La tutela della qualità delle produzioni agroalimentari è, in sede europea, un complemento alla politica di sviluppo rurale e alle politiche di sostegno dei mercati e dei redditi nell'ambito della politica agricola comune e rappresenta in particolare per l'Italia uno dei principali obiettivi della politica agroalimentare, considerato che il nostro è il Paese vanta in Europa il maggior numero di prodotti a marchio registrato, oggetto di numerosi e sofisticati tentativi di contraffazione. La disciplina sull'etichettatura dei prodotti e sulle conseguenti informazioni ai consumatori costituisce anch'essa un aspetto della tutela della qualità del prodotto. Nel corso della XVII legislatura, l'Italia ha implementato la legislazione europea, con norme interne finalizzate alla tutela delle produzioni agroalimentari di qualità, come quelle che prevedono l'indicazione obbligatoria dell'origine della materia prima in etichetta per taluni prodotti agricoli.
In merito all'indicazione in etichetta dell'origine del prodotto, l'impostazione ancora prevalente in sede europea tende ancora a ritenere - in generale - incompatibile con il mercato unico la presunzione che vi sia una particolare qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di un prodotto alimentare, perché discriminatorio nei confronti degli altri Stati membri.
In sostanza, si ritiene che se due prodotti provenienti da Paesi europei diversi non presentano alcuna differenza sul piano merceologico, chimico, organolettico, non vi è alcuna necessità di indicarne l'origine in quanto questa non sarebbe una informazione necessaria. Fanno eccezione solo i prodotti a denominazione di origine protetta (Dop) e a indicazioni di provenienza protette (Igp), per le quali l'indicazione della provenienza costituisce uno degli elementi qualificanti del disciplinare di produzione e dunque della particolare qualità del prodotto stesso.
Per gli altri prodotti, vige il principio che l'indicazione del luogo d'origine o di provenienza è obbligatoria solo se la relativa omissione può indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare (art. 3 della direttiva 2000/13/UE, recepito dall'art. 3 del D.Lgs. n. 109/1992).
Il principio sopra esposto è stato confermato anche dal Regolamento n. 1169/2011 (UE), il quale si applica a tutti gli alimenti destinati al consumatore finale, inclusi i prodotti destinati al consumo immediato presso ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione (non ricompresi dalla precedente direttiva 2000/13/UE).
Restano esclusi dall'ambito di applicazione del Regolamento gli alimenti non preimballati, gli alimenti imballati nei luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta.
In particolare, il Regolamento 1169/2011 estende l'obbligo di indicare il luogo d'origine o di provenienza a carni fresche, refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili (a decorrere dal 1° aprile 2015, ai sensi del regolamento attuativo n. 1337/2013) (art. 26, par. 2).
Le norme prevedono l'obbligo di indicare il Paese in cui l'animale è stato allevato per la maggior parte della sua vita, insieme con l'indicazione del paese di macellazione. Le nuove disposizioni si applicano a partire dal 1º aprile 2015 alle carni preimballate, ma gli Stati membri possono decidere di estenderle anche alle carni non preimballate.
Per le carni bovine l'obbligo di indicazione di origine (paese di nascita, ingrasso e macello) è già esistente sulla base della normativa europea sopravvenuta ai fenomeni di encefalopatia spongiforme bovina (la cosiddetta "mucca pazza").
Mentre, per i seguenti alimenti:
a) tipi di carni diverse dalle bovine e dalle suine, ovine, caprine e di volatili (dunque, equine, di coniglio, di renna e di cervo, di selvaggina e di allevamento, nonché di volatili diversi da pollo, tacchino, anatra, oca e faraona);
b) latte;
c) latte usato quale ingrediente di prodotti lattiero-caseari;
d) alimenti non trasformati;
e) prodotti a base di un unico ingrediente;
f) ingredienti che rappresentano più del 50% di un alimento.
è previsto che la Commissione presenti al Parlamento europeo e al Consiglio relazioni sull'indicazione obbligatoria del paese d'origine o del luogo di provenienza per i seguenti alimenti:
Appare, poi, opportuno ricordare che per taluni alimenti, quali la carne bovina già citata, è già obbligatoria in via generale l'indicazione dell'origine, in forza di norme europee diverse e specifiche rispetto a quelle del Regolamento 1169/2011 e in base a disposizioni nazionali.
Le norme di etichettatura obbligatoria di origine - oltre alla disciplina in materia di agricoltura biologica - esistono, in particolare, per diversi prodotti, quali:
Il legislatore nazionale, anche attraverso una continua attività di sensibilizzazione svolta in tal senso dalle Commissioni agricoltura di Camera e Senato, ha tradizionalmente attribuito grande rilievo alla possibilità di definire una legislazione che consentisse di indicare l'origine nazionale della produzione agroalimentare, ai fini della tutela della qualità e della relativa autenticità del prodotto stesso. La produzione nazionale alimentare è considerata una delle eccellenze, e, pertanto, il suo legame territoriale è stato ritenuto costantemente elemento di pregio – quindi degno di segnalazione al consumatore - anche per le produzioni non "a denominazione protetta".
La legge n. 4/2011 in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari, adottata nella XVI legislatura, con il fine di assicurare una completa informazione ai consumatori, dispone l'obbligo (artt. 4 e 5), per i prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati, di riportare nell'etichetta anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza. L'etichetta deve altresì, in conformità alla normativa dell'Unione europea, segnalare l'eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati (OGM) dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale.
Secondo la legge, per i prodotti alimentari trasformati, l'indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti.
Sono previste sanzioni per chi non si adegua agli obblighi previsti dalla legge (articolo 4, comma 10, che dispone una sanzione amministrativa pecuniaria fra 1.600 euro e 9.500 euro per i prodotti non etichettati correttamente).
Le modalità applicative della legge n. 4/2011 sono state demandate a decreti interministeriali chiamati a definire, all'interno di ciascuna filiera alimentare, quali prodotti alimentari saranno assoggettati all'etichettatura d'origine (art. 4, comma 3).
Facendo seguito all'attività di sensibilizzazione verso l'indicazione in etichetta dell'origine del latte - come di altri prodotti di particolare importanza per il nostro settore agroalimentare - è stato presentato alle Camere, e assegnato alle Commissioni parlamentari agricoltura di Camera e Senato, per l'espressione del relativo parere, lo schema di decreto interministeriale concernente l'indicazione dell'origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattiero-caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (atto del Governo n. 361). Entrambe le Commissioni parlamentari hanno espresso parere favorevole su tale provvedimento il 6 dicembre 2016.
E' stato quindi emanato il decreto 9 dicembre 2016 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 2017), composto da 7 articoli, applicabile a tutti i tipi di latte e ai prodotti lattiero-caseari indicati nell'Allegato 1, preimballati e destinati al consumo umano, ad eccezione dei prodotti a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP), ai prodotti biologici e al latte fresco, per i quali continuano ad applicarsi le relative specifiche disposizioni.
Per indicare l'origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari in etichetta si deve far riferimento alle seguenti diciture:
Qualora il Paese di mungitura e di trasformazione sia lo stesso è possibile utilizzare la dicitura "origine del latte" ivi indicando il nome del Paese.
Nel caso in cui le operazioni di mungitura e di condizionamento siano realizzate nei territorio di più Paesi membri dell'Unione europea o di più Paesi situati al di fuori dell'Unione europea, si potranno utilizzare le seguenti diciture:
Nel secondo caso:
Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali può avviare apposite campagne di promozione dei sistemi di etichettatura previsti. Le diciture sull'origine riportate in etichetta devono figurare in modo visibile, essere facilmente leggibili ed essere indelebili.
Per le violazioni degli obblighi previsti dal decreto si applicano le sanzioni previste dall'articolo 4, comma 10, della legge 3 febbraio 2011, n. 4, (sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.500 euro).
Le disposizioni ivi previste non si applicano al latte e ai prodotti lattiero-caseari fabbricati legalmente o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o in un Paese terzo. Le disposizioni relative all'indicazione dell'origine del latte avranno, quindi, efficacia per i soli produttori nazionali.
Viene, inoltre, previsto che:
Sulla falsariga di quanto disposto dal decreto relativo all'indicazione dell'origine del latte, sono stati emanati, nel luglio 2017, due ulteriori decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, concernenti, rispettivamente, l'indicazione dell'origine in etichetta del riso (decreto 26 luglio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 agosto 2017), e l'indicazione dell'origine, in etichetta, del grano duro per paste di semola di grano duro (decreto 26 luglio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 agosto 2017).
Per il riso è previsto che sull'etichetta debbano essere indicate le seguenti diciture:
a) "Paese di coltivazione del riso" inteso come nome del Paese nel quale è stato coltivato il riso;
b) "Paese di lavorazione" inteso come Paese nel quale è stata effettuata la lavorazione e/o trasformazione del risone;
c) "paese di confezionamento" inteso come il Paese nel quale è stato confezionato il riso.
1. Sull'etichetta della pasta devono essere indicati:
a) «Paese di coltivazione del grano» inteso come il nome del Paese nel quale è stato coltivato il grano duro;
b) «Paese di molitura»inteso come il nome del Paese nel quale è stata ottenuta la semola di grano duro.
Qualora ciascuna di tali operazioni avviene nei territori di più Paesi dell'Unione euroepa o situati al di fuori della stessa Unione, possono essere utilizzate le diciture "UE", "non UE" "Ue e non UE".
Sono poi riprodotte disposizioni di tenore analogo a quanto previsto per il latte in ordine alle sanzioni, alla clausola di mutuo riconoscimento, all'efficacia delle disposizioni, valide fino sino al 31 dicembre 2020, salvo che intervenga medio tempore una regolamentazione in materia da parte della Commissione europea. I decreti entrano, comunque, in vigore trascorsi 180 giorni dalla loro pubblicazione (articolo 7).
Da ultimo, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 febbraio 2018, il decreto 16 novembre 2017 del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sull'indicazione dell'origine in etichetta del pomodoro.
Il provvedimento si applica esclusivamente ai seguenti prodotti preimballati destinati al consumatore finale:
L'utilizzo in etichetta delle seguenti diciture:
Nel caso in cui il Paese coincida per entrambe le suddette operazioni, l'indicazione di origine potrà prevedere la sola dicitura: Origine del pomodoro: nome del Paese.
Qualora ciascuna delle operazioni di coltivazione e trasformazione avvenga nei territori di più Paesi membri dell'Unione europea o che siano situati al di fuori dell'Unione europea, per indicare il luogo in cui la singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate le seguenti diciture: "UE", "non UE", "UE e non UE".
Le violazioni degli obblighi comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 18, comma 2, del decreto legislativo n. 109 del 1992 (attualmente sostituito del decreto legislativo n. 231 del 2017 che viene descritto nel successivo paragrafo, cui si rimanda).
E' prevista la clausola di mutuo riconoscimento, in base alla quale le disposizioni non si applicano ai prodotti di pomodoro legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o in un Paese terzo.
Le norme si applicano, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2020. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dello sviluppo economico sono chiamati a trasmettere alla Commissione europea, entro il 30 settembre 2020, un rapporto sulla loro applicazione. Nel caso in cui la Commissione europea adotti atti esecutivi relativi ai prodotti di pomodoro prima della scadenza del 31 dicembre 2020, il decreto in esame perde efficacia dal giorno della data di entrata in vigore degli stessi. Si prevede, inoltre, che i prodotti che non soddisfano i requisiti di questo decreto interministeriale, immessi sul mercato o etichettati prima dell'entrata in vigore dello stesso, possano essere commercializzati entro il termine di conservazione previsto in etichetta. L'entrata in vigore del decreto avviene 180 giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (avvenuta - come anticipato - il 26 febbraio 2018).
Il decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 145 (Indicazione obbligatoria della sede di produzione)
Con l'articolo 5, comma 1, della legge di delegazione europea 2015 (legge n. 170 del 2016) il Governo è stato delegato ad emanare decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni stabilite dalla normativa europea in materia di etichettatura e informazione sugli alimenti ai consumatori, prevedendo come principi e criteri specifici: la previsione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, in riferimento alle sole produzioni nazionali di alimenti; la revisione della disciplina delle sanzioni, accentrandone la competenza nel Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela delle qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
In attuazione della suddetta delega, il Governo ha presentato alle Camere, ad aprile 2017, uno schema di decreto legislativo (atto del Governo n. 411) recante la disciplina dell'indicazione obbligatoria nell'etichetta della sede e dell'indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, sul quale le Commissioni parlamentari competenti hanno espresso il proprio parere. E' stato quindi emanato il decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 145 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2017).
La località e l'indirizzo dello stabilimento identificano la sede dello stabilimento di produzione, o se diverso, di confezionamento.
Nel caso in cui l'indicazione della località consenta la facile identificazione dello stabilimento, non è necessario indicarne la sede.
L'indirizzo e la località non devono essere indicati nei casi in cui:
Nel caso in cui l'operatore responsabile dell'informazione abbia più stabilimenti, possono essere indicati tutti gli stabilimenti purché quello effettivo sia evidenziato tramite punzonatura o altro segno.
Le modalità di presentazione dell'obbligo in esame sono quelle indicate nell'articolo 13 del reg. 1169/2011 relativo alle informazioni obbligatorie da far figurare in etichettatura.
Sono, quindi, introdotte specifiche sanzioni in caso di:
L'Autorità competente all'irrogazione delle sanzioni è individuata nell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (comma 1). Il 50% delle entrate derivanti dal pagamento delle sanzioni amministrative è corrisposto, per una quota pari al 35%, ad apposito capitolo del Ministero delle politiche agricole e, per una quota pari al 15%, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero della salute. Esse saranno destinate al miglioramento dell'efficienza dei controlli svolti da entrambi i Ministeri.
L'obbligo di indicare in etichetta la sede di stabilimento o di confezionamento non si applica ai prodotti preimballati che provengono da un altro Stato membro dell'Unione europea o dalla Turchia né ai prodotti provenienti da uno Stato membro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA), c.d. clausola di mutuo riconoscimento.
Viene previsto che le nuove disposizioni abbiano effetto decorsi 180 giorni dalla data di pubblicazione del provvedimento e che gli alimenti immessi sul mercato nei 180 giorni successivi alla pubblicazione del provvedimento, etichettati senza l'indicazione della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento possano essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte.
La risoluzione 8-00132 Oliverio ed altri, approvata dalla XIII Commisione della Camera il 5 agosto scorso, aveva impegnato il Governo:
Il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 231 (Disciplina sanzionatoria per la violazione degli obblighi di informazione)
A settembre 2017, il Governo ha presentato alle Camere un altro schema di decreto legislativo, sempre in attuazione dell'art. 5 della legge n. 170 del 2016, recante la "disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, e adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE" (Atto del Governo n. 456), sul quale le Commissioni parlamentari competenti hanno espresso il loro parere. E' stato quindi emanato il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 231 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'8 febbraio 2018).
Tale decreto legislativo, composto di 31 articoli, provvede:
Le violazioni delle disposizioni del Regolamento n. 1169/2011/UE sono configurate illeciti amministrativi e sanzioni di natura amministrativa pecuniaria, essendo il presidio penale – che viene mantenuto con la previsione della clausola "salvo che il fatto costituisca reato" - assicurato, dagli articoli 515 (Frode nell'esercizio del commercio) e 517 (Vendita di prodotti industriali con segni mendaci) del codice penale.
L'entità delle sanzioni è fissata in una somma compresa tra 500 e 40.000 euro, conformemente alla norma di delega (art. 32, L. 234/2012) che ha previsto limiti edittali minimi e massimi di 150 e 150.000 euro. Nell'ambito di tale forbice edittale e in ragione della gravità della violazione, sono stati individuati cinque scaglioni sanzionatori di importo diverso:
La disciplina relativa alle denominazioni di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari è contenuta in primo luogo nel Regolamento n. 1151/2012 (UE) , entrato in vigore il 3 gennaio 2013, che ha abrogato i previgenti Regolamenti in materia di regime dei prodotti DOP e IGP e a Specialità Tradizionali, Reg. n. 509/2006 (CE) e Reg. n. 510/2006 (CE) .
Il regolamento n. 1151/2012 (UE) rientra nell'ambito del cd. "Pacchetto Qualità", predisposto dalla Commissione europea, alla fine del 2010, allo scopo di definire una politica di qualità dei prodotti agricoli più coerente e finalizzata ad aiutare gli agricoltori nella comunicazione del valore aggiunto dei propri prodotti.
La disciplina sulla tutela della qualità dei prodotti prevista dal Regolamento n. 1151/2012 non si applica, per esplicita previsione dello stesso provvedimento (articolo 2):
Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali opera il Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e delle repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), deputato a svolgere i controlli per la tutela della qualità merceologica, la genuinità dei prodotti e la loro identità, con diversi Uffici territoriali, sedi distaccate, e laboratori di analisi.
Nel corso dei controlli vengono controllate:
La programmazione dell'attività di controllo si basa su una valutazione dell'analisi di rischio basata su: l'importanza socio-economica del settore; il numero di operatori ed il volume delle produzioni; le caratteristiche strutturali ed organizzative della filiera; le criticità riscontrate e gli illeciti storicamente accertati; la situazione congiunturale del settore e gli andamenti del mercato.
In base alla nuova normativa prevista dal regolamento (UE) n. 1151/2012 è, ad oggi, possibile attivare una protezione ex officio da parte di ciascuno Stato membro contro ogni forma di illecito utilizzo delle denominazioni di origine ed indicazioni geografiche. L'ICQRF rappresenta l'Autorità nazionale delegata a far valere tale protezione, potendo adottare le misure preventive previste dall'art. 13, par. 3, del predetto regolamento (UE) n. 1151/2012.
Alle dipendenze funzionali del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali si trovava - fino al 2016 - il Corpo forestale dello Stato, allora forza di polizia ad ordinamento civile, specializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico e nella prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale ed agroalimentare. A seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 (si vedano in particolare gli artt. 7 e 20), il Corpo forestale dello Stato è stato assorbito, dal 2017, nell'Arma dei carabinieri, la quale esercita le funzioni già svolte dal citato Corpo, ad eccezione delle competenze in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e spegnimento con mezzi aerei degli stessi, attribuite al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché delle funzioni attribuite alla Polizia di Stato e al Corpo della guardia di finanza ai sensi dell'articolo 10 del predetto decreto legislativo e delle attività cui provvede il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell'articolo 11 del medesimo decreto. L'Arma dei carabinieri è stata quindi organizzata - a tal fine - in un Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare (C.U.T.F.A.A.), ai sensi dell'art. 8, del citato decreto legislativo n. 177 del 2016, che - tra l'altro - dipende funzionalmente dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali per le materie afferenti alla sicurezza e tutela agroalimentare e forestale.
Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali opera anche il Reparto Pesca Marittima del Corpo delle Capitanerie di Porto (RPM), con compiti di vigilanza sulle attività di pesca marittima, dell'acquacoltura, di salvaguardia delle specie ittiche protette e di controllo sulle merci e derrate provenienti da altri Paesi ed in arrivo presso i porti italiani.
Presso il Ministero della salute, svolgono compiti di vigilanza e controlli il Dipartimento per la sanità pubblica, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti, l'Istituto superiore di sanità, nonché il Comando Carabinieri per la tutela della salute (NAS), mentre a livello territoriale operano i posti di Ispezione frontaliera, gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (U.S.M.A.F.) nonché gli Uffici veterinari per gli adempimenti comunitari (U.V.A.C).
Presso il Ministero dell'economia e delle finanze operano la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle Dogane.
Le regioni partecipano all'attività di controllo attraverso le Aziende sanitarie locali (ASL) e gli Istituti zooprofilattivi sperimentali (IZS). Nella regione Piemonte sono istituiti i servizi antisofistificazione sul vino, facenti capo alle province.
Il decreto-legge n. 91 del 2014 (legge n. 116 del 2014), all'art. 1, commi 1 e 2, ha previsto che si assicuri l'esercizio unitario dell'attività ispettiva nei confronti delle imprese agricole e l'uniformità di comportamento degli organi di vigilanza. Al fine, quindi, di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nei procedimenti di controllo, è stato istituito presso il MIPAAF, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'interno (decreto ministeriale 22 luglio 2015), il registro unico dei controlli ispettivi sulle imprese agricole.
Il medesimo art. 1 del decreto-legge n. 91 del 2014 prevede che per le violazioni alle norme in materia agroalimentare, per le quali è prevista l'applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, l'organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerta per la prima volta l'esistenza di violazioni sanabili, diffida l'interessato ad adempiere alle prescrizioni violate entro il termine di venti giorni dalla data di ricezione dell'atto di diffida e ad elidere le conseguenze dannose o pericolose dell'illecito amministrativo. In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida, entro il termine indicato, l'organo di controllo procede ad effettuare la contestazione (comma 3). Si dispone, infine, che per le violazioni alle norme in materia agroalimentare per le quali è prevista l'applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, la somma, determinata ai sensi dell'articolo 16, primo comma, della legge n. 689 del 1981, è ridotta del trenta per cento se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione (comma 4).
Si ricorda poi che i prodotti italiani sono oggetto di numerosissimi casi di contraffazione, consistenti, prevalentemente nella commercializzazione di prodotti non italiani con l'utilizzo di nomi, parole, immagini che richiamano l'Italia inducendo quindi in maniera ingannevole a credere che si tratti di prodotti italiani.
In materia di lotta alla contraffazione nella XVI legislatura è stata approvata una norma (art. 15 della legge n. 99 del 23 luglio 2009) che ha introdotto nel codice penale l'art. 517-quater, che punisce con la reclusione fino a due anni e la multa fino a 20.000 euro chi contraffà o altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari ovvero introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o pone in vendita tali prodotti al fine di trarne profitto.
Misure di contrasto alla contraffazione di prodotti DOP, quali nello specifico la mozzarella di bufala campana, sono contenute nel citato D.L. n. 91/2014 (all'articolo 4, commi 1-7).
In particolare, le disposizioni prevedono che la produzione della "Mozzarella di Bufala Campana" DOP debba avvenire in uno spazio in cui è lavorato esclusivamente latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della DOP Mozzarella di bufala campana. Si dispone, inoltre, in ordine alla tracciabilità del latte di bufala e dei prodotti trasformati derivanti dall'utilizzo di latte bufalino, introducendo sanzioni amministrative per chi viola i predetti obblighi, salva l'applicazione delle norme penali vigenti.
A tale proposito, si ricorda, infine, che, il 25 settembre 2013, la Camera dei deputati ha nuovamente istituito, nell'intento di proseguire il lavoro istruttorio svolto nel corso della XVI Legislatura, una Commissione monocamerale d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A), la quale si è insediata il 14 maggio 2014 . L'ultima seduta della Commissione si è tenuta il 17 gennaio 2018, nella quale si è deliberato sulla pubblicità degli atti e dei documenti formati o acquisiti dalla Commissione stessa, dopo aver approvato, nella seduta del 19 dicembre 2017, la relazione conclusiva sull'attività della Commissione.