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Temi dell'attività parlamentare

L'Agenda europea sulla migrazione
 
Le ragioni dell'intervento
13/03/2018

L'eccezionale ripresa dei flussi migratori irregolari verso l'Unione europea a partire dal 2015, con particolare riferimento alla rotta del Mediterraneo orientale (dalla Turchia alla Grecia) e a quella del Mediterraneo centrale (prevalentemente dalla Libia all'Italia), ha indotto l'Unione europea a compiere un significativo cambio di passo in materia di politica della migrazione e dell'asilo.

 La crisi migratoria ha altresì determinato una crescita senza precedenti delle domande di protezione internazionale presentate negli Stati membri. Nel 2015 gli Stati membri hanno registrato un milione e 400 mila domande di protezione internazionale, contro le 600 mila dell'anno precedente. Il volume di domande nel 2016, seppur in diminuzione, è rimasto molto elevato, attestandosi a un milione e 236 mila, mentre il 2017 ha registrato un significativo rallentamento delle domande con circa 707 mila istanze di protezione (- 43 per cento).
In Italia si è assistito ad un trend annuale delle domande di protezione internazionale in continua crescita. Dalle 63 mila del 2014 si è passati alle 84 mila nel 2015 e alle 123 mila nel 2016; infine nel 2017 sono state presentate in Italia circa 130 mila domande di asilo.
Nel gennaio del 2018 le richieste di asilo nell'UE sono state circa 53 mila, 7 mila delle quali sono state registrate in Italia.

Presentata nel maggio del 2015, l' Agenda europea sulla migrazione include, da un lato, misure urgenti per affrontare l'emergenza dei flussi migratori determinata dalla crisi siriana e dalla ripresa degli sbarchi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, dall'altro, una serie di iniziative di medio e lungo termine nel settore della politica migratoria, secondo un approccio basato sull'equilibrio tra principi di solidarietà e responsabilità

 
Le misure urgenti: il sostegno dell'UE agli Stati membri posti sulle frontiere esterne
13/03/2018

Il rafforzamento del sostegno UE agli Stati membri più esposti ai flussi si sta traducendo, tra l'altro, in un maggior coinvolgimento delle principali Agenzie europee (Frontex, riformata e ridenominata Agenzia della guardia di frontiera e costiera europea; EASO – Ufficio europeo per l'asilo; Europol, l'Agenzia europea per il contrasto al crimine) nelle attività di controllo delle frontiere esterne e di gestione degli sbarchi, oltreché nelle procedure di asilo.

Gli hotspot

Dal 2015 l'Unione europea ha avviato il metodo degli hotspot, centri strategici di smistamento di migranti con il sostegno delle citate Agenzie europee per quanto riguarda l'identificazione, la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali; in tali sedi, il sostegno UE si è altresì sviluppato con riferimento all'avvio delle procedure di asilo (compresa, l'attuazione dei programmi di ricollocazione (vedi infra), e delle eventuali operazioni di rimpatrio.

Le operazioni coordinate da Frontex e la missione EUNAVFOR MED Sophia

Frontex ha rafforzato la propria funzione di coordinamento delle attività congiunte di sorveglianza delle frontiere marittime, con particolare riguardo alle missioni Poseidon (Mediterraneo orientale) e Triton (Mediterraneo centrale).

L'aumento dei flussi lungo la rotta del Mediterraneo centrale ha determinato l'ampliamento del raggio di azione in mare e del budget a disposizione della missione Triton, che di fatto ha sostituito nel 2016 l'operazione italiana Mare Nostrum nelle operazioni di controllo dei confini UE e di ricerca e salvataggio di vite umane in mare. Tale missione è stata recentemente sostituita dall'operazione Themis, che sostiene l'Italia per quanto riguarda i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania, con un mandato che, oltre alla ricerca e al soccorso dei migranti in mare, prevede altresì operazioni di intelligence concernenti le minacce terroristiche. Rispetto alla precedente Triton, l'area marittima di competenza risulta arretrata. Il Governo italiano ha precisato che, a differenza di quanto previsto con Triton, i migranti soccorsi nell'ambito della missione dovranno essere fatti sbarcare nel porto più vicino al punto in cui è stato effettuato il salvataggio in mare.

Il rafforzamento del sostegno dell'UE agli Stati membri di frontiera si è infine tradotto nella  riforma del quadro giuridico di Frontextrasformata in vera e propria Agenzia europea e dotata di maggiori funzioni e risorse (vedi infra l'Agenzia della guardia di frontiera e costiera europea) .

Nel giugno 2015 l'UE ha altresì avviato l'operazione navale EUNAVFOR MED Sophia (il cui comando è stato affidato all'Italia), volta ad individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai trafficanti di migranti nel Mediterraneo.

La missione (prorogata fino alla fine del 2018) è stata progressivamente potenziata attraverso una serie di decisioni del Consiglio dell'UE e di risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, grazie alle quali, da un lato, il suo raggio di azione è stato esteso alle acque internazionali, dall'altro, sono state previste nuove funzioni quali: la formazione della guardia costiera libica nelle attività di sorveglianza del mare; l'attuazione dell'embargo dell'ONU sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche.

Il sostegno finanziario

A partire dal 2015 l'Unione europea ha integrato le risorse previste nell'ambito del bilancio pluriennale UE 2014-2020 in materia di migrazione, asilo e gestione delle frontiere, con un sostegno di emergenza ad hoc a favore di Italia e Grecia.

Le risorse previste nel bilancio pluriennale UE per i programmi nazionali in Italia in materia di migrazione, asilo, e gestione delle frontiere derivano dal Fondo migrazione, integrazione e asilo AMIF (circa 382 milioni di euro) e da gran parte del Fondo sicurezza interna ISF (circa 253 milioni di euro, a sua volta articolato in un Fondo per le frontiere di 182 milioni e un Fondo in materia di polizia di oltre 64 milioni di euro).

A seguito della crisi dei flussi migratori l'Italia si è vista assegnare dall'UE, a titolo di assistenza all'emergenza, 189 milioni di euro,

Il sostegno in emergenza ha finanziato per la massima parte i servizi offerti ai migranti e ai richiedenti asilo, compresi l'assistenza medica, l'interpretazione e la mediazione interculturale presso i punti di crisi e le altre aree di ingresso, oltreché le risorse umane e le attrezzature dei centri di accoglienza esistenti e futuri, nonché la fornitura di attrezzature speciali per i controlli di sicurezza e di strumenti per la lotta al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani.
La Grecia attualmente beneficia di circa 510 milioni di euro provenienti dal bilancio pluriennale UE 2014.2020 (fondi AMIF e ISF), mentre l'assistenza in emergenza per la crisi dei migranti si è tradotta in risorse aggiuntive per 440 milioni di euro.
I programmi di ricollocazione

Tra le iniziative più significative contemplate dall'Agenda risultano i programmi di ricollocazione in tutti gli Stati membri di parte dei richiedenti asilo sbarcati sulle coste italiane e greche per due anni a partire dal settembre 2015.

Si tratta delle decisioni del Consiglio adottate nel settembre 2015, con le quali l'UE ha declinato il principio di solidarietà tra Stati membri contenuto nell'articolo 79, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, previsto qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi.

Il meccanismo, oggetto di successive modifiche e integrazioni, si è assestato prevedendo la ricollocazione di circa 98 mila richiedenti asilo: oltre 63 mila dalla Grecia, circa 35 mila dall'Italia.

I programmi prevedono la ricollocazione di richiedenti asilo appartenenti a nazionalità caratterizzate da altissimi tassi di riconoscimento dello status di protezione internazionale (ad esempio le nazionalità siriana e afgana).

La Commissione europea ha periodicamente dato conto dell'attuazione di tali decisioni; al 7 dicembre 2017 sarebbero circa 33 mila le ricollocazioni, di cui circa 11 mila effettuate dall'Italia e oltre 22 mila dalla Grecia.

In sostanza è stato realizzato un terzo degli obiettivi individuati dal Consiglio, sebbene la Commissione europea ritenga di aver ricollocato la quasi totalità dei migranti aventi diritto.
In ogni caso, la Commissione europea è intervenuta per sanzionare gli Stati membri inadempienti avviando procedure di infrazione per il mancato rispetto dei programmi temporanei di ricollocazione nei confronti di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia
Tali programmi sono scaduti nel settembre 2017, mentre sono tuttora in corso gli ultimi ricollocamenti concernenti migranti giunti in Italia e Grecia fino al 26 settembre 2017. La Commissione europea non ha ritenuto di rinnovare simili meccanismi prefigurando la possibilità di offrire incentivi finanziari agli Stati membri disponibili ad ulteriori ricollocamenti.
 
Misure a medio e lungo termine
13/03/2018
L'Agenzia della guardia di frontiera e costiera europea

Con la riforma del 2016 Frontex ha assunto il rango di Agenzia europea e visto rafforzato il proprio mandato nel senso di maggiori spazi di autonomia e di intervento in caso di crisi migratorie. Tra i profili del rafforzamento più rilevanti si ricordano: l'istituzione di una riserva rapida di guardie di frontiera e di una riserva di attrezzatura di reazione rapida; il potere di valutare ed eventualmente di indirizzare raccomandazioni agli Stati membri circa la capacità di controllo delle frontiere; funzioni rafforzate di organizzazione, coordinamento e svolgimento di operazioni di rimpatrio di migranti irregolari.

Con un budget 2017 di oltre 300 milioni di euro (raddoppiato rispetto al bilancio 2015), attualmente l'Agenzia sta dispiegando circa 1500 guardie di frontiera in missioni dislocate in Grecia, Italia, Bulgaria e Spagna.
Il pacchetto asilo

Inizialmente prevista dall'Agenda esclusivamente come ipotesi da approfondire, a seguito di una attenta valutazione del funzionamento del sistema comune europeo di asilo riformato nel 2013 (il complesso di norme minime comuni che regolano il trattamento da parte degli Stati membri dei richiedenti protezione internazionale e delle rispettive domande di asilo) la Commissione europea ha rivisto tale prospettiva presentando nel 2016 una nuova riforma complessiva del sistema. Il pacchetto di proposte normative, tuttora all'esame delle Istituzioni europee, mira, da un lato, a ridurre l'eccessivo peso delle domande di protezione internazionale gravanti sui Paesi UE in prima linea in virtù del principio dello Stato di primo approdo, dall'altro, correggere la mancanza di uniformità da parte degli Stati membri nel trattamento dei richiedenti asilo, anche in relazione ai diversi tassi di riconoscimento di forme di protezione, che secondo la Commissione europea determinerebbe sia il fenomeno dell'asylum shopping sia il rischio di movimenti illegittimi secondari all'interno dell'UE.

Il pacchetto normativo, informato all'individuazione del giusto equilibrio tra principi di solidarietà e responsabilità prevede, tra l'altro: la   revisione del cosiddetto regolamento Dublino in materia di ripartizione della competenza degli Stati membri circa il trattamento delle domande di asilo; una maggiore armonizzazione delle disposizioni sulle procedure di asilo e sullo status di beneficiario di protezione internazionale, nonché sugli standard relativi alle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo; il rafforzamento del ruolo dell'EASO - Ufficio europeo per il sostegno all'asilo mediante la trasformazione dell'organismo in Agenzia europea.

La misura più significativa nell'ambito della riforma è rappresentata dall'introduzione, nel nuovo regolamento Dublino, di un meccanismo di assegnazione correttivo dei richiedenti asilo  in deroga al principio dello Stato di primo approdo.

Nel caso in cui uno Stato si trovi ad affrontare un afflusso sproporzionato di migranti, che superi il 150% della quota di riferimento, tutti i nuovi richiedenti protezione internazionale (indipendentemente dalla nazionalità), dopo una verifica dell'ammissibilità della domanda presentata, dovrebbero essere ricollocati in altri Stati membri fino a quando il numero di domande non sia ridisceso al di sotto di quel livello. È previsto tuttavia che gli Stati membri abbiano la possibilità di non partecipare temporaneamente al ricollocamento, versando un contributo di solidarietà di 250.000 euro allo Stato membro in cui sia ricollocato il richiedente del quale sarebbero stati responsabili ai sensi del meccanismo di equità.
Si tratta della misura più controversa nell'ambito dell'iter legislativo europeo del pacchetto asilo (che ha registrato significativi progressi solo per quanto il nuovo quadro giuridico dell'EASO e l'aggiornamento della disciplina relativa alla banca dati delle impronte digitali dei richiedenti asilo (EURODAC)). Nonostante nel novembre 2017 il Parlamento europeo si sia pronunciato a favore della proposta di revisione del regolamento Dublino, l'iter di tale disciplina sconta significativi rallentamenti in sede di Consiglio dell'UE, sostanzialmente per l'avversione di taluni Stati membri (in particolare il cosiddetto gruppo Visegrad composto da Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia) al citato meccanismo di equità basato sulla redistribuzione per quote obbligatorie di richiedenti asilo tra tutti gli Stati membri.
Peraltro, in sede di negoziato al Consiglio, è recentemente emersa una proposta alternativa di meccanismo di ridistribuzione, basato prevalentemente su un approccio volontario degli Stati membri e su una maggiore graduazione delle soglie di emergenza determinate dal volume dei flussi in uno Stato membro.    
Tale stallo si sta altresì traducendo in un fattore di criticità per la coerenza ed unicità dell'azione europea in materia di migrazione e asilo, atteso che rispetto a tali tematiche sono emerse sensibilità profondamente diverse tra le stesse Istituzioni europee.
A tale proposito merita ricordare che il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, in vista della riunione di tale organismo nel dicembre 2017, ha pubblicamente giudicato il meccanismo di redistribuzione dei richiedenti asilo per quote obbligatorie altamente divisivo e sostanzialmente inefficace, prefigurando altresì, in caso di mancato raggiungimento del consenso su tale meccanismo entro giugno 2018, la proposta di soluzioni diverse per coniugare i principi di solidarietà e responsabilità tra Stati membri.
 
Profili di azione esterna della politica di migrazione
13/03/2018
La Dichiarazione UE-Turchia

Il flusso senza precedenti di migranti dalla Turchia alle isole elleniche, per la maggiora parte costituito da cittadini siriani in fuga dalle zone del conflitto in Siria, ha indotto l'UE a negoziare con la Turchia una serie di misure che sono principalmente contenute nella cosiddetta Dichiarazione UE Turchia del marzo 2016. L'accordo prevede, da un lato, maggiore collaborazione delle autorità turche nel contrasto al traffico dei migranti e un programma di rimpatrio dei migranti irregolari in Turchia, dall'altro il reinsediamento di una parte dei richiedenti asilo siriani nell'Unione europea, oltre al sostegno economico (3 miliardi per il 2016-2017) per i rifugiati siriani in Turchia e delle comunità locali turche che li hanno accolti. La Dichiarazione prevede altresì il rilancio del processo di liberalizzazione dei visti tra Ue e Turchia e dei negoziati relativi al processo di adesione della Turchia all'Unione europea

Secondo la Commissione europea l'accordo Ue-Turchia ha determinato una drastica riduzione dei flussi migratori irregolari (circa il 97 per cento): la media degli sbarchi nelle isole è passata dagli oltre 6 mila al giorno nell'ottobre 2015 ai circa 90 nel marzo 2016.
L'intervento in Africa per la riduzione delle cause profonde della migrazione

L'Unione europea ha avviato una serie di programmi economici in Africa volti a ridurre l'instabilità economica, sociale, e politica dei principali Stati africani di transito e di origine dei flussi migratori, chiedendo in cambio maggiore collaborazione per quanto riguarda il contrasto alle reti dei trafficanti di migranti e il rispetto degli obblighi di riammissione e di rimpatrio dei migranti irregolari in Europa.

Viene in considerazione l'istituzione del Fondo fiduciario UE per l'Africa di circa 3,3 miliardi di euro, istituito in occasione del Vertice UE - Africa di La Valletta nel novembre 2015, per mezzo del quale trovano tuttora finanziamenti:

  • misure per rafforzare la gestione dei flussi migratori (campagne di informazione volte a dissuadere i flussi, controlli alle frontiere, contrasto al traffico dei migranti, finanziamento dei rimpatri volontari assistiti).
  • progetti volti a stimolare lo sviluppo economico, la realizzazione di servizi di base (sicurezza alimentare e nutrizionale, sanità, istruzione), e il consolidamento delle Istituzioni nei Paesi terzi di origine e di transito.
L'assegnazione delle risorse del Fondo si articola in cinque regioni africane: Sahel e Lago Ciad (Burkina Faso, Cameroon, Ciad, Costa d'Avorio, Gambia, Gana, Guinea, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria and Senegal), Corno d'Africa ( Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Tanzania e Uganda), e Nord Africa; Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto.

Tale approccio è altresì alla base del Nuovo quadro di partenariato dell'UE, che si è tradotto in accordi (migration compact) con Paesi terzi prioritari (Niger, Mali, Nigeria, Senegal ed Etiopia), orientato a una migliore gestione del fenomeno migratorio

L'azione esterna dell'UE è stata da ultimo rinforzata con la previsione, nel settembre del 2016, del Piano di investimenti esterni, un nuovo strumento finanziario volto a stimolare gli investimenti in Africa e nel vicinato dell'UE con l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli alla crescita nei paesi partner e le cause profonde della migrazione irregolare.

Il Piano prevede un sostegno economico articolato in sovvenzioni, garanzie, strumenti di condivisione dei rischi, nonché la combinazione di sovvenzioni e prestiti, sulla base di un contributo del bilancio dell'UE di 4,1 miliardi di euro, che nel disegno della Commissione europea dovrebbe fungere da leva finanziaria in grado di mobilitare fino a 44 miliardi di euro di investimenti privati per lo sviluppo sostenibile.
La Commissione europea ha chiesto agli Stati membri un contributo di uguale entità al fine di raggiungere un volume di investimenti di quasi novanta miliardi di euro.
Il Piano di investimenti esterni è stato, da ultimo, presentato al Vertice UE-Africa del 29-30 novembre 2017, in occasione del quale è stata definita la prossima linea di cooperazione tra i due continenti, articolata nei seguenti settori strategici: opportunità economiche per i giovani; pace e sicurezza; mobilità e migrazione; cooperazione in materia di governance.
Le misure relative alla situazione dei migranti bloccati in Libia

A partire dal secondo trimestre del 2016 l'Unione europea ha concentrato gli sforzi relativamente al flusso di migranti dalle coste libiche a quelle italiane, il cui trend si è mantenuto costantemente elevato almeno fino alla fine dell'estate del 2017.

In particolare, con la comunicazione della Commissione europea "La migrazione lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Gestire i flussi e salvare vite umane " del gennaio 2017 e la dichiarazione del Consiglio europeo informale di Malta del febbraio 2017, sono state individuate una serie di misure dirette, tra l'altro: all'intensificazione della lotta contro i trafficanti, in particolar modo tramite il sostegno alle autorità libiche competenti nelle attività di guardia costiera e di controllo delle frontiere terrestri meridionali; al sostegno delle comunità locali libiche che accolgono i migranti.

Soltanto nell'ambito del Fondo fiduciario di emergenza per l'Africa la Libia ha ricevuto aiuti per 158 milioni di euro.

Ulteriori iniziative, consolidate a seguito dei risultati del Vertice UE-Africa del novembre 2017, sono state intraprese con l'obiettivo di migliorare la situazione umanitaria dei migranti in Libia con il coinvolgimento dei principali organismi internazionali (l'UNHCR e l'OIM)., e di potenziare i reinsediamenti, i rimpatri volontari assistiti e la reintegrazione nei Paesi di origine.

Sono circa 25 mila, secondo la Commissione europea, i migranti bloccati in Libia che sono stati rimpatriati nell'ambito dei programmi di rimpatrio volontario assistito attuati con il supporto delle organizzazioni internazionali citate.