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Temi dell'attività parlamentare

Parità di genere

Nell'ambito degli interventi di promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, particolare attenzione è stata posta nella XVII legislatura agli interventi volti a dare attuazione all'art. 51 della Costituzione, sulla parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive, incidendo sui sistemi elettorali presenti nei diversi livelli (nazionale, regionale, locale e al Parlamento europeo), così completando il percorso avviato nella precedente legislatura con le modifiche alla disciplina elettorale comunale.

Anche il tema della parità di genere nel mondo del lavoro è stato oggetto di numerosi interventi normativi volti a riconoscere equiparazione dei diritti e maggiori tutele alle donne lavoratrici. In questa direzione vanno, in particolare, le disposizioni volte a favorire la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro (anche attraverso un bonus per servizi di babysitting) e il supporto alla genitorialità, le disposizioni per il contrasto delle cd. dimissioni in bianco e l'introduzione di uno speciale congedo per le donne vittime di violenza di genere.

 
Gli indirizzi del Consiglio d'Europa
13/03/2018

Il Consiglio d'Europa ha adottato nel novembre 2013, una "Strategia sulla parità di genere 2014-2017", basata sul proprio vasto acquis giuridico e politico sul tema, con l'obiettivo di conseguire il progresso e l'emancipazione delle donne e quindi l'effettiva realizzazione dell'uguaglianza di genere nei propri Stati membri. Da parte sua, l'Assemblea parlamentare CdE, con il contributo della delegazione italiana nella XVII Legislatura, ha dibattuto un numero rilevante di rapporti, adottando risoluzioni su vari aspetti, come ad esempio la violenza alle donne negli spazi pubblici e privati, le responsabilità genitoriali e la necessità di aumentare la rappresentanza politica femminile.

In particolare, nella seduta del 21 aprile 2016 l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha adottato la risoluzione 2111 (2016) su Valutare l'impatto delle misure volte a migliorare la rappresentanza politica delle donne (doc. XII-bis, n. 13), con la quale innanzitutto si impegna a promuovere la dimensione di genere con le organizzazioni internazionali partner nel quadro dei monitoraggi elettorali, per quanto riguarda sia la composizione delle missioni, sia le relazioni di monitoraggio, che dovrebbero riservare sistematicamente un'attenzione specifica alla partecipazione delle donne a tutte le fasi del processo elettorale.

Al contempo l'Assemblea ha invitato gli Stati membri a compiere ogni sforzo possibile per incrementare la rappresentanza politica delle donne, con particolare riferimento a sei ambiti:

  • introdurre il principio di parità nelle Costituzioni;
  • introdurre nella legislazione elettorale il sistema delle quote ed altre misure positive, quali: norme elettorali che regolino la composizione delle liste in relazione alla posizione dei candidati o all'alternanza di genere; disposizioni volte a garantire la pari rappresentanza di genere nella scelta dei candidati dei partiti, anche migliorando la trasparenza nelle procedure di selezione e sviluppando i meccanismi per sostenere le donne per reperire finanziamenti per le campagne elettorali; organismi indipendenti, dotati di adeguate risorse finanziarie e umane, che vigilino sull'applicazione delle quote e delle altre misure positive e applichino le relative sanzioni;
  • introdurre misure di accompagnamento, come: misure che consentano di conciliare attività politiche e vita privata; corsi di formazione alle donne in politica; incentivi per sensibilizzare i media sul tema delle donne in politica; destinazione di una parte dei finanziamenti pubblici ai partiti alle attività rivolte a promuovere la partecipazione delle donne e la loro rappresentanza politica;
  • garantire che le commissioni elettorali applichino le disposizioni in materia di parità dei genere nel procedimento elettorale e rafforzare la cooperazione con le missioni internazionali di monitoraggio elettorale su questo aspetto;
  • promuovere la ricerca e la raccolta di dati sulla partecipazione delle donne alla vita politica a livello nazionale, regionale e locale, nonchè valutare con regolarità l'impatto della legislazione e delle politiche nazionali di genere;
  • riconoscere il ruolo della società civile e coinvolgere le ONG che operano nel settore, con particolare riferimento alle campagne di sensibilizzazione, alle attività di formazione e al monitoraggio dell'attuazione delle misure.
 
Promozione dell'equilibrio tra donne e uomini in materia elettorale
28/02/2018

Ai sensi dell'articolo 51, primo comma, della Costituzione, tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A seguito di una modifica del 2003 (L. Cost. n. 1/2003) è stato aggiunto un periodo secondo cui la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. L'articolo 117, settimo comma, Cost. (introdotto dalla L. Cost. n. 3/2001) prevede inoltre che "Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive." Analogo principio è stato introdotto negli statuti delle regioni ad autonomia differenziata dalla legge costituzionale n. 2 del 2001. Nell'ordinamento italiano si rinvengono diverse norme, sia nazionali che regionali, finalizzate alla promozione della partecipazione delle donne alla politica e dell'accesso alle cariche elettive, emanate in attuazione dei già richiamati articoli 51, primo comma, e 117, settimo comma, Cost.

Nelle ultime due legislature il Parlamento ha approvato misure normative volte a promuovere l'equilibrio di genere all'interno delle assemblee elettive locali, europee e nazionali (la L. n. 215/2012 per le elezioni comunali; la L. n. 56/2014 per le elezioni - di secondo grado - dei consigli metropolitani e provinciali; la L. n. 65/2014 per le elezioni europee; la L. n. 20/2016 per le elezioni dei consigli regionali; la L. n. 165/2017 per le elezioni del Parlamento). Misure promozionali delle pari opportunità sono state introdotte anche nei più recenti provvedimenti riguardanti la disciplina dei partiti politici.

La rappresentanza di genere nella legge elettorale del Parlamento

Il nuovo sistema elettorale del Parlamento, definito dalla L. n. 165 del 2017, che prevede sia collegi uninominali da assegnare con formula con formula maggioritaria, sia collegi plurinominali da assegnare con metodo proporzionale (sistema ‘misto'), detta alcune specifiche disposizioni in favore della rappresentanza di genere per le elezioni della Camera e del Senato.

In primo luogo, a pena di inammissibilità, nella successione interna delle liste nei collegi plurinominali, sia della Camera sia del Senato, i candidati devono essere collocati secondo un ordine alternato di genere (quindi 1-1). Al contempo, è previsto che nel complesso delle candidature presentate da ogni lista o coalizione di liste nei collegi uninominali nessuno dei due generi - alla Camera a livello nazionale e al Senato a livello regionale - possa essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all'unità più prossima. Inoltre, nel complesso delle liste nei collegi plurinominali nessuno dei due generi può essere rappresentato nella posizione di capolista in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all'unità più prossima. Anche tale prescrizione si applica alla Camera a livello nazionale e al Senato a livello regionale. Il calcolo delle suddette quote è effettuato, secondo quanto specificato nelle Istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature a cura del Ministero dell'interno, riferendosi al numero delle candidature e non a quello delle persone fisiche.

Alla Camera l'Ufficio centrale nazionale assicura il rispetto di tali prescrizioni in sede di verifica dei requisiti delle liste (art. 22 TU Camera) comunicando eventuali irregolarità agli Uffici circoscrizionali al fine di apportare eventuali modifiche nella composizione delle liste, assumendo a tal fine rilevanza, anche l'elenco dei candidati supplenti. Al Senato, essendo tali prescrizioni stabilite a livello regionale, spetta all'Ufficio elettorale regionale assicurare il rispetto delle medesime.

Già la legge n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), approvata nel corso della XVII legislatura e mai entrata in vigore, aveva introdotto una serie di misure volte a garantire l'equilibrio nella rappresentanza di genere. L'Italicum prevedeva in particolare che:
  • nel complesso delle candidature circoscrizionali di ciascuna lista (quindi, a livello regionale), nessun sesso può essere rappresentato in misura superiore al 50 per cento, con arrotondamento al'unità superiore; 
  • nella successione interna delle singole liste nei collegi, i candidati sono collocati in lista secondo un ordine alternato di genere
  • a pena di inammissibilità della lista, i capolista dello stesso sesso non possono eccedere il 60 per cento del totale in ogni circoscrizione.
Infine, era prevista la cd. doppia preferenza di genere, in base alla quale, in caso di espressione della seconda preferenza, l'elettore deve scegliere un candidato di sesso diverso rispetto al primo, a pena di nullità della seconda preferenza.

Per quanto riguarda la legislazione di contorno, il decreto-legge sull'abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti (D.L. n. 149/2013, conv. dalla L. n. 13/2014) prescrive, ai fini dell'iscrizione del registro dei partiti, una serie di requisiti per lo statuto dei partiti, tra i quali rientra l'indicazione delle modalità per promuovere, attraverso azioni positive, l'obiettivo della parità tra i sessi negli organismi collegiali e per le cariche elettive. L'articolo 9 del D.L. n. 149/2013 del medesimo decreto disciplina inoltre espressamente la parità di accesso alle cariche elettive, sancendo innanzitutto il principio in base al quale i partiti politici promuovono tale parità.

La rappresentanza di genere nella legge elettorale europea

La legge 22 aprile 2014, n. 65 ha modificato la legge elettorale europea per rafforzare la rappresentanza di genere.

In considerazione del ravvicinato svolgimento delle elezioni europee, la legge ha stabilito una disciplina transitoria destinata ad applicarsi solo nelle elezioni del 2014 ed una disciplina a regime più incisiva che troverà applicazione dalle successive elezioni.

In particolare, la legge introduce, limitatamente alle elezioni europee del 2014, la tripla preferenza di genere prevedendo che, nel caso in cui l'elettore decida di esprimere tre preferenze, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l'annullamento della terza preferenza.

Per quanto riguarda la disciplina a regime viene prevista:

  • la composizione paritaria delle liste dei candidati, disponendosi che i candidati dello stesso sesso non possono essere superiori alla metà, a pena di inammissibilità; inoltre, i primi due candidati devono essere di sesso diverso;
  • la tripla preferenza di genere, con una disciplina più incisiva rispetto a quella prevista in via transitoria per il 2014: le preferenze devono infatti riguardare candidati di sesso diverso non solo nel caso di tre preferenze, ma anche nel caso di due preferenze. In caso di espressione di due preferenze per candidati dello stesso sesso, la seconda preferenza viene annullata; in caso di espressione di tre preferenze, sono annullate sia la seconda che la terza preferenza (e non solo la terza preferenza, come nella disciplina per il 2014).

La rappresentanza di genere nelle leggi elettorali regionali

La legge 15 febbraio 2016, n. 20, introduce, tra i principi fondamentali in base ai quali le Regioni a statuto ordinario sono tenute a disciplinare con legge il sistema elettorale regionale, l'adozione di specifiche misure per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive. In tal modo, tale iniziativa legislativa si pone in linea di continuità con i provvedimenti approvati dal Parlamento nelle ultime due legislature per promuovere l'equilibrio di genere all'interno delle assemblee elettive locali, europee e nazionali.

A tal fine, modifica la legge n. 165/2004, che - in attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione - stabilisce i principi fondamentali cui le regioni devono attenersi nella disciplina del proprio sistema elettorale.

Con le modifiche introdotte, la legge nazionale non si limita a prevedere tra i principi, come è attualmente, la "promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive", ma indica anche le specifiche misure adottabili, declinandole sulla base dei diversi sistemi elettorali per la scelta della rappresentanza dei consigli regionali.

Al riguardo, la legge prevede tre ipotesi:

  1. Liste con preferenze: qualora la legge elettorale regionale preveda l'espressione di preferenze, sono previsti due meccanismi per promuovere la rappresentanza di genere: a) quota di lista del 40 per cento (in ciascuna lista i candidati di uno stesso sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale); b) preferenza di genere (deve essere assicurata l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso. In caso contrario, le preferenze successive alla prima sono annullate).
  2. Liste ‘bloccate': nel caso in cui la legge elettorale regionale preveda le liste senza espressione di preferenze, deve essere prevista l'alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale.
  3. Collegi uninominali: nel caso in cui il sistema elettorale regionale preveda collegi uninominali, nell'ambito delle candidature presentate con il medesimo simbolo i candidati di un sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale.

La rappresentanza di genere nella legge elettorale delle Città metropolitane

La legge 7 aprile 2014, n. 56, che ha provveduto a disciplinare l'istituzione delle Città metropolitane ed il riordino delle province, ha eliminato l'elezione diretta dei consigli provinciali.

I consigli metropolitani (organi delle nuove città metropolitane) ed i consigli provinciali sono divenuti organi elettivi di secondo grado; l'elettorato attivo e passivo spetta ai sindaci ed ai consiglieri comunali dei rispetti territori.

L'elezione di questi due organi avviene con modalità parzialmente differenti, che comunque prevedono l'espressione di un voto di preferenza e la ponderazione del voto (in base ad un indice rapportato alla popolazione complessiva della fascia demografica di appartenenza del comune).

Al fine di promuovere la rappresentanza di genere, la legge stabilisce che nelle liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all'unità superiore per i candidati del sesso meno rappresentato, a pena di inammissibilità.

Tale disposizione si applica decorsi 5 anni dall'entrata in vigore della legge n. 215/2012, sulla rappresentanza di genere negli organi elettivi degli enti locali e quindi, di fatto, a partire dal 2018 (art. 1, commi 27-28 e commi 71-72).

Non è prevista la possibilità della doppia preferenza di genere, in quanto ritenuta incompatibile con il sistema del voto ponderato.

Non è inoltre più prevista la giunta, ma un altro organo assembleare (consiglio metropolitano nelle città metropolitane e assemblea dei sindaci nelle province), composto da tutti i sindaci del territorio.

 

 
Conciliazione vita-lavoro e supporto alla genitorialità
28/02/2018

Il D.Lgs. 80/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act) contiene misure dirette, in particolare, alla tutela della maternità e a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, allo scopo di garantire adeguato sostegno alle cure parentali.

Di seguito, le principali novità introdotte:

  • viene ampliato l'ambito temporale di applicazione del congedo di maternità in caso di parto anticipato e di ricovero del neonato;
  • il congedo di paternità è riconosciuto anche se la madre è una lavoratrice autonoma e, in caso di adozione internazionale, il congedo previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all'estero può essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice;
  • il congedo parentale viene esteso dall'ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino e la fruizione può essere anche su base oraria. L'indennizzo (nella misura del 30% per un periodo massimo complessivo di 6 mesi) viene esteso dal terzo al sesto anno di vita del bambino.
  • l'indennità di maternità viene corrisposta anche alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS:
    - anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente (cd. automaticità delle prestazioni);
    - anche in caso di adozione o affidamento (per i 5 mesi successivi all'ingresso del minore in famiglia);
  • per le lavoratrici autonome, l'indennità di maternità viene estesa ai casi di adozione e affidamento (alle stesse condizioni previste per le altre lavoratrici);
  • tra le lavoratrici che non possono essere obbligate a svolgere lavoro notturno, viene inserita anche la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore;
  • in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, si prevede che parte delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello sia destinato alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata (38,3 milioni di euro per l'anno 2016, 36,2 milioni di euro per l'anno 2017 e 35,6 milioni di euro per l'anno 2018).

Il richiamato D.Lgs. 80/2015, all'articolo 25 prevede, in via sperimentale per il triennio 2016-2018, che parte delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello sia destinato alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata. Al riguardo è stato adottato il Decreto 12 settembre 2017 per l'applicazione di sgravi contributivi (in via sperimentale per il 2017-2018) per aziende che adottano misure conciliazione vita-lavoro

In tema di congedi, si segnala che la legge di bilancio per il 2017 (articolo 1, comma 354, legge n.232/2016) ha prorogato il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, già previsto in via sperimentale per gli anni 2013-2016. Il congedo deve essere goduto (anche in via non continuativa) entro i cinque mesi dalla nascita del figlio e la sua durata è pari a 2 giorni per il 2017 (analogamente a quanto già disposto per il 2016) e a 4 giorni per il 2018 (elevabili a 5 in sostituzione della madre in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante).

Nelle misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro rientra anche quanto previsto dall'articolo 8, commi 5 e 7, del D.Lgs. 81/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act), secondo cui:

  • in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 104 del 1992, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
  • il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.

Anche la legge delega di Riforma della P.A. (L. 124/2015) ha introdotto alcune disposizioni volte a favorire la conciliazione tra vita e lavoro. In particolare, in tema di passaggio di personale tra amministrazioni diverse, dispone:

- che il genitore, dipendente di amministrazioni pubbliche, con figli minori fino a tre anni di età può chiedere di essere assegnato (a determinate condizioni) ad una sede presente nella stessa provincia o regione nella quale lavora l'altro genitore. L'eventuale dissenso deve essere motivato.

In tema di cure parentali, la legge dispone che le amministrazioni pubbliche adottino misure organizzative per l'attuazione del telelavoro e stipulino convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e organizzino servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica (sul punto, con direttiva del Presidente del consiglo del 1° giugno 2017, sono state definite le linee guida per l'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti).

In materia di disposizioni volte a favorire il telelavoro, si ricorda che anche la L. 81/2017  (relativa al lavoro autonomo) contiene una disciplina dettagliata (applicabile, fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) del lavoro agile e dei suoi elementi costitutivi, proprio al fine di agevolare la conciliazione vita-lavoro.

Nell'ambito delle politiche dirette alla conciliazione vita-lavoro rientra anche il cosiddetto voucher babysitting, ossia una misura sperimentale (introdotta dall'art. 4, c. 24, lett. b), della L. 92/2012 per il triennio 2013-2015, prorogata dapprima per il 2016 dall'articolo 1, comma 282, della L. 208/2015  e successivamente per il 2017 e 2018 dall'articolo 1, comma 356, della L. 232/2016) che riconosce alla madre lavoratrice dipendente, pubblica o privata, nonché alle madre lavoratrice iscritta alla gestione separata, la possibilità di richiedere (al termine del periodo di congedo di maternità e negli undici mesi successivi), in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico (pari ad un importo massimo di 600 euro mensili, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi) da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati).

Il suddetto voucher babysitting è stato poi esteso - dapprima per il 2016 (dalla legge di Stabilità 2016) e successivamente anche per il 2017 e 2018 (dalla Legge di bilancio per il 2017) - anche alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici.

Si segnala, inoltre, che la L. 81/2017 (relativa al lavoro autonomo) è intervenuto apportando alcune modifiche sostanziali alla disciplina dei congedi parentali per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione separata (non iscritti ad altre forme obbligatorie, né titolari di trattamento pensionistico), disponendo, in particolare:

  • che le lavoratrici iscritte alla Gestione separata  possono fruire del trattamento di maternità a prescindere (per quanto concerne l'indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi) dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa (come già previsto per le lavoratrici autonome);
  • il prolungamento della durata del congedo parentale da 3 a 6 mesi, prevedendo che se ne possa fruire fino al terzo anno di vita del bambino per un periodo complessivo pari ad un massimo di 6 mesi (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza);
  • l'applicazione delle nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo

 

Da ultimo,  interventi a tutela della maternità di specifiche categorie di lavoratrici sono stati previsti nella legge di bilancio per il 2018 (L. 205/2017):

In particolare:

  • l'articolo 1, c. 465-466, interviene a tutela della gravidanza e della maternità delle donne che esercitano la professione forense. A tal fine viene introdotta (nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile e nel codice di procedura penale) la previsione del legittimo impedimento del difensore nel periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto ;
  • l'articolo 1, comma 635 prevede che, dal 2018, i contratti di ricerca a tempo determinato stipulati dalle università sono sospesi nel periodo di astensione obbligatoria per maternità e il termine di scadenza è prorogato per un periodo pari a quello di astensione obbligatoria.

Per una sintesi sulle principali misure a favore della genitorialità e dell'occupazione femminile si veda lo schema allegato.

 
Dimissioni in bianco
28/02/2018

Per contrastare la pratica (riguardante prevalentemente le lavoratrici) delle cd. dimissioni "in bianco", consistente nel far firmare le dimissioni al lavoratore al momento dell'assunzione (in bianco, appunto) e quindi nel momento in cui la sua posizione è più debole, il decreto legislativo n.151/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act) ha modificato la disciplina delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, prevedendo che le dimissioni sono valide solo se redatte in modalità telematica su appositi moduli, resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 
Violenza di genere
28/02/2018

Il decreto legislativo 80/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act) ha introdotto il congedo per le donne vittime di violenza di genere, riconoscendo alle lavoratrici dipendenti, pubbliche e private (con esclusione del lavoro domestico) e alle lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, inserite in percorsi certificati di protezione relativi alla violenza di genere, la possibilità di astenersi dal lavoro (per motivi legati al suddetto percorso) per un periodo massimo di tre mesi (coperto da contribuzione figurativa), con diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione (con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento). Il suddetto congedo può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell'arco temporale di tre anni.

Successivamente, l'articolo 1, commi 241 e 242, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha esteso il diritto di usufruire del predetto congedo anche alle lavoratrici autonome vittime di violenza di genere, sempre per un periodo massimo di tre mesi, con diritto a percepire una indennità giornaliera dell'80 per cento del salario minimo giornaliero (stabilito dall'art. 1 del D.L. 402/1981).

Un'ulteriore ampliamento della platea è stato previsto anche dall'articolo 1, c. 217, della L. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) che ha esteso il diritto al congedo anche alle lavoratrici domestiche.

La lavoratrice che usufruisce del congedo ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

Per completezza, si ricorda che l'articolo 14, comma 6, della L. 124/2015 (legge delega di riforma della P.A., che ha introdotto il nuovo comma 1-ter all'art. 30 del D.Lgs. 165/2001) ha disposto che la dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale.

Da ultimo, si segnala che l'articolo 1, c. 220, della L. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) riconosce un contributo alle cooperative sociali che assumono donne vittime di violenza di genere, inserite in appositi percorsi di protezione debitamente certificati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati nel 2018. Il contributo è riconosciuto per un periodo massimo di trentasei mesi, entro il limite di spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 a titolo di sgravio delle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute.

 
Equilibrio di genere nelle società partecipate
08/03/2018

Il D.P.R. n. 251 del 2012 ha definito i termini e le modalità di attuazione della disciplina concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società controllate dalle pubbliche amministrazioni a livello centrale, regionale e locale, costituite in Italia e non quotate sui mercati regolamentati.

Il regolamento dispone che le società a controllo pubblico prevedano, nei propri statuti, che la nomina degli organi di amministrazione e di controllo, ove a composizione collegiale, sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo (un quinto, per il primo rinnovo). Come per le società quotate si prevede un meccanismo di arrotondamento, se dall'applicazione di tali regole non risulti un numero intero di componenti degli organi di amministrazione o controllo appartenenti al genere meno rappresentato. Il regolamento prevede l'obbligo di rispetto del vincolo da parte delle società a controllo pubblico nella composizione degli organi sociali (anche in caso di sostituzione) per tre mandati consecutivi, a partire dal primo rinnovo successivo all'entrata in vigore del D.P.R. n. 251 del 2012 (quindi dal 12 febbraio 2013).

Un  approfondimento del Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei deputati riporta l'attuazione della normativa in materia di equilibrio di genere negli organi delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni.