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Temi dell'attività parlamentare

Unione europea e governance economica
L'Italia e l'Unione europea
Il dibattito sul futuro dell'Europa
 
Premessa
12/03/2018

Già immediatamente dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009) si è avviato un articolato dibattito sulle prospettive dell'integrazione europea che, anche in risposta alla crescente diffusione di sentimenti antieuropeisti o euroscettici, ha registrato diversi sviluppi.

Da più parti si è, infatti, rilevato che i progressi apportati dal Trattato di Lisbona non hanno posto l'Unione europea nelle condizioni migliori per affrontare fenomeni nuovi e in parte imprevedibili nelle dimensioni assunte nel contesto della globalizzazione (gestione delle crisi economico-finanziarie e loro conseguenze sul piano sociale; gestione dei conflitti in diversi paesi alle frontiere dell'UE e potenziamento del ruolo dell'UE negli scenari internazionali; gestione dei flussi migratori; recrudescenza del terrorismo e della criminalità organizzata).

Va peraltro osservato che anche i progressivi allargamenti dell'UE, con l'inclusione di nuovi Paesi membri, hanno determinato tensioni e messo alla prova il sistema delle regole e i meccanismi di funzionamento dell'UE, in particolare per le difficoltà di alcuni dei nuovi entranti ad allinearsi interamente agli standard europei per quanto concerne il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali.

In estrema sintesi, si sono evidenziati due approcci sul tema dell'avanzamento dell'integrazione:

a)  per un verso, quello di chi ritiene che occorra proseguire nella direzione intrapresa con la creazione dell'Unione europea per arrivare ad una piena integrazione politica;

b)  per altro verso, quello di chi ritiene che le condizioni oggettivamente assai differenziate evidenziatesi in taluni ambiti inevitabilmente comportino un maggiore ricorso allo strumento delle cooperazioni rafforzate per creare all'interno dell'Unione aree più omogenee.

L'istituto della cooperazione rafforzata, introdotto, dal Trattato di Amsterdam nel 1997 e successivamente modificato proprio dal Trattato di Lisbona, si fonda sull'ammissione della possibilità di deviare parzialmente dal modello di integrazione uniforme per realizzare integrazioni differenziate secondo un'ipotesi che in dottrina è stata definita come "Europa a più velocità.

Allo stesso tempo, negli scorsi anni si è accentuata la dialettica tra fautori del metodo intergovernativo, e fautori del metodo comunitario, ritenuto più trasparente, soggetto ad un controllo democratico e capace di garantire la tenuta di un cornice istituzionale unica.

Tale dialettica si è tradotta in una tensione tra il Consiglio europeo, che ha ampliato la sua attività ben oltre i confini di attività di indirizzo politico che formalmente i Trattati gli attribuiscono, e la Commissione europea che ha cercato di fronteggiare il rischio di un depotenziamento politico della sua prerogativa di esercizio dell'iniziativa legislativa.

Va peraltro osservato, che la Commissione Juncker sin dal suo insediamento ha inteso rivendicare il suo ruolo politico, anche se talune iniziative della Commissione hanno incontrato forti e diffuse resistenze in sede di Consiglio da parte di numerosi Stati membri.

Si segnala che la consapevolezza dell'esigenza di rilanciare il confronto sulle prospettive dell'integrazione europea si è particolarmente acuita in seguito alla Brexit e all'elezioni presidenziali negli Stati Uniti.

L'elezione del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, conferma infatti un rafforzamento della tendenza, già da tempo manifestatasi, al progressivo disimpegno degli Stati uniti in Europa e Medio oriente. Ciò ha rilanciato il dibattito sulla costruzione di una difesa europea. Ed a tale proposito, si può osservare come la prospettiva di un rilancio della difesa europea allo stato appare l'unico "cantiere" di natura istituzionale che è possibile avviare a Trattati vigenti, sulla base di tutta una serie di disposizioni già vigenti e che non sono state ancora pienamente sfruttate.

 
Le proposte di riforma avanzate dal Parlamento europeo
12/03/2018

Il Parlamento europeo ha approvato il 16 febbraio 2017 due risoluzioni dedicate, rispettivamente ai miglioramenti al funzionamento dell'UE a Trattati vigenti (sulla base della relazione degli onn. Brok e Bresso), alle possibili evoluzioni della struttura istituzionale dell'UE anche modificando i Trattati (sulla base delle relazione presentata dall'on. Verhofstadt).

Le risoluzioni del PE includono, tra le altre, le seguenti proposte:

  • avviare una riforma dei Trattati da realizzarsi attraverso una Convenzione;
  • modificare il sistema di revisione dei Trattati, eliminando l'obbligo di ratifica da parte di tutti gli Stati membri e prevedendo che le modifiche possano entrare in vigore previo referendum in tutta l'UE e l'approvazione del Parlamento europeo;
  • introdurre nei Trattati la possibilità di indire un referendum a livello di UE sulle questioni inerenti alle azioni e politiche dell'Unione;
  • attribuire formali poteri di iniziativa legislativa anche al Parlamento europeo e al Consiglio dell'UE, oltre che alla Commissione europea;
  • rafforzare il ruolo dei Parlamenti nazionali introducendo una procedura di cosiddetto "cartellino verde", in base alla quale i Parlamenti nazionali possono sottoporre proposte legislative all'esame del Consiglio dell'UE;
  • istituire un Ministro delle finanze dell'UE, attribuendo alla Commissione la capacità di formulare e attuare una politica economica comune dell'UE in vista dell'istituzione di un Tesoro europeo (vedi "La riforma dell'Unione economica e monetaria");
  • attribuire all'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'UE il titolo di Ministro degli esteri dell'UE.
 
Il Libro bianco sul futuro dell’Europa della Commissione europea
12/03/2018

La Commissione europea ha presentato il 1° marzo 2017 il Libro bianco sul futuro dell'Europa nel quale si delineano le principali sfide e opportunità per l'Europa nei prossimi dieci anni, anche in vista del 60° anniversario dei Trattati di Roma, il 25 marzo 2017, in occasione del quale si è poi svolto il vertice dei Capi di stato e di Governo che ha adottato la dichiarazione di Roma.

Il Libro bianco della Commissione presenta cinque scenari - che non si escludono a vicenda né hanno pretese di esaustività e sui quali non ha espresso preferenza in modo esplicito - per la possibile evoluzione dell'Unione da qui al 2025, per ognuno dei quali la Commissione presenta a titolo esemplificati il possibile impatto sulle politiche.

Il Libro non prefigura una chiara preferenza e un'opzione esplicita da parte della Commissione europea per uno di essi. La Commissione europea sembra, quindi, aver rinunciato, almeno in questa fase, a formalizzare un esplicito indirizzo politico.

 

Scenario 1: Avanti così - nello scenario che prevede di proseguire sul percorso già tracciato, l'UE si concentra sull'attuazione del suo programma di riforme, in linea con lo spirito degli orientamenti della Commissione del 2014;

Impatto sulle politiche:

LB1

Scenario 2: Solo il mercato unico – l'UE si rifocalizza progressivamente sul mercato unico poiché gli Stati membri non riescono a trovare un terreno comune in un numero crescente di settori;

Impatto sulle politiche:

Scenario 3: Chi vuole di più fa di più – l'UE continua secondo la linea attuale, ma consente agli Stati membri che lo desiderano di fare di più assieme in ambiti specifici come la difesa, la sicurezza interna o le questioni sociali;

Impatto sulle politiche:

Scenario 4: Fare meno in modo più efficiente - l'UE si concentra sul produrre risultati maggiori in tempi più rapidi in determinate politiche, intervenendo meno nei settori per i quali non si percepisce un valore aggiunto. Attenzione e risorse limitate sono concentrate su un numero ristretto di settori.

Impatto sulle politiche:

Scenario 5: Fare molto di più insieme – Gli Stati membri decidono di condividere in misura maggiore poteri, risorse e processi decisionali in tutti gli ambiti. Le decisioni di livello europeo vengono concordate più velocemente e applicate rapidamente.

 
Il discorso sullo Stato dell’Unione del Presidente della Commissione europea
12/03/2018

Il 13 settembre 2017 il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, nel discorso sullo stato dell'Unione 2017 pronunciato dinanzi al Parlamento europeo, ha illustrato le priorità per il 2018 e delineato la sua visione sulle prospettive dell'Unione europea fino al 2025.

Per quanto riguarda in particolare i profili istituzionali, il Presidente Juncker ha formulato le seguenti proposte:

  • unificare la carica di Presidente della Commissione europea con quella del Presidente del Consiglio europeo;
       L'unificazione della carica di Presidente del Consiglio europeo e di Presidente della Commissione europea potrebbe essere conseguita senza modificare il Trattato sull'Unione europea (TUE), che per la carica di Presidente del Consiglio europeo prevede solo la incompatibilità con un mandato nazionale. Ai sensi del TUE, il Presidente del Consiglio europeo è eletto dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata per un mandato di due anni e mezzo rinnovabile una volta. Il Presidente della Commissione europea è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei suoi membri, sulla base di una candidatura proposta a maggioranza qualificata del Consiglio europeo, tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo.
  • estendere la votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio dell'UE, utilizzando le possibilità già attualmente previste dalle cosiddette "clausole passerella" contenute nei Trattati e in particolare in materia fiscale e di politica estera;
  • valutare la presentazione di liste transnazionali per l'elezione dei membri del PE;
       In occasione del Consiglio europeo informale a 27 del 23 Febbraio 2018, i Capi di Stato e di governo hanno rinviato la discussione sull'istituzione di liste transnazionali in vista delle successive elezioni del Parlamento europeo del 2024. Peraltro, l'ipotesi di istituire liste transnazionali in vista delle elezioni del PE del 2019 era stata esclusa dallo stesso Parlamento europeo nella risoluzione approvata il 7 febbraio 2018.
  • istituire una Task forse in materia di proporzionalità e sussidiarietà che valuti l'effettivo valore aggiunto dell'azione dell'UE in tutte le aree politiche.
       La Task force, presieduta dal Vice presidente della Commissione europea, Franz Timmermans e composta da rappresentanti dei Parlamenti nazionali e rappresentanti del Comitato delle regioni dell'UE, dovrebbe  presentare una relazione al presidente della Commissione europea entro il 15 luglio 2018, contenente raccomandazioni relative a: una migliore applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità; individuazione di settori la cui competenza potrebbe essere delegata nuovamente o ritornare in via definitiva agli Stati membri; nuove modalità per coinvolgere meglio le autorità regionali e locali nelle politiche dell'UE.
  • prevedere la convocazione di un Consiglio europeo speciale per primavera 2019 (all'indomani della data del 29 marzo 2019 in cui è prevista l'uscita del Regno Unito dall'UE), nel corso del quale prendere delle decisioni sul rafforzamento dell'integrazione europea;
       Il Consiglio europeo speciale dovrebbe svolgersi a Sibiu (Romania) il 9 maggio 2019.
  • l'impegno a fare dell'Unione europea un attore globale più forte, prendendo decisioni di politica estera più rapide (anche tramite un'estensione dei settori sui quali passare dall'unanimità alla maggioranza qualificata) e istituendo un'autentica Unione europea della difesa entro il 2025.
 
La composizione del Parlamento europeo e il processo di selezione del Presidente della Commissione europea attraverso il meccanismo dei cosiddetti “Spitzenkandidaten”
12/03/2018

In occasione del Consiglio europeo informale del 23 febbraio 2018, i Capi di Stato e di Governo hanno discusso sulla:

  • composizione del Parlamento europeo a partire dalle elezioni previste nella primavera del 2019, in seguito alla uscita del Regno Unito dall'UE, concordando sulla proposta del Parlamento europeo di ridurre il numero dei parlamentari da 751 a 705, ridistribuendo tra alcuni Stati membri 27 dei 73 seggi attualmente assegnati al Regno Unito (46 sarebbero riservati per future eventuali adesioni all'UE). Sulla base di tale ridistribuzione, Francia e Spagna avrebbero 5 seggi in più, Italia e Paesi Bassi 3 seggi in più (l'Italia passerebbe da 73 a 76 seggi), Irlanda 2 seggi in più ed un seggio in più sarebbe assegnato a Danimarca, Estonia, Austria, Polonia, Romania, Slovacchia, Finlandia e Svezia;
  • proposta cosiddetta degli "Spitzenkandidaten", in base alla quale – come già avvenuto in occasione delle elezioni del Parlamento europeo nel 2014 - tutti i partiti politici europei dovrebbero nominare un candidato alla carica di Presidente della Commissione europea e il Consiglio europeo dovrebbe proporre al Parlamento europeo il candidato del partito politico europeo che abbia conseguito la maggioranza dei seggi al PE. Il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, al termine dalla riunione ha indicato che il Consiglio europeo ha maturato l'orientamento di non potere garantire in anticipo che proporrà per la carica di presidente della Commissione europea uno dei capolista, in quanto il Trattato non prevede alcun automatismo in questo processo.
       L'articolo 17, comma 7 del Trattato sull'UE stabilisce che spetta al Consiglio europeo nominare autonomamente il candidato, tenendo conto del risultato delle elezioni europee e dopo aver effettuato le  consultazioni appropriate.