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Temi dell'attività parlamentare

Lavoro, assistenza e previdenza
Commissione: XI Lavoro
Occupazione, lavoro e professioni
Contratti a termine

Sui contratti a termine il legislatore è intervenuto, in avvio di legislatura, con il D.L. 76/2013 e, successivamente, con il D.L. 34/2014, che hanno apportato modifiche alla normativa di settore volte ad ampliare l'accesso a tale forma contrattuale, anche allentando taluni dei vincoli introdotti dalla legge n.92/2012 di riforma del mercato del lavoro (cd. Legge Fornero). La materia è stata quindi oggetto di una complessiva ridefinizione ad opera del cd. Jobs act (D.Lgs. n.81 del 2015).

 
Gli interventi di inizio legislatura
  • 3 rimandi
18/01/2018

In avvio di legislatura l'articolo 7 del D.L. 76/2013 ha apportato significative modifiche alla disciplina del contratto a termine (allora contenuta nel decreto legislativo 368/2001) intervenendo su taluni vincoliall'utilizzo di tale forma contrattuale introdotti, nella passata legislatura, dalla L. 92/2012 di riforma del mercato del lavoro (cd. Riforma Fornero). Tali modifiche prevedono:

  • che il contratto a termine acausale (ossia senza indicazione delle "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività del datore di lavoro", normalmente richieste) possa essere stipulato anche nei casi previsti dai contratti collettivi di livello aziendale (sempre che siano stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative sul piano nazionale) e, ferma restando la durata massima complessiva di 12 mesi, che possa essere prorogato;
  • la soppressione dell'obbligo, a carico del datore di lavoro, di comunicare al centro per l'impiego territorialmente competente, entro il termine inizialmente fissato per la conclusione del rapporto di lavoro, la prosecuzione del rapporto di lavoro (dalla soppressione di tale obbligo consegue che ritrovi applicazione il termine generale relativo alle comunicazioni obbligatorie in materia di variazioni del rapporto di lavoro, pari a 5 giorni dall'evento);
  • la riduzione dei periodi di sospensione tra successivi contratti a termine (riduzione da 60 a 10 giorni per contratti di durata fino a 6 mesi e da 90 a 20 giorni per contratti di durata superiore a 6 mesi), con il sostanziale ripristino della disciplina antecedente alla legge n.92/2012;
  • l'esclusione dalla disciplina generale dei contratto a termine (di cui al d.lgs. n. 368/2001) dei contratti a termine stipulati dai lavoratori in mobilità.

Successivamente, l'articolo 1 del D.L. 34/2014  contiene disposizioni in materia di contratti a tempo determinato (c.d. lavoro a termine) e somministrazione di lavoro a tempo determinato, con l'obiettivo di facilitare ulteriormente il ricorso a tali tipologie contrattuali.

A tal fine la disposizione modifica in più parti il decreto legislativo n.368/2001 e il decreto legislativo n.276 del 2003, prevedendo, in primo luogo, l'innalzamento da 1 a 3 anni, comprensivi di un massimo di 5 proroghe, della durata del rapporto a tempo determinato (anche in somministrazione) che non necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione (c.d. acausalità).

A fronte dell'eliminazione della causale, viene introdotto un "tetto" all'utilizzo del contratto a tempo determinato, stabilendo che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore di lavoro non può eccedere il limite del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato alle sue dipendenze. Il superamento del limite comporta una sanzione amministrativa pari al 20% e al 50% della retribuzione per ciascun mese di durata del rapporto di lavoro, se il numero di lavoratori assunti in violazione del limite sia, rispettivamente, inferiore o superiore a uno. Per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti è comunque sempre possibile stipulare un contratto a tempo determinato. Il limite del 20% non trova applicazione nel settore della ricerca, limitatamente ai contratti a tempo determinato che abbiano ad oggetto esclusivo lo svolgimento di attività di ricerca scientifica, i quali possono avere durata pari al progetto di ricerca al quale si riferiscono.

Attraverso una disciplina transitoria (articolo 2-bis)) si prevede che (fermi restando comunque i diversi limiti quantitativi stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali) per i datori che alla data di entrata in vigore del decreto-legge occupino lavoratori a termine oltre tale soglia, l'obbligo di adeguamento al tetto legale del 20% scatta a decorrere dal 2015, sempre che la contrattazione collettiva (anche aziendale) non fissi un limite percentuale o un termine più favorevoli.

Inoltre, varie disposizioni sono volte ad ampliare e rafforzare il diritto di precedenza delle donne in congedo di maternità per le assunzioni da parte del datore di lavoro, nei 12 mesi successivi, in relazione alle medesime mansioni oggetto del contratto a termine. A tale riguardo si prevede che ai fini dell'integrazione del limite minimo di 6 mesi di durata del rapporto a termine (durata minima che la normativa vigente richiede per il riconoscimento del diritto di precedenza) devono computarsi anche i periodi di astensione obbligatoria per le lavoratrici in congedo di maternità. Si prevede, altresì, che il diritto di precedenza valga non solo per le assunzioni con contratti a tempo indeterminato (come già previsto dalla normativa vigente), ma anche per le assunzioni a tempo determinato effettuate dal medesimo datore di lavoro. Infine, si stabilisce che il datore di lavoro ha l'obbligo di richiamare espressamente il diritto di precedenza del lavoratore nell'atto scritto con cui viene fissato il termine del contratto.

Infine, specifiche norme sono state introdotte in materia di contratti a termine nel settore pubblico, nel quadro degli interventi per il progressivo riassorbimento del fenomeno del precariato nella pubblica amministrazione.

    Ulteriori interventi su aspetti specifici della disciplina del contratto a termine sono contenuti nella legge auropea 2013 e nella legge di stabilità per il 2014. L'articolo 12 della legge 97/2013 (legge europea 2013), con l'obiettivo di adeguare l'ordinamento interno a quello comunitario, ha dettato disposizioni in materia di computo dei lavoratori a tempo determinato all'interno delle imprese ai fini delle soglie dimensionali previste nello Statuto dei lavoratori, prevedendo che occorra fare riferimento al numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro; mentre l'articolo 1, comma 135, della L. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014), ha disposto l'integrale restituzione al datore di lavoro del contributo addizionale dell'1,4% della retribuzione previsto pr i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato, nel caso in cui questi vengano trasformati in rapporti a tempo indeterminato.

    Vedi anche
     
    Le modifiche del Jobs Act
    18/01/2018

    La disciplina del contratto a termine è confluita negli articoli da 19 a 29 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (emanato in attuazione della delega contenuta nella L. 183/2014, cd.jobs act ), il quale, pur non alterando la struttura dell'istituto venutasi a delineare alla luce degli  interventi normativi di inizio legislatura, ha comunque apportato significative modifiche alla sua disciplina (con contestuale abrogazione del D.Lgs. 368/2001).

    In particolare, tra gli interventi contenuti nella riforma si segnalano:

    • l'esclusione esplicita della sanzione della trasformazione, in contratti a tempo indeterminato, dei contratti a termine stipulati in violazione del limite percentuale del 20% (sostituita da una sanzione pecuniaria amministrativa);
    • la possibilità,  attraverso i contratti collettivi, di individuare un limite percentuale superiore a quello del 20%;
    • la previsione che nel caso di inizio dell'attività in corso d'anno, il limite percentuale del 20% si computi sui lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell'assunzione;
    • la possibilità di stipulare contratti a termine in deroga al limite percentuale del 20%  è data anche ad università pubbliche e private, nonché istituti culturali ed enti pubblici e privati (derivanti da precedenti enti pubblici vigilati dal Ministero dei beni e delle attività culturali) per il personale da adibire a mostre, eventi e manifestazioni di interesse culturale.

    Ulteriori significative modifiche concernono:

    • la possibilità di stipulare un ulteriore contratto a termine  al termine di un rapporto di lavoro a tempo determinato che abbia raggiunto la durata massima di 36 mesi, con una durata massima di 12 mesi (diversamente dalla normativa previgente, che rimetteva la determinazione della durata di tale ulteriore contratto alle parti sociali);
    • la soppressione, nell'ambito della disciplina derogatoria prevista per i contratti a termine stipulati da imprese start up innovative (di cui all'articolo 28 del D.L. 179/2012), della disposizone della disposizione che prevedeva una durata contrattuale minima di sei mesi;
    • la previsione che le attività stagionali (ai fini dell'applicazione della disciplina speciale in materia di riassunzioni successive alla scadenza di un contratto a termine), debbano essere individuate con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, l'elevazione da 60 a 120 giorni del termine per l'impugnazione giudiziale del contratto a tempo determinato;
    • l'espressa previsione che qualora il giudice, nei casi di conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, condanni il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore (stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura, invariata rispetto alla normativa attualmente vigente, compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto), l'indennità ristori per intero il pregiudiziosubito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.

    Oltre a ciò, si segnala l'applicazione della disciplina dei contratti a termine per il settore ortofrutticolo (settore precedentemente escluso); la soppressione della norma che prevedeva che i contratti collettivi nazionali definissero le modalità per le informazioni da rendere ai lavoratori a tempo determinato relativamente ai posti vacanti che si rendessero disponibili nell'impresa (in modo da garantire loro le stesse possibilità di ottenere posti duraturi che hanno gli altri lavoratori); l'introduzione dell'espressa previsione che nel caso in cui si disponga la sesta proroga di un contratto a tempo determinato (in violazione, quindi, del limite di 5 proroghe, che viene confermato), il contratto si consideri a tempo indeterminato a decorrere dalla data di decorrenza della sesta proroga.

    Infine, si segnala la soppressione di alcune disposizoni contenute nella disciplina previgente, quali il rinvio alla contrattazione collettiva per il superamento del divieto (che diviene, quindi, tassativo) di ricorso al lavoro a termine in determinate ipotesi (per mansioni svolte da lavoratori oggetto di licenziamenti collettivi negli ultimi 6 mesi), la norma (di cui all'articolo 5, comma 4-sexies, del D.Lgs. 368/2001) in base alla quale il diritto di precedenza deve essere espressamente previsto nell'atto scritto con cui si stabilisce il termine al contratto, le norme che escludevano dalla disciplina sui contratti a termine i rapporti di apprendistato e le tipologie contrattuali legate a fenomeni di formazione (di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 368/2001) nonché la norma (ex articolo 5, comma 4, del D.Lgs. 368/2001) in base alla quale, in caso di assunzioni successive a termine senza soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.