La disciplina del credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo è contenuta nell'articolo 3 del D.L. n. 145 del 2013. In un primo momento la norma prevedeva un credito d'imposta pari al 50 per cento delle spese incrementali sostenute dalle imprese rispetto all'anno precedente, con un'agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per impresa (attualmente il limite è di 20 milioni) ed una spesa minima di 50 mila euro in ricerca e sviluppo per poter accedere all'agevolazione (ora ridotta a 30 mila euro).
La legge di stabilità 2015 (L. 190/2014, commi 35 e 36) e la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016, articolo 1, commi 15 e 16) hanno modificato tale disciplina in più punti:
Il credito d'imposta può essere utilizzato anche dalle imprese residenti o dalle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell'Unione europea, negli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati inclusi nella lista degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui i costi per le attività in ricerca e sviluppo sono stati sostenuti.
L'Agenzia delle entrate, con la circolare 13/E del 2017 ha illustrato le novità introdotte con la legge di bilancio 2017.
Il decreto 27 maggio 2015 ha individuato le disposizioni applicative necessarie per poter dare attuazione al credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, le cause di decadenza e di revoca del beneficio, le modalità di restituzione del credito d'imposta indebitamente fruito. Con la circolare n. 5/E del 2016 l'Agenzia delle entrate ha fornito le linee guida su come applicare il nuovo credito d'imposta per ricerca e sviluppo alla luce delle modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2015.
Si segnala la pagina del sito del Ministero dello sviluppo economico dedicata al credito d'imposta ricerca e sviluppo nel quale è presente una scheda di sintesi della misura.
Si ricorda che in passato l'articolo 1 del D.L. 70/2011 ha istituito un credito d'imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che hanno finanziato progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca, anche in associazione, consorzio, joint venture ecc. con altre qualificate strutture di ricerca, anche private, di equivalente livello scientifico.
La legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, commi 37-45) ha introdotto un regime opzionale con tassazione agevolata sui redditi derivanti dall'utilizzo di taluni beni immateriali. Le imprese possono optare per un regime fiscale di favore (cd. patent box), consistente nell'esclusione dal reddito del 50 per cento dei redditi derivanti dall'utilizzazione di alcune tipologie dei predetti beni (software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, nonché processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili) nonché delle plusvalenze derivanti dalla loro cessione, se il 90 per cento del corrispettivo è reinvestito. Possono esercitare l'opzione i soggetti titolari di reddito d'impresa, indipendentemente dal tipo di contabilità adottata e dal titolo giuridico in virtù del quale avviene l'utilizzo dei beni.
Il decreto-legge n. 50 del 2017 ha escluso i marchi dal novero dei beni agevolabili; sono stati invece inclusi nel novero dei redditi che beneficiano del regime speciale anche quelli derivanti dall'utilizzo congiunto di beni immateriali, legati da vincoli di complementarietà, a specifiche condizioni di legge. E' stata contestualmente inserita una clausola di grandfathering, che consente di conservare i benefici del patent box secondo la disciplina originaria relativamente alle opzioni esercitate per i primi due periodi d'imposta, per tutto il quinquennio di validità delle stesse e, comunque, non oltre il 30 giugno 2021.
L'articolo 4 del decreto crescita semplifica le procedure di fruizione della tassazione agevolata sui redditi derivanti dall'utilizzo di taluni beni immateriali (patent-box) consentendo ai contribuenti di determinare e dichiarare direttamente il proprio reddito agevolabile in alternativa alla procedura di accordo preventivo e in contraddittorio con l'Agenzia delle entrate.
Il D.M. 30 luglio 2015, recante disposizioni di attuazione, è stato rivisto dal D.M. 28 novembre 2017. Sul regime, l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti operativi con due circolari: la circolare n. 36/E del 1° dicembre 2015 e la circolare n. 11/E del 7 aprile 2016. Si segnala la sezione del sito dell'Agenzia delle entrate dedicata al patent box.
Nel corso degli ultimi anni si sono succedute e stratificate diverse misure volte ad attrarre risorse umane in Italia, prevedendo agevolazioni fiscali condizionate al trasferimento della residenza.
L'articolo 44 del D.L. n. 78 del 2010 ha agevolato il rientro di docenti e ricercatori, prevedendo che solo una parte del loro reddito (10 per cento) è assoggettata ad imposizione. In un primo momento l'accesso al beneficio era consentito ai ricercatori e docenti che trasferivano la residenza fiscale in Italia nel periodo compreso tra il 31 maggio 2010 e i sette anni solari successivi (30 maggio 2017). Con la legge di bilancio 2017 (comma 149) l'agevolazione è stata resa permanente non essendo più prevista una data ultima utile per poter far rientro in Italia. La norma trova quindi applicazione anche per docenti e ricercatori, aventi i requisisti richiesti, che si trasferiscono in Italia dopo il 30 maggio 2017. Resta fermo che il periodo di fruizione è limitato complessivamente a quattro periodi di imposta. Chiarimenti sui requisiti soggettivi, misura dell'agevolazione, durata e redditi agevolabili sono stati forniti dall'Agenzia delle entrate con circolare 17/E del 2017.
La legge n. 238 del 2010 ha disciplinato gli incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia. Tale disciplina, vigente fino al 2017, prevede la concessione di incentivi fiscali sotto forma di parziale imponibilità del reddito derivante dalle attività di lavoro dipendente, autonomo o d'impresa, avviate in Italia, in favore di "contro-esodati", ovvero cittadini italiani e degli altri Stati dell'Unione europea che, dopo aver risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia ed essersi quindi trasferiti all'estero, hanno deciso di tornare nel territorio dello Stato. Per effetto delle modifiche che si sono susseguite, i cittadini dell'Unione europea in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge n. 238 del 2010, purché rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2015, hanno la possibilità di applicare gli incentivi fiscali da essa previsti fino al periodo d'imposta 2017. Gli stessi soggetti, in alternativa, possono optare per il regime dei lavoratori impatriati di seguito descritto.
Il D.Lgs. n. 147 del 2015 (attuativo della delega fiscale) all'articolo 16 ha previsto un regime speciale per lavoratori impatriati a favore dei lavoratori che rivestono una qualifica per cui sia richiesta alta qualificazione o specializzazione ovvero che rivestono ruoli direttivi e che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti, trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato. Il reddito di lavoro dipendente e di lavoro autonomo concorre alla formazione del reddito complessivo solo limitatamente al 50 per cento del suo ammontare. L'agevolazione fiscale per i lavoratori impatriati spetta per cinque periodi di imposta e, precisamente, per quello in cui il soggetto trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi. La legge di bilancio 2017 ha esteso ai lavoratori autonomi la possibilità di accedere al beneficio, riducendo la quota sottoposta a tassazione rispetto all'originario 70 per cento. L'attività lavorativa va prestata prevalentemente nel territorio italiano, deve essere svolta presso un'impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa, o con società con cui vi è un rapporto di controllo.
Allo scopo di uniformare la disciplina vigente in materia di rientro di lavoratori dall'estero, la misura agevolativa è altresì estesa ai lavoratori rientranti in Italia, ai sensi dell'apposita disciplina della legge n. 238 del 2010, affidando alle norme secondarie di attuazione il compito di coordinare le disposizioni agevolative di favore. Il decreto-legge n. 244 del 2016 (articolo 3, comma 3-novies) ha riaperto il termine per l'esercizio dell'opzione sul regime fiscale applicabile, in favore dei lavoratori dipendenti che non l'hanno già esercitata, fino al 30 aprile 2017 (termine festivo, prorogato al 2 maggio 2017), secondo le modalità attuative che sono state individuate con il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 31 marzo 2017. Per accedere all'agevolazione, irrevocabile, i lavoratori devono presentare un'apposita richiesta scritta al proprio datore di lavoro. L'istanza dovrà contenere le generalità del contribuente, il suo codice fiscale, l'indicazione dell'attuale residenza in Italia e l'impegno a comunicare ogni variazione della residenza o del domicilio prima del decorso di cinque anni dalla data della prima fruizione del beneficio. L'opzione consente di fruire del regime speciale per il quinquennio 2016/2020. L'articolo 4, comma 7-bis, del decreto-legge n. 50 del 2017 con una norma di interpretazione autentica ha chiarito che i soggetti che si sono trasferiti in Italia entro il 31 dicembre 2015 (per utilizzare i benefici fiscali previsti dalla legge n. 238 del 2010) e che hanno successivamente optato per il regime agevolativo previsto per i lavoratori rimpatriati (ai sensi del D.Lgs. n. 147 del 2015) decadono dal beneficio fiscale nel caso in cui la residenza in Italia non sia mantenuta per almeno due anni. In tal caso si provvede al recupero dei benefici fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi. L'articolo 8-bis del decreto-legge n. 148 del 2017 consente ai lavoratori rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2015 di applicare il regime più favorevole (di cui alla legge n. 238 del 2010) anche per il periodo d'imposta 2016, rinviando l'opzione per il nuovo regime limitatamente al quadriennio 2017-2020. Inoltre si dispone che le disposizioni sul rimpatrio di docenti, ricercatori e lavoratori si applichino nei limiti e alle condizioni delle norme UE in tema di aiuti di Stato cd. de minimis.
L'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, ha fornito chiarimenti interpretativi sui regimi agevolativi sopra descritti.
Le imprese startup e gli incubatori certificati godono di agevolazioni fiscali specifiche.
Le startup innovative, disciplinate dagli articoli 25-35 del D. L. n. 179 del 2012), sono imprese di nuova costituzione che svolgono attività di sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. A questa tipologia d'impresa, che deve possedere specifici requisiti, sono riconosciute misure agevolative, sia nella fase di avvio che in quella di sviluppo. Oltre a requisiti necessari (tra i quali si segnalano: costituzione da non più di 5 anni, valore della produzione non superiore a 5 milioni annui, non distribuzione degli utili, oggetto sociale sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico), l'impresa deve possedere almeno uno tra i requisiti alternativi che identificano il carattere innovativo dell'attività: deve sostenere spese di ricerca e sviluppo in misura almeno pari al 15% del maggiore tra costo e valore totale della produzione; deve impiegare, come dipendenti o collaboratori, personale altamente qualificato in determinate misure alternative; deve essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale ovvero titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario.
Alle startup innovative e agli incubatori certificati non si applica il diritto annuale dovuto in favore delle Camere di Commercio, nonché, come chiarito dalla circolare 16/E dell'Agenzia delle Entrate dell'11 giugno 2014, i diritti di segreteria e l'imposta di bollo abitualmente dovuti per gli adempimenti da effettuare presso il Registro delle Imprese (articolo 26 del decreto-legge n. 179 del 2012).
Alle startup innovative inoltre si applica una disciplina di deroga alla normativa sulle società di comodo e in perdita sistematica. Pertanto, nel caso conseguano ricavi "non congrui" oppure siano in perdita fiscale sistematica, non scattano nei loro confronti le penalizzazioni fiscali previste per le cosiddette società di comodo, ad esempio l'imputazione di un reddito minimo e di una base imponibile minima ai fini Irap, l'utilizzo limitato del credito IVA, l'applicazione della maggiorazione Ires del 10,5% (citato articolo 26 del decreto-legge n. 179 del 2012). Le stesse sono inoltre esonerate dall'obbligo di apposizione del visto di conformità per compensazione dei crediti IVA (art. 4, comma 11-novies del decreto-legge n. 3 del 2015).
Nei confronti di amministratori, dipendenti e collaboratori di tali soggetti opera l'esenzione da imposizione fiscale e contributiva per la parte di reddito di lavoro che deriva dall'attribuzione di azioni, quote, strumenti finanziari partecipativi o diritti delle predette imprese (articolo 27 del D.L. 179 del 2012).
Sono previsti incentivi fiscali anche per l'investimento nel capitale di rischio delle startup innovative provenienti da persone fisiche e giuridiche. In particolare tale agevolazione è stata resa strutturale dalla legge di bilancio 2017: per le persone fisiche è prevista una detrazione IRPEF pari al 30 per cento dell'investimento, fino a un massimo di 1 milione di euro; per le persone giuridiche l'incentivo consiste in una deduzione dall'imponibile IRES del 30 per cento dell'investimento, fino a un massimo di 1,8 milioni di euro (articolo 1, comma 66 della legge n. 232 del 2016). Gli incentivi operano sia per gli investimenti diretti in startup innovative, sia per quelli indiretti (mediante OICR e altre società che investono prevalentemente in startup e PMI innovative). A partire dal 2017, la fruizione dell'incentivo è condizionata al mantenimento della partecipazione nella startup innovativa per un minimo di tre anni. Fino al 2016, le aliquote dell'incentivo ammontavano al 19 per cento per gli investimenti da parte di persone fisiche e al 20 per cento per le persone giuridiche, salvo le maggiorazioni rispettivamente al 25 per cento e al 27 per cento nel caso di investimenti in startup innovative a vocazione sociale o in ambito energetico. Dal 2017, invece si applica l'aliquota unica al 30 per cento.
Con riferimento agli incentivi di natura finanziaria, si ricorda la possibilità per le suddette categorie di imprese di raccogliere capitale di rischio con modalità innovative, segnatamente attraverso portali online (crowdfunding); tale modalità di raccolta di capitale, inizialmente riservata alle startup ed alle PMI innovative, è stata da ultimo estesa a tutte le PMI (articolo 1, comma 70, della legge n. 232 del 2016).
L'articolo 4 del D.L. n. 3 del 2015 ha introdotto nell'ordinamento la definizione di piccole e medie imprese innovative, destinate ad accedere ad alcune semplificazioni, agevolazioni ed incentivi in precedenza riservati alle startup innovative. Tali disposizioni si applicano solo alle PMI innovative costituite da non oltre 7 anni, nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato.
Il sostegno delle nuove imprese è stato assicurato anche mediante incentivi fiscali a vantaggio dei sottoscrittori di "Fondi di Venture Capital" specializzati nelle fasi di avvio delle nuove imprese (articolo 31 del D.L. 98 del 2011, attuato con D.M. 21 dicembre 2012). I proventi degli investitori non sono soggetti ad imposizione qualora i FVC prevedano nei loro regolamenti che almeno il 75 per cento dei relativi attivi sia investito in società non quotate, qualificabili come piccole e medie imprese, con sede operativa in Italia, avviate da non più di 36 mesi e con fatturato non superiore a 50 milioni di euro. Gli incentivi sono confermati se, decorso un anno dalla data di avvio dei Fondi o dall'adeguamento del loro regolamento, il valore dell'investimento in società non quotate non risulti inferiore, nel corso dell'anno solare, al 75 per cento del valore degli attivi per più di tre mesi. Infine, le quote o azioni delle società in cui investono i Fondi per il Venture Capital devono essere direttamente detenute almeno per il 51 per cento da persone fisiche e devono essere inferiori, per ciascuna piccola o media impresa, a 2,5 milioni di euro su un periodo di 12 mesi. Le quote dei FVC possono essere sottoscritte esclusivamente da investitori professionali.
Al fine di favorire gli investimenti in startup, la legge di bilancio 2017 ha previsto la possibilità per le società quotate di acquisire le perdite fiscali di società startup partecipate per almeno il 20 per cento. Sono previste diverse condizioni, tra cui le seguenti: le azioni della società cessionaria o della società che controlla direttamente o indirettamente la società cessionaria, devono essere negoziate in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione di uno degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni; la società cedente non deve svolgere in via prevalente attività immobiliare; la cessione deve riguardare l'intero ammontare delle perdite fiscali (legge n. 232 del 2016, articolo 1, commi 76-80).
La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi 46-56) ha introdotto, per il 2018, un credito d'imposta per le spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano Nazionale Impresa 4.0. Il credito è ammesso fino ad un importo massimo annuo pari a 300.000 euro per ciascun beneficiario. Entro tale limite, la misura del beneficio è pari al 40 per cento delle spese effettuate nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 e relative al costo aziendale dei lavoratori dipendenti, per il periodo in cui essi siano occupati nelle attività di formazione suddette. Ai fini del beneficio in esame, è posta un'autorizzazione di spesa pari a 250 milioni di euro per il 2019.