto, è certamente deludente il fatto che si affronti in questo modo un tema molto serio per il nostro Paese, quale quello dei comuni montani e delle difficoltà che vivono, con risorse e servizi davvero limitatissime;

    l'ultima legge sulle montagne, la legge n. 97, risale al 1994 (trent'anni fa); un tempo biblico, se ci aggiungiamo che questa legge da allora è stata in gran parte inattuata. Oggi essa appare decisamente inadeguata e carente rispetto alla rilevanza strategica attribuita anche dalle politiche di sviluppo dell'Unione europea alle aree interne, rurali e montane. Eppure, parliamo di 3.524 comuni montani, cui si aggiungono altri 652 parzialmente montani. In termini di estensione, questi rappresentano oltre la metà di tutto il territorio nazionale;

    il provvedimento in esame è pieno di buone intenzioni e di buoni propositi; peccato però che a remare contro sia proprio il Governo, quando si tratta di definire le risorse economiche da mettere in campo;

    quello che manca in questo provvedimento è la visione sul futuro economico da dare alle aree montane. La grande assente in questo provvedimento è una strategia credibile per il futuro di queste aree, perché quando parliamo di zone montane e del loro sviluppo, non stiamo parlando per noi, ma alle nuove generazioni e, quando si parla alle nuove generazioni, dobbiamo prestare molta attenzione a non vendere illusioni;

    i criteri per la definizione di comune montano, di cui all'articolo 1, sono troppo restrittivi, oppure errati e lasceranno fuori centinaia di comuni che invece sarebbero meritevoli di tutela;

    l'articolo 2, delega il Governo al riordino delle agevolazioni a favore dei comuni montani tenendo conto quasi esclusivamente dei parametri altimetri e di pendenza;

    l'articolo 7 per le scuole di montagna dispone incentivi per il personale scolastico, ma dimentica del tutto quanto previsto dalla legge n. 158 del 2017 sui piccoli comuni,

impegna il Governo:

   a considerare anche i fattori ambientali tra quelli richiamati all'articolo 1, tenendo conto dei comuni che fanno parte di aree naturali protette e/o siti della rete natura 2000, dei servizi ecosistemici prodotti dal capitale naturale del contesto montano di riferimento (biodiversità, acqua) delle minacce e le fragilità del territorio montano (es. rischio idrogeologico e sismico) e dei rischi naturali (es. incendi, impatto della crisi climatica) a cui sono esposti i comuni montani;

   a sostenere di più gli investimenti nelle strutture scolastiche e nella loro sostenibilità e qualità (es. asili nido, biblioteche di comunità, scuole di musica, di arte e lingue), nella diversificazione dell'offerta formativa (es. scuole del legno, dell'agricoltura di montagna e del turismo) e nel trasporto scolastico pubblico per rendere questi territori attrattivi per l'insediamento di persone e contrastare la crisi demografica e favorire nuove attività per contrastare la marginalità economica e sociale dei territori di montagna.
9/2126-A/5. Zaratti, Grimaldi, Zanella.


   La Camera

impegna il Governo:

   a considerare anche i fattori ambientali tra quelli richiamati all'articolo 1, tenendo conto dei comuni che fanno parte di aree naturali protette e/o siti della rete natura 2000, dei servizi ecosistemici prodotti dal capitale naturale del contesto montano di riferimento (biodiversità, acqua) delle minacce e le fragilità del territorio montano (es. rischio idrogeologico e sismico) e dei rischi naturali (es. incendi, impatto della crisi climatica) a cui sono esposti i comuni montani;

   a proseguire negli investimenti nelle strutture scolastiche e nella loro sostenibilità e qualità (es. asili nido, biblioteche di comunità, scuole di musica, di arte e lingue), nella diversificazione dell'offerta formativa (es. scuole del legno, dell'agricoltura di montagna e del turismo) e nel trasporto scolastico pubblico per rendere questi territori attrattivi per l'insediamento di persone e contrastare la crisi demografica e favorire nuove attività per contrastare la marginalità economica e sociale dei territori di montagna.
9/2126-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta)Zaratti, Grimaldi, Zanella.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124 «Riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura» ha previsto anche una riorganizzazione delle sedi territoriali ed i conseguenti accorpamenti;

    tale riorganizzazione, pur perseguendo obiettivi di efficienza e razionalizzazione, ha in alcuni casi portato alla soppressione o al significativo ridimensionamento della presenza fisica delle CCIAA in territori montani e marginali;

    le imprese operanti in queste aree spesso presentano specificità e maggiori difficoltà legate alla logistica, all'accesso ai servizi, alla carenza di infrastrutture e alla necessità di valorizzare le risorse locali;

    la presenza di una Camera di Commercio sul territorio rappresenta infatti un importante punto di riferimento per le imprese, fornendo servizi essenziali di supporto, informazione, assistenza, promozione e sviluppo, contribuendo in modo significativo al tessuto economico e sociale locale;

    l'allontanamento o la riduzione dei servizi camerali può comportare conseguentemente un indebolimento del sostegno alle imprese di montagna e delle aree marginali, con potenziali ripercussioni negative sulla loro competitività e sulla capacità di attrarre investimenti;

    nel corso degli anni le associazioni di categoria ed i rappresentanti degli enti locali hanno espresso preoccupazione per la mancanza di un presidio camerale adeguato in queste zone e hanno sollecitato un ripensamento delle politiche di riorganizzazione;

    va inoltre segnalato come le Camere di Commercio si autofinanziano con i versamenti delle imprese iscritte e quindi l'istituzione di nuove sedi non comporterebbe ulteriori finanziamenti da parte dello Stato;

    nel provvedimento in esame sono presenti «Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane»,

impegna il Governo

ad intraprendere iniziative utili finalizzate ad istituire nuove Camere di Commercio in deroga alle disposizioni vigenti, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con particolare riferimento alle zone marginali e montane del paese.
9/2126-A/6. Marino, Carè, Iacono, Porta, Provenzano.


   La Camera,

   premesso che:

    la coltivazione della castagna, oltre ad essere un fattore di sostentamento economico per molte comunità, costituisce un presidio decisivo anche dal punto di vista paesaggistico e del contrasto a fenomeni quali quelli legati al dissesto idrogeologico. Nei 10,5 milioni di ettari occupati da boschi, la frazione investita a castagno rappresenta il 7,53 per cento di quella forestale, per un totale di circa 780.000 ha. Un patrimonio forestale, in gran parte di origine antropica, la cui ubicazione si concentra in diverse regioni;

    molti terreni silenti possono essere ricondotti a castagneti abbandonati, suscettibili di essere trasformati in boschi ad uso forestale o recuperati come castagneti da frutto. Per questi castagneti abbandonati e frammentati non vanno previste solo azioni di accorpamento fondiario ma anche forme di gestione associata che non modificano le piccole proprietà ma consentono di fare insieme gli interventi necessari per il recupero forestale e la commercializzazione dei prodotti e per invertire la tendenza allo spopolamento delle aree interne;

    il rilancio dell'economia montana dovrà basarsi prevalentemente sulla valorizzazione del patrimonio forestale riservando risorse non solo al sostegno di questa attività ma anche alla formazione di professionalità, che ora scarseggiano o mancano completamente, indicate dai consorzi agroforestali e dalle associazioni di produttori presenti in montagna,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte ad istituire nello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste un Fondo destinato a promuovere e favorire interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei castagneti dei territori montani di particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale abbandonati ed esposti al rischio di dissesto idrogeologico.
9/2126-A/7. Vaccari, Forattini, Marino, Romeo, Andrea Rossi.


   La Camera,

   premesso che:

    la coltivazione della castagna, oltre ad essere un fattore di sostentamento economico per molte comunità, costituisce un presidio decisivo anche dal punto di vista paesaggistico e del contrasto a fenomeni quali quelli legati al dissesto idrogeologico. Nei 10,5 milioni di ettari occupati da boschi, la frazione investita a castagno rappresenta il 7,53 per cento di quella forestale, per un totale di circa 780.000 ha. Un patrimonio forestale, in gran parte di origine antropica, la cui ubicazione si concentra in diverse regioni;

    molti terreni silenti possono essere ricondotti a castagneti abbandonati, suscettibili di essere trasformati in boschi ad uso forestale o recuperati come castagneti da frutto. Per questi castagneti abbandonati e frammentati non vanno previste solo azioni di accorpamento fondiario ma anche forme di gestione associata che non modificano le piccole proprietà ma consentono di fare insieme gli interventi necessari per il recupero forestale e la commercializzazione dei prodotti e per invertire la tendenza allo spopolamento delle aree interne;

    il rilancio dell'economia montana dovrà basarsi prevalentemente sulla valorizzazione del patrimonio forestale riservando risorse non solo al sostegno di questa attività ma anche alla formazione di professionalità, che ora scarseggiano o mancano completamente, indicate dai consorzi agroforestali e dalle associazioni di produttori presenti in montagna,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di iniziative normative volte ad istituire nello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste un Fondo destinato a promuovere e favorire interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei castagneti dei territori montani di particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale abbandonati ed esposti al rischio di dissesto idrogeologico.
9/2126-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta)Vaccari, Forattini, Marino, Romeo, Andrea Rossi.


   La Camera,

   premesso che:

    l'agricoltura eroica è uno strumento prezioso nella prospettiva della tutela e della diffusione di tradizioni antiche e localmente radicate; nel recupero di versanti abbandonati ed esposti a elevato rischio di dissesto idrogeologico, tema drammaticamente attuale nel nostro Paese; nel mantenimento di saperi tradizionali; nella salvaguardia del paesaggio e dell'ambiente anche attraverso la coltivazione di ecotipi locali o specie autoctone;

    gli agricoltori eroici producono in zone impervie, spesso su terreni con forti pendenze, su gradoni, terrazzamenti o fasce e con una quasi totale assenza di meccanizzazione, non solo per scelta, ma anche perché trattori e grandi macchine agricole in genere non riescono ad arrivare su questi terreni. In ciò risiede il tratto eroico di questi agricoltori, i quali riescono a mantenere vive produzioni agroalimentari soggette al rischio di estinzione e a condurre attività di olivicoltura, viticoltura, coltivazione degli agrumi e altre pratiche di agricoltura su terreni impervi;

    vanno previste pertanto politiche agricole differenziate, per mettere le aziende agricole eroiche in grado di ammodernare la strumentazione agricola e di generare occupazione e valore aggiunto sul piano economico-sociale, culturale, dell'ambiente e della salute,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad istituire nello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste un Fondo destinato a promuovere e favorire interventi volti a contrastare l'abbandono e il declino economico di aree montane e collinari rurali, delle zone di costiera impervie di grande pregio paesaggistico e ambientale e a promuovere e favorire interventi di recupero e di salvaguardia dell'agricoltura eroica.
9/2126-A/8. Ghio, Vaccari.


   La Camera,

   premesso che:

    l'agricoltura eroica è uno strumento prezioso nella prospettiva della tutela e della diffusione di tradizioni antiche e localmente radicate; nel recupero di versanti abbandonati ed esposti a elevato rischio di dissesto idrogeologico, tema drammaticamente attuale nel nostro Paese; nel mantenimento di saperi tradizionali; nella salvaguardia del paesaggio e dell'ambiente anche attraverso la coltivazione di ecotipi locali o specie autoctone;

    gli agricoltori eroici producono in zone impervie, spesso su terreni con forti pendenze, su gradoni, terrazzamenti o fasce e con una quasi totale assenza di meccanizzazione, non solo per scelta, ma anche perché trattori e grandi macchine agricole in genere non riescono ad arrivare su questi terreni. In ciò risiede il tratto eroico di questi agricoltori, i quali riescono a mantenere vive produzioni agroalimentari soggette al rischio di estinzione e a condurre attività di olivicoltura, viticoltura, coltivazione degli agrumi e altre pratiche di agricoltura su terreni impervi;

    vanno previste pertanto politiche agricole differenziate, per mettere le aziende agricole eroiche in grado di ammodernare la strumentazione agricola e di generare occupazione e valore aggiunto sul piano economico-sociale, culturale, dell'ambiente e della salute,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di ulteriori iniziative normative volte ad istituire nello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste un Fondo destinato a promuovere e favorire interventi volti a contrastare l'abbandono e il declino economico di aree montane e collinari rurali, delle zone di costiera impervie di grande pregio paesaggistico e ambientale e a promuovere e favorire interventi di recupero e di salvaguardia dell'agricoltura eroica.
9/2126-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta)Ghio, Vaccari.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, la cui crescita economica e sociale costituisce un obiettivo di interesse nazionale in ragione della loro importanza strategica ai fini della tutela e della valorizzazione dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi, prefiggendosi, fra il resto, la tutela del turismo e delle attività economiche di altura e la coesione delle comunità locali con la prevenzione dallo spopolamento;

    nel territorio regionale del Trentino-Alto Adige, con i progetti di ripopolamento della fauna selvatica ed in particolare dei grandi predatori, come il Life Ursus, avviato fra il 1999 e il 2002 in collaborazione tra la Provincia autonoma di Trento e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, si è assistito a una crescente incidenza di danni causati da esemplari di queste specie che rappresentano oggi, in particolare in Trentino, per le forte incidenza di orsi nel settore orientale, una minaccia per la stessa sicurezza dei frequentatori della montagna e in tutta la regione, dove forte è l'incidenza anche di lupi, la sopravvivenza di forme di pastorizia e allevamento tradizionale, connesse alla gestione e conservazione dei pascoli montani e degli alpeggi;

    in Trentino si sono manifestati episodi di aggressione all'uomo da parte di orsi, il più grave dei quali ha cagionato la morte del giovane Andrea Papi;

    al pari di quanto già previsto per i corpi forestali della regione Friuli Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e Bolzano, in sede di esame alla Camera, la V Commissione Bilancio ha approvato un emendamento volto ad autorizzare per la medesima regione e le medesime province autonome la dotazione, se necessario, di strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di capsaicina per i corpi di polizia locali e, previa intesa con il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, per le rispettive strutture operative territoriali di protezione civile;

    più volte sono state sollecitate le istituzioni sul tema della difesa delle persone dalla presenza e dagli attacchi di animali selvatici;

    considerando il fatto che gli strumenti di autodifesa, cosiddetti «spray anti orso», non hanno alcuna funzione offensiva verso gli animali ma sono finalizzati esclusivamente a dissuadere dall'attacco l'esemplare che manifesti aggressività e sono già largamente impiegati nei più grandi parchi naturali del mondo dove insistano grandi predatori e nei quali il porto dei medesimi, sotto stringente regolamentazione, costituisce spesso un obbligo per i frequentatori,

impegna il Governo

alla luce dei recenti fatti di cronaca, dei sempre più numerosi avvicinamenti di animali selvatici a centri abitati e delle recenti aggressioni ai danni di abitanti e frequentatori della montagna, a valutare l'opportunità di elaborare uno studio interdisciplinare per la valutazione delle modalità potenziali di estensione di porto e uso, ristretto alle proprie finalità, di strumenti di autodifesa –«spray anti orso» –, disciplinato sulla base delle norme di tutela della pubblica sicurezza ed esclusivamente in specifici ambiti territoriali ben definiti.
9/2126-A/9. Urzì, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 24 del provvedimento in esame introduce «misure fiscali a favore delle imprese montane esercitate da giovani»;

    attualmente le aree montane costituiscono il 35,2 per cento del territorio nazionale e comprendono 3.471 comuni classificati come totalmente o parzialmente montani. Nonostante la loro estensione e rilevanza strategica, questi territori registrano una significativa perdita di popolazione: 386.055 residenti in meno in dieci anni (-5,1 per cento), pari al 30 per cento del calo demografico nazionale, a fronte del solo 12,1 per cento della popolazione complessiva ivi residente;

    il tasso di mortalità delle imprese montane supera in maniera significativa quello delle aree non montane, a causa di maggiori costi logistici, carenze infrastrutturali e servizi essenziali inadeguati; in media, un imprenditore di montagna sostiene un aggravio annuo di 2.168 euro per raggiungere le principali infrastrutture;

    l'attuale congiuntura economica internazionale, caratterizzata da significativi aumenti dei costi energetici, crescita dell'inflazione e tensioni geopolitiche, ha colpito con particolare intensità i sistemi produttivi montani. Occorre peraltro segnalare che le imprese montane registrano costi operativi superiori del 18 per cento rispetto a quelle urbane, con punte del +25 per cento per energia e trasporti. A tutto ciò, infine, si aggiunge la crescente difficoltà di reperimento della manodopera (50,4 per cento nel 2023);

    recenti crisi industriali hanno interessato con particolare severità distretti produttivi insediati in aree montane, come dimostrano le vicende della Beko e del Gruppo Fedrigoni nelle Marche, dove già gli eventi sismici del 2016 hanno messo a dura prova la tenuta del tessuto economico e sociale;

    tutti i settori e i comparti operativi sono oggi esposti al rischio di desertificazione imprenditoriale, aggravato dalla perdita di forza lavoro giovane e attiva;

    secondo dati Confartigianato, le imprese in montagna hanno una minore accessibilità alle principali infrastrutture di trasporto rispetto al resto d'Italia: un imprenditore di montagna, con un profilo medio di mobilità, in un anno impiega il 62,7 per cento di tempo in più rispetto ad un imprenditore in area non montana per accedere ad autostrada, stazione ferroviaria, aeroporto e porto più prossimi. Per quanto riguarda le fragilità del territorio, oltre un quarto (26,4 per cento) delle imprese in comuni montani è a rischio frana, oltre quattro volte il 6,0 per cento rilevato nei comuni non montani, e il 5,1 per cento delle imprese in montagna è ad elevato rischio alluvione, mezzo punto superiore al 4,6 per cento dei comuni non montani. Nelle 13 province prevalentemente montane si concentrano 544 milioni di euro di investimenti fissi lordi dei comuni, il 14,1 per cento del totale Italia a fronte del 10,9 per cento del totale della spesa dei comuni italiani;

    mentre le politiche europee, come l'Agenda Territoriale 2030 e i fondi della programmazione 2021-2027, riconoscono il valore delle aree montane e promuovono un approccio place-based allo sviluppo locale, l'assenza di una visione sistemica e integrata rischia di produrre effetti marginali, in carenza di politiche attive del lavoro, investimenti infrastrutturali, servizi pubblici adeguati e misure fiscali strutturate,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti normativi che istituiscano un sistema organico di misure fiscali, contributive e finanziarie a favore delle imprese operanti nelle aree montane e dei distretti produttivi qui insediati.
9/2126-A/10. Curti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 24 del provvedimento in esame introduce «misure fiscali a favore delle imprese montane esercitate da giovani»;

    attualmente le aree montane costituiscono il 35,2 per cento del territorio nazionale e comprendono 3.471 comuni classificati come totalmente o parzialmente montani. Nonostante la loro estensione e rilevanza strategica, questi territori registrano una significativa perdita di popolazione: 386.055 residenti in meno in dieci anni (-5,1 per cento), pari al 30 per cento del calo demografico nazionale, a fronte del solo 12,1 per cento della popolazione complessiva ivi residente;

    il tasso di mortalità delle imprese montane supera in maniera significativa quello delle aree non montane, a causa di maggiori costi logistici, carenze infrastrutturali e servizi essenziali inadeguati; in media, un imprenditore di montagna sostiene un aggravio annuo di 2.168 euro per raggiungere le principali infrastrutture;

    l'attuale congiuntura economica internazionale, caratterizzata da significativi aumenti dei costi energetici, crescita dell'inflazione e tensioni geopolitiche, ha colpito con particolare intensità i sistemi produttivi montani. Occorre peraltro segnalare che le imprese montane registrano costi operativi superiori del 18 per cento rispetto a quelle urbane, con punte del +25 per cento per energia e trasporti. A tutto ciò, infine, si aggiunge la crescente difficoltà di reperimento della manodopera (50,4 per cento nel 2023);

    recenti crisi industriali hanno interessato con particolare severità distretti produttivi insediati in aree montane, come dimostrano le vicende della Beko e del Gruppo Fedrigoni nelle Marche, dove già gli eventi sismici del 2016 hanno messo a dura prova la tenuta del tessuto economico e sociale;

    tutti i settori e i comparti operativi sono oggi esposti al rischio di desertificazione imprenditoriale, aggravato dalla perdita di forza lavoro giovane e attiva;

    secondo dati Confartigianato, le imprese in montagna hanno una minore accessibilità alle principali infrastrutture di trasporto rispetto al resto d'Italia: un imprenditore di montagna, con un profilo medio di mobilità, in un anno impiega il 62,7 per cento di tempo in più rispetto ad un imprenditore in area non montana per accedere ad autostrada, stazione ferroviaria, aeroporto e porto più prossimi. Per quanto riguarda le fragilità del territorio, oltre un quarto (26,4 per cento) delle imprese in comuni montani è a rischio frana, oltre quattro volte il 6,0 per cento rilevato nei comuni non montani, e il 5,1 per cento delle imprese in montagna è ad elevato rischio alluvione, mezzo punto superiore al 4,6 per cento dei comuni non montani. Nelle 13 province prevalentemente montane si concentrano 544 milioni di euro di investimenti fissi lordi dei comuni, il 14,1 per cento del totale Italia a fronte del 10,9 per cento del totale della spesa dei comuni italiani;

    mentre le politiche europee, come l'Agenda Territoriale 2030 e i fondi della programmazione 2021-2027, riconoscono il valore delle aree montane e promuovono un approccio place-based allo sviluppo locale, l'assenza di una visione sistemica e integrata rischia di produrre effetti marginali, in carenza di politiche attive del lavoro, investimenti infrastrutturali, servizi pubblici adeguati e misure fiscali strutturate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di esercizio della delega prevista dall'articolo 2, comma 4, di tener conto dell'esigenza di un sistema organico di misure fiscali, contributive e finanziarie a favore delle imprese operanti nelle aree montane e dei distretti produttivi qui insediati.
9/2126-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta)Curti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 11 del provvedimento in esame individua, tra le priorità per lo sviluppo socio-economico dei territori montani, la continuità dei servizi di telefonia mobile e delle connessioni digitali, la copertura dell'accesso alla rete internet in banda ultra-larga e il sostegno alla digitalizzazione della popolazione, attraverso il contrasto al divario digitale e culturale;

    nella sua formulazione originaria, il comma 1 del medesimo articolo stabiliva che i contratti di programma relativi alle concessioni della rete stradale e ferroviaria nazionale dovessero prevedere interventi infrastrutturali volti a garantire la continuità dei servizi di telefonia e connessione digitale nei comuni montani, con oneri a carico dei gestori delle infrastrutture digitali;

    tale previsione è stata successivamente soppressa nel corso dell'esame in Commissione, a seguito delle proteste dei gestori privati, che lamentavano l'eccessivo carico economico degli interventi, e sulla base della considerazione del Ministro competente secondo cui sarebbero soltanto una decina i comuni montani totalmente privi di copertura di rete;

    questa scelta rischia di ridurre l'efficacia dell'articolo 11, svuotandone in parte l'impianto operativo e rinunciando a un'azione concreta per garantire il diritto alla connessione digitale per le comunità montane, che troppo spesso si trovano in condizioni di isolamento tecnologico e infrastrutturale;

    la possibilità di ricorrere in futuro a tecnologie alternative, come quella satellitare, non può giustificare il venir meno a un impegno strutturale e finanziato per la digitalizzazione delle aree montane, che rappresenta una condizione essenziale per garantire parità di diritti, accesso ai servizi pubblici, alla sanità da remoto, all'istruzione e alle opportunità economiche,

impegna il Governo

ad individuare e stanziare le risorse necessarie per attuare concretamente gli obiettivi dell'articolo 11, garantendo il superamento del digital divide nelle zone montane, anche attraverso un piano di investimenti pubblici finalizzato alla realizzazione, manutenzione e gestione delle infrastrutture di telefonia mobile e connessione digitale, nel quadro della Strategia nazionale per la banda ultra-larga e degli obiettivi europei della Bussola Digitale 2030.
9/2126-A/11. Roggiani, Manes.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure volte ad una completa attuazione degli obiettivi di cui all'articolo 11, al fine del superamento del digital divide nelle zone montane nel quadro della strategia nazionale per la banda larga e degli obiettivi europei della Bussola digitale 2030.
9/2126-A/11. (Testo modificato nel corso della seduta)Roggiani, Manes.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame appare in larga parte viziato da varie carenze e lacune, in particolare per quel che riguarda le risorse messe a disposizione per una effettiva valorizzazione delle zone montane;

    quanto sopra esposto vale, ad esempio, per la sanità pubblica e universalistica, che risente nelle aree montane ancor di più di quanto già non accada nel resto del Paese, della riduzione nel rapporto tra PIL e investimenti;

    al riguardo il Rapporto dell'Osservatorio Gimbe sulla «Spesa sanitaria privata in Italia 2023» commissionato dall'Osservatorio Nazionale Welfare & Salute (Onws), evidenzia che circa quattro milioni e mezzo di italiani rinunciano a cure essenziali ed esami diagnostici. Di questi, ben 2 milioni e mezzo per motivi economici, mentre il restante a causa delle lunghissime liste di attesa;

    le difficoltà logistiche presenti nelle zone montane non possono che peggiorare il quadro sopra esposto;

    al riguardo il disegno di legge in esame non prevede rideterminazioni del fabbisogno di medici e specialisti nelle regioni sul cui territorio insistono i comuni montani, e non sono previste reali iniziative di promozione delle aggregazioni tra medici e pediatri nelle aree montane, e per la telemedicina, in modo da favorire l'assistenza sanitaria e la medicina territoriale anche nelle zone che oggi sono fortemente penalizzate;

    lo stesso vale per la valorizzazione e il sostegno del lavoro di équipe per le case di comunità, così come per quel che riguarda le farmacie rurali;

    si tratta di questioni che hanno grande rilevanza per il diritto universale alla salute previsto dall'articolo 32 della Costituzione, ma che si riflettono anche sulla tutela e la valorizzazione delle zone montane, che può avvenire solo se le persone che vivono in quei territori, spesso anziane, non vivano una situazione di abbandono nella quale spesso si trovano in zone disagevoli da raggiungere;

    è chiaro che un intervento inadeguato o insufficiente come quello previsto dal disegno di legge in esame non consente di affrontare efficacemente problematiche la cui risoluzione si rivela, tuttavia, prioritaria tanto al fine di garantire diritti di cittadinanza per chi vive nelle zone montane, quanto allo scopo di contrastare, in tal modo, il fenomeno dello spopolamento e che, la difficoltà ad accedere ad adeguate prestazioni sanitarie rappresenti una problematica estremamente diffusa e particolarmente sentita per chi risiede nelle aree montane,

impegna il Governo:

   a intraprendere tutte le iniziative necessarie per il sostegno alla telemedicina, strumento essenziale per consentire la cura costante delle persone residenti nelle zone montane e difficilmente raggiungibili in tempi rapidi dal personale sanitario;

   a sostenere anche tramite interventi legislativi il lavoro di équipe nelle case di comunità, in modo da garantire che le persone residenti nelle zone montane possano usufruire in loco dei servizi sanitari necessari;

   a procedere ad una maggiore valorizzazione delle farmacie rurali, strumento essenziale non solo per la cura ma anche come necessario mezzo per ridurre l'isolamento che molte persone si trovano a vivere in molte zone montane.
9/2126-A/12. Girelli, Manes.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ulteriormente valorizzare la telemedicina nelle zone montane quale strumento essenziale per consentire la cura costante delle persone residenti in tali zone, spesso difficilmente raggiungibili in tempi rapidi dal personale sanitario, nonché di riconoscere il ruolo svolto dalle farmacie rurali come necessario mezzo non solo per la cura ma anche per ridurre l'isolamento che molte persone si trovano a vivere in molte zone montane.
9/2126-A/12. (Testo modificato nel corso della seduta)Girelli, Manes.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 45, ai commi da 2-quater a 2-octies, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, istituisce presso Crea il registro dei crediti di carbonio generati su base volontaria dal settore agroforestale nazionale;

    a distanza di due anni, e ben oltre il periodo perentorio di sei mesi previsto dalla norma (comma 2-septies del citato articolo) per la definizione delle Linee guida recanti modalità di certificazione dei crediti e di gestione del registro, ad oggi, non risulta emanato alcun provvedimento;

    lo scorso dicembre 2024 è entrato in vigore il regolamento europeo (UE) 2024/3012, direttamente applicabile negli Stati membri, con l'obiettivo di agevolare e incoraggiare la realizzazione, da parte di gestori o gruppi di gestori, di assorbimenti permanenti del carbonio, della carboniocoltura e dello stoccaggio del carbonio nei prodotti da parte di gestori o gruppi di gestori, a integrazione di riduzioni durature delle emissioni in tutti i settori;

    secondo quanto stabilito dal regolamento, per ottenere la certificazione, le attività di assorbimento del carbonio dovranno soddisfare quattro criteri generali:

     apportare un beneficio quantificato netto in termini di assorbimento del carbonio o in termini di riduzione delle emissioni dal suolo;

     essere addizionali, ossia andare oltre gli obblighi normativi a livello del singolo gestore e necessitare dell'effetto incentivante della certificazione per diventare finanziariamente sostenibili;

     garantire lo stoccaggio a lungo termine del carbonio riducendo al minimo il rischio di rilascio del carbonio;

     non arrecare un danno significativo all'ambiente ed essere in grado di apportare benefici collaterali in relazione a uno o più obiettivi di sostenibilità;

    tutte le attività ammissibili alla certificazione dovranno essere verificate in modo indipendente da organismi di certificazione terzi;

    il regolamento prevede che, per dimostrare la conformità allo stesso, gli operatori dovranno disporre di sistemi di certificazione soggetti a norme e procedure affidabili e trasparenti in materia di monitoraggio, verifica e comunicazione dei risultati;

    l'articolo 12 del disegno di legge in esame prevede disposizioni in materia di adozione di linee guida volte all'individuazione, recupero, utilizzazione razionale e valorizzazione dei sistemi agro-silvo-pastorali montani, della promozione della certificazione delle foreste e della costituzione di forme associative tra i proprietari e gli affittuari interessati,

impegna il Governo:

   ad adottare tempestivamente le Linee guida recanti modalità di certificazione dei crediti e di gestione del registro, coerentemente con le novità introdotte dal Regolamento europeo (UE) 2024/3012 che prevede una certificazione trasparente dei titoli generati nel mercato volontario del carbonio agroforestale, a garanzia che gli stessi siano generati mediante pratiche agricole e forestali aggiuntive a quelle obbligatorie, e pertanto in grado di garantire un reale sequestro del carbonio;

   a prevedere la possibilità che i crediti generati da progetti forestali realizzati nel territorio nazionale e impiegabili su base volontaria per compensare le emissioni in atmosfera possano essere utilizzati per remunerare gli enti territoriali e loro forme associative per la produzione di servizi ecosistemici e ambientali.
9/2126-A/13. Simiani, Manes.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 45, ai commi da 2-quater a 2-octies, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, istituisce presso Crea il registro dei crediti di carbonio generati su base volontaria dal settore agroforestale nazionale;

    lo scorso dicembre 2024 è entrato in vigore il regolamento europeo (UE) 2024/3012, direttamente applicabile negli Stati membri, con l'obiettivo di agevolare e incoraggiare la realizzazione, da parte di gestori o gruppi di gestori, di assorbimenti permanenti del carbonio, della carboniocoltura e dello stoccaggio del carbonio nei prodotti da parte di gestori o gruppi di gestori, a integrazione di riduzioni durature delle emissioni in tutti i settori;

    secondo quanto stabilito dal regolamento, per ottenere la certificazione, le attività di assorbimento del carbonio dovranno soddisfare quattro criteri generali:

     apportare un beneficio quantificato netto in termini di assorbimento del carbonio o in termini di riduzione delle emissioni dal suolo;

     essere addizionali, ossia andare oltre gli obblighi normativi a livello del singolo gestore e necessitare dell'effetto incentivante della certificazione per diventare finanziariamente sostenibili;

     garantire lo stoccaggio a lungo termine del carbonio riducendo al minimo il rischio di rilascio del carbonio;

     non arrecare un danno significativo all'ambiente ed essere in grado di apportare benefici collaterali in relazione a uno o più obiettivi di sostenibilità;

    tutte le attività ammissibili alla certificazione dovranno essere verificate in modo indipendente da organismi di certificazione terzi;

    il regolamento prevede che, per dimostrare la conformità allo stesso, gli operatori dovranno disporre di sistemi di certificazione soggetti a norme e procedure affidabili e trasparenti in materia di monitoraggio, verifica e comunicazione dei risultati;

    l'articolo 12 del disegno di legge in esame prevede disposizioni in materia di adozione di linee guida volte all'individuazione, recupero, utilizzazione razionale e valorizzazione dei sistemi agro-silvo-pastorali montani, della promozione della certificazione delle foreste e della costituzione di forme associative tra i proprietari e gli affittuari interessati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tempestivamente le linee guida recanti modalità di certificazione dei crediti e di gestione del Registro.
9/2126-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta)Simiani, Manes.


   La Camera,

   premesso che:

    il presente disegno di legge considera la crescita economica e sociale delle zone montane un obiettivo di interesse nazionale e mira a garantire alle popolazioni residenti l'effettivo esercizio dei diritti civili e sociali e il pieno e agevole accesso ai servizi pubblici essenziali;

    in quest'ambito, l'accesso all'offerta televisiva costituisce uno strumento fondamentale per consentire alla popolazione di poter accedere all'informazione e, quindi, di poter partecipare in modo consapevole alla vita sociale e civile del Paese;

    tuttavia, la transizione verso un sistema di comunicazione ormai integralmente digitale ha visto aggravarsi il divario tra i ceti più alfabetizzati e le fasce più deboli che hanno difficoltà ad accedere ai nuovi strumenti tecnologici (cosiddetti digital divide), soprattutto nelle zone montane o a bassa densità abitativa, con situazioni di difficoltà ad accedere alla visione televisiva completa e senza disturbi utilizzando le tradizionali antenne di ricezione terrestri, anche in considerazione delle difficoltà di accesso alla connessione Internet via fibra (necessaria per la televisione via streaming) quale strumento alternativo per poter guardare i programmi televisivi, trattandosi spesso di territori in cui la fibra non è ancora attiva;

    peraltro, l'articolo 4, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, recante il Testo Unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi ricomprende specificamente, tra i principi generali del sistema a tutela degli utenti, la garanzia di una «adeguata copertura del territorio nazionale o locale» e, in quest'ottica, l'articolo 3 della Convenzione fra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI per la concessione per il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale prevede espressamente che il concessionario si impegni a garantire la diffusione di tutti i contenuti audiovisivi di pubblico servizio assicurando la ricevibilità gratuita del segnale al 100 per cento della popolazione via etere o, quando non sia possibile, via cavo e via satellite;

    inoltre, la copertura del segnale e la ricezione dello stesso sono due concetti diversi, nel senso che la copertura ci potrebbe essere ma l'utente potrebbe non ricevere comunque il segnale per tutta una serie di motivi e così è di fatto per la RAI, la cui copertura sul digitale terrestre, in base ai dati forniti dallo stesso concessionario è pari al 99 per cento ma la cui ricezione nei comuni montani non è garantita a tutta la platea degli utenti per via di interferenze con ripetitori mobili o a causa di una orografia complicata;

    sarebbe in proposito opportuno procedere al censimento della popolazione residente nei comuni montani non in grado di ricevere il segnale del servizio pubblico radiotelevisivo;

    una soluzione efficace per risolvere i problemi di ricezione del segnale radiotelevisivo appena richiamati potrebbe essere quella della trasmissione dell'offerta televisiva gratuita via satellite, in grado di raggiungere senza alcuna limitazione qualsiasi zona del territorio nazionale e risolvere ogni problema di ricezione televisiva indipendentemente dalle caratteristiche del territorio interessato, anche in considerazione dell'esistenza di una piattaforma satellitare gratuita (tivùsat, partecipata dai principali editori televisivi italiani) che consente, senza la necessità di alcun abbonamento e con il solo costo per l'acquisto e l'installazione dell'antenna parabolica, la ricezione integrale dell'intera offerta televisiva gratuita,

impegna il Governo

anche al fine di dare piena ed effettiva attuazione al citato articolo 3 della Convenzione fra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI per la concessione per il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, a valutare l'opportunità di adottare misure volte a favorire, nei comuni montani privi di copertura televisiva, l'installazione dei dispositivi necessari alla ricezione delle piattaforme satellitari gratuite.
9/2126-A/14. Comaroli, Maccanti, Barabotti, Cattoi, Frassini, Ottaviani, Dara, Furgiuele, Marchetti, Panizzut.


   La Camera,

   premesso che:

    il presente disegno di legge considera la crescita economica e sociale delle zone montane un obiettivo di interesse nazionale e mira a garantire alle popolazioni residenti l'effettivo esercizio dei diritti civili e sociali e il pieno e agevole accesso ai servizi pubblici essenziali;

    in quest'ambito, l'accesso all'offerta televisiva costituisce uno strumento fondamentale per consentire alla popolazione di poter accedere all'informazione e, quindi, di poter partecipare in modo consapevole alla vita sociale e civile del Paese;

    tuttavia, la transizione verso un sistema di comunicazione ormai integralmente digitale ha visto aggravarsi il divario tra i ceti più alfabetizzati e le fasce più deboli che hanno difficoltà ad accedere ai nuovi strumenti tecnologici (cosiddetti digital divide), soprattutto nelle zone montane o a bassa densità abitativa, con situazioni di difficoltà ad accedere alla visione televisiva completa e senza disturbi utilizzando le tradizionali antenne di ricezione terrestri, anche in considerazione delle difficoltà di accesso alla connessione Internet via fibra (necessaria per la televisione via streaming) quale strumento alternativo per poter guardare i programmi televisivi, trattandosi spesso di territori in cui la fibra non è ancora attiva;

    peraltro, l'articolo 4, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, recante il Testo Unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi ricomprende specificamente, tra i principi generali del sistema a tutela degli utenti, la garanzia di una «adeguata copertura del territorio nazionale o locale» e, in quest'ottica, l'articolo 3 della Convenzione fra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI per la concessione per il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale prevede espressamente che il concessionario si impegni a garantire la diffusione di tutti i contenuti audiovisivi di pubblico servizio assicurando la ricevibilità gratuita del segnale al 100 per cento della popolazione via etere o, quando non sia possibile, via cavo e via satellite;

    inoltre, la copertura del segnale e la ricezione dello stesso sono due concetti diversi, nel senso che la copertura ci potrebbe essere ma l'utente potrebbe non ricevere comunque il segnale per tutta una serie di motivi e così è di fatto per la RAI, la cui copertura sul digitale terrestre, in base ai dati forniti dallo stesso concessionario è pari al 99 per cento ma la cui ricezione nei comuni montani non è garantita a tutta la platea degli utenti per via di interferenze con ripetitori mobili o a causa di una orografia complicata;

    una soluzione efficace per risolvere i problemi di ricezione del segnale radiotelevisivo appena richiamati potrebbe essere quella della trasmissione dell'offerta televisiva gratuita via satellite, in grado di raggiungere senza alcuna limitazione qualsiasi zona del territorio nazionale e risolvere ogni problema di ricezione televisiva indipendentemente dalle caratteristiche del territorio interessato, anche in considerazione dell'esistenza di una piattaforma satellitare gratuita (tivùsat, partecipata dai principali editori televisivi italiani) che consente, senza la necessità di alcun abbonamento e con il solo costo per l'acquisto e l'installazione dell'antenna parabolica, la ricezione integrale dell'intera offerta televisiva gratuita;

    al riguardo, sulla base del contratto di servizio in vigore la Rai già fornisce gratuitamente la scheda per Tivùsat ai cittadini residenti nei comuni privi del segnale terrestre,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare piena ed effettiva attuazione al citato articolo 3 della Convenzione fra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai, attraverso ogni misura idonea a favorire la trasmissione dell'offerta televisiva gratuita via satellite nei comuni montani privi di copertura televisiva.
9/2126-A/14. (Testo modificato nel corso della seduta)Comaroli, Maccanti, Barabotti, Cattoi, Frassini, Ottaviani, Dara, Furgiuele, Marchetti, Panizzut.


   La Camera,

   premesso che:

    la presente legge reca misure per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, la cui crescita economica e sociale viene elevata ad obiettivo strategico di interesse nazionale;

    condizione necessaria per il raggiungimento di tale obiettivo è quella di garantire ai comuni montani di disporre di una amministrazione efficiente;

    a tale scopo risulta fondamentale l'attività di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi degli enti montani svolta dal segretario comunale, vero e proprio garante della legalità e dell'imparzialità dell'operato dell'amministrazione;

    tale funzione di garanzia risulta vieppiù accresciuta nei comuni montani che, per la loro consistenza demografica, non dispongono, generalmente, di un apparato burocratico di rilevanti dimensioni;

    ciononostante, la endemica carenza di segretari comunali e le connesse criticità nei meccanismi di reclutamento ed assegnazione delle sedi di segreteria recano grave vulnus alla funzionalità dei comuni montani;

    vi è dunque la necessità di affrontare tale rilevante problematica nell'ambito delle più generali questioni relative alla ridefinizione dei criteri di classificazione dei comuni montani e alla riforma del testo unico degli enti locali, con particolare riferimento sia allo status e ai meccanismi di reclutamento ed assegnazione dei segretari comunali sia alla ridefinizione delle forme di associazionismo intercomunale, con particolare riguardo a quelli montani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre, in coerenza con la ridefinizione dei criteri di classificazione dei comuni montani e con il processo di riforma del TUEL, le misure necessarie a garantire l'indispensabile funzione di supporto nei confronti degli organi dei comuni montani nonché di garante della legalità e dell'imparzialità dell'amministrazione comunale svolta dai segretari comunali.
9/2126-A/15. Ottaviani, Comaroli, Barabotti, Cattoi, Frassini.


   La Camera,

   premesso che:

    il comparto comunale è quello in cui è stato intrapreso in maniera più decisa un percorso di attuazione del federalismo fiscale, con il superamento del sistema di finanza derivata e l'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa ai comuni;

    in quest'ambito, il Fondo di solidarietà comunale costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi, le cui risorse, nell'ottica di un progressivo abbandono della spesa storica, vengono distribuite con funzioni sia di compensazione delle risorse attribuite in passato sia di perequazione, tenendo conto della differenza tra capacità fiscale e fabbisogno standard dei comuni, in previsione del raggiungimento del 100% della finalità perequativa nell'anno 2030;

    l'avvio del percorso di perequazione ha fatto sì che tale Fondo funzioni di fatto, per questo aspetto, come un meccanismo di redistribuzione orizzontale, che sottrae risorse ai comuni che hanno elevate basi imponibili e bassi fabbisogni a favore dei comuni con basi imponibili limitate e fabbisogni elevati;

    il progressivo rafforzamento della componente perequativa ha comportato alcune distorsioni nella redistribuzione delle risorse del Fondo che hanno già richiesto, a più riprese, l'intervento del legislatore, con la previsione di meccanismi correttivi in grado di contenere il differenziale di risorse spettanti a taluni comuni che si viene a determinare per effetto dell'applicazione dei criteri perequativi;

    il meccanismo perequativo può raggiungere concretamente gli scopi perseguiti solo ove si tenga conto della specificità dei comuni montani situati nelle isole, nelle zone di confine e nelle aree con particolari indici di spopolamento, invecchiamento della popolazione e rarefazione abitativa tali da determinare condizioni di minore capacità fiscale per abitante;

    nelle citate aree, inoltre, le peculiarità delle condizioni climatiche e geofisiche delle montagne producono un significativo impatto sull'erogazione dei servizi fondamentali alla cittadinanza, determinando notevoli sovraccosti a carico delle amministrazioni locali impegnate nell'erogazioni di tali servizi;

    l'esigenza di un intervento correttivo delle distorsioni derivanti dall'applicazione dei citati criteri perequativi si ravvisa, in particolare, per i comuni montani a basso tasso di industrializzazione e di attività produttive, la cui economia è prevalentemente orientata verso il turismo bianco, caratterizzati da una notevole presenza di seconde case;

    tali enti, infatti, subiscono forti decurtazioni delle risorse loro destinate in sede di ripartizione del FSC in favore di comuni gravati da costi di gestione dei servizi pubblici inferiori e caratterizzati da un tessuto economico differente;

    le citate distorsioni nella distribuzione del FSC risultano vieppiù accresciute ove si tenga conto delle importanti spese sostenute dai comuni montani per le attività ordinarie e straordinarie di sgombero neve;

    ulteriori correttivi, inoltre, sarebbero altresì necessari ove si tenga conto degli ingenti investimenti sostenuti dai comuni montani per consentire agli utenti la fruizione degli impianti e delle strutture destinate alla pratica degli sport invernali, principale se non unica fonte di sostentamento per i comuni a vocazione di turismo bianco,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di introdurre le misure volte a compensare la minore capacità fiscale per abitante dei comuni montani dovuta a fenomeni di spopolamento, rarefazione abitativa e invecchiamento della popolazione, anche tenendo conto dei maggiori costi che le amministrazioni locali sono costrette ad affrontare al fine di erogare i servizi fondamentali alla cittadinanza, in relazione alle peculiari condizioni climatiche e geofisiche di quei territori, anche con riferimento agli ingenti costi sostenuti per le attività ordinarie e straordinarie di sgombero neve;

   a valutare, altresì, l'opportunità di temperare la rigidità dei criteri perequativi al fine di contenere il differenziale negativo delle risorse spettanti in sede di riparto del Fondo di solidarietà comunale ai comuni interamente montani sul cui territorio insistono impianti di risalita o piste di fondo, infrastrutture particolarmente dispendiose ma che rappresentano, tuttavia, l'unico volano per la crescita economica del comparto turistico ricettivo delle zone montane.
9/2126-A/16. Bordonali, Comaroli, Barabotti, Cattoi, Ottaviani.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane;

   considerato che:

    si ritiene necessario restituire alla collettività beni abbandonati e in stato di degrado di cui non si occupa più nessuno e si trovano in stato di decadenza, arrivando a costituire un pericolo o a recare un danno alla sicurezza di cose e persone;

    l'articolo 586 del codice civile dispone che «in mancanza di altri successibili, l'eredità è devoluta allo Stato. L'acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia. Lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati»;

    la ratio sottostante l'articolo 586 del codice civile risiede nel fatto che è un interesse pubblico e una necessità sociale che un patrimonio non resti privo di titolare. Il presupposto previsto dall'articolo 586 del codice civile, a fronte dell'apertura di una successione, consiste nella «mancanza di altri successibili» e si riferisce all'ipotesi in cui manchino successibili testamentari o legittimi (coniuge e parenti entro il sesto grado), ovvero gli stessi siano indegni (articoli 463 e seguenti), ovvero il testamento sia invalido, ovvero i chiamati non accettino nel termine (articolo 480 del codice civile) o rinunzino all'eredità (articolo 519 del codice civile) quando però sia decorso il termine entro il quale è possibile la revoca della rinunzia (articolo 525 del codice civile);

    l'articolo 67 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige, stabilendo che «i beni immobili situati nelle regione che non sono proprietà di alcuno, spettano al patrimonio della Regione», ha apportato una deroga all'articolo 827 del codice civile ma non ha modificato l'articolo 586 del codice civile che, quindi, è tutt'ora in vigore nel territorio di questa regione, operando nel diverso campo della successione a causa di morte. In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, Sez. 2, con la sentenza n. 2862 dell'11 marzo 1995,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire un tavolo tecnico con le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano al fine di addivenire a soluzioni normative volte a far sì che i beni immobili abbandonati e in stato di degrado nelle aree montane che rientrano nella fattispecie di cui all'articolo 586 del codice civile possano confluire al rispettivo patrimonio fondiario ed edilizio delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
9/2126-A/17. Cattoi, Comaroli, Barabotti, Frassini, Ottaviani, Manes, Giagoni.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 12 del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di ecosistemi montani;

    l'Italia è parte della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979 e ratificata con la legge 5 agosto 1981, n. 503, alla quale aderisce anche l'Unione europea;

    lo scorso 6 dicembre il Comitato permanente della Convenzione di Berna ha votato a favore del declassamento dello status di protezione del lupo (specie Canis Lupus), portando la specie da «rigorosamente protetta» a semplicemente «protetta», così accogliendo la proposta di declassamento formulata dalla Commissione europea nel dicembre 2023 e approvata dal Consiglio dell'Unione europea il 27 settembre 2024;

    il 7 marzo 2025, ovvero tre mesi dopo quella decisione, la modifica della Convenzione di Berna è divenuta efficace in assenza di opposizione da parte di almeno un terzo degli Stati aderenti;

    a seguito di questa modifica, in base alla citata Convenzione internazionale, resta doveroso regolamentare lo sfruttamento della specie, per prevenirne la messa in pericolo, ma vengono meno le indicazioni rigide previste per le specie rigorosamente protette, che stabiliscono – ad esempio – un divieto totale di cattura, detenzione, uccisione e disturbo; con il nuovo status, infatti, il lupo potrà essere oggetto di cattura o di abbattimento qualora le istituzioni ravvisino motivazioni di sicurezza e di ordine pubblico;

    a seguito dell'entrata in vigore delle citate modifiche alla Convenzione di Berna, il 7 marzo 2025 la Commissione europea ha proposto di intervenire sugli allegati IV e V della Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (cosiddetta Direttiva Habitat), per recepire il nuovo contenuto della Convenzione, assicurando «ulteriore flessibilità agli Stati membri nella gestione delle popolazioni locali di lupi, in modo che possano adottare misure che si adattino bene alle circostanze regionali»;

    l'iter della proposta di modifica della direttiva è dunque già avviato e coinvolge le competenze del Parlamento europeo e del Consiglio europeo,

impegna il Governo

a garantire la tempestiva attuazione delle modifiche che saranno apportate alla Direttiva, adeguando così il nostro ordinamento ai nuovi contenuti della Convenzione di Berna relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa.
9/2126-A/18. Bruzzone, Comaroli, Barabotti, Cattoi, Frassini, Ottaviani.


   La Camera,

   premesso che:

    l'obiettivo dell'iniziativa legislativa in esame è quello di ridurre le condizioni di svantaggio, sostenere le attività produttive, fronteggiare il problema dello spopolamento e consentire alla popolazione residente zone di montagna di poter fruire di tutti i servizi essenziali (in primis, la scuola e la sanità) in condizioni di parità con chi risiede nelle altre aree del territorio nazionale;

    secondo i dati dell'Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM), il territorio montano comprende attualmente 3.524 comuni totalmente montani e 652 comuni parzialmente montani, per un totale complessivo di 4.176 su 7.904 comuni italiani;

    in termini di estensione territoriale, su un totale di 302.073 chilometri quadrati che definiscono il territorio italiano, circa 147.517 chilometri quadrati sono occupati dai comuni montani, rappresentando, quindi, il 49 per cento del territorio nazionale;

    In particolare, nelle due regioni della Valle d'Aosta e del Trentino Alto-Adige, il 100 per cento dei comuni sono classificati montani; ed anche in altre regioni si raggiungono percentuali rilevanti;

    il comma 1 dell'articolo 1 del disegno di legge n. 2126, in attuazione dell'articolo 44, secondo comma, della Costituzione e in coerenza con gli articoli 174 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, reca misure volte a riconoscere e promuovere le zone montane, la cui crescita economica e sociale costituisce un obiettivo di interesse nazionale;

    in particolare, il comma 1 sottolinea l'importanza strategica delle zone montane, ai fini della tutela e della valorizzazione dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi, della tutela del suolo e delle relative funzioni ecosistemiche, delle risorse naturali, del paesaggio, del territorio e delle risorse idriche anche ai fini del contrasto della crisi climatica, della salute, del turismo e delle loro peculiarità storiche, artistiche, culturali e linguistiche, dell'identità e della coesione delle comunità locali, anche nell'interesse delle future generazioni e della sostenibilità degli interventi economici;

    l'articolo 44 della Costituzione italiana vincola il legislatore al rispetto di due obiettivi principali quali il conseguimento di un uso razionale del suolo e la realizzazione di rapporti sociali equi;

    durante la seduta plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo nel 2018 era stata approvata un importante Risoluzione che prevedeva la realizzazione di un'Agenda europea per le zone montane, rurali e remote e che tale Risoluzione non ha trovato, opportuna attuazione;

    a livello europeo alcune direttive, recano norme minime di prestazione energetica del patrimonio edilizio, comportando obblighi di adeguamento degli immobili esistenti a determinati standard energetici entro determinate scadenze, ma prevedendo allo stesso tempo una serie di possibili eccezioni, ossia categorie di immobili che possono essere escluse da questi obblighi di adeguamento;

    pur condividendo gli obiettivi relativi alla riduzione di emissioni nocive, va tenuto presente che gli obiettivi, per quanto ambiziosi di queste direttive non tengono conto delle specificità del patrimonio immobiliare italiano che è caratterizzato in montagna da borghi, villaggi e frazioni storiche con usi prevalentemente rurali e spesso con paramenti in pietra a vista, dove l'esecuzione degli interventi edilizi volti al raggiungimento degli standard di prestazione energetica sono di difficile esecuzione, dal punto di vista della sostenibilità economica potrebbero determinare in molti casi lo stravolgimento del pregio architettonico, storico e documentario del tessuto edilizio esistente;

    il disegno di legge «Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane» prevede all'articolo 26, specifiche agevolazioni fiscali, sotto forma di credito d'imposta, nel caso di mutuo contratto da un contribuente che non ha compiuto il quarantunesimo anno di età per l'acquisto o la ristrutturazione edilizia di un immobile da destinare ad abitazione principale in comuni montani;

    la desertificazione antropica ed economica di tali aree, appare essere al momento uno degli elementi più critici che devono affrontare le popolazioni che qui abitano e producono e come sempre più spesso nei comuni di cui all'articolo 2, i fenomeni di abbandono del costruito storico esistente, che costituisce i villaggi e i borghi di questi territori, sta assumendo connotati sempre più preoccupanti, con decadimento e distruzione e abbandono di interi villaggi, con l'insorgere di evidenti fenomeni di degrado ambientale e gravi problemi relativi all'incolumità pubblica;

    l'agevolare il recupero di questi manufatti edilizi per creare condizioni ottimali, appaiono essere gli elementi basilari per invogliare i giovani a risiedere permanentemente in questi comuni, generando di conseguenza con l'instaurarsi dei fenomeni e dinamiche turistiche, le condizioni per l'insediamento anche di altre attività imprenditoriali di nicchia coerenti con le peculiarità specifiche di questi territori;

    agli articoli 24 e 25 il disegno di legge prevede valide misure di aiuto quali un contributo sotto forma di credito d'imposta alle piccole imprese e alle microimprese che esercitano la propria attività nei comuni montani e incentivi al fine di agevolare lo svolgimento del lavoro agile nei piccoli comuni montani ed il ripopolamento degli stessi;

    fondamentale è quindi invogliare e dare serenità ai giovani di investire innanzitutto nel recupero del patrimonio edilizio storico esistente, al fine di insediarci non solo la residenza, ma di procedere ad avviare attività imprenditoriali compatibili con l'ambiente montano, come ad esempio accoglienza e ricettività diffusa, attività artigianali di nicchia e commerci sostenibili e identitari del territorio. Attraverso agevolazioni, che potrebbero riguardare semplificazioni procedurali per la stipula ad esempio, di un finanziamento ipotecario o fondiario, attraverso garanzie specifiche o attraverso un preammortamento di almeno due anni dall'inizio reale dell'attività imprenditoriale. In sostanza agevolazioni tali che possano garantire la serenità necessaria ai giovani per intraprendere un percorso importante in aree obiettivamente disagiate e tante volte al di fuori dei principali canali turistici, anche se in contesti ad alto valore paesaggistico, naturalistico e storico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di adottare, implementare e sviluppare ulteriori possibili iniziative normative e finanziarie per incentivare il recupero edilizio del patrimonio storico tradizionale e rurale nelle aree di montagna finalizzando gli interventi di recupero edilizio, alla residenza permanente e all'insediamento di attività imprenditoriali da parte di giovani.
9/2126-A/19. Manes, Steger.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, recante disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone monta, all'articolo 6, comma 1, introduce misure finalizzate alla valorizzazione dell'attività prestata dagli esercenti professioni sanitarie e dagli operatori sociosanitari presso strutture, pubbliche o private accreditate, ubicate nei comuni montani destinatari di misure di sostegno;

    negli ultimi anni le farmacie si sono evolute diventando un fondamentale presidio sanitario di prossimità territoriale, riuscendo ad agevolare enormemente l'accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie e contribuendo così al contrasto delle disuguaglianze nell'accesso al diritto alla salute che ancora caratterizzano il territorio del nostro Paese. Soprattutto durante la pandemia, le farmacie si sono rapidamente organizzate per offrire nuovi servizi sanitari ma anche per implementare quelli già previsti dalla normativa: in questo contesto, e da allora, la farmacia ha assunto un ruolo ancor più determinante nel processo di territorializzazione dell'assistenza sanitaria;

    con particolare riferimento alle zone montane e quelle più remote, a fronte di tale evoluzione e della riconosciuta capacità delle farmacie, l'erogazione da parte di quest'ultime di numerose prestazioni aggiuntive è di grande utilità per le popolazioni che risiedono in questi territori;

    alla luce di quanto premesso, la previsione di semplificazioni nonché di agevolazioni per le farmacie che si trovano ad operare in condizioni di disagio e luoghi remoti – al pari di quanto già previsto e concesso ad altri operatori sanitari che operano nei medesimi contesti – si rende necessario al fine di favorire agevolmente l'accesso, da parte dei residenti, a prestazioni sanitarie essenziali senza dover ricorrere a gravosi spostamenti,

impegna il Governo:

ad adottare le iniziative di competenza volte a:

  riconoscere, alle farmacie operanti nei comuni montani, agevolazioni specifiche al fine di consentire loro di svolgere il proprio servizio in modo efficace e continuativo;

  provvedere allo stanziamento di appositi fondi destinati a sostenere l'erogazione, da parte delle farmacie nei comuni montani, dei servizi in regime di Servizio sanitario nazionale previsti dal decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153.
9/2126-A/20. Benzoni, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, riconoscendone il ruolo strategico per lo sviluppo sostenibile del Paese;

    in particolare, l'articolo 7 introduce, in attuazione della riforma 1.3 della Missione 4, Componente 1, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), la definizione delle cosiddette «scuole di montagna», riconoscendo pertanto la specificità di tali istituti scolastici in ragione delle peculiarità del contesto territoriale in cui operano;

    tale riconoscimento apre la strada a una differenziazione normativa e organizzativa rispetto al modello ordinario, tenendo conto delle difficoltà logistiche, dell'estensione territoriale dei bacini di utenza, della scarsità di infrastrutture e del progressivo decremento demografico a cui le zone montane sono soggette;

    di fatti, nelle zone montane i fattori summenzionati determinano forti criticità nella gestione del servizio scolastico, mettendo a rischio la permanenza delle scuole nei piccoli centri e aumentando il rischio di isolamento educativo e sociale per bambini e famiglie;

    le scuole di montagna non solo svolgono una funzione educativa, ma rappresentano anche un presidio sociale, culturale e istituzionale la cui soppressione può accelerare fenomeni di spopolamento e di impoverimento del tessuto sociale. Per queste ragioni, è necessario che la disciplina relativa alla formazione delle classi delle scuole di montagna tenga in considerazione anche il minor numero di alunni presenti in queste realtà,

impegna il Governo

a adottare, nell'ambito della definizione dei parametri nazionali per la costituzione delle classi e delle sezioni scolastiche, misure specifiche per le aree montane, prevedendo in particolare la possibilità di ridurre il numero minimo di alunni da 10 a 8, al fine di evitare la soppressione delle classi e di garantire la continuità del servizio scolastico nei comuni montani, in coerenza con l'obiettivo generale di contrasto allo spopolamento e di valorizzazione delle medesime aree montane.
9/2126-A/21. Grippo, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, riconoscendone il ruolo strategico per lo sviluppo sostenibile del Paese;

    in particolare, l'articolo 7 introduce, in attuazione della riforma 1.3 della Missione 4, Componente 1, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), la definizione delle cosiddette «scuole di montagna», riconoscendo pertanto la specificità di tali istituti scolastici in ragione delle peculiarità del contesto territoriale in cui operano;

    tale riconoscimento apre la strada a una differenziazione normativa e organizzativa rispetto al modello ordinario, tenendo conto delle difficoltà logistiche, dell'estensione territoriale dei bacini di utenza, della scarsità di infrastrutture e del progressivo decremento demografico a cui le zone montane sono soggette;

    di fatti, nelle zone montane i fattori summenzionati determinano forti criticità nella gestione del servizio scolastico, mettendo a rischio la permanenza delle scuole nei piccoli centri e aumentando il rischio di isolamento educativo e sociale per bambini e famiglie;

    le scuole di montagna non solo svolgono una funzione educativa, ma rappresentano anche un presidio sociale, culturale e istituzionale la cui soppressione può accelerare fenomeni di spopolamento e di impoverimento del tessuto sociale. Per queste ragioni, è necessario che la disciplina relativa alla formazione delle classi delle scuole di montagna tenga in considerazione anche il minor numero di alunni presenti in queste realtà,

impegna il Governo

a proseguire nelle iniziative già assunte dal Governo al fine di evitare la soppressione delle classi e di garantire la continuità del servizio scolastico nei comuni montani, in coerenza con l'obiettivo generale di contrasto allo spopolamento e di valorizzazione delle aree montane.
9/2126-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta)Grippo, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni dirette a valorizzare le aree montane italiane, contrastandone lo spopolamento e incentivando lo sviluppo sociale, economico e culturale di tali territori;

    nelle zone montane, il calo demografico, aggravato dalla persistente denatalità, costituisce una delle principali criticità, con ricadute rilevanti sull'equilibrio dei servizi, sulla coesione sociale e sul mantenimento delle comunità locali;

    favorire la natalità attraverso misure strutturali, inclusive e radicate nel territorio rappresenterebbe una leva strategica per invertire la tendenza allo spopolamento e creare le condizioni per una residenzialità stabile e consapevole;

    tra queste, i servizi educativi per l'infanzia rappresentano un'infrastruttura sociale fondamentale non solo per lo sviluppo cognitivo e relazionale dei bambini nella fascia 0-3 anni, ma anche per la promozione dell'occupazione femminile, la conciliazione vita-lavoro e l'equilibrio demografico dei territorio. Si citano, a titolo esemplificativo e non esaustivo, i nidi, i micronidi, i servizi integrativi e le sezioni primavere, riconosciute dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 come parte integrante di un sistema educativo integrato dalla nascita fino al compimento dei sei anni di età;

    è fondamentale che nelle zone montane tali servizi siano progettati e realizzati tenendo conto delle peculiarità territoriali, delle distanze e delle caratteristiche socio-economiche e produttive delle zone montane,

impegna il Governo

a promuovere, in accordo con le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali interessati, nell'ambito delle rispettive competenze, l'attivazione e il potenziamento dei servizi educativi per l'infanzia attraverso soluzioni organizzative e gestionali che soddisfino i bisogni delle famiglie in modo flessibile e differenziato, anche valutando l'attivazione di partenariati pubblico-privati, modelli intercomunali e forme di mutualismo territoriale, tenendo conto delle specificità territoriali delle zone montane, delle condizioni socio-economiche e produttive locali e dell'esigenza di promuovere la conciliazione tra i tempi e le tipologie di lavoro dei genitori e le esigenze di cura ed educazione dei bambini, al fine di garantire un'equilibrata presenza di servizi educativi nelle aree montane.
9/2126-A/22. Bonetti, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni dirette a valorizzare le aree montane italiane, contrastandone lo spopolamento e incentivando lo sviluppo sociale, economico e culturale di tali territori;

    nelle zone montane, il calo demografico, aggravato dalla persistente denatalità, costituisce una delle principali criticità, con ricadute rilevanti sull'equilibrio dei servizi, sulla coesione sociale e sul mantenimento delle comunità locali;

    favorire la natalità attraverso misure strutturali, inclusive e radicate nel territorio rappresenterebbe una leva strategica per invertire la tendenza allo spopolamento e creare le condizioni per una residenzialità stabile e consapevole;

    tra queste, i servizi educativi per l'infanzia rappresentano un'infrastruttura sociale fondamentale non solo per lo sviluppo cognitivo e relazionale dei bambini nella fascia 0-3 anni, ma anche per la promozione dell'occupazione femminile, la conciliazione vita-lavoro e l'equilibrio demografico dei territorio. Si citano, a titolo esemplificativo e non esaustivo, i nidi, i micronidi, i servizi integrativi e le sezioni primavere, riconosciute dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 come parte integrante di un sistema educativo integrato dalla nascita fino al compimento dei sei anni di età;

    è fondamentale che nelle zone montane tali servizi siano progettati e realizzati tenendo conto delle peculiarità territoriali, delle distanze e delle caratteristiche socio-economiche e produttive delle zone montane,

impegna il Governo

a proseguire nelle iniziative già assunte dal Governo volte a promuovere, in accordo con le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali interessati, nell'ambito delle rispettive competenze, l'attivazione e il potenziamento dei servizi educativi per l'infanzia attraverso soluzioni organizzative e gestionali che soddisfino i bisogni delle famiglie in modo flessibile e differenziato, anche valutando l'attivazione di partenariati pubblico-privati, modelli intercomunali e forme di mutualismo territoriale, tenendo conto delle specificità territoriali delle zone montane, delle condizioni socio-economiche e produttive locali e dell'esigenza di promuovere la conciliazione tra i tempi e le tipologie di lavoro dei genitori e le esigenze di cura ed educazione dei bambini, al fine di garantire un'equilibrata presenza di servizi educativi nelle aree montane.
9/2126-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta)Bonetti, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca, all'articolo 2, le norme per la definizione dei criteri per la classificazione dei comuni montani in base ai parametri altimetrico e della pendenza, nonché per la predisposizione di uno o più elenchi dei comuni montani. L'elenco verrà aggiornato dall'ISTAT, entro il 30 settembre di ogni anno (comma 1). Nell'ambito degli elenchi dei comuni montani sono definiti, con ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, i criteri per l'individuazione dei comuni montani destinatari delle misure di sviluppo e valorizzazione previste dalla presente legge e contestualmente l'elenco dei comuni montani beneficiari (comma 2);

    oltre ai parametri relativi all'altimetria e alla pendenza dei comuni, il parametro dell'estensione è particolarmente rilevante ai fini della classificazione dei comuni montani che costituiscono le zone montane;

    la distinzione dei comuni sulla base dell'ampiezza dei loro territori è rilevante soprattutto sotto il profilo degli oneri a carico degli enti comunali i quali, rispetto ad altri di dimensioni più ristrette, si trovano chiaramente ad affrontare un numero maggiore di criticità e difficoltà logistico-amministrative,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a considerare, nell'ambito della definizione degli elenchi dei comuni montani destinatari e beneficiari delle misure di sviluppo e valorizzazione previste dal presente provvedimento, il parametro dell'estensione territoriale unitamente ai già previsti parametri altimetrico e della pendenza.
9/2126-A/23. Onori.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, riconoscendone il ruolo strategico per lo sviluppo sostenibile del Paese;

    in particolare, l'articolo 4 prevede azioni finalizzate al sostegno delle zone montane. Lo sviluppo dei territori montani è un obiettivo di crescente rilievo nell'ambito delle politiche nazionali ed europee, in quanto esso incide su ambiti strategici quali la tutela della biodiversità, la gestione delle risorse idriche e la sicurezza del territorio;

    le sfide che interessano le zone montane, tra cui lo spopolamento, la marginalizzazione, la scarsità di servizi essenziali e le conseguenze del cambiamento climatico, richiedono un'azione coordinata tra i diversi livelli istituzionali in ambito nazionale, regionale e locale, ma anche con gli organismi europei e internazionali;

    è fondamentale che l'Italia, anche in virtù dell'ampia diffusione di zone montane sul proprio territorio, si faccia Paese promotore a livello internazionali di strategie e programmi ad hoc dedicati ai territori montani,

impegna il Governo

a promuovere, nell'ambito delle proprie competenze e delle disposizioni previste dall'articolo 1, comma 3, del provvedimento in esame, iniziative presso l'Unione europea e le organizzazioni internazionali volte a definire la specificità montana nei principali programmi di finanziamento europei, anche al fine di canalizzare risorse dedicate, rafforzare le capacità progettuali degli enti locali montani e garantire una maggiore attenzione alle loro specificità nei diversi processi decisionali.
9/2126-A/24. D'Alessio, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, riconoscendone il ruolo strategico per lo sviluppo sostenibile del Paese;

    in particolare, l'articolo 7 introduce la definizione delle cosiddette scuole di montagna, riconoscendo la specificità di tali istituti scolastici in ragione delle peculiarità del contesto territoriale in cui operano;

    nell'ambito dei servizi essenziali di cui deve essere garantita la continuità anche nell'ambito delle zone montane, l'istruzione rappresenta un presidio fondamentale per la coesione delle comunità, come luogo di formazione e centro di aggregazione sociale;

    il funzionamento delle scuole di montagna, d'altra parte, è spesso condizionato da una serie di criticità strutturali e organizzative legate alla ridotta densità abitativa, alla difficoltà di reperimento del personale e alle carenze infrastrutturali che contribuiscono a una scarsa attrattività del territorio;

    in tale ambito, il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) in servizio presso i plessi scolastici assume un ruolo fondamentale per lo svolgimento delle attività quotidiane e il suo adeguato dimensionamento è essenziale per garantire la regolare apertura, la sicurezza nei locali scolastici e il supporto alle attività educative e didattiche. Al contempo, il divario digitale e infrastrutturale che caratterizza molti comuni montani incide negativamente sulla qualità dell'offerta formativa, anche in termini di personale dedicato,

impegna il Governo

a prevedere, a decorrere dall'anno scolastico 2025/2026, un incremento del personale ATA operante presso le scuole di montagna e a destinare una quota parte delle risorse del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane, di cui all'articolo 1, comma 593, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, all'acquisto di strumenti digitali e tecnologici per le attività didattiche nelle scuole di montagna, dando particolare priorità ai plessi situati in aree maggiormente prive di adeguati collegamenti infrastrutturali e digitali, al fine di ridurre i divari educativi e garantire pari opportunità di accesso all'istruzione anche nelle scuole di montagna.
9/2126-A/25. Pastorella, Sottanelli, Ruffino, Grippo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame si pone come finalità il riconoscimento e la promozione dello sviluppo delle zone montane, nonché delle loro popolazioni, la cui crescita economica e sociale costituisce un obiettivo di interesse nazionale;

    in considerazione di un sostegno, ancor più ampio, dello sviluppo di tutto il territorio nazionale, affinché sia armonico e concreto, la mitigazione di ogni possibile squilibrio economico e sociale presente nelle zone interessate dal presente provvedimento deve rappresentare una priorità da gestire con le risorse e le politiche appropriate;

    il contrasto allo spopolamento della montagna e il rilancio dei territori montani, delle zone rurali e delle aree interne, nelle more del disegno di legge in esame, si concretizza anche attraverso il varo di misure agevolative in favore di persone fisiche e/o giuridiche ulteriori rispetto a quanto già previsto dal Capo V del presente disegno di legge;

    con particolare riferimento ai nuclei familiari residenti nei comuni individuati ai sensi dell'articolo 2, andrebbero riconosciuti – a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo – misure quali incentivi per l'acquisto di carburante a prezzo agevolato, maggiori detrazioni fiscali per le spese scolastiche per i figli a carico oppure, sgravi fiscali per il riscaldamento domestico. Strumenti di questa portata rappresenterebbero iniziative di estrema utilità ai fini del contrasto allo spopolamento di tale aree nonché per garantire una maggiore qualità della vita in tale aree;

    per quanto attiene, invece, le attività commerciali – in particolar modo artigianali – e imprenditoriali, operanti nei medesimi comuni, vi è certamente una maggiore necessità di sostegno. Misure di particolare utilità ed efficacia – da parametrare o escludere in base, ad esempio, al fatturato – potrebbero avere ad oggetto riduzioni sulla tassa sui rifiuti, esenzioni dal pagamento dell'imposta municipale propria nonché crediti d'imposta sulle spese per l'energia e per il trasporto delle merci. A queste si aggiungono contributi dedicati per le imprese boschive, misure di sostegno agli allevatori e agli agricoltori che operano nei comuni montani o l'assegnazione di fondi ai Consorzi forestali per la manutenzione del territorio e la prevenzione del dissesto idrogeologico,

impegna il Governo

a individuare, nel primo provvedimento utile ed effettuati i necessari approfondimenti economici circa la sostenibilità e l'efficacia, ulteriori e specifiche misure agevolative di supporto – sul modello di quelle descritte in premessa – per i nuclei familiari residenti e per le attività commerciali, artigianali e imprenditoriali presenti e operanti nei comuni montani individuati ai sensi del provvedimento in esame.
9/2126-A/26. Sottanelli, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame si pone come finalità il riconoscimento e la promozione dello sviluppo delle zone montane, nonché delle loro popolazioni, la cui crescita economica e sociale costituisce un obiettivo di interesse nazionale;

    in considerazione di un sostegno, ancor più ampio, dello sviluppo di tutto il territorio nazionale, affinché sia armonico e concreto, la mitigazione di ogni possibile squilibrio economico e sociale presente nelle zone interessate dal presente provvedimento deve rappresentare una priorità da gestire con le risorse e le politiche appropriate;

    il contrasto allo spopolamento della montagna e il rilancio dei territori montani, delle zone rurali e delle aree interne, nelle more del disegno di legge in esame, si concretizza anche attraverso il varo di misure agevolative in favore di persone fisiche e/o giuridiche ulteriori rispetto a quanto già previsto dal Capo V del presente disegno di legge;

    con particolare riferimento ai nuclei familiari residenti nei comuni individuati ai sensi dell'articolo 2, andrebbero riconosciuti – a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo – misure quali incentivi per l'acquisto di carburante a prezzo agevolato, maggiori detrazioni fiscali per le spese scolastiche per i figli a carico oppure, sgravi fiscali per il riscaldamento domestico. Strumenti di questa portata rappresenterebbero iniziative di estrema utilità ai fini del contrasto allo spopolamento di tale aree nonché per garantire una maggiore qualità della vita in tale aree;

    per quanto attiene, invece, le attività commerciali – in particolar modo artigianali – e imprenditoriali, operanti nei medesimi comuni, vi è certamente una maggiore necessità di sostegno. Misure di particolare utilità ed efficacia – da parametrare o escludere in base, ad esempio, al fatturato – potrebbero avere ad oggetto riduzioni sulla tassa sui rifiuti, esenzioni dal pagamento dell'imposta municipale propria nonché crediti d'imposta sulle spese per l'energia e per il trasporto delle merci. A queste si aggiungono contributi dedicati per le imprese boschive, misure di sostegno agli allevatori e agli agricoltori che operano nei comuni montani o l'assegnazione di fondi ai Consorzi forestali per la manutenzione del territorio e la prevenzione del dissesto idrogeologico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare, nel primo provvedimento utile ed effettuati i necessari approfondimenti economici circa la sostenibilità e l'efficacia, ulteriori e specifiche misure agevolative di supporto – sul modello di quelle descritte in premessa – per i nuclei familiari residenti e per le attività commerciali, artigianali e imprenditoriali presenti e operanti nei comuni montani individuati ai sensi del provvedimento in esame.
9/2126-A/26. (Testo modificato nel corso della seduta)Sottanelli, Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    in Italia le imprese femminili registrate rappresentano circa il 20 per cento del totale delle imprese italiane, e si concentrano nei settori dell'agricoltura (31 per cento, del commercio di prossimità (37,6 per cento) e dei servizi alle persone (53,9 per cento);

    nelle zone montante, le donne ricoprono un ruolo chiave nella gestione di attività come agriturismi, fattorie didattiche, produzione di alimenti e cosmetici naturali contribuendo alla valorizzazione sostenibile delle risorse del territorio;

    nel 2023 il governo ha istituito il programma «Imprese Femminili Innovative Montane (IFIM)» a sostegno dell'imprenditorialità femminile innovativa dei comuni montani con contributi a fondo perduto fino al 70 per cento delle spese ammissibili, a dimostrazione della rilevanza attribuita a questo segmento economico;

    il disegno di legge in esame all'articolo 1 riconosce lo sviluppo economico e sociale delle zone montane come obiettivo di interesse nazionale e prevede interventi volti a promuovere la coesione delle comunità locali, il ripopolamento e l'effettivo esercizio dei diritti civili e sociali;

    l'articolo 3 delinea la Strategia nazionale per la montagna italiana, nell'ambito delle disponibilità del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane, la quale indica le priorità delle politiche per le zone montane, tra cui promuovere lo sviluppo economico e la crescita autonoma, il sostegno alle attività commerciali e insediamenti produttivi nonché il ripopolamento dei territori;

    l'articolo 24 prevede l'introduzione di un credito d'imposta a favore di piccole imprese che sono attive nei comuni montani e i cui titolari, soci o azionisti siano in prevalenza persone fisiche che non abbiano compiuto il quarantunesimo anno di età, rappresentando di fatto l'unica misura economica direttamente indirizzata al sostegno dell'imprenditorialità nei comuni montani, tuttavia la previsione di un limite anagrafico, in assenza di ulteriori strumenti rivolti ad altre categorie come le donne, e la scarsità delle risorse allocate (20 milioni all'anno), limitate rispetto all'ampiezza degli interventi necessari, pongono interrogativi sulla capacità effettiva di produrre effetti duraturi e significativi, vanificando gli obiettivi di sviluppo dichiarati,

impegna il Governo

a sostenere con misure e risorse dedicate l'imprenditorialità femminile nei comuni montani e prevedere, nella relazione annuale sullo stato della montagna e sull'attuazione della SMI, un focus specifico sui risultati ottenuti in termini di crescita dell'imprenditorialità femminile nelle aree montane.
9/2126-A/27. Ferrari, Forattini, Ghio.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sostenere con misure e risorse dedicate l'imprenditorialità femminile nei comuni montani e prevedere, nella relazione annuale sullo stato della montagna e sull'attuazione della SMI, un focus specifico sui risultati ottenuti in termini di crescita dell'imprenditorialità femminile nelle aree montane.
9/2126-A/27. (Testo modificato nel corso della seduta)Ferrari, Forattini, Ghio.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame reca misure per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, finalizzate al raggiungimento dell'obiettivo di ridurre le condizioni di svantaggio, sostenere le attività produttive, fronteggiare il problema dello spopolamento e consentire alla popolazione residente di poter fruire di tutti i servizi essenziali in condizioni di parità con chi risiede nelle altre aree del territorio nazionale;

    pur ritenendo condivisibile la volontà del Governo di presentare un provvedimento per affrontare in maniera organica la questione dei comuni montani, l'articolato appare non adeguato alla sfida che, nelle intenzioni, si incarica di affrontare sia per l'eccessiva vaghezza dei criteri per la ridefinizione dei comuni montani sia per la scarsità di risorse messe a disposizione per il finanziamento degli interventi previsti;

    in particolare l'articolo 25, con l'intenzione di agevolare lo svolgimento del lavoro agile nei comuni montani, riconosce – entro determinati limiti di spesa – uno sgravio contributivo per gli anni dal 2026 al 2030 in favore dei datori di lavoro per ciascun lavoratore dipendente a tempo indeterminato che non abbia compiuto il quarantunesimo anno di età e che svolga stabilmente la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile in un comune montano con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, a condizione che lo stesso lavoratore stabilisca, anche a seguito di trasferimento, in tale comune l'abitazione principale e il domicilio stabile;

    diffusosi ampiamente durante la pandemia da COVID-19 il lavoro agile (smart working), in particolare in contesti montani e aree interne, rappresenta una leva fondamentale per attrarre nuovi residenti e contrastare lo spopolamento;

    l'insensatezza dell'introduzione di un doppio vincolo, anagrafico e dimensionale, per la definizione dell'ambito applicativo della norma oltre ad avere effetti discriminatori, diminuisce efficacia e impatto potenziale della disposizione sui territori montani,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a eliminare il doppio requisito di età del lavoratore e popolazione del comune per consentire alle imprese di beneficiare dello sgravio contributivo e prevedere appositi stanziamenti per sostenere, nei comuni montani, la realizzazione di postazioni di coworking.
9/2126-A/28. Sarracino.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo in esame, già approvato in prima lettura presso il Senato della Repubblica, reca disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane e delle loro popolazioni, con l'obiettivo di rilanciarne la crescita economica e sociale;

    il provvedimento si prefigge di intervenire in modo ampio su vari ambiti che concernono le aree montane, al fine di riformare l'attuale quadro normativo e di destinare le misure di sostegno ai territori effettivamente montani sulla base di valutazioni che tengano conto, per ciascuna misura, dell'adeguata ponderazione di parametri socioeconomici;

    tra le molteplici misure, il provvedimento prevede incentivi a favore di imprese ed imprese condotte da giovani e per le attività che promuovano il cd. lavoro agile nelle aree montane;

    da un lato tali incentivi possono comportare respiro per le attività economiche ed i territori montani, ma dall'altro creano una discriminazione – di fatto – tra le attività che saranno intraprese successivamente all'entrata in vigore della legge e tutte quelle attività che da tempo insistono nel territorio delle aree montane;

    in tal senso il provvedimento consegue certamente l'obiettivo di incentivare l'apertura di nuove attività e pratiche lavorative, ma non premia gli esercizi commerciali che con determinazione e sacrificio hanno continuato a operare in queste aree e, tra queste, non sostiene le strutture alberghiere che, nelle aree montane lontane dai flussi turistici di massa, restando aperte tutto l'anno rappresentano veri e propri presidi per le comunità locali;

    la distribuzione del Fondo di solidarietà comunale non tiene di conto, nei propri criteri distributivi, di alcuni costi, come quello dello sgombero neve, in quanto applicabili solo ad alcuni territori e non in modo uniforme a tutto il territorio nazionale;

    l'impatto di tale costo, tuttavia, è considerevole per i bilanci dei piccoli comuni montani, alle volte richiedendo costi considerevoli per enti sottoposti a notevoli pressioni e necessità di spesa,

impegna il Governo:

   ricalibrare l'applicazione degli incentivi per le imprese situate nelle aree montane tenendo di conto della situazione di svantaggio sostanziale vissuta dagli esercizi commerciali già attivi nelle aree montane rispetto alle attività di nuova apertura, adottando le opportune iniziative normative volte a estendere gli sgravi contributivi previsti dal disegno di legge per il lavoro agile anche alle assunzioni presso le attività ricettive già attive nelle aree montane;

   adottare ulteriori iniziative normative volte a:

    estendere la decurtazione contributiva e gli altri sgravi ed incentivi introdotti dal testo in esame agli esercizi commerciali ed attività già attive nelle aree montane in formato di lavoro tradizionale;

    ridurre l'IMU sulle strutture alberghiere nelle aree montane caratterizzate da spopolamento e ridotti flussi turistici;

    elaborare un criterio di decurtazione della quota IMU che i comuni devono devolvere per la formazione della loro quota parte di Fondo di solidarietà comunale che tenga conto anche delle spese sostenute per l'attività ordinaria e straordinaria di sgombero neve.
9/2126-A/29. Ciaburro, Caretta, Ambrosi, Urzì, Comba, Amorese, Coppo, Trancassini, Amich, Deidda, Loperfido, Almici, Polo, Pozzolo, Maullu, Frijia, Rizzetto, Di Giuseppe, Caiata, Cerreto, Mattia, Manes.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo in esame, già approvato in prima lettura presso il Senato della Repubblica, reca disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane e delle loro popolazioni, con l'obiettivo di rilanciarne la crescita economica e sociale;

    il provvedimento si prefigge di intervenire in modo ampio su vari ambiti che concernono le aree montane, al fine di riformare l'attuale quadro normativo e di destinare le misure di sostegno ai territori effettivamente montani sulla base di valutazioni che tengano conto, per ciascuna misura, dell'adeguata ponderazione di parametri socioeconomici;

    tra le molteplici misure, il provvedimento prevede incentivi a favore di imprese ed imprese condotte da giovani e per le attività che promuovano il cd. lavoro agile nelle aree montane;

    da un lato tali incentivi possono comportare respiro per le attività economiche ed i territori montani;

    in tal senso il provvedimento consegue certamente l'obiettivo di incentivare l'apertura di nuove attività e pratiche lavorative, ma non contiene disposizioni specificatamente riferite agli esercizi commerciali che, con determinazione e sacrificio, hanno continuato a operare in queste aree e in particolare per le strutture alberghiere che, nelle aree montane lontane dai flussi turistici di massa, restando aperte tutto l'anno rappresentano veri e propri presidi per le comunità locali;

    la distribuzione del Fondo di solidarietà comunale non tiene di conto, nei propri criteri distributivi, di alcuni costi, come quello dello sgombero neve, in quanto applicabili solo ad alcuni territori e non in modo uniforme a tutto il territorio nazionale;

    l'impatto di tale costo, tuttavia, è considerevole per i bilanci dei piccoli comuni montani, alle volte richiedendo costi considerevoli per enti sottoposti a notevoli pressioni e necessità di spesa,

impegna il Governo:

   ricalibrare l'applicazione degli incentivi per le imprese situate nelle aree montane tenendo di conto della situazione di svantaggio sostanziale vissuta dagli esercizi commerciali già attivi nelle aree montane rispetto alle attività di nuova apertura, adottando le opportune iniziative normative volte a estendere gli sgravi contributivi previsti dal disegno di legge per il lavoro agile compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica;

   adottare ulteriori iniziative normative volte a:

    favorire, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, anche gli esercizi commerciali ed attività già attive nelle aree montane in formato di lavoro tradizionale;

    ridurre l'IMU sulle strutture alberghiere nelle aree montane caratterizzate da spopolamento e ridotti flussi turistici;

    elaborare un criterio di decurtazione della quota IMU che i comuni devono devolvere per la formazione della loro quota parte di Fondo di solidarietà comunale che tenga conto anche delle spese sostenute per l'attività ordinaria e straordinaria di sgombero neve.
9/2126-A/29. (Testo modificato nel corso della seduta)Ciaburro, Caretta, Ambrosi, Urzì, Comba, Amorese, Coppo, Trancassini, Amich, Deidda, Loperfido, Almici, Polo, Pozzolo, Maullu, Frijia, Rizzetto, Di Giuseppe, Caiata, Cerreto, Mattia, Manes.


   La Camera,

   premesso che:

    le finalità del provvedimento in esame, destinato a riconoscere e promuovere lo sviluppo delle zone montane la cui crescita economica e sociale costituisce un obiettivo di interesse nazionale. Si tratta di dare seguito all'articolo 44 della Costituzione. Tra le aree svantaggiate del nostro Paese rientrano a pieno titolo le aree montane, che stanno soffrendo in maniera significativa questa fase economica e sociale che nel contesto si configura come una crisi demografica importante, e scarsa attrattività che i luoghi montani rappresentano;

    le stime delle organizzazioni internazionali parlano di un 80 per cento della popolazione mondiale che potrebbe fare riferimento ai grandi centri urbani, a scapito di altre aree;

    tale calo va assolutamente contrastato, in quanto le zone montane rappresentano delle risorse inestimabili, non solo da un punto di vista paesaggistico o turistico, ma anche da un punto di vista strutturale del sistema Paese;

    tuttavia, la lotta allo spopolamento non può prescindere dalla capacità che lo Stato dovrebbe avere per dare forza e valore a queste comunità. È evidente che nelle comunità montane cominciano a non esserci servizi di utilità generale. Quali, ad esempio, agli uffici postali e agli uffici bancari che chiudono, ai servizi sanitari di cui le zone montane sono assolutamente carenti, alle infrastrutture – non solo alle strade, ma anche alle infrastrutture tecnologiche, – riducendo le possibilità di impiego;

    l'industria dei data center mondiale è in piena espansione in relazione alla crescente richiesta di servizi digitali: secondo quanto riportato dai dati del Datacenter Map, il numero di data center a livello mondiale è quasi raddoppiato in due anni, passando da 4.984 unità nel 2022 a 7.358 nel 2024, con l'Europa (compreso il Regno Unito) che occupa il secondo posto per il numero di data center (2.103 unità, pari al 15 per cento del totale delle infrastrutture), in coda agli Stati Uniti con 2.868 data center;

    anche la filiera dei data center italiana è stata oggetto, negli ultimi anni, di crescente interesse, registrando un cospicuo aumento degli investimenti e l'apertura di nuove infrastrutture di centri di elaborazione dati sul territorio italiano,

impegna il Governo

allo scopo di incentivare la costruzione di centri di elaborazione dati nel territorio nazionale, favorire lo sviluppo tecnologico, economico e occupazionale, nell'ambito della strategia di cui al provvedimento in esame, ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere l'individuazione di aree idonee all'installazione di data center nei territori montani.
9/2126-A/30. Iaria, Torto, Carmina, Donno, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    le strade statali e provinciali montane rappresentano un'infrastruttura essenziale per la connettività e la vivibilità di queste aree, ma versano spesso in condizioni di grave dissesto a causa di manutenzione insufficiente;

    la testimonianza delle case cantoniere abbandonate, un tempo presidi per la manutenzione stradale, è un simbolo eloquente di questa trascuratezza a livello nazionale;

    la precarietà delle infrastrutture viarie non è solo un problema di sicurezza per chi le percorre ma incide profondamente sulla qualità della vita dei residenti, sull'accessibilità ai servizi e sullo sviluppo economico e sociale dei territori montani, ostacolando il ripopolamento e la rivitalizzazione di queste aree;

    il passaggio di competenze nella gestione delle strade ha spesso portato a una riduzione del personale dedicato alla manutenzione ordinaria e a una dipendenza da appalti esterni, con conseguente rallentamento degli interventi e un peggioramento delle condizioni stradali;

    è necessaria una programmazione di manutenzione continua e preventiva per garantire la sicurezza e l'efficienza della rete stradale montana a livello nazionale;

    è fondamentale l'adozione di politiche integrate che, oltre a investimenti infrastrutturali, prevedano misure per il sostegno economico, sociale e demografico di questi territori, riconoscendone il valore strategico per l'intero Paese,

impegna il Governo:

   a individuare le risorse finanziarie necessarie a garantire un finanziamento strutturale e adeguato per superare l'attuale situazione di degrado e garantire una manutenzione efficace e continua delle strade montane, anche attraverso l'istituzione di un apposito fondo per le strade montane;

   a definire, coinvolgendo tutti i livelli di responsabilità, strategie a lungo termine per la manutenzione e il miglioramento delle infrastrutture, valorizzando al contempo il patrimonio immobiliare esistente come potenziale leva per il rilancio dei territori montani.
9/2126-A/31. Torto, Carmina, Donno, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 14, introdotto in sede referente, prevede la possibilità di avviare, nell'ambito della Strategia per la montagna italiana, progetti per promuovere studi e ricerche volti alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, al fine di preservare la biodiversità e di monitorare costantemente lo stato dei parchi e delle aree protette situati nei comuni montani;

    si avverte l'esigenza di una politica nazionale per le aree protette coerente con le strategie per la conservazione della natura e lo sviluppo sostenibile dei territori e in linea con gli impegni previsti dalla nuova strategia europea sulla biodiversità per il 2030;

    le istituzioni europee e internazionali hanno più volte ribadito l'importanza di investire adeguate risorse umane ed economiche nella protezione, nella conservazione e nel ripristino della natura, secondo un approccio sistemico che consenta di ampliare la rete delle aree protette, in una visione e gestione d'insieme coerente e coordinata, estendendo l'azione di tutela ad aree che, pur non ricadendo nel territorio dell'area protetta, sono importanti per la tutela della biodiversità e che meritano attenzione naturalistica;

    tale approccio gestionale richiede l'impiego di adeguate conoscenze naturalistiche, di professionalità appropriate nella gestione dei parchi e di competenze coerenti con il raggiungimento degli obiettivi di conservazione e di sviluppo sostenibile,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie iniziative di competenza volte a promuove la conclusione di accordi di collaborazione e di protocolli d'intesa tra gli enti di gestione delle aree naturali protette, le Università e gli enti pubblici di ricerca al fine di favorire lo sviluppo di un sistema di ricerca, innovazione e formazione integrati in materia di biodiversità, conservazione della natura, tutela degli ecosistemi e sostenibilità ambientale, che sia di supporto agli enti parco nell'esercizio delle funzioni istituzionali, anche prevedendo partenariati con imprese ed altri soggetti pubblici e privati.
9/2126-A/32. Ilaria Fontana, Sergio Costa, L'Abbate, Morfino, Santillo, Torto, Carmina, Donno, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    la disposizione all'esame, all'articolo 6 introduce due tipologie di riconoscimento del servizio prestato dagli esercenti professioni sanitarie e dagli operatori sociosanitari presso strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche o private accreditate, ubicate nei comuni montani destinatari delle misure di sostegno previste dal provvedimento in esame;

    in particolare:

     attribuisce un punteggio doppio nella valutazione dei titoli di carriera ai fini della partecipazione alle procedure concorsuali presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale (SSN), per ciascun anno di attività presso le predette strutture;

     prevede la valorizzazione nell'ambito dei contratti collettivi nazionali di settore per l'assunzione di incarichi nell'ambito delle aziende e degli enti del SSN;

     introduce, quale specifica forma di riconoscimento per i medici che abbiano operato per un triennio presso le succitate strutture, la previsione che l'attività prestata costituisca titolo preferenziale, a parità di condizioni, per gli incarichi di direttore sanitario;

    la disposizione all'esame riconosce ai fini della valutazione dei titoli di carriera anche l'aver prestato l'attività sanitaria e socio-sanitaria in strutture private;

    si esprime una forte perplessità laddove nella valutazione dei titoli di carriera ai fini della partecipazione alle procedure concorsuali si terrebbe conto, in egual misura, delle attività prestate anche nella sanità privata alla quale non si accede con procedure selettive/concorsuali come nel servizio pubblico;

    la norma addirittura prevede che l'attività prestata dai medici nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie anche private nei comuni montani per almeno tre anni costituisce titolo preferenziale, a parità di condizioni, per gli incarichi di direttore sanitari;

    il problema per le comunità montane è in realtà quello di non trovare personale sanitario che voglia lavorare nelle strutture pubbliche e che sia comunque disponibile a garantire i servizi e le prestazioni del SSN, non si capisce quale sarebbe il beneficio delle comunità montane nel ricorrere alle strutture private a pagamento (neanche convenzionate);

    le strutture private ove ritenessero di essere presenti anche nelle comunità montane possono liberamente incentivare il proprio personale come meglio credono,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconoscere i benefici indicati in premessa agli esercenti professioni sanitarie e agli operatori sociosanitari che abbiano lavorato presso strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e a prevedere una diversa tipologia di valorizzazione per i professionisti e gli operatori che abbiano esercitato la loro professione presso strutture private accreditate o convenzionate, in maniera da salvaguardare i principi di cui all'articolo 97 della Costituzione.
9/2126-A/33. Quartini, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Sportiello, Torto, Carmina, Donno, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    la disposizione all'esame, all'articolo 6, introduce diverse misure volte ad incentivare gli esercenti professioni sanitarie e gli operatori sociosanitari presso strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche o private accreditate, ubicate nei comuni montani destinatari delle misure di sostegno previste dal provvedimento in esame;

    il medesimo articolo riconosce altresì – a decorrere dal 2025 – un credito d'imposta, in misura pari al minor importo tra il 60 per cento del canone annuo di locazione dell'immobile e l'ammontare di 2.500 euro, a favore di coloro che prestano servizio in strutture sanitarie, socio-sanitarie e socioassistenziali di montagna o vi effettuano il servizio di medico del ruolo unico di assistenza primaria, pediatra di libera scelta, specialista ambulatoriale interno, veterinario e altra professionalità sanitaria ambulatoriale convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale e prendono in locazione un immobile ad uso abitativo per fini di servizio;

    al fine di tutelare e sostenere i nuclei familiari e garantire l'universalità, la qualità, l'accessibilità e la prossimità dei servizi erogati dai Consultori familiari di cui alla legge 29 luglio 1975 n. 405, tenendo conto in particolare delle specificità della condizione montana, sarebbe stato auspicabile garantire la capillare presenza dei predetti Consultori familiari per un rapporto anche inferiore ad un consultorio per 20.000 abitanti;

    la disposizione all'esame prevede inoltre, all'articolo 25, incentivi per la natalità nei comuni montani; in particolare, al fine di contrastare lo spopolamento nei comuni montani, con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, per ogni figlio nato o adottato e iscritto all'anagrafe di uno dei predetti comuni successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, a decorrere dall'anno 2025 è riconosciuto, entro il limite complessivo di 5 milioni di euro annui, un contributo una tantum il cui importo e i criteri (compresi i requisiti di residenza del minore nonché i relativi meccanismi di monitoraggio) sono determinati con successivo decreto;

    in sostanza si riedita il «bonus alla nascita» che difficilmente potrà determinare l'auspicato popolamento e che, ingiustamente, ripropone la logica secondo cui il problema dello spopolamento è legato alla capacità procreativa delle donne e non ad esempio alla carenza di lavoro e servizi,

impegna il Governo:

   a garantire la capillare presenza dei Consultori familiari per un rapporto anche inferiore ad un consultorio per 20.000 abitanti, al fine di soddisfare l'universalità, la qualità, l'accessibilità e la prossimità dei servizi erogati dai Consultori familiari di cui alla legge 29 luglio 1975 n. 405;

   a prevedere che il contributo sia riconosciuto a tutti i nuclei familiari che si trasferiscono per almeno un quinquennio continuativo nei comuni montani, a prescindere dal bambino nato.
9/2126-A/34. Sportiello, Di Lauro, Quartini, Marianna Ricciardi, Torto, Carmina, Donno, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    la disposizione all'esame, all'articolo 6, introduce diverse misure volte ad incentivare gli esercenti professioni sanitarie e gli operatori sociosanitari presso strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche o private accreditate, ubicate nei comuni montani destinatari delle misure di sostegno previste dal provvedimento in esame;

    il medesimo articolo riconosce altresì – a decorrere dal 2025 – un credito d'imposta, in misura pari al minor importo tra il 60 per cento del canone annuo di locazione dell'immobile e l'ammontare di 2.500 euro, a favore di coloro che prestano servizio in strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali di montagna o vi effettuano il servizio di medico del ruolo unico di assistenza primaria, pediatra di libera scelta, specialista ambulatoriale interno, veterinario e altra professionalità sanitaria ambulatoriale convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale e prendono in locazione un immobile ad uso abitativo per fini di servizio;

    al fine di garantire pari dignità di accesso ai servizi sanitari esistenti negli altri territori, a favore dei cittadini che dimorano in montagna è necessario:

     a) assicurare la presenza, diurna e notturna, di mezzi di soccorso avanzato, considerate la conformazione orografica, l'assenza di infrastrutture stradali veloci immediatamente fruibili, in rapporto alla distanza dagli ospedali sede di Dipartimento di Emergenza Urgenza e Accettazione-DEA;

     b) assicurare la presenza per ogni comune dell'infermiere di comunità,

impegna il Governo:

   a garantire, nei comuni di montagna, la presenza, diurna e notturna, di mezzi di soccorso avanzato, considerate la conformazione orografica, l'assenza di infrastrutture stradali veloci immediatamente fruibili, in rapporto alla distanza dagli ospedali sede di Dipartimento di Emergenza Urgenza e Accettazione-DEA;

   ad assicurare la presenza per ogni comune di montagna dell'infermiere di comunità.
9/2126-A/35. Di Lauro, Quartini, Marianna Ricciardi, Sportiello, Torto, Carmina, Donno, Dell'Olio.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 7, commi 5 e 6 del provvedimento, allo scopo di sostenere l'impegno finanziario connesso al trasferimento in un comune montano in cui ha sede la scuola di montagna, concede al personale scolastico che prestando servizio nelle scuole di montagna prende in locazione o acquista un immobile ad uso abitativo per fini di servizio, un contributo annuale sotto forma di credito d'imposta;

    la misura si inserisce nel quadro di quelle politiche pubbliche che hanno un ruolo determinante nel controbilanciare i fattori puramente geografici che possono relegare una comunità ad una situazione permanente di periferizzazione economica e sociale, che discendono dal compito direttamente assegnato alla Repubblica dall'articolo 3, comma 2 della Costituzione, di rimozione di quegli ostacoli che possano rappresentare per i cittadini una condizione di svantaggio;

    i suddetti fattori geografici, che possono rappresentare anche gravi e permanenti svantaggi naturali, sono propri sia delle zone montane che di quelle insulari. Le zone montane sono, infatti, caratterizzate da una notevole fragilità sia per condizioni fisico-geografiche e ambientali, come il clima o l'impervietà del territorio, che per processi modificativi della vita sociale intervenuti nel tempo, come lo spopolamento: tutti comunque fattori di freno allo sviluppo. Anche le zone insulari scontano una specificità geografica, quella di separazione permanente dalla terraferma, che rappresenta un fattore limitante delle opportunità di crescita, nella misura in cui produce ritardi di sviluppo sociale ed economico, facendo degli isolani cittadini con diritti affievoliti negando, così, loro condizioni di pari opportunità con gli altri abitanti della terra ferma;

    la condizione di insularità, ai sensi degli articoli 174 TFUE e seguenti deve essere affrontata mediante puntuali politiche e misure di riequilibrio (continuità territoriale, fiscalità di sviluppo, incentivi e misure di sostegno allo sviluppo, perequazione infrastrutturale, regimi di aiuto eccetera) al fine di sfidarne le relative condizioni di contesto e di colmarne lo svantaggio competitivo strutturale di carattere permanente;

    la condizione di insularità è inoltre costituzionalmente riconosciuta dall'articolo 119, sesto comma della Costituzione essendo da questa considerata come uno svantaggio competitivo strutturale di carattere permanente tale da richiedere esplicitamente l'inserimento di fattori di correzione nelle chiavi di riparto delle risorse finanziarie delle Politiche di Coesione e dei fondi FAS;

    per il superamento della condizione di insularità oltre alle infrastrutture economiche, come le reti di trasporto o le reti elettriche, sono indispensabili anche le cosiddette infrastrutture sociali, come la rete ospedaliera ed il sistema di istruzione, che agiscono sul sistema economico in modo indiretto aumentando la produttività del capitale umano;

    per garantire concretamente il diritto allo studio e alla continuità didattica nelle zone montane insulari occorre adottare ulteriori misure compensative oltre a quelle previste dall'articolo 7, commi 5 e 6 del provvedimento,

impegna il Governo

a prevedere, al fine di contrastare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità di cui all'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, che, con riferimento alle zone montane insulari, le agevolazioni fiscali di cui all'articolo 7, commi 5 e 6 del provvedimento siano incrementate della misura necessaria a tener conto dei costi di trasporto e dei tempi di percorribilità dai principali centri urbani delle isole, in ragione dei gravi deficit infrastrutturali esistenti.
9/2126-A/36. Ghirra, Grimaldi, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 7, commi 5 e 6 del provvedimento, allo scopo di sostenere l'impegno finanziario connesso al trasferimento in un comune montano in cui ha sede la scuola di montagna, concede al personale scolastico che prestando servizio nelle scuole di montagna prende in locazione o acquista un immobile ad uso abitativo per fini di servizio, un contributo annuale sotto forma di credito d'imposta;

    la misura si inserisce nel quadro di quelle politiche pubbliche che hanno un ruolo determinante nel controbilanciare i fattori puramente geografici che possono relegare una comunità ad una situazione permanente di periferizzazione economica e sociale, che discendono dal compito direttamente assegnato alla Repubblica dall'articolo 3, comma 2 della Costituzione, di rimozione di quegli ostacoli che possano rappresentare per i cittadini una condizione di svantaggio;

    i suddetti fattori geografici, che possono rappresentare anche gravi e permanenti svantaggi naturali, sono propri sia delle zone montane che di quelle insulari. Le zone montane sono, infatti, caratterizzate da una notevole fragilità sia per condizioni fisico-geografiche e ambientali, come il clima o l'impervietà del territorio, che per processi modificativi della vita sociale intervenuti nel tempo, come lo spopolamento: tutti comunque fattori di freno allo sviluppo. Anche le zone insulari scontano una specificità geografica, quella di separazione permanente dalla terraferma, che rappresenta un fattore limitante delle opportunità di crescita, nella misura in cui produce ritardi di sviluppo sociale ed economico, facendo degli isolani cittadini con diritti affievoliti negando, così, loro condizioni di pari opportunità con gli altri abitanti della terra ferma;

    la condizione di insularità, ai sensi degli articoli 174 TFUE e seguenti deve essere affrontata mediante puntuali politiche e misure di riequilibrio (continuità territoriale, fiscalità di sviluppo, incentivi e misure di sostegno allo sviluppo, perequazione infrastrutturale, regimi di aiuto eccetera) al fine di sfidarne le relative condizioni di contesto e di colmarne lo svantaggio competitivo strutturale di carattere permanente;

    la condizione di insularità è inoltre costituzionalmente riconosciuta dall'articolo 119, sesto comma della Costituzione essendo da questa considerata come uno svantaggio competitivo strutturale di carattere permanente tale da richiedere esplicitamente l'inserimento di fattori di correzione nelle chiavi di riparto delle risorse finanziarie delle Politiche di Coesione e dei fondi FAS;

    per il superamento della condizione di insularità oltre alle infrastrutture economiche, come le reti di trasporto o le reti elettriche, sono indispensabili anche le cosiddette infrastrutture sociali, come la rete ospedaliera ed il sistema di istruzione, che agiscono sul sistema economico in modo indiretto aumentando la produttività del capitale umano,

impegna il Governo

a garantire, in sede di attuazione del provvedimento, il pieno rispetto del principio di insularità sancito dall'articolo 119 della Costituzione.
9/2126-A/36. (Testo modificato nel corso della seduta)Ghirra, Grimaldi, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 6 del disegno di legge in esame dispone per i professionisti della sanità nella valutazione dei titoli di carriera ai fini della partecipazione alle procedure concorsuali presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, all'attività prestata dagli esercenti le professioni sanitarie e dagli operatori socio-sanitari presso strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche o private accreditate, ubicate nei comuni di cui all'articolo 2, comma 2, l'attribuzione, per ciascun anno di attività, di un punteggio doppio;

    il medesimo articolo riconosce, altresì, per i professionisti che si trasferiscono a decorrere dall'anno 2025, in un comune montano di cui all'articolo 2, comma 2 del provvedimento, ovvero per coloro che prestano servizio in strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali di montagna o effettuano il servizio di medico del ruolo unico di assistenza primaria, di pediatra di libera scelta, di specialista ambulatoriale interno, di veterinario e altra professionalità sanitaria ambulatoriale convenzionata con il Servizio sanitario nazionale che prendono in locazione un immobile ad uso abitativo per fini di servizio nel medesimo comune o in un comune limitrofo, un contributo sotto forma di credito d'imposta in misura pari al minor importo tra il 60 per cento del canone annuo di locazione dell'immobile e l'ammontare di euro 2.500;

    appare altresì necessario prevedere ulteriori atti che diano sostegno ai servizi di base essenziali e prioritari destinati ai cittadini; in tale contesto i comuni montani devono essere considerati «zone speciali» disagiate e in quanto tali è necessario, ai residenti e non, nei comuni montani garantire l'accesso ai servizi sanitari di base che sono accessibili negli altri territori;

    tali previsioni sono indubbiamente positive e propedeutiche al miglioramento dei servizi sanitari di quelle zone; è tuttavia necessario prevedere anche ulteriori misure che incidano direttamente sui servizi di base essenziali e prioritari per i cittadini che vi risiedono;

    i comuni montani, anche messi insieme, pur avendo un volume di popolazione di gran lunga inferiore (almeno per il momento) a quello ammesso dalla programmazione sanitaria al fine di poter fruire di alcuni servizi e prestazioni, devono essere considerati come «zone speciali», disagiate, e quindi, come tali, occorre prevedere per loro deroghe alle limitazioni imposte dalle leggi in materia di sanità, che consentano a tutti i cittadini dimoranti (residenti e non) di poter fruire dei servizi sanitari di base accessibili negli altri territori,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune di carattere normativo, individuando le risorse necessarie, per garantire anche ai cittadini che dimorano nei comuni montani la possibilità di fruire dei seguenti servizi:

    la presenza continuativa di mezzi di soccorso tenuto conto della orografia del territorio e l'eventuale assenza di infrastrutture stradali veloci per raggiungere gli ospedali con servizi di emergenza-urgenza;

    la presenza in ogni comune di pediatri e di infermieri di comunità;

    una adeguata distribuzione e consegna farmaci anche integrato tra i comuni;

    una rete integrata nella Asl di riferimento fra le varie figure operanti nella zona e tra questi, in particolare, i medici di medicina generale, i pediatri, gli infermieri di comunità, gli specialisti e le farmacie;

   a garantire anche nei comuni montani l'accesso ad una telemedicina efficiente che integri e dia supporto alle attività degli operatori sanitari;

   a prevedere l'istituzione di borse di specializzazione destinate a chi richiede di svolgere attività di medicina di base nei territori montani
9/2126-A/37. Grimaldi, Zanella, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    la realizzazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico è un tema cruciale per la sicurezza dei territori e dei cittadini, oltre che per lo sviluppo del nostro Paese. Il Rapporto che con cadenza biennale predispone l'ISPRA sulla situazione del dissesto idrogeologico del Paese riferisce che oltre il 90% dei comuni italiani è esposto al rischio e circa il 17 per cento del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità per frane e alluvioni. Si tratta di 50mila kmq, dove risiedono oltre un milione di cittadini e operano decine di migliaia di imprese con centinaia di migliaia di addetti;

    sono note le cause naturali che rendono il nostro territorio così fragile per via delle sue caratteristiche geomorfologiche, ma anche il fattore antropico è stato determinante: l'abusivismo edilizio, i vecchi piani urbanistici «avventati», cui si è aggiunto il progressivo abbandono delle terre e delle attività agricole e la mancata cura degli alvei e dei corsi d'acqua e l'occupazione di quelli di pianura con costruzioni anche in aree golenali;

    dagli anni '70 ad oggi sono state spese decine di miliardi di euro per rimediare agli effetti di frane e alluvioni e molto poco per programmare interventi di prevenzione e adattamento. La causa dello stallo è anche in gran parte riconducibile agli effetti provocati da un contesto normativo non adeguato;

    il numero 127-quinquies), della Tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, prevede l'applicazione dell'IVA, nella misura ridotta del 10 per cento, tra l'altro, per le «opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate nell'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, integrato dall'articolo 44 della legge 22 ottobre 1971, n. 865»;

    il successivo numero 127-septies) della stessa Tabella A, parte terza, prevede la medesima aliquota del 10 per cento per le «prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al n. 127-quinquies»;

    la legge n. 847 del 1964, a cui fa espresso riferimento il suddetto citato numero 127-quinquies), come integrata dall'articolo 44 della legge n. 865 del 1971, individua ed elenca le varie opere di urbanizzazione sia primarie sia secondarie;

    al riguardo, infatti, anche l'Amministrazione finanziaria, ha avuto modo di precisare che l'aliquota IVA del 10 per cento si rende applicabile alle opere tassativamente contenute nell'elenco di cui alla legge n. 847 del 1964 e oggi riprodotte nell'articolo 16 del Testo Unico sull'edilizia, e a quelle assimilate attraverso determinate leggi speciali che, in ogni caso, nell'operazione di assimilazione, hanno fatto espresso riferimento alla stessa legge n. 847 o all'attuale Testo Unico sull'edilizia;

    tutte le opere finalizzate alla mitigazione del rischio idrogeologico e tutti gli interventi diretti a fronteggiare ed eliminare lo stato di pericolosità causato da fenomeni di dissesto idrogeologico sono pertanto esclusi, secondo la normativa vigente, dal novero delle opere ai quali si applica l'agevolazione fiscale suddetta. Numerose istituzioni locali, infatti, che hanno chiesto all'Amministrazione finanziaria se dette opere potessero essere assimilate alle opere di urbanizzazione primaria e, in tal modo, potessero fruire, fiscalmente, della predetta agevolazione in termini di aliquota IVA ridotta, si sono viste negata la richiesta,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere il vigente regime di IVA agevolata del 10 per cento per le opere e per gli acquisti di beni e servizi direttamente collegati agli interventi di prevenzione del rischio idrogeologico effettuati dai comuni e dalle unioni di comuni ricadenti nell'area disciplinata dalla presente legge e connessi alla manutenzione, il ripristino e alla salvaguardia idrogeologica del territorio montano, di cui alla legge n. 991 del 1952 per le tipologie di opere di manutenzione e presidio del territorio finalizzate a quanto disposto al comma 1 dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 228 del 2001 per le aree sottoposte alla tutela del vincolo idrogeologico di cui al RDL n. 3267 del 1923.
9/2126-A/38. Mari, Grimaldi, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    130 comuni montani siciliani, pari a circa un terzo dei 391 comuni dell'intera Regione, situati al di sopra dei 500 metri sul livello del mare e con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, sono stati completamente esclusi dalla localizzazione di strutture sanitarie previste dal PNRR (Ospedali di Comunità, Case della Comunità, Centrali Operative Territoriali);

    tali comuni, ufficialmente riconosciuti dalla Giunta della Regione Siciliana come aree interne e inclusi nel perimetro delle zone franche montane siciliane, subiscono un progressivo e drammatico spopolamento, anche a causa dell'assenza di presidi sanitari di prossimità;

    la mancata presenza di strutture sanitarie in questi territori rappresenta una grave violazione del principio costituzionale di equità nell'accesso ai servizi sanitari essenziali, sancito dall'articolo 32 della Costituzione;

    l'assenza di strutture sanitarie di prossimità si inserisce in un contesto di progressivo deterioramento delle condizioni socio-economiche di questi territori, caratterizzati da insufficienti servizi essenziali, carenze infrastrutturali e limitate opportunità lavorative;

    i soggetti fragili, gli anziani, i disabili e i pazienti affetti da patologie croniche residenti in questi comuni subiscono un aggravio delle loro condizioni di vita, trovandosi costretti ad affrontare lunghi e difficoltosi spostamenti per accedere a prestazioni sanitarie essenziali, diagnostica e cure di routine;

    la tutela di questi territori montani riveste un'importanza strategica non solo per i residenti, ma per l'intero Paese, essendo essi custodi di un inestimabile patrimonio paesaggistico, ambientale, culturale e di biodiversità, oltre ad essere presidi fondamentali contro il dissesto idrogeologico;

    l'implementazione di soluzioni di telemedicina e sanità digitale nei comuni montani rappresenta una risposta concreta, immediata ed economicamente sostenibile alle esigenze sanitarie della popolazione residente, con particolare riferimento alle fasce più vulnerabili;

    le moderne tecnologie di telemedicina consentono il monitoraggio da remoto dei parametri vitali, la gestione delle patologie croniche, l'erogazione di consulti specialistici e la continuità assistenziale, riducendo significativamente la necessità di spostamenti verso i centri urbani maggiori;

    le esperienze già realizzate in altre regioni italiane e in contesti internazionali dimostrano l'efficacia della telemedicina nel: a) Garantire equità nell'accesso ai servizi sanitari nelle aree remote; b) Ottimizzare la distribuzione delle risorse umane e tecnologiche tra i diversi presidi territoriali; c) Fornire supporto tempestivo in situazioni di emergenza-urgenza; d) Ridurre i tassi di ospedalizzazione e i costi sanitari complessivi,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare tempestivamente le seguenti misure:

  istituire un osservatorio speciale per promuovere la Sanità Digitale Montana finalizzato all'acquisizione di dispositivi di telemedicina, alla formazione del personale sanitario locale e all'attivazione di servizi di teleconsulto specialistico, con particolare attenzione alla prevenzione e al trattamento delle quattro principali cause di mortalità;

  promuovere e sostenere nelle aree montane la creazione di cooperative di comunità sanitarie, con premialità finalizzate all'inserimento lavorativo di personale sanitario locale (infermieri, OSS, OSA, caregiver) e all'erogazione di servizi assistenziali domiciliari integrati con la telemedicina;

  introdurre misure straordinarie di incentivazione per l'insediamento e la permanenza di medici nei comuni montani, prevedendo premialità finalizzate al superamento del disagio territoriale, l'accesso all'abitazione, facilitazione per l'accesso ai concorsi pubblici, percorsi di carriera accelerati, borse di studio dedicate per specializzandi che si impegnino a prestare servizio in queste aree;
9/2126-A/39. Longi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, all'articolo 2, reca le norme per la definizione dei criteri per la classificazione dei comuni montani e per la predisposizione dei relativi elenchi;

    in tale ambito, poi, sono ulteriormente definiti i criteri per l'individuazione dei comuni montani destinatari delle misure di sviluppo e valorizzazione previste dal provvedimento e dell'elenco dei beneficiari;

    proprio il comma 4 del citato articolo 2 prevede una delega al Governo per il riordino, l'integrazione e il coordinamento della normativa vigente in materia di agevolazioni anche di natura fiscale in favore dei comuni montani,

impegna il Governo:

   a coinvolgere pienamente le Province in sede di attuazione delle disposizioni contenute nel provvedimento in esame, con particolare riferimento alle norme relative alla gestione delle risorse destinate ai comuni montani, alla predisposizione degli elenchi dei comuni montani, nonché nell'ambito della delega riferita alle agevolazioni, anche di natura fiscale, di cui risulteranno beneficiari i comuni montani;

   a valorizzare, con adeguati interventi normativi, le Province montane così come definite dall'articolo 1, comma 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56.
9/2126-A/40. Ruffino.


   La Camera,

   premesso che:

    il presente disegno di legge persegue, tra l'altro, l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni residenti nelle zone montane, garantendo loro i servizi essenziali e tutelando le tradizioni locali;

    in alcune località di montagna è usanza vegliare il caro estinto, prima dei funerali, nella chiesetta del paese; nelle valli bergamasche, in particolare, diversi piccoli comuni e minuscole frazioni da poche centinaia di abitanti costituiscono luoghi in cui – da anni – i parroci abitualmente mettono a disposizione della comunità i luoghi di culto per rendere omaggio al proprio caro prima dell'ultimo saluto;

    in tali realtà locali la morte di un abitante equivale alla perdita di un caro parente, trattandosi di piccole comunità dove tutti si conoscono e trascorrono un'intera vita uno accanto all'altro;

    una normativa regionale del 1997, tuttavia, vieta l'utilizzo delle chiese come «locale di osservazione», ovvero luogo in cui la salma rimane in attesa dell'esecuzione dell'accertamento di morte (almeno 24 ore dopo il decesso); in base a tale normativa gli unici luoghi consentiti sono la casa del defunto o dei suoi familiari, l'obitorio, la casa funeraria e la camera mortuaria degli ospedali;

    purtroppo per alcuni borghi montani i predetti luoghi sono a oltre decine di chilometri e dunque, in mancanza di strutture ad hoc o per l'impossibilità di allestire una camera ardente nell'abitazione del defunto, la chiesetta o una sala parrocchiale rappresenta l'unica alternativa per rendere l'ultimo saluto al proprio caro e anche per accogliere la partecipazione dell'intera comunità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere, anche in sede di Conferenza Unificata, una soluzione normativa che consenta una deroga alla disciplina di osservazione delle salme, tale da consentire nei comuni montani, previa ordinanza del sindaco e nel rispetto dei requisiti igienico sanitari, di svolgere tali adempimenti anche nelle chiese o nelle annesse sale parrocchiali, così da preservare l'identità e la coesione delle piccole comunità locali, conservandone le tradizioni.
9/2126-A/41. Frassini.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del provvedimento in esame individua, tra gli obiettivi fondamentali dell'intervento pubblico, la tutela della biodiversità, il contrasto al dissesto idrogeologico, la valorizzazione del patrimonio naturale e ambientale delle zone montane, promuovendo un modello di sviluppo sostenibile e integrato;

    l'articolo 18 riconosce un contributo sotto forma di credito d'imposta agli imprenditori agricoli e forestali, ai consorzi forestali e alle associazioni fondiarie che esercitano la propria attività nei comuni montani e che effettuano investimenti volti all'ottenimento di servizi ecosistemici e ambientali benefici per l'ambiente e il clima. Il comma 3 demanda l'individuazione dell'elenco dei predetti servizi a un decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste;

    le aree montane svolgono un ruolo strategico nella produzione di servizi ecosistemici, ovvero di benefici forniti gratuitamente dagli ecosistemi naturali, quali: la regolazione climatica, la tutela delle risorse idriche, la protezione del suolo, l'assorbimento di carbonio, la purificazione dell'aria, la conservazione della biodiversità, nonché il benessere psico-fisico delle popolazioni attraverso il contatto con la natura;

    tali servizi, sebbene non sempre monetizzabili nel breve periodo, costituiscono un valore ambientale, sanitario ed economico di lungo termine, e sono riconosciuti anche a livello internazionale da strumenti normativi e di pianificazione, tra cui la Strategia dell'Unione europea sulla biodiversità per il 2030 e il Quadro globale sulla biodiversità adottato alla COP15;

    la valorizzazione dei servizi ecosistemici offerti dalle aree montane può costituire una leva per lo sviluppo sostenibile dei territori, anche attraverso forme innovative di sostegno alle comunità locali che si prendono cura del paesaggio e degli habitat naturali (per esempio pagamenti per servizi ecosistemici, promozione di filiere ecologiche, strumenti di fiscalità ambientale, valorizzazione turistica e sociale del capitale naturale),

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a promuovere il riconoscimento dei servizi ecosistemici forniti dai territori montani, quali la regolazione climatica, la conservazione della biodiversità, la protezione delle risorse idriche e il benessere psico-fisico delle popolazioni, anche ai fini della pianificazione delle politiche pubbliche e del sostegno economico alle comunità locali.
9/2126-A/42. Faraone.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 2 del provvedimento in esame prevede l'introduzione di nuovi criteri per la classificazione dei comuni montani, fondati su parametri altimetrici e di pendenza, da definire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sentiti i Ministri interessati, sulla base dei dati forniti dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), previa intesa in sede di Conferenza unificata;

    il comma 4 del medesimo articolo delega il Governo all'adozione di un decreto legislativo per il riordino, l'integrazione e il coordinamento delle agevolazioni vigenti in favore dei comuni montani, al fine di renderle coerenti con la nuova classificazione;

    la legge 7 aprile 2014, n. 56, cosiddetta «Legge Delrio», ha riconosciuto, all'articolo 1, comma 3, la specificità delle province interamente montane e confinanti con Paesi stranieri, in ragione delle loro caratteristiche territoriali, demografiche e socioeconomiche, conferendo loro un assetto istituzionale e funzionale distinto rispetto ad altre realtà provinciali;

    tale riconoscimento ha trovato attuazione anche in provvedimenti normativi successivi che hanno previsto specifiche misure di sostegno, di semplificazione amministrativa e di riequilibrio delle risorse in favore delle province montane, con l'obiettivo di assicurare il mantenimento dei servizi essenziali, la coesione sociale e la possibilità di sviluppo in contesti caratterizzati da oggettive condizioni di svantaggio;

    l'eventuale riperimetrazione dei comuni montani sulla base dei nuovi criteri tecnici, se non accompagnata da apposite garanzie di coinvolgimento dei territori interessati rischia di comportare, per alcune province, il venir meno del requisito interamente montano del territorio, pregiudicando di fatto il mantenimento dello status di specificità loro attribuito;

    una tale eventualità comporterebbe non solo la perdita di una qualificazione giuridica riconosciuta e consolidata, ma rischierebbe altresì di compromettere la capacità amministrativa, finanziaria e istituzionale di tali enti, aggravando le difficoltà strutturali già affrontate nella gestione di servizi in contesti montani,

impegna il Governo

a garantire, mediante l'adozione di specifici provvedimenti normativi, che le province attualmente riconosciute come interamente montane e confinanti con Paesi stranieri ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 56 del 2014, mantengano lo status di specificità montana, indipendentemente dagli esiti dell'aggiornamento dei criteri di classificazione dei comuni montani previsti dall'articolo 2 del disegno di legge in esame, al fine di salvaguardare le prerogative istituzionali e funzionali di tali enti e assicurare la continuità e l'efficacia delle politiche di sviluppo territoriale in favore delle comunità montane.
9/2126-A/43. Del Barba.


   La Camera,

   premesso che:

    con la finalità di contrastare il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, creare nuove possibilità di reddito e assicurare accessibilità ai servizi essenziali, il Programma nazionale di riforma (Pnr) ha previsto una specifica politica place-based: la Strategia nazionale aree interne (Snai);

    il principale merito della Strategia nazionale aree interne è stato quello di aver individuato una nuova e più ampia definizione di perifericità, a prescindere dal criterio altimetrico, e di aver collocato al centro di una politica pubblica enti locali, spesso dimenticati, in cui vivono attualmente 13,4 milioni di abitanti (oltre il 25 per cento della popolazione) e che rappresentano, complessivamente, il 48,5 per cento dei comuni italiani;

    l'articolo 25 del provvedimento in oggetto, come modificato al Senato, al fine di agevolare lo svolgimento del lavoro agile nei piccoli comuni montani ed il ripopolamento degli stessi, dispone uno sgravio contributivo per gli anni dal 2026 al 2030 in favore dei datori di lavoro per ciascun lavoratore dipendente a tempo indeterminato che non abbia compiuto il quarantunesimo anno di età e che svolga stabilmente la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile in un comune montano con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, a condizione che lo stesso lavoratore stabilisca, anche a seguito di trasferimento, in tale comune l'abitazione principale e il domicilio stabile;

    la misura in questione, seppure condivisibile, riguardando solo le prestazioni lavorative svolte in modalità agile, appare solo marginalmente in grado di riuscire a garantire le condizioni per il mantenimento dei lavoratori e delle opportunità di lavoro nelle zone montane;

    per poter offrire la speranza di un futuro nel territorio in cui sono nati ai tanti giovani che altrimenti si vedono negare il diritto a restare, occorre individuare soluzioni più strutturali rivolte alla generalità dei giovani lavoratori e delle imprese;

    tra queste dovrebbe rientrare la valorizzazione del cosiddetto capitale umano, ossia dal livello di istruzione, dalle competenze e dalle doti e capacità dei lavoratori in tutte le realtà del Paese e, in particolare, delle aree che maggiormente soffrono di condizioni di marginalità come le zone montane;

    come noto, l'Italia sconta il negativo dato dalla bassa percentuale di cittadini in possesso di un titolo di studio terziario. La quota dei laureati tra gli occupati dipendenti si ferma al 25 per cento, contro il 46 per cento della Francia, il 48 per cento della Spagna, e il 39 per cento della media europea. Valori che decrescono in ragione della dimensione occupazionale delle imprese;

    secondo quanto evidenziato dall'Istat, nel Rapporto sulle imprese 2021, «le imprese che disponevano di addetti più istruiti sono anche quelle che hanno guidato la dinamica occupazionale e del valore aggiunto», così come, già nel 2011, nel Papers di Banca d'Italia – Cambiamenti strutturali e capitale umano nel sistema produttivo italiano, si segnalava che «l'incremento della disponibilità di personale laureato ... sembra favorire una maggior attività innovativa e una maggior crescita della produttività»;

    anche alla luce di tali evidenze andrebbe introdotta una misura volta a favorire la nuova occupazione di laureati da inserire nel tessuto delle nostre piccole e medie imprese, per titoli di studi universitari coerenti con le attività svolte dall'impresa e per funzioni corrispondenti al titolo di studio, con particolare riguardo per quelle collocate nelle zone montane, così da favorirne il potenziamento delle competenze professionali e di innovazione, attraverso opportune e specifiche misure di decontribuzione,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure introdotte dalla disposizione richiamata in premessa con ulteriori provvedimenti, finalizzati a favorire il riequilibrio territoriale del Paese, a rafforzare il potenziale produttivo e a migliorare la qualità occupazionale, prevedendo le opportune misure di incentivazione dell'occupazione di laureati nel tessuto delle nostre piccole e medie imprese, a cominciare da quelle ubicate nelle zone marginali e montane.
9/2126-A/44. Scotto, Sarracino.


   La Camera,

   premesso che:

    con la finalità di contrastare il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, creare nuove possibilità di reddito e assicurare accessibilità ai servizi essenziali, il Programma nazionale di riforma (Pnr) ha previsto una specifica politica place-based: la Strategia nazionale aree interne (Snai);

    il principale merito della Strategia nazionale aree interne è stato quello di aver individuato una nuova e più ampia definizione di perifericità, a prescindere dal criterio altimetrico, e di aver collocato al centro di una politica pubblica enti locali, spesso dimenticati, in cui vivono attualmente 13,4 milioni di abitanti (oltre il 25 per cento della popolazione) e che rappresentano, complessivamente, il 48,5 per cento dei comuni italiani;

    l'articolo 25 del provvedimento in oggetto, come modificato al Senato, al fine di agevolare lo svolgimento del lavoro agile nei piccoli comuni montani ed il ripopolamento degli stessi, dispone uno sgravio contributivo per gli anni dal 2026 al 2030 in favore dei datori di lavoro per ciascun lavoratore dipendente a tempo indeterminato che non abbia compiuto il quarantunesimo anno di età e che svolga stabilmente la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile in un comune montano con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, a condizione che lo stesso lavoratore stabilisca, anche a seguito di trasferimento, in tale comune l'abitazione principale e il domicilio stabile;

    la misura in questione, seppure condivisibile, riguardando solo le prestazioni lavorative svolte in modalità agile, appare solo marginalmente in grado di riuscire a garantire le condizioni per il mantenimento dei lavoratori e delle opportunità di lavoro nelle zone montane;

    per poter offrire la speranza di un futuro nel territorio in cui sono nati ai tanti giovani che altrimenti si vedono negare il diritto a restare, occorre individuare soluzioni più strutturali rivolte alla generalità dei giovani lavoratori e delle imprese;

    tra queste dovrebbe rientrare la valorizzazione del cosiddetto capitale umano, ossia dal livello di istruzione, dalle competenze e dalle doti e capacità dei lavoratori in tutte le realtà del Paese e, in particolare, delle aree che maggiormente soffrono di condizioni di marginalità come le zone montane;

    come noto, l'Italia sconta il negativo dato dalla bassa percentuale di cittadini in possesso di un titolo di studio terziario. La quota dei laureati tra gli occupati dipendenti si ferma al 25 per cento, contro il 46 per cento della Francia, il 48 per cento della Spagna, e il 39 per cento della media europea. Valori che decrescono in ragione della dimensione occupazionale delle imprese;

    secondo quanto evidenziato dall'Istat, nel Rapporto sulle imprese 2021, «le imprese che disponevano di addetti più istruiti sono anche quelle che hanno guidato la dinamica occupazionale e del valore aggiunto», così come, già nel 2011, nel Papers di Banca d'Italia – Cambiamenti strutturali e capitale umano nel sistema produttivo italiano, si segnalava che «l'incremento della disponibilità di personale laureato ... sembra favorire una maggior attività innovativa e una maggior crescita della produttività»;

    anche alla luce di tali evidenze andrebbe introdotta una misura volta a favorire la nuova occupazione di laureati da inserire nel tessuto delle nostre piccole e medie imprese, per titoli di studi universitari coerenti con le attività svolte dall'impresa e per funzioni corrispondenti al titolo di studio, con particolare riguardo per quelle collocate nelle zone montane, così da favorirne il potenziamento delle competenze professionali e di innovazione, attraverso opportune e specifiche misure di decontribuzione,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di accompagnare le misure introdotte dalla disposizione richiamata in premessa con ulteriori iniziative finalizzate a favorire il riequilibrio territoriale del Paese, a rafforzare il potenziale produttivo e a migliorare la qualità occupazionale, valutando l'opportunità di prevedere misure di incentivazione dell'occupazione di laureati nel tessuto delle nostre piccole e medie imprese, comprese quelle ubicate nelle zone montane, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/2126-A/44. (Testo modificato nel corso della seduta)Scotto, Sarracino.


   La Camera,

   premesso che:

    le Unioni di comuni e le Comunità montane rappresentano strumenti fondamentali per la gestione associata dei servizi nei territori caratterizzati da piccoli comuni, particolarmente nelle aree montane e marginali del Paese;

    la carenza di Segretari comunali nei piccoli comuni costituisce una criticità strutturale che compromette il funzionamento degli enti locali e la continuità dell'azione amministrativa, in particolare questo è stato evidente rispetto ai progetti PNRR;

    le Unioni di comuni e le Comunità montane spesso operano con risorse limitate che non consentono di sostenere i maggiori oneri derivanti dall'assunzione di figure professionali qualificate come i Segretari comunali;

    il rafforzamento della capacità amministrativa degli enti locali, in particolare di quelli operanti nelle aree montane e interne, costituisce un obiettivo strategico per garantire l'erogazione dei servizi essenziali ai cittadini;

    l'investimento in risorse umane qualificate rappresenta un fattore cruciale per il miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa locale;

    il sostegno alle forme associative tra comuni è coerente con le politiche di razionalizzazione della spesa pubblica e di miglioramento della qualità dei servizi,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure previste dal provvedimento in esame con ulteriori provvedimenti finalizzati:

  a prevedere specifiche risorse finanziarie nel prossimo disegno di legge di bilancio per sostenere le Unioni di comuni nell'assunzione di Segretari comunali, con particolare riguardo agli enti operanti nelle aree montane, interne e marginali del territorio nazionale;

  a istituire un fondo dedicato per il cofinanziamento delle indennità dei Segretari delle Unioni di comuni e delle Comunità montane, con priorità per gli enti che servono territori con maggiori difficoltà demografiche ed economiche;

  a valutare l'introduzione di incentivi economici per favorire l'accettazione di incarichi di Segretario presso le Unioni di comuni operanti in aree disagiate, anche attraverso maggiorazioni delle indennità o benefici contributivi commisurati alla popolazione coinvolta;

  a prevedere misure di sostegno finanziario per l'implementazione dei corsi di formazione previsti dalla riforma dell'accesso all'albo nazionale dei Segretari, garantendo la copertura dei costi per gli enti che ospitano i tirocini formativi;

  a monitorare costantemente l'efficacia delle misure adottate attraverso un sistema di rilevazione e valutazione dell'impatto delle politiche di sostegno alle forme associative comunali;

  a promuovere iniziative di coordinamento tra i diversi livelli di governo per ottimizzare l'utilizzo delle risorse destinate al rafforzamento della capacità amministrativa degli enti locali nelle aree montane e interne.
9/2126-A/45. Gribaudo.


MOZIONI BOSCHI ED ALTRI N. 1-00434, PAVANELLI ED ALTRI N. 1-00463, RICHETTI ED ALTRI N. 1-00464, GRIMALDI ED ALTRI N. 1-00469 E DE LUCA ED ALTRI N. 1-00470 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A SALVAGUARDARE IL SISTEMA PRODUTTIVO NAZIONALE IN RELAZIONE ALLA PROSPETTATA APPLICAZIONE DEI DAZI DA PARTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    1) il Presidente statunitense, Donald Trump, fin dal suo insediamento, ha più volte paventato l'imposizione di dazi sulle merci europee (ivi incluse quelle italiane), seguendo la stessa politica adottata durante il suo primo mandato, nel quale aveva imposto dazi differenziati per categorie di beni e aliquote, che andavano dal 10 al 25 per cento del prezzo del prodotto;

    2) il 12 marzo 2025 sono entrati in vigore i dazi del 25 per cento sulle importazioni negli Usa di acciaio e alluminio, estesi anche a una serie di prodotti che contengono i due materiali, come racchette da tennis, biciclette, mobili e condizionatori. I dazi su acciaio e alluminio, peraltro, a partire dal 4 giugno 2025 sono stati innalzati al 50 per cento, aggravando le ripercussioni sul settore;

    3) in risposta la Commissione europea ha annunciato dazi su diversi prodotti statunitensi, per un valore complessivo di 26 miliardi di euro annui;

    4) il successivo 27 marzo 2025, il Presidente Trump ha annunciato l'introduzione, dal 2 aprile 2025, di dazi pari al 25 per cento sulle automobili importate negli Usa. Nelle ore subito successive all'annuncio, il Presidente Usa ha dichiarato di essere pronto a introdurre ulteriori dazi nel caso in cui l'Unione europea e il Canada avessero adottato misure coordinate in risposta all'introduzione dei dazi statunitensi;

    5) il 2 aprile 2025 il Presidente Trump ha annunciato un'ulteriore ampia e imponente introduzione di dazi, questa volta nei confronti di più di 100 Paesi, tra cui anche gli Stati membri dell'Unione europea, quindi inclusa l'Italia;

    6) l'Amministrazione Trump ha imposto queste aliquote partendo da un valore del 10 per cento, incrementato in chiave di «reciprocità» in misura diversa verso singoli Stati alla luce dei «dazi» o altre barriere in entrata che, secondo l'Amministrazione americana, sarebbero stati scorrettamente applicati verso i prodotti americani;

    7) nel caso degli Stati membri dell'Unione europea, compresa l'Italia, i dazi americani sono inizialmente entrati in vigore a partire dal 9 aprile 2025 in misura pari al 20 per cento, dando avvio a una guerra commerciale sulla base di presupposti errati e pretestuosi da parte dell'Amministrazione statunitense;

    8) in risposta all'introduzione dei dazi sui prodotti europei, il 3 aprile 2025, la Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha annunciato «ulteriori contromisure commerciali» nei confronti dei prodotti Usa: secondo la Commissione europea, i dazi americani comporteranno conseguenze terribili per milioni di persone in tutto il mondo, provocando incertezza per i mercati e per le imprese e danneggiando i cittadini più vulnerabili a causa dell'aumento dell'inflazione. Alla prima apertura dei mercati dopo l'annuncio dell'Amministrazione americana, le borse europee hanno aperto con un profondo ribasso: secondo alcune stime l'Italia rischia una perdita di crescita tra lo 0,3 e lo 0,6 per cento del prodotto intero lordo;

    9) il 9 aprile 2025 il Presidente Trump ha annunciato una sospensione temporanea di 90 giorni sui dazi imposti all'Unione europea e agli Stati membri, annunciando contestualmente l'innalzamento dei dazi verso la Cina sino al 125 per cento, poi incrementati al 145 per cento e, in fine, ridotti al 30 per cento a seguito dei negoziati tra i due Paesi;

    10) risulta peraltro evidente che le scelte del tutto soggettive e imprevedibili sulla sospensione dei dazi da parte di Trump, con annunci e smentite che si sono susseguiti a stretto giro, ha creato delle oscillazioni nei mercati finanziari che hanno consentito operazioni speculative sulla cui legalità vi sono molti dubbi;

    11) nonostante la temporanea sospensione, il Presidente Trump ha peraltro confermato che resteranno in vigore i dazi già previsti per alcuni prodotti come alluminio e acciaio e sulle automobili importate negli Usa pari al 25 per cento, mentre dal 3 maggio 2025 scatteranno ulteriori dazi sulle componenti delle automobili;

    12) in relazione alle mosse di Trump anche l'Unione europea ha deciso di sospendere a propria volta per 90 giorni i controdazi applicati ai prodotti statunitensi per poter negoziare con l'Amministrazione americana che ha ribadito di voler trattare con l'Unione europea come unico blocco;

    13) secondo organi di stampa la Commissione europea sarebbe pronta ad accettare l'imposizione di dazi statunitensi in misura fissa, pari al 10 per cento: ciò dopo la minaccia fatta dal Presidente Trump il 24 maggio 2025 in risposta all'infruttuosità dei negoziati, quando ha prospettato l'applicazione di dazi ai prodotti europei in misura pari al 50 per cento;

    14) sul versante europeo, inoltre, la bilancia commerciale tra Usa e Unione europea (nel suo complesso) oggi vede il Vecchio continente esportare beni per circa 502 miliardi di euro, a fronte di importazioni Usa per un valore di 346,5 miliardi di euro: un saldo decisamente compensato dal settore dei servizi, dove l'Unione europea esporta i medesimi negli Usa per un valore pari a circa 292 miliardi di euro, contro i 396 miliardi importati dall'Unione europea;

    15) a prescindere dalla temporanea sospensione, l'annuncio e l'applicazione della prima tranche di dazi ha provocato una contrazione dei traffici commerciali, alimentando un clima di incertezza a livello globale che rischia di catapultare l'economia in una nuova fase di grave recessione;

    16) il Presidente della Repubblica non ha esitato a definire l'imposizione dei dazi statunitensi «un errore profondo», cui dare «una risposta compatta, serena, determinata» per difendere gli interessi nazionali ed europei con misure risposte adeguate;

    17) l'Associazione europea dell'industria delle auto ha sottolineato, per prima, il grave impatto che i dazi possono avere per il settore, sia in termini di posti di lavoro sia per le prospettive di tenuta di interi comparti collegati alla produzione di automobili. A seguito dell'introduzione dei suddetti dazi i titoli in borsa delle cosiddette big three del settore automobilistico, General motors, Ford e Stellantis, sono diminuiti rispettivamente del 6,6 per cento, 3,1 per cento e del 2,9 per cento, con flessioni che inevitabilmente producono conseguenze sui consumatori europei e sulle imprese;

    18) l'Italia è il tredicesimo partner commerciale degli Usa, con uno scambio commerciale pari a circa 92 miliardi di euro: il valore delle esportazioni italiane negli Usa è pari a 67 miliardi di euro, mentre quello delle importazioni dagli Usa è pari a 24 miliardi di euro, con un saldo positivo pari a 43 miliardi di euro annui;

    19) la filiera italiana dell'automotive (industria e servizi), in Italia, conta 1,28 milioni di lavoratori, con un impatto diretto sull'economia reale (in termini di compensi e salari) pari a 28,8 miliardi di euro, con un fatturato complessivo pari a 346,4 miliardi di euro, pari al 19,4 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Si tratta di un settore strategico per il nostro Paese, ora fortemente a rischio per i dazi introdotti dalla nuova Amministrazione statunitense, da cui rischia di derivare per il nostro Paese una perdita netta di 11,1 miliardi di euro annui;

    20) l'Italia è il primo Paese dell'Unione europea per l'export dell'agroalimentare negli Usa: le esportazioni dell'agroalimentare italiano verso gli Usa costituiscono, infatti, una componente fondamentale per la crescita del Paese, rappresentando il 15 per cento delle esportazioni totali e con una crescita pari al 18 per cento nell'ultimo anno e al 158 per cento negli ultimi dieci anni, per un valore di 7,8 miliardi di euro solo nell'anno 2024;

    21) gli Usa sono il terzo Paese (e il primo «non europeo») di destinazione delle merci italiane in assoluto, la cui origine si ha prevalentemente nelle regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto e Piemonte, che da sole producono più di due terzi delle esportazioni complessive: l'applicazione di dazi su beni e servizi italiani da parte degli Usa rappresenta un concreto pericolo per le prospettive di crescita del Paese, nonché per la tenuta di interi settori che già patiscono l'aumento dell'inflazione e dei costi dell'energia;

    22) diverse imprese del made in Italy, infatti, hanno già avanzato serie preoccupazioni dopo l'introduzione di dazi americani sui prodotti di eccellenza italiana come vino, basilico, olio, formaggi e pasta: i dazi del 20 per cento sui nostri prodotti provocheranno, di fatto, conseguenze che ricadranno in modo drammatico sui fatturati delle imprese italiane e sull'occupazione del Paese, fattori che si sommeranno ai costanti dati negativi della produzione italiana;

    23) l'impatto territorialmente concentrato dei dazi rappresenta un rischio concreto per l'intera filiera: solo il settore del vino, che nel 2024 ha portato al sistema Paese 1,2 miliardi di euro grazie alle esportazioni negli Usa, vede il 48 per cento dei bianchi esportati prodotti in Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia e il 71 per cento dei rossi prodotti tra Toscana e Piemonte. A seguito dell'annuncio americano, l'Unione italiana vini (Uiv) ha infatti dichiarato come l'introduzione dei dazi americani rischi di causare per il settore una perdita di 323 milioni di euro di ricavi all'anno, pena l'uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni;

    24) le ripercussioni economiche derivanti dall'imposizione di dazi nel settore agroalimentare rischiano di essere drammatiche per quelle filiere che dipendono quasi interamente dalle esportazioni, come il pecorino romano denominazione di origine protetta prodotto in Sardegna, il cui export è destinato per circa la metà al mercato statunitense, ma anche per la Toscana, che negli Usa esporta il 33 per cento della propria produzione di vini e il 42 per cento della propria produzione di olio extravergine d'oliva, e il Lazio, che proprio di olio esporta circa il 58 per cento della propria produzione;

    25) la filiera agroalimentare si contraddistingue per la presenza di aziende di grandi dimensioni, così come di micro imprese, e di realtà cooperative che rappresentano veri e propri modelli di sviluppo sostenibile, inclusivo e innovativo, la cui operatività rischia di essere pregiudicata fortemente dall'imposizione di dazi, che, oltre a cagionare gravi perdite economiche, si ripercuotono sulla pianificazione degli investimenti;

    26) in questa prospettiva occorre approntare un piano europeo per la semplificazione e la previsione di misure nazionali ed eurounitarie legate all'internazionalizzazione delle produzioni italiane, ma soprattutto dare avvio da subito ad un'operazione di sburocratizzazione nel nostro Paese e di concreto sostegno alle nostre aziende, anche piccole e medie imprese, per la penetrazione in nuovi mercati che possano compensare la contrazione delle esportazioni verso gli Usa;

    27) secondo le stime di Confindustria, la produzione di macchinari e impianti rischia una perdita di fatturato pari a 12,4 miliardi di euro annui, quella farmaceutica una perdita di 8 miliardi di euro annui, quella chimica di 2,9 miliardi di euro annui e il settore della moda, già fortemente provato da anni di extracosti per via del caro-energia e caro-materiali, una perdita di circa 2,4 miliardi di euro: un colpo ferale per un comparto ritenuto unanimemente un'eccellenza mondiale;

    28) le loro esportazioni italiane verso gli Usa rappresentano circa il 3 per cento del prodotto interno lordo. I settori maggiormente interessati dai dazi sono quello dei macchinari, dei prodotti chimici e dei manufatti finiti, che insieme valgono rispettivamente il 77 per cento e l'82 per cento: il settore dei macchinari e delle attrezzature, in particolare, rappresenta la fetta più consistente delle esportazioni verso il mercato statunitense (circa 24 miliardi di euro, il 38 per cento del totale);

    29) Confindustria ha calcolato che dazi americani al 25 per cento (di poco superiori a quelli effettivi) sui prodotti italiani porteranno ad una riduzione dello 0,4 per cento del prodotto interno lordo nel 2025 e di 0,6 per cento del prodotto interno lordo nel 2026, erodendo di fatto tutta la crescita;

    30) a questi dati preoccupanti si somma il rischio che l'Europa e, quindi, l'Italia diventino mercato privilegiato dei prodotti cinesi o di altri paesi a seguito della politica dei dazi americani che spingerà la Cina ed altri ad aggredire mercati diversi da quello statunitense con prodotti a prezzi molto bassi;

    31) una delle finalità dichiarate da Trump connessa alla politica dei dazi è il trasferimento in Usa di aziende straniere e molte realtà italiane hanno già manifestato tale intenzione per aggirare i dazi, con evidenti ricadute sugli investimenti nel nostro Paese e soprattutto sui livelli occupazionali;

    32) l'aumento dei prezzi legato ai dazi imposti da Trump, l'inflazione, le delocalizzazioni in Usa, la concorrenza dei prodotti cinesi, la perdita di posti di lavoro porteranno ad un impoverimento complessivo delle nostre famiglie, oltre che ad un indebolimento della nostra economia;

    33) l'imposizione di dazi sui prodotti italiani ne aumenta inevitabilmente il prezzo per il consumatore statunitense, penalizzando il produttore che si vedrà sottrarre quote di mercato da aziende che non risentono della medesima sovraimposizione e possono offrire prezzi maggiormente competitivi;

    34) le prospettive di una guerra commerciale con gli Stati Uniti d'America non rappresentano in alcun modo una sorta di «opportunità» e «occasione», come inspiegabilmente prospettato da alcuni esponenti della maggioranza di Governo: a fronte delle crescenti e fondate preoccupazioni delle imprese e dei lavoratori italiani il Governo è chiamato a dare risposte rapide e concrete, mettendo in sicurezza il tessuto economico-produttivo del Paese nel suo complesso;

    35) l'attuale contesto di incertezza impone un'attenta valutazione delle ricadute delle proposte dell'Amministrazione Trump sul piano della totale deregulation degli scambi commerciali a fronte della riduzione o cancellazione dei dazi, ponderando i rischi connessi all'incremento delle vendite dei prodotti cosiddetti «Italian sounding» e i danni per la nostra economia, oltre che dall'impatto dell'ingresso in Europa di nuovi merci, soprattutto laddove queste ultime rispondono a standard qualitativi e di controllo inferiori rispetto a quelli europei, generando effetti negativi su tutte le corrispondenti filiere del mercato interno e con riguardo, ad esempio, al settore agroalimentare, anche un maggior rischio per la salute dei cittadini;

    36) di fronte a fenomeni globali, come, appunto, il rischio di una possibile guerra commerciale, l'ipotesi di adottare un approccio bilaterale tra Italia e Usa, al di fuori del dialogo con l'Unione europea e gli altri Stati membri, non solo sconfessa i valori europeisti che hanno portato il nostro Paese a fondare l'Unione europea, ma colloca l'Italia al di fuori di ogni prospettiva futura di integrazione. Porsi al di fuori – o persino contrastare – una strategia coordinata e concordata a livello europeo, nella speranza di ottenere un qualche vantaggio esclusivo di brevissimo periodo, rischia di esporre le nostre imprese a ulteriori incertezze, posto che i nostri principali partner commerciali si trovano sul territorio europeo;

    37) in vista delle prossime trattative tra l'Unione europea e gli Usa in materia di dazi e politiche commerciali, risulta fondamentale che l'Unione europea sia compatta, solida e autorevole: pertanto è necessario che la stessa Unione europea inizi a interloquire con gli Usa tramite una «voce» unitaria, rappresentata da una voce autorevole, credibile e forte della sua competenza come Mario Draghi. Un approccio frammentato, con iniziative diplomatiche unilaterali da parte degli Stati membri, risulterebbe estremamente controproducente per gli interessi europei: la nomina di Mario Draghi come inviato speciale per l'Unione europea nelle trattative con gli Usa risulterebbe la giusta soluzione affinché l'Unione europea possa risultare un soggetto ascoltato e autorevole in uno dei dossier più complicato in politica estera, come, appunto, quello dei dazi introdotti dagli Usa;

    38) va scongiurato il pericolo concreto che le imprese italiane, nel medio-lungo periodo, possano ricorrere a forme di delocalizzazione volte ad aggirare i dazi, in ossequio a una strategia che impoverisce il Paese e le famiglie, giacché delocalizzare significa licenziare i lavoratori e pregiudicare l'indotto e le filiere di riferimento;

    39) al fine di mitigare gli effetti negativi dei dazi sul sistema economico e scongiurare la delocalizzazione delle imprese, occorre elaborare senza indugio un piano industriale volto a rilanciare la produzione italiana a livello nazionale e mondiale, rafforzando le forme di incentivazione alla competitività, come «Industria 5.0», ma anche realizzando interventi di semplificazione normativa e amministrativa volti ad alleggerire gli oneri burocratici (e i relativi costi) patiti dalle imprese;

    40) è necessario attivare un quadro normativo europeo che consenta, in linea con l'esperienza maturata nell'ambito del temporary framework durante la pandemia, di sospendere il divieto di aiuti di Stato, nonché favorire il rientro del capitale umano italiano che nel corso degli anni, soprattutto per mancanza di competitività e prospettive, è espatriato all'estero;

    41) è altresì fondamentale che il Governo riconosca la centralità di una risposta condivisa a livello europeo che porti all'elaborazione di una strategia comune europea in risposta ai dazi introdotti dalla nuova Amministrazione statunitense, elaborando misure coordinate e concrete che forniscano risposte concrete e certezze ai comparti interessati, oltre che misure volte a garantire liquidità alle imprese nel breve periodo e a sostenerne l'operatività nel medio-lungo periodo anche attraverso interventi volti a ridurre i costi di produzione, in primis sul versante energetico;

    42) è indispensabile promuovere la centralità di un'azione europea condivisa, per tutelare l'economia europea e nazionale, nonché i lavoratori e le imprese, salvaguardando i settori interessati dai nuovi dazi statunitensi;

    43) il Presidente Trump, peraltro, periodicamente annuncia l'ipotesi di nuovi dazi su singoli mercati a prodotti (dai chip al farmaceutico) che generano un diffuso senso di incertezza negli operatori e quindi di stallo negli investimenti;

    44) alla situazione di incertezza e di rallentamento dei traffici commerciali generata dalla politica dei dazi introdotta dal Presidente Trump si somma, inoltre, l'instabilità derivante dai diversi conflitti aperti; in particolare, il recente attacco da parte di Israele ad alcuni obiettivi militari e industriali iraniani e il supporto militare diretto degli Stati Uniti d'America, nonché la reazione iraniana avranno ricadute anche sulle relazioni commerciali e sulla circolazione delle merci e si ripercuoteranno inevitabilmente anche sui prezzi di alcuni prodotti e materie prime, in particolare laddove venisse chiuso lo Stretto di Hormuz;

    45) salvo ulteriori iniziative, l'entrata in vigore degli ulteriori dazi annunciati dal Presidente Trump e temporaneamente sospesi è ormai imminente,

impegna il Governo:

1) a riconoscere la centralità di una risposta condivisa a livello europeo che porti all'elaborazione di una strategia comune europea in risposta ai dazi statunitensi, abbandonando qualsivoglia iniziativa che rischi di rendere ancora più incerte e difficili le prospettive per le imprese nazionali, anche in rapporto ai partner europei;

2) a non ostacolare le iniziative europee elaborate nell'ambito delle istituzioni dell'Unione europea e volte a riequilibrare i rapporti commerciali con gli Usa, al fine di scongiurare uno scenario di incertezza che si presta a discriminazione tra Stati e settori commerciali, oltre che a ulteriori ritorsioni sul piano economico;

3) a richiedere, in sede europea, la nomina di Mario Draghi come inviato per l'Unione europea in vista del possibile negoziato con gli Usa in materia di politiche commerciali, al fine di consentire alla stessa Unione europea di interloquire con il Presidente Trump tramite una «voce» unitaria, credibile e autorevole;

4) a promuovere ogni iniziativa utile, in sede europea, volta a calmierare i costi dell'energia e a rivedere la normativa Emission trading system sull'anidride carbonica e il decoupling del prezzo del gas e dell'energia elettrica per contrastare l'aumento delle tariffe, oltre che a rivedere la normativa eurounitaria di riferimento in un'ottica di semplificazione per le imprese;

5) ad adottare iniziative tese ad attivare in ambito nazionale strumenti volti a ridurre e stabilizzare il costo dell'energia per le imprese, incrementando il mix delle fonti energetiche anche in un'ottica di elaborazione di una strategia di politica industriale di medio-lungo periodo;

6) a sollecitare in sede europea la sospensione del divieto di aiuti di Stato al fine di predisporre ogni intervento utile per sostenere le imprese italiane, ivi compresa l'attivazione di un fondo nazionale per l'accesso a finanziamenti agevolati e con ampi piani di rimborso, sì da favorire la liquidità e gli investimenti per i comparti maggiormente colpiti dai dazi;

7) ad adottare ogni iniziativa utile volta a compensare economicamente e a salvaguardare le imprese e i settori interessati, nonché il tessuto economico-produttivo del Paese nel suo complesso e il potere di acquisto delle famiglie rispetto all'imposizione di dazi sulle merci italiane;

8) a predisporre un piano di interventi di sostegno economico e supporto all'internazionalizzazione per i settori maggiormente colpiti dai dazi statunitensi, in particolare elaborando, per il comparto agroalimentare, interventi di semplificazione (come la riduzione al 50 per cento degli obblighi di rendicontazione degli incentivi dell'organizzazione comune del mercato vitivinicolo concessi alle imprese impegnate sul mercato statunitense) e soluzioni di lungo periodo che possano garantire flussi di mercato a condizioni eque e non discriminatorie, nonché misure immediate volte a sostenere, anche in termini di liquidità, le imprese già colpite dal calo degli ordini dovuto alle forti incertezze ingenerate sul piano del commercio internazionale;

9) ad adottare iniziative di competenza volte ad elaborare, con il pieno coinvolgimento delle Camere e in particolare delle opposizioni, un piano industriale volto a rilanciare la competitività del sistema produttivo nazionale, anche attraverso la revisione di «Industria 5.0» e la rivisitazione delle misure di incentivazione vigenti coerentemente con le modalità di fruizione introdotte dal Governo Renzi con «Industria 4.0», nonché a rafforzare e semplificare i contratti di sviluppo e sbloccare i progetti già approvati;

10) a favorire l'internazionalizzazione dei settori colpiti dai dazi statunitensi per rafforzare l'export verso gli altri Paesi del continente americano, dell'India e dei Paesi arabi, promuovendo, altresì, la ratifica degli accordi economici e commerciali tra l'Unione europea e il Canada (Ceta) e con l'America latina (Mercosur);

11) a salvaguardare nell'ambito delle trattative il principio di reciprocità su qualità e controlli per evitare, con particolare riguardo al settore agroalimentare, che l'ingresso in Europa di nuovi merci con standard qualitativi e di controllo inferiori generino effetti negativi su tutte le corrispondenti filiere;

12) ad adottare iniziative volte ad incrementare la capacità di spesa delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di compensare, sia pure parzialmente, la contrazione dell'export delle imprese italiane col pieno sfruttamento delle risorse ottenute;

13) a predisporre ogni iniziativa di competenza utile a scongiurare qualsiasi forma di delocalizzazione delle imprese al fine di salvaguardare il sistema-Paese, l'occupazione e le famiglie, oltre che il futuro della nazione;

14) ad adottare le iniziative anche di carattere normativo necessarie a diminuire gli oneri burocratici a carico delle imprese, nonché a semplificare e accelerare le procedure di realizzazione degli investimenti pubblici e privati al fine di rimuovere ostacoli di natura procedimentale alla crescita del Paese;

15) a richiedere misure urgenti, in sede europea, che vadano a tutelare un asset decisivo per il nostro Paese come quello dell'automotive, colpito dai dazi introdotti dall'Amministrazione Trump, anche attraverso la creazione di un campione europeo volto a garantire maggiore competitività al comparto e l'occupazione.
(1-00434)(Nuova formulazione) «Boschi, Gadda, Bonifazi, Del Barba, Faraone, Giachetti, Gruppioni».


   La Camera,

   premesso che:

    1) l'attuale situazione economica globale e la grande incertezza legata alle misure protezionistiche degli Usa, rischiano di peggiorare ulteriormente i dati già estremamente preoccupanti della produzione industriale nazionale: sebbene i rilievi Istat di aprile fotografino una lieve ripresa rispetto al recente passato (l'indice destagionalizzato è cresciuto dell'1 per cento rispetto al mese di marzo), spostano comunque solo marginalmente la performance del 2025 che nei primi 4 mesi dell'anno ha segnato un decremento del -1,2 per cento dell'indice sull'industria rispetto allo stesso periodo del 2024, con i beni di consumo che nel periodo scendono del -0,6 per cento, con grave pregiudizio per l'economia italiana;

    2) d'altra parte, la risposta dell'Unione europea alla guerra commerciale dell'amministrazione Trump è stata finora inadeguata e del tutto insufficiente in termini di risposte concrete al mondo imprenditoriale per colmare il divario di competitività di cui soffrono le imprese: mentre continuano le discussioni tecniche e politiche tra la presidente Ursula Von der Leyen e le controparti statunitensi, l'inadeguatezza della risposta europea ai dazi statunitensi rischia di avere ripercussioni negative su consumatori ed imprese;

    3) in un siffatto contesto, già segnato da un generale incremento dei prezzi di beni e servizi essenziali, i nuovi e più elevati dazi americani sulle importazioni rallenterebbero ulteriormente l'attività produttiva che, secondo un'analisi di Confartigianato, potrebbe subire un calo delle esportazioni verso gli Stati Uniti di oltre 11 miliardi di euro, con una perdita di 33 mila occupati nel settore manifatturiero. Più di un terzo dell'impatto occupazionale riguarderebbe le micro e le piccole imprese, con 13 mila posti di lavoro a rischio;

    4) le stime complessive sull'impatto economico per l'Italia oscillano tra i 4 e i 7 miliardi di euro, con una significativa contrazione delle esportazioni ed effetti misurabili in termini di Prodotto interno lordo, occupazione e potere di acquisto delle famiglie italiane. Inoltre, eventuali nuove tensioni in termini di incertezza sulle politiche a livello globale potrebbero risultare amplificate in Italia dall'elevato debito pubblico;

    5) secondo Svimez, l'elevata esposizione ai dazi americani del nostro Paese riguarda, in particolare, i settori della moda, dell'industria automobilistica e dell'agroalimentare. Rilevante anche il valore dei mezzi di trasporto prodotti in Italia per il mercato statunitense, dove l'export supera i 10 miliardi di euro: 5,7 per l'automotive e il 5,8 per i restanti comparti (aerospazio, nautica, ferroviario). Compresi tra i 4 e i 5 miliardi il valore dell'export del settore moda, mobilio, elettronica/informatica; tra i 2-3 miliardi l'export di chimica ed energetici;

    6) sebbene Liguria, Campania, Molise e Basilicata identifichino gli Stati Uniti come principale mercato di sbocco, in termini di volumi assoluti di vendite oltreoceano spiccano Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana (dati Istat 2023). La Cgia di Mestre segnala come le regioni meridionali, in particolare Sardegna, Molise e Sicilia, risulterebbero le più esposte al rischio a causa di una minore diversificazione del loro export, con la potenziale conseguenza di esacerbare le preesistenti difficoltà economiche e sociali di tali aree;

    7) con particolare riguardo all'industria automobilistica – già alle prese con un rallentamento generalizzato della spesa al consumo, con margini di profitto esigui e con l'intensa concorrenza cinese nel settore dei veicoli elettrici – i rischi maggiori potrebbero risiedere in potenziali cali degli investimenti, una profonda interruzione della catena di approvvigionamento e un significativo aumento dei costi di produzione, con effetti negativi a cascata lungo tutta la filiera di un settore che, solo in Italia, esporta negli Usa veicoli per 3,4 miliardi di euro, componenti per 1,3 miliardi di euro e impiega 270.000 occupati, con perdite stimate di posti di lavoro fino al 5,7 per cento. Si consideri che solo per le Pmi e gli stabilimenti legati all'export del settore auto, le nuove tariffe mettono a rischio circa 9.700-15.500 lavoratori. Tra i segmenti più colpiti c'è quello dei subfornitori, che potrebbe perdere tra 7.000 e 10.000 posti mentre sistemisti e modulisti potrebbero subire una riduzione tra 1.500 e 3.000 posti di lavoro;

    8) con riferimento alla filiera del tessile e del lusso made in Italy, a preoccupare le imprese del settore, secondo il presidente di Confindustria moda, non solo vi sono gli impatti diretti in termini di mancati ricavi ma anche quelli indiretti sulle fasi produttive e distributive, a partire dall'approvvigionamento delle materie prime e nella confezione dei capi che costringeranno inevitabilmente a ridisegnare la filiera rivedendo le politiche di pricing e le strategie di approvvigionamento. Secondo i dati diffusi da Confindustria moda, l'interscambio di tessile-abbigliamento dall'Italia agli Stati Uniti da gennaio a dicembre 2024 è stato pari a 2,8 miliardi di euro, in flessione dello 0,7 per cento rispetto al 2023. In tale periodo, nel ranking delle top-destination delle esportazioni l'America è risultata essere il terzo mercato di sbocco con un'incidenza del 7,4 per cento sul totale del tessile-abbigliamento esportato con una predominanza del comparto dell'abbigliamento con 2,3 miliardi di euro;

    9) ai predetti comparti, si aggiunge anche quello della cosmetica – che coinvolge ben 400.000 addetti lungo tutta la filiera, delle materie prime fino alla distribuzione – per il quale il mercato statunitense risulta il principale partner commerciale, con un valore di oltre 1,1 miliardi di euro – pari a circa il 13 per cento dell'export totale di beauty made in Italy, consolidandosi come uno dei principali motori dell'economia nazionale, con una crescita del 9,1 per cento rispetto al 2023;

    10) per quanto concerne poi l'agroalimentare, nel 2024 l'export italiano ha segnato un altro record, attestandosi tra i 67 e i 70 miliardi di euro (+6,5-8 per cento sul 2023). La performance vale l'11 per cento circa del totale delle esportazioni italiane. I prodotti più esportati sono vino con oltre 8 miliardi (+5,5 per cento nel 2024); pasta e prodotti da forno per 7,7 miliardi (+8,6 per cento); olio d'oliva con oltre 2 miliardi (+56 per cento); cioccolato per 3,4 miliardi (+17,8 per cento); formaggi e latticini per 4 miliardi;

    11) a generare il maggior valore aggiunto nel primario è la cosiddetta Dop economy. Nel 2024, questa ha raggiunto un valore alla produzione di 20,2 miliardi di euro, il 19 per cento circa del fatturato complessivo dell'agri-food (dati Qualivita). In particolare: il cibo Dop e Igp ha superato i 9 miliardi di valore (+3,5 per cento sul 2023), i vini Dop e Igp hanno raggiunto gli 11 miliardi (-2,3 per cento in valore e +0,7 per cento in volume); l'export complessivo delle IG vale 11,6 miliardi (+5,3 per cento nell'Unione europea e -4,6 per cento nei paesi extra Unione europea). Gli Usa sono il primo mercato, attraggono il 21 per cento dell'export delle Dop e Igp;

    12) nell'eventualità di applicazione di dazi pari al 20 per cento, sempre secondo le proiezioni elaborate da Svimez, l'agroalimentare potrebbe subire una flessione compresa tra il 13,5 per cento e il 16,4 per cento. Particolarmente preoccupante è la stima fornita da Coldiretti, che quantifica in 6 milioni di euro al giorno i potenziali costi per il solo comparto vinicolo italiano;

    13) gli Stati Uniti, infatti, sono il primo mercato di destinazione per i vini italiani, tanto che nel 2024 ha raggiunto i 2 miliardi di euro, assorbendo oltre 3,5 milioni di ettolitri di vino; ma, più in generale, è fondamentale considerare che nel 2024, l'export agroalimentare italiano negli Stati Uniti ha toccato una cifra pari a 7,8 miliardi di euro e, come rilevato dalle associazioni di categoria, una tassazione del 20 per cento sulle esportazioni potrebbe costare ai consumatori fino a 2 miliardi di euro in più;

    14) oltre al vino, risultano impattati negativamente i settori di eccellenza dell'olio extravergine di oliva e dei formaggi che costituiscono un'importante fetta della domanda di beni alimentari italiani oltreoceano, basti pensare che il primo mercato estero per il Parmigiano Reggiano è proprio quello statunitense, ma non solo, per la mozzarella di bufala il mercato americano vale tra il 4 e il 7 per cento dell'export totale;

    15) i possibili effetti avversi di una simile presa di posizione si sostanzierebbero non solo in un drastico calo degli acquisti da parte dei consumatori americani, ma anche in una dilagante diffusione delle imitazioni e del fenomeno dell'italian sounding – il cui giro d'affari ammonta a 8,6 miliardi di euro e che si stima possa aumentare di ulteriori 1,1 miliardi di euro per l'effetto dazi – arrecando un gravissimo danno alle imprese italiane e agli stessi consumatori;

    16) in tema di imitazioni, è importante ricordare che sugli scaffali dei supermercati giapponesi e brasiliani più di 7 prodotti agroalimentari su 10 evocano il made in Italy, ma solo 3 su 10 provengono davvero dall'Italia. Come emerge dall'analisi di Teha per l'incontro finale della Community Food&Beverage a Bormio, in Germania, Regno Unito e Stati Uniti, l'italian sounding rappresenta tra il 60 e il 67 per cento dei prodotti tipici italiani. Viaggiano poco sopra il 50 per cento nei Paesi Bassi, in Cina e in Australia, mentre sono poco sotto il 50 per cento le imitazioni dei prodotti italiani venduti nei supermercati di Canada e Francia;

    17) infine, con riferimento all'export dei prodotti agroalimentari, dal forum Food&Beverage organizzato da Teha a Bormio, è emerso che oltre 6 miliardi di euro dei 7,8 miliardi totali di cibi e bevande italiani esportati negli Stati Uniti sono prodotti senza alternative dirette sul mercato locale e che i dazi potrebbero portare a una potenziale perdita di 1,3 miliardi di euro nelle esportazioni alimentari italiane;

    18) anche la catena distributiva subirebbe effetti nefasti, con riverberi negativi riguardanti l'interruzione delle relazioni con le piattaforme europee e la compromissione della solidità dei rapporti con i buyer statunitensi, costretti a ricercare mercati alternativi, più convenienti sotto il profilo economico;

    19) in diverse circostanze sia alcuni Ministri sia il Presidente del Consiglio hanno rilasciato dichiarazioni dalle quali emerge una grave sottovalutazione di un problema che colpisce una parte importante e preziosa della nostra economia;

    20) la fase emergenziale in cui si trova il nostro Paese è emersa chiaramente anche nelle comunicazioni afferenti al Pacchetto di primavera del Semestre europeo di recente pubblicazione, in cui la Commissione europea ha certificato come gli elevati prezzi dell'energia in Italia indeboliscono e riducono la competitività industriale, proprio a svantaggio delle piccole e medie imprese;

    21) d'altra parte, la nuova strategia industriale dell'Unione europea delineata nella «Bussola per la competitività» delinea un quadro in cui la competitività europea è ancora ostaggio di problemi strutturali che costringono le imprese in un contesto globale volatile caratterizzato da concorrenza sleale, catene di approvvigionamento fragili, costi dell'energia in aumento, carenza di manodopera e di competenze e accesso limitato ai capitali;

    22) preoccupa, in particolare, l'accento posto dalla Commissione europea sull'esigenza di rafforzare l'industria della difesa europea, così come l'auspicio di destinare sempre maggiori fondi europei allo sviluppo di questo settore per allentare la dipendenza da fornitori stranieri, Stati Uniti inclusi, con il rischio di un adeguamento dell'agenda di sostenibilità all'industria e non più viceversa e lasciando presagire un preoccupante piano di rilancio dell'economia e della competitività europea basato esclusivamente sul riarmo,

impegna il Governo:

1) a porre in essere, al fine della tutela del mercato unico e dell'economia europea, tutte le necessarie, tempestive iniziative di competenza, affinché l'Unione dia una risposta efficace e proporzionata all'apposizione di dazi da parte degli Stati Uniti, anche attraverso:

   a) l'adozione di strumenti e misure non tariffarie previsti dallo strumento anti-coercizione volto a rispondere alle aggressioni economiche e alle pratiche commerciali sleali compiute da potenze extra-europee;

   b) il completamento di un mercato unico dei capitali quale strumento strategico per attrarre i flussi di capitali in fuga dal mercato americano da reimpiegare per il sostegno agli investimenti delle imprese europee, con particolare riguardo alla transizione energetica;

2) ad adottare iniziative di competenza volte ad assicurare l'apertura dell'Italia a nuovi mercati in direzione di una maggiore diversificazione degli scambi commerciali;

3) a farsi promotore e a sostenere le opportune iniziative in ambito unionale tese alla costituzione di un energy recovery fund per favorire gli interventi di riduzione dei consumi di energia, d'efficienza energetica, di produzione di energia da fonti rinnovabili, di impiego delle tecnologie per l'accumulo e lo sviluppo della relativa filiera produttiva tecnologica, da considerare predominanti e con vantaggi maggiori su scala temporale, per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 e 2050 e la riduzione dei costi energetici, nonché a sollecitare il disaccoppiamento dei prezzi del gas da quelli dell'energia elettrica al fine di offrire prezzi maggiormente competitivi per famiglie e imprese;

4) a farsi promotore e a sostenere le opportune iniziative, anche normative, volte all'istituzione di un Fondo europeo per il sostegno al settore dell'automotive e per la competitività della relativa industria europea – con un modello di finanziamento basato sull'emissione di debito comune da parte dell'Unione, ispirato al fondo Sure – quale misura strategica e temporanea finalizzata a compensare, inter alia, l'impatto negativo dei dazi sulla filiera nonché salvaguardare l'intero comparto e i livelli occupazionali, ancor più considerato che, nell'attuale scenario geopolitico, il sostegno e la redditività del settore automobilistico costituiscono condizioni determinanti per garantire certezza di investimento da parte delle imprese, rilanciare il loro posizionamento internazionale nonché per sostenere la domanda di veicoli;

5) ad adottare idonee iniziative volte a ridurre progressivamente le importazioni italiane di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti d'America al fine di assicurare investimenti in nuova capacità di energia rinnovabile e, al contempo, rafforzare l'indipendenza energetica nazionale e la sua coerenza con gli obiettivi geopolitici e climatici;

6) nell'ambito della strategia per far fronte ai dazi, a scongiurare comunque qualsiasi iniziativa, sia a livello nazionale sia europeo, volta alla possibilità di riconvertire l'industria dell'automotive verso una produzione industriale incentrata sugli armamenti;

7) a definire, di concerto con le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, con le parti sociali, le istituzioni interessate e i sindacati, un serio e lungimirante piano industriale nazionale per una «transizione giusta» e una maggiore competitività del settore automobilistico attraverso misure di sostegno alla continuità occupazionale e produttiva del comparto e dei lavoratori, ivi incluso quello della componentistica, e la programmazione di adeguati interventi di incentivazione pluriennale indirizzati alle imprese del settore che non trasferiscono e delocalizzano la produzione industriale e volti, nel medio e lungo periodo, allo sviluppo di veicoli a guida autonoma e nuove piattaforme produttive di modelli elettrici cosiddetti small e di nuovi modelli capaci di favorire la penetrazione in mercati alternativi e compensare la contrazione delle esportazioni verso gli Stati Uniti d'America;

8) ad adottare le opportune iniziative affinché siano garantite tutte le risorse necessarie per la realizzazione, in tempi certi, del progetto della gigafactory di Termoli, la cui realizzazione non è solo essenziale per il mantenimento dei livelli occupazionali, della competitività e dello sviluppo dello stabilimento medesimo ma, altresì, cruciale per la creazione di una filiera industriale delle batterie per veicoli elettrici il più possibile indipendente dal dominio asiatico e tanto più rilevante nel quadro delle strategie per far fronte alle conseguenze dei dazi;

9) ad adottare, nell'ambito della nuova iniziativa di rimodulazione del Pnrr ancora al vaglio della Commissione europea, urgenti iniziative volte ad accelerare la riallocazione delle risorse non impegnate a valere sul piano Transizione 5.0 affinché siano rese disponibili, in via immediata e senza ulteriori difficoltà, per il rifinanziamento del piano Transizione 4.0 al fine di scongiurare la frenata degli investimenti, di accelerare la transizione nonché di stabilizzare i segnali di crescita dell'economia sostenendo gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, formazione del personale, a partire dal potenziamento della ricerca di base e applicata, preservando in ogni caso, con particolare riferimento agli investimenti finalizzati alla transizione ecologica ed energetica, il pieno automatismo degli incentivi e la più ampia diffusione tra le imprese;

10) ad adottare iniziative volte ad istituire un apposito fondo nazionale per la compensazione economica delle perdite subite dalle imprese e dai settori maggiormente colpiti dai dazi americani e per il sostegno alla diversificazione dei mercati di riferimento, anche attraverso incentivi fiscali, contributi a fondo perduto o linee di credito agevolate per la realizzazione di soluzioni e-commerce, nonché ad adottare iniziative di carattere normativo volte a ripristinare, anche al fine di sostenere la crescita economica e la patrimonializzazione delle imprese, l'Aiuto alla crescita economica (Ace) con agevolazione al 15 per cento e a riformare l'agevolazione fiscale alle operazioni di aggregazione aziendale (il cosiddetto bonus aggregazioni) per favorire le reti di impresa ed i processi di aggregazione, in particolare nelle filiere proiettate sui mercati esteri;

11) nell'ambito dell'individuazione, tra i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dei 14 miliardi di euro da destinare a interventi di contrasto ai dazi americani, ad escludere che tale eventuale rimodulazione dei fondi abbia un impatto negativo in termini di definanziamento delle misure per gli investimenti nelle regioni del Mezzogiorno, cosicché sia assicurato il pieno rispetto della priorità trasversale della coesione sociale e sia assicurato, nell'ottica dell'obiettivo della coesione, che il Sud possa beneficiare in via effettiva delle risorse di cui è destinatario;

12) a sostenere altresì, con l'urgenza richiesta dal caso, le necessarie iniziative affinché vengano assunte in sede unionale misure concrete e coordinate tra gli Stati membri a sostegno delle famiglie per contrastare l'aumento generalizzato del costo della vita e il conseguente ulteriore indebolimento del potere d'acquisto di queste ultime;

13) a valutare, in maniera particolare, le conseguenze dei dazi sul settore agroalimentare italiano e soprattutto sulle più importanti eccellenze del made in Italy, non sottovalutando la portata di questa «tassa» ma al contrario cercando la strada migliore, mediante le necessarie iniziative di competenza, per garantire concreto sostegno ai comparti, anche attraverso l'istituzione di fondi dedicati, che possano sostenere le aziende colpite dai dazi americani prevedendo, anche sulla scia di quanto fatto da altri paesi europei linee di garanzia, prestiti industriali, fondi per riorientare le capacità produttive e sostegno all'internazionalizzazione;

14) a porre in essere iniziative di competenza volte a scongiurare i rischi di imitazione e contraffazione dei prodotti ai quali l'introduzione dei dazi potrebbe esporre maggiormente il settore agroalimentare attraverso, in particolare, politiche di più ampio respiro nell'ambito della diplomazia commerciale e gli accordi internazionali finalizzate a vietare con rigore l'italian sounding e promuovere il riconoscimento dei prodotti Dop e Igp, la promozione di campagne o iniziative per la sensibilizzazione dei consumatori, affinché siano in grado di riconoscere subito un prodotto autentico da uno contraffatto, la promozione dell'innovazione tecnologica, specie per l'individuazione di un sistema di etichettatura e tracciabilità adeguato.
(1-00463) «Pavanelli, Caramiello, Scerra, Appendino, Cappelletti, Ferrara, Sergio Costa, Cherchi, Bruno, Cantone».


   La Camera,

   premesso che:

    1) il commercio internazionale rappresenta un pilastro fondamentale dell'economia globale, in grado di alimentare crescita, innovazione, cooperazione tra Stati e benessere diffuso. I meccanismi multilaterali, costruiti attorno al sistema dell'Organizzazione mondiale del commercio, hanno garantito un progressivo abbattimento delle barriere tariffarie e una relativa armonizzazione normativa, consentendo alle imprese, in particolare piccole e medie, di accedere a mercati lontani, diversificare il rischio e incrementare la propria competitività;

    2) in tale contesto, l'Italia ha saputo ritagliarsi un ruolo strategico, diventando la seconda potenza manifatturiera d'Europa e una delle prime esportatrici mondiali, con un saldo commerciale strutturalmente positivo. Tuttavia, negli ultimi anni, si sta assistendo a un'inversione di tendenza: tensioni geopolitiche, crisi energetiche, pandemie e il ritorno del protezionismo hanno minato la stabilità e l'affidabilità delle catene globali del valore. Questo scenario ha comportato, anche da parte degli Stati Uniti, l'adozione di misure restrittive su beni strategici, che stanno progressivamente ridisegnando le relazioni economiche internazionali;

    3) gli Stati Uniti rappresentano, per l'Italia, uno dei principali partner commerciali extraeuropei. Secondo i dati Istat e Ice, nel 2023 il valore dell'export italiano verso gli Usa ha raggiunto circa 65 miliardi di euro, mentre l'import è stato pari a circa 20 miliardi. I settori trainanti comprendono la meccanica strumentale, l'agroalimentare di alta gamma (vino, formaggi, olio d'oliva), la moda e il comparto dell'arredo e del design. Questo rapporto commerciale consolidato è reso ancora più rilevante dalla complementarietà delle economie e dalla presenza di numerose aziende italiane operanti direttamente nel mercato statunitense attraverso filiali, joint-venture e reti distributive. Tuttavia, le scelte protezionistiche dell'Amministrazione statunitense stanno mettendo a rischio questa relazione;

    4) in particolare, l'imposizione da parte statunitense di dazi del 25 per cento su acciaio e alluminio europei, con il pretesto della sicurezza nazionale, ha aperto una fase di tensioni tariffarie con l'Unione europea. L'Italia, in quanto grande esportatore di beni trasformati e intermedi, ha subito un contraccolpo rilevante sia diretto – con la contrazione dell'export in determinati comparti – sia indiretto, per effetto dell'incertezza normativa, del rallentamento delle catene logistiche e della riallocazione degli ordini da parte di operatori americani verso mercati più competitivi o meno penalizzati dai dazi. A queste misure si aggiungono quelle introdotte nel settore agroalimentare, in cui prodotti italiani di eccellenza – come formaggi Dop, prosciutti, vini e liquori – sono stati sottoposti a tariffe addizionali, in un contesto che penalizza proprio le piccole e medie imprese esportatrici;

    5) alle misure tariffarie si è aggiunta l'adozione, da parte degli Stati Uniti, del cosiddetto Inflation reduction Act (Ira), un pacchetto di incentivi da 370 miliardi di dollari destinato principalmente a sostenere la transizione energetica e a favorire la produzione domestica di componenti e tecnologie verdi, tra cui batterie, veicoli elettrici, semiconduttori e impianti rinnovabili. L'Inflation reduction Act prevede esplicitamente criteri di localizzazione produttiva che escludono le imprese europee – in particolare quelle operanti nei settori delle energie rinnovabili e dei veicoli elettrici, se non presenti fisicamente sul territorio statunitense, creando una distorsione della concorrenza e un disincentivo all'importazione di beni europei ad alto contenuto tecnologico. L'insieme di tali politiche rischia di innescare una spirale di ritorsioni commerciali, riducendo la cooperazione transatlantica e ostacolando gli sforzi di convergenza normativa in settori strategici;

    6) oltre a misure di incentivazione interna come l'Inflation reduction Act i Paesi extraeuropei si dotano sempre più spesso di strumenti volti a sostenere le imprese nazionali, anche nei mercati esteri. D'altra parte, invece, l'Unione Europa è vincolata ad operare entro i vincoli tracciati dall'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il quale limita la possibilità per gli Stati membri di fornire aiuti di Stato, in particolare ad imprese esportatrici o che operano in settori esposti alla concorrenza internazionale. Soprattutto in contesti di particolare incertezza e instabilità, ciò incide negativamente sulla competitività delle filiere produttive europee, avendo come diretta conseguenza un forte indebolimento della capacità di risposta alle distorsioni derivanti dalle misure protezionistiche dei Paesi terzi;

    7) per il sistema economico italiano le conseguenze sono evidenti. Le perdite legate alle nuove misure tariffarie e regolatorie statunitensi colpirebbero soprattutto i settori a più alta intensità di lavoro qualificato e valore aggiunto, che rappresentano l'eccellenza manifatturiera italiana. Le imprese più piccole, che non dispongono di strutture locali negli Usa, sarebbero, poi, le più vulnerabili e costrette a rivedere i propri piani di crescita e di penetrazione nel mercato americano;

    8) tra le filiere penalizzate, si cita – a titolo esemplificativo e non esaustivo – quella vitivinicola, che rappresenta un'eccellenza assoluta del made in Italy e che ha subito forti contrazioni a seguito dell'introduzione dei dazi americani. Difatti, gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato extraeuropeo per il vino italiano: nel 2023 vi sono stati esportati oltre 1,8 miliardi di euro di vino, corrispondente a circa il 23 per cento dell'export totale. Si stima che nel 2025 le misure tariffarie produrranno un effetto in termini di perdita per il comparto di oltre 300 milioni di euro. Le aziende più colpite sono quelle medio-piccole, che non possono assorbire gli aumenti di prezzo generati dai dazi né rilocalizzare la produzione. Inoltre, in aggiunta al danno economico, è stato registrato anche un effetto reputazionale negativo, legato alla percezione di inaccessibilità del prodotto italiano nel mercato statunitense;

    9) anche l'industria dell'automotive italiana è esposta in misura particolarmente elevata ai rischi derivanti dalla revisione tariffaria prospettata dall'amministrazione americana nel quadro del «Fair and reciprocal Plan», volto, tra le altre cose, all'aggiustamento delle attuali tariffe doganali americane in modo che siano reciproche rispetto agli altri Paesi. Basti considerare alcuni esempi al riguardo, tra cui le importazioni nell'Unione europea di automobili dagli Usa, cui si applica una tariffa del 10 per cento, nettamente superiore a quella imposta nel caso inverso, pari al 2,5 per cento, a fronte di una quantità di esportazione di autoveicoli e componentistica dall'Italia agli Usa pari a oltre il 30 per cento delle esportazioni totali del settore verso paesi extra-Unione europea – mentre le importazioni di veicoli statunitensi in Italia sono pari solo al 3,5 per cento. Questo squilibrio rende, chiaramente, il comparto italiano particolarmente vulnerabile all'inasprimento delle tariffe Usa, le quali colpirebbero in modo selettivo proprio i produttori italiani, danneggiando un settore strategico per l'economia nazionale in termini di investimenti, crescita e occupazione;

    10) un'altra delle filiere strategiche maggiormente esposte è quella farmaceutica, la quale, pur rivestendo un ruolo cruciale sia sotto il profilo economico-industriale che di salute pubblica, rischia di essere compromessa dalle incertezze tariffarie introdotte dagli Usa sui dispositivi medici e principi attivi. Gli Stati Uniti rappresentano, infatti, uno dei principali mercati di sbocco dell'export italiano di farmaci, che nel 2024 ha raggiunto un valore complessivo pari a circa 5 miliardi di euro, corrispondente a circa il 18 per cento delle esportazioni settoriali;

    11) tutto ciò avviene in aggiunta all'andamento dei prezzi energetici, già da tempo influenzato negativamente da tensioni geopolitiche e dalla conseguente crisi del gas, in un contesto – quale è quello italiano – in cui il costo dell'energia rappresenta un fattore determinante per la mancanza di competitività dell'intero sistema produttivo;

    12) in tal senso, la fallimentare applicazione del modello «Transizione 5.0», caratterizzato da una visione poco aderente alle concrete esigenze del sistema produttivo italiano, ha messo in luce l'assenza di una strategia industriale in grado di accompagnare la trasformazione tecnologica delle imprese italiane, le quali non sono in grado di rispondere da sole alle sfide del processo globale di innovazione;

    13) in un contesto in cui le catene del valore sono sempre più soggette a interruzioni, protezionismi selettivi e misure tariffarie discriminatorie – come nel caso delle politiche doganali adottate dagli Stati Uniti – la debolezza di una visione industriale integrata penalizza l'intero sistema produttivo italiano, in particolare nei settori ad alta tecnologia e con forte propensione all'export;

    14) l'evoluzione delle relazioni commerciali e delle politiche economiche internazionali evidenzia una crescente competizione per l'accesso ai mercati strategici. L'incertezza su scala globale, derivante anche dall'introduzione dei dazi americani, accentua la vulnerabilità dei sistemi produttivi fortemente orientati all'esportazione, come quello italiano. In parallelo, l'emergere e il consolidarsi di nuovi poli economici e commerciali, tra cui figurano anche le economie dell'America latina e dell'Asia meridionale, rappresentano un fattore di rilievo nella ridefinizione degli equilibri commerciali globali e pongono nuove opportunità in termini di proiezione esterna delle filiere produttive italiane e di un'effettiva valorizzazione del made in Italy;

    15) vi è, dunque, la necessità di dotare, con la massima urgenza, l'Italia e l'Unione europea di strumenti a tutela delle imprese che rafforzino e tutelino il loro posizionamento nel commercio internazionale,

impegna il Governo:

1) a sostenere, in tutte le sedi europee e internazionali, la necessità di una politica commerciale europea volta a garantire condizioni di reciprocità e di leale concorrenza nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti, promuovendo il rafforzamento della cooperazione transatlantica e la tutela degli interessi strategici dell'industria e dell'export italiano all'interno del quadro delle regole multilaterali e di commercio internazionale;

2) a prevedere apposite misure di sostegno alle imprese italiane più esposte all'incertezza dei mercati internazionali, con particolare attenzione alle Pmi dei settori agroalimentare, meccanico e manifatturiero ad alta qualità, attraverso un utilizzo strategico di strumenti come Ice, Simest, Sace e Invitalia e la previsione di ulteriori strumenti di sostegno straordinario a favore delle filiere italiane più esposte alle distorsioni dei mercati internazionali, in grado di fornire di risorse adeguate a coprire i costi doganali sostenuti dalle stesse imprese e i costi di ristrutturazione delle strategie aziendali di esportazione;

3) a sostenere, anche nell'ambito dell'azione europea, la promozione di accordi settoriali con gli Stati Uniti basati su criteri di mutuo vantaggio, finalizzati a ridurre le barriere tariffarie e regolatorie e a costruire standard comuni nei settori a più alta intensità di lavoro qualificato e valore aggiunto, anche valutando di agevolare la definizione di una politica industriale europea moderna e orientata all'innovazione, che rafforzi la competitività del sistema produttivo italiano ed europeo nei settori strategici, garantendo un equilibrio tra autonomia e apertura al commercio globale;

4) a promuovere, d'intesa con le organizzazioni di categoria e le regioni, un piano straordinario per il rilancio dei settori strategici italiani sui mercati internazionali, comprendente misure di sostegno diretto per le perdite subite, strumenti di promozione integrata e incentivi per la diversificazione dei mercati di destinazione, anche valutando l'opportunità di negoziare con l'Amministrazione Usa un accordo specifico su ciascun comparto, finalizzato alla riduzione delle barriere tariffarie e non tariffarie;

5) a prevedere iniziative volte alla riduzione degli oneri burocratici per le imprese esportatrici che operano sul mercato internazionale, al fine di rimuovere gli ostacoli di natura procedimentale al processo di innovazione, crescita e sviluppo dell'Italia;

6) a istituire un osservatorio tecnico permanente sul settore automotive, con il compito di valutare l'impatto delle misure tariffarie Usa sulle imprese italiane del comparto e di elaborare proposte normative e finanziarie per rafforzarne la competitività internazionale;

7) a promuovere, anche nelle competenti sedi europee, l'adozione di misure strutturali volte a garantire la sostenibilità del sistema energetico per le imprese, prevedendo in parallelo il disaccoppiamento tra il prezzo dell'energia elettrica e del gas sul mercato nazionale e promuovendo l'inserimento dell'energia nucleare nel mix energetico italiano, nonché ulteriori misure volte a garantire un sostegno economico stabile per le imprese;

8) a promuovere la definizione e l'attuazione di un piano industriale nazionale ispirato ai principi del piano «Industria 4.0», finalizzato a sostenere la trasformazione ecologica delle filiere produttive e utile a garantire la competitività delle imprese italiane, mitigando gli effetti negativi delle distorsioni tariffarie derivanti dall'emersione delle nuove politiche di protezionismo, al fine di garantire stabilità al sistema produttivo italiano;

9) a promuovere, nell'ambito del dibattito europeo, una revisione delle regole sugli aiuti di Stato previste dall'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per consentire la programmazione di interventi mirati per le imprese strategiche del sistema produttivo europeo alla luce di determinati contesti internazionali e dinamiche di mercato che di volta in volta dovessero renderli necessari;

10) a promuovere, in sede europea, la conclusione di accordi commerciali internazionali con gli altri paesi del continente americano, con l'India, il Canada (Ceta) e l'America Latina (Mercosur), al fine di diversificare e ampliare i mercati di sbocco dei prodotti del made in Italy.
(1-00464) «Richetti, Benzoni, Onori, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Bonetti, Pastorella, Rosato, Ruffino».


   La Camera,

   premesso che:

    1) il quadro macroeconomico mondiale è attualmente esposto a rischi significativi e difficili da valutare. A contribuire a tale incertezza concorrono, da un lato, i segnali contraddittori provenienti dalla politica commerciale protezionistica degli Stati Uniti e, dall'altro, l'escalation del conflitto tra Israele e Iran. Pertanto, anche la politica economico-monetaria nell'area euro si trova nuovamente impelagata in un contesto di elevata incertezza;

    2) la svolta protezionista dell'Amministrazione statunitense appare l'estremo tentativo di rimediare a un'imponente esposizione debitoria verso l'estero, che sfiora i 29.000 miliardi di dollari, pari all'80 per cento del Prodotto interno lordo. Una crisi che ha visto gli Usa avvilupparsi dopo il crollo dell'Unione Sovietica e l'inizio della globalizzazione deregolata e che ha indotto il Presidente Trump a cercare di proteggersi contro il rischio di acquisizioni di capitali in mani straniere avverse, ricorrendo alla cosiddetta strategia del friend shoring, ossia dividendo il mondo e i suoi creditori internazionali in due grandi blocchi economici: da un lato i Paesi occidentali che definisce «amici» e i loro sodali, con i quali continuare a intrattenere affari purché accettino le condizioni imposte, dall'altro quelli che definisce «nemici» da tenere alla larga, Cina in primo luogo, ma anche vari altri Paesi creditori, oppure storicamente alleati non disposti ad accettare le nuove condizioni;

    3) quello impresso dal Presidente Trump rappresenta, sicuramente, un cambiamento epocale rispetto al passato recente. Dalla fine della Seconda guerra mondiale e fino almeno alla grande crisi finanziaria del 2008, gli Stati Uniti hanno rappresentato sia l'avanguardia che i principali sponsor del libero commercio internazionale, facendo della riduzione dei dazi tra Paesi e della globalizzazione delle catene del valore il cardine dell'attuale sistema economico mondiale. Già da alcuni anni le amministrazioni Usa avevano iniziato a rivedere la loro posizione globalista, ma ora Trump inverte decisamente la rotta, portando indietro le lancette di quasi un secolo: se andrà come annunciato, il dazio medio, pesato per il commercio, applicato dagli Stati Uniti al mondo, sarà intorno al 13 per cento, quasi il decuplo rispetto all'1,4 per cento degli anni di massima liberalizzazione;

    4) sebbene dal 9 aprile 2025 sia ancora in vigore una moratoria, più volte modificata nei termini, e siano stati avviati numerosi colloqui tra le parti interessate, un duraturo accordo è ancora di là da venire. Nel frattempo, è stato introdotto un dazio aggiuntivo del 10 per cento su tutte le importazioni da qualsiasi Paese verso gli Stati Uniti e, contestualmente, un dazio maggiorato fino al 50 per cento sulle importazioni di acciaio ed alluminio, per una lista di Paesi non allineati sulle posizioni strategiche statunitensi. Per l'Unione europea è stato introdotto un dazio ulteriore del 20 per cento generalizzato su tutte le merci;

    5) la storia insegna che forme scoordinate di protezionismo, attuate attraverso l'apertura di negoziati con i vari Paesi minacciati, al fine di concludere accordi differenziati, esacerbano le tensioni internazionali e possono creare condizioni tali da far precipitare le dispute economiche in veri e propri scontri militari;

    6) l'offensiva sferrata all'economia mondiale dalla minacciosa politica commerciale protezionistica dell'Amministrazione statunitense, che punterebbe, inoltre, a ridefinire gli equilibri economici internazionali, oltre ad aver scosso sensibilmente i mercati azionari, ha cominciato a generare tensioni commerciali. Tali tensioni impongono l'urgente avvio di un processo di riorganizzazione del mercato globale, anche alla luce del pesante impatto che i dazi, influenzando consumatori, imprese e competitività globale, produrrebbero sia in termini di export sia di occupazione;

    7) la forte incertezza sui dazi made in Usa incide sulle prospettive globali. Tra le maggiori fonti di incertezza che attualmente gravano sulle prospettive internazionali, oltre alle guerre vere e proprie, c'è la guerra commerciale che potrebbe scatenarsi qualora l'Amministrazione Trump portasse avanti con determinazione il drastico cambio di rotta nella politica commerciale preannunciato agli inizi di aprile del 2025;

    8) le potenziali e pesanti ricadute del protezionismo statunitense, tramite l'imposizione di dazi generalizzati su tutto l'import, segnano un passaggio cruciale capace di mettere in crisi definitivamente il già precario ordine mondiale e di ridisegnare la geografia del commercio internazionale (stante anche il peso dell'economia transatlantica, pari al 33 per cento del Prodotto interno lordo mondiale): tutti i continenti, alle prese con ignoti e temuti scenari, stanno valutando un cambio di approccio, diversificando o consolidando le strategie politico-diplomatiche e i propri rapporti commerciali;

    9) gli effetti a lungo termine di protezionismo conflittuale e non coordinato possono essere complessi e variegati, influenzando diversi aspetti economici e sociali, e si possono sostanzialmente così riassumere:

     a) stagnazione economica globale determinata dalla riduzione degli scambi commerciali e dall'aumento dei costi per le imprese, circostanza che può rallentare la crescita economica e ridurre gli investimenti internazionali;

     b) elevata inflazione determinata dall'aumento dei prezzi dei beni importati, fenomeno particolarmente preoccupante in caso di livelli già alti, poiché può limitare la capacità delle banche centrali di tagliare i tassi di interesse per stimolare l'economia;

     c) ridisegno delle catene di approvvigionamento poiché, a lungo termine, i dazi possono spingere le aziende a ristrutturare le loro catene di approvvigionamento, spostando la produzione in Paesi non soggetti a tariffe: una situazione che può portare a una maggiore diversificazione dei mercati e a una riduzione della dipendenza da un singolo partner commerciale;

     d) diversificazione dei mercati e rafforzamento industriale, poiché i Paesi colpiti dai dazi possono reagire cercando nuovi mercati e rafforzando le loro industrie interne (come nel caso della Cina, che ha risposto ai dazi statunitensi aumentando i sussidi all'industria high-tech);

     e) isolamento economico e politico con immaginabili conseguenze negative sul Prodotto interno lordo e sulla competitività globale;

     f) effetti sugli investimenti, poiché la riduzione dei dazi può aumentare gli investimenti del 4-6 per cento, mentre l'aumento dei dazi può avere l'effetto opposto, riducendo la fiducia degli investitori e la disponibilità di capitali per le imprese;

    10) i dazi generano frammentazione economica, che impatta sul flusso dei beni e dei servizi, i cui effetti possono essere differiti di diversi mesi, creando un clima di incertezza che nell'immediato comporta un freno a consumi e investimenti. Più ambiguo risulta, invece, l'impatto dei dazi sull'inflazione: nell'immediato si configura come deflattivo, mentre nel lungo periodo, stante la globalizzazione delle catene del valore, comporta una crescita dei prezzi;

    11) così come l'apertura commerciale e finanziaria verso l'estero di un Paese e i conseguenti processi di specializzazione produttiva, anche le politiche protezioniste, producono un importante impatto negativo sulla stabilità lavorativa, rappresentando, perciò, un pericoloso fattore di rischio per la tenuta dell'intero sistema, oltre che economico, soprattutto sociale;

    12) una possibile soluzione è rinvenibile nel rilancio del cosiddetto social standard per la regolazione dei movimenti internazionali di merci e di capitali, sostanzialmente una sintesi aggiornata di proposte avanzate da tempo dall'Ilo (l'agenzia dell'Onu per lavoro e politiche sociali), di regole presenti nei Trattati dell'Unione europea e di clausole contenute nello statuto del Fondo monetario internazionale, che già in passato ha ricevuto l'attenzione del Parlamento europeo;

    13) il nucleo dello standard consiste in una limitazione dei commerci con quei Paesi che attuino politiche di competizione al ribasso sui salari, sulle condizioni di lavoro, sul fisco, sui regimi di tutela ambientale e sanitaria, rispetto a un comune obiettivo di riferimento e alla posizione da cui partono. Tale meccanismo, così congegnato, potrebbe sanzionare, per esempio, non solo la Cina, che reprime i sindacati indipendenti, o la Romania che taglia il welfare per sussidiare gli investimenti delle multinazionali, ma anche la Germania, che comprime il salario per unità prodotta, gli Stati Uniti che abbattono i vincoli ambientali alla produzione o la stessa Italia che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sta smantellando il diritto del lavoro;

    14) il social standard rappresenta una soluzione esattamente opposta all'agenda con cui gli esponenti delle destre di governo in Europa vorrebbero inaugurare la trattativa con il Presidente Usa Trump, convinti che lo squilibrio internazionale vada invece affrontato con una scellerata miscela di protezionismo liberista: una sorta di dumping a tutto campo, che non risolverà la crisi mondiale ma aggraverà le condizioni del lavoro, della salute e dell'ambiente;

    15) riguardo all'impatto della politica protezionista statunitense sull'economia italiana, fortemente basata sulle esportazioni, con gli Usa come terzo partner commerciale, la Banca d'Italia ha ridotto le stime del Prodotto interno lordo: si attesterebbe a +0,6 per cento nel 2025, +0,8 per cento nel 2026, +0,7 per cento nel 2027. Si ridurrebbe, quindi, ulteriormente una crescita già anemica, all'interno di uno scenario che tiene solo parzialmente conto dei dazi, ma non considera l'impatto delle eventuali ritorsioni e l'andamento dei mercati. Tutto ciò potrebbe abbassare ulteriormente il Prodotto interno lordo e determinare addirittura una recessione;

    16) l'Istat ha elaborato una stima di quanto pesino il clima di incertezza economica e i dazi commerciali degli Usa sulla crescita dell'Italia: secondo tale analisi, queste variabili potrebbero comportare una perdita dello 0,2 per cento del Prodotto interno lordo nel 2025 e un incremento dello 0,3 per cento sulla crescita nel 2026;

    17) il commercio bilaterale tra Italia e Usa vale 92 miliardi di euro, con il nostro Paese che occupa il secondo posto tra gli esportatori europei subito dopo la Germania. Nel 2024, l'Italia ha esportato beni negli Stati Uniti per un valore di 64,8 miliardi di euro, cifra in crescita costante dal 2013. Rispetto al 2023, l'export ha subito una leggera flessione del 3,6 per cento;

    18) al contempo, il nostro è uno dei Paesi europei con il maggior surplus commerciale nei confronti degli Usa, pari a circa 43 miliardi di euro, con un export composto principalmente da macchinari (38 per cento), prodotti chimici e derivati (20 per cento), manufatti finiti (19 per cento) e semilavorati (9 per cento). Di questi, una grossa parte è rappresentata da prodotti ad alto valore aggiunto, come macchinari industriali (11 miliardi di euro), veicoli (7 miliardi di euro), moda e abbigliamento (5 miliardi di euro). L'agroalimentare costituisce invece l'11 per cento delle esportazioni per un valore di 7,2 miliardi di euro, principalmente composto da bevande, prodotti caseari e prodotti alimentari vari: esempi da menzionare sono sicuramente vini, formaggi e prodotti contrassegnati dalle sigle Dop, Igp, Stg. Nel caso delle bevande alcoliche, gli Usa rappresentano un importante mercato di sbocco, assorbendo una quota del 25 per cento dell'export;

    19) dopo l'annuncio dei dazi in data 2 aprile 2025 la Banca d'Italia ha dovuto rivedere al ribasso le prospettive di crescita dell'economia italiana, che si attesterebbe intorno allo 0,6 per cento; una stima decisamente cauta, che tiene conto dello scenario peggiore: quello in cui gli Usa, dopo la moratoria, potrebbero decidere di imporre dazi del 20 per cento. Le esportazioni italiane subirebbero, in tal caso, una stagnazione causata dalla perdita di quote di mercato statunitense, che nel breve-medio termine potrebbe essere compensata dalla ricerca di sbocchi verso nuovi mercati. Tale ragionamento non varrebbe per l'export agroalimentare, solitamente rivolto a una fascia di consumatori medio-alta, che potrebbero ritenere trascurabili eventuali aumenti di prezzo dei nostri prodotti;

    20) infine, gli effetti dei dazi non colpiranno la penisola in modo uniforme: le regioni più esposte sono infatti Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, le quali rappresentano metà delle esportazioni italiane negli Usa;

    21) riguardo all'impatto diretto dei dazi statunitensi sul made in Italy a soffrire maggiormente saranno i settori più vocati all'export e che hanno oltre Oceano uno dei principali mercati di sbocco: dal vino all'olio di oliva per il quale gli Stati Uniti sono il primo Paese di esportazione dell'extravergine italiano, all'industria delle conserve di pomodoro, ai prodotti Dop che non sono delocalizzabili come il prosciutto di Parma, che può essere prodotto solo all'interno della zona tipica, ai formaggi italiani che vendono negli Usa il doppio di quelli francesi e generano, con un export di 40.867 tonnellate, 486 milioni di euro di fatturato. Tra questi ultimi anche il pecorino, finora rimasto esentato dai dazi imposti a decorrere dal 2019, sarà penalizzato con un dazio del 20 per cento, mentre subiranno sensibili rialzi mozzarella, burrata, ricotta e mascarpone, che passano dal 10 al 30 per cento, il provolone che passa dal 15 al 35 per cento e il gorgonzola che passa dal 20 al 40 per cento. Gli Usa rappresentano il terzo mercato di sbocco dei formaggi italiani dopo Francia e Germania, insomma un mercato fondamentale per quale servirà un negoziato pacato;

    22) a preoccupare, sempre riguardo alla filiera dell'agroalimentare, sarebbe l'ulteriore impennata che il regime doganale annunciato da Trump innescherebbe al fenomeno dell'italian sounding, ovvero quello dei prodotti tarocchi made in Italy, (come ad esempio il Parmesan) che già oggi comporta per l'economia italiana un danno complessivo di oltre 120 miliardi di euro all'anno;

    23) un discorso a parte, inoltre, merita il settore dell'automotive, rispetto al quale gli annunciati dazi statunitensi avrebbero un impatto significativo sul fatturato delle imprese italiane, con una perdita stimata tra 1,4 e 3 miliardi di euro e danni fino a 2,5 miliardi di euro, a fronte di una perdita di circa 15.000 posti di lavoro. Entrando più nello specifico i produttori di veicoli finiti (come Stellantis) potrebbero perdere tra 61 e 200 milioni di euro di fatturato, i sistemisti e modulisti (come ad esempio Marelli e Bosch Italia) registrerebbero un calo stimato tra 100 e 225 milioni di euro, i subfornitori, che rappresentano il 70 per cento della filiera con 1.500 aziende e un fatturato di 25 miliardi di euro nel 2023, potrebbero subire una contrazione tra 1,2 e 2,5 miliardi di euro, mentre gli specialisti (motorsport, aftermarket), subirebbero una perdita di fatturato stimata tra 25 e 70 milioni di euro;

    24) gli annunciati dazi al 20 per cento sulle produzioni europee annunciati dall'Amministrazione Trump spaventano anche il settore della moda italiana che vede negli Usa un importante mercato di sbocco e che già nel 2024 ha sperimentato una flessione delle esportazioni ove l'interscambio di tessile-abbigliamento è stato pari a 2,8 miliardi di euro, in flessione dello 0,7 per cento rispetto al 2023;

    25) in questo scenario, l'Europa potrebbe giocare una partita importante (stante la competenza esclusiva in materia doganale attribuitale dall'articolo 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) anche attraverso la pianificazione di un asset allocation meno concentrata sugli Usa, con esposizione stabile su Cina e Giappone e più spazio per l'Europa. Ciò potrebbe aiutare ad affrontare la volatilità dei prossimi mesi;

    26) tuttavia, è soprattutto necessaria una profonda ridefinizione della strategia economica e industriale dell'Unione europea, che abbandoni definitivamente le politiche di austerità e il mercantilismo, liberando lo straordinario potenziale inespresso della domanda interna europea con politiche comuni più espansive (modello NextGenEU):

     a) per finanziare investimenti pubblici e stimolare quelli privati su infrastrutture, conoscenza, salute e beni comuni;

     b) per mettere in campo politiche industriali non finalizzate all'economia di guerra, alla difesa, al riarmo, ma alla conversione ecologica, la transizione digitale e l'innovazione tecnologica del nostro sistema produttivo;

     c) per aumentare i salari reali, anche al fine di rilanciare i consumi e la domanda aggregata; ciò, nel nostro Paese, coincide innanzitutto col rinnovo di tutti i Ccnl pubblici e privati (in tal senso, i dazi non possono rappresentare l'ennesimo alibi delle nostre controparti per negare/ritardare i rinnovi);

    27) nel caso in cui le trattative con l'Amministrazione Trump dovessero fallire, l'opzione di reagire imponendo contro-dazi generalizzati non sarebbe comunque una scelta opportuna, perché causerebbe un'escalation della guerra commerciale pericolosa per l'Europa – con ulteriori effetti recessivi e un aumento dell'inflazione – ma soprattutto sarebbe inutile, poiché l'obiettivo di tornare alla situazione precedente è assolutamente irrealistico;

    28) una risposta mirata potrebbe essere indirizzata verso i servizi digitali e finanziari statunitensi (che, contrariamente alle merci, garantiscono agli Usa un significativo surplus commerciale a danno dell'Europa, pari a 109 miliardi di euro già nel 2023) e in particolare nei confronti delle «big tech», che oltretutto rappresentano ormai un pericolo tangibile per le nostre democrazie, a causa del controllo dei dati e della capacità di condizionare l'opinione pubblica. Ed invero la strategia americana non contempla solo i dazi sulle importazioni ma anche la tassazione delle multinazionali del web. Nel mirino del Memorandum emanato dal Presidente Trump il 20 gennaio 2025 sono presenti principalmente due componenti del progetto Gmt: la qualified domestic minimum tax (Qdmt) e l'under-taxed payment rule (Utpr), accusate di essere imposte «extraterritoriali» introdotte da governi stranieri per sottrarre gettito (quello per arrivare al prelievo minimo effettivo del 15 per cento della Global minimum tax) agli Usa, principale Paese di residenza della casa madre delle multinazionali. La Qdmt e l'Utpr dirotterebbe, infatti, gettito verso il Paese fonte dei profitti, ossia laddove si sono stabilite le sussidiarie estere, o verso altri Paesi stranieri, anche diversi da quello dove si origina il reddito, in cui comunque operano sussidiarie della multinazionale;

    29) anche in questo caso il piano di Trump ha messo, di fatto, la pietra tombale sul progetto della Global minimum tax. È infatti notizia degli ultimi giorni che al vertice del G7 di Kananaskis, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia e Regno Unito hanno accettato (o probabilmente dovuto accettare al fine di favorire un'intesa con l'Amministrazione americana) l'esenzione delle multinazionali Usa, comprese le cosiddette big tech, dal secondo pilastro della riforma Ocse del sistema di tassazione globale: un accordo che costituisce una vittoria diplomatica per l'Amministrazione americana e una conferma di debolezza delle controparti interessate;

    30) l'introduzione della web tax, la tassa digitale pensata per colpire i colossi americani del web come Google, Amazon, Meta e Apple, era stata interpretata dagli Stati Uniti come una misura ostile, alimentando il rischio di ritorsioni tariffarie in altri settori;

    31) ora dal suddetto accordo discende che il futuro mantenimento delle web tax nazionali appare oltre che difficile anche improbabile per i molti Paesi, tra cui anche l'Italia, che in attesa di una definizione a livello internazionale del primo pilastro sistema di tassazione globale proposto dall'Ocse, le avevano introdotte con l'obiettivo di tassare le grandi multinazionali del web;

    32) le misure per agire nella suddetta direzione sono:

     a) la tassazione dei profitti realizzati nell'Unione europea, da affiancare alla esistente ma debole Global Minimum Tax;

     b) la regolamentazione più stringente e il rilancio degli investimenti continentali su innovazione, ricerca e sviluppo per ricostruire una maggiore autonomia industriale e tecnologica dell'Europa;

     c) l'adozione di politiche nazionali e/o europee (sul modello Sure) di sostegno dei settori più colpiti, subordinate alla sussistenza di determinati requisiti e senza distrazione dei fondi Piano nazionale di ripresa e resilienza e coesione, e di protezione del lavoro a tutela sia dei livelli occupazionali (sotto forma di ammortizzatori) sia dei redditi (come restituzione del fiscal drag e detassazione dei rinnovi dei Ccnl);

     d) misure e strumenti di carattere straordinario (sotto forma di sanzioni o di disincentivi) per impedire le delocalizzazioni delle imprese e l'afflusso di capitali e investimenti europei verso gli Usa, che aggraverebbero ulteriormente la deindustrializzazione del vecchio continente, in particolare quella del nostro Paese, che ha assistito a un calo della produzione industriale di 26 mesi consecutivi;

     e) la riduzione dei costi energetici, l'accelerazione dello sviluppo delle fonti rinnovabili e il rafforzamento dell'autonomia e della sicurezza energetica continentale, per il raggiungimento di un compiuto ed effettivo Green Deal;

    33) l'obiettivo di riequilibrare il cronico disavanzo commerciale Usa verso il resto del mondo, reso possibile grazie all'egemonia monetaria fondata sul «privilegio» del dollaro, non è la sola ambizione dell'Amministrazione Trump, ma il «cavallo di Troia» di una strategia che, nella realtà, punterebbe: a scardinare definitivamente il sistema di regole multilaterali sul libero scambio (Wto), che ha retto la globalizzazione dagli anni '90, per affermare un modello di rapporti commerciali di tipo bilaterale da posizione di forza, basandosi sul «divide et impera»; a ricostruire la base industriale Usa re-internalizzando la produzione attualmente all'estero delle industrie statunitensi e costringendo quelle estere a localizzare la loro negli Usa, per avere accesso a quel mercato senza dazi, offrendo energia a basso costo, riduzione delle imposte e un'ampia deregolamentazione;

    34) con il cosiddetto «Green Deal», l'Europa sta costruendo la propria indipendenza, sicurezza energetica e competitività attraverso il progressivo superamento della dipendenza dalle fonti fossili. Nel solo settore della produzione elettrica, il peso dei combustibili fossili è già calato del 19 per cento nel 2023, mentre quello delle rinnovabili è salito a un record del 44 per cento, spinto da eolico e solare, inoltre l'implementazione del Green Deal nel 2019 e la promozione delle fonti rinnovabili hanno permesso di evitare importazioni di combustibili fossili per 59 miliardi di euro;

    35) nella visione dell'Amministrazione Trump, i dazi imposti all'Europa rappresentano principalmente una leva negoziale per ottenere l'eliminazione di barriere non tariffarie e, in tal senso, un altro obiettivo è proprio lo smantellamento del Green Deal europeo, considerato un rischio strategico di avvicinamento commerciale tra Europa e Cina e un ostacolo alle esportazioni statunitensi verso il mercato europeo. Il suo obiettivo, pertanto, non è solo quello vendere il proprio gas (Gnl) per ridurre lo sbilancio commerciale, ma imporre all'Europa di acquistarlo nel lungo periodo, impedendole così di costruire la propria indipendenza energetica e la propria competitività anche rivolgendosi a nuovi fornitori sui mercati globali, un discorso che vale anche per le tecnologie finali di uso delle fonti fossili, come, per esempio, l'automotive. In tal senso il regolamento europeo 2019/631, sulla riduzione dei livelli di emissioni di CO2 del trasporto su strada, viene pretestuosamente letto come una serie di norme restrittive di mercato, che giustificano l'imposizione di dazi da parte degli Usa. Gli obiettivi di decarbonizzazione del settore auto, infatti, escludono progressivamente le auto tradizionali e spostano il mercato europeo dell'auto elettrica da un prodotto di lusso, in cui Tesla è leader, a un prodotto di massa in cui gli Usa sono più deboli sia rispetto alla Cina e sia rispetto all'industria europea, sensibilmente sostenuta dalle politiche dell'Unione;

    36) una dipendenza dalle fonti fossili statunitensi rischia di ostacolare il tentativo dell'Unione europea di costruire nuove catene del valore più sostenibili, rinunciando a prendere atto dei nuovi equilibri nei mercati globali in cui è partecipe anche la Cina. Una simile scelta finirebbe per danneggiare le imprese italiane, già penalizzate dai costi elevati del gas, e le escluderebbe dalle opportunità offerte da una nuova economia più sostenibile e competitiva, con il rischio, duplice, di legarsi a un fornitore (gli Usa) che non sta esitando a usare la guerra commerciale come strumento di confronto geopolitico e di continuare a investire in infrastrutture fossili, come i rigassificatori, i cui costi andranno ammortizzati in decenni di utilizzo, scoraggiando così un rapido passaggio a forme pulite di energia;

    37) la partita sui dazi Usa rappresenta un banco di prova sia per l'Unione europea sia per il nostro Paese, essendo oramai entrato in crisi il modello di stampo mercantilista incentrato sulle esportazioni e sulla restrizione della domanda interna, interpretato in primo luogo dalla Germania e dai cosiddetti. Paesi «frugali» e poi imposto, attraverso la logica dell'austerità, a tutta l'Unione europea: un modello che, se da un lato ha prodotto lo straordinario surplus commerciale dell'Europa, dall'altro ha comportato il peggioramento dei sistemi di welfare e delle condizioni di vita e di lavoro della grande maggioranza delle persone,

impegna il Governo:

1) a sostenere un negoziato europeo per interrompere l'applicazione dei dazi all'importazione dai Paesi dell'Unione europea da parte dell'Amministrazione statunitense;

2) a predisporre un piano straordinario di sostegno dei settori dell'economia italiana maggiormente esposti agli effetti avversi dalla politica protezionistica made in Usa, come l'automotive e tutto il made in Italy;

3) a promuovere in tutte le sedi internazionali una diversa globalizzazione, basata su accordi di cooperazione fondati sulla piena apertura agli scambi commerciali e finanziari con quei Paesi che aderiscano a determinati «standard» di tutela sociale, sanitaria, ambientale e del lavoro e, viceversa, su limitazioni degli scambi di merci e di capitali con i Paesi che attuino politiche di competizione al ribasso sui salari, sulle condizioni di lavoro, sul fisco e sui regimi di tutela ambientale e sanitaria;

4) a favorire una globalizzazione che tenda a promuovere e migliorare, anziché peggiorare, gli standard sociali e del lavoro nei Paesi che scelgono politiche di apertura verso l'estero e, viceversa, a limitare i commerci con quelli che attuano politiche di competizione al ribasso sui salari, sulle condizioni di lavoro, sul fisco e sui regimi di tutela ambientale e sanitaria;

5) a respingere la pressione dell'Amministrazione Trump, volta a far aumentare gli acquisti da parte dei Paesi europei di beni energetici (Gnl) e di sistemi d'arma Usa, anche attraverso la pretesa di elevare il vincolo di spesa minima per la difesa dei Paesi Nato dall'attuale 2 per cento al 5 per cento;

6) a difendere gli interessi sottesi al Green Deal, quale metro dell'autonomia energetica dell'Europa e di protezione di cittadini, imprese e spesa pubblica dagli impatti crescenti del cambiamento climatico;

7) a sollecitare in sede europea la liberazione dello straordinario potenziale inespresso della domanda interna con politiche comuni più espansive (modello NextGenEU) al fine di:

   a) finanziare investimenti pubblici e stimolare quelli privati su infrastrutture, conoscenza, salute e beni comuni;

   b) mettere in campo politiche industriali non finalizzate all'economia di guerra, alla difesa, al riarmo, ma alla conversione ecologica, alla transizione digitale e all'innovazione tecnologica del nostro sistema produttivo;

   c) rilanciare i consumi e la domanda aggregata attraverso l'aumento dei salari reali e il rinnovo dei contratti di lavoro;

   d) tassare i profitti realizzati nell'Unione europea;

   e) regolamentare e rilanciare gli investimenti continentali su innovazione, ricerca e sviluppo per ricostruire una maggiore autonomia industriale e tecnologica dell'Europa;

   f) adottare politiche nazionali e/o europee (sul modello Sure) di sostegno dei settori più colpiti dai dazi Usa, subordinate alla sussistenza di determinati requisiti e senza distrazione dei fondi del Piano nazionale e resilienza e coesione, e di protezione del lavoro a tutela sia dei livelli occupazionali (sotto forma di ammortizzatori) che dei redditi (come restituzione del fiscal drag e detassazione dei rinnovi dei Ccnl);

   g) adottare misure e strumenti di carattere straordinario (sotto forma di sanzioni o di disincentivi) per impedire le delocalizzazioni delle imprese e l'afflusso di capitali e investimenti europei verso gli Usa, che aggraverebbero ulteriormente la deindustrializzazione del vecchio continente, in particolare quella del nostro Paese, che ha visto un calo della produzione industriale per 26 mesi consecutivi;

   h) ridurre i costi energetici, accelerare lo sviluppo delle fonti rinnovabili e rafforzare l'autonomia e la sicurezza energetica continentale per il raggiungimento di un compiuto ed effettivo Green Deal.
(1-00469) «Grimaldi, Ghirra, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Mari, Piccolotti, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    1) la guerra commerciale scatenata dalla nuova Amministrazione statunitense nel quadro di una più ampia strategia protezionistica ha innescato una grave crisi commerciale e finanziaria a livello globale;

    2) l'annuncio continuo di nuovi dazi e la sospensione di alcuni di essi poco dopo l'entrata in vigore – come arma contrattuale – oltre ad aver provocato una tempesta sui mercati finanziari, genera incertezza, frena gli investimenti e comporta una contrazione degli scambi commerciali e un aumento dei prezzi che si ripercuote su consumatori e imprese, rallentando le prospettive di crescita economica;

    3) in pochi giorni, l'effetto destabilizzante della guerra commerciale ha provocato perdite nei mercati azionari per oltre 14.000 miliardi di dollari e una pericolosa turbolenza nel mercato dei titoli di Stato americani, inducendo l'Amministrazione statunitense a sospendere per 90 giorni – con l'eccezione della Cina – l'applicazione dei dazi;

    4) dopo mesi non si è ancora trovata una soluzione alla crisi e l'Amministrazione americana continua a mostrarsi altamente imprevedibile e inaffidabile, annunciando ulteriori dazi e l'invio di lettere ai Paesi partner con offerte «prendere o lasciare»;

    5) l'Unione europea, dopo aver adottato controdazi e averli a sua volta temporaneamente sospesi, ha avviato i negoziati con gli Stati Uniti, ma non è ancora stato raggiunto un accordo, dopo il tentativo fallito nel corso del vertice G7 in Canada su una tariffa generalizzata al 10 per cento, e la serie di incontri tra il commissario al commercio Maros Sefcovic con i negoziatori americani;

    6) il 9 luglio 2025 terminerà la sospensione dei dazi nei confronti dell'Unione europea decisa dall'Amministrazione americana e, nell'ipotesi di un mancato accordo, saranno ripristinati i dazi per paese;

    7) l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno sempre avuto la più rilevante relazione bilaterale commerciale su scala globale, rappresentando insieme quasi il 30 per cento degli scambi mondiali di beni e servizi e costituendo reciprocamente i partner commerciali più importanti per quanto riguarda gli scambi di beni: nel 2024 gli scambi transatlantici di beni e servizi hanno superato i 1.680 miliardi di euro;

    8) gli Stati Uniti sono il principale partner commerciale dell'Unione europea per le esportazioni e il secondo partner (dopo la Cina) per le importazioni;

    9) oltre 30 milioni di posti di lavoro (ossia un posto di lavoro su sette) nell'Unione europea dipendono dalle esportazioni al di fuori dell'Unione;

    10) l'Italia, seconda manifattura d'Europa, è tra i Paesi europei maggiormente esposti alle conseguenze della decisione dell'Amministrazione statunitense di imporre dazi su un'ampia gamma di beni europei: nel 2024 ha esportato verso gli Stati Uniti beni per 65 miliardi di euro, con un avanzo commerciale di 39 miliardi di euro, il secondo in Europa dopo la Germania;

    11) recenti stime di Confindustria mostrano che il vero impatto sulle esportazioni italiane risulta ben superiore al dato nominale dei dazi: si parla solo di dazi al 10 per cento, ma con la svalutazione del dollaro che vale il 13,5 per cento si arriva al 23,5 per cento, Le stime sull'impatto per l'industria italiana indicano un valore di circa 20 miliardi di euro con il coinvolgimento di 118 mila occupati;

    12) nel settore dell'agricoltura, secondo alcuni autorevoli studi, l'introduzione di nuovi dazi statunitensi potrebbe costare all'export italiano di prodotti alimentari e non food all'incirca mezzo miliardo di euro;

    13) le esportazioni agroalimentari negli Stati Uniti, il cui valore era già diminuito con i dazi imposti durante la prima presidenza Trump, si sono drasticamente ridotte da quando sono entrate in vigore le nuove tariffe aggiuntive; i dazi comportano un aggravio di spesa per i cittadini statunitensi che si traducono inevitabilmente in ricadute anche sulle aziende italiane, vista la richiesta di «sconti» da parte degli importatori riscontrata nelle scorse settimane. La diminuzione dei consumi si tradurrà inevitabilmente in prodotto invenduto per le imprese italiane, costrette a dover cercare nuovi mercati;

    14) gli Stati Uniti hanno minacciato da ultimo di colpire le esportazioni agricole dell'Unione europea con tariffe del 17 per cento, che rappresenterebbero una tassazione insopportabile per le imprese e il comparto agricolo, con conseguente perdita di mercato per le produzioni italiane che faticherebbero a competere con le merci di scarsa qualità provenienti da altre parti del mondo;

    15) lungi dal rappresentare un'opportunità da sfruttare, come sostenuto da esponenti del Governo italiano, la guerra commerciale in atto richiede necessariamente una risposta dell'Unione europea «compatta, serena e determinata», per usare le parole del Presidente Mattarella;

    16) in base ai Trattati, le questioni che rientrano nei settori della politica commerciale comune e dell'Unione doganale, quali dazi e scambi commerciali con Paesi terzi, sono di competenza esclusiva dell'Unione europea, cui spetta concludere accordi commerciali internazionali e adottare contromisure in caso di introduzione o aumento unilaterale di dazi da parte di un Paese terzo; iniziative di singoli Stati membri indeboliscono la posizione negoziale dell'Unione europea, a fronte di vantaggi limitati in un sistema economico fortemente integrato come quello europeo;

    17) il Governo Meloni, invece, ha assunto una posizione ambigua, schiacciata sulla linea dell'Amministrazione Trump e isolata in Europa, relegando il nostro Paese ai margini delle trattative e perdendo tempo prezioso; occorre fare ogni sforzo per sostenere il negoziato dell'Unione europea sui dazi Usa per evitare una guerra commerciale che pagherebbero per primi le imprese e i lavoratori italiani, ma finora il Governo, pur di non infastidire Trump, ha sempre minimizzato l'impatto dei dazi, arrivando a sostenere nei giorni scorsi che i dazi al 10 per cento non sarebbero così impattanti per l'Italia;

    18) nel corso del G7 è stata invece siglata un'intesa – definita dal Ministro dell'economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti un compromesso onorevole – che, nell'ambito della Global minimum tax, esenta le multinazionali statunitensi dal pagamento di maggiori imposte societarie all'estero;

    19) l'Unione europea non può limitarsi alle misure difensive – che andrebbero peraltro orientate anche verso i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle cosiddette aziende big tech, laddove è più forte la specializzazione dell'economia americana e la sua pervasività nel nostro continente ma deve adottare una strategia proattiva, diversificando i mercati di sbocco, promuovendo nuovi accordi commerciali e attivando un quadro di sostegni per imprese e per i lavoratori sul modello Sure;

    20) l'Unione europea è chiamata a rispondere con una strategia articolata e comune alla sfida protezionistica, senza rinunciare a rappresentare un punto di riferimento globale per un ordine economico multilaterale basato su regole condivise, garantendo scambi leali, aperti ed equi, al proprio modello economico e industriale basato sulla sostenibilità ambientale e la coesione sociale;

    21) secondo Confindustria, «serve ancora negoziare tutti uniti come Europa» e la crescente incertezza rischia di compromettere le decisioni di investimento delle imprese;

    22) l'Unione europea deve accelerare la conclusione di accordi commerciali con mercati alternativi, a partire dal Mercosur, con idonee compensazioni per i settori sensibili, come l'agricoltura. Lo stesso Presidente di Confindustria Orsini, ha sottolineato che tale accordo «può generare un incremento di export tra 5 e 7 miliardi» e che l'Italia può svolgere un ruolo di guida nei negoziati, alla luce della competitività dimostrata in precedenti intese commerciali internazionali;

    23) occorre guardare anche ad altri mercati strategici per l'export italiano, come India, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, in cui i prodotti italiani godono di elevata attrattività;

    24) il sistema Paese deve potenziare l'azione coordinata di Ice, Sace e Simest per supportare in modo più efficace l'internazionalizzazione delle imprese;

    25) il costo dell'energia rimane il problema principale per il sistema economico italiano, con un prezzo medio dell'energia elettrica all'ingresso, nel 2024, di 108 euro al megawattora, il 35 per cento in più della Germania, il 72 per cento della Spagna, l'87 per cento della Francia, Paesi con mix energetici diversi che dimostrano la specificità italiana. Nelle prime settimane del 2025 siamo arrivati a 150 euro al megawattora con costi aggiuntivi stimati in 10 miliardi euro su base annua, che significa mettere fuori mercato interi settori produttivi;

    26) l'Italia ha bisogno di più energia a minor costo; per ottenerlo è fondamentale aumentare le rinnovabili, i contratti a lungo termine e adottare un'iniziativa a livello europeo per un approccio unitario sui costi dell'energia, con un prezzo unico dell'elettricità europea, interagendo anche a livello comunitario per intervenire sul meccanismo del «prezzo marginale» ricollegando in maniera fattuale i prezzi ai costi di produzione delle singole tecnologie. In questa ottica, si potrebbe disaccoppiare il segmento delle tecnologie ad elevati costi del capitale (capex based) e con costi variabili quasi nulli per kilowattora come le rinnovabili elettriche (idrico, geotermoelettrico, eolico e solare) da quelle caratterizzati da elevati costi variabili governati per lo più dal costo delle materie prime energetiche fossili;

    27) come segnalato in varie occasioni dal gruppo del Partito Democratico e dalle associazioni datoriali e sindacali in merito alla politica energetica, il costo dell'energia in Italia, che rende poco competitive le imprese, impone un forte rilancio degli investimenti in fonti rinnovabili (oltre 150 GWh di richiesta), oltre a interventi in campo fiscale o, in alternativa, la reintroduzione di strumenti efficaci come l'Aiuto alla crescita economica;

    28) il «piano» presentato l'8 aprile 2025 dal Governo Meloni alle associazioni d'impresa è privo di risorse nuove, basato esclusivamente sulla riprogrammazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dei fondi di coesione e insufficiente ad affrontare le reali esigenze del sistema produttivo,

impegna il Governo:

1) a definire con urgenza una strategia nazionale organica di risposta alla crisi commerciale in atto, coinvolgendo le parti sociali, le associazioni d'impresa, le istituzioni territoriali e le forze parlamentari di maggioranza e opposizione;

2) a sostenere una risposta europea unitaria alle politiche dei dazi dell'Amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, miri alla progressiva eliminazione dei dazi e ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle big tech, nonché a promuovere l'istituzione di un fondo europeo di sostegno per rispondere agli effetti dei dazi sul sistema economico e sociale, attivando anche un meccanismo simile a Sure per rafforzare la rete di protezione sociale dei lavoratori;

3) a promuovere una politica commerciale europea volta alla diversificazione dei mercati di sbocco, anche accelerando la ratifica di nuovi accordi commerciali di libero scambio, a partire dal Trattato Mercosur, con idonee compensazioni per i settori agricoli sensibili e a rilanciare la Global minimum tax;

4) ad adottare iniziative nazionali immediate e straordinarie, finalizzate:

   a) a potenziare gli strumenti di garanzia pubblica per l'accesso al credito, in particolare il Fondo centrale di garanzia per le Pmi e Sace;

   b) a rifinanziare gli ammortizzatori sociali e sostenere il rinnovo dei contratti collettivi nazionali scaduti;

   c) ad aumentare le risorse a favore dell'export e dell'internazionalizzazione delle imprese, anche per prevenire rischi di delocalizzazione verso gli Stati Uniti, e realizzare una vera ed effettiva politica di tutela del made in Italy;

   d) a favorire il disaccoppiamento del prezzo dell'energia elettrica da quello del gas attraverso la stipula di contratti di lungo termine di compravendita di energia elettrica rinnovabile tra produttori e acquirenti/consumatori, nonché a revisionare l'attuale meccanismo di formazione dei prezzi dell'energia elettrica e prevedere l'approvvigionamento tramite acquisti congiunti europei;

   e) ad accelerare lo sviluppo delle fonti rinnovabili, favorire i public purchase agreement e legare le concessioni energetiche alla riduzione dei costi per imprese e famiglie;

   f) a rafforzare il programma Transizione 4.0, rifinanziare il Fondo automotive e riorientare le risorse del programma Transizione 5.0 verso strumenti più efficaci.
(1-00470) «De Luca, Pandolfo, Braga, Filippin, Madia, Prestipino, De Micheli, Gnassi, Peluffo».