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Ricerca, sviluppo e innovazione

Nel corso della XVII legislatura, che ha preso avvio in un contesto di stagnazione economica e di contrazione del credito alle imprese, sono state adottate una serie di misure volte a sostenere il sistema di ricerca e innovazione tecnologica e ad affrontale le criticità di cui è affetto il nostro sistema produttivo. Tra le azioni intraprese, l'adozione del Programma nazionale per la ricerca (PNR) per il quinquennio 2015-2020, con delibera del CIPE 1 maggio 2016, pienamente operativo dal luglio 2016, la strategia "Industria 4.0", che consiste in un pacchetto di misure finanziarie e fiscali volte a modernizzare i processi di produzione e a sostenere gli investimenti innovativi, l'implementazione delle misure di sostegno alle start-up innovative e l'estensione di tale disciplina di sostegno alle "PMI innovative", l'implementazione delle misure di sostegno alle start-up innovative e l'estensione di tale disciplina di sostegno alle "PMI innovative", il credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo,il cd. "patent box";la ripartizione fra le università di almeno tre quinti della quota premiale del FFO sulla base dei risultati conseguiti nella valutazione della qualità della ricerca (VQR) e il finanziamento quinquennale dei dipartimenti universitari di eccellenza, valutati – fra l'altro - sulla base dei risultati della stessa VQR.

 
Ricerca e innovazione in Italia: le politiche di sostegno nella XVII legislatura
28/02/2018

Secondo i dati diffusi dalla Commissione UE nella Relazione per Paese 2017 relativa all'Italia, comprensiva dell'esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (SWD(2017) 77 final del 22 febbraio 2017), il livello di investimenti in ricerca e sviluppo in Italia è ancora inferiore a quello degli altri paesi dell'UE.

In particolare, nel 2015, l'intensità complessiva di R&S (cioè la spesa totale destinata a ricerca e sviluppo in percentuale del PIL) è stata pari all'1,33% (21,9 miliardi di euro), un livello lievemente inferiore a quello del 2014, ancora nettamente al di sotto della media UE (2,03%) e distante dagli obiettivi 2020 fissati dall'UE stessa (in media nell'area UE la spesa in R&S dovrà essere pari al 3% del PIL entro il 2020: 1% di finanziamenti pubblici, 2% di investimenti privati. Per il nostro paese l'obiettivo complessivo è dell'1,53%).
Il divario rispetto alla media UE per quanto riguarda la spesa in R&S del settore privato (0,74% del PIL in Italia – al 14° posto nell'UE – contro una media UE dell'1,30%) è nettamente più ampio di quello registrato per la spesa pubblica in R&S (0,56% del PIL in Italia – al 17° posto nell'UE – contro una media UE dello 0,71%).
Secondo la Commissione europea, tra il 2007 e il 2015, gli stanziamenti di bilancio pubblico (amministrazioni centrali, regioni e province autonome) alle attività di R&S sono scesi da 9,9 a 8,3-8,4 miliardi di EUR.
Nell'anno 2016, secondo i dati preliminari ISTAT (comunicato del 17 novembre 2017) si avrebbe invece un lieve incremento della spesa pubblica, che passerebbe ad 8,6 miliardi di euro. La quota di tali finanziamenti destinata alle università (Fondo di finanziamento Ordinario-FFO) è la più rilevante, e pari al 42,9 percento del totale. Il resto è orientato in misura maggiore verso le produzioni e le tecnologie industriali (12,9 percento), l'esplorazione e l'utilizzazione dello spazio (9,4 percento) e la protezione e promozione della salute umana (8,7 percento).
 Tra i fattori determinanti il divario italiano rispetto alla media UE, la non sufficiente presenza di persone altamente qualificate soprattutto nei settori della scienza, dell'ingegneria e dell'informatica (nel 2014 l'Italia contava 12,5 neolaureati in scienze e ingegneria e 0,5 nuovi laureati in informatica per mille abitanti di età compresa tra 25 e 34 anni (rispetto a medie UE rispettivamente di 17,6 e 2,3) e la presenza di un numero significativo di ricercatori italiani che ha lasciato il paese per mancanza di prospettive di carriera o a causa di retribuzioni più vantaggiose, non compensata dall'arrivo di ricercatori stranieri. I risultati dell'Italia sono peraltro relativamente buoni per quanto riguarda la qualità della sua base di pubblicazioni scientifiche.
Se guardiamo ai settori d'impiego del personale attivo in R&S, si nota una distribuzione che attribuisce alle università il 31,2% del totale, al settore privato profit e non profit il 53%, e alle istituzioni pubbliche il 15,8%.
Viene poi evidenziata una limitata collaborazione tra il mondo accademico e le imprese, il che ostacola l'efficace trasferimento di conoscenze o l'effetto leva sugli investimenti delle imprese in R&S.
 Il Rapporto paese per l'Italia dell'Osservatorio sulla Ricerca e l'Innovazione della Commissione europea, pubblicato sempre nel 2017 (RIO-Rapporto Paese 2016), approfondisce tali elementi di criticità, rilevando come l'economia del nostro paese, caratterizzata da una forte prevalenza di micro e piccole imprese attive in settori con limitata intensità di ricerca e sviluppo (R&S), si differenzia da quella di altre importanti economie dell'UE. Il divario tecnologico trova poi una sua accentuazione tra il Nord e il Sud del paese.
La concentrazione dell'imprenditoria italiana nelle attività tipiche del "Made in Italy" è generalmente associata ad attività a bassa e media tecnologia.
 Le condizioni generali per l'innovazione sono peraltro sfavorevoli alla creazione e alla crescita di imprese ad alta intensità di R&S anche per il difficile accesso al credito e le dimensioni limitate del mercato del capitale di rischio che rappresentano ostacoli soprattutto per le giovani e piccole imprese innovative.
Inoltre, come afferma il PNR 2015-2020, la ridotta propensione agli investimenti in attività di R&S e il ridotto personale impegnato in attività di R&S sia da parte del settore pubblico che di quello privato si riflette in una scarsa capacità brevettuale.

 

Nel corso della XVII legislatura, che ha preso avvio in un contesto di stagnazione economica e di contrazione del credito alle imprese, sono state adottate una serie di misure volte a sostenere il sistema di ricerca e innovazione tecnologica e ad affrontale le criticità di cui è affetto il nostro sistema produttivo. Tra le azioni intraprese si richiama:

  • l'adozione del Programma nazionale per la ricerca (PNR) per il quinquennio 2015-2020, con delibera del CIPE 1 maggio 2016, pienamente operativo dal luglio 2016. Il programma, che determina gli indirizzi  e  le  priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca,  definendo  il quadro delle risorse finanziarie da attivare, è organizzato intorno a sei obiettivi strategici: capitale umano, internazionalizzazione, infrastrutture di ricerca, cooperazione pubblico-privato, Mezzogiorno, efficienza e qualità della spesa pubblica (cfr. paragrafo successivo);
  • la strategia "Industria 4.0", che consiste in un pacchetto di misure finanziarie e fiscali volte a modernizzare i processi di produzione e a sostenere gli investimenti innovativi. Nel mese di settembre 2016 il Governo ha presentato il Piano "Industria 4.0, il quale delinea alcune direttrici strategiche di intervento finalizzate a modernizzare i processi di produzione e a supportare gli investimenti per l'innovazione e per la competitività, favorendo la digitalizzazione dei processi produttivi, la valorizzazione della produttività dei lavoratori, la formazione di competenze adeguate. Il Piano prevede infatti misure volte a sostenere gli investimenti innovativi, il finanziamento delle PMI mediante capitale proprio e il trattamento preferenziale per le start-up innovative. In via esemplificativa ma non esaustiva, si evidenziano le seguenti principali misure previste dal Piano realizzate prevalentemente con la legge di bilancio per il 2017 (L. n. 232/2016) e con interventi normativi successivi (D.L. n. 50/2017, D.L. n. 91/2017 e Legge di bilancio 2018, L. n. 205/2017):    1) iperammortamento fino al 250% per sostenere gli investimenti nell'informatizzazione;    2) incremento della detrazione fiscale (fino al 30%) per gli investimenti di capitale proprio nelle start-up e nelle piccole e medie imprese innovative (fino a 1 milione di euro);    3) l'assorbimento parziale delle perdite delle start-up da parte dalle società sponsor nei primi quattro anni;    4) la detassazione delle plusvalenze di capitale;   5) la proroga delle misure agevolative per gli investimenti in nuovi macchinari e nuove attrezzature (c.d. "Nuova Sabatini");   6) il rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia per le PMI;   7) la proroga del superammortamento al 140% ad eccezione di veicoli e altri mezzi di trasporto.
    Il Governo ha poi diffuso, a settembre 2017, i primi risultati nell'anno 2017 delle misure introdotte con il Piano Industria 4.0, dando avvio alla c.d. "fase 2" del Piano, che ha assunto la denominazione "Piano nazionale Impresa 4.0" (nell'ottica di includere tra i destinatari non più soltanto il settore manifatturiero, ma anche agli altri settori dell'economia – servizi in primis – al fine di consentire alle piccole e medie imprese di dotarsi degli strumenti in grado di supportare la trasformazione in chiave digitale). Il Governo, nella medesima sede, ha altresì illustrato le linee guida del Piano per il 2018. Da ultimo, la legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017) ha rafforzato alcuni degli strumenti di sostegno alla strategia Impresa 4.0. Per una più approfondita analisi sulle misure previste dal Piano, si rinvia al relativo tema dell'attività parlamentare.
  •  l'implementazione delle misure di sostegno alle start-up innovative e l'estensione di tale disciplina di sostegno alle "PMI innovative". Si ricorda al riguardo che il D.L. n. 179/2012 adottato nella XVII legislatura ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la definizione di startup innovativa, ascrivendo a tale tipologia di impresa un vasto corpus normativo (artt. 25-32) che prevede nuovi strumenti e misure di vantaggio che incidono sull'intero ciclo di vita dell'azienda, dall'avvio alle fasi di espansione e maturità. Nel corso della XVII legislatura, varie misure - contenute prevalentemente nei D.L. n. 76/2013, D.L. n. 145/2013 e D.L. n. 3/2015 - hanno implementato la disciplina già contenuta nel D.Lgs. n. 179/2012. In particolare, con il D.L. n. 3/2015 sono stati fissati i requisiti delle PMI innovative, stabilendosi che ad esse si applichino talune delle disposizioni di vantaggio previste per le startup innovative. E' intervenuta poi la legge di bilancio per il 2017, le cui disposizioni di sostegno per le startup rientrano nel Piano Industria 4.0. Si rinvia sul punto al tema dell'attività parlamentare "Industria 4.0" nonché al tema dell'attività parlamentare "Sostegno alle imprese".

    Si rinvia inoltre alla Relazione Annuale 2017 al Parlamento sulla strategia nazionale in favore delle startup e delle PMI innovative, presentata il 19 dicembre 2017 (Doc. CCXIII-4).

 
Programma nazionale per la ricerca (PNR) 2015-2020
28/02/2018

Il Programma nazionale per la ricerca (PNR) per il quinquennio 2015-2020 è stato adottato con delibera del CIPE 1 maggio 2016, ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 204/1998. Esso è pienamente operativo dal luglio 2016. Il programma determina gli indirizzi e  le  priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca,  definendo  il quadro delle risorse finanziarie da attivare. Esso è organizzato intorno a sei obiettivi strategici, ai fini del raggiungimento del target europeo al 2020 per il nostro Paese (spesa in R&S pari all'1,3% del PIL):

  • capitale umano,
  • internazionalizzazione,
  • infrastrutture di ricerca,
  • cooperazione pubblico-privato,
  • Mezzogiorno,
  • efficienza e qualità della spesa pubblica.

Sulla base di tali obiettivi, il PNR individua dodici Aree di specializzazione delle competenze rilevanti del sistema nazionale di ricerca, intorno alle quali strutturare politiche e gli strumenti nazionali e regionali, in coerenza con la Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente (SNSI) presentata dall'Italia nell'ambito della programmazione dei Fondi Strutturali 2014-2020.

Ne 2015, il MISE e il MIUR hanno definito la Strategia nazionale di specializzazione intelligente 2015-2020 sulla base dell'analisi territoriale condotta dall'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e sviluppo di impresa - INVITALIA e hanno definito cinque aree tematiche di intervento. La strategia nazionale di specializzazione intelligente, approvata nell'aprile 2016 dalla Commissione europea, è finalizzata a stimolare l'innovazione e migliorare i vantaggi competitivi del paese. Le cinque aree tematiche sono: aerospazio e difesa; salute, alimentazione, qualità della vita; industria intelligente e sostenibile, energia e ambiente; turismo, patrimonio culturale e industria della creatività; Agenda digitale, smart communities, infrastrutture e sistemi di mobilità intelligente.

Le dodici aree di specializzazione sono state identificate facendo riferimento alle quindici priorità del programma quadro Horizon 2020, mediate ed interpretate attraverso il criterio delle priorità nazionali e regionali.

Si ricorda in questa sede, rinviando per un'analisi più approfondita al relativo tema dell'attività parlamentare, che il programma quadro per la ricerca Horizon 2020 (regolamento (UE) n. 1291/2013) è della durata di sette anni (2014-2020), ed in esso sono integrati tutti i finanziamenti europei per la ricerca e l'innovazione.

Le 12 aree - sottoposte alle Regioni come base per la costruzione della loro strategia - sono:

1. Aerospazio

2. Agrifood

3. Cultural Heritage

4. Blue growth

5. Chimica verde

6. Design, creatività e Made in Italy

7. Energia

8. Fabbrica intelligente

9. Mobilità sostenibile

10. Salute

11. Smart, Secure and Inclusive Communities

12. Tecnologie per gli Ambienti di Vita.

 Le 12 aree sono state poi organizzate in 4 gruppi di carattere omogeneo, cui sono ascritti strumenti di sostegno e sviluppo differenziati.

All'attuazione del Programma saranno destinate risorse di diversa fonte tra le quali risorse di bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con particolare riferimento al Fondo ordinario degli enti (FOE) e al Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO), nonché risorse strutturali aggiuntive, oltre che assegnazioni a valere sul Fondo di sviluppo e coesione.

 

Dunque, il PNR dovrà trovare attuazione attraverso l'attivazione di una serie di fonti di finanziamento nazionali, europee e regionali, quali:

  • i Fondi Europei competitivi, quale Horizon 2020.
  • i Fondi strutturali nazionali e regionali (PON, S3, POR);
  • i Fondi di diretta competenza MIUR (FFO, FOE, FAR, FISR, FIRST);
  • le iniziative legate alla ricerca gestite da altri Ministeri, quali il Ministero dello sviluppo economico.
 
Fondo crescita sostenibile:gli interventi di sostegno alla ricerca e innovazione
28/02/2018

Il Fondo per la crescita sostenibile (FCS) costituisce uno dei principali strumenti di sostegno alla crescita produttiva e tecnologica del paese.

Il Fondo è stato istituito nella XVI legislatura, in luogo del precedente Fondo speciale rotativo sull'innovazione tecnologica - FIT, nell'ambito dell'azione di riordino e razionalizzazione degli interventi a sostegno del sistema produttivo, operata dall'articolo 23 del D.L. n. 83/2012. A seguito di tale riordino, sul FCS si sono dunque concentrate una serie di fonti di finanziamento prima destinate ad eterogenei interventi di sostegno.

Il Fondo persegue le seguenti finalità:

  • la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione di rilevanza strategica per il rilancio della competitività del sistema produttivo, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese
  • il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma (tra cui quelli di cui alla legge n. 181/1989)
  • la promozione della presenza internazionale delle imprese e l'attrazione di investimenti dall'estero, anche in raccordo con le azioni che saranno attivate dall'ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane.

Per  ciascuna delle finalità del Fondo per la crescita sostenibile  è stata istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo stesso.

 

Il Fondo per la crescita sostenibile prevede come forma di aiuto principe quella del finanziamento agevolato. A tal riguardo, il D.M. 8 marzo 2013 ne ha definito le modalità operative, stabilendo, all'articolo 14, che gli aiuti sono concessi nella forma del finanziamento agevolato e, nei limiti e alle condizioni previsti dall'articolo 18, anche nelle seguenti forme: contributo in conto impianti, contributo in conto capitale, contributo diretto alla spesa, contributo in conto interessi, concessione di garanzia, partecipazione al capitale di rischio, bonus fiscale. La misura degli aiuti è fissata dai bandi o direttive di cui all'articolo 15 del D.M. in percentuale delle spese ammissibili e nel rispetto delle intensità massime stabilite dalla normativa comunitaria.

Il D.M. ha individuato specifiche tipologie di interventi finanziabili e sostenibili a valere sul Fondo:

  • sostegno dei progetti di ricerca e sviluppo (articoli 7 e 8);
  • rafforzamento della struttura produttiva del Paese (articoli 9 e 10); internazionalizzazione delle imprese e attrazione di investimenti dall'estero (articoli 11 e 12);
  • progetti speciali per la riqualificazione competitiva di specifiche aree tecnologiche-produttive strategiche per la competitività del Paese (articolo 13).

Come anche evidenzia la Corte dei Conti, nella Relazione concernente il "Fondo crescita sostenibile" (anni 2013-2016), trasmessa al parlamento il 17 novembre 2017, la gestione della maggior parte degli interventi è stata avviata nel corso della XVII legislatura, nella quale il Fondo è stato rifinanziato più volte ed esteso nelle finalità.

 

Tra i rifinanziamenti e i definanziamenti che hanno inciso sulle dotazioni e sugli ambiti di intervento del Fondo, si ricorda:
  • il D.L. n. 148/2017, che ha introdotto una ulteriore finalizzazione del FCS, disponendo che esso possa operare a sostegno di imprese in crisi di grande dimensione. Si tratta delle imprese di cui all'articolo 1, comma 1, lett. a) del D.L. n. 347/2003, dunque imprese in stato di insolvenza, con lavoratori subordinati non inferiori a 500 unità che presentano rilevanti difficoltà finanziarie ai fini della continuazione delle attività produttive e del mantenimento dei livelli occupazionali. Per tale specifica nuova finalità, il D.L. n. 148 ha incrementato la dotazione del Fondo di 300 milioni di euro per il 2018, contestualmente prevedendone la costituzione di nuova apposita sezione;
  • La legge di stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) ha rifinanziato il Fondo di 7  milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2018, da destinare ad una apposita sezione di esso per l'erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle imprese sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata. La legge di stabilità 2017 (Legge n. 232/2016) ulteriormente rifinanziato questa finalità con 7 milioni per l'anno 2019 e disposto che le risorse in questione possano essere ulteriormente incrementate quelle dei Programmi operativi nazionali e regionali cofinanziati dai fondi strutturali europei 2014/2020, dai programmi operativi complementari, nonché dal Fondo per lo sviluppo e la coesione attraverso i Piani operativi e i Patti per il Sud, previa verifica di coerenza con le priorità e gli obiettivi riportati. Ha inoltre assegnato al Fondo 5 milioni di euro per l'anno 2017 e 5 milioni di euro per l'anno 2018, destinati all'erogazione di finanziamenti agevolati a società cooperative costituite da lavoratori di aziende in crisi, di cooperative sociali e di cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata, nonché allo sviluppo e al consolidamento di società cooperative ubicate nelle regioni del Mezzogiorno;
  • La legge di bilancio 2017 (Legge n. 232/2016) ha poi incrementato la dotazione del Fondo per 47,5 milioni per l'anno 2017 e di 47,5 milioni per il 2018  destinandoli ai finanziamenti a sostegno della nascita e dello sviluppo di imprese startup innovative (misura attuativa del Piano Industria 4.0).
La dotazione del Fondo è stata anche interessata da riduzioni lineari, operate a copertura di provvedimenti di spesa. Tra le più rilevanti, si ricorda quelle operate ai sensi del D.L. n. 185/2015 (D.L. enti territoriali, art. 17, co. 1, lett. a)) e della L. n. 106/2016 (Legge di riforma del terzo settore) (rispettivamente, - 10 milioni per il 2015 e - 10 milioni di euro per il 2016).
 

Il Fondo per la crescita sostenibile opera comunque come fondo rotativo, alimentandosi con i "rientri" dei finanziamenti agevolati concessi a valere su di esso e con le revoche degli stessi benefici. La gestione delle risorse avviene attraverso contabilità speciali, fuori bilancio, intestate al Ministero dello sviluppo economico-Direzione generale per gli incentivi alle imprese. La contabilità n. 1201 pertiene alla gestione delle risorse destinate ai finanziamenti agevolati per l'innovazione tecnologica (ex FIT).

I rientri iscritti all'entrata vengono assegnati al capitolo 7483/MISE per essere poi trasferiti alla contabilità speciale. Mentre, sul capitolo 7342/pg6 confluiscono risorse della contabilità speciale per poi essere assegnate ad interventi agevolativi.

Secondo le recenti informazioni fornite dalla Ragioneria generale dello Stato, alla data del 31 dicembre 2017 il saldo disponibile sulla contabilità speciale 1201 è pari ad € 2.071.168.332.

La promozione dei progetti di ricerca, sviluppo e innovazione nella XVII legislatura

I programmi e gli interventi beneficiari del Fondo per la crescita sostenibile possono essere agevolati anche a valere sulle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) istituito presso Cassa depositi e prestiti. I finanziamenti agevolati concessi a valere sul FRI possono essere assistiti da idonee garanzie.

Le risorse del FRI non utilizzate al 31 dicembre di ciascun anno, sono poi destinate alle finalità del Fondo per la crescita sostenibile, nel limite massimo del 70 per cento (art. 30, D.L. n. 83/2012).

In attuazione delle predette disposizioni, sono stati adottati il D.M. 26 aprile 2013, sulle modalità di ricognizione delle risorse FRI non utilizzate, e il D.M. 23 febbraio 2015, sulle modalità di utilizzo e il riparto delle risorse in questione tra gli interventi destinatari del Fondo per la crescita sostenibile. Ai progetti di rilevanza strategica in ricerca e sviluppo tecnologico è stata disposta l'assegnazione di almeno il 50 percento delle risorse FRI in questione.

La Corte dei conti evidenzia in proposito che le risorse FRI destinate al FCS, accertate al luglio 2016, ammontavano a 1.200 milioni di euro. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 luglio 2015, risorse FRI nella misura complessiva di 450 milioni di euro sono state destinate alla concessione di finanziamenti agevolati in favore di grandi progetti di ricerca e sviluppo disciplinati da due bandi adottati dal Mise in data 15 ottobre 2014. Con decreto del direttore generale della Direzione per gli incentivi alle imprese del MISE del 14 luglio 2016, sono state dettate le istruzioni per gli interventi di cui ai dd.mm. 15 ottobre 2014: Bandi "Agenda digitale" e "Industria sostenibile") a valere sulle risorse FRI. Con D.M. 18 ottobre 2017 sui due bandi in questione sono state appostate ulteriori risorse FRI per 350 milioni di euro. Si segnala che il predetto importo afferisce alle risorse FRI accertate a luglio 2016. Nell'anno 2017, non si è proceduto all'accertamento delle risorse disponibili a valere sul FRI.

Per ciò che riguarda i progetti di ricerca, sviluppo e innovazione ammissibili a beneficiare del supporto del Fondo crescita sostenibile, la disciplina di funzionamento del Fondo prevede uno stretto collegamento tra gli interventi del Fondo stesso e le linee guida dettate dal Programma quadro di ricerca e innovazione "Orizzonte 2020".

Ai fini dell'accesso al sostegno del Fondo, i progetti delle imprese devono essere diretti ad introdurre significativi avanzamenti tecnologici tramite lo sviluppo di "tecnologie abilitanti fondamentali" o di tecnologie dirette al raggiungimento degli obiettivi individuati all'interno delle "sfide per la società", identificate dallo programma "Orizzonte 2020" (articolo 7 del D.M. 8 marzo 2013).

Le risorse del FCS operano anche in interconnessione con le diverse altre fonti finanziarie di sostegno ai progetti di ricerca e sviluppo, quali in particolare i Fondi strutturali.

Al riguardo si ricorda che è stato registrato in data 13 febbraio 2015 il regime di aiuto n. SA.40948, inerente l'intervento del Fondo per la crescita sostenibile a favore di progetti di ricerca e sviluppo negli ambiti tecnologici del Programma «Horizon 2020», attuato con decreti del Ministro dello sviluppo economico del 20 giugno 2013 e 4 dicembre 2014. Il successivo D.M. 1 giugno 2016 ha disciplinato l'Intervento del Programma operativo nazionale «Imprese e competitività» 2014-2020 FESR, in favore di progetti di ricerca e sviluppo negli ambiti tecnologici identificati dal Programma quadro di ricerca e innovazione «Orizzonte 2020», prevedendo un accantonamento di risorse finanziarie a valere sul Fondo crescita a garanzia delle agevolazioni finanziare concesse a valere sulle risorse PON per i progetti di ricerca e sviluppo realizzati nelle Regioni meno sviluppate e in transizione.
Si ricorda inoltre il regime di aiuto n. SA.42139, registrato in data 12  giugno 2015, inerente all'intervento del Fondo per la crescita sostenibile a favore di progetti di ricerca e sviluppo  realizzati  nell'ambito  di accordi sottoscritti dal Ministero dello sviluppo  economico  con  le regioni e le altre amministrazioni pubbliche, attuato  con  il  decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° aprile 2015, normativa quest'ultima ridefinita, per ciò che attiene alle procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni, con D.M. 24 maggio 2017.
Il Fondo per la  crescita  sostenibile  opera attraverso le contabilità speciali, già intestate al soppresso Fondo rotativo per l'innovazione tecnologica FIT, n. 1201 per l'erogazione dei finanziamenti agevolati, e n. 1726 per gli interventi  cofinanziati  dall'Unione  europea  e  dalle regioni e attraverso l'apposito capitolo di bilancio per la  gestione delle altre forme di intervento quali i contributi alle spese.
Sullo stato di attuazione dei bandi indetti a valere sulle risorse del FCS si rinvia alla già citata Relazione della Corte dei Conti concernente il "Fondo crescita sostenibile" (anni 2013-2016), trasmessa al parlamento il 17 novembre 2017.

Tra gli interventi attivati nella XVII legislatura a valere sulle risorse del Fondo al fine di sostenere la realizzazione di investimenti nel capitale di rischio di imprese con elevato potenziale di sviluppo, si ricorda la destinazione, con decreto ministeriale 29 gennaio 2015,  di una quota di risorse del Fondo stesso, pari a 50 milioni di euro, alla concessione di un finanziamento all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia  (da restituire con le modalità indicate con il medesimo D.M.) che l'Agenzia ha impiegato, unitamente a eventuali ulteriori risorse finanziarie proprie, per istituire un apposito Fondo comune di investimento mobiliare di tipo chiuso, riservato a investitori istituzionali per operazioni di venture capital nelle PMI e Startup operanti in settori ad elevato potenziale di crescita, ovvero che realizzano innovazioni nei processi, beni o servizi. La dotazione finanziaria del Fondo comune può essere altresì incrementata mediante l'utilizzo di risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale disponibili per il periodo di Programmazione 2014 – 2020.

Il Fondo gestito da Strategia Italia S.p.A. SGR, interamente partecipata da Invitalia, investe nel capitale di rischio delle imprese unitamente e contestualmente ad investitori privati indipendenti.

Con decreto direttoriale 2 luglio 2015 sono state definite le modalità e i termini di trasferimento e di restituzione delle risorse del fondo per la crescita sostenibile,  la misura delle commissioni riconosciute a Strategia Italia S.p.A. SGR. nonché contenuti e la tempistica delle attività di monitoraggio e controllo degli interventi del fondo di investimento.

 

 
Personale degli enti di ricerca
28/02/2018

In avvio di legislatura l'articolo 3, comma 2, del D.L. 90/2014  aveva stabilito che gli enti di ricerca potessero procedere ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa, rispetto a quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente, pari al 50% per il biennio 2014-2015, al 60% nel 2016, all'80% nel 2017 e al 100% a decorrere dal 2018, sostanzialmente restringendo l'ambito di applicazione dei medesimi limiti (analogamente a quanto disposto per le amministrazioni dello Stato, infatti, le percentuali erano calcolate in relazione alla spesa del solo personale a tempo indeterminato di ruolo cessato nell'anno precedente).

Successivamente, nell'ambito della più generale disciplina sulle limitazioni al turn over nelle pubbliche amministrazioni, anche per gli enti di ricerca, per il triennio 2016-2018, la legge di stabilità per il 2016 ha disposto  che gli enti di ricerca la cui spesa per il personale di ruolo del singolo ente non superi l'80% delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, possono procedere ad assunzioni nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente. E' stato inoltre previsto che gli istituti e gli enti di ricerca possono continuare ad avvalersi del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, in essere al 31 dicembre 2015, mediante l'attivazione (previa verifica di idoneità) di contratti a tempo determinato.

Le facolta assunzionali degli enti di ricerca sono state ridefinite, da ultimo, con il D.Lgs. 218/2016, il quale attualmente prevede che essi, nell'ambito della loro autonomia, in conformità con le linee guida enunciate nel Programma Nazionale della Ricerca (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 04/1998) adottino, ai fini della pianificazione operativa, un Piano Triennale di Attività, aggiornato annualmente, con il quale determinano anche la consistenza e le variazioni dell'organico e del piano di fabbisogno del personale. Per quanto concerne il fabbisogno, il budget e le spese di personale degli enti, si dispone che essi, compatibilmente con l'esigenza di assicurare la sostenibilità della spesa di personale e gli equilibri di bilancio e nel rispetto dei limiti massimi di tale tipologia di spesa, definiscono la programmazione per il reclutamento del personale nei Piani Triennali di Attività (aggiornati annualmente e approvati dal Ministero vigilante). In particolare, l'indicatore del limite massimo per le spese di personale è calcolato rapportando le spese complessive per il personale di competenza dell'anno di riferimento alla media delle entrate complessive dell'ente, risultante dai bilanci consuntivi dell'ultimo triennio; tale rapporto non può superare l'80%. Attualmente, quindi, solo gli enti che al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento riportino un rapporto delle spese di personale inferiore all'80% possono procedere all'assunzione di personale (con oneri a carico del proprio bilancio per una spesa media annua pari a non più del margine a disposizione rispetto al limite dell'80%).

Può essere utile ricordare, inoltre, che per gli enti di ricerca la disciplina sul lavoro a tempo determinato prevede alcune deroghe. In particolare, l'articolo 25, comma 3, del D.Lgs. 81/2015, prevede che il limite del 20% (rispetto al totale dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione) oltre il quale non possono essere assunti lavoratori a termine non si applica ad istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. Inoltre, i contratti di lavoro a tempo determinato che hanno ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono (derogando, quindi, alla regola generale della durata massima di 36 mesi).

Per completezza, si segnala che la Legge di bilancio per il 2018 ha disposto un incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), nonché del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca vigilati dal MIUR (FOE) , finalizzato all'assunzione di ricercatori, rispettivamente, nelle università e negli enti di ricerca vigilati dal MIUR. In attuazione di quanto detto, è stato avviato il Piano straordinario di reclutamento per ricercatrici e ricercatori: 1.305 posti di ricercatori alle Università e 308 posti a tempo indeterminato per i suddetti enti di ricerca.