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Temi dell'attività parlamentare

Agricoltura, caccia e pesca
Commissione: XIII Agricoltura
Agricoltura e biodiversità
Fiscalità agricola

La disciplina della fiscalità agricola è stata oggetto di diversi interventi nel corso della scorsa Legislatura. In particolare, si è intervenuti sulla tassazione immobiliare in agricoltura, sui redditi dominicali e agrari e sul regime di tassazione di talune attività, quali quelle di produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche. Altri interventi hanno riguardato l'introduzione di crediti di imposta per il sostegno al commercio elettronico e lo sviluppo di nuovi prodotti nonché la previsione di sgravi contributivi per le assunzioni in agricoltura.

 
IRPEF, IRAP e IVA in agricoltura: disciplina base ed interventi nell'attuale legislatura
05/03/2018

La tassazione delle imprese agricole ha sempre ricevuto da parte del legislatore fiscale un trattamento di favore sul presupposto che l'agricoltura svolge un'azione di presidio del territorio ed è chiamata a sopportare il rischio connesso alle avversità atmosferiche che possono arrivare fino a mettere a rischio l'intera produzione.

In particolare, ai fini IRPEF, gli articoli da 32 a 34 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. n. 917/1986 recano la specifica disciplina del reddito agrario, la quale si applica:

  • oltre che alle attività agrarie (quali la coltivazione del terreno e silvicoltura, l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e la produzione di vegetali, tramite l'utilizzo di strutture anche provvisorie fisse o mobili, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste);
  • anche alle attività agrarie connesse, di cui al terzo comma dell'articolo 2135 c.c., ma limitatamente a quelle dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, da ultimo, con D.M. 13 febbraio 2015.

Sono, dunque, escluse le altre attività connesse indicate dal terzo comma dell'art. 2135 cc, cioè le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, comprese le attività di valorizzazione del patrimonio rurale e forestale, o di ricezione e ospitalità.

Il regime del reddito agrario prevede, in estrema sintesi, che il reddito sia determinato, in base all'articolo 34 del TUIR, mediante l'applicazione di tariffe d'estimo.

Inoltre l'articolo 56-bis del TUIR stabilisce, al comma 3, che, per le attività agrarie connesse dirette alla fornitura di servizi, di cui al già citato terzo comma dell'articolo 2135 c.c., il reddito è determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 25 per cento.

Il perimetro delle attività connesse all'esercizio dell'impresa agricola definibili produttive di reddito agrario (mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo) è stato in un primo tempo ampliato dal legislatore, con la legge finanziaria 2006 (legge n. 266 del 2005, articolo 1, comma 423), che lo ha esteso alle attività produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli. Recentemente (con il D.L. n. 66/2014 e il D.L. 192/2014) tale perimetro è stato nuovamente ristretto, nel senso che per le suddette tipologie di attività il reddito imponibile è determinato, a decorrere dal 2016, applicando il coefficiente di redditività del 25 per cento all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione IVA, e non più il criterio di determinazione del reddito agrario definito su base catastale. Questo "minor favore" del legislatore è stato attutito dalla previsione di una disciplina transitoria intermedia per gli anni 2014 e 2015.

Si segnala poi che la recente legge in materia di agricoltura sociale, legge n. 141 del 2015, definisce attività connesse a quella agricola ai sensi dell'articolo 2135 cc. le attività, esercitate dall'imprenditore agricolo, finalizzate a:

b) prestazioni e attivita' sociali e di servizio per le comunita' locali mediante l'utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell'agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilita' e di capacita', di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;

c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative, anche attraverso l'ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;

d) progetti finalizzati all'educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversita' nonche' alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l'organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, (quali accoglienza e soggiorno di bambini in eta' prescolare e di persone in difficolta' sociale, fisica e psichica).

Inoltre, con la legge di bilancio per il 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) è stato previsto che lo svolgimento dell'attività enoturistica si applichi lo stesso regime fiscale previsto per l'attività agrituristica: il reddito imponibile è determinato applicando all'ammontare dei ricavi conseguiti con l'esercizio di tale attività, al netto del'imposta sul valore aggiunto, il coefficiente di redditività del 25 per cento (art. 1, comma 503).

A proposito di fiscalità agricola, si ricorda che il decreto-legge n. 91 del 2014 (legge n. 116 del 2014), all'art. 7, comma 3, ha disposto l'abrogazione dell'articolo 31, comma 1, del TUIR (D.P.R. 917/1986), il quale prevedeva che, se un fondo rustico, costituito per almeno due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali, non era stato coltivato, neppure in parte, per un'intera annata agraria e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria, il reddito dominicale, per l'anno in cui si fosse chiusa l'annata agraria, si considerava pari al 30 per cento di quello determinato secondo le tariffe d'estimo ai sensi degli artt. 28 e ss. del TUIR.

Il comma 4 dello stesso art. 7, poi, è intervenuto sulla rivalutazione dei redditi dominicale e agrario, che, ai soli fini IRPEF per i periodi d'imposta 2013, 2014 e 2015, il comma 512, articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) aveva stabilito nella misura del 15 per cento. Il predetto decreto-legge, in particolare, ha incrementato l'entità della rivalutazione portandola dal 15 al 30 per cento nel periodo d'imposta 2015, mettendola poi a regime, nella misura del 7 per cento, a decorrere dal periodo d'imposta 2016.

Per i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, la rivalutazione è, invece, pari al 5 per cento per i periodi di imposta 2013 e 2014 e al 10 per cento per il periodo di imposta 2015. Ai fini della determinazione dell'acconto per gli anni 2013, 2015 ed il 2016, i contribuenti debbono tener conto delle rispettive nuove rivalutazioni.

Con la legge di stabilità per il 2017, è stata prevista l'esenzione ai fini Irpef, per il triennio 2017-2019, nei confronti dei redditi dominicali e agrari relativi ai terreni dichiarati da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (art. 1, comma 44 della legge 11 dicembre 2016, n. 232).

 

Ai fini IRAP, l'articolo 1, comma 70 della legge n. 208 del 2015 ha modificato l'articolo 3 del decreto legislativo n. 46 del 1997, abrogando la lettera d) del comma 1 del medesimo articolo 3 (che indicava i produttori agricoli titolari di reddito agrario con un volume di affari annuo superiore a 7.000 euro tra i soggetti passivi dell'aliquota ridotta dell'1,9%) e aggiungendo la lettera c-bis) al comma 2, che individua i soggetti che non sono passivi del tributo, tra i quali sono stati inclusi tutti i produttori agricoli, a prescindere dalla veste giuridica (imprenditori individuali e società, anche cooperative). Restano assoggetate all'IRAP le attività che hanno sempre scontato l'aliquota ordinaria (al 3,9%) di agriturismo, di allevamento di animali con terreno insufficiente a produrre almeno un quarto dei mangimi necessari e delle altre attività connesse.

 

Per quanto riguarda la disciplina dell'IVA in agricoltura, ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 34 del DPR n.633/1972, i produttori agricoli che nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti di cui al comma 1, sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, fermo restando l'obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali.

L'articolo 34 del D.P.R. n. 633/1972 reca poi un regime speciale per i produttori agricoli, cioè per i soggetti che esercitano le attività indicate nel già citato articolo 2135 cc, salva opzione del contribuente per l'applicazione del regime ordinario.

In sintesi, ai sensi del comma 1 del predetto articolo 34, per le cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte della tabella A) allegata al D.P.R. n. 633 effettuate dai produttori agricoli, la detrazione, dall'imposta dovuta dal soggetto passivo sulle operazioni effettuate, dell'imposta assolta o addebitata dal medesimo soggetto passivo sugli acquisti da lui effettuati nell'esercizio di impresa, arte o professione, è calcolata in maniera forfettaria, in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con apposito decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole (cfr. D.M. 12 maggio 1992, D.M. 30 dicembre 1997 e D.M. 23 dicembre 2005).

Tra gli interventi recenti in materia di IVA per il settore primario, si segnala che il decreto-legge "fiscale" n. 193 del 2016 ha previsto, tra l'altro, all'art. 4, comma 1 (che ha sostituito l'art. 21 del d.l. 78 del 2010), che i produttori agricoli che nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a 7.000 euro, situati nelle zone montane, sono esentati, dal 1° gennaio 2017, dall'obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA all'Agenzia delle entrate (c.d. spesometro).

La legge di bilancio per il 2017 (in analogia con quanto già disposto per il 2016 dall'art. 1, comma 908 della legge n. 208 del 2015 - legge di stabilità per il 2016) ha poi innalzato, per il 2017, le percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina prevedendo che le stesse non possano superare, rispettivamente, la misura del 7,7% e all'8% (art. 1, comma 45 della legge 11 dicembre 2016, n. 232).  In precedenza, la percentuale di compensazione IVA era stabilita nel limite massimo del 7% per gli animali bovini e del 7,3% per gli animali suini.

La medesima misura è stata riproposta dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 506 della legge 27 dicembre 2017, n. 205) che ha innalzato la percentuale di compensazione IVA per le carni vive bovine e suine, prevedendo che sia stabilita in misura non superiore, rispettivamente, al 7,7% e all'8% per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020, nel limite di minori entrate per non più di 20 milioni di euro annui..

 
La tassazione immobiliare in agricoltura
  • 1 rimando
05/03/2018

La legge di stabilità per il 2016 (art. 1, comma 13 della legge n. 208 del 2015) ha esentato dal pagamento dell'IMU i terreni agricoli:

  • ricadenti in aree montane o di collina, come individuati ex lege (circolare n. 9 del 14 giugno 1993);
  • posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;
  • ubicati nei comuni delle isole minori indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;
  • con specifica destinazione, ossia con immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, dunque indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.

 La legge di bilancio per il 2017 (art. 1, comma 47 della legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha poi previsto che i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici nei territori montani, finalizzati all'arrotondamento della proprietà contadina, continuino a godere della agevolazione fiscale prevista dall'art. 9 del D.P.R. n. 601 del 1973 (imposta di registro ed ipotecaria in misura fissa ed esenzione dalle imposte catastali).

Vedi anche
 
Consumi medi standardizzati da ammettere a regime agevolato
05/03/2018

Incide sul comparto agricolo l'intervento, disposto dalla legge di stabilità 2015, di riduzione del 23 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2015 (anziché del 15%, come in precedenza previsto) dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere a regime agevolato in agricoltura (articolo 1, comma 384 della legge n. 190/2014).

 
La legge europea 2015 e gli interventi in materia di fiscalità agricola
05/03/2018

La legge europea 2015 (legge n. 122 del 7 luglio 2016) ha introdotto modifiche al regime fiscale di taluni prodotti agricoli, in ragione di procedure di contenzioso avviate in sede europea per presunta incompatibilità della normativa nazionale con l'ordinamento UE. 

In particolare, l'articolo 21, modificato durante l'esame parlamentare, ha innalzato dal 4 al 5 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di basilico, rosmarino e salvia freschi, destinati all'alimentazione mentre è stata ridotta dal 10 al 5 per cento l'aliquota applicabile alla cessione di piante allo stato vegetativo di basilico, rosmarino e salvia e dal 22 al 5 per cento l'IVA sull'origano a rametti o sgranato.

 

Come accennato in premessa, l'innalzamento dell'aliquota al 5 per cento è finalizzata alla chiusura del caso EU Pilot 7292/15/TAXU, nell'ambito del quale la Commissione europea ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione del numero 12-bis) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. In base a tale disposizione, alle cessioni in questione viene applicata l'aliquota super-ridotta del 4 per cento, in violazione dell'articolo 110 della direttiva 2006/112/UE, che consente di mantenere le aliquote inferiori al 5 per cento per le sole operazioni che al 1º gennaio 1991 già godevano di tale beneficio. La violazione è stata rilevata alla luce della circostanza che il numero 12-bis) è stato introdotto in data successiva al 1º gennaio 1991, in particolare con l'articolo 6, comma 7, lettera b), della legge 13 maggio 1999, n. 133.

L'articolo 22 ha innalzato dal 4 al 10 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di preparazioni alimentari a base di riso (cosiddetti preparati per risotti) classificate alla voce 21.07.02 della Tariffa doganale comune in vigore al 31 dicembre 1987,

 

Anche tale norma è finalizzata alla chiusura del caso EU Pilot 7293/15/TAXU, nell'ambito del quale la Commissione europea ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea del numero 9) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nella parte in cui prevede l'applicazione dell'aliquota super-ridotta del 4 per cento ai prodotti in questione, ciò in violazione dell'articolo 110 della direttiva 2006/112/UE, che consente di mantenere le aliquote inferiori al 5 per cento per le sole operazioni che al 1º gennaio 1991 già godevano di tale beneficio.

L'articolo 23 è inteso a sanare la procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato n. 11/2010 riguardante la concessione di presunti aiuti ai consorzi agrari in Italia, nell'ambito della quale la Commissione europea ha stabilito che le agevolazioni fiscali di cui godono i consorzi agrari in virtù del riconoscimento operato, a determinate condizioni, dall'articolo 9 della legge 23 luglio 2009, n. 99, quali società cooperative a mutualità prevalente, costituiscono un aiuto di Stato esistente.

In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 1, comma 460, della legge n. 311 del 2004, portando dal 40 per cento al 50 per cento la quota di utili netti annuali soggetta a tassazione per i consorzi agrari di cui all'articolo 9 della legge 23 luglio 2009, n. 99. Tale percentuale corrisponderebbe sostanzialmente all'aiuto concedibile ai consorzi agrari nei limiti del de minimis.

Il comma 2 prevede che le modifiche al regime fiscale dei consorzi agrari  si applichino a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.

Per le società cooperative a mutualità prevalente (purché aventi le caratteristiche dell'articolo 2511 e seguenti del codice civile, come modificati dalla riforma del diritto societario del 2003) le imposte sui redditi si applicano solo su una quota di utili netti annuali.
In particolare:
- per le cooperative di consumo, la quota è del 65%;
- per le cooperative agricole e della piccola pesca, la quota è del 20%;
- per le altre cooperative a mutualità prevalente, la quota è del 40%.
A tali quote va aggiunto, per tutte le cooperative senza distinzione legata alla condizione di prevalenza ovvero al settore di attività, un'ulteriore quota del 3%, derivante dall'assoggettamento ad Ires del 10 % delle somme destinate alla riserva minima obbligatoria delle cooperative, ossia il 30% degli utili annuali (articolo 6, comma 1, del D.L. n. 63 del 2002, modificato dal D.L. 138 del 2011; in precedenza vi era una esenzione totale delle somme destinate alla riserva minima obbligatoria).
 L'articolo 9 della legge 23 luglio 2009, n. 99 ha consentito la costituzione dei consorzi agrari in società cooperative a mutualità prevalente , indipendentemente dal rispetto dei criteri per la definizione della prevalenza stabiliti dall'articolo 2513 cc, qualora prevedano nei propri statuti: a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato; b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori; d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (articolo 2514).
Ai sensi dell'articolo 2512 sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che: 1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi; 2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci; 3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci. Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.

 

Infine l'articolo 29 è intervenuto sul trattamento fiscale delle attività di raccolta dei tartufi, sottoponendo a ritenuta i compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi e assoggettando i tartufi all'aliquota IVA del 10 per cento.

 

L'articolo 1, comma 109, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) prevedeva, nei confronti dei soggetti che effettuano nell'esercizio d'impresa acquisti di tartufi da raccoglitori dilettanti e occasionali non muniti di partita IVA, l'obbligo di emettere autofattura  e di versare all'erario, senza diritto alla detrazione, l'IVA concernente le operazioni autofatturate. Tale regime ha consentito agli acquirenti di non dover indicare nell'autofattura le generalità del raccoglitore/cedente, che non è titolare di obblighi contabili. Sui cessionari grava l'obbligo di comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità del prodotto commercializzato e la provenienza territoriale dello stesso, sulla base delle risultanze contabili. I cessionari sono obbligati a certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione.
 

In particolare, il comma 1 dell'articolo 29 abroga il primo e il secondo periodo del descritto comma 109, eliminando quindi l'obbligo di autofatturazione per gli acquirenti di tartufi da raccoglitori dilettanti od occasionali non muniti di partita IVA ed il riferimento al raccoglitore dilettante , lasciando ferma la disposizione che esenta il cedente raccoglitore occasionale non munito di partita IVA da obblighi contabili.

Le norme sottopongono poi (comma 2) a ritenuta i compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi; gli acquirenti, infatti, nell'esercizio d'impresa applicano ai compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi non identificati ai fini dell'imposta sul valore aggiunto una ritenuta a titolo d'imposta, con obbligo di rivalsa. La ritenuta si applica all'aliquota fissata dall'articolo 11 del TUIR (DPR n. 917 del 1986) per il primo scaglione di reddito - pari al 23 per cento - ed è commisurata all'ammontare dei corrispettivi pagati ridotto del 22 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese di produzione del reddito.

 

Vengono, poi, inseriti i tartufi nella tabella A, parte III, allegata al decreto IVA, relativa ai beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento; il nuovo numero 20-bis) comprende "tartufi freschi, refrigerati o presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarne temporaneamente la conservazione, ma non specialmente preparati per il consumo immediato"; conseguentemente, è soppressa l'esclusione del tartufo ai numeri 21 e 70 riguardanti gli ortaggi e le piante mangerecce.

 

Le nuove disposizioni si applicheranno alle operazioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2017.

 

Anche in tal caso la norma introdotta con l'articolo 29 è volta a risolvere la procedura EU Pilot 8123/15/TAXU, avviata a dicembre 2015, in base alla quale la Commissione europea ha contestato all'Italia la conformità al diritto UE del regime IVA applicabile in Italia all'acquisto di tartufi presso raccoglitori dilettanti od occasionali, introdotto con l'articolo 1, comma 109, della legge 30 dicembre 2004 (legge finanziaria del 2005), ritendendo che il  raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita IVA, non è un soggetto passivo ai fini dell'IVA e pertanto la cessione non dovrebbe rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva 2006/112/UE (c.d. direttiva IVA). La negazione del diritto a detrazione dell'IVA sarebbe, poi, in contrasto con l'articolo 1, paragrafo 2, secondo comma della direttiva IVA, in base al quale "l'IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all'aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell'ammontare dell'imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo". Infine, la Commissione europea ha rilevato che non esisterebbe un quadro merceologico e fiscale del tartufo nella legislazione italiana, anche se il prodotto è considerato coltivabile secondo la legge 16 dicembre 1985, n. 752, che ne disciplina la raccolta e la commercializzazione. Il tartufo sarebbe esplicitamente escluso dai prodotti agricoli elencati nella tabella A allegata al citato DPR n. 633/1972, con la conseguenza di essere escluso dal regime speciale per i produttori agricoli.

 
Le modifiche al regime fiscale relativo alle energie da fonti rinnovabili agro forestali e fotovoltaiche, nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali
05/03/2018

La legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 910 della legge n. 208 del 2015) ha sostituito il comma 423 dell'art. 1 della legge n.266 del 2005 prevedendo che costituiscono attività connesse a quella agricola e sono produttive di reddito agrario (tassazione su base catastale) la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da:

- fonti rinnovabili agroforestali sino a 2.400.000 kWh l'anno;

- fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh l'anno;

- da carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalementemente dal fondo

effettuate da imprenditori agricoli.

In particolare, per quanto riguarda l'energia da fonti agroforestali, tali disposizioni si applicano nel presupposto che ricorra il requisito della prevalenza che caratterizza le attività agricole connesse, mentre la produzione e la cessione da fonti fotovoltaiche costituiscono sempre attività connesse a quella agricola e si considerano produttive di reddito agrario.

Si ricorda, infatti, che il requisito della prevalenza risulta soddisfatto quando, in termini quantitativi, i prodotti utilizzati nello svolgimento delle attività connesse ed ottenuti direttamente dall'attività agricola svolta nel fondo siano prevalenti, ossia superiori rispetto a quelli acquistati presso terzi.

Alla produzione e alla cessione di energia da fonti agroforestali oltre i 2.400.000 kWh anno e da fonti fotovoltaiche oltre i 260.000 kWh anno si applica la tassazione forfettaria di cui all'art. 1, comma 423, della legge 266/2005, applicando all'ammontare dei corrispettivi il coefficiente di redditività del 25 per cento.

 
Detrazioni fiscali per i terreni in affitto per giovani agricoltori e agevolazioni fiscali per l’acquisto di terreni agricoli
05/03/2018

L'art. 7 del D.L. n. 91/2014 ha riconosciuto, ai coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali di età inferiore ai trentacinque anni, nel rispetto delle regole europee sugli aiuti de minimis, una detrazione del 19 percento delle spese sostenute per i canoni di affitto dei terreni agricoli, diversi da quelli di proprietà dei genitori entro il limite di 80 euro per ciascun ettaro preso in affitto e fino a un massimo di 1.200 euro annui.

Il contratto di affitto deve, inoltre, avere la forma scritta.

Quanto sopra si applica a decorrere dal periodo d'imposta 2014, senza tuttavia incidere sull'acconto dovuto nell'anno 2014 (commi 1 e 2).

 

A decorrere dal 1° gennaio 2014 sono soppresse tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie in relazione agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili, anche se previste in leggi speciali (art. 10, comma 4, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, come integrato dall'art. 1, comma 608, della legge di stabilità 2014, L. n. 147/2013).

E' esplicitamente eccettuata dall'abrogazione generalizzata l'agevolazione fiscale:

  • per l'acquisto di terreni agricoli e relative pertinenze da parte di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, la cosiddetta agevolazione per la piccola proprietà contadina (PPC);
  • per le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA).

Tale agevolazione esclusa dall'abrogazione consente di pagare soltanto l'imposta catastale dell'1%, oltre alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa di 200 euro ciascuna e gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà (art. 2, comma 4-bis, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194).

Sono dunque invece abrogate tutte le altre agevolazioni per l'acquisto di terreni agricoli (compendio unico, giovani agricoltori, zone montane e acquisto di terreni condotti in affitto).

 
Gli sgravi contributivi per assunzioni in agricoltura
05/03/2018

La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 344-345 della legge n. 232 del 2016) ha previsto un esonero contributivo (da riconoscersi nel limite massimo delle norme europee sugli aiuti de minimis) totale per i primi tre anni e parziale per i successivi due anni (nella misura, rispettivamente, del 66 per cento e del 50 per cento) per i coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, con età inferiore a 40 anni, a determinate condizioni. Questi agricoltori, infatti, per beneficiare del predetto esonero contributivo, si devono iscrivere per la prima volta nella previdenza agricola nel corso del 2017 (dal quale momento iniziano a decorrere i benefici di cui sopra), oppure devono aver effettuato l'iscrizione nella previdenza agricola nel 2016 con aziende ubicate nei territori montani e nelle aree agricole svantaggiate.

Analogamente, la legge di bilancio 2018 (art. 1, commi 117-118 della legge n. 205 del 2017) ha previsto un esonero contributivo totale per i primi tre anni e uno sgravio contributivo, al 66% nel quarto anno e al 50% nel quinto anno, a favore degli imprenditori agricoli che non hanno raggiunto i 40 anni di età e che si iscrivono per la prima volta alla previdenza agricola tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2018.

La medesima legge di bilancio 2018 (all'art. 1, commi 119 e 120) ha previsto il contratto di affiancamento tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 40 anni e gli imprenditori agricoli o coltivatori diretti di età superiore a 65 anni o pensionati, un istituto che promuove lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, al fine di agevolare il passaggio generazionale nella gestione dell'attività d'impresa per il triennio 2018-2020, collegandovi l'accesso ai mutui agevolati di cui al decreto legislativo n. 185 del 2000. Ha previsto, inoltre, l'equiparazione al coltivatore diretto dell'imprenditore agricolo professionale iscritto alla previdenza agricola, relativamente alle norme previste dalla legge n. 203 del 1982 in materia di contratti agrari (art. 1, comma 515).