Nel corso della XVII legislatura, che ha preso avvio in un contesto di stagnazione economica e di contrazione del credito alle imprese, sono state adottate una serie di misure volte a sostenere il sistema di ricerca e innovazione tecnologica e ad affrontale le criticità di cui è affetto il nostro sistema produttivo. Tra le azioni intraprese, l'adozione del Programma nazionale per la ricerca (PNR) per il quinquennio 2015-2020, con delibera del CIPE 1 maggio 2016, pienamente operativo dal luglio 2016, la strategia "Industria 4.0", che consiste in un pacchetto di misure finanziarie e fiscali volte a modernizzare i processi di produzione e a sostenere gli investimenti innovativi, l'implementazione delle misure di sostegno alle start-up innovative e l'estensione di tale disciplina di sostegno alle "PMI innovative", l'implementazione delle misure di sostegno alle start-up innovative e l'estensione di tale disciplina di sostegno alle "PMI innovative", il credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo,il cd. "patent box";la ripartizione fra le università di almeno tre quinti della quota premiale del FFO sulla base dei risultati conseguiti nella valutazione della qualità della ricerca (VQR) e il finanziamento quinquennale dei dipartimenti universitari di eccellenza, valutati – fra l'altro - sulla base dei risultati della stessa VQR.
Secondo i dati diffusi dalla Commissione UE nella Relazione per Paese 2017 relativa all'Italia, comprensiva dell'esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (SWD(2017) 77 final del 22 febbraio 2017), il livello di investimenti in ricerca e sviluppo in Italia è ancora inferiore a quello degli altri paesi dell'UE.
Nel corso della XVII legislatura, che ha preso avvio in un contesto di stagnazione economica e di contrazione del credito alle imprese, sono state adottate una serie di misure volte a sostenere il sistema di ricerca e innovazione tecnologica e ad affrontale le criticità di cui è affetto il nostro sistema produttivo. Tra le azioni intraprese si richiama:
Si rinvia inoltre alla Relazione Annuale 2017 al Parlamento sulla strategia nazionale in favore delle startup e delle PMI innovative, presentata il 19 dicembre 2017 (Doc. CCXIII-4).
Il Programma nazionale per la ricerca (PNR) per il quinquennio 2015-2020 è stato adottato con delibera del CIPE 1 maggio 2016, ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 204/1998. Esso è pienamente operativo dal luglio 2016. Il programma determina gli indirizzi e le priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca, definendo il quadro delle risorse finanziarie da attivare. Esso è organizzato intorno a sei obiettivi strategici, ai fini del raggiungimento del target europeo al 2020 per il nostro Paese (spesa in R&S pari all'1,3% del PIL):
Sulla base di tali obiettivi, il PNR individua dodici Aree di specializzazione delle competenze rilevanti del sistema nazionale di ricerca, intorno alle quali strutturare politiche e gli strumenti nazionali e regionali, in coerenza con la Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente (SNSI) presentata dall'Italia nell'ambito della programmazione dei Fondi Strutturali 2014-2020.
Ne 2015, il MISE e il MIUR hanno definito la Strategia nazionale di specializzazione intelligente 2015-2020 sulla base dell'analisi territoriale condotta dall'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e sviluppo di impresa - INVITALIA e hanno definito cinque aree tematiche di intervento. La strategia nazionale di specializzazione intelligente, approvata nell'aprile 2016 dalla Commissione europea, è finalizzata a stimolare l'innovazione e migliorare i vantaggi competitivi del paese. Le cinque aree tematiche sono: aerospazio e difesa; salute, alimentazione, qualità della vita; industria intelligente e sostenibile, energia e ambiente; turismo, patrimonio culturale e industria della creatività; Agenda digitale, smart communities, infrastrutture e sistemi di mobilità intelligente.
Le dodici aree di specializzazione sono state identificate facendo riferimento alle quindici priorità del programma quadro Horizon 2020, mediate ed interpretate attraverso il criterio delle priorità nazionali e regionali.
Si ricorda in questa sede, rinviando per un'analisi più approfondita al relativo tema dell'attività parlamentare, che il programma quadro per la ricerca Horizon 2020 (regolamento (UE) n. 1291/2013) è della durata di sette anni (2014-2020), ed in esso sono integrati tutti i finanziamenti europei per la ricerca e l'innovazione.
Le 12 aree - sottoposte alle Regioni come base per la costruzione della loro strategia - sono:
1. Aerospazio
2. Agrifood
3. Cultural Heritage
4. Blue growth
5. Chimica verde
6. Design, creatività e Made in Italy
7. Energia
8. Fabbrica intelligente
9. Mobilità sostenibile
10. Salute
11. Smart, Secure and Inclusive Communities
12. Tecnologie per gli Ambienti di Vita.
Le 12 aree sono state poi organizzate in 4 gruppi di carattere omogeneo, cui sono ascritti strumenti di sostegno e sviluppo differenziati.
All'attuazione del Programma saranno destinate risorse di diversa fonte tra le quali risorse di bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con particolare riferimento al Fondo ordinario degli enti (FOE) e al Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO), nonché risorse strutturali aggiuntive, oltre che assegnazioni a valere sul Fondo di sviluppo e coesione.
Dunque, il PNR dovrà trovare attuazione attraverso l'attivazione di una serie di fonti di finanziamento nazionali, europee e regionali, quali:
Il Fondo per la crescita sostenibile (FCS) costituisce uno dei principali strumenti di sostegno alla crescita produttiva e tecnologica del paese.
Il Fondo è stato istituito nella XVI legislatura, in luogo del precedente Fondo speciale rotativo sull'innovazione tecnologica - FIT, nell'ambito dell'azione di riordino e razionalizzazione degli interventi a sostegno del sistema produttivo, operata dall'articolo 23 del D.L. n. 83/2012. A seguito di tale riordino, sul FCS si sono dunque concentrate una serie di fonti di finanziamento prima destinate ad eterogenei interventi di sostegno.
Il Fondo persegue le seguenti finalità:
Per ciascuna delle finalità del Fondo per la crescita sostenibile è stata istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo stesso.
Il Fondo per la crescita sostenibile prevede come forma di aiuto principe quella del finanziamento agevolato. A tal riguardo, il D.M. 8 marzo 2013 ne ha definito le modalità operative, stabilendo, all'articolo 14, che gli aiuti sono concessi nella forma del finanziamento agevolato e, nei limiti e alle condizioni previsti dall'articolo 18, anche nelle seguenti forme: contributo in conto impianti, contributo in conto capitale, contributo diretto alla spesa, contributo in conto interessi, concessione di garanzia, partecipazione al capitale di rischio, bonus fiscale. La misura degli aiuti è fissata dai bandi o direttive di cui all'articolo 15 del D.M. in percentuale delle spese ammissibili e nel rispetto delle intensità massime stabilite dalla normativa comunitaria.
Il D.M. ha individuato specifiche tipologie di interventi finanziabili e sostenibili a valere sul Fondo:
Come anche evidenzia la Corte dei Conti, nella Relazione concernente il "Fondo crescita sostenibile" (anni 2013-2016), trasmessa al parlamento il 17 novembre 2017, la gestione della maggior parte degli interventi è stata avviata nel corso della XVII legislatura, nella quale il Fondo è stato rifinanziato più volte ed esteso nelle finalità.
Il Fondo per la crescita sostenibile opera comunque come fondo rotativo, alimentandosi con i "rientri" dei finanziamenti agevolati concessi a valere su di esso e con le revoche degli stessi benefici. La gestione delle risorse avviene attraverso contabilità speciali, fuori bilancio, intestate al Ministero dello sviluppo economico-Direzione generale per gli incentivi alle imprese. La contabilità n. 1201 pertiene alla gestione delle risorse destinate ai finanziamenti agevolati per l'innovazione tecnologica (ex FIT).
I rientri iscritti all'entrata vengono assegnati al capitolo 7483/MISE per essere poi trasferiti alla contabilità speciale. Mentre, sul capitolo 7342/pg6 confluiscono risorse della contabilità speciale per poi essere assegnate ad interventi agevolativi.
Secondo le recenti informazioni fornite dalla Ragioneria generale dello Stato, alla data del 31 dicembre 2017 il saldo disponibile sulla contabilità speciale 1201 è pari ad € 2.071.168.332.
I programmi e gli interventi beneficiari del Fondo per la crescita sostenibile possono essere agevolati anche a valere sulle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) istituito presso Cassa depositi e prestiti. I finanziamenti agevolati concessi a valere sul FRI possono essere assistiti da idonee garanzie.
Le risorse del FRI non utilizzate al 31 dicembre di ciascun anno, sono poi destinate alle finalità del Fondo per la crescita sostenibile, nel limite massimo del 70 per cento (art. 30, D.L. n. 83/2012).
In attuazione delle predette disposizioni, sono stati adottati il D.M. 26 aprile 2013, sulle modalità di ricognizione delle risorse FRI non utilizzate, e il D.M. 23 febbraio 2015, sulle modalità di utilizzo e il riparto delle risorse in questione tra gli interventi destinatari del Fondo per la crescita sostenibile. Ai progetti di rilevanza strategica in ricerca e sviluppo tecnologico è stata disposta l'assegnazione di almeno il 50 percento delle risorse FRI in questione.
Per ciò che riguarda i progetti di ricerca, sviluppo e innovazione ammissibili a beneficiare del supporto del Fondo crescita sostenibile, la disciplina di funzionamento del Fondo prevede uno stretto collegamento tra gli interventi del Fondo stesso e le linee guida dettate dal Programma quadro di ricerca e innovazione "Orizzonte 2020".
Ai fini dell'accesso al sostegno del Fondo, i progetti delle imprese devono essere diretti ad introdurre significativi avanzamenti tecnologici tramite lo sviluppo di "tecnologie abilitanti fondamentali" o di tecnologie dirette al raggiungimento degli obiettivi individuati all'interno delle "sfide per la società", identificate dallo programma "Orizzonte 2020" (articolo 7 del D.M. 8 marzo 2013).
Le risorse del FCS operano anche in interconnessione con le diverse altre fonti finanziarie di sostegno ai progetti di ricerca e sviluppo, quali in particolare i Fondi strutturali.
Tra gli interventi attivati nella XVII legislatura a valere sulle risorse del Fondo al fine di sostenere la realizzazione di investimenti nel capitale di rischio di imprese con elevato potenziale di sviluppo, si ricorda la destinazione, con decreto ministeriale 29 gennaio 2015, di una quota di risorse del Fondo stesso, pari a 50 milioni di euro, alla concessione di un finanziamento all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia (da restituire con le modalità indicate con il medesimo D.M.) che l'Agenzia ha impiegato, unitamente a eventuali ulteriori risorse finanziarie proprie, per istituire un apposito Fondo comune di investimento mobiliare di tipo chiuso, riservato a investitori istituzionali per operazioni di venture capital nelle PMI e Startup operanti in settori ad elevato potenziale di crescita, ovvero che realizzano innovazioni nei processi, beni o servizi. La dotazione finanziaria del Fondo comune può essere altresì incrementata mediante l'utilizzo di risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale disponibili per il periodo di Programmazione 2014 – 2020.
Il Fondo gestito da Strategia Italia S.p.A. SGR, interamente partecipata da Invitalia, investe nel capitale di rischio delle imprese unitamente e contestualmente ad investitori privati indipendenti.
Con decreto direttoriale 2 luglio 2015 sono state definite le modalità e i termini di trasferimento e di restituzione delle risorse del fondo per la crescita sostenibile, la misura delle commissioni riconosciute a Strategia Italia S.p.A. SGR. nonché contenuti e la tempistica delle attività di monitoraggio e controllo degli interventi del fondo di investimento.
In avvio di legislatura l'articolo 3, comma 2, del D.L. 90/2014 aveva stabilito che gli enti di ricerca potessero procedere ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa, rispetto a quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente, pari al 50% per il biennio 2014-2015, al 60% nel 2016, all'80% nel 2017 e al 100% a decorrere dal 2018, sostanzialmente restringendo l'ambito di applicazione dei medesimi limiti (analogamente a quanto disposto per le amministrazioni dello Stato, infatti, le percentuali erano calcolate in relazione alla spesa del solo personale a tempo indeterminato di ruolo cessato nell'anno precedente).
Successivamente, nell'ambito della più generale disciplina sulle limitazioni al turn over nelle pubbliche amministrazioni, anche per gli enti di ricerca, per il triennio 2016-2018, la legge di stabilità per il 2016 ha disposto che gli enti di ricerca la cui spesa per il personale di ruolo del singolo ente non superi l'80% delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, possono procedere ad assunzioni nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente. E' stato inoltre previsto che gli istituti e gli enti di ricerca possono continuare ad avvalersi del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, in essere al 31 dicembre 2015, mediante l'attivazione (previa verifica di idoneità) di contratti a tempo determinato.
Le facolta assunzionali degli enti di ricerca sono state ridefinite, da ultimo, con il D.Lgs. 218/2016, il quale attualmente prevede che essi, nell'ambito della loro autonomia, in conformità con le linee guida enunciate nel Programma Nazionale della Ricerca (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 04/1998) adottino, ai fini della pianificazione operativa, un Piano Triennale di Attività, aggiornato annualmente, con il quale determinano anche la consistenza e le variazioni dell'organico e del piano di fabbisogno del personale. Per quanto concerne il fabbisogno, il budget e le spese di personale degli enti, si dispone che essi, compatibilmente con l'esigenza di assicurare la sostenibilità della spesa di personale e gli equilibri di bilancio e nel rispetto dei limiti massimi di tale tipologia di spesa, definiscono la programmazione per il reclutamento del personale nei Piani Triennali di Attività (aggiornati annualmente e approvati dal Ministero vigilante). In particolare, l'indicatore del limite massimo per le spese di personale è calcolato rapportando le spese complessive per il personale di competenza dell'anno di riferimento alla media delle entrate complessive dell'ente, risultante dai bilanci consuntivi dell'ultimo triennio; tale rapporto non può superare l'80%. Attualmente, quindi, solo gli enti che al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento riportino un rapporto delle spese di personale inferiore all'80% possono procedere all'assunzione di personale (con oneri a carico del proprio bilancio per una spesa media annua pari a non più del margine a disposizione rispetto al limite dell'80%).
Può essere utile ricordare, inoltre, che per gli enti di ricerca la disciplina sul lavoro a tempo determinato prevede alcune deroghe. In particolare, l'articolo 25, comma 3, del D.Lgs. 81/2015, prevede che il limite del 20% (rispetto al totale dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione) oltre il quale non possono essere assunti lavoratori a termine non si applica ad istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. Inoltre, i contratti di lavoro a tempo determinato che hanno ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono (derogando, quindi, alla regola generale della durata massima di 36 mesi).
Per completezza, si segnala che la Legge di bilancio per il 2018 ha disposto un incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), nonché del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca vigilati dal MIUR (FOE) , finalizzato all'assunzione di ricercatori, rispettivamente, nelle università e negli enti di ricerca vigilati dal MIUR. In attuazione di quanto detto, è stato avviato il Piano straordinario di reclutamento per ricercatrici e ricercatori: 1.305 posti di ricercatori alle Università e 308 posti a tempo indeterminato per i suddetti enti di ricerca.