XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta del 14 luglio 2025.
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Bonetti, Boschi, Braga, Brambilla, Calderone, Calovini, Cantone, Carè, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, D'Alessio, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Ferro, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Orsini, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Prisco, Riccardo Ricciardi, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Siracusano, Stefani, Tajani, Trancassini, Tremonti, Varchi, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 11 luglio 2025 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
IEZZI: «Introduzione dell'articolo 337-ter del codice penale e modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di sanzioni per inottemperanza all'invito a fermarsi o all'ordine di arrestare la marcia del veicolo, impartito dagli organi di polizia» (2512).
Sarà stampata e distribuita.
Annunzio di proposte di legge
d'iniziativa regionale.
In data 11 luglio 2025 è stata presentata alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 51 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, la seguente proposta di legge:
PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA: «Modifiche all'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, in materia di elezione diretta del presidente della provincia, del consiglio provinciale, del sindaco e del consiglio metropolitani» (2513).
Sarà stampata e distribuita.
Modifica del titolo di proposte di legge.
La proposta di legge n. 2175, d'iniziativa dei deputati Gribaudo ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Modifica all'articolo 29 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e altre disposizioni concernenti l'estensione dell'applicazione della disciplina delle integrazioni salariali ai lavoratori addetti alla consegna di beni per conto altrui in ambito urbano con l'ausilio di velocipedi o veicoli leggeri a motore».
Assegnazione di progetto di legge
a Commissione in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
XI Commissione (Lavoro):
GRIBAUDO ed altri: «Modifica all'articolo 29 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e altre disposizioni concernenti l'estensione dell'applicazione della disciplina delle integrazioni salariali ai lavoratori addetti alla consegna di beni per conto altrui in ambito urbano con l'ausilio di velocipedi o veicoli leggeri a motore» (2175) Parere delle Commissioni I, V, VIII, X e XII.
Trasmissione dal Ministro
per i rapporti con il Parlamento.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 11 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 10, della legge 28 novembre 2005, n. 246, la relazione sullo stato di applicazione dell'analisi di impatto della regolamentazione, riferita all'anno 2024 (Doc. LXXXIII, n. 3).
Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 11 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 553, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 652, la relazione – predisposta dal Ministero della giustizia – sullo stato di attuazione del programma di costruzione e adattamento di stabilimenti di sicurezza destinati a consentire il trattamento differenziato dei detenuti e sulle disponibilità del personale necessario all'utilizzazione di tali stabilimenti, riferita al primo semestre 2025.
Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).
Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 11 luglio 2025, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea (UE) nel comitato congiunto UE-Paesi di transito comune (PTC) istituito dalla convenzione del 20 maggio 1987 relativa alla semplificazione delle formalità negli scambi di merci e nel comitato congiunto UE-PTC istituito dalla convenzione del 20 maggio 1987 relativa ad un regime comune di transito per quanto riguarda gli inviti alla Repubblica di Moldova e al Montenegro ad aderire a tali convenzioni e l'adozione delle decisioni che modificano la convenzione relativa ad un regime comune di transito in seguito all'adesione della Repubblica di Moldova e del Montenegro a tale convenzione (COM(2025) 387 final), corredata dai relativi allegati (COM(2025) 387 final – Annexes 1 to 6), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi per quanto riguarda i requisiti per le esposizioni verso la cartolarizzazione (COM(2025) 825 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione e instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate (COM(2025) 826 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della relazione sulla valutazione d'impatto – Revisione del quadro sulle cartolarizzazioni che accompagna i documenti proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione e instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi per quanto riguarda i requisiti per le esposizioni verso la cartolarizzazione (SWD(2025) 826 final), che è assegnato in sede primaria alla VI Commissione (Finanze).
Trasmissione dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente.
Il Presidente dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, con lettera in data 11 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 89, della legge 23 agosto 2004, n. 239, la relazione sul monitoraggio dello sviluppo degli impianti di generazione distribuita, riferita all'anno 2023 (Doc. XCVIII, n. 3).
Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).
Annunzio di provvedimenti
concernenti amministrazioni locali.
Il Ministero dell'interno, con lettere in data 9 e 10 luglio 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Cellatica (Brescia), Marano Marchesato (Cosenza) e Montauro (Catanzaro).
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
MOZIONI SCOTTO, BARZOTTI, MARI ED ALTRI N. 1-00444 E BOSCHI ED ALTRI N. 1-00475 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI POVERTÀ LAVORATIVA
Mozioni
La Camera,
premesso che:
1) secondo quanto emerge dalle recenti tabelle di Eurostat, nel 2024, nel nostro Paese il 9 per cento dei lavoratori impiegati a tempo pieno sono a rischio povertà, con un reddito inferiore al 60 per cento di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali, mentre, se si considerano i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell'anno (sia full time che part time) la percentuale arriva al 10,2 per cento. In entrambi i casi, si registra un netto peggioramento rispetto all'anno precedente;
2) la povertà lavorativa colpisce soprattutto i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2 per cento ha redditi inferiori al 60 per cento di quello mediano nazionale, contro il 15,8 per cento nel 2023 e i giovani tra i 16 e i 29 anni, tra cui risultano poveri l'11,8 per cento degli occupati, a fronte del 9,3 per cento dei lavoratori nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni;
3) tra i fattori che maggiormente incidono sulla condizione di povertà dei lavoratori vi è senz'altro il livello di istruzione, tanto che tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell'obbligo si registra un 18,2 per cento di occupati poveri (era il 17,7 per cento del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5 per cento risulta con un reddito inferiore al 60 per cento di quello mediano nazionale, anche se con un notevole peggioramento rispetto al 3,6 per cento del 2023;
4) parallelamente, dalle medesime tabelle Eurostat emerge che nel 2024 è tornato ad allargarsi il divario tra chi è in una situazione di indigenza e chi è più benestante, visto che il primo decile delle persone sulla base dei redditi può contare su una quota del reddito nazionale equivalente ad appena il 2,5 per cento, in calo rispetto al 2,7 per cento del 2023, mentre il decile più ricco può contare su una quota del reddito nazionale pari al 24,8 per cento, in aumento rispetto al 2023;
5) numeri negativi che confermano quanto già emerso nel Rapporto mondiale sui salari 2024-2025 dell'Oil, secondo il quale i salari reali in Italia sono diminuiti nel 2022 e 2023, tornando a crescere solo nel 2024 senza, tuttavia, compensare le perdite subite durante il periodo di alta inflazione e, a differenza della maggior parte dei Paesi del G20, si conferma una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, con salari reali inferiori a quelli del 2008;
6) tra i pochi dati positivi spicca quello relativo alla quota della deprivazione materiale – ovvero l'incapacità di permettersi una serie di beni, servizi o attività sociali specifici essenziali per una qualità di vita adeguata –, che nel nostro Paese è scesa all'8,5 per cento della popolazione contro il 9,8 per cento del 2023 e che coinvolge comunque circa 5 milioni di persone;
7) valori che complessivamente si innestano su una condizione salariale già critica per il nostro Paese, basti considerate che l'Italia è l'unico Paese dell'area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9 per cento), mentre in Germania è cresciuto del 33,7 per cento e in Francia del 31,1 per cento. Si tratta di un andamento composto, infatti nella decade 1990-2000 e in quella 2000-2010 i salari in Italia sono cresciuti, seppure con una dinamica piatta, rispettivamente dello 0,7 per cento e del 5,2 per cento. L'ultima decade 2010-2020 è stata quella maggiormente negativa con una caduta del -8,3 per cento. In queste tre decadi è aumentato il divario tra la crescita media dei salari nei Paesi Ocse e la crescita dei salari in Italia progressivamente dal -14,6 per cento (1990-2000), al -15,1 per cento (2000-2010) e, infine, al -19,6 per cento (2010-2020);
8) una fotografia davvero sconfortante e in palese contrasto con le finalità enunciate dal primo comma dell'articolo 36 della Costituzione: «Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»;
9) principi che ritroviamo sviluppati e ribaditi nel preambolo della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea, nel quale si ricorda che la Carta europea sociale (Esc) «Riconosce il diritto di tutti i lavoratori a un'equa remunerazione sufficiente per un tenore di vita dignitoso per sé e per le proprie famiglie. Riconosce inoltre il ruolo dei contratti collettivi liberamente conclusi, nonché dei meccanismi legali di fissazione del salario minimo, per garantire l'effettivo esercizio di tale diritto, il diritto di tutti i lavoratori e datori di lavoro di organizzarsi in organizzazioni locali, nazionali e internazionali per la protezione dei loro interessi economici e sociali e il diritto alla contrattazione collettiva.». O, ancora, quando si ribadisce il principio in base al quale «Migliori condizioni di vita e di lavoro, anche grazie a salari minimi adeguati, vanno a beneficio dei lavoratori e delle imprese dell'Unione, nonché della società e dell'economia in generale, e sono un prerequisito per il conseguimento di una crescita equa, inclusiva e sostenibile. Affrontare le grandi differenze nella copertura e nell'adeguatezza della tutela del salario minimo contribuisce a migliorare l'equità del mercato del lavoro dell'Unione, a prevenire e ridurre le disparità salariali e sociali e a promuovere il progresso economico e sociale e la convergenza verso l'alto»;
10) ragioni di carattere economico generale dovrebbero altresì indurre a favorire una diversa distribuzione dei redditi e un poderoso recupero di potere d'acquisto dei salari nel nostro Paese, basti pensare al forte ridimensionamento delle prospettive di crescita del Pil reale ammesso dallo stesso Governo, cui potrebbero sommarsi gli ulteriori effetti negativi innescati dalla «guerra» dei dazi decisa dalla nuova amministrazione americana;
11) per far fronte alla possibile contrazione dell'export a seguito della «guerra» dei dazi, andrebbe favorita la domanda interna, operando una netta inversione di tendenza rispetto alle ricette adottate a seguito della crisi dei mercati finanziari del 2010, improntate alla contrazione dei bilanci pubblici e alla compressione dei salari, quale fattore concorrenziale nei confronti degli altri Paesi dell'Unione;
12) anche i dati del mercato del lavoro, per quanto evidenzino la prosecuzione di dati positivi per quanto concerne il numero degli occupati e del tasso di occupazione totale, ci dicono che questi aumenti di occupazione sono in larga parte concentrati in settori a bassa produttività – basti pensare che la produzione industriale italiana registra in maniera ininterrotta una flessione continua ormai da ben 25 mesi – e vedono un incremento più marcato, solo parzialmente spiegato dalle dinamiche demografiche, nella fascia di età medio-alta, anche come conseguenza delle continue misure, adottate con le tre leggi di bilancio del Governo Meloni, che hanno di fatto cancellato ogni forma di flessibilità pensionistica;
13) ben altre misure andrebbero approntate per migliorare la condizione economica di milioni di lavoratori che non possono contare su salari dignitosi, come l'introduzione del salario minimo e una norma che riconosca la reale rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e la conseguente estensione erga omnes dei contratti stipulati dalle medesime organizzazioni;
14) anziché portare avanti politiche per rafforzare i diritti e la condizione economica dei lavoratori, il Governo prosegue con una strategia di precarizzazione del mercato del lavoro. Dapprima con la reintroduzione dei voucher lavoro, poi con la liberalizzazione dei contratti a tempo determinato e poi con la somministrazione. Misure che colpiranno soprattutto i giovani e le donne, contribuendo a rendere sempre più incerto il futuro di tanti lavoratori, precarizzandone non solo la condizione economica, ma anche quella esistenziale;
15) peraltro, come è stato autorevolmente ricordato dal Capo dello Stato, i bassi livelli salariali e la diffusione dei contratti precari rappresentano il principale disincentivo per i tanti giovani, anche altamente qualificati, che ogni anno lasciano il nostro Paese in cerca di migliori condizioni lavorative e del riconoscimento della loro professionalità. Una perdita netta che ogni anno impoverisce il nostro tessuto sociale ed economico e che contribuisce ad alimentare il già grave bilancio demografico;
16) parimenti, non sono state adottate nessuna delle misure alternative all'introduzione anche nel nostro Paese del salario minimo legale, che pure maggioranza e Governo hanno formulato nel corso degli ultimi due anni, prova ne è la sorte del disegno di legge delega al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e informazione (atto Senato n. 957);
17) nel pieno rispetto del ruolo della contrattazione collettiva e della tradizione delle relazioni industriali del nostro Paese, il riferimento per la definizione della retribuzione applicabile ai lavoratori del settore privato dovrà coincidere con il valore del trattamento economico complessivo stabilito dal contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, prevedendosi altresì una soglia minima, definita per legge, al di sotto del quale neppure il minimo tabellare previsto da questi contratti possa andare;
18) corollario fondamentale per delineare un quadro certo di regole in materia di individuazione dei livelli retributivi, in coerenza con i princìpi costituzionali e comunitari, è quello legato alla definizione e alla disciplina della misurazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali e datoriali, scongiurando il dumping salariale generato dai cosiddetti «contratti pirata»;
19) secondo l'ultimo report del Cnel, al 31 dicembre 2024 risulta ulteriormente cresciuto il numero dei contratti collettivi nazionali di lavoro per i dipendenti del settore privato e del settore pubblico depositati al Cnel, che ormai ha raggiunto il numero di 1.037, di cui solo poche decine riguardano il 90 per cento dei lavoratori. Di questi, ne risultano scaduti il 62 per cento, coinvolgendo il 44 per cento dei lavoratori dipendenti,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, finalizzata al riconoscimento a tutti i lavoratori e le lavoratrici di ogni settore di un complessivo trattamento economico non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, da applicare a tutti i lavoratori del settore di riferimento, ovunque impiegati nel territorio nazionale, prevedendo in ogni caso che, anche alla luce dei parametri europei e del dettato costituzionale, il trattamento minimo tabellare corrisposto ai lavoratori non possa essere inferiore a 9 euro all'ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali, da, aggiornare periodicamente in ragione del potere d'acquisto e del costo della vita;
2) ad adottare iniziative normative al fine di introdurre chiare disposizioni volte ad assicurare che l'applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale sia condizione per poter intrattenere rapporti economici con le pubbliche amministrazioni, con gli organi dello Stato e con gli organismi di diritto pubblico, nonché per accedere ai benefici di legge previsti dal nostro ordinamento;
3) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a definire misure che assicurino il diritto al risarcimento e la protezione contro trattamenti o conseguenze sfavorevoli sul piano salariale, nonché per l'applicazione di appropriate sanzioni in caso di violazioni dei diritti e degli obblighi in materia di retribuzioni;
4) a favorire, per quanto di competenza, la definizione di una disciplina legislativa della misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali;
5) ad avviare un concreto e tempestivo confronto con le parti sociali realmente rappresentative, volto a definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, anche attraverso la realizzazione di un piano straordinario pluriennale per il lavoro, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà attraverso una vera e propria «bonifica» normativa, così come la diffusione del part-time involontario e di quello fittizio, nonché per l'adozione di iniziative di competenza volte a monitorare e rafforzare le misure di contrasto delle forme di penalizzazione del lavoro delle donne e di divario retributivo di genere;
6) a sostenere, per quanto di competenza, l'iter di iniziative legislative volte a ridurre l'uso inappropriato di contratti a tempo determinato comunque denominati, riconducendoli alle loro funzioni proprie, e a contrastare la diffusione del part-time involontario, spesso fonte di lavoro grigio, riaffermando la centralità del lavoro a tempo indeterminato a tempo pieno nel nostro ordinamento;
7) ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, per contrastare il fenomeno delle false partite Iva che coinvolgono, in particolare, molti giovani laureati e professionisti, iscritti agli ordini professionali e non, in monocommittenza, il cui rapporto di lavoro è in realtà assimilabile dal punto di vista organizzativo e gerarchico a quello subordinato – senza le corrispondenti tutele – e con retribuzioni che, se parametrate su base oraria, risultano di gran lunga inferiori a quelle auspicabili per il salario minimo;
8) ad adottare iniziative volte a introdurre ovvero a estendere il sostegno economico al reddito, con lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire il pieno sviluppo della persona, la cittadinanza, attraverso l'inclusione sociale, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, nonché quale strumento di rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro;
9) ad adottare le opportune iniziative di competenza affinché si pervenga a una significativa revisione dei parametri utili alla determinazione dell'indicatore di povertà lavorativa utilizzato dall'Unione europea in particolare estendendo la platea di riferimento a tutti coloro i quali sono occupati almeno una volta in un anno, con l'esclusione di pensionati e studenti, e incrementando in maniera strutturale la ponderazione dei redditi da lavoro dei singoli individui rispetto al reddito equivalente fruibile all'interno del nucleo familiare di appartenenza, nonché tenendo conto anche del disagio abitativo.
(1-00444) «Scotto, Barzotti, Mari, Aiello, Carotenuto, Fossi, Gribaudo, Laus, Sarracino, Tucci, Guerra».
La Camera,
premesso che:
1) secondo i dati più recenti dell'Eurostat, alla fine del 2024 il tasso di occupati in Italia che percepiscono un reddito inferiore al 60 per cento del reddito mediano nazionale – condizione definita come rischio di povertà – si attestava al 10,2 per cento. Da questo valore, superiore alla media dell'Unione europea, che si colloca al 9,7 per cento, ne risulta che circa 1 lavoratore su 10 in Italia è in condizione di povertà relativa, un dato che desta preoccupazione e conferma la persistente debolezza strutturale del mercato del lavoro nazionale nel garantire adeguati livelli retributivi;
2) l'Istat nel Rapporto annuale 2024, rileva che il tasso di povertà assoluta tra gli occupati è cresciuto dal 4,9 per cento registrato nel 2014 al 7,6 per cento nel 2023. Tale incidenza risulta significativamente più alta tra alcune categorie di lavoratori: raggiunge il 14,6 per cento tra gli operai e l'8,2 per cento tra i lavoratori dipendenti in generale. Inoltre, l'ISTAT evidenzia che tra il 2019 e il 2024 le retribuzioni contrattuali hanno perso il 10,5 per cento in termini di potere d'acquisto e alla fine del 2024 la crescita delle retribuzioni contrattuali per dipendente è stata pari al 10,1 per cento rispetto all'inizio del 2019, a fronte di un aumento dell'inflazione (Ipca) pari al 21,6 per cento e a conferma di una tendenza di lungo periodo alla stagnazione dei redditi reali e all'erosione delle possibilità economiche dei lavoratori;
3) proprio per contrastare tale scenario, il Governo Renzi con l'articolo 1, recante riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, aveva introdotto un credito d'imposta noto come «Bonus Renzi», per i lavoratori a basso-medio reddito, di importo pari a 80 euro mensili: a differenza di altre misure di sostegno al reddito che vengono assegnate sulla base di requisiti stringenti e a fronte di una esplicita richiesta da parte dell'avente diritto, detto beneficio veniva erogato direttamente in busta paga per rafforzare i salari reali attraverso una riduzione netta del carico fiscale, che si traduceva automaticamente in un aumento salariale per il lavoratore;
4) si registra una crescente condizione di vulnerabilità economica tra i lavoratori, determinata dal progressivo aumento del numero di occupati i cui redditi risultano insufficienti a garantire un livello di vita adeguato. Secondo i dati Istat relativi al 2023, il 21 per cento dei lavoratori risulta a basso reddito. Tale condizione di fragilità economica è particolarmente diffusa tra le donne (26,6 per cento), tra i giovani con meno di 35 anni (29,5 per cento) e tra i cittadini stranieri (35,2 per cento). La vulnerabilità risulta inoltre significativamente più elevata tra i lavoratori autonomi (28,9 per cento) e tra i lavoratori dipendenti con contratto a termine, per i quali il dato raggiunge il 46,6 per cento, evidenziando una correlazione tra forme contrattuali instabili e rischio di povertà lavorativa;
5) nel 2024 la differenza tra i redditi più alti e quelli più bassi in Italia rimane significativa e persistente, con una concentrazione della ricchezza nelle fasce più abbienti della popolazione. Secondo i dati Eurostat, il divario raggiunge il 32,2 per cento, ed è confermato dall'Istat, risultando superiore alla media dell'Unione europea, pari al 29,3 per cento, a conferma di una marcata polarizzazione dei redditi tra le fasce più povere e quelle più ricche, riflesso di disuguaglianze economiche e sociali strutturali, che si manifestano in particolare su base territoriale, generazionale, di genere e in relazione al livello di istruzione e di qualificazione professionale;
6) il Rapporto mondiale sui salari 2024-2025 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) ha rilevato che, tra il 2008 e il 2024, i salari reali in Italia sono diminuiti di circa 8,7 punti percentuali, registrando il peggior risultato tra i Paesi del G20, e che la crescita salariale reale nell'ultimo biennio è rimasta pressoché nulla, incapace di compensare l'inflazione e la stagnazione della produttività, determinando un progressivo impoverimento relativo dei lavoratori, anche tra coloro che formalmente godono di un'occupazione stabile;
7) questi dati certificano come una quota consistente della forza lavoro italiana, pur formalmente occupata, si trova in condizioni economiche incompatibili con una vita dignitosa, in violazione del principio sancito dall'articolo 36 della Costituzione, secondo cui il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La permanenza di questi squilibri, in un contesto di lieve crescita quantitativa dell'occupazione ma di scarsa qualità dei rapporti di lavoro, impone al legislatore un ripensamento profondo delle politiche del lavoro, orientato a promuovere non solo il mero incremento numerico dei posti di lavoro, ma soprattutto la loro qualità, stabilità e capacità di garantire dignità economica e sicurezza sociale ai lavoratori;
8) la crescita dell'occupazione registrata nel 2024, con un tasso complessivo salito al 62,1 per cento, è stata trainata prevalentemente da forme contrattuali precarie, come i contratti a termine, il part-time involontario e i lavori in settori a basso valore aggiunto, confermando una condizione strutturale di precarietà diffusa. Secondo l'Istat, nel quarto trimestre 2024, tra i giovani sotto i 35 anni, il 28,1 per cento è impiegato con contratto a termine e il 5,9 per cento con part-time involontario, segno che il part-time non è una scelta, ma una necessità imposta — dato ancor più allarmante se si considera che il 9,6 per cento di tutti gli occupati (circa 1 su 10) lavora part-time perché non ha trovato un impiego full-time;
9) a questo quadro di incertezza economica si aggiunge il ricorso massiccio a tirocini, stage e altre forme di lavoro non standard, spesso non retribuite o sottopagate, in particolare tra i giovani. Il fenomeno degli stage extracurriculari, in assenza di regole stringenti e di un sistema uniforme di tutele economiche e formative, contribuisce a consolidare il bacino dei cosiddetti working poor, esponendo i più giovani a un ingresso nel mercato del lavoro segnato da sfruttamento e assenza di prospettive. Tali criticità necessitano di interventi urgenti e coerenti al fine di contrastare queste pratiche distorsive, sostenere l'emancipazione economica dei giovani e promuovere forme di ingresso nel lavoro che siano davvero orientate anche alla formazione e non esclusivamente all'abbattimento dei costi per le imprese;
10) secondo diversi studi internazionali, la garanzia di una retribuzione dignitosa e adeguata per tutti i lavoratori favorirebbe senz'altro la realizzazione di un mercato del lavoro più inclusivo, equo e paritario, abbattendo le disuguaglianze, anche in termini di divario retributivo di genere;
11) a tal riguardo, tra le donne in Italia quasi un quarto risulta occupato in forme contrattuali atipiche o a tempo parziale involontario. Queste modalità di lavoro limitano la sicurezza economica e la capacità di pianificazione familiare, rendendo le lavoratrici più esposte al rischio di working poor, in quanto tali contratti spesso si associano a retribuzioni insufficienti a superare la soglia di povertà;
12) la penalizzazione delle donne nel mercato del lavoro è ulteriormente aggravata da un persistente divario retributivo di genere o gender pay gap, che l'Istat stima in media al 5,6 per cento per le lavoratrici dipendenti, ma che sale fino al 16,6 per cento tra le laureate e al 30,8 per cento tra le dirigenti. Tale disparità si riflette in un reddito disponibile più basso che si riflette anche sul trattamento pensionistico, traducendosi in una maggiore vulnerabilità del genere femminile alla povertà lavorativa, soprattutto per le madri, costrette a rimanere in posizioni a basso reddito e con poche opportunità di crescita e nella pressoché totale assenza di politiche di welfare aziendale che garantiscano l'equità salariale sia in termini di genere, sia, complessivamente, tra i diversi livelli retributivi, promuovendo una distribuzione più equa delle opportunità economiche tra tutti i lavoratori anche in fase di pensionamento;
13) le donne risultano penalizzate anche sul piano della maternità, sia per l'accesso al lavoro, dove le garanzie prestate alle donne incinte o alle neomamme vengono spesso viste negativamente e come un «onere» da taluni datori di lavoro, sia per il reinserimento lavorativo delle neomamme in generale, dove la carenza di strutture dedicate e le difficoltà legate alla gestione della genitorialità in assenza di parenti rende di fatto impensabile l'attività lavorativa contemporanea di entrambi i genitori nei primi anni di vita dell'infante;
14) la garanzia del diritto alla maternità risulta peraltro indebolita da gravi carenze sul piano delle misure di conciliazione dei tempi lavoro-famiglia: ancora oggi la normativa di riferimento sconta un'impostazione che fa riferimento a una cultura risalente e ampiamente superata dai fatti, che affida quasi integralmente alla madre i doveri di cura dell'infante. È invece indispensabile sostenere una responsabilità genitoriale condivisa, assicurando a entrambi i genitori parità di chances sul piano professionale e, di riflesso, contrastare anche per questa via l'attuale gap salariale tra uomo e donna;
15) le cause che ostacolano il pieno rispetto del diritto a una giusta retribuzione sono molteplici. Particolarmente rilevante è la diffusione dei cosiddetti «contratti collettivi pirata», ossia accordi siglati soprattutto in determinati settori da soggetti privi di reale rappresentatività, che fissano condizioni economiche e normative peggiorative rispetto a quelle previste dai contratti firmati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative, generando distorsioni concorrenziali dannose. Il moltiplicarsi dei contratti collettivi, ivi compresi appunto i contratti collettivi pirata, costituisce un'importante forma di dumping salariale;
16) tra le cause della persistente disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza prodotta dalle imprese e della scarsa partecipazione dei lavoratori alla vita economica aziendale, si rileva la carenza di strumenti normativi e contrattuali che favoriscano un reale coinvolgimento dei dipendenti nei risultati economici delle imprese. La partecipazione agli utili d'impresa, già prevista in diversi ordinamenti europei, rappresenta una buona prassi riconosciuta a livello internazionale, capace di favorire una più equa distribuzione della ricchezza generata, di rafforzare la motivazione e la fidelizzazione dei lavoratori, di ridurre i conflitti industriali e di incrementare la produttività e la competitività delle imprese;
17) l'assenza di un quadro normativo chiaro, unitamente a un sistema di incentivi fiscali e contributivi adeguati, ha finora limitato la diffusione di tali modelli in Italia, dove solo una quota marginale di imprese applica sistemi di partecipazione agli utili regolati da contratti collettivi, lasciando così inespressa una leva importante per la coesione aziendale e la qualità delle relazioni industriali;
18) altre concause che incidono negativamente sulla concreta realizzazione del diritto ad una retribuzione equa e proporzionata possono essere individuate nella frammentazione dei settori produttivi, dovuta a trasformazioni economiche, tecnologiche e organizzative; nella crescente diffusione di forme contrattuali atipiche, difficili da ricondurre al lavoro autonomo o subordinato; e nel ricorso massiccio da parte delle imprese a pratiche di esternalizzazione;
19) alla luce di questo quadro, appare evidente la necessità di un intervento sostenuto e promosso dall'ordinamento statuale a sostegno e rafforzamento della contrattazione collettiva, al fine di assicurare a tutti i lavoratori in Italia trattamenti retributivi adeguati e dignitosi,
impegna il Governo:
1) ad adottare un Piano nazionale di contrasto alla povertà lavorativa, volto a garantire condizioni di lavoro dignitose e il pieno rispetto dei principi sanciti dagli articoli 3 e 36 della Costituzione, mediante misure strutturali finalizzate a promuovere l'occupazione stabile, a ridurre le disuguaglianze salariali e a tutelare le categorie maggiormente vulnerabili;
2) a promuovere misure specifiche e strutturali di sostegno all'occupazione giovanile e femminile, con l'obiettivo prioritario di contrastare la diffusione della povertà lavorativa e garantire a tutti i lavoratori condizioni economiche e professionali dignitose, mediante, in particolare:
a) l'incremento e la stabilizzazione degli sgravi contributivi previsti per le assunzioni a tempo indeterminato;
b) l'integrazione degli incentivi con ulteriori misure mirate a target specifici, quali le neomamme e i giovani under 35 disoccupati da lungo periodo prevedendo il dimezzamento dell'IRPEF per i primi anni di lavoro;
c) l'estensione delle misure di sostegno previste dalla legislazione vigente per le madri di due o più figli anche alle madri con un solo figlio, incluse le madri single, al fine di poter affrontare le sfide economiche e di conciliazione lavoro-famiglia fin dal primo figlio;
d) l'estensione della durata massima dell'esonero contributivo a 36 mesi subordinandolo a condizioni di qualità occupazionale, tra cui il rispetto dei minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva, la permanenza lavorativa per un congruo periodo e la partecipazione dei lavoratori a percorsi di formazione e aggiornamento professionale;
e) l'uniformazione della normativa di riferimento al criterio della responsabilità genitoriale condivisa, rivedendo le tutele vigenti per garantire l'eguaglianza tra i genitori, al fine di scongiurare che la donna lavoratrice debba patire qualsivoglia pregiudizio sul piano professionale in ragione della maternità e contrastare il gap salariale uomo-donna;
3) ad avviare un processo di revisione della disciplina dei tirocini e degli stage, eliminando quelli extracurriculari, per garantire un effettivo valore formativo e impedire l'utilizzo distorto di tali strumenti come forme di lavoro sottopagato o gratuito, prevedendo, in particolare, l'introduzione di un'indennità minima obbligatoria per i tirocinanti e un sistema di vigilanza adeguato;
4) ad incentivare, quale forma di retribuzione indiretta, il welfare aziendale come strumento di equità e inclusione, non solo come beneficio accessorio, attraverso l'introduzione di benefici fiscali per le aziende che adottano programmi di welfare aziendale avanzato, anche di concerto con le associazioni dei prestatori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, inclusivi di piani di equità salariale tra uomini e donne, trasparenza retributiva e servizi di conciliazione famiglia-lavoro, in un'ottica di miglioramento del benessere dei lavoratori e di prevenzione della vulnerabilità economica;
5) a compensare il gap salariale rispetto alla media europea promuovendo la diffusione di modelli di partecipazione dei lavoratori agli utili d'impresa, quale strumento per una più equa distribuzione della ricchezza prodotta, per l'incremento della produttività e per il rafforzamento della coesione aziendale, mediante la predisposizione di un apposito quadro normativo e fiscale di sostegno che disciplini tale istituto attraverso accordi aziendali o territoriali regolati da contratti collettivi, introduca specifiche agevolazioni fiscali in favore delle imprese che adottano tali modelli e preveda iniziative di informazione e formazione destinate alle parti sociali e alle imprese per la diffusione delle migliori prassi già sperimentate a livello nazionale e internazionale, al fine di accrescere la motivazione, la fidelizzazione e la partecipazione consapevole dei dipendenti alla vita economica e strategica delle imprese;
6) ad adottare iniziative normative volte a prevedere incentivi fiscali e contributivi per le imprese che adottano forme contrattuali stabili e modelli di retribuzione trasparenti che garantiscano l'eguaglianza tra uomo e donna, misure di welfare aziendale e forme di partecipazione agli utili di impresa da parte dei lavoratori, nonché trattamenti economici più elevati rispetto alla media nazionale;
7) ad adottare un piano strategico volto a rafforzare l'attrattività degli investimenti esteri diretti, quale strumento essenziale per sostenere la crescita economica, l'innovazione industriale e la creazione di occupazione qualificata e dignitosa nel Paese, con l'obiettivo prioritario di ridurre le disuguaglianze retributive e contrastare la diffusione della povertà lavorativa, garantendo a tal fine un quadro normativo e fiscale stabile e prevedibile, idoneo a offrire certezza giuridica e a ridurre i fattori di rischio per gli investitori esteri, anche attraverso la razionalizzazione della normativa vigente e la limitazione delle modifiche frequenti o retroattive della disciplina fiscale e contributiva;
8) ad assumere iniziative normative volte a contrastare l'uso distorsivo e massivo delle pratiche di esternalizzazione da parte delle imprese, con la finalità di tutelare i lavoratori maggiormente esposti a condizioni di precarietà e a retribuzioni inadeguate, salvaguardando i livelli occupazionali, la qualità dell'impiego e i diritti dei lavoratori coinvolti, anche attraverso la previsione di vincoli contrattuali minimi per le aziende committenti e appaltatrici, la responsabilità solidale estesa per il rispetto delle normative in materia retributiva, contributiva e di sicurezza, nonché l'introduzione di incentivi per le imprese che internalizzano funzioni strategiche garantendo occupazione stabile e dignitosa e contribuendo così alla riduzione della povertà lavorativa;
9) ad assumere iniziative normative per rafforzare la contrattazione collettiva quale strumento fondamentale per garantire condizioni economiche e normative adeguate e per prevenire forme di dumping salariale che alimentano la povertà lavorativa, riconoscendo il ruolo dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, e contrastando la diffusione di contratti cosiddetti «pirata» che deteriorano le condizioni di lavoro e minano la coesione sociale;
10) ad adottare politiche di investimento volte a favorire la crescita e, di riflesso, i livelli di retribuzione, nonché a sostenere la contrattazione collettiva nazionale al fine di sostenere forme di welfare aziendale che integrino il trattamento economico del lavoratore, nonché a valutare, nell'ipotesi di introduzione di una retribuzione oraria minima, la contestuale istituzione di una commissione permanente, composta da rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentativi a livello nazionale, incaricata di monitorare il livello dei salari minimi, aggiornarne periodicamente l'importo e garantirne la coerenza con l'evoluzione del costo della vita e della produttività;
11) a rafforzare i sistemi di monitoraggio e valutazione del fenomeno della povertà lavorativa, prevedendo la raccolta sistematica e la pubblicazione periodica di dati disaggregati per genere, età, tipologia contrattuale e area geografica, al fine di orientare le politiche pubbliche e consentire un controllo parlamentare sull'efficacia delle misure adottate;
12) a fornire ogni utile elemento alle competenti Commissioni parlamentari, con cadenza semestrale, in ordine allo stato di attuazione delle misure adottate e all'andamento dei principali indicatori economico-sociali connessi al fenomeno della povertà lavorativa, alla disuguaglianza retributiva e alla qualità dell'occupazione.
(1-00475) «Boschi, Gadda, Bonifazi, Del Barba, Faraone, Giachetti».
MOZIONI CONTE, SCHLEIN, BONELLI ED ALTRI N. 1-00465 E BOSCHI ED ALTRI N. 1-00474 CONCERNENTI INIZIATIVE IN ORDINE ALLA DENUNCIA FORMALE DEL MEMORANDUM D'INTESA IN MATERIA DI COOPERAZIONE NEL SETTORE MILITARE E DELLA DIFESA CON IL GOVERNO DELLO STATO DI ISRAELE
Mozioni
La Camera,
premesso che:
1) il Memorandum d'intesa fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa, siglato a Parigi il 16 giugno 2003, è stato ratificato dall'Italia con la legge 17 maggio 2005, n. 94. Nelle premesse del Memorandum of understanding, le Parti sottolineano la propria convinzione che tale cooperazione avrebbe consolidato le rispettive capacità di difesa;
2) l'articolo 9, comma 3, del suddetto Memorandum of understanding prevede una durata di cinque anni dello stesso, prorogabili automaticamente per periodi aggiuntivi di altrettanti cinque anni in assenza di una notifica scritta dell'intenzione di denunciarlo inviata da una delle parti. In questo caso cessa di essere in vigore a sei mesi dalla data di ricezione della notifica. Nell'arco degli ultimi venti anni l'accordo si è rinnovato tacitamente tre volte e il prossimo rinnovo è attualmente previsto per il mese di aprile 2026;
3) a maggio 2025 un gruppo di giuristi ha presentato una diffida formale al Governo, sollecitando l'interruzione del rinnovo automatico. Secondo i firmatari, l'accordo rischia infatti di violare i principi cardine della Costituzione italiana, oltre a rappresentare un sostegno implicito ai crimini contro l'umanità e ai crimini di guerra perpetrati da Netanyahu;
4) la cornice geopolitica nella quale era stato inquadrato il Memorandum of understanding in oggetto è profondamente mutata e in costante drammatica evoluzione. In particolare, la spregiudicata strategia di guerra del Premier israeliano Netanyahu sta minacciando il già fragile equilibrio della regione mediorientale e l'attuale conflitto in corso con l'Iran rischia di trasformarsi in una lunga guerra con conseguenze devastanti a livello globale sia politiche che economiche;
5) il nuovo fronte di guerra tra Israele e Iran sembrerebbe utilizzato da Netanyahu per polarizzare l'interesse mondiale sul medesimo, distogliendo l'attenzione sui crimini contro l'umanità in corso a Gaza e sui piani di annessione della Cisgiordania, nonché sulla possibilità di una prospettiva di pace. A causa proprio del rischio escalation in Medio Oriente, è stata rinviata a data da definirsi la conferenza delle Nazioni Unite co-presieduta da Francia e Arabia Saudita in programma dal 17 al 20 giugno a New York che avrebbe dovuto promuovere un piano per l'attuazione della soluzione dei due Stati per Israele e Palestina;
6) Netanyahu sta utilizzando nella Striscia di Gaza la fame come arma di guerra, non consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari. Una nefandezza indescrivibile che contravviene ai basilari principi del diritto internazionale umanitario. Si ricorda, peraltro, che con la risoluzione 2417 del 2018, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato in modo inequivocabile l'uso della fame come arma di guerra. La violazione di tale divieto è punibile come crimine di guerra davanti alla Corte penale internazionale;
7) numerose volte sono stati lanciati appelli alla pace e alla richiesta di intraprendere ogni iniziativa utile volta a promuovere e sostenere una conferenza di pace che accompagni un processo di negoziato sulla base delle legittime aspettative delle parti in conflitto, nel rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario, all'interno della cornice di principio «due popoli, due Stati». Il riconoscimento di uno Stato di Palestina, infatti, è in questo momento il presupposto imprescindibile per garantire la convivenza in pace e sicurezza di israeliani e palestinesi;
8) per la guerra a Gaza e per gli attacchi del 7 ottobre 2023, la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto nei confronti di Benjamin Netanyahu, del suo ex Ministro della difesa Yoav Gallant e del leader di Hamas Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri. Tutti per crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Presso la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite è invece in corso un procedimento nei confronti dello Stato di Israele per la violazione della Convenzione sul genocidio del 1948;
9) i Gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle, del Partito Democratico e di Alleanza Verdi e Sinistra hanno reiteratamente chiesto all'Esecutivo di farsi promotore in sede europea della richiesta di adozione di sanzioni nei confronti del Governo israeliano di Netanyahu per la sistematica violazione del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario, anche tramite la sospensione dell'accordo di associazione Unione europea-Israele, considerato il mancato rispetto reiterato dell'articolo 2 che regola le relazioni tra le parti, fondandole sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici;
10) così come i medesimi gruppi hanno richiesto di sospendere urgentemente, ove in essere, tutte le autorizzazioni di vendita di armi allo Stato di Israele concesse anteriormente alla dichiarazione dello stato di guerra dell'8 ottobre 2023, al fine di scongiurare che tali armamenti possano essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, nonché di sostenere e farsi promotore, a livello europeo con gli altri Stati membri, di opportune iniziative volte alla totale sospensione della vendita, della cessione e del trasferimento di armamenti allo Stato di Israele, nel rispetto della posizione comune (2008/944/PESC) sulle esportazioni di armi e del Trattato sul commercio di armi (Att) dell'Onu, come richiesto dalla risoluzione approvata il 5 aprile 2024, dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nonché dell'acquisto di armamenti dal medesimo Stato di Israele;
11) è stato chiesto, inoltre, di sospendere ogni altro accordo e/o programma di collaborazione militare e fornitura di armi, compresi quelli che prevedano l'acquisto di armamenti e componenti tecnologiche da Israele, di addestramento, nonché di revocare e non autorizzare la vendita di armi e/o componenti a Paesi terzi che vedano Israele come destinatario finale;
12) la prosecuzione della cooperazione militare con Israele in tale contesto può configurarsi come contraria agli obblighi internazionali cui l'Italia ha aderito, inclusi quelli derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla Convenzione sul genocidio, dal diritto consuetudinario internazionale e dai Trattati dell'Unione europea e, soprattutto, contraria al dettame costituzionale dell'articolo 11 che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
13) alla luce di quanto esposto, la tenuta in vigore del Memorandum equivarrebbe, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, a una forma di sostegno politico e logistico a un apparato militare accusato di crimini internazionali, configurando altresì rischi di complicità indiretta nei crimini in questione,
impegna il Governo:
1) ad avviare immediatamente il procedimento di denuncia formale dell'accordo, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del riportato Memorandum d'intesa fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato di Israele, di cui alla legge 17 maggio 2005, n. 94;
2) a sospendere altresì con urgenza tutti gli accordi di attuazione del Memorandum of understanding generale in questione, previsti dall'articolo 3, comma 10, del medesimo;
3) a sospendere qualsiasi forma di cooperazione militare con Israele, inclusi la fornitura e l'acquisto di armamenti, trasferimenti tecnologici, compresi quelli verso Paesi terzi che vedano Israele come destinatario finale, e addestramento militare, sino a quando permangano gravi e accertate violazioni del diritto internazionale e umanitario da parte dello Stato di Israele.
(1-00465) «Conte, Schlein, Bonelli, Fratoianni, Riccardo Ricciardi, Braga, Zanella, Lomuti, Provenzano, Grimaldi, Francesco Silvestri, Amendola, Pellegrini, Graziano, Auriemma, Ilaria Fontana, Quartini, Alifano, Santillo, Aiello, Amato, Appendino, Ascari, Baldino, Barzotti, Bruno, Cafiero De Raho, Cantone, Cappelletti, Caramiello, Carmina, Carotenuto, Caso, Cherchi, Alfonso Colucci, Sergio Costa, Dell'Olio, Di Lauro, Donno, D'Orso, Fede, Fenu, Ferrara, Giuliano, Gubitosa, Iaria, L'Abbate, Morfino, Orrico, Pavanelli, Penza, Raffa, Marianna Ricciardi, Scerra, Sportiello, Torto, Traversi, Tucci, Mari, Borrelli, Dori, Ghirra, Piccolotti, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
1) la legge 9 luglio 1990, n. 185, all'articolo 1, comma 2, stabilisce che l'esportazione, l'importazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione dei materiali di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione, sono soggetti a autorizzazioni e controlli dello Stato;
2) come riportato nella Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento (anno 2024), presentata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano, nel 2024 il valore complessivo delle autorizzazioni per movimentazioni di materiali d'armamento è stato pari a 8,436 miliardi di euro;
3) nella stessa, inoltre, viene segnalato come rispetto al 2023 si sia registrato un incremento del 35,34 per cento del valore delle autorizzazioni individuali di esportazione, il cui ammontare complessivo nel 2024 è stato di 6,451 miliardi di euro, in linea con un aumento del numero di provvedimenti rilasciati (da 2.101 a 2.569, + 22,28 per cento): a livello complessivo, si è registrato un incremento del valore delle autorizzazioni in uscita, le quali sono passate dai 6,224 miliardi di euro nel 2023 ai 7,692 miliardi di euro nel 2024;
4) secondo il rapporto diffuso dall'istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca della Pace (Sipri), l'Italia ha registrato un aumento delle esportazioni di armi del 138 per cento nel quinquennio 2020-2024 rispetto a quello precedente 2015-2019, superando come sesto esportatore a livello globale la Spagna, che ha registrato un incremento del 29 per cento;
5) secondo un rapporto delle Nazioni Unite, dopo la decisione del Governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, di condurre operazioni militari di terra al fine di occupare la Striscia di Gaza e costringere la popolazione palestinese a spostarsi verso la zona sud, risulta che l'esercito israeliano attualmente controlli l'82 per cento del territorio tramite zone militari e zone sottoposte a ordini di evaquazione;
6) come drammaticamente noto, il 7 ottobre 2023, le milizie di Hamas, organizzazione terroristica che nei propri principi fondativi proclama la distruzione dello Stato di Israele, hanno lanciato un violento attacco sul territorio israeliano. Durante questa incursione sono stati compiuti brutali massacri che hanno causato la morte di migliaia di civili innocenti, compiendo una vera e propria strage a carattere pogromista e un femminicidio di massa: numerose persone, tra cui cittadini stranieri, sono state torturate, mentre oltre 250 individui sono stati rapiti e condotti nella Striscia di Gaza, dove molti di loro risultano tuttora ostaggio dei terroristi;
7) in risposta all'attacco terroristico compiuto da Hamas, Israele sta portando avanti da ormai venti mesi un massiccio attacco nella Striscia di Gaza, con incursioni militari sia per via aerea che terra; il diritto legittimo a esistere di Israele va riaffermato con forza, anche se nessuna azione volta a garantirne la sicurezza e l'integrità può tradursi in attacchi alla popolazione civile, il che comporterebbe una gravissima violazione del diritto internazionale e provocherebbe ulteriori sofferenze a un popolo ormai inerme e affamato, oltre che provato da anni di dominio di Hamas, rischiando di allontanare ancora di più la cessazione delle ostilità e la fine della guerra;
8) in questo contesto occorre considerare che la legge 17 maggio 2005, n. 94, ha ratificato e dato esecuzione al Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa, siglato a Parigi il 16 giugno 2003: lo stesso memorandum disciplina la cooperazione in settori quali l'industria della difesa, la politica degli approvvigionamenti, lo scambio di materiali militari, le operazioni umanitarie, l'organizzazione, la formazione e l'addestramento delle forze armate, e i servizi medici;
9) è necessario che il Governo si assicuri che attualmente non sia in corso alcun tipo di collaborazione militare e di fornitura di armi al Governo israeliano, affinché sia possibile prevenire l'utilizzo di tali armamenti in operazioni che comportino ulteriori gravi violazioni del diritto internazionale umanitario all'interno della Striscia di Gaza;
10) allo stesso tempo, appare doveroso che il Governo ponga in essere misure volte ad assicurare che le imprese italiane che attualmente hanno in essere l'esecuzione di contratti di natura commerciale ed economica – fuori dal contesto dell'armamento militare – siano tutelate, accertandosi che non subiscono alcun tipo di pregiudizio;
11) l'Italia deve finalmente assumere un ruolo di mediazione volto alla normalizzazione dei rapporti in un conflitto che rischia di trascendere ulteriormente e debordare in una nuova ondata di destabilizzazione della regione e di terrorismo internazionale: in questa prospettiva è fondamentale assicurare l'assenza o l'uso esclusivamente difensivo dei sistemi d'arma e dei servizi offerti dallo Stato di Israele in forza del predetto memorandum, approntando strumenti ulteriori e specifici volti a garantire il controllo parlamentare sul rispetto di tale criterio,
impegna il Governo:
1) a garantire, a partire dal Memorandum d'intesa di cui in premessa, il pedissequo rispetto della legge 9 luglio 1990, n. 185, e, in particolare:
a) a conformare le relative esportazioni alla politica estera dell'Italia e assicurare che le medesime non si rivelino in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell'Italia, con gli accordi concernenti la non proliferazione e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali di armamento;
b) a vietare le esportazioni verso i Paesi in conflitto armato o la cui politica contrasti con l'articolo 11 della Costituzione, sia stato dichiarato l'embargo, si siano resi responsabili di gravi violazioni internazionali in materia di diritti umani o abbiano ricevuto aiuti dall'Italia ma destinino con il bilancio del proprio Paese risorse eccedenti alle proprie esigenze di difesa.
(1-00474) «Boschi, Gadda, Bonifazi, Del Barba, Faraone, Giachetti».