Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

INIZIO CONTENUTO

MENU DI NAVIGAZIONE DELLA SEZIONE

Salta il menu

Temi dell'attività parlamentare

Sanità e affari sociali
Welfare
Riforma del Terzo settore

Con "Riforma del Terzo settore" si indica il complesso di norme che ha ridisciplinato il no profit e l'impresa sociale. Ad oggi, l'intervento legislativo non è stato ancora completato, in quanto non sono stati emanati tutti gli atti previsti dai decreti legislativi di attuazione della legge delega n.106 del 2016.

All'inizio della XVIII Legislatura, sono stati esaminati, dalle competenti Commissioni parlamentari, gli schemi dei decreti integrativi e correttivi del Codice del Terzo Settore e del Decreto di revisione dell'impresa sociale. Successivamente sono stati adottati un complesso di atti regolamentari attuativi della Riforma del Terzo settore che fra l'altro hanno reso operativo, dal 23 novembre 2021, il Registro Unico Nazionale del Terzo settore (RUNTS), che, a regime, sostituirà i registri delle Associazioni di promozione sociale - APS, delle Organizzazioni di volontariato - ODV e l'anagrafe delle ONLUS previsti dalle precedenti normative di settore. Per quanto riguarda le ONLUS, che costituiscono una qualifica fiscale (e non una specifica categoria di ETS) e che risultano quindi iscritte nell'apposita Anagrafe tenuta presso l'Agenzia delle entrate, si ricorda che con la Riforma del Terzo settore, la normativa sulle ONLUS sarà definitivamente abrogata a decorrere dal periodo di imposta successivo al parere favorevole della Commissione Europea sulle norme fiscali introdotte dal Codice del Terzo Settore e dal periodo di imposta successivo all'operatività del RUNTS. Fino a quel momento continueranno ad applicarsi le norme in materia fiscale previste dal D.Lgs n. 460 del 1997, basterà invece l'iscrizione al RUNTS per permettere alle ONLUS di entrare a far parte degli enti del Terzo settore. Si segnalano in ultimo,  le modifiche introdotte al termine della Legislatura dal decreto legge n. 73 del 2022, di specifico interesse per il Terzo settore.

 
La legge delega 106/2016 per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale
29/09/2022

La legge delega 106/2016 definisce il Terzo settore come il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi. Più in particolare:

  • nel Terzo settore non rientrano le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche;
  • le disposizioni della legge delega e dei decreti attuativi da questa discendenti non si applicano alle fondazioni bancarie;
  • i settori delle attività di interesse generale sono razionalizzati attraverso la compilazione di un elenco unico, con il tentativo di unificare la normativa precedentemente  prevista ai fini fiscali e civilistici, senza però escludere che settori di attività possano caratterizzarsi come connotanti del lavoro di specifici enti del Terzo settore. Inoltre è stato previsto che l'aggiornamento periodico delle attività di interesse generale sia effettuata con D.P.C.M. da adottare su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Tra le finalità perseguite dalla delega, all'articolo 4,  vi è revisione della disciplina contenuta nel codice civile in tema di associazioni e fondazioni, da attuare secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

  • semplificazione e revisione del procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica;
  • individuazione delle disposizioni generali e comuni applicabili agli enti del Terzo settore;
  • individuazione delle attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore;
  • prevedere il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e del patrimonio, salva la specifica previsione per l'impresa sociale;
  • garantire, negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
  • definizione delle informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi;
  • distinzione, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti, della diversa natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell'oggetto sociale e definizione dei criteri e vincoli in base ai quali l'attività d'impresa svolta dall'ente in forma non prevalente e non stabile risulta finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali;
  • previsione di obblighi di trasparenza e informazione anche con forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell'ente nonché attraverso la loro pubblicazione nel suo sito internet istituzionale;
  • disciplina del regime di responsabilità limitata delle persone giuridiche;
  • garanzia del rispetto dei diritti degli associati;
  • applicazione alle associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente attività di impresa, delle norme del codice civile in materia di società e di cooperative e mutue assicuratrici (di cui ai titoli V e VI del libro V) in quanto compatibili;
  • disciplina del procedimento per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni, nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi diversi introdotto dalla riforma del diritto societario;
  • riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti (e degli atti gestionali rilevanti), attraverso la messa a punto di un Registro unico nazionale del Terzo settore (da istituirsi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali), l'iscrizione al quale sia obbligatoria per tutti gli enti che si avvalgano "prevalentemente o stabilmente" di fondi pubblici, privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni, o di fondi europei

L'articolo 5 della legge 106/2016 ha fornito criteri e principi direttivi per una precisa definizione delle attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. In particolare:

  • armonizzazione delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato e di promozione sociale e riconoscimento delle tutele dello status di volontario e della specificità delle organizzazioni di volontariato e di quelle operanti nella protezione civile;
  • introduzione di criteri e limiti relativi al rimborso spese delle attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità e di estraneità alla prestazione lavorativa;
  • revisione dei Centri di servizio per il volontariato - CSV;
  • superamento del sistema degli osservatori nazionali per il volontariato e per l'associazionismo di promozione sociale;
  • istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore quale organismo di consultazione a livello nazionale degli enti del Terzo settore;

L'articolo 6 specifica le caratteristiche necessarie affinché l'impresa sociale possa essere ricompresa tra gli enti del Terzo settore. In particolare deve:

  • svolgere attività d'impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
  • individuare settori di attività propri dell'impresa sociale nell'ambito delle attività di interesse generale comprese nell'elenco unico comune a tutti gli enti del Terzo settore;
  • prevedere forme di distribuzione dei dividendi che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell'oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente
  • adottare modalità di gestione responsabili e trasparenti;
  • favorire il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività; 
  • prevedere l'obbligo di redigere il bilancio;
  • coordinare la disciplina dell'impresa sociale con il regime delle attività di impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;
  • prevedere la nomina, in base a principi di terzietà, di uno o più sindaci con funzioni di vigilanza.

Ai sensi dell'articolo 7 della legge delega, le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sono svolte il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il coordinamento del Presidente del Consiglio, e il coinvolgimento del Consiglio nazionale del Terzo settore, nonché, per quanto concerne gli aspetti inerenti alla disciplina delle organizzazioni di volontariato di protezione civile, con il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.

L'articolo 8 ha per oggetto la delega al Governo per il riordino e la revisione della disciplina del Servizio civile nazionale. L'intento è giungere all'istituzione di un Servizio civile universale volto alla difesa non armata della patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, primo fra tutti quello della solidarietà. Questi i principali criteri direttivi:

  • previsione di un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei contingenti di giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti di età compresa tra 18 e i 28 anni che possono essere ammessi, tramite bando pubblico, al servizio civile universale;
  • definizione dello status giuridico dei soggetti che prestano il servizio con riconoscimento di uno specifico rapporto di Servizio civile con lo Stato, esente da ogni imposizione tributaria e non assimilabile ad un rapporto di lavoro;
  • previsione di un limite di durata del servizio, non inferiore a otto mesi complessivi, e comunque, non superiore ad un anno, che contemperi le finalità dello stesso con le esigenze di vita e di lavoro dei giovani coinvolti ed il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite dai giovani durante l'espletamento del servizio civile, nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo;
  • riordino e la revisione della Consulta nazionale per il Servizio civile, quale organismo di consultazione, riferimento e confronto per l'amministrazione, sulla base del principio di rappresentatività di tutti gli enti accreditati, anche con riferimento alla territorialità e alla rilevanza per ciascun settore di intervento.

E' infine previsto il riordino della disciplina tributaria e delle varie forme di fiscalità di vantaggio a favore degli enti del Terzo settore, da attuare in base ai seguenti principi e criteri:

  • revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali, anche connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall'ente;
  • razionalizzazione delle agevolazioni fiscali connesse all'erogazione di risorse al terzo settore;
  • riforma dell'istituto del cinque per mille, anche con lo scopo di rendere noto l'utilizzo delle somme devolute con tale strumento normativo;
  • razionalizzazione dei regimi fiscali di favore relativi al terzo settore;
  • introduzione di misure per la raccolta di capitali di rischio e, più in generale, per il finanziamento del Terzo settore;
  • assegnazione di immobili pubblici inutilizzati.
 
Codice del Terzo settore (D. Lgs. 117/2017)
  • 1 focus
  • 2 risorse web
29/09/2022

All'inizio della XVIII Legislatura, sono stati esaminati, dalle competenti Commissioni parlamentari, gli schemi dei decreti integrativi e correttivi del D. Lgs. 117/2017 recante Codice del Terzo Settore (D. Lgs. n. 105 del 2018) e del D. Lgs. n. 112 del 2017 di revisione dell'impresa sociale (D. Lgs. n. 95 del 2018).

Successivamente sono stati adottati un complesso di atti regolamentari attuativi della Riforma del Terzo settore fra i quali vale la pena ricordare:

- il decreto 15 settembre 2020 di Istituzione del Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS);

- il decreto n. 72 del 31 marzo 2021 recante le Linee guida sul rapporto tra le pubbliche amministrazioni e gli enti del terzo settore (ETS). Il decreto intende offrire un quadro condiviso di analisi degli istituti introdotti dal Codice del Terzo settore, allo scopo di fornire un utile supporto alle PA nella concreta applicazione degli articoli 55, 56 e 57 del Codice. Le Linee guida licenziate dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali tengono conto della sentenza della Corte costituzionale n. 131/2020, la quale ha ravvisato nell'articolo 55 del Codice "una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale valorizzato dall'art. 118, quarto comma, Cost.". In questo ambito si segnalano inoltre le Linee Guida n. 17 in materia di affidamenti di servizi sociali licenziate dall'ANAC (delibera 27 luglio 2022, n. 382) che, oltre ad individuare e descrivere le fattispecie estranee ed escluse dall'ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici, chiariscono meglio che il codice dei contratti pubblici si applica nei soli casi in cui le stazioni appaltanti decidano di affidare i servizi sociali ricorrendo alle procedure previste dal codice medesimo. Sono escluse, quindi, le ipotesi in cui la scelta dell'amministrazione ricada su modalità alternative di svolgimento del servizio, quali la co-programmazione e co-progettazione, le convenzioni con le Organizzazioni di volontariato e le Associazioni di promozione sociale, le forme di autorizzazione o accreditamento previste dalla legislazione regionale;

- il decreto 19 maggio 2021 n. 107 recante il Regolamento per l'individuazione di criteri e limiti delle attività diverse degli ETS di cui viene consentito l'esercizio a condizione che esse siano previste dall'atto costitutivo o dallo statuto e che siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale. Viene anche posta l'attenzione sulla definizione di secondarietà e strumentalità delle attività diverse, sull'indicazione di parametri per la corretta valutazione e, infine, sulle sanzioni previste in caso di violazione dei parametri stessi;

- il decreto n. 89 del 23 febbraio 2022 relativo alle Modalità di attuazione del social bonus (un credito di imposta in favore delle persone fisiche, enti o società che effettuano erogazioni liberali in denaro ad ETS che hanno presentato al ministero del Lavoro e delle politiche sociali un progetto per il recupero di immobili pubblici inutilizzati o beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata). Il decreto reca disposizioni su: la misura del credito e la sua fruizione, le modalità di individuazione dei progetti di recupero, i requisiti di partecipazione, l'avvio del procedimento e le modalità di esame dei progetti, gli adempimenti previsti, le spese, i controlli e il monitoraggio;

- il decreto 9 giugno 2022 che adotta le "Linee guida in materia di raccolta fondi degli Enti del Terzo settore" che, rivolte a tutti gli ETS, indipendentemente dalla loro forma giuridica, dimensione, missione, attività e classificazione, intende conformare l'attività di raccolta fondi ai principi di verità, trasparenza e correttezza. Alle linee guida è allegato un modello di rendiconto, al fine di agevolare gli Enti del Terzo Settore nell'assolvimento degli obblighi di rendicontazione delle raccolte fondi.

Dal punto di vista operativo, si segnala l'avvio, il 23 novembre 2021, del Registro Unico Nazionale del Terzo settore (RUNTS) , che, a regime, sostituirà i registri delle Associazioni di promozione sociale - APS, delle Organizzazioni di volontariato - ODV e l'anagrafe delle ONLUS previsti dalle precedenti normative di settore (qui un approfondimento). Si rammenta che il Codice prescrive l'obbligo, per gli enti del Terzo settore, qualificati nello statuto come ETS, di iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo settore e di indicare gli estremi dell'iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.  L'iscrizione nel RUNTS dà diritto ad accedere alle agevolazioni previste per il Terzo settore e dà la possibilità di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche per lo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale. I primi ETS ad aver avuto accesso al nuovo Registro unico sono state le ODV e APS, che sono trasmigrate nelle corrispondenti sezioni regionali del RUNTS. Ogni sezione del Registro prevede infatti specifici requisiti di accesso e diversi benefici fiscali ad essa connessi. Il decreto legge n. 73 del 2022 (c.d. Decreto semplificazioni) ha introdotto una sospensione del termine per il computo dei 180 giorni entro i quali gli uffici regionali del RUNTS, ricevute le informazioni contenute nei registri preesistenti, provvedono a richiedere agli enti già iscritti le eventuali informazioni o documenti mancanti e a verificare la sussistenza dei requisiti per l'iscrizione. Ai fini del computo di tale termine a far data dalla ricezione delle informazioni contenute nei registri antecedenti al RUNTS, si prevede infatti che non si debba tenere conto del periodo compreso tra il 1° luglio 2022 ed il 15 settembre 2022. Inoltre, in considerazione del periodo emergenziale, è stata prevista una proroga, e un regime "alleggerito", per le modifiche statutarie di cui avranno bisogno gli ETS per iscriversi al RUNTS (proroga fino al 31 dicembre 2022 ai sensi dell'art. 26-bis del decreto legge n. 73 del 2022). Entro tale data, ODV ed APS, iscritte nei rispettivi registri, dovranno verificare l'adeguatezza del proprio statuto ed apportare le relative modifiche al fine di renderlo conforme alla disciplina del Codice. Tali modifiche potranno essere effettuate con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria al fine di adeguarli alle nuove disposizioni previste dal Codice.

Per quanto riguarda le ONLUS, che costituiscono una qualifica fiscale (e non una specifica categoria di ETS) e che risultano quindi iscritte nell'apposita Anagrafe tenuta presso l'Agenzia delle entrate, si ricorda che con la Riforma del Terzo settore, la normativa sulle ONLUS sarà definitivamente abrogata a decorrere dal periodo di imposta successivo al parere favorevole della Commissione Europea sulle norme fiscali introdotte dal Codice del Terzo Settore e dal periodo di imposta successivo all'operatività del RUNTS. Fino a quel momento continueranno ad applicarsi le norme in materia fiscale previste dal D.Lgs n. 460 del 1997, basterà invece l'iscrizione al RUNTS per permettere alle ONLUS di entrare a far parte degli enti del Terzo settore e, in continuità con la vecchia qualifica, di mantenere l'intero patrimonio detenuto, continuando a perseguire i propri fini con la nuova qualifica di ETS.

Il decreto legge n. 73 del 2022 ha inoltre introdotto una numerosa serie di modifiche alla disciplina delle agevolazioni fiscali e finanziarie prevista dal Codice del Terzo settore di quella relativa all'impresa sociale. Nello specifico, sono state introdotte modifiche in:

  •  materia di imposte sui redditi: in relazione alle attività di interesse generale degli ETS, si è previsto che i costi effettivi siano determinati computando, oltre ai costi diretti, tutti quelli imputabili alle attività di interesse generale e, tra questi, i costi indiretti e generali, ivi compresi quelli finanziari e tributari. Inoltre le attività di interesse generale si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 6 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre tre periodi d'imposta consecutivi. Sono state poi disposizioni specifiche circa il mutamento della qualifica da ETS non commerciale a ETS e viceversa;
  • materia di imposte indirette e tributi locali: riguardo le imposte di registro, ipotecaria e catastale da applicare agli atti costitutivi e alle modifiche statutarie degli ETS, comprese le imprese sociali, l'imposta di registro si applica in misura fissa agli atti, ai contratti, alte convenzioni e a ogni altro documento relativo alle attività di interesse generale svolte in base ad accreditamento, contratto o convenzione con le amministrazioni pubbliche, con l'Unione europea, con amministrazioni pubbliche straniere o con altri organismi pubblici di diritto internazionale. I prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all'estero dai soggetti no profit (ETS comprese le cooperative sociali ed incluse le imprese sociali costituite in forma di società) sono esenti dall'imposta sul valore dei prodotti finanziari esteri;
  • materia di detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali: si rendono detraibili dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche le erogazioni liberali agli ETS e si rendono deducibili dal reddito netto delle persone fisiche le liberalità a favore degli ETS; l'eventuale eccedenza dell'erogazione rispetto all'importo deducibile può essere computata in aumento dell'importo deducibile dal reddito complessivo dei periodi di imposta successivi, ma non oltre il quarto, fino a concorrenza del suo ammontare. Le disposizioni in materia di deduzioni e detrazioni si applicano a condizione che le liberalità ricevute siano utilizzate per lo svolgimento dell'attività statutaria ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
  • materia di regime fiscale delle organizzazioni di volontariato e degli enti filantropici: i redditi degli immobili, destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle ODV, sono esenti dall'imposta sul reddito delle società;
  • materia di regime fiscale delle Associazioni di Promozione Sociale: non si considerano commerciali le attività svolte dalle APS in diretta attuazione degli scopi istituzionali ed effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, di altre APS che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o iscritti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali). Infine, i redditi degli immobili, destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle APS, sono esenti dall'imposta sul reddito delle società.

Misure specifiche sono state riconosciute nel periodo emergenziale da COVID-19.

Fra le altre si ricordano, nella prima fase emergenziale, il decreto legge n. 18 del 2020 che ha introdotto misure volte a tutelare gli ETS dalle conseguenze negative della pandemia, quali: l'estensione dell'accesso alla cassa integrazione in deroga anche per gli ETS; sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria; proroga dei termini per l'approvazione del bilancio di esercizio da parte di associazioni e fondazioni e proroghe anche per deliberare le eventuali modifiche statutarie necessarie a conformarsi al codice del Terzo settore e alla riforma dell'impresa sociale.

Successivamente, a sostegno del Terzo Settore, il decreto legge n. 34 del 2020 è intervenuto prevedendo un importante incremento del ruolo e delle risorse disponibili per la realizzazione degli interventi finalizzati a fronteggiare l'emergenza delle ODV, delle APS e delle fondazioni del Terzo Settore. In seguito, il decreto legge n. 104 del 2020 ha esteso agli ETS (compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, esercenti attività di impresa o commerciale, anche in via non esclusiva o prevalente o finalizzata all'autofinanziamento) l'accesso alle risorse del Fondo di garanzia per le PMI.

Per quanto riguarda il sostegno economico degli ETS, il decreto legge n. 137 del 2020 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il "Fondo straordinario per il sostegno degli enti del Terzo settore" con una dotazione per il 2021 pari a 70 milioni di euro. Il Fondo, istituito per far fronte alla crisi economica degli ETS, determinatasi in ragione delle misure in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, è espressamente rivolto alle organizzazioni di Terzo settore che non svolgono attività di impresa, ovvero alle ODV, alle APS e alle ONLUS. Successivamente, il Fondo è stato ulteriormente incrementato per il 2021: di 100 milioni di euro dal decreto legge n. 41 del 2021 e di 60 milioni dal decreto legge n. 73 del 2021, di cui una quota di 20 milioni destinata al riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore degli enti non commerciali residenti, degli enti religiosi civilmente riconosciuti, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte nella relativa anagrafe, titolari di partita IVA, fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che svolgono attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, in regime diurno, semiresidenziale e residenziale a favore di anziani non autosufficienti e disabili, ancorché svolte da enti pubblici (risorse ripartite con Decreto interministeriale 10 gennaio 2022).

Il Decreto interministeriale del 30 ottobre 2021 ha invece individuato i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie, pari a complessivi 210 milioni di euro, messe a disposizione dai supra citati decreti leggi.

In ultimo, al fine di sostenere gli ETS e gli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale, semiresidenziale rivolti a persone con disabilità, a fronte dell'aumento dei costi dell'energia termica ed elettrica nel terzo e quarto trimestre del 2022, il decreto legge n. 144 del 2021 ha istituito un apposito fondo, con una dotazione di 120 milioni di euro per il 2022. Un ulteriore Fondo 50 milioni è stato istituito a favore degli enti iscritti al RUNTS, le ODV e le APS coinvolte nel processo di trasmigrazione nonché le ONLUS per i maggiori oneri sostenuti nell'anno 2022 per l'acquisto della componente energia e del gas naturale.

Focus
Documenti e risorse WEB
 
Revisione della disciplina in materia di impresa sociale (D. Lgs. 112/2017)
29/09/2022

L'impresa sociale è  specificamente regolata dal D. Lgs. 112/2017, attuativo della legge delega 106/2016, anche se occorre ricordare che tale decreto non esaurisce la disciplina dell'impresa sociale. A tale ente si applicano, se compatibili,  le norme di cui al D. Lgs. 117/2017 recante il Codice del terzo settore, nonché, per gli aspetti che rimangono ancora non disciplinati, le disposizioni del Codice civile concernenti la forma giuridica in cui l'impresa sociale è costituita (art. 1, comma 5, D.Lgs. 112/2017).

Il D. Lgs. 112/2017 Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, a norma dell'articolo 2, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106 ha  definito imprese sociali "tutti gli enti privati che esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività". Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica, le amministrazioni pubbliche (incluse le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni e gli enti locali e loro consorzi e associazioni, tutti gli enti pubblici non economici, nazionali regionali locali), e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del Decreto 112/2017 si applicano a particolari condizioni. Le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Ad esse le disposizioni del Decreto 112/2017 si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili.

Si allargano i settori di attività dell'impresa sociale. Di nuova introduzione (rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006) sono, fra le altre,  le attività ascrivibili a: ricerca scientifica di particolare interesse sociale; organizzazione e gestione di attività culturali, turistiche o ricreative di particolare interesse sociale; riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata; alloggio sociale; microcredito; agricoltura sociale.

Quale ente del Terzo settore, l'impresa sociale non può avere come scopo principale quello di distribuire ai propri soci, amministratori, dipendenti, ecc., gli utili ed avanzi di gestione, i quali devono essere destinati allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio. In deroga al generale divieto, il decreto consente - innovando rispetto alla disciplina previgente - la distribuzione di una quota degli utili e degli avanzi di gestione annuali. Tale quota deve comunque essere inferiore al cinquanta per cento degli utili e avanzi complessivi, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti. La distribuzione di tale quota è ammessa per le imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, solo nelle seguenti modalità:

  • aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell'indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall'ISTAT per il periodo corrispondente a quello dell'esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti;
  • distribuzione di dividendi ai soci, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l'emissione di strumenti finanziari, in misura comunque non superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.

Per quanto riguarda le scritture contabili, le imprese sociali hanno l'obbligo di:

- tenere il libro giornale e il libro degli inventari;

- redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile, in quanto compatibili;

- depositare presso il registro delle imprese e pubblicare nel proprio sito internet il bilancio sociale.

Il decreto prevede disposizioni dirette a favorire il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e degli stakeholders di riferimento. Tali disposizioni non si applicano alle cooperative a mutualità prevalente e agli enti ecclesiastici. Il coinvolgimento si attua attraverso strumenti di consultazione o partecipazione, onde esercitare un'influenza sulle decisioni dell'impresa sociale, con specifico (ma non esclusivo) riguardo alle condizioni di lavoro ed alla qualità dei beni e servizi prodotti o scambiati.

Per quanto riguarda la disciplina del lavoro, il decreto ribadisce il principio della non inferiorità del trattamento economico e normativo dei lavoratori dell'impresa sociale rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi. Aggiunge un limite all'eventuale divario salariale tra i lavoratori dipendenti dell'impresa sociale. Tale divario non può essere superiore al rapporto (calcolato sulla retribuzione annuale lorda) di uno ad otto. È ribadita l'ammissione della prestazione di attività di volontariato all'interno dell'impresa sociale (i volontari non possono superare i lavoratori).

Si ricorda infine che le imprese sociali possono destinare una quota non superiore al tre per cento degli utili netti annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, a fondi istituiti dagli enti e dalle associazioni (anche enti associativi riconosciuti), nonché dalla Fondazione Italia Sociale, specificamente ed esclusivamente destinati alla promozione e allo sviluppo delle imprese sociali attraverso azioni ed iniziative di varia natura, quali il finanziamento di progetti di studio e di ricerca in tema di impresa sociale o di attività di formazione dei lavoratori dell'impresa sociale, la promozione della costituzione di imprese sociali o di loro enti associativi, o il finanziamento di specifici programmi di sviluppo di imprese sociali o di loro enti associativi.

Per quanto riguarda le disposizioni fiscali, è prevista la defiscalizzazione degli utili se investiti per intero nell'attività dell'impresa sociale nonché la detrazione IRPEF del 30% delle somme investite dai privati ( fino ad un milione di euro) e mantenute per un limite di tre anni, nonché  la deduzione IRES del 30% sulle somme delle somme investite da imprese e mantenute per almeno tre anni.

Successivamente, nel corso di incontri del Governo con attori istituzionali (Commissione politiche sociali della Conferenza Stato – Regioni, Amministrazione finanziaria, rappresentanti del Notariato) e a seguito di riunioni con il Consiglio nazionale del Terzo settore, è emersa l'esigenza di apportare correzioni alla nuova normativa sulla impresa sociale. Il 21 marzo 2018, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare lo Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 112, recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale. Lo schema di decreto (A.G. 019) è stato quindi trasmesso alle Camere per l'espressione del parere.  Le questioni emerse, oggetto dell'intervento in esame, riguardano:

Le questioni oggetto dell'intervento riguardano:

  • l'aggiornamento del calcolo della quota di lavoratori qualificati come "molto svantaggiati" dipendenti dell'impresa sociale;
  • l'esplicitazione della disciplina applicabile in materia di cooperative, con specifico riguardo ai ristorni ed alle operazioni straordinarie;
  • il rapporto tra imprese sociali e pubbliche amministrazioni: il divieto per queste ultime di assumere la direzione, il coordinamento o il controllo di un'impresa sociale potrebbe risultare impeditivo dell'acquisto della qualifica di impresa sociale per quegli enti privati (ex IPAB) per i quali la preposizione alla presidenza dell'organo di amministrazione di un rappresentante della P.A. non è associata ad un effettivo potere di direzione;
  • l'adeguamento degli statuti delle imprese sociali alle novità legislative con la maggioranza prevista per l'assemblea ordinaria, che non dovrebbe essere utilizzata per approvare ulteriori modifiche non richieste;
  • la previsione di forme di collaborazione tra le diverse amministrazioni competenti in materia di controlli sulle imprese sociali;
  • la previsione di un limite temporale volto a circoscrivere le agevolazioni fiscali sugli investimenti a favore delle imprese sociali, unitamente al ridotto limite temporale di mantenimento dell'investimento.

Le Commissioni speciali di Camera e Senato hanno espresso parere sul provvedimento: al Senato il 22 maggio 2018  (parere favorevole condizionato) e il 7 giugno alla Camera (parere favorevole con osservazioni).

Sulla G.U 185 del 10 agosto 2018, è stato infine pubblicato il D. Lgs. 20 luglio 2018, n. 95, Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, ai sensi dell'articolo 1, comma 7, della legge 6 giugno 2016, n. 106.

 
Misure a sostegno del Terzo Settore nel periodo emergenziale da COVID-19
29/09/2022

Nella prima fase emergenziale, il decreto legge n. 18 del 2020 ha introdotto misure volte a tutelare gli enti del Terzo Settore dalle conseguenze negative della pandemia, quali: l'estensione dell'accesso alla cassa integrazione in deroga anche per gli enti del Terzo settore; sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria; proroga dei termini (al 31 maggio 2021) per l'approvazione del bilancio di esercizio da parte di associazioni e fondazioni, per lo svolgimento delle assemblee chiamate ad approvare i bilanci 2019 e a deliberare le eventuali modifiche statutarie necessarie a conformarsi al codice del Terzo settore e alla riforma dell'impresa sociale (per una trattazione esaustiva della materia si rinvia a un focus dedicato di  Cantiere Terzo settore).

Successivamente, a sostegno del Terzo Settore, il decreto legge n. 34 del  2020, cd. decreto Rilancio (L. 17 luglio 2020, n. 77), è intervenuto prevedendo un importante incremento del ruolo e delle risorse disponibili per la realizzazione degli interventi delle organizzazioni di volontariato, delle associazioni di promozione sociale e delle fondazioni del Terzo Settore finalizzati a fronteggiare l'emergenza.  Più nel dettaglio:

  • è stata riconosciuta l'importanza della collaborazione degli enti del Terzo settore (ETS) con le amministrazioni pubbliche. Nell'ambito dell'articolo 1 in materia di assistenza territoriale, il comma 4-bis ha previsto la stipula di una Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla base della quale vengono attribuiti al Ministero della salute incarichi di coordinamento per la sperimentazione, nel biennio 2020-2021, di strutture di prossimità, ispirate al principio della piena integrazione sociosanitaria. In tale sperimentazione devono essere coinvolte tutte le istituzioni presenti sul territorio unitamente al volontariato locale ed a enti del terzo settore;
  • è stato autorizzato (art. 67) l'incremento di 100  milioni di euro per il 2020 della dotazione del Fondo per il finanziamento di progetti e di attività di interesse generale del Terzo settore, che prevede trasferimenti per i progetti presentati da ETS  in base agli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attività individuati dal Decreto Ministeriale n. 93 del 7 agosto 2020. Tali risorse sono aggiuntive rispetto a quelle assegnate al Fondo dalla  legge di bilancio 2020 (pari a 34 milioni di euro, ai quali sono stati aggiunti i 17 milioni di euro destinati al sostegno degli ETS per le attività non aventi carattere progettuale) assegnati sulla base del  D.M. 44 del 12 marzo 2020;
  • è stata modificata la disciplina dei contributi per la sicurezza e il potenziamento dei presìdi sanitari (art. 77), prevedendo contributi non solo alle imprese, come originariamente previsto, ma anche agli enti del terzo settore per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale;
  • sono state accellerate le procedure di riparto del 5 per mille anticipandone al 2020 l'erogazione relativamente all'anno finanziario 2019, con la finalità di favorire gli enti del terzo settore che svolgono attività di rilevante interesse sociale (art. 156);
  • sono stati autorizzati trasferimenti volti al sostegno degli ETS nelle Regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), pari a 100 milioni per l'anno 2020 (di cui 20 milioni riservati ad interventi per il contrasto alla povertà educativa) e di 20 milioni per l'anno 2021, con la finalità di rafforzare l'azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19,  L'ambito di applicazione della misura è stato poi esteso agli enti del terzo settore operanti alle regioni Lombardia e Veneto, particolarmente colpite dall'emergenza epidemiologica da Covid-19. La concessione dei contributi è a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020. ll contributo è concesso in forma di sovvenzione diretta per il finanziamento dei costi ammissibili e a seguito di selezione pubblica, nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento ed è cumulabile con il sostegno proveniente da altre fonti per gli stessi costi ammissibili. In proposito, l'Agenzia per la Coesione territoriale provvederà ad indire uno o più avvisi pubblici finalizzati all'assegnazione del contributo, che si configuerà a fondo perduto;
  • sono state approvate una serie di misure indirette, segnatamente sotto il profilo fiscale nella forma del credito d'imposta, anche a favore degli enti del Terzo settore, quali: un credito d'imposta nella misura del 60% dell'ammontare mensile in relazione al canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell'attività istituzionale a favore anche degli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e degli enti religiosi civilmente riconosciuti con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro, che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi (art. 28); misure agevolative in materia di Ecobonus, sismabonus, fotovoltaico e colonnine veicoli elettrici,  per gli interventi effettuati anche dagli enti del Terzo settore (art. 119); un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 80.000 euro, per gli interventi necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus COVID-19 esteso anche alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore. Il credito d'imposta è cumulabile con altre agevolazioni per le medesime spese, comunque nel limite dei costi sostenuti (art. 120); l'applicazione anche da parte degli enti del Terzo Settore dell'istituto della cessione dei crediti d'imposta, anche a istituti di credito e altri intermediari finanziari, per i canoni di locazione, la sanificazione e l'adeguamento degli ambienti di lavoro nonché per l'acquisto dei dispositivi di protezione individuali (art. 122); un credito d'imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro, per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, di prodotti detergenti e disinfettanti, prodotti e installazioni relativi a dispositivi di sicurezza diversi da quelli di protezione individuale, quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, c e di dispositivi per garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi (art. 125).

In segito, l'art. 64, comma 3, del decreto legge n. 104 del 2020 (c.d. Decreto agosto) ha esteso agli enti del Terzo settore (compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, esercenti attività di impresa o commerciale, anche in via non esclusiva o prevalente o finalizzata all'autofinanziamento) l'accesso alle risorse del Fondo di garanzia per le PMI, come previsto dall'art. 13, comma 12-bis, del decreto legge n. 23 del 2020 (c.d. Decreto Liquidità), che ha destinato, fino ad un importo di 100 milioni, all'erogazione della garanzia al 100% sui finanziamenti di importo fino a 30.000 euro con durata superore a 120 mesi. Gli enti non profit, a differenza delle imprese, potranno accedere al credito tenendo conto non solo dei ricavi ma anche di rendite, proventi o entrate, comunque denominate.

Si segnala inoltre che l'art. 13-quaterdecies del decreto legge n. 137 del 2020  (c.d. Ristori) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il "Fondo straordinario per il sostegno degli enti del Terzo settore" con una dotazione per il 2021 pari a 70 milioni di euro. Il Fondo, istituito per far fronte alla crisi economica degli enti del  Terzo settore,  determinatasi  in  ragione  delle  misure  in  materia   di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, è espressamente rivolto alle organizzazioni di Terzo settore che non svolgono attività di impresa, ovvero  alle  organizzazioni  di volontariato, alle associazioni di promozione, nonché alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. I criteri di ripartizione delle risorse del  Fondo saranno fissati con decreto interministeriale Lavoro/MEF, da adottarsi previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Successivamente, il Fondo è stato incrementato dall'art. 14 del decreto legge n. 41 del 2021 (c.d. Decreto sostegni) di ulteriori 100 milioni di euro per il 2021. Il Fondo è stato ulteriormente incrementato di 60 milioni di euro, per il 2021, dall'art. 1-quater del decreto legge n. 73 del 2021 (c.d. Sostegni bis), di cui una quota di 20 milioni destinata al riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore degli enti non commerciali residenti, degli enti religiosi civilmente riconosciuti, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte nella relativa anagrafe, titolari di partita IVA, fiscalmente residenti nel territorio dello Stato e che svolgono attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, in regime diurno, semiresidenziale e residenziale a favore di anziani non autosufficienti e disabili, ancorché svolte da enti pubblici. Tali ultime risorse sono state ripartite dal Decreto interministeriale 10 gennaio 2022.

In ultimo, al fine di sostenere gli ETS e gli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale, semiresidenziale rivolti a persone con disabilità, a fronte dell'aumento dei costi dell'energia termica ed elettrica nel terzo e quarto trimestre del 2022, il decreto legge n. 144 del 2021ha istituito un apposito fondo, con una dotazione di 120 milioni di euro per il 2022. Un ulteriore Fondo 50 milioni è stato istituito a favore degli enti iscritti al RUNTS, le ODV e le APS coinvolte nel processo di trasmigrazione nonché le ONLUS per i maggiori oneri sostenuti nell'anno 2022 per l'acquisto della componente energia e del gas naturale.

 
Istituti pubblici di assistenza e beneficenza - IPAB
29/09/2022

L'articolo 1-quinquies del decreto legge n. 73 del 2021 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia delle finanze, un Fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2021, che costituiscono il limite di spesa per il riconoscimento dei maggiori costi sostenuti dalle IPAB negli anni 2020 e 2021 in ragione dell'emergenza COVID-19. Il contributo straordinario è riconosciuto a titolo compensativo a favore di ciascuna delle IPAB sulla base dei costi sostenuti per:
- la sanificazione dei locali;
- l'adozione di dispositivi di protezione personali per ospiti e operatori;
- l'adeguamento strutturale dei locali.
Il riparto del Fondo tra le regioni e le province autonome interessate è disposto con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame. Il riparto delle risorse tra le regioni interessate si effettua in proporzione alle IPAB presenti nel territorio delle regioni di riferimento. Inoltre con il medesimo decreto sono individuati i criteri e le modalità per la concessione del sostegno economico.

Si ricorda che, il processo nazionale di riordino delle IPAB, ancora in corso, è stato avviato con la promulgazione del D.Lgs. n. 207 del 2001, che prevede all'art. 2, in via generale, che le "Istituzioni che operano prevalentemente nel campo socio-assistenziale sono inserite nel sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui all'art. 22 della legge 328 del 2000, nel rispetto delle loro finalità e specificità statutarie". Inoltre, il D. Lgs. n. 207 declina per le IPAB due differenti soluzioni:
- le istituzioni che svolgono in via diretta attività di erogazione di servizi assistenziali sono chiamate ad operare una trasformazione in Aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP) con personalità giuridica di diritto pubblico. In questi casi, il carattere pubblico dell'ente può rinvenirsi quando sussistono contestualmente tutti i seguenti requisiti: l'assenza del fine di lucro, la costituzione dell'ente ad opera dello Stato, mediante atto normativo od amministrativo, l'assoggettamento a controlli, più o meno penetranti, da parte dell'autorità governativa, l'ingerenza dello Stato o di altra pubblica amministrazione nella gestione dell'ente e nella predisposizione di mezzi finanziari a sostegno dell'ente e la partecipazione dello Stato o di altra pubblica amministrazione alla nomina ed alla revoca degli organi direttivi dell'ente;
- il mutamento in fondazioni o associazioni di diritto privato è destinato alle istituzioni per le quali siano accertate le condizioni prescritte dal D.p.c.m. 16 febbraio 1990. Quest'ultimo decreto indicava tre requisitivi alternativamente necessari a riconoscere la personalità giuridica di diritto privato delle ex IPAB a carattere regionale che erano: il carattere associativo e quello di istituzione promossa ed amministrata da privati e l'ispirazione religiosa.
In tale quadro, il D.Lgs. n. 207/2001 ha rinviato alla disciplina regionale la definizione del ruolo e delle funzioni delle IPAB trasformate; le modalità di concertazione con i diversi livelli istituzionali; nonché, in sede di pianificazione territoriale, la definizione delle modalità di partecipazione delle IPAB e della loro rappresentanza alle iniziative di programmazione e gestione dei servizi; oltre che l'apporto delle IPAB al sistema integrato dei servizi sociale e socio-sanitari.
Le ex IPAB non sono state inizialmente ricomprese nel perimetro degli Enti del Terzo settore soltanto nel 2018, con le modifiche introdotte dal Decreto semplificazioni (art. 1, co. 82, della legge n. 145 del 2018 che ha introdotto la lettera b-bis nel corpo del comma 3 dell'art. 79 del Codice del Terzo settore - D.Lgs. n. 117 del 2017) è stato previsto un ulteriore regime di non commercialità per le fondazioni ex IPAB che operano nell'ambito degli interventi e servizi sociali, degli interventi e prestazioni sanitarie, delle prestazioni socio-sanitarie; in questo caso infatti tali attività sono sempre considerate non commerciali. Collegata a questa modifica è quella introdotta all'art. 4, co. 2, del Codice, con la quale è stato rimosso il divieto di entrare a far parte del Terzo Settore a quegli enti «sottoposti a direzione e coordinamento o controllati» degli enti pubblici, situazione nella quale si trovano molte ex IPAB quando – a norma dello statuto – è previsto che una parte più o meno ampia dei Consigli di amministrazione sia di nomina pubblica. Con l'articolo 11-sexies, co. 2, del decreto legge n. 135 del 2018, la norma è stata precisata, ribadendo che possono qualificarsi come ETS «le associazioni o fondazioni di diritto privato ex IPAB derivanti dai processi di trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza o beneficenza […] in quanto la nomina da parte della pubblica amministrazione degli amministratori di tali enti si configura come mera designazione, intesa come espressione della rappresentanza della cittadinanza, e non si configura quindi mandato fiduciario con rappresentanza, sicché è sempre esclusa qualsiasi forma di controllo da parte di quest'ultima».
In ultimo si richiama la sentenza. del Consiglio di Stato (Sent. Cons. Stato Sez. V, n. 6691/09) con la quale è stato sancito il principio che la nomina dei rappresentanti di un istituto ex IPAB da parte del Sindaco ex art. 50, comma 8 del Tuel (D. Lgs. n. 267/2000) non presuppone un rapporto fiduciario come "coincidenza di orientamento politico (o, addirittura, di opinione politica), in quanto tale relazione si deve misurare nel campo delle scelte concrete e nella adesione o meno agli indirizzi amministrativi e di gestione dell'Ente di riferimento". Non sussisterebbe infatti, ad esempio, potestà di revoca (cd. spoil system) di tali rappresentanti da parte della nuova carica di sindaco a seguito di eventuali elezioni amministrative comunali.
 
Statuto della Fondazione Italia sociale (D.P.R. 28 luglio 2017)
29/09/2022

Il D.P.R. 28 luglio 2017 Approvazione dello statuto della Fondazione Italia sociale (qui l'iter parlamentare del provvedimento) definisce la Fondazione Italia sociale una persona giuridica privata che  risponde ai princìpi e allo schema giuridico della fondazione di partecipazione, senza scopo di lucro e con durata illimitata. Scopo della Fondazione quello di sostenere la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del Terzo settore, svolgendo una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell'intervento pubblico. Il patrimonio della Fondazione è costituito da una dotazione iniziale, conferita dallo Stato, pari a un milione di euro. La Fondazione dovrà trasmettere alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sulle attività svolte per il perseguimento degli scopi istituzionali, sui risultati conseguiti, sull'entità e articolazione del patrimonio, nonché sull'utilizzo della dotazione iniziale di un milione di euro.

 
Le modifiche alla disciplina del servizio civile: il D.Lgs. 43/2018
29/09/2022

Nel mese di aprile 2018 è stato adottato il decreto legislativo n. 43 del 2018 recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40.

Le modifiche al decreto legislativo n. 40 del 2017 attengono, in particolare, ai seguenti profili:

  •  la specificazione ed ampliamento dei settori di intervento del servizio civile universale, sì da ricomprendervi l'educazione e promozione "paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale" ;
  • un rafforzato coinvolgimento delle Regioni in sede di programmazione, tale da esprimersi mediante con l'intesa (non già il parere, come invece previsto nel decreto legislativo n. 40 del 2017) della Conferenza permanente;
  • le reti che gli enti di servizio civile universale possono costituire con altri soggetti pubblici e privati;
  • modalità di elezione e rinnovo della Rappresentanza degli operatori volontari;
  • programmazione finanziaria delle risorse necessarie per le elezioni ed assemblee della Rappresentanza;
  • la composizione della Consulta nazionale per il servizio civile universale;
  • modalità di pubblicità della selezione dei giovani da avviare al servizio civile universale;
  • l'articolazione dell'impegno settimanale di cui consta il rapporto di servizio civile universale;
  • la parametrazione del trattamento economico del personale volontario impiegato nella cooperazione allo sviluppo sul trattamento dei giovani ammessi a svolgere il servizio civile universale.

Nella relazione illustrativa si evidenziano le ragioni dell'intervento, identificate in particolare nelle criticità emerse dall'attuazione del decreto legislativo n. 40 del 2017 che hanno reso necessario un intervento normativo integrativo e correttivo. Sono richiamati in particolare i seguenti profili critici emersi in sede di prima attuazione:
  • il ruolo attribuito alle Regioni nell'ambito del sistema, che ha determinato da parte di alcune (Lombardia e Veneto) l'instaurazione di giudizi di legittimità costituzionale avverso le correlative disposizioni del decreto legislativo n. 40 del 2017;
  • la mancata previsione di alcuni settori di intervento, che pur sono andati sviluppandosi nel tempo;
  • la difficoltà di attuazione dell'istituzione della Rappresentanza degli operatori volontari;
  • una ridotta partecipazione dei soggetti in seno alla Consulta nazionale per il servizio civile universale;
  • una non adeguata pubblicità della procedura di selezione dei giovani da avviare al servizio civile universale da parte degli enti iscritti all'Albo.

Il servizio civile universale 

Nell'ambito della legge per la riforma del Terzo settore, è stato istituito il servizio civile "universale", finalizzato alla "difesa non armata e nonviolenta della Patria, all'educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica". Il servizio civile è rivolto ai giovani e investe ambiti quali: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all'estero.

Il testo di riforma (decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40)  dispone dunque, in primo luogo l'istituzione del servizio civile "universale" (nella precedente normativa il riferimento era al servizio civile "nazionale") finalizzato alla difesa non armata e nonviolenta della Patria, all'educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica.

I settori di intervento in cui si realizzano le finalità del servizio civile universale sono: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all'estero.

Alla base della programmazione del servizio civile universale è collocato il Piano triennale, modulato per Piani annuali; tali Piani sono predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sentite le amministrazioni competenti in base al settore e sono approvati con DPCM, previo parere della Consulta nazionale per il servizio civile universale e intesa della Conferenza Stato-regioni. Il Piano triennale è attuato mediante programmi di intervento proposti dagli enti di servizio civile universale che si articolano, a loro volta, in progetti i quali indicano: le azioni; il numero e la distribuzione degli operatori volontari nelle sedi di attuazione il personale dell'ente coinvolto.

La Presidenza del Consiglio cura l'amministrazione e la programmazione annuale delle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile, alimentato con le risorse derivanti dal bilancio dello Stato nonché da altre fonti pubbliche e private, comprese quelle comunitarie. A tal fine elabora ogni anno - previo parere della Consulta nazionale del servizio civile universale e della Conferenza Stato-Regioni - un documento di programmazione finanziaria, che dispone la ripartizione delle risorse occorrenti per la realizzazione del servizio civile.

Quanto alle modalità di presentazione dei programmi di intervento, a seguito di avviso pubblico questi sono presentati da soggetti iscritti all'Albo, e sono approvati dalla Presidenza del Consiglio (alla quale sono trasmessi esclusivamente per via telematica), sentite le regioni interessate. Il decreto con l'elencazione dei programmi è pubblicato sul sito istituzionale.

E' consentito alle regioni, agli enti locali, agli altri enti pubblici territoriali e agli enti di Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati all'Albo, previa approvazione della Presidenza del Consiglio.

E' dunque individuata nella Presidenza del Consiglio l'amministrazione competente a svolgere le funzioni attribuite allo Stato, che riguardano la programmazione, l'organizzazione e l'attuazione del servizio civile universale, nonché l'accreditamento degli enti e le attività di controllo.

Le funzioni svolte dalle regioni e dalle province autonome sono individuate nella partecipazione alle attività di programmazione e di valutazione dei programmi di intervento del servizi civile, nonché, sulla base di specifici accordi con lo Stato, nella formazione del personale e nelle attività di controllo.

Il testo definisce i compiti degli enti di servizio civile nazionale ed è prevista la possibilità che gli stessi costituiscano reti con altri soggetti pubblici e privati.

Viene quindi  istituito l'Albo degli enti di servizio civile universale presso la Presidenza del Consiglio e sono disciplinati i livelli minimi di capacità organizzativa per la relativa iscrizione.
Sono altresì disciplinati il ruolo ed i compiti assegnati agli operatori volontari del servizio civile nazionale, che sono i giovani ammessi a svolgere il servizio civile universale a seguito di bandi pubblici di selezione e che svolgono le attività previste nell'ambito dei progetti, nel rispetto di quanto stabilito dal contratto. Viene al contempo istituita la Rappresentanza nazionale degli operatori volontari al fine di assicurare in modo costante il confronto tra Stato e operatori.

Il servizio civile universale può essere svolto in Italia o all'estero. In ogni caso, anche i soggetti ammessi a svolgere il servizio civile universale in Italia, possono effettuare un periodo di servizio all'estero entro certi limiti. Sia per i programmi di intervento in Italia sia per quelli all'estero è prevista l'erogazione di contributi finanziari agli enti da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, nei limiti delle risorse annualmente assegnate al Fondo nazionale per il servizio civile, destinati alla parziale copertura delle spese sostenute per le finalità indicate dal testo.

Quanto ai requisiti di partecipazione al servizio civile universale, rimane fermo il requisito anagrafico (età compresa tra 18 e 28 anni) e, oltre ai cittadini italiani, sono ammessi i cittadini degli altri Stati dell'Unione europea nonché – in aderenza con la giurisprudenza costituzionale sul punto – gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.

Il testo definisce quindi lo status di operatore volontario e ne disciplina diritti e doveri, precisando la natura del servizio civile universale. In particolare, la durata è pari a minimo 8 e massimo 12 mesi; è riconosciuto, in capo agli operatori volontari, il diritto-dovere della formazione.

Quanto al monte orario previsto, questo è complessivamente di 25 ore se settimanali; se annuo, corrisponde ad un massimo di 1145 ore, qualora sia calibrato su dodici mesi; ad un massimo di 765 ore, qualora sia su otto mesi.
E' disciplinato il trattamento economico e giuridico degli operatori volontari prevedendo, in particolare, la corresponsione di un assegno, da erogare nel rispetto di specifici criteri, la cui quantificazione è demandata al documento di programmazione finanziaria.

A seguito dell'attività svolta viene rilasciato un attestato; sono infatti riconosciuti una serie di benefici nel campo dell'istruzione e dell'inserimento lavorativo per gli operatori volontari che hanno svolto attività di servizio civile, quali crediti formativi universitari, collocamento nel mercato del lavoro, possibili titoli di preferenza nei concorsi pubblici se previsto dai bandi. La cessazione anticipata del rapporto di servizio civile universale comporta, salvo documentati motivi di salute o forza maggiore, la decadenza da tali benefici.

Alla Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base di uno specifico piano annuale (pubblicato sul sito internet), compete un controllo sulla gestione delle attività degli enti. La Presidenza del consiglio svolge altresì una valutazione concernente l'impatto dei programmi di intervento sui territori e sulle comunità locali interessate; i relativi risultati affluiscono in un rapporto annuale, da pubblicare sul sito istituzionale. Ad essa è inoltre affidato il compito di effettuare verifiche ispettive, da realizzarsi presso gli enti anche per il tramite delle regioni e delle province autonome ovvero del Ministero degli affari esteri per gli interventi all'estero.